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Rassegna stampa
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 giugno 2010
Goletta Verde: i fiumi inquinano il Golfo - PRESENTATO
IL RAPPORTO AMBIENTALISTA. SOTTO ACCUSA ANCHE TRIESTE
SAN GIORGIO DI NOGARO Allarme sulle coste della regione:
in tutto il litorale sono nove i punti critici individuati da Legambiente che
non hanno superato il test anti-inquinamento cui l'associazione li ha sottoposti
nelle ultime settimane. Le analisi condotte sui campioni d'acqua prelevati hanno
sforato di gran lunga i limiti consentiti dalla legge. Un paradosso,
considerando l'entrata in vigore della nuova normativa sulla balneabilità, che
proprio quest'anno ha introdotto limiti assai più permissivi del passato. Forte
il grido di allarme che si è alzato ieri dal porto di San Giorgio di Nogaro,
dove ha attraccato la Goletta Verde di Legambiente, la barca che costeggia la
Penisola per monitorare lo stato di salute delle acque italiane. A risultare
fortemente inquinate soprattutto le foci di quattro fiumi: Ausa, Stella, Isonzo
e Tagliamento. Ma preoccupano anche le altre cinque località che sono state
inserite nell'elenco da “codice rosso”: il lido di Marina Julia, a Monfalcone, e
la località Pantanel, vicino al depuratore di Lignano Sabbiadoro. In comune di
Grado sono invece il canale di Fossalon e Punta Sdobba a far alzare i campanelli
d'allarme. Gli ambientalisti individuano nel problema-depurazioni la fonte
principale di inquinamento. Reti fognarie deficitarie, con depurazioni che in
alcuni casi sono completamente assenti. Poi la cattiva manutenzione delle
condutture create per scaricare il liquame in mare aperto. È il caso di Trieste,
con il depuratore di Servola su cui è stata riscontrata un falla proprio in
prossimità dell'area marina protetta di Miramare.
«Parte del liquame fuoriesce da una frattura che si è aperta lungo la condotta
sottomarina dell'impianto – parla Lino Santoro, del comitato scientifico di
Legambiente –. Ma sono le condutture stesse a depurare il liquame, il cui
trattamento biologico risulta completo solo alla bocca del “tubone”. Se le
perdite avvengono prima che il processo di depurazione sia completato, allora
l'inquinamento è assicurato». Le analisi confermano questa teoria, visto che i
campioni d'acqua prelevati in quel punto dimostrano livelli di contaminazione
oltre sei volte superiori ai limiti di legge. «La grave contaminazione
microbiologica – sintetizza Giorgio Zampetti, portavoce di Goletta Verde – si
traduce in un forte pericolo per la salute dell'ecosistema marino e costiero». E
i casi di illegalità? In media 1,6 per chilometro di costa, tra abusi edilizi,
pesca illegale, scarichi abusivi e infrazioni al codice della navigazione.
Piano regolatore, Dipiazza tradito dalla Lega - Una
mozione per la riapertura dei termini dello strumento urbanistico mette ko la
maggioranza
COLPO DI SCENA IN CONSIGLIO COMUNALE - Ferrara,
capogruppo del Carroccio: ma il Pdl non ha fatto proprio nulla per fermarci
Tradito in contumacia senza avvisaglie nel cuore della notte - fra lunedì e
ieri - e persino da alcuni di quegli alleati che gli avevano stretto la mano
solo tre giorni prima, in occasione della resa dei conti di maggioranza finita a
tarallucci e vino. È mezzanotte quando in Consiglio comunale, a sorpresa, si
mette in moto la trappola politica con vittima sottintesa Roberto Dipiazza. Lui
è lontano, per un un buen retiro di dieci giorni voluto per decantare
l’insofferenza verso una maggioranza, appunto, sempre più anarchica. La trappola
è una mozione padana del 22 aprile che «impegna sindaco e giunta comunale a
modificare e quindi riadottare il Piano regolatore» e «a riaprire i termini per
la presentazione delle osservazioni/contestazioni, inviando raccomandata a tutti
i cittadini interessati». Passa con venti sì (centrosinistra, Bandelli boys e
soprattutto Lega), un no (il presidente d’aula Sergio Pacor) e un non voto con
tanto di dichiarazione (l’Udc Roberto Sasco), il resto del centrodestra si
chiama fuori dalla conta e basta. Ne viene vuori una marcia indietro
tecnicamente (e giuridicamente) improponibile, - nel senso che non inficia la
marcia d’approvazione del Prg che Dipiazza spinge per chiudere entro agosto - ma
che custodisce in sé il germe del giudizio politico (negativo) nei confronti del
sindaco. Succede tutto in coda a una seduta già sofferta, per la maggioranza,
con la delibera dell’assessore forzista Paolo Rovis sullaFiera non votata dai
forzisti. I capigruppo discutono se sia il caso di smaltire qualche vecchia
mozione. Fabio Omero per il Pd propone la numero 37. È proprio quella sulla
riapertura dei termini per il Prg. Al padano Maurizio Ferrara sta bene, e ci
mancherebbe, gli altri boss del centrodestra non fanno barricate. Il dado è
tratto.
Si va all’esame del documento e lì si capisce che il centrosinistra farà massa
critica con i due leghisti e i quattro bandelliani del Gruppo Sulli nel
destinare agli annali del Consiglio una sconfessione, formale, dell’operato del
primo cittadino. Piero Camber, Antonio Lippolis e Angelo Pierini organizzano la
non partecipazione al voto di Fi-Pdl, An-Pdl e Lista Dipiazza ma il dato
politico non si può più cancellare. «Il Pdl - sospira Ferrara - avendo la
maggioranza ponderale in conferenza capigruppo, come fatto spesso, poteva
tranquillamente bloccare la discussione di tale atto. Non avendolo fatto,
inaspettatamente, non poteva poi pretendere che ritirassi una mozione così
importante per i cittadini e che era stata condivisa con il gruppo dirigente
della Lega». «Ferrara ha buttato nello stagno un macigno, altro che sassolino, e
a Camber non è riuscito il tentativo di far mancare il numero legale», rileva a
sua volta Bruno Sulli. «È una vittoria politica forte a supporto di quei
proprietari che si sono visti senza ragione penalizzati da questo piano», fa eco
l’altro padano Giuseppe Portale. «Anche noi - polemizza Lippolis - stiamo
denunciando alcune cose di questo Prg, ma sempre nell’ottica di migliorarlo e
votarlo. Altri invece lo vogliono usare per far finire in un certo modo il
cammino di quest’amministrazione». «Non cambia nulla, si va avanti col Prg - si
fa imperturbabile Camber - anche se è ormai chiaro che c’è qualcuno che vuole
tornare al vecchio Prg cementificatore. Noi però continueremo a lavorare
nell’interesse generale e non personale». «Non si può tornare indietro, ho detto
no a un’ipocrisia», taglia corto Pacor. Sasco però ammette: «Mi sono astenuto
perché convidevo le osservazioni della Lega ma non me la sentivo di votarla,
questa d’altronde era ed è una mozione sfiducia per Dipiazza. Mi dispiace, ma ne
esce male». È un assist all’opposizione. «Dipiazza dovrebbe rientrare
immediatamente dalle ferie e prenderne atto», incalza l’illyano Roberto Decarli.
«È l’ovvia conseguenza - la chiosa di Omero - della secretazione sull’iter. Se
racconteranno che così si vuole fare un regalo ai costruttori diranno una balla.
Il Prg è in regime di salvaguardia fino ad agosto 2011, e se fosse riadottato
prevederebbe una nuova salvaguardia fino al 2013».
PIERO RAUBER
SEGNALAZIONI - PRG - Commissione «segreta»
Che brutta cosa, quando i politici usano la forza per
tenere i cittadini pacifici all’oscuro dei segreti del potere. Com’è successo
l’altro giorno a Trieste: la Commissione edilizia del Comune si riuniva per
cominciare a discutere le migliaia di osservazioni presentate dai triestini al
Piano Regolatore e nove abitanti di Banne volevano ascoltare, dato che molte
osservazioni sono loro, sulla caserma dismessa di Banne e sul rischio di scempi
edilizi ai danni del Carso.
Ma sulle scale i nove cittadini vengono fermati dai vigili urbani che (su ordine
dell’assessore o del sindaco) impediscono l’accesso alla sala. Perché? Perché la
riunione della Commissione è secretata e dunque a porte chiuse. Io non conosco i
cavilli dei regolamenti comunali e dico chiaro e tondo che non me ne frega
nulla. Perché io grido una cosa diversa: è orribile e disgustoso che i
rappresentanti pubblici discutano e decidano in segreto di cose che toccano
direttamente i loro elettori. E non posso fare a meno di porre una domanda:
cos’avete da nascondere?
Luciano Comida
SEGNALAZIONI - PRG - Grandi immobiliaristi
Apprendiamo dalle pagine di questo quotidiano le
alterne vicende del piano regolatore, fortemente voluto e sostenuto dal sindaco.
L’estensore degli articoli riporta che ci sono grandi controversie fra le forze
politiche e nella stessa maggioranza, contrarie alla lamentata limitazione
dell’edificabilità imposta ai piccoli proprietari. Nessuno però fa cenno
all’apertura concessa ai grandi immobiliaristi, che guarda caso in tutto questo
bailamme non si fanno sentire, ovviamente. Siamo sicuri che il sindaco non è
addentro a tutte le sfaccettature del piano, che essendo stato redatto in grande
segretezza dagli uffici, non è stato valutato e discusso già nella fase
estensiva. Ciononostante il sindaco lo difende a spada tratta, e sentiamo di
dovergli rivolgere un consiglio: attenzione a non fare il Robin Hood alla
rovescia, togliendo ai piccoli per dare ai grandi!
Sergio Kosic
Protesta del Miani: «Abbiamo vinto» - IL CIRCOLO CONTRO
LA FERRIERA - Finita dopo 24 ore l’occupazione dell’aula municipale
«Noi abbiamo vinto, il sindaco Roberto Dipiazza ha perso».
È stata questa la frase pronunciata ieri sera da Maurizio Fogar, fondatore e
portavoce del Miani, circolo da tempo in prima fila nella battaglia per
l'immediata chiusura della Ferriera di Servola, all'uscita dal Municipio dopo
una notte e un'intera giornata di occupazione della saletta adiacente l'aula del
consiglio comunale. Assieme a Fogar una dozzina di persone, anch'esse
protagoniste della movimentata azione di protesta. Ad accogliere gli occupanti,
in piazza Unità, c'erano un centinaio di sostenitori del Miani che da tempo
protestano contro le emissioni prodotte dallo stabilimento servolano, muniti di
vuvuzelas e cra-cra, schierati attorno a una decina di striscioni, il più
vistoso dei quali, sistemato proprio sotto le finestre del Consiglio comunale,
recava un'evidente scritta "vergogna".
Fogar ha spiegato così la sua sensazione di vittoria: «È evidente che quando un
Comune è costretto a utilizzare i metodi dei quali siamo stati vittime - ha
detto il portavoce del Miani - sono i cittadini a vincere e la classe politica
che governa a perdere». Fogar ha raccontato ai presenti di «un tenente dei
vigili urbani che dopo la notte da noi trascorsa nella saletta, nella vana
speranza di poter incontrare i capigruppo del Consiglio come ci era stato
promesso dal presidente Sergio Pacor, ci ha annunciato che nessuno sarebbe
potuto uscire né entrare e che non ci sarebbero state deroghe per poter
soddisfare le esigenze personali. Più tardi - ha aggiunto - sono state sigillate
le porte e un gruppo di vigili urbani ha sequestrato i sacchi neri in dotazione
nell'aula del Consiglio, probabilmente per impedirci di utilizzarli come
improvvisati wc».
Ieri, nella tarda mattinata, Fogar ha sostenuto di non avere potuto svolgere
l'annunciata conferenza stampa «perché ai giornalisti è stato vietato di
salire». Questi fatti, «uniti all'impossibilità di poter accedere agli ordini
scritti impartiti ai vigili, come sarebbe nei nostri diritti - ha continuato
Fogar - ci hanno fatto capire di essere al cospetto di un Comune retto come se
fosse una qualsiasi repubblica sudamericana di triste memoria. Per questo - ha
concluso - considero la nostra azione una grande vittoria, ancor più importante
perché ravvicinata rispetto alla prossima scadenza elettorale amministrativa».
«Questo è il peggiore modo di accogliere le pacifiche istanze dei triestini», ha
detto Paolo Menis, del gruppo Beppe Grillo, commentando l’ordinanza che impediva
«agli occupanti di uscire dalla sala anche solo per recarsi ai servizi» - e «per
affrontare uno dei disastri più gravi per la città, l'inquinamento prodotto
dalla Ferriera».
Ugo Salvini
Sgonico e Dolina: mai acqua privata - APPROVATE LE
MOZIONI
SGONICO Il riconoscimento dell’acqua come bene comune e del servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica. Con una delibera a Sgonico ed una mozione a San Dorligo della Valle firmata dal capogruppo di Rc-Ci Igor Ota i due consigli comunali hanno dato il via libera per la modifica dei rispettivi statuti per riconoscere l’'acqua come bene pubblico. A Sgonico la delibera è passata all'unanimità, mentre a San Dorligo i partiti di opposizione hanno preferito astenersi. «L’affidamento a imprese private o pubblico-private dei servizi idrici - ha commentato Drozina del Pdl-Udc di San Dorligo - non significa che l'acqua può essere privatizzata».
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO ENERGETICO
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti
all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia. Gli operatori di
Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere
fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi
tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle
agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti n.
5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
LE ORE DELLA CITTA' - FESTA PER L’ACQUA
Saranno presentati oggi alle 16 i dati sulla raccolta
firme della Campagna referendaria Acqua pubblica. Verranno anche illustrate le
ultime due iniziative di festa e di raccolta firme che concluderanno la campagna
referendaria: Festa per l’acqua a San Giovanni venerdì 2 luglio, e Un tuffo per
l’acqua all’Ausonia alle 20 il 4 luglio.
SEGNALAZIONI - Ferrovie, Trieste isolata da Austria e
Slovenia
Apprendiamo dal vostro giornale (del 15.6.2010)
dell’approvazione Ue al progetto «Micotra - Miglioramento dei collegamenti
transfrontalieri di trasporto pubblico» che intende avviare un servizio
ferroviario sperimentale passeggeri diurno tra Udine e Villach. Questa
associazione ha da tempo cercato di porre all’attenzione dell’opinione pubblica
e degli amministratori pubblici, sia attraverso il vostro giornale sia anche in
altre sedi, anche istituzionali, il problema macroscopico dell’isolamento
ferroviario passeggeri verso i paesi contermini (Austria e Slovenia) che da
qualche anno affligge la regione Friuli Venezia Giulia, e non può che esprimere
apprezzamento per l’avvio di un progetto che ripristini i collegamenti
ferroviari passeggeri con l’Austria. Va ricordato che negli ultimi anni la
regione ha visto cancellati quasi tutti i collegamenti internazionali che la
collegavano all’Austria, alla Slovenia, e al resto dell’Europa centrale e
balcanica. Riteniamo quindi che quanto prospettato per il recupero del servizio
Udine-Villach si debba poter estendere anche ai collegamenti da Trieste e da
Gorizia verso la Slovenia, questo per rompere un isolamento, specie della città
di Trieste, che è sicuramente una delle concause della lamentata «poca
raggiungibilità» che ne danneggia non poco l’immagine turistica. Ci sembra
evidente la necessità di passare dalle «Frontiere senza treni» ai «Treni senza
frontiere», cosa che deve essere risolta con l’indispensabile spinta delle
realtà regionali.
Leandro Steffè - presidente Ferstoria - Associazione per la storia
ferroviaria del Fvg
IL PICCOLO - MARTEDI', 29 giugno 2010
Ministero senza direttori, stop all’iter delle
bonifiche - Nomine illegittime per la Corte dei conti. In frenata anche Prg
portuale, Ferriera e rigassificatore
Già per definizione, un ministero non è mai sbrigativo. Ci
si figuri, allora, a quali ritmi da bradipo rischia d’arrivare - in barba alle
fregole di cittadini, imprese e, perché no, degli stessi enti locali - se rimane
di botto senza capi, senza i superburocrati con potere di firma. Riunioni
rinviate a data da destinarsi, pratiche messe in ghiaccio, pile di carte che
crescono di giorno in giorno in attesa di un autografo che le renda esecutive.
Stringi stringi, non si muove foglia. Ebbene, tutto ciò sta succedendo da un
mese. Nel dicastero dal quale, più che da altri, dipende di questi tempi il
destino di Trieste - tra bonifiche, riconversione della Ferriera, nuovo Piano
regolatore portuale e rigassificatore - e che, evidentemente non a caso, esprime
dal 2008 l’unico uomo di Governo venuto dalla Venezia Giulia: il finiano doc
nonché vicecoordinatore regionale del Pdl e sottosegretario all’Ambiente,
Roberto Menia.
L’IMPASSE Dalla fine di maggio, infatti, il ministero dell’Ambiente è costretto
a sopravvivere senza tre dei suoi cinque direttori generali, il che lascia in
eredità pesanti frenate (e incertezze sui tempi) anche sulle più importanti
partite triestine tutt’ora aperte: a essere scoperte sono le poltrone di Nicola
Storto, capo degli Affari generali, di Mariano Grillo, responsabile delle
Valutazioni ambientali (le cosiddette Via cui devono essere sottoposti sia il
Prg portuale che disegna il prolongamento del Molo VII e la realizzazione del
Molo VIII, sia il progetto del metanodotto Snam Trieste-Grado senza il quale la
Regione non è autorizzata ad autorizzare Gas Natural a fare il rigassificatoe),
e soprattutto quella di Marco Lupo, il direttore dei direttori dall’alto della
sua delega alla Tutela del territorio. Colui che aveva ereditato il complicato
caso bonifiche da Gianfranco Mascazzini (diventato dopo la pensione consulente
della Sogesid, la Spa in house del ministero stesso) e che il 24 maggio, nelle
ultime ore da numero uno del dicastero, era venuto a Trieste proprio per tentare
di sbloccare il caso bonifiche incontrando Menia, il governatore Renzo Tondo e i
rappresentanti delle categorie.
LA BOCCIATURA Il perché di una simile decapitazione sta tutto in una delibera
con cui la Corte dei Conti, il 27 maggio scorso, ha ritenuto non legittime le
nomine di questi tre direttori, datate 2009, nell’ambito del piano di
riorganizzazione e snellimento del dicastero impresso dal ministro Stefania
Prestigiacomo. Alla quale è stata così eccepita la decisione di far occupare a
personale esterno posizioni apicali - come quelle affidate a Storto, Grillo e
Lupo - a fronte di un buon numero di direttori di prima fascia già disponibili e
stipendiati come tali.
IL SUPERSTITE Gli unici due direttori generali rimasti al loro posto, nella
rivoluzione del 2009, erano stati Corrado Clini allo Sviluppo sostenibile, clima
e energia e Aldo Cosentino alla Protezione della natura. E come tali non sono
stati toccati dalla scure della Corte dei Conti dell’altro mese. Per il secondo,
però, è arrivata nel frattempo l’ora della pensione, il che fa di Clini una
sorta di highlander. Al punto che la Prestigiacomo starebbe pensando - in attesa
che si possa concretizzare una non semplicissima leggina ad hoc per nominare i
nuovi manager del ministero - ad un interim plenipotenziario da affidare allo
stesso Clini.
LA PRECISAZIONE Per intanto, mentre nelle stanze dei bottoni cittadine
cominciano a serpeggiare ulteriori preoccupazioni per i destini delle partite
locali, è Menia in persona a predicare calma e sangue freddo. «Che questa cosa
possa produrre ritardi - precisa il sottosegretario - non c’è dubbio. Si tenga
conto, però, che le partite triestine vanno avanti abbastanza autonomamente
rispetto alle problematiche legate alle nomine dei responsabili del dicastero».
«Comunque - si fa sibillino Menia - sono questioni tecniche. Che risponda chi ha
combinato questo casino». Il ministro Prestigiacomo o la Corte dei Conti? «So -
risponde il fedelissimo di Fini - che ci sono degli atti che potevano essere
fatti meglio. Le nomine non le faccio io, e non mi occupo nemmeno delle relative
procedure. Non ho nessuna voglia, comunque, di polemizzare col ministro, che,
anzi, non può ovviamente essere contenta se certe cose del suo ministero sono
ferme».
PIERO RAUBER
Menia: «Il lavoro dell’ultimo anno non è perso» - Il
vicepresidente dell’Ezit Zuban: «Il governo deve trovare una rapida soluzione»
I TEMPI SI ALLUNGANO PER IL SITO INQUINATO
«È una notizia che, quando l’abbiamo saputa, ci ha fatto trasecolare. Noi
abbiamo bisogno come l’ossigeno di un accordo di programma sul Sito inquinato
d’interesse nazionale». C’era anche il vicepresidente vicario dell’Ezit, Stefano
Zuban, al vertice tra Menia, Tondo, Lupo e le categorie andato in scena lo
scorso 24 maggio nel palazzo della giunta regionale di piazza Unità. Soltanto
alcune ore più tardi la Corte dei Conti avvrebbe tolto di mezzo il regista
tecnico, cioè lo stesso Lupo, della trattativa tra Stato, Regione, enti locali e
imprenditori sulle bonifiche. E proprio mentre si stava profilando la scrittura
della 15.ma bozza d’accordo. Forse quella buona. E ora? Ora Zuban - che da uomo
della Cna indicato dalla Camera di Commercio nel Cda dell’Ezit si fa interprete
delle imprese insediate nel Sin - si professa «molto preoccupato». «Ci auguriamo
- dice - che il Governo possa mettere una pezza sopra questa situazione, in
tempi ragionevolmente brevi». Anche perché - e lo stesso timore fatto intendere
da Zuban arriva anche da altri addetti ai lavori che preferiscono non apparire -
stando a un’interpretazione giuridica che si sta facendo largo nel mondo delle
imprese triestino la dichiarazione di illegittimità di un burocrate renderebbe
illegittimi in maniera retroattiva gli atti amministrativi da lui firmati,
compresi gli impegni di spesa eventualmente sottoscritti.
«Non è che con Lupo erano stati fatti particolari passi avanti - rileva sempre
Zuban - perché gli oneri a carico delle imprese per danno ambientale erano
sempre e comunque di 236 milioni. Quantomeno con lui, però, il ministero
dell’Ambiente aveva validato finalmente le caratterizzazioni fatte dall’Ezit sui
primi 450mila metri quadrati del Sin, in base alle vecchie delegazioni
amministrative (12 milioni, ndr) della giunta regionale allora guidata da Illy.
Eppoi, soprattutto, per la prima volta, in un documento ufficiale, si parlava di
analisi del rischio», ovvero della procedura di verifica al termine della quale,
se un terreno rientra sotto soglia, viene restituito agli usi legittimi e chi lo
occupa non deve pagare alcuna bonifica. Ebbene, tutto questo rischierebbe di
essere carta straccia. Menia, però, qui intende metterci un punto. E
rassicurare: «Gli atti assunti dai direttori in questione - puntualizza il
sottosegretario - restano validi. Sono legittimi, tutelati, in base al diritto
amministrativo, dal principio di salvaguardia degli atti». «Lo stesso iter delle
bonifiche - conclude Menia - non viene inficiato. L’iter lo conlude il direttore
ma le firme, sull’accordo, le mettono materialmente gli organi d’indirizzo
politico, non tecnico, dunque il presidente della Regione, quello della
Provincia, il sindaco e il ministro».
(pi.ra.)
In ballo anche il via libera all’ampliamento dello
scalo - L’Authority attende la Valutazione ambientale al proprio Piano
regolatore
Un mese fa aveva superato quello che veniva ipotizzato
fosse lo scoglio burocratico più grosso, l’ok del Consiglio superiore dei lavori
pubblici. Ora, però, potrebbe trovarsene davanti uno ancora più ingombrante: il
parere di Via del ministero dell’Ambiente. Non è forse destino, insomma, che il
Piano regolatore portuale, firmato dal presidente dell’Authority in scadenza a
fine 2010 Claudio Boniciolli, potesse correre veloce in dirittura d’arrivo fino
al rientro ultimo in Regione. «Il Prg portuale è una delle cose effettivamente
da chiudere, e che come istruttoria può comunque procedere, e su cui stiamo
lavorando», assicura Menia. È forte d’altronde nei centri di potere cittadino la
voglia di veder validato un Prg portuale che vanta un predecessore soltanto, del
1957, e che traccia il percorso tanto del prolungamento del Molo VII quanto
della creazione del Molo VIII. La rampa di lancio di un altro mondo, di fatto, a
prescindere dalle prospettive del superporto targato Unicredit che comunque
insisterebbe prima su un Molo VII raddoppiato e poi su un ruolo baricentrico del
Molo VIII. Un mondo che, a quel punto, graviterebbe attorno alla contestuale
Piattaforma logistica (per la quale sta spingendo il ticket Gavio-Binasco) e a
una costa ridisegnata per il dopo-Ferriera, tra Piattaforma logistica appunto,
rigassificatore stesso e mega-centrale elettrica Lucchini. Un dopo-Ferriera,
guarda caso, all’interno del perimetro del Sin. Tutto dipende insomma dalla
velocità di reazione della burocrazia. Non solo del ministero dell’Ambiente. Ma
anche - maligna qualcuno a palazzo - di altri dicasteri. Su tutti quello dello
Sviluppo economico, il cui interim resta a Berlusconi visto che Scajola non è
mai sostituito, a fronte della fresca nomina di Brancher per deleghe solitamente
bossiane. Roberto Dipiazza in questi giorni è in buen retiro dopo i traballi di
maggioranza. In Comune parla Roberto Sasco, uomo Udc, presidente della Sesta
commissione Urbanistica, competente anche in materia di Ambiente. «Lo stallo dei
dirigenti al ministero - dice Sasco - può comportare il rischio di ulteriori
lungaggini burocratiche. E proprio in una città, Trieste, dov’è molto forte il
vincolo ambientale. Auspico che il sottosegretario Menia se ne faccia carico».
(pi.ra.)
«Prg, la politica ha escluso la gente» - L’INCONTRO
PUBBLICO CON BANDELLI DI ”UN’ALTRA TRIESTE”
Un secco no al Piano regolatore del Comune «perché non
risponde alle reali esigenze della popolazione e perché è stato definito senza
il coinvolgimento della gente». Franco Bandelli, leader dell'associazione
"Un'altra Trieste", è stato chiaro ieri sera, nel corso dell'incontro pubblico
”Piano regolatore, Trieste ha diritto di sapere”. Parlando a circa 200 persone
che hanno riempito una sala dell'hotel Savoia, l'ex assessore della giunta
Dipiazza ha lanciato strali in tutte le direzioni. Verso la maggioranza che
governa il Comune e «ha deciso tutto senza consultare professionisti del
settore, comitati di quartiere, categorie interessate», verso «quegli assessori
e consiglieri comunali e circoscrizionali pronti a mediare in Commissione e in
aula dopo aver espresso perplessità attraverso i giornali, ma solo per motivi
strumentali». E poi verso «quella politica che ha manifestato il lato peggiore,
proprio in occasione della predisposizione del Piano».
Nei confronti di un attore della vicenda, il presidente della Camera di
commercio, artefice della proposta Parco del Mare, Bandelli ha avuto toni del
tutto diversi: «Saremo al suo fianco fino in fondo - ha dichiarato - se
finalmente prenderà una posizione decisa e precisa. Secondo noi il Parco si deve
fare, perché rappresenta una potenziale risorsa per la città, e lo si deve fare
nell'unica area adeguata e compatibile, quella del Mercato ortofrutticolo
all'ingrosso».
Entrando nel dettaglio del Prg oggi all'esame della Commissione, Bandelli ha
elencato sei punti a suo avviso «sbagliati e criticabili». Ha iniziato da Campo
Marzio, «zona nella quale è prevista una cementificazione che aumenterebbe del
30 per cento la cubatura», poi è passato al quadrivio di Opicina «dove diventerà
edificabile l'intero perimetro del nuovo parcheggio», al Villaggio del
Fanciullo, «destinato a venir circondato da nuove costruzioni», al Rio Martesin
«ultima delle aree urbane di alta valenza ambientale e che sarà pesantemente
cementificata», alla Costiera «dove la cubatura crescerà del 35%», al Parco del
mare «che in principio sembrava tutti volessero e invece adesso sembra diventato
l'oggetto misterioso, fonte di dubbi e imbarazzo». «Non siamo disposti a mediare
- ha concluso Bandelli -: o il Piano viene sostanzialmente modificato, o
lotteremo contro di esso con tutte le nostre forze».
Ugo Salvini
Riccardi: Corridoio 5 progettato entro dicembre
altrimenti addio ai finanziamenti europei
MA SULLA TRATTA TRANSFRONTALIERA IL TRACCIATO E’ ANCORA
TUTTO DA DECIDERE
TRIESTE Entro fine anno la progettazione preliminare del Corridoio 5 deve
essere completata, pena la perdita dei finanziamenti europei. Lo ha ricordato
ieri l’assessore alle infrastrutture, Riccardo Riccardi, nel corso del dibattito
tenutosi nella sala Tessitori di piazza Oberdan a Trieste, in occasione della
presentazione del libro ”Corridoio 5 – Storia, problemi e prospettive” curato da
Romano Vecchiet. Nel corso del dibattito, moderato dal direttore de ”Il Piccolo”
Paolo Possamai, Riccardi ha sottolineato come ci siano ancora dei nodi da
sciogliere, primo su tutti l’allacciamento della tratta del Friuli Venezia
Giulia con quella del Veneto.
«Esiste un problema sul punto di intersezione fra i due tracciati – ha affermato
l’assessore – visto che il Veneto porta avanti il tracciato lungo la costa
mentre noi abbiamo preferito l’affiancamento all’autostrada». Riccardi non ha
nascosto le perplessità sulla scelta veneta «ma non posso entrare nelle lo
decisioni. Di sicuro c’è che entro il 31 dicembre di quest’anno Italfer deve
presentare al Governo un progetto preliminare, altrimenti il rischio è di
perdere i finanziamenti comunitari». Tra oggi e domani Riccardi incontrerà i
sindaci della Basa Friulana per definire alcuni dettagli della tratta regionale
del Corridoio ferroviario. «C’è una sostanziale condivisione del territorio» ha
assicurato l’assessore che non ha mancato di riconoscere il lavoro svolto dal
predecessore, Lodovico Sonego.
Situazione diversa per la tratta transfrontaliera dove il forte dissenso creato
dal tracciato che attraversava la Val Rosandra. Da qui la scelta di optare per
il tracciato ”alto” che però ancora deve essere puntualmente definito sul piano
tecnico così come va ancora valutata la connessione con il porto di Trieste. «Un
tracciato definitivo ancora non c’è” ha sottolineato anche l’eurodeputata del
Pd, Debora Serracchiani che a sua volta ha ricordato come anche per il
coordinatore del progetto, l’olandese Brinkhorst, il nodo vero è quello
dell’allacciamento con il Veneto. Secondo Serracchiani «l’Italia rischia di
essere tagliata fuori sul piano infrastrutturale per problemi interni, e la
questione Friuli Venezia Giulia – Veneto ne è un esempio, e per difficoltà a
influire sulle scelte comunitarie».
Oltre ai nodi politici e tecnici, rimane ancora insoluta la questione delle
risorse visto che lo stesso Riccardi ha ammesso che al momento «non si sa chi
pagherà l’investimento la cui strategicità, comunque, è sotto gli occhi di
tutti». Gli ambientalisti, rappresentati nel dibattito da Dario Predonzan (Wwf),
ritengono che non siano necessari grossi interventi ma basterebbe potenziare le
linee esistenti realizzando nuovi binari solo per eliminare i ”colli di
bottiglia” nella Cervignano – Udine e nella S. Polo – Bivio di Aurisina.
Interventi che Riccardi ritiene necessari e che potrebbero essere concretizzati
rispettivamente ”con qualche decina di milioni e con 200 milioni” ma solo per
affrontare il periodo in cui le infrastrutture de Corridoio 5 saranno
realizzate. «Con questi interventi – ha assicurato l’assessore – si potrebbe
aumentare di 5-7 volte la movimentazione di container dal porto di Trieste».
ROBERTO URIZIO
«La giunta vigili sul progetto per il Corridoio 5» -
SGONICO. CONSIGLIO COMUNALE
«Vigilare attentamente sulla progettazione del Corridoio
5». E’ questa la raccomandazione fatta alla giunta Sardoc, durante l’ultima
seduta del consiglio comunale di Sgonico, da parte del capogruppo della
Slovenska skupnost Dimitri Žbogar. L’esponente dell’opposizione ha ricordato le
ultime evoluzioni del progetto della Tav. il cui percorso potrebbe interessare
anche il territorio di Sgonico: «Auspico che la giunta faccia attenzione e
vigili su tutti i progetti con grandi infrastrutture che potrebbero interessare
i siti posti nel nostro comune, in particolare per quanto riguarda la Tav».
Preoccupazione aL riguardo è stata espressa anche dal vicesindaco Rado Milic:
«E’ da anni che si parla di questo progetto ma i comuni interessati come il
nostro continuano a non essere interpellati e informati». Milic ha evidenziato
come «le ultime notizie apprese dalla stampa sul possibile tunnel non
rassicurano di certo, anche perché ci chiediamo come si può pensare di perforare
il Carso in prossimità della Grotta Gigante».
Il vicesindaco di Sgonico ha annunciato che a breve la giunta chiederà un
incontro all’assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi, per
avere delucidazioni in merito agli ultimi progetti sull’Alta velocità.
Sulla stessa lunghezza d'onda, ma con riserva, il capogruppo del Pdl-Udc, Denis
Zigante: «Sono sicuramente d'accordo con il consigliere Žbogar affinché il
sindaco Sardoc vigili come chiesto pubblicamente in consiglio comunale, perché
ritengo che l'amministrazione debba farsi coinvolgere su un tema così importante
senza che questo arrivi sopra le nostre teste senza un controllo».
Allo stesso tempo però Zigante ha esplicitamente messo in chiaro di «non
auspicare la creazione dei presupposti di una nuova Val di Susa, ossia di
evitare uno scontro frontale senza avere prima spiegazioni e cautele
sull'impatto controllato del progetto della Tav, perché il progresso deve avere
la precedenza e non può essere ostacolato senza un valida ragione».
(r.t.)
La Goletta Verde approdata a San Giorgio di Nogaro - Un
convegno sulla laguna di Grado e Marano e domani rotta verso la costa romagnola
SAN GIORGIO DI NOGARO Fra ieri e oggi ssi svolge a San
Giorgio di Nogaro (Udine) la seconda delle 25 tappe di Goletta Verde 2010, la
storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione
sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane.
Tra le attività di Goletta Verde, l'analisi sullo stato di salute del mare e
delle coste, ma anche valorizzazione della biodiversità, consegna delle Cinque
Vele ai comuni premiati dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club,
promozione delle Aree Marine Protette, battaglie contro i casi di mala gestione
e abusi edilizi sui litorali e Bandiere Nere ai pirati del mare.
Ieri a San Giorgio si è svolto anche un convegno sul futuro della laguna di
Grado e Marano. Dopo San Giorgio di Nogaro, il veliero Tutkuaz salperà in
direzione dell'Emilia Romagna, con destinazione Rimini.
Pista ciclabile, distrutto il punto di ristoro - L’Info
Point di San Giacomo danneggiato da ignoti vandali. Area già degradata -La
Provincia rimetterà a posto
Più che un punto di ristoro per ciclisti, ormai è un punto
di ritrovo per i vandali. L'info point di San Giacomo, inaugurato cinque anni
fa, dovrebbe essere dedicato agli sportivi che percorrono la pista
ciclo-pedonale che collega San Giacomo a Draga Sant'Elia. Un luogo dove trovare
informazioni, dei bagni e magari qualche genere di conforto.
Ben diversa è la situazione attuale. Le due ali dell'info point sono coperte di
scritte, al punto che ormai è a malapena possibile vedere attraverso le vetrate.
E il poco che si riesce a scorgere non è edificante: le luci giacciono rotte a
terra, fra lattine vuote e cartacce. La porta d'ingresso dei bagni è stata
divelta e il loro interno è coperto di "tag", ovvero firme stilizzate.
La pavimentazione esterna è sconnessa, mentre appoggiati ad un muro ci sono i
resti bruciati di un divano. Di fianco ci sono una lamiera ondulata, un sacco
nero pieno di immondizie e un lavabo con tutto il suo ripiano. La galleria che
conduce alla struttura è sporca di deiezioni e alla sua entrata sono state
abbandonate delle impalcature di legno. I muri intorno sono imbrattati di
vernice colorata. Ovunque immondizia e vetri rotti.
L'info point di San Giacomo è stato inaugurato il 25 novembre 2005 da Fabio
Scoccimarro, all'epoca presidente della Provincia. I lavori per la realizzazione
del chiosco informativo e del sottopasso della Sp 11."di Prebenico"sono costati
1.691.155,72 Euro. Sono passati cinque anni: il sottopasso si allaga dopo ogni
acquazzone, mentre l'info point è distrutto. Tant'è che il 4 marzo scorso la
Giunta Provinciale ha approvato all'unanimità lo stanziamento di 218.000 Euro
destinati alla manutenzione straordinaria dei queste opere.
«Penso che entro la fine di quest'estate tutti i lavori necessari per rimettere
a nuovo l'info point verranno terminati», assicura Mauro Tommasini, assessore
provinciale ai lavori pubblici. Il futuro della struttura rimane comunque vago:
«Intanto riporteremo la struttura al suo stato originale -dichiara Tommasini-
poi valuteremo le varie possibilità legate ala sua gestione».
La bellezza del tracciato che segue il percorso della vecchia ferrovia Trieste -
Erpelle è in contrasto con l'abbandono della struttura che dovrebbe promuoverne
l'immagine. Questa è una cattedrale nel deserto» afferma un signore con un cane
al guinzaglio. «Io vengo qui ogni giorno -racconta- e vedo che da anni è tutto
abbandonato. Rubinetti e lavandini così belli ce li sogniamo noi, ed ecco come
sono ridotti», dice guardando amareggiato il bagno.
I prossimi lavori prevedono, oltre al recupero dell'info point, interventi di
pulizia e di manutenzione del tracciato. I problemi, infatti, sono molti e ben
noti: alcuni tratti sono invasi dalla vegetazione, mancano l'acqua, i servizi e
la manutenzione scarseggia.
Ma nei programmi della Provincia non ci sono né le fontanelle né i cestini
richiesti da molti. «L'acqua potrebbe essere utilizzata in maniera impropria, ad
esempio per lavare le automobili - spiega Tommasini - e sulla Trieste-Erpelle
-sottolinea- valgono i principi dell'escursionismo: ognuno deve portare via i
propri rifiuti».
La spesa totale per il recupero dell'Ex Ferrovia supera i 7 milioni di Euro,
finanziati prevalentemente con fondi comunitari Interreg e, in minor parte,
dalla Provincia e dall'accordo di Programma della Regione.
Giovanni Ortolani
SEGNALAZIONI - Ferriera e smog - SERVOLA
Io, come tante altre persone che abitano a Servola,
subisco quasi giornalmente l’attacco delle polveri e dei gas provenienti dalla
Ferriera – spesso l’aria è ammorbata dall’esalazioni di anidride solforosa
proveniente dai processi della cockeria e queste esalazioni creano notevoli
disagi (bruciore agli occhi, difficoltà di respiro), senza contare le polveri di
carbone che si depositano un po’ dappertutto e che adesso rispetto al passato
sono molto più insidiose in quanto molto più sottili.
Le autorità competenti (sic!) dovrebbero fare delle soste da queste parti ma non
toccata e fuga, dovrebbero dotarsi di un bel set da picnic (magari lo posso
fornire io gratuitamente visto che siamo in recessione) e sedersi sotto gli
alberi in via Pitacco verso le 5 del pomeriggio e forse si renderebbero conto di
cosa significa vivere ogni giorno in questa zona. Inoltre dovrebbero
parcheggiare le loro belle auto blu (pagate da tutti noi) ma anche le loro
private a Servola e specificatamente in un park di via del Pane Bianco così
forse si renderebbero finalmente conto, toccando con mano, l’imbrattamento
prodotto dalla Ferriera ottenendo in questo modo un doppio risultato, in primis
avrebbero la certezza che quanto sostengono gli abitanti di Servola sono cose
concrete e non baggianate (come si vorrebbe far credere) in secondo luogo modo
aiuterebbero anche l’economia in quanto dovrebbero far lavare le macchine ogni
giorno in uno dei tanti lavaggi auto che ci sono a Trieste. Questa dell’auto è
chiaramente una provocazione ma neanche tanto stupida visto che uno dei beni ai
quali gli italiani tengono di più è proprio l’automobile.
Detto questo è da tempo che mi sto chiedendo che cosa ci stanno a fare l’Arpa,
il Comune, la Provincia e l’Ass che siano stati incartati dall’«Aia»?
In definitiva gli sforamenti ci sono stati. Esiste una legge che indica quanti e
quali sforamenti ci possono essere nell’arco dell’anno e se gli stessi sono
stati superati si deve intervenire o con la chiusura o obbligando il gestore a
rientrare nei termini di legge. Io capisco il problema di chi lavora all’interno
di quell’ambiente e capisco anche che la proprietà ha il coltello dalla parte
del manico, 500 persone ti fanno pensare non una ma dieci volte prima di
prendere la decisione di chiudere. Come detto il solito ricatto.
Quello che si dovrebbe fare è colpirli dove sono molto sensibili con una bella
class action alla quale dovrebbero partecipare il Comune, gli abitanti di
Servola che sono i più diretti interessati e anche tutti gli altri cittadini
perché, come detto, le polveri e i gas non hanno confini.
Arduino Adamolli
QualEnergia.it - LUNEDI', 28 giugno 2010
Rinnovabili ed efficienza energetica sotto attacco
Il colpo di mano di Tremonti ai certificati verdi potrebbe rientrare grazie anche alle dure critiche di un settore imprenditoriale sempre più coeso. Lo stesso non si può dire per la prosecuzione della detrazione del 55%: i comparti legati all’efficienza energetica sono numerosi, così come i soggetti coinvolti, ma non hanno ancora una propria lobby.
Nel 2008 si era tentato di ridurre drasticamente
l’efficacia delle detrazioni fiscali del 55%, ma la sollevazione dei soggetti
interessati era riuscita a far fare marcia indietro a Tremonti.
In queste settimane il centro-destra in Parlamento ha cercato di azzoppare i
certificati verdi, lo strumento di incentivazione delle rinnovabili di grande
taglia. Anche in questo caso le reazioni sono state molto accese e tutto fa
pensare che verrà trovata una soluzione che consenta di sanare gli effetti di
questa maldestra iniziativa. È interessante sottolineare come in nessuno dei due
colpi di mano il Ministero dello Sviluppo Economico, che ha la delega
dell’energia, abbia avuto un ruolo.
Se il colpo alle energie rinnovabili verrà bloccato, non pare invece che ci
siano molte possibilità per la prosecuzione delle detrazioni del 55% nel 2011.
Il fatto è che questa forma di incentivazione incide direttamente sulla
fiscalità generale, anche se molti studi hanno evidenziato che tra emersione del
sommerso, aumento delle entrate dell’Iva e delle tasse per le imprese coinvolte
le casse dello Stato avrebbe perdite minime o addirittura un vantaggio
economico. Ma in una fase in cui si tende a tagliare tutto, queste sofisticate
analisi vengono messe da parte.
I certificati verdi, la tariffa unica per gli impianti sotto 1 MW e il conto
energia per il fotovoltaico vanno invece ad incidere sulle tariffe elettriche e
non sulla fiscalità ,e quindi, sono meno sotto tiro.
Visto il grande supporto di cui godono le rinnovabili da parte dell’opinione
pubblica e considerata la massa critica degli interessi coinvolti, è più
difficile che gli attacchi a queste tecnologie vadano in porto.
Invece, in Italia come in Europa, i comparti dell’efficienza energetica sono
frantumati in mille rivoli e non hanno la stessa capacità di pressione che hanno
i settori legati alle rinnovabili.
Se dunque siamo soddisfatti della massa critica raggiunta dalle energie verdi,
dobbiamo però lavorare affinché i settori legati all’efficienza energetica
riescano in futuro a farsi sentire con maggiore forza.
Gianni Silvestrini
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 28 giugno 2010
LEGAMBIENTE: Corridoio V … la farsa continua
Nel lontano febbraio 2007, durante il convegno
dell’Istituto Gramsci sul corridoio V, Legambiente aveva posto pubblicamente 5
domande, sollevando alcune questioni fondamentali sulla validità e
realizzabilità della linea AV/AC Venezia-Trieste-Ljubljana: 1) dove sono i soldi
per realizzare l’opera? 2) Esistono delle alternative per trasportare le merci
su ferrovia? 3) Dove sono la trasparenza, l’informazione e la partecipazione dei
cittadini? 4) Servono veramente nuove infrastrutture o è l’organizzazione dei
trasporti che non funziona? 5) Se la nuova linea Venezia-Trieste-Ljubljana
venisse realizzata, siamo sicuri che le merci viaggerebbero per ferrovia?
Ovviamente a queste domande nessun rappresentante delle pubbliche
amministrazioni coinvolte ha mai risposto, salvo i sindaci e i comuni coinvolti
(tra cui S. Dorligo-Dolina, Doberdò-Doberdob, Villa Vicentina ed altri). Tra
l’altro, questi comuni hanno reso pubblici i documenti (tracciati, studi e
valutazioni) dei progetti che inutilmente cerchereste sul sito della Regione
Friuli-Venezia Giulia o del Comune di Trieste. Ma anche alle altre domande
dobbiamo rispondere noi: 1) la spesa prevista è di oltre 6 miliardi di euro tra
Mestre e Trieste, i fondi disponibili sono circa 100 milioni, quindi si possono
spendere i soldi per i progetti ma non ci sono i soldi per fare l’opera; 2)
basta aggiungere un binario aggiuntivo (o due se veramente necessari) tra il
Bivio San Polo e Monfalcone, e poi tra Monfalcone e il Bivio Aurisina, per
aumentare notevolmente la capacità delle linee attuali; 3) non risulta che la
Regione o la Provincia abbiano preso iniziative per informare i cittadini, né
tanto meno farli partecipare alle discussioni ed alle scelte. Lo hanno fatto i
comuni minori e il comune di Trieste, quest’ultimo però con un solo incontro
pubblico nel luglio 2009; 4) il sottoutilizzo (viene usata neppure per il 25%)
della nuova linea ferroviaria Pontebbana (Udine-Tarvisio) dimostra che la
cattiva gestione delle ferrovie e la spietata concorrenza dell’autotrasporto
(che ottiene anche sussidi dallo Stato) rendono inutili grandi investimenti
ferroviari nell’ambito della attuale politica dei trasporti; 5) se l’Italia e la
Slovenia decidessero di introdurre la tassazione dei camion (“eurovignetta”,
allo studio o applicata in diversi paesi europei) proporzionale al peso
trasportato, all’inquinamento provocato e alla distanza percorsa (come avviene
da tempo in Svizzera), allora sarebbe possibile il trasferimento del traffico
merci dalla strada alla rotaia. La realtà è ben diversa: i cittadini del FVG
danno il loro contributo (un milione e mezzo di euro nel solo 2009) agli
autotrasportatori per fargli trasportare (pochi) camion sui treni, ma se questo
contributo non ci fosse, i camion ritornerebbero sulla strada. Questi contributi
alla “autostrada viaggiante” sono un aiuto che non modifica il sistema
logistico: portare sui treni un camion col suo carico costa il doppio rispetto
al trasporto del solo carico, cioè al trasporto intermodale non accompagnato, il
solo che ha una sua validità economica. Ma è evidente che quella del
trasferimento modale che dovrebbe giustificare la rete dell’Alta Velocità/Alta
Capacità è solo una favola per il popolo, al solo scopo di usare enormi risorse
pubbliche per finanziare le grandi imprese di costruzioni (in altre parti
d’Italia) e di fare progetti non realizzabili (nella nostra regione).
In questa stessa sala, nel giugno 2008 fu presentato il tracciato del
collegamento Trieste-Divača, un’incredibile serpentina sotto la città di Trieste
che, circondando la Val Rosandra, sbucava nella costruenda seconda linea
Koper-Divača, per cui i treni merci dal porto di Trieste sarebbero dovuti salire
a 230 metri per poi scendere nuovamente a livello del mare. Era evidente, anche
dal punto di vista trasportistico oltre che per l’impatto ambientale, che il
progetto non stava in piedi, ma solo dopo le affollate assemblee popolari e la
presa di posizione del comune di Trieste i politici e gli amministratori
pubblici, anche a livello governativo, hanno preso atto che “non c’è il
consenso” alle follie proposte. Bene, ma per quello studio di fattibilità sono
stati spesi ben 1.380.000 euro (di cui un milione della Regione FVG), del cui
spreco qualcuno dovrebbe rispondere ai cittadini che pagano le tasse e a quelli
che avrebbero potuto ricevere beni e servizi, invece di contribuire al benessere
di progettisti e società di consulenza.
Ora, secondo il vice-ministro ai trasporti Roberto Castelli, il precedente
tracciato è stato scartato “perché non era condiviso dalla Regione, dalla
Provincia e tanto meno dalla popolazione”. Ma come può la popolazione
condividere il nuovo tracciato se ha visto solo una cartina sul Piccolo e non è
stata mai informata e coinvolta dagli enti proponenti? Finora è stato coinvolto
solo il comune di Duino-Aurisina, ma il nuovo tracciato coinvolge anche quelli
di Sgonico, Monrupino e Trieste. E resta invece aperto l’unico vero problema,
cioè come collegare meglio il porto di Trieste con Monfalcone-Udine-Venezia e
Ljubljana.
Secondo la stampa, il nuovo tracciato è composto (in Italia) da due gallerie
sotto il Carso di 12 km ciascuna, con un costo totale di quasi 2 miliardi di
euro (circa 79 milioni di euro a km). Quindi rimangono aperti tutti i gravissimi
problemi ambientali di lunghe gallerie in zona carsica. Ma, soprattutto, si
dovrebbe costruire un collegamento di quasi 30 km, di cui oltre 20 in galleria,
tra Aurisina e Divaccia, quando è noto che sulla linea Aurisina-Opicina passano
solo pochissimi treni merci, mentre la Sežana-Divača è utilizzata al 40%
solamente. Quindi una tratta che non serve, costa moltissimo e che probabilmente
la Slovenia non finanzierà mai (come del resto anche l’Italia). Quanto è
credibile e realizzabile il nuovo tracciato proposto? E’ vero che passa “un pelo
sopra Borgo Grotta Gigante”, quindi nei pressi della Grotta?
Anche i tempi previsti per la realizzazione dei diversi tratti sono tali da
rendere impossibile un rilancio del trasporto merci dal porto di Trieste su
ferrovia, perchè – come ha affermato il rappresentante di RFI Comin in un
incontro col consiglio comunale di Duino-Aurisina - la tratta
Monfalcone-Aurisina potrebbe essere completata verso il 2030, quella tra
Aurisina e Trieste verso il 2050 e quella tra Aurisina e Divača verso il 2080 (e
questo, aggiungiamo noi, solo se qualcuno darà i miliardi necessari).
Quindi si è preso atto solo delle più vistose assurdità e incongruenze del
progetto, e della naturale reazione dei cittadini delle aree interessate dal
tracciato, ma manca ancora il coraggio per effettuare una revisione radicale del
concetto di corridoio e una chiarezza delle priorità e degli obiettivi del
progetto, che dovrebbero essere legati alla realtà sopra ricordata. Bisogna
prendere atto, come sosteniamo da tempo, che per un vero rilancio del trasporto
ferroviario e intermodale occorre una nuova politica dei trasporti e una serie
di interventi mirati e veloci per ottimizzare, modernizzare e riutilizzare la
rete esistente, costruendo una quantità limitata di nuove tratte (tra cui
probabilmente il raddoppio della Udine-Cervignano, il rafforzamento del tratto
Bivio San Polo-Monfalcone-Bivio Aurisina e il breve collegamento tra Trieste e
Capodistria-Koper.
E qui si pone una nuova domanda: se è vero che il governo della Slovenia si
oppone ad un collegamento ferroviario diretto tra i due porti perché non
gradisce la possibilità che dei treni merci provenienti dal porto di Trieste
utilizzino la nuova linea Koper-Divača per immettersi nella rete slovena in
direzione di Ljubljana, come vengono giustificati i contributi dell’Unione
Europea alla costruzione della stessa linea Koper-Divača, che non è affatto
“transfrontaliera” e non deve esserlo?
Legambiente Friuli-Venezia Giulia - http://www.legambiente.fvg.it
Legambiente Trieste via Donizetti 5/a -
http://www.legambientetrieste.it
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 giugno 2010
Il Parco del mare resuscita nel Piano regolatore -
Cassata da Dipiazza, nel documento urbanistico l’attrazione resta nell’area ex
Bianchi
Il sindaco ha optato alla fine per un grande acquario
nell’ex Salone degli Incanti tuttavia resta aperta la porta per la prima
soluzione
«Trieste non può sopportare un Parco del mare». Il sindaco Roberto Dipiazza
era stato chiaro, anzi chiarissimo alla fine dello scorso aprile. Specificando
l’unica strada per lui percorribile: «Un acquario da due, trecentomila
visitatori l’anno», da sistemare nel Salone degli Incanti. L’opzione “parchetto
del mare”, dalle proporzioni e ambizioni ben più contenute rispetto alla
soluzione tanto cara al presidente camerale Antonio Paoletti, strutturata nella
sua ultima ipotesi di location lungo l’asse area ex Bianchi - Magazzino vini -
ex Pescheria. Adesso però, nel periodo che coincide con il rush finale per
l’approvazione definitiva del nuovo Piano regolatore, emerge dagli incartamenti
un fatto: nelle controdeduzioni del Comune alle riserve della Regione sulla
variante 118 al Prg il Parco del mare c’è, è citato e non una volta ma a più
riprese. Lo strumento urbanistico lascia la porta aperta al progetto.
Un passaggio parla infatti di «interconnessione con l’ambito dell’ex piscina
Bianchi (l’area sulle Rive vicino al Magazzino vini, ndr) con reperimento di
parte dei parcheggi a supporto del Parco del mare». Con precisione si fa poi
riferimento nei documenti all’«insediamento del Parco del mare nell’area dell’ex
piscina Bianchi», scelta che «risulta sostenibile sotto il profilo della
mobilità» attraverso l’adozione di «alcune azioni» dedicate: «dotazione di
parcheggi», «incentivazione dei mezzi pubblici» e «possibili interventi di
compatibilizzazione viaria dell’asse delle Rive» per migliorare l’accessibilità
alla zona del Parco stesso. E ancora: «Nel caso dell’area dell’ex piscina
Bianchi le funzioni ammesse escludono interventi residenziali, in quanto
prefigurano per la stessa una trasformazione legata all’attività museale e ad
attività complementari finalizzate allo sviluppo turistico della città, con la
realizzazione del cosiddetto Parco del mare». Niente equivoci, il progetto c’è.
Nonostante la bocciatura di Dipiazza rimane lì, incastonato tra le righe del
documento prodotto dagli uffici comunali. Che specificano nel testo come «in
questa fase di pianificazione generale il Piano non ha voluto caratterizzare in
maniera specifica le diverse destinazioni d’uso che andranno ad insediarsi in
queste aree, ma ha voluto determinare un quadro di riferimento generale».
Un’indicazione è riservata anche ai progettisti visto che «dovrà essere valutato
il rapporto tra le diverse volumetrie, in maniera tale da garantire che i nuovi
interventi non vadano a modificare in maniera sostanziale l’equilibrio tra il
mare e la quinta scenografica rappresentata dall’edificazione del Borgo
Giuseppino». La sostanza, comunque, non muta.
Il Piano regolatore smentisce dunque il primo cittadino? «Le valutazioni degli
uffici sono state effettuate mantenendo ciò che era stato già adottato. Dunque,
si continua a calcolare il Parco del mare... Il che conferma l’assenza di
programmazione da parte dell’amministrazione, una situazione demenziale»,
evidenzia il capogruppo del Pd Fabio Omero. E all’attacco va pure Roberto
Decarli (Cittadini), sempre in seno all’opposizione: «Modificando e togliendo il
riferimento al Parco del mare, inserito evidentemente ben prima delle
dichiarazioni di Dipiazza, si fermerebbe l’iter per l’approvazione del Prg. Ma
avere il Parco nel Piano quando invece il sindaco ha dichiarato che non si farà
è una presa in giro. Per correttezza Dipiazza - incalza Decarli - non avrebbe
dovuto dire niente, prendendo invece tempo o affermando “lo faremo più tardi”».
Per Piero Camber (Fi-Pdl), si tratta solo di «una questione di nome nella
ricerca dell’ampliamento di una zona dedicata al mare e alla scienza. Parliamo
di semplicità di denominazione». Mentre secondo il collega di maggioranza
Antonio Lippolis (An-Pdl), «lasciare una porta aperta non è sbagliato. Così, una
retromarcia della retromarcia da parte del sindaco potrebbe ancora esserci.
Lasciare il Parco del mare nel Prg - sottolinea - concede una possibilità, ma
non vuol dire che bisogna farlo per forza. L’idea del Parco, lo ricordo, era
stata condivisa dal Consiglio comunale».
MATTEO UNTERWEGER
Prg, ”Un’altra Trieste” in assemblea - OGGI ALLE 18 AL
SAVOIA
Questo pomeriggio con inizio alle 18 si terrà all’hotel
Savoia Excelsior (Riva del Mandracchio 4) un'assemblea pubblica organizzata
dall'associazione Un’altra Trisete sul tema del Piano regolatore comunale
Generale. «L'incontro - si legge in una nota del sodalizio fondato dall’ex
assessore comunale Franco Bandelli - rappresenterà per tutti i cittadini
l'occasione di conoscere i contenuti del piano che pochi vogliono, ma che
riguarderà tutti i triestini».
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 giugno 2010
Goletta verde a San Giorgio di Nogaro - DOMANI E
MARTEDÌ
SAN GIORGIO DI NOGARO Sarà domani e martedì San Giorgio di
Nogaro la seconda delle 25 tappe di Goletta Verde 2010, la storica campagna di
Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione sullo stato di salute
delle coste e delle acque italiane.
Tra le attività di Goletta Verde, l'analisi sullo stato di salute del mare e
delle coste, ma anche valorizzazione della biodiversità, consegna delle Cinque
Vele ai comuni premiati dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club,
promozione delle Aree Marine Protette, battaglie contro i casi di mala gestione
e abusi edilizi sui litorali e Bandiere Nere ai pirati del mare.
Per lunedì è previsto inoltre a San Giorgio un convegno sul futuro della laguna
di Grado e Marano.
Dopo San Giorgio di Nogaro, il veliero Tutkuaz salperà in direzione dell'Emilia
Romagna, con destinazione Rimini.
”Miani” in piazza contro la Ferriera - DOMANI E MARTEDÌ
SOTTO IL MUNICIPIO
Il Circolo Miani, che da tempo chiede la chiusura della
Ferriera, raddoppia le proprie iniziative. Domani e martedì sono in programma
due manifestazioni di protesta, entrambe in piazza Unità. A scatenare il
portavoce del Circolo, Maurizio Fogar, in questo frangente, «la consapevolezza
che il danno alla salute della popolazione di Trieste oramai è stato fatto - ha
detto ieri - perché la proprietà dello stabilimento ha ottenuto la certezza di
poter continuare a operare fino al 2015, avendo così a disposizione tutto il
tempo necessario per poter vendere l'impianto a un prezzo conveniente. E tutto
questo con il colpevole avallo delle maggiori istituzioni della Regione e della
città. Per questo - ha annunciato - lunedì e martedì, alle 18.30, saremo sotto
il Municipio per manifestare il nostro sdegno e la nostra volontà di cambiare le
cose».
Fogar intende «alzare il livello della protesta popolare», in conseguenza di
quello che ha definito «il fallimento della politica». Il Miani giudica
prevalente «il tema della salute pubblica rispetto a qualsiasi altro - così
Fogar - anche quello della conservazione dei posti di lavoro. Del resto i nostri
pubblici amministratori avevano tutto il tempo per predisporre i necessari piani
di riconversione a favore dei lavoratori della Ferriera».
Fogar ha ricordato anche che «di recente il Wwf, autorevole associazione
ambientalista, ha confermato che le nostre osservazioni sul fronte
dell'inquinamento atmosferico sono esatte. Il rischio per la popolazione
residente, non solo nei rioni più vicini allo stabilimento di Servola - ha
continuato - è elevatissimo. Abbiamo già contato troppi morti - ha concluso il
portavoce del Miani - e purtroppo la lista non è destinata a fermarsi».
(u. s.)
IL PICCOLO - SABATO, 26 giugno 2010
La maggioranza si ricompatta: «Andiamo avanti» -
Schiarita sul Prg, a Lega e Udc garanzie sul ripristino dell’edificabilità per i
piccoli proprietari
RIENTRATA LA CRISI. DIPIAZZA: MANGERÒ IL PANETTONE E
ANCHE LA COLOMBA...
Stilata l’agenda dei prossimi mesi: rispunta la partita del Piano del traffico
Lippolis (An-Pdl): coalizione più forte, adesso il Piano regolatore è meno a
rischio
In sella, più saldo che mai e pronto a chiudere il suo mandato centrando uno
a uno gli obiettivi messi in cantiere. A partire dall’approvazione definitiva
del Piano regolatore, partita da concludere entro la fine di luglio. Roberto
Dipiazza ha avuto ieri la certezza di avere attorno a sé una maggioranza
compatta, una volta concluso il vertice ospitato nei suoi uffici. Un incontro
lungo, durato due ore e che, come ha riferito il capogruppo dell’Udc in
Municipio Roberto Sasco, ha conosciuto anche alcuni «momenti difficilissimi».
Alla fine, dunque, si sono sbriciolate non solo le voci circolate il giorno
prima su possibili clamorose dimissioni del sindaco di fronte a una convergenza
mancante sul Prg, ma sono andati in frantumi anche i dubbi che avevano iniziato
a farsi strada fra qualcuno dei protagonisti dello schieramento di centrodestra
sulla tenuta della coalizione da qui alla primavera del 2011. Sino cioè al
termine del Dipiazza-bis. All’uscita dal vertice, hanno ripetuto tutti la stessa
cosa: «È tutto a posto. La maggioranza va avanti». Volto sorridente e distinguo
dei giorni scorsi dimenticati, archiviati, in nome della ragion comune. O
meglio, di alcune rassicurazioni: in primo luogo quella che tutte le decisioni
importanti, da qui alla conclusione della consiliatura, verranno sempre
condivise fra i capigruppo in Municipio e il sindaco prima di ogni altra azione.
Punto d’accordo fondamentale è stato quello della garanzia data a Lega Nord e
Udc in merito al Prg. «Sarà ripristinata l’edificabilità delle aree dei piccoli
proprietari», hanno confermato i rappresentanti del Carroccio presenti, il
segretario provinciale Massimiliano Fedriga e il capogruppo Maurizio Ferrara.
Che 120 minuti prima erano saliti a palazzo promettendo battaglia: «Non faremo
sconti». «Sì, sì, l’edificabilità verrà restituita, a parte laddove vi sia una
valenza urbanistica riconosciuta», ha specificato Roberto Sasco (Udc), raggiante
al pari dei leghisti e uscito dalla riunione al fianco di un Angelo Pierini
(Lista Dipiazza) visibilmente soddisfatto. «Questo era in ogni caso un obiettivo
comune, di tutti», si è affrettato a chiarire Piero Camber (Fi-Pdl) sul tema
edificabilità e Prg, «nel rispetto delle riserve presentate dalla Regione
naturalmente». «I 21 della maggioranza restano tali, siamo compatti. Tanto che
pure il sindaco (il quale al termine dell’incontro non ha rilasciato
dichiarazioni, ndr) ha sottolineato durante il vertice: “Non solo mangerò il
panettone, ma anche la colomba...”. Ci vediamo la prossima primavera...», ha
concluso il capogruppo forzista. E lì accanto il collega di An-Pdl Antonio
Lippolis: «La maggioranza è più forte, il Piano regolatore meno a rischio».
Il vertice ha generato, di fatto, un cronoprogramma che ha toccato vari punti,
senza approfondirli tutti nel dettaglio. L’agenda del centrodestra in Comune
dice quindi che entro fine luglio la partita sul Piano regolatore andrà chiusa,
intanto verrà risolta anche la questione Fiera (con Piero Camber e Fi-Pdl pronti
a presentare lunedì in Consiglio comunale un emendamento e un ordine del giorno
a completamento della delibera dell’assessore Paolo Rovis, come oggi stesso
proprio Camber annuncerà). A settembre, altra tappa chiave con il Piano del
traffico e poi la volatona verso le nuove elezioni. Non senza garantirsi
appoggio reciproco per le istanze che via via usciranno dalla coalizione.
MATTEO UNTERWEGER
Centrale Lucchini, nuovo studio: «La qualità dell’aria
migliorerà» - CONSEGNATE LE INTEGRAZIONI PER LA ”VIA”
Lucchini Energia ha consegnato alle autorità tra cui
ministero dell'Ambiente e Regione, «tutte le integrazioni richieste in materia
di Valutazione di impatto ambientale (Via) e Autorizzazione integrata ambientale
della centrale termoelettrica a ciclo combinato nel porto industriale» che
l’azienda progetta nell’area ex-Esso.
Fra i nuovi documenti - sottolinea Lucchini Energia - «il più significativo è
uno studio della dispersione e della ricaduta al suolo delle emissioni in
atmosfera prodotte dalla centrale termoelettrica, eseguito dal Dipartimento di
ingegneria civile e ambientale dell'Università» coordinato da Vincenzo Armenio.
Lo studio è stato fatto per valutare l'impatto che l’insediamento può avere
sulla qualità dell'aria. Scenari che considerano sia la situazione attuale, con
la Ferriera, sia la situazione futura con la riconversione produttiva della
Ferriera ovvero con la presenza contemporanea della Centrale della Lucchini
Energia e del terminale di rigassificazione.
«Lo studio - scrive Lucchini Energia - ha dimostrato che, anche nello scenario
futuro più gravoso per impatto ambientale, si osserva rispetto alla situazione
attuale un leggero aumento delle concentrazioni di biossido di zolfo; una
diminuzione delle concentrazioni di biossido di azoto e una riduzione dei
superamenti annuali; una forte riduzione di Pm10 e di monossido di carbonio»; e
«una forte riduzione di emissioni clima-alteranti». Lo studio «conferma quindi»
per Lucchini energia «un sicuro miglioramento della qualità dell’aria nelle zone
più interessate oggi dalle emissioni di tutto il comparto industriale che
seguirebbe dalla riconversione» della Ferriera «e dall’insediamento della
centrale Lucchini e del terminale Gnl».
Nuova vita per i laghetti delle Noghere - CONCLUSI I
LAVORI DI SISTEMAZIONE DEL BIOTOPO NATURALE
MUGGIA Decine di bambini del ricreatorio e molti
cittadini, non solo muggesani, hanno preso parte alla cerimonia che ha sancito
la conclusione dei lavori di sistemazione dei laghetti delle Noghere, il biotopo
naturale che si trova al confine con il territorio di San Dorligo e che
rappresenta un ”unicum” dal punto di vista naturalistico e ambientale per
l'intero territorio carsico. All'inaugurazione erano presenti, tra gli altri, il
sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il vicesindaco Franco Crevatin, l'assessore
Loredana Rossi e il vicepresidente della Provincia Walter Godina.
Formati dalle esondazioni del Rio Ospo in vecchie cave d'argilla utilizzate fino
agli anni '70, gli otto laghetti e l'intero territorio che li circondava erano
stati per lungo tempo abbandonati al degrado, tanto che i primi ambientalisti
che all'inizio degli anni '80 avevano tentato un primo recupero, si trovarono
davanti a una vera e propria discarica a cielo aperto.
Un intervento più organico, dopo una serie di difficoltà burocratiche legate a
divergenze sulla competenza territoriale tra Ezit e Comune, fu possibile solo
dopo il 2001, quando la Regione assegnò al sito la dignità di ”biotopo
naturale”. Un passaggio che poi ha consentito un'accurata progettazione volta
alla valorizzazione non solo turistica dei laghetti, ma anche didattica e
naturalistica.
L'area è stata attrezzata con sentieri, punti di osservazione, tabelle
esplicative. Sul lato che corre lungo la strada bianca che conduce all'ingresso
è stata eretta una recinzione metallica per impedire atti vandalici e
l'abbandono di rifiuti, mentre sugli altri lati del perimetro del sito è stato
volutamente lasciato il libero passaggio per la fauna selvatica.
Dai prossimi mesi ai laghetti delle Noghere sarà possibile arrivare anche
attraverso la pista ciclabile inserita, e già finanziata, nel progetto
transfrontaliero Carso/Kras che collegherà Muggia al territorio di San Dorligo.
(g.l.)
Impegnati ”Volentieri” in ecologia e volontariato -
Questa sera all’Arci di Sottolongera il gruppo festeggia il primo anno di
attività
«A Trieste quando qualcuno risponde "volentieri" significa
"no". Noi invece ci mettiamo al lavoro volentieri ed è per questo che abbiamo
deciso di chiamarci in questo modo». Simone Libralato spiega così il nome del
gruppo che oggi festeggia un anno di attività. Lo fa in grande stile, con
griglia, concerto e dj set, dalle 19 in poi al Circolo Arci Stella di
Sottolongera. E per chi arriva in bicicletta, una bibita gratis.
La serata incomincerà con una grigliata o un menù vegetariano, e a seguire
musica dal vivo. Si esibiranno infatti gli Animetion Army, con il loro
repertorio di sigle dei cartoni animati, e i Sardoni Barcolani Vivi, gruppo
dialettale vincitore del Festival della Canzone Triestina del 2008 e
classificatosi secondo nel 2009. Le danze continueranno poi con il dj set di
Francesco Noiz-P.
Il gruppo Volentieri è nato in seno all'Arci nel giugno del 2009 per divulgare i
temi dell'ecologia e del volontariato. Lo fa organizzando attività culturali e
curando la pubblicazione stagionale della rivista Volentieri. «Sabato (oggi,
ndr) presenteremo il quarto numero della rivista – racconta Simone – dedicato
questa volta all'acqua». Un tema di scottante attualità, viste le controverse
discussioni sulla possibile privatizzazione dell' ”acqua del sindaco”. «L'acqua
è una risorsa fondamentale per tutti, ma è sempre meno disponibile – spiega
Stefano – e per questo dovrebbe essere risparmiata e gestita meglio».
Nel nuovo numero di Volentieri si parlerà anche di mare e del riciclo delle
bottiglie, senza tralasciare le rubriche su tematiche locali come il cruciverba
in dialetto e i quiz su Trieste.
Il filo conduttore del gruppo Volentieri è la sostenibilità, intesa tanto come
stile di vita quanto come modo di produrre. «Utilizziamo anche la convivialità
per diffondere questo concetto», sottolinea Matteo
Caratteristica fondamentale del gruppo, infatti, è proprio quella di abbinare
ogni evento alla degustazione di prodotti locali. Perché un bicchiere di vino
diventa etico se proveniente da un produttore locale. E se solo il miele a km
zero rispetta la natura, la scelta di un formaggio del Carso diventa militanza
ecologista.
Riutilizzare è uno dei modi fondamentali per ridurre gli sprechi. Per questo il
gruppo Volentieri ha organizzato laboratori di riciclo, ma anche mercatini del
baratto di oggetti o vestiti, come ”Cca nisciuno è Fashion”.
In dodici mesi il gruppo ha collezionato collaborazioni con più di venti
associazioni, da Ingegneria Senza Frontiere alla Banca Popolare Etica. Ha
collaborato a manifestazioni come il Festival delle Diversità e la Marcia
mondiale per la pace e la non violenza. Dà una mano agli Aperitivi scientifici
della Sissa e raccoglie fondi per realtà locali, come il Comitato Primo Marzo, a
sostegno degli immigrati.
Ma non mancano le iniziative rivolte a organizzazioni che operano in paesi in
via di sviluppo: è il caso de L'oro del Mozambico, per la realizzazione di una
rete di ricerca scientifica in quel Paese, o Casa de Todos, che cura un centro
polifunzionale e sportivo in Ecuador.
«Sono tutti progetti che conosciamo per esperienza diretta – sottolinea Silvia –
ed è per questo che siamo sempre sicuri di dove vanno a finire i soldi raccolti.
Per il futuro abbiamo in mente cineforum, incontri con esperti di cooperazione e
la promozione di gruppi di acquisto solidale. E tanto altro ancora». Maggiori
informazioni su http://arcivolentieri.blogspot.com/ .
Giovanni Ortolani
IL PICCOLO - VENERDI', 25 giugno 2010
Maggioranza al bivio, Dipiazza potrebbe lasciare - La
coalizione prova a ricompattarsi sul Prg. Voci di possibili dimissioni del
sindaco
Ferrara (Lega): «Se non si trova una sintesi non vedo
come si possa andare avanti...»
Ore 13, appuntamento in Municipio. Gran parte del prossimo futuro politico
del Comune di Trieste si gioca oggi, all’ora di pranzo, nel vertice di
maggioranza convocato per affrontare tutti i temi caldi del momento. A partire
da quello che in questo momento scotta più degli altri: il Piano regolatore. E
in ballo c’è anche il futuro di Roberto Dipiazza in persona: senza garanzie di
una compattezza che superi e dimentichi i distinguo degli ultimi giorni in seno
alla coalizione proprio sul Prg, il sindaco potrebbe optare infatti per il gesto
più forte, clamoroso, presentando le sue dimissioni. Questo dicono le voci che
girano attorno al Municipio.
LA VERIFICA Di certo, le dichiarazioni rese nei giorni scorsi dalle diverse
componenti del centrodestra, come pure il voto di lunedì in giunta (con i gli
assessori aennini Lippi, Sbriglia, Giacomelli e Lobianco astenuti come il
forzista Rovis) passeranno oggi sotto la lente d’ingrandimento del sindaco e dei
rappresentanti di tutto il centrodestra. Per capire se lo stesso possa
continuare a reggere il timone della città sino a fine mandato o se gli alleati
che ne fanno parte stiano ormai viaggiando ognuno per la sua strada, rischiando
di far fare allo schieramento la fine della nazionale azzurra di Lippi eliminata
dal Mondiale.
L’analisi coinvolgerà non solo i capigruppo in Consiglio comunale, cioè Piero
Camber (Fi-Pdl), Antonio Lippolis (An-Pdl), Maurizio Ferrara (Lega Nord),
Roberto Sasco (Udc), Angelo Pierini (Lista Dipiazza) e Sergio Pacor (Pri), ma
anche i vertici provinciali dei vari partiti: dovrebbero esserci infatti il
segretario leghista Massimiliano Fedriga, il coordinatore e il vicecoordinatore
del Pdl Sandra Savino e Piero Tononi e il rappresentante dell’Udc Edoardo Sasco.
Prg, come detto, nell’agenda di giornata, ma non unicamente quello: anche Piano
particolareggiato del centro storico, la questione Fiera, il Piano del traffico.
Il percorso da qui alla fine del mandato, insomma, con uno sguardo anche più in
là, probabilmente. L’obiettivo più o meno dichiarato di tutti gli attori è
quello di ricompattare la maggioranza per arrivare alla primavera del 2011 senza
scossoni, veleggiando in un mare sereno. Se le parti però non dovessero
pervenire a un accordo, potrebbero aprirsi scenari imprevisti. Già ieri, come
accennato, hanno iniziato a farsi largo, negli ambienti politici locali, voci
che darebbero pronto Dipiazza alle dimissioni in caso di mancata convergenza.
Voci, non confermate, che peraltro hanno fatto innervosire il diretto
interessato. Il quale, al termine del vertice, staccherà la spina per dieci
giorni. Comunque vada a finire.
VERSO IL 2011 Il centrodestra va a caccia insomma di «garanzie per chiudere come
si deve la consiliatura. Altrimenti vivacchiare è inutile...», osserva un
sibillino Piero Camber. «Se non si trova una sintesi, con un accordo che arrivi
fino al 2011 e interessi poi anche il programma elettorale, non vedo come si
possa continuare», aggiunge il padano Maurizio Ferrara che chiarisce anche come
«la Lega continuerà a lavorare comunque per riuscire ad andare avanti». «Questo
vertice l’abbiamo chiesto io come Udc e Ferrara per la Lega Nord (le due forze
della coalizione non hanno portacolori nell’esecutivo, ndr) - afferma Roberto
Sasco - dopo l’esito del voto in giunta. Desideriamo verificare la volontà di
ricompattare la maggioranza e se vi siano le condizioni per proseguire».
Dall’aennino Antonio Lippolis arriva un assist al sindaco: «Da parte nostra non
c’è nessuna volontà di non votare il Piano perché siamo nella maggioranza e
perché il documento è migliorativo rispetto alla versione precedente. Certe
cose, però, si possono modificare».
IN COMMISSIONE Intanto, l’esame delle controdeduzioni del Comune rispetto alle
prescrizioni della Regione è iniziato in Commissione urbanistica. Due giornate
partite all’insegna dello scontro verbale sul tema della secretazione, con botta
e risposta in aula fra il capogruppo del Pd Fabio Omero e il presidente della
commissione Roberto Sasco. «Ho ricordato che non esiste delibera che disponga la
secretazione degli atti - afferma Omero -. Le sedute in commissione continuano a
essere secretate, ho chiesto di votare sulla questione ma niente da fare. Al
consigliere di Rifondazione comunista Iztok Furlanic è stato impedito di filmare
i lavori, io però l’ho fatto con il telefonino e ho messo il tutto in internet
sul mio blog. I consiglieri circoscrizionali Zecchini e Pettirosso sono stati
allontanati dall’aula». Sul Prg si è espresso pure il Gruppo Sulli, con il suo
leader Bruno Sulli: «Si dice che tutto deve essere secretato ma non è secretato
un fico secco... Il sindaco ha fretta, ma solo sulle controdeduzioni abbiamo
perso due mattinate. Dopo le commissioni, poi, andremo in aula: lì sarà
bagarre».
MATTEO UNTERWEGER
SEGNALAZIONI - «Scala Santa: un enorme cantiere distrugge il verde e stressa la strada»
Sono residente in Scala Santa, abito vicino a quella che
fu l’ex trattoria cosiddetta "Alla III fontana" (circa 600 m da Roiano) della
quale ora non rimane che qualche calcinaccio; da alcuni mesi quest’area
unitamente a un lotto limitrofo è stata interessata da un importante intervento
di edilizia residenziale che porterà alla realizzazione di ben sei edifici.
Dopo le discusse variazioni del recente piano regolatore che hanno interdetto in
quasi tutta questa zona interventi del tipo, con enorme sorpresa dei residenti,
ci si ritrova ora un enorme cantiere nel cuore di una delle aree verdi più
tutelate della provincia. Si scrive spesso di altre realizzazioni che hanno meno
impatto ambientale, ma questa, non ha mai avuto l’onore della cronaca, chissà
perché?
Come noto la via in questione, stretta (anche meno di tre metri), molto ripida e
lastricata con il porfido, male si addice al passaggio di mezzi pesanti, tanto
che per ovvi motivi è vietata al traffico di veicoli con peso superiore alle 2,5
ton; altresì sussiste giustamente il divieto di circolazione nei due sensi per
un lungo tratto.
Con la presente si vuole porre l’attenzione sul fatto che, da mesi, a causa
dell’innominabile cantiere, la via viene percorsa nei due sensi di marcia da
camion carichi di materiale, del peso anche superiore a 12 ton. (quasi 5 volte
quello indicato come max dalla segnaletica!), con cadenze anche di 50 viaggi al
giorno.
Non posso dubitare che tali carovane siano state autorevolmente autorizzate
dagli uffici preposti, ma è oscuro come nessun tecnico comunale della Sezione
strade abbia previsto in anticipo ed ora notato lo scempio della pavimentazione
verificatosi a causa di tale abnorme traffico, compresa la Polizia urbana
chiamata più volte a verificare.
Nei luoghi di manovra dei suddetti mezzi il costoso e delicato porfido si
sgretola e la strada cede visibilmente, cagionando scontati problemi al normale
traffico veicolare "leggero" e a quello pedonale, con sicure conseguenze sui
numerosi sotto-servizi come tubature e cavi presenti sotto il manto stradale.
Non mi soffermo per lamentarmi dei disagi derivanti dagli ingorghi alla
circolazione che durante le ore di cantiere vengono a crearsi quotidianamente,
perché tali situazioni sono quasi inevitabili; ma rimango attonito
nell’osservare come venga data per scontata a priori la distruzione della strada
pubblica (tra l’altro, unica via di collegamento con la città) a favore di un
interesse meramente privato.
Un vivo ringraziamento da parte dei residenti alla lungimirante Amministrazione
pubblica comunale, dalla quale io e molti altri ci auspichiamo ancora fiduciosi
un concreto e pronto intervento.
Guido Damiani
Gasolio dalla zona artigianale nel Rosandra - Il
liquido proviene dal depuratore che «tratta» le acque provenienti da quell’area
BARRIERE GALLEGGIANTI MESSE IN OPERA PER FRENARE LA
PERDITA - Perdita minima ma che potrebbe incidere a lungo sull’ecosistema della
zona
Se ne è accorto l’altra sera verso le 18 un addetto alla sorveglianza che
ispezionava il perimetro esterno dell’area dei serbatoi della Siot. Ha prima
percepito il forte odore, poi si è avvicinato al corso d’acqua e ha visto che la
superficie era diventata iridiscente. Ha dato subito l’allarme e nella zona sono
confluiti pompieri, carabinieri, tecnici dell’Arpa, uomini della ditta ”Crismani
ecologia”, specializzati nelle bonifiche.
Lungo il corso d’acqua sono state subito poste tre barriere galleggianti per
bloccare il deflusso in mare del carburante. Poi sono entrate in azione le pompe
aspiratrici. Infine, accanto alle barriere, sono comparse alcune strutture in
sughero capaci di assorbire il carburante.
Poi è iniziata la caccia ai responsabili dello spandimento, vistoso ma limitato
per quantità. La Siot - va detto subito - non è coinvolta nell’inchiesta perché
nei suoi immensi tank finisce solo petrolio greggio e non gasolio.
Secondo gli accertamenti svolti dai carabinieri e dai tecnici dei pompieri e
dell’Agenzia regionale di protezione dell’ambiente, il carburante è finito nel
Rosandra dopo essere passato per il depuratore che «tratta» le acque provenienti
dalla zona artigianale di San Dorligo. Lì, in uno dei capannoni è accaduto
qualcosa di imprevedibile: potrebbe trattarsi di un piccolo serbatoio in cui si
è aperto un foro provocato in un verso dalle correnti galvaniche, nell’altro
dall’assenza di «zinchi» adeguati e soggetti a manutenzione. Non si esclude un
errore umano.
La prima barriera galleggiante è stata posta sul Rosandra, in località
Mattonaia, all’altezza del bivio per Caresana. Una seconda è stata schierata più
a valle. La terza era visibile a poche decine di metri dall’abitato di Aquilinia,
all’altezza dell’ex locanda Luca» o, se preferite, accanto all’ingresso dell’Autamarocchi.
Poco prima della mezzanotte di ieri si è conclusa la fase «calda»
dell’intervento di bonifica. Gran parte del lavoro poteva dirsi completato. Ieri
però, fino a sera, le barriere galleggianti e le sostanze assorbenti hanno
continuato ad essere schierate lungo il Rosandra. Anche nello specchio di mare
antistante la foce ha operato un natante della ditta ”Crismani ecologia”.
L’intervento ha voluto scongiurare ogni possibile infiltrazione del gasolio nel
vallone di Muggia.
Al momento non si sa quanti litri di carburante siano stati recuperati, nè
tantomeno al momento è stato possibile definire l’entità del versamento. E’
sicuramente modesto, ma i suoi effetti deleteri si faranno sentire a lungo sulla
vita già effimera del torrente.
Dello spandimento e delle sue conseguenze si è occupata ieri il sindaco di San
Dorligo, Fulvia Premolin, che ha sottolineato in un verso la tempestività
dell’intervento di bonifica, nell’altro la disponibilità e la velocità
dimostrata dai tecnici, tra cui quelli della Siot. Si è avviata anche
l’inchiesta penale che dovrà stabilire le eventuali responsabilità
dell’inquinamento. Determinante risulterà l’esito delle perizie tecniche già
avviate nella zona artigianale.
CLAUDIO ERNÈ
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - GIOVEDI', 24 giugno 2010
Gruppo d'acquisto 55% e solare - Per Soci Legambiente
Legambiente lancia il GRUPPO D'ACQUISTO 55% E SOLARE per
promuovere le rinnovabili e l'efficienza energetica nelle nostre case.
L'iniziativa è aperta a tutti i soci Legambiente. Il Gruppo d'Acquisto, che avrà
una durata di sei mesi, permetterà di fruire di prezzi agevolati con aziende
convenzionate con Legambiente, per i seguenti servizi:
- interventi di progettazione e di ristrutturazione sostenibile parziale e/o
integrale;
- fornitura e installazione “chiavi in mano” di impianti a fonti rinnovabili
(pannelli solari termici e fotovoltaici) e di tecnologie ad alta efficienza
energetica (impianti geotermici, caldaie a condensazione)
- redazione dell'attestato di certificazione energetica
I servizi sono comprensivi delle pratiche utili per accedere alle detrazioni
fiscali del 55% e agli incentivi del Conto Energia per il solare fotovoltaico.
Per scoprire come aderire telefona allo 02-45.47.57.77 – 0249635951, visita il
sito viviconstile.org oppure vieni alla presentazione lunedi’ 5 luglio alle
18.30 in via Vida 7 – Metro’ Turro.
Finco chiede la conferma della detrazione fiscale del 55%
Nell’ambito dell’Audizione parlamentare che Confindustria
ha svolto sul tema della manovra economica in via di approvazione, Finco
(Federazione industrie prodotti, impianti e servizi per le costruzioni) ha
ribadito le proprie preoccupazioni in merito alla detrazione fiscale del 55% per
la riqualificazione energetica degli edifici, in scadenza a fine 2010, della cui
conferma non c’è alcuna certezza. La Federazione spera che tale conferma avvenga
nella Finanziaria.
L’agevolazione introdotta con la Finanziaria 2007, e via via rifinanziata, si è
rivelata utile per riqualificare dal punto di vista energetico una gran parte
del patrimonio immobiliare italiano, caratterizzato da componenti obsoleti e
comunque responsabili di dispersione termica. Il suo successo contribuisce,
almeno parzialmente, al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico
posti all’Italia anche in sede di Unione Europea.
Secondo un recente studio dell’Enea, infatti, tra il 2007 e il 2009 sono stati
realizzati quasi 590.000 interventi di riqualificazione energetica degli edifici
grazie alla detrazione fiscale del 55%. Nel 2008 si è toccato il punto massimo
in termini di spesa associata agli interventi: 3,5 miliardi di euro, a fronte di
1,45 miliardi di euro spesi nel 2007 e di 2,9 miliardi nel 2009. Il risparmio
energetico conseguito attraverso gli interventi è stato pari a 787 GWh nel 2007,
a 1.961 GWh nel 2008 e, in proiezione, a 1.656 GWh nel 2009.
“La mancata proroga del bonus - spiega Rossella Rodelli Giavarini, Presidente di
Finco - danneggerebbe in modo grave una parte dell’industria delle costruzioni,
e in particolare quella dei materiali e dei sistemi da costruzione, già
duramente provata dalla crisi generale. Tale conferma può invece costituire uno
dei traini per la ripresa. Lo smantellamento della detrazione sarebbe inoltre
dannosissimo per l’emersione del ‘nero’, oltre che ai fini delle penali da
pagare per le emissioni di CO2 e in termini di maggiore quantità di energia da
importare.” Per questo motivo Finco auspica che la detrazione venga prorogata
almeno fino al 2013.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 giugno 2010
SEGNALAZIONI - «Rigassificatore: un possibile scenario
da ”day after tomorrow”»
«Il gas metano freddissimo, a contatto con l’acqua di
mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una
pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più
densa dell’aria e viaggerebbe sulla superficie marina, spinta dal vento, verso
la terraferma. Scaldandosi, la nube si mescolerebbe con l’aria. Una miscela fra
il 5 e il 15 percento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente
immaginabile».
Non è la scenografia del sequel di «Day after tomorrow», ma la descrizione reale
di ciò che accade quando una nave metaniera (una di quelle che attraccheranno
due volte la settimana a Zaule) dovesse spezzarsi, magari in seguito a un
attentato, descritto da Piero Angela. «Questa miscela gassosa, invisibile e
inodore, investendo una città, una qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe
esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni
potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo. Le
vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, le sostanze cancerogene
sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree
vastissime, sarebbero inalate in ’’piccole dosi’’, dando luogo a un numero
incalcolabile, altissimo, di morti differite nell’arco di 80 anni».
Come mai non vi è nulla di questo scenario nello Studio di impatto ambientale
del rigassificatore? È semplice: viene scartato a priori. Piero Angela invece
specifica: «Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non
impossibile».
Una ricerca, commissionata dalla città di Oxnard (California) prevede che la
nube di fuoco si spanderebbe in un raggio di 55 km, un «compasso» con centro
Zaule includerebbe, in questa scena da inferno dantesco, oltre alle senza scampo
Trieste e Muggia, anche tutta la costiera, Monfalcone, Capodistria e, a Nord
Ovest, Grado.
Ciò che accadrà sicuramente, invece, sarà la clorazione dell’acqua del Vallone
di Muggia: questo trattamento riguarderà qualcosa come 600.000 metri cubi di
acqua di mare al giorno, come dire il volume di un edificio di 20 piani con la
base grande come piazza Unità. L’intero ammontare dell’acqua della Baia di
Muggia, che contiene un volume d’acqua non superiore a 100 milioni di metri
cubi, verrà fatto fluire attraverso l’impianto per due volte all’anno,
annientando ogni forma di vita
L’ottimista Ciro García Armesto, project manager di Gas Natural, sostiene che la
pericolosità attorno ad una nave gasiera «in azione», arriva a non più di 25
metri dalla stessa zona di operatività, come dire che nel sopraccitato caso di
fuoriuscita del metano a -161° chiunque potrebbe starsene lì tranquillo ad una
trentina di metri. La Gas Natural si è presentata a Trieste, alla Camera di
Commercio così sicura di raccogliere consensi unanimi da pretendere un incontro
blindato, con i soli imprenditori triestini, alla larga da seccanti domande di
qualche giornalista impertinente e, tanto più, tenendo il popolo «outdoor».
Peccato per el señor Ciro García Armesto che il rigassificatore rientri, essendo
innegabile la sua pericolosità, nella cosiddetta «legge Seveso», la quale
contempla una completa trasparenza sulla valutazione dei rischi e l’integrale
trasmissione degli stessi alla popolazione interessata.
Per concludere: constatato che il rigassificatore verrà a completare la trimurti
triestina assieme al Termovalorizzatore ed alla Ferriera, considerato che la
ricaduta occupazionale per Trieste sarà risibile, si prevedono 70 posti di
lavoro, ovvero gli stessi occupati di una cooperativa di medie dimensioni, preso
atto che il prezzo del gas «in bolletta», per l’utente non diminuirà di un
centesimo, a chi conviene assemblare una tale mostruosità nel catino di Zaule?
Alessandro Giombi - Lista Civica Trieste 5stellebeppegrillo.it
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 giugno 2010
Rio Martesin, parte il ricorso al Consiglio di Stato -
PREVISTE TRA I PASTINI DELLA VALLATA SETTE PALAZZINE PER UN TOTALE DI 109
APPARTAMENTI
Nuova azione legale del Comitato di residenti e
ambientalisti contro il progetto edilizio
I cittadini di Gretta e Roiano scendono in piazza oggi alle 18 nella vallata
di Rio Martesin, ultima enclave verde tra le colline di Scala Santa e di Monte
Radio. Obiettivo, cercare di fermare tre progetti edilizi di grandi proporzioni
che interessano la loro vallata. A guidarli il Comitato spontaneo di Rio
Martesin, che riunisce comitati spontanei cittadini (Valmaura, via del Pucino,
Monte Radio, Cologna/Scorcola), gli ambientalisti di Legambiente, Wwf, Italia
Nostra, Trieste Europea e Greenaction e i professori Livio Poldini e Livio
Crosato. Il Comitato presenterà il recente ricorso al Consiglio di Stato contro
il progetto di costruzione di sette palazzine (ovvero 109 appartamenti) tra i
pastini della vallata. «Qui si decidono le sorti della nostra valle - afferma
per il comitato organizzatore il residente Dario Ferluga - ma i triestini devono
sapere che questo tentativo di salvare dalla speculazione edilizia la nostra
area è un problema comune».
Quanto al ricorso, «si è reso necessario – spiega il consigliere comunale dei
Verdi Alfredo Racovelli - dopo che il Tar ne ha rigettato uno precedente con
motivazioni non condivisibili rispetto a quanto previsto dalle normative
vigenti». Quali i contenuti del documento inviato al Consiglio di Stato? Vi si
evidenzia innanzitutto come i tre progetti edilizi sarebbero il risultato del
frazionamento di un’unica iniziativa. A confermarlo, la previsione di un’unica
rete viaria e infrastrutturale (luce, acqua a gas) al servizio delle sette
palazzine. Una scelta, secondo Racovelli, che mentre consente al privato di
realizzare profitto non tutela la finanza pubblica. La carenza di accessi,
viabilità e reti andrebbe a ricadere come costo pubblico su tutta la comunità.
Il ricorso sottolinea come il Comune abbia scelto di dare ai richiedenti la
concessione edilizia piuttosto che esigere la redazione di un piano
particolareggiato per un’area priva di costruzioni. In questo modo si sarebbe
autorizzato un carico insediativo (10mila metri cubi) superiore a quanto
previsto da un piano particolareggiato, carico che per le sue proporzioni
sarebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale (Via) in
base alla legge regionale 43/90. Oltre al singolare silenzio/assenso della
Soprintendenza ai Beni ambientali – così sostengono i comitati – nei progetti
non v’è traccia di riferimenti alla fascia di rispetto necessaria ai corsi
d’acqua, nella fattispecie al Rio Martesin.
Maurizio Lozei
Menia: «Nessuno sgambetto a Dipiazza sul Piano
regolatore» - Lega più morbida: medieremo per risolvere i problemi - DOPO LE
ASTENSIONI IN GIUNTA
Fosse un allenatore di calcio, di Roberto Dipiazza
direbbero che rischia di non mangiare il panettone. Nel calcio gli allenatori
vengono fatti fuori dai loro presidenti. Se il sindaco dovesse saltare su una
delle mine lungo l’iter del Piano regolatore, per lui - che si è sempre fregiato
di non avere padroni, e che ieri ha declinato ogni invito a tornare
pubblicamente sui 5 sì e sulle altrettante astensioni registrate nella giunta di
lunedì - maturerebbe forse una sconfitta talmente cocente da rendergli
difficoltosa qualsiasi futura risalita politica.
La spaccatura di giunta, nelle ultime ore, ha scatenato tante retroletture. C’è
chi ipotizza che sia lo stesso Dipiazza a voler giocare duro sul Prg per
stimolare addirittura l’uscita di scena di se medesimo. Caduto sì, ma da uomo
tutto d’un pezzo, che prima ha detto no alla lettera di Gianni Letta e che
quindi non si è piegato alle perplessità e alle rivendicazioni, che per alcuni
sono e restano di natura personale prima ancora che politica, dei singoli
assessori e consiglieri. Ma c’è anche chi - al netto del comportamento unitario
di astensione tenuto in giunta dal quartetto ex missino - intravvede nella
quinta astensione, quella del forzista Paolo Rovis, abbinata all’assenza
dell’altro forzista Massimo Greco, una regia sottotraccia volta ad indebolire e
infliggere il colpo di grazia a un primo cittadino che da grande vorrebbe fare
il presidente del porto. Un ruolo per il quale non tramonta mai, però, il nome
di Marina Monassi. Fantascienza, frena qualcun altro: Rovis altro non avrebbe
voluto fare che assaporare la sua vendetta per il fatto di essersi ritrovato
sbattuto in prima pagina come possibile candidato sindaco a Muggia per il 2011.
O forse, semplicemente, è l’assessore forzista politicamente più giovane. E
davanti a un Prg che evoca rischi di ricorsi al Tar e d’incartamenti alla Corte
dei conti, gli farebbe piacere non bruciarsi.
Tant’è. Ieri le dichiarazioni dei big del centrodestra regionale - per i quali
le incertezze di Trieste incidono sulle trattative per le candidature del 2011
da qui a Pordenone - sono servite a prendere tempo. «L’estate passata - ha
rilevato il sottosegretario Roberto Menia, il capo degli ex missini - votammo
per l’adozione di un Prg su cui il Consiglio comunale si era espresso per
limitare la portata di un paio di interventi da noi ritenuti critici, in
Costiera e al Villaggio del Fanciullo. Ebbene, questa espressione è stata
disattesa dagli uffici. Per noi è stato inammissibile. Attenzione, però:
rinnoviamo lealtà al sindaco». Ha evitato a sua volta di fare commenti il
coordinatore regionale del Pdl Isidoro Gottardo, il forzista di cui Menia è vice
- «la mia sarebbe un’invasione di campo» - mentre l’unico che si è spinto oltre
è stato Angelo Compagnon, il segretario regionale dell’Udc, secondo cui «quando
ci sono certe contraddizioni le prospettive non si fanno rosee». Il boss della
Lega Pietro Fontanin ha auspicato invece «che Dipiazza mangi il panettone».
«Dovete fare riferimento al segretario triestino, Massimiliano Fedriga», ha
aggiunto Fontanini. E infatti è arrivata una nota di Fedriga e del capogruppo
padano in Consiglio Maurizio Ferrara. Una nota in cui il Carroccio, dopo aver
minacciato negli ultimi giorni la fine del Dipiazza-bis, ora tende una mano. «La
Lega - rassicura Fedriga - farà da collante per risolvere i problemi e non
mandare all’aria quanto di buono finora realizzato dall’amministrazione
comunale». «Ricompattare la maggioranza» insomma, ma «riconoscendo i diritti dei
piccoli proprietari e ripristinando l’edificabilità dei loro terreni». «La Lega
- fa eco Ferrara - vuole correre in soccorso del sindaco e del Pdl,
convincendoli dell’importanza delle proprie proposte in favore delle famiglie
triestine». L’ex assessore Franco Bandelli, però, gira il dito nella piaga. E
aspetta: «Mi hanno preso per visionario - scrive in veste di presidente di
”Un’altra Trieste” - mi hanno imputato di remare contro il Pdl, quando pochi
mesi or sono alla vigilia del dibattito sul bilancio avevo rilevato che forse
era arrivato il momento di tornare alle urne. Devo constatare che forse non
avevo tutti i torti».
Da oggi, in ogni caso, parte la maratona in commissione Urbanistica, presieduta
dall’Udc Roberto Sasco. Un altro scettico di maggioranza. Al quale il
vicesegretario del Pd Alessandro Carmi tende più di una mano: «Vorrei dire
all’amico Sasco, a proposito di condizioni per chiudere la consiliatura, che
quelle politiche scarseggiano da tempo, forse rimangono quelle tecniche. Non è
arrivato il momento per l’Udc di iniziare un percorso che ne porti ad una
collocazione politica diversa?».
PIERO RAUBER
Acquario, il vertice slitta a metà luglio - Lo
spostamento dovuto a un supplemento di risultati forniti dal Cigra
NUOVA DATA FISSATA DALLA REGIONE PER LA CONFERENZA DEI
SERVIZI
MUGGIA Metà luglio. È questa la nuova data fissata dalla Regione per riunire
la conferenza dei servizi che dovrà esaminare la questione del terrapieno
Acquario, sul cui recupero la giunta Nesladek si sta giocando quote di
credibilità e immagine. Tanto che l'ulteriore rinvio non fa vacillare
l'ottimismo del sindaco: «Da cinque anni ho a che fare quasi quotidianamente con
i tempi della burocrazia – osserva il primo cittadino –. Quindici, venti giorni
in più rappresentano solo un ritardo fisiologico, che non modifica i nostri
progetti».
Sembrava fatta a fine maggio, quando l'Arpa aveva ricevuto da un laboratorio del
Veneto l'esito delle ultime controanalisi sul terrapieno eseguite dal Cigra
(Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale
dell'Università di Trieste), analisi che ancora mancavano, nella fattispecie
quelle sull’eventuale presenza di amianto e diossina.
Era l'ultimo tassello del quadro che Regione, Asl, Arpa, Provincia e Comune di
Muggia dovevano verificare per stabilire tempi e metodi del recupero ambientale
del sito e la sua successiva restituzione alla fruizione pubblica.
Proprio mentre la Regione stava diramando la convocazione della conferenza dei
servizi (inizialmente si era ipotizzata la terza settimana di giugno), lo stesso
Cigra aveva fatto pervenire all'Arpa un ”addendum” di indagini, eseguite sui
medesimi campioni ma con metodologie diverse.
Ne sarebbe emerso un quadro leggermente peggiorativo rispetto alle analisi
originarie, soprattutto per quanto concerne la presenza di idrocarburi
policiclici aromatici.
Fatto sta che questo supplemento di analisi ha comportato una dilatazione dei
tempi, che oggi rischia di compromettere le buone intenzioni del sindaco. Al
recupero del terrapieno è legato infatti il rilancio turistico dell'intera linea
di costa che da Muggia porta a Lazzaretto. La sua attuale interruzione impone
solo interventi minimali, contingenti, al di qua e al di là, ma non inseriti in
un contesto globale.
Qualora, tuttavia, dalla conferenza dei servizi di metà luglio uscisse un quadro
ambientale non particolarmente compromesso, ma tale da consentirne un immediato,
ancorché parziale, utilizzo purchè dopo un'adeguata bonifica, ecco che il
progetto Nesladek potrebbe partire nel giro di pochi giorni: dalla possibilità
di ricavare almeno qualche parcheggio già per questa estate, via via fino al
rifacimento degli accessi al mare, alla sistemazione di eventuali piazzole, alla
creazione di una pista ciclabile e all'introduzione sperimentale, parziale e
solo per determinati periodi, di un senso unico in direzione della Slovenia.
Alcuni residenti nelle abitazioni che si trovano davanti al terrapieno hanno già
chiesto di incontrare il sindaco, per ottenere il ripristino dei vecchi approdi
e una particolare attenzione alla quiete serale e notturna del luogo che, con
nuove aree di balneazione, potrebbe venir compromessa.
Per adesso la parola passa alla conferenza dei servizi di metà luglio, snodo
cruciale del futuro assetto di strada per Lazzaretto.
GIOVANNI LONGHI
Risparmio energetico Sportello camerale
Il risparmio energetico è una priorità per tutti i Paesi
dell'Ue, chiamati a centrare l'obiettivo del 20% entro il 2020. Le migliorie
impiantisiche e tecnologiche sono un dovere sociale ma anche un'opportunità di
business e la Camera di commercio ha già da tempo attivato lo Sportello Energia
a cura dell'Azienda speciale Trieste benzina agevolata (Piazza della Borsa 14 -
tel. 040 6701212). Lo Sportello - ricorda l’ente camerale - è al servizio di
cittadini e imprese per informazione e consulenza sulle tematiche dell'energia e
del risparmio energetico. Lo Sportello dà informazioni tecniche generali su
risparmio energetico, riqualificazione energetica degli edifici, normativa,
incentivi sul risparmio energetico nel settore edilizio e certificazione
energetica. Con il supporto di tecnici esperti, il cittadino potrà in modo
gratuito orientarsi nelle scelte idonee per i risparmi energetici; valutare i
benefici ottenibili; pianificare interventi. Lo Sportello energia è in piazza
Borsa 14, tel. 040/6701212, email: astba@astba.ts.camcom.it. Info anche sul sito
www.ts.camcom.it.
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 giugno 2010
Capodistria, primo sì al rigassificatore - Il Tar
sloveno invalida la bocciatura ministeriale del ”permesso energetico” alla
tedesca Tge
TORNA D'ATTUALITÀ IL PROGETTO PER LA STRUTTURA DA
EDIFICARE NELL’AREA PORTUALE. CONTRARI I LOCALI
CAPODISTRIA Qualcosa sembra sbloccarsi nella vicenda del terminal
rigassificatore nel porto di Capodistria. Il progetto della società tedesca Tge
Gas Engineering è tornato d'attualità dopo che il Tribunale amministrativo della
Slovenia, su ricorso della stessa Tge, ha invalidato la delibera con la quale il
Ministero dell'economia nel maggio del 2009 le aveva negato il ”permesso
energetico”. Si tratta del documento senza il quale la società tedesca non
poteva più andare avanti con la progettazione di un impianto congiunto di
rigassificazione e produzione di energia elettrica in un'area di 30 ettari
all'interno dello scalo capodistriano.
Il Tribunale ha ora predisposto che il Ministero prenda nuovamente in esame la
richiesta della Tge respinta – hanno spiegato i giudici - senza un'adeguata
motivazione. I dirigenti dell’azienda straniera sono naturalmente soddisfatti.
Per la Slovenia, sostengono, è importante che il progetto del terminal
rigassificatore nel porto di Capodistria vada avanti. «È molto probabile che
l'Italia costruirà il suo rigassificatore. Lo stesso vale pure per la Croazia.
In quel caso, la Slovenia sarebbe l'unica a restare senza un terminal di questo
tipo, che già ora può garantire un prezzo del gas dimezzato rispetto a quello
russo che arriva tramite il gasdotto» ha dichiarato il responsabile del progetto
Tge, Uros Prosen.
Al Ministero dell'economia comunque avvertono: l'eventuale rilascio del
”permesso energetico” sarà, al limite, soltanto il primo passo verso la
realizzazione del rigassificatore. È un progetto giustificato dal punto di vista
delle necessità energetiche del Paese, ma va comunque considerato il suo forte
impatto ambientale della struttura. L'opinione pubblica slovena, per il momento,
sembra fortemente contraria all'idea di costruire un rigassificatore nel porto
di Capodistria, così come è contraria a tutti i rigassificatori nell'area
dell'Alto Adriatico, compresi quelli di Zaule e off-shore nel Golfo di Trieste.
Il progetto della Tge gas Engineering, del valore complessivo di quasi un
miliardo di euro, impegnerebbe 30 ettari di superficie nell'area della Bonifica
di Ancarano, all'interno del porto. Esso prevede la costruzione di due
contenitori in acciaio da 150mila metri cubi, dell'impianto di rigassificazione
in senso stretto e dell’annessa centrale elettrica.
L'impianto sarebbe in grado di fornire cinque miliardi di metri cubi di gas
all'anno. La centrale elettrica, dalla potenza di circa 240 Mw, sopperirebbe a
buona parte del fabbisogno della regione litoranea slovena. A detta dei
proponenti, la tecnologia prevista è particolarmente adatta ai fondali poco
profondi della Baia di Capodistria e non implicherebbe l'utilizzo dell'acqua
marina per il riscaldamento del gas naturale liquido.
In Croazia sembra invece subire una battuta d’arresto il progetto per un
terminal sull’isola di Veglia, a Castelmuschio: il mercato sarebbe stato
giudicato saturo e la maggiore azienda coinvolta starebbe rallentando l’iter
relativo.
FRANCO BABICH
«Nel Prg del porto non c’è il rigassificatore» -
AUTHORITY - Boniciolli: «Legittima la richiesta di Lubiana, nulla da temere» -
La Slovenia vuole dire la sua
Non preoccupa minimamente l’Autorità portuale la richiesta
del Governo sloveno di essere coinvolto nell’iter di approvazione del nuovo
Piano regolatore del porto di Trieste con la prospettiva di esprimere un parere
negativo qualora esso prevedesse l’insediamento del rigassificatore.
«Se da un lato riteniamo lecita la richiesta di coinvolgimento formulata da
Lubiana - ha replicato ieri il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli -
dall’altro non abbiamo alcun motivo di timore almeno per due motivi:
innanzitutto perché il nostro Piano regolatore non prevede la specifica
collocazione di alcun rigassificatore, ma semplicemente l’identificazione di
un’area potenzialmente adatta a ospitare insediamenti genericamente definiti di
ambito energetico. In secondo luogo perché l’eventuale decisione di insediare un
rigassificatore a Trieste se mai verrà presa lo sarà ad opera del Governo
italiano e non certo su indicazione dell’Autorità portuale di Trieste».
Secondo quanto ha riferito nei giorni scorsi in una conferenza stampa a Lubiana
l’associazione ambientalista Alpe Adria Green, il Governo sloveno ha chiesto di
potersi pronunciare sul Piano regolatore dello scalo triestino tramite
un’istanza avanzata dal ministro sloveno all’Ambiente Roko Zarnic. «Se le sarà
data la possibilità di pronuncuiarsi ufficialmente - è stata specificato - la
Slovenia avrà la facoltà di respingere il Piamo regolatore del porto triestino e
di conseguenza di bloccare anche la costruzione del rigassificatore di Zaule».
La risposta di Roma è stata prevista entro venerdì prossimo.
«Lubiana ha comunque diritto di essere interpellata - ha precisato Boniciolli -
né più né meno di quanto Roma ha chiesto che venga fatto relativamente al Piano
regolatore del porto di Capodistria. Voglio precisare però che la perplessità
espressa dal Governo italiano non era nei confronti dei progetti di espansione
dello scalo capodistriano bensì riguardava la carenza di documentazione in base
a quelle che sono le norme dell’Unione europea».
Lo strumento pianificatorio del porto di Trieste intanto sta incominciando il
proprio iter per la Valutazione d’impatto ambientale da parte del Ministero
dell’Ambiente che dovrà precedere l’ultinmo nulla osta che spetta alla Regione.
L’ostacolo principale è stato superato il 21 maggio con l’approvazione
all’unanimità da parte del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Il Piano
prevede ampliamenti di banchine e piazzali per due milioni di metri quadrati,
investimenti quantificabili in 1,5 - 2 miliardi di euro in un arco di tempo
stimabile in una quindicina di anni. Tra l’altro include l’ampliamento del Molo
Settimo, la realizzazione del Molo Ottavo, il tombamento tra i Moli Quinto e
Sesto, lo spostamento alle Noghere dei Terminal traghetti.
(s.m.)
Il Piano regolatore spacca in due la giunta - Cinque
voti favorevoli e altrettante astensioni. Dipiazza: sono amareggiato ma si va
avanti
La giunta comunale si spacca a metà sul Piano regolatore
che comunque continua il suo iter: i voti favorevoli hanno pareggiato le
astensioni a quota 5 soltanto perché anche il sindaco ha espresso il suo sì («di
solito non voto mai», ha affermato ieri lui stesso). Il fatto riempie di
incognite non solo la maratona esaminatoria e oratoria che si aprirà già domani
in Commissione urbanistica per proseguire poi nel Consiglio comunale caricato a
questo punto di ancora più forti responsabilità, ma lo stesso completamento
degli ultimi dieci mesi di mandato da parte della giunta di centrodestra.
«Il sindaco è uscito dalla riunione di giunta becco, bastonato e sfiduciato», ha
tuonato ieri pomeriggio Fabio Omero capogruppo del Pd. «Soltanto amareggiato -
ha sottolineato Dipiazza - ma il Piano è comunque passato e resta in me la
consapevolezza di aver svolto un importantissimo e onestissimo lavoro per il
bene della mia città. Forse questo può non andar bene a tutti. Si è trattato
comunque solo di astensioni, che però mi hanno lasciato una certa amarezza anche
perché sono inusuali, basti pensare che io di solito non voto mai in giunta.
Comunque nella vita conta il risultato, si va avanti».
Le astensioni erano state preannunciate in anticipo. Non ha approvato lo
strumento urbanistico l’intero filone del Pdl proveniente da Alleanza nazionale:
il vicesindaco Gilberto Paris Lippi, gli assessori Enrico Sbriglia, Michele
Lobianco e Claudio Giacomelli. Ancora più sorprendente l’astensione di Paolo
Rovis, assessore alla sviluppo economico, di stretta origine forzista. «Ho preso
la parola in giunta per esprimere piena fiducia al sindaco - ha specificato
Rovis - ma ritengo giusto che relativamente alla miriade di osservazioni
presentate dai cittadini e sulle controdeduzioni fatte dagli uffici e che si
possono anche non condividere, debba invece esprimersi il Consiglio comunale».
Alla domanda: «Non sembra strana l’astensione anche del fido Rovis?», Dipiazza
risponde: «Rovis chi?». Compatti per il sì sono stati soltanto i due assessori
della Lista Dipiazza e cioé Giorgio Rossi e Carlo Grilli, il tecnico Giovanni
Battista Ravidà e Marina Vlach, ex Forza Italia. Assente l’assessore Massimo
Greco.
Ora l’enorme malloppo passa nelle mani di Roberto Sasco (Udc), presidente della
Commissione urbanistica del Comune che ha già diramato la prima convocazione per
domani chiedendo la presenza a questo primo incontro del sindaco e invitando
anche i presidenti delle sette circosccrizioni. «Ci riuniremo poi ogni giorno,
da mezzogiorno alle tre del pomeriggio saltando il pranzo - preannuncia Sasco -
prima esamineremo le 18 prescrizioni vincolanti che sono state emanate dalla
Regione, poi le intese fatte con altri 6 enti territoriali, quindi le 1.146
osservazioni o opposizioni dei cittadini che per effetto di accorpamenti e
sovrapposizioni di sono ridotte a 1.051. Andremo avanti a marce forzate sarebbe
una iattura se il Piano non venisse approvato dal Consiglio entro fine luglio».
«La prima condizione per dare il nostro voto favorevole - fa notare Maurizio
Ferrara capogruppo della Lega - era che ci fosse un voto compatto di giunta e
già questa è stata mancata.» In Consiglio c’è anche l’incognita dei Bandelli
boys. «In Commissione cercherò di ricompattare la maggioranza - afferma Sasco -
se non sarà possibile bisognerà dedurne che non ci sono le condizioni per
concludere la consigliatura».
SILVIO MARANZANA
Noghere, già ripristinato il sito - GIOVEDÌ
L’INAUGURAZIONE
MUGGIA Tutto pronto ai laghetti delle Noghere per
l'inaugurazione prevista giovedì alle 11, del sito recuperato. I lavori di
ripristino, dopo l'incidente dello scorso anno quando l'Enel eseguì una serie di
scavi sul biotopo appena recuperato, sono durati circa tre mesi. Sono stati
segnati i sentieri, rinforzati gli argini e predisposti punti di osservazione
della fauna. Inoltre è stato recintato il lato dell'area che corre lungo la
stradina sterrata, soprattutto per evitare possibili intrusioni vandaliche e
l'abbandono di rifiuti. Gli altri lati del perimetro del biotopo sono invece
stati lasciati liberi, proprio per favorire lo spostamento naturale della fauna.
Il sito verrà collegato inoltre alla pista ciclabile che il Comune sta
realizzando nell'ambito del progetto Carso/Kras finanziato con fondi europei.
All'inaugurazione saranno presenti il sindaco, Nerio Nesladek e l'assessore alle
politiche giovanili, Loredana Rossi.
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 giugno 2010
Veglia, rigassificatore pronto non prima del 2017 - Il
progetto Adria Lng rallenta per la saturazione dei mercati e il ribasso dei
prezzi. Trieste ha via libera
VEGLIA Rischia seriamente di naufragare il progetto del
rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’Isola di Veglia. Dal consorzio
concessionario del terminal, l’Adria Lng, arriva soltanto la conferma che
l’impianto non entrerà in funzione nel 2014, come appariva ormai scontato, bensì
al più presto nel 2017. Sette anni insomma alla realizzazione del
rigassificatore vegliota, che ha l’incondizionato appoggio del governo croato,
come pure delle municipalità interessate e (a parole) della Contea quarnerino–montana.
Un periodo eccessivamente lungo, che permetterà certamente al rigassificatore
triestino di scavalcare il “rivale” isolano, bloccato a quanto pare da numerosi
problemi. Anche se nessuno all’Adria Lng lo dice apertamente, a smorzare
l’interesse sarebbe stata la situazione venutasi a creare ultimamente sui
mercati internazionali del metano. C’è una diminuzione della domanda, i mercati
si presentano pertanto saturi, con prezzi decisamente bassi: sono punti a
sfavore, ai quali si aggiungono le ben note pastoie burocratiche in Croazia, un
atteggiamento che farebbe perdere la pazienza a chiunque, specie agli
investitori. Giorni fa il ”Wall Street Journal” ha pubblicato la notizia secondo
cui la tedesca E. On Ruhrgas – facente parte del Gruppo concessionario (gli
altri sono l’austriaca Omv, la francese Total e la slovena Geoplin) – ha fatto
presente che il terminal Lng a Veglia sarà ultimato appena nel 2017. Il motivo è
semplice, così nell’articolo, ed è riconducibile alla non convenienza del
megaprogetto. Per gli addetti ai lavori, il consorzio avrebbe ora l’interesse a
fare slittare la realizzazione del rigassificatore e infine a ritirarsi dal
progetto, senza lasciare così ad altri interessati la benchè minima chance di
poter fare qualcosa a Castelmuschio. Prova ne sia, sostengono i bene informati,
che Adria Lng abbia chiesto l’ottenimento del permesso di costruzione, senza
avere in precedenza acquistato il lotto di terreno dover poter edificare
l’impianto. Inoltre sussiste un altro indizio, parecchio importante: il
direttore del consorzio, Michael Mertl, abbandona l’incarico e torna a vivere in
Germania. Alla fine della settimana scorsa, assieme ai suoi collaboratori, è
stato a Castelmuschio, dove si è accomiatato dai dirigenti del locale comune,
ringraziandoli per la collaborazione e il sostegno dato al progetto.
Insomma le utenze croate dovranno attendere come minimo sette anni per vedere
diversificate le fonti di rifornimento del metano, che adesso – almeno per
quanto attiene alla regione istroquarnerina e all’area di Zagabria – fanno
affidamento al gas estratto dai giacimenti sottomarini in Adriatico. Che il
rigassificatore sia a rischio è una cosa che non ha stupito Miljenko Sunic,
presidente dell’Associazione croata per il gas: «È da tanto tempo che ho messo
in guardia le nostre autorità, rilevando che il progetto è in fase calante,
anche se per la Croazia ha un’ importanza strategica. Purtroppo non tutti hanno
remato assieme e dalla stessa parte». Sul banco degli accusati soprattutto l’ex
ministro dell’Economia Damir Polance (in carcere per truffa e corruzione),
responsabile di ritardi nel dare fiducia alle aziende croate per entrare a far
parte di Adria Lng. Non poche pure le colpe addebitate alla Regione
litoraneo–montana, capace in passato di non fare decollare i vari piani, con
tutta una serie d’impedimenti e osservazioni. Adesso i nodi sono venuti al
pettine.
Andrea Marsanich
Cresce il solare ”fai da te” - ENERGIE RINNOVABILI
ROMA L'Italia punta sul nucleare ma, in attesa che si
metta finalmente la prima pietra di un reattore, e sceglie la strada della
generazione distribuita, i piccoli e piccolissimi impianti, spesso alimentati
con le rinnovabili, che contribuiscono sempre più al fabbisogno energetico
nazionale. Un boom dell'energia fai da te che, forse, segue anche le difficoltà
dell'economia e gli alti prezzi dell'energia registrati negli ultimi anni, con
il picco del petrolio nell'estate del 2008. Dall'ultimo monitoraggio
dell'Autorità per l'energia e il gas sulla generazione distribuita (vale a dire
impianti con potenza nominale inferiore a 10 Mva) emerge infatti che nel 2008
risultavano installate 34.848 mini-centrali, con una potenza efficiente lorda
corrispondente di 6.627 MW e una produzione lorda di 21,6 TWh, pari al 6,8% del
totale nazionale. L'aumento rispetto all'anno precedente è esponenziale: nel
2007, infatti, si registravano appena 10.371 impianti, per una potenza
efficiente lorda di 6.072 MW e una produzione totale di 19,3 TWh.
A premere sul pulsante dell'acceleratore è il solare, che tuttavia non assicura
una produzione massiccia: gli impianti fotovoltaici sono passati infatti da poco
più di 4mila nel 2006 a quasi 32mila nel 2008.
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO GRATUITO
Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli su finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5/a tutti i martedì 10-12 e i venerdì 17-19.
SEGNALAZIONI - Piattaforme petrolifere - PERICOLO
Nessuno mai ne parla, ma nel Mediterraneo ci sono ben 199
piattaforme petrolifere, e quello che succede nel Golfo del Messico dovrebbe
farci riflettere (cosa è successo realmente laggiù?), che controlli reali ci
sono sulle piattaforme del Mediterraneo?
C’è un piano di intervento in caso di catastrofe? Che assicurazioni ci sono? Il
Mediterraneo è un mare chiuso, la natura è imprevedibile, immaginate una
piattaforma petrolifera che salti, anche con un atto terroristico! Tutte le
coste, il turismo, la pesca sarebbero compromessi con l’inquinamento dell’aria e
del mare!
Penso che bisognerebbe pensare di prevenire tutto questo e non subire! Ma
nessuno pensa, o parla di ciò! Attenzione, pericolo!
Daniela Spagnul
Piano regolatore all’esame della giunta - PRIMA TAPPA
DELL’ITER RELATIVO A OSSERVAZIONI E OPPOSIZIONI DEI CITTADINI
Piano regolatore, inizia lo sprint finale. O meglio, che
sia una volata il più rapida possibile lo spera in primis proprio Roberto
Dipiazza. Se lo augura per riuscire a inanellare in rapida successione
l’approvazione definitiva del Prg per poi, a settembre, lanciare il nuovo Piano
del traffico. E lasciare la poltrona di sindaco, nella primavera del 2011, a
quadro - per così dire - completato.
La convocazione della giunta comunale di oggi prevede l’esame della nuova
delibera con opposizioni e osservazioni già passate attraverso gli uffici
municipali. Sarà poi il turno delle commissioni, infine del voto in Consiglio
comunale. E sarà quello il momento chiave di tutto l’iter, considerate le
resistenze di Lega Nord e Udc su questioni di possibilità edificatorie. Ma non
solo: ci sono anche i turbamenti del quartetto di An-Pdl sul caso del Villaggio
del fanciullo. La maggioranza, dopo il caso Bandelli e la costituzione del
Gruppo Sulli da parte dei suoi quattro fedelissimi, vanta 21 unità sul totale di
41. Un margine minimo, specie alla luce del quadro descritto. Certo, non si
possono escludere colpi di scena in arrivo dall’opposizione, ma l’esame per
Dipiazza si annuncia stavolta come il più difficile del suo doppio mandato.
Proprio dal centrosinistra, Roberto Decarli (Cittadini) sottolinea: «Circa un
anno fa il sindaco dichiarava “il mio Piano regolatore è l’abito giusto per
questa città”. Oggi però buona parte della sua maggioranza non nasconde che
quest’abito alla città proprio non va bene».
(m.u.)
BORA.LA - LUNEDI', 21 giugno 2010
Ancora cemento a Roiano: Rio Martesin a rischio, il 23
assemblea pubblica
Incontro Dario Ferluga nella sua casetta di Vicolo Rio
Martesin, tra Gretta e Roiano. Dal cortiletto di casa posso ammirare l’ambiente
circostante: una grossa lingua di bosco che scende dall’Altipiano Carsico, i
terrazzamenti (che in seguito chiameremo con il termine dialettale, più
familiare, di ‘pastini’) coltivati a vite – anche se la maggior parte di essi
ormai è abbandonata e attaccata dalla vegetazione spontanea – e sul fondo della
valle il torrente che, all’altezza di un antico ponte in pietra, si incanala
sottoterra. Sul crinale della collina, gli edifici che danno su Scala Santa.
«Un tempo i pastini arrivavano fino a tre quarti della collina – racconta
Ferluga –, oggi sono praticamente tutti abbandonati. Il terreno verso il
Sanatorio, un’antica tenuta di caccia, è proprietà, tramite prestanome, di Illy.
Questo è un piccolo paradiso: si possono trovare salamandre pezzate,
cinciallegre, numerose famiglie di ricci, qualche capriolo e, più recentemente,
anche i cinghiali. La sera sale una lieve brezza che si incanala nella valle e
dà un po’ di sollievo ad un rione congestionato come Roiano, dove i limiti di
edificabilità sono stati superati nel lontano 1989».
Strano che questa zona non sia considerata di pregio…
«E qui sta la beffa più grande di tutte: oggi questa zona è considerata
‘agricola di pregio’ dal nuovo Piano Regolatore. Peccato che il progetto di
cementificazione della valle sia stato approvato 20 giorni prima dell’entrata in
vigore del nuovo PRG. Teoricamente qui non si potrebbe costruire niente, a parte
qualche ricovero per gli attrezzi agricoli. Vede quella piccola tettoia là? E’
posticcia, in plastica, avvitata alla parete del garage. Eppure ho dovuto pagare
più di 1000 € di multa perché l’avevo installata senza un progetto. Ma sempre
qui verranno costruiti 109 appartamenti, che certo danneggeranno l’ambiente più
della mia tettoia…»
Ma andiamo con ordine. Tutto inizia con il progetto del cosiddetto ‘tubone’…
«Esatto. Siamo nel 2000 e in Regione c’è la Giunta Tondo. L’ipotesi più
plausibile prevedeva l’uscita della strada più a monte, sopra la cisterna
dell’acquedotto, per poi superare la vallata con un viadotto e infilarsi nella
collina di Scala Santa proprio all’altezza dei pastini, allora proprietà dei
fratelli Perco. Ma questa intenzione fu smentita dalla Commissione presieduta
dal prof. Camus – della quale faceva parte il figlio di uno dei fratelli Perco
–, al fine di mantenere edificabili quegli appezzamenti. Così la galleria
avrebbe dovuto passare a 5 metri di profondità sotto la cisterna – una
previsione assurda, ma avvallata anche dall’ACEGAS (Presidente Romanelli,
cognato di Paris Lippi) – e sotto le case popolari per le quali era prevista la
demolizione, per poi sbucare direttamente a valle e collegarsi alla Via Giusti
con una rotonda. A quel punto, il prolungamento della Via Giusti a monte, che
nel progetto originario serviva per allacciarsi al viadotto, appariva insensato.
Eppure rimase. Fu quello uno dei primi indizi della futura edificazione».
Tutto questo nell’ottica di un Piano Regolatore da 350.000 abitanti…
«All’epoca Illy si impuntò: “O lo approvate così com’è, o mi dimetto”, disse. Si
dimise, venne rieletto con un margine ancora più ampio e ci lasciò in dono
questo mostro».
Il ‘tubone’ fu respinto a causa della forte contrarietà della cittadinanza.
«Già. E assieme ad esso un mega-progetto che riguardava il rione di Roiano».
Di cosa si trattava?
«Di un progetto dell’ATER – con Presidente Assanti (cugino di Piero Camber) e
Consigliere Fortuna Drossi (amico dei Perco) – risalente al 2001, che prevedeva
la costruzione di un grosso caseggiato con annessi 400 posti auto nella zona
dell’ex centrale elettrica di Roiano, l’interramento della linea elettrica, e l’intombamento
del Rio Martesin. Per la zona del Rio Martesin era prevista, nella parte alta
dei pastini, la costruzione di ‘case ecosostenibili’, che però molto
probabilmente non sarebbero state vendute come case popolari, visto l’alto costo
di costruzione, ma ai privati. In pratica si voleva cementificare con dei
contributi regionali per poi vendere tutto ai privati».
Cos’è rimasto di quel progetto?
«Il piano è stato respinto a furor di popolo: l’interramento della linea
elettrica non risultava necessario visto che i valori di elettromagnetismo erano
e sono tuttora nella norma; la zona di Via Giusti avrebbe perso tranquillità e
parcheggi, per l’allargamento della sede stradale e l’aumento vertiginoso di
residenti; ma la vergogna più grossa, come già detto, sarebbe stata far
costruire con i soldi pubblici per interessi meramente privati.
Di quel progetto è rimasto solo l’intombamento del torrente fino al ponte di
Vicolo Rio Martesin, realizzato con i contributi regionali per i fiumi a rischio
esondazione. (ride) Assurdo, il Rio da anni è ormai ridotto a un rivolo
d’acqua…»
Insomma, questo primo tentativo fallisce.
«Ma in agguato c’è un secondo tentativo. Nel frattempo Fortuna Drossi consiglia
ai Perco di vendere i terreni, che vengono acquistati da una società con sede a
Roma, la GIA. Il nuovo progetto, nuovamente a firma Assanti anche se promosso da
privati, prevede sette edifici, per un totale di 109 appartamenti e di
conseguenza più di 200 posti auto. Il tutto collegato alla viabilità da un
prolungamento di Vicolo Rio Martesin, che si inerpicherebbe sulla collina con
una pendenza di almeno il 20%. Visto che il vicolo è largo solo due metri,
verrebbe installato un impianto semaforico, a monte e a valle, per regolare il
traffico. Uno dei sette fabbricati, lungo 60 metri, verrebbe edificato a 5 metri
da casa mia, con una perizia idro-geologica allarmante: la mia casa per esempio,
sarebbe a rischio smottamento.
Tanto per comprendere la difficoltà nel progettare un complesso edilizio del
genere in una zona come questa, la strada dovrà passare sotto uno dei sette
caseggiati, collegando 40 box auto. E se uno di questi box si incendia, come ci
arriva il camion dei pompieri?
Inutile raccontare quanti ostacoli abbiamo incontrato nel tentativo di reperire
le carte del progetto: richieste protocollate che venivano respinte dopo 60
giorni per vizi di procedura minimi, ma anche costi esorbitanti per ottenere
copie dei documenti ufficiali».
Così avete presentato ricorso al TAR…
«Sì, puntavamo su queste tesi: la casa del versante di Gretta è progettata
prendendo le distanze (previste dalla legge) da una strada che ancora non c’è;
si costruisce anche su una zona Z1 non edificabile, attinente al torrente e
prevista quando ancora il Rio Martesin era scoperto: oggi non serve più, ma per
edificare bisognerebbe prima modificare il PRG. Poi, i progettisti sostengono
che i pastini non vengono intaccati dal progetto, mentre invece dei 17 attuali
ne rimangono integri 3 o 4, peraltro intrappolati tra le case e quindi non
coltivabili. Infine, una domanda: chi interrerà i cavi elettrici? Ora come ora è
impossibile edificare perché sono troppo vicini al terreno, e Terna ha già fatto
intendere che non ci sono le condizioni per un interramento: troppo costoso
(1,2-1,5 mln di €) e a rischio guasti».
Ma il TAR ha respinto il ricorso.
«Con una motivazione assurda: bisognava presentare il ricorso all’approvazione
del PRG, non dopo la presentazione del progetto: una falsità colossale, perché
si ricorre quando c’è il danno, non in previsione di esso».
Se fosse vero quello che dice il TAR, ad ogni nuovo PRG bisognerebbe presentare
una valanga di ricorsi ‘preventivi’.
«Esatto, un controsenso. Ma non è finita qui. Abbiamo scoperto che per aggirare
la Valutazione di Impatto Ambientale della Regione, la GIA ha diviso il progetto
in tre progetti più piccoli, dei quali uno affidato ad un’altra società,
Airone85. Questo per noi è un caso di lottizzazione abusiva».
Le prossime mosse?
«Abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato, e presentato un esposto, fermo da
mesi, alla magistratura ordinaria».
E la Sovraintendenza?
«L’abbiamo contattata, visto che l’area è sottoposta a vincolo paesaggistico, ma
sul luogo non è mai venuta a controllare. Se per questo, nemmeno Terna ci ha mai
risposto in modo ufficiale, anche se possiamo desumere la sua posizione da
quello che ha detto in merito all’elettrodotto friulano: per sotterrare una
linea aerea c’è bisogno di un percorso agibile (strade larghe almeno 20 metri)
per raggiungere tutta la linea, cosa che ovviamente qui non c’è. Inoltre la rete
elettrica di Trieste è a rischio sovraccarico, se si guasta una linea importante
come questa tutta la città va in black-out».
In questo contesto, come hanno agito le Istituzioni?
«La Circoscrizione rispetto a questi progetti ha parere obbligatorio ma non
vincolante. Quest’arma, che può apparire spuntata, poteva essere invece
fondamentale. I primi due lotti erano stati approvati con il parere contrario
della Circoscrizione. Il terzo lotto era stato invece sottoposto al parere dei
Consiglieri a ridosso dell’approvazione del nuovo PRG, che rendeva la zona
inedificabile. La Circoscrizione aveva 20 giorni di tempo per esprimere il suo
parere, e l’idea era quella di proporre un supplemento d’indagine. Ma la
consigliera Gambino, di Alleanza Nazionale, spinse per votare in maniera
immediata un ‘no’, che alla prova dei fatti ci ha condannati. Quello che mi ha
deluso di più è stato il comportamento dell’opposizione, che non ha nemmeno
messo ai voti il supplemento d’indagine, allineandosi alla maggioranza. In
seguito Sandro Menia, il Presidente della Circoscrizione, ha accusato non ben
definiti ‘poteri forti’, asserendo che aveva operato con il Sindaco Dipiazza per
limitare i danni».
Insomma, non siete stati granché aiutati…
«In questa vicenda ci ha dato un grosso supporto il consigliere comunale
Racovelli, dei Verdi, e ha tentato di darci una mano anche Giorgi (Forza Italia,
ex Presidente della Circoscrizione), ma con le mani legate a causa degli
interessi del suo partito in questa vicenda: ritengo infatti che anche per
questo Giorgi non sia mai stato nominato assessore, sebbene fosse papabile in
due occasioni».
La domanda che sorge spontanea, adesso, è questa: chi se le compra case care
come queste, visti gli elevati costi di costruzione, e considerato anche il calo
demografico della città?
«Abbiamo fatto dei calcoli: se la società di costruzione dovesse occuparsi anche
di tutte le opere ‘secondarie’ (strada, allacciamenti acqua-luce-gas-fognatura,
interramento della linea elettrica), le case verrebbero a costare 6000-8000 € al
mq, circa 2000 € in più rispetto ai prezzi più alti in città. Inoltre solo uno
dei 7 caseggiati ha una vista stupenda, su Piazza Unità, le altre danno
sull’interno della vallata. Quindi è probabile che le opere secondarie vengano
fatte con soldi pubblici: sennò non si capisce che mercato avrebbero queste
abitazioni. I sospetti sono avvallati da prove, visto che la Regione ha
stanziato 1,2 mln di € alla Provincia ufficialmente per la riqualificazione del
torrente, molto probabilmente per il suo ulteriore intombamento, al fine di
interrare assieme anche la linea elettrica: il tutto con i soldi delle nostre
bollette e solo per permettere a questi privati di cementificare la valle».
Mercoledì 23 Giugno, alle 18, il Comitato Spontaneo della Valle del Rio Martesin
organizza un incontro pubblico in Vicolo Rio Martesin, per far conoscere alla
cittadinanza e ai giornalisti l’area che viene interessata dal progetto e le
ragioni del ricorso al Consiglio di Stato.
Riccardo Laterza
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 giugno 2010
Demanio in regalo, sindaci poco entusiasti - Dipiazza
su Barcola: «Non pagheremo più il canone». Romoli e Honsell perplessi
TRIESTE Non disdegnano ma nemmeno si entusiasmano. Proprio
no. Attendono di vedere la lista, quella ufficiale, dei beni demaniali
trasferibili dallo Stato al Friuli Venezia Giulia: arriverà solo a fine luglio.
Per adesso i sindaci dei comuni capoluogo si limitano a prendere atto che Roma
sta definendo l'elenco dei "tesori" da consegnare eventualmente alla periferia.
Roberto Dipiazza, riferendosi alla pineta di Barcola valutata 1.870.000 euro,
non va oltre una battuta: «Una buona notizia, non pagheremo più il canone».
VIA ROSSETTI. Il sindaco di Trieste, in realtà, ha da tempo un'idea in testa che
lo interessa di più. Riguarda la partita della caserma Vittorio Emanuele III di
via Rossetti, quella che intende acquistare assieme alla Provincia per
trasformarla in un mega-polo scolastico da 120mila metri quadrati. «Sarebbe un
campus innovativo a livello nazionale, qualcosa di straordinario», sottolinea.
Una questione ancora aperta, però, da gestire con il demanio militare.
RISPARMI. Dipiazza ricorda inoltre le intese già raggiunte con il demanio sul
piano regolatore, «che hanno permesso allo Stato di mettere in vendita beni di
un certo valore». Quanto al federalismo demaniale, per adesso, c'è spazio solo
per un un'osservazione che vale la pineta e altro: «Quello che arriverà ci
consentirà di risparmiare dei soldi».
GLI ALTRI. Anche i colleghi devono ancora capire. Il più sbrigativo è Sergio
Bolzonello: «A Pordenone spulceremo la lista e decideremo se accettare o meno».
Ettore Romoli, per Gorizia, parla invece di «lista strana con apparentemente due
argomenti di un certo rilievo». Il primo riguarda l'ampliamento della sede del
comando provinciale dei Vigili del Fuoco che però, osserva il sindaco, «gestita
dallo Stato o dal territorio, non modificherà la sua destinazione d'uso».
«Interessante ma misteriosa», prosegue Romoli è poi la scheda che parla dell'ex
aeroporto, «che ci risulta essere in realtà sempre di proprietà dell'Enac, a
meno che non si faccia riferimento ad aree marginali». Insomma, anche Gorizia
attende di vedere l'elenco ufficiale.
UDINE. E a Udine? Furio Honsell auspica che «i beni vengano conferiti e discussi
sulla base di convenzioni». Per adesso, non c'è molto altro se non una
delusione: «Abbiamo chiesto il Castello, su cui paghiamo al demanio un iniquo
balzello, ma non è stato inserito nella bozza. Così come altri beni che
l'amministrazione ha chiesto per lo sviluppo della città». Honsell, dunque, non
approva, non almeno in questa fase: «Il federalismo demaniale non può servire
solo a "sbolognare" agli enti locali aree non gestite al meglio e che hanno
dunque accumulato varie problematiche, abusivismo in testa. Se si va allo
scaricabarile, ci troveremo davanti all'ennesima improvvisazione di un governo
che non risolve i problemi, li aggrava».
MARCO BALLICO
IL PICCOLO - SABATO, 19 giugno 2010
La Trieste-Divaccia raddoppia - Due tunnel di 12
chilometri correranno sotto il Carso
Il primo scenderà da Aurisina sino in città e il
secondo sfiorerà Rupinpiccolo e Borgo Grotta
TRIESTE Non più solo una tratta ferroviaria. Dopo l’accordo tra Italia e
Slovenia sulla linea ad alta velocità/alta capacità Ronchi-Trieste-Divaccia, le
tratte diventano due in territorio italiano, e molto impegnative. Hanno più di
12 chilometri ciascuna e sono quasi interamente in galleria sotto il Carso. La
prima corre da Aurisina a Trieste, dentro il costone carsico, la seconda
sull’Altipiano. Un’opera imponente che richiederà anni per l’approvazione e la
realizzazione, ma soprattutto assai delicata per tutti gli aspetti ambientali.
È stata scelta la via «alta», evitando come ha ricordato l’assessore regionale
ai Trasporti, Riccardo Riccardi, ma anche il vice-ministro ai Trasporti Roberto
Castelli, un’altra val di Susa (l’ipotesi era il passaggio sotto la Val Rosandra).
Ma questo cambiamento imporrà delle nuove valutazioni: per l’allungamento del
percorso, per l’utilizzo dei fondi Ue e per i tempi di realizzazione.
Quello che è certo è che è un’infrastruttura non più rinviabile: l’attuale
tratta Ronchi-Trieste infatti è quasi alla saturazione con 160 treni al giorno
(merci e passeggeri) quando il limite massimo è di 190-200. I margini di manovra
sono pochissimi, si possono allungare i convogli, fare delle migliorie tecniche,
usare locomotori migliori. Ma non si possono spostare i treni regionali alla
notte e prima o poi ci sarà un limite invalicabile. Ciò significa che se il
Porto di Trieste dovesse aumentare i traffici non potrà essere sfruttata la
ferrovia. Lo sa bene anche Unicredit che, illustrando il progetto logistico, ha
fatto capire che punterà su Monfalcone (la Ronchi-Monfalcone sarà pronta prima)
e solo in un secondo momento su Trieste.
Ci sarebbe una via d’uscita, ma per ora è impossibile: il collegamento tra i
porti di Trieste e Capodistria. Soltanto 6 km di ferrovia che però, a detta di
Castelli ma anche del segretario di stato ai trasporti sloveno, Igor Jakomin,
appaiono insuperabili. Gli sloveni non vogliono questo collegamento perchè
diventerebbe una linea internazionale e sarebbero obbligati a far passare tutti
per congiungersi alla linea con Divaccia.Lubiana sta correndo per realizzare la
Capodistria-Divaccia, 39 km, 25-30 in galleria. Grazie a questo nuovo tracciato
la potenzialità di trasporto dallo scalo sarà quadruplicata. La Slovenia ha
coscienza della strategicità della linea e per evitare contestazioni ha
addirittura varato una legge in Parlamento per realizzare l’infrastruttura.
Cosa farà l’Italia? Dalla cartina si comprende la delicatezza del problema. La
prima linea da Aurisina dovrebbe scendere a Trieste quasi tutta in galleria (12
km su 13). Il treno dovrebbe entrare in galleria ad Aurisina, farà una curva
ampia a nord dell’autostrada passandoci sotto e superando al largo Santa Croce.
La linea allora si dirigerà verso il costone per scendere (pendenza massima
12,5%) verso Trieste. Tutta dentro la roccia. La galleria proseguirà sopra
Barcola e poi scenderà più o meno all’altezza (in linea d’aria) della stazione
ferroviaria di Trieste biforcandosi per collegarsi con la galleria di cintura.
Tempi e costi? Dipenderà quanto si potrà giocare con i fondi Ue: prima c’era
solo un tratto (Ronchi-Trieste-Divaccia) che ora si sdoppia. Per i tratti
internazionali transfrontalieri la Ue finanzia il 30%, quello italiano avrà il
20%. Ma se il tratto è solo nazionale i contributi si fermano al 10%. Per
l’intera Ronchi-Trieste sono ipotizzati 1.930 milioni di euro. Per la
Aurisina-Trieste bisogna fare la metà: 900 milioni.
La progettazione preliminare è in corso e dovrebbe terminare a fine anno.
Passiamo alla linea Aurisina-Confine: 12 km e mezzo tutti in galleria. Un
percorso delicatissimo dal punto di vista ambientale, tutto sotto il Carso. Si
passa a Sud di Sgonico, poco sotto Rupinpiccolo, a poca distanza da Rupingrande
e un pelo sopra Borgo Grotta Gigante. Territori naturali di rara bellezza anche
nelle cavità. Non sono ancora ipotizzabili costi, ma è certo è che il governo
deve mettere in preventivo una spesa di oltre 300 milioni l’anno fino
all’ultimazione dell’opera. E i tempi non sono brevi: se tutto andasse liscio
servirebbero almeno 3 anni per il progetto e l’approvazione. Solo dopo possono
essere aperti i cantieri: con le frese moderne si avanza circa 50 metri al
giorno, per realizzare la galleria serviranno almeno 3 anni e mezzo. Ultimata la
galleria bisognerà mettere binari e attrezzature: un altro anno e mezzo. Totale
8 anni, ma solo se non ci sono intoppi.
GIULIO GARAU
SEGNALAZIONI - Dal Carso rocce e terra per allargare la
costa - LA PROPOSTA SUL MATERIALE FRUTTO DEGLI SCAVI PER L’ALTA VELOCITÀ
L’articolista Giovanni Longhi su «Il Piccolo» del 10
giugno ci informa che «L’alta velocità» ferroviaria attraverserà Duino Aurisina
con 10 km in galleria e 2 km in superficie, il tutto però evitando di
danneggiare eventuali grotte e possibili invasioni di cantine delle case
carsiche sopra il percorso ferroviario. Il tutto però a due condizioni: primo, i
lavori non inizieranno prima del 2030, ma il «progetto» deve essere presentato
subito per non perdere i 7 milioni di euro stanziati dall’Ue (stanziati vuol
dire che su un pezzo di carta sarà scritto «Ue ti manderà 7 milioni di euro);
secondo, dove saranno smaltiti i 2 milioni di metri cubi di rocce e terra?
Ma, semplicissimo direi. Alcuni giorni fa è apparsa sul quotidiano triestino la
notizia che già dieci anni fa il Comune locale ha approvato la modifica della
riviera barcolana allargandola, come già allargata con la pineta, dall’ex bagno
Cedas fino al bivio di Miramare.
Il tutto però è stato gelosamente custodito in uno dei tanti cassetti del
palazzo già dall’anno 2000, anche perché non si sapeva dove trovare il materiale
per riempire l’allargata riviera e poi mancavano sempre i soldini.
Oggi ci sono i due milioni di metri cubi di rocce e terra e «lo smaltimento
resta un mistero», dice l’articolo di giovedì.
Suggerirei modestamente: mettetevi d’accordo. Ci sarà certamente un vantaggio
delle due parti. Ma, cosa dice la politica? Resta quindi l’unico vero problema:
quando si potrà iniziare oppure sono problemi virtuali e cartacei?
Ricordi di tempi trascorsi: c’era il teatro Armonia e l’attore Cecchelin: con
due battute risolveva ogni storiella triestina.
Silvio Cargnelli
La Ferriera elegge i sindacalisti dell’ultima battaglia
LE NUOVE RSU - Il 28, 29 e 30 giugno i 490 dipendenti
alle urne. Sono cinque le liste che si fronteggeranno
In campagna elettorale c’è piena concordia sul principale obiettivo: «Non si
chiude finché non c’è un’alternativa occupazionale per tutti»
Rischiano di passare alla storia come i più famosi sindacalisti di Trieste,
più di quelli che negli Anni Sessanta si batterono contro la chiusura del
Cantiere San Marco. Con l’elezione dei rappresentanti di fabbrica in programma
lunedì 28, martedì 29 e mercoledì 30 giugno, i lavoratori della Ferriera di
Servola cercano i leader in grado di guidarli come fece Sylvester Stallone in
Fist con i camionisti. Non sarà certo come nel 1994 allorché a guidare il corteo
di protesta contro la paventata chiusura furono il vescovo Lorenzo Bellomi, il
vicepresidente della Regione Roberto Antonione e il vicesindaco Roberto Damiani.
Stavolta i lavoratori si sentono soli perché è dal 2001 che gran parte delle
forze politiche ripetono che lo stabilimento va chiuso, ma le cinque liste che
si combattono alle elezioni, e che pubblichiamo nel dettaglio, hanno una parola
d’ordine comune: «La Ferriera deve restare aperta e funzionante finché non
esisterà un’alternativa occupazionale concreta per tutti i lavoratori». Che
sarebbero un migliaio perché ai 490 dipendenti di Servola ne vanno aggiunti
altrettanti tra la Sertubi e le altre piccole aziende dell’indotto.
Obiettivo improbo data la crisi generale della siderurgia e il fatto che i russi
della Severstal, dopo acver acquisito il 100 per cento di proprietà del Gruppo
Lucchini, hanno da mesi avviato trattative per la sua vendita. A questo
proposito gli stessi sindacalisti sono stati convocati a Roma, al Ministero del
Lavoro per comunicazioni proprio il 30 giugno.
«Che la politica si interessi dell’occupazione delle poltrone, più che del
futuro occupazionale dei cittadini - commenta Franco Palman, rsu della Uilm - lo
dimostra la sostituzione con Angela Brandi dell’ex assessore regionale Alessia
Rosolen che pure aveva con una certa efficacia aperto il tavolo sulla
riconversione della Ferriera, ma che è stata interrotta nel proprio lavoro». Ma
la stessa Regione, con l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, ha aperto anche la
procedura di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale, il che apre
un’ulteriore incognita sul futuro dello stabilimento. Attorno alla Ferriera
comunque si gioca l’intero futuro industriale e non solo della provincia di
Trieste. Ecco perché i nuovi rappresentanti sindacali della Ferriera saranno
attesi ad un compito che va ben oltre il loro stabilimento.
Palman è uno dei rappresentanti di fabbrica uscenti assieme a Luigi Mafione
sempre della Uilm, a Fabio Fuccaro e a Tiziano Scozzi di Fiom-Cgil, a Umberto
Salvaneschi di Fim-Cisl e a Luigi Pastore di Failms-Cisal. Palman, Scozzi,
Salvaneschi e Pastore aprono in questa tornata le rispettive liste. Il capolista
dell’Ugl che ora non ha alcun rappresentante è invece Marco Sabadin. Le elezioni
saranno valide se si presenterà alle urne almeno il 51 per cento dei 490 aventi
diritto. Gli eletti saranno sei e rimarranno in carica per tre anni.
SILVIO MARANZANA
FERRIERA - Il Wwf chiede la revoca dell’Aia: «Un fallimento» - «Il controllo sulle emissioni semplicemente non esiste perché discontinuo»
«Il controllo e il rilevamento delle emissioni della
Ferriera di Servola da parte degli enti preposti sono completamente falliti.
Meglio revocare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dalla
Regione alla proprietà della Lucchini e ripensare a come effettuare controlli
puntuali e attendibili sulle emissioni convogliate e diffuse».
Lo sostiene il Wwf che ha annunciato di aver inviato alla Regione, all’Agenzia
regionale per l’ambiente e agli enti locali una serie di osservazioni sul
processo di attuazione dell’Aia e sui piani di monitoraggio e controllo delle
fonti di emissione dello stabilimento servolano. L’Aia - secondo il Wwf - era
già stata concessa in aperta violazione rispetto alle indicazioni delle
normative vigenti, ne era stata chiesta la revoca, ma la Regione, pur avendo già
avviato una procedura di revisione dell’autorizzazione, non ha proceduto in
questa direzione e ha sospeso il processo. Per l’associazione ambientalista è
soprattutto grave la mancanza delle misure di controllo e monitoraggio sulle
emissioni prodotte da parte dell’Arpa e dell’ente provinciale preposto a tale
compito. «Il controllo sulle emissioni semplicemente non esiste perché
discontinuo – ha rincarato Fabio Gemiti. - È preoccupante - è stato aggiunto -
che la Provincia da noi interpellata comunichi di non avere competenze
specifiche nell’esecuzione del piano di monitoraggio di non avere mai ricevuto
dalla Lucchini segnali di inquinamento o di malfunzionamenti dello
stabilimento».
Maurizio Lozei
Razeto: «Intervenire subito per porre un freno alla
crisi» - La Confindustria vuole accelerare per le bonifiche, il rigassificatore
e la Piastra logistica del porto
«Non c’è più tempo, non dobbiamo perdere le poche
opportunità che abbiamo per agganciare la ripresa». Lo afferma Sergio Razeto,
presidente di Confindustria Trieste, ritornando sulle parole di Gianfranco Di
Bert, vicepresidente di Confindustria Fvg, che durante la recente conferenza
sull’economia reale del Friuli Venezia Giulia ha richiamato istituzioni, imprese
e parti sociali a sedersi attorno ad un tavolo per «porre in discussione una
sola grande questione, con una sola grande e comune missione: la ripresa
economica».
Sergio Razeto sottolinea la necessità di interventi urgenti, in grado di porre
un freno ad una crisi che a Trieste sta appena delineandosi, come dimostrano i
principali indicatori dell’industria provinciale nei primi tre mesi del 2010: la
produzione è tornata ad essere negativa (-10,5%) e molto al di sotto della media
regionale (-0,5%).
«Per Trieste – afferma Sergio Razeto – l’elenco delle priorità è noto: risolvere
il problema delle bonifiche del sito inquinato per poter disporre di aree da
destinare ad attività produttive, procedere al perfezionamento dell’iter di
approvazione del nuovo Piano regolatore del porto per avviare alcune opere
fondamentali per l’ammodernamento dello scalo (in primis la piattaforma
logistica) e frenare così la significativa caduta dei traffici, come evidenziato
dall’analisi della Banca d’Italia (-8% nel 2009 nelle merci movimentate, -17,6%
nei container). Una caduta che ha portato lo scalo giuliano al decimo posto in
Italia fra i 12 principali porti container nazionali.
Bisogna poi perseguire, secondo Razeto, la realizzazione dell’impianto di
rigassificazione proposto dal gruppo Gas Natural-Fenosa e della centrale
termoelettrica promossa dalla Lucchini Energia e individuare nuove strategie di
sviluppo che portino a una maggiore presenza sul territorio dell’attività
manifatturiera, per favorire una tenuta della situazione occupazionale (+ 0,1%
nel primo trimestre dell’anno) che, a Trieste, non ha ancora risentito della
crisi della produzione.
E ancora, delineare un sistema efficiente di collegamenti viari, ferroviari e
aerei, sia passeggeri che merci (questi ultimi hanno segnato nel 2009
un’attività ridotta del 20,5%), anche nell’ottica di un futuro ampliamento del
bacino servito ai Paesi dell’Europa centrale e orientale.
Giunta in bilico per 45 villette al Villaggio del
fanciullo - S’INASPRISCE LO SCONTRO NELLA MAGGIORANZA SUL PIANO REGOLATORE
Lippolis (An): «Avevamo chiesto di abbassare
l’edificabilità, gli uffici l’hanno aumentata»
Piero Camber: «Opposizioni e osservazioni sono 1141. Accolte il 90% delle
richieste»
Un problema di «casette». È lì che cammina il ruvido confronto politico sul
piano regolatore. Certo ci sono i sostanziali dissensi dell’opposizione, ma sono
ampi pezzi di maggioranza (Udc e Lega) che tirano il sindaco per la giacca e
anche per le braghe, in nome dei piccoli proprietari di villetta scippati del
diritto di costruire. E c’è soprattutto An che intende far muro, e votare «no»,
sull’edificabilità concessa all’ex campo di calcio del Villaggio del fanciullo a
Opicina.
An ha digerito a fatica quel che sembrava un favore all’ente religioso in
difficoltà economiche, valorizzare come edificabile, dunque ben vendibile, una
zona di servizi. Ma è dopo che la costola Pdl si è inalberata. Quando ha
scoperto che il suo emendamento per abbassare la quantità di edificato è stato
prima accolto in aula, e poi cancellato d’ufficio, sulla scorta delle richieste
correttive presentate dal Villaggio. E quando ha fatto i conti dei metri,
quadrati e cubi.
«All’inizio pareva che questo favore del sindaco portasse al Villaggio del
fanciullo due-tre villette - dice il capogruppo Antonio Lippolis -, e va bene,
l’ambiente era salvo. Quando abbiamo avuto in mano le carte, ecco però altri
numeri: 6000 metri cubi, 15 mila metri quadrati. Ma allora si trattava di almeno
30 appartamentini?». An ha chiesto il dimezzamento degli indici. «Il sindaco ha
mediato, e siamo arrivati - dice Lippolis - a 10 mila metri quadrati, 20
casette. Ora vedo che è stata accolta l’opposizione di don Piergiorgio
Regazzoni. Ha chiesto non solo che i metri tolti siano ristabiliti, ma anche
l’innalzamento dell’indice di edificabilità da 0,4 a 0,6. Di appartamentini -
esclama Lippolis - se ne faranno dunque non due-tre, e neanche 30, o 20, ma ben
45». Insomma le casette lievitano e An si ribella: «In Carso si è tolto agli
altri per fare il favore a uno, mancando di giustizia sociale, e inoltre
politicamente questo è uno smacco per il nostro gruppo politico e per il
consiglio comunale, si è mai visto che i tecnici stravolgano una direttiva
dell’aula? Noi voteremo no».
Piero Camber, il capogruppo di Fi, mette già in conto voti «trasversali» e non
bulgari su ogni singola opposizione e osservazione. Ma soprattutto rintuzza le
anime inquiete della maggioranza in fatto di varie casette, portando per la
prima volta in luce quel che arriverà in consiglio comunale: «Opposizioni e
osservazioni sono 1141, di queste 330 sono osservazioni, 66
osservazioni/opposizioni, e 745 opposizioni di cittadini direttamente
interessati all’edificabilità. Tra questi ultimi, 440 hanno chiesto il
ripristino a zona B: circa 40 le richieste non accolte (il 10%), 300
parzialmente accolte, 100 accolte». Dunque le casette dei privati, che si son
sentiti lesi, sono - salvo voto diverso dell’aula - accontentate «al 90%».
E il Villaggio? «Protesta lì qualcuno in nome di qualcun altro che ha interesse
- esordisce Camber -, per il resto non si è data edificabilità a un privato, non
stiamo arricchendo nessuno, questo è un ente benemerito. Secondo, non abbiamo
trasformato in costruibile una zona prima ”verde”. Terzo, l’indice di
edificabilità a Opicina è stato da questo Prg abbassato, era di di 0,8 e ora è
di 0,6. Per ultimo, nell’area interessata gli edifici vanno tutti da un minimo
di 0,6 a un massimo, addirittura, di 1,5. Quindi don Regazzoni ha chiesto il
minimo ora presente nella zona. Io spero - aggiunge Camber -, in un voto
ragionato, e penso per esempio che sul Villaggio la ex Margherita (ora Pd, ndr)
voterà con noi. Se An voterà contrario, pazienza, l’1% di distinzione nella
maggioranza è già nel conto, l’importante è che si accolga il piano. Salva la
Costiera, lascia intonse ampie zone verdi e riduce tutte le cubature».
GABRIELLA ZIANI
PRG - «Né favori né speculazioni edilizie» - Don
Regazzoni: «Non ho chiesto io di costruire sul campo di calcio»
«Io volevo solo essere trattato come gli altri, volevo
dunque l’indice di edificabilità 0,6 che qui hanno tutti». Parla vivacemente da
imprenditore don Piergiorgio Regazzoni, presidente dell’Opera Villaggio del
fanciullo di Opicina. Anche quando cita i debiti, i problemi economici di
un’impresa sociale i cui corsi di formazione per giovani in difficoltà vengono
pagati dagli enti pubblici con tanto ritardo («mesi per avere l’80%, anni per il
restante 20%») da costringere il sacerdote a fare mutui con le banche per pagare
gli stipendi: «E una banca mi ha chiesto un interesse di 5 punti percentuali più
alto rispetto all’Euribor, roba da pazzi».
Nel merito, sul caso-casette, don Regazzoni è molto drastico: «Qui non c’è
speculazione edilizia, io non ho chiesto favori a nessuno - corregge -, anzi io
non volevo proprio che l’ex campo di calcio diventasse edificabile, mi
interessava liberarmi piuttosto di quei 4000 metri quadrati dove inizialmente il
Comune (parliamo dai tempi di Richetti sindaco, poi di Illy, quindi di molti
anni fa) voleva fare una piscina accanto al complesso del nuovo centro civico,
cosa che nessuno farà mai, noi no di certo. Su quel terreno, che prima il Comune
voleva espropriare e su cui poi si è trovato un accordo, abbiamo perfino dovuto
pagare (noi!) anni di Ici arretrata perché l’avevano reso edificabile senza
trasferirsi la proprietà per tempo. Questa richiesta io ho fatto al sindaco, e
ho parlato davanti a testimoni. Altro che vantaggi - esclama don Regazzoni - noi
siamo delle vittime del sistema».
Il Comune non ha accontentato la richiesta («perché c’è la lobby delle case
vicine che non vuole, perché quello spazio fa comodo» dice il combattivo
Regazzoni), e piuttosto ha reso edificabile l’ex campo di calcio, «10-15 mila
metri quadrati non più utilizzabili, un terreno che anzi ora inquina, mentre i
soldi al contrario ci potrebbero servire». Terreno da vendere come, a chi? «Non
lo so ancora - dice il presidente del Villaggio - daremo a un notaio, faremo una
gara, chissà. È un’area vicina alla strada, quindi di pregio. Ovviamente ci
teniamo gli spazi per il campo di calcio a sette, abbiamo appena chiesto alla
Regione il contributo per gli spogliatoi».
Don Regazzoni s’infiamma però anche per un’altra questione. «Lì sull’ex campo di
calcio noi volevamo fare anni fa un centro per l’Alzheimer, il progetto era
pronto, cantierabile, e ce l’hanno bocciato. L’Azienda sanitaria non l’ha
voluto. E dunque che cosa ce ne dobbiamo fare? Non voglio più entrare in questa
diatriba» (g. z.)
PRG - IL PD DETTA LE SUE CONDIZIONI - «Il sindaco non è sicuro, ha sondato l’opposizione»
Omero: «Non faremo ostruzionismo ma così non va»
Lunedì il piano regolatore va in Giunta. Poi cominceranno
le commissioni. Poi il consiglio comunale. Verrà in campo il problema se esiste
un principio giuridico che guidi l’azione di chi vuole o non vuole concordare la
«trasformabilità» dell’uso di un terreno in sede di scrittura del piano
regolatore? La questione si pone per il Villaggio del fanciullo ma nessuno lo sa
per certo. Fabio Omero, capogruppo Pd: «O si fa per tutti, ed è il caso del
sindaco di Udine che ha interpellato enti e cittadini, o per nessuno. Per
aiutare un ente si dovevano scegliere altri modi, non certo la speculazione
edilizia».
Ma Omero guarda alle frizioni nella maggioranza, e a Dipiazza che «ha sondato
l’opposizione», segno che il sindaco «sente incerti i suoi voti e vorrebbe
trovar supporto nel campo avverso, ho chiarito che non abbiamo nessuna
intenzione di fare ostruzionismo, andando avanti per mesi, ma che da qui a dire
che votiamo il piano regolatore ce ne corre». Infatti per il Pd «proprio non
va». Le richieste sono tre, più una: «Zone strategiche (caserma di Banne, Fiera
e mercato ortofrutticolo) con pianificazione pubblica e non privata, stralcio
dell’area turistico-ricettiva della vergogna oltre che del golf a Padriciano,
stralcio delle zone C1 ad alta densità edilizia, Villaggio del fanciullo
compreso». L’ultima proposta è radicale: fermare tutto per approvare a luglio
«il piano strutturale comunale in base alle nuove norme regionali, ridefinendo
conservazione e valorizzazione del territorio, sviluppo sostenibile,
contenimento del consumo energetico. Nel frattempo, nuova salvaguardia per due
anni». E a Opicina? Su Villaggio del fanciullo, «Banne che quadruplica gli
abitanti», e Padriciano, è ostile il presidente della circoscrizione Marco
Milcovich: «Opposizioni firmate da 1600 cittadini. Noi circoscrizioni siamo
state convocate in commissione a fine maggio, ma già poche ore dopo l’invito è
stato revocato. Mai saputo più niente, e si parla di nuove secretazioni».
(g. z.)
IL PICCOLO - VENERDI', 18 giugno 2010
Piano regolatore del porto, in arrivo il no della
Slovenia - Ha chiesto di esprimere il proprio parere per stoppare il
rigassificatore di Zaule
La Slovenia ha chiesto ufficialmente all'Italia di essere
coinvolta nell'iter di approvazione del Piano regolatore del Porto di Trieste.
La richiesta e' stata sottoscritta gia' la settimana scorsa dal ministro
dell'ambiente sloveno Roko Zarnic e nei prossimi giorni sara' recapitata
all'Italia tramite i consueti canali diplomatici. La risposta di Roma e'
prevista entro il 25 giugno.
Secondo l'associazione ambientalista Alpe Adria Green, che ha dato la notizia,
nel corso di una conferenza stampa ieri a Lubiana, se le sara' data la
possibilita' di pronunciarsi ufficialmente, la Slovenia avra' la facolta' di
respingere il Piano regolatore del Porto triestino e, di conseguenza, di
bloccare anche la costruzione del rigassificatore di Zaule. »Se l'Italia si e'
dimostrata tanto interessata allo sviluppo del Porto di Capodistria – ha
commentato il presidente della Greenaction Transnational, il triestino Roberto
Giurastante, riferendosi al coinvolgimento di Roma nell'approvazione del Piano
regolatore del Porto di Capodistria – la Slovenia a maggior ragione deve
interessarsi a come si sviluppera' in futuro il Porto di Trieste». Lubiana,
sostengono gli ambientalisti, ha il diritto di chiedere quale sara' l'impatto
ambientale transfrontaliero dei progetti relativi allo sviluppo del Porto di
Trieste. Se si tratta soltanto di schermaglie diplomatiche o se dietro alla
richiesta slovena ci sia davvero la volonta' di mettere in discussione il futuro
del Porto di Trieste e di bloccare in questo modo la costruzione del terminal
rigassificatore – legato ovviamente all'attivita' portuale - lo si vedra'
soltanto nei prossimi giorni e settimane. Certo e' che e' in corso un’ intensa
attivita' ai massimi livelli – ne hanno parlato anche i premier Silvio
Berlusconi e Boris Pahor recentemente a Tripoli e ieri al vertice europeo di
Bruxelles – per scongiurare il ricorso a veti incrociati e magari alla giustizia
europea, che potrebbero portare al blocco dei progetti che i rispettivi Paesi
ritengono di importanza strategica.
Dipiazza forza i tempi, Prg in giunta al buio - Lunedì
la maggioranza voterà la variante ma potrebbero esserci defezioni
Le rigide scadenze temporali imposte dal sindaco sul
cammino del Piano regolatore restano, i mal di pancia all’interno del
centrodestra pure. Chi sperava che la riunione di maggioranza convocata ieri
riuscisse ad appianare le differenza di vedute sul contestato strumento
urbanistico, è rimasto sonoramente deluso. Perchè l’imperativo, almeno in questa
fase, non è smussare gli angoli, ma fare presto. Molto presto.
Ecco perchè Dipiazza, nonostante le pressioni neanche tanto velate arrivate da
più parti, si è dimostrato irremovibile nella difesa della linea dell’urgenza
già annunciata nei giorni scorsi: la variante al piano, ha sentenziato ieri
davanti agli alleati, approderà lunedì sul tavolo della giunta. Fine della
discussione.
E pazienza se i bookmakers del Comune iniziano a scommettere su possibili prese
di distanza dal Piano regolatore anche da parte di assessori molto vicini al
primo cittadino. Lui, Dipiazza, all’onda lunga del dissenso interno - quella che
in aula potrebbe riservare anche qualche sorpresa -, non ci pensa o almeno non
dà l’impressione di farlo. «Io - ha riferito ai presenti ieri - non ho padroni e
vado avanti».
Alla maggioranza, quindi, non è rimasto che prenderne atto. «È deciso, la
variante arriverà in giunta lunedì - commenta il leghista Ferrara -. Ma quel
giorno pretendiamo che l’esecutivo sia presente al completo e produca una
posizione unanime. Quanto a noi, difenderemo in aula la posizione già espressa
da tempo. Voteremo cioè tutte le opposizioni presentate dai cittadini che si
sono visti sottrarre aree edificabili. Su questo - conclude Ferrara -, nessun
passo indietro».
Valutazioni di merito che, per il momento, l’Udc Sasco sospende, concentrandosi
essenzialmente sulla tempistica. «Visto che la giunta si esprimerà sul Piano
lunedì, convocherò la Commissione urbanistica già per il mercoledì successivo -
spiega Sasco -. E convocherò tutti i sette presidenti di Circoscrizione, per una
questione di trasparenza. La stessa in base alla quale spero di convincere il
segretario generale ad autorizzare la consegna dei 40 dischetti con opposizioni
e controdeduzioni ai consiglieri».
Nel menu dell’incontro di ieri però, oltre alla tabella di marcia, c’era anche
l’esposizione dei criteri che hanno guidato gli uffici comunali nell’analisi
delle 1.051 opposizioni. «Criteri che, in qualche caso, non ci sono piaciuti
affatto e rispetto ai quali prenderemo con decisione le distanze in aula -
chiarisce subito il capogruppo di An-Pdl Antonio Lippolis - . La nostra ferma
difesa del diritto di tanti piccoli proprietari a non veder ridotta
l’edificabilità dei loro terreni non è in discussione. Voteremo quindi questo
piano perchè lo riteniamo migliore del precedente e perchè facciamo parte
dell’attuale maggioranza ma - conclude Lippolis - non accetteremo che vengano
fatti scherzi alle spalle del nostro partito».
Parole che sembrano annunciano insomma un dibattito acceso, subito
ridimensionato però dal capogruppo Fi-Pdl. «Il clima è assolutamente sereno e si
procede per chiudere l’iter entro luglio - taglia corto Piero Camber -. Mal di
pancia nella maggioranza non ce sono. Posso assicurarlo, siamo tutti in perfetta
salute».
(m.r.)
No del Wwf al maxi-villaggio di Lignano Sabbiadoro -
Gli ambientalisti criticano il progetto dell’Ente friulano di assistenza. L’area
è della curia
LIGNANO Un ”villaggio albergo” a Lignano Sabbiadoro su un
terreno della curia di Udine. E il Wwf del Friuli Venezia Giulia prende
posizione. «Il nuovo Piano regolatore particolareggiato comunale di iniziativa
privata sulla proprietà dell’Ente friulano di assistenza, di recente adozione,
implica ulteriore consumo di suolo con la distruzione di nuove aree naturali. Il
Piano prevede la realizzazione di un “villaggio albergo” per 30mila metri cubi
di cemento (500 posti letto), che andrebbe a cancellare altri 4.500 metri
quadrati di aree di elevato valore naturalistico. Il villaggio albergo dovrà
essere servito di parcheggi per gli utenti: dal piano si evince che ci sarà un
posto auto per ogni stanza realizzata, da ricavare nell’intorno della struttura
e lungo la viabilità esistente, con un’ulteriore distruzione dell’ambiente
naturale». Il Wwf continua: le caratteristiche della pineta Efa di Lignano che
andrebbero perdute sono il sistema geomorfologico tipico, la componente arborea
a pino, ma soprattutto il sottobosco costituito da specie tipiche della macchia
mediterranea.
La pineta Efa di Lignano presenta caratteristiche naturali uniche in regione,
sostiene il Wwf, che un po’ alla volta il consumo autorizzato di suolo sta
facendo scomparire. Il villaggio albergo verrebbe a collocarsi, secondo il Prpc,
in area soggetta a 3 vincoli: «In base al decreto legislativo 42/2004 (Codice
dei beni culturali e del paesaggio) sono tutelati la fascia di 300 metri dalla
linea di battigia e le superfici a bosco; inoltre la Regione ha inserito tra i
beni da tutelare con vincolo paesaggistico proprio la pineta Efa; infine su
tutta l’area oggetto di Prpc grava il vincolo idrogeologico (R.D. 3267/1923),
perché il territorio presenta caratteristiche tali per cui risulta pericoloso
realizzarvi edifici».
I grifoni di Cherso minacciati dalle orde di turisti -
Spaventati dal rumore della gente e delle barche i piccoli cadono in mare:
campagna di prevenzione
CHERSO Siamo sempre alle solite con i grifoni, gli
avvoltoi dalla testa bianca, simbolo dell’isola di Cherso e che soprattutto nei
mesi estivi vengono importunati – talvolta con esiti tragici – da frotte di
turisti. A bordo di imbarcazioni, i villeggianti vengono portati ai piedi delle
pareti a strapiombo sul mare, dove questi maestosi volatili nidificano, per
poterli ammirare. Ma non sempre i vacanzieri si comportano nella maniera
appropriata ed anzi il più delle volte urlano di gioia nel vedere i grifoni a
pochi metri di distanza, applaudono, scattano foto, creando un trambusto che
spaventa gli avvoltoi, specie i loro piccoli, non ancora capaci di volare.
Succede che i piccoli grifoni, disorientati e spaventati dal rumore, si affidino
all’ istinto, cercando di librarsi in aria per scappare. Cadono in mare e
sovente affogano.
Soltanto l’ anno scorso, si sono registrati 16 casi del genere e per 5 giovani
esemplari è stata la fine. Gli altri 11 grifoni baby sono ancora sistemati nella
voliera di Caisole (Beli), sull’isola di Cherso, dove si stanno riprendendo
grazie alle amorevoli cure degli attivisti dell’associazione ambientalista Eco
centro Caput Insulae, guidata dal noto ornitologo Goran Susic. L’invadenza dei
turisti ha fatto sì che, ad esempio, gli avvoltoi abbandonassero la parete Munt,
a Cherso. Sulla parete Kruna, a poca distanza da Caisole, vi sono ora soltanto
tre volatili, mentre prima si registrava una media di otto. La situazione più
critica riguarda l’ isoletta di Plavnik, posta quale «cuscino» tra Cherso e
Veglia. Qui, fino a cinque anni fa, erano registrati 12 nidi attivi, mentre
attualmente ne sono presenti solo tre. Un quadro allarmante, tanto che Sonja
Sisic, direttrice dell’ istituto pubblico regionale Priroda (Natura), ha
annunciato che alla fine di questo mese si darà il via ad un programma educativo
riguardante i titolari delle imbarcazioni per gitanti, quelle che si spingono
fino a pochi metri dai nidi. Ai proprietari saranno illustrate le norme
comportamentali nelle vicinanze di questi specifici ambienti.
Nel corso dell’alta stagione dovrebbe essere stampato, in 20 mila esemplari, un
opuscolo riservato ai diportisti e in cui l’accento sarà posto sulle specie
tutelate in Adriatico, dalla foca monaca ai grifoni, dai delfini ai datteri di
mare, alla pinna nobilis. Da rilevare infine una buona notizia: nonostante i
problemi che i grifoni incontrano nell’ area del Quarnero, quest’ anno sono
stati inanellati 49 uccelli, cifra record da quando alla Caput Insulae si
dedicano all’ importante operazione, cominciata 21 anni fa, nel 1989. Nei due
decenni, l’inanellamento ha riguardato ben 709 esemplari, permettendo così agli
esperti di capire i percorsi compiuti dai grifoni chersini e quarnerini. Uno di
essi, in soli due mesi, è stato in grado di raggiungere il Ciad, in Africa,
volando da Cherso per complessivi 4 mila chilometri.
(a.m.)
SEGNALAZIONI - «Le Ferrovie operano come se fossero in
regime di monopolio»
Nel maggio scorso, per raggiungere Merano da Trieste, ho
utilizzato l'Eurocity Bologna-Monaco di Baviera delle Ferrovie Tedesche, tra
Verona e Bolzano, che mi ha consentito di raggiungere la meta con mezz’ora di
anticipo rispetto alla coincidenza offerta da Trenitalia. Biglietto a bordo
senza supplemento, buon servizio nella carrozza ristorante e consegna
dell’orario con tutte le coincidenze, come in uso da tempo nella rete DB. Nella
stazione di Verona enorme pannello della ferrovie tedesche per rimediare alla
carente informazione e al mancato inserimento della relazione nell’offerta
commerciale delle FS. Per il rientro a Trieste, invece, Trenitalia mi ha offerto
sulla stessa tratta, da Bolzano a Verona, un regionale di sola seconda classe,
nel quale erano funzionanti appena due gabinetti, e la consueta mezz’ora in più
di percorrenza. Ma, a proposito di mercato, avevo dovuto leggere nel marzo
scorso la franca precisazione di Federico Fabretti a nome delle FS: «…cercare
biglietti o informazioni per questi convogli nelle nostre biglietterie sarebbe
come chiedere orari e biglietti Lufthansa ai desk Alitalia». (la Repubblica del
28.3.2010). Il portavoce del gruppo evidentemente non aveva ben presente che lo
Stato provvede al completo finanziamento delle FS per assicurare al paese la
competitività della modalità ferroviaria su tutta la rete, che può essere
perseguita solamente con la garanzia delle pari opportunità per tutte le imprese
di trasporto. Ma trascurava anche che compito primario di un’impresa di
trasporto è quello di offrire alla clientela un servizio completo. E qui mercato
e monopolio c'entrano poco: la vecchia Azienda Autonoma già negli anni venti del
secolo scorso avvertì l’esigenza di dotarsi del Servizio Commerciale proprio per
organizzare tutti i servizi complementari in tale ottica: il servizio cumulativo
ferroviario marittimo, quello interno ed internazionale, la creazione della Cit
(Compagnia Italiana Turismo, fondata nel 1926) per i viaggiatori e dell’Int
(Istituto Nazionale Trasporti, fondato nel 1928) per le merci erano gli
strumenti per rispondere concretamente all’esigenza dell’utenza di vedersi
presentare un’offerta globale. Non avvertire che in tale quadro informazione e
offerta globale sono elementi essenziali significa in definitiva che, evocando
il mercato, si opera in realtà in una logica di monopolio. La confusione nella
missione delle società del gruppo ferroviario italiano è emblematica di quella
che Luciano Gallino rappresenta come degenerazione della gestione aziendale:
privilegiando il rendimento finanziario delle singole articolazioni
dell’impresa, e ricorrendo all’esasperata esternalizzazione della produzione, si
finisce per creare un conflitto tra i vari attori della catena produttiva.
L’analisi di Luciano Gallino sembra la fotografia dell’approdo raggiunto dalle
FS nel passaggio da un’unica azienda autonoma a una molteplicità di società
difficilmente gestibili ai fini del perseguimento della missione fondamentale:
la competitività della modalità ferroviaria nell’intera rete, sia per i
passeggeri sia per le merci. Il tema ha particolare rilievo anche per Trieste e
per il Friuli Venezia Giulia, come ha fatto rilevare più volte il presidente
dell’Autorità portuale di Trieste, il quale, non unico, ha dovuto subire le
conseguenze delle contraddittorie scelte fatte dalle società del gruppo FS
rispetto alla logistica portuale.
Luigi Bianchi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 giugno 2010
Rigassificatore, colloquio Berlusconi-Pahor - LUBIANA
SEMPRE PRONTA A RICORRERE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
Si cerca una soluzione diplomatica. Il problema della
condotta sottomarina
TRIESTE Il governo sloveno rinvia la questione rigassificatore a settembre,
mentre il premier Pahor parla con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
per dirimere diplomaticamente l’oramai annosa questione. Nel colloquio con
Berlsusconi Pahor ha chiaramente espresso il ”no” sloveno al rigassificatore in
mezzo al golfo di Trieste, cosa che perlatro è già stata ribadita anche dal
governatore del Friouli Venezia Giulia, Renzo Tondo che ha oramai concentrato
tutti gli sforzi sull’”opzione Zaule”. Resta aperta per la Slovenia, riguardo a
Zaule, tutta una serie di interrogativi relativi all’impatto ambientale
dell’opera. A Trieste, poche settimane fa il ministro dell’Ambiente Sefania
Prestigiacomo ha affermato che, per quanto riguarda Zaule, da parte italiana il
discorso ambientale è chiuso con la consegna di tutti gli incartamenti richiesti
alla Slovenia. Resta in piedi però la questione legata al gasdotto che partirà
da Zaule per raggiungere le foci dell’Isonzo. Lì manca del tutto la valutazione
d’impatto ambientale (Via) che la Slovenia, invece, sta chiedendo
insistentemente per via tecnica.
Berlusconi e Pahor si sono impegnati comunque a una soluzione bilaterale della
questione, mentre il premier sloveno ha ammesso che senza il ”sì” italiano la
Slovenia non potrà effettura la costruzione del molo terzo del Porto di
Capodistria, né il raddoppio della centrale nucleare di Krsko. In altre parole
entrambe le parti hanno ancora buone ”carte” in mano da giocarsi sul ”tavolo
verde” della diplomazia. Via che entrambi gli Stati, a questo punto, sembrano
voler percorrere cercando di evitare l’”extrema ratio” del ricorso della
Slovenia alla Corte europea di giustizia, ricorso peraltro a cui Lubiana sta
comunque lavorando per non trovarsi del tutto impreparata se le cose dovessero
andare a carte e quarantotto.
Per quanto riguarda, invece, il ”rinvio a settembre” della questione
rigassificatore da parte del governo sloveno c’è da rilevare che l’esecutivo di
Lubiana ha dato mandato al proprio ministero per l’Ambiente di definire, a
livello tecnico, tutti gli interrogativi relativi alla questione ambientale
ancora aperti sul rigassificatore e sul gasdotto sottomarino con la controparte
tecnica italiana per cercare di trovare una soluzione valida per entrambe le
parti in causa proprio entro il 30 settembre.
Nel frattempo, ieri pomeriggio, si è svolta, su espressa richiesta del Partito
democratico (Sds) dell’ex premier Janez Jansa, principale partito di
opposizione, una seduta straordinaria del Parlamento sloveno proprio per
discutere sulla linea fin qui tenuta dal governo di Lubiana sulla questione
rigassificatori. La Sds ha bocciato l’atteggiamento definito «unilaterale»
dell’Italia che per bocca del proprio ministro dell’Ambiente, Stefania
Prestigiacomo, ha definito chiuso l’iter informativo bilaterale sull’impatto
ambientale del rigassificatore di Zaule. Come si vede però la riunione
parlamentare sembra leggermente già superata dal working progress degli
avvenimenti e dall’ultimo colloquio avuto dal premier Borut Pahor con il
presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
La Sds ha protestato soprattuto per il ”no” fin qui espresso dall’Italia
sull’ampliamento del Porto di Capodistria mentre nessuna carta è giunta a
Lubiana sul raddoppio del Molo VII di Trieste (leggi piattaforma logistica).
MAURO MANZIN
Piano regolatore, il sindaco dice no anche a Gianni
Letta - BATTAGLIA POLITICA ANCHE TRA LA MAGGIORANZA
Cassata da Dipiazza anche una garbata lettera del
sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
L’orgoglio del sindaco sul Piano regolatore da una parte, le mille variabili
della politica dall’altra, compresa una lettera di Gianni Letta con oggetto il
problema creato a un cittadino proprio dal Piano regolatore. In mezzo, un muro
sempre più alto. Contro cui qualcuno - di certo Roberto Dipiazza, ma altri nel
centrodestra forse più di lui, che uscirà di scena a prescindere, non essendo
ripresentabile nel 2011 - rischia di sbattere malamente. E proprio alla vigilia
della campagna elettorale. Le trattative interne alla maggioranza per risolvere
il rebus del Piano regolatore - raccontano infatti le indiscrezioni di
palazzo,avallate in parte anche dalle dichiarazioni di facciata - si stanno
rivelando con ogni probabilità la più difficile prova di tenuta della coalizione
che sostiene Dipiazza dacché, era il 2001, fa il primo cittadino.
PRG E TRAFFICO La corsa contro il tempo impressa dal sindaco per superare le
remore di alcuni dei propri consiglieri, ma anche assessori, non è più un
mistero che sia motivata dal suo desiderio di poter chiudere la partita, con
l’approvazione del Piano adottato un anno fa, entro fine estate. Riuscirebbe
così a mettere in coda prima del rompete le righe pre-elettorale pure il varo
del Piano del traffico. Per Dipiazza - che conta di portare il Prg in giunta col
placet di tutti gi lunedì - sarebbe il trionfo, personale più che di
schieramento, alla vigilia dell’addio.
LA LETTERA Eppure, per farcela, raccontano i dietro le quinte, il sindaco non
sembra disposto ad accontentare incondizionatamente gli alleati in cambio,
appunto, di un voto in aula. Che sia pronto a gonfiare il petto davanti a
chiunque l’ha dimostrato - mormorano a palazzo, anche se nessuno osa esporsi per
confermarlo tra virgolette, ma al tempo stesso nessuno si affanna neppure a
smentirlo - alcuni giorni fa. In occasione di una delle prime riunioni di
maggioranza sul Piano regolatore ha mostrato un pezzo di carta arrivato sulla
sua scrivania da Roma, a firma del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
Gianni Letta. La missiva caldeggiava l’accoglimento, sostenendone la
legittimità, di una delle 1.051 opposizioni, al Piano regolatore adottato nel
2009, presentata da un triestino. Sono centinaia, per inciso, le opposizioni
presentate da singoli cittadini, generalmente preoccupati per la retrocessione
ad area verde di un proprio pezzo di terra, magari adiacente alla casa,
precedentemente edificabile. Ed è proprio questa generale marcia indietro sulle
cubature ad essere contestata in particolare dalla Lega, ma anche da An e Udc.
Ebbene, Dipiazza ha fatto passare il concetto, dopo le verifiche tecniche
sull’area in questione, di aver dato mandato agli uffici di scrivere una
risposta in cui si ribadisce di non poter accogliere l’opposizione. Se non mi
piego davanti al braccio destro di Berlusconi, perché dovrei davanti ai miei
consiglieri, è il messaggio.
LA MINACCIA I numeri però dicono che il rischio di andare sotto c’è. La
maggioranza - dopo il caso Bandelli - conta su 21 teste su 41. Potrebbero
scendere già a 19 - e quindi sotto il regime di sopravvivenza della maggioranza
- qualora la Lega, come giura di essere pronta a fare per voce del capogruppo
Maurizio Ferrara, non voterà il Piano regolatore «se non saranno restituite
tutte le possibilità edificatorie ai piccoli proprietari». «Lega e Udc non sono
rappresentate in giunta, pertanto analizzeranno i contenuti del documento dopo
che questo sarà passato in giunta», fa eco un sibillino Roberto Sasco. Eppoi, a
ballare, potrebbero essere addirittura i quattro scranni di An-Pdl, dove
serpeggerebbe una certa crisi di coscienza nel dover avallare l’edificabilità di
una parte del Villaggio del Fanciullo, uno dei nervi scoperti dello stesso Piano
regolatore. Ma Dipiazza che dice? Ieri nulla. È il segno che, per lui, vale
ancora la dichiarazione di martedì: «Io preoccupato? No, non lo sono».
PIERO RAUBER
Il Pd: «Si scordino un nostro aiuto» - SUL PRG CRITICI
ANCHE I BANDELLIANI
Come si comporteranno i Bandelli boys, ora che il Prg mette in dubbio la tenuta di una maggioranza da cui si son chiamati fuori? «Il nostro voto - mettono le mani avanti in una nota Bruno Sulli, Claudio Frömmel, Andrea Pellarini e Salvatore Porro - sarà condizionato dal superamento delle pesanti criticità che ancora incombono, al di là delle 18 osservazioni giuridicamente vincolanti espresse dalla Regione, e che passano anzitutto dal recepimento delle istanze dei triestini». Ma «ciò che diventa davvero preoccupante è che ancora una volta snodi così importanti per la crescita della città siano esclusivamente terreno di scontri e veti fra i partiti di centrodestra, Lega compresa, che periodicamente agita lo spettro di far mancare i voti alla maggioranza, salvo puntualmente appiattirsi sulle richieste del sindaco». E ancora: «Un Prg non può accontentare tutti, ma questo lascia scontenti tutti, cittadini compresi, se è vero che rispetto al tanto vituperato piano Illy c’è il 20% in più di osservazioni». A proposito del vecchio Piano, dal Pd arriva un segnale di netta chiusura. «Certamente - scrive il capogruppo dei democratici, Fabio Omero, in un comunicato - la scoppola della Corte dei Conti sul Piano del traffico ha messo in guardia gli assessori, che non hanno più intenzione di votare a scatola chiusa con il rischio di dover poi mettere mano al portafogli. Si scordi Dipiazza che il centrosinistra venga in suo soccorso, perché è vero che tornare indietro al piano di Illy sarebbe una iattura, che riaprirebbe la definitiva cementificazione della costiera e delle poche aree verdi rimaste tali, ma il piano, così come lo ha adottato la destra l’anno scorso, proprio non va». Anche Emiliano Edera della Lista Rovis, il border-line dell’opposizione, gira la testa: «Non restituire l’edificabilità ai privati è un suicidio politico».
(pi.ra.)
Laghetti delle Noghere, tutto è pronto Dopo un anno
di lavori fissata la data dell’inaugurazione: giovedì 24 giugno
L’AREA CHE DAL 2001 È “BIOTOPO NATURALE”
MUGGIA «Sperando che nelle prossime notti l’Enel non faccia un altro scavo,
questa dovrebbe essere la volta buona per inaugurare il ripristino dei laghetti
delle Noghere». Ci scherza sopra il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ricordando
che anche un anno fa era tutto pronto per il taglio del nastro del recuperato
biotopo, se non che l’Enel, all’oscuro di tutto, eseguì un intervento sul
terreno che buttò all’aria sentieri, argini, boscaglia e il Comune dovette
ricominciare da zero. Un anno di lavori e finalmente la nuova inaugurazione è
stata fissata il 24 giugno alle 11. L’operazione, curata dal Comune, è
consistita in diversi interventi di valorizzazione dell’ambiente: prima di tutto
si è intervenuti sulla fitta rete di sentieri che percorre e collega le sponde
dei laghetti e l’area boschiva adiacente.
Complessivamente si tratta di circa un chilometro di percorso il cui accesso è
stato sensibilmente migliorato con un’integrazione del sentiero ex novo. È stato
poi reso più visibile l’accesso all’area con la posa di un ingresso in legno sul
quale è stata fissata la cartografia del sito. Ripulite le sponde, gli specchi
d’acqua e le fitte zone boschive che circondano i laghetti, sono stati
installati parapetti in legno e punti di osservazione attrezzati. Uno di essi è
costituito da un pannello in legno con apposite fessure che consentono di
osservare lo specchio d’acqua senza disturbare gli animali. Sul lato strada è
stata fissata una rete di recinzione sia per prevenire possibili atti vandalici,
sia per evitare l’abbandono di immondizie.
All’interno invece nessuna rete è stata alzata, proprio per favorire la naturale
percorribilità alla fauna presente. Cartelli segnaletici e didattici sono stati
fissati lungo l’intero percorso, mentre a disposizione degli uccelli sono
sistemate apposite mangiatoie e casette nido. L’intera operazione di ripristino
e sistemazione si è protratta per tre mesi. Classificata come "biotopo naturale"
con decreto del presidente della Regione già nel 2001, l’area dei laghetti delle
Noghere si presta ora a una duplice fruizione da parte della popolazione, sia
per il tempo libero (il Comune ha già in fase progettuale il collegamento con la
pista ciclabile nell’ambito del progetto Carso/Kras), che per un uso più
specificamente volto alla formazione didattica e culturale. I laghetti si sono
formati su cave di argilla dimesse, sono otto e la profondità massima è di 7
metri.
Anatre, aironi e cormorani minori vi fanno tappa durante le migrazioni. Anfibi e
rettili si riproducono negli spazi acquei poco profondi presenti nel sottobosco
che circonda i laghetti. «Il problema grosso dal punto di vista faunistico -
spiega l’ornitologo Enrico Benussi che ha avuto in gestione il sito - è legato
alla presenza di circa 300 tartarughe della Florida abbandonate qui da chi le
aveva comprate piccole nei negozi di animali: questa specie, particolarmente
prolifera, sta allontanando quella locale, la tartaruga europea». Il progetto è
di catturare il maggior numero possibile di questi "invasori" e di portarli in
appositi centri di raccolta. Si vocifera poi di un luccio di due metri che si
aggirerebbe nelle acque del laghetto più grande: «Abbiamo provato a portarlo a
galla immettendo in acqua una leggera scarica elettrica per stordirlo senza
ferirlo - conferma Benussi -, ma non è emerso nulla...».
(g.l.)
SEGNALAZIONI - INQUINAMENTO - Ferriera e sindaco
Il giorno 18 maggio ho fatto richiesta al Servizio
Sanitario Regionale Azienda per i Servizi Sanitari n.1-Triestina. SO
Dipartimento di Prevenzione per il ritiro di una copia del documento sulla
qualità dell’aria nell’abitato di Servola.
Leggendo il documento ho riscontrato che: l’Azienda per i Servizi Sanitari ha
inviato ben 11 comunicazioni al sindaco ed enti vari relative a frequenti
segnalazioni da parte di cittadini lamentanti «odori forti e acri provenienti
dallo stabilimento Lucchini con successive ricadute di materiale particellare».
In effetti l’Arpa, in coincidenza con le lamentele, ha rilevato importanti
superamenti dei valori limite per PM10 e/o SO2 e/o benzene.
Il DM 60/2002 prevede che dal 1.o gennaio 2010 i superamenti di PM10 non possano
essere più di 7 all’anno. Tali limiti sono ulteriormente ridotti a partire
dall’11 giugno 2010.
Dall’analisi dell’Arpa risulta, invece, che al 30 aprile 2010 i superamenti di
PM10 siano stati ben più numerosi (via Carpineto 12 superamenti, via Pitacco 4
superamenti, via Svevo 14 superamenti, mezzo mobile 17 superamenti).
Inoltre risulta che la concentrazione del benzoapirene rilevata nel periodo
novembre 2009/febbraio 2010 nell’abitato di Servola sia addirittura più elevata
rispetto alle rilevazioni registrate nel 2008 e 2009 (alla faccia
dell’Autorizzazione ambientale rilasciata in modo del tutto gratuito).
L’Ass ha espresso precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per
l’ambiente conseguenti all’inquinamento da polveri, benzene e idrocarburi
policiclici aromatici, mostrando la propria preoccupazione e ribadendo la
necessità di adottare gli idonei provvedimenti a salvaguardia della salute
pubblica.
Chiedo al signor sindaco quali provvedimenti sono stati presi visto che ai sensi
degli art. 216 e 217 t.u. 27 luglio 1934 n. 1265 il sindaco è titolare di un
generale potere di vigilanza sulle industrie insalubri e pericolose, che può
anche concretarsi nella prescrizione di accorgimenti relativi allo svolgimento
dell’attività, volti a prevenire e tutelare l’igiene e la salute pubblica?
Nevio Tul
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 giugno 2010
TAV - Trieste-Divaccia, trovata l’intesa sul tracciato -
Decisivo il sopralluogo tecnico italo-sloveno sulla tratta del Corridoio 5. Irrisolto il raccordo con lo scalo giuliano
Castelli incontra Jakomin: accordo prima delle ferie.
Su 30 chilometri più di 20 in galleria
DIVACCIA C’è l’intesa tra Italia e Slovenia sulla tratta ferroviaria di alta
velocità/alta capacità tra Trieste e Divaccia, i tecnici si sono messi d’accordo
sul congiungimento dei binari sul confine e Roma e Lubiana sono pronte a firmare
il protocollo di intesa. Anzi, ora entrambe hanno fretta: non si può rischiare
di perdere i benefici della Ue. «C’è la possibilità di sottoscriverlo già prima
delle ferie estive» dichiara ai giornalisti il viceministro ai trasporti
italiano, Roberto Castelli imitato a pochi metri di distanza dal segretario di
Stato sloveno ai Trasporti Igor Jakomin. «Lo facciamo prima dell’estate – ripete
davanti ai microfoni – manca solo l’ultima riunione tecnica per chiudere tutti i
punti in maniera definitiva». Trenta i chilometri totali di ferrovia tra
Aurisina e Divaccia, oltre 20 dei quali interamente in galleria.
Rapporti tornati ottimali ora tra Italia e Slovenia. La cruciale giornata si
chiude alle 14 passate con un pranzo tutti assieme alla Gostilna Risnik di
Divaccia (famosa per la carne della vicina macelleria) compresa la delegazione
delle Ferrovie guidata dal responsabile della direzione investimenti di Rfi
(rete ferroviaria italiana), Matteo Triglia. Resta ancora un problema irrisolto,
non c’entra con il tratto prioritario, ma è rilevante per il trasporto
logistico: il collegamento tra il porto di Trieste e quello di Capodistria. Sei
chilometri soltanto, ma tra Roma e Lubiana le posizioni sono ancora distanti: la
Slovenia è concentrata a correre sul collegamento tra il suo porto e Divaccia.
«Non ne abbiamo parlato – spiega Jakomin – oggi abbiamo trovato l’accordo sulla
Trieste-Divaccia. Per il futuro del collegamento tra i due porti non mi
pronuncio, non ho la sfera magica di cristallo».
Sollevato e soddisfatto l’assessore regionale ai trasporti Riccardo Riccardi che
in questi mesi ha cercato di cucire quello che appariva incucibile.
«C’era il rischio di trovarsi di fronte a un’altra Val di Susa – commenta – e
alla fine è stato trovato il percorso migliore anche se si tratta di una
soluzione delicata soprattutto per il Carso visto che il percorso sarà
sostanzialmente tutto in galleria. Grazie al ministro Castelli è stata valutata
questa proposta di tracciato alta che ha trovato il consenso di tutti». Sereno
in volto anche Jakomin: «L’ultima proposta di tracciato è quella migliore per
trovare una soluzione, è quella che ci trova più favorevoli – ribadisce il
sottosegretario – è il percorso più veloce dove i treni potranno andare a 250 km
orari, la migliore tecnicamente, quella più corta e soprattutto quella meno
costosa. Mancano solo gli ultimi dettagli con una riunione tra i tecnici, prima
dell’estate siamo pronti a firmare l’accordo».
Quelli prossimi saranno giorni caldissimi, il 24 a Roma, annuncia lo stesso
Riccardi, è in programma un vertice con il Coordinatore europeo del progetto
prioritario 6 Laurens Jan Brinkhorst. La progettazione della tratta, nelle tre
fasi (preliminare, definitiva ed esecutiva) deve essere conclusa entro il 2012 e
i cantieri dovranno essere aperti entro il 2013.
Ne hanno parlato a lungo Castelli, Jakomin assieme a Riccardi e Triglia nel
sopralluogo fatto ieri sulla tratta. Prima l’incontro ad Aurisina dove c’erano
anche il sindaco Giorgio Ret e l’assessore regionale alle relazioni
internazionali Federica Seganti. Poi il viaggio su uno speciale treno, un
Minuetto, fino a Opicina. Da lì, tutti assieme in macchina sino a Divaccia.
«Siamo al punto finale, abbiamo trovato la soluzione – conclude Castelli – dopo
tanto lavoro e tre percorsi c’è quello giusto. C’è grande condivisione tra
italiani e sloveni e Lubiana è molto contenta. In tempi brevi firmeremo
l’accordo, se siamo bravi prima delle ferie estive».
GIULIO GARAU
Corridoio Baltico-Adriatico Strasburgo include Trieste
STRASBURGO «Oggi a Strasburgo è stato conquistato un voto
decisivo per lo sviluppo di un sistema europeo dei trasporti efficiente e
sostenibile, fondamentale per l’Italia e in particolare per il Nordest». A
dichiararlo l’europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, componente della
commissione Trasporti e Turismo, dopo che il regolamento relativo alla «Rete
ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo» è stato approvato a
larga maggioranza in assemblea plenaria. Serracchiani ha precisato che «il
regolamento contiene il tracciato del corridoio Baltico-Adriatico e comprende
l’importantissima diramazione Vienna-Klagenfurt-Udine-Venezia/Trieste/Bologna/Ravenna,
il cui rilievo strategico è stato sottolineato da tutti gli operatori della
logistica e dagli attori istituzionali. Assieme alle altre grandi infrastrutture
aperte sull’Adriatico questo corridoio offre la possibilità di intercettare
grandi flussi di traffico provenienti dalle regioni russe e dall'area asiatica,
che oggi si indirizzano soprattutto verso i porti tedeschi del Mar del Nord e
della Finlandia, e di incanalarli verso gli scali baltici e adriatici». «Ci sono
stati momenti – ha concluso la Serracchiani – in cui la diramazione è sembrata
sparire dal territorio italiano per riapparire solo in Slovenia ma alla fine
siamo riusciti a evitare brutte sorprese».
Piano regolatore, la maggioranza rischia di sbandare -
SI SUSSEGUONO I VERTICI, LE PERPLESSITÀ DI LEGA E AN
C’è la perplessità (per usare un eufemismo) che cova soprattutto negli ex missini sulla nuova area edificabile al Villaggio del Fanciullo. Eppoi ci sono le barricate, in primo luogo leghiste ma per nulla disprezzate da Udc e (ancora) ex An, contro l’inedificabilità di centinaia di piccole proprietà sancita dall’adozione della variante generale del 2009. Confermarla a pochi mesi dal voto, per molti, sarebbe un suicidio. Si tratta a oltranza nel centrodestra per trovare un compromesso in vista dell’approvazione definitiva del nuovo Piano regolatore. È l’ultima grande partita che Roberto Dipiazza intende chiudere prima della fine del suo mandato. Saltasse proprio ora - se cioè venisse a mancare una maggioranza consiliare ormai ridotta comunque ai minimi termini in seguito al caso Bandelli - sarebbe uno smacco incalcolabile sia a livello personale (per il sindaco) che politico (per il centrodestra) visto che le pretese dei singoli gruppi s’intrecciano alle grandi trattative in chiave candidature 2011. Il minivertice di ieri - tra il sindaco nonché assessore all’Urbanistica e i capigruppo di Fi-Pdl Piero Camber, di An-Pdl Antonio Lippolis, del Carroccio Maurizio Ferrara e dell’Udc Roberto Sasco - non è stato risolutore. Si è concluso con un arrivederci a domani. Dipiazza punta a portare in giunta la delibera, con la promessa di un voto unanime degli assessori, già venerdì, o al massimo lunedì. La fregola, d’altronde, è dettata dal fatto che l’iter tra circoscrizioni, commissioni e sedute del Consiglio comunale porterebbe a fine luglio, cioè alla vigilia della pausa estiva, anche se si partisse adesso. Riprendere in mano la patata bollente a inizio autunno, all’alba della campagna elettorale, sarebbe rischioso. Tant’è. La Lega assicura che non cederà: «Siano restituite ai cittadini tutte le possibilità edificatorie sottratte con la variante 2009, solo in questo caso voteremo con la maggioranza», ammonisce Ferrara. «Quelle possibilità edificatorie - specifica Sasco - sono generalmente legittime aspettative di cittadini che hanno pagato per anni le imposte su terreni considerati edificabili, da lasciare magari in eredità, e che ora si troverebbero con un pugno di mosche in mano». «Non si può dire sì a scatola chiusa a un documento nel quale è in gioco la vita delle persone», aggiunge Lippolis. «Sul voto siamo tranquilli, la maggioranza è più ampia di quanto si possa pensare», dice sibillino Camber. Al quale fa eco Dipiazza: «Conosco la politica, ogni forza cerca di difendere i suoi interessi, è normale. Eppoi il Piano regolatore è la vita della città. Non potevo pretendere di presentarmi e dire ”buon giorno, votate”. Alla fine però il nuovo Piano passerà. Non sono preoccupato».
(pi.ra.)
«La Ferriera risponda in 20 giorni sugli “sbuffi”» -
APERTA CON UN PRIMO MONITO LA CONFERENZA DEI SERVIZI SULLA REVISIONE DELL’AIA
Settanta manifestanti contestano assediando la Regione, ma nessun politico si presenta
Si sono mobilitati carabinieri, poliziotti e agenti della
Digos per permettere ieri l’avvio in tranquillità della procedura di revisione
dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) alla Ferriera di Servola. È stato
creato quasi un cordone a protezione della sede decentrata della Regione di via
Giulia per evitare il contatto di una settantina di manifestanti del Circolo
Miani, di Servola respira, del Gruppo Beppe Grillo non si sa però con chi.
Volevano cantarle a Tondo e Dipiazza, ma all’assessorato all’Ambiente per
partecipare alla Conferenza dei servizi deputata a decidere non si è presentato
alcun politico. «L’Aia è una questione tecnica e per il momento lasciamo che se
la sbrighino i tecnici - ha ribadito più tardi l’assessore regionale
all’Ambiente Elio de Anna - alla Lucchini sono stati dati però venti giorni di
tempo - ha rivelato - per fornire spiegazioni accettabili in merito ai
cosiddetti sbuffi che continuano a verificarsi dalla Ferriera».
Fuori un grande striscione ”Vergognatevi”, il cartello ”Ogni mattina ti svegli
con la diossina”, bandiere viola, elmetti e vessilli con la foto di Grillo,
trombe e fischietti fastidiosi come ”vuvuzelas”. Dentro l’ingegner Pierpaolo
Gubertini del servizio tutela da inquinamento della Regione, l’ingegner Caputi
per il Comune, il dirigente Cella della Provincia, i funzionari dell’Arpa e
dell’Ass. «Ma davanti a tutti Francesco Semino, responsabile relazione pubbliche
della Lucchini con i dirigenti della Ferriera, quasi fossero i padroni di casa»,
ha accusato Maurizio Fogar del Circolo Miani che al megafono per oltre un’ora ha
arringato i manifestanti.
«Siamo rimasti dentro la stanza solo nella fase in cui ci sono state chieste
notizie sull’ottemperamento alle prescrizioni dell’autorizzazione in corso che
in effetti scade nel 2013 - ha replicato Semino - Questa riapertura dell’Aia
rappresenta un fatto anomalo, unico in Italia sul quale avremmo molto da dire.
Nella discussione però non facciamo pesare il nostro ricorso al Tar che
considertamo un aspetto diverso della questione». «Il fatto nuovo è proprio
questo - ha ribadito ancora De Anna - che mentre gli uffici regionali erano
propensi ad attendere la sentenza, io ho voluto rompere gli indugi e riaprire la
procedura di autorizzazione perché c’erano tutte le condizioni per poterlo
fare».
«In questa prima seduta - riferisce l’assessore provinciale all’Ambiente
Vittorio Zollia, in base al resconto fattogli dai tecnici - all’Arpa è stata
chiesta una relazione complessiva sulla qualità dell’aria e all’Azienda
sanitaria un’analisi tipologica del rischio». Secondo voci non confermate,
l’Azienda sanitaria territoriale si sarebbe espressa in modo fortemente critico,
mentre i dati forniti dall’Arpa avrebbero messo in luce una media complessiva
degli sforamenti che non va oltre i limiti di legge. E lo stesso De Anna ieri ha
sostenuto che gli ultimi dati, forniti dall’Arpa all’incirca un mese fa,
sembrano migliorativi rispetto ai periodi precedenti.
«La politica entrerà in scena al momento opportuno - rileva l’assessore
regionale - questo di revisione non può essere un procedimento fulmineo, porterà
via quattro o cinque incontri». E anche se ancora ieri Semino ha ribadito che
per Servola la data di dismissione rimane fissata al 2015, in fondo a questa
serie di sedute della Conferenza dei servizi c’è un bivio: o verranno emanamate
nuove prescrizioni, presumibilmente più stringenti, connesse a una proroga
dell’Aia e lo stabilimento potrà continuare a funzionare, oppure l’Aia verrà
ritirata. «In quest’ultimo caso - chiude De Anna - non ci saranno scappatoie e
sebbene non spetti alla Regione emanare l’atto formale di obbligo di chiusura,
la Ferriera sarà costretta a chiudere in breve tempo».
SILVIO MARANZANA
Fiume, rivolta contro la nuova cokeria - RESIDENTI E
ECOLOGISTI TEMONO CHE LA STRUTTURA DIVENTI UN MEGACENTRO INDUSTRIALE
Via libera della Commissione ambiente all’impianto
dell’Ina vicino alla raffineria di Urinj
FIUME Passo avanti verso la realizzazione di una cokeria da far sorgere
nella raffineria dell’Ina a Urinj, situata in riva al mare e ad un paio di
chilometri a est di Fiume. La commissione incaricata di valutare l’impatto
ambientale del paventato stabilimento coking ha dato luce verde all’impianto,
con sei voti a favore e quattro contrari. L’appoggio permette così alla società
petrolifera croato–ungherese di avviare il procedimento per la richiesta delle
licenze di costruzione ed edile. I responsabili del ministero dell’Ambiente e
dell’Edilizia non hanno saputo fornire indicazioni precise sui tempi di rilascio
dei permessi, aggiungendo che ciò dipenderà dalla raccolta della vasta
documentazione necessaria, mentre i termini di apprestamento della nuova
struttura saranno definiti dalle disponibilità finanziarie dell’investitore e
cioè dall’Ina. Contro il progetto coking (trasformerà il pesante coke di
petrolio in prodotti preziosi come gasolio da autotrazione, gas di petrolio
liquefatto e benzina) si sono schierati quattro membri della commissione, tutti
residenti nella Regione quarnerino – montana. Sono Zeljko Linsak, dell’Istituto
conteale alla Salute pubblica, Koraljka Vahtar Jurkovic, assessore regionale
all’Edilizia, Milan Ticak, assessore comunale di Kostrena all’Economia e Martin
Pavletic, a nome della giunta comunale di Buccari. Lo stabilimento ha avuto il
sì di quattro esponenti del ministero dell’Ambiente, del docente della facoltà
zagabrese di Ingegneria chimica, Zvonimir Janovic e di Vesna Sipus, del Demanio
idrico nazionale. Interessante rilevare come nella prima votazione, avvenuta un
paio di settimane fa, Iris Haraminski Bilopavlovic, del dicastero dell’Ambiente,
si fosse espressa contro l’impianto, per poi cambiare completamente opinione,
dando una grossa mano ai promotori del contestato progetto. E’ cosa risaputa che
gli abitanti di questa porzione di Quarnero (Buccari, Portoré, Kostrena, i
quartieri orientali di Fiume) temono che possa ripetersi lo scenario legato alla
defunta cokeria di Buccari, capace di provocare disastri ambientali dal 1976 al
1994, anno di chiusura di questo monumento alla stupidità e avidità umana.
«Sappiamo che le condizioni di sicurezza sono assolutamente migliori rispetto a
30 o 35 anni fa – a parlare è il sindaco di Buccari, Tomislav Klaric – ma noi
non vogliamo sentir parlare di struttura coking, né ora né in futuro. Faremo di
tutto per impedire la costruzione nella baia di Buccari di uno scalo e di nastri
di trasporto. Abbiamo in questo senso l’appoggio dei cittadini». Duro anche il
sindaco della vicina Kostrena, Miroslav Uljan: «Nella nostra zona respiriamo
aria classificata come terza categoria e cioè inquinata. Vogliamo che l’aria sia
riportata nella prima categoria e soltanto dopo potremo eventualmente discutere
di nuove produzioni».
Ricordiamo che il nuovo impianto coking fa parte del processo di ammodernamento
della raffineria a Urinj, che prevede spese per un miliardo e mezzo di euro. A
rendere particolarmente tesi gli abitanti a est del capoluogo quarnerino è che a
Urinj entrerà probabilmente in funzione un impianto coking poco costoso e non
adatto da un punto di vista dell’ecologia. Inoltre il rischio è che in riva al
Quarnero arrivini ingenti quantitativi di coke provenienti dalle raffinerie dei
Paesi vicini. E’ scontato che l’edificazione della struttura darà luogo a
manifestazioni di protesta, come già annunciato dagli ambientalisti
altoadriatici.
ANDREA MARSANICH
IL PICCOLO - MARTEDI', 15 giugno 2010
Castelli: «Tav, accordo pieno con gli sloveni» - IL
VICEMINISTRO ALLE INFRASTRUTTURE ALLA VIGILIA DELLA VISITA A DIVACCIA
«Rapporti ottimi da quando c’è il tracciato alto. Oggi
verifica sul campo»
UDINE Il ritardo italiano sull’alta velocità? «Nulla di diverso dagli altri
corridoi europei». Nel caso specifico del progetto prioritario 6, quello che da
Lione punta al confine ucraino passando per Trieste, le lentezze «dipendono
dalla vicenda della Tav sul Frejus». Il viceministro Roberto Castelli chiarisce
in fretta le osservazioni della conferenza di Saragozza e, a poche ore dalla
visita odierna sulla tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia, garantisce che i
rapporti con la Slovenia «sono ottimali».
Ottimali da quando, «coniglio dal cappello», Italia e Slovenia hanno trovato
l’accordo sul tracciato «alto», «quello che - conferma il viceministro - evita
il rischio di impantanarci in un Frejus-due». Una soluzione, prosegue, «che
risolve i problemi precedenti, vero e proprio passaggio chiave per superare la
precedente proposta, che ci aveva creato non pochi rallentamenti visto che non
era condivisa dalla Regione, dalla Provincia e tanto meno dalla popolazione».
Castelli precisa di essere oggi in visita «per verificare sul campo
l’opportunità di questa scelta». E ancora: «Ci siamo messi d’accordo su quel
tracciato ma voglio vedere in prima persona l’orografia del terreno per avere
ulteriori certezze che tutto procederà nel senso di farci guadagnare tempo
prezioso nella realizzazione dell’opera». A evitare, appunto, «un altro
incredibile intoppo come quello del Frejus».
Quanto al memorandum di Saragozza, quello che nell’allegato riassume le lentezze
italiane rispetto alle accelerazioni slovene, il viceministro non si preoccupa.
Parla di lentezze «che valgono per tutti i corridoi europei». E sottolinea «la
valenza del lavoro fatto sulla parte Est del tracciato». Ribadendo l'importanza
della visita odierna «determinante per capire se, come credo, servirà a
riguadagnare il tempo perso».
Castelli, accompagnato dall’assessore alla Viabilità e Trasporti Riccardo
Riccardi, incontrerà a Divaccia il segretario di Stato sloveno ai Trasporti Igor
Jakomin. Della delegazione italiana faranno anche parte l’ambasciatore d’Italia
a Lubiana, Alessandro Pietromarchi, il capo del dipartimento Infrastrutture del
ministero, Domenico Crocco, i responsabili di RFI-Rete ferroviaria italiana
Matteo Triglia e Luca Bernardini. «Una visita che giunge a pochi giorni dalla
sottoscrizione a Saragozza di uno specifico memorandum d’intesa mentre -
sottolinea Riccardi - gli esperti ministeriali e ferroviari di Italia e Slovenia
sono al lavoro per presentare le nuove linee progettuali della Trieste-Divaccia».
«Il ministero italiano delle Infrastrutture, la Repubblica di Slovenia e la
stessa Regione - ricorda ancora Riccardi - avevano concordato già negli scorsi
mesi l’esigenza di verificare un’ipotesi progettuale lungo la cosiddetta
direttrice alta, nell’ambito di una fascia territoriale tra Trieste-Villa
Opicina-Sesana-Divaccia, evitando in tal modo l’attraversamento in sotterraneo
di Trieste e ovviamente comprendendo anche tutte le tratte accessorie e
funzionali al porto di Trieste».
MARCO BALLICO
Treni per l’Austria più vicini
TRIESTE Il servizio ferroviario sperimentale, rivolto ai
passeggeri, tra Udine e Villaco si fa più vicino. il Comitato di pilotaggio,
l’organismo previsto da Bruxelles a cui partecipano tutti partner progettuali),
ha infatti approvato l’iniziativa Ue denominata ”Micotra-Miglioramento dei
collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico”. Lo conferma l’assessore
regionale alla Viabilità Riccardo Riccardi ricordando che ”Micotra” prevede,
«allo scopo di trasferire quote di mobilità dal mezzo privato a quello
pubblico», lo studio per l’attivazione di un servizio ferroviario diurno tra il
capoluogo friulano e la città carinziana. Ad oggi non ci sono treni diurni tra
Udine e Klagefurt. Il costo complessivo del progetto è di 1,3 milioni di euro.
Emergenza-cinghiali, soldi finiti - Godina: «Troppe
richieste di risarcimento, fondi insufficienti» - Nuove incursioni a Conconello
Fondi esauriti per l'emergenza cinghiali. La Provincia è
impossibilitata a risarcire i danni causati all'agricoltura. «I soldi che la
Provincia ha a disposizione sono solo 20.000 euro e sono già stati spesi tutti»,
dichiara Walter Godina , assessore provinciale con delega all'agricoltura,
caccia e pesca.
Ma le incursioni dei cinghiali in zone abitate non sono più solamente episodi
isolati, si stanno estendendo a macchia d'olio. L'ultimo avvistamento di
un'intera famigliola, con cuccioli al seguito, è registrato a Conconello. Il
titolare dell'Antica Trattoria Ferluga spiega:“ qui i cinghiali non danno
fastidio, ogni tanto compaiono nel piazzale, ma sono molto tranquilli, il
problema semmai è degli agricoltori che vedono le loro colture rovinate dalle
incursioni di questi animali».
La Regione fino all'altro anno aveva la competenza per quanto riguarda
l'abbattimento dei cinghiali. Ora questa competenza è stata delegata alla
Provincia, ma i fondi a disposizione non sono aumentati.
L'assessore vorrebbe attuare non solo delle politiche di indennizzo ma anche di
prevenzione : «Con un fondo più consistente potrei dare agli agricoltori del
denaro per recintare i loro terreni, piazzare dei detrattori olfattivi lungo le
strade e i boschi e collocare dei catarifrangenti speciali lungo le strade
provinciali. Questi catarifrangenti , illuminati dai fari delle macchine,
riflettono la luce non solamente lungo i bordi della strada, ma anche
all'interno della boscaglia, in modo che i cinghiali si spaventino e non
attraversino la strada».
In questo modo si potrebbero evitare incidenti pericolosi, non solo per gli
automobilisti ma anche per i cinghiali.
L'abbattimento programmato per quest'anno è di 50 capi e viene autorizzato dall'
Ispra , l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
L'intento , è bene sottolinearlo, è quello di contenere il numero dei cinghiali
nelle aree urbane. Infatti questi animali si riproducono più volte all'anno e
ogni cucciolata conta dai 3 agli 8 piccoli.
L'assessore sottolinea che l'abbattimento dei capi viene deciso solo nelle zone
in cui i cinghiali provocano danni agli agricoltori e ai residenti, fino a 150
metri di distanza dalle zone abitate, non nelle zone boschive che costituiscono
l'habitat naturale di questi animali.
Le riserve di caccia invece sono zone di competenza dei cacciatori. L'assessore
spera che il piano di abbattimento venga completato in modo che i cinghiali non
sconfinino nelle zone abitate. Il nutrimento di questi animali è un altro tasto
dolente. Molti abitanti dell'altopiano carsico danno da mangiare a questi
animali selvatici, attirandoli quindi verso i centri abitati.
Purtroppo questo gesto di compassione nei confronti dei simpatici mammiferi si
può trasformare in un pericolo : «Il cibo umano non è adatto ai cinghiali e può
provocare loro delle malattie trasmissibili non solamente agli altri compagni
della stessa specie, ma estendersi anche ad altre specie selvatiche, provocando
una potenziale pandemia», sottolinea l'assessore.
Per quanto riguarda lo smaltimento dei capi abbattuti la legge regionale prevede
che le carcasse vengano smaltite in macelli siti nelle province di abbattimento,
e non nelle stesse giornate in cui viene macellata la carne di allevamento.
Claudia Poropat
ECOSPORTELLO NEWS - LUNEDI', 14 giugno 2010
Bell'idea: una guida sulla certificazione energetica degli edifici
Il Consiglio Nazionale del Notariato e alcune associazioni
dei consumatori hanno presentato la sesta “Guida per il Cittadino” che presenta
le nuove norme sugli edifici, sotto il profilo della sicurezza e del risparmio
energetico. Il documento - varato con la collaborazione di Adiconsum, Adoc,
Altroconsumo, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva,
Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori,
Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori - spiega
all'acquirente come riconoscere la qualità di un immobile da acquistare e la
spesa da sostenere per la sua gestione.
La guida prosegue la consolidata collaborazione tra il Consiglio Nazionale del
Notariato e le associazioni dei consumatori che ha portato alla stesura di
diverse pubblicazioni ispirate a una comunicazione trasparente ed efficace per
la tutela del cittadino. “Acquisto Certificato. Agibilità, sicurezza ed
efficienza energetica degli immobili”, spiega come l'acquisto di edifici
certificati sotto il profilo igienico-sanitario, della sicurezza e del risparmio
energetico, sia sempre più importante dal punto di vista economico e ambientale.
La certificazione, infatti, consente di conoscere in anticipo la qualità di un
immobile da acquistare e la spesa che si dovrà sostenere per la sua gestione.
Per questo, già alla stipula del preliminare, un aspetto che merita attenzione e
che viene spesso ignorato è quello relativo alla documentazione rilasciata dal
venditore: dovrà indicare alcuni dati specifici sull'agibilità, la sicurezza
degli impianti e la certificazione energetica, al fine di una più completa
valutazione dell'immobile e, quindi, di un'adeguata tutela per l'acquirente. Per
capire quanto sia importante la certificazione degli edifici, basta pensare che
per un appartamento di 120 mq la differenza tra la classe energetica G (bassa
qualità) e B (buona qualità) può comportare una differenza nella spesa per il
riscaldamento di quasi duemila euro l'anno.
La Guida fornisce alcune spiegazione su come sia possibile usufruire degli
incentivi 2010 previsti per l'acquisto di abitazioni ad alta efficienza
energetica, il cui decreto legge istitutivo (n. 40/2010) prevede un fondo di 60
milioni di euro.
E’ possibile scaricare gratuitamente la guida “Acquisto Certificato” dal sito
del Consiglio Nazionale del Notariato (www.notariato.it) e dai siti delle
associazioni che hanno aderito all'iniziativa.
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 giugno 2010
Capodistria-Divaccia, la Slovenia sta correndo -
CORRIDOIO 5: DOMANI IL VICEMINISTRO CASTELLI NEL FVG
In autunno i lavori del raddoppio ferroviario. Sarà
operativo nel 2017. In ritardo il troncone Venezia-Trieste
TRIESTE Il viceministro Roberto Castelli arriva domani in missione sulla
tratta ferroviaria transfrontaliera Trieste-Divaccia, quella su cui, la scorsa
settimana alla conferenza di Saragozza, Italia e Slovenia hanno stretto un
"patto a due" per garantirne il decollo, con tanto di impegno per un organo
esecutivo comune da attivare entro il prossimo ottobre.
Ma, in attesa di sviluppi concreti, il memorandum d'intesa siglato dai ministri
dei Trasporti di Francia, Italia, Slovenia e Ungheria, con la benedizione di
Laurens Jan Brinkhorst coordinatore europeo del progetto prioritario 6, e del
vicepresidente della commissione Sim Kallas, contiene anche un inequivocabile
riassunto: mentre la sezione Venezia-Trieste "is lagging significantly behind"
(è in forte ritardo), la Slovenia corre, eccome corre.
Debora Serracchiani, membro della commissione Trasporti dell'Europarlamento,
rincara la dose: «La Slovenia corre a prescindere dall'Italia». E conferma che
il memorandum, nella pagina in cui fa il punto della situazione sull'avanzamento
dei progetti, "certifica i ritardi del nostro Paese".
Il testo denuncia in particolare il ritardo della Venezia-Trieste, a fronte di
tutta una serie di operazioni slovene. La costruzione della nuova linea
ferroviaria Divaccia-Capodistria, si legge, inizierà entro novembre 2010 e si
concluderà nel 2017. Per questo scopo, il Parlamento sloveno ha adottato lo
scorso aprile una legge che sblocca le operazioni di finanziamento. I lavori, si
spiega ancora nel memorandum di Saragozza, sono già iniziati con la
realizzazione di un nuovo sistema di segnalazione e il riammodernamento della
stazione merci di Capodistra (probabile conclusione nel 2011). E ancora si
stanno progettando le sezioni tra Divaccia e Lubiana e da Lubiana al nodo
ferroviario di Zidani Most.
La Serracchiani punta in particolare il dito sul solito problema Veneto, il vero
e proprio "buco" italiano del Corridoio 5, riconfermato in ogni caso nella città
spagnola tra le priorità europee. Quindi, da finanziare.
«Il ministro Altero Matteoli - afferma l'europarlamentare del Pd - ha certamente
fugato i dubbi che i precedenti incontri bilaterali con il viceministro Castelli
avevano aperto ma, siglando il memorandum e quel punto della situazione, ha
certificato che l'Italia sta segnando il passo. In particolare in Veneto dove,
in assenza di un progetto, si è bloccata ogni decisione essendo sempre vive le
tentazioni di un percorso lungo la costa. Una scelta che determinerebbe
conseguenze non irrilevanti pure in Friuli- Venezia Giulia, posto che la nostra
Regione si era accordata sul tracciato adiacente al percorso autostradale».
Questioni che ritorneranno sul tappeto domani in occasione della visita di
Castelli. Il viceministro e l'assessore regionale alla Viabilità e Trasporti
Riccardo Riccardi incontreranno a Divaccia il segretario di Stato sloveno ai
Trasporti Igor Jakomin. Della delegazione italiana faranno anche parte
l'ambasciatore d'Italia a Lubiana Alessandro Pietromarchi, il capo del
dipartimento Infrastrutture del ministero Domenico Crocco, i responsabili di
Rete ferroviaria italiana Matteo Triglia e Luca Bernardini.
«Il ministero delle Infrastrutture, la Repubblica di Slovenia e la stessa
Regione - ricorda Riccardi - avevano concordato già negli scorsi mesi l'esigenza
di verificare un'ipotesi progettuale lungo la cosiddetta direttrice alta,
nell'ambito di una fascia territoriale tra Trieste-Villa Opicina-Sesana-Divaccia,
evitando in tal modo l'attraversamento in sotterraneo di Trieste e ovviamente
comprendendo anche tutte le tratte accessorie e funzionali al porto di Trieste».
MARCO BALLICO
Rigassificatore, il governo di Lubiana ha deciso:
«Ricorreremo alla Corte di giustizia dell’Ue»
SCARSI GLI SPIRAGLI DIPLOMATICI. NUOVI PROBLEMI SUL
GASDOTTO
TRIESTE Per il ministro dell’Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo il
discorso sul rigassificatore di Zaule è chiuso, come ha avuto modo di ribadirlo
di recente proprio a Trieste nell’incontro con il suo omologo sloveno. Ma per
Lubiana no. Il governo sloveno ribadisce la sua contrarietà al progetto del
terminal di Zaule, ma prima di denunciare l’Italia alla Corte di giustizia
europea vuole studiare la vicenda ancora un po’. «Quando presenteremo la
denuncia - afferma il primo ministro Borut Pahor - vogliamo essere sicuri di
farcela. Non vogliamo rischiare di perdere la causa». C’è ancora qualche piccolo
spiraglio per risolvere la questione per vie diplomatiche, ha aggiunto il primo
ministro, che comunque ha ammesso di considerare minime le possibilità di
riuscita.
Nessuna buona nuova neppure dall’incontro a livello tecnico svoltosi proprio a
Trieste pochi giorni dopo la visita della Prestigiacomo. Il vicedirettore della
commissione per l’ambiente slovena, Peter Gaspersic ha spiegato che la riunione
è stata dedicata soprattutto allo scambio di informazioni tecniche e nel corso
della quale la Slovenia ha fatto valere le proprie ritrosie su notevoli punti
dei progetti in corso di elaborazione. «Per la Slovenia - sostiene Gaspersic -
il progetto per il termiale di Zaule non è assolutamente completato». «Abbiamo
preteso - prosegue Gaspersic - di voler prendere in considerazione
complessivamente tutti e tre i progetti in ballo, quello del rigassificatore di
Zaule, quello del rigassificatore in mezzo al golfo di Trieste e il metanodotto
che collegherà Zaule alle foci dell’Isonzo».
E proprio su queto punto è emersa una nuova volontà slovena. Lubiana chiede
infatti che, per evitare l’impatto ambientale sulle acque del golfo, lo stesso
metanodotto venga effettuato via terra partendo come base dal tracciato
dell’oleodotto che già collega Trieste a Ingolstadt in Germania. «Dalla parte
italiana - precisa il tecnico sloveno - abbiamo ricevuto solo alcune deboli
argomentazioni contrarie».
Insomma l’affare invece di andare verso una soluzione - forse anche perché, a
pensare male si fa peccato ma il 99% delle volte ci si azzecca, Lubiana non ha
digerito il no della Regione Friuli Venezia Giulia al nuovo piano regolatore del
Porto di Capodistria - sembra vieppiù ingarbugliarsi con la Slovenia, che tra
l’altro, per quanto riguarda il rigassificatore di Zaule, inizia ora a
protestare anche per il fatto che non esiste alcun piano contro i grandi rischi
che interesserebbero senza ombra di dubbio anche la popolazione slovena lungo il
confine.
Sirio Corezzi, che guidava la delegazione italiana, al termine dei lavori si è
limitato a ripetere le parole del ministro Stefania Prestigiacomo e cioè che lo
studio di impatto ambientale riguardante il rigassificatore di Zaule è oramai un
iter concluso, per quanto riguarda il gasdotto sottomarino e il terminale in
mezzo al golfo di Trieste sono stati scambiati solo alcuni punti di vista
tecnici come ha del resto chiesto la stessa Commissione europea nell’ultima
riunione del gennaio scorso a Bruxelles. Se tutto ciò non bastasse, ora ci mette
la pezza anche l’opposizione al Parlamento sloveno che giudica l’atteggiamento
del governo di Lubiana troppo debole su questo argomento e chiede una riunione
dedicata esclusivamente al tema rigassificatori. Insomma la Corte di giustizia
sembra essere ogni giorno più vicina.
MAURO MANZIN
Ferriera, parte l’iter di revisione dell’Aia - DOMANI
IN REGIONE - In via Giulia manifestazione del Circolo Miani sotto la sede
dell’assessorato all’Ambiente
Parte l’iter di revisione dell’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) della Ferriera di Servola. Per domani infatti è stata convocata
la conferenza dei servizi nella sede dell’assessorato regionale all’Ambiente di
via Giulia 75/1. Vi parteciperanno i rappresentanti di Regione, Comune e
Provincia chiamati, di fatto, a ridiscutere l’Aia rilasciata
dall’amministrazione regionale alla proprietà della Ferriera. L’appuntamento,
già anticipato nei giorni scorsi dall’assessore regionale Vladimir Kosic, viene
ricordato in una nota dal Circolo Miani, che indice una nuova iniziativa. In
concomitanza con i lavori negli uffici della Regione, infatti, Circolo Miani,
Servola respira, La Tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di Quartiere si
sono dati appuntamento domani stesso, a partire dalle 9, nello slargo
all’ingresso del centro commerciale Il Giulia. Un invito rivolto anche alla
cittadinanza a cui hanno aderito il gruppo Beppe Grillo Trieste e la lista
civica ”Trieste 5 stelle”.
«Sarà l’occasione per vedere in faccia chi decide della vita e della salute dei
cittadini e dei lavoratori. Ma, soprattutto, loro potranno vedere noi», dice
Paolo Menis del gruppo Beppe Grillo. Eloquente lo slogan dei volantini
”Guardiamoli in faccia” che vuole «significare dieci anni di promesse non
mantenute - si legge una nota di Maurizio Fogar del Circolo Miani - da Tondo,
Dipiazza, Bassa Poropat e da una classe politica che nel fallimento
sull’emergenza Ferriera-Sertubi ha sacrificato gli interessi di tutta la nostra
comunità agli affari di pochi».
Accanto alla denuncia dell’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico,
il Circolo Miani contesta il fatto che proprio la presenza della Ferriera
rappresenti «una pesante ipoteca non solo sulla salute dei triestini, ma al
contempo blocca ogni possibilità concreta di sviluppo del Porto».
Eurobike, ultima tappa con pedalata per tutti -
Domenica 20 giugno i ciclisti triestini si uniranno alla pattuglia del tour
senza frontiere
Ritorna a Trieste un grande appuntamento per i
cicloturisti: la pedalata non competitiva Eurobike, aperta a tutti previa
iscrizione, che si terrà domenica 20 giugno in abbinamento alla tappa triestina
che concluderà l’Eurobike Tour 2010, iniziativa ideata dall’associazione Eureka
e co-organizzata con il Comitato Trieste in Palio.
Nella tappa triestina, organizzata in collaborazione con l’Associazione
Ulisse-Fiab Cicloturisti e Ciclisti Urbani di Trieste, la numerosa pattuglia
giuliana si unirà al gruppo di partecipanti alla manifestazione a tappe “senza
frontiere” che in tre giorni vedrà i cicloturisti toccare tre nazioni (Italia,
Slovenia e Austria) tra pedalate su strade pulite e deliziose degustazioni
enogastronomiche e gode del sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e alla
quale è ancora possibile iscriversi. Sono infatti ancora disponibili gli ultimi
posti.
La partenza della pedalata di domenica è fissata per le 10.30 dalla stazione di
Aurisina che si potrà raggiungere anche in treno grazie a uno speciale convoglio
che partirà dalla stazione centrale di Trieste (con ritrovo fissato alle ore
9.15) per giungere a destinazione alle 10.11. Si consiglia di prenotare per
tempo in quanto i posti in treno sono limitati. È qui che si congiungeranno il
gruppo dell’Eurobike Tour proveniente da Cormons e quello dei cicloturisti
triestini per compiere assieme gli ultimi 45 km. fino a Trieste. Da Aurisina si
percorrerà la dorsale carsica verso Padriciano. Una prima tappa con ristoro
attenderà i ciclisti a Prosecco. A Padriciano si consumerà il pranzo, dopodiché
i più fortunati saranno premiati grazie all’estrazione della lotteria. Nel primo
pomeriggio la carovana muoverà verso Draga Sant’Elia. Dopo una bicchierata, i
partecipanti al Tour residenti fuori provincia riprenderanno la strada di casa
scendendo per la storica pista ciclabile che da Erpelle conduce fino a Trieste.
I partecipanti alla pedalata triestina riceveranno un kit-ricordo comprendente:
bandana, gadget, un biglietto della lotteria, bibite energetiche e generi di
ristoro. Le iscrizioni potranno essere effettuate tutti i giorni dalle 18 alle
20 nella sede dell’associazione Eureka in via Torrebianca, 43 (primo piano), il
giovedì dalle 19 alle 20.30 presso la sede dell’Associazione Ulisse-Fiab di via
del Sale, 4/B e sul posto un’ora prima della partenza. Il costo per la
partecipazione è fissato in 10 euro, comprendenti il prezzo del biglietto
treno+bici.
«Questa pedalata cicloturistica - ha detto alla presentazione il presidente
dell'associazione Eureka Marco Torcello - rinnova una tradizione di successo con
una giornata dedicata al cicloturismo sul Carso di Trieste aperta a tutti e che
si abbina all’Eurobike Tour, manifestazione a tappe che già in questa prima
edizione abbraccia ben tre nazioni, ripromettendosi di allargarsi anche ad altre
come la Croazia nelle prossime. L’intenzione è renderla un appuntamento fisso
transfrontaliero dell’estate».
«Eurobike Tour - ha aggiunto Torcello - sarà la prima manifestazione ad
attraversare le nuovissima pista ciclabile Alpe Adria e introduce la formula
treno-bici-pullmann che prevede che non ci si porti dietro nulla: si lascia la
macchina alla partenza e si sale in sella. È l’organizzazione - che assicura un
servizio di assistenza lungo tutto il percorso - a far trovare le valigie ad
attendere i partecipanti in camera a ogni singola tappa».
L’Eurobike Tour dal 18 al 20 giugno toccherà Tarvisio e Kranjska Gora, Villacco,
il Collio, l’ambiente carsico e infine Trieste.
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO PROVINCIA
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti
all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli
operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta,
potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento. Ecosportello è in
via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17
alle 19.
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 giugno 2010
Edilizia sociale ad Aquilinia, ok al protocollo -
Interesse della Regione per il progetto. Fra qualche mese l’acquisto dell’area
di 75mila metri quadri
MUGGIA IL DOCUMENTO MESSO A PUNTO IN UNA RIUNIONE FRA
COMUNE, TESECO E ACLI NAZIONALI
Terza tappa del lungo cammino che porterà alla riqualificazione urbanistica
di Monte San Giovanni, la collina nel comprensorio ex Aquila destinata
all'edilizia residenziale a progettazione partecipata, il cosiddetto ”social
housing” proposto dalle Acli.
Dopo l'incontro divulgativo servito all'illustrazione del progetto e dopo il
sopralluogo effettuato nelle scorse settimane all’area su cui sorgeranno le
case, l’altra mattina in municipio il sindaco Nerio Nesladek, il direttore
dell’area Nordest di Teseco (proprietaria del sito) Stefano Vendrame, e il
presidente nazionale delle Acli Andrea Oliviero, hanno concordato i contenuti
del protocollo, che sarà firmato nella settimana entrante, necessario a definire
le rispettive competenze e regolare tempi e modi dell’intervento.
Nei prossimi mesi, poi, verrà definito un ulteriore tassello: la vendita
dell’area individuata, destinata ad accogliere tra l’altro 200 appartamenti, da
Teseco al Comune. Si tratta di 75mila metri quadri, sul già citato monte San
Giovanni, dove fino al 2000 sorgevano quindici serbatoi per idrocarburi poi
smantellati dalla stessa Teseco.
Al progetto si sta interessando intanto anche la Regione. Nei prossimi giorni il
protocollo verrà presentato all’assessore ai Lavori pubblici, De Anna. Un
incontro utile per capire le intenzioni della Regione, che, si vocifera,
potrebbe anche entrare fra gli attori del progetto.
Tornando al protocollo, con esso Comune di Muggia e Teseco mettono nero su
bianco la volontà di sviluppare la progettazione di una variante urbanistica che
permetta appunto la realizzazione di abitazioni per fasce sociali deboli,
abitazioni che saranno assegnate in base a un’apposita convenzione con
l’amministrazione che fisserà agevolazioni per l’aquisto o la locazione.
Il protocollo indicherà anche una sorta di tracciato operativo per i soggetti
coinvolti alla realizzazione del progetto, il primo di questo genere nella
nostra regione.
«Per noi si tratta di una scommessa molto importante – ha spiegato il presidente
Oliviero – perché ci consente di coinvolgere direttamente le persone nella
progettazione della loro casa. A differenza della tradizionale edilizia
popolare, che in passato ha creato solo ghetti e degrado, il nostro obiettivo è
di coniugare l'aspetto della qualità residenziale al recupero del territorio,
avviando un inedito rapporto tra famiglie, imprese e istituzioni».
Sui risvolti sociali dell'intero progetto non ha comunque dubbi il sindaco,
Nerio Nesladek: «L'eticità dell'intervento, che annulla qualsiasi ipotesi
speculativa è evidente – commenta il primo cittadino – ma per Muggia in
particolare esso assume connotazioni ancora più forti se si considera che quella
zona sarebbe stata destinata alla cementificazione totale».
GIOVANNI LONGHI
SEGNALAZIONI - «Treni, Trieste tagliata fuori
dall’unità d’Italia» - COLLEGAMENTI DIFFICILI
Il fatto che «l’orario estivo in vigore dal 13 giugno non
riserva le temute sorprese» (essendo una «fotocopia» di quello precedente, Il
Piccolo, 7 giugno 2010, pag. 7) non toglie che i collegamenti con la capitale
restino gravemente penalizzanti per Trieste.
Non c’è alcun treno diretto e il tempo di percorrenza «normale» (5 ore e 30
minuti circa) è sistematicamente allungato da 1 ora di «coincidenza» (!) per il
cambio a Mestre.
Trieste è una stazione di testa importante: perché non mettere almeno un treno
diretto e non far partire gli altri treni in modo da non farci fare la figura
dell’oca, che arrivata a Mestre resta «ferma per un giro»?
La (voluta) «complicata accessibilità» di Trieste, porta d’ingresso d’interesse
europeo, che ambisce ad essere «città dei congressi» (Il Piccolo, 8 giugno 2010,
pag. 1), suscita amare riflessioni sul particolare significato triestino delle
imminenti celebrazioni per l’Unità d’Italia. Ma anche sul silenzio di cittadini
e istituzioni che nulla o poco possono dire sui servizi pubblici privatizzati
(nel caso in questione la Regione ha ottenuto risultati solo per Udine).
Riflessioni che lasciano poco spazio all’ottimismo sulla volontà e la capacità
di Trieste di far valere le sue particolarissime ragioni nel frastagliato e
competitivo quadro di un prossimo federalismo.
Marco Guadagni -
guadagni.marco@libero.it
SEGNALAZIONI - FERRIERA - Dignità del respiro
Presa da giovanili entusiasmi e da illusioni sul «fare»
delle istituzioni cittadine speravo... Ora, in età più matura, e dunque in grado
di capire i vari giochi di potere, denuncio una mia realtà: appartamento al
pianoterra con giardino curato e male a seconda dell’aria e dei vari miasmi di
natura diversa con conseguente fuga in casa, lacrimazione agli occhi e
compressione toracica. Primavera, estate, canto uccellini, suono campane,
sensazioni acustiche che in questo rione si sentono ancora, diventano pura
utopia se sei chiuso tra quattro mura. Il nero luccicante che si deposita sui
davanzali e volendo, anche nei miei polmoni, è un dato di fatto. I forti botti,
gli scoppi sull’altoforno in pressione, mi provocano spavento e una conseguente
forte tachicardia. Oramai la mia salute è minata, il mio appartamento
economicamente dequalificato, le mie speranze nulle. Solo un consiglio a chi si
accinge a comprar casa in rione: puro e sano masochismo.
Per chi non lo avesse capito, ho parlato di Ferriera e di Servola. La freddezza
e la sinteticità dello scritto sono solo apparenti, in realtà questo è il
pianto, lo sdegno, lo strazio, la delusione di un’anima, la mia, che si ritrova
calpestata nel suo più profondo diritto: la dignità del respiro.
Luciana Turco
IL TUONO - SABATO, 12 giugno 2010
Corruzioni politiche e rigassificatori
Per imporli si innescano perfino ricatti incrociati fra Trieste e Capodistria che rischiano di bloccarci sviluppo del porto, ferrovie e retroterra.
Rigassificatore a Trieste - Chiesto ampliamento del mandato del gruppo di lavoro della Provincia.
WWF, Legambiente, Greenaction International e No Smog chiedono un'audizione sull'argomento.
IL PICCOLO - SABATO, 12 giugno 2010
Sito inquinato, a rischio la spiaggia di Fido Lido - Il
presidente di ”Crescere insieme” si autodenuncia dopo aver movimentato il
terreno
Nella primavera scorsa l’Arpa aveva chiesto spiegazioni
al Comune sugli interventi effettuati nell’area data in concessione
MUGGIA Il terreno della spiaggia per cani ”Fido Lido”, inaugurata qualche
mese fa nei pressi del Rio Ospo, va analizzato per vedere se contiene sostanze
inquinanti, ed eventualmente pericolose, per le persone e gli animali che la
frequentano. L’area attrezzata, data in concessione dal Comune di Muggia
all’associazione ”Crescere insieme”, rientra infatti nel Sito inquinato di
interesse nazionale, nel quale qualsiasi intervento è possibile solo dopo
l’analisi (e l’eventuale bonifica) dei terreni.
A far scattare la necessità della cosiddetta caratterizzazione (prelievi di
campioni del terreno e successivi esami) è stato l’intervento che il presidente
dell’associazione, Carlalberto Dovigo, ha effettuato una decina di giorni fa sul
fronte mare dell’area.
«Per consentire ai cani l’accesso al mare in sicurezza – spiega il presidente –
abbiamo dovuto spostare diversi massi posti lungo la battigia. Abbiamo affittato
una macchina per la movimentazione, e in un giorno di lavoro abbiamo creato una
serie di piccole baie, alternate appunto dai massi. Quando avevamo finito –
prosegue – un consigliere comunale è venuto a dirmi che quel lavoro non si
poteva fare per il fatto che l’area fa parte del Sito inquinato. Ho inviato
quindi un’autodenuncia dei lavori ai vari enti».
La ”comunicazione di potenziale contaminazione” prevista dalla legge è stata
spedita il 3 giugno scorso al Comune di Muggia, alla Provincia, all’Arpa, alla
Regione e al prefetto. «La presente notifica – si legge nel documento – è
effettuata sulla base di un potenziale inquinamento derivante da una lieve
movimentazione di terreno superficiale effettuata nel sito in oggetto,
limitatamente a un’area di circa 500 metri quadri. Secondo quanto previsto dalla
normativa, sarà nostra cura effettuare tutti gli adempimenti secondo le scadenze
prestabilite».
«A spese dell’associazione – assicura Dovigo – verrà commissionata un’analisi
del terreno movimentato, per rassicurare tutti gli interessati e i fruitori del
sito».
A parte il lato economico (i carotaggi e le analisi hanno costi abbastanza
elevati), i tempi per arrivare alla soluzione non saranno brevi. Una società
specializzata dovrà prima predisporre un piano di caratterizzazione, soggetto
all’approvazione degli enti e del ministero dell’Ambiente, e solo dopo il via
libera potrà iniziare i carotaggi. Una volta effettuate le analisi dei campioni,
queste dovranno poi essere validate dall’Arpa. E solo alla fine di questi
passaggi si saprà se la spiaggia è inquinata o meno. Se lo fosse, poi, andrà
bonificata.
L’area ”Fido Lido” nel frattempo continua ad essere utilizzata, come precisa il
sindaco Neskladek: «I tecnici comunali non mi hanno prospettato l’eventualità di
una chiusura». Lo stesso primo cittadino spiega poi la procedura che
l’associazione ”Crescere insieme” deve seguire: «Devono fare a loro spese le
caratterizzazioni, per vedere se l’area in cui sono intervenuti è inquinata. I
risultati delle analisi andranno poi inviati all’Arpa, al Comune e alla
Provincia. In base a quei risultati – aggiunge – si deciderà cosa fare».
Qualche dubbio sulla possibilità di destinare a usi pubblici l’area su cui è
stato realizzato ”Fido Lido” era peraltro emerso già la scorsa primavera. A
chiedere delucidazioni al Comune di Muggia sull’intervento previsto era stata
l’Arpa, che alla fine di marzo aveva domandato informazioni sulle procedure
adottate.
Non soddisfatta della risposta, a fine aprile la stessa Arpa aveva scritto
nuovamente al Comune (e per conoscenza al ministero dell’Ambiente, agli enti
locali e all’associazione ”Crescere insieme”) richiedendo dettagli sugli
interventi per la sistemazione dell’area (gestione del materiale superficiale,
del materiale inerte usato per il livellamento, modalità per la rivelazione di
inquinanti e/o rilascio di polveri). Con la stessa lettera, poi, l’Arpa aveva
invitato l’Azienda sanitaria ”a valutare, alla luce di quanto segnalato dal
Comune di Muggia, se possa sussistere un concreto e immediato rischio sanitario
per i fruitori dell’area”.
GIUSEPPE PALLADINI
Acquario, il rebus degli esami - Il sindaco Nesladek:
aspetto ancora la conferenza dei servizi
UFFICIALIZZATI I RISULTATI DELLE NUOVE ANALISI DEL
CIGRA
MUGGIA Non c'è pace per il terrapieno Acquario: quando sembra che manchi
poco all'avvio della fase realizzativa, dopo anni di sequestri, blocchi, analisi
e controlli, ecco che nuovamente un ostacolo imprevisto frena gli entusiasmi.
Questa volta a gelare tutti ha provveduto un "addendum" di indagini che Cigra,
il Centro interdipartimentale per la gestione e il recupero ambientale
dell'università di Trieste autore nel 2009 delle caratterizzazioni del sito
inquinato per conto del Comune di Muggia, ha fatto pervenire all'Arpa a
completamento delle analisi precedentemente eseguite.
L'"addendum" è un supplemento di esami eseguito sui medesimi campioni prelevati
durante la prima caratterizzazione, ma con metodologie diverse. Ebbene, questo
ulteriore approfondimento avrebbe rilevato risultati leggermente peggiori,
soprattutto per quanto concerne la presenza di idrocarburi policiclici
aromatici.
La novità è stata trasmessa all'Arpa, che a sua volta la allegherà al voluminoso
malloppo della documentazione tecnica del sito e la presenterà alla prossima
conferenza dei servizi. «L''addendum' del Cigra non sposta di una virgola la
tempistica già impostata, né i nostri progetti - taglia corto il sindaco, Nerio
Nesladek - e anzi stiamo aspettando a giorni la convocazione della conferenza
dei servizi che ci darà le indicazioni necessarie per procedere, se, quando e in
che misura potremo recuperare il sito: solo dopo questo passaggio sapremo se i
progetti di sviluppo maturati in questi anni potranno partire».
Uno di questi, confermato anche ieri dal sindaco, è la creazione di un percorso
ciclopedonale lungo strada di Lazzaretto e la contestuale istituzione del senso
unico in direzione Slovenia: «Tutto dipende dall'esito della conferenza dei
servizi che la Regione dovrebbe convocare a breve», ha concluso Nesladek.
Convinti che il recupero del terrapieno sia ormai imminente sono alcune decine
di residenti delle case che sorgono di fronte al sito, che nei prossimi giorni
chiederanno al sindaco di ripristinare i vecchi pontili con i rispettivi approdi
in funzione prima del lungo sequestro, e soprattutto di evitare che ipotetici
stabilimenti o piazzole riservati alla balneazione possano recare disturbo agli
abitanti. «Ascolterò tutti - assicura il sindaco - ma francamente queste mi
sembrano questioni ancora premature».
Da registrare infine una nota del consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon,
che proprio sul previsto senso unico voluto da Nesladek, conferma che nessuna
domanda in tal senso è mai stata avanzata alla Provincia: «A una mia precisa
interrogazione rivolta all'assessore provinciale alla Viabilità, Mauro Tommasini,
mi è stato risposto che tale richiesta non esiste. Tranquillizzo pertanto i
cittadini, dei quali nelle scorse settimane avevo raccolto le preoccupazioni -
conclude Grizon - che si è trattato della solita ”boutade”del sindaco. Nessun
senso unico verrà istituito lungo strada per Lazzaretto».
GIOVANNI LONGHI
Detriti fuori dalla discarica: bloccati in due -
TELECAMERE IN AZIONE A VIGNANO
MUGGIA È un muggesano l'uomo che alcune sere fa, trovando
chiuso il cancello della discarica autorizzata di Vignano, ha pensato di
procedere ugualmente allo scarico del furgone abbandonando un vecchio divano sul
marciapiedi. Poi ha richiuso il portellone, è salito a bordo, ha messo in moto
ed è ripartito come niente fosse. Peccato che il mattino dopo, gli addetti della
discarica comunale, trovandosi davanti al divano abbandonato, siano
immediatamente corsi a visionare il contenuto della videocamera di sorveglianza.
Le immagini hanno riprodotto fedelmente l'arrivo del mezzo, lo scaricamento del
divano, e la partenza, non le targhe. Poco male, perché sulle fiancate del mezzo
spiccava nettamente la scritta "Italnolo". Un paio di telefonate per incrociare
orario delle immagini e nominativo di chi in quelle stesse ore avesse un mezzo
in noleggio e Italspurghi, che gestisce la discarica, è risalita all'autore del
deposito abusivo che dopo essere stato convocato, ha provveduto, non solo a
scusarsi, ma anche a "completare" l'opera portando il divano dove doveva essere
portato.
E' il primo caso di abbandono abusivo di rifiuti con identificazione dell'autore
che si è verificato da quando, due settimane fa, sono in funzione le telecamere
di sorveglianza previste dall'appalto per l'asporto e il trattamento dei rifiuti
che Italspurghi si è aggiudicata nel Comune di Muggia. Da quando sono in
funzione le telecamere puntate sull'intera area dell'ingresso alla piazzola, non
ci sono più stati casi di abbandono di ondulati d'amianto che, sebbene la
discarica di Vignano non fosse autorizzata a smaltire, comunque qualche
sconsiderato, lasciava nelle sue vicinanze sperando, come in effetti accadeva,
che qualcuno provvedesse.
Decisamente sfortunato oltre che dotato di scarsa sensibilità ambientale,
infine, un signore di Padova che, sempre a Vignano, ma nell'isola ecologica poco
distante dalla stessa discarica, stava infilando nei cassonetti adibiti alla
raccolta dei rifiuti domestici, decine di sacchi neri con scarti di lavorazioni
edilizie come se fosse la cosa più normale del mondo. E' stato sorpreso con le
mani... nel cassonetto proprio dall'amministratore di Italspurghi, Gianfranco
Cergol, che in quel momento stava passando di là e che dopo essersi qualificato,
ha convinto il muratore veneto a riprendersi i suoi sacchi.
(g.l.)
IL PICCOLO - VENERDI', 11 giugno 2010
«Ho spiegato al prefetto il no al rigassificatore» - SAN DORLIGO. IL SINDACO COMMENTA LA VISITA DI GIACCHETTI
SAN DORLIGO Rigassificatore, poligono di Opicina e Grande
viabilità. Sono questi alcuni degli argomenti analizzati durante l’incontro tra
il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e il prefetto Alessandro
Giacchetti. Per la prima volta in visita al Comune, Giacchetti ha effettuato un
giro completo del territorio di San Dorligo visitando la Val Rosandra e
soffermandosi poi sulle aree produttive quali la zona industriale e la zona
artigianale.
Il primo argomento trattato con il sindaco è stata la raccolta firme avviata,
assieme al territorio di Muggia, contro il rigassificatore: «Ho espresso al
prefetto i motivi per i quali gran parte della popolazione ha dato la propria
adesione contro questo progetto, mettendo in risalto i motivi ambientali e
quelli di sicurezza per la nostra cittadinanza», spiega la Premolin.
Atro tema scottante è stata l’analisi dei problemi dell’area attraversata dalla
Grande viabilità: «La mancanza delle barriere antirumore e la carenza della
segnaletica sono le lacune più evidenti – ha evidenziato la Premolin –. Lacune
che da tempo abbiamo segnalato agli enti preposti, ma ancora senza risultati
apprezzabili».
Il primo cittadino ha poi esposto la questione delle strade nella zona
industriale e la loro mancata manutenzione, «un problema che si spera possa
essere risolto a breve attraverso una conferenza dei servizi con tutti gli enti
interessati». Ultima, ma non per importanza, la querelle sul Poligono di Opicina,
da anni al centro di un contenzioso che ha coinvolto Comunella di Opicina,
amministrazione separata dei Beni civici di Opicina, Comune di Trieste,
Comunella di Sant’Antonio in Bosco e Comune di San Dorligo della Valle.
«Trovare una soluzione per rendere decoroso questo luogo della memoria credo sia
un compito doveroso di tutti, e quindi confido che anche il prefetto possa
contribuire alla riuscita di questo obbiettivo».
Al termine della visita il sindaco Premolin ha consegnato a Giacchetti, il quale
ha dichiarato di mettersi a disposizione per i problemi elencati dal sindaco,
l'ultima pubblicazione sulla Val Rosandra nonché alcuni prodotti enogastronomici
tipici della zona.
Riccardo Tosques
«Nessun’altra antenna a Chiampore decisioni in accordo
con i residenti» - INCONTRO FRA IL PRIMO CITTADINO E GLI ABITANTI
MUGGIA «Nessun progetto di nuove installazioni di antenne
è ancora stato approvato, e qualsiasi decisione in merito sarà presa in accordo
con i residenti». Non hanno lasciato dubbi le parole con cui il sindaco, Nerio
Nesladek, è intervenuto mercoledì pomeriggio all’incontro convocato, a Chiampore,
sull’inquinamento elettromagnetico legato alla presenza di numerosi ripetitori
sulla collina.
Un banale equivoco sulla diramazione degli inviti da parte del Comune, che in un
primo tempo sembravano riservati ai firmatari della petizione inviata nei mesi
scorsi da alcuni abitanti, ha impedito che i presenti fossero più numerosi, ma
il sindaco ha garantito che per prossimi appuntamenti l'inconveniente sarà
eliminato.
Dal punto di vista tecnico Nesladek ha confermato che qualsiasi futura
installazione che dovesse essere decisa, sarà comunque subordinata alla tutela
assoluta della salute degli abitanti e del rispetto paesaggistico.
Solo dopo che questi due punti fondamentali saranno rispettati, si potranno
prevedere altri siti in cui poter collocare nuove antenne.
Da parte dei residenti è stata poi avanzata l'ipotesi di distribuire le future
installazioni anche in altri punti del territorio comunale, evitando una
concentrazione in un unico punto, rischiosa per la salute e dannosa per il
paesaggio,
L'ipotesi ha trovato l'appoggio da parte dello stesso sindaco, che ha garantito
le opportune verifiche per poter eventualmente procedere «sempre e comunque – ha
ribadito – in piena sintonia e condivisione con gli abitanti».
In tema di prevenzione e controllo lo stesso Nesladek ha poi auspicato che il
ricorso all'apparecchiatura mobile, acquistata nei mesi scorsi dal Comune per la
rilevazione del livello di inquinamento elettromagnetico, possa essere usata a
rotazione neei terreni privati, per mantenere costante il monitoraggio delle
emissioni in vari punti del territorio.
Proprio nello scorso aprile, con questa apparecchiatura, che non fornisce dati
con valore scientifico ma di carattere indicativo, aveva rilevato alcuni
sforamenti della soglia di attenzione fissata dalla legge.
Va tuttavia precisato che la normativa vigente nel nostro paese recepisce sì
quella europea, abbassandone però di molto i limiti. Nel caso di Chiampore,
quelle stesse rilevazioni eseguite pochi metri più in là, in territorio sloveno,
sarebbero rientrate perfettamente nella norma.
(g.l.)
Test, pulito il mare di quasi tutte le spiagge istriane
- ”BOCCIATI” SOLO TRE LIDI SU 202
POLA Per la stagione balneare 2010 le spiagge istriane garantiscono mare pulito e bagni tranquilli. L'ottimismo deriva dalla prima campionatura dell'anno delle 202 spiagge tra Salvore e Brestova, sulla costa orientale della penisola. Ebbene le analisi di laboratorio dicono che il 97% delle spiagge presenta un mare di ottima qualità, qualità sufficiente invece per sole due spiagge mentre i voti negativi sono andati a quelle di Bagnole, Centinera e Stupice vicino a Promontore. La temperatura è oscillata tra 16 e 20 gradi, valori alquanto bassi. Però va detto che l'analisi è stata fatta tra il 28 maggio e il 1.o giugno scorso, quando in generale la colonnina di mercurio era a livelli piuttosto bassi. Nel rispetto delle direttive dell'Ue che la Croazia già sta rispettando, i controlli vanno fatti almeno ogni quattro settimane durante l'alta stagione. Vengono definiti due parametri di analisi specifici, vale a dire la percentuale di enterocchi intestinali e escherischia coli che sono i due maggiori indicatori di contaminazione fecale del mare.
(p.r.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 giugno 2010
Industriali, resta il no all’accordo sulle bonifiche -
Pedicchio: da Roma nessuna significativa novità. Primo trimestre, negativi i
dati di produzione
Produzione in calo, vendite sotto lo zero, esportazioni in
netta frenata. Risultati a dir poco sconfortanti, maturati all’interno di un
quadro dominato da ”incertezza e debolezza”. È la fotografia del comparto
industriale triestino scattata ieri durante l’assemblea di Assindustria dal
presidente Sergio Razeto. Un’istantanea impietosa che tuttavia, oltre a mettere
in luce le criticità, ha delineato anche le strategie da perseguire per uscire
dalle secche: dalla soluzione del problema bonifiche al rilancio del Porto;
dalla riconversione della Ferriera alla valorizzazione della ricerca.
I DATI Che ci sia bisogno di imprimere un deciso cambio di rotta, lo si capisce
dai dati dell’analisi congiunturale. «Alla fine del primo trimestre 2010 - ha
spiegato Razeto - i valori dei principali indicatori del comparto industriale
(che rappresenta quasi l’11% del Pil provinciale, contro una media regionale del
21.1%), evidenziavano una situazione di incertezza e debolezza. La produzione ha
subito un significativo ridimensionamento, tornando ad essere negativa (-10,5%
rispetto allo stesso periodo del 2009) e molto al di sotto della media
regionale, ferma a - 0,5%. Anche le vendite totali, dal precedente valore
positivo (+25,8%), sono scese sotto lo zero e hanno segnato un - 11.4%,
risultato ben peggiore al dato regionale (- 1,8%). Il rallentamento delle
vendite, tra l’altro, ha riguardato sia il mercato interno (-16,4%) sia le
esportazioni (-7%)». Unica, magrissima consolazione, la lieve ripresa
dell’occupazione, che ha fatto registrare una crescita dello 0,1%, in linea con
l’andamento regionale.
RIEQUILIBRIO Di qui la necessità di correre ai ripari, anche attraverso la
promozione di un diverso e più equilibrato modello economico. «Nel nostro
territorio - ha proseguito Razeto - esistono poche, grandi imprese: 14 aziende
leader che rappresentano il 26,8% del totale degli occupati della provincia, dei
quali 44,8% nel manifatturiero e 24,3% nel terziario. Emerge quindi la necessità
da parte degli attori locali di individuare nuove strategie di sviluppo, che
portino ad una maggiore presenza dell’attività produttiva legata al settore
manifatturiero».
BONIFICHE Per centrare un simile risultato, tuttavia, è indispensabile liberare
spazi per le realtà produttive. Come? Sciogliendo una volta per tutte il nodo
delle bonifiche e arrivando ad un Accordo di programma condiviso, ben diverso da
quello prefigurato nell’ultima bozza proposta da Roma ma bocciata da Trieste.
«Purtroppo - ha osservato il vicepresidente Vittorio Pedicchio -, gli elementi
presentati dal ministero dell’Ambiente durante l’ultima riunione, non hanno
prodotto alcuna significativa novità e non vanno certo nella direzione
auspicata. Rimangono le perplessità sui criteri di attribuzione delle
responsabilità, sulla quantificazione del danno ambientale e sulla sostenibilità
del quadro economico a carico delle aziende. Come Industriali, chiediamo che il
problema venga affrontato in modo pragmatico, ultimando quanto prima le
caratterizzazioni».
FERRIERA E GNL Altrettanto fondamentali per rimettere in moto il comparto,
secondo Assindustria, sono la realizzazione del rigassificatore («confermiamo il
nostro sostegno al progetto Gas Natural-Fenosa, pur ritenendo sicurezza e
rispetto per l’ambiente condizioni imprescindibili») e la riconversione della
Ferriera. «Il percorso che prevede la dismissione dell’impianto siderurgico
entro il 2015 - ha concluso Razeto - può rappresentare un’importante occasione
per avviare una programmazione seria con istituzioni e parti sociali sul
rilancio della nostra economia e sull’incremento della presenza industriale. La
dismissione infatti non riguarda solo lo stabilimento di Servola, ma anche la
Sertubi e tante altre realtà dell’indotto: un progetto che potrebbe coinvolgere
un migliaio di posti di lavoro».
MADDALENA REBECCA
L’Alta velocità attraverso Duino Aurisina:
dieci
chilometri in galleria e due in superficie Rfi ha illustrato il
tracciato predisposto con il Comune e l’apporto di geologi e speleologi
CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO A VISOGLIANO -
Approvato un ordine del giorno sulla necessità di un progetto partecipato
VISOGLIANO Spostare il tracciato quanto più possibile da grotte e doline,
oltre che dal ”paleo alveo” del Timavo, portandolo lungo i fianchi del monte
Ermada. Non passare sotto a borgate carsiche o frazioni. Evitare assolutamente
gli avvallamenti e le cavità ipogee. Sono stati questi i tre punti fermi che
hanno ispirato la parte relativa al comune di Duino Aurisina della bozza del
tracciato dell'Alta velocità, inserito nel Corridoio 5 che collegherà il Nord
Italia all'Est europeo passando per la nostra provincia.
Ieri pomeriggio la bozza, frutto di alcuni anni di studi eseguiti da Rete
ferroviaria italiana in collaborazione con il Comune carsico, geologi e
speleologi, è stata presentata al Consiglio comunale riunito in seduta
straordinaria nella sala del campo sportivo di Visogliano.
Il tracciato che interesserà il territorio di Duino Aurisina per una decina di
chilometri, proveniente dal comune di Monfalcone e diretto in parte verso
Divaccia e in parte verso Trieste, correrà per l'80 per cento sotto terra, a una
profondità massima di 120 metri. Per i due chilometri previsti in superficie,
dopo la la stazione di Aurisina, sarà realizzata una trincea profonda 15 metri.
Le gallerie saranno due, parallele, ognuna a binario semplice, con bracci di
collegamento imposti dalle normative di sicurezza ogni 500 metri.
Dopo la stazione di Aurisina, verso est, il tracciato si dividerà: un ramo
scenderà verso la linea di cintura di Trieste, l'altro salirà impercettibilmente
in direzione di Divaccia, in territorio sloveno.
Garantito dal responsabile del progetto, l’ingegner Carlo Comin di Rfi, e
”sancito” dalla presenza del Comune nell'elenco degli enti che hanno contribuito
alla stesura, il totale rispetto delle criticità che un contesto geologico e
ambientale come quello carsico presenta. Sulla planimetria illustrata, la
traccia nera che si insinua nel territorio del comune segna una sorta di slalom
tra le linee di livello delle doline e le cavità ipogee. Un po’ come infilare un
filo di ferro nel gruviera cercando di evitare i buchi.
L’operazione è stata resa possibile grazie a una diversa previsione rispetto
agli studi originari, che calibravano il percorso su convogli da 250 chilometri
all'ora e privilegiavano il trasporto di persone.
Quell'impostazione è tramontata e l'Alta velocità che si sta predisponendo
servirà quasi esclusivamente il traffico merci, che può viaggiare a velocità
inferiori. La riduzione della velocità da 250 a 150 chilometri all'ora ha
consentito così di accentuare i raggi di curvatura e rispettare quanto più
possibile le caratteristiche geologiche.
Restano da verificare le conseguenze che il passaggio di treni a 150 all'ora, a
una profondità di 100 metri, comporteranno per le case sparse che dovessero
trovarsi sulla perpendicolare della galleria, oltre che per la tenuta statica
del bacino carsico in cui il traforo si inserisce.
«L’opera non decollerà prima del 2030 – si è affrettato a precisare Carlo Comin –
ma il progetto va presentato, altrimenti perdiamo i fondi (7 milioni di euro,
ndr) che l'Ue ci ha anticipato per l'intero progetto».
L'argomento ha convinto anche i capigruppo presenti in Consiglio, che hanno
sottoscritto un ordine del giorno, poi approvato all'unanimità, che ”recepisce
la necessità di realizzare la linea ferroviaria di Alta velocità attraverso un
progetto partecipato che preveda da parte delle Ferrovie una compensazione in
opere pubbliche da investire sul territorio”.
La bozza sarà ora presentata alla popolazione per le opportune osservazioni, e
contemporaneamente inviata dalle Ferrovie al ministero dei Trasporti e a quello
dell'Ambiente.
GIOVANNI LONGHI
TAV - Due milioni di metri cubi di rocce e terra ma lo
smaltimento resta un mistero
VISOGLIANO Perforare sette, otto chilometri di Carso da
Medeazza ad Aurisina, scavando a una profondità di un centinaio di metri per
realizzare due gallerie da un binario ciascuna, produrrà 2 milioni di metri cubi
di materiale. La previsione è contenuta nel Sia, lo studio di impatto ambientale
allegato alla bozza di progetto presentata ieri.
Un’indicazione specifica sul luogo in cui depositare questa montagna di detriti,
terrosi e rocciosi, non è però ancora definita. Le ipotesi avanzate ieri sono
fantasiose: una suggeriva di trasportare queste rocce davanti alla laguna di
Venezia per dare un contributo al Mose, il sistema di dighe che dovrebbe
salvaguardare il capoluogo veneto dalle periodiche maree che lo sommergono.
Rimanendo in ambito marino, un'altra possibilità sarebbe quella di utilizzare i
detriti per costruire un molo (ma non si sa dove).
In realtà il problema verrà affrontato in un futuro abbastanza lontano, tra
qualche decina di anni, quando ruspe e trivelle entreranno in funzione.
(g.l.)
”Acqua, vita, energia, guerra” convegno sulle risorse
idriche - OGGI ALLE 16.30 ALLA SCUOLA INTERPRETI
”Acqua, vita, energia, guerra” è il titolo del convegno
che si terrà oggi alle 16.30 nell’aula magna della Scuola Interpreti in via
Filzi 14. All’iniziativa promossa dal ”Progetto per un comitato lavoratori
utenti” interverranno Lorenzo Barbera, fondatore del Centro ricerche e studi
Meridionali, Renato Di Nicola del Forum acqua Abruzzo, Mattia Donadel del
Comitato veneto ambiente e territorio Riviera del Brenta Miranese e Lorenzo
Signori del presidio di San Pietro in Rosà contro l’inquinamento industriale.
Sarà presente inoltre un rappresentante del presidio permanente ”Nodalmolin” di
Vicenza, del Cordicom (coordinamento Comitati Friuli Venezia Giulia) e il Comune
di Doberdò del Lago.
Il convegno intende denunciare lo «sfruttamento delle risorse idriche da parte
dei privati, che stanno portando i territori al dissesto idrogeologico». Un
aspetto sottolineato da Dario Visintini: «A Trieste l’interramento del Rio
Marchesin è un esempio lampante di come si intende preferire la cementificazione
dei terreni a discapito della sicurezza e del rispetto dell’ambiente». Ma il
Comitato è anche schierato contro il rigassificatore di Zaule. «Non ci
convincono le valutazioni sull’impatto ambientale», dice Sergio Facchini. E
aggiunge: «L’eccessiva vicinanza ai centri abitati potrebbe essere un fattore di
rischio in caso di esplosioni».
Nel corso del convegno sarà proiettato il film ”Darfur: una guerra per l’acqua”
di Tomo Kriznar, che denuncia la situazione drammatica dei profughi sudanesi.
«La volontà del possesso scatena guerre - dice Federico Della Valle - sia per la
conquista dei bacini che delle vie di comunicazione. Pensiamo solo a quello che
sta accadendo in Palestina». (c.p.)
SEGNALAZIONI - Inceneritore: «Siamo meglio
dell’Algeria». Una magra consolazione
Ricicliamo, ma per chi? Ecco la nuova proposta del Comune,
diamo un po’ di lavoro alle famiglie triestine, dividiamo i materiali,
laviamoli, consegniamoli nei giorni corretti. Bellissimo, giusto e soprattutto
un gradino evolutivo sopra il termovalorizzatore, esempio a Vedelago dove Carla
Poli con la sua organizzazione mette in moto con il riciclaggio un indotto di
9400 persone.
Sì, ma c’è un ma! Siamo andati a visitare il termovalorizzatore, e come ci è
stato spiegato in maniera esaustiva dall’ingegnere responsabile, questa macchina
enorme oltre a toglierci il problema delle discariche produce soldi e guadagni,
molti triestini non sanno neppure dov’è, ebbene la ciminiera svetta sul canale
navigabile, vicino al mare dove si potrebbe sfruttare l’acqua per il
raffreddamento, ma non si può per non alterare la temperatura dello stesso,
quindi si usa l’acqua potabile, vicino alla ferrovia di via Caboto per poter non
inquinare ulteriormente con i camion, e far arrivare le immondizie ad esempio da
Belluno in treno, ma in Italia non conviene.
Fuori un bel disegno mostra fiorellini e gabbiani appollaiati in cima al camino,
ma l’ingegnere ci dice che non è lì per raccontarci storie, la centrale inquina,
ma a norma di legge 365 giorni all’anno si bruciano immondizie, tutto è
controllato da un efficiente sistema di sicurezza e l’organizzazione è
impeccabile.
La sensazione in effetti è questa. Dando un occhiata al forno si vede spuntare
lo scheletro di una bici, “ma cosa butta la gente nei cassonetti?”
“Ah purtroppo di tutto – dice l’ingegnere – i cassonetti sono grandi”. E
l’amianto mi scusi? “Beh quello per fortuna hanno l’abitudine di buttarlo in
Carso. Comunque rispetto all’Algeria siamo avanti”.
Non mi consola, senza nulla togliere all’Algeria preferirei valutare città come
Stoccolma (ecocapitale 2010), e qui salta fuori il riciclo, perché visto che non
si riesce a far diminuire le immondizie che compriamo e paghiamo tre volte (es.
acquistiamo dell’acqua: la paghiamo, ma paghiamo anche la bottiglia, la tassa
sui rifiuti, e riacquistando l’energia elettrica prodotta dall’inceneritore),
almeno sfruttiamole.
Come cittadino sono disposto a fare qualche sacrificio per vivere in un posto
meno inquinato, visto anche i dati dell’incidenza tumorale a Trieste, un aiuto
forse lo diamo, però chiedo cosa succederà del termovalorizzatore?
“Guardi Trieste può fare anche il 100% di riciclata che noi immondizie da
bruciare le troviamo, adesso arrivano anche da Belluno, poi chissà risolti i
problemi di confine anche quelle slovene”. E allora perché a noi conviene
riciclare se il termovalorizzatore continua ad inquinare ed anzi si paventa un
aumento delle sue capacità con la quarta linea?
Credo sia giusto e doveroso intraprendere la via del riciclo, come sarebbe
giusto che le industrie in primis si impegnassero a produrre meno immondizia, ma
il Comune dovrebbe garantire una riduzione delle immondizie bruciate a Trieste
pari alla percentuale di riciclo fatta dai cittadini, se no saremmo comunque
inquinati da chi magari non ha “nemmeno” il Carso dove buttare l’amianto!
Gianluca Pischianz
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 giugno 2010
Tav italo-slovena blindata a Saragozza - VERTICE
SPAGNOLO SULLE RETI TEN. SERRACCHIANI: PASSO AVANTI. RESTA IL NODO VENETO
Task force bilaterale e progetto definitivo entro
l’autunno. L’Austria difende Trieste
TRIESTE Laurens Jan Brinkhorst, a colloquio con Debora Serracchiani, (ri)mette
il dito nella piaga: un buco nero esiste e resiste, il buco tutto italiano che
inghiotte la Tav nel tratto veneto, dove manca un progetto ma non mancano le
tentazioni litoranee. Subito dopo, però, il coordinatore europeo del progetto
prioritario 6, ribattezzato un po’ impropriamente Corridoio V, sorride: il passo
avanti c’è, ed è importante. E con lui, pur non abbassando la guardia, sorride
l’eurodeputata del Friuli Venezia Giulia. La conferenza di Saragozza, quella che
riunisce il ghota comunitario dei trasporti allo scopo di ridefinire le reti di
trasporto transeuropeo, ”blinda” il Corridoio più atteso a Nordest: il sofferto
Corridoio V che deve ”avvicinare” Lione e il confine ucraino con i treni ad alta
velocità, toccando Trieste, è e resta una priorità europea. E, dunque, va
finanziato.
Nessuno ha dubbi: i ministri dei Trasporti di Francia, Italia, Slovenia e
Ungheria firmano, con la benedizione dello stesso Brinkhorst e del
vicepresidente della commissione Sim Kallas, un memorandum d’intesa
inequivocabile. Definiscono il Corridoio «una pietra angolare» della rete
transeuropea. S’impegnano a inserirlo nelle politiche nazionali, a costruirlo
nel segno del minor impatto ambientale, ma anche in sinergia con tutti gli altri
Corridoi al fine di evitare sovrapposizioni. Non è un impegno irrilevante, e
Serracchiani ricorda il perché: «Il ministro Altero Matteoli ha fugato tutti i
dubbi che incontri bilaterali con il viceministro Roberto Castelli avevano
innescato».
C’è di più. Il memorandum contiene un ”patto a due” che riguarda la tratta tra
Trieste e Divaccia: Italia e Slovenia, mettendo da parte le reciproche
diffidenze, ne garantiscono il decollo. Come? Creando «prima di ottobre 2010» un
organo esecutivo comune per le attività legate alla realizzazione. E
sostituendolo «entro metà 2011» con un gruppo di interesse economico europeo.
Non solo: Italia e Slovenia si impegnano a confermare il nuovo tracciato prima
di ottobre. Quale tracciato? Quello alto che bypassa la Val Rosandra, frutto del
recente accordo, sembra ormai sicuro. Tira le fila, a fine lavori, Serracchiani:
«Il memorandum è un impegno importante. Ora, certo, dobbiamo vigilare affinché
non resti sulla carta ma si traduca in atti».
Non è il solo frutto positivo raccolto in terra spagnola: l’Austria, impegnata
in prima linea a favore del Corridoio Baltico-Adriatico che deve collegare
l’Europa del Nord a quella del Sud, difende il Friuli Venezia Giulia. E, in un
documento ufficiale, fa approdare i treni futuri tanto a Trieste quanto a Udine,
ignorando completamente la Slovenia che ha peraltro tentato di ”scippare”
l’Italia. Matteoli, a sua volta, conferma che il Corridoio deve toccare Trieste.
E l’europarlamento, come annuncia ancora Serracchiani, vota la prossima
settimana: la battaglia continua.
(r.g.)
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 8 giugno 2010
Proseguira' fino al 16 luglio l'attivita' di ECOSPORTELLO
presso il centro informativo di via Donizetti n. 5/a. Tutti i martedì dalle 10
alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19 due operatori sono a disposizione del
pubblico per informare sui vantaggi del risparmio energetico e per fornire
consulenze specifiche per la realizzazione di interventi tecnici nelle
abitazioni e sui finanziamenti previsti da Banca Etica. Venerdi' 3 settembre il
punto informativo riprendera' l'attivita' dopo la pausa estiva.
Il progetto di Ecosportello nasce grazie al finanziamento della Provincia di
Trieste per fornire gratuitamente ai cittadini informazioni tecniche, di tipo
normativo e relative ai costi in modo da presentare un quadro sufficientemente
consistente per la progettazione e l'installazione di sistemi di isolamento
termico dell'abitazione, di installazione di impianti a basso consumo
energetico, di impianti solari fotovoltaici e termici e di altri sistemi a
elevata tecnologia e con elevate prestazioni che possano permettere ai cittadini
di raggiungere obiettivi di risparmio energetico e di riduzione dei costi
tariffari.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE di Trieste
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 giugno 2010
Riccardi in visita alla Ferriera Nuovo treno
Trieste-Piombino - ANNUNCIATO IL RADDOPPIO DEL SERVIZIO SU ROTAIA
Visita dell’assessore regionale ai trasporti Riccardo
Riccardi, ieri, alla Ferriera di Servola, stabilimento dal quale parte, da un
mese a questa parte, un servizio ferroviario che collega i siti produttivi del
Gruppo, a Trieste e Piombino. Il servizio si caratterizza per una trazione
ferroviaria che ha continuità dall'interno degli stabilimenti, permette il
carico e scarico diretto delle merci (carbone coke in andata e minerale di ferro
di ritorno) nei punti di produzione e utilizzo, e riesce - si legge in una nota
della Lucchini - «a evitare non solo la parziale frantumazione del prodotto ma
soprattutto le emissioni polverose».
Il volume di traffico, a "'impatto ambientale" tendente allo zero, interessa
circa 150mila tonnellate di merci all’anno, pari a un minimo di 90 treni
all’anno comparabili a circa 5-6.000 autotreni sulle strade del nord.
Realizzato grazie al know-how sviluppato dalle società Inter-Rail, dall'Impresa
ferroviaria InRail-Fuc e InnoFreight, il servizio è stato pianificato e
concretizzato in collaborazione con la dirigenza della Lucchini con la
partecipazione di Trenitalia Cargo.
Accolto nello stabilimento di Servola dal direttore ingegner Luigi Venir,
Riccardi ha sottolineato la volontà da parte della Regione di dare maggiore
impulso al trasporto su rotaia annotando come questo tipo di soluzioni riducano
il traffico pesante sulla A4. Un obiettivo, sostiene il Gruppo siderurgico, «al
cui raggiungimento la Lucchini e i suoi partner contribuiranno, anche con un
concreto raddoppio delle movimentazioni tra Trieste e Piombino, previsto nel
prossimo futuro».
Visogliano, consiglio comunale sul tracciato dell’Alta
velocità
DUINO AURISINA Consiglio comunale in seduta straordinaria,
domani alle 15, per presentare pubblicamente i progetti relativi al tracciato
dell’Alta velocità che attraverserà il Carso. Lo annuncia il sindaco di Duino
Aurisina Giorgio Ret: «Per consentire la più ampia partecipazione di cittadini,
l’assemblea avrà luogo nella sala congressi del complesso sportivo di Visogliano».
L’incontro, stabilito per illustrare gli esiti di due anni di lavoro, vedrà la
presenza dei responsabili di Rfi, in particolare dell’ingegner Cumin, che
relazionerà sui progetti per il Corridoio 5. Già a fine aprile il consigliere di
Insieme Massimo Veronese aveva chiesto a Ret un’assemblea per trattare la
questione del tracciato Ronchi-Trieste.
«Si stava lavorando per presentare una bozza – conclude Ret – realizzata non
solo da tecnici ma anche da speleologi e naturalisti. Una proposta che riguarda
un progetto che andrà realizzato entro il 2030, cui hanno collaborato anche i
capigruppo di entrambi gli schieramenti».
Zecche, in pochi si vaccinano - Copertura parziale dopo
l’assunzione di due delle tre dosi previste
In partenza per le vacanze in Carnia, nella vicina
Slovenia, in Austria o in campeggio? Attenti alle zecche, allora. Questi
parassiti dotati di otto zampette che vivono nei prati, tra l'erba alta, che
amano i luoghi ricchi di vegetazione e un microclima fresco e umido sono
presenti anche sul nostro Carso e possono trasmettere alcune infezioni tra cui
la meningoencefalite. Per ridurre il rischio di questa malattia, che può
lasciare sequele neurologiche e causare danni permanenti, esiste un unico
rimedio: il vaccino.
In pochi però nella nostra provincia utilizzano a oggi questa forma di
prevenzione. In via De Ralli, nel comprensorio di San Giovanni, al Dipartimento
di prevenzione dell'Azienda sanitaria si presentano in pochi: «Usa vaccinarsi
chi ha esigenze lavorative, come le guardie forestali - osserva Fulvio Zorzut,
responsabile della Struttura semplice di Tutela della salute - chi ha casa in
Carnia oppure gli scout, da sempre sensibili al problema».
La "Ixodes Ricinus", la zecca dei boschi, è la più pericolosa per l'uomo. In
molti casi non è infetta, ma una percentuale di questi parassiti contrae un
batterio che è responsabile del morbo di Lyme - per il quale non esiste vaccino
- oppure viene infettata e trasmette la meningoencefalite conosciuta anche come
Tbe, dall'inglese "Tick Borne Encephalitis".
«Nella provincia di Trieste a oggi non sono stati mai riscontrati casi di Tbe -
precisa Zorzut, - mentre registriamo dai 20 ai 25 casi all'anno per quanto
riguarda il morbo di Lyme».
Quello delle zecche affette da Tbe è un fenomeno che segue il flusso degli
animali selvatici e che colpisce l'Europa centrale: in media in Friuli Venezia
Giulia ogni anno otto pazienti contraggono questo virus. «Nel 90% dei casi la
cosa si risolve facilmente - riferisce ancora il medico - nel 9% si evidenzia
una sorta di influenza, ma nell'1% dei casi si sviluppa la meningoencefalite e i
danni possono essere seri».
Ma come si assume il vaccino? Quanto tempo prima di un'eventuale vacanza è bene
provvedere? «La vaccinazione prevede la somministrazione di tre dosi - spiega
Zorzut - tra la prima e la seconda deve trascorrere un mese, la terza va assunta
dopo sei mesi dalla prima. Per avere un minimo di copertura è bene prendere
almeno le prime due, per una sicurezza tra il 90 e il 95% è consigliabile
sottoporsi al ciclo completo». Dunque solo chi pensa di partire almeno dopo la
metà di luglio è ancora in tempo per garantirsi un minimo di protezione: chi
vuole premunirsi per la prossima estate deve provvedere già dall'autunno.
Intanto la Commissione regionale per gli indirizzi sulle strategie vaccinali e
la prevenzione delle patologie infettive ha espresso un primo parere favorevole
alla gratuità della vaccinazione. «È segnale di equità sociale - evidenzia
Zorzut in qualità di membro della Commissione - per ora l'assessore Vladimir
Kosic ha disposto un aggiornamento della mappatura delle zone a rischio
effettuata nel 2006-2007». I risultati saranno resi noti a luglio.
Ma per prevenire le punture da zecche oltre al vaccino è consigliato adottare
degli accorgimenti. Anche andando in Carso, dove le zecche si moltiplicano
specialmente nei fondi delle doline, è bene coprirsi gambe e testa, stare
lontani dalle zone con erba alta ed evitare di sedersi a terra. Rincasando è poi
corretto ispezionare il proprio corpo in un ambiente ben illuminato.
«Chi dovesse venir punto, chi nota una zecca sul proprio corpo e dopo una
ventina di giorni si accorge di un arrossamento - suggerisce Zorzut - fa bene a
rivolgersi al proprio medico di base». A chi vive sull'Altipiano si consiglia
invece di non accatastare la legna vicino a porte o finestre e di raccogliere
spesso le foglie cadute.
Laura Tonero
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 giugno 2010
«Bonifiche, avanti con le caratterizzazioni senza attendere l’accordo di programma»
LUPIERI (PD): BISOGNA EVITARE CHE LE AZIENDE SE NE
VADANO IN SLOVENIA
L'evoluzione della zona industriale di Trieste, buona parte della quale
ricade all’interno del Sito inquinato, «è in stallo, giacché manca ancora la
firma di un accordo di programma che necessariamente deve vedere coinvolti tutti
i soggetti in vario modo interessati». Lo ricorda in una nota il consigliere
regionale del Pd Sergio Lupieri, che nell’aula di piazza Oberdan ha invitato
l’assessore regionale De Anna «ad andare avanti, nell’attesa dell’accordo, con
le caratterizzazioni dei terreni residui, con le risorse messe a disposizione
dalla Camera di commercio, integrandole nel caso non siano sufficienti».
Lupieri ha parlato dopo che De Anna era intervenuto rispondendo a una
interrogazione dell’esponente del Pd sul nodo bonifiche. «Su alcuni punti di
rilievo, specie in rapporto al principio comunitario del "chi inquina paga", le
posizioni della Regione (e dei soggetti locali interessati) e quelle del
ministero dell'Ambiente non sono convergenti», scrive Lupieri in una nota
riferendo quanto riportato da De Anna: «Quindi, malgrado le entusiastiche
affermazioni del sottosegretario all'ambiente Roberto Menia, siamo ancora ben
lontani dalla possibilità di pervenire a un testo dell'accordo di programma
condiviso e soddisfacente». Da qui, scrive Lupieri, la necessità di proseguire
con le caratterizzazioni. «È fondamentale - chiude l’esponente Pd - velocizzare
al massimo la liberazione di terreni utili, in modo da evitare l'insediamento di
aziende e imprese nella vicina Bertocchi (Capodistria), come già ventilato
dall'Associazione degli Industriali di Trieste».
Polo museale del Porto Il progetto in un libro
Italia Nostra presenta domani alle 17 al Circolo della
Stampa (corso Italia 13), il terzo volume della collana di Italia Nostra "Il
progetto e la storia del Polo museale di Trieste" dell’architetto Antonella
Caroli. Il libro si prefigge di spiegare l'iter di studi e ricerche attraverso
il quale si è arrivati alla costituzione del Polo museale del Porto.
Interverranno il sindaco Roberto Dipiazza, il direttore dell'assessorato
regionale all’istruzione e cultura Giuliano Abate, il presidente della Camera di
commercio Antonio Paoletti, gli architetti Roberto Pirzio Biroli e Roberto Di
Paola, il soprintendente archivistico della Regione Paolo Dorsi, il direttore
dell'Archivio di Stato Grazia Tatò, l'architetto Marianna Acerboni e il critico
Fabio Amodeo. Introdurrà Giulia Giacomich, presidente di Italia Nostra sezione
di Trieste.
LE ORE DELLA CITTA' - CONSULENZA ECOSPORTELLO
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti
all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli
operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta,
potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la
realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni. Ecosportello è in via
Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17
alle 19.
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 giugno 2010
IL FISCO I CITTADINI - Risparmio energetico: così le
agevolazioni
Fino al 31 dicembre 2010 si può usufruire di
un’agevolazione fiscale per le spese sostenute in relazione ad interventi
finalizzati al risparmio di energia. Negli ultimi anni la normativa è stata
variamente modificata e determinata: dal D.M. del 19/2/2007, dalla Legge n.
244/2007, dal D.L. 185/2008, dalla Legge n. 2 /2009 e da ultimo dal Decreto
Interministeriale del 6/8/2009. Le modifiche si riferiscono in particolare alle
procedure da seguire per usufruire correttamente delle agevolazioni: è stata
introdotta una apposita comunicazione da inviare all’Agenzia delle entrate
(quando i lavori proseguono oltre un periodo d’imposta), è stata fissata una
ripartizione unica, del totale della spesa sostenuta, in cinque rate annuali di
pari importo ed infine è stata sostituita, con effetto retroattivo, la tabella
dei valori limite della trasmittanza termica.
La Circolare n. 21 del 23 aprile 2010 ha previsto la possibilità per il
contribuente di correggere e/o integrare, esclusivamente con modalità
telematiche, il contenuto della scheda informativa da trasmettere all’Enea
(Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico
sostenibile), anche oltre il termine di novanta giorni dalla data di ultimazione
dei lavori ma non oltre quello di presentazione della dichiarazione dei redditi
nella quale la spesa può essere portata in detrazione.
L’Agenzia delle Entrate ha inteso poi venire incontro ai contribuenti che
utilizzano il Modello di dichiarazione 730/2010 e che, a causa di problemi
tecnici dell’Enea, si sono trovati impossibilitati a trasmettere telematicamente
le schede informative di correzione e/o di rettifica necessarie per poter
usufruire della detrazione del 55% per gli interventi di risparmio energetico.
Con la risoluzione n. 44/E del 27 maggio u.s., infatti, l’Agenzia delle entrate
ha fatto fronte alle difficoltà operative riscontrate dall’ENEA, dando la
possibilità ai contribuenti di beneficiare della detrazione anche per le spese
che non risultano dalla scheda originaria, presentando ai soggetti che prestano
l’assistenza fiscale - Caf o professionisti abilitati - una dichiarazione
sostitutiva di notorietà, nella quale sono evidenziati i dati della scheda
informativa precedentemente trasmessa all’Enea, opportunamente modificati in
modo che sia così possibile il riconoscimento della detrazione d’imposta.
All’attivazione della procedura informatica da parte dell’Enea - che allo stato
attuale non è ancora stata implementata - i contribuenti saranno tenuti a
provvedere, entro i 90 giorni successivi, all’invio telematico della scheda
rettificativa; in caso contrario, la parte di detrazione riferita alle spese in
questione deve ritenersi indebita, senza che siano applicabili sanzioni nei
confronti dei soggetti che in sede di assistenza fiscale abbiano acquisito la
predetta dichiarazione sostitutiva. Alla pagina
http://www.agenziaentrate.it/wps/wcm/connect/Nsilib/Nsi/Documentazione/Guide+Fiscali/
è inoltre possibile scaricare la guida sulle agevolazioni fiscali per il
risparmio energetico, ove reperire maggiori informazioni.
E Italia Nostra invoca il ”Demanio culturale” -
L’associazione chiede che la parte antica e vincolata dello scalo passi al
ministero guidato da Bondi
Porto vecchio, terzo capitolo. Non solo le concessioni in
corso, non solo il decreto del governo che prevede la possibilità che le aree ex
portuali soggette a processi di urbanizzazione possano essere date ai Comuni, ma
anche un documento consegnato a mano al nuovo presidente del Consiglio superiore
dei lavori pubblici, Francesco Karrer, che chiede, per l’area, uno statuto di
«demanio culturale». Ovvero il passaggio della tutela dei beni vincolati al
Ministero dei beni culturali.
Autore della proposta, ufficializzata in questi giorni, è l’associazione Italia
nostra. La «Proposta di ridelimitazione dell’ambito portuale del Porto di
Trieste e la trasformazione delle aree del Porto vecchio in demanio culturale»
(questo il titolo) è a firma della presidente Giulia Giacomich ed è stato
personalmente recapitato da Antonella Caroli, da anni attivissima studiosa e
promotrice della rinascita dell’enorme area dell’ex porto, nonché ”madrina”
dell’operazione di salvaguardia della centrale idrodinamica con la creazione di
un museo, e con un curriculum che l’ha vista anche segretario del Porto stesso.
Il documento propone innanzitutto lo spostamento del Punto franco in zona idonea
alle attività portuali e si richiama non solo a leggi che lo consentono ma alle
22 città che già hanno esperito questa soluzione. Chiede poi che i beni nel 2001
vincolati dal ministero restino sotto la tutela dei Beni culturali in vista di
una appropriata riqualificazione. «La proposta va in parallelo con quel comma
del decreto sulla cessione dei beni demaniali che prevede il passaggio ai Comuni
di aree portuali dismesse e da valorizzare urbanisticamente - dice la Caroli -,
il Porto vecchio uscirebbe così dalle competenze del ministero delle
Infrastrutture e passerebbe ai Beni culturali perché d’interesse storico e
artistico, Italia nostra potrebbe fare da tramite tra Comune e ministero anche
per la ricerca di fondi: soldi per riqualificare tutti i magazzini non ce ne
sono, ma noi saremmo in grado di trovarli, come abbiamo fatto per il museo». Non
si sa se il documento verrà accolto o no, se entrerà nel Prg appena approvato
come ulteriore prescrizione o no.
«Il Piano regolatore del porto è nato con la piena condivisione del Comune -
commenta la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat -, mi
preoccupa questa novità di cessioni di aree, non basta l’accordo sull’uso delle
aree, così strategiche per lo sviluppo della città? Certo il clima di buon
rapporto tra Dipiazza e Boniciolli potrebbe finire con loro, sono entrambi in
scadenza. E comunque s’intuisce il suggeritore della manovra. Nulla nasce mai
dal nulla».
(g. z.)
Bioest, tra natura e solidarietà - Di nuovo a Trieste
dopo cinque edizioni - Ultima giornata della mostra-mercato nel Parco di San
Giovanni
Abiti, oggetti d’arredo, artigianato, alimentari. Tutto in
mostra ancora oggi nella seconda e ultima giornata di apertura, nel parco di San
Giovanni, di Bioest, la fiera del biologico e del naturale promossa dall’omonima
associazione che torna a Trieste, in questa sua diciassettesima edizione, dopo
cinque anni di assenza (le ultime edizioni si sono svolte a Monfalcone).
L’iniziativa, che rappresenta anche un momento di incontro per le associazioni
ambientaliste, culturali e del volontariato, ospita anche quest'anno piccoli
produttori nel campo dell'agricoltura biologica e dell'artigianato
biocompatibile provenienti da realtà italiane ed estere. L'intento è di
promuovere la conoscenza e l'informazione sul mondo del biologico e sul consumo
consapevole. In vetrina a San Giovanni ci sono oltre sessanta tra produttori e
artigiani e più di cinquanta associazioni.
Obiettivo dichiarato di Bioest è quello di promuovere la scelta del biologico in
quanto legata alla salute della singola persona ma anche sostenibile dal punto
di vista sociale: dalla tutela della biodiversità al sostegno ai consumi locali
e alla cosiddetta filiera corta. Tra le associazioni presenti alla
manifestazione quelle che promuovono un modello di «sviluppo equo e sostenibile
praticabile in tutto il mondo,un modello che afferma la sovranità alimentare di
ogni popolazione».
Oltre al tradizionale mercatino sono previsti - anche nella giornata di oggi -
momenti dedicati a conferenze e dibattiti, musica e animazione per bambini,
presentazioni di progetti di solidarietà e momenti musicali e di spettacolo. Non
mancano poi, come nelle edizioni passate, realtà associative locali e gruppi
ambientalisti, botteghe del commercio equo e solidale, associazioni di
volontariato e di solidarietà che portano il loro contributo con campagne
informative o momenti di svago e intrattenimento , progetti o sottoscrizioni.
Uno spazio inoltre viene dedicato al riuso e al riciclo, al naturale e a
prodotti di filiera corta .
Ma il tema portante di questa edizione di Bioest è ”Energie”: alternative, non
tradizionali, rinnovabili e l’energia solare. Conferenze , momenti di musica e
gioco ripropongono il tema nelle sue varie dimensioni, non solo ecologica o
tecnologica ma anche filosofica e spirituale
Per l'occasione, Trieste Trasporti ancora oggi intensificherà le corse
dell’autobus 12 predisponendone una ogni 15 minuti sul percorso piazzale
Gioberti - ex Opp. La fiera si raggiunge anche dal capolinea della linea 17, che
si trova a brevissima distanza dall'ingresso del Parco di San Giovanni.
IL PICCOLO - SABATO, 5 giugno 2010
La Regione boccia il nuovo porto di Capodistria -
Altolà al piano sloveno di sviluppo: «Documenti carenti sull’impatto
transfrontaliero»
La giunta Tondo, dopo aver sentito gli enti locali, non
dà parere favorevole Dubbi su fanghi, inquinamento, traffici. Riccardi: «La
decisione è solo tecnica»
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia, al termine di un’istruttoria tecnica,
boccia il ”nuovo” porto di Capodistria: le carte arrivate da Lubiana sono
carenti, non rispettano le regole europee. E i punti oscuri sono tanti, troppi.
Renzo Tondo e la sua giunta, riunendosi all’ora di pranzo, ne prendono atto. E,
all’unanimità, si mettono di traverso: ne va della sicurezza del Golfo e dei
suoi abitanti. Riccardo Riccardi, il titolare del delicato dossier, conferma:
«Allo stato degli atti il parere non è favorevole». Subito dopo, l’assessore
regionale ai Trasporti mette le mani avanti: «Il parere è puramente tecnico. E
con riserva di riesame in caso di acquisizione di nuovi documenti».
Ma come sottovalutare le ricadute politiche dello ”schiaffo”? L’ira prevedibile
di Lubiana? E i non meno prevedibili sospetti di una ”ripicca” italiana dopo
l’altolà sloveno al rigassificatore di Trieste e le baruffe su Corridoio V e
dintorni? «Comprendo l’impatto politico ma la conclusione a cui la giunta è
arrivata, lo ribadisco, è tecnica: si basa su un’istruttoria che ha recepito i
pareri dei Comuni di Trieste e Muggia, quelli della Provincia e dell’Autorità
portuale di Trieste» insiste Riccardi.
L’antefatto. Il ”nuovo” porto di Capodistria - quello che dovrebbe occupare 406
ettari di superficie al posto dei 286 attuali, allungando i due moli esistenti e
costruendone ex novo un terzo da un chilometro nell’area di Ancarano - rientra
nel piano regolatore nazionale promosso nel 2006 dal ministero sloveno dei
Trasporti. Ma l’Italia, come confermato il 29 gennaio 2010 dal ministero
dell’Ambiente, non è disinteressata. Chiede (e ottiene) di partecipare alla
procedura di consultazione transfrontaliera sulla valutazione ambientale
strategica, come previsto dalle normative comunitarie, coinvolgendo a cascata il
Friuli Venezia Giulia.
La Regione, non appena riceve le carte slovene, attiva le procedure. Chiede i
pareri degli enti interessati. Stila la relazione istruttoria che approda - e
siamo a ieri - sui banchi della giunta per la decisione finale. Ampiamente
negativa. I motivi dello ”stop” sono molteplici. Il porto destinato a far
crescere Luka Koper ancor di più, nonostante le obiezioni del Comune di
Capodistria, non supera l’esame innanzitutto perché il documento fornito
all’Italia «non è conforme» alla direttiva comunitaria. La Regione, pertanto,
deve basarsi su atti ”non tecnici” che, ad esempio, ignorano i progetti di
sviluppo del porto di Trieste, rendendo impossibile valutare le ricadute
complessive a livello ambientale, territoriale e infrastrutturale. La Regione,
auspicando l’attivazione di un tavolo ad hoc, scende quindi nel dettaglio. E
mette nero su bianco nove osservazioni puntuali. Il documento sloveno esclude
impatti trasfrontalieri «ma tale conclusione - ribatte il Friuli Venezia Giulia
- non appare credibile in quanto non supportata da alcun dato». Quel documento
non consente nemmeno di «stimare l’eventuale incremento del traffico viario
pesante ai confini italo-sloveni e lungo gli assi autostradali del Friuli
Venezia Giulia». Non specifica la quantità prevista di merci pericolose e non
chiarisce, a fronte dell’aumento di emissioni in atmosfera, l’esistenza o meno
di misure di riduzione. E come dimenticare i fanghi? Il ”nuovo” porto di
Capodistria, con l’abbassamento dei fondali, richiede dragaggi pesanti ma il
documento sotto esame nulla dice su fanghi e smaltimento. Non fornisce nemmeno
indicazioni chiare su impianti di depurazione e scarichi fognari: anzi, «non
risulta agli atti nessuna documentazione che individui la sussistenza di una
rete fognaria e di un impianto di depurazione nell’attuale porto». Basta? Non
ancora: la Regione non trova valutazioni su sicurezza della navigazione,
modificazioni del moto ondoso, interferenze possibili con il porto di Trieste né
trova dati sull’inquinamento, sui suoi effetti sull’ecosistema e su eventuali
misure di mitigazione. Senza dimenticare che, nell’area del nuovo piano
regolatore, sono previsti sedici piani aggiuntivi «che potrebbero avere impatti
cumulativi».
ROBERTA GIANI
Porto San Rocco, cento casi di abuso edilizio - Multe
di 516 euro per ogni famiglia: hanno la residenza in case a uso turistico
RAFFICA DI SANZIONI PARTITE DAL COMUNE DI MUGGIA
Una sanzione di 516 euro per abuso edilizio. È questa la somma che il Comune
di Muggia sta chiedendo a un centinaio di famiglie residenti nel complesso di
Porto San Rocco, aprendo la strada a una serie di conseguenze al momento poco
prevedibili.
L’ITER La richiesta arriva al termine di un iter durato un anno ed è stata
inviata ad un primo gruppo di 25 proprietari di appartamenti situati nel marina
turistico a ridosso dei posti barca. L’avvio del procedimento, notificato nei
mesi scorsi agli interessati, contesta il cambio di “destinazione d’uso attuata
senza opere, in assenza dell’autorizzazione prevista dalla normativa vigente”.
La legge citata è la numero 52 del 1991 ed è una legge regionale.
L’ACCUSA Ma di cosa vengono accusati i residenti a Porto San Rocco? In pratica
di avere messo la residenza in un appartamento che era stato realizzato con
destinazione d’uso “ricettivo-turistica”. La concessione edilizia era stata data
per costruire strutture destinate a ricevere turisti o come seconda casa, se
diventa l’abitazione di residenza si incorre in un abuso: questa la tesi che ha
spinto il Comune alla contestazione.
L’ABUSO I funzionari dell’amministrazione comunale aggiungono, inoltre, che il
pagamento della somma richiesta non andrà a sanare la posizione di abusivismo
edilizio, aprendo la strada a una serie di conseguenze per il momento tutte da
chiarire, come spiega in questa pagina un legale che si sta occupando della
questione per conto di alcune delle famiglie coinvolte.
IL PROGETTO All’epoca dell’approvazione del progetto per il marina turistico, i
timori per una possibile speculazione edilizia avevano acceso la discussione in
Consiglio comunale, dove in tanti si erano battuti per avere garanzie che ciò
che si stava per realizzare fosse veramente destinato a rilanciare la cittadina
costiera e non un semplice insediamento residenziale vista mare.
LA SCELTA L’attuale amministrazione comunale si ritiene danneggiata dall’abuso
anche perché gli appartamenti costruiti su terreni destinati al turismo non
rientrano negli standard di misurazione per i servizi, che quindi il Comune non
può calcolare: dai posti per gli asili alle strade, fino alla raccolta dei
rifiuti.
IL FISCO Fin qui la parte urbanistica della questione. Se la tesi dovesse essere
confermata, però, si aprirebbero una serie di conseguenze fiscali di non poco
conto. A iniziare dall’Ici che si sarebbe dovuta versare come seconda casa, per
finire con altre agevolazioni eventualmente utilizzate per l’acquisto degli
appartamenti.
LE INDAGINI La questione fa parte di una lunga serie di indagini – tuttora in
corso – che la Procura della repubblica di Trieste aveva avviato
sull’insediamento turistico, e che per ben quattro anni (dal 2004 al 2008)
avevano visto porre sotto sequestro tutti gli incartamenti relativi a Porto San
Rocco rinvenuti negli uffici del Comune di Muggia. Solo dopo il dissequestro era
partita un’indagine promossa dal Comune – e in particolare dall’allora direttore
generale, Antonio Cerini - che aveva poi rilevato gli abusi ora contestati.
LA SOCIETÀ Nella vicenda non entrerebbe in modo diretto la Porto San Rocco spa
(i cui vertici preferiscono non commentare ciò che sta accadendo) ma
eventualmente le società che si sono succedute nella gestione della parte
immobiliare del complesso turistico.
LA CORTE DEI CONTI Alla Porto Sa Rocco spa, invece, è la Corte dei Conti a
contestare, com’è noto, un danno erariale di circa 958mila euro. Secondo il
Procuratore regionale Maurizio Zappatori, infatti, nell’ambito di un intervento
finanziato per incrementare l’attività turistica con fondi comunitari e
regionali, la società avrebbe in realtà realizzato – sotto alcuni aspetti – un
intervento immobiliare.
LA STRUTTURA Il tutto, prosegue la Corte de Conti ”...alienando, senza
rispettare il vincolo di destinazione turistico ricettiva gravante sui beni
assistiti da contributo, posti auto e posti barca sotto la forma di “pacchetto”,
unitamente anche a strutture abitative”. In via sussidiaria è stata citata anche
la banca che, in base a una convenzione, doveva esercitare la vigilanza.
RICCARDO CORETTI
IL PICCOLO - VENERDI', 4 giugno 2010
Rischi del rigassificatore, numero speciale di Konrad -
GLI AMBIENTALISTI “AVVISANO”
Gli ambientalisti triestini stringono i tempi del loro
“no” al rigassificatore e scelgono il numero di questo mese di “Konrad”,
periodico a distribuzione gratuita, per ribadire le loro ragioni. Con un inserto
speciale di 14 pagine, a cui hanno contribuito i biologi Carlo Franzosini e
Diego Manna, il geologo Livio Sirovich, il presidente di Wwf, nonché direttore
di Konrad, Dario Predonzan (nella foto), il chimico Lino Santoro, presidente di
Legambiente, l’ingegner Oscar Garcia Murga e l’architetto Lucia Sirocco,
anch’essi di Legambiente, gli ambientalisti triestini illustrano “i gravissimi
rischi ai quali andrebbe incontro la popolazione – ha detto Predonzan – se il
rigassificatore fosse realizzato”. Per questa eccezionale occasione, la normale
tiratura di 15mila copie è stata portata a 20mila: “E’ stato uno sforzo – ha
sottolineato Predonzan - ma volevamo spiegare al maggior numero di persone
possibile le modalità, molto discutibili, con le quali le istituzioni locali
stanno gestendo l’intera operazione. Pare si stia avvicinando il momento nel
quale la Regione convocherà la conferenza dei servizi, alla quale spetterà il
compito di rilasciare l’autorizzazione per la costruzione dell’impianto – ha
aggiunto Predonzan – perciò, dopo l’uscita di Konrad, nessuno potrà più dire di
non sapere o di non poter capire”. Santoro ha posto l’accento in particolare su
due articoli: “Nel primo, intitolato ‘Il peggior caso possibile’ – ha
evidenziato – presentiamo la situazione, purtroppo possibile, che si
originerebbe in conseguenza di un attentato, che potrebbe anche essere di natura
informatica al sistema di controllo dell’impianto, o di un errore di gestione.
Nel secondo – ha proseguito il presidente di Legambiente – illustriamo le
soluzioni alternative al rigassificatore, superato dai tempi perché oramai
esistono navi a bordo delle quali si possono completare le stesse operazioni
dell’impianto della Gas natural, ma a debita distanza dalle coste”. Konrad è in
distribuzione gratuita nei principali centri commerciali, nei negozi di prodotti
naturali e nelle sedi delle associazioni ambientaliste.
Ugo Salvini
Ecologisti sloveni all’attacco del rigassificatore di
Zaule - I partiti ”Zares” e Democratico sollecitano Lubiana a denunciare
l’Italia alla Corte europea
PER GLI AMBIENTALISTI LA SOCIETÀ GAS NATURAL HA
FALSIFICATO DATI SULL’IMPATTO AMBIENTALE
CAPODISTRIA Sul rigassificatore di Zaule la politica slovena torna
all'attacco. Alla vigilia del tavolo tecnico tra Italia e Slovenia, nel corso
del quale oggi a Trieste saranno approfonditi alcuni aspetti legati al progetto
per il terminal off-shore, il gasdotto, nonché l'impatto ambientale cumulativo
di entrambi i rigassificatori, due partiti parlamentari si sono rivolti al
governo invitandolo a un'azione pù incisiva contro Roma.
Se il ministro dell'Ambiente italiano Stefania Prestigiacomo ha recentemente
dichiarato chiusi i colloqui con Lubiana per quanto riguarda il progetto di ”Gas
Natural” di Zaule - questa in sintesi la tesi dei due partiti – il governo deve
trovare altri strumenti per fermare la costruzione dell'impianto, ossia
denunciare l'Italia alla Corte di giustizia europea.
Come hanno ribadito nel loro comunicato Franco Juri e Franci Kek, deputati del
Partito Zares, il loro partito è da sempre contrario ai terminal nel Golfo di
Trieste, che per le sue caratteristiche (poca profondità e poca ampiezza) è poco
adatto a ospitare impianti di questo tipo. Il Partito democratico ritiene che
sia necessaria anche la convocazione di una seduta straordinaria della Camera di
Stato per sollecitare il governo a reagire. Il deputato Danijel Krivec, che ha
presentato l'iniziativa a nome del suo partito, ha ricordato che circolano prove
sulla contraffazione dei dati sulla base dei quali il governo italiano ha detto
”sì” al rigassificatore.
«Ogni Paese ha diritto di portare avanti i propri progetti - ha aggiunto - ma la
nazione vicina ha altrettanto diritto a esprimere le proprie riserve se
considera che sono minacciati il suo ambiente e la sua economia». Il
parlamentare ha avanzato anche l'ipotesi per cui il governo sloveno finora non è
stato particolarmente attivo nella reazione in quanto avrebbe accettato uno
”scambio”: Lubiana non pone ostacoli al rigassificatore, ma Roma non ostacolerà
i progetti di sviluppo del Porto di Capodistria. Contro il terminal
rigassificatore sono nuovamente insorti anche gli ambientalisti sloveni.
L'Associazione Alpe Adria Green ha invitato il governo sloveno a denunciare
l'Italia di fronte alla Corte europea di giustizia ed ha chiesto a Lubiana di
avviare le procedure necessarie per verificare l'impatto ambientale
transfrontaliero dei progetti di sviluppo del Porto di Trieste. Come si legge in
un comunicato firmato dal presidente di Aag, Vojko Bernard, le associazioni
ambientaliste, ma anche la stragrande maggioranza dei cittadini sloveni –
secondo un sondaggio dell'Università del Litorale – sono contrari alla
costruzione di rigassificatori nell'area del Golfo di Trieste. Secondo Bernard,
non lo vogliono nemmeno gli stessi triestini.
Nel comunicato stampa, Bernard ricorda anche i recentissimi studi sul
rigassificatore condotti da un gruppo di scienziati ed esperti che opera
nell'ambito del Ttrt (Tavolo tecnico rigassificatori Trieste) promosso dalla Uil
Vigili del fuoco Friuli Venezia Giulia e i cui risultati sono stati pubblicati
anche sul ”Piccolo”. Il parametro principale riguarda i dati sulla temperatura
dell'acqua nel Golfo di Trieste, che si raffredderà molto di più di quanto
sostengono i tecnici della società spagnola ”Gas Natural”. Anzi, continua
Bernard, questa è l'ennesima prova – e altre si stanno raccogliendo – su come i
responsabili della società spagnola abbiano fornito di proposito dati falsati
pur di ottenere le autorizzazioni necessarie.
Barcola, raddoppio in letargo da 10 anni - L’architetto
Vrabec: «Avevamo vinto un concorso di idee» - La prima delibera della giunta
Dipiazza
Copacabana a Barcola? Il progetto esiste da quasi dieci
anni, ha persino vinto un concorso per idee bandito dall’allora giunta Illy e,
coincidenza singolare, è stato il primo atto oggetto di delibera dalla
neoinsediata giunta Dipiazza nel 2001. Solo che, circostanza tutt’altro che
inedita, subito dopo è finito nel Grande Cassetto dei progetti mai realizzati,
per i quali Trieste è giustamente famosa.
A rinfrescare la memoria contribuisce il team che aveva realizzato lo studio,
composto dall’ arch. Paolo Vrabec (capogruppo), dall’ing, Ermanno Simonati,
dall’ing. Stefano Patuanelli, dall’ing. Alessio Venturini, dalla dott.sa geol.
Annelore Bezzi e dalla dott.ssa Francesca Giaquinto.
«La proposta progettuale – ricorda Vrabec – prevedeva, come da richiesta del
bando, l’intervento, per un’estensione di 40 metri, comprensivo di un
ampliamento di circa 25 metri dall’attuale linea di battigia verso mare, del
tratto di litorale che, partendo dall’attuale pineta di Barcola, si estende fino
al bivio per Miramare, per una lunghezza di circa 2400 metri, determinando così
un ampliamento complessivo a mare di circa 60.000 mq».
«Le motivazioni che allora hanno portato alla promozione dell’iniziativa
concorsuale – continua l’architetto – sembrano essere ritornate di attualità,
sia per le effettive economie di scala connesse alla possibile utilizzazione,
per l’interramento, del materiale inerte proveniente dai concomitanti lavori di
scavo del Park San Giusto, che per la riconosciuta necessità di
infrastrutturazione di questo affollato tratto di lungomare».
«Constato con soddisfazione – aggiunge Vrabec – che la serietà dell’iniziativa
allora promossa venga valutata oggi, da più parti, come importante occasione di
trasformazione urbana e di integrazione dei servizi al cittadino e dell’offerta
turistica complessiva, garantendo nel contempo la sostenibilità economica di
un’operazione così ambiziosa attraverso lo strumento del “project financing”».
«In effetti – aggiunge l’ingegner Patuanelli, altro componente del team –
l’elaborato già all’epoca aveva ottenuto numerosi riconoscimenti, ed era stato
pubblicato su più di qualche rivista. Qualche mese dopo la vittoria eravamo
stati convocati dal sindaco Dipiazza, che ci aveva parlato delle sue strategie
per la città, ma poi il progetto era morto lì. Forse non era il momento. Magari
è arrivato adesso, con la variante 118 al piano regolatore ma francamente non so
se ci siano speranze di vederlo realizzato... Era un’idea interessante, ma il
Comune non è vincolato a farla propria».
Ha un’ultima perplessità, Patuanelli, e non ne fa mistero. «Sento parlare di
progetto da più di 100 milioni di euro ma all’epoca, quando fu bandita la gara,
bisognava restare sotto i 32 miliardi di lire, 16 milioni di euro di oggi. Va
bene l’inflazione, ma insomma...».
FURIO BALDASSI
Intesa in vista per elettrodotto italo-sloveno - PROVE
DI ACCORDO SUL PROGETTO CHE UNISCE LE RETI TRA REDIPUGLIA E NOVA GORICA
Adria Link (Enel e AcegasAps) pronte a unirsi con la
cordata Kb1909, Sdag e Iris
TRIESTE C’è all’orizzonte un accordo tra le due cordate imprenditoriali
interessate alla realizzazione di un elettrodotto che colleghi la rete slovena a
quella italiana, connettendo il nodo di Redipuglia con il confine, nella zona di
Nova Gorica.
Enel Produzione, Acegas-Aps e Tei Energy, riunite in Adria Link, e KB1909, Sdag
e Iris, che sostengono l’altro progetto (assieme ai partner sloveni di Lux
Energy, Istrabenz e Hse) potrebbero riunirsi sotto una sola sigla e impegnarsi
insieme per rendere operativo un unico impianto, anziché i due fin qui previsti.
Il condizionale, però, è d’obbligo. Perché, se da un lato, la prima cordata pare
essere convinta che si riesca ad arrivare in tempi brevi a una collaborazione,
la seconda, invece, è più prudente. E, attraverso Boris Peric, presidente del
consiglio di amministrazione di KB1909, non esita a sottolineare che «o i
contatti portati avanti sino ad ora verranno finalizzati rapidamente, oppure non
è da escludere da parte nostra una possibile richiesta per danni nei confronti
di quanti hanno rallentato la realizzazione del progetto che avevamo
sviluppato».
Non è un caso che, sempre stando alle indiscrezioni che stanno filtrando in
questi giorni, il negoziato in corso preveda proprio un’integrazione del
programma di cui KB1909 è capofila. Programma che, alla voce tempistica,
prevedeva il via ai lavori proprio all’inizio di quest’anno, con la conclusione
dell’iter amministrativo a fine 2009.
Una tabella di marcia che è stato impossibile rispettare, evidenzia Peric, «per
via del fatto che la Regione (che nel frattempo ha stimolato il dialogo tra le
due cordate, ndr) non si è ancora espressa definitivamente sul progetto». Se
l’accordo andrà effettivamente in porto, l’Isontino, lungo l’asse che da
Vertojba, piccolo comune sloveno al confine con Gorizia, porta a Redipuglia
(attraverso, oltre che la stessa Gorizia, Gradisca, Sagrado, Farra,
Fogliano-Redipuglia e San Pier d’Isonzo), sarà attraversato da un’unica linea di
scambio costituita da tre cavi da 10 centimetri di diametro interrati a 1,5
metri di profondità.
Un’opera del valore di oltre 20 milioni che prevede anche tutta una serie di
interventi mirati a schermare le emissioni elettromagnetiche. Attraverso questa
connessione migliorerà l’efficienza delle due reti elettriche, quella italiana e
quella slovena: più nel dettaglio, l’Italia con ogni probabilità beneficierà
dell’interscambio nelle ore diurne, quando la richiesta di energia è maggiore
nel nostro paese, alla luce del maggior numero di insediamenti industriali e
produttivi. Nelle ore notturne, invece, la corrente si muoverà in senso inverso,
dal momento che proprio di notte la Slovenia ha bisogno di ripompare acqua nei
bacini idroelettrici della fascia alpina e prealpina (che da soli forniscono
quasi il 40% del fabbisogno d’oltreconfine, ndr) che di giorno vengono svuotati
proprio per produrre energia.
NICOLA COMELLI
IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 giugno 2010
Piano traffico, la Corte dei conti convoca la giunta -
La Procura chiama anche gli assessori a giustificare i 120mila euro spesi per il
progetto
COINVOLTA TUTTA LA ”SQUADRA” DEL SINDACO
Il sindaco Roberto Dipiazza e sette assessori sono stati chiamati
ufficialmente dal procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori per
spiegare perché sono stati spesi quasi 120mila euro per il piano del traffico
mai realizzato. Tecnicamente quello che è stato inviato a Dipiazza e agli
assessori Massimo Greco, Carlo Grilli, Paolo Rovis, Claudio Giacomelli e Marina
Vlach, Giorgio Rossi e all’ex Franco Bandelli è un invito a dedurre.
Praticamente l’equivalente di un avviso di garanzia. Hanno tempo un mese dalla
notifica, avvenuta qualche giorno fa, per depositare atti e documenti in cui
appunto si indica non tanto il perché con la delibera di giunta numero 572 del 9
dicembre del 2008 era stato rescisso il contratto con il professor Roberto Camus,
il consulente incaricato nel 2003 di realizzare il piano, quanto il motivo per
cui il progetto costato 118mila 434 euro sia finito inutilizzato in un cassetto
del municipio. L’invito a dedurre che riguarda solo chi era presente a quella
riunione di giunta (mancavano gli assessori Giovanni Battista Ravidà e Paris
Lippi), è bene chiarirlo, non presuppone una colpevolezza, ma è chiaro che il
passo successivo nei confronti di Dipiazza e della giunta in carica nel dicembre
del 2009, potrebbe essere quello della citazione. Vale a dire, l’atto formale di
accusa di danno erariale.
Nell’«invito» del procuratore Zappatori si evidenzia che «nonostante la
presentazione della bozza del piano, avvenuta il 15 febbraio 2005,
l’Amministrazione comunale non ha ancora provveduto, a distanza di cinque anni,
alla redazione definitiva del piano stesso, mentre ha risolto il contratto di
consulenza non consentendo la conclusione dell’incarico nei termini inizialmente
pattuiti». Ma non solo. Il procuratore rileva che «la risoluzione del contratto
ha comportato la vanificazione dei risultati già conseguiti fin dal 2005». Per
dirla con parole semplici la costosa medicina acquistata con denaro pubblico per
sistemare la viabilità di Trieste è stata gettata nell’immondizia. Col risultato
che sono anche stati spesi i soldi in modo ritenuto ingiustificato. «Sono 14
anni che faccio le cose per bene», ha commentato secco il sindaco Dipiazza.
La vicenda era cominciata il 4 dicembre 2003. Quel giorno la giunta presieduta
da Roberto Dipiazza aveva approvato la delibera per incaricare il professor
Roberto Camus, preside della facoltà di ingegneria a realizzare il piano del
traffico. Compenso 137mila euro. L’accordo formalizzato prevedeva una serie di
adempimenti sia di tipo tecnico ma anche di incontri con le associazioni di
commercianti e artigiani per delineare un documento che rappresentasse le
esigenze di tutti e nello stesso tempo rendesse più scorrevole la viabilità in
città. Le prime due fasi del «processo» erano andate avanti tranquillamente e il
Comune aveva versato al professionista in due tranche la somma complessiva di
110mila euro.
Ma il guaio era scoppiato nell’autunno del 2008 quando Camus aveva consegnato la
bozza in cui prevedeva la pedonalizzazione di corso Italia. E in quattro e
quattr’otto la sua testa era rotolata sutto la scure della giunta. Il sindaco
nell’occasione aveva dato il benservito al consulente interrompendo ogni
rapporto professionale. La giunta aveva acquisito il documento incompleto di
Camus ripromettendosi di «far completare l’iter tecnico amministrativo del piano
a cura degli uffici comunali». E ovviamente aveva disposto il relativo pagamento
di circa 7mila euro al professionista. La delibera del «licenziamento» di Camus
porta la data del 9 dicembre 2008. Erano passati cinque anni dal momento
dell’incarico (17 dicembre 2003). Ma la bozza da allora è praticamente rimasta
inutilizzata. E adesso la procura contabile chiede il perché.
(c.b.)
Park Sant’Antonio, il Comune accelera - A disposizione
361 posti auto, la metà sarà riservata ai residenti
L’OBIETTIVO È DI CHIUDERE L’ISTRUTTORIA IN AUTUNNO
Dopo San Giusto, Sant’Antonio. Messa nei giorni scorsi la parola fine al
lungo iter legato all’avvio del parcheggio vicino al Teatro Romano, il Comune si
appresta a premere l’acceleratore sulla realizzazione di un secondo, grande park
multipiano: quello, appunto, davanti alla chiesa di Sant’Antonio nuovo.
L’auspicio dell’amministrazione, infatti, è di chiudere l’istruttoria nei
prossimi mesi, per poi arrivare alla scelta del progetto e al parere definitivo
della giunta entro la fine dell’anno.
L’operazione, inserita nel Pup (il piano urbano parcheggi approvato nel 2007),
prevede la costruzione di un park interrato da 361 posti auto, distribuiti su
tre livelli. «Il 50% degli spazi complessivi verrà messo in vendita per
soddisfare le richieste dei residenti, mentre l’altra metà sarà utilizzabile a
rotazione - spiega l’assessore con delega al Project financing Paolo Rovis -. Si
tratta di un intervento essenziale per far fronte alla ”fame” di posti auto in
città, al quale quindi è stata data massima priorità. Se dopo aver dato il la al
parcheggio di San Giusto (i cui lavori entreranno nel vivo a fine 2010)
riusciremo ad avviare anche quello in Borgo Teresiano, potremmo dire di aver già
dato un’importante risposta alle esigenze degli automobilisti triestini. Senza
dimenticare poi che avviare cantieri come questi significa dare lavoro a decine
di persone. Risvolto importantissimo, specie in periodi di crisi»,
Attualmente l’operazione Sant’Antonio è allo studio degli uffici comunali. I
tecnici stanno vagliando la corrispondenza tra i criteri indicati nel bando del
project financing e i due progetti presentati dai costruttori interessati a
realizzare il parcheggio: un’associazione temporanea d’impresa che fa capo alla
Carena, e una seconda ati capitanata da Riccesi. «Gli uffici hanno riscontrato e
segnalato l’esigenza di qualche adeguamento - continua Rovis -. Del resto
parliamo di un intervento da diversi milioni di euro, che richiede valutazioni
accurate. Per la fine del 2010, comunque, contiamo di riuscire a chiudere tutte
le procedure amministrative».
Si annunciano più lunghi invece i tempi per l’avvio di altri parcheggi
ipotizzati già da tempo. Al momento in Comune, riferisce ancora Rovis, dai
costruttori sono arrivate manifestazioni di interesse soltanto per due
contenitori: il park previsto in piazza Foraggi (tre piani interrati per un
totale di 130 posti) e quello immaginato in piazzale Rosmini, davanti alla
chiesa della Madonna del mare. «In quest’ultimo caso esistono però alcune
difficoltà tecniche - aggiunge l’assessore municipale al Project financing -.
Nel bando originario infatti era stata posta una condizione imprescindibile: il
divieto di ridimensionare o anche solo toccare il giardino in superficie per
ricavare il posteggio interrato. Bisogna capire se il maggior onere imposto da
questo paletto, sarà compatibile con il conto economico dell’operazione».
Altro grande interrogativo da risolvere, il destino del piazzale dell’ex Piscina
Bianchi. «Tecnicamente lì è ancora in piedi l’idea di ricavare un posteggio -
prosegue Rovis -. Il progetto però è condizionato all’esito dell’ipotesi Parco
del mare. Fino a che non sarà chiuso definitivamente il dibattito su
quest’ipotesi, sarà difficile definire il futuro del piazzale per il quale, nel
tempo, sono state avanzate diverse idee. In passato, per esempio, si era
prospettata l’ipotesi della ”nuvola”, con una nuova piscina al posto dell’ex
Bianchi in superficie e un park interrato al di sotto. Poi, più di recente,
proprio nell’ottica del Parco del mare, con la Fondazione CrTrieste si era
pensato ad un collegamento tra il posteggio dell’ex Bianchi e quello previsto
sotto il Magazzino Vini. Tra l’altro era già arrivata qualche manifestazione di
interesse da parte di costruttori intenzionati a realizzare l’impianto. La
possibilità però che, oltre ai posti auto, sotto il piazzale dovessero trovare
posto anche altri impianti legati al funzionamento del Parco del mare, ha fatto
rivedere l’orientamento iniziale. In attesa di mettere definitivamente a fuoco
il destino di quella zona comunque - conclude Paolo Rovis - conviene
concentrarsi sulle operazioni certe, concrete e già delineate. Ecco perchè agli
uffici è stato dato mandato di considerare prioritari proprio gli impianti di
San Giusto e Sant’Antonio. I circa 1000 posti garantiti da quelle due strutture,
sommati a quelli già a disposizione in contenitori come Foro Ulpiano e quelli
futuri previsti al Silos, consentiranno nel giro di qualche anno di dare già un
fondamentale aiuto allo storico problema della carenza dei posteggi in città». (m.r.)
Pronta la casa che produce energia - Comfort totale e
zero emissioni: parte il test di vivibilità
Progetto realizzato dalla “Settimo” in collaborazione
con l’Università. Investiti 600mila euro
Vivere in una casa lussuosa producendo al contempo energia? Adesso si può.
Il progetto della Settimo Costruzioni Generali, realizzato in collaborazione con
l'Università cittadina, è ultimato e la ”Casa a zero emissioni” fra qualche
settimana comincerà a essere abitata.
Si tratta di un edificio in via del Pucino - in fase di ultimazione negli arredi
- che non è collegato alla rete del gas né per riscaldare né per cucinare e
utilizza pochissima acqua in quanto servizi e irrigazione sono alimentati da
acqua piovana di recupero.
L' abitazione ha 160 metri quadrati in cui manca nulla: ascensore interno,
piscina idromassaggio, bagno turco, sistemi di domotica innovativi,
telesorveglianza e giardino. Tutte cose che tradizionalmente consumano un sacco
di energia.
«Questa casa, se costruita con sistemi tradizionali, consumerebbe energia per un
valore di 12 mila euro all’anno: i sistemi che abbiamo installato» afferma
l'ingegnere Alessandro Settimo «le tecniche costruttive e le tecnologie
innovative permettono di consumare nell'anno tutta l'energia prodotta senza
costi». Oltre al risparmio, continua Settimo, «questo sistema costruttivo
permette di non utilizzare le tradizionali risorse energetiche inquinanti
favorendo così l’ambiente».
Per i prossimi due anni la casa verrà abitata e al tempo stessa controllata
attraverso dei sensori che permetteranno di valutare l'esatto consumo e
produzione di energia in modo da consentire all'azienda che l'ha progettata e
realizzata di validare, in collaborazione con l'Università, tutti i dati di
progetto per migliorare e la conoscenza e le tecniche.
«Quando metteremo in commercio questi sistemi, entro pochi mesi» dice Settimo
«garantiremo agli acquirenti un consumo massimo, e se l'abitazione eccederà i
limiti previsti saremo noi a pagare la differenza sulle bollette, per
testimoniare quanto siamo certi dei risultati».
«La collaborazione tra l'Università e la Settimo Costruzioni Generali è iniziata
un anno fa» spiega Marco Manzan, docente di fisica tecnica industriale
all'Ateneo: «Abbiamo iniziato con una prima fase numerica di studio e
simulazione per vedere le condizioni dell'impianto, ora parte la seconda fase,
quella della raccolta dei dati. Una terza fase - continua Manzan - sarà quella
di messa a punto dei sistemi per una previsione dei consumi».
Per la ricerca e lo sviluppo sono stati investiti oltre 600 mila euro. Sul
mercato, una casa con queste caratteristiche costerà il 18% in più di
un’abitazione: una cifra che si ammortizza in soli sette anni - fanno notare i
costruttori - risparmiando in energia, oltre al beneficio in termini ambientali.
Federica Cauzer
Balene e delfini - CONFERENZA CON PROIEZIONI
Oggi il Wwf Area Marina Protetta di Miramare propone
l’ultimo incontro primaverile sul tema della biodiversità marina: ”Visti da
sotto: balene e delfini del nostro mare”, questo il titolo dell’incontro in
programma alle 17.30 al Circolo Aziendale Generali (piazza Duca degli
Abruzzi,1). La scaletta degli interventi con relativi filmati prevede per
iniziare un video sui cetacei del mediterraneo, girato da Mauro Francesconi nel
Santuario Pelagos del Mar Ligure, in cui si vedono le principali specie di
mammiferi marini presenti nel nostro mare e se ne sentono i suoni. Il secondo
video sarà dedicato ai cetacei nel Golfo di Trieste. L’autore, Gianni Mangiagli,
lo ha girato in occasione della visita del tursiope in Sacchetta a Trieste: sarà
lo spunto per parlare della presenza, seppur sporadica, di questi animali sotto
costa e per introdurre i programmi di monitoraggio transfrontaliero condotti
assieme a Morigenos, associazione onlus slovena attiva dal 2001 nell’ambito
della loro salvaguardia.
Il terzo intervento ”Incontri particolari in Golfo di Trieste” è il video sulla
megattera girato lo scorso anno dai biologi della Stazione di Biologia Marina di
Pirano, parte dell’Istituto Nazionale di Biologia di Lubiana e commentato dal
professor Lovrenc Lipej.
Infine l’ultimo intervento parlerà di cetacei e comunicazione: porterà la
propria esperienza l’associazione croata Blue World, attiva nello studio della
popolazione stanziale di tursiopi a Lussino.
Un terzo dell’Italia è a rischio deserto - Legambiente:
in 20 anni fenomeno triplicato - Sud e Isole le zone più colpite.
Trentino e Campania nell’incubo frane e alluvioni
FIRENZE Negli ultimi 20 anni in Italia si è triplicato
l'inaridimento del suolo e si stima che il 27 per cento del territorio nazionale
sia a rischio di desertificazione. Lo afferma Legambiente nel suo rapporto
annuale sugli ”ecoprofughi” presentato a Terra Futura, a Firenze. Secondo
Legambiente, che cita dati Enea, le regioni considerate più a rischio sono
Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
Particolarmente grave il caso della Sardegna dove risulta già colpito l'11 per
cento del territorio regionale. A forte rischio anche la Sicilia, nelle zone
interne della provincia di Caltanissetta, Enna e Catania e lungo la costa
agrigentina e la Puglia «dove - si legge nel dossier - solo il 7 per cento del
territorio regionale non è affetto dal rischio deserto mentre il 93 per cento è
mediamente e molto sensibile».
Trentino Alto Adige e Campania sono invece le regioni italiane più esposti ai
rischi di frane e alluvioni. Lo rivela il catalogo storico di eventi di frane e
inondazioni realizzato dall'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica
(Irpi) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, presentato al convegno ”La
ricerca del Cnr per il Sistema Nazionale di Protezione Civile”, tenutosi a Roma
presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Basato sul rapporto tra
eventi naturali e vittime provocate, l'indagine rivela che dal dal 1950 al 2008
le vittime di eventi franosi in tutto il territorio nazionale sono state oltre
6380 e quelle delle alluvioni oltre 269. Secondo i dati le regioni più esposte
sono il Trentino Alto Adige, con 675 vittime dovute a 198 eventi franosi, e la
Campania, con 431 vittime provocate da 231 frane.
Seguono Sicilia con 33 eventi e 374 vittime, e il Piemonte con 88 episodi
franosi e 252 vittime. Un discorso a parte per il Veneto dove, nel 1963, un solo
evento (quello del Vajont) causò più di 1700 vittime. Se si passa a considerare
le inondazioni, invece, le Regioni più interessate sono Piemonte (73 eventi
alluvionali e 235 vittime); Campania (59 eventi e 211 vittime); Toscana (51
eventi e 456 vittime: un numero caratterizzato dalla inondazione dell'Arno del
1966) e Calabria (37 eventi e 517 vittime).
«Tante specie. Un Pianeta. Un futuro» - LO SLOGAN DELLA
GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE
L’evento sarà accompagnato da un appello urgente per
conservare la diversità della vita sulla Terra
ROMA "Tante specie. Un Pianeta. Un futuro": questo lo slogan della Giornata
mondiale dell’ambiente, che si celebra il 5 giugno. L’evento, lanciato dall’Onu
nel 1972, sarà accompagnato da un appello urgente per conservare la diversità
della vita sul pianeta essendo il 2010 l’anno internazionale della biodiversità.
Un patrimionio messo sempre più a rischio da deforestazione, cementificazione,
inquinamento, riscaldamento globale.
L’emergenza riguarda tutto il pianeta ma "l’Italia è particolarmente esposta"
sostiene Jacqueline McGlade, direttore dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea).
Insomma siamo il Paese più ricco di biodiversità con 57.468 specie animali (8,6
per cento endemiche), 12mila specie floristiche (13,5 per cento endemiche), ma
molto di questo patrimonio si sta perdendo.
Nel rapporto "Biodiversità a rischio", Legambiente ad esempio segnala che negli
ultimi 10 anni è stata persa una superficie forestale di oltre 50mila chilometri
quadrati, un polmone verde pari a due volte la Sicilia. Una specie vegetale, la
"Radula visiniaca", è già estinta e altre 15 sono ad altissimo rischio come
l’Abete dei Nebrodi e il Ribes di Sardegna.
Passando alla fauna, un mammifero, il "Prolago sardo", è già estinto e il Wwf
stima che siano in pericolo il 68% dei vertebrati terrestri, il 66% degli
uccelli, il 64% dei mammiferi, il 76% degli anfibi, il 69% dei rettili e
addirittura l’88% dei pesci di acqua dolce. L’associazione del panda ha stilato
una lista degli animali che "richiedono interventi urgenti di tutela": 23 specie
a partire dall’orso bruno di cui si contano meno di 90 esemplari tra Alpi e
Appennini. Seguono la lontra che raggiunge a stento i 220-260 esemplari;
l’aquila del Bonelli che arriva alle 15 coppie; l’avvoltoio Capovaccaio con 10
coppie; il lanario, con poche centinaia di coppie. La pernice è ridotta a
5.000-9.000 coppie e per la gallina prataiola si contano 1.500-2.000 esemplari.
Le anatre mediterranee sono entro le 60-70 e ci sono meno di 10 esemplari di
pelobate fosco. A rischio anche la testuggine comune, 48 specie di pesci delle
acque interne, le tartarughe marine, il delfino comune, il tonno rosso, la foca
monaca e i pipistrelli.
Vi sono poi quelle specie che "stanno recuperando ma sui cui non si deve
abbassare la guardia": il camoscio appenninico (700-800 esemplari), lo stambecco
alpino (30mila capi), il lupo (500-800), il capriolo italico (meno di 10mila),
l’airone bianco maggiore (40 coppie nidificanti), il falco pellegrino (oltre
1.300 coppie) e il cervo sardo.
Tra le cause principali della riduzione di biodiversità nel nostro Paese, c’è il
consumo del suolo. Ogni anno "a causa dell’urbanizzazione e dell’assenza di una
corretta pianificazione territoriale - si legge l’ultimo rapporto sulla qualità
dell’ambiente urbano dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale) - le città mangiano un spicchio di natura grande 15.000.000
di metri quadrati". La conseguenza? Frane e alluvioni. Non solo. Secondo
Legambiente in "Italia si è triplicato l’inaridimento del suolo e il 27 per
cento del territorio rischia di trasformarsi in deserto". La Puglia è la più
esposta con il 60 per cento della sua superficie, seguita da Basilicata (54),
Sicilia (47) e Sardegna (31). A rischio anche le piccole isole. E l’Enea
inserisce tra le regioni in pericolo pure Calabria, Campania e Molise.
Che fare? Il ministro Stefania Prestigiacomo ha annunciato una "Strategia
nazionale per la biodiversità". Basterà? C’è da sperarlo perché, avvertono gli
esperti, il tempo stringe e se dovesse sparire il nostro patrimonio di
biodiversità ci ritroveremmo senza un’area grande quanto Lazio e Campania messe
insieme.
MONICA VIVIANI
Pochi consigli utili per ridurre i consumi di acqua e
energia
ROMA Non è mai troppo tardi per cominciare a riciclare i
rifiuti e a ridurre i consumi d'acqua.
A rilanciare tante piccole eco-azioni quotidiane è il sito web della giornata
mondiale dell'Ambiente, che si festeggia il prossimo 5 giugno. L'invito per
tutti è quello di piantare un albero, ma non mancano una serie di suggerimenti,
dalla casa al lavoro.
CASA Tanti dimenticano che il risparmio dell'acqua comincia dal rubinetto.
Meglio non lasciar scorrere l'acqua mentre ci si fa la barba o si lavano i
denti. Invece dei rasoi usa e getta, si può optare per un rasoio elettrico o a
mano, con lamette di ricambio.
Quando invece si prepara un panino, evitare plastica e alluminio per
impacchettarlo, meglio scegliere contenitori riutilizzabili. Volendo mangiare al
ristorante, una volta a settimana si può cambiare dieta e diventare «vegani».
Una buona fetta di gas serra infatti arriva dall'allevamento di bestiame.
Uscendo di casa, ricordarsi di spegnere tutte le apparecchiature elettroniche e
gli interruttori della luce: si risparmiano corrente ed emissioni di anidride
carbonica (CO2). Indossare i jeans più di una volta e preferire prodotti
ecologici per fare il bucato.
ANDANDO AL LAVORO Invece di prendere l'automobile, provare ad andare in bici,
condividendo l'auto con altre persone, oppure con i mezzi pubblici.
Se non si può fare a meno dell'auto, al prossimo acquisto scegliere un modello
efficiente dal punto di vista dei consumi di carburante e ricordarsi di gonfiare
le gomme alla pressione corretta. Se si rimane bloccati nel traffico, meglio
spegnere il motore.
IN UFFICIO Se si è abituati a consumare caffè o bevande, usare una tazza
lavabile invece dei bicchieri e bottigliette di plastica. L'80 per cento delle
bottiglie di plastica infatti sono riciclabili, ma in realtà oggi se ne ricicla
solo il 20 per cento.
Quando si usa la stampante del computer, scegliere l'opzione fronte-retro, per
risparmiare carta. Stesso copione per il blocchetto per messaggi e appunti:
usare tutti i fogli, da entrambi i lati. In generale, riciclare quanto è
possibile. Spegnere le luci non necessarie e comprare una pianta per
personalizzare la scrivania: rimuove gli inquinanti presenti nell'aria.
Sparare ai cinghiali si può ma solo se c’è il permesso
ROMA La cattura e l’abbattimento di animali selvaggi
possono rappresentare una soluzione per ridurre popolazioni caratterizzate da
una eccessiva prolificazione. Ma non possono diventare una prassi soprattutto se
si verifica in un territorio comunale collocato in un Parco nazionale
individuato come Sito di importanza comunitaria (Sic). Inoltre questa pratica
deve essere sostenuta da una adeguata motivazione oppure che sia stato accertato
un pericolo per l'incolumità pubblica.
La decisione è del Tar siciliano che annulla l'ordinanza del sindaco del Comune
di Collessano, che autorizzava i cittadini in possesso del porto d'armi a
abbattere i maiali inselvatichiti presenti sul territorio comunale. Si trattava
di animali che causavano all’agricoltura. Da qui la sollecitazione a Comuni,
Province e Regioni, e anche Enti parco a identificare un metodo per contenere il
fenomeno anche in modo cruento.
Ma secondo il Tar, l'ordinanza è illogica quando autorizza i cittadini in
possesso del porto d'armi all'abbattimento generalizzato dei suidi, in evidente
contrasto con il superiore interesse alla difesa dell'incolumità pubblica. Il
Tribunale ricorda che secondo la legge l'uccisione attraverso armi da fuoco è
plausibile, ma solo come soluzione finale o meglio quando i metodi ecologici
siano stati accertati come inefficaci. Solo qualora l'Istituto nazionale per la
fauna selvatica (Infs) verifichi la non efficacia di metodi di contenimento
numerico alternativo, le Province - fra l'altro e non i Comuni - possono
autorizzare piani di abbattimento.
Cherso, inseguito da un cinghiale finisce all’ospedale
- Un esemplare già ferito mette in fuga un agricoltore prima di essere ucciso da
due isolani accorsi
Serie contusioni al volto nella precipitosa caduta da
un muro a secco
Poteva accadere ed è accaduto. L’altro ieri a poche centinaia di metri dalle
prime case di Cherso città, in località Volnik, un agricoltore locale è stato
attaccato da un cinghiale, riportando ferite al volto causate da una brutta
caduta avutasi mentre stava scappando, inseguito dall’animale.
Il chersino Claudio Ferlora era andato nella sua campagna, a vedere le colture,
quando si è visto a tu per tu con un cinghiale, un esemplare giovane ma non per
questo poco pericoloso. L’animale ha subito mostrato le sue intenzioni nei
confronti dell’isolano, lanciandosi contro Ferlora, al quale non è rimasto altro
che mettersi in fuga. Nello scavalcare un muretto a secco, il chersino è
ruzzolato a terra, ferendosi al viso. Per fortuna che in quel momento fossero
nei paraggi altri due chersini, Alfred Negovetic e Marko Diaci, lesti
nell’opporsi all’inferocito animale. La lotta è durata una quindicina di minuti,
quanto è bastato ai due a uccidere il cinghiale. Si è scoperto che aveva una
seria ferita alla mascella inferiore, il che avrà aumentato l’istinto di
autodifesa e quindi la sua aggressività verso Ferlora e i due concittadini
accorsi a soccorrerlo. Quello di Volnik è il primo attacco a Cherso di un
cinghiale all’uomo. Come da noi più volte rilevato, l’Arcipelago di Cherso e
Lussino brulica di cinghiali, specie alloctona e introdotta dissenatamente quasi
30 anni fa per incrementare il turismo venatorio. Da allora questi grufolatori
stanno combinando un guaio dietro l’altro, danneggiando colture, facendo andare
giù i tipici muretti a secco dell’isola e cibandosi di agnelli. Agricoltori e
allevatori di ovini si sono lamentati parecchie volte per quanto accaduto,
rilevando – assieme all’opinione pubblica e alla stampa – che prima o poi ci
sarebbe stato un attacco all’uomo. L’episodio di martedì mattina non ha avuto
per fortuna serie conseguenze, anche perché l’animale non ha potuto colpire con
le proprie zanne, ferito proprio alla bocca, e poi è stato ucciso. Ma a Cherso,
come pure a Lussino, ci sono bestioni che superano i 100 chilogrammi, le cui
eventuali cariche potrebbero avere conseguenze molto pericolose. Settimane fa,
alcuni turisti avevano notato che un gruppo di cinghiali si muovevano – neppure
troppo furtivi – nella pineta di Cigale (Cikat), a Lussino, a poche decine di
metri dal mare. Avvistamenti si sono avuti un po’ in tutto l’arcipelago, a
conferma che la specie – introdotta nella parte settentrionale di Cherso – si è
spinta fino nella parte meridionale di Lussino. È dal 1985 che allevatori e
agricoltori stanno protestando contro la presenza dei cinghiali a Cherso. La
prima petizione contro questi animali si ebbe 25 anni fa, con i chersini che già
allora erano dell’opinione che i cacciatori facessero poco per liberare l’isola
dai cinghiali. È trascorso un quarto di secolo, si sono avute altre raccolte di
firme, manifestazioni di protesta, lettere aperte, interpellanze parlamentari,
ma la situazione è parecchio peggiorata. Nelle due isole vivono centinaia e
centinaia di cinghiali e finora a nulla sono valsi i tentativi di sterminarli,
al contrario di quanto verificatosi a Veglia, dove questa specie alloctona
sembra essere praticamente scomparsa dopo anni e anni di caccia serrata.
Andrea Marsanich
Petrini: «Non facciamoci mangiare dal cibo» -
INTERVISTA AL FONDATORE DEL MOVIMENTO CULTURALE ”SLOW FOOD”
«Dobbiamo creare un’alleanza fra chi produce e chi
compera, andando direttamente dai contadini»
ROMA La tutela della biodiversità, cui quest’anno viene dedicata la Giornata
mondiale dell’ambiente che si celebra il 5 giugno, passa anche attraverso le
scelte alimentari di tutti noi, attraverso il saper produrre e consumare cibo in
modo sostenibile. Ne è convinto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che nel
suo libro "Terra Madre. Come non farci mangiare dal cibo" suggerisce una via
d’uscita per riprendere le redini del nostro rapporto vitale con la Terra:
un’alleanza tra chi produce il cibo e chi lo mangia.
Petrini, come si realizza questa "alleanza"?
Avendo cura di scegliere il cibo con comportamenti virtuosi. Ad esempio
comprando direttamente dai contadini, organizzando gruppi di acquisto solidale,
e riducendo lo spreco come l’eccesso. In questo modo i consumatori diventano
co-produttori e come tali un baluardo di difesa della biodiversità. Con queste
pratiche e tornando a un’agricoltura e a un’economia locale potremo cambiare
davvero le cose.
Come le economie locali possono tutelare la biodiversità?
La difesa della biodiversità esige che molte specie più deboli, sia animali che
vegetali, vengano consumate localmente. Molte specie si sono perse perchè non
sopportavano lunghi trasporti.
E gli Ogm?
Sono l’ultima logica perversa. Negli Stati Uniti si stanno però accorgendo che
tutta questa convenienza non c’è perchè comportano un consumo d’acqua
spropositato e non hanno una rendita corposa.
Ma davvero rischiamo di essere "mangiati dal cibo"?
Il cibo si è trasformato da elemento vitale in un prodotto come gli altri: viene
prodotto soprattutto per essere venduto e non per essere mangiato. La
mercificazione ci ha portati a non distinguere più il valore dal prezzo. Ciò sta
generando in campo agricolo una situazione disperata, non c’è settore agricolo
in Italia che non sia in sofferenza e questo nel totale disinteresse della
politica perchè i contadini sono ormai talmente pochi che non hanno più peso
elettorale. Mi chiedo fino a quando potrà andare avanti un sistema che disprezza
cosë il settore primario. Perchè tra un po’ non ci saranno più contadini.
A proposito di spreco, lei sostiene che dobbiamo "re-imparare a fare la spesa".
In che modo?
È assurdo cercare prezzi bassi e poi buttare via metà del cibo che acquistiamo.
Lo spreco ha un costo enorme. Dobbiamo re-imparare a fare la spesa nel senso che
bastano piccole pratiche quotidiane per cambiare le cose: non comprare più del
necessario, cercare solo prodotti stagionali, prediligere quelli sfusi riducendo
così i rifiuti. Oggi le amministrazioni sono attanagliate dal problema di come
eliminare i rifiuti ma il ragionamento più importante da fare dovrebbe essere
quello di capire come ridurne la produzione.
In sostanza il suo invito è a mangiare e consumare meno e meglio anche per
aiutare l’ambiente?
Sì, anche perchè mangiare bene non costa caro. Basta cercare la qualità al di
fuori del sistena consumistico e recuperare le buone pratiche gastronomiche. La
conoscenza del cibo deve portarci a un consumo più razionale: il fatto che come
Slow Food abbiamo aperto 300 orti scolastici in Italia significa che si sta
cercando di riconciliare i giovani con la terra e allo stesso modo bisogna
tentare di recuperare le pratiche una volta tramandate da madre a figlia, su
come conservare i cibi o recuperare gli avanzi.
La marea nera ci sta però mostrando l’impotenza dell’uomo a far fronte alle
conseguenze del "progresso".
È un disastro così imponente che rischia di mettere in crisi una presidenza nata
come innovativa. Questa crisi deve portare ad avere più rispetto per l’ambiente.
MONICA VIVIANI
SEGNALAZIONI - «Alta velocità: quel ”nodo” strano della
stazione sotto viale Miramare» - LA REPLICA
Il secondo «intervento» del prof. Torbianelli (14 maggio)
dà informazioni inedite e preziose - di cui possiamo essergli grati - sul come
venne scelto il lunghissimo percorso ferroviario in galleria del Corridoio 5.
Scrive infatti Torbianelli che «la valutazione costi benefici di varie
alternative di tracciato (venne svolta) nei lontani 1999-2000 dall'Istiee che a
sua volta aveva l'incarico da Italfer». (L'Istiee è l'Istituto per lo Studio dei
Trasporti nell'Integrazione Economica Europea, emanazione della nostra
Università). Dopo quei «lontani 1999-2000», nulla.
Una signora notizia, perché sulle circostanze di quella scelta si era esercitata
la curiosità di molti. Chi, perché, e come aveva scelto fra la Valle del Vipacco,
il Carso a varie profondità, e i 60 km di gallerie (più stazione 10 metri sotto
Viale Miramare), con la famosa curva che avrebbe semi-sventrato Bagnoli?
Mistero, purtroppo non svelato nemmeno dall'aggiornatissimo libro curato da
Romano Vecchiet, in uscita fra pochi giorni (Corridoio Cinque; storia, problemi
e prospettive. Atti dell'Istituto Gramsci, in collaborazione con il Centro Studi
Dialoghi Europei). Il lettore vi troverà infatti scritto solo ciò che si sapeva
fino all'intervento Torbianelli e cioè che «Italferr ed Rfi non hanno mai
fornito al pubblico le analisi tecniche e costi/benefici sulle molte varianti
prese in considerazione nel 1999-2000, né hanno spiegato pregi e difetti
dell'opzione più meridionale, che poi fu ulteriormente sviluppata (la curva M
sotto la Val Rosandra; ndr). La suddivisione delle Ferrovie dello Stato in una
serie di SpA» - continua il libro - «ne ha profondamente mutato le procedure
decisionali strategiche, sicché tutta l'istruttoria tecnica, contatti con le
ferrovie slovene compresi, è rimasta segreta».
Aggiungo un'altra informazione, che valorizza ulteriormente quella fornita dal
prof. Torbianelli: a suo tempo, il prescritto parere del Servizio Valutazione
ambientale della Regione sulle varie alternative di tracciato, non poté nemmeno
servirsi di una cartina di questi percorsi. I funzionari regionali poterono
vederli solo dal Piccolo, che ne pubblicò una sintesi grafica il 12/1/2006,
grazie ad una indiscrezione galeotta uscita dagli uffici ferroviari.
Commento: stupisce, direi quasi addolora, che la collaborazione fra un ente
dell'università e quelle che ancora continuano a fregiarsi del nome di «Ferrovie
dello Stato» (ora intrico di SpA) abbia dato come risultato un processo
decisionale, che ha escluso completamente l'opinione pubblica e la benedetta
società in cui viviamo.
Scrive ancora il prof. Torbianelli: «Mai difeso il tracciato sotterraneo carsico
del Corridoio V, benché abbia affermato l'utilità di qualche miglioramento delle
infrastrutture». Sbaglierò, ma quel «benché» sembra suggerire una scrittura che
arranca in galleria. In fondo al tunnel però intravedo una luce. Dal curriculum
che il suo autore ha depositato all'università leggo infatti che, non nei
«lontani 1999-2000», ma all'epoca della sua difesa del tracciato (2005) egli
aveva appena terminato questa attività: «2004 - Direzione dello studio ’’I
progetti per il nodo di alta velocità ferroviaria di Trieste’’» (e il "nodo",
non era la stazione 10 metri sotto Viale Miramare, lungo i 60 e passa chilometri
di gallerie?).
Del resto, pochi giorni fa, mi è capitato di sentire un dirigente ex-Ds
affermare testualmente, davanti a 12 astanti perplessi: «Abbiamo l'orgoglio di
poter affermare di avere scongiurato lo scempio che sarebbe stato causato dalle
gallerie del Corridoio V». Se fino all'altroieri a criticare quel progetto
faraonico (ed il rigassificatore) ci si tirava addosso la scomunica dei Ds che
contano?
Livio Sirovich
SEGNALAZIONI - «Popovic ha ragione sulle brutture di
Trieste» - LE PAROLE DEL SINDACO DI CAPODISTRIA
Riferendomi agli articoli apparsi il 28 e 29 maggio,
desidero esprimere il mio totale accordo con quanto dichiarato dal sindaco di
Capodistria sulle brutture che si presentano alla vista sia di chi proviene
dalla superstrada a Est della città, sia di chi arriva dalla Costiera e cioè
Ferriera e Porto vecchio. Tra l’altro condivido pure il suo parere sulle Rive
che anche a me sembrano cimiteriali.
Nel caso della Ferriera, non si tratta purtroppo solo di un problema estetico,
ma anche di un problema ambientale che investe tutta la città. Se tanti
concittadini uscissero dal torpore del «viva là po’ bon», che li caratterizza,
dovrebbero prendere coscienza del fatto che la Ferriera non è mai stata, e meno
che mai lo è ora, solo un problema dei servolani.
Questo il sindaco Popovic lo sa perfettamente, tant’è vero che, preoccupato per
l’elevata percentuale di tumori in alcune aree della Slovenia (Crevatini ed
altre), ha fatto effettuare dall’autorità sanitaria un’indagine epidemiologica
che ha indicato come responsabili di tale situazione l’inquinamento dovuto
all’Inceneritore e alla Ferriera di Trieste.
A quanto pare però, tra i sindaci dei territori colpiti da tale inquinamento
l’unico a essere consapevole del problema, e coerente con i fatti, è il sindaco
di Capodistria.
Quanto all’articolo che riporta l’unanime indignazione dei politici locali di
destra e di sinistra di fronte alle affermazioni del signor Popovic sulle
«brutture», evidentemente nella nostra pseudo-democrazia conta solo l’opinione
della casta, mentre la mia, e verosimilmente anche quella di altri cittadini,
contano meno di nulla.
Aurora Marconi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 giugno 2010
Barcola raddoppia, torna la Copacabana - Possibile
ampliare la riviera con i residui di scavo del Park S. Giusto. Costruttori:
pronti a partire
OPPORTUNITÀ PREVISTA DAL NUOVO PIANO REGOLATORE
Si riaffaccia l'idea di realizzare una sorta di Copacabana sulla riviera di
Barcola. La possibilità di interrare il tratto di costa tra la fine della Pineta
e l'area di fronte al ristorante La Marinella viene data dal nuovo Piano
regolatore che il Comune si appresta ad approvare approssimativamente entro il
mese di luglio.
L'opportunità è quella di creare un’ulteriore area a mare per una distanza
massima di 25 metri dal ciglio stradale, realizzando una zona destinata a
servizi di supporto alla balneazione, nuovi punti di accesso al mare facilitati
destinati ai più piccoli e agli anziani, piscine e giochi d'acqua, punti di
ristoro, spazi ricreativi e aree verdi attrezzate.
«L'idea - precisa Piero Camber, capogruppo Pdl in consiglio comunale e
componente della Commissione urbanistica del Comune - è quella di permettere a
un soggetto privato, ad esempio i costruttori di Trieste, di usare quell'area
come discarica di tipo A, ovvero di materiali inerti. Con un project financing
potrebbero utilizzare il materiale ricavato dagli scavi necessari a realizzare
il Park San Giusto per riempire l'area davanti a Barcola». Dell’utilizzo del
materiale di scavo peraltro aveva parlato in una recente mozione in consiglio
comunale anche il consigliere comunale pidiellino Lorenzo Giorgi, che a suo
tempo - da presidente di Circoscrizione - si spese abbondantemente per la
Copacabana di Barcola.
Il vincolo imposto ora dall'amministrazione è quello che la battigia resti
pubblica: nessuno deve pagare per prendere il sole o per fare il bagno. A
pagamento sarebbero invece alcuni dei servizi realizzati dai privati che
intendano avviare un’iniziativa di questo tipo.
«Noi del Collegio costruttori di Trieste siamo pronti. Anzi - ammette
l'architetto Donato Riccesi, presidente regionale dell'Ance, l'associazione
nazionale dei costruttori edili, - ci siamo persino stancati di avanzare
progetti. La proposta di ampliare la riviera di Barcola noi l'avevamo già
presentata 12 anni fa, ma allora l'accoglimento del progetto a livello politico
non fu generale».
Il via libera alla Copacabana triestina da parte del Comune dunque c'è, la
disponibilità a scendere in campo dal punto di vista finanziario da parte dei
costruttori anche. Spetta poi alla Provincia, l'ente incaricato al rilascio
delle autorizzazioni in materia di discariche, dare i premessi. Un nodo da
sciogliere è però quello della tempistica. Infatti «mi fa piacere che ora anche
da parte dei politici questa prospettiva venga condivisa - spiega Riccesi - ma i
tempi stringono. Il progetto per Park San Giusto è già in fase avanzata e se si
vuole sfruttare questa occasione è obbligatorio dare il via quanto prima alla
valutazione dei progetti e all'iter per ottenere le autorizzazioni».
Il costruttore riferisce che i volumi di scavo per la realizzazione del nuovo
parcheggio sotto il colle di San Giusto consteranno di oltre 100 mila metri cubi
di materiali da sfruttare per l'interramento. «Se non si accelera - sottolinea
Riccesi - temo che gli iter per i due progetti non andranno a coincidere dal
punto di vista dei tempi. Per realizzare quel tipo di interramento a Barcola
servono valutazioni e approvazioni che richiedono un certo arco di tempo. Ciò ci
costringerà a portare il materiale che recuperiamo dal Park San Giusto alla cava
Faccanoni, dando il via al recupero ambientale di una ferita creata su quel
monte ad opera dell'uomo».
Il nuovo piano regolatore del Comune trasforma il lungomare di Barcola da zona
tecnicamente definita "G4" a zona "S5", da zona balneare e dell'arenile cioè a
zona di balneazione turistica. Una modifica sostanziale che oltre a prevedere la
possibilità di un interramento consente di realizzare parcheggi anche interrati
nella misura corrispondente a quelli presenti sulla strada. Il piano conferma
inoltre le attuali funzioni del porticciolo di Cedas (nautica da diporto, pesca
artigianale) prevedendone un ampliamento oltre la nuova linea di battigia.
Sul lato mare è prevista poi la creazione di nuove strutture destinate al
ristoro, ai servizi o all'intrattenimento: potrà essere coperto da fabbricati
non più del 5 per cento del totale dell’area. Gli edifici dovranno avere
un'altezza massima di quattro metri .
«Ampliando la parte prospiciente al mare - spiega Roberto Sasco (Udc),
presidente della Commissione urbanistica del Consiglio comunale - sarà possibile
realizzare una serie di servizi e di punti di intrattenimento necessari allo
sviluppo anche turistico di quell'area. È evidente che in prospettiva andrebbe
ampliato il servizio di trasporto pubblico e risolta la questione dei
parcheggi».
E rispunta così il progetto di collegamento tra Barcola e Montegrisa, un’altra
prospettiva della quale si parla ciclicamente da decenni: «Sotto il santuario
mariano c'è un ampio spazio per i parcheggi - constata Sasco - e senza
stravolgere l'ambiente andrebbe progettata un'ovovia che colleghi i due siti. I
turisti, ma anche i residenti, potrebbero lasciare lì la loro automobile per poi
scendere sul lungomare».
Sasco si spinge oltre suggerendo uno sviluppo dell'intera zona di Barcola.
«Nella zona a monte - osserva - vanno individuate delle aree dove costruire
nuove strutture ricettive. La riviera barcolana è un'area di grande valore
turistico, è il nostro biglietto da visita ma oggi è pressoché priva di
ristoranti, bar e alberghi. Il progetto dell'interramento del lungomare -
conclude - va supportato dalla realizzazione di nuove strutture, rispettando
l'ambiente e anche i diritti di chi abita quella fetta della città».
LAURA TONERO
NUOVA RIVIERA BARCOLA - Nel 1998 il primo studio di
fattibilità - Concorso di idee, dieci i progetti. Ma nessuno fu giudicato idoneo
Era il novembre del 1998 quando il Collegio costruttori di
Trieste presentò uno studio di fattibilità per allargare il tratto di costa fra
la pineta e il ristorante La Marinella di Barcola. L'idea era quella di creare
un sorta di "barriera trasparente" tra la strada e il mare. Uno spazio largo una
cinquantina di metri e lungo un chilometro e mezzo.
Nei mesi successivi venne indetto anche un concorso di idee in collaborazione
con la facoltà di Architettura dell’Ateneo cittadino, il Comune, la Capitaneria
di porto e con il finanziamento della Fondazione CRTrieste. Furono dieci i
progetti presentati per la cosiddetta "Barcola Futura". A guidare la giunta
comunale c'era allora Riccardo Illy, assessore ai lavori pubblici era Uberto
Fortuna Drossi. A supporto dell'iniziativa la Terza Circoscrizione allora
organizzò anche una sorta di referendum: 5 mila i pareri raccolti, la metà dei
quali favorevoli.
Nessuna delle dieci idee presentate risultò però allora idonea, nessuno si
aggiudicò la possibilità di redigere il progetto esecutivo valutabile allora in
circa 150 milioni di euro. Così le intenzioni dei costruttori rimasero sulla
carta e il futuro di Barcola venne rinviato a nuovi progetti.
Fu il neoeletto sindaco Dipiazza a riproporre nel 2001 l'idea di riqualificare
quell'area. E qualcosa in effetti da allora è stato fatto con un completo
restyling dei Topolini. Ma di interramento nemmeno l'ombra, malgrado le
reiterate proposte del commendatore Primo Rovis che per la sua Trieste ha sempre
desiderato un lungomare alla Copacabana. Anni fa, lo stesso Rovis, realizzò
anche un progetto con tanto di plastico: vasche per i delfini, giochi acqua e
strutture turistiche. Ma rimase un sogno.
Oggi è il nuovo piano regolatore a riportare in primo piano questa opportunità
con la possibilità avanzata dal consigliere comunale Roberto Sasco di
rispolverare un suo progetto di oltre due anni fa per realizzare un'ovovia che
colleghi Barcola a Montegrisa.
(l.t.)
«Rigassificatore, De Anna faccia il punto sull’iter» -
LO CHIEDE LUPIERI (PD)
Ascoltare l’assessore regionale all’ambiente Elio De Anna
«per conoscere la situazione procedurale» del rigassificatore di Zaule. A
chiedere l’audizione in Quarta commissione consiliare regionale è Sergio Lupieri
(Pd) coi colleghi Moretton, Brandolin e Travanut. Dopo il sì del ministero
dell'Ambiente, con prescrizioni, la proprietà ha chiesto l’ok alla Regione.
«Manca - scrive una nota - il Via ministeriale sul metanodotto» tra Zaule a
Villesse, «è importante un aggiornamento» su «quali sono le prescrizioni del
Ministero, quale il loro percorso e se l'autorizzazione richiesta alla Regione
dipende anche dalla verifica di queste prescrizioni».
SEGNALAZIONI - «Meglio impiegare i fondi pubblici per
fonti di energia rinnovabile»
Non erano da subito credibili le scelte del sindaco di
Muggia Nerio Nesladek, e non lo sono ora quelle del segretario provinciale del
Pd Roberto Cosolini, di proporsi come i leader nella lotta contro la
realizzazione dell’impianto di rigassificazione nell’area ex-Esso di Zaule. Tale
plausibile comportamento non è, almeno per i più informati sulla vicenda,
sufficiente per cancellare il ricordo di chi da assessore nella giunta Illy
approvò il progetto o di chi, nonostante il ruolo di sindaco di Muggia scelse di
tenere nell’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore portuale una
posizione defilata e debole, invece di bloccare con il suo veto la destinazione
d’uso ad area energetica portuale lo spazio ex-Esso di Zaule e quindi bloccare
concretamente il progetto dell’impianto di rigassificazione. Ma questo frenetico
attivismo, soprattutto del sindaco di Muggia, non serve neanche a far
dimenticare a chi era presente venerdì 17 ottobre 2008 alla sala Millo a Muggia,
al dibattito pubblico sul rigassificatore, per ascoltare gli interventi del
sindaco di Capodistria, Boris Popovic e del sottosegretario all’Ambiente del
governo sloveno Marko Starman. In particolare quest’ultimo aveva riferito sugli
incontri difficili avuti dalla delegazione slovena con la commissione della Ue
dovuti alla constatazione che alla commissione erano arrivate solo due proteste
contro il progetto del rigassificatore, tutte da parte slovena. Come dire: in
Italia, in Friuli Venezia Giulia, tutti risultavano essere d’accordo. Purtroppo
non risultava che neanche i sindaci di Muggia e Dolina avessero inoltrato le
mozioni, votate all’unanimità nei loro consigli comunali, contrarie al progetto,
cioè nessun disturbo: a queste due amministrazioni era bastato inviare le
mozioni al Piccolo (figurone) e non alla commissione europea. C’è qualcosa che
non va, anche perché se si analizza l’intervista al sindaco di Muggia,
pubblicata domenica 27 dicembre 2009, emerge chiaramente una sua non totale
contrarietà alla realizzazione di impianti di rigassificazione nel golfo. Se
all’inizio ribadisce la sua contrarietà alla realizzazione dell’impianto di
rigassificazione nell’area ex-Esso di Zaule, nel seguito della dichiarazione
ammette una possibile apertura ad altre forme di rigassificazione. Progetto che
è giusto ricordare è già stato, anche questo, approvato dalla giunta Illy, e
quindi è ben visto dagli amici del Pd, partito che si è sempre dimostrato
sensibile, sia a livello regionale sia nazionale, più ai desideri e alla tutela
degli interessi delle multinazionali che alle reali problematiche del
territorio. Si ritiene pertanto che attraverso l’assenso certo al progetto in
mezzo al golfo dato dai loro affiliati ambientalisti (soprattutto Lega Ambiente)
ci sarebbero pure le condizioni per non avere grandi contestazioni in quanto il
rimanente fronte ambientalista contrario, apparirebbe all’opinione pubblica come
uno sparuto movimento integralista contrario al progresso.
Ma la costruzione di un impianto di rigassificazione nel golfo è un buon
investimento per la collettività o forse il buon investimento è dovuto solamente
alla facilità di accedere ai contributi pubblici che i governi nazionali hanno
deciso di elargire? Forse sarebbe auspicabile che i politici si attivassero
affinché questa quantità enorme di soldi pubblici fosse invece spesa per
impianti che sfruttino le fonti di energie rinnovabili, garantendo così alle
generazioni future un mondo indipendente dalle multinazionali e una qualità
della vita migliore.
Marco Russo
Altipiano Est chiede più contenitori per la
differenziata - PARERE FAVOREVOLE SUL NUOVO REGOLAMENTO COMUNALE PER LE
IMMONDIZIE
TRIESTE «Il regolamento comunale per i rifiuti ci trova
d’accordo, a patto che si tengano bene in evidenza quelle piccole ma importanti
differenze che sussistono tra altopiano e città». Così commenta il Consiglio
circoscrizionale Altipiano Est nel documento con cui è stato trasmesso al Comune
il parere favorevole sul nuovo regolamento, strumento giudicato positivamente ma
che, a parere del parlamentino, dovrebbe essere ritoccato per risultare
funzionale alle esigenze della popolazione di Opicina e dintorni.
La Seconda circoscrizione ha perciò inviato al Servizio controllo attività
esternalizzate alcuni suggerimenti che si vorrebbe fossero assunti nella stesura
definitiva del regolamento per lo smaltimento rifiuti definitivo.
Tra le prime indicazioni, il posizionamento nelle diverse frazioni di un maggior
numero di contenitori per la raccolta differenziata, in vista dell’obiettivo
comunale di raggiungere entro il 2012 almeno il 65 percento rispetto alla
raccolta totale.
Secondo la Circoscrizione Altipiano Est, i contenitori dovrebbero essere inoltre
di dimensioni più piccole rispetto a quelli cittadini, in maniera da poter
essere posizionati anche negli angusti spazi e nelle strette vie delle borgate,
e tali da facilitarne pure lo svuotamento con gli automezzi, comunque troppo
grandi per circolare nei reticoli viari delle frazioni.
Accanto alla raccolta differenziata, Altipiano Est rileva anche la necessità di
predisporre nei paesi dei contenitori specifici per lo smaltimento di sfalci e
ramaglie, un tempo utilizzati per l’allevamento ma che oggi vengono dispersi in
modo incongruo nei normali cassonetti.
Tra le ipotesi prospettate anche la fornitura alle famiglie di contenitori per
la creazione di ”compost”, da riutilizzare in proprio o dare a terzi.
Il nuovo regolamento, sempre secondo la Circoscrizione, dovrebbe anche precisare
che le pulizie successive a grandi manifestazioni pubbliche (come sagre e
Carnevali dovrebbe risultare a carico del Comune.
Da rivedere in chiave carsolina pure quella norma che impone ai privati, in caso
di nevicate, la pulizia del marciapiede, vista la presenza di proprietà con
fronti molto lunghi sulla strada, non frequentati da pedoni. Sarebbe necessario
ancora tenere conto della notevole quantità di neve che ne risulterebbe, con le
relative difficoltà di movimentazione e stoccaggio, senza contare che i mezzi
spazzaneve tendono a ammassare la neve proprio contro i muri e i confini delle
proprietà.
Maurizio Lozei
SEGNALAZIONI - RIFIUTI E NUOVE REGOLE - «Largo Mioni,
la differenziata non esiste»
In questi giorni abbiamo appreso che l'amministrazione
comunale aumenterà (finalmente!) i punti per la raccolta differenziata,
emettendo contemporaneamente punizioni draconiane nei confronti di chi non si
atterrà alle regole. Nel frattempo, c’è già chi ha un concetto del tutto
personale sui modi del vivere civile. Esemplare la situazione dei tre cassonetti
per i rifiuti di Largo Mioni. Un vicino supermercato, per esempio, non sa che
per la plastica esiste un raccoglitore apposito in piazza Perugino e riempie i
tre cassonetti summenzionati di sacchi pieni di residui di imballaggi, appunto,
di plastica, senza però approfittare di liberarsi di residui alimentari scaduti
o in decomposione.
Ma ci sono, e frequentemente, i benefattori dell’umanità che offrono a una
coppia con figlioletto la possibilità di mettere su casa. A disposizione dei
bisognosi, sono stati depositati un letto matrimoniale completo di ottomane, una
cucina economica, mobiletti vari e persino un computer, mancante, ahimè, della
tastiera... E ciò a conferma che Trieste, città notoriamente di tradizione
asburgica e rispettosa delle regole, si trova in coda nella regione quanto a
raccolta differenziata dei rifiuti. Si prepari quindi il nostro sindaco, a
sguinzagliare squadre di vigili urbani, ovviamente dotati della regolamentare
pistola, per controllare che i nostri concittadini siano osservanti dei relativi
regolamenti comunali.
Livio Damini
Offensiva referendaria dell’Idv contro nucleare e acqua
”privata” - Al via i gazebo del «D-day» anche per eliminare lo scudo legale di
premier e ministri
TRIESTE Italia dei Valori festeggerà la festa della
Repubblica raccogliendo le firme per i tre referendum promossi dai dipietristi
contro il legittimo impedimento, il nucleare e la privatizzazione dell’acqua. Il
D-day (dove D sta per democrazia), come lo hanno ribattezzato gli esponenti di
Idv, vedrà anche in Friuli Venezia Giulia la presenza di numerosi banchetti (17
per la precisione) in tutte e quattro le province della Regione, senza contare,
sottolineano i promotori, che si può firmare per i referendum anche in ogni
municipio.
A Trieste i gazebo saranno in via delle Torri e in piazza Cavana, a Gorizia in
corso Italia e a Gradisca in piazza Unità ma i rappresentanti dell’Italia dei
Valori saranno anche a Udine Cividale, Codroipo, San Daniele, Feletto Umberto,
Venzone, Tolmezzo, Pordenone, Erto e Casso, Sacile, Fontanafredda e San Vito al
Tagliamento.
L’iniziativa rientra nell’ambito del D-day organizzato a livello nazionale che
vedrà mille banchetti in tutta Italia per la raccolta delle firme. «Sono state
raccolte finora 500 mila firme» ha spiegato nella conferenza stampa di
presentazione il coordinatore regionale di Idv, Paolo Bassi, affiancato dal vice
Giorgio Ellero, dal capogruppo in Consiglio regionale Alessandro Corazza e dal
consiglieri regionale Enio Agnola. «Di queste firme 10 mila sono state raccolte
in Friuli Venezia Giulia. L’obiettivo è arrivare a un milione a livello
nazionale e 30 mila in regione». Lo scopo del partito dipietrista è quello di
dire no al legittimo impedimento (“un’altra legge ad personam che va contro il
dettato costituzionale secondo cui tutti sono uguali di fronte alla legge” hanno
detto i rappresentanti di Idv), alla privatizzazione dell’acqua e al nucleare.
«Non è solo un no ideologico. – ha spiegato Corazza – L’Italia non ha sviluppato
know how in questo campo e sarebbe quindi più giusto sviluppare le fonti
rinnovabili come peraltro ci raccomanda l’Europa».
(r.u.)
Parco di S. Giovanni Weekend con Bioest - DI NUOVO A
TRIESTE - Sabato e domenica tra prodotti naturali, animazione e solidarietà
Torna a Trieste Bioest, fiera del biologico che si terrà
nel Parco di San Giovani sabato e domenica prossimi. La manifestazione è stata
presentata ieri dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e
dal vice Walter Godina. Organizzata dall'omonima associazione, Bioest
rappresenta anche un appuntamento-incontro delle associazioni ambientaliste,
culturali e del volontariato, e raccoglie quest'anno 61 tra produttori e
artigiani e ben 51 associazioni, tutti attivi nel campo dell'agricoltura
biologica e dell'artigianato biocompatibile, dall'Italia e dall'estero.
Giunta alla sua 17.a edizione, ma per cinque anni assente da Trieste (le ultime
edizioni si tennero a Monfalcone), Bioest ripropone la sua formula che fa del
mercato un luogo di incontro. Tema portante di questa edizione saranno le
"Energie": alternative, non tradizionali, rinnovabili, e quella solare. «Siamo
fieri di essere riusciti a riportare a Trieste Bioest», ha detto Bassa Poropat,
«ogni giorno di più vedo che l'aver risistemato il Parco di San Giovanni è stato
un grande contributo della Provincia alla vita culturale e associativa della
città. Sono certa che Bioest troverà qui la sua collocazione migliore anche in
futuro».
«Questa manifestazione - ha aggiunto Godina - ci conferma la bontà del nostro
sforzo di valorizzazione dei prodotti locali e dell'importanza, per un
territorio, di poter contare su un proprio settore agricolo, sul chilometro
zero, sulla filiera corta. Vi è un principio culturale in tutto questo, che
comunica la necessità di un uso attento e rispettoso delle risorse naturali. Ma
c'è pure un ritorno economico». Godina ha ribadito il ruolo dell'agricoltura
biologica nella conservazione del paesaggio, ricordando l'azione della Provincia
per la riqualificazione del ciglione carsico, riconvertito alla coltivazione di
vite e ulivo.
Oltre alla fiera sono previste conferenze e dibattiti, musica e animazione per
bambini, presentazioni di progetti di solidarietà e momenti di spettacolo. A
Bioest saranno presenti i gruppi ambientalisti, le Botteghe del commercio equo e
solidale, associazioni di volontariato e solidarietà.
BORA.LA - MARTEDI', 1 giugno 2010
Konrad: l’alternativa al rigassificatore di Gas Natural
c’è e…non si vede. La rigassificazione On Board
E’ uscito ieri il nuovo numero della rivista Konrad,
contenente al suo interno un nuovo inserto speciale dedicato al rigassificatore
di Trieste, dopo quello già pubblicato in settembre. La conferenza stampa di
presentazione dell’inserto si svolgerà giovedì 3 giugno alle ore 11.30 presso la
sede del WWF, in via Rittmeyer 6.
L’inserto sarà inoltre presentato con uno spettacolo domenica 6 giugno
all’interno di BioEst, nel Parco di San Giovanni, alle 18, con ospite Massimo
Sangermano del Pupkin Kabarett.
Su gentile concessione della redazione di Konrad, pubblichiamo uno degli
articoli contenuti nell’inserto, che riguarda una soluzione alternativa
innovativa e più sicura agli impianti di rigassificazione: navi capaci di
rigassificare direttamente a bordo.
UNA SOLUZIONE INNOVATIVA E PIU’ SICURA
Compare all’orizzonte una nave da 150 mila metri cubi di GNL.
Ormeggia a 10-15 km dalla costa, sicollega a una boa sommersa a forma di
torretta (still buoy) collocata sui fondali, che viene issata a bordo e inserita
in un apposito incastro a prua o a poppa della nave per procedere alla
rigassificazione. Un sistema di vaporizzazione del gas naturale liquido entra in
funzione e il combustibile rigassificato, attraverso la boa viene introdotto
nelle tubazioni della pipeline collegata alla rete di gasdotti a terra.
Nel giugno di quest’anno verrà consegnata alla Excelerate Energy la nona nave,
della serie che rigassifica direttamente a bordo. Non è necessaria alcuna
piattaforma al largo (vedi terminale al largo di Rovigo), tanto meno serve un
impianto a terra con serbatoi di stoccaggio (come proposto a Zaule). Il tutto
avviene lontano dalla costa. Gli unici impianti fissi sono le boe collocate sul
fondo e la pipeline che porta il gas a riva. Il circuito di vaporizzazione della
nave gasiera utilizza come vettore termico l’acqua marina, oppure può usare
un circuito chiuso con scambiatore di calore, che permette la trasformazione da
GNL (liquido) a gas. Il funzionamento può anche essere misto: circuito chiuso e
acqua di mare. La scelta dipende dalle condizioni ambientali (temperatura del
mare, profondità dei fondali, etc.), in modo da limitare l’apporto di frigorie
nell’ecosistema marino. Il circuito chiuso riceve il calore da una caldaia a gas
naturale. Un sistema tecnologicamente avanzato di controllo e di abbattimento
degli inquinanti (polveri e ossidi di azoto),
prodotte dalla combustione del gas naturale, minimizza l’impatto sull’aria.
Excelerate Energy è una società texana, in parternship con la belga Exmar, che
opera ormai da anni in questo settore, soprattutto negli USA, dove esistono
attualmente due siti di ancoraggio delle navi gasiere, uno al largo della
Florida nel Golfo del Messico e l’altro, entrato in funzione all’inizio del
2010, al largo del New England. Sono in progetto soluzioni analoghe in
sostituzione di progetti tradizionali on-shore e off-shore sulle coste USA, come
i progetti Nettuno nella Baia di Massachusetts e Calypso al largo della Florida.
In Europa sono attualmente operativi un impianto in Inghilterra, a Teesport sul
fiume Tees in prossimità di Middlesborough, e uno in Germania al largo di
Wilhelmshaven, a nord di Essen.
Altre società, come Suez Energy e British Gas, si stanno attrezzando per la
rigassificazione on board. Le navi sono costruite in Corea dalla Samsung Heavy
Industries e dalla Daewoo Shipbuilding&Marine Engineering. La tecnologia delle
still buoy è olandese. Questa tecnologia EBRV (Energy Bridge Regassification
Vessel) permette di utilizzare navi di grandi dimensioni per fornire enormi
volumi di GNL. Il tempo necessario per lo scarico è più lungo, rispetto a quello
di una normale nave gasiera – varia da quattro a sei giorni – ma è possibile la
dislocazione di più boe, per cui più navi contemporaneamente possono distribuire
il gas a riva. E’ allo studio un affinamento della tecnologia di
rigassificazione per rendere più rapido il processo, che dipende anche dalla
capacità di assorbimento della rete a terra.
La tecnologia EBRV potrebbe essere l’unica risposta sensata, non solo rispetto
al rigassificatore proposto da GasNatural a Zaule, ma anche a quello off-shore
proposto da E.On: andrebbe ovviamente concordata con il governo sloveno la
collocazione nel golfo del sistema di ricezione.
Una soluzione anche economicamente più vantaggiosa: un rigassificatore fisso
costa da mezzo a un miliardo di euro, mentre per una nave della flotta EBRV
l’investimento è, grosso modo, di 180 milioni di euro, più 40 milioni di euro
per il sistema boe/gasdotto di collegamento.
Dopo aver scaricato, la nave che rigassifica a bordo si allontana e alla fine
resta solo l’orizzonte.
LA REPUBBLICA - MARTEDI', 1 giugno 2010
Lo sgambetto alle rinnovabili
Nella manovra economica è spuntato un taglio che non
aggiunge nulla al bilancio dello Stato e toglie ossigeno alla spinta verso le
rinnovabili e verso la green economy. Via i certificati verdi. Via lo strumento
nato per garantire una quota fissa di energia pulita nel pacchetto delle aziende
che vendono energia. Via un puntello per arrivare al traguardo del 20 20 20,
cioè al rispetto degli obiettivi fissati dall’Unione europea per ridurre le
emissioni serra, aumentare l’efficienza, far crescere la competitività del
vecchio continente. Tutto senza nemmeno un piatto di lenticchie in cambio: lo
Stato non assume oneri diretti nella vicenda dei certificati verdi.
Lo spiega bene Francesco Ferrante, che dal Senato ha lanciato l’allarme:
«L’articolo 45, questo il passaggio trappola contenuto nella manovra
finanziaria, destabilizza tutto il settore delle fonti rinnovabili, e
inconcepibilmente, senza che ci sia alcun effetto per le entrate dello Stato,
visto che il meccanismo dei certificati verdi prevede che siano le aziende del
settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere
così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici. Uno
sgambetto che colpisce le rinnovabili proprio nel momento in cui avevano
raggiunto un quarto del totale dell’elettricità prodotta in Italia».
Niente risparmi (a parte un alleggerimento delle bollette pagato però con una
perdita pesante in termini occupazionali e con l’abbandono di un settore
strategico) e un futuro più difficile visto che con questo provvedimento la
strada per raggiungere gli obiettivi energetici al 2020 è più che mai in salita.
Anev, Anab, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace, Ises, Legambiente e Kyoto club
hanno protestato parlando di decine di migliaia di posti di lavoro in pericolo
nel settore delle rinnovabili.
IL PICCOLO - MARTEDI', 1 giugno 2010
Progetto Carso-Kras, più di tre milioni per
l’integrazione a cavallo del confine - COINVOLTI DICIASSETTE SOGGETTI FRA COMUNI
ED ENTI
TRIESTE Un’occasione di sviluppo per tutti e con tutti:
così è stato presentato ieri, nella sede della giunta regionale, il progetto
strategico Carso-Kras, approvato nell’ambito del programma per la cooperazione
transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 e destinato a promuovere
l'integrazione territoriale sostenibile dell'area del Carso, intesa come una
delle più importanti zone a cavallo del confine italo-sloveno.
TRE MILIONI Una disponibilità finanziaria di poco superiore ai 3 milioni di
euro, da utilizzare nell'arco di quaranta mesi e diciassette partner coinvolti:
dal Comune di Sesana, identificato come capofila, alle Province di Trieste
(coordinatore per la parte italiana) e Gorizia, ai Comuni di Erpelle-Cosina,
Divaccia, Comeno, Merna-Kostanjevica, Muggia, San Dorligo della Valle, Monrupino,
Sgonico, Trieste e Duino Aurisina e, infine, all’Istituto per le foreste della
Slovenia, all’Ispettorato dipartimentale foreste di Trieste e Gorizia, al Gruppo
di azione locale del Carso e all’Agenzia per lo sviluppo territoriale del Carso.
TURISMO E RETE«Attraverso una serie di azioni progettuali e strutturali – ha
spiegato l'assessore alle Relazioni internazionali e comunitarie e alle
autonomie locali, Federica Seganti – perseguiremo due obiettivi, lo sviluppo
turistico-naturalistico e la messa in rete di tutte le amministrazioni, a
beneficio delle imprese e dell'intera comunità».
ESIGENZE DIVERSE «Andranno quindi coniugate – ha assicurato la Seganti – la
conservazione della natura e del patrimonio ambientale con le esigenze di
crescita socioeconomica e di qualità della vita delle popolazioni interessate.
GECT IN VISTA Prevista, tra l'altro, l'istituzione di una struttura permanente,
un vero e proprio Gect (Gruppo europeo di collaborazione territoriale), che
gestisca la collaborazione transfrontaliera tra soggetti locali per ottimizzare
lo sviluppo congiunto.
INTERVENTI Tra i 14 interventi strategici già condivisi (tutti di entità
inferiore ai 500mila euro), hanno inoltre precisato il sindaco di Sesana,
Davorin Tercon, e il presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa
Poropat, sono stati citati ad esempio il museo vivente nell'area di Gropada, il
centro di informazione a Sesana e quello della storia e tradizione locale a
Rupinpiccolo, la sistemazione di sentieri e itinerari per escursionisti e bikers,
la mappa del rischio di incendio boschivo e il sistema integrato Gps su tutta la
viabilità carsica secondaria.
DISCARICHE ABUSIVE «Ci impegneremo per bloccare lo scempio di quelle cavità
carsiche (si parla di 300 su tremila, ndr) troppo spesso utilizzate come
discariche abusive», ha inoltre promesso la Seganti, assicurando che «sarà il
più possibile elevato il livello di controllo, in attesa che giungano ulteriori
fondi per attivare un'accurata bonifica».
”Foto trappole” per censire i cinghiali - Apparecchi
posizionati nei boschi - Scattate 300 immagini in un anno nelle aree suburbane
C’è una nuova conferma sull’insediamento ormai stanziale
dei cinghiali nell’immediata periferia triestina, a ridosso dei rioni di San
Giovanni, Roiano, Cologna, Gretta, San Luigi, lungo le colline che sovrastano il
centro.
Grazie al sistema di rilevamento discreto e silenzioso delle “foto trappole”
sistemate nel folto dei boschi e nei corridoi faunistici individuati nelle aree
suburbane, è stato possibile verificare come questi ungulati siano di casa a
ridosso delle aree urbanizzate e si avvicinano sempre più al centro per cercare
cibo.
Del sistema di foto trappolaggio si è parlato in un convegno tenutosi alla Casa
di pietra di Duino organizzato dalla Federcaccia triestina in collaborazione con
il Comune di Duino Aurisina, il Civico museo di storia naturale e l’Università
di Udine. Rispetto ai tempi in cui il censimento dei selvatici veniva effettuato
con metodi invasivi, le foto trappole risultano del tutto inoffensive per gli
animali. Lo scatto, silenzioso, non viene percepito dall’animale di passaggio, e
in chiave notturna il flash funziona in modo blando, quasi inavvertito. Le
batterie che consentono il funzionamento hanno una durata di circa 6 mesi, e il
passaggio del selvatico attiva una fotocellula che innesca la foto.
Lungo il territorio provinciale, hanno spiegato Nicola Bressi e Andrea
Dell’Asta, zoologi del Museo di Storia Naturale di Trieste, sono stati piazzati
una quindicina di apparecchi. I cacciatori hanno posizionato le foto trappole in
diverse sedi dove solitamente pongono del cibo. Gli zoologi invece nelle aree
più selvagge e intricate delle boscaglie, in maniera da poter ottenere delle
immagini più obiettive possibile sullo stato di naturalità degli animali. In un
anno di censimento le foto trappole hanno scattato oltre 300 immagini, un
patrimonio di informazioni che appare quanto mai significativo per inquadrare in
particolare la presenza e i movimenti degli animali di taglia rilevante. I
cinghiali confermano dunque il loro insediamenti nelle aree collinari più
prossime agli abitati e agli orti e coltivazioni.
Animali intelligenti, sono purtroppo incentivati a muoversi pericolosamente
verso il centro da chi, in modo improprio, continua dar loro da mangiare. Le
immagini scattate hanno poi confermato come il cervo e il camoscio siano ormai
di casa in diverse parti del Carso, popolazioni selvatiche che appaiono in
crescita e che evitano accuratamente il contatto con l’uomo e con le zone
antropizzate.
Sottolineando l’importanza della collaborazione tra zoologi, tecnici e
cacciatori, uno scambio che, secondo Nicola Bressi, deve portare alla massima
condivisione dei risultati ottenuti, i relatori hanno concordato sulla necessità
di estendere quanto prima il monitoraggio con il foto trappolaggio anche per gli
animali di taglia minuta, serpenti, roditori e altri piccoli mammiferi.
Maurizio Lozei
Giornata a difesa della Costituzione - OGGI LA
MANIFESTAZIONE DI SINDACATI E PACIFISTI
Prenderà il via questa mattina la manifestazione dedicata
alla Festa della Repubblica promossa da Cgil, Cisl, Uil, Acli, Arci, Anpi,
Circolo Charlie Chaplin, Comitato pace, convivenza e solidarietà Danilo Dolci,
Italia Nostra, Legambiente, Rete artisti per la pace e Nientescuse Trieste.
Il primo appuntamento è fissato alle 11 al liceo Dante con la proiezione del
film sulla Costituzione ”Eppur si muove” di Daniele Gaglianone, a cui seguirà il
dibattito con gli studenti. La proiezione sarà ripetuta nel pomeriggio alle 17
al teatro Miela, e sarà seguita da un nuovo dibattito, introdotto questa volta
dal preside di Giurisprudenza Paolo Giangaspero.
La chiusura della manifestazione, infine, sarà nel segno della musica. In
serata, infatti, andrà in scena un concerto a cui parteciperanno alcuni gruppi
locali: Black mamba rock explosion, Scarlet e Van Gerold che proporranno brani
rock, il duo di chitarre Alpha & Omega e la formazione Melodie del viaggiatore,
duo di chitarre e voce. Prima di ogni esibizione musicale verranno letti degli
articoli della Costituzione.
La scelta di puntare sulla musica come parte integrante della manifestazione
dedicata alla Festa della Repubblica è stata fatta in particolar modo per
avvicinare i più giovani. Lo scopo della giornata promossa dai sindacati e dalle
diverse anime dell’associazionismo, infatti, è proprio quello di riuscire a
coinvolgere le nuove generazioni nella discussione sui principi fondanti della
nostra Carta costituzionale.
Bicicletta rotta? Interviene ”La Poderosa” - L’ARCI
APRE UN’OFFICINA E INAUGURA UN SERVIZIO DI ”SCAMBIO” DELLE DUE RUOTE
Sarà il Giro d'Italia appena concluso, saranno le belle
giornate (che speriamo comincino a susseguirsi con regolarità...), ma a
primavera la voglia di muoversi in bicicletta si fa sentire. E se la bici ha
bisogno di una sistemata, ora ci si può rivolgere anche a La Poderosa, la
neonata ciclofficina dell'Arci, che offre gratuitamente attrezzi e aiuto a chi
non ha dimestichezza con brugole e chiavi inglesi.
Ogni mercoledì, dalle 16.30 alle 19, al circolo Arci Officina di via Manzoni 9
c'è sempre qualcuno disposto a dare una mano per sistemare un freno, sostituire
un copertone o cambiare una camera d'aria. Non un'officina gratuita, quindi, ma
un luogo dove imparare a effettuare da soli le più comuni riparazioni.
Racconta Alberto Pecorari, uno dei fondatori de La Poderosa: «La bicicletta è un
mezzo di trasporto economico ed ecologico. E inoltre rappresenta un modo di
muoversi democratico, in quanto è accessibile a tutti. Noi promuoviamo il suo
utilizzo, proprio perché oltre a ridurre le distanze fra i luoghi, riduce le
distanze fra le persone».
L'attività de La Poderosa, infatti, non si limita alla meccanica. «Abbiamo
sistemato tre mountain bike e una bicicletta da mezza corsa - continua Alberto -
che ora sono a disposizione di tutti con la formula del bike sharing». Ovvero
può usarle chiunque, basta conoscere la combinazione del lucchetto e a patto che
dopo l'utilizzo vengano rimesse a disposizione degli altri.
Il bike sharing è nato ad Amsterdam negli anni sessanta e dall'Olanda si è
diffuso in tutto il mondo. Una pratica che però in Italia fatica ancora a
prendere piede. A Parigi ci sono 20000 biciclette, assicurate a 1500 postazioni
elettroniche che permettono agli abbonati di usufruire del servizio. A Milano,
la città italiana dove questa formula è più diffusa, le bici sono 1200 e le
postazioni 85. Ad oggi il servizio in Italia è attivo in oltre 60 Comuni, per un
totale di poco più di 3500 biciclette. A Genova, dove come a Trieste ci sono
molte salite, le biciclette sono elettriche.
La Poderosa è un progetto ancora in fase di definizione, ma che gli
organizzatori vorrebbero veder crescere. «Per riuscirci abbiamo bisogno di altri
spazi - sottolinea Alberto - e per questo siamo aperti all'aiuto di altre
persone e associazioni». Eventuali donazioni di biciclette saranno benvenute.
«Chiediamo a chiunque abbia in cantina un ferro vecchio e malandato di
regalarcelo. Noi lo risistemeremo, e lo metteremo a disposizione di tutti».
Per restituire nuova vita ai cavalli a due ruote basta mandare una mail
all'indirizzo arci@arcitrieste.org .
Giovanni Ortolani
SEGNALAZIONI - RIFIUTI - Raccolta differenziata
La scorsa settimana ho sentito il sindaco Dipiazza
affermare al Tg regionale che entro il 2012 bisogna portare la «raccolta
differenziata» ad almeno il 65% del totale, non solo per non incorrere nelle
sanzioni previste dalla legge ma soprattutto al fine di creare nuovo spazio nel
nostro «termovalorizzatore» (leggi: inceneritore) per poter bruciare decine di
migliaia di tonnellate di ulteriori rifiuti provenienti dai comuni limitrofi. Il
tutto per rimpinguare le magre casse comunali.
Scioccamente credevo che la ”raccolta differenziata” avesse lo scopo di
diminuire l’inquinamento atmosferico, oggi scopro invece che essa, se utilizzata
con finalità improprie, determina effetti diametralmente opposti. In pratica il
nostro ”termovalorizzatore”, realizzato con soldi pubblici, persegue finalità
privatistiche e, per ”fare cassa”, svolge attività contrarie alla salute
pubblica. Con la Ferriera, l’Italcementi ed il ”termovalorizzatore” che lavorano
a pieno regime chissà, tra qualche anno, come saranno le statistiche del reparto
di oncologia del nostro ospedale.
Liliana Grion
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 31 maggio 2010
AAG e Greenaction: richiesta ufficialmente la Valutazione di Impatto Ambientale transfrontaliera per il Piano regolatore del porto di Trieste.
In discussione il progetto del terminale di
rigassificazione di Zaule. (vedi
il documento)
Il 25 maggio 2010 Alpe Adria Green ha chiesto ufficialmente alle autorità
italiane di avviare entro 30 giorni la procedura di V.A.S. (Valutazione
Ambientale Strategica) e di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale)
transfrontaliera per la variante al Piano regolatore del porto di Trieste in
base alla Direttiva 2001/42/CE. In base alla V.I.A.-V.A.S. transfrontaliera la
Repubblica di Slovenia (Governo), le amministrazioni pubbliche (Comuni), e i
cittadini sloveni dovranno essere consultati e potranno esprimere osservazioni
sul Piano di sviluppo del porto di Trieste nel quale è stato inserito il
progetto del rigassificatore di Zaule.
La bocciatura del Piano regolatore del porto di Trieste porterebbe come
conseguenza al blocco del progetto del rigassificatore Gas Natural a Zaule e
farebbe decadere le autorizzazioni già date dal Ministero dell’Ambiente
italiano.
Si tiene ad evidenziare che AAG e Greenaction hanno presentato fin dal 21
febbraio del 2010 (Documento allegato: VIA-VAS-IT-SLO) la richiesta di essere
fatti partecipi alla V.I.A.-V.A.S. transfrontaliera relativa al Piano regolatore
del porto di Trieste visto che questo strumento urbanistico conteneva numerosi
progetti ad elevato impatto ambientale (gasdotto SNAM, terminale di
rigassificazione Gas Natural, centrale elettrica turbo-gas della Lucchini spa,
raddoppio del molo VII, molo VIII, terminal RO-RO). Considerando che questi
progetti avevano tutti ripercussioni transfrontaliere, veniva richiesto di fare
partecipare al procedimento di V.I.A.-V.A.S., oltre alla autorità pubbliche
slovene, tutti i cittadini residenti nella zona costiera (litorale) della
Slovenia. Della richiesta venivano direttamente interessate le Istituzioni della
Repubblica di Slovenia.
Dopo tre mesi nessuna risposta è ancora pervenuta ed anzi l’Italia ha avviato il
procedimento di valutazione transfrontaliera per una limitata variante
urbanistica del porto di Koper-Capodistria. Il Governo Sloveno, pur informato da
AAG dell’obbligo di reciprocità, non ha invece ancora richiesto all’Italia di
sottoporre lo strumento urbanistico del porto di Trieste alla valutazione
transfontaliera. Questo comportamento ambiguo delle autorità slovene si è
tradotto in un vantaggio considerevole per il progetto del terminale Gas Natural
a Zaule visto che una procedura di V.I.A. transfrontaliera sul piano regolatore
del porto di Trieste richiederebbe almeno due anni di tempo per arrivare a
conclusione (e in questo periodo la Gas Natural non potrebbe avviare nessun
lavoro).
Il Governo Sloveno non ha quindi esercitato il suo diritto/dovere di controllo
su progetti ad elevato impatto ambientale che danneggerebbero l’intero Golfo di
Trieste, e così facendo non ha tutelato gli interessi dei propri cittadini.
In caso di mancato avvio della procedura di V.I.A.-V.A.S. (entro il 25 giugno)
AAG e Greenaction presenteranno denuncia ai competenti Organi comunitari
(Commissione Europea-Parlamento Europeo).
IL PICCOLO - LUNEDI', 31 maggio 2010
«I dati sulla temperatura dell’acqua sono sbagliati» -
L’attacco al rigassificatore: «La quantità di cloro annienta gli organismi
marini della baia»
IL TAVOLO UIL VIGILI DEL FUOCO
Mentre Gas Natural sta seminando più di un indizio sul fatto che avrebbe
sciolto gli ultimi dubbi sulla scelta di Trieste (in ballo era anche Taranto),
gli ”antirigassificatori” tornano nuovamente all’attacco con nuovi studi.
Il gruppo di scienziati ed esperti che presta la propria opera nel Tavolo
Tecnico Rigassificatori Trieste (TTRT), promosso dalla Uil Vigili del Fuoco FVG,
ha pubblicato un’analisi collegiale. Nel documento viene spiegata - secondo il
tavolo tecnico - una sconcertante serie di improprietà, errori e falsificazioni
contenuti nella documentazione ambientale presentata da Medea e da GasNatural
per il progetto del rigassificazione di Zaule . Frutto di alcuni mesi di lavoro
di una ventina di docenti e ricercatori, la nuova analisi si rivela di
stringente attualità, poiché sviscera, tra gli altri, i contenuti della
relazione del febbraio 2008 curata dalla società spagnola DHI.
Proprio quest'ultima, nonostante abbia da tempo sollevato molteplici obiezioni
di sostanza è stata infatti utilizzata dal rappresentante di Gas Natural Ciro
Garcìa Armesto per illustrare la propria attività agli operatori economici
convenuti lo scorso 17 maggio all'incontro a porte chiuse promosso dalla Camera
di Commercio di Trieste.
Oltre a chiarire l’inquietante questione delle temperature, la nuova analisi
spiega una serie di artifici di calcolo impiegati, che finiscono per produrre
risultati in tutto favorevoli all’impianto, ma completamente inattendibili,
sempre stando al documento della Uil Vigili del fuoco.
L'asserzione riguardo il presunto insignificante raffreddamento della baia, che,
invece, come dimostrato, si raffredderà in maniera significativa (come avevano
giustamente affermato anche i primi consulenti di GasNatural, in seguito
sostituiti).
Riguardo il cloro, gli esperti del Tavolo Uil ribadiscono con forza che il
problema più rilevante non è tanto quello della sua concentrazione residua
presente allo scarico - seppur importante -quanto quello dell’enorme volume
d’acqua che l’impianto sterilizzerebbe. Dal punto di vista chimico e biochimico,
il principale impatto ambientale del rigassificatore sarà infatti provocato
dall'annientamento di quasi tutte le forme di vita veicolate dall'acqua,
eccezion fatta per quei pochi batteri capaci di resistere al trattamento.
Racovelli: Comune privo di una politica ambientale -
ALLA LUCE DEL RAPPORTO ISPRA
Crollo verticale (- 37% dal 2000 al 2008) dell'estensione delle zone a traffico limitato in centro città. Scarsità di piste ciclabili. Valori complessivi molto elevati delle emissioni inquinanti nell'aria. Inefficienza della raccolta differenziata. Sono alcuni degli indicatori su cui si basa l'accusa che il capogruppo dei Verdi in consiglio comunale, Alfredo Racovelli, ha pubblicamente rivolto al sindaco Dipiazza, in quanto detentore della delega sull'ambiente. «Tanto per cominciare - ha detto Racovelli - è dal 2008 che Dipiazza non si preoccupa di individuare un assessore che si occupi specificamente dell'argomento, ma i dati resi noti in questi giorni sono molto preoccupanti». Il capogruppo dei Verdi ha analizzato il sesto rapporto redatto dall'Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (Ispra), derivandone un risultato che ha definito «particolarmente grave». Sottolineata da Racovelli anche la disponibilità dei triestini a usare i mezzi pubblici, scesa dell’11,1% dal 2000 al 2008. «La giunta dovrà rispondere alla popolazione di questa inefficienza nell'approccio a una seria politica ambientale - ha concluso Racovelli - a partire dalla totale assenza di un piano complessivo in materia, che preveda l'intermodalità in centro, con provvedimenti che dissuadano dall'uso indiscriminato delle auto private».
(u. s.)
ECOSPORTELLO PROVINCIALE
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti
all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli
operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta,
potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la
realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori
dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno.
Ecosportello è in via Donizetti 5/a, tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i
venerdì dalle 17 alle 19.
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 maggio 2010
Dal rigassificatore al Silos, i 18 progetti inclusi nel
Piano strategico di qui al 2020 - Quattro miliardi per far decollare la città
SVILUPPO ECONOMICO: LE PREVISIONI DI DIPIAZZA
Quattro miliardi di investimenti, in parte già acquisiti, per far decollare
Trieste. Li prevedono i diciotto progetti catalogati e messi in un dossier dal
sindaco Roberto Dipiazza quasi a costituire il suo testamento economico da
lasciare alla città. Sono le infrastrutture e gli insediamenti che dovranno
andare a compimento entro il 2020, «ma per il 50 per cento potrebbero essere
pronti nei prossimi due o tre anni». È indefinito il computo di quanti posti di
lavoro riusciranno a creare, ma sono tesi a creare una città con livelli di
disoccupazione ai minimi storici. Tra i diciotto filoni d’oro ai quali dovrà
attaccarsi la Trieste del futuro vi sono i grandi progetti già noti, a partire
dalla Piattaforma logistica e dal rigassificatore, ma anche chance inedite quali
un Impianto lavaggio scorie e terre e Serre idroponiche, queste ultime da
realizzare sfruttando l’energia termica legata al ciclo del termovalorizzatore
allorché avrà la quarta linea.
«Nell’ambito della riconversione della Ferriera di Servola - riferisce Dipiazza
- mi ha chiamato il presidente della Regione Tondo invitandomi ad aprire il
tavolo sullo sviluppo economico del territorio che è stato deciso spetti appunto
al sindaco. Avrei potuto limitarmi a enumerare tre o quattro alternative valide,
ho preferito redarre un vero e proprio Piano strategico del futuro economico
della città in cui credo fermamente». «Andasse a compimento il 10 per cento di
quanto lì previsto - ha commentato Franco Palman dell Uilm, uno dei sindacalisti
della Ferriera che ha visto in anteprima il Piano - noi saremmo già contenti».
Per l’amministrazione comunale è tutt’altro che un libro dei sogni, ma se
sognare non costa niente, non è costato nulla nemmeno il libro. «Dieci anni fa
Illy aveva speso milioni di lire per un volume patinato sul suo Piano strategico
decennale - la stoccatina di Dipiazza - io con questa semplice brochure fatta
dagli uffici comunali non ho speso praticamente nulla».
Ecco nel dettaglio i diciotto nuovi pilastri della Trieste del futuro, con la
specificazione dei tempi entro cui è prevista la loro realizzazione, ben sapendo
però che la collocazione temporale slitta inevitabilmente quasi sempre.
DEPURATORE DI SERVOLA. Verrà realizzato dall’Acegas per un costo preventivato di
50 milioni di euro. Il lasso di tempo in cui verrà costruito è indicato nel
quinquennio 2010-2015. Nel programma attuativo regionale (Par) per il periodo
2007-2013 l’assessore alle Finanze Sandra Savino ha assegnato 39 milioni per
l’adeguamento e il potenziamento dei sistemi di depurazione delle acque reflue
urbane che saranno impiegati per il nuovo depuratore. Per permetterne la
realizzazione la Sertubi ha recentemente trasferito il proprio deposito in
un’area dell’autoporto di Fernetti.
QUARTA LINEA TERMOVALORIZZATORE. L’investimento in questo caso sarà di 100
milioni e la prospettiva temporale è collocata nel periodo 2012-2015. La
capacità del trattamento dei rifiuti passerà dalle attuali 100 mila tonnellate
all’anno a 250 mila e Trieste potrà così trattare anche i rifiuti provenienti
dal Friuli che oggi utilizza ancora le discariche.
IMPIANTO LAVAGGIO SCORIE E TERRE. Con un investimento di 6 milioni e 500 mila
euro sorgerà, tra il 2012 e il 2013, su un’area di 6 mila metri quadrati e potrà
trattare 60 mila tonnellate all’anno di questo tipo di rifiuti che oggi vengono
portati fino in provincia di Brescia.
SERRE IDROPONICHE. L’energia termica legata al ciclo del termovalorizzatore a 4
linee sarà sfruttata dall’Acegas per costruire con 30 milioni di investimento,
15 mila metri quadrati di serre tra il 2012 e il 2013.
SILOS. In questo caso vi sono già stati alcuni rinvii dell’inizio dei lavori che
dovrebbero comunque partire a breve. Il grande centro commerciale e del tempo
libero con all’interno anche un’ampia sala congressi dovrebbe essere completato
entro il 2013 con un investimento di 120 milioni da parte di Coop Nordest.
RIGASSIFICATORE. La battaglia tra i pro e i contro sta infuriando. Il Governo ha
già dato il via libera, si attende quello della Regione. Gas Natural ha previsto
un investimento di 600 milioni. La prospettiva per il completamento dei lavori è
stimata in 50 mesi, oltre quattro anni. Il traffico di navi previsto è di 110
gasiere all’anno.
METANODOTTO. Al suo interno sarà pompato il gas del rigassificatore. Si attende
la Via del ministero dell’Ambiente, per la pipeline che dovrà correre per 27
chilometri tra Trieste e Grado sotto il mare e per altri 19, tra Grado e
Villesse, fuori terra. La Snam ha previsto una spesa di 130 milioni, anche in
questo caso 50 mesi di lavori.
CENTRALE 400 MW. È quella prevista dalla Lucchini nell’area ex Esso con un
investimento di 300 milioni per 30 mesi di lavori. È necessariamente prevista la
sinergia con il rigassificatore. Anche in questo caso si attende la Via del
ministero dell’Ambiente.
CENTRO INGROSSO. L’ha previsto la Camera di commercio su 24 mila metri quadrati
in territorio del comune di San Dorligo della Valle. L’ammontare
dell’investimento è di 14 milioni con un cofinanziamenro della Regione per 5
milioni. La prospettiva temporale indicata è 2011-2012.
NUOVO ACQUARIO. È stato recentemente previsto dallo stesso sindaco Dipiazza
nell’ex Pescheria. Importo previsto 20 milioni con disponibilità al
confinanziamento da parte della Fondazione CrTrieste, prospettiva temporale
prevista 2011-2013, ma il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti
intende ancora battagliare per un Parco del mare alternativo.
MAGAZZINO VINI. Il sindaco aveva annunciato che lo avrebbe buttato giù nel giro
di qualche mese dopo la sua prima elezione. È ancora lì, ma la Fondazione
CrTrieste si appresta finalmente a trasformarlo in una moderna struttura
polifunzionale. L’ammontare dell’investimento è di 15 milioni. In una delle
ultime ipotesi doveva completare il Parco del mare sulle Rive, ma così non sarà.
Anche in questo caso la conclusione dei lavori prevista per il 2012 sembra
ottimistica.
SILVIO MARANZANA
Il dossier in Regione Tutte le alternative per il
dopo-Ferriera - A BREVE LA PRESENTAZIONE
Il Piano strategico per il futuro economico di Trieste
redatto dal sindaco Roberto Dipiazza che prevede 18 progetti con quasi 4
miliardi di investimenti sarà presentato prossimamente in via ufficiale alla
presenza del presidente Renzo Tondo in Regione nel momento in cui saranno
unificati i tre tavoli aperti per la riconversione della Ferriera di Servola che
verrà chiusa nel giro di qualche anno. Un’eventualità che potrebbe anche subire
un’accelerazione dal momento che. come annunciato nei giorni scorsi
dall’assessore Vladimir Kosic, la Regione ha deciso di riaprire il 15 giugno il
dossier per riesaminare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata
alla Servola spa. Saranno verosimilmente emanate prescrizioni molto più
stringenti alle quali l’azienda potrebbe avere molte difficoltà ad adeguarsi.
Intenzione della Regione è di giungere alla redazione di una legge ad hoc sulla
riconversione che sarà costruita da un comitato ristretto sulla base delle
indicazioni che proverranno dai tre tavoli aperti. Riguardano rispettivamente il
programma di riconversione professionale e occupazionale che fa capo alla
Regione stessa, le bonifiche e l’aspetto ambientale che sono stati demandati
alla Provincia e lo sviluppo di nuovi insediamenti produttivi che è stato
appunto analizzato dal Comune.
(s.m.)
DUE GIUGNO - Film sulla Costituzione e concerto rock -
Sindacati e pacifisti coinvolgono le giovani leve per la Festa della Repubblica
Manifestazioni al ”Dante”
Coinvolgere le giovani generazioni in una discussione sui principi fondanti
della Costituzione «perché sono sempre attuali, oggi più che mai, in un momento
di smarrimento della Repubblica». È questo l’obiettivo della “Festa della
Repubblica”, manifestazione organizzata per martedì e promossa da Tavola della
pace e della democrazia, Cgil, Cisl, Uil, Acli, Arci, Anpi, Circolo Charlie
Chaplin, Comitato Pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci, Italia Nostra,
Legambiente, Rete artisti per la pace, studenti Nientescuse Ts.
Il programma prevede al mattino, alle 11, al liceo classico Dante, la proiezione
del film sulla Costituzione “Eppur si muove” di Daniele Gaglianone, al quale
farà seguito un dibattito con gli studenti. La proiezione sarà ripetuta alle 17,
al teatro Miela. Il dibattito che seguirà sarà introdotto dal costituzionalista
Paolo Giangaspero, preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
cittadina.
A chiusura della manifestazione è previsto un concerto con alcuni gruppi locali:
Black mamba rock explosion, Scarlet e Van Gerold che proporranno brani rock, il
duo di chitarre Alpha & Omega e la formazione Melodie del viaggiatore, duo di
chitarre e voce. Prima di ciascuna delle esibizioni musicali saranno letti
articoli della Costituzione.
«Stiamo vivendo un momento molto particolare della vita repubblicana – ha detto
Luciano Ferluga del Tavolo della pace e democrazia – per questo abbiamo ritenuto
opportuno organizzare questa manifestazione». Anna Maria Mozzi, vice presidente
della Commissione regionale per le Pari opportunità, ha rimarcato la «necessità
di far conoscere ai giovani di oggi diritti e doveri per i cittadini». Adriano
Sincovich, segretario della Cgil, ha parlato di «iniziativa a largo raggio,
dedicata ai temi della salvaguarda della Costituzione repubblicana. È in atto un
duro scontro all’interno del Paese - ha proseguito - ed è importante parlare ai
giovani dei principi costituzionali».
Luca Visintini, segretario della Uil, ha detto che «non bastano le parate
militari per celebrare il 2 giugno, serve invece un approfondimento sulla
Costituzione e sui suoi valori». Luciano Bordin, segretario della Cisl, ha
indicato nell’insegnamento ai giovani della «grande valenza della conservazione
dei valori contenuti nella Costituzione» uno degli scopi della manifestazione
del 2 giugno.
Italia Nostra proporrà riflessioni sull’articolo 9 della Carta, nel quale si
parla della tutela del paesaggio.
(u. s.)
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 29 maggio 2010
Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste
IL PICCOLO - SABATO, 29 maggio 2010
«Risposte urgenti sul rigassificatore» - LA TRASPARENZA
CONVOCA SINDACI E PRESIDENTE DELLA PROVINCIA
I sindaci Dipiazza, Nesladek, Premolin (Trieste, Muggia e
San Dorligo) e la presidente della Provincia Bassa Poropat sono gli invitati
alla prossima riunione della Commissione Trasparenza del Comune di Trieste.
Un’audizione «in relazione – annuncia il presidente dell’organismo consiliare di
vigilanza, Alfredo Racovelli, capogruppo dei Verdi – all’ipotesi di
realizzazione del rigassificatore».
L’esponente dei Verdi è convinto che, in sede di analisi dei rischi connessi
all’opera, «qualcuno abbia lavorato per ridimensionarli agli occhi della
pubblica opinione. Per questo motivo – dice Racovelli – intendiamo sentire i
sindaci delle aree coinvolte e la Bassa Poropat, in modo che i cittadini possano
farsi un’idea più precisa dell’estrema pericolosità del rigassificatore». Ancor
più critico Roberto Giurastante, ambientalista esponente di Green action: «Tutte
le denunce che abbiamo fatto alle competenti autorità in Italia non hanno avuto
alcun esito – sostiene – mentre quelle inoltrate all’Unione europea hanno
sortito l’apertura di procedimenti di verifica». Giurastante evidenzia che «non
esiste una sufficiente preparazione nella popolazione, intendendo per tale anche
i cittadini di Capodistria, per i casi di incidente grave che, con la presenza
di un impianto come il rigassificatore, sono elevatissimi».
L’esponente di Green action parla di «inesistenza di piani di evacuazione
rapida», ricordando come l’Ue «abbia messo in mora l’Italia il 24 aprile dello
scorso anno, per il mancato rispetto della normativa Seveso, che obbliga gli
enti locali alla comunicazione, alle popolazioni interessate, dei rischi e delle
procedure d’urgenza».
Secondo Adriano Bevilacqua, della Uil del Corpo dei Vigili del fuoco, punta il
dito sul «progressivo depotenziamento del Corpo dei pompieri, determinato dal
taglio delle risorse destinate alla prevenzione». Ricordando come a Trieste
«operino già industrie ad alto rischio».
Ugo Salvini
SEGNALAZIONI - «Il ministro Prestigiacomo disinformato
sul rigassificatore di Zaule»
Sconcertano alcune dichiarazioni del ministro
dell'ambiente, Stefania Prestigiacomo, a latere dell'incontro con il collega
sloveno Žarnic. I resoconti riferiscono infatti che, per la valutazione degli
aspetti ambientali ed economici, il progetto del metanodotto
Trieste-Grado-Villesse sarebbe "oggettivamente scollegato" dal progetto del
rigassificatore di Zaule. Eppure è noto ed evidente che senza metanodotto il
rigassificatore non avrebbe alcun senso (come si porterebbe il Gnl rigassificato
agli utenti finali?), così come sono noti - e dovrebbero esserlo anche al
ministro - i rilevanti impatti ambientali, sugli organismi marini e sull'intero
ecosistema marino, dovuti ad esempio al sollevamento di materiali inquinati dai
fondali della baia di Muggia. Sollevamento dovuto sia al movimento delle
gasiere, sia ai lavori di dragaggio e posa tubature, che entrambi i progetti
prevedono.
Tutti aspetti grandemente sottovalutati, come il Wwf e altri hanno ripetutamente
segnalato. Ce n'è abbastanza per concludere che la valutazione su
rigassificatore e metanodotto andrebbe rivista da cima a fondo ed effettuata
congiuntamente (altro che progetti "oggettivamente scollegati"!). Il ministro ha
poi risposto alle preoccupazioni slovene per il raffreddamento del mare a causa
del processo di rigassificazione, affermando che accanto al rigassificatore
sorgerà una centrale elettrica da 400 MW, la quale utilizzerà le acque fredde
dell'impianto proposto da GasNatural. Un modo davvero singolare di anticipare le
conclusioni di una procedura Via - quella sulla centrale proposta da Lucchini
Energia - ancora in corso e, a quanto si sa, ben lungi dal concludersi. Si
sottintende che i tecnici del ministero ubbidiranno in ogni caso ai diktat
politici? Un film già visto, d'altronde, proprio con la Via sul progetto degli
spagnoli.
La centrale Lucchini, tuttavia, utilizzerebbe solo una parte dell'acqua di
scarto del rigassificatore, ma soprattutto aumenterebbe di molto le emissioni
inquinanti: quasi il 50 per cento in più, ad esempio, rispetto al totale attuale
delle polveri fini PM10 emesse nell'intera Provincia di Trieste. Dare per
scontato che il progetto si farà non pare, quindi, molto razionale per un
ministro dell'ambiente. Dulcis in fundo il ministro ha anche ipotizzato una
sorta di arrogante "do ut des": la Slovenia rinuncia ad ostacolare il
rigassificatore di Zaule e l'Italia in cambio non creerà ostacoli
all'ampliamento del porto di Capodistria, sul quale è in corso la procedura Vas
(valutazione ambientale strategica).
Il tutto sa un po' di ricatto, in verità, e verrebbe semmai da chiedersi come
mai sull'ampliamento di quel porto sia in corso una Vas transfrontaliera, mentre
nulla del genere è avvenuto per il ben più ambizioso piano regolatore del Porto
di Trieste (che pure prevede un grande "polo energetico" al suo interno, in un
sito guarda caso coincidente con quelli del rigassificatore proposto da
GasNatural e della centrale elettrica di Lucchini). Sarà materia per futuri
chiarimenti, che il ministro non mancherà certo di dare, ai triestini e ai
muggesani prima ancora che al Governo sloveno.
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
”Miani”, al via un volantinaggio - NUOVA ASSEMBLEA DEL
CIRCOLO SULLA FERRIERA
Un volantinaggio che inizierà fra pochi giorni e che
«coinvolgerà i 74mila triestini e muggesani investiti dall'inquinamento
atmosferico originato dalla Ferriera di Servola, in modo da far conoscere loro i
pericoli ai quali vanno incontro e l'inerzia dei pubblici amministratori che
dovrebbero tutelarli». E un pubblico confronto «che metta finalmente di fronte
la popolazione e coloro che dovrebbero intervenire per porre fine a questo
drammatico problema».
Sono queste le conclusioni alle quali si è arrivati ieri sera, al termine
dell'affollata assemblea che ha visto riunirsi nella sede del circolo Miani una
novantina di persone. Il fondatore del circolo, Maurizio Fogar, aveva invitato
all'appuntamento tutti i politici che rivestono incarichi pubblici «per un
dibattito sulla Ferriera». Hanno risposto in due: il consigliere regionale di
Rifondazione comunista, Igor Kocjiancic e l'esponente del gruppo Beppe Grillo,
Paolo Menis. Il primo ha detto che «nonostante le continue denunce presso la
Procura degli sforamenti, l'attività dello stabilimento prosegue senza
interruzioni di sorta. L'uscita di Alessia Rosolen dalla giunta Tondo - ha
sottolineato - provocherà nuovi rallentamenti nel lavoro dei tavoli aperti
sull'inquinamento atmosferico, ma insisteremo con il monitoraggio».
Menis, che ha annunciato la presentazione di una lista del gruppo Beppe Grillo
alle prossime comunali, ha dichiarato che «il diritto alla salute prevale su
quello al lavoro». Fogar in chiusura ha criticato i sindacati «che mai si sono
preoccupati delle condizioni di salute dei lavoratori della Ferriera».
(u. s.)
Casa e risparmio energetico Aperta la rassegna Abitare
- FINO A DOMANI SULLE RIVE
La casa è un luogo fondamentale nella vita, ma oltre a
possederla bisogna anche saperla arredare, magari sfruttando le soluzioni più
innovative e convenienti. Le ultime novità riguardano il risparmio energetico e
le fonti rinnovabili.
Proprio in quest'ottica nasce la prima edizione di ”Abitare, soluzioni per la
casa ed il risparmio energetico», ideata e realizzata dall’agenzia di eventi
Flash con la collaborazione di Trieste Terminal Passeggeri e con il patrocinio
del Comune di Trieste.
La rassegna Abitare - allestita in una tensostruttura allestita in riva Nazario
Sauro e aperta fino a domani - non vuole essere soltanto un’esposizione
specializzata di quello che offre il settore, ma si propone anche come occasione
di apprendimento e divulgazione con appositi incontri e conferenze. «Questa
manifestazione - dice Vincenzo Rovinelli, amministratore dell’agenzia Flash -
riguarda la casa sia dal punto di vista dell’arredo sia dei servizi, compresa la
domotica, delle nuove tecnologie e del risparmio energetico». Un modo per
avvicinare i cittadini a questo mondo, spesso conosciuto in modo superficiale.
Diversi i temi che verranno affrontati nelle conferenze in programma per la tre
giorni espositiva, a cominciare dal convegno internazionale ”Trieste e le fonti
rinnovabili”, organizzato dall’Associazione Italiana Biocostruire Mediterraneo.
«Questo primo convegno - spiega Elvio Ermacora, presidente di Aibim - vuole
essere una fonte di informazione e di formazione concreta e reale: la fonte
energetica rinnovabile è il risparmio». Inoltre altro spazio sarà dedicato al
sistema fotovoltaico, alla Biomassa, alle energie rinnovabili nella casa del
futuro, alla progettazione sostenibile e alla certificazione energetica degli
edifici, al verde pensile e ai nuovi serramenti a risparmio energetico.
Andrea Di Matteo
Muggia, entro il mese di giugno le ruspe dentro l’area
Acquario - Sbloccata l’impasse burocratica, manca solo una concessione
Sono soddisfatto ma l’esperienza ci insegna che la
battaglia non è ancora vinta
MUGGIA Ruspe in azione sul terrapieno Acquario nell'ultima settimana di
giugno: si sblocca l'impasse che per anni aveva congelato qualsiasi progetto di
recupero del sito interrompendo di fatto la linea di costa muggesana verso
Lazzaretto. A dare un decisivo colpo d'ala al suo rilancio, il rientro nei
giorni scorsi all'Arpa da un laboratorio specializzato che si trova in Veneto,
dei risultati delle controanalisi eseguite dal Cipra dell'Università proprio
sulle acque antistanti il sito oltre che sul suolo stesso per la rilevazione di
amianto e diossina, elementi che con la strumentazione in dotazione all'Arpa non
è possibile rilevare.
Da indiscrezioni trapelate sino a questo momento, parrebbe che il livello di
inquinamento presente sul sito, specialmente nei punti estremi del terrapieno,
quelli a contatto con il resto del lungomare, non presentino parametri
allarmanti. Il completamento delle controanalisi era l'ultimo passaggio tecnico
prima dell'avvio della conferenza dei servizi che in questi giorni la Regione
sta convocando, per legge, non prima di 15 giorni dalla conclusione delle
indagini chimiche. «Andiamo alla terza settimana di giugno - conferma Paolo
Cartagine del servizio ambiente della Regione - in queste ore stiamo inviando le
lettere agli enti interessati, Comune di Muggia, Azienda sanitaria, Arpa,
Provincia, oltre, naturalmente alla Regione».
L'incontro servirà ad illustrare l'esito delle rilevazioni e sulla base di
questo risultato si deciderà il futuro del sito: qualora venissero confermate le
ipotesi emerse sino ad ora, ovvero di un basso livello di inquinamento, la
Regione emanerà un decreto immediato che di fatto potrebbe spalancare le porte,
anzi il cancello dell'attuale recinzione, all'intervento di risanamento,
possibile già il giorno successivo a cura del Comune di Muggia.
Resta un ulteriore passaggio formale, quello della concessione dell'area dalla
Regione allo stesso Comune, ma la richiesta era già stata avanzata con largo
anticipo e non dovrebbero esserci ostacoli al suo rilascio. «Accolgo
quest'ultimo passo avanti con estrema soddisfazione anche se la cautela mi
suggerisce di aspettare ancora qualche passaggio prima di dichiarare vinta
questa lunga battaglia», commenta il sindaco, Nerio Nesladek che sul recupero
del sito Acquario ha da sempre puntato quale elemento fondamentale per il
rilancio dell'intero tratto di costa.
La prima cosa da fare, se tutte le caselle andranno al loro posto, sarà il
ripristino della linea di scogliera che in alcuni punti è crollata e la bonifica
del terrapieno dai materiali ferrosi e di riporto che oggi costituiscono un
rischio per l'incolumità. Ultimato questo primo necessario intervento
preliminare, il progetto del Comune per la risistemazione del terrapieno e del
resto di strada per Lazzaretto prevedono la realizzazione di un'area di
balneazione attrezzata, un parcheggio, una pista ciclopedonale con la
possibilità di introdurre in via sperimentale e per periodi limitati anche il
senso unico in direzione Slovenia.
GIOVANNI LONGHI
Pasta in piazza, contro le mafie
Oggi e domani torna nelle principali piazze italiane, l'ottava edizione de "la pasta dell'Auser" l'appuntamento con la solidarietà a sostegno del Filo d'Argento Auser, il servizio di telefonia sociale che aiuta gli anziani soli. I volontari dell'associazione Auser saranno in centinaia di piazze italiane con gli spaghetti biologici frutto del Progetto Libera Terra che, grazie alla legge 109 del '96, restituisce alla collettività beni confiscati alle mafie con l'obiettivo di sviluppare un circuito economico legale e virtuoso. La pasta dell'Auser è buona due volte perché unisce il sapore della solidarietà a quello dell'impegno per la legalità e la giustizia. Una pasta "antimafia" che aiuta gli anziani. Madrina dell'appuntamento è anche per quest'anno la conduttrice televisiva Rita Dalla Chiesa che ha deciso di impegnarsi personalmente diventando testimonial di Auser. Da sempre attenta alle tematiche di giustizia e legalità, Rita Dalla Chiesa ha deciso con entusiasmo di stare a fianco dell'Auser nella sua giornata più importante. La Dalla Chiesa ha gentilmente prestato la sua voce per uno spot radiofonico che trasmesso sulle principali radio e la sua immagine per la realizzazione di una apposita locandina. Abbinato all'evento "La Pasta dell'Auser" ci sarà un concorso: una cartolina da compilare in distribuzione nelle piazze italiane. Chi parteciperà al concorso potrà scoprire di essere vincitore di un Super Premio, un soggiorno per due persone (5 giorni e 4 notti) in Sicilia alla scoperta dei sapori della giustizia e della legalità e dei prodotti buoni della terra e di uno dei 15 cesti con vino, olio e pasta prodotti da Libera Terra. Per info: www.auser.it ufficio stampa: 348.2819301. Va ricordato che recentemente l’Auser ha siglato un protocollo d’intesa con Legambiente per sviluppare iniziative congiunte su temi come la qualità della vita, vivere e consumare solidale e sostenibile, il valore della conoscenza, il turismo sostenibile, tutela e promozione dei beni pubblici.
SEGNALAZIONI - «Differenziata obbligatoria, ma manca la
rete» - RACCOLTA RIFIUTI
Il regolamento sulla gestione dei rifiuti - pubblicizzato
di recente - risulta carente proprio sulla raccolta differenziata che da
optional diventa obbligatoria e per la quale più impellenti e cogenti sono le
normative europee e nazionali.
Mancano i presupposti pratici-organizzativi perché tutti siano messi in
condizione di assolvere a tale obbligo; si dice che raddoppieranno le isole
ecologiche ma si finge di ignorare che la conformazione del territorio e
l’elevato numero di auto in sosta lasceranno sguarnite di tale servizio numerose
zone della città ed i rispettivi residenti, né sono previste alternative: non si
ipotizza un impegno per il gestore a un adeguato investimento in dotazioni più
confacenti al territorio (contenitori e autocarri per asporto più piccoli con
frequenza maggiore). Né si intravede la possibilità di raccolta porta a porta
anche per le utenze domestiche.
Il regolamento tace anche sulle modalità di controllo della filiera del
riciclo/recupero che incide, positivamente o negativamente, sui costi del
servizio. A tutt’oggi le dichiarazioni del sindaco su una riduzione della Tarsu
«grazie al termovalorizzatore» restano smentite dai fatti. Non si è voluto
scegliere un modello premiante al pari di altri Comuni, quelli che utilizzano
sistemi efficaci e capillari per cui viene tassata la produzione effettiva di
rifiuti: premio per i cittadini virtuosi, incentivo per i riottosi. Infine,
molte delle sanzioni appaiono inapplicabili per insufficienza numerica dei
«controllori» a fronte di un maggior impegno e per la casualità e saltuarietà
dei controlli, poco consone ad un regime di obbligatorietà. Per non parlare
dell’ennesima vigliaccata nei riguardi di soggetti estremamente indigenti o
patologici che «rovistano tra i rifiuti».
Giuliana Giuliani Cesàro - consigliere Pd IV circoscrizione
SEGNALAZIONI - Antenne in attesa
In questi giorni è ritornato prepotentemente alla ribalta
il problema delle antenne per la telefonia mobile, ben duecento sono state già
collocate, mentre una cinquantina «attendono silenziose» di avere un sito. Fermo
restando che è giusto parlarne, che vanno informati i cittadini, specialmente i
più giovani, ad un uso corretto che deve essere fatto del telefonino e in attesa
che il «Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti di
radiobase per la telefonia mobile», venga finalmente approvato, è necessario
trovare una soluzione che dia risposta a questo prolificare selvaggio delle
antenne sul territorio di Trieste.
Ecco quindi che, nel rispetto della normativa regionale di settore, va istituito
un tavolo operativo con gestori, tecnici comunali, l’Arpa e un componente della
Commissione consultiva, in rappresentanza dei cittadini, prevista nella
normativa relativa al piano della telefonia mobile, allo scopo di concertare la
collocazione sul territorio comunale di nuovi impianti, tenendo conto del
rispetto dei siti sensibili, di far collocare le antenne in modo che il «centro
elettrico» sia posto ad altezza superiore delle case circostanti, di raggruppare
più antenne sulla stessa localizzazione, di preferire la collocazione delle
antenne su aree o edifici di proprietà comunali e d’impegnare formalmente i
gestori a trovare, ove possibile, e nel rispetto dei criteri esposti, nuove
sistemazioni a quelle antenne già collocate ma che risultano essere vistosamente
penalizzanti per i caseggiati vicini. Questi sono i contenuti di una mozione da
me presentata, in consiglio comunale, che se verrà approvata, sarà un importante
passo avanti, in attesa dell'approvazione del «Piano antenne», verso la
soluzione di un problema che da troppi anni vede contrapposti i cittadini ai
gestori, con l’Amministrazione che il più delle volte risulta praticamente,
tranne che per l’aspetto paesaggistico, priva di ogni potere di veto, per
mancanza di specifiche leggi.
Alessandro Minisini - Gruppo misto Partito della Nazione
IL PICCOLO - VENERDI', 28 maggio 2010
«Trieste è splendida ma vedi prima le brutture» - L’INTERVISTA AL SINDACO DI CAPODISTRIA
Tondo ? In campagna elettorale mi disse che del rigassificatore non voleva saperne, adesso lo appoggia in pieno
Popovic: dalla Ferriera al Porto Vecchio, i turisti
fuggono. Se il Parco del mare si fa qui noi ci tiriamo indietro
È innamorato di piazza Unità e buon cliente del Tea Room - Ma detesta le quattro
corsie sulle Rive con quelle piante in mezzo: «Un cimitero»
Imprenditore, sindaco di Capodistria dal 2002, estroverso e senza peli sulla
lingua, finito nel 2003 in prigione per un mese con l’accusa di frode fiscale,
in buoni rapporti col sindaco Dipiazza che spesso lo cita come «il mio amico
Popovic», un fluente italiano, eletto con una sua lista, «Capodistria è nostra»,
con la quale si ricandida a ottobre, Boris Popovic viene spesso descritto come
«un fiume in piena» quando parla di qualcosa che gli sta a cuore.
E così è quando racconta della risalita della sua città, dei progetti in corso,
del turismo che cresce e più ancora crescerà, di come ha preso al volo l’idea di
incastonare un Parco del mare sul mare suo, diventando nei fatti la cartina al
tornasole delle indecisioni triestine. Parla ancora di come ha ingaggiato un
architetto celebre come Tobia Scarpa per progettare una spiaggia, e un’isola
artificiale «in stile Dubai», di come ha agganciato Royal Caribbean e perfino
Carnival, la numero uno al mondo, per fare di Capodistria una tappa di crociere
al top.
Ma non è tutto. Perché Popovic anche viaggia molto in Italia, a Trieste viene da
sempre e di continuo, anche solo a bere un caffè in piazza Unità, all’amato ”Tea
Room”, per fare un giro, con ammirazione ma anche con altri sentimenti. E ci
torna adesso, sempre volentieri, per replicare a quanti, da Dipiazza a Paoletti
passando per la lettera aperta di Roberto Sasco, lo hanno tirato in ballo sulla
spinosa vicenda del Parco del mare ”scippato”.
Sindaco Popovic, lei dice che Capodistria è al centro dell’Europa, che è facile
attrarre turisti. Ma non lo è Trieste ancora di più?
Non l’ho detto io che Capodistria è al centro dell’Europa ma, ben prima di noi,
una certa Maria Teresa... E oggi gli austriaci dicono che la Slovenia è una
perla e ha un diamante: Capodistria. Certo, quando Trieste voleva concorrere
all’Expo io mi sono offerto di aiutare, perché siamo su una linea unica, per
Trieste andrei dappertutto. Però...
Pero?
Credo si sia perso quell’occasione perché il governo italiano ci credeva poco e
politicamente era debole. Certo avrebbe dovuto dare qualcosa di alternativo a
Trieste e invece niente, neanche un progetto... C’è quel Porto Vecchio! Si
sarebbe potuti partire da lì per unire le intenzioni delle nostre due città.
Invece...
Invece niente Expo?
A parte quello, quando io spesso prendo la macchina e dico ”vado a Trieste un
attimo”, passo per un territorio terribile, orribile, bruttissimo. Quella
superstrada con le curve sbagliate e l’asfalto scivoloso, e poi la zona ex
Aquila, ma possibile che non si riesca a buttar via tutto? Lì bisogna pulire,
mettere erba, fare una foresta di alberi, un parco naturale per i triestini.
Sembra facile, ma pare che non lo sia. Bonifiche...
Ma non è solo quello, adesso vogliono mettere impianti di gas proprio davanti a
quell’area. Ma io gliel’ho detto: ma sono scemi, a Trieste? Sono amico del
sindaco Dipiazza, glielo ho ripetuto più volte: tu vendi l’anima di Trieste, e
per sempre, se accetti un impianto di rigassificazione nel golfo. Quella dev’essere
un’area per il mare, per la gente. Ma i cittadini niente, non reagiscono,
tacciono, è incredibile. Ma io dico una cosa...
Quale?
Non è che finirà il mondo se non si farà il rigassificatore, magari non finirà
qualcosa in qualche tasca... Quell’impianto lo paragonerei alla nostra Krsko.
Una centrale nucleare, con annessi e connessi, certo. Ma è stata fatta in una
zona in cui, a parte i campi di patate, non c’è altro. Nessuno, per dire, si
sarebbe sognato di farla sul mare. Qua pare invece che quasi tutti i vostri
politici non vedano l’ora di rovinare ulteriormente la costa. E non parliamo di
Tondo...
Che cosa le ha fatto il presidente della Regione?
In campagna elettorale era venuto anche da me, giurando che del rigassificatore
non voleva saperne. Poi l’hanno eletto ed è diventato il suo primo sostenitore.
Mi ha deluso moltissimo. Anche perché, col governo nazionale pienamente
omogeneo, poteva fare grandi cose e invece... No, meglio se ne torni lassù, a
cucinare...
Lei non le manda a dire, in effetti.
Quando vedo poi il Porto Vecchio, e penso che anche lì poteva essere tutta una
spiaggia. Sa che cosa bisognava fare in quell’enorme, incredibile Porto Vecchio?
Una specie di mini-Venezia. Canali, così che ci si sarebbe entrati solo con le
barche. E attorno appartamenti, non solo quei vecchi enormi magazzini. E magari
un’Aqualandia che sarebbe stata apprezzatissima dai triestini. Sarebbe stata una
cosa magnifica per il turismo. Invece... Mi chiedo che turista possa rimanere in
città vedendo la Ferriera in quegli stati e il Porto Vecchio abbandonato... Gira
la macchina e se ne va. Bisogna fare le cose che nessun altro ha. Bisogna
inventare qualcosa di nuovo.
C’era il Parco del Mare...
Può esserci ancora. L’ho detto proprio oggi (ieri ndr) al presidente della
Camera di commercio Paoletti: se Trieste si muove e fa presto, noi ci facciamo
da parte. Diversamente lo realizzeremo a Capodistria. Anche noi abbiamo fatto i
nostri calcoli, e le stime sulla possibile affluenza reggono. Altro che Dipiazza...!
Cosa le ha fatto il sindaco?
Fa discorsi assurdi. Si agita, si muove, sembra voler far tutto lui ma poi non
so quanto faccia. Non contano le dimensioni della città su cui grava il
progetto, ma la bontà del progetto stesso. Peschiera ha più o meno le dimensioni
di Capodistria, un decimo di Trieste e regge tutta una ”Gardaland”, con milioni
di visitatori. E non parliamo di Postumia e delle sue grotte. Il problema è che
i progetti vanno realizzati...
Invece le cose stanno molto ferme?
Tutto, tutto fermo. E perché? Si temono contraccolpi occupazionali dalla
chiusura della Ferriera? Sono 400 persone, lo so bene, ma con un lavoro duro e
sottopagato. Possibile non si riesca a riciclarle? A Capodistria, solo col
recente centro commerciale ”Tus” sono state assunte 582 persone. Ripeto: 582.
Certo a Trieste avete altri problemi. Anche quello che è stato fatto...
Anche quello non le piace?
L’autostrada davanti a piazza Unità.
Quale autostrada?
Ma non avete un’autostrada a quattro corsie sulle rive, davanti a piazza Unità?
Invece di mettere le automobili in parcheggi sotterranei, e lasciare la piazza
libera di affacciarsi sul mare, con una sorta di ”trampolino” verso il golfo.
Adesso il trampolino sul mare lo faremo noi. E poi lì c’è quel cimitero.
Cimitero? Quale?
Quelle piante che stanno in mezzo alle quattro corsie. Sembra di essere in un
cimitero. Non hanno messo olivi, palme, no, quelle piante da cimitero. Mancano
solo le lapidi. A lei non pare? Tutta una bellezza buttata via. Solo semafori.
Sindaco, anche i semafori?
Ma è vero o no che ogni cento metri c’è un semaforo, sulle rive? E anche in
città, come ti giri un semaforo. A Trieste è tutto ancora come cento anni fa. E
pensare che è una città così grande, così veramente splendida.
Lei piuttosto perché non si oppone al fatto che la ”vignetta” sia obbligatoria
per i triestini anche per venire a Capodistria?
Non si può levare, non si può. Ci sono tanti turisti, devono pagare. E le
autostrade italiane, quanto costano? Io viaggio parecchio in Italia, è pazzesco
quanto costano. Invece con la ”vignetta” paghi una volta sola per tutto l’anno e
con gli stessi soldi giri dove vuoi, e quanto vuoi, si spende molto, molto meno.
Poi magari uno che ha pagato, dopo essere arrivato a Capodistria, un’altra volta
tornerà, andrà a Lubiana, o da qualche altra parte.
Un incentivo?
Ma direi un giusto sistema, europeo. Anche la Svizzera fa così, e anche
l’Austria. Il fatto di pagare le autostrade per ogni tratta poi è sconveniente
soprattutto per i triestini, chi abita a Milano o a Roma ha già tutto quel che
gli serve, da Trieste invece bisogna viaggiare, e pagare. I camion è giusto che
paghino, perché inquinano, ma non la gente.
A proposito di triestini, secondo lei hanno superato una certa logica di
confine?
La gente sì, i politici probabilmente no. Penso sia solo una questione di voti,
legata al fatto che da voi il periodo elettorale dura cinque anni, tutto un
mandato... Questo modo di fare si ripercuote fatalmente anche sulle relazioni.
Ne parlavo col presidente Paoletti: troppo pochi privati, dall’una e dall’altra
parte, hanno investito in iniziative transfrontaliere. Bisogna allestire dei
tavoli, confontarsi, conoscersi.
Ha dei suggerimenti per la candidatura del futuro sindaco di Trieste?
Intanto credo sia sbagliato l’attuale sistema che vieta di ricandidarsi dopo il
terzo mandato. Se uno ha fatto bene e ha il consenso perché deve farsi da parte?
Non sarebbe un sistema assolutamente democratico? Detto questo, auguro a Trieste
intanto che il candidato non sia un politico ma un imprenditore, meglio ancora
se totalmente svincolato dai partiti.
E ai triestini cosa augura?
Di trovare presto degli sbocchi per il futuro. È vero, Trieste è una città molto
anziana, ma ai giovani cosa è in grado di offrire? Chiaro che prima o poi sono
costretti ad emigrare verso aree più dinamiche, il business abita lì... A meno
che qualcuno non pensi di mostrare ai suoi figli la Ferriera o il
rigassificatore e dir loro: ecco, quello sarà il tuo destino...
Ci sarà qualcosa che invidia a Trieste..
Piazza Unità. Grandiosa, bellissima. Luoghi del genere non si trovano tanto
facilmente, con quei palazzi che danno al tutto un valore aggiunto.
GABRIELLA ZIANI - FURIO BALDASSI
POPOVIC - L’INCONTRO SULLA REALIZZAZIONE DEL MAXI
ACQUARIO - Paoletti: «Gli ho chiesto di aspettare»
Se Capodistria cresce col ritmo tipico di chi, tra un sistema politico e l’altro, si è perso qualche decennio di sviluppo, c’è chi guarda più in là. E crede che le attrazioni, di qualsiasi tipo siano, portino indotto a tutto il territorio. Di qua e di là dall’ex confine. «Ne ho parlato col sindaco di Capodistria Popovic – conferma Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio – trovando conferma alle nostre stime e disponibilità. Che dire? Le cifre, le proiezioni, le possibilità le ha studiate anche lui, e combaciano». «L’acquario – ha commentato Popovic – porterebbe ad almeno 900 mila visitatori l’anno», aggiungendo di aver atteso in questi anni prima di deciderne la realizzazione, perché non voleva mettersi in competizione con Trieste, ma semmai «trovare una collaborazione per movimentare i flussi turistici sui due territori». Paoletti gli ha chiesto di attendere prima di avviare l’iter per la realizzazione dell’opera simile a Capodistria e di non contattare ancora i privati investitori che intendevano finanziare la struttura, per consentire alla Camera di Commercio di chiedere ufficialmente all’amministrazione municipale triestina, di esprimersi definitivamente se realizzare o meno il Parco del Mare di Trieste».
(f.b.)
Veglia, rigassificatore a rilento Sarà pronto non prima
del 2016 Il mercato internazionale è saturo Zaule potrebbe trarne
vantaggio
Le aziende croate hanno tardato l’ingresso nel
consorzio
VEGLIA Brusca frenata per il progetto del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj)
a Veglia. L’entrata ”da moviola” delle aziende croate nel consorzio
concessionario Adria Lng e la saturazione dei mercati internazionali del gas ha
fatto slittare la data d’inizio dei lavori di costruzione, che fino a ieri
pareva essere fissata al 2011.
È stato il direttore generale del consorzio, Michael Mertl, a dichiarare che –
una volta ottenuta la licenza di costruzione (quella edile dovrà essere chiesta
prima della fine del 2012) – Adria Lng dovrà rivedere i termini di edificazione.
Una dichiarazione pesante, che sta a significare solo una cosa: il primo rombo
di ruspa nell’isola nordadriatica, così il parere degli addetti ai lavori, non
si udirà prima del 2013. Se dovesse andare effettivamente così, il terminal
entrerebbe in funzione nel 2016, fra sei anni, un lasso di tempo parecchio lungo
e che potrebbe costare caro al maxi impianto isolano.
Castelmuschio, che pareva in netto vantaggio sul rigassificatore di Zaule nel
Golfo di Trieste, potrebbe essere facilmente scavalcata dal terminal italiano,
con tutte le conseguenze che ne deriverebbero. A pesare sul ridimensionamento
del progetto è stato, come già riferito, l’atteggiamento passivo delle aziende
croate designate a fare parte di Adria Lng, con una quota del 25%. Per circa un
anno e mezzo il progetto è risultato così bloccato, pausa controproducente e
provocata da Ina (impresa petrolifera), Hep (Azienda elettrica statale) e
Plinacro (principale distributore di gas in Croazia). Già lo scorso novembre il
direttore Mertl aveva messo in guardia le tre imprese croate, invitandole a
sbrigarsi nell’entrare nel consorzio. Avvertimenti rivelatisi fondati, in quanto
solo pochi giorni fa Ina, Hep e Plinacro si sono ”svegliate dal letargo”,
inviando una missiva al Gruppo, chiedendo di poter aderire ad Adria Lng. Un
ritardo ingiustificato e che di fatto rallenterà la messa in pratica del
progetto del rigassificatore, che avrebbe dovuto essere inaugurato nel 2014.
Alla lentezza della parte croata, si è aggiunto un mercato pieno zeppo di gas,
in cui l’offerta supera la domanda, costringendo i grandi investitori – tra cui
Adria Lng – a tirare il freno a causa del basso costo del gas.
Quella che arriva da Castelmuschio non è una buona notizia per la Croazia, che
dipende dalle forniture russe in quanto quelle provenienti dai giacimenti
metaniferi sottomarini in Adriatico non sono sufficienti. Il Paese ha perso
l’opportunità di diversificare in tempi alquanto brevi l’arrivo di metano da
Oltreconfine e inoltre diventa un punto interrogativo il rifornimento di gas per
le necessità dell’Ente elettroenergetico croato. L’Hep ha in piano infatti di
costruire una serie di centrali elettriche alimentate a gas ed è per questo che
il rigassificatore di Veglia sarebbe giunto a pennello. In questo momento, il
Paese riesce a coprire il 60% del fabbisogno di gas grazie alla produzione
interna mentre – secondo gli esperti – l’aumento dei consumi costringerà la
giovane repubblica postjugoslava a importare nel 2020 il 60% del quantitativo
necessario. Attualmente, il consumo annuale in Croazia è di 3 miliardi e 200
milioni di metri cubi di gas: nel 2015 potrebbe essere portato a 5,7 miliardi,
toccando invece i 6,1 miliardi nel 2019.
ANDREA MARSANICH
Piano regolatore, nuova secretazione - L’ESAME AL VIA
IL 3 GIUGNO. OMERO (PD): NON VOGLIONO CHE I CITTADINI VENGANO A VEDERE?
A porte chiuse i lavori della commissione sulle oltre
mille opposizioni e osservazioni - Corsa contro il tempo, in aula entro luglio
Sarà una vera corsa contro il tempo. E, ancora una volta, si svolgerà
all’insegna della segretezza totale, con una scelta che sta già suscitando
notevoli polemiche. I lavori della VI commissione, che deve discutere le 18
prescrizioni vincolanti della Regione e le 1051 opposizioni/osservazioni sul
piano regolatore, partiranno presumibilmente il prossimo 3 giugno e, come
anticipa il presidente Roberto Sasco, si tradurranno in una maratona che ogni
giorno dalle 12 alle 15, indicativamente, dovrebbe consentire di smaltire tutte
le istruttorie. «Abbiamo calcolato – racconta Sasco – di dedicare almeno tre
sedute alle prescrizioni regionali e non meno di altre 20 alle osservazioni
residue, con un ritmo di circa 50-60 pratiche al giorno. Una tabella di marcia
che dovrebbe consentirci di finire l’istruttoria di commisione entro fine
giugno-inizio luglio e poter approdare entro quel mese nelle aule del consiglio
comunale».
Il cronoprogramma sarebbe già dovuto partire in questi giorni ma, come ha
precisato Sasco, l’architetto Ave Furlan, direttore dell’Area pianificazione del
Comune, ha chiesto una settimana di tempo in più per finire le controdeduzioni
alle richieste regionali.
E qui si arriva alla secretazione, secondo Sasco richiesta dal vicesegretario
Lorenzut, «che ha fornito una sua interpretazione». Una mossa che ha fatto
saltare la mosca al naso all’opposizione, e segnatamente a Fabio Omero del Pd,
che non ha mancato di farne l’oggetto di vibrate proteste nella riunione dei
capigruppo di ieri mattina. «Perché secretano? Non vogliono che i cittadini
vengano a vedere? Automaticamente verrebbe da pensare che abbiano qualcosa da
nascondere...» Il riferimento, poi esplicitato, riguarda casi recenti che hanno
fatto discutere (quello della cosiddetta ”pulcinaia d’oro” di Padriciano e del
tennis Club di Muggia, terreni entrambi comprati da Michele Genna e Claudio
Ciofi e miracolosamente cambiati come destinazione d’uso dopo l’acquisto).
«La maggioranza – spiega ancora Omero – si appella alla norma di regolamento che
prevede il segreto d'ufficio sugli atti in fase istruttoria. A luglio dell'anno
scorso il segretario generale aveva chiarito però che la decisione di secretare
le sedute è della Commissione capigruppo e non sua. Il suo ruolo è infatti solo
quello di esprimere pareri. Nel caso in questione il suo parere era che la fase
di esame delle delibere in Commissione è ancora “istruttoria” e quindi ogni
divulgazione è un reato di violazione del segreto d'ufficio. Altra cosa è invece
la riunione del Consiglio nella quale si passa alla fase “deliberativa”,
riunione che è quindi pubblica. Di opinione opposta era stato il difensore
civico».
Intanto Sasco, come prima apertura, ha invitato i presidenti delle sette
circoscrizioni a partecipare alla seduta sulle controdeduzioni regionali.
FURIO BALDASSI
E dal golfo torna la ”grande puzza” - È causata dalle
esalazioni degli idrocarburi delle petroliere in rada
CENTINAIA DI SEGNALAZIONI AL CENTRALINO DEI VIGILI DEL
FUOCO
La grande puzza, come ormai molti triestini sono abituati a chiamare questo
fenomeno, è ritornata in città. Ieri l’allarme è scattato attorno alle 16.30. E
sono state un centinaio le telefonate giunte al centralino dei vigili del fuoco.
I quali hanno effettuato in molti casi gli opportuni controlli, perché il timore
era quello di una fuga di gas. Prima nella zona di via D’Alviano, poi in via
Locchi e infine ad Altura. A chiamare è stata gente spaventata ma soprattutto
preoccupata.
Il mistero, che ormai non è più tale da qualche tempo, è stato svelato in breve.
Tutta colpa delle esalazioni di idrocarburi provenienti dalle cisterne di
qualche petroliera. «Quando il vento è diretto verso la costa, l’odore è
inevitabile. Se poi la gente ha le finestre aperte è chiaro che l’effetto sia
assicurato», spiegano i pompieri.
A dare esito negativo sono stati anche gli accertamenti dei tecnici dell’Arpa e
dell’AcegasAps (questi ultimi hanno verificato l’assenza di perdite nella rete
del gas). Insomma anche in questa occasione la ”grande puzza”, che ciclicamente
torna ad ammorbare la città in concomitanza con l’arrivo dei primi caldi, l’ha
fatta franca.
I primi contatti ravvicinati con questo fenomeno tipicamente estivo, risalgono
all’estate del 2003.
Poi si sono ripetuti con una certa frequenza. Per giungere a una precisa
definizione era stato necessario attendere il 2004, l’Arpa aveva collegato le
esalazioni alla presenza di petroliere in golfo. Un gas inerte viene mantenuto
sullo superficie del greggio per ragioni di sicurezza. Quando la temperatura
esterna cresce di qualche grado, la pressione del gas aumenta e le valvole dei
serbatoi delle navi si aprono, facendo uscire la nuvola nell’atmosfera. Spinta
dal vento si espande poi sulla città.
(c.b.)
Timavo, 102 mila euro per ultimare la bonifica - Ret:
Ora possiamo procedere con la riqualificazione del sito e inserirlo nel circuito
turistico
FINANZIAMENTO DELLA REGIONE
DUINO AURISINA Si attendeva l’ultima tranche di finanziamento per dare
seguito all’intervento di bonifica della terza risorgiva del Timavo, e
finalmente il contributo della Regione è arrivato. Lo annuncia il sindaco di
Duino, Aurisina Giorgio Ret: «Sono stati assegnati i 102mila euro che mancavano
alla messa in sicurezza del corso d’acqua di San Giovanni in Tuba, e dunque ora
potremo procedere celermente con la riqualificazione del sito, che comprende,
oltre all’eliminazione degli ordigini bellici risalenti alla Seconda guerra
mondiale, anche la sistemazione degli argini danneggiati dall’operato dei mezzi
militari, la piantumazione delle specie vegetali rimosse e l’implemento
dell’arredo urbano, nonchè il recupero del sentiero di collegamento all’area.
Ciò – osserva – nell’ottica di favorire l’inserimento della zona, di
significativo pregio naturalistico, nel circuito turistico del territorio».
L’amministrazione comunale, intanto, per interessamento di Alessandro Fattori,
responsabile della Protezione civile, ha già inviato una lettera allo Sdai di
Ancona (Servizio disattivazione antimezzi insidiosi) con la richiesta di
intervento. Da rimuovere ancora centinaia di ordigni. Che con ogni probabilità
verranno fatti nuovamente brillare in una zona poco distante, nel Monfalconese,
vale a dire nell’area industriale del Lisert. «Putroppo – spiega Fattori – solo
i militari di Ancona possono operare per l’eliminazione di ordigni presenti in
corsi d’acqua. Lo Sdai interviene su tutto il territorio nazionale, e dunque
dovremo attendere ancora un po’ prima di concludere l’intera operazione». Il
sindaco Ret, comunque, è convinto che si risolverà tutto entro l’estate: «Ho
fatto un’espressa richiesta in questo senso. Se si attende il periodo autunnale,
con il matempo non si fa più nulla».
TIZIANA CARPINELLI
LE ORE DELLA CITTA' - FIRME PER L’ACQUA
Firme per l’acqua pubblica, superato il mezzo milione di firme. A Trieste sarà possibile firmare, domani e domenica, al Festival delle diversità all’Ausonia, in largo Bonifacio (inizio Viale) dalle 17 alle 19. Domani, in via Dante, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Alla Bottega del Mondo in via Torrebianca 19 oggi dalle 15.30 alle 17.30. Inoltre tutta la settimana al mattino nei Comuni della provincia di Trieste.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 maggio 2010
Ferriera, la Regione riapre l’iter sull’Aia - Via alla
procedura il 15 giugno. Ass: «preoccupazione» per gli sforamenti nelle emissioni
RIUNIONE DELLA TERZA E QUARTA COMMISSIONE
Il 15 giugno la Regione riaprirà la procedura sul rilascio
dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera di Servola. Lo ha
annunciato ieri l’assessore alla Salute, Vladimir Kosic, alla riunione congiunta
della Terza e quarta commissione del Consiglio regionale presiedute da Giorgio
Venier Romano (Udc) e Alessandro Colautti (Pdl). Come aveva già preannunciato
nell’incontro precedente l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, per procedere
l’amministrazione regionale non intende aspettare la pronuncia del Tar.
L’accelerazione decisa troverebbe avvallo anche nella lettera che il direttore
generale dell’Ass, Fabio Samani, ha inviato il 13 maggio al sindaco Roberto
Dipiazza e in cui si rileva come nel periodo 1 gennaio - 30 aprile per quato
riguarda le Pm10 si siano registrati 12 superamenti dei limiti normativi alla
centralina di via Caprineto, 4 a quella di via Pitacco, 14 a quella di via Svevo
e 17 al mezzo mobile. Si fa anche presente che il Dm 60/2002 prevede che dal
primo gennaio 2010 i superamenti non possano essere più di 7 all’anno. «Questa
azienda in più occasioni, in sede di tavoli tecnici e conferenze di servizi,
nonché nella precedente corrispondenza - si legge nella lettera - ha espresso
precise valutazioni sui rischi per la salute umana e per l’ambiente conseguenti
all’inquinamento da polveri, benzene e Ipa, rappresentando la propria
preoccupazioni in tal senso. Si ribadisce pertanto la necessità di adottare gli
idonei provvedimenti a salvaguardia della salute pubblica».
Ieri, interrogato dal consigliere del Pd, Sergio Lupieri, su quali dovrebbero
essere i provvedimenti, Samani ha risposto che «questi sono i dati e sta ora ai
politici decidere». Ma il secondo elemento di novità emerso dall’incontro è che
un immediato intervento che verrà avviato per verificare la situazione
ambientale all’interno dello stabilimento vedrà il coinvolgimento di un
professionista dell’Azienda sanitaria. Secondo Maurizio Bucci, consigliere del
Pdl, proprio un più deciso atteggiamento da parte dell’Ass impresso dal recente
cambio del direttore generale potrebbe essere la chiave di volta per giungere
alla chiusura, da lui auspicata, dello stabilimento. Secondo la stessa nota
ufficiale emessa dalla Regione, «il tavolo interdisciplinare e interassessorato
è un chiaro segnale che l’amministrazione regionale ha avviato un percorso di
dismissione dell’impianto. Il problema della salute - si afferma - dovrebbe
imprimere una forte accelerazione in tal senso». Lo stesso Lupieri ha ieri ha
affermato che «non è più sostenibile la sospensione del procedimento di riesame
dell’Aia in attesa del pronunciamento del Tar perché la salute non è mai
negoziabile».
Nel corso del riesame dell’Aia dunque, se si verificherà, come auspica Bucci,
che i tecnici aiuteranno i politici a mettere in campo azioni utili per la
tutela dei cittadini, la Servola spa verrà sostanzialmente stretta all’angolo
dalle prescrizioni molto più stringenti che verranno emanate.
È comunque anche vero, come ha ammesso l’assessore Kosic, che non esiste alcuno
studio che attesti negli abitanti di Servola un’importante esposizione a
inquinanti ambientali. Il campione selezionato, 79 cittadini su base volontaria
e i risultati che sono emersi non sono tali da avere un’evidenza scientifica,
bisognava raggiungerne almeno 150-200. «Sostanziamente comunque - ha concluso
Kosic - non si sono rilevate indicazioni di particolare gravità. E lo stesso
vale per i dipendenti dell’azienda».
SILVIO MARANZANA
FERRIERA - Dall’altoforno sibilo e fiammata Paura a
Servola
Un sibilo che poteva sembrare uno scoppio, una fiammata e
il terreno che ha tremato per 40 secondi. L’episodio, alle 8.20 di ieri mattina
in Ferriera, ha messo in fuga operai impauriti e innescato telefonate
preoccupate di servolani.
«L’altiforno è andato in sovrappressione - ha spiegato il responsabile della
comunicazione Francesco Semino - e allora è entrato in azione il sistema di
emergenza: si sono aperti i ”blider”, cioé le valvole che permettono lo
sfiatamento. Comunque nessun danno».
«Diossina dall’inceneritore, chiediamo l’oblazione» -
La magistratura bloccò due linee di smaltimento: potenzialmente pericolose
MOSSA A SORPRESA DEI LEGALI CHE DIFENDONO MARINA
MONASSI E ALTRI DIRIGENTI DELL’EX MUNICIPALIZZATA
«Chiediamo di essere ammessi all’oblazione. Lo prevede la legge, se viene
applicata correttamente».
Questa semplice istanza, avanzata dall’avvocato Giovanni Borgna e accompagnata
da una ponderosa memoria scritta e da una dettagliata illustrazione in aula, ha
causato un mezzo terremoto nell’udienza di apertura del processo nato dalle
ripetute fuoriuscite di diossina con valori superiori ai limiti di legge
misurate nell’inverno di tre anni fa all’estremità del camino dell’inceneritore
di via Errera. All’epoca due delle tre linee di smaltimento erano state fermate
dalla magistratura perché ritenute potenzialmente pericolose per la salute
pubblica. L’Acegas aveva dovuto dirottare per quasi quattro mesi lontano da
Trieste e dall’Isontino i rifiuti raccolti nei due centri urbani. Il blocco
delle due linee era stato devastante sul piano economico: era costato all’AcegasAps,
al Comune di Trieste e indirettamente ai cittadini, cinque milioni di euro.
«Chiediamo di essere ammessi all’oblazione» ha affermato in apertura d’udienza
l’avvocato Giovanni Borgna. Accanto a lui erano schierati gli altri legali -
Tiziana Benussi, Paolo Pacileo e Sergio Mameli - che assistono i vertici della
ex municipalizzata trascinati in aula come imputati. Il problema che ha di fatto
bloccato il procedere del processo è rappresentato dalla difficile applicazione
delle leggi in campo ambientale. In sintesi tre sono le vie percorribili in
astratto per sanzionare sul piano penale le fuoriuscite di diossina. C’è la
legge 152/06 conosciuta come Codice dell’ambiente ed è la più generica e ammette
l’oblazione. C’è la 133/05, una norma speciale sugli inceneritori che è stata
applicata in questa indagine dal pm Maddalena Chergia e che non ammette
oblazioni. E c’è la norma specialissima della 59/05 invocata dall’avvocato
Giovanni Borgna, che regola le emissioni degli impianti soggetti a dichiarazione
integrata ambientale, come l’inceneritore di via Errera. Questa norma ammette
l’oblazione anche se tutti i difensori degli imputati - Marina Monassi,
direttore generale dell’Acegas, Paolo Dal Maso, responsabile della Divisione
ambiente, Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore e Francesco Giacomin,
già amministratore della società - ieri in aula hanno affermato di essere
pronti, dati e perizie alla mano, a difendersi egregiamente anche nel merito. La
richiesta di oblazione risponde unicamente all’economia processuale.
Il mezzo terremoto - come abbiamo detto in apertura dell’articolo - nasce dal
fatto che secondo la difesa a questo caso è stata applicata una normativa troppo
generica e non quella specifica degli impianti soggetti a dichiarazione
integrata ambientale. Il pm d’udienza si è trovata di fronte a questa nuova
situazione e ha informato del nuovo scenario il pm Maddalena Chergia che ha
gestito l’indagine. La rappresentante dell’accusa è entrata in aula, ha
esaminato la memoria presentata dall’avvocato Borgna e ha chiesto tempo al
giudice Paolo Vascotto per rispondere adeguatamente all’istanza di oblazione.
Il processo riprenderà dunque il 29 settembre, data in cui dovranno essere
sciolti questi nodi. Va aggiunto che le emissioni fuorilegge di diossina erano
emerse all’improvviso in base alle misure effettuate dai tecnici dell’Arpa.
L’episodio più inquietante risale al 20 dicembre 2006 con 0,970 nonogrammi per
metro cubo d’aria alla bocca del camino. Dieci volte più del valore limite.
Altri sforamenti erano stati misurati il 21 dicembre 2006, l’11 e il 12 genanio
2007 con rispettivamente 0,189, 0,300 e 0,200 nanogrammi per metro cubo d’aria.
CLAUDIO ERNÈ
Il Comitato No Tav: «Progetto antieconomico, potenziare
il trasporto locale su rotaia»
OGGI UN VOLANTINAGGIO ALLA STAZIONE CENTRALE PER
CONTESTARE LA TRIESTE-DIVACCIA
Volantinaggio “No Tav” oggi davanti alla Stazione ferroviaria di piazza
della Libertà. A organizzare la protesta il Comitato “No Tav di Trieste e del
Carso”, che ieri ha illustrato le motivazioni che hanno portato a questa
manifestazione, estesa a tutte le principali stazioni ferroviarie del Friuli
Venezia Giulia. «Il sistema dei treni ad alta velocità – dice Peter Behrens,
esponente di Rifondazione, parlando per conto del Comitato – è perdente sia
sotto il profilo economico, sia sul fronte dei servizi ai cittadini, perché sarà
pagato coi soldi di tutti, ma destinato a pochi. Noi vogliamo invece un treno
che serva a tutti, soprattutto ai pendolari e alle merci. Per questo motivo si
deve cambiare modo di pensare al trasporto, renderlo più locale e meno
centralizzato in poche stazioni».
Le ragioni esposte sul volantino riguardano la «necessità di accelerare i treni
esistenti, implementare la rete di linee transfrontaliere e quelle interne, non
isolare le città minori». I rappresentanti del Comitato non si dichiarano
contrari solo alla tratta “Trieste-Divaccia”, ma in generale al sistema Tav. Nel
volantino, si fa riferimento anche alla preoccupazione espressa dalla deputata
europea Debora Serracchiani, la quale ha affermato che «l’Italia, non avendo
ancora iniziato i lavori, rischia si perdere i finanziamenti europei, dato che,
da giugno, per valutare la finanziabilità, l’Ue non si baserà più sul fatto che
le tratte siano transfrontaliere, ma solo sull’analisi del rapporto fra costi e
benefici e per questa valutazione tutte le tratte italiane potrebbero essere
stralciate».
(u. s.)
VOLONTARIATO - Svolta al Csv, eletto Pierpaolo Gregori
- Battuto Andino Castellano: «Ho presentato proposte concrete»
Membro del direttivo per la provincia
È Pierpaolo Gregori, direttore della rivista Help e
presidente dell'associazione di volontariato Tutela Onlus, il consigliere eletto
per Trieste nel direttivo del Centro servizi volontariato. Il Csv offre ai suoi
soci servizi che vanno dalla consulenza all'assistenza logistica alla promozione
di eventi, con l'intento, come indicato dalla Legge quadro sul volontariato, di
qualificare e sostenere le organizzazioni di volontariato presenti sul
territorio. Cinque in tutto le sedi sul territorio regionale distribuite nelle
quattro province, più una che fa riferimento a Tolmezzo per il territorio
carnico; a queste poi si aggiungono altre 12 sedi secondarie di collegamento con
le quattro provinciali. Cinque i consiglieri eletti per le diverse zone che
compongono il direttivo del Csv, più altri quattro rappresentanti per
rispettivamente il Comune di Pordenone e le Province di Pordenone e Udine – che
si alternano con quelle di Trieste e Gorizia - oltre al Comitato di Gestione
(l'ente erogatore dei fondi a favore del volontariato). A Trieste sono 162 le
associazioni iscritte, per un totale di oltre 15 mila soci.
Gregori, che siederà al Csv per i prossimi tre anni, prende il posto di Andino
Castellano, figura storica dell'associazionismo, vicepresidente della
federazione di Trieste del Movimento per il volontariato nazionale e da sempre
volontario di “Linea Azzurra - in difesa dei minori”. Una vittoria schiacciante
per Gregori, che ha portato a casa 69 voti su un totale di 92 associazioni di
Trieste, presenti venerdì scorso all'assemblea organizzata a Palmanova. «Hanno
capito che c'è una reale volontà di cambiare, soprattutto in termini
pragmatici», racconta Gregori, che ha organizzato un pullman di 50 persone per
portare a votare i triestini. Tra gli altri candidati per Trieste anche Andino
Castellano, sostenuto dalla sezione regionale del Movimento per il volontariato
nazionale. «Per la prima volta sono stati presentati dei programmi per le
attività da fare nei prossimi tre anni – racconta Gregori – il mio ha prevalso
su quello di Castellano, un programma più filosofico, mentre io ho cercato di
presentare qualcosa di concreto con numeri e cifre. Nei prossimi anni i fondi
per il volontariato saranno in misura sempre minore e così dobbiamo cercare di
risparmiare. Intanto in sede di assemblea è stata approvata la mia proposta di
ridurre i compensi dei revisori dei conti da 35 mila euro a 11 mila».
Fitto il programma che Gregori intende portare avanti nei prossimi anni per
cercare di razionalizzare i costi della struttura. «La mia proposta è di
informatizzare il Csv, ad esempio fornendo una tessera con un microchip per
l'accesso ai servizi, potenziare il sito, contenere i costi di funzionamento
degli organi direttivi, valutare la permanenza dei dodici sportelli di secondo
livello, valorizzare il personale».
Secondo Castellano però le scelte di Gregori ricordano il mondo aziendale. «Il
Csv deve restare una vera associazione e vanno valorizzati i progetti del mondo
del volontariato. Le proposte di Gregori ricordano un volontariato
autoreferenziale, la nostra non è un'occupazione né un trampolino di lancio per
chissà quali ambizioni».
Ivana Gherbaz
Canovella, progetto per canalizzare le acque piovane -
AURISINA. IL TAVOLO IN MUNICIPIO
DUINO AURISINA La proposta di affidare nelle mani del
geologo Bruno Grego la risoluzione della spinosa vertenza che gravita
sull’ambito A32 di Marina di Aurisina è stata accolta con favore da coloro che
hanno preso parte all’assemblea di ieri pomeriggio in municipio. Un incontro a
cui non tutti, però, hanno potuto partecipare a causa di un ”qui pro quo” sulla
comunicazione della data fissata per la riunione. Circostanza, questa, che non
ha mancato di sollevare qualche mugugno.
Il tavolo (presenti Fvg Strade, proprietari di ville, agricoltori e il sindaco
Giorgio Ret) è stato tuttavia fondamentale per buttare giù i capisaldi del
complessivo intervento per contrastare il dissesto idrologico esistente
nell’area tra Canovella de’ Zoppoli e le Ginestre.
Entro il 9 giugno il geologo Grego sarà chiamato a presentare un primo progetto
per la canalizzazione delle acque piovane, opera che spetta a a Fvg Strade. «Si
tratta di un intervento prioritario – ha spiegato il sindaco Ret – da cui si
deve prioritariamente partire. L’elemento che incide di più sull’erosione dei
terreni è proprio l’acqua piovana. Successivamente verrà presentato un altro
piano per la messa in sicurezza del tratto più critico della strada. Il Comune –
ha concluso – andrà a verificare a che punto sono gli espropri della strada,
avviati dal Commissario di governo decenni fa, per il perfezionamento delle
operazioni».
TIZIANA CARPINELLI
ATER - E si parte con l’edilizia sostenibile - Pannelli
solari e fotovoltaico per 48 abitazioni in via Dell’Acqua
Entro la fine dell’anno si chiuderà la fase di definizione
delle soluzioni tecnologiche e dei materiali da utilizzare. Lo stesso avverrà
per la progettazione vera e propria. Così, «entro il giugno del 2011 potrà
essere affidato l’appalto», conferma il direttore dell’Ater di Trieste Antonio
Ius. Seguirà l’avvio dei lavori. Questo l’iter che, tappa dopo tappa, porterà
alla costruzione in via Cesare dell’Acqua di 48 alloggi per i quali saranno
adottate in via sperimentale tecniche rispondenti ai principi dell’edilizia
sostenibile nel rispetto del protocollo regionale Vea. In programma, anche il
ricorso a «pannelli solari, al fotovoltaico e al sistema di recupero e
riutilizzo, per quanto possibile, delle acque piovane», aggiunge Ius.
L’intervento di edilizia residenziale sovvenzionata, previsto appunto su un’area
disponibile di proprietà dell’Ater, comporterà una spesa complessiva di circa 10
milioni di euro. «Di sette milioni è l’anticipo che la Regione ci darà
attraverso il canale dell’edilizia sovvenzionata, cifra che l’Ater restituirà
all’ente regionale nel giro di trent’anni - spiega Ius -. Sempre dalla Regione
arriveranno rispettivamente altri 250mila e 40mila euro annui, in entrambi i
casi per dieci anni, tramite differenti capitoli di finanziamento».
Proprio a inizio settimana la giunta comunale, intanto, ha licenziato la
delibera con cui si approva lo schema di Accordo di programma da stipulare con
la Regione, l’Ater della provincia di Trieste, il dipartimento di Ingegneria
civile e ambientale dell’Università triestina e il Consorzio per l’Area di
ricerca. Quest’ultimo, come recita la delibera, potrà «contribuire alla
definizione dei contenuti sperimentali e delle analisi di convenienza tecnica,
economica e gestionale affiancando l’Ater e la Regione nella valutazione dei
risultati». Mentre il dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’ateneo
triestino andrà a «supportare la sperimentazione necessaria con azioni di
ricerca ed alta formazione».
Gli alloggi saranno costituiti probabilmente da cucina, soggiorno, bagno e due
stanze da letto. Una volta assegnati, gli appartamenti verranno sottoposti a un
monitoraggio biennale per verificare il funzionamento e le risposte in termini
di economicità delle soluzioni ecosostenibili. Il caso di via dell’Acqua,
infatti, potrebbe essere utilizzato come esempio da seguire per la futura
costruzione di altri nuovi edifici residenziali.
(m.u.)
Parte l’operazione pannelli solari a Gorizia, saranno a
costo zero
IL PROGETTO PRESENTATO DALLA PROVINCIA CONSENTIRÀ
L’INSTALLAZIONE DI 330 IMPIANTI FOTOVOLTAICI
La Popolare di Cividale copre tutti i costi in cambio del credito garantito dal
Conto energia. Il bando fra una decina di giorni
GORIZIA Cedere il credito garantito dal Conto energia fino a quando
l’impianto non sarà ripagato. In cambio, occorre aprire un conto corrente alla
Banca di Cividale, che finanzia l’intera operazione. Il tutto, a fronte di un
contributo di 300 euro a fondo perduto che verrà assicurato dalla Provincia di
Gorizia. Sono questi gli ingredienti di ”Go Elios Family”, il progetto
presentato ieri congiuntamente dal gruppo Banca di Cividale e dalla Provincia di
Gorizia: uno dei primi di questo genere ad essere formalizzati in Italia.
“L’obiettivo – ha spiegato il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta – è
permettere ai cittadini di disporre di un impianto solare a costo zero e di
beneficiarne una volta che, attraverso il Conto energia, la banca avrà
recuperato i soldi per l’acquisto e l’installazione dell’impianto”. L’ente
provinciale, in vista del bando che si aprirà tra una decina di giorni (e al
quale potranno rispondere solo coloro i quali sono residenti in provincia di
Gorizia), ha stanziato complessivamente 100mila euro, sufficienti per circa 330
impianti.
L’istituto di credito, che gestisce l’operazione attraverso la controllata
NordEst Banca, la quale a sua volta si appoggerà operativamente agli sportelli
goriziani ed isontini della Banca di Cividale, ha preventivato una spesa globale
compresa tra i 6 e i 7 milioni di euro per sostenere il progetto. ”Al di là del
ricavato del conto energia (0,46 euro per ogni kilowattora prodotto; cifra
destinata con ogni probabilità a calare del 20% circa dall’anno prossimo, ndr) –
ha spiegato Lorenzo Pelizzo, presidente della Banca di Cividale – per noi il
vero vantaggio è rappresentato dall’apertura del conto corrente da parte di
coloro che risponderanno al bando. Questo ci consentirà di fidelizzare nuova
clientela e di veicolare i nostri prodotti”. Un ”ritorno” di natura commerciale,
dunque, in cambio della possibilità di andare a coprire i propri consumi
energetici e di guadagnarci, una volta che l’impianto si sarà ripagato (e ciò
normalmente avviene in un tempo di circa 10 – 15 anni). Da segnalare il fatto
che le installazioni saranno curate da imprese del territorio. Verrà stilato un
elenco di ditte al quale gli interessati potranno fare riferimento. L’unica
condizione per le aziende è che dovranno rispettare una nota tecnica. Questo
documento, va specificato, prevede delle caratteristiche standard per quanto
concerne l’ubicazione dell’impianto.
Nicola Comelli
Tre giorni all’Ausonia nel segno delle ”diversità”:
incontri, musica, assaggi - IL FESTIVAL DA DOMANI A DOMENICA
Tema dalla kermesse è la ”non-violenza”: si parte con
omeopatia per animali, nucleare, ecologia
La sede è lo stabilimento balneare Ausonia in Riva Traiana, il periodo da
domani a domenica, i contenuti sono molteplici, anzi letteralmente ”diversi”.
Parte nel prossimo fine settimana l'ottava edizione del ”Festival delle
Diversità”, evento organizzato dal trittico di realtà triestine formato da
”Mondo Senza Guerre e Senza Violenza”, ”I Cammini Aperti” e ”Centro delle
Culture”, con il contributo della Provincia di Trieste e del Centro Servizi
Volontariato del Friuli Venezia Giulia. La tre - giorni promossa all'Ausonia si
basa quest'anno sul tema della non-violenza, ma conferma nel complesso il
consolidato copione delle passate edizioni del Festival, articolando i toni
sull'impegno antico del dialogo e del confronto, dando vita a una giostra di
tappe quotidiane colorate da convegni, animazione per bambini, teatro, concerti,
mostre, cibo multietnico, workshop e altre forme, tutte nel segno della
”diversità”.
Alla edizione 2010 del festival saranno circa 50 le associazioni locali che
hanno aderito alla manifestazione, coinvolgendo tra l'altro qualcosa come 250
tra operatori e artisti: «Associazioni che partecipano fattivamente all'intero
allestimento, non solo per la pura presenza», ha precisato Elena Giuffrida,
portavoce dello staff organizzativo, nel corso della conferenza di
presentazione, nella sede della Provincia, a cura di Dennis Visioli, assessore
alle Politiche di Pace. «Un dato che conferma il reale impegno sociale e la
solidarietà quali punti fissi dell'evento».
Evento che si affida a una sequela di variegati appuntamenti.
Domani la kermesse si apre attorno alle 16, con la conferenza curata dal medico
veterinario Andrea Sergianpietri, sul tema ”Omeopatia per gli animali - scelta
consapevole per sostenere e non violentare la Natura”; nella stessa giornata il
cartellone si espande con iniziative musicali (danza del ventre, danza indiana e
moderna, percussioni africane), tavole rotonde sui temi della identità, della
ecologia e soprattutto sul nucleare.
Su quest'ultimo argomento convergono aspettative particolari da parte degli
organizzatori del Festival delle Diversità. Obiettivi ribadito a chiare lettere
anche nel corso della conferenza di ieri, dalle parole di Diego Mancarella,
vertice di ”Mondo Senza Guerre e Senza Violenza”, convinto assertore della
necessità per il nostro territorio della divulgazione di alcuni dati e ricerche
legati al nucleare, di ambito civile e militare. Materia che verrà affidata a
Angelo Baracca, docente di Fisica all'Università di Firenze, atteso a Trieste
nelle conferenze di domani (alle 19) e sabato (alle 17). Le restanti due
giornate del festival sembrano reggere il ritmo della variopinta intensità
annunciata dagli ideatori, oscillando dalle tematiche ecologiche a quelle della
libertà sessuale, stemperate ancora da musica, animazione e adattamenti teatrali
((www.cultures.it).
Francesco Cardella
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 26 maggio 2010
Le detrazioni del 55% convengono all'economia italiana
L’Enea ha presentato un bilancio sulle detrazioni fiscali
del 55% per l’efficienza energetica nel triennio 2007-2009. Con il sistema,
introdotto attraverso la legge finanziaria 2007, in tre anni sono stati varati
interventi di efficienza e riqualificazione energetica degli edifici per un
valore complessivo di oltre 7,8 miliardi di €. Nello stesso periodo, si è
registrato un incremento degli interventi di risparmio energetico con
investimenti pari a circa: 1,4 miliardi di euro nel 2007; 3,5 miliardi di euro
nel 2008; 2,9 miliardi di euro nel 2009 (dato non ancora definitivo). I dati
sono stati presentati dall’Unità tecnica per l’efficienza energetica dell’Enea,
durante il workshop "Detrazioni fiscali per l’efficienza energetica: analisi,
risultati e prospettive" tenutosi presso la sede Enea. L’incontro è stato
l’occasione per stilare un bilancio dei risultati ottenuti grazie al meccanismo
del 55% e per un confronto fra le parti interessate sulle prospettive del
programma e le implicazioni della scadenza del programma stesso, fissata al 31
dicembre 2010.
Il futuro della detrazione del 55% per l'efficienza energetica negli edifici è
infatti a rischio. Giampaolo Valentini, responsabile del settore efficienza
energetica per l’Enea, ha spiegato che la probabilità di una proroga
dell’incentivo oltre il 31 dicembre 2010 è bassa: “il Ministero dello Sviluppo
Economico, come confermato pubblicamente dal sottosegretario Stefano Saglia, è
favorevole a rinnovare la misura, ma quello dell’Economia è più propenso a far
morire l’incentivo, considerato troppo oneroso”.
Durante l’incontro sono stati presentati alcuni dati del centro di ricerca
Cresme che smentiscono le preoccupazioni sui costi del sistema di incentivi. Per
quanto riguarda il bilancio dello Stato, lo sgravio fiscale per gli interventi
di riqualificazione energetica risulterebbe a costo zero. Se da un lato,
infatti, con le detrazioni del 55% si sono registrate delle mancate entrate per
le casse dell’erario statale, dall’altro si possono considerare delle entrate
immediate che derivano dall’imposta sul valore aggiunto con la vendita e
installazione derivanti dagli interventi per il risparmio energetico. Oltre a
queste entrate vanno ad aggiungersi anche quelle derivanti dall’emersione dal
lavoro nero e dalla creazione di nuove imprese orientate all’efficienza
energetica.
Valentini durante un suo intervento in occasione di Solarexpo, ha sostenuto che
“in realtà i costi dell’incentivazione sono ben minori dei benefici monetari e
ambientali che la detrazione fiscale del 55% comporta”. Secondo lo studio Cresme
infatti se la stima del costo della manovra per lo Stato dal 2007 al 2010 è di
6.446 milioni di euro, i benefici monetari dati dal risparmio in bolletta (3.200
mln €), dal maggior gettito fiscale (3.310 mln €) e dall’incremento del reddito
derivante dal patrimonio immobiliare (3.800 mln €), ammontano a 10.310 milioni
di euro, questo senza contare i benefici, più difficilmente quantificabili, come
le emissioni evitate e lo stimolo a favore dell’occupazione, dell’innovazione e
di un tessuto produttivo maggiormente attivo.
Anche gli imprenditori difendono gli incentivi: “la mancata conferma del bonus
del 55% - avverte ad esempio Angelo Artale, direttore generale di Finco -
vibrerebbe un durissimo colpo ad una parte dell’industria delle costruzioni già
pesantemente provata dalla crisi generale, la sua riconferma potrebbe invece
costituire uno dei traini per la ripresa”.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 maggio 2010
Rigassificatore, Corazza (Idv) avverte: "No a un
baratto il cui costo graverà su ambiente, sicurezza e salute dei cittadini di
entrambi i Paesi"
In seguito all’incontro bilaterale Italia-Slovenia al
quale hanno partecipato i Ministri dell’ambiente dei rispettivi paesi, avente a
tema il Rigassificatore di Trieste, l’ampliamento del porto di Capodistria e le
procedure di sicurezza sulle centrali nucleari, interviene Alessandro Corazza:
«Attenzione – avverte – perché i Governi stanno facendo un baratto che antepone
gli interessi economici al diritto alla salute e alla sicurezza dei cittadini».
«Da una parte l’Italia permetterà alla Slovenia l’ampliamento dell’aerea
portuale di Capodistria, tanto caro al governo Sloveno; dall’altra si assicura
così il placet dei vicini sul progetto del Rigassificatore, tanto caro a Governo
e Gas natural. Inoltre le rassicurazioni sull’impianto di rigassificazione
fornite dall’Italia alla Slovenia appaiono decisamente risibili rispetto alla
dimensione delle problematicità che invece investono il diritto alla salute dei
cittadini e la preoccupante insicurezza dell’impianto proposto da Gas Natural,
come già fatto notare in più occasioni dalla comunità scientifica triestina».
«La Gas Natural –continua il dipietrista - deve ancora
presentare delle modifiche al progetto in linea con le prescrizioni contenute
nel decreto di Via che risale al luglio 2009. Sul progetto pendono numerosi
ricorsi al Tar da parte di varie amministrazioni locali (Muggia, San Dorligo
della Valle e Capodistria) e di numerose associazioni per la tutela del
territorio (Wwf, Legambiente, Greenaction Transational). Questo accordo –
conclude Corazza – non serve a tutelare i diritti più importanti dei cittadini,
ma soltanto gli interessi, per lo più economici, di grandi gruppi industriali e
dei Governi interessati ai benefici finanziari che ne derivano».
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 26 maggio 2010
Rigassificatore di Trieste. Il WWF: “Prestigiacomo
disinformata, superficiale o arrogante?”
Sconcertano alcune dichiarazioni del ministro
dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, a latere dell’incontro con il collega
sloveno Žarnić, lunedì 24 maggio a Trieste.
I resoconti di stampa riferiscono infatti che, per la valutazione degli aspetti
ambientali ed economici, il progetto del metanodotto Trieste-Grado-Villesse
sarebbe “oggettivamente scollegato” dal progetto del rigassificatore di Zaule.
Eppure è noto ed evidente che senza metanodotto il rigassificatore non avrebbe
alcun senso (come si porterebbe il GNL rigassificato agli utenti finali?), così
come sono noti – e dovrebbero esserlo anche al ministro – i rilevanti impatti
ambientali, sugli organismi marini e sull’intero ecosistema marino, dovuti ad
esempio al sollevamento di materiali inquinati dai fondali della baia di Muggia.
Sollevamento dovuto sia al movimento delle gasiere (che si aggiungerebbe a
quello già prodotto dalle petroliere dirette al terminale SIOT), sia ai lavori
di dragaggio e posa tubature, che entrambi i progetti prevedono.
Tutti aspetti grandemente sottovalutati tanto negli studi di GasNatural e SNAM,
quanto nelle valutazioni del ministero dell’ambiente, come il WWF ed altri hanno
ripetutamente segnalato.
Ce n’è abbastanza per concludere che la valutazione su rigassificatore e
metanodotto andrebbe rivista da cima a fondo ed effettuata congiuntamente (altro
che progetti “oggettivamente scollegati”!), per non dire delle innumerevoli
gravi scorrettezze, contraddizioni e falsità negli studi di GasNatural, del
fatto che le osservazioni ed i pareri dei Comuni in cui tali scorrettezze,
contraddizioni e falsità venivano documentate, non sono stati presi in
considerazione dal ministero dell’ambiente, ecc.
Il ministro ha poi risposto alle preoccupazioni slovene per il raffreddamento
del mare a causa del processo di rigassificazione, affermando che accanto al
rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 MW, la quale utilizzerà le
acque fredde dell’impianto proposto da GasNatural. Un modo davvero singolare di
anticipare le conclusioni di una procedura VIA – quella sulla centrale proposta
di Lucchini Energia – ancora in corso e, a quanto si sa, ben lungi dal
concludersi. Si sottintende che i tecnici del ministero ubbidiranno in ogni caso
ai diktat politici? Un film già visto, d’altronde, proprio con la VIA sul
progetto degli spagnoli.
La centrale Lucchini, tuttavia, utilizzerebbe solo una parte dell’acqua di
scarto del rigassificatore, ma soprattutto aumenterebbe di molto le emissioni
inquinanti: quasi il 50 per cento in più, ad esempio, rispetto al totale attuale
delle polveri fini PM10 emesse nell’intera Provincia di Trieste. Dare per
scontato che il progetto si farà non pare, quindi, molto razionale per un
ministro dell’ambiente. Così come del tutto irrazionale è il “protocollo
d’intesa” firmato un anno fa da Regione, Provincia e Comune di Trieste con
Lucchini, nel quale gli enti suddetti si impegnano a fare di tutto per favorire
la costruzione della centrale in quanto “importante intervento di miglioramento
ambientale” (sic!).
Il ministro Prestigiacomo, massimo garante (in teoria) di una rigorosa
valutazione tecnica degli impatti che i progetti di opere private comportano per
gli equilibri ambientali e la salute pubblica, pare quindi incline ad
assecondare piuttosto le pressioni della politica (e degli interessi economici
che con questa si intrecciano).
Dulcis in fundo il ministro ha anche ipotizzato una sorta di arrogante “do ut
des”: la Slovenia rinuncia ad ostacolare il rigassificatore di Zaule e l’Italia
in cambio non creerà ostacoli all’ampliamento del porto di Capodistria, sul
quale è in corso la procedura VAS (valutazione ambientale strategica).
Il tutto sa un po’ di ricatto, in verità, e verrebbesemmai da chiedersi come mai
sull’ampliamento di quel porto sia in corso una VAS transfrontaliera, mentre
nulla del genere è avvenuto per il ben più ambizioso piano regolatore del Porto
di Trieste (che pure prevede un grande “polo energetico” al suo interno, in un
sito guarda caso coincidente con quelli del rigassificatore proposto da
GasNatural e della centrale elettrica di Lucchini). Sarà materia per futuri
chiarimenti, che il ministro non mancherà certo di dare, ai triestini e ai
muggesani prima ancora che al Governo sloveno. Almeno questo è quello che si
augura il WWF.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 maggio 2010
Calamaretti, moli, ”girai” e seppioline spariscono
dalle nostre tavole - Dal primo giugno i pescatori non potranno più usare reti
con maglie inferiori a 5 centimetri
La direttiva europea si ripercuote in particolare sul
golfo di Trieste Guido Doz: «Bisognerà pensare a tenere in piedi il settore ma
anche a smantellare buona parte della flotta»
Un sacco di prelibatezze del nostro mare spariranno dalle pescherie e dai
tavoli dei ristoranti in meno di una settimana. Calamaretti, seppioline,
polipetti, moscardini, ”girai”, moli e ”barboni”: queste le principali specie
che i pescatori non potranno più catturare dal primo giugno, quando scatterà la
direttiva europea che impone l’aumento delle dimensioni minime delle maglie
delle reti a strascico, da due a cinque centimetri.
A sparire dal mercato saranno anche i caperozzoli, perchè le ”turbosoffianti”,
con il nuovo limite di 600 metri dalla costa, non potranno più pescare proprio
dove si concentrano i prelibati bivalve. «Saremo costretti a lavorare
nell’illegalità – commenta Guido Doz, responsabile regionale dell’Agci Agrital –
perché al largo non si pesca nulla. La direttiva comunitaria si applica a tutti
gli Stati dell’Ue, ma il danno lo sopporterà soprattutto l’Italia e in
particolare l’Alto Adriatico».
Per il golfo di Trieste si prospetta una grossa riduzione dell’attività di
pesca. Le specie citate più sopra costituiscono infatti il 50% della produzione
annua dei 200 pescatori triestini, per un valore vicino al 40% del loro reddito
complessivo.
Qualche giorno fa Doz ha fatto il punto della situazione con il direttore
generale della Pesca del ministero delle Politiche agricole, Saverio Abbate.
«Per tenere in piedi il settore – spiega il responsabile dell’Agci Agrital –
bisognerà pensare e forme di compensazione, fermi tecnici, e anche a soluzioni
radicali come lo smantellamento di metà della flotta peschereccia di Trieste».
Deroghe alla normativa comunitaria non sono previste. La Capitaneria di porto ha
già inviato alle cooperative di pescatori una circolare in cui annuncia
”tolleranza zero” nei controlli alle barche impegnate nella pesca. Le sanzioni
per chi verrà sorpreso a usare reti proibite sono molto pesanti. «In base al
Codice della navigazione – spiega Doz – le multe vanno da 2mila a 6mila euro. Si
rischia inoltre di vedersi ritirare la licenza di pesca».
La situazione si fa dunque critica per i pescatori di Trieste e della regione.
«Piuttosto che la gente lavori nell’illegalità – sottolinea il responsabile
dell’Agci Agrital – dovremo utilizzare tutte le forme di protesta, compreso lo
sciopero».
Il previsto crollo delle quantità pescate si ripercuoterà chiaramente sulle
rivendite. «Già adesso è difficile trovare al mercato diverse specie – commenta
Livio Amato, rappresentantee delle pescherie nella Confcommercio – ma il
problema sarà più sentito dopo metà settembre, quando le specie più piccole
tornavano sul mercato». Amato lascia comunque aperta qualche possibilità:
«Confido in una deroga. Le direttive vanno adeguate alle realtà locali».
Chi vede invece non si mostra ottimista, e vede anzi chiudersi un lungo capitolo
della cucina locale è Bruno Vesnaver, titolare dell’”Antica ghiacceretta”. «Sarà
l’ennesima eliminazione – commenta – di prodotti storicamente forniti ai nostri
clienti. Non so dove si vuole arrivare con queste direttive. Va bene la tutela
del mare, il fermo pesca, ma l’eliminazione totale di certe specie non la
capisco. Alla fine – conclude – serviremo ai clienti solo pesce di allevamento».
GIUSEPPE PALLADINI
Alberi, aiuole e fioriere si mettono ”a parlare” - DA
IERI MATTINA IN CENTRO - Iniziativa a sorpresa per la promozione dell’ecosostenibilità
Fumetti sparsi. Fra piazza San’Antonio, viale XX Settembre
e ancora piazza San Giovanni. Ieri mattina, Trieste si è svegliata così, con
alcuni dei suoi punti verdi del centro (aiuole, alberi e fioriere), che
improvvisamente hanno incominciato “a parlare”. Sono apparsi infatti oltre
duecento vistose scritte legate a tronchi e rami. Il contenuto del loro
messaggio? Un esplicito sostegno nei confronti dell’edilizia sostenibile. Si
tratta del primo esempio a Trieste di “guerrilla marketing”, un sistema di
comunicazione moderno che punta a informare e far riflettere le persone
sull’importanza della sostenibilità, in particolare nel settore ambientale.
Le case “consumano” energia, e con una casa sostenibile – dice la campagna di
marketing apparsa nella notte fra lunedì e martedì in città - si risparmia
energia, si inquina meno e si vive tutti meglio. Alberi compresi. A realizzare
il tutto, per un committente locale, è stata la Leonardo servizi comunicazione.
La formula del “guerrilla marketing” è basata sull’utilizzo creativo di mezzi e
strumenti a basso budget. «Il fatto che la campagna non sia associata ad alcun
marchio fa parte del progetto di comunicazione: nei prossimi giorni si svolgerà
a Trieste un evento che permetterà di chiudere il cerchio», spiegano
dall’agenzia di comunicazione triestina, senza svelare ulteriori dettagli.
Così, ecco la comparsa delle scritte “Sosteniamo la casa sostenibile”, “Anch’io
sono per la casa sostenibile, perché ci tengo alle mie radici”, “L’erba del
vicino è sempre più verde, soprattutto se ha una casa sostenibile”, ed altre
ancora. In piazza Sant’Antonio, scatta addirittura un surreale scambio di
battute tra le palme: “Mi piacerebbe abitare in una casa sostenibile...” dice
una, “Chi ti credi di essere, la palma d’oro di Cannes?” risponde l’altra.
Dissesto geologico a Marina di Aurisina: un superperito
medierà fra le parti in lite - È BRUNO GREGO, IL GEOLOGO CHE HA STUDIATO IL
LITORALE
DUINO AURISINA Sarà ancora una volta Bruno Grego l’uomo
decisivo per la partita dell’Ambito A32 di Marina di Aurisina. Lo stesso
professionista che lo scorso anno ha elaborato la relazione geologica,
geotecnica e geostatica del lembo di litorale che, per 1.200 metri, si estende
dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli, è stato infatti proposto ai privati
proprietari di ville e terreni quale ”superperito”.
Sarà lui a porsi come mediatore delle diverse istanze emerse tra le parti per
suggerire, attraverso la sua competenza maturata sul campo, la migliore
soluzione al contenzioso.
La questione si trascina da mesi. La relazione a suo tempo redatta dal geologo
Grego ha evidenziato i diversi gradi di pericolosità insiti nell’area,
estremamente bisognosa di un’urgente messa in sicurezza nonché di una regolare
manutenzione.
Lo stato di estrema precarietà del sito ha obbligato il Comune a radunare i
proprietari di case e terreni dell’ambito A32 per chiedere loro di mettere mano
al portafoglio e procedere con le operazioni di sistemazione.
L’indagine geologica, commissionata lo scorso luglio dall’ente locale, ha
definito il quadro geologico d’insieme, alla luce della pianificazione
territoriale espressa dalla variante 24 e 25. L’analisi ha rilevato una
situazione di diffusa instabilità geostatica, dettata dall’accertata mobilità
del detrito di falda che costituisce gran parte dei terreni, l’assenza di
manutenzione delle opere di terrazzamento e la pendenza dei versanti.
Insomma una situazione di rischio resa evidente anche dalla frana nel cantiere
dell’ex Hotel Europa e dai ripetuti dissesti sulla costa.
Una volta riunite le parti, tuttavia, sono sorti i primi problemi. La strada che
dovrebbe essere interessata dalla messa in sicurezza è stata per gran parte
espropriata attorno agli anni ’60-’70. Di qui la ritrosia degli attuali
residenti e degli agricoltori a pagare per la sistemazione.
Oggi alle 16.30, nella sala comunale di Aurisina, ci sarà una riunione alla
presenza del geologo Grego tra i proprietari e Fvg Strade, chiamata invece a
intervenire sulla strada Costiera per inserire i mancanti impianti di scolo
della acque piovane.
«L’unica soluzione è che ognuno faccia la sua parte – dichiara il sindaco
Giorgio Ret –. Fvg Strade opererà sull’ex statale, gli agricoltori sistemeranno
i pastini e i proprietari di ville la strada. Non c’è altra soluzione. Il
Comune, per parte sua terminerà la fase di esproprio avviata anni or sono».
Ma il consigliere dei Verdi Maurizio Rozza ribatte: «Perchè mai dovrebbe pagare
chi è stato espropriato negli anni ’70? A che titolo? Se Ret ribadisce la
necessità di portare a termine gli espropri vuol dire che riconosce l’uso
pubblico della strada: dev’essere dunque il Comune a farsi carico della messa in
sicurezza».
TIZIANA CARPINELLI
Poldini: 119 specie vegetali sparite in due secoli - Fra le cause l’utilizzo del Carso, il riscaldamento globale e piante ”aliene” -
Il fenomeno ha interessato aree umide, tratti costieri,
prati e pascoli - STASERA A SALES LA PRESENTAZIONE DELL’ULTIMO LIBRO DELLO
STUDIOSO
SGONICO Esattamente 119 specie diverse di vegetali. E’ questo il numero di
piante che dalla fine dell’800 ai giorni nostri si sono estinte sul Carso
giuliano. Lo sostiene un super-esperto, il prof. Livio Poldini, che oggi alle
20.30, alla Biblioteca comunale di Sales, presenta il suo libro ”La diversità
vegetale del Carso fra Trieste e Gorizia. Lo stato dell’ambiente”.
Professore emerito alla Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali
dell’Università di Trieste, Poldini questa sera farà il punto su oltre 40 anni
di attività di ricerca in merito alle specie vegetali del Carso, evidenziando la
totale estinzione di ben 119 specie vegetali tra il Carso triestino e goriziano,
fenomeno riscontrato in particolare negli ambienti umidi e nelle aree dove sono
presenti coltivazioni cerealicole, ma registrato anche nelle zone costiere, in
prati e aree riservate al pascolo.
In base ai dati evidenziati nel suo ultimo libro, in realtà le specie vegetali
scomparse in particolar modo durante il XX secolo sono complessivamente 130.
Alcune sono scomparse dal Carso ”italiano” ma sono invece presenti nella vicina
Slovenia.
Quali dunque le cause di quello che si può definire un ”declino biologico” di
notevoli proporzioni? Sostanzialmente Poldini ha individuato tre fattori
primari.
Innanzitutto il modo in cui è cambiato l’utilizzo del suolo da parte dell’uomo,
con la conseguente distruzione degli habitat naturali. In secondo luogo il
riscaldamento globale, che di fatto ha creato la morte di diverse piante.
Infine, ma non ultimo per importanza, l’ingresso di specie aliene.
Quest'ultimo particolare fenomeno è legato sia all’antropizzazione che
all’espansione dei cespugli e dei boschi, ma anche alla flora esotica –
suddivisa in specie ”archeofite” e ”neofite” – proveniente da altre aree
geografiche e spesso, ma non sempre, introdotta volontariamente dall’uomo.
Restando in tema di specie vegetali, di recente l’associazione Triestebella ha
organizzato una giornata in Val Rosandra per estirpare le piante infestanti
originarie di altri continenti, con particolare riguardo al Senecio.
Nel Carso giuliano sono però altre due le specie di piante ritenute pericolose:
l’Ailanto, proveniente dalla Cina, che altera il paesaggio vegetale espandendosi
in competizione con le specie autoctone, e l’Ambrosia artemisiifolia, pianta
sudamericana che produce una grande quantità di polline fortemente allergenico.
Riccardo Tosques
Con finestre ”selettive” e schermi oscuranti si
risparmia energia
Uno studio dell’Università di Trieste con la Esteco
potrebbe rivoluzionare l’economia domestica
È più facile a dirsi che a farsi. Il risparmio energetico tra le mura di
casa è un obiettivo condiviso da tutti per lo meno a parole. Chi non vorrebbe
consumare meno gasolio d’inverno, e rinunciare al sistema di condizionamento in
estate? Eppure le strategie che permettono di ottimizzare la climatizzazione
interna degli edifici sono tutt’altro che immediate o semplici. A volte i
tentativi home-made innescano un meccanismo perverso che, paradossalmente, fa
consumare di più perché non considera le complesse relazioni che legano
riscaldamento, raffreddamento e illuminazione di una casa.
Qualche esempio? Quando abbassiamo le tapparelle per schermare il sole estivo,
in teoria riduciamo il calore. In realtà aumentiamo l’oscurità interna, e dunque
l’illuminazione, che si traduce in un maggior consumo energetico diretto. Le
luci, poi, riscaldano l’abitazione, così decidiamo di accendere un ventilatore
o, peggio, il sistema di condizionamento. Se poi teniamo computer e stampante
accesi, o magari qualche elettrodomestico peggioriamo ancora la situazione. Non
c’è via d’uscita?
«Le soluzioni a questo circolo vizioso ci sono», rassicura Marco Manzan,
professore di Fisica Tecnica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di
Trieste e autore, assieme a Francesco Pinto, di uno studio sull’ottimizzazione
della climatizzazione domestica ai fini del risparmio energetico. «E si possono
individuare mediante simulazioni che combinano tra loro diverse strategie fino a
ottenere l’assetto energeticamente più vantaggioso. Interventi isolati – come
una tapparella più ampia o un vetro schermante – non sempre danno risultati
ottimali».
In Italia, la legislazione attuale in fatto di risparmio energetico esige che
gli edifici installino dispositivi schermanti esterni senza però stabilirne la
tipologia o le caratteristiche precise. «E siccome non esistono linee guida
ministeriali, la scelta viene lasciata spesso all’arredatore o al venditore, e i
risultati possono essere inferiori all’atteso», sottolinea Manzan.
Di qui, l’idea di realizzare uno studio sistematico per confrontare diverse
soluzioni e combinazioni. Lo studio è stato realizzato dai ricercatori
dell’Università di Trieste in collaborazione con la Esteco, un’azienda insediata
in Area Science Park che si occupa di ottimizzazione progettuale, e si è valso
di un software dedicato chiamato ModeFrontier che sovrintende il calcolo
energetico ed illuminotecnico.
«Per individuare una configurazione ideale di sistemi oscuranti abbiamo preso in
considerazione schermi oscuranti fissi – pannelli da sovrapporre alle finestre
con un angolo particolare - e vetri selettivi, vetri sulla cui superficie è
stato deposto uno strato di materiale metallico che ne altera le proprietà di
riflessione, riducendo l’ingresso delle onde termiche senza alterare molto
quello delle onde luminose», spiega il docente.
Mediante un algoritmo matematico che confronta tutte le possibili combinazioni
fra loro, i ricercatori hanno lanciato oltre 1000 simulazioni prendendo in esame
una serie di possibilità –pannello, vetro non trattato, vetro trattato +
pannello e così via - al fine di ottimizzare le condizioni climatiche di un
ufficio con un tetto di 20 m2, e un’ampia finestra di 4x1,5 m esposta a sud,
tanto nella stagione estiva che in quella invernale.
I risultati hanno confermato che con particolari accorgimenti si riesce a
risparmiare quasi il 20% del consumo in Kw/ora. Dice Manzan: «Abbiamo osservato
che i risultati migliori si ottengono con pannelli quasi orizzontali posti ad
un'altezza di circa tre metri accoppiati a vetri con elevata trasparenza. Mentre
il vetro selettivo può non essere sempre conveniente perché se da un lato aiuta
a ridurre l’uso del condizionatore, dall’altro richiede una maggior
illuminazione interna, e quindi maggior dispendio energetico».
Ora i ricercatori stanno lavorando con un costruttore edile di Trieste per
combinare i dati ottenuti nelle simulazioni con quelli derivanti dall’esperienza
sul campo, in previsione di un’applicazione delle metodologie di calcolo e dei
risultati agli edifici del futuro. Il tema dell’ottimizzazione sarà trattato nel
corso del convegno «modeFRONTIER International Users’ Meeting 2010», promosso da
Esteco e previsto a Trieste il 27-28 maggio presso il Savoia Excelsior Palace.
CRISTINA SERRA
IL PICCOLO - MARTEDI', 25 maggio 2010
Rigassificatore, per l’Italia il dossier è chiuso - La
Prestigiacomo: «Forniti tutti i chiarimenti». Lo sloveno Zarnic: «È un’ex
questione spinosa»
PROGETTI E TUTELA AMBIENTALE / IERI INCONTRI A TRIESTE
TRIESTE Per l’Italia il discorso rigassificatore di Zaule è chiuso. Ieri il
ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, affiancata dal sottosegretario,
Roberto Menia, ha fornito in un incontro a Trieste, al suo omologo sloveno, Roko
Zarnic anche le ultime puntualizzazioni chieste da Lubiana. Quindi per Roma non
sono necessari ulteriori incontri a livello tecnico da tenersi addirittura in
sede comunitaria come affermato neanche un mese fa dallo stesso commissario
europeo all’Ambiente Peter Potocnik. Insomma, il dossier è esaurito.
«Noi abbiamo risposto a tutte le domande e le richieste fatte dal governo
sloveno - spiega il ministro Prestigiacomo - in questo lunghissimo confronto.
D’altro canto le preoccupazioni sull’impatto ambientale e sui cittadini di
questi impianti sono state e sono innanzitutto quelle italiane perché l’impianto
sarà realizzato in Italia e i principali impatti saranno sul territorio
italiano. In qualche modo - specifica riferendosi all’”ostruzionismo” sloveno -
c’è stata una volontà di rallentare l’intero iter, ma io credo che al collega
sloveno appena insediatosi al dicastero dell’Ambiente io oggi abbia posto le
condizioni di uno scambio molto leale. Tanti progetti di sviluppo ha l’Italia,
altrettanti ne ha la Slovenia, credo che in una leale collaborazione si debba
giustamente rivendicare il diritto di conoscere, di approfondire, di avere tutte
le garanzie, ma non si possa pensare di blocarsi a vicenda lo sviluppo del
Paese. Questo vale sia per il rigassificatore di Zaule sia per quanto dovrà
essere fatto con il metanodotto», che unirà l’impianto di Gas Natural a Grado.
A questo riguardo è previsto un ulteriore incontro tecnico tra le parti il
prossimo 4 giugno perché il discorso del metanodotto, che sarà realizzato da un
altro investitore, è oggettivamente scollegato da quello di Zaule, per quanto
concerne gli aspetti ambientali, non per quelli economici ovviamente.
Il ministro Prestigiacomo non lo dice apertamente ma si capisce chiaramente
dalle sue dichiarazioni che sul piatto della bilancia diplomatica ieri ha
Trieste ha pesato anche il progetto di ampliamento del Porto di Capodistria
riguardo al quale, come prevede peraltro la normativa europea vigente, un
dossier è stato inviato all’Italia chiedendo una risposta entro il 20 giugno.
Ieri la Prestigiacomo ha preso tempo, visto che tutte le carte giunte da Lubiana
sono in sloveno quindi serve un preciso lavorio di traduzione e poi di analisi.
Un ritardo di poche settimane. Ma è quasi certo che se Lubiana non dovesse più
creare ostacoli al rigassificatore di Zaule, l’Italia non ne creerà di nuovi per
l’ampliamento dello scalo capodistriano. Dunque una sorta ”do ut des” implicito.
Sempre per quanto concerne Lubiana il ministro dell’Ambiente, Roko Zarnic ha
potuto ricevere anche una rassicurazione che per la Slovenia era di fondamentale
importanza: ossia il raffreddamento delle acque del mare a causa del processo di
rigassificazione. Ebbene, ha annunciato ieri la Prestigiacomo, accanto al
rigassificatore sorgerà una centrale elettrica da 400 megawatt che utilizzerà
proprio le ”frigorie” (ossia i derivati freddi della rigassificazione che così
non saranno scaricati in mare) per produrre elettricità.
Zarnic ha preso atto della buona volontà italiana, ha definito il tutto «un’ex
questione spinosa», ma ha rimandato che qualsiasi decisione spetta al governo
cui riferirà nella riunione che si terrà giovedì prossimo.
MAURO MANZIN
Nucleare, allerta rapida in caso di incidenti - Il
raddoppio della centrale di Krsko per Lubiana è un’ipotesi ancora remota
Importante ruolo affidato dal governo al Friuli Venezia
Giulia nei confronti dei Paesi dell’Est
TRIESTE Italia e Slovenia hanno sottoscritto ieri a Trieste - con i ministri
dell'ambiente Stefania Prestigiacomo e Roko Zarnic - un «accordo sulla
sicurezza» e «sull'informazione reciproca» in tema di energia nucleare.
Prestigiacomo ha detto che «si tratta di un accordo analogo a quello già
sottoscritto con la Francia» mentre «altri ne seguiranno con Austria e Stati
Uniti. Vogliamo tornare in maniera attiva nel nucleare - ha spiegato - e quindi
avere informazioni certe e precise in caso di emergenza appare importante».
In base all'accordo - alla firma sono intervenuti anche i vertici delle agenzie
nazionali sulla sicurezza nucleare - i due Paesi potranno scambiarsi 24 ore su
24 tutte le informazioni utili a minimizzare gli effetti di un eventuale
incidente nucleare.
In base all'accordo «il Paese in cui si verifica un incidente si impegna a
notificare immediatamente all'altro la natura, il momento, la localizzazione di
quell'incidente».
Italia e Slovenia al tempo stesso si impegnano a cooperare alla definizione
delle contromisure più efficaci in caso di un allarme «radioattivo».
«Questo del nucleare - ha precisato la Prestigiacomo - è un progetto che
l’Italia porta avanti con tutti i Paesi transfrontalieri». Certo la Slovenia ha
sempre fornito tutti i dati tramite l’Unione europea anche nel caso del piccolo
incidente che si è verificato circa un anno fa alla centrale di Krsko, ma
«formalizzare il fatto che si debbano scambiare le informazioni - precisa il
ministro - in termini di prevenzione, ma sorpattutto in caso di incidenti è
essenziale perché i Paesi possano regolarsi di conseguenza. E questo vale -
precisa la Prestigiacomo - non soltanto perché abbiamo un impianto a cento
chilometri dal nostro confine, vale soprattutto perché l’Italia rientrando nel
nucleare deve interagire con tutti quei Paesi che sono vicini all’Italia che
hanno il nucleare o che non hanno il nucleare per assicurare, sia in entrata che
in uscita, questo tipo di informazioni e questo è solo uno degli accordi che
stiamo portando avanti non soltanto con la Francia o la Slovenia, ma, ad
esempio, anche con l’Austria che è un Paese che non ha il nucleare ma al quale
noi dobbiamo garantire delle informazioni proprio perché vogliamo rientrare nel
nucleare». «Una centrale a Monfalcone? «Nessuno sa i siti - risponde il ministro
- e le indiscrezioni di cui si parla «sono state fatte ad arte».
Da parte slovena si registrano invece le parole del ministro Zarnic secondo il
quale «è ancora molto presto per parlare del raddoppio della centrale nucleare
di Krsko». In questo momento, la priorità energetica di Lubiana è lo sviluppo
della centrale a carbone di Sostanje, per il quale il Parlamento sloveno ha
approvato i progetti nel mese di marzo. «È chiaro - ha aggiunto Zarnic,
sottolineando il clima positivo dell'incontro - che certamente includeremo in
un'eventuale riflessione gli italiani, tenendoli sempre aggiornati».
«Il dialogo è fondamentale per lo sviluppo dei progetti energetici al di qua e
al di là del confine italo-sloveno, a favore delle nostre comunità, perché le
sfide poste dal mondo globale si possono vincere solo con la collaborazione». Lo
ha sottolineato, infine, il presidente della Regione Renzo Tondo, grande
anfitrione di una collaborazione italo-slovena per il raddoppio di Krsko, che,
ieri in Prefettura a Trieste, ha partecipato alla cerimonia della firma
dell’accordo tra le Agenzie competenti in materia di energia nucleare di Italia
e Slovenia.
Il presidente della Regione ha altresì ribadito che «si sostanzia così il ruolo
che il governo nazionale ha assegnato al Friuli Venezia Giulia e in particolare
a Trieste, dove ha sede l'Iniziativa centro europea (Ince), quello cioè di
”sostenere e coadiuvare" le iniziative politiche dell'Italia non solo nei
confronti dei Paesi dell'Est ma anche del mondo dei Balcani». (m.manz.)
Menia: «Chiusa la partita sulle bonifiche» - TAVOLO IN
REGIONE, ” SBLOCCATO” IL SITO INQUINATO
Le aziende pagheranno il danno ambientale in base a vari criteri, ma possono non aderire all’accordo
«Qui la vicenda si chiude e quello che è oggi un grande
cimitero sta per diventare la più importante area per lo sviluppo economico di
Trieste». Così il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia dopo il lungo
incontro svoltosi ieri pomeriggio nel palazzo della Giunta regionale alla
presenza dei tecnici del Ministero e dei rappresentanti delle categorie,
sull’annosa vicenda delle bonifiche dei terreni all’interno del Sito inquinato
di interesse nazionale. Parole che non si sono specchiate nella facce scure,
all’uscita, del vicepresidente di Assindustria Vittorio Pedicchio e del
presidente della Confartigianato Dario Bruni che rappresentano la maggior parte
delle imprese che in assenza di un accordo non possono insediarsi o ampliarsi.
Bruni e Pedicchio, come riferiamo a parte, hanno espresso ancora forti
perplessità.
Il Ministero dell’Ambiente si impegna - è stato reso noto ieri al termine
dell’incontro dallo stesso Menia e dal direttore generale del Ministero, Marco
Lupo, che vi ha partecipato - a quantificare la cifra che va addebitata ad ogni
singola azienda che poi è libera di aderire all’accordo generale oppure di
procedere autonomamente alla bonifica in base alle regole del codice ambientale.
Tutte le aziende, anche quelle che non hanno inquinato, sono chiamate a pagare
il danno ambientale in rapporto però alla loro ampiezza, agli anni di insistenza
sul sito, al grado di inquinamento che è stato riscontrato e al tipo di
produzione che fanno. Lo Stato contribuisce per il 50 per cento agli oneri per
la messa in sicurezza e, per chi aderisce all’accordo, agli oneri di bonifica.
Chi investe in particolare accorgimenti di salvaguardia ambientale quali il
riscaldamento fotovoltaico ottiene sconti sulla spesa da sostenere.
«Abbiamo registrato un accordo totale su questo schema d’accordo costruito tra
gli enti pubblici e al quale i privati possono aderire o meno. Abbiamo chiarito
il quadro giuridico e indietro non si torna», ha commentato ancora Menia. «Si
chiude il quarto e ultimo fronte indispensabile allo sviluppo di Trieste - ha
sottolineato all’uscita il sindaco Roberto Dipiazza - dopo la variante per il
Porto Vecchio, il Piano regolatore del porto, quello del Comune che sarà
approvato a luglio, ora l’accordo sulle bonifiche. Industriali e artigiani
devono rendersi conto che non può essere sempre mamma Roma a pagare tutto».
«Non credo che a un accordo si arriverà mai proseguendo su questa falsariga - ha
tuonato in serata il segretario provinciale del Pd Roberto Cosolini - perché
sono stati spacciati per grandi novità elementi che tali non sono, mentre
l’unica novità possibile e cioé quella della messa a disposizione da parte della
Regione dei soldi per le caratterizzazioni non è stata annunciata perché la
giunta Tondo non ha sbloccato il finanziamento».
«Non è stato distribuito un altro schema d’accordo - ha spiegato Stefano Zuban,
vicepresidente dell’Ezit al cui interno si trova gran parte dell’area a terra
del Sito inquinato - ma si sono discusse le linee generali di quella che sarà la
quindicesima bozza e dopo quattordici tentativi andati male potrebbe essere
quella buona». Il direttore generale Lupo, secondo quanto riportato da Zuban, ha
annunciato che sono state finalmente validate le caratterizzazioni fatte dalla
stessa Ezit su 450 mila metri quadrati, all’incirca il 30 per cento del Sin, con
una spesa di 600 mila euro stanziati dalla Regione. «Se adesso l’amministrazione
regionale mette a disposizione il resto della cifra - ha specificato Zuban - l’Ezit
è in grado di bandire subito un’altra gara europea e tra un anno potrebbe essere
noti i dati dell’inquinamento dell’intero sito».
«Abbiamo rassicurato le categorie attraverso i loro rappresentanti - ha riferito
Menia - le spese saranno rapportate alle particolari condizioni in cui si trova
ogni singola azienda. Il Ministero farà le singole stime sulla cui base ogni
azienda potrà arrivare alla transazione. Saranno identificate le condizioni
migliori per poter riutilizzare i terreni. Certo obbligatoriamente bisogna
contribuire al danno ambientale, ma la spesa sarà rapportata al numero di anni
in cui l’impresa in questione ha avuto la cosiddetta custodia dell’area. E ci
sono anche casi in cui gli imprenditori non pagheranno nulla, per esempio quelli
insediati di recente, oppure chi ha già provveduto a migliorie basilari».
«È improprio chiamarlo danno ambiantale - ha precisato Lupo - potremmo meglio
definirlo costo di rispristino di un’area. Ma l’accordo di programma è proprio
una possibilità concessa a tutti di accedere alla spesa in modo agevolato, con
la compartecipazione dello Stato al 50 per cento dei costi per la messa in
sicurezza e di non pagare nulla degli oneri di bonifica. È a vantaggio di tutti
dunque finalmente giungere nel minor tempo possibile alla firma dell’accordo».
SILVIO MARANZANA
Fogar alla sbarra per i contributi ricevuti dalla
Regione - IL PRESIDENTE DEL CIRCOLO MIANI È ACCUSATO DI TRUFFA E FALSO
Clima molto teso e schermaglie tra pm e difesa sulla
costituzione della parte civile
Ha ascoltato le parole pesanti dei suoi accusatori Maurizio Fogar, il
presidente del Circolo Ercole Miani accusato di truffa e falso. Secondo
l’inchiesta promossa dal pm Giuseppe Lombardi, tra il 2005 e il 2006 ha
incassato centomila euro di contributi regionali attraverso attestazioni che
l’accusa ritiene false. Bilanci poco chiari e cariche sociali attribuite ad
ignare persone che si erano avvicinate al circolo, partecipando alla sua
attività.
Ha ascoltato le pesanti accuse per più di tre ore senza batter ciglio, parlando
a tratti a bassa voce col proprio difensore, l’avvocato Guido Fabbretti. Verso
le 13 Maurizio Fogar ha avuto un lieve malore. Il presidente Giorgio Nicoli gli
ha chiesto se poteva risultare utile una breve pausa dell’udienza. Ma l’imputato
ha risposto «no, prima si fa, meglio è». Un attimo dopo è uscito dall’aula per
rientravi cinque minuti più tardi. Ha preso posto nuovamente accanto al
difensore e ha ascoltato le schermaglie tra accusa e difesa, spiegando a tratti
al difensore questo o quel dettaglio.
L’udienza a tratti è stata spinosa, combattuta con accanimento e determinazione.
«Chiedo sia estromessa la parte civile che rappresenta in aula Giorgio De Cola a
cui era stato indebitamente attribuito il ruolo di componente del consiglio
direttivo del Circolo Miani. «È stata un’attestazione falsa, fatta a mia totale
insaputa» ha sempre sostenuto Giorgio De Cola che dopo aver scoperto l’uso
indebito del proprio buon nome ha presentato un esposto alla Procura della
Repubblica. Questo atto ha innescato l’indagine, sfociata nel processo che si è
aperto ieri con l’audizione dei primi testimoni. La difesa di Maurizio Fogar ha
cercato di estromettere il denunciante che si è costituito parte civile con
l’assistenza dell’avvocato Mariarosa Platania. «Il denunciante non ha subito
danni diretti e immediati. Revocate la costituzione di parte civile» ha
affermato l’avvocato Guido Fabbretti cercando di disattivare in Tribunale quanto
il gip Enzo Truncellito aveva autorizzato nell’udienza preliminare.
Ma l’istanza del difensore non ha fatto breccia. L’avvocato Platania continuerà
a esercitare il proprio ruolo, affiancandosi al pm Federico Frezza e
all’avvocato Mauro Cossina che rappresenta l’amministrazione regionale, parte
offesa dal reato contestato a Maurizio Fogar.
Va aggiunto che era stata la stessa Regione a informare - se non a sollecitare -
il presidente del Circolo Ercole Miani a presentare la richiesta di contributi
pubblici, in quanto «ente di interesse culturale». Erano infatti disponibili i
finanziamenti delle leggi 68/81 e 4/99. Il circolo aveva predisposto la
documentazione richiesta e secondo la Procura, «aveva attestato falsamente a un
pubblico ufficiale, individuato nel responsabile regionale del procedimento
relativo alla concessione del contributo, che il consiglio direttivo era formato
da Giorgio De Cola, Luciana Scheriani, Argeo Stagni, Giuseppe Zucca e Fulvio
Montecarlo».
Secondo l’inchiesta era stato indotto in errore attraverso falsi bilanci e falsi
consuntivi, anche il direttore del Servizio delle attività culturali della
Regione che poi aveva emanato i decreti con i quali erano stati erogati i
centomila euro. Va aggiunto che da quanto la Procura della Repubblica ha avviato
l’inchiesta il Circolo Ercole Miani è stato estromesso dai contributi e le
vibrate proteste pubbliche del suo vertice, non hanno fatto cambiare idea chi
aveva assunto la decisione.
CLAUDIO ERNÈ
FOGAR - L’ACCUSATORE «Consigliere a mia insaputa»
- De Cola: «L’associazione non ha uno statuto, decide tutto lui...» Un
incarico fasullo
«Il Circolo Miani non ha tesserati, è una semplice
espressione verbale, non ha nemmeno organi statutari, le riunioni sono
informali, senza ordine del giorno e senza convocazioni. In sintesi Maurizio
Fogar decide tutto. I soldi spesso li raccoglievano in uno scatolone fatto
girare nelle assemblee».
Questo ha affermato ieri Giorgio De Cola il primo testimone d’accusa chiamato a
deporre in aula. «Ho frequentato il circolo Miani dall’autunno del 2005
all’estate del 2006. Mi ero avvicinato perché come segretario dell’Associazione
Porto Nuovo, presieduta dal professor Francesco Alessandro Querci, volevo
proporre a Fogar una attività su temi comuni. Non se ne è fatto nulla. Ma in
quei mesi ho capito come funzionava il circolo. Più tardi ho scoperto che il mio
nome era stato inserito senza che ne sapessi nulla nei documenti inviati alla
Regione. Ero diventato consigliere e avevo partecipato, sempre secondo quel
documento fasullo, all’assemblea del direttivo in cui era stato approvato il
bilancio».
«Se il presidente diceva, si fa, si faceva» ha continuato Giorgio De Cola che
nel corso della deposizione ha cercato di mettere a fuoco altri dettagli
sull’attività del Miani. La discussione a questo punto è diventata rovente
perché quanto snocciolato dal testimone, secondo il difensore di Maurizio Fogar,
non aveva nulla a che fare col capo di imputazione. Anzi, l’indagine a tutto
campo della Procura non ha ravvisato nei conti del circolo nè malversazioni, nè
un uso di fondi regionali a fini elettorali.
È emerso in aula anche l’acquisto di un fuoristrada «Rover» immatricolato a nome
del circolo Miani e usato da Maurizio Fogar. La fattura era stata poi girata
alla Fondazione Cassa di Risparmio, ma secondo Giorgio De Cola, sarebbe finita
anche nel rendiconto presentato alla Regione. Il giudice Giorgio Nicoli ha
faticato parecchio per riportare l’istruttoria dibattimentale nell’ambito
previsto dal capo di imputazione in cui non una parola è dedicata nè alla
«Rover», nè a quelle fatture, nè alle malversazioni peraltro smentite dalle
indagini così come l’uso dei contributi regionali a fini elettorali. Secondo
l’avvocato Guido Fabbretti, Fogar non ha commesso alcun illecito e la vicenda ha
solo degli aspetti formali. Inoltre le assemblee del circolo si sono svolte
regolarmente e per la natura «popolare» dell’associazione non è stato redatto
alcun verbale. A sorpresa il difensore ha depositato ieri nelle mani del giudice
sei richieste controfirmate di iscrizione al circolo. Dunque esisteva una
struttura, non tutto era era deciso «sulla spada del presidente». Prossima
udienza a fine giugno.
Alla Kemiplas negato il certificato ambientale - La
fabbrica chimica di Capodistria ora rischia di dover sospendere la produzione
L’Agenzia slovena ha rilevato diverse irregolarità
nello smaltimento delle scorie
CAPODISTRIA «Kemiplas», potrebbe essere la svolta. La fabbrica di prodotti
chimici di Villa Decani, da anni contestata dagli ambientalisti e dagli abitanti
della zona, nei giorni scorsi si è vista negare il Certificato ambientale
europeo (IPPC), documento senza il quale non può continuare la produzione. La
direzione della società ha già annunciato ricorso. La «Kemiplas» aveva chiesto
il certificato ambientale già nel 2007, ma finora non aveva ottenuto alcuna
risposta.
Ora la certificazione le è stata negata, ma non per aver superato i limiti
consentiti delle emissioni nocive – cosa che del resto non è mai stata provata -
ma per il mancato smaltimento delle scorie derivanti dalla produzione di
anidride ftalica. Si tratta di circa 150 tonnellate di materiale di scarto,
risalente a diversi anni fa e prodotto in buona parte quando l'impianto chimico
era gestito ancora dalla disciolta «Iplas». La società di Villa Decani (a pochi
chilometri da Capodistria), secondo l'Agenzia slovena per l'ambente –
l'istituzione incaricata di valutare l'idoneità ambientale e di rilasciare o
negare i certificati Ippc – non ha rimosso nei tempi prestabiliti i rifiuti
tossici che erano depositati temporaneamente all'interno dell'area della
fabbrica. Per questo motivo, e' stata respinta la sua richiesta di ottenere il
certificato ambientale europeo IPPC. Alla «Kemiplas» non sono d'accordo e hanno
annunciato ricorso.
Tutti i rifiuti, sostengono, sono stati rimossi, e gli ultimi due camion con il
materiale di scarto hanno lasciato la fabbrica esattamente nel giorno in cui
l'Agenzia per l'ambiente ha rilasciato la delibera con la quale si è rifiutata
di concedere il certificato Ippc. Il ricorso sarà presentato prima al Ministero
dell'ambiente e poi, se sarà necessario, anche al Tribunale amministrativo. Nel
frattempo, la produzione continua. Il principale prodotto della «Kemiplas» è l'andiride
ftalica, componente a sua volta di diversi altri prodotti chimici, tra cui la
vernice per automobili. L'impianto, di cui gli ambientalisti ormai da anni
chiedono lo smantellamento, nel 2009 era rimasto inattivo per un lungo periodo,
ma in quell'occasione la sospensione era dovuta a motivi economici e non
ambientali.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 maggio 2010
Richiesta di incontro del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste al Presidente della Camera di Commercio di Trieste, Antonio Paoletti.
In data 24.05.2010, gli esperti del Tavolo Tecnico
Rigassificatori Trieste (http://www.uilvvf.fvg.it/ttrt.html) hanno espresso al
Presidente della Camera di Commercio di Trieste Antonio Paoletti, la loro
disponibilità ad esporre il frutto delle analisi collegialmente condotte
relativamente alla documentazione a l progetto del "Terminale di Ricezione e
Rigassificazione GNL Zaule (TS)-Gas Natural".
La proposta è nata a seguito della presentazione del progetto al settore
imprenditoriale che, a cura della proponente stessa, si è svolta presso la
Camera di Commercio di Ts in data 17 maggio 2010 e con replica il 24 maggio c.a..
Dando quindi seguito alle molte richieste di un contributo di chiarificazione
complementare sull’argomento, il TTRT si è reso disponibile a fornire
INFORMAZIONI OGGETTIVE CHE, aggiungendosi a quelle ricevute da Gas Natural,
permettano agli interessati di elaborare un adeguato quadro il più possibile
articolato ed equilibrato della complessa situazione attuale.
Nella speranza che il favorire la maggior trasparenza possibile in merito ai grandi progetti per la città sia obiettivo condiviso, come dal TTRT, anche dalla Camera di Commercio di Trieste, si auspica fortemente, dunque, una risposta affermativa.
Il coordinatore Regionale - UIL PA Vigili del Fuoco FVG
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 maggio 2010
Dall'obsolescenza del rigassificatore proposto alle tecnologie innovative di Excelerate Energy
Lunedì 24 maggio 2010, alle ore 11.00, presso la Sala
azzurra del Consiglio Regionale (Piazza Oberdan 6 – 1° piano), ha avuto luogo la
conferenza stampa sul tema "Un'altra soluzione innovativa e più sicura:
dall'obsolescenza del rigassificatore proposto alle tecnologie innovative di
Excelerate Energy". Alla quale sono intervenuti il consi-gliere regionale Igor
Kocijančič, Lino Santoro ed Oscar Garcia Murga (Legambiente), Adria-no
Bevilacqua ( Coor. UIL PA Vigili del Fuoco FVG).
Alla luce di quanto emerso negli ultimi mesi in merito alle tematiche inerenti i
rischi antro-pici trattati dal Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste e alla
complessiva situazione del terri-torio del Friuli Venezia Giulia, il personale
VV.F. preposto a garantire gli interventi di soc-corso delle popolazioni
interessate dai diversi eventuali eventi incidentali non è, allo stato attuale,
in nessun modo in grado di far fronte con sufficiente efficacia alle emergenze,
ipo-tizzate e ipotizzabili, ed assicurare così la necessaria sicurezza agli
operatori ed alla popolazione.
A causa infatti dell'inadeguatezza dei criteri procedurali di prevenzione, della
scarsità dei mezzi e risorse in dotazione, dell'esiguità del personale e
dell'inidoneità delle norme rego-lamentari del CNVVF, non è possibile, a
tutt'oggi, riscontrare le condizioni minime necessa-rie per permettere al
personale di soccorso V.V.F. di operare con le prescritte garanzie di sicurezza.
Convinta che la mancanza di un'etica della sicurezza, unita alla scarsa
diffusione di una cul-tura della prevenzione, favorisca il proliferare di
comportamenti lesivi degli interessi della collettività e sollecitata dalle
recenti problematiche sollevate riguardo i progetti per impianti di
approvvigionamento GNL, la UIL PA VV.F del FVG si è pronunciata per promuovere
non tanto una mera pratica episodica, quanto una prassi politica che rinnovi la
gestione dei ri-schi antropici e che possa essere a salvaguardia dell'ambiente e
dell'uomo.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 maggio 2010
Rigassificatore di Veglia chiesta la licenza edilizia
al governo di Zagabria
L’opera sarà portata a termine nell’arco di 4 anni e
movimenterà 10 miliardi di metri cubi di gas
FIUME Un’altra tessera del composito mosaico rispondente al nome di
rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj), nell’isola altoadriatica di Veglia.
Ieri l’altro Adria Lng, il consorzio internazionale a cui sono stati affidati
approntamento e gestione del terminal metanifero vegliota, si è rivolto al
ministero croato dell’Ambiente, Pianificazione territoriale ed Edilizia,
chiedendo l’ottenimento del permesso di costruzione. Un passo importante, hanno
dichiarato i responsabili di Adria Lng, che consentirà al progetto di uscire dal
binario morto in cui si è trovato per un anno e mezzo.
«Abbiamo fondate speranze – ha affermato la portavoce del consorzio, Andreja
Pavlovic – che il rilascio della licenza avvenga entro la fine dell’anno in
corso». Recentemente si è data una mossa anche la parte croata, a cui spetta il
25 per cento della quota di proprietà del consorzio, formato ancora dalla
tedesca E.ON Ruhrgas, dalla francese Total, dall’austriaca OMV e dalla slovena
Geoplin. Le croate Hep (Azienda elettrica statale), Plinacro (distributore
principale del gas nel Paese) e Ina (azienda petrolifera) hanno inviato ad Adria
Lng la missiva in cui si chiedeva di poter aderire al progetto. La richiesta è
stata accettata, con il governo di centrodestra della premier Jadranka Kosor che
ha già deciso le quote. Alla società petrolifera spetterà il 14 per cento,
mentre Hep e Plinacro daranno vita al consorzio Lng Croazia, contando sul
rimanente 11%. Ciascuna delle due parti avrà il 5,5%. Le percentuali
determineranno la partecipazione ai costi del progetto, che dovrebbe ammontare a
circa 800 milioni di euro, più altri 200 milioni che serviranno per la
costruzione del gasdotto. I citati 800 milioni si configurano come una stima,
mentre invece l’importo esatto sarà fissato dopo l’ottenimento della licenza di
costruzione.
Prima di ciò, e parliamo dei prossimi sette mesi, sarà parecchio il lavoro da
portare a termine. Oltre alle trattative con i partner croati, si dovrà
elaborare il piano progettuale e successivamente bandire il concorso
internazionale, dal quale verrà fuori l’appaltatore principale. Tra i compiti,
anche la fissazione degli investimenti a Castelmuschio. Non sarà tutto, poiché
si dovrà anche richiedere la ricusazione di terzi interessati ad entrare nel
progetto, fase che dovrebbe durare circa un anno e mezzo. Nel frattempo andranno
stipulati i contratti commerciali. Ci vorrà un bel pò di tempo, insomma, per
avere tutte le carte in regola per il terminal metanifero e dunque non deve
stupire che alla Adria Lng non vogliano sbilanciarsi sull’inizio dei lavori di
edificazione. L’opera dovrebbe essere portata comunque a compimento nell’arco di
quattro anni. Ancora un paio di cifre relative al progetto: nella prima fase di
lavoro, il rigassificatore dovrebbe movimentare annualmente sui 10 miliardi di
metri cubi di metano, capacità che in un secondo tempo potrebbero essere elevate
a 15 miliardi di metri cubi all’anno. Il terminal, assieme all’indotto,
contribuirà a dare una spinta all’occupazione nell’area, grazie all’apertura di
posti di lavoro, la cui cifra esatta è però impossibile da stabilire in questo
momento. Quello che è certo è che il rigassificatore vegliota porterà benefici
alla Croazia in materia energetica, permettendole una strategica autonomia che
attualmente appare molto lontana.
ANDREA MARSANICH
SEGNALAZIONI - GAS NATURAL - Sul rigassificatore
Ero presente all’incontro con Gas Natural in Camera di
Commercio lo scorso lunedì 17, regolarmente iscritto ed ammesso in sala previa
firma del foglio-presenze. Intanto, di fronte al portone d’ingresso, un gruppo
di persone più numeroso e motivato protestava anche per l’atteggiamento da
«carbonari» adottato dal proponente e suffragato dall’ente camerale. È mai
possibile che in tempi di approccio partecipativo e di Agenda 21 ormai fatti
propri da (quasi) ogni Pubblica amministrazione, la Cciaa avalli il modus
operandi borbonico degli spagnoli interessati al proprio portafoglio e basta?
Entrando nel merito di quanto è stato presentato dal responsabile del progetto,
ci sono due cose da dire.
La prima è che la campana che abbiamo ascoltato suona sempre la stessa nota:
nessuna replica circostanziata alle posizioni contrarie al rigassificatore,
nessun contraddittorio.
La seconda, che le informazioni che davvero avrebbero potuto interessare le
industrie locali non sono arrivate. Per quanto riguarda la funzionalità del
porto in presenza di gasiere si è fermi ad un parere favorevole della
Capitaneria di Porto del 2006. Dopo 4 anni non sono ancora stati resi noti i
divieti e le restrizioni che verrebbero adottati per un progetto di cui si
conosce ormai qualcosa di più che semplici indiscrezioni. Da non crederci!
E poi, il lavoro: 1500 posti di lavoro, per 4 anni, per un valore delle opere di
550 milioni di euro, di cui 400 Gas Natural promette che saranno riservati per
la realizzazione delle opere in loco. Ma questo lavoro lascerà lo stesso ritorno
di altri grandi opere, come quelle per la Grande Viabilità: lavoro destinato a
grosse ditte esterne, che si accamperanno qui coi loro lavoratori in un
cantiere-dormitorio isolato dal resto della città, che a fine lavori
smobiliteranno e non lasceranno traccia. Non una parola, invece, per il lavoro
stabile, a impianto avviato: l’indotto? I lavoratori qualificati? Qualche
esempio di applicazione industriale del «freddo»?
Ma quand’è che arriveremo a un vero dibattito pubblico in contraddittorio, con
un moderatore professionale, di fronte a un pubblico paritetico di «decisori» e
di elettori? Signor sindacooo?!?!
Carlo Franzosini
Italia-Slovenia, accordo sui rischi del nucleare -
PROTOCOLLO DI SICUREZZA SULLE CENTRALI ATOMICHE
Oggi a Trieste la firma bilaterale. Obiettivo: far
fronte comune in caso di incidenti
TRIESTE Si impegnano a scambiarsi, 24 ore su 24, tutte le informazioni utili
a minimizzare gli effetti di un incidente nucleare. E, al contempo, si impegnano
a collaborare in nome della sicurezza. Italia e Slovenia, ormai, sono pronte: il
paese che insegue l’atomo e quello che l’atomo ce l’ha già firmano oggi
l’annunciato accordo sulla sicurezza nucleare. E lo firmano, non casualmente, a
Trieste: la città più vicina all’ex confine e alla centrale di Krsko che solo
due anni fa, a causa di una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento,
scatenò una ”grande paura”.
A ”benedire” l’accordo - formalmente sottoscritto dalle due agenzie nazionali
competenti in materia di sicurezza nucleare, l’italiano Istituto superiore per
la protezione e la ricerca ambientale e la slovena Nuclear Safety Administration,
arrivano già in mattinata i due ministri all’Ambiente: Stefania Prestigiacomo e
Roko Zarnic. A fare gli ”onori di casa”, in piazza Unità, il sottosegretario
triestino Roberto Menia: «L’Italia sta spingendo molto in direzione di accordi
di collaborazione con i paesi vicini già nuclearizzati. Un mese fa è stato
sottoscritto un accordo analogo con la Francia, adesso tocca a quello con la
Slovenia».
Un passo importante nel segno della sicurezza nucleare, ma non solo: «L’accordo
fa indubbiamente crescere i rapporti di collaborazione tra i due paesi. Non a
caso, a margine della firma, si terrà sempre in Prefettura un incontro
bilaterale sulle molte questioni aperte tra i due Paesi» sottolinea Menia.
L’elenco è lungo, i dossier scottanti non mancano: «Si va dai rigassificatori al
raccordo per il gas, dal nuovo piano di sviluppo del porto di Capodistria alla
questione dell’Isonzo e del caso Livarna».
L’accordo sulla sicurezza nucleare resta, però, il piatto forte della giornata:
bandisce le diffidenze e prevede uno scambio tempestivo ed esaustivo di
informazioni e ”know how”. E ne disciplina le modalità nella convinzione che
quello scambio contribuisca ad accrescere la sicurezza dei cittadini da una
parte e dall’altra. Il paese in cui si verifica un’incidente, pertanto, si
impegna a notificare immediatamente all’altro la natura, il momento, la
localizzazione di quell’incidente. Di più: si impegna a fornire tutti i dati
utili a limitare i danni. Italia e Slovenia, al tempo stesso, si impegnano a
cooperare alla definizione delle contromisure più efficaci in caso di un allarme
”radioattivo”.
Non solo emergenza, però. I due paesi, in nome della sicurezza nucleare, si
garantiscono una più generica collaborazione a 360 gradi, promettendosi la
diffusione dei dati sulle centrali nucleari, sulla gestione dei rifiuti
radioattivi, sull’impatto ambientale, piuttosto che sui progetti di ricerca e
sviluppo.
L’accordo, simile a quello italo-francese sottoscritto a Parigi poche settimane
fa, prevede inoltre l’istituzione di un gruppo congiunto di esperti. E la nomina
di due coordinatori ad hoc. L’obiettivo? Far sì che lo scambio di informazioni,
con la definizione di una piattaforma operativa e la previsione di un metodo di
trasmissione, diventi realtà. Il più rapidamente possibile. Non a caso,
l’accordo bilaterale prevede anche che l’Italia e la Slovenia individuino i
responsabili della ”fornitura” di informazione: responsabili che dovranno essere
in servizio ”H24”.
ROBERTA GIANI
In 400 a pedalare fino in Val Rosandra - Unite
”Bicincittà” e ”Bimbinbici” - Durante il percorso sono stati anche ripuliti
alcuni tratti della pista ciclabile
Per i bambini una festa in bici. Per i più grandi
l’opportunità di vivere per una volta strade quotidianamente invase dalle
automobili. Per tutti l’impegno morale di pulire la pista ciclabile che porta
alla Val Rosandra.
L’edizione 2010 di “Bicincittà + Bimbinbici” ha visto quasi 400 partecipanti
radunarsi, ieri mattina, in piazza dell’Unità d’Italia, per raggiungere,
pedalando lungo le Rive, il punto di partenza della ciclabile della Val Rosandra.
Organizzato congiuntamente da “Ulisse – Fiab” e “Uisp” Trieste, l’appuntamento
ha riscosso un notevole successo, anche per la splendida cornice di sole con la
quale si è aperta la domenica e che ha poi accompagnato i partecipanti per
l’intera durata della pedalata.
Le manifestazioni in passato erano separate: Bimbinbici” è la tradizionale
pedalata nazionale promossa dalla Fiab, “Bicincittà” è l’appuntamento con la
biciclettata della Uisp, passeggiata non competitiva. Lo scopo era quello vivere
una domenica mattina interamente dedicata a chi in città vuole potere usare la
bici, come un gesto naturale e quotidiano, per andare a scuola, al lavoro, a far
la spesa, al cinema o al mare. Un appuntamento tradizionalmente dedicato alle
famiglie, agli amatori e a tutti cittadini interessati a uno stile di vita
attivo.
Molto significativa anche la componente ecologica della manifestazione. La banca
del tempo internazionale "Aiuto Dal Cielo?" ha allestito nel contesto di
“Bicincittà + Bimbinbici” un’iniziativa parallela e in collaborazione con la
manifestazione organizzata da Ulisse-Fiab e Uisp "Bicincittà+Bimbinbici",
consistita in una nuova pulizia di alcuni tratti sporchi della pista ciclabile.
Per dare un piccolo riconoscimento ai volontari che hanno aderito alla proposta
di “Aiuto dal Cielo?”, sono state donate un po' di “fritole” a coloro che hanno
dato un aiuto riempiendo un sacchetto di immondizia raccolta lungo la ciclabile.
Finita la manifestazione in bici, soci e simpatizzanti delle associazioni
organizzatrici si sono recate a Draga Sant'Elia per ripulire un altro tratto
della pista ciclabile che è diventato purtroppo, nel corso degli anni, una
discarica abusiva.
A Draga Sant’Elia è stato offerto un piatto di pasta a tutti i partecipanti. A
fianco del positivo bilancio della pedalata ecologica, va registrato il grave
stato di degrado nel quale alcuni vandali hanno ridotto il punto di partenza
della pista ciclabile della Val Rosandra. Scritte e imbrattamenti di varia
natura hanno trasformato quello che dovrebbe essere il luogo di ritrovo per
famiglie e appassionati prima di salire in bici alla volta della Val Rosandra,
in un’esposizione di scritte e rifiuti.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 maggio 2010
Antenne a Chiampore, superati i limiti - In un paio di
occasioni oltrepassata la soglia di attenzione fissata a 6 volt/metro
UN MESE E MEZZO DI RILEVAMENTI DELLA CENTRALINA MOBILE
DEL COMUNE
MUGGIA Tra la fine di marzo e la prima settimana di maggio la centralina
mobile per il rilevamento delle emissioni elettromagnetiche, acquistata a suo
tempo dal Comune, è stata dislocata per brevi periodi in alcune proprietà
private della zona di Chiampore, dove si trova una decina di antenne e
ripetitori. Risultato: in un paio di occasioni la soglia di attenzione fissata
dalla normativa è stata superata.
«Nessun rischio per la salute – assicura il fisico Franco Calligaris, del
Dipartimento di matematica e informatica dell'Università di Trieste – ma il
fenomeno deve essere comunque monitorato».
La norma prevede tre fasce di controllo: la prima da 0 a 6 volt/metro in cui non
esiste alcun tipo di rischio, quella in cui rientrano le normali emissioni del
suolo e nella quale si potrebbe tranquillamente lasciare un neonato per 24 ore
al giorno.
La seconda, da 6 a 20 volt/metro, considerata dalla legge del 2003 soglia di
attenzione. La terza, dai 20 volt/metro in su, è considerata invece a rischio
per la salute.
A Chiampore, nel periodo ricordato, ci sono stati alcuni sforamenti che hanno
fatto salire il rilevatore fino a 7-8 volt/metro.
«In realtà la nostra normativa – precisa Calligaris – recepisce in modo
restrittivo la regolamentazione europea in materia di inquinamento
elettromagnetico, che fissa la soglia di attenzione a 20, esattamente il limite
che invece noi consideriamo a rischio».
Il limite europeo è stato appunto ripreso dalla maggioranza dei paesi dell’Ue,
Slovenia compresa. Ciò significa che lo stesso livello di inquinamento
elettromagnetico rilevato a Chiampore, a poche decine di metri dalle misurazioni
fatte dal Comune, in territorio sloveno verrebbe considerato perfettamente entro
i limiti di tolleranza.
Corre comunque ai ripari il sindaco Nerio Nesladek, che, premettendo la limitata
attendibilità scientifica del rilevatore mobile, e anche sollecitato da una
recente petizione di una settantina di residenti della zona preoccupati per il
proliferare di antenne e ripetitori a pochi metri dalle loro case, si muoverà in
due direzioni.
«Da una parte – annuncia il primo cittadino – ripeteremo le nostre rilevazioni,
che hanno valore puramente statistico e non legale, per accertarci che non si
sia trattato di un fenomeno contingente e passeggero, legato magari alla
presenza di fattori esterni, ed eventualmente chiederemo in un secondo tempo
l'intervento dell'Arpa, sulla cui strumentazione calibreremo comunque subito il
nostro rilevatore. Dall'altra – aggiunge – proseguiremo con il piano di
decentramento delle prossime installazioni sul monte San Michele e in zona San
Floriano, fino al dimezzamento delle attuali venti già in funzione a Chiampore».
In questo contesto si inserisce la prossima riunione della conferenza dei
servizi, convocata il primo giugno, nel corso della quale i soggetti proprietari
delle antenne ripetitrici presenteranno le integrazioni ai progetti richieste
dal Comune.
Qualora tutte le osservazioni venissero accolte e non si presentassero ulteriori
intoppi procedurali, le operazioni di rimozione e spostamento delle antenne
potrebbero essere avviate già entro l'anno.
«Credo – conclude Nesladek – che, tra un’eventuale campagna di monitoraggio
ufficiale dell'Arpa e la realizzazione del nostro programma di alleggerimento
delle installazioni da Chiampore, arriveremo prima noi, rendendo quindi non
necessario l’intervento dell’Agenzia regionale per l’ambiente».
GIOVANNI LONGHI
BICINCITTÀ - Domenica su due ruote
Oggi è la domenica di Bicincittà e di Bimbinbici,
manifestazioni promosse in tandem da Ulisse-Fiab e Uisp. Ritrovo alle 9 in
piazza Unità da dove, attraverso Rive, Campi Elisi, vie D’Alviano e Orlandini i
ciclisti raggiungeranno l’inizio della pista ciclabile, scortati dai vigili
urbani. Per chi lascerà la macchina al parcheggio di Chiarbola l’appuntamento è
alle 9.30.
Nell’occasione, l’associazione ”Aiuto dal cielo” continuerà nella sua opera di
pulizia della pista ciclabile sul tratto di Draga Sant’Elia, offrendo frittelle
e altre pietanze a quanti parteciperanno alla raccolta dell’immondizia.
Biografie ”biodiverse” - PARLANO GLI ESPERTI DI MARE E
RISERVE
”Bio-grafie bio-diverse nel golfo di Trieste: storie e
passioni.. delle aree protette regionali marine e costiere”: è il titolo
dell’incontro aperto al pubblico a cura di Wwf-Area Marina protetta di Miramare
che si terrà martedì, alle 17.30 al Circolo Aziendale Generali, Piazza Duca
degli Abruzzi, 1.
È da anni che l'Area Marina Protetta di Miramare, gestita dal Wwf Italia,
dialoga con le altre riserve adriatiche, regionali e slovene, per la promozione
e creazione di una rete di aree protette di conservazione nel Nord-Adriatico.
Nel 2010, anno proclamato dall'Onu, Anno Internazionale della Biodiversità, e
nella Giornata europea dedicata ai Parchi, la Riserva propone un confronto tra
alcuni personaggi in grado di raccontare pagine di storia locale, storie poco
note, scritte nel segno della protezione della biodiversità marina e costiera,
sopra e sotto l'acqua. Storia scritte non solamente con specie e habitat
protetti ma anche con e da persone che si sono impegnate con passione alla
tutela di parti di territorio oggi divenuti aree protette gestite con successo,
a livello europeo e mediterraneo.
”Biografie biodiverse” vedrà protagonisti Robert Turk: naturalista, biologo
lavora da una vita all'Istituto per la Tutela della Natura di Pirano; Fabio
Perco: naturalista, zoologo e ornitologo, svolge le funzioni di direttore
scientifico della Stazione Biologica Isola Cona alla Riserva Naturale Regionale
Foce dell'Isonzo; Glauco Vicario: ornitologo, naturalista, fotografo, guida
naturalistica; Andrea Rocco: maestro in arti plastiche e ceramista, guida
naturalistica, nella seconda metà degli anni ’80 partecipa all'avvio di alcune
aree protette tra cui Miramare, l'Isola della Cona, Doberdò e Pietrarossa;
Roberto Odorico: biologo marino, subacqueo.
IL TUONO - SABATO, 22 maggio 2010
Rigassificatori: la manovra dell'asino
Interrogativi sempre piu' inquietanti sui retroscena da indagare - ancora propagande diversive al posto dell'informazione
IL PICCOLO - SABATO, 22 maggio 2010
Metrò leggera, fondi Ue per il progetto - L’ammontare
totale è di dieci milioni - Il Geoparco del Carso tra le iniziative
transfrontaliere in cui è partner la Provincia
L’Unione europea ha deciso di investire sull’asse
Trieste-Slovenia. Il risultato è l’approvazione e il finanziamento di tre
progetti transfrontalieri, per un ammontare complessivo di 10 milioni di euro,
nei quali è presente la Provincia guidata da Maria Teresa Bassa Poropat.
Adria-A è il progetto più complesso e ha come obiettivo generale quello di
contribuire alla riorganizzazione dell’accessibilità e dei trasporti dell’intera
area transfrontaliera, per formare un’area metropolitana integrata di trasporto
italo-slovena.
In questo contesto verranno progettati i collegamenti mancanti fra la rete
infrastrutturale italiana e quella slovena, ora frammentate e sottoutilizzate,
per realizzare così un unico modello di trasporto su tutto il territorio. A
conti fatti si potrà disporre di un unico collegamento su rotaia tra l'aereoporto
di Ronchi e Capodistria.
«Se il progetto e lo studio di fattibilità verranno approvati dall’Unione
europea, potremo finalmente realizzare la metropolitana leggera», afferma Nicola
Manfren. responsabile dell’ufficio Affari comunitari e internazionali della
Provincia.
«L’ex assessore ai Trasporti Ondina Barduzzi aveva investito molte energie su
questo progetto – precisa Manfren –. La sua realizzazione sarà un modo per
onorarne la memoria».
I tempi di realizzazione non saranno comunque brevi. «Questo è un progetto
ambizioso, che verrà dato in eredità alle successive amministrazioni – commenta
Erik Svab, presidente di Euroservis, società di consulenza incaricata del
progetto – poiché vedremo la fine dei lavori nel 2020».
Gli altri due progetti finanziati nell’ambito della cooperazione
transfrontaliera sono il Carso/Kras e il Sigma2.
All’interno del progetto Carso/Kras, nel quale la Provincia svolge il ruolo di
coordinatore per la parte italiana, verranno atttuati uno studio di fattibilità
per la realizzazione del Geoparco del Carso e il progetto esecutivo del Museo
vivente del Carso. Quest’ultimo comprenderà anche un censimento dei principali
elementi di interesse dal punto di vista paesaggistico, ambientale e della
cultura tradizionale.
Verrà poi verificata la possibilità di istituire un Gect (Gruppo europeo di
cooperazione territoriale), struttura permanente alla quale parteciperanno le
amministrazioni pubbliche locali con competenza sul territorio carsico.
Il progetto comprende anche la predisposizione di una mappa dei rischi di
incendio e un’azione di sensibilizzazione della cittadinanza su tali pericoli.
Si pensa inoltre di sfruttare la tecnologia Gps, attraverso l’utilizzo di
palmari che permettano ai turisti di disporre di mappe tematiche del territorio.
Il progetto Sigma2, infine, ideale continuazione del progetto Sigma, vede la
collaborazione di partner italiani e sloveni impegnati nella tutela della
biodiversità, e in particolar modo nella creazione del Centro per le colture
mediterranee. Anche in questo caso la Provincia ha un ruolo di raccordo fra i
partner italiani e il ”capogruppo” dei partner sloveni, che in questo caso è
l’Università del litorale di Capodistria.
(c.p.)
Ferriera, primo incontro tra Dipiazza e i sindacati -
Godina: ma al tavolo ci devono essere tutti, non pensi di fare da solo
«È stato un incontro molto franco oltre che strategico, il
primo approccio con il sindacato su quelle che sono le linee di sviluppo futuro
della città, e all'interno delle quali va declinata la gestione della
riconversione della Ferriera». Così ha detto ieri il sindaco Roberto Dipiazza
dopo il primo colloquio tenuto con i rappresentanti dei lavoratori nell’ambito
dei lavori collegati al tavolo regionale sullo stabilimento siderurgico
triestino. Tavolo che in Regione si è deciso di suddividere in tre tronconi la
cui regia è stata affidata a tre enti distinti: la Regione per il lavoro, la
Provincia per l’ambiente, il Comune per lo sviluppo economico.
Ma mentre «Regione e Provincia hanno già fatto quello che dovevano fare,
correttamente convocando ogni volta i rappresentanti istituzionali, quelli dei
lavoratori e la proprietà, il Comune evidentemente pensa di potere fare tutto da
solo». Questa la reazione furiosa del vicepresidente della Provincia Walter
Godina, che aggiunge: «Non vorrei che il sindaco, che su questa partita ha fatto
varie campagne elettorali sempre inconcludenti sul tema della chiusura della
Ferriera, possa pensare ora di risolvere questo nodo senza coinvolgere tutte le
parti interessate».
In una nota lo stesso Dipiazza spiega che al Comune «era stato chiesto di
approfondire il tema dello sviluppo e delle conseguenti opportunità derivanti da
nuove iniziative imprenditoriali sul nostro territorio, il cui investimento
totale ammonta a oltre 3 miliardi e mezzo di euro. Abbiamo compiuto - prosegue
il sindaco - uno studio che potremmo definire un vero e proprio piano strategico
della città, dopo aver sentito le realtà pubbliche e private che da qui ai
prossimi anni investiranno nell'area triestina». Dipiazza parla di «clima
costruttivo da parte del sindacato, con cui abbiamo definito le tappe di un
percorso che porterà all'approfondimento di questo piano attraverso altri
incontri allargati alle realtà imprenditoriali».
Sostiene però Enzo Timeo, della Uilm: «Quello in Comune non era certo il tavolo
che noi aspettavamo, e abbiamo sottolineato al sindaco di non considerarlo tale,
giacché non erano presenti tutti gli attori interessati. Dipiazza ci ha detto di
avere voluto intanto avere una nostra valutazione su un documento che noi non
siamo in grado di valutare, e che comunque il sindaco prima di consegnarci ha
detto di volere consegnare alla Regione. Le idee del sindaco sul futuro di
sviluppo della città vanno approfondite, e lui ha detto di condividere
l’impostazione che al tavolo noi vogliamo dare», continua Timeo: «Un tavolo
ufficiale con tutti gli attori presenti».
LE ORE DELLA CITTA' - ECOSPORTELLO DI LEGAMBIENTE
Informazioni sul risparmio energetico? Rivolgersi all’ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico e, su richiesta, potranno essere fornite consulenze specifiche su appuntamento per la realizzazione di interventi tecnici nelle abitazioni e per avere maggiori dettagli sui finanziamenti e sulle agevolazioni previste ancora per quest’anno. Ecosportello è in via Donizetti 5 tutti i martedì, dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
IL MANIFESTO - VENERDI', 21 maggio 2010
A spese dei beni comuni il primo passo del federalismo
all’italiana
Lo spezzatino del Belpaese (di Valentino Parlato)
Mai la discussione sul federalismo (fiscale, demaniale e quant'altro) è
stata così intensa e animata come in questa fase di celebrazione dei 150 anni
dell'unità d'Italia. Viene da dire che gli opposti si tengono. Ma il tema è
centrale e ha largo spazio sulla stampa.
A porre la questione sul tavolo (senza il minimo riferimento a Cattaneo, Dorso e
altri ancora) è stata la Lega, che con «Roma ladrona» metteva in causa lo stato
centrale e puntava esplicitamente alla Padania, a separare e autonomizzare le
ricche regioni del Nord dalla miseria e dal malaffare del Sud. Avendo mente
fredda e occhi aperti è difficile contestare che lo stato centrale sia un
disastro dal punto di vista amministrativo, economico e anche morale.
Adesso, con la crisi, il ministro Tremonti deve fare tagli che già si annunciano
sul fronte del sociale: pensioni, pubblico impiego, salari (licenziamento «a
voce» e aumento dell'orario di lavoro). Viene da dire che se Tremonti
sottoponesse a una seria inchiesta le spese e gli abusi della amministrazione
centrale e avviasse un serio piano contro l'evasione fiscale potrebbe risolvere
molti problemi di bilancio, non castigando i più deboli, ma rimettendo a regime
la macchina dello stato. Insomma siamo al punto che Il Tempo (che non è certo un
foglio di sinistra) ha messo in testa alla sua prima pagina il seguente titolo e
sommario: «Menù a prezzo politico. Nuova buvette. Ristorante su una terrazza per
il personale di Palazzo Chigi. Vista sui tetti di Roma e prezzi stracciati. Ecco
dove non ci danno un taglio».
Ma domandiamoci: le Regioni che dovrebbero essere i soggetti del federalismo
funzionano meglio, quanto a sprechi e corruzione? Insomma il federalismo - visto
come è oggi l'Italia - sarebbe la frantumazione dell'Italia in bande, gruppi di
potere, tra loro concorrenti e di tutto preoccupati salvo che del benessere dei
cittadini della loro federazione e dell'unità d'Italia. Con il rischio che, come
abbiamo la delocalizzazione delle industrie, avremmo la delocalizzazione dei
poteri regionali nei territori degli antichi occupanti del nostro paese:
franchi, alemanni, normanni, arabi ...
A questo punto Giorgio Ruffolo, già nel suo libro «Un paese troppo lungo» e
pochi giorni fa con un articolo su Repubblica del 12 maggio ha avanzato la
proposta delle macroregioni: l'Italia divisa in due stati federali tra Nord e
Sud. Insomma contro il regionalismo a spiccioli il federalismo all'ingrosso, che
secondo Ruffolo sarebbe più razionale e produttivo e sulla base di un patto
unitario tra le due macroregioni porrebbe concretamente al centro la famosa
questione meridionale, sempre reale e presente, ma largamente dimenticata dai
politici e dagli uomini di cultura.
A questa proposta di Ruffolo ha prontamente replicato Eugenio Scalfari sulla
Repubblica del 16 maggio. Per Scalfari (e per Napolitano, aggiunge) questo
sarebbe l'obiettivo della Lega e sarebbe la fine dell'Italia, con un nord
europeo e un sud magrebino. O quasi. Il Nord con l'euro e il Sud «con qualche
fiorino di antica e non commendevole memoria». Fortunatamente Scalfari non
condivide neppure il federalismo regionale e anch'io penso che la strada
federalista sia un disastro. Ma se proprio è inevitabile mi sembrano più
ragionevoli le macroregioni, con le quali il problema dell'unità si porrebbe più
realisticamente evitando lo spezzatino.
La «cricca demaniale» Coste e laghi alle regioni -
Primo sì. Di Pietro vota con la Lega e attacca il Pd (di Matteo Bartocci)
Il federalismo è salvo. Sul filo di lana la Lega porta a casa il primo
mattoncino della riforma fiscale che chiede dagli anni '90. La delega al governo
scadeva domani ma la «bicameralina» ha approvato a maggioranza il parere sul
primo decreto che trasferisce i beni demaniali dello stato agli enti locali: 17
sì (Pdl, Lega, Svp e Idv), 3 contrari (Udc/Api) e 10 astenuti del Pd. Oggi
pomeriggio il cosiddetto «federalismo demaniale» sarà approvato anche dal
consiglio dei ministri e si avvierà un gigantesco processo di trasferimento
politico ed economico dal quale tornare indietro sarà molto difficile.
La proprietà e la gestione dei grandi laghi del Nord sarà trasferita alle
regioni. Così tutte le coste e tutto il demanio idrico (sorgenti, fiumi e laghi
regionali, etc.). Beni che le regioni dovranno comunque gestire - così impone la
delega con un termine sinistro - pompando al massimo la loro «valorizzazione
funzionale». Tra i beni alienabili dunque foreste, aree agricole, immobili, zone
portuali dismesse, le strade non statali e gli aeroporti non «di interesse
nazionale».
Sono esclusi i beni culturali e, soprattutto, buona parte del demanio militare
(caserme dismesse, vecchi alloggi o poligoni in disuso, etc.): una torta da 2 a
4 miliardi di euro che rimane appannaggio della «Difesa spa». Secondo una stima
ufficiale dell'agenzia del Demanio a conti fatti si tratta di 18.959 beni (tra
immobili e terreni) per un valore di libro di 3,2 miliardi. Una cifra che
opportunamente rivalutata è ragionevole almeno raddoppiare. La maggior parte di
questi sono nel Lazio: ben 860 milioni di euro. Piemonte, Lombardia e Veneto
insieme ne raccolgono per 880 milioni. In Basilicata, Calabria, Molise e Puglia
restano le briciole: sul loro territorio hanno beni demaniali per appena 312
milioni.
Bossi può esultare: «Iniziamo a portare a casa quello che si può». E per
l'occasione il Carroccio trova un alleato inedito come Antonio Di Pietro. Il
leader dell'Idv organizza addirittura una conferenza stampa col ministro
Calderoli per rivendicare il sì del suo partito al federalismo e per criticare
apertamente l'astensione del Pd: un atteggiamento secondo lui «preconcetto», con
cui «il Pd non ha avuto il coraggio di assumersi le sue responsabilità». «L'Idv
- attacca Di Pietro - non si astiene mai, perché non è politica la politica che
non decide, non sono buoni pastori quelli che non sanno indicare la strada. Chi
non è né carne né pesce è bene che se ne stia alla finestra. La Lega e l'Idv -
conclude - hanno il coraggio di confrontarsi sui temi veri».
In concreto, il partito di Di Pietro ha ottenuto che nel testo siano richiamati
gli articoli 5 e 114 della Costituzione. Un contributo su cui perfino lo stesso
Calderoli maramaldeggia un po': «Anche se si tratta di una cosa scontata a volte
è utile ricordare che l'acqua calda è calda». Mentre Francesco Boccia del Pd,
membro della «bicameralina», è furioso con l'ex ministro delle Infrastrutture:
«Ha perso un'altra occasione per dimostrare la sua affidabilità ma le bugie
hanno le gambe corte, faccio fatica a ricordare i contributi politici dell'Idv.
L'80% del testo approvato dalla commissione - conclude Boccia - è stato
modificato grazie al Pd».
Tra le altre novità importanti c'è un fondo di perequazione che prevede che il
ricavato della vendita dei beni vada per il 75% a riduzione del debito degli
enti locali, il restante 25% andrà all'ammortamento del debito nazionale. I beni
potranno essere ceduti a fondi immobiliari pubblici ma aperti a privati e
soggetti istituzionali. Il relatore di maggioranza sul decreto, Massimo Corsaro
del Pdl (un ex An milanese vicino a La Russa) tira un sospiro di sollievo:
«Siamo riusciti a fare il primo dei decreti nei tempi previsti, dando
legittimità all'intero percorso e con una cospicua partecipazione alla redazione
del testo da parte di tutti i gruppi».
Il Pd è stato a lungo incerto sul provvedimento. Da un lato ha lavorato al
massimo per riempire di contenuti (e qualche paletto) una decreto iniziale
pericolosamente vago. Dall'altro si è diviso su chi voleva votare sì (gran parte
dell'area ex Ds e lo «zoccolo duro» degli amministratori locali) e chi invece
voleva votare no come gli ex popolari. Dario Franceschini l'astensione finale la
spiega così: «Il testo è stato molto migliorato ma non in modo soddisfacente».
Linda Lanzillotta, rutelliana dell'Api. indica che il re è nudo: «Il federalismo
demaniale fa partire una massiccia operazione di vendita del patrimonio di tutti
che andrà a vantaggio di pochi, per di più con il rischio di alimentare la
speculazione immobiliare». E sul piano politico invece «si consente alla Lega di
dire che il federalismo è partito mentre è chiaro che il governo non è in grado
di dire quali saranno i costi e che la crisi impone di rinviare tutto a data da
destinarsi».
In effetti questo primo passo federalista potrebbe anche essere l'unico. Giulio
Tremonti è come al solito sibillino quando parla di numeri: «Il trasferimento di
immobili tra soggetti pubblici di fatto ha un valore economico nullo o
irrilevante». Una gigantesca partita di giro essenzialmente a vantaggio di Roma
e del Nord. «La vera difficoltà risiede nella vendita del patrimonio
immobiliare», ammette Tremonti, facendo capire che potrebbero essere anche altri
interventi, in futuro, a «semplificare» la materia. «La riforma che si sta
compiendo assume di fatto una valenza di carattere costituzionale e quindi ha un
elevato valore simbolico», conclude il ministro. Eclissati e completamente
innocui i «finiani». Immortale un titolo del Secolo che parlava di questo
provvedimento come una puntata di «Scherzi a parte». Evidentemente ridere piace
a tutti.
VERDI IN RIVOLTA - Bonelli: «Così il decreto consegna l'Italia agli
affaristi» (di Iaia Vantaggiato )
«La più grande speculazione immobiliare ed edilizia nella storia della
Repubblica italiana». Così il presidente dei Verdi Angelo Bonelli definisce
l'approvazione del decreto sul federalismo fiscale. «Molti sono soddisfatti -
dice - noi invece siamo disgustati anche per il modo bipartisan con cui si è
deciso di vendere l'Italia».
Lei protesta ma intanto il decreto è passato grazie al voto di Di Pietro e
all'astensione del Pd.
Se non ci fosse Berlusconi, Di Pietro potrebbe stare benissimo dentro un governo
di destra. Del resto fu proprio Di Pietro, quand'era ministro per le
infrastrutture, a impedire la chiusura della società per il ponte sullo stretto
ed è sempre grazie a lui che prima o poi, con la realizzazione del corridoio
tirrenico-maremmano, ci ritroveremo con la Maremma tagliata in due da
un'autostrada.
Almeno Di Pietro ha votato.
Se allude all'astensione del Pd, molti se ne sono già pentiti nel senso che
avrebbero volentieri votato a favore. All'interno di questo governo non esiste
nessuna opposizione di centrosinistra. A questo punto la distanza tra noi e loro
prima ancora che politica è culturale.
Ma di questo decreto non salviamo proprio nulla?
Con questo provvedimento lo stato trasferisce, con qualche eccezione, tutti i
beni demaniali agli enti pubblici e sin qui niente di male.
Quand'è allora che nascono i problemi?
Quando con l'alienazione dei beni, cioè con la loro vendita, se ne consente
anche una contestuale variante urbanistica. Con questo meccanismo tutte le
superficie agricole e non sinora appartenute allo stato potranno diventare
terreno edificabile.
Il Parlamento non può intervenire, magari con qualche paletto?
I decreti legislativi non sono emendabili dal Parlamento che può solo esprimere
«pareri» non vincolanti. E tra l'altro nel parere già espresso non c'è nessun
paletto.
Ma una parte dell'articolo 58 era stata dichiarata incostituzionale.
Sì, ma solo sino a dove si dice che l'inserimento degli immobili nel piano di
alienazione ne determina la conseguente classificazione come patrimonio
disponibile e ne dispone la destinazione urbanistica.
Vale a dire?
Che una volta che hai comprato un pacchetto di immobili dallo stato ne puoi fare
quello che vuoi. Del resto se ci fossero i paletti verrebbe meno la possibilità
di valorizzare il bene e dunque il fine dell'intera operazione.
Lei parla di valorizzazione economica ma se l'ente locale decidesse, chessò, di
trasformare una caserma militare in una scuola sarebbe una cosa buona, no?
Il problema non sono le caserme ma, per esempio, i terreni agricoli. Non crederà
mica che a comprarli saranno i coltivatori? Su quei terreni si tufferà solo chi
è intenzionato a realizzare operazioni edilizie con ricadute urbanistiche e
ambientali enormi.
L'Italia nelle mani di costruttori e immobiliaristi, come lei dice.
E di speculatori. Pensi al demanio idrico di cui è stata mantenuta
l'indisponibilità a eccezione delle sorgenti minerali e termali.
Che c'entarno le sorgenti con gli speculatori?
Le sorgenti si chiamano «Fiuggi», «Rocchetta» e qualsiasi altra marca le venga
in mente. Allo stato rendono pochissimo ma dietro c'è un giro d'affari
miliardario. A chi andranno?
Le spiagge almeno ce le hanno lasciate.
Sì, ma con la possibilità di realizzare canoni di concessione di 99 anni. Il che
equivale a venderle.
Postilla
Pauroso il segnale politico e culturale che emerge da questa vicenda.
Dagli articoli che riportiamo registriamo tre punti: (1) il larghissimo consenso
all’obiettivo della priorità della “valorizzazione economica” su qualunque altro
obiettivo; (2) l’accettazione comune della liceità, per raggiungere questo
obiettivo, di alienare beni pubblici, di spezzettare beni strutturalmente
unitari e addirittura di modificare le destinazioni urbanistiche derogando alla
pianificazione; (3) la reiterata ammissione che il “federalismo all’italiana” di
per sé è un buon obiettivo politico, del quale è importante solo concordare i
modi.
Sui primi due punti convergono – sia pure con sfumature diverse – sia Di Pietro
(il quale non sembra avere altri meriti politici se non la sua giusta
intransigenza nei confronti di Berlusconi e del conflitto d’interessi) sia i
Democratici. Sul terzo il consenso sembra ancora più vasto. Al punto che perfino
Valentino Parlato, nell’articolo che pubblichiamo più sopra, aaccetta come
ultima spiaggia – per evitare lo “spezzatino” – la rottura dell’Italia nelle
macroregioni che Giorgio Ruffolo aveva proposto.
A nessuno (o a troppi pochi) viene in mente che il “federalismo”, predicato e
praticato per dividere ciò che è unito, è una contraddizione in termini, e che
la rottura dello stato unitario è una negazione della storia, dal Risorgimento
alla resistenza e alla Costituzione, giustificata solo in alcuni dal rapace
egoismo dei più ricchi e dei più ciechi rispetto al futuro, in altri dalla
rassegnazione all’impossibilità di migliorare lo stato quale oggi doroteismo,
craxismo e berlusconismo lo hanno ridotto.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 maggio 2010
Comune, Provincia e Acegas alleati per la
”differenziata” - FIRMATO UN PROTOCOLLO - Messo a punto un piano per raggiungere
il tetto del 50% dei rifiuti riciclati
Trieste e raccolta differenziata: un binomio che diventa
realtà. Ora si tratta di organizzare in maniera efficiente la raccolta nella
nostra provincia. È questo l’obiettivo del Protocollo d’intesa siglato ieri da
Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste, e l’assessore
provinciale Vittorio Zollia assieme al sindaco, Roberto Dipiazza, e Marina
Monassi, direttore generale di AcegasAps spa.
Con questo Protocollo verrà costituito un tavolo tecnico con il compito di
sviluppare uno specifico programma per individuare forme e modalità
organizzative di un’efficace raccolta differenziata.
Il totale di rifiuti riciclati dovrebbe costituire, per legge, il 50 per cento
del totale dei rifiuti mentre attualmente è solo del 21,5 per cento. I punti
fondamentali su cui si concentrerà l’attività del tavolo sono: aumento di
contenitori dedicati alla raccolta differenziata monomateriale; raccolta porta a
porta dei cartoni e del vetro dagli esercizi commerciali; raccolta differenziata
all’interno del Mercato Ortofrutticolo all’ingrosso; raccolta porta a porta a
Rozzol-Melara, Altura e altri complessi edilizi; raccolta differenziata
dell’umido delle grandi utenze; raccolta differenziata domiciliare del verde;
contenitori specifici negli uffici pubblici e consegna di compostiere per gli
abitanti delle borgate carsiche o periferiche.
Alla fine dei lavori il tavolo tecnico dovrà fornire una relazione finale
condivisa sulla valutazione costi- benefici delle soluzioni trovate e le
modalità di raccolta in modo da semplificare le attività in capo all’utenza.
«Il programma contenente i dettagli tecnici dovrebbe essere pronto entro sei
mesi dalla costituzione del tavolo ma, assicura l’assessore Vittorio Zollia,
«cercheremo di accelerare al massimo i tempi. Il nostro obiettivo» continua
Zollia, «è quello di portare il totale di rifiuti differenziati al 65 per cento
entro dicembre 2012. In molti altri comuni, come ad esempio quello di Padova, la
raccolta differenziata funziona molto bene e non vedo perché Trieste debba
essere da meno».
(f. c.)
Ferriera, via ai tavoli per chiuderla - Incontro in
Provincia sulle tematiche ambientali legate all’impianto
È partito il primo giro di consultazioni tra le
istituzioni. Una serie di tavoli propedeutici all’annunciata dismissione dello
stabilimento di Servola, nati apparentemente, col duplice scopo di limitare i
danni ambientali negli anni rimanenti e trovare un atterraggio morbido, inteso
come riconversione, per le centinaia di operai ancora operativi.
Il primo tavolo si è tenuto a Palazzo Galatti, sede dalla provincia, coordinato
dall’assessore Zollia. Erano presenti per la Regione gli assessori De Anna e
Savino, esponenti dell’Arpa, dell’Azienda sanitaria, dei sindacati, della
Lucchini, e l’ing. Caputi in rappresentanza del Comune e Assindustria. «È stato
fondamentalmente un primo giro d’orizzonte – commenta l’assessore Zollia – per
prendere atto dell’obiettivo generale. Che, nel caso dell’amministrazione
provinciale è quello di seguire gli aspetti ambientali relativi alla Ferriera.
Ci arriveremo dopo aver acquisito tutta una serie di dati che matureranno nel
corso di incontri da coordinare con Arpa, Asl e Regione».
Zollia ricorda al riguardo che la Regione ha già avviato la procedura per la
modifica dell’autorizzazione ambientale concessa a suo tempo alla Ferriera. «A
questo punto, nell’attesa di quella variante – anticipa Zollia – abbiamo deciso
un percorso comune per fare in modo che i controlli rispettino gli obblighi di
legge. L’obiettivo è quello di arrivare a un programma che, da oggi alla
chiusura, permetta di migliorare le condizioni dell’aria».
Esistono anche delle obiettive preoccupazioni, e l’assessore non ne fa mistero.
«Non vorremmo – racconta – che in previsione della riconversione l’azienda
prestasse meno attenzione rispetto a quelli che erano i dettami della vecchia
autorizzazione ambientale e a quelli della nuova. È una preoccupazione comune
sulla quale siamo intenzionati a vigilare».
Qualche perplessita', intanto, emerge dall’ambiente sindacale. «Tutti d’accordo
su una maggior precauzione, su un più attento controllo delle emissioni –
commenta Franco Palman della Uil, pure presente all’incontro di ieri – ma al
momento ho la sensazione che si sia ancora lontani dal realizzare qualcosa di
concreto per la Ferriera. Sto sentendo ovunque gli stessi discorsi ma ancora non
ho sentito una singola parola che vada realmente al cuore del problema. Sono
tutti film già visti. Si parla di bonifiche, di impegno a fare valutazioni ma
siamo lontanissimi da qualsiasi progetto. Certo – continua Palman – il processo
per migliorare le condizioni dei lavoratori e le emissioni dello stabilimento è
importante, ma il buio totale sulla riconversione fa presagire un futuro buio
per la città».
Oggi tocca al Comune, che ospiterà il secondo tavolo, quello sulle strutture, ma
anche qui il sindacato va con i piedi di piombo. «Mi sembra già abbastanza
strano – conclude Palman – che il sindaco abbia invitato solo le parti
sociali... Mancano le basi del dialogo e c’è tanta paura di impantanarsi. Non
vorrei fosse il prologo dell’ennesima presa in giro».
(f.b.)
Cicloturismo, in bici da Muggia fino a Isola - Entro
gennaio sarà ultimato il collegamento con il tracciato dell’ex Parenzana
Ammonta a 300mila euro il finanziamento disponibile per i 10 chilometri di percorso
MUGGIA Dovranno essere ultimati entro gennaio, pena la
perdita del finanziamento, i lavori di collegamento ciclopedonale tra il
tracciato dell'ex Parenzana, che corre in territorio sloveno e che attualmente
collega Isola all’ex valico di Rabuiese, e il circuito dei percorsi ciclabili
nel comune di Muggia.
Nei giorni scorsi il sindaco Nerio Nesladek e i tecnici comunali hanno
effettuato un sopralluogo lungo i tracciati per verificarne i punti cruciali.
Innestandosi sull'ex Parenzana nel punto in cui corre la linea di confine con la
Slovenia, la pista scenderà dopo un breve tratto in costa, verso la valle dell'Ospo.
A quel punto supererà il rio passando sul ponte già esistente poco oltre
l'incrocio di strada per Farnei, svolterà lungo l'argine e scenderà fino alla
foce.
Sempre dal ponte nei pressi di strada per Farnei, un altro tratto della
ciclabile proseguirà invece dritto lungo via San Clemente dal lato del
marciapiedi, raggiungerà l'incrocio sulla sua sommità del Monte d'oro, scenderà
nuovamente verso il mare percorrendo prima via Flavia di Stramare e poi la
strada che costeggia l'ex Aquila, e dopo il breve pezzo pianeggiante che corre
lungo il mare si riallaccerà alla stessa ciclabile nei pressi della foce dell'Ospo.
Il finanziamento regionale per la realizzazione di questa decina di chilometri
di circuito ciclabile è di 300mila euro. In questi giorni sta per essere
affidato l'incarico per la progettazione dell'opera.
Il fondo sarà in parte di terra battuta, in parte di asfalto e in parte di una
sorta di ”tartan” già applicato in altre piste ciclabili.
A questo anello che il Comune di Muggia sta per mettere in cantiere si
collegheranno successivamente altri due tratti ciclabili: il primo a sud della
foce dell'Ospo, destinato a penetrare fino al centro di Muggia e poi a
proseguire fino a Lazzaretto.
Il secondo partirà invece dalle Noghere, raggiungerà la località di Vignano,
lambirà i laghetti e porterà nel territorio del comune di San Dorligo per poi
proseguire fino a Caresana, e a San Servolo in territorio sloveno.
Anche quest'ultimo collegamento è già stato finanziato nell'ambito del progetto
transfrontaliero Kras/Carso da quasi 4 milioni di euro di cui Muggia è partner.
(g.l.)
Zero-Energy: nasce la casa autosufficiente biologica,
intelligente e non inquinante - REALIZZATA DAL GRUPPO ”POLO LE VILLE PLUS” DI
CASSACCO
UDINE L'acqua piovana, filtrata, viene utilizzata per gli
scarichi dei bagni, la lavatrice e l'irrigazione di orto e giardino. Mentre
l'automobile elettrica, sotto il portico, si ricarica. Niente allacciamento al
metano, nessun costo energetico. Perché la Casa Zero Energy realizzata dal
Gruppo Polo Le Ville Plus di Cassacco auto-produce energia da fonti alternative
e non inquinanti e quindi usa pannelli solari, fotovoltaici, pompe di calore.
Una casa passiva e intelligente, al punto che riscaldamento e climatizzatore si
accendono da soli quando serve, costruita in legno e altri materiali naturali,
quella che verrà presentata questo pomeriggio a Felettano di Tricesimo. La più
grande mai realizzata con le caratteristiche dell'autosufficienza e del rispetto
dell'ambiente: 470 metri quadrati. Un progetto, quello di Polo Le Ville Plus
(con la collaborazione del dipartimento di ingegneria civile e ambientale
dell'Università di Trento e con il supporto della Regione Fvg), "che riunisce il
meglio delle competenze acquisite dall'azienda in 25 anni di lavoro, la ricerca
e l'applicazione di tecnologie innovative - spiega il presidente Loris
Clocchiatti -. È la casa del futuro in linea con i parametri di Kyoto 2030".
A far da collettore di tutte le informazioni per ottimizzare l'uso delle energie
rinnovabili e minimizzare i consumi di quelle tradizionali è il sistema domotico
prodotto dalla BPT di Sesto al Reghena. "Il sistema Home Sapiens, integrato e
personalizzato su quello costruttivo - precisa l'ad Sandro Marcorin -, sarà in
grado di ottimizzare la gestione del comfort termo igrometrico e visivo della
casa, nonché la sicurezza personale interna e come sistema di antintrusione
dall'esterno".
Polo Le Ville Plus è in grado di costruire quel tipo di casa anche in altra
forma e dimensioni. È il "concetto" a restare sempre lo stesso. A partire dallo
studio bioclimatico del territorio per determinare sia la posizione che
l'orientamento: l'edificio è posizionato verso il lato Nord in modo da lasciare
il maggior spazio possibile a Sud per il giardino e per gli spazi interni più
vissuti. La facciata Sud ha un'ampia vetrata che fa entrare luce e calore
d'inverno e che viene schermata d'estate per evitare il surriscaldamento. Quella
Nord presenta invece una serie di finestrature di piccole dimensioni che
d'estate garantiscono la ventilazione notturna.
Non mancano, sul fronte estetico, l'orto biologico, la piscina-laghetto che si
autodepura e la cantina in stile medievale, contrasto cercato con la modernità
del resto della casa. (m.b.)
SEGNALAZIONI - ENERGIA - Nucleare in regione
Una nota astrofisica favorevole al nucleare, e garante
scientifica del Comitato italiano per il Controllo delle affermazioni sul
paranormale e su molte altre cose, ha fatto recentemente alcune affermazioni da
lasciarmi assai perplesso, tanto che suggerirei al suddetto comitato di farne un
immediato controllo. Nella prima, essa afferma che «nella nostra regione è
necessaria una centrale nucleare perché la nostra industria ha un crescente
bisogno di energia», e sembra essere l’unica abitante della regione dei
capannoni in disuso a non essersi accorta che soprattutto a Trieste l’industria
è ormai praticamente scomparsa. Nella seconda, la studiosa dice che «noi
importiamo dall’estero energia prodotta con il nucleare», ed è vero, ma
evidentemente solo per fare un grosso favore a quelle nazioni. Infatti l’Italia
è tecnicamente in grado di produrre quasi il doppio di elettricità rispetto alla
sua massima richiesta storica ma, mentre i nostri impianti termo ed
idroelettrici possono ridurre la produzione, il nucleare non può farlo, e
siccome di notte la produzione francese o slovena supera il loro fabbisogno e
non ne ricaverebbero nulla, graziosamente gliela acquistiamo noi, ad un prezzo
che forse è meglio non sapere. E quando avremo il nucleare chi ci acquisterà
l’energia eccedente? Ovviamente nessuno, anche perché si sa che economicamente
non conviene trasportare l’energia elettrica troppo lontano. Poi, l’astrofisica
afferma che «la nostra elettricità costa molto di più che negli altri paesi» ed
infatti in Italia, a parità di calore prodotto, una stufa elettrica costa circa
il doppio di una stufa a metano. Ma allora perché nell’Austria priva del
nucleare, o nella Germania che ha qualche centrale ma ha anche un consumo
industriale 10 volte superiore al nostro, e in molti altri stati, la gente
cucina e si riscalda con l’elettricità, al punto che nei condomini austriaci non
esiste la figura dell’amministratore? Forse perché da loro il metano serve
soltanto per produrre l’energia elettrica, e non viene convogliato in
costosissime reti di migliaia di km di tubi soggetti a continue micro e macro
perdite, a strade perennemente sventrate, e ad impianti sottoposti a redditizie
revisioni e a periodici obbligatori controlli che complessivamente generano
degli inimmaginabili costi assai ben spalmati nelle nostre bollette. Infine,
l’ultima sua affermazione, o suggerimento, quella cioè di stoccare le scorie in
vecchie miniere abbandonate. Poiché ogni regione dovrebbe essere
autosufficiente, non vorrei che si riferisse ad una delle poche vecchie miniere
presenti sul nostro territorio, ossia quella di Pierabech: per carità, si
minaccia di rendere radioattiva la sottostante fonte della famosa acqua minerale
friulana!
Lucio Schiulaz
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 maggio 2010
Altoforno della Ferriera, caricatrice in fiamme
Un incendio ha fatto scattare l’allarme ieri sera all’interno della Ferriera di Servola. A prendere fuoco - come riferito dalla centrale operativa dei vigili del fuoco, intervenuti sul posto - è stata la parte inferiore di una caricatrice, a causa dell’improvviso salto di un tombino dell’altoforno. Grazie alla tempestività dell’azione dei pompieri, i danni per quanto ancora non quantificati sono stati comunque limitati e nessuno è rimasto ferito. L’episodio è avvenuto poco prima delle 19. I vigili del fuoco, allertati immediatamente, sono arrivati allo stabilimento siderurgico servolano con un’autobotte, un’autoscala e un’autopompa. Guidati dal caposquadra Marino Gellici, sono riusciti a spegnere in tempi molto rapidi l’incendio, procedendo poi alle operazioni di raffreddamento e di verifica della messa in sicurezza del tutto. L’intervento si è chiuso in meno di due ore. La produzione non è stata interrotta.
(m.u.)
LE ORE DELLA CITTA' - RISPARMIO ENERGETICO - ECOSPORTELLO
Cerchi informazioni sul risparmio energetico? Rivolgiti all’Ecosportello, punto informativo gratuito della Provincia di Trieste. Gli operatori di Legambiente saranno a disposizione del pubblico. Ecosportello è in via Donizetti n. 5/a tutti i martedì dalle 10 alle 12 e tutti i venerdì dalle 17 alle 19.
SEGNALAZIONI - «Black-out e illuminazione fioca nella
galleria della pista ciclabile» - IL PROBLEMA
È con rammarico che mi trovo a dover segnalare che nel
pomeriggio di domenica 16 maggio l’unica galleria della pista ciclabile che
parte dal rione di San Giacomo verso Draga S. Elia che dovrebbe essere
illuminata non lo era affatto. Giova precisare che anche a mezzogiorno di una
giornata di sole all’interno di quella galleria vi è buio totale, tanto che
sarebbe possibile togliere la pellicola da una macchina fotografica senza
impressionarla.
A parte il fatto che per il disservizio di domenica potrebbe essersi trattato di
un comune problema all’impianto elettrico che magari verrà risolto a breve,
vorrei esprimere comunque il disappunto per il tipo di illuminazione progettata
e messa in opera che non funziona affatto e che sicuramente sarà costata un
patrimonio. Per illuminare la galleria sono stati infatti posizionati a terra
dei faretti, in presenza di pavimentazione in ghiaino che regolarmente copre
gran parte degli stessi, rendendo l’illuminazione pressoché inesistente. Quattro
luci a soffitto come in tutte le gallerie del mondo costavano forse troppo poco?
C’è da dire comunque che non tutto è stato progettato male. L’idea di comandare
l’accensione a tratti dei faretti, man mano che si avanza, mediante sensori di
movimento, non sarebbe stata una cattiva idea per risparmiare energia se non
fosse che da un intelligente risparmio si è passati a voler risparmiare troppo.
Dopo una certa ora del pomeriggio infatti coloro che vi transitano trovano
regolarmente la galleria al buio. Credo vi sia un timer che dopo una certa ora
stacca l’energia elettrica. Ora voglio dire, visto che le luci si accendono al
solo passaggio di qualcuno per spegnersi poi dopo pochi secondi, anche se
dovessero farlo qualche volta in più anche al passaggio di un animale, non
potendo ipotizzare un continuo via vai di caprioli, cinghiali o altre bestie in
quella galleria, forse non sarebbe male che noi tanti frequentatori di quella
bella realtà che è la tanto attesa pista ciclabile potessimo percorrere una
galleria illuminata, almeno finché all’esterno vi è luce solare sufficiente per
camminare o pedalare! A proposito, anche se più corta e meno buia, vi è almeno
un’altra galleria nei pressi di Botazzo che andrebbe illuminata magari con poche
e semplici luci alimentate da pannelli fotovoltaici. Il sabato e la domenica la
pista ciclabile è molto frequentata da escursionisti, famiglie con bambini e da
ciclisti che all’interno della galleria faticano a vedersi con grave rischio per
l’incolumità di tutti.
Mario Smaila
UIL Vigili del Fuoco - MERCOLEDI', 19 maggio 2010
RESOCONTO DELL'INCONTRO GAS NATURAL - IMPRENDITORI
L'autore è Carlo Franzosini, biologo marino e
componente del Tavolo Tecnico Rigassificatori Trieste PROMOSSO DALLA UIL Vigili
del Fuoco FVG
Ho preparato un breve resoconto dell'incontro di ieri sera in CCIAA, al quale ho
partecipato in qualità di "industriale", essendo il legale rappresentante di una
società regolarmente iscritta alla confindustria e registrata presso la locale
CCIAA. I giorni scorsi mi ero prenotato per telefono (come da istruzioni) e
all'arrivo ho trovato il mio nominativo associato a quello della ditta
sull'elenco dei partecipanti, controfirmandolo al momento di entrare nella "Sala
Verde".
Andrea LUCCHETTA
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 19 maggio 2010
REFERENDUM ACQUA PUBBLICA - Superato il mezzo milione
di firme, la raccolta va avanti - 516.615 firme raccolte in 25
giorni di banchetti e iniziative in tutta Italia.
Un risultato incredibile anche per noi, raggiunto in poco
più di tre settimane grazie all'impegno e all'entusiasmo di migliaia di
cittadine e cittadini dell'acqua pubblica.
Dall'estremo Nord alle isole, la raccolta di firme racconta un'Italia della
partecipazione, di migliaia di territori attenti e attivi sui beni comuni
(vedere la mappa dei banchetti di raccolta firme su www.acquabenecomune.org).
E la raccolta firme non si ferma, ma rilancia. L'obiettivo che il Comitato
Promotore si era posto (700mila firme) è ormai in vista e può essere superato.
Da qui a luglio lanceremo eventi, feste, spettacoli per coinvolgere sempre più
italiani in questa civile lotta di democrazia per togliere le mani degli
speculatori dall'acqua riconsegnandola ai cittadini e ai Comuni. Per questo fine
settimana il Comitato Promotore lancia il “Giro d'Italia delle firme per
l'acqua”; quale località, Comune, comitato cittadino sarà la maglia rosa della
raccolta di firme di questa settimana?
Il Comitato Promotore ringrazia tutti quelli che si stanno impegnando per la
riuscita dell'iniziativa referendaria, i media locali, le radio e i siti
internet che stanno dando un esempio di attenzione e partecipazione che fa ben
sperare anche per la libertà d'informazione nel paese.
Più firme raccoglieremo, più forte sarà la spinta verso il Referendum e il
risveglio civile dei territori. Perché si scrive acqua, si legge democrazia.
Roma, martedì 18 maggio 2010 -
Luca Faenzi - Ufficio Stampa Comitato Referendum Acqua Pubblica - ufficiostampa@acquabenecomune.org - +39 338 83 64 299 - Skype: lucafaenzi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 maggio 2010
”Miani” in piazza contro la Ferriera - NUOVA
MANIFESTAZIONE DEL CIRCOLO
Tamburi e fischietti per richiamare l'attenzione dei
passanti. Il marciapiede davanti al Municipio tappezzato di striscioni. Una
settantina di persone pronte a esprimere di nuovo la propria protesta contro
l'inquinamento atmosferico. Il Circolo Miani è stato protagonista ieri sera
dell'ennesima manifestazione contro la Ferriera. Sede deputata stavolta piazza
dell'Unità d'Italia, per poter raggiungere in pochi minuti, dopo il palazzo del
Comune, quello che ospita la giunta regionale e infine la Prefettura.
Maurizio Fogar, fondatore e portavoce del Circolo, parlando ai presenti ha
sottolineato "le bugie dei politici, il silenzio dell'Arpa e dell'Azienda
sanitaria, la pericolosità dell'inquinamento prodotto dallo stabilimento
servolano». Ovvia la conclusione: «Di questo passo la salute di tutta la
popolazione continuerà a essere a rischio - ha evidenziato - finché non si
adotteranno provvedimenti efficaci». Fogar ha indicato in circa 76mila le
persone che vivono nei rioni più vicini alla Ferriera «e perciò più a rischio
degli altri». Annunciata infine per venerdì 28 maggio nella sede del Circolo, a
Valmaura, «una pubblica assemblea cui inviteremo i politici affinché spieghino
le loro ragioni del loro atteggiamento».
(u.s.)
Piano antenne, la Trasparenza chiede un osservatorio
medico
Trasparenza, mettendo a disposizione l’elenco dei progetti
e lo stato del loro iter. Approfondimenti continui, anche attraverso studi
specifici effettuati dai tecnici comunali e dai loro consulenti. Infine,
monitoraggio degli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici grazie a
un apposito Osservatorio medico. Queste le linee guida contenute nella mozione
condivisa partorita dalla Commissione trasparenza, riunitasi per affrontare la
questione del Piano antenne e delle installazioni previste dai gestori della
telefonia mobile sul territorio comunale. Accanto a questo atto, ne predisporrà
uno specifico anche il consigliere Roberto Decarli (Cittadini), proprio sulla
pubblicazione dell’elenco dei progetti.
Intanto, la Quarta commissione ha effettuato il previsto sopralluogo in via
Budrio. «Si tratta di una laterale di via Campanelle, quasi tutta privata, ma
guarda caso la base dove piazzare la nuova antenna è stata sistemata nel tratto
pubblico - spiega Lorenzo Giorgi (Fi-Pdl). I cittadini avevano fermato altre
soluzioni lungo la via per mesi. I residenti non sono stati avvisati di questo
intervento, rimanendo bloccati. Se l’antenna deve stare là, l’amministrazione
avrebbe dovuto spiegarglielo. Ora bisogna intervenire per mettere a posto
l’asfaltatura».
Contovello, scout e residenti puliscono l’area dello
stagno - UN GRUPPO DI VOLONTARI
PROSECCO Mentre in Consiglio comunale ci si appresta alla
discussione sul nuovo Regolamento per lo smaltimento dei rifiuti urbani, a
Contovello un gruppo di giovanissimi si è reso protagonista di un’importante
azione di tutela del territorio, a conferma di come l’educazione ambientale
debba essere guidata dall’esempio e utilmente indirizzata a interventi sul
terreno. Una decina di “Taborniki” (scout laici sloveni) ha organizzato assieme
a alcune famiglie e altri adulti la pulizia dei dintorni del vecchio stagno di
Contovello, uno degli ambienti più amati e frequentati della pittoresca frazione
del costone carsico.
Nel giro di un paio d’ore, la trentina di volontari è riuscita a effettuare una
raccolta differenziata, stipando in una dozzina di grandi sacchi di plastica i
numerosi rifiuti individuati attorno allo stagno, nella vicina scarpata
inferiore all’abitato di Santo Stefano e in altre aree verdi. Oltre alla comune
spazzatura, tante le lattine, il vetro e la carta raccolti e successivamente
predisposti in modo da facilitare l’asporto che l’Acegas Aps effettuerà a breve
recando tutti i sacchi nella depositeria comunale di Opicina. Scout e residenti
hanno convenuto di organizzarsi prossimamente per dar vita a altri interventi di
pulizia nella vicina Prosecco e nell’area parcheggio del Santuario di Monte
Grisa.
«Di fronte ai tanti rifiuti raccolti – spiega per i “Taborniki” la
diciassettenne Karin Turco – ci si rende conto di come molta gente non si renda
conto di quanto male faccia alla natura. Eppure - conclude - basterebbero solo
un po’ d’attenzione e di informazione per rendersi conto di come un
comportamento scorretto possa danneggiare gravemente l’ambiente di tutti».
(ma.lo.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 maggio 2010
«Rigassificatore, nessun intralcio al traffico
portuale» - Gas Natural: minimo il raffreddamento dell’acqua. Confartigianato:
restano i dubbi
IL PROGETTO PRESENTATO DAGLI SPAGNOLI ALLE ASSOCIAZIONI
DI CATEGORIA
«Si tratta di un impianto all’avanguardia dal punto di vista tecnologico che
garantisce la piena compatibilità con il traffico portuale esistente». Lo ha
affermato ieri Ciro Garcia Amesto, project manager del rigassificatore
progettato per il sito di Zaule da Gas Natural Fenosa a una platea composta da
una trentina di rappresentanti di imprese triestine e di associazioni di
categoria. «Il raffreddamento dell’acqua della baia di Zaule - ha precisato -
sarà minimo e le immissioni di cloro saranno dieci volte sotto il limite di
legge».
L’incontro si è svolto a porte sprangate nella Sala maggiore della Camera di
commercio interdetta anche ai fotografi già prima dell’inizio della riunione, il
che un’altra volta non ha favorito la comunicazione con la città, già
considerata da molti versanti carente. Tutto ciò mentre davanti al portone di
piazza della Borsa il gruppo dei contestatori, di cui riferiamo a parte, aveva
un vivace scambio di battute con il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia
casualmente di passaggio. Con gli incontri divulgativi ristretti si replicherà
lunedì prossimo sempre in Camera di commercio, mentre una terza riunione si
terrà poi in Assindustria.
Un’esposizione che ha comunque soddisfatto Vittorio Pedicchio, vicepresidente di
Assindustria: «Per Trieste il rigassificatore è un’opportunità da non perdere -
ha affermato - nella prospettiva dello sviluppo economico del territorio anche
se il progetto, ancora alla fase iniziale, va ora portato avanti nella massima
chiarezza per quanto riguarda la sicurezza dell’impianto, i rischi per la
popolazione e la salvaguardia dell’ambiente». Anche sotto questi aspetti secondo
Pedicchio, Gas Natural Fenosa è partita in modo corretto. «E poi - spiega - mi
hanno impressionato alcuni numeri che sono stati ribaditi da Garcia Amesto. Il
rigassificatore infatti costerà 550 milioni di euro di cui 400 milioni andranno
a vantaggio delle imprese di costruzione e di servizi locali. Durante i
tre-quattro anni in cui si protrarranno i lavori è stato detto che opereranno
1.500 persone e inoltre Gas Natural impegnerà 30-40 milioni di euro per la
bonifica del sito».
Quasi diametralmente opposto invece il parere di Sergio Burlin del direttivo
della Confartigianato: «Un’esposizione molto lacunosa che non ha chiarito i
dubbi né dal punto di vista della sicurezza, né da quello delle ricadute
economiche. Oltretutto è stato riferito che il primo rigassificatore costruito
in Italia, quello in provincia di La Spezia, chiuderà nel 2013 dopo che la
popolazione si è opposta al suo raddoppio». Gli ultimi dubbi fatti affiorare
inoltre riguardano la possibilità di convivenza con un traffico portuale
rinforzato dal progetto Unicredit e con l’incognita della cosiddetta
overcapacity, cioé un surplus di produzione che sarebbe indotto dal compimento
dei vari progetti in fase di realizzazione.
Garcia Amesto non ha inteso fare dichiarazioni affidandosi a un comunicato
stilato congiuntamente con la Camera di commercio che ha reso noto di aver
accolto la richiesta della multinazionale spagnola per la realizzazione di
alcuni incontri nei quali far emergere e spiegare all’economia del territorio i
contenuti del progetto con un approfondimento sulle sue caratteristiche tecniche
e del suo inserimento nel contesto produttivo del territorio. «Una richiesta -
ha commentato il presidente camerale Antonio Paoletti - che l’ente quale casa
dell’economia non poteva che accogliere ben volentieri per consentire alle
imprese di conoscere meglio i contenuti di un progetto che nella sua completezza
non è mai stato presentato fin nei particolari».
Gas Natural, gruppo multinazionale nel settore del gas che ha recentemente
acquisito Union Fenosa, altro colosso spagnolo dell’energia, è il secondo
operatore mondiale di gas naturale liquefatto con oltre 30 miliardi di metri
cubi di gnl movimentati ogni anno da 13 navi metaniere. Propone a Zaule un
impianto della capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno con un
investimento pari a 550 milioni di euro che prevede anche l’intervento di
bonifica di un’area attualmente contaminata. Ciro Garcia Amesto ha sottolineato
che «la priorità del rigassificatore è la sicurezza».
SILVIO MARANZANA
«Soltanto elementi negativi per il territorio e i
cittadini» - SIT-IN DI PROTESTA IN PIAZZA UNITÀ
Nesladek: «Oggi qui in pochi perché ci hanno avvisati
tardi, la prossima volta saremo almeno in duemila a dire no»
«Stavolta non siamo tanti perché ci hanno avvisato all'ultimo momento. La
prossima, prometto che saremo almeno duemila a dire di no al rigassificatore a
Trieste». Ha avuto il tono di un proclama questa frase pronunciata ieri sera dal
sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, sotto le volte del palazzo della Camera di
commercio, mentre all'interno si stava svolgendo il primo incontro, a porte
rigorosamente chiuse, di Gas Natural Fenosa con le imprese della Provincia.
Nell'ambito della manifestazione di protesta - organizzata da Associazione
nazionale assistenza pensionati, Lista Cittadini, Comitato salvaguardia del
golfo, Comune di Muggia, Comune di San Dorligo della Valle-Dolina, Gruppo Beppe
Grillo Trieste, Greenaction Transnational, Italia dei Valori, Legambiente,
NoSmog, Partito dei Verdi, Uil Vigili del Fuoco, Wwf - Nesladek ha parlato di
«mandato della gente ai rappresentanti istituzionali, a cominciare da noi
sindaci di Muggia e Dolina, a combattere con tutte le nostre forze contro un
progetto che presenta solo elementi negativi per il nostro territorio e la
popolazione che ci vive». Accanto a lui Fulvia Premolin, sindaco di Dolina.
«Assieme - ha proseguito Nesladek - portiamo il no al progetto di decine di
migliaia di persone».
Si sono alternati in tanti a parlare, con la gente stretta attorno ai rapidi
relatori, sotto le bandiere del Wwf, mentre una leggera pioggia ha avvolto il
gruppo. Alfredo Racovelli, capogruppo in consiglio comunale a Trieste dei Verdi
per la pace, ha severamente criticato «la scelta del presidente della Camera di
commercio, Antonio Paoletti, di far svolgere l'incontro con i rappresentanti di
Gas Natural a porte chiuse, lasciando così fuori i cittadini che sono i primi
interessati dall'evolversi della situazione».
A dare maggiore evidenza alla volontà di opporsi al progetto, davanti alla
piccola folla di persone, si sono schierati alcuni esponenti dei vari movimenti
presenti, creando un cordone umano a formare la scritta "No gas". Continuando a
denunciare «l'assoluta inadeguatezza» delle valutazioni sui grandi rischi
ambientali che l'impianto potrebbe avere, Adriano Bevilacqua, coordinatore
regionale della Uil dei Vigili del fuoco, ha ricordato che «gli enti preposti
alla sicurezza non sono attrezzati per i necessari controlli. In questa
occasione - ha proseguito - abbiamo voluto dare spazio alle forti preoccupazioni
legate alle conseguenze per lo sviluppo economico locale, rispetto al quale non
sembra emergere alcuna prospettiva vantaggiosa per la comunità».
Per Paolo Bassi, coordinatore regionale dell'Italia dei Valori, «con questo
progetto si vuole privilegiare l'interesse di pochi a scapito della sicurezza di
tutti». «Non assisteremo da esclusi - si è letto su un comunicato diffuso nel
corso della manifestazione dai Verdi - alle speculazioni che hanno già prodotto
decenni di disastri ambientali, perché qui ci va di mezzo la salute dell'intera
collettività».
Ugo Salvini
Racovelli: «Rio Martesin, ricorso al Consiglio di
Stato» - DOPO LA SENTENZA DEL TAR CHE HA RESPINTO L’AZIONE LEGALE DEL COMITATO
DI ABITANTI
Lo scontro su Rio Martesin continua. Il Comitato di abitanti della zona che da tempo si batte contro la cementificazione dell’area e, nello specifico, per tentare di fermare i tre progetti che complessivamente vi prevedono la realizzazione di 109 appartamenti, non molla. Il Tar ha respinto il ricorso presentato dal Comitato, attraverso l’avvocato Gianfranco Carbone, contro il Comune di Trieste per i permessi di costruire rilasciati alla Società Airone 85 srl e alla Gestione Italiana Appartamenti srl, controinteressate dal procedimento. Nonostante ciò, gli abitanti - supportati nella loro azione dai Verdi - non intendono fermarsi: «Dopo aver letto i contenuti della sentenza, abbiamo deciso di ricorrere al Consiglio di Stato - fa il punto il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli -. Le ragioni sono sostanzialmente due: la prima riguarda l’inammissibilità così come viene intesa dal Tar, che ritiene che si sarebbe dovuto impugnare il Piano regolatore generale, la variante 66, da subito e non solo ora con il progetto che prevede la cementificazione della valle. In questo caso - continua Racovelli -, però, si dovrebbero impugnare tutti i Piani regolatori, mentre si è deciso di intervenire quando le previsioni del Piano si sono dimostrate immediatamente “lesive”». Quanto al secondo punto, Racovelli osserva: «Sul tema della lottizzazione abusiva il Tar non ha voluto pronunciarsi perché ritiene che in termini di legge l’iter sia corretto. In merito allo stravolgimento dei pastini, i documenti inviati dal Comune affermano che su 31 pastini originari, 13 sono interessati da “lievi” modifiche... Si tratta di 13mila metri cubi totali, senza contare i volumi interrati, sottotetti e vani scale! Senza contare cosa significa per la valle sostenere un carico di traffico determinato dall’insediamento di 109 appartamenti, distribuiti su sette edifici». L’esponente dei Verdi ricorda poi come «il Comune, in sede di nuova variante, per “controbilanciare” la concessione delle licenze edilizie, pochi giorni prima dell’adozione del Prg nell’agosto 2009, ha pensato bene di prevedere per l’area interessata la classificazione di “zona agricola” e quindi inedificabile. Una beffa...».
(m.u.)
Il futuro urbanistico della città visto dalla facoltà
di Architettura - Pubblicato da Eut un volume sulle idee e le proposte lanciate
durante workshop internazionali
DOMANI LA PRESENTAZIONE AL SAN MARCO
Si intitola 97+104= dieci. Idee, immagini, progetti per Trieste ed è
dedicato agli workshop di Architettura. È il nuovo volume, edito da Eut e curato
da Giovanni Corbellini e Alessandra Marin, che riassume riflessioni, spunti e
proposte elaborati da studenti e docenti della facoltà, emersi nel corso dei due
appuntamenti internazionali di progettazione - Riabitare e coabitare, e Ge/Ts
low co(a)st - organizzati a dieci anni dalla fondazione.
Il libro, nel quale sono stati messi a fuoco i temi progettuali più rilevanti
per il futuro di Trieste e proposte discussioni di urbanistica, architettura e
paesaggio, verrà presentato domani alle ore 17,30 al Caffè San Marco di via
Battisti, Ad illustrarlo saranno Carlo Magnani dell’Università IUAV di Venezia e
i curatori. Interverranno all’appuntamento Giovanni Fraziano e Giacomo Borruso,
preside e vice preside della facoltà di Architettura, Paola Di Biagi, direttore
del Dipartimento di progettazione architettonica e urbana e coordinatore della
Commissione scientifica EUT e Vittorio A. Torbianelli, docente della facoltà.
Il volume, come detto, è curato da Giovanni Corbellini - architetto e dottore di
ricerca, critico dell’architettura contemporanea, già docente negli atenei di
Ferrara, Milano e Venezia e attualmente ricercatore all’Università di Trieste -,
e da Alessandra Marin, architetto e dottore di ricerca in Pianificazione
territoriale e sviluppo locale, ora ricercatrice in Urbanistica nella nostra
facoltà di Architettura, dove insegna Progettazione urbanistica e Progettazione
del territorio.
SEGNALAZIONI - Cemento sull’ambiente - PRG
Il nuovo Piano regolatore di Trieste è senz’altro pieno di
magagne, come gli ambientalisti e altri hanno ripetutamente denunciato. Nessuna
meraviglia, quindi, che ci sia chi ha pensato anche di ricorrere alla giustizia
amministrativa contro le scelte più discutibili, come nel caso - per esempio -
del mega-intervento residenzial/commercial/direzionale all’ex caserma «Monte
Cimone» di Banne (v. Il Piccolo del 10 maggio). Il piano ha però apportato anche
dei miglioramenti, rispetto a certe scelte scellerate di quello precedente. È il
caso della zona commerciale prevista presso Basovizza, circa 20 mila metri
quadrati di notevole pregio ambientale vicino al Sincrotrone e affacciati sulla
statale 14, che sono giustamente tornati ad essere zona agricola e forestale.
Eppure proprio contro questa decisione è insorta, rivolgendosi al Tar, la
società Tecnofactoring, che fa capo al responsabile dell’Unione Borgate
Carsiche, Carlo Grgic. Ciascuno difende i propri interessi come meglio crede,
naturalmente, ed è purtroppo prassi consolidata - in Italia - battersi affinché
un piano regolatore sia soprattutto l’occasione e lo strumento per far soldi,
poco importa se a spese dell’ambiente e della natura. Resta la speranza che
quella di Tecnofactoring rimanga un’iniziativa isolata e che l’attenzione degli
abitanti del Carso si concentri non contro le cose buone del piano regolatore,
ma contro le nefandezze: per esempio la zona «C» residenziale prevista a
Padriciano (in un’area che contiene una splendida dolina e risulta proprietà del
locale Consorzio Boschivo!), oppure la zona «turistica» sempre a Padriciano,
collegata con il campo di golf, o ancora la decina di zone «C» residenziali
intorno Opicina, tutte in aree verdi di pregio, e così via.
Per non parlare della nuova sede della Scuola Internazionale a Basovizza, in
un’altra area di pregio ambientale e paesaggistico accanto al Sincrotrone,
individuata con l’ennesimo accordo di programma (strumento pernicioso quanto
nessun altro) e recepita pedissequamente nel piano regolatore.
Un’adeguata pressione dei cittadini contro queste previsioni potrà essere
decisiva, nell’indurre il Consiglio comunale (cui spetta l’ultima parola sugli
strumenti urbanistici) a correggere gli «errori» del piano e modificarne le
previsioni in senso rispettoso dell’ambiente.
Dario Predonzan - resp. urbanistica Wwf Trieste
«L’area della Ferriera? Ottima da trasformare in nuovo
polmone verde» - Progetti e funzione dei parchi pubblici secondo
Stefano Marinaz, da anni al lavoro a Londra
L’agronomo e architetto paesaggista ha già collaborato con nomi del calibro di Rogers e Foster.
Una sua creazione è in questi giorni in mostra in
Francia a un Festival internazionale dei giardini
Il labirinto di metallo della ferriera di Servola ha le carte in regola per
diventare il nuovo polmone verde di Trieste. Non è una provocazione: l’agronomo
e architetto paesaggista triestino Stefano Marinaz lavora da anni in studi
londinesi dove si elabora una nuova concezione urbanistica degli spazi verdi, e
per lui una Ferriera tramutata in parco non è un’ipotesi fantascientifica: «Si
può fare eccome - assicura -. A Duisburg, in Germania, un'area di oltre 200
ettari usata in passato come sede di un impianto metallurgico è stata
riqualificata creando attività sportive, nuovi habitat naturali, zone gioco, il
tutto preservando la gran parte delle strutture industriali esistenti». Una
soluzione di questo tipo, secondo Marinaz, porterebbe diversi vantaggi: «Duisburg
Nord è un parco moderno che ogni anno accoglie migliaia di visitatori, potrebbe
essere un modello per il recupero della Ferriera di Trieste e potrebbe dare
spunti per la creazione di nuove attività ricreative attorno agli impianti
esistenti».
Secondo Marinaz l’importanza dello spazio verde va al di là dello svago e del
relax, ed è strettamente connessa al cambiamento del concetto di città che è
venuto sviluppandosi dalla Rivoluzione industriale in poi: «In un’epoca in cui
possedere un giardino privato è diventato un bene di lusso, il parco pubblico si
è trasformato sempre di più in rifugio e spazio in cui rigenerarsi», dice: «A
questo fenomeno si è affiancata una maggiore sensibilità per un approccio
ecologico e sostenibile nella progettazione del paesaggio. I benefici che i
parchi possono dare non riguardano solo i cittadini che possono godere di un
polmone verde in cui esercitare attività di svago e sportive ma anche
l'ambiente».
La nascita di un parco, spiega Marinaz, comporta la creazione di habitat
naturali che aumentano la biodiversità di flora e fauna. In questi giorni un
progetto elaborato da Marinaz assieme a Francesca Vacirca (architetto
paesaggista) e Daniela Tonegatti (geologa e paesaggista) è esposto al festival
internazionale dei Giardini di Chaumont sur Loire: «Quest’anno hanno cercato di
partecipare al concorso circa 300 progettisti internazionali e solo 20 sono
stati selezionati per la fase esecutiva», spiega l’agronomo: «Di questi ben
quattro gruppi, incluso il mio, sono italiani».
Il giardino progettato dal team di Marinaz, 'Hortitherapie sensorielle', si
articola in quattro spazi distinti, ognuno ispirato a una particolare qualità
curativa delle piante: «Ogni stanza è progettata per fornire un’esperienza dei
sensi inebriante. Le piante aromatiche del giardino-sauna rilasciano le proprie
fragranze quando il passaggio dei visitatori attiva il nebulizzatore. Nell’orto
giardino i visitatori vedono quante piante vengono usate a scopo culinario e
come sia possibile creare un orto biodinamico. Nel giardino dei massaggi i
visitatori camminano tra filari di piante profuma che massaggiano le gambe e
stimolano la vista, il tatto e l’olfatto. Infine, nel giardino dei profumi si
nota che oli ed elisir sono stati estratti per secoli dalle piante medicinali».
Stefano Marinaz si è laureato in Scienze e tecnologie agrarie a Udine, ma dal
2006 vive e lavora a Londra. Ha collaborato a progetti di architetti del calibro
di Richard Rogers e Norman Foster.
GIOVANNI TOMASIN
SAN DORLIGO - «Gestione della Val Rosandra a rischio» - Sormani: «La Regione taglia i fondi, siamo pronti a chiamarci fuori»
L’amministrazione lancia l’allarme - Un riduzione pari a oltre il 30%. È questo il dato saliente sui tagli apportati dalla Regione per la gestione della Riserva naturale della Val Rosandra.
La cifra è stata ufficializzata durante l'ultima riunione del
Consiglio comunale di San Dorligo della Valle per voce del sindaco Fulvia Premolin. Il Comune di San Dorligo, organo gestore della Val Rosandra a partire
dal 2 ottobre 2006 in seguito all'accordo di programma quinquennale stipulato
con l'amministrazione regionale, dopo aver ricevuto 490mila euro per i primi tre
anni di gestione (130mila il primo anno e 180mila sia per il secondo che per il
terzo) aveva chiesto per il quarto e quinto anno complessivamente 360mila euro.
La Regione però per il 2010 ha stanziato al Comune di San Dorligo esattamente
124mila euro per la gestione effettuando dunque una riduzione pari circa al 31%.
Il problema maggiore però riguarda il quinto ed ultimo anno (il 2011) prima
della scadenza dell'accordo di programma come spiega il sindaco Premolin: «In
Finanziaria, in un primo tempo, erano previsti 150mila euro per tutte e nove le
Riserve presenti in regione per le spese correnti, poi successivamente sono
stati stanziati altri 350mila euro ma solo in conto capitale e non dunque per
l’effettiva gestione della Val Rosandra, e quindi penso ad esempio al
personale». Il primo cittadino ha poi evidenziato che «al momento questi soldi
non sono ancora stati ripartiti tra le diverse Riserve e si sa solamente che non
a tutti verrà data la stessa cifra».
Molto preoccupata anche l'assessore comunale all'Ambiente Elisabetta Sormani:
«Siamo in attesa di appurare se la Regione ha capito che senza i finanziamenti
promessi la tutela della Val Rosandra è a rischio, fermo restando che ragionare
puramente in termini economici applicando dei tagli all'ambiente credo sia una
cosa estremamente sbagliata e controproducente». La Sormani poi ha confermato
che «nel caso in cui i fondi non dovessero arrivare, il prossimo anno, alla
scadenza dell'accordo di programma consegnerò le chiavi della Val Rosandra alla
Regione togliendo dunque il Comune di San Dorligo della Valle quale ente gestore
dell'area». Sulla vicenda è intervenuto anche il capogruppo del Pdl-Udc Roberto
Drozina: «Devo dire che una volta tanto sono concorde con l'assessore Sormani,
poiché la sua dichiarazione è senza dubbio calibrata ed adeguatamente motivata».
Critico invece il capogruppo di Uniti nelle Tradizioni Boris Gombac: «Se la
Regione ha deciso di effettuare dei tagli significa che prima venivano erogati
dei fondi troppo sostanziosi oppure che il Comune non ha fatto un buon lavoro. A
questo punto quindi - ha chiosato Gombac - credo che sia meglio che l'assessore
Sormani consegni pure le chiavi alla Regione e che subentri dunque un altro che
potrà gestire più proficuamente la Val Rosandra».
(r.t.)
Enerman, il videogame contro l’inquinamento - Lo scopo
è abbattere le emissioni di C02 nella propria scuola - STUDENTI DELLE MEDIE
”Enerman” è il nuovo compagno di avventure delle scuole
triestine. È un videogioco realizzato dall’associazione Onlus RuotePerAria
Ambiente e Territorio destinato ai ragazzi di terza media.
Attraverso un colpo di mouse lo studente–giocatore vestirà i panni di un manager
che deve rendere eco- sostenibile il suo istituto. Uno strumento interattivo che
intende offrire ai docenti un supporto didattico «in tema di educazione
ambientale e al tempo stesso accrescere nei giovani il senso civico nei
confronti dell’ambiente» è la spiegazione del ministro Stefania Prestigiacomo,
con delega dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Stefania
Prestigiacomo.
Il gioco si compone di tre livelli dove ogni studente ha il compito di abbattere
le emissioni di CO2 della scuola mettendo in atto una serie di provvedimenti
mirati a un più corretto utilizzo delle risorse energetiche. I temi trattati dal
videogame saranno l’isolamento termico, la raccolta differenziata, il risparmio
idrico, le moderne tecnologie per produrre energia rinnovabile come i pannelli
solari, gli impianti eolici e quelli geotermici.
A Trieste hanno aderito al progetto i seguenti istituti comprensivi: F.lli Fonda
Savio Manzoni, Tiziana Weiss, Guido Corsi, Dante Alighieri, San Giovanni e
Roiano Gretta.
Il videogioco si propone come mezzo in grado di veicolare informazioni in un
linguaggio familiare stimolando la loro creatività. Gli studenti saranno infatti
immersi in una realtà virtuale e potranno giocare e imparare in modo
intelligente comportamenti quotidiani utili a ridurre gli sprechi e
l’inquinamento. L'obiettivo è quello di abbattere i livelli di CO2 valutando sia
il budget che il tempo a disposizione. E al termine del percorso didattico il
giocatore riceverà un ecodiploma con il punteggio ottenuto.
«L’iniziativa comincerà a breve e coinvolgerà due classi della terza media che
hanno già partecipato precedentemente a un concorso sull’inquinamento e dunque
conoscono già l’argomento», spiega Concetta Bombone, professoressa di Tecnologia
e responsabile del progetto all’istituto comprensivo Dante Alighieri. E
aggiunge: «Grazie alle numerose postazioni computer – dice la professoressa - i
ragazzi potranno cimentarsi singolarmente con il videogioco in modo da prendere
le decisioni autonomamente».
Federica Cauzer - Claudia Poropat
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 17 maggio 2010
NO AL RIGASSIFICATORE DI ZAULE - SIT-IN -
In data 17 maggio 2010, in occasione dell'incontro tra Gas
Natural ed il mondo imprenditoriale triestino, ha avuto luogo un sit-in davanti
alla Camera di Commercio di Trieste organizzato da: Associazione Nazionale
Assistenza Pensionati, Cittadini, Comitato Salvaguardia del Golfo, Comune di
Muggia, Comune di San Dorligo, Gruppo Beppe Grillo Trieste, Greenaction
Transnational, Italia dei Valori, Legambiente, NoSmog, Partito dei Verdi, UIL
Vigili del Fuoco, WWF.
Nel pieno rispetto dei criteri democratici, esso è stato significativo momento
di discus-sione e protesta che ha visto unite tutte le parti ambientali,
politiche e sindacali che ormai da tempo si battono per la promozione di un
dibattito competente, trasparente, onesto e pubblico in merito alla questione
dei possibili futuri impianti di rigassificazione a Trieste.
Continuando a denunciare l'assoluta inadeguatezza delle valutazioni sui grandi
rischi antropico ambientali che l'impianto Gas Natural potrebbe avere – e per i
quali, è doveroso ricordare, gli enti preposti alla sicurezza non sarebbero
sufficientemente attrezzati-, si è voluto dare spazio, in quest'occasione, alle
forti preoccupazioni legate alle conseguenze per lo sviluppo economico locale,
rispetto al quale non sembra emergere nessun genere di prospettiva lungimirante
e vantaggiosa per la comunità triestina.
Non risultano accettabili, a questo proposito, sia la lacunosità e la
superficialità che caratterizzano la strategia di comunicazione della Gas
Natural, sia il costante tentativo della holding spagnola di sottrarsi alle
perplessità espresse dalla popolazione, deprecabile atteggiamento che l'incontro
oggi, di cui la Camera di Commercio di Trieste si è resa complice non
involontaria, evidenzia ulteriormente.
Nell'aprirsi infatti esclusivamente alla parte imprenditoriale, ovvero a chi, in
qualche modo, dovrebbe ottenere da tale impianto un beneficio puramente
economico, e nell'ignorare invece tutti coloro che esprimono perplessità non
solo per le ripercussioni economiche, ma anche per la sicurezza antropico
ambientale, il progetto proposto da Gas Natural dimostra di rispondere
unicamente a bieche logiche di profitto immediato, trascurando gli interessi
complessivi della comunità.
Il Comitato organizzatore del sit-in torna ancora una volta a richiedere,
dunque, che Gas Natural si renda quanto prima disponibile ad un incontro
pubblico con le parti interessate e la cittadinanza, aprendosi ad un confronto
aperto, responsabile e democratico.
Infatti, se davvero, come da mesi ormai ripetono in continuazione sia l'azienda
propo-nente che le istituzioni italiane, il terminal di rigassificazione a Zaule
sarebbe così vantaggioso su tutti i fronti, come mai le sollecitazioni delle
parti coinvolte non trovano risposte chiare, trasparenti ed argomentate?
Chi tace di fronte ad una domanda o non sa, o sa che è meglio non dire.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 maggio 2010
Stazione di Campo Marzio, un piano per il rilancio -
Riccesi muove le acque: «Facciamo un accordo tra Comune, Ferrovie e privato»
IL COSTRUTTORE HA IL 25% DELLE QUOTE DELLA SOCIETÀ CHE
HA VINTO LA GARA
RECUPERO ARCHITETTONICO MA ANCHE BUSINESS
Rientra idealmente in quello che è il patrimonio storico-turistico della
città. E come tale, visto che lì dentro ci sta pure il Museo ferroviario, è un
affare del ministero dei Beni culturali, che attraverso la Soprintendenza ci
mette i suoi vincoli. Formalmente fa parte invece delle proprietà immobiliari
del gruppo Ferrovie dello Stato. E, nel contempo, risulta promesso a una Srl di
Conegliano, la Sviluppo 70, composta con quote paritarie (che potrebbero però
essere ridefinite a breve) da quattro soci: due triestini (Riccesi e Palazzo
Ralli), un terzo veneto (Finanziaria Internazionale, vicina alla Save, la
società di gestione dell’aeroporto di Venezia, e alla galassia Benetton) e un
quarto emiliano. Solo promesso, tuttavia, giacché quattro anni dopo aver vinto
la gara per comprarselo, la Sviluppo 70 non l’ha ancora riscattato. Ergo: il
grande comprensorio dell’ex Stazione di Campo Marzio, ad oggi, pur avendo molti
occhi addosso, rimane sostanzialmente terra di nessuno, come abbandonato a un
(facilmente pronosticabile) destino di degrado che già traspare abbondantemente.
Terra di nessuno lo sarebbe per davvero, non fosse per il Museo ferroviario, ora
inserito nel circuito dei Civici musei, il fiore all’occhiello del Dopolavoro
ferroviario e dei suoi volontari. E non fosse per il noto pub all’angolo, nonché
per quella dozzina di ex ferrovieri che ancora vivono nelle vecchie abitazioni
del complesso. Tutti in affitto.
«Quella è una zona pregiata che, per Trieste, rischia di essere l’ennesima
occasione perduta. Auspichiamo un accordo di programma, tra Ferrovie, Comune e
privato, che consenta il recupero architettonico della parte monumentale a
fronte del riconoscimento, allo stesso privato, di uno spazio interno al
comprensorio in cui poter sviluppare un domani attività remunerative per il
recupero dell’investimento promosso invece su tutto il comprensorio, come ad
esempio la realizzazione di strutture destinate a residenza, ricettività o
uffici». A provare a dare un taglio all’impasse è Donato Riccesi, proprietario
di un quarto della Sviluppo 70, la misteriosa (all’epoca) società di gestione di
beni strumentali e immobiliari con sede legale nel Trevigiano che, nel 2006, si
era aggiudicata appunto la gara indetta da Ferservizi per conto di Fs Real
Estate. Per l’acquisizione dei 18mila metri quadrati del perimetro di Campo
Marzio - tra fabbricati e pertinenze scoperte che racchiudono a ferro di cavallo
il sedime ferroviario tra via Giulio Cesare, via Ottaviano Augusto e Riva
Traiana, intervallati dall’ex Centro meccanografico destinato a sede di Era che
è del Comune - la Sviluppo 70 aveva formalizzato un’offerta da otto milioni e
61mila euro, a fronte di una base d’asta di cinque milioni e 735mila euro. A
quel tempo il Piano regolatore consentiva sei metri cubi per metro quadro in
concessione diretta sul lato mare di Riva Traiana, che ricadeva in zona B1. La
variante adottata nel 2009 fa invece rientrare tutta l’area in categoria O1,
quella delle cosiddette ”zone miste strategiche”, imponendo per nuove cubature
le forche caudine del Piano particolareggiato. Dopo l’offerta, peraltro, la
Sviluppo 70 era venuta a conoscenza che i vincoli della Soprintendenza, dentro e
attorno al Museo ferroviario, erano più di quelli elencati nel bando di gara.
Come se non bastasse il mercato immobiliare aveva allora iniziato la sua fase
discendente. Motivi per cui, se sommati, avevano messo in ghiaccio il rogito di
compravendita definitivo. Ora, però, il soggetto aggiudicatario rilancia. E con
voce triestina. Quella di Riccesi: «Va riprogettata tutta l’area, il Museo è
fatiscente e ha bisogno di un restauro, ma più vincoli insisteranno sul
comprensorio in generale più un privato si guarderà bene dal muovere un chiodo.
Ci è stato offerto qualcosa che non rispondeva alla realtà dei fatti. Dobbiamo
ridiscutere la transazione, insomma. Sono convinto che Ferservizi, se ora
rimettesse l’area in vendita, non ricaverebbe una cifra simile alla volta
scorsa».
PIERO RAUBER
Dipiazza: «Trovata in Austria una copertura per il
museo» - Il sindaco: «Per la riqualificazione si può trovare un’intesa,
l’amministrazione non può fare di più»
È diretto responsabile solo di un piccolo pezzo che
insiste su quel grande perimetro oggi a metà strada tra la proprietà del gruppo
Ferrovie dello Stato e le prospettive di acquisizione della Sviluppo 70, e quel
piccolo pezzo è l’ex Centro meccanografico dove sarà ospitata la sede permanente
di Era. Eppure il Comune - assicura Roberto Dipiazza - si sta muovendo, per
quanto gli può competere, per ridare una dignità architettonica e turistica
all’ex Stazione di Campo Marzio. Come? Con una trattativa che ha del clamoroso,
al punto che lo stesso sindaco omette qualsiasi particolare. «Mi sto
interessando personalmente - è l’unica cosa che si lascia sfuggire - acché la
Stazione abbia una copertura coerentemente asburgica. Ho trovato in Austria
quella di una vecchia stazione che dovrebbe coincidere con la nostra». Una
copertura da smontare nel luogo d’origine, traslocare a pezzi e rimontare a
Campo Marzio, lascia intendere il primo cittadino. Che però, a questo punto si
blocca. L’operazione sarebbe a metà strada, mormorano a palazzo, ma di più non
trapela.
Dipiazza si esprime eccome, invece, sull’impasse tra Ferrovie e Sviluppo 70 «che
non riguarda l’amministrazione cittadina». «Lì l’errore di base - sentenzia - è
che il gruppo Fs ha messo in vendita un immobile che ragionevolmente non si
poteva vendere, visti i vincoli imposti dalle Belle Arti. Detto questo, siamo
disponibili a ragionare per un accordo di programma che consenta lo sblocco
della situazione, anche perché considerati quelli che sono i soggetti coinvolti
solo un privato può avere la forza d’intervenire. E che sia chiaro che in questo
momento il Comune non può permettersi di aprire nessun altro fronte a livello di
investimenti per opere. Ce ne sono già tanti».
Di diverso avviso è Piero Camber, perno dei berluscones giuliani impegnati tra
Comune e Regione, il quale insiste per poter quanto meno tentare di battere un
suo vecchio chiodo: il subentro nell’affare, in vece della Sviluppo 70,
dell’amministrazione municipale in qualità però di socio di Fiera Spa. Obiettivo
dichiarato: trasformare l’ex Stazione di Campo Marzio in «una struttura
fieristica polivalente, abbinata a Era, Alinari e Museo ferroviario, vicina
peraltro alla rampa della Grande viabilità e raggiungibile anche con i treni
storici oggi già funzionanti su iniziativa del Museo ferroviario».
«Il comprensorio di Montebello - incalza infatti Camber - come sappiamo vale
circa venti milioni. Vendendo quello ci sarebbero le disponibilità richieste per
acquistare l’area di Campo Marzio dalle Ferrovie dello Stato e per
riqualificarla e adattarla a location fieristica, realizzando ad esempio
parcheggi nel sito oggi occupato dal Mercato ortofrutticolo». (pi.ra.)
«Evitiamo speculazioni lanciamo nuove idee» - COSOLINI
GUARDA AVANTI
L’impasse di Campo Marzio rappresenta il sintomo della
debolezza con la quale l’amministrazione Dipiazza ha fatto da regista al piano
di sviluppo della zona. Va giù pesante, Roberto Cosolini, oggi numero uno del Pd
proiettato verso il voto 2011, ieri assessore regionale e come tale tra gli
attori protagonisti di un dibattito che all’epoca evocava, proprio per Campo
Marzio, un polo scientifico e turistico con tanto di Parco del mare. «L’area dal
Mercato a Riva Traiana - ribadisce Cosolini - è il sito ideale per un’operazione
ambiziosa. Per farla però bisogna evitare di cadere in operazioni speculative e
lanciare un grande concorso di idee. A suo tempo avevamo pensato alla
realizzazione di un Science Centre, vetrina e spazio culturale della realtà
scientifica di Trieste, ma il progetto è stato lasciato cadere da Regione e
Comune, ritornando al loro originario disegno di privilegiare la sola
associazione Globo, e quindi un insediamento di rilievo minore». «Campo Marzio è
una zona strategica per ridisegnare la città - chiude il segretario Pd - ma
serve un’operazione di alta qualità e un’intesa tra i vari soggetti competenti.
Non credo che l’idea di urbanistica dimostrata da quest’amministrazione sia in
grado d’ispirare quest’operazione. Ma se il prossimo anno le cose dovessero
cambiare...».
Cherso chiede aiuto ai cacciatori: cinghiali in branco
stanno facendo strage di agnelli - ALLARME FRA GLI ALLEVATORI E ANCHE FRA I
RISTORATORI
Problemi anche a Veglia. Dal 2005 al 2009 abbattuti
quasi 4500 animali (compresi 1502 daini)
FIUME Le “doppiette” promettono maggiore impegno a Veglia e Cherso, isole
infestate da selvaggina alloctona, in grado di alterare l’equilibrio ambientale
e di mettere a rischio la biodiversità presente nell’area insulare quarnerina.
L’altro giorno si è svolta l’assemblea elettorale dell’Unione caccia della
Contea litoraneo-montana (capoluogo Fiume), nella quale si è fatto il punto sul
drammatico problema della presenza di cinghiali e daini a Cherso e degli stessi
cinghiali a Veglia, animali che negli ultimi 20 anni hanno causato gravissimi
danni agli allevatori di ovini e agli agricoltori.
Le attività dei cacciatori hanno avuto maggiore successo nell’isola di Veglia,
dove i cinghiali sono stati decimati e dove non vi sono più grossi problemi
nemmeno con gli orsi, le cui scorribande avevano caratterizzato il periodo a
cavallo tra gli anni 90 e l’inizio del secolo.
Situazione ben diversa, e anche molto difficile, a Cherso, dove i cinghiali e i
daini continuano a fare il bello e brutto tempo e dove non si vedono soluzioni a
breve termine. Nel corso dell’assemblea elettorale sono comunque emerse cifre
molto interessanti: solo dal 2005 al 2009, nelle due isole sono stati abbattuti
2915 cinghiali e 1502 daini, con un trend positivo che sta andando avanti anche
quest’anno.
Se, come già detto, a Veglia il quadro si presenta migliore, o migliorato, a
Cherso i cinghiali continuano a dominare imperterriti, coadiuvati dai daini.
Anche in questo periodo primaverile, i cinghiali hanno sbranato centinaia di
agnelli, per la disperazione di chi nell’isola vive di ovinicoltura e dei
ristoratori. Quest’ultimi temono di non poter offrire quantità bastevoli del
famoso e apprezzatissimo agnello chersino, rimpiazzandolo con esemplari delle
regioni continentali della Croazia o provenienti da Macedonia e Bulgaria. Sono
agnelli che sicuramente non possono competere, in fatto di sapore, con il loro
consimile chersino, che vive in un’isola particolare, dove la salvia e altre
erbe aromatiche (mangiate dagli ovini) sono presenti ovunque. Il proprietario di
un noto ristorante dei dintorni di Cherso città (di cui per ovvie ragioni non
possiamo citare il nome) si è lamentato di recente con alcuni amici, sostenendo
che – a causa dei cinghiali – probabilmente non potrà offrire piatti a base di
agnello autoctono prima che finisca l’alta stagione turistica. Pare quasi
scontato il suo ricorso ad agnelli provenienti da Paesi dell’Europa
sudorientale.
Qualche settimana fa si è riunito in via straordinaria il Consiglio comunale di
Lussinpiccolo, chiedendo alle autorità regionali e statali di risolvere una
volta per tutte il problema degli animali alloctoni, riprodottisi in via
eccezionale negli ultimi decenni e al di fuori delle zone venatorie, da cui
erano scappati alla fine degli anni 80.
Introdotti nella parte settentrionale di Cherso, denominata Tramontana, i
cinghiali sono stati avvistati nelle scorse settimane fin nel profondo meridione
dell’isola di Lussino, con gruppi di turisti e di lussignani che li hanno visti
nella baia di Cigale, nel locale cimitero e anche nei pressi della strada che
collega Lussinpiccolo e Lussingrande.
(a.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 maggio 2010
Mappa della telefonia, entrano 50 nuove antenne -
Comune incalzato dalle richieste dei gestori che chiedono altri spazi
la mappa delle stazioni radio presenti sul territorio comunale
Duecento sono già disseminate tra Valmaura, Barriera,
Rozzol, San Vito e Opicina - Le rilevazioni dell’Arpa: per ora nessuna
pericolosità da elettrosmog
Nel 2006, anno della mappatura ufficiale confluita nel Piano comunale di
settore degli impianti radio base, erano 189. Oggi invece le antenne di
telefonia mobile sparse in tutto il territorio di Trieste sono salite a quota
200. E, nel giro di qualche mese, potrebbero diventare addirittura 250. La
”fame” di spazi dei gestori telefonici infatti non solo non si è esaurita, ma
pare al contrario in progressiva crescita.
La prova arriva dalle richieste che continuano ad arrivare negli uffici
municipali. Attualmente sono allo studio 15 nuove domande di autorizzazione. Ma
le compagnie telefoniche, informalmente, hanno comunicato l’interesse a
posizionare altre 35 stazioni radio base, per le quali è iniziata la ricerca del
sito ideale. Una vera e propria corsa ad accaparrarsi il sito più adatto, con
buona pace dei tanti cittadini stanchi di assistere al proliferare dell’”antenna
selvaggia”.
I POSIZIONAMENTI Proprio per prevenire reazioni agguerrite da parte dei
residenti, i gestori tendono a mantenere fino all’ultimo il silenzio sulle
location prescelte. Ecco perché, al momento, poco o nulla si sa sulle zone in
cui dovrebbero sorgere di qui alla fine del 2011 gli ulteriori 50 nuovi
impianti. In compenso è possibile prendere atto delle 200 stazioni radio base
esistenti. Una selva di antenne comparse un po’ in tutti i rioni del comune e le
frazioni dell’altipiano. Si va dalla quindicina di ripetitori presenti a Cologna
e Valmaura, ai nove impianti in centro storico, per esempio in via San Nicolò e
via dell’Orologio. Dalla dozzina di tralicci di San Vito - l’ultimo, in ordine
di tempo, è apparso sul palazzo in via Giustinelli 3, proprio a ridosso della
chiesa degli Armeni - , ai circa venti disseminati tra Barcola, Gretta e
Grignano. E l’elenco potrebbe continuare con le oltre 15 antenne di Campi Elisi,
le 20 sparse sull’altipiano tra Opicina, Padriciano, Basovizza e Banne, le oltre
30 piazzate sui fabbricati di Barriera vecchia, Rozzol e Melara. Gettonati
inoltre anche angoli più remoti come testimoniano le due antenne in Strada per
Monrupino o quella collocata sopra la piccola stazione di via del Pucino.
PIANO DI SETTORE In questo ”far-west dell’antenna”, il Comune tarda a fare
ordine. Intendiamoci, il nuovo Piano di settore per la telefonia mobile, lo
strumento pensato per fissare paletti più rigorosi ed escludere dal raggio
d’azione dei gestori i siti indicati come ”sensibili”, esiste ed è stato
adottato a fine 2007. Il punto è che all’adozione non ha ancora fatto seguito
l’approvazione vera e propria. E il via libera, anche a voler essere ottimisti,
non potrà arrivare prima della fine dell’anno. L’iter previsto per questo piano
di settore, infatti, è lungo e tortuoso e, tra i vari adempimenti, richiede
anche l’ottenimento della Vas, la valutazione ambientale strategica. Il compito
di eseguire i rilievi funzionali al rilascio di tale certificazione è stato
affidato il 29 aprile scorso a due studi professionali - la ”Veneto progetto” e
lo studio associato ”Cordara, Merson e Bernardi” -, che entro fine maggio
dovranno presentare la documentazione preliminare. Poi sarà la volta delle
attività tecnico-istruttorie, delle consultazioni e delle valutazioni di tutti
gli enti coinvolti - Arpa, Azienda sanitaria, Soprintendenza e Regione -. Tempo
stimato per completare l’iter, quindi, almeno sei mesi.
SENZA REGOLE Nell’attesa, il Comune si trova di fatto a fronteggiare senza armi
le richieste insistenti dei gestori. Non essendo ancora entrate in vigore le
restrizioni indicate nel nuovo Piano di settore - a partire dal divieto di
installare impianti nelle aree classificate come ”incompatibili”, cioè asili,
scuole, case di riposo, in quelle ”di interesse ambientale e paesaggistico”,
come cimiteri, sagrati delle chiese, cigli panoramici -, le compagnie trovano
sulla loro strada solo due piccoli ostacoli. Il primo è il monitoraggio
dell’intensità delle onde elettromagnetiche affidato all’Arpa, chiamata a
verificare che non venga superato il limite massimo dei 6 volt per metro
stabilito per legge. Il secondo è il parere del Comune che, però, può dare
esclusivamente una valutazione di tipo paesaggistico. E, a meno che il gestore
non proponga l’installazione dell’impianto in mezzo a piazza Unità, l’esame si
risolve il più delle volte in un giudizio favorevole.
COMMISSIONE Di antenne si è occupata venerdì scorso anche la Commissione
trasparenza, chiamata ad ascoltare gli interventi di Mauro Primossi dell’Azienda
sanitaria, e di Stelio Vatta e Marzio Viola dell’Arpa. «Interventi che però non
hanno evidenziato la pericolosità dell’elettrosmog - spiega il presidente
Alfredo Racovelli dei Verdi -. Invece esistono studi che provano l’esistenza di
sintomatologie specifiche. Ecco perchè il Comune, finora del tutto inadempiente
su questi temi, deve attivare subito campagne di sensibilizzazione». Un’altra
proposta arriva poi dalla mozione firmata dal consigliere del Gruppo misto
Alessandro Minisini: «Il Comune deve dare risposte ai cittadini istituendo a
breve un tavolo operativo per concertare la collocazione di nuovi impianti.
Concertazione - precisa Minisini - che dovrà tener conto delel linee guida del
futuro piano, come il rispetto dei siti sensibili».
MADDALENA REBECCA
ANTENNE - Abitanti di via Budrio in rivolta per un
traliccio che blocca la via - UN COMITATO A CAMPANELLE
Disagi per i lavori senza preavviso Lettera di protesta
a Dipiazza: «Restituiremo i certificati elettorali»
Una delle ultime antenne posizionate in città è comparsa appena pochi giorni
fa in via Budrio, una piccola traversa di via Campanelle, lunga appena 500
metri. E la novità ha finito per spiazzare letteralmente i residenti che non
erano stati avvisati dell’arrivo della scavatrice inviata dal Comune per
effettuare i lavori. Essendo via Budrio una stradina a fondo cieco, infatti, a
causa degli scavi alcuni abitanti sono rimasti bloccati in casa. Altri, come i
quattro cittadini diversamente abili bisognosi di ricevere cure domiciliari, per
parecchie ore a casa non sono proprio riusciti a tornare.
Una situazione che ha spinto i diretti interessati a scendere sul piede di
guerra e a dare vita ad un comitato spontaneo. Il primo atto è stata una lettera
indignata inviata a Roberto Dipiazza nella sua doppia veste di sindaco e
responsabile ai Lavori pubblici. Lettera nella quale viene evidenziato come, una
volta ripresisi dallo stupore iniziale, gli abitanti avessero interpellati
Polizia Municipale, Carabinieri e Polizia per ottenere almeno il ripristino
temporaneo della viabilità: nessuno dei tre organi citati ha però risposto
all'appello dei residenti.
Ma ad irritare ancor di più la popolazione di via Budrio, chiarisce la missiva,
è stata la consapevolezza di aver subito, oltre al danno, anche la beffa:
l’intervento apportato nella via, costituito dalla posa di un largo pilone per
la telefonia, ha di fatto ristretto ulteriormente la stradina già di non
facilissimo accesso da par suo.
«Siamo offesi ed amareggiati - spiegano i cittadini -. Al punto che molti di noi
si riservano anche di restituire i certificati elettorali. I disagi legati
all’installazione dell’antenna non sono gli unici patiti dalle nostre famiglie
in questi anni. Va ricordata infatti - prosseguono i componenti del comitato -
che via Budrio non ha l’allacciamento al gas, è priva di illuminazione pubblica
e l’asfaltatura, che ora versa in pessime condizioni, è stata pagata dai
residenti».
E proprio dalle pessime condizioni della loro via il comitato prende le mosse
per lanciare una proposta al Comune. «Almeno in quest’occasione - spiega uno dei
componenti del comitato - vogliamo essere ascoltati e tenuti in considerazione.
Se proprio l’antenna non può essere rimossa, chiediamo che perlomeno, in cambio,
il Comune si impegni a mettere in sicurezza la via. Siamo disposti a rinunciare
alle barricate - conclude il cittadino -, a patto che questo ennesimo sacrificio
produca qualche ricaduta positiva sul nostro territorio. Non è più possibile
sopportare i disagi e le prese in giro a cui siamo stati sottoposti in tutto
questo tempo».
(r.t.)
ANTENNE - IL SEGNALE CROATO - Con potenti
ripetitori arriva in piazza Unità
Il segnale sloveno e croato sconfina. Spesso arriva sul
Carso, sulla costiera triestina, a Barcola ma anche in punti come piazza Unità.
E la cosa non è di poco conto dal momento che basta semplicemente rispondere al
telefono, senza accorgersi del segnale internazionale, per avere una sgradita
sorpresa: sia per chi chiama che per chi riceve scatta il pagamento di una
tariffa superiore. Utilizzando il segnale sloveno la telefonata diventa
internazionale.
«Il fenomeno - spiega Daniele Sancin, esperto di telefonia mobile impiegato in
uno dei centri commerciali della città - è dovuto esclusivamente alla potenza
dei ripetitori che hanno un livello più alto. Anche per questioni geografiche,
per la presenza del mare, il segnale arriva molto forte anche da noi, a volte
sovrastando quello italiano».
Le reti d’oltre confine sono agevolate anche da una diversa normativa. La legge
italiana, infatti, impone dei limiti ben precisi per le emissioni delle antenne
di telefonia mobile. Limiti meno rigorosi che dunque a poco valgono gli sforzi
fatti dalle compagnie telefoniche nazionali per risolvere il problema.
«Il telefonino in un batter d’occhio perde l’aggancio con la cella della
compagnia italiana e si aggancia a quella slovena o croata - osserva Sancin -
Quello che va ricordato è che a quel punto cambiano le tariffe e le persone
anziane, magari meno esperte, si ritrovano con la scheda azzerata. Bisogna stare
attenti e cercare di non usare il telefonino fino a che non ritorna il segnale
del proprio operatore».
Unico modo per riuscire ad arginare il problema è quello di sostituire il modo
di ricezione del telefono da automatico a manuale. «In questo modo - dice il
tecnico - il cellulare non passa automaticamente alla rete slovena o croata, ma
deve essere reimpostato.
(l.t.)
SEGNALAZIONI - Acqua privatizzata - REFERENDUM
Mi guardo in giro e vivendo la realtà quotidiana
dell’informazione faccio notare la poca pubblicità che viene data alla raccolta
firme per il referendum nazionale, che ha come obiettivo il ritorno dell’acqua a
bene pubblico, abrogando la legge che l’ha privatizzata e consegnandone la
gestione alle multinazionali. Sinceramente ritengo che questa privatizzazione
rappresenti un problema per tutte le persone comuni che non abbiano interessi in
queste multinazionali. Non vorrei mai che un giorno neppure lontano il litro
d’acqua diventi più caro di un barile di petrolio!
Graziella Rosini
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 15 maggio 2010
NO AL RIGASSIFICATORE - SIT-IN lunedì 17 maggio
davanti alla Camera di Commercio di Trieste, Piazza della Borsa 14, dalle 17.30
alle 20.
Il SIT-IN, organizzato dalle parti ambientali, politiche e sindacali interessate, prevede la discussione e la protesta, nel pieno rispetto dei criteri democratici, per l'inadeguatezza delle valutazioni sui grandi rischi antropico ambientali che l’impianto di rigassificazione Gas Natural previsto a Zaule potrebbe avere per la popolazione triestina e per lo stesso sviluppo economico locale.
IL PICCOLO - SABATO, 15 maggio 2010
L’incognita del mercato frena il rigassificatore - Di fronte all’attuale domanda, troppi sei progetti nazionali. E c’è anche l’impianto di Veglia
CAMBIANO LE STRATEGIE A CAUSA DELLA CRISI NEL SETTORE
ENERGETICO
Tra l’incudine di una domanda atrofizzata dalla crisi globale (al -7% di
consumi energetici del 2009 ha risposto, nel primo trimestre 2010, una ripresa
inferiore all’1,5%) e il martello di un’offerta che, alla luce dei progetti di
gasdotti e terminali Gnl appena realizzati o in arrivo, potrebbe un domani
inondare il mercato di gas naturale ben oltre le necessità. Sia a livello
italiano (dove potrebbero essere disponibili 170 miliardi di metri cubi all’anno
a fronte dei 95 presumibilmente richiesti, ma già oggi la proporzione è di circa
110 su 80) sia in chiave euroregionale. Sul destino del rigassificatore
triestino - secondo un’analisi post-crisi diffusa tra gli addetti ai lavori, che
esula dal dibattito politico e da ogni valutazione ambientale - piomba insomma
una doppia incognita. Nazionale e internazionale.
LA SOVRABBONDANZA Se tutti i progetti prioritari vedessero la luce, grosso modo
nei prossimi 5 anni, un impianto in funzione da queste parti - non importa se
quello di Zaule targato Gas Natural, il più probabile, o quello off-shore ex
Endesa oggi E.on, il più trascurato - rischierebbe di contribuire a una generale
overcapacity del mercato di gas naturale. Un tempio senza un adeguato numero di
adepti.
I GASDOTTI Il rigassificatore di Zaule rientra in una schiera di sei progetti
nazionali in stato avanzato dal punto di vista burocratico e strategico. Tre di
questi riguardano gasdotti. Il primo è il Galsi, il futuro collegamento
sottomarino da 12 miliardi di cubi per il trasporto di metano dall’Algeria alla
Sardegna, e dall’isola a Piombino, che annovera Edison ed Enia tra gli
investitori. Il secondo è l’Igi, la pipeline italo-greca da otto miliardi di
cubi sviluppata al 50% da Edison e destinata a far arrivare in Puglia il gas
estratto in Azerbaigian e Turkmenistan che già attraversa la Turchia. La
decisione definitiva sugli investimenti, per entrambe le opere, è attesa entro
il 2010. Un terzo progetto - il meno sconosciuto a casa nostra visto che il suo
approdo in Italia è previsto all’altezza di Monfalcone - potrebbe bruciare sul
tempo l’Igi, poiché sostenuto da tre colossi quali la russa Gazprom, l’italiana
Eni e la francese Edf. È il South Stream, che dicono porterà in Europa 63
miliardi di cubi (di cui dieci per l’Italia) dal Mar Nero via Balcani, aggirando
le arterie tradizionali dalla Siberia verso Russia e Ucraina.
I RIGASSIFICATORI Gli altri tre progetti avanzati si riferiscono a
rigassificatori, con capacità medie da 8-10 miliardi di cubi. Due sono già
contemplati al Sud, da scegliere fra tre opzioni: Gioia Tauro (partnership
Iride-Sorgenia), Porto Empedocle e Augusta Priolo (entrambe gruppo Enel), mentre
l’ipotesi Brindisi di British Gas pare tramontata. Il terzo è proprio il
terminale triestino di Gas Natural, che però - a sentire le perplessità che
circolano in alcuni ambienti vicini alle compagnie energetiche tricolori - oltre
a fare i conti con il fuoco incrociato degli altri progetti avanzati della
penisola, potrebbe scontare anche la necessità di doversi costruire ancora
un’adeguata rete di relazioni in chiave mercato italiano.
L’ESISTENTE Oggi i rigassificatori esistenti su territorio italiano sono un
paio: uno è quello storico di Panigaglia, nel golfo di La Spezia, di proprietà
Eni, l’altro è quello di Rovigo, al largo di Porto Levante, inaugurato a ottobre
da ExxonMobil e Qatar Petroleum su progetto dell’Edison, che ne detiene il 10%.
Quest’ultimo appartiene alla fascia di progetti varati in epoca pre-crisi (per
sostituire gradualmente il ricorso a carbone e olii combustibili), che hanno
potenziato l’offerta di gas naturale quando il mercato tirava. A tale fascia
appartengono il gasdotto Tag proveniente dalla Russia attraverso Tarvisio,
l’entrata in funzione della pipeline sottomarina Libia-Italia Green Stream,
nonché il rigassificatore da 4 miliardi di cubi di Livorno, che dovrebbe essere
attivato entro il 2012 su iniziativa di Enia, Iride e E.on.
L’ALTO ADRIATICO Lo stesso colosso tedesco - che ha provato a vendere la propria
rete gas in Italia per puntare sulle rinnovabili, ma per alcuni è stato un
segnale di disimpegno nel nostro Paese - partecipa all’affare Adria Lng, cioè
alla costruzione del terminale croato di Castelmuschio. Trieste, stringi
stringi, oltre che dalla morsa dei progetti nazionali, deve guardarsi da quella
dei movimenti altoadriatici. Rovigo a Ovest, Veglia a Est, il South Stream a
Nord. La stessa ipotesi che Trieste diventi base di forniture euroregionali,
verso l’Europa centro-orientale, costituisce una sfida fascinosa ma piena
d’interrogativi. Nei dintorni di Vienna c’è il Baumgarten, il nodo
austro-slovacco del metano di origine siberiana destinato già a riempire i
capillari dell’Europa centro-meridionale. E come se non bastasse, dalle nostre
parti tira aria di South Stream transbalcanico. Ci sarà spazio per le ambizioni
triestine?
PIERO RAUBER
RIGASSIFICATORI - «Prevedo un rallentamento delle
opere» - L’ex top-manager di Eni Nicolazzi: «Non si possono fare tutte assieme»
LE VALUTAZIONI DELL’ESPERTO CHE PARLA DI UN ORDINE DI
REALIZZAZIONE
Tre gasdotti e altrettanti rigassificatori risultano, in Italia, sulla rampa
di lancio? La legge della domanda e dell’offerta, alla fine, creerà naturalmente
un ordine temporale perché, «come conseguenza della crisi siamo già in
overcapacity, non si potranno mica fare tutti assieme, questi progetti». Lo
mette in preventivo, ora che i tempi non sono sospetti, Massimo Nicolazzi,
superesperto di energia di rango internazionale. Laureato in legge ed ex
top-manager di Eni impegnato sul fronte dei giacimenti caucasici, Nicolazzi è
oggi amministratore delegato di Centrex Europe Energy & Gas, la controllata di
Gazprom attiva nella produzione e nella commercializzazione di gas in Europa.
Non chiedetegli, però, se a tirare il freno dovrà essere - o più semplicemente
sarà - il progetto di Trieste anziché un altro. «La decisione finale - taglia
corto l’esperto - spetta all’impresa, nel caso di Trieste Gas Natural, sulla
base delle sue valutazioni a proposito della sostenibilità di un investimento
che è comunque ingentissimo».
Come inquadrare Trieste nel contesto dei progetti pronti per essere sviluppati,
alla luce della crisi che ha arrestato la domanda di fabbisogno energetico?
«Non so in quale ordine di realizzazione andrà a collocarsi il rigassificatore
di Trieste. Credo, questo sì, che ci sarà un rallentamento, ma da un punto di
vista generale. Le opere previste non si faranno tutte assieme».
Il rigassificatore di Rovigo è entrato in funzione a fine 2009, di quello croato
è invece annunciato l’avvio del cantiere per il 2011. Eppoi c’è il metanodotto
South Stream che entrerà dalle parti di Monfalcone fra qualche anno. È chiusa la
prospettiva di un terminale triestino al servizio di un’area euroregionale?
«Non è a un simile scenario che si può ridurre la valutazione di un nodo
geografico, Anzi. Se si individua un adeguato sbocco di mercato, i punti di
ingresso sono indifferenti perché è a fare la differenza è la rete, che dev’essere
capiente. Pensiamo ad esempio agli stessi rigassificatori previsti al Sud: se
non c’è la sicurezza che li collegano alla rete Snam, i proponenti non ci
mettono neanche la prima pietra».
Può rappresentare un freno il fatto che Gas Natural debba costruirsi, più di
altre compagnie, i suoi rapporti commerciali in Italia?
«Credo proprio ci abbiano pensato. L’idea che uno metta in piedi un giocattolino
che può costare un miliardo di euro senza aver pianificato un aspetto come
questo mi fa ridere. Normalmente, oltretutto, esiste un abbinamento logico tra
un sito e il progetto di una società».
E qual è nel caso di Zaule?
«Quando una compagnia va a cercare una location, per un rigassificatore on-shore,
punta anzitutto sulla presenza di fondali adeguati per l’arrivo delle gasiere.
Roba che a Ravenna, tanto per dirne una, sarebbe a dir poco complicata.
D’altronde un territorio può offrire proprio questo. Infrastrutture, logistica,
permessi. Poi la scelta finale su investimento e realizzazione spetta alla
compagine privata».
Di recente, l’ad di Eni Paolo Scaroni ha lasciato intendere quanto sia
determinante, a livello europeo, nel lungo periodo, smarcarsi dalla dipendenza
russa, diversificare i percorsi di transito del gas, che oggi passano per l’80%
su suolo ucraino. Si riferiva solo al South Stream o evocava un ruolo importante
anche per i terminali Gnl con cui dotare i porti del Mediterraneo, e quindi
l’Italia e Trieste?
«Detesto la parola dipendenza. Di South Stream sappiamo ad oggi solo che
arriverà in Austria. E non dobbiamo dimenticarci che, in sostanza, rappresenterà
un aumento del gas russo destinato all’Europa. Ho la sensazione, a tal
proposito, che il temporaneo idillio ucraino renda questa cosa meno urgente.
Rigassificatori, invece, uguale Nord Africa. È un dato di fatto».
Come leggere il tentativo di vendita della rete di E.on? Un disimpegno su suolo
italiano?
«Nient’affatto. Uno può aver voglia di uscire dalla distribuzione per potenziare
l’attività commerciale a monte. E.on, poi, già partecipa al rigassificatore di
Livorno».
Il presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis, oggi spinge per
investire nelle infrastrutture per il gas.
«Sono investimenti legittimi, ma che, ripeto, non potranno essere fatti tutti
assieme. Siamo già in overcapacity. La crisi ha spostato indietro di tre anni
l’orologio della crescita. E uno non fa un tubo per tenerlo vuoto e andarci a
spasso».
(pi.ra.)
Ma Gas Natural va avanti dritta per la sua strada -
Fissati due nuovi incontri in Camera di commercio e uno in Assindustria
Il project manager Garcia Armesto sta già lavorando nei
nuovi uffici di piazza Tommaseo
Le incognite appese alle conseguenze della grande crisi - intese come
fabbisogno industriale di energia rispetto al quadro generale delle
disponibilità - non muovono foglia negli uffici dei bottoni di Gas Natural, oggi
Gas Natural Fenosa dopo la recente acquisizione di Union Fenosa, l’altro colosso
spagnolo dell’energia.
La multinazionale iberica dopo tutto, in attesa del via libera definitivo della
Regione a coronamento della Valutazione d’impatto ambientale del Governo, sta
tenendo un low profile davanti ai ricorsi amministrativi e alle perplessità di
una fetta di città che hanno portato, di recente, anche a un pronunciamento
secco - di contrarietà - da parte del Pd provinciale.
Una presa di posizione pesante, in vista del voto dell’anno prossimo.
L’uscita definitiva dal silenzio - con la mission di una nuova strategia di
comunicazione che faccia passare prima di tutto il messaggio che il progetto è
sicuro, ecocompatibile e decisivo per la riconversione della Ferriera, e che non
andrà a incidere negativamente sui traffici portuali tradizionali - dovrebbe
maturare a breve, allorché Gas Natural inaugurerà l’annunciato quartier generale
triestino, individuato peraltro in un punto storico, simbolico e prestigioso
della Trieste economica e pensante: piazza Tommaseo, vicino alla Camera di
Commercio.
E a riprova che, da quelle parti, qualcosa nella pentola già si sta muovendo,
proprio nella sede camerale di piazza della Borsa gli emissari dell’azienda
spagnola terranno per i due prossimi lunedì, il 17 e il 24 maggio, due incontri
tecnico-informativi a porte chiuse con i delegati delle categorie economiche del
territorio sul progetto dell’impianto di Zaule.
Un terzo appuntamento, non ancora calendarizzato ufficialmente, avrà come
cornice Assindustria. A parlare sarà Ciro Garcia Armesto, il project manager del
rigassificatore triestino, che per la verità sta già lavorando nell’ufficio di
piazza Tommaseo. È, infatti, il più alto in grado di tutti quelli che stanno
lavorando in queste settimane, per conto di Gas Natural, alla partita di
Trieste, dividendosi tra la nostra città e Barcellona.
(pi.ra.)
«Ferriera, troppi sforamenti» Il “Miani” di nuovo in
piazza - MARTEDÌ SOTTO IL MUNICIPIO
«In 40 giornate di campionamento nel sito di via Pitacco,
dove è sistemata una centralina Cigra, per il benzoapirene sono stati registrati
26 superamenti del valore limite di un nanogrammo per metro cubo, mentre 20
sforamenti su 40 giornate in via dei Giardini. Lo scrive nella sua relazione il
consulente della Procura». In una nota, Maurizio Fogar del Circolo Miani
riprende i contenuti del documento per poi annunciare che «martedì 18 maggio con
ritrovo alle 18 davanti al Municipio in piazza Unità» si terrà la manifestazione
«promossa da Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e Coordinamento dei
comitati di quartiere» nella quale le associazioni in questione inviteranno «i
cittadini a protestare nei confronti di Comune, presidenza della Regione e
prefettura per la vergognosa latitanza, per la palese inosservanza delle leggi e
per le conseguenti gravi responsabilità che queste portano per aver in tutti
questi anni sostanzialmente difeso solo gli interessi della Lucchini-Severstal,
oggi solo Severstal anzi Mordashov, proprietaria della Ferriera. Ritardando -
attacca Fogar - e affossando peraltro le prospettive di sviluppo della città».
L’esponente del Circolo Miani, nel testo, cita anche un altro passo della
relazione del consulente della Procura: «La media annua per il benzoapirene nel
2009 presso la stazione di rilevamento di via San Lorenzo in Selva ha raggiunto
8.84 nanogrammi (contro il limite di legge di 1, ndr). Il quadro analitico
riportato per l’inverno 2009-2010 mostra quindi dati mediamente più elevati di
quanto evidenziato nelle stesse stazioni nei periodi precedenti».
Paesaggistica, centrosinistra contro gli sloveni -
Ukmar: «Non è un no alla minoranza, ma alle manovre del centrodestra»
Brandi commemora Ludovisi senza ”bandelliani” e
Furlanic
Con 21 sì (Fi-Pdl, An-Pdl, Lista Dipiazza, Udc, Gruppo misto, Partito
Repubblicano e il capogruppo della Lega Ferrara), 18 no (tutto il centrosinistra
più il Gruppo Sulli), l’astensione del leghista Portale e la non partecipazione
al voto di Edera (Lista Rovis), l’aula ha dato il via libera l’altra sera alla
delibera che spalanca le porte della Commissione paesaggistica ad un componente
della minoranza slovena. Un via libera, però, segnato dalle polemiche.
«L’atteggiamento dell’opposizione ci ha lasciati stupefatti - hanno commentato
in conferenza stampa i capigruppo di Fi-Pdl e della Lista Dipiazza Piero Camber
e Angelo Pierini -. Il centrosinistra si è espresso contro la minoranza slovena.
Una linea tenuta anche dai consiglieri che di quella minoranza sono
espressione». Stupore condiviso da Sergio Pacor del Partito Repubblicano («è
stato un vulnus alla storia dei partiti di centrosinistra»), dall’Udc Sasco
(«all’opposizione è mancato il senso di responsabilità»), e dal centrista
Minisini («la delibera andava votava perché positiva nel merito»). Stupore, ma
con toni diversi, anche in casa An-Pdl. «Non avremmo voluto votare la delibera,
di cui non abbiamo condiviso l’iter e la scelte di bypassare il consiglio - ha
spiegato Antonio Lippolis -. Ma vista la posta in gioco, il futuro del piano
regolatore, ci siamo espressi in sintonia con la maggioranza».
Dure le repliche del centrosinistra alle accuse di ”abiura” mosse dagli
avversari. «Il nostro non è stato ovviamente un voto contro la minoranza in
Commissione paesaggistica - precisa Iztok Furlanic di Rifondazione -, ma contro
i giochetti fatti dal centrodestra che, per ricomporre le frizioni interne, ha
proposto un emendamento che snatura la delibera. Emendamento che, prevedendo
l’appartenenza obbligatoria agli ordini e collegi professionali (architetti,
ingegneri, geologi, geometri, periti, agronomi e dottori forestali ndr), premia
il solito corporativismo dei costruttori».
«Quelle di Camber sono accuse puramente strumentali - aggiunge Igor Svab del Pd
-. Il centrosinistra avrebbe votato la delibera se non si fossero modificati,
come invece è avvenuto, i criteri della nomina dell’esponente sloveno». Ancora
più duro Stefano Ukmar. «Siamo decisamente contrari alla ”folklorizzazione”
della comunità slovena voluta dal centrodestra - precisa l’esponente del Pd-. Il
nostro è stato un voto contro le manovre da finto protettore della minoranza
fatte da Camber». «Con il voto dell’altra sera la maggioranza italiana ha
imposto alla minoranza slovena, tutelata da precise norme, i criteri con cui
scegliersi i propri rappresentanti - osserva Peter Mocnik segretario della
Slovenska skupnost -. Nessuno stato civile fissa simili regole, contrarie ai
diritti umani e delle minoranze».
Fin qui la polemica sul voto. Ma ad accendere gli animi è stata anche l’assenza
dall’aula durante la commemorazione dell’ultimo sopravissuto alle foibe Graziano
Ludovisi, ricordato da Angela Brandi, dei consiglieri Furlanic, Porro, Frommel e
Pellarini. «Fatto grave - ha chiosato Lippolis - specie perché commesso da
persone (i bandelliani ndr) sempre in prima fila alle manifestazioni degli
esuli».
Muggia sarà la prima in Italia con l’illuminazione a ”led” - Sono economici e rispettano l’ambiente. Avvio a settembre
«La scelta consentirà l’abbattimento dei costi di
gestione»
MUGGIA La Muggia notturna cambia aspetto: vanno in
pensione le vecchie luci gialle che saranno rimpiazzate, a partire dalla fine di
settembre, da quelle di ultima generazione a led, con costi di gestione più
economici, dal fascio luminoso bianco e dai contorni più nitidi, non sfumati e
diffusi come le precedenti. I dettagli dell'operazione, prima nel suo genere
nella nostra Regione, sono contenuti nella convezione della durata di 8 anni,
stipulata nei giorni scorsi tra il Comune di Muggia e Enel Sole che gestisce 860
dei 2500 punti luce disseminati sul territorio comunale. La sostituzione delle
vecchie lampade ad emissioni di sodio costerà 750 mila euro che verranno
spalmati nelle bollette di pagamento dell'energia. A regime, il risparmio,
rispetto al sistema di illuminazione tradizionale, si aggira intorno al 40 per
cento di energia in meno, pari, nel caso di Muggia a circa 50 mila euro
all'anno.
Cala il costo a carico del Comune, ma si abbatte del tutto il livello di
inquinamento legato alle emissioni di anidride carbonica che in un anno si
aggirava attorno alle 127 tonnellate. Risparmio energetico, risparmio economico,
rispetto dell'ambiente, ma non solo: le lampade a led consentono la
programmazione dell'intensità luminosa e nelle ore centrali della notte la loro
intensità può essere diminuita garantendo un ulteriore risparmio alle casse
comunali. Anche la manutenzione consente intervalli di tempo maggiore tra un
intervento e l'altro rispetto al sistema precedente: le lampadine a sodio
dovevano essere sostituite ogni tre, quattro anni, la durata media di un led è
di 12 anni; per ogni singola lampadina verranno installati 30 led e se anche la
metà di essi dovesse bruciarsi, la luce garantita dai led rimanenti rientra
comunque nei minimi previsti. Cambierà anche l'immagine della città di notte: la
luce bianca consentirà di distinguere i colori, le ombre saranno molto più
nitide e non ci sarà dispersione della luminosità verso l'alto.
Per quanto concerne i tempi, Enel Sole, procederà ora ad una verifica specifica
per tarare l'intensità necessaria su ogni singola zona in cui verrà eseguita la
sostituzione; verso la fine dell'estate si passera gradualmente all'intervento
vero e proprio che potrebbe concludersi entro l'anno. L'avvento dei led non è
tuttavia novità assoluta per Muggia che già dallo scorso anno in via
sperimentale aveva introdotto questo sistema in Salita delle mura e in via Bembo
riscuotendo il favore degli abitanti. L'obiettivo è ora quello di estendere il
nuovo sistema anche al resto della rete luminosa gestita da Acegas nel centro
storico. Soddisfazione per la firma della convenzione e per l'avvio
dell'operazione ha espresso il sindaco, Nerio Nesladek che ha ribadito la
triplice valenza dell'operazione «eseguita senza gravare sulle casse pubbliche,
nel pieno rispetto dell'ambiente e con considerevole abbattimento dei costi di
gestione».
GIOVANNI LONGHI
Prima ambulanza fotovoltaica in dotazione alla Sogit -
DONATA DALLA FONDAZIONE CRTRIESTE
Ieri mattina la prima ambulanza fotovoltaica in servizio
nella provincia di Trieste è entrata ufficialmente a far parte del parco vetture
della Sogit – Croce di San Giovanni. L’innovativo automezzo di soccorso - ad
oggi peraltro anche l’unico in regione - che ricarica le batterie delle
apparecchiature di bordo grazie alla piu’ pulita e grande fonte d’energia in
natura, ovvero il sole, é stato presentato nel corso di un breve cerimonia
nell’isola pedonale davanti alla sede della CRT, dal presidente della Sogit
cittadina Giorgio Cappel. A consegnare le chiavi, Renzo Piccini, vicepresidente
del consiglio di amministrazione della Fondazione CRTrieste, che ha contribuito
assieme agli oltre 6mila soci sostenitori della sezione triestina all’acquisto
dell’eco-ambulanza e di tre altri mezzi di soccorso. «Siamo da sempre molto
sensibili alle tematiche sulla sostenibilità ambientale, e abbiamo dunque
accolto decisamente con favore l’ingresso della tecnologia fotovoltaica a
sostegno di un servizio di rilevanza sociale superiore, come quello del
soccorso», ha commentato Piccini al debutto in società del mezzo, le cui
apparecchiature e l’allestimento tecnologico interno hanno solleticato la
curiosità dei passanti. E, a prescindere dall’indiscutibile valenza eco-friendly
dell’energia pulita, il grande pregio del sistema a ricarica solare, è che
grazie ai pannelli solari, le apparecchiature di bordo elettromedicali e di
trasmissione non rischiano di andare in deficit di carica, come puo’, invece,
accadere con le batterie tradizionali. Infatti, ha precisato Cappel, durante la
normale routine di servizio, l’uso costante della radio ricetrasmittente, delle
luci esterne, della sirena, del frigo e dei presidi medici elettrici, possono
mettere a rischio lo stato di carica della batteria ausiliaria. Come si presenta
dunque la nuova ambulanza che sfrutta l’energia dei raggi solari? A prima vista
sembra assolutamente uguale alle sue consorelle meno evolute, ma in verità, la
sua peculiarità è racchiusa nel tetto, dove sono montati i due pannelli
fotovoltaici ad accumulo d’energia. I moduli sono composti ognuno da 36 celle in
silicio policristallino, protette verso l’esterno da vetro temperato ad
altissima resistenza agli agenti atmosferici, La scelta del silicio
policristallino, non è casuale: dovendo dipendere dai capricci atmosferici e
tenuto conto che l’ambulanza non presta servizio ai tropici, i pannelli
fotovoltaici con tecnologia policristallina hanno una resa migliore sia in caso
di esposizione non ottimale rispetto ai raggi sia in presenza di cielo nuvoloso.
In questo modo l’eco-ambulanza è in grado di fornire una potenza media di
pressappoco 240 watt all’ora. E per non lasciare nulla al caso, il personale
tiene sotto controllo lo stato di funzionamento e carica dei presidi sanitari di
bordo per mezzo di un display digitale.
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - VENERDI', 14 maggio 2010
Differenziata obbligatoria con il raddoppio delle “isole” - RACCOLTA DEI RIFIUTI, IL NUOVO REGOLAMENTO DEL COMUNE
Dal primo gennaio 2011 saranno oltre mille. I contenitori specifici supereranno quota tremila - la raccolta rifiuti a Trieste
Entro il 1° gennaio del 2011 il numero delle isole
ecologiche per la raccolta differenziata distribuite sul territorio comunale
sarà più che raddoppiato rispetto all’attuale totale di 500. Nei programmi
dell’amministrazione comunale, infatti, si passerà a più di mille postazioni
formate dai tre contenitori diversi per il conferimento di carta e cartone,
vetro e lattine e infine plastica. La distanza massima fra punto di raccolta e
abitazioni non potrà superare i 300 metri. In tutto di tratterà di oltre 3.000
contenitori, quando invece oggi ce ne sono complessivamente 1.802 disseminati
(1.500 quelli appartenenti alle isole ecologiche, gli altri sono stati sistemati
singolarmente) fra i vari rioni. A questi se ne sommano, al momento, altri 100
per la raccolta degli abiti e 111 per quella delle pile esauste.
Complessivamente, 2.013 unità dedicate alla differenziata.
L’OPERAZIONE Il valore di questa operazione di ampliamento messa in cantiere dal
Comune è pari a 500mila euro. Tuttavia per l’amministrazione il costo reale sarà
pari a zero, come spiega nell’articolo a fianco l’assessore Paolo Rovis.
L’investimento, infatti, sarà pareggiato dal risparmio innescato dal conseguente
minore smaltimento dei rifiuti indifferenziati al termovalorizzatore. È chiaro
che, affinché il costo in questione possa risultare in futuro davvero pari a
zero, sarà fondamentale l’apporto dei cittadini verso un sempre maggiore ricorso
alla differenziazione del rifiuto. Contestualmente all’incremento del numero di
isole ecologiche, il Comune provvederà a una riduzione della volumetria
disponibile per il conferimento dell’immondizia indifferenziata: il “taglio”
sarà pari al 10% dell’attuale capacità dei classici cassonetti grigi, denominati
“monooperatore”. Sono quelli che vengono svuotati attraverso il sistema
automatico dei camion dopo l’affiancamento lungo la strada. Il Municipio
stabilirà successivamente se ridurre il numero dei 1.133 cassonetti da 2.400
litri oppure dei 790 da 3.200.
L’OBBLIGO Tutta l’operazione andrà ultimata, definendo la nuova collocazione
delle isole e poi procedendo concretamente all’allestimento, per la fine del
2010. E comunque non oltre il 1° gennaio del 2011: da quel giorno, infatti, la
raccolta differenziata diventerà obbligatoria. Prima, dunque, verranno messi a
disposizione dei cittadini gli strumenti. Solo dopo, scatteranno le possibili
sanzioni. Questo prevede il nuovo Regolamento di igiene urbana che le
circoscrizioni stanno analizzando in questi giorni e che in luglio dovrebbe
ottenere il via libera del Consiglio comunale.
L’OBIETTIVO Attraverso l’aumento del numero di contenitori per la differenziata
e l’introduzione dell’obbligatorietà del corretto conferimento dei diversi tipi
di immondizia, il Comune mira nel 2011 ad aumentare ancora la percentuale di
differenziata, nel 2009 attestatasi al 21,30%. Nel mirino c’è un passo avanti
che nelle intenzioni dovrà portare il totale a un valore compreso fra il 27 e il
31%. Nel 2008 il dato era stato pari al 20,33%, nel 2007 invece al 18,21%.
MATTEO UNTERWEGER
Rovis: «Per il Municipio incremento a costo zero» -
«Operazione compensata dal minor conferimento al termovalorizzatore»
«Il costo determinato dal previsto aumento del numero
delle isole ecologiche sarà per il Comune pari a zero. L’esborso infatti verrà
compensato dalla diminuzione del rifiuto indifferenziato da far confluire al
termovalorizzatore. Così libereremo ulteriore spazio per l’arrivo all’impianto
di immondizie da altre parti della regione». L’assessore comunale Paolo Rovis
traccia così il panorama che, nelle intenzioni del Comune, andrà a delinearsi
nel 2011, ovvero il prossimo anno quando dal 1° gennaio la raccolta
differenziata diventerà obbligatoria a Trieste. «Già oggi il nostro
termovalorizzatore brucia 30mila tonnellate all’anno provenienti dalla provincia
di Gorizia - prosegue Rovis - su un totale annuo di 150mila. L’impianto non solo
assicura costi inferiori rispetto al conferimento in discarica, ma ovviamente in
più produce energia elettrica. Attualmente, garantisce il 13% di quella
consumata a Trieste».
Rovis riepiloga poi i passaggi che interesseranno ancora il nuovo Regolamento di
igiene urbana in questi mesi, per arrivare infine alla sua adozione: «Entro la
fine del mese, riceveremo i pareri consultivi delle circoscrizioni, recependo
eventualmente i loro suggerimenti. La delibera tornerà quindi in giunta ad
inizio giugno, nell’arco di una settimana-dieci giorni sarà portata all’esame
della Terza commissione e, auspichiamo, a fine giugno in Consiglio comunale per
il voto. Dopo di che, l’entrata in vigore sarà immediata per tutte le
disposizioni, ad eccezione dell’obbligo della raccolta differenziata che
scatterà dal 1° gennaio del prossimo anno». Cioè del 2011, per la cui fine il
Comune vuole arrivare almeno al 27% di differenziata. «Prima sistemeremo le
isole ecologiche e organizzeremo un’importante campagna di sensibilizzazione e
informazione rivolta alla cittadinanza», aggiunge Rovis. Il quale mette in
evidenza infine un ultimo dettaglio: «Per tutti i piani particolareggiati futuri
e gli interventi di privati in ambito urbanistico - dice - e in particolare per
la realizzazione di nuove costruzioni, andrà previsto sempre già nei progetti lo
spazio per l’isola ecologica».
(m.u.)
Chi rovista nella spazzatura verrà multato -
Contravvenzione da 25 a 150 euro. Fino a 900 per quanti imbratteranno le
“campane”
LE SANZIONI PREVISTE DAL TESTO PREDISPOSTO DAGLI UFFICI
COMUNALI
Una sanzione dai 25 ai 150 euro a chi viene sorpreso a rovistare nei
cassonetti delle immondizie, magari aprendo qualche sacchetto e asportando dei
rifiuti. E ancora dai 150 ai 900 euro a chi traccerà scritte o graffiti sui
cestini e sui contenitori e dai 50 ai 300 a chi getterà qualche cosa nelle
caditoie.
Regole precise anche per il volantinaggio: abbandonare, depositare o affiggere
volantini e materiale pubblicitario senza autorizzazione costerà dai 500 ai
tremila euro. Nelle strade pubbliche il volantinaggio sarà consentito
esclusivamente con consegna a mano. Basta agli adesivi, ai manifesti appiccicati
sugli arredi urbani, ai semafori, su ogni muro della città.
Un giro di vite, tolleranza zero dunque nei confronti di chiunque sporchi
Trieste. Chi getta a terra cartacce, mozziconi di sigaretta, lattine o bottiglie
non la passerà più liscia: una multa da 25 a 155 euro gli ricorderà che la città
è di tutti.
Controlli e sanzioni non mancheranno. Agenti della polizia municipale e guardie
ambientali, ma anche organi della polizia stradale, funzionari demandati dal
sindaco e personale dell'Azienda sanitaria non chiuderanno un occhio. Una vera e
propria guerra aperta contro chi sporca e imbratta.
Le sanzioni contenute dal nuovo Regolamento di igiene urbana del Comune non
lasciano dubbi. Chi non rispetta il testo redatto dopo oltre un anno di
minuzioso lavoro dall'amministrazione comunale, paga.
A chi verrà colto a gettare rifiuti indifferenziati nei contenitori destinati
invece a quelli differenziati come la campana per il vetro o il cassonetto per
la carta o la plastica, sarà comminata una sanzione che va dai 75 ai 450 euro.
Non separare opportunamente i diversi rifiuti potrà costare invece dai 50 ai 300
euro, mentre non ripiegare imballaggi voluminosi, magari spezzandoli tentando di
ridurre l'ingombro, costerà dai 25 ai 150 euro di multa.
Multe da 25 a 150 euro in vista anche per chi non chiuderà il coperchio del
cassonetto. Un'abitudine purtroppo diffusa specialmente tra ristoratori, gestori
di supermercati e mense che, per velocizzare il lavoro di smaltimento dei
rifiuti, usano bloccare con una cassetta della frutta l'apertura del
contenitore.
Spostare i cassonetti e i raccoglitori dei rifiuti, magari per posteggiare più
facilmente, sarà punito con una ammenda di 100 euro.
Pene previste anche per i fumatori maleducati: chi abbandonerà nei posacenere
associati ai cestini stradali un mozzicone di sigaretta o sigaro non spento, ma
anche altri materiali non consoni, rischia una contravvenzione dai 25 ai 150
euro.
Non sono sfuggiti alle maglie comunali nemmeno i "furbetti" che, residenti in
altri comuni dove è già obbligatorio un sistema della raccolta differenziata,
arrivano con il sacchetto della spazzatura a Trieste pur di liberarsi con
facilità dei loro rifiuti. Non è così raro come sembra, ma chi verrà colto sul
fatto sarà punito con una sanzione che va dai 100 ai 600 euro.
LAURA TONERO
Cassonetti diversificati anche per gli eventi - Gli
organizzatori di manifestazioni dovranno provvedere al momentaneo allestimento
Una maggior sensibilità verso la pulizia della città verrà
richiesta non solo ai singoli cittadini, ma anche agli esercenti pubblici e a
chi organizza feste e manifestazioni.
Enti, associazioni, partiti o gruppi di cittadini che intendono organizzare
manifestazioni dovranno a loro volta provvedere alla raccolta differenziata dei
rifiuti, alla pulizia dell'area data in concessione e, novità, anche della zona
circostante.
Fino ad oggi chi, ad esempio, realizzava uno spettacolo o una gara sportiva in
piazza Unità, a fine programma aveva l'obbligo di occuparsi, tramite un accordo
con Acegas Aps, della pulizia della piazza o quantomeno della zona utilizzata.
Ma si sa, i postumi di una festa lasciano tracce anche nelle stradine limitrofe.
Il Comune pare orientato a stabilire un apposito tariffario.
E a chi non provvederà a proteggere il suolo pubblico nel corso di una
manifestazione, evitando imbrattamenti, verrà comminata una multa da 250 a 1.500
euro; dai 150 ai 900 euro invece agli organizzatori di eventi che non
raccoglieranno i rifiuti in maniera differenziata.
Nuove norme anche per i gestori degli esercizi pubblici. Obbligo per loro di
sistemare un posacenere in corrispondenza di ogni ingresso del locale, uno su
ogni tavolino, poggia-bicchieri o appoggia gomiti. Chi non provvederà rischierà
una sanzione di 200 euro.
A loro verrà imposto anche il dovere di mantenere pulito il tratto antistante i
vani del bar o del ristorante. Indipendentemente dal servizio effettuato dalle
ditte incaricate da Acegas Aps, saranno gli stessi gestori a dover garantire la
pulizia del marciapiede o, in assenza, del metro e mezzo di suolo pubblico
davanti al loro locale. Pena, in mancanza di pulizia, una multa di 300 euro.
E a chi farà il furbo, spazzando i rifiuti fuori dal suolo di sua competenza,
spingendoli qualche metro più in là, magari nel pezzettino di marciapiede di un
altro gestore, spetterà una contravvenzione di 200 euro.
Nel regolamento viene ribadito il divieto di fare la pipì sul suolo pubblico. Un
divieto più volte sottolineato dalla stessa amministrazione comunale e che per i
trasgressori prevede una sanzione di 500 euro. Il Municipio, a proposito, sta
lavorando con Acegas Aps per riposizionare in alcune zone della città i
vespasiani.
(l.t.)
Emissioni, la Ferriera paga 100mila euro - Limite
superato per 240 volte tra 2007 e 2009: oblazione in tribunale
Il denaro finirà nelle casse dello Stato
Un assegno circolare di centomila euro è passato l’altro
ieri dalle mani dell’avvocato Giovanni Borgna a quelle del giudice Paolo
Vascotto. Lo scambio è avvenuto nell’aula 271 del Tribunale penale di fronte a
un buon numero di avvocati, testimoni e personale amministrativo.
L’ingente somma rappresentava quanto la società che gestisce la Ferriera di
Servola ha dovuto pagare per essere ammessa all’oblazione e per uscire con un
«non luogo a procedere» dall’inchiesta in cui erano coinvolti il direttore dello
stabilimento Francesco Rosato e i manager del gruppo siderurgico Giuseppe
Lucchini, Giovanni Gillerio ed Hervè Kerbat. Dovevano rendere conto alla legge
di 240 sforamenti del limite delle polveri verificatisi tra il 2007 e il 24
novembre 2009 dagli impianti dello stabilimento e puntualmente contestati dalla
Procura. L’altro ieri al passaggio di mano dell’assegno che finirà nelle casse
dello Stato, ha assistito il pm Federico Frezza, il titolare dell’inchiesta.
Per poter essere ammessa all’oblazione che estingue il reato, la società di
gestione della Ferriera ha dovuto dare prova concreta alla magistratura di aver
riportato le emissioni nei limiti previsti dalla legge. Il professor Marco
Boscolo, consulente del pm, ha verificato che gli interventi migliorativi
fossero stati eseguiti. Nell’ambito di questo programma - sono stati adeguati a
quanto prescrive la legge il sistema di aspirazione del piano di colata, della
macchina a colare nonché quello di irrorazione del parco minerali. La spesa
sostenuta dalla «Ferriera spa» è stata valutata in svariati milioni di euro. Le
emissioni ovviamente non sono state azzerate perché la Ferriera, rispettando i
parametri stabiliti dal Parlamento, può nell’ambito dalla sua attività
industriale legittimamente e lecitamente emettere una certa quantità di polveri
e di fumi.
Nel processo si erano costituiti parte civile due gruppi di abitanti di Servola
che avevano chiesto attraverso il loro legale, l’avvocato Guido Fabbretti di
essere risarciti per i disagi sopportati per anni. La proprietà aveva messo mano
al libretto degli assegni e ne aveva staccati due per importi inferiori ai
cinquemila euro. Una ”spesa” infinitesimale di fronte a quella affrontata per
rientrare nei parametri per essere poi ammessi all’oblazione.
(c.e.)
Governo italiano in ritardo slitta di un mese il Prg
del porto di Capodistria
Il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo chiede a
Lubiana una proroga per esprimere il parere
LUBIANA Il governo sloveno – nonostante l'annuncio fatto alcune settimane fa
dallo stesso premier Borut Pahor – ieri non ha né discusso né approvato il nuovo
Piano regolatore per il Porto di Capodistria, documento fondamentale per la
crescita e lo sviluppo dello scalo.
Il motivo? Lubiana è in attesa che l'Italia presenti le sue osservazioni legate
all'impatto ambientale dovuto all'ampliamento dell'area portuale. Roma,
ricordiamo, aveva chiesto di essere coinvolta nell'iter di approvazione del
Piano regolatore dello scalo capodistriano alcuni mesi fa e la cosa ha provocato
non poco malumore a Lubiana. La richiesta del ministro dell'ambiente Stefania
Prestigiacomo, infatti, era considerata più una risposta alle ripetute
osservazioni slovene sui progetti dei terminal rigassificatori nel golfo di
Trieste che non l'espressione di un autentico interesse per l'ambiente
«minacciato» dall'ampliamento del Porto di Capodistria.
Comunque, Lubiana ha accettato il coinvolgimento dell'Italia ed ora, venendo
incontro a una seconda richiesta della Prestigiacomo, ha concesso anche la
proroga di un mese per presentare eventuali osservazioni. Roma ha tempo fino al
15 giugno per presentarle, dopo di che il Piano regolatore, nel quale sono state
già inserite alcune modifiche minori rispetto alla prima versione del documento,
sarà sottoposto all'approvazione del governo. Come spiegato nei giorni scorsi
dal ministero dell'Ambiente sloveno, non è stata presa in considerazione la
posizione espressa dagli abitanti di Ancarano, che chiedevano che dal Piano si
cancellasse la costruzione del terzo molo.
Il Piano regolatore portuale, ricordiamo, prevede la costruzione ex novo di un
«molo 3», della lunghezza di un chilometro, il prolungamento del «molo 1» di
cento metri (entrambi destinati alla manipolazione di container, nda), nonchè il
prolungamento, per oltre 350 metri, dell'attuale «molo 2», destinato alla
manipolazione di rinfuse e carichi liquidi. E' prevista inoltre la costruzione
di nuovi serbatoi per combustibili liquidi all'altezza dell'area di Sermino e
saranno costruiti due nuovi depositi per automobili, di cinque piani ciascuno,
dalla capienza di diverse migliaia di vetture. In quanto all'accesso alle
strutture portuali, la principale novità riguarda una futura nuova entrata
nell'area portuale, direttamente dall'autostrada, ai piedi del colle di Sermino,
dove sarà allestito un terminal camion per 500 automezzi. Si tratta comunque di
progetti che difficilmente potranno essere realizzati in tempi brevi. Oltre al
nuovo Piano regolatore, che permetterà alla Luka Koper di crescere ed allargarsi
nei prossimi decenni, resta comunque fondamentale, per il futuro del Porto di
Capodistria, il raddoppio della tratta ferroviaria Capodistria–Divaccia, per
collegare nel migliore dei modi lo scalo con la grande viabilità europea.
FRANCO BABICH
Biogas: 5 milioni di kWh - PRODOTTI A TRIVIGNANO
PORDENONE Circa 5 milioni di kWh, ovvero una quantità in
grado di coprire il fabbisogno annuo di 2 mila famiglie, è stata prodotta in un
anno (marzo 2009-marzo 2010) dal nuovo impianto biogas dell'azienda Fratelli
Brugnera di Rivignano (Udine). L'impianto, autorizzato dalla Regione Friuli
Venezia Giulia nel 2007 ed entrato in funzione nei primi mesi del 2009, è stato
realizzato grazie ad una linea di finanziamento ad hoc di Banca Popolare
Friuladria finalizzata a sostenere la produzione di energia da fonti rinnovabili
e l'abbattimento del livello di CO2 nell'atmosfera.
Il ciclo di produzione dell'energia è assolutamente virtuoso. «Viene scelto il
mais perchè è la coltura più adatta al nostro territorio - ha detto Renato
Brugnera, 55 anni, originario di San Michele al Tagliamento, titolare insieme ai
figli Riccardo e Giulio dell'azienda agricola di famiglia nata negli anni '60 -.
Non abbiamo inventato nulla: si è preso un procedimento naturale di produzione
di biogas come la fermentazione vegetale e lo si è pilotato rendendolo
produttivo. Oltretutto, la materia esausta, ovvero il prodotto di scarto, è un
ottimo fertilizzante. E questo chiude il cerchio».
Ballaman prepara la visita alla centrale atomica di
Krsko - Incontro con la console generale Pelikan dopo le
dichiarazioni favorevoli al ritorno del nucleare in regione
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GUIDERÀ LA DELEGAZIONE IN
SLOVENIA
TRIESTE Primi passi di Edouard Ballaman e del Consiglio regionale verso
Krsko. Il presidente dell’assemblea di piazza Oberdan lo aveva detto già nel
corso dell’ormai famosa conferenza stampa in cui disse la sua sul nucleare
suscitando reazioni e polemiche: il suo obiettivo è quello di recarsi a visitare
la centrale slovena con una delegazione di consiglieri tra cui sicuramente il
presidente della Commissione infrastrutture ed energia, Alessandro Colautti, e
anche quello della Commissione attività produttive, Maurizio Franz. E ieri il
presidente del Consiglio regionale ha espresso questa sua volontà alla console
generale della Repubblica di Slovenia a Trieste, Vlasta Valencic Pelikan, che ha
reso visita a Ballaman in piazza Oberdan.
E la disponibilità da parte della diplomatica slovena per attivarsi affinchè la
visita a Krsko possa realizzarsi c’è stata e la console Valencic Pelikan ha
assicurato che contatterà il governo sloveno per renderla possibile. Come noto,
la Regione, attraverso il presidente Renzo Tondo, ha più volte ribadito
l’interesse ad intervenire nell’opera di raddoppio della centrale nucleare
slovena, sollecitando il governo ad attivarsi in questo senso. Krsko, tuttavia,
non è stato l’unico tema dell’incontro di ieri tra Ballaman e la console
slovena. «Un incontro - ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale -
sulla scia di quelli svolti tra l'esecutivo regionale e esponenti del governo
sloveno e che persegue la linea del rafforzamento dei rapporti tra la nostra
regione e il vostro Paese, nostro vicino». La stessa console si è detta
d’accordo sulla necessità di intensificare la collaborazione tra Friuli Venezia
Giulia e Slovenia individuando nella Commissione bilaterale tra le due aree
confinanti lo strumento per arrivare a questo scopo. «In questa opera di intensa
collaborazione – ha concluso Ballaman - vedo l'importante ruolo che potrà
svolgere la Commissione bilaterale tra Regione Friuli Venezia Giulia e
Repubblica di Slovenia con i suoi diversi tavoli tecnici, che ci permetteranno
anche di cogliere nuove occasioni di approfondimento tematico».
(r.u.)
Lussinpiccolo, Comune favorevole alle centrali solari -
MODIFICHE AI PIANI REGOLATORI
A parole tutti si dichiarano a favore delle fonti
energetiche rinnovabili ma poi all'atto pratico non mancano ostacoli al loro
uso. È il caso della municipalità di Lussinpiccolo, dove l'assenza di un Piano
regolatore appropriato ha contribuito a bocciare il progetto dell'azienda
zagabrese ”Ivicom Consulting” di costruzione di due centrali fotovoltaiche, in
località Ustrine e nell'Isola di Unie. Ustrine, va precisato, è situata
nell'Isola di Cherso ma fa parte del comune lussignano. È stato il direttore
dell'impresa zagabrese, Dinko Condic, a spiegare per quale motivo sia fallito,
almeno temporaneamente, il piano teso a far sorgere i due impianti, i primi del
genere a Lussino.
«Purtroppo i documenti regolatori rilevano la possibilità di approntare centrali
solari sull’isola – puntualizza il dirigente – ma non citano i potenziali siti,
né fissano i criteri minimi da rispettare per la costruzione. È per tale ragione
che è stata respinta la nostra richiesta di licenza di costruzione. Non ci siamo
arresi e abbiamo già inoltrato ricorso al Ministero dell’ambiente. Vedremo quale
sarà il verdetto e poi ci rivolgeremo alla Città di Lussinpiccolo, con la
richiesta di emendare il Piano regolatore». «È sicuro - continua - che non
rinunceremo al progetto, per il quale abbiamo già investito non poco denaro.
Inoltre è in via di conclusione lo studio di allacciamento delle due centrali
alla rete elettrica». La prima fase del piano (investimento di 5,5 milioni di
euro) prevede l’installazione di moduli fotovoltaici di potenza 0,96 megawatt,
attuale limite massimo. La seconda fase vedrebbe l’installazione d’impianti a
Ustrine e Unie di 5 e 2 Mw, per un costo sui 21 milioni di euro. Il sindaco di
Lussinpiccolo Gari Cappelli ammette che i piani regolatori non rispondono alle
esigenze del progetto fotovoltaico ma aggiunge subito che la municipalità
appoggia i progetti di strutture capaci di produrre energia rinnovabile.
«Sosteniamo – sottolinea il primo cittadino – l’azienda di Zagabria. Emenderemo
i piani regolatori, per favorire la costruzione delle due centrali. Il nostro
Comune ha inviato la sua domanda al concorso per i mezzi del Fondo nazionale per
la tutela dell’ambiente, che ci servirebbero per l’entrata in funzione
dell’illuminazione pubblica ecologica. Ci stiamo pure preparando per concorrere
ai fondi dell’Unione europea da investire per progetti nel settore
dell’ecologia». L’interesse della ”Ivicom Consulting” non stupisce, poiché
l’Isola di Lussino registra annualmente circa 2mila e 500 ore di sole.
Nella vicina Veglia sono in fase avanzata i preparativi per la costruzione di
una centrale fotovoltaica a Dunato, vicino al capoluogo, di 5 megawatt di
potenza, del valore di 20 milioni di euro. Si estenderebbe su 10 ettari.
Andrea Marsanich
Premio Kugy: gli studenti inventano giochi e video per
difendere l’aria pulita - FESTA AL GIARDINO PUBBLICO
Vincono la Miskolin, l’European school, la Caprin e
l’istituto Galvani. Tra i privati, Linda Simeone
La cerimonia di consegna dei premi del concorso intitolato a Julius Kugy,
dedicato quest'anno al tema “Inquinamento? Aria pulita…. aria per la vita”, che
ha coinvolto scuole, privati e associazioni della provincia, sarebbe piaciuta al
padre dell'alpinismo moderno: gioiosa, coloratissima e multiculturale. Numerosi
i partecipanti, soprattutto tra le scuole dell'infanzia e primarie, che non si
sono fatti scoraggiare dalla pioggia torrenziale e sono giunti al giardino
pubblico per assistere alla premiazione che conclude l'edizione 2010 del
concorso, nella speranza di salire sul palco come vincitori.
A riscaldare l'atmosfera e far saltellare i tanti bambini presenti ci hanno
pensato le percussioni dei Berimbau, mentre un manipolo di clown dotati di
trombette e bolle di sapone dispensavano scherzi a volontà. Il ricordo della
figura di Julius Kugy è stato affidato all'assessore Denis Visioli, che ha
sottolineato due caratteristiche peculiari del grande alpinista austro-ungarico:
la sua profonda passione per la natura e il suo multilinguismo. Tra i vari
lavori pervenuti, esposti al pubblico per l'occasione, ne sono stati premiati
tre per categoria.
Per la scuola dell'infanzia si sono aggiudicati il primo premio di 1.300 euro
alunni e insegnanti della scuola Miskolin di Dolina, che hanno realizzato un
espositore tridimensionale dedicato al tema dell'aria nelle sue molteplici
declinazioni. Seconda classificata, con un premio di 600 euro, la scuola Fulvio
Tomizza, che ha raccontato in un libro in 3D la storia di una città, mentre sul
terzo gradino del podio (300 euro), a pari merito, sono saliti gli istituti di
Malchina e di San Giacomo, che hanno presentato rispettivamente un dvd e una
serie di disegni dedicati alla storia di due palloncini colorati e un libro che
ha per protagonista un piccolo straccio. Una menzione speciale (200 euro) è
andata infine alla scuola dell’infanzia di Servola, che ha realizzato un gioco
d’aria da appendere. Per le scuole primarie invece sul podio (1.300 euro di
premio) sono saliti alunni e docenti dell'European School of Trieste, che hanno
inventato una serie di giochi sull’inquinamento atmosferico. Seconda
classificata, con un riconoscimento di 600 euro, la scuola F.S. Finzgar, terza
la scuola Cernigoj, che si è aggiudicata 300 euro. Nella categoria delle scuole
medie hanno vinto il primo premio di 1.300 euro le classi I a e II G
dell'istituto Caprin, con la realizzazione di un video sulla rilevazione del
traffico e metereologica. Secondo gradino del podio e 600 euro per la II C della
Caprin, mentre terzi sono arrivati alunni e insegnanti della III A della scuola
Simon Gregorcic. Tra le scuole superiori due primi posti a pari merito, per
l'istituto Luigi Galvani, che ha prodotto un video sulla rilevazione e sulle
conseguenze dell’inquinamento e per le classi I e IV dell'istituto professionale
Jozef Stefan, che ha creato un libretto con disegni, foto, approfondimenti sugli
agenti inquinanti. Per la categoria, privati e associazioni, primo premio (1300
euro) a per l’ideazione di un insieme di giochi a tema.
Giulia Basso
SEGNALAZIONI - «Mai difeso, neanche privatamente, il tracciato carsico del Corridoio 5» - LA REPLICA
Sono costretto a chiarire la mia posizione relativamente
alla nota del dott. Sirovich comparsa su Segnalazioni (Corridoio 5, domenica 9
maggio) se non altro per tutelare a livello pubblico il profilo dei docenti
universitari, visto che sono stato chiamato in causa esplicitamente con la mia
qualifica professionale.
Il dott. Sirovich afferma alcune cose non corrispondenti al vero, altre
imprecise, altre alquanto incomprensibili.
Le dichiarazioni non corrispondenti al vero: né nell’ambito dei Democratici di
sinistra (oggi confluiti nel Pd), né in altre occasioni pubbliche (e neppure
private per chi mi conosce) ho mai difeso il tracciato sotterraneo carsico del
corridoio V, benché abbia affermato l’utilità di un qualche miglioramento delle
infrastrutture del corridoio 5. All’incontro citato – se ho ben capito di quale
si trattava – avevo ripercorso tutti i passi delle procedure di valutazione
effettuate affermando che non esisteva ancora un progetto preciso di tracciato
sotterraneo sul quale poter fare le ulteriori necessarie valutazioni, e che
quindi prima di prendere posizioni definitive (negative o positive) andavano
chiarite diverse cose lasciando avanzare le procedure in corso. A quell’incontro
ero stato chiamato proprio – senza dunque nascondere nulla – come esperto che
aveva contribuito nel passato (lontani 1999-2000) allo studio di analisi della
linea Ronchi-Lubiana. Le dichiarazioni imprecise si riferiscono proprio a quel
mio contributo, pomposamente chiamato consulenza. Il lavoro di «consulenza» era
un’attività svolta per Istiee (Istituto per lo studio dei trasporti
nell’integrazione economica europea di Trieste) che a sua volta aveva l’incarico
da Italferr. Si trattava della valutazione costi benefici di varie alternative
di tracciato e l’oggetto della valutazione era primariamente riferito al
traffico passeggeri, visto che in quegli anni il Corridoio 5 veniva immaginato
soprattutto come linea utile ai collegamenti passeggeri. Quella volta il mio
alquanto modesto compito da «giovane ricercatore precario» era stato quello di
definire i parametri di valutazione socioeconomica per l’analisi, mentre le
previsioni di traffico a cui applicarli – fattore molto più rilevante per il
risultato – erano state realizzate dal dipartimento di Ingegneria civile. Non ho
percepito per quel lavoro alcuno specifico compenso e non sono neppure divenuto
professore di economia dei trasporti per quella piccola fatica.
Vengo infine alle dichiarazioni incomprensibili. Nella mia nota su Il Piccolo
(senza alcuna ambiguità dedicata proprio ai temi del progetto Unicredit) ho
sostenuto – in generale e nello specifico della Venezia Giulia – la positività
dell’intervento privato nel mondo portuale in un’epoca come l’attuale, nella
quale il danaro pubblico ormai scarsissimo dovrebbe essere diretto a opere
socialmente più rilevanti. Ma cosa c’entra il sostegno da me dato all’idea di
investire capitali privati a Monfalcone e Trieste, con la questione del
tracciato carsico del Corridoio V? Sono due temi completamente differenti e
fondamentalmente separati (anche se poi a livello tecnico, per il progetto
Unicredit, si possono fare considerazioni sul trasporto ferroviario, come è
stato già fatto da un’analisi Istiee di cui – e non me ne vergogno – ho curato,
senza alcun compenso, il quadro generale). Accostare i due temi rivangando in
modo strumentale vecchi eventi per indurre l’idea di contraddittorietà è palese
prova o di mancata comprensione delle tematiche o di malafede mirata solo a
insinuare l’idea screditante e dozzinale che sarebbero solo le «speranze» di
pagamenti a guidare il pensiero di un docente.
C’è tuttavia un elemento sul quale concordo con il dott. Sirovich: abbiamo
veramente bisogno di «punti di riferimento» affidabili per l’opinione pubblica.
Vittorio Torbianelli
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 maggio 2010
Centrale nucleare, gli esperti escludono Trieste - Un
geologo: ma in linea teorica il Carso è adeguato per la stabilità sismica
Una centrale nucleare nel Friuli Venezia Giulia? A due
passi da Trieste? L’ipotesi, balenata dopo l’inversione di tendenza del governo
Berlusconi, rimane sempre d’attualità anche se sulla sua eventuale collocazione
si viaggia tuttora a vista. O, quantomeno, partendo dalle tracce di quel piano
elaborato nei primi anni ’70 dall’allora Cnen (Comitato nazionale per l’energia
nucleare poi trasformato in Enea negli anni ’80). Un piano che, per essere
chiari, non prendeva neanche in considerazione né l’area triestina né tantomeno
quella del Monfalconese, a dispetto di certe liste in circolazione. Partendo da
alcune variabili fondamentali (sicurezza sismica e geologica, scarsità di zone
abitate e lontananza dalla costa) era stata individuata, in linea di massima,
«tutta la zona interna, intorno al fiume Tagliamento, da Latisana fino a
Spilimbergo» in quanto ricche di acque necessarie al raffreddamento della
centrale. Una scelta che, rivista anni dopo dall’Enea, è stata a sua volta
bocciata o quasi in quanto il territorio è stato considerato «ad alto rischio di
allagamento». E allora?
«Premetto – commenta il geologo Livio Sirovich – che sul nucleare non ho una mia
posizione, sono comunque un esperto di siti possibili. In tale contesto risulta
fondamentale recuperare la loro mappatura, sì, proprio quella fatta dal Cnen.
Erano studi molto accurati, che prendevano in esame tutti i pro e i contro.
Certo, le normative di sicurezza sono cambiate nel frattempo, ma le
caratteristiche del territorio no. Ne deriva che non è cambiata di molto la
possibilità di scelta».
«Andando per paradossi – commenta un altro professionista che non vuole essere
citato – le zone che, sotto un profilo strettamente teorico, meglio si
presterebbero, per stabilità sismica e altre caratteristiche a ospitare una
centrale sono il Carso e le aree di pianura della Bassa. Quasi tutto il resto
della regione è infatti collinare, con fiumi ovunque e, come sappiamo, alquanto
instabile sismicamente».
Si tratta di situazioni che lo studio del Cnen conosceva bene, e non a caso, per
usare un esempio, non è stata presa in considerazione la gran parte della fascia
costiera. I successivi approfondimenti dell’Enea, in effetti, hanno preso in
esame la vulnerabilità delle aree costiere ai cambiamenti climatici, escludendo
in pratica tutta la costa fino quasi a Sistiana.
Se, insomma, individuare un eventuale sito risulta alquanto complicato, di
sicuro non esiste in regione e a Trieste un rischio scorie radioattive. Le zone
destinate allo stoccaggio, sempre su un piano teorico, si concentrano infatti
tra l’Alto Lazio e buona parte della Toscana, Le Murge pugliesi, la Basilicata e
parte della Calabria. «In termini tecnici zone ideali – osserva Sirovich –
perché presentano in profondità grosse formazioni argillose impermeabili dove,
per usare un esempio, una molecola d’acqua impiega centinaia d’anni per
attraversare un solo metro di quella materia. Il problema però – continua il
geologo – è un altro. La gente non ha fiducia nella capacità dello Stato di
organizzare in maniera efficiente lo stoccaggio, per rischi di intrusioni
malavitose, pressioni lobbistiche, condizionamenti vari. C’è un’opinione
pubblica non preparata e sfiduciata dalla scarsa credibilità dello Stato. Chi
proponesse un’area di stoccaggio vicino a qualche paese credo rischierebbe il
linciaggio. E allora poi va a finire che i rifiuti radioattivi si tengono
provvisoriamente in posti impensabili e inadatti, proprio per l’incapacità di
organizzarsi. E si rischia grosso».
FURIO BALDASSI
Commissione per il paesaggio Si esprimono i consiglieri
- MODIFICA AL REGOLAMENTO
Entro le 12 di oggi i consiglieri comunali dovranno presentare le loro proposte di emendamento alla delibera che va a modificare il Regolamento per la composizione della Commissione locale per il paesaggio, da integrare con la nomina del sesto membro, il rappresentante della comunità slovena. La nuova riunione della Sesta commissione, ieri, non ha risolto la questione. «Il testo propostoci dagli uffici non è ancora stato ritenuto soddisfacente - spiega il presidente della Sesta commissione, Roberto Sasco (Udc) -. Bisogna chiarire che il Comitato paritetico, sulla terna di nomi fra cui poi è il sindaco a decidere il nominato, è chiamato a trovare un’intesa con il Comune e non viene invitato dalla stessa amministrazione a indicare le modalità di designazione». Alle 11, questa mattina, a un’ora dall’orario limite stabilito per la consegna degli emendamenti, è in programma un’ulteriore riunione informale sul tema fra i rappresentanti delle forze politiche del Municipio. Poi, in serata, toccherà al Consiglio comunale esprimersi. «È importante fare in fretta - conclude Sasco - perché la Commissione per il paesaggio deve fornire il suo parere, obbligatorio anche se non vincolante, sulla variante 118 al Piano regolatore, che dovrà poi a sua volta essere approvata».
(m.u.)
SEGNALAZIONI - COMUNE - Piano regolatore
Gli uffici comunali hanno di fatto escluso la possibilità
di riaprire i termini per le osservazioni del Prgc, come richiesto dalla Lega
Nord. Abbiamo più volte visto, però, come il Tar si sia espresso sulle scelte
dell’Amministrazione comunale. Ultimo esempio, l’annullamento della delibera su
Trieste Città d’Arte, con le stesse motivazioni ufficializzate in Consiglio
dalla Lega. Comunque, il Consiglio comunale potrebbe decidere diversamente anche
in merito alla riadozione della stessa variante. In commissione sesta è emersa,
invece, una volontà incredibilmente trasversale. Ad eccezione della Lega Nord,
tutti gli altri partiti hanno condiviso la necessità di adottare al più presto
questo piano regolatore in quanto ritenuto migliore di quello precedente. Pur
rispettando tutte le opinioni, confermo la nostra contrarietà ad un Prgc che
sottrae a molti cittadini la possibilità di costruire case per i loro figli.
Scelte queste, palesemente contrastanti con gli obiettivi del governo nazionale
e di quello regionale. A Trieste ci si preoccupa solo dei lavoratori della
Ferriera. Se il settore dell’edilizia in Regione perde 2000 lavoratori in un
anno, per qualcuno le conseguenze sono del tutto irrilevanti.
Maurizio Ferrara - capogruppo Lega Nord
Sentieri e piste ciclabili, rete transfrontaliera -
Decolla il progetto Carso/Kras. Disponibili finanziamenti europei per quasi 4
milioni
INIZIERÀ A MUGGIA E PROSEGUIRÀ FINO AL LIMITE OVEST
DELLA PROVINCIA
Il 25 maggio a Sesana la prima riunione del tavolo permanente con tutti i Comuni
coinvolti nel piano
Decolla il primo grande progetto transfrontaliero. Carso/Kras, con quasi 4
milioni di euro di finanziamenti europei, entro tre anni trasformerà la zona
carsica a cavallo del confine, da Muggia fin quasi a Gorizia, in un territorio
omogeneo e percorso da una fitta rete di sentieri e collegamenti ciclopedonali
che si innesteranno su un lungo asse principale.
Il tratto iniziale partirà proprio da Muggia, si inoltrerà nella zona delle
Noghere fino a via di Vignano, lambirà gli omonimi laghetti, dei quali in questi
giorni il Comune sta affidando la gestione, entrerà nel territorio del comune di
San Dorligo, sboccherà a Prebenico, si inerpicherà fino a San Servolo lasciando
sulla sinistra il colle di Caresana, per entrare nel comune di Erpelle-Cosina,
in Slovenia, e da lì proseguire a ridosso della vecchia linea di confine fino ai
limiti della provincia di Gorizia.
La fase strategica dell'intero progetto, sviluppato sulla falsariga del
”Distretto del Carso” concluso due anni fa, e che non si limita alla
realizzazione di percorsi ciclabili, è affidata a un tavolo permanente composto
dai soggetti di Carso/Kras (tutti i comuni della provincia di Trieste compreso
il capoluogo, le Province di Trieste e Gorizia, i comuni sloveni di
Erpelle-Cosina, Divaccia, Comeno, Costanjevica) guidati dal Comune di Sesana,
capofila.
Il tavolo, il cui primo incontro è già stato fissato a Sesana il 25 maggio, avrà
il compito di stilare le linee guida per la pianificazione territoriale,
compresa l’omogeneizzazione del regolamento edilizio.
Sempre in tema di collegamenti, è prevista la realizzazione di un percorso che
unisca i vari centri didattici naturalisti dell'area.
Ancora per quanto concerne il comune di San Dorligo, nell’ambito del progetto
dovrà emergere un modello di gestione della riserva naturale della Val Rosandra
che assimili, unificandoli, gli aspetti migliori dei piani di gestione
attualmente in fase di sviluppo, quello comunale e quello regionale.
Verranno realizzati anche un museo del Carso all'aperto e un geoparco
transfrontaliero, per valorizzare e preservare l’unicità del patrimonio
ambientale.
Sul tema delle piste ciclabili, in particolare, il Comune di Muggia si sta già
muovendo da tempo, sia per quanto riguarda il collegamento con il percorso
dell’ex Parenzana, sia con il progetto per un nuovo percorso lungo Strada per
Lazzaretto.
Fin qui la parte tecnica. Sul versante politico, si toglie qualche sassolino
dalla scarpa il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «L’accoglimento del progetto
conferma la validità della collaborazione già avviata da tempo con Sesana e le
scelte della nostra amministrazione in tema di sviluppo ambientale, ma fa
emergere anche i colpevoli ritardi con cui, a livelli superiori, queste
tematiche transfrontaliere sono state affrontate. Noi eravamo pronti molto
prima».
Soddisfatto anche la sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin, che nelle
potenzialità di Carso/Kras intravede un importante volano di sviluppo
ecosostenibile per l'intera area, ma soprattutto un reale strumento di
conservazione, riscoperta e tutela ambientale internazionale a disposizione di
tutti.
GIOVANNI LONGHI
Nuova legge sulla caccia, Regioni meno libere -
Ambientalisti soddisfatti. Accorciato il calendario venatorio: da ottobre al 10
febbraio
Galan: «Troppo poco per i cacciatori»
ROMA Con voto definitivo, il Senato ha approvato in quarta lettura il
calendario della caccia, che va da ottobre al 10 febbraio. Voti favorevoli 130,
astenuti 108, tutti dell’opposizione. I 10 giorni di febbraio sono facoltativi.
Le Regioni possono chiedere la deroga, ma dovrà esserci il parere preventivo e
vincolante dell’Ispra, ricerca ambientale.
Si può parlare di consenso unanime, anche alla luce dei commenti dei partiti non
governativi. Nei giorni di febbraio (otto, perché il martedì e il venerdì c’è il
silenzio venatorio) le specie cacciabili sono ridotte di numero. Il percorso
della legge non è stato facile. Non soltanto perché il capitolo caccia è parte
di una legge più complessa, ma perché ci sono volute quattro votazioni
parlamentari per il varo delle norme. Pdl e Lega hanno votato a favore. Pd,
Italia dei valori, Udc, Svp e Autonomie si sono astenuti. Dissenziente dal Pdl,
Maria Ida Germontani, che non ha votato.
Il senatore Pd Roberto Della Seta ha detto che sono stati sconfitti quei settori
Pdl e Lega che avrebbero preferito una deregulation, non vincolante come la
legge approvata. È stato "scongiurato" il rischio di anticipare ad agosto la
caccia e posticiparne la chiusura alla fine di febbraio. C’è stato anche il
tentativo, non passato, di affidare a ogni regione un "calendario fai da te".
La Legambiente si è espressa con le parole di Antonio Morabito: ora le Regioni
dovranno autorizzare solo una caccia "strettamente conservativa". Il ministero
dell’Ambiente dovrà vigilare per il rispetto della legge. La Lipu (protezione
degli uccelli) parla di un articolo di legge «in gran parte ottimo». Le Regioni
sono costrette a cancellare varie specie di animali da cacciare.
Rivendicazione futura: "caccia corta", tra gli inizi di ottobre e la fine di
dicembre. Positivo il giudizio del WWF, con parole misurate. Il risultato è
buono, grazie alla mobilitazione e al senso di responsabilità di buona parte del
parlamento. Un percorso difficile, se si pensa che la prima lettura della legge
prevedeva che si potesse cacciare per tutto l’anno. Sulle Regioni- dice il WWF -
«vigileremo attentamente». Progresso legislativo: la prima lettura della legge
prevedeva che si potesse cacciare tutto l’anno. Il testo approvato è un
importante, anche se tardivo, passo avanti.
Stella Bianchi, del Pd, parla di "buona notizia", perché è stato sventato il
tentativo di eliminare le regole per l’attività venatoria. C’è stato buonsenso,
che ha consentito un equilibrio tra le diverse esigenze. Fuori tempo una
dichiarazione del ministro Maria Vittoria Brambilla, che vuole abolire la
caccia. Protesta la Federazione dei cacciatori.
Una via di mezzo sceglie il ministro forzista Giancarlo Galan, che voleva
maggiore tutela per una certa fauna selvatica «e più soddisfazione ai
cacciatori». Dice anche che si è fatto troppo rumore per una legge modesta.
Galan ha simpatia per i cacciatori, «anche se - dice - io resto un pescatore».
(r.v.)
Marcia pace: dal Fvg in 200 a Perugia-Assisi - QUATTRO
PULLMAN DOMENICA 16
TRIESTE Partiranno in 200 dal Friuli Venezia Giulia alla
volta dell’Umbria dove si terrà la Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Quattro
pullman, uno per Provincia, sono stati organizzati in vista della manifestazione
che si terrà domenica 16 maggio. Ieri si è tenuta la conferenza stampa di
presentazione della delegazione regionale all’evento, alla presenza dei
consiglieri regionali Franco Codega e Sergio Lupieri (Pd), Roberto Antonaz e
Igor Kocijancic (Rc) e Stefano Pustetto (Sel) insieme ai rappresentanti della
Tavola della Pace del Friuli Venezia Giulia. Serve un’altra cultura, hanno
sottolineato, per rimettere al centro della società i valori fondanti della
carta costituzionale e del diritto internazionale: diritti umani, accoglienza,
solidarietà, non violenza sono le basi su cui fondare il mondo di domani.
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 12 maggio 2010
Il governo annuncia l'arrivo delle linee guida e del nuovo conto energia
“È intenzione del governo far approvare entro la prossima
riunione della Conferenza Stato-Regioni le linee guida per la realizzazione
degli impianti alimentati a fonti rinnovabili e il nuovo conto energia
fotovoltaico in modo da dare certezza a tutto il settore”, ha annunciato Stefano
Saglia, sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico con delega
all’energia, durante l’Italian Pv Summit di Verona.
Stando alle parole del sottosegretario, questi due importanti e attesi
provvedimenti, ormai definitivamente predisposti, dovrebbero essere approvati
per fine maggio o al più tardi entro la metà di giugno.
Il sottosegretario ha aggiunto che “il governo intende confermare il suo impegno
per lo sviluppo del fotovoltaico in Italia nella speranza che anche da noi si
possano creare occasioni di investimento, occupazione e di sviluppo di una
filiera nazionale, anche se - ha chiarito - gli investimenti stranieri sono
certamente benvenuti”.
Per quanto riguarda il nuovo conto energia, Saglia ha spiegato che il nuovo
decreto, operativo dal 1° gennaio 2011, prevede una riduzione delle tariffe in
linea con il calo del costo dei moduli che si è registrato nell’ultimo anno,
cioè intorno al 20%. Tuttavia la decurtazione degli incentivi, rispetto alle
tariffe 2010, sarà più ridotta per gli impianti residenziali di piccola taglia.
“Nel complesso – ha detto Saglia – il nostro sistema incentivante resterà tra i
più generosi al mondo”.
Il nuovo conto energia punterà ad un obiettivo di installazioni per una potenza
pari a 3.000 MW nei prossimi 3 anni, ma con la possibilità di usufruire delle
tariffe per ulteriori 14 mesi al raggiungimento del target.
Il sottosegretario ha evidenziato che i nuovi incentivi saranno più semplici:
verranno infatti divisi quelli per gli impianti su edifici e quelli per gli
impianti a terra. Tra gli impianti incentivabili anche quelli fotovoltaici a
concentrazione e saranno previsti anche specifici premi per le realizzazione che
contemplino la completa sostituzione di elementi architettonici. Particolari
possibilità di accumulo degli incentivi saranno dati alle proprietà pubbliche,
come le strutture scolastiche, in un’ottica di ristrutturazione di questa
tipologia edilizia, spesso fatiscente, con l’obiettivo in più di renderla
autosufficiente energeticamente. Un progetto che lo stesso sottosegretario ha
definito “molto ambizioso”.
“Semplificare, ma anche dare certezza delle regole” ha detto Saglia. È il caso
della Regione Puglia, che ha visto un impressionante boom di impianti
fotovoltaici e di domande, ma che richiede ora una attenta gestione della
situazione, garantendo ad alcuni il diritto di autorizzazione alla realizzazione
degli impianti e il diniego per coloro che invece dietro a quelle richieste non
hanno previsto effettivi investimenti, ma solo una documentazione da rivendere
sul mercato.
“L’impegno economico totale del Governo per le rinnovabili nei prossimi anni –
ha concluso il sottosegretario – è di circa 13 miliardi di euro. Il solare è
parte di questo programma, così come lo sviluppo delle reti, in particolare nel
Mezzogiorno, che è uno dei punti deboli per la più massiccia diffusione del
fotovoltaico e delle energie rinnovabili in generale”.
Il fotovoltaico italiano cresce e resta fra i piu' convenienti d'Europa
Alla fine del 2009 il fotovoltaico in Italia ha raggiunto
una capacità di circa 1.142 MW (circa 724 MW installati nell’ultimo anno), con
oltre 71.000 impianti realizzati (39.500 nel solo 2009). E’ quanto ha sostenuto
Gerardo Montanino, direttore operativo del Gse (Gestore Servizi Elettrici),
l'ente che cura tutta la macchina del conto energia in Italia durante l'Italian
PV Summit 2010 di Verona.
Il fotovoltaico italiano resta fra i più convenienti d’Europa. Montanino ha
spiegato che le nostre tariffe in conto energia si mantengono su livelli molto
elevati se considerate per l'intero periodo incentivante e in base al buon
livello di insolazione del nostro paese. "Si è provato a compararle con quelle
di paesi europei - ha detto - e si è potuto valutare che per i piccoli impianti
residenziali (fino a 3 kW), fatto 100 il reddito guadagnato in Italia, quello
ottenibile con le tariffe tedesche è pari alla metà, in Spagna è di 76 e in
Francia è di 58,6". Se si portano a confronto gli impianti commerciali sopra i
20 kW di potenza, questo rapporto non differisce di molto, ad eccezione per la
Spagna che è poco sotto al nostro paese, mentre in Germania il valore si attesta
intorno a 43,3 e in Francia a 65,4.
La prossima riduzione degli incentivi prevista a partire dal gennaio 2010, darà
una accelerazione alle installazioni nel 2010, soprattutto nella seconda parte
dell'anno. "Crediamo che a fine 2010 arriveremo in Italia a 2.500 MW, con un
totale di almeno 130mila impianti fotovoltaici e una produzione annuale che si
attesterà intorno ai 2 miliardi di chilowattora", ha detto Montanino.
Una crescita che si avvertirà anche nelle risorse dedicate agli incentivi in
conto energia: "mentre nel 2009 la quota annuale è stata pari a 292 milioni di
euro, nel 2010 dovrebbe toccare gli 800 milioni di euro", ha aggiunto il
responsabile del GSE.
I dati statistici forniti dal GSE hanno fornito degli interessanti spunti di
riflessione. La Puglia gioca un ruolo da protagonista nel settore: il 12% della
potenza fotovoltaica totale installata in Italia si è registrato in questa
regione. Il 93% degli impianti è parzialmente o totalmente integrato in
strutture edilizie con una potenza che rappresenta il 65% del totale.
Il direttore del Gse ha poi sottolineato che la quasi totalità degli impianti
utilizzano la tecnologia cristallina (mono o policristallina), mentre negli
impianti sopra al megawatt di potenza la quota dei film sottili cresce fino al
12%.
Gerardo Montanino ha concluso il suo intervento all'Italian PV Summit 2010
auspicando che venga disciplinato al più presto e filtrato l'impressionante
numero di richieste di autorizzazioni di impianti a fonti rinnovabili che,
secondo Terna, è arrivato a toccare quasi una potenza di 100.000 MW, "una
situazione insostenibile che va ad intasare gli uffici che devono validarle, è
che sono diventate, nei fatti, una sorta di prelazione che i soggetti fanno
valere e vendono sul mercato".
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 maggio 2010
Sbarca l’”Ecosportello” e Muggia diventa area ecologica Studenti della facoltà di ingegneria daranno informazioni
IL PDL GIÀ PREVEDE UN FALLIMENTO
MUGGIA Sbarca a Muggia l'"Ecosportello" di Legambiente,
sarà a disposizione dei cittadini che intendono avere informazioni
sull'istallazione di pannelli solari e più in generale sugli accorgimenti da
adottare nella conduzione domestica quotidiana per limitare gli sprechi. Da
definire il giorno di inizio dell'attività e la sede dello sportello, ma è molto
probabile che gli venga assegnato un ufficio all'interno della sede dei Vigili
urbani che resterà aperto al pubblico dalle 17 alle 19 di tutti i giovedì. Il
contatto con i cittadini è affidato a studenti universitari delle facoltà di
ingegneria o scienze ambientali che, dopo un opportuno corso di formazione della
durata di 24 ore, vengono selezionati per illustrare agli interessati modalità e
vantaggi degli impianti ecosostenibili. Già aperto a Trieste nel corso del 2009,
ad esclusione del periodo estivo ed ora nuovamente in funzione nella sede di via
Donizetti 5/a al martedì dalle 10 alle 12 e al venerdì dalle 17 alle 19, l'ecosportello
aveva fatto registrare nella sua fase iniziale un centinaio di contatti.
«Considerato il limitato numero di ore di apertura al pubblico -commenta il
presidente di Legambiente, Lino Santoro- si tratta di una cifra ragguardevole,
tanto che in molti casi non si riusciva a smaltire le richieste entro gli
orari».
Sulla previsione che il presunto flop dell'iniziativa avviata a Trieste possa
ripetersi anche a Muggia, si innesta invece una nota del consigliere comunale di
Muggia, del Pdl Claudio Grizon insieme a Marco Vascotto, capogruppo di An- Pdl,
Paolo De Gavardo, capogruppo della Lista Dipiazza e Fabio Scoccimarro capo
gruppo della Casa delle Libertà-Pdl: «Nonostante i dati in nostro possesso, 50
contatti in 21 giornate di apertura, l'amministrazione ha scritto nella sua
delibera che l'iniziativa ha riscosso notevole successo tanto che il sindaco
Nesladek ha pensato di stanziare 7.780 euro per chiedere alla Provincia
l'apertura di analogo sportello anche a Muggia».
(g.l.)
«Salvare le piante d’alto fusto» - RICHIESTA DELLA
CIRCOSCRIZIONE
PROSECCO Un piano specifico per la cura e la messa in
sicurezza delle alberature pubbliche a alto fusto presenti nel territorio di
Altipiano Ovest. Lo chiede il vicepresidente della prima circoscrizione Roberto
Cattaruzza con una interrogazione rivolta ai competenti uffici comunali alla
luce delle diverse problematiche insorte al patrimonio di verde pubblico durante
l’inverno appena trascorso. La Bora che in diverse giornate degli scorsi mesi ha
imperversato con particolare violenza anche nelle borgate di Contovello,
Prosecco e Santa Croce, ha messo a dura prova diverse piante presenti nelle
strade pubbliche e nelle proprietà private, abbattendo al suolo quelle più
deboli e malate con grave pericolo per cose e persone. I potenti refoli, secondo
il vicepresidente, avrebbero sradicato alberi di notevoli dimensioni e buttato
all’aria grossi rami. Un’opera di selezione naturale che la Bora compie ogni
stagione e che deve pertanto essere tenuta in debito conto dalle autorità
cittadine. «Più volte nelle ultime consigliature abbiamo richiesto degli
interventi di potatura e cura per gli alberi del nostro comprensorio – afferma
Cattaruzza – ottenendo solo degli interventi localizzati e sporadici. Alla luce
dei disagi provocati dalla caduta di rami e tronchi durante l’ultimo inverno,
sarebbe opportuno che il Comune provvedesse a un piano di cura e manutenzione
del patrimonio di verde pubblico che sussiste nelle nostre borgate, a prevenire
nel prossimo futuro le cadute di ramaglie alti fusti sulle strade pubbliche». Su
questo tema c’è anche una presa di posizione di una serie di associazioni
ambientaliste guidate da “Triestebella”, Wwf, Italia Nostra e Legaambiente per
la tutela del verde urbano. Nell’appello rivolto agli amministratori degli enti
locali della provincia, gli ambientalisti chiedono potature e manutenzioni
ridotte nel rispetto della naturalità degli alberi, la lotta alle piante dannose
per l’ambiente e la salute umana , un regolamento per il verde pubblico
all’insegna di regole corrette e puntuali.
Maurizio Lozei
Commissione paesaggio, corsa contro il tempo -
INTEGRATA CON UN ESPONENTE DELLA COMUNITÀ SLOVENA, SI ESPRIMERÀ SUL PRG
È corsa contro il tempo per arrivare all’approvazione del
Regolamento per la composizione della Commissione paesaggistica del Comune, con
il recepimento della modifica attraverso la quale la stessa verrà completata dal
rappresentante della comunità slovena. La Commissione paesaggistica dovrà
esprimersi sul nuovo Piano regolatore, un passaggio obbligato per arrivare in
estate dall’adozione finalmente all’approvazione del documento urbanistico.
Ieri la Sesta commissione si è confrontata con il presidente del Comitato
paritetico Bojan Brezigar e il sindaco Roberto Dipiazza, chiedendo chiarimenti
sull’iter che ha portato alla composizione della terna di tre nomi fra cui
scegliere il sesto membro della Commissione paesaggistica, in anticipo rispetto
all’entrata in vigore del regolamento. Altro punto chiave della discussione è
stato quello sulla definizione dei requisiti che dovrebbero avere i candidati a
rappresentare la comunità slovena. Oggi la Sesta commissione si ritroverà
nuovamente, sempre per continuare la discussione sul regolamento e arrivare a
una convergenza «attraverso alcuni emendamenti», come puntualizza Roberto
Decarli (Cittadini). «Riteniamo che vada inserita fra i requisiti minimi l’appartenza
agli albi professionali della Provincia di Trieste», chiarisce Piero Camber,
capogruppo di Fi-Pdl in Consiglio comunale. «L’obiettivo penso possa essere
quello di fare in modo che la Commissione paesaggistica (al completo, con tutti
e sei i suoi membri, ndr) possa riunirsi già lunedì o martedì della prossima
settimana», aggiunge Camber.
«La presenza di un esponente della comunità slovena è fuori discussione, è
giusto ci sia. Il problema è il come sceglierlo - è il pensiero di Raffaella Del
Punta (Fi-Pdl) -. A nostro avviso deve essere una persona qualificata e che
conosca il territorio triestino. Essendo il Comitato paritetico un organismo
regionale, per ipotesi potrebbe altrimenti indicare un rappresentante
proveniente dalle Valli del Natisone».
In merito agli attuali componenti della Commissione paesaggistica, intanto,
Alfredo Racovelli (Verdi) contesta a gran voce la decisione con cui la giunta ha
stabilito la nomina nel gennaio scorso anche degli architetti Lorenzo Gasperini,
ex sindaco di Muggia, e Fabio Assanti, in passato presidente della società che
gestì la candidatura di Trieste all’Expo 2008. «Non è chiaro - osserva Racovelli
-, vista la stringata e sintetica delibera, il criterio con il quale sia stata
decisa l’integrazione dei due discussi architetti».
(m.u.)
Domani Antonio Di Pietro al gazebo in via delle Torri
L’Italia dei Valori scende in piazza anche a Trieste per
dire no a leggi «vergogna» come quella sul nucleare, sull’acqua privata e sul
legittimo impedimento. E lo fa portando il leader Antonio Dipietro.
Domani pomeriggio, infatti, è in programma una visita in città di Di Pietro
proprio a sostegno dei tre quesiti referendari.
Dopo una conferenza stampa in programma alle 15.30 al Caffè Tommaseo il leader
dell’Italia dei Valori sarà presente dalle 16.15 al gazebo del partito in via
delle Torri. Nei banchetti allestiti dai dipietristi sarà possibile firmare a
sostegno dei tre referendum.
A San Giusto la centralina di monitoraggio - Captatore
attivo dal 2005, serve anche a sviluppare modelli previsionali - Progetto
europeo, cofinanzia il ministero
IL MACCHINARIO È GESTITO DALL’ARPA
Nella nostra città il monitoraggio aerobiologico di pollini e spore viene
effettuato attraverso la centralina di rilevazione installata sul Castello di
San Giusto a 60 metri di altezza. Il captatore gestito dal Dipartimento
provinciale dell’Arpa è stato attivato nell'aprile del 2005.
Lo strumento serve per redigere i calendari pollinici e anche per sviluppare
modelli previsionali di emissione di pollini e spore fungine. Le particelle
biologiche vengono campionate e riconosciute al microscopio, così da calcolarne
poi la concentrazione in atmosfera espressa in granuli.
Il campionamento è di tipo attivo e si avvale di un captatore volumetrico di
particelle aerodisperse provvisto di pompa di aspirazione continua. I pollini si
appiccicano su un nastro trasparente dalla superficie adesiva. La porzione
corrispondente a una giornata viene sistemata su un vetrino portaoggetti,
colorata e analizzata al microscopio ottico a 250 o 400 ingrandimenti. Ogni
settimana poi l'Arpa stila un bollettino.
Il monitoraggio pollinico così condotto permette di valutare la prevalenza delle
diverse specie dei pollini in aree con differenti caratteristiche bioclimatiche.
Un dato estremamente interessante, emerso già nei primi anni di rilevamento, è
la notevole differenza, sia in termini di concentrazione che di specie
polliniche prevalenti, in zone anche relativamente vicine.
(l.t.)
Grado e Lignano, Bandiere blu al vento - Tra gli
approdi, riconferme per Lega Navale a Trieste e Hannibal e Porto S. Vito nell’Isontino
CERTIFICATO A ROMA DALLA FEE L’ALTO LIVELLO QUALITATIVO
DELLE SPIAGGE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
ROMA Grado, unitamente alla ligure Moneglia, sono le località storiche che
detengono il titolo italiano del maggior numero di Bandiere blu conquistate
dall’istituzione di questo ambito riconoscimento. E sono ben 21. Lignano ne ha
solamente una in meno ed è ovviamente considerata anche questa località balneare
fra le più importanti d’Italia.
Ieri mattina nella Sala Tirreno della Regione Lazio c’è stata grande festa per
l’annuncio da parte del professor Claudio Mazza segretario generale della Fee
Italia, delle nuove assegnazioni che complessivamente, per quanto riguarda le
località, sono 117, cinque in più del 2009. Tra queste, come detto Grado
rappresentata a Roma dal dirigente comunale Andrea De Walderstein (sindaco e
assessori erano impegnati in giunta per problematiche molto importanti come i
parcheggi e la variante alberghi) e Lignano con il sindaco Silvano Del Zotto e
il dirigente Monaldo Bradaschia.
“I parametri per ottenere il vessillo – ha precisato De Walderstein – sono
sempre più restrittivi anche a seguito del Decreto attuativo firmato dai
ministri Ferruccio Fazio e Stefania Prestigiacomo seguente alle disposizioni
comunitarie”. L’esempio è che ai fini della candidatura per la Bandiera Blu solo
le località le cui acque saranno valutate come “eccellenti”, prendendo in
considerazione per la valutazione i risultati degli ultimi 4 anni di
campionamento, potranno accedere alle fasi successive di valutazione.
Proprio per questo motivo sono state istituite una commissione nazionale che
valuterà tutti i punteggi e una commissione internazionale che effettuerà delle
visite ispettive alle varie località.
Ed è già stato annunciato che questa ultima commissione internazionale visiterà
nel corso del 2010 l’Isola del Sole.
Parlando del futuro, De Walderstein ricorda che Grado sta per ottenere una
certificazione ambientale internazionale molto importante e che anche la
trasformazione e l’ampliamento completo del depuratore contribuiranno certamente
a incrementare le positività gradesi.
“Grado e Lignano – ha dichiarato il responsabile della Fee Italia – hanno
dimostrato di aver consolidato la coscienza e la cultura ambientale e un impegno
crescente in questa direzione. E’ chiaro, però, anche a seguito delle nuove
disposizioni, che ci dive essere un miglioramento continuo per 365 giorni
all’anno, seppur a piccoli passi”.
Contattato telefonicamente l’assessore comunale gradese Giorgio Marin ricorda
che questa ennesima conferma “è la certificazione del cammino che il nostro
centro turistico sta compiendo a favore del turismo eco sostenibile”.
“Quest’anno ci presentiamo tra l’altro con il completamento dell’anello del
centro storico e con il ripascimento della spiaggia della costa Azuurra;
continua contestualmente il progresso sulla raccolta differenziata e
l’attenzione verso il verde pubblico”.
Soddisfazione è ovviamente espressa anche dal sindaco di Lignano, Del Zotto:
“siamo una delle località storiche della Bandiera Blu e l’obiettivo è di
ottenere la certificazione internazionale per la quale tutti stanno lavorando,
dagli operatori, ai dipendenti, agli enti pubblici. E bisogna fare sempre di
più”.
Contestualmente all’assegnazione della Bandiere Blu per le località, è stata
data notizia di quelle per gli approdi che nella nostra regione sono tutti
riconfermati con una sola Bandiera Blu a Trieste (la Lega Navale), due in
provincia di Gorizia (Porto San Vito di Grado e l’Hannibal di Monfalcone) e 9 in
provincia di Udine tra Lignano, Latisana, San Giorgio di Nogaro e Aquileia.
ANTONIO BOEMO
E la Hack avverte: da Krsko solo svantaggi, costruiamo
piuttosto una centrale nel Friuli Venezia Giulia - Gli scienziati al Pd:
«Sbagliato dire ”no” al nucleare»
L’APPELLO DI 72 PERSONAGGI FRA I QUALI VERONESI E
BONCINELLI. MA BERSANI REPLICA : «È UN PIANO VELLEITARIO»
TRIESTE Dal Pd non arrivi una «chiusura preventiva» al ritorno del nucleare
in Italia: questo l'appello rivolto al segretario Pierluigi Bersani da 72
scienziati, intellettuali, manager, ai quali si sono aggiunti sei parlamentari
Democrat. Ma il segretario del Pd risponde di no, ribadendo il suo giudizio
negativo sul Piano del governo; un piano «velleitario» perché non affronta
alcuni nodi decisivi. I 72 firmatari, fra i quali Umberto Veronesi, Margherita
Hack, Edoardo Boncinelli, affermano che «non è in alcun modo giustificabile»
l'avversione del Pd al nucleare. È poi «incomprensibile la sbrigatività e il
pressapochismo» con cui spesso nel partito «vengono affrontati temi che
meriterebbero una discussione informata». La lettera sottolinea anche «il
rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento
elitario e snobistico che isolerebbe l'Italia, non solo in questo campo, dalle
frontiere dell'innovazione». Anche perché «molti leader dei governi di sinistra
e progressisti puntano sul nucleare» da Lula a Obama..
A creare disagio nel Pd è anche la presenza di sei parlamentari del partito tra
i firmatari (Erminio Quartani, Francesco Tempestini, Enrico Morando, Tiziano
Treu, Pietro Ichino, Andrea Margheri), appartenenti a tutte e tre le componenti
interne (area Bersani, Franceschini e Marino).
Il primo a respingere l'appello è stato Ermete Realacci, responsabile green
economy del Pd, per il quale esso «è figlio di ideologie del passato». Realacci
ha chiesto che l'Assemblea nazionale del partito, il 22 maggio, dica una parola
chiara «evitando il rischio di apparire confusi e deboli».
Bersani ha risposto a chi temeva una virata pro-nucelare del Pd ribadendo le
ragioni di un «no» che, ha detto, non è «assolutamente ideologico», ma è uno
stop a un «piano velleitario». Il segretario dei Democratici ha rielencato le
ragioni delle perplessità del suo partito verso il nucleare proposto da
Berlusconi: il governo non ha pensato all'Agenzia nazionale, non ha identificato
il sito unico nazionale; per non parlare «della gestione del vecchio nucleare
che non è affrontata, a partire dal 'decommissioning' delle vecchie centrali,
che potrebbe rappresentare una chance per le nostre aziende, fino al ritorno
delle vecchie scorie dalla Francia». E poi le procedure di localizzazione delle
centrali «sono state messe su un binario incerto». Stesso discorso per i costi.
Insomma, conclude Bersani, «nella situazione italiana, e senza riserve
ideologiche, il Piano del governo ci distrae da tutto quello che potremmo e
dovremmo fare», cioè un massiccio investimento nella green economy.
«La centrale di Krsko rappresenta per la nostra regione tutta una serie di
potenziali svantaggi senza alcun vantaggio». E allora, per Margherita Hack non
ci sono dubbi, «tanto vale costruire un impianto in Friuli Venezia Giulia». Il
nodo chiave, insiste l'astrofisica, è quello dei rischi: «La nostra regione ha
la centrale slovena a un passo, il nostro Paese è circondato dalla centrali
francesi e svizzere. Accadesse qualcosa, subiremmo le stesse conseguenze dei
confinanti. E allora perché continuare a pagare l'energia più che gli altri
Paesi europei? Con la premessa che bisognerebbe sfruttare meglio le energie
rinnovabili - prosegue la Hack -, la soluzione dei problemi energetici italiani
non può prescindere dalla costruzione delle centrali nucleari».
Ritornando ai rischi, assicura infine la scienziata, «le centrali di ultima
generazione sono altamente sicure. Va senz'altro risolto con attenzione il
problema delle scorie, ma demonizzare a prescindere il nucleare non ha alcun
senso».
Marco Ballico
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 maggio 2010
«Sito inquinato, bloccati in Regione i soldi per le
caratterizzazioni» - IL SEGRETARIO DEL PD COSOLINI
«Perché la Regione blocca le caratterizzazioni sul sito
inquinato? Le imprese triestine guardano alla Slovenia, calano gli occupati
nelle Pmi e intanto passa il tempo, cala periodicamente il silenzio sul sito
inquinato e si perpetua una situazione di immobilismo vergognoso». Lo scrive in
una nota il segretario del Pd Roberto Cosolini. «Se è vero che un accordo di
programma per le bonifiche non si riesce a fare per la distanza tra le posizioni
delle imprese e quelle del Ministero e se ne parla da anni, è peraltro vero -
dice Cosolini - che già da tempo si sarebbero potute completare le
caratterizzazioni da parte dell'Ezit, che tra le altre cose potrebbero portare a
rilevare anche situazioni di non inquinamento. L'Ente le ha già fatte su una
parte del territorio ed è pronto in qualsiasi momento a continuare. Mancano i
soldi? No: giace ancora in Regione la maggior parte dei 23 miliardi di lire
stanziati nel 2001. Cosa si aspetta allora a stanziare con un accordo sulle
caratterizzazioni da fare subito i soldi per quest’operazione, propedeutica a
qualsiasi altro intervento?»
Burgo rinuncia al ”suo” elettrodotto - Terna: «La linea
interrata costerebbe 520 milioni anziché i 35 previsti»
Prende quota il progetto di Alpe Adria Energia. Tondo:
«È strategico»
UDINE Burgo Group fa dietrofront. E comunica ufficialmente al presidente del
Regione, Renzo Tondo, la rinuncia al suo progetto di un elettrodotto in Carnia.
La comunicazione arriva a Tolmezzo, nella mattinata di ieri, nel corso di un
incontro convocato dallo stesso Tondo cui partecipano anche i soci della spa
Alpe Adria Energia (Pittini e Fantoni) per verificare il percorso
dell’elettrodotto Wuermlach-Somplago.
Burgo, annunciando la sua rinuncia, si riserva di valutare la possibilità di
aderire al progetto di Alpe Adria Energia formalizzato ieri. «La Regione -
sottolinea Tondo - considera strategico e di rilevante interesse regionale e
pubblico il progetto di Alpe Adria Energia». Inizieranno ora una serie di
incontri di confronto promossi dalla Regione che coinvolgeranno sindaci,
comunità montane, sindacati. Il primo appuntamento ci sarà già oggi a Udine con
gli assessori regionali all’Energia, Sandra Savino, all’Ambiente, Elio De Anna e
alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi.
Nel frattempo, con una nota, scende in campo anche Terna: la società interessata
alla realizzazione dell’elettrodotto Udine ovest-Redipuglia afferma che, se
l’opera venisse realizzata con una linea interrata, costerebbe 520 milioni di
euro, 14 volte di più dei 35 previsti per la linea aerea. La differenza di costi
realizzativi si deve in particolare alle esigenze di trasporto della potenza,
per cui una linea aerea a 380 kilovolt corrisponde a quattro interrate, un
chilometro di ciascuna delle quali costa circa 3,25 milioni di euro. Terna
aggiunge di non produrre «nè tralicci nè cavi interrati» e quindi di non avere
«alcuna preferenza aprioristica sulle modalità costruttive dei collegamenti
elettrici. La sicurezza del sistema elettrico italiano e l’alimentazione di
tutti i cittadini è il solo interesse di Terna».
Amianto, discarica-killer a Jelsane - Aumento di tumori
mortali nella popolazione vicina alla località slovena
FIUME È una discarica comunale molto pericolosa e sta
alimentando polemiche e proteste da una e dall’altra parte del confine. È
l’immondezzaio di Zalesicina, a Jelsane in Slovenia, a poca distanza dal comune
croato di Mattuglie e a una ventina di chilometri da Fiume.
Contiene rifiuti industriali, cenere industriale e, dal 2008, una montagna di
materiale edile, ritenuto gravissimo rischio per la salute. Due anni fa,
infatti, a Zalesicina fu scaricato addirittura un migliaio di tonnellate di
detriti edili, contenenti pericolosissime fibre d’amianto. Nell’estate 2008 i
temporali estivi provocarono forti danni in tutta l’area di Ilirska Bistrica
(Villa del Nevoso), con parecchi tetti scoperchiati e non più utilizzabili.
Erano tetti costruiti soprattutto con materiale ad alto contenuto di amianto e
la loro distruzione comportò dunque non pochi problemi. L’impianto di Jelsane fu
visto come l’ancora di salvezza, anche perché in base a una decisione di Lubiana
si potevano deporre nelle discariche comunali fino a 250 tonnellate di detriti
di questo genere, fermo restando il rispetto di ben precise condizioni. Ma non
andò così, con l’enorme quantità di materiale (quattro volte più del consentito)
piazzata lì in un batter d’occhio e quindi dimenticata dalle autorità.
In Slovenia ci sono gli stessi problemi con le discariche comunali di quelli
nella Regione del Quarnero e Gorski Kotar. Sono strutture che dovrebbero essere
chiuse e risanate, non prima di avere costruito una discarica regionale per
assorbire i rifiuti di tanti centri minori. In attesa delle discariche
regionali, la situazione peggiora di giorno in giorno e l’esempio di Jelsane
indica che si dovrebbe agire in tempi rapidi, per evitare vicende anche
tragiche. Davor Mrvcic presiede il Comitato rionale di Rupa, località croata a
un paio di chilometri da Jelsane. «La discarica di Zalesicina sta avendo un
impatto assolutamente negativo sulle nostre condizioni di vita – ha detto –:
negli ultimi due anni, da quando nell’immondezzaio sono state gettate centinaia
di tonnellate di materiale edile contenente amianto, a Rupa sono morti di tumore
ben sette giovani. Purtroppo la lista non si ferma qui, perché nella nostra
località ci sono anche molti malati tumorali, fenomeno che prima non esisteva.
Zalesicina andrebbe chiusa quanto prima, siamo terrorizzati». Della mortale
malattia chiamata asbestosi si parla anche e specie in Dalmazia, a Vranjic e
Ploce, dove per decenni erano in funzione stabilimenti che producevano materiale
di amianto. A Ploce, principale porto dalmata, l’asbestosi ha falciato 300 vite,
a Vranjic (vicino Spalato) 200 negli ultimi 10 anni, mentre il numero di malati
ammonta a circa 400.
(a.m.)
Marcia Perugia-Assisi per la pace Al via domenica la
manifestazione - APERTE LE ISCRIZIONI
Partirà domenica prossima anche da Trieste la Marcia
Perugia-Assisi per la pace e la giustizia, «contro la violenza, la paura,
l'egoismo, le mafie, la censura, il razzismo, la guerra». Le prenotazioni per il
viaggio in pullman (il cui costo è di 10 euro) si raccolgono in settimana presso
il Comitato pace convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" in via Valdirivo 30
(orario di apertura dalle 17 alle 19, tel. 040366557, e-mail comitatodanilodolci@libero.it,
cell.3382118453).
La Marcia per la pace è stata presentata pubblicamente nei giorni scorsi su
iniziativa della Rete corpi civili di pace e del Comitato Dolci nella scuola
Mauro, nel corso di un incontro al quale è intervenuto da Napoli Gianmarco Pisa,
che ha illustrato il progetto informativo / educativo "Interventi civili di
Pace", realizzato per le scuole e il volontariato anche della nostra Regione col
supporto del ministero degli Affari Esteri. Anche don Mario Vatta della Comunità
di S.Martino al Campo, giá obiettore fiscale alle spese militari é intervenuto,
assieme ad alcuni studenti delle superiori e dell’università che hanno
partecipato a progetti di pace. La Marcia si svolgerà con il patrocinio della
Regione e della Provincia.
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 maggio 2010
Piano regolatore, scattano altri due ricorsi - Nel
mirino l’ex caserma di Banne e un’area non più edificabile a Basovizza
Con una mano ha tolto cubature là dove - a Basovizza -
qualcuno aveva l’interesse che nulla fosse tolto. E con l’altra ha aggiunto
cemento là dove - a Banne - molti volevano che nulla fosse aggiunto. Il Comune
s’insinua ormai, come un Giano bifronte foriero di malanni, negli incubi di
alcun carsolini. Sulla graticola finisce ancora una volta il nuovo Piano
regolatore adottato la scorsa estate, contro il quale due realtà dell’altopiano
orientale - l’una pubblica e l’altra privata - hanno deciso di tentare il colpo
grosso, promuovendo altrettanti ricorsi straordinari al Presidente della
Repubblica sulla scia evidentemente del clamoroso caso Tarsu.
RICORSI Il fatto è che stavolta l’amministrazione municipale non si è fatta
sorprendere e, non appena i due ricorsi sono stati notificati, la giunta
Dipiazza ha votato altrettante delibere con cui ha fatto valere il diritto di
opposizione consentito dalla legge, riconducendo quei due contenziosi, per così
dire, tra le mura di casa, ovvero davanti al Tribunale amministrativo regionale
di piazza Unità, senza scomodare Giorgio Napolitano. Resta il fatto che il Prg
colleziona altre due cause dopo che dal Carso ne erano partite già altre,
compresa ad esempio quella dell’Unione Slovena.
BASOVIZZA La prima delle due cause, in ordine squisitamente cronologico, porta
la firma di una Srl, la Tecnofactoring di cui - come si legge nella delibera di
giunta - risulta essere legale rappresentante Carlo Grgic, il quale è pure
responsabile dell’Unione delle borgate carsiche. La Tecnofactoring - spiega
carte alla mano il presidente della Seconda circoscrizione Marco Milkovic, non
essendo stato possibile raggiungere telefonicamente Grgic - si oppone al cambio
di destinazione urbanistica da commerciale a naturale, con relativo regime di
salvaguardia, prodotto dall’adozione del nuovo Prg su alcune particelle
catastali di area verde nei pressi di Basovizza. Su queste, infatti, insisteva
il progetto di un centro commerciale da parte della stessa Tecnofactoring, con
tanto di proposta di Piano particolareggiato di iniziativa privata. Si tratta di
circa 20mila metri quadrati, tra il comprensorio del Sincrotrone da una parte e
i campi da golf di Padriciano dall’altra, che il vecchio Prg ancora in vigore,
ma neutralizzato dal regime di salvaguardia, classificava come H2 ”zone
commerciali di interesse comunale comprensoriale”. Ebbene: questi diventano, col
Prg adottato nel 2009, E3 ”zone agricole e forestal ricadenti negli ambiti
silvo-zootecnici”. In parole povere: intoccabili.
BANNE L’altro ricorso, riferito a una questione già oggetto di dibattito e
polemiche, si batte contro i timori di una cementificazione selvaggia a Banne, o
meglio alle spalle del centro abitato, là dove vegeta da 16 anni l’ex caserma
Monte Cimone. A presentarlo è stata la Comunella di Banne presieduta da
Guglielmo Hussu, che ha impugnato così la trasformazione dell’area da U1 ”zone
per servizi e attrezzature pubbliche” a 01 ”zone miste strategiche”, il che
evoca anche la possibile realizzazione di un complesso turistico e/o
residenziale. È il problema opposto, insomma, a quello della Tecnofactoring.
«Fino a ieri - ironizza Hussu - non potevamo costruire neanche un gabinetto
perché bisognava rispettare il verde carsico, adesso ci prospettano una città.
Non un’altra Banne, ma due. Il sindaco avrebbe dovuto venire su, spiegarci le
cose, confrontarsi...».
MALCONTENTO Si professa deluso da Roberto Dipiazza, avvalendosi di un eufemismo,
anche lo stesso Milkovic, a nome della comunità che rappresenta, da Opicina a
Basovizza appunto. «Il sindaco continua a ignorare un diffuso malcontento tra la
gente della Seconda circoscrizione - fa spallucce Milkovic - per questioni che
vanno dalla zona turistica di Padriciano all’ex Campo profughi, tanto per citare
gli esempi più conosciuti. Ci sono procedure di partecipazione, quali l’Agenda
21 e la stessa Valutazione strategica Vas, legate a normative europee, che a
nostro avviso sono disattese: la legge non è fatta per il sindaco, ma per la sua
popolazione». Per questo, come atto di ultima spiaggia, ricorda sempre Marko
Milcovic, i consiglieri della Seconda circoscrizione tanto di maggioranza (di
centrosinistra) quanto di opposizione (di centrodestra, lo stesso schieramento
di Dipiazza che comanda in piazza Unità) hanno recentemente sottoscritto tutti
assieme un documento nel quale chiedono «al sindaco nonché assessore
all’urbanistica di valutare la possibilità di interpellare e consultare il
Consiglio della Seconda circoscrizione per la definizione delle modifiche da
apportare alla variante 118, riguardanti il territorio della stessa». Un appello
cortese, ma nel contempo perentorio, «appreso che - si legge nello stesso
documento - ha approvato un parere a carattere vincolante in cui vengono
formulate 18 osservazioni, alcune delle quali riguardanti in modo specifico aree
situate sul territorio della Seconda circoscrizione».
PIERO RAUBER
Carmi e Toncelli: Pd coerente sul rigassificatore di
Zaule
Il sindaco Roberto Dipiazza bacchetta Roberto Cosolini in
merito al «dietro front» sul rigassificatore e il Pd fa quadrato. «Esistono ampi
margini per sancire se questa sia un’opera da perseguire o meno», dice il
consigliere comunale Marco Toncelli. Ma aggiunge: «La reazione del sindaco nei
confronti di Cosolini - dice - è la dimostrazione del nervosismo di chi
manifesta solo fastidio quando si ricordano le cose promesse ma non fatte». Il
vicesegretario provinciale del Pd Alessandro Carmi difende invece la «coerenza»
del partito. «Il dibattito all’interno del Pd sul rigassificatore è stato non
facile - ricorda - ma è uscita una posizione di responsabilità. Non siamo noi
quelli che non sono coerenti».
Grado conquista la sua ventunesima «Bandiera blu» -
RICONOSCIMENTO TURISTICO
GORIZIA Anche nel 2010 sui pennoni della città e delle
spiagge di Grado (provincia di Gorizia), tornerà a sventolare la Bandiera blu.
Infatti l’Isola del Sole si appresta a ricevere la ventunesima Bandiera
mantenendo così il suo primato di località balneare italiana che ne ha ottenute
più di tutte. Fino all’anno scorso il record era detenuto assieme alla ligure
Moneglia, per adesso non si sa ancora se quest’ultima località sarà nuovamente
contrassegnata da questo ambito riconoscimento tenuto in alta considerazione in
particolar modo dai turisti stranieri.
La comunicazione ufficiale delle località su cui far sventolare la Bandiera blu
sarà data domani alle 11 a Roma. Ma il fatto che il comune di Grado sia stato
invitato a partecipare all’incontro romano è evidente segno che anche quest’anno
l’Isola – si tratta di tutta la città, dalle spiagge, all’ambiente, alla laguna,
al centro storico, alle strutture ricettive – sarà fra le prescelte. È certo che
a Roma ci sarà pertanto un rappresentante del Comune. Nel frattempo, dopo
l’invito, c’è naturalmente molta soddisfazione per l’ennesimo riconoscimento.
L’amministrazione comunale preferisce aspettare fino a domani prima dei commenti
ufficiali ma la cosa, alla pari del resto di alcune altre località italiane che
ne hanno già dato notizia attraverso gli organi di stampa, è certa: Grado
riceverà per la ventunesima volta consecutiva la Bandiera blu assegnata
annualmente dalla Fee, la Foundation for Enviromental Educational che in Italia
ha come segretario generale il professor Claudio Mazza.
I parametri sui quali si basa la Fee per scegliere le località sono molteplici e
vanno dalla purezza delle acque, alle spiagge con le rispettive attrezzature
balneari, a tutto il resto con particolare riferimento al turismo sostenibile e
al rispetto dell’ambiente e dell’arredo urbano. In questo contesto vanno
inseriti – come segnala l’assessore Maurizio Delbello - anche i recenti
interventi in viale Dante e viale Europa Unita dove sono stati sistemati porfido
e avallamenti causati dalla radici degli alberi. Sono intervenuti operai di una
squadra che lavora a cottimo. E ci sono operai comunali, ma anche esterni, per
intervenire a sistemare altre situazioni come in via Caprin dove è stato messo a
posto il porfido o aggiunto dove mancava. «Un’altra squadra – spiega Delbello –
si occuperà della sistemazione del centro storico e di piazza XXVI Maggio».
L’assessore evidenzia inoltre che anche all’entrata di Grado si è provveduto
alla potatura degli alberi e alla sistemazione del terreno sottostante con
deposito di ghiaino. Messi a posto pure marciapiedi e vie laterali e inoltre
pulizia sotto gli alberi e pulizia dei lampioni.
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 maggio 2010
Acqua privatizzata, raccolte 6mila firme in sole due
settimane - SUCCESSO DELLA CAMPAGNA
UDINE Il traguardo di tappa in regione, in sole due
settimane di banchetti, è di 6mila firme contro l'acqua privatizzata. Più di un
terzo rispetto all'obiettivo finale, quota 15mila, da raggiungere entro il
limite massimo del 6 luglio, e un buon contributo, già adesso, a un totale
italiano che tocca le 200mila sottoscrizioni.
Prosegue anche in Friuli Venezia Giulia la raccolta di adesioni a sostegno del
referendum che chiede l'abrogazione delle norme che hanno introdotto la
privatizzazione dell'acqua in Italia. Alle 2.500 firme raccolte nei primi due
giorni dell'iniziativa sono seguite le 3.500 del ponte dell'1 maggio. Ogni fine
settimana, sul territorio regionale, il comitato promotore distribuisce i
banchetti. Spazio alle firme anche tra sabato e domenica: a Trieste in via Dante
e piazza Trento, a Gorizia in corso Italia nei giardini pubblici.
Il successo crescente della campagna, fanno sapere i referendari, è confermato
anche dal boom di contatti registrato su Facebook dal neo costituito gruppo
«Acqua bene comune Fvg», che in pochi giorni ha registrato oltre 1.600
iscrizioni. Sul gruppo e sull'apposito blog perlacqua.wordpress.it vengono tra
l'altro aggiornati i programmi di incontri e serate sul tema della
privatizzazione promossi in diverse località della regione da associazioni,
gruppi di cittadini e liste civiche.
Molto attivo pure il CeVi, Centro di volontariato internazionale, che ha
presentato recentemente a convegno a Udine un inedito studio europeo del
ricercatore Emanuele Lobina sulle conseguenze e i rischi della privatizzazione,
oltre a dare spazio a Paolo Lanari, direttore generale di Irisacqua, la società
pubblica di Gorizia. L'esperienza virtuosa della società isontina - nata nel
dicembre del 2005 e detenuta al cento per cento dagli enti locali (i 25 Comuni
della provincia), responsabile della gestione del servizio idrico integrato
della Provincia di Gorizia per un periodo di trent'anni a partire dal primo
gennaio 2006 - rischia di essere smantellato dai recenti provvedimenti normativi
sulla privatizzazione. Questo nonostante la gestione di Irisacqua, ricorda
Lanari, risponda a principi di managerialità ed efficienza, dal momento che i
ricavi vengono reinvestiti in infrastrutture e progetti a favore di tutti gli
utenti, e nonostante il piano di sviluppo pluriennale già approvato preveda 235
milioni di euro di investimenti in manutenzioni ordinarie e straordinarie e
progettazione di nuove opere.
(m.b.)
Ballaman bocciato dai suoi predecessori - Martini: «Per
l’uscita sul nucleare doveva avvisare l’ufficio di presidenza»
Tesini: «La sua carica lo esclude dalla dialettica
politica quotidiana». Compagnon: «Sbagliati posto e contenuti»
TRIESTE Dal Pd all’Udc: è un coro di bocciature quello che si alza nei
confronti dell’esternazione del presidente del Consiglio regionale Edouard
Ballaman sulla questione nucleare. Bocciatura che parte, senza alcuna posibilità
di riparazione, dai due suoi predecessori e si conclude con una netta
stronactura politica da parte dell’Udc Angelo Compagnon segretario regionale
dell’Udc, parlamentare e componente della maggioranza regionale del Popolo della
libertà.
Antonio Martini (Pd) è molto pragmatico. «È chiaro che ognuno - esordisce - fa
il presidente del Consiglio come vuole, a livello nazionale, ad esempio c’è Fini
che fa il capo di una corrente ed è il presidente della Camera». Poi ribalta la
situazione e pensa a come si sarebbe comportato lui nella posizione di Ballaman.
«Io prima di esprimermi ne avrei parlato con l’ufficio di presidenza prendendo
una decisione comune». «Certo c’è un altro aspetto che io reputo ancora più
grave del nucleare e se potessi glielo direi di persona a Ballaman ed è l’uscita
che ha fatto sulle bandiere da comperare per i 150 anni della Repubblica quando
ha affermato che qui se c’è un vessillo che dovrebbe sventolare è quello
austro-ungarico». «Ma siamo diventati matti - accentua un risentito Martini - il
Consiglio regionale fa parte dello Stato italiano, tutti abbiamo fatto un
giuramento».
Alessandro Tesini scende sul piano istituzionale dei regolamenti. «Nella scorsa
legislatura - spiega - con un voto pressochè plebiscitario abbiamo rivisto i
rapporti interni alla forma di governo tra consiglio e giunta e abbiamo
approvato un nuovo regolamento, legittimato dalla legge statutaria sulla forma
di governo, che prevede che il consiglio regionale rappresenta la comunità del
Friuli Venezia Giulia e il presidente del consiglio rappresenta il consiglio
regionale. Questo - spiega - ha notevolmente rafforzato il ruolo e la funzione
del consiglio e di conseguenza di colui che lo presiede». «Quindi - conclude
Tesini - bisogna stare dentro i confini tracciati da questo schema che
attribuisce al presidente un ruolo e una autorevolezza molto elevati nella
rappresentanza istituzionale, che non lo priva del diritto di avere un’opinione
personale e di esprimerla in modo acconcio quando è il caso, ma certo lo sottrae
alla dialettica politica quotidiana». «Se ci finisce dentro - conclude -
inevitabilmente indebolisce se stesso e l’istituzione che rappresenta». Quindi
piena insufficienza per Ballaman.
È su Ballaman è tagliente come un rasoio l’Udc Angelo Compagnon. «Un’uscita
inopportuna la sua - esordisce - fatta dal posto sbagliato e al momento
sbagliato, al di là dei contenuti su cui ognuno di noi ha le sue opinioni, ma
essendo presidente di un consiglio di una maggioranza che si sta coordinando e
gestendo su tutte le iniziative credo che se non avesse fatto la sua
esternazione sarebbe stato molto meglio». Una voce fuori del coro? «Mah, non
tanto fuori del coro, ma inopportuna, ripeto, fatta nel posto sbagliato, perché
parlava da presidente figura istituzionale, frutto di un accordo politico di
questa maggioranza».
MAURO MANZIN
MUGGIA - Laghetti delle Noghere pronti - Al via
l’affidamento dell’area
Concluse le operazioni di recupero Oggi biciclettata da
piazza Marconi con tappa finale al sito naturalistico
La tormentata vicenda del recupero dei laghetti delle Noghere potrebbe
essere giunta al termine: a giorni, infatti, dovrebbe essere perfezionato
l’affidamento in gestione dell’area. Questa mattina, intanto, in occasione della
prima Giornata nazionale della bicicletta promossa dal ministero dell'Ambiente
cui il Comune di Muggia ha aderito, la carovana dei ciclisti amatoriali in
partenza da piazza Marconi (ritrovo alle 10) guidata dal sindaco, Nerio Nesladek,
pedalerà fino al sito naturalistico.
In questa parte della valle delle Noghere, c’erano in passato cave di estrazione
dell’argilla che, una volta abbandonate, vennero ricoperte sia dall’acqua
piovana, sia dalle tracimazioni del vicino Ospo, che rinaturalizzarono
l’ambiente. La spontanea rinascita ambientale è tuttavia andata di pari passo
con lo scarsissimo senso ecologico e con la maleducazione di molti che ne fecero
una discarica a cielo aperto. I primi interventi di pulizia e la prima ipotesi
di farne un'oasi naturalistica risalgono agli anni '80, ma solo nel 2003 la
Regione stanzia 50mila euro per la risistemazione dell’area. L’iter si arena
subito perché il Comune di Muggia non ha titolo a procedere visto che il sito
ricade nella competenza territoriale dell'Ezit. Altri mesi, poi si arriva
all'accordo: in cambio di 37mila euro dilazionati in 12 anni, il Comune ottiene
i quasi 100mila metri quadrati in cui sono inseriti i laghetti. Sono una decina,
il più profondo ha 7 metri, il più largo 165. Il Comune di Muggia brucia le
tappe e un anno fa, dopo aver ripulito, sistemato e attrezzato l'area prepara
l'inaugurazione. Arriva invece la doccia fredda: un inatteso intervento
dell'Enel sconvolge il territorio appena sistemato con scavi e lavori e
costringe a una nuova operazione di ripristino. Che si è conclusa alcune
settimane fa e che oggi verrà presentata ai cittadini. Con finanziamenti del
progetto Kras Sesana, i laghetti verranno lambiti dal percorso della pista
ciclopedonale che dalla Parenzana in Comune di Muggia porterà al territorio di
San Dorligo.
(g.l.)
Poligono di Sgonico, scontro Comune-Regione - L’aula:
«Inammissibile l’uso militare in un’area naturalistica». Seganti: «Critiche
tardive»
DOPO LA FIRMA DEL DISCIPLINARE D’USO CHE PREVEDE FINO A
42 GIORNATE DI ATTIVITÀ
SGONICO Un’area addestrativa militare in una zona naturalistica protetta?
No, grazie. Si è espresso così il Consiglio comunale di Sgonico che, nella sua
ultima riunione, ha manifestato aperta contrarietà al disciplinare d’uso
relativo al poligono posizionato tra Sgonico e Monrupino, appena sottoscritto da
Esercito e regione. Regione che, attraverso l’assessore Federica Seganti,
replica alle critiche del territorio ricordando come «i disciplinari siano stati
redatti dopo un capillare coinvolgimento di sindaci e Comuni. Eventuali
obiezioni, quindi, avrebbe dovuto essere manifestate prima».
Al centro della disputa, come detto, il futuro del poligono inserito nel sito
Natura 2000 “Carso triestino e Goriziano” e nella “Riserva naturale di Monte
Lanaro”, aree Sic e Zps posizionate nei comuni di Monrupino e Sgonico. Il
disciplinare d’uso, ratificato dal comandante militare regionale, il generale
Sebastiano Giangravè, e dall’assessore alla Pianificazione e Sicurezza Seganti,
prevede 42 giorni all’anno di attività di tiro (esclusi i mesi di luglio e
agosto), quattro giorni al mese per i settori appiedati (plotone o squadra), con
utilizzo riservato a pistole calibro 9, 5.56, 7.62 e per un massimo di 200
grammi di esplosivo giornalieri. Indicazioni ritenute irricevibili
dall’amministrazione di Sgonico. «L’area è situata nella zona Zps, normata dai
rigidi vincoli europei e regionali previsti per le aree di interesse
comunitario, che impediscono persino ai residenti e ai proprietari dei terreni
di usufruirne liberamente - hanno spiegato in un comunicato congiunto gli
assessori Nadia Debenjak e Monica Hrovatin -. L’uso militare della zona di
interesse naturalistico è quindi in netto contrasto con tale normativa».
La presa di distanza dal disciplinare è passata in aula senza i voti del Pdl-Udc.
«Noi non siamo stati convinti dalle tesi “ambientaliste” tout court del sindaco
Sardoc - commenta il capogruppo Denis Zigante -, anche perché nel disciplinare è
chiaramente detto che se l’area dovesse essere interessata a programmi di
valorizzazione della zona tali da compromettere la possibilità di esecuzione
delle attività di fuoco, il comando si attiverebbe per il trasferimento del
poligono».
Fin qui l’amministrazione di Sgonico. Ma anche il Consiglio comunale di
Monrupino dovrà a breve pronunciarsi sul disciplinare del poligono, visto che la
maggior parte dell'area rientra entro i confini del proprio territorio. E al
pari di quanto accaduto nel vicino Comune, la probabilità che la valutazione sia
positiva è praticamente nulla. «Il poligono è assolutamente incompatibile con le
funzioni del territorio e con le direttive Cee tese alla tutela della fauna e
della flora nonché alla fruizione ecocompatibile dello stesso - si legge in una
delibera di giunta che approderà presto in aula -. Inoltre, essendo
inaccessibile a persone estranee durante l’attività addestrativa, penalizza
l’attività agricola svolta dalla cittadinanza». Il Comune, a meno di clamorosi
dietrofront, chiederà dunque alla regionale di «adoperarsi presso il ministero
della Difesa e le altre autorità militari affinché il poligono in totale
contrasto con le funzioni del territorio ove è ubicato venga definitivamente
soppresso».
«Perchè queste obiezioni non sono state esposte prima? - ribatte Federica
Seganti -. I disciplinari sono stati redatti dopo aver raccolto le osservazioni
dei territori di tutta la regione, ma in relazione al poligono del Carso finora
non erano state mosse critiche. Terremo naturalmente conto delle opinioni di
Sgonico e Monrupino, ma non potremo accoglierle se non nel prossimo futuro, cioè
in sede di nuova programmazione. Quanto al merito delle contestazioni - conclude
Seganti -, credo si tratti di preoccupazioni eccessive. Il disciplinare parla di
un massimo di 42 giornate di utilizzo, ma nella pratica l’attività di ridurrà a
meno di un mese».
(r.t.)
Fiume, bomba ecologica nel pozzo nero - Filtrati nel
sottosuolo 150 mila metri cubi di liquidi tossici. Possibile presenza di
diossina
LA DENUNCIA DEGLI AMBIENTALISTI A SOVJAK. SERVONO 30
MILIONI DI EURO PER LA BONIFICA
Gli attivisti di una delle più battagliere associazioni ambientaliste del
Fiumano, la Lista degli Smokvari, sono stati chiari: «Il pozzo nero di Sovjak,
ad un paio di chilometri da Fiume – hanno detto in conferenza stampa –
rappresenta una bomba ecologica che potrebbe deflagrare tra qualche anno.
Secondo i nostri calcoli, circa 150 mila metri cubi di liquidi tossici sono già
filtrati nel sottosuolo e fra cinque, dieci o vent’anni, finiranno nelle acque
di mare antistanti la fascia che va dal rione fiumano di Cantrida ad Abbazia».
«Forse siamo già arrivati al punto di non ritorno. Le autorità del comune di
Viskovo (la discarica si trova in questa municipalità dei dintorni di Fiume,
n.d.r.) e il ministero dell’ Ambiente dovrebbero darsi da fare, risanando la
fossa, dove per decenni sono stati scaricati rifiuti liquidi e solidi,
provenienti dalla raffineria fiumana, dal cantiere Tre Maggio, dall’ex cokeria
di Buccari, da privati».
Il pozzo di Sovjak, che ha “inghiottito” materiale di ogni tipo dal 1956 al
1989, anno della sua chiusura, è indicato dal dicastero tra i nove punti neri in
Croazia. Per il suo risanamento si parlava anni fa di una cifra intorno ai 30
milioni di euro, ma tutto lascia supporre che ci vorranno diversi milioni in
più. Ne è convinto anche il ministero dell’ Ambiente, fattosi immediatamente
vivo dopo l’ incontro stampa degli ecologisti quarnerini.
«Sarà un risanamento molto costoso – si legge nel comunicato del dicastero – che
potrà essere portato a termine solo con i fondi comunitari, a disposizione non
appena la Croazia entrerà a far parte dell’Unione europea. In pratica, gli
interventi non potranno cominciare prima del 2012 o del 2013. Fino a quel
momento, dovrà essere pronta la documentazione progettuale per il risanamento di
Sovjak.
Non è mancata una smentita a quanto affermato dagli ambientalisti, giunta dalla
municipalizzata fiumana Cistoca (Nettezza urbana), che fino a cinque anni fa
gestiva la discarica, ora sotto le competenze del ministero dell’ Ambiente.
«In base ai nostri rilevamenti, non c’è mai stato l’inquinamento delle
sottostanti falde imbrifere. Il fondale del pozzo nero è costituito da residui
solidi della raffineria fiumana, che non sono porosi e non permettono pertanto
ai liquidi di terminare nel sottosuolo. La Cistoca aveva preparato tutti i
documenti per dare avvio al risanamento della fossa, ma non se ne fece nulla
perché la gestione della discarica passò al ministero».
Secondo l’attivista della Lista degli Smokvari, Stanko Kacic, il pericolo non è
rappresentato unicamente dal terreno di natura carsica, che avrebbe favorito
l’infiltrazione.
«C’ è un muro di omertà attorno a Sovjak – ha detto ai giornalisti – ma lo sanno
tutti che in quasi ogni seconda famiglia che abita nelle vicinanze del pozzo
nero, vi è qualcuno malato di tumore. Andrebbe fatto uno studio approfondito
sulla questione, ma purtroppo la verità scotta e le competenti autorità evitano
di dire che nella discarica sono presenti anche quantitativi di diossina,
sostanza tossica pericolosissima».
ANDREA MARSANICH
Rigassificatore, i croati entrano nella società -
Zagabria convince Ina, Plinacro ed Hep a trattare. Nel 2011 l’inizio dei lavori
a Veglia
FIUME Scrollone al progetto del rigassificatore di
Castelmuschio (Omisalj), isola di Veglia, dopo che finalmente si sono mosse le
tre aziende croate destinate a far parte di Adria Lng, il consorzio
internazionale preposto a costruzione e gestione del megaimpianto.
Era da un anno e mezzo che la società petrolifera Ina, il distributore di gas
nazionale Plinacro e l’Azienda elettrica statale (Hep), stavano tentennando in
relazione all’entrata nel gruppo Adria Lng, atteggiamento che di fatto bloccava
la realizzazione del progetto. Un’indecisione (non ci sono conferme ufficiali in
merito) causata probabilmente dal dovere spendere una grossa cifra – si parla di
circa 250 milioni di euro – per l’apprestamento del terminal.
Messe però alle strette dal ministero dell’Economia croato, le tre imprese hanno
inviato altrettante lettere d’intenti ad Adria Lng, dicendosi pronte a
intavolare trattative per l’entrata nel gruppo internazionale.
Le missive costituiscono una vera accelerata al progetto, mossosi dal punto
morto di questi ultimi tempi. Prossimamente saranno avviate le pratiche per
l’ottenimento del permesso di costruzione, che dovrebbe diventare realtà entro
la fine dell’ anno.
I lavori potrebbero cominciare insomma nel 2011 e concludersi quattro anni dopo,
nel 2015. Lo “scadenziario” dell’opera prevede, a licenza di costruzione
rilasciata, i primi passi della documentazione progettuale e più in là l’iter
per arrivare all’appaltatore principale, che sarà scelto tramite gara
internazionale. L’Ina, l’Hep e la Plinacro avranno il 25 per cento della quota
di proprietà del consorzio Adria Lng.
Per il momento i rapporti di forza sono i seguenti: dopo che nell’ottobre dell’
anno scorso si era ritirata la tedesca Rwe, le altre componenti avevano
assorbito la sua quota ed ora la tedesca E.On Ruhrgas detiene il 39,17 per
cento, l’ austriaca Omv il 32,47, la francese Total il 27,36, mentre a recitare
la parte di Cenerentola è la slovena Geoplin, con l’1 per cento.
In riferimento al pacchetto croato, il governo della premier Jadranka Kosor ha
dato disposizione alla Plinacro e all’Hep di formare il mini consorzio Lng
Croazia, con la quota dell’ 11 per cento, mentre all’Ina spetterà il rimanente
14 pc.
Il maxistabilimento isolano costerà circa 800 milioni di euro, ai quali si
dovranno aggiungerne altri 200 per l’approntamento del gasdotto. Secondo gli
esperti, il rigassificatore avrà una movimentazione annua da 10 a 15 miliardi di
metri cubi di metano, ricoprendo così un’importanza fondamentale per le sorti
energetiche della Croazia. L’obiettivo, e non lo si scopre oggi, è di
affrancarsi parzialmente dal gas russo che – attraverso il territorio ucraino –
arriva in Croazia. Zagabria non intende infatti rinunciare del tutto al metano
russo, ma vuole darsi un ampio spazio di manovra, per non vedersi soffocata da
eventuali crisi, bisticci e blocchi vari.
Come da noi più volte scritto, il terminal Lng a Castelmuschio non trova più
ostacoli presso le autonomie locali e a Palazzo regionale, convinti
dall’apertura di posti di lavoro e da un futuro energetico migliore. Contrari o
almeno scettici gli ambientalisti quarnerini e istriani, che vedono nel
rigassificatore una minaccia ecologica.
Andrea Marsanich
Linea ferroviaria diretta fra Budapest e il porto di
Fiume - TRASPORTO CONTAINER
FIUME Confermato in via definitiva che ai primi di giugno
cominceranno i viaggi sulla linea diretta per Budapest del primo block-train, o
treno-blocco, in partenza dallo scalo portuale fiumano alla volta della capitale
ungherese. La prima partenza di questa “navetta ferrovaria” avverrà fra poco
meno di un mese dallo scalo contenitori di Brajdica, riattivando in pratica un
servizio tuttomerci sulla tratta Fiume-Budapest interrotto più di due decenni
fa, quando sull’ex Jugoslavia si addensava la tempesta del conflitto e della
dissoluzione.
Stando a quanto confermato da Goran Manfreda, a capo della “Jadranska vrata”, la
concessionaria del terminal container di Brajdica per conto dell’Azienda
portuale fiumana, la partenza alla volta della capitale magiara del
treno-navetta (ora solo container) è stata fissata per le 20,30 di lunedì 7
giugno. Il giorno successivo, più o meno alla stessa ora, il carico di
contenitori partito dallo scalo sulla riva sinistra della foce della Fiumara
verrà preso in consegna dai terminalisti della BILK, l’area di deposito e
smistamento alla periferia di Budapest. A detta del direttore di “Jadranska
vrata”, tutto il possibile è stato predisposto affinchè la durata del percorso
sia contenuta nell’arco delle 24 ore, ossia 4 in meno rispetto al collegamento
sospeso nel 1988. Per adesso far scendere ulteriormente la durata del viaggio è
un traguardo praticamente irraggiungibile. E non soltanto per le condizioni
della verticale ferroviaria tra Fiume e l’hinterland danubiano, specie nel
tratto impervio che dal Quarnero s’inerpica sull’altopiano retrostante del
Gorski kotar.
A condizionare il tempo di percorrenza sono infatti anche le formalità imposte
dalle norme che delimitano l’area di Schengen, ossia i controlli obbligatori e
gli avvicendamenti (motrici, vagoni) previsti per varcare i confini Ue.
Nonostante gli accordi intercorsi fra autorità croate e magiare, con la massima
buona volontà di entrambe le parti, meglio di così non è stato possibile fare.
«Anche così, tuttavia – come sottolinea il presidente di Luka Rijeka, l’Azienda
portuale fiumana, Denis Vukorepa – mantenere entro le 24 ore la durata del
collegamento fra il terminal container fiumano e l’area di stoccaggio alla
periferia di Budapest è già un risultato notevole. E assolutamente
concorrenziale, dal momento che per coprire il tragitto da Capodistria alla
capitale magiara si impiegano attualmente sulle otto ore in più».
Da aggiungere, infine, che lo “shuttle” ferroviario Fiume-Budapest partirà con
il suo assortimento di Teu dallo scalo marittimo quarnerino una volta alla
settimana (ogni lunedì). Il viaggio in senso inverso avverrà invece il giovedì.
(f.r.)
Adriatico e Ionio si ”parlano” e invertono la
circolazione delle acque
IL FENOMENO SI RIPETE OGNI 7-10 ANNI: È STATO SCOPERTO
DAI RICERCATORI DELL’OGS
Adriatico e Ionio non sono solo due entità adiacenti sulla carta geografica.
Attraverso gli scambi allo Stretto di Otranto, i due mari interagiscono e
formano il motore della circolazione termoalina del Mediterraneo Orientale. Ma
c'è una particolarità, rilevata dai ricercatori del Dipartimento di oceanografia
(Oga) dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - Ogs:
le acque di questi due mari si mescolano e invertono ciclicamente - ogni 7-10
anni - la circolazione di questa parte del Mediterraneo. Adriatico e Ionio, in
altri termini, si ”parlano” e con la loro interazione influenzano probabilmente
tutto il Mediterraneo orientale.
A proporre questa teoria sono Miro Gacic, Giuseppe Civitarese, Vanessa Cardin e
Sadegh Yari- di Ogs, assieme a Gian Luca Eusebi Borzelli di Telespazio Spa. Lo
schema della circolazione del Mediterraneo proposto dai ricercatori Ogs e
battezzato col nome di Bios (Sistema oscillatorio bimodale adriatico-ionico) si
basa su ricerche e osservazioni effettuate dal 1985 al 2008. Nel 1997 fu
documentata per la prima volta un'inversione della circolazione superficiale del
Mar Ionio, causata dal flusso cospicuo di acque dense provenienti dal Mar Egeo.
Un evento anomalo che sconvolse la circolazione dell'intero Mediterraneo
orientale.
Da lì l'ipotesi formulata oggi dai ricercatori Ogs che una simile inversione
fosse il risultato di una oscillazione periodica, possibile anche senza
l'apporto di acque egee. L'ipotesi è stata confermata e pubblicata sulla rivista
internazionale ”Geophysical Research Letters”.
La salinità e la densità dell'acqua dell'Adriatico meridionale, che influenza le
acque profonde dello Ionio e del Mediterraneo orientale, mostrano una
variabilità su base decennale. Tale variabilità induce dei cambiamenti nel
livello del Mar Ionio, e quindi ne modifica la circolazione.
Spiega Miro Gacic: «Fino al 1996 la circolazione dello Ionio procedeva in senso
orario: l'acqua di origine atlantica penetrava nello Ionio entrando in
Adriatico. Dal 1997 al 2006 c'è stata un'inversione completa in senso
antiorario: l'Adriatico è stato "alimentato" con acqua proveniente dal
Mediterraneo orientale. In questi ultimi anni, però, la circolazione del Mar
Ionio è tornata ad essere in senso orario». «Dipende soprattutto dalla
concentrazione salina - sottolinea Gacic -. Le acque provenienti da Est, cioè
dal Mar Levantino ed Egeo, sono più salate di quelle provenienti dal
Mediterraneo Occidentale e dall'Atlantico. Quando lo Ionio inverte la
circolazione induce importanti cambiamenti a catena. La mescolanza ciclica delle
acque comporta anche una redistribuzione delle sostanze nutritive e degli
organismi planctonici e superiori in Adriatico».
Aggiunge Giuseppe Civitarese: «Quando la circolazione dello Ionio è anti-oraria
organismi marini tipici del Mar Egeo e Levantino entrano in Adriatico.
Viceversa, con la circolazione oraria dello Ionio, in Adriatico arrivano
organismi tipici del Mediterraneo Occidentale e dell'Atlantico. Un esempio è
dato dalla Muggiaea atlantica, un invertebrato gelatinoso rinvenuto per la prima
volta in Adriatico al largo di Dubrovnik (Croazia) nel 1995».
SEGNALAZIONI - Corridoio 5 - TRASPORTI
Legittimo ed interessante che un docente difenda sul
giornale la bontà di una propria eventuale consulenza per una grande opera.
Purché informi il pubblico che egli ne è l’autore. Ricordo il prof. Torbianelli
difendere appassionatamente nel 2005-2006 (all’interno di un forum dei Ds di cui
ero ospite) il lunghissimo percorso in galleria del Corridoio5. E mi sembra che
in quella occasione egli non avesse precisato di avervi contribuito con il
proprio lavoro. Ora, 5 maggio, leggo che egli polemizza garbatamente con
Assoporti, spezzando la sua lancia a favore del «capitale privato che investe in
infrastrutture»; leggi: il progetto Unicredit, che privilegia il traffico
container a Monfalcone mettendo da parte le gallerie del famoso Corridoio5. Mi
domando se non sarebbe giusto che gli intellettuali - che ”si spendono”
pubblicamente - ci informassero a proposito della loro eventuale posizione di
consulenti, magari di progetti antitetici a pochi anni di distanza. Stiamo
parlando di scelte significative per la nostra città. L’opinione pubblica cerca
punti di riferimento indipendenti e spassionati. Non dobbiamo deluderla.
Livio Sirovich
SEGNALAZIONI - Rive senza progetti - URBANISTICA
Museo del mare? Acquario? Sfilate di moda? Galleria
d’arte? Cos’altro ancora? È una decina d’anni che queste proposte si rincorrono
a suon di milioni senza trovare una soluzione definitiva per l’ex pescheria dopo
che è stata svuotata come un’ostrica. Ma non si poteva progettare, decidere e
finanziare «prima di usare il piccone»? Ah già! Siamo nella città del: se pol! E
già che ci siamo, visto che l’ipotesi dell’acquario era già stata avanzata
all’epoca di Pippo il pinguino (che era la più ovvia), perché non completare
anche l’annoso piano del traffico e soprattutto dei parcheggi, prima di pensare
a un museo che dovrebbe richiamare 700 mila visitatori l’anno almeno per potersi
mantenere? E dove li metteremmo a dormire e mangiare e soprattutto a
parcheggiare i loro pullman e automobili per visitare questo doppione del Museo
del mare di Genova? In via Diaz, Madonna del Mare, Mercato Vecchio? Ricordate le
code asfissianti di veicoli sulle Rive in attesa di imbarcarsi sui traghetti per
la Grecia? E non c’erano ancora tutte quelle belle aiuole e dissuasori di
adesso. E che dire dei tre stadi di calcio (3!) per una squadra che fatica a
restare in serie B? Cattedrali nel deserto le ha definite qualche cinico
antisportivo. Vogliamo un’altra cattedrale sulle Rive?
Bruno Benevol
IL PICCOLO - SABATO, 8 maggio 2010
«Rigassificatore, Cosolini incoerente» - Il sindaco:
qualcuno pensa di guadagnare consenso cambiando idea
DIPIAZZA INTERVIENE DOPO IL NO DEL SEGRETARIO PD
ALL’IMPIANTO DI ZAULE
«Per aspirare a governare una città importante come Trieste bisogna
dimostrarsi persone serie e coerenti, e non dei politicanti pronti a cambiare
idea da un giorno all’altro», Queste le parole di Roberto Dipiazza a commento di
quanto dichiarato giovedì dal segretario del Pd Roberto Cosolini rispetto alla
contrarietà del Partito democratico stesso sul rigassificatore di Zaule. «Il
voltafaccia fatto dal segretario del Pd sul rigassificatore - attacca il sindaco
- è un segno di mancanza di serietà in primo luogo nei confronti dei cittadini,
i quali vorrebbero trovarsi di fronte a forze politiche che presentano programmi
chiari e non suscettibili di modifiche dal giorno alla sera». «Non possiamo
dimenticare - continua Dipiazza - che proprio la giunta regionale precedente, di
cui Cosolini ha fatto parte, è stata la prima sostenitrice del rigassificatire.
Oggi, ad un anno delle elezioni, qualcuno pensa di guadagnare un po’ di consenso
cambiando radicalmente idea rispetto al passato. Sappiamo comunque come
funziona, conosciamo il trucco: all’indomani delle elezioni, nel caso di
vittoria, il Pd cambierà ancora una volta idea in base all’ultima pensata del
suo simpatico segretario e ci diranno che è giusto fare il rigassificatore per
lo sviluppo della città. Peraltro ci sono dei precedenti: come quello di
Vicenza, dove il centrosinistra ha costruito la propria vittoria, alle ultime
comunali, dichiarandosi contrario alla costruzione della base americana per poi
invece continuare nel progetto, dopo aver indetto un referendum farsa il cui
esito non è servito a nulla. Ma se pensano di far così anche a Trieste con il
rigassificatore credo che non percorreranno molta strada». «Macché incoerenza -
è la controreplica dello stesso Cosolini - la realtà è che, ai dubbi e alle
preoccupazioni della città, andavano date risposte. L’azienda (Gas Natural, ndr)
non è stata in grado di darle, queste risposte. E il sindaco non ha fatto nulla
per incalzarla, continuando solo a parlare di improbabili royalties. Un
atteggiamento inconcludente, a quanto ci risulta, come sul Parco del mare, sul
Centro congressi e su altro ancora». La freschissima presa di posizione del capo
del Pd, intanto, scatena l’applauso di Alfredo Racovelli, consigliere comunale
dei Verdi: «Apprezziamo la chiarezza di Cosolini. La dichiarazione di
contrarietà, infatti, prevede finalmente un’iniziativa politica che si distingue
e si qualifica da quella del Pdl, elemento importante e non marginale, perché
troppo spesso le posizioni delle due coalizioni sui temi strategici quali le
grandi opere e le politiche energetiche coincidono, o per meglio dire si
appiattiscono a prescindere».
«L’acqua è diritto fondamentale» - DELIBERA A MONRUPINO
MONRUPINO «Riconoscere nel proprio Statuto comunale il Diritto umano all'acqua». E' uno dei passaggi fondamentali della delibera approvata all'unanimità durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di Monrupino. «Il diritto all'acqua è un diritto inalienabile: l'acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì un bene condiviso equamente da tutti, così come l'accesso all'acqua deve essere garantito a tutti», recita il testo. L'amministrazione comunale retta dal sindaco Mirko Pisani con l'appoggio dell'opposizione si è formalmente impegnata a promuovere nel proprio territorio una cultura di salvaguardia della risorsa idrica e a opporre un forte contrasto al crescente uso delle acque minerali ed incentivare la promozione dell'uso dell'acqua per usi idropotabili, a cominciare dagli uffici, dalle strutture pubbliche e dalle mense scolastiche. Impegnandosi a dare un'informazione puntuale alla cittadinanza sulla qualità dell'acqua con pubblicazione delle analisi chimiche e biologiche il Consiglio comunale ha infine chiesto alla giunta Regionale di «attivarsi nei confronti del Governo perché nell'emanazione dei regolamenti attuativi sull'acqua si tenga conto delle condizioni di efficienza nella gestione del servizio e di prevedere gli strumenti per l'attivazione e il rafforzamento del controllo della vigilanza sulla qualità».
(r.t.)
Nucleare, la Lega sconfessa Ballaman - Fontanini:
«Impensabile una centrale in regione». Il Pdl: «Se fa politica, si dimetta»
«Svolga un ruolo super partes oppure se ne vada Non se
ne può più di queste figure...» - «Ha la smania di apparire Ma ora basta: una
mozione farà chiarezza»
Il diretto interessato organizza una missione a Krsko Tondo: «Nessun conflitto».
Ma tutti gli altri attaccano
TRIESTE Edouard Ballaman, ”reo” di aver aperto le porte ad una centrale
nucleare nel ”giardino di casa” seppur in cambio di bollette superscontate, si
ritrova accerchiato: piove il fuoco nemico del centrosinistra, quello amico di
Pdl e Udc, ma piove soprattutto il fuoco ”domestico”. La Lega, sul ritorno
all’atomo, non perdona nemmeno il suo presidente: «Idee sue, solo sue,
personalissime. Il partito e il gruppo consiliare non hanno mai affrontato la
questione. E comunque una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia, anche per
il rischio sismico, è impensabile» scandisce Pietro Fontanini. Il segretario
regionale, subito dopo, infila la battuta: «Speriamo che non si stia andando
verso una ”sindrome Fini” a livello regionale».
L’accostamento con il grande ribelle di Montecitorio fa breccia: Ballaman, ex
questore della Camera e quasi ex tutore dei minori con pochette verde, pistola e
stuzzicadenti anti-ritardatari ma niente più auto blu, ama spiazzare. Da sempre.
Stavolta, però, non fa arrabbiare solo l’opposizione. Isidoro Gottardo,
coordinatore regionale del Pdl, sbotta a muso duro: «Non se ne può di presidenti
con ruoli istituzionali super partes che esternano e fanno politica». Peggio:
complicano la vita a chi, come Renzo Tondo, si ritrova non solo a dover
governare, ma anche «a rimediare a poco ponderate esternazioni». Morale? «Ballaman
smetta di fare politica o si dimetta». Nemmeno Edoardo Sasco, capogruppo
dell’Udc, risparmia le critiche: «Non convido né nella forma né nella sostanza.
Ballaman, intervenendo come presidente del Consiglio, non può sconfessare ”a
titolo personale” quello che l’aula ha votato». Nel mirino, ancor più che la
centrale nucleare, le celebrazioni sull’unità d’Italia oggetto di una mozione
targata Udc: «Come si permette di dire che sono uno spreco e che, semmai,
dovremmo innalzare il vessillo austro-ungarico? Lo innalzi a casa sua, se ci
tiene...».
Ma, mentre il ”rifondatore” Igor Kocjancic ironizza sulla «schizofrenia della
maggioranza» e su un Gottardo che si improvvisa «Berlusconi locale» e il
”vendoliano” Fulvio Vallon accusa il centrodestra di essere «vassallo del
Cavaliere», l’arbitro di piazza Oberdan finito ”sotto processo” non arretra:
«Non sono favorevole a priori, ma voglio che i cittadini valutino, si esprimano
direttamente, magari con un un referendum». Il centrodestra, con Tondo in prima
fila e Fontanini assolutamente in sintonia, boccia una centrale in Friuli
Venezia Giulia e sposa una partecipazione regionale al raddoppio di Krsko?
Pazienza. Lui, il ”ribelle” di piazza Oberdan, difende le sue pur personali
opinioni: «Non voglio delegittimare nessuno, men che meno il presidente Tondo
che sta facendo un ottimo lavoro, e non voglio scontri. Certo, però, mi pare una
contraddizione dire che non si può fare una centrale da noi per il rischio
sismico quando a pochi chilometri, a Krsko, una centrale già c’è».
E quindi, nonostante gli anatemi, Ballaman va avanti. Contatta il console
sloveno di Trieste Ingrid Sergas, la vedrà a meno di sorprese giovedì, e
preannuncia una spedizione a Krsko Per verificare sul campo quel che succede in
terra slovena. In terra triestina e friulana, di sicuro, si scatena un putiferio
politico. «Le stravaganze di Ballaman, dettate dalla sua mania di protagonismo,
mettono in evidenza una mancanza di equilibrio e imparzialità» denuncia, con
Gianfranco Moretton, il Pd. Non solo parole, però: «Presenteremo una mozione per
definire innanzitutto se il presidente del Consiglio può prevaricare competenze
esclusive del governatore, della giunta e del Consiglio stesso». Italia dei
valori, con Alessandro Corazza, dà man forte: «Siamo letteralmente sbalorditi.
Ma Ballaman, spiazzando lo stesso Tondo, ha rivelato le reali intenzioni della
maggioranza e, con le sue dichiarazioni, ha iniziato a preparare i cittadini
all’idea di doversi accollare una centrale nucleare». I Cittadini, con Piero
Colussi e Stefano Alunni Barbarossa, infieriscono: «Che Ballaman entri a gamba
tesa nel dibattito politico, non è storia di oggi. Ma l’esplicita apertura
all’ipotesi di una centrale nucleare si configura come l’attacco più
destabilizzante per Tondo e il centrodestra dell’intera legislatura». Il
presidente della Regione, in verità, è il più soft. Incontra Ballaman e, al
termine di «un colloquio cordiale», minimizza: «Non c’è contrapposizione tra di
noi sulla collaborazione con Krsko che, lo ribadisco, è l’unica ipotesi che la
giunta regionale prende in considerazione». Chissà se la trasferta slovena,
almeno quella, convincerà davvero l’inquilino di piazza Oberdan...
ROBERTA GIANI
IL PICCOLO - VENERDI', 7 maggio 2010
Cosolini: sì al superporto, no al rigassificatore - Il
segretario Pd: contro il declassamento della città ecco le proposte da discutere
con la coalizione in vista del 2011
Sì al progetto Unicredit per il superporto e no al
rigassificatore. Città universitaria, green economy e riqualificazione del sito
inquinato per rilanciare l’occupazione. Questi, a grandi linee, sono i punti
salienti della ricetta di Roberto Cosolini per il futuro di Trieste. Il
segretario provinciale del Pd, infatti, ha presentato ieri le sue proposte di
programma in un incontro pubblico molto partecipato: «Come segretario di un
partito aperto è mio dovere esporre le mie proposte non solo agli iscritti -
dice - ma a tutta la città. Così che queste idee vengano discusse assieme alla
coalizione in vista delle elezioni del prossimo anno».
E che l’incontro fosse una prova tecnica per il 2011 l’ha dimostrato il pubblico
in sala: oltre ai compagni di partito, erano presenti gli alleati dell’Italia
dei Valori, il rettore Francesco Peroni, il presidente dell’Autorità portuale
Claudio Boniciolli, l’ex direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli.
Cosolini propone un programma a tutto campo contro quello che ha definito il
«declassamento in corso» di Trieste: «Dobbiamo rilanciare i collegamenti per
merci e persone – spiega – e in tale ottica dire sì all’idea di Unicredit, pur
entrando nel merito del progetto: i tempi della piattaforma logistica hanno
dimostrato che le infrastrutture non si fanno con il solo finanziamento
pubblico».
Secondo Cosolini il progetto va accompagnato da un’adeguata riforma
istituzionale: «Penso a un’Autorità portuale regionale o, perché no, alla
Provincia unica assieme a Gorizia». Cosolini si è pronunciato per un no deciso
al rigassificatore di Zaule: «L’azienda è palesemente poco propensa a trattare
con il territorio su un argomento tanto importante per la nostra sicurezza –
afferma – se mai si dovesse fare un rigassificatore, non sarà in quel luogo».
Sottolineata l’importanza della ricerca e dell’università: «Bisogna far quadrare
le risorse che abbiamo a disposizione, ovvero le grandi imprese, la ricerca e il
sistema formativo – dice - Penso ad esempio a un patto formativo per realizzare
una scuola delle assicurazioni che mantenga Allianz e Generali in città. Trieste
deve essere città universitaria e post universitaria». Da qui il rilancio
sull’occupazione: «Non esiste un’idea precisa per il dopo Ferriera – prosegue –
ma l’impresa che vale di più oggi è la green economy: bisogna creare una filiera
produttiva per la ricerca triestina».
Non mancano le direttive per il rinnovamento della qualità urbana: «Ci sono
alcune aree strategiche da trasformare – dice – Campo Marzio deve essere un
punto di rilancio urbanistico, così come le Rive e Porto Vecchio, ma dobbiamo
pensare anche a ciò che manca nelle periferie. Per la rinascita turistica e
culturale vanno valorizzati luoghi storici come il parco di san Giovanni e i
cimiteri delle confessioni». Appello anche per un grande evento che segni
l’auspicata rinascita della città («Serve un’idea: mettiamo dieci grandi menti
dell’impresa e della cultura attorno a un tavolo») e per la tutela dei diritti
delle persone e delle imprese. Infine Cosolini non ha lesinato critiche alla
giunta Dipiazza: «Il caso del Parco del mare è paradigmatico ma non è l’unico –
sottolinea – non mi capacito di quei 10 milioni di euro fermi in Regione per la
caratterizzazione del sito inquinato. Così come non capisco la stasi della
piattaforma logistica. Inoltre mi preoccupa l’allergia che il centrodestra
regionale, a egemonia Lega-Friuli, dimostra verso Trieste. La città è ormai
isolata dal Paese e dall’Europa».
Giovanni Tomasin
Molo VII da ampliare, i fondali sono inquinati - Si
rischiano tempi prolungati e costi più alti per il potenziamento delle strutture
L’AREA AL CENTRO DEI PROGETTI DI UNICREDIT E TMT
Zerbini: non siamo responsabili per quella zona Maresca: ipotizzabile una
concessione di maggiore durata se vi fossero ulteriori oneri da sostenere
Li avevano grattati, scopo analisi, dal 2009. Ma ne hanno conosciuto lo
stato di salute solo in questi giorni. E il responso - non ufficializzabile
essendo ancora in mano all’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale di Roma, dopo la prima validazione dell’Arpa - è tale da
sfocare, più di quanto già non lo siano, le prospettive di rilancio portuale,
tra tempi che rischiano di allungarsi e circuiti burocratici che rischiano di
saltare per sovvraccarico d’incertezza. Il responso è che i fanghi dei fondali
davanti al Molo VII sono - per dirla alla Claudio Boniciolli, il numero uno
dell’Authority, che ha commisssionato carotaggi e caratterizzazioni - «in
qualche posto di più, in qualche posto di meno, particolarmente contaminati da
sostanze nocive citate nel decreto Ronchi». Una tegola, se è vero che
l’allungamento del Molo VII, oggetto di due proposte griffate Maneschi e
Unicredit, rappresenta proprio la chiave di quest’auspicato rilancio portuale.
Gli indiziati - altro non fosse per il fatto che lo specchio analizzato è ai
confini Nord della zona industriale - sono idrocarburi e metalli pesanti.
Mercurio soprattutto, chiarisce per deduzione il geologo Antonio Brambati, il
luminare dei fondali inserito nel team del professor Giacomo Borruso, titolare
dello studio di fattibilità del superporto Monfalcone-Trieste per conto di
Unicredit. Brambati aveva approfondito le potenziali conseguenze di dragaggi per
il futuro terminal di Monfalcone, considerate a tavolino le più critiche. Ma,
anche sotto il Molo VII, si può parlare di «quantità di mercurio superiori alla
norma». E non solo endemico, sceso dalle miniere di Idria, ma frutto pure di un
inquinamento locale. «Nella zona portuale - spiega Brambati - c’è particolare
arricchimento di mercurio, proveniente sia da Idria che da una componente
antropica».
«Era prevedibile - fa eco Martino Conticelli, il braccio destro di Boniciolli da
segretario generale dell’Authority - che i risultati non fossero buoni.
Dopotutto siamo dentro il Sin». Il Sito inquinato di interesse nazionale, in
effetti, nella sua parte a mare va dallo spigolo meridionale del Molo V a Punta
Ronco. «Che l’inquinamento sia grande o piccolo non cambia, bisogna comunque
lavorarci», mette in chiaro Stefano Zuban, vicario dell’Ezit, di fatto la casa
del Sin.
E ora, quindi? Che succede? «È probabile che faremo altri carotaggi», taglia
corto Boniciolli. «Aspettiamo indicazioni dall’Ispra», aggiunge Conticelli,
secondo cui «non possono esserci slittamenti nel potenziamento delle
infrastrutture, perché non esistono progetti ma solo indicazioni progettuali».
Il riferimento è anzitutto al primo piano di prolungamento del Molo VII di 400
metri - da 110 milioni d’investimento per tre anni e mezzo d’intervento -
targato Tmt, l’attuale gestore di proprietà della To Delta, che fa capo al
presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi. «Il progetto esecutivo -
ribatte Fabrizio Zerbini, amministratore delegato di Tmt - predisposto lo è già.
Non è ancora presentato perché la sua presentazione è legata all’approvazione a
Roma del Piano regolatore portuale (che già contempla l’ampliamento del Molo VII,
ndr). Non siamo ancora al corrente dei risultati di tali analisi, non ne siamo
stati informati, mi limito a ribadire che il nostro progetto è minimamente
invasivo come movimentazione dei fondali poiché verrebbero usate delle
palafitte, che richiedono semplici perforazioni». Ma chi pagherebbe gli oneri di
una bonifica o di una movimentazione di fanghi inquinati? Il pubblico o il
privato? Quello specchio sta dentro il Sin, in fondo. «Ci confronteremo e ci
adegueremo, stiamo parlando comunque di un tratto di mare aperto che non abbiamo
utilizzato noi», puntualizza Zerbini. Lì insiste anche il progetto da 288
milioni per il raddoppio del terminal lanciato da Unicredit Logistic, che
prefigura un altro approccio. Per Maurizio Maresca - oggi vicepresidente della
stessa società di corridoio di Unicredit - «se vi fossero oneri maggiori, si
potrebbe adoperare lo stesso principio della terza corsia. Il privato cioè
potrebbe accollarseli in cambio di una concessione più lunga. È una soluzione
che, peraltro, non configura aiuti di Stato».
PIERO RAUBER
MOLO VII - «Non si parla di bonifiche a mare» - ZUBAN (EZIT):
MAI CITATE NELL’ACCORDO DI PROGRAMMA
I fondali inquinati davanti al Molo VII possono portare in dote «complicazioni burocratiche di natura contrattualistica», come le chiama il vicario dell’Ezit Stefano Zuban. Parole difficili per un concetto semplice: «L’accordo di programma sul Sin non parla delle bonifiche a mare. Il timore è che a pagare siano le imprese con i 136 milioni previsti per le transazioni da danno ambientale a terra. Dal canto nostro, giacché oggi (ieri, ndr) il ministero dell’Ambiente ha approvato il Piano di caratterizzazione sul 10% del Sin, aspettiamo le delegazioni amministrative della Regione per andare avanti. sarebbero sufficienti dai 2 milioni e mezzo ai 5 per chiudere in 6-7 mesi».
(pi.ra.)
Rifiuti, appello delle circoscrizioni: «Degrado
intollerabile sul Carso» - CRESCE IL MALCOSTUME DI ABBANDONARE LE IMMONDIZIE PIÙ
INGOMBRANTI
TRIESTE Cresce il fenomeno dell’abbandono di rifiuti
ingombranti negli spazi boschivi e nelle adiacenze dei normali cassonetti
destinati alla raccolta del pattume. Per combatterlo le circoscrizioni di
Altipiano Ovest e Altipiano Est lanciano un appello a tutte le famiglie
residenti in questa parte del Carso affinché utilizzino servizi e strutture di
smaltimento in modo consono e rispettoso delle leggi.
L’iniziativa parte da Bruno Rupel e Marco Milkovich, presidenti dei due
parlamentini che sovrintendono a quella parte del Carso amministrata dal Comune
di Trieste, e consiste nell’invio a domicilio di tutte le famiglie del proprio
comprensorio di una comunicazione che conterrà le modalità per disfarsi dei
rifiuti ingombranti utilizzando le depositerie attive e il servizio a domicilio
garantito dall’Acegas/Aps.
«Ci troviamo di fronte a una situazione di forte degrado – affermano i due
presidenti. Sono sempre più frequenti le segnalazioni dell’abbandono di rifiuti
ingombranti e di inerti compiute da ignoti nei posti più disparati e pure nei
pressi dei cassonetti per la raccolta delle immondizie. Lasciare vecchi
televisori, pneumatici e altre porcherie a fianco dei bottini sta diventando
ormai una colpevole consuetudine. Secondo noi – continuano Rupel e Milkovich –
non si tratta solo di atti vandalici, ma di ignoranza da parte di coloro che
devono smaltire dei materiali e non si rendono conto che esistono strutture e
servizi ai quali possono affidare i propri rifiuti in modo del tutto gratuito».
Le evidenze confermano in gran parte il ragionamento dei presidenti. Accanto
alla dispersione dei soliti elettrodomestici e utensili arrugginiti nei pressi
dei cassonetti, cresce sempre di più l’abbandono di mobilio usato e di sacchi di
grandi dimensioni contenenti inerti, frutto di probabili ristrutturazioni
edilizie. Clamoroso ma tristemente istruttivo, in questo senso, il recente
abbandono di decine di frigoriferi e sacchi di plastica pieni di rifiuti nei
pressi dei campi di golf di Padriciano. Un degrado che è stato appena
bonificato, e che dimostra in modo evidente come il disfarsi dei rifiuti
ingombranti sia spesso prerogativa di chi effettua demolizioni e
ristrutturazioni di case e appartamenti. «Sono sicuro che molte persone, anche
straniere, non conoscano l’esistenza delle depositerie – insiste Milkovich – e
che si debba procedere allo smaltimento secondo regole precise. Nella nostra
informativa – continua – specificheremo con chiarezza che nelle depositerie
comunali è possibile recare non solo vecchi elettrodomestici, ma anche infissi,
mobilio, legno in genere, vetri e plastiche di tutti i tipi, sanitari e
piastrelle, ruderi di demolizione, anche piccole quantità del micidiale Eternit
ben sigillate. E che esiste anche il numero telefonico 040/7793780 (funziona
dalle 8 alle 17) con il quale concordare con l’Acegas/Aps il ritiro di rifiuti
ingombranti a domicilio».
Secondo il presidente di Altipiano Est, è possibile che diversi materiali
abbandonati nelle boscaglie e nelle doline carsiche provengano anche dal centro.
Per questa ragione la comunicazione rivolta alle famiglie evidenzierà anche gli
orari e l’ubicazione di tutte le depositerie cittadine, site in via Valmartinaga,
via Giulio Cesare e via Carbonara, e dunque non solo di quelle operative sul
Carso. A Opicina ci si può riferire alla depositeria di Strada per Vienna n.
84/A, aperta dal lunedì al sabato con orario continuato 7- 19, e un ulteriore
struttura funziona nel comune di Duino Aurisina.
MAURIZIO LOZEI
Altipiano est: sul Prg vogliamo intervenire - «Certe osservazioni della Regione riguardano il nostro territorio»
IN VISTA DELLA DISCUSSIONE
TRIESTE «Vogliamo poter dire la nostra in merito alla nuova variante al
Piano regolatore comunale. Ce lo chiedono i nostri residenti, che vogliono il
diritto di parola in merito a un piano urbanistico che li lascia assolutamente
insoddisfatti». Il consiglio circoscrizionale di Altipiano Est torna alla carica
sulla variante 118 al Piano Regolatore di Trieste, rappresentando al Sindaco con
una comunicazione ufficiale tutte le perplessità sul nuovo strumento urbanistico
di una buona fetta delle comunità locali.
«Visto che l’amministrazione comunale dovrà portare delle modifiche alla
variante secondo quanto stabilito dalla Regione – si legge nel documento
sottoscritto da tutti i consiglieri del parlamentino – e che alcune osservazioni
riguardano proprio alcune aree del nostro comprensorio, chiediamo al Comune di
interpellarci».
Sono diverse le preoccupazioni esternate dai residenti di Altipiano Est sulla
nuova variante, come evidenziato da diverse persone in occasione di una recente
e affollata assemblea pubblica imperniata su temi della tutela dell’ambiente
carsolino organizzata dall’Associazione per la Difesa di Opicina.
Una delle principali riguarda la destinazione d’uso del comprensorio dell’ex
caserma Monte Cimone di Banne e dell’ex campo profughi di Padriciano, dove la
variante prevedeva cospicui insediamenti considerati del tutto inadatti per le
caratteristiche di quel territorio. Le altre riserve riguardano alcune aree di
Padriciano, di cui una in particolare destinata a un grosso insediamento a
carattere turistico a scapito delle realtà locali.
(ma.lo.)
SEGNALAZIONI - Opicina devastata - CEMENTO
Sindaco Dipiazza fra i suoi doveri c’è anche quello di
controllare il rispetto dell’ambiente? Allora venga a rendersi conto di persona
come le nuove costruzioni stanno devastando Opicina.
In via Carsia, via dei Salici e prossimamente anche in via del Sabotino sono
stati distrutti con furia devastante interi parchi di belle ville. Parchi dove
vivevano scoiattoli, ghiandaie, gazze eccetera. Per tutto questo ringraziamo il
suo predecessore Illy, con il suo permesso di nuove volumetrie, permesso che Lei
non ha voluto cambiare. Tutto ciò per dare spazio a decine e decine di
costruzioni per la maggior parte di brutta fattura. Moltissime restano invendute
perché potrebbero andare bene per il terzo mondo.
Maria Rossini
Il leghista Ballaman apre al nucleare in Friuli Venezia
Giulia - «Ma ci devono dare il 20% di sconto sull’energia» Tondo ribatte: «Io
vado avanti con Krsko»
TRIESTE «Krsko? Io qualche dubbio me lo pongo. Una
centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia? Se ci danno uno sconto almeno del
20% sull’energia, potremmo almeno chiedere un parere ai cittadini». Edouard
Ballaman, presidente del Consiglio regionale, apre al nucleare. E non è
un’apertura generica ma una dichiarazione possibilista sull’ipotesi di un
impianto in Friuli Venezia Giulia. Il numero uno di piazza Oberdan convoca una
conferenza stampa per i due anni di legislatura, elogia il clima positivo tra i
due schieramenti in aula, rilancia l’ipotesi di ridurre «di 10/12 unità i
consiglieri regionali», mostra una lettera di una bambina («la tengo insieme ad
altre lettere e pallottole» scherza) nella cui scuola si era recato come Tutore
dei minori, ruolo che gli sarà quasi sicuramente tolto. Quindi parla di un
rapporto tra Stato e Regione che va monitorato: «C’è qualche difetto di
comunicazione, gli assessori devono essere più attenti nei confronti degli
omologhi romani». Le richieste del Friuli Venezia Giulia, secondo Ballaman «non
ci hanno messo in buona luce» nei confronti del governo nonostante la Regione
«abbia sempre assunto atti di responsabilità». Serve un cambio di mentalità,
secondo il presidente del Consiglio regionale, passare dalla logica del «non più
nel mio giardino» a un’ottica premiale che renda partecipi i cittadini. Cita gli
inceneritori («si potrebbero eliminare le tasse sui rifiuti nei Comuni dove
vengono costruiti») poi arriva al nucleare: «Voglio ragionare sulle cose»
esordisce. E poi boccia la partecipazione regionale al raddoppio di Krsko:
«Perché spendere in una realtà dove avremmo un controllo limitato? E se il
Friuli Venezia Giulia è zona sismica, Krsko che è pochi chilometri più in là non
lo è?». Da qui il ”perché no?” a una centrale in regione: «Se da subito ci fosse
la possibilità di una taglio almeno del 20% sul costo dell’energia per 20 o 30
anni potremmo chiederlo ai cittadini. Senza contare che sarebbe un fatto di
attrazione per le imprese». Renzo Tondo, a stretto giro di posto, replica:
«L’idea su Krsko nasce da fatti concreti. Non so se Ballaman ha altre
informazioni ma io vado avanti su quella strada e non valuto ipotesi di centrali
nucleari nella nostra regione». Ma le rassicurazioni di Tondo non bastano
all’opposizione. Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd, prende le
dichiarazioni di Ballaman come la certezza che in regione si realizzerà una
centrale: «È ormai pressochè sicuro che il Friuli Venezia Giulia diventerà sito
nucleare. Proprio nell’anniversario del terremoto, Ballaman propone di scambiare
la nostra sovranità e la sicurezza dei cittadini per uno sconto sulla bolletta.
A nulla serviranno altre dichiarazioni della giunta per convincerci del
contrario, ma chiamiamo alla vigilanza cittadini e amministratori locali perchè
da oggi sappiamo che il rischio è altissimo».
ROBERTO URIZIO
Elettrodotto, Terna: no al cavo interrato - TRA UDINE E
REDIPUGLIA
UDINE Terna rimane sulle sue posizioni: l'elettrodotto da
380 kV di collegamento tra Udine Ovest e Redipuglia deve essere aereo. «Una
linea in cavo interrato - ha infatti spiegato Terna - non potrebbe assicurare
sicurezza e stabilità ai fabbisogni elettrici. La soluzione in cavo interrato
non è realizzabile sotto il profilo della sicurezza e della stabilità
elettrica». Terna ha poi precisato che la rete elettrica ad alta tensione del
Fvg non è più sufficiente a garantire con adeguati margini di sicurezza la
continuità di alimentazione di una vasta area del territorio, vale a dire che,
nel caso di un guasto, i restanti elettrodotti non sarebbero in grado di
assicurare l'alimentazione di tutti gli utenti.
Capodistria-Divaccia, appalto-spezzatino - I lavori del
secondo binario divisi in 10 lotti darebbero una chance alle imprese slovene
FINORA L’ESPERIENZA NON È STATA ECONOMICAMENTE POSITIVA
MA PERMETTE DI ACCELERARE I TEMPI
Perplessità dopo lo scandalo dei costi ”gonfiati” per la costruzione delle
autostrade
CAPODISTRIA Il tracciato del secondo binario della strada tra Capodistria e
Divaccia sarà diviso in una serie di lotti, forse addirittura 10, e
probabilmente altrettanti saranno i bandi di concorso per la costruzione dei
singoli segmenti della nuova tratta. È questa – secondo il quotidiano lubianese
”Dnevnik” - la soluzione ideata dal ministro dei Trasporti Patrick Vlacic per
realizzare l'importante collegamento ferroviario.
Ufficialmente è una scelta per incentivare la concorrenza e coinvolgere anche le
imprese più piccole ma secondo il ”Dnevnik” è più probabile che si tratti di un
modo per favorire i costruttori sloveni, che così potranno presentarsi ai
concorsi nonostante le scarse referenze nella costruzione di questo tipo
d’infrastruttura. La divisione in lotti dovrebbe inoltre permettere di aprire i
singoli cantieri non appena sarà pronta la documentazione per i vari segmenti,
senza dovere aspettare più del necessario. Se non ci saranno intoppi, i primi
lavori inizieranno entro fine 2010 e la ferrovia dovrebbe essere completata nel
2017, forse addirittura nella seconda metà del 2016. L'esperienza – per alcuni
versi analoga – di costruzione della rete autostradale slovena ha dimostrato in
questi ultimi anni che la lottizzazione delle grandi opere infrastrutturali non
è la soluzione più economica ed efficace ma al Ministero dei trasporti sembrano
decisi a riprovare con questo metodo. I bandi pertanto potrebbero essere
addirittura 10, quante sono le gallerie e i viadotti sui 27 chilometri
dell’arteria tra Capodistria e Divaccia, per una media di 2,7 chilometri di
tratta per ogni singolo bando. Certo è che il Ministero dei trasporti ma anche
l'opinione pubblica slovena faranno molta attenzione su questi appalti. È
infatti ancora fresco lo scandalo del cartello costituito dalle principali
imprese costruttrici slovene per controllare il mercato delle opere
infrastrutturali. Come denunciato recentemente dal quotidiano economico
”Finance”, i direttori di una decina di società edili avevano firmato nel 1998
un accordo segreto in virtù del quale ”coordinavano” le proprie offerte nelle
gare d'appalto per la costruzione dei vari tratti della rete autostradale
slovena. Grazie a questo meccanismo, in un business da cinque miliardi di euro
avrebbero ”gonfiato” i prezzi dei lavori fino al 30%, penalizzando in questo
modo tutti i contribuenti sloveni. Il raddoppio della Capodistria–Divaccia è uno
dei progetti edili più complicati e costosi della recente storia slovena: su una
tratta di soli 27 chilometri, più di 20 attraverseranno le otto gallerie e i due
viadotti per salire dal mare all'Altipiano carsico. Il costo del progetto
ammonta a 800 milioni di euro. La ferrovia permetterà di collegare in modo
adeguato il porto di Capodistria al Corridoio europeo numero 5 da Barcellona a
Kiev.
Fianona, orate e branzini con l’acqua delle centrali -
Il mare ha una temperatura costante di 20 gradi Accordo per gli allevamenti
ALBONA In barba alle contestazioni degli ambientalisti che
continuano a parlare d’impatto devastante sull'ambiente delle centrali
termoelettriche a carbone, nel Golfo di Fianona ben presto sorgerà un impianto
di acquicoltura che farà tesoro dell'acqua di mare riscaldata dal vapore espulso
dalle turbine. Per la precisione in questo punto la temperatura del mare è
sempre di 20 gradi, ritenuta molto favorevole per lo sviluppo e la crescita
degli avannotti.
Tale metodo non è una novità: da tanto tempo viene adottato con successo nei
Paesi dell'Unione europea. Nel Golfo sorgerà il pianificato centro di
acquacoltura dell'azienda ”Cromaris”, nata dalla fusione di quattro società
operanti nel settore dell'allevamento di pesce pregiato: ”Cenmar”, ”Marimirna”,
”Marikultura Istra” e ”Bisage-Nit”. Finora queste producevano annualmente 1.500
tonnellate di orate e branzini. Ora però i piani parlano di 6mila tonnellate, il
che collocherebbe la ”Cromaris” tra le maggiore imprese del settore in Europa
per l’allevamento di orate e branzini. Per il salto di quantità ”Cromaris”, che
opera all'interno del Gruppo Adris di Rovigno il cui nucleo è rappresentato
dalla Fabbrica tabacchi ultimamente trasferita nella zona industriale di
Canfanaro, è disposta a investire sugli 11 milioni di euro. E si annuncia
l'apertura di una quarantina di posti di lavoro. L'idea della costruzione di un
impianto del genere risale al 1997 e già l'anno dopo fu elaborato lo studio di
fattibilità. Nel 2000 l'Ente elettroenergetico di Stato proprietario
dell'immobile e la ditta ”Marimirna” firmarono un pre-contratto d’investimenti e
subito dopo si passò a definire il progetto preliminare. Ora il lungo percorso
burocratico sta per arrivare al traguardo. Manca solo il rilascio della licenza
di ubicazione che dovrebbe giungere a giorni per cui l'avvio dei lavori è
annunciato per la prossima estate.
(p.r.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 maggio 2010
I tecnici: il nuovo piano regolatore non può aggiungere
altre osservazioni - SASCO ANTICIPA LA MARATONA ESTIVA PER APPROVARLO
È praticamente da escludere la possibilità di riaprire i
termini per la presentazione di osservazioni / contestazioni al nuovo piano
regolatore. Lo hanno detto a chiare lettere ieri mattina in VI commissione a
nome degli uffici comunali competenti, il dottor Prodan e l’architetto Furlan.
«In pratica – commenta Roberto Decarli dei cittadini – bisognerebbe riadottarlo
ex novo e di sicuro non ci riusciremmo entro questo mandato. La richiesta,
presentata dal consigliere leghista Ferrara sembra peraltro nascere su basi più
politiche che tecniche. Lo annota anche Roberto Sasco, presidente della VI.
«Quella richiesta è possibile ma solo dal punto di vista teorico. Dobbiamo stare
molto attenti, poichè la Regione ha imposto 18 prescrizioni vincolanti, e il
piano va rielaborato in relazione a questi punti. Se questo dovesse comportare
un approfondimento del piano e una migliore motivazione delle scelte, va bene,
ma al contempo va tenuto conto che in nessun modo l’amministrazione comunale può
modificare o incidere sugli elementi, intervenendo strutturalmente sul piano e
su ambiti che esulino dalle direttive inizialmente impartite».
Sasco, quindi, si prepara mentalmente alla maratona dell’approvazione finale.
«Verso la metà di maggio sarà finito l’adeguamento del prg da parte degli uffici
e a quel punto convocherò quotidianamente la commissione per esaurire con
apposita istruttoria una per una le 1051 osservazioni presentate per poi
chiedere sedute quotidiane di aula. La vera maratona è questa ed è meglio non
pensare neanche alle ferie estive...».
(f.b.)
Raccolta rifiuti: Muggia avvia la ”differenziata” - COL
SISTEMA PORTA A PORTA
MUGGIA Graduale riduzione di cassonetti e campane stradali
e progressivo avvio della raccolta differenziata con il sistema "porta a porta"
con utilizzo di contenitori adeguati al nuovo tipo di servizio e per zone
omogenee di territorio: dopo l'esperimento partito l'anno scorso nella frazione
di Zindis, adesso il Comune punta a diffondere il nuovo sistema di raccolta e di
asporto dei rifiuti anche nel resto del territorio. Per farlo ha avviato da un
paio di settimane una campagna informativa per sensibilizzare la cittadinanza
sull'esigenza, che recepisce tra l'altro precise normative europee, di ridurre
la quantità dei rifiuti prodotti.
Uno dei mezzi è quello della raccolta differenziata, già da tempo eseguita a
Muggia, ma che entrerà nella seconda fase con il sistema "porta a porta"
illustrato nell'opuscolo informativo. Il pieghevole stampato, in qualche
migliaio di copie, è stato diffuso alle famiglie sia con la consegna agli alunni
delle scuole maggesane, sia con la distribuzione in locali pubblici ed edifici
comunali. L'opuscolo è inoltre consultabile sul sito del Comune di Muggia. Che
la strada intrapresa sia quella buona, si evince dai dati riportati nel testo
del volantino: nel 2007 la produzione di rifiuti pro capite fu di 540 chili
scesi a 534 l'anno successivo.
Contestuale l'aumento della differenziata, passata dal 15.69 per cento del 2007
al 17.47 dell'anno successivo. Scendendo nei particolari tecnici, l'opuscolo
spiega poi la classificazione dei rifiuti urbani: quelli organici sono di natura
alimentare prodotti da nuclei domestici; rientra in tale categoria anche il
verde derivante da sfalcio, ramaglie e manutenzione di giardini. I rifiuti
recuperabili sono prodotti che opportunamente trattati possono svolgere un ruolo
utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per
assolvere a una determinata funzione.
I riciclabili sono quelli che opportunamente separati e trattati possono
produrre nuovi materiali da utilizzare per la loro funzione originale. I rifiuti
urbani pericolosi sono quelli che inquinano: parti di elettrodomestici,
apparecchiature elettroniche, medicinali, pile che necessitano di specifici
processi di smaltimento.
(g.l.)
Birdwatching costiero - DOMENICA CON IL WWF
Domenica, in occasione del weekend dedicato alle
migrazioni, Wwf Area Marina Protetta di Miramare propone una passeggiata guidata
gratuita dal titolo ”Birdwatching costiero”, sempre guidata dal naturalista e
ornitologo Paolo Utmar. Il ritrovo è previsto alle 9 al Castelletto di Miramare,
la passeggiata durerà circa due ore e sarà introdotta da una breve proiezione di
immagini e da qualche elemento di bird gardening per allietare i nostri balconi
e i nostri giardini con l’allegra presenza di amici canori. L'escursione partirà
dalla sede dell’Area Marina, per proseguire lungo la costa adiacente l’area
marina. La partecipazione è gratuita grazie a un contribuito della Provincia, ma
è consigliabile iscriversi telefonicamente (040-224147, interno 3), per essere
avvisati di eventuali variazioni di programma dovute al meteo.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 maggio 2010
Lega e Udc fanno ballare il Piano regolatore - Omero:
la proposta non sta in piedi, ma si può rifare tutto. Carroccio e centristi ne
avranno il coraggio?
APPOGGIO DI SASCO ALLA MOZIONE DI FERRARA SULLA
RIAPERTURA DEI TERMINI PER LE OSSERVAZIONI
Piano regolatore, qualcuno butta il sasso in acqua e cerca di bloccarne il
cammino verso l’approvazione. Che cosa è successo? «Ci sono dei cittadini, dei
vecchiettini, che non s’informano, che dunque non sanno ancora nulla del Piano
regolatore, e di che cosa è successo alla loro proprietà. E che ora reclamano
informazione tardiva. È giusto riaprire il periodo delle osservazioni. Riaprire
cioé i termini per un altro mese». È la richiesta, con queste motivazioni, della
Lega, che oggi presenta in sesta commissione la specifica mozione.
Ma, sorpresa, a questa mozione si associa anche l’Udc, e cioé il suo unico
rappresentante, vale a dire Roberto Sasco, che della commissione è il presidente
e che il Piano regolatore ha accompagnato per mano. Che cosa c’è dietro, poiché
sono tutte forze di maggioranza, mentre il Pd si limita a dire, col capogruppo
Fabio Omero, «vedremo se ne avranno il coraggio, questo Prg va approvato»? Ma
dall’opposizione Massimiliano Edera (Lista Dipiazza) sostiene la richiesta:
«Molta gente - dice - ha avuto scarsa informazione, ha scritto le osservazioni
in fretta, facendo per questo motivo errori che potrebbero mettere a rischio il
loro accoglimento».
«È chiaramente una provocazione - dice invece il capogruppo della Lega, Maurizio
Ferrara -, notoriamente noi eravano contrari e non abbiamo votato questa
variante, vorremmo che si andasse a una ri-adozione per accogliere le correzioni
inviate in Comune dalla Regione, o quanto meno che ai cittadini sia data
notifica delle variazioni sulla loro proprietà. Poi - aggiunge Ferrara -
vogliamo dare un segnale al sindaco: anziché cancellare il Parco del mare perché
non cancella questo Piano regolatore?».
L’obbligo di notifica personale in materia urbanistica è entrato in vigore con
la legge regionale 19 del 2009, questa sarebbe un’applicazione retroattiva,
perché il Prg è stato adottato prima. «Legge successiva all’adozione, ma non
all’intero iter burocratico che è ancora in corso» segnala Ferrara, aprendosi
uno spiraglio verso il resto della maggioranza.
Ma è dalle parti dell’Udc, e cioé in Sasco, che si trova la risposta meno
tecnica. «Ho appoggiato la mozione della Lega perché ha un carattere
eminentemente politico, tattico, è una proposta di pura provocazione, e allora:
provocazione per provocazione, va bene anche a me, tanto per vedere come va a
finire. Dò una mano alla Lega. Fa parte o no della maggioranza? Voglio vedere se
fa un ”bluff” oppure no. Vogliono giocare? Giochiamo pure. Vogliono scuotere il
palazzo? Ci sto anch’io. Non mi va che ogni volta che qualcuno nella maggioranza
provoca, gli altri facciano i pompieri». Le frange piccole, dunque, tirano la
giacca, e anche Sasco ha più volte mandato a dire che «senza l’Udc non c’è
maggioranza, e che non si può essere sempre fedeli e mai ascoltati».
Nel merito, Sasco alcune riserve sul Piano regolatore le ha (terreni in Carso,
zone Fiera e Burlo, aree turistiche), ma non è questo il punto. Tanto che
aggiunge: «La Lega vuol ballare? Balliamo». Le conseguenze, al politico anche
tecnico della materia, sono note: «È logico che se si riaprono i 30 giorni per
le osservazioni, se si ri-adotta il piano, si finisce poi in bocca al periodo
elettorale. È logico che cadrebbero i vincoli, che siccome sempre un Prg è a
rischio d’impugnazione più si complicano le cose e peggio è. Chiaro che è una
pazzia». Eppure.
«Riaprire i termini per le osservazioni non sta giuridicamente in piedi -
obietta Omero -, le prescrizioni regionali possono essere assunte come tali e
basta, altrimenti si fa una rielaborazione della variante, e si deve tornare
punto e a capo. Lega e Udc avranno il coraggio di andare fino in fondo? O
saranno state solo parole e ricatti elettorali al vento?».
(g. z.)
Ferriera, protesta in piazza Oberdan: «Dai politici
dieci anni di chiacchiere» - UNA NOVANTINA DI PERSONE RADUNATE DAL CIRCOLO MIANI
«Chiudere la Ferriera per aprire Trieste al futuro». È uno
degli slogan scelti da Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia e
Coordinamento dei comitati di quartiere per animare la protesta organizzata ieri
pomeriggio davanti al Consiglio regionale. Un appuntamento che ha richiamato in
piazza Oberdan una novantina di persone, ”armate” di fischietti, trombette da
stadio e tamburi artigianali costruiti con i fustini del detersivo.
Obiettivo della manifestazione, andata in scena sotto lo sguardo attento di
polizia, carabinieri e qualche consigliere, denunciare nuovamente le promesse
non mantenute dai politici. «Primo tra tutti l’assessore all’Ambiente Elio De
Anna - ha esordito al microfono Maurizio Fogar durante il comizio che ha
preceduto il breve corteo -. L’assessore ”desaparecido”, potremo chiamarlo,
visto che all’invito ad ascoltare le nostre ragioni, ha risposto scrollando le
spalle e allontanandosi nella macchina guidata dall’autista».
Ma non sono mancate anche critiche al presidente Tondo, all’Arpa, al Comune e
alla Provincia. «In dieci anni l’intera classe politica che regge queste
istituzioni ha raccontato solo chiacchiere - hanno ribadito i manifestanti -.
Un’assenza di responsabilità che ha esposto, e continua a esporre, migliaia di
persone a rischi gravissimi per la salute. Perchè le emissioni prodotte dalla
Ferriera non rendono irrespirabile soltanto l’aria di Servola. I fumi dello
stabilimento siderurgico infestano due terzi della provincia, fino al Comune di
Muggia».
Di qui la necessità, secondo gli organizzatori, di urlare ancora una volta la
rabbia di tanti cittadini e contribuenti delusi e stanchi dei proclami. «Come
quelli che annunciavano sanzioni più rigide per la Lucchini in caso di
sforamenti - hanno spiegato i manifestanti -. Sanzioni, ovviamente, mai
arrivate».
In bici da piazza Marconi ai laghetti delle Noghere
MUGGIA Il Comune di Muggia aderisce alla Giornata
nazionale della bicicletta in programma domenica 9 maggio e promossa dal
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
L'iniziativa rientra nella politica nazionale legata alla riduzione
dell’inquinamento nelle città e ha l'obiettivo di condividere con i Comuni la
necessità di incentivare misure alternative alla mobilità sostenibile con una
specifica attenzione alla salute pubblica.
In questo contesto, il Comune di Muggia partecipa alla manifestazione
organizzando un giro in bicicletta per tutti i cittadini
Il ritrovo è stato fissato domenica alle 10 in piazza Marconi, il cuore di
Muggia, Seguirà la partenza in direzione dei laghetti delle Noghere con un
percorso che si snocciolerà lungo via Dante, Via Battisti, prima di imboccare la
strada per Farnei e quella per il ritorno.
Identikit delle alghe killer ecco come vivono lungo la
costa triestina - Conclusa la prima fase del progetto Ostreopsis coordinato a
livello nazionale da Ogs e Ispra
Nell’immaginario collettivo è nota come l’alga killer, ma
per i biologi che la studiano è semplicemente Ostreopsis, una microalga
biologicamente interessante sia per le caratteristiche fisiologiche che per la
capacità di colonizzare mari e ambienti che non le sono propri. A studiare
alcune specie di Ostreopsis nei mari italiani che bagnano la penisola sono stati
ben 11 Istituti di ricerca e alcune Arpa regionali, che in un anno e mezzo hanno
dispiegato più di 50 ricercatori, coordinati da Michele Giani dell’Istituto
Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale–Ogs di Trieste e da Erika
Magaletti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra)
di Roma. Obiettivo del progetto, finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare: colmare le lacune conoscitive sull’ecologia,
la fisiologia e la genetica di questi organismi che, negli ultimi anni, hanno
fatto parlare di sé per le improvvise fioriture e per alcuni episodi di
intossicazione (per fortuna senza gravi conseguenze) a Genova, Bari, Massa e
Carrara e Ancona.
«Si è trattato di uno studio importante – sottolinea Michele Giani, ricercatore
all’Ogs di Trieste - perché abbiamo coperto tutto il territorio con una rete
capillare di ricercatori a Trieste, Ancona, Messina, Napoli e La Spezia. I
ripetuti campionamenti hanno permesso di confrontare le quantità di due tossine,
palitossina e ovatossina, prodotte da Ostreopsis sia in cellule algali, che in
acqua e nei mitili. Il progetto si è appena concluso, e sono emersi dati che ci
permettono di pianificare meglio le attività di identificazione e
quantificazione in acqua, sedimenti, organismi e aerosol, e di definire i
processi che potrebbero determinare situazioni di emergenza». Tra i ricercatori
triestini che hanno partecipato al progetto figurano anche Ranieri Urbani,
Serena Fonda Umani e i collaboratori del Dipartimento di Scienze della Vita.
Le microalghe come Ostreopsis, che vivono adese ai fondali, sono minuscoli
organismi marini fotosintetici, che convertono energia solare in energia
chimica. Di norma colonizzano rocce e macroalghe e la loro presenza nel mare è
benefica, perché aiuta a rimuovere la CO2 favorendo il rilascio di ossigeno in
atmosfera. Quantità eccessive di queste microalghe – come accade nelle fioriture
o bloom - possono danneggiare l’ambiente (causando morie di mitili e ricci) o
nuocere all’uomo (se trasportate dall’aerosol e inalate), causando febbri,
congiuntiviti, irritazioni delle vie aeree.
«Lo studio ecologico che abbiamo effettuato a Trieste – dice Marina Cabrini,
ricercatrice del dipartimento BiO-Ogs - ha coperto due punti di osservazione,
situati sotto costa e di fronte al dipartimento (ai Filtri). Ogni 15 giorni per
la durata del progetto abbiamo prelevato e analizzato campioni al microscopio.
Ostreopsis è comparsa alla fine dell’estate scorsa sulle macroalghe raccolte sul
fondo. È emerso però anche un elemento nuovo: in corrispondenza di una fioritura
dello scorso settembre a Canovella, abbiamo constatato che le cellule di
Ostreopsis crescevano bene anche senza la presenza di macroalghe, su substrato
roccioso, avvolte nel biofilm da loro creato. Questo evento è stato segnalato
anche nella riviera del Conero».
Un altro aspetto di Ostreopsis è stato studiato da Marina Monti, ricercatrice
del BiO di Ogs: “Trattandosi di alghe, il fattore illuminazione è essenziale per
il loro sviluppo. Così abbiamo esaminato gli effetti dell’intensità luminosa sul
ciclo vitale, constatando che Ostreopsis predilige condizioni di luce
medio-basse. L’alga inoltre è in grado di influenzare la crescita di altre
microalghe mediante produzione di sostanze chimiche secondarie».
CRISTINA SERRA
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 4 maggio 2010
Finiti gli incentivi del Governo per moto e lavatrici, ancora "sconti" per le case ecologiche: ma sono solo briciole.
Già terminati in pochi giorni gli incentivi messi a
disposizione dal Governo, ancora a disposizione quelli per acquistare case
ecologiche. Ma saranno al massimo 10mila le abitazioni di classe energetica A e
B cui potrebbero avere accesso le famiglie con i 60 milioni di incentivi messi a
disposizione dal decreto legge approvato dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Briciole, a fronte della spesa complessiva per l’acquisto di un’abitazione, che
non solo non consentono alcuno sviluppo del mercato, ma neppure incidono sulle
necessità di ottenere risultati concreti in termini di risparmio energetico.
Molto meglio sarebbe stato prorogare le detrazioni fiscali (55%) sulle
ristrutturazioni energetiche delle abitazioni, che scadranno a fine 2010. Il
Governo è come un supermercato, siamo ormai agli sconti della settimana –
dichiara Andrea Poggio, vice direttore nazionale di Legambiente –. Peccato che
sia solo una settimana all’anno e che questo ddl non c’entri nulla con la green
economy: perché, infatti, lo sconto agli ‘amici’ della nautica e non, ad
esempio, ai produttori di latte? Perché le nuove gru per i cantieri e non i
musei?”
I primi dati che emergono da un'analisi che il Governo ha portato a conoscenza
della commissione Attività produttive e Finanze alla Camera indicano che, per
gli immobili ad alta efficienza energetica, è stato erogato solo il 13% circa
sul totale di 60 milioni a disposizione. Risultato nettamente inferiore rispetto
ad altri settori: i fondi per la nautica sono finiti e quelli per i motocicli
sono stati spesi ormai al 93,767%, mentre per le cucine componibili la
percentuale erogata è il 40,898% e per gli elettrodomestici il 16,782%.
60 sono i milioni destinati dal ddl agli incentivi edilizi e l'importo massimo
dell'agevolazione all'acquisto è rispettivamente 116 Euro al metro quadro per un
massimo di 7.000 Euro per le case in classe A e e 83 Euro al metro quadro per un
massimo di 5.000 euro a quelle in classe B. Prendendo ad esempio un appartamento
di 100 Mq a Milano con un costo medio delle abitazioni di 4000 Euro al metro
quadro ne deriva che se l'appartamento è di classe A l’incentivo copre soltanto
circa l’1,75% (7000 euro sul costo totale di 400.000). Se l'appartamento è di
classe B la percentuale è ancora minore 1,25% (5000 euro sul costo totale di
400.000). Inoltre, ai 60 milioni di incentivi avranno accesso non più di 10mila
abitazioni rispetto alle 40-50 mila abitazioni con un'elevata efficienza
energetica costruite nel 2009 (dati ANCE). È necessario considerare anche che le
imprese in Italia in grado di costruire edifici di classe A e B sono all'incirca
250, dislocate principalmente al Nord, e che quindi le regioni centro
meridionali saranno nel complesso escluse dagli aiuti statali. Sarebbe stato più
efficace dare una risposta concreta a detrazioni fiscali del 55% ancora in
forse. Lo sviluppo delle energie rinnovabili, insieme al risparmio energetico,
sono una risposta immediata ed efficace al raggiungimento degli obiettivi di
riduzione della Co2 indicati dall’Unione Europea, spendendo meno che col
nucleare. Per un Paese, investire nelle energie rinnovabili, contribuisce alla
costruzione di un sistema imprenditoriale innovativo e diffuso, che, ad esempio,
in Germania, occupa ormai 250.000 lavoratori, in grado di competere sul mercato
globale. L'unico settore su cui gli incentivi avranno davvero incidenza è quello
della banda larga che garantisce l'accesso a Internet veloce a tutti i giovani
tra i 18 e i 30 anni. “Navigate giovani – conclude Poggio – così scoprirete
politiche ben più serie da parte degli altri paesi d’Europa”
WWW.LAVOCE.INFO - MARTEDI', 4 maggio 2010
CONTRORDINE: MEGLIO IL TUNNEL DEI MEZZI PUBBLICI
Il trasporto collettivo risulta competitivo rispetto a
quello individuale solo per gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle
maggiori aree urbane. Ha senso allora investire ingenti risorse pubbliche per
convincere un ristretto numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici?
Forse sarebbe preferibile realizzare infrastrutture stradali sotterranee a
pedaggio. Una soluzione più sostenibile in termini di finanza pubblica,
vantaggiosa anche per l'ambiente.
Negli scorsi giorni l’Osservatorio “Audimob” dell’Isfort ha pubblicato il
“Rapporto su stili e comportamenti di mobilità degli italiani”. La ricerca
sintetizza i risultati di dieci anni di indagini ed evidenzia una crescita
complessiva della domanda di trasporto, espressa in termini di passeggeri-km,
tra il 2000 e il 2009 pari al 17,8 per cento. Rimane pressoché invariato il
numero di spostamenti per persona (tre al giorno) mentre cresce la distanza
media di spostamento, da 9,6 a 11,4 km, con un più 18,8 per cento. Aumenta, ma
in misura più contenuta, il tempo medio di spostamento, che passa da 19 a 21
minuti. Ci si sposta dunque più rapidamente oggi rispetto a dieci anni fa: la
velocità media passa da 30 a 32 km/h. In parallelo, si registra un’ulteriore
riduzione della quota degli spostamenti effettuati a piedi e con i mezzi
collettivi e prosegue la crescita della domanda soddisfatta dall’auto che, nel
2009, è risultata di poco inferiore al 75 per cento, cinque punti in più
rispetto a inizio secolo. Sembrano quindi non aver raggiunto l’obiettivo
auspicato le politiche di riequilibrio modale che trovano un generale consenso
in entrambi gli schieramenti politici. Ma quali sono le ragioni del fallimento?
È perché agli innumerevoli proclami sulla mobilità sostenibile non ha fatto
seguito un impegno corrispondente in termini di potenziamento dell’offerta di
infrastrutture e di servizi di trasporto collettivo?
VINCE SEMPRE L’AUTO
Per rispondere all’interrogativo può essere utile confrontare i dati relativi
alla ripartizione modale in Italia con quelli di Germania e Francia, paesi che
presentano un livello di offerta di trasporti pubblici superiore a quello
dell’Italia sia in termini quantitativi che qualitativi. Ebbene, stando ai dati
forniti dalla Commissione Europea che si riferiscono ai soli spostamenti
motorizzati, nel 2007 la quota di domanda soddisfatta dall’auto è stata pari
all’81,8 per cento in Italia, all’83,9 per cento in Francia e all’84,4 per cento
in Germania.
In Italia è più elevata la percentuale di spostamenti su autobus e pullman:
probabilmente, la differenza è dovuta a una maggiore concorrenza tra i servizi
automobilistici e ferroviari a lunga percorrenza, considerato che la
legislazione francese vieta l’istituzione di linee automobilistiche parallele
alle ferrovie. In Francia e Germania la domanda soddisfatta dagli impianti fissi
in ambito urbano risulta doppia rispetto a quella italiana: 1,5 contro 0,7 per
cento.
Tabella 1 - Ripartizione modale del trasporto passeggeri
terrestre in Germania, Francia e Italia - anno 2007
Fonte: elaborazione su dati European Commission, EU Energy and
Transport in Figures 2009, p. 119
D’altra parte, nella stessa Svizzera, paese europeo con il miglior sistema di
trasporto pubblico di breve e lunga percorrenza, la quota modale dell’auto è di
soli tre punti inferiore a quella italiana.
L’ILLUSIONE DEL RIEQUILIBRIO MODALE
I dati sembrano evidenziare come i risultati che possono essere conseguiti con
il miglioramento dell’offerta di trasporti collettivi siano molto modesti e tali
da non mutare significativamente l’evoluzione di lungo periodo dell’impatto
ambientale della mobilità.
Di questa realtà erano consapevoli gli estensori del Piano generale dei
trasporti e della logistica del 2001 che prevedeva come “massimo riequilibrio
modale possibile”, in presenza di “notevoli interventi infrastrutturali e
organizzativi”, una riduzione della quota del trasporto passeggeri su strada dal
1998 al 2010 pari all’1,6 per cento. Nello stesso documento si precisava
prudentemente che tali “previsioni di riequilibrio modale vanno considerate come
uno strumento per l’individuazione delle priorità di intervento infrastrutturale
e non necessariamente come dei futuri possibili”.
L’illusione del riequilibrio modale è resa evidente anche dalle ricadute di due
tra i maggiori investimenti in infrastrutture di trasporto collettivo realizzate
in Italia negli ultimi anni. Si tratta della metropolitana di Torino e della
linea alta velocità da Roma a Napoli. A Torino, la mobilità individuale
nell’area metropolitana è stata ridotta di circa l’1,5 per cento. Nel caso della
nuova linea ferroviaria, si è registrata una contrazione del numero di
spostamenti in auto tra le due città pari all’1 per cento: 2,76 milioni nel 2005
e 2,74 milioni nel 2007. L’Av ha prodotto un aumento rilevante della domanda
soddisfatta dal treno (da 2,67 milioni a 3,29 milioni di passeggeri) con
conseguente crescita complessiva di emissioni e consumi energetici. (1)
Pur migliorandone le prestazioni, il trasporto collettivo può risultare
competitivo rispetto a quello individuale solo per un segmento della mobilità:
gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Per
gli altri viaggi, che rappresentano una quota crescente della domanda
complessiva, il divario in termini di prestazioni con il trasporto individuale
non appare colmabile, quale che sia il livello di spesa pubblica per il settore.
Gli investimenti pubblici per il potenziamento dell’offerta di trasporto
collettivo, interamente a carico della collettività, vanno prevalentemente a
vantaggio di coloro che se ne servono, di chi, ad esempio, può spostarsi assai
più velocemente in metropolitana invece che su bus. Certo, in ambito urbano vi
sono benefici anche in termini di riduzione della congestione. Ma è la politica
più efficace per il miglioramento della mobilità individuale? Investire ingenti
risorse pubbliche per “convincere” un piccolo numero di automobilisti a salire
sui mezzi pubblici? Non sarebbe preferibile adottare una soluzione più diretta
con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio? La
seconda opzione avrebbe il vantaggio di essere più sostenibile in termini di
finanza pubblica. In primo luogo perché non verrebbero a mancare gli introiti
fiscali correlati all’uso dell’auto. Inoltre, la realizzazione di impianti fissi
è generalmente a carico della collettività e, nelle condizioni attuali di basse
tariffe ed elevati costi di costruzione e gestione, genera un incremento della
spesa pubblica. Nel caso della realizzazione di tunnel stradali, invece, i
pedaggi potrebbero consentire, con elevati flussi di traffico e basse velocità
di spostamento in superficie, di coprire i costi di gestione e di ripagare
quantomeno parzialmente l’investimento. A Oslo, un tunnel che attraversa la
città è stato ripagato con i pedaggi riscossi per accedere all’area urbana
nell’arco di poco più di un decennio. A Parigi è stata da poco aperta al
traffico una “metrostrada” interamente finanziata con capitali privati. È
attualmente in fase di progettazione un tunnel stradale che attraversa la città
di Milano da nord-ovest a sud-est.
Con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee si avrebbero anche
benefici ancillari in termini ambientali: un aumento della velocità media di
spostamento determina infatti una riduzione dei consumi unitari e delle
emissioni. Più velocità, meno inquinamento e meno tasse. Un’alternativa
win-win-win (per gli automobilisti, l’ambiente e la vivibilità urbana e per i
contribuenti) che, forse, merita di essere presa in esame più attentamente di
quanto non sia accaduto finora.
Francesco Ramella
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 maggio 2010
Treni: possibile ripristinare l’alta velocità
Trieste-Roma - Il consigliere regionale Bucci presenterà all’assessore Riccardi
un progetto a costo zero
TRIESTE «Modificare gli orari di arrivo a Mestre e
ripristinare il collegamento ferroviario alta velocità Trieste-Roma è possibile
a costo zero e senza andare a modificare in alcun modo gli orari alla stazione
di Mestre». Ad affermarlo è il consigliere regionale del Pdl Maurizio Bucci, che
presenterà all'assessore regionale ai trasporti Riccardi un'analisi dettagliata
in vista del prossimo tavolo tecnico con Trenitalia. «Anche se impropriamente
chiamati ad alta velocità, i treni ETR 600 (Frecce d'argento), da gennaio
impiegati sulla tratta Mestre-Roma, possono partire anche da Trieste viaggiando
sull'attuale sistema ferroviario e senza andare a modificare gli orari di
partenza da Mestre. Questi treni ad assetto variabile permettono, infatti,
migliori prestazioni di velocità anche sul tratto Monfalcone-Trieste. Sono
convogli che possono arrivare e partire anche dalla stazione di Trieste. Tale
possibilità - aggiunge Bucci - si potrebbe attuare anche in tempi contenuti
facendo partire il treno da Trieste, come un tempo, alle 7.40 circa. In questo
modo l'ETR 600 arriverebbe a Mestre da dove ripartire per Roma senza alcuna
modifica all'orario attualmente in vigore»".
LUPIERI (PD) CHIEDE UNA COMMISSIONE - Indagine
sull’alta incidenza di tumori con i responsabili di Sanità e Arpa
La situazione dell’alta incidenza di tumori a Trieste ha
sollecitato il vicepresidente della Commissione regionale sanità Sergio Lupieri,
e i colleghi Annamaria Menosso, Franco Codega e Paolo Menis, a richiedere la
convocazione urgente della Commissione al fine di audire il direttore centrale
della Direzione centrale salute. Paolo Basaglia, il direttore generale
dell’Azienda sanitaria. Fabio Samani, il direttore generale dell’Azienda
ospedaliero-universitaria Francesco Cobello, il direttore generale del Burlo,
Mauro Melato, il direttore dell’Arpa, Lionello Barbina, e il responsabile del
Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda sanitaria, Marina Brana. I consiglieri
vogliono capire come mai Trieste ha il 14% di tumori in più rispetto al resto
della regione e quali possono essere le misure per contrastare il fenomeno.
«Certamente stili di vita adeguati e buone abitudini alimentari - afferma
Lupieri - aiutano a preservare da certe malattie, ma se non vi è una altrettanto
rigorosa attenzione all’ambiente anche le buone abitudini vengono vanificate.
Resta preoccupante l’incidenza molto superiore a Trieste di melanomi e tumori a
utero, colon, seno, polmone, prostata e vescica. La ricetta del sindaco per
abbassare il tasso di tumori è di ridurre le emissioni della Ferriera e
pedonalizzare sempre più vie del centro - aggiunge -, ma è altrettanto
importante verificare l’inquinamento con centraline ben funzionanti tutti i
giorni, e misurare i livelli di diossina anche nel mare e nei pesci».
Bonifiche, pronto il nuovo accordo - Lo annuncia
l’assessore De Anna: l’adesione non è più obbligatoria
Sembra imminente uno sblocco della infinita questione
delle bonifiche sul Sito inquinato di interesse nazionale, ma nessuno degli enti
coinvolti ne ha avuto ancora alcuna informazione. La materia è in mano al
segretario generale della Regione, Daniele Bertuzzi. Secondo le prime
anticipazioni, l’adesione all’accordo di programma da parte delle aziende
insediate sui terreni inquinati non sarebbe più obbligatoria, bensì un atto
facoltativo. «Ma certo non a costo zero - specifica subito l’assessore regionale
all’Ambiente, Elio De Anna -, a fronte di così ingenti spese di Stato e
Regione».
E qui sta il nervo scoperto della questione, perché l’accordo è fin qui saltato
dopo ben 13 edizioni proprio perché a tutti veniva chiesto il pagamento
obbligatorio di un consistente «danno ambientale», né trovava chiara
collocazione il principio (ormai uno slogan) secondo cui «chi non ha inquinato
non paga». Adesso la materia pare sia stata virata su pagamenti agevolati che
possono assumere per le aziende forma di investimento.
Era stato proprio De Anna, lo scorso gennaio, a dire «no» anche all’ultima
versione dell’accordo, già votata sia in Provincia e sia in Regione, e a mandare
a Roma il segretario generale per verificare il «fondamento giuridico» di quel
testo, in quanto, aveva detto (facendo infuriare il sottosegretario
all’Ambiente, Roberto Menia), «i matrimoni non si fanno con la pistola puntata
alla tempia». Pare che la pistola sia sparita se entra il principio della libera
adesione, della «convenzione», della «non costrizione» per le aziende, alle
quali tuttavia il meccanismo dell’accordo dovrebbe presentarsi anche come una
«opportunità» di tipo industriale. Ma sarà «entro il mese», dice ancora
l’assessore, che il nuovo testo diventerà disponibile. De Anna afferma di non
conoscerlo egli stesso, perché le trattative si sono svolte tra avvocature
regionali e ministeriali. Sarebbero sfumate anche le tensioni con Menia. E
l’intesa sarebbe dunque fatta. «In seguito bisognerà convocare un tavolo
politico», prosegue l’assessore, secondo il quale per fare le caratterizzazioni
sui terreni «sarà necessaria un’altra conferenza dei servizi».
Intanto però proprio l’Ezit, l’ente incaricato di quei sondaggi sui terreni (e
fin qui impossibilitato a portarli a termine) ha perso il suo vertice, dopo la
dimissioni improvvise di Mauro Azzarita, che sembrerebbero dettate però
esclusivamente da ragioni private e personali. Domani De Anna incontrerà il
presidente Tondo per affrontare la questione della surroga.
Ma infine s’impone una domanda anche sullo svanito progetto del Parco del mare
per l’assessore che, appena un mese fa, durante una missione in Sudafrica col
presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, s’era impegnato a portar
qui in qualche modo dei pinguini per l’Aquario, «mascotte» del Parco: «Vedevo
questo progetto come una grande opportunità non solo per Trieste ma per tutta la
Regione: non è cosa che si possa realizzare altrove. Non è sostenibile
economicamente? Si sarebbe dovuto puntare di più sui finanziamenti europei. E
comunque non invidio il sindaco Dipiazza».
(g. z.)
Il ”Miani” in piazza Oberdan per la chiusura della
Ferriera - MANIFESTAZIONE
”Per non morire di Ferriera-Sertubi atto terzo”. È questo
il titolo della manifestaizone, promossa dal Circolo Miani, che si svolgerà alle
18 in piazza Oberdan davanti alla sede del Consiglio regionale. Dopo i sit-in
svolte a Valmaura e in piazza Goldoi il Circolo Miani - assieme alle
associazioni Servola Respira, La Tua Muggia e il Coordinamento dei Comitati di
quartiere - porterà dunque la protesta sotto la Regione per chiedere la chiusura
dell’impianto siderurgico di Servola.
Proprio la scorsa settimana la Regione, per voce dell’assessore all’Ambiente
Elio De Anna, aveva anticipato la volontà dell’amministrazione regionale di
voler rivedere l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dalla
precedente giunta regionale guidata da Riccardo Illy. Ma il tempo massimo
concesso dal Circolo Miani per la ”revisione”, che di fatto porterebbe alla
chiusura della Ferriera, scade alla fine di giugno.
Guerra ”fratricida” tra amici della Terra - Trascinati
in Tribunale da Roma gli ex iscritti Giurastante e Parovel - ACCUSE E
CONTROACCUSE
«Amici della Terra» ma nemici tra loro.
Rosa Filippini, leader nazionale di questo movimento ambientalista ha trascinato
davanti al Tribunale di Trieste Roberto Giurastante e Paolo Parovel, già
animatori del club triestino dello stesso movimento. Sono accusati di
diffamazione perché in una serie di comunicati stampa, diffusi nel dicembre 2006
attraverso la ”rete”, avrebbero accusato la presidente e il suo gruppo di
«tentare di paralizzare le iniziative giudiziarie di successo del Club di
Trieste avviate contro potenti lobby locali».
Ieri il processo non è riuscito ad avviarsi per la malattia del difensore dei
due imputati. Il giudice Giorgio Nicoli di fronte a questo impedimento ha
rinviato la causa al 5 luglio. In quella data si potranno costituire parte
civile sia la presidente Rosa Filippini, sia l’associazione «Amici della Terra»,
rispettivamente rappresentate dagli avvocati Dajana Milella e Massimo Scrascia,
ieri peraltro presenti in aula.
La contrapposizione tra i vertici del club triestino e la presidente nazionale
risale all’autunno del 2006 ed era emersa a margine del processo per
l’inquinamento di Acquario. All’epoca i vertici romani avevano ”scomunicato” le
scelte effettuate a Trieste e in pratica avevano inibito l’uso del marchio al
club che aveva sede in via Cadorna.
«Voi non siete più autorizzati a utilizzare il marchio degli Amici della Terra e
nemmeno quello di Friends of the Earth Italy» era stato il diktat giunto dalla
capitale. «Possiamo invece continuare a farlo perché siamo ricorsi al Foe di
Amsterdam, unico depositario del marchio che non ha ratificato la decisione di
Roma».
La battaglia legale si era sviluppata per mesi ed era approdata alla fine del
dicembre 2006 sul tavolo del giudice civile Sergio Carnimeo. «Sono stata
costretta a ricorrere al giudice - aveva spiegato Rosa Filippini - perché i
responsabili del club di Trieste hanno violato le norme statutarie. Hanno omesso
di versare per cinque anni le quote sociali raccolte a Trieste su delega della
Direzione nazionale. Inoltre hanno rifiutato concretamente la proposta di sanare
questa violazione entro il marzo scorso. Dopo aver presentato ricorso ai garanti
della nostra associazione, hanno disconosciuto la loro legittimità e rifiutato
la loro decisione. Ora disconoscono quelle stesse regole e quegli stessi poteri
di delega e di revoca e pretendono di appropriarsi direttatmente di simboli e
denominazioni che non appartengono a loro. Dal maggio 2006 non esite più una
rappresentanza locale degli Amici della terra. Siamo ricorsi al giducie civile
per inivbire ai responsabili del Club di Trieste la rappresentanza
dell’associazione in sede locale».
Il club di Trieste si era difeso diffondendo un buon numero di comunicati stampa
e nel giudizio di primo grado era uscito vincitore. Esito opposto nel reclamo
discusso davanti al presidente del Tribunale Arrigo De Pauli. Filippini
vincitrice e club sconfitto. In pratica questo decisione aveva messo fine alla
vita del triestina targata Amici della Terra.
(c.e.)
Un ”pacchetto” per il turismo ambientale - Accordo per
tutelare l’area tra il Comune di Duino Aurisina e il Wwf
DUINO AURISINA Promuovere e valorizzare gli habitat marini
e costieri attraverso l’offerta di pacchetti di educazione ambientale e turismo
naturalistico nonché attraverso la promozione di prodotti eco-biologici del
territorio locale. Questo uno dei punti chiave del protocollo d'intesa stipulato
in questi giorni tra il Comune di Duino Aurisina e la Riserva del Wwf di
Miramare.
Il documento, voluto e sostenuto dall'assessore all'Ambiente Fulvio Tamaro e
dall'assessore al Turismo Massimo Romita e votato all'unanimità durante la
riunione dell'ultimo consiglio comunale, è nato con lo scopo di realizzare
progettualità pratiche volte a favorire “la realizzazione di azioni positive in
materia di protezione della natura e di conservazione della biodiversità nelle
aree protette in generale, in particolare lungo l'area costiera triestina”. Tra
i progetti da realizzare i due enti hanno intenzione di dare avvio a processi
partecipati di Agenda 21 nell’area litorale del Golfo di Trieste e di creare uno
sviluppo di politiche di sistema per la formazione di una rete ecologica di aree
protette costiere e marine nel Golfo di Trieste. Nel protocollo il Wwf-Amp di
Miramare ha riconosciuto al Comune di Duino Aurisina il ruolo che svolge nel
campo della “tutela degli ambienti naturali, anche marini e in acque interne,
sul proprio territorio ed in particolare nella Riserva Naturale Regionale delle
Falesie di Duino, nell’area delle Risorgive del Timavo e nella Costa dei
Barbari”. Entrambi i due enti coinvolti si impegneranno a definire
congiuntamente i piani operativi attraverso gruppi di lavoro misti, che si
potranno avvalere del supporto amministrativo e tecnico delle strutture dei
soggetti firmatari, e che avranno anche il compito di monitorare la corretta ed
efficace attuazione degli interventi stabiliti. Il finanziamento delle singole
iniziative proposte sarà concordato in base alle disponibilità degli enti
firmatari. “Il protocollo avrà una durata triennale, con facoltà di rinnovo per
un uguale periodo di tempo”, ha aggiunto l'assessore al Turismo Romita il quale
ha espresso soddisfazione per “questa splendida sinergia che verrà portata
avanti con uno dei punti più strategici del territorio provinciale”.
Riccardo Tosques
SOLE 24 ORE - LUNEDI', 3 maggio 2010
Per il 55 per cento un successo solare
Il signor Rossi non esiste. Se esistesse, però, sarebbe
proprietario di una villetta in Brianza, costruita tra gli anni 60 e i primi
anni 80. Una casa di circa 160 metri quadrati, con il riscaldamento a metano e
le finestre nuove di zecca: vetri ad alta efficienza installati grazie alla
detrazione fiscale del 55% sul risparmio energetico.
Il signor Rossi non esiste. Non "questo" signor Rossi, perlomeno. Ma il suo
ritratto riassume bene le caratteristiche medie dei 590mila italiani che finora
hanno sfruttato lo sconto fiscale per gli interventi di riqualificazione
energetica del patrimonio edilizio. Il ritratto lo si ricava dalla Relazione
2008 elaborata dall'Enea, che sarà presentata domani a Roma nel convegno
«Detrazioni fiscali per l'efficienza energetica» e poi pubblicata sul sito
dell'ente. Raccontare le cifre consente di sfatare molti falsi miti sul 55 per
cento. E, forse, di capire che ne sarà della detrazione. Perché il punto è
proprio questo: ad oggi, è valida solo per le spese sostenute entro il 31
dicembre di quest'anno. Poi finirà, e i contribuenti potranno appellarsi solo al
più magro 36%, che premia i lavori di ristrutturazione, compresi quelli per il
risparmio energetico.
Tutto questo a meno di una proroga, che non va data per scontata, ma non è
impossibile. Il ministero dello Sviluppo economico dà un giudizio del 55%
«assolutamente positivo dal punto di vista tecnico». Si tratterà, se mai, di
avere una visione d'insieme, considerando «il numero di pratiche ricevute, la
caratterizzazione degli interventi, gli investimenti sostenuti», oltre al
risparmio energetico conseguito e agli effetti indiretti come l'emersione del
lavoro nero. Del monitoraggio 2007-2009 è stato incaricato appunto l'Enea.
Dopodiché, spiegano dal dicastero guidato da Claudio Scajola, «si valuterà
l'opportunità per un'eventuale proroga». Tanti signor Rossi ci sperano, così
come le aziende produttrici, i progettisti e gli installatori.
Per ora, le cifre disponibili dicono che il 55% è una detrazione molto più
"padana" di quanto si possa immaginare a prima vista. Dei 3,5 miliardi spesi nel
2008, praticamente la metà è riferita ai contribuenti di Lombardia, Veneto e
Piemonte. E la percentuale sale al 61% se si include anche l'Emilia Romagna.
Come dire: le quattro maggiori regioni del Nord hanno speso (e ricevuto, in
termini di detrazioni) più di tutte le altre messe insieme.
«Su questo dato influisce probabilmente una quota di sommerso, che nelle regioni
meridionali è più elevato, ma bisogna sottolineare l'effetto positivo che il 55%
ha avuto anche al Sud, dove pur nell'esiguità degli importi ha fatto emergere
una fetta di mercato che era in nero, ad esempio nel solare termico», commenta
Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente.
Oltre alla geografia della detrazione, bisogna considerare gli edifici
coinvolti. Nel 2008 il 43% degli interventi ha riguardato immobili realizzati
tra il 1961 e il 1982, cui va aggiunto un 21% di edifici più recenti. A ben
guardare, dunque, meno della metà dei "cantieri verdi" ha interessato edifici
costruiti prima degli anni 60. E se è vero che molti dei palazzoni colabrodo
sono proprio quelli costruiti negli anni del boom, è altrettanto vero che le
case vecchie sono quelle che hanno più bisogno di adeguamenti. Ma qui, con ogni
probabilità, la colpa non è del 55%, quanto piuttosto dei vincoli edilizi che
pendono sugli immobili collocati nei centri storici.
Spulciando tra gli interventi agevolati, si vede bene anche il tipo di edifici
che hanno beneficiato della detrazione: quasi tutte abitazioni (c'è solo un 5%
di negozi, uffici e capannoni), pochi condomini e una maggioranza schiacciante
di villette e palazzine di quattro, cinque o sei appartamenti. Una differenza
che può essere spiegata con la difficoltà di deliberare nelle assemblee
condominiali, ma anche con i costi maggiori per gli interventi su vasta scala.
Ancora più importante il tipo di interventi eseguiti: gli infissi assorbono metà
delle pratiche, mentre tutti gli altri lavori si dividono il resto, con la
sostituzione della caldaia e l'installazione dei pannelli solari nettamente più
diffusi delle coibentazioni di tetto e pareti. Ecco perché l'immaginario signor
Rossi ha le finestre nuove di zecca.
Tanta attenzione per gli infissi, però, si porta dietro un piccolo paradosso,
perché l'intervento più gettonato è anche quello che rende meno in termini di
risparmio energetico. L'Enea ha fatto i calcoli per il 2008: un proprietario che
installa infissi ad alto rendimento, per tagliare i consumi di un MWh
(megawattora) deve spendere 3.693 euro; se installa i pannelli solari, invece,
può ottenere lo stesso risparmio con 856 euro (i dati completi sono a destra,
nel grafico più in basso). «I cittadini hanno privilegiato l'opzione più
semplice per modalità di installazione e procedure», commenta Giampaolo
Valentini, a capo del gruppo efficienza energetica dell'Enea.
«Il fatto che tanti italiani abbiano cambiato gli infissi segna comunque un
salto di mentalità positivo tra i consumatori. Poi ognuno parte da dove riesce,
e chi ha fatto un intervento quest'anno magari ne farà un altro l'anno
prossimo», replica Pietro Gimelli, dg di Uncsaal, l'associazione dei costruttori
di serramenti in alluminio e acciaio. «Questi incentivi – prosegue Gimelli –
hanno permesso a tante aziende di sopravvivere alla crisi migliorando lo
standard dei propri prodotti».
Proprio da queste considerazioni si partirà per ragionare sul futuro del 55%,
nel convegno di domani. Alcuni, come Uncsaal, ne chiedono la proroga così com'è.
Altri cominciano a prospettare qualche correzione. Ad esempio – scrive l'Enea
nella sua relazione – si potrebbero rimodulare i bonus sugli interventi più
efficienti o su quelli non ancora incentivati, cercando magari di intaccare i
consumi per il condizionamento estivo o sfruttando il potenziale ancora
inespresso della cogenerazione. Oppure, suggerisce Zanchini di Legambiente,
«anziché premiare alcuni tipi di tecnologie, si potrebbe ragionare in termini di
classi energetiche degli edifici, dando la detrazione ai proprietari che
certificano il miglioramento, passando ad esempio dalla classe G alla D, o dalla
D alla C, comunque l'abbiano conseguito».
Anche se alla fine il parere decisivo sarà quello del ministero dell'Economia,
chiamato a "pesare" il bonus in termini finanziari. I dati ufficiali sul 2009
saranno resi noti solo domani dai responsabili dello Sviluppo, ma Il Sole 24 Ore
può comunque elaborare una stima, sulla base del numero di domande presentate
l'anno scorso, 238mila in tutto. Tenendo conto che dall'anno scorso si può
inserire solo un intervento per pratica, è probabile che la spesa media sia
leggermente diminuita rispetto ai 14mila euro del 2008 (quando invece una
domanda poteva riferirsi a più lavori): l'importo annuo, quindi, dovrebbe
arrivare intorno ai 3 miliardi, con un totale nel triennio di circa 8 miliardi.
Il che significa più di 4 miliardi di detrazioni.
Il guaio, sottolineano le imprese, è che ragionando in termini di spese
agevolate si conteggiano solo i costi, e non i benefici. «Nessuno può dare
numeri certi, ma il 55% comporta emersione di Irpef, Ires e Iva, oltre ai
contributi Inps e Inail, senza contare i tagli alla emissioni inquinanti e il
mantenimento della manodopera in un periodo di crisi», osserva Angelo Artale,
direttore generale di Finco, sigla che rappresenta l'industria delle
costruzioni. «Nel medio periodo il 55% si autofinanzia – sottolinea Artale – e
non si capisce perché fino ad oggi l'unico a parlare di conferma sia stato il
sottosegretario all'Economia, Luigi Casero, con una dichiarazione risalente allo
scorso autunno. Anzi, la conferma del 55% potrebbe essere anche l'occasione per
introdurre un "eco-prestito" a tasso zero, fino a 30mila euro, per i proprietari
che investono per riqualificare il proprio immobile».
Le imprese vorrebbero come minimo una proroga triennale del 55 per cento. E la
vorrebbero entro luglio o agosto, per evitare che si ripeta la corsa al bonifico
di fine 2008, quando il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, aveva fissato
uno stanziamento massimo (poi annullato) per la detrazione. Fu proprio la paura
di perdere il bonus a spingere il 55% al suo anno record, con 247.800 domande.
«Per noi è fondamentale dare un orizzonte certo al mercato, una proroga di un
anno non sarebbe sufficiente. Ed è fondamentale tenere conto di quanto costano
effettivamente i singoli incentivi: il solare sul totale ha un peso contenuto»,
osserva Valeria Verga, direttore generale di Assolterm, sigla che rappresenta il
70% del mercato italiano del solare termico per la produzione di acqua calda.
«Tagliare del tutto il 55% sarebbe un errore tragico – rileva Zanchini di
Legambiente – ma non credo avrebbe molto senso farlo, perché sarebbe
difficilmente sostenibile anche nell'ottica del piano europeo per le fonti
rinnovabili». Nel dubbio, il signor Rossi (quello vero, comunque si chiami)
guarda le pubblicità delle aziende che fanno leva sugli «ultimi mesi utili» per
ottenere la detrazione, e si prepara a una nuova corsa al bonifico.
Cristiano Dell'Oste
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 maggio 2010
Mordashov pensa di ricomprarsi la Lucchini - Severstal
potrebbe cedere il gruppo italiano a una azienda controllata dal tycoon russo
TRIESTE L’indiana Tata, Baosteel dei cinesi, la
multinazionale Arcelor Mittal, ma c’è anche la pista dei fondi di private equity
e, quella un po’ più fredda degli ucraini della Metinvest. La data del 30 giuno,
termine dato dalla russa Severstal per la vendita del Gruppo Lucchini (tra cui
la Ferriera di Trieste), si avvicina e come sempre montano indiscrezioni sui
nomi dei possibili acquirenti come anche notizie di visite di potenziali clienti
agli stabilimenti.
Un’operazione assai difficile in un momento in cui, anche se il mercato si sta
appena iniziando a riprendere, il valore dell’intero gruppo è pari o prossimo
allo zero. Ma c’è anche un’altra ipotesi che è circolata nelle ultime settimane:
quella che vede una possibile «vendita in casa» da parte della Severstal a una
società controllata privatamente dallo stesso maggiore azionista della Lucchini,
Alexey Mordashov. Un escamotage puramente finanziario, una cosiddetta «partita
di giro» che la Severstal avrebbe ideato per tamponare la pesantissima
situazione debitoria del gruppo che vale ben 800 milioni. Bisogna fare prima del
30 giugno perchè in quella data ci sarà il bilancio semestrale che potrebbe
uscirne «pulito» dal debito milionario parcheggiato in un’altro cassetto del
gruppo russo. E che permetterebbe al colosso siderurgico di prendere altro tempo
per trattare con più calma con possibili acquirenti che in questo momento,
pessimno per l’acciaio, non ci sono.
Anche perchè, da quanto è emerso in ambienti finanziari, sul debito di 800
milioni ci sarebbe una trattativa in corso guidata da una banca d’affari (la
Lazard) con altri istituti di credito per un ri-finanziamento per ora comunque
in «attesa» di capire se ci sarà una «partita di giro russa» o la vendita vera e
propria a un terzo. Proprio nelle scorse settimane una delegazione con identità
mantenuta «top secret» ha fatto sita allo stabilimento di Piombino.
Le ipotesi e indiscrezioni comunque, conoscendo la riservatezza granitica della
Severstal, resteranno tali sino all’ultimo istante e come è accaduto per
l’operazione put da 100 milioni (a favore della famiglia Lucchini) che ha
venduto ai russi la totalità delle azioni.
Nel frattempo lo scenario di mercato della Severstal (dati forniti dalla stessa
azienda ai giornali) si è fatto più confortante: nel primo trimestre del 2010 la
produzione del gruppo (che comprende Ascometal) è cresciuta lievemente vendendo
449 mila tonnellate di laminati rispetto alle 370 mila dell’ultimo trimestre del
2009. La produttività è aumentata (+16% la ghisa, +17% l’acciaio) anche se i
prezzi continuano a essere in calo (-8% rispetto all’ultimo trimestre 2009, -21%
rispetto al primo).
GIULIO GARAU
Ferrovie, nuovi mezzi e orario cadenzato - Trenitalia
punta a investire 100 milioni. Rivoluzione a metà del 2011
Direzione già al lavoro con la Regione Ma in altre
parti d’Italia la sfida è fallita
TRIESTE Cento milioni di investimenti in nuovi mezzi e, soprattutto,
l’entrata in vigore dell’orario cadenzato. Quello, per intendersi, che prevede
le partenze dei treni sempre allo stesso minuto, indifferentemente dall’ora (ad
esempio: 7.11, 8.11, 9.11, e così via). La rivoluzione per le linee ferrovierie
regionali è fissata per la seconda metà - fine del 2011. Ma già oggi, negli
uffici della direzione regionale di Trenitalia, a Trieste, così come in quelli
dell’assessorato ai Trasporti della Regione, il lavoro freme. «Sa – rivela Mario
Pettenella, responsabile per il Friuli Venezia Giulia delle Ferrovie – con Rfi
(Rete Ferroviaria Italiana, la società che gestisce la rete, ndr) dobbiamo
prenotare le tracce per i treni fino a sei mesi prima. E per quanto riguarda lo
snodo di Mestre, tradizionalmente il punto più congestionato del traffico
ferroviario del Nordest, abbiamo in corso dei veri negoziati. Ma ce la faremo».
Quello dell’orario cadenzato non è un vezzo, spiega ancora Pettenella.
«Se riusciamo a mettere in moto un meccanismo per il quale i treni nell’arco di
tutto l’anno partono e arrivano sempre alla stessa ora – sottolinea – allora
anche sotto il profilo organizzativo la gestione del traffico regionale
risulterà più semplice. Diminuiranno ritardi e imprevisti vari e ne
beneficeranno tutti». E poi, sottolinea sempre il numero uno di Trenitalia in
regione, «con l’orario cadenzato si potrà arrivare anche una ridefinizione degli
orari del trasporto pubblico su gomma, rendendo l’intero sistema di trasporto
realmente a misura di pendolare e favorendo una gestione ottimale delle
risorse». Tra il dire e il fare, però, tutti sanno che cosa ci sia nel mezzo.
Non a caso, finora, Trentino Alto Adige e Toscana a parte, nessuna regione è
riuscita ad arrivare ad avere un orario cadenzato. Che poi è una delle
principali richieste formulate dal popolo dei pendolari, oltre a quella di una
maggiore pulizia delle carrozze, sia chiaro. Ci aveva provato il Piemonte,
qualche tempo fa. Poi, però, il tentativo, nel tempo ristrettosi alla cintura di
Torino, naufragò. La sfida, in altre parole, non è semplice. Ogni giorno, dati
2009 alla mano, Trenitalia Fvg organizza 156 convogli passeggeri per 3,5 milioni
di chilometri percorsi in un anno, facendo viaggiare negli ultimi dodici mesi
7,3 milioni di persone. «Il 94% dei nostri treni arriva con meno di cinque
minuti di ritardo nelle stazioni e il 98% è sotto i 15 minuti – dice Pettenella
-. Mentre la quota di convogli soppressi è di gran lunga inferiore allo 0,60%
previsto dal contratto di servizio stipulato con la Regione (e che vale 30
milioni l’anno; stipulato nel 2009 scorso scadrà nel 2012, e potrà essere
rinnovato per ulteriori tre anni, ndr)». Qualche soddisfazione per i pendolari
arriverà già entro l’estate. Saranno cambiati tutti i sedili delle 105 carrozze
che attraversano ogni giorno il Friuli Venezia Giulia. La spesa ammonta a circa
300mila euro e si è resa necessaria per il fatto che tutte queste carrozze hanno
ormai almeno 15 anni di servizio sulle spalle. Questo in attesa che l’anno
prossimo arrivino gli 8 treni Minuetto comperati dalla Regione; e che Trenitalia
Fvg faccia arrivare sulle rotaie friulane e giuliane altri 4 Vivalto (quelli a
doppio piano). In più, 13 vetture saranno sottoposte a revamping, ovvero saranno
rimesse a nuovo grazie a un esteso intervento di manutenzione straordinaria.
NICOLA COMELLI
IL PICCOLO - SABATO, 1 maggio 2010
Camera di commercio: sul Parco del mare si va avanti -
Paoletti: mai ridiscusso l’ok del Consiglio comunale, miope il no di Dipiazza a
questo piano di sviluppo
MANDATO DA PARTE DEL CONSIGLIO GENERALE DELL’ENTE
Il presidente: non ci sono ostacoli legati a carenze di finanziamenti, a breve
la convocazione di un tavolo per comprendere la vera volontà della città
Fronte compatto della Camera di commercio di fronte alla bocciatura del
Parco del mare da parte del sindaco Dipiazza. Ieri mattina il consiglio generale
ha dato mandato alla giunta e al presidente Paoletti di portare avanti il
progetto ed aprire una discussione con il Comune dopo il repentino cambio di
rotta del sindaco.
Il primo passo, ha spiegato Paoletti incontrando la stampa, affiancato e
sostenuto dalla giunta camerale, sarà anzi quello di convocare un tavolo al
quale saranno chiamati enti, istituzioni, sindacati, associazioni, sindacati e
cittadini, per comprendere la reale volontà della città sul progetto del Parco
del mare.
«I motivi del cambio di rotta del sindaco? Non li so», ha dichiarato Paoletti,
ricordano che «solo due settimane fa, in un incontro con Dipiazza e l’assessore
Ravidà, si era parlato di andare avanti con il progetto».
Finora, ha ancora sottolineato il presidente camerale, Dipiazza ha annunciato la
sua decisione attraverso la stampa. «Ma il consiglio comunale – ha osservato
Paoletti – che rappresenta tutta la cittadinanza, non ha rivisto a tuttoggi la
delibera approvata, senza alcun voto contrario, nel luglio 2009. Un progetto di
tale portata – ha rimarcato – non può essere cassato senza un’altra delibera
dello stesso consiglio comunale che spieghi le motivazioni che portano a
bocciarlo»
In proposito il presidente ha snocciolato i punti principali del documento
varato dal consiglio lo scorso anno, sulla base di una delibera di giunta.
Eccoli: sul progetto si è creata una condivisione ampia della città e delle
categorie economiche; i fondamenti economici e finanzari sono stati ampiamente
analizzati anche attraverso la simulazione di diversi scenari possibili;
l’investimento prevede rilevanti introiti fiscali per Regione e Comune; la sola
struttura del Parco del mare prevede ricavi che, nelle ipotesi sviluppate,
oscillano tra i 13 e i 7 milioni di euro; infine che attraverso il Parco del
mare si propone un cambiamento culturale sullo sviluppo della città.
«La delibera del consiglio non ha registrato alcun voto contrario, a riprova
della piena condivisione del progetto», ha rimarcato Paoletti, sottolineando poi
che «le categorie economiche sono profondamente preoccupate per l’improvviso e
inaspettato stop, annunciato sulla stampa, a un progetto di ampio respiro
destinato a rilanciare lo sviluppo turistico, economico, culturale e scientifico
della città».
Non è tutto. Il presidente ha dato poi un pesante giudizio sull’esternazione di
Dipiazza: «In questo momenti di profonda crisi economica, tale annuncio risulta
particolarmente grave e miope per l’intera cittadinanza, alla luce anche delle
significative ricadute previste in termini di occupazione e indotto».
Non ci sono poi carenze di finanziamenti, a detta di Paoletti, che portino ad
annullare il progetto. E al riguardo ha elencato i fondi annunciati dai vari
enti: la giunta regionale, attraverso l’assessore Cosolini, aveva messo in campo
15 milioni più altri 10 per la parte scientifica. La Fondazione CRTrieste aveva
annunciato 7 milioni, la Camera di commercio ne aveva stanziati 8, il Comune 4,
e l’attuale giunta regionale, nella Finanziaria 2010, un milione attraverso i
fondi Fas. «E poi – ha annotato il presidente – i soci privati ci sono sempre
stati. I fondi non sono un problema».
Fra le possibili ragioni del ”no” al progetto, qualcuno ha avanzato motivazioni
politiche. «Di visibilità – commenta Paoletti – in questi anni la Camera di
commercio ne ha acquisita moltissima. Il Parco del mare non cambia la
situazione». E a chi gli chiede se il contestato progetto sia un cavallo di
battaglia per puntare alla potrona di sindaco risponde: «Sto bene dove sto, alla
Camera di commercio. Mi occupo di economia e mi piacerebbe vedere questa città
uscire dai fanghi. Non sono stato contattato da nessun partito – aggiunge –. Non
sono schierato, né a destra né a sinistra, e forse per questo do fastidio a
entrambe».
GIUSEPPE PALLADINI
Il sindaco: non voglio lasciare debiti alla città -
«Per far quadrare i conti servirebbe un milione di visitatori all’anno»
«Atti formali? Assolutamente no. Io non porto delibere in
Consiglio, non ho nulla da approvare né da bocciare». Il sindaco Dipiazza
replica seccamente alla richiesta di Paoletti di una delibera in cui motivi le
ragioni del suo ”no” al Parco del mare.
Riferendosi appunto al documento varato dall’aula nel luglio scorso, Dipiazza
tuona: «In Consiglio le delibere le porta il sindaco. Quella era una
delibera-quadro, in cui si diceva: verifichiamo costi, benefici e come si fa a
mantenere il Parco del mare. Non c’era un conto economico, né una copertura
finanziaria».
Su quel ”mantenere” il sindaco batte e ribatte per motivare il suo giudizio
negativo sul progetto di Paoletti: «A Valencia, dove hanno fatto un parco del
mare, ci sono costi di manutenzione folli. Per far quadrare i conti serve un
milione di visitatori. Noi riusciremmo a portare qui un milione di visitatori?».
Da ciò la scelta di ridimensionare la struttura e ricorrere al Salone degli
incanti. «Riusciremo invece a realizzare un bellissimo acquario – sottolinea con
forza il sindaco – e magari quando si libererà l’area di Campo Marzio potremo
allargarlo».
Ma Dipiazza non è preoccupato solo dei costi di manutenzione. «Non credo alla
cifra di 50 milioni per realizzarlo, perché in corso d’opera diventeranno molti
di più, basti pensare alla necessità di parcheggi sotterranei. Ho fatto sempre
gli interessi della città – prosegue – che va gestita come un’azienda. E dico
che il Parco del mare è troppo grande per la città. Rischiamo di doverlo
rifinanziare negli anni».
Per far capire meglio le sue motivazioni il sindaco precisa: «Sono andato a
fondo, è un anno che ci lavoro. Per me il Parco del mare non sta in piedi. A
Lisbona ho trascorso ore a esaminare i conti di quella struttura. Ma Lisbona è
una capitale, noi abbiamo 200mila abitanti».
I costi di investimento e manutenzione per un acquario, rileva ancora Dipiazza,
sono molto più contenuti. «Bisogna quindi ridurre. Non credo – conclude – a
qualcosa che non si regge con le sue gambe. Una struttura così complessa va
gestita con entrate e uscite. A un anno dalla mia scadenza non voglio lasciare
alla città debiti che non si saprà come coprire».
(gi.pa.)
Ferriera, martedì sit-in del Miani «Aia da rivedere
entro giugno»
La fine di giugno. È questo il termine che il circolo
Miani, assieme alle associazioni Servola respira, La tua Muggia e il
Coordinamento dei Comitati di quartiere, pone alla giunta regionale «per
modificare l’Autorizzazione integrata ambientale» che sta permettendo alla
Ferriera di operare nelle attuali condizioni. «Dopo quella data – ha spiegato
ieri il portavoce del Miani, Maurizio Fogar – inaspriremo la nostra protesta se
non saranno intervenuti fatti nuovi».
Fogar ha confermato che martedì sarà ripetuta l’esperienza di alcuni giorni fa,
quando circa 200 persone bloccarono il traffico nell’area di piazza Goldoni,
marciando lentamente sulla carreggiata per un paio d’ore. «Stavolta andremo in
piazza Unità – ha precisato Fogar – perché su di essa si affacciano il palazzo
che ospita la giunta regionale e il Comune». Dalle 18 e fino alle 20 perciò
saranno bloccate le Rive. Nel corso della conferenza stampa, il portavoce del
Miani ha anche ipotizzato che la lentezza delle istituzioni nel porre fine
all’attività della Ferriera «potrebbe essere dettata dalla volontà di favorire
la proprietà della Ferriera nell’incasso immediato di risorse messe a
disposizione dello Stato per situazioni come quella in cui sta operando lo
stabilimento di Servola».
Acqua, firme contro la privatizzazione - Coslovich:
contestiamo l’affidamento a terzi delle reti idriche - INIZIATIVA DI RC A MUGGIA
MUGGIA Parte a Muggia a cura di Rifondazione comunista la raccolta di firme per i tre referendum contro la privatizzazione dell'acqua indetta dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, costituito da centinaia di comitati territoriali che si oppongono alla privatizzazione, insieme a numerose realtà sociali e culturali a cui aderisce la locale sezione del partito della falce e martello. La sottoscrizione nella cittadina rivierasca prenderà ufficialmente il via oggi: i banchetti saranno allestiti ai Giardini Europa alla partenza del corteo del I Maggio, all'interno del comizio in piazza Marconi e, al termine, presso la sede del partito, in via Roma 2. «Tre - spiega il segretario muggesano, Maurizio Coslovich, i questiti referendari per la ripubblicizzazione del cosiddetto "oro blu": contro la privatizzazione del sistema idrico integrato, contro il profitto nella gestione del sistema idrico integrato e infine contro l'affidamento a società di capitali del sistema idrico integrato».
(g.t.)
SEGNALAZIONI - «Via San Marco, cedro e ippocastano
addio» - ABBATTUTI DUE ALBERI SECOLARI
Si segnala un’atrocità commessa con inganno ai danni della
natura: il giorno 22 aprile, in un giardino privato di via S. Marco 33, sono
stati abbattuti un bellissimo e secolare cedro del Libano, alto come un palazzo
di 5 piani, e un ippocastano adiacente con un fusto di 1 metro di diametro! In
tale giardino vengono comunemente parcheggiate delle automobili e nei giorni
precedenti il fatto è stato affisso un avviso ai proprietari delle macchine
interessate, chiedendo loro di non parcheggiare, perché dovevano venir
effettuati dei lavori di «potatura alberi»! Poiché c’erano seri dubbi sulla
effettiva potatura, veniva informato il comando della Polizia municipale
affinché vigilasse. Il risultato purtroppo è questo. Complimenti ai responsabili
di tale scempio e vergogna! Perché non si è vigilato nonostante le autorità
fossero state avvisate? Di quali coperture gode la ditta che ha provocato tale
scempio? Sono previste sanzioni per gli autori di tale reato? In attesa di
risposte adeguate in nome della trasparenza e legalità, termini di cui oggi
tanto si abusa solo a parole. Sui meravigliosi rami del cedro trovavano
ospitalità abitualmente volatili e uccelli di varie specie che nidificavano nei
periodi prestabiliti e con il loro cinguettio mitigavano i rumori del traffico,
allietando le persone non più tanto giovani che dalle finestre e dai poggioli
godevano di tale dono della natura. Ieri esisteva un piccolo angolo di paradiso,
oggi regna lo squallore, la desolazione e lo sconforto, domani: l’avanzata
implacabile del cemento.
I condomini di via S. Marco 31 e 31/1 seguono 29 firme
SEGNALAZIONI - «Mobilitazione per raccogliere firme contro la privatizzazione dell’acqua»
Qualche mese fa il Governo ha imposto l’approvazione di
norme che spingono alla privatizzazione dell’acqua, col rischio che il servizio
si concentri nelle mani di poche grandi aziende, spesso indifferenti
all’interesse del territorio. Per opporsi allo scippo di un bene essenziale, il
Partito democratico del Friuli Venezia Giulia si è subito mobilitato nelle sedi
istituzionali, con le associazioni e tra i cittadini. Intendiamo proseguire
questa battaglia anche sostenendo le iniziative promosse dal forum sull’acqua
pubblica, che sabato scorso ha iniziato a raccogliere le firme a sostegno del
referendum contro la privatizzazione dell’acqua. Da circa una settimana in tutta
Italia e in regione moltissimi comitati si sono attivati per sensibilizzare i
cittadini e raggiungere così le 500 mila firme necessarie. Nonostante la
campagna di disinformazione messa in atto in questi mesi, su questa battaglia di
civiltà il Pd si è speso molto, soprattutto grazie all’impegno sul campo di
tanti amministratori locali. Io stessa mi sono rivolta ai dirigenti, agli eletti
e ai militanti del Pd del Friuli Venezia Giulia per invitarli a sostenere le
iniziative che vanno in questa direzione, e dunque dare un sostegno fattivo
anche ai promotori del referendum nel difficile passaggio della raccolta delle
firme, che richiede un impegno fatto di presidi ai banchetti, volontari e
simpatizzanti per le azioni di sensibilizzazione, e soprattutto di autenticatori
per le firme. Nei primi giorni, già sono migliaia le firme raccolte. Confido
che, anche col contributo del Pd, il Friuli Venezia Giulia manderà a Roma una
cospicua quota di firme.
Debora Serracchiani - segretaria regionale Pd Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - VENERDI', 30 aprile 2010
Gettavano nei cassonetti i rifiuti sanitari - A
giudizio i titolari della ditta Fiore, raccoglievano i residui di una novantina
di strutture
Ha sollevato il pesante coperchio del cassonetto e in
bella evidenza, tra le altre immondizie, ha visto decine di garze imbrattate di
sangue, cerotti sporchi, bendaggi contaminati, medicazioni giallastre, siringhe
usate, pannoloni e guanti di lattice rivoltati. Un attimo dopo il pensionato ha
avvisato per telefono i vigili urbani della inquietante scoperta. «Sono qui in
via Cicerone. Se ben ricordo questi rifiuti sono stati scaricati da un furgone
di colore rosso».
E’ stato questo l’«imput» che ha consentito al pm Maddalena Chergia di avviare
nel febbraio del 2009 un’indagine sulla ditta di raccolta e smaltimento di
rifiuti sanitari pericolosi «Fiore», di via Orlandini 33, gestita da Emanuele
Pittarresi e Filippa Favuzza. I loro mezzi di trasporto sono stati seguiti per
settimane da Trieste a Muggia, da Miramare all’aeroporto di Ronchi.
E’ così emerso che la ditta raccoglieva i rifiuti pericolosi di una novantina di
ambulatori medici, farmacie, residenze assistite per anziani non
autosufficienti. Invece di trasferirli al termovalorizzatore «Acegas» di via
Errera 11 dove sarebbero stati smaltiti, li gettava tranquillamente nei
cassonetti dei rifiuti urbani solidi. Sui documenti di trasporto al contrario
l’indicazione della destinazione finale era quella prevista per legge. il
termovalorizzatiore Acegas.
Ieri Emanuele Pittarresi e Filippa Favuzza sono stati rinviato a giudizio dal
presidente aggiunto del gip Guido Patriarchi e dovranno comparire nell’aula del
Tribunale il prossimo 5 luglio. Il marito è accusato di truffa e di falso,
nonché di aver smaltito illegalmente, abbandonandoli in modo incontrollato in
luoghi inidonei, numerosi sacchi di rifiuti sanitari pericolosi. Secondo la
Procura che gli contesta la recidiva reiterata, non è la prima volta che
Emanuele Pittaresi viene «beccato con le mani nel sacco». La moglie è invece
stata rinviata a giudizio unicamente per aver concorso nell’ultima ipotesi di
reato. In sintesi avrebbe aiutato il marito a trasportate i sacchi con i rifiuti
sanitari.
L’indagine affidata ai vigili urbani è stata dettagliata e precisa
nell’identificazione dei «punti» di smaltimento illecito e dei mezzi non
autorizzati usati dalla ditta «Fiore» per il trasporto.
I cassonetti utilizzati violando la legge erano posti in piazzale Duca delle
Puglie, in via Visinada all’altezza del numero 7, in viale Mimarare 331, in via
San Sabba ed anche in via Cicerone dove il pensionato aveva trovato decine di
garze sporche di sangue, uscite dal sacco di plastica gialla che si era rotto.
Va aggiunto che ieri la Procura aveva convocato nell’aula del gip per l’udienza
preliminare una novantina di persone offese dal reato. In sintesi i medici. i
farmacisti, i titolari delle case di riposo per anziani che avevano affidato
alla ditta «Fiore» il compito di smaltire i rifiuti sanitari ritenuti. Tutti
avevano sottoscritto un regolare contratto e soprattutto avevano pagato il
servizio ritenendo che tutto fosse in regola, perfettamente aderente alla legge.
Invece è emerso che anche alcuni dei mezzi usati nel periodo in cui i vigili
urbani stavano indagando, non erano autorizzati a quel tipo di trasporto.
La ditta «Fiore» aveva comunicato alla Camera di Commercio l’utilizzo di un
«Suzuki Carry» perfettamente in regola: ma un furgone «Peugeot», un «Nissan
Vanette» noleggiato, il camper di proprietà della figlia dei titolari della
ditta e un «Piaggio Porter» erano finiti nel mirino degli investigatori. «Mezzi
che Pittarresi utilizzava anche prima di aver chiesto e ottenuto la necessaria
autorizzazione» si legge sulla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm
Maddalena Chergia ed accolta dal giudice Patriarchi.
Al contrario Emanuele Pittarresi aveva sempre protestato la propria innocenza e
buona fede. «Ho le autorizzazione dell’Azienda sanitaria» ha ribadito più volte
e poco dopo l’avvio dell’indagine era riuscito con l’intervento del difensore, -
l’avvocato Mariano Tassan - a farsi dissequestrare i furgoni che la Procura
aveva bloccato. Il giro d’affari dello smaltimento coinvolto nell'inchiesta,
secondo l’accusa, raggiungeva i centomila euro l’anno e per ogni chilogrammo di
rifiuti sanitari gli ambulatori pagavano dai 25 ai 50 euro. Sempre secondo
l’inchiesta, la ditta «Fiore» avrebbe smaltito illegalmente più di una
tonnellata di bende, lenzuola, pannoloni, siringhe. Tutto infetto, tutto
pericoloso.
CLAUDIO ERNÈ
RIFIUTI SANITARI - Dalle case di riposo alle suore
francescane
Medici, farmacisti, centri sanitari, residenze
polifunzionali per anziani. Ma anche la sede della Croce Rossa italiana di
Trieste e quella dello stessa Cri posta all’interno dell’Aeroporto di Ronchi.
Tra le parti offese dallo smaltimento illegale di rifiuti sono stati inseriti
dalla Procura anche il Centro medico del Centro internazionale di fisica teorica
di Miramare e le suore francescane di via delle Doccie. Sono più di 91 i punti
in cui la ditta «Fiore» raccoglieva i rifiuti sanitari pericolosi che poi,
secondo l’accusa, smaltiva illegalmente nei normali cassonetti delle immondizie,
usando talvolta su una delle copie del formulario di trasporto anche un falso
timbro dell’Acegas - Aps. In questo modo, sempre secondo l’accusa, venivano
indotti in errore i clienti. Talvolta sul formulario era indicato come punto di
smaltimento il nome della ditta Mistral di Spilimbergo «dove tuttavia i rifiuti
non venivano conferiti se non in due occasioni». Nell’elenco dei clienti
danneggiati compaiono anche i nomi di personaggi pubblici a livello politico.
C’è il medico - sindaco di Muggia Nerio Nesdaleck e c’è il collega - consigliere
regionale, Sergio Lupieri.
Opicina, nuovo residence con pannelli solari - UNA
SCOMMESSA DA OTTO MILIONI DEL COSTRUTTORE CERRITO
Scoprire e amare Trieste da imprenditore, al punto da
decidere di continuare qui l’attività aziendale. E’ quanto sta capitando a Mario
Cerrito, uno dei soci della “Das Haus” srl (casa in tedesco), impresa di
costruzioni che da circa 15 anni opera nel milanese nel campo delle
ristrutturazioni e adesso sta iniziando un cantiere a Opicina, dal quale
usciranno 17 appartamenti residence. «Trieste, per me che sono di origine
napoletana – racconta Cerrito – era una sorta di città agli antipodi. Quando mi
chiedevano dove avrei voluto andare a lavorare – spiega – rispondevo scherzando
che poteva essere Trieste, proprio per indicare un centro lontanissimo dalla mia
terra. Oggi – prosegue – il destino ha voluto fare il suo ruolo e mi trovo qui,
deciso a continuare a operare in questa città della quale mi sono innamorato
subito». A Opicina, dove la Das Haus ha effettuato un investimento di circa otto
milioni di euro, il complesso di appartamenti sarà realizzato seguendo i più
moderni criteri: «Nel nostro cantiere – evidenzia Cerrito – rispetteremo i
criteri della domotica, l’intero complesso sarà autonomo sotto il profilo
energetico, sfruttando appieno i pannelli solari che saranno installati in
loco». Gli appartamenti saranno consegnati fra circa 24 mesi e saranno
distribuiti in quattro edifici. «Quello che mi ha emozionato di questa vostra
bellissima città – riprende il socio della Das Haus – sono i palazzi
neoclassici, l’atmosfera del centro, anche se devo dire che non tutto è
conservato nel modo migliore. In ogni caso – conclude Cerrito – ho deciso che
continuerò a operare a Trieste, perché il fascino che emana da questa città è
straordinario».
Stasera, alle 19, in largo Pitteri, negli spazi di uno dei più famosi negozi di
arredamento della città, con i quali è stato stipulato un accordo di
collaborazione per favorire gli acquirenti che vorranno avere l’appartamento
completo di mobili all’atto della consegna, la “Das Haus” presenterà il proprio
progetto.
(u. s.)
Terrapieno Acquario, slitta la riapertura - L’ARPA NON
DISPONE ANCORA DEI RISULTATI DELLE ANALISI SUGLI ELEMENTI INQUINANTI
Nesladek sperava di recuperarlo in parte per l’estate
ma i lavori partiranno a fine anno
MUGGIA Sfuma la possibilità di riaprire anche parzialmente il terrapieno
inquinato di Acquario: anche ipotizzando la necessità di bonifiche minimali,
anche annullando i tempi morti tra i vari passaggi formali che porterebbero al
suo recupero, anche accelerandone l’iter progettuale, difficilmente si
arriverebbe a vedere la prima ruspa all’opera prima di ottobre, novembre; troppo
tardi per coronare il sogno del sindaco Nerio Nesladek di restituire all’uso
pubblico quel tratto di costa già nelle prossime settimane. In realtà, un
barlume di speranza per raggiungere almeno un primo piccolo traguardo, una
specie di piano “B”, il sindaco ancora la coltiva.
Andiamo con ordine. Per sapere quali interventi di bonifica mettere in atto,
sono state chieste al Cigra dell’Università di Trieste le caratterizzazioni,
cioè la composizione degli elementi del sito. I rilievi sono stati poi affidati
all’Arpa: siamo tra gennaio e febbraio scorsi. Arpa ha effettuato le
controanalisi a campione, ma per i riscontri di diossina e amianto ha dovuto
appoggiarsi ad un laboratorio esterno in Veneto. Queste analisi non sono ancora
state consegnate e Arpa non ha quindi il quadro completo per la definizione
degli inquinanti presenti ad Acquario. Mancando questo tassello, è impossibile
che la Regione convochi la conferenza dei servizi, composta oltre che dalla
stessa Arpa e dalla Regione, anche da Provincia, Azienda sanitaria e
naturalmente Comune di Muggia. Questa conferenza potrebbe riunirsi verso la metà
di maggio, quando si ipotizza che le analisi mancanti, diossina e amianto,
possano essere consegnate all’Arpa. «Per quella data – precisa il sindaco -
crediamo che la Regione possa intanto aver accolto la nostra richiesta, avanzata
due mesi fa, di ottenere la concessione del terrapieno: un passaggio che ci
darebbe maggior forza in sede di conferenza dei servizi per chiedere, oltre che
un’accelerazione dei tempi, anche l’autorizzazione a piccoli interventi, ferma
restando la priorità fondamentale: accertarsi dell’inesistenza di rischi per la
salute pubblica». Piccoli interventi dunque: «Come primo intervento, qualora non
si possa già quest’anno procedere al recupero completo di Acquario, l’idea che
intendiamo sottoporre all’autorizzazione della Provincia – spiega Nesladek - è
di spostare di poco l’attuale muretto verso il mare allargando il segmento
stradale del terrapieno per permettere così il passaggio in sicurezza di cicli e
pedoni». Il riferimento è al sistema delle strade turistiche e paesaggistiche
con limite di velocità di 30 all’ora, «con possibilità – ribadisce Nesladek - di
istituire sperimentalmente e per periodi definiti il senso unico in direzione
Slovenia». Qualora anche questo progetto alternativo dovesse arenarsi e dal
terrapieno non fosse ancora possibile spostare neppure un sassolino, Nesladek
conferma che l’orientamento dell’Amministrazione è quello di dotare comunque il
resto di strada per Lazzaretto di un percorso ciclopedonale.
GIOVANNI LONGHI
Il mais Ogm come il ”Grande Fratello” - I ribelli di Vivaro: semina in diretta web e strisce giornaliere sulla crescita
L’assessore Violino ribadisce che l’atto è illegale: «Previsto l’arresto sino a tre anni» - Silenzio di Galan dopo l’apertura sul transgenico mentre Futuragra chiede lo stop
TRIESTE Si candida a essere il reality dell’anno sfidando
il Grande Fratello e l’Isola dei Famosi. E qualcuno l’ha già ribattezzato la
Grande Pannocchia o l’Isola delle Pannocchie: il mais Ogm in Friuli Venezia
Giulia, il primo d’Italia, si potrà vedere solo in video. Oggi alle 14 la semina
in diretta on line e poi, per quattro mesi, gli aggiornamenti quotidiani su
Internet. L’annuncio a sorpresa è arrivato da Giorgio Fidenato (Agricoltori
federati) e Leonardo Facco (Movimento libertario). I due dissidenti, quelli che
hanno deciso di forzare la mano e seminare il mais geneticamente modificato
nonostante il decreto interministeriale lo vieti espressamente e nonostante
Futuragra, l’associazione che per prima si è battuta per la sperimentazione, li
abbia invitati a desistere, lo hanno comunicato ieri. A Pordenone. «Per evitare
problemi di ordine pubblico e far crescere le piante – hanno spiegato – la messa
a dimora si potrà vedere sul sito www.movimentolibertario.it, domani (oggi per
chi legge) alla 14». Ma dove avverrà la semina? «In provincia di Pordenone in un
terreno pubblico». Niente ettari Ogm, ma solo qualche pianta dimostrativa. Ma
chi assicura all’opinione pubblica che il mais crescerà in Friuli Venezia
Giulia? Chi garantisce che non sia già stato piantato? «Dovete fidarvi. Il fatto
che sarà piantato in provincia di Pordenone si capirà perché ogni giorno, sul
sito, si potranno vedere foto e video delle piante che crescono. Tra quattro
mesi ci rivedremo e mostreremo all’opinione pubblica cosa sono questi famigerati
Ogm» affermano. Il resto della conferenza stampa è una sfilza di citazioni colte
– da Orwell («quando la menzogna è universale dire la verità è rivoluzionario»)
a Socrate, fino a John Locke – di critiche allo Stato – «danno a noi dei
fuorilegge quando loro non rispettano le direttive europee» – e di esibizione di
documenti che contesterebbero le tesi scientifiche contrarie agli Ogm. Pronti
alla semina, dunque, «a meno che il ministro Giancarlo Galan non ci convochi
d’urgenza e ci assicuri condizioni serie».
Ma le condizioni che i dissidenti pongono sono pesanti: «Sperimentazione entro
una settimana, in un’università scelta dal ministero, sotto la supervisione di
Agricoltori Federati». Ma da Roma e da Galan, ieri, è arrivato solo il silenzio
istituzionale. A tentare un ultimo appello, invece, chiedendo la convocazione di
un tavolo di lavoro con il ministero, è Futuragra con il presidente Duilio
Campagnolo: «L’annunciata semina dimostrativa di mais Ogm in Friuli venga
sospesa. In un momento in cui attorno alle aperture del ministro Galan si sta
aggregando un fronte ampio di consensi un atto di disobbedienza civile
rischierebbe di essere strumentalizzato». Anche Confagricoltura invita a tener
conto delle aperture sul tema manifestate da Galan. Di «atto illegale che va
contro le norme vigenti» parla, invece, la Cia (Confederazione italiana
agricoltori). Coldiretti ribadisce invece che gli Ogm non possono essere il
futuro dell’agricoltura regionale «anche se venisse provato che non sono
dannosi. Bisogna puntare sulla tutela della qualità e del tipico perché ci sia
sostenibilità economica». Nel mondo politico, il Pd ha presentato in commissione
agricoltura alla Camera una risoluzione chiedendo al Governo «di adottare tutte
le misure necessarie ad impedire che si compiano azioni illegali e pesantemente
provocatorie» e i senatori del Friuli Venezia Giulia Flavio Pertoldi, Carlo
Pegorer e Tamara Blazina hanno chiesto al ministro dell'Interno, Roberto Maroni,
e al Prefetto di Pordenone di adottare «ogni iniziativa volta a prevenire azioni
illegali». Anche il gruppo del Pd in consiglio regionale, con Gianfranco
Moretton, si è mosso a sostegno delle posizioni di Coldiretti, Wwf e altre
associazioni di produttori, mentre l’assessore regionale alle Risorse agricole,
il leghista Claudio Violino, ha ricordato che «la Regione intende dare in merito
una risposta concreta in termini legali e in termini giuridici» e ha aggiunto
che chi pianta Ogm rischia sanzioni pesanti: un’ammenda fino a 50 mila euro e
l’arresto da sei mesi a tre anni.
MARTINA MILIA
MAIS OGM - In piazza la rivolta dei ”disobbedienti” -
GUIDATI DA METZ, CASARINI E TORNATORE
TRIESTE E se i semi si vedranno solo via web, le proteste
si potranno vedere dal vivo. Domani alle 12, in piazza a Vivaro, i
”Disobbedienti” daranno il via a una manifestazione per rivendicare che «il
territorio non può essere svenduto alle multinazionali». Nella piccola piazza
arriveranno «non più di cento persone» assicura Alessandro Metz. L’ex
consigliere regionale dei Verdi, insieme a Luca Casarini (disobbediente) e a
Luca Tornatore (il ricercatore mestrino dell’Università di Trieste finito agli
onori delle cronache per essere stato arrestato a Copenhagen in seguito ad
alcuni scontri con la polizia), ha organizzato il presidio. La manifestazione,
che si preannuncia pacifica, vuole essere una risposta da parte di quanti non
vogliono un’omologazione del territorio. «Non parteciperemo come associazioni,
ma come individui, ognuno con la propria storia e il proprio bagaglio di
esperienze – evidenzia Metz – proprio perché chiunque sia contrario possa
partecipare. Visto che Vivaro è un piccolo Comune non saremo in tanti». Non dice
di più l’ex consigliere, ma fa sapere che il presidio «sarà attivo» per cui la
semina dimostrativa di Ogm, annunciata da Agricoltori federati, potrebbe non
essere l’unica azione della giornata.
Enel, fra un anno la scelta dei siti per il nucleare -
LA TEDESCA E.ON: «FARE LE ASTE»
ROMA Enel «sarà in grado» tra un anno di proporre i siti
dove costruire centrali nucleari in Italia. Si entrerà così nella fase più
delicata, quando il progetto del governo dovrà affrontare la prova «ninby», il
rischio di arenarsi tra veti a livello locale. «Sindrome» che potrebbe portare
ad un «arresto del processo» se passasse il principio di condizionare le scelte
all'assenso delle Regioni interessate, avverte il presidente dell'Antitrust,
Antonio Catricalà.
Per la tedesca E.On potrebbero anche esserci più società a mettere gli occhi
sulle stesse aree: ha così suggerito di ricorrere ad aste per assegnarle, cosa
che porterebbe anche ad un buon incasso per lo Stato. Intanto il Governo sta
valutando la possibilità di dare incentivi alle imprese che investiranno nella
filiera, seguendo - ha spiegato il sottosegretario allo Sviluppo, Stefano Saglia
- l'esempio del governo inglese che «ha deciso di stanziare 100 milioni per
sostenere le aziende».
La «Conferenza Diritto Energia 2010», organizzata dal Gestore dei Servizi
Energetici e dall'Università Roma tre, ha offerto una occasione per fare il
punto, tra aziende, esperti e governo. È stato l'amministratore delegato di
Enel, Fulvio Conti, a indicare che oggi è «prematuro» parlare di siti, si farà
tra un anno. Da Conti anche una stoccata ai presidenti delle Regioni di
centrodestra che tentennano: «Hanno firmato il programma di Governo, mi aspetto
che siano ragionevoli nel mantenere questo impegno».
Quanto ai punti su cui prestare attenzione sul fronte dell'Antitrust, per
Antonio Catricalà investimenti così ingenti portano necessariamente le aziende
ad allearsi in consorzi e joint venture (come già Enel-Edf), una collaborazione
che va però fatta in modo «da non pregiudicare il livello di concorrenzialità
dei mercati». Eni non ha allo studio nessun dossier, ha indicato l'ad Paolo
Scaroni. Quanto all'impatto sull'economia, Confindustria stima che gli
investimenti necessari per centrare l'obiettivo di produzione che si è posto il
governo, oltre 30 miliardi, «se si fanno le scelte giuste per il 70% avranno una
ricaduta in Italia»: così sarà un «forte driver di crescita per imprese e
occupazione», dice il direttore generale Giampaolo Galli.
SEGNALAZIONI - Smog e Ferriera - GOOGLE
Vivo a Trieste da quattro anni e mi interesso
costantemente delle vicende di questa bella città. Mi chiedo però perché
l’opinione pubblica non riesce a dare una svolta definitiva alla vicenda dello
stabilimento della Ferriera.
Guardate le immagini su Google maps. È più che evidente l’enorme inquinamento
arrecato alle acque marine del golfo di Trieste dalle attività dello
stabilimento. Se le attività della Ferriera producono un tale disastro,
significa che bisogna porvi rimedio. L’immagine parla chiaro. Molto spesso nella
città di Trieste si è soliti vantare la specialità del pesce del golfo. Pensate
forse che non ci sia un nesso fra questo inquinamento e il pesce che finisce nei
nostri piatti? Pensate che non ci sia alcun nesso fra i bagni d’estate e questo
inquinamento? Il nesso è la nostra salute.
Marco Malvestuto
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 aprile 2010
Al Municipio l’area dell’ex caserma di via Cumano
Sdoganati Monte Cimone e distretto militare
Il Comune si toglie dal groppone un peso da 100mila euro
all’anno e ottiene anche la certezza di avere la strada spianata per rilevare,
attraverso le necessarie pratiche burocratiche, la proprietà dell’area dell’ex
caserma di via Cumano. Quasi 24mila metri quadrati in fase di trasformazione in
un ampio polo culturale, con il Museo di storia naturale pronto ad aprire a fine
giugno (dall’ingresso che dà su via Tominz) e il futuro allestimento del Civico
museo di Guerra per la pace “Diego de Henriquez” con la relativa collezione.
Nel contempo, il Municipio trova pure la convergenza con il Ministero
dell’economia e delle finanze sulla modifica della destinazione d’uso di alcune
aree demaniali, come previsto dalla variante al Piano regolatore per la cui
adozione il via libera di Roma era un passaggio necessario. Questi i contenuti
principali dell’accordo stipulato ieri mattina nella capitale fra Comune di
Trieste e Stato, con le firme al Protocollo d’intesa che fissa i paletti fra i
soggetti da parte del sindaco Roberto Dipiazza e del sottosegretario Luigi
Casero. Una missione romana, quella del primo cittadino, andata a buon fine:
«Per l’area di via Cumano pagavamo un affitto annuale da 100mila euro. Con
questo accordo - gongola Dipiazza - tale incombenza è stata tolta. Inoltre, si è
stabilito che successivamente il tutto diventerà proprietà del Comune. Inoltre,
abbiamo raggiunto le intese utili ad andare avanti con l’iter per l’adozione del
Piano regolatore». A proposito di condivisione sulle nuove destinazioni d’uso,
Dipiazza cita alcuni esempi contenuti nel protocollo pur senza svelare l’elenco
nella sua interezza: «Ci sono, fra le altre aree, quella dell’ex tenuta
Burgstaller a Banne (nota anche come l’ex caserma Monte Cimone, ndr), dell’ex
valico di Basovizza, dell’antica sede vescovile di via del Castello che ospitava
il distretto militare e infine dell’ex campo profughi di Padriciano».
Quest’ultimo già oggetto di permuta fra lo stesso Demanio dello Stato e la
Provincia.
«Da queste intese il Comune ha ottenuto una serie di vantaggi...», sottolinea
soddisfatto il sindaco. Il cambiamento di destinazione d’uso di alcune aree,
assicurando alle stesse nuove potenzialità di tipo per esempio residenziale,
garantirà infatti non solo al Demanio maggiori entrate in caso di vendita, ma
assicurerà anche al Municipio un guadagno. Lo Stato, infatti, nell’ambito di
queste operazioni sul territorio comunale è chiamato a versare il 15% del
ricavato al Comune. Se le potenzialità aumentano, sale pure il valore e così
l’incasso. E, evidentemente, la percentuale. «Il 15%? Lo prevede la legge
nazionale...», se la ride Dipiazza.
MATTEO UNTERWEGER
Dipiazza: «A breve un altro incontro per chiudere la
partita di via Rossetti» - IL COMPRENSORIO GRIGIOVERDE DISMESSO
«Stiamo definendo un altro appuntamento a Roma, anche con
la Provincia, per arrivare a una soluzione per quanto riguarda la caserma di via
Rossetti». Reduce dall’appuntamento nella Capitale per la firma sul Protocollo
d’intesa siglato con il Ministero dell’economia, il sindaco Roberto Dipiazza
annuncia l’imminente calendarizzazione di un nuovo vertice romano per trovare
finalmente la soluzione di un’altra annosa questione. Quella della caserma
Vittorio Emanuele III di via Rossetti, al cui interno la cessazione
dell’attività era stata celebrata il 31 marzo del 2008, con la cerimonia di
scioglimento del 1° Reggimento San Giusto. Più di due anni fa, ormai.
«Comune e Provincia - conferma Dipiazza - sono intenzionati ad acquistare
assieme l’area per realizzarvi un polo scolastico, ma questa è un’altra partita,
da giocare con il Demanio militare». Presumibilmente attraverso un’intesa da
trasferire sulla carta assieme al sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto,
incaricato direttamente dal ministro Ignazio La Russa di seguire l’iter della
dismissione e dei successivi passaggi utili al recupero dell’area. Il 13 ottobre
del 2008, lo stesso Crosetto era arrivato a Trieste in visita ufficiale,
assicurando che il governo avrebbe garantito un’accelerazione dei tempi per
mettere il comprensorio a disposizione della città il più in fretta possibile.
Da quel giorno è trascorso oltre un anno e mezzo. Alla fine dello scorso
dicembre, l’assessore provinciale con delega al Patrimonio, Mariella Magistri De
Francesco aveva sottolineato che «il ministero della Difesa non è riuscito
ancora a costituire compiutamente la società Patrimonio Difesa spa, che sarà poi
incaricata della trattativa di compravendita della caserma. Ecco perché siamo
ancora in alto mare. Manca l’interlocutore...».
(m.u.)
«Ridurre l’inquinamento e centro senza auto» - La
ricetta del sindaco e della Bassa Poropat per abbassare il tasso di tumori in
città
Lavorare su due fronti: ridurre le emissioni inquinanti
della Ferriera di Servola, fino ad arrivare alla graduale chiusura dello
stabilimento; e pedonalizzare sempre più numerose vie del centro. E' questa,
secondo il sindaco Roberto Dipiazza, l'unica ricetta utile per invertire un
trend che vede Trieste maglia nera in Regione per l'aumento dell'incidenza dei
tumori. In una città coma la nostra, sempre ai primissimi posti in Italia per
qualità della vita, sembra infatti che uno dei pochi nei con cui fare i conti
sia questo. Trieste, stando agli studi recenti di oncologi italiani e sloveni,
presenta infatti un'incidenza di tumori pari a quella di una grande città . In
media, a Trieste questa malattia colpisce il 14% in più rispetto al resto della
Regione. Stabilire quali siano le cause in maniera certa è, ancora oggi,
impossibile. Sicuramente, oltre ai fattori genetici, a incidere sono
l'inquinamento e gli stili di vita sbagliati. Dando per scontato che gli
amministratori pubblici non possono controllare ciò che finisce sulle tavole dei
triestini, e nemmeno obbligarli a seguire uno stile di vita sano, molto possono
invece fare per mettere in campo misure contro l'inquinamento e contribuire a
rendere più salubre l'ambiente in cui le persone vivono. Da dove partire,
dunque? Il sindaco Dipiazza spiega: «Quando si parla di inquinamento non posso
che pensare alla Ferriera. E' questo - commenta il primo cittadino - il problema
principale da risolvere. Dobbiamo portare avanti gli impegni presi: controllare
in maniera rigorosa le emissioni, contenere quelle inquinanti e, infine,
arrivare alla chiusura dello stabilimento.
«Proprio lunedì sono stato a Servola e mi sono reso conto, ancora una volta, di
quanto sia complicata la situazione: vivere dovendo respirare odori di carbone e
zolfo non è di certo sano e facile, nè da un punto di vista fisico nè
psicologico». Un altro fronte su cui operare per ridurre l'inquinamento è il
controllo del traffico. «In questi anni abbiamo fatto molto», afferma ancora il
sindaco Dipiazza -. Abbiamo pedonalizzato molte vie cittadine, come via Cavana,
via Torino, piazza della Borsa, via Cassa di risparmio. Chiudere alcune aree del
centro alle auto è uno dei modi utili a contenere i gas inquinanti». Convinta
che la questione ambientale sia legata a filo doppio alla salute dei cittadini è
la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. «I dati relativi
all'incidenza di tumori a Trieste sono preoccupanti», spiega . «Le istituzioni
possono incidere sullo stile di vita dei cittadini attraverso un'attenta
attività di sensibilizzazione e formazione, rivolta in particolare ai giovani.
Ma, soprattutto, possono intervenire sulla riduzione dell'inquinamento
atmosferico. Investire sull'efficienza dei mezzi pubblici e incentivare le
persone a usarli di più - osserva - deve essere una sfida comune a tutti gli
amministratori pubblici. Fondamentale è, inoltre, il rigoroso e severo controllo
di tutte le realtà industriali, a partire dalla Ferriera. Non ci devono essere
sconti per nessuno: chi inquina va punito». Da qui la proposta della presidente
Bassa Poropat di istituire un tavolo di valutazione e confronto, che comprenda
non solo gli enti locali ma anche gli esperti dell'Arpa.
Elisa Coloni
Il ministro Galan apre sugli Ogm ma vieta la semina I
”ribelli” di Vivaro: «Ha 48 ore per convincerci»
TRIESTE È un sacco, uno solo, e ha già alle spalle una
rocambolesca trasversata oceanica. Contiene 50mila semi di mais Ogm, nemmeno un
ettaro di terreno, ma sta provocando un putiferio crescente: Giorgio Fidenato,
l’agricoltore ”ghandiano” di Vivaro che lo possiede, rivendica il diritto di
piantare «pacificamente» quei 50mila semi. Primo in Italia. Il nutritissimo
fronte anti-Ogm, invece, grida all’illegalità e invoca contromisure: la Lega va
in pressing sul prefetto di Pordenone e su Roberto Maroni, il Pd incalza mezzo
governo, Coldiretti protesta, il mondo ”no global” annuncia la calata su Vivaro.
Muro contro muro? No, non ancora, perché Giancarlo Galan scende in campo e, a
sorpresa, apre uno spiraglio: promuove «il dialogo», si smarca dal suo
precedessore Luca Zaia e si dice «libero da pregiudizi», chiedendo pero di
sospendere la semina. L’agricoltore ”ribelle” non resta sordo, ma rilancia: «Il
programma non cambia, domani si semina a meno che il ministro all’Agricoltura
non abbia proposte serie da sottoporci entro 48 ore».
L’APERTURA Come finirà? Di sicuro, all’antivigilia del ”d-day”, Galan conquista
la scena. Sparigliando. Il ministro dichiara che «la questione degli Ogm merita,
da parte di tutti, un supplemento di attenzione». Subito dopo, si rivolge ai
”ribelli”: «Chiedo a chi medita di risolvere la questione con azioni
dimostrative di sospendere ogni iniziativa che travalichi i confini della
legalità anche perché troverà in me un interlocutore libero da pregiudizi». E
ancora: «Con il dialogo e il confronto è più semplice trovare soluzioni a una
questione che si rischierebbe di compromettere con inutili fughe in avanti».
LA RISPOSTA Non è un segnale da poco. Non a caso, Futuragra - l’associazione che
combatte da sei anni «la battaglia innanzitutto culturale» in nome degli Ogm ma
non convide la mossa eclatante di Fidenato - raccoglie al volo e offre subito
«tutto l’appoggio e la collaborazione» a Galan. Agricoltori federati e Movimento
libertario, le associazioni che viceversa supportano quella mossa, raccolgono
solo a metà: «L’apertura del ministro ci trova pronti e aperti anche se arriva
in un momento in cui i tempi utili per la semina del mais sono strettissimi. E
quindi, poiché abbiamo pochissima fiducia nella classe politica viste le
centinaia di promesse non mantenute, non intendiamo rinunciare alla semina a
meno che il ministro non abbia proposte serie da sottoporci entro 48 ore».
LE PROTESTE Non tutti aspettano. Il Pd, con Nicodemo Oliverio, interviene a
Montecitorio contro le minacce «fuorilegge» dell’agricoltore di Vivaro,
sollecitando mezzo governo a impedire la semina e annunciando presidi. La Lega,
con Sebastiano Fogliato e Gianpaolo Vallardi, scrive una lettera al prefetto di
Pordenone e al ministro dell’Interno, chiedendo di bloccare il pericoloso blitz
di Vivaro. E la Regione, con l’assessore Claudio Violino, ribadisce che «la
semina non è autorizzata».
IN PIAZZA I più duri, però, sono tre volti noti del mondo no-global: Alessandro
Metz, Luca Tornatore e Luca Casarini chiamano a raccolta centri sociali,
ambientalisti, agricoltori, associazioni e movimenti in difesa della «nostra
terra contro le multinazionali del biotech». E organizzano, domani alle 12 nella
piazza principale di Vivaro, un presidio attivo per «impedire che questi signori
possano seminare la loro stupidità».
GLI APPUNTAMENTI Già quella di oggi, però, è una giornata calda: Fidenato
convoca i giornalisti alle 11. A Pordenone. Alle 12, sempre a Pordenone,
Coldiretti e le 55 associazioni promotrici di una legge regionale
anti-transgenico fanno altrettanto. La sfida continua.
ROBERTA GIANI
Il cibo transgenico è pericoloso? Gli scienziati
litigano in pubblico
MILANO Botta e risposta con scintille tra scienziati, alla
Fast di Milano, sul tema Ogm. Edoardo Boncinelli, genetista, docente
dell’Università San Raffaele e Marcello Buiatti, docente di Biologia
evoluzionistica all’Università di Firenze, si confrontano e si dividono.
Boncinelli, alla fine, sbotta: «Per oggi ne ho sentite abbastanza di
sciocchezze!». Buiatti non incassa: «Se certe cose non le sa, si informi!».
Convinto della non pericolosità dei cibi transgenici, Boncinelli afferma che
«modificare un solo gene nel Dna del mais o di un altro prodotto per
l’alimentazione non può provocare conseguenze per la salute». Del resto,
aggiunge, «l’uomo da sempre ha modificato animali e piante con gli incroci. Solo
che prima lo faceva alla cieca, ora lo si può fare in maniera mirata». Buiatti,
all’opposto, ritiene che introdurre il gene di una specie nel Dna di un
organismo di un’altra specie non è come fare incroci: «Oggi si sa che il genoma
umano è costituito da 20.000 geni (forse meno) che nell’organismo danno luogo a
oltre 5 milioni di proteine. Quindi, se cambio un gene, cambiano diversi
fattori». E fa l’esempio del topo transgenico, più grande grazie il gene
dell’ormone della crescita, che «mostra però gravi problemi di salute e muore
prima».
Il Wwf: «Subito controlli a campione» - PRESSING SU
REGIONE E FORZE DELL’ORDINE
TRIESTE Controlli a campione sulle coltivazioni regionali per verificare se, come si sospetta, semi Ogm siano già stati piantati. Lo chiede il Wwf regionale: «L’annuncio di alcuni agricoltori di voler andare avanti con la semina Ogm – afferma il presidente Roberto Pizzuti – è molto grave. Né escludiamo che semine di questo tipo siano state già fatte. Perciò chiediamo che Regione e forze dell’ordine facciano rispettare il decreto Zaia». Come? Presto detto: con controlli a campione a partire dalle aziende che avevano già dichiarato in passato di voler seminare Ogm Ogm. «Nessun associato è obbligato a comunicare alla sua associazione l’avvenuta semina e quindi - incalza Pizzuti - riteniamo necessario un controllo serrato sul territorio». La proposta di legge contro gli Ogm, sottoscritta da Wwf e altre 55 associazioni, ha intanto concluso l’iter di incontri con i gruppi del consiglio regionale, ottenendo «ampio consenso». «Lega e Sinistra ci hanno assicurato l’adesione completa – spiega l’ex presidente del Wwf Dario Predonzan – mentre altri gruppi hanno avviato una discussione interna. Siamo ottimisti che la proposta diverrà legge».
(e.o.)
Strage sulle strade, 300 animali uccisi - Ma la cifra è
parziale. Molte bestie, ferite, si trascinano nella boscaglia dove poi muoiono
In crescita i cinghiali e i caprioli e si rivedono
anche i camosci - I DATI DELLA FEDERCACCIA PROVINCIALE RELATIVI AL 2009
TRIESTE Nel 2009, in provincia di Trieste, più di 300 animali selvatici di
grossa taglia sono stati investiti e uccisi da auto, scooter e treni. Ma il dato
è parziale e non fotografa nel dettaglio l’inquietante situazione, se si pensa
che diversi animali selvatici, dopo l’impatto, riescono a trascinarsi nella
boscaglia prima di morire.
La cifra, che evidenzia come lungo le strade carsoline e periferiche sia
necessario usare molta attenzione e prudenza nella guida, è stata presentata
dalla Federcaccia di Trieste in occasione della mostra dei trofei degli ungulati
abbattuti nel Distretto 13 del Carso, organizzata a Jamiano (Gorizia).
I trofei esposti dai 259 cacciatori triestini che agiscono nelle dodici riserve
della provincia sono il risultato di una stagione venatoria iniziata il 15
maggio 2009 e conclusasi lo scorso 15 gennaio.
Il territorio faunistico triestino consta di 11.937 ettari, dislocati per la
maggior parte lungo l’altipiano carsico e l’estrema periferia cittadina. In
provincia si spara sin dai tempi dell’impero Asburgico secondo quella modalità
di ”caccia di selezione” disciplinata dalla legge regionale 14 del 1987 che l’ha
resa obbligatoria in tutto il Friuli Venezia Giulia.
Il prelievo venatorio avviene in modo mirato, e solo dopo la realizzazione di
accurati censimenti e la messa a punto di precisi piani di abbattimento. I capi
vengono suddivisi per classi di sesso ed età, e possono essere abbattuti solo in
determinati periodi dell’anno. I cacciatori, oltre al conseguimento
dell’attestato di abilitazione all’esercizio venatorio, devono seguire un
ulteriore corso che abilita alla caccia selettiva e, in sintesi, a una gestione
dell’intero territorio sotto il profilo venatorio.
Secondo i piani di abbattimento della stagione appena conclusasi, sono stati
”prelevati” 462 caprioli sui 562 stabiliti e 297 cinghiali sui 499 stabiliti.
La riserva più estesa risulta quella di Basovizza, dove agiscono 33 doppiette.
Ulteriori 100 cinghiali sono stati abbattuti, in deroga, dai guardiacaccia
dell’ente provinciale.
Nella sola riserva di Duino sono stati ”prelevati” quattro camosci.
Relativamente a questa popolazione – secondo la Federcaccia provinciale – i
camosci appaiono in fase di espansione territoriale, come confermato della
recente costituzione di nuovi nuclei familiari avvistati in diversi ambiti
dell’altipiano.
Aumenta anche la frequenza di avvistamenti del cervo lungo la fascia confinaria
tra Italia e Slovenia. Lo certifica, purtroppo, l’investimento di una femmina
avvenuto lo scorso dicembre nel comune di Monrupino.
«Oltre a trovare la morte lungo le strade – spiega il presidente della
Federcaccia provinciale, Fabio Merlini – diversi selvatici vengono sbranati da
cani selvatici e da quadrupedi sfuggiti ai loro padroni, o dalle recinzioni di
proprietà private. E’ bene ricordare a tutti, che anche chi si reca nei boschi
deve tenere il proprio cane al guinzaglio. Lasciarlo libero – continua – vuol
dire predisporlo all’eventuale inseguimento di qualche animale che può sbucare
all’improvviso su di una carreggiata e scontrarsi con vetture e moto, con tutte
le gravi conseguenze del caso».
Il discorso vale ancor di più in primavera, stagione in cui nascono le nuove
cucciolate di caprioli e cinghiali. La prossima stagione di caccia di selezione
a caprioli e cinghiali inizierà sabato 15 maggio e si concluderà il 15 gennaio
2011.
MAURIZIO LOZEI
SEGNALAZIONI - Ferriera e smog - REPLICA
Con riferimento alle note della Lucchini Spa divulgate a
mezzo televisivo (19/4/2010) e a mezzo stampa (21/4/2010), note riguardanti le
asserite migliorie della qualità dell’aria, per l’anno 2009, attribuite
unicamente a una serie di interventi tecnico-economici ad hoc nella Ferriera di
Servola, l’associazione Nosmog si premura di portare a conoscenza ulteriori
fattori concomitanti, di notevole peso e di non trascurabile effetto, per una
doverosa completezza informativa.
- Condizioni meteo di accentuata ventosità e piovosità, rispetto all’anno
precedente, che hanno favorito la dispersione degli inquinanti.
- Mancata attività fusoria e attività a essa correlate per circa un trimestre, a
causa della sostituzione dell’altoforno.
- Ridotta attività produttiva per oltre un quadrimestre, dovuta a un’asserita
crisi di mercato. A conferma di ciò la richiesta da parte della proprietà e la
relativa concessione da parte dell’Inps dell’ammortizzatore sociale noto come
Cigo (Cassa integrazione guadagni ordinaria), per oltre un centinaio di
dipendenti, come pubblicamente evidenziato all’epoca da tutti gli organi di
informazione locali.
- Totale blak-out di informativa pubblica sui dati ambientali nell’ultimo
trimestre dell’anno 2009, in particolare per le centraline di proprietà e
gestione non pubbliche, e segnatamente di proprietà della Elettra, cui l’ente
pubblico sembrerebbe non possedere il diritto di accesso diretto. La nota della
proprietà fa esplicito riferimento a due di tali centraline private, cioè via
Svevo e via Pitacco. In particolare per quest’ultima esiste, presso la Procura
di Trieste, una relazione peritale in cui, già nel 2008, veniva fatto cenno a
difformità numeriche per difetto rispetto a dati di centraline pubbliche e della
consulenza peritale stessa, collocate in sua stretta prossimità. Si ricorda che
anche la centralina di Muggia, vittima dello stesso blak-out informativo, non è
né di proprietà né di gestione pubblica.
- A fronte dell’asserita miglioria risulta, nel contempo, un incremento del
numero di segnalazioni dei residenti per fumi e gas quanto meno molesti se non
tossico/nocivi, pervenute alla polizia municipale cittadina, segnalazioni che
passano dalle oltre 500 del 2008 alle oltre 600 del 2009, pur in presenza di
un’asserita e riconosciuta riduzione dell’attività produttiva.
Alda Sancin - presidente Associazione ambientalista NoSmog
SEGNALAZIONI - CARSO - Frigoriferi rimossi
Nei giorni scorsi sono andata a fare una passeggiata nel
bosco Pucich, di fronte ai campi di golf di Padriciano e, con mia grande gioia,
ho visto che sono stati rimossi circa venti frigoriferi che erano stati
scaricati in mezzo al bosco.
Ringrazio la polizia municipale cui mi ero rivolta e la ditta che ha eseguito la
rimozione. Il bosco era più bello e con una fioritura di narcisi selvatici
sembrava ringraziare tutti quelli che hanno operato per ripulirlo! Spero che non
si verifichino più episodi del genere, chi può essere così incivile e
insensibile da trasformare la Natura in una discarica? Nella nostra città
funziona benissimo anche il servizio Acegas per il prelievo di rifiuti
ingombranti, perché non rivolgersi a loro? Ringrazio anche a nome di tanti amici
che hanno sofferto nel vedere così offeso il nostro Carso.
Franca Orzan
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 aprile 2010
«Sulla Ferriera non aspettiamo il Tar» - De Anna:
subito le verifiche dei requisiti per l’Aia. Rosolen: accordo con Roma sulla
chiusura
L’assessore al Lavoro: l’intenzione è di arrivare a una
legge ad hoc sulla riconversione, con l’individuazione di fondi per supportare
il progetto
La Regione accelera l’iter per la chiusura e la riconversione della Ferriera
di Servola. «Convocheremo a breve la Conferenza dei servizi - ha annunciato ieri
l’assessore all’Ambiente Elio De Anna - che dovrà verificare se l’azienda ha
ottemperato alle prescrizioni dettate e se le emissioni nell’aria non superano i
limiti di legge. Se in sostanza la situazione è tale da richiedere la revoca
alla Servola spa dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)». Nel corso del
2008 la Regione, prima di un esposto alla Procura, aveva inoltrato due diffide
alla Lucchini, oggi di proprietà al 100 per cento della russa Severstal, che
però è ricorsa al Tar. «Il Tribunale amministrativo non si è ancora pronunciato
- ha reso noto l’assessore - ma noi non intendiamo attendere oltre per
verificare la congruità delle condizioni in cui opera la Ferriera».
L’annuncio di De Anna è stato fatto ieri nel corso di una seduta congiunta della
terza e quarta commissione del Consiglio regionale presieduta da Alessandro
Colautti (Pdl). «L’intenzione è di arrivare ad una legge ad hoc sulla
riconversione della Ferriera - ha spiegato subito dopo l’assessore al Lavoro
Alessia Rosolen - con l’individuazione di fondi per supportare questo processo».
La legge sarà costruita dal comitato ristretto che raccoglierà le indicazioni
provenienti dai tre tavoli recentemente aperti e che riguardano rispettivamente
il programma di riconversione professionale e occupazione guidato dalla
Direzione lavoro della Regione, le bonifiche con a capo la Provincia e gli
assessori regionali De Anna e Savino, e lo sviluppo di nuovi insediamenti
produttivi con la guida del Comune e gli assessori Savino e Ciriani.
«Per stabilire tempi e modi della chiusura - ha annunciato ancora Rosolen - sarà
fatto un Accordo di programma con il Governo perché anche statali dovranno
essere i fondi. Alcune cose sono chiare fin d’ora: non potrà essere una
dismissione progressiva per cui è necessario anticipare il programma di
investimenti per la riqualificazione ambientale e produttiva e dovrà essere
anticipata anche la riqualificazione dei lavoratori».
L’elenco delle alternative non presenta sostanziali novità. Sono: la centrale
termoelettrica della stessa Lucchini e il terminal portuale di Servola, la
fabbrica di funi d’acciaio, l’espansione industriale legata alle bonifiche, la
Piattaforma logistica, il superporto del progetto Unicredit, il rigassificatore,
il ciclo del freddo ad esso legato, le attività connesse alla stessa lunga e
complicata opera di demolizione dello stabilimento. Gli esuberi, secondo dati
forniti dalla stessa Rosolen, saranno 650: 160 lavoratori dell’indotto e 490
dipendendi diretti di cui solo una ventina potranno essere ”accompagnati” alla
pensione perché la grande maggioranza ha oggi un’età compresa tra i 35 e i 44
anni.
Pur invitati, non sono intervenuti gli assessori alla Salute, Vladimir Kosic e
alle Attività produttive, Luca Ciriani. Nel successivo dibattito Gianfranco
Moretton (Pd) ha accusato il sindaco Dipiazza di aver bluffato dichiarando di
voler chiudere la Ferriera, ma di non averlo mai fatto pur avendone il potere,
rimbeccato da Maurizio Bucci (Pdl) secondo il quale il Comune era in realtà
isolato contro le altre amministrazioni. Sono intervenuti anche Alessandro
Corazza (Idv), Sergio Lupieri (Pd), Mauro Travanut (Pd), Stefano Alunni
Barbarossa (Cittadini) e Igor Kocijancic (Prc).
SILVIO MARANZANA
Dal Sincrotrone la centralina che svela le Pm10 - La
macchina analizza all’istante la composizione delle polveri: si punta alla
commercializzazione
LA STAZIONE IDEATA DA EDOARDO BUSETTO VERRÀ TESTATA
DALL’ARPA
Una misurazione istantanea delle polveri sottili Pm10 presenti nell'aria che
ne individui, oltre al peso, anche la composizione. È questa la funzione
innovativa della centralina di monitoraggio ambientale ideata da Edoardo Busetto,
sviluppata in questi ultimi anni da Sincrotrone e che a breve verrà testata sul
nostro territorio dall'Arpa.
Ma per la commercializzazione del nuovo rilevatore, che si avvale della tecnica
di indagine della fluorescenza con raggi X, ora si cercano finanziatori. Il
progetto è quello di costituire una società alla quale Sincrotrone Trieste
partecipi come socio di minoranza e che miri alla costruzione e alla
commercializzazione di servizi ambientali sui temi della sicurezza della salute
del cittadino.
Nasce così proprio da Trieste uno strumento sofisticato, di enorme potenzialità
che, oltre da rivelare quanti microgrammi di polveri sottili ci sono per metro
cubo, dato fornito dalle attuali centraline utilizzate dall'Arpa, rivela da cosa
sono composte. L'analizzatore, evidenziando le specie chimiche e le quantità
relative dei metalli presenti nelle polveri, potrà quindi individuare con più
precisione la fonte dell'inquinamento.
«Attraverso un computer che dall'ufficio riesce a entrare direttamente nel
sistema della macchina, - spiega Busetto, ora responsabile del progetto - sarà
possibile collegarsi con la centralina, bloccarla e rilevare istantaneamente
densità e composizione delle polveri sottili Pm10. Si può così comprendere in
tempo reale - continua - se quel certo tipo di polvere è generata da cause
naturali - come vento di scirocco o pioggia - o se invece viene prodotta
dall'attività dell'uomo, ovvero da un impianto industriale, dal traffico oppure
ad esempio dagli impianti di riscaldamento».
Attualmente le centraline utilizzate nelle città lavorano anche per 24 ore di
fila. I risultati vanno poi prelevati e portati in laboratorio per l'analisi.
«Oggi è possibile avere i dati dopo una settimana - precisa Busetto - mentre con
il nuovo rilevatore la misura e, di conseguenza, anche eventuali sforamenti e
dati allarmanti sono di lettura immediata. Abbiamo in pratica trasferito su una
centralina che va posizionata in zone particolarmente sensibili delle funzioni
che erano solo e tipicamente da laboratorio".
A breve i risultati di questo innovativo e quanto mai attuale strumento si
confronteranno con quelli delle centraline in dotazione all'Arpa: «Con loro -
spiega Busetto - stiamo individuando due siti dove installarle e dove dare il
via a un confronto tra il loro dato ufficiale e quello rivelato da questa
macchina che però non è ancora coperta dalla normativa».
Il metodo di analisi utilizzato si basa sulla fluorescenza da raggi X. «Si
irradiano tramite i raggi X gli elettroni più profondi delle polveri - illustra
il responsabile del progetto - quegli elettroni cioè che non essendo
suscettibili di variazioni dovute all'ambiente emettono una radiazione luminosa
tipica per ogni singolo elemento. La tecnica è nota ma la sua applicazione per
il monitoraggio ambientale direttamente sul campo è una novità assoluta».
Due prototipi della centralina sono già stati realizzati grazie al contributo
del Fondo Trieste, della Regione e in collaborazione con il Dipartimento
provinciale di Trieste dell'Arpa e con la sezione locale di Legambiente. Ora
spetta ai privati fare la loro parte.
Laura Tonero
Tondo e il nucleare: «Per noi solo a Krsko» - IL
PRESIDENTE FVG RIBADISCE IL SUO NO A MONFALCONE
UDINE «Non c'è alcuna ipotesi di centrale nucleare a
Monfalcone»: lo ho dichiarato ieri il presidente del Friuli Venezia Giulia,
Renzo Tondo.
Incontrando a Udine i sindacati e le categorie economiche sulle misure per
arginare la crisi economica dall'esecutivo regionale, il presuidente Tondo ha
ricordato che sul nucleare il Friuli Venezia Giulia «rimarrà alla impostazione
iniziale, e cioè - ha spiegato - favorevole a investimenti sulla centrale di
Krsko in Slovenia, laddove sia possibile. E in questo rinnovo l'appello al
governo a rafforzare la nostra posizione».
«In fatto di energia - ha proseguito Tondo - siamo molto laici: tutto ciò che
può servire a portarne in questa regione e non vada a ”squartare” il nostro
territorio è accettabile.»
Dunque sì agli elettrodotti Udine-Redipuglia e a quello della Carnia, purchè
vengano realizzati in modo compatibile e apertura di una trattativa con Terna.
«Non ci opporremo - ha aggiunto Tondo - facendo tutto il possibile per
migliorare».
Tondo ha infine fatto un'apertura ”a tutte le forme di energia rinnovabile che
stiamo già sostenendo: penso ad esempio alle aziende della Carnia che stanno
facendo investimenti sostenuti dalla Regione - ha concluso - per adottare il
sistema fotovoltaico”.
Presìdi contro la semina del mais Ogm - Lo minacciano
Coldiretti e la sinistra. Chiesto l’intervento di Maroni
MA L’AGRICOLTORE PORDENONESE CONFERMA: «SI PARTE
VENERDÌ»
TRIESTE Impedire che le pannocchie transgeniche ”inquinino” la campagna
italiana. Per la prima volta. All’indomani dell’annuncio choc di Giorgio
Fidenato, l’agricoltore pordenonese che venerdì intende piantare i semi di mais
Ogm, il trasversale e amplissimo fronte anti-Ogm ha un solo obiettivo: impedire
che il ”fattaccio irreversibile” si consumi. Ma come?
Mica semplice, mancano i precedenti: c’è chi chiama in causa il ministro Roberto
Maroni, chi i carabinieri, chi i forestali. Ancora, c’è chi sollecita il
prefetto di Pordenone, chi scomoda la Digos, chi ipotizza un’ordinanza
regionale. Di sicuro, la Coldiretti non esclude nulla. Nemmeno un intervento
diretto: «Abbiamo allertato le istituzioni. E, se servisse, siamo pronti a
organizzare presidi sul territorio per tutelare la libertà di impresa dei nostri
associati che rischiano la contaminazione» annuncia il direttore regionale Elsa
Bigai. E il presidente pordenonese, Cesare Bertoia, dà man forte: domani
incontra il prefetto di Pordenone, Pierfrancesco Galante, denunciando «una
provocazione pericolosa».
Coldiretti non è affatto sola. In Friuli Venezia Giulia ci sono 55 associazioni
in prima linea nella difesa dell’agricoltura tradizionale: «Avevamo messo in
conto la forzatura di qualche agricoltore. Ora, ci aspettiamo che le autorità
competenti intervengano» sintetizza il presidente regionale di Legambiente,
Giorgio Cavallo. Ma quali autorità? E con quali poteri? La Regione, con
l’assessore Claudio Violino, condanna la semina «priva di autorizzazione». Ma
studia ancora, con tecnici e legali, le contromosse possibili. Coldiretti
ricorda che le sanzioni ci sono. Pesanti: «Vige ancora il decreto 212 del 2001
che punisce con l’arresto sino a tre anni o l’ammenda sino a 100 milioni di lire
chi semina Ogm» spiega Bigai. Replica, a distanza, Fidenato: «Seminare Ogm non è
reato. Su questo ce la vedremo di fronte al giudice».
La partita, comunque, va ben oltre i confini regionali. Il senatore Pd Francesco
Ferrante ”stana” Maroni: «È necessario che si attivi al fine di prevenire e
evitare la semina di mais Ogm». Loredana De Petris, a nome di Sinistra, ecologia
e libertà, chiede l’intervento del corpo forestale e dei carabinieri del
ministero all’Agricoltura. E avverte: «Siamo pronti ad azioni dirette di
protesta».
Maggio e la biodiversità: gite alla Riserva marina e in
Carso - UN PROGRAMMA MESSO A PUNTO DA WWF E PROVINCIA
Un mese di escursioni nel Parco marino di Miramare e in
alcuni dei punti più suggestivi del paesaggio che caratterizza la provincia. È
questo il programma allestito di concerto fra Wwf e amministrazione provinciale
per il prossimo mese di maggio, in occasione dell'Anno internazionale della
biodiversità, proclamato tale dalle Nazioni unite. Nell'arco di tutti i fine
settimana di maggio, con l'aggiunta di martedì 25, gli interessati potranno
conoscere, attraverso visite guidate, i panorami marini e del Carso più
affascinanti e significativi sotto il profilo scientifico. «Abbiamo predisposto
un programma adatto agli adulti, ai bambini, alle famiglie - ha spiegato
Maurizio Spoto, direttore dell'Area marina protetta di Miramare - perché la
biodiversità comprende tutte le varietà della flora e della fauna, i microclimi,
gli aspetti più curiosi della natura».
Si comincerà sabato e domenica prossimi con un'escursione guidata alla Riserva
marina, si proseguirà il sabato e la domenica successivi con due appuntamenti,
una gita sul Carso e una nuova puntata nella Riserva marina. Domenica 16 maggio
ci sarà la Festa nazionale delle Oasi del Wwf, con tanto di gioco della tombola,
mentre la domenica successiva ci sarà una visita guidata alle fioriture
sottomarine della Riserva. Martedì 25 è in programma la Giornata europea dei
parchi, mentre domenica 29 ci sarà un'escursione guidata sul Carso costiero. Il
programma si concluderà il 30 con una passeggiata dal Castello di Miramare fino
a Contovello.
«La Provincia ha sempre manifestato grande sensibilità nei confronti del tema
della biodiversità - ha precisato l'assessore provinciale Denis Visioli - e in
quest'occasione ci siamo avvalsi della collaborazione degli esperti del Wwf, che
notoriamente sono molto competenti e preparati». Spoto ha poi ricordato che «le
eccellenze come il Parco marino rappresentano anche un forte elemento di
attrazione turistica».
Per gli interessati è a disposizione il numero telefonico 040-224147, ma è anche
utile consultare il sito www.riservamarinamiramare.it. Per giugno sono in
programma anche escursioni in mare, per gli appassionati di discese subacquee.
Sarà sufficiente disporre di pinne, maschera e boccaglio.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 aprile 2010
Tumori, primato in regione per i veleni nell’aria - I
ricercatori dicono che a Trieste c’è un’incidenza maggiore del 14% rispetto alle
altre città del Fvg
L’INQUIETANTE RAPPORTO TRA AMBIENTE E MALATTIE
Il dottor Nabergoj racconta che secondo uno studio effettuato sulle autopsie risulta che chi abita vicino alla Ferriera ha molte più possibilità di ammalarsi
I tumori sono in aumento a Trieste, città che ha comunque
la maggiore incidenza in regione. Di media la malattia colpisce il 14% in più
anche se per l’apparato respiratorio è Gorizia a essere diventata la maglia
nera, e Trieste migliora. Nessuno azzarda spiegazioni certe e inconfutabili, ma
le ipotesi si sommano e alla fine convergono sulla teoria di Umberto Veronesi,
il più grande oncologo italiano: la causa sta nell’ambiente. Pur sdrammatizzando
il fatto, e attribuendo i numeri al risultato dei più intensi controlli di
prevenzione, sull’evidenza è d’accordo Giorgio Mustacchi, direttore del Centro
oncologico dell’Azienda sanitaria: «Trieste ha i tumori di una grande città, e i
difetti del nostro tempo: alto consumo di carne, sedentarietà, fumo».
Recenti analisi, e sondaggi appena realizzati in Slovenia, dicono che nel mare
si trovano percentuali superiori alla media di metalli e idrocarburi,
sedimentati in acqua anche per «deposito» di polveri, e qui l’origine non è in
dubbio, riporta con certezza agli effetti della Ferriera e dell’inceneritore.
Alle foci dell’Isonzo c’è un’alta concentrazione di mercurio, misurata solo
pochi mesi fa dagli analisti sloveni che studiano lo stillicidio prodotto dalla
vecchia miniera di Idria.
La bora infine porta via le polveri sottili ma le sostituisce probabilmente con
le polveri di carbone provenienti dalla città istriana di Fianona, dove ancora
si dibatte se aprire una terza centrale.
Su questi temi si terrà l’8 maggio nella sala conferenze del Mib al Ferdinandeo
un convegno dal titolo «Medicina, ambiente, salute» alla quale partecipano
medici della International society of doctors for environment, medici per
l’ambiente, insomma. Marijan Nabergoj, specialista in Tisiologia e malattie
dell’apparato respiratorio dell’ospedale Maggiore, che parlerà di inquinamento
atmosferico e danno polmonare, ha una posizione chiara: «In realtà non siamo in
grado di sapere quanto l’aria a Trieste è inquinata, perché spesso le centraline
dell’Arpa dopo un giorno di picco nelle polveri sottili interrompono la
rilevazione, di conseguenza i Comuni non hanno una veritiera informazione in
base alla quale agire. Avere una misurazione concreta della diossina è quasi
impossibile, abbiamo provato a realizzare analisi in autonomia, ma si possono
fare solo a Venezia e un singolo esame costa 1000 euro per via universitaria, a
un privato forse 10 mila. L’amianto, poi, ha tragiche conseguenze a Trieste».
Nabergoj è a conoscenza di uno studio, datato però 1997, in cui dagli esami
autoptici era risultato che per i residenti nella zona Ferriera-inceneritore è
due o tre volte superiore la possibilità di ammalarsi di tumore.
Dell’inquinamento nel golfo di Trieste si occuperà, in quel convegno, Mariano
Cherubini, fino al 2007 docente di Chirurgia a Cattinara, ma da anni attivo sul
fronte della medicina preventiva anche in collaborazione con Renzo Tomatis, il
grande oncologo ed epidemiologo morto tre anni fa. Cherubini è al corrente delle
indagini slovene sulle acque e il mercurio, ma afferma: «Per dedurne danni alla
salute bisognerebbe dimostrare un’alta concentrazione nel pesce. Un documento
Arpa del 2006 certifica concentrazioni elevate di arsenico, cromo, zinco e
alluminio tra Punta Sottile e Punta Sdobba, alle foci dell’Isonzo ci sono
cadmio, nichel e piombo oltre al mercurio, nell’area slovena anche idrocarburi,
nella Baia di Muggia sono sedimentati in acqua rame, piombo, zinco. Si ricorderà
la ricerca realizzata nel 2008 da medici di varie discipline (Tominz, Bovenzi,
Germano, Mustacchi) che certificava a Trieste il 14% in più di tumori rispetto
alla regione».
Quello studio diceva: melanomi con un indice tra 22 e 25 su 100 mila abitanti, a
fronte di una media regionale di 17-18; per l’utero di oltre 6 (3,5 la media);
maggiore incidenza per colon, seno, polmone, vescica. «A Trieste aumentano i
casi alla prostata e al seno - prosegue Cherubini -, quelli al polmone
diminuiscono negli uomini e aumentano nelle donne. Tutti si concentrano -
conclude - sulla prevenzione secondaria, cioé sulla diagnosi precoce, troppo
poco sulla prevenzione primaria, cioé sul preservare un ambiente sano. È
scientificamente dimostrato: il calo di polveri sottili allunga la vita».
GABRIELLA ZIANI
«Morti causate dalle polveri sottili» - ALLARMANTE
DOSSIER DI LEGAMBIENTE - In 13 città fra cui quella giuliana 2300 decessi nel
biennio 2002-2004
«Trieste, secondo il dossier di Legambiente “Mal’aria di
città 2010”, figura tra le tredici città in cui si sarebbero potuto evitare
circa 2300 decessi nel biennio 2002-2004 se solo si fosse rispettato il limite
annuale di polveri sottili pm10, previste per legge». Lo ricorda in una nota
Alfredo Racovelli, presidente della commissione comunale per la Trasparenza.
L’esponente dei Verdi si chiede quindi se è ancora sufficiente «pensare ancora
al blocco del traffico a seguito del superamento del terzo giorno consecutivo
dei valori limite, come unica azione incisiva messa in campo
dall’amministrazione comunale in 10 anni di governo della città?».
Racovelli ricorda ancora che il Piano della Mobilità «non è mai stato attuato»,
anticipando che la commissione Trasparenza ha iniziato un percorso di
approfondimento su queste tematiche con la presenza dei dirigenti comunali
Tosolini, Caputi, il mobility manager Bernetti e Daris dell’Arpa. Tra i dati
esaminati il mancato seguito da parte della giunta della mozione votata
all’unanimità dal consiglio comunale lo scorso 1° febbraio, che prevedeva
nell’ordine: la ristrutturazione della rete delle centraline di monitoraggio,
alcune delle quali gestite direttamente dalla Lucchini-Servola spa e l’immediata
richiesta alla Regione di convocazione della Conferenza dei Servizi sull’Aia,
secondo Racovelli «concessa inopinatamente alla Ferriera».
In commissione è stato anche ricordato che «non ha avuto riscontri apprezzabili»
il tentativo di avviare un progetto di ”car poolin”, mentre è stato subito
soppresso il servizio di bike sharing istituito dalla Amt è stato subito
cassato.
Racovelli aggiunge ancora che viste le «molte fonti di emissione che
quotidianamente riversano nell’aria grandi quantità di sostanze inquinanti» la
qualità dell’aria sul territorio rimane scarsa in maniera preoccupante,
«un’emergenza che è sanitaria prima ancora che ambientale, come dimostrano i
numerosi e autorevoli studi pubblicati sull’argomento anche di recente».
A metà maggio, sottolinea il presidente, l’Arpa tratterà in commissione per la
Trasparenza la relazione che riguarda i dati sull’inquinamento urbano relativi
al 2009.
Protesta intanto anche l’associazione NoSmog che contesta i dati forniti
recentemente sulle «asserite migliorie della qualità dell’aria, per l’anno 2009,
attribuite unicamente ad una serie di interventi tecnico-economici ad hoc nella
Ferriera di Servola». A suo avviso i risultati «sono maturati anche per altri
fattori», e cioè: condizioni meteo di accentuata ventosità e piovosità, rispetto
all’anno precedente, che hanno favorito la dispersione degli inquinanti; mancata
attività fusoria ed attività ad essa correlate per circa un trimestre, a causa
della sostituzione dell’altoforno; ridotta attività produttiva per oltre un
quadrimestre, dovuta ad un’asserita crisi di mercato, culminata. Sempre secondo
NoSmog, nella richiesta da parte della proprietà della Cassa integrazione
Guadagni Ordinaria, per oltre un centinaio di dipendenti.
NoSmog commenta infine come a fronte dell’asserita migliorìa risulti, nel
contempo, «un incremento del numero di segnalazioni dei residenti per fumi e gas
quanto meno molesti se non tossico-nocivi, pervenute alla Polizia municipale
cittadina, segnalazioni che passano dalle oltre 500 del 2008 alle oltre 600 del
2009, pur in presenza di una asserita e riconosciuta riduzione dell’attività
produttiva».
Trecento nuove neoplasie al polmone ogni anno - Il
record negativo per questa patologia è di Gorizia. Efficaci le campagne antifumo
«A Trieste c’è un picco di inquinamento rispetto ad altre
aree del Friuli Venezia Giulia, ce lo dicono i dati dell’Arpa: tra le ragioni
principali il tipo di traffico automobilistico e le caratteristiche di ”catino”
del bacino urbano».
Lo afferma Marco Confalonieri, direttore della Pneumologia degli ospedali
triestini, il quale, consultando gli ultimi dati del Registro tumori della
Regione, è in grado di dare anche una buona notizia: «Negli ultimi anni la
provincia di Gorizia ha scalzato Trieste dal primo posto per incidenza di tumori
all’apparato respiratorio, cioé per numero di nuovi casi all’anno ogni 100 mila
abitanti. Costante diminuzione dei tumori al polmone (da 85,6 a 71,6 casi per
100 mila persone con una riduzione dell’1,5% all’anno), e diminuzione
dell’incidenza dei tumori delle vie aero-digestive superiori (da 42,3 a 31,5
casi ogni 100 mila cittadini). «Si vedono - dice Confalonieri - i primi
risultati delle campagne anti-fumo». Tuttavia i numeri sono impressionanti: 300
nuovi casi ogni anno, col picco nei maschi di età superiore ai 75 anni, e nelle
donne fra 60 e 75. Il fumo di sigaretta «pesa per il 75-80% sul tumore al
polmone. Per il resto - prosegue Confalonieri - si tratta di cause genetiche, di
inquinamento atmosferico (il mix di inquinanti presente nelle aree urbane) e di
inquinanti professionali, come l’asbesto-amianto».
E la Ferriera? Certamente, osserva il medico, inquina al di là della propria
area. Ma dati precisi non ci sono. Non sono ancora pubblici i dati scorporati
sulle diverse e combinate fonti d’inquinamento. Dovrebbero scaturire
dall’analisi del «piano dell’aria», ancora non nota.
Che fare dunque? Le amministrazioni devono tenere l’inquinamento sotto controllo
anche coordinandosi fra loro, e i cittadini «devono contribuire la loro parte -
conclude Confalonieri -, usando meno l’automobile e facendo controllare le
emissioni del riscaldamento domestico».
(g. z.)
Ma l’effetto Chernobyl non c’entra niente - Mustacchi:
«Incidono semmai gli esperimenti nucleari compiuti dalla Francia»
DANNI DEL SOLE - Non far scottare i bambini sotto i 2
anni e le pelli bianchissime all’irlandese
Ma sarà ancora un «effetto Chernobyl»? Questo si chiedono in molti di fronte
ai tanti casi di tumore e al fatto che sembrano restarne colpite persone sempre
più giovani. Due smentite autorevoli: di Umberto Tirelli, direttore del
Dipartimento di oncologia medica al Cro di Aviano, e di Giorgio Mustacchi,
responsabile del Centro oncologico dell’Azienda sanitaria triestina.
Cesio. «Nelle nostre zone - specifica Mustacchi - all’epoca di Chernobyl è
arrivato solo lo Iodio 131, che è un cancerogeno, e colpisce la tiroide, ma
decade in 5 giorni. Non appena accaduto il disastro, era stato dato avvertimento
di non bere latte, perché gli animali si erano nutriti di erba contaminata. Ma
quel pericolo è cessato subito. Linfomi e leucemie sono peraltro stazionari. Il
Cesio invece - prosegue Mustacchi - che decade in 100 anni e più, è stato
portato dalle correnti d’aria nell’estremo Nord dell’Europa, e qui non c’è.
Dobbiamo crederlo, perché solo un incredibile complotto generale avrebbe reso
possibile preservare così a lungo una bugia di queste dimensioni».
Nucleare. Tirelli dal canto suo cancella i timori di Chernobyl («fu un attentato
e non un guasto») soprattutto in favore di una svolta italiana verso la
creazione di energia con le centrali nucleari. Dice che anche Obama ha
riconosciuto come ogni nuova centrale «toglie dalla strada ogni anno, negli Usa,
3 milioni e mezzo di macchine». Dunque aiuta a tener pulito l’ambiente.
Giovani. Mustacchi racconta di essersi comunque preoccupato, come medico e come
studioso, di un apparente aumento di tumori in donne giovani. E di aver
controllato le cartelle cliniche degli ultimi 30 anni per ottenere un’evidenza
statistica. «Ho scoperto solo che 30 anni fa si trovavano tumori più avanzati, e
che oggi guariscono 3 volte di più, perché la diagnosi è molto precoce, la
stessa cosa accade adesso col colon, da quando è partito lo ”screening”
regionale, e non diversamente vanno letti i tumori della pelle: ormai moltissime
persone si fanno controllare i nei, e magari vengono asportati anche quelli solo
potenzialmente pericolosi, ma che forse non sarebbero mai degenerati». Da qui,
secondo il medico, cifre in aumento. Ma non necessariamente malattie.
Sole. Resta il fatto che i triestini, in questo campo, sono poco prudenti, e
amano le prolungate esposizioni al sole. L’oncologo raccomanda solo di non far
«scottare» la pelle dei bambini fino ai due anni, per il resto afferma che il
sole costituisce vero pericolo per le carnagioni «celtiche», per pelli
bianchissime all’irlandese, «messe a nudo nel sole torrido della Florida», e che
non è il caso di fare «terrorismo sanitario».
Cure. Ma il panorama non è fatto di rose in fiore nemmeno per Mustacchi. Il
quale sospetta seriamente che persone «di una certa età» possano essere state
toccate dalle polveri sabbiose del Sahara che il vento di scirocco porta fin
qui, e che alcuni decenni fa potrebbero essere state contaminate da materiale
nucleare in seguito agli esperimenti messi a punto nel deserto dalla Francia.
Il medico anche avverte: «Oggi siamo molto avanzati nella cura dei tumori,
abbiamo più farmaci a disposizione, ma anche i farmaci e le radiazioni se
assunti in giovane età possono avere conseguenze nell’arco della vita, e magari
curando un tumore possono procurare in seguito una leucemia».
(g. z.)
Il primo mais Ogm d’Italia nascerà a Pordenone -
L’agricoltore Fidenato pronto alla semina: «La faccio venerdì». Violino: «Non è
autorizzato»
Nuova puntata del braccio di ferro con il ministero «Il
Consiglio di Stato ci dà ragione. Noi non ci fermiamo»
TRIESTE Il posto e l’ora sono top secret. Il numero delle pannocchie ”in
erba” sono top segret. E persino gli ”alleati”, quelli che l’hanno
«coraggiosamente» rifornito della materia prima, sono top secret. Sembra una
”spy story” in stile Le Carré. Ma è ”solo” una semina: la prima semina di mais
Ogm sul suolo italiano che, a meno di colpi di scena, avverrà venerdì. In
provincia di Pordenone. Giorgio Fidenato, agronomo e agricoltore del piccolo
paesino di Arba, è pronto. Anzi, prontissimo all’ennesima battaglia della
”guerra” transgenica iniziata sei anni fa, e condotta a colpi di sentenze e
decreti ministeriali: lui, rimasto solo con un piccolo drappello degli
Agricoltori federati e l’appoggio politico del Movimento libertario, sfida il
resto del mondo. E, ancor prima, sfida il decreto a firma Luca Zaia.
Non si spaventa, però. Né si ferma: «Io semino, ispirandomi a Ghandi e
rifacendomi alla direttiva europea e alla sentenza del Consiglio di Stato,
perché rivendico il diritto di provarci e magari di fallire con il mio mais ogm...».
La road map, ormai, è definita. E, da ieri, pubblica: Fidenato, in tandem con
l’ad del Movimento libertario Leonardo Facco, convoca una conferenza stampa
giovedì a Pordenone. Anticipando che, «nonostante le polemiche strumentali, le
intimidazioni e il decreto dell’ex ministro Zaia», il countdown è scattato:
venerdì, appunto, si semina. Niente dettagli, però. Almeno per ora: «Troppo
rischioso. Siamo contro la violenza e non vogliamo blitz» chiarisce Facco.
L’obiettivo, incalza Fidenato, è uno solo: piantare i semi Ogm della Monsanto
contenenti l’evento Mon810, il gene che produce la proteina a prova di insetti,
e farli crescere. In libertà. «Se li piantiamo ora, a luglio fioriscono e al 20
agosto le pannocchie sono pronte. Noi vogliamo arrivare al 20 agosto per far
toccare con mano quelle pannocchie. Non sono mica droga o peste bubbonica»
s’infervora l’agricoltore.
Come riuscirci, però? La strategia dei due tempi - anche se, nel pordenonese,
c’è chi scommette che qualche seme è già stato piantato in un luogo ”sicuro” - è
quella prescelta: una semina dimostrativa, come antipasto, e solo in seguito
«quella commerciale». Basterà? La pannocchia Ogm ha, davanti a sé, una strada
ancora lunga. E irta di ostacoli: persino Futuragra, l’associazione di
agricoltori che ha ingaggiato la ”guerra transgenica” e ha Fidenato come
segretario, prende le distanze. «È un’iniziativa autonoma. La rispettiamo ma non
l’appoggiamo. Futuragra ha scelto di muoversi nel rispetto pieno della legalità
e, per questo, ha presentato ricorso contro il decreto di Zaia e l’ha notificato
all’Unione europea» spiega il presidente Duilio Campagnolo.
Figurarsi i ”nemici”. Più di cinquanta associazioni sono in trincea e vogliono
una legge regionale anti-ogm. E Claudio Violino, l’assessore alle Risorse
agricole, sentenzia: «Non sono autorizzati a seminare». Se lo fanno? «Non è
competenza mia, bensì della magistratura. Mi risulta che il decreto del ministro
dell’Agricoltura, controfirmato dai ministri dell’Ambiente e della Salute, sia
chiarissimo». Ribatte, a distanza, Fidenato: «Il decreto Zaia è ad personam ed è
illegittimo. Vogliono sequestrare il mio mais? Ci provino, ce la vedremo davanti
al giudice».
Non sarebbe la prima volta. A gennaio, accogliendo il ricorso del vicepresidente
di Futuragra Silvano Della Libera, il Consiglio di Stato ha chiesto ai ministeri
di concludere entro tre mesi l’iter di autorizzazione alla coltivazione di mais
Ogm. In risposta, il 7 aprile, è arrivato il ”niet” a mezzo decreto. Della
Libera, come controrisposta, prepara il ricorso. Fidenato la vanga.
ROBERTA GIANI
La Procura ricorre in Cassazione sui poteri dell’Arpa
UDINE La Procura della Repubblica di Udine presenterà
ricorso in Cassazione per accertare le competenze dell’Arpa. Il procuratore
Antonio Biancardi ha anticipato che sarà impugnata la decisione del Tribunale
del riesame che, come il Gip, ha rigettato l’interdizione dai pubblici uffici
della dirigente dell’Agenzia regionale per l’ambiente, Marta Plazzotta, e di una
sua collaboratrice, nell’ambito dell’inchiesto sullo stoccaggio di rifiuti
tossici e nocivi scoperto in una zona dell’ospedale di Latisana. La Procura, in
sostanza, intende capire quali siano «i doveri dell’Arpa».
Arbe, sull’isola uliveti danneggiati dai cervi
”pomellati” - Anche questi animali come a Cherso e Lussino sono stati introdotti
sul territorio per essere cacciati
Selvaggina alloctona nelle isole del Quarnero: è il turno
di Arbe. Ai danni causati dai cinghiali a Veglia, Cherso e Lussino, con
l’aggiunta dei daini nell’Arcipelago di Cherso e Lussino e di un paio di orsi a
Veglia, ecco ”esplodere” ad Arbe il problema della presenza di cervi axis o
pomellati, animali introdotti come nelle altre isole per compiacere i cacciatori
e aumentare il turismo venatorio e delle ”doppiette” locali.
Con il mantello colore ocra e ricoperto da macchie bianche, questi cervi
raggiungono i 90 centimetri d’altezza al garrese e pesano circa 85 chili.
Potranno sembrare anche animali simpatici, e certamente lo sono, ma è un
concetto che sicuramente non viene condiviso in questo momento dai proprietari
di parecchi oliveti e frutteti nell’area di Kampor, località turistica situata
lungo le coste occidentali dell’isola. Se negli anni scorsi i danni erano stati
contenuti, quest’ anno le scorribande dei cervi sono costate denaro e hanno
messo a dura prova la tenuta nervosa degli olivicoltori arbesani. Il presidente
del Comitato locale di Kampor, Denis Spanjol, ha confermato ai giornalisti che
gli ungulati le stanno «combinando di tutti i colori», entrando in azione la
sera e fino alle prime ore del mattino, agendo praticamente indisturbati in una
zona di alcuni chilometri quadrati. Alcuni esemplari sono stati notati a poche
decine di metri dalle abitazione (l’axis spesso tollera la vicinanza dell’uomo)
e diversi isolani hanno pure fotografato i cervi mentre se la spassano
tranquillamente sulla spiaggia di Mel, a Kampor, una tra le più belle ad Arbe e
che tra non molte settimane comincerà a riempirsi di vacanzieri e isolani.
«Abbiamo saputo che si tratta di un branco composto da una quarantina di
esemplari – ha detto Spanjol – e finora hanno rovinato diverse piantagioni
giovani di ulivo, per danni alquanto ingenti. Ci sentiamo impotenti, perché a
nulla sono valsi i nostri appelli alle autorità, con i quadrupedi che continuano
a scorrazzare indisturbati».
Gli animali vivono in un’area boschiva poco distante da Kampor, nella zona
venatoria Kalifront, data in concessione alla Facoltà di ingegneria forestale di
Zagabria. I responsabili della Facoltà hanno ammesso che i cervi hanno
danneggiato diverse colture, specialmente oliveti, rilevando che i titolari
saranno risarciti e che prossimamente sarà formulato un piano per fare diminuire
gli esemplari di questa specie alloctona. Olivicoltori e abitanti si sono
rivolti al sindaco di Arbe, Zdenko Antesic, chiedendo un suo intervento per
liberare l’isola dalla presenza dei cervi pomellati. «La situazione è chiara –
ha affermato il primo cittadino –: i danni vanno pagati e il problema risolto
dal competente Ministero dell’agricoltura e foreste. Non vogliamo che ad Arbe si
ripeta l’andazzo registrato nelle nostre dirimpettaie isole di Lussino e Cherso,
dove la situazione è grave a causa dei cinghiali».
(a.m.)
SEGNALAZIONI - Tav a S. Dorligo - REPLICA
L’ex assessore Stravisi mi accusa di avere la memoria
corta, ma gli atti scritti e la stampa di archivio dimostrano che certamente la
mia lo è molto meno della sua che, evidentemente, nulla ricorda prima del 12
febbraio 2009.
Nel maggio 2007 la maggioranza che allora amministrava il Comune (la stessa di
oggi, in termini di partiti e della quale la signora Stravisi faceva parte quale
assessore esterno), respingeva una mozione con la quale i consiglieri di
opposizione chiedevano al Consiglio comunale di esprimere una ferma contrarietà
ad ogni ipotesi di coinvolgimento del nostro territorio comunale – pena la sua
devastazione – nel progetto Tav.
Nel settembre 2007 le opposizioni chiesero ed ottennero la convocazione di un
Consiglio comunale straordinario per un’audizione con i tecnici della Rete
Ferroviaria Italiana (Rfi) in merito al possibile tracciato del collegamento Tav
tra Trieste e Divaccia: il sindaco Premolin ebbe allora ad affermare che ”si
sarebbe potuto organizzare un’assemblea pubblica, invece di far convocare una
seduta consiliare che ha notevoli costi sul Comune, con un unico punto
all’ordine del giorno” (Piccolo 11 settembre 2007).
Nel novembre 2008, in sede di consiglio comunale, fu chiesto, dal sindaco
all’opposizione, di ritirare una nuova mozione di ferma contrarietà all’opera
quale essa ormai risultava chiaramente dallo studio di fattibilità con la
motivazione che essa era «troppo forte» in vista dei futuri incontri con i
tecnici della Rete Ferroviaria Italiana (Rfi). Questa mozione, a fronte del
rifiuto di ritiro, venne, alfine, approvata da tutto il Consiglio e da quel
momento tutti, nei limiti delle proprie competenze e possibilità (e non escludo
alcuno), hanno iniziato il percorso comune atto a conseguire il risultato per il
quale oggi tutti possiamo esprimere soddisfazione. In tutto questo manteniamo la
convinzione che un piccolo merito possiamo ritagliarcelo ed è quello di aver
portato il nostro misero contribuito a far sì che la consapevolezza degli enormi
problemi che la Tav avrebbe generato nel nostro Comune, divenisse il patrimonio
comune.
Roberto Drozina - consigliere capogruppo Pdl-Udc nel Consiglio comunale di S.
Dorligo della Valle - Dolina
SEGNALAZIONI - Eternit da rimuovere - COMUNE / 1
Ci richiamiamo all’articolo apparso su «Il Piccolo» del 6
febbraio scorso intitolato «Amianto vicino al campo sportivo».
Ricordiamo parte del testo: Edificio in abbandono. Casa al n. 2 di via Amendola,
diroccata, circondata da rottami ed elettrodomestici arrugginiti, con il tetto
semidistrutto e i resti caratterizzati dal micidiale eternit disseminati
attorno. Di fronte al n. 2 c’è il campo sportivo dove tutto l’anno si allena e
gareggia la gioventù di Trieste. Facciamo osservare che nelle immediate
vicinanze si trovano: asilo nido, asilo, scuola elementare, case condominiali.
L’edificio al n. 2 è di proprietà comunale.
Siamo fiduciosi che il Comune risolverà questo problema, come ha fatto a suo
tempo per la questione parcheggi presso il campo sportivo e le scuole, e di cui
ringraziamo.
Pia Godina - seguono 78 firme
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 aprile 2010
Un museo della città da allestire nell’area del Porto
Vecchio
La proposta di un viaggio a ritroso attraverso i
reperti più significativi I soldi da Beni culturali e Municipio
Nei giorni di magro a Trieste i religiosi mangiavano tartarughe terrestri.
In città si consumavano molluschi, pollame, selvaggina, maiali, pecore e capre.
Gli scavi hanno restituito vasellami, orci e olle, resti di focolari e di
rudimentali fognature. I primi e più antichi ospedali, uno solo per uomini e uno
solo per donne, stavano dove adesso è il Borgo Giuseppino, pieno centro della
città. Delle mura medioevali, delle antiche porte, restano pochi e vaghi segnali
(come il torrione di via Donota). Cittavecchia è un emblema di radici romane e
medioevali, delle saline non c’è traccia alcuna. Crosada è un tesoro il cui
recupero langue da anni.
Dalla somma e dall’elenco, ma anche dalla ferma intenzione di riprendere le
ricerche fin qui trascurate, la Soprintendenza ha preso spunto per un’idea di
cui ha già discusso con l’amministrazione comunale. Creare a Trieste il primo
Museo della città.
Luigi Fozzati, il soprintendente archeologico, ne è il primo e convinto fautore,
e prima di tutto sgombra il campo dall’idea di un contenitore di soli reperti.
L’idea viaggia su modelli molto più aggiornati, e fa base su quanto già
realizzato a Genova. «La prima cosa che un visitatore dovrebbe vedere in questo
museo della città, che potrebbe anche radunare altri musei più piccoli oggi
indipendenti - spiega Fozzati - è il nuovo piano regolatore di Trieste. Da qui
si dovrebbe partire per un viaggio a ritroso, per capire come si è formata
l’attuale idea della città, su quali ragioni e presupposti». E anche a scapito
di che cosa. Se gli sventramenti degli anni Trenta hanno distrutto l’antico
ghetto, e il Borgo Giuseppino ha cancellato i monasteri-ospedali medioevali, «a
Roma - racconta Fozzati - chi si ricorda che per costruire il Vittoriano sono
state distrutte dieci chiese? E che sotto piazza Venezia si celano costruzioni
alte quattro-cinque metri?». Così come a Praga la splendida via Parisiska (in
fiorito stile Liberty) ha altrettanto spazzato l’antico ghetto, però le foto ci
sono, la storia è nota.
Il museo-riassunto, che sarebbe uno strumento identitario completo delle varie
epoche fino all’attuale, non dovrebbe cercar casa in un «palazzo antico e tutto
da rifare», per i tempi e i costi che ciò comporta, «ma sarebbe perfetto in una
struttura del Porto vecchio». Fozzati poi già immagina il linguaggio del nuovo
percorso: «Oltre a carte e ad archivi, a storia della toponomastica e del clima,
potrebbero essere esposti anche oggetti che rappresentano qualcosa di non
museale, ma di essenziale per la storia, come potrebbe essere, che so, la penna
con cui un importante personaggio ha firmato qualche cosa di fondamentale. In
questo senso sarebbe anche un museo aperto: i cittadini potrebbero contribuire
se si scoprissero in possesso di qualche significativa testimonianza. Questa è
un’idea nuova di museo, mostra come la storia condiziona la città attuale e
consente di riattingere alla propria autentica identità».
E i costi, in una città che già si manifesta allergica a quelli per i musei
esistenti? «Al 50% a carico della Soprintendenza, il 50% a carico del Comune».
Naturalmente, sottintesa la collaborazione con l’università.
(g. z.)
Il monastero di San Cipriano l’attrazione del Medioevo
- ALLO STUDIO UN SECONDO ITINERARIO
Già quest’anno parte un concreto progetto a Trieste per
riprendere ricerche e studi sul Medioevo, un’epoca negletta, effettivamente di
non grande rilevanza per lo scarso potere che potè esprimere dall’interno di una
stretta cerchia di mura. Eppure un patrimonio che va ricucito addosso. A partire
dalla consapevolezza che il monastero benedettino di San Cipriano delle suore di
clausura, nella zona sotto San Giusto che è la più antica e ricalca in parte
quella romana, è «in assoluto il più puro e importante pezzo medioevale di
Trieste». Lo afferma Luigi Fozzati, il soprintendente regionale per
l’archeologia che anche sul Medioevo (ricerca, scoperte e fruizione) si appresta
a imprimere una svolta. Sul monastero pende l’incertezza: atti di vendita,
progetti di rifacimento, abbattimento, ricostruzione? Fozzati si fa buio in
volto.
Ma il lavoro comincerà dal mare. Non solo si starà ben a vedere se quanto
accadrà da Porto vecchio in su butterà fuori da qualche sottosuolo inevitabili
stratificazioni di una vita precedente (navi? velieri? barche da pesca?), ma
soprattutto si partirà alla caccia di una storia: quella, qui più dimenticata
che in Istria, delle saline. A settembre, come annunciato già qualche tempo fa,
è in arrivo Jean Claude Hocquet, «il più grande specialista in Europa» come
Fozzati definisce il francese che tra l’altro si è intensamente dedicato alla
stessa materia a Chioggia. Partirà da indagini archivistiche che poi saranno
estese alla fascia che divide il mare dalla città.
«È una storia tutta da recuperare a Trieste quella medioevale - aggiunge Fozzati
-, e così tutta da indagare ancora è la sua storia di mare, del porto, dei suoi
rapporti con le altre città di mare, bisogna rimettere Trieste nel Mediterraneo,
non solo nell’Adriatico che ne è una parte».
Si sa che ogni tanto spunta una nave dai fondali, si potrebbero cercare? E se
nella baia di Zaule prima o dopo si metterà mano a un rigassificatore, non c’è
rischio di perdere reperti di cui è già nota l’esistenza?
Nel primo caso la risposta è netta: «Le ricerche subacquee costano moltissimo.
Ma se per caso venisse in luce un veliero scavando sulle rive (sicuramente ci
sarà, come è stato rinvenuto sotto la zona portuale di Marsiglia), si tirerà
fuori, si salverà, si esporrà: non va considerato un accidente - conclude
Fozzati -, ma un onore. Quanto alla baia di Zaule, le indagini archeologiche
preventive sono obbligatorie. Ma per ora nessuno ci ha informato».
(g. z.)
SEGNALAZIONI - «La crisi è arrivata in ritardo a
Trieste, ma vi rimarrà più a lungo»
I dati che la Regione ha presentato sullo stato
dell'occupazione nella provincia di Trieste destano grande preoccupazione.
Gli effetti della crisi si sono manifestati a Trieste con ritardo e in forma più
blanda rispetto a quanto avvenuto a Pordenone e a Udine: questo è dovuto alla
scarsa presenza di industria manifatturiera nel nostro territorio. È per questa
ragione che i dati relativi alla cassa integrazione e alle liste di mobilità
sono cresciuti significativamente ma non in maniera massiccia come altrove.
Questi dati non registrano la gravità della situazione: a Trieste la porzione
più consistente di disagio occupazionale riguarda i lavoratori che non possono
accedere agli ammortizzatori sociali (lavoratori pubblici, della scuola, della
piccolissima impresa) nonché i disoccupati di lungo periodo ulteriormente
emarginati dalla crisi. L’indicatore più significativo è il raddoppio della
disoccupazione complessiva, salita oltre il 10%, cui si aggiunge il lavoro
irregolare, che colpisce in particolare i lavoratori frontalieri provenienti da
Slovenia e Croazia, che non hanno la possibilità giuridica di essere
regolarizzati. Inoltre, centinaia di piccole imprese hanno chiuso, senza neanche
valutare la possibilità di fare ricorso agli ammortizzatori sociali.
L’entrata in crisi anche del turismo, del commercio, del terziario e della
pubblica amministrazione farà sì che la crisi, pur arrivando in ritardo a
Trieste, possa rimanervi più a lungo senza significative possibilità di ripresa.
L'assenza di dinamicità nei settori manifatturieri rischia di condannare il
territorio ad una prolungata stagnazione.
È per questo che come organizzazioni sindacali abbiamo fatto presente che gli
strumenti per fronteggiare la crisi messi in atto fino ad oggi non sono
assolutamente sufficienti. Gli ammortizzatori sociali, i lavori di pubblica
utilità, la formazione professionale e i provvedimenti finanziari a sostegno
delle imprese sono utili a fronteggiare l'emergenza, ma non a rilanciare
l'economia.
Sono necessari investimenti pubblici per lo sviluppo e a Trieste ce ne sono in
particolare due prioritari: la bonifica delle aree inquinate e la realizzazione
della piattaforma logistica. In questi mesi si sono sentite molte promesse, ma
fino ad oggi non sono arrivate parole chiare su come realizzare concretamente
questi investimenti. In assenza di ciò, tutti i progetti da tempo annunciati,
quali la realizzazione del rigassificatore o la riconversione della Ferriera di
Servola, rischiano di rimanere pure enunciazioni.
Il sindacato aspetta dalla Regione scelte politiche chiare, che coinvolgano le
altre istituzioni ma soprattutto il Governo, per reperire le risorse necessarie
a questi investimenti. Si tratta di scelte indifferibili se non si vuole
precipitare il territorio in una crisi strutturale irreversibile.
Luca Visentini - segretario generale Uil Trieste
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 aprile 2010
«Dietro ai rigassificatori un mix di interessi» - Le
dure accuse lanciate da De Magistris sulle scelte del governo
Un folto pubblico ha accolto venerdì sera
l’europarlamentare dell’Italia dei Valori Luigi De Magistris. Nel corso della
conferenza, organizzata dall’Idv, dal gruppo Beppe Grillo di Trieste della Uil
Vigili del fuoco, sono stati toccati a più riprese i temi scottanti del
rigassificatore e della Ferriera di Servola.
L’intervento di De Magistris si è incentrato sul progetto di Gas Natural,
collocandolo in un quadro nazionale di commistioni tra pubblico e privato: «Il
governo è in preda a una frenesia da rigassificatori, centrali nucleari,
centrali elettriche – ha affermato – perché il sistema degli appalti e delle
concessioni è il luogo dove si celebra il connubio tra soldi pubblici,
“prenditori di appalti” e, in certi casi, la nuova criminalità organizzata». Una
convergenza di interessi che De Magistris indica come un problema che affligge
tutta la classe politica: «Interessa anche parte del centro sinistra». Parole
accolte da uno scroscio di applausi.
«Questi fatti avvengono ormai alla luce del sole – ha aggiunto
l’europarlamentare – perché il governo li ha lentamente legalizzati: un tempo si
parlava di servizi segreti deviati... oggi la deviazione è al governo e i
deviati siamo noi».
In sintonia con le parole di De Magistris si è espresso anche Paolo Menis del
gruppo Grillo: «Ci accusano spesso di essere qualunquisti e populisti – ha detto
– ma gli interessi trasversali che fanno da sfondo al progetto del
rigassificatore sono chiari a tutti». Sulla stessa linea anche Adriano
Bevilacqua, della Uil Pa Vigili del fuoco: «La mafia non è soltanto lupara, è un
modo di fare – ha affermato –: è modo di fare mafioso quando si afferma che il
gas non s’infiamma».
Il responsabile nazionale lavoro dell’Idv Maurizio Zipponi ha esposto la
posizione del partito sulla Ferriera: «La famiglia Lucchini ha appena guadagnato
cento milioni di euro dalla vendita dell’impianto, perché non seguiamo l’esempio
dei paesi nord europei, in cui bonifica, sistemazione e alternativa peserebbero
direttamente sui beni dell’azienda responsabile?». All’ingresso della sala un
banchetto organizzato dal gruppo Grillo raccoglieva le firme per una petizione
comunale contro la privatizzazione dell’acqua: «Stiamo preparando anche a
Trieste una lista “Cinque stelle”».
Giovanni Tomasin
Firme contro l’acqua privatizzata - PUNTI DI RACCOLTA E
INIZIATIVE
È partita ieri anche a Trieste, come in tutta Italia, la
raccolta di firme per chiedere un referendum contro la privatizzazione
dell’acqua. Promotore dell’iniziativa è il Forum italiano dei movimenti per
l’acqua costituito da centinaia di comitati territoriali con numerose realtà
sociali e culturali.
In una nota il Comitato referendario Rodotà manifesta il totale sostegno
all’iniziativa, invita i cittadini a recarsi a firmare nei punti di raccolta e
«i ristoratori a offrire caraffe d’acqua pubblica per far sì che
l’insostenibilità di privatizzare e mercificare l’acqua diventi un comune
sentire». Anche Sinistra ecologia e libertà sostiene attivamente la campagna
referendaria. Lo fa anche mettendo a disposizione i propri eletti e organizzando
iniziative che andranno ad arricchire il calendario del comitato promotore.
Piano Regolatore: riaprire i termini per le opposizioni
Richiesta di Sasco (UDC) e Edera (Rovis)
Già abbattuti cento cinghiali - Le carcasse nel lago di
Pietrarossa vengono date in pasto ai grifoni
L’assessore Godina: «Il piano della Provincia prevede
la soppressione di altre 50 bestie, si stanno ritirando nei boschi»
Colpo in canna, occhio che prende la mira col cannocchiale. Nella stagione
venatoria 100 cinghiali - grandi e piccoli - sono stati abbattuti dalle carabine
delle guardie ambientali della Provincia.
Le loro carcasse sono state trasportate di volta in volta con un camioncino nei
pressi del lago di Pietrarossa. Lì sono diventate cibo, all’interno di un
carnaio, per centinaia di rapaci tra cui alcuni grifoni. I possenti becchi di
questi uccelli hanno strappato indistintamente la carne a femmine, maschi ed
esemplari che gli amanti degli animali definiscono ”piccoli”. In sintesi molto
giovani.
Fra pochi giorni le carabine ritorneranno a sparare anche se proprio in queste
settimane le femmine stanno dando alla luce le loro nidiate. A maggio
riprenderanno comunque infatti gli abbattimenti in tutta l’area periurbana di
Trieste. Lo ha deciso la Provincia che ha predisposto il piano esecutivo. Il
vicepresidente Walter Godina ha però dimezzato il numero di cinghiali
«condannati a morte».
«Il piano 2010 prevede cinquanta abbattimenti: ma vi è la possibilità di
aumentare successivamente questo numero in base alle eventuali necessità che
dovessero emergere in determinate zone troppo frequentate. Le carcasse saranno
nuovamente trasportate nel carnaio di Pietrarossa perché nel territorio della
nostra provincia non esiste un macello idoneo a preparare i cinghiali abbattuti
a finire in pentola e successivamente sulle mense. È una carenza ma la legge non
ammette deroghe: la preparazione per uso umano deve avvenire all’intero del
territorio della provincia il cui l’animale è stato abbattuto».
Secondo il vicepresidente della Provincia la scelta di mettere mano alle
carabine ha avuto un effetto sulle famiglie di cinghiali che meno di un anno fa
avevano iniziato ad addentrarsi e a frequentare le aree dell’estrema periferia
cittadina entrando in giardini e percorrendo tranquillamente molte strade
frequentate.
«Abbiamo fatto di tutto per allontanarli dalle aree periurbane, costringendoli a
rientrare nel bosco. Qualcosa ora sta accadendo: ci arrivano meno segnalazioni
di danni ai veicoli e alle coltivazioni anche se la popolazione continua ad
essere consistente: mille esemplari di cinghiale vivono sul carso triestino a
goriziano» spiega Walter Godina. La responsabilità sui piani straordinari di
abbattimenti «in deroga», ora è tutta della Provincia perché nel novembre scorso
la Regione attraverso una apposita legge si è disfatta di ogni competenza su
questa materia, assegnandola alle singole amministrazioni provinciali.
CLAUDIO ERNÈ
Contovello, gli animali selvatici causano frane -
Imperversano lungo le scarpate - Scavano nei terreni e muovono pietre, un
pericolo per i residenti
Con il grifo riescono a “arare” il terreno e pure a
spostare pietre. E con il loro lavorio potrebbero addirittura rendere instabili
alcuni versanti più esposti. I cinghiali triestini continuano a cercare cibo in
diverse aree periferiche triestine, anche in quelle più impervie. Una
segnalazione in tal senso arriva dalla zona di Contovello, per la precisione da
quelle scarpate che incombono lungo diversi tratti della parte terminale di
Strada del Friuli. Il signor Angelo S., che risiede al culmine della scarpata
che incombe sul primo dei tornanti sottostanti la borgata, continua a avvistare
diversi esemplari di cinghiale quasi quotidianamente. «Sono quasi una ventina –
afferma – e oltre a insidiare alcuni orti, si avventurano sulle pendenze delle
scarpate vicine smuovendo il terreno in posizioni davvero esposte. Il problema –
continua il cittadino – è che così facendo riescono spesso a sgretolare alcuni
muretti e del pietrisco, e a farne affiorare degli altri. Le pietre più in
bilico potrebbero, magari a causa del maltempo, precipitare a valle su Strada
del Friuli con gravi e immaginabili conseguenze. Penso che prevenire fatti del
genere sia possibile, e che qualche controllo in tal senso meriterebbe farlo.
Sarò forse apprensivo, ma ritengo che la questione andava evidenziata. E così ho
fatto». «Francamente non ho avuto segnalazioni in tal senso – interviene Bruno
Rupel, presidente della circoscrizione di Altipiano Ovest. Solo l’anno scorso
alcuni agricoltori impegnati nei terrazzamenti sottostanti il borgo storico del
paese mi avevano informato sulle probabili incursioni di un paio di cinghiali.
Di più non saprei dire».
«Il cinghiale è un animale intelligente e forte, e con il muso è certo in grado
di “vangare” la terra e di muovere le pietre. Ovviamente – continua Fabio
Merlini, presidente della Federcaccia – dipende dal terreno in cui si trova a
agire. Certo è che su certe pendenze le sue peregrinazioni in cerca di cibo
potrebbero anche destabilizzare alcune aree, non c’è da stupirsi. Questo periodo
dell’anno tuttavia è necessario usare ancora più attenzione per spostarsi lungo
il Carso e nei suburbi, perché è il periodo delle nascite per le femmine dei
caprioli, dei cinghiali e via dicendo».
Secondo Merlini, sono tanti gli esemplari che si spostano lungo i corridoi
faunistici e lungo le boscaglie del Carso alla ricerca di nuovi territori. E’
necessaria dunque la massima attenzione per chi gira in motorino. Consigli
importanti per non ritrovarsi a investire qualche animale in fuga, mettendo a
repentaglio la propria stessa vita. Con il 15 di maggio invece verrà aperta
ufficialmente la caccia di selezione nelle 12 riserve della provincia di
Trieste. Lo scorso anno sono stati prelevati 294 cinghiali, ma è quasi sicuro
che i nuovi piani di abbattimento in fase di controllo e approvazione da parte
della Regione conterranno una previsione di abbattimento superiore del 150
percento per i cinghiali rispetto quella dello scorso anno.
Maurizio Lozei
Progetto South Stream, Putin sigla con l’Austria un
accordo bilaterale
IL NUOVO METANODOTTO PORTERÀ IL GAS DAL MAR NERO FINO
ALL’UNIONE EUROPEA
VIENNA Via libera anche dall'Austria al progetto congiunto di Italia e
Russia del nuovo gasdotto South Stream, che porterà il gas dal Mar Nero
all'Unione europea. L'accordo bilaterale è stato firmato a Vienna dal ministro
dell'Energia russo Sergei Schmatko e dal suo omologo austriaco Reinhold
Mitterlehner alla presenza dei premier dei due paesi Vladimir Putin e Werner
Faymann. L'intesa di durata trentennale fissa le modalità giuridiche relative
all'installazione del troncone di gasdotto che attraverserà il suolo austriaco.
Faymann ha sottolineato di non vedere incompatibilità tra South Stream e il
progetto del gasdotto Nabucco di cui fa parte la compagnia energetica austriaca
OMV. Putin, nella conferenza stampa congiunta con il cancelliere austriaco, ha
ribadito che i progetti dei due gasdotti non sono rivali aggiungendo di non
capire perché i Paesi europei cerchino maggiore «indipendenza dal gas russo»:
«Come mai hanno questa esigenza? Nel solo Nordest della Russia - ha ricordato -
abbiamo riserve pari a 55.000 miliardi di metri cubi. Nessuno al mondo ha simili
riserve. Noi possiamo soddisfare le crescenti esigenze dell'economia russa e di
tutti i consumatori europei da qui a cent'anni».
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 24 aprile 2010
Fermiamo il nucleare, non serve all’Italia - Appello
per un Comitato Nazionale
Crediamo che la scelta del Governo di far tornare il
nucleare in Italia sia una scelta sbagliata e rischiosa, che non fa gli
interessi dei cittadini e del Paese.
Alcuni dati lo dimostrano:
L’Italia ha una potenza elettrica installata di ormai quasi 100.000 megawatt,
mentre il picco di consumi oggi non supera i 55.000 megawatt. Le recenti
dichiarazioni di autosufficienza energetica dei Presidenti di alcune regioni
italiane valgono anche per il resto del Paese. Non abbiamo dunque bisogno di
nuova energia ma di energia rinnovabile in sostituzione di quella fossile.
Il nucleare costa troppo, in nessun paese al mondo si costruiscono centrali
senza finanziamenti pubblici e garanzie statali, che ricadono poi sulle tasse e
le bollette pagate dai cittadini. In Italia si distoglierebbero risorse
importanti dalla ricerca per l’innovazione tecnologica e dalla diffusione
dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili.
A fronte però dell’impiego di così ingenti risorse pubbliche, la risposta alla
crisi economica e occupazionale non è significativa, soprattutto se equiparata
al rapporto tra occupazione e investimento nei settori dell’efficienza
energetica e delle rinnovabili. Secondo uno studio dell’Unione Europea del 2009
investire oggi per raggiungere nel 2020 il 20% di rinnovabili creerà 2,8 milioni
di posti di lavoro con oltre 2000 imprese coinvolte.
Il nucleare continua a essere rischioso: anche per i reattori di terza
generazione EPR in costruzione sono emersi gravi problemi di sicurezza, come
hanno denunciato, a novembre 2009, con una nota congiunta le Agenzie di
Sicurezza di Francia, Regno Unito e Finlandia. Inoltre è utile ricordare che nel
mondo non è stato ancora risolto il problema di dove depositare in modo sicuro e
definitivo le scorie.
Il nucleare non ridurrebbe la dipendenza energetica dall’estero perché
importeremmo l’uranio e, secondo il recente accordo sottoscritto con la Francia,
importeremmo tecnologia e brevetti esteri, per tutto il ciclo di vita fino alla
messa in sicurezza delle scorie.
Quanto al presunto “rinascimento” del nucleare nel mondo, i Paesi che lo hanno
scelto negli anni sessanta e settanta del secolo scorso, sono costretti a
prolungare l’attività delle loro centrali per evitare gli ingenti costi di
smantellamento degli impianti a fine vita, come in Germania, o a progettarne di
nuove, per evitare la crisi di un costosissimo comparto industriale, come in
Francia.
Infine il nucleare non darà nessun contributo a rispettare i vincoli posti
dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2020,
perché le prime centrali non saranno operative prima del 2026-2030, e perché il
complesso ciclo di approvvigionamento della materia prima, di costruzione e
smantellamento produce non poca CO2.
Per tutte queste ragioni, s’invitano tutti a superare dispute ideologiche di
parte e compiere scelte razionali e convenienti per il Paese, per contrastare i
cambiamenti climatici e rispettare gli obiettivi posti dall’Unione Europea del
20-20-20. L’auspicio e l’impegno delle associazioni promotrici e di tutti gli
aderenti è che si crei un grande schieramento unitario e trasversale, al di là
delle diverse appartenenze e collocazioni politiche.
Vogliamo costruire insieme al mondo della cultura e della politica, della
scienza e del lavoro, della società civile e delle imprese, strategie unitarie e
comuni che possano ridare al Paese la prospettiva di un modello energetico
sostenibile, sia dal punto di vista economico che ambientale.
Le associazioni promotrici:
Ambiente e Lavoro, Accademia Kronos, Associazione Mediterranea per la Natura,
Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare, Fare Verde, Forum
Ambientalista, Greenpeace, Italia Nostra, Jane Goodal Italia, Lav, Legambiente,
Lipu, Mountain Wilderness, Pro Natura, Vas, Wwf
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 24 aprile 2010
LA MAFIA È UN MODO DI FARE.
Trieste città libera, Trieste oggi occupata dall’affar di
stato. Il rigassificatore di Gas Natural a Zaule in questa città non può essere
costruito. Tutti gli elementi dimostrano che un impianto del genere è
pericoloso, così pericoloso da mettere a rischio la sopravvivenza dei cittadini
di questo luogo. Eppure, nonostante la logica, il buon senso e le dimostrazioni
scientifiche, a distanza di sei mesi dai risultati prodotti dal Tavolo Tecnico
Rigassificatori Trieste, promosso dalla UIL Vigili del Fuoco, assistiamo ancora
alle dichiarazioni dei nostri politici, che vogliono dimostrarci
l’indimostrabile. Da Illy a Tondo, quest’impianto ha ottenuto ampie approvazioni
dalla classe politica sia locale che nazionale, approvazioni che sono in
contrasto con le normative che regolamentano la prevenzioni ai grandi rischi.
Ci si domanda oggi, quali possano essere le motivazioni che, nonostante le
ovvietà, continuano a permettere la sopravvivenza di una tale oscenità.
Colpevoli di questo stato dei fatti, è una classe politica priva di coscienza
civica e di un sistema corrotto che, scevro di responsabilità, approva
l’in-approvabile. La UIL Vigili del Fuoco FVG si opporrà con forza alla nascita
di quest’impianto, ogni strumento sindacale-democratico verrà utilizzato per
contrastare le inadempienze dei burocrati statali, con un unico fine: quello di
ripristinare una coerenza democratica in grado di gestire le problematiche
sociali dei lavoratori.
UIL-VVF - COORDINATORE REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
IL PICCOLO - SABATO, 24 aprile 2010
Datteri di mare, prelibatezza vietata - Multe ai
ristoratori che li preparano. Quest’anno presi 5 pescatori di frodo
Le ammende sfiorano anche i 28mila euro per chi ne è in
possesso
POLA Nonostante le ammende da far tremare vene e polsi, in Istria la pesca e
commercializzazione del dattero di mare è un’attività che va avanti
imperterrita, danneggiando gravemente i litorali rocciosi.
Ci ha pensato l’organizzazione ambientalista Istria Verde–Zelena Istra a
lanciare un appello, rivolto non solo ai “datoleri” (i raccoglitori del
mollusco), ma anche ai ristoratori e ai consumatori, chiedendo di porre fine a
questo strazio ambientale, che ha contribuito a mutare in peggio l’habitat di
diverse zone lungo le coste orientali della Penisola. Dusica Radojcic,
presidente di Istria Verde, ha tenuto una conferenza stampa in cui ha ricordato
come la sua organizzazione si batta dal 2001 per sensibilizzare l’opinione
pubblica sul problema dei “datoli”. «Purtroppo non siamo riusciti a rallentare
il fenomeno – ha detto – e nei ristoranti si continua a offrire sottobanco
questo prelibato bivalve. In base ai dati del competente servizio d’ispettorato,
l’anno scorso in Istria sono state inoltrate 11 denunce penali per pesca abusiva
di datteri. Le multe sono ammontate a 69mila kune (9mila e 500 euro, nda),
mentre il risarcimento da pagare per i danni ambientali è stato di ben 387mila
kune (53mila e 300 euro)».
La polizia è costantemente in azione ma non può debellare del tutto l’andazzo,
poiché è impossibile controllare quotidianamente le coste frastagliate.
Comunque, dall’inizio dell’anno e fino al 19 aprile, la polizia istriana è
riuscita a fare luce su cinque casi, sequestrando un totale di 120 chilogrammi
di datteri. Presente all’incontro stampa anche Tomislav Popovic, direttore
dell’associazione turistica istriana, il quale ha detto che nelle acque
adriatiche, oltre al “datolo”, c’è ancora un sacco di specie di molluschi
bivalvi, tutti buoni da mangiare e la cui pesca e consumo non sono vietati.
«Invito i ristoratori istriani – ha concluso – ad esporre nei loro locali
l’adesivo con la scritta “Qui non serviamo datteri di mare”». Un invito che
probabilmente raccoglieranno in pochi, trattandosi di una squisitezza che attrae
tradizionalmente numerosi turisti d’oltreconfine. Da quanto è dato sapere, un
chilo di “datoli” viene a costare in media nei ristoranti sulle 450 kune, pari a
62 euro. L’esborso cosiddetto in strada è invece di 20 euro al kg. Ci sono poi
le pene pecuniarie, da togliere il respiro ai normali cittadini ma che non
spaventano evidentemente i “datoleri”, tra i quali un centinaio di pescatori
professionisti nella Penisola. Per le persone fisiche colte in flagrante, si va
da un minimo di 7mila (965 euro) ad un massimo di 30mila kune (4130 euro).
Ricordiamo che il salario medio in Croazia è di 730 euro. Le ammende per le
persone giuridiche sono più salate e vanno da 25 a 200mila kune, ovvero da 3445
a 27mila e 500 euro. Botte tremende. Interessante rilevare infine che l’attività
dei “datoleri” è proibita in Istria, Dalmazia e Quarnero ma non lo è invece
nella vicina Montenegro e neanche nello spicchio di mare della
Bosnia-Erzegovina, dove si trova la località di Neum.
Andrea Marsanich
Parenzo, pescecane di due metri e mezzo si spiaggia:
salvato - NON PERICOLOSO, È STATO SPINTO IN MARE
Le notizie d’imbarcazioni arenate non sono sicuramente una rarità, però è alquanto singolare e curioso che ad arenarsi sia nientemeno che un pescecane di ben 2 metri e mezzo di lunghezza. È successo l'altra sera sulla spiaggia di Peschiera, praticamente in centro città a Parenzo, sotto gli occhi dei passanti sbigottiti. E qualcuno, vista la mole dell'animale, se l'è data a gambe dalla paura. Il fatto è stato subito segnalato alla Capitaneria di porto, alla polizia, ai pompieri e al Centro di ricerche oceanografiche di Rovigno. Quest' ultimo ha provveduto a calmare gli animi spiegando che il pescecane arenato appartiene a una specie innocua per l'uomo per cui va assolutamente rimesso in mare. Alcuni volonterosi, rassicurati dalla spiegazione, lo hanno effettivamente aiutato a tornare nel suo ambiente naturale.
(p.r.)
SEGNALAZIONI - Sulla ciclabile - MANUTENZIONE
Mi piace molto andare in bicicletta, anche se la scontrosa
grazia della nostra città, ancora senza una grande cultura in merito, chiede a
noi ciclisti molta pazienza. Perciò avevo salutato con grande piacere la nascita
della bella pista ciclabile che da via Gramsci si collega alla vecchia ferrovia
della Rosandra. Ero altresì molto irritata dal fatto che proprio questa via
ciclabile, «fiore all'occhiello», avesse una pessima carta da visita, in quanto
il suo inizio era diventato una discarica di rifiuti di ogni tipo e puzzolenti,
dovuti anche al fatto che la gente, non trovando nei dintorni alcun cassonetto,
si sentisse giustificata nel mollarvi di tutto. Ebbene, proprio domenica,
passando di là, ho visto un gruppo di persone al lavoro per liberare questo
angolo di sudiciume. Lavoravano con passione, con la speranza di poter cambiare
le cose, e alla fine ci sono riusciti, riempiendo decine di sacchi e lasciando
quell'angolo immondo libero di schifezze. Erano del gruppo «Aiuto dal cielo»
(banca del tempo di Muggia) e della banca del tempo di Trieste ed io, pensando
con riconoscenza al loro grande lavoro, non solo dal punto di vista fisico, ma
etico, mi sono detta quanto poco basterebbe alle istituzioni preposte per dare
pieno valore alla pista ciclabile: qualche cassonetto, un po' di manutenzione.
Non mi sembra una richiesta eccessiva, non vi pare? Se non altro per ringraziare
questi cittadini ed evitare che tra poco tempo si ritorni a punto e a capo.
Giuliana Sartori
IL PICCOLO - VENERDI', 23 aprile 2010
«Rigassificatore, poca sicurezza» - LUIGI DE MAGISTRIS
STASERA IN CITTÀ PER UN INCONTRO PUBBLICO
«Il progetto del rigassificatore di Zaule? Molto business,
scarso rispetto per l’ambiente e poca attenzione alla sicurezza». Parola di
Luigi De Magistris, l’ex pubblico ministero oggi europarlamentare Idv, che
stasera sarà a Trieste per discutere di gnl, bonifiche e Ferriera nel corso
dell’incontro pubblico in programma dalle 21 nella sede di Friulia in via Locchi.
Al centro del dibattito - promosso da Italia dei valori, Gruppo Beppe Grillo e
Uil Vigili del fuoco -, la denuncia dei ”giochi di potere” che hanno consentito,
e rischiano di consentire nel vicino futuro, veri e proprio ”massacri del
territorio”. «Negli ultimi anni, in materia ambientale, si è assistito allo
scontro tra due interessi contrapposti: da un lato lo sviluppo economico
compatibile con il territorio, dall’altro il desiderio di chi, fiutando il
business, cerca di fare affari senza pensare alle conseguenze. Purtroppo -
chiarisce De Magistris - a prevalere finora è stata la seconda opzione. Lo
dimostra l’insistenza sul nucleare, l’avvio di impianti a biomasse anche lì dove
non servivano, il via libera ai rigassificatori. Impianti, questi, che
andrebbero costruiti solo se davvero necessari e sicuri. Requisiti che mi paiono
assenti anche nel caso del progetto triestino, al centro peraltro pure di uno
scontro tra Italia e Slovenia».
Scontro che De Magistris conosce grazie al ruolo incarico a Strasburgo. «Ne
abbiamo discusso proprio di recente in sede europea: l’aspetto più grave è che
la tensione internazionale riguardi una materia, quella ambientale, che dovrebbe
attivare sforzi comuni e non dividere. E invece questo modo di intendere le
politiche ambientali crea soltanto spaccature, come testimoniano anche le
contraddizioni sul nucleare».
Per evitare la deriva, secondo l’eurodeputato Idv, serve subito una decisa
inversione di rotta. «Noi promuoviamo una diversa opzione politica e culturale -
precisa ancora l’ex pm -. Un’alternativa che punti su fonti rinnovabili, energia
pulita, potenziamento del fotovoltaico e dell’eolico, purché realizzato nel
rispetto del territorio. Una ”green economy”, insomma, che potrebbe fare anche
da traino preziosissimo per l’occupazione». Perché, secondo De Magistris,
tutelare davvero l’ambiente significa anche creare nuovi posti di lavoro.
«Prendiamo il caso dei siti inquinati. La bonifica e la riconversione delle aree
industriali, se gestiti e intesi correttamente, possono tradursi in importanti
occasioni di crescita dell’occupazione. Purtroppo abbiamo sotto gli occhi tanti
esempi di occasioni mancate. Basta pensare a Bagnoli: tanti finanziamenti
europei utilizzati solo per realizzare un autentico massacro del territorio. Il
punto è che, anzichè favorire l’avvio di un’economia verde, in Italia siamo
ancora attaccati al finanziamento pubblico. Finanziamento legato alla
realizzazione di una certa opera, di cui si avvantaggiano solo le solite
famiglie che vanno a braccetto con i politici, senza alcun rispetto per ambiente
e sicurezza».
Fin qui le riflessioni, puntuali e precise, in materia di politiche ambientali.
Più fluide invece le considerazioni sul futuro politico, a Trieste, dell’Italia
dei valori. A chi gli chiede infatti se il suo partito, in vista delle
amministrative del 2011, potrebbe ridurre ulteriormente le distanze dal Pd,
magari facendo correre un proprio candidato alle primarie fissate per il
prossimo giugno, l’ex pm risponde così: «Queste sono scelte che spettano ai
responsabili locali del partito. L’Idv ha una sua chiara collocazione
all’interno del centrosinistra e un rapporto saldo con il Partito democratico.
Detto questo, però, ogni realtà ha le sue specificità: in alcuni territori
abbiamo stretto alleanze con la sinistra radicale, in altri la coalizione è
arrivata fino all’Udc.
(m.r.)
Ferrara: «Riaprire i termini per le osservazioni al Prg»
- IL CAPOGRUPPO DELLA LEGA
«Ci appelliamo al sindaco perché riapra i termini per la
presentazione di osservazioni al piano regolatore: a troppi cittadini è stata
tolta edificabilità senza dar loro il tempo di replicare». È la richiesta di
Maurizio Ferrara, capogruppo della Lega in Consiglio comunale: «Ci sono giunte
decine di telefonate di cittadini che non hanno fatto in tempo a presentare le
loro osservazioni urbanistiche – spiega – chiediamo che il piano venga
ridiscusso anche alla luce delle riserve espresse dalla giunta regionale, o che
almeno si riaprano i termini per le osservazioni». A questo scopo la Lega ha
proposto una mozione «che ci auguriamo venga considerata urgente: dal punto di
vista politico è la mozione più rilevante che il nostro movimento abbia avanzato
finora».
La mozione, assicurano i leghisti, è stata varata indipendentemente dai recenti
dissapori tra la Lega e il Pdl in Consiglio comunale: «In ogni caso il
comportamento del Pdl in aula ci svincola dai normali rapporti di maggioranza –
dice Ferrara -: da ora in poi, fatto salvo il sostegno al sindaco fino a fine
mandato, ci riterremo liberi nel voto sui singoli provvedimenti». La Lega ha
avviato uno sportello online per i cittadini con problemi di edificabilità
all’indirizzo
sportellocasa@leganordtrieste.it.
(g.t.)
Elettrodotto Udine-Redipuglia Braccio di ferro
Terna-sindaci - La società insiste per realizzare una nuova linea aerea, i
Comuni la preferiscono interrata
PRESENTATI I VANTAGGI DEL PROGETTO
TRIESTE Un risparmio di 60 milioni di euro all'anno per i clienti del
sistema elettrico. Un calo di 12mila tonnellate di anidride carbonica. La
demolizione di 110 km di vecchie linee elettriche. Terna, la società incaricata
di realizzare l'elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia, non molla. Vuole convincere
i sindaci perplessi. Sottolinea i benefici dell'intervento. E snocciola i
numeri, quelli che, sostiene la società, fanno di quest'opera qualcosa di
"indispensabile per rendere sicura la rete elettrica in Friuli, le cui
condizioni oggi sono estremamente critiche e soggette a forti rischi di
disalimentazione delle utenze".
I sindaci, almeno la maggior parte, vorrebbero una linea interrata. Terna
insiste invece per quella aerea. Per vari motivi. In primis un risparmio,
appunto, di 60 milioni dovuto al fatto che le centrali di Torviscosa e
Monfalcone potranno immettere sulla rete elettrica ulteriori 600MW di capacità
produttiva. A questo risparmio (circa 42 milioni) si aggiungono i 10 milioni per
l'aumento della capacità di approvvigionamento dall'estero, altri 4,5 milioni di
ulteriori risparmi grazie all'incremento della sicurezza del sistema e infine 2
milioni in più in cassa per la riduzione delle perdite di rete di 28 milioni di
kWh/anno, il consumo medio annuo di circa 1.130 famiglie.
In trenta comuni verranno poi demolite vecchie linee aeree. Si tratta di
Basiliano, Bertiolo, Buttrio, Campoformido, Castions, Chiopris, Codroipo,
Dignano, Flaibano, Fogliano Redipuglia, Gonars, Lestizza, Manzano, Medea, Mereto
di Tomba, Mortegliano, Palmanova, Pavia di Udine, Pradamano, Romans d'Isonzo, S.
Vito al Torre, S. Giovanni Natisone, S. Pier d'Isonzo, Sedegliano, Spilimbergo,
Tapogliano, Trivignano, Udine, Villesse e Torviscosa.
(m.b.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 aprile 2010
Gli effetti del piano regolatore Incontro pubblico a
Opicina
TRIESTE È intitolata ”Scempio del territorio” (sottotitolo
”Conseguenze della variante al piano regolatore di Trieste sull’ambiente
carsico”) l’assemblea-dibattito sul nuovo piano regolatore di Trieste che si
tiene oggi alle 20.30 nella sala esposizioni della Banca di Credito Cooperativo
del Carso a Opicina (via del Ricreatorio 2).
L’iniziativa è promossa dall’Associazione per la difesa di Opicina, in
collaborazione con le sedi locali di Italia Nostra, Legambiente e Wwf. Aprirà
l’incontro Paolo Milic, co-presidente dell’Associazione per la difesa di Opicina,
al quale seguiranno gli interventi del prof. Livio Poldini (Università di
Trieste) su ”Osservazioni sulla variante al piano regolatore di Trieste
relativamente al territorio carsico”, dell’arch. Luciana Boschin (Italia Nostra)
su ”Le carenze della variante al Prgc in materia di tutela del paesaggio e
dell’architettura carsica”, dell’arch. Lucia Sirocco (Legambiente) su ”Le nuove
zone residenziali previste dal piano e la riduzione squilibrata degli indici
edificatori” e di Dario Predonzan (Wwf) su ”Misfatti del piano: ampliamento del
campo di golf e zona turistica di Padriciano, zone ’strategiche’, funicolare
Barcola-Monte Grisa, ecc.”.
Seguirà il dibattito, moderato da Maurizio Lozei, con gli interventi del
pubblico in sala. L’intento degli organizzatori è di illustrare alla
cittadinanza i tanti aspetti critici del piano regolatore, in particolare per
quanto concerne i suoi effetti sull’ambiente.
All’assemblea gli organizzatori hanno invitato, tra gli altri, il sindaco
Roberto Dipiazza, i consiglieri comunali e le Circoscrizioni, ma anche
l’assessore regionale alla pianificazione territoriale Federica Seganti e i
consiglieri regionali eletti in provincia di Trieste.
Rifiuti in Val Rosandra, raccolte due tonnellate - SAN
DORLIGO. L’INIZIATIVA CHE HA ”IMITATO” QUELLA FATTA IN SLOVENIA
Oltre due tonnellate di rifiuti. Questo il lauto ”bottino”
raccolto nei giorni scorsi da parte di di una cinquantina di volontari residenti
nel territorio di San Dorligo della Valle, che hanno deciso di ”imitare” sul
territorio comunale l’iniziativa ”Ripuliamo la Slovenia in un giorno”, svoltasi
nella vicina repubblica.
«Copertoni di automobili, vestiti usati, bottiglie di vetro e plastica è quello
che abbiamo raccolto nella Val Rosandra. Purtroppo altri rifiuti sono rimasti,
ma ci penseremo il prossimo anno se non prima», ha commentato Alen Kermac, uno
degli organizzatori dell’evento.
I partecipanti hanno dunque ripulito ampie zone della riserva naturale
regionale, nonché varie frazioni del territorio tra le quali Dolina, Bagnoli
della Rosandra, Sant’Antonio in Bosco, Moccò e Prebenico.
L’iniziativa si è avvalsa anche della collaborazione del Comune di San Dorligo,
per la fornitura dei sacchi per la raccolta differenziata, e dei volontari della
Protezione civile comunale e dell’associazione dei Vigili del fuoco volontari
Breg per il servizio di asporto dei materiali raccolti.
Decisamente soddisfatta dell’iniziativa, e del suo proficuo esito, il sindaco di
San Dorligo della Valle Fulvia Premolin: «Ritengo che le buone idee non debbano
avere confini – ha commentato – e quindi siamo felici che il Comune possa aver
contribuito, seppur con una piccola parte, a questa iniziativa così costruttiva
e utile per il nostro ambiente».
Il primo cittadino ha poi evidenziato come i rifiuti siano stati tutti
«regolarmente differenziati come vuole la prassi nel nostro Comune», ma ha anche
auspicato «una maggior senso civico, e rispetto verso la natura e verso il
prossimo da parte delle persone che, in maniera sconsiderata, gettano i rifiuti
nella Val Rosandra, patrimonio non solo del comune di San Dorligo della Valle ma
di tutti».
Il tema dei rifiuti, e in particolare la raccolta differenziata e alcune
modifiche al regolamento per l’applicazione della Tia (la tariffa per
l’asporto), saranno al centro dei dibattito nel consiglio comunale convocato per
lunedì mattina.
Riccardo Tosques
”Dimenticati” 200 composter - SAN DORLIGO. OGGI LA
CONSEGNA
SAN DORLIGO Poco più di 200 composter da giardino, della
capienza di 400 litri. Questo il numero dei recipienti per compostaggio
domestico dei rifiuti organici e vegetali, richiesti dai cittadini ma ancora nel
garage della sede municipale di San Dorligo della Valle.
In proposito l’Area lavori pubblici ed ambiente del Comune annuncia che oggi,
dalle 11 alle 13.30, presso il municipio verranno distribuiti i composter ai
residenti che ne avevano fatto richiesta. «A scanso di equivoci ricordiamo che i
composter si presentano sotto forma di scatolone, con misure di circa un metro
per 50 centimetri, e non sono affatto pesanti», spiega il responsabile del
procedimento unico Mitja Lovriha.
I cittadini interessati devono presentarsi muniti di un documento di
riconoscimento e di u na fotocopia dello stesso, in quanto dovranno firmare il
modulo per il ritiro con allegata la copia del documento.
I bidoni per il compostaggio sono l’ultimo tassello del mosaico della raccolta
differenziata ”porta a porta” adottata dall’amministrazione Premolin. I
composter erano stati distribuiti già in una prima fase tempo addietro, ed è
quasi scontato che tra un paio di settimane verrà fatto un ultimo appello ai
cittadini per ritirarli. Per i ritardatari, gli uffici comunali hanno già
preannunciato che saranno costretti a contattare i richiedenti direttamente a
casa, per un solerte ritiro. «Confidiamo che chi non è ancora passato a ritirare
i il composter venga quanto prima in municipio», ha commentato Lovriha.
(r.t.)
SEGNALAZIONI - Con Giurastante - INTIMIDAZIONE
Abbiamo appreso dal Piccolo che al noto ambientalista
Giurastante, presidente di Greenaction, nonché portabandiera di tante battaglie
in difesa dell’ambiente, dei cittadini, della salvaguardia del suolo, del Carso
e tanto altro, è giunta una inequivocabile minaccia attraverso tipico e
tristemente noto segnale della mafia, la testa sanguinante di un capretto
dinanzi alla soglia di casa.
Tutto ciò è avvenuto dopo oltre un anno di intensa battaglia quotidiana con ogni
mezzo per informare la città sulla enorme, stravolgente pericolosità della
possibile realizzazione di un rigassificatore nelle acque tra Muggia e il
terminal petroli. A fronte di ciò, sembra che nessuna forza politica abbia
captato l’inequivocabile segnale, o al contrario, a tutte le forze politiche che
non hanno esternato solidarietà, vada bene la possibilità di tacitare questo
difensore dei diritti della maggioranza dei cittadini, coscienti, lor signori
che tale tipo di minaccia solitamente precede la eliminazione fisica del
soggetto puntato. Questo è il pensiero di centinaia e centinaia di pensionati.
Antonio Farinelli - segretario Anap sezione di Trieste
IL SOLE 24 ORE - MERCOLEDI', 21 aprile 2010
A Trieste nasce la centralina che legge le polveri - Prototipo di Area Science Park
Progetto nato dalla collaborazione di Arpa-FVG, Sincrotrone Trieste, Legambiente Trieste, Provincia e Regione e' ora nella fase di trasferimento tecnologico necessaria per la messa sul mercato di questo suo know-how.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 aprile 2010
La Lega: Pdl arrogante, daremo battaglia sul Prg - Ma
An e Fi minimizzano: «Semplice gioco delle parti, la coalizione non è a rischio»
EMENDAMENTI BOCCIATI
«È evidente che tra Lega e Pdl non esiste sintonia sulla sicurezza a
Trieste: c’è stata una chiara mancanza di rispetto nei nostri confronti».
Anzichè festeggiare il disco verde all’armamento, Maurizio Ferrara affila le
armi e preannuncia rese dei conti con gli alleati. «I nostri emendamenti sono
stati bocciati, con l’arroganza tipica di chi non vuole condividere un progetto
politico perché abituato ad imporlo. Una linea - osserva ferrara - che non
accettiamo, come dimostreremo in occasione dei prossimi appuntamenti importanti:
Codice dell’edilizia e Piano regolatore».
Una sorta di avvertimento che il Pdl minimizza («la voce grossa della Lega fa
parte del gioco - assicurano Brandi e Camber -, ma la tenuta della coalizione
non è in discussione), e che l’Udc invece invita a non sottovalutare. «L’altra
sera il centrodestra è andato sotto su un emendamento di Rifondazione (l’obbligo
per i ”pistoleri” di sottoporsi a test annuali ndr) - afferma Roberto Sasco -.
Un campanello d’allarme che non può non preoccupare: la maggioranza non può
permettersi neanche un’assenza e dovrà ritrovare compattezza, altrimenti saranno
dolori». «Ma quale maggioranza - commenta Marco Toncelli del Pd -. Di fatto con
il ricatto della Lega e la fronda rappresentata dai Bandelli boys la maggioranza
votata dagli elettori già non esiste più ed è quindi a rischio il rispetto del
programma che ha portato all’elezione del sindaco».
Loro però, i bandelliani, rivendicano autonomia d’azione. La stessa che li ha
portati a dividersi sul voto. «Trieste non abbia bisogno di ulteriori armamenti
- spiega Andrea Pellarini che, con Claudio Frömmel, ha bocciato la delibera -.
Il prefetto chiede ai vigili un sostegno alle forze dell’ordine? Lo forniscano
sgravandoli di compiti come i rilievi degli incidenti e i controlli stradali».
Di tutt’altro avviso Alessandro Minisini (Gruppo misto): «Il bisogno di
sicurezza esiste e non è prerogativa della Lega. Si è sbagliato a porre la
questione in termini di ”pistola sì, pistola no”. Il vero nodo era estendere,
amio giudizio giustamente, il servizio dei vigili urbani».
(m.r.)
«Chiudere la Ferriera», in 200 sfilano con il circolo
Miani
Bloccato il traffico in piazza Goldoni. Il consigliere
Bucci (Pdl): «La Regione attende il Tar per rivedere l’Aia»
Traffico bloccato attorno a piazza Goldoni, con automobili e scooter
costretti a lunghe soste prima di poter procedere. Tamburi, fischietti e
striscioni per chiedere la chiusura della Ferriera di Servola. La manifestazione
organizzata ieri sera dal circolo Miani ha visto la partecipazione di almeno 200
persone.
Nella piazza i manifestanti si sono distribuiti i compiti e verso le 19 è
iniziata la lunga e lenta manifestazione con ”protagonista” l’impianto di
Servola «dal quale – hanno affermato ancora una volta con forza – sono diffuse
nell’aria sostanze nocive per la salute della popolazione dell’intera città». La
battaglia del circolo fondato da Maurizio Fogar è iniziata da anni, ma in queste
ultime settimana ha preso maggior vigore «perché siamo stufi dell’inerzia dei
politici – ha ripetuto lo stesso Fogar – e dell’immobilismo di chi avrebbe il
potere di chiudere l’impianto e non lo fa».
Sugli striscioni gli slogan, espressione della rabbia della gente di Servola,
«ma non solo del rione – è stato ripetuto – perché il problema dell’inquinamento
originato dalla Ferriera colpisce tutta la città e la popolazione residente».
Quella di ieri non resterà una manifestazione isolata: «Abbiamo predisposto un
articolato programma di eventi per richiamare l’attenzione della gente sul
problema – sta annunciando da giorni il portavoce del circolo – e proseguiremo,
perché la gente ci segue». Le forze dell’ordine hanno vigilato sulla
manifestazione, per evitare che si creassero situazioni di tensione. Un
manifestante ha vuotato simbolicamente sull’asfalto una busta all’interno della
quale c’era polvere nera, raccolta nei pressi dello stabilimento servolano. Un
gesto piccolo, ma significativo.
Negli stessi minuti, il consigliere regionale Maurizio Bucci, parlando in piazza
Sant’Antonio, nell’ambito della manifestazione intitolata “Quale futuro per il
benessere di Trieste e del Carso” e organizzata dalla Fondazione per la difesa e
il benessere di Trieste e del Carso, in collaborazione con la Regione, ha
ribadito che «la Regione, nel caso il Tar dovesse darle ragione, interverrà per
far sospendere l’attività dell’impianto». La giunta regionale ha chiesto la
revisione dell’Aia, il provvedimento che permette alla Ferriera di continuare a
operare. La proprietà dell’impianto ha impugnato il provvedimento davanti
all’organo di giurisdizione amministrativa. «Stiamo aspettando la loro decisione
– ha precisato Bucci – e agiremo di conseguenza». Con Bucci ha dialogato Adriano
Tasso, dell’associazione “No smog”.
Ugo Salvini
«Centraline, dati in miglioramento»
«I dati ufficiali delle centraline di monitoraggio della
qualità dell’aria nei valori medi del benzo(a)pirene, da gennaio a dicembre
2009, hanno confermato un trend di miglioramento della situazione rispetto agli
stessi mesi del 2008, con una media annuale nel 2009 pari a 0,98 ng/m3
(centralina di via Pitacco) e a 0,49 ng/m3 (centralina di via Svevo)». Lo
afferma la Lucchini spa: i risultati «sono il frutto del piano di investimenti
per l’ammodernamento degli impianti (2007-2009) di 18 milioni». Investimenti che
«l’azienda ha ripreso nel 2010».
”Aiuto dal cielo”, lavoro sulla terra - L’impegno della
Banca del tempo di Muggia comincia ripulendo la ciclabile
Predicano l'altruismo, cercano la collaborazione con altre
realtà ma sopratutto si rimboccano realmente le maniche in opere e interventi.
Sono i volontari del gruppo ”Aiuto dal cielo”, la giovane sezione di Muggia che
fa capo alla ”Banca etica del tempo”, formata da una cinquantina circa di
persone dai 20 ai 60 anni, con leggera incidenza femminile. Un solo anno di
attività ma con l'archivio già corredato da tappe significative in termini di un
operato mai virtuale.
L'ultima fatica del gruppo muggesano si è tradotta nella pulizia del tratto
iniziale della pista ciclabile, intervento effettuato lo scorso 11 aprile in
collaborazione con l'Associazione Disabili Visivi, l'Arci di Trieste, il gruppo
”Altro Tempo” e la ciclo - officina ”Dada”: «È stata la maniera migliore per
festeggiare il nostro primo compleanno» - ha affermato Massimiliano Apostoli,
fondatore e presidente del team rivierasco ”Aiuto dal cielo”. «Abbiamo donato
circa tre ore del nostro tempo per un intervento fattivo, raccogliendo
l'equivalente di 30 sacchi di immondizia, una raccolta che verrà ora ritirata
dall'Acegas».
Un compleanno trascorso per l'occasione in chiave ecologica, anche se le
finalità del gruppo rivestono un ampio respiro e accolgono ogni forma di
contributo, sempre sotto forma di autentico intervento: «Ci battiamo per la
valorizzazione delle doti morali e per l'incentivo della buona volontà», ha
aggiunto candidamente il vertice del gruppo di volontari. «L'idea è quella di
dare un contributo di onestà e altruismo, cercando di offrire una mano
all'intera società. Il lato ecologico è solo una parte».
In effetti, nell'arco del primo anno di vita i volontari guidati da Massimiliano
Apostoli sembra abbiano invocato il cielo ma poi sudato realmente in terra. Lo
testimoniano la missione effettuata lo scorso anno in Bosnia, all'interno di un
villaggio costruito dalla comunità serba, senza contare il periodo passato
all'Aquila, tra le tende delle vittime del sisma. Il percorso continua.
I samaritani della Riviera attendono rinforzi, con nuove idee e antico impegno
ma con il costante obbligo della concretezza delle opere di solidarietà. Gli
interessati alla causa possono scrivere all'indirizzo bancadeltempo@aiutodalcielo.org
o partecipare al raduno in programma oggi alle 19, nella momentanea sede sociale
allestita nella trattoria ”Antico Spazzacamino” di via Settefontane 66.
(fra. car.)
SEGNALAZIONI - Rio Martesin - CEMENTO
La cementazione della valle di via Giusti è iniziata! Il
comitato spontaneo degli abitanti si è speso per ben dieci anni con
volantinaggi, riunioni consigliari comunali e circoscrizionali, lettere e
colloqui con il sindaco, assessori e consiglieri comunali per motivare le sue
richieste, supportate da serie e valide argomentazioni. Esse spaziavano dalla
conservazione della fauna, flora, dall'inquinamento atmosferico e acustico, da
perizie idrogeologiche che segnalavano pericoli di fessurazioni e smottamenti
per le case prospicienti i lavori, mancanza di viabilità, d'infrastrutture, di
rispetto delle regole del Codice stradale e delle più banali indicazioni
richiamate dalla Protezione civile, da lottizzazioni dubbie, d'interramenti del
torrrente ed eliminazione dei fili dell'alta tensione al solo scopo di rendere
possibile il progetto di cementificazione dei versanti di Scala Santa e di
Gretta.
Ripetutamente la III Circoscrizione si è espressa contro tale scempio, ma le sue
indicazioni sono state palesamente violate, anche questo nel segno della
democrazia e del rispetto di chi in esse lavora e vi dedica il suo impegno.
Tutti i candidati politici, prima delle elezioni, adulano i cittadini portatori
di voti, chiamandoli «popolo sovrano». Così essi vennero definiti da un
assessore comunale, (da un verbale della III Circoscrizione): «coloro che
minacciano di incatenarsi non so dove, io vado per la mia strada e non ascolto
nessuno, vi saranno quelli contrari, ve li trovo io subito, ma bisogna andare
avanti». Il popolo sovrano non esiste più!
Il Comune che è il principale rappresentante dei cittadini, anche quando, carte
alla mano (sentenze dei tribunali), avrebbe potuto avviare l’iter per una
variante al Prgc di Trieste che modificasse le previsioni di nuove edificazioni
(anche in presenza di piani attuativi adottati o approvati, ovvero di
concessioni edilizie) e l'eccesso di volumetrie edificabili previste, non ha
voluto farlo. Il piano regolatore scaduto dal 2002 prevedeva uno sviluppo della
provincia di Trieste sino a 500.000 abitanti. Con questa filosofia la città
ferma demograficamente, continua ad espandersi in rioni come Roiano, che
dall'1989 ha superato la soglia della massima edificabilità imposta dalla legge.
L'amministrazione comunale non si è mai sbilanciata a favore dei cittadini
comuni, ha sempre tutelato gli interessi dei costruttori, perché ai proprietari
dei terreni non si possono arrecare danni! (parole dette in una riunione tra
Comitato e Comune). Se si voleva si poteva!
Perché non recuperare gli alloggi sfitti, i vecchi appartamenti del centro
storico, le vecchie case Ater in disuso da anni?
La beffa finale: a pochi giorni dalle autorizzazioni edilizie, la valle del Rio
Martesin nel nuovo Prg è stata definita zona agricola di pregio, riservata alle
coltivazioni, dove non è concessa alcuna edificazione.
Dario Ferluga
SEGNALAZIONI - PROGETTI - Barcola Copacabana
Noto con raccapriccio che, nonostante la buona dose di
buon senso dimostrata negli ultimi tempi da chi pratica la «stanza dei bottoni»
locale, c’è ancora qualcuno che cavalca la favola di Barcola-Copacabana. Favola
metropolitana uscita decenni fa dal cilindro del candidato sindaco (di allora)
Primo Rovis e rimessa nel sacco insieme alle proverbiali «pive» e il bidone del
referto delle urne.
Barcola è stata, è e (spero) sarà sempre bella e incantevole così, con il fondo
sabbioso almeno per qualche decina di metri, finché «si tocca», con i parcheggi
e le strutture ristorative attuali, funzionanti peraltro solo 4 mesi all’anno (a
proposito: perché chiudere l’unico bar esistente?) perfettibili e ampliabili
senza però trasformare il Golfo in una discarica a cielo aperto. La
giustificazione dei lavori sotterranei sotto San Giusto e Ponterosso per
favorire ditte private (di lucro!) per la realizzazione promessa (e mai
mantenuta da decenni) di altrettanti mega-parcheggi non regge, neanche sotto
forma di «carota», tantomeno come ricatto.
Se si voleva, si poteva fare da tempo, senza rimandare indefinitamente il Piano
del traffico per la mancanza cronica e asfissiante di parcheggi, senza ricorrere
al «Financial project» e prendendo il coraggio a due mani e realizzandoli in
proprio, magari attingendo ai milionari fondi comunali derivati dalle multe,
dovute al 90% ai divieti di sosta. Quale migliore investimento sulla «mobilità»
se non quello di fornire un parcheggio alle decine di migliaia di veicoli a 2 e
4 ruote che non troverebbero posto nemmeno se impilate a 5 una sopra l’altra?
Bambini, disabili e anziani si sono sempre trovati bene a Barcola. Perché non
fare qualche rampa, qualche «zitolo-zotolo» e panchine in più? E qualche
toilette? E un posto di accesso al mare anche per i nostri amici cani?
Bruno Benevol - consigliere circoscrizionale
SEGNALAZIONI - «La giunta di San Dorligo si è opposta
con fermezza al tracciato Tav»
Le notizie apparse sulla stampa in merito al tracciato
della linea dell’alta velocità "Corridoio 5" che non attraverserà più la Val
Rosandra né molte zone della città di Trieste ha rallegrato tanta gente.
Ora però, come spesso accade in questi casi, taluni dimostrano di avere la
memoria corta... Si legge infatti sulla Cronaca provinciale de "Il Piccolo" del
14 aprile 2010 che il consigliere Drozina, capogruppo del Pdl-Udc nel consiglio
comunale di San Dorligo della Valle, al quale si è unito in coro Massimiliano
Dazzi della lista civica Uniti nelle tradizioni, ritiene di aver contrastato il
progetto del Corridoio 5 che, secondo lui, la maggioranza del Comune non avrebbe
adeguatamente osteggiato. È quindi grazie al loro operato, all’intensa attività
delle associazioni ambientalistiche ed alle maturate sensibilità in sede di
governo nazionale e regionale che il grave pericolo per il territorio è
superato.
Ebbene, se è indubbio l’impegno dimostrato dalle associazioni ambientalistiche
ed anche, giova ricordarlo, dei Circoli e associazioni presenti sul territorio,
e che inoltre c’è stata su questo argomento unicità di intenti tra maggioranza
ed opposizione nello scorso mandato del Consiglio comunale di San Dorligo, non è
corretto far intendere che l’operato della giunta comunale sia stato "tiepido"
su questa materia.
La giunta ha infatti organizzato l’incontro pubblico al Teatro di Bagnoli del 12
febbraio 2009, durante il quale i tecnici di Rfi hanno illustrato il tracciato,
suscitando le ire delle numerosissime persone intervenute, e, già in quella
sede, ha chiesto di poter pubblicare il corposo studio di fattibilità sul sito
Internet del Comune, affinché chiunque potesse direttamente rendersi conto della
gravità della situazione.
L’autorizzazione è pervenuta solo il 4 marzo 2009 e subito lo studio è stato
pubblicato sul sito della Riserva www.riservavalrosandra.it nella pagina
appositamente istituita "Corridoio 5".
Ma ancora più importante è stata l’organizzazione della Tavola rotonda del 20
aprile 2009, alla quale hanno partecipato esperti in varie discipline che
interessano la tratta ferroviaria Trieste-Divaccia. Ai lavori della Tavola
rotonda ha assistito un folto pubblico e dell’evento c’è stata grande risonanza
anche sulla stampa locale. Non è un caso che su "Il Piccolo" del 20 aprile 2009
sia stato pubblicato un bellissimo articolo di Paolo Rumiz intitolato "Tav, i
segreti di un progetto ad alto rischio" ove l’ottimo articolista ha esordito con
queste parole "Che diamine, gli abitanti della provincia di Trieste si
rassegnino. Per avere notizie sul tracciato della Tav nel loro territori -
l’opera pubblica più ciclopica del dopoguerra nel Friuli Venezia Giulia -
dovranno rivolgersi al piccolo Comune di Dolina. Dovranno farlo, perché il resto
è silenzio."
Solo dopo questi eventi c’è stata una corale presa di posizione anche dai
cittadini di Trieste e, a questo punto, finalmente, noi di Dolina non eravamo
più soli. Però stiamo attenti! Non è ancora finita. L’attenzione e l’impegno su
questo argomento non devono cessare, ed è importante che tutte le forze
politiche, sia di maggioranza che di opposizione, le Associazioni
ambientalistiche, i Circoli e le associazioni presenti sul territorio continuino
ad operare con unità di intenti, riservando ad altri argomenti, importanti ma
non vitali per il territorio, le schermaglie politiche o, forse per meglio dire,
elettoralistiche.
Laura Riccardi Stravisi - presidente dell’Associazione ”Cittadini per San
Dorligo della Valle - Obcani za Dolino" già assessore
all’Ambiente nello scorso mandato della Giunta Premolin
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 aprile 2010
Rigassificatore, l’Ue media tra Italia e Slovenia -
Potocnik: «La commissione ascolterà i tecnici delle due parti in una riunione a
Bruxelles»
CAPODISTRIA Look inglese, nessun pregiudizio protocollare,
il commissario europeo all’Ambiente, lo sloveno Janez Potocnik arriva a
Capodistria per una visita alle strutture portuali e al progetto di ampliamento
dello scalo stesso. Parla della politica ambientale europea ma si sofferma anche
sull’operato della commissione sul contenzioso italo-sloveno sui
rigassificatori.
Quale è la posizione della commissione europea rispetto al contenzioso
italo-sloveno sui rigassificatori?
A livello europeo valgono le direttive relative all’impatto ambientale dei
progetti che ogni Paese deve rispettare alla presentazione di qualsiasi nuovo
progetto. Nel caso concreto parliamo di tre progetti, noi desidereremmo che gli
studi fossero presentati assieme per tutti e tre i progetti, ma l’Italia può
anche scegliere di presentare un progetto prima dell’altro. Queste direttive
comportano però che se nel progetto sono compresi anche gli interessi di una
nazione contermine vengano attuate anche delle consultazioni bilaterali con il
Paese interessato. Per questo noi invitiamo entrambe le parti, quella italiana e
quella slovena, di sedersi assieme attorno a un tavolo per parlare e cercare di
trovare una soluzione comune
Di concreto lei come commissario ha preso qualche impegno in materia?
Ci siamo impegnati affinché avvenga un incontro tecnico tra le parti anche a
Bruxelles e ho detto questo sia al ministro per l’ambiente sloveno che a quello
italiano ossia, lo ripeto, di essere pronti a organizzare un ulteriore incontro
tecnico su questo argomento per aiutare entrambe le parti a trovare una
soluzione che sia accettabile da Italia e Slovenia. Crediamo che la mediazione e
il confronto siano la via migliore, fermo restando che ognuna delle parti ha il
diritto di decidere in base alla propria volontà, però tra vicini e amici la via
del dialogo è la via più corretta, la via migliore e più costruttiva. Io mi
rendo conto che il tutto è ancora nella sua fase di progettazione, che per due
dei tre progetti lo studio di impatto ambientale non è stato ancora preparato,
per cui in questo momento posso solo dire che la commissione segue con
attenzione il problema, che anch’io mi impegno a seguire il tutto con estrema
attenzione anche perché il tutto è nell’interesse dell’opinione pubblica slovena
così come di quella italiana. Siamo pronti a dare una mano a livello tecnico se
i due Stati lo desidereranno.
Lei ha parlato di tre progetti a quali si riferisce?
Pensavo al terminal a Zaule, a quello in mezzo al Golfo di Trieste e al
gasdotto.
Ma il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia che alla fin fine, per
l’Italia, è quella che ha l’ultima parola sul progetto, ha affermato
pubblicamente che per lui esiste solo il progetto del terminale di Zaule...
In ogni caso io qui non voglio dare una valutazione su quale sia il problema
maggiore o minore, per noi è importante che venga rispettato l’iter previsto
dalle normative europee per qualsiasi progetto rispetto all’impatto ambientale e
che questo avvenga con la migliore analisi delle indicazioni che vengono
fornite. Questo è il dovere di qualsiasi Stato europeo, questi sono i doveri e
le leggi e se il tutto si dimostra soddisfacente a questi criteri per noi anche
il progetto diventa accettabile. Quali siano i problemi sollevati dalla Slovenia
io preferirei non commentare perché questa è una posizione slovena sulla
questione.
Se non si dovesse trovare alcuna soluzione comunemente condivisa la Slovenia si
è detta pronta a ricorrere alla Corte europea...
Questa per me è ora solo una delle ipotesi, ma io credo che quanto lei ha detto
prima e cioè che l’Italia si concentra solo su un progetto costituisca una
situazione che la Slovenia dovrà nuovamente valutare, ma questa è una decisione
assolutamente autonoma di uno Stato indipendente con cui la commissione non ha
nulla a che fare.
Lei ha esaminato personalmente qualche incartamento fin qui prodotto dalla parte
italiana?
Io personalmente no, Ho uno staff tecnico che si occupa di queste questioni. E
in Europa, ovviamene, non c’è solo il caso di Zaule. Resta il fatto che questa
questione resta per me di grande importanza a cui presto personalmente
un’attenzione particolare perché è strettamente collegata con gli interessi dei
cittadini sloveni e italiani, ma da un punto di vista tecnico c’è uno staff che
si occupa delle vicende europee.
Che cosa pensa del progetto del raddoppio della centrale nucleare di Krsko?
Nell’Unione europea i vari Stati hanno oggi un approccio diverso per quanto
concerne l’uso o meno dell’energia nucleare. Il punto di vista su questo della
commissione Ue è molto chiaro, qualsiasi Stato ha il diritto di scegliere il
proprio sistema energetico, ma ognuno deve riuscire a raggiungere alcune mete
che sono state accolte dall’Unione europea stessa. Una di queste è diminuire le
emissioni entro il 2020. Del resto sono impegni presi con l’accordo di Kyoto
ossia la famosa regola del 20-20-20 regole che sono state accettate dagli Stati
membri e che non sono state imposte dalla Commissione.
E se qualche nazione, come farà l’Italia, vuole investire sul nucleare?
È semplice, deve rispettare le più strette regole di sicurezza esistenti. Sulla
scelta di ogni singolo Stato la commissione ovviamente non può intervenire. Noi
crediamo che l’energia nucleare sia una delle possibilità future. Abbiamo
predisposto anche con il mio predecessore un Piano strategico, tecnologico per
il futuro, il cosiddetto ”Set Plan” dove cerchiamo di organizzare in ambito
europeo la ricerca delle migliori soluzioni per il futuro in tutti i settori
energetici che riteniamo siano utili a procurarci l’energia sufficiente per il
futuro, ma il più possibile rispettosa dell’ambiente, come ad esempio l’energia
eolica, quella solare, la bioenergia ecc. Tra questi punti c’è anche
l’ampliamento dell’uso del nucleare. Il nostro punto di vista è che la ricerca
di energia per il futuro non deve avere alcun preconcetto ma dobbiamo lavorare
su tutti i fronti di ricerca. L’importante è che non ci comportiamo come in
passato. E serve un collegamento tra Stati anche con il settore privato.
Dobbiamo andare avanti, perché abbiamo un estremo bisogno di queste nuove
tecnologie energetiche per riuscire a creare in futuro un’energia verde, per cui
ogni Stato può scegliere autonomamente fermi i principi che gli stessi si sono
dati vuoi a livello europeo vuoi a livello internazionale.
MAURO MANZIN
Premolin: «Lo spostamento della Tav è una vittoria di
tutti» - SAN DORLIGO. IL SINDACO REPLICA ALL’OPPOSIZIONE
SAN DORLIGO «L’opposizione non può prendersi tutti i
meriti per la vittoria ottenuta da tutto il territorio in merito alla
cancellazione del tracciato della Tav dal nostro comune». Il sindaco di San
Dorligo della Valle, Fulvia Premolin, replica così alle esternazioni dei partiti
di centrodestra (Pdl-Udc e la lista civica Uniti nelle tradizioni) dopo la
recente modifica della direttrice della Tav nel tratto Aurisina–Divaccia.
«Tutta l'amministrazione comunale ha seguito da subito con grande interesse
l’evoluzione del tracciato dell'alta velocità – osserva la Premolin –
organizzando incontri pubblici, tavole rotonde con esperti e iniziando a dare la
giusta e dovuta informazione ai cittadini. Un’opera di sensibilizzazione non da
poco, che ha coinvolto tutti i partiti della maggioranza».
Il primo cittadino evidenzia poi come «un piccolo comune come quello di San
Dorligo è riuscito a ottenere un grande risultato grazie anche alla
disponibilità delle Ferrovie e della Regione, che al momento necessario hanno
fornito gli strumenti necessari per pubblicare lo studio di fattibilità del
progetto». Il sindaco ricorda inoltre «l’impegno dell'opposizione, che ha
collaborato con la maggioranza, in un incontro di idee propositivo per il bene
della popolazione».
Sulla stessa lunghezza d’onda il commento dell’assessore all’Ambiente Elisabetta
Sormani: «L’impegno profuso in prima persona sia dal sindaco che da parte
dell'ex assessore Stravisi ha contribuito in maniera fondamentale a questo
risultato, che non può che far felice tutta la popolazione di San Dorligo della
Valle, nel quale però il merito è sicuramente più della maggioranza che
dell'opposizione».
Le segreterie dei partiti di maggioranza che sostengono il sindaco (Pd, Rc-Pdci,
Ssk, Cittadini) in un comunicato congiunto evidenziano infine come ”in Consiglio
comunale tutte le forze politiche sono state unanimi nella mozione votata contro
il progetto, anche se le iniziative successive di divulgazione ai cittadini
dello studio di fattibilità sono state assunte dalla giunta comunale”. I partiti
di centrosinistra chiedono comunque di ”non considerare chiuso l’impegno e la
partecipazione di tutti i soggetti interessati finché le scelte preannunciate
dalla Regione non troveranno conferma definitiva, e di mantenere l’unità di
intenti in nome dei diritti dei cittadini e non di interessi di parte”.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 aprile 2010
«Piazza Libertà, cantiere al via entro un anno» -
Dipiazza: pronto il piano di sviluppo fino al 2015, ma lo discuterò con Tondo e
i sindacati
FUTURO POLITICO - «Terzo mandato? Se ci sarà nessun
problema, ma la scelta del candidato sarà condivisa»
Sul suo blog ha definito «estremamente improbabile» la possibilità di un
terzo mandato. A voce, ammette però che se le condizioni muteranno (cioè se la
legge regionale sarà modificata) e se la coalizione riterrà di ricandidarlo,
«non ci saranno problemi». Aggiungendo poi come «la scelta del candidato sarà
condivisa, decideremo tutti assieme nel centrodestra. Una lista civica
alternativa ancora con il mio nome (come quella che già esiste, ndr) se non
dovessi condividere? Non si pone il problema». In ogni caso, Roberto Dipiazza
vuole blindare il futuro della città, facendo in modo che il sindaco eletto
nella primavera del 2011 - se non dovesse essere ancora lui - continui a
muoversi seguendo le direzioni imboccate dalla sua amministrazione. Da qui,
l’annuncio di quello che sembra essere una sorta di testamento politico: «Presto
presenterò il Piano strategico 2010-2015 per lo sviluppo della città - dice
Dipiazza -, ma non prima di averne discusso i contenuti con il presidente della
Regione Tondo e con i sindacati». Andando a caccia della loro condivisione.
«Il documento - continua il sindaco - riguarderà non solo quanto fatto in questi
anni, ma anche il futuro. Mi riferisco, fra le altre cose, al Silos, alla quarta
linea dell’inceneritore, alla centrale di cogenerazione, al Porto Vecchio, al
rigassificatore». All’interno del Piano, dunque, si delinea la Trieste del
futuro. Pare non manchino collegate valutazioni sulla componente occupazionale,
al centro delle quali si colloca lo scenario che innescherà la riconversione
della Ferriera. Anche Riccardo Illy e la sua giunta, nel 2001, avevano preparato
un Piano strategico, per il periodo 2001-2010. Piano che, si narra nelle stanze
dei bottoni del Municipio, non venne però mai stampato. O meglio, a stamparlo fu
lo stesso Dipiazza, un mese dopo il suo insediamento.
Intanto, a un anno dalle elezioni, il sindaco trova nei numeri l’ennesimo motivo
di conforto. I risultati di una recente indagine della Doxa in quattro comuni
della Penisola che andranno al voto tra il 2011 e il 2012 (cioè, oltre a
Trieste, anche Genova, Parma e Salerno) evidenziano come il 64% dei triestini
sia soddisfatto dell’operato di Roberto Dipiazza. Nel dettaglio, il 53% afferma
di essere «abbastanza soddisfatto» e l’11% «molto soddisfatto». La rilevazione è
stata effettuata telefonicamente tra il 19 e il 28 marzo scorsi, su un campione
giudicato rappresentativo della popolazione (l’indagine in tutto si è articolata
in 2000 telefonate). «Faccio il sindaco per l’abbraccio dei cittadini - gongola
Dipiazza - e non per la carriera politica, visto che vivo del mio lavoro. Ho
raccolto una bella eredità, quella di Riccardo Illy - continua -, e con una
punta d’orgoglio, credo che questo consenso sia meritato. L’importante è
continuare a fare». A proposito, dei cantieri aperti in città o programmati, il
sindaco, dall’alto della sua delega ai Lavori pubblici, fa capire che il nastro
in piazza della Borsa lo taglierà lui stesso come previsto: «Abbiamo ancora 20
giorni di vantaggio sui tempi del cronoprogramma». E su piazza Libertà: «Il
progetto è stato rifatto, ora va riavviato l’iter necessario. Mi auguro di
aprire il cantiere entro la fine del mandato».
MATTEO UNTERWEGER
Nuovo mercato ortofrutticolo si incaglia il progetto
Noghere - Il sindaco: decida la Regione Paoletti: l’idea è ormai datata, non ne
vedo più il senso
Esiste ancora la volontà di realizzare un nuovo mercato
ortofrutticolo? O meglio, se ne avverte ancora la necessità? Dopo l’acquisto da
parte del Comune di 56mila metri quadrati da bonificare alle Noghere, pagando
all’Ezit un milione e 80mila euro più Iva, per un corrispettivo di appena 18
euro al metro quadro, il silenzio. Se ne riparla, sì, ciclicamente, magari per
dire che l’idea non è morta, ma sulla sua fattibilità i bookmaker non
accetterebbero scommesse. Sentite il sindaco Dipiazza: «Il futuro
dell’ortofrutticolo è legato a un altro futuro: quello che deciderà, per il
comparto, la Regione. Magari se ne uscirà dicendo: i mercati sono quelli che
sono, ormai la frutta arriva da grandi centri di distribuzione. Se ne facessero
uno baricentrico, a Villesse come si era sentito dire, forse sarebbe meglio.
Basta guardare cos’è diventato il nostro mercato: sono rimasti pochi, una
decina, sono diventati quasi grossistelli...».
Un passo indietro? Dipiazza assicura di no. Semmai un ”distinguo”. «L’idea
dell’insediamento alle Noghere rimane sempre valida – assicura il sindaco – in
un’ottica di servizio all’Istria, alla bassa Slovenia eccetera, ma bisogna
vedere cosa ne pensano gli imprenditori. Vero è che attualmente gli sloveni si
servono al mercato di Padova. Cosa sono, per loro, cento e passa chilometri?».
Sulla fattibilità di Noghere sembra invece piuttosto perplesso il presidente
camerale Antonio Paoletti. Dice: «Come tutte le cose, quando arriva l’idea e il
mercato si sviluppa o si mette subito in pratica o non si fa più. Il discorso
era nato quando si parlava del Parco del mare nell’area dell’ortofrutticolo e un
mercato rivolto a Est aveva un senso. Ora non lo vedo. Sì, magari a Noghere la
struttura di servizio verso la Slovenia potrebbe reggere, ma sarebbe lo stesso
se si facesse un mercato regionale a Villesse o altrove. Ma o si fa oppure no,
inutile perdere tempo».
E i diretti interessati? Il presidente dei grossisti, Renato Guercio la prende
all’inizio con ironia («l’unica cosa certa è che la gente, fortunatamente,
continua a mangiare frutta e verdura e continuerà a farlo anche se non gli
facciamo il nuovo mercato...») ma poi si capisce subito che la situazione non
gli garba affatto. «Abbiamo detto più volte quello che pensavamo, ma il tempo
passa e non abbiamo visto nessuna pianificazione, leggiamo sul giornale solo
pareri. Prendiamo atto che sembra esserci un nuovo orientamento da parte del
sindaco e quando tutto sarà pronto entreremo nella discussione. Vorrei ricordare
solo che era stato il sindaco Richetti, 20 anni fa, a fare la firma per il nuovo
mercato...».
Anche gli addetti ai lavori, insomma, sembrano in stand-by. Comunque aperti a
tutte le soluzioni. «Un’unica struttura regionale? Sulle ipotesi si può solo
parlare – incalza Guercio – bisogna iniziare a parlare di progetti e capire: chi
paga? In tutta Italia i mercati sono pubblici, è sempre stato così. È il
pubblico che deve dire dove fare o non fare. Non ha senso dire che questo è
meglio di quell’altro. Sono progettualità diverse. Di certo c’è solo che se
vogliamo prendere questa ricchezza dobbiamo creare le strutture. I consumatori
esistono, e dunque la politica deve dare risposte».
Un piccolo salvagente, in realtà, lo butta lo stesso Paoletti. Con una proposta
inedita. «La Camera di commercio – racconta – si accinge a portare avanti il suo
centro all’ingrosso nell’area davanti alla Wärtsilä e siamo concentrati su
quello. Onestamente non so di quanti metri quadrati avrebbe bisogno
l’ortofrutta, a Campo Marzio vedo soprattutto spazi chiusi, più inutilizzati che
utilizzati. Se serve, comunque, un piccolo ingrosso di confine, con minimi spazi
possiamo anche concederglielo noi. Diversamente, va benissimo quello regionale».
L’unico, insomma, che può ancora gongolare per l’affare fatto è il sindaco
Dipiazza. «Il Comune ha comprato a 18,70 euro a metro quadrato un’area che oggi,
come minimo vale 150 euro al metro. Sessantamila metri dove si possono fare
tante cose...».
FURIO BALDASSI
INTIMIDAZIONE - Con Giurastante
In merito all’articolo comparso sul «Il Piccolo» del 7
aprile intitolato: «Atto intimidatorio al responsabile di Green Action
Transnational. Testa di capra mozzata», i sottoscritti, residenti a Servola,
desiderano esprimere la propria solidarietà a chi, unitamente a loro, tenta di
battersi per l’ottenimento di migliori condizioni ambientali contro interessi
politico-economici che vorrebbero minimizzare, se non ignorare, l’inquinamento
che ci assale giornalmente, come fanno fede le ripetute segnalazioni agli organi
competenti. Ci sentiamo in dovere di farlo, in quanto nessun altro meglio di
noi, può testimoniare come le condizioni ambientali influiscano sulla qualità
della vita in loco, purtroppo per noi, in senso totalmente negativo, da più di
10 anni, nell’apparente indifferenza ed inerzia delle varie istituzioni preposte
alla tutela dei cittadini. Al di là del percorso investigativo sull’ignobile
gesto, che ci auguriamo porti rapidamente a scoprirne movente e mandanti,
ribadiamo la nostra solidarietà al sig. Giurastante, invitandolo altresi a
proseguire con coraggio la sua, talvolta impari, lotta, nell’attesa e nella
speranza che anche la classe politica locale e le varie associazioni
ambientaliste si esprimano in merito, per stigmatizzare e sradicare, fin dal
nascere, comportamenti avulsi dal tradizionale civismo della popolazione locale.
Nevio Tul - seguono 30 firme
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 aprile 2010
Boniciolli avverte: Trieste-Divaccia, priorità assoluta
- IL PRESIDENTE DELL’AUTORITÀ
TRIESTE Venezia si muove, Capodistria va avanti, e
Unicredit manifesta interesse. Trieste rischia di ”perdere” un’altra chance?
Claudio Boniciolli, il presidente dell’Autorità portuale, premette: «Non conosco
queste questioni se si escludono le comunicazioni pubbliche che Unicredit ha
fatto». Subito dopo, però, chiede: «Ma chi fa la programmazione della portualità:
Unicredit o lo Stato?». Il presidente non ha mai nascosto i suoi dubbi sul
superporto di Trieste e Monfalcone: «Mi pare si usino formule ipertrofiche.
Dov’è questo superporto? Unire Trieste e Monfalcone significa dar vita a un
porto europeo di medie dimensioni». Detto questo, però, Boniciolli non entra nel
merito dell’intesa Stato-Regione che dovrebbe costituire l’Autorità portuale
unica e consentire l’operazione: «Osservo solo che una legge italiana c’è e che,
per modificarla, serve un’altra legge. Osservo anche che c’è già una proposta di
riforma all’esame del Senato avanzata dalla maggioranza e condivisa in molte
parti anche dall’opposizione». Boniciolli, dopo aver ricordato che Monfalcone
dovrà innanzitutto approvare un piano regolatore del porto se vorrà accogliere
«un molo container», dopo aver trovato chi si sobbarca i costi notevoli del
dragaggio, ribadisce qual è il problema principale di Trieste, come degli altri
porti dell’Alto Adriatico: i collegamenti ferroviari. «Apprendo con
soddisfazione che l’assessore Riccardo Riccardi si occupa del Corridoio
Baltico-Adriatico. Mi auguro che, insieme a questo importante problema, si
risolvano anche quelli della Trieste-Divaccia e della Trieste-Koper,
indispensabili per collegare il porto al retroterra. Mi chiedo infine quale sarà
il ruolo di Alpe Adria».
«Baltico-Adriatico, ci siamo già mossi» - SERRACCHIANI
A RICCARDI
TRIESTE «Il Corridoio Baltico-Adriatico è da mesi tra le
priorità della mia attività al Parlamento europeo». Lo precisa Debora
Serracchiani, rispondendo alla lettera con cui l’assessore Riccardo Riccardi
invita gli europarlamentari regionali a muoversi, affinché non passi la proposta
slovena che taglia fuori il Friuli Venezia Giulia. «Bisogna arrivare preparati
all’appuntamento di maggio - spiega l’eurodeputata del Pd - quando si riunirà la
commissione Trasporti per votare il regolamento dei corridoi merci, fra cui il
Baltico-Adriatico. In vista di quella prima scadenza, ho già presentato, assieme
ai colleghi del Ppe Antonio Cancian e Carlo Fidanza, un emendamento volto a
rendere prioritario il passaggio del Baltico-Adriatico verso Udine con
diramazione verso i porti di Trieste e Monfalcone e verso Venezia e Ferrara».
Acqua pubblica: raccolte le firme dal Gruppo Grillo
È bastata un’ora soltanto per raggiungere le 300 firme che
erano necessarie per portare in consiglio comunale la discussione sull’acqua
pubblica.
Ma i Cittadini con l’elmetto del Gruppo Beppe Grillo Trieste, posizionati con il
loro banchetto in Largo Barriera, non si sono fermati a quota 300 e hanno voluto
andare avanti con la raccolta firme fino a sera. L’obiettivo del gruppo era
quello di dimostrare che la cittadinanza, quando si vada a toccare un bene
pubblico fondamentale come l’acqua, non stanno certo a guardare.
Ma la petizione portata avanti dai Grillo Boys per la modifica dello statuto del
Comune a sostegno dell’acqua pubblica, che chiede il riconoscimento dell’acqua
come bene comune e del servizio idrico integrato come servizio pubblico locale
privo di rilevanza economica, è solo il primo passo della grande mobilitazione
popolare contro il decreto legge Ronchi, che sancisce definitivamente la
privatizzazione della gestione del servizio idrico in tutta Italia.
La prossima settimana intanto dal livello locale si passerà a quello nazionale,
con la raccolta firme, che inizierà sabato 24 aprile, finalizzata alla campagna
referendaria nazionale promossa dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua e
da numerose realtà sociali e culturali.
Anche in questo caso il Gruppo Beppe Grillo ci sarà.
Giulia Basso
IL PICCOLO - SABATO, 17 aprile 2010
Servola, benzene in impennata
Un valore medio giornaliero di benzene di oltre quattro
volte superiore a quello che la legge indica come limite medio annuale: 23
microgrammi per metrocubo contro 5. L’impennata è stata registrata giovedì dalla
centralina attigua allo stabilimento della Ferriera di Servola in via San
Lorenzo in Selva, posizionata proprio a fini di monitoraggio industriale. A
confermarlo è l’Arpa stessa. Il benzene, classificato come inquinante tossico,
per le sue caratteristiche organiche non si diffonde con facilità: nella
medesima giornata le altre centraline nella zona fra Servola e Ponziana non
hanno registrato valori così alti. In via Pitacco si è arrivati a 2, ovvero un
riscontro dieci volte inferiore al dato di via San Lorenzo in Selva. In via
Carpineto a 0,6 e infine in via Svevo a 0,2. Il benzene, fa sapere l’Arpa, è uno
dei composti interessati dai processi interni alla cokeria della Ferriera, per
quanto concerne la distillazione del carbon fossile.
”Miani” in corteo contro la Ferriera - TRAFFICO A
RISCHIO ATTORNO A PIAZZA GOLDONI MARTEDÌ SERA
Un corteo che martedì sfilerà per due ore fra piazza
Goldoni e via Carducci, così da bloccare il traffico tra le 18 e le 20, cioè in
ora di punta. Questa la manifestazione che ha deciso di inscenare il circolo
Miani per protestare, ancora una volta, «contro la mancata chiusura della
Ferriera di Servola - ha annunciato ieri Maurizio Fogar - che continua a
scaricare sulla città e sulla gente inquinanti atmosferici di varia natura».
Il tragitto è breve. Da via Carducci i manifestanti gireranno verso piazza
Goldoni attraverso ponte della Fabra, per ritornare in via Carducci percorrendo
il piccolo passo Goldoni. Il giro sarà ripetuto con tanto di striscioni fino
alle 20. «Facciamo un appello - ha detto Fogar - affinché sia tutta la
popolazione a seguirci in questa che è solo una delle tappe del nostro percorso
di protesta. Un buon numero di partecipanti - ha proseguito il portavoce del
Miani - servirà a rendere più corposa la nostra presa di posizione». Fogar si è
detto «consapevole del disagio che la manifestazione arrecherà. Ma il danno per
l'intera città, che ha comportato e comporterà il prolungarsi dell'attività
della Ferriera, è troppo grande per essere taciuto».
Fogar ha poi puntato l'indice contro «tutti quei politici che si ricordano del
problema Servola solo nelle varie campagne elettorali, salvo poi dimenticarsene
quando si tratta di prendere provvedimenti concreti. Nel corso degli ultimi anni
- ha proseguito Fogar - abbiamo sentito solo promesse, di fatti nemmeno l'ombra.
La Ferriera è sempre lì - ha continuato - a diffondere nell'atmosfera scorie di
ogni tipo». Fogar ha aggiunto che «martedì, nel corso della manifestazione di
protesta, sarà osservato «un minuto di silenzio per ricordare tutti coloro,
cittadini e lavoratori dello stabilimento che, in questi anni, sono venuti a
mancare a causa di malattie contratte a causa delle emissioni della Ferriera».
Ugo Salvini
«Acqua, un bene di tutti, non del privato» - AFFOLLATO
DIBATTITO IN VISTA DELLA RACCOLTA FIRME
Il dibattito pubblico sulla privatizzazione dell’acqua, o
meglio della sua gestione, prosegue. Che il tema sia molto sentito anche a
Trieste lo dimostra il numeroso pubblico che giovedì scorso ha partecipato
all’incontro “Salva l’acqua. No alla speculazione privata di un bene comune”,
organizzato da un manipolo di associazioni (Accri, Arci Trieste, ASud, BioEst,
Gas Trieste, Gruppo Beppe Grillo Trieste, Mosaico per un comune avvenire, Senza
Confini) per promuovere la raccolta firme che partirà il 24 aprile in tutta
Italia con l’obiettivo di arrivare al referendum sull’acqua pubblica.
«Con il via libera al decreto Ronchi, a fine 2009 – spiega uno dei relatori
dell’incontro, Luca Martinelli, giornalista di “Altreconomia” e autore del libro
“L’acqua è una merce” - la gestione del servizio idrico integrato viene di fatto
privatizzata. Ma nulla dimostra che in questo settore il privato funzioni meglio
del pubblico: ci sono dei miti da sfatare, in primis quello della concorrenza
come panacea di tutti i mali. All’articolo 15 il decreto Ronchi rende
obbligatorio il ricorso alle gare per la concessione della gestione dei servizi
pubblici locali, ma le gare in Italia non sono poi così limpide. Un esempio? A
fine 2009 l’Antitrust ha multato due società, Acea e Suez, per aver stretto un
accordo di cartello proprio in merito a una gara per la gestione del servizio
idrico. Si parla poi di reti pubbliche colabrodo e dei vantaggi di una gestione
privata: eppure secondo un rapporto del Centro studi di Mediobanca gli
acquedotti migliori sono quelli di Milano e dell’hinterland, gestiti
pubblicamente». «La verità – prosegue Martinelli - è che si vuole
deresponsabilizzare lo Stato, in modo che non debba più farsi carico degli
interventi nella rete idrica. Eppure si è calcolato che costerebbero circa due
miliardi all’anno: briciole rispetto ai 23 miliardi che lo stato italiano spende
in difesa e armamenti. Si dice infine che è l’Ue che ci costringe a
privatizzare. E allora perché in Francia, a Parigi, la gestione è in mano
all’Eau De Paris, tornata pubblica proprio nel 2010?».
Di fare il punto sulla situazione in Friuli Venezia Giulia si è occupato invece
Massimo Moretuzzo, del Ce.V.I. di Udine, coordinatore nazionale della Campagna
“Acqua Bene Comune dell’Umanita’”: tra i migliori casi di buona gestione del
servizio idrico sul nostro territorio cita Iris Acque, a Gorizia, una società
pubblica. «A oggi - spiega Moretuzzo - sono circa 40 i comuni della regione che
ci sosterranno per la raccolta firme per il referendum». Altre informazioni sul
sito www.acquabenecomune.org.
Baltico-Adriatico, Vienna guarda a Lubiana - Parte la
grande infrastruttura ma il tracciato resta ancora incerto
KLAGENFURT L’Unione europea definirà la nuova griglia dei
progetti prioritari Ten, cioè dei tracciati ferroviari ritenuti strategici per
lo sviluppo delle comunicazioni sul continente. Il Friuli Venezia Giulia è
interessato a uno di questi, il cosiddetto “corridoio Baltico-Adriatico”, che
peraltro già figura tra quelli prioritari, con il numero 23, ma soltanto tra il
mar Baltico e Vienna, mentre da Vienna per ora non se ne parla. La Carinzia è
ancor più interessata, perché la realizzazione del collegamento nord-sud
attraverserebbe il suo territorio, togliendola dall’attuale isolamento.
Ma il tempo, dicevamo, stringe. Perché, se è vero che la decisione della
Commissione sarà presa in autunno, la nuova griglia dei grandi tracciati
ferroviari sarà di fatto impostata già il 9 giungo a Saragozza, in Spagna, in
occasione del consiglio dei ministri dei trasporti dell’Ue. Alla luce di questa
urgenza ieri a Klagenfurt è stato dato avvio a uno studio denominato
Baltic-Adriatic Transport Cooperation (Batco), che ha per oggetto appunto il
prolungamento del tracciato da Vienna verso Graz, Klagenfurt, Udine, con
diramazioni per Trieste da un lato e Venezia-Bologna-Ravenna dall’altro. Vi
partecipano 19 regioni dei 5 Paesi interessati al “corridoio”: non solo di
Austria e Italia, ma anche di Polonia, Slovacchia e Cechia. Per l’attuazione
dello studio sono stati stanziati 3,7 milioni di euro, di cui 2,9 con fondi Ue.
Il progetto Batco non nasce nel vuoto. È preceduto da una lettera d’intenti
sottoscritta nel 2006 in Lussemburgo dai ministri dei trasporti d’Italia,
Austria, Polonia, Cechia e Slovacchia, e da una risoluzione politica firmata a
Bruxelles il 6 ottobre scorso dal presidente del Friuli Venezia Giulia Renzo
Tondo e dal governatore della Carinzia Gerhard Dörfler, nonché dai
rappresentanti delle altre 17 Regioni europee coinvolte.
“Si vuole dar vita a un corridoio che unisca i due mari della nuova Europa – ha
dichiarato l’assessore regionale alla viabilità e ai trasporti Riccardo Riccardi,
che ha partecipato ieri all’incontro di Klagenfurt – creando le premesse per uno
sviluppo socio-economico dei territori attraversati da quest’asse su rotaia,
trasferendo merci pesanti sul mezzo ferroviario, sviluppando nuove rotte
commerciali attraverso il sistema portuale del Friuli Venezia Giulia (elemento
fondamentale della direttrice baltico-adriatica), agganciando anche nuovi
mercati in Polonia, russi e finlandesi”.
Sul piano infrastrutturale, per quanto ci riguarda, l’inserimento del
“corridoio” tra i progetti prioritari, significherebbe focalizzare investimenti
europei e nazionali sul raddoppio della linea Ronchi-Cervignano-Udine, che
permetterebbe di sfruttare le potenzialità dei porti di Trieste, Monfalcone e
Porto Nogaro. Altro non serve, perché la ferrovia Pontebbana da Udine in su è
già da tempo raddoppiata. L’intervento di Riccardi a Klagenfurt, quindi, va
letto soprattutto come un sostegno alla battaglia che Carinzia e Stiria vanno
combattendo per veder realizzate le opere infrastrutturali che servono sul loro
territorio. Perché è lì che si trovano i nodi maggiori del tratto meridionale
del corridoio Baltico-Adriatico.
Come ha sottolineato ieri il governatore Dörfler, si tratta di realizzare tra
Graz e Klagenfurt una tratta ferroviaria completamente nuova di 130 km.i
(compreso un tunnel sotto la Koralpe), con una spesa di 5,2 miliardi
(conclusione nel 2018), e un tunnel di base di 26 km. sotto il Semmering, tra
Graz e Vienna (per cui al momento manca ogni piano finanziario e qualsiasi
ipotesi sui tempi).
Paradossalmente le difficoltà maggiori Dörfler e il collega stiriano Franz Voves
non le incontrano in Europa, ma a casa loro. Il ministero dei trasporti
austriaco ha confermato il proprio appoggio al corridoio Baltico-Adriatico e
quindi ai trafori della Koralpe e del Semmering, ma Vienna e nel resto
dell’Austria domina il partito del “no” a opere infrastrutturali considerate di
interesse esclusivamente regionale (servirebbero soltanto ai pochi pendolari tra
Graz e Klagenfurt) e a un inutile spreco di risorse meglio utilizzabili altrove.
Ma un corridoio continentale tra Baltico e Adriatico può avere davvero soltanto
un interesse regionale (cioè locale)? No certo, rispondono da Vienna gli esperti
più qualificati, ma sarebbe un vantaggio per tutti deviare il corridoio
attraverso Lubiana, dove la morfologia del territorio è meno complicata e i
costi sarebbero dimezzati. Forse a questa “deviazione” slovena alludeva
l’assessore Riccardi nella dichiarazione rilasciata all’Ansa (ma non nel
discorso da lui pronunciato a Klagenfurt), secondo cui “l’attuale previsto
tracciato del corridoio non può trovare altre e diverse vie di uscita che
potrebbero renderlo meno competitivo”.
MARCO DI BLAS
I laghi della Patagonia raccontano del clima del
passato - MUTAMENTI FISIOLOGICI E CICLICI SECONDO GLI STUDIOSI - Le ultime
scoperte dell’Ogs
Sarà pur vero che il clima si modifica per la pressione
dell’uomo, ma accanto ai cambiamenti indotti ci sono anche i cambiamenti
naturali, che si susseguono da milioni di anni. La Natura fa da sé: lo sappiamo
perché troviamo la sua storia scritta sulla e nella Terra. Dove? Per esempio, in
alcuni laghi della Patagonia e della Tierra del Fuego, i quali sono stati
oggetto di approfondite analisi da parte di ricercatori del Dipartimento
Geofisica della Litosfera (Gdl) dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di
Geofisica Sperimentale-Ogs di Trieste, rivelando la successione di passate
glaciazioni. Le due campagne di acquisizione dati che si sono concluse a
novembre, la prima, e qualche giorno fa la seconda, sono state finanziate dal
Ministero degli Esteri italiani, e condotte in collaborazione con colleghi
dell’Università di Buenos Aires.
«I laghi della Patagonia meridionale sono il luogo ideale per ricostruire le
condizioni ambientali del passato – dice Emanuele Lodolo, responsabile
scientifico della spedizione – perché si trovano all’interno del sistema dei
venti occidentali provenienti dall’Oceano Pacifico e immediatamente a nord del
fronte polare antartico, che creano un sistema meteorologico in grado di
influenzare le fasi glaciali e interglaciali».
I ricercatori hanno analizzato i sedimenti presenti sul fondo del Lago Fagnano,
in Tierra del Fuego, e nel Lago Argentino, nella Patagonia meridionale, che
ospita il ghiacciaio Perito Moreno. Hanno usato un sistema sismico ad alta
risoluzione che è in grado di “vedere” sotto il fondo del lago per ricostruire
gli spessori e le geometrie dei sedimenti stessi. Una vera e propria
“radiografia” eseguita lungo una sezione verticale. Con le informazioni ricavate
hanno ricostruito la storia dell’avanzamento e del ritiro dei ghiacciai che
hanno depositato questi sedimenti nel corso del passato geologico. Dice Lodolo:
«Abbiamo capito che negli ultimi 18.000 anni alcuni ghiacciai della Tierra del
Fuego si sono spinti dalla Catena Andina sino quasi alle coste dell’Atlantico».
Ma che cosa ha a che fare tutto ciò con l’epoca attuale? «Questi studi ci dicono
che il clima è cambiato ciclicamente nel corso della storia geologica del nostro
pianeta, alternando fasi temperate-calde e fasi più fredde», precisa il
ricercatore di Ogs. «Ciò si deve al fatto che i meccanismi di ieri sono
esattamente i meccanismi odierni. E’ vero che la popolazione mondiale oggi conta
oltre sei miliardi di individui, e che la pressione antropica sul pianeta è
notevole. Ma forse non è del tutto corretto attribuire in toto i cambiamenti del
clima osservabili alle attività dell’uomo sulla terra».
RIPULIAMO LA SLOVENIA - Oltre 100mila volontari A
Capodistria sono 4800 - L’OPERAZIONE OLTRECONFINE
CAPODISTRIA Pulire la Slovenia in un giorno. E' la
singolare iniziativa dell'organizzazione »Ecologisti senza confine« che oggi
coinvolgera' in tutto il paese piu' di centomila volontari che nel corso della
mattinata, dalle 9 alle 14, cercheranno di rimuovere i rifiuti da almeno 7.000
discariche abusive, delle circa 50 – 60.000, quante si stima esistono in
Slovenia. Sara' questa la fase finale di un progetto promosso alcuni mesi fa,
sulla falsariga di un'analoga azione che si e' svolta con grande successo il 3
maggio del 2008 in Estonia. In quell'occasione, circa cinquantamila volontari
riuscirono in poche ore a raccogliere 20.000 tonnellate di rifiuti. Iniziative
simili si sono svolte l'anno scorso anche in Lettonia, Lituania e Portogallo.
Questa di oggi sara' la piu' imponente azione di lavoro volontario a tutela
dell'ambiente mai organizzata in Slovenia. Solo nel comune di Capodistria, hanno
annunciato la propria adesione 4.800 volontari, che »attaccheranno« le
discariche abusive, ma si occuperanno anche di rifiuti nei dintorni di scuole,
asili e altri edifici pubblici.
Test in 905 siti, mare pulito dall’Istria al Sud -
Qualità dell’acqua definita ottima in oltre il 92% dei casi. Bocciata Medolino
LUSSINPICCOLO Se c’era bisogno di confermarlo nella
maniera più assoluta, allora l’appuntamento di Lussinpiccolo è giunto a fagiolo.
Le acque di mare che bagnano Istria, Quarnero, Lika e Dalmazia (isole
naturalmente comprese) sono pulite, anzi pulitissime, con rari punti grigi e
neri. È quanto emerso a Lussinpiccolo, nella seduta di lavoro degli operatori
degli Istituti per la salute pubblica e degli Istituti per la salvaguardia
ambientale della Croazia, ai quali si è aggiunto un gruppo di colleghi del
Montenegro, arrivato nel capoluogo isolano per studiare i metodi applicati in
Croazia per il controllo della qualità delle acque marine.
Nell’ambito del programma nazionale, l’anno scorso i campionamenti hanno
riguardato 905 siti da Salvore in Istria, a Ragusavecchia in Dalmazia. Sono
stati effettuati ben 9.070 controlli e nel 92,04% dei casi (8.737
campionamenti), la qualità del mare è stata definita ottima. In 222 casi (5,86%)
le analisi hanno dato esito discreto, mentre per 99 campionamenti gli esperti
hanno parlato di risultati che soddisfano i parametri. Le bocciature in tutto il
2009 sono state soltanto 12 (0,88%) e hanno riguardato il comune di Medolino, in
Istria, e quelli dalmati di Scardona (Skradin), Ploce, Podgora e Castel San
Giorgio (Kastel Sucurac). All’Albergo Vespera, dove si è tenuta la riunione, è
stato ricordato come la Croazia, benché non sia ancora membro dell’Europa
comunitaria, abbia assunto l’obbligo di effettuare i controlli in armonia con le
competenti istituzioni comunitarie e rispettando le direttrici in materia
dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Il regime è scattato il primo gennaio
2009, con le Regioni (o Contee) incaricate di fare rispettare i campionamenti,
mentre il coordinamento spetta al Ministero dell’ambiente. I controlli sono
avvenuti – e si terranno anche quest’ anno – dal 15 maggio al 30 settembre, con
analisi microbiologiche che riguardano la presenza di enterococchi intestinali e
di escherichia coli. In base agli esiti, si forniscono le valutazioni mensili,
annuali e generali del sito monitorato. Contemporaneamente, le ricerche
concernono pure le condizioni meteo, la temperatura dell’acqua, la sua salinità
e i casi d’inquinamento. Sotto esame soprattutto le spiagge della Regione
quarnerino–montana, con 236 siti. Al secondo posto abbiamo l’Istria, con 202
punti controllati, al terzo la Regione di Spalato (142).
Seguono la regione ragusea (95 spiagge), la zaratina (93), la sebenzana (90),
mentre la riviera della Lika è la meno monitorata in Croazia, con 46 siti.
L’interesse per i risultati delle analisi è tradizionalmente molto alto,
trattandosi di un Paese, la Croazia, a forte richiamo turistico. Per tale motivo
il Ministero dell’Ambiente, in collaborazione con l’Istituto oceanografico di
Spalato e l’Agenzia nazionale per la tutela dell’ambiente, hanno preparato una
banca-dati bilingue sui campionamenti, consultabile su Internet ai seguenti
indirizzi: http://www.izor.hr/kakvoca/ e http://www.izor.hr//bathing/. I due
siti sono attivi dal maggio scorso e hanno avuto fino a 60mila visite mensili, a
testimonianza del desiderio dei bagnanti e dei semplici curiosi di sapere quale
sia la qualità del mare in determinate spiagge.
(a.m.)
IL PICCOLO - VENERDI', 16 aprile 2010
Scatta l’iter per riconvertire la Ferriera - VERSO LA
DISMISSIONE DELLO STABILIMENTO
Martedì si apre il primo dei tre tavoli centrati su
lavoro, ambiente e sviluppo
E il nuovo progetto di sviluppo dell’economia cittadina che non solo non
potrà più basarsi sull’assistenzialismo ma, se sarà rispettatata l’ultima
allarmante tendenza emersa ieri, non potrà più far conto in maniera così
determinante sul terziario e la pubblica amministrazione, non può non essere
strettamente connesso con la chiusura della Ferriera di Servola e i progetti di
riconversione.
È confortante dunque che sia stata convocata per martedì prossimo la prima
riunione del principale dei tre Tavoli tecnici che dovranno tracciare un
percorso importante per tutta la città anche se atteso con ansia particolare dai
490 dipendenti che potrebbero vedersi chiudere lo stabilimento già nel 2013. Si
tratta del tavolo guidato appunto dalla Regione e che sarà incentrato sul tema
del lavoro, mentre quelli allestiti da Provincia e Comune riguarderanno
rispettivamente l’ambiente e lo sviluppo. Un comitato ristretto, sintesi dei tre
tavoli e coordinato dal presidente della Regione Renzo Tondo, sarà in contatto
con il Ministero dello sviluppo economico.
Le possibili alternative alla Ferriera sono note anche se di realizzazione
tutt’altro che immediata: la centrale di cogenerazione della Lucchini, il
rigassificatore di Gas Natural, la Piattaforma logistica, il superporto del
progetto Unicredit.
E frattanto sempre ieri ancora Alessia Rosolen, assessore regionale al Lavoro,
ha confermato che continua il trend di ripresa del settore siderurgico in Friuli
Venezia Giulia, così come in tutta Italia dove la produzione è cresciuta del
28,5 per cento rispetto al 2009. La cassa integrazione che aveva coinvolto da
marzo a settembre dello scorso anno anche decine di lavoratori della stessa
Ferriera di Servola, oltre che della Sertubi, poi non è più stata utilizzata.
(s.m.)
No al rigassificatore, 3mila firme ai sindaci di Muggia
e San Dorligo - CONSEGNATE IN MUNICIPIO
MUGGIA Sono oltre tremila le firme, raccolte dal comitato
di Muggia e San Dorligo della Valle, in calce alla petizione per dire ”no” al
rigassificatore di Zaule. Le sottoscrizioni sono state consegnate ieri in
Municipio dai rappresentanti delle forze politiche che sostengono l’iniziativa
ai sindaci dei due Comuni (i cui consigli da tempo hanno espresso la netta
contrarietà all'impianto), Nerio Nesladek e Fulvia Premolin.
Compito dei due primi cittadini, quello di trasmetterle al prefetto, in modo che
”possa – si legge nel documento – mettere in atto le azioni necessarie a
verificare l’esistenza o meno di pericoli per la popolazione”, e di
rappresentargli le richieste dei residenti nel territorio.
«Si tratta – spiega il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich – solo di una
prima tranche di firme. L’iniziativa proseguirà infatti a oltranza». Il
banchetto per la raccolta sarà posizionato anche giovedì prossimo in piazza
della Repubblica, a Muggia, dalle 9 alle 13. E domani sarà presente a Trieste,
in Largo Barriera, sempre dalle 9 alle 13, per spostarsi poi in altri rioni, fra
cui Valmaura.
”Le segreterie dei partiti che compongono la coalizione di maggioranza del
Comune di Muggia – si legge nella lettera di accompagnamento alla petizione –
interpretando la netta contrarietà dei cittadini sul previsto impianto di
rigassificazione e la preoccupazione per la sicurezza dell’impianto e del
gasdotto sottomarino, hanno costituito un comitato promotore – iniziativa
attivata anche dai partiti di maggioranza a San Dorligo della Valle –
finalizzato a consentire a ogni cittadino, anche residente in altri comuni della
provincia, di esprimere le proprie preoccupazioni”.
Gianfranco Terzoli
Fauna da tutelare: meno cacciatori, riserve più strette
- LE DECISIONI DELLA REGIONE
TRIESTE Meno cacciatori, per proteggere la fauna regionale
e nuovi limiti per cacciare cinghiali, cervi e fagiani: la Regione aggiorna la
densità venatoria, ovvero il numero di cacciatori per ettaro ammessi nelle
riserve di caccia.
DENSITÀ La densità venatoria (ovvero il numero di cacciatori per ettaro)
scenderà per ogni distretto: nel Tarvisiano dallo 0.10 allo 0.6, sul Carso dallo
0.023 allo 0.18, nella pianura isontina dallo 0.033 allo 0.022. La decisione
della Regione è basata su una considerazione: che «la riduzione del territorio
agro-silvo-pastorale destinato alla fruizione venatoria, pari almeno al 20%
nella zona di pianura, determina una pressione venatoria incompatibile con i
principi di tutela e conservazione della fauna selvatica e di utilizzo
sostenibile delle specie oggetto di prelievo venatorio», in quanto l’attuale
numero massimo di cacciatori ammissibili nelle Riserve di caccia è stato
calcolato prima che fosse decisa la riduzione del territorio
agro-silvo-pastorale. Per questo, esiste «un concreto pericolo per la
conservazione del patrimonio faunistico regionale nel caso di un considerevole
aumento della pressione venatoria». Di conseguenza, l'unica soluzione è la
revisione del parametro calcolato ancora nel 2004.
IL TERRITORIO Le aree disponibili per la caccia saranno infatti ridimensionate
entro la partenza della stagione (prevista per il 15 maggio), e non di poco: la
giunta l'ha deciso con una delibera approvata a inizio anno. In particolare, il
territorio agro-silvo-pastorale disponibile per l’attività venatoria, nei
Distretti venatori non ricadenti nella Zona faunistica delle Alpi, sarà ridotto
di almeno 47.908 ettari, lasciando così circa 50mila ettari dedicati alla
caccia. Nel frattempo, per fortuna, è diminuito anche il numero di cacciatori:
da quando è stato determinato l'indice di densità venatoria, infatti, il numero
degli amanti delle doppiette in Fvg è diminuito di circa 1200 unità, pari a
quasi il 11% del totale. Ma, per rispettare i nuovi parametri, non è ancora
abbastanza.
SPECIE DA CACCIARE La Regione ha inoltre previsto anche l'aggiornamento delle
percentuali massime di ''prelievi'', ovvero di esemplari che potranno essere
cacciati, nelle singole specie. Così per quanto riguarda il camoscio ci si ferma
al 15% della popolazione censita, per la lepre il 60%, per il muflone il 33.
Peggio va al cinghiale, per cui è previsto un abbattimento che può raggiungere
il 150% della popolazione.
«La percentuale viene calcolata sulla base della riproduttività – spiega ancora
la Regione – quindi per specie come il camoscio, che hanno riproduttività
limitata, si deve limitare anche l'abbattimento».
(e. o.)
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 15 aprile 2010
IO STO CON EMERGENCY - Piazza Cavana, Trieste, 17
aprile 2010
Da sabato 10 aprile non si hanno notizie sullo stato dei
tre operatori di Emergency prelevati dall’ospedale di Lashkar-gah in una
operazione condotta dai servizi di sicurezza afghani insieme alle forze dell’Isaf-Nato.
Matteo Dell'Aira è impegnato dal 2000 con Emergency, Marco Garatti lavora con
Emergency dal 1999 e Matteo Pagani è alla sua prima missione in Afghanistan.
Il nostro staff sarebbe accusato di aver ordito un complotto per uccidere il
governatore della provincia dell’Helmand, ma né le autorità afghane né
rappresentanti della coalizione internazionale ci hanno ancora dato una
spiegazione ufficiale delle ragioni di questo prelevamento.
Scaduti i termini di 72 ore per il fermo, ancora non si hanno notizie sulla
posizione giuridica dei fermati, né che siano stati indicati i diritti a loro
tutela, compresa la possibilità di nominare un avvocato difensore.
Dal momento dell’irruzione Emergency non ha più potuto riprendere l’attività
dell’ospedale.
Emergency è indipendente, neutrale e non ha preso posizione a favore di nessuna
parte in conflitto; è presente in Afganistan dal 1999 con tre ospedali, un
centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso, ha assicurato cure
gratuite e di alta qualità a oltre due milioni e mezzo di afgani. Nel solo
ospedale di Lashkar-gah, quasi settantamila afgani sono stati curati
dall’associazione.
Per sollecitare l'attenzione al caso e la solidarietà nei confronti dei nostri
colleghi e dell’associazione di fronte ad accuse tanto assurde, Emergency ha
lanciato un appello da firmare sul proprio sito www.emergency.it: “IO STO CON
EMERGENCY”.
Per dare più forza a questo appello, chiediamo a tutti i nostri sostenitori,
simpatizzanti, a tutti gli italiani che hanno a cuore le sorti dei nostri
connazionali, di partecipare al presidio che si terrà a Roma sabato 17 aprile
alle 14.30, in piazza Navona.
I volontari del gruppo Emergency di Trieste saranno presenti con un banchetto
informativo e di raccolta fondi, il giorno stesso in piazza Cavana dalle 10 alle
19. Al banchetto si potranno ricevere informazioni sui progetti di Emergency, su
come diventare volontari e inoltre sarà possibile sottoscrivere l’appello “IO
STO CON EMERGENCY”.
Per informazioni:
emergencytrieste@yahoo.it
www.emergencytrieste.org
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 aprile 2010
«Verde pubblico, ridurre le potature» - VADEMECUM DELLE
ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE
Per mantenere in salute gli alberi di viali e piazze è
necessario ridurre al minimo le potature di rami e tronchi. Lo sostengono le
associazioni Triestebella, Italia Nostra, Wwf, il Comitato per la salvaguardia
degli alberi di piazza Libertà e “Tra fiori e piante”, che recentemente hanno
avuto un incontro con la direzione del Settore Verde pubblico del Comune.
È stata anche un’occasione per presentare il “Manifesto degli alberi in città”,
sorta di vademecum su come gestire alberature pubbliche e private nel centro
cittadino. Nel colloquio con i vertici del Verde pubblico i rappresentanti delle
diverse associazioni hanno ribadito le proprie perplessità per i modi e le
tecniche in cui vengono effettuate le potature agli alberi posizionati lungo le
principali direttrici viarie, le piazze e i parchi pubblici triestini. «Si
tratta di metodiche che nuociono alla salute e alla stabilità degli alberi»,
sostiene l’architetto Roberto Barocchi per “Triestebella”: «Piuttosto che
effettuare questi tagli sarebbe più opportuno fare dei controlli sullo stato di
salute delle piante. Le potature effettuate un po’ ovunque in questo periodo
vengono tra l’altro emulate dai privati, spesso con effetti catastrofici per gli
alberi».
Le associazioni hanno chiesto al Comune una serie di provvedimenti con i quali
integrare il Regolamento del Verde pubblico. Tra le proposte, il divieto di
“capitozzature” alle piante, cioè l’eliminazione totale dei rami che formano la
chioma dell’albero. Ulteriore consiglio, evitare le potature a candelabro
attualmente visibili su diversi platani cittadini. Per saperne di più sul lavoro
delle associazioni, è possibile consultare il sito internet
www.sos-alberi-fvg.it.
(m.lo.)
La messa in sicurezza del costone a Canovella inizierà
dall’ex statale 14 - DISSESTO IDROGEOLOGICO
DUINO AURISINA «Partiremo subito con l’intervento a monte,
sull’ex statale 14, a opera di Fvg Strade, dopodichè dovrà essere immediatamente
fatta la messa in sicurezza del tratto sottostante, notevolmente esposto a
rischio di frana». Che debbano essere i privati, a metter mano al portafoglio
per ripristinare la situazione di grave dissesto idrogeologico rilevata da una
perizia nell’Ambito A32 di Marina di Aurisina, per il sindaco Giorgio Ret è
incontrovertibile. L’area in questione si estende sulla costa per circa 1.200
metri, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli.
Il primo passo per la sistemazione sarà la canalizzazione delle acque piovane,
per opera della società che gestisce la Costiera. Non dovrebbe trattarsi di
un’operazione complessa, comunque. Il sistema da studiare potrebbe prendere
spunto dall’esperienza degli agricoltori locali, i quali solevano creare delle
canalette in cui far confluire le acque.
«I cittadini – osserva Ret – hanno recepito la gravità del problema, e dunque si
sono detti d’accordo. Io non posso in alcun modo prevedere un intervento
pubblico sull’area, poichè la Corte dei conti non sarebbe dello stesso avviso e
mi condannerebbe. Tuttavia – aggiunge – una volta ultimate le opere d’urgenza
sono disponibile a risistemare il sentiero per consentire il transito dei
frequentatori dell’area».
Per quanto riguarda la canalizzazione lungo la Costiera, il sindaco precisa di
«aver avuto ampie rassicurazioni da parte di Fvg Strade. I tecnici – sottolinea
– potranno imitare i metodi usati dai contadini e prevedere una pulizia regolare
degli scoli, da concentrare in punti non a rischio. Nei prossimi giorni, ad ogni
modo, promuoveremo in municipio una riunione ristretta per affrontare la
questione».
(ti.ca.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 aprile 2010
«Superporto incompatibile con il rigassificatore» - Lo
sostiene Cosolini, ma Boniciolli non è dello stesso avviso
«Se il progetto Unicredit per il superporto procede, com’è
auspicabile, il rigassificatore di Gas Natural deve essere collocato fuori dal
golfo di Trieste». Lo sostiene con una nota il segretario provinciale del Pd,
Roberto Cosolini. Non trova però immediato conforto nel presidente dell’Autorità
portuale Claudio Boniciolli, che pure fa riferimento al medesimo partito. «Il
progetto Unicredit - ha commentato ieri Boniciolli a margine della firma del
protocollo d’intesa sull’area Ezit - non prevede sostanzialmente nulla di quanto
non sia già incluso nel Piano regolatore del porto. Il rigassificatore, se il
Governo deciderà di farlo a Trieste, verrà in qualche modo calato dall’alto sul
territorio triestino. Non credo dunque che le due cose possano venir in qualche
modo raffrontate».
Più volte nel recente passato Boniciolli si è detto favorevole al
rigassificatore mettendo in luce come il traffico di navi gasiere non potrebbe
in alcun modo ostacolare il resto delle attività portuali. «L’idea del maxiporto
fra Trieste e Monfalcone - sostiene al contrario Cosolini - pone la prospettiva
di un forte incremento di movimentazione di navi nel golfo che appare
decisamente problematico possa convivere con le limitazioni imposte dalla
circolazione delle gasiere. Lo stesso impatto occupazionale indotto del
rigassificatore, tutto da verificare, sarebbe certo inferiore a quello derivato
da una fortissima crescita del porto. È il momento perciò, parallelamente al
percorso per dare fattibilità alla piastra logistica dell’Adriatico - conclude
il segretario Pd - di rivalutare l’ipotesi di una diversa collocazione fuori dal
nostro golfo dell’impianto energetico».
E ieri Boniciolli ha anche espresso l’auspicio che il Piano regolatore del porto
possa venir approvato nella riunione che il Consiglio superiore dei lavori
pubblici ha in programma venerdì 23 aprile, sebbene resti poi ancora in sospeso
il via libera da parte del Ministero dell’Ambiente.
(s.m.)
«Tav, un grande risultato la modifica del percorso»
SAN DORLIGO «La notizia dell’intesa con la Slovenia per la
modifica del percorso della Tav nel tratto Aurisina–Divaccia è stato il migliore
regalo che poteva portarci questa Pasqua». Il capogruppo consiliare del Pdl-Udc,
Roberto Drozina, commentato così lo spostamento del tracciato dell'alta
velocità, che non coinvolgerà più direttamente il territorio di San Dorligo e la
Val Rosandra. «Ricordo che nel 2007 la maggioranza del nostro Comune ha bocciato
una mozione presentata da tutte le forze di opposizione – osserva Drozina – e
ricordo, ancora, come nel novembre 2008 un’altra nostra mozione, supportata dal
primo vero studio di fattibilità, sia stata sì approvata, ma solo dopo aver
rifiutato la richiesta di ritirarla, postaci allora dal sindaco Premolin».
Secondo Drozina «la consapevolezza è dilagata divenendo patrimonio di tutti,
consentendo, grazie anche alla parallela e intensa attività delle associazioni
ambientalistiche, e alle maturate sensibilità in sede di governo regionale e
nazionale, di raggiungere questo grande risultato».
Sulla stessa lunghezza d’onda il membro della lista civica Uniti nelle
tradizioni Massimiliano Dazzi: «Ci siamo da sempre fermamente opposti alla
realizzazione anche dei soli studi di fattibilità, ritenendo il territorio di
San Dorligo già ampiamente devastato e vilipeso dai precedenti governi, assieme
a tutte le passate gestioni comunali, vedi Grandi motori, Siot Grande
viabilità». Dazzi aggiunge che «al contrario della signora che siede in Comune,
disposta a discutere e valutare eventuali modifiche al tracciato, e condividere
le valutazioni di impatto ambientale, noi non volevamo adeguamenti agli studi di
fattibilità, non volevamo confronti con Rft/Trenitalia. Questa è una vittoria
della ragione sugli interessi, della popolazione sulle lobby, della tenacia
sulla presunzione, al cui raggiungimento riteniamo aver preso parte»
(r.t.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 aprile 2010
Mare più povero, dimezzato il pesce del golfo - Nelle
reti 2500 tonnellate all’anno, erano 5mila nel 2005. In vista la mazzata del
nuovo regolamento Ue
Dimezzata nel giro di cinque anni con specie drasticamente
ridotte e altre pressoché estinte, e con dinanzi a sé lo spauracchio di un
regolamento europeo che potrebbe darle la mazzata finale. La pesca locale non se
la passa affatto bene soprattutto perché il golfo si sta svuotando di pesce
anche se nell’era della globalizzazione il fenomeno non è clamorosamente
evidente nelle pescherie dove la merce arriva dal Senegal e addirittura dal
Canada.
Attualmente si pescano nel golfo di Trieste 2500 tonnellate di pesce all’anno.
Erano 5000 nel 2005 per cui nel giro di quattro anni la raccolta si è
letteralmente dimezzata. «Tutto il pesce che si vende regolarmente in provincia
passa attraverso il Mercato ittico - riferisce il direttore Maurizio Sodani -
oggi il pescato locale costituisce appena il 30 per cento del quantitativo
complessivo di merce, era il 40 per cento meno di dieci anni fa». «L’inverno è
stato abbastanza proficuo per le reti da posta - spiega Guido Doz responsabile
di Agci pesca che raccoglie la maggior parte delle cooperative locali - ma da
qualche settimana con l’arrivo dei primi tepori primaverili si è bloccato anche
questo settore. Del tutto negativo invece il bilancio delle saccaleve. Riboni,
mormore, orate e branzini si sono pescati meno degli anni scorsi. E poi sono
sparite del tutto alcune specie, come le scarpene, i saraghi e i dentici che
certo non sono mai stati pesci caratteristici del nostro golfo, ma che pure nel
recente passato, seppure in quantità minime, si pescavano».
«Prendiamo i calamari che un tempo si prendevano a tonnellate - fa notare Paolo
Bullo commissionario al Mercato ittico - da quindici anni si registra un calo
costante e preoccupante dei quantitativi pescati. Molte sono le ipotesi che si
fanno al riguardo e una si basa sull’aumento della temperatura dell’acqua tant’è
che al contrario si sono spinti fino alle nostre latitudini, seppure in un
mumero molto limitato, esemplari tipici dei mari tropicali quali il pesce serra
e il pesce balestra».
Oltre al quantitativo di pesce in mare però diminuiscono anche le possibilità di
pesca come fa notare un altro pescatore triestino, Salvatore Pugliese
rappresentante di Legacoop. «Ci sono troppe zone vietate alle pesca nel golfo -
spiega - con le lampare non ci si può avvicinare al Canale navigabile, non si
può pescare a Punta Sottile e nemmeno a Grignano. Un tempo c’era più
permissività anche da parte degli enti preposti ai controlli, oggi c’è una
maggior rigidità e nessun pescatore si azzarda a sgarrare».
Il mare povero di pesce non è una prerogativa dello specchio d’acqua davanti a
Trieste. «Fino a pochi anni fa dalla Croazia venivano portati fino a Trieste
scampi a tonnellate - aggiunge Bullo - oggi i quantitativi si sono drasticamente
ridotti». «Non è azzardato parlare di un calo del 30 per cento del pescato negli
ultimi anni - spiega Antonio Santopolo, presidente della Cooperativa pescatori
di Grado - ma ciò presumibilmente sia perché c’è meno pesce che perché sono
sparite alcune tecniche di pesca. Ad esempio noi non abbiamo più barche
attrezzate per la pesca del pesce azzurro con il sistema dello strascico
volante.
A Grado le barche da pesca si sono ridotte da 130 alle attuali 90 mentre i
pescatori sono oggi 160. In provincia di Trieste vi sono 80 barche con 200
pescatori. «Ma il nuovo regolamento comunitario rischia di spazzarci via tutti -
spiega Doz - perché imporrà dal primo giugno l’obbligo di comunicare il
quantitativo pescato quattro ore prima del rientro all’ormeggio, l’obbligo di
computer a bordo del peschereccio, l’obbligo di reti con maglie di un minimo di
cinque centimetri di larghezza». Le flotte di pesca sono in rivolta in tutta
Italia. Si presenta bollente anche l’assemblea dei pescatori triestini convocata
per domani alle 11 al Mercato ortofrutticolo.
SILVIO MARANZANA
Marina d’Aurisina, i cittadini insorgono - CONTRARI
ALLA MESSA IN SICUREZZA IPOTIZZATA DAL MUNICIPIO
DUINO AURISINA C’è chi è arrivato con l’avvocato, ieri
pomeriggio, alla riunione indetta dal Comune per la messa in sicurezza
dell’Ambito A32 di Marina di Aurisina, area che si estende sulla costa per circa
1.200 metri, dalle Ginestre fino a Canovella de’ Zoppoli. A una soluzione
definitiva, tuttavia, non si è pervenuti, anzi ci vorrà un altro incontro.
Nelle scorse settimane il sindaco Giorgio Ret aveva inviato a tutti i titolari
di particelle catastali relative all’area in questione un sollecito a
intervenire, per frenare il dissesto idrogeologico. Dissesto che era stato
evidenziato dalla relazione del geologo Bruno Grego, il quale aveva definito un
quadro geologico d’insieme. L’esperto aveva rilevato una situazione di diffusa
instabilità geostatica, determinata dall’accertata mobilità del detrito di
falda, dall’assenza di manutenzione delle opere di terrazzamento e dalla
pendenza dei versanti, ma anche da un’edificazione avvenuta in modo non
rispettoso.
Ebbene ieri, una volta edotti circa lo stato dell’area, i proprietari dei
terreni hanno subito sollevato perplessità davanti alla richiesta di mettere in
sicurezza la parte finale della strada che collega la Statale 14 al porticciolo
di Aurisina.
In primis più di un cittadino ha rilevato di non essere affatto proprietario di
alcuna particella, in quanto espropriato attorno agli anni Sessanta. Altri hanno
bocciato la possibilità di un ripristino pubblico-privato, temendo conseguenze
legali (gravanti anche sugli eredi) per possibili, futuri, eventi franosi.
Infine qualcuno ha perfino paventato il rischio che l’ente pubblico possa cedere
a terzi delle concessioni edificatorie in cambio dell’intervento di ripristino
ambientale. E ciò nonostante gli esperti abbiano escluso per larga parte
dell’area la possibilità di costruire ancora. «Il tratto della strada da
sistemare - ha spiegato Franco Radovich, uno degli ottanta cittadini che hanno
preso parte ieri all’incontro - è quello rimasto incompiuto attorno agli anni
Sessanta: un tratto di 200 metri che dovrebbe portare alle ville di Canevella.
Il sindaco dovrebbe esperire ogni mezzo possibile per rendere pubblica l’area e
liberare i cittadini da possibili conseguenze future».
«La situazione è di grave allarme - ha commentato il consigliere dei Verdi
Maurizio Rozza - perchè la situazione è molto complessa e spero di ricevere
presto risposta all’interrogazione presentata sul punto. Desta altresì
preoccupazione il fatto che, secondo quanto annunciato dal sindaco, il progetto
di ripristino dei pastini non potrà essere attuato in quanto l’ex ministro Zaia
avrebbe destinato fondi solo a chi svolge attività di agricoltura in via
principale». «C’è stata conflittualità, ma solo tra proprietari di terreni e
proprietari di case - ha invece riferito il sindaco -: si è capito che si deve
intervenire, perchè come spiegato dalla Protezione civile il rischio di frana
c’è. Ho avuto garanzie da Strade Fvg che sarà fatto un sistema di raccolta
dell’acqua piovana sulla Ss14 e già questo mi pare un buon risultato. Poi si
procederà con un progetto di minima per l’immediata messa in sicurezza, in modo
da escludere ogni pericolo per i residenti. Il prossimo incontro coinvolgerà
solo i diretti interessati».
TIZIANA CARPINELLI
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 aprile 2010
Mondo Blu celebra i suoi dieci anni di tutela dei
delfini - NEL LUSSIGNANO
LUSSINGRANDE Plavi Svijet (Mondo blu in italiano), dieci
anni di tenacia battaglia per la salvaguardia del patrimonio marino nel Quarnero
e Quarnerolo. L’altro giorno l’Istituto per le Ricerche e la Tutela del mare
Mondo Blu, con sede a Lussingrande, ha festeggiato il decennale di attività e lo
ha fatto con una cerimonia svoltasi nel locale Centro educativo del mare, aperto
nel 2003 grazie al sostegno finanziario della compagnia petrolifera magiara Mol.
Tante le persone intervenute alla cerimonia, tra cui numerosi biologi marini e
studiosi, sia croati che stranieri, a riprova del prestigio internazionale di
cui gode questa associazione ambientalista lussignana. Mondo Blu è sin dalla
nascita in prima fila nella tutela dei delfini dell’ arcipelago
chersino-lussignano, una colonia di 150 esemplari, ritenuta giustamente una
ricchezza per quest’area altoadriatica. Non per niente, il delfino è da tempo il
simbolo di Lussino, come lo è il grifone (o avvoltoio dalla testa bianca) per
l’isola di Cherso. L’aver voluto cocciutamente e con coraggio adoperarsi a
favore di questo mammifero marino, ha procurato negli ultimi tempi non pochi
guai agli attivisti di Mondo Blu, fatti segno di critiche e anche minacce per
aver proposto l’ istituzione di un santuario per i delfini, che avrebbe
riguardato le acque al largo della costa orientale di Cherso e Lussino.
Pescatori, ristoratori, operatori turistici e buona parte dell’opinione pubblica
isolana, si erano schierati contro la speciale riserva per i delfini, vedendo in
essa una limitazione, un pericolo per le principali attività economiche
dell’arcipelago. L’italiana Caterina Fortuna, tra i fondatori di Mondo Blu e
attualmente impiegata presso l’Istituto per le Ricerche marine del ministero
dell’Ambiente, ha un’opinione diametralmente opposta: «Negli ambienti
scientifici c’era stata tanta soddisfazione per la proposta di creare, nelle
acque quarnerine, una zona in regime di tutela per i delfini – ha detto a
Lussingrande - si voleva pure lanciare un messaggio sul fatto che lo sviluppo
turistico dell’area fosse visto attraverso un rapporto di amicizia verso la
natura e i delfini, un approccio che alla lunga conviene a tutti. Purtroppo
qualcuno ha frainteso il messaggio, credendo che ci potessero essere limitazioni
deleterie. Invece è vero il contrario, perché lo sviluppo economico e turistico
può aversi in armonia con la natura e a beneficio del suo futuro».
(a.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 aprile 2010
Nasce il movimento Trieste europea: «Rigassificatore
deleterio per il Porto»
Per Trieste serve un progetto di sviluppo industriale che
punti sulla tecnologia ad alto livello, non certo su «un rigassificatore che
bloccherebbe l’attività portuale e che metterebbe a rischio l’intera area».
Alessandro Claut, già presidente degli “Amici della terra” e attualmente
responsabile di “Trieste europea”, sintetizza così la sua idea sul futuro della
città.
«Anche sul piano occupazionale la realizzazione del rigassificatore, struttura
sostenuta dai soliti poteri forti di Trieste, non sarebbe un affare perché -
dice Claut - a fronte di una perdita certa di almeno 2mila unità, si andrebbero
a recuperare nella migliore delle ipotesi 150 posti di lavoro. Il blocco
dell’attività marittima nelle acque del golfo che si originerebbe con l’arrivo
del rigassificatore sarebbe deleterio per tutta l’economia che gravita in mare».
Il responsabile di Trieste europea evidenzia poi che «sarebbe bastato potenziare
le capacità del porto di ospitare traffici di merci, a cominciare dalle
automobili costruite nel Centro dell’Europa, per garantire un futuro a centinaia
di lavoratori». Il programma nel dettaglio è visibile sul sito
www.triesteuropea.ilcannocchiale.it. (u. s.)
«Piano traffico, Corte dei conti allertata dal Pd» -
DOPO UN ESPOSTO PRESENTATO DAL CAPOGRUPPO OMERO
L’INDAGINE - Nel mirino la consulenza al professor
Camus
«Non c’è da gioire se la Corte dei conti apre un’indagine sul Comune di
Trieste e sulla gestione del Piano del traffico. Ma almeno possiamo affermare un
chiaro e tondo ”lo avevamo detto!”». A parlare è Fabio Omero, capogruppo del Pd,
che ricorda come il 4 giugno 2008 con la collega di partito Bruna Tam e Roberto
De Carli dei Cittadini, lui stesso avesse depositato un esposto alla Corte dei
conti sulla pianificazione urbana del Comune con un capitolo specifico proprio
sul Piano del traffico.
Nel testo, tra le altre cose, veniva fornita una dettagliata lista di progetti e
interventi commissionati a vari professionisti e mai realizzati e suscitato il
dubbio che non ci fosse «una coerente interrelazione nel tempo tra i diversi
strumenti. In alcuni casi – si legge ancora in una nota – appare anche una
contraddizione tra gli stessi». Il Piano del traffico - affidato nel 2003 dalla
prima giunta Dipiazza al professor Roberto Camus, ma poi bloccato con la
rescissione consensuale del contratto nel 2008 - è sotto la lente del
procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori, che vuole vederci chiaro
sulla spesa di 117mila euro, su un preventivo deliberato all’epoca di 137mila.
«Il sindaco Dipiazza che tante aspettative aveva creato nella cittadinanza nove
anni fa per lo sviluppo ed il benessere di Trieste – aggiunge di suo il
consigliere regionale del Pd, Sergio Lupieri – continua a dimostrare quanto
l’attività della sua amministrazione non sia intervenuta sui problemi centrali
della città». Secondo Lupieri, infatti, l’indagine condotta dalla Corte dei
Conti sul piano del traffico affidato nel 2003 dalla prima giunta Dipiazza al
prof. Roberto Camus, «è l’ennesima dimostrazione di un altro progetto fallito».
«Giunto quasi alla fine del suo mandato – incalza Lupieri – il sindaco Dipiazza
non può certamente annoverare successi e risultati che non siano già imputabili
ad altre amministrazioni. Di fatto, a parte le Rive che sono la dimostrazione
lampante di come non basta saperle fare per saper amministrare, i problemi della
città sono rimasti immutati in questi nove anni».
A detta del consigliere regionale «l’economia di Trieste ha subito una forte
regressione causata non solo dalla crisi ma anche dall’incapacità
dell’amministrazione comunale di saper affrontare e risolvere i problemi del suo
territorio». Vengono citati al riguardo la bonifica del sito inquinato, il porto
vecchio, il comparto commerciale, il piano parcheggi, il piano del traffico, il
piano regolatore, il piano del centro storico.
Austria, ghiacciai verso la sparizione - Allarme del
club alpino nazionale: quelli più a rischio si sono ritirati di oltre 40 metri
GLI EFFETTI DEL RISCALDAMENTO TERRESTRE IN 85 AREE
MONTANE SU 93
INNSBRUCK La foto di sinistra mostra il Ghiacciaio del Kesselwand, nelle
Alpi della Ötztal, come si presentava nel 1985; la foto di destra mostra lo
stesso ghiacciaio - o quel che ne è rimasto - nell'estate scorsa. Le due foto
lasciano senza fiato. Sono passati 25 anni e il ghiacciaio sembra quasi che non
ci sia più. La sua lingua si è ritirata in alto e ha lasciato scoperta la roccia
levigata e chiara di quello che un tempo era stato il suo alveo. Ma ciò che
impressiona è la velocità con cui il ghiacciaio si è fatto da parte.
Un ritiro che nel tempo ha subito un'accelerazione, come documenta il rapporto
annuale sui ghiacciai austriaci, presentato venerdì dall'Österreichischer
Alpenverein, il Club alpino austriaco. Il dato principale che emerge è che tra
il 2008 e il 2009, dei 93 ghiacciai presenti in Austria e tenuti "sotto
osservazione", 85 si sono accorciati, con un ritiro medio della loro fronte di
14,4 metri. Ma vi sono 10 ghiacciai che si sono ritirati di oltre 30 metri e tre
di essi addirittura di oltre 40. Quello del Kesselwand, citato sopra, è il
secondo della classifica: ha perso 44,4 metri. Ma più di lui si è accorciato il
Ghiacciaio del Niederjoch: -46; terzo è quello di Marzell: -42,3. Si trovano
tutti nelle Alpi della Ötztal, quella dove nel 1991 fu trovato l'uomo di
Simulaun. E fu ritrovato proprio perché la tomba di ghiaccio che lo aveva
protetto per oltre 5mila anni si era sciolta.
Lo scioglimento è continuato anche negli anni seguenti ancora più in fretta. È
continuato anche nell'ultimo anno, quando si riteneva che il fenomeno potesse
rallentare, dato che la neve abbondantemente caduta durante l'inverno aveva
ricoperto i ghiacciai fino a estate avanzata, proteggendoli nei mesi più caldi.
«Lo scioglimento - ha spiegato Andrea Fischer, direttrice del Servizio ghiacciai
dell'Alpenverein - è stato maggiore nelle Alpi della Ötztal, perché qui si
trovano i ghiacciai più grandi, troppo lunghi per le attuali condizioni
climatiche. E siccome la superficie è molto estesa, ma sottile, con lo
scioglimento il ritiro è più rapido».
Ma non dovunque è stato così. Dei 93 ghiacciai austriaci 7 sono rimasti
invariati e uno, il Kleinfleißkees nel Goldberggruppe (Alti Tauri), è
addirittura cresciuto di 5,2 metri. L'area a cui appartengono si trova nella
fascia orientale dell'arco alpino, tra Carinzia e Salisburghese. I ghiacciai di
tutti gli altri gruppi, dal Silvretta alla Ötztal, dalle Alpi di Stubai a quelle
della Zillertal fino al gruppo del Venediger si sono tutti accorciati.
Insomma, la tendenza è verso la scomparsa ed è chiaramente in relazione con il
riscaldamento della Terra. Nell'inverno 2009 la temperatura nelle Alpi
austriache era stata di 0,2 gradi superiore alle media degli ultimi anni e
nell'estate scorsa addirittura di 2,1 gradi. I risultati si sono visti.
Marco Di Blas
”Casa verde”, parte la corsa agli incentivi - Per
ottenere gli aiuti l’immobile deve essere una nuova costruzione
ROMA Per la ”casa verde” la corsa agli incentivi è già
cominciata. Sono già on line sul sito del ministero dello Sviluppo economico le
istruzioni per accedere alle misure del governo, 300 milioni nel totale. E per
la casa, il via è scattato dal 6 aprile: per usufruire delle misure di stimolo,
il contratto preliminare di compravendita dell'immobile deve essere infatti
stipulato successivamente alla data di martedì scorso, giorno di entrata in
vigore del dl incentivi.
Solo la casa parte prima: per elettrodomestici, moto, cucine componibile, banda
larga e tutte le altre categorie di beni interessati dalle misure di sostegno,
bisogna aspettare invece la scadenza del 15 aprile. Nel caso di un immobile di
classe A (vale a dire con un fabbisogno energetico migliorato del 50%), la quota
di contributo previsto è pari a 116 euro per metro quadro, fino a 7.000 euro. Se
l'immobile è invece di classe B (fabbisogno energetico migliorato del 30%), il
contributo sarà di 83 euro per metro quadro di superficie utile, fino a 5.000
euro.
L'immobile deve avere un doppio requisito: essere una nuova costruzione e prima
casa. Per richiedere il contributo inoltre il compratore deve essere in possesso
del certificato energetico e del contratto preliminare di compravendita. Entro
20 giorni prima del contratto definitivo dovrà essere effettuata la
prenotazione, dotato di una serie di documenti. Come la tipologia di classe (A o
B), la superficie utile sulla quale viene calcolato il contributo, codice
fiscale e dati bancari dell'acquirente, prezzo base dell'immobile (al lordo
dell'Iva).
Una volta stipulato l'acquisto definitivo, la documentazione deve essere inviata
a cura dell'acquirente entro 45 giorni. Secondo le indicazioni del call center,
comunque, sarà il costruttore-venditore ad eseguire l'adempimento. L'acquirente
dovrà così essere in possesso della richiesta di rimborso contenente la ricevuta
di registrazione e l'autodichiarazione firmata in formato Check list dei
documenti allegati (compilabile e scaricabile dal portale); copia di documento
identità dell'acquirente, il codice fiscale e i dati bancari, oltre alla copia
del contratto definitivo di compravendita che dovrà riportare l'indicazione
dell'incentivo.
L'incentivo non viene applica solo a prodotti 'made in Italy', chiarisce ancora
il sito ministeriale riferendosi in questo caso alle altre categorie di beni
incentivati (tra cui elettrodomestici e cucine componibili), ma anche agli altri
purch‚ siano venduti e acquistati in Italia, nel rispetto dei requisiti
richiesti. Per tutte le categorie, la data di ”chiusura” è il 31 dicembre 2010
salvo l'esaurimento del plafond dedicato a ciascuna tipologia di prodotto che,
per quanto riguarda la casa verde, è di 60 milioni. Per eventuali dubbi o
ulteriori informazioni, i numeri da chiamare sono: 800123450 da rete fissa, e
199123450 da rete mobile.
INFORMARE PER RESISTERE - SABATO, 10 aprile 2010
Accordo sui rifiuti nucleari fra Italia e Francia. Che
li spedisce in Siberia a cielo aperto
Finisce in Siberia, a cielo aperto, la stragrande
maggioranza dei rifiuti nuclearii francesi: 30 mila tonnellate. Lo denuncia
Greenpeace Francia, che in questi giorni ha cercato di bloccare le spedizioni.
La Francia – la Francia che ha fama di sapersi ottimamente organizzare in tutto
– è stata eletta dal Governo come guida della rinascita nucleare italiana.
La stagione nucleare italiana chiusa dal referendum degli Anni 80 ha lasciato
un’eredità di tubi che perdono sostanze radioattive e di scorie da smaltire
all’estero.
E in futuro? La gestione dei rifiuti è compresa negli accordi relativi al
nucleare che proprio oggi Italia e Francia firmano.
Nei giorni scorsi Greenpeace ha cercato di impedire la spedizione verso la
Russia del materiale proveniente dalle centrali nucleari francesi. Il tribunale
di le Havre, accogliendo le richieste di Areva, ha vietato le manifestazioni ad
attivisti e simpatizzanti.
Secondo Greenpeace Francia, il 95% dei rifiuti nucleari francesi è
scandalosamente esportato in Russia: il materiale è semplicemente ammassato
all’aperto in Siberia. Ben 33.000 tonnellate, spedite dal 2006 in poi. Roba che
continuerà a costituire una minaccia per le generazioni future.
Se non si sa come trattare i rifiuti delle centrali nucleari, bisogna
semplicemente cessare di produrli, dice Greenpeace Francia, che ha lanciato la
campagna “La Russie n’est pas une pubelle”.
Intanto oggi Francia e Italia firmano una serie di accordi bilaterali sul
nucleare. Riguardano la cooperazione nel nucleare civile, un’intesa per formare
i tecnici, gli impegni commerciali tra Ansaldo e Areva per la progettazione e la
fornitura di componenti per centrali atomiche.
E ancora, una partnership per 5 anni tra Enel, Edf e Finmeccanica (con Ansaldo
Energia) per la cooperazione nella realizzazione delle centrali nucleari Epr e
l’intesa tra la Sogin, la società italiana di gestione dei rifiuti radioattivi,
e la francese Andra.
BLOGECKO.it
IL PICCOLO - SABATO, 10 aprile 2010
No dei governatori ai siti delle centrali - Tondo: «Il
nucleare non mi interessa», ma guarda sempre al raddoppio di Krsko
SOLO IL PRESIDENTE DEL PIEMONTE COTA SI DICE
POSSIBILISTA
ROMA Berlusconi parla di «decisione doverosa». Sarkozy di «ritorno storico».
Il nucleare è il piatto forte del vertice di Parigi. Ma questa non è una
sorpresa, perchè da un pezzo Roma e Parigi ”flirtano” sull'energia atomica. Le
sorprese semmai arriveranno dopo, con la costruzione degli impianti, quando
bisognerà affrontare il veto delle Regioni. Soprattutto quelle destinate a
ospitare i siti, che potrebbero essere 4, ha annunciato il ministro
dell'Ambiente Prestigiacomo. Finora l'idea di una centrale sul proprio
territorio non ha fatto breccia nel cuore dei governatori. La maggior parte si è
opposta, seppure con sfumature diverse. Undici si sono rivolti alla Corte
Costituzionale. Il tema resta un nervo scoperto e puntualmente riaccende la
scontro politica, come è accaduto anche ieri.
Su fronte del ”no” senza se e senza ma, sono schierati diversi governatori di
centrosinistra: Vendola in Puglia, Errani in Emilia Romagna, Rossi in Toscana,
De Filippo in Basilicata, pronto a farsi paladino di una «nuova grande
mobilitazione civile se ci saranno incursioni ”manu militari” del governo».
Ma, dal centrodestra, anche Cappellacci in Sardegna, Iorio in Molise, Lombardo
in Sicilia, Tondo in Friuli Venezia Giulia non hanno mai mostrato grandi
aperture. Ieri Tondo ha ribadito che il nucleare gli interessa, ma oltreconfine,
con «il raddoppio della centrale slovena di Krsko». «Sul nucleare in Friuli
Venezia Giulia il presidente Tondo dovrebbe smettere di usare Krsko come
specchietto per le allodole»: lo afferma l'europarlamentare del Pd Debora
Serracchiani. Commentando il rilancio del presidente del Friuli Venezia Giulia,
sull'ipotesi del raddoppio della centrale slovena, Serracchiani sottolinea che
«a cominciare da Zaia, tutti i presidenti di Regione del Centrodestra si sono
espressi senza remore contro il nucleare, e vorremmo sentire parole simili anche
da Tondo».
Mantiene «riserve» sull'ipotesi di un impianto in terra veneta il neo
governatore leghista Zaia: «Decideranno i tecnici, ma la vedo dura».
Articolato il parere di Formigoni, che in campagna elettorale giudicò «positiva»
la riapertura del governo al nucleare, ma disse anche che in Lombardia il
nucleare non serve perchè la regione è «autosufficiente» sul piano energetico.
Una posizione analoga a quella espressa in Lazio dalla Polverini.
Possibilista Cota: «Meglio una centrale pulita in Piemonte che una vecchia in
Francia», disse prima di essere eletto. E ieri durante la registrazione di una
trasmissione tv, pur senza pronunciare la parola nucleare, ha dichiarato che «in
Piemonte l'energia costa il 50% in più che in Francia», che «bisogna rompere la
dipendenza dal petrolio» e che forse le pale eoliche non bastano per fare tutto
questo. Il Piemonte è destinato a ospitare uno dei 4 siti nucleari previsti dal
piano nazionale? Si vedrà. In passato, fu così. Tra il '60 e l'80, quando
l'Italia entrò nel nucleare, a Trino Vercellese fu realizzato uno dei 4 impianti
italiani con quelli di Caorso (Piacenza), di Garigliano (tra Latina e Caserta) e
di Latina, poi smantellati. Ora circolano molti nomi: da Termoli a Porto Tolle,
da Scanzano Jonico a Montalto di Castro, oltre alla stessa Trino e, ancora, a
Caorso.
«Adesso Berlusconi dica dove farà le centrali», chiede a questo punto il
presidente nazionale dei Verdi, Bonelli. Enrico Letta, vicesegretario nazionale
del Pd, accusa Berlusconi di essere un «mercante di tappeti», che a livello
nazionale rilancia il nucleare, ma quando va in periferia, se si tratta di
«prendere due voti in più » promette: «non in questo comune».
Tensioni Eni-Gazprom su South Stream, il gasdotto che
passa per i Balcani
ROMA Si riapre la questione South Stream tra Eni e Gazprom,
anche se entrambe le parti hanno immediatamente tenuto a precisare che tra i due
gruppi tutto procede «secondo programmi».
A denunciare che qualcosa non funzionasse perfettamente a dovere nella
realizzazione del gasdotto che dalla Russia porterà gas all'Europa passando per
Turchia e Balcani fino all'Italia, è stato un dirigente di Gazprom, il capo
dipartimento per il settore economico estero Stanislav Tsigankov. «Non esiste da
parte loro nulla di costruttivo, nessuna prova del loro lavoro», ha dichiarato
accusando l'Eni. Secondo il manager, la parte italiana non concorderebbe il
programma di lavoro e le ricerche. «Senza parlare dei pagamenti da parte loro -
ha rincarato - finora noi paghiamo tutto da soli». Dichiarazioni che hanno
scatenato però la reazione di Eni e della stessa Gazprom che si sono affrettate
a smentire ogni controversia. Tra i due gruppi, ha specificato il portavoce del
colosso russo, Serghiei Kuprianov, non c'è «alcuna divergenza di principio nel
quadro della realizzazione del progetto».
La presidente dell’autotrasporto: «Sul cabotaggio norme
violate e pochi controlli»
«I camion sono fermi nei piazzali perché non si riescono
nemmeno a svendere, i camionisti sono in cassa integrazione, anche avviare le
procedure di fallimento è un lusso che molte ditte oggi alla paralisi non
possono permettersi». Così Rita Rapotez presidente degli autotrasportori
aderenti alla Confartigianato tratteggia la situazione attuale di una categoria
che non riesce a beneficiare dei timidi segnali di ripresa che pure si sono
manifestati in queste ultime settimane. Quale il motivo? Il fatto che anche in
questo settore e anche più pesantemente che altrove si sta verificando una
penetrazione dalla Slovenia. «I camion sloveni arrivano in porto vuoti, sono gli
stessi agenti e spedizionieri triestini a chiamarli perché a loro conviene -
afferma Rita Rapotez - e poi partono verso le ditte italiane di destinazione. Si
tratta dunque di una vera e propria attività di cabotaggio, quella che as lora
sarebbe preclusa per legge se non in forma minima».
Angelo D’Adamo della Cgil traccia un ultimo bollettino dei caduti sulla strada
dell’autotrasporto in provincia di Trieste. «La scietà Sat ha messo in cassa
integrazione cinque autisti, altrettanto, per un medesimo numero di autisti, ha
fatto l’Italcementi. Due gli autisti in ”cassa” della società Ttb, l’impresa
Cossutta ha fatto altrettanto con tre operai e annuncia difficoltà anche per il
settore amministrativo, la Prioglio logistica ha già messo in cassa integrazione
un dipendente e ha avantzato analoga richiesta per altri sei impiegati».
Una china su cui non si intravedono inversioni di rotta. Le imprese di
autotrasporto triestine che nel 2004 erano 419, nel 2009 si sono ridotte a 303
con un 27,7 per cento in meno in cinque anni. La concorrenza che viene dalle
imprese slovene è impressionante perché hanno uscite del 28 per cento inferiori
a quelle italiane. Nelle imprese del Friuli Venezia Giulia invece incidono in
misura rilevante i costi del personale (40 per cento) e quelle per il carburante
(25 per cento). Nella sua visita a Trieste a fine gennaio il sottosegretario
alle Infrastrutture e trasporti Bartolomeo Giachino aveva annunciato che il
Governo si apprestava a chiede alla Commissione europea la clausola di
salvaguardia per l’autotrasporto che impedirebbe per sei mesi proprogabili di
altri sei ai vettori stranieri di effettuare operazioni di cabotaggio.
«Noi chiediamo - sottolinea Rita Rapotez - che dalla zona doganale del porto di
Trieste non esca alcun mezzo che viola la norma sul cabotaggio. Perciò vogliamo
che i controlli venga effettuati 24 ore su 24 e non come oggi, ”a spot”. Se non
si corre ai ripari, la nostra categoria verrà colonizzata e sterminata nel giro
di qualche anno».
(s.m.)
La Saf abbandona i pullman per l’Istria - Chiuderà il
deposito di via Rio Primario, ricollocati i 15 dipendenti
Il gestore italiano rappresentato dalla Saf di Udine
abbandona i collegamenti in pullman da Trieste con la Slovenia e la Croazia. Fin
dal mese prossimo le autocorriere che dall’autostazione di piazza Libertà
raggiungono Capodistria o Pirano, queste ultime passando anche per Isola e
Portorose, si ridurranno. Il servizio però non sparirà, ma sarà gestito
unicamente dagli sloveni della società Veolia che attualmente opera sulla linea
in partnership appunto con la Saf dividendo con essa la fornitura dei mezzi e
del personale. «La Veolia ci ha comunque assicurato che in conseguenza di ciò
rafforzerà i servizi che attualmente fornisce e nel complesso i collegamenti,
con le medesime destinazioni, saranno salvi al 90 per cento».
Secondo voci che trovano già mezze conferme analoga sorte subiranno a partire
però dal dicembre prossimo anche i collegamenti con Pola e Fiume. In questo caso
a coprire parte dei servizi svolti oggi anche lungo queste direttrici dalla
stessa Saf saranno le due società croate: la Brioni di Pola e l’Autotrans di
Fiume. «Negli ultimi anni c’è stato un calo significativo di passeggeri, chi
viaggia lungo questi tragitti ormai lo fa pressoché esclusivamente in automobile
- ha commentato ieri il direttore d’esercizio della Saf, Paolo Zaramella - per
noi questo servizio non è più remunerativo, probabilmente già oggi emaneremo un
avviso agli utenti sulla nostra cessazione. Non è escluso che qualcosa di simile
possa avvenire prossimamente anche per le linee per la Croazia perché stiamo
riconsiderando tutte le rotte internazionali da Trieste. La Veolia da sola -
continua Zaramella - dovrebbe comunque garantire quattro corse giornaliere per
Capodistria e quattro per Pirano. Molto facile comprendere perché per gli
sloveni il gioco valga ancora la candela».
Anche in questo caso il costo più basso del lavoro, il minor peso fiscale e
anche il gasolio a miglior prezzo stanno penalizzando in modo determinante le
aziende italiane che operano vicino al confine. Mentre il deposito triestino di
via Rio Primario verrà chiuso, sembrano salvi, anche se con qualche disagio, gli
attuali 15 dipendenti della Saf che lavorano a Trieste. In base a un accordo che
verrà firmato giovedì prossimo infatti, come anticipano i sindacalisti della
Cgil Stefano Mauro e Franco Binutti, la Trieste Trasporti si impegnerebbe ad
assumere otto autisti che la Saf licenzierà: quattro a maggio e quattro a
dicembre. Due autisti hanno invece accettato il trasferimento a Udine. Gli
ultimi cinque dipendenti rimarranno in forza alla Saf in un’area che la società
udinese affitterà dalla Trieste Trasporti e dove collocherà i mezzi da
charterizzare e per i collegamenti con il cantiere di Monfalcone.
Oggi i passeggeri dei pullman che da Trieste raggiungono quotidianamente
Capodistria, Pirano, Pola e Fiume sono all’incirca 450. «Verso Slovenia e
Croazia viaggiano solo turisti - spiegano all’autostazione di Trieste - mentre
nel verso opposto, dall’Istria e da Fiume arrivano qui solamente badanti e colf.
Di acquirenti sloveni e croati che viaggiano sui pullman di linea non ne esiste
più neanche uno».
Sul ritiro della Saf dalle linee per Slovenia e Croazia si è espresso
criticamente il consigliere comunale dei Cittadini, Roberto Decarli. «Qualcuni
ci spiegherà - si chiede - perché Trieste deve essere vessata anche in questo
significativo settore? Altro che al centro dell’Europa, continuiamo a essere
periferia dell’Italia».
SILVIO MARANZANA
Il Nobel Giorgi: «La temperatura salirà da uno a sei
gradi» - «L’Italia entro il 2012 dovrà abbassare del 13% le emissioni di gas per
non incorrere in sanzioni»
CONFERENZA STAMPA SUL CAMBIAMENTO DEL CLIMA NEL
VENTUNESIMO SECOLO
Ma la temperatura della Terra sta realmente aumentando? Si può parlare di un
effetto serra che stravolge gli equilibri climatici? Sembra proprio di sì. Ad
affermarlo è Filippo Giorgi, unico scienziato italiano membro del Comitato
intergovernativo per i cambiamenti climatici che, nel 2007, si aggiudicò,
assieme ad Al Gore, il Premio Nobel per la pace. È da tempo, che per mano
dell'uomo, la Terra subisce continue alterazioni che mettono a rischio la sua
stabilità climatica. Possiamo far risalire l'inquinamento atmosferico fin dalla
Rivoluzione industriale. Da allora, c'è stato un costante aumento di emissioni
dei cosiddetti gas serra. Così oggi si possono tirare le somme e pensare a
possibili scenari futuri per il nostro pianeta.
Filippo Giorgi ha spiegato con precisione, all'incontro organizzato giovedì dal
Comando militare dell'Esercito al Circolo ufficiali, quali potranno essere le
sfide del 21° secolo per fronteggiare i cambiamenti climatici. Se è vero, come
ha indicato, che la temperatura sta aumentando, con un'accelerazione più vistosa
negli ultimi 50 anni, è anche altrettanto vero che è l'uomo il principale
responsabile di tali variazioni. «Per il 90% possiamo dire che il riscaldamento
della Terra sia dovuto all'impronta umana – ha sottolineato Giorgi –. L'uso dei
combustibili fossili fa aumentare il gas serra che va poi ad incidere sulle
temperature. Le previsioni per il 21° secolo prospettano la possibilità che la
temperatura possa salire da uno fino a sei gradi. Mentre il livello del mare
potrebbe crescere fino a 60 centimetri».
E' evidente che l'innalzamento della temperatura produce degli effetti a catena.
«Le emissioni di gas serra comportano variazioni climatiche che provocano – ha
spiegato ancora Giorgi – un aumento delle ondate di calore e della siccità,
oltre ad una maggiore intensità delle precipitazioni. In Italia, ad esempio, si
può prevedere che gli inverni saranno sempre più caldi e più piovosi al Nord,
mentre l'aumento della temperatura e le scarse piogge al Sud porteranno ad un
possibile rischio di desertificazione». Ma se questi sono gli scenari futuri,
quali le soluzioni? «Nel 2002 in soli cinque mesi è sparita un'intera banchina
nella penisola antartica. Il rischio è quello di perdere anche molte specie
animali che non trovano più il loro habitat. Per il futuro la via da seguire è
quella di gestire l'inevitabile e ed evitare l'ingestibile. Bisogna ridurre le
emissioni per mitigare il riscaldamento. Entro il 2020 i governi dovrebbero
ridurle del 20% fino ad arrivare al 60% nel 2050. Nel breve periodo si tratta di
puntare su soluzioni che consentano di garantire un'efficienza energetica. E poi
pensare alle energie rinnovabili e anche al nucleare. L'Italia rispetto al
protocollo di Kyoto firmato nel 1998 ha aumentato le sue emissioni, ma entro il
2012 dovrà abbassarle del 13%, come indicato dall'Unione europea, con il
rischio, se non si raggiunge l'obiettivo, di pagare pesanti multe».
Ivana Gherbaz
Lotta alle piante infestanti sul Monte Carso - STAMANE
UNA ”SPEDIZIONE” CON RITROVO A BAGNOLI DELLA ROSANDRA
SAN DORLIGO Lotta all’espansione delle piante infestanti
che minacciano il delicato ecosistema del Carso. Con questo obiettivo
l’associazione Triestebella, in accordo con la Riserva naturale della Val
Rosandra e l’Ispettorato delle foreste di Trieste, ha indetto per oggi, con
ritrovo alle 9.30 davanti al Centro visite di Bagnoli, una passeggiata per
estirpare il ”Senecio inaequidens”, pianta di origine africana contenente
alcaloidi pirrolizidinici particolarmente nocivi per l'uomo, in particolare per
i bambini.
L’iniziativa, realizzata in collaborazione con l’associazione regionale
Trafioriepiante e con la Commissione tutela ambiente montano della Sag, prevede
il ritrovo davanti al teatro comunale ”F. Prešeren”; da lì in macchina i
partecipanti raggiungeranno il valico di Prebenico per arrivare poi alle spalle
del monte Carso. Consigliati guanti da lavoro, zappetta e pranzo al sacco. In
caso di maltempo la ”spedizione” verrà rimandata a sabato prossimo.
Quella delle piante infestanti originarie di altri continenti è una realtà
piuttosto diffusa nel nostro Carso. Oltre al ”Senecio” esistono almeno altre due
specie di piante ritenute pericolose: l’Ailanto, proveniente dalla Cina, che
altera il paesaggio vegetale espandendosi in competizione con le specie
autoctone e l’Ambrosia artemisiifolia, pianta sudamericana che produce una
grande quantità di polline fortemente allergenico.
La tematica delle piante killer è giunta anche in Consiglio regionale, come
evidenzia il consigliere della Slovenska skupnost Igor Gabrovec: «La strada
proposta – spiega – è di una modifica-integrazione delle legge forestale
regionale, con l’inserimento di un primo elenco di tre delle specie maggiormente
invasive e pericolose, prevedendo il divieto di piantarle e coltivarle,
favorendone l’eliminazione e, non da ultimo, dare il via a un serio monitoraggio
unito a un progetto di divulgazione in materia».
L’esponente dell'Unione slovena ricorda poi che «una bozza di legge già c’è, e
dunque si tratta di far convergere l’appoggio trasversale di tutte le forze
politiche, così da dare il via, finanziandola con l’assestamento di bilancio, a
una prima serie di interventi già nell’arco di quest’anno». In proposito
Gabrovec rileva il fondamentale coinvolgimento delle associazioni degli
agricoltori: «La legge deve prevedere anche assistenza tecnica e incentivi ai
proprietari dei terreni, affinché possano liberarsi dalle specie infestanti e
dannose».
Riccardo Tosques
Aurisina aumenta le piazzole ecologiche - IL COMUNE
PREPARA IL BANDO DI GARA PER LA RACCOLTA DEI RIFIUTI
DUINO AURISINA Sì alle piazzole ecologiche, no al porta
porta. Questo il concetto con il quale l'amministrazione comunale si appresta a
preparare il nuovo bando di gara per la raccolta dei rifiuti.
Attualmente il sistema di raccolta e smaltimento è affidato all’AcegasAps, ma a
fine anno il contratto scadrà e dunque il Comune ha già posto le basi per il
futuro, come spiega l'assessore ai Servizi esterni Andrea Humar: «Negli ultimi
tre anni abbiamo avuto un aumento del 6% della raccolta indifferenziata, ed
esattamente su questa via la nostra amministrazione vuole proseguire».
Il potenziamento delle isole ecologiche sarà il prossimo passo dunque, riducendo
i cassonetti dell'indifferenziata e fornendo anche la possibilità di creare un
nuovo prodotto differenziato, riservato ai rifiuti legati al verde, come lo
sfalcio dell'erba e le ramaglie. Le frazioni ”appetibili” per questa nuova
tipologia sono Duino, Villaggio del Pescatore, Borgo San Mauro, Sistiana e
Visogliano, nelle quali vi è una capillare presenza di case e ville con
giardini.
L'assessore Humar pone poi l'accento sul ”no” al porta a porta, sistema in
vigore nel comune di San Dorligo della Valle: «Economicamente il porta a porta –
spiega – costerebbe di più rispetto al mantenimento delle piazzole, avendo noi
un territorio troppo vasto ed articolato. Inoltre il Comune vuole garantire la
libertà di scelta nel servizio, cercando di incentivare in maniera spontanea la
raccolta differenziata ma senza imporre regole e costringere i cittadini a
mantenere i bidoni in casa».
Vi sarà invece un ”mini-porta a porta” riservato alle grandi utenze, dedicato ad
esempio alla raccolta di cartoni o dell’umido per scuole e mense. Proprio sul
tema dell'umido l'assessore ai Tributi Daniela Pallotta sta lavorando a una
campagna di sensibilizzazione, atta ad aumentare il numero dei cittadini che
praticano la raccolta tramite i composter, progetto che comporterà una sensibile
riduzione della Tarsu.
(r.t.)
Vivicittà, attraverso lo sport un messaggio di pace e attenzione per l’ambiente - IN 38 LOCALITÀ ITALIANE E IN 18 DI ALTRI PAESI
Ritorna domattina la manifestazione podistica con
partenza e arrivo in piazza dell’Unità
Torna domani, come in altre 37 città italiane e 18 di altri Paesi, ”Vivicittà”,
manifestazione podistica nata sui temi del rispetto dell'ambiente, che
quest'anno vedrà in primo piano la multiculturalità e l'impegno antirazzista.
Due i percorsi: 12 chilometri per la competitiva e 4 per la non competitiva.
«Vivicittà è messaggera di pace e solidarietà, in Italia e nel mondo – ha detto
Filippo Fossati, presidente nazionale dell’Unione italiana sport per tutti (Uisp),
organizzatrice della manifestazione –. Il nostro obiettivo è di portare
all'attenzione dell'opinione pubblica alcune gravi emergenze sociali,
utilizzando il linguaggio popolare dello sport. Quest'anno – ha sottolineato –
al centro dell’attenzione c’è la situazione dei campi profughi palestinesi,
luoghi che rappresentano la necessità di pace, convivenza e dialogo».
A questo proposito, un'edizione speciale di ”Vivicittà” sarà organizzata
domenica 18 aprile: i bambini dei campi profughi saranno protagonisti di sette
corse, con percorsi da uno a tre chilometri, che si terranno in Libano, in Siria
e a Gerusalemme Est, nel campo profughi di Shu' Fat, dove opera ”Peace Games
Uisp”, con progetti che al centro hanno lo sport.
Tutte queste iniziative si svolgono in collaborazione con la Cooperazione
italiana allo sviluppo, del ministero Affari esteri e l’Unrwa, agenzia delle
Nazioni unite.
”Vivicittà” sarà occasione di iniziative per l'inclusione e contro il razzismo
anche nelle 37 città italiane dove sono state organizzate specifiche iniziative,
per agevolare la partecipazione alla corsa delle comunità straniere.
Rimane l'impegno di ”Vivicittà” per l'ambiente: da quattro anni sono
sperimentate modalità organizzative che prevedono l'utilizzo di materiali
ecologici, la distribuzione di acqua di rete e la raccolta differenziata, che
consentiranno una riduzione di 85 tonnellate di C02.
”Vivicittà” si correrà anche nelle carceri e negli istituti minorili di 15 città
italiane, tra questo mese e quello maggio.
A Trieste la corsa partirà alle 10.30 da piazza dell’Unità d'Italia e si snoderà
su un percorso interamente cittadino.
La linea di partenza sarà la stessa per tutti: podisti, famiglie, bambini,
anziani, con l'unico obiettivo di passare una mattinata inedita all'insegna del
movimento.
Hanno già aderito oltre, alle numerose società Fidal, i bambini dell'istituto
comprensivo ”T.Weiss"”, coinvolti tra l'altro anche nel progetto Pedibus, la
Comunità di accoglienza per rifugiati dell'Ics e l'Azienda sanitaria triestina,
Prevenzione alle dipendenze, sezione Alcologia.
Domani mattina si raccoglieranno anche fondi per la costruzione di un parco
giochi all’interno del campo libanese di Beddawi, a nord di Tripoli.
Le iscrizioni si ricevono in via Beccaria 6, oggi dalle 9 alle 13 e dalle 14
alle 17, e domani mattina, in piazza dell’Unità d’Italia dalle 8.30 alle 10. Per
informazioni tel. 040.639382, e mail uisp.trieste@virgilio.it, trieste@uisp.it,
www.uisp.trieste.it e www.uisp.it.
Ugo Salvini
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 9 aprile 2010
UIL PA VVF FVG - Reazioni intimidazione Giurastante
A seguito dell'increscioso tentativo intimidatorio ai
danni dell'ambientalista triestino Roberto Giurastante - Presidente di
Greenaction Transnational e referente di Alpe Adria Green - la UIL PA VVF
dichiara la propria solidarietà all'attivista e condanna senza riserva alcuna
sia il gesto che i suoi mandanti ed attuatori.
Le indagini sono tutt'ora in corso, ma, pur senza entrare nel merito di giudizi
specifici sull'operato di Giurastante, risultano innegabili il valore e
l'importanza della sua attività, espressione di quelle pratiche di controllo
costruttivo della vita pubblica da parte di civili o associazioni che ogni sana
democrazia dovrebbe non solo prevedere, ma anzi, sollecitare.
Inoltre, impedire o non favorire la trasparenza in una situazione come quella
presente a Trieste, dove, soprattutto riguardo la gestione dei grandi impianti
industriali e delle opere di
bonifiche, la realtà appare caratterizzata da un complesso intreccio di
interessi economico-politici spesso in contrasto con gli interessi pubblici,
significherebbe promuovere malgoverno, quando non collusione.
Non possiamo e non vogliamo in alcun modo tollerare che questioni di tale
rilevanza siano oggetto di scarsa chiarezza, quando non dubbia correttezza.
Volendo riferirsi ad un caso specifico, emblematica risulta la situazione
riguardante il molto discusso progetto di Terminale di Rigassificazione on-shore
di Gas Natural, holding spagnola che, nel 2004 rilevò la Gasdotti Azienda
Siciliana, prima controllata dal mafioso Vito Ciancimino, e la cui compravendita
potrebbe apparire di sospetta liceità.
Non impedire con forza che un'attività di pubblico interesse come quella portata
avanti dall'ambientalista Giurastante venga ostacolata in qualsiasi modo,
significa minare le basi della pluralità della società moderna ed è per questo
la UIL PA VVF esorta tutte le parti politiche a prendere posizione in merito,
condannando il silenzio come sintomo di scarsa tutela della democrazia italiana.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
IL PICCOLO - VENERDI', 9 aprile 2010
Barcola, via libera a spiagge più attrezzate - LO
PREVEDE IL PIANO REGOLATORE CON LE CORREZIONI DELLA REGIONE
Fino ai Filtri possibili ampliamenti delle strutture,
nuovi chioschi, pontili e parcheggi
Il lungomare cittadino a vocazione turistica e balneare senza vincoli
portuali - quello che si estende grosso modo dai Filtri di Aurisina al
terrapieno di Barcola, più l’enclave di Lanterna e Ausonia tra Sacchetta e
imbocco del Molo V - potrà cambiare il suo profilo con maggior disinvoltura in
confronto alle trafile burocratiche tradizionali, a cominciare dall’ampliamento
dei chioschi attuali di Barcola e dall’incremento di pontili e moletti sotto
case, circoli e alberghi, compresa l’area dell’ex Squero dov’è sulla rampa di
lancio il nuovo mini-hotel hi-tech della ”Tre merli”. Non appena verrà approvato
in via definitiva ed entrerà così in vigore il nuovo Piano regolatore - lo
stesso adottato dal Consiglio comunale la scorsa estate e ora ”aggiustato” dalla
Regione - per una serie di precisi interventi. mirati appunto allo sviluppo
della componente ristorativa e disportistica di quei tratti di costa, non sarà
infatti più necessario il ricorso indistinto all’iter, complesso e lungo per
definizione, del Piano particolareggiato, subordinato com’è noto proprio al
vaglio del Consiglio comunale, con tutti i passaggi obbligati che lo precedono.
LA SEMPLIFICAZIONE Sarà sufficiente insomma mettere mano al litorale con la
formula dello «strumento diretto», ovvero chiedendo un normale titolo
autorizzativo, com’è ad esempio una concessione edilizia. Tali interventi - a
regime per così dire ”agevolato” in risposta a una norma più snella - si
dividono, tanto per semplificare, in due grandi categorie, che coincidono a loro
volta con altrettante fasce costiere.
LA COSTA BARCOLANA La prima è la zona chiamata in gergo tecnico urbanistico
”G1b1”, propriamente «balneare turistica»: è quella compresa tra la pineta di
Barcola (esclusa) e il parco di Miramare (escluso), con l’eccezione del
porticciolo del Cedas, confermatto sotto l’intoccabile sigla ”L2”, in cui
rientrano le «zone portuali di interesse comunale». Ebbene, in questa prima
fascia - che è di fatto la riviera barcolana prolungata fin oltre il Bivio -
saranno fattibili in regime di strumento diretto «interventi per la
realizzazione e (il, ndr) completamento di punti di ristoro di dimensione
massima di 40 metri quadrati, comprensivi di servizi igienici, ed altezza
massima non superiore ai quattro metri, che dovranno distare almeno 250 metri
uno dall’altro. Tali manufatti dovranno avere tipologie, materiali, forme e
dimensioni omogenee». Tradotto dal burocratese, ma non prima di aver ripercorso
con la mente proprio quel tratto di costa per ricordare che cosa c’è e che cosa
manca, è anzitutto un assist per chi intende ingrandire e dotare di wc - e son
polemiche di questi giorni - i chioschi di Barcola.
I PONTILI DI SERVIZIO La seconda delle due fasce è ben più estesa. Richiama le
zone che il nuovo Piano regolatore ribattezza come ”G1b2”, ovvero «balneari e
dell’arenile», e queste in linea di massima sono cinque. La prima va dai Filtri
di Aurisina (compresi) al porticciolo di Grignano (escluso in quanto ”L2”) con
l’eccezione del porto di Santa Croce sotto la Tenda Rossa (”L2”), mentre la
seconda coincide con lo sperone roccioso di Miramare tra il parco (escluso) e
Sticco (escluso in quanto ”G1b1”). La terza, quindi, si prende il tratto della
pineta di Barcola e, poco più in qua, la quarta è chiusa tra il porticciolo di
Barcola (escluso in quanto ”L2”) e il terrapieno (escluso) e interessa alcuni
circoli sportivi come Saturnia, Cmm e Nettuno ma soprattutto il piccolo ma
importante accesso a mare del nuovo hotel della ”Tre merli”. La quinta infine è
individuata nell’enclave balneare più propriamente urbana del Pedocin e
dell’Ausonia. In queste cinque zone il Prg nuovo ammetterà al contrario «con
strumento diretto interventi volti al mantenimento e (alla, ndr) conservazione
delle strutture esistenti e/o al ripristino ambientale dei luoghi e la
realizzazione di eventuali pontili a servizio dei terreni ed (degli, ndr)
edifici soprastanti la costa». Si tratta in questo caso di una applicazione in
chiave più estensiva - e con il placet urbanistico del Comune - del cosiddetto «Pud»,
il nuovo Piano di utilizzazione del demanio marittimo con finalità
turistico-ricreative approvato dalla Regione un anno fa.
PIERO RAUBER
PRG - Il bagno Sticco potrà partire con i lavori di
rinnovamento - Previsto un investimento da 550mila euro. Il porticciolo Cedas
resta intoccabile
CONCESSIONE DI 15 ANNI
Limiti e opportunità dei nuovi dettati urbanistici del Comune sulle spiagge
cittadine che vanno dai confini municipali di Aurisina fino a Lanterna e
Ausonia, a ridosso del Porto nuovo, sono ben specificati in una freschissima
delibera con cui la giunta Tondo, nel dare parere favorevole (con un occhio di
riguardo ai piani d’investimento di Sticco) al nuovo Piano regolatore generale
adottato dal Consiglio comunale, registra l’allineamento dello stesso Comune
rispetto ad alcune osservazioni avanzate in precedenza proprio sul Prg dalla
Regione, cui compete la gestione del litorale demaniale marittimo a finalità
turistico-ricreativa. È per l’appunto la proposta di ”aggiustamento” arrivata
dagli uffici regionali, alla quale gli uffici comunali devono attenersi per
legge, ad aver amplificato la riforma liberal delle spiagge già prevista dal
Piano regolatore. Infatti è proprio la Regione ad aver emendato i margini di
manovra nelle zone ”G1b2”, aggiungendo «la realizzazione di eventuali pontili»
tra i lavori «ammessi con strumento diretto». Ed è sempre la Regione, per quanto
riguarda poi la zona ”G1b1”, ad aver portato dai 35 pensati dal Comune a 40 i
metri quadrati massimi per i punti ristoro. E non è tutto: sempre per la prima
fascia costiera a destinazione «balneare turistica» l’amministrazione Tondo
aumenta anche l’indice di copertura delle strutture consentite non più con
«strumento diretto» ma «attraverso piano attuativo» dal 5% che compariva nel Prg
adottato dal Consiglio comunale al 20%. Vi sono poi quattro correzioni per
altrettante destinazioni urbanistiche previste originariamente dal nuovo Piano
regolatore. Una è la trasformazione dovuta, da area vincolata ”L2” sovrapposta
al porticciolo di Grignano ad area balneare ”G1b2” così come il Riviera 2, del
tratto costiero sul quale insiste lo stabilimento Sirena 1. Una denominazione
sballata nella forma, che non coincideva più con la sostanza dello stato delle
cose. Una seconda correzione frena invece l’indice di ”toccabilità” del
porticciolo del Cedas, che da ”L2” sarebbe stato promosso a ”G1b1”, in omaggio
alla continuità della costa barcolana, e che invece la Regione retrocede
nuovamente a ”L2”. La terza, al contrario, promuove a zona balneare da ”L2” a
”G1b2” l’area del porticciolo dei Filtri di Aurisina, di fronte al vecchio
Laboratorio di biologia marina oggi sotto la bandiera dell’Ogs. L’ultima, di
queste correzioni, è come detto la più pesante. E significativa: riguarda
l’inserimento di tutto il segmento del bagno Sticco in prima fascia ”G1b1”,
senza l’appendice depotenziata in fascia ”G1b2”. Questo consente a Paolo
Salviato, il titolare di Sticco, di dare presumibilmente un senso compiuto alla
concessione di 15 anni datagli di recente dalla Regione a fronte di una gara,
per la gestione dell’area stessa, vinta in virtù di progetto di rinnovamento e
potenziamento turistico dello stabilimento da 550mila euro d’investimento,
progetto che prevede anche un parcheggio per motorini sulla terrazza e un punto
ristoro rialzato per difendere le strutture dagli attacchi sempre più insistenti
delle mareggiate.
(pi.ra.)
Piano traffico cestinato, indaga la Corte dei conti -
Sotto la lente d’ingrandimento i 117mila euro spesi per la consulenza del
professor Camus
IL DOCENTE ERA STATO ”LICENZIATO” PERCHÉ VOLEVA
PEDONALIZZARE CORSO ITALIA
Il Piano del traffico affidato nel 2003 dalla prima giunta Dipiazza al
professor Roberto Camus (e poi bloccato con la rescissione consensuale del
contratto nel 2008) è finito sotto la lente del procuratore della Corte dei
conti Maurizio Zappatori. Per il progetto mai concretizzato - e ora praticamente
chiuso in un cassetto del municipio - sono stati spesi quasi 117mila euro, su un
preventivo deliberato all’epoca di 137mila. Ma le idee - costate appunto 117mila
euro - non sono mai state realizzate.
Il traffico caotico, le rive intasate, la mancanza di parcheggi, i disagi
insomma sono rimasti a Trieste come prima che venisse affidato l’incarico al
preside della facoltà di ingegneria. Il magistrato contabile ha acquisito gli
atti relativi alla complessa vicenda. Intende verificare se la delibera con la
quale era stato incaricato il docente universitario sia stata di fatto inutile,
o piuttosto - se dopo la rottura con la giunta alla fine del 2008 - quelle
analisi siano state dolosamente inutilizzate. In ogni caso sono stati pagati
appunto 117mila euro di denaro pubblico senza che la città ne abbia avuto un
concreto beneficio. Dunque un danno erariale. Al momento il fascicolo non
attribuisce alcuna responsabilità. Si tratta di un’indagine praticamente contro
ignoti. Per verificare le responsabilità all’origine degli sprechi.
Era il 4 dicembre del 2003. Quel giorno la giunta presieduta da Roberto Dipiazza
aveva approvato la delibera per incaricare il professor Camus, preside della
facoltà di ingegneria. Compenso 137mila euro. L’accordo formalizzato prevedeva
una serie di adempimenti sia di tipo tecnico ma anche di incontri con le
associazioni di commercianti e artigiani per delineare un documento che
rappresentasse le esigenze di tutti e nello stesso tempo rendesse più scorrevole
la viabilità in città. Le prime due fasi del «processo» erano andate avanti
tranquillamente e il Comune aveva versato al professionista in due tranche la
somma complessiva di 110mila euro.
Il guaio era scoppiato nell’autunno del 2008 quando Camus aveva consegnato la
bozza in cui prevedeva la pedonalizzazione di corso Italia. Ma di questo se
n’era già parlato fin dal 2006. In quattro e quattr’otto la sua testa era
rotolata sutto la scure della giunta. Il sindaco nell’occasione aveva dato il
benservito al consulente interrompendo ogni rapporto professionale. La giunta
aveva acquisito il documento incompleto di Camus ripromettendosi di «far
completare l’iter tecnico amministrativo del piano a cura degli uffici
comunali». E ovviamente aveva disposto il pagamento di circa 7mila euro al
professionista. Ma la bozza è praticamente rimasta inutilizzata.
Il sindaco Dipiazza ieri non ha voluto rilasciare dichiarazioni. «Non parlo di
questa faccenda», è stato il suo secco commento. Camus ha detto: «La Corte dei
conti fa il suo lavoro. Io ho fatto il mio dovere. A un certo punto la questione
si è incastrata sulla pedonalizzazione di corso Italia e in giunta la proposta
non è passata...».
CORRADO BARBACINI
PIANO DEL TRAFFICO - L’esperto consegnò il suo lavoro
nel 2005 - Troppi ostacoli politici: Dipiazza fu costretto ad accantonare il
piano
CRONACA DI UN PROGETTO MAI NATO
La «gestazione» del piano del traffico finito sotto la lente della Procura
della Corte dei conti dura dal 2003, quando la prima giunta Dipiazza affidò a
Roberto Camus, attuale preside della facoltà di Ingegneria, l’incarico di
redigere un progetto di revisione della mobilità cittadina. Una consulenza lunga
e tecnicamente complessa. Camus consegnò in Municipio il suo lavoro nel febbraio
2005, ma di lì a poco la discussione politica sulla bozza si arenò. A tirare il
freno, in particolare, fu Alleanza Nazionale, contraria alla «retrocessione» di
Corso Italia (considerata un’arteria troppo importante per il flusso veicolare)
ad asse di scorrimento per soli bus. Gli altri principali nodi della discordia?
In primo luogo la proposta di via Torrebianca e via San Francesco aperte al
traffico in salita. In seguito il dibattito si sarebbe acceso anche su via
Mazzini da aprire in via sperimentale per un tratto, secondo un’ipotesi di
Dipiazza, ai mezzi privati.
Mentre la bozza Camus veniva tenuta top-secret, Forza Italia con Paolo Rovis
provò a forzare proponendo il sito internet per un Corso Italia libero dalle
macchine. Il braccio di ferro fu «interrotto» in vista delle elezioni
amministrative del 2006 che sancirono il mandato-bis a Dipiazza. La bozza Camus,
quindi, uscì timidamente dai cassetti municipali e finì al Piccolo per mano
anonima. Era agosto del 2007. Alla fine del 2008 la rescissione contrattuale con
Roberto Camus.
Aurisina, conferenza sulla Ferrovia Meridionale
Oggi alle 17, alla Franz Josef Stube di Aurisina Stazione
39, si tiene una conferenza con proiezioni sul tema «La ferrovia ad Aurisina dal
1857. Storia della Ferrovia Meridionale Vienna-Trieste».
La rievocazione, organizzata dal Comitato Rilke in collaborazione con
l’Associazione Ferstoria, prevede l’introduzione del presidente di Ferstoria
Leandro Steffè, le relazioni dell’ing. Roberto Carollo e di Franco Gioseffi e le
conclusioni del presidente del Comitato Rilke. Simone Napolitano.
L’iniziativa è stata organizzata con l’intento di sensibilizzare l’opinione
pubblica affinché la struttura di Aurisina Stazione possa ottenere il vincolo di
conservazione da parte della Soprintendenza ai beni architettonici, e possa
anche diventare un’attrazione sul piano turistico.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 aprile 2010
Bg Group, prima vendita al rigassificatore di Rovigo -
Nave con 145 mila metri cubi per Sinergie Italiane: tra i soci Lg l’alleata di
AcegasAps
ROMA BG Group, leader mondiale nel settore del gas
naturale, ha concluso il primo contratto di vendita di gas naturale liquefatto (Lng)
con la consegna del carico di una propria nave metaniera a uno dei più
importanti shipper del nostro Paese, Sinergie Italiane. Il carico è destinato al
rigassificatore della Adriatic Lng di Rovigo e la consegna è prevista per
maggio. La nave porterà circa 145.000 metri cubi di Gnl, il consumo annuo di
circa 60.000 famiglie.
Si tratta della prima capacità disponibile assegnata dal terminale veneto al di
fuori dei contratti di lungo termine e della prima operazione di importazione
via nave di gas liquefatto di Sinergie Italiane. Il gas arriverà per la prima
volta in Italia dalla Guinea Equatoriale, un’importante fonte di
approvvigionamento per il nostro paese.
Sinergie Italiane, operatore energetico da oltre un miliardo di euro di
fatturato, ha chiuso lo scorso anno termico con 3,1 miliardi di metri cubi di
gas venduti, per l'attuale stima 4,3 miliardi di mc e per il prossimo punta a 5
miliardi di mc. La compagine azionaria di Sinergie vede le due quotate,
Ascopiave ed Enìa, con una quota del 27,61% del capitale ciascuna, un altro
27,61% fa capo a Blugas che fra i soci vede oltre alla mantovana Tea ed Estra di
Prato Linea Group che sta completando una fusione con la multiutility
triestino-padovana AcegasAps. Blugas vede poi il 7,18% di Aeb di Seregno, il
6,86% Amga di Legnano e il 3,14% della milanese Utilitaà Progetti e Sviluppo.
Quanto a volumi di gas gestiti Sinergie Italiane si posiziona come quarto
operatore in Italia, dopo Eni, Enel ed Edison, e secondo dopo Eni nel segmento
civile.
«Sinergie Italiane è dalla sua costituzione impegnata in un processo finalizzato
alla definizione di un sistema di approvvigionamento integrato, efficiente,
sicuro e flessibile in grado di cogliere appieno le opportunità del mercato
libero. In quest’ottica l’allargamento del perimetro di riferimento alle fasi
del LNG costituisce un passaggio obbligato» afferma Flavio Battista, ad della
società.
Parte la crociata anti-Ogm di 55 associazioni «La
Regione deve vietare la coltivazione»
UDINE Lanciano una proposta di legge anti-Ogm. La
consegnano a Claudio Violino e ai capigruppo. Ma chiamano Renzo Tondo alle sue
responsabilità di governatore: «Per lui è la prova del nove». Sono in tanti,
cinquantacinque, tra enti e associazioni, decisi a fare pressing sulla politica
perché trasformi in legge l’articolato a tutela dell’agroalimentare
tradizionale. Andasse male, sono pronti ad altre forme di ”lotta democratica”,
compresa una raccolta firme sul territorio regionale.
Coldiretti, Legambiente, Wwf, Aprobio e Slow Food guidano la delegazione. «Non è
una proposta di legge contro qualcuno - spiega Elsa Bigai, direttore regionale
di Coldiretti - ma per un’agricoltura di qualità». I relatori, a Udine, non
citano Futuragra, l’associazione che, forte di una sentenza del Consiglio di
Stato, è pronta a seminare Ogm nella piccola Vivaro, in provincia di Pordenone.
Ma quegli agricoltori, convinti che il geneticamente modificato sia «sano», sono
nel mirino. Al punto che la Bigai attacca: «Decidessero di seminare,
commetterebbero un atto illegale».
E allora, per mettere in sicurezza il Friuli Venezia Giulia, ecco una proposta
di legge di 8 articoli - che verrà consegnata lunedì 12 aprile all’assessore
Claudio Violino -, un testo che chiama la Regione alla tutela del valore
ecologico della biodiversità, al conseguente divieto di coltivazione di
organismi Ogm, all’adozione di misure idonee a garantire la purezza delle
sementi e l’integrità delle produzione, all’emissione di un codice di tutela e
informazione per garantire qualità e trasparenza, alla promozione del tipico e
del biologico. «In Europa - ricorda Cristina Micheloni dell'Aiab - ci sono poche
decine di migliaia di ettari coltivate Ogm, un puntolino insignificante che può
essere facilmente cancellato». Roberto Pizzutti, Wwf, sottolinea invece che la
messa a punto di una semente Ogm costa dai 100 ai 200 milioni di dollari,
«mentre nulla o quasi viene speso per la ricerca sugli effetti sui terreni,
sugli animali e sulle persone». «Gli Ogm - insiste la Bigai - non risolvono un
solo problema fra quelli che si propongono di risolvere: non la fame nel mondo,
non la difesa del territorio, dell’ambiente e soprattutto delle tipicità». «Con
questa legge - aggiunge Giorgio Cavallo, presidente di Legambiente - si
restituisce alla Regione il diritto-dovere di governare il territorio nella sua
complessità». «Questa proposta - conclude Giorgio Dri, presidente di Slow Food
Fvg - sposa il nostro slogan del cibo ”buono, pulito e giusto”, che non può che
vedere alleati tutti i cittadini consumatori e quindi anche i politici». E
Violino? «La mia posizione è nota, leggerò la proposta con attenzione».
MARCO BALLICO
OGM - «A Vivaro la semina dimostrativa» - IL SEGRETARIO
DI FUTURAGRA TIRA DRITTO
PORDENONE «La semina dimostrativa si farà e si farà a
Vivaro». Giorgio Fidenato, segretario di Futuragra, non ha dubbi: «useremo tutti
gli strumenti legali per far valere il diritto a seminare Ogm». Nel giorno in
cui l'associazione prende posizione con il presidente Duilio Campagnolo
definendo grave «se i ministri Prestigiacomo e Fazio accettassero l'invito a
firmare il decreto anti-Ogm del ministro Zaia sul pullman di Greenpeace»,
l'offensiva contro le colture transgeniche si è trasferita in Regione con la
presentazione di una proposta di legge sostenuta da oltre 50 realtà. «La stessa
Coldiretti che nell'audizione dello scorso novembre in consiglio regionale –
ricorda Fidenato – disse che gli ogm non erano il problema di cui l'agricoltura
doveva occuparsi, si è affrettata a presentare una legge per bloccarli. Ho la
sensazione che siamo davanti a un'armata brancaleone».
L'associazione sta proseguendo la campagna per far sentire la voce degli
agricoltori a favore degli Ogm - «nei giorni scorsi abbiamo inviato la petizione
al Ministero con 150 firme» ricorda Fidenato – e non intende fermarsi. «La
semina dimostrativa avverrà come stabilito dalla sentenza del Consiglio di
Stato. Chi cercherà di fermare quello che è un diritto ne risponderà davanti
alla legge. Non intendiamo fermarci». Un avvertimento che riguarda anche chi,
come l'assessore Violino, ha fatto intendere che i campi seminati potrebbero
essere sequestrati dall'autorità giudiziaria. «In quel caso – continua il
segretario di Futuragra – valuteremo gli estremi di una denuncia per abuso di
potere».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 aprile 2010
Testa di capra mozzata a un militante ambientalista -
ATTO INTIMIDATORIO AL RESPONSABILE DI ”GREEN ACTION”
Lasciata sul pianerottolo davanti all’appartamento di
Roberto Giurastante che abita a Roiano
Tre le 12.30 e le 14.10 di ieri mani ignote hanno depositato una testa
mozzata di capretto davanti alla porta d’ingresso dell’appartamento
dell’esponente ambientalista Roberto Giurastante. Per compiere questo gesto di
intimidazione il minaccioso ”messaggero” è salito indisturbato fino al quinto
piano di uno stabile di Roiano in cui vivono quaranta famiglie. Poi ha malamente
coperto la testa sanguinolenta con lo zerbino e ha riguadagnato la strada.
Nessuno al momento sembra essersi accorto dell’intrusione.
La testa mozzata del piccolo e inoffensivo animale è stata scoperta dallo stesso
Roberto Giurastante. È rientrato per il pranzo poco dopo le 14 e la sua
attenzione, una volta raggiunto il quinto piano, è stata attirata dallo zerbino
stranamente rigonfio.
«C’era qualcosa nascosto al di sotto. Ho sollevato il tappetino e ho visto sulle
piastrelle del pavimento la testa dell’animale decapitato. Sangue, la mandibola
fracassata, qualche lembo di pelle sulle ossa bianche. Ho capito che qualcuno
voleva intimidirmi, farmi paura usando il linguaggio tipico degli avvisi di
mafia. Sono entrato nell’appartamento, ho rassicurato mia mamma e ho avvisato la
polizia».
Oltre agli investigatori della Digos nel grande condominio di Roiano sono
arrivati i carabinieri della Compagnia di via Hermet. Solo un anziano inquilino
più tardi ha riferito di aver sentito del trambusto sulle scale. Nessuno ha
riferito altri dettagli anche se il trambusto forse è attribuibile agli uomini
della forze di sicurezza più che al minaccioso avvisatore. Va aggiunto che il
portone d’ingresso dello stabile è sempre chiuso. Per farselo aprire una
qualunque persona deve suonare uno dei campanelli e rispondere alla domanda che
gli viene rivolta attraverso il citofono. Le soluzioni per accedere sono
comunque infinite. «Posta», «ho dimenticato le chiavi», «cerco tal dei tali». Un
clic e il gioco è fatto. Certo è che una testa sanguinolenta di capretto non può
essere esposta agli sguardi. Però basta una borsa, un capiente sacco di plastica
per nasconderla alla curiosità altrui.
In un attimo posto tra le 12.30 e le 14.10 i poveri resti dell’animale escono
allo scoperto, vengono lasciati sul pavimento e coperti con lo zerbino. rari
inquilini raggiungono il quinto piano e il macabro «messaggio» può essere
abbandonato in attesa del destinatario.
A Trieste qualcosa di analogo non è mai stato registrato dalle cronache. Un
gatto morto era stato lasciato in modo inequivoco all’esterno dell’abitazione di
un importante magistrato. Ma teste mozzate di capretti fino a ieri non erano mai
entrate a far parte del linguaggio intimidatorio cittadino.
«La testa non è stata acquistata in una macelleria o in un supermercato. Lo
provano i lembi di pelle lasciati sulle ossa del cranio» ha spiegato Roberto
Giurastante agli inquirenti che hanno comunque prelevato «il corpo del reato».
L’inchiesta non si rivela facile. L’ambientalista vittima dell’intimidazione da
anni invia alla magistraturea italiana ed europea, esposti, segnalazioni,
denunce congiunte a richieste di far luce su presunti intrecci societari,
conflitti di interessi, violazioni delle norme che regolano gli appalti.
Parecchie di queste ”frecce” hanno colto nel segno e Roberto Giurastante non è
molto amato in certi ambienti. Ma c’è anche una seconda possibilità che chiama
in cause le sette che nottetempo usano il Carso e le grotte per i propri riti.
«Ne ho scritto in un libro che sta per uscire. Non è un mistero che in città vi
siamo molti satanisti che non gradiscono che l’informazione si occupi di loro.
Presenterò la denuncia nelle prossime ore negli uffici della Procura. Del resto
non è la prima volta che debbo difendermi. Un anno fa strane telefonate erano
giunte al mio apparecchio dalla Nigeria. Al di là del rumore di fondo le voci
parlavano in italiano...».
CLAUDIO ERNÈ
Parcheggio Opicina, l’affondo della Tam - Il consigliere comunale: «Tutti sapevano che era stata concessa l’edificabilità»
«Com’è possibile che tutti dicano di non saper niente
dell’edificabilità concessa al terreno adiacente al nuovo parcheggio di Opicina?
Io personalmente avevo presentato un emendamento perché fosse riportato a ”zona
servizi”. Ed è stato bocciato». Bruna Tam, consigliere comunale Pd, ha preso
nota che sulla complicata questione che riguarda un intreccio di proprietà e uso
di suolo pubblico tra Comune e Regione, con finale vendita del terreno
”edificabile” a privati, è stato presentato un esposto sia in Procura e sia alla
Corte dei conti, ma è trasecolata quando consiglieri comunali d’ogni colore
(compresi i suoi compagni di partito) hanno affermato: «Non sapevo nulla, in
sede di piano regolatore la questione è sfuggita, non ce ne siamo accorti».
Sullo sfondo il rischio che sia accertato un danno erariale, e che se il
magistrato ravvisasse anche dolo, ciascun consigliere potrebbe essere chiamato a
ripianare in proprio.
L’area in questione è al quadrivio di Opicina. Su terreno regionale avuto in
concessione il Comune ha costruito un parcheggio spendendo 500 mila euro. Per
qualche motivo, o disguido, il Comune non ha espletato poi le pratiche di
esproprio. La Regione ha messo all’asta il terreno. Che la Palazzo Ralli spa,
unico concorrente, ha comprato per 258 mila euro (la metà del costo del park,
che oggi i cittadini potrebbero esser chiamati a pagare come se fosse privato,
di fatto lo è), e ha acquistato anche un terreno adiacente.
Per uscire dal pasticcio il Comune, in sede di piano regolatore, ha reso
edificabile la seconda area, sperando così di riavere gratuitamente il
parcheggio sfuggito di mano. I terreni adiacenti sono passati da 17 a 250 euro
al metro. Il parcheggio costato circa 500 mila euro oggi vale circa il doppio.
«Quell’emendamento l’avevo fatto per solo buon senso ai tempi del piano
regolatore - protesta con sorpresa Bruna Tam -, non sapevo nemmeno del pasticcio
che c’era dietro, e quando gli uffici avevano dato parere tecnico favorevole, ma
avvertendo che l’area era oggetto di trattative ”per la soluzione del problema
dell’attiguo parcheggio”, ho pensato che fossero problemi di ordinaria
amministrazione. L’emendamento è stato bocciato: 32 i presenti, 11 i favorevoli
(il centrosinistra), 21 i contrari (la maggioranza)».
«Mi meraviglio perciò che nessuno - continua Tam - e soprattutto il buon Sasco,
presidente della commissione urbanistica che sa sempre tutto, si sia accorto che
quella zona aveva una storia». Eppure così è, e la Tam ne approfitta per
criticare le procedure stesse di esame dei documenti consiliari: «È necessario
cambiare le regole di lavoro in consiglio - afferma -, i tempi sono sempre
stretti, gli emendamenti vengono consegnati all’ultimo momento, le commissioni
si fanno pochi giorni prima di andare in consiglio senza dar tempo di
approfondire e quindi votare con cognizione di causa. Per non parlare - conclude
- degli emendamenti consegnati durante la seduta e che nel caso di delibere
importanti (piano regolatore, bilancio) riesci a malapena a leggere, non ti
rendi conto delle loro conseguenze. Può passare sotto il naso una proposta che
potrebbe evitare grossi problemi. E nessuno se ne accorge». (g.z.)
Eolico offshore, patto Ansaldo-Fincantieri - ANCHE SE
IL PROGETTO DEL SITO NEL GOLFO DI TRIESTE È FERMO
Sfida al piano di Hyunday. L’ad Gemme: «Cerchiamo un
terzo partner industriale»
MONFALCONE Ansaldo sistemi industriali partner con Fincantieri per aggredire
il mercato dell’eolico offshore e contrastare a livello globale il piano
lanciato da Hyunday. A solo qualche settimana l’accordo tra le due aziende dopo
l’incontro tra l’amministratore delegato di Ansaldo, Claudio Gemme, e quello di
Fincantieri, Giuseppe Bono: sito produttivo per iniziare a lavorare Monfalcone
dove Ansaldo ha investito 15 milioni per un nuovo capannone dedicato alla
costruzione sia di propulsori per navi che di tecnologia eolica.
Ansaldo è già da tempo nel mercato delle energie rinnovabili, ha in progetto la
realizzazione di un sito eolico off shore nel golfo di Trieste e si è
aggiudicata tramite la Kerself (società italiana leader nel settore) una
commessa da 35 milioni per fornitura di componenti in impianti fotovoltaici in
Puglia. Ma in Italia, nonostante gli annunci, i progetti (anche quello di
Trieste) non decollano e Ansaldo ha deciso di dare una spallata puntando a una
diversificazione globale.
«Vista la difficile congiuntura economica e considerati i buoni rapporti con
Fincantieri che ha una presenza capillare in Italia penso sia giunto il momento
di investire nell’eolico off-shore – spiega Gemme. – Quando ho visto Hyunday che
dice di voler invadere il mercato ho chiamato subito l’ad di Fincantieri Bono e
gli ho detto: ufficializziamo il nostro accordo e proponiamo al mercato
l’alleanza industriale Ansaldo-Fincantieri con una terza società altamente
specializzata nel settore pale».
Tre le tipologie individuate: piattaforme off-shore con impianti eolici da 15,
60, 90 metri. Ansaldo realizza le turbine e gli impianti di generazione,
Fincantieri pensa alla carpenteria, dalla piattaforma offshore alla struttura e
alla navicella che accoglierà le pale.
«La partnership che intendiamo sviluppare con Asi per la realizzazione di
piattaforme eoliche offshore – spiega l’ad Bono – è un ulteriore segno
dell’attenzione che da sempre, e sempre più, Fincantieri dedica all’innovazione
tecnologica volta a ridurre l’impatto delle navi, nell’ottica di quel connubio
tra crescita economica e rispetto ambientale che non è una moda, ma una sfida
ormai globale».
Fincantieri nonostante la crisi sta mordendo il mercato, ha ottenuto le uniche
commesse di navi da crociera tra 2009 e 2010, è impegnata sul fronte dei
megayacht, del militare, della componentistica. Un’azienda flessibile a 360 su
tutti i campi legati al navale comprese le piattaforme off-shore di tutti i tipi
(recentissima la proposta delle carceri galleggianti.
«Con la tecnologia delle costruzioni e delle realizzazioni navali di Fincantieri
e la nostra capacità nel settore dei motori elettrici – aggiunge Gemme – è nato
l’accordo di qualche settimana fa. Che è propoedeutico ad alleanze che ci vedrà
coinvolti pure negli Usa dove Fincantieri ha acquistato degli stabilimenti.
Vogliamo guardare a ciò che dice il presidente Barak Obama sul fronte delle
energie rinnovabili». E proprio per questo Ansaldo, ne dà notizia Gemme, ha
appena costituito una «newco»: AnsElectric. «Abbiamo costituito la società
nemmeno un mese fa – conferma l’ad – e ci siamo insediati a Houston. Vorremmo
lavorare assieme a Fincantieri nel settore eolico pure negli Usa. Hyunday è
furba, ma noi non siamo da meno soprattutto sul fronte della tecnologia».
Dagli Usa all’Italia dove Ansaldo conta di lavorare molto: «Il mercato della
produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile dovrebbe crescere del 15%»
spiega Gemme. Una sfida che intriga molto Fincantieri: «Per noi che siamo
un’azienda poco o affatto inquinante la sfida del green passa tutta per il
prodotto – conclude Bono – ricordo a questo proposito l’accordo che abbiamo
stipulato di recente con Abb per la realizzazione e la fornitura fornitura di
sistemi Hsvc che, destinati all’alimentazione elettrica delle navi da terra,
abbattono le emissioni inquinanti durante la loro pemanenza in porto».
GIULIO GARAU
Volontariato, la sfida Castellano-Gregori - In campo
due candidati triestini per il rinnovo delle cariche al Centro servizi
Il consigliere uscente: «Bisogna promuovere la
partecipazione dei soci» Il direttore di Help: «Serve un ricambio generazionale»
Si avvicina il tempo delle elezioni anche per il mondo del volontariato
regionale che verrà chiamato a rinnovare le cariche sia del Comitato regionale
sia del Consiglio direttivo del Centro servizi.
In entrambi gli organismi vengono eletti i rappresentanti delle 4 province.
Gennaro Andino Castellano è il consigliere uscente in carica per Trieste al
Centro servizi volontariato. Da sempre è impegnato nel mondo
dell'associazionismo. «Sono uno dei fondatori del Movi regionale e provinciale,
il Movimento di volontariato italiano. Qui è nato nel 1989 con lo scopo di fare
da supporto alle associazioni più piccole. Siamo stati noi a rappresentare la
regione al tavolo nazionale, che nel 1991 ha dato vita alla legge sul
volontariato e ha istituito in tutta Italia il Centro servizi per il
volontariato. È anche vero che siamo stati gli ultimi, nel 2001, ad aprire gli
uffici».
Nel corso del suo mandato Castellano ha potuto vedere da vicino come il
direttivo ha lavorato e non nasconde qualche perplessità. «I soldi che
all'inizio quasi non si sapeva come spendere, adesso, anche grazie alla positiva
azione di promozione e sviluppo, sono diventati una coperta stretta. Sarà
necessario fare delle scelte chiare per migliorare la qualità dei progetti e non
puntare solo ad una crescita quantitativa». C'è poi secondo Castellano una
scarsa partecipazione da parte dei soci: «All'ultima assemblea per
l'approvazione del bilancio ha partecipato solo il 10% dei soci con 51 voti».
Per il futuro si aspetta che il mondo del volontariato continui sulla sua strada
«Gratuità, trasparenza e partecipazione. A conclusione del mandato posso dire di
aver ottenuto la nuova sede del Centro servizi che, rispetto alla precedente,
non ha più barriere architettoniche. Di aver avviato lo sportello orientamento
che già facevamo come Movi».
E non sono mancate le polemiche che hanno interessato l'associazionismo
triestino con la discesa in campo di Pierpaolo Gregori uno dei candidati a
prendere il posto di Castellano. Editore e direttore responsabile della rivista
Help, Pierpaolo Gregori da tre anni è entrato a far parte del mondo del
volontariato triestino. In poco tempo si è fatto spazio e l'anno scorso ha
fondato la Federazione del volontariato di Trieste. Tanti gli obiettivi, tra
tutti quello di mettere in rete le associazioni e favorire l'entrata dei giovani
nel mondo del volontariato: «Il problema è che manca il ricambio generazionale,
c'è una certa difficoltà a trovare giovani che vogliono spendersi in azioni di
solidarietà. Lo scopo della nostra federazione è questo. Poco si è fatto perché
le associazioni si conoscano tra di loro, non si sono fatte azioni di messa in
rete. L'unione fa la forza e solo così si può avere un maggiore impatto sul
territorio». Ha colto la palla al balzo Gregori, quest'anno le linee guida
indicate dalla regione riguardano proprio il mondo dei giovani, favorire la
formazione dei giovani e avvicinarli alle attività del volontariato: «Mi candido
per il direttivo del Centro Servizi ma con la Federazione vogliamo porci al suo
fianco per dare un aiuto alle associazioni non solo a Trieste, ma in tutta la
regione. Sono 27 per ora le associazioni federate, ma in tutto abbiamo avuto 50
contatti».
IVANA GHERBAZ
VOLONTARIATO - Trecento associazioni e oltre 15mila
soci - L’attività va dallo sport, alla tutela dell’ambiente fino alla lotta alle
malattie
Benessere, lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Da
tempo accanto alle politiche attive messe in campo dai governi si inseriscono
tutte quelle attività di promozione sociale destinate a migliorare la vita della
collettività e fondate sul volontariato.
Così il mondo del volontariato collabora alla realizzazione di azioni che
favoriscono e migliorano la qualità della vita. Ci sono associazioni di
volontariato che tutti conosciamo, solo per fare qualche esempio Emergency,
Legambiente, Telefono azzurro, la Protezione civile, ma accanto a queste esiste
una miriade di piccole associazioni che sostengono la partecipazione, la
solidarietà e il pluralismo.
E il 2011 sarà l'Anno europeo per il volontariato a segnare come il contributo
dato alla coesione sociale sociale ed economica sia irrinunciabile. Se in Europa
sono più di 100 milioni le persone che si dedicano al volontariato, questo è un
settore che rappresenta in media il 5% del Pil delle economie nazionali. Anche a
Trieste il contributo dato dal mondo del volontariato non è trascurabile. Sono
quasi 300 le associazioni attive in città e iscritte al registro regionale del
volontariato con un totale di quasi 15.500 soci. Associazioni che si occupano
delle più svariate attività dalla cultura allo sport, alla tutela dell'ambiente,
al sostegno dei diritti civili, dalla lotta alla malattie rare alla cura dei
disabili o dei bambini.
Tutte hanno la stessa finalità: la solidarietà, l'assenza dello scopo di lucro,
e la garanzia della democraticità al suo interno. Un mondo complesso che si è
dato delle regole precise a partire da una legge nazionale che ne riconosce il
valore e la funzione sociale e demanda alle singole regioni il compito di
stabilire le finalità per l'accesso ai finanziamenti e lo svolgimento delle
attività. Gli organismi di riferimento per le organizzazioni di volontariato
garantiscono la trasparenza delle attività, oltre a dettare degli indirizzi sui
quali concentrare azioni e politiche comuni. Di quest'ultimi si occupa il
Comitato regionale del volontariato che vede al suo interno oltre ai sette
rappresentanti delle organizzazioni di volontariato che operano sul territorio
anche i delegati regionali, provinciali e comunali.
Lo scorso anno il mondo del volontariato in regione ha movimentato 2 milioni di
euro in risorse destinate ai progetti. Cifre di tutto rilievo che vengono
amministrate dal Comitato di gestione. Ne fanno parte, oltre ai rappresentanti
regionali e delle associazioni anche le fondazioni bancarie che destinano al
fondo regionale del volontariato una parte degli utili che poi saranno impiegati
per sostenere i progetti delle associazioni iscritte al registro regionale. Ed è
il Centro servizi per il volontariato, con cinque sedi in regione, a gestire i
fondi, un importante punto di riferimento per le associazioni. A Trieste sono
due le sedi che offrono agli associati, gratuitamente così come previsto, i
servizi più svariati.
(i.gh.)
«Il nuovo tracciato della Tav salvaguarderà il
territorio di Duino» - SODDISFAZIONE ESPRESSA DAL PD
DUINO AURISINA Soddisfazione per la modifica decisa al
tracciato dell’alta velocità ferroviaria. Ad esprimerla sono gli esponenti del
circolo Pd di Duino Aurisina, che accolgono con favore la scelta di «rivedere il
percorso tenendo conto, da un lato, della necessità di Trieste di non ritrovarsi
tagliata fuori dai traffici europei su rotaia e, dall’altro, dell’esigenza di
non sacrificare il nostro ambiente sull’altare delle contingenze
infrastrutturali». «La nuova ipotesi di percorso della Tav, che prevede una
”direttrice alta” (Ronchi-Duino, Opicina, Sesana, Divaccia) è una bella notizia
- aggiunge Massimo Veronese -. L’intesa su questo tracciato raggiunta dai
partecipanti agli incontri interministeriali Italia-Slovenia, sembra escludere
infatti le gravi conseguenze sul territorio denunciate fin qui dal
centrosinistra di Duino, nel silenzio imbarazzato del sindaco Ret».
Si può prevedere il futuro con i modelli matematici -
Alcune simulazioni numeriche sulla capacità dell’Adriatico di poter ridurre
l’effetto serra
PROGETTO NAZIONALE DELL’OGS - Cosimo Solidoro. «Questo
mare ha una capacità di assorbimento superiore a quella di tanti altri»
Gli ecosistemi cambiano in continuazione, sia per cause naturali sia per le
pressioni che subiscono dall’uomo. Qual è il modo migliore per prevedere scenari
futuri e, dunque, pianificare la gestione e la protezione degli ambienti
naturali e delle loro risorse? «Una possibilità è usare particolari modelli
matematici che permettono di comprendere gli scenari attuali, ma anche, entro
certi limiti, di anticipare i possibili sviluppi futuri», dice Cosimo Solidoro,
ricercatore del dipartimento di Oceanografia dell’Istituto nazionale di
oceanografia e di geofisica sperimentale.
Un esempio di tale applicazione viene da un progetto nazionale chiamato Vector,
a cui Ogs sta dando un contributo anche effettuando simulazioni numeriche che
descrivono la capacità del Nord Adriatico di sequestrare l’anidride carbonica
(CO2) e ridurre così l’effetto serra. «I fattori che regolano la capacità del
mare di assorbire CO2 sono temperatura e salinità - spiega Solidoro -. Se la CO2
disciolta è assimilata nei processi di fotosintesi o trasportata sui fondali,
ecco che il mare può assorbirne dell’altra, aumentando l’effetto tampone nei
confronti di questo gas serra». Il sequestro di carbonio, quindi, è più elevato
laddove vi sono entrambe le situazioni.
Questa stessa dinamica, nota come continental shelf pump e formulata per la
prima volta 10 anni fa per i mari che lambiscono la Cina, vale anche per il Nord
Adriatico. «L’abbiamo testata con i nostri modelli matematici» prosegue Solidoro,
neoeletto presidente della sezione europea dell’Isem, la Società Internazionale
che si occupa di modellistica in ambito ecologico. «I risultati indicano che
questo mare possiede una capacita di assorbimento superiore a quella di altri
mari». Le simulazioni numeriche evidenziano però che negli anni più freddi
l’Adriatico è in grado di assorbire più carbonio rispetto agli anni caldi,
durante i quali gli effetti benefici della continental shelf pump sono ridotti.
«Se è quindi vero che il fenomeno può contribuire a ridurre la concentrazione
dei gas serra permettendone una maggiore dissoluzione in mare è anche vero che
il riscaldamento causato dai gas serra potrebbe, a sua volta, smorzare questa
capacità».
Altri esempi riguardano lo studio degli effetti dei cambiamenti climatici su
specie di interesse commerciale, come le vongole o i mitili, e il supporto alla
pianificazione della gestione dell’ambiente: prima di dare l’ok a una certa
politica (per esempio decidere dove posizionare un collettore di scarico di
certe dimensioni) è possibile simularne gli effetti, e magari confrontare
diverse possibilità per scegliere quella - teoricamente - migliore. È anche
possibile capire che fine fa un inquinante liberato nell’ambiente, per esempio
il mercurio o il nitrato utilizzato nei fertilizzanti, e quali effetti produce.
Cristina Serra
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 aprile 2010
«Fernetti strategica con la nuova Tav» - Il cambiamento
del percorso - Grim: «Il tracciato prescelto farà del Terminal uno dei punti
nodali dei traffici»
È stata accolta con un triplo hurrah al Terminal
intermodale di Fernetti la notizia che la Tav, come annunciato dall’assessore
regionale alle Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi, non penetrerà
direttamente dentro la città sventrando i rioni di Gretta, Roiano, San Giovanni
e Cattinara, bensì, con assenso già ottenuto anche dalla Slovenia, utilizzerà il
vecchio tracciato a Nord sulla linea Aurisina, Opicina che prosegue sul versante
sloveno a Sesana e Divaccia. «La prima ipotesi - commenta Claudio Grim, general
manager del terminal - ci tagliava completamente fuori. Con la nuova soluzione
Fernetti diventa uno dei punti nodali dei traffici e ne risulta esaltata la sua
funzione di retroporto».
Appaiono umani anche i tempi di realizzazione che nel caso si fosse dovuto
sventrare per chilometri la periferia triestina e l’altipiano, lambendo
oltretutto la Valrosandra, sarebbero stati elefantiaci. Il nuovo tracciato, che
invece potrebbe essere realizzato molto più rapidamente, fa assumere un valore
cruciale anche ai lavori che sono partiti qualche settimana fa per concludersi
entro il 30 giugno e che tendono a razionalizzare il tratto appunto tra Opicina
e lo stesso terminal.
Il vecchio collegamento su questo tratto faceva un ghirigoro e i convogli
dovevano attraversare tre passaggi a livello incustoditi. Ora con poche
centinaia di metri di nuovo binario e la spesa di un milione di euro stanziato
dalla Regione su proposta dello stesso assessore Riccardi, il Terminal di
Fernetti risulterà direttamente collegato al porto e in particolare al Molo
Settimo. Molti container potranno essere aperti, smistati o movimentati al
Terminal carsico, praticamente quasi sul tracciato del Corridoio cinque che
dovrà collegare Barcellona a Kiev.
Il treno Molo Settimo-Fernetti era stato attivato nei mesi scorsi per qualche
settimana, ma a causa del percorso accidentato era subito apparso ben poco
competitivo prima di essere definitivamente sospeso per un cedimento della
massicciata. Ora questo collegamento, una volta completato il rifacimento del
tratto Opicina-Fernetti, forse già entro l’estate sarà il primo a venir ripreso
con una cadenza settimanale che però potrebbe presto essere rafforzata. Sarà un
servizio organizzato in collaborazione con la società Alpe Adria: e qui c’è un
altro momento di soddisfazione espresso da Grim e riguarda il fatto che in
particolare la Regione, ma anche l’Autorità portuale, abbiano deciso di
puntellare finanziariamente Alpe Adria per permetterle di non aumentare le
tariffe.
In una fase immediatamente successiva saranno allestiti anche treni blocchi fino
a Belgrado, «tratta per la quale c’è grande richiesta - specifica l’ad di
Fernetti - e che potrà permettere al porto di Trieste di reggere la concorrenza
con gli scali di Capodistria e di Fiume.»
Ma Fernetti ha già anche in progetto due collegamenti cosiddetti Ro-La, quelli
in cui i camion salgono direttamente sui pianali dei vagoni, e gli autisti si
sistemano all’interno di una carrozza del convoglio. Il primo metterà in
comunicazione Fernetti con Ospitaletto in provincia di Brescia da dove
funzionano le coincidenze Ro-La verso la Germania. Il secondo, curato dalla
società ucraina Ukrail-Trans, porterà i treni con i camion caricati negli
autoporti di Fernetti e di Sesana fino alla località ucraina di Tchop, tre
chilometri oltre il confine ungherese, dove cambia lo scartamento dei binari.
«Preoccupa un po’ - aggiunge Grim - il fatto che parallelamente ai lavori da noi
appaltati alla ditta Cenedese, anche le Ferrovie dello Stato non abbiano
incominciato a operare a Opicina sullo scambio dove sta per innestarsi il nuovo
tratto da Fernetti. L’ultima operazione da fare infine - conclude - sarà
elettrificare i 500 metri di binario con cui la linea penetra fin dentro
l’autoporto».
SILVIO MARANZANA
IL WWF ATTENDE LO STUDIO DI FATTIBILITÀ - «Scongiurato
lo scempio»
«Nell’uovo di Pasqua abbiamo trovato la sorpresa: la Val
Rosandra non è più minacciata da assurdi trafori ferroviari». È il commento del
Wwf dopo le indiscrezioni, confermate dall’assessore regionale Riccardi, sul
nuovo tracciato del collegamento Trieste-Divaccia, che non prevede più la
galleria di quasi 36 km sotto la città di Trieste e la Val Rosandra.
«Ci sono voluti anni – aggiunge il Wwf – ma alla fine il buon senso pare abbia
prevalso», dice Dario Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf
regionale. E aggiunge: «La reazione del mondo ambientalista, alpinistico e
speleologico – spiega - di quello scientifico, del Comune di San Dorligo e dello
stesso sindaco di Trieste, è riuscita per fortuna a scongiurare lo scempio,
grazie anche alla maggiore sensibilità e competenza dell’assessore regionale
Riccardi rispetto al predecessore Sonego».
A questo primo passo positivo, però, secondo l’associazione ambientalista ne
devono seguire degli altri. «Esamineremo con attenzione – prosegue Predonzan –
il tracciato al centro del nuovo studio di fattibilità, annunciato per giugno.
Va però ripensato radicalmente anche il problema del collegamento tra Trieste e
Ronchi, poiché il progetto Tav del 2003 (bocciato dai ministeri dell’Ambiente e
dei Beni culturali e poi ritirato nel 2005) implicava per questa tratta impatti
ambientali analoghi a quelli della Trieste-Divaccia sotto la Val Rosandra».
Il Wwf ritiene che per potenziare il trasporto ferroviario merci e passeggeri in
Friuli Venezia Giulia sia indispensabile una visione sistemica ai problemi del
trasporto, favorendo l’ingresso di altri soggetti, in concorrenza con Trenitalia
e FS, nel sistema ferroviario.
Treni, venti milioni per rinnovare il parco mezzi -
Fondi anche per la viabilità: 30 milioni. E altri 29 milioni al sito inquinato
di Trieste
«Rimodulato il piano finanziario: gli interventi
andranno condivisi con le categorie» - PRONTI I SOSTEGNI FAS ASSEGNATI DAL CIPE
TRIESTE Il miglioramento del Trasporto pubblico locale passa anche
attraverso i fondi Fas. Il Programma attuativo regionale (Par) proposto da
Sandra Savino prevede 20 milioni per il rinnovo del parco rotabile ferroviario e
altri 30 per opere di viabilità considerate strategiche per lo sviluppo
competitivo del Friuli Venezia Giulia: le aree sono quelle dell'Aussa Corno e la
Strada Barcis. Complessivamente 50 milioni, quasi un terzo di un pacchetto di
oltre 178 milioni.
Le risorse Fas sono stabilite ogni anno dalla legge finanziaria nazionale e
assegnate dal Cipe al fine di perseguire l'obiettivo del riequilibrio economico
e sociale tra le diverse aree del Paese. I fondi assegnati al Friuli Venezia
Giulia con la delibera Cipe 166/2007 ammontavano a 190.159.000 euro ma, a
seguito delle decurtazioni effettuate con successivi provvedimenti legislativi,
l'ammontare è stato rideterminato in 178.207.000 euro, fatta salva l'ipotesi
della ricostituzione del fondo iniziale dopo il 2011 nel caso di sussistenza di
maggiori risorse destinate al Fas o in un quadro di finanza pubblica più
favorevole e di disponibilità di risorse già programmate e non utilizzate sul
medesimo fondo.
Tenendo conto di questi vincoli, l'assessore alle Risorse finanziarie Savino ha
modulato il Piano finanziario del Par - lo strumento nel quale sono
rappresentate le linee di azione strategica individuate dall'amministrazione
regionale finanziate con il Fondo Aree Sottoutilizzate (Fas) - per il periodo
2007-2013. E' l'avvio di un lungo iter che porterà all'approvazione definitiva
del documento a conclusione del processo di Valutazione ambientale strategica,
di partenariato istituzionale e socio economico e dopo la presa d'atto del Cipe.
«In questo primo elaborato - spiega la Savino - è stato definito un quadro di
azioni volte al sostegno di interventi destinati a garantire sostanziali impatti
sul territorio, finalizzati a obiettivi di riequilibrio economico e sociale che
andranno ora condivisi con le categorie e il mondo politico». Il Piano
finanziario è stato modulato sulla base dei fondi assegnati dalla delibera Cipe,
mentre le scelte della destinazione delle risorse sono state effettuate sulla
base degli indirizzi impartiti dalla giunta regionale con delibera di generalità
risalente al novembre 2008, che individuava cinque assi di macroarea sui quali
intervenire: accessibilità; ambiente ed energia; competitività; sviluppo locale
e assistenza tecnica.
Di qui il riparto che assegna 50 milioni per il potenziamento degli standard del
trasporto pubblico, con particolare attenzione per gli assi ferroviari. Altri 68
milioni sono indirizzati al ripristino ambientale del Sito inquinato di Trieste
(29 milioni) e per adeguamento e potenziamento dei sistemi di depurazione delle
acque reflue urbane (39 milioni, destinati in particolare al depuratore di
Servola).
Sull'asse della competitività ecco altri 25,5 milioni per migliorare la
competitività di distretti, cluster e filiere produttive in crisi e accrescere
l'offerta di ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico.
(m.b.)
Omero e Tam: «Il Piano casa non va applicato in
Costiera» - OSSERVAZIONE DEL PD AL PRG
«Bene fa il sindaco a mantenere un controllo pubblico
sull’applicazione del nuovo codice regionale dell’edilizia, ma questo non
limiterà i rischi di ulteriore cementificazione in zone ad alto valore
paesaggistico e nel centro storico stesso». Lo sostiene Fabio Omero, capogruppo
in Consiglio comunale del Pd, che proprio per «limitare tali rischi» ha
presentato assieme alla collega di partito Bruna Tam un’osservazione al Prgc,
affinché il codice dell’edilizia non si applichi affatto sulla Costiera e perché
gli ampliamenti, nel limite massimo complessivo di 200 metri cubi, finalizzati
al miglioramento della qualità architettonica e della qualità energetica e
igienico-funzionale non possano essere realizzati in deroga alle distanze,
superfici e volumi previsti dalla Variante generale 118. «L’accoglimento o meno
dell’osservazione del Pd - sostengono - sarà così la cartina di tornasole per i
proclami del sindaco di aver limitato le cubature con il nuovo Prgc».
Oltre 100 specie vegetali scomparse dal nostro Carso -
L’analisi di Livio Poldini: «Declino biologico causato dall’azione dell’uomo»
DOMANI LA PRESENTAZIONE DEL SUO LIBRO
Dalla fine dell’800 a oggi il Carso triestino e goriziano ha visto la totale
estinzione di ben 119 specie vegetali. Un fenomeno riscontrato in particolare
negli ambienti umidi e nelle aree dove sono presenti coltivazioni cerealicole,
ma registrato anche nelle zone costiere, nei prati e nei pascoli. «Le specie
scomparse diventano 130 se si tiene conto che alcune non sono più presenti sul
Carso in Italia, ma lo sono in Slovenia - spiega Livio Poldini, professore
emerito della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali.
Ma quali sono le cause di questo declino biologico? Il modo in cui è cambiato
l’utilizzo del suolo da parte dell’uomo, con la conseguente distruzione degli
habitat naturali, il riscaldamento climatico e l’ingresso di specie aliene.
Fattori analizzati nel volume di Livio Poldini ”La diversità vegetale del Carso
tra Trieste e Gorizia. Lo stato dell’ambiente”, che sarà presentato domani alle
18 nella sala atti di Lettere e Filosofia. «L’alterazione del territorio da
parte dell’uomo è la principale causa di questo forte declino biologico - spiega
il docente -. Alcune specie autoctone sono dunque in espansione, perché favorite
dall’antropizzazione».
Un altro fenomeno preso in esame nel volume - frutto di uno studio iniziato nel
1976 su una superficie di circa 550 kmq -, è poi quello della flora esotica,
suddivisa in specie “archeofite” e “neofite”. «In poco più di un secolo le
neofite sono quasi triplicate e oggi sul Carso - conclude Poldini - contano il
18 per cento della flora complessiva».
Una centralina dell’Arpa a Mattonaia monitorerà polveri
e odori della Siot - ENTRO GIUGNO L’INSTALLAZIONE
SAN DORLIGO «Entro metà giugno installeremo la nuova
centralina fissa per il rilevamento della qualità dell’aria del nostro comune».
L’annuncio è arrivato dal sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin a margine del
tanto atteso incontro con l’Arpa per definire i criteri della strumentazione da
adottare per monitorare le sostanze e gli odori segnalati da tempo dai residenti
di Mattonaia e delle frazioni limitrofe.
Rispetto a quanto preventivato in origine l’apparecchiatura, che verrà posta a
pochissimi metri dalla Siot, avrà un costo totale di 21 mila euro: esattamente 6
mila in più rispetto a quanto finanziato da parte della stessa Siot. «Solo tre
anni fa la stessa strumentazione che andremo ad acquistare aveva una valore
commerciale di circa 70 mila euro - spiega Premolin -. In ogni caso ho già
chiesto personalmente alla Siot la possibilità di un ulteriore finanziamento per
l’acquisizione e la risposta è stata sostanzialmente positiva».
La nuova apparecchiatura sarà autoalimentata tramite un pannello fotovoltaico e
sarà in grado di misurare i valori dell’aria inerenti ad inquinanti aerodispersi,
monossido di carbonio, biossido di azoto, biossido di zolfo, acido solfidrico,
benzene e PM10. La centralina inoltre fungerà da stazione meteo con misurazione
di velocità e direzione del vento, temperatura esterna e pressione. «Ora faremo
partire un bando di gara per l'installazione delle apparecchiature e credo che,
se non ci saranno intoppi, entro la metà di giugno finalmente il nostro comune
avrà la centralina fissa». Il sindaco di San Dorligo ha poi evidenziato come
durante l’incontro con l’Arpa sia stata «stipulata una convenzione affinché i
dati vengano analizzati dai tecnici dell’Agenzia e poi inviati quasi in presa
diretta al Comune».
(r.t.)
Muggia punta su energia pulita e fotovoltaico -
Stanziati 100mila euro per dotare di pannelli solari gli edifici che ospitano
scuole e uffici pubblici
Il Comune prosegue lungo la strada del risparmio
energetico e, dopo le due centrali a biomasse alle scuole Pacco e De Amicis,
adesso sposa il fotovoltaico. Tra un mese verrà infatti bandita la gara di
appalto ad una società Esco (Energy saving company) per la copertura con
pannelli ad energia solare di otto edifici comunali: l’asilo di Chiampore,
l’asilo Iacchia, il centro Millo, il palazzetto e l’istituto scolastico di
Aquilinia, la scuola Sauro, quella slovena e la sede dei servizi tecnici in via
Trieste.
Il costo dell’operazione si aggira sui 100 mila euro ma, a regime, garantirà
alle casse dell’amministrazione municipale un risparmio di 30 mila euro all’anno
rispetto ai 90 mila sborsati oggi. Il progetto rientra nell’ambito
dell’applicazione del secondo piano energetico: il servizio ambiente e sviluppo
energetico del Comune ha recentemente elaborato specifiche schede per ciascuna
delle strutture comunali interessate dall’installazione dei pannelli solari.
Attualmente le più alte spese legate all’energia elettrica sono quelle richieste
per il funziomaento della sede dei servizi tecnici di via Trieste che costa
circa 19 mila euro all’anno. L’immobile più economico, invece, è l’asilo di
Chiampore con bollette annue di circa 1300 euro.
Per l’installazione dei pannelli il Comune non dovrà stanziare un euro: il
meccanismo prevede infatti che l’impresa Esco che si aggiudicherà l’appalto,
dopo aver offerto l’impianto chiavi in mano al municipio, continuerà ad
incassare gli importi delle vecchie bollette fino ad ammortamento dello
stanziamento iniziale. Una specie di leasing che alla fine, oltre ad alleggerire
l’onere annuo per le spese di energia elettrica a carico delle casse comunali,
abbatterà le emissioni inquinanti legate alla sua produzione. Energia pulita,
dunque a costi inferiori.
Lo studio effettuato dal Comune fornisce per ciascuna struttura una serie di
indicazioni tecniche per l’effettiva installazione dei moduli: le schede
descrivono la tipologia dell’edificio, le possibilità di accesso al tetto,
l’inclinazione dei pannelli, le dimensioni della copertura. E ancora la presenza
di eventuali vincoli (l’unico immobile sottoposto a vincoli paesaggistici è
attualmente il centro Millo ndr), l’attuale distributore di energia elettrica,
il consumo relativo al 2008, la stima dell’energia da produrre. Infine le nuove
schede tecniche indicano la potenza minima e massima dell’impianto e il
possibile posizionamento dell’inverter.
A corredo di ogni singola documentazione è stata inoltre prevista la
riproduzione fotografica della struttura scattata dal satellite con
l’elaborazione grafica dei moduli da installare. «Siamo sulla strada giusta – ha
commentato il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek presentando l’iniziativa
ecologica -. L’obiettivo del progetto è coniugare tre esigenze fondamentali: il
contenimento delle spese, la tutela dell’ambiente e l’abbattimento delle fonti
inquinanti».
(g.l.)
Zagabria accelera su ”Fianona 3” La Dieta è contraria
alla centrale - L’impianto a carbone suscita la reazione negativa anche dei
residenti
ALBONA Si ritorna a parlare della costruzione della
centrale termoelettrica a carbone ”Fianona 3” di 500 megawatt al posto
dell'ormai obsoleta Fianona 1. Il governo della premier Jadranka Kosor intende
accelerare i tempi di attuazione del progetto che potrebbe decollare già nel
2011 o al più tardi l'anno dopo, per venire ultimato nel 2016.
L'investimento ammonta a 800 milioni di euro, un importo che verrebbe garantito
con l'inclusione di un partner straniero, come nel caso della ”Fianona 2”. Il
futuro impianto rientra nelle strategie di sviluppo elettroenergetico del Paese,
dettate dal crescente fabbisogno di corrente. Tra i progetti la costruzione in
tempi relativamente brevi anche di una centrale terrmoelettrica a Sisak, di
quattro idrocentrali sul fiume Sava (a Podsused, Precko, Zagabria e Drenje) e
delle idrocentrali di Ombla, Kosinj, e le ”Molve 1” e ”Molve 2”. Tornando
all'Istria, secondo Zagabria Fianona offre notevoli vantaggi visto che sono già
operative le strutture per lo sbarco del carbone che arriva via mare, destinato
all'alimentazione di ”Fianona 1” e ”Fianona 2”. Contro questo scenario ritenuto
devastante per l'ambiente, si è gia mosso negli anni scorsi il Forum giovanile
della Dieta democratica istriana avviando una raccolta di sottoscrizioni. Ma
anche l'opinione pubblica in generale è stufa di quelle che vengono definite
”caffettiere inquinanti”, dannose per la salute. Una terza centrale
termoelettrica verrebbe accettata qualora fosse alimentata a gas. E a proposito
viene indicato il metanodotto magistrale Pola-Karlovac che passa nelle vicinanze
di Fianona e che porta nell'interno del Paese il gas degli enormi giacimenti
sottomarini al largo di Pola, sfruttati congiuntamente dalla croata Ina e
dall'italiana Eni.
Un'altra sorgente di gas sarebbe il futuro rigassificatore dell'Alto Adriatico.
Il secco ”no” a un terzo impianto a carbone arriva anche dal presidente della
Regione Istria Ivan Nino Jakovcic. Ieri il parlamentare istriano Damir Kajin ha
dichiarato che sulla costruzione di un'altra centrale a carbone dovrebbe venire
indetto un referendum nella regione. Va anche detto che nel Piano d'assetto
territoriale della Croazia varato nel 1999 sta scritto che prima del 2015 non
può nemmeno venire contemplata la costruzione di nuove centrali a carbone in
Croazia. Un altro ostacolo sul cammino che dovrebbe portare alla nuova centrale
riguarda il piano dell'Unione europea di ridurre del 20% le emissioni dei gas a
effetto serra entro il 2020, nel rispetto del Protocollo di Kyoto. Un imperativo
che vincolerà anche la Croazia, visto che nel frattempo verrà sicuramente
accolta nell’Ue.
(p.r.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 aprile 2010
Scoperta un’altra discarica in Carso - DEPOSITO ABUSIVO AVVISTATO VICINO AI CAMPI DA GOLF
Nei boschi di Padriciano abbandonati lavatrici,
frigoriferi e sacchi di rifiuti
Ancora rifiuti ed elettrodomestici abbandonati sul Carso. Dopo le
segnalazioni della discarica presente lungo la scarpata sulla SS 202 in zona
Monte Spaccato, altri escursionisti si sono imbattuti in una vasta area
degradata non lontana dagli impianti di Golf di Padriciano. Decine di vecchi
elettrodomestici, numerosi sacchi colmi di inerti e altri residui di evidenti
lavori di ristrutturazione in qualche caseggiato, sono stati lasciati da ignoti
ai lati della stradina che salendo dal vecchio dazio sulla Basovizzana conduce
alla boscaglia costeggiante la strada che porta ai campi da golf e conduce a
Padriciano.
Secondo alcuni frequentatori della zona, i materiali e i rifiuti sarebbero stati
abbandonati da diverso tempo nell’area, visto che la stessa sarebbe stata
circondata dai nastri bianco rossi, ormai scoloriti, predisposti dalle forze
dell’ordine o dai vigili del Fuoco. Attorno ai numerosi vecchi frigoriferi
abbandonati sul prato, vi è purtroppo evidente traccia di sostanze oleose quasi
sicuramente fuoriuscite dagli stessi elettrodomestici. I vecchi congelatori, tra
l’altro, dovrebbero contenere il freon (CFC), un gas serra piuttosto potente il
cui utilizzo è stato vietato dal 1990, e andrebbero smaltiti quanto prima.
Nei sacchi neri non lontani ci sono inerti, mattoni, calcinacci e altri rifiuti,
residuo evidente di lavori effettuati in qualche appartamento o casetta. E,
continuando la perlustrazione della zona, ci si imbatte in un lungo elenco di
rifiuti di altra natura.
Sul degrado intercettato è stato informato il presidente della circoscrizione di
Altipiano Est Marco Milkovich che, immediatamente, ha compiuto un sopralluogo
nella zona incriminata. «Sui fatti ho tempestivamente informati i carabinieri di
Basovizza – afferma il presidente – che mi hanno confermato come la Forestale
abbia già preso visione del caso. Purtroppo quest’ultima segnalazione di degrado
va ad aggiungersi alle decine di denunce ricevute nel recente passato relative a
zone inquinate e piene di immondizie. Discariche a cielo aperto che interessano
non solo diverse parti del Carso, ma tutta la periferia del capoluogo e
addirittura i quartieri signorili del centro».
«Per certi versi siamo di fronte ad una situazione ridicola – sostiene Milkovich
– visto che sono pienamente operative e efficienti le diverse depositerie
comunali per la raccolta dei rifiuti ingombranti». Per smaltire i propri rifiuti
esiste tra l’altro il numero telefonico 040/7793780 dell’Acegas/Aps con il quale
concordare il prelievo a domicilio in modo del tutto gratuito.
«Ironia della sorte – continua il presidente circoscrizionale – le discariche di
Trebiciano e Banne sono state inserite nelle zone di tutela comunitaria SIC e
ZPS. Gli uccelli nidificano in mezzo ai rifiuti, i cinghiali scavano alla
ricerca di cibo portando alla luce di tutto e di più, grufolando addirittura
nella fanghiglia contenente tracce di petrolio. Qui bisogna rimboccarsi le mani
alla svelta, e l’Amministrazione Comunale deve prendere atto dell’emergenza
rifiuti esistente”.
Maurizio Lozei
Nucleare, il governo prende tempo e rilancia il
carbone: «Serviranno almeno tre anni per individuare i siti»
IL SOTTOSEGRETARIO SAGLIA SPIEGA IL PERCORSO CON
L’AGENZIA PER LA SICUREZZA
ROMA Passata la campagna elettorale, si riprende a parlare dell’ubicazione
delle centrali nucleari mentre si allungano i tempi per un’inserimento e
utilizzo delle energie rinnovabili e il governo, nell’attesa, rilancia l’uso del
carbone.
Per l’individuazione dei siti, secondo il sottosegretario allo Sviluppo
economico Stefano Saglia, «c’è un percorso costruito con l’agenzia per la
sicurezza, un percorso complesso e ci vorranno almeno tre anni per le
localizzazioni». Tuttavia i siti erano già stati "svelati" da interrogazioni
parlamentari e inchieste giornalistiche e sempre negati dal governo per non
"influenzare" i cittadini in campagna elettorale. Le regioni amministrate dal
centrosinistra, ad esempio, hanno già assunto l’impegno di non accettare
centrale sul proprio territorio. I loro colleghi del centrodestra hanno seguito
una tattica differente: il governo fa bene a scegliere il nucleare ma noi non
vogliamo centrali nelle nostre zone.
A proposito delle energie rinnovabili, lo stesso sottosegretario Saglia ammette
i tempi lunghissimi per la loro utilizzazione pratica. L’esponente del governo
spiega che "con il ministero dei Beni culturali abbiamo sbloccato e porteremo
nella prossima Conferenza delle Regioni le linee guida che il settore aspetta
dal 2003". Di cosa si tratta? Delle regole sulle autorizzazioni che indichino
con certezza e chiarezza «quello che deve essere il bene della tutela del
paesaggio che in Italia è un bene estremamente importante. Queste regole servono
a fare in modo che anche la crescita delle rinnovabili, che è un’opportunità
occupazionale ed economica, possa avvenire senza danneggiare l’ambiente».
Il governo promette ora di creare «un nuovo conto energia che darà meno
incentivi soprattutto ai grandi impianti, laddove c’è anche una polemica forte
con il sistema degli agricoltori che temono che le imprese energetiche
sottraggono territorio, soprattutto con il solare, alle attività agricole e
tradizionali. Vorremmo - insiste Saglia - uno sviluppo equilibrato per centrare
gli obiettivi europei che sono quelli di raggiungere almeno il 20% di energia
prodotta in Italia da fonti rinnovabili».
Saglia conferma che debbano essere utilizzate tutte le tecnologie disponibili ma
"purtroppo non è possibile oggi sostituire le fonti tradizionali con le energie
rinnovabili.
Le rinnovabili sono una priorità del governo: investiamo centinaia di milioni di
euro dei cittadini per farle crescere e arriveremo a regime a 7 miliardi di
euro. Siamo tra i maggiori emettitori di incentivi per il solare e per l’eolico
ma purtroppo queste tecnologie non sono oggi in grado di sostituire le altre.
Dall’olio combustibile al carbone pulito c’è un miglioramento ambientale ma «il
problema del carbone - conclude Saglia - è che una parte del mix energetico deve
venire anche da lë perchè è l’unico modo per restare in sicurezza. Il carbone è
facilmente reperibile e durerà molto di più del petrolio. La verde Germania
produce energia a carbone e con il nucleare».
(v.l.)
IL PICCOLO - SABATO, 3 aprile 2010
Piano casa, il Comune protegge il centro storico -
Fissata una serie di vincoli per edificazioni in zone di prestigio e nei borghi
LA GIUNTA APPLICA LA LEGGE REGIONALE CON ALCUNE
RESTRIZIONI
Riguardano nuovi infissi e serramenti, ornamenti, arredi da giardino, tettoie
verande e serre
Il Piano casa a Trieste? Per molti, ma non per tutti. Il Comune, infatti,
nel recepire a stretto giro il Codice regionale dell’edilizia del novembre 2009
- la legge Seganti con cui la giunta Tondo ha richiamato a sua volta la trovata
berlusconiana liberal per eccellenza - alza una fila di paletti in più a difesa
del centro storico, delle zone di pregio, dei cosiddetti nuclei e borghi
originari come Santa Croce, Prosecco, Contovello, Basovizza, Padriciano,
Trebiciano, Opicina, Servola e Piscanci, nonché degli edifici a destinazione
pubblica come scuole ed ospedali qualora ricadano in queste stesse aree.
GLI OBIETTIVI Lo prevede la delibera appena approvata dalla giunta Dipiazza -
denominata «Applicazione della legge regionale 19/2009 e disposizioni
straordinarie per la riqualificazione del patrimonio esistente» - di cui
l’amministrazione cittadina ha deciso di avvalersi per cogliere
contemporaneamente due obiettivi sottintesi. Da una parte tradurre in loco i
principi ispiratori del Piano casa nazionale e regionale, consentendo alle
famiglie interessate di ampliare le cubature esistenti delle loro case per un
35% in periferia e fino a 200 metri cubi (circa 70 metri quadrati) in centro.
Dall’altra regolamentare, nei limiti delle possibilità indicate nel Codice
regionale, la stessa deregulation edilizia sulla quale si fonda il Piano
Berlusconi.
PIÙ CONTROLLI Risultato finale: sul territorio comunale servirà comunque un
nulla osta burocratico - Denuncia d’inizio attività (Dia) o Permesso di
costruire (Pdc) - non solo per quegli ampliamenti, previsto ovunque, ma anche
per una serie di interventi a «regime di edilizia libera», che in base cioè
all’articolo 16 del Codice regionale non necessiterebbero invece di «preventivo
controllo tecnico-amministrativo». Paletti in più, per l’appunto, a patto che
questi interventi di edilizia libera tocchino edifici del centro storico o
inseriti in zone di pregio e soggette a salvaguardia di cui sopra. Altrimenti si
va lisci.
I PALETTI Tali interventi - come si legge all’interno della delibera di giunta -
soggetti lo stesso a controllo comunale, qualora ricadano nelle cosiddette zone
urbanistiche A e B0, riguardano la «sostituzione di infissi e serramenti», i
«depositi temporanei di merci o di materiali a cielo aperto», gli «interventi di
ornamento dell’edificio o sue pertinenze» quali «arredi da giardino o terrazzo»
e «barbecue», eppoi la «realizzazione di tettoie o pavimentazione di unità
immobiliari esistenti anche destinate a parcheggio che comportino un’occupazione
massima di 20 metri quadrati», nonché «bussole, verande, serre e depositi
attrezzi simili», che «non possono comunque comportare un aumento superiore a
100 metri cubi», «nei limiti del 10% del volume utile dell’edificio se a
destinazione residenziale e del 5% se a uso diverso dalla residenzain zone
urbanistiche».
I VIA LIBERA Le eccezioni realmente significative libere da vincoli
autorizzativi - tanto in periferia quanto, soprattutto, in centro e nelle aree
di pregio - si contano così sulle dita di una sola mano. Si va
dall’«eliminazione delle barriere architettoniche che non alterino la sagoma
dell’edificio» alle «opere per il raccordo degli utenti alle reti dei servizi
esistenti di gas, energia elettrica, telecomunicazioni, acquedotto e fognatura,
ivi comprese le opere di scavo», passando per l’«installazione di impianti
solari termici o fotovoltaici integrati nei tetti».
I PIANI VIGENTI Questa libertà vale, ad ogni modo, sempre che si rispetti pure
un ultimo obbligo evocato dalla delibera della giunta Dipiazza: quello della
conformità degli interventi ai piani di recupero o particolareggiati vigenti -
da Santa Croce a Basovizza passando per il Colle Capitolino - o per lo meno
adottati, come ad esempio il Piano del centro storico. A Trieste, stringi
stringi, la deregulation nazionale paga dazio, pesante, quanto meno nelle zone A
e B0.
PIERO RAUBER
PIANO CASA - In periferia il mattone può crescere del
35% - GLI AMPLIAMENTI CONSENTITI - La sopraelevazione non può però
superare i due piani o i sei metri
Tra i 50 e i 70 miliardi di euro. È quanto Berlusconi, il papà del Piano casa, ha dichiarato di immaginare come giro di soldi, di volume d’affari per l’economia italiana, dall’entrata a regime, su intera scala tricolore, della deregulation di cubature e ristrutturazioni edilizie. Dopo la Regione - che a fine anno ha approvato un più ampio Codice dell’edilizia a tempo indeterminato contenente appunto, agli articoli 16, 57, 58, 59, 60 e 61, anche il Piano casa regionale straordinario, valido per cinque anni - ora risponde ”presente” al capo di governo e schieramento anche il Comune: la delibera che recepisce e limita in un certo senso le possibilità teoriche del Piano Berlusconi - prima di entrare in vigore all’interno del perimetro cittadino - passerà ora al vaglio delle circoscrizioni, della Sesta commissione del Municipio competente in materia di Urbanistica, e infine del Consiglio comunale per l’approvazione definitiva e istantanea, visto che porta in dote la postilla dell’«immediata eseguibilità». Gli effetti pratici per le famiglie triestine - al di là dei paletti in più voluti da Dipiazza come risposta ai margini di autonomia indicati nel Codice regionale - sono quelli già sintetizzati, e in linea di massima già applicabili visto che la fonte normativa regionale è prioritaria, all’articolo 58 della stessa legge Seganti sull’edilizia. Si parte quindi dall’«ampliamento attraverso la sopraelevazione o la costruzione di manufatti edilizi interrati o fuori terra, nel limite del 35% del volume utile esistente» per quanto riguarda le abitazioni della cintura esterna del centro storico con l’eccezione delle zone di pregio o soggette a tutela specifica. La sopraelevazione, in particolare, «non può superare i due piani o comunque sei metri». «Gli standard urbanistici derivanti dall’ampliamento», invece, «se non reperibili nell’area di pertinenza, sono individuabili in altra area avente la stessa destinazione o, comunque, in zona urbanisticamente compatibile (e qui la delibera comunale indica a scanso di equivoci una tabella di conversione e compatibilità, ndr) purché la distanza non superi il raggio di 1.000 metri». E per le zone A e B0? «La quota massima di ampliamento ammissibile - si legge nel Codice regionale - non può superare i 200 metri cubi di volume utile». Che, tradotti, fanno circa 70 metri quadrati.
(pi. ra.)
Ancora un incidente sulla superstrada-saponetta - Una
donna ha sfasciato la macchina nel solito tratto. Salice dell’Anas: «Stiamo
ultimando le verifiche»
È rimasta illesa ma è sotto choc
Si chiama Cristina De Podestà Rengo. È l’ultima
automobilista in ordine di tempo a essere finita contro il guard rail della
superstrada saponetta. L’altro pomeriggio alla guida della sua Seat Cordoba ha
perso il controllo. Fortunatamente non ha riportato serie ferite. Certo è che la
paura è stata tanta. Lo conferma la suocera che risponde al telefono: «Non ce la
fa a parlare. È sotto choc, si è tanto spaventata».
L’altro pomeriggio dopo un acquazzone la donna stava percorrendo la superstrada
quando è giunta all’altezza della galleria di Servola. Poi c’è stato il
patatrac. La macchina è andata avanti per conto suo in una folle corsa che,
appunto, si è conclusa contro il guard-rail. Quindi, in rapida sequenza, sono
arrivati l’ambulanza e i vigili urbani. Gli agenti hanno annotato i dati
dell’incidente che integrerà il dossier sulla superstrada saponetta. In totale
in quei 400 metri di asfalto che a volte diventa scivoloso come il ghiaccio si
sono verificati una cinquatina di incidenti, solo negli ultimi mesi. Una
situazione di pericolo che ha convinto i vigili urbani ad adottare il sistema
delle safety car per rallentare la corsa degli automobilisti e la polstrada a
installare un autovelox intensificando i controlli «dinamici» da parte delle
pattuglie.
«Stiamo facendo di tutto per fare chiarezza. Per capire come mai si verificano
questi incidenti», afferma il capo del compartimento dell’Anas Cesare Salice.
L’Anas è proprietaria della strada incriminata. Da più di due settimane le
squadre stanno effettuando controlli e accertamenti sull’asfalto nel tratto in
prossimirtà della Ferriera di Servola. «Abbiamo già effettuato una parte dei
test con una particolare apparecchiatura giunta dalla Germania e sono già
iniziate le verifiche sull’asfalto da parte dei tecnici dell’università. Le
riprenderemo durante la seconda settimana di aprile. Stiamo anche studiando
l’effetto del vento. Infatti quando c’è bora non si verificano problemi di
aderenza, al contrario di quando soffia lo scirocco. Per ora è prematuro parlare
di risultati».
Dice Bruno Crisman, assistente all’Università, esperto di costruzione delle
strade, qualche anno fa incaricato dal Comune di redigere un rapporto sul
cosiddetto asfalto pazzo. «Stiamo effettuando tutti i controlli che
proseguiranno in ogni condizione climatica. Per ora non ho ancora gli elementi
definitivi. Ma quando l’altro giorno ero lì ad effettuare i prelievi, mi sono
reso conto che praticamente nessuno degli automobilisti rispetta i limiti. La
strada ha certe caratteristiche ed è sicura se viene percorsa a una certa
velocià. Se si supera il limite la situazione cambia radicalmente e diventa
pericolosa».
Intanto è stato attivato il sito web www.incidentisuperstrada.com che fa
riferimento al comitato automobilisti coinvolti negli incidenti lungo la
superstrada. «L’Anas - spiega la presidente Giorgia Colonna (anche lei coinvolta
in uno schianto avvenuto il giorno di Natale dello scorso anno) - ha già
risposto a molte delle richieste di risarcimento inviate nei giorni scorsi.
Hanno scritto che valuteranno sulla base delle analisi tecniche la situazione in
relazione agli incidenti». «Tutto è legato alla causa di questi incidenti»,
ribadisce il capo del compartimento dell’Anas.
(c.b.)
ISTRIA - ECOLOGIA E TURISMO - Medolino, al via la
discarica a pochi metri dalla spiaggia Nonostante le contestazioni degli
ambientalisti e degli abitanti
MEDOLINO Malgrado le contestazioni degli ambientalisti e
della popolazione della zona, il progetto della discarica regionale di Castion
si sta avvicinando sempre più alla sua fase realizzativa. La direttrice
dell'omonima società, Vesna Dukic, afferma che la discarica deve assolutamente
entrare in funzione al più tardi il 31 dicembre 2012, termine entro il quale
devono venir impiegati i mezzi a fondo perduto erogati dall'Unione europea.
Ricordiamo che dal programma europeo Ipa vengono assicurati 4,6 milioni di
euro,un importo che potrebbe addirittura aumentare riducendo così la fetta dei
finanziamenti propri. Finanziamenti che sono in pratica un credito di 19 milioni
di euro richiesto alla Banca europea per il rinnovo e lo sviluppo alla quale è
già stata fatta pervenire tutta la documentazione del progetto.
Come detto però questo credito potrebbe essere meno oneroso visto che a Castion
verrebbero dirottati dei mezzi a fondo perduto destinati inizialmente ad
un’altra discarica in Croazia che però ha consegnato una documentazione
lacunosa.
Quel che è importante rilevare è che nei giorni scorsi dopo un anno di attesa la
società Castion si è vista consegnare la licenza di ubicazione. Il prossimo
passo da compiere lungo il cammino procedurale è la pubblicazione del concorso
per la definizione del progetto esecutivo il cui vincitore sarà tenuto a far
richiesta della licenza edilizia. Altri concorsi verranno banditi per l'appalto
dei lavori e per la fornitura delle attrezzature.
Tirando le somme il cantiere dei lavori potrebbe venir aperto già il prossimo
autunno. E si annunciano nuove proteste dei verdi per i quali una discarica di
tali dimensioni (la superficie equivale a una settantina di campi di calcio) è
inconcepibile a un chilometro e mezzo dal mare, in piena area turistica. E si
chiedono: chi sarà tanto pazzo da prenotare le vacanze vicino a una discarica?
(p.r.)
IL PICCOLO - VENERDI', 2 aprile 2010
Il Consiglio vota a favore del nucleare - Tondo: «Ma
nessuno ci passerà sopra la testa». Il centrosinistra: «Non basta»
TRIESTE La maggioranza dice compattamente sì al nucleare
respingendo la mozione dei Cittadini firmata dall’intera opposizione. Il
documento, illustrato dal consigliere Stefano Alunni Barbarossa, chiedeva alla
giunta di impugnare la legge Scajola che definisce i criteri per
l’individuazione dei siti delle future centrali, di esprimere il proprio rifiuto
ad ospitare un impianto nucleare e centri per lo smaltimento delle scorie
radioattive in Friuli Venezia Giulia e di impegnarsi invece a sollecitare il
governo affinché si doti di un piano energetico basato sulle fonti rinnovabili e
a predisporre un piano regionale fondato su fonti alternative e risparmio
energetico. Il centrosinistra ha riportato in aula le indiscrezioni secondo cui
Monfalcone (ma anche Spilimbergo) sarebbero nella mappa delle possibili centrali
nucleari in Italia.
Ma il centrodestra non ha raccolto. «Chiedo a tutti di lasciare da parte il
terrorismo - ha dichiarato il presidente Renzo Tondo – Al momento non è stato
indicato alcun sito da parte del governo, tantomeno in Friuli Venezia Giulia. E
posso assicurare che, fino a quando sarò io il presidente, nessuna decisione
passerà sopra la testa di questa Regione». Tondo ha confermato che la sua scelta
prioritaria, anzi «l’unica», è quella di una partecipazione italiana al
raddoppio della centrale slovena di Krsko. «I gufi hanno subito cantato vittoria
dopo le voci secondo cui la Slovenia sarebbe stata contraria alla partnership
italiana. È vero che la successiva apertura è arrivata da un funzionario del
ministero ma non ci sono state smentite alle sue dichiarazioni. È un percorso
difficile ma bisogna andare avanti con determinazione e io lo farò» ha aggiunto
il presidente.
Durissima l’opposizione. Per Gianfranco Moretton, capogruppo del Pd, «sorprende
la posizione assunta dal centrodestra, e in particolare da Tondo, nel non aver
voluto sentire ragione circa la necessità di puntare a fonti energetiche
rinnovabili. Colpisce anche la pervicace intenzione di Tondo di coinvolgere la
Regione nell’operazione relativa al raddoppio della centrale di Krsko». Per Igor
Kocijancic (Rc) la rassicurazione di Tondo «non ci fa stare tranquilli», giacché
il presidente è «un convinto nuclearista sostenitore di un governo nazionale
neonuclearista». Per Alessandro Corazza (Idv) «Tondo dovrebbe prendere esempio
da Nichi Vendola, che in Puglia ha fatto dell’energia pulita uno dei propri
cavalli di battaglia». Alunni Barbarossa si dice «deluso per la bocciatura della
mozione. In questo territorio ci sono già insediamenti industriali molto
impattanti e il prezzo che sta pagando la nostra regione è alto».
La maggioranza difende il presidente e la scelta nucleare. «La sinistra continua
a cavalcare i facili populismi contro il nucleare così come ha sempre fatto per
tutte le grandi tematiche energetiche e infrastrutturali della Regione e
dell’intero Paese» afferma il vicepresidente Luca Ciriani. E aggiunge: «Questa
opposizione sa dire solo dei no ed è incapace di qualsiasi proposta positiva per
fare uscire il nostro Paese dalla crisi».
ROBERTO URIZIO
Mare dalmata più pulito con 16,9 milioni di euro -
DEPURATORI, COLLETTORI E SCARICHI
FIUME Nella sede del Demanio idrico croato, a Zagabria,
firmati ieri i contratti per la concessioni di crediti relativi alla tutela
delle acque di mare nelle aree dalmate di Metkovic, Sukosan (San Cassiano),
Bibinje, Murter, Betina e del Parco nazionale dell’Isola di Meleda. I crediti
ammontano a 123 milioni di kune (16,9 milioni di euro) e rientrano nel Progetto
di salvaguardia dell’Adriatico.
Serviranno alla costruzione di depuratori, collettori, scarichi sottomarini e
stazioni di pompaggio. Con la firma dei contratti, grazie al Progetto adriatico
sono stati finora assicurati 286 milioni di kune (39,4 milioni di euro), il 30%
della somma complessiva prevista per la tutela delle acque marine. In precedenza
erano stati sottoscritti contratti con le municipalità di Cherso, Lussino e Arbe,
del valore di 163 milioni di kune (22,4 milioni di euro), mentre dopo le
festività pasquali si procederà alla firma dei progetti riguardanti Fiume,
Abbazia e Medolino.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 1 aprile 2010
TAV: UNA VIA ALLA DISCUSSIONE?
Prendiamo atto che dopo anni in cui il progetto di
galleria carsica e conseguente attraversamento sotterraneo è stato "venduto"
come progetto strategico immodificabile, nonostante le evidenze numeriche di
analisi trasportistica dimostrassero assolutamente il contrario, ebbene dopo
circa 7 anni, assistiamo al primo significativo cambio di rotta, dopo anni di
soldi spesi inutilmente su una progettazione mostruosa.
Beninteso, sicuramente la decisione della Giunta regionale non risolve tutti i
problemi, ma quantomeno apre una strada di discussione.
Evidentemente il disastro e le conseguenze anche penali della galleria
Firenze-Bologna hanno insegnato qualcosa assieme ai notevoli problemi che la TAV
sta creando al centro di Bologna oltre alla situazione potenzialmente esplosiva
che riguarda Firenze città e che coinvolge centinaia di palazzi.
Quindi non è vero che la Valsusa è l'unica area problematica per la TAV, la
costruzione della TAV ha creato situazioni di grave disagio territoriale in
diverse aree sensibili nazionali.
In questo quadro la nostra impostazione rimane immutata come lo è fin dalle
prime progettazioni risalenti a circa 11 anni fa.
Ribadiamo la necessità che si vada in tempi brevi al collegamento di pochi
chilometri fra Trieste e Capodistria oltre alla necessità di andare
all'ammodernamento della Ronchi - Mestre come del resto è stato fatto per la
Mestre-Padova.
Per quanto riguarda il tratto carsico Ronchi-Divaca è ora di dare piena
informazione alla popolazione e permettere la discussione e l'analisi pubblica
senza chiudere più progetti nei cassetti.
LEGAMBIENTE FVG
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 aprile 2010
Accordo con Lubiana sul tracciato della Tav: salva la Valrosandra - Scelta la soluzione alta via Opicina Incertezza sull’aggancio al porto - la variante alta
L’Alta velocità risparmierà Trieste e la Val Rosandra -
Corridoio 5: resa pubblica alla Regione l’intesa con la Slovenia sulla variante
Aurisina-Divaccia
TRIESTE La Tav non sventrerà Trieste, non si inabisserà in galleria a Santa
Croce per correre sotto la città, sotto Gretta, San Giovanni e Cattinara in
particolare, e avvitarsi attorno alla Val Rosandra in base a un percorso che
aveva sollevato perplessità anche in ambienti tecnici oltre a innescare proteste
di cittadini e ambientalisti. Viaggerà invece lungo la direttrice definita alta,
lungo l’asse Ronchi-Aurisina-Opicina-Sesana-Divaccia. Per penetrare in città e
soprattutto per agganciarsi al porto di Trieste utilizzerà poi la già esistente
cintura di circonvallazione cittadina. Resta da definire in particolare il
tragitto del troncone per l’aggancio in quest’ultima che si staccherà dal
percorso carsico principale e che sarà tracciato «individuando la soluzione
ambientalmente più sostenibile».
Su questa alternativa Italia e Slovenia sono già d’accordo. Le indiscrezioni
sulla nuova bozza hanno incominciato a filtrare qualche settimana fa. «Siamo al
lavoro per evitare i rischi di un’altra Val di Susa», aveva affermato
l’assessore regionale alle Infrastrutture e Trasporti Riccardo Riccardi. Ieri ne
ha relazionato alla giunta regionale dopo aver incontrato, per illustrargli il
nuovo percorso, il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza che a propria volta ha
espresso compiacimento per la modifica del progetto.
Il nuovo tracciato è stato delineato nel corso delle riunioni del gruppo
bilaterale riunitosi a Roma e a Lubiana con la partecipazione del viceministro
Roberto Castelli, del sottosegretario sloveno Igor Iakomin e dello stesso
Riccardi. Regione Friuli Venezia Giulia, ministero italiano delle Infrastrutture
e dei trasporti e Repubblica di Slovenia hanno ritenuto opportuno mettere allo
studio la nuova ipotesi che sarà ufficialmente presentata, a livello di studio
di fattibilità, nel corso della prossima riunione della Commissione
intergovernativa Italia-Slovenia già fissata a giugno.
Rispetto alla soluzione precedente che presentava uno sviluppo della linea di
circa 36 chilometri con una pendenza massima del 17 per mille, il nuovo progetto
garantirebbe una pendenza non superiore al 13 per mille, ma soprattutto
«eviterebbe completamente - come ha voluto sottolineare ieri Riccardi -
l’attraversamento in sotterraneo di Trieste».
Da subito, secondo i dati forniti dallo stesso assessore regionale, l’Alta
velocità permetterebbe il passaggio di un traffico annuale di 560 mila Teu dal
porto di Trieste, rispetto ai 220 mila che è possibile far transitare oggi, con
un intervento di una trentina di milioni sul nodo di San Polo, nei pressi di
Monfalcone, i Teu potrebbero diventare 900 mila. Addirittura tre milioni e mezzo
all’anno potrebbero essere i Teu nel momento in cui l’Alta velocità sarà
completamente funzionante compreso il raccordo con la cintura di
circonvallazione che la aggancerebbe direttamente al porto di Trieste.
Riccardi ha infatti sostenuto la necessità che gli studi di progettazione della
nuova linea prendano avvio con i progetti di miglioramento del nodo ferroviario
di Trieste e il suo allaccio all’asse principale della direttrice
transfrontaliera risolvendo in modo prioritario il problema di capacità nelle
sezioni Trieste-Bivio di Aurisina e Bivio di Aurisina-Bivio San Polo. Il
successivo tratto, su cui vi sarebbe anche già il consenso della parte slovena,
dovrà portare al collegamento diretto tra i due porti di Trieste e di
Capodistria.
Sulla sua utilità il presidente di Luka Koper, Gregor Veselko, intervistato dal
Piccolo, non ha però voluto pronunciarsi. «Noi riteniamo prioritario - ha
affermato - il collegamento tra Capodistria e Divaccia». «È importante - ha
invece fatto rilevare ieri Riccardi - che gli sloveni abbiano accettato di
allacciarsi nel loro territorio all’altezza del tratto tra Opicina e Sesana».
SILVIO MARANZANA
Prg, balneare l’area del terrapieno di Barcola - Ma la
linea di costa non sarà risagomata. Nessun prolungamento della diga del Porto
vecchio
Da ampliare la zona per la pista ciclabile e
l’itinerario pedonale lungo il frontemare
Niente prolungamento della diga del Porto Vecchio e niente riprofilatura
della linea di costa del terrapieno di Barcola. Questi due interventi verranno
ora cassati dal Piano regolatore del Comune di Trieste che li prevedeva
esplicitamente e che è stato adottato, ma deve essere ancora approvato. Sono
infatti in contrasto con quanto prevede la variante per il Porto Vecchio del
Piano regolatore del porto già approvata in via definitiva.
Sono le principali variazioni che dovranno essere apportate allo strumento
urbanistico del Comune in base all’intesa tra l’amministrazione comunale e
l’Authority sottoscritta ieri dal sindaco Roberto Dipiazza e dal presidente
Claudio Boniciolli. Tra gli altri punti da modificare l’ampliamento della fascia
per la pista ciclabile e l’itinerario pedonale lungo tutto il frontemare e fino
al Porto Vecchio. È stato previsto anche che spetti al Comune garantire la
sicurezza in particolare dei ciclisti soprattutto riguardo alla potenziale
interferenza con le attività che si svolgeranno sul Molo Bersaglieri e che
riguarderanno in particolare le operazioni di sbarco e imbarco sulle navi da
crociera.
Su esplicità richiesta del Comune, l’Autorità portuale si è invece impegnata a
recepire l’ammissibilità della balneazione non solo nella zona dove oggi si
trovano i club nautici barcolani, ma anche attorno al terrapieno di Barcola e
nell’area dove sono attualmente collocati gli stabilimenti balneari, in
particolare quello del Dopolavoro Ferroviario.
La cerimonia della firma nel salotto azzurro del municipio alla quale hanno
partecipato anche su un versante il vicesindaco e assessore al porto Gilberto
Paris Lippi e sull’altro il segretario generale dell’Authority Martino
Conticelli, è stata anche l’occasione per sottolineare ancora la forte
collaborazione che si è instaurata in questi anni tra le due amministrazioni.
«Tra noi due non c’è mai stato uno screzio», ha affermato Dipiazza consegnando
come riconoscimento a Boniciolli la medaglia del Comune. «Una collaborazione
preziosa e cruciale anche con i dirigenti del Comune - ha replicato Boniciolli -
con lo scopo soprattutto del raggiungimento di queste intese per ipotecare lo
sviluppo futuro di questa città che sarà radioso se l’Europa, l’Italia e la
Regione la sapranno valorizzare».
E come esempio positivo ha citato l’incontro che sarebbe avvenuto dopo pochi
minuti, e di cui riferiamo a lato, con gli assessori regionali Riccardi e Savino
cruciale per lo sviluppo dei collegamenti ferroviari da e per lo scalo
triestino. Nella prospettiva di medio-lungo termine la carta vincente per il
potenziamento della capacità intermodale sarà l’Alta velocità ferroviaria.
«Beneficerà soprattutto il trasporto merci - ha affermato il sindaco Dipiazza -
la modifica all’itinerario della Tav che abbiamo definito assieme all’assessore
Riccardi e che farà sì che il tracciato seguendo il percorso Opicina-Sesana, non
debba passare in sotterraneo sotto parte della città e lambendo la Valrosandra».
E Dipiazza ha anche annunciato proprio per oggi la prima seduta della Conferenza
dei servizi per il via libera dei vari enti al progetto definitivo dei due
marina previsti nell’ambito del progetto Maltauro per la riqualificazione del
Porto Vecchio. Poi il dossier tornerà all’Autorità portuale per l’ultima fase
istruttoria prima dell’affidamento, forse già a giugno, della concessione.
SILVIO MARANZANA
«È IL MOMENTO DI TORNARE A UTILIZZARE I BINARI» - Un
comitato mira a ripristinare la trazione elettrica: «Un’esigenza economica e
ambientale»
IL PROGETTO SARÀ SOTTOPOSTO TRA POCHI GIORNI AL PARERE
DELL’ANSALDO-BREDA
«Il trasporto pubblico deve liberarsi dalla dipendenza da ruota. Un esempio?
Per la chiusura della galleria di Montebello si riattivi la linea ferroviaria
Campo Marzio-Muggia con i treni Minuetto di proprietà della Regione». Al Cpstt,
Comitato promozione sistema tranviario Trieste, non mancano certo le idee: nato
lo scorso dicembre, il comitato conta oggi una cinquantina di iscritti pronti a
tutto per riportare il tram a Trieste. «È la soluzione per molti problemi della
nostra città», dice il presidente Pietro Genna: «Il sindaco dice che i costi
sono eccessivi, in realtà tra finanziamenti europei e nazionali Trieste potrebbe
ammortizzare l’80% delle spese, se non di più».
Tra i membri del comitato si annoverano tanto semplici utenti della rete
tranviaria residua quanto operatori del settore, come Genna, manovratore del
tram di Opicina, o l’ingegnere Raffaele Nobile, direttore d’esercizio della
trenovia: «Proponiamo di riprendere il progetto dell’allora assessore
provinciale Barduzzi per collegare Trieste a Capodistria e all’aeroporto via
metropolitana leggera – spiega Nobile – aggiungendo una linea di tram che unisca
le due stazioni triestine».
Secondo il progetto la città dovrebbe venire attraversata da una dorsale
nord-sud: percorrendo le rive la linea dovrebbe fare da asse portante per una
rete tranviaria estesa su tutta la città. «Sui particolari si può discutere –
dice il comitato – ci interessa far capire che la trazione elettrica ormai è
un’esigenza per ragioni tecniche, economiche e ambientali». Per il Cpstt,
Trieste dovrebbe prendere ad esempio città europee e italiane, come Firenze, che
hanno fatto delle loro nuove linee tranviarie dei fiori all’occhiello: «Spesso
sono città che neanche hanno le infrastrutture e la predisposizione che Trieste
ha per la tranvia». I tram odierni, insistono, non sono più quelli di una volta:
«Tutti pensano ai vecchi mezzi rumorosi, lenti, con scarsa frenatura – dice il
vicepresidente Claudio Ermani – ma oggi le vetture sono infinitamente più a
misura d’uomo di qualsiasi bus».
Il 12 aprile una delegazione andrà in visita alla Ansaldo-Breda di Pistoia, dove
si fabbricano i tram, per ricevere un parere tecnico sul progetto. Al ritorno il
comitato presenterà la proposta alla cittadinanza e al mondo politico. I
vantaggi, per il Cpstt, sono evidenti: «La costruzione della linea 8 di Roma ha
permesso l’eliminazione di 16 linee bus», afferma l’ingengere Andrea Cervia:
«Inoltre va tenuto conto del fatto che, a dispetto del costo iniziale molto
elevato e comunque recuperabile, la diffusione della rete porta automaticamente
con sé la valorizzazione delle zone che attraversa».
(g.to.)
MUGGIA - IL NUOVO PIANO DI SMALTIMENTO - «La Tarsu
andrà adeguata alla reale quantità di rifiuti»
Tra gli obiettivi del sindaco anche il potenziamento di
differenziata e porta a porta
MUGGIA Rimodulare la Tarsu, trasformandola in tariffa e adeguandola
all’effettiva produzione di immondizia, potenziare la raccolta differenziata,
ampliare le zone in cui già funziona la raccolta dell’umido porta a porta.
Proprio nel giorno in cui Italspurghi ”inaugura” il secondo appalto per il
servizio sul territorio comunale, il sindaco Nesladek traccia i tre assi lungo i
quali intende articolare il nuovo progetto di raccolta, asporto e smaltimento
dei rifiuti.
In realtà, soltanto il primo di questi tre punti, quello relativo alla
riformulazione della tassa a carico delle famiglie, rappresenta una novità. La
raccolta differenziata è già praticata da tempo e l’obiettivo è di consolidarla
ulteriormente. Anche il porta a porta dell’umido viene eseguito a Zindis, ma
l'idea è di estenderla gradualmente ad altre aree, compresa la zona industriale.
«Convocheremo assemblee ad hoc – annuncia Nesladek – per verificare la
disponibilità degli abitanti, proporremo periodi di sperimentazione, ma siamo
convinti che la strada intrapresa sia quella giusta».
Più complesso il passaggio dalla Tassa sui rifiuti solidi urbani alla tariffa:
si tratta di applicare il concetto per cui chi produce più immondizie più paga,
a prescindere dalla metratura dell’appartamento.
In pratica, oggi un single che occupa un immobile di 100 metri quadri paga più
di una famiglia di quattro persone che abita in un appartamento più piccolo. «È
un passaggio delicato che va attentamente studiato – rileva il sindaco – perché
si tratta di salvaguardare le fasce di reddito più deboli, che comunque, dopo la
modifica, non verranno a pagare più di quanto già stanno pagando, questo lo
posso garantire».
Le nuove tariffe potrebbero essere inserite già nel bilancio che verrà approvato
a fine anno, ed entrare così in vigore nel 2011.
(g.l.)
SEGNALAZIONI - PROVINCIA - Sul rigassificatore
«Bisognerà chiedersi se il problema non sia proprio così
sentito», dichiara la presidente della Provincia di Trieste sul Piccolo di
venerdì 26 marzo tentando di spiegare lo scarso successo del «sondaggio» sul
rigassificatore promosso dal suo Ente.
Azzardo un’altra spiegazione: e se fosse l’iniziativa della Provincia a non
essere credibile?
Quello che il Piccolo chiama «sondaggio», infatti, viene presentato sul sito
internet della Provincia come un «processo informativo» così strutturato: i
cittadini (ma solo quelli dotati di collegamento internet lo possono fare)
inviano le proprie domande, dopo di che un gruppo di lavoro tecnico –
scientifico le «tradurrà» in linguaggio scientifico e le invierà a GasNatural,
chiedendole di rispondere ai quesiti. Non è un po’ come chiedere – sia pure in
linguaggio «scientifico» – all’oste se il suo vino è buono? Di ciò i triestini,
almeno quelli che vogliono sapere e informarsi (garantisco alla presidente della
Provincia che non sono pochi), si sono resi conto da tempo. Non sorprende,
quindi, lo scarso numero di quesiti pervenuti. Forse influisce sullo scarso
appeal del «processo informativo» provinciale, anche la sensazione che la
Provincia non sia neutrale nella vicenda, poiché proprio la presidente Poropat
si è dichiarata più volte favorevole, sia a pure «a titolo personale» (!), al
progetto di GasNatural. Non solo: la Provincia partecipa attivamente
all’operazione che mira ad accreditare il rigassificatore e la centrale
termoelettrica da 400 MW proposta da Lucchini Energia, come alternative
occupazionali per i dipendenti della Ferriera di Servola. Contribuendo così a
ingannarli ed ingannare nel contempo la cittadinanza preoccupata per gli impatti
ambientali degli impianti vecchi e di quelli proposti.
Merita qualche commento, poi, la composizione del gruppo di lavoro
tecnico-scientifico istituito dalla Provincia, dove siedono due economisti, due
ingegneri, un geologo e un fisico, ma nessun biologo e nessun chimico: ci
riserviamo però di approfondire questo e altri aspetti nell’audizione con il
gruppo medesimo, che ci è stata promessa e che speriamo si tenga presto.
Dario Predonzan - responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia Giulia
SEGNALAZIONI - MANUTENZIONE - Pista ciclopedonale
Nei prossimi lavori di manutenzione della pista
ciclopedonale, chiedo all’assessore Tommasini di includere, se possibile, anche
i seguenti piccoli interventi.
1. Rimuovere parte di tutta quella ghiaia gettata sul tracciato all’altezza
della stazione di Sant’Antonio in Bosco, perché le ruote delle bici affondano,
spesso qualcuno cade.
2. Installare un paio di specchi in corrispondenza dell’incrocio tra la
ciclopista e la strada San Lorenzo - Sant’Antonio in Bosco. In quel punto la
strada fa una curva e chi percorre la ciclopista non riesce a vedere i veicoli
in arrivo. L’ideale sarebbe che pedoni e ciclisti avessero la precedenza, perché
la ciclopista in quel tratto è rettilinea e i veicoli che giungono all’incrocio
hanno la visuale libera, al contrario di pedoni e ciclisti, ma mi rendo conto
che questa regola, adottata in tutta l’Europa, a Trieste invece al momento è
ancora un’utopia.
3. Un paio di specchi sarebbero utili ai ciclisti anche in corrispondenza delle
curve del sottopasso alla provinciale 11.
Alessio Vremec
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 marzo 2010
Piano regolatore, esposto in Procura - Park di Opicina,
spesi 500mila euro - Struttura realizzata dal Comune, la Regione l’ha poi ceduta
per 258mila
Mezzo milione, euro più, euro meno.
Il Comune di Trieste ha speso questa somma per realizzare nei pressi del
quadrivio di Opicina il parcheggio che oggi è di proprietà dalla ”Palazzo Ralli
srl” proprio perché l’amministrazione municipale non ha mai perfezionato le
pratiche di esproprio dell’area. Il Comune l’aveva ottenuta in concessione dalla
Regione - proprietaria originaria - e ha speso quasi mezzo milione di euro per
un parcheggio pubblico che oggi non è più suo e per il cui uso i nuovi
proprietari potrebbero chiedere un adeguato pagamento ai cittadini. La Regione
infatti, visto il lungo silenzio del Comune ha messo all’asta il terreno e la
”Palazzo Ralli” l’ha comprato, pagandolo 258 mila euro: poco più della metà di
quanto il Comune aveva speso per realizzarlo. In più la stessa società ha
acquisito l’area adiacente su cui doveva essere realizzata la nuova caserma dei
carabinieri. Grazie a una variante al nuovo piano regolatore quest’area ora è
diventata edificabile e il suo valore è passato da 17 a 250 euro al metro
quadrato.
Un’analisi dei costi sostenuti dal Municipio per realizzare il parcheggio fa
idealmente parte degli esposti presentati dal geometra Aldo Cocolet alla Procura
della Repubblica e a quella della Corte dei Conti. Il professionista chiede ai
magistrati di fare chiarezza su questa vicenda che a lui appare degna di essere
totalmente sviscerata.
Ecco i ”conti” in dettaglio. Il parcheggio ha una superficie effettiva di 4100
metri quadrati. Sono stati realizzati 133 posti auto, più tre per le corriere.
Il disboscamento e il trasporto alla discarica dei tronchi è costato al Comune
67 mila euro. Lo scavo e il relativo trasporto della roccia e della terra, altri
centomila. Il pietrame usato per realizzare la massicciata spessa 30 centimetri
ha pesato sulle casse municipali per altri 30 mila euro. Il rullato e
l’asfaltatura sono costati circa 150 mila euro ai quali vanno aggiunti il costo
del cordolo in calcestruzzo, della ringhiera e delle varie opere di finitura per
altri 60 mila euro. Le spese di collaudo hanno inciso per altri 40 mila euro.
Oggi il valore commerciale del parcheggio del quadrivio di Opicina è
ulteriormente aumentato. I 133 posti per automobili o caravan potrebbero essere
”svenduti” a ottomila euro l’uno, mentre i tre posti riservati alle autocorriere
hanno un valore complessivo di almeno 36 mila euro. In totale più di un milione
di euro potrebbero finire nelle casse della società che ha avuto il fiuto di
partecipare «in solitaria» all’asta organizzata dalla Regione.
(c.e.)
Park di Opicina - I COMMENTI DEI CONSIGLIERI COMUNALI -
«È CERTO CHE QUALCOSA NON HA FUNZIONATO»
«È certo che qualcosa non ha funzionato sul parcheggio di
Opicina. La Regione ha dato dei soldi per fare dei lavori su un terreno proprio
e poi lo ha venduto a privati? Bisogna però capire se c’è stato dolo, colpa o
colpa grave, se chi ha acquistato l’area sapeva che il parcheggio era del
Comune, oppure era in buona fede». È Piero Camber, capogruppo Pdl, l’unico a
sbilanciarsi un po’ sul ”pasticcio” del parcheggio di Opicina, reso in parte
edificabile dal nuovo piano regolatore dopo l’acquisto effettuato da Palazzo
Ralli spa (che così su terreno a uso pubblico avrebbe ottenuto consistente
vantaggio economico), questione ora finita all’attenzione sia della magistratura
e sia della Corte dei conti.
Aggiunge Camber: «Per sanare le cose gli uffici avevano trovato una sorta di
transazione: rendere edificabile una parte del terreno, in cambio riottenere
dalla Palazzo Ralli il parcheggio, gratuitamente». Uno scambio ragionato. «Ma il
pasticcio nasce tanto tempo fa - sottolinea Camber - quando ancora in Regione
c’era la giunta Illy, e Uberto Drossi Fortuna era assessore, e del resto delle
proposte tecniche degli uffici è giusto fidarsi».
Ma quando sul piano regolatore tutti in aula spulciavano con la lente ogni zona
della città per contestare destinazioni o ciò che temevano fosse a rischio di
favorire qualcuno, sfavorire qualcun altro? Fabio Omero, capogruppo Pd: «Non era
emerso niente, è una cosa che ci è sfuggita, l’abbiamo saputa dopo, ed è
comunque la maggioranza che ha votato e ha sancito la cosa». Prudenza nelle sue
parole, se la Corte dei conti scoprisse ”dolo” nelle azioni del Comune, a pagare
il conto sarebbe chiamato per diretta responsabilità anche ogni singolo
consigliere.
Talché anche Roberto Sasco (Udc), presidente della commissione urbanistica, non
sa e non ha visto: «Di questo in commissione non ci siamo mai occupati, mai
abbiamo affrontato dettagli, rimandandoli tutti a eventuali emendamenti, io i
termini esatti della questione nemmeno li conosco, è una vicenda vecchissima che
ci siamo trovati sul tavolo, che ha tanti soggetti coinvolti, ma noi non
c’entriamo niente. E in tutti i casi - conclude Sasco -, quando è la
magistratura a occuparsi di una vicenda, è giusto che se ne occupi, non è
opportuno aggiungere nulla».
(g. z.)
FERRIERA - «Disertiamo il voto del 2011» - «Dobbiamo
far capire ai politici quanto possiamo contare» - Assemblea al Circolo Miani
FOGAR: «SITUAZIONE ANCORA IMMUTATA»
A che punto è l’affaire Ferriera? E, soprattutto, perché non l’hanno ancora
chiusa? Maurizio Fogar non si dà pace. Ha smesso, dichiara, di prendere i
farmaci salvavita che gli sono fondamentali dall’ottobre scorso («con diabete,
pressione e pulsazioni ormai fuori controllo», precisa) e da allora si nutre
solo di frutta, per protesta. Ha avuto tutti i riscontri che gli servivano,
compresi, assicura, i dati di un’Arpa «quasi imbarazzata per i silenzi della
Regione», ma non è successo niente. Fogar non menziona affatto la recentissima
riapertura del tavolo di confronto in Regione tra azienda, enti locali e
sindacati che dovrà tracciare il percorso di dismissione dell’impianto e
soprattutto di ricollocazione dei lavoratori. Cita invece il tavolo governativo
di Roma, dove, assicura, il destino di Servola è apparso segnato. Cokeria e
centrale elettrica dovrebbero restare attive fino al 2014 «ma a fronte di 2/3
del personale mandato fuori subito».
Il referente del Circolo Miani stipa di residenti imbufaliti la sede di via
Valmaura 77 per fornire alcune notizie nuove e confermare vecchie certezze. E
dunque: il passaggio pieno della proprietà dalla Lucchini ai russi non gli
sembra certo un inizio accattivante, «visto che la Severstal è in crisi, ha già
licenziato 5mila persone e di sicuro non intende investire un euro per la
sicurezza dello stabilimento». Ergo? «Il benzoapirene sta raggiungendo picchi
mai toccati prima – ammonisce Fogar – e parliamo di un agente tossico che in
10-15 anni può portare a un aumento esponenziale di tumori e persino leucemie».
Ancora: a suo dire la cokeria «è fuori controllo e non è mai stata riparata», la
proprietà «sta vivendo una crisi totale e anche l’ipotesi della centrale a
turbogas è difficile e dunque tireranno avanti fino al 2014 con un inquinamento
sempre maggiore».
L’astio verso i politici è molto alto, «visto che Dipiazza e Tondo si sono fatti
da queste parti due campagne elettorali, hanno incamerato i nostri voti,
decisivi, salvo poi non fare nulla».
Ecco il punto. Come mai, si chiedono Fogar e l’uditorio, di fronte a ripetute
segnalazioni e a cifre, a loro dire, incontrovertibili, si segnala solo il vuoto
pneumatico, l’assenza di ogni reazione? Una signora, bontà sua, sintetizza che
«se è un problema di posti di lavoro che se ne trovino un altro, anche mia
figlia è disoccupata, con laurea a pieni voti».
Fogar non demorde, attacca la Provincia, cui dovrebbe spettare la gestione
ambientale, e soprattutto l’assessore Zollia, «che era direttore
dell’assessorato all’Ambiente ma è venuto in Tribunale a testimoniare solo con
l’accompagnamento coatto dei carabinieri. È grottesco che adesso sia di nuovo
lui il referente della vicenda».
Alla fine ne viene fuori un quadro con un grande accusato, la classe politica
tout court. «Da Dressi a Cosolini, passando per Dipiazza, De Anna e Tondo –
incalza Fogar – abbiamo avuto solo promesse elettorali senza seguito alcuno. E
allora io propongo di disertare le urne, a partire dalla corsa per il sindaco
del 2011. Se non altro per fargli capire quanto possiamo contare». A seguire, la
manifestazione simbolica, una passeggiata davanti alla rotatoria di Ratto della
Pileria che crea qualche problema al traffico ma era stata ampiamente
annunciata. Oggi Valmaura, fanno capire, domani...
FURIO BALDASSI
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 marzo 2010
Frane, trenta le zone a rischio da puntellare - Da
Santa Croce a via dell’Eremo fino al giardino inghiottito da uno smottamento in
via Valerio
La Commissione urbanistica comunale chiederà al sindaco
di stanziare maggiori risorse in bilancio da impiegare in opere di manutenzione
e prevenzione
Spettacolari, certamente sì. Ma altrettanto fragili. Delicate come un
paziente a costante pericolo di ricaduta. E per questo soggette a una
consigliabile, ma non sempre puntuale, terapia di contenimento. Le picchiate
dell’altopiano carsico verso il livello del mare - tra pastini, boschi scoscesi
e abitazioni a vista mare - custodiscono infatti trenta siti franosi. Nessuno di
questi nasconde per ora (precisano gli esperti, si leggano gli articoli qui
sotto e a lato) un allarme rosso indifferibile, né preconizza disastri tipo
quelli filmati di recente nel Messinese. La lista però sottintende, quella sì,
l’opportunità di mettere un po’ più mano al portafogli (del Municipio) per
interventi di manutenzione dal costo contenuto - come la pulizia dei tombini o
la messa in sicurezza di vecchi muretti di contenimento - tali da prevenire
eventuali danni più grossi. È quanto si appresta a chiedere la Sesta commissione
del Consiglio comunale - competente in materia di urbanistica e ambiente - alla
giunta di piazza Unità e al suo assessore responsabile di tali deleghe. Che è:
Roberto Dipiazza.
LA MAPPA I siti mappati corrispondono ad altrettante zone su territorio comunale
dove si sono verificati crolli naturali di sassi, scivolamenti del suolo o
colate di detriti verso valle dovute talvolta ad ingrossamenti dei corsi d’acqua
sotterranei. Gli stessi causati indirettamente dalla mano dell’uomo, là dove le
fondamenta delle case hanno sbarrato la strada a quei corsi d’acqua, che hanno
così dovuto per forza trovare sfogo altrove. Ma compaiono anche porzioni più
ampie dove i sondaggi tecnici - per la particolare conformazione del terreno e
per la sua composizione - lasciano in dote una spia ben accesa.
I SITI GIÀ CENSITI Ventisei di questi siti (si faccia riferimento alla mappa a
fianco, ndr) risultano già censiti nell’attuale Catasto frane della Regione,
costruito con fondi statali nell’ambito del Progetto Iffi (acronimo che sta per
Inventario fenomeni franosi italiani, ndr). I nervi scoperti puntellano di fatto
tutto il versante a mare del crinale carsico. Si parte bassi dal fronte franoso
sopra via Udine, all’altezza di piazzetta Belvedere verso via Commerciale (dove
sei anni fa crollarono sassi fino alla strada, ndr), si prosegue alle spalle di
Roiano, Barcola e Miramare e poi su, lungo strada del Friuli. È qui che il
Comune, attraverso l’intervento della Protezione civile, ha puntato alta la
bandiera della riqualificazione viaria in chiave sicurezza, in coincidenza con
le due curve a rischio crolli di Casa Gialla e Moncolano. Si arriva quindi in
fascia verde dietro la Costiera e sopra la Napoleonica, tra Vedetta Italia e
Monte Grisa, per puntare alla fine verso un’ampia area oltre Prosecco fino a
Santa Croce, tra Monte San Primo e Bosco San Paolo.
LE NEW ENTRY Altri quattro siti dovrebbero essere inseriti nella lista ufficiale
dei punti sensibili a breve, non appena il Catasto frane sarà aggiornato tenendo
in considerazione gli eventi franosi dell’ultimo anno. Il più eclatante: il
giardino privato inghiottito nel maggio 2009 da uno smottamento in via Valerio,
all’altezza di via dei Pagliaricci, poco sopra l’Università. Ci sono quindi i
muri di contenimento franati il mese scorso lungo più d’una salita periferica in
seguito a piogge insistenti ma non straordinarie: dai pastini di Piscanci in
zona vicolo delle Rose verso Scala Santa, sotto Opicina, fino a via del Timo,
sopra San Giovanni, ben oltre la stessa via Valerio direzione Basovizza.
LA PROPOSTA Proprio questi ultimi episodi hanno evidentemente suggerito a Mario
Ravalico - esponente del Pd nonché geologo dipendente della Regione - di tornare
alla carica per tentare di dirottare un tot di poste di bilancio alla
prevenzione dei rischi geostatici. Ravalico, col la collega di partito Bruna Tam,
ha chiesto e ottenuto dal presidente della Sesta commissione, l’Udc Roberto
Sasco, la convocazione di una seduta dedicata al problema. Ne è uscita, su
imbeccata di Roberto Decarli dei Cittadini, la proposta (sposata e avvallata
subito da Sasco) di redigere come commissione - con l’ausilio tecnico di Giorgio
Tagliapietra, il geologo del Comune - una relazione con le priorità
d’intervento. Sarà presentata a Dipiazza dopo Pasqua.
PIERO RAUBER
FRANE - Cucchi: «C’è sempre la mano dell’uomo» - Il
docente universitario: prima si pensa a costruire e poi a risolvere i problemi
«Noi vogliamo più spazi, ma a volte questi spazi si
ribellano». E in più ci si mette «la scarsa manutenzione». Per Franco Cucchi -
professore di Geografia fisica e Geomorfologia presso il dipartimento di
Geoscienze e la facoltà di Scienze naturali dell’ateneo triestino - l’equazione
è fin troppo scontata: mano dell’uomo uguale rischio dissesti. Ciononostante - e
nonostante i dislivelli tra crinale carsico, colli e mare che marchiano nel bene
e nel male la città di Trieste - secondo l’esperto ”terzo”, ovvero esterno al
dibattito politico - la situazione all’interno del perimetro comunale «non è
grave», ed «è generalmente sotto controllo».
Fermo restando che il grado di attenzione e prevenzione che si intende applicare
spetta appunto al dibattito di politici e amministratori pubblici. «Non vorrei
essere smentito domani mattina - puntualizza il geologo dell’Università - ma
attualmente sul territorio triestino non esistono gravi volumetrie di detriti
franosi». Che, come tipologia, sono ben più d’uno.
«Molti di questi dissesti - spiega infatti Cucchi - sono legati alla scarsa
manutenzione di opere umane, che si pensano essere eterne e che invece sono
ormai diventate vecchie. E qui penso a quei muri, muretti e divisori di pastini,
accanto a terreni che si restringono quando sono secchi e che poi, quando piove,
si tappano anche perché sono stati raggiunti dalle radici degli alberi. Altri
fenomeni, di dimensioni più grandi, possono dipendere, per contro, da lavori in
corso eseguiti malamente o frettolosamente, spesso sul confine con altre
proprietà. E qui è colpa in pieno dell’uomo, che preferisce fare il lavoro prima
e pensare a come risolvere i problemi dopo».
C’è infine una terza categoria di smottamenti, che son solitamente colate di
detrito. È quella che si sviluppa dalla tombatura di torrenti o torrentelli sia
di superficie sia sotterranei a causa delle fondamenta di costruzioni
antropiche. I quali, in occasione di eventi piovosi intensi, si gonfiano e
deviano il loro tragitto alla meno peggio: «Ci sono corsi d’acqua - ironizza il
professore - che ci siamo dimenticati che esistono. E se i tombini sono intasati
è probabile che debordino».
(pi.ra.)
FRANE - «Il Comune intervenga per evitare crolli» -
Dipiazza: «Già fatto il bilancio, non vedo tutte queste emergenze»
CRITICHE ALL’AMMINISTRAZIONE DA SASCO E RAVALICO
«Se si facesse tanta manutenzione ordinaria la manutenzione straordinaria,
di conseguenza, servirebbe poco». Sarà pure una massima ormai inflazionata - il
prevenire che è meglio che curare - ma Roberto Sasco non se ne vergogna,
nell’usarla, spiegando i motivi per cui la Sesta commissione ha deciso di
stilare una lista delle priorità tra i trenta punti sensibili - meno quelli dove
l’amministrazione Dipiazza è già intervenuta o sta per intervenire come per
esempio strada del Friuli o via Udine - da inoltrare al sindaco.
«L’obiettivo - chiarisce Sasco - è chiedere alla giunta se c’è la possibilità di
finanziare tali interventi fin dalle prossime variazioni di bilancio». «Qualcuno
forse ricorderà degli anni ’70 - aggiunge - quando esisteva lo stradino del
Comune, che in ogni rione girava in l’Ape con dentro qualche mattone, della
calce e un po’ di bitume. Controllava i tombini, li liberava se erano intasati,
tappava i buchi dell’asfalto e rinforzava i muretti. Per carità, i tempi sono
cambiati, mica si può tornare indietro, però un po’ più d’attenzione ci vuole,
lungi dal fare polemiche». Chi, invece, le polemiche non le tiene a distanza, è
Mario Ravalico, l’esperto che viene dall’opposizione, e che dopo gli ultimi
episodi di rilassamento dei terreni fra Piscanci, via Romagna e via del Timo,
alle spalle di San Giovanni, ha chiesto una seduta apposita della Sesta
commissione. «Siamo di fronte - così il consigliere del Pd - a una situazione
che non è gravissima ma che non va sottovalutata. Le origini sono essenzialmente
naturali, come dire, la forza di gravità fa il suo mestiere. Purtroppo però
assistiamo sempre più a concause antropiche dovute da una parte a interventi
edificatori disinvolti e dall’altra all’incuria in cui versa l’ambiente. È per
questo che ogni anno presento emendamenti in sede di bilancio, i quali vengono
puntualmente bocciati dalla maggioranza, mirati a finanziare proprio le opere di
sistemazione idrogeologica e di manutenzione urbana di versanti e torrenti. Tali
opere, infatti, a mio modo di vedere non sono un optional bensì una necessità
per evitare danni rilevanti nel tempo. Si tratta, anzitutto, di una questione
culturale».
Fin qui i mittenti della relazione riguardante i siti sensibili. E il
destinatario? Come la prenderà quella relazione? «È vero che prevenire è meglio
che curare - mette le mani avanti Roberto Dipiazza - ma domandarmi di stanziare
risorse partendo da un bilancio approvato beh, la vedo dura... Eppoi non vedo in
questo momento problemi impellenti. Dovessi mettere a disposizione del
territorio tutti i soldi che servono per sistemare anche il più piccolo dei
cedimenti, che interessano in genere muretti privati d’inizio ’900 non più
curati, o cantieri prossimi ad altre proprietà perché di mezzo c’è quasi sempre
la mano dell’uomo, non basterebbe un miliardo. Di euro eh, mica di lire.
L’inverno con le piogge e le gelate, certo, ha allentato i terreni meno stabili
ma da qui ad avere problemi seri ce ne passa», insiste il primo cittadino, che
segnala sua sponte, al di là della lista dei trenta, altri fenomeni recenti
«piccoli» in via Brigata Casale e sopra Roiano, in via Giusti. «Alla tv vediamo
frane paurose con morti e feriti. E a Trieste? Niente di tutto questo», chiude
Dipiazza ricordando che «le situazioni davvero critiche, come strada del Friuli,
sono state risolte. E altre lo saranno, come Santa Croce, in prossimità del
ciglione sotto la linea del treno, per la quale abbiamo chiesto finanziamenti
statali con l’intervento della Protezione civile. O come un altro ciglione,
sopra strada del Friuli. L’amministrazione regionale, ancora durante la prima
giunta Tondo precedente a Riccardo Illy, ci finanziò il progetto di contenimento
con 500 milioni di vecchie lire. Lì poi la palla è passata alla Provincia,
perché prima di mettere apposto i pastini serve una strada per collegare i
diversi terreni».
(pi.ra.)
Piano regolatore, in Procura il park di Opicina -
Esposto del geometra Cocolet sulle anomalie della nuova destinazione d’uso
Un esposto presentato alla Procura della Repubblica ha
«aperto le danze» attorno al nuovo piano regolatore. L'esposto lo ha firmato il
geometra Aldo Cocolet che ha chiesto per iscritto alla magistratura penale di
esaminare tutto l’iter sulla vicenda del parcheggio di interscambio di Opicina.
Il fascicolo è finito sul tavolo del pm Raffaele Tito. Un secondo analogo
esposto è stato presentato anche alla Procura della Corte dei Conti perché venga
esaminato l’eventuale danno erariale prodotto dalla scelte della giunta Dipiazza
e dai dirigenti del Servizi tecnico- immobiliare e mobiliare e logistica del
Comune oggi riuniti sotto l’etichetta Demanio- Patrimonio immobiliare -
Espropri.
Al centro della vicenda vi è l’area già di proprietà della Regione su cui il
Comune ha costruito a poca distanza dal quadrivio di Opicina tra il 2002 e il
2003 un parcheggio pubblico, oggi in gran parte occupato da roulotte e camper.
Per realizzarlo a favore della comunità il Municipio aveva ottenuto di poter
occupare il terreno non suo e contemporaneamente si era impegnato ad avviare le
pratiche di esproprio. Solo che questo esproprio non è mai stato perfezionato e
la Regione passati quattro anni, ha cartolarizzato l’area e l’ha poi venduta -
con tutto il parcheggio costruito dal Comune - a 17 euro al metro quadrato
all’unica società partecipante all’asta, la «Palazzo Ralli srl». Le altre ditte
che operano sul mercato triestino non si erano fatte avanti proprio perché dai
documenti ufficiali era evidente che l’area doveva essere destinata a uso
pubblico. Accanto al parcheggio avrebbe dovuto essere costruita una nuova
caserma dei carabinieri.
Fin qui tutto chiaro o quasi. L’esposto presentato alla Procura sottolinea come
nello stesso lotto venduto dalla Regione alla «Palazzo Ralli srl», sia presente
accanto al parcheggio di 17 mila metri quadrati, anche un’altra area di seimila
metri quadrati che in base a una precisa variante del piano regolatore chiesta
dalla stessa società, sta per diventare edificabile. Il valore salirà così dai
17 euro al metro quadrato pagato all’asta, a 250, il prezzo medio di un terreno
B6 di Opicina. Un ottimo affare. Complessivamente l’acquirente ha sborsato 258
mila euro e grazie alla ”variante” al Piano regolatore oggi lo stesso terreno
vale un milione e 800 mila euro a cui va aggiunto il parcheggio.
«Il sindaco di Trieste che è pure assessore ai lavori pubblici e
all’urbanistica, quindi presentatore e proponente della recente variante
generale al Piano regolatore comunale fatta approvare dal Consiglio nell’agosto
del 2009, avrebbe esplicitato in sede pubblica di aver trovato una possibile
soluzione per garantire la fruibilità del parcheggio, in quanto la suddetta
variante al Piano regolatore, ha trasformato in edificabile, su esplicita
richiesta della Palazzo Ralli, il lotto di terreno acquistato assieme al
parcheggio».
Ma non basta. «Il tal modo il Comune, rivalorizzando in modo notevole il fondo
privato, si sarebbe assicurato la fruizione del parcheggio». Lo stesso Comune si
era invece scordato di avviare le pratiche per l’esproprio anche se aveva già
costruito col denaro dei contribuenti il parcheggio poi messo sul mercato dalla
Regione.
«E’ assai singolare- si legge nell’esposto che una società immobiliare privata
acquisti un fondo soggetto a esproprio per pubblica utilità, senza precise
rassicurazioni sul futuro destino urbanistico di tale fondo e sulll sua utilità
economica. Tanto più se si considera che la Palazzo Ralli srl è stata l’unica
partecipante alla seconda asta per la vendita dei fondi regionali cartolarizzati».
Sul problema del parcheggio di Opicina le forze politiche di opposizione si
erano già fatte avanti pubblicamente nello scorso ottobre. Ma il sindaco Roberto
Dipiazza era stato categorico. «Dubbi sul piano regolatore? Chi si sente beffato
faccia un esposto. Ho già chiesto che agisca la Procura. Non sono io che devo
verificare gli affari che intercorrono tra privati. E’ la magistratura che deve
intervenire. Non so nulla e non voglio sapere nulla. Non partecipo a queste
cose».
CLAUDIO ERNÈ
Antenne via da Chiampore: non tutti sono d’accordo - LA
CONFERENZA DEI SERVIZI
MUGGIA Si è conclusa ieri con un nulla di fatto la
conferenza dei servizi sul problema dell’inquinamento elettromagnetico dovuto
alla presenza di antenne radiotelevisive e ripetitori a Chiampore: la
Sovrintendenza ai beni ambientali ha ricevuto gli intendimenti del Comune di
Muggia è si è riservata un paio di mesi per analizzarli. Le conclusioni verranno
presentate nel corso della prossima conferenza dei servizi convocata per
l’inizio di giugno. Dagli scarsi elementi filtrati dopo l’incontro di ieri
sarebbe emersa una certa divergenza di vedute proprio tra il Comune e
l’organismo di tutela, dopo che l’Amministrazione ha confermato di voler
drasticamente ridurre la concentrazione di antenne sul colle di Chiampore.
Dalle attuali venti si vuole scendere a dieci, ma proprio la loro ricollocazione
sul monte San Michele e in zona San Floriano, pur lontano da abitazioni, avrebbe
sollevato le perplessità della Sovrintendenza. Una volta concordato un percorso
comune tra tutti i soggetti coinvolti, i tempi dovrebbero tuttavia velocizzarsi,
tanto che entro l’anno le ruspe potrebbero effettivamente iniziare le operazioni
di smantellamento. Confermata inoltre la posa di quattro nuovi impianti, tre sul
monte San Michele e un a San Floriano.
Dopo Pasqua verrà poi collocata in una proprietà privata a Chiampore, già
individuata, una centralina costata al Comune circa 6 mila euro, che registrerà
i dati dell’inquinamento elettromagnetico consentendo poi una loro elaborazione
per cogliere eventuali sforamenti. La centralina sarà itinerante e sarà
collocata periodicamente in punti diversi a rotazione successiva.
Proprio nei giorni scorsi erano iniziati i lavori per l’installazione di una
nuova antenna sempre a Chiampore: servirà da ponte radio della Protezione civile
regionale. «Il manufatto - aveva garantito a suo tempo il sindaco di Muggia,
Nerio Nesladek- non avrà alcuna conseguenza sulla salute degli abitanti».
(g.l)
Rupel: «Basta, il Carso non è una discarica» - «Vandali
e ignoranti lasciano di tutto, dai pneumatici all’Eternit, così non si va
avanti»
IL PRESIDENTE DELLA CIRCOSCRIZIONE LANCIA L’ALLARME
PROSECCO Anche il Carso non viene risparmiato dall’ondata di maleducazione
che è ormai consuetudine nel centro cittadino e nei rioni periferici. Giungono
da Prosecco, Contovello e Santa Croce numerose le segnalazioni sulla presenza di
rifiuti ingombranti, ciarpame vario e addirittura Eternit depositati con
noncuranza a fianco dei normali cassonetti per la raccolta delle immondizie.
Un andazzo preoccupante che sta diventando consuetudine e che sta sollevando lo
sdegno di tanti cittadini, ora pure di quelli che risiedono a Ovest della parte
d’altipiano governata dal Comune di Trieste. «È una situazione che ha
dell’incredibile e che giorno dopo giorno sembra peggiorare. Ignoti maleducati
sfruttano le ore della notte – afferma il presidente della prima circoscrizione
Bruno Rupel – per disfarsi dei propri rifiuti in modo sconveniente. In diversi
punti dei nostri borghi – continua il presidente – hanno lasciato di tutto, dai
vecchi elettrodomestici ai pneumatici, addirittura il pericoloso e cancerogeno
Eternit. Imperano un po’ ovunque una sfacciataggine e una maleducazione che
stanno mettendo a dura prova i nervi dei nostri residenti. Qui la colpa è di una
frangia di vandali e ignoranti che vanifica il buon lavoro assicurato da Comune
e AcegasAps. Così non è possibile andare avanti».
A detta della circoscrizione, non passa giorno che qualche cittadino telefoni o
faccia pervenire alla sede del parlamentino delle pesanti mail sul tema.
Addirittura un residente, in preda alla rabbia, ha lasciato addirittura dei
messaggi sui rifiuti abbandonati incautamente nei pressi dei bottini, ricordando
agli sconosciuti l’esistenza delle depositerie, le sedi opportune dove i rifiuti
inerti possono essere scaricati senza costo alcuno. Per la gente dell’altopiano
funziona tutti i giorni la depositeria di Strada per Vienna a Opicina, ma per
chi risiede a Prosecco e Contovello anche quella roianese di via Valmartinaga
può rappresentare un punto utile di riferimento. E c’è sempre quel servizio a
domicilio che l’Acegas/Aps rende previa appuntamento telefonico.
«Purtroppo l’inciviltà di pochi mette a repentaglio la pulizia e il decoro dei
tanti – riprende Rupel. E ho paura che la situazione peggiorerà. Rimedi? Sembra
che non ci sia altra strada che sanzionare pesantemente chi commette queste
infrazioni. Per questa ragione – insiste il presidente – ritengo che si debba
dare la massima informazione alle pene previste per chi sporca paesi e boschi e
perseguire senza pietà chi commette le infrazioni».
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 marzo 2010
Rigassificatori, Veglia brucia sul tempo Trieste - La
costruzione, promossa dal consorzio guidato da E.On, partirà nel 2011. Costo: 1
miliardo di euro
CONTRARI GLI ECOLOGISTI. POPOLAZIONE FAVOREVOLE VISTO
CHE LA STRUTTURA GARANTIRÀ 10MILA POSTI DI LAVORO
VEGLIA La costruzione del rigassificatore di Castelmuschio (Omisalj)
comincerà l’anno prossimo, con i lavori che dovrebbero concludersi entro il
2015. L’impianto brucerà così il terminal triestino, la cui data d’inizio dei
lavori non è stata ancora fissata.
È quanto sostengono gli addetti ai lavori, dopo che il ministero croato per la
Salvaguardia ambientale ha recentemente dato parere positivo al progetto, per
quanto attiene al suo impatto sull’ambiente.
Il placet del dicastero ha rappresentato un significativo passo avanti, al quale
seguirà la richiesta del consorzio concessionario, l’Adria Lng, per
l’ottenimento della licenza di costruzione. Per questo permesso, l’Adria Lng
(formato da E.On Ruhrgas, Total, Omv, Geoplin e da tre aziende croate, Ina, Hep
e Plinacro) è riuscita a raccogliere tutta quanta la documentazione necessaria,
cosicché la richiesta sarà avanzata in capo ad un paio di settimane. Stando a
quelli che erano stati i piani del consorzio, la licenza di costruzione avrebbe
dovuto essere rilasciata circa un anno fa, ma poi vi furono vari intoppi che
fecero tardare l’iter. Anche se il permesso dovesse essere concesso nell’arco di
due mesi, è ormai impossibile che i lavori di approntamento comincino
quest’anno. Si dovrebbe partire dunque nel 2011, previa formulazione della
documentazione progettuale e scelta – tramite concorso internazionale –
dell’azienda o del consorzio che dovranno mettere in piedi il terminal
metanifero. Respinto dagli ecologisti, che vedono in esso un grave pericolo per
l’ambiente nordadriatico, e invece voluto dalla Regione quarnerino–montana e
dalle municipalità interessate, l’impianto Lng verrà a costare sugli 800 milioni
di euro, ai quali si devono aggiungere altri 200 milioni. È la cifra che si
dovrà sborsare per l’apprestamento del gasdotto.
Il rigassificatore, nei primi tempi avversato da tutti, specie dalle autonomie
locali, si presenta ora come un vero e proprio affare in questi tempi di crisi.
Con l’indotto, il terminal dovrebbe significare lavoro sicuro per circa 10 mila
persone, mentre si ritiene che le aziende croate potranno aggiudicarsi appalti
per circa il 40 per cento della “torta da un miliardo di euro”. Un affare di
quelli ghiotti, insomma, proprio quando il settore economico quarnerino (idem
quello nazionale) è tormentato da continui insuccessi, che chissà quando
cederanno il passo alla rinascita. A Castelmuschio, nell’isola di Veglia, il
rigassificatore dovrebbe movimentare annualmente dai 10 ai 15 miliardi di metri
cubi di gas. Si tratta di un progetto, e non lo si scopre oggi, diventato
d’importanza strategica per le sorti energetiche della regione e del Paese.
L’intento è di arrivare ad avere una soluzione alternativa al gas russo che,
tramite l’ Ucraina, arriva in Croazia. Si vogliono evitare gli effetti di altre,
eventuali, crisi tra Mosca e Kiev e in questo senso il rigassificatore isolano
appare la soluzione migliore. Il progetto non riesce però a convincere del tutto
gli ecologisti, i quali temono che il terminal possa trasformarsi in una bomba,
trovandosi a stretto contatto con altri impianti ritenuti a rischio, come
l’oleodotto e l’industria petrolchimica. Ci sono poi i timori legati alle
conseguenze per l’ambiente marino, riguardanti l’abbassamento della temperatura
dell’acqua di mare, utilizzata per il processo di rigassificazione del metano.
Stando alle simulazioni, la differenza della temperatura del mare a 70 metri
dallo scarico sarà di 0,5 gradi, mentre nel raggio di un chilometro sarà di 0,2
gradi. Variazioni, così nello studio d’impatto ambientale, che avranno
conseguenze praticamente nulle su flora e fauna, come pure sulla pesca nel golfo
di Fiume.
ANDREA MARSANICH
SEGNALAZIONI - «Il sito web accetta anche domande
complesse sul rigassificatore» - LA PRECISAZIONE
Il signor Carlo Franzosini, con la segnalazione pubblicata
il 23 marzo scorso, evidenzia il cattivo funzionamento della sezione che, nel
sito web della Provincia di Trieste, consente di inserire domande sul tema
rigassificatore. Il problema, effettivamente presente nei primi giorni di
attivazione del servizio, è stato determinato dal fatto che lo spazio di
scrittura previsto per le domande è risultato alla prova dei fatti troppo
limitato rispetto alle esigenze di parte dei cittadini i quali tentando di
inserire quesiti particolarmente articolati si vedevano rifiutare l’operazione.
Questa difficoltà, prontamente segnalata da alcuni direttamente ai nostri
uffici, è stata risolta giorni dopo, consentendo di pubblicare anche un testo
lungo e articolato. Lo stesso signor Carlo è riuscito a inserire agevolmente tre
domande in data 12, 19 e 21 marzo. Ad oggi i quesiti apparsi sul sito sono 24,
inevitabilmente distanti, trattandosi di strumenti diversi, dal sondaggio
promosso da questo quotidiano, ma in perfetta linea con le segnalazioni
pubblicate dal Piccolo nel lasso temporale da febbraio a marzo. Va altresì
segnalato il gran numero di quesiti posti attraverso la documentazione trasmessa
dai portatori di interesse collettivo, che hanno peraltro chiesto di essere
sentiti dal Comitato tecnico scientifico onde partecipare poi al confronto sui
tavoli con la proponente Gas Natural. Invitiamo comunque i cittadini a
continuare a porre sul sito, o attraverso gli altri strumenti pubblicizzati, le
loro richieste. Speriamo comunque alla fine di prestare complessivamente un
utile servizio e ringraziamo tutti coloro che in vario modo, anche critico,
hanno ritenuto o riterranno ancora di parteciparvi.
Vittorio Zollia - assessore al Territorio ambientale Infrastrutture e
Trasporti Polizia ambientale e territoriale Provincia di Trieste
IL GUARDACACCIA Rozza: «Nel lupo c’è un’etica che
l’uomo ha perso In Carso troviamo anche lo sciacallo dorato»
«L’abbattimento dei cinghiali? Prima c’è un grande
lavoro di prevenzione» - «Non ho animali a casa ma tanti nel bosco: so dove
stanno e cosa piace loro»
«Non riuscirei mai a mangiare carne di selvaggina anche se comunque non sono
vegetariano»
«Quando soccorriamo dei caprioli investiti, troviamo la gente che li accarezza
ma così si rischia di farli morire»
Il suo compito quotidiano è quello di tutelare la conservazione
dell’ambiente faunistico della provincia di Trieste. Per farlo ci vuole un mix
di passione, esperienza e nozioni: così Maurizio Rozza, lasciando da parte la
politica per un giorno, può svelare anche che dal lupo l’uomo avrebbe da
«imparare tantissimo» e che lui stesso non mangerebbe mai lo spezzatino di
cinghiale.
Rozza, come sposa il fatto di essere un ambientalista col ruolo di guardacaccia
che ha dovuto abbattere il cinghiale?
Credo di essere stato uno dei primi guardacaccia a non provenire dal mondo
venatorio. Ci occupiamo di vigilare sul rispetto delle norme che riguardano la
tutela della fauna selvatica e regolamentano l’attività venatoria. Sui
cinghiali, in caso di problemi che possono interessare la salute e la sicurezza
umana o la biodiversità, il compito di intervenire in prima battuta qui spetta a
noi. L’abbattimento fa parte del nostro lavoro. Ma è un aspetto marginale.
Quali sono quelli principali?
La prevenzione del bracconaggio o del traffico di animali. Qualche anno fa, ho
sequestrato tre lupi a Trieste, due artici e uno canadese, che poi sono stati
affidati in Abruzzo. O ancora, negli anni Novanta, abbiamo trovato duemila
uccelli protetti in un solo giorno, con 56 perquisizioni.
Torniamo ai cinghiali. Ambientalisti e animalisti l’hanno criticata?
I primi hanno sottoscritto una lettera di appoggio e sostegno. Con il mondo
animalista c’è stato bisogno di un chiarimento, molto tranquillo. All’interno
del Comitato faunistico regionale, peraltro, rappresento anche loro.
Mai pensato da ragazzo di fare questo lavoro?
A sei, sette anni, avevo scritto un tema, in cui affermavo di sognare di fare il
guardacaccia. Ce l’ho ancora incollato alla parete. Alla fine ci sono arrivato.
Concretamente, quali sono le vostre incombenze quotidiane più ricorrenti?
Saniamo i conflitti tra persone e fauna selvatica. Nel senso che prima di
arrivare all’abbattimento di un cinghiale c’è un lavoro di informazione e
prevenzione. Spieghiamo alla gente come sistemare, per esempio, una recinzione
anti-cinghiali, come evitare il danno. Fra poco si scatenerà il problema
gabbiani.
Cioè?
Vanno a nidificare sui tetti delle abitazioni. È una certezza, è ricorrente: il
fenomeno non è destinato a migliorare da solo. Allontanarli è complicatissimo.
Essendo un animale molto intelligente, ritiene i tetti come le isole, dove i
predatori di terra non possono arrivare.
La questione come si risolve allora?
Lavorando molto sull’educazione delle persone per far evitare loro comportamenti
che possano determinare conflitti con altre persone, tipo il fatto di alimentare
i gabbiani. E informando su pericoli reali e paure immotivate. Inoltre ci sono i
sistemi di prevenzione, come le reti sui tetti. Dobbiamo però imparare a
convivere con questi animali.
Lei che li conosce così bene, ha animali a casa?
No. Sono contrario a tenerli in cattività. Ho un sacco di animali liberi nel
bosco: fra mezz’ora posso andare a vedere il gufo reale, volendo. Non ho bisogno
di possedere, non lo trovo necessario. Anni fa i cinghiali li conoscevo quasi
per nome. I caprioli so dove stanno, come le tane della volpe, il tasso. So in
che punto sta facendo il nido il falco pellegrino in Val Rosandra.
Conoscenza o presenza sul territorio?
Un mix delle due cose. Dopo anni di lavoro, uno sente dove possono stare gli
animali. Si impara a capire come si comportano e cosa preferiscono, poi le
abitudini orarie sono quelle.
Trieste e la sua fauna: una ricchezza superiore ad altre zone d’Italia?
Un ambiente pazzesco, che ha la fortuna di essere vicino alla Slovenia, un
grande polmone. Pochi sanno che in Carso c’è lo sciacallo dorato, che l’orso ci
passa una o due volte l’anno, e si trova pure il gatto selvatico, una specie
molto rara. Qui c’è un patrimonio enorme, per molti versi più che altrove grazie
all’incrocio tra montagna, Carso, laguna e zona mediterranea, il che aumenta in
modo enorme la biodiversità. Non dimentichiamoci dei lupi a Basovizza.
A proposito, ci sono aggiornamenti?
Attendiamo i risultati degli esami genetici. Dai filmati, comunque, o era il
lupo del Carso oppure un ibrido. Gli animali selvatici stanno imparando a vivere
in ambienti antropizzati.
Intervenite anche per soccorrere gli animali feriti, giusto?
Sì, a proposito c’è il caso degli investimenti stradali.
Prego?
Quando arriviamo per soccorrere un animale investito per strada, come un
capriolo, troviamo tanta gente che lo tiene fermo e lo accarezza. Le persone non
sanno che è una cosa che può portarlo alla morte: l’uomo non è per il capriolo
un amico, ma un predatore. La carezza simula quanto fa il predatore quando lo
lecca prima di mangiarlo. Può morire di stress.
E le catture?
Ne facciamo spesso. Specie di caprioli, che si cacciano nelle situazioni più
assurde: finiscono nelle fabbriche, nei giardini. Li recuperiamo usando delle
reti di contenimento.
L’episodio più strano che ricorda nel suo lavoro?
Be’, di strano c’è stato un bracconiere a cui ho trovato un cinghiale fatto a
pezzi sotto il letto matrimoniale, durante una perquisizione. Un’altra scena
apocalittica è accaduta durante il trasporto di un lupo sequestrato in Abruzzo.
Doveva essere stato sedato, invece si è svegliato al Lisert e ha iniziato a fare
a pezzi la cassa di trasporto che stava dietro di me. Era parecchio nervoso, poi
però si è riaddormentato. Io ero già terrorizzato...
A lei piace lo spezzatino di cinghiale?
Non potrei mai mangiare la carne di selvaggina. Non ci riuscirei. Ma non sono
vegetariano.
Il suo animale preferito?
Il lupo è un animale stupendo, ha aspetti etici che le persone stanno perdendo.
Abbiamo da imparare da molti animali e dal lupo tantissimo.
Cosa intende con etica del lupo?
Quando un avversario si arrende e alza la gola, la sua parte più vulnerabile, a
quel punto il lupo lascia perdere. La cosa che in generale si impara in questo
mestiere è che noi siamo animali, si riconoscono aspetti e istinti sepolti.
MATTEO UNTERWEGER
”Miani”, assemblea sulla Ferriera - A VALMAURA
Domani alle 18, nella sede di via Valmaura 77, il Circolo Miani, Servola Respira, il Coordinamento dei comitati di quartiere e La Tua Muggia, promuovono un’assemblea pubblica «sull’emergenza inquinamento». Introdurrà Maurizio Fogar. Si parlerà di emissioni ma anche del tavolo per la riconversione annunciato dalla Regione. A fine assemblea «molto probabilmente - si legge in una nota - i partecipanti scenderanno in via Valmaura per formare un cerchio umano alla rotonda posta alla base della rampa della superstrada».
SEGNALAZIONI - Il futuro della Ferriera - AMBIENTE
Speriamo siano finite le polemiche e le perdite di tempo
su una situazione di incertezza che dura da troppo tempo: il futuro dello
stabilimento di Servola che sta logorando la vita dei lavoratori da una parte e
dei residenti dall’altra.
La Commissione provinciale all’Ambiente (che presiedevo nella passata
consiliatura) ha avuto modo di trarre queste problematiche già dal 2001 con la
vecchia proprietà, i sindacati e le altre parti interessate, sono passati quasi
dieci anni con promesse e assicurazioni, senza risultati e risoluzioni.
Credo che ora bisogna chiudere al più presto la questione per la tutela della
salute pubblica nel rispetto dei residenti e dei lavoratori con soluzioni chiare
e di rapida esecuzione e tutto ciò vale per l’intero sviluppo territoriale.
Lo sviluppo del territorio, dal punto di vista ambientale, non può prescindere
dalla riconversione degli stabilimenti inquinanti (in primis, appunto la
Ferriera di Servola) in attività, non necessariamente industriali, di basso
impatto ambientale. Così come lo sviluppo nell’area interessata dal Sito
Nazionale, una volta bonificato dovrà favorire le attività artigianali,
commerciali e industriali di tipo leggero e ad alta tecnologia.
Serve comunque il lavoro di tutti gli enti, pubblici e privati per dare un
contributo importante nella pianificazione territoriale ed industriale nel
contenere gli impatti ambientali e per riconvertire e bonificare aree ora
degradate o con attività in essere non compatibili, con una adeguata politica di
sostenibilità, appunto, ambientale. Tutto ciò però con una tempistica
accettabile, magari graduale, ma efficace, per dare un futuro alle famiglie e ai
lavoratori.
C’è ora un certo ottimismo, vista la condivisione generale, però restano ancora
molti dubbi sulle sinergie in campo, per uno sviluppo economico e occupazionale
sostenibile: oltre la buona volontà, che sembra finalmente espressa, mi auguro
ora si apra la stagione dei fatti.
Giorgio Cecco
IL PICCOLO - DOMENICA , 28 marzo 2010
Tondo all’opposizione: basta terrorismo sul nucleare -
Il presidente contrattacca: «Hanno carte segrete su Monfalcone? Le tirino fuori
o tacciano»
Apprezzamento per l’apertura slovena alla
collaborazione italiana su Krsko: «C’è chi ha gufato contro solo per tentare di
mettermi in difficoltà con Roma»
TRIESTE «Hanno gufato affinché la Slovenia dicesse di no e invece è arrivata
un’apertura importante. Adesso, perlomeno, la smettano di fare terrorismo
sull’energia nucleare». Non porge l’altra guancia, non stavolta. Renzo Tondo,
stanco di incassare, contrattacca. E lancia la sfida a quelli del centrosinistra
che alimentano a corrente continua lo ”spettro” dell’apertura incombente di una
centrale a Monfalcone o, magari, nel pordenonese. Sempre e comunque, però, in
quel Friuli Venezia Giulia guidato da un governatore favorevole al ritorno
all’atomo: «Ho detto, e lo ribadisco, che il ministro Claudio Scajola mi ha
garantito direttamente che non c’è nessun progetto del governo per l’apertura di
una centrale nucleare a Monfalcone. Qualcun altro ha informazioni diverse? Le
tiri fuori. In caso contrario, però, la smetta: evocare progetti segreti tenuti
in chissà quali cassetti, gettando benzina sul fuoco, significa solo fare
terrorismo».
Il governatore del Friuli Venezia Giulia, nuclearista sin dai tempi non
sospetti, interviene a margine di un convegno pubblico sulle biomasse. A Ovaro.
E, al rientro dalla visita lampo al quartier generale di Stoccolma
dell’Electrolux, difende il suo appoggio all’atomo come pure il suo sostegno non
meno convinto alle fonti rinnovabili: «Non c’è contraddizione, al contrario.
Parto da un presupposto semplice: il settore manifatturiero, e ne ho avuto
l’ennesima conferma nel corso degli incontri all’Electrolux, non va abbandonato,
come si è erroneamente creduto, ma sostenuto. Serve energia, però. Molta energia
e questo spiega il mio approccio non ideologico al nucleare e al contempo il mio
sostegno pieno all’eolico, al fotovoltaico, alle biomasse. C’è bisogno di
entrambi».
In un quadro del genere, e in nome del «buon senso» e della «collaborazione»,
rientra la ”battaglia” a favore di un coinvolgimento italiano nel raddoppio
della centrale slovena di Krsko. E Tondo lo ribadisce, in pubblico, anche a
Gorizia. «Ho lanciato la proposta poco dopo essere stato eletto, e quindi più di
un anno e mezzo fa, perché la ritengo sensata» rivendica il governatore. E si
leva un sassolino: quelli che l’accusano oggi di essere ”succube” di Silvio
Berlusconi e della sua svolta filo-nucleare, dimenticano che «quando ho tirato
fuori il raddoppio di Krsko, il governo non si era ancora espresso per il
ritorno all’atomo».
La strumentalizzazione, insomma, va cercata altrove. Nelle file
dell’opposizione: «Hanno gufato perché la Slovenia dicesse di no. E l’hanno
fatto solo per tentare di mettermi in contraddizione con il governo, nonostante
io abbia già detto e ridetto che in Friuli Venezia Giulia non ci sono le
condizioni per l’apertura di una centrale nucleare» afferma, ancora, Tondo.
Invece, dopo la sortita dell’amministratore delegato di Enel Fulvio Conti, è
arrivata l’apertura di Lubiana, con il direttore del dipartimento Energia del
ministero sloveno dell’Economia Janez Kopac favorevole alla collaborazione
italiana. «Sono affermazioni che apprezzo molto e che mi confortano. Io -
promette Tondo - proseguo con grande determinazione il mio pressing sulle
autorità italiane nella consapevolezza che l’interlocutore del governo sloveno,
in questa partita, è legittimamente e giustamente il governo italiano». Il
governatore del Friuli Venezia Giulia, quello che dopo Pasqua vedrà comunque il
premier sloveno Borut Pahor, non sottovaluta le difficoltà: «Mai pensato che
fosse facile. Ma i risultati si raggiungono con sacrificio, costanza, impegno ed
è per questo che sollecito il governo italiano affinché faccia ogni tentativo
per diventare partner di quello sloveno».
ROBERTA GIANI
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 27 marzo 2010
Ricorsi al Tar rigassificatore GAS NATURAL
Ricorsi al TAR presentati dai Comuni di Koper, Muggia, San
Dorligo della Valle - Dolina, dall’Associazione Greenaction Transnational e dal
WWF Italia contro il decreto V.I.A. del 17.07.09 riguardo al proposto terminale
di rigassificazione nella zona industriale di Zaule nel Comune di Trieste.
1) A seguito dei ricorsi presentati al Tribunale Amministrativo Regionale
(T.A.R.) da parte dei Comuni di Koper, Muggia, San Dorligo della Valle-Dolina,
dall’Associazione Greenaction Transnational e dal WWF Italia il Ministero per i
beni e le attività culturali italiano con note del 25.02.10 chiedeva alla
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia
Giulia di fornire informazioni all’Avvocatura dello Stato per difendersi in
giudizio davanti allo stesso T.A.R..
Dopo aver letto i ricorsi il Soprintendente arch. Luca Rinaldi con nota datata
15.03.10 prot. n. 2022/8.4 (ALL. 1) indirizzata all’Avvocatura dello Stato
italiano ha chiaramente affermato di ritenere opportuno che la medesima
“Avvocatura trovi un accordo con le controparti onde evitare i relativi
annullamenti da parte del TAR”.
In pratica la Soprintendenza paesaggistica per il Friuli Venezia Giulia dopo
aver letto i ricorsi ritiene che i Ministri italiani dell’Ambiente e quello per
Beni Culturali abbiano redatto un atto illegittimo che dovrà essere annullato da
parte del TAR competente.
A nostro avviso ciò conferma l’illegittimità del decreto sulla V.I.A. del
17.07.09 a firma dei Ministri Prestigiacomo e Bondi.
2) Riguardo al ricorso del Comune di Koper va precisato che lo stesso è stato
presentato anche per evitare l’inquinamento delle acque della Repubblica di
Slovenia. Va infatti considerato che con vento di Bora e di Libeccio il
materiale inquinato presente nel Golfo di Trieste e risospeso dai lavori a mare
e con il passaggio delle navi gasiere verrebbe trasportato nelle acque
territoriali della Repubblica di Slovenia con tutti gli effetti conseguenti.
L’intero arco costiero che va da Barcola (Comune di Trieste) al confine con la
Slovenia è già pesantemente inquinato dalle numerose discariche a mare
realizzate negli ultimi decenni, tanto da poter considerare questa zona come
un’unica grande discarica avente uno sviluppo lineare di circa 30 Km. In
quest’area sono stati scaricati milioni di metri cubi di rifiuti tossico nocivi
che in buona parte giacciono sui fondali marini per spessori di svariati metri.
Qualsiasi intervento comporterebbe quindi un rimescolamento dei sedimenti
inquinati che verrebbero trasportati dalle correnti anche nelle acque
territoriali della Slovenia.
Si tiene a precisare che questo massiccio inquinamento costiero, facente parte
del più ampio sistema di smaltimento illecito dei rifiuti che ha devastato la
provincia di Trieste, è avvenuto sotto il completo controllo delle autorità
italiane. Un vero e proprio “inquinamento di Stato”. Un disastro ambientale di
enormi dimensioni che le autorità italiane stanno continuando a negare onde
scongiurare anche le possibili cause di risarcimento danni che i Paesi
confinanti (Slovenia e Croazia) potrebbero intraprendere.
Per meglio comprendere la gravità della situazione si evidenzia quanto segue.
Con nota datata 15.01.82 del Comune di Trieste Unità Operativa Ambientale
indirizzata alla Rip. XI Sanità e Igiene a firma del vgb. M. Bussani riguardo
alle ceneri dell’inceneritore si precisava che le “stesse vengono depositate in
terra presso l’area ESSO a San Sabba. ...”.
In una nota del Comune di Trieste indirizzata all’allora Pretura Unificata a
seguito dell’incarico ricevuto dal Pretore di Trieste dott. P.V. Reinotti si
legge: “... Nello specchio di mare di Muggia - settore Nord-Est - in zona
industriale (terreni adiacenti gli impianti Esso), la battigia risulta cosparsa
di ogni sorta di rifiuti e scorie di solidi urbani e industriali, talchè il
flusso e riflusso del mare assorbe le materie inquinanti, in modo tale che lo
specchio di mare stesso risulti un “mare morto”, privo di flora e fauna, per lo
scempio che ivi vi si svolge da ignoti, ma soprattutto per la contaminazione con
il mare di quelle parti di scorie contenenti un alto tasso inquinante, derivato
dai prodotti chimici, battericidi, oleosi, ecc., che si trovano frammisti con i
rifiuti. Nella zona in parola - che è aperta al pubblico transito - vengono
depositati, sembra a partire dal mese di aprile dell’anno 1981, le scorie
dell’inceneritore dei rifiuti solidi urbani, i cui impianti hanno sede sul Monte
S. Pantaleone. ...”.
In una relazione della Provincia di Trieste si legge: “... Per quanto concerne
l’area di via Herrera - Scalo Legnami, si evidenzia che esistono due progetti
con finalità diverse. Quello di via Herrera, assume come obiettivo prioritario
la bonifica dell’area, già adibita in tempi successivi a discarica di inerti e
di rifiuti solidi urbani, e il prolungamento della banchina del canale
industriale al fine di contenere il progressivo riempimento dello stesso
dall’onda di fango provocato dall’avanzamento della discarica. ...”.
Con riferimento alla precitata ‘onda di fango’ si segnala che nella nota datata
19.05.81 di “Bernacchia ESSO Deposito Trieste S. Sabba” (ALL. 2) pervenuta al
Comune di Trieste il 19.05.81 si legge: “Nonostante nostre diffide verbali
continua discarica ceneri inceneritore comunale entro area di nostra proprietà
... lamentiamo distruzione 50 metri circa recinzione doganale ... diffidiamo
proseguimento discarica et invitiamo at ritiro urgentissimo delle ceneri
scaricate nelle fosse di residui di bitume che sottoposti at carico cumuli
ceneri traboccano invadendo aree circostanti et at pochi metri dal mare ...
respingiamo qualsiasi responsabilità per prossimo inquinamento marino ... ci
riserviamo di adire per vie legali con responsabili per violazione proprietà
privata et danneggiamenti”.
3) Per quanto riguarda poi l’obbligo derivante dalla Direttiva comunitaria
85/337/CEE di sottoporre ad un’unica V.I.A. il progetto nella sua interezza
(rigassificatore e gasdotto di collegamento), senza frazionarlo in varie parti
come ha fatto l’Italia, si richiama la sentenza della Corte di Giustizia Europea
28 febbraio 2008 in causa C-2/07 con la quale è stato ribadito il principio da
seguire per qualsiasi tipo di opera soggetta a V.I.A. (rigassificatori e
gasdotti di collegamento compresi) e cioè l’impossibilità (pena nullità della
procedura) di frazionare la V.I.A. stessa eludendo una valutazione unica.
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) -
tel.+39 040-2410497
IL PICCOLO - SABATO, 27 marzo 2010
«Gas Natural, dalle accise 40 milioni all’anno» -
Proiezione del Municipio: soldi alla Regione, tutta da stimare la ricaduta su
Trieste
Si era detto che per il solo indotto l’impianto di Gas
Natural sarebbe valso la pena. Si era aggiunto che una società di quel calibro,
che paga tasse, annessi e connessi a Trieste, lascia il segno. E invece adesso,
in un’occasione assolutamente informale, si deve registrare una perplessità
diffusa.
Quanto arriva a Trieste dalla accise di benzina e gasolio? Lo si evince dai dati
regionali, niente. E da quelle, ipotizzabili e tanto sbandierate, del
rigassificatore? «Forse una parte, tutta da definire», nel commento
dell’assessore Ravidà.
Un dato che ha fornito un assist non da poco al consigliere Alessandro Minisini,
rapido a commentare subito dopo, lapidariamente che «le tanto pubblicizzate e
magnificate ricadute si sono ridotte al niente, dal rigassificatore non ci
arriverà un euro».
Il ragionamento, in effetti, segue un filo logico. Per quale motivo lo Stato,
assodato che già non divide con le realtà locali gli introiti che derivano dai
prodotti energetici (benzina, gasolio e via taglieggiando) dovrebbe fare
un’eccezione per l’impianto di Zaule?
Dove è scritto che il gpl esce dalle regole e che gli spagnoli della Gas Natural
sono nati per fare i buoni samaritani? E ancora: il Comune di Trieste sarà anche
bello, buono e allineato, ma in questo periodo di è difficile che qualcuno gli
faccia dei regali. A meno che la cosa non venga messa nero su bianco, cosa che
al momento non è ancora successa.
Un vero peccato, considerato che la ”polpa”, e l’assessore Ravida non ne ha
fatto mistero ieri in Seconda commissione, è di quelle che valgono. «Abbiamo
fatto una proiezione – ha raccontato – partendo dai circa 57 centesimi/litro di
accise raccolti per la benzina, da quelli del gasolio e ipotizzando una cifra
per il gpl, prodotto energetico in sicura crescita. Ne sono venuti fuori circa
40 milioni di accise all’anno, interamente introitate dalla Regione».
Una buona notizia per Trieste, allora? Non è detto, non ancora, perlomeno. «I
nostri rientri? Non li so e non li saprò – ammette l’assessore – fino a quando
l’impianto, che sarebbe opportuno realizzare quanto prima, sarà fatto e finito».
Impossibile, a quel punto, tirarlo allo scoperto, tanto che, a una precisa
domanda sull’indotto dell’impianto ha risposto, con meridionale saggezza, che
«chi lo chiede pretende di mangiare l’uovo che è ancora nel sedere della
gallina...».
(f.b.)
«Rigassificatore? No grazie» - IL NEO ELETTO SEGRETARIO
DI RIFONDAZIONE FURLANIC
«La posizione del nostro partito è di totale contrarietà
al rigassificatore, sulla sicurezza non si baratta. Come diciamo no alla
privatizzazione dell’acqua, che altrove non ha portato migliorie al servizio e
contestualmente ha determinato spese più alte per i cittadini. Sono punti su cui
non transigeremo in merito al programma elettorale per il 2011». Il neoeletto
segretario provinciale di Rifondazione comunista, Iztok Furlanic, mette gli
alleati sull’avviso: il suo partito non farà sconti, anche a costo di non
trovare gli accordi con le altre forze del centrosinistra per le elezioni del
prossimo anno.
Sul progetto di Gas Natural, Furlanic aggiunge di aver «notato negli ultimi
tempi come comunque anche all’interno del Pd il partito del no si stia
ampliando...». E allo stesso Partito democratico conferma la disponibilità, già
espressa dal predecessore Igor Kocijancic, a parlare di primarie in prospettiva
2011: «Sono il male minore in questa situazione di personalizzazione della
politica. Almeno permettono una partecipazione attiva dei cittadini. Però -
specifica Furlanic - bisogna partire dal programma e dalla sua condivisione. Su
quanto allargare la coalizione, posso poi avere un’opinione diversa dalla altre
forze del centrosinistra». Nel dettaglio: «Be’, per un’alleanza con l’Udc, da
parte nostra la vedo dura in base a quanto avvenuto in questa consiliatura.
Rischierebbe di diventare uno schieramento solo elettorale e non sorretto da
contenuti condivisi». Per il nuovo segretario di Rc, «in città stiamo vivendo in
una sorta di immobilismo dall’approvazione del Piano regolatore in poi. Il
sindaco Dipiazza è in difficoltà, lo dimostra il fatto che abbia tenuto per sé
le pesanti deleghe a urbanistica e ai lavori pubblici. Il centrosinistra deve
sfruttare queste difficoltà». Infine, sul suo partito: «A Trieste stiamo un po’
meglio che a livello nazionale. E vedo possibilità di sviluppo con la
collaborazione con le altre forze di sinistra».
(m.u.)
«Ferriera, va coinvolto l’ente camerale» -
RICONVERSIONE - Percorso delineato dalla Regione
PAOLETTI: INDOTTO IMPORTANTE, VOGLIAMO FAR PARTE DEL
TAVOLO
«Come rappresentante dell’economia triestina auspico che la Camera di
commercio venga coinvolta». Il presidente camerale Antonio Paoletti, pur se
impegnato all’estero, interviene sulla questione della riconversione della
Ferriera di Servola. Ritiene innanzitutto «apprezzabile l’annuncio del
presidente Renzo Tondo in merito alla convocazione dei tre tavoli», con cui
Regione, Provincia e Comune, ognuno in ambiti precisi ma comunque da coordinare
fra loro (rispettivamente: lavoro, ambiente e sviluppo), disegneranno il
percorso che porterà alla chiusura dello stabilimento e a tutto quanto ne
conseguirà poi. A iniziare dalla componente occupazionale.
Ma Paoletti si sente anche «in dovere di sottolineare il problema che interessa
l’indotto della Ferriera - dice - con varie aziende e piccole e medie imprese
che danno da lavorare a centinaia di persone». Anche per questo, il numero uno
della Camera di commercio chiede che la stessa Cciaa possa «fare parte del
tavolo che si occuperà del lavoro, per seguire la situazione ed essere quanto
meno informati». Il tavolo al quale Paoletti fa riferimento è quello la cui
responsabilità è in capo alla Regione. Al riguardo, coglie l’occasione per dare
pure un suggerimento a chi dovrà occuparsi di ricollocazione dei lavoratori, e
al tempo stesso anche a chi (ovvero il Comune) andrà a discutere di sviluppo e
dunque di iniziative e possibilità future per la città: «Ricordo che il progetto
del Parco del mare potrebbe assicurare in tempi rapidi qualcosa come 120 posti
di lavoro diretti». Altri «40 nuovi posti - aggiunge Paoletti - grazie a una
dozzina di aziende» li portebbe in dote il Centro commerciale all’ingrosso,
altro progetto caro alla Camera di commercio che avrebbe visto di buon occhio
una sistemazione nell’area ex Aquila, soluzione ostacolata però da tempi di
bonifica della zona più lunghi rispetto alle previsioni di partenza.
Insomma, si amplia l’elenco dei progetti futuri di cui si parla in città e che,
grazie anche a corsi di formazione specifica, potrebbero consentire un’eventuale
sistemazione dei lavoratori della Ferriera una volta calato il sipario
sull’impianto siderurgico servolano. Nella lista si contano pure, per adesso
solo ipoteticamente, rigassificatore, centrale termoelettrica, piattaforma
logistica, superporto targato Unicredit, e anche le operazioni di smantellamento
della Ferriera e di bonifica del Sito inquinato.
(m.u.)
Per i Verdi anche Monfalcone nella ”mappa del nucleare”
ROMA La prima centrale nucleare di Italia sarà con molta
probabilità quella di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo. Poi, tra i
possibili siti atomici, ci sono Caorso in provincia di Piacenza e Trino
Vercellese (Vc) e per il deposito nazionale di scorie radioattive la località di
Garigliano, a cavallo tra le province di Latina e Caserta. È questa la mappa
della distribuzione delle centrali nucleari fornita ieri a Roma, davanti a
Montecitorio, dai Verdi in chiusura di campagna elettorale.
«Il governo - osserva Angelo Bonelli, presidente dei Verdi - non ha avuto il
coraggio di rivelare prima delle elezioni regionali i luoghi in cui verranno
costruite le centrali» e in cui dovrebbero venir «sprecati almeno 30 miliardi di
euro dei contribuenti italiani». Ecco la cartina ”atomica” secondo i Verdi:
Caorso (Pc), Trino Vercellese (Vc), Monfalcone (Go), Chioggia (Ve), San
Benedetto del Tronto (Ap), Scarlino (Gr), Montalto di Castro (Vt), Borgo
Sabotino (Lt), Garigliano (Lt-Ce), Termoli (Cb), Mola di Bari (Ba), Scansano
Jonico (Mt), Oristano, Palma (Ag).
In arrivo nuovi fucili e jeep anti-cinghiali - DALLA
REGIONE ALLA PROVINCIA 100MILA EURO. GODINA: MA SPARARE SARÀ L’ULTIMA OPZIONE
Quasi 100 mila euro dal capitolo «sicurezza», che non si
esaurisce col finanziamento delle ronde padane, ha ottenuto la Provincia dalla
Regione per la sua «polizia ambientale», la pattuglia di guardie zoofile che ha
bisogno di nuovi automezzi e armi per il controllo del territorio.
L’attivazione del finanziamento è stata fatta dall’assessorato di Dennis Visioli
(Protezione civile e Educazione all’ambiente), ma i termini «più armi» riportano
in prima linea la nuova emergenza: quella dei cinghiali che entrano in città.
Nuove armi per sparare di nuovo come l’anno scorso, alle povere ma insidiose
bestie uscite dal loro habitat naturale, e ormai in colonie troppo numerose?
Walter Godina, il vicepresidente titolare di Agricoltura e caccia, però lo nega:
«Non sono soldi per sparare a cinghiali. Sparare quest’anno sarà l’ultima delle
nostre opzioni». La delicata materia è stata però già affrontata. L primavera
potrebbe ripresentare il problema delle invasioni dopo un periodo di riposo,
almeno apparente.
«Nel 2010 - dice Godina - gli abbattimenti saranno autorizzati solo in caso di
vero pericolo o di gravi danni all’agricoltura. Ho riunito i responsabili delle
nostre 12 riserve di caccia, nella stagione avevano licenza di abbattere 700
capi, ne hanno ”fatti” 500». Il motivo sta nelle regole, a cui i cinghiali però
si sottraggono, salvandosi la vita: i cacciatori possono sparare due ore prima e
due ore dopo l’alba. Le bestie hanno scorrazzato fuori orario. Per tenerle
lontane dall’abitato si ritiene che lo «spavento» della strage dell’anno scorso
sia servita («abbattimento in deroga», cioé per emergenza). In più si metteranno
dissuasori olfattivi. Sarebbe senza risultato una campagna di sterilizzazione, e
mettere recinzioni a elettricità in molte zone del Carso, avverte Godina, non si
può, perché protette (Sic o Zps). Raccomandazione: non dar da mangiare. Anche
perché gli avanzi della tavola possono causare malattie ad animali che
dovrebbero nutrirsi solo di ghiande e foraggio. E i problemi raddoppierebbero.
«Molti chiedono - prosegue Godina - perché non li spostiamo altrove. Non solo
perché pesano tra gli 80 e i 120 chili, ma perché sono troppo intelligenti,
dislocati nell’arco di 50 chilometri saprebbero tornare indietro. Ma la nostra
provincia non ha un raggio di territorio maggiore, per spostare i cinghiali
dovrei regalarli a Gorizia, o alla Slovenia».
Infine, una parziale buona notizia: la Provincia ha avuto nuovi 20 mila euro
dalla Regione, dopo i 20 mila precedenti, per il risarcimento dei danni. Che
però ammontano a 200 mila. (g. z.)
”Ora della Terra”, stasera spente le luci del Municipio
- INIZIATIVA INTERNAZIONALE
Anche il Comune, così come in molte altre città italiane e
di tutto il mondo, ha aderito alla "Ora della Terra 2010", l'evento
internazionale promosso dal Wwf che si svolge oggi e propone lo spegnimento
delle luci per un'ora in tutto il pianeta, ai fini del risparmio energetico e
come forte "messaggio" sulla necessità di una diversa politica sul clima.
A Trieste, il Comune "testimonierà" per questa causa spegnendo stasera le luci
del Municipio di piazza Unità, dalle 20.30 alle 21.30, nello stesso momento in
cui molti altri nel resto del mondo spegneranno le luci di monumenti e palazzi,
negozi, appartamenti, comunità, scuole, abitazioni.
IL PICCOLO - VENERDI', 26 marzo 2010
Rigassificatore, ultimi giorni per il sondaggio -
Finora trenta quesiti per l’iniziativa lanciata dalla Provincia
«Di fatto pensavamo ci sarebbe stato un intasamento del
nostro sito internet a causa delle domande in arrivo dai cittadini. Invece, così
non è stato...». È la stessa presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa
Poropat, a far capire come il
collegamento attivato sullo spazio web
dell’ente di palazzo Galatti per permettere ai cittadini di inviare i loro
quesiti sul progetto Gas Natural per il rigassificatore di Zaule, non abbia
avuto un grande successo. In effetti, a ieri sera, erano arrivati meno di trenta
quesiti mentre due risultano essere le domande (accolte) di audizione al gruppo
di lavoro tecnico-scientifico, appositamente attivato per fornire informazioni e
risposte, da parte di soggetti portatori di interessi collettivi: quella del Wwf
del Friuli Venezia Giulia e l’altra di Greenaction Transnational.
«Fin qui le domande hanno riguardato più o meno questioni ambientali - prosegue
Bassa Poropat - ma a dieci giorni dalla chiusura di questo spazio (il tempo a
disposizione non si prolungherà oltre la Pasqua, ndr) non c’è stata l’attesa
valanga di quesiti. Comunque, resta ancora un po’ di tempo. Poi andranno fatte
delle riflessioni: o la partecipazione si farà più ampia oppure bisognera
chiedersi se il problema non sia proprio così sentito...».
(m.u.)
Il centrosinistra rilancia l’allarme sul nucleare - PD
E ITALIA DEI VALORI: «LE PAROLE NON BASTANO»
TRIESTE Le rassicurazioni di Renzo Tondo non bastano. Non
all’opposizione. E così l’allarme sul nucleare non rientra: «Sappiamo che Enel
ha inserito Monfalcone tra i siti possibili. E che il Friuli Venezia Giulia è
una delle pochissime regioni che non si è detta contraria al nucleare» afferma,
con Paolo Bassi, l’Italia dei valori. E aggiunge: «Silvio Berlusconi comanda, e
il governatore gli obbedisce». Il Pd, con Franco Brussa, rincara: «Quanto alla
centrale di Monfalcone, al momento, abbiamo avuto solo smentite a parole». E
ribatte al leghista Federico Razzini: «Se Tondo vuole davvero rassicurare i
cittadini, non deve far altro che approvare la proposta di legge del Pd che
vieta la realizzazione di centrali nucleari in Friuli Venezia Giulia».
Muggia, a scuola per fare lezione di riciclaggio
rifiuti - INIZIATIVA COMUNE-ITALSPURGHI
Un ranocchio pronto a trasformarsi in principe: è il logo dell’iniziativa di sensibilizzazione al riciclaggio dei rifiuti lanciata dal Comune in collaborazione con Italspurghi e rivolta alle scuole, che ieri ha vissuto il suo primo atto. Al teatro Verdi è stato proiettato un filmato che prendendo spunto dalla metafora del ranocchio, sottolinea la possibilità di riciclare i rifiuti facendoli diventare risorsa. L’iniziativa era rivolta ai 900 ragazzi che fanno capo all’istituto “Giovanni Lucio”, la media Sauro, le tre primarie, che in turni successivi hanno assistito alla proiezione. “La manifestazione rientra nell’ambito di una consolidata tradizione didattica avviata già in passato: si tratta –ha rilevato la vice preside, Anna Maria Salvaneschi - di creare già nei più piccoli la cultura del recupero in modo che per i cittadini di domani il riciclaggio faccia parte dei comportamenti quotidiani, normali”. La manifestazione è stata resa possibile sulla base di una precisa clausola del contratto d’appalto vinto a Muggia da Italspurghi per l’asporto dei rifiuti: la ditta si è impegnata a promuovere iniziative mirate per le scuole proprio per favorire la diffusione del riciclaggio dei rifiuti, sia direttamente tra i più piccoli, sia, di rimbalzo, anche tra le loro famiglie. Dopo l’appalto concluso nel febbraio scorso, Italspurghi si è aggiudicata nuovamente la gara per i prossimi anni. In questi giorni gli uffici comunali stanno verificando la documentazione presentata per poter effettivamente avviare il servizio che oggi funzione in regime di proroga.
(g.l.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 marzo 2010
Ferriera, processo a tappe per ricollocare gli operai -
Sei le attività individuate per tentare di riassorbire 490 dipendenti. Ma gli
interrogativi sono tanti
UN PIANO REGIONALE PER SMISTARE I LAVORATORI -
la situazione occupazionale
Sul progetto di riconversione pesa l’incognita del rigassificatore che sulla
carta dovrebbe garantire un’ottantina di posti di lavoro
Una missione articolata, complicata. Per il numero altissimo di tasselli che
dovranno andarsi ad incastrare nell’arco dei prossimi anni. Il percorso per la
rinconversione della Ferriera è in partenza, con l’attivazione dei tre tavoli
annunciati l’altro giorno dalla Regione. E i 490 lavoratori dello stabilimento
di Servola, ora, attendono di sapere quale sarà il loro futuro. Un futuro che
passa per la legge regionale che, indicata come obiettivo dall’assessore al
Lavoro Alessia Rosolen, dovrà dare soluzioni in termini di ammortizzatori
sociali con - ad esempio - integrrazioni al reddito o impieghi socialmente
utili, oltre che in ambito di formazione riqualificando gli stessi lavoratori.
Il futuro, ovviamente, passa inoltre per la realizzazione di tutti i progetti in
ballo nell’area triestina (ed evidentemente per la boccata di ossigeno
occupazionale che porterebbero in dote) e che chiaramente non potranno comunque
essere pronti tutti assieme e subito. Il processo sarà per forza di cose
graduale, diviso per tappe e dalle tempistiche non omogenee.
I PROGETTI Dalla centrale termoelettrica della Severstal, per la cui costruzione
potrebbero lavorare in 300 e che una volta operativa dovrebbe assicurare fra i
30 e i 50 posti di lavoro diretti e altri 80-100 collegati all’indotto. O
ancora, il rigassificatore che, stando alle stime effettuate nei mesi scorsi,
andrebbe ad assicurare 300 unità nel corso dell’iter di costruzione
dell’impianto (con picchi di 800 persone) e 70 dipendenti fissi in piena
attività con un indotto da 320 effettivi. A ciò, andrebbero sommate le
possibilità che aprirebbero la piattaforma logistica, le operazioni di bonifica
del Sito inquinato, lo stesso smantellamento della Ferriera, il possibile
ampliamento della fabbrica di funi d’acciaio. «Sei attività che per parecchio
tempo potrebbero accompagnare il percorso dei lavoratori...», riflette
l’assessore Rosolen. Ma il ventaglio delle opportunità potrebbe essere
ulteriormente allargato, se si pensa al progetto Unicredit per il superporto e
ancora all’impegno nel settore della logistica proprio della Severstal.
IL QUADRO Al 28 febbraio del 2010, il dato aggiornato dice appunto che la
Ferriera ha oggi 490 dipendenti. Per un quadro più dettagliato, bisogna scorrere
all’indietro il calendario, fino al maggio scorso. A quel mese, infatti, fanno
riferimento i dati raccolti dall’Agenzia regionale del lavoro e in possesso
dell’assessore Rosolen. Numeri che rivelano come allora i dipendenti fossero 513
(di cui un decimo con contratto a tempo determinato). Il calo a 490, 9 mesi più
tardi, va presumibilmente ascritto a una somma di fattori come contratti a
termine non rinnovati e pensionamenti. Sul totale di oltre 500, era di 21 il
dato sulle persone over 55 prossime alla pensione. Mentre 15 risultavano essere
i lavoratori sotto i 24 anni d’età. Per il 54% si trattava di soggetti
coniugati.
L’INDOTTO Ai 490 dipendenti dell’impianto siderurgico servolano, vanno poi
sommati i 610 lavoratori che, attraverso vari servizi esterni, entrano in
costante interazione con la Ferriera. In tutto, quindi, 1100 professionisti di
aziende e ditte che, fra le altre cose, si occupano delle pulizie all’interno
degli uffici dello stabilimento o di trasporti di merce, per citare due esempi.
Evidentemente, nel caso dell’indotto, non tutte le imprese operano
esclusivamente con la Ferriera. E anche chi utilizza la ghisa liquida prodotta
dalla stessa, come la Sertubi, si sta già muovendo verso soluzioni alternative.
L’ASSESSORE «Questo è solo l’inizio di un percorso - sottolinea Alessia Rosolen
-. Il dato più importante è quello della condivisione delle responsabilità. I
tre tavoli dovranno lavorare in maniera complementare. Dubito comunque che la
mattina successiva alla chiusura della Ferriera, tutti i lavoratori saranno già
ricollocati. Fino a quando non ci saranno certezze sulla data di chiusura, tra
2013 o 2015, e sugli investimenti previsti nell’area triestina, non potremo
saperlo. Di certo c’è che i dipendenti finiranno di lavorare tutti assieme: una
dismissione graduale dell’attività, infatti - conclude l’assessore -, non è
possibile».
MATTEO UNTERWEGER
FERRIERA - «Fondamentale il nodo bonifiche» -
ASSINDUSTRIA: BUONA L’IMPOSTAZIONE PRESENTATA DA TONDO E ROSOLEN
Razeto: terreni da offrire agli imprenditori per nuove
attività
«È importante che ci sia un impegno istituzionale volto a favorire delle
iniziative per il futuro assorbimento dei dipendenti della Ferriera». La
direzione intrapresa dagli enti sul tema della riconversione dell’impianto
siderurgico di Servola, piace al numero uno dell’Associazione degli industriali
di Trieste, Sergio Razeto. Che però auspica, al più presto visto che «i tempi
stringono», la predisposizione di un «business plan che metta in evidenza da
dove escono e dove arrivano i lavoratori». Con tanto di relativi numeri. Solo a
quel punto, per Razeto, sarà possibile dare risposte certe ai quesiti
occupazionali: «Non so dire oggi se la centrale termoelettrica - spiega il
numero uno degli industriali triestini - potrà dare lavoro, per esempio, a 800
persone. Ora bisogna entrare sul problema con serenità e serietà, con tanta
buona volontà, individuando quali sono le strade per programmare qualcosa. Le
iniziative in ballo sono tante, ma il loro vero background non si conosce al
momento...». L’elenco è quello noto: piattaforma logistica, progetto Unicredit,
rigassificatore di Zaule, centrale termoelettrica, attività logistica della
Severstal e tutto quanto ne rappresenta il contorno. Cioè la costruzione degli
impianti o ancora lo smantellamento della Ferriera.
«Il processo di riconversione dello stabilimento di Servola della Lucchini deve
essere considerato - prosegue nella sua analisi Razeto -, dai diversi
interlocutori istituzionali coinvolti nell’importante operazione, un’opportunità
di sviluppo del tessuto industriale di Trieste e un’occasione per creare nuovi
posti di lavoro in grado di assorbire parte o tutte le persone che operano in
Ferriera o in altre aziende in difficoltà».
Per il presidente degli industriali, «l’impostazione delineata dalla Regione,
come presentata dal presidente Tondo e dall’assessore al Lavoro Rosolen, sembra
cogliere l’importanza di questo aspetto». Ovvero lo sviluppo abbinato alla
necessità di dare garanzie e sostegno ai lavoratori stessi. L’associazione di
categoria, peraltro, è prontissima a recitare un ruolo di primo piano nel
processo che porterà alla riconversione dell’impianto servolano: «Per noi
industriali, che confermeremo a breve la nostra partecipazione attiva al tavolo
dello sviluppo, coordinato dal Comune e, se richiesto anche a quelli di
competenza regionale (riguardante il lavoro, ndr) e provinciale (relativo
all’ambiente, ndr), è fondamentale avviare un progetto credibile, conforme alle
necessità dell’azienda e della sua proprietà», afferma ancora Razeto. Un
progetto, aggiunge, «che consenta anche di sbloccare la situazione dei siti
inquinati, compreso quello sul quale opera la Ferriera, per disporre a breve di
terreni da offrire a possibili investitori, per l’avvio di nuove iniziative
produttive». Nella partita generale, in effetti, rientra anche il discorso
bonifiche. È l’ennesimo tassello di quel mosaico che viene delineato dalle
considerazioni dell’assessore Rosolen: potrebbe rappresentare uno sbocco
lavorativo anche per alcuni dipendenti della Ferriera. Naturalmente dopo
un’adeguata formazione specifica, aspetto che nelle intenzioni della Regione
dovrebbe essere puntualmente inserito nell’auspicata legge regionale con cui si
definirà il percorso di supporto ai lavoratori. (m.u.)
FERRIERA - RACOVELLI (VERDI) «Resta da capire quali
azioni di controllo saranno attuate in tema ambientale»
Kocijancic (Rc): «Troppe variabili indipendenti dal
mondo della politica» - Borini (Fiom): «Chiusura? Ad oggi non c’è accordo»
«Registrata la volontà dell’azienda e degli enti locali di chiudere lo
stabilimento, siamo disponibili a verificare l’alternativa occupazionale,
reddituale ed economica a condizione che siano esigibili e senza costi per i
dipendenti. In assenza di queste condizioni l’attività siderurgica a Trieste,
come nel resto del paese, per l’importanza strategica ed economica che
rappresenta, deve continuare la sua attività senza interruzioni. In questo
quadro chiediamo il coinvolgimento del governo per raggiungere l’obiettivo sulla
vertenza Ferriera di Servola». La disponibilità al confronto con le istituzioni
da parte della Fiom, confermata attraverso le parole del segretario provinciale
Stefano Borini, è strettamente vincolata però alle condizioni richieste dalla
stessa realtà sindacale. Tanto che, precisa Borini, «ad oggi non c’è una
condivisione sulla scelta della chiusura dello stabilimento».
«Se i percorsi di riconversione della Ferriera e di sbocco occupazionale - è il
pensiero del consigliere regionale di Rifondazione comunista, Igor Kocijancic -
poggiano su alcune idee e visioni nemmeno ben delineate, come il superporto
Trieste Monfalcone, o su progetti su cui continuano ad incombere forti
incertezze e incognite, mi riferisco al rigassificatore e alla centrale
elettrica turbo gas, ci sentiamo di affermare che si stanno creando
pericolosissimi presupposti per un’ulteriore, illusoria quanto effimera proposta
di un futuro troppo segnato da variabili indipendenti dalla politica e dalle
istituzioni». «Uno sblocco definitivo della questione bonifiche - aggiunge
Kocijancic - è precondizione necessaria per qualsiasi ipotesi di sviluppo
industriale e produttivo della nostra città».
Infine, nell’ambito delle riflessioni sulla riconversione della Ferriera, il
consigliere comunale dei Verdi per la Pace Alfredo Racovelli va all’attacco
delle istituzioni sulla questione ambientale: «Rimane da capire quali attività
di controllo ed intervento gli enti intendano adottare a tutela della salute dei
cittadini per i prossimi anni, a fronte dei dati sull’inquinamento atmosferico e
sulla qualità dell’aria, che le centraline dell’Arpa hanno rilevato dal 1°
gennaio 2010 ad oggi. Dati che evidenziano come nei primi tre mesi di
quest’anno, le centraline di via San Lorenzo in Selva, via Carpineto, via
Pitacco e via Svevo, abbiano già abbondantemente superato il numero complessivo
di sforamenti annuali concessi per legge».
La Lega nord: «Nucleare, troppe bugie»
TRIESTE Non esiste il pericolo di una centrale nucleare a
Monfalcone. Federico Razzini, vicecapogruppo della Lega, non ha dubbi. E invita
il consigliere regionale del Pd Franco Brussa a smetterla con le dichiarazioni
«senza senso». «Dopo che il presidente Renzo Tondo ha più volte spiegato che a
Monfalcone non si farà alcuna centrale nucleare, dopo che lo stesso concetto è
stato ribadito dal ministro Scajola, Brussa persiste nella sua campagna di
disinformazione, sostenendo l’esatto contrario. Peccato che adesso sia stato
smentito anche da fonti slovene e, in particolare, dal direttore del
dipartimento Energia del ministero dell’Economia Janez Kopac, che ha ammesso che
il progetto per il secondo reattore di Krsko sarà molto costoso e quasi
sicuramente la Slovenia non sarà in grado di finanziarlo da sola». Conclusione:
«Chissà se Brussa darà del bugiardo anche al direttore sloveno».
Ambiente e trasporti Assemblea pubblica - OGGI AL
CINEMA ARISTON
Oggi alle 17.45 al cinema Ariston un’assemblea pubblica su
ambiente e trasporti, «per riaffermare la centralità dell’uomo e dell’ambiente
nelle decisioni che riguardano non solo il nostro presente ma anche per le
future generazioni», precisa il comitato promotore. Tra i relatori il ferroviere
Dante De Angelis, già licenziato perché denunciò la scarsa sicurezza dei treni e
reintegrato dopo un processo; Simona Baldanzi, per i Comitati del Mugello: Ira
Conti, del Comitato contro l'autostrada Carnia - Cadore; e Andrea Wehrenfennig,
di Legambiente
Ambiente, escursioni e lezioni con i ragazzi
dell’istituto ”Lucio” - RINNOVATO L’ACCORDO FRA COMUNE, DIREZIONE DIDATTICA E
”TESECO EDUCATIONAL”
MUGGIA Anche quest’anno i ragazzi dell’istituto Giovanni
Lucio andranno a lezione di educazione ambientale, grazie all’accordo tra il
Comune, la direzione scolastica dell’istituto comprensivo e ”Teseco
educational”, la sezione didattica dell’azienda che ha in corso la bonifica
dell’area ex Aquila.
Il tema delle lezioni riguarderà la salvaguardia dei boschi e la conoscenza
della flora tipica locale. «Crediamo nell’educazione e nella responsabilità di
ciascuno di noi per salvaguardare l’ambiente – commenta Maria Camilla Masini,
responsabile della comunicazione per Teseco –. Per questo abbiamo pensato di
coinvolgere la scuola di Muggia, da sempre molto attiva nella formazione
ambientale, in un percorso comune che potesse attingere anche alle nostre
conoscenze tecniche».
I ragazzi, grazie al supporto dei propri docenti e degli esperti della Teseco,
impareranno così a conoscere meglio la natura della loro zona, e in particolare
delle zone boschive.
Il percorso di istruzione, partito con una lezione plenaria la scorsa settimana,
sarà articolato in visite guidate e lezioni di botanici, corredate dalla
distribuzione di materiale didattico specifico.
«Il programma prevede due giornate di esplorazione ambientale – commenta la
vicepreside dell’istituto Lucio, Annamaria Salvaneschi –. Il 30 marzo è prevista
un’uscita al bosco Boeri di Aquilinia, mentre il 31 esploreremo il bosco
dell’arciduca a Zindis».
Come l’anno passato, Teseco ha in programma anche un concorso per gli allievi
dell’istituto, che quest’anno ha per titolo ”Non c’è bosco senza terra” e
premierà il lavoro collettivo che meglio saprà descrivere, con un video o un
cartellone, l’importanza della salvaguardia del bosco e dei terreni.
Tutti gli elaborati saranno esposti a fine anno e tutti i partecipanti
riceveranno un attestato, mentre la classe migliore vincerà un premio in beni
che rimarranno a disposizione dell’istituto. «L’anno scorso, grazie a questo
concorso, abbiamo potuto comprare una postazione informatica multimediale –
commenta la Salvaneschi –. Quest’anno abbiamo intenzione di acquistare materiale
didattico, seguendo le richieste dei docenti».
Andrea Dotteschini
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MERCOLEDI', 24 marzo 2010
Comuni Rinnovabili 2010: e' boom per l'energia verde
Sono ben 6.993 i Comuni italiani dove è installato almeno
un impianto di produzione energetica da fonti rinnovabili, nel 2009 erano 5.580
e 3.190 nel 2008. Le fonti pulite oggi sono presenti nell’86% dei Comuni. E per
quanto riguarda la diffusione, sono 6.801 i Comuni del solare, 297 quelli
dell’eolico, 799 quelli del mini idroeletttrico e 181 quelli della geotermia. Le
biomasse si trovano invece in 788 municipi dei quali 286 utilizzano biomasse di
origine organica animale o vegetale.
Il rapporto Comuni Rinnovabili 2010 di Legambiente, realizzato in collaborazione
con GSE e Sorgenia, porta alla luce un’Italia più verde. Grazie a nuovi impianti
solari, eolici, geotermici, idroelettrici, da biomasse già oggi sono centinaia i
Comuni in Italia che producono più energia elettrica di quanta ne consumino.
“Nel 2009 la crescita delle fonti rinnovabili è stata fortissima (+13% di
produzione), e dimostra quanto oggi queste tecnologie siano affidabili e
competitive – ha detto Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di
Legambiente –. Ora occorre puntare con forza in questa direzione, capire quanto
sia nell’interesse del Paese raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione
Europea al 2020 per la riduzione delle emissioni di CO2 e la crescita delle
rinnovabili.
“Le azioni intraprese di recente da molti Comuni italiani stanno dando un
contributo importante alla corsa nazionale per il raggiungimento degli obiettivi
posti dall'Unione Europea in tema di energia rinnovabile – ha aggiunto Gerardo
Montanino, direttore operativo del Gestore dei Servizi energetici”.
In sintesi sono 825 i Comuni in Italia che grazie a una sola “nuova” fonte
rinnovabile (mini-idroelettrica, eolica, fotovoltaica, da biomasse o geotermica)
producono più energia elettrica di quanta ne consumano le famiglie residenti. 24
invece i Comuni che grazie a impianti di teleriscaldamento collegati a impianti
da biomasse o da geotermia superano il proprio fabbisogno termico.
I Comuni del Solare sono 6.801 (erano 5.580 lo scorso anno), cioè l’83,9 % del
totale. Per il solare fotovoltaico è il Comune di Craco (Mt) in testa alla
classifica di diffusione con una media di oltre 542 kW ogni 1.000 abitanti (la
classifica premia la diffusione per numero dei residenti proprio per evidenziare
le potenzialità delle rinnovabili nel soddisfare i fabbisogni delle famiglie).
Nel solare termico a vincere è il piccolo Comune di Fiè allo Sciliar (Bz), con
una media di 1.152 mq/1.000 abitanti che riesce a soddisfare larga parte dei
fabbisogni di acqua calda sanitaria e riscaldamento delle famiglie. Con il
solare sono 51 i Comuni che hanno già raggiunto l’obiettivo fissato dall’Unione
Europea di 264 mq/1.000 abitanti, 15 in più rispetto allo scorso anno.
I Comuni dell’Eolico sono 297 per una potenza installata pari a 5.148 MW, (1.287
MW in più rispetto al 2009), che soddisfa il fabbisogno elettrico di oltre 4
milioni 100 mila famiglie. 192 municipi tra questi possono considerarsi autonomi
dal punto di vista elettrico, poiché producono più energia di quanta ne viene
consumata.
I Comuni del Mini Idroelettrico sono 799 (il rapporto prende in considerazione
gli impianti fino a 3 MW) con una potenza totale installata di 715 MW, in grado
di produrre ogni anno oltre 2.860 GWh, pari al fabbisogno di energia elettrica
di oltre 1 milione e 100 mila famiglie.
I Comuni della Geotermia sono 181, per una potenza installata pari a 880 MW
elettrici e 38,8 termici. Grazie a questi impianti vengono prodotti ogni anno
circa 6.600 GWh di energia elettrica in grado di soddisfare il fabbisogno di più
di 2milioni 640mila famiglie.
I Comuni della Biomassa sono 788 per una potenza installata complessiva di 1.023
MW elettrici e 985 termici. Di questi, 421,1 MWe e 35,6 MWt derivano da impianti
a Biogas. Grazie a questi impianti si producono 7.161 GWh l’anno pari al
fabbisogno elettrico di oltre 2 milioni 860 mila famiglie. In forte crescita
sono gli impianti collegati a reti di teleriscaldamento (355), che permettono
alle famiglie un significativo risparmio in bolletta grazie alla maggiore
efficienza degli impianti.
“I Comuni rinnovabili sono un perfetto esempio della direzione verso cui si deve
guardare per ragionare di energia in Italia. Ovvero, bisogna partire dal
territorio per comprendere la domanda di energia e fornire la risposta più
adatta, pulita ed efficiente - ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile
energia di Legambiente -. Ma per dare forza a questa prospettiva occorre dare
finalmente certezze al settore, assumendo gli obiettivi UE al 2020 come scenario
di riferimento delle politiche, in modo da stabilire regole e condizioni utili a
innescare un ciclo virtuoso”. Legambiente indica in dettaglio nel rapporto gli
interventi indispensabili, a partire dal Piano di azione nazionale per le
rinnovabili che occorre presentare a Bruxelles entro Giugno 2010, per indicare
le politiche e gli obiettivi suddivisi tra le Regioni.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 marzo 2010
Ferriera, parte la corsa per la riconversione - Verso
un accordo-quadro con il governo. Formazione per i lavoratori e una legge
regionale ad hoc
ISTITUZIONI, SINDACATI E AZIENDA AL TAVOLO DELLA
REGIONE
Tre gruppi di studio su ambiente, lavoro e sviluppo. Prossimo incontro dopo
Pasqua per accelerare
È arrivato per la Ferriera, dopo un travaglio impressionante di anni, il
lavoro per l’ultima fase di vita, quella che precede la fine. Sembra dire
questo, in modo finalmente concreto, l’affollata riunione di ieri in Regione con
tutti gli enti pubblici, e tutti i sindacati. Sarà che gli operai hanno
minacciato l’autogestione, o che i cittadini di Servola fanno piovere ormai solo
denunce, o piuttosto ci si sta sentendo addosso la fretta imposta da chi si
muove con durezza sul mercato: l’uscita di scena dei Lucchini, l’acquisto di
tutte le quote da parte dei russi di Servestal, che hanno intenzione a propria
volta di vendere e agiscono su scenario mondiale. Sarà che l’orologio non fa
sconti, la data di chiusura era stata indicata in un lontano, ma ormai non più
tanto, 2015, ma l’Autorizzazione integrata ambientale senza la quale non si
lavora scade nel 2013. Sarà che si è parlato troppo senza concludere, fatto sta
forse ci si è messi a far sul serio.
È stato varato un piano di lavoro per organizzare lo spegnimento delle fiamme e
l’uscita degli oltre 500 operai verso un altro stipendio, oggi non ben
immaginabile se non in futura prospettiva. Ma condizione senza la quale
difficilmente si porterà a casa un risultato industriale, economico, sociale e
non da ultimo politico. Il presidente Renzo Tondo era affiancato dagli assessori
Sandra Savino e Alessia Rosolen. Quest’ultima (delega al lavoro), è autrice di
un ampio capitolo del piano. «Equilibrio e saggezza» ha invocato Tondo in
apertura. Di fatto Regione, Provincia, Comune, Ferriera, sindacati provinciali e
Rsu dell’azienda si sono trovati perfettamente d’accordo.
Una parola-chiave del progetto: «presa in carico» dei lavoratori,
accompagnamento nella formazione, in nuovi ammortizzatori sociali, in godimento
di incentivi. Un’altra: «legge regionale ad hoc», per siglare un impegno
ineludibile e agganciare alla norma i soldi che servono. Terza parola-base:
«accordo quadro col governo», per sancire che non sono accordicchi locali, ma
materia nazionale che come tale va gestita e finanziata.
Si è deciso di dare vita a tre «tavoli» con tre compiti distinti, secondo
competenze. La Regione guiderà quello sul lavoro. La Provincia quello
sull’ambiente. Il Comune quello sullo sviluppo. Tutti i componenti dovranno
partecipare alle riunioni degli altri. Per coordinamento e rapporti col
ministero dello Sviluppo economico opererà un comitato ristretto, sintesi dei
tre precedenti, a guida dello stesso Tondo.
Incombe il timore, o la possibilità, ieri evocati, che la Ferriera possa
chiudere anche prima rispetto alle date note. Tutti si sono dati fretta.
Prossimo incontro dopo Pasqua, dal 15 aprile delegati all’opera sulle varie
direttrici. «Non si possono più vedere scontri tra cittadini per lavoro e per
ambiente, entrambi due diritti - dice la Rosolen -, perciò sul recupero del
lavoro dobbiamo mettere in campo ammortizzatori, incentivi per i datori di
lavoro, per chi voglia mettersi in proprio, e formazione specifica così che alla
fine del percorso questi operai sappiano già dove indirizzarsi». L’ampliamento
delle banchine portuali, le centrali elettriche collegate a Gas Natural, il
rigassificatore stesso, e soprattutto la sorpresa per il megaprogetto Unicredit
per i porti regionali si delineano come contenitori di speranze. Con la speranza
di vedere un giorno anche le bonifiche e la certezza di dover bonificare anche
l’acciaio «sporco» della fabbrica spenta. «Abbiamo creato una condivisione di
responsabilità - conclude Rosolen citando siti industriali in Italia, ma
soprattutto in Europa, che hanno già ben concluso riconversioni importanti -,
non è cosa facile, ma questo - promette - non è l’ennesimo annuncio da campagna
elettorale».
GABRIELLA ZIANI
FERRIERA - «Ma non ci sarà subito lavoro per tutti» -
BASSA POROPAT: L’UNICA VERA PROSPETTIVA È IL SUPERPORTO LANCIATO DA UNICREDIT
Dipiazza: impossibile che i tempi dei nuovi progetti
coincidano
«Il tema dello sviluppo, fra i tre assegnati ieri in Regione, è quello più
consono al Comune, ma parliamoci chiaro: cancelliamo l’idea che non appena la
fabbrica finisce gli operai sono immediatamente ricollocati». Lo dice il sindaco
Roberto Dipiazza, che sulle spalle ha già tanta Ferriera («la chiudo, la
chiudo»). «Bisogna pianificare un percorso - aggiunge - che possa dare copertura
al maggior numero di persone, ma è impossibile che i tempi delle nuove strutture
coincidano».
Le prospettive nell’ottica del sindaco sono note: il rigassificatore, il Porto
nuovo, il Porto vecchio, lo stesso nuovo Silos, le bonifiche («sulle quali è
necessario che i privati - dice - facciano un passo indietro per poterne fare
tutti uno avanti, e cioé accettino di pagare un po’»). Ognuna di queste cose
richiede, se procede, molti anni. «Ma anche realizzarle porta lavoro, come per
la Grande viabilità».
Piuttosto la preoccupazione incombente è che le carte in tavola cambino come
spinte da un colpo di bora. Si è aspettato tanto, e adesso il percorso - come
dice Rosolen - «è sul crinale». «Se arriva un nuovo compratore - riflette
Dipiazza -, non sappiamo quale scenario si apre». È quello su cui tremano i
sindacati, e gli operai esaperati. Ma Luca Visentini (segretario provinciale
Uil) ha colto e memorizzato le assicurazioni date in Regione dall’azienda,
rappresentata dal direttore Francesco Rosato e dal responsabile delle relazioni
esterne Francesco Semino: «Hanno assicurato che il management è confermato, e
così tutti i piani e strategie, fino al 2015, che la vendita è praticamente
certa, ma una delle condizioni è che i patti siano rispettati. Altrimenti -
conclude Visentini - ieri avremmo parlato per niente».
Per la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, «positivi la
legge regionale ad hoc, l’accordo tra enti locali e governo, e ciò che i
sindacati hanno chiesto e ottenuto: che gli enti siano a Roma anche alla firma
della vendita. L’unica prospettiva vera, non localistica per un domani non tanto
lontano è proprio il progetto Unicredit sui porti, finalmente ciò che dicevo da
tempo prende forma: un’autorità portuale regionale».
Quanto al tema ambiente, in capo alla Provincia, l’assessore Vittorio Zollia
vede soprattutto il nodo irrisolto del Sito inquinato nazionale in cui la
Ferriera è inserita, «perchè i controlli sulla fabbrica, dopo la concessione
dell’Aia, spettano alla Regione con l’Arpa». E anche l’Arpa era al tavolo di
ieri.
(g. z.)
FERRIERA - «Non creeremo ostacoli, il destino è segnato» - Semino (Lucchini): i russi sanno qual è la situazione, indietro non si torna
«Metodo razionale e condivisibile»
È una strada di non ritorno quella che la Ferriera ritiene
di aver imboccato anche ufficialmente, con le istituzioni, all’incontro in
Regione. «Dobbiamo onorare il compito e dare il meglio di noi stessi» dice
Francesco Semino, il portavoce. Ferriera in trincea da anni, solo negli ultimi
tempi in veloce successione la vendita di Lucchini del residuo pacchetto alla
russa Severstal che a propria volta è intenta a vendere, carica di debiti, e gli
arresti domiciliari del direttore Francesco Rosato (ieri presente al tavolo
regionale) per l’indagine sullo smaltimento dei rifiuti pericolosi avviata in
Toscana e arrivata a Trieste.
«Il metodo è razionale - dice Semino -, è condivisibile, certo un eventuale
nuovo cambiamento di proprietà apre delle incognite, ma la proprietà russa è al
corrente di questi passi, e a Trieste ormai la situazione è molto chiara, dal
punto di vista industriale e delle strategie: su tutto quanto già detto non si
torna indietro, non ci sono molte altre scelte, qualunque sia il partner il
destino della fabbrica è segnato, ci sono iniziative di riconversione in corso,
la centrale elettrica, le attività nel campo della logistica che già si svolgono
nei nostri spazi, noi non intendiamo creare ostacoli - prosegue il portavoce
dell’azienda - se si lavora a un rilancio del porto nel suo complesso, e se si
può diversamente creare occupazione, la logistica non è il nostro mestiere, ma è
una possibilità».
La Ferriera apprezza la struttura di lavoro che Tondo ha illustrato ieri: «Se
parliamo per esempio di iniziative per l’occupazione che coinvolgono Gas natural,
chi parla poi con Gas natural? Chi tiene i fili? Molto opportuna l’istituzione
del comitato ristretto che interloquisca col governo e con questi attori, che
tiri i fili sparsi, che metta in relazione persone, date, formazione degli
operai, che faccia collimare i tempi».
Poiché di tavoli, anche in Regione, se ne sono aperti in questi anni davvero
molti, senza esito, in mezzo a proteste e proclami senza vero interlocutore,
salta all’occhio adesso la buona volontà collettiva messa a verbale ieri
mattina. L’unica volta che sulla Ferriera si era concluso in Regione qualcosa di
concreto era stato a fine 2007, quando (ancora presidente Illy) si firmò la
concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), che ha imposto
all’azienda costose modifiche risolvendo solo in parte i problemi
d’inquinamento. E poco tempo fa, lo scorso gennaio, Tondo in un incontro con
Dipiazza aveva sollecitato il sindaco a indire una nuova conferenza dei servizi
sulla Ferriera, proprio per la revisione dell’Aia, procedimento in Regione già
avviato. Una revisione (tesa al ritiro) chiesta per l’appunto dal Comune.
(g. z.)
Rigassificatore, il ricorso passa al Tar del Lazio -
MUGGIA. L’AMMINISTRAZIONE CONTRO IL VIA LIBERA DEI MINISTERI
Lo ha deciso il Tribunale regionale bocciando
l’eccezione sollevata dal Comune
MUGGIA Rigassificatore di Zaule, il ricorso del Comune di Muggia contro il
giudizio favorevole di compatibilità ambientale, dato dai ministeri
dell’Ambiente e dei Beni culturali, verrà esaminato dal Tar del Lazio. Questa la
decisione del Tribunale amministrativo regionale, che boccia la questione di
incostituzionalità sollevata dal legale del Comune di Muggia, avv. Francesco
Longo, in merito alla nuova norma, varata circa sei mesi fa, che di fatto
convoglia tutte le questioni ambientali al Tar romano sollevando i vari
tribunali locali.
Proprio sulla presunta incostituzionalità di questo articolo 41 della legge
99/09 il Comune di Muggia aveva costruito la fondatezza del proprio ricorso. In
particolare, la violazione costituzionale sarebbe da ricercarsi nel fatto che la
causa in discussione, in virtù della nuova normativa, verrebbe ”distolta” dal
suo giudice naturale, con l'aggravante che ciò avviene non con riferimento a
particolari materie ma a singole fattispecie.
Nella sua sentenza, il Tar regionale definisce infondata la questione di
incostituzionalità richiamando una sentenza della Corte costituzionale secondo
cui ”l’attribuzione della competenza al Tar del Lazio anziché ai diversi
tribunali amministrativi regionali non altera il sistema di giustizia
amministrativa”. Il principio è che la concentrazione di questi procedimenti
punta alla soddisfazione di interessi che trascendono quelli delle comunità
locali coinvolte nelle singole situazioni. ”In particolare la materia inerente i
rigassificatori – si legge ancora nella sentenza del Tar – per la sua rilevanza
in relazione alla tutela di pubblici interessi di portata generale e nazionale,
oltre che internazionale, trascende l'interesse territorialmente limitato che è
il presupposto per la competenza territoriale dei singoli tribunali regionali”.
Smantellata anche la tesi per cui il passaggio al Tar del Lazio distoglierebbe
l’interesse dal suo giudice naturale. Il Tar regionale sottolinea che
l’ipotizzata contrarietà non sussista proprio perché ”non sono state sottratte
al giudice territorialmente competente singole fattispecie, ma un'intera materia
che viene attribuita a un ufficio giudiziario centrale che tratta di interessi
pubblici di carattere nazionale e che coinvolgono anche nazioni estere”. La
parola passa dunque al Tar del Lazio, che potrebbe pronunciarsi già prima
dell'estate.
GIOVANNI LONGHI
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 marzo 2010
Raddoppio di Krsko: Lubiana riapre al dialogo con l’Italia - Il direttore sloveno all’Energia: progetto costoso, non possiamo fare da soli
TRIESTE - Lubiana riapre le porte all’Italia per il raddoppio di Krsko.
Dopo le dichiarazioni dell’amministratore delegato dell’Enel
Fulvio Conti, che aveva annunciato il no della Slovenia alla partecipazione
italiana, ci ha pensato il direttore del dipartimento Energia del ministero
dell'Economia, Janez Kopac, a dare nuovo impulso alle speranze di chi, Renzo
Tondo in testa, ha sempre visto il raddoppio della centrale nucleare slovena
come un’opportunità da non lasciarsi sfuggire. «Il progetto per il secondo
reattore di Krsko – ha affermato Kopac in un’intervista televisiva al Tg
regionale – sarà pronto non entro il 2014 e sarà quello il momento di pensare
agli investimenti». Kopac ha aggiunto che «sarà un progetto molto costoso e
quasi sicuramente la Slovenia non sarà in grado di finanziarlo da sola», aprendo
quindi «al flusso di capitali stranieri, anche italiani».
Kopac si è anche soffermato sul progetto di rigassificatore a Zaule,
sottolineando come «ci sono delle problematiche di tipo ambientale. Il nostro
ministero – ha aggiunto – aveva dato un parere favorevole al progetto di
rigassificatore a terra». Su Krsko ieri si è registrata anche la smentita del
presidente Tondo rispetto al possibile incontro, da tenersi subito dopo Pasqua,
con il primo ministro sloveno Borut Pahor. In una nota dell’ufficio stampa della
Regione è scritto che «nessun tema specifico è stato introdotto dal presidente
della Regione Renzo Tondo durante la visita, assieme al primo ministro sloveno
Borut Pahor, alla nuova sede di Opicina della NLB-Nova Ljubljanska Banka. La
presenza del presidente della Regione all'inaugurazione,– recita ancora il
comunicato – non programmata per il concomitante impegno al congresso regionale
della Cgil, ha avuto il carattere del saluto di cortesia verso l'importante
ospite».
Sulla questione Krsko è intervenuta anche Debora Serracchiani, segretario
regionale del Pd, secondo cui «il governo Berlusconi non ha una politica estera
nei confronti della Slovenia, come dimostra ampiamente il caso esemplare del
Corridoio 5». Secondo Serracchiani «occorre dire quel che tutti sanno da tempo e
cioè che, fin dalla stesura del piano decennale di sviluppo delle fonti
energetiche slovene, era previsto che alcuni presidi rimanessero riservati alla
competenza e agli interessi delle imprese nazionali slovene, e tra questi c'era
in primo luogo proprio Krsko. La Slovenia non ha nessun problema a trovare chi
finanzi la seconda fase della centrale».
Sulle grandi questioni come Krsko, rigassificatore, porti, collaborazione
transfrontaliere il consigliere regionale della Slovenska skupnost, Igor
Gabrovec, sollecita l’apertura di un tavolo istituzionale. «Il botta e risposta
sulla possibilità di coinvolgimento di partner italiani nel progetto di sviluppo
della centrale nucleare di Krsko ha palesato una volta in più che il ponte
istituzionale tra la nostra regione e la Slovenia scricchiola come non mai». Per
Alessandro Corazza, capogruppo di Idv in Consiglio regionale, «Tondo si è preso
una grossa responsabilità aprendo al nucleare, salvo poi però cercare una
soluzione fuori dalla nostra Regione. Temiamo che ora il presidente Tondo, al di
là delle sue dichiarazioni, non sia più in grado di rassicurare realmente i
cittadini sul fatto che non si stiano studiando soluzioni per costruire centrali
nucleari non solo a Monfalcone ma in tutto il nostro territorio regionale».
ROBERTO URIZIO
Superporto, Monfalcone sarà il fulcro iniziale Trieste
per decollare aspetta il Corridoio 5 - Con la Tav movimentati sulla sola rotaia
fino a 7 milioni di teu all’anno
Accessibilità stradale, potrebbe non servire la terza
corsia della A4
Trenta chilometri di rotaia. Oggi quasi saturi, con 20 o massimo 30 tracce
disponibili. E domani chissà. La ragion d’essere dell’abbinamento fra Trieste e
Monfalcone in ottica superporto sta dentro un piccolo, quanto decisivo, pezzo di
ferrovia: la Trieste-Ronchi, per ora orfana di un progetto che l’agganci al
futuro Corridoio 5, tale da dotare lo scalo giuliano di quell’alta capacità che
già parte proprio dallo snodo di Ronchi, direzione Nord, lungo la Pontebbana.
Snodo che, invece, è praticamente incollato a Monfalcone, il cui futuro terminal
container (da 2 milioni di teu l’anno) diventa così il cuore dell’operazione. E
ciò in attesa, se mai arriverà, della tappa triestina della Lisbona-Kiev, che a
quel punto supporterebbe il trasporto delle merci scaricate non solo al Molo VII
raddoppiato (da 1,2-1,5 milioni di teu) ma anche al Molo VIII (da altri due
milioni di teu) subordinato alla Piattaforma logistica.
È questo infatti il cosiddetto scenario C, la più evoluta delle prospettive di
sviluppo considerate dallo studio tecnico preliminare al progetto della piastra
logistica, studio che Unicredit ha affidato al gruppo coordinato dal professor
Giacomo Borruso e che è stato approfondito lunedì al convegno promosso dall’Istiee
e moderato dal direttore del Piccolo Paolo Possamai. Lo scenario C -
nell’analisi di accessibilità ferroviaria dell’ingegner Mauro Goliani - non reca
alcuna stima dei costi in quanto «non attualmente definibile». «E come potrebbe
- chiarisce Goliani stesso - se oggi della Ronchi-Trieste non esiste un
progetto...». Per veder fatta una cosa simile, Borruso e Goliani stimano
un’attesa di «9-10 anni di tempi tecnici e in presenza di finanziamenti». La Tav
«con la Ronchi-Trieste quadruplicata» consentirebbe di movimentare su sola
rotaia - verso Nord, Ovest ed Est, in ordine di priorità - «dai 5 ai 7 milioni
di teu all’anno», dunque l’intera capacità ricettiva di Monfalcone, Molo VII e
Molo VIII. Da qui si capisce forse perché, nell’analisi sull’accessibilità
stradale degli ingegneri Giulio Bernetti e Fabio Lamanna, le previsioni
2015-2020 evocano «combinazioni favorevoli grazie alle quali non servirebbe la
terza corsia della A4» ma solo l’abbattimento della barriera del Lisert e la
nuova rampa della sopraelevata sulla Gvt all’altezza della Piattaforma
logistica.
Per intanto, però, Unicredit e i soci in pectore tra cui Generali guardano allo
scenario A+B da 240 milioni di euro - l’investimento che la società di corridoio
presume dal pubblico con l’ingresso di Fs - che è quello «realizzabile in 4
anni, più che in 3», si dice realista Borruso. L’ipotesi A+B prevede
l’adeguamento dei layout delle stazioni per i treni da 750 metri che sono poi
quelli in grado di caricare 70 teu a botta anziché 50, portando all’eliminazione
del bivio di San Polo tra Monfalcone e Ronchi (e detto questo è detto tutto) e
al raddoppio della cintura di Udine. Ebbene, questo scenario garantisce il
viaggio su rotaia del 70% dei due milioni di teu di Monfalcone e il 40% del
milione e 200mila del Molo VII.
Risultato: via libera al superterminal container di Monfalcone. Ed è un via
libera anche tecnico: il geologo Antonio Brambati, il luminare dei fondali che
si è occupato della consulenza sull’accessibilità marittima, offre ampie
rassicurazioni sulla fattibilità della rivoluzione portuale monfalconese,
nonostante gli scavi per ricavare profondità adeguate all’arrivo di meganavi da
300-350 metri, portarici di seimila teu in un colpo, comportino un dragaggio
teorico fino a 9 milioni e 800mila metri cubi di sedime. Un’enormità, se si
pensa che le operazioni di pulizia che si fanno davanti al porto di Monfalcone
ogni 4-6 anni grattano non più di 60-80mila mc alla volta. Ma Brambati dispensa
ottimismo: «Dipende dalle opzioni, tra i 1.500 e i 1.750 metri di lunghezza
della banchina, e tra i 15 e i 16 metri di profondità del canale d’accesso (oggi
ne ha 11, ndr) e dei bacini di attracco e di evoluzione». «Con una banchina da
1.750 metri e un canale profondo 15 - pronostica Brambati - non esisterà
esubero. Tutto il volume dragato potrà essere stoccato tra la banchina, l’area
Sic e il sedime ferroviario. In caso di banchina meno lunga e più fondale da
dragare, ci sarà un surplus non superiore al milione e 300mila mc, che potrà
essere posto a mare in apposite aree di sversamento che già esistono». E «son
fondali puliti»: «gli 800mila mc di fanghi con mercurio endemico e non solubile
potranno essere movimentati con cautela e poi incapsulati, modello olandese, in
cassoni chiusi a loro volta nella banchina».
PIERO RAUBER
Trasporti e ambiente Dibattito pubblico - DOMANI
ALL’ARISTON
Favorire un confronto fra tutti i soggetti che vogliono tutelare gli interessi di cittadini, utenti e lavoratori. È l’obiettivo dell’assemblea pubblica cui sono invitati cittadinanza, comitati e organizzazioni, domani alle 17.45 al cinema Ariston. Le relazioni introduttive saranno di Dante De Angelis, già licenziato dalle Ferrovie dopo aver presentato una denuncia sulla scarsa sicurezza dei treni e riassunto dopo un processo e le lotte dei colleghi; Simona Baldanzi, dei Comitati per il Mugello; Ira Conti, del Comitato Per altre strade contro l’autostrada Carnia-Cadore; Andrea Wehrenfennig per Legambiente. «Vogliamo dare spazio alle esigenze della gente, alla discussione sulla tutela del territorio, permettere a quanti hanno a cuore un modello di democrazia partecipativa – così Dario Visintini, del Comitato promotore l’assemblea – di esprimersi». Modererà Luca Tornatore. Nell’assemblea la volontà di «riaffermare la centralità dell’uomo e dell’ambiente, non solo per il presente, ma anche per il futuro, contro le logiche imprenditoriali che hanno guidato le scelte del governo nazionale e regionale su trasporti, costruzioni, energia e acqua».
(u.s.)
REPUBBLICA - MARTEDI', 23 marzo 2010
Sicurezza degli edifici scolastici spesi 12 milioni ma
la mappa non c'è - Quattordici anni di rilevazioni e tanti fondi ma metà degli
istituti sono ancora fuorilegge
Scuola - Non esiste un quadro dei rischi che corrono
nove milioni di allievi, insegnanti e addetti
Quanto sono sicure le scuole italiane? Può ripetersi da qualche altra parte
una tragedia come quella che un anno e mezzo fa colpì il liceo scientifico
Darwin di Rivoli (To) e la famiglia di Vito Scafidi, l'alunno morto sotto le
macerie del controsoffitto dell'aula? O quella che sette anni e mezzo fa spezzò
la vita di 26 bambini e della loro insegnante, morti per il crollo della scuola
a San Giuliano di Puglia a seguito del terremoto che colpì il paese? Purtroppo,
nessuno è in grado di dirlo, ma secondo quanto emerge da alcuni studi parziali
la situazione sarebbe tutt'altro che tranquilla.
L'inquietante conclusione arriva dopo l'ennesima anagrafe lanciata dal ministero
dell'Istruzione un mese fa. Insomma: non sono bastati 14 anni di rilevazioni e
12 milioni di euro (pari, è bene ricordarlo, a quasi 24 miliardi delle vecchie
lire) per avere una mappa decente del rischio "scolastico" che ogni giorno grava
su un numero enorme di persone: 7 milioni e 800 mila alunni e un milione e 200
mila tra docenti, dirigenti scolastici e personale Ata (amministrativi, tecnici
e ausiliari) impegnati all'interno degli oltre 42 mila edifici scolastici
italiani.
Quella dell'anagrafe edilizia scolastica sembra una storia tipicamente nostrana.
Fino al 1993, gli unici che censivano lo stato di salute degli edifici
scolastici sono gli impiegati del ministero della Pubblica istruzione. Nel 1994,
cioè quasi tre lustri fa, il deputato Nadia Masini presenta un disegno di legge
sull'edilizia scolastica che viene approvato due anni dopo: nel 1996. "Il
Ministero della pubblica istruzione - prevede la legge - realizza e cura
l'aggiornamento (...), con la collaborazione degli enti locali interessati, di
un'anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica diretta ad accertare la
consistenza, la situazione e la funzionalità del patrimonio edilizio
scolastico". Per realizzarla "è autorizzata la spesa di lire 20 miliardi per il
1995 e di lire 200 milioni annui a decorrere dal 1996". Soldi che vengono spesi
tutti.
Ma nel 2003 l'anagrafe viene affidata a una società privata che si aggiudica
l'appalto per 750 mila euro. Ma dura poco: due anni dopo la gestione torna al
ministero che per 250 mila euro affida la raccolta delle informazioni ad
un'altra azienda. A conti fatti, l'intero censimento è costato oltre 12 milioni
di euro. Ma con quali risultati? Pochi. Le banche dati oggi a disposizione del
ministero sono addirittura tre. Quella gestita fino al 2004 dal ministero
stesso, ormai data. Quella derivante dalla legge Masini, con un elevatissimo
livello di dettaglio (dati relativi alla singola classe), ma a quanto pare non
attendibile, e una terza anagrafe lanciata dal capo del dipartimento
Programmazione, Giovanni Biondi, lo scorso 18 febbraio.
"I dati dell'anagrafe, presenti attualmente nel sistema informativo del
ministero - scrive Biondi alle scuole - necessitano di un aggiornamento, tale da
consentire una conoscenza più puntuale, almeno per quanto concerne gli aspetti
di maggior rilievo. L'aggiornamento continuo dei dati permetterà di
rappresentare con maggiore efficacia e puntualità i problemi segnalati alle
autorità locali competenti e programmare gli interventi e investimenti
necessari".
Intanto, alla Camera i deputati del Pd Mariani, Ghizzoni, Braga e De Pasquale
interrogano il ministro Gelmini sulla sicurezza degli edifici scolastici: "Il
problema si pone drammaticamente all'attenzione dell'Italia da diversi anni ma
non è chiaro se i numerosi interventi che si sono succeduti negli anni abbiano
portato ad un effettivo miglioramento della sicurezza nelle scuole". E in
relazione ai diversi provvedimenti normativi messi in cantiere dal governo,
quali sono gli "interventi urgenti ed indifferibili" posti in atto dallo stesso
"per esprimere un deciso intento di accrescere le garanzie di sicurezza degli
edifici scolastici"?
All'indomani della tragedia di Rivoli, la Gelmini annuncia l'immediata
convocazione "dell'Osservatorio sull'edilizia scolastica", un "censimento di
tutti gli edifici scolastici" e cospicui finanziamenti per la messa in sicurezza
delle scuole: 8 miliardi di risparmi provenienti dalla Finanziaria. Ma, secondo
il Pd, il "governo ammette che non ci sono soldi". Una circostanza avallata da
una recente uscita dell'Anci (l'Associazione nazionale comuni italiani) che
"ritiene indispensabile affrontare e concordare le politiche per l'edilizia
scolastica in un apposito incontro di conferenza stato-città ed autonomie locali
ferma restando l'urgenza di sbloccare ed assegnare al più presto i fondi
straordinari previsti dalla delibera Cipe del 6 marzo 2009'', scrivono il
presidente Sergio Chiamparino e la responsabile Scuola e formazione, Daniela
Ruffino, al ministro dell'Interno, Roberto Maroni e al ministro dell'Istruzione,
Mariastella Gelmini.
"Come è noto - proseguono i due - la condizione strutturale degli edifici
scolastici, si presenta in maniera differenziata sul territorio nazionale e
risulta quanto mai necessario procedere rapidamente all'assegnazione dei fondi
Cipe, per consentire intanto a molti Comuni di effettuare gli interventi urgenti
evidenziati dall'ultima rilevazione compiuta a seguito del drammatico episodio
di Rivoli". Ma le scuole fuorilegge sono ancora più di metà.
SALVO INTRAVIA
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 23 marzo 2010
Vedi dossier completo ( 2.109KB)
Sono 6.993 i Comuni rinnovabili italiani: Sluderno (Bz),
Tocco da Casauria(Pe), Maiolati Spontini (An) e Grosseto: le località simbolo
del futuro energetico italiano
Sono ben 6.993 i Comuni italiani dove è installato almeno un impianto di
produzione energetica da fonti rinnovabili. Erano 5.580 lo scorso anno, 3.190
nel 2008. Le fonti pulite che fino a dieci anni fa interessavano, con il grande
idroelettrico e la geotermia le aree più interne e comunque una porzione
limitata del territorio italiano, oggi sono presenti nell’86% dei Comuni. E per
quanto riguarda la diffusione, sono 6.801 i Comuni del solare, 297 quelli
dell’eolico, 799 quelli del mini idroeletttrico e 181 quelli della geotermia. Le
biomasse si trovano invece in 788 municipi dei quali 286 utilizzano biomasse di
origine organica animale o vegetale.
Ecco, in sintesi, il quadro dell’Italia sostenibile, rilevato dal rapporto
Comuni Rinnovabili 2010 di Legambiente, realizzato in collaborazione con GSE e
Sorgenia, presentato oggi a Roma nella sede del GSE, alla presenza di Emilio
Cremona (presidente GSE), Nando Pasquali (AD di GSE), Vittorio Cogliati Dezza
(Presidente nazionale Legambiente), Francesco Ferrante (Vicepresidente Kyoto
Club), Massimo Orlandi (AD Sorgenia), Alessandro Ortis (Presidente Autorità
energia elettrica e gas), Sara Romano (Direttore Generale per l'Energia del
Ministero dello Sviluppo Economico), Edoardo Zanchini, responsabile Energia
Legambiente, Simone Togni (Segretario generale Anev).
LEGAMBIENTE
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 marzo 2010
Tondo: nessuna centrale nucleare a Monfalcone - «Me
l’ha assicurato Scajola». E strappa un incontro a Pahor sul raddoppio di Krsko
Il premier sloveno a Opicina per l’apertura di una
filiale bancaria Incontro bilaterale dopo Pasqua. Pegorer critica il governatore
TRIESTE Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, da buon
carnico, non molla. Ieri, a margine dell’inaugurazione della nuova filiale a
Opicina della Nova Ljubljanska Banka si è incontrato per pochi minuti con il
premier sloveno, Borut Pahor e sul raddoppio della centrale di Krsko si sono
dati appuntamento a dopo Pasqua. Prima di incontrare Pahor lo stesso Tondo ha
dichiarato che «non c’è alcun progetto del governo per una centrale nucleare a
Monfalcone. Lo ha detto, a margine del congresso regionale della Cgil a Zugliano.
Tondo, sollecitato sul ”no” di Lubiana alla compartecipazione del Friuli Venezia
Giulia al raddoppio della centrale nucleare di Krsko (a 150 chilometri da
Trieste) ha ribadito di aver parlato «direttamente con il ministro Scajola. Non
c’è - ha aggiunto il presidente del Friuli Venezia Giulia - nessuna ipotesi del
governo di centrali nucleari a Monfalcone». Tondo - nuclearista convinto - ha
poi precisato «di non aver ricevuto alcuna comunicazione dall’autorità slovena.
Ho solo letto una dichiarazione dell’amministratore delegato di Enel («Non ci
sono ipotesi per noi di partecipare al raddoppio di Ksko»). I rapporti con la
Slovenia quindi proseguiranno», ha concluso Tondo.
«Non capisco le reazioni di gioia di fronte alle dichiarazioni
dell’amministratore delegato dell'Enel - ha aggiunto Tondo - secondo cui
mancherebbe ”la sposa”, la Slovenia, per andare avanti. Io invece ribadisco che
continuerò su questa strada perchè la considero una scelta giusta. Il fine è
raggiungere l’obiettivo di un’energia a costi ragionevoli in un Paese ove i
costi superano il 30 per cento. Il punto non è mettere in difficoltà la giunta,
ma raggiungere un risultato».
Pronta la replica del parlamentare del Pd, Carlo Pegorer: «Speriamo che il
governatore Tondo abbia spiegato bene le sue ragioni nel suo incontro con il
premier sloveno Borut Pahor o in quelli che verranno. Il presidente farebbe però
bene a realizzare che la Slovenia è uno Stato sovrano che come interlocutore ha
il governo italiano e non una Regione, per quanto importante possa essere
ritenuta la nostra». Ora, secondo Pegorer, «Tondo deve esprimersi in modo netto
e chiaro in ogni sede contro ogni eventualità che il Friuli Venezia Giulia
ospiti una centrale nucleare».
Dal canto suo il premier Pahor non ha fatto alcuna dichiarazione in merito. Nel
corso dell’inaugurazione della nuova banca ha affermato che «la Slovenia è
pronta a realizzare investimenti all’estero e ad accogliere investimenti
stranieri sul proprio territorio. Ha reso noto di aver incontrato il sindaco di
Milano, Letizia Moratti, e il presidente della Regione Lombardia, Roberto
Formigoni. Negli incontri - ha aggiunto - sono state esaminate le possibilità di
collaborazione della Slovenia nell’Expo 2015.
«Siamo impegnati - ha detto Pahor - a fare di tutto, anche con iniziative
comuni, per elevare il benessere delle nostre popolazioni. Negli ultimi 20 anni
- ha aggiunto riferendosi alle aree di confine con l'Italia - tutto è cambiato
ed è cambiato in meglio. Sono state fatte scelte strategiche che - ha
sottolineato - hanno garantito la sicurezza e le diversità. Oggi possiamo andare
un passo più in là, in campo finanziario». «Possiamo guardare con ottimismo al
futuro», ha concluso Pahor che, citando la Croazia, ha detto di «sperare che il
processo di allargamento dell'Unione Europea continui».
Il premier ha chiaramento espresso la volontà della Slovenia di entrare nei
meccanismi finanziari e commerciali del Nordest d’Italia affermando che la
Slovenia è pronta a fare i propri investimenti così come è pronta ad accogliere
le proposte di collaborazione finanziaria con l’Italia.
MAURO MANZIN
Privatizzazione dell’acqua Rc: un referendum per dire
no - Il partito prepara mozioni Visioli: anche gli enti locali devono opporsi
fermamente
L’acqua è un bene pubblico che deve sempre risultare
accessibile a tutti. Da questo presupposto Rifondazione Comunista, nella
Giornata mondiale dell’acqua celebrata ieri e stabilita dall’Onu, ha organizzato
una iniziativa comune a tutto il territorio nazionale. Dennis Visioli, Iztok
Furlanich e Peter Behrens hanno annunciato mozioni e interpellanze contro la
privatizzazione dell’acqua. Secondo Rc, il decreto legge Ronchi convertito in
legge nel novembre 2009, che sancisce la completa privatizzazione dell’acqua,
risulterebbe in contrapposizione con la risoluzione del Parlamento europeo del 9
ottobre 2008 dove si afferma che «l’acqua deve rimanere un bene pubblico (...)
accessibile a tutti a prezzi sociali e ambientali equi».
Per evidenziare quanto sia alta la posta in gioco, i relatori hanno evidenziato
come il settore dell’acqua muova capitali vicini alla metà di quelli smossi dal
petrolio. «Per questo intendiamo muoverci per far sì che le amministrazioni
locali si oppongano fermamente alla privatizzazione dell’acqua. Le nostre
mozioni – ha detto Visioli – si propongono di inserire negli statuti degli enti
locali il riconoscimento del servizio idrico quale servizio pubblico locale
privo di rilevanza economica, così da aprire la strada alla gestione pubblica
dell’acqua».
«È importante che si questo tema ci sia una vasta e completa informazione»,
secondo Furlanich e Behrens: «Da aprile ci renderemo protagonisti assieme a
altri soggetti politici, sociali e associativi di una raccolta firme necessarie
per l’indizione di un referendum che vada a abrogare la legislazione che ha
promosso le privatizzazioni».
Maurizio Lozei
Pista ciclo-pedonale, stanziati 218mila euro - MANUTENZIONE STRAORDINARIA
Anche al terminal di via Orlandini alcuni interventi
previsti a breve dalla giunta provinciale
TRIESTE Manutenzione straordinaria del primo e terzo lotto della pista
ciclo-pedonale della Val Rosandra. L’ha decisa la giunta provinciale, che per
questi lavori, previsti a breve, ha stanziato 218mila euro.
«Abbiamo approvato questo provvedimento per sistemare nuovamente alcuni tratti
della pista – spiega l’assessore provinciale ai Lavori pubblici, Mauro Tommasini
–. Il largo anticipo con il quale erano state completate alcune opere aveva
infatti favorito il loro degrado, mentre continuavano i lavori sul resto del
percorso».
Gli interventi riguarderanno in particolare il parcheggio e il terminal servizi
in via Orlandini, e il sottopassaggio alla strada provinciale 11 ”di Prebenico”,
che ha subito un allagamento. Verrà inoltre praticato lo sfalcio della
vegetazione, nei punti in cui ha invaso la sede della pista ciclabile.
La Provincia ricorda che la tabella di marcia dei lavori è stata rallentata a
causa della temporanea indisponibilità di alcune aree lungo il tracciato,
affittate a privati o vendute ad altri enti pubblici.
Nel 2007, infatti, l’amministrazione provinciale ha definito i rapporti inerenti
la realizzazione delle opere sui terreni di proprietà dell’Irccs ”Burlo Garofolo”,
e nel luglio scorso ha fatto eseguire il collaudo statico della passerella che
sovrappassa via dell’Istria.
Inoltre, solo lo scorso anno la Provincia ha potuto disporre delle aree che, per
conto delle Ferrovie dello stato, erano state affittate alla ditta Orlandi su
via Campanelle. Grazie all’interessamento della prefettura, precisa Palazzo
Galatti, nei mesi scorsi si è potuto avviare lo sgombero delle auto.
Muggia, l’aria respirata dai vigili non è peggiore di
quella degli uffici - LE RILEVAZIONI COMMISSIONATE ALL’ATENEO
Aria buona in quel di Muggia, almeno stando alle
rilevazioni effettuate nei primi cinque mesi del 2009 dal Dipartimento di
scienze della vita e dal Dipartimento di scienze chimiche dell’Università di
Trieste su incarico del Comune.
L’indagine è stata eseguita comparando i dati rilevati sui vigili urbani
(attraverso apposite piastrine), che svolgono la gran parte del loro lavoro
all’aria aperta, con quelli di un campione di personale amministrativo impiegato
negli uffici.
La comparazione non ha evidenziato un’esposizione preoccupante alle sostanze
considerate, rispetto a quella dovuta ad altri fattori legati per lo più allo
stile di vita.
In pratica, allargando la conclusione dello studio a uno spettro più ampio, a
Muggia chi trascorre molte ore all’aria aperta non corre più rischi di chi
invece se ne sta al chiuso.
L’indagine è stata condotta con l’uso di rilevatori personali (le già citate
piastrine) durante i turni di lavoro. Ai vigili è stato consegnato uno strumento
portatile che ”assorbiva” l’aria e gli inquinanti in essa presenti,
consentendone successivamente l’analisi.
Le analisi venivano eseguite il lunedì, prima dell’inizio dell’attività
lavorativa, e poi tra il giovedì e il venerdì, alla fine del turno settimanale.
A fianco dei dati ricavati dalla ”lettura” delle piastrine personali, l’indagine
prevedeva anche l’esame di campioni di urina per verificare l’assorbimento di
sostanze potenzialmente tossiche.
Oltre ai campioni ”personali”, lo studio ha considerato le rilevazioni di pm 10
(polveri sottili) e idrocarburi policiclici aromatici nelle centraline di
monitoraggio ambientale in piazza della Repubblica e in via Flavia di Aquilinia,
nell'area di parcheggio situata nei pressi della farmacia.
Al termine del periodo fissato, il monitoraggio non ha dunque evidenziato
situazioni critiche a carico del personale comunale, anche se, oltre alle
emissioni dei veicoli, è stato evidenziato anche un contributo da parte di
quelle domestiche, con una riduzione dell’esposizione nel periodo primaverile.
Soddisfatto il sindaco Nerio Nesladek, che però non intende abbassare la guardia
e anzi rilancia: «È vero – commenta – siamo ben al di sotto della soglia di
rischio prevista dalla legge, ma lo studio non considera gli effetti delle
emissioni derivanti dall’altra sponda del vallone di Muggia, come quelle della
Ferriera».
Proprio per ottenere valutazioni più attendibili, il Comune ha intenzione di
chiedere allo stabilimento siderurgico di spostare a porto San Rocco la
centralina di sua proprietà, attualmente installata nei pressi del molo Balota.
(g.l.)
SEGNALAZIONI - FORUM - Il sito della Provincia
È da venerdì 5 marzo, alle 16.20, che tento invano di
inviare i miei quesiti al sito della Provincia, attraverso l’apposita
interfaccia web.
La risposta che ricevo è sempre quella: «forum temporaneamente non disponibile».
La domanda non raggiunge il destinatario e quindi non viene registrata.
La «temporanea» sospensione sembra essere piuttosto una costante, se si si
considera l'esiguo numero di domande a tutt'oggi pervenute sul sito della
Provincia: 6 domande in 10 giorni! Il dato non è in linea con le 1.400 risposte
ottenute dal sondaggio on-line del Piccolo appena conclusosi.
Mi auguro che gli addetti tecnici della Provincia pongano rimedio a questo
malfunzionamento, che rischia di svilire un’iniziativa comunque utile a questo
tentativo di processo partecipativo.
Carlo Franzosini
SEGNALAZIONI - GRADO - Spiaggia d’élite
Sono una assidua cliente della spiaggia di Grado che
frequento da moltissimi anni, ho sempre apprezzato la sua sabbia fine, la
tranquillità, l’essere circondata dal verde della pineta e del Parco delle Rose.
Mi ricordo un tempo, quando sui Tg nazionali si facevano vedere le file agli
sportelli il 2 gennaio per prenotare un ombrellone.
Altri tempi, poi è arrivato l’assessore Dressi che decise che la spiaggia di
Grado doveva diventare una spiaggia di élite: e così fu. Si aumentarono i prezzi
si tolse la possibilità ai clienti di portare i propri attrezzi, si fece ogni
tipo di difficoltà per gli utenti, e molti clienti si allontanarono. È questo
che vuol dire spiaggia di élite: e cioè per pochi. Poi abbiamo deciso di mandare
a casa il governo regionale e così abbiamo votato per Illy, tutti pieni di
speranza in una gestione diversa del nostro territorio, invece il presidente
della regione aprì subito la porta all’insediamento di uno o due rigassificatori
nel Golfo di Trieste, disse proprio così: "Io ne voglio due".
Ora, è evidente che uno solo di questi impianti sarebbe la rovina del nostro
mare e la fine del turismo: così abbiamo mandato a casa anche quel governo
regionale.
Oggi ci troviamo di nuovo quegli altri che insieme al comune di Grado (di
centrosinistra se non sbaglio) hanno pensato sia una bella cosa cementificare il
Parco delle Rose e tutta l’area circondante per fare non si capisce bene che
cosa, o anzi sì: distruggere il verde attorno alla spiaggia per fare un albergo
e un polo termale. Sul Piccolo di questi giorni ci sono diverse lettere di
protesta al riguardo. Sarebbe da capire se questi signori, che vengono via via
eletti per amministrare la cosa pubblica abbiano mai capito cosa è che devono
fare: distruggere tutto il patrimonio a loro affidato? O fare in modo che questo
patrimonio venga consegnato alle future generazioni e anche a quelle presenti
così come è stato loro affidato? Io credo che la seconda risposta sia quella
giusta. In attesa di cambiare governo e amministrazione comunale voglio
ricordare a questi signori che la tutela dell’ambiente e del patrimonio
culturale e architettonico resta in cima ai nostri pensieri, e ci penseremo
ogniqualvolta che andremo a votare.
Georgina Ortiz (Pieris)
SEGNALAZIONI - «Da Trieste nessun treno diretto va
verso il cuore dell’Europa»
Camminatrieste segue con estremo interesse il dibattito
che si sta sviluppando in questo periodo in città in merito al trasporto
pubblico locale e ai collegamenti ferroviari di Trieste. L’Associazione
manifesta la sua preoccupazione per quanto riguarda i servizi pubblici di
trasporto, che vengono ridotti anziché potenziati e modernizzati. In tale ambito
anche la Regione è latitante, non avendo prodotto e attuato il Piano regionale
integrato trasporti, che dovrebbe considerare i diversi tipi di vettori
utilizzabili per il trasporto dei passeggeri nell’ambito regionale. Altrettanto
carente appare il Comune di Trieste, che ancora una volta rinvia l’attuazione
del Piano urbano del traffico.
Per quanto concerne la situazione locale, mentre sembra salvaguardata la
sussistenza della tramvia di Opicina, si riflette solo in parte che le
difficoltà economiche della tranvia potrebbero essere comunque in notevole
misura superate attraverso un rilancio turistico della linea, la cui importanza
verrà comunque aumentata dall’apertura in zona della Sissa. A confronto, a
Bergen (Norvegia) una tranvia funicolare che parte dal livello del mare e porta
a 345 m di quota (la stessa dell’Obelisco!) è affollata di turisti, nonostante
il costo del biglietto notevolmente più elevato. In tale città però la
funicolare è ampiamente pubblicizzata con tabelloni e manifesti, cosa che
dovrebbe essere effettuata anche da noi. Come già accennato dal sindaco, si
potrebbe studiare un «pacchetto turistico», che comprenda, tra l’altro, anche la
possibilità di utilizzo del percorso tranviario. Inoltre, sarebbe molto utile
una manutenzione adeguata della linea, con visibilità del percorso panoramico
ottenibile, ad esempio all’Obelisco, mediante il taglio degli alberi di ailanto
di scarso valore.
Per quanto riguarda i collegamenti ferroviari di Trieste con l’estero, col
passare degli anni essi sono stati drasticamente eliminati. Attualmente, Lubiana
dispone di decine di treni diretti verso l’estero (Monaco, Vienna, Zagabria,
Budapest, Praga, Belgrado, Venezia...), ed essi sono ancora 17 se trascuriamo le
destinazioni di Villaco e Zagabria, abbastanza vicine al territorio sloveno.
Venezia dispone di 6 treni diretti all’estero, di cui 1 notturno diretto a
Vienna ed un altro notturno diretto a Lubiana-Zagabria-Budapest e Belgrado.
Trieste dispone di 0 (zero) collegamenti diretti, poiché anche per questi treni
appena citati si deve cambiare a Udine e, rispettivamente, a Monfalcone.
Quanto meno si dovrebbero ripristinare, con accordi tra le ferrovie, i
collegamenti diretti con le capitali dell’Europa centrale e centro-orientale.
Per la vicina Lubiana dovrebbero essere presenti almeno 3-4 linee giornaliere,
non solo notturne, il che sarebbe facilmente effettuabile con un prolungamento
dei servizi del percorso Lubiana-Sežana fino a Trieste centrale o, quanto meno,
a Trieste Opicina. Quest’ultima stazione, opportunamente rinnovata e potenziata,
potrebbe diventare in prospettive più lontane la grande stazione di transito per
i treni veloci (Tav), oltre che un importante nodo ferroviario per la cosiddetta
«metropolitana» leggera. La quale ultima potrebbe già iniziare la sua attività
sui binari oggi esistenti, una volta studiate le fermate opportune sui vari
percorsi, prima ancora di prolungarsi per il servizio passeggeri fino a
Capodistria.
Carlo Genzo - presidente Camminatrieste
REPUBBLICA - MARTEDI', 23 marzo 2010
E dai binari del Nord parte il treno low cost -
Iniziativa del gruppo Db Bahn, ma non risulta in biglietteria o sui tabelloni
Su molte tratte del nord Italia prenotando prima si
paga meno, come in aereo
TRENTO - La sfida a Trenitalia arriva da nord, a bordo di un treno tedesco
che - con la prenotazione anticipata - consente viaggi low-cost anche in Italia.
Turisti e pendolari del binario ringraziano la nuova concorrenza, ma quello che
ogni giorno collega Monaco di Baviera, Bolzano, Trento, Verona e Bologna (con
una corsa anche verso Milano) è ancora un treno fantasma: non chiedete
informazioni alla biglietteria della stazione (dove fingeranno di non saperne
nulla), non cercatelo sui tabelloni dell'orario ufficiale (dove non risulta),
inutile anche chiamare l'ufficio informazioni delle ferrovie italiane. Per
viaggiare a basso costo bisogna invece collegarsi al
sito Internet di Deutsche Bahn, la società tedesca, oppure a
quello dei colleghi austriaci di Öbb che insieme ai lombardi delle Ferrovie Nord
hanno inaugurato la guerra dei prezzi sulla linea del Brennero. Attenzione: chi
sale a bordo al volo e decide di acquistare il biglietto dal controllore (in
mancanza di meglio, si può fare anche così) paga un conto più salato, ma con un
po' di attenzione si risparmia.
E a tre mesi dalla partenza del primo treno ecco arrivare le offerte di Pasqua
annunciate con una campagna pubblicitaria sui giornali per dire basta all'epoca
del passaparola: viaggiano gratis sulle tratte internazionali i bambini con meno
di 15 anni, biglietti a 9 euro sulle tratte nazionali, da Bolzano a Milano,
oppure Bologna, poco importa, purché il viaggio venga prenotato con almeno tre
giorni d'anticipo su Internet oppure presso una delle agenzie convenzionate.
Specchietto per le allodole? Può darsi, ma la prova del call center è superata:
"Sì - dice la voce - i biglietti a 9 euro sono disponibili".
Tutto questo ricorda un po' la rivoluzione dei voli aerei low-cost, secondo il
principio prima paghi e meno paghi? Risposta esatta. Mentre le ferrovie italiane
si concentrano sull'alta velocità, c'è chi comincia a viaggiare in treno come in
aereo: scegliendo la compagnia in base al prezzo. Ora si può, almeno al nord. E
il paragone con i viaggi aerei calza anche per le ferrovie italiane, che alle
proteste per le mancate informazioni sulla concorrenza - era dicembre -
replicarono così: "Non siamo tenuti a dare chiarimenti sui servizi di altre
aziende".
Il Monaco-Bologna passa ogni giorno da tre mesi alla stazione di Trento dove
ferma, puntuale, alle 14 e 04. Sulle carrozze sono evidenti i colori stranieri
del convoglio ma sul marciapiede c'è sempre qualcuno che si chiede: "Ma che
treno è?". Viaggiatori pochi. Attendono tutti il passaggio dei treni italiani,
con il biglietto da obliterare o l'abbonamento in tasca. Eppure basterebbe
salire per viaggiare come in Europa, acquistando il biglietto a bordo: personale
trilingue, carrozze pulite e soprattutto puntuali. Nei giorni in cui l'Italia si
fermò per il maltempo - sempre a dicembre - il treno tedesco saltò solo una
corsa, sostituita con i pullman, mentre la concorrenza invitava i passeggeri a
viaggiare muniti di panini, bibite e coperte.
I manager di Db e Öbb per il momento contano 2 mila passeggeri al giorno e
annunciano entro l'anno un collegamento con Venezia - già programmato ma reso
difficile da problemi tecnici - e più giù verso Firenze, cioè la destinazione
più meridionale della sfida tedesca in Italia. I pendolari del treno non avranno
risolto così i loro problemi, ma è solo l'inizio. Arriverà anche la proposta di
Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori, avventura imprenditoriale privata italiana che
vede la partecipazione di Montezemolo e Della Valle), attesa per il 2011 con 25
nuovi treni, che però punterà soprattutto sull'alta velocità e sulla fascia alta
dei viaggiatori.
ANDREA SELVA
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 marzo 2010
Monfalcone, è rivolta sull’ipotesi nucleare -
Legambiente e Wwf incalzano la giunta su progetti «verdi»
Il ”no” della Slovenia alla partecipazione di Enel per il
raddoppio della centrale di Krsko e il ritorno dell’ipotesi nucleare a
Monfalcone, assieme alla presunta opzione veneta, ha scatenato prese di
posizione a catena. Delle associazioni ambientaliste, ma anche dagli esponenti
politici. Dal Pd che, con il il segretario della città dei cantieri, Paolo
Frisenna, scandisce il ”no al nucleare in Friuli Venezia Giulia, mai a
Monfalcone». E il consigliere regionale Franco Brussa fa eco: «La notizia data
dall’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, sull’avvio del raddoppio
della centrale nucleare di Krsko e sulla scelta slovena di non volere alcuna
partecipazione dell’Italia, e del Friuli Venezia Giulia in particolare,
all’opera, fa definitivamente cadere l’alibi dietro il quale si è trincerato il
presidente della Regione, Tondo». Brussa aggiunge: «Tondo e la sua maggioranza
si sono più volte espressi a favore di un ritorno al nucleare. Si tratta ora di
capire quali azioni vorranno porre in essere per confermare o smentire un
eventuale accoglimento dell’ipotesi-Monfalcone». Il consigliere rilancia la
proposta di legge del Pd la quale prevede che «anche in base alla propria
competenza statutaria in materia urbanistica, sia vietata in regione la
realizzazione di centrali nucleari».
Legambiente non ha perso tempo: «Il ”no” della Slovenia alla partecipazione
dell’Italia nella costruzione di un nuovo reattore nucleare a Krsko era scontata
e prevedibile. La boutade serviva al presidente Tondo, convinto nuclearista, a
togliersi dall’imbarazzo dal sostenere di fronte ai suoi cittadini il via libera
alla realizzazione di una centrale nucleare in regione. Considerando che
Monfalcone e altre località regionali fanno parte della rosa dei papabili siti e
che la stragrande parte dei governatori di Regione o candidati tali alle
imminenti elezioni regionali sono contrari a un insediamento nucleare nelle loro
regioni, risultava molto più comodo ricorrere alla collaudata operazione: ”Si,
sono favorevole, ma non nel mio giardino!”. Cosa farà adesso Tondo? Sosterrà
comunque la sua scelta nuclearista o assisteremo a rimpalli tra la nostra
regione e il Veneto? Legambiente vorrebbe che l’Italia e la nostra regione in
primis, avviasse una politica di autonomia energetica legata al territorio,
puntando su due grandi opportunità: efficienza energetica, soprattutto negli
edifici (Direttiva Ce del 2009) e fonti rinnovabili, soprattutto solare termico
e fotovoltaico». Chiede di «aprire un dibattito lasciando cadere improbabili e
pericolose scelte nucleariste, partendo dall’analisi degli insediamenti di
produzione energetica e studiando le proiezioni sui consumi dei prossimi anni,
garantendo una politica energetica utile e virtuosa per il Friuli Venezia
Giulia». Per il Wwf, «la clamorosa scelta del Governo italiano di tornare
all’energia nucleare e il dibattito sulla dislocazione di una centrale nucleare
nel Monfalconese sono argomenti che fanno notevolmente discutere ambientalisti e
opinione pubblica».
«No sloveno a Krsko 2, intervenga Frattini» - DOPO
L’ANNUNCIO DELL’ENEL SUL RIFIUTO A UNA PARTECIPAZIONE ITALIANA
Savino «La Regione contatterà il ministro». Gottardo
accusa Lubiana, l’opposizione critica Tondo
TRIESTE Nucleare, dopo il no di Lubiana all’Enel sull’ipotesi di partecipare
al raddoppio della centrale di Krsko il Friuli Venezia Giulia si affida alle
arti diplomatiche del ministro Franco Frattini.
«Il no di Lubiana non l’ho visto, sul tavolo non ho alcuna carta – spiega
l’assessore regionale alle finanze, Sandra Savino con la delega all’energia – ci
sono rapporti istituzionali tra Stati da rispettare, prima di commentare vorrei
vedere il diniego della Slovenia al progetto. La Regione contatterà il ministro
degli Esteri Frattini». E mentre il Fvg tenta di prendere le contromisure dal
fronte dell’opposizione arriva una valanga di critiche contro il presidente
della giunta, Renzo Tondo.
Da quest’ultimo nessun commento, e bisognerà capire se la questione, vista la
fase delicata, sarà gestita direttamente dalla presidenza. Era stato Tondo
infatti, nuclearista convinto, ad avanzare la proposta di collaborare con
Lubiana sul raddoppio della centrale di Krsko attraverso l’Enel. C’erano stati
interventi della Regione sul ministro Frattini e sul presidente dell’Enel, Piero
Gnudi. Una scelta logica, Tondo aveva spiegato (considerato anche il no di
Monfalcone, possibile sito individuato dal governo per una nuova centrale) che
era inutile realizzare un nuovo impianto in Fvg vista la presenza di Krsko a 120
chilometri in linea d’aria (dalla quale l’Italia acquista energia) che poteva
essere raddoppiata con la partecipazione italiana.
Ma sabato da Venezia, come è noto, è arrivata la notizia del «no» di Lubiana
ufficializzato dall’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti. Un no che
però, secondo la Regione, non è la posizione ufficiale della Slovenia. «Conti
ovviamente è autorevolissimo – si affretta a precisare la Savino – ma in questi
casi bisogna rispettare le vie istituzionali nei rapporti tra due Stati. Ci sono
stati colloqui tra i due ministri degli esteri sul raddoppio di Krsko e non
abbiamo sentito il ministro Frattini. La Regione lo contatterà per approfondire.
E poi bisogna anche considerare che su Krsko non ci sono di mezzo solo gli
sloveni, una parte della centrale (20%) è in mano alla Croazia».
Non si contano le reazioni, soprattutto dell’opposizione. «Sul nucleare in Fvg è
finito il tempo dei trucchetti, ora il presidente Tondo deve pronunciarsi e dire
no» sostiene l’europarlamentare e segretario regionale Pd, Debora Serracchiani.
«Dobbiamo aprire gli occhi – continua – e renderci conto che nello sventurato
progetto del governo di ritorno al nucleare è pressochè inevitabile l’impianto
di una centrale nel Nordest. Dal momento che Formigoni e Zaia hanno detto no al
nucleare in Lombardia e Veneto, non vorrei che la nostra regione arrivasse
tardi».
Critico con Lubiana invece il Pdl. «La Slovenia è fortemente nazionalista e
sfrutta l’appartenenza all’Ue, ma non è disponibile a nessuna forma di
cooperazione», attacca Isidoro Gottardo, coordinatore Pdl in Fvg che fa notare
come Lubiana «interferisce sul rigassificatore di Trieste mentre noi abbiamo
sempre tollerato una centrale nucleare». «Non possiamo dare un giudizio positivo
sia politico che della cooperazione internazionale – aggiunge Gottardo – la
Slovenia si fa sentire con l’Italia solo quando deve tutelare la sua minoranza,
ma poi non fa nulla o molto poco per far in modo che al superamento dei confini
segua di fatto una cooperazione forte e naturale».
Ma è soprattutto l’opposizione a incalzare Tondo. «Ci chiediamo quali saranno
ora le scelte di Tondo» incalza il capogruppo Pd in consiglio regionale,
Gianfranco Moretton. «Vedremo se promuoverà il rigassificatore o se si porrà
nella condizione di portarsi una centrale nucleare in casa».
Anche il consigliere regionale Pd Franco Brussa chiede a Tondo di «chiarire se
Monfalcone è uno dei siti individuati dal governo» e accusa il presidente e la
sua giunta di «superficialità nell’affrontare un tema così delicato». Conclude
il consigliere dei Cittadini, Piero Colussi che chiede a Tondo «Perchè non ha
impugnato, come altre undici regioni italiane, davanti alla Corte costituzionale
la legge 99 del 2009 che delega al governo ogni decisione relativa
all’individuazione dei nuovi siti nucleari?».
GIULIO GARAU
«Marginale il ruolo di Rosato e D’Auria» - Più
complessa la posizione di Walter Palcini (ancora agli arresti domiciliari) della
Refitalia
Tutto da definire in sede dibattimentale il ruolo dei primi due indagati che hanno già ottenuto la scarcerazione
«Marginale e tutto da definire in sede dibattimentale».
Con queste parole precise il Tribunale del riesame di Firenze ha messo a fuoco
il ruolo Francesco Rosato e di Vincenzo D’Auria nell’inchiesta della Procura di
Grosseto che oltre a numerosissime società di mezza Italia coinvolge il
direttore della Ferriera di Servola e il responsabile del settore ecologia e
ambiente dello stesso stabilimento. La definizione di «marginale» e «tutto da
definire in sede dibattimentale» fanno parte delle motivazioni dell’Ordinanza
con cui lo stesso Tribunale del riesame ha revocato l’ordine di detenzione
domiciliare che aveva colpito il 9 febbraio scorso i due dirigenti.
Lo stesso Tribunale ha invece negato la libertà al terzo ”indagato” triestino,
Walter Palcini; non è un dipendente della Ferriera ma di «Refitalia srl», la
società che raccoglieva i rifiuti dello stabilimento siderurgico e li affidava
all’«Agrideco spa», incaricata dello smaltimento. I vertici di quest’ultima
società - Stefano Rosi, Paolo Meneghetti, Federico Lattanzi, Luca Tronconi -
sono gli unici di tutta l’inchiesta ad essere indagati per aver costituito e
organizzato un’associazione a delinquere che aveva come scopo quello di
organizzare lo smaltimento e il trasporto di rifiuti speciali pericolosi
utilizzando formulari incompleti, inesatti, o a cui erano allegati falsi
certificati di analisi.
Le situazioni in cui si trovano i tre indagati triestini appaiono oggi
diversificate rispetto a quanto era emerso nel momento del loro arresto. In
estrema sintesi «Refitalia srl» eseguiva il trasporto in base al contratto
sottoscritto con la Ferriera e trasferiva i rifiuti nelle aree di smaltimento
indicate dall’«Agrideco». Ecco perché le difese seguono linee diverse. Da una
parte gli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi hanno accreditato con
esito favorevole davanti al Tribunale del riesame il ruolo marginale e tutto da
definire in sede dibattimentale dei due dirigenti della Ferriera. Di più
difficile messa a fuoco - almeno al momento - le eventuali responsabilità di
Walter Palcini, l’unico uomo a Trieste di «Refitalia».
Gli episodi contestati dalla Procura di Grosseto risalgono a quasi due anni fa:
le due colline su cui si è concentrata l’attenzione dei carabinieri del Nucleo
operativo ecologico, erano già state campionate e analizzate dai tecnici
regionali dell’Arpa nell’ambito di un’inchiesta ormai giunta al capolinea
avviata e diretta dal pm Federico Frezza.
Anche le intercettazioni telefoniche effettuate su ordine del pm Alessandro
Leopizzi della Procura di Grosseto, dovranno essere trascritte e riesaminate con
grande cura dai difensori. Non sempre le trascrizioni effettuate dai consulenti
dell’accusa riescono a restituire il significato compiuto dei discorsi
registrati. Lo si è verificato in un recente processo in cui numerose parole di
un imputato nel passaggio dal dischetto di registrazione alla carta, hanno
assunto un significato opposto a quello effettivamente pronunciato.
«Il primo giudice a cui ci siamo rivolti ha capito le nostre ragioni. Per il
reato che ci viene contestato - il concorso in un’abusiva gestione di rifiuti-
ci confronteremo nell’aula del processo» aveva affermato pochi giorni fa
l’avvocato Borgna.
CLAUDIO ERNÈ
L’università ha il suo piano traffico - Un progetto per
gli studenti: come raggiungere le varie sedi in poco tempo
Incaricato un mobility manager, è il professor Longo di Ingegneria
Saranno intervistati i ragazzi ma anche tutto il
personale per vagliare le diverse esigenze in modo da trovare un piano omogeneo
L’università progetta un piano del traffico tutto per sè, per il suo
personale e per i suoi studenti. Vuole agevolare l’accesso e l’andirivieni di
una popolazione complessiva che tocca le 25 mila unità. Studenti che vengono da
fuori Trieste, che a Trieste devono raggiungere non solo la sede centrale di
piazzale Europa, ma quella di tante facoltà sparse nel tessuto cittadino: via
Economo, Androna Campo Marzio per Storia e Lettere, via Lazzaretto Vecchio,
Cattinara per Medicina, via Sant’Anastasio per Psicologia. Che usano treni,
macchine e autobus. Che non trovano parcheggio.
E tanto per cominciare, così come la legge vuole, l’ateneo si è dotato del
proprio «mobility manager», lo stesso che ora governa il progetto denominato «Unimob»
che con l’aiuto di una quindicina di docenti e di un finanziamento del Fondo
Trieste pari a 170 mila euro per due anni studierà le abitudini, le difficoltà,
i flussi di questa popolazione per proporre infine un vero e proprio progetto
alternativo a Regione, Provincia, Comune. Lo scopo è agevolare la mobilità. Ma
anche, in questo modo, favorire una maggiore frequenza alle lezioni, la
partecipazione alle attività didattiche, culturali, sportive, l’adesione «alla
vita universitaria e cittadina».
Il manager incaricato è Giovanni Longo, docente di Trasporti alla facoltà di
Ingegneria. La stessa di cui è preside Roberto Camus, l’ingegnere già autore
della proposta di piano del traffico cittadino che il Comune infine ha deciso di
non utilizzare, almeno ufficialmente. Al progetto collaborano unità di ricerca
del Dipartimento di ingegneria civile e ambientale, di Ingegneria
elettrotecnica, elettronica e informatica, di Psicologia, di Scienze economiche
e statistiche.
Verranno via via intervistati tutti i dipendenti, e tutti gli studenti, secondo
modelli di indagine elaborati non solo da Statistica, ma appunto anche da
Psicologia per comprendere gli umori del popolo universitario, o come dice
Longo, «le caratteristiche del flusso migratorio di ateneo, perché tutti sanno
che c’è, ma nessuno ne conosce la dimensione». Ma c’è un altro risvolto: «La
facile accessibilità - spiega il docente - determina spesso la scelta
dell’università da frequentare da parte dello studente». Quindi il «traffico» è
tema strategico, e l’intento non è così minimo da indagare soltanto se la linea
17 dell’autobus è sovraffollata o meno (lo è sempre), o se i parcheggi mancano
(è già evidente), o se i mezzi pubblici costano troppo (è probabile), ma di
capire come va adattata la situazione alle specifiche esigenze.
Dai primi «interrogatori» sono già uscite verità insospettate: «Abbiamo scoperto
- racconta Longo - che mentre per gli adulti è angoscioso il problema del tempo
e della fretta, ai ragazzi non gliene importa niente, tempo ne hanno, se
ottenessimo un treno più veloce per Trieste forse non sarebbe la cosa che preme
di più. Seconda scoperta, i giovani ancora camminano. La fermata dell’autobus un
po’ lontana non è percepita come un disagio. Ma vogliamo anche capire - dice il
docente - se hanno il senso del rischio quando usano la macchina, e quali sono i
costi che ciò comporta».
Messa a punto la fotografia, e tratte le conclusioni, gli interlocutori saranno
direttamente gli enti pubblici. Compreso il Comune che nel piano regolatore ha
previsto, nella scarpata sotto la grande curva ai piedi dello scalone
universitario, un parcheggio sotterraneo. «Anche quello però - avverte Longo -
va gestito bene, in termini di tariffe ma anche di nuovo assetto della parte
soprastante. Altrimenti il rischio è di ritrovarsi una cattedrale vuota nello
spazio di sotto, e sopra il disastro di sempre, quindi ci aspettiamo che sulla
strada l’ente pubblico abbia coerenza di scelte».
«Unimob» ha grande supporto dal rettore Francesco Peroni: «Si tratta di
un’indagine di grande rilevanza - afferma -, che l’ateneo ha intrapreso
nell’ottica del benessere di coloro che vi lavorano e vi studiano. Dai risultati
infatti trarremo informazioni molto preziose per orientare servizi e
investimenti a favore della comunità universitaria, e per fronteggiare il
bisogno collettivo nel cruciale ambito della mobilità».
GABRIELLA ZIANI
«L’acqua, elemento primario ma anche strumento di
potere» - CONFERENZA DI ARTEVENTI
Sabato scorso si è tenuta nell’aula magna della Scuola
Superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori una conferenza
interamente dedicata alle risorse idriche, alla loro scarsità ed al quadro
geopolitico che esse determinano nel panorama mondiale.
«Si tratta della spontanea conclusione di un percorso che la nostra associazione
ha intrapreso lo scorso anno», dichiara Michele Maier, Presidente di Arteventi,
l’associazione culturale organizzatrice dell’evento. «Abbiamo esordito
organizzando una serie di conferenze aperte al pubblico dapprima sulle fonti
rinnovabili di energia con Sissa e Università di Trieste, passando poi
all’evento sui cambiamenti climatici che ha visto ospite il Prof. Giorgi, del
Ictp”, prosegue Maier. «Oggi concludiamo questo percorso formativo ed
informativo sulle problematiche ambientali affrontando il tema dell’acqua,
intesa sia come elemento primario di sopravvivenza che come elemento di potere
nello scacchiere geopolitico mondiale». La conferenza ha visto partecipi
relatori quali il Professor Giorgio Cancelliere, dell’Università di Milano, uno
degli esperti mondiali più preparati sull’argomento, consulente del Ministero
degli Esteri nonché delle Nazioni Unite che ha affrontato l’aspetto della
difficoltà di accesso alle risorse idriche mondiali.
A Monte Spaccato, una discarica con vista - PESSIMO
SPETTACOLO PER I TURISTI CHE SI FERMANO NELLA PIAZZOLA
Grgic: «Opera di vandali e maleducati». Fra i rifiuti
anche un materasso della polizia
Per godere un’ampia prospettiva sull’intero golfo di Trieste, l’ampia
distesa boschiva del Farneto, e tutta la zona collinare e industriale del
capoluogo, la piazzola panoramica contigua alla ex statale 202 nell’area di
Monte Spaccato rappresenta un eccellente punto di osservazione. Purtroppo chi
sosta in quel sito però si trova davanti a una brutta sorpresa.
Oltre al bel panorama, si accorge immediatamente delle condizioni disastrose in
cui versa la scarpata sottostante la piccola area. Un biglietto da visita
sconcertante soprattutto per chi arriva da fuori città e si trova immediatamente
di fronte a un degrado di rilevanti dimensioni.
L’elenco delle miserie abbandonate lungo la scarpata è la solita sinfonia di
pattume vario, di inerti, di calcinacci e ferraglia arrugginita che è ormai
diventata una triste caratteristica di diversi versanti delle vallate triestine,
da Roiano a Chiadino, di certe aree del Carso, e - come si è scoperto poco tempo
fa - perfino delle più preziose grotte.
Sotto questa piazzola infatti c’è veramente di tutto, e a guardar bene si
scoprono anche due materassi, uno dei quali reca, ben leggibili, le scritte
”Polizia di Stato”. Ora che le foglie di querce e ornielli non hanno fatto
ancora capolino sui rami della boscaglia sottostante, la vergognosa condizione
della scarpata appare ancor più evidente e paurosa.
L’area panoramica conserva ancora un segnale dove appare, ormai scolorita, la
dicitura “Gabrov”, toponimo sloveno della zona. La targa fu collocata parecchi
anni fa dal Consorzio boschivo di Padriciano. Che però si dichiara impotente.
«Questa piazzola e la zona sottostante a questo punto dovrebbero appartenere
all’Anas, ma il condizionale è d’obbligo – spiega il presidente del Consorzio
boschivo, Carlo Grgic -. Quel che è certo invece è che ignoti vandali e
viaggiatori maleducati utilizzano l’area per disfarsi delle loro immondizie
piuttosto che godere del magnifico panorama, o consentire ad altri di farlo.
«Difficile commentare tale scempio – continua Grgic -, noi del Consorzio
boschivo, assieme ad altri volontari, procuriamo di tener pulite le aree del
vicino bosco Globojner, e a breve organizzeremo la prima uscita di pulizia di
primavera. Per quella piazzola sulla ex statale 202, però, non possiamo far
nulla, perché l’area non è di nostra pertinenza. Sta ai proprietari, ovviamente,
provvedere in merito».
Maurizio Lozei
BORA.LA - DOMENICA , 21 marzo 2010
Guida al consumo locale a Trieste: dove e come comprare frutta, verdura, latticini e carne a km zero
Dopo i precedenti approfondimenti sui prezzi di vari beni
alimentari nella nostra Euroregione, Bora.la prova a dare una panoramica di
quella che è l’offerta a livello locale di beni alimentari prodotti in loco ed
acquistabili presso mercatini, aziende o alimentari, in questo caso, della
provincia di Trieste. L’accento è posto su prodotti di consumo pressoché
quotidiano, e non sulle cosiddette eccellenze, che pure non mancano.
Il risultato è che è francamente possibile vivere rifornendosi in grande misura
dai produttori, evitando la grande luce (artificiale) dei supermercati.
Nella nostra provincia esistono già gruppi o associazioni che si occupano di
fare la spesa senza intermediari e sul territorio, ma è possibile acquistare,
mangiare e conoscere il territorio anche facendo da sé. Vediamo come.
Frutta e verdura
Fra città e Carso è possibile acquistare la frutta e la verdura da diversi
produttori. I prodotti offerti sono rigorosamente stagionali e coltivabili alle
nostre latitudini, per cui per prodotti fuori stagione (sconsigliati) o frutta
esotica e agrumi bisogna organizzarsi diversamente.
Proprio in centro città, al mercato di Ponterosso l’azienda agricola Debelis ha
un proprio banco di vendita di prodotti coltivati nei propri orti di Kolonkovec,
oltre a offrire vino e olio extra vergine d’oliva degli uliveti di famiglia. Il
banco è aperto dal martedì al sabato, le mattine.
Molto consigliato è il mercatino del lunedì mattina in via dei Mille, a San
Luigi dove l’azienda agricola Radetic di Medeazza/Medja Vas tiene un mercato
settimanale dove offre gli ortaggi e la frutta prodotta in proprio. Oltre a ciò
è possibile acquistare formaggi, yogurt, latte, vino, uova e conserve di
pomodoro tutto fatto in azienda e buonissimo. Questo banco di vendita ha
conquistato il rione, nel senso che a questo mercato partecipano anche altre
aziende non locali, ma, per darvi un’idea, mentre al banco Radetic c’è la fila,
gli altri punti vendita risultano ben poco frequentati. L’azienda ha una
produzione limitata e verso le 10.30 è rimasto ben poco sui banchi, per cui
bisogna andare presto.
Altre fonti mi dicono che anche al mercato coperto di via Carducci ci sia un
rivenditore/produttore sempre di Kolonkovec, coprendo un’altra zona cittadina.
Passando all’altipiano carsico ci si può recare presso l’azienda agricola
Gruden-Žbogar di Samatorca. La famiglia gestisce uno dei tradizionali
agriturismi del Carso e dal giovedì alla domenica è aperta al pubblico anche per
l’acquisto di frutta, verdura, formaggi, vino, miele e talvolta carne. Per la
frutta e la verdura la produzione non è completamente dell’azienda, ma, fatto
interessante, Gruden si appoggia ad alcune famiglie del Carso, che hanno dei
piccoli orti e che producono in abbondanza rispetto al fabbisogno familiare.
In alternativa ci si può recare al mercato di Capodistria o di Sesana, dove si
trovano molti prodotti locali, specie a Koper.
Latte e formaggi
La possibilità di acquistare formaggi locali è molto ampia.
Come detto al lunedì mattina a San Luigi presso il banco Radetic si possono
acquistare ricotta, latteria, caciotte, mozzarelle, latte e yogurt. Fermo
restando che ci si può recare presso l’azienda a Medeazza 10, praticamente tutto
l’anno.
Spostandosi in Carso a Basovizza, nella frazione di Padriciano ha sede l’azienda
Vidali Lenard, che ha un grande allevamento bovino, con annesso caseificio. La
produzione di formaggi è variegata ed una visita è consigliata.
Procedendo verso il Carso centrale ritroviamo l’azienda Gruden, dove oltre a dei
buoni formaggi di mucca (latteria, ricotta, caciotte, scamorze, mascarpone,
mozzarella, ecc.) e latte e yogurt, è possibilie l’acquisto di alcuni prodotti
caseari di capra. Durante l’inverno la produzione di latte caprino è pressoché
ferma, per cui si trova solo il formaggio più stagionato, mentre durante
l’estate l’offerta si moltiplica; vi segnalo la buonissima caciotta caprina.
Nel comune di Duino Aurisina si fa notare l’azienda Pernarcich di Visogliano che
offre una vasta di scelta di formaggi vaccini, tutti prodotti in proprio e di
alta qualità. Inoltre a Ceroglie ha sede la fattoria carsica Antonic. L’azienda
ha numerosi animali, ma spicca l’allevamento di pecore, dal cui latte viene
prodotto un buon numero di pecorini, ormai una rarità per il Carso. Vale lo
stesso discorso fatto per il latte caprino, e quindi d’inverno la produzione è
pressoché ferma.
Inoltre al mercato coperto di Trieste c’è il primo distributore automatico di
latte crudo della città.
Carne
Per quanto riguarda la carne un ottimo punto di riferimento è la fattoria
carsica Bajta di Sales. Qui la famiglia Skerlj alleva allo stato brado bovini
“Highland” (il manzo scozzese a pelo lungo) e suini. Da questi animali vengono
preparate delle ottime carni e dei salumi fantastici che possono essere
acquistati presso lo spaccio aziendale dal mercoledì alla domenica. Lo spaccio
della Bajta è molto interessante, perché grazie all’accordo con altre aziende
locali offre altri prodotti tipici della provincia, come olio extra vergine,
miele, succhi di frutta e alcune verdure.
Altra possibilità è l’azienda agricola Regent di Devincina, che produce carni
bovine e suine dai propri animali.
Inoltre alcune aziende agricole macellano durante l’inverno alcuni animali dei
propri allevamenti. È il caso di Gruden a Samatorza e di Radetic a Medeazza, ma
ce ne sono anche altri.
Olio
In questo caso la parte del leone la fa il comune di Dolina, dove si trovano
molte aziende produttrici di olio. Il prodotto della nostra terra è di valore
assoluto, ed è ben rappresentato dalla varietà autoctona Bianchera/Belica che è
alla base dell’olio Tergeste Dop. L’olio più economico lo si trova presso la
Cooperativa agricola di Trieste, in via Travnik. L’olio base costa 10 € al
litro, ma c’è anche il più costoso Tergeste Dop. Comunque di produttori ce ne
sono veramente molti e di qualità. Tralasciando i prodotti più cari segnalo
Roberto Ota a Bagnoli della Rosandra, 357 (aperto dalle 17 alle 19), Rado
Kocjancic, la cui cantina a Dolga Krona è aperta il venerdì dalle 5 alle 7. Ma
ce ne sono veramente molti (Pangerc, Coren, Zahar, Schiozzi, ecc.)
Miele
Anche per questo prodotto la provincia abbonda di piccole produzioni di qualità.
Ci sono diverse aziende che ben si segnalano per la qualità dei prodotti e per
le applicazioni fantasiose. Oltre al miele si trovano spesso prodotti cosmetici,
liquori, propoli e altri prodotti medicamentosi.
Si ricordano il miele di Abrami a Grozzana, Settimi e Ziani a Trebiciano e
ApiWine a Gabrovizza. In questo settore si sente forte la concorrenza della
Slovenia, dove di piccoli produttori ce ne sono ancora di più, e i cui prezzi
sono realmente concorrenziali. Si calcoli circa il 25% per cento in meno (8 € a
chilo contro 6).
Vino e liquori
Per quanto riguarda il vino quasi tutte le aziende citate vendono anche il
proprio vino e quindi uno si può regolare in base ai propri gusti e alle proprie
simpatie. Si va dai 2,20 € al litro per certi sfusi fino a prezzi ben più alti
su alcuni vini imbottigliati.
Certe aziende/osmize vendono anche della grappa fatta in casa, ma in questo caso
bisogna dire che l’offerta slovena è nettamente superiore, in qualità e prezzo.
Se passate dalle parti di Duttogliano feramatevi in una delle molte cantine
segnalate e là poterete trovare molti prodotti di qualità a prezzi ultra
competitivi.
Pane e dolci
A Trieste mi pare ci sia un’abbondanza notevole di panifici e pasticcerie più o
meno tradizionali. Questo capitolo merita una trattazione a parte. Quello che è
importante sottolineare è che non manca di certo l’opportunità di comprare
questi beni direttamente dal produttore.
Cosa non c’è
Nell’insieme l’offerta è quasi completa. Ci sono alcuni beni che mancano o che
non vengono proprio prodotti nelle nostre zone. Per quanto riguarda la farina
(vari tipi) ci sono diverse possibilità di acquisto in Friuli e in Slovenia, ma
in questo caso bisogna spostarsi un po’ di più e magari acquistarne molta per
rientrare della spesa e dei costi ambientali. Gli agrumi ovviamente non vengono
prodotti nelle nostre regioni e bisogna acquistarli attraverso i canali
tradizionali del commercio, così come molte spezie e lo zucchero.
Poi c’è il pesce, che meriterebbe pure una trattazione a parte, e dopo la
querelle fra pescivendoli e cooperativa dei pescatori il settore è finito
all’attenzione pubblica. Resta il fatto che a Trieste cisono molte pescherie e
alcune di queste sono gestite dalla cooperativa dei pescatori, saltando un
passaggio intermedio.
Prezzi
I prezzi di questi beni sono paragonabili a quelli della grande distribuzione o
di altri negozi. Questo è dovuto al fatto che tutte i beni alimentari in
questione provengono da piccole, se non microscopiche produzioni. Per far capire
bene è evidente che una persona che ha un terreno a patate di 500 metri quadri,
non possa applicare i prezzi di un produttore industriale che ha decine di
ettari dedicati a quella produzione. Il guadagno nostro, a parer mio, deriva dal
fatto di comprar meno cose superflue, fatto inevitabile al supermercato, dal
rapporto con le persone che vivono di ciò e, spesso, ci mettono l’anima, e
infine dalla conoscenza del territorio da un’angolazione diversa, con tutto il
bagaglio di cultura che ciò comporta.
La logistica non è sempre favorevole come quella della grande distribuzione, ma
ormai in città ci sono diversi alimentari e alcuni supermercati che vendono
prodotti locali (con cresta conseguente), e ci sono alcuni banchi di vendita (Ponterosso,
San Luigi). In ogni caso è possibile associare una gita settimanale all’aria
aperta con l’acquisto di una spesa sufficiente per un congruo numero di giorni.
E vi assicuro che è fattibile.
Giacomo Cecotti
Nucleare, Lubiana chiude a Enel e Fvg - Slovenia contraria alla collaborazione con l’Italia per il raddoppio di Krsko
Il no d’oltreconfine potrebbe rilanciare Monfalcone
quale sito per la realizzazione di una centrale atomica
TRIESTE Centrali nucleari, la Slovenia chiude la porta all’Italia e al
Friuli Venezia Giulia: non si farà alcun raddoppio della centrale di Krsko
assieme. La notizia è stata data ieri dall’amministratore delegato dell’Enel,
Fulvio Conti che ha detto: «Non ci sono margini per una partecipazione». Lubiana
non ha alcuna intenzione di lavorare assieme al Friuli Venezia Giulia
sull’energia nucleare: come retroscena forse una contromossa di fronte alla
vertenza aperta, sempre sul fronte energetico, del rigassificatore di Trieste
che gli sloveni contestano?
Nessuna conferma, ma appare naturale che ritorni in gioco Monfalcone tra i
possibili siti italiani con le caratteristiche per ospitare una centrale
nucleare. L’elenco (si parla di almeno 16 aree) non è stato ancora reso noto, il
ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola sembra lo tenga chiuso in
cassaforte: la lista verrà ufficializzata solo dopo le elezioni regionali.
Tondo, che non ha mai nascosto di essere favorevole al nucleare, sperava forse
(anche di fronte alle proteste di Monfalcone con in prima fila il sindaco
Gianfranco Pizzolitto) di risparmiare la regione con la proposta di una
cooperazione con gli sloveni per il raddoppio di Krsko che dista in linea d’aria
solo 120 chilometri. «Il presidente Piero Gnudi mi ha assicurato che è interesse
anche dell’Enel partecipare al raddoppio di Krsko e si muoverà con la Slovenia.
Aspettiamo solo la disponibilità di Lubiana» aveva detto Tondo. Ma Lubiana ha
risposto «no» all’Enel.
Nella fatidica lista dei siti oltre a Monfalcone ci sarebbe anche Chioggia in
Veneto: è scontato che due centrali vicine non verranno realizzate. Ma visto che
anche il Veneto ha fatto sapere che non vuole sul suo territorio centrali
nucleari, a contare sulla decisione finale del governo sarà il peso politico.
Quello dei veneti è più determinante del Friuli Venezia Giulia e nell’intero
Nordest non ci sarebbero altre aree idonee.
Ma ci sono altri elementi che fanno supporre che Monfalcone, già polo
energetico, possa rientrare in gioco: da un lato il fatto che Enel era presente
con la centrale (a olio combustibile e carbone, attualmente di proprietà di A2A)
che non è stata trasformata a gas (come da progetti) e potrebbe essere
riconvertita. Dall’altro le notizie da fonti finanziarie e bancarie: alcune
aziende di impiantistica per centrali nucleari avrebbero contattato
professionisti e istituti di credito per aprire a Monfalcone nuove sedi.
Quello che è certo che tramonta la possibilità di una partecipazione italiana al
raddoppio di Krsko. Conti ieri non ha usato giri di parole: «Credo – ha detto a
Venezia nel corso della firma con la Regione Veneto per la riconversione della
centrale di Porto Tolle – che sia tutto legato al fatto che la Slovenia voglia
tenersi un investimento che non vuole spartire con nessun altro».
L’amministratore delegato dell’Enel ha ricordato che l’Italia importa e paga
l’energia elettrica prodotta a Krsko ma ha aggiunto anche che «Nonostante la
buona volontà del presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, il
matrimonio non si può fare perchè la sposa non c’è».
Ci sono finanziamenti milionari e taglio delle tasse promessi dal governo alla
popolazione dei territori che accoglieranno un sito nucleare: basterà per
ottenere un sì nel Nordest?.
GIULIO GARAU
Livorno, ”no” all’off-shore - PROTESTA PER IL
RIGASSIFICATORE
Circa mille persone hanno sfilato lungo le principali vie
del centro ieri pomeriggio a Livorno per dire ”no” all'impianto di
rigassificazione off-shore in via di realizzazione al largo della costa tra Pisa
e Livorno e scandendo slogan contro l'amministrazione comunale livornese. La
manifestazione, promossa dai comitati contro la realizzazione dell'impianto, si
è svolta pacificamente e vi hanno aderito anche comitati e associazioni di altre
città. Erano presenti infatti i parenti delle vittime della strage di Viareggio
e anche esponenti No Tav e Greenpeace, l'associazione che nei giorni scorsi ha
messo in atto un autentico blitz contro il rigassificatore con tre militanti che
hanno raggiunto in gommone la nave posacavi che sta effettuando lavori.
Acqua, in 200mila contro i privati - Lancio della
raccolta di firme per il referendum: in Fvg obiettivo 15mila
TRIESTE Non scende in piazza solo il Pdl. A Roma, in
corteo, c'era ieri anche il Forum italiano dei movimenti per l'acqua pubblica.
Una mobilitazione, secondo gli organizzatori, da 200mila persone.
L'obiettivo è il lancio di un'iniziativa referendaria abrogativa delle norme
sulla privatizzazione del servizio idrico. In Friuli Venezia Giulia il comitato
promotore locale punta a raccogliere - i banchetti saranno allestiti a partire
da metà aprile - non meno di 15mila firme.
Lo slogan è "Ripubblicizzare l'acqua, difendere i beni comuni". Il simbolo è una
goccia disegnata sul viso, come fosse una lacrima. Il messaggio è un primo
appello ai cittadini a protestare, e firmare, contro la privatizzazione del
servizio idrico: sotto accusa il "decreto Ronchi" che stabilisce la
liberalizzazione dei servizi locali, prevedendo tra l'altro che la quota di
capitale in mano pubblica scenda sotto il 30%, lasciando spazio ai privati. Il
provvedimento rende di fatto obbligatorie le gare per l'affidamento dei servizi
da parte degli enti locali e vieta, salvo casi eccezionali, l'assegnazione
diretta a società prevalentemente pubbliche e controllate in maniera stringente
dall'ente locale affidatario. A partire dal 31 dicembre 2010 le concessioni
frutto di una assegnazione diretta cesseranno.
Un "babau", quello dell'acqua pubblica, con il temuto, conseguente aumento delle
tariffe contestato dal corteo partito da piazza della Repubblica direzione
piazza Navona. In prima fila i gonfaloni delle città, da Napoli a Bassano a
Modica, retti dai vigili urbani degli stessi Comuni, mentre i politici, su
richiesta degli organizzatori, sono rimasti in fondo. In corteo anche tanti
cittadini, decine di sigle e organizzazioni, sindacati e partiti che hanno
aderito alla manifestazione.
Alle spalle c'è una raccolta di 400mila firme per una proposta di legge di
iniziativa popolare, ma adesso ricomincia la caccia alle sottoscrizioni. Ne
servono 500mila. Circa 15mila arriveranno dalla nostra regione. Lo ha anticipato
ieri a Udine il neo costituito Comitato Fvg promotore del referendum nazionale
per l'abrogazione della legge sulla privatizzazione dell'acqua. In conferenza
stampa hanno sottolineato l'importanza dell'iniziativa il sindaco di Udine Furio
Honsell, Massimo Moretuzzo del Cevi, Pierluigi Di Piazza del Centro Balducci,
Elia Mioni di Legambiente. Sono già arrivate le prime adesioni, tra le quali
quelle delle associazioni triestine ”Senza Confini Brez Meja”, ”Acquisto
solidale”, ”Beppe Grillo” e ”Bioest” e della isontina ”Benkadì” di Staranzano.
Marco Ballico
Segna, iniziano i collaudi del megaimpianto eolico -
Entrerà in funzione a giugno e fornirà elettricità per 120mila abitanti. È il
maggiore del Sudest Europa
SULLE FALDE DEL MONTE VELEBIT 14 TURBINE SU PALI ALTI
80 METRI
FIUME Il più grande parco eolico apprestato finora sulla sponda orientale
adriatica (ma anche nel Sudest Europa) ha cominciato in questi giorni il suo
ciclo di collaudo. Si tratta della centrale da 42 megawatt di potenza installata
costruita dalla tedesca "Wallenborn GmbH & Co.Kg" in località Vrataruša, sulle
falde pedemontane del Monte Velebit, sovrastanti la cittadina di Segna (Senj),
”culla della bora”.
Sia pure con largo margine di ritardo sulle scadenze inizialmente previste, al
parco eolico si è finalmente dato avvio alla fase di collaudo delle strutture,
destinata a protrarsi fino a maggio inoltrato. Una volta ottenute le
certificazioni richieste dalle attuali normative di legge, l’impianto potrà
entrare in funzione a pieno regime probabilmente nella prima metà di giugno.
Nell’arco di un anno alimenterà la rete distributiva con 125 milioni di
chilovattora, sufficienti a sopperire al fabbisogno energetico di circa 120mila
abitanti. Il Parco eolico di Segna – per la cui realizzazione l’investitore
tedesco si è avvalso dell’appoggio in loco della rovignese ”Valalta” – consiste
per il momento in una batteria di 14 turbine, allineate sulle alture sopra Segna
e sistemate su piloni di un’ottantina di metri, che reggono eliche tripala del
diametro di 45 metri. I piloni sono distribuiti su un’area pedemontana pressochè
disabitata, per cui l’effetto acustico del vorticare delle turbine non dovrebbe
dare noia ad alcuno. Un’area peraltro estremamente ventosa, come del resto
avevano confermato i monitoraggi effettuati prima di dare mano al progetto. Per
cui la ”forza motrice” non dovrebbe mancare.
Al riguardo va pure notato che proprio durante il maltempo dei giorni scorsi le
strutture del Parco eolico di Segna hanno superato senza conseguenze una
verifica estremamente probante: all’incirca una decina di miglia più a Ovest, in
linea d’aria verso Fiume, gli anemometri sul ponte che unisce l’Isola di Veglia
alla terraferma hanno registrato raffiche di bora intorno ai 200 km orari. Pure
se sottoposte a un test del genere, le strutture del Parco – come sottolineano
compiaciuti i rappresentanti della ”Wallenborn” – hanno retto bene e le turbine
della danese ”Vestas” si sono dimostrate affidabili anche in condizioni estreme.
La centrale eolica in località Vrataruša (dove è stato necessario interrare una
rete di 22 km di cavi elettrici e costruire le strade di accesso o riprofilare
quelle esistenti) ha comportato stanziamenti per circa 62 milioni di euro, ossia
5 in più rispetto al preventivo iniziale. Uno sforamento dovuto sia ai tempi
lunghi della burocrazia che alle avverse condizioni meteo nell’arco invernale
2008/2009. La corrente prodotta dal Parco eolico di Vratarusa dovrebbe immettere
annualmente nelle casse municipali di Segna circa 1,75 milioni di kune (sui
240mila euro) per un arco previsto di 25 anni.
Non si sa invece ancora a quanto ammonterà il guadagno della Hep, ossia l'Ente
elettroenergetico di Stato, che sicuramente avrà il suo tornaconto. Da
”Wallenborn“ si sottolinea inoltre come il Parco eolico sulle pendici del
Velebit (Alpi Bebie) sia il primo progetto del genere realizzato sulla base
della nuova normativa croata in materia di fonti alternative (proprio la
mancanza di una legge al riguardo aveva ”frenato“ la dirimpettaia centrale
eolica di Pago e quella di Sebenico). Da aggiungere, infine, che nella stessa
zona alle spalle Segna in una fase successiva alle attuali 14 turbine se ne
aggiungeranno delle altre, con le quali la potenza complessivamente installata
salirà a una sessantina di megawatt.
(f.r.)
IL PICCOLO - SABATO, 20 marzo 2010
Rigassificatori, resta il no di Lubiana - Il ministro
dell’Ambiente sloveno chiede un incontro con la Prestigiacomo
LUBIANA Sul rigassificatore di Zaule Lubiana non molla,
anzi affila le armi anche se si dice pronta ad un rapido e schietto confronto
con l’Italia. Lo ha ribadito senza mezzi termini ieri a Lubiana il
sottosegretario all’Ambiente Zoran Kus durante l’incontro informale avuto al
Parlamento di Lubiana con una delegazione triestina guidata dal coordinatore
regionale della Uil dei Vigili del fuoco, Adriano Bevilacqua, accompagnato, tra
gli altri, dai docenti universitari professor Giorgio Valle e professor Giorgio
Trincas dell’Università di Trieste.
«Gli studi che ci sono stati presentati - afferma il sottosegretario
all’Ambiente Kus - collimano perfettamente con quelli già elaborati dai nostri
esperti. Alcuni temi sono nuovi e li includeremo nella nostra documentazione».
«Noi stiamo preparando alcune iniziative che saranno portate a livello europeo
alla Commissione e per questo motivo ci siamo confrontati giovedì e oggi con il
commissario all’Ambiente Janez Potocnik (sloveno ndr.) e gli abbiamo chiesto che
la commissione Ue organizzi alcuni incontri tecnici ad hoc per confrontarci sui
rigassificatori nel Golfo di Trieste». Da parte del commissario c’è stata la
massima disponibilità impegnandosi a convocare davanti alla commissione i
rappresentanti sloveni e italiani per continuare nei colloqui a livello tecnico.
«In Slovenia - spiega ancora Kus - il Parlamento ha approvato la strategia per
il Nord Adriatico e adesso seriamente invitiamo la parte italiana a una
commissone mista italo-slovena sull’Adriatico. E anche in questo documento il
Parlamento ha espreso tutta la propria preoccupazione sulla realizzazione dei
rigassificatori». Il ministro dell’Ambiente , Zarnic ha formalmente inviato una
lettera alla ”collega” italiana, Stefania Prestigiacomo in cui chiede un
incontro bilaterale a breve. «Dunque - afferma Kus - la strategia bilaterale
sembra ben delineata, ora dobbiamo concretamente collaborare come due Stati
contermini sono chimati a fare e confrontarci per il bene della gente che vive
da ambedue le parti del confine, per il bene dell’ambiente e della salute».
«Sono personalmente convinto - conclude - che in questi confronti saremo in
grado di trovare quei compromessi che entrambi ci aspettiamo, ma serve maggiore
buona volontà da parte italiana.».
Mauro Manzin
Pizzolitto (Anci): «Non rinunceremo a gestire l’acqua»
- LETTERA ALLA PRESTIGIACOMO
UDINE «Siamo favorevoli alla razionalizzazione dei
soggetti istituzionali regolatori, ma non certo a rinunciare alla governance del
servizio idrico». Lo ha detto ieri il presidente dell'Anci del Friuli Venezia
Giulia, Gianfranco Pizzolitto.
Pizzolitto, che ha scritto una lettera di protesta al ministro dell'Ambiente
Stefania Prestigiacomo, ha detto che il Governo ha cancellato gli Ato e che fra
un anno non esisteranno più con gravi ripercussioni sulla gestione del servizio.
«Una previsione - ha aggiunto Pizzolitto - che desta forte preoccupazione in
quanto la norma, ancora una volta emanata senza il coinvolgimento dei Comuni,
pone in capo alle Regioni ampi poteri discrezionali per l'assegnazione delle
funzioni prima esercitate dalle Autorità d'Ambito».
In totale il prelievo a livello nazionale di acqua a uso potabile ammonta (nel
2008) a 9,1 miliardi di metri cubi (più 1,7% rispetto al 2005 e più 2,6%
rispetto al 2006), di cui il 32,2% sottoposta a trattamenti di potabilizzazione.
Il consumo medio italiano di acqua si attesta intorno a circa 250 litri al
giorno pro-capite.
Secondo l'ultima fotografia dell'Istat, il «Censimento delle risorse idriche a
uso civile» per l'anno 2008 sullo stato dell'arte della gestione e del
trattamento dell'acqua in Italia, ci sono rilevanti differenze da regione a
regione e a seconda della ripartizione geografica. In testa il nord-ovest con
2.343 milioni di metri cubi di acqua prelevata, a seguire il sud con 2.238
milioni, il centro con 1.919 milioni, il nord-est con 1.685 e le isole con 924
milioni di metri cubi d'acqua. Ma ecco la classifica (al 2008) per regione sulla
base dei prelievi di acqua a uso potabile in milioni di metri cubi l'anno,
formulata dall'ultimo censimento dell'Istituto di statistica: - Lombardia 1.452
milioni di metri cubi - Lazio 1.140 - Campania 872 - Veneto 730 - Sicilia 626 -
Piemonte 594 - Emilia-Romagna 517 - Toscana 460 - Calabria 388 - Basilicata 316
- Sardegna 298 - Abruzzo 291 - Liguria 258 - Friuli Venezia-Giulia 224 -
Trentino Alto-Adige 214 - Puglia 210 - Marche 202 - Molise 161 - Umbria 116 -
Valle d'Aosta 40.
BONIFICHE - Domande, spese, ricorsi: dopo sette anni di
tentativi l’azienda resta ”inquinata”
La Alder, situata nel Sito, voleva bonificare la
propria area senza aspettare l’Accordo di programma: impossibile
Un tunnel lungo quasi sette anni, del quale, nonostante un lungo percorso
burocratico e operativo costato 50mila euro solo di spese vive, non intravede
ancora la fine. Protagonista suo malgrado di questa vicenda, emblematica del
farraginoso nodo del Sito inquinato e delle bonifiche, è l’Alder, azienda
chimica operante dagli anni Sessanta nella zona industriale, in Riva Cadamosto,
a pochi metri dal canale navigabile.
Tutto comincia nel 2003, dopo che nel febbraio di quell’anno viene stabilito il
perimetro del Sito inquinato, in cui l’Alder si trova inclusa. Il presidente e
fondatore dell’azienda, l’ingegner Luciano Luciani, decide di procedere in
proprio con caratterizzazioni e bonifiche senza attendere le immaginabili
lungaggini dell’accordo di programma (a tutt’oggi non ancora firmato, dopo una
decina di bozze). Una scelta determinata anche dalla speranza, poi rivelatasi
vana, di risparmiare tempo. L’ingegner Luciani fa così predisporre il piano di
caratterizzazione dello stabilimento da una ditta specializzata, la Mecasol di
Trieste.
Nel luglio 2004 il piano viene presentato, per l’approvazione, al ministero
dell’Ambiente. Passano quasi sei mesi, e alla fine di dicembre il ministero dà
il via libera.
A quel punto l’Alder incarica dell’attuazione del piano la Chelab, società
specializzata di Padova, la più nota del settore nel Nord Italia.
Nel maggio 2006 i risultati delle analisi del terreno sono pronti e vengono
comunicati all’Arpa, che a fine luglio chiede i campioni dei sondaggi per
validare i risultati.
Nel frattempo l’Alder ha incaricato la Mecasol di redigere il piano di bonifica
dello stabilimento, che viene presentato, sempre al ministero, ai primi di
agosto. Passa un mese e inizia la messa in sicurezza dell’area, che prevede
anche l’asporto totale del terreno contenente sostanze inquinanti, il tutto
sotto il costante controllo di un funzionario dell’Arpa.
Alla fine di ottobre il ministero approva il piano di asporto del terreno,
trasporto di cui viene incaricata la Teseco, la quale deve anche verificare
l’assenza di inquinanti nel terreno rimanente, il tutto sempre sotto il
controllo dell’Arpa. «Alla fine – commenta con tono sconsolato l’ingegner
Luciani – da qui sono partiti due camion, carichi di terra non inquinata, che
però, essendo il nostro stabilimento all’interno del Sito nazionale, sono dovuti
finire in una discarica autorizzata vicino a Treviso».
Intanto è passato un altro anno. A metà gennaio 2007 la stessa Arpa chiede i
campioni di terreno necessari per la validazione dell’operazione di messa in
sicurezza.
Qualche tempo e alcune lettere dopo, l’Alder domanda all’Arpa di avere i
risutati dei controlli, i quali arrivano alcuni mesi più tardi.
A questo punto emerge uno dei tanti aspetti paradossali di questa vicenda. «I
risultati sono stati negativi – sottolinea Luciani – ma il ministero
dell’Ambiente non lo sa. La prassi è che l’Arpa non comunica i dati al dicastero
se quest’ultimo non li chiede».
Visti i risultati negativi, a metà maggio del 2007 l’Alder ritorna alla carica e
domanda al ministero la restituzione dello stabilimento ai cosiddetti usi
legittimi, come ad esempio la possibilità di eseguire interventi agli impianti
(bloccati finché appunto l’area non sarebbe stata bonificata).
La conclusione dell’Odissea sembra vicina, ma non è così. La lettera dell’Alder
al ministero parte il 10 maggio, ma con la stessa data il dicastero invia
all’azienda la comunicazione della necessità di ulteriori analisi: va verificata
l’eventuale presenza di formaldeide nel terreno e nell’acqua di falda.
«L’analisi della formaldeide – spiega Luciani – che è un gas e viene prodotta in
soluzione acquosa per essere trasportata, non ha senso perché non rimane nel
terreno. Non solo, l’analisi chiesta dal ministero prevedeva di spingersi fino a
una parte di formaldeide per miliardo, quando gli strumenti sono in grado di
misurare al massimo dieci parti per miliardo, e mille parti per miliardo è il
limite accettato dall’Oms per l’acqua potabile. Inoltre, nel sangue di una
persona sana la formaldeide è presente per natura nella concentrazione di 2.500
parti per miliardo...».
All’azienda di Riva Cadamosto non resta altra scelta che quella di rivolgersi al
Tar. Nel luglio 2007 l’Alder presenta così il ricorso, contro l’intimazione del
ministero di analizzare la formaldeide.
Per la decisione ci vuole quasi un anno: alla fine di maggio del 2008 il Tar
emette una sentenza pienamente favorevole alla società.
Un mese dopo l’Alder invia quindi al ministero dell’Ambiente una seconda
richiesta per la restituzione dello stabilimento agli usi legittimi. È trascorso
più di un anno e mezzo, ma la risposta non è ancora arrivata.
Nel frattempo l’azienda ha bisogno di trivellare nuovi pozzi artesiani, dai
quali attingere acqua per la propria attività. Nel luglio 2008 fa quindi una
richiesta alla Regione, che a sua volta gira la domanda al ministero. Anche in
questo caso si attende ancora la risposta.
«Dal ministero – precisa Luciani – non è arrivato neanche un cenno di ricevuta
della richiesta. E dire che in questo caso il Sito inquinato non c’entra, perché
la legge non impedisce di trivellare dei pozzi dato che non si asporta terreno».
Per sbloccare l’insostenibile situazione, posto che il famoso accordo di
programma non si intravede neanche all’orizzonte, la strada è una sola. «Non
resta che rivolgersi al Tribunale e chiedere i danni – commenta l’ingegnere – ma
con l’incognita che non si sa a quale decisione si potrà approdare, e neanche
entro quanto tempo».
GIUSEPPE PALLADINI
BONIFICHE - ALDER - Impresa chimica fondata da Luciani
- PRODUZIONE E RICERCA
Un uomo, un’azienda. Luciano Luciani, nato a Trieste nel
1931, fonda l’Alder assieme ai familiari agli inizi degli anni Sessanta, quando
rientra a Trieste dopo sette anni di lavoro, in Italia e all’estero, per conto
della Montecatini, la massima industria chimica italiana di allora, avendo anche
conseguito due brevetti a nome della stessa.
La scelta di dare vita a un’azienda che produca formaldeide (e alcuni derivati)
non è casuale. Nel 1954 Luciani si laurea infatti in ingegneria chimica al
Politecnico di Milano, discutendo il progetto di un impianto per la produzione
di formaldeide. Il relatore della tesi è un futuro premio Nobel, Giulio Natta,
insignito del prestigioso riconoscimento nel 1963 per la ”scoperta” del
polipropilene (noto in commercio come Moplen).
In questi decenni Luciani, oltre a seguire l’attività dell’azienda, ha anche
ceduto la propria tecnologia ad altre imprese, in Italia e all’estero, e ha
progettato oltre cinquanta impianti industriali, realizzati in tutto il mondo.
Attualmente, affiancato alla guida dell’Alder dal figlio Cristiano, è impegnato
nella ricerca per innovare i processi produttivi e nella progettazione di
impianti chimici.
Saranno ridotte le aree dedicate alla caccia
UDINE- Sarà ridotta la superficie del territorio
agro-silvo-pastorale del Friuli Venezia Giulia sulla quale è possibile praticare
l'attività venatoria.Lo rende noto l'assessore regionale alle Risorse Agricole,
Claudio Violino. L'applicazione di una recente sentenza della Corte
Costituzionale (la 165 del 2009) in tema di riparto della competenza legislativa
tra lo Stato e le Regioni in materia di caccia, ha infatti imposto alla Regione
la necessità di rispettare i nuovi limiti dettati dal massimo organo giudicante
della Repubblica.
La sentenza della Corte ha stabilito che nel Friuli Venezia Giulia, realtà nella
quale l'intero territorio era stato sottoposto dalla normativa nazionale al
regime giuridico di Zona faunistica delle Alpi, sia rideterminata la densità
venatoria, ovvero sia ridotta la superficie sulla quale si può praticare la
caccia, e nel contempo sia diminuito il numero di licenze per ciascuna riserva.
«L'Amministrazione regionale - precisa l'assessore Violino - per poter
rispettare le nuove prescrizioni sta così delineando le prime azioni in tal
senso».
«Il primo passo - specifica Violino - è stato quello di aggiornare la superficie
del territorio agro-silvo-pastorale regionale, delimitando nel contempo la Zona
faunistica delle Alpi e fissando i criteri per l'individuazione delle aree da
precludere alla caccia». «Le valutazioni dei tecnici - aggiunge l'assessore -
hanno comportato la riduzione di oltre 50 mila ettari del territorio
agro-silvo-pastorale della pianura da destinare alla caccia nella prossima
stagione venatoria (2010/2011)».
IL PICCOLO - VENERDI', 19 marzo 2010
Rigassificatore, Potocnik media - Il commissario Ue
all’Ambiente promuove un incontro italo-sloveno
L’ESPONENTE DELL’UNIONE CONFIDA NELLA TRATTATIVA
BILATERALE
LUBIANA Tra Slovenia e Italia ci sarà un nuovo ”incontro tecnico” per
discutere dei rigassificatori nel Golfo di Trieste. La disponibilità a
organizzarlo è stata espressa ieri a Lubiana dal commissario europeo per
l'Ambiente Janez Potocnik, il cui intervento nella vicenda, che vede
contrapposti i due Paesi, è stato recentemente sollecitata dal ministro
dell'Ambiente sloveno Roko Zarnic.
La Slovenia, ricordiamo, si considera penalizzata dall'impatto ambientale
transfrontaliero dei terminal e ha già avviato i preparativi per denunciare
l'Italia alla Corte di giustizia europea, ma non ha ancora rinunciato al
tentativo di cercare una soluzione bilaterale, da negoziare direttamente con
l'Italia. Una data per questo ”incontro tecnico” non è stata ancora stabilita,
«ma è positivo il fatto che entrambi i Paesi siano disposti al dialogo, che
resta il modo migliore per trovare una soluzione che soddisfi entrambe le
parti», ha spiegato ieri Potocnik. La Commissione europea, ha puntualizzato il
commissario, vuole che la valutazione dell'impatto ambientale sia quanto più
completa per tutti e tre i progetti: il terminal di Zaule, quello off-shore e il
gasdotto. Un parere è stato espresso finora soltanto su uno dei tre impianti,
quello di Zaule. «Sarebbe una buona cosa valutarli tutti e tre insieme. È
comunque legittimo – ha spiegato Potocnik – anche giudicare separatamente ogni
singolo progetto, per poi valutare l'impatto ambientale complessivo». La
Commissione europea farà la sua parte, ha fatto intendere il commissario, ma il
dialogo tra Lubiana e Roma resta lo strumento più adatto per trovare una
soluzione.
La settimana scorsa, come noto, il Comitato per l'ambiente del Parlamento
sloveno ha dato luce verde al governo per avviare un'azione legale contro
l'Italia in modo da impedire la costruzione dei rigassificatori nel Golfo di
Trieste. L'esecutivo è stato autorizzato a procedere con la preparazione e la
raccolta di tutti i documenti necessari per rivolgersi alla Commissione europea
e chiedere che sia la stessa Commissione a denunciare l'Italia alla Corte di
giustizia dell'Ue nel caso in cui Roma dovesse iniziare la costruzione del
terminal di Zaule. La Slovenia considera i siti previsti per i terminal di Zaule
e quello off-shore, come pure per il gasdotto, non adatti a causa della poca
profondità dell'acqua nel Golfo di Trieste e dell'impatto ambientale già
esistente nella zona. Secondo Lubiana, sono a rischio la qualità dell'ambiente e
lo sviluppo sostenibile delle acque e della costa slovene. Il ricorso a
Bruxelles, a questo punto, è subordinato ai risultati della nuova tornata di
colloqui con Roma. La data ancora non c'è, ma probabilmente non ci vorrà più di
qualche settimana per concordare questo nuovo ”incontro tecnico” tra Italia e
Slovenia, ben visto per altro anche dalla Commissione europea.
Monfalcone, la centrale congela la conversione al gas -
Tutti i gruppi saranno ancora alimentati a carbone, che al momento rimane il
combustibile più conveniente
ENERGIA E AMBIENTE, ACCANTONATO IL ”PROGETTO METANO”
Congelata la riconversione a metano per la centrale termoelettrica di A2a,
l’azienda si concentra invece sull’«opzione» del carbone pulito. Lo ha
confermato il direttore generale dell’area tecnico-operativa, ingegner Paolo
Rossetti, in linea con le dichiarazioni espresse dallo stesso direttore
dell’impianto monfalconese, ingegner Luigi Manzo, in occasione della Commissione
consiliare salute, convocata l’altro ieri dalla presidente Barbara Zilli.
Il progetto-metano, dunque, viene ”accantonato”, per specifiche ragioni. Di
carattere economico, legate all’attuale situazione del mercato elettrico, ma
anche produttivo, in relazione alla non sostenibilità della realizzazione di un
impianto ad alta tecnologia, qual è quello a turbogas, rispetto a una domanda
elettrica non conforme alla tipologia del prodotto che verrebbe fornito.
L’ingegner Rossetti, infatti, spiega: «Non riteniamo attualmente affrontabile la
riconversione a metano per due ordini di motivi. Le condizioni del mercato
elettrico, peraltro fluttuanti e modificatesi con rapidità in questi anni, non
rendono praticabile il progetto. C’è anche un aspetto tecnologico: gli impianti
a turbogas non rispondono più alla tipologia della domanda elettrica.
Trattandosi, pertanto, di investimenti consistenti, sull’ordine di oltre 400
milioni di euro, non è quindi opportuno intraprendere questo impegno, a fronte
anche di posti di lavoro non confermabili nel tempo. È quanto sta accadendo per
alcune centrali a turbogas del Centro e del Sud Italia».
La ”linea metano”, dunque, viene di fatto abbandonata? Il direttore generale
dell’area tecnico-operativa osserva: «Non abbiamo abbandonato questa
prospettiva, l’abbiamo temporaneamente congelata, in attesa dell’evolversi della
situazione. Il progetto di fatto è già definito per le autorizzazioni più
importanti, ma non intendiamo procedere alla realizzazione finchè le condizioni
del mercato elettrico non cambieranno. Del resto - continua -, è difficile poter
fare previsioni a breve, se non relative a situazioni specifiche».
Il metano, quindi, al momento non conviene. Si punta pertanto
all’opzione-carbone pulito, un’operazione quantificata sull’ordine dei 400
milioni di euro. L’ipotesi è quella di prevedere la sostituzione degli attuali
due gruppi a carbone, autorizzati a funzionare almeno entro il 2015, con
un’unica sezione a carbone pulito, fermando contestualmente i due gruppi ad olio
la cui dismissione obbligatoria è fissata nell’arco di tre anni.
Tempi, progetti e passaggi autorizzatori, tuttavia, non sono definibili al
momento nel dettaglio: «Siamo ancora in una fase propedeutica - precisa infatti
l’ingegner Rossetti -. L’attuale parco carbone continua a funzionare, mentre
stiamo vagliando la realizzazione di un impianto a carbone pulito. Le procedure
autorizzatorie contemplano un percorso territoriale, relativo alle richieste
alla Regione, alla Provincia e al Comune, e statale facendo riferimento al
ministero dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente. Considerando, quindi, che
dovremo fermare i gruppi a olio, si tratta di organizzare al meglio questi
passaggi di trasformazione».
LAURA BORSANI
Dipiazza: concessioni edilizie, il Comune rispetta la
legge - REPLICA AL DIFENSORE CIVICO
«Per i procedimenti di concessione edilizia anteriori al
19 dicembre 2009, non già conclusi con l’irrogazione della sanzione pecuniaria o
la chiusura della sanatoria prevista dalla disciplina precedente, si può
chiedere l’applicazione della disposizione, che consente il versamento
dell’importo forfettario di 516 euro a titolo di sanatoria, entro il termine del
18 giugno. A questo il Comune si attiene in modo trasparente, nel pieno rispetto
della nuova legge vigente». Lo ha spiegato il sindaco Roberto Dipiazza, dopo i
rilievi del difensore civico Maurizio Marzi, specificando che la disposizione
che è contenuta nella legge regionale non è né può essere considerato una sorta
di “condono edilizio”.
Borgo Teresiano aggrappato al ponte pedonale - Si
guarda all’ampliamento delle zone pedonali ma il Piano del traffico è ancora
fermo al palo
CENTRO STORICO - I commercianti ne chiedono il
rilancio, per il Comune la passerella «stimolerà nuove attività»
La realizzazione del ponte sul canale di Ponterosso. La riqualificazione
dell’area di piazza Ponterosso e, ancora, le possibili novità che porterà in
dote il nuovo Piano del traffico, quando i tempi saranno maturi per la sua
approvazione. Tre elementi che potranno contribuire al rilancio del Borgo
Teresiano, chiesto a gran voce dai commercianti della zona.
È l’assessore comunale allo Sviluppo economico e turismo, Paolo Rovis, raggiunto
telefonicamente a Miami dove sta rappresentando il Municipio al Sea Trade, a
inquadrare la situazione: «Il nuovo ponte potrà essere un importante strumento
per facilitare l’accesso all’area fra Ponterosso e piazza Libertà - dice Rovis
-. Di conseguenza, sarà utile anche per favorire la nascita di nuove attività.
L’intenzione dell’amministrazione è quella di allargare sempre più il centro
città in quella direzione. La rinnovata piazza Ponterosso - continua l’assessore
- sarà poi un ulteriore punto di attrazione. Ovviamente, alla fine, starà agli
imprenditori decidere se investire o meno in zona». Eventuali manifestazioni
turistiche pronte a svilupparsi fra le vie del Borgo Teresiano, come altro
possibile strumento utile alla rivitalizzazione dell’area, non sono previste per
ora: «È difficile perché non ci sono spazi e vie pedonali, ma casomai tratti a
traffico limitato. Peraltro è una zona di parcheggi e uffici», conclude Rovis.
Di certo, per cantieri e lavori però ci vorrà un po’ di tempo: quanto al
restyling di piazza Ponterosso non c’è ancora una data certa per l’avvio degli
interventi anche se in Municipio si sussurra di un inizio a 2011 in corso,
mentre per il ponte le tempistiche potrebbero essere leggermente più brevi con
una partenza entro la fine del 2010. Quanto ancora al nuovo Piano del traffico,
che in qualche modo potrebbe cambiare le carte in tavola, il sindaco Roberto
Dipiazza - che sulla questione del rilancio del Borgo Teresiano non ha voluto
rilasciare dichiarazioni - ha già lasciato intendere come almeno dell’entrata in
vigore del documento, se non anche della sua approvazione, dovrà occuparsi il
suo successore. A meno di terzo mandato, legge regionale permettendo,
naturalmente.
Una soluzione più immediata, e che potrebbe proseguire nel tempo rafforzandosi
con la migliore accessibilità alla zona, la propone Confcommercio. Con il suo
neopresidente regionale Franco Rigutti: «C’è il famoso discorso dei “Centri in
Via” che va avanti. Come accaduto per Opicina, San Giacomo e Muggia siamo pronti
a ricevere qualsiasi proposta. L’associazione di riferimento, interna a
Confcommercio, è quella dei commercianti al dettaglio». Sulla stessa linea il
numero uno della Confcommercio provinciale, nonché presidente della Camera di
commercio, Antonio Paoletti: «Invito i commercianti del Borgo Teresiano a venire
a parlare con noi. Stiamo lavorando molto sui “Centri in Via”, discutiamo di
sinergie». Alcuni commercianti di nazionalità italiana sottolineano però le
difficoltà di fare sistema e di comunicazione con i colleghi stranieri. Paoletti
fornisce loro un assist, tentando nel contempo di sdrammatizzare la situazione:
«Dovrebbero imparare l’inglese tutti quanti. In Confcommercio organizziamo dei
corsi gratuiti per i commercianti e i loro dipendenti. È una battuta ma potrebbe
essere una soluzione...».
Dal Comune, infine, arriva una sorta di appello da parte dell’assessore al
Commercio, Marina Gruden Vlach: «Nessun commerciante del Borgo Teresiano mi ha
chiesto un incontro - afferma -. La possibilità di proporre dei progetti c’è:
sono disponibilissima a ricevere chiunque voglia portare all’attenzione
dell’amministrazione qualcosa. D’altronde - conclude - sono gli operatori che di
solito ricercano la collaborazione e poi si presentano dalle istituzioni».
MATTEO UNTERWEGER
PEDONALIZZAZIONI - «Il modello è via San Nicolò» -
L’OPINIONE DELL’ARCHITETTO SEMERANI
Pedonalizzazioni, nuove aree riservate ai parcheggi e
un’attenta spartizione dei flussi del traffico veicolare, fra la componente
privata e quella pubblica, autobus in primis. Questi gli ingredienti della
ricetta che l’architetto ed esperto di urbanistica Luciano Semerani suggerisce
per il rilancio dell’area del Borgo Teresiano, auspicato dai commercianti che lì
ci lavorano ogni giorno. Un discorso, secondo il professionista, «che non si può
risolvere in quattro parole», talmente è complesso. Ci vogliono studi,
approfondimenti e valutazioni per arrivare a una soluzione. La rivitalizzazione
di un’area «passa attraverso le pedonalizzazioni - afferma - che andrebbero
quindi proseguite, ma anche per la creazione di parcheggi che dovrebbero essere
periferici». A queste componenti, inoltre, bisognerebbe aggiungere nelle varie
considerazioni - per Semerani - elementi di «arredo urbano, alberature e i
percorsi dei mezzi pubblici». Chiarendo ulteriormente quest’ultimo punto,
Semerani spiega: «Il discorso del traffico riguarderebbe anche la valutazione
del rapporto fra veicoli privati e pubblici in circolazione». Per ipotizzare
infine quali vie potrebbero tramutarsi in isole pedonali nel Borgo Teresiano è
presto, anche perché le considerazioni - come lascia intendere Semerani - devono
essere complessive, però l’architetto cita un esempio da emulare eventualmente:
«Pensiamo a via San Nicolò. È stata pedonalizzata e funziona». (m.u.)
Gestione integrata dei rifiuti, il Pd presenta una
legge - MORETTON: UNICO SOGGETTO ANCHE PER L’ACQUA
TRIESTE Il Pd ha presentato una proposta di legge per la
gestione integrata dei rifiuti. «Lo scopo – spiega il capogruppo Moretton - è di
sollecitare la maggioranza a mettere mano in un settore importante per
l’ambiente, la salute e l’economia”. Obiettivo della proposta, illustrata dai
consiglieri Brandolin, Travanut e Lupieri, è di affidarla ai Comuni associati,
attraverso gli Ato (Ambiti Territoriali Ottimali) già previsti per la gestione
del servizio idrico, realizzando, secondo Brandolin, “una razionalizzazione
nella gestione dei servizi” accorpando in un soggetto la gestione di acqua e
rifiuti.
La proposta di legge si inserisce nell’ambito della discussione sul Piano
regionale dei rifiuti che, ha affermato Moretton, «non ha una base normativa
adeguata alle previsioni di legge nazionali e alle direttivi comunitarie, oltre
ad essere carente nella pianificazione degli impianti di smaltimento dei
rifiuti». Il testo prevede l’assegnazione, entro la fine del 2011, da parte di
ogni Ato a un gestore unico del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti
con una tariffa omogenea.
(r.u.)
San Dorligo, il rompicapo della raccolta differenziata
- Pannolini in un contenitore, flaconi in un secondo, carta in un
terzo. Altri rifiuti nel compost e al centro comunale
Riciclare mozziconi di sigaretta (spenti), alimenti
avariati e pannolini? Si può fare. Anzi. Si deve fare. In questi giorni
l'amministrazione comunale di San Dorligo della Valle ha distribuito un
calendario con le indicazioni necessarie per effettuare una regolare raccolta
dei rifiuti. La differenziazione è però così dettagliata da costituire in vero e
proprio rompicapo. Eccone il dettaglio.
CONTENITORE VERDE Riservato ai rifiuti indifferenziati. L’amministrazione fa
rientrare in questa casistica i rifiuti più disparati: piccoli oggetti di uso
domestico (nastro adesivo, penne), carta carbone e oleata, mozziconi di
sigaretta (spenti), cassette audio e video, floppy, cd, ma anche pannolini,
assorbenti igienici, cosmetici, tubetti di dentifricio, cerotti, cotone
idrofilo, sacchetti dell'aspirapolvere, lettiere per animali
Vietata invece l'introduzione di sfalci e ramaglie, scarti di edilizia, oggetti
voluminosi e contenitori in cartone per bevande (succhi, latte, panna).
CONTENITORE GIALLO Serve per vetro, plastica e lattine. Si va dalle confezioni
di merende e biscotti ai blister, ossia le confezioni sagomate utilizzate ad
esempio per le uova. Dai flaconi o dispensatori di detersivi a quelli per lo
shampoo alle scatole per abbigliamento. Il Comune invita invece a fare
attenzione a non gettare polistirolo, oggetti in ceramica, porcellana e
terracotta, lampade e lampadine al neon, oppure oggetti diversi dagli imballaggi
in plastica e gomma.
CONTENITORE BLU Utilizzato per la raccolta di carta e cartone. Giornali,
riviste, libri e quaderni, volantini pubblicitari, fogli di carta, fotocopie,
imballaggi in carta e cartone di detersivi e di alimenti (scatole di pasta,
biscotti, buste di farina e zucchero), ma anche piccoli cartoni piegati.
Diversi invece i tipi di carta che non possono essere introdotti in questo
contenitore: plastificata, oleata, carbone, unta o sporca, da parati, vetrata
nonché i contenitori in cartone per bevande (succhi, latte, panna).
UMIDO Per i rifiuti auto-smaltiti con il compostaggio domestico, sì a resti
alimentari, alimenti avariati, pane vecchio, scarti di frutta e verdura, piccoli
ossi e gusci d’uovo, fondi di caffè, filtri di the, farina, salviette di carta
unte, terriccio da vaso, sfalci e ramaglie. No a lettiere di piccoli animali
domestici.
CENTRO DI RACCOLTA È situato presso il magazzino comunale di Bagnoli della
Rosandra (dal lunedì al sabato, orario 8-13 e 14-16). Vi si devono portare
rifiuti ingombranti, beni durevoli, batterie per auto, olii vegetali e minerali,
legno e metalli, ma anche medicinali, come fiale per iniezioni, disinfettanti,
sciroppi, pastiglie, pomate, e infine pile e batterie. L’elenco prosegue con i
contenitori di prodotti per la casa (acetone per unghie, antitarli,
smacchiatori) e contenitori di prodotti per il fai da te (isolanti, solventi,
acidi).
Riccardo Tosques
AMBIENTE E ALIMENTAZIONE - No al mais transgenico nei
campi della regione Oggi il ministro Zaia firma il decreto che impedisce le
semine della Monsanto
ROMA L'Italia resta ogm-free. A deciderlo una commissione
tecnica, la Commissione sementi del ministero dell'Agricoltura, che ieri ha
negato l'iscrizione nel registro delle sementi all'ormai famoso Mon810, il mais
transgenico della Monsanto che l'agricoltore friulano Silvano Della Libera si
apprestava a seminare, forte della sentenza del gennaio scorso del Consiglio di
Stato che, in seguito al suo ricorso, imponeva all'Italia di avviare il
procedimento di autorizzazione alla semina.
La decisione, che Dalla Libera e l'organizzazione agricola di cui è
vicepresidente (Futuragra) hanno subito bollato come «decisione politica», è in
linea in effetti con le politiche agricole dei diversi governi italiani
succedutisi negli ultimi anni e che hanno finora tenuto il territorio italiano
libero da semine ogm per favorire e tutelare un'agricoltura tradizionale, legata
al territorio, biologica (l'Italia è da poco stata superata dalla Spagna per
estensione dei terreni dedicati alle produzioni biologiche, passando al secondo
posto).
Ultimo dei ministri dell'Agricoltura a difendere il punto è stato Luca Zaia, che
oggi firmerà il relativo decreto per poi passare la palla agli altri ministri
competenti, Ferruccio Fazio (Salute) e Stefania Prestigiacomo (Ambiente). I due
pareri, stante le ultime dichiarazioni di cautela dei ministri, dovrebbero
essere in linea con la decisione della Commissione delle Sementi che ha ribadito
il principio di precauzione finora sempre adottato.
Festeggia il nutrito e variegato mondo Anti-Ogm che nei giorni scorsi, dopo il
via libera di Bruxelles alle semine della superpatata Amflora della Basf, si è
riunito dando vita a una sorta di Task Force che si estende dalle organizzazioni
ambientaliste a quelle delle imprese, agricole, dei consumatori, sociali e
culturali per un totale di 24 sigle. Ora aspettano dal governo italiano il passo
successivo: che si attivino le clausole di salvaguardia nazionale annunciate da
Zaia per fermare gli ogm. Clausola già attivata da Paesi come la Francia e
l'Austria. Mentre la Svizzera ha da poco deciso di restare ogm-free per altri
tre anni.
Futuragra incassa il colpo e ribadisce la volontà «di andare avanti all'insegna
della libertà», sottolineando che nella Commissione «non erano presenti
esponenti del mondo scientifico» (c'erano i rappresentati delle Regioni
Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana e Veneto e
dei ministeri competenti) e che «in questi quattro anni non si è mai prodotto
alcuna prova sulla presunta pericolosità delle sementi biotecnologiche o sulla
impossibilità di coesistenza». Ma, fanno notare dal fronte avverso, non si è mai
nemmeno dimostrato nemmeno il contrario.
BLOG "STOP THE CENSURE" - GIOVEDI', 18 marzo 2010
Bonelli dei Verdi: "Svelati dai Vert francesi i siti
italiani per le centrali nucelari"
Angelo Bonelli, dopo lo sciopero della fame contro una Tv
che non informa sui problemi ambientali, riparte all’attacco e conferma che i
Verdi hanno diffuso la lista corretta dei siti individuati da Enel per la
costruzione delle centrali nucleari: Monfalcone (Friuli Venezia Giulia),
Chioggia (Venezia), Caorso (Emilia Romagna), Fossano e Trino (Piemonte),
Scarlino (Toscana), San Benedetto del Tronto (Marche ), Montalto di Castro e
Latina (Lazio), Termoli (Molise), Mola di Bari (Puglia) o tra Nardò e Manduria,
Scanzano Ionico (Basilicata), Oristano (Sardegna), Palma (Sicilia).
In una intervista a San Benedetto Oggi, conferma che anche il piccolo centro
della Marche sarà preso in considerazione come sede per una centrale nucleare e
spiega come sia venuto in possesso della lista:
Noi siamo in contatto coi Verdi europei e in particolare con i Verdi francesi,
perché come si sa la progettazione di nuove centrali nucleari avviene con un
accordo tra Enel e Edf (Électricité de France). Lo scorso 19 novembre a Roma i
vertici delle due aziende hanno tenuto un incontro e chiuso un accordo
sull’elenco dei siti per il nucleare in Italia. Naturalmente non esistono
documenti pubblici al riguardo, perché tutto è secretato. Ma grazie ai Vert
francesi abbiamo avuto un elenco di possibili città, e tra queste risultava
anche San Benedetto.
Spiega Bonelli che il tutto è stato deciso da tempo e che il Governo renderà
pubblici i siti individuati solo dopo le regionali:
Innanzitutto continuo a ripetere che nessuno del governo ha smentito le mie
dichiarazioni. Che non sono state rilasciate per caso. Lo scorso 5 dicembre
l’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti alla trasmissione televisiva
“Effetto Domino di La7 ha detto che i siti potenziali per installare le centrali
nucleari sono stati individuati, ma non li avrebbe rivelati neanche sotto
tortura. Il governo e il ministro Scajola tengono questi siti ben chiusi nella
cassaforte: prima delle elezioni regionali non ne sapremo nulla.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 marzo 2010
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/1 - Le parole del
sindaco
Sono rimasto negativamente colpito da un articolo comparso
nei giorni scorsi sul Piccolo, in cui il sindaco Dipiazza critica l’operato dei
tecnici che, intervenuti al Tavolo della Uil Vigili del fuoco sulla tematica del
rigassificatore di Zaule, hanno assunto una posizione critica sul progetto di
Gas Natural. Ebbene, le critiche del sindaco non possono lasciare indifferenti:
anziché eventualmente contestare nel merito – dati alla mano, in modo
scientifico con il rigore che la materia richiede – gli elaborati dei docenti
universitari intervenuti, giustifica un asserito interesse in causa degli stessi
con il fatto che, a suo dire, «c’è carne sull’osso», e gli autori degli
elaborati, auspicando un maggiore approfondimento della tematica, sarebbero alla
ricerca di consulenze retribuite e, sembra di capire, assolutamente inutili.
Al di là della genericità delle accuse, gratuitamente lesive dell’onore dei
tecnici in questione (che sulla tematica del rigassificatore si sono confrontati
sulla base delle rispettive competenze specifiche, maturate in anni di studio e
insegnamento), mi sarei aspettato dal primo cittadino, quale rappresentante
della comunità, una presa di posizione che, seppure critica, andasse a confutare
le tesi emerse dal tavolo tecnico della Uil con altre caratterizzate dallo
stesso rigore scientifico; e non si limitasse, puramente e semplicemente, ad
addurre fantomatiche quanto offensive finalità lucrative dei professori
intervenuti.
Peraltro, l’assoluta mancanza di contenuti concreti nelle affermazioni del
sindaco non può che avvalorare le tesi scientifiche emerse dal tavolo tecnico
della Uil; facendo riflettere quanti sono realmente interessati alla sicurezza e
alla salute della città di Trieste e di quelle limitrofe sui rischi che la
realizzazione del rigassificatore potrà comportare.
Infine, un’ultima precisazione: tutti i componenti del Tavolo tecnico sul
rigassificatore organizzato dalla Uil Vigili del fuoco sono intervenuti, hanno
studiato la tematica ed elaborato le rispettive tesi rinunciando a qualsiasi
compenso; tutta l’attività di ricerca, confronto ed elaborazione scientifica è
stata svolta gratuitamente, senza alcuna finalità diversa dalla necessità di
approfondire scientificamente i rischi di un progetto e i riflessi che esso, se
realizzato, potrà comportare sul golfo di Trieste e su ogni forma di vita –
umana e non – in esso presente. Non personaggi alla ricerca di incarichi
retribuiti, quindi, bensì studiosi e professori universitari il cui operato può
essere messo in discussione da tesi scientifiche diverse – allo stato totalmente
assenti – non certo da accuse gratuitamente lesive dell’onore e del decoro degli
intervenuti assolutamente lontane dalla realtà e provenienti da soggetto che,
credo, sia privo delle competenze tecniche necessarie.
«Conoscere per deliberare», scriveva Luigi Einaudi; ma evidentemente erano altri
tempi...
avv. William Crivellari - le Ttrt Uil Vigili del fuoco
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/2 - Sito a favore
Anzitutto se il Rigassificatore non lo facciamo noi, lo
fanno gli sloveni e/o i croati. Perché sono favorevole a un rigassificatore nel
golfo di Trieste? Ho elaborato un sito per spiegarne le ragioni, in http://xrigasts.99k.org
della Organizzazione per un rigassificatore nel golfo di Trieste della quale
sono il presidente, dove illustro ampiamente le ragioni a favore, considerando
altresì quelle a sfavore.
Luciano Stilli - e-mail l.stilli@tin.it
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 marzo 2010
Il Comune ”nasconde” il condono - Il difensore civico
Marzi: «Multa ridotta a 516 euro ma nessuno lo sa»
«La legge 19/2009, che fissa il nuovo codice regionale
dell’edilizia, contiene anche un mini-condono, perchè stabilisce una sanzione
fissa di 516 euro per gli interventi edilizi attuati secondo le norme ma per i
quali non è stata fatta, o è carente, la Dichiarazione di inizio attività. In
precedenza, la multa variava da un minimo di 516 euro a un massimo di 5.164
euro».
A spiegare questo particolare aspetto della nuova normativa – sconosciuto alla
gran parte dei cittadini, che rischiano di pagare multe più salate del previsto
– è il difensore civico Maurizio Marzi, che lo ha ”scoperto” approfondendo la
materia in seguito a una segnalazione giuntagli da due imprenditori.
Per pagare la multa ”ridotta” c’è però tempo fino solo fino a giugno. «Fra le
norme transitorie, all’articolo 61 – prosegue Marzi – il legislatore regionale
ha inserito la possibilità di richiedere, entro 180 giorni dall’entrata in
vigore della legge, agli inizi dello scorso gennaio, l’applicazione della più
favorevole normativa anche per gli abusi commessi precedentemente alla sua
entrata in vigore, a patto però che non sia già iniziata la procedura
sanzionatoria».
Il Comune, dal canto suo sta zitto. Non ha chiaramente alcun interesse a far
conoscere questa nuova norma perchè vedrebbe ridotto questo tipo di entrate. E
comunque non è obbligato a informare i cittadini, in quanto si tratta di una
procedura che scatta solo su richiesta dell’interessato.
La possibilità di ottenere il beneficio previsto dalla nuova legge riguarda
tutte le opere eseguite ”in assenza o in difformità della Dia (Dichiarazione di
inizio attività)” prima dell’entrata in vigore della legge regionale 19/2009.
In precedenza valeva il Dpr 380/2001, il quale (art. 37) per gli interventi
eseguiti appunto in assenza o in difformità della Dia, ma conformi alla
disciplina edilizia e urbanistica, prevedeva la possibiltià di ottenere la
sanatoria versando una somma, come detto, compresa fra 516 e 5.164 euro.
«A suo tempo – ricorda Marzi – la giunta comunale aveva approvato una delibera
con cui si fissavano i criteri per graduare l’entità della multa, che fino ad
allora veniva stabilita a discrezione del funzionario responsabile del
procedimento, in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato
dall’Agenzia ddel territorio».
Ora tutto questo non vale più. «Non solo – aggiunge il difensore civico –
trattandosi di condono, la cifra fissa di 516 euro si applica in maniera
retroattiva, senza limiti di tempo».
Rispetto a quanto accadeva in base alle precedenti norme, con l’entrata in
vigore della nuova legge si sarebbe creata una grave discriminazione fra gli
interventi abusivi commessi prima della riforma, multati in maniera molto più
pesante, e quelli commessi successivamente. Da qui la norma transitoria (fissa
il limite di 180 giorni) che prevede la cifra ”ridotta” e unica dei già
ricordati 516 euro.
GIUSEPPE PALLADINI
”Crest” fa sapere con precisione le previsioni del
tempo in mare - UNA PICCOLA AZIENDA TRIESTINA
Sapere con precisione estrema che tempo fa in un dato
quadrante di mare, sotto il profilo del moto ondoso, del vento e della dinamica
delle correnti. Per chi in mare ci lavora si tratta di un’esigenza strategica.
Una piccola azienda triestina lo sa bene e dal 2004 si preoccupa di fornire
delle soluzioni ad hoc, pressochè uniche almeno per quanto concerne il
Mediterraneo. Si tratta di Crest, nata da un’idea di Ezio Accerboni che, dopo
più di trent’anni passati all’Ogs (il vecchio e ben noto Osservatorio Geofisico,
divenuto nel 1999 "Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica
Sperimentale"), come ricercatore e come direttore generale, ha deciso di mettere
a frutto tutta l’esperienza maturata, e oggi veste i panni di amministratore
unico della società.
Basta aggiungere che tra i principali clienti di Crest c’è Saipem (l’azienda,
controllata dal gruppo Eni, leader mondiale nel drilling in mare e nella
realizzazione, sempre in mabiente marino, di infrastrutture per l’oil and gas),
per capire che i bollettini preparati dalla piccola compagine triestina
rappresentano lo stato dell’arte sul fronte delle previsioni.
«Abbiamo sviluppato dei modelli matematici che ci consentono di focalizzare le
previsioni meteomarine su aree anche molto ristrette, con un’estensione
temporale che va dalle 96 alle 180 ore – spiega Accerboni -. Se i modelli
tradizionali hanno una risoluzione di circa 25 chilometri, la nostra scende a 2,
e potrebbe passare a valori inferiori ad 1 chilometro».
Previsioni particolarmente localizzate, in altre parole, che diventano un
supporto informativo indispensabile per chiunque è chiamato a lavorare in mare.
E non solo in mare. È il caso dell’osservatorio meteo dell’Arpa che sfrutta i
modelli di Crest e che, proprio grazie a questi modelli, con 48 ore di anticipo
si era accorto che i campi di vento mercoledì scorso sull’area del golfo di
Trieste avevano una base di 100 chilometri orari con raffiche di 150.
Il core business di Crest, però, non si limita alle previsioni. Infatti, oltre
al forecasting, la squadra di Accerboni lavora molto anche sull’hindcasting,
ovvero sulla ricostruzione dei fenomeni meteorologici nel tempo. «Siamo in
grado, spingendoci fino al 1948, di definire quali sono state le condizioni
meteomarine di un determinato tratto di mare; e anche qui, siamo in grado di
farlo specificando il comportamento del moto ondoso, del vento e delle correnti
– aggiunge il manager-ricercatore -. Si tratta di un servizio di grande
rilevanza per chi è chiamato a realizzare infrastrutture in mare o sulla costa,
dal momento che permette di capire quale è stata nel tempo l’azione degli agenti
atmosferici e, di conseguenza, quali possono essere le sollecitazioni e lo
sforzo di fatica che le strutture saranno presumibilmente chiamate a sostenere».
Crest è stata chiamata a effettuare una ricostruzione di questo genere per il
rigassificatore in fase di completamento nelle acque del Mediterraneo (ma non si
tratta di quello di Trieste). Il fatturato della piccola impresa è passato dai
142.980 euro del 2008 ai 273.215 dello scorso anno, e nel 2010 è prevista una
sua ulteriore crescita a doppia cifra percentuale. Gli addetti sono 5 (compresi
2 dei 4 soci), mentre gli investimenti realizzati nel 2009 sono ammontati a
circa 90mila euro. «Ora stiamo valutando se offrire i nostri servizi anche a
operatori meno specializzati di quelli ai quali ci siamo rivolti finora
(sostanzialmente player dell’oil and gas e società di navigazione impegnate nei
trasporti marittimi speciali; ndr) – anticipa Accerboni, soffermandosi sulle
strategie di breve-medio periodo -. In particolare, al mondo della vela e del
diportismo; o a quello delle energie alternative». Il riferimento, in questo
caso, va alle windfarm in mare, ovvero alle distese di pale eoliche montate al
largo. Per le società decise a realizzarle è indispensabile individuare aree
battute con regolarità dai venti. E per trovarle le analisi retrospettive
targate Crest sono tra i pochi strumenti oggi presenti sul mercato capaci di
dare risposte precise.
NICOLA COMELLI
Vivere con sobrietà tra arte, consumi e quotidianità -
SOCIETÀ. INCONTRO AL JAMES JOYCE HOTEL DI TRIESTE
Sull’onda della "società di decrescita" postulata da Serge
Latouche, economista e sociologo francese nel suo “Breve trattato sulla
decrescita serena” (2008, Bollati Boringhieri), e del dibattito che ne è
conseguito, lo scorso sabato 13 marzo al James Joyce Hotel a Trieste si è tenuto
l’incontro “Decrescita condivisa: sobrietà come stile di vita”.
L’incontro, coordinato da Edoardo Kanzian, ha visto la partecipazione, tra gli
altri, di Ferruccio Nilia di Res/Rete Economica Solidale, Tiziana Cimolino di
Bioest, dei docenti Federico Creazzo e Marco Coslovich e dello scrittore Luciano
Comida.
Se Federico Creazzo ha parlato della «necessità di un progetto politico in grado
di arginare la potenza delle 40 multinazionali che regolano il mercato mondiale,
di un risvegliato interesse della massa di fronte alla privatizzazione del
mondo, e di un progetto educativo che insegni un altro modo di consumare», Marco
Coslovich suggerisce di «smetterla di promettere grandi sviluppi per trovare
invece dei modelli di gestione della decadenza in atto, e Trieste che è in
descrescita economica e demografica da svariati decenni dovrebbe poter essere un
laboratorio in tal senso».
Luciano Comida ha così citato i suoi incontri nelle scuole: «i grandi temi della
politica, dell’etica, della cultura e dell’economia devono incarnarsi in storie
che appassionino e facciano venir voglia di agire. Ad esempio, per parlare del
feticcio del Prodotto Interno Lordo, racconto ai ragazzi di Bob Kennedy, dal
discorso sul Pil nel 1968 alla candidatura alla presidenza degli Usa, della
lotta contro il razzismo e la guerra nel Viet-Nam fino all’assassinio nel giugno
1968».
Tiziana Cimolino ha poi sottolineato il legame tra decrescita e alimentazione
naturale ricordando l’esperienza della fiera del biologico Bioest (che sembra
possa ritornare prossimamente a Trieste con il tema dell’energia) e citando dati
preoccupanti sulla salute del nostro territorio e delle falde acquifere a cui
l’agricoltura attinge. E mentre è in corso fino al 9 aprile a Lubiana
all’Istituto Italiano di Cultura la mostra “De-Art - L’arte per la decrescita”
con le opere delle triestine Donatella Ferrante, Mara Giorgini, Donatella
Davanzo e Sara Bajec, visitabile in futuro a Pordenone, durante l’incontro
Ferruccio Nilia ha raccontato del tentativo di organizzare a Trieste una Festa
della Decrescita, così come in passato ne sono state realizzate a Sacile.
Federica Marchesich
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 marzo 2010
Ferriera, niente libertà per Palcini - Il no del
Riesame: potrebbe riciclare rifiuti tossici dello stabilimento
Niente libertà e arresti domiciliari confermati per Walter
Palcini, il terzo triestino coinvolto nell’inchiesta della Procura di Grosseto
sul riciclaggio di rifiuti che sta lambendo tra le altre aziende, anche la
Ferriera. Il «no» alla liberazione è stato pronunciato dal Tribunale del riesame
di Firenze a cui era ricorso il difensore, l’avvocato Paolo Pacileo.
Gli altri due indagati triestini della stessa inchiesta, l’ingegner Francesco
Rosato, direttore dello stabilimento siderurgico e Vincenzo D’Auria,
responsabile del settore ecologia e ambiente della Ferriera, al contrario,
avevano ottenuto la libertà il 5 marzo, al termine di una detenzione domiciliare
protrattasi per 24 giorni.
L’esito opposto dei ricorsi al Tribunale del riesame di Firenze, al momento non
è facilmente spiegabile perché le motivazioni non sono ancora del tutto note.
C’è anche chi sottolinea che i due diversi giudizi sulla revoca delle misure
cautelari sono stati pronunciati dallo stesso Tribunale ma da due collegi di cui
facevano parte magistrati diversi.
Paradossalmente la posizione di Walter Palcini appariva la più facile da
difendere. Lui stesso ha sempre sostenuto - carte alla mano - di essere solo un
dipendente e non un funzionario o dirigente dalla ”Refitalia srl”, la società a
cui la Ferriera aveva affidato lo smaltimento dei propri rifiuti. Il difensore
ha inoltre sostenuto in aula che al suo cliente non era stato mai attribuito
alcun ruolo decisionale e che i fatti contestatigli - esattamente come quelli
che coinvolgono il direttore dello stabilimento e il responsabile del settore
ambiente - risalgono eventualmente a più di due anni fa. Non dovrebbero esistere
dunque esigenze di trattenere ai domiciliari il dipendente di Refitalia perché
per gli ultimi 24 mesi nulla è contestato agli indagati.
Secondo i magistrati del Tribunale del riesame, al contrario, l’arresto
domiciliare va confermato, perché esiste la possibilità di una reiterazione
degli episodi di riciclaggio. L’avvocato Paolo Pacileo, nelle prossime ore, una
volta conosciute tutte le motivazioni che stanno alla base del diniego,
presenterà ricorso alla Corte di Cassazione.
Secondo la clamorosa inchiesta avviata dalla Procura di Grosseto, che sta
coinvolgendo aziende e manager di mezza Italia, due colline poste all’interno
della Ferriera sono state usate come discariche abusive di materiali non
pericolosi, a cui però, sempre secondo l’accusa, venivano mischiati illegalmente
rifiuti pericolosi. Gli inquinanti sarebbero stati annacquati nell’inerte in
modo da spendere molto meno del dovuto. Con questo ”trucco” sarebbero state
movimentate illegalmente 370 mila tonnellate di rifiuti, affidati alla ”Refitalia”,
che li avrebbe poi smaltiti coinvolgendo nella catena l’ ”Agrideco srl”, ai cui
dirigenti è contestato anche il reato di associazione a delinquere e ai quali il
Tribunale del riesame ha confermato al detenzione in carcere.
(c.e.)
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO / 1
Leggendo la segnalazione del signor Luciano Stilli sul
Piccolo del 10 marzo, mi permetto di ribattere. Il signor Stilli si chiede
preoccupato «con quale competenza» i gruppi di persone contrarie al
rigassificatore «scrivono quanto letto o sentito dai media, traendo conclusioni
apparentemente logiche e sensate, volendo dare lezioni di prudenza e cautela
contrariamente ai nostri parlamentari nazionali e regionali e ai vari esperti e
periti». Desidero far notare che finora si è assistito sulle pagine di questo
quotidiano a un dibattito sul rigassificatore, dove i favorevoli sono i «nostri»
parlamentari regionali e i contrari sono gli esperti e i periti, come gli
scienziati della Riserva marina del parco di Miramare. Dunque, a fronte di una
totale mancanza di informazione riguardo al funzionamento e ai vantaggi del
rigassificatore, i gruppi sfavorevoli al rigassificatore si appoggiano a tesi
comprovate. Tesi che rivelano come la documentazione necessaria fornita da Gas
Natural sia assolutamente scarsa. Nonostante ciò, qualcuno ritiene che noi
cittadini dovremmo fidarci del progetto, poiché i vantaggi del rigassificatore
ci vengono assicurati dalle interviste a politici e imprenditori locali. Scusate
ma è un po’ poco. Sfido poi che i sondaggi diano come risultato una cittadinanza
confusa sull’argomento. Tanto poi a decidere saranno i «nostri parlamentari
nazionali».
Andrea Bergamasco
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO / 2
Leggo sul Piccolo del 10 marzo la contrarietà di un
lettore al referendum pro e contro rigassificatore. Vorrei dire a questo
comandante in pensione che la gente, che è contraria al progetto, non è
ignorante e poco istruita. Al contrario, è ben informata e documentata. Il
pensionato scrive di lasciar fare ai nostri parlamentari e ai tecnici poiché
loro sì che sono esperti (beato lei che ci crede).
La gente che è contraria al progetto lo è proprio per la mancanza di confronto e
di sicurezza dimostrata sino ad ora.
Ma lei che difende questo progetto, si rende conto di quanti morti ci sarebbero
a Trieste in caso di un incidente? E quale sarebbe il vantaggio di una simile
opera?
Bollette più convenienti del 5% e una cinquantina di posti di lavoro (a
maggioranza manodopera specializzata da fuori Trieste). E per così poco noi
dobbiamo accettare? Pensi, nemmeno i friulani lo vogliono, altrimenti a
quest’ora sarebbe già costruito e funzionante.
Guido Donvito
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO / 3
In Segnalazioni si fregia di un corposo medagliere e il
Presidente dell'Organizzazione per il rigassificatore nel golfo di Trieste si
propone in veste di difensore dell'ormai arcinoto progetto, un suo legittimo
diritto penso io.
Risulta evidente al gentile signore, che se può vantare nel suo medagliere tutta
una serie di meriti, per i quali voglio esprimergli tutta la mia ammirazione,
altrettanto non si può dire riguardo alla sua conoscenza di entità da lui
citate, quali: Comitati, Delegazioni, Assemblee, Collegi, Commissioni, Consigli,
Giunte (?), Deputazioni(?) Ordini, Rappresentanze, Associazioni, Congressi(?),
Gruppi e Sinonimi che operano a Trieste.
Una descrizione senza alcun significato nella maggior parte dei casi, che mal si
addice a quella importante componente, che per ragioni ben definite e
documentate, si oppone alla realizzazione del rigassificatore, composta da
cittadini anche con banali qualifiche di ingegneri, architetti, docenti
universitari con specializzazioni inerenti al settore in discussione e similari,
un gruppetto insomma di poveracci che per fare dispetto ai proponenti, di tanto
in tanto si ritrovano in qualche locale della città.
Ma pur con la presunzione di parlare per tutti questi individui, il signor
presidente dell'organizzazione per il rigassificatore nel golfo di Trieste, è
invitato a partecipare a tutti i dibattiti democraticamente aperti, anche ad
eventuali contestazioni, che noi nella nostra pochezza riteniamo costruttivi.
Stelio Cerneca
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 marzo 2010
Giornata dell’acqua, tre appuntamenti - Due incontri
promossi da Wwf e Riserva marina e una visita all’acquedotto Randaccio
Domani, domenica 21 e martedì 23 marzo: ecco le date dei
tre appuntamenti organizzati e curati da Wwf e Area Marina protetta di Miramare
in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua, che si celebra in tutto il
mondo il 22 marzo fin dal 1992, anno in cui venne istituita dalle Nazioni Unite,
in occasione della Conferenza di Rio de Janeiro. In particolare si tratta di due
incontri aperti al pubblico domani e il 23 marzo, e di una giornata dedicata
alla visita del territorio e ai laboratori per bambini, domenica 21 marzo.
All’iniziativa collaborano AcegasAps, il Gruppo Speleologico Flondar e il
Circolo Aziendale Generali, con il contributo della Provincia di Trieste,
Domani, alle 17,30, primo incontro dal titolo ”Dolce&Salata, la doppia anima
dell'acqua a Trieste”: l'incontro si svolgerà in centro città, al Circolo
Generali e vedrà l'attenzione focalizzata innanzitutto sulla natura
geo-morfologica del territorio, per passare quindi a una panoramica legata al
reperimento, e distribuzione dell'acqua a Trieste dai tempi storici alla
situazione attuale, fino alla analisi degli scarichi a mare. Sarà quindi
l'occasione per valutare la qualità dell'acqua del golfo e finire con una
riflessione su un'altra fonte di approvvigionamento di acqua potabile, l'acqua
in bottiglia, con tutti i pregi e i difetti che un simile canale distributivo
comporta.
Aprirà l'incontro Maurizio Spoto, direttore dell'Area Marina Protetta di
Miramare, promotrice dell'iniziativa, mentre si susseguiranno diversi autorevoli
ospiti, come Albin Debevec, già direttore del Parco Naturale Regionale delle
Grotte di San Canziano (Slovenia), e Ruggero Calligaris geologo del Gruppo
Speleologico Flondar, Enrico Altran, direttore reti idriche di Acegas Aps e
Nicola Bettoso dell'Arpa, a concludere Manuela Daniel, assistente politiche
sociali Coop Consumatori Nordest.
Il secondo incontro si terrà una settimana più tardi, il 23 marzo, ad Aurisina,
nella sede del circolo culturale Igo Gruden, con inizio alle 20,30, e avrà
titolo ”Dolce&Salata: il territorio carsico modellato dall'acqua”. Durante la
serata gli ospiti interverranno sugli aspetti che determinano l'unicità del
Carso, la sua natura permeabile e il nascosto e misterioso mondo ipogeo fatto di
cavità, pozzi e cunicoli, scavati e modellati dall'acqua. Ma l'oro blu del
nostro territorio è anche acqua salata,e quindi un approfondimenti sarà dedicato
al ruolo del mare nella vita della città e dell'altipiano, con la spettacolare
pesca del tonno, operante fino agli anni Cinquanta a Trieste.
Aprirà nuovamente l'incontro l'Area Marina di Miramare e seguiranno gli
interventi di Diego Masiello, coordinatore del Centro didattico naturalistico di
Basovizza, Corpo forestale regionale; Nicola Bressi, conservatore direttivo del
Civici Musei Scientifici di Trieste, del geologo Ruggero Calligaris, di Marco
Francese, biologo della Cooperativa Shoreline e di Franco Cossutta, presidente
del Associazione Museo della Pesca del Litorale Triestino.
Domenica 21 marzo, invece, AcegasAps offrirà al pubblico la possibilità visitare
l'acquedotto Randaccio, al seguito di personale tecnico che garantirà diversi
turni di visita, della durata di circa due ore l'uno, durante tutto l'arco della
giornata. Per partecipare è necessario prenotare telefonando al numero 040
224147, interno 3, in orario di ufficio entro venerdì 19 marzo.
Nel pomeriggio di domenica, al Centro Visite dell'Area marina protetta di
Miramare, lo staff offrirà a beneficio dei bambini un laboratorio di lettura,
sul tema dell'acqua. Anche in questo caso è necessario telefonare al numero
indicato sopra, con le stesse modalità.
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 1 - Quali vantaggi?
Un rigassificatore come quello proposto per Zaule può
avere risultati devastanti. I vantaggi secondo i politici sarebbero: costo del
gas? Posti di lavoro? Royalties? Il gas è una commodity e il rigassificatore,
anello di una lunga catena, non garantisce il prezzo del gas, la sua qualità o
la continuità della fornitura. I prezzi del gas dipendono dalla capacità di
negoziare, dalle disponibilità finanziarie, dalla logistica, dalla
indicizzazione con i prezzi del grezzo, dai costi del trasporto, dai costi degli
impianti, dai programmi di rientro degli investimenti, dai tempi di ammortamento
del capitale, da chi è il proprietario delle gasiere e dalle dimensioni delle
stesse, dai tipi di contratto, dalla disponibilità di gas e dalla situazione del
mercato. Il Gnl (gas naturale liquefatto) costituisce circa l’8% del gas
naturale totale utilizzato. La fornitura di gas liquefatto a -164°C è nata
soprattutto per i bisogni dei Paesi del bacino del Pacifico (Cina, Giappone,
Corea), Paesi che non hanno giacimenti locali, né metanodotti vicini, che invece
noi abbiamo, e pagano più per il gas liquefatto (anche 25% in più) che i Paesi
del bacino dell’Atlantico (America, Europa). Gli Usa e il Canada sono tra i più
grandi produttori mondiali di gas naturale, ma i senatori Hillary Clinton e
Chuck Schumer si oppongono a progetti di rigassificazione della Transcanada
Corporation e della Shell a Long Island Sound nello Stato di New York. A Porto
Viro, il Qatar (terzo nel mondo per i suoi giacimenti di gas naturale dopo la
Russia e gli Usa) con la Società Qatar Terminal Limited è socio al 45%. Posti di
lavoro a Zaule? Non più di 80 posti. Ma quanti saranno i tecnici spagnoli? Non
credo che allungando la trafila (royalties?) si riesca ad abbassare i prezzi al
consumatore. Non mi risulta che la Spagna, sicuramente socio del progetto, abbia
dei giacimenti di gas. Gli ipotetici vantaggi non giustificano i rischi già
messi in evidenza dalla comunità scientifica di Trieste e della vicina Slovenia.
I triestini dovrebbero riflettere su questi fatti.
ing. Óscar García Murga
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 2 - Esperti e no
Ho letto la segnalazione del 10 marzo del signor Stilli e
mi permetto di dissentire totalmente. Sicuramente il mondo degli ambientalisti è
vasto e variegato. Non comprendo però secondo quale logica Stilli affermi che
comunque nessuno di loro ha la competenza specifica ad esprimere pareri in
merito alla fattibilità del rigassificatore di Zaule. Viceversa, mi sembra di
capire che annoveri fra i «veri esperti e periti» i nostri parlamentari
nazionali e regionali ed altre personalità non meglio specificate. Gli sarei
veramente grato, e penso di non essere il solo, se potesse esplicitare meglio il
suo ragionamento, spiegando come sia giunto alla selezione degli aventi titolo
ad esprimersi sull’argomento rigassificatori.
La sua lettera prosegue poi con una lunga lista degli incarichi da lui ricoperti
prima di approdare alla presidenza dell’Organizzazione per il rigassificatore
nel golfo di Trieste, e conclude con un perentorio «no al referendum e altre
attività svolte senza competenza alcuna di causa». Pare al signor Stilli di
essersi espresso democraticamente? Perché assieme agli ambientalisti non cita
tutti quei docenti universitari che hanno espresso pure loro contrarietà al
rigassificatore? Lo invito infine a leggere con attenzione quanto riportato
dalla legge 334/99 (Seveso) e dalla convenzione di Aarhus, con particolare
riguardo agli articoli relativi alla informazione e consultazione della
popolazione interessata.
Ugo Simone
IL PICCOLO - DOMENICA , 14 marzo 2010
ISOLA DI VEGLIA - Rigassificatore di Castelmuschio
investitori tedeschi in pressing - I soci croati litigano sulle quote della
futura società
FIUME La diatriba tutta croata sulla “spartizione” del
progettato rigassificatore in località Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di
Veglia, non sembra ancora avviata a districarsi. Al centro del contendere è la
suddivisione del 25 per cento dello stock azionario, ossia della quota assegnata
in partenza alla parte croata nell’ambito del progetto “Adria LNG”
(dall’acronimo inglese per gas naturale liquefatto, che prevale nella
terminologia in uso in Croazia).
Una disputa che dura ormai da troppo tempo, che sta rallentando i preparativi e
che ha già indispettito i partner stranieri, in primo luogo tedeschi. Ma anche
lo stesso governo di Zagabria. Al punto che giorni fa questi ha annunciato
ufficialmente di rinunciare alla creazione di un consorzio o sottogruppo delle
aziende croate coinvolte nel progetto, lasciando ad esse piena libertà di
mettersi d’accordo.
La rinuncia a ogni tentativo di mediazione è stata comunicata dal ministero
dell’Economia, che ha pure rivolto ai componenti la cordata croata una sorta di
ultimaum: un out-out, o dentro o fuori, che li obbliga a dichiarare
definitivamente la rispettiva volontà di partecipazione e a raggiungere
un’intesa, oppure uscire una volta per tutte dal progetto e lasciare spazio ad
altri. Ad accapigliarsi per una fetta quanto maggiore nell’ambito della predetta
quota del 25 per cento sono sostanzialmente in tre: Ina (idrocarburi, con
azionista di maggioranza relativa l’ungherese Mol), l’Azienda elettroenergetica
di Stato (Hep) e Plinacro (trasporto e distribuzione del gas naturale sul
territorio nazionale).
Stando a quanto inizialmente previsto – circa tre anni fa - avrebbe dovuto
essere proprio la Ina ad aggiudicarsi un’aliquota prevalente. Ma dopo
l’acquisizione della maggioranza azionaria da parte di Mol e l’insediamento
nella sala-comando dell’Ina di dirigenti magiari, adesso il suo ruolo di
capofila croato viene aspramente contestato. Con Hep e Plinacro che esigono uno
spazio maggiore. Come si è detto, la disputa è ancora tutta da risolvere.
Ma nel frattempo i partner stranieri di “Adria Lng” sembrano sempre più
spazientiti. Della cordata straniera della joint-venture, lo ricordiamo, fanno
parte la tedesca E.On Ruhrgas, la francese Total, l’austriaca Omv e, con una
quota minore, la slovena Geoplin. Inizialmente alla comitiva si era aggregata
pure la tedesca Rwe Power Ag, che però qualche mese fa ha annunciato il ritiro
lasciando a Ruhrgas la sua partecipazione dell’11,5 per cento. Talchè adesso il
capocordata indiscusso è appunto il colosso germanico. E non a caso ora proprio
da Berlino giungono a Zagabria sempre più pressanti sollecitazioni a rompere gli
indugi e a recidere d’autorità il nodo gordiano della partecipazione croata in
“Adria Lng”.
Quasi un anno fa era stata addirittura la cancelliera tedesca Angela Merkel a
pungolare direttamente l’allora premier croato Ivo Sanader, invitandolo ad
affrettare i tempi nei preparativi cartacei per il rigassificatore.
Sollecitazione che a quanto pare non è servita a molto. Attualmente in casa
croata le cose sarebbero messe così: all’Ina andrebbe il 14 per cento di quel
“quarto azionario” assegnato in partenza alla Croazia; per il restante 11 per
cento stanno ancora accapigliandosi Hep e Plinacro.
A prescidere dall’esito del braccio di ferro, da “Adria Lng” fanno comunque
sapere che entro i prossimi mesi l’intero quadro azionario dovrà essere
definito, il che vale pure per i preliminari burocratico-amministrativi.
Il rigassificatore di Castelmuschio dovrà essere operativo nel 2014. Il metano
dovrebbe arrivare a Veglia principalmente dal Qatar, a sua volta interessato
alla realizzazione del progetto e dove mesi addietro Ruhrgas ha partorito una
propria affiliata. Per il terminal Lng occorrerà mettere sul tavolo una puntata
minima di 800 milioni di euro. Che garantirebbero al centro-sud Europa una
“portata” da 10 e più probabilmente 15 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
(f.r.)
IL PICCOLO - SABATO, 13 marzo 2010
Rigassificatore, sono 2500 le firme contro - Dolina e
Muggia contestano assieme l’impianto della Gas Natural - PROSEGUE LA RACCOLTA
MUGGIA Muggia e San Dorligo uniti contro il
rigassificatore anche nella raccolta di firme. Entro fine mese le sottoscrizioni
finora raccolte tra i cittadini - più di 2.500 - in calce a una petizione che
ribadisce il no all'impianto progettato da Gas Natural verranno consegnate
congiuntamente dal Comitato promotore ai sindaci di Muggia, Nerio Nesladek, e
San Dorligo della Valle, Fulvia Premolin - che da tempo hanno espresso la
propria netta contrarietà all'impianto di Zaule - affinchè possano farsi latori
della petizione con il prefetto di Trieste e altre rappresentanze istituzionali
e politiche.
Nell'ultima riunione del Comitato promotore - che, come si ricorderà, a Muggia è
"trasversale", in quanto composto, oltre che dalle forze politiche che
sostengono la maggioranza nella cittadina rivierasca, anche dalla locale sezione
della Lega Nord - è stato infatti deciso di promuovere un incontro congiunto con
i due primi cittadini per la consegna delle sottoscrizioni finora raccolte. Si
tratta - assicura il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich - solo di una
prima tranche.
L'iniziativa proseguirà infatti ad oltranza e non solo nei territori di Muggia e
Dolina. Già stamane infatti la raccolta sarà estesa a Trieste e quindi il
comitato conta di coinvolgere tutto il resto della provincia.
Il banchetto che riunisce i volontari di Muggia e San Dorligo sarà oggi a
Trieste, dove la raccolta di sottoscrizioni proseguirà in Largo Barriera dalle 9
alle 13. A Muggia il banchetto per la raccolta sarà posizionato anche giovedì
prossimo davanti alla sede del mercatino settimanale, sempre dalle 9 alle 13. In
occasione degli incontri di calcio delle categorie minori e della prima squadra,
la raccolta proseguirà anche presso lo stadio Zaccaria. «Auspichiamo - conclude
Coslovich - in una massiccia risposta da parte dei cittadini sia muggesani che
triestini e confidiamo nella partecipazione all'iniziativa anche da parte di
altre realtà politiche, sociali, sportive ed economiche».
Per facilitare i firmatari, dopo che la raccolta era stata attuata anche nei
rioni muggesani con il meccanismo del "porta a porta" e davanti alla scuola de
Amicis e l'attiguo asilo nido, nella settimana immediatamente precedente al
Carnevale gli organizzatori si erano piazzati con il gazebo davanti ai capannoni
di via Trieste, dove le Compagnie del Carnevale Muggesano erano freneticamente
al lavoro ogni sera per la realizzazione dei carri che hanno sfilato al 57°
Corso mascherato di domenica 14 febbraio.
(g.t.)
IL PICCOLO - VENERDI', 12 marzo 2010
La Regione riapre il tavolo sulla Ferriera - Rosolen:
se necessario interverremo con fondi e una legge. Sindacati: gli ammortizzatori
sociali non bastano
APPUNTAMENTO FISSATO AL 23 MARZO: L’ANNUNCIO DURANTE
L’ASSEMBLEA PUBBLICA INDETTA DA FIM, FIOM E UILM
Più che di tavolo riaperto, è più calzante parlare di tavolo riesumato,
tanta è stata l’acqua che, nel frattempo, è passata sotto i ponti: dai disastri
occupazionali figli della crisi, che nel 2009 hanno spostato altrove il mirino
della Regione, al più recente rompicapo attorno alla vendita di Lucchini da
parte di Severstal. La notizia, stringi stringi, è che il 23 marzo - e proprio
in Regione - si tornerà a discutere di Ferriera, tra istituzioni e parti
sociali, tutte convocate ufficialmente allo stesso tavolo, per l’appunto,
dall’amministrazione Tondo. Sarà trascorso un anno (più dodici giorni) da
quell’11 marzo 2009, quando il governatore Renzo Tondo riunì per l’ultima volta
azienda, Assindustria, enti locali e sindacati. Poi il silenzio. L’obiettivo, al
tavolo del 23 marzo 2010, non sarà diverso da allora: condividere un percorso di
riconversione industriale e di ricollocazione dei 500 dipendenti, più i 400
dell’indotto, in vista della chiusura della Ferriera. Che potrebbe essere
celebrata nel 2015 o forse già nel 2013, data di scadenza della famosa Aia,
l’Autorizzazione intregrata ambientale.
L’annuncio della riapertura del tavolo l’ha dato ieri pomeriggio Alessia Rosolen,
l’assessore regionale al Lavoro, nel suo intervento all’assemblea pubblica
organizzata nell’aula magna del liceo Dante dalle Rsu dello stabilimento
servolano. «Se necessario - ha detto la Rosolen - la Regione interverrà con
fondi propri e una legge ad hoc o verificando la possibilità di sottoscrivere
con il governo un accordo di programma quadro per la conversione della Ferriera.
Trieste non può vivere continuamente di emergenze, ambientali e occupazionali».
All’assemblea, per la cronaca, hanno preso parte i segretari confederali di
Cgil, Cisl, Uil e Ugl e altri alti quadri sindacali. Eppoi politici a palate.
Dal sindaco Roberto Dipiazza al predecessore della stessa Rosolen in Regione,
l’attuale numero uno del Pd Roberto Cosolini, passando per la presidente della
Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Non è un azzardo dedurre che, di Ferriera
e dopo-Ferriera, la politica e le istituzioni sono tornate a parlare ieri non su
propria iniziativa, ma su pungolata dei rappresentanti dei lavoratori di
Servola, cioè i promotori di quest’iniziativa nell’aula magna del Dante. Ed è
stato, per certi versi, il primo atto pubblico della lunga volata elettorale
verso il voto amministrativo dell’anno prossimo. «Il futuro dei lavoratori della
Ferriera non è un problema che si risolve con gli ammortizzatori sociali», hanno
insistito in particolare Franco Palman per la Uilm e Umberto Salvaneschi per la
Fim, polemizzando con il sindaco. «È vero, nel mio programma c’era la chiusura
della Ferriera - ha esordito Dipiazza - poi è successo qualcosa che si chiama
crisi, e abbiamo cambiato atteggiamento pregando Iddio che non capitassero le
cose capitate nel Pordenonese e in Friuli. Credo che di prospettive ce ne siano,
il rigassificatore e l’indotto, il Silos, il Porto Vecchio... Io sto lavorando
perché tutti voi un domani abbiate un posto di lavoro». Gli applausi, tiepidi e
da una costola della sessantina di operai presenti al Dante, hanno cancellato un
paio di insulti indirizzati proprio al sindaco e partiti da alcune sedie
occupate sempre dagli operai. Insulti che il primo cittadino ha fatto finta di
non sentire e che sono stati zittiti dalle Rsu. Applausi un po’ più forti per
Bassa Poropat e Cosolini, che hanno risposto a Dipiazza, il quale ormai se n’era
andato per impegni concomitanti «in Soprintendenza». «Possiamo fare delle Rive
bellissime ma con quelle non creiamo posti di lavoro», ha ironizzato la numero
uno di Palazzo Galatti. Gli ha fatto eco il segretario del Pd: «Un territorio
come Trieste non può vivere senza industria, non possiamo mettere 500 custodi al
Parco del mare. E non si può dire che se le cose vanno male è colpa della crisi,
e che se vanno bene è merito mio...». La campagna elettorale verso il 2011 è
cominciata. E la Ferriera sarà ancora una volta un banco di prova.
PIERO RAUBER
«Bonifiche, l’accordo offre certezze» - Menia:
l’atteggiamento della giunta Tondo mi sconcerta un po’
Le imprese contestano la spartizione degli oneri per le
bonifiche? «La costruzione giuridica dell’accordo di programma per Trieste
ricalca quella di analoghi protocolli per Mantova, Brindisi, Priolo e Napoli.
Mica può valere una regola diversa solo perché questa è la mia città...». Cresce
il fronte del no al rigassificatore? «Sostenibilità ambientale e salute pubblica
sono elementi non negoziabili. Il parere di Via, che dipende da una commissione
tecnica del ministero, non è una carta che si può comperare. Certe allusioni
sono inaccettabili». Se c’è una cosa che in Roberto Menia non difetta è la
schiettezza, che talvolta fa rima con ruvidezza, con la quale si rivolge a
qualsiasi tipo d’interlocutori. Capita così che davanti ai soci del Rotary Club
Trieste riuniti per il pranzo del giovedì al Savoia - e quindi davanti a
parecchi rappresentanti di quel mondo dell’imprenditoria cui l’accordo di
programma sul Sito inquinato fa storcere il naso - il sottosegretario
all’Ambiente ripete esattamente ciò che pensa. «Quella delle bonifiche -
premette Menia - è una storia fin troppo lunga. La mia volontà è di chiudere
presto e bene. Rispetto al principio ”io non ho inquinato e quindi non pago”,
faccio solo presente che se abito al secondo piano e le infiltrazioni del terzo
piano passano per casa mia e arrivano al primo, quello del primo si rivarrà su
di me, non su quello che sta al terzo. Noi diamo la possibilità di aderire a un
accordo che dà certezze ed è duttile, perché nel momento in cui un privato vi
aderisce noi sblocchiamo la sua area e perché il danno ambientale si può pagare
in dieci anni senza interessi convertendolo in investimenti. L’accordo di
programma, nella sua ultima versione, pianifica una cifra complessiva di 487
milioni, di cui 197 di fondi pubblici subito disponibili. Non vedo che benefici.
E sono anche un po’ sconcertato dall’atteggiamento della mia amica Regione». Ma
alle parole potenzialmente scomode seguono quelle in linea di massima più
gradite, rimanendo tra le file imprenditoriali. L’argomento: il rigassificatore.
Anzi: l’utilità del rigassificatore, caldeggiata dallo stesso sottosegretario
all’Ambiente. «La Prefettura e gli enti preposti - assicura Menia ai commensali
- hanno già predisposto i piani d’emergenza, i vigili del fuoco hanno già
escluso quello che chiamamo effetto domino, il decreto di compatibilità
ambientale prevede 26 pagine di prescrizioni a carico del soggetto proponente e
lo stesso presidente dell’Autorità portuale Boniciolli ha detto che 120 navi
gasiere in un anno non incidono sulle attività portuali». Quanto al contenzioso
con la Slovenia «continuo a ritenere che le obiezioni ambientali siano motivate
da ben altri interessi». E il tavolo tecnico di docenti ed esperti? «Anche se
quattro signori si siedono a un tavolo, con tutto il rispetto non c’è nulla di
più indipendente, nel dare certi giudizi, delle strutture dello Stato». In
definitiva: «Siamo a un bivio, possiamo ancorare Trieste al passato o a un
presente tranquillo da pensionati e pensionandi, o mollare finalmente gli
ormeggi». (pi.ra.)
ISTRIA - Un piano per tutelare la foca monaca -
Accertata la presenza stanziale di una coppia nel Parco naturale di Promontore
L’ANIMALE DIVENTA UN’ATTRAZIONE TURISTICA: SCATTANO I
DIVIETI - Degli animali si aveva notizia fino ai primi del Novecento, poi più
nulla
Ambientalisti, biologi e governo croato in fibrillazione dopo la conferma
che la foca monaca è tornata ad abitare l’Alto Adriatico. In seguito a una serie
di sporadici avvistamenti avvenuti nel corso degli ultimi due anni, adesso è
stata finalmente accertata la presenza di una coppia di Monachus monachus, che
ha preso alloggio in una grotta a mare lungo la costa del Parco naturale di Capo
Promontore, in Istria. Sono un maschio, una femmina e, quasi certamente secondo
i biologi, un cucciolo. La femmina era già stata avvistata proprio un anno fa,
in occasione dell’8 marzo, festa della donna, da una subacquea triestina, Marta
Piccoli: era stata l’occasione per interviste e articoli sui mass media croati.
Adesso, dopo i risultati degli ultimi avvistamenti, il governo di Zagabria ha
emanato una serie di provvedimenti di tutela, tra cui il divieto d’immersione -
sia in apnea che con le bombole - e di pesca nell’area antistante la costa,
mentre la coppia di mammiferi pinnipedi è ormai diventata una ricercata
attrazione turistica, richiamando sulla costa del parco naturale frotte di
gitanti con binocoli e macchine fotografiche, tutti animati dalla speranza di
avvistare i rari animali. La foca monaca è a rischio di estinzione, in natura se
ne contano poco più di 500 esemplari e la sua ricomparsa lungo le coste
dell’Istria è un avvenimento non solo dal punto vista strettamente ecologico e
scientifico, ed è destinata a mettere in moto tutta una serie d’inziative
indotte.
In tempi più felici per gli equilibri naturali l'areale di diffusione della foca
monaca comprendeva tutto il Mediterraneo, il Mar Nero, le coste atlantiche di
Spagna e Portogallo, il Marocco, la Mauritania, Madera e le Canarie. Ma nel
corso del '900 l’areale si è drasticamente ridotto e la foca monaca sopravvive
ormai in poche isolate colonie solo in Grecia, Turchia, nell'Arcipelago di
Madera, in Marocco e Mauritania e, adesso, tra le isole e la costa croata.
«Si ha notizia della presenza della foca monaca tra l’Istria e Cherso fino ai
primi anni del Novecento, poi gli avvistamenti sono quasi del tutto spariti»
dice Gianni Pecchiar, il fotografo appartenente al Gruppo Foca monaca di
Zagabria che è riuscito a fotografare la femmina della coppia, un esemplare di
circa due metri, proprio durante un’escursione a terra assieme ai colleghi del
Gruppo Foca monaca Italia (www.focamonaca.it), la Onlus che unisce biologi,
studiosi e appassionati che si occupano dello studio e della sopravvivenza di
questi mammiferi marini. «Queste osservazioni - dice Emanuele Coppola del gruppo
italiano che da anni collabora con i croati - ci conferma che è difficile
parlare di estinzioni locali, ma piuttosto di lunghi spostamenti». La foca
monaca predilige i tratti di mare vicini alle coste e non disdegna brevi
incursioni a terra. È un animale diurno, che dorme in superficie in mare aperto
e qualche volta si stende sul fondo per poi risalire a respirare. La sua dieta è
fatta di pesce e molluschi, soprattutto polpi. Ha solo due grandi nemici: l’uomo
e lo squalo bianco. Il primo, a detta degli stessi biologi, decisamente più
pericoloso del secondo. Le femmine hanno un ciclo di riproduzione di circa 12
mesi e partoriscono e allattano un cucciolo all’anno in grotte vicine al mare o
in spiagge riparate. I giovani entrano in acqua a circa 15 giorni dalla nascita
e le prossime settimane saranno cruciali per sapere se la coppia che ha scelto
Capo Promontore per accasarsi ha avuto un figlio oppure no.
PIETRO SPIRITO
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 marzo 2010
Rigassificatori, Lubiana è pronta a ricorrere alla
Corte di giustizia - VIA LIBERA AL GOVERNO DAL COMITATO PER L’AMBIENTE
LUBIANA Il Comitato per l'ambiente del Parlamento sloveno
ha dato luce verde al governo di Lubiana per avviare un'azione legale contro
l'Italia in modo da impedire la costruzione dei rigassificatori nel golfo di
Trieste. L'esecutivo è stato pertanto autorizzato a procedere con la
preparazione e la raccolta di tutti i documenti necessari per rivolgersi alla
Commissione europea e chiedere che sia la stessa Commissione a denunciare
l'Italia alla Corte di giustizia dell'Ue nel caso in cui Roma dovesse iniziare
la costruzione del terminal di Zaule. Il Comitato per l'ambiente, riunito ieri a
porte chiuse, ha fatto proprie le conclusioni della Commissione
interministeriale del governo sloveno sull'impatto ambientale transfrontaliero
dei rigassificatori. La posizione di Lubiana è nota ed è stata ribadita anche in
questa occasione: la Slovenia considera i siti previsti per i terminal di Zaule
e per quello off-shore, come pure per il gasdotto, non adatti a causa della poca
profondità dell'acqua nel Golfo di Trieste e dell'impatto ambientale già
esistente nella zona. Secondo Lubiana, sono a rischio la qualità dell'ambiente e
lo sviluppo sostenibile delle acque e della costa slovene e sono minacciati la
diversità biotica, il traffico, la sicurezza, la popolazione, la salute e il
paesaggio nonchè, dal punto di vista socio-economico, il turismo, la maricoltura
e la pesca. Illustrando la posizione del Comitato ambiente e la possibilità
sempre più concreta che Lubiana si rivolga a Bruxelles, la sua presidente Breda
Pecan ha rilevato che forse ora l'Italia finalmente accetterà di includere la
Slovenia nell'iter di valutazione dell'impatto ambientale dei rigassificatori.
Tondo prepara i tagli alla macchina
regionale: «I dirigenti sono troppi» - «Sono favorevole al rigassificatore e al
superporto» - Sulla lite Menia-Rosolen si propone come ”paciere”
L'INTERVISTA AL GOVERNATORE
TRIESTE La nuova sfida? «La riforma della macchina
regionale». Renzo Tondo non esita, nemmeno un secondo: ci sono tanti, troppi
dirigenti pubblici, e una cura dimagrante s’impone. Senza indugi. Subito dopo,
dal suo ufficio con vista «emozionante» sul molo Audace innevato e spazzato
dalla bora, il governatore del Friuli Venezia Giulia affronta il dossier
triestino: sempre più ricco, sempre più ingombrante. Il centrodestra, mentre il
voto si avvicina, va in tensione? Roberto Menia e Alessia Rosolen sono ai ferri
corti? Lui, il carnico, difende tutti i suoi assessori. Ma si offre come
”paciere”. Al contempo, sponsorizza il rigassificatore e il superporto. Sostiene
il ricambio ai vertici dell’Autorità portuale nei tempi previsti. Annuncia il
disgelo sulle bonifiche e un incontro sulla Ferriera.
Presidente, le fibrillazioni triestine rischiano di ripercuotersi sulla sua
giunta. Come evitarlo?
Con senso di responsabilità. E quindi, una volta ancora, richiamo tutti a fare
un passo indietro e a recuperare la politica, per uscire dall’impasse.
Ritiene davvero che una mediazione tra Menia e Rosolen sia ancora possibile?
Sento la responsabilità e anche l’ambizione di provarci.
Menia dice che il rimpasto non è un tabù. Che risponde?
La giunta è uno strumento per raggiungere dei risultati. Mi sembra che ne ha
raggiunti molti in questi due anni: Insiel, la doppia riforma sanitaria, il
superamento delle comunità montane, il pacchetto anticrisi da 400 milioni di
euro, l’urbanistica le infrastrutture... Certo, si può sempre fare di più.
E quindi?
Accetto volentieri la verifica e la ritengo utile anche perché la crisi ha
condizionato il programma elettorale.
Ma il rimpasto rimane un tabù?
Se qualcuno mi dimostra che si deve cambiare qualcosa per raggiungere dei
risultati, ovviamente, non è un tabù. Ma non accetterò mai un rimpasto slegato
dal miglioramento dell’efficienza complessiva.
Niente regolamenti di conti, insomma?
Niente rimpasti funzionali solo ad assetti interni.
Che voto dà alla sua giunta?
Un voto positivo, un 7 abbondante, con l’impegno a migliorare nel secondo
quadrimestre.
Molti, però, criticano. A Udine c’è chi contesta la gestione del turismo.
Ho visto che gli albergatori sono in crisi. Ma non credo che i problemi del
settore siano imputabili alla Regione, e lo dico da albergatore.
Luca Ciriani, insomma, non si tocca?
Lo stimo molto, lavora tantissimo, e il lavoro fatto sul turismo mi sembra più
che buono: Trieste, in particolare, è cresciuta molto. E il saldo complessivo è
positivo.
Vladimir Kosic è un altro assessore ”bersagliato”.
Ingiustamente. È il primo assessore alla Sanità a non aver chiesto nemmeno un
euro in sede di variazioni di bilancio. È un assessore che, su un terreno
difficilissimo, ha messo in campo una capacità d’ascolto mai vista: Vittorino
Boem, a nome dei sindaci, gliel’ha riconosciuto. Ed è un assessore che ha
portato a casa, con l’appoggio di tutta la maggioranza, due riforme importanti.
Sindacati e centrosinistra, però, criticano pesantemente il piano.
Rispondo molto semplicemente: valutiamo tra qualche mese i risultati che questa
riforma produrrà in termini di miglioramento della qualità dei servizi.
La prossima riforma sarà il taglio delle Aziende?
Valuteremo, risultati alla mano, se la riforma istituzionale deve partire o
meno. Ma adesso, dopo esserci occupati a fondo di sanità, vogliamo portare a
casa la riforma della struttura regionale.
Andrea Garlatti l’ha già preparata?
Sì. L’assessore ha preso l’abbrivio da quanto concordato in Finanziaria: la
macchina regionale va alleggerita.
Come?
Favorendo i pensionamenti. Dimagrendo la struttura. Riducendo e accorpando le
direzioni centrali e i servizi.
Un esempio?
L’unificazione di Finanze e Patrimonio.
Quando presenterete la riforma?
A breve.
La ”riforma Garlatti” riguarda solo la Regione o l’intera funzione pubblica?
Al momento, solo la Regione. Ma l’auspicio è che diventi un esempio per il
comparto unico: il nostro sistema pubblico ha troppi dirigenti.
Ha chiuso una Finanziaria durissima. Ma la prossima non rischia d’essere ancor
più dura?
Sarà senz’altro difficile, le entrate sono in calo pesante, ma non mancano
nemmeno i segnali di speranza: l’export, ad esempio, sta ripartendo.
Come si trova la quadratura del cerchio?
Ho appena fatto il punto con Sandra Savino che considero una colonna
dell’amministrazione. L’assessore, in questi giorni a Roma, sta portando avanti
una trattativa complessa, e ha il mio totale appoggio. Sono sicuro che ce la
faremo anche stavolta.
Tornando a Trieste, un tema caldo è il rigassificatore. Qual è la posizione
della Regione?
La disponibilità della città, non solo quella di Roberto Dipiazza, mi è stata
manifestata sin dalla campagna elettorale: il rigassificatore è utile, abbiamo
bisogno di energia, e rappresenta un’opportunità di sviluppo anche in vista del
recupero del sito inquinato.
Dunque, è favorevole?
Sono contrario al rigassificatore a mare
ma favorevole a quello a terra, ovviamente dopo che il progetto avrà superato
tutti i controlli di natura ambientale e di sicurezza. Il percorso dev’essere
chiaro e trasparente.
Come giudica il veto di Lubiana?
Ho partecipato alla bilaterale Italia-Slovenia di Palazzo Madama: i ministri
Claudio Scajola e Stefania Prestigiacomo si sono impegnati a fornire al governo
di Lubiana tutte le informazioni. Io stesso l’ho ribadito al premier Borut Pahor.
Ma, come la Slovenia fa le sue scelte legittime e autonome su Krsko, così
l’Italia le farà sul rigassificatore.
Questione bonifiche. Dopo i contrasti scoppiati tra Regione e ministero, come si
procede?
C’è stato effettivamente un difetto di comunicazione con il ministero dovuto
anche alla complessità della materia. Ma il confronto è ripartito.
Come?
L’assessore Elio De Anna ha incontrato il sottosegretario Menia ed è andato al
ministero, allo scopo di ricostruire un percorso condiviso. La partita è molto
complessa ma puntiamo a riaprire quanto prima un tavolo condiviso con Roma.
Un’altra partita difficile è quella della Ferriera. Come si muove la Regione?
Ne ho appena parlato con la Rosolen: l’assessore promuoverà un incontro, a cui
parteciperò anch’io, con la parte datoriale e i sindacati.
L’obiettivo?
Fare il punto su tutto, dalle questioni ambientali a quelle industriali. La
Regione ha già intensificato i controlli sulla qualità delle emissioni, e
continuerà a vigilare. Adesso, però, serve un’accelerazione sulla conversione
del sito: Trieste non può perdere 500 posti di lavoro.
Il progetto Unicredit di un ”superporto” tra Trieste e Monfalcone può decollare
davvero?
Considero una garanzia di serietà il fatto che il progetto sia stato presentato
da Unicredit. Registro l’interesse del governo che, con il sottosegretario
Gianni Letta, ha convocato una riunione a Palazzo Chigi. E, giudicando quel
progetto un’opportunità da cogliere, ribadisco la disponibilità della Regione a
parteciparvi.
Che risponde se le chiedono di fare il commissario del ”superporto”?
Avanti un altro.
Sono in programma nuovi incontri sul progetto Unicredit?
Sono in partenza per l’Argentina, dove incontrerò i friulani di Colonia Caroja,
ma appena rientro dal mio viaggio-lampo cercherò il vicepresidente di Unicredit
Fabrizio Palenzona per fare il punto: adesso dobbiamo determinare le competenze
di ciascuno e riempire di contenuti il progetto di massima. Non escludo, a
breve, una nuova riunione a Palazzo Chigi.
La piattaforma logistica, quella che il Cipe continua a non finanziare, è
compatibile con il progetto Unicredit?
Credo che sia assolutamente possibile renderla compatibile.
Il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli, scade a dicembre. Qual
è il suo destino?
È noto che sono a favore di un rinnovamento degli incarichi in scadenza. Credo
sia giusto lasciare spazio a energie fresche.
A Trieste si parla di una proroga. Favorevole o no?
Non credo che una proroga sia utile.
Come vede Dipiazza presidente dell’Autorità portuale?
Il sindaco avrebbe sicuramente l’entusiasmo per svolgere questo compito. Ma
credo che molto dipenda anche dalle decisioni del consiglio regionale sul terzo
mandato.
Ci sono ancora spiragli?
Premesso che io mi sono già espresso a favore, mi pare che il percorso
consiliare non sia facile: serve un ampio consenso per cambiare le regole.
Trieste città metropolitana: sì o no?
La trovo una proposta intelligente. Ma non la porteremo avanti senza il consenso
del territorio.
Nomine in sanità, perché il ”repulisti” triestino?
Nessun ”repulisti”. Ho apprezzato il lavoro di Franco Zigrino e, contrariamente
a una parte della città, ho espresso giudizi positivi su quello di Franco
Rotelli. Ma rivendico il diritto di liberare energie nuove.
Elezioni regionali di fine mese. Che risultato si attende?
Guardo innanzitutto al vicino Veneto. Dò per scontata la vittoria di Luca Zaia,
non dimentico che è stato il vicepresidente di Giancarlo Galan, e sono convinto
che si impegnerà a portare avanti l’asse del Nordest.
Fuori dal Veneto?
Conosco bene Rocco Palese. E, magari mi sbaglio, ma non giudico scontata la
vittoria di Nichi Vendola.
Come giudica il pasticciaccio delle liste?
Il Pdl ha perso un’occasione per dimostrarsi un partito strutturato. Ma il Pd ha
perso un’occasione per rivelarsi un partito delle istituzioni.
Il governo, però, ha approvato unilateralmente un decreto.
Il decreto non è servito a nulla. Io, all’opposizione, dico un’altra cosa: che
gusto c’è a vincere contro nessuno? E lo dico perché so bene qual è il gusto di
vincere.
I sondaggi dicono che la Lega stravincerà alle regionali. Teme che presenterà il
conto anche a lei?
Me lo presenterà, legittimamente, quando stravincerà in Friuli Venezia Giulia.
ROBERTA GIANI
In bici a tappe da Trieste a Tarvisio. E le valigie le
trovi già in albergo - UNA NUOVA INIZIATIVA PER CHI AMA PEDALARE E LA NATURA
Una passeggiata in bicicletta a tappe. Da Tarvisio a
Trieste e ritorno. Un giro in cinque giorni tra le bellezze paesaggistiche di
Alpe Adria su due ruote. Senza portarsi dietro nulla che non sia una borraccia.
E’ questa l’innovativa proposta di Eurobike tour, in programma dal 16 al 20
giugno: un particolare pacchetto pensato per i turisti, ma consigliato anche ai
triestini, illustrato sul sito www.eurobiketour.eu. In pratica, si lascia la
macchina alla partenza, e si sale in sella.
Destinazione: il prossimo hotel. Senza pensare a nulla se non a godersi il
panorama e l’aria di montagna: tanto sarà l’organizzazione a farvi trovare le
valigie ad attendervi in camera d’albergo. E alla fine del percorso, giunti
all’ultima tappa, si rimonta in pullmann per tornare a casa, mettendo in valigia
- assieme alle istantanee di splendidi paesaggi, dai monti al mare, e agli
immancabili souvenir - il ricordo di una vacanza speciale. Una pedalata-vacanza
tra il divertimento e lo sport, dalle Alpi Giulie, all’Isola d’Oro, alle valli
del Collio e dal Carso triestino fino al mare concepita davvero per tutti, anche
per chi cicloturista non è.
L’itinerario di viaggio? Da amene località di montagna come Tarvisio e Kranjska
Gora alla ridente Villacco, dal Collio al Carso e infine Trieste, con la sua
storia, la sua cultura, il suo mare. Una vacanza diversa e salutare, da
trascorrere per 5 giorni e 4 notti con la propria Mountain Bike attraverso un
percorso che porterà a toccare tre nazioni diverse: Italia, Slovenia e Austria,
tra pedalate su stradine pulite e degustazioni enogastronomiche.
(g.t.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 marzo 2010
Acciaio, Severstal in «rosso» per un miliardo - I
RISULTATI 2009 DIFFUSI DAL GRUPPO SIDERURGICO RUSSO
Mordashov glissa sul prezzo pagato alla Lucchini:
«Transazione privata fra noi e la famiglia»
MILANO L'italiana Lucchini, ormai controllata al 100% dal gruppo russo
Severstal, ha registrato nel 2009 un margine operativo lordo negativo per 203
milioni di dollari, rispetto a un Mol positivo per 403 milioni di dollari
nell'esercizio 2008. I ricavi si sono quasi dimezzati a 1.757 milioni di dollari
(3.989 milioni del 2008). È quanto emerge dalla nota sui risultati 2009 diffusa
da Severstal. Il gruppo russo guidato da Alexei Mordashov ha chiuso il 2009 con
perdite nette per 1.037 milioni di dollari dall'utile per 2.029 milioni segnato
nel 2008. I ricavi si sono ridotti a 13.054 milioni, dai 22.393 del 2008. «Dato
il nostro focus strategico sulle operazioni nell'acciaio integrate verticalmente
- spiega Severstal -, attualmente stiamo esplorando tutte le opzioni al fine di
garantire la struttura più adeguata per lo sviluppo nel lungo termine di
Lucchini». La recente decisione di acquistare dalla famiglia Lucchini il 20,2%
della società salendo al 100%, si spiega, «darà a Severstal la massima
flessibilità in termini di sviluppo di alternative strategiche per le attività»
future.
Nel corso della conferenza telefonica con gli analisti per presentare i
risultati d'esercizio, l'amministratore delegato di Severstal, Alexei Mordashov,
non ha fornito ulteriori precisazioni sulle strategie del gruppo russo in merito
a Lucchini. «Stiamo valutando diverse opzioni e diverse soluzioni per Lucchini,
vi informeremo tempestivamente», si è limitato a dire sulla controllata
italiana. In precedenza aveva glissato una domanda sul prezzo pagato per il
recente acquisto del 20,2% residuo nella società, giudicato «alto» da un
analista: «È stata una transazione privata tra noi e la famiglia Lucchini», ha
detto senza precisare l'importo dell'operazione.
Per il 2010 Severstal si attende una ripresa contenuta nei settori del petrolio,
del gas e delle costruzioni, e una ripresa della domanda legata ai produttori di
auto e macchinari. Intanto entro la fine di maggio saranno valutate le prime
offerte di acquisto delle quote del gruppo Lucchini. A rendere noti i tempi
previsti per la conclusione delle trattative sono i responsabili locali dei
sindacati Fim, Fiom e Uilm, al termine di un incontro tenuto ieri con il
management dell'azienda. L'acquisizione da parte di Severstal del 20,2% delle
azioni del gruppo industriale, ancora in mano alla famiglia Lucchini, avrebbe
comportato, secondo quanto sostenuto dai sindacati, uno slittamento dei tempi
per la cessione. A mettere, in un primo momento, fretta ai russi sarebbe stata
la scadenza ad aprile di un opzione di put a favore dei Lucchini, che avrebbe
consentito alla famiglia bresciana di vendere le quote restanti al prezzo, fuori
mercato, di 160 milioni di euro.
«Rigassificatore, troppi rischi» - FRANCO BANDELLI:
SCARSO IL RITORNO ECONOMICO
No a questo rigassificatore «soprattutto se sistemato in quella zona così vicina al litorale e costruito con tecnologie superate». A uscire allo scoperto è stato l’ex assessore della giunta Dipiazza Franco Bandelli, oggi leader del movimento “Un’altra Trieste”, affiancato dai consiglieri comunali Claudio Frömmel, Salvatore Porro e Bruno Sulli e da Adriano Bevilacqua, coordinatore regionale della Uil dei Vigili del fuoco. «L’unico criterio – ha detto Bandelli – è la sicurezza. Ebbene un impianto simile a poche centinaia di metri dalla costa, a Zaule, è improponibile”. Il potenziale ritorno economico? «Dicono che alla fine – così Bandelli – pagheremo il gas il 5% in meno rispetto al costo attuale. Sarebbe questo il vantaggio di cui ci dovremmo accontentare a fronte del rischio di avere a poca distanza dalle nostre case un impianto che, esplodendo, può provocare un incendio di dimensioni inimmaginabili?»
(u. s.)
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - No al referendum
Leggo sul vostro quotidiano del 17/02/10 a pag. 21 la
segnalazione dell’addetto stampa del Comitato per la salvaguardia del Golfo di
Trieste. Mi chiedo quante sono e come sono composte le organizzazioni dei
Comitati, Assemblee, Collegi, Commissioni, Consigli, Delegazioni, Giunte,
Deputazioni, Ordini, Rappresentanze, Associazioni, Congressi, Gruppi e sinonimi
che operano a Trieste, e con quale competenza scrivono quanto letto o sentito
dai media, traendo conclusioni apparentemente logiche e sensate, volendo dare
lezioni di prudenza e cautela contrariamente ai nostri parlamentari nazionali e
regionali e ai veri esperti e periti.
Come presidente dell’organizzazione per il rigassificatore nel golfo di Trieste,
e tecnico iscritto alla locale Cciaa Trieste nel ruolo dei periti e degli
esperti della Provincia di Trieste e come ex comandante in pensione dopo 28 anni
di navigazione e quasi 21 da comandante di navi di tutti i generi, anche
geofisiche per la Snam-Eni-Agip (ricerche sui fondali adriatici, ionici,
tirrenici, tunisini con 11 tipi di specifiche ricerche geofisiche, e petroliere,
e gassiere dal 1964), dopo il pensionamento, ispettore alla sicurezza discarica
petroliere alla Siot, sono contrariato a referendum e altre attività svolte
senza competenza alcuna di causa.
Luciano Stilli - presidente Organizzazione per il rigassificatore nel golfo
di Trieste
Pista ciclabile, percorso di guerra in mezzo ai rifiuti
- Dalla ”piscina” alla galleria senza luce. La Provincia ha stanziato 200mila
euro per la riqualificazione
IL FREQUENTATO TRACCIATO DELL’EX LINEA FERROVIARIA
TRIESTE-ERPELLE
TRIESTE Più che una pista ciclabile, un percorso di guerra. Mentre si
moltiplicano le segnalazioni dei lettori che lamentano il degrado in cui versa
il percorso, inaugurato solo pochi anni fa, che corre lungo il tracciato della
vecchia linea ferroviaria Trieste - Erpelle, l’incuria degli uomini e le
intemperie completano l'opera.
Esempio emblematico quella che qualcuno ha già soprannominato ”la piscina”:
l’enorme pozzanghera nel sottopassaggio della pista ciclo-pedonale sotto la
strada per Bagnoli è talmente estesa e profonda da costringere le centinaia di
frequentatori a una disagevole deviazione per risalire a livello della strada,
attraversare l’arteria sfidando le auto, arrampicarsi su un muretto di circa
mezzo metro (magari con la bici in spalla) e riprendere il perocorso.
Per arrivare al sottopasso allagato, salendo dalla città, bisogna però aver
superato indenni la galleria qualche centinaio di metri prima: non è
particolarmente lunga, ma è curva, per cui entrando non si vede l'uscita. La
Provincia aveva superato l’inconveniente dotando la struttura di una serie di
punti luce ai bordi del tracciato, che si accendevano con una fotocellula man
mano che si procedeva all'interno del tunnel. Ciò consentiva di arrivare da
parte a parte in sicurezza e utilizzando solo l'energia strettamente necessaria.
Tempo, uso, scarsa manutenzione hanno progressivamente disattivato molti punti
luce. Ma da circa un mese anche il sistema di fotocellule è andato in tilt, con
il risultato che oggi chi entra, confidando nell'illuminazione automatica,
finisce per trovarsi nel cuore della galleria completamente al buio, dovendo
proseguire a tentoni, rasentando il muro per una decina di metri, fino a
compiere la svolta e orientarsi con la luce naturale proveniente dall'uscita.
Lo stato di abbandono dell'intero percorso, che pure è uno dei più suggestivi
dell'intera provincia, è evidente anche nel tratto che precede l'ingresso in
territorio sloveno, oltre l'ex stazione di Draga Sant'Elia: erbacce, rovi,
arbusti stanno progressivamente invadendo il tracciato, riducendo la pista a uno
stretto sentiero.
Non va meglio nei chilometri iniziali, tra Ponziana e Campanelle, dove
l'inciviltà e la pessima educazione di pochi costringono a camminare tra lattine
vuote, bottiglie in frantumi, cartacce, lavandini abbandonati e rifiuti di vario
tipo.
«Il disagio è destinato a esaurirsi nei prossimi mesi – sottolinea l'architetto
William Starc della Provincia –. Sono già stati destinati 200 mila euro per le
opere di riqualificazione dell'intera pista ciclabile». Tra i primi interventi
che verranno eseguiti, proprio lo svuotamento della ”piscina” e la sistemazione
del sottopasso in modo da garantire il deflusso delle acque.
Prevista anche la pulizia dell'intero tracciato, sia dalle erbacce che dalle
immondizie. Per quanto riguarda la galleria al buio, Starc chiama invece in
causa l'impresa, che formalmente non ha ancora consegnato l'opera e che pertanto
su quel tratto è ancora responsabile della manutenzione. Sono infatti ancora in
corso i collaudi della parte iniziale della pista, che una volta completata
consentirà di raggiungere Erpelle e Cosina, in Slovenia, partendo da Ponziana
senza mai lasciare l’ex linea ferroviaria.
(g.l.)
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 9 marzo 2010
Salvi gli incentivi al solare
Le tariffe incentivanti sono riconosciute a tutti i
soggetti che abbiano concluso, entro il 31 dicembre 2010, l’installazione
dell’impianto fotovoltaico ed abbiano inviato la richiesta di connessione
dell’impianto di produzione entro l’ultima data utile affinché la connessione
sia realizzata, nel rispetto della normativa vigente, entro il 31 dicembre 2010.
È quanto stabilisce un emendamento del PD approvato dal Senato e inserito nel
Decreto Legge “salva-Alcoa”.
“Finalmente – spiegano in una nota i senatori del Pd promotori dell'emendamento
- è possibile a tutti coloro che hanno costruito o costruiranno gli impianti
entro la fine del 2010 di avvalersi dei benefici previsti fino a quella data
anche se la connessione non è stata ancora realizzata purché gli impianti
risultino completi”.
L’attuale Conto energia assicura incentivi tra i più ricchi d’Europa, tra 35 e
48 centesimi al chilowattora, pur ponendo un tetto di 1.200 MW alla potenza
incentivabile. Anche questo giustifica la fretta di completare gli impianti
prima che diventi operativo il decreto in forza del quale dal 2011 l’incentivo
sarà tagliato tra il 6,5% e il 17,6% e poi di circa il 6% ogni anno. Il
potenziale del settore resta comunque molto alto e a gennaio la capacità degli
impianti fotovoltaici era di 800 MW.
Ora grazie all’emendamento i cittadini che realizzano un impianto fotovoltaico
entro la fine del 2010, potranno beneficiare di incentivi in ogni caso più
vantaggiosi rispetto a quelli più ridotti che saranno definiti con il terzo
Conto Energia. “Dopo mesi di colpevole inerzia da parte del governo 'dei fatti'
– insistono i senatori - il Pd è riuscito a rassicurare tutti quei cittadini,
imprenditori e imprese che avevano deciso di costruire impianti fotovoltaici
rispettosi dell'ambiente e che rischiavano di vedere sospesi gli incentivi
previsti a loro favore”.
“Ora le imprese che hanno fatto questi investimenti – conclude la nota - hanno
finalmente la certezza di ottenere gli incentivi, così come le banche possono
contare su una misura legislativa che, nero su bianco, stabilisce quali soggetti
abbiano i requisiti per accedere ai benefici. Un bel risultato se si considera
che essi riguardano imprese all'avanguardia e che sul piano industriale
esprimono una crescente domanda d'innovazione”.
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 9 marzo 2010
CACCIA: NUOVO SONDAGGIO IPSOS: ITALIANI CONTRARI, A
DESTRA E SINISTRA - “PER IL 79% E’ DA VIETARE O RIDURRE FORTEMENTE”.
Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e WWF Italia chiedono a
Camera e Senato la soppressione dell’articolo 43 della legge Comunitaria e lo
stop alle norme anti-fauna.
“Alle regionali gli italiani non votano chi è contro la natura”
“La stragrande maggioranza degli italiani è contro la caccia e dice un forte
no alla legge che estende la stagione venatoria”. E’ il dato più generale che
emerge dal nuovo sondaggio realizzato da Ipsos per Enpa, Lav, Legambiente, Lipu
e Wwf Italia.
“Il sondaggio Ipsos su “Le opinioni degli italiani sulla caccia” – dichiarano
Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia - non lascia spazio a dubbi: il 79%
dei cittadini considera la caccia una crudeltà da vietare o da regolare più
rigidamente, mentre l’80% la vorrebbe vietare nei terreni privati senza
l’autorizzazione del proprietario (il noto articolo 842 del Codice Civile).
Ancora, l’84% degli italiani darebbe la licenza di caccia solo a 21 anni con
ritiro ai 70, mentre l’86% è favorevole ad aumentare la distanza di divieto di
caccia dalle case e dai sentieri degli escursionisti. Il 71% degli italiani
chiede poi di limitare la stagione venatoria ai soli mesi di ottobre, novembre e
dicembre e il 77% chiede il divieto assoluto di caccia gli uccelli migratori.
Nettissimo anche il dato relativo all’articolo 43 della legge Comunitaria,
approvato in Senato e ora in discussione alla Camera, che permetterebbe
l’estensione della stagione venatoria oltre gli attuali limiti 1 settembre – 31
gennaio. In questo caso la contrarietà è dell’81% degli italiani, che dunque si
oppongono ad ogni ipotesi di allungamento della stagione di caccia, ad esempio
ai mesi di agosto e febbraio.
“Si tratta di una maggioranza schiacciante e trasversale – commentano Enpa, Lav,
Legambiente, Lipu e Wwf Italia - di cui i partiti e i gruppi politici, a partire
da quelli della Camera dei Deputati dovrebbero prendere atto, anzitutto
sopprimendo l’articolo 43 della Legge Comunitaria, ora all’esame delle
Commissioni della Camera. Una norma che ha prodotto dure proteste e
contestazioni e che in effetti, secondo Ipsos, soddisferebbe solo il 3% degli
elettori della maggioranza di Governo e il 2% dell’opposizione. Ma è in generale
ogni tentativo di estensione dell’attività venatoria, a partire dal disegno di
legge Orsi, che vede la netta contrarietà del Paese. E’ ormai chiaro che tra gli
italiani vi è un sentire comune e sempre più diffuso verso la tutela degli
animali e dell’ambiente, il quale non può non trovare una fedele
rappresentazione in Parlamento e tradursi in provvedimenti a favore della
natura”.
Molto importante il responso anche nelle tredici Regioni al voto, tema al quale
è dedicata una specifica sezione del sondaggio Ipsos. Il 69% degli elettori si
dichiara contrario o totalmente contrario ai candidati che proponessero regole a
favore della caccia, e 4 elettori su 10 cambierebbero di conseguenza il loro
voto. Anzi, l’89% vuole dai candidati un impegno politico e legislativo per
aumentare le tutele per gli animali e la natura, con un 93% degli elettori
Pdl-Lega e l’87% Pd-Idv.
Per questo Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e WWF Italia hanno chiesto ai candidati
a Presidente di Regione di conoscere e indirizzare o modificare in tal senso il
proprio programma di governo regionale, favorendo politiche di tutela degli
animali e della natura e di protezione e gestione del territorio in linea con la
cultura ecologista ormai diffusa in ogni strato del Paese.
SCHEDA. In 10 punti il sondaggio IPSOS “Le opinioni degli italiani sulla caccia”
per Enpa, Lav, Legambiente, Lipu, Wwf Italia
1. Il 70% degli italiani si dichiara fortemente contrario alla caccia. Sono in
particolare donne, laureati, impiegati, casalinghe, fascia d’età 18/24 anni.
Solo l’8% degli italiani è a favore (in particolare uomini sopra ai 55 anni,
basso titolo di studio, imprenditori, pensionati). Il 22% si dichiara
“neutrale”.
2. Alla domanda "Qual è la sua opinione sulla caccia?", il 79% degli italiani
esprime un giudizio fortemente critico, diviso tra un 52% che la considera
“un’inutile crudeltà da vietare” e il 27% che la ritiene un'attività da ridurre,
con regole più rigide. A questo dato va aggiunto un 14% di italiani che ritiene
accettabili le attuali regole, per un totale del 93% degli italiani comunque
contrari a qualsiasi ipotesi di ulteriori concessioni all'attività venatoria.
3. Sull’articolo 43 della Legge Comunitaria (approvato alla Camera e ora
all’esame della Camera), che amplierebbe i tempi di caccia, è contrario l’81%
degli italiani e favorevole solo il 10%. Solo il 3% degli elettori della
MAGGIORANZA DI GOVERNO è d’accordo con il voto del loro partito poiché ritiene
le regole odierne della caccia troppo rigide. Sempre nella stessa area politica
il 47% ritiene la caccia un’inutile crudeltà che andrebbe vietata, da sommare al
28% che vorrebbe regole più rigide e, solo per questo caso, da sommare anche al
20% che ritiene la norma attuale un buon punto di equilibrio. Per un totale del
95% di contrari alla caccia o a ogni sua estensione .
4. Nelle tredici Regioni al voto il prossimo 28 marzo, il 69% degli italiani si
dichiara “contrario” e “totalmente contrario” se i candidati proponessero regole
a favore della caccia (66% fra gli elettori di centrodestra e 75% di
centrosinistra). E se il candidato che si sta pensando di votare proponesse
interventi a favore della caccia, cambierebbero voto ben 4 elettori su 10: il
34% nel centrodestra (con un 25% che ci penserebbero fino all’ultimo) e il 43%
nel centrosinistra (con un 13% che ci penserebbero fino all’ultimo).
5. Nelle tredici Regioni al voto il prossimo 28 marzo, l’89% degli italiani si
dichiara favorevole se i candidati alle elezioni proponessero regole per
aumentare le tutele per gli animali e la natura. Si tratta del 93% degli
elettori Pdl+Lega e l’87% Pd+Idv.
6. “Scomposto” per orientamento di voto il 70% contrario a tutta la caccia è
ampio anche nella maggioranza di Governo (64%), diventa 71% nell’area Pd-Idv
fino al 76% di altro orientamento di voto (sinistra, centro, destra)
7. La contrarietà alla caccia fra abolizione e richiesta di una più rigida
regolamentazione registra un crescendo man mano che si scende nel Paese: 77% al
Nord e al Centro, 82% al Sud.
8. Il livello di accordo con alcuni provvedimenti per liberalizzare la caccia,
alcuni dei quali sono all’ordine del giorno da mesi della Commissione Ambiente
del Senato sul famoso “testo Orsi”, è estremamente minoritario: 5% per
autorizzare la caccia a specie protette, 7% per sparare a passeri e fringuelli,
7% per caccia nei parchi, 9% per aumentare caccia a uccelli migratori, 9% per
far sparare sempre in aree private a pagamento, 11% per ridurre sanzioni per chi
uccide specie protette.
9. Il livello di accordo con alcuni provvedimenti per limitare la caccia e
aumentare la sicurezza, è estremamente maggioritario: 71% per un calendario
venatorio ridotto da ottobre a dicembre, 77% per il divieto di caccia agli
uccelli migratori, 78% per vietare la caccia di domenica e nei giorni festivi
quando i boschi sono più frequentati da persone, 80% per vietarla nei terreni
privati senza l’autorizzazione del proprietario, 84% è per non rilasciare
licenza prima dei ventuno e dopo i settanta anni, 86% è favorevole all’aumento
della distanza di divieto di caccia dalla case e dai sentieri degli
escursionisti.
10. E’ altissima fra gli italiani l’opinione contraria alla violenza sugli
animali, con il 97% fra coloro che la ritengono sempre sbagliata (41%) e chi la
ammette solo per alimentazione (56%). Questo dato disaggregato per orientamento
di voto vede l’area Pdl+Lega al 96%, Pd+Idv al 97% e il 100% per gli altri. Solo
il 2% indica che gli animali servono unicamente “a soddisfare i bisogni
dell’uomo”.
LEGAMBIENTE, Enpa, Lav, Lipu e WWF
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 marzo 2010
Rigassificatore di Trieste, Potocnik: «Soluzione
bilaterale»
BRUXELLES Il commissario europeo all’Ambiente, lo sloveno
Janez Potocnik, ha espresso ieri a Bruxelles, a margine dell’incontro avuto con
il ministro Stefania Prestigiacomo, l’auspicio che una soluzione bilaterale
venga individuata sulla questione del rigassificatore da costruire nel Golfo di
Trieste, a pochi metri dal confine con la Slovenia. Lo ha riferito il Ministero
italiano dell’ambiente, che ha precisato che la questione è stata solo
brevemente accennata al termine dell’incontro sul problema dei rifiuti. Il
Ministero ha spiegato che il ministro Prestigiacomo ha ascoltato il breve invito
ed è stato ribadito che la disponibilità italiana non è mai mancata.
Frattini a Dipiazza: il rigassificatore va avanti -
Garantito anche l’impegno per l’ingresso della Croazia nell’Ue nel 2011
ENTUSIASMO PER IL MINISTRO ALLA FESTA DELLE DONNE PDL
«Guardalo, è anche abbronzato...». Il popolo femminile del centrodestra,
proprio nel giorno a loro dedicato, riceve un cadeaux fuori dalla norma: la
visita alla loro festa al Savoia Excelsior del ministro degli Esteri Franco
Frattini, notoriamente dopo il leader Berlusconi (...) quello che riesce a
stimolare al massimo il loro immaginario. Arriva quasi in orario, Frattini, e ha
il suo da fare per dribblare un gruppo adorante in minigonne e tacchi stiletto e
raggiungere un gruppo di notabili che per vederlo è arrivato da tutte le parti
della regione. Ci sono il tarvisiano Baritussio, il sindaco uscente di Cividale
Vuga, il capogruppo regionale della Pdl Daniele Galasso, l’assessore regionale
Sandra Savino che Dipiazza gli presenta direttamente con una piroetta d’altri
tempi. Ignorando, forse galantemente, che magari quella signora bionda con
occhiali e grinta da donna in carriera potrebbe prendere di qui a un anno il suo
posto a Palazzo Cheba.
Arriva il sottosegretario Roberto Menia e, in un clima di grande complicità, i
discorsi da cocktail lasciano il posto a quelli più strettamente politici.
«Franco, mi hanno appena chiesto del terzo mandato per i sindaci, che cosa gli
diciamo?». Frattini, a braccetto di Dipiazza, glissa con una mezza smorfia. Si
viaggia a vista, insomma, come sembra comprendere anche il sindaco uscente di
Cividale Vuga che, pare di aver capito, sarà la chiave di volta dell’intero
ragionamento. No Vuga no party, nel senso che se la deroga non dovesse arrivare
prima delle elezioni di Cividale difficilmente arriverà per le altre situazioni
in bilico, Bolzonello a Pordenone e Dipiazza, appunto, a Trieste.
Ma il sindaco, apparentemente fa spallucce. Ha altri pensieri per la testa. Il
rigassificatore, ad esempio, sul quale non gradirebbe proprio vedersi smentito.
Più tardi dirà: «Frattini mi ha assicurato che l’iter andrà avanti senza alcun
problema. Le proteste degli sloveni? Sì, certo ne abbiamo parlato ma non l’ho
visto preoccupato... È una persona concreta, finalmente un ministro degli Esteri
che non ci espone a figuracce e del quale siamo tutti orgogliosi». Tra dialoghi
recepiti a sbocconcelloni viene fuori anche che Frattini ha ricevuto e salutato
l’ambasciatore croato e garantito l’impegno dell’Italia per l’ingresso di quel
Paese nella Ue nel 2011. «Una mossa importante, anche per Trieste – commenta il
sindaco – perché la comunità croata è una parte importante di storia della
città».
L’universo rosa della Pdl ormai scalpita. C’è chi si avvicina attaccando bottone
con improbabili domande politiche, chi vorrebbe farsi fotografare assieme al
ministro. Riti da rimandare. Il Gotha politico targato Pdl lo riassorbe e così
Frattini, sempre con Dipiazza, si lascia scappare la mezza promessa «di almeno
un paio di incontri bilaterali internazionali da tenersi a Trieste», come
racconta, orgoglioso, il primo cittadino.
Le donne della libertà ormai sono incontenibili. Accolgono con grande trasporto
Frattini e gli altri mentre entrano nella sala da pranzo. Ma chi l’ha detto che
la mimosa è un simbolo ormai desueto, fatto proprio solo dalle femministe della
sinistra? In sala c’è tutto un tappetto di bouquet, seppure con una piccola
variante: un iris nel mezzo. «Ci andava bene anche una nota simbolica di
azzurro, capisce...», spiega una bionda, felice, prima di andare a mangiarsi con
gli occhi il suo ministro.
(f.b.)
Il ”nodo” Ferriera in Consiglio comunale - MOZIONI
URGENTI DEL CENTROSINISTRA E DELLA LEGA
Ferriera alla ribalta del Consiglio comunale, domani sera.
Gran parte della seduta sarà dedicata alla discussione di due mozioni urgenti
sul futuro dello stabilimento servolano. La prima presentata dal capogruppo
della Lega Nord Maurizio Ferrara, l’altra da Roberto Decarli (Cittadini) e
sottoscritta da tutto il centrosinistra.
Sulla situazione ambientale dello stabilimento, sulla sua riconversione e sul
ricollocamento dei lavoratori, entro dieci giorni saranno poi sentiti dalla
terza e quarta commissione gli assessori regionali Ciriani, De Anna, Kosic e
Rosolen. Lo annuncia il consigliere regionale Lupieri (Pd), che assieme ai
colleghi ha chiesto la convocazione congiunta commissioni.
A riprova di quanto il tema Ferriera sia caldo, giovedì pomeriggio, dalle 15.30
alle 18.30, nell’aula magna del liceo Dante Alighieri le Rsu di Fim, Fiom e Uilm
hanno indetto un’assemblea pubblica ”per sensibilizzare la cittadinanza, gli
amministratori pubblici, le istituzioni e i partiti politici”.
Tornando alle mozioni che verranno discusse dal consiglio comunale, la Lega
ricorda che ”la situazione ambientale potrebbe portare a una chiusura anticipata
dello stabilimento rispetto alla data prevista del 2015”, ipotizzando
”un’improvvisa crisi occupazionale e sociale sul territorio, non riassorbibile
in assenza di un’idonea strategia di riqualificazione e ricollocazione del
personale”. Il Carroccio invita dunque il sindaco a intervenire presso
l’assessore regionale al Lavoro, al fine di ”conoscere le decisioni politiche
assunte per gestire il processo di riqualificazione e ricollocazione del
personale”, gli ”eventuali ammortizzatori sociali e li incentivi pensionistici
previsti per tale personale”.
La mozione del centrosinistra ricorda invece la ”preoccupante vicenda
dell’indagine della Procura su alcuni aspetti ambientali l’annunciata vendita
della maggioranza del pacchetto azionario della Ferriera da parte della
Severstal», e sottolinea il fatto che ”recenti accadimenti fanno presagire
decisioni sull’interruzione più vicine, rispetto a quelle previste per il 2015,
e dai risvolti occupazionali ed economici allarmanti”.
Di conseguenza il documento del centrosinsitra impegna il sindaco a ”intervenire
presso il Governo e i ministeri, di concerto con il presidente della Regione e
gli assessorati, per verificare quali atti sono stati attivati per avviare il
piano di riconversione industriale e occupazionale, ed esaminare come saranno
riqualificati i lavoratori coinvolti nel processo di ricollocazione nonchè le
modalità di sostegno economico”.
Nucleare, nel 2013 i lavori per la prima centrale - LO ASSICURA IL MINISTRO SCAJOLA
Conti (Enel): costi inferiori del 20% a quelli di altre
fonti. Zaia: niente impianti in Veneto
PARIGI Vantaggi per i territori coinvolti e costi inferiori dell'elettricità
per il sistema italiano. Sono questi i pro del ritorno dell'Italia al nucleare,
come hanno spiegato il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, e
l'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, ieri a Parigi per la Conferenza
internazionale sull'accesso al nucleare civile a Parigi, a cui hanno partecipato
anche altri protagonisti del mercato energetico italiano, tra cui
l'amministratore delegato di Edison, Umberto Quadrino.
I territori che ospiteranno le centrali «avranno benefici diretti, per i
cittadini, che pagheranno meno per l'energia, e per gli enti locali, che avranno
introiti supplementari per le proprie casse pubbliche», ha assicurato Scajola,
sottolineando che «il programma nucleare italiano procede nei tempi previsti» e
«il governo sta creando le condizioni necessarie affinchè le imprese possano
avviare i lavori per la costruzione della prima centrale nucleare entro il
2013». Il 9 aprile - ha proseguito il ministro, «a Parigi ci sarà un vertice tra
il premier Berlusconi e il presidente francese, Nicolas Sarkozy, in cui saranno
conclusi numerosi importanti accordi», tra cui uno fra la Sogin italiana e
l'omologa francese per una collaborazione nella gestione delle scorie».
Il numero uno di Enel ha posto l'accento sul fatto che i costi del nucleare
«sono inferiori del 20% a quelli di altre fonti, come ad esempio il gas, e non
influenzati dalla volatilità dei prezzi delle materie prime». Allo stesso tempo,
il ritorno all'atomo non comporta alcun rischio per la sicurezza, ma le
condizioni geografiche del nostro Paese impongono reattori grandi e potenti,
come il francese Epr: «Per le condizioni geografiche dell'Italia, ritengo che a
parità di garanzie di sicurezza sia meglio scegliere reattori più grandi e
potenti. L'Epr francese al momento è il più avanzato, è già stato realizzato ed
è pronto all'utilizzo». Per Conti, «il nuovo ciclo del governo italiano ha
affermato il principio che il nucleare non è un'onta, o un delitto, ma
un'opportunità». Il convegno sul nucleare ha riacceso la polemica sul fronte
politico nazionale: per Greenpeace le centrali Epr «Potrebbero essere pericolose
quanto quella tristemente famosa di Chernobyl, per il rischio che si verifichino
incidenti tecnici analoghi», mentre per i Pd e i Verdi, la lista dei siti
nucleari verrà resa nota solo dopo le regionali, anche perchè ci sarebbero
divergenze all'interno della stessa maggioranza. Il ministro dell'Agricoltura,
Luca Zaia, e candidato come governatore del Veneto, intanto, spunta la regione
dalla lista delle regioni che possono ospitare il nucleare: «Non ha nessuna
candidatura per ospitare una centrale, ma devo ricordare che la presenza di
insediamenti umani in Veneto mi trova contrario a dare un ok a questo tipo di
progetto».
Aquario, un parcheggio sul terrapieno se l’inquinamento
non risulterà grave - RIUNIONE IN REGIONE: SI ATTENDONO I DATI DALL’ARPA
MUGGIA Potrebbe essere pronto già per la prossima stagione
estiva un parcheggio sul terrapieno Aquario, fra Punta Olmi e Punta Sottile. Se
lo consentiranno i dati, rilevati nell’indagine del Cigra per conto del Comune
in merito all’inquinamento del sito, e successivamente elaborati dall'Arpa, uno
dei problemi più sentiti della zona, quello della carenza di posteggi per i
numerosi bagnanti che affollano quel tratto di costa, verrà risolto.
Un primo passo del lungo iter che porterà alla bonifica del sito e al suo
successivo recupero, è stato compiuto ieri in Regione, nel corso di un incontro
tra i soggetti interessati, Comune e tecnici regionali in prima fila, che hanno
messo a punto una strategia di intervento.
Manca ancora il passaggio fondamentale: l'interpretazione tecnica dell’indagine
condotta dal Cigra, in sostanza i risultati delle campionature eseguite.
Non c’è ancora alcuna certezza, ma da indiscrezioni pare che dell’intera area,
già a suo tempo sotto sequestro, solo alcune zone ben delimitate possano
comportare dei rischi. Le due estremità del terrapieno sarebbero le meno
inquinate; la parte centrale, invece, è quella con i maggiori accumuli di
sostanze da rimuovere.
Il Comune ha fretta di recuperare il sito, ferma restando la necessità di
ripulire in modo approfondito e definitivo quel tratto di costa. Dopo l’ncontro
di ieri, il prossimo passo sarà la convocazione di una conferenza di servizi,
presumibilmente nelle prossime settimane, nella quale l’Arpa illustrerà le
proprie conclusioni.
Soltanto così si potrà avere la dimensione esatta dell'intervento di recupero e
degli strumenti da adottare per eseguirlo. «A quel punto procederemo con la
presentazione di un progetto – annuncia il sindaco Nesladek – che restituisca il
sito alla totale fruizione dei cittadini».
Quella del parcheggio potrebbe dunque essere una soluzione provvisoria, da
attuare su un’area ben delimitata e assolutamente priva di rischi non appena la
situazione si sblocca, e in attesa di un intervento più organico da realizzare
in un paio di anni: sbocchi a mare, servizi, punti di ristoro, aree attrezzate e
tutto ciò che possa sviluppare l’offerta turistica della zona, sulla falsariga
delle strutture esistenti nei pressi dello stabilimento di Punta Olmi. «Diciamo
che si inizia a intravedere la luce in fondo al tunnel – commenta Nesladek –
anche se molto resta ancora da fare: quello che conta d’ora in poi è avere una
programmazione degli interventi da portare a termine nel modo migliore e il più
presto possibile».
(g.l.)
Chiampore, nuova antenna della Protezione civile - IL
PROBLEMA DEI RIPETITORI - Sarà usata per ponti radio della rete regionale Il
sindaco: «Nessun rischio»
MUGGIA «Assolutamente nessun rischio per la salute». A
pochi giorni dalla conferenza di servizi per risolvere il problema
dell’inquinamento elettromagnetico a Chiampore, il sindaco di Muggia, Nerio
Nesladek, garantisce che la nuova antenna, che la Protezione civile regionale
sta installando su un traliccio nella stessa Chiampore, non produrrà alcuna
emissione dannosa per la salute dei residenti. «Non sarà il massimo dal punto di
vista estetico – precisa il sindaco – ma i miei uffici confermano che non
comporta alcuna conseguenza sul piano sanitario».
L’antenna servirà da ponte radio per le comunicazioni della Protezione civile.
Pur sorgendo su territorio comunale, la Protezione civile non ha chiesto alcuna
concessione per l'installazione in quanto la normativa le consente di procedere
autonomamente. Ciononostante l’organismo regionale ha preferito informare il
Comune di Muggia dell’intenzione di procedere con la costruzione della
struttura.
Tra alcuni abitanti della zona, già interessata da anni dal funzionamento di
numerosi ripetitori radiotelevisivi, si era diffusa la preoccupazione che la
nuova antenna potesse in qualche modo influire sulla loro salute.
Sempre a Chiampore, comunque, nelle prossime settimane entrerà in funzione, sul
terreno di un cittadino volontario, la nuova centralina acquistata dal Comune
per la rilevazione delle onde elettromagnetiche.E intanto la nuova seduta della
conferenza dei servizi per lo spostamento delle antenne di Chiampore è fissata
per il 22 marzo.
(g.l.)
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 8 marzo 2010
Processo informativo della Provincia sul
rigassificatore di Trieste-Zaule: il WWF invia 260 pagine di documenti e quesiti
È composto da 260 pagine di documenti il contributo del
WWF al “processo informativo” sul rigassificatore di Trieste-Zaule, avviato
dalla Provincia di Trieste.
L’associazione non condivide però i tempi e l’impostazione dell’iniziativa
provinciale.
“Sono oltre quattro anni – sottolinea infatti il WWF – che
si discute sul progetto e si analizzano i documenti presentati da Gas Natural,
pieni (com’è noto) di errori, incongruenze e manipolazioni”. Il che,
incredibilmente, non ha però impedito ai ministri dell’Ambiente e dei Beni
culturali di firmare nel luglio 2009 il decreto VIA, con il giudizio di
compatibilità ambientale favorevole sul progetto. Inevitabile, perciò, il
ricorso al TAR contro questo decreto, da parte di alcuni Comuni e delle
associazioni ambientaliste. Oltre tutto è mancata qualsiasi seria iniziativa
rivolta ad informare e consultare i cittadini sul progetto di Gas Natural e
sulle sue conseguenze ambientali.
“In questa lunga vicenda – rileva il WWF – la Provincia di Trieste ha brillato
per la propria assenza, non avendo espresso mai, malgrado le richieste della
Regione, un parere sul rigassificatore, né assunto alcuna iniziativa in merito.
È curioso, quindi, che solo ora, a giochi ormai quasi fatti, si avverta
l’esigenza di un processo informativo rivolto alla cittadinanza. Cittadinanza
che però nessuna norma prevede possa esprimersi sul progetto, per esempio con un
referendum.”
Il processo informativo avviato appare poi, a giudizio del WWF, equivoco
nell’impostazione, poiché si prevede di raccogliere i quesiti del pubblico,
farli “tradurre” in linguaggio scientifico da un gruppo di lavoro creato ad hoc
e quindi passarli a Gas Natural, affinché fornisca delle risposte. “È un po’
come chiedere all’oste di dichiarare se il suo vino è buono – commenta il WWF –
e per di più ad un oste che è già stato pizzicato con le mani nel sacco, per
aver sofisticato i suoi prodotti.”
Il WWF è critico anche sulla composizione del suddetto gruppo di lavoro
tecnico-scientifico – che coinvolge rappresentanti dell’Area Science Park,
dell’Università di Trieste, dell’OGS e della SISSA – poiché ne fanno parte due
ingegneri, due economisti, un fisico e un geologo, mentre mancano clamorosamente
chimici e biologi “benché gli aspetti relativi, ad esempio, all’impatto del
rigassificatore sull’ecosistema marino – osserva l’associazione – e quelli del
risollevamento di sostanze inquinanti dai fondali marini, siano di importanza
primaria nella valutazione degli impatti del progetto.”
“Abbiamo tuttavia deciso di contribuire ugualmente – conclude il WWF – al
processo informativo sul rigassificatore, inviando alla Provincia la
documentazione da noi prodotta in questi quattro anni, sia sul progetto di Gas
Natural, sia su quello (strettamente connesso al primo) del gasdotto
Trieste-Grado-Villesse proposto da SNAM e anche sulla centrale da 400 MW che
Lucchini Energia vorrebbe costruire nei pressi dell’impianto di Gas Natural. Si
tratta complessivamente di 260 pagine, dalle quali il gruppo di lavoro potrà
certamente trarre utili elementi di riflessione. Non si spaventino gli esperti
designati dalla Provincia per la mole di lavoro che li attende: tutte le
osservazioni del WWF sono state infatti formulate da persone preparate ed
esperte sui vari temi affrontati.”
L’associazione ambientalista ha chiesto tuttavia di partecipare ad una delle
audizioni previste dal gruppo di lavoro della Provincia “perché nel colloquio
diretto potranno essere meglio chiarite questioni di metodo e di merito,
importanti quanto delicate.”
WWF Friuli Venezia Giulia - Via Cussignacco 38 - 33100 Udine - Tel. e fax
0432 502275
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 marzo 2010
Da via Bonomea a Roiano, scarpate usate come discariche
- SI TROVA DI TUTTO NELLE ZONE VERDI CHE PORTANO VERSO IL CARSO
Le cattive abitudini sono dure a morire. E’ per questa
ragione che nonostante la presenza onnipresente lungo tutte le strade cittadine
e provinciali di contenitori per le immondizie e l’apertura estesa (pure
domenicale) delle depositerie comunali per lo smaltimento dei rifiuti
ingombranti, sono tanti i cittadini che si disfano di ogni sorta di porcherie
scaricandole di preferenza nelle parti verdi del capoluogo. E’ facile
sincerarsene. Basta salire sulle colline che circondano Trieste e dare
un’occhiata a quelle che è lecito definire “le scarpate della vergogna”. La
passeggiata, davvero sconsolante ma molto istruttiva, deve essere effettuata
durante i mesi invernali, quando le foglie non celano allo sguardo il misero
risultato della stupidità umana. Quella che con le proprie mani prepara un
futuro di grave inquinamento a danno di nuove generazioni spesso inconsapevoli
di cosa stia accadendo e di quanto stiano perdendo. La prima tappa di questo
triste itinerario riguarda la collina di Roiano. Si parte dall’Obelisco, uno dei
punti panoramici più belli della città, per dare un’occhiata alla scarpata
sottostante la via Bonomea. Tra il degrado di un mini bosco fatto di ailanti,
albero tanto prolifico quanto infestante, c’è di tutto: bottiglie, sacchi di
plastica, ferro arrugginito e elettrodomestici scassati. Fortunatamente ci sono
alcuni membri della Comunella di Opicina che nel tratto di scarpata
immediatamente confinante con la proprietà della Sissa sta facendo legnatico,
seguendo le istruzioni della Forestale. Segando rami e alberi compromessi,
vengono anche asportati diversi rifiuti rinvenuti sul posto. Tornati
all’Obelisco, si ridiscende per Scala Santa. Anche sulla scarpata che pende
verso la ferrovia e la lontana Pischianzi, è facile constatare come qualcuno
l’abbia utilizzata quale discarica precipitandovi materiali di risulta e vecchi
elettrodomestici. La corsa di mattoni e elettrodomestici è stata frenata dalle
querce e gli ornielli prevalenti sul versante, e le carcasse arrugginite
risultano incagliate tra rami e pietre. Lasciate Bonomea e Scala Santa, lo
sconcio continua anche lungo buona parte della parte alta di via Commerciale,
nel tratto di strada fiancheggiato dalla trenovia. Su di un versante non lontano
dalla fermata di Conconello, sembra si siano dati convegno dei folli idraulici,
tanti sono gli scaldabagni di ogni dimensione precipitati sconsideratamente a
valle. Sulla strada il cartello predisposto dal Comune informa che scaricare
materiali nella scarpata è punito dalla legge, segnalando con tanto di indirizzi
e orari le diverse depositerie presenti sul territorio. Agli scaricatori abusivi
di materiali e inquinanti infatti basterebbe far riferimento alla discarica
opicinese di Strada per Vienna o a quella roianese di via Valmartinaga, aperte
dal lunedì al venerdì ininterrottamente dalle 7.00 alle 19.00, piuttosto che
lordare pure le aree boschive della parte alta di Vicolo delle Rose, altro sito
della collina roianese preso di mira da quei vandali colpevolmente ignari che
nel ruscello non lontano sopravvivono delle specie animali uniche per la nostra
regione.
Maurizio Lozei
Il commercio globale del petrolio e i suoi tanti
retroscena ”neri” - UN INCONTRO SULL’ENERGIA ORGANIZZATO DALL’ASSOCIAZIONE
”VOLENTIERI”
Il futuro dell’energia non va certo in direzione del
petrolio. Eppure l’oro nero continua a guidare le scelte politiche ed economiche
mondiali. Dei retroscena del commercio globale di petrolio si è discusso
venerdì, in un incontro organizzato dall’associazione Volentieri, insieme a
Elena Gerebizza, membro di CRBM (Campagnia per la Riforma della Banca Mondiale),
e a Franco Delben, del Comitato Etico di Etica Sgr. Tra i temi trattati
particolare attenzione è stata dedicata all’accordo siglato nel 2008 da Eni con
il governo del Congo, che prevede, a fronte di un investimento di 3 miliardi di
dollari, anche l’esplorazione da parte della compagnia italiana, a scopo
estrattivo, di un’area di 1790 metri quadrati ricca di sabbie bituminose. Un
territorio che, spiega Gerebizza, è coperto per il 70% dalla foresta tropicale:
lì abitano comunità di agricoltori che non sono stati neppure informati sul
futuro dell’area in cui vivono.
Per mostrare i risultati di questo tipo di sfruttamento del suolo è stato
proiettato il documentario di Shannon Walsh “H2Oil”, che racconta come in Canada
l’estrazione di sabbie bituminose nella regione dell’Alberta abbia modificato in
maniera irreversibile il territorio circostante. «Se un tempo c’erano sterminate
distese d’acqua e foreste boreali oggi c’è un paesaggio lunare – racconta
Gerebizza – e l’acqua è sempre più inquinata, perché viene usata nel processo di
estrazione, contaminandosi con le sostanze utilizzate per dividere il petrolio
dalle sabbie: arsenico, cadmio, mercurio. Con il risultato che dal 2000 ad oggi
i casi di cancro e leucemia tra la popolazione locale sono aumentati
esponenzialmente: ma il governo continua a dire che non c’è nulla di anormale. E
il Canada è una democrazia, per cui la gente può almeno protestare in piena
legalità. In Congo invece c’è una dittatura de facto e nessuna normativa di
carattere ambientale».
«Per farsi portavoce degli interrogativi della società civile - spiega Delben -
la Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha acquistato una piccola quota di
azioni Eni, guadagnandosi così la possibilità di partecipare agli incontri della
società con gli azionisti e di presentare in quella sede le domande cui Eni non
ha ancora dato risposta». «L’estrazione di petrolio da sabbie bituminose –
prosegue Delben, ex professore di chimica all’Università di Trieste - è
estremamente energivora: con questo metodo per ottenere 6 barili di petrolio ne
vengono utilizzati 5. Senza dimenticare che c’è petrolio e petrolio: quello
estratto dalle sabbie bituminose è di scarsa qualità, mentre il migliore è il
greggio liquido estratto dai pozzi del Golfo Persico. Non a caso quell’area
negli ultimi anni è stata interessata da conflitti senza fine: anche se il
petrolio è una risorsa che presto si esaurirà, le decisioni geopolitiche
continuano a ruotare intorno all’oro nero».
Giulia Basso
SEGNALAZIONI - DIBATTITO - Sul rigassificatore
Vorrei dire qualcosa sul rigassificatore dopo aver letto
le parole dell’ex presidente dell’Associazione industriali Sergio Razeto: «Sono
favorevole al rigassificatore, certamente però Gas Natural dovrà costruire
l’impianto avvalendosi delle migliori tecnologie e fornire garanzie in termini
di sicurezza e tutela ambientale» e Pacorini dice le medesime cose.
Ma con che coraggio? Che cosa possiamo aspettarci da Gas Natural che ha
presentato carte con nomi di ingegneri che nessuno sa chi siano?
E poi Gas Natural ha scritto che il progetto non era definitivo: allora, se il
progetto non era ancora definitivo, su che cosa si è basato il governo per dare
l’autorizzazione alla costruzione del rigassificatore? Su quale progetto? Su
quali documenti? È doveroso farsi queste domande. Roberto Sasco scrive: «Alla
fine decideranno Berlusconi e Scajola perché noi non contiamo niente». Ma che
politici abbiamo? Allora la Regione, la Provincia, i Comuni, la popolazione non
contano niente? Siamo diventati il popolo bue che accetta tutto o obbedisce?
Perché invece non si potenzia il porto che lavori assieme a quello di
Capodistria (che quello sì viene potenziato), così se un giorno chiuderanno la
Ferriera, i 500 dipendenti potranno venir assorbiti dal porto? Possibile che i
politici non vedano queste situazioni? È che non vogliono vederle perché
purtroppo sotto ci sono tanti, tanti, tantissimi interessi.
Graziella Albertini
SEGNALAZIONI - Treni regionali - REPLICA
Il treno regionale 2451, Udine-Trieste, il 22 febbraio
scorso è stato soppresso per un precedente guasto del treno 5963 da Tarvisio, e
la conseguente indisponibilità del materiale di quest’ultimo che non è potuto
arrivare in tempo utile nella stazione di Udine. Nel periodo dal primo gennaio
al 24 febbraio 2010, il 92% dei treni sulla Udine-Gorizia-Trieste è arrivato a
destinazione puntuale. I reclami, peraltro neanche molto numerosi, inviati dai
viaggiatori di quella linea – a cui diamo sempre riscontro – non riguardano
infatti tale aspetto del viaggio.
Siamo consapevoli dell’elevata età media dei treni per i pendolari, una
situazione creata da decenni di mancati investimenti e risorse insufficienti.
All’estero le compagnie ferroviarie che gestiscono i servizi regionali hanno
ricavi doppi rispetto a Trenitalia e le amministrazioni pubbliche concorrono ad
acquistare nuovi treni o lo fanno direttamente. Dopo molti anni, finalmente, i
nuovi contratti di servizio con le Regioni prevedono una durata idonea per
consentire a Trenitalia di reperire le necessarie risorse finanziarie e
acquistare nuovi treni. Abbiamo già investito un miliardo e mezzo di euro
nell’acquisto di nuove carrozze e locomotori. Si tratta di un piano da due
miliardi di euro, il più ingente mai lanciato da Trenitalia.
Per il Friuli Venezia Giulia, la Regione ha già attivato la gara per la
fornitura di 8 nuovi treni composti da automotrici elettriche e Trenitalia sta
facendo costruire 4 nuovi treni a doppio piano «Vivalto».
Ferrovie dello Stato - Ufficio stampa Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - DOMENICA , 7 marzo 2010
Dalla Ferriera ”rimborsi per i disagi” - Tre abitanti
di Servola hanno ricevuto 4mila euro a testa
Quattromila euro a testa, dalla Ferriera, a titolo di
”rimborso per gli eventuali disagi arrecati dall'attività industriale”. Li hanno
percepiti tre residenti di Servola, Alda Sancin, presidente dell’associazione
”No smog”, Daniela Peloso e Livio Bubbi.
La notizia, che si inserisce nel complesso e articolato fronte del conflitto fra
servolani e proprietà dello stabilimento di Servola, è stata diffusa ieri in una
conferenza stampa da Adriano Tasso, segretario dell’associazione ”No smog”, che
da tempo si batte per la chiusura della Ferriera.
Tasso ha anche comunicato la dichiarazione che i destinatari delle somme hanno
reso: «Prendiamo però atto che la società e gli imputati dichiarano di non
riconoscere alcuna responsabilità relativamente ai fatti per cui è causa, e che
pertanto il pagamento avviene a mero titolo transattivo».
I tre si erano costituiti parte civile nell'ambito del processo penale a carico
del direttore dello stabilimento di Servola, Francesco Rosato,
dell'amministratore delegato della Lucchini, Giovanni Gillerio, del presidente
del consiglio di amministrazione Giuseppe Lucchini e dell'amministratore
delegato della stessa azienda, Hervé Jean Mariè Kebrat, nel quale si fa
riferimento ”ad alcune contestazioni relative all’affermata fuoriuscita di fumi
e polveri dagli impianti dello stesso stabilimento di Servola della Lucchini”.
I tre destinatari della transazione sono stati ripagati anche delle spese legali
sostenute per la costituzione di parte civile.
Nel corso della conferenza stampa, Tasso ha formulato inoltre tre precise
accuse, in relazione alla situazione di «grave inquinamento ambientale che si
registra da troppo tempo a Servola». Il segretario dell'associazione ”No smog”
ha parlato di «totale inesistenza di una politica ambientale da parte delle
istituzioni preposte», del «protrarsi e aggravarsi dello stato di incertezza dei
lavoratori per quanto riguarda la conservazione del posto di lavoro», di «una
situazione ambientale sempre più degradata».
A quest'ultimo proposito, Tasso ha ricordato che «la presenza di pm10 e di
benzapirene nell'aria da tempo ha raggiunto e superato i livelli di guardia
stabiliti dalla normativa» precisando che, in base alle rilevazioni effettuate,
«l'area più pericolosa sotto il profilo dell'inquinamento è quella di via del
Carpineto».
Ugo Salvini
«Centro storico, manca la visione di fondo» -
Architetti critici sul Piano del Comune: sbagliato anche escludere le Rive -
Presentato dall’Ordine
L’Ordine degli architetti è tornato all’attacco sul Piano
particolareggiato del centro storico di Trieste presentando ieri a un pubblico
di specialisti e comuni cittadini i risultati del lavoro delle tre commissioni
istituite per presentare le osservazioni al progetto. I punti deboli annotati:
esclusione delle Rive dalla perimetrazione del centro storico, assenza di
un’idea forte dello spazio pubblico, mancanza di integrazione tra aspetti urbani
e architettonici, aridità degli apparati inerenti alle nuove edificazioni.
«Sono considerazioni che intendiamo portare avanti ma forse si è aperto un nuovo
spiraglio – ha anticipato il presidente dell’Ordine Andrea Dapretto -: il Comune
sembra interessato all’apertura di un tavolo di lavoro con Ordini e Collegi, ed
entro una decina di giorni dovrebbe aver luogo il primo incontro». Il lavoro da
fare non mancherà, neppure se i temi da discutere si dovessero limitare alle
proposte degli architetti: le tre commissioni di studio su “Perimetro di piano e
spazi pubblici”, “Patrimonio costruito esistente” e “Nuove costruzioni e
progetti di ricomposizione urbana”, composte da oltre venti architetti e
pianificatori, hanno realizzato un documento che raccoglie le 29 osservazioni
presentate. «Ai membri si sono affiancati esperti – spiegano dall’Ordine - e
consulenti in materie supplementari».
Le critiche, numerose e particolareggiate, che l’Ordine rivolge al Piano sono
riconducibili a quello che per gli architetti è un problema di fondo: «È un
lavoro basato su un’analisi ben fatta, che deve tanto a studi fatti in passato –
ha affermato Dapretto – e in molti punti scende nei particolari con precisione a
volte forse eccessiva: al contempo però manca del tutto una visione strategica
della pianificazione». Il risultato sarebbe un approccio discontinuo, che
rischia di snaturare l’identità organica e unitaria del centro storico
cittadino: «Il Piano contraddice le indicazioni del Piano urbanistico regionale
generale del Friuli Venezia Giulia – ha spiegato l’architetto Thomas Bisiani –.
Sebbene risalga al 1978, il Purg è per molti aspetti all’avanguardia, e insiste
ripetutamente sulla necessità di una pianificazione unitaria dei centri urbani:
il contrario di quel che si fa a Trieste escludendo le Rive dal centro storico».
«Ora le osservazioni sono in fase di analisi e il Piano approderà in aula
probabilmente tra maggio e giugno – ha dichiarato Dapretto – allora vedremo
quante e quali osservazioni saranno state accolte e in che misura il piano sarà
modificato».
In ogni caso gli architetti non vogliono abbandonare la questione: «L’Ordine
intende seguire da vicino tutto l’iter procedurale e, se possibile, giocare la
sua parte – ha detto il presidente – perché il ruolo dei professionisti è di
fare da tramite tra l’amministrazione e i cittadini».
Giovanni Tomasin
Sasco: «Bisogna riutilizzare il masegno» - I LAVORI IN
PIAZZA DELLA BORSA E IN VIA CASSA DI RISPARMIO
«Il masegno va riutilizzato integralmente». Davanti alle
centinaia di lastroni avanzati dai lavori in via Cassa di risparmio e
attualmente accumulati ai lati del canale di Ponterosso, il segretario dell’Udc
Roberto Sasco è categorico: «Se vuole essere una vera città d’arte Trieste deve
fare un salto di qualità – dice – e valorizzare le sue pavimentazioni storiche
in tutti gli interventi urbani».
A sostegno della sua posizione Sasco cita gli oltre 250 iscritti al gruppo su
Facebook “Salviamo il selciato storico ovvero il masegno di Trieste”: «Dimostra
che questo problema sta a cuore a molti triestini». Tra gli esempi negativi del
passato Sasco elenca i lavori in via Cavana, piazza Goldoni e piazza Unità:
«Realizzati con lastre di arenaria decisamente poco consone al contesto urbano –
dice -: ho avanzato due emendamenti al Piano particolareggiato del centro
storico perché in futuro tutti gli interventi sull’arredo urbano vengano
sottoposti alla previa analisi della commissione per il paesaggio».
Christian Bertok, fondatore del gruppo “Salviamo il masegno”, puntualizza:
«Nell’Ottocento Stendhal definiva il selciato di Trieste “il più bello
d’Europa”, nel corso del Novecento quel patrimonio è stato cancellato». Bertok
indica l’asfalto ai lati del canale: «Qui sotto c’è ancora la pavimentazione
storica, in attesa di essere riportata alla luce – dice -. C’è chi sostiene che
il masegno non possa venire riutilizzato perché si deteriora, ma se fosse così
il molo Audace, che noi tutti apprezziamo, sarebbe già marcito da un pezzo».
Sasco esprime i suoi dubbi anche sul progetto di passerella su Ponterosso: «Le
due cose sono collegate – afferma – non possiamo snaturare il centro storico,
biglietto da visita della città». Sul problema l’Udc trova il sostegno della
sezione triestina di Italia Nostra: «Una struttura di forme e materiali moderni
mal si inserirebbe in un ambiente ottocentesco – dice l’associazione
ambientalista – inoltre l’intervento non è giustificato da una reale necessità
di passare da una sponda all’altra».
(g.to.)
Lupieri (Pd): sito inquinato, 3 milioni per
caratterizzazioni
Il consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri ha
presentato un'interrogazione urgente al presidente della Regione Renzo Tondo e
all'assessore De Anna per invitarli a superare il problema del sito inquinato,
«che paralizza lo sviluppo economico della città - si legge in una nota - in
quanto viene negata al sistema industriale la possibilità di espandersi e di
attirare nuove imprenditorialità». Lupieri ha sottolineato come sia
«fondamentale partire subito con le caratterizzazioni di un milione 200mila
metri quadri, per le quali sono necessari 3 milioni di euro». Con 3 milioni
secondo Lupieri «sarebbe possibile in 7 mesi procedere con una gara di appalto
unico, in un anno e mezzo dalla gara eseguire le caratterizzazioni e farle
validare velocemente dall'Arpa. Con l'analisi del rischio che così sarebbe
possibile eseguire, laddove vi fossero le condizioni, si potrebbero liberare
terreni non inquinati e un certo numero di aziende potrebbero insediarsi».
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - DIBATTITO
Leggendo sul Piccolo le riflessioni amare del sindaco,
diciamo così, sulla gazzarra attorno agli studi fatti o da farsi sul
rigassificatore non riesco a sottrarmi all’impulso di invitarlo ad alcune
riflessioni.
Il giudizio che dà sulle cagnette che si affollano (a suo dire) attorno al
polposo osso (cito parzialmente De Andrè) nasce evidentemente da esperienze
dirette che lo esorto a rendere pubbliche.
Gli esperti sono divisi è normale, guai se così non fosse, i risultati
scientifici sono soggetti alla legge della probabilità, qualcuno addirittura si
spinge a dire che noi non possiamo dimostrare che un’ipotesi è vera, possiamo
(se ne siamo capaci) solo falsificarla.
Ho avuto modo anni fa di leggere online il resoconto di uno dei vari processi di
Porto Marghera, c’erano periti dell’accusa e periti della difesa, che
sostenevano ovviamente tesi opposte su un problema molto serio, che riguardava
la salute dei lavoratori. Io mi sono indignata, d’istinto, non conosco le carte
che avevano in mano, ma, se il resoconto stenografico era fedele, ebbene posso
dirle che la tattica difensiva era ben nota, minimizzare, minimizzare sempre,
cercare di invalidare dati scomodi.
Curiosamente (faccia attenzione) nessuno o quasi, aveva minimizzato i rischi
dell’influenza A, ora a pensar male si capisce perché, anche se in seguito le
cose potrebbero cambiare.
I cosiddetti scienziati non hanno la verità assoluta in mano sia che dicano va
bene, sia che dicano sarà un disastro. Se il sindaco afferma che i contrari
vogliono vil pecunia, cosa le fa escludere che gli eventuali favorevoli non la
vogliano o non l’abbiano voluta?
Dappertutto le lotte per accaparrarsi quattro euro sono all’ultimo sangue
(...ematologi esclusi, ovviamente...). Posso concordare con il sindaco che tutto
ciò è indecente, ma lo prego di ricordare che l’indecenza può essere bipartisan
e che la scienza non ha certezze piaccia o non piaccia, solo probabilità, fino a
prova contraria e che il mestiere, sì il mestiere, degli scienziati è lavorare
con il dubbio, almeno se sono veri scienziati, pardon, probabili scienziati.
Donatella Del Piero
SEGNALAZIONI - La bretella ferroviaria
Trieste-Capodistria non aiuta a sviluppare i traffici
In tema di nuove reti ferroviarie e mobilità delle persone
sul territorio, penso sia anche il caso di fare un pacato approfondimento in
merito alla discutibile esigenza più volte ribadita da parte dei nostri politici
ed amministratori relativa alla doverosa realizzazione di una bretella
ferroviaria (di 6 km) per collegare il Porto di Trieste con quello di
Capodistria.
Credo che i citati porti, per loro natura non sentano assolutamente la necessità
di poter disporre di un collegamento commerciale diretto tra le loro banchine,
in quanto la priorità delle loro esigenze rimane essenzialmente quella di poter
contare su delle reti e collegamenti gomma/rotaia che siano realmente in grado
di favorire e velocizzare la penetrazione sul territorio dei flussi merceologici
verso quelli che sono i loro rispettivi mercati di riferimento e non certamente
l’oneroso palleggiamento delle merci tra i due scali.
Quindi considerando che per le loro limitate potenzialità le reti ferroviarie
slovene risultano essere già in affanno per assecondare le attuali esigenze
dello scalo mi riesce alquanto difficile immaginare quali potrebbero essere per
noi i possibili reali vantaggi che questa bretella ferroviaria sarebbe in grado
di generare, poiché data la citata situazione come pensiamo che questa bretella
possa realmente essere in grado d’incrementare la velocità e la capacità di
penetrazione verso est delle merci movimentate dallo scalo triestino?
Mi sembra che i presunti vantaggi per lo scalo triestino che sarebbero alla base
della spesso ribadita esigenza di dover realizzare una bretella interportuale
Trieste/Capodistria siano purtroppo soltanto una nostra pia illusione, poiché
anche il già pianificato raddoppio della tratta slovena Capodistria-Divaccia non
penso sarà in grado di modificare sensibilmente ed a nostro favore la
situazione.
In attesa della realizzazione del Corridoio n. 5, penso che se vogliamo
assicurare allo scalo triestino collegamenti adeguati con quelli che si possono
considerare i nostri attuali/futuri mercati di riferimento, dovremmo
innanzitutto cercare di ottimizzare la funzionalità e lo sfruttamento di alcune
naturali direttrici, che sono: Opicina verso Divaccia e interporto di Cervignano
verso i valichi di Gorizia-Tarvisio-Brennero.
L’iniziativa sarebbe invece particolarmente apprezzabile e giustificata se detta
bretella fosse prioritariamente finalizzata alla necessità di creare una sorta
di metropolitana leggera per facilitare la mobilità delle persone tra la costa
istriana e quella triestina e poi eventualmente per acccrescerne maggiormente il
grado di fruibilità il collegamento potrebbe arrivare magari anche fino
all’aeroporto di Ronchi.
Giuliano Brunello Zanitti
IL PICCOLO - SABATO, 6 marzo 2010
Rifiuti riciclati dalla Ferriera, liberi Rosato e D’Auria
- Accolto dal Tribunale del riesame il ricorso presentato dall’avvocato Borgna
E’ libero da ieri a mezzogiorno l’ingegner Francesco
Rosato, arrestato il 9 febbraio scorso nell’ambito di un’inchiesta della Procura
di Grosseto che contesta al direttore della Ferriera di Servola la gestione di
due discariche abusive all’interno dell’area dello stabilimento. L’indagine
coinvolge numerosissime aziende di mezza Italia e la Ferriera ne è finita dentro
a causa dei suoi rapporti con la «Refitalia srl», incaricata dello smaltimento
dei rifiuti e a sua volta in rapporti con l’«Agrideco srl», i cui vertici
toscani sono accusati di aver costituito un'associazione a delinquere.
L’ordinanza che imponeva all’ingegner Francesco Rosato gli arresti domiciliari
nella sua abitazione di via Romanin - ordinanza che non contesta al direttore
della Ferriera l’appartenenza a questa associazione a delinquere - è stata
revocata dal Tribunale del riesame di Firenze che ha accolto il ricorso
presentato dagli avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi. La discussione si
è svolta in gran segreto tre giorni fa ma la decisione è stata notificata appena
ieri all’ora di pranzo ai due difensori. Il documento che consente al direttore
della Ferriera di muoversi liberamente come ogni altro cittadino dopo 24 giorni
di detenzione in casa, è firmato dal presidente Giovanni De Giorgio. Le
motivazioni saranno rese note fra qualche giorno.
Sempre ieri ha riottenuto la libertà dal Tribunale del riesame di Firenze anche
Vincenzo D’Auria, responsabile del settore ecologia e ambiente della stessa
Ferriera. Il terzo triestino arrestato, Walter Palcini, dipendente di «Refitalia
srl», dovrà attendere qualche giorno prima di conoscere la propria sorte. Il
difensore, l’avvocato Paolo Pacileo, ha potuto illustrare appena ieri a Firenze
ai giudici del riesame i motivi per cui a suo giudizio il tecnico dovrebbe
essere liberato. Non aveva alcun ruolo decisionale nella società e i fatti
contestatigli - esattamente come quelli che coinvolgono il direttore della
Ferriera e il responsabile del settore ambiente - risalgono eventualmente
parecchi anni fa e non esistono esigenze cautelari. I due cumuli di rifiuti sono
lì, i documenti sono stati sequestrati e le intercettazioni telefoniche e
ambientali non possono essere modificate. In sintesi il quadro accusatorio, così
come lo hanno messo a fuoco i carabinieri del Nucleo operativo ecologico e il pm
Alessandro Leopizzi, non può essere modificato dagli indagati. Tenerli rinchiusi
è dunque inutile e anche sbagliato.
«Il primo giudice a cui ci siamo rivolti ha capito le nostre ragioni e ha
accolto l’istanza di liberazione dell’ingegner Rosato e del suo colalboratore.
Per il reato che ci viene contestato ci confronteremo con la Procura di Grosseto
nell’aula del processo». Lo ha dichiarato ieri l’avvopcato Giovanni Borgna,
visibilmente soddisfatto del duplice risultato positivo.
Secondo l’inchiesta due colline poste all’interno dell’area della Ferriera sono
state usate come discariche abusive di materiali non pericolosi a cui però,
sempre secondo l’accusa, venivano mischiati illegalmente altri rifiuti
pericolosi. Gli inquinanti sarebbero stati «annacquati» nell’inerte in modo da
consentire un costo di smaltimento di gran lunga inferiore al dovuto. In questo
modo sarebbero state movimentate illegalmente 370 mila tonnellate di rifiuti.
CLAUDIO ERNÈ
Cokeria fuori uso, era ferma la linea di riserva - Un
danno di 300mila euro - Nel procedimento penale evidenziata la scarsa
manutenzione dell’impianto
Un grosso tubo ostruito dal catrame dei gas di risulta
della cokeria. Questo guasto ha provocato a partire dallo scorso 22 gennaio la
prolungata accensione d’emergenza delle fiaccole della Ferriera. L’accensione è
stata necessaria per smaltire la sovraproduzione di gas che, vista l’occlusione
del tubo, non poteva nè essere stoccato nei due tank posti nell’area Nord dello
stabilimento, né essere avviato alle turbine della centrale elettrica.
Per ridurre la pressione le «infornate» della cokeria sono state ridotte in modo
drastico, passando da 96 a 33 al giorno. Ma anche questa misura non ha avuto
tutti gli effetti sperati: di conseguenza la velocità con cui l’impianto
trasforma il carbon fossile in coke, è stata ridotta al minimo. Tutto questo è
accaduto perché la manutenzione dell’impianto non ha fatto in tempo a
ripristinare la linea di riserva, entrata in avaria in autunno. La cokeria o
meglio l’impianto di distillazione in cui dal gas di risulta viene separata la
naftalina assieme al catrame, ha lavorato senza la ”ruota di scorta” di una
seconda linea. Per questo il gas ha dovuto essere bruciato dalle fiaccole,
creando allarme e apprensione tra gli abitanti del rione.
Il pm Federico Frezza ha incaricato il professor Marco Boscolo di verificare i
motivi del guasto nell’ambito del procedimento penale aperto su questo
malfunzionamento e sulle conseguenti emissioni di gas nell’atmosfera. I
risultati della consulenza dicono che l’avaria ha coinvolto il decantatore D10 e
che nulla sarebbe accaduto se avessero funzionato a dovere i due decantatori di
riserva D3 e D4, ciasuno dei quali in grado di svolgere in piena autonomia la
depurazione. Secondo il consulente il ritardo nel ripristino del guasto
autunnale, evidenzia una sottovalutazione del rischio.
Anche il danno economico subito dallo stabilimento è notevole. Per il ripristino
si parla di una spesa di almeno 300 mila euro a cui vanno aggiunti i mancati
introiti derivati dalla frenata subita dalla produzione della cokeria e dalla
mancata vendita del gas di risulta alla centrale elettrica.
(c.e.)
Superstrada, chiesti 100mila euro all’Anas - Il manto
stradale scivoloso - Il neocostituito comitato di automobilisti li vuole
per i danni subiti dalle loro vetture
Superstrada-saponetta: ammonta a oltre 100mila euro una
prima richiesta di risarcimento danni presentata nei contronti dell’Anas da
parte degli automobilisti coinvolti negli incidenti stradali causati dal fondo
stradale scivoloso che si sono verificati nel tratto vicino alla galleria di
Servola. Le lettere raccomandate (una per ogni caso) sono state inviate nei
giorni scorsi tramite il Centro servizi Sfera al quale molti automobilisti si
sono appoggiati per la definizione delle pratiche.
Ieri intanto abbiamo percorso il tratto incriminato della Grande viabilità in
entrambe le direzioni per verificare dal vivo la situazione. Il primo elemento
apparso evidente è stato quello della velocità dei veicoli: ben oltre il limite
massimo. Se il contachilometri è fermo a 70 all’ora si viene superati
praticamente da tutti. Alle 11 viaggiando in direzione di Muggia siamo stati
sorpassati da un furgone che sicuramente andava a non meno di 100 chilometri
all’ora. Dopo poco è sopraggiunto, subito oltre la galleria, addirittura un
camion.
Lungo il tratto di ritorno il record è stato raggiunto da una Bmw con targa
slovena che andava a non meno di 140 chilometri all’ora. A seguirla una moto
anche questa alla stessa velocità. L’asfalto nel tratto che corre sotto la
galleria è evidentemente rugoso. Lo si percepisce chiaramente dalla rumorosità.
Cambia completamente dopo lo svincolo per Rabuiese dove si entra nel nuovo
tratto di Grande viabilità. Da aggiungere che ieri era una giornata
caratterizzata da un clima secco e quindi la situazione era ben diversa da
quella in cui si sono verificati gli incidenti nei mesi scorsi.
Per tutta la mattinata la Superstada è stata monitorata da due pattuglie della
polizia stradale. Una si è fermata subito dopo il distributore dell’Agip e ha
installato per un paio d’ore un autovelox, l’altra ha controllato il traffico
allo svincolo del Molo Settimo.
L’altra sera intanto è stato ufficialmente fondato il comitato ”incidentati
della sopraelevata” al quale hanno aderito una trentina di persone, praticamente
quasi tutti coloro i quali sono finiti contro il guard rail negli ultimi due
mesi. Ma in totale il numero degli automobilisti coinvolti. Presidente
dell’associazione è Giorgia Colonna, un’impiegata della Illycaffè che lo scorso
25 dicembre era rimasta coinvolta in uno dei tanti incidenti stradali lungo la
Grande viabilità. L’obiettivo è quello di una class action, Ma è probabile che
venga incardinata una causa pilota davanti al giudice di pace relativa a un
caso. E da questa poi vengano attivate le altre cause.
Intanto su Facebook si sono raccolti tre gruppi di utenti danneggiati dagli
incidenti. In ognuno dei link prosegue la discussione tra gli sfortunati
automobilisti che raccontano le loro esperienze e le confrontano con quelle
degli altri utenti.
(c.b.)
SUPERSTRADA - «Contro il guard-rail a velocità
moderata» - LA TESTIMONIANZA DI UNA VITTIMA
Mauro Loschiavo è uno dei tanti automobilisti vittime
della Grande viabilità. Ieri mattina è stato dimesso dall’ospedale dove era
ricoverato dal 26 febbraio. Racconta: «Stavo andando in direzione del Molo VII,
All'altezza della Ferriera ho perso completamente il controllo della mia Yaris
andando a sbattere dappertutto e dopo una rotazione di circa 90 gradi sono
finito contro il guard rail e poi mi sono fermato in posizione quasi
perpendicolare rimanendo coinvolto in un altro incidente stradale con un veicolo
in transito».
Poi continua: «La macchina tutto ad un tratto era incontrollabile e non sono più
riuscito a far niente, la vettura è come impazzita. Le gomme erano non solo
nuove, sostituite nel mese di dicembre, ma erano invernali, da neve. Escludo nel
modo più assoluto di aver tenuto una condotta di guida pericolosa e lo possono
affermare i numerosi testimoni oculari che hanno assistito all'incidente».
SAN DORLIGO - Centralina Siot, Comune sotto tiro - Il
ritardo nell’acquisto allarma l’opposizione e gli ambientalisti
Dov’è finita la tanto annunciata centralina fissa per la
misurazione dell'aria nei pressi della Siot? Se lo chiedono ambientalisti e
partiti di opposizione di San Dorligo della Valle, poiché l'installazione della
struttura finanziata dalla stessa Siot tarda ad arrivare. I toni più accesi
giungono dal consigliere comunale della lista Uniti nelle tradizioni Boris
Gombac: «La Siot dice di aver consegnato i soldi al Comune, ma il Comune afferma
che l'Arpa non ha ancora consigliato l'amministrazione sugli strumenti da
acquistare con quei soldi: siamo in una situazione paradossale». Gombac ha poi
evidenziato come l'Arpa abbia già denotato «forti ritardi lo scorso anno nel
comunicare i dati inerenti i risultati dei monitoraggi svolti sul territorio,
mentre ora non fornisce le informazioni necessarie all’acquisto delle
apparecchiature più idonee. Forse è il caso che il Comune si affidi a un altro
ente meglio organizzato».
Esausto per tanta attesa anche il capogruppo dell'Idv-Verdi Dino Zappador:
«Stiamo aspettando da troppo tempo, nel mentre gli odori della Siot ma anche
dalla Wärtsilä creano grandi disagi. Abito a 200 metri dalla ex Grandi Motori, e
posso dire che la situazione è pessima». Zappador rileva che, per quanto
concerne la responsabilità della mancat« installazione della centralina, sarebbe
il caso di “smetterla con gli scaricabili e le chiacchiere: la gente vuole
vedere i fatti».
Molto contrariato anche il capogruppo del Pdl-Udc, Roberto Drozina: «La
situazione cui siamo giunti ci dà l’esatta misura dell’incapacità di questa
amministrazione a risolvere le vere problematiche del nostro comune, quali
quelle della salute della popolazione”.
Fortemente critico infine il coordinatore del Comitato per la salvaguardia del
Golfo di Trieste, Giorgio Jercog: «La popolazione è stufa delle promesse che si
protraggono da anni, ma soprattutto perché il Comune deve consultare nuovamente
l'Arpa, quando questo ente ha già sottolineato come siano necessari i controlli
dell'aria nei pressi della Siot».
(r.t.)
Un tuffo dentro la città? ”Volentieri” - Quarta uscita
della rivista dell’Arci dedicata ai temi dell'ecologia e del volontariato
Il quarto numero della rivista Volentieri è stato
presentato alla Banca etica. L'occasione è stata anche un momento d'incontro per
le realtà cittadine che si occupano di mobilità sostenibile. Volentieri è un
giornale pubblicato con cadenza stagionale dall'omonimo gruppo, che ènato in
seno all'Arci per divulgare i temi dell'ecologia e del volontariato.
Il nuovo numero, redatto da volontari, è incentrato sui trasporti nel capoluogo
giuliano, affrontati con un'ottica eco friendly e con un'attenzione particolare
ai temi che riguardano la nostra città in materia di spostamenti.
Spazio quindi alle antiche vie percorse a piedi nella Trieste che fu - la via
del sale, la via del latte e la via dei lavoratori - ma anche ai temi di
attualità. Come le difficoltà di trasporto sui mezzi pubblici di chi si muove
con passeggino e pupo al seguito, all'elogio della bicicletta e ai dibattiti
sulle energie alternative, mai d’attualità come in questo momento.
Non mancano le rubriche più leggere, come il cruciverba rigorosamente in
dialetto triestino. Oppure la rubrica gastronomica, che ogni mese dispensa
ricette con prodotti locali, come il brodetto di pesce rigorosamente made in
golfo e a chilometro zero.
Il radicamento sul territorio è tangibile ad ogni pagina: basti pensare alle
indicazioni dei tempi di lettura degli articoli, in condizioni di alta
concentrazione oppure in quella, decisamente più rilassata e tipicamente
triestina, in Osmiza.
Il patrimonio artistico locale è affrontato attraverso il quiz mensile Dov'è, un
piccolo concorso basato sul riconoscimento di una statua o di uno scorcio
pescato qua e là fra gli angoli nascosti di Trieste.
L'incontro è stato promosso e organizzato dalla Libreria San Marco di via
Donizetti, che si è avvalsa del contributo di Andrea Wehrenfennig di Legambiente
per presentare il libro dell'ambientalista francese Marcel Robert "NoAuto". Il
libro, edito dalla casa editrice Asterios, propone le realtà attive in Francia,
Svizzera e Germania dei quartieri senz'auto. Quasi un'utopia, che molti
vorrebbero realizzata anche a Trieste.
«Abbiamo acquisito i diritti gratuitamente dall'autore -racconta Alexandros
Delithanassis dell'ed. Asterios- e quando le vendite ci permetteranno di
arrivare alla pari con i costi sostenuti pubblicheremo online e gratis il testo.
Gli ulteriori ricavati? Li utilizzeremo per diffondere altri testi di tematiche
ambientaliste».
Alla fine della presentazione un ricco banchetto a base di specialità locali:
miele e pane triestini, olio di San Bartolomeo, vino bianco di Dolina e
formaggio di Basovizza.
Volentieri, stampato su carta riciclata, con un ridotto dispendio d'inchiosto e
senza pubblicità, è disponibile a offerta libera presso le sedi dell'Arci, alla
Bottega del Mondo, alle librerie In der Tat e San Marco e ad Aurisina da
Naturalia, nonchè online all'indirizzo http://arcivolentieri.blogspot.com/ .
Giovanni Ortolani
IL PICCOLO - VENERDI', 5 marzo 2010
Lucchini si arrende a Severstal: «Non ci hanno dato
tempo»
Lettera ai dipendenti del presidente Giuseppe: «Era già
pronta una cordata di investitori. Sono amareggiato»
ANCHE L’ULTIMO 20,2% DEL GRUPPO DELL’ACCIAIO CHE CONTROLLA PIOMBINO E SERVOLA
FINISCE AI RUSSI
TRIESTE È finita l’avventura industriale tra la Lucchini e Severstal. La
famiglia dei bresciani esce definitivamente di scena dal gruppo che comprende
oltre Piombino e la Ferriera di Servola pure Ascometal. I russi pagano
profumatamente il restante 20,2% (si parla di 100 milioni) ai Lucchini, ma più
che separazione commerciale la vicenda si trasforma in un divorzio che finisce
in un conflitto.
ROTTURA Una rottura che mette quasi in secondo piano la situazione del gruppo
messo in vendita dai russi vista la grave crisi della siderurgia mondiale, i
debiti cumulati e gli investimenti da fare (quasi due miliardi di euro per
ristrutturare gli impianti): alla finestra varie offerte tra cui fondi di
private equity e qualche gruppo industriale tra cui (secondo indiscrezioni) gli
indiani di Arcelor Mittal o Tata Corus.
A sferrare l’attacco ieri, con una lettera ai dipendenti, Giuseppe Lucchini che,
di pasta ben diversa del padre fondatore, il novantunenne Luigi, accusa assai
poco velatamente la Severstal che possiede ora 100% di avergli messo fretta in
questa cessione e di avergli impedito di portare avanti un’azione di
salvataggio.
TENTATIVO DI SALVATAGGIO «Mi sono impegnato personalmente a cercare una
soluzione che desse una prospettiva al gruppo – scrive ”rammaricato” Giuseppe
Lucchini – ho coltivato numerosi contatti con il mondo finanziario, bancario e
imprenditoriale. Ero a buon punto nella creazione di un solido gruppo di
investitori quando, purtroppo, mi sono trovato di fronte a una posizione
dell’azionista di maggioranza (la Severstal ndr) che avendo dichiarato di voler
tempi strettissimi per la dismissione della sua partecipazione (la vendita del
gruppo ndr) non mi ha permesso di proseguire nella ricerca di una soluzione
nell’interesse primario dell’azienda». Giuseppe Lucchini va oltre: «In pratica
sono stato messo in condizione di dover accettare l’uscita dall’azionariato
della Lucchini, peraltro a condizioni peggiori rispetto a quelle previste dai
patti stipulati a suo tempo».
LA PUT DA 160 MILIONI I patti si riferiscono alla famosa Put, la clausola
firmata 5 anni fa al momento della vendita ai russi che condizionava Severstal
al pagamento di 160 milioni di euro entro il 20 di aprile 2010 per acquisire
anche le ultime quote.
Un prezzo esorbitante ora con il valore dell’azienda prossimo allo zero, 800
milioni di debito e investimenti miliardari da fare. La questione della put era
scoppiata da quando la Severstal ha messo sul mercato la Lucchini nominando pure
un advisor (Deutsche bank) e si è chiusa ora con un accordo e lo «sconto» sulla
cifra (100 milioni) pagata ai bresciani: i soldi verranno divisi tra Giuseppe,
le sorelle Silvana, Gabriella e il padre Luigi.
CODA AL VELENO Un colpo di coda al veleno quello dei Lucchini usciti di scena
con il portafoglio gonfio e che non ha suscitato alcun commento o reazione della
Severstal guidata da Alexey Mordashov: l’azienda si è trincerata dietro un
completo silenzio. E tra numerosi ossservatori della siderurgia è sorto più di
un dubbio sul fatto se bisognasse attribuire «il fondo di amarezza» di Giuseppe
alla mancata opportunità di salvare la Lucchini creando una cordata (secondo gli
esperti e bene informati del settore, ma anche i rumors della stampa, non
risulterebbe alcuna traccia di trattative o tentativi di formare cordate) o
piuttosto al fatto che si è dovuto «accontentare» di 100 milioni al posto di
160.
STORIA TRAVAGLIATA
Una storia travagliata quella del gruppo siderurgico di Piombino e poi di
Servola a Trieste che la stessa famiglia Lucchini, prima con Luigi e poi con
Giuseppe, non è mai stata in grado di far decollare. Era il ’92 quando la
Lucchini decise di acquisire Piombino e poco dopo toccò alla Ferriera. Lo stesso
Giuseppe Lucchini riconosce che «nonostante i miliardi di investimenti,
purtroppo il mercato e la congiuntura non ci aiutarono, tranne brevi parentesi
positive nel ’95 e ’98».
RILANCIO CON I RUSSI
Ci sono voluti i russi per far decollare il gruppo, Giuseppe lo ricorda, era il
2003-2004 «quando di fronte a crisi come Cirio, Parmalat e la congiuntura
difficile fummo costretti a cercare un partner internazionale, un azionista per
rinforzare l’azienda». Non era un azionista, ma un colosso siderurgico russo di
tutto rispetto guidato da un gruppo di giovani rampanti quarantenni con a capo
Alexey Mordasov che, dopo aver studiato siderurgia in russia e finanza a Wall
Street, hanno fatto rifiorire gli stabilimenti in russia a cominciare da
Cherepovets e poi oltre alla Lucchini si sono comprati pure aziende negli Usa.
Il mercato dell’acciaio stava andando alle stelle, ma dietro c’era un gruppo che
l’acciaio l’aveva nel sangue.
Lucchini cedette il controllo, se ne uscì con 450 milioni che investì nella
Lovere che produce materiale rotabile anti-ciclico (rotaie, treni) e viaggia
positivamente. Ora l’ultima ricca uscita. Giuseppe sarà presto sostituito dall’assembrea
degli azionisti, il nome di Lucchini sparirà per sempre dalle fabbriche che
prenderanno il nome della Severstal, almeno fino alla vendita che, stando al
mercato, potrebbe non essere così immediata.
GIULIO GARAU
Superstrada-saponetta, indaga la Procura - APERTO UN
FASCICOLO DOPO L’ESPOSTO DI ”GREENACTION”
L’associazione ambientalista: in condizioni di rischio
l’arteria va chiusa
E l’Anas scrive al prefetto: fattori climatici accentuati «presumibilmente» da
residui industriali
La Procura ha aperto un fascicolo sulla supestrada-saponetta. In particolare
sul tratto della Grande viabilità che corre in prossimità della galleria di
Servola dove, a causa dell’asfalto scivoloso, si sono verificati decine di
incidenti stradali, molti dei quali con feriti. Il fascicolo, che per il momento
è «contro ignoti», nasce da un esposto presentato dall’associazione ”Greenaction
transnational”, che ne ha sottoscritto uno analogo all’indirizzo della Procura
della Corte dei conti per danno erariale.
«Valuteremo tutti gli elementi», ha dichiarato ieri il procuratore Michele Dalla
Costa. Nel documento viene evidenziato il «rischio elevato» di altri incidenti
gravi, se non mortali, che «possono colpire attivamente o passivamente chiunque
transiti sul tratto di strada pericoloso». Su queste basi l’associazione chiede
che «per motivi di incolumità» venga disposta «la chiusura del tratto pericoloso
ogni qualvolta si verifichino le condizioni di rischio e sino all’accertamento e
rimozione totale e definitiva del pericolo».
L’Anas intanto ha avviato una serie di indagini tecniche particolarmente
sofisticate (tra pochi giorni arriverà un particolare macchinario dalla
Germania, la cui messa in opera comporterà la chiusura di una corsia). Ma al
contempo la stessa Anas ipotizza concretamente - nero su bianco - che la
responsabilità sia delle polveri della Ferriera di Servola. Lo si evince
chiaramente da una lettera inviata dal capo compartimento dell’Anas, Cesare
Salice, al prefetto Alessandro Giacchetti. Vi si legge: «Tutti gli interventi di
competenza di questo ente sono la conseguenza di una situazione che si determina
per effetto di fattori climatici e ambientali presumibilmente accentuati dalla
presenza di residui di lavorazioni industriali rilasciati nell’atmosfera.
Pertanto - sono ancora parole firmate da Salice - tutte le attività
straordinarie che sono in essere e che costituiscono un costo aggiuntivo per la
collettività, sono tese esclusivamente a limitare la presenza di quei fattori
esterni che danno origine a una eccessiva scivolosità del manto stradale. La
rimozione di tali cause, individuate e risolte dai competenti organi, consentirà
di garantire la sicurezza dell’utente della strada».
Nella lettera il capo compartimento spiega ancora che «è già stato attivato un
piano di intervento straordinario che mira ad effettuare, con periodicità, la
pulizia del manto stradale unitamente a un potenziamento della segnaletica di
pericolo già esistente».
Al telefono l’ingegner Salice è ancora più perentorio. «Noi abbiamo una
struttura (ndr, la superstrada) che dobbiamo curare. Stiamo effettuando - dice -
un’analisi anche di tipo statistico. Quanto al nesso di causalità e cioè
l’attribuzione della scivolosità alle polveri della Ferriera, abbiamo attivato
una serie di accertamenti tecnici che coinvolgono non solo la struttura centrale
dell’Anas ma anche l’Università. Alla fine degli accertamenti valuteremo anche
eventuali azioni di rivalsa nei confronti dei responsabili. Ho disposto anche
un’analisi statistico-ambientale su tutti gli incidenti che si sono verificati
negli ultimi tre anni». Come dire: se le analisi e le indagini potranno
ricondurre all’attribuzione di una certa o quantomento verosimile
oresponsabilità da parte della Ferriera, l’Anas, che nel frattempo potrebbe
essere chiamata in solido dagli automobilisti, potrebbe girare il conto alla
Lucchini Severstal, proprietaria della Ferriera.
CORRADO BARBACINI
Settanta incidenti in quattordici mesi - LUNGO POCHE
CENTINAIA DI METRI - Sotto accusa il tratto vicino a Servola, attivati
autovelox e ”safety car”
Quattrocento metri di asfalto prima della galleria di
Servola, in direzione Trieste. Ma anche il tratto nella direzione opposta e le
aree limitrofe. Il tutto da moltiplicare per due, considerate le carreggiate
esistenti. In tutto insomma meno di quattro chilometri.
Apparentemente - a guardarla dall’alto in un giorno di sole - sembra una strada
normale. Eppure in questo breve tratto si sono verificati nel 2009 buona parte
dei 49 incidenti stradali accaduti e rilevati dai vigili urbani sulla Grande
viabilità che insiste nell’area comunale.
Tra gennaio e febbraio la lista si è allungata sfiorando quota settanta.
Insomma, quasi una pista da bob con l’effetto-ghiaccio assicurato anche quando
la temperatura non va sotto lo zero. Quando freni la macchina non si ferma, si
gira, carambola e cappotta. A volte piomba contro il guard rail. Decine in
questi mesi sono stati i feriti in gran parte lievi. Ma i danni diretti e
indiretti sono stati rilevanti.
Molte di quelle settanta tra le vetture coinvolte sono risultate ridotte ad
ammassi di lamiere contorte. E i disagi che hanno subito gli automobilisti
costretti a rimanere in coda per ore e fatti uscire attraverso lo svincolo di
Valmaura non si contano. Ritardi sul posto di lavoro o nel rientro a casa. Ma
anche - indirettamente - danni, soprattutto nella zona di Servola, conseguenti
all’inquinamento causato dalle auto in fila con il motore acceso. Danni che si
aggiungono a quelli causati dalle polveri della Ferriera al centro di numerosi
procedimenti del Tribunale.
Di fronte a una situazione a rischio anche i vigili urbani e la polizia stradale
hanno adottato misure straordinarie soprattutto per prevenire gli incidenti
causati dal fondo stradale scivoloso. La Municipale ha previsto un servizio di
pattuglia dedicato, una ”safety car” per costringere gli automobilisti a
rispettare i limiti di velocità. Lo scopo - ha recentemente ricordato il
comandante Sergio Abbate - è quello di «prevenire comportamenti che possano
essere anche indirettamente causa di incidenti e in particolare di fuoriuscite
di strada».
La Stradale invece, su sollecitazione dell’Anas, ha attivato una serie di
controlli con l’autovelox. Proprio per indurre gli automobilisti a rallentare.
Dice il capo compartimento dell’Anas Cesare Salvi: «Non vogliamo penalizzare gli
automobilisti, ma è chiaro che se le condizioni dell’asfalto variano bisogna
guidare a una velocità moderata. E molti non se ne rendono conto».
(c.b.)
Automobilisti verso la ”class action” - È l’obiettivo
del comitato costituito attraverso Facebook - Lucchini: attendiamo gli
accertamenti
«L’Anas ha fatto sapere che accerterà scientificamente i
fatti. Quindi, non avendo al momento alcuna evidenza in merito, non ci sono
dichiarazioni da fare». La Lucchini, come fanno capire le parole del suo
direttore delle relazioni pubbliche Francesco Semino, sceglie di restare alla
finestra. In attesa. «Vedremo quali saranno i risultati tecnici frutto di questi
accertamenti - continua Semino -. A quel punto, giudicheremo se questi esiti
saranno da ritenersi convincenti oppure se invece da confutare».
Intanto, la questione della superstrada-saponetta nel tratto all’altezza della
Ferriera tiene banco anche sul web. «Sono 25 gli automobilisti finiti fuori
strada a causa dell’asfalto scivoloso della Grande viabilità che si sono messi
in contatto. Ci siamo già attivati e ci incontreremo al più presto per
organizzarci». A parlare così è Giorgia Colonna, un’impiegata della Illycaffè
che lo scorso 25 dicembre era rimasta coinvolta in uno dei tanti incidenti. Una
settimana fa ha fondato su Facebook il gruppo “Incidenti sulla viabilità:
sopraelevata-saponetta”. Spiega: «Ci sono stati ultimamente moltissimi contatti
in rete, segno che il problema è sentito e soprattutto che bisogna fare qualche
cosa per risolverlo. Abbiamo già attivato un centro servizi di assistenza
legale...».
Colonna aggiunge che alcuni dei 25 automobilisti si sono già rivolti ai loro
avvocati per definire le singole posizioni: osserva che alcuni conducenti sono
rimasti feriti, altri sono stati pure multati dalla polizia stradale o dai
vigili per eccesso di velocità. «Ma è chiaro - rileva - che la causa degli
incidenti non può che essere riconducibile al fondo stradale».
L’obiettivo è quello di una class action, uno strumento di tutela collettiva
risarcitoria che consente di attivare un unico processo per ottenere il
risarcimento del danno subito da un gruppo di cittadini danneggiati dal medesimo
fatto. «Ma bisogna essere in tanti», scrive uno degli incidentati della
Superstrada su Facebook. Si firma sul blog con una frase eloquente: «Per tutti
quelli che, come me, hanno distrutto l'auto (e per fortuna solo quella) sulla
Grande Viabilità triestina e vorrebbero che qualcuno pagasse i danni».
Un altro utente, Stefano Benkovic, parla «a nome della mia ragazza». Poi scrive:
«Anche lei purtroppo è rimasta coinvolta in uno di questi incidenti.. subito di
fronte l’Italcementi. Andava al lavoro, tutto a un tratto il posteriore ha
iniziato a sbandare, ha controsterzato ma non c’è stato niente da fare». Manuel
Ikeya scrive: «Io non ho distrutto l’auto né ho mai fatto incidenti, però mi
sembra evidente che, con le gomme con meno di mille km, non è normale che su
quel tratto di strada l’auto mi scivolasse a 70 km/h». E poi Tamara Giannieri:
«Io abito all’altezza della Ferriera e da casa mia si vede uno squarcio di
superstrada poco prima della galleria. Vi garantisco che c’è almeno un incidente
al giorno, specialmente quando pioviggina!».
(m.u. e c.b.)
Dipiazza: abbassiamo il limite a 50 orari - LA PROPOSTA
DEL PRIMO CITTADINO - Il sindaco: è solo questione di velocità. La Prefettura
convoca un tavolo
Alle altre ipotesi non crede. Per lui la causa della serie
di carambole nel tratto della Grande viabilità all’altezza della Ferriera di
Servola sta solo nell’«eccessiva velocità dei mezzi». Il sindaco Roberto
Dipiazza bacchetta gli automobilisti e lo fa senza girarci attorno: «Lì il
limite è di 70 chilometri all’ora. Quando imposto il cosiddetto pilota
automatico per continuare a viaggiare a 70 (cioè il sistema di controllo che
mantiene costante la velocità e di cui sono dotate ormai molte vetture, ndr), mi
sorpassano tutti. Non solo macchine, ma anche i Tir. Gli incidenti sono
imputabili alla velocità troppo elevata».
A quanto lasciato intendere dall’Anas sull’eventuale incidenza delle emissioni
della Ferriera, Dipiazza non dà peso. Per una ragione molto semplice: «Non credo
ad altre cose. Bisogna che la gente vada più piano. La strada è pericolosa se
affrontata a velocità superiori al limite perché chi l’ha progettata ha previsto
curve e controcurve, come è chiaro dal tracciato quando lo si percorre. Poi -
continua il sindaco - in caso di pioggia la situazione diventa drammatica. E
chiudiamo la strada tre volte al giorno. Per questo proporrò di abbassare il
limite, portandolo a 50 chilometri all’ora».
Anche in Prefettura il caso della superstrada saponetta è tra gli argomenti
all’ordine del giorno. Tanto che il viceprefetto aggiunto Enrico Roccatagliata
fa sapere che «ci stiamo muovendo per approfondire le tematiche sul livello di
velocità tenuta dai veicoli in quella zona dove il limite sembra poco
rispettato. È stato convocato un tavolo - sottolinea Roccatagliata - in cui si
parlerà anche del tratto davanti alla Ferriera e dell’attivazione di appositi
servizi». A comporre il tavolo, la cui riunione era stata fissata per il 26
marzo - ma la data sarà presumibilmente anticipata, probabilmente già alla
prossima settimana - saranno «la polizia stradale, la polizia municipale di
Trieste e quella di Muggia, l’Anas, Fvg strade e l’Osservatorio della velocità
interno alla prefettura», spiega il viceprefetto aggiunto. Che evidenzia inoltre
come «dal punto di vista tecnico, non avendo competenze specifiche, qualsiasi
valutazione da parte nostra non è ovviamente possibile circa eventuali
responsabilità».
MATTEO UNTERWEGER
Cinque petroliere multate nel golfo - CARBURANTE
INQUINANTE
Cinque petroliere dirette al terminal della Siot sono
state multate nelle ultime settimane per aver utilizzato combustibile con un
tenore di zolfo superiore allo 0,10 per cento. Come informa il comandante in
seconda della Capitaneria di porto, Felice Tedone, le sanzioni comminate sono
andate da un minimo di 15 mila a un massimo di 30 mila euro.
Questa applicazione rigida delle norme sul tenore di zolfo nel carburante ha
suscitato la protesta di Intertanko (l’associazione degli armatori del settore
cisterniero) che con una lettera ha invitato la Direzione marittima di Trieste a
riconsiderare la propria decisione «perché - scrive Intertanko - la sicurezza
delle navi e dei loro equipaggi non dovrebbe essere messa a rischio dalle
decisioni delle autorità portuali di generare introiti».
«Altri porti hanno inibito l’ingresso delle petroliere con quelle
caratteristiche - ha spiegato il comandante Tedone - noi non abbiamo fatto altro
che applicare una direttiva europea che prevede appunto di fare le sanzioni ai
trasgressori».
(s.m.)
Dipiazza: il tram di Opicina non sarà privatizzato ma
ci vogliono più utili - L’INCONTRO PUBBLICO ORGANIZZATO AL TOMMASEO
Il sindaco assicura: sì a migliorie, nessuna chiusura
Bocciata l’idea di estendere le rotaie al centro città
Roberto Dipiazza lo giura: lui non ha mai voluto chiudere o privatizzare il
tram di Opicina, al massimo migliorare il servizio. E se qualcuno dice il
contrario, è pronto a perdere le staffe. L’incontro tra sindaco e cittadinanza
organizzato al caffè Tommaseo dal gruppo di Facebook denominato “Giù le mani dal
tram di Opicina” ha sciolto molti dei dubbi nati negli ultimi giorni, ma ha
anche dato il via a un dibattito scoppiettante con finale a sorpresa.
«Ma pensate davvero che voglia chiudere il tram dopo averci investito 8 milioni
di euro dal 2003 a oggi? – si è chiesto il sindaco in apertura – E credete
esista al mondo un privato disposto ad acquistare un servizio che costa 2
milioni di euro l’anno e ne guadagna qualche centinaio?». Lo “status quo” del
tram di Opicina non è a rischio, ha ripetuto Dipiazza più volte nel corso
dell’incontro: «Ma considerati i costi – ha detto – è il caso di pensare a dei
modi per incrementare gli utili: penso alle tariffe per turisti dei vaporetti
veneziani». Soluzioni che a suo parere non andrebbero a discapito del trasporto
pubblico locale: «Con l’apertura della nuova Sissa diventerà ancora più
necessario».
Il capogruppo del Pd in Comune Fabio Omero si è detto d’accordo sui princìpi, ma
non senza alcune perplessità: «Non si dimentichi che Trieste Trasporti spa opera
già a tutti gli effetti da società privata – ha aggiunto –: nei riguardi delle
sue società partecipate il Comune dovrebbe mostrare più interesse per la qualità
del servizio e meno per gli utili».
Il consigliere Pd Mario Ravalico ha invece alzato la posta, proponendo
l’espansione del trasporto tram su scala cittadina. Ipotesi che il sindaco ha
scartato all’istante: «Costerebbe centinaia di milioni». Il pubblico che
affollava la sala, dal canto suo, era più interessato alle traversie quotidiane
che agli orizzonti futuri: molti interventi hanno battuto il tasto dolente dei
guasti e ritardi che anche in questi giorni affliggono il servizio.
«I costi degli ultimi non peseranno sul Comune – ha assicurato Dipiazza – gli
interventi sono ancora in garanzia». Durante l’incontro sono state avanzate
diverse ipotesi sulle cause dei disservizi: «Bisogna tornare ai vecchi orari –
ha detto un cittadino – il tram era poco più lento ma si usurava molto meno».
Secondo il sindacalista Willy Puglia le responsabilità pendono su Trieste
Trasporti: «Vogliono fare soldi tagliando su manutenzione e personale, a spese
dei cittadini – ha detto – il Comune dovrebbe intervenire con decisione».
«È per questo che punto a creare una realtà più ampia, che includa tutti i
servizi locali e sia radicata sul territorio» - ha risposto Dipiazza. «Se
esistono soltanto piccole società separate tra loro – ha detto - è più facile
che investitori stranieri intervengano facendo pesare i propri interessi,
necessariamente diversi da quelli del territorio». Andrea Wehrenfennig di
Legambiente ha portato l’esempio delle città europee per un corretto impiego del
tram: «Anche città molto più piccole di Trieste lo utilizzano per vivificare
zone degradate, e dal punto di vista turistico ci sono molte possibilità, dai
ristoranti in vettura al noleggio: potenzialità che Opicina ha ma che non
vengono promosse adeguatamente».
Il dibattito, moderato dal docente della Sissa Paolo Salucci, si è protratto per
oltre un’ora, e a più riprese Dipiazza ha assicurato che il tram di Opicina non
è in procinto di rottamazione e manterrà il suo ruolo di trasporto pubblico.
L’incontro ha trovato un epilogo piuttosto teatrale quando, davanti all’ennesimo
«Non dovete chiudere il tram di Opicina...», il primo cittadino si è alzato dal
tavolo e ha preso la porta.
GIOVANNI TOMASIN
«La Tav italo-slovena è sempre più a rischio La Ue
rivede i criteri» - LA DENUNCIA DELLA SERRACCHIANI
TRIESTE La Trieste-Divaccia è sempre più a rischio. Le
priorità europee cambiano. E il governo italiano che fa? Tace, incredibilmente.
Debora Serracchiani, europarlamentare del Pd, non molla la presa. Al contrario,
dopo l’ennesimo incontro ”semicarbonaro” tra i viceministri Roberto Castelli e
Igor Jakomin, rilancia con forza i timori di un naufragio dell’alta velocità
transfrontaliera a cui sono appesi i destini di Trieste e del suo porto. «Le
commissioni e i tavoli tecnici sulla Tav si riuniscono continuamente ma il
governo italiano continua a non condividere le informazioni con il territorio»
premette Serracchiani. Non basta: «La stessa Unione europea è all’oscuro di
quello che si sono detti Castelli e Jakomin dato che nessun rappresentante
comunitario era presente all’ultima riunione».
Il problema maggiore, però, è un altro: Bruxelles, mentre l’Italia sta zitta e
l’alta velocità non va avanti, mette seriamente in discussione la priorità dei
finanziamenti alle tratte trasnfrontalieri. «Si avvicina a grandi passi la
conferenza di Saragozza che si terrà il 9 giugno e sarà dedicata alla revisione
delle linee guida Ten-t ovvero dei criteri di selezione dei progetti che
godranno del sostegno comunitario» ricorda l’eurodeputata che siede in
commissione Trasporti.
Sei gruppi di esperti sono al lavoro da tempo. La Commissione europea, il 22
febbraio, ha già fornito le prime anticipazioni. E la conferenza di Saragozza
sarà protagonista del consiglio trasporti in programma l’11 marzo tanto che
l’orientamento generale è ormai noto: «È quello di superare il principio che dà
priorità alle tratte trasfrontaliere, come la Trieste-Divaccia, ma anche il
Brennero o la Torino-Lione, facendo in modo che nel periodo 2014-2020 i
parametri diventino oggettivi e derivino dalle analisi dei costi-benefici sulle
singole tratte». Sinora, come previsto dalla decisione 884 del 2004, la priorità
viene invece data alle sezioni transfrontaliere in base a parametri di carattere
più ”politico”.
Insomma, il quadro è assolutamente preoccupante: «Non sono solo gravemente a
rischio i collegamenti internazionali di Trieste e del suo porto, ma l’intera
realizzazione del Corridoio V per la parte che interessa l’Italia» conclude
Serracchiani. E, non lesina l’ultima stoccata: «Il governo, però, non ce lo
dice». (r.g.)
Enel-Endesa, nasce un colosso «verde»
ROMA Enel ed Endesa insieme per creare un nuovo leader
mondiale nel campo delle rinnovabili, con una potenza installata da 6.000
megawatt: secondo al mondo dietro l'attuale leader assoluto, Iberdrola
Renewables. È questo il progetto che il gruppo spagnolo, «insieme al suo
azionista di riferimento» Enel, sta valutando, come la stessa Endesa ha
confermato ieri in una nota alla Consob spagnola.
In prima battuta, infatti, si verrebbe a creare una società composta dagli asset
iberici rinnovabili di Enel ed Endesa: quest'ultima apporterebbe asset che
potrebbero variare fra gli 800 e i 1.000 Mw che la controllata Ecyr detiene fra
la Spagna ed il resto della penisola iberica, mentre Enel farebbe confluire
nella nuova società il 50% di asset che controlla nella joint venture Eufer (il
restante 50% è in mano a Gas Natural attraverso la controllata Union Fenosa),
pari a circa 490 Mw. Successivamente, una quota di maggioranza di questa nuova
società finirebbe poi nel portafoglio di Enel Green Power, che detiene già da
sola circa 4.300 Mw di potenza verde. Al termine dell'operazione, nascerebbe
così un colosso attivo nell'energia verde nell'ordine dei 6.000 Mw, con Enel
Green Power che diventerebbe quindi l'ombrello sotto il quale raggruppare tutte
le diverse attività rinnovabili attualmente riconducibili ad Enel ed Endesa.
Chiampore, le antenne saranno spostate - Primo
traliccio sul Monte S. Michele Onde elettromagnetiche, il Comune ha comprato una
nuova centralina
CONFERENZA DEI SERVIZI
MUGGIA Si è conclusa ieri la prima seduta della conferenza dei servizi che
entro 90 giorni dovrà presentare un progetto per la risoluzione del decennale
problema dell’inquinamento elettromagnetico, causato dai tralicci
radio-televisivi, a Chiampore. La seduta è ruotata intorno alla determinazione
dei criteri per la valutazione dei progetti, cercando eventuali documentazioni
mancanti che, nel caso, dovranno essere integrate durante la prossima seduta
della conferenza che si terrà il prossimo 22 marzo. «A differenza della passata
amministrazione, che ci aveva convocato 20 giorni prima delle elezioni, ho
trovato questa giunta molto pragmatica e intenzionata a risolvere il problema –
commenta Gianni Conti, responsabile amministrativo della Gestioni postazioni
Nord-est (una delle società che detiene la proprietà di un traliccio a Chiampore)
– Il nostro progetto prevede lo spostamento del nostro traliccio sul monte San
Michele, lontano dalla abitazioni. Credo che questa sia la linea operativa anche
per gli altri proprietari – continua Conti - cioè la diffusione dei tralicci sul
territorio. Il Comune è stato lungimirante nel capire che trasferire tutti i
tralicci in un’unica zona avrebbe avuto come risultato solo lo spostamento del
problema da un posto ad un altro».
Da qualche giorno, inoltre, è a disposizione dell’amministrazione la centralina
mobile per le rilevazioni delle onde elettromagnetiche, acquistata di recente
dal Comune (per un totale di 6mila euro) per verificare, in maniera agile e
immediata, eventuali sforamenti dei limiti di legge nel territorio. La macchina
entrerà in funzione probabilmente entro la fine del mese. Lo strumento potrà
essere posizionato in una casa di un volontario, nelle zone dove sono stati
registrati sforamenti, in modo da monitorare di continuo la situazione e mandare
i risultati in remoto per effettuarne l’analisi.
(a.d.)
INAUGURAZIONE - In via Matteotti la sede della
Federconsumatori - UFFICIO CON QUATTRO SPORTELLI
Inaugurata ieri in via Matteotti 3, all’incrocio con la
via Manzoni, la nuova sede triestina della Federconsumatori, l’organizzazione
sorta in Italia nel 1988 con il contributo della Cgil.
«Siamo un'associazione senza scopo di lucro – spiega il presidente regionale,
Edo Billa - che ha come obiettivi prioritari l’informazione e la tutela dei
consumatori e degli utenti, ma non ci occupiamo solo di controversie. Il nostro
obiettivo è quello di contribuire a creare un sistema di democrazia commerciale,
nel quale siano garantiti i diritti di tutti».
La Federconsumatori opera a Trieste da una decina di anni; la sua sede però è
sempre stata in coabitazione con altre strutture. Da ieri, gli uffici di via
Matteotti mettono a disposizione di quanti hanno bisogno di un consiglio o di
informazioni quattro postazioni. Alla cerimonia inaugurale sono intervenuti, fra
gli altri, il vice presidente nazionale della Federconsumatori, Francesco
Avallone (a destra nella foto assieme a Billa), quello provinciale, Giuliano
Coronica e il suo predecessore, Tullio Turk, che per quasi un decennio ha retto
le sorti dell’organizzazione dei consumatori, oltre a una nutrita rappresentanza
delle altre sigle che si dedicano a queste tematiche.
Billa ha precisato che «tutti coloro che operano negli ambiti periferici della
Federconsumatori sono volontari, e questo è un fattore di orgoglio per tutti
noi». Prima dell’apertura dei nuovi uffici, don Paolo Iannaccone, della chiesa
di Santa Teresa, situata proprio di fronte alla nuova sede della
Federconsumatori, ha impartito la benedizione ai presenti. Gli uffici
osserveranno i seguenti orari di apertura: lunedì dalle 10 alle 12, martedì,
mercoledì e venerdì dalle 16.30 alle 19, sabato dalle 10.30 alle 12.30. Oppure
sarà possibile contattare telefonicamente l’organizzazione al numero 040.773190.
(u. s.)
SEGNALAZIONI - TUTELA - Il tram di Opicina (1)
In merito alla segnalazione del 28 febbraio dalla quale si
apprende che grazie al generoso interessamento dell’Associazione culturale
Marino Simic il ”Tran de Opcina” è stato posto sotto vincolo e tutela da parte
del ministero per i Beni e le attività culturali (in quanto di elevato interesse
storico-cittadino) sentiamo il dovere e piacere di vivamente ringraziare
l’associazione Simic per tale garanzia finalmente concessa all’amata tranvia,
garanzia finora sottaciuta e praticamente ignorata dalle autorità cittadine. Con
ciò devono cadere i periodici commenti dei nostri reggitori, sindaco compreso,
sulla necessità di alienare e privatizzare la pubblica tranvia Trieste-Opicina
dato il mancato ritorno economico della stessa.
Se fosse valido tale loro principio, anche il castello di San Giusto dovrebbe
venir alienato, dato che con i modesti introiti del biglietto d’ingresso non si
coprono neanche le spese di taglio dell’edera rampicante i bastioni!
Società triestina di cultura Maria Theresia
SEGNALAZIONI - TUTELA - Il tram di Opicina (2)
E così il Dipiazza, giunto a governarci dal Friuli via
Muggia, ha deciso la morte del tram di Opicina. Del resto che l'aspetto
storico-culturale della nostra città non lo interessi minimamente l'ha
dimostrato ripetutamente in questi ultimi anni, distruggendo tutto ciò che aveva
attinenza con il passato: sono così spariti i lastricati teresiani, i cordoli,
le fontane, vie e piazze e case hanno subito tragiche devastazioni, con sperpero
di denaro pubblico e nella totale indifferenza degli organismi statali preposti
alla tutela ed alla sorveglianza. Tutto ciò abbiamo documentato ampiamente,
anche in questa pagina, nel corso di quasi dieci anni con esito pari allo zero.
Adesso tocca al nostro tram che, certamente, ha un costo; ma anche tutto il
restante sistema di trasporto pubblico costa e non per questo si pensa di farne
cessare l'attività. La preparazione alla sua scomparsa, del resto, non data da
oggi e rispecchia quanto già avvenuto, ad esempio, col Porto Vecchio: lì
gradatamente si sono chiuse alcune linee, poi si è tagliato il collegamento
ferroviario col Porto Nuovo e, infine, si sono levati addirittura i binari di
collegamento con la stazione ferroviaria in modo da isolare completamente il
complesso. Col tram è la stessa cosa: periodicamente qualcuno tira in ballo il
suo motivo di esistere, emergono costi faraonici per la manutenzione (tutti
giustificati?) inversamente proporzionali alla sua efficienza e, infine, cosa
mai vista in nessuna parte del mondo, gli si mette in concorrenza la linea di
autobus n. 4 che impiega qualche minuto di meno e, pertanto, è preferita
dall'utenza. Per cui il tram gira semivuoto e ne è così dimostrata l'inutilità.
Scientifico. Recentemente siamo stati a Linz dove un tram da più di cent'anni si
inerpica, con un sistema di pressione sulle ruote, sulla collina sino al
castello fungendo da linea urbana. Nello splendido Salzkammergut due carri-scudo
a carbone, risalenti al 1890, portano i turisti in vetta alla montagna (i nostri
sono stati stoltamente sostituiti da due schifezze moderne) e nessuno si sogna
di proporne la scomparsa. Conforta che migliaia di triestini si siano mobilitati
sui vari blog per difendere l'esistenza del nostro tram. Del resto al tempo del
totosindaco, l'on. Menia disse deciso che il prossimo sindaco "dovrà essere uno
di spessore". Ce lo auguriamo di cuore.
Bruno Cavicchioli - presidente Comitato per la salvaguardia Patrimonio urbano
di Trieste
NEW YORK TIMES - GIOVEDI', 4 marzo 2010
Al Gore e la guerra del clima - "Perché gli ecoscettici
hanno torto"
Il "Panel" dell'Onu ha pubblicato un dato sovrastimato
sui ghiacciai dell'Himalaya ma è vera anche la schiacciante unanimità sul
riscaldamento globale di AL GORE
SAREBBE un immenso sollievo se i recenti attacchi alla scienza che studia il
riscaldamento globale indicassero davvero che non ci troviamo di fronte a una
calamità inimmaginabile la quale esige misure preventive su vasta scala per
proteggere la nostra civiltà. Naturalmente, dovremmo comunque affrontare i
rischi per la sicurezza nazionale di una sempre maggiore dipendenza da un
mercato petrolifero dominato dalle riserve in diminuzione situate nella regione
più instabile del mondo. E saremmo comunque all'inseguimento della Cina nella
corsa allo sviluppo di reti elettriche intelligenti, treni veloci, energia
solare, eolica, geotermica e di altre fonti di energia rinnovabile: le più
importanti fonti di nuova occupazione del XXI secolo. Ma che peso ci saremmo
tolti! Non dovremmo più preoccuparci che un giorno i nostri nipoti ci
considerino una generazione criminale, che ha ignorato egoisticamente e
spensieratamente i chiari segnali che il loro destino era nelle nostre mani.
Potremmo festeggiare coloro che hanno ostinatamente continuato a sostenere che i
rapporti sul cambiamento climatico delle principali Accademie nazionali delle
Scienze avevano semplicemente commesso un errore enorme. Io, per esempio, mi
auguro sinceramente che le crisi climatiche siano un inganno. Sfortunatamente,
però, la realtà del pericolo che stiamo correndo non è stata modificata dalla
scope rta di due errori tra le migliaia di pagine di uno scrupoloso lavoro
scientifico svolto nel corso degli ultimi 22 anni dall'Intergovernmental Panel
on Climate Change (Ipcc). In realtà, la crisi si sta aggravando perché ogni 24
ore continuiamo a scaricare nell'atmosfera (come se fosse una fogna a cielo
aperto) 90 milioni di tonnellate di inquinanti che contribuiscono al
riscaldamento globale del pianeta.
È vero che l'Ipcc ha pubblicato un dato sovrastimato sulla velocità di
scioglimento dei ghiacciai dell'Himalaya e che ha utilizzato delle informazioni
sui Paesi Bassi fornitegli dal governo e rivelatesi, in un secondo tempo,
parzialmente inesatte. Inoltre, le e-mail rubate all'università dell'East-Anglia
hanno dimostrato che alcuni scienziati assediati da un'offensiva di richieste
ostili da parte degli scettici del clima potrebbero non aver seguito nel modo
appropriato i criteri stabiliti dalla legge britannica sulla libertà di
informazione. Ma le attività scientifiche non saranno mai esenti da errori. Ciò
che importa è che la schiacciante unanimità sul riscaldamento globale resti
invariata. È importante anche notare che gli scienziati del comitato - agendo in
buona fede, sulla base delle migliori informazioni disponibili - hanno
verosimilmente sottovalutato la portata dell'aumento del livello del mare in
questo secolo, la velocità con cui la calotta polare artica sta scomparendo e
quella con cui alcuni dei grandi flussi glaciali in Antartide e in Groenlandia
si stanno sciogliendo e riversando in mare. Poiché questi e altri effetti del
riscaldamento del pianeta sono distribuiti a livello globale, è difficile
individuarli e interpretarli in ogni singola località.
Ad esempio, il mese di gennaio è stato considerato eccezionalmente freddo in
gran parte degli Stati Uniti. Tuttavia, da un punto di vista globale, si è
trattato del secondo gennaio più caldo dall'epoca in cui le temperature della
superficie sono state misurate per la prima volta, 130 anni fa.
Anche se coloro che negano il cambiamento climatico hanno capziosamente
sostenuto per anni che nell'ultimo decennio non si è verificato alcun
riscaldamento, gli scienziati hanno confermato che gli ultimi dieci anni sono
stati i più caldi da quando le temperature terrestri vengono registrate. Le
forti nevicate di questo mese sono state utilizzate a favore delle loro tesi da
quelli che affermano che il riscaldamento del pianeta è una leggenda; tuttavia
gli scienziati hanno rimarcato che le più elevate temperature globali hanno
accelerato la velocità di evaporazione degli oceani, immettendo molta più
umidità nell'atmosfera e provocando così le forti precipitazioni di acqua e neve
in determinate aree, tra cui gli Stati Uniti nord-occidentali. Come è importante
non perdere di vista l'essenziale per il particolare, così é altrettanto
importante non farsi trarre in inganno dalle nevicate.
Ecco cosa sta accadendo al nostro clima secondo gli scienziati: l'inquinamento
globale prodotto dall'uomo intrappola il calore del sole e aumenta le
temperature atmosferiche. Le sostanze inquinanti - soprattutto l'anidride
carbonica - sono aumentate rapidamente con il diffondersi dell'uso del carbone,
del petrolio, dei gas naturali e dei roghi dei boschi, e nello stesso lasso di
tempo le temperature sono cresciute. Quasi tutti i ghiacci che ricoprono alcune
regioni della Terra si stanno sciogliendo, provocando l'innalzamento del livello
dei mari. Si prevede che gli uragani diventeranno più forti e più distruttivi,
anche se il loro numero dovrebbe diminuire. I periodi di siccità diventeranno
più lunghi e più gravi in molte regioni e la violenza delle alluvioni aumenterà.
La prevedibilità stagionale delle piogge e delle temperature è stata stravolta,
mettendo in grave rischio l'agricoltura. Il numero delle specie estinte sta
crescendo a livelli pericolosi.
Tuttavia, malgrado le iniziative del presidente Obama al summit sul clima di
Copenhagen, lo scorso dicembre, i leader mondiali non sono riusciti a mettere
insieme nulla più che la decisione di "prendere atto" dell'intenzione di agire.
Ciò comporta dei costi dolorosi. La Cina, oggi la fonte di inquinamento più
grande e a sviluppo più rapido, all'inizio dell'anno scorso aveva riservatamente
fatto sapere che, se gli Stati Uniti avessero approvato una legge incisiva,
avrebbe partecipato, dal canto suo, a un serio sforzo per arrivare alla
elaborazione di un trattato efficace. Quando il Senato non ha seguito le
indicazioni della Camera dei Rappresentanti, obbligando il presidente Obama ad
andare a Copenhagen senza una nuova legge, i cinesi si sono tirati indietro. Con
i due maggiori inquinatori che si rifiutavano di agire, la comunità mondiale è
rimasta paralizzata.
È importante sottolineare che l'inazione degli Stati Uniti non un caso unico. La
globalizzazione dell'economia, associata alla delocalizzazione dell'occupazione
da parte dei Paesi industrializzati, ha contemporaneamente fatto crescere i
timori di ulteriori perdite di posti di lavoro nel mondo industriale e ha
incoraggiato le aspettative delle economie emergenti. Il risultato? Una maggiore
opposizione, sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, a
qualunque limitazione all'uso dei combustibili fossili.
La decisiva vittoria del capitalismo sul comunismo, negli anni Novanta, ha
portato a un periodo in cui la filosofia delle economie di mercato è sembrata
dominante ovunque e all'illusione di un mondo unipolare. Negli Stati Uniti,
quella vittoria ha condotto anche a una tracotante "bolla" di fondamentalismo
dell'economia di mercato. Leggi e regolamenti che interferivano con le
operazioni del mercato, sembravano emanare il vago odore dello screditato
avversario statalista che avevamo appena sconfitto.
Questo periodo di trionfalismo del mercato ha coinciso con la conferma, da parte
degli scienziati, che i primi timori sul riscaldamento globale erano stati
grossolanamente sottovalutati. Ma via via che la scienza è diventata più chiara,
alcune industrie e alcune società, i cui piani affaristici dipendono da un
inquinamento atmosferico senza regole, si sono arroccate ancora di più sulle
loro posizioni. Combattono ferocemente contro le disposizioni più miti - proprio
come le aziende del tabacco per quattro decenni hanno bloccato le restrizioni
alla vendita di sigarette anche dopo che la scienza aveva confermato il
collegamento tra fumo e malattie polmonari e cardiache. Allo stesso tempo, i
cambiamenti nel sistema politico americano - tra cui la sostituzione dei
giornali e delle riviste da parte della televisione e dei mezzi di comunicazione
dominanti - ha dato grandi vantaggi ai ricchi sostenitori del mercato senza
restrizioni. Alcune organizzazioni mediatiche oggi presentano uomini di
spettacolo mascherati da intellettuali politici che spacciano odio e divisione
per intrattenimento.
Il loro tema costante consiste nell'etichettare come "socialista" qualunque
proposta di riformare i comportamenti basati sullo sfruttamento. La strada verso
il successo è ancora aperta. Essa inizia con la scelta da parte degli Stati
Uniti di approvare una legge che stabilisca un costo per l'inquinamento che
contribuisce al riscaldamento climatico. Abbiamo già superato delle serie
minacce all'esistenza. Spesso viene citato Winston Churchill quando disse: "A
volte fare del nostro meglio non è sufficiente. A volte bisogna fare ciò che è
necessario". Quel momento è arrivato. I funzionari pubblici devono raccogliere
la sfida facendo ciò che è necessario e l'opinione pubblica deve esigere che lo
facciano, oppure sostituirli.
©New York Times / la Repubblica (Traduzione di Antonella Cesarini)
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 marzo 2010
TRIESTE: SUPERSTRADA SCIVOLOSA ALLA CORTE DEI CONTI -
Greenaction ha già chiesto l’intervento della Procura
Da accertare anche le responsabilità per danni erariali
L’associazione ambientalista Greenaction Transnational ha depositato oggi (4.3)
alla Procura della Corte dei Conti di Trieste un esposto parallelo alla denuncia
già presentata alla Procura della Repubblica per ottenere l’immediata chiusura
di un tratto della Grande Viabilità triestina che da mesi diventa scivoloso con
tempo umido causando continui incidenti con danni, feriti e rischio di esiti
mortali.
Alla Magistratura contabile Greenaction chiede di valutare le responsabilità dei
danni erariali conseguenti alla necessità di mettere in sicureza e rifare il
manto stradale ed ai risarcimenti che saranno dovuti a chi ha subìto incidenti e
lesioni a causa dell’omessa chiusura del segmento viario da parte delle autorità
che ne hanno l’obbligo (in particolare Comune ed ANAS).
L’associazione ha chiesto inoltre l’esame dei casi analoghi precedenti in cui il
Comune ha eseguito rifacimenti e/o pagato danni senza rivalersene sugli
appaltatori ed esecutori delle opere.
La scivolosità anomala si verifica ora notoriamente da mesi sulla superstrada di
servizio della città e del porto di Trieste, in un suo breve tratto iniziale
presso la località di Servola. Consiste nel cosiddetto “effetto saponetta”, per
cui con pioggia od umidità il manto stradale diventa scivoloso come se fosse
intriso di sostanze oleose, trasformandosi in una trappola inavvertibile,
imprevedibile e non evitabile per i veicoli anche a velocità normali. Tra le
cause si ipotizzano difetti del manto stradale, ma anche il deposito di sostanze
emesse dall’adiacente impianto siderurgico Lucchini-Severstal.
L’associazione ambientalista si era rivolta già il 23 gennaio al Prefetto per
ottenere i provvedimenti immediati necessari, ma il sindaco di Trieste Roberto
Dipiazza e l’ANAS non hanno ancora provveduto, limitandosi a disporre una
riduzione dei limiti di velocità con presenze della Polizia municipale ed
eventuali futuri cartelli luminosi. Gli incidenti sono perciò continuati,
aumentando anche i rischi di lesioni alle persone ed esiti mortali.
Danneggiati ed infortunati hanno già formato un comitato ed un gruppo su
Facebook per chiedere i risarcimenti dovuti.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 marzo 2010
«Discariche nelle foibe: mappatura in corso» -
L’ASSESSORE REGIONALE DE ANNA
Rispondendo all’interpellanza presentata dal consigliere
Edoardo Sasco dell’Udc sulle foibe del Carso triestino trasformate in
discariche, l’assessore regionale all’Ambiente, Elio De Anna ha precisato che
«non risultano evidenziati nuovi ritrovamenti in questi ultimi due, tre anni. I
rifiuti rinvenuti nelle cavità carsiche risalgono ad abbandoni di vecchia data.
Questo non significa però - aggiunge De Anna - che il fenomeno non sia da
prendere in considerazione. È obbligatorio che lo Stato, oltre che la Regione,
si muova per riportare la legalità, per tutelare questi luoghi di sofferenza e
di testimonianza, memoria di tragici fatti.
La Provincia aveva messo in evidenza la problematica nel 2002 a seguito di un
esposto di un’associazione ambientalista, per la presenza di discariche abusive
nel sottosuolo del Carso triestino, ricordando l’esistenza di un centinaio di
cavità interessate ad abbandoni di rifiuti di vario genere, che risalivano
comunque a comportamenti di alcune decine di anni prima.
«In seguito - ha aggiunto De Anna - la Direzione centrale ambiente e lavori
pubblici, ha chiesto informazioni ai Comuni della provincia, all’Amministrazione
provinciale, all’Ispettorato dipartimentale foreste di Trieste e Gorizia,
all’Arpa ed all’Ass 1 Triestina. Risulta che al momento attuale queste strutture
stanno raccogliendo elementi in proposito»
L’assessore rileva anche che il Corpo forestale regionale sorveglia
sistematicamente il territorio regionale, segnalando alla menzionata Direzione
ambiente, i casi di abbandoni rifiuti riscontrati nel corso di tale attività.
«In analogia ad altri luoghi di eccidi di altre ideologie - ha concluso De Anna
- esistono misure di sicurezza atte ad impedire deturpazioni e vandalismi, ma
anche di tutela e vigilanza per la salvaguardia di questi reperti e per
prevenire comportamenti od azioni che possano inficiarne il significato».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 marzo 2010
Rovis: «La differenziata obbligatoria dopo 6 mesi» -
L’assessore: «Approvato il testo, sistemeremo prima le isole ecologiche»
La raccolta differenziata obbligatoria. E non più
lasciata, per così dire, alla sensibilità del singolo. Carta e cartone, lattine
e vetro, plastica: bisognerà conferire i rifiuti nei rispettivi bottini. Anche
questo prevede il nuovo Regolamento dell’igiene urbana: una conferma rispetto
alle ultime indicazioni fornite dal Comune. Chi non lo farà, se pizzicato, sarà
punito con «una multa da 100 euro», come spiega Paolo Rovis. «Oggi la
percentuale di differenziata raggiunta a Trieste è del 21% - fa il punto lo
stesso assessore comunale con delega allo Sviluppo economico e ai rapporti con
le società partecipate -, entro la fine del 2010 vogliamo incrementarla di altri
6-7 punti grazie all’introduzione dell’obbligatorietà e agli strumenti che
metteremo a disposizione dei cittadini per consentire loro di rispettare il
regolamento».
Gli strumenti non saranno altro che le nuove isole ecologiche da sistemare tra
città e periferia: «Arriveremo a oltre 1000 dalle 500 attuali - continua Rovis
-. Al riguardo gli uffici stanno completando la mappatura del territorio, che
sarà pronta per la fine del mese. L’AcegasAps procederà subito dopo
all’indizione della gara per l’acquisto dei contenitori. L’obbligatorietà per i
cittadini scatterà 180 giorni dopo l’approvazione del nuovo regolamento». Sei
mesi circa: un periodo di tempo ritenuto sufficiente dal Comune per riuscire ad
assicurare operativamente a tutti la possibilità di un adeguato conferimento dei
rifiuti a breve distanza da casa.
«Ribadisco come in merito all’attuale testo complessivo - aggiunge Rovis - sia
tutto molto aperto. Mi riferisco anche alla discussione e al confronto in
commissione e Consiglio comunale. In generale i vari provvedimenti previsti sono
importanti pure per migliorare la città dal punto di vista turistico
(l’assessore è titolare anche della delega al Turismo, ndr). Agiremo su due
fronti: sia su quello delle sanzioni per comportamenti maleducati, sia
nell’ambito di un controllo più intenso da parte del Comune sull’effettivo e
buon svolgimento dell’opera di spazzatura delle strade di cui si occupa
AcegasAps. Verifiche, queste ultime, che già abbiamo avviato nei mesi scorsi». (m.u.)
Accordo Russia-Croazia sul gasdotto South Stream - Il
progetto della Gazprom e dell’Eni partirà nel 2013 con una capacità di 63
miliardi di metri cubi all’anno
TRIESTE Croazia e Russia hanno firmato ieri a Mosca un
accordo per il passaggio del gasdotto russo e dell'Italia (South Stream) sul
territorio di Zagabria. Un accordo sul passaggio e sul rifornimento del gas in
territorio croato è stato firmato dal ministro russo dell'energia Sergei Shmatko
e dal suo omologo croato Djuro Popijac in presenza dei premier Vladimir Putin e
Jandraka Kosor. «Il progetto ha ottenuto un largo consenso internazionale,
Bulgaria, Ungheria, Grecia, Serbia e Slovenia si sono già aggiunte alla sua
realizzazione», ha detto Putin: «Il vantaggio per tutti i partecipanti, compresa
la Croazia che è entrata oggi, è evidente».
La Croazia aveva detto in settembre alla Russia di voler ospitare nel suo
territorio il gasdotto South Stream della russa Gazprom e dell'italiana Eni.
Mosca e Roma prevedono per il 2013 l'avvio del progetto, con una capacità di 63
miliardi di metri cubi di gas per anno e l'arrivo in Austria, per
approvvigionare gli altri Paesi europei. È chiara la strategia geopolitica del
progetto: l’approvvigionamento dell’Europa occidentale di gas senza dover
passare obbligatoriamente attraverso i gasdotti dell’Ucraina che già in passato,
a causa del contenzioso con Mosca, avevano rischiato di far rimanere il Vecchi
continente al freddo.
Il 23 giugno 2007, Eni e Gazprom hanno firmato un memorandum d'intesa per la
realizzazione del gasdotto South Stream. L'accordo si inseriva in una più ampia
intesa strategica che le due compagnie avevano siglato nel novembre del 2006 e
che avrebbe permesso a Gazprom di entrare nel mercato della distribuzione e
vendita del gas naturale in Italia e a Eni di sviluppare progetti di ricerca ed
estrazione di idrocarburi in Siberia. Nel novembre del 2007, poi, venne firmato
un accordo per la costituzione della società South Stream AG, controllata
pariteticamente dai due soci, con lo scopo di commissionare lo studio di
fattibilità e commerciabilità del progetto. La società venne effettivamente
costituita a gennaio dell'anno seguente.
Il 15 maggio del 2009, alla presenza dei premier Silvio Berlusconi e Vladimir
Putin, gli amministratori delegati delle due società, Paolo Scaroni e Alexei
Miller hanno firmato un secondo documento integrativo del memorandum d'intesa
esistente, ribadendo l'importanza del progetto e stabilendone la sua espansione
in termini di capacità. Nel frattempo, la Russia ha siglato con Bulgaria,
Ungheria, Grecia e Serbia degli accordi intergovernativi che sancivano l'entrata
di questi Paesi nel progetto. Accordi di natura commerciale sono stati
contemporaneamente firmati da Gazprom con la compagnia serba Srbjiagas, quella
greca Defsa e quella bulgara Bulgaria Energy Holding, più la Banca di sviluppo
Ungherese.
Analoghi accordi sono poi stati sottoscritti con Slovenia ed Austria. Il 6
agosto 2009, i premier turco, Erdogan, e russo, Putin, hanno firmato, alla
presenza di Berlusconi e Scaroni, un accordo intergovernativo che permetterà
alla condotta di passare nelle acque territoriali turche del mar Nero.
Mauro Manzin
Cade la moratoria Ue sugli Ogm - AGRICOLTURA NELLA
BUFERA - Via libera alla patata ”Amflora” della Basf. Zaia: «Italia
contraria»
TRIESTE È pienamente riuscita l'azione di sfondamento
attuata dalla Commissione europea che in poche settimane dalla sua investitura è
riuscita a mettere fine alla moratoria su nuove colture Ogm che resisteva in
Europa dal 1998. Tutto è avvenuto a tempo di record facendo ricorso alla vecchia
tecnica del bastone e della carota. La conseguenza è stata però una vera e
propria alzata di scudi da parte di chi si oppone con forza alla loro
introduzione, in primo luogo il ministro italiano per le Politiche agricole Luca
Zaia.
La decisione, annunciata dal commissario alla salute John Dalli riguarda il via
libera definitivo alla coltivazione nell'Ue della patata transgenica ”Amflora”
della multinazionale Basf, per produrre carta e mangimi e ad altri tre mais
transgenici non per la coltivazione. Subito dopo Dalli ha annunciato che «entro
l'estate sarà pronta la proposta della Commissione europea per lasciare agli
Stati membri la scelta di coltivare o no degli Ogm». Dalli intende «procedere
nella direzione indicata dal presidente della Commissione Josè Manuel Barroso
per lasciare più libertà agli Stati di decidere». Dietro la strategia sul futuro
degli Ogm appare l'impronta del presidente della commissione Barroso che, dopo
anni di empasse, ora sembra deciso ad accelerare i tempi su un dossier tra i più
sensibili in Europa. Barroso può contare sul commissario alla sanità Dalli che,
contrariamente alla precedente Commissione, è ormai l'unico a gestire tutti i
dossier sul transgenico. Dalli ha tenuto anche a sgombrare il campo da ogni
malinteso: «Sulla superpatata - ha detto - tutto è stato esaminato con la più
grande attenzione, in modo che le preoccupazioni espresse al riguardo della
presenza di un gene resistente agli antibiotici siano pienamente tenute in
considerazione. Nessun nuovo argomento scientifico aveva bisogno di essere
esaminato ulteriormente».
«È una decisione saggia – commenta Silvano Dalla Libera, vicepresidente di
Futuragra, l’associazione che si è vista riconoscere dal Consiglio di Stato la
possibilità di coltivare mais geneticamente modificato – è un’apertura che suona
nuovamente la sveglia all’Italia». Futuragra dal canto suo la sveglia l’ha già
suonata e sta raccogliendo in tutta Italia la sottoscrizione di agricoltori
pronti a seminare Ogm. «Abbiamo ottenuto l’adesione alla nostra causa da parte
di Confagricoltura di Confeuro – aggiungono Dalla Libera e il segretario
dell’associazione, Giorgio Fidenato – per cui puntiamo a far arrivare al
ministro alcune migliaia di richieste di semina. La sentenza ci consente già di
seminare ma abbiamo deciso di promuovere quest’azione per dare un segnale forte
al ministero». Un segnale che potrebbe diventare ancora più forte se Roma
facesse orecchie da mercante. «Siamo pronti a promuovere una class action»
aggiunge Dalla Libera. Futuragra conferma che la prima semina di mais Ogm
partirà a Vivaro tra aprile e maggio. «Il piano di semina sarà seguito da
scienziati che hanno sperimentato colture Ogm prima dell'avvento delle politiche
di Pecoraro Scanio», puntualizza.
«Un brutto segnale che ribalta la politica finora seguita dall'Unione europea,
dove la coltivazione di Ogm era al bando dal 1998». Così, invece, Claudio
Martini, presidente della Regione Toscana, co-fondatrice con l'Alta Austria
della rete Ue delle Regioni Ogm free nata nel 2003, ha commentato la decisione
della Commissione europea di autorizzare la coltivazione della patata
transgenica Amflora. «Ancor più grave è il fatto che questa decisione è arrivata
attraverso una forzatura, visto che in passato più volte la Commissione aveva
cercato di ottenere il consenso degli Stati membri per autorizzare questo tipo
di colture, senza mai ottenerlo», ha aggiunto il presidente della Toscana.
«La decisione presa dalla Commissione europea ci vede contrari. Il fatto di
rompere una consuetudine prudenziale che veniva rispettata dal 1998 è un atto
che rischia di modificare profondamente il settore primario europeo». Così,
infine, il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia commenta la decisione
presa dalla Commissione. «Non solo non ci riconosciamo in questa decisione -
commenta il ministro - ma ci teniamo a ribadire che non permetteremo che questo
metta in dubbio la sovranità degli Stati membri in tale materia. Da parte nostra
proseguiremo nella politica di difesa e salvaguardia dell'agricoltura
tradizionale e della salute dei cittadini».
MAURO MANZIN
Per chiudere la ”Kemiplas” Popovic si rivolge al
ministro - Polemiche dopo un incendio nell’industria chimica di Capodistria
Non presentato il Piano anti-incendio Poche le notizie fornite ai pompieri accorsi per il rogo
CAPODISTRIA «Il ministro fermi la ”Kemiplas” oppure si
dimetta». L’avvocato Franci Matoz, rappresentante legale del Comune di
Capodistria e del sindaco Boris Popovic, torna alla carica contro la fabbrica di
prodotti chimici di Villa Decani.
Pochi giorni dopo l’incendio scoppiato negli stabilimenti della ”Kemiplas” - per
fortuna senza vittime e senza grossi danni – l’avvocato capodistriano ha
annunciato che il primo cittadino proporrà al Consiglio comunale una mozione per
richiamare alla responsabilità il nuovo ministro sloveno dell’Ambiente Roko
Zarnic. Alle autorità municipali, da anni impegnate nella battaglia per la
chiusura dell’industria chimica ”Kemiplas”, non è infatti piaciuta la
dichiarazione del ministro all’indomani dell’incidente nella fabbrica. In
quell’occasione Zarnic ha sottolineato l’importanza di esaminare con molta
attenzione e senza fretta l’operato della ”Kemiplas” prima di decidere se
rilasciarle o meno il certificato ambientale europeo Ippc. «Altro che fretta –
ha dichiarato Matoz in conferenza stampa – piuttosto il Ministero è in ritardo e
non sta facendo il proprio lavoro».
«Già nel 2004 e nel 2005 - ricorda Matoz - gli ispettori dell’Ambiente avevano
imposto interventi di sanamento nella fabbrica, ma questi non sono stati mai
eseguiti. Inoltre, è dal 2007 che si è in attesa di una decisione del Ministero
sul certificato Ippc». La ”Kemiplas”, ricordiamo, l’ha chiesto nell’ottobre di
quell’anno ma non l’ha ancora ottenuto. Ciò nonostante, la fabbrica continua a
produrre anidride ftalica, sostanza usata nella produzione di vernici per
automobili. «Se pochi giorni fa non è successo nulla di grave - ha rilevato il
comandante dei vigili del fuoco di Capodistria Vilij Berzan - lo si deve solo al
pronto intervento dei pompieri e a una serie di altre circostanze fortuite.
Altrimenti, lo scoppio di una delle pompe, che ha provocato l’incendio in uno
dei serbatoi di acido ftalico, avrebbe potuto portare a conseguenze ben più
pesanti». I vigili del fuoco non hanno mai ricevuto un piano anti-incendio della
”Kemiplas”, si è lamentato Berzan, e anche nell’ultimo intervento le
informazioni sul tipo e la quantità di sostanze chimiche presenti nei serbatoi
erano lacunose. La battaglia del Comune e della popolazione locale contro
l’azienda chimica dura ormai da anni ma finora non ha dato risultati, anche
perché la fabbrica ha fatto sempre attenzione a mantenere l’emissione di
sostanze nocive sotto i limiti previsti dalla legge. La stessa direzione della ”Kemiplas”,
per altro, ha recentemente ribadito come un suo analogo impianto produttivo in
Ungheria abbia già ottenuto il certificato Ippc, secondo gli stessi standard in
vigore in Slovenia. La battaglia continua.
SEGNALAZIONI - Elogio della decrescita - ECONOMIA
Uscire dalla crisi è parola d’ordine, ma davvero merita
salvare il sistema così come è oggi, fondato sul mercato, sull’idolatria del
denaro? Un mondo in cui l’1% della popolazione detiene il 50% della ricchezza
prodotta?
L’attuale modello di sviluppo, centrato sull’ideologia della crescita infinita,
è incompatibile con la limitatezza delle risorse naturali e con la capacità
della biosfera di assorbire l’impatto antropico, e questo contrasto crea
infelicità diffusa e pericoli di guerra. Una nuova filosofia, un progetto
politico non di parte, con una visione olistica della missione dell’essere
umano, cittadino della madre terra, è la decrescita responsabile, felice,
un’ecologia della mente, una visione bio-umanistica che può salvare la razza
umana. Decrescere a livello materiale non è possibile, se allo stesso tempo non
si incrementa la creatività, l’evoluzione interiore e la capacità di rapportarsi
agli altri con affetto.
Ridurre la decrescita a un mero fenomeno economico e/o ecologista e pensare che
possa soddisfare le esigenze filosofiche e spirituali dell’essere umano è pura
illusione. Produrre sempre di più, consumare sempre di più, per generare
profitti e rifiuti; uno sviluppo infinito è incompatibile con un pianeta finito,
la terra è in rosso con settembre 2008.
Dobbiamo diventare l’esempio vivente di uno stile di vita in cui il benessere
sia unito alla frugalità. La ricchezza non ha nulla a che fare con il consumo
compulsivo e con l’accumulaine ossessiva. Il trionfo della grande distribuzione,
dell’automobile, della televisione ha creato un secondo popolo quasi invisibile
e senza voce, facilmente preda e monopolio di un potere mediatico senza
scrupoli, legato alle imprese multinazionali.
La globalizzazione, favorendo una grande dislocazione e lo smantellamento delle
reti di protezione sociale, ha portato a termine la distruzione della cultura
popolare, determinando lo spostamento delle classi medie dalla solidarietà
all’egoismo individuale, in un mondo sempre più liquido senza reti concrete. Le
500 maggiori Corporations transnazionali controllano il 52% del Pil mondiale, il
mondo si è rifeudalizzato, una casta di cosmocrati dotati di poteri illimitati
domina l’economia e determina le politiche dell’intero pianeta.
L’economia deve essere rimessa al suo posto come mezzo della vita umana e non
come fine. Si tratta di mettere al centro significati e ragioni d’essere diversi
dall’espansione della produzione e del consumo. Per questo il progetto della
decrescita passa necessariamente per una rifondazione della politica. È
necessaria una rivoluzione culturale e fare un salto di qualità per capire che
il mondo cambierà quando cambieremo prima di tutto noi stessi.
Edoardo Kanzian - Il Pane e le Rose
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 marzo 2010
”No al rigassificatore” superate le 2500 firme - A
MUGGIA - Nel comitato trasversale le forze di maggioranza e la sezione locale
della Lega
Ha oltrepassato quota 2.500 firme la raccolta di
sottoscrizioni per il ”no” al rigassificatore di Zaule che vede impegnato a
Muggia un comitato ”trasversale”, composto, oltre che dalle forze politiche che
sostengono la maggioranza nella cittadina rivierasca, anche dalla locale sezione
della Lega Nord.
La raccolta non si ferma e proseguirà a oltranza, per ottenere il maggior numero
possibile di sottoscrizioni. Anche giovedì prossimo il banchetto per la raccolta
sarà posizionato davanti al mercatino settimanale, dalle 9 alle 13. Per
facilitare i firmatari, dopo che la raccolta era stata attuata anche nei rioni
muggesani con il meccanismo del ”porta a porta”, davanti alla scuola ”de Amicis”
e all’attiguo asilo nido, nella settimana immediatamente precedente al Carnevale
gli organizzatori hanno collocato un gazebo davanti ai capannoni di via Trieste,
dove le Compagnie del Carnevale muggesano erano freneticamente al lavoro per la
realizzazione dei carri.
In occasione degli incontri di calcio delle categorie minori e della prima
squadra, la raccolta proseguirà anche allo stadio Zaccaria. Quindi, si sposterà
anche a Trieste, in via delle Torri.
«Auspichiamo – commenta il portavoce del comitato, Maurizio Coslovich – una
massiccia risposta da parte dei cittadini, sia muggesani sia triestini, e
confidiamo nella partecipazione anche di altre realtà politiche, sociali,
sportive ed economiche».
(g.t.)
I problemi del Pd? Più fuori che dentro - Ma la
frenata sul rigassificatore piace all’Idv, che si sbilancia per il rettore
RIFONDAZIONE APRE A UN’ALLEANZA MA CON ALTRI NOMI
La notte del bilancio il rifondatore Iztok Furlanic si è preso due ore per
discutere i suoi 60 emendamenti, polemizzando più col Pd che con il
centrodestra. Il verde Alfredo Racovelli se n’è andato prima del voto
dichiarando di non voler diventare complice di un documento in cui il Pd aveva
trattato direttamente col Pdl «uniti contro l’ambiente e il territorio». Decarli,
la mattina seguente, ha chiamato una conferenza stampa per conto proprio non
nascondendo la sua disapprovazione per esser stato tagliato fuori dai dietro le
quinte. Edera, infine, si è limitato a un comunicato algidissimo, lasciando
intendere di sentirsi libero da impegni. Il dibattito sul bilancio, insomma,
oltre ad aver celebrato la frattura insanabile tra la maggioranza e i
bandelliani, ha fatto danni pure dall’altra parte. Se è vero che il Pd si mostra
per la prima volta granitico «riservandosi le fila per la madre di tutte le
battaglie», come bisbiglia uno dei boss del partitone, è altrettanto vero che il
lavoro più difficile ora, proprio in vista di quella battaglia, va fatto fuori
(il partito) prima ancora che dentro. «Al di là delle primarie, che secondo me
indeboliscono il candidato, ritengo si debba puntare su una persona che abbia la
capacità di mediare, i veti incrociati non ci porteranno da nessuna parte»,
suggerisce sibillina, e per l’appunto da fuori, la Bassa Poropat, lei che in
Provincia giura di «non aver avuto difficoltà» a tenere assieme una maggioranza
che va da Rifondazione ai Cittadini. La numero uno di Palazzo Galatti, com’è
noto, può piacere più ai moderati e agli elettori border-line, i cosiddetti
scontenti del centrodestra e del Cavaliere. Stesso effetto si immaginano, nelle
segrete stanze del centrosinistra, potrebbe suscitarlo Peroni, il rettore che ai
tempi di Illy governatore era stimatissimo dall’assessore regionale
all’Università, cioè Cosolini, e che oggi si dice sia altrettanto stimato da
chi, in Regione, ha preso il posto di Cosolini. Cioè Alessia Rosolen, cioè la
compagna di vita del ribelle del Pdl, cioè Bandelli. Ma Peroni cattura la
simpatia anche di qualcuno che sta decisamente a sinistra. «È l’uomo che meglio
di tutti può rappresentare l’alternativa al centrodestra», si sbilancia
Racovelli. «Un nome molto interessante», fa altrettanto Mario Marin, il
coordinatore locale dell’Italia dei valori. «Nessuno dei nomi che circolano», fa
marcia indietro Igor Kocijancic, il segretario dimissionario di Rifondazione,
che apre però le porte a una ”santa alleanza” col Pd: «Noto prese di posizione
molto importanti, a cominciare da un ripensamento sul rigassificatore». «Su
quello c’è una notevole inversione di marcia, il Pd è un nostro interlocutore
primario», fa eco ancora il dipietrista Marin. Un segnale significativo, a
questo proposito, è la recente nomina a responsabile delle infrastrutture del Pd
di Igor Dolenc. Che, sebbene battitore libero, è pur sempre un esponente della
minoranza. Ma posto che una larga alleanza pare possibile chi merita, allora, di
fare il candidato? Cosolini è una sfinge. «Il futuro sarà pieno di sorprese.
L’importante - chiosa il segretario democratico - è mettere la coalizione nelle
condizioni di condividere un programma. In questo momento non va sottovalutato
il fatto che il centrodestra è disomogeneo, e il problema loro non si chiama
solo Bandelli....».
(pi.ra.)
«Giunta senza strategia per il Piano del traffico» -
SECONDO RAVALICO E CARMI (PD)
«L’intenzione del Sindaco Dipiazza, benevolmente
supportato dal consigliere Ferrara, secondo cui non sarebbe possibile avviare il
nuovo piano urbano del traffico prima dell’ultimazione dei lavori di piazza
Libertà e della galleria di piazza Foraggi, non ci piace affatto». Lo sostengono
i consiglieri comunali del Pd Mario Ravalico e Alessandro Carmi. «Un piano
urbano del traffico - rilevano - è un disegno strategico di lungo periodo
costituito da un insieme di interventi programmati in fasi successive che
riguardano sia la circolazione stradale (mezzi pubblici e veicoli privati) sia
il miglioramento della mobilità pedonale e la riorganizzazione della sosta. Non
è quindi ipotizzabile - sostengono - un piano cui venga data attuazione
simultaneamente per tutte le problematiche citate e per tutto il territorio
urbano. È evidente pertanto che sarebbe possibile partire subito con le prime
fasi, rimandando a quelle successive i provvedimenti riguardanti piazza Libertà
e galleria di piazza Foraggi. La verità - concludono Ravalico e Carmi - è che
l’attuale amministrazione di centrodestra anche su questo tema non ha una linea
strategica ed univoca d’intervento. Ormai giunti a marzo 2010,un ulteriore
slittamento vuol dire che non c'e' la volontà di affrontare le criticità della
mobilità cittadina, non toccando nulla fino alla chiamata alle urne».
Lucchini si ritira: 100 milioni da Severstal - I russi
non hanno più fretta di vendere. Solo indiscrezioni sui possibili acquirenti
INTESA SULL’OPZIONE PUT CHE OSTACOLAVA LA VENDITA
TRIESTE Impensabile una vendita lampo del Gruppo Lucchini che controlla
anche la Ferriera di Servola, nonostante le annunciate sei manifestazioni di
interesse. La recessione mondiale che ha messo in ginocchio soprattutto il
settore dell’acciaio rende assai ardua dunque la vendita da parte della
Severstal di Alexey Mordashov del gruppo italiano che attualmente oltre ad avere
un valore prossimo allo zero necessita di investimenti miliardari per gli
imnpianti ed è gravato da 800 milioni di debiti.
Ed è anche in questa ottica che si è risolto un nodo spinoso della trattativa
che comunque vedeva i russi con la proprietà al 79,82% e il 20,18% in mano agli
eredi Lucchini, Giuseppe e le sorelle, Silvana e Gabriella. Si tratta della
famosa put, la facoltà a prezzo prefissato (160 milioni sulla base del
patrimonio netto prima delle perdite 2009) che doveva essere esercitata da parte
della Severstal per acquistare il restante 20% entro la data del 20 aprile.
Non c’è ancora nulla di ufficiale, l’accordo pare sia ancora in bozza, ma sembra
che Mordashov e Lucchini abbiano raggiunto un’intesa sul prezzo della put che
rischiava di sfociare in cause o arbitrati internazionali: circa 100 milioni.
Dopo la firma, che ancora non c’è ma è prevista nei prossimi giorni, i Lucchini
usciranno definitivamente dall’azienda mantenendo solo la Sidermeccanica.
Non ci sono più tempi contingentati ed ora Severstal con in mano l’intero gruppo
può dedicarsi completamente alla gara per vendere tutto il pacchetto o, come
sugeriscono, il 51%, ciò per de-consolidare i debiti (800 milioni) e le perdite
che si trascineranno sino al 2012.
La Deutsche Bank ha avuto l’incarico di fare da advisor e finora sono stati
selezionati 6 nomi di potenziali acquirenti. Massima riservatezza da parte del
management Lucchini, i nomi trapelano solo da indiscrezioni e da quanto sembra
(c’è anche una data room virtuale aperta dal 22 febbraio) c’è una sorta di lista
aperta in cui i nomi entrano ed escono. Si parla di tre fondi di private equity
internazionali specializzati in ristrutturazioni industriali (le indiscrezioni
di stampa fanno i nomi di Blackstone, Platinum e Apollo), un fondo russo (Troika
capital partners). Tra i big industriali pare siano usciti i cinesi di Baosteel,
nulla si sa di Arcelor Mittal e Tata Corus ma c’è anche chi parla di imprese
siderurgiche italiane.
L’intesa della Severstal con Lucchini dà comunque più fiato all’operazione che,
debiti impellenti a parte, non non deve essere chiusa subito e può darsi che
nella lista di pretendenti entri o esca qualcun altro. Tra le ipotesi c’è pure
quella che Mordashov, in assenza di proposte valide, ristrutturi in proprio
l’azienda continuando il business.
GIULIO GARAU
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 2 marzo 2010
TRIESTE: SUPERSTRADA SCIVOLOSA CON INCIDENTI E FERITI -
Greenaction chiede l’intervento immediato della Magistratura
Sindaco ed ANAS non vogliono chiudere il tratto
pericoloso.
Trieste, 2.3.2010. - L’associazione ambientalista Greenaction Transnational
ha chiesto ieri (1.3) alla Procura della Repubblica di Trieste di disporre
l’immediata chiusura di un tratto della Grande Viabilità triestina che da mesi e
per cause ignote diventa scivoloso con tempo umido causando continuamente
incidenti con danni, feriti e rischio di esiti mortali.
Oltre all’interdizione totale del traffico quando si verificano le condizioni
meteorologiche di pericolo, Greenaction ha chiesto l’accertamento delle cause e
responsabilità civili e penali sia della scivolosità che delle conseguenze delle
omesse chiusure del tratto pericoloso, e la punizione “più severa” dei
colpevoli.
Il fenomeno si verifica notoriamente da mesi sulla superstrada di servizio della
città e del porto di Trieste, in un suo breve tratto iniziale presso la località
di Servola. Consiste nel cosiddetto “effetto saponetta”, per cui con pioggia od
umidità il manto stradale diventa scivoloso come se fosse intriso di sostanze
oleose, trasformandosi in una trappola inavvertibile, imprevedibile e non
evitabile per i veicoli anche a velocità normali. Tra le cause si ipotizzano
difetti costruttivi del manto stradale o sostanze emesse dall’adiacente impianto
siderurgico Lucchini-Severstal.
Per ottenere i provvedimenti immediati necessari l'associazione ambientalista si
era rivolta già il 23 gennaio al Prefetto, che dopo un risollecito del 6
febbraio, sentita l'ANAS ha chiesto appena appena il 22 febbraio “cortesi
valutazioni” alla Polizia stradale, alla Polizia municipale ed all'Ente Strade.
Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e l’ANAS hanno reagito limitandosi a
disporre una riduzione dei limiti di velocità con presenze della Polizia
municipale ed eventuali futuri cartelli luminosi.
L’esposto-denuncia urgentissimo perciò presentato in Procura da Greenaction
dichiara che nuovi incidenti e feriti hanno confermato “inefficacia ed
irresponsabilità criminosa di tali misure” e che vi é pericolo immediato e
continuo di altri incidenti, anche mortali. Si attendono ora i provvedimenti
della Magistratura.
GREENACTION TRANSNATIONAL
Pd: «Un flop il piano casa, in tre mesi nessuna
domanda» - L’assessore Seganti respinge le accuse: «Devono prima fare i
progetti, ricadute dopo metà 2010»
INTERROGAZIONE SCRITTA DEL CONSIGLIERE REGIONALE
BRANDOLIN
TRIESTE Ancora nessun effetto per il Piano casa, nonostante siano passati
oltre tre mesi dalla sua entrata in vigore e nonostante fosse stato annunciato
«che le norme al Capo VII dovevano avere effetto immediato per creare un
rilancio del settore edilizio in questo periodo di crisi economica». È l'accusa
lanciata tramite interrogazione a risposta immediata dal consigliere regionale
Pd Giorgio Brandolin: nonostante siano passati mesi da quando il Piano casa è
stato approvato a fine 2009, ancora non ci sono state domande da parte dei
cittadini per ampliare le proprie case o effettuare interventi straordinari né,
quindi, effetti pratici del provvedimento sul mercato dell'edilizia.
Il Pd, peraltro, aveva immediatamente criticato il provvedimento sia perchè non
concedeva possibilità ai Comuni di decidere in merito alle domande, sia per la
sua validità: cinque anni invece dei tre previsti nelle altre regioni italiane.
«Premesso che il 18 novembre 2009 è stata pubblicata sul Bur del Fvg la legge
regionale ''Codice regionale dell’edilizia'', dove all’articolo 2 viene
stabilito il termine di 90 giorni per l’emanazione del relativo regolamento di
attuazione e all’articolo 9 viene istituito l’Osservatorio regionale della
pianificazione territoriale e urbanistica – scrive Brandolin – e atteso che al
Capo VII vengono normate le “Disposizioni straordinarie per la riqualificazione
del patrimonio edilizio esistente”, aventi effetto dal giorno successivo alla
pubblicazione, si deve prendere atto che all'avvenuta scadenza del termine non
si ha notizia della pubblicazione sul sito web della Regione dei risultati
dell’attività dell’Osservatorio». Quindi, nessun risultato concreto del
provvedimento nonostante fosse stato sostenuto che «le norme al Capo VII
(cosiddetto Piano Casa) dovevano avere effetto immediato per creare un rilancio
del settore edilizio in questo periodo di crisi economica». Ecco quindi che
Brandolin chiede «se alla data odierna risultano applicate in qualche comune
della regione le norme previste dal Capo VII e quindi qualche impresa o
cittadino stia fruendo del cosiddetto Piano Casa». Le accuse di lentezza sono
però respinte dall'assessore all'Edilizia, Federica Seganti. «E' chiaro che un
provvedimento così complesso come questo non può avere ricadute pratiche
importanti entro tre mesi dall'approvazione, quando per realizzare una casa
serve avere un progetto, chiedere le autorizzazioni, e così via. Proprio per
questo abbiamo previsto che il Codice avvia valenza cinque anni invece di tre:
per dare maggior tempo a chi ne ha bisogno. Diciamo dunque che gli effetti del
provvedimento si possono prevedere dopo metà 2010. Sicuramente da parte nostra
porteremo avanti un monitoraggio: i Comuni devono infatti registrare tutte le
richieste dei cittadini, e questo ci permetterà di avere un quadro completo».
(e.o.)
Caffaro, dall’Ambiente ok al piano di risanamento - Ora
il ministero deve definire i costi della bonifica del polo chimico di Torviscosa
TRIESTE Il piano di risanamento dell'area ”Caffaro” di
Torviscosa ha il via libera della Conferenza dei servizi del Ministero
dell'Ambiente.
Non è il passaggio più importante, quello decisivo ma è certo una buona
anticamera. «Finalmente - spiega il commissario delegato della Laguna di Grado e
Marano Gianni Menchini - abbiamo lo strumento che consente di guardare avanti
nella sua complessità e di agire attraverso piani-stralcio». Adesso la palla
passa a Marco Cappelletto, il commissario della Prodi bis, la procedura di
amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi.
A rendere nota l'approvazione ministeriale è proprio Menchini al termine della
riunione romana presieduta dal direttore generale del Dicastero, Marco Lupo. Il
visto più importante è arrivato sui principali elementi tecnici del Piano, tra
cui la barriera idraulica, l'arginamento fisico e la cassa di colmata
all'interno dello stabilimento chimico. Altra notizia confortante è che le
prescrizioni del Ministero - tra cui i criteri di sperimentazione degli impianti
di trattamento delle acque e di depurazione e lo svincolamento della macroarea
lungo il Canale Banduzzi - sono solo una decina. «Un numero molto basso - rileva
Menchini - su cui, tra l'altro, lavoriamo dallo scorso dicembre».
Il progetto di risanamento dell'area ”Caffaro” predisposto dal commissario
insiste su un territorio di oltre 2 milioni di metri quadrati. L'ok romano è,
insiste Menchini, «un verdetto storico viste la portata e le ricadute». Dopo 17
conferenze dei servizi dal 2003 sulla ”Caffaro” si può ora pensare di risolvere
concretamente la grave e complessa contaminazione di suolo e sottosuolo nelle
diverse matrici dei terreni, dei sedimenti, delle acque, oltreché di smaltire i
rifiuti presenti in modo da rimuovere i provvedimenti di sequestro di natura
giudiziaria che interessano oltre un quarto dell'area.
Il consigliere regionale della Bassa e vicecommissario della Laguna Paride
Cargnelutti archivia con soddisfazione l'approvazione. «È una riprova che si è
operato nella direzione giusta. Il lavoro compiuto dallo staff del commissario è
stato intenso e di ampio respiro, il primo di questa portata. Il via libera
ministeriale significa per la ”Caffaro” - continua -, ma anche per la zona della
Bassa, potere ridisegnare un futuro più certo e fare in modo che prenda avvio
finalmente la tanto attesa fase del rilancio». Dal Ministero è atteso ora il
vero passaggio chiave: la definizione dei costi di bonifica del solo polo
chimico. Toccherà quindi al commissario straordinario Cappelletto, ai sensi
della Prodi bis, disporre del progetto approvato ieri per convincere i
potenziali acquirenti all'investimento e al definitivo rilancio dell'attività.
(m.b.)
SEGNALAZIONI - Salucci e il tram - FACEBOOK
Ho fondato su Facebook un gruppo «Giù le mani dal Tram di
Opicina» perché ritengo minacciato dagli intendimenti del sindaco un patrimonio
culturale, turistico e paesaggistico della città, oltre che ad una linea di
collegamento pubblico importantissima. Inoltre, mi hanno spinto motivazioni più
personali: come uno delle circa 600 e più persone che lavora alla Sissa, che
avrà a brevissimo sede al Santorio, sono preoccupato dei collegamenti che
l’Istituto avrà con la città. Come scienzato ho poi sperimentato che un gita sul
Tram è una occasione unica per impressionare favorevolmente, anche dal punto di
vista lavorativo, i nostri moltissimi colleghi stranieri ed italiani in visita a
Trieste, sempre pronti a godere delle «bellezze del luogo».
Come spero sia chiaro, in tutto ciò, la mia appartenenza politica non c’entra,
tanto più che "razionalizzare il trasporto pubblico" focalizzandosi su risparmi
di spesa, senza considerare l’impatto sulla qualità della vita è da molto una
costante di quasi tutte le amministrazioni pubbliche, indipendentemente dal loro
colore politico. L’adesione al gruppo che ho fondato significa esercitare una
pressione all’amministrazione comunale perché riveda i suoi piani su questa
tratta di Trasporti.
Paolo Salucci - Facebook group «Giù le mani dal Tram di Opicina»
FACEBOOK - NO AL NUCLEARE - LUNEDI', 1 marzo 2010
Bruno Chareyron (Criirad): "Non bisogna lasciare credere che l'energia nucleare sia pulita"
Bruno Chareyron, ingegnere in fisica nucleare, capo del
laboratorio della Criirad, Commissione di ricerca e di notizia indipendente
sulla radioattività, denuncia le menzogne dell'industria nucleare che minimizza
le sue emissioni di CO2 ed i suoi rifiuti.
Come risponderesti ad Anne Lauvergeon, presidentessa di Areva, quando
afferma che l'energia nucleare è "pulita"?
Anne Lauvergeon dice che il nucleare non produce CO2. È un'affermazione
totalmente errata.
Tuttavia si tratta di una notizia che viene ricordata regolarmente dalla stampa
...
Ciò fa parte delle notizie false che l'industria nucleare fa girare da ormai
molto tempo. Con due grandi menzogne: fare credere alle persone che l'energia
nucleare non produce CO2 e che produce solamente pochissimi scarti radioattivi,
e che si possono perfettamente gestire. Quando l'industria nucleare afferma che
questa energia non produce CO2, è falso perché a ciascuna delle tappe della
produzione e dell'utilizzazione dell'energia nucleare, ci sono emissioni di CO2.
Qual è la natura di queste emissioni di CO2 ed in quale volume?
L’estrazione per esempio dell'uranio fatte dalle filiale di Areva in Niger
necessita dell'energia. Le pale, i camion e le macchine utilizzati per
l'estrazione funzionano alla nafta e grazie ad una centrale termica al carbone
estremamente inquinante. Quando si rievoca l'energia nucleare, bisogna
analizzarla dall'inizio, sulla mina di uranio,alla fine, questo vale a dire la
rilavorazione, per ciò che riguarda la Francia. Ciò che è sorprendente è che ad
ogni tappa ci sono dei rigetti di CO2. Tutto l'uranio bruciato nelle centrali
francesi passa per il Comurhex di Malvesi, vicino a Narbonne che purifica
l'uranio naturale per farne dell'UF4. Questa fabbrica ha rigettato nel 2007,
secondo le proprie cifre di Areva, 384 500 tonnellate dell'equivalente CO2 e di
ossidi nitrici, e non è poco.
I rigetti dell'industria nucleare sono ciffrati e trasparenti?
Ponete la domanda ad Areva. Esistono numerosi studi che dimostrano che a forza
di andare a cercare un minerale sempre più povero di uranio, occorre sempre più
energia per accedere a questo minerale. Il bilancio energetico ed il bilancio
carbonio di questa trafila nucleare sono, e sarano nel futuro sempre più
degradati. Sarebbe molto interessante che Areva pubblicasse un bilancio carbonio
dell'insieme del ciclo del combustibile nucleare. Bisogna sapere che anche il
lavoro di rilavorazione di La Hague, è una delle industrie che rigetta più gas
ad effetto serra della regione nord-Cotentin, 80 000 tonnellate di CO2 nel 2007
Cosa ne è delle stesse centrali nucleari?
Per fabbricare una centrale nucleare, occorre moltissimo cemento, ciò che
produce evidentemente dei gas ad effetto serra. Una centrale nucleare riscalda
direttamente l'ambiente naturale, poiché il rendimento di una centrale è di
circa il 30%. I 2/3 dell'energia che esce del combustibile sono persi localmente
sotto forma di riscaldamento dell'acqua e dell'aria. Peraltro, c'è una domanda
che non è trattata mai, e non capisco perché, è la domanda del vapore di acqua
che è un gas ad effetto serra. Se si vuole essere scientificamente giusto,
quando si parla del nucleare, occorre che la trafila nucleare abbia un bilancio
carbonio onesto e scientifico su tutte queste tappe.
Trattandosi degli scarti, siete anche in disaccordo con le affermazioni della
padrona di Areva?
Secondo Anne Lauvergeon, il nucleare produce solamente piccole quantità di
scarti. Bisogna ricordare ugualmente che l'aria di uranio rappresenti una prima
tappa particolarmente inquinante nella produzione nucleare. Questa estrazione
produce delle quantità enormi di scarti radioattivi. Si censisce in Francia più
di 50 milioni di tonnellate di fanghi radioattivi, resti dell'estrazione
dell'uranio. Si stima che ce ne sarebbero più di 35 milioni di tonnellate al
Niger e 7,5 milioni in Gabon. Non si può chiamare ciò delle piccole quantità di
scarti.
Come si colloca la Criirad rispetto alle organizzazioni militanti come "Sortir
du nucléaire"?
L'obiettivo della Criirad è che l'opinione pubblica abbia in generale accesso
alle notizia più affidabile possibile sulla radioattività. La Criirad è una
commissione di ricerca che si basa su dei dati scientifici, senza posizionarsi
per o contro il nucleare. Il nostro ruolo è di portare una perizia sull'impatto
della radioattività, e di fornire ai cittadini come ai decisionisti politici una
notizia la più onesta possibile. Tutto è partito dalla menzogna di Tchernobyl,
all'indomani della quale un gruppo di cittadini ha stimato necessario di
disporre di mezzi di misure e di perizie indipendenti.
Comprendete la politica nucleare francese riaffermata da Nicolas Sarkozy
recentemente?
Non bisogna lasciare credere che l'energia nucleare sia pulita. Dopo, che le
persone decidono con cognizione di causa, considerando i vantaggi e gli
inconvenienti di ogni fonte energetica, che hanno tutte i loro aspetti negativi,
questo è la loro responsabilità.
I politici dispongono di un'informazione trasparente in questo campo?
Si vede bene lo stupore di certi politici come Jean-Louis Borloo dopo la
diffusione di un'emissione di Élise Lucet sulla Francia contaminata, in Corpi
del reato. Tuttavia, l'impatto delle vecchie arie di uranio in Francia, rivelato
su France 3, è un problema che denunciamo da 16 anni.
Grazie a Fabienne Melmi
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 marzo 2010
Pacorini: «Sì al rigassificatore» - «Ma con certezze
sulla sicurezza. Per il nucleare potenziamo Krsko»
LE LINEE DEL PRESIDENTE DEL CONSORZIO ENERGIA DI
TRIESTE
TRIESTE Il rigassificatore a Trieste? «Un’opportunità che va ben oltre
l’investimento», il neopresidente del Consorzio energia di Assindustria (e già
ai vertici della Confindustria provinciale), che ha sostituito Sergio Razeto,
Federico Pacorini ribadisce la linea per l’organismo e parla pure di nucleare.
«È una delle fonti a minor costo per l’energia, ma visto che c’è già una
centrale vicina, a Krsko in Slovenia cerchiamo di allearci per il suo
potenziamento». Scarni invece i commenti sulla possibilità di far arrivare altra
energia per l’industria grazie ai tralicci e agli elettrodotti, Pacorini spiega
che «Sarebbe una realtà interessante, ma ci sono problemi di inquinamento visivo
e le soluzioni di interramento fanno perdere economicità».
Ci sono oltre 50 aziende associate nel consorzio energia e nonostante i vari
allarmi il famoso «tracollo dei consumi» lo ha ribadito lo stesso presidente
uscente Razeto, non c’è stato, anzi ci sono chiari segnali di ripresa. E così si
dovrebbe passare dai 181 milioni di kilowatt consumati nel 2009 (la bolletta
elettrica ha raggiunto i 12,3 milioni di euro con un prezzo medio pari a 71
euro) a 218 per il 2010. Un aumento dovuto certamente all’ingresso nel consorzio
di un socio che consuma circa 40 kilowatt tra quelli nuovi associati (tra questi
Jotun Italia, la Sisdsa, Auta Marocchi, Csm spa, Interporto di Portogruaro e
Autotrasporti Grusovin) ma che mette in evidenza la necessità per l’organismo
degli industriali di veder garantito un approvvigionamento di energia a costi
competitivi.
In generale il contratto siglato nel 2009 dal Consorzio in termini di
performance se confrontato con gli altri consorzi della regione si conferma il
migliore con prezzi inferiori al 12% e tra le attività ora si punta ad alleanze
con aziende della Serbia e della Slovenia per valutare la fattibilità di un
approvvigionamento di energia elettrica.
L’energia continua ad avere un alto costo e l’insufficiente disponibilità deve
«imporre un cambio di rotta con la modernizzazione delle infrastrutture di
produzione e di trasporto, la costruzione di linee di importazione dall’estero e
l’insediamento di almeno un rigassificatore».
«Il rigassificatore credo sia un’opportunità da cogliere – insiste Pacorini –
posto però che ci siano tutti gli elementi per la tranquillità e la sicurezza
oltre che l’impatto ambientale. Non ho dubbi che le tecniche di oggi permettano
di assicurare questa sicurezza. E l’impianto è un’opportunità che va ben oltre
l’investimento, ci sono altre circostanze economiche che potrebbero essere
favorite. Bisogna accrescere l’approvvigionamento energetico e il gas è una
fonte a costi più bassi. Un beneficio per l’area e l’indotto».
Ok anche al nucleare da parte degli Industriali, ma con una posizione molto
particolare: «Non ha senso in realtà di preoccuparsi di non costruire una
centrale viso che ce n’è una vicina, a Krsko in Slovenia – continua il
presidente – ed è attualmente una delle fonti di minor costo per l’energia.
L’Italia purtroppo è concentrata sulle fonti più inquinanti e ci costa caro. È
giusto che ci sia il nucleare e se è possibile ben venga la partecipazione al
potenziamento e alla messa in sicurezza di Krsko. Spero si possa fare».
Più complessa la posizione sulla possibilità di realizzare elettrodotti che
portino in Fvg energia a prezzi competitivi. «Abbiamo trovato fonti energetiche
molto convenienti fuori dai nostri confini – conclude Pacorini –, poter
scambiare energia sarebbe molto interessante. Ma bisogna superare barriere
fisiche e normative complesse. Ci sono soluzioni costose per eliminare questi
problemi, tipo l’interramento, ma gli oneri complessivi annullano i benefici
economici».
GIULIO GARAU
Dipiazza: tram di Opicina, spesi 8 milioni in sette
anni - Il sindaco: bilancio insostenibile, servono soluzioni. Biglietti più
salati per i turisti
«Hanno creato un comitato per la salvaguardia del tram di
Opicina? Bene, allora dovrebbero farmi come minimo presidente onorario visto
che, fino a prova contraria, il tram l’ho salvato io, a suon di milioni...».
Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste, non perde il solito aplomb guascone.
Perchè, assicura, non ha nessuna intenzione di passare alla storia come
l’affossatore della storica linea. Semmai, questo sì, offrire spunti di
riflessione alla città intera, per vedere assieme come si possano conciliare il
conto economico e la permanenza del collegamento.
Dice Dipiazza: «Il cittadino che paga il biglietto dell’autobus non ha
probabilmente la cognizione che quanto da lui versato corrisponde appena a un
quarto della spesa totale. E di sicuro, tornando al discorso del tram, non è a
conoscenza che tra manutenzioni, pezzi nuovi e rifacimento del percorso quella
linea ci è costata, dal 2003 ad oggi, quasi 8 milioni di euro, per la precisione
7 milioni e 900mila. Al vecchio cambio fanno praticamente 16 miliardi di lire,
non so se rendo l’idea... Al momento è una linea che economicamente non si regge
in piedi e chi subentrerà dopo, siano privati o meno, incontrerà comunque grosse
difficoltà».
La lista fornita conferma in effetti il maxi-esborso. La revisione e
ammodernamento di quattro vetture tranviarie che prestano servizio sulla Trieste
– Opicina, per dire, è costata da sola la bellezza di 2.577.812,95 euro, la
riqualificazione e ristrutturazione della stazione - deposito di Opicina
570.907,40 euro, la manutenzione straordinaria del tratto Vetta Scorcola –
Opicina quasi un milione, e cioè 947.236,96 euro. E ancora: ecco la
ristrutturazione e riqualificazione della stazione di vetta Scorcola, costata
140.242,98 euro e la fornitura con posa in opera, lavori e servizi annessi, di
dispositivi, attrezzature tecniche e apparecchiature per l’adeguamento
tecnologico e impiantistico della trenovia e per la revisione ventennale del
tratto funicolare. Anche qui una botta: 3.135.331,71 euro, seppure con tutti i
disservizi del ”dopo”. E non sono costati poco neanche la riqualificazione e
ristrutturazione della stazione di piazza Oberdan (455.964,11 euro), quella dei
chioschi d'attesa lungo la linea (91.704,01 euro), anche la convenzione con
l’Università (48mila euro). È finita? Neanche per sogno. A breve, quest’anno,
bisognerà confrontarsi con la fornitura e posa in opera di tre pulegge della
funicolare per complessivi presunti 600mila euro e con l’adeguamento della
cabina elettrica di via Marziale, per complessivi presunti euro 138mila.
Un continuum, insomma. Oltrechè, economicamente parlando, un mezzo disastro che,
fa capire il sindaco, difficilmente può attrarre i privati. Ma qui si entra nel
discorso del cuore, dell’immagine stessa della città. E allora Dipiazza
preferisce lasciare aperti ampi spiragli. «Qui non stiamo parlando di una
possibile chiusura – sottolinea – ma della necessità di trovare spiragli per
uscirsene con qualcosa di più intelligente. Non una linea in perdita perenne ma,
per usare l’esempio più banale, prendendo a prestito da altri paesi, la
possibilità di scindere, ad esempio, il costo del biglietto. Sei un residente?
Bene, paghi una determinata cifra. Sei un turista? Allora quella cifra deve
essere necessariamente aumentata. Non invento niente, eh, sono cose che nei
paesi a noi vicini si fanno abitualmente. Piccoli escamotage che potrebbero
aiutare non poco il bilancio di fine anno».
FURIO BALDASSI
Turisti su due ruote, autorità assenti - Entusiasti gli
ospiti di Ulisse-Fiab, nonostante l’incuria sulla ciclabile e all’info point
Una carovana di settanta ciclisti ha attraversato ieri la
città. Erano i soci delle associazioni regionali aderenti alla Fiab, la
Federazione Italiana Amici della Bicicletta. I 40 appassionati delle due ruote
giunti da fuori Trieste sono partiti da Draga Sant'Elia e hanno percorso la
ciclopista della Val Rosandra. Alla fine della pista ciclabile, all’infopoint di
San Giacomo, hanno trovato ad aspettarli i soci dell'Ulisse-Fiab, l'associazione
organizzatrice della giornata. «Abbiamo promosso questa manifestazione per
condividere con gli altri cicloturisti la bellezza di questo percorso» racconta
Luca Mastropasqua, presidente di Ulisse-Fiab.
Operazione pienamente riuscita, a giudicare dai commenti entusiasti dei
partecipanti. «È stata la prima volta che ho affrontato questo percorso:
bellissimo, con scenari ”da film”» racconta Gabriella Lotto, dell'associazione A
Ruota Libera di Pordenone. «Però mi hanno detto con il sole è ancora più bella -
ha aggiunto guardando il celo grigio - quindi sicuramente ritornerò presto a
Trieste». «Avevo già percorso la ciclopista della Val Rosandra in passato» dice
Renato Chiarotto dell'associazione Amici del pedale-Codroipo. «È un gioiello che
andrebbe sfruttato maggiormente in chiave turistica, uno dei percorsi più belli
a livello europeo. Peccato che non venga effettuata nessuna manutenzione: il
rischio è che la pista in poco tempo venga ”mangiata” dalla vegetazione» .
Guadandosi intorno non si può fare altro che dargli ragione. L'info point
allestito per promuovere la pista è abbandonato, coperto di scritte e graffiti.
Tutt'intorno regna l'immondizia. Al randez vous all’infopoint erano stati
invitati i rappresentanti del Comune e della Provincia, ma all'appuntamento non
si è presentato nessuno. «Probabilmente si vergognavano di venire in un luogo
così degradato» ha ipotizzato qualcuno.
L'associazione Ulisse (www.ulisse-fiab.org) è nata per promuovere l'uso della
bicicletta e per incentivare una mobilità sostenibile. Lo fa attraverso un fitto
calendario di iniziative ”cicloambientaliste”, volte a tutelare e valorizzare la
natura e l'ambiente, ma anche attraverso manifestazioni di sensibilizzazione per
promuovere l'utilizzo urbano di quello che è il mezzo di trasporto verde per
eccellenza. «Le pubbliche amministrazioni sono convinte che Trieste sia una
città non adatta all'utilizzo delle biciclette, ma non è vero» ha detto Luca
Mastropasqua. «In realtà per avere una città più adatta a questo mezzo
basterebbero pochi investimenti, come delle segnaletiche verticali e orizzontali
che tengano conto della presenza e delle necessità dei ciclisti». «L'automobile
scatena l'aggressività, mentre la bicicletta avvicina le persone» ha detto
Mastropasqua prima di ritornare in sella. Il gruppo ha infatti continuato la
giornata visitando il castello di San Giusto, per poi proseguire verso l'arco di
Riccardo, Cavana, piazza Unità, e tutto il centro cittadino. Pedalando,
ovviamente.
Giovanni Ortolani
Canile di Fernetti, è tutto da rifare - Deserta la gara
bandita dal Comune. Lobianco: valuteremo le alternative
Niente nuovi bandi in vista, si allungano i tempi.
Capofonte: l’ennesimo fallimento
All’amo del project financing agevolato per il nuovo canile da tre milioni e
750mila euro d’investimento, su cui l’amministrazione Dipiazza aveva agganciato
un assegno da un milione e 200mila di contributo pubblico a fondo perduto, non
ha abboccato nessuno. Troppo alto evidentemente, secondo gli operatori del
settore, il rischio imprenditoriale, nonostante quell’incentivo. Ora al Comune
resta la caccia, a mani nude, a eventuali partner. Pubblici o privati fa lo
stesso. Ma salta a questo punto, con ogni probabilità, la road-map che evocava
due anni di lavori e il taglio del nastro entro il 2013.
Lo scorso 15 febbraio - data di scadenza indicata nel bando di gara per far
pervenire agli uffici le manifestazioni d’interesse al progetto di Fernetti - il
tavolo su cui si sarebbero dovute aprire le buste è rimasto vuoto. E così
quell’assegno - costruito sul milione e 80mila euro di finanziamento regionale
Aster sbloccato nel 2008 dall’assessore leghista alle Autonomie locali Federica
Seganti, che aveva incoraggiato il Comune a metterci di suo altri 180mila euro -
resta nelle mani del Municipio. Ma in quelle stesse mani resta soprattutto il
più scottante dei cerini: la mancanza sul territorio triestino di un canile
assistenziale, di cui appunto, dopo che la gara per il project financing è
andata deserta, ora non risultano gettate nemmeno le fondamenta burocratiche. In
barba alla legge. Legge che il canile lo pretende, comunque, da un Comune che -
dopo aver abbandonato la scorsa estate la politica dei rinnovi di convenzione
col ”Gilros” di Opicina, bocciato nei parametri normativi dall’Azienda sanitaria
- deve portare i randagi al ”Girasole” di Porpetto, 60 km da qui verso la Bassa
Friulana.
Eppure - sostiene usando formule edulcorate l’assessore al Personale Michele
Lobianco, con sottodelega all’Ufficio zoologico - è proprio la legge a legare i
polsi al Comune. L’amministrazione Dipiazza, come detto, ha in tasca sì un
milione e 200mila euro. Ma non si sogna di gonfiarla ancora, quella tasca,
considerando tutte le emergenze di spesa per gli esseri umani, prima ancora che
per gli animali, in un momento di austerity. «Il progetto non si può
ridimensionare - sospira Lobianco - c’è l’obbligo di disporre di determinate
strutture, rispondendo a norme regionali e statali, il costo è più o meno
quello». Non si scenderà di molto dai tre milioni e 750mila euro che il
Municipio aveva previsto nel bando del project financing, prevedendo una
concessione trentennale per il costruttore-gestore dei 27mila metri quadrati di
verde oltre il poligono di tiro di Opicina, a ridosso della competenza
territoriale di Monrupino, con una capienza massima di 150 posti per cani e 75
per gatti, con tanto di ambulatori veterinari e, soprattutto, con una serie di
servizi aggiuntivi come centri di addestramento, piuttosto che residenze per le
bestiole parcheggiate dai padroni in vacanza, per trasformare un comprensorio
no-profit in un possibile generatore di business. Più che un’area d’assistenza
zoofila, dunque, un resort turistico per il migliore amico dell’uomo.
Tant’è, adesso si punterà forse su una superficie ridotta, magari diversa da
Fernetti, come suggerivano animalisti e ambientalisti, spalleggiati dal
consigliere comunale civico Roberto Decarli, guardando ad esempio all’ex caserma
della Guardia di finanza sul confine di Basovizza? Non si sa. «Potremmo anche
restare lì, dobbiamo vedere, stiamo valutando se siano percorribili soluzioni
alternative», dice Lobianco. Che di più non dice, lasciando però intendere che
per ora di fare un secondo bando non si parla. Dice eccome, invece,
l’associazione Il Capofonte, da capofila del fronte del no al supercanile, che
con la presidente Maria Grazia Beinat parla di «ennesimo fallimento
dell’amministrazione comunale: privilegiando un inutile e pretenzioso progetto,
ha dimostrato incompetenza nel gestire il denaro pubblico. Interpretando il
pensiero dei cittadini, che da ormai 22 anni attendono l’inizio dei lavori,
gradiremmo conoscere che fine faranno i cospicui fondi stanziati da Regione e
Comune per il tanto atteso canile».
PIERO RAUBER
Oggi stranieri in sciopero «No a ostilità e razzismo»
Iniziative nell’intera giornata - Cancellazione di scritte sui muri musica,
video e testimonianze
EVENTO INTERNAZIONALE
Anche Trieste aderisce oggi allo «sciopero degli stranieri». La giornata di
mobilitazione prevede il ritrovo alle 10.30 in piazza Cavana, alle 15 in piazza
Sant’Antonio la cancellazione delle scritte razziste dai muri della città, alle
17 in piazza Ponterosso una manifestazione. Infine alle 21.30 all’Etnoblog (riva
Traiana 1) seguirà una festa con video, musica, testimonianze e cibo.
L’iniziativa, che ha valenza internazionale, è stata proclamata a livello
provinciale da Cobas e Usi-Ait e interessa tutte le categorie di lavoratori
stranieri, per l’intera giornata, ma vi hanno aderito anche molte associazioni e
organizzazioni, oltre a privati cittadini, che contestano le attuali politiche
in materia di immigrazione ed esprimono un forte richiamo contro il clima di
razzismo.
Il Comitato 1.o marzo era stato presentato nei giorni scorsi al Circolo Arci di
via San Michele durante l’incontro dedicato ai «Sapori della tua terra», durante
il quale tutti i partecipanti avevano portato un piatto tipico davanti al quale
discutere di immigrazione, razzismo, integrazione. Il gruppo di Facebook
dell’iniziativa triestina ha raccolto oltre 700 iscritti. Le iniziative, è stato
specificato, si svolgono nell’arco di tutta la giornata così da permettere a
tutti i lavoratori stranieri (anche le badanti) di prender parte.
Per maggiori informazioni si può consultare il sito http://primomarzotrieste.blogspot.com,
oppure scrivere ua e-mail all’indirizzo primomarzo2010trieste@gmail.com.
IL PICCOLO - DOMENICA , 28 febbraio 2010
Alta velocità, la linea per Divaccia riparte da zero Ma
ora manca il collegamento col Porto di Trieste
Corridoio 5, o meglio, la tratta Trieste-Divaccia? Si
ricomincia da zero. A Lubiana si sono incontrati il viceministro alle
Infrastrutture, Roberto Castelli con il sottosegretario ai Trasporti sloveno,
Igor Jakomin. Sul tavolo le planimetrie del progetto della Trieste-Divacia per
l’appunto. L’Italia ha presentato però il progetto di un nuovo tracciato che
corre a Sud di quello originario che forma una sorta di toboga ai limiti della
Val Rosandra per innestarsi all’altezza di Crni Kal con la linea
Capodistria-Divaccia. Un progetto, quello predisposto dalla parte italiana, che
unirebbe direttamente Trieste a Capodistria con una bretella che incanalerebbe
il traffico ferroviario in direzione Divaccia. Progetto però che ha incontrato
subito una netta opposizione della Slovenia. Il sottosegretario Jakomin ha fatto
notare che il nuovo tracciato meridionale comporterebbe per la Slovenia un
cambiamento del piano urbanistico già approvato e che prevede l’innesto
dell’Alta velocità all’altezza di Crni Kal.
E siccome la realizzazione di un nuovo piano urbanistico per la legge slovena
determinerebbe la perdita di almeno ulteriori tre anni questo comprometterebbe
per Lubiana l’apertura dei cantieri, prevista per la seconda metà dell’anno in
corso, del raddoppio della tratta strategica Capodistria-Divaccia. E metterebbe
altresì in pericolo i finanziamenti provenienti per l’opera dal Patto di
coesione con l’Unione europea. Il viceministro Castelli, da parte sua, ha preso
atto delle argomentazioni slovene ribadendo però che il progetto che sfiora la
Val Rosandra resta inaccettabile per la parte italiana in quanto ha ricevuto
parere negativo dal ministero dell’Ambiente e andrebbe a intaccare il sottosuolo
del Carso in un’area protetta. I due interlocutori hanno quindi deciso di
riprendere in mano la cosiddetta soluzione Nord, quella che passa per Opicina
per poi collegarsi a Divaccia. A questo proposito sono già stati calendarizzati
una serie di incontri tra i tecnici dei due Paesi per rendere fattibile questa
soluzione.
«Le strutture ministeriali e quelle della Regione - precisa l’assessore
regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi - si incontreranno a breve e hanno già
in programma una serie di riunioni per esaminare la nuova ipotesi». Uno dei temi
diventa ora il collegamento con la nuova traccia a Nord con il porto di Trieste.
«Questa ipotesi è la prima che noi abbiamo ”sponsorizzato” ma non garantiva -
prosegue - alcuni paramentri comunitari sull’alta velocità e ora saranno
esaminate ulteriori varianti e, a quel punto, quando si verificheranno le
condizioni per una sostenibilità a Nord è evidente che a seguito di quello
bisognerà capire come collegare il porto di Trieste, perché per noi è l’elemento
determinante». Insomma lo scalo triestino rimane ancora tra color che son
sospesi.
MAURO MANZIN
SEGNALAZIONI - «Superporto, un’opzione economicamente
migliore della Tav»
Parlando del Corridoio V, dice il Vice Ministro ai
Trasporti e alle Infrastrutture Castelli «...stiamo lavorando fattivamente per
trovare un tracciato che, al contrario di quello previsto e che non lo vuole
nessuno e quindi si tratta di capire anche perché sia stato scelto a suo tempo,
un errore di cui non portiamo alcuna responsabilità». Basta guardare la carta
geografica e si vede che è stato scelto unicamente per contrabbandare (e quindi
finanziare) come transfrontaliero il tratto Crni Kal-Divaccia (20 km) che
transfrontaliero non è, ma interamente sloveno. Se ne è accorto il vostro
giornalista Paolo Rumiz che il 20.4.09 scrive «...un percorso che comporta il
doppio di gallerie necessarie e pare avere l’unico scopo di agganciare con più
facilità il porto di Capodistria, con una bretella lautamente finanziata
dall’Unione Europea» e ne riscrive il 28.11.09 «...progetto devastante per il
Carso che le ferrovie italiane hanno preso pari pari da quelle slovene,
nell’interesse prevalente del porto di Capodistria». Nessuno ha contestato il
vostro giornalista, poiché c’era poco da contestare. Altro comportamento
singolare è quello del Comune di San Dorligo della Valle che, dopo aver promosso
manifestazioni per il «no al Corridoio V», il 24.4.09, toglie dalla delibera
sulla Tav la proposta di individuare un percorso alternativo della
Trieste-Divaccia, rispetto a quello esistente, accettando quindi la devastazione
del proprio territorio. Ora sembra che verrà proposto il percorso più logico,
più corto, meno costoso e meno devastante, quello Opicina-Sesana-Divaccia, anche
se il 23.11.09 il presidente del Porto di Venezia, Paolo Costa preannuncia «...
Tav? non ci sono finanziamenti, l’interesse è solo a parole». Senza aspettare
che la Tav (se e quando...) arrivi da queste parti, già il 6.2.10 il Ministro
degli Esteri Frattini, dice che «spunta l’asse Adriatico-Baltico, crediamo in
questo progetto che vogliamo realizzare in tempi certi e brevi». Subito dopo
Unicredit annuncia il suo progetto di fare di Trieste un superporto in Adriatico
e di Genova un superporto nel Tirreno mettendo a disposizione, per iniziare, un
miliardo di Euro (2000 miliardi di lire...). In una intervista al quotidiano di
Genova il 17.2.10 l’A.D. di Unicredit, Profumo così risponde ai critici «...chi
vede nel progetto Unicredit un pericolo per la gestione pubblica dei porti (che
però riguarda solo Genova e Trieste)... non è un progetto a favore o contro
qualcuno è un grande piano per Genova, per Trieste e per il Paese, le
infrastrutture necessarie hanno una ricaduta diretta sulle aziende e sulla
occupazione. Se Trieste diventa la porta per le merci in arrivo da Far East e da
ciò nasce una piattaforma logistica completa, dove la merce viene lavorata e
trasformata perché abbandonare questo business e lasciare che vada a Rotterdam o
ad Amburgo?». Argomentazioni chiarissime dell’A.D. della prima banca italiana e
tra le prime in Europa. Però non poteva sapere che a Trieste ci sono degli
esperti che definiscono l’entusiasmo per questa opportunità «commovente e che fa
tenerezza» , tanto che preconizzano i veggenti «non se ne farà niente» e
conseguentemente si adopereranno per ostacolare questa presa in giro. Questo
progetto punta al collegamento in tempi certi con i mercati del Nord Europa,
sicuramente più remunerativi di quelli dell’Est, come ha fatto notare il
Ministro Scajola, il quale a Genova ha detto che se lui dovesse scegliere, per
ragioni economiche, tra la Tav e il collegare Genova con il Nord Europa,
sicuramente sceglierebbe il collegamento con il Nord Europa.
Flavio Gori
«Rigassificatore, occasione da cogliere» - Razeto: le
istituzioni prendano una posizione. Dal Porto ai collegamenti, troppe iniziative
arenate
«Il progetto del rigassificatore di Gas Natural va
valutato guardando oltre la semplice realizzazione e l’esercizio dell’impianto
considerando tanto l’indotto quanto il fatto che il rigassificatore significa
anche bonifica e recupero ambientale di un’importante porzione del sito
inquinato e la sua realizzazione comporta la necessità di risorse umane di
diversa qualificazione, reperibili localmente».
Lo mette in rilievo il presidente dell’Associazione industriali, Sergio Razeto
che prende chiaramente posizione a favore della realizzazione dell’impianto nei
cui confronti invita le istituzioni ad assumere una posizione certa. «Certamente
però - prosegue Razeto - Gas Natural dovrà costruire l’impianto avvalendosi
delle migliori tecnologie disponibili sul mercato e fornire garanzie in termini
di sicurezza e tutela ambientale. Ritengo quindi non più prorogabile - specifica
- l’avvio da parte della società spagnola di azioni di comunicazione e di
confronto con le istituzioni e con la pubblica opinione sugli aspetti relativi
alla sostenibilità complessiva del progetto».
Il presidente degli Industriali però non risparmia critiche alla città e gli
sfugge anche una nota di pessimismo sul futuro. «Nel 2009 - rileva - si aveva
avuta la percezione di un nuovo insolito dinamismo: approvazione del Piano
regolatore portuale che ha visto unite tutte le forze istituzionali ed
economiche della città, così come l’avallo al progetto di recupero delle aree
del Porto Vecchio, la previsione di avviare i lavori per la costruzione della
Piattaforma logistica a fronte dell’annunciata approvazione da parte del Cipe
dei relativi finanziamenti, lo stesso progetto del rigassificatore, la forte
richiesta per riacquisire il collegamento aereo con Milano, la proposta avanzata
dalla Lucchini energia di costruire una nuova centrale termoelettrica, i nuovi e
più efficienti collegamenti ferroviari per merci e persone. Basta invece aprire
le cronache cittadine degli ultimi mesi - denuncia Razeto - per constatare che
tutte queste iniziative non stanno avendo alcun seguito. Anzi, fatto nuovo,
l’aeroporto di Ronchi è stato declassato: non è fra gli aeroporti di interesse
nazionale». Scatta di conseguenza un vero e proprio grido di allarme:
«Proseguendo di questo passo Trieste abdicherà a qualsiasi ruolo di punto di
riferimento nel quadro dell’Europa allargata».
Quanto al porto, Razeto afferma che «la costruzione della Piattaforma logistica,
l’allungamento del terminal contenitori, l’abbattimento dei vecchi magazzini dei
Moli Quinto e Sesto sono interventi previsti nel nuovo Piano regolatore che
unitamente alla variante di recupero del Porto Vecchio disegnano una nuova
prospettiva per lo scalo». E allora si chiede: «Quali sono gli elementi che ne
ostacolano l’approvazione? Lentezze burocratiche, diversi interessi in gioco?
Non possiamo continuare a perdere tempo - ammonisce - il mondo cammina e quando
arriveremo rischieremo di aver perso il treno, e quando saremo pronti per noi
sarà troppo tardi. Credo che i nostri vicini sorridano portando via a Trieste un
po’ di traffico alla volta».
Razeto sollecita tutti gli interlocutori istituzionali affinché contribuiscano a
sbloccare i finanziamenti previsti dal Cipe per la Piattaforma logistica e a
congliere le opportunità previste dal progetto della Piastra logistica di
Trieste e Monfalcone presentato dal Gruppo Unicredit e visto con favore dagli
industriali.
Il presidente di Assindustria afferma infine di considerare «di indifferibile
priorità la richiesta all’Amministrazione regionale dei fondi per il
completamento della campagna di caratterizzazione del Sito inquinato in modo da
intervenire nei punti in cui si evidenziano le criticità ambientali, provvedendo
da subito allo svincolo dei terreni non contaminati». (s.m.)
RIGASSIFICATORE - Omero: serve un referendum - DOPO
L’ESITO DEL SONDAGGIO PICCOLO-SWG
L’esito estremamente equilibrato tra favorevoli e contrari
nel sondaggio realizzato dalla Swg e dal Piccolo sul gradimento alla
realizzazione del rigassificatore è buon testimone secondo Roberto Sasco (Udc),
presidente della Commissione urbanistica del Comune «del buon senso di cui sono
dotati i triestini che percepiscono alcune criticità nel progetto di Gas Natural
riguardo ai temi della sicurezza, ma che non sono pregiudizialmente contrari
all’impianto. Sta alle amministrazioni dunque fare la scelta giusta - sostiene
Sasco - a favore della Trieste del 2020 e del 2030, ma io - specifica - conto
come il due di coppe, Dipiazza come il quattro e Tondo come il tre di coppe.
Alla fine decideranno il premier Berlusconi e il ministro Scajola. È da
augurarsi soltanto - conclude Sasco - che alla fine il rigassificatore non venga
realizzato, in alternativa, a Capodistria perché i triestini finirebbero per
essere cornuti e mazziati»
A favore del referendum tra i cittadini si pronuncia Fabio Omero, capogruppo del
Pd in Consiglio comunale. «Il lavoro compiuto dall’informazione, dalle
associazioni, ma non dall’azienda, e ora anche dalla Provincia - afferma -
garantiscono una risposta informata e consapevole da parte dei cittadini.
Ritengo che i tempi siano maturi - conclude Omero - perché tutte le forze
politiche condividano che alla fine del processo in atto siano i triestini a
esprimersi sulla realizzazione del rigassificatore di Zaule».
Sergio Lupieri, consigliere regionale del Pd, sostiene invece che persistono
sempre numerosi buoni motivi per dire no al rigassificatore di Zaule. Tra
questi, «le condizioni di sicurezza-rischio che vanno contro la norma Seveso e
le direttive comunitarie, la mancanza di importanti ricadute occupazionali, le
ricadute negative sullo sviluppo portuale, il pesante impatto termico e chimico
sull’acqua di mare».
IL PICCOLO - SABATO, 27 febbraio 2010
Preoccupati per l’ambiente, decisi allo sviluppo Il rigassificatore spacca i triestini a metà
I RISULTATI DEL SONDAGGIO REALIZZATO DALLA SWG E DAL
PICCOLO -
IL COINVOLGIMENTO DELLA POPOLAZIONE
Temono che il rigassificatore possa rappresentare una
fonte di rischio per la nostra area ma allo stesso tempo contestano l’ennesimo
rifiuto di un insediamento industriale. Vorrebbero un referendum consultivo
sulla sua realizzazione ma si dicono ben consci che col nuovo impianto
probabilmente si potrebbe avere qualche ritocchino in basso sul costo
dell’energia. Sono i triestini fotografati dalla Swg, che nel sondaggio
realizzato con il Piccolo mandano a referto un sostanziale pareggio per quanto
riguarda il gradimento o meno dell’impianto. «È importante osservare – annota
Maurizio Pessato, amministratore delegato della società di indagini demoscopiche
– come il dato sia stato oggetto di una sostanziale mutazione tra il 2007, data
del primo sondaggio, e il 2010. C’è molta più considerazione, ad esempio, per il
fattore rischio e maggiore preoccupazione per il fattore ambientale, legate però
a una netta presa di posizione in favore del risparmio energetico e delle
ricadute occupazionali che l’impianto di Gas Natural potrebbe apportare».
Un colpo al cerchio e un colpo alla botte, allora? Quasi, se si considera
l’estremo equilibrio che il ”panel” di 1400 intervistati via web ha saputo
raggiungere. Negli ultimi tre anni, per rifarsi a quanto detto da Pessato, certe
opinioni sono decisamente cambiate, talvolta in maniera radicale. Per quanto
concerne i problemi legati al rigassificatore, è passata dal 59 al 65 per cento
la percentuale di persone che temono l’impatto delle acque fredde sull’ambiente
marino e dal 53 al 58 per cento quella di chi si inquieta per il possibile
impatto del cloro sulla catena alimentare. Contestualmente, però, è scesa dal 44
al 38 per cento la percentuale di chi prefigura possibili limitazioni alla pesca
e dal 60 al 49 quella di chi intravede un impatto negativo sul paesaggio. A
incidenti, esplosioni e alla possibilità di attacchi terroristici crede infine
appena il 2 per cento degli interpellati.
Rimane sempre in maggioranza, inoltre, la percentuale di chi vede dietro
all’impianto la possibilità di avere energia a un prezzo più favorevole. Erano,
è vero, il 69 per cento nel 2007 ma anche nell’anno in corso costituiscono
comunque un non trascurabile 54 per cento. Meno entusiasmo, invece, per il
possibile aumento dell’occupazione, cui crede ancora il 49 per cento, perdendo
ben cinque punti rispetto al 2007. Sono passati inoltre dal 10 al 29 per cento
gli scettici, quelli cioè che non credono che il rigassificatore possa avere
alcuna ricaduta per la città.
Quasi schizofreniche appaiono inoltre le opinioni, diciamo così, in libertà. Gli
interpellati, dunque, convengono che i rigassificatori presentano un elevato
potenziale di rischio per la popolazione (52 per cento) ma anche che Trieste non
può permettersi di rifiutare un ulteriore progetto industriale (51 per cento).
Hanno ben presente (49 per cento) il risparmio energetico possibile e se la
prendono anche con gli ambientalisti, «che tendono sempre a esagerare le
conseguenze di qualsiasi insediamento industriale o energetico (56 per cento) e
con i tecnici delle grandi società, «che tendono sempre a minimizzare i rischi
degli impianti produttivi ed energetici» (70 per cento). Uno a uno e palla al
centro, insomma, in attesa che si decida se e come consultare la popolazione in
maniera più accurata.
FURIO BALDASSI
RIGASSIFICATORE - E alla presentazione si raduna tutto
l’ambientalismo militante - La contrarietà di Nesladek: «Il golfo stravolto per
dare da mangiare a 50 famiglie»
Si sono presentati in forze ma alla fine, per dirla con
Giuseppe Battelli, preside della facoltà di Scienze dell’informazione, hanno
rischiato di fare la figura della «ridicola minoranza». Non per la bontà o meno
delle loro tesi, ma perché la questione del rigassificatore è di per sè talmente
complessa che per smontarla serve ben di più che una devozione totale alla
causa. L’ambientalismo militante è comunque convenuto ieri a ranghi allargati
nella sala del Circolo della stampa, committente assieme al ”Piccolo”
dell’indagine Swg, una delle prime realizzate sulla materia scottante
dell’impianto che vorrebbe realizzare la spagnola Gas Natural. Ne è venuto fuori
un dibattito lungo e intenso ma che ha ovviamente risentito della dicotomia tra
i crudi dati dell’indagine e la civile protesta di chi quell’impianto non lo
vuole vedere neanche in fotografia. Anzi, parola dell’ingegner Marino Valle, lo
vorrebbe almeno vedere nella sua vera fisionomia, per farne comprendere
l’impatto.
Nessuno, comunque, si proponeva di dare ai suoi interventi il valore della
verità assoluta. Non la Swg che, parola di Roberto Weber, ha fatto un lavoro
professionale a prova di ”retropensiero”, né gli stessi paladini dell’ambiente,
che hanno contestato più che l’indagine in se stessa la maniera in cui la
vicenda viene gestita, soprattutto dalle pubbliche amministrazioni. Ad
affrancarsi ci ha pensato però il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, oppositore
della prima ora dell’impianto, che ha sollevato perplessità soprattutto in
merito alla possibile convivenza del rigassificatore con la normale attività
portuale, «a maggior ragione in un periodo in cui la battaglia è tra chi vuole
l’applicazione del piano regolare portuale e chi invece rema contro».
Nei vari interventi dell’appassionato dibattito è emersa anche la convinzione
che la realizzazione stia ormai prendendo la via del non ritorno perché, come ha
annotato il geologo Livio Sirovich, «il progetto c’è e ha superato anche la
valutazione d’impatto ambientale». Il problema allora, almeno quello emerso dai
vari interventi, è quello di tornare indietro. In quale maniera? Franco Bandelli,
presente in sala assieme ad alcuni dei suoi boys, ha parlato della necessità di
aprire il fronte alla democrazia partecipata, facendo tra l’altro pubblico atto
di contrizione per avere votato in giunta comunale a favore del deposito
costiero. Un po’ quello che era successo a Monfalcone con l’impianto Snam, come
ha ricordato il vicedirettore del ”Piccolo” Alberto Bollis e ha ampiamente
illustrato l’allora sindaco Adriano Persi. Come si ricorderà, dopo mesi di
polemiche e con la giunta di centrosinistra ampiamente schierata a favore della
realizzazione, un referendum popolare aveva a sorpresa bocciato l’ipotesi e la
Snam dovette fare le valigie.
Fu persa, allora, un’ipotesi sulla carta molto redditizia, almeno in termini di
occupazione. Per quanto riguarda Gas Natural, invece, le perplessità si sprecano
proprio sotto il profilo delle ricadute. «Vogliamo stravolgere il golfo per dar
da mangiare al massimo a 50 famiglie?», ha ironizzato ancora Nesladek mentre
Bandelli ha chiesto e si è chiesto dove siano finite le tanto vagheggiate
royalties che la società spagnola avrebbe dovuto concedere al Comune e ha
parlato di «partita che riguarda anche e soprattutto AcegasAps, non certo la
cittadinanza».
(f.b.)
RIGASSIFICATORE - Intervistate 1400 persone -
L’INFORMAZIONE ARRIVA SOPRATTUTTO DAI GIORNALI
Il sondaggio sul rigassificatore è stato realizzato dalla
Swg srl nel periodo tra l’11 e il 22 febbraio scorsi. Tecnicamente si definisce
un’indagine quantitativa con questionario strutturato e ha coinvolto 1400
soggetti maggiorenni residenti a Trieste e provincia, rappresentativi
dell’universo in base ai parametri di genere, età, comune.
I committenti sono stati il Circolo della stampa, che ha anche ospitato ieri il
dibattito finale, e il ”Piccolo”.
Le interviste sono state realizzate online con il metodo Cawi attraverso un
questionario inserito sulla pagina Internet de ”Il Piccolo” e con una successiva
integrazione di campione estratta dalla Community della Swg. Come ha rilevato
ieri nella sua presentazione l’ad Maurizio Pessato, la popolazione si è
dimostrata sufficientemente informata sull’argomento almeno nei due terzi dei
casi (60 per cento degli interpellati), avendo attinto in massima parte agli
organi di stampa (86 per cento), radio e televisione (50 per cento),
associazioni ambientaliste e comitati (30 per cento) sondaggi attraverso
Internet (10) e assemblee organizzate da istituzioni pubbliche (8) mentre il 21
per cento si è documentato in altre maniere. (f.b.)
«Il problema è di chi non ha studiato» - IL RETTORE
PERONI REPLICA ALLE ACCUSE DEL SINDACO - Dipiazza ha stigmatizzato la «caccia
alla consulenza»
Al sindaco che accusa gli universitari critici sul
progetto di rigassificatore di inseguire la «ciccia», cioé futuri lucri, e di
«studiare, studiare» solo per mangiarci poi sopra gli interessati (membri a
titolo personale del Tavolo tecnico sul rigassificatore della Uil-Vigili del
fuoco) rispondono dalla cattedra. «La tecnica dei politici è parlare così, son
pagati per questo, non abbocco - afferma Bruno Della Vedova, docente del
Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale -, a me il sindaco deve dire che
non ho capito niente, solo allora gli risponderò, provi invece a pensare a chi i
soldi li ha già presi: quelli che hanno firmato i rapporti insufficienti sul
rischio industriale e sull’effetto-domino. Io la coda di paglia non ce l’ho».
Breve Livio Sirovich, geologo dell’Ogs: «Mi complimento con il livello delle
argomentazioni del sindaco - dice -, ricordo di avergli sentito affermare che il
metano non brucia, voglio dunque sapere se si fa il caffé con l’energia
nucleare». Marino Valle, che ha sviluppato l’analisi sui rischi, replica: «Il
sindaco è profano in materia, non ha la competenza per entrare nel merito su
questioni di sicurezza. Ma quale ”ciccia”? Gli enti hanno già autorizzato tutto.
Questa è l’inquietante deformazione di chi pensa che tutti ragionino come lui,
chi vede in qualsiasi azione solo il tornaconto economico, si qualifica. Io non
ho preso un centesimo e sfido chiunque sulla materia che ho trattato. Il sindaco
non distingue un tubo da un palo».
Il rettore Francesco Peroni: «Docenti accusati di studiare? Il problema è di chi
non ha studiato. Gli asserti generici poi lasciano muti: ogni docente oltre che
libero cittadino è libero intellettuale e può esprimersi come libero scienziato.
Infine, è legittima la possibilità di fare mercato della professione. Pure gli
avvocati si fanno pagare». «Colpisce la superficialità e l’irresponsabilità del
sindaco - afferma il segretario Pd Roberto Cosolini -, invece di offendere chi
lavora dovrebbe cercare le soluzioni migliori per ridurre l’impatto ambientale e
non solo enfatizzare le ”royalties”». Reagisce con «indignazione» la
Uil-Pubblica amministrazione. Il segretario regionale Silverio Greco:
«Università e centri studi sono una risorsa, non un ostacolo allo sviluppo,
specie a Trieste, città della scienza, che deve alla sua alta scolarità parte
del suo benessere. Triste constatare che simili affermazioni vengano proprio da
chi dovrebbe tutelare e valorizzare le risorse della città che rappresenta».
(g. z.)
SEGNALAZIONI - «Trieste: deposito costiero o città
d’arte?» - RIGASSIFICATORE, FERRIERA, OLEODOTTO
È da mesi che assisto ai vari proclami sul presunto
posizionamento del rigassificatore a Zaule. Da vari politici viene prospettato
come una grossa opportunità per la città, da alcuni viene apertamente avversato,
mentre altri danno un colpo al cerchio e uno alla botte. Infatti dicono che sì,
si può fare, naturalmente bisogna informare, trovare il sistema più idoneo,
guardarsi attorno.
Io, da profano, attorno ho guardato. Sono stato a Muggia Vecchia, sul belvedere
antistante la Basilica, dove lo sguardo spazia sul golfo e sulla baia di Muggia
e in quel piccolo catino d’acqua ho visto il terminal dell’oleodotto, i fumi
della Ferriera e, con la fantasia, là in mezzo, anche il rigassificatore. Mi è
venuto un magone e mi sono indignato. Sì, indignato perché mi è sembrato
impossibile che persone che dicono di aver a cuore la nostra città possano
appoggiare una simile scelta.
Grosse opportunità per chi? Non hanno detto una parola su come muterà
l’ambiente, l’impatto sulla pesca, se le barche potranno uscire dai porti. Se è
vero che al passaggio delle gasiere il mare dovrà essere completamente sgombro,
se la temperatura del mare cambierà, se il pescato sarà ancora commestibile.
Anche se, a parer mio, non si potrà più pescare.
Adesso per far accettare il progetto si tira in ballo la Slovenia. Se non lo
vogliono avranno i loro motivi, noi dobbiamo guardare le nostre motivazioni
senza lasciarci influenzare da nessuno.
A Trieste è stata negata la denominazione di città d’arte: per forza che non
possono concederla, hanno relegato questa bellissima città a deposito costiero.
Renato Mauro
Superstrada, due incidenti in poche ore - IL TRATTO SERVOLA-VALMAURA
Dipiazza: corrono tutti, una follia. L’Anas chiede gli
autovelox. Polveri ancora nel mirino
Anche ieri due incidenti lungo la superstrada - rimasta chiusa per un bel
po’ in una delle due direzioni - nel tratto subito dopo l’uscita dalla galleria
di Servola in direzione Muggia. Nelle prime ore del mattino si è rovesciato un
furgone; attorno alle 11 poi la carambola di una Micra che ha sbattuto contro il
guard rail per finire semirovesciata su una fiancata. I tecnici lo chiamano
effetto saponetta a causa del manto stradale particolarmente scivoloso. Tuona il
sindaco Roberto Dipiazza: «Ora basta. Qui nessuno rispetta i limiti. E quando
l’asfalto è scivoloso si vedono gli effetti». Parla durante un sopralluogo che
ha voluto fare personalmente guidando la propria vettura. Dice: «Sto viaggiando
a 70 chilometri all’ora, praticamente al massimo consentito dai limiti. Mi hanno
superato anche i Tir. Questa è follia. Domani convocherò il comandante dei
vigili. Dobbiamo fare qualche cosa».
È chiaro che non basta la ”safety car” della polizia muicipale. Da pochi giorni
il tratto maledetto viene percorso in entrambe le direzioni di marcia da una
pattuglia dei vigili proprio per costringere gli automobilisti a moderare la
velocità. «Ho già scritto all’Anas, che è il proprietario della strada»,
interviene il comandante della Polizia municipale Sergio Abbate: «So che hanno
installato provvisoriamente dei segnali. Ma è chiaro che sarà necessario qualche
intervento radicale». «A chiudere la strada non ci penso. Non si può bloccare un
collegamento internazionale», risponde Dipiazza al Circolo Miani che in una nota
invoca un’ordinanza di temporanea chiusura nelle giornate di pioggia.
All’Anas non si pronunciano sulle responsabilità dell’asfalto simile a una
lastra di ghiaccio, ma lo fanno chiaramente capire. «Abbiamo effettuato i
controlli. Ogni giorno passiamo lungo quel tratto di strada con la spazzolatrice
per togliere ogni traccia di sporco. Ma nei prossimi giorni effettueremo una
serie di test con apparecchiature particolari proprio sull’asfalto. Se
confermeranno la buona qualità dell’asfalto allora la causa non può essere che
esterna». Come dire: è colpa delle polveri della Ferriera, che si impastano con
l’umidità e in particolari condizioni climatiche si depositano sulle carreggiate
rendendole lisce come piste da bob.
Dall’Anas arriva anche un annuncio: «Nei giorni scorsi abbiamo preso contatti
con la polizia stradale e saranno effettuati in quel tratto di strada costanti
rilevazioni della velocità». Autovelox, insomma. Dopo i test all’asfalto -
aggiunge la società - verificheremo anche le condizioni esterne. Ma intanto per
ora gli automobilisti devono rallentare. È l’unica cosa da fare per evitare
incidenti». Va detto tra l’altro che secondo le rilevazioni dell’Anas la vettura
coinvolta martedì sera in un ennesimo sinistro viaggiava a oltre 100 chilometri
all’ora, mentre la Micra di ieri andava a 90.
Qualche settimana fa i responsabili dell’Anas hanno anche contattato Bruno
Crisman, assistente del corso di Costruzioni strade della Facoltà di ingegneria,
l’esperto che qualche anno fa era stato incaricato dal Comune di redigere un
rapporto sul cosiddetto ”asfalto pazzo”. «Il problema - dice Crisman - va
studiato. Esistono tecnologie in grado di individuare le cause della
scivolosità. Sono pronto a iniziare. Certo è che una volta stabilita la causa
comunque andrebbe rifatta la pavimentazione. Ipotizzo che il problema possa
essere messo in relazione con le polveri, ma lo ripeto: occorrono conferme che
solo il proprietario, e cioè l’Anas, può dare».
Ieri, dopo i due incidenti che fortunatamente non hanno provocato feriti, il
tratto interessato della superstada è stato chiuso. Il traffico è stato deviato
lungo la viabilità ordinaria. E sotto la pioggia si sono formate lunghe code di
automobili.
CORRADO BARBACINI
«Cinghiali, agricoltura in pericolo» - Torna
l’emergenza in vista della primavera - Sos anche dai viticoltori. Provincia:
dalla Regione più soldi per i risarcimenti
Cinghiali, l’emergenza continua. Varie segnalazioni ne
indicano la presenza di intere famiglie sia sul Carso che in periferia. E mentre
la Coldiretti denuncia di non avere ancora ricevuto i contributi previsti nel
2007 e 2008, la Provincia si appella alla Regione: le richieste di risarcimento
ammontano a 200mila euro, dice l’assessore Walter Godina, ma le risorse si
limitano a 20mila.
Un forte allarme giunge dalla zona collinare di Roiano così come dal Carso. «La
situazione è preoccupante», afferma Andrej Bole, presidente del Consorzio di
tutela dei vini Doc Carso e viticoltore in Pischianzi: «Nonostante il piano di
abbattimento della Provincia nuovi esemplari si fanno vivi nelle nostre
proprietà scavando buche profonde alla ricerca di tuberi, radici, lombrichi. In
primavera sarà dura. Così non è possibile andare avanti».
«Rispetto all’anno scorso le incursioni sono diminuite – interviene Silvano
Ferluga, viticoltore roianese – ma diversi cinghiali continuano a scavare tra i
filari alla ricerca di cibo. Il problema peggiorerà quando ci saranno gli orti.
Ci troveremo a recintarli per tentare di arginarli. Speriamo che le autorità si
rendano contro che chi recinta i terreni lo fa per necessità, non contro le
leggi».
«Occorre conoscere a fondo la questione prima di esprimersi», sostiene Dimitri
Zbogar, presidente provinciale Coldiretti: «I cinghiali possono ridurre ai
minimi termini un intero prato in una sola notte». Andrej Milic, che conduce
un’azienda agrituristica a Sagrado di Sgonico, conferma: «I cinghiali continuano
a distruggere i prati. Per chi come noi alleva tanti animali, è una perdita
notevole». E si somma la beffa – insiste Zbogar – perché a fronte delle domande
di risarcimento inoltrate da agricoltori e allevatori negli anni scorsi, i fondi
a disposizione sono solo spiccioli rispetto al danno subito. «Stiamo aspettando
ancora i contributi per il 2007 e il 2008. Che fare? Gli abbattimenti promossi
dalla Provincia l’anno scorso – dice - non sono bastati».
«I piani di abbattimento dei cinghiali nel 2009 sono stati rispettati salvo
alcune eccezioni», interviene Fabio Merlini, presidente della Federcaccia
triestina: «Il fatto è che ormai diverse famiglie di cinghiali si sono insediate
in periferia, facilitati anche dal fatto che nonostante le ordinanze la gente
continua a alimentarli».
«Terremo conto delle segnalazioni di contadini e allevatori triestini – risponde
l’assessore all’Agricoltura e vicepresidente della Provincia Walter Godina –
alla luce di una situazione complessa. Ma cercheremo di operare attraverso dei
prelievi selettivi solo di fronte a situazioni motivate e nel rispetto e tutela
di tutte le biodiversità. Premesso che la Provincia ordina prelievi venatori su
deroga secondo un mandato regionale e previa il parere dell’Istituto superiore
per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), si cercherà preventivamente
di allontanare i cinghiali provando a utilizzare dei detrattori olfattivi o
recinzioni elettriche».
Dopo aver incontrato i rappresentanti delle dodici riserve di caccia della
provincia e aver verificato i piani di abbattimento, Godina tirerà le somme
sulla strategia da attuare per la primavera, periodo di nascita delle cucciolate
di cinghiali. «Un altro impegno – riprende il vicepresidente – sarà di
richiamare la Regione all’erogazione di più fondi per chi ha documentato i danni
causati dagli ungulati: quest’anno disponiamo di circa 20 mila euro a fronte di
una denuncia di oltre 200 mila. Ai cittadini infine l’appello a non dare da
mangiare ai cinghiali, rendendo loro e alla comunità un cattivo servizio e
lasciandoli al loro giusto equilibrio naturale».
Maurizio Lozei
«Antenne a Chiampore, soluzione in 15 mesi» - IL
SINDACO NESLADEK SULL’ANNOSA QUESTIONE DELLE EMISSIONI ELETTROMAGNETICHE
Sei aziende hanno consegnato progetti al Comune. Il 4
marzo si apre la conferenza dei servizi
MUGGIA «Entro quindici mesi sarà finalmente risolto il problema decennale
dell’inquinamento elettromagnetico a Chiampore». L’annuncio è del sindaco Nerio
Nesladek, dopo che sei aziende che hanno presentato, entro il termine del 12
febbraio, richieste di autorizzazione a installare infrastrutture
radio-televisive e modificare le caratteristiche di emissione delle stesse.
Delle sei aziende, due sono di Trieste, la Gestione Postazioni Nord-Est,
emittente radio, e la Finmedia, che cura le frequenze di Radioattività. Le altre
quattro sono la Towertel di Lissone (Monza), la Sinproambiente di Vigonovo
(Venezia), la Microwave Network di Padova e la DCP Telecomunicazioni di
Povegliano (Treviso).
Giovedì prossimo, 4 marzo, si insedierà la conferenza dei servizi che, entro 90
giorni, dovrà pronunciarsi sulla validità o meno dei progetti presentati dalle
aziende proprietarie dei ripetitori installati a Chiampore. Alla conferenza
siederanno, assieme al Comune di Muggia, l’Arpa, la Regione e i rappresentanti
delle emittenti radiotelevisive.
Per diminuire l’inquinamento dovuto alle onde elettromagnetiche, alcune delle
aziende hanno in progetto la costruzione di tralicci più elevati, in modo da
disperdere le onde elettromagnetiche su una superficie più vasta, o la
dislocazione degli impianti in zone non abitate.
Secondo il sindaco Nesladek saranno necessarie diverse sedute della conferenza
dei servizi per verificare la fattibilità dei progetti. Un dato è comunque
certo: entro il termine dei 90 giorni saranno date le autorizzazioni per la
costruzione di nuovi ripetitori e l’adeguamento di quelli esistenti. «Gli
abitanti di Chiampore aspettano da anni che qualcosa venga fatto – ricorda il
sindaco –. Finalmente è stata fissata una scadenza per la soluzione del
problema».
La questione delle antenne a Chiampore dura quasi da dieci anni, da quando nel
maggio 2000 vi fu la prima segnalazione. Maurizio Fontanot, residente a
Chiampore in località Fontanella, dopo aver effettuato privatamente alcune
misurazioni sull'inquinamento elettromagnetico e aver rilevato che i limiti di
legge erano stati superati, lanciò l’allarme.
Nel febbraio del 2002 l'Arpa confermò i dati e, a distanza di pochi giorni,
partirono le ordinanze del Comune. Il sindaco di allora, Lorenzo Gasperini,
intimò a diverse emittenti radio di ridurre, entro 60 giorni, l’intensità del
campo elettromagnetico, che superava la soglia dei 6 volt per metro quadrato
consentiti dalla legge nelle aree residenziali.
I ricorsi delle emittenti furono, in gran parte, respinti dal Tar. Nel 2004 la
Regione stanziò 210 mila euro per uno studio di fattibilità riguardante lo
spostamento delle antenne di Chiampore lontano da case e giardini.
Con la giunta Nesaldek il Comune ha in mano la questione delle antenne attivando
l'Agenda 21, procedura che prevede un’ampia partecipazione e condivisione delle
scelte tra gli interessati, in questo caso cittadini, enti e gestori delle
emittenti.
ANDREA DOTTESCHINI
Premio Alpi Giulie Cinema: la ”Scabiosa Trenta” a un
film che coniuga poesia e avventura -
CONCORSO PROMOSSO DA MONTE ANALOGO
Vince Giorgio Gregorio con l’opera sull’alpinista
Gervasutti E ora si punta a creare una mediateca con 250 pellicole
L'opera ”Giusto Gervasutti: il solitario signore delle pareti”, curata da
Giorgio Gregorio, una produzione dell’Ufficio Stampa produzioni televisive della
Regione Fvg si è aggiudicata il premio ”Scabiosa Trenta”, riconoscimento valido
per l'edizione 2010 del concorso ”Alpi Giulie Cinema”, manifestazione
organizzata dall’associazione ”Monte Analogo” e riservata a film e autori del
circuito artistico di Slovenia, Carinzia e Friuli Venezia Giulia. Dedicata alla
figura di Giusto Gervasutti, alpinista originario di Cervignano ma cresciuto e
affermatosi in Piemonte, il film, secondo la giuria del premio - costituita dal
giornalista Giulio Garau, lo speleologo Mario Gherbaz e il presidente di Monte
Analogo, Sergio Serra - ha tradotto al meglio il percorso umano e storico di un
grande nome della montagna, coniugando con qualità immagini, narrazione e
musiche.
«Un premio che non ha avuto dubbi nell'assegnazione quest'anno», ha sottolineato
Sergio Serra. «Il film di Giorgio Gregorio ha centrato nel migliore dei modi le
indicazioni del concorso, dando anche un senso poetico al rapporto tra l'uomo e
la montagna. Un film particolarmente apprezzato anche lontano dalla nostra
regione. L'opera è stata infatti proiettata con successo anche al Museo della
Montagna di Torino, dove Gervasutti è particolarmente noto».
L'altro riconoscimento del concorso ”Alpi Giulie Cinema”, il premio ”Luigi
Medeot”, è stato assegnato al film ”Il segreto dell'orrido nascosto di Casasola”,
di Franco Longo, produzione targata Canyoners Dirtsee Geremi, video penalizzato
dallo scarso spessore della voce narrante ma vitalizzato dalle immagini di
esplorazioni in Canyoning in un territorio regionale abitato, secondo una
leggenda, da mitiche creature femminili, solite, sempre secondo il folklore
locale, emergere durante i periodi di piena.
Dopo la cerimonia di premiazione, avvenuta all'Antico Caffè San Marco, in casa
della Associazione Monte Analogo, da buoni alpinisti, si guarda ancora più in
alto, soppesando progetti con il carico delle risorse finanziarie a
disposizione: «Per l'edizione del 2011, fondi permettendo, abbiamo in cantiere
qualche significativa innovazione - ha annunciato Sergio Serra - la prima idea
riguarda la realizzazione di una medioteca, una sede pubblica dove gli
appassionati possano visionare e consultare tutto il nostro ricco archivio,
fatto di oltre 250 opere dedicate alla montagna. Stiamo pensando anche ad un
modo diverso di coinvolgimento - ha aggiunto - considerato il successo ottenuto
dalle opere sulla speleologia ci piacerebbe creare un concorso apposito».
Ma c'è dell'altro. Giovani e scuole non dovrebbero restare ai margini, divenendo
un possibile valore aggiunto della manifestazione: «L'idea è lanciare nelle
scuole un concorso per un soggetto cinematografico - ha concluso il presidente
di Monte Analogo - ma con la possibilità poi di realizzarlo. La meta è questa».
Francesco Cardella
Turisti su due ruote con la Fiab - DALLA CICLABILE
DELLA VAL ROSANDRA IN CITTA’
Ulisse-Fiab accoglie domani gli amici Fiab di tutta la
regione e fa visitare loro Trieste in sella alla bici: un primo esempio di
turismo sostenibile attraverso la ciclabile della Val-Rosandra.
Saranno quasi cinquanta i soci Fiab della regione che da Pordenone, Codroipo e
Udine, in pullman con carrello portabici al seguito, raggiungeranno Draga
Sant’Elia e da lì in sella alla propria bici arriveranno in centro a Trieste
attraverso la ciclopista della Val Rosandra.
Dall’infopoint di San Giacomo, dove li aspetteranno i soci Ulisse-Fiab di
Trieste, ci si muoverà a spasso per la città sempre sulla dueruote per visitare
in successione il castello di San Giusto, che per l’occasione apre il cortile
delle milizie alle biciclette, il borgo antico e l’arco di Riccardo, via Cavana,
piazza Unità, il ghetto e tutto il centro cittadino. Dopo aver pedalato per la
città gli amici Fiab raggiungeranno il pullman in Campo Marzio e, caricate le
biciclette, torneranno a casa.
Una maniera diversa di visitare Trieste, senza inquinamento, senza stress da
parcheggio e da traffico, e con un’entrata in città davvero speciale. Sfruttando
infatti la stupenda pista ciclabile si parte dalla Val Rosandra, riserva
naturale e con panorami mozzafiato sulla città, si giunge con tranquillità in
centro gustando metro per metro un ingresso che solo la bicicletta permette.
«Una nuova proposta per un turismo sostenibile a Trieste, uan delle più belle
ciclopiste d’Italia», commenta Luca Mastropasqua, presidente di Ulisse-Fiab,
associazioen organizzatrice dell’iniziativa. «Per noi questo incontro
rappresenta un primo segnale di possibile utilizzo in chiave cicloturistica
della ciclopista della Val Rosandra: una proposta che ci auguriamo venga
recepita dalle amministrazioni locali. Per questo all’Infopoint di San Giacomo
alle 11.30 invitiamo gli amministratori di Comune e Provincia per illustare loro
questo modo nuovo di fare turismo in città».
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 26 febbraio 2010
Rigassificatore di Trieste-Zaule: WWF e Legambiente
mandano anche a Bruxelles e Lubiana il proprio ricorso al TAR del Lazio
Il ricorso presentato da WWF e Legambiente al TAR del
Lazio, nel quale si chiede l’annullamento del decreto VIA (Valutazione
dell’impatto ambientale) favorevole alla realizzazione del rigassificatore di
Trieste-Zaule – decreto firmato lo scorso luglio dai ministri dell’Ambiente,
Prestigiacomo, e dei Beni culturali, Bondi –, è stato inviato dalle due
associazioni anche a Bruxelles e a Lubiana “per opportuna documentazione e
valutazione”.
Destinatari, in particolare, il nuovo Commissario europeo all’ambiente, lo
sloveno Janež Potocnik, e il nuovo ministro dell’Ambiente del Governo di
Lubiana, Roko Žarnic, ma anche altri indirizzi istituzionali europei e sloveni,
nonché i sindaci di Muggia e S. Dorligo - Dolina.
Il ricorso, firmato dai presidenti nazionali delle due associazioni, Stefano
Leoni e Vittorio Cogliati-Dezza, era stato depositato al TAR di Roma lo scorso
novembre e poi integrato con vari “motivi aggiunti” nel dicembre successivo.
Vi sono elencate le numerose gravi irregolarità nella procedura VIA gestita dai
ministeri italiani: tra le altre, l’anomala separazione della valutazione sul
rigassificatore da quella sul gasdotto (benché i due impianti siano
funzionalmente connessi ed indispensabili l’uno all’altro), la mancata
valutazione di molte osservazioni degli ambientalisti (proprio quelle in cui
venivano evidenziate le manipolazioni dei dati negli studi di Gas Natural), la
totale “dimenticanza” del problema della risospensione dei sedimenti inquinati
dai fondali marini, ecc.
“Il nostro ricorso – osservano WWF e Legambiente – evidenzia una lunga serie di
gravi violazioni delle Direttive europee in materia di VIA, che ci auguriamo
vengano debitamente sanzionate dai competenti organi comunitari. Nella
valutazione del progetto del rigassificatore proposto da Gas Natural, infatti,
sono stati sostanzialmente violati i principi di imparzialità e rigore tecnico
che dovrebbero ispirare tutte le procedure di VIA. È venuta meno, così, la
funzione di garanzia, per l’integrità dell’ambiente e la tutela della salute e
della sicurezza dei cittadini, che è il fondamento stesso della valutazione di
impatto ambientale.”
Il ricorso di WWF e Legambiente è stato inviato anche al Parlamento europeo, ai
parlamentari italiani e ai consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia,
affinché – ciascuno nel suo ambito – anche gli eletti in queste assemblee
esercitino fino in fondo il ruolo di controllo sulle attività dell’esecutivo che
spetta agli organi legislativi.
“Nulla ci si può attendere – concludono WWF e Legambiente – dal Governo
italiano, dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia e dal Comune di
Trieste, da anni vergognosamente schierati a sostegno degli interessi di Gas
Natural e delle lobby sue alleate. Per fortuna, però, Italia e Slovenia fanno
parte dell’Unione Europea, dove esistono istituzioni che controllano il rispetto
delle Direttive e tutelano i diritti dei cittadini.”
IL PICCOLO - VENERDI', 26 febbraio 2010
«Rigassificatore, qui c’è chi pensa già alle
consulenze» - GAS NATURAL: PRONTI ALLE CORREZIONI RICHIESTE DA ROMA
Dipiazza: i dubbi degli esperti? Mirano a incarichi a
pagamento. Oggi i risultati del sondaggio Swg-Piccolo
«Perché qui tanti studiano, studiano e ancora studiano? Gli impianti, il
mare, i fanghi, le navi? È evidente: hanno capito che c’è carne sull’osso. Dico:
carne sull’osso. E mi sembra di parlar chiaro. Studiano perché sanno che c’è
polpa per tutti. Soldi da mangiare. Incarichi da farsi dare. Studiano, studiano.
E quando hanno ben studiato poi dicono: eh, ma come, noi universitari, noi che
abbiamo i titoli, volete lasciarci fuori? No no, noi ci buttiamo a capofitto.
Denari, denari. Adesso ci fate fare seriamente una bella analisi dei terreni, ma
a pagamento, anzi servono 2500 prelievi, a pagamento. Questo è l’andazzo del
nostro Paese. Che ogni opportunità è buona per tutte le categorie per saltare
sul calesse al grido di ”ora se magna”. Ed è ora di finirla». Il sindaco
Dipiazza tracima disprezzo. Si sciacqua via ogni residuo di comportamento
diplomatico e di fronte ai dubbi dei docenti universitari sul progetto di Gas
natural questo risponde.
Se la prende con tutti: «Architetti, ingegneri, specialisti della luna: bisogna
sempre accontentare ogni categoria, ma sia chiaro: se noi il rigassificatore non
lo facciamo, mica si muore. Se ci fossero risultati negativi dal sondaggio che
si presenta oggi scriverei subito a Gas Natural che non si fa più niente perché
il popolo non vuole. Non diventerei certo matto. Verremmo un’altra volta
sorpassati da altri. Mi sono rotto le scatole dei comitati ”contro tutto”, che
poi sono gli stessi ad accusare i politici perché ”no se pol”. Mi parlano di
energia solare? Una centrale costa 2000 volte di più. Ma chi ce li dà i soldi?».
La domanda iniziale era: il sindaco di Trieste garantisce la città di fronte a
dubbi degli esperti, ai loro timori, si sente egli stesso garantito rispetto
alle informazioni che ha sui milioni di metri cubi di gas metano in Golfo? «Io -
risponde il sindaco - so che esiste la legge, che è in corso un’istruttoria.
Lasciamo che si chiuda. I rischi? Ma quali rischi? Tutta la città è un deposito
di gas, lo sappiamo quanti chilometri di tubature ci corrono sotto i piedi per
consentirci di fare la doccia al mattino? Vogliamo pagare sempre di più questa
doccia?».
Dalla Spagna risposte più tecniche. Di fronte alla lista di ”correzioni” imposte
dal ministero Gas natural afferma che verranno accolte quelle «strettamente
relative all’impianto, solo quelle imposte da enti ufficiali preposti al
processo autorizzativo. Però - afferma la portavoce - se il Tavolo tecnico o gli
esperti scelti dalla Provincia avessero suggerimenti utili per migliorare
l’impianto, verranno presi in considerazione. Certe cose mancavano - afferma Gas
natural - nel progetto presentato alla Valutazione d’impatto ambientale perché
non era il progetto definitivo: non perché non volessimo farlo, perché non era
il momento. Quello definitivo, che poi sarà analizzato nella Conferenza dei
servizi in Regione, conterrà tutte le soluzioni tecniche e anche le correzioni
chieste dal ministero». E quando sarà pronto il progetto definitivo? «Non si sa,
si sta lavorando intensamente».
GABRIELLA ZIANI
Veto della Slovenia In ballo altre partite nell’Alto
Adriatico - PORTO DI CAPODISTRIA E TRIESTE-DIVACCIA
Sulla questione rigassificatore Lubiana chiama Bruxelles.
La nota contrarietà della Slovenia all’impianto di Zaule, infatti, nelle
prossime settimane dovrebbe tornare nelle mani della Commissione europea. Una
possibile schiarita nei rapporti, ormai tesi sulla questione, fra i due Paesi
confinanti. Il governo sloveno ha fatto il primo passo con Bruxelles: si è
rivolto infatti alla Commissione europea chiedendo un nuovo incontro tecnico
trilaterale, dopo che quello di gennaio non ha dato i risultati sperati.
Lubiana sta raccogliendo i documenti per rivolgersi, se lo riterrà necessario
per fermare la costruzione del terminal di Zaule, alla Corte di giustizia
europea, ma allo stesso tempo continua a cercare il dialogo. Anche perché in
piedi non c’è solo il rigassificatore; sono altri due i progetti sul tavolo e
cioè la tratta ferroviaria Trieste-Divaccia e l’allargamento del porto di
Capodistria. Sulla tratta ferroviaria è stato fissato per la prossima settimana
un incontro, a livello tecnico, dopo che il viceministro italiano alle
Infrastrutture Roberto Castelli e il sottosegretario sloveno ai Trasporti Igor
Jakomin di comune accordo nei giorni scorsi hanno bocciato l’ultima versione del
tracciato proposta dall’Italia. Nel caso di Castelli perché non vuole portare
avanti un progetto avversato dalla popolazione e dalle amministrazioni locali,
Jakomin perché il punto di collegamento con la Capodistria-Divaccia sarebbe
troppo a Sud e potrebbe provocare ritardi anche gravi nella costruzione di
quest’altra direttrice, che per la Slovenia resta assolutamente prioritaria.
Sullo scalo di Capodistria, invece, Lubiana ha detto sì alla richiesta del
ministro italiano all’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di coinvolgere l’Italia
nella valutazione dell’impatto ambientale transfrontaliero per i progetti di
sviluppo dello scalo. Su questo punto, comunque, non sono previsti a breve
incontri né bilaterali né trilaterali, ma solo l’invio dell’incartamento
richiesto a Roma. È chiaro che se non ci sarà accordo tra Lubiana e Roma, magari
dopo l’intervento di Bruxelles, non è solo Trieste e il Friuli Venezia Giulia
che dovranno rinunciare allo sviluppo economico legato alla costruzione di nuove
importanti infrastrutture.
E la Provincia ingaggia un pool di tecnici -
Indicati dagli enti scientifici, risponderanno alle domande dei cittadini e
terranno dibattiti pubblici
Nuovi esperti sul rigassificatore. Entrano in pista dal
1.o marzo quando la Provincia, che li ha ingaggiati delegando la scelta agli
enti scientifici (Università, Area di ricerca, Ogs e Sissa), inaugurerà sul
proprio sito una voce apposita dove chiunque potrà depositare dubbi, domande,
interrogativi tecnici. Sarà possibile anche spedire posta cartacea. Il gruppo
elaborerà le domande, discuterà la materia anche con Gas natural, risponderà sul
sito, con conferenze, pubblici dibattiti.
Si crea dunque il secondo ”pool” di esperti, in certi casi stretti colleghi
degli universitari che hanno aderito al Tavolo tecnico sul rigassificatore
allestito dal sindacato Uil dei Vigili del fuoco. Ed ecco la composizione del
gruppo. L’Area di ricerca ha indicato Francesco Russo, vicepresidente del
consorzio, professore associato all’Università di Udine, vicepresidente, a
Udine, dell’«Innovaction factory». Ma ha designato anche altri due docenti:
Salvatore Noè, professore associato al Dipartimento di Ingegneria civile
dell’Università di Trieste e presidente dell’Ordine degli ingegneri, e Andrea
Tracogna, ordinario di Economia e gestione d’impresa a Trieste, nonché
vicedirettore del Dipartimento di Scienze economiche, aziendali, matematiche e
statistiche.
L’Università ha poi scelto il proprio delegato. È Enrico Nobile, ordinario di
Fisica tecnica al Dipartimento di Ingegneria navale, del mare e per l’ambiente.
Quanto all’Ogs, ha scelto il suo presidente: Iginio Marson. Che è anche
ordinario di Geofisica applicata alla facoltà di ingegneria e membro della
Commissione nazionale per la prevenzione e le previsioni dei grandi rischi.
Infine la Sissa ha indicato un suo docente, Stefano Baroni, ordinario di Fisica
teorica della materia solida.
«I componenti - dice l’assessore all’Ambiente, Vittorio Zollia - potranno essere
via via integrati se necessario con specialisti particolari, ad esempio la
Capitaneria di porto se si parla di movimentazione delle navi. Tutto ciò -
aggiunge - perché Gas Natural finora non ha mai dato le dovute informazioni, non
ha dato risposte scientifiche agli ormai tanti problemi sollevati a Trieste.
Questi specialisti lavoreranno a titolo gratuito. Il nostro sito avrà una breve
scheda sui rigassificatori, e vari ”link” per attingere informazioni, nonché
riporterà lista e curriculum del gruppo tecnico. Per associazioni che già si
sono espresse, saranno possibili anche audizioni. Tutte le domande verranno
accolte, fatta eccezione per testi offensivi o che violano la ”privacy” di
persone private».
«Siamo l’unica amministrazione che ha ritenuto di mettersi a disposizione della
città - sottolinea la presidente Maria Teresa Bassa Poropat - e vogliamo
trattare il problema in chiave scientifica, portando i problemi all’attenzione
della proprietà, che finora mai ha risposto: abbiamo provato perplessità di
fronte al silenzio, ma siamo assolutamente in posizione neutrale».
Intanto ieri il presidente del Tar del Friuli Venezia Giulia, Saverio Corasaniti,
a margine dell’apertura dell’anno giudiziario ha annunciato che spetta al Tar
del Lazio (cui è stata demandata competenza per tutte le controversie
concernenti impianti energetici, e dunque anche i rigassificatori) verificare la
legittimità del decreto di Valutazione d’impatto ambientale. I quattro ricorsi
(dei Comuni di Muggia, San Dorligo e Capodistria e dell’associazione Greenaction
transnational) sono stati discussi il 10 febbraio. La decisione è stata già
presa, ma non è ancora depositata.
(g. z.)
RIGASSIFICATORE - SONDAGGIO SWG - L'APPUNTAMENTO
”Informazione, interessi e pregiudizi sul rigassificatore a Trieste” è il tema del sondaggio che Swg e Il Piccolo hanno promosso per capire quanto la popolazione sia a conoscenza dei progetti per un rigassificatore nel golfo di Trieste. Quali timori, ma anche quali speranze, si nutrono? Cos’è un rigassificatore? Quanto sanno i cittadini dei progetti? Queste alcune delle domande. I risultati del sondaggio saranno presentati oggi alle 17 al Circolo della Stampa di corso Italia 13. Interverranno l’amministratore delegato della Swg Maurizio Pessato, il vicedirettore del Piccolo Alberto Bollis, il preside della facoltà di Scienze della formazione dell’Università, Giuseppe Battelli, e l’ex sindaco di Monfalcone Adriano Persi. Coordinerà il giornalista Fabio Amodeo.
SUPERSTRADA SCIVOLOSA - SOTTO ACCUSA LE POLVERI -
Incidenti nel tratto davanti alla Ferriera
Se l’asfalto in quel tratto della Grande viabilità è
scivoloso la causa potrebbe essere riconducibile alle polveri della Ferriera di
Servola. L’ipotesi era stata avanzata dal direttore del compartimento dell’Anas
pochi giorni dopo l’inizio dell’anno, quando si erano verificati molti incidenti
stradali nei pressi della galleria di Servola. Un’ipotesi che era stata valutata
con interesse dal professor Bruno Crisman, assistente del corso di costruzioni
delle strade alla facoltà di Ingegneria. Il docente dell’ateneo di Trieste aveva
manifestato la necessità di effettuare una serie di rilevazioni tecniche.
Dopo la prima serie di carambole e fuoriuscite di strada il comandante dei
vigili urbani Sergio Abbate aveva inviato anche una nota all’Anas per
rappresentare una situazione ritenuta particolarmente pericolosa. Nella
relazione firmata da Abbate e realizzata dall’ufficio incidenti del Corpo, si
specifica che il tasso di incidentalità rilevato in quel tratto di strada è di
gran lunga superiore alla media.
(c.b.)
Il Pd: Trieste-Divaccia, governo ondivago -
SERRACCHIANI SULL’INCONTRO CASTELLI-JAKOMIN
TRIESTE «Ancora una volta le notizie sul Corridoio 5 e
sulla tratta Trieste-Divaccia arrivano sottobanco da Lubiana, in spregio a quel
minimo di trasparenza dovuto dal nostro governo ai cittadini».
A sostenerlo è l’europarlamentare del Partito democratico Debora Serracchiani,
commentando le notizie filtrate dopo un incontro informale avvenuto a Lubiana,
tra i viceministri ai Trasporti Roberto Castelli e Igor Jakomin: incontro che si
è concluso con l’ennesima fumata nera sul tracciato.
Secondo la Serracchiani, che è membro della commissione Trasporti al Parlamento
europeo, «dopo le deludenti dichiarazioni slovene sul collegamento tra il porto
di Capodistria e quello di Trieste, c’è da chiedersi se dobbiamo cominciare a
preoccuparci per il possibile impatto ambientale del tracciato». E ancora: «Mi
chiedo soprattutto quale sia l’autorevolezza con cui il governo italiano sta
trattando con quello sloveno e temo che la risposta sia da cercare
nell’incertezza e nell’ondeggiamento con cui sono state sostenute le nostre
posizioni ai tavoli, quelli politici e quelli informali».
I dubbi non mancano. I sospetti nemmeno: «Se aspettiamo ancora la data della
Conferenza intergovernativa, più volte annunciata, tra l’Italia e la Slovenia un
motivo ci sarà, ma - conclude la Serracchiani - quel motivo vorremmo saperlo da
chi, italiano, a quei tavoli si siede».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 febbraio 2010
Rigassificatore, un progetto e mille paletti Da
Roma 21 prescrizioni, 16 richieste dei Vigili del fuoco. Sondaggio Swg-Piccolo,
domani presentazione dei risultati
L’IMPIANTO PROPOSTO DA GAS NATURAL
Sospesi su un grande interrogativo che si chiama rigassificatore. Qualunque
risultato dia il sondaggio Swg-Il Piccolo che si presenta domani alle 17 al
Circolo della stampa, questa è la situazione in cui si trovano per primi i
cittadini di fronte all’annunciato ingresso di navi gasiere nel canale
navigabile di Zaule (75 da 140 mila metri cubi e 35 da 70 mila ogni anno), di
due depositi per il gas nei pressi della Ferriera (movimentazione di 10 milioni
e 40 mila metri cubi di metano), di un gasdotto della Snam nel mare verso Grado,
destinato a congiungersi col rigassificatore numero 2, quello di E.On, che ha
ancora le procedure autorizzative in corso.
Là sospesi si trovano gli esperti universitari, guidati dall’allarme del
sindacato Uil dei Vigili del fuoco, che allertano sui pericoli di scoppio a
catena e sulla documentazione carente, e le associazioni ambientaliste che hanno
presentato 5 ricorsi al Tar e valanghe di opposizioni non solo al documento di
Valutazione d’impatto ambientale rilasciato dal ministero dell’Ambiente nel
giugno 2008, ma anche a un’altra richiesta dell’azienda spagnola: l’8 febbraio
sono scaduti i termini per presentare osservazioni alla domanda di
Autorizzazione integrata ambientale (Aia), richiesta dal ministero perché
garantisce l’obbligo delle «migliori tecnologie».
Intanto che cosa succede? Tutti i «via libera» concessi finora sono stati
corredati da tante richieste di correzione che il Wwf si lancia a dire che si
tratta di autorizzazioni virtuali, di fatto negate. Condizionato da ben 16
richieste di correzione è stato il nulla osta dei Vigili del fuoco. Ventuno le
prescrizioni date dal ministero a corredo della «Via», tra cui, essenziali,
l’obbligo di redigere un «piano di rischio», evidentemente mancante, di
verificare lo stato dei sedimenti in mare, di impedirne la ri-sospensione, di
fare a lungo termine monitoraggi fisico-chimici nel mare specie per controllare
i valori di cloro (in caso dovrà essere diminuita l’attività di rigassificazione),
di usare fonti energetiche rinnovabili, di prevedere trasporti solo via mare per
caratterizzazione e bonifica perché trattasi di Sito inquinato nazionale, di
mitigare l’impatto ambientale e la modifica della linea di costa, di lavorare
con la Soprintendenza perché quei fondali sono ricchi di beni archeologici («i
lavori di scavo dovranno essere seguiti da personale specializzato in scavi
archeologici subacquei»), di monitorare le attività di pesca e maricoltura nel
golfo «in termini di concentrazione di mercurio nei prodotti ittici». Se si
troverà più mercurio nei pesci bisognerà, per così dire, correggere. Obbligo poi
di telesorveglianza «per rendere più sicuro il traffico delle metaniere».
Nove le richieste della Regione nel 2007 (che giudicando carente la
documentazione non espresse parere). A ciò si aggiunge l’enciclopedia di studi
prodotti dal Tavolo tecnico sul rigassificatore: navi inadeguate, scarsa
efficacia delle bonifiche, totale sottovalutazione dell’effetto a catena che un
incidente al rigassificatore produrrebbe fino nell’abitato di Valmaura e sulla
Grande viabilità, carte topografiche non corrispondenti al vero, mancata
trascrizione di fabbriche pericolose: in zona ci sono Depositi costieri di
petrolio greggio, la Linde che produce, captando in aria, ossigeno e azoto allo
stato liquido, potenziali bombe di fuoco, la centrale turbogas progettata dalla
Ferriera, l’inceneritore di Trieste.
A proposito di quest’ultimo, ecco - spiegata nel documento di Via - la famosa
«catena del freddo» con cui Gas Natural è parsa conveniente al Comune. Si tratta
della connessione con l’inceneritore: «Risparmio del 100% dell’acqua di
acquedotto attualmente utilizzata dal termovalorizzatore; incremento della
capacità di generazione elettrica annuale per il termovalorizzatore». Cioè il
rigassificatore donerà acqua e energia a quell’impianto.
GABRIELLA ZIANI
RIGASSIFICATORE - Le carte degli spagnoli e le
controdeduzioni - «Bonificato meno di un terzo del terreno»
Due docenti universitari: insufficiente l’analisi
effettuata a terra e a mare
Effetto domino? Incidenti a catena? Questo l’allarme lanciato dal Tavolo
tecnico sul rigassificatore, col nome e cognome di illustri docenti
universitari. Nel documento che approva la Valutazione d’impatto ambientale si
scopre che l’argomento è stato sì toccato, ma al contrario. Non si parla di
incidente al rigassificatore valutando quale rischio correrebbero le aziende
contermini, nonché Palatrieste, stadio Rocco, Valmaura. Bensì quale rischio
correrebbe il rigassificatore stesso nell’ipotesi, considerata remota, di
perdite da tubazioni: «Le aree di danno sono risultate all’interno dell’area di
stabilimento».
Ma di più. Gas Natural si è preoccupata di capire quale danno potrebbero invece
causare ai suoi impianti gli incidenti che capitassero alle aziende vicine. Lo
studio, firmato dal docente di Ingegneria Paolo Bevilacqua, non per il Cigra
triestino di cui è coordinatore, ma per un altro consorzio universitario
(Bologna, Cagliari, La Sapienza di Roma), certifica che «non sono attesi effetti
diretti sulle installazioni del terminale stesso». Insomma tutte le perizie sono
volte a dimostrare che al rigassificatore non può succedere niente. E agli
altri?
Dubbi pesanti hanno espresso invece sulla bonifica del Sito inquinato (altra
cosa conveniente secondo il Comune) Livio Sirovich, geologo dell’Istituto
nazionale di oceonografia e geofisica sperimentale (Ogs) e Bruno Della Vedova,
docente al Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale, autori (a titolo
personale e gratuito) di uno studio congiunto. I due leggendo i documenti hanno
rilevato che Gas Natural si è impegnata a bonificare meno di un terzo del
terreno su cui andrà a insistere (ex discarica comunale ed area ex Esso), cioé i
9 ettari occupati dal proprio impianto, che non è il più inquinato. La
caratterizzazione dei terreni presentata risale, dicono, al 2004: fu ordinata
dall’Autorità portuale e realizzata da una società utilizzata anche dalla
Lucchini per sondare i terreni della futura centrale turbogas.
Ma più di tutto gli autori dicono che l’analisi effettuata in terra e in mare è
insufficiente perché si ferma a bassa profondità (a meno di 10 metri sono stati
già trovati nickel, cobalto, arsenico). Più sotto non si sa. E c’è il rischio
che continui lo scolo a mare, anche perché le progettate barriere risultano,
anch’esse, «a gamba corta». (g. z.)
La Provincia chiama nuovi esperti sul web - E all’Ogs
la Cgil attacca: «Bisognava coinvolgere prima gli enti scientifici»
A breve arrivano, sul rigassificatore, nuovi esperti. La
Provincia ha chiesto a Università, Sissa, Ogs e Area di ricerca di indicare un
prescelto. «Si aprirà un sito dove i cittadini potranno porre domande, gli
esperti rispondere» dice l’assessore Vittorio Zollia. Ma proprio dall’Ogs è
partita una protesta, ovvero dagli iscritti alla Cgil, che hanno approvato una
mozione in seguito condivisa al congresso della Cgil-Flc (Lavoratori della
conoscenza) e che suona anche come richiamo al Pd: «Il Pd deve chiedere
trasparenza e alta qualità scientifica per un impianto che, se fatto male e nel
posto sbagliato, può essere un errore tragico».
«Gli enti scientifici triestini - dice la mozione - con competenza sulle materie
connesse alla progettazione ambientale, impiantistica e di sicurezza sul
rigassificatore, della centrale turbogas e del metanodotto (quello della Snam,
ndr) avrebbero dovuto venire ufficialmente coinvolti nella verifica dei
risultati progettuali». Il timore è di essere «strumentalizzati».
Esperti contro esperti, dunque, senza dire che sul sito del Wwf ciascuno trova
valanghe di documenti (ancorché critici). E in questo quadro di fibrillazione,
che durerà a lungo perché almeno fino a fine anno non si muoverà foglia a
livello istituzionale, poi la faccenda arriverà in Regione, e gli eventuali
lavori (se si la cosa si farà) dureranno quattro-cinque anni, non è né
indifferente né secondaria la contrarietà dura e totale della Slovenia, che si
appella all’Europa. Ma che in Italia si vuol leggere solo come interessata lotta
commerciale.
(g. z.)
RIGASSIFICATORE - Il sondaggio SWG
”Informazione, interessi e pregiudizi sul rigassificatore
a Trieste” è il tema del sondaggio promosso in queste settimane dalla Swg e dal
Piccolo per capire quanto la popolazione è a conoscenza dei progetti di
costruzione di un rigassificatore nel golfo di Trieste. Che timori, ma anche
quali speranze, si nutrono nei confronti dell’impianto? Cos’è un
rigassificatore? Quanto sanno i cittadini dei progetti che prevedono la
costruzioni di impianti di rigassificazione nel golfo di Trieste? Sono solo
alcune delle domande.
L’accesso al sondaggio sarà attivo ancora nella giornata odierna, collegandosi
al sito del nostro giornale (www.ilpiccolo.it). I risultati del sondaggio,
infatti, saranno presentati domani alle 17 al Circolo della Stampa di corso
Italia 13. Interverranno fra gli altri l’amministratore delegato della Swg
Maurizio Pessato, il vicedirettore del Piccolo Alberto Bollis, il preside della
facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Trieste, Giuseppe
Battelli, e l’ex sindaco di Monfalcone Adriano Persi. L’iniziativa sarà
coordinata dal giornalista Fabio Amodeo.
Park San Giusto, al via i lavori - Investimento da 34
milioni - Da lunedì il cantiere per i sondaggi archeologici e i primi scavi
Lunedì 1° marzo. Da quel giorno inizieranno in via del
Teatro romano le operazioni che dovranno portare alla realizzazione del Park San
Giusto. C’è finalmente una data ufficiale, infatti, per l’avvio
dell’allestimento del cantiere con cui si darà il “la” alle indagini
archeologiche sotto il colle, azione propedeutica al prosieguo del
cronoprogramma che - imprevisti a parte - ha fissato per l’inizio del 2014 la
conclusione dei lavori. Oltre tre anni e mezzo per vedere portato a termine il
mastodontico project financing da 34 milioni di euro con cui la Park San Giusto
spa costruirà una struttura da cinque piani e 718 posti auto in pieno centro
città.
L’ORDINANZA A confermare che la giornata buona sarà proprio quella di lunedì
prossimo è l’ordinanza firmata dal direttore del servizio Mobilità e traffico
del Comune, il mobility manager Giulio Bernetti, e visionata anche dal sindaco
Roberto Dipiazza, che appunto dal 1° marzo 2010 impone lo sgombero di tutta
l’area compresa fra il palazzo dell’Inail e il Teatro romano stesso. Si tratta
di una zona che ospita il parcheggio riservato al personale della Questura e
nella quale, complessivamente, riescono a essere sistemate una cinquantina di
vetture.
I DETTAGLI Degli stalli blu, quelli a pagamento, piazzati a bordo marciapiede
lungo il lato dell’area in questione (cioè sul versante destro della strada,
procedendo in direzione corso Italia), ne verrà sacrificato uno solo per
consentire la definizione del passo carrabile attraverso il quale entreranno nel
cantiere i mezzi utili allo svolgimento dei lavori. Quanto invece allo spazio
che verrà meno per il personale della Polizia, Bernetti specifica come «non sarà
recuperato in altra zona. Anche se si potrà valutare qualche soluzione in largo
Granatieri per esigenze particolari legate ad attività urgenti e dei turnisti
della Questura».
IL QUADRO «Stimiamo che i sondaggi archeologici ci costeranno tra i 180 e i 200
mila euro, che rientrano in un budget di 300 mila euro in cui è incluso anche
l’inizio degli scavi veri e propri», fa il punto Franco Sergas, presidente della
società Park San Giusto. «La Soprintendenza ci ha autorizzati a smontare i
vecchi ruderi che si trovano nell’area - prosegue Sergas -, dopo inizieremo a
scavare, sempre con l’ausilio degli archeologi incaricati che ci affiancheranno
dall’8 marzo in poi». Il progetto prevede di terminare questi interventi
preliminari in estate: «Serviranno dai quattro ai sei mesi. Nel mentre, però,
già si lavorerà effettivamente per arrivare alla quota di profondità dove sarà
realizzata la strada d’ingresso al parcheggio».
IL DEMANIO Martedì scorso, intanto, c’è stato un incontro per l’acquisto da
parte della Park San Giusto spa delle aree demaniali coinvolte nel progetto: «Il
demanio non ha interesse - conferma Sergas - per le gallerie esistenti sotto il
colle e per la zona dell’ex distretto militare. Pertanto, non ci saranno
problemi per trovare una soluzione rilevandole e dando in cambio dei box auto o
di una compensazione pecuniaria». Contropartita in denaro che verrà accordata ai
privati, proprietari di immobili che insistono sull’area e la cui potestà si
estende in profondità nel sottosuolo in coincidenza con gli edifici: «Opteremo
per una soluzione bonaria, senza ricorrere a espropri. Si tratta di una trentina
di casi», conclude Sergas.
MATTEO UNTERWEGER
E il nuovo Piano del traffico slitta al 2011 - RINVIATO
A QUANDO SARÀ CONCLUSA LA RIQUALIFICAZIONE DELLA GALLERIA DI PIAZZA FORAGGI
Ferrara (Lega): «Dipiazza ci ha rassicurato». Omero
(Pd): «Toccherà al prossimo sindaco»
Il nuovo Piano del traffico? Appuntamento rinviato al 2011, e dunque al
sindaco e alla giunta comunale che succederanno a Dipiazza. Se anche il
documento, firmato dai tecnici degli uffici comunali, potesse essere adottato
entro la fine del mandato dell’attuale primo cittadino dopo le dovute
discussioni in Consiglio comunale, di certo non verrà applicato entro quella
stessa scadenza. Nessuno stravolgimento concreto alla viabilità complessiva,
dunque, almeno fino alla tornata elettorale del prossimo anno. A farlo capire è
stato lo stesso Roberto Dipiazza durante la seduta congiunta della II, IV e VI
commissione consiliare datata 12 febbraio scorso e convocata per valutare gli
incartamenti legati al bilancio.
Nello specifico, Dipiazza ha giudicato sensata la richiesta giunta dal
capogruppo leghista Maurizio Ferrara, come confermato dallo stesso esponente
padano: «Ho osservato come non sia pensabile procedere a un’eventuale
applicazione del nuovo Piano contestualmente alla chiusura della galleria di
piazza Foraggi (il cui restyling è in programma a partire da quest’anno e
proseguirà per un periodo fra i nove e i 12 mesi, sconfinando quindi nella
primavera inoltrata del 2011, ndr) e alla revisione della viabilità nell’ambito
della riqualificazione di piazza Libertà. Sono due punti chiave per il traffico
cittadino: le cose non possono quindi coincidere. In merito, il sindaco mi ha
rassicurato - prosegue Ferrara - e da parte della Lega Nord resta la massima
apertura possibile sulla discussione del documento in aula nei prossimi mesi, ma
al contempo la massima chiusura quanto alla sua applicazione». Almeno fino a che
non saranno completate le partite della galleria di piazza Foraggi e dell’area
di piazza Libertà.
Presente alla seduta delle commissioni anche Roberto Decarli (Cittadini): «Il
sindaco - attacca l’esponente dell’opposizione - ha intenzione di non
avventurarsi né in questo né in altri piani innovativi per la città. Ritarda,
lasciando tutto al suo successore: Dipiazza è già in campagna elettorale e non
farà niente che possa suscitare le proteste dei cittadini. Sta suonando il
violino e basta. Ma con l’opposizione - chiude Decarli -, in Comune, le cose
saranno diverse».
«Il Piano del traffico non si farà più o almeno non si farà prima della
ristrutturazione della galleria di piazza Foraggi. Il che significa dopo il
2011», riepiloga Fabio Omero del Pd. Che ricorda: «È dal 2001, per la precisione
dal 20 luglio 2001, che Dipiazza promette un Piano del traffico, nuovo. Ora però
si è accorto che la chiusura per lavori della galleria creerà forti criticità e
tanto vale quindi che sia il prossimo sindaco a incaricarsene. Peccato che fu
proprio lui, a ottobre del 2001, a sospendere la procedura per l’affidamento
della progettazione esecutiva della galleria tra via D’Alviano e largo Mioni.
Peccato - così Omero -, perché oggi sarebbe la soluzione alternativa a piazza
Foraggi per superare il colle sotto via dell’Istria e collegare così il centro
città alla Trieste sud».
E il sindaco che dice? Nulla, per ora. Sull’argomento non è stato possibile
sentire ieri Roberto Dipiazza. Al quale già in passato le infinite discussioni
sul Piano del traffico avevano fatto venire il mal di testa, visti gli accesi
dibattiti innescati in merito nell’ambito della sua stessa maggioranza.
(m.u.)
Trieste-Divaccia, nuova fumata nera - VERTICE
ITALO-SLOVENO - Castelli e Jakomin non trovano l’intesa sul tracciato
LUBIANA Tra Slovenia e Italia non c’e' ancora accordo sul
tracciato della Trieste-Divaccia. L’incontro di ieri a Lubiana tra il
viceministro italiano alle Infrastrutture Roberto Castelli e il segretario di
stato sloveno ai trasporti Igor Jakomin ha confermato quello che era chiaro già
da tempo: trovare una soluzione che vada bene ad entrambe le parti e non sia
avversata dalla popolazione e dagli enti locali richiede ulteriori riunioni
tecniche. Il tracciato definitivo, con ogni probabilità, passerà più a nord
rispetto a quello proposto da Roma in dicembre. Dell’incontro avuto con
Castelli, Jakomin ha parlato a margine di una riunione dei partner del progetto
SoNorA, partner impegnati a discutere dei collegamenti tra l’Adriatico e il
Baltico. La proposta italiana per la Trieste–Divaccia, ha spiegato Jakomin, è
inaccettabile per la Slovenia sia per questioni tecniche sia per questioni di
interesse nazionale. Il tracciato suggerito dall’Italia avrebbe imposto la
modifica dei piani regolatori dell’area e questo, considerati i tempi tecnici
per la stesura (sino a tre anni), avrebbe comportato gravi ritardi anche nella
costruzione della tratta tra Divaccia e Capodistria. Su questa ferrovia, come
noto, Lubiana non vuole perdere altro tempo: i primi cantieri saranno aperti
entro la fine del 2010 e i primi treni dovrebbero poter viaggiare sulla nuova
ferrovia nel 2017, se non addirittura nel 2016. L’obiettivo per la
Trieste-Divaccia resta comunque invariato: trovare una soluzione ideale tra
diplomazia, politica e tecnica per realizzare un buon collegamento ferroviario
come parte del corridoio europeo 5 (Barcellona– Kiev) e favorire la crescita dei
porti di Trieste e Capodistria, senza scontentare più del necessario gli
ambientalisti e la popolazione locale. Jakomin ha parlato anche della richiesta
dell’Italia, formulata recentemente dal ministro dell’Ambiente Stefania
Prestigiacomo, di essere coinvolta nella valutazione dell’impatto ambientale
trasnsfrontaliero per i progetti di sviluppo del porto di Capodistria. «È una
richiesta legittima – ha spiegato Jakomin – che comporterà comunque un ritardo
di alcuni mesi, se non addirittura di un anno, nell’approvazione del nuovo Piano
regolatore per lo scalo capodistriano». La Slovenia fa dunque buon viso a
cattivo gioco e incassa l’iniziativa della Prestigiacomo, che ha voluto in
questo modo rispondere pan per focaccia all’ostinazione di Lubiana
nell’avversare i progetti per i rigassificatori nel Golfo di Trieste. La
Slovenia, come noto, ha già annunciato di aver predisposto tutto l’incartamento
per il ricorso prima alla Commissione europea e poi, se necessario, anche alla
Corte di giustizia, pur di fermare la costruzione del terminal rigassificatore
di Gas Natural di Zaule.
Franco Babich
SEGNALAZIONI - GOLFO - Mitili e mercurio
Mario Bussani si rivela molto esperto sui mitili e sulla
mitilicoltura, inoltre rivela profonde conoscenze sul riversamento da Idria di
mercurio tramite il fiume Isonzo, per miliardi di anni nel nostro golfo. Essendo
esperto mitilicoltore sa bene che i mitili hanno diverse varianti del nome, da
pedocio=muscolo=peocio=cozza=Mytilus galloprovincialis, e nel nostro caso e
nostro golfo la mitilicoltura è fatta su corde stese tra boe, vicino alla
superficie del mare, ma i detti molluschi allo stato naturale crescono
spontaneamente anche sui fondali e in particolare sugli scogli nei pressi dei
fondali melmosi. Aggiungo che mi consta che la riproduzione avviene emettendo
sperma e uova nell’acqua di mare e che erano molto richieste dai mitilicoltori
di Taranto e La Spezia che ne importavano grandi quantità con autobotti. Una
decina di anni orsono ho conosciuto un dipendente di una ditta di mitilicoltori
che si era licenziato per la nausea di eseguire la gran parte del suo lavoro nel
sostituire, aggiornandole, le etichettature delle reticelle del prodotto; spero
che i controlli siano divenuti più severi. Per quanto riguarda il substrato
melmoso il sapiente signor Bussani dimentica spiegazioni su tutti i molluschi
bivalvi che sono nei nostri mercati: vongole, caperozzoli o telline, cappe
lunghe e cappe sante, garusole=murice comune, tante specie di granchi ecc. e tra
i pesci menziona solo il guato nero=ghiozzo e dimentica sogliole, passere,
cernie, scarpene=scorfani, polipi, aragoste, code di rospo=rane pescatrici, asià
o cagnetto, che fa parte dei pescecani. Personalmente, ricordo la sorpresa
locale di un astice pescato nel golfo di Muggia circa 60 anni fa. Rammento che
tutte le specie di fauna marina summenzionate si nutrono di quanto trovano
principalmente nel substrato melmoso contenente mercurio in quantità enorme
dalle foci dell’Isonzo fino a dove non è né risaputo né accertato. Tra i
molluschi mi è d’obbligo citare quelli cefalopodi come seppie, calamari e
totani, che da molluschi bivalvi hanno perso la conchiglia, nell’evoluzione
delle specie, mentre le seppie hanno mantenuto all’interno l’osso di seppia
anche detta gladio o penna.
Luciano Stilli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 febbraio 2010
Il giapponese a caccia di tossine di mare - Ha
individuato oltre cento molecole che rendono invendibile il pescato - Yasumoto è
a Trieste per un convegno
Definirlo un personaggio è certamente riduttivo. Takeshi
Yasumoto, classe 1935 e professore emerito alla Tohoku University, è molto di
più. Innanzitutto è come ce lo immaginavamo. Un gentiluomo giapponese dai modi
delicati che esibisce un garbato rispetto e attenzione nei confronti di chi gli
sta di fronte. Dietro questo abito cucitogli addosso dal paese del Sol Levante,
però, brillano due occhi vivissimi e un cervello di prim’ordine, oltre che un
genuino interesse per il mondo dei pescatori che affonda le radici nella
giovinezza di Yasumoto. Ai pescatori e alle loro problematiche, infatti, lo
scienziato giapponese si interessa da decenni, studiando particolari famiglie di
tossine prodotte da alghe, le quali, distribuendosi nella catena alimentare,
possono rendere invendibile il pescato.
Chimico, esperto di biochimica marina, Yasumoto è a Trieste (per la decima volta
almeno, e la nostra città gli piace molto) per partecipare al convegno “Problemi
da nuove tossine algali nel Golfo di Trieste” organizzato da Aurelia Tubaro,
tossicologa e docente al Dipartimento dei materiali e delle risorse naturali
dell’Università di Trieste. Il convegno, che si terrà venerdì alle 15.30
all’Università, esporrà i risultati del progetto regionale Senstox, finanziato
dalla Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e montagna della
Regione.
Le tossine algali sono un campo di ricerca emergente anche per l’Italia: molte
microalghe producono particolari composti (tossine) che si accumulano negli
organismi marini inferiori e si trasmettono poi, lungo la catena alimentare,
fino all’uomo, attraverso pesci e molluschi. Un tempo il problema era confinato
ai paesi tropicali, ma con la globalizzazione di uomini e cose le tossine algali
si sono diffuse anche qui.
Com’è nato l’interesse di Yasumoto per queste particolari sostanze lo racconta
lui stesso: «Mi è sempre piaciuto chiacchierare con i pescatori che abitavano i
luoghi della mia infanzia», ricorda lo studioso: «Amavo sentire i racconti e mi
appassionavo ai loro problemi. Capitava che dovessero gettar via il pescato
perché, per motivi all’epoca ignoti, risultava tossico all’uomo. Ho iniziato a
chiedermi perché la stessa varietà di pesce, pescata in diversi bracci di mare,
era di volta in volta innocua o dannosa, dal momento che causava forti diarree e
crampi allo stomaco. Non era un problema di pesce fresco o vecchio. Ho iniziato
ad appassionarmi alla questione e ho capito che le responsabili erano le tossine
che certe alghe producono».
La passione è stata talmente grande che Yasumoto, in oltre cinquant’anni di
lavoro, ha scoperto e caratterizzato più di cento molecole nuove. La più famosa,
chiamata ciguatossina, provoca la ciguatera ed è prodotta da una piccola alga di
nome Gambierdiscus toxicus.
Lo stupefacente di queste tossine, che non sono mortali ma piuttosto debilitanti
per intestino e apparato digerente, è che bastano quantità minime per mandare
all’aria la migliore grigliata di pesce. «Da quattro tonnellate di pesce –
sottolinea Yasumoto – si estraggono 124 chilogrammi di visceri e da essi 0,35
milligrammi di tossina. Ma bastano 0,01 milligrammi perché un pesce non sia più
idoneo al consumo alimentare».
Anche per questo, per aiutare i vecchi amici dell’infanzia e tutti i loro
giovani compagni, Yasumoto sta lavorando a kit di analisi che permetteranno di
determinare e quantificare le tossine nel pescato.
Cristina Serra
Contro l’inquinamento le centraline non bastano ora ci
vogliono i licheni - L’Università di Trieste ha avviato un programma di
biomonitoraggio della qualità dell’aria
Respiriamo un’aria che è sempre più inquinata. Certo,
negli anni, le sostanze tossiche sono cambiate: grazie alla progressiva
metanizzazione degli impianti di riscaldamento, per esempio, è diminuita la
concentrazione di anidride solforosa (SO2). Purtroppo, però, sono in costante
aumento gli ossidi di azoto e l’ozono, prodotto, quest’ultimo, dalle reazioni
fotochimiche che si verificano fra specie chimiche liberate dall’uomo. Di
conseguenza il monitoraggio dell’aria diventa fondamentale anche per pianificare
a lungo termine misure di tutela per la popolazione.
Uno degli strumenti più efficaci e informativi per saggiare la qualità
dell’aria, a oggi però ancora sottoutilizzato, è dato dai licheni, organismi in
cui convivono in simbiosi funghi e alghe verdi/cianobatteri secondo la filosofia
dell’aiuto reciproco. Il fungo, infatti, protegge l’alga regalandole sali
minerali e acqua, e l’alga ricambia il favore producendo, mediante fotosintesi
clorofilliana, i composti organici necessari al suo partner.
Come reagiscono i licheni agli stress provocati dalle sostanze inquinanti che
anche l’uomo respira quotidianamente senza accorgersene? Che cosa succede nel
loro genoma quando la concentrazione di sostanze tossiche aumenta
drammaticamente, magari assieme a quella di metalli tossici (nichel, zinco,
rame, mercurio)? È quanto stanno cercando di capire ben tre Università italiane
– Trieste, Pisa e Genova – da anni impegnate in studi sull’inquinamento
fotochimico.
«I licheni sono eccellenti bioindicatori, e la loro validità nel monitoraggio
ambientale è già stata confermata scientificamente», dice Mauro Tretiach,
docente di Biomonitoraggio degli ecosistemi terrestri all’Università di Trieste
che, nell’ambito delle attività di ricerca universitarie realizzate assieme al
lichenologo Pierluigi Nimis, studia licheni da oltre due decenni. «I licheni,
infatti – aggiunge Tretiach –, non possiedono particolari strutture di
protezione nei confronti dell’ambiente e quindi, essendo l’aria il primo veicolo
del loro sostentamento, risentono di ogni cambiamento».
Una serie di esperimenti preliminari già effettuati a Trieste ha dimostrato che
il comportamento di questi organismi è più articolato di quanto si pensasse.
«Volevamo verificare – dice Tretiach – l’importanza dell’idratazione del tallo
(il corpo del lichene) nelle risposte ai cambiamenti ambientali. L’idea che
avevamo era che se il tallo è metabolicamente attivo allora il lichene riesce ad
attivare meccanismi endogeni di risposta allo stress, i quali riparano i danni
da ossidi di azoto e ozono. Se invece il tallo è disidratato, come spesso accade
nelle città, le difese crollano e i licheni cambiano la loro sensibilità agli
inquinanti». Così Tretiach e collaboratori hanno bagnato i licheni in
corrispondenza dei due picchi massimi di ozono (nelle ore centrali della
giornata) e la mattina presto (quando è massimo il picco di ossidi di azoto),
confermando le ipotesi iniziali.
«Abbiamo anche stabilito – continua il docente – che i licheni delle zone
ombrose e umide rispondono con meno efficienza a stress ambientali, di quelli
che si sono adattati a vivere in ambienti esposti». Molto presumibilmente a
questa diversità di comportamento corrisponde anche un diverso profilo di
attivazione/inattivazione di specifici geni: «È proprio in questa direzione –
sottolinea Tretiach – che ci stiamo muovendo ora. Anche perché documentare
precisamente la fisiologia dei licheni potrebbe convincere, ce lo auguriamo, le
autorità competenti ad affiancare questo sistema di monitoraggio alle centraline
di rilevamento, la cui distribuzione territoriale è molto critica». E conclude:
«Il controllo dell’aria non può basarsi solo sull’acquisizione di parametri
chimico-fisici, ma va considerato come fenomeno complesso in cui sostanze
singole interagiscono in maniera spesso imprevedibile a priori. Dopo tutto ciò
che interessa è conoscere gli effetti del fenomeno sull’ambiente, più che
misurare superamenti di valori soglia che sono molto difficili da stabilire su
base scientifica».
CRISTINA SERRA
SEGNALAZIONI - Tracciato Tav - PROPOSTA
Recentemente è stata proposta dallo staff di progettazione
una nuova ipotesi di tracciato per la linea ferroviaria ad alta velocità/alta
capacità genericamente definita Trieste-Divaccia. Si tratta di una possibile
soluzione, se vogliamo una specie di «uovo di Colombo», che a mio avviso
porterebbe notevoli vantaggi in quanto permetterebbe di superare le oggettive
difficoltà e perplessità (soprattutto di carattere ambientale/paesaggistico)
insite nelle ipotesi precedenti. Si tratta di un percorso che da Villa Opicina
(dove dovrebbe sorgere la nuova stazione passeggeri di Trieste) prosegue per
Divaccia e da lì raggiunge Capodistria; nel tratto verso Capodistria, lungo la
valle del Risano, dovrebbe essere realizzata una biforcazione che da un lato si
dirige verso Capodistria e dall’altro rientra in Italia (in zona Rabuiese) per
attestarsi nell’area del Porto Nuovo. I risultati positivi sarebbero molteplici:
1) il collegamento di Trieste con la rete ad alta velocità/alta capacità; 2)
l’eliminazione di lavori devastanti nel sottosuolo triestino, previsti nelle
ipotesi precedenti; 3) la tutela della Val Rosandra che non verrebbe interessata
in alcun modo dai lavori; 4) la creazione del collegamento ferroviario tra
Trieste e Capodistria. Per questi motivi si tratta secondo me di un’ipotesi
molto positiva, da non scartare assolutamente a priori; una proposta che finora
ha avuto come risposta un silenzio assordante da parte dell’Amministrazione
comunale triestina che al contrario dovrebbe far sentire la propria voce nelle
sedi opportune (Governo, Regione) a sostegno degli interessi della città.
All’eventuale obiezione che con questo tracciato le merci da e per il porto di
Trieste dovrebbero percorrere un tratto in territorio sloveno, dico solo che le
problematiche del momento attuale si affrontano e si risolvono in un quadro
europeo, molto diverso dal contesto nel quale abbiamo vissuto in queste terre
nel ventesimo secolo. Sarebbe molto pericoloso per il futuro di Trieste non
rendersene conto.
Mario Ravalico - consigliere comunale Pd
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 febbraio 2010
«Il Comune riveda la variante al Piano regolatore» -
CRITICITÀ DELLO STRUMENTO URBANISTICO
Mozione della Circoscrizione Altipiano Est sulla scorta delle riserve avanzate dalla Regione
TRIESTE La Circoscrizione Altipiano Est conferma il
proprio parere negativo in merito ai contenuti della Variante 118 al Piano
regolatore comunale e chiede al sindaco e all’amministrazione di rivedere lo
strumento urbanistico per le parti di territorio di propria competenza. Il
secondo parlamentino ha approvato a maggioranza una mozione sulla scorta delle
diverse riserve che la Direzione pianificazione territoriale della Regione ha
espresso sulla medesima variante lo scorso dicembre.
In quel documento, si legge nella mozione di Altipiano Est, sono state formulate
parecchie riserve con le quali la Regione ha chiesto all’amministrazione
comunale di rivedere e modificare il nuovo strumento urbanistico. Alcune di
queste riguardano diverse criticità espresse dalla Circoscrizione nel dare il
parere alla Variante, problemi che il parlamentino aveva raccolto direttamente
dalla popolazione dei borghi della parte Est dell’altipiano di competenza del
Comune di Trieste.
La Variante era stata discussa pubblicamente attraverso una serie di assemblee
indette nelle frazioni, e in quelle sedi i cittadini avevano posto l’accento su
quelle che sono state considerate delle incongruità nel nuovo strumento
urbanistico.
«Non è un caso se anche in sede regionale le nostre perplessità siano state
pienamente confermate – afferma il presidente di Altipiano Est, Marco Milkovich
– e per questa ragione chiediamo in particolare al sindaco, che è anche
assessore all’Urbanistica, di tenere conto delle nostre osservazioni».
Il riferimento riguarda innanzitutto la destinazione d’uso della dimessa caserma
Monte Cimone di Banne e dell’ex campo profughi di Padriciano, dove la Variante
prevede cospicui insediamenti considerati dalla Circoscrizione del tutto
inappropriati. Le altre riserve riguardano la nuova zona Glc di Padriciano e le
caserme dismesse dei valichi di Gropada e Basovizza.
«Nella filosofia del nuovo Prg per le nostre zone – riprende Milkovich – c’è la
tendenza a favorire la polverizzazione degli insediamenti, piuttosto che
prevedere il consolidamento degli abitati esistenti. Un indirizzo poco coerente,
che la stessa Regione ha sottolineato attraverso quelle riserve che ci trovano
concordi».
Maurizio Lozei
SEGNALAZIONI - Ridurre il cemento - EX MADDALENA
Sperando di interpretare anche il parere degli altri
cittadini della zona che - come me - hanno sottoscritto le osservazioni per
chiedere che si faccia la Valutazione d’Impatto Ambientale sul «Progetto per la
costruzione di un complesso commerciale e residenziale nell’area dell’ex
Maddalena», desidero ringraziare il signor Predonzan e il Wwf di Trieste per
l’attenzione dedicata alla questione, attraverso i suoi articoli che hanno
rappresentato di fatto l’unica fonte d’informazione per gli abitanti del rione.
Perciò ci hanno stupito gli attacchi contro l’Associazione e il suo
rappresentante.
Uno degli imprenditori protagonisti dell’operazione immobiliare accusava il sig.
Predonzan di fare «giochi sporchi», in risposta alla richiesta di ridurre il
cemento e aumentare il verde, istanza che mi pare condivisibile e non
particolarmente immonda. Ancor più incomprensibilmente un abitante della zona
rimproverava il Wwf di essere stato assente, accusa che andrebbe piuttosto
rivolta a politici e amministratori, ma ciò non può che dipendere da scarsa
informazione o disattenzione.
Mi pare che il Wwf di Trieste abbia agito nel pieno rispetto delle regole e
interpretando al meglio il ruolo che deve avere un’associazione ambientalista
attenta ai problemi del territorio.
Da parte mia spero che le autorità competenti possano accogliere la nostra
richiesta di ridurre le volumetrie e le altezze degli edifici previsti sul sito
dove fino a poco tempo fa c’era un parco con alberi d’alto fusto e di pregio, in
un rione già congestionato e pesantemente edificato. Se le attese dei
costruttori che hanno investito sull’area saranno in parte deluse, ritengo che
ciò possa rientrare nel normale rischio d’impresa.
Con l’occasione ricordo la nostra proposta di compensare il prezioso spazio
verde rionale completamente raso al suolo, con la realizzazione di un nuovo
giardino pubblico sul sito della ex lavanderia dell’Ospedale, dopo la sua
demolizione, sull’altro lato della via Marenzi.
Auspico, infine, che in caso di prossime operazioni immobiliari (come ad es.
l’area del Burlo!), i nostri amministratori pongano maggiore attenzione alla
tutela del verde e realizzino le nuove edificazioni in luogo di quelle
pre-esistenti, senza distruggere ulteriori parchi e giardini.
Claudio Siniscalchi
San Dorligo, nuovo no al gasdotto Trieste-Villesse -
CONSIGLIO COMUNALE: ASTENUTO SOLO GOMBAC
Un altro parere sfavorevole sulla compatibilità ambientale
del progetto per il gasdotto Trieste–Grado–Villesse (la sea line Trieste–Grado e
il tratto Grado–Villesse, relativo al collegamento alla rete nazionale del
rigassificatore previsto nella zona industriale di Zaule.
Il nuovo voto negativo è stato espresso ieri mattina dal Consiglio comunale di
San Dorligo della Valle, con riguardo alla delibera presentata dall'assessore
all'Ambiente Elisabetta Sormani.
«Anche alla luce delle recenti integrazioni documentali trasmesse dalla
Direzione centrale ambiente e lavori pubblici della Regione, il Consiglio si è
espresso quasi all'unanimità (astenuto solo il consigliere Boris Gombac, ndr)
contro questo progetto», ha commentato il sindaco di San Dorligo della Valle,
Fulvia Premolin.
Nella seduta di ieri sono stati messi ai voti diversi documenti, tutti
approvati. Tra questi, la mozione sulla creazione di uno strumento giuridico
denominato ”Quoziente familiare per l'attuazione di una politica tariffaria e
fiscale equa e a misura delle famiglie”, proposta portata avanti dal gruppo
consigliare del Pdl-Udc (Roberto Drozina, Roberto Massi e Roberta Clon).
Ogni nucleo familiare potrà ora ”beneficiare di tariffe rapportate al numero dei
componenti, alla condizione dei figli a carico anche in affido, alla situazione
lavorativa dei genitori, alla presenza permanente in famiglia di soggetti
disabili o anziani”.
Passata anche la mozione con la quale il consiglio comunale di San Dorligo
chiederà alla giunta e al consiglio regionale di ”modificare la normativa
vigente per permettere ai malati di Sla e a tutte le persone affette da malattie
altrettanto invalidanti, non solo di poter disporre gratuitamente nella loro
residenza di tutte le apparecchiature mediche necessarie e di tutte le
apparecchiature e connessioni di rete che servono per la comunicazione tra il
malato e chi lo assiste, ma anche di poter ottenere dalla Regione un congruo
contributo a sostegno dei costi pagati per il personale badante indispensabile
alla loro sopravvivenza, anche se il loro reddito è superiore alla soglia dei 35
mila euro».
Approvata infine la convenzione tra Provincia, il Comune e i titolari di licenza
taxi per implementare il servizio per le persone diversamente abili presenti in
tutti i comuni del territorio provinciale.
Riccardo Tosques
«Sistema tranviario: a Trieste è nato un comitato per
promuoverlo»
Domenica 14 febbraio 2010, a Firenze, è stata inaugurata
una moderna linea tranviaria, segnale di sensibilità positiva degli enti
amministrativo-territoriali toscani, dinanzi alle emergenze dovute all’aumento
dei costi energetici e delle esternalità che la mobilità e i trasporti privati
generano. L’inaugurazione si è tenuta a distanza di ben più di mezzo secolo
dalla cessazione del servizio tranviario nel capoluogo toscano.
La nuova linea metrotranviaria collega la stazione di Santa Maria Novella a
Scandicci, ed è la prima di altre due tranvie celeri (i cantieri delle quali
apriranno a breve), che collegheranno rispettivamente l’aeroporto di Peretola e
l’ospedale di Careggi alla stazione ferroviaria sopraccitata. La scelta della
Provincia e del Comune di Firenze di realizzare ex novo una rete metrotranviaria,
è dovuta alla crescita esponenziale dei costi esterni di trasporto, quali
congestione, dall’inquinamento chimico e volumetrico, ecc.
La nuova metrotranvia fiorentina segue, in ordine di tempo, l’apertura della
metrotranvia Bergamo-Albino, nella Provincia orobica, risalente alla seconda
metà dell’anno scorso e a quelle di altre città, in Sardegna (Sassari, Cagliari)
e in Sicilia (Messina), aperte nell’arco di quest’ultimo decennio.
Attualmente, quindi, dieci città italiane, dalle caratteristiche urbanistiche e
demografiche molto diverse (dai 180mila a oltre 2 milioni di abitanti, ma
comunque con densità abitativa molto elevata), sono dotate di reti o di linee
tranviarie, in fase di potenziamento e sviluppo: oltre a Trieste, che ha
mantenuto in esercizio una linea, anche i capoluoghi delle maggiori aree
metropolitane italiane, quali Milano, Napoli, Torino e Roma, infatti hanno
storicamente mantenuto le proprie reti tranviarie.
Altrettante linee o reti tranviarie sono in fase di progettazione (a Bari,
Bologna, Bolzano, Genova, Lecce e Prato) o in costruzione (a Palermo). Queste
città sono o saranno munite entro pochi anni, di linee metrotranviarie su rotaia
ordinaria, i veicoli delle quali circoleranno, quindi, su binari tradizionali.
Sull’onda di queste realizzazioni che indicano una nuova coscienza
trasportistica, in sintonia con i dettami delle Leggi comunitarie
sull’argomento, alla fine del 2009, è stato istituito, nel capoluogo giuliano,
il Cpstt, Comitato per la promozione di un sistema tranviario in Trieste,
istituzione che si prefigge di far conoscere e rendere partecipe la cittadinanza
della concreta e proficua possibilità e dei vantaggi ambientali ed economici
relativi non alla reintroduzione, bensì alla progettazione e alla costruzione ex
novo di moderne linee tranviarie celeri su rotaia ordinaria, che attraverso
diverse fasi realizzative, possano collegarsi alle linee ferroviarie urbane e
suburbane, ottimizzando l’offerta infrastrutturale e dei servizi di Tpl su
rotaia tanto verso l’area sudoccidentale della provincia di Trieste e quindi
Muggia e oltre, quanto verso Monfalcone e oltre.
Aldo Ancona
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 22 febbraio 2010
"L'Italia schiava dell'auto ecco cosa si rischia in
città"
Pascal Acot, storico dell'ecologia, parla all'indomani
dello stop al traffico nel nord Italia per l'aumento delle polveri sottili:
gravi carenze nel trasporto pubblico
ROMA - "Abbiamo problemi anche in Francia. A Parigi, con tanto di metro che
arriva ovunque e funziona perfettamente, ogni tanto bloccano almeno in parte la
circolazione per frenare lo smog. In tutta Europa la battaglia contro
l'inquinamento è dura. Ma certo in Italia la situazione è molto particolare,
veramente allarmante". Pascal Acot, ricercatore presso il Centre National de la
Recherche Scientifique e storico dell'ecologia, segue da anni le polemiche
sull'inquinamento dell'atmosfera e si stupisce ancora del ritardo con cui, da
questo lato delle Alpi, si risponde al pericolo costituito dalle PM10, le
polveri sottili.
Dunque lei ritiene che l'intervento sia urgente.
"Non lo dico io. Lo dice l'Unione europea con le sue direttive. Chi non si
adegua rischia sanzioni pesanti, da milioni di euro. E l'Italia è tra i paesi
nei confronti dei quali è stata aperta una procedura d'infrazione in sede
comunitaria proprio per la mancata definizione dei piani di intervento. In altre
parole: può capitare di avere un problema. Può capitare di ereditare una
situazione in cui i ritardi infrastrutturali accumulati in molti decenni sono
pesanti e le condizioni meteo sfavorevoli moltiplicano le difficoltà. Ma non si
può far finta di niente. Non si può andare avanti per anni evitando
accuratamente di prendere le misure necessarie a tutelare un bene non
negoziabile come la salute dei cittadini".
È difficile però trovare la firma dei veleni che finiscono nei nostri polmoni.
Chi non vuole staccarsi dal volante dà la colpa al riscaldamento, chi non vuole
investire in una caldaia più efficiente se la prende con le centrali elettriche.
C'è perfino chi dice che le polveri sottili sono un fatto naturale...
"Un fatto naturale? Questa è straordinaria! Del resto si può dire di tutto,
anche del caos climatico: c'è sempre una frazione del problema che può essere
considerata naturale; il punto è che va pesata. E se si misura il ruolo delle
polveri sottili prodotte da cause naturali si scopre che è del tutto marginale.
I responsabili sono altri e si conoscono per nome e cognome".
Facciamoli questi nomi.
"Il primo responsabile è il traffico su gomma. E qui si trova una prima
spiegazione delle difficoltà in cui si dibatte l'Italia: il rapporto tra
l'automobile e il trasporto pubblico, dal punto di vista delle risorse investite
e degli spazi dedicati, è assolutamente anomalo rispetto alla media del Centro e
del Nord Europa. La prima mossa da fare per recuperare una situazione di
normalità è riequilibrare il sistema: più spazio al mezzo pubblico, alle bici,
alle auto in condivisione e meno spazio alle automobili, molto spesso occupate
da una sola persona"
Gli altri responsabili?
"Il riscaldamento figura al secondo posto. Forse questo è il campo in cui
l'Italia ha fatto meglio: la sostituzione dell'olio combustibile con il metano
ha abbattuto in maniera significativa questo tipo di inquinamento. E lo dimostra
la diminuzione dell'anidride solforosa, un tipico inquinante legato al
riscaldamento. Gli altri contributi allo smog vengono da industrie e
agricoltura, ma il loro contributo è, in genere, decisamente limitato".
Cosa rischiano gli abitanti delle città costretti a respirare un'aria che per
legge non è respirabile?
"Molto, moltissimo. L'Organizzazione mondiale della sanità ha calcolato in oltre
8 mila i morti causati dalle polveri sottili nelle 13 principali città italiane
e in 800 mila a livello globale le vittime dello smog".
Pensa che i sindaci o i presidenti delle Regioni abbiamo in mano gli strumenti
per battere lo smog?
"In parte sì perché quello che possono fare è molto importante. Possono, e in
realtà devono per evitare il rischio di indagini giudiziarie, agire per
mantenere i livelli di inquinamento entro i limiti di legge".
I blocchi?
"I blocchi hanno un significato importante in termini di comunicazione: fanno
capire a tutti che il problema c'è ed è serio. Ma appena le auto tornano in
circolazione lo smog risale. Quello che veramente serve, e che in parte possono
fare anche gli amministratori locali, è migliorare il trasporto pubblico".
Senza fondi?
"Si possono creare spazi riservati ai mezzi pubblici rendendoli più veloci senza
pagare un euro. E poi c'è la partita dei fondi che vanno trovati attraverso un
coordinamento nazionale che dia alla difesa della salute e della vivibilità
delle città un valore prioritario. Bisogna intervenire anche sul trasporto merci
e sui pendolari".
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 febbraio 2010
SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Sul rigassificatore
Dopo le numerose e contrastanti opinioni riportate dal
Piccolo sul tema del rigassificatore, credo sia opportuno fare il punto della
situazione. La società spagnola Gas Natural ha progettato la creazione di un
rigassificatore costiero nel golfo di Trieste, adottando una tecnologia di
rigassificazione che rischia di mettere in crisi l’equilibrio biologico del
golfo. La prossimità dell’impianto alla città determina ulteriori timori per la
sua pericolosità. Infine, l’ubicazione del rigassificatore crea un ostacolo al
futuro ampliamento del porto di Trieste, requisito irrinunciabile per
assicurarne la sopravvivenza.
Negli scorsi giorni, la vicina Slovenia, che si oppone alla realizzazione del
rigassificatore della Gas Natural per ragioni ambientali e di sicurezza delle
aree urbane limitrofe, ha rinunciato definitivamente alla ventilata
realizzazione di un rigassificatore nel golfo di Capodistria nonostante, in
questo caso, la tecnologia proposta fosse priva di ricadute sull’ecosistema
marino (ma con i medesimi problemi di sicurezza).
Contemporaneamente anche la Croazia sta studiando la realizzazione di un
rigassificatore off-shore nel golfo del Quarnaro, con fondali di ben altra
profondità.
Inoltre, il rigassificatore di Trieste non risponde a necessità energetiche
locali ma è un punto di consegna che alimenta il retroterra, gravando la città
di un rischio potenziale di entità drammaticamente sottovalutata. Infine, come
se ciò non bastasse, si stanno sviluppando unità navali in grado di effettuare
il processo di rigassificazione a bordo, rendendo superati i terminali
tradizionali di cui si sta discutendo.
Alcuni mesi fa, in occasione del conferimento della laurea honoris causa, Paolo
Scaroni, amministratore delegato Eni, dichiarava che "sul mercato del gas
l’offerta è molto più abbondante della domanda", e concludeva che altre dovranno
essere le direttrici di ricerca e sviluppo del settore energetico.
A questo punto al cittadino si confondono definitivamente le idee: se la
realizzazione del rigassificatore non è strategica per l’approvvigionamento
energetico nazionale, perché i politici locali la sostengono con tanto vigore?
Vista la pericolosità potenziale di un rigassificatore sottocosta, perché non si
prende in considerazione l’ipotesi di realizzare un unico rigassificatore
off-shore che serva contemporaneamente l’Italia, la Slovenia e la Croazia? Ed
inoltre, perché penalizzare le possibilità di ampliamento del porto di Trieste
con l’insediamento del rigassificatore quando, fra qualche anno, il gas potrebbe
venir prelevato direttamente da navi rigassificatrici?
Aurelio Slataper
IL PICCOLO - DOMENICA , 21 febbraio 2010
«Discarica in Ferriera, lo abbiamo sempre saputo» -
PARLANO ALCUNI OPERAI DOPO L’ARRESTO DEL DIRETTORE
«Tra il 2003 e il 2006 ero nel reparto energia: i
fanghi erano trattati con soda caustica e scaricati in mare»
Ma la Lucchini: «Abbiamo rispettato la legge, sono accuse di una sola sigla»
«All’interno della Ferriera di Servola avvenivano movimentazioni sospette di
rifiuti e di sostanze tossiche e pericolose prodotte dalle lavorazioni». Lo
sostiene il sindacato Failms-Cisal attraverso il proprio rappresentante nelle
Rsu, Luigi Pastore il quale sostiene che «a differenza di quanto hanno affermato
gli altri rappresentanti di fabbrica, le Rsu erano a conoscenza di ciò».
A sostegno delle proprie affermazioni la Failms porta la testimonianza di alcuni
lavoratori che però, essendo tuttora dipendenti della Ferriera, non divulgano i
propri nomi per timore di ritorsioni. «Il fango della macchina colare veniva
sotterrato nel capannone dell’ex acciaieria - racconta un dipendente che da sei
anni lavora nel reparto di movimentazione stradale - il fossile veniva mescolato
assieme al catrame e tornava in circolo. L’ultima volta ho assistito a
situazioni del genere meno di un mese fa. Noi lavoratori siamo spesso sottoposti
a situazioni pericolose per la salute, ma non possiamo parlare».
«Tra il 2003 e il 2006 ho lavorato nel reparto energia - racconta un altro - ma
certe cose che mi imponevano di fare gli stessi capireparto, ho rifiutato di
farle. In particolare aprire la valvola di mandata della macchina pressafanghi
che spesso si riempiva e si bloccava. I fanghi venivano trattati anche con soda
caustica, i rifiuti non si compattavano e bisognava anche usare la manichetta
dell’acqua e gli scarichi venivano convogliati anche in un tombino che portava
direttamente a mare. Si vedevano i vapori salire, ma i lavoratori non erano
dotati delle specifiche maschere, bensì di semplici mascherine».
Pastore annuncia di aver affisso alla bacheca della Ferriera le copie di alcune
segnalazioni fatte in particolare nel 2008 allorché i lavoratori avevano
avvertito dolori di testa, nausea, pruriti e denuncia il fatto che l’azienda non
abbia mai esibito il Registro dello smaltimento rifiuti. «È difficile ora tenere
i toni bassi come vorrebbe qualche altro Rsu - sostiene la Failms-Cisal - perché
si continua a lavorare in una situazione di emergenza e instabilità appesantita
dalla vendita del pacchetto azionario di maggioranza della Severstal».
«Forse per smentire queste affermazioni di supposta pericolosità basterebbe
chiedere agli altri sindacati - replica Francesco Semino, direttore delle
relazioni pubbliche della Lucchini - c’è evidentemente una sigla che approfitta
della situazione per buttare olio sul fuoco. Noi ribadiamo che tutti i processi
di lavorazione vengono fatti rispettando le leggi e i regolamenti nel pieno
rispetto della sicurezza dei lavoratori e della tutela dell’ambiente
circostante».
Lo scorso 9 febbraio Francesco Rosato, direttore della Ferriera, Vincenzo D’Auria,
responsabile dei settori ecologia e ambiente dello stesso stabilimento e Walter
Palcini, 58 anni, responsabile locale della società Restalia che opera
all’interno della Ferriera, sono stati arrestati dai carabinieri del Noe (Nucleo
operativo ecologico) su ordine del Gip di Grosseto Pietro Molino su richiesta
del pm Alessandro Leopizzi. Sono accusati a vario titolo di concorso in traffico
illecito di rifiuti. In particolare Rosato e D’Auria, secondo gli accertamenti
dei militari, avrebbero disposto e consentito lo smaltimento di una parte dei
rifiuti pericolosi dello stabilimento classificandoli al contrario come
”normali”, mentre la gran parte dei fanghi venivano stoccati all’interno
dell’acciaieria, realizzando vere e proprie discariche abusive.
SILVIO MARANZANA
Irruzione dei sindacati al Circolo Miani - Fim, Fiom,
Uilm e Ugl: Fogar si crede lo Zorro di Servola. E lui li ignora parlando per
un’ora
TONI ACCESI DURANTE L’ASSEMBLEA DEDICATA AL FUTURO
DELLO STABILIMENTO
Ad accendere la miccia è stata la distribuzione di volantini delle Rsu
Assemblea infuocata ieri sera al Circolo Miani, dove si è parlato ancora una
volta della Ferriera, stabilimento che da anni l’organizzazione fondata da
Maurizio Fogar definisce «dannoso e pericoloso per la salute della popolazione».
La prima miccia si è accesa ancor prima dell’inizio dei lavori, quando i
rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori Fim, Fiom, Uilm e Ugl,
Umberto Salvaneschi, Franco Palman, Fabio Fuccaro e Roberto Cecchini, hanno
distribuito ai numerosi presenti un volantino nel quale Fogar viene definito lo
“Zorro” del rione di Servola e Valmaura, e persona «capace di rendere la libertà
d’espressione sinonimo di calunnia». Nel testo si afferma anche che «i
sindacalisti non si fanno tirare i fili», che «i lavoratori, gli unici ai quali
rispondiamo, sono dipendenti e non sudditi», come insinuerebbe lo stesso Fogar.
Ma la temperatura si è ulteriormente alzata quando i sindacalisti presenti hanno
chiesto di poter intervenire. Fogar, in quel momento nel pieno della sua
dettagliata relazione sullo stato delle cose (quasi un’ora di intervento), ha
negato questa possibilità, rinviando eventuali domande alla fine. I
rappresentanti sindacali non l’hanno presa bene e ne è scaturita una schermaglia
verbale, per fortuna conclusasi in poche battute, che ha però lasciato nell’aria
un’evidente tensione, anche perché qualcuno dei presenti ha esplicitamente
invitato gli esponenti delle organizzazioni dei lavoratori a uscire. Cosa che
invece non è avvenuta. Salvaneschi, Palman e Cecchini sono rimasti al loro
posto, attendendo la fine della relazione di Fogar, mentre Fuccaro se n’è
andato, «ma per impegni familiari di cui eravamo a conoscenza» hanno spiegato i
colleghi.
La domanda che i sindacalisti hanno rivolto a Fogar riguardava un elemento
importante: il fondatore del circolo Miani ha parlato più volte, anche ieri
sera, del trasporto di materiale inquinato «senza che nessuno si sia mai posto
il problema della pericolosità che questa situazione origina». «I camion adibiti
a questo trasporto – hanno precisato i rappresentanti sindacali – devono
transitare davanti alla Guardia di Finanza. Allora anche gli uomini in
grigioverde sarebbero responsabili di mancato controllo?».
Fogar ha concluso il suo intervento annunciando l’organizzazione, entro marzo,
di «una grande manifestazione popolare di protesta dal titolo ”Per non morire di
Ferriera”perché - ha dichiarato - in queste condizioni non si può andare avanti.
I livelli di benzapirene e di pm10 nell’aria sono superiori di troppe volte alle
soglie massime consentite dalla legge – ha concluso – e contro questo lotteremo
fino in fondo».
Ugo Salvini
È battaglia ambientale tra Italia e Slovenia - Roma
chiede a Lubiana l’impatto transfrontaliero sull’ampliamento del porto di
Capodistria
DOPO CHE LUBIANA HA ANNUNCIATO DI ESSERE PRONTA A
RICORRERE ALLA CORTE EUROPEA SUL RIGASSIFICATORE
TRIESTE Non c’è pace sul ”fronte” orientale. Dopo l’annuncio di Lubiana di
aver già predisposto l’intero incartamento per il ricorso alla Corte di
giustizia europea sulla questione dei rigassificatori nel Golfo di Trieste (pur
lasciando diplomaticamente spazio a un ulteriore confronto sul tema, l’ennesimo)
l’Italia stavolta non abbozza. Risponde con un colpo di fioretto che va a
bersaglio. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, infatti, ha chiesto
a sua volta alla Slovenia la valutazione dell’impatto ambientale
transfrontaliero per i progetti di sviluppo del porto di Capodistria. Siamo
dunque alla politica del ”dente per dente”.
A questo punto sarà difficile un incontro a breve del Comitato interministeriale
italo-sloveno che avrebbe dovuto sciogliere oltreché il nodo del rigassificatore
anche l’atrettanto ingarbugliato tema relativo al percorso della Tav nel tratto
Trieste-Divaccia. Prima bisognerà rivedere i piani su cui, se si vuole,
ritornare al tavolo diplomatico con la reciproca volontà di risolvere le
questioni aperte.
La Slovenia è rimasta spiazzata dalla risposta italiana e fonti di Lubiana
parlano già di «una sorta di ritorsione poco convincente e dettata,
probabilmente con fini politici, da qualche pessimo consigliere. «I due casi non
sono paragonabili - spiega il deputato sloveno di Zares (partito che fa parte
della coalizione di governo) e già sottosegretario agli Esteri, Franco Juri - e
il governo italiano non fa certo onore alla sua autorevolezza europea rifiutando
di verificare in modo approfondito e responsabile quanto le denunce documentate
degli ambientalisti, italiani e sloveni, di numerosi esperti italiani e sloveni,
di alcuni comuni interessati, italiani e sloveni in merito alle carenze della
documetazione relativa ai rischi di un rigassificatore nell’area di Zaule e al
non rispetto della direttiva Seveso nella stessa, siano fondate».
La Slovenia, dunque, incassa il colpo, ma non ci sta. Non recede dalle sue
posizioni ufficiali che reputano insufficiente la documentazione fin qui fornita
dall’Italia sull’impianto di rigassificazione a Zaule e il relativo gasdotto
sottomarino che attraverserebbe il Golfo di Trieste in direzione Grado,
posizione del resto fin qui sostenuta con vigore anche in sede europea.
Secondo Lubiana si tratta di un tema che interessa chiunque viva sulle sponde
del Golfo di Trieste, interessa la sua sicurezza e la sua qualità di vita e che,
con la richiesta del ministro Prestigiacomo, viene ora, secondo fonti
diplomatiche di Lubiana, «purtroppo ridotto a merce di scambio e a motivo di
ritorsioni forse un po’ puerili». La polemica, dunque, che sembrava solo pochi
mesi fa aver quasi raggiunto il suo epilogo oggi si infiamma nuovamente e con
inusitato vigore.
«C’è comunque - afferma ancora il deputato Franco Juri - un aspetto positivo
nella richiesta del ministro Prestigiacomo. È il suo riconoscimento della
necessità di una valutazione reciproca, seria e documentata dei rispettivi
impatti transfrontalieri». Il ragionamento di Lubiana dopo la richiesta della
Prestigiciacomo è lineare: se il governo italiano giudica necessaria la
valutazione dell’impatto transfrontaliero di un futuro nuovo molo portuale a
Capodistria, tanto più è lecito e comprensibile il timore espresso da Lubiana
per i possibili impatti dei due rigassificatori, più il gasdotto, a ridosso del
confine nel comune Golfo di Trieste.
È chiaro, tutte le belle parole fin qui pronunciate perdono il loro valore. O ci
sarà la volontà di ricucire lo strappo, oppure la ”battaglia” è solo all’inizio.
MAURO MANZIN
Veglia, un’azienda privata progetta una centrale solare
- FONTI D’ENERGIA ALTERNATIVE - L’impianto della ”Krk” verrebbe a costare 20
milioni di euro
Benché un progetto ancora in fasce, a Veglia città e nella
sua isola si fa un gran parlare della futura centrale solare, che dovrebbe
sorgere nelle vicinanze del capoluogo isolano. Il progetto dell’impianto
fotovoltaico reca la firma dell’azienda edile ”Krk” di Veglia, diventata negli
ultimi anni un autentico gigante del settore, sicuramente tra le imprese più
note e di maggiore successo nell’isola altoadriatica.
È stato il vicedirettore generale della ”Krk” Zeljko Velnic a illustrare alla
stampa l’ambizioso piano, i cui lavori potrebbero partire in capo a 18–24 mesi.
«Abbiamo deciso di diversificare le nostre attività – ha dichiarato Velnic –
puntando anche su investimenti in campo energetico, cioè in quel segmento che
riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, in primis il sole». La
centrale fotovoltaica ”bodola” (i ”bodoli” sono gli abitanti autoctoni
dell’isola) sarà edificata nei pressi di Veglia, in un’area ancora da definire,
ma sicuramente soleggiata e che si estenderà su una superficie di circa 10
ettari. La sua sarà una potenza di 5 megavat, che dovrebbe coprire il fabbisogno
della città anche nel corso dei mesi estivi, quando la presenza di migliaia di
villeggianti fa schizzare i consumi all’insù. «Il nostro è un progetto
ambizioso, del costo di circa 20 milioni di euro – ha precisato il numero due
della ”Krk” –: siamo fermamente intenzionati ad andare avanti, benché
penalizzati dalla montagna di documenti e permessi che vanno ottenuti per
cominciare ad approntare l’impianto».
«Stiamo ancora cercando d’individuare - ha concluso Velnic - il sito della
centrale, che sarà senz’ altro posizionata sui terreni che degradano verso il
mare e bene esposti al sole. Abbiamo già contattato diversi proprietari di lotti
di terreno, raggiungendo accordi di massima». Velnic ha parlato non solo di
diversificazione delle attività e di necessità di seguire il progresso della
tecnologia ma anche di ”patriottismo locale”, definendolo una spinta propulsiva
per la ”Krk”, azienda nata e sviluppatasi a Veglia e che nell’isola vuole aprire
posti di lavoro. «Intendiamo dare vita al complesso energetico, che consentirà
alla città e alla sua isola di varcare i confini dell’era delle fonti
rinnovabili, entrando in una dimensione moderna, tesa allo sviluppo» ha
precisato. Se realizzato, e non c’è motivo di dubitarne conoscendo la forza
dell’Azienda Krk (550 maestranze e quasi 400 macchinari, fatturato nel 2008 di
76 milioni di euro), sarebbe il primo grande progetto fotovoltaico nella regione
insulare croata.
Finora infatti, solamente sull’Isola di Pago è sorto un complesso eolico, grazie
a bora e scirocco che non mancano mai da quelle parti. Per il resto, solo buone
intenzioni e nulla più, mentre invece si tratta di aree dove il sole splende
come minimo 2mila ore all’anno, un’energia tutta da imbrigliare, con progetti
che però devono essere compatibili con l’ambiente. È quanto precisato dallo
stesso Velnic: «La centrale sarà senz’ altro in armonia con il paesaggio
circostante. Non vogliamo provocare inquinamenti visivi».
«Speriamo comunque – ha puntualizzato – che la miriade di documenti necessari
non ci penalizzi e che il progetto abbia l’appoggio della comunità, come pure
delle autorità locali, regionali e statali. I nostri uomini si sono già messi al
lavoro e, se le procedure burocratiche non saranno estremamente lunghe, tra due
anni al massimo la costruzione potrà avere inizio, con tempi di realizzazione
ancora da definire». Da aggiungere che l’energia prodotta dalla ”Krk” sarebbe
poi venduta all’Azienda elettrica di Stato.
(a.m.)
IL PICCOLO - SABATO, 20 febbraio 2010
«Allarme benzopirene attorno a Servola» - L’assemblea
del Circolo Miani stabilirà la giornata di protesta «per non morire di Ferriera»
OGGI NELLA SEDE DI VIA VALMAURA
Mobilitazione generale oggi alle 18 nella sede del Circolo Miani, in via
Valmaura, per affrontare l’emergenza benzopirene. A lanciare l’appello a
partecipare a questo ennesimo incontro pubblico, «che stavolta speriamo sia
accolto dal maggior numero di persone possibile, perché siamo in una situazione
drammatica», è stato il fondatore del circolo, Maurizio Fogar, preoccupato dai
più recenti dati di inquinamento atmosferico registrati da alcune centraline.
«Nelle vie Giardini e Pitacco – spiega Fogar – nel periodo da metà novembre alla
vigilia delle festività natalizie, sono state rilevate punte di presenza
nell’aria di benzopirene di ben otto o nove volte superiori al limite massimo
tollerato e stabilito per legge. In due terzi delle giornate la media
giornaliera è stata dalle quattro alle sei volte superiore al limite di
tolleranza. E ciò che sconcerta – denuncia il fondatore del circolo Miani – è il
fatto che le centraline di proprietà della Severstal evidenziano invece valori
molto più bassi, oppure risultano guaste proprio nei giorni nei quali le altre
indicano un netto superamento delle soglie».
Fogar ha anche spiegato che «le pm10 fungono da taxi per il benzopirene,
trasportandolo nell’aria. Puntualmente – ha ribadito – quando salgono i valori
delle pm10 crescono anche quelli del benzopirene”. Recentemente, da alcuni
studiosi, è stato dimostrato che il benzopirene, sostanza dannosissima per la
salute poiché favorisce lo sviluppo di degenerazioni cellulari cancerose, si
forma anche sulla superficie degli alimenti esposti direttamente alla fiamma
senza protezione. È provato che il benzopirene è presente non soltanto nel
tabacco bruciato, ma anche sopra qualsiasi superficie esposta a una gradazione
superiore ai 700°. Inevitabile perciò la sua presenza nei processi di
combustione industriale, a meno che non si provveda con particolari
accorgimenti».
«La continua presenza del benzopirene nell’aria che tutta la città respira –
afferma Fogar – equivale a un’assicurazione sulla morte per coloro che vivono a
Trieste». Il portavoce del Miani ha accusato ancora una volta il presidente
della giunta regionale, Renzo Tondo e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza,
«che rimangono colpevolmente immobili davanti a questo scempio». L’assemblea
sarà chiamata a scegliere la giornata di protesta in piazza, che avrà per titolo
“Per non morire di Ferriera”.
Ugo Salvini
Dipiazza ”bacchetta” la Slovenia - «Dietro
l’opposizione al rigassificatore si celano altri interessi»
ANCHE LA PRESIDENTE DELLA PROVINCIA CRITICA SUL NO DI
LUBIANA
«È evidente che da parte slovena c’è l’obiettivo di boicottare il
rigassificatore di Trieste, ma non certo per motivi di sicurezza o di tutela
ambientale». Non è piaciuta affatto al sindaco Roberto Dipiazza la conferenza
stampa svoltasi l’altro giorno a Lubiana in cui il ministro sloveno
dell’Ambiente, Roko Zarnic e il sottosegretario Zoran Kus hanno minacciato il
ricorso alla Corte di giustizia europea non solo contro il rigassificatore a
Zaule di Gas Natural, ma anche contro quello off shore proposto da E.On.
Le autorità slovene hanno elencato le attività che sarebbero minacciate
dall’impatto ambientale transfrontaliero: la diversità biotica, il traffico, la
sicurezza, la popolazione, la salute, il paesaggio, il turismo, la maricoltura,
la pesca.
«Vogliono affondare il nostro perché hanno interessi in un altro
rigassificatore, probabilmente in quello di Veglia - attacca il sindaco - e
perché temono di non poterci più vendere l’energia elettrica come fanno oggi,
dato che in Slovenia ne hanno in abbondanza grazie alle dighe e alla centrale
nucleare di Krsko». E secondo Dipiazza è tanto più scandaloso che le obiezioni
vengano da un Paese che ha una centrale nucleare in attività a un centinaio di
chilometri dal confine. «Siamo ai limiti dell’indecenza - ha tuonato ancora
Dipiazza - e abbiamo già superato quelli dell’ingerenza in uno Stato sovrano.
Sto per avvisare il ministro degli Esteri Frattini - ha annunciato - affinché la
Slovenia venga indotta a trovare un accordo».
Sono probabili «interessi della Slovenia per compartecipazioni in
rigassificatori previsti in siti alternativi, a cominciare da quello di Veglia»
anche secondo la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat.
«Dobbiamo tenere conto - sottolinea Bassa Poropat - che per il rigassificatore
di Zaule c’è già una Valutazione d’impatto ambientale favorevole da parte del
Ministero. È anche vero però - aggiunge - che finora l’informazione alla
popolazione fornita da Gas Natural è stata insufficiente, se non addirittura
nulla per cui da molti versanti si prospettano interrogativi e timori».
La Provincia dunque aprirà una finestra sul poprio sito in cui cittadini e
associazione potranno porre le questioni che verranno poi discussse nell’ambito
di tre o quattro incontri pubblici organizzati dalla stessa Provincia ai quali
saranno presenti esperti e tecnici locali oltre che i rappresentanti della
stessa Gas Natural.
SILVIO MARANZANA
I vigili del fuoco della Uil in stato di agitazione
La Uil ha decretato lo stato di agitazione dei vigili del
fuoco a Trieste e in tutto il Friuli Venezia Giulia. In una nota che porta la
firma del coordinatore regionale Adriano Bevilacqua si elencano i problemi che
hanno fatto esplodere il malessere: salari inadeguati, vetustà o addirittura
carenza dei mezzi di soccorso in dotazione, meccanismi di passaggio a qualifica
inadeguati, carenze di organico, anzianità del personale, criteri di formazione
non idonei a garantire il necessario aggironamento per l’alta professionalità
richiesta agli appartenti al Corpo. Di conseguenza, la Uil Vigili del fuoco del
Friuli Venezia Giulia chiede anche l’apertura del Tavolo di conciliazione.
«Non è più tollerabile - si legge nella nota - che in mancanza di un’etica della
sicurezza si possano generare meccanismi che rischiano di mettere a repentaglio
l’incolumità umana. I recenti inquietanti avvenimenti nel settore della
prevenzione dei rischi d’incidenti rilevanti, il cui scopo primario dovrebbe
essere la tutela dell’uomo e dell’ambiente - prosegue il comunicato -
indicherebbero che le vigenti procedure, atte ad assicurare la necessaria
efficienza del soccorso pubblico e della difesa civile, siano state
clamorosamente violate mettendo a rischio la tutela della salute e della
sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori che in tale vitale settore prestano
il loro indispensabile servizio».
SEGNALAZIONI - «Golfo off-limits per le Olimpiadi di
Venezia» - CON UN RIGASSIFICATORE
Con non poca meraviglia leggiamo, in questi giorni, su
tutti i giornali lo sforzo di molte rappresentanze politiche e sportive di far
assegnare a Venezia le Olimpiadi del 2020.
Si prevede e si auspica, si programma tutta una serie di circostanze e località
a sostegno di tale importantissimo coronamento per Venezia nel lontano 2020. Si
auspica che Trieste sia prescelta quale offerta del bacino di regate, bacino
racchiuso dal suo splendido golfo, bacino famoso in tutto il mondo per i suoi
venti. Non è credibile che le stesse forze politiche che sponsorizzano tale
scelta, poi siano le sostenitrici della realizzazione del rigassificatore nelle
acque del medesimo golfo.
Sembra che nel loro delirio di onnipresenza e di grande impegno politico in
tutti i settori, non si avvedono delle enormi e stridule contraddizioni che
esternano. Lor signori politici sono perfettamente coscienti che se,
disgraziatamente, si realizzerà il rigassificatore, il golfo di Trieste non
potrà più essere disponibile non solo in assoluto per alcuna regata, ma nemmeno
per la pesca, nemmeno per le piccole crociere giornaliere, per qualsiasi gita
marittima e tutto quanto ruota attorno al mare nel golfo. Le gasiere che
solcheranno tre volte alla settimana le acque esigono il vuoto assoluto attorno
a sé per tutte le ore del loro transito e permanenza. Quindi, totale paralisi
nel golfo per tutti e per sempre nell’arco acqueo che va da Punta Sdobba, da un
lato, e Punta Sottile dall’altro.
Antonio Farinelli - segretario Anap sezione di Trieste
SEGNALAZIONI - Opportunità da perdere - AMBIENTE
Mi duole constatare che nonostante le tante proteste e i
numerosi suggerimenti espressi da noi cittadini sulla fattibiltà o meno del
Corridoio 5 Tav e sul rigassificatore, che la dicono lunga sull’esito di un
eventuale referendum cittadino, i politici responsabili di turno non diano mai
risposta su questa rubrica.
È bastata l’illustre firma di Paolo Rumiz per ottenere immediata risposta a 11
domande.
Dopo questo episodio di grande tempestività ed efficienza noi cittadini dobbiamo
amaramente constatare che per i politici contiamo solo in alcuni scampoli della
loro vita parlamentare, dopo il voto diventiamo una «voce del deserto».
Trieste è la più piccola provincia d’Italia; collassata nel suo tessuto urbano e
territoriale e, se si aggiungerà la perdita — per ora solo ventilata – dei
comuni carsici che hanno espresso il desiderio di aderire a quella di Gorizia,
diventerà la più piccola anche tra quelle di nuova generazione.
È sorprendente constatare la generosità con cui si attribuisce a Trieste lo
scettro di ”Città più vivibile d’Italia”; giudizio che non mi sento di
condividere perché in palese contrasto con le scelte del Comune fare affidamento
alla generosità di Eolo per riportare dentro ai limiti accettabili i parametri
delle polveri sottili.
Vorrei altresì far notare che da Bagnoli a zona Faccanoni esistono ben sette
cave per sfaldamento che fanno brutta mostra di sè deturpando il bellissimo
ciglione carsico.
Di proteste per le polveri di cemento ne sanno qualcosa gli abitanti di Monte S.
Pantaleone e, dopo la messa in opera della grande viabilità, anche quelli di S.
Giuseppe della Chiusa; senza dimenticare il contenzioso dei servolani con la
Ferriera.
A Trieste, ogni volta che c’è da piazzare qualche nuova infrastruttura, veniamo
sempre bombardati dalla frase «bisogna cogliere l’opportunità». A farne le spese
(di queste opportunità da non perdere) sono stati coninvolti, più di tutti, i
comuni di Dolina e di Muggia (con la piana di Zaule e le Noghere; territori già
collassati all’inverosimile).
Per chiudere vorrei far emergere uno solo di questi tanto sospirati vantaggi
economici: mesi orsono il prefetto di Trieste allertava il Comune di Dolina
indicando l’oleodotto (già oggetto nel ’72 di attentato terroristico) quale
soggetto a rischio-incidente; il sindaco Premolin ribadiva: «Faremo
esercitazioni con la popolazione».
Alla faccia delle opportunità da non perdere! Città più vivibile o... la meno
inquinata? Questo il dilemma.
Virgilio Zecchini
Rifiuti elettrici, nuovo centro alle Noghere - Gestito
da Querciambiente ha anche un’area didattico-ecologica per giovani
MUGGIA E' stato attivato presso Querciambiente alle
Noghere l'unico centro di raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed
elettroniche (Raee) della nostra provincia. Ma la cooperativa sociale, attiva da
oltre 15 anni per favorire l'inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, ha
attivato anche Ecospace, un centro didattico che si propone quale punto di
riferimento per le scuole della provincia, nella speranza di allargarsi presto a
tutta la regione. E ha dotato la sua nuova sede di via Cavalieri di Malta,
inaugurata un anno fa, di un impianto fotovoltaico che copre una superficie
complessiva di 600 metri quadri e produrrà 20mila kilowattora annui, azzerando
di fatto le spese per l'energia elettrica. «Il centro di recupero - ha spiegato
il presidente, Dario Parisini - può movimentare fino a 4.600 tonnellate di
materiali l'anno, impegnando due persone: attualmente siamo al 20%, ma contiamo
di andare a regime entro la fine del 2010». Il centro opera ritirando
soprattutto macchinari d'ufficio (pc, monitor, stampanti) da aziende,
associazioni ed enti dai quali si ricavano poi manualmente parti riciclabili,
mentre del ritiro delle apparecchiature private si occupa la piazzola ecologica
del Comune di Muggia. Gli operatori - ai quali viene garantita così una
formazione professionale - si dedicano allo stoccaggio e allo smontaggio di
apparecchiature, procedendo poi a smistarle a titolo oneroso verso gli
utilizzatori finali.
E dal 1° febbraio, più di 200 alunni delle scuole elementari e medie di Muggia -
dove l'educazione ambientale viene sviluppata da tempo - hanno frequentato il
laboratorio che si candida al ruolo di centro per l'educazione ambientale della
nostra provincia. Vi trovano spazio forbici, colori, tavolini e puff costituiti
da sacchi contenenti documenti tritati. Qui si utilizzano solo materiali "di
recupero": sacchi di juta e sacchetti di nylon, rotoli di carta igienica,
contenitori di uova, cartoni del latte, barattoli di yogurt e tappi di plastica
che riacquistano valore sotto forma di costumi o altre realizzazioni. Poster
illustrano il ciclo di vita di vetro, plastica e alluminio, con tanto di carta
d'identità dei materiali riciclabili. La responsabile dell'attività didattica,
Nicoletta Neami, ricorda il lavoro svolto con la lettura di una fiaba e la
successiva realizzazione dei costumi, con premi per quelli più belli. E si è
giocato anche a Csi Muggia, smontando un pc nel minor tempo possibile e
separandone correttamente le parti. «A Trieste - ricorda Parisni - la
differenziata è appena al 20%. Intendiamo accrescere la sensibilità e la
consapevolezza dei cittadini, finora solo soggetti passivi della filiera del
rifiuto, partendo dai bambini. Insegnando loro una diversa cultura del rifiuto
visto non solo come scarto, ma come risorsa».
L'impianto fotovoltaico, realizzato da Elettroveneta in collaborazione con Nest
energia e costato 95mila euro, consentirà una diminuzione dei consumi del 40%.
«Una scelta importante - conclude - che rimarca il nostro impegno verso la
sostenibilità, unendo tutela ambientale ed economicità. Rivolgendosi a noi, ci
si rivolge a un soggetto che porta questo valore aggiunto».
Gianfranco Terzoli
SEGNALAZIONI - Corridoio 5 - PERCORSO
Progetti fantasiosi giungono a questo giornale circa il
collegamento Trieste-Divaccia. Ora si abbandona il circuito a S della Val
Rosandra (tutto sotterra) per restare in superficie. E per questa via, il
massimo sarebbe per alcuni, da Ronchi puntare su Gorizia, percorrere la valle
del Vipacco e poi congiungersi a Divaccia con la vecchia linea.
Già perché gli sloveni ci tengono a raddoppiare il tratto Divaccia-Capodistria
che serve al loro porto e lo faranno senza aspettare la annosa burocrazia
europea del Corridoio 5! E per arrivare al nostro porto, che pensa qualcuno? Far
fare alla merce detto ampio giro per il Vipacco e poi a Luka Koper e da qui
mandarla a Trieste per ferrovia, quella linea tutta da costruire che alcune
menti nostrane vogliono fortemente. Per Luka Koper sarebbe un affare: potrebbe
scaricarci qui merci che sbarcano e non trovano spazio da lei! Una buona
pensata!
Ma io ho altre soluzioni! Il problema in sostanza è questo: dal livello zero
della pianura friulana dobbiamo arrivare ai 300 mt della conca di Lubiana
scavalcando il valico di Postumia a 550 mt!
Perciò da Monfalcone a Divaccia(430 mt) noi possiamo utilizzare la vecchia
ferrovia migliorando alcuni tratti, eliminando l’ansa Aurisina-Bivio-Sistiana e
le sinuosità del tratto con piccole gallerie e viadotti. Però il grosso lavoro
sta nel dopo Divaccia perché qui la ferrata prende una forma di W i cui apici
sono: Divaccia, Piuka, Postumia, Borovnica, Vrnika. Se noi uniamo i capi di
Divaccia con Postumia e Vrnika (300 mt) otteniamo una linea retta cioè si deve
fare qui un tunnel di 40 km con un dislivello di appena 100 mt su tale
lunghezza. Così fino a Lubiana si può ottenere l’alta velocità! Premesso che gli
sloveni non mollano Divaccia perché un ramo da qui scende a Luka Koper ecco che
allora se noi ricostruiamo la ferrovia della Val Rosandra otteniamo il braccio
più corto per arrivare da Est nel nostro Porto Nuovo.
Il tratto Divaccia-Kosina-Ts Campo Marzio è più corto di 15 km rispetto a
Divaccia-Capodistria! Perciò ripeto: senza scavare tante gallerie, da noi si può
far rettilineo un bel tratto in superficie. Il grosso starà nello scavare un
lungo tunnel dalla parte slovena. Con la ricostruzione della ferrovia in Val
Rosandra otterremo vantaggi kilometrici a est. È questo che si deve fare!
Sergio Callegari
IL PICCOLO - VENERDI', 19 febbraio 2010
Rigassificatore di Zaule, Lubiana chiede lo stop Ue .
La Slovenia minaccia il ricorso alla Corte di Giustizia. Il nuovo ministro
Zarnic: «Sito inadatto»
UN DOSSIER ALLA COMMISSIONE EUROPEA MA RESTA APERTA LA
STRADA DEL DIALOGO
LUBIANA– Rigassificatore di Zaule, Lubiana non si arrende. Il governo
sloveno ha ieri predisposto la preparazione e la raccolta di tutti i documenti
necessari da inviare alla Commissione europea insieme alla richiesta che sia la
stessa Commissione a denunciare l'Italia alla Corte di Giustizia dell'Ue nel
caso in cui Roma dovesse iniziare la costruzione del terminal nel golfo di
Trieste. Prima pero' si cerchera' ancora una volta di risolvere il problema con
il dialogo a livello bilaterale. Le posizioni di Lubiana sul rigassificatore
sono state ribadite in conferenza stampa, dopo la seduta settimanale del
governo, dal nuovo ministro dell'ambiente, Roko Zarnic. »La Slovenia non puo'
essere d'accordo con la scelta dell'Italia dell'ubicazione dei terminal di Zaule
e di quello off-shore, cosi' come dell'oleodotto. I siti previsti non sono
adatti a causa della poca profondita' del mare e dell'impatto ambientale gia'
esistente nella zona«. Secondo il governo sloveno, sono a rischio la qualita'
dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile delle acque e della costa slovene. Il
ministro Zarnic ha elencato uno per uno i soggetti e le attivita' che sarebbero
minacciati dall'impatto ambientale transfrontaliero: la diversita' biotica, il
traffico, la sicurezza, la popolazione, la salute, il paesaggio e, dal punto di
vista socio-economico, il turismo, la maricultura e la pesca.
L'iter formale scelto dalla Slovenia per contestare i progetti italiani per i
terminal nel golfo di Trieste e' stato illustrato dal sottosegretario
all'Ambiente Zoran Kus, che e' anche presidente della commissione
interministeriale slovena incaricata di seguire la problematica dei
rigassificatori. Dunque, prima di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea, la
Slovenia deve informare delle proprie intenzioni la Commissione europea. Questa,
a sua volta, ha tre mesi di tempo per valutare la documentazione presentata e
decidere se avviare da sola il procedimento contro uno dei propri Paesi membri,
in questo caso l'Italia. Se entro questo periodo non prende alcuna decisione, la
Slovenia puo' decidere da sola se portare o meno l'Italia di fronte alla Corte
di giustizia dell'Unione. Prima pero' si tenteranno altre strade, ha spiegato
Kus, cosa del resto suggerita dalla stessa Commissione europea nel corso della
riunione informale a tre (Unione, Italia, Slovenia) del 26 gennaio. Lubiana
chiedera' a Roma un nuovo incontro a livello di tecnici, poi si cerchera' di
organizzare altri colloqui a livello di ministri dell'ambiente e poi di capi di
governo.
Secondo il sottosegretario sloveno all'ambiente, e' ancora possibile una
soluzione negoziata, senza che si debba arrivare alla giustizia europea.
FRANCO BABICH
Lucchini, Mordashov ha fretta di vendere - Severstal
pressata dai debiti e dalla Put da 160 milioni. Indiscrezioni sui nomi. Visite
in fabbrica
ROMPICAPO ECONOMICO DIETRO LA CESSIONE DEL GRUPPO
SIDERURGICO ITALIANO
TRIESTE Un complicato rompicapo pieno di insidie nonostante sei potenziali
acquirenti per Lucchini. È questa l’idea che ormai si sono fatti una buona parte
di osservatori internazionali del settore dell’acciaio di fronte alla vendita
del Gruppo siderurgico che oltre a Piombino e ad Ascometal (a Les Dunes in
Francia) controlla anche la Ferriera di Trieste. Dopo la messa sul mercato da
parte della Severstal che ha in mano l’80% circa del gruppo, la Deutsche Bank,
che fa da advisor per la vendita, ha ufficializzato 6 manifestazioni di
interesse da parte di soggetti «investitori, ma anche industriali sia italiani
che esteri».
Sei acquirenti potenziali, ma questo non significa che poi acquistino. Ecco
dunque i contorni del rompicapo che per il gruppo Lucchini delinea un quadro di
grande incertezza. Innanzitutto, perchè tanta fretta di vendere da parte dei
russi della Severstal tra l’altro in un momento del mercato assolutamente
pessimo e in piena recessione globale? C’è chi parla del forte indebitamento del
colosso siderurgico russo (solo in Italia 800 milioni), ma come riportato anche
sulle pagine del nostro giornale, tutti guardano anche alla famosa opzione Put,
la particolare clausola privata del contratto di vendita (cinque anni fa quando
la Severstal acquisì per circa 800 milioni il 79,82% del gruppo) tra Lucchini e
la Severstal guidata da Alexey Mordashov. Secondo questa clausola Mordashov per
rilevare la quota restante del 20,18% dovrebbe versare 160 milioni di euro
(prezzo prefissato) ai Lucchini entro martedì 20 aprile, scadenza dell’«opzione
put».
È per questo che la Severstal avrebbe tanta fretta di vendere e parla
apertamente di una collocazione della Lucchini entro aprile, perchè una
possibile vendita entro il 20, farebbe decadere la «put» facendo perdere i 160
milioni ai bresciani. Secondo passaggio: vendere gli stabilimenti Lucchini, ma a
quale prezzo? Una follia la vendita ora, secondo tutti gli osservatori, in un
momento di gravissima crisi in cui il mercato siderurgico mondiale è
assolutamente fermo. Il gruppo Lucchini, visto l’indebitamento e la necessità di
investimenti improrogabili (soprattutto a Piombino dove si parlava di un
miliardo di euro) risulterebbe praticamente invendibile. Severstal ha sofferto
un 2009 estremamente duro, i ricavi nei primi nove mesi si sono dimezzati da 18
a 9 miliardi di euro. Ancora peggio alla Lucchini passata da 3,3 a 1,2 miliardi
di ricavi con un ebit in rosso di 345 milioni.
Chi potrebbe acquisire un gruppo del genere in un simile momento? Si è parlato
insistentemente delle avances dei cinesi della Baosteel, affamati di acciaio per
la loro grande voracità dovuta alla crescita interna. Ma dopo l’annuncio della
presenza delle sei manifestazioni di interesse l’ipotesi cinese, dopo alcuni
contatti a inizio anno, appare abbastanza improbabile. Nonostante il silenzio
imposto sulle trattative in corso dalla Lucchini però, soprattutto da fonti
internazionali molto quotate nel campo dell’acciaio, sono giunti alcuni
suggerimenti e nomi possibili.
Dal fronte estero si parla ripetutamente di Arcelor Mittal, un gigante che da
sempre ha gli occhi continuamente sul mercato per crescere ancora. Si tratta di
giganti siderurgici con produzioni da decine di milioni di tonnellate di
acciaio. Spunta anche il nome di Tata corus. Ma trattandosi di gruppi stranieri
prevale la cautela: tra le manifestazioni di interesse infatti si sarebbero
fatti avanti fondi finanziari internazionali, anche di private equity dietro ai
quali in realtà potrebbe nascondersi qualsiasi industriale.
Voci interessanti arrivano invece dal fronte interno, italiano. L’unico
imprenditore siderurgico serio che potrebbe avere la capacità finanziaria di
acquisire la Lucchini appare proprio Riva che però, quasi subito dopo l’annuncio
della vendita del gruppo, avrebbe smentito il suo interesse. Un ripensamento
dell’ultim’ora? Tra i nomi di potenziali acquirenti circola anche quello di
Arvedi, il siderurgico re dell’innovazione che ha da sempre il pallino della
Lucchini e dei suoi altiforni. E sempre dalla piazza italiana spunta pure
Banzato delle Acciaierie venete: il gruppo ha già acquistato tre stabilimenti
della Lucchini (Casto, Sarezzo e Domegliara) e potrebbe puntare a nuovi
allargamenti.
Tornando all’estero, secondo altre fonti, potrebbe spuntare anche un altro big
come la Grossman steel. Voci e indiscrezioni non confermate soprattutto dalla
Lucchini che ha imposto a tutti i vertici il silenzio tombale in questo momento
di trattative. Bisognerà attendere l’ufficializzazione dei nomi e nel frattempo
negli stabilimenti del gruppo dovrebbero iniziare i sopralluoghi e le visite dei
possibili acquirenti. A Piombino pare inizino proprio lunedì prossimo e secondo
quanto si è saputo a ruota seguiranno anche a Trieste alla ferriera di Servola.
GIULIO GARAU
Siot, nuovo varco di fuga per gli abitanti -
Soddisfazione tra i residenti di Mattonaia. Premolin: e ora la centralina fissa
per l’aria
INIZIATI I LAVORI DEL CANCELLO CHE MODIFICHERÀ LA
VIABILITÀ ATTUALE
SAN DORLIGO Rivisitazione della viabilità in atto a Mattonaia. La
realizzazione di un varco di sicurezza per le abitazioni site nella stradina a
fondo cieco davanti alla Siot e l'allargamento della fermata del bus sono i
lavori iniziati pochi giorni fa nella frazione del comune di San Dorligo della
Valle. L'opera maggiormente sentita, già richiesta da diversi anni da parte dei
residenti, è la creazione di una nuova uscita/entrata nei pressi del cosiddetto
“relitto stradale” posto sulla Strada provinciale della Rosandra, un lembo
d'asfalto utilizzato dai residenti di circa una quindicina di abitazioni della
frazione. La realizzazione del nuovo varco ha assunto però anche una valenza
strategica in quanto l'area è posta a pochissimi passi dallo stabilimento Siot,
in particolare dal serbatoio n. 44. A tale proposito il Piano di emergenza
esterno redatto per la Siot aveva da sempre tenuto conto del varco attualmente
in fase di costruzione, una via di fuga in più dunque per i residenti in caso di
emergenza.
Almeno sei anni or sono, all'epoca della giunta Pangerc, i residenti avevano
avanzato la proposta di un nuovo varco con l’intendimento di acquisire un
accesso diverso dall'attuale - che avrebbe dovuto essere chiuso, ma che
attualmente è l'unico in funzione - per impedire così il parcheggio selvaggio da
parte dei clienti della vicina struttura ristorativa e di altri automezzi, anche
articolati, in sosta soprattutto durante le ore notturne. Per trovare una
soluzione a questa querelle recentemente l'amministrazione si era prodigata per
tracciare sull'asfalto delle linee di demarcazione di diverso colore per i
posteggi delle automobili: gialle per i residenti e bianche per le altre
macchine. Una soluzione che però, come spiega Elvira Diminich, residente nella
zona, ha risolto solo parzialmente la querelle: «Purtroppo non ci sono i
cartelli che indicano che i posti segnalati in giallo sono riservati ai
frontisti e quindi spesso ci troviamo invasi dalle automobili esterne». Sulla
vicenda è intervenuto anche il capogruppo consigliare del Pdl-Udc Roberto
Drozina, residente proprio a Mattonaia: “Finalmente sta per essere completato un
piano già piuttosto datato, comunque meglio tardi che mai”. Drozina ha poi
evidenziato come questo intervento “faccia ben sperare affinché a breve possano
essere risolti gli altri problemi che affliggono la nostra frazione, in primis
la creazione della centralina fissa per monitorare l'aria della Siot». Il
sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin, salutando con soddisfazione
i lavori del varco ha evidenziato come a breve ci sarà un incontro tecnico con
l'Arpa per quanto concerne la centralina: «Con i 15 mila euro consegnatici dalla
Siot potremo sicuramente acquistare diversi strumenti, ma è chiaro che ci vuole
un intervento tecnico da parte dell'Arpa per indirizzare il comune ad un
acquisto sicuro ed efficace».
RICCARDO TOSQUES
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 febbraio 2010
Severstal, addio Lucchini Sono sei le offerte Sindacati
in allarme - PRIMO INCONTRO AL MINISTERO
ROMA Sono sei i candidati interessati a rilevare la quota
dell’80% che la russa Severstal detiene nella Lucchini. Come riferiscono fonti
finanziarie sono investitori ma anche soggetti industriali, sia italiani che
esteri «ma non risulta che sia stata costituita una cordata di imprenditori
siderurgici locali» con la finalità di correre in soccorso della famiglia
Lucchini che conserva il 20,2% dell'azienda.
Severstal, uno dei maggiori produttori di acciaio al mondo, negli ultimi anni si
è fortemente esposto con numerose acquisizioni. A tutto settembre il suo
indebitamento complessivo era di 7,88 miliardi di dollari: da qui la decisione
di vendere. Il gruppo di Mordaschov ha in programma di emettere un bond di 15
miliardi di rubli (circa 495 milioni di euro) per rifinanziare parte del debito
a breve e ottimizzare il proprio credito. Ieri i sindacati hanno partecipato a
un summit sul caso Severstal-Lucchini al ministero dello Sviluppo: «Siamo
estremamente preoccupati», ha detto il segretario nazionale della Uilm, Mario
Ghini.
«Trovare una soluzione per evitare il declino del secondo polo siderurgico del
Paese è di estrema importanza», ha detto Scajola. Da lunedì prossimo
cominceranno le visite dei gruppi sia finanziari che industriali interessati a
poter formalizzare una proposta di acquisto delle quote Severstal. Sono state
nove le manifestazioni di interesse che il gruppo Severstal ha ridotto dopo una
prima valutazione a sei. Per la Uilm «è importante il coinvolgimento del Governo
su questa vicenda e proprio come sindacato abbiamo ribadito la necessità di
avere al tavolo di confronto direttamente la Severstal per ricevere quindi sia
dal colosso siderurgico e dal Governo tutte le necessarie garanzie di
salvaguardia industriale e occupazionale di tutti gli stabilimenti del gruppo in
Italia. Abbiamo, infine, chiesto - conclude Ghini - di affrontare anche una
discussione su un piano industriale di rilancio del Gruppo».
FERRIERA, L’INTERROGATORIO SUI RIFIUTI ILLEGALI -
Rosato: «Quelle colline le abbiamo ereditate»
Il direttore dello stabilimento: «Avevamo avviato un
piano di smaltimento»
Hanno lasciato un segno profondo nel volto. Hanno smorzato e reso in parte
opaca la luce degli occhi, hanno impercettibilmente fatto curvare la schiena.
I dieci giorni passati forzatamente agli arresti domiciliari, privato di ogni
contatto con i collaboratori e con il «suo» stabilimento, hanno segnato
visibilmente il corpo e l’anima dell’ingegner Francesco Rosato, il direttore
della Ferriera di Servola che da tempo gestisce anche l’analogo impianto di
Piombino.
Lo si è visto ieri alla luce vivida che illumina i corridoi del secondo piano
del palazzo Giustizia, percorsi dall’ingegnere ieri verso le 11.30 in compagnia
del difensore, l’avvocato Giovanni Borgna. Con loro anche Vincenzo D’Auria, il
responsabile dell’Unità ecologia e ambiente della «Lucchina spa», costretto come
Rosato agli arresti domiciliari per iniziativa del pm Alessandro Leopizzi della
Procura di Grosseto. Accanto a lui il secondo difensore del Gruppo Lucchini,
l’avvocato Michele Bontempi.
Francesco Rosato è entrato nello studio del presidente Raffaele Morvay per primo
e per più di due ore, dopo aver ribadito la propria innocenza, ha risposto alle
domande del magistrato, spiegando cos’è accaduto nella lunga vicenda delle due
colline di rifiuti dello stabilimento siderurgico che secondo l’indagine dei
magistrati toscani, costituiscono due discariche abusive in cui ai materiali non
pericolosi venivano mischiati quelli pericolosi. Secondo l’accusa gli inquinanti
venivano ”annacquati” nell’inerte in modo da consentire un costo di smaltimento
di gran lunga inferiore al dovuto. In questo modo sarebbero state movimentate
illegalmente complessivamente 370 mila tonnellate di rifiuti.
«Riteniamo di poter spiegare tutto. La deposizione è stata tranquilla. I setto -
otto punti nodali dell'inchiesta che ci penalizzano e che contestiamo
vivacemente, saranno chiariti. Ma servirà tempo» ha assicurato l’avvocato
Giovanni Borgna a interrogatorio concluso. L’ingegner Francesco Rosato non ha
invece potuto dire nulla perché glielo vieta la legge. E’ rientrato a casa dove
non può nemmeno rispondere al telefono per ordine dei giudici. Nelle prossime 48
ore i suoi legali presenteranno ricorso contro la carcerazione al Tribunale del
riesame di Firenze. Poi bisognerà attendere. Certo è che, a meno di clamorosi
dietrofront della Procura di Grosseto, l’ingegnere Rosato dovrà restare almeno
altri 12-15 giorni segregato nella sua abitazione.
Due sono le accuse che lo coinvolgono. Per aver consentito la miscelazione dei
rifiuti rischia da uno a sei anni di carcere. Un altri rischio è rappresentato
dal falso ideologico, collegato all’uso di analisi chimico fisiche che per
l’accusa, sono vistosamente taroccate nei dati finali per abbassare il valore
inquinante dei rifiuti e i relativi costi di smaltimento.
Va aggiunto che il difensore ha esibito ieri al presidente del gip Raffaele
Morvay un documento del 2008 in cui l’attuale gestione della Ferriera, sosteneva
in tempi non sospetti, di aver «eredidato» le due colline di rifiuti dalla
precedente proprietà. In altre parole quei mucchi di residui fangosi della
macchina a colare, di blocchi cemento armato provenienti da edifici abbattuti,
di macchinari fuori uso, giacevano da tempo immemorabile e per essi il Gruppo
Lucchini aveva già messo a punto con le autorità pubbliche un piano di
smaltimento.
«Spiegheremo tutto al pubblico ministero. Andremo a Grosseto a difenderci. Non
ci troviamo nel mezzo di una congiura come qualcuno vuole sostenere. Molti dati
dell’indagine ritenuti certi e incontrovertibili dovranno essere rivisitati. La
vicenda sarà chiarita» ha affermato l’avvocato Giovanni Borgna, allontanandosi
dal palazzo di Giustizia.
CLAUDIO ERNÈ
Differenziata, al via il nuovo piano rifiuti - SIAMO
ANCORA LONTANI DALL’OBIETTIVO NAZIONALE FISSATO AL 65%
produzione rifiuti urbani 2008
Fra le nuove iniziative riduzione degli imballaggi,
promozione dell’acqua di rubinetto e dei prodotti sfusi
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia nel 2008 non ha raggiunto l’obiettivo del
45% di raccolta differenziata, fermandosi al 42,94%. L’obiettivo fissato a
livello nazionale per il 2012 è del 65% e la regione lo intende raggiungere con
il Piano rifiuti presentato ieri mattina in IV Commissione dall’assessore
regionale Elio De Anna. Nel corso degli ultimi anni, comunque, c’è stato un
deciso incremento della raccolta differenziata in regione tanto che nel 1998 il
dato complessivo era del 12,35%. A crescere in maniera più decisa sotto questo
aspetto è stata la provincia di Pordenone che è passata in undici anni
dall’11,96% al 55,19%, avvicinandosi a Gorizia che partiva con il dato migliore
(15,26%) e che rimane territorio guida con il 56,99%. Nella media regionale
Udine che registra il 42,88% di differenziata (era al 13,69% nel 1998) mentre
Trieste è fanalino di coda con il 19,39%, in crescita rispetto all’8,22 del ’98
ma comunque ben lontano dagli obiettivi nazionali.
Quanto alla produzione complessiva di rifiuti urbani, il Fvg ha fatto
registrare, nel 2008, oltre 608 mila t. con un dato pro capite che supera le 494
t. annue. A questi si aggiungono i rifiuti speciali (oltre un milione di t.
all’anno) tra i quali vanno annoverati anche quelli pericolosi che superano le
200 mila t. nel 2008. Il Piano rifiuti prevede una revisione del sistema con
l’individuazione, tramite gara, di un gestore unico provinciale (attualmente in
tutta la regione si contano 12 gestori) che potrà avvalersi delle società che
già oggi gestiscono gli impianti.
Il Piano prevede la possibilità di realizzare nuovi impianti di smaltimento dei
rifiuti (in particolare, ha sottolineato De Anna, con nuove tecnologie) anche se
i tecnici della Regione hanno assicurato che gli impianti attualmente presenti
sono in grado di reggere la produzione attuale.
Per garantire la previsione del decreto Ronchi, che impone la gestione di tutta
la filiera (dalla raccolta allo smaltimento), è prevista la firma di una
convenzione tra Regione, Province e gestori per la libera circolazione dei
rifiuti in regione con la possibilità di utilizzo degli impianti presenti anche
nella provincia non di competenza. Tra le azioni previste anche programmi di
riduzione degli imballaggi, promozione dell’uso dell’acqua pubblica per evitare
l’uso di bottiglie di plastica e della vendita di prodotti sfusi e l’utilizzo di
materiale riciclato negli uffici pubblici fino al 30%.
Roberto Urizio
Bonifiche, pressing della Provincia sulla Regione - La
presidente Bassa Poropat scrive a Tondo: «Facciamo le caratterizzazioni»
Salta l’ipotesi d’accordo sul Sito inquinato nazionale? O,
peggio, si perde tra scaricabile e polemiche incrociate? Maria Teresa Bassa
Poropat, presidente della Provincia di Trieste prende carta e penna e scrive
direttamente al presidente regionale Renzo Tondo. Individuato evidentemente come
l’uomo che può sbloccare la vicenda, seppure, come non manca di annotare, dopo
una serie di pasticci non da poco dell’ente da lui presieduto. «Sarebbe per me
facile – scrive la Poropat – polemizzare sulla conduzione, francamente
incomprensibile, della trattativa coordinata dall’Amministrazione regionale,
conclusasi dapprima con la chiamata di tutti gli Enti locali ad una sollecita
sottoscrizione per non perdere fondamentali risorse statali, per poi fare
repentina marcia indietro sulla base di talune considerazioni da ultimo avanzate
dal Suo Ufficio legale».
«Ciò premesso – aggiunge però la presidente – cerco, com’è mio costume, di
mettere alle spalle quanto avvenuto, proprio perché dall’inizio della trattativa
e nei limiti che ci sono stati consentiti riteniamo di aver sempre privilegiato
la posizione di quelle Aziende, che non essendo soggetti inquinatori, meritavano
un’adeguata tutela».
Ed è proprio su questo aspetto della vicenda che la Bassa Poropat si dice
«perplessa e preoccupata». «Da un lato l’ipotesi di un “non accordo” (seppur
motivato dal venir meno di adeguati finanziamenti da parte del Governo) porrebbe
alla fine le Aziende a doversi confrontare da sole in via definitiva con il
Ministero dell’Ambiente, senza alcun strumento tangibile di intervento da parte
degli Enti del territorio – spiega – dall’altro la strada di quello che
l’Assessore De Anna ha chiamato “contenitore”, un nuovo accordo cioè che
costituisca il presupposto per far confluire nuove risorse, che dovrebbe
tuttavia passare per una modifica sostanziale del testo in accoglimento delle
linee esposte dall’ Ufficio legale regionale, anche condivisibili, ma sui cui
presupposti sino ad oggi il Ministero medesimo, soprattutto alla luce dei pareri
ottenuti dal Consiglio di Stato, ha ripetutamente dichiarato piena contrarietà».
Il rischio, e la presidente non ne fa mistero con Tondo, è legato al pericolo di
essersi nuovamente infilati in una situazione di conflittualità senza uscita,
«che altro non sembra portare se non un gravissimo momento di stallo, con una
conseguente ulteriore imprevedibile dilazione dei tempi».
Di qui la richiesta finale di «un intervento diretto ed immediato
dell’Amministrazione regionale che permetta di riavviare da subito le
caratterizzazioni e le analisi di rischio sull’intero ambito interessato,
facendo contemporaneamente attuare ad Arpa quelle indispensabili analisi di
fondo sugli inquinanti cd. storici, il tutto finalizzato finalmente alla
conoscenza dell’effettiva situazione ambientale del sito, elemento
indispensabile a questo punto anche per qualunque scelta futura».
«Certa che l’obiettivo di sviluppo del territorio non può che esserci comune –
conclude Maria Teresa Bassa Poropat – confido nella Sua più sollecita
assicurazione».
(f.b.)
Fernetti, 23 tonnellate di pellets radioattivi
TRIESTE Pellets radioattivi di origine ucraina,
provenienti dall’Ungheria, per l’ingente quantitativo di 23 tonnellate, sono
stati sequestrati a Fernetti dal servizio antifrode delle Dogane di Trieste, in
collaborazione con i Carabinieri del Noe di Udine.
La merce, destinata ad essere importata in Italia, a un primo controllo
presentava un’anomalia nella rilevazione radiometrica corrispondente a circa 2,5
volte il fondo naturale. A seguito delle analisi effettuate dall’Arpa è
risultato che il carico presentava valori del Cesio 137 vicini a 200 Becquerel
per chilogrammo, notevolmente superiori ai limiti di legge. Tale materiale,
destinato alla combustione in impianti di riscaldamento domestico, una volta
bruciato presenta una concentrazione fino a 100 volte superiore a quella
misurata nei tronchetti
Cinema & montagna - PROIEZIONI MOZZAFIATO AL MIELA -
Associazione Monte Analogo
Si terrà oggi dalle 18 al teatro Miela, il secondo
appuntamento dedicato al cinema di montagna promosso dall'associazione Monte
Analogo, distribuito tra due proiezioni di alpinismo e sci nel pomeriggio-sera,
con splendide e avventurose immagini provenienti da Italia, Germania, Svizzera e
Usa.
La rassegna inizierà con una magnifica carrellata storica su film di montagna,
dai pionieri Luis Trenker e Arnold Franck fino ai giorni nostri, a opera di
Mathias Franck, nipote del grande regista tedesco e curatore del suo importante
e inestimabile archivio cinematografico con ”Faszination Berg Film”. Da questo
punto fermo, parte un'escalation attraverso l'alpinismo classico del compianto
Karl Unterkircher (”Karl” è il ritratto della regista Valeria Allevi), per
arrivare, in serata, all'estremo del rischio nell'arrampicata, nel salto
acrobatico, nello sci free-ride con due reportages adrenalinici, ”The sharp end”
dell’americano Mortimer e ”Ten” dello svizzero Perrini.
SEGNALAZIONI - REGIONE - Scelte ambientali
Renzo Tondo aveva promesso in campagna elettorale, durante
una assemblea pubblica, che il suo governo sarebbe stato improntato alla
trasparenza e alla condivisione delle scelte con il territorio. Prometteva un
governo caratterizzato dalla discontinuità con l’arrogante governo precedente,
si voltava pagina. Renzo Tondo aveva un bel programma, peccato che: non era oro,
era ottone.
La prima falsità si è manifestata con l’elettrodotto in aerea Udine / Redipuglia
progettato dalla Terna: il presidente dopo l’insediamento si è trovato la pappa
pronta, il lavoro sporco lo aveva fatto il precedente governo regionale. Lui
doveva solo proseguire sulla strada tracciata da Sonego e, allora, si premurò di
incontrare a Roma la Terna. La moda politica vuole che gli accordi si concordino
durante una cena e il presidente, tra tarallucci e vino, dava la sua
incondizionata disponibilità alla Terna. Disponibilità che con Ferruccio Saro,
insediato in Senato, portava avanti ignorando la marea che stava montando nei
territori. Marea che ha mosso politici di maggioranza e opposizione che si sono
trovati d’accordo sull’insensatezza del progetto e in varia maniera lo hanno
ostacolato.
Il consiglio regionale nell’ultima riunione ha rifiutato l'elettrodotto aereo
con una trasversalità politica senza precedenti. Il presidente, messo
all’angolo, ha rimediato con il gioco delle tre carte, si è detto contrario
all'elettrodotto aereo ma ha proposto tre opzioni e, guarda caso, la terza
opzione prevede l’elettrodotto in aerea.
Invece di interrompere l’iter procedurale, che la Terna e il governo nazionale
proseguono in barba al parere regionale, il presidente si dice contrario, ma se
il governo nazionale impone l’elettrodotto in aerea della Terna quale sarà la
reazione politica del presidente e del governo regionale?
Stesso gioco sul nucleare. Renzo Tondo si dichiara favorevole al nucleare ma
contemporaneamente si rivela affetto dalla sindrome di Nimby, ovvero «non nel
mio cortile» e propone il raddoppio della centrale di Krsko in Slovenia.
Idea geniale: il sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia tuona: «Noi con gli
sloveni non abbiamo niente da condividere»; e il nostro «governatore» propone il
raddoppio di Krsko? Soldi nostri per raddoppiare una centrale in terra slovena?
Il presidente auspica il raddoppio del nucleare in Slovenia quando al governo
sloveno è stata impedita qualsiasi decisione sul rigassificatore di Zaule?
Propone il nucleare a quella Slovenia trattata a scarpe in faccia dal nostro
sottosegretario all’Ambiente che parla del rigassificatore di Trieste come se
l’Alto Adriatico fosse un mare italianissimo e la Slovenia un ospite
indesiderato che si affaccia senza diritti sullo stesso mare?
Credo sia ben evidente che il governo non terrà in nessuna considerazione
l’opzione Krsko e ancora una volta, si sospetta, il nostro Presidente non
contrasterà i voleri di Roma... In questa regione ci troveremo di tutto e il
renderla invivibile sarà un "danno collaterale": l'importante è trasformare il
Friuli Venezia Giulia in un corridoio di transito e come tutti sanno nei
corridoi non vivono le persone.
Liviana Andreossi
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 17 febbraio 2010
WWF, LIPU, LAV, LAC, Legambiente e Italia Nostra
giudicano inaccettabile l'estensione della caccia ai periodi di migrazione e
riproduzione degli uccelli
No alla caccia selvaggia
Le sottoscritte associazioni animaliste e ambientaliste
del Friuli Venezia Giulia ritengono del tutto inaccettabile l’art. 43 della
Legge comunitaria 2009 già approvata al Senato che permetterebbe, se approvata
anche alla Camera, di cacciare anche in agosto e in febbraio, periodi in cui gli
uccelli non solo sono soggetti alle migrazioni, ma nei quali si riproducono.
Per questo ritengono opportuno pubblicizzare i nomi dei Senatori del Friuli
Venezia Giulia del tutto indifferenti alla conservazione della fauna selvatica
del Friuli, ovvero: CAMBER Giulio e LENNA Vanni del PDL, PITTONI Mario della
Lega Nord.
Con l’approvazione dell'emendamento del senatore PDL Giacomo Santini, che
propone la cancellazione dei limiti alla stagione venatoria, attualmente
contenuta tra il 1° settembre e il 31 gennaio, i suddetti senatori hanno
dimostrato di infischiarsene dell’Unione Europea. Infatti, l’art. 43, oltre a
non rispondere alle procedure di infrazione già contestate dalla Commissione
europea, apre la strada ad ulteriori infrazioni con i conseguenti costi a carico
dei contribuenti.
La caccia in agosto e in febbraio rischia inoltre di compromettere le attività
economiche legate all’agricoltura e al turismo, e riduce la sicurezza dei
cittadini nelle aree extraurbane proprio nel momento in cui lo Stato, le Regioni
e le Province dirottano guardiacaccia e guardie forestali su compiti di
sicurezza urbana o su altre attività urbane.
Ci appelliamo, quindi, ai deputati eletti in Friuli Venezia Giulia ovvero agli
onorevoli Antonione, Contento, Frattini, Gottardo, Menia del PDL, Compagnon
dell’UDC, Fedriga e Follegot della Lega Nord Padania, Farina-Coscioni, Maran,
Strizzolo e Rosato del PD, Monai dell’Idv, perché venga scongiurato il pericolo
della caccia selvaggia con il conseguente aumento dei rischi per la
conservazione dell’avifauna e dei cittadini.
Le Associazioni WWF, LIPU, LAV, LAC, Legambiente e Italia Nostra del FVG
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 17 febbraio 2010
Piano regionale dei rifiuti urbani: il commento del WWF
Raccolta differenziata, inceneritori, discariche,
cementifici... Cosa funziona e cosa deve essere migliorato
Pregevole sotto alcuni punti di vista, ma per certi aspetti ancora da
migliorare: è il parere del WWF sulla bozza di Piano regionale dei rifiuti
urbani, che il Consiglio regionale sta discutendo in questi giorni.
Gli elementi positivi, che recepiscono molte delle indicazioni fornite in
passato dal WWF sull’argomento, sono principalmente: l’impegno a privilegiare il
recupero di materia rispetto alla valorizzazione energetica dei rifiuti; la
previsione del metodo “porta a porta” come quello più efficiente per la raccolta
differenziata; l’esclusione dei “dissociatori molecolari” dalle tipologie degli
impianti previsti per il trattamento dei rifiuti; l’assenza di previsioni di
nuovi inceneritori (anche nella forma dei cosiddetti “termovalorizzatori”) –
anche se questo è in apparenza contraddetto dalle recenti dichiarazioni
dell’assessore regionale all’Ambiente e lavori pubblici sulla stampa.
Alcuni aspetti del Piano andrebbero invece integrati, in particolare a giudizio
del WWF risulta necessario:
- fissare precisi obiettivi di efficienza per l’intera “filiera” della raccolta
differenziata e del trattamento rifiuti per il recupero dei materiali, compresi
gli impianti di selezione: ciò per evitare che percentuali anche elevate di
raccolta differenziata a livello comunale vengano poi vanificate da impianti di
selezione scadenti o mal gestiti, che producono grandi quantità di sovvalli.
Occorre anche evitare che in tali impianti i materiali provenienti dalla
raccolta differenziata si mescolino con i rifiuti solidi urbani indifferenziati;
- fissare precise scadenze per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta
differenziata al 2012 in tutte le ATO (Ambito territoriale ottimale), prevedendo
per gli anni successivi livelli di raccolta differenziata decisamente superiori,
in particolare nelle province di Pordenone, Udine e Gorizia: in tal modo si
ridurrebbero di molto le quantità di rifiuti da avviare all’incenerimento e a
discarica;
- prevedere sanzioni e poteri sostitutivi in capo alla Regione per le
Province-ATO che non provvedano per tempo agli adempimenti previsti nel Piano
regionale e/o non raggiungano gli obiettivi fissati dallo stesso; inoltre
prevedere meccanismi di incentivo/disincentivo che agevolino il raggiungimento
degli obiettivi previsti, per i cittadini sul piano tariffario, per gli enti
locali su quello dei contributi regionali. Tale meccanismo dovrà evitare il
ripetersi di situazioni come quella di Udine, dove due progetti di discarica per
RSU (IFIM e EXE) insistono su aree del tutto inidonee in prossimità dell’alveo
del Torre;
- approfondire l’impatto ambientale generato dalla movimentazione di rifiuti che
si prevede verranno trattati e/o smaltiti al di fuori delle ATO di competenza;
- stabilire che non saranno più ammessi casi di intreccio societario tra
soggetti privati gestori di impianti e servizi per la gestione dei rifiuti e
soggetti istituzionali titolari di competenze in materia di pianificazione e
controlli sulla gestione degli stessi (si veda il caso della EXE, compartecipata
dalla Provincia di Udine).
Inoltre, considerato che gli inceneritori sono il principale ostacolo al decollo
della raccolta differenziata, come dimostra l’esperienza di Trieste, occorre
assolutamente evitare che nuovi impianti di questo tipo, esclusi dal Piano dei
rifiuti urbani, vengano inseriti nel Piano energetico regionale, che secondo
recenti – e preoccupanti – dichiarazioni del presidente della Regione “tratterà
anche di rifiuti”.
Un’ultima osservazione riguarda la co-combustione di CDRQ, combustibile di
qualità derivato dai rifiuti, presso alcuni cementifici del Friuli Venezia
Giulia: secondo il WWF il suo utilizzo deve essere adeguatamente approfondito,
anche producendo dettagliati bilanci di massa, in modo da escludere incrementi
nell’emissione di macro e microinquinanti. Ciò non è avvenuto, ad esempio, nel
caso dell’impianto di Fanna (PN) il cui progetto è stato presentato dalla ditta
“Cementizillo”: occorre dimostrare e stabilire con precisione che l’utilizzo del
CDRQ rappresenta un miglioramento della situazione ambientale complessiva
rispetto all’utilizzo del pet coke; di ciò si dovrà tener conto da subito, a
cominciare dalla procedura per il rilascio dell’AIA (Autorizzazione integrata
ambientale) al citato impianto.
WWF FVG
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 febbraio 2010
SEGNALAZIONI - Ambientalisti e sacrifici -
CEMENTIFICAZIONE
Desidero dare una risposta alla signora Dapretto che
lamenta la distruzione del parco alberato della ex Maddalena a favore della
solita speculazione cementificatoria. Ho notato nella lettera della signora due
cose importanti ovvero una è l’accusa di inerzia e mancata attivazione da parte
delle associazioni ambientaliste e l’altra è l’espressione usata ben due volte
«i rassegnati abitanti della zona». Riguardo al primo punto voglio far notare
che non esiste una «centrale» delle associazioni ambientaliste, una specie di
Grande Fratello che tutto sa sulle iniziative di palazzinari, cementificatori, e
distruttori di natura vari, e che sceglie di volta in volta a quale scellerata
iniziativa opporsi. Gli enormi interessi economico politici che sono alla base
di certi progetti vengono discussi e decisi non in pubblico ma nei cosiddetti
«salotti degli affari», e quando sono resi pubblici la cosa è già quasi bella
che fatta e spesso resta ben poco da fare. Per contro, gli ambientalisti sono
persone normali, studenti, pensionati, casalinghe professionisti ecc., che hanno
anche impegni di lavoro e familiari. Ciononostante trovano il tempo di occuparsi
delle cose che stanno loro a cuore come l’ambiente, la salute collettiva e la
qualità della vita.
Tutto ciò che fanno è frutto di sacrificio personale e di buona volontà al
servizio di un ideale superiore e a favore della comunità intera. Non sono
retribuiti, anzi ci rimettono del denaro proprio, combattono battaglie che
spesso sanno che perderanno, ma ci provano mettendoci tutto il cuore e la
determinazione possibili. Le cause presso i Tribunali e ricorsi al Tar o altri
organismi sono finanziati da collette e da contributi dei soci, e le posso
assicurare che sono azioni assai impegnative e costose. Dunque vede che non ha
alcun senso la sua accusa contro le associazioni ambientaliste e anzi suona
offensivo contro chi sa di impegnarsi così tanto senza alcun riconoscimento. Se
voi abitanti della zona avevate avuto un sentore di quanto stava per accadere
avreste dovuto attivarvi per primi promuovendo un comitato, così come hanno
fatto altri residenti di altre zone di Trieste interessate da interventi edilizi
rilevanti. E vengo quindi al secondo punto: di solito ci si rassegna dopo aver
lottato e subito una sconfitta. In questo caso non essendoci stata nessuna
azione degna di nota da parte degli abitanti medesimi, la parola rassegnazione
suona proprio stonata. Ci si deve mettere in testa che se non ci si impegna in
prima persona per la difesa dei propri interessi, non ci si può aspettare che
altri lo facciano. Questa politica dello scaricabarile, della rinuncia
all’assunzione di responsabilità, della delega ad altri, è quella che sta
conducendo allo sfascio questo paese.
Paola Signorini
SEGNALAZIONI - «L’incidente alla centrale di Middletown faccia riflettere su Zaule»
Se c’era qualcuno ancora disposto a credere che il gas
naturale non fosse un minerale fossile esplosivo e incendiabile è servito.
La centrale elettrica di Middletown alimentata a gas naturale, era in fase di
ultimazione per un costo complessivo di un miliardo di dollari e, rispetto alle
prime drammatiche informazioni, dobbiamo ritenere che il costo in vite umane e
feriti sia da considerarsi tra quegli accadimenti incidentali potenzialmente
distruttivi, una calamità di proporzioni fortunatamente ridottissime. Accertata
la distruzione dei macchinari esplosi e le migliaia di metri cubi di costruzione
crollati, e le notizie che davano all’interno della centrale una presenza di
operatori quantificata in circa 200 unità, ha del miracoloso se alla fin fine
morti e feriti non costituiscano una quantità consistente come si paventava.
Rimane comunque il fatto che la centrale elettrica alimentata a gas naturale da
600 MW, è un impianto del tutto simile a quello che si vorrebbe progettare, con
la Lucchini Energia, e che dovrebbe ulteriormente impreziosire l’agglomerato
d’impianti ad alto rischio già esistenti in zona Zaule a Trieste. Quella che
negli States è appena esplosa, era intelligentemente collocata in un sito
isolato in mezzo ad un fitto bosco del Terzo distretto del Connecticut ed il
primo piccolo agglomerato di civile abitazione si trova a circa 20 km di
distanza dall’impianto esploso. Malgrado ciò proprio la scorsa settimana c’è
stata una riunione tra i deputati del terzo distretto che avevano sollevato la
questione della sicurezza in impianti di questo tipo, anche perché c’era stato
un incidente analogo nel 2009 in South Carolina. Questo nuovo grosso incidente
che, di fatto, ha totalmente distrutto l’impianto, porterà a rendere la
discussione molto più approfondita, perché due incidenti simili l’uno dall’altro
a centrali elettriche funzionanti a gas naturale, avvenuti in circa 6 mesi,
rendono la situazione «sicurezza» di grandezza primaria.
Il discorso ci riporta a Zaule e ci fa pensare che se quell’accadimento di
Middletown, opportunamente e decentemente isolato (come dovrebbero essere tutti
gli impianti di questo tipo), fosse avvenuto nell’area ex Esso, in mezzo ad
altri nove impianti ancora più devastanti, è assai probabile che l’effetto
domino si sarebbe inevitabilmente sviluppato con una forza distruttiva
facilmente immaginabile.
Arnaldo Scrocco
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 febbraio 2010
«Basterebbe un rigassificatore mobile come a Livorno» -
Le alternative del docente in architettura navale Trincas: «Alcune navi hanno
l’impianto a bordo»
COSA DICONO I SAGGI E IL TAVOLO TECNICO DEI VIGILI DEL
FUOCO PER RIDURRE I RISCHI DI INCIDENTI
Tra il 2000 e il 2004 la Depositi costieri Trieste, società che gestisce
depositi di gasolio liquido per il rifornimento delle navi con una capacità di
quasi 47 mila tonnellate, e che si trova tra la Ferriera di Servola, i depositi
di greggio della Siot e la Linde, fabbrica di ossigeno, ammoniaca e azoto
liquidi, è diventata - senza cambiar natura - estremamente meno pericolosa. La
relazione sul rischio elaborata dalla stessa azienda nel 2000 citava (a firma di
Piero Napp, amministratore delegato) il pericolo di scoppio «con conseguente
emanazione di radiazioni termiche pericolose, sovrapressione da esplosioni e
ricaduta di frammenti incandescenti». E la vicinanza di stadio Rocco a 800
metri, Palatrieste a 900.
Nel 2004, e poi nel 2006, amministratore delegato Franco Napp (sempre della
famiglia che dal 1948 gestisce la Giuliana bunkeraggi di trasporti marittimi, e
che è anche vicepresidente della Confederazione giovani armatori) la relazione
si accorcia. Sparisce il lungo paragrafo sui rischi di scoppio. Intatte restano
le poche righe sui rischi di sversamento in mare.
«È proprio in questi anni che Gas Natural propone ed elabora il progetto per il
rigassificatore nella baia di Zaule a Muggia, a poca distanza da Ferriera,
Depositi costieri e Linde»: del fatto si sono accorti Alpe Adria Green e il
Tavolo tecnico sui rigassificatori organizzato dal sindacato Uil dei Vigili del
fuoco che, come si sa, stanno allertando con estrema preoccupazione sulla
sottovalutazione del rischio che comporta nel golfo un rigassificatore così
progettato. Hanno presentato questi e altri dati a una conferenza stampa a
Lubiana: «Non pericolosità autocertificata per aprire la strada alla Gas Natural».
«Il fattore rischio - afferma peraltro Giorgio Trincas, docente di architettura
navale all’Università di Trieste e componente del Tavolo sui rigassificatori -
non è nemmeno citato nell’attuale progetto. Sia chiaro - precisa il docente,
attivo sulla materia in Italia ma profondo conoscitore della situazione
all’estero -, di gas metano ci sarà sempre più bisogno, e l’Italia ha solo il 4%
di trasporto su nave, dipende troppo dai metanodotti e dai vari monopoli di
Stato, ma se abbiamo deciso di fare di quest’area dell’Adriatico uno ”hub” del
gas non è così che si deve procedere: attualmente si prevedono una nave gasiera
di ridotte dimensioni, mentre il mercato va, per convenienza, verso navi
grandissime che a Zaule nemmeno entreranno, un sistema di deposito a terra ad
altissimo rischio, per l’area densa di impianti di per sè pericolosi, e con una
vicinanza all’abitato che fa tremare se pensiamo a quanto è successo di recente
a un impianto nuovo, ancora in collaudo, in America».
«Il fattore di rischio - dice Trincas - va elaborato da una commissione ”terza”
rispetto a portatori d’interesse, calcolato, scritto in numeri, sottoposto
all’accettazione della comunità. Come già ricordato, questo fu fatto al tempo in
cui era in discussione il Gpl della Seastock: gli universitari furono
interpellati in modo aperto, non ad personam, e ci furono studi realizzati da
esperti autonomi. Per sicurezza, e spesa molto inferiore, si dovrebbe optare per
una nave che sta al largo, con rigassificatore a bordo, oppure per il sistema
scelto da Livorno, di ”Floating storage rigassification unit”, cioé con il
rigassificatore a mare, infine c’è un sistema di rigassificatore mobile che
accosta al largo la nave trasportatrice. In Norvegia gli impianti stanno sotto i
fiordi, nella roccia. La soluzione triestina è insicura, costosa, già vecchia».
E perché Gas natural la propone? «Perché l’affare sta nella distribuzione e
commercializzazione del gas - conclude Trincas - non nel trasporto, dunque serve
un sistema che consente l’intermediario, con gli altri sistemi, più sicuri, il
gas va direttamente nei tubi sottomarini e poi nelle reti di diffusione, nelle
case». La stessa Gas natural ha già acquisito oltre 4000 chilometri di reti in
mezza Italia meridionale, con l’intenzione di ampliare i clienti, mercato
suscettibile di creare molti e forti interessi.
(g. z.)
RIGASSIFICATORE - Prosegue il sondaggio allestito da Swg - SUL SITO DEL
PICCOLO
Prosegue sul problema del rigassificatore di cui Gas
Natural propone un insediamento nella baia di Zaule il sondaggio del Piccolo
gestito da Swg e pubblicato sul sito di questo giornale (www.ilpiccolo.it). Si
può partecipare, rispondendo alle domande proposte dalla società di sondaggi
fino al 25 febbraio. Tutte le risposte verranno registrate in forma anonima.
Tra i quesiti, il grado d’informazione che i cittadini ritengono di avere in
merito all’argomento in sè (che cos’è un rigassificatore), al progetto previsto
per Trieste, all’iter burocratico cui il procedimento di approvazioni e
verifiche deve essere sottoposto. Tre le varie risposte indicate bisogna
sceglierne una per proseguire poi al quesito successivo.
In seguito i dati raccolti attraverso il sito Internet verranno inseriti nel
campione messo a punto da Swg e quindi elaborati per ottenere le informazioni
sull'orientamento della popolazione che da questa analisi consegue. I risultati
della ricerca verranno infine presentati al pubblico e commentati attraverso le
pagine del Piccolo cartaceo e del suo sito Internet. Opinioni e pareri si
possono dare anche sul blog.
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Diritti lesi
Volendo proporre una sintesi della vicenda
rigassificatore, non si può che esser assaliti da un profondo senso di rabbia e
abbandono.
Questa sgradevole reazione è motivata dall’assoluta disinformazione che le
Istituzioni, hanno espressamente incentivato. I nostri rappresentanti si sono
riempiti la bocca con i presunti benefici alla cittadinanza in termini di
occupazione, royalties, introiti fiscali e ridotti costi energetici, mentre temi
fondamentali quali la sicurezza e l’impatto ambientale sono stati minimizzati se
non addirittura fatti oggetto di ironia.
Compito primario delle istituzioni dovrebbe essere quello di garantire, nel
limite del possibile, il benessere dei cittadini. Nel caso specifico, il nostro
benessere è rappresentato da una seria valutazione dei vantaggi e degli
svantaggi (vedi pericoli) che un impianto del genere comporterebbe per la città.
Invece, sia il Comune sia la Provincia si sono concentrati esclusivamente sui
primi. Un’analisi rigorosa, attraverso l’interessamento delle numerose
istituzioni scientifiche presenti sul territorio sarebbe dovuta essere la logica
priorità. Ma nulla di tutto ciò è stato fatto. Hanno dovuto pensarci, invece,
due comuni minori della provincia, le associazioni, i comitati, il governo
sloveno, la Magistratura e la Uil dei Vigili del Fuoco.
Dalle analisi e dagli studi condotti sono emerse tante anomalie, lacune ed
irregolarità presenti nella documentazione prodotta da GasNatural, nonché sono
maturati concreti sospetti riguardo alla superficialità con cui il Ministero
competente ha rilasciato le necessarie autorizzazioni.
Di fronte a tali risultati, un’amministrazione dotata di buon senso e mossa
dalla diligenza del buon padre di famiglia avrebbe dovuto aprire una riflessione
pubblica atta a promuovere la trasparenza e la condivisione. Invece, il sindaco
Dipiazza, l’onorevole Menia ed una nutrita rappresentanza bypartisan di politici
locali, stanno utilizzando la loro posizione di forza per evitare ogni confronto
con il mondo scientifico, con i gruppi e con le associazioni che cercano di far
emergere gli aspetti lacunosi del progetto.
È stato leso il diritto di noi cittadini di ricevere un’informazione trasparente
e completa e di partecipare attivamente alle decisioni che andranno pesantemente
ad influire sull’aspetto e lo sviluppo della nostra città.
«Nucleare, troppe voci su Monfalcone» - I VERDI
SOSTENGONO CHE ENEL ED EDF HANNO GIÀ SCELTO I SITI
Il Pd interroga il governo. Pegorer: la giunta non
minimizzi i rischi
TRIESTE Il Pd continua a sentire a Roma il tam-tam su Monfalcone nella rosa
dei siti individuati per la realizzazione di una centrale nucleare. E, per la
terza volta, interroga in materia. Carlo Pegorer, Tamara Blazina, Flavio
Pertoldi e Roberto Della Seta vogliono sapere se il ministro competente è in
grado di escludere che tra le aree dove sorgeranno gli impianti vi sia la nostra
regione. Di certo, insiste Pegorer, confermando le ripetute voci su Monfalcone,
«la giunta Tondo sta minimizzando la questione. Se il presidente sa qualcosa,
sia trasparente».
La prima interrogazione del Pd, a firma Pegorer-Della Seta, risale al giugno del
2008. A pochi giorni dall’incidente di Krsko si chiedevano informazioni sulle
iniziative assunte dal governo italiano per verificare quanto fosse accaduto.
Pertoldi aggiungeva quindi la sua firma in una seconda interrogazione relativa
al vertice a Lubiana tra Tondo e il ministro sloveno Dimitrij Rupel. La terza
interrogazione è di fine gennaio scorso. In calce, la richiesta di informazioni
sull’ipotesi di Monfalcone, o anche di un’area lungo il Tagliamento tra
Spilimbergo e Latisana, quale sede di centrale. In premessa, un lungo testo che
ricorda il secco no degli italiani al nucleare nel 1987 e riassume tutte le
preoccupazioni del caso di fronte alla riapertura decisa dal governo Berlusconi
con la ”legge sviluppo”. Infine, una rosa di candidature: appunto Monfalcone in
Friuli Venezia Giulia, quindi Trino Vercellese in Piemonte, Caorso in Emilia
Romagna, Chioggia in Veneto, Montalto di Castro nel Lazio, l’area alla
confluenza tra l’Umbria e il Lazio del Tevere e del Nera tra Orte (Viterbo) e
Magliano Sabina (Rieti), Oristano in Sardegna, Termoli in Molise, Scanzano
Jonico in Basilicata, Termini Imerese e Palma in Sicilia. Alcuni dei nomi
snocciolati ieri dal presidente dei Verdi Angelo Bonelli, che nel suo elenco
conferma Monfalcone, aggiunge Fossano in Piemonte, Scarlino in Toscana, San
Benedetto del Tronto nelle Marche, Latina in Lazio, Mola in Puglia e fa sapere
che «Enel e Edf hanno chiuso la lista e la presenteranno al governo e
all’agenzia nucleare». I Verdi, ribadisce Bonelli, «con la collaborazione degli
ecologisti francesi continueranno l’operazione verità, perché i cittadini hanno
il diritto di sapere prima delle elezioni dove verranno realizzate le centrali
nucleari in Italia».
Una trasparenza che invoca anche il Pd del Friuli Venezia Giulia nei confronti
di una Regione che, con Veneto e Lombardia, si è detta favorevole al nucleare
pur respingendo con Tondo le voci su Monfalcone. «Senza tuttavia chiarire -
rileva Pegorer - da dove derivino le sue certezze. Non lo crediamo ma, se il
governatore ha informazioni sicure sul fatto che nella nostra regione non
sorgeranno centrali, sia trasparente. Con il ritorno al nucleare in
controtendenza con quello che fanno tutti i grandi Paesi, con il rischio di
impianti costruiti con tecnologie obsolete, è necessaria una discussione seria.
Non siamo per gli allarmismi ma non possiamo nemmeno accettare che questioni
così rilevanti per i cittadini passino sopra le loro teste in questo modo». Tra
l’altro, conclude Pegorer, il tema «non riguarda solo la costruzione diretta di
centrali ma anche i passaggi necessari al completamento del ciclo produttivo: il
deposito nazionale delle scorie e la realizzazione di strutture adibite al
trattamento dell’uranio».
Marco Ballico
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 febbraio 2010
Ferrovie, Trieste cancellata dall’Europa - Dal 1977 a
oggi la regione ha perso 12 collegamenti internazionali su 14
I treni sono stati ridotti nel numero e viaggiano molto
più lenti di 33 anni fa
Otto collegamenti a uno su Trieste, sei a uno su Tarvisio.
Risultato finale: 14 a 2. Sono le cifre di un ridimensionamento pesante. Chi
parla di una regione isolata dalle ferrovie non può avere tutti i torti se,
orari alla mano, dal 1977 al 2010 il Friuli Venezia Giulia ha perso 12
collegamenti internazionali. Ne difende uno da Trieste su Budapest, che consente
a Trenitalia di offrire una sola relazione notturna Trieste-Lubiana, ma con
cambio a Monfalcone: 3 ore e 20' all'andata, addirittura 5 ore al ritorno. E un
altro da Tarvisio a Vienna: anche in questo caso relazioni notturne. Ma non
basta: con i treni degli anni Settanta si arrivava prima di oggi a Milano,
Genova e Torino. E senza cambiare a Mestre.
I superstiti. Un'ecatombe. La serrata trattativa di fine 2009 della Regione con
Mauro Moretti, ad di Trenitalia, non è riuscita a contenere un fenomeno iniziato
già da anni. Per quanto riguarda il capoluogo regionale, si è persa l'unica
relazione internazionale diretta che era sopravvissuta alle precedenti
sforbiciate, quella assicurata dal Cisalpino Trieste-Basilea. Al transito di
Villa Opicina è rimasto il solo collegamento notturno Venezia-Budapest, quello
appunto della non diretta Trieste-Lubiana: in pratica è la capitale slovena a
servire Trieste per le relazioni diurne con destinazione Vienna e Monaco di
Baviera. Per quanto riguarda Gorizia, a cinque anni dalla caduta del confine, i
convogli della Transalpina hanno ancora come capolinea Nova Gorica. Al transito
di Tarvisio è invece rimasta la sola relazione notturna per Vienna (partenze
alle 00.20 e alle 3.52), dal momento che per i collegamenti diurni le Ferrovie
austriache sono state costrette a istituire corse automobilistiche per
consentire le coincidenze a Villaco per Vienna e Monaco.
L'offerta anni Settanta. Quando i bambini giocavano ai trenini, la materia
prima, quella vera, non mancava. Nei giorni di Santa Lucia del 1977 l'offerta
era ben più articolata attraverso i tre transiti del Nordest. Villa Opicina
contava su otto coppie giornaliere di convogli internazionali in grado di
offrire una vasta gamma di carrozze dirette verso Mosca, Varsavia, Istanbul,
Atene, Sofia, Skopje, Belgrado, Zagabria e Lubiana, da una parte, per il
collegamento con Trieste, Venezia, Torino, Ventimiglia, Losanna e Parigi;
Gorizia Centrale aveva due coppie di collegamenti giornalieri con Nova Gorica
della storica Transalpina e Tarvisio vedeva la presenza di sei coppie
giornaliere di relazioni internazionali che assicuravano il collegamento diretto
tra Vienna e Monaco di Baviera con Trieste, Venezia, Rimini, Ancona, Torino,
Ventimiglia e Roma.
Il servizio interno. Sempre nel 1977, non era meno ricco il servizio interno
inserito nell'orario delle Ferrovie dello Stato. Si andava pure più veloci.
Torino era raggiungibile in 6 ore grazie al rapido "Rialto" (31 minuti in meno
di oggi), Genova in 5 ore e 43' (34 minuti in meno), Firenze in 4 ore e 48',
Milano in 4 ore e 15' (2 minuti in meno del più rapido collegamento attuale),
Roma in 7 ore e 40' con i rapidi come la "Freccia della Laguna", importanti
anche per i collegamenti diretti con Bologna ai fini delle coincidenze con la
linea adriatica. Con l'orario 2010 l'unico collegamento diurno per Bologna ha
una durata di 4 ore e 10' contro le 3 ore e 39' impiegate dal rapido nel 1977.
Quando c'erano perfino tre servizi notturni (WL di I classe, cuccette di II,
carrozza diretta di I e II) per Catania e due (cuccette di II classe e carrozza
diretta di I e II) per Reggio Calabria.
La novità. Confronti imbarazzanti che stimoleranno, chissà, la voglia di
cambiamento. Perché c'è solo Trenitalia, ma non è detto. Da due mesi le ferrovie
tedesche Db, quelle austriache Obb e le ferrovie Nord Milano hanno avviato una
cooperazione sulle tratte tra Monaco e Verona, con diramazioni a Bologna e
Milano. Cinque coppie di Intercity al giorno, puliti e puntuali. Il biglietto si
compra in viaggio. Perché Trenitalia non ha concesso la vendita nelle stazioni.
MARCO BALLICO
SEGNALAZIONI - «Alta velocità e alta capacità: così va
ripensato il sistema dei trasporti»
Quale presidente di Camminatrieste/Camminacittà desidero
intervenire nel dibattito proponendo all’attenzione pubblica alcune
considerazioni in merito ai progetti ferroviari relativi al Corridoio 5 (treni
ad Alta velocità e ad Alta capacità) in funzione anche alla mobilità locale nel
distretto di Trieste e della contigua zona slovena, proponendo alcune
considerazioni generali al mondo politico e all'attenzione pubblica.
Ogni progetto proposto dovrebbe tenere in debito conto i seguenti criteri, tutti
ugualmente importanti: a) criterio tecnico di fattibilità dell’opera; b)
criterio economico di spesa minore per l'attuazione del progetto; c) criterio
geopolitico di massima utilità di tutti i centri italiani e sloveni coinvolti
nel progetto, con riferimento sia al traffico delle merci sia a quello dei
passeggeri; d) criterio ambientale, con esecuzione delle opere che comportino il
minor impatto possibile sugli ambienti attraversati.
A grandi linee, sembra abbastanza evidente che in base a questi criteri sia
preferibile la progettazione di una Tav alta, prevalentemente di superficie, che
da Monfalcone prosegua verso Opicina e Divaccia attraverso la dolce pendenza del
piano inclinato naturale dell'altopiano carsico (utilizzando eventualmente anche
parte delle linee preesistenti). Ad essa potrebbero afferire, per il trasporto
merci dal porto di Trieste, le 2 linee già esistenti, Porto Franco Nuovo -
Galleria di circonvallazione - Aurisina - Opicina per le merci in salita e
Opicina - Rozzol - Porto Franco Nuovo, per quelle in discesa. Le merci in
entrata ed uscita dal porto di Capodistria potrebbero utilizzare una nuova
bretella che raccordi quello scalo direttamente con Divaccia.
Per quanto riguarda il traffico passeggeri a lunga percorrenza il nodo
ferroviario di Opicina potrebbe diventare, con una rinnovata stazione Opicina -
Trieste il punto di fermata unico per i treni ad alta velocità, servendo così
sia la città di Trieste sia le altre località del comprensorio, attraverso
rapidi collegamenti tra tale stazione ferroviaria e queste località.
Fondamentale a livello geopolitico e funzionale risulterebbe la costruzione del
tratto ferroviario di 6 km fra Capodistria e Trieste. In tal modo, non solo le
"bretelle " di un porto potrebbero essere utilizzate anche dall'altro, ma
soprattutto si verrebbe a realizzare quell’"anello" per il traffico passeggeri
locale (lavoratori pendolari, studenti, turisti, ecc.) solitamente indicato come
metropolitana leggera (da Nova Gorica e Gorizia a Ronchi a Monfalcone a Trieste
a Capodistria e Sezana) tale da rendere le comunicazioni più efficaci, da
sgravare il traffico veicolare su gomma, da rendere i centri urbani più vivibili
e meno pericolosi, con ampi vantaggi ambientali e di sviluppo socio economico
per tutti gli abitanti del comprensorio.
Carlo Genzo - presidente di Camminatrieste aderente a Camminacittà
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - SONDAGGIO/1
Sarà certo interessante l’esito del sondaggio on-line sul
rigassificatore, promosso da Swg e dal Piccolo, anche se devo dire che l’elenco
delle domande proposte è piuttosto discutibile. Manca infatti ogni accenno a
criticità rilevanti del progetto di Gas Natural, come le interferenze negative
con i programmi di sviluppo dei traffici portuali, i rischi per la sicurezza in
caso di incidenti e attentati, gli effetti della risospensione del mercurio
sulla catena alimentare dovuti agli scavi e ai dragaggi previsti sui fondali
marini e al traffico delle gasiere, ecc. Tutti argomenti, questi, ampiamente
trattati e divulgati non soltanto negli interventi degli ambientalisti, ma anche
in quelli dei comitati di cittadini, dei gruppi di tecnici ed esperti, nei
pareri dei Comuni e tuttavia «dimenticati» dagli estensori del sondaggio.
Mi sorprendo, perciò, leggendo sul Piccolo del 9 febbraio che «secondo quanto
rileva la Swg il sondaggio ha suscitato qualche ommento negativo in alcuni
settori degli ambientalisti le cui sensibilità sarebbero state comunque tenute
in conto al momento della sua stesura».
Nessuno della Swg ha mai interpellato in proposito il Wwf, né – a quanto mi
risulta – altre associazioni ambientaliste. A chi apparterrebbero, quindi, le
«sensibilità» di cui si sarebbe tenuto conto nella stesura delle domande del
sondaggio? Un chiarimento credo si imponga.
Dario Predonzan - responsabile energia e trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - SONDAGGIO / 2
Relativamente al sondaggio Swg sul rigassificatore
pubblicato sulla pagina web de Il Piccolo mi sia permesso di svolgere alcune
considerazioni. Se da una parte mi sento di invitare tutti i cittadini a
partecipare al sondaggio, dall’altra devo sottolineare che il testo che compare
su Il Piccolo è carente nel metodo, perché è orientato a porre su piani diversi
cloro e sicurezza per la popolazione, infatti quest’ultima preferenza non
compare fra quelle selezionabili ed eventualmente è possibile aggiungerla come
«altro». Il sondaggio però riporterà in un’unica voce indistinta ("altro" per
l’appunto) sicurezza, risospensione del mercurio, ma anche eventualmente no sarà
più sardoni, i veci se iazerà el cul (Pupkin Kabaret). Altro quindi è tutto e
niente, affermazioni marginali e comiche e contenuti importanti (problema della
disponibilità di gas sul mercato, problema delle norme Imo ecc.) rientreranno in
«altro». Insomma uno strumento che poteva avere un senso se costruito in modo
chiaro, coerente e quanto più oggettivo possibile, diventa uno strumento di
strumentalizzazione per chi sottovaluta o, addirittura, disconosce i rischi per
la sicurezza e per lo sviluppo del porto, non considera le contraddizioni
economiche del mercato del gas e racconta frottole come «pagheremo meno il gas».
Lino Santoro
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - SONDAGGIO / 3
Ho partecipato al sondaggio online della società Swg
inerente il rigassificatore di Zaule. Devo rilevare che il questionario è stato
impostato (casualmente o volutamente...) in maniera fuorviante, in quanto il
rischio principale - incidenti all'impianto e/o alle navi gasiere, ovvero
attentati terroristici - non viene assolutamente proposto nella lista delle
opzioni, ma è necessario selezionare l'opzione denominata ”altro” e poi
aggiungerselo da soli... inoltre la pagina web della Swg non consente di
ritornare indietro ai passaggi precedenti, ma solo di proseguire. Quando saranno
analizzati e pubblicati i risultati del sondaggio stesso, probabilmente
risulterà che le persone hanno più paura dell'impatto sulla pesca o sul turismo,
solo perché molti non capiranno di dover usare l'opzione a testo libero per
indicare la loro principale preoccupazione. Francamente ciò mi riporta alla
mente una scena del film di Roberto Benigni ”Johnny Stecchino”, dove un losco
avvocato palermitano afferma che il problema della sua città non è la mafia, ma
è ...il traffico!
A mio parere questo sondaggio strizza l'occhio al sindaco Dipiazza, all'on.
Menia ed alla Gas Natural, che senz'altro avranno meno difficoltà a rassicurare
i cittadini riguardo all'impatto sul turismo (quale?) o sulla qualità dei
sardoni che finiranno sulle nostre tavole, piuttosto che sui rischi di incidenti
o atti di terrorismo alle navi gasiere o agli inpianti a terra. Ciò detto, non
resta che raccomandare agli esperti della Swg: siate più corretti e imparziali
quando trattate tematiche come queste!
Fulvio Vardabasso
SEGNALAZIONI - Sul rigassificatore - LA RISPOSTA
«... alla realizzazione della puntata precedente avevo
collaborato coinvolgendo tutte le associazioni ambientaliste e i comitati, e che
ero contrario a domande specifiche (sei favorevole o contrario a...) che almeno
allora erano premature e inopportune, ma che avevo inserito su sollecitazione di
altre associazioni, proprio per spirito collaborativo».
Così scrive in data 7 febbraio 2010 il signor Lino Santoro al signor Predonzan,
ad altri esponenti del mondo ambientalista triestino e al sottoscritto.
Un po’ di esegesi per i lettori ora: la puntata a cui si riferisce Santoro è
dell’estate 2007; la collaborazione coinvolgendo tutte le associazioni
ambientaliste si è tradotta in un questionario sul tema dei rigassificatori; la
Swg ha effettuato una prima indagine (la puntata precedente) quindi nell’estate
2007 sulla base del suddetto questionario e i risultati della stessa sono a
conoscenza dei signori che avevano collaborato a stendere le domande; il
questionario che oggi compare sul sito del Piccolo contiene in larga misura le
stesse domande utilizzate nel 2007.
Concludo osservando che come essere umano mi preoccupo per la dilagante mancanza
di memoria. Come presidente di Swg non posso che arrendermi all’idea che i
sondaggi sono come la formazione della nazionale di calcio: la sanno fare tutti.
Come presidente del Circolo della Stampa – che promuove un primo incontro
pubblico su come il rigassificatore tocca l’immaginario collettivo dei triestini
– sono felice e mi aspetto una discussione vivacissima il giorno 26 febbraio
presso la sede di via Carducci.
Roberto Weber
IL PICCOLO - DOMENICA , 14 febbraio 2010
Traffico di rifiuti, domani i primi interrogatori - Il
pm chiede l’incidente probatorio sulla terra inquinata dalle scorie
dell’ospedale di Latisana
UN VENETO IN CARCERE, AI DOMICILIARI UN GORIZIANO E UN
PALMARINO
UDINE Cominceranno domani gli interrogatori di garanzia delle tre persone
arrestate venerdì dai carabinieri del Noe, nell'ambito dell'inchiesta della
Procura di Udine sui rifiuti ospedalieri interrati intorno al nosocomio di
Latisana. È attesa a giorni, invece, la decisione del Gip sulla richiesta del pm
di un incidente probatorio, che dovrà chiarire la natura di una parte dei
rifiuti e che la stessa accusa intende portare in dibattimento come prova
processuale.
Dopo la notifica delle tre misure di custodia cautelare (in carcere per il solo
Francesco Marchesin, 43 anni, residente a Quarto d'Altino e responsabile
dell'organizzazione dei trasporti della Bruneco srl di Venezia Marghera, e
domiciliare per Edi Pellegrini, 46 anni, di Palmanova, amministratore della
Carbocoke Fvg srl di Palmanova, e Massimo Giaconi, 41 anni, di Gorizia,
responsabile tecnico della società palmarina) e le perquisizioni eseguite nel
corso della stessa mattinata nelle sedi della Carbocoke, della Bruneco e
dell'Arpa, ieri è stata una giornata "filtro". Con gli investigatori da un lato
e gli avvocati difensori dall'altro, in attesa di riprendere l'attività con
l'inizio della settimana prossima.
A cominciare proprio dagli interrogatori, che per i due friulani saranno
condotti dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Udine, Paolo
Alessio Vernì, mentre per Marchesin, che si trova rinchiuso nel carcere di
Venezia, sarà delegato un magistrato del capoluogo veneto. Per tutti e tre,
l'ipotesi di reato è il traffico di rifiuti. Poi, sarà la volta dell'incidente
probatorio chiesto dal sostituto procuratore Viviana Del Tedesco, titolare del
fascicolo e davanti alla quale, nei mesi scorsi, erano già sfilati tutti i
tredici indagati dell'inchiesta. Un'indagine partita l'ottobre dell'anno scorso
e sviluppata anche lungo un filone goriziano, legato invece allo smaltimento di
amianto.
Tra gli avvocati chiamati ad assistere gli indagati, figura anche lo studio
legale Giadrossi, di Trieste, specializzato proprio in materia ambientale. A
tutelare le due dipendenti dell'Arpa Marta Plazzotta, 59 anni, di Udine, e
Antonella Zanello, 47, di Latisana, finite a loro volta nel registro degli
indagati, perchè sospettate di non aver effettuato controlli sostanziali durante
i lavori di rimozione e smaltimento, è l'avvocato Marco Florit, pure dello staff
di Giadrossi. Per i due dipendenti dell'Ass n.5 Marcello Manias, 62 anni, di San
Michele al Tagliamento, e Fabio Spanghero, 48, di Gradisca d'Isonzo, entrambi
indagati per una presunta condotta omissiva nei controlli sul corretto
smaltimento dei rifiuti trovati scavando intorno l'ospedale, l'Azienda sanitaria
ha chiesto assistenza allo studio Ponti.
«Non appena informati del ritrovamento - ha detto l'avvocato Luca De Pauli - i
nostri assistiti hanno verificato chi potesse svolgere il servizio di bonifica
e, individuata nella Carbocoke l'unica società presente in zona e competente in
materia, glielo hanno affidato. Fidandosi e, comunque, ben sapendo che tutto
avveniva sotto il controllo dell'Arpa». Tutti veneti gli altri indagati.
IL PICCOLO - SABATO, 13 febbraio 2010
«Il tram di Opicina costa troppo. Privatizziamolo»
ARRIVATO L’OK DELLA SOPRINTENDENZA, MENTRE IN PIAZZA LIBERTÀ NON
SARÀ TAGLIATO NEANCHE UN ALBERO
La proposta del sindaco nella commissione propedeutica
al Bilancio. «E faremo il ponte sul canale»
La passerella sul canale di Ponterosso tra via Cassa di Risparmio e via
Trento, dopo aver rischiato lo stralcio, torna a essere un intervento
cantierabile quest’anno. La rivoluzione pedonale e viaria del fronte-stazione,
nel contempo, si farà senza il sacrificio di alberi secolari dal giardino
storico di Sissi. E il tram di Opicina, ma qui siamo ancora nel mondo dei
desiderata politici, da linea mangia-soldi inglobata nella rete del trasporto
pubblico locale potrebbe essere trasformato domani in attrazione per turisti da
aggiustare all’occorerenza con capitale di rischio. Parola di Roberto Dipiazza.
Più che da sindaco, da super-assessore autodelegato all’Urbanistica e ai Lavori
pubblici. Perché è da tale che si è presentato ieri - incalzato dall’opposizione
- davanti alle commissioni Seconda (Bilancio), Quarta (Lavori pubblici) e Sesta
(Urbanistica) del Municipio. Era l’audizione di rito che ciascun assessore della
giunta è chiamato a onorare, con le commissioni competenti sulle proprie
deleghe, in preparazione del voto sul bilancio di previsione in Consiglio
comunale, atteso giovedì.
LA TRENOVIA La svolta epocale che preconizza Dipiazza è venuta a galla non
appena l’ex Margherita Alessandro Minisini ha fatto la pulce a quei 750mila euro
impegnati da poste correnti per il 2010, come si legge all’interno del piano
triennale delle opere, per la «sostituzione di tre pulegge del tratto
funicolare» (600mila euro, ndr) e la «manutenzione straordinaria» dello stesso
(150mila, ndr). «Ogni anno - così il sindaco - dobbiamo scegliere se mettere
delle risorse a disposizione per mantenere il servizio, o se togliere tanto le
risorse quanto il servizio. Il problema è che qui ci sono costi mai visti. E per
chi e che cosa poi? Solo per la tradizione? È una linea che deve assumere
caratteristiche turistiche ed essere affidata a un soggetto privato». Un
consiglio, sottile, a sfruttare meglio l’allineamento dei pianeti con la
Regione, anche per il problema gestionale del tram, è venuto a quel punto da
Mario Ravalico del Pd, mentre l’Udc Roberto Sasco ha messo le mani avanti
ricordando che quei binari, come la funicolare, sono un bene vincolato dalla
Soprintendenza.
PONTEROSSO Già, la Soprintendenza. Da qui arriva la novità più clamorosa del
dibattito politico pre-bilancio: la riabilitazione del terzo ponte sul canale,
che evita così un’ingloriosa caduta nell’acqua di Ponterosso all’imminente
percorso pedonale di via Cassa di Risparmio, tanto per mutuare una metafora
usata ieri da un’altro rappresentante del Pd, Luciano Kakovic. Eppure per come
l’aveva messa giù appena a dicembre, pareva che il primo cittadino avesse
trovato il sistema più edulcorato per dichiararne la morte: «O la Soprintendenza
mi dà un via libera che sia per sempre, e non per cinque anni, o non se ne fa
nulla, mi serve un sì o un no altrimenti non spendo un miliardo e mezzo di
vecchie lire dei contribuenti per una cosa che poi devo buttare», aveva promesso
schietto. Il fatto è che quel via libera definitivo è arrivato, prendendo forse
in contropiede persino Dipiazza. È il testamento di Roberto Di Paola, il
direttore regionale uscente dei Beni culturali che proprio oggi lascia il suo
posto a Giuseppe Bilardi per andare in pensione. Siccome ogni promessa è debito,
«il ponte si fa, perché abbiamo ottenuto un permesso a vita», ha giurato
pubblicamente il sindaco ieri dando notizia dell’ultima ”cartolina” di Di Paola.
PIAZZA LIBERTÀ Anche il restyling da tre milioni e 800mila euro di piazza
Libertà si fa. Ma non è che il cantiere partirà a stretto giro, come quello per
la passerella sul canale. Anche in questo caso c’è di mezzo una trattativa con
la Soprintendenza. Più complessa, però. «Sto facendo delle modifiche, gli alberi
non li togliamo più», ha tagliato corto Dipiazza rispondendo a chi gli chiedeva
in quale cassetto si fosse perso il progetto del fronte-stazione. Lo stesso che
due anni fa, dopo la presentazione, aveva collezionato diecimila firme di
protesta.
PIERO RAUBER
Gli architetti demoliscono il piano particolareggiato -
«Nessun coinvolgimento del fronte mare Mancano le aree verdi»
Il mancato inserimento del fronte mare nel contesto del
progetto che riguarda il centro storico. L’assenza di un coordinamento tecnico
fra il piano di sviluppo dell’area centrale della città e quelli sui parcheggi e
sul traffico. L’estrema sinteticità “dell’apparato analitico e descrittivo
inerente le nuove edificazioni”. Sono queste le principali critiche formulate
ieri da Andrea Dapretto, presidente dell’Ordine degli architetti, pianificatori,
paesaggisti e conservatori della Provincia, a nome dell’intera categoria, in
relazione al Piano particolareggiato del centro storico di Trieste predisposto
dal Comune.
Nell’ambito di un giudizio complessivamente negativo sul contenuto del
documento, Dapretto, dopo aver ricordato che “l’intento della categoria è quello
di contribuire alla definizione di un piano che possa rappresentare per la città
un trampolino di lancio per il futuro e non la causa di un impoverimento del
centro storico, come sembra purtroppo poter essere”, il presidente dell’Ordine è
entrato nel dettaglio.
“L’obiettivo di un documento come il piano particolareggiato, strumento
fondamentale per costruire l’identità di Trieste – ha sottolineato – non è stato
centrato, perché gli scostamenti dai piani del colore e dehors sono evidenti,
anche in conseguenza del fatto che la legge regionale n.52 del ’91, che
costituisce l’origine di questa procedura, è oramai datata e superata”.
Riferendosi alla previsione che individua in 120 edifici del centro storico “i
possibili contenitori di futuri parcheggi”, Dapretto ha evidenziato che
“l’assenza di un coordinamento con il relativo piano del traffico rende inerte
la previsione”. Il presidente dell’Ordine degli architetti ha poi messo sotto
accusa “l’assenza di una precisa e puntuale progettazione per quanto concerne le
aree verdi, che dovrebbero rappresentare un tessuto connettivo per la città, un
respiro per l’intera città, e che invece non compaiono nel documento”. Passando
poi alla fase propositiva, Dapretto ha proposto “l’allestimento di concorso
pubblici per la progettazione in queste aree, in modo da favorire la
partecipazione di idee al futuro della città – ha ribadito – in luogo della
definizione aprioristica di principi che non condividiamo”. In conclusione,
Dapretto ha anche rimarcato “l’assenza di una carta che comprenda l’analisi del
rischio archeologico, che invece è ben presente in un’area della città che
spesso, recentemente, è stata caratterizzata da ritrovamenti di rilievo
storico”.
Ugo Salvini
Maggioranza ridotta all’osso - DURE CRITICHE DI OMERO
SUL PRG - L’uscita dei Bandelli boys e le bizze della Lega creano incertezza
Il giorno dopo aver portato a casa il bilancio di previsione 2010, Dipiazza - costretto proprio nell’ultimo anno del suo secondo mandato a fare i conti con una maggioranza ai minimi termini per l’uscita dei Bandelli boys dal Pdl e le rivendicazioni di Lega e Udc - dovrà rimettersi subito a sudare (e a penare) per vincere la madre di tutte le sue battaglie, il Piano regolatore, già adottato ma non ancora approvato definitivamente dal Consiglio comunale . «Si tratta di uno dei primi progetti che affronteremo al termine dei lavori sul bilancio: abbiamo terminato la prima fase di analisi delle 1.170 osservazioni e ora, a partire dal prossimo lunedì, cominceremo quella successiva che prevede pure gli incontri con gli stessi titolari delle osservazioni, abbiamo fatto un ottimo lavoro tanto che abbiamo ricevuto il plauso della Regione», ha mostrato ottimismo ieri il sindaco durante la commissione integrata pre-bilancio. ««Diciotto riserve della Regione rispetto a quel piano non vogliono dire che, per la Regione, sia stato fatto un buon lavoro», ha risposto per le rime il capogruppo del Pd Fabio Omero. Il quale, una volta che il dibattito è rientrato dal fuoritema, ha annotato che - bilancio di previsione 2010 alla mano - «dopo il taglio dell’Ici la pressione fiscale da parte del Comune su ogni cittadino sta risalendo, attestandosi a 444 euro l’anno di media». «Stiamo meglio di tutti gli altri anche per questo», la replica stizzita di Dipiazza, che ha annunciato la conferma del rating AA stabile da parte dell’agenzia Fitch rispetto al debito del Comune.
(pi.ra.)
Seppellivano i rifiuti ospedalieri, tre arresti - I
carabinieri sgominano un’organizzazione che aveva fatto sparire 600 tonnellate
di scorie pericolose
IL BLITZ DOPO LA SCOPERTA DI UNA DISCARICA
NELL’OSPEDALE DI LATISANA. ARPA NELLA BUFERA PER OMESSI CONTROLLI
UDINE Con tre arresti e altrettante perquisizioni in due società e all'Arpa
di Udine, è decolla l'inchiesta «Parking waste» (stoccaggio di scorie) dei
carabinieri del Noe avviata nell'ottobre 2009 dopo la scoperta di rifiuti
ospedalieri interrati intorno al nosocomio di Latisana.
Inchiesta che ha scoperto anche un filone goriziano legato invece all'amianto.
In totale sono 13 le persone iscritte nel registro degli indagati, comprese due
dirigenti dell'Arpa, un responsabile e un dipendente dell'Ass 5 Bassa friulana.
Fra questi il gradiscano Fabio Spanghero, 48 anni, responsabile Soc Tecnologie
della stessa Ass 5 Bassa friulana. La norma che si suppone violata è quella che
punisce chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e
attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative, organizza e gestisce
in qualsiasi modo, abusivamente, ingenti quantitativi di rifiuti: in una parola,
traffico di rifiuti, almeno 600 tonnellate. Non solo quindi la mancanza di
autorizzazioni a smaltire e trasportare quei rifiuti, perché in questa inchiesta
si ipotizza che, attraverso operazioni agevolate dalle omissioni dell'Arpa,
siano addirittura stati analizzati campioni di terra inquinata da cateteri,
cannule di flebo, siringhe, fialette e quant'altro un ospedale dovrebbe smaltire
in un modo diverso dal seppellimento sotto terra.
Nell'ottobre scorso i Cc del Noe sequestravano l'area da destinare a parcheggio
dell'ospedale: scavando, erano appunto spuntati quei rifiuti. Seguivano indagini
anche supportate da appostamenti e intercettazioni telefoniche, coordinate dal
sostituto procuratore di Udine Viviana Del Tedesco, che ieri ha fatto eseguire
ai Cc del Noe le misure cautelari emesse dal Giudice per le indagini preliminari
del tribunale di Udine Paolo Alessio Vernì: due agli arresti domiciliari, una in
carcere.
Sono stati arrestati il 43enne Francesco Marchesin, residente a Quarto d'Altino,
responsabile dell'organizzazione dei trasporti della Bruneco srl di Venezia
Marghera (per lui il carcere visto un precedente specifico con una pena già
definitiva per associazione a delinquere, sempre in tema di rifiuti); ai
domiciliari invece sono finiti il 46enne di Palmanova Edi Pellegrini,
amministratore della Carbocoke Fvg srl di Palmanova e il 41enne goriziano
Massimo Giaconi, responsabile tecnico della società palmarina. Proprio la
Carbocoke era stata incaricata dall'Ass 5 Bassa friulana per effettuare i
campionamenti del terreno.
In sintesi, risulta che il materiale mandato ad analizzare fosse stato
"sfrondato" dai rifiuti ospedalieri e che in queste occasioni fosse stata
presente una delle due dirigenti dell'Arpa incaricate dei controlli. C'è poi lo
smaltimento illecito di questi rifiuti speciali, finiti in una discarica di
seconda categoria tipo A a Paderno del Grappa (Treviso) gestita dalla Biodue srl
di Conegliano, aministrata dal 47enne di Mareno di Piave Valerio Brino,
discarica che non era autorizzata a riceverli. Trasporti di rifiuti gestiti
dalla Bruneco di Marchesin, con materiale che era falsamente classificato come
terreno da scavo non pericoloso.
FERRIERA - Mix di fanghi e idrocarburi nella collina
incriminata Per smembrare quella discarica i rifiuti erano stati compattati e
trasportati altrove
Dalla cokeria le sostanze proibite - Secondo la Procura di Trieste, lo smaltimento è stato compiuto senza l’autorizzazione di Provincia e Regione
L’indagine coinvolge numerose attività industriali
insediate oltre che a Trieste anche in Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia e
Marche. La prima collina, già sequestrata nel maggio 2008 dal pm Federico Frezza,
è situata all’estremo Nord dello stabilimento, a poca distanza dallo Scalo
legnami. E’ alta più di 25 metri e al suo interno sono presenti resti di edifici
abbattuti, residui di lavorazioni, sabbie e macchinari inusabili.
La seconda collina si erge invece ad 800 metri di distanza dalla prima e per
identificarla è sufficiente osservare l’imponente scarico a mare della Centrale
elettrica alimentata dai gas di risulta della Ferriera. Questa collina è
costituita in gran parte dai fanghi essiccati, rimossi periodicamente dalle
ruspe dalla vasca di decantazione posta a pochi metri di distanza dalla
”macchina a colare” da cui escono i lingotti di ghisa. Questi lingotti
arroventati finiscono su un ”letto” di sabbia per essere raffreddati con
l’acqua. L’acqua e la sabbia si mescolano e formano una melma che finisce nel
vascone di decantazione.
Fin qui tutto chiaro. Nel vascone la sabbia precipita lentamente sul fondo e
diventa fango dopo essersi separata dall’acqua di raffreddamento. Per svuotare
la vasca, veniva usata fino al maggio del 2008 una grossa ruspa che riempiva il
cassone di un camion di cantiere. Poi i fanghi venivano depositati in un’area
che col passare del tempo è diventata una collinetta. Per la legge è una
discarica.
Le analisi effettuate dall’Arpa sulle ”carote” prelevate in profondità da questa
collina, hanno dimostrato che ai fanghi erano state miscelate altre sostanze
appartenenti alla famiglia degli idrocarburi. Secondo gli inquirenti
probabilmente queste sostanze erano collegate all’attività della cokeria. Le
percentuali di idrocarburi erano basse, al di sotto della soglia prevista per
legge, ma di fatto qualcuno aveva ”lavorato” sui due diversi rifiuti. Aveva
mescolato i primi ai secondi per diminuirne la concentrazione e per poter
spendere cifre di gran lunga inferiori per lo smaltimento. Trasferire in
discarica un ”inerte” costa poco, mentre il prezzo di trattamento per un rifiuto
”pericoloso” si moltiplica automaticamente di almeno tre volte. Viste le masse
in gioco, le somme risparmiate con la ”miscelazione”, secondo l’accusa, sono
enormi.
Chi ha agito in questo modo, secondo l’indagine della Procura di Trieste, ora
clonata da quella di Grosseto, ha esercitato un’ attività specifica di
trattamento, senza aver peraltro mai ottenuto e nemmeno richiesto
l’indispensabile autorizzazione alla Regione o dalla Provincia. Per questo
motivo, per la mancanza di autorizzazioni, la collinetta era stata sequestrata
nel maggio del 2008. In sintesi era una discarica non autorizzata.
«E dove mettiamo adesso i fanghi?» si erano chiesti i dirigenti della Ferriera,
preoccupati per gli evitabili riflessi negativi sull’attività della macchina a
colare. La collina era infatti diventata inagibile per decisione della Procura e
doveva essere bonificata dopo aver redatto un piano specifico in accordo con la
Provincia. Una soluzione tecnica era stata comunque trovata a tempo di record,
noleggiando un compattatore che trasformava i fanghi in mattonelle. Queste
mattonelle dovevano poi essere smaltite in una specifica discarica autorizzata,
individuata in quella di Caorso. Il trasporto avveniva via strada, a bordo di
grossi camion. E uno di questi camion con chissà quante tonnellate di mattonelle
nel cassone era stato pedinato per ore e ore dalla Ferriera a Caorso da un
investigatore della Procura di Trieste. L’esito era stato negativo: i documenti
redatti nello stabilimento erano perfetti e descrivevano in modo congruo il
carico. Anche l’analisi chimica del contentuo della mattonelle non aveva
rivelato nulla di anomalo o di illecito.
La collina adiacente alla vasca dei fanghi, viene citata nell’Ordinanza di
costudia con cui sono stati posti agli arresti domiciliari l’ingegner Francesco
Rosato, direttore dello stabilimento, il respondabile del settore ecologia della
Ferriera Vincenzo D’Auria nonché Walter Palcini, uno dei dipendenti triestini
della società «Refitalia srl» che opera all’interno dell’impianto di Servola.
Nel documento viene contestato tra l’altro di aver realizzato «plurime
discariche non autorizzate, destinate allo smaltimento di rifiuti periolosi e
non pericolosi, effettuando le opere necessarie, quali spianamento,
sistemazione, perimetrazione del terreno e successivamente depositando
direttamente al suolo non impermeabilizzato, movimentando e compattando
complessivamente 370 mila tonnellate di rifiuti; ovvere gestendo le discariche
medesime. Trecentosettantamila tonnellate, due colline.
FERRIERA - L’ingegner Venir gestisce l’impianto
MENTRE DIPIAZZA NON VUOLE FARE LO SCIACALLO
Da quattro giorni e cioè dal momento dell’arresto di Francesco Rosato, le
funzioni di direttore della Ferriera sono state assunte dall’ingegner Luigi
Venir, già capo della produzione dello stabilimento e poche settimane fa
nominato vicedirettore.
È Venir in pratica che coordina e gestisce l’attività produttiva dello
stabilimento di Servola e si occupa anche delle mansioni che erano di Vincenzo
D’Auria il responsabile del settore ecologia e ambiente, anche lui arrestato. Ma
momento - a parte le questioni riferibili anche indirettamente - all’inchiesta
penale della procura di Grosseto, in primo piano c’è la questione della cookeria
che per ritornare in piena attività ha bisogno di intervenenti della durata di
oltre un mese.
Intanto il sindaco Roberto Dipiazza interviene sulla vicenda giudiziaria della
Ferriera. «Nella vita - osserva - non bisogna essere carogne. Quando l’altro
giorno ho saputo quello che era accaduto al mio amico Francesco Rosato mi sono
rifiutato di parlare per non partecipare a questo sciacallaggio».
IL PICCOLO - VENERDI', 12 febbraio 2010
Ferriera, la collina dei veleni
già sequestrata 2 anni fa - Sui cumuli di
rifiuti aveva indagato la Procura di Trieste, che ora ha inviato gli atti a
quella di Grosseto
LE ORIGINI DELL’INCHIESTA CHE HA PORTATO ALL’ARRESTO
DEL DIRETTORE ROSATO
I due immensi cumuli di minerali e rifiuti della Ferriera di Servola su cui
oggi sta indagando la Procura di Grosseto erano entrati nel mirino della
magistratura triestina già nel maggio del 2008.
L’area su cui erano stati ”stoccati” i rifiuti e i fanghi era stata posta sotto
sequestro due anni fa dal pm Federico Frezza; poi l’Arpa aveva effettuato una
serie di carotaggi in profondità e quanto era stato prelevato dalle trivelle era
finito nei laboratori dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente
dove erano state effettuate le analisi. L’inchiesta aveva avuto riscontri anche
a livello mediatico perché l'ispezione degli uomini della Capitaneria di Porto
era stata abbondantemente filmata e fotografata. Poi erano entrati in scena
anche i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, giunti in città da Bologna.
Questa indagine è conclusa da più di tre mesi e i vertici dello stabilimento
siderurgico appartenente al gruppo Lucchini già nello scorso novembre avevano
ricevuto il relativo avviso che prelude all’eventuale richiesta di rinvio a
giudizio.
Il nome dell’ingegner Francesco Rosato, da tre giorni agli arresti domiciliari
su decisione del gip di Grosseto, compare anche in questa inchiesta avviata nel
2008 a Trieste. L’ipotesi di reato è quella di aver gestito direttamente o
indirettamente assieme ad altri una discarica in cui erano stati immessi,
secondo l’accusa, anche rifiuti che la legge definisce «pericolosi». Va aggiunto
che i prelievi effettuati dall’Arpa e le successive analisi chimico-fisiche, non
hanno singolarmente sottolineato in alcuna delle ”carote” superamenti della
soglia di pericolosità. Ma le stesse analisi hanno evidenziato nel materiale
ricuperato tracce di un solvente immesso non si sa da chi e quando per
”annacquare” i residui di lavorazione della macchina colare. Questo dettaglio
non secondario, peraltro punito dalla legge, ha fatto comunque scattare
l’ipotesi di pericolosità. Va anche precisato che non si tratta di rifiuti
tossici.
Oggi i due immensi cumuli non sono più sotto sequestro perché la proprietà della
Ferriera ha presentato e si è vista accogliere dall’Amministrazione provinciale,
competente per il settore ecologia, il relativo piano di smaltimento, stilato in
base alle analisi chimico fisiche effettuate dall’Arpa.
Fin qui tutto chiaro o quasi. Tra la Procura di Trieste e quella di Grosseto gli
scambi di notizie e informazioni su quello che viene ritenuto un segmento di un
immenso traffico illecito di rifiuti a livello nazionale, erano iniziati fin
dall’autunno del 2008. I pm Federico Frezza e Alessandro Leopizzi che gestisce
l’inchiesta toscana si erano scambiati documenti e informative, Altrettanto
Leopizzi ha fatto con altre Procure. Ecco perché molti degli atti dell’inchiesta
triestina che a breve dovrebbe approdare all’aula del Tribunale, sono entrati in
quella toscana che prende in esame anche altre e più gravi ipotesi di reato. Ad
esempio l’associazione a delinquere finalizzata allo smaltimento di rifiuti,
ipotesi che non viene contestata nè all’ingegner Francesco Rosato, nè a Vincenzo
D’Auria, al vertice del settore ecologia della Ferriera e tantomeno a Walter
Palcini, responsabile triestino della della società «Refitalia srl» che opera
all’interno dello stabilimento siderurgico.
All’ingegner Rosato e a Vincenzo D’Auria la magistratura di Grosseto contesta di
aver «predisposto e fatto effettuare plurimi trasporti di rifiuti speciali
pericolosi nonché non pericolosi, indicando nel formulario dati incompleti o
inesatti».
Viene ipotizzato anche l’uso di documenti falsificati per i trasporti nelle
discariche e una tenuta non irreprensibile dei registri obbligatori. In totale
tremila tonnellate di fanghi della Ferriera di Servola sarebbero state
declassate a rifiuti «non pericolosi» e altre quattromila tonnellate di sostanze
contaminate con concentrazioni superiori ai limiti di legge sarebbero finite in
discariche non autorizzate. Un business miliardario, secondo l’accusa.
CLAUDIO ERNÈ
FERRIERA - Ma il Comune resta in silenzio - Provincia:
per il rilascio dell’Aia responsabile è la Regione Kocijancic: tutelare i
lavoratori
Nella vicenda della Ferriera spicca per il suo silenzio il
Comune. Nessun commento da Palazzo Cheba, nonostante tutti i tentativi fatti.
Scelta voluta, evidentemente. Parla invece la Provincia, per bocca del suo
presidente Maria Teresa Bassa Poropat, che si dice «molto preoccupata». «Le
indagini devono naturalmente fare il loro corso, ma la notizia di questa
discarica è certo molto preoccupante».
La Bassa Poropat rimanda subito al mittente ipotesi di responsabilità nel
controllo ambientale da parte dfella Provincia. «È la Regione che ha competenze
per il rilascio dell’Aia, e poi il responsabile è il Comune. Quando la discarica
fu sequestrata – ricorda la presidente – la Procura inviò richiesta di dare
indicazioni sulle modalità di smaltimento dei rifiuti. Fu inviata risposta, poi
la discarica fi dissequestrata. So che a quella risposta della Provincia la
Ferriera presentò poi ricorso, ma sono gli uffici tecnici a sapere che cosa ci
fosse nelle carte, e presumo, proprio perchè la Ferriera fece ricorso, che ci
fossero stati dei rilievi».
Articolato l’intervento di Igor Kocijancic, capogruppo di Rifondazione in
Consiglio regionale. «Dopo le indagini sulla Ferriera di Servola non devono
esserci conseguenze per i lavoratori», auspica aggiungendo che «vanno
individuate le norme e i provvedimenti adeguati in modo che, in presenza di
un'eventuale chiusura, venga garantito il salario pieno agli operai che sono
esclusivamente vittime delle scelte della dirigenza».
«Nel caso della Ferriera - conclude Kocijancic - non si può ricorrere alla cassa
integrazione o alla mobilità, in questo caso va garantito il salario pieno e il
pagamento deve essere a totale carico della Severstal-Lucchini, unica
responsabile».
Va giù duro, infine Mario Marin, coordinatore provinciale di Italia dei Valori.
A suo dire «la Ferriera di Servola deve essere chiusa per la salvaguardia dei
lavoratori e dei cittadini che ci vivono attorno. Le istituzioni devono
provvedere alla ricollocazione dei lavoratori garantendo a loro un lavoro
dignitoso e salubre». Italia dei valori denuncia ancora «l’immobilismo delle
amministrazioni che ancora non hanno saputo dare una risposta a questo grave
problema lasciando che tutti, lavoratori, cittadini e ambiente ne pagassero sino
ad oggi le gravissime conseguenze».
(f.b.)
FERRIERA - Quel pedinamento fino a Caorso - Un agente
seguì un camion in uscita da Servola, ma risultò ”pulito”
Dalla Ferriera di Servola a Caorso, pedinando un camion
zeppo di rifiuti diretto a una discarica posta a poca distanza della Centrale
nucleare, mai entrata in funzione.
È questo il percorso compiuto alla fine del giugno 2008 - a pochi giorni dal
sequestro della collinette e della vasca per i fanghi - da un investigatore
della Procura di Trieste che da anni indaga sulla Ferriera, sulle sue immissioni
di polveri e gas nell’atmosfera e sullo smaltimento dei rifiuti.
Gli inquirenti triestini - in altri termini il pm Federico Frezza e lo stesso
agente di polizia - avevano avuto il sospetto che qualcosa non girasse a dovere
nello smaltimento dei fanghi e degli altri residui delle lavorazioni. Avevano
individuato un camion fra i tanti ed era scattato il pedinamento. Dopo una lunga
attesa il pesante mezzo era uscito dallo stabilimento siderurgico all’imbrunire
e questo aveva destato altri sospetti.
Il pedinamento era iniziato: grande viabilità, altopiano, casello del Lisert,
entrata in autostrada. Fino a Palmanova nulla da segnalare. Ma qui il camion
aveva compiuto una frenata e dopo una sterzata sulla destra, era uscito sulla
viabilità ordinaria, abbandonando il percorso stabilito.
Sembrava fatta - aveva pensato l’investigatore - di lì a poco sarebbe entrato in
una discarica per vuotare il contenuto del cassone originariamente destinato a
Caorso. Invece l’autista si era fermato davanti a una casa ed era entrato.
Faceva buio e il poliziotto aveva dovuto attendere fino al mattino successivo
quando l’uomo, dopo aver dormito nel proprio letto, aveva riavviato il suo Tir e
aveva imboccato nuovamente l’A4 Trieste - Venezia dirigendosi verso la meta
stabilita.
A Caorso la lettura dei documenti e le analisi chimiche, avevano rivelato che il
carico di rifiuti provenienti dalla Ferriera di Servola, era regolare e che non
era stato commesso alcun illecito nello smaltimento. Sospetti rinviati e una
notte passata invano sul sedile posteriore, piantonando un camion puzzolente.
L’inchiesta della Procura di Grosseto, al contrario, si è avvalsa di forze
investigative ben più consistenti- anche 40 carabinieri- e i tanti pedinamenti
effettuati in Toscana, Lombardia, Trentino, Emilia, Marche, Campania, Lazio
Abruzzo e Sardegna, hanno consentito prima di ”fotografare” il traffico di
rifiuti, poi di individuare la struttura organizzativa e operative che stava
alle sue spalle.
Ieri mattina il gip di Grosseto Pietro Molino ha convocato nel suo studio due
degli arrestati rinchiusi in carcere: Stefano Rosi e Luca Tronconi, indagati per
associazione a delinquere si sono avvalsi della facoltà di non rispondere,
peraltro prevista dal Codice.
I tre indagati triestini, rinchiusi ai domiciliari nelle rispettive abitazioni,
saranno sentiti dal presidente del gip Raffaele Morvay tra martedì e mercoledi.
nel primo giorno toccherà a Walter Palcini, assistito dall’avvocato Paolo
Pacileo, Nel secondo a Francesco Rosato e Vincenzo D’Auria, entrambi difesi da
Giovanni Borgna.
Bonifiche, Tondo ricontratta l’accordo a Roma - Il
governatore aggiusta il tiro e va a bussare al ministero dell’economia
SI COMPLICA LA PARTITA DEL SIN DOPO L’ULTIMO VERTICE
La questione delle bonifiche sul Sito inquinato «nazionale» se possibile si
complica ancora di più. Una riunione col presidente della Regione Tondo ha forse
aperto nuove prospettive, ma senza tempi certi. Poiché tutto il nodo sta nel
fatto che le aziende insediate nel sito (oltre 350) si oppongono con ogni forza,
supportate dall’Associazione industriali e da Confartigianato, al pagamento del
danno ambientale già preventivamente calcolato in oltre 300 milioni di euro, la
Regione ha proposto un coinvolgimento del ministero dell’Economia, oltre a
quello dell’Ambiente.
È quanto scaturito dal vertice dell’altro giorno. Vi ha partecipato l’assessore
all’Ambiente Elio De Anna, che ha sposato in pieno, mettendosi in un duro
contraddittorio col sottosegretario Roberto Menia, la causa delle aziende,
sconfessando l’ultimo accordo di programma come «giuridicamente infondato».
C’erano poi la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, con
l’assessore Vittorio Zollia. E il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, nel cui
territorio ricade la dose più massiccia di sito inquinato (e di aziende).
Assenti Menia, che pure era atteso, e l’assessore al Bilancio che ha titolarità
anche sugli accordi di programma, Sandra Savino, per ragioni di salute.
La Regione, come si sa, è l’unico ente a non aver firmato l’accordo concordato a
Roma a dicembre, nella sua tredicesima versione. Quella che proprio a Zollia era
parsa di maggiore apertura, perché demandava anche a un comitato locale la
trattazione dello stato di fatto e dell’analisi di rischio, da cui far
discendere responsabilità e dunque pagamenti. Adesso Tondo riprende in mano la
questione. Come già sostenuto da De Anna (che aveva inviato a Roma anche il
segretario generale della Regione per chiarire i «dubbi giuridici») si vuole non
tanto ridiscutere il Sito inquinato o la sua perimetrazione, ma chiedere un
intervento del ministero dell’Economia tornando a ridefinire il senso stesso
dell’operazione bonifiche come lo interpreta De Anna: uno strumento di
«ripartenza economica per Trieste».
Per Bassa Poropat, però, il risultato è scarso: «Mi pare che siamo in alto mare
un’altra volta. Importante era almeno avere garanzie che la Regione procedesse
con l’analisi dei terreni, e invece non ci sono più i soldi, si voleva
”regionalizzare” il Sin facendolo uscire dal piano nazionale, ma resta
un’ipotesi, si vuol coinvolgere il ministero dell’Economia, ma i tempi non sono
certi, mentre qui il fattore tempo è essenziale. Dopo 7 anni non si vede ancora
una via d’uscita, e anche del finanziamento nazionale non si parla più, e ci si
deve appena rivolgere ad altri tavoli, senza aver preso chiara posizione sullo
strumento giuridico».
GABRIELLA ZIANI
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 12 febbraio 2010
Rigassificatore di Zaule: “Gas Natural” chiede l’Autorizzazione integrata ambientale. -
Il WWF: “La Regione abbia la dignità di respingere la
richiesta, per non ripetere lo sconcio di due anni fa con la Ferriera”
Sempre più arrogante, secondo il WWF, l’atteggiamento della multinazionale
spagnola “Gas Natural”, che ha presentato in Regione i documenti per la
richiesta di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), relativamente al
rigassificatore previsto nel sito di Trieste-Zaule.
Il WWF, dopo aver analizzato tali documenti, ha inviato alla Regione le proprie
osservazioni, che contengono una critica serrata del materiale di Gas Natural.
“La società incaricata della stesura degli elaborati tecnici non è più Medea
(come per gli studi di impatto ambientale per la VIA) – osserva il WWF – bensì
URS Italia, ma la qualità non migliora.”
Le relazioni stavolta sono firmate dagli estensori (quelle di Medea erano
anonime), ma si risolvono in una sorta di riassunto di quelle già presentate,
tra il 2006 e il 2008, per la procedura VIA ministeriale. Per di più, gli
elaborati sono infarciti di errori anche grossolani: ad esempio, nella parte
relativa alla stima delle ricadute di inquinanti atmosferici, vengono presi come
base dei calcoli, dati meteo riferiti al Comune di… Argenta (provincia di
Ferrara, nel cuore della pianura padana)!
Ma c’è di peggio. Lo studio sulla dispersione delle acque di scarico del
rigassificatore è sempre lo stesso identico, a firma della società DHI, già
presentato per la VIA e “demolito” non soltanto dagli ambientalisti due anni fa,
ma anche dall’ISPRA (organo tecnico del Ministero dell’ambiente), che lo aveva
definito nel febbraio 2009 “inadeguato dal punto di vista concettuale”. Lo
studio DHI infatti parte dal presupposto di una condizione di acqua ferma nella
baia di Muggia (dove invece esiste una corrente in senso antiorario), assume
come dato di temperatura media invernale nella stessa baia quello del medio
Adriatico (!), non considera gli scambi idrici tra la baia di Muggia e il resto
del golfo attraverso le aperture delle dighe foranee, non tiene conto delle
raffiche del vento di bora e della loro durata perché dichiara di non aver
reperito dati in merito (riportati invece nella Relazione per l’AIA di URS
Italia, di cui lo studio DHI è un allegato…) e così via.
Non basta: gli elaborati per l’AIA omettono completamente di trattare alcune
problematiche, ad esempio la risospensione delle sostanze inquinanti (mercurio
in particolare) dai fondali marini, che si avrebbe a seguito dei dragaggi
previsti (34.500 metri cubi, solo per la posa della condotta di scarico delle
acque in uscita dal rigassificatore), sostanze che entrerebbero nella catena
alimentare degli organismi marini.
Non viene neppure menzionata la conclusione della procedura di VIA, cioè il
decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi che nel luglio 2009 avevano
condizionato il giudizio favorevole – peraltro contestato dagli ambientalisti
anche con un ricorso al TAR – ad una serie di prescrizioni. Di queste non vi è
la minima traccia negli elaborati per la richiesta dell’AIA.
L’insieme di tante gravi lacune e grossolani errori, porta quindi l’associazione
ambientalista ad affermare che mancano del tutto i presupposti previsti dalla
normativa vigente (il decreto legislativo 59/2005) per il rilascio dell’AIA.
“Ce n’è abbastanza – conclude il WWF – per affermare che Gas Natural non ha
imparato nulla da quanto accaduto dal 2006 ad oggi, fingendo di ignorare che la
credibilità dei suoi studi ambientali è stata demolita dalle fondamenta (non
soltanto da parte degli ambientalisti). Riproporre oggi gli stessi studi e dati
di due e più anni fa, rappresenta un atto di arroganza. Arroganza che si spiega
soltanto con la sicumera di chi ritiene di avere le spalle coperte dalla
politica, tanto da potersi permettere qualunque cosa.”
L’augurio del WWF è che la Regione abbia sufficiente dignità e respinga la
richiesta dell’AIA per il rigassificatore “senza ripetere quindi lo sconcio di
due anni fa, quando fu concessa l’AIA alla Lucchini per la Ferriera di Servola,
che non aveva i requisiti per ottenerla.”
WWF FVG
SEGNALAZIONI - «Metilmercurio depositato nei mitili:
non decenni, solo tre settimane»
Circa la correttezza dell’incontro pubblico – del quale il
sig. Mario Bussani riporta informazioni di seconda mano non essendo stato
presente in aula – per cui lamenta l’assenza di un contraddittorio, vorrei
precisare che l’Area marina protetta di Miramare era stata invitata dalla I e
dalla IV Commissione consiliare della Provincia a presentare le proprie
perplessità circa il progetto del rigassificatore a Zaule. Ben venga un
dibattito pubblico anche in contraddittorio: è ciò che ripetutamente, da più
parti, viene richiesto. Ma è il proponente a latitare; veda lui se riesce a
convincerlo.
Sull’appellativo virgolettato di «ambientalista», sono grato al sig. Bussani di
essere stato il principale fautore – per conto dell’allora sezione di Trieste
del Wwf – dell’avvio, nel 1968, del percorso che portò all’istituzione
dell’allora «Parco marino», da cui è derivata la mia attuale occupazione
lavorativa. Mi considero quindi «ambientalista» pari suo.
Le «ipotesi soggettive, prive di elementi, senza invece portare dei tecnici con
dati acquisiti da ricerche presenti e passate sull’argomento, pubblicate in
Italia e all’estero» da noi avanzate, si basano sulla lettura dei documenti
della Valutazione d’impatto ambientale e di vari lavori scientifici – di cui si
è data chiara evidenza in aula – del Laboratorio di biologia marina e dell’Ogs-Bio,
pubblicati tra il 2002 e il 2007. Invece, il ben noto e documentato problema
della contaminazione dei fondali da parte del mercurio è stato completamente
omesso dal proponente dell’impianto. Solo l’intervento del Laboratorio di
biologia marina di Pirano ha messo in luce questo aspetto, riportato nelle
osservazioni pervenute al nostro Ministero dell’Ambiente.
Nella procedura di Via è quindi stata presa in considerazione la risospensione
di questo contaminante che verrebbe causata dal passaggio di un maggior numero
di navi di grossa stazza lungo la rotta per il nostro porto. È anche intervenuto
l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) che, nel
febbraio 2009, ha formulato le sue controdeduzioni utili alla formulazione del
decreto di Via: una specifica prescrizione del decreto indica che «il Proponente
dovrà, di intesa con gli enti sopra richiamati, condurre studi e monitoraggi
specifici lungo la rotta delle metaniere nel Golfo di Trieste volti a
determinare le eventuali correlazioni tra la risospensione dei sedimenti e i
livelli di concentrazione di mercurio nei prodotti ittici».
Il nostro intervento ha quindi menzionato il rapporto Ispra, e ha posto in
risalto la frammentazione delle diverse procedure di Via, che non permettono di
valutare gli effetti cumulativi risultanti da maggior traffico, opere accessorie
(gasdotto, briccole e molo d’ormeggio, bonifica ambientale), manovre d’ormeggio
(anche i rimorchatori sollevano sedimento, come documentato dalla Via per il
gasdotto).
Infine, circa la paternale rassicurazione del sig. Bussani secondo la quale
l’elemento in questione (metilmercurio) non potrebbe raggiungere le acque
superficiali dove sono allevati i mitili, ricordo che si tratta di un catione
organometallico di formula +. Così come tutte le specie ioniche, è solubile in
acqua, dove le correnti marine (da vento, convezione, gradiente) lo
distribuiscono ovunque. Ancora, sul tempo di accumulo di questo contaminante nei
mitili (così come per altre sostanze tossiche), il presidente della Federazione
italiana dei maricoltori dovrebbe ben conoscere il test di bioaccumulo «mussel-watch»
(un protocollo normato dallo stesso Ispra), che si basa sulla capacità dei
mitili di raccogliere e accumulare sostanze potenzialmente pericolose in poco
tempo: tre settimane, non decenni!
Carlo Franzosini - biologo marino, Area marina protetta di Miramare
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 febbraio 2010
Rigassificatore, i ricorsi forse traslocano - IL TAR DI
TRIESTE POTREBBE RINVIARE LE 4 CAUSE A QUELLO DI ROMA
Da sotto il monte, per ora, è sbucato un topolino. Dalla
prima udienza unica di ieri per le quattro cause intentate dai comuni di Muggia,
San Dorligo e Capodistria e dagli ambientalisti di Greenaction Transnational
contro il via libera ministeriale al rigassificatore di Zaule, il Tar di Trieste
si è congedato infatti senza rimandare ad alcuna sentenza. I giudici
amministrativi di piazza Unità, per contro, si sono riservati di decidere nei
prossimi giorni se potranno essere loro stessi a decidere. O se, invece,
dovranno dichiararsi incompetenti trasmettendo gli incartamenti ai colleghi di
Roma. Dove, a quel punto, le quattro cause ripartiranno daccapo. Accorpate,
probabilmente, ai ricorsi promossi da Wwf e Legambiente, che hanno già scelto la
via del Tar del Lazio per tentare di cancellare la Valutazione d’impatto
ambientale favorevole al progetto di Gas Natural.
I quattro contenziosi viaggiano per il momento col freno a mano tirato - più che
per la complessità della materia nel merito, che comunque abbonda - per ragioni
di natura puramente tecnico-giuridica. In gergo: pregiudiziali di competenza.
L’articolo 41 della legge 99 del 2009 - la cosiddetta ”legge-sviluppo”
dell’estate scorsa nota per aver riabilitato l’energia atomica nel Bel Paese -
prevede infatti che tutte le controversie riguardanti interventi di politica
energetica di primario interesse nazionale, come lo sono per l’appunto anche i
rigassificatori oltre che le centrali nucleari, siano di competenza esclusiva
del Tar del Lazio. Una norma su cui uno degli studi legali più grossi d’Italia
che lavora per Gas Natural, il ”Gianni, Origoni, Grippo & Partners”, ha fatto
leva per smontare in partenza i quattro ricorsi triestini, tanto che ieri i tre
avvocati in delega, i milanesi Giuseppe Velluto e Stefano Cunico più il
triestino Federico Rosati, ne hanno chiesto l’inammissibilità. Il legale dei
comuni di Muggia e San Dorligo, l’avvocato pordenonese Francesco Longo -
d’accordo con il segretario locale dell’Unione slovena Peter Mocnik che, di
professione avvocato, difende Greenaction e rappresenta per conto dello studio
veneziano Cacciavillani, e con il collega Damijan Terpin, il Comune di
Capodistria - a quel punto ha però sollevato, con una serie di precedenti
sentenze della Corte costituzionale, la questione di illegittimità
costituzionale di quell’articolo 41, in quanto in contrasto con il principio del
giudice naturale, che non dovrebbe essere ”prescelto” dal legislatore. Non
sfuggirà a nessuno, insomma, che di rigassificatore non s’è parlato.
L’Avvocatura dello Stato si è infine rimessa alla decisione del collegio, che
dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. «Non dovrebbero esserci sorprese - così
Rosati - il Tar si è mostrato intenzionato a trasmettere i ricorsi al Tar del
Lazio». «Una materia come i poli energetici - ribatte Mocnik - che incide
fortemente sulle realtà locali viene assegnata d’ufficio dal Parlamento al Tar
del Lazio, denotando un centralismo che contrasta con il principio della tutela
degli enti locali».
PIERO RAUBER
Il Pd all’attacco di Gas Natural: «Pressappochismo nel
progetto» - IL DIBATTITO SUL RIGASSIFICATORE
Muggia fa ancora sentire la sua voce sulla vicenda del
rigassificatore e lo fa tramite il Pd, con il coordinatore del circolo locale
Gianfranco Dragan, il consigliere comunale Fulvio Tomini, il coordinatore della
sezione territorio e ambiente Marco Finocchiaro e il sindaco Nerio Nesladek. I
loro interventi ruotano attorno all’analisi dei documenti, riguardanti la
richiesta di rilascio dell’Autorizzazione ambientale, messi a disposizione da
Gas Natural e resi pubblici per 30 giorni dal 6 gennaio scorso: «I tempi per
analizzare gli incartamenti erano strettissimi - commenta Finocchiaro - ma noi
ci siamo sentiti in dovere di fare questa verifica. La società, nonostante le
buone intenzioni verbali, riguardo l’utilizzo delle acque reflue di altri
impianti e della catena del freddo, di fatto richiede un’autorizzazione per
scarichi a mare dagli effetti fortemente contaminanti, senza prendere in
considerazione le realtà inquinanti che già insistono su quella zona». Dragan
evidenzia, poi, quanto ai progetti della Gas Natural: «Nei documenti sono
presentate due possibilità per lo scarico delle acque clorate. Una in mezzo alla
baia di Muggia (all’interno del Sin, ndr) e l’altra all’esterno delle dighe
foranee. Per la ditta è indifferente quale opzione utilizzare, per noi non è
così. Lascia perplessi l’ammissione di questi documenti da parte degli organismi
preposti al rilascio dell’Autorizzazione ambientale».
Il sindaco Nerio Nesladek aggiunge: «Siamo preoccupati non solo per il
pressappochismo del progetto, ma anche per la questione sicurezza relativa
all’impianto. Considerando la costruzione del terminal Ro Ro, che prevede
l’arrivo di tre navi al giorno, mi chiedo come faranno ad ormeggiare quando la
gasiera dovrà attraccare e la zona sarà interdetta. Questo è un blocco allo
sviluppo economico e turistico di Muggia. Oltre al ricorso già presentato al
Tar, chiederemo anche il diritto di voto alle conferenze dei servizi che
decideranno se dare il via libera alla costruzione di questo impianto».
(a.d.)
COMUNICATO STAMPA WWF - GIOVEDI', 11 febbraio 2010
AIA per il rigassificatore. Il WWF: “Gas
Natural arrogante come non mai. La Regione abbia la dignità di respingere la
richiesta, per non ripetere lo sconcio di due anni fa con la Ferriera”.
Gas Natural arrogante come non mai. Questo il commento
finale del WWF sui documenti presentati in Regione dalla multinazionale spagnola
per la richiesta di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), relativa al
rigassificatore previsto nel sito di Trieste-Zaule.
Lo scorso gennaio era apparso infatti l’annuncio del deposito della
documentazione presso la Direzione ambiente e lavori pubblici della Regione e
lunedì 8 febbraio si è concluso il periodo di 30 giorni disponibile per la
presentazione di osservazioni.
Tra queste, quelle del WWF, che contengono una critica serrata del materiale di
Gas Natural.
“La società incaricata della stesura degli elaborati tecnici non è più Medea
(come per gli studi di impatto ambientale per la VIA) – osserva il WWF – bensì
URS Italia, ma la qualità non migliora.”
Le relazioni stavolta sono firmate dagli estensori (quelle di Medea erano
anonime), ma si risolvono in una sorta di riassunto di quelle già presentate –
tra il 2006 e il 2008 – per la procedura VIA ministeriale. Per di più, gli
elaborati sono infarciti di errori anche grossolani: ad esempio, nella parte
relativa alla stima delle ricadute di inquinanti atmosferici, vengono presi come
base dei calcoli, dati meteo riferiti al Comune di … Argenta (provincia di
Ferrara, nel cuore della pianura padana)!
Ma c’è di peggio. Lo studio sulla dispersione delle acque di scarico del
rigassificatore è sempre lo stesso identico, a firma della società DHI, già
presentato per la VIA e “demolito” non soltanto dagli ambientalisti due anni fa,
ma anche dall’ISPRA (organo tecnico del Ministero dell’ambiente), che lo aveva
definito nel febbraio 2009 “inadeguato dal punto di vista concettuale”. Lo
studio DHI infatti parte dal presupposto di una condizione di acqua ferma nella
baia di Muggia (dove invece esiste una corrente in senso antiorario), assume
come dato di temperatura media invernale nella stessa baia quello del medio
Adriatico (!), non considera gli scambi idrici tra la baia di Muggia e il resto
del golfo attraverso le aperture delle dighe foranee, non tiene conto delle
raffiche del vento di bora e della loro durata perché dichiara di non aver
reperito dati in merito (riportati invece nella Relazione per l’AIA di URS
Italia, di cui lo studio DHI è un allegato …) e così via.
Non basta: gli elaborati per l’AIA omettono completamente di trattare alcune
problematiche, ad esempio la risospensione delle sostanze inquinanti (mercurio
in particolare) dai fondali marini, che si avrebbe a seguito dei dragaggi
previsti (34.500 metri cubi, solo per la posa della condotta di scarico delle
acque in uscita dal rigassificatore), sostanze che entrerebbero nella catena
alimentare degli organismi marini.
Non viene neppure menzionata la conclusione della procedura di VIA, cioè il
decreto dei ministri Prestigiacomo e Bondi che nel luglio 2009 avevano
condizionato il giudizio favorevole – peraltro contestato dagli ambientalisti
anche con un ricorso al TAR – ad una serie di prescrizioni. Di queste non vi è
la minima traccia negli elaborati per la richiesta dell’AIA.
L’insieme di tante gravi lacune e grossolani errori, porta quindi l’associazione
ambientalista ad affermare che mancano del tutto i presupposti previsti dalla
normativa vigente (il decreto legislativo 59/2005) per il rilascio dell’AIA.
“Ce n’è abbastanza, insomma – conclude il WWF – per affermare che Gas Natural
non ha imparato nulla da quanto accaduto dal 2006 ad oggi, fingendo di ignorare
che la credibilità dei suoi studi ambientali è stata demolita dalle fondamenta
(non soltanto da parte degli ambientalisti). Riproporre oggi gli stessi studi e
dati di due e più anni fa, rappresenta un atto di arroganza. Arroganza che si
spiega soltanto con la sicumera di chi ritiene di avere le spalle coperte dalla
politica, tanto da potersi permettere qualunque cosa.”
L’augurio del WWF è che la Regione abbia sufficiente dignità e respinga la
richiesta dell’AIA per il rigassificatore “senza ripetere quindi lo sconcio di
due anni fa, quando fu concessa l’AIA alla Lucchini per la Ferriera di Servola,
che non aveva i requisiti per ottenerla.”
WWF - FVG
Nella Ferriera 370mila tonnellate di veleni - Un’area
usata come discarica. Altri rifiuti vietati smaltiti fuori città con falsi
documenti
LE ACCUSE DELLA PROCURA DI GROSSETO
Una montagna di rifiuti pericolosi spacciati come normali: più di 10mila
tonnellate di veleni sarebbero usciti dalla Ferriera di Servola tra il 2007 e il
2008 per finire nelle discariche non autorizzate e non idonee di Trento,
Montecchio Precalcino (Vicenza) e Piombino (Livorno). Altre 370mila tonnellate
di rifiuti vietati sono state trovate dai carabinieri del Noe all’interno della
Ferriera. Come se a Servola ci fosse una maxidiscarica. Così secondo la procura
di Grosseto.
VELENI I rifiuti finiti sotto la lente della Procura di Grosseto sono in gran
parte fanghi, ma anche prodotti contenenti sostanze contaminate in
concentrazione di gran lunga superiore ai limiti di legge. Veleni, insomma, in
tutte le forme. Per uscire da Servola ed essere in regola con le leggi in
materia ambientale relative ai trasporti, i documenti relativi proprio a questi
veleni sono stati corretti, aggiustati. Il tutto si è protratto per anni,
secondo le indagini dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine.
GLI ARRESTATI Si snoda in gran parte attorno a questi elementi il filone
triestino dell’inchiesta, coordinata dal pm Alessandro Leopizzi di Grosseto, che
ha portato all’emissione di quattordici ordinanze di custodia cautelare e ha
toccato mezza Italia. Ai domiciliari dall’altra mattina si trovano il direttore
della Ferriera, Francesco Rosato, 40 anni; Vincenzo D’Auria, 47 anni,
responsabile del settore ecologia e ambiente dello stabilimento di Servola; e
Walter Palcini, responsabile locale della società Restalia Srl che opera
all’interno della Ferriera.
LA DIFESA L’avvocato Giovanni Borgna che assiste Rosato e D’Auria afferma che
«si ritiene di poter dimostrare che la gestione dei rifiuti da parte della
Lucchini è sempre stata corretta, anche tenendo conto delle gravi difficoltà
operative dovute alla preesistenza di materiale di risulta». Aggiunge: «Molti
episodi sono già stati chiariti in sede giudiziaria. Ma anche molti elementi
dell’accusa, ritenuti probatori, hanno già trovato puntuale smentita».
LA VASCA Nelle 180 pagine dell’ordinanza del gip Pietro Molino c’è un capitolo
di una ventina di facciate dedicato proprio allo stabilimento Lucchini di
Servola. Vi si parla della Ferriera e dei traffici, ma anche della vasca delle
dimensioni di oltre 100 metri quadri in cui rifiuti normali venivano mixati con
quelli pericolosi - proprio per renderli meno ”proibiti” - prima delle
spedizioni illegali.
TOSCANA Con Rosato, D’Auria e Palcini sono finiti ai domiciliari, insieme a
molti imprenditori italialiani (o in carcere, in alcuni casi) tutti i
responsabili dell’Agrideco, la società toscana di intermediazione dei rifiuti al
centro dell’indagine dei carabinieri.
IL TARIFFARIO Il sistema adottato? Falsificare la bolla d’accompagnamento del
carico, come spiegano gli investigatori, declassando i rifiuti con il risultato
che l’azienda committente otteneva uno sconto e la ditta che si occupava dello
smaltimento riusciva a eliminare senza troppe grane i rifiuti in siti non
adeguati a quel materiale. Per farlo esisteva anche una sorta di tariffario. Se
per smaltire una tonnellata di rifiuti speciali e pericolosi servono 500 euro la
Agrideco riusciva ad abbassare il prezzo arrivando fino a 150.
I REGISTRI A Servola sotto la lente dei carabinieri sono finiti i registri delle
spedizioni dei rifiuti che appunto sarebbero stati - secondo l’accusa -
falsificati. Per esempio sostituendo i codici e correggendo ove possibile i
certificati di analisi. Ma Rosato e D’Auria, sempre secondo il pm di Grosseto,
avrebbero anche realizzato a Servola «plurime discariche non autorizzate
destinate allo smaltimento di rifiuti solidi pericolosi e di rifiuti non
pericolosi effettuando le opere necessarie come spianamento, sistemazione e
perimentazione del terreno e successivamente depositando direttamente sul
terreno non impermeabilizzato e compattando circa 370mila tonnellate di rifiuti
pericolosi e non pericolosi all’interno della Ferriera».
Nell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Rosato, D’Auria e Palcini si
parla infatti di «stoccaggio» oltre che «trasporto, importazione, esportazione,
smaltimento e gestione abusiva», ma anche di «attività non consentita di
miscelazione di categorie diverse di rifiuti».
IL BUSINESS Come detto l’epicentro del terremoto è in Maremma, negli uffici
follonichesi della Agrideco, la società di intermediazione che dal 1991 lavora
con i grandi gruppi industriali italiani. È lì che si gestiva il business. Dalle
indagini è emerso che alla società veniva commissionato lo smaltimento dei
rifiuti in mezza Italia. I lavori venivano eseguiti molto spesso attraverso un
impianto di trattamento che si avvaleva di produttori, trasportatori, laboratori
di analisi, impianti di trattamento, siti di ripristino ambientale e discariche,
per coordinare i flussi.
ACCUSE Per i vertici dell’Agrideco le ipotesi di reato sono associazione a
delinquere per il traffico illecito di rifiuti, gestione non autorizzata di
rifiuti, falsità in registri e notificazioni, falsità ideologica commessa dal
privato in atto pubblico. Accuse pesanti come macigni. Ma Stefano Rosi, 50 anni,
originario di Viareggio e abitante a Donoratico, e Luca Tronconi, 45 anni, di
Roccastrada, presidente e vice dell’intermediaria dei rifiuti, devono rispondere
anche di omicidio colposo e lesioni personali in merito a un infortunio sul
lavoro avvenuto in un deposito di Follonica in cui morì un operaio per
un’esplosione. Stava schiacciando con un «ragno» una montagna di bombolette
spray vuote.
L’indagine ha colpito pure il gruppo Marcegaglia. Due dirigenti sono finiti ai
domicliari, indagato anche Steno Marcegaglia, fondatore del gruppo e padre di
Emma, presidente della Confindustria.
INTERROGATORI Oggi sia a Grosseto che a Trieste (per rogatoria) inizieranno gli
interrogatori di garanzia. Rosato, D’Auria e Palcini saranno sentiti dal
presidente del gip Raffaele Morvay. I primi due sono assistiti dagli avvocati
Giovanni Borgna e Michele Bontempi, il terzo dall’avvocato Paolo Pacileo.
CORRADO BARBACINI
«Servola, nodo inquietante - E Dipiazza resta in
silenzio» - Racovelli (Verdi): da Illy a oggi un mix di omertà e complicità
istituzionale
«L’iniziativa della Procura di Grosseto getta ancora una
volta una luce inquietante sul ruolo che questo impianto determina sulla salute
dei lavoratori e dei cittadini e sullo sviluppo del nostro territorio». Scrive
così sulla vicenda Ferriera Alfredo Racovelli, consigliere comunale dei Verdi.
«In questi anni - incalza - i Verdi hanno presentato esposti presso la Procura
in merito allo sversamento degli olii derivanti dalle produzioni e smaltiti con
discariche abusive all’interno della fabbrica e alla modifica del tratto di
costa avvenuto in decenni di scarichi in mare». E poi lo scorso primo febbraio
«il consiglio comunale all’unanimità dava mandato al sindaco di richiedere alla
Regione l’immediata convocazione della Conferenza dei Servizi per la revisione
dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), la ristrutturazione della rete
di monitoraggio sull’inquinamento atmosferico, oltre alla richiesta di accesso
allo stabilimento di Servola della commissione Trasparenza, a seguito della
diffusione di tonnellate di gas composto da inquinanti cancerogeni dai camini
della cokeria. Richiesta di accesso che Rosato - ricorda Racovelli - aveva
rifiutato per “impegni improrogabili già precedentemente programmati”».
Nessun «compiacimento per gli arresti», sottolinea Racovelli: che però come
consigliere comunale vuole «richiamare il sindaco alle sue funzioni di primo
cittadino e ufficiale sanitario della comunità triestina, che non ha ancora
compiuto alcuna iniziativa istituzionale riguardo all’impegno che il consiglio
comunale ha espresso in maniera chiara e categorica». Il «silenzio» di Roberto
Dipiazza, aggiunge Racovelli, «rischia di reiterare quel micidiale mix di omertà
e complicità istituzionale diffusa, che ha permesso alla Lucchini di ottenere
dalla giunta Illy l’Aia nel dicembre del 2007 assieme alla più recente
autorizzazione demaniale prorogata fino al 2013 senza alcuna prescrizione di
carattere ambientale». Le accuse che hanno determinato l’arresto dei dirigenti
della Ferriera «a quanto pare - scrive ancora Racovelli - riconducono a pesanti
responsabilità». Rimane da capire «se gli amministratori locali e regionali, a
commento di quanto successo, ancora una volta parleranno in maniera generica di
impegni istituzionali o se, per la prima volta, tali impegni saranno sostenuti
da un percorso di riconversione trasparente e partecipato.
FERRIERA - Circolo Miani: c’era un continuo viavai di
camion pieni di fanghi - «Ma nel 2000 la nostra denuncia sparì»
«Intervenuta la magistratura toscana, quella triestina
poteva farlo dieci anni fa»
«L’avevamo denunciato alla Procura di Trieste già undici anni fa, ma il
nostro esposto è sparito». Con una buona dose di rabbia Maurizio Fogar del
Circolo Miani ha commentato ieri gli arresti in particolare di Francesco Rosato
amministratore delegato della Lucchini e di Francesco D’Auria responsabile dei
settori Ecologia e Ambiente della Ferriera di Servola. «Perché la magistratura
di Grosseto si è mossa e quella di Trieste che poteva agire già dieci anni fa
non l’ha fatto?», la domanda che ha posto Fogar.
Ecco cosa si diceva nell’esposto fatto in Procura l’8 giugno 2000 che ne
integrava uno addirittura precedente, del primo ottobre 1999, firmato da
Ferruccio Diminich segretario del Circolo Miani e da Romano Pezzetta portavoce
del Comitato ”Servola respira”, ma sottoscritto anche da 2.356 cittadini. «Da
alcuni giorni, ripetutamente, è stato visto un camion giallo fare la spola tra
la Ferriera di Servola, uscita Scalo Legnami, e l’area del costruendo centro
commerciale ”Torri d’Europa”. In tale cantiere, in cui opera la ditta Duino
Scavi il camion è stato notato perché, contrariamente a tutti gli altri mezzi
che entravano vuoti per uscire pieni (ovvero trasportando la terra, i calcinacci
e il pietrisco di sbancamento alle discariche), questo entrava pieno e usciva
vuoto. Il pesante automezzo scaricava sui cumuli del materiale di risulta del
cantiere pietrame, terriccio e fango di colore nero che veniva prontamente
mescolato da un escavatore con i cumuli di terra e pietrame preesistenti. Poi
veniva ricaricato assieme al materiale prodotto dai lavori di cantiere e portato
in discarica».
«C’era un continuo via vai - hanno puntualizzato Fogar e Pezzetta - di camion
che uscivano dalla Ferriera pieni dei fanghi di lavorazione che venivano
prontamente impastati con la terra normale e trasportati dalla Duino Scavi a
discariche per rifiuti non pericolosi. Ma anche, proprio in quel periodo - hanno
aggiunto - avveniva l’innalzamento della collinetta artificiale posta a lato
dello Scalo Legnami, area interrata abusivamente e trasformata in discarica,
sempre abusiva, di rifiuti giudicati anche con il sequestro dell’area nel
settembre 2008 da parte della Procura di Trieste, altamente tossici». Secondo il
Circolo Miani la Ferriera avrebbe interrato abusivamente un’area pari a otto
campi di calcio con materiali tossici che avrebbero provocato anche gravi
sversamenti in mare e sarebbero stati inoltre depositati anche pezzi d’amianto.
«Dov’erano - ha chiesto Fogar - dal 1999 e dove sono anche oggi l’Azienda
sanitaria, l’Arpa, la Medicina del lavoro. Cosa fanno la Regione e la Provincia?
La Conferenza dei servizi non si riunisce più per il semplice fatto che non
appena lo fa deve negare l’Autorizzazione integrata ambientale e Servola chiude.
In base alla nuova legge, entrata in vigore quest’anno bastano 20 sforamenti,
rispetto ai 35 necessari fino all’anno scorso, per decretare la chiusura dello
stabilimento. Non vorrei sbagliarmi - ha concluso Fogar - ma i 20 sforamenti
sono già avvenuti. Abbia coraggio il sindaco Dipiazza, com’è del resto suo
dovere, di far chiudere la Ferriera».
(s.m)
«Malattie da amianto, il peggio deve arrivare» - Picco
tra il 2015 e il 2020. Scalo legnami, 100mila metri quadri di eternit: solo un
quarto rimosso quest’anno
Melato: Trieste e Gorizia maglia nera in Italia assieme
a Genova e La Spezia - La commissione: ancora presenti infinite quantità di
materiale disperse in piccoli depositi
I giudici: per lavorare ci serve più aiuto dall’Azienda sanitaria
«Ogni anno in regione circa 60 persone muoiono di mesotelioma della pleura:
considerando che nel 2008 i morti di infortunio sul lavoro sono stati 30, ci si
rende conto della strage che ci troviamo ad affrontare». Così il presidente
della Commissione amianto Mauro Melato ha aperto la quarta Conferenza regionale
sull’amianto in Friuli Venezia Giulia. Numerosi relatori hanno affrontato il
problema nelle articolazioni sanitarie, ambientali, giuridiche. «In regione sono
ancora presenti infinite quantità di questo materiale – così Melato – perlopiù
disperse in piccoli depositi».
Enrico Bullian, componente della commissione amianto, si è concentrato sulla
bonifica dei siti contaminati: «Tra 2001 e 2008 i piani di lavoro regionali
hanno registrato un aumento continuo degli interventi – ha detto -, passando
dalle poche centinaia degli anni ’90 ai 2631 di due anni fa». Bullian ha
indicato l’esempio del progetto di microraccolta per privati portato avanti
dalla Provincia di Gorizia: «Gorizia è all’avanguardia nel settore – ha spiegato
Bullian – mentre a Trieste il progetto è agli inizi: la Provincia registra un
basso numero di domande d’intervento da parte dei privati». Bullian ha poi
sottolineato l’esistenza di diversi casi di grave inquinamento: in provincia di
Trieste l’ex raffineria Aquila e lo Scalo legnami di Servola. «Per l’ex
raffineria Teseco ha già provveduto a una bonifica consistente tra 2006 e 2008 –
ha detto Bullian – sebbene permanga una contaminazione nelle coibentazioni e nel
terreno. Lo scalo versa invece in condizioni gravissime, con 100mila metri
quadri di eternit, di cui solo un quarto verrà rimosso nel 2010».
Giorgio Matassi, di Arpa Fvg, ha delineato le proporzioni del problema: «Abbiamo
censito oltre un milione di metri quadri in regione». Anche le conseguenze
sanitarie sono in continua crescita, secondo gli studiosi il picco delle
malattie correlate arriverà nel 2015-2020: «Nel frattempo Trieste e Gorizia sono
le province con la maglia nera in Italia – ha commentato Melato – assieme a
Genova e La Spezia». Maria Giovanna Munafò, membro della commissione e tra gli
organizzatori della sorveglianza sanitaria regionale, ha riportato i dati sugli
esposti: «In regione abbiamo 8400 iscritti al registro degli esposti amianto, di
cui 5032 per motivi professionali. Di questi i cittadini della provincia di
Trieste sono 2877, i goriziani 1321».
Ne consegue la diffusione delle malattie asbesto-correlate: «Il problema dei
mesoteliomi è importantissimo nella zona costiera – ha affermato la responsabile
del registro mesoteliomi Renata De Zotti – e l’andamento dei dati non accenna a
una riduzione dei casi col passare degli anni». I procuratori capo dei tribunali
di Gorizia e Trieste, Caterina Ajello e Michele Dalla Costa, hanno esposto il
versante giuridico del “dramma amianto”: «Per fare il nostro lavoro – ha detto
Ajello – abbiamo bisogno di più aiuto dall’Azienda sanitaria. Queste indagini
non possono essere condotte solo dalle forze dell’ordine, serve personale
specializzato che solo l’Azienda ci può fornire». Proprio per superare le
difficoltà prodotta dalla differenziazione delle banche dati esistenti,
l’assessore regionale alla Salute Vladimir Kosic intende avviare un tavolo di
lavoro per valutare la situazione dell’archiviazione informatica delle
informazioni. A sua volta l’assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen,
sottolineando l’importanza di un coordinamento interassessorati sul tema, ha
proposto la creazione di un database per il confronto dei dati relativi ad
aziende e lavoratori che già nel 2007 aveva coinvolto più enti.
GIOVANNI TOMASIN
AMIANTO - «Smaltimento, fibre innocue se riscaldate a
900 gradi» - «Censiti 67 siti di abbandono abusivo, comparso un
canale di smaltimento illecito diretto in Slovenia»
Rilanciato un progetto varato dall’Università negli
anni Novanta: «La discarica di Porcia non basta»
«Il futuro dello smaltimento dell’amianto non è soltanto nelle discariche ma
soprattutto nell’inertizzazione termica». È la proposta lanciata ieri dalla
Commissione amianto regionale tramite l’intervento dell’ingegnere Renzo Simoni
sullo smaltimento dei rifiuti d’amianto in Friuli Venezia Giulia. «La
destinazione finale dei rifiuti è un problema che si fa sentire sempre più
questa regione – ha detto Simoni –: soltanto tra 2008 e 2009 sono stati censiti
67 siti d’abbandono abusivo e dobbiamo anche registrare la comparsa di un nuovo
canale illecito di smaltimento diretto verso la Slovenia».
Per approdare a una soluzione in un simile scenario, ha proseguito l’ingegnere,
le soluzioni vanno cercate in un maggiore controllo ma anche nelle risposte
fornite dalla ricerca: «La costruzione della discarica di Porcia è stato un
primo e importante passo in avanti – ha spiegato – si tratta di una struttura
utile e sicura, ma a lungo termine non sarà sufficiente». Le discariche infatti
sono altamente impopolari e condannano il terreno su cui sorgono a essere
improduttivo per il futuro. Da questa constatazione parte la soluzione proposta
dalla commissione: «Negli anni ’90 l’Università di Trieste studiò un innovativo
trattamento termico delle fibre di amianto – ha affermato Simoni –, che se
riscaldate a 800-900 gradi perdono la fibrosità ed entrano in una fase
cristallina innocua».
Nell’ultimo decennio l’ateneo di Reggio Emilia ha progettato e brevettato un
processo termico di smaltimento industriale basato proprio su questo principio:
«Il materiale non viene né fuso né bruciato – ha assicurato l’ingegnere -,
vengono bruciati soltanto i sacchi: il materiale cristallino può invece venir
reimpiegato nel settore industriale». Secondo la commissione uno studio sui
parametri di sicurezza ambientale di questo processo aprirebbe la strada alla
realizzazione di un impianto che potrebbe venire utilizzato anche da regioni e
stati limitrofi. «Il tutto senza abbandonare la discarica – ha concluso Simoni –
che continuerebbe a stoccare il materiale necessario a garantire anche
continuità all’attività dell’impianto».
«I rifiuti d’amianto prodotti delle bonifiche vanno messi da qualche parte – ha
commentato il presidente Mauro Melato – e la discarica di Porcia è necessaria in
questo senso: d’altra parte non costituisce una soluzione definitiva, poiché
crea un “buco nero” nel territorio in cui viene realizzata. Ecco perché abbiamo
affrontato ipotesi alternative per l’inertizzazione del materiale».
(g. t.)
Tondo: non ci saranno centrali in Fvg - Il governatore:
le caratteristiche del territorio sono un ostacolo. E ribadisce il sì a Krsko
TRIESTE «Ho fondate informazioni che le caratteristiche
del nostro territorio sono tali da escludere centrali in Friuli Venezia Giulia».
Con queste parole, pronunciate davanti alla IV Commissione consiliare, il
presidente Renzo Tondo allontana l’ipotesi della realizzazione di un impianto
nucleare in regione. Il governatore ha ribadito la volontà di intervenire,
insieme al governo, sulla realizzazione di un secondo reattore nella vicina
centrale di Krsko. E davanti alle sollecitazioni dell’opposizione, che chiedeva
un no secco all’ipotesi di una centrale in Friuli Venezia Giulia e in
particolare a Monfalcone, Tondo ha preferito evitare «di dire un no che farebbe
perdere di credibilità l’ipotesi Krsko, facendo pensare che intendiamo
semplicemente spostare l’attenzione per non avere impianti sul nostro
territorio. Tuttavia faccio presente che ad oggi non ci sono atti ufficiali in
questo senso». Il presidente ha rivendicato il fatto che «l’idea di investire su
Krsko l’ho avuta ben prima che il governo esprimesse la sua posizione sul
nucleare che peraltro condivido» e ha sottolineato come da parte slovena «non
c’è stata alcuna presa di posizione, né favorevole né contraria, e quindi è il
caso di insistere su quella strada». Tondo si è detto «non contrario a nessuna
fonte di energia» ma ha invitato a non illudersi sulle potenzialità delle fonti
rinnovabili. «Non possiamo pensare che la questione energetica si possa
risolvere solo con l’eolico e il fotovoltaico».
Dall’opposizione Gianfranco Moretton, capogruppo del Pd, «incalza il presidente
perché si pronunci con chiarezza sulla contrarietà alla realizzazione di una
centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia», ricordando come «il territorio
regionale abbia già pagato un prezzo altissimo in termini ambientali e di
ricadute negative per la salute dell'uomo: ci sono, infatti, ben due siti
inquinati di rilevanza nazionale, Marano-Grado e Trieste, troppi impianti
inquinanti, e un livello di sismicità così elevato che sconsiglia
categoricamente l'individuazione di un sito per centrali nucleari». Moretton,
così come il capogruppo di Idv, Alessandro Corazza, si dice contrario anche alla
partecipazione al raddoppio di Krsko, «centrale obsoleta di seconda
generazione». Pietro Colussi e Stefano Alunni Barbarossa (Cittadini) chiedono
«di aggiornare il piano regionale dell’energia di verificare il fabbisogno del
Friuli Venezia Giulia, di ragionare su quali sono le altri fonti utilizzabili.
Il nucleare è una scorciatoia, bisogna fare un grande sforzo per creare una
cultura imperniata sul risparmio energetico e incentivare le fonti rinnovabili».
Stefano Pustetto (Sd) si chiede «che fine farebbero le scorie nucleari in caso
di centrale in regione». Daniele Galasso, capogruppo del Pdl, invita a «non dire
mezze verità. Le fonti rinnovabili sono meno dell’1% dell’energia prodotta,
possiamo portarla al massimo al 2-3%». Galasso non nasconde che «il nucleare
comporta anche dei rischi ma anche l’aspirina ha le sue controindicazioni».
ROBERTO URIZIO
NUCLEARE - La Serracchiani: il presidente deve dire
forte e chiaro che non vuole l’impianto
TRIESTE «Le scelte di chi governa devono essere
riconoscibili. E quindi, se il presidente Renzo Tondo non vuole una centrale
nucleare sul territorio del Friuli Venezia Giulia, deve dirlo forte e chiaro».
Lo afferma Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd nonché eurodeputata,
contestando il fatto che Tondo dichiari di «non accettare di essere posto
davanti all’affermazione sì o no nucleare». Serracchiani, a stretto giro di
posta, ribatte: «Non basta sperare che siano le caratteristiche del territorio
della regione a metterci al riparo. Il testo approvato in Consiglio dei ministri
ci dice che in ogni momento continua a pendere sul territorio la minaccia del
decreto del presidente del Consiglio sostitutivo di una mancata intesa con gli
enti locali».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 febbraio 2010
Rifiuti pericolosi, arrestato il direttore della
Ferriera - Discarica abusiva nello stabilimento, ai domiciliari Francesco Rosato
e un altro dirigente
Francesco Rosato, 40 anni, direttore della Ferriera di
Servola, Vincenzo D’Auria, 47 anni, responsabile dei settori ecologia e ambiente
dello stesso stabilimento e Walter Palcini, 58 anni, responsabile locale della
società Restalia che opera all’interno della Ferriera, sono stati arrestati dai
carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) per ordine del Gip di Grosseto
Pietro Molino su richiesta del pm Alessandro Leopizzi. Da ieri mattina sono ai
”domiciliari”, accusati a vario titolo di concorso in traffico illecito di
rifiuti.
In particolare Rosato e D’Auria, secondo gli accertamenti dei militari,
avrebbero disposto e consentito lo smaltimento di una parte dei rifiuti
pericolosi dello stabilimento classificandoli al contrario come ”normali”,
mentre - riporta una nota degli stessi carabinieri del Noe - la gran parte dei
fanghi «venivano stoccati all’interno dell’acciaieria, realizzando vere e
proprie discariche abusive. I vari tipi di rifiuti prodotti venivano miscelati
tra loro al fine di abbassarne i parametri di pericolosità e, attraverso
campionamenti non rappresentativi e la compiacenza di intermediari, venivano
inviati a impianti non idonei a riceverli. Tutto questo con lo scopo di
risparmiare notevolmente sui costi di smaltimento finale». Gli impianti «non
idonei» ai quali si riferisce il Noe sono situati appunto in provincia di
Grosseto, la cui Procura ha disposto gli arresti. Oltre che trasformare un’area
della Ferriera in discarica abusiva i tre, ciascuno nel proprio ruolo, avrebbero
infatti consentito che parte dei rifiuti pericolosi fosse trasportata in Toscana
grazie a documenti ”aggiustati” per fare in modo che lì fossero smaltiti, dopo
essere stati classificati come ”normali”. Sotto la lente del Noe è finita anche
la vasca delle dimensioni di 100 metri quadri, e profonda 10 metri, che si trova
vicino all’impianto di depurazione della Ferriera. Una ”piscina” in cui venivano
mixati rifiuti normali con quelli pericolosi.
Nell’ambito della stessa indagine sono state arrestate, sempre su ordine del gip
di Grosseto, altre dodici persone di cui sei finite in carcere. Tra gli indagati
(una sessantina) compaiono i nomi di Steno Marcegaglia, padre di Emma
(quest’ultima presidente della Confindustria) e fondatore dell’acciaieria
Marcegaglia spa; ma anche dell’ex direttore della Ferriera, Mauro Bragagni.
A Rosato il provvedimento di custodia cautelare è stato notificato dai militari
del Noe all’interno dello stabilimento siderurgico di Piombino, dove si trovava
ieri mattina per una serie di riunioni tecniche. Contestualmente i carabinieri
hanno perquisito il suo ufficio a Servola e anche l’abitazione. Gli altri due
triestini sono stati arrestati verso le 7 nelle rispettive abitazioni, poco
prima di andare al lavoro.
L’indagine della Procura di Grosseto si è estesa in mezza Italia: nel mirino
aziende e strutture industriali e di smaltimento nelle province di Bergamo,
Caserta, Livorno, Milano, Mantova, Padova, Pisa, Ravenna e Trento.
L’inchiesta ha preso il via dallo stralcio di un fascicolo aperto dalla
magistratura di Napoli sulla movimentazione dei rifiuti tossici e pericolosi
prodotti dalla bonifica del sito contaminato di Bagnoli. È emerso che lo
smaltimento di una buona parte dei fanghi tossici veniva effettuato grazie
all’intermediazione dell’Agrideco, un’azienda che ha sede a Follonica e un
impianto a Scarlino, in provincia di Grosseto, e che possiede anche un impianto
di trattamento. Come si legge in una nota dei carabinieri, la Agrideco
«avvalendosi di produttori, trasportatori, laboratori di analisi, siti di
ripristino ambientale e discariche, regolava e gestiva i flussi dei rifiuti
attraverso una sistematica falsificazione dei certificati di analisi, dei
formulari e dei registri di carico». L’azienda di Follonica era autorizzata al
trattamento di rifiuti non pericolosi, ma dall'indagine è appunto emerso che nel
proprio impianto gestiva illecitamente anche quelli pericolosi, tra i quali
grossi quantitativi di bombolette spray. Proprio in quell’impianto, il 26 giugno
2008, un'esplosione provocò la morte di un operaio e il ferimento grave di un
altro.
Dalle stesse indagini è emerso anche che l'impianto di Scarlino veniva
utilizzato per smaltire illecitamente un altro tipo di rifiuti pericolosi,
costituiti principalmente da terre e rocce provenienti dalle bonifiche di
distributori di carburante. Un trucco documentale per abbassare il grado di
pericolosità delle sostanze che così potevano essere smaltite ”regolarmente” e a
costi appunto molto bassi.
CORRADO BARBACINI
«Solo un grosso equivoco» - Borgna: già ottenuto da
tempo il dissequestro dell’area
La notizia dell’arresto dei vertici della Ferriera è
arrivata a Trieste come un fulmine a ciel sereno. «Prendiamo atto di quello che
è accaduto, ma riteniamo si tratti di un grosso equivoco», dichiara l’avvocato
Giovanni Borgna che tutela assieme all’avvocato Michele Bontempi la Lucchini
Serverstal e in particolare il direttore della Ferriera e il responsabile del
settore ecologia e ambiente.
Intanto in una nota la stessa Lucchini Severstal comunica - «che la prescrizione
(l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del direttore Francesco Rosato
e del responsabile del settore ecologia Vincenzo D’Auria, ndr)) si riferisce a
un’indagine avviata alcuni mesi fa dai carabinieri del Noe di Grosseto su tutto
il territorio nazionale ed è in relazione a un ipotetico traffico illecito di
rifiuti che coinvolge numerose industrie italiane».
Borgna aggiunge secco: «Ci mettiamo a disposizione della Procura di Grosseto, e
segnaliamo che riguardo alla gestione di materiali residui all’interno dello
stabilimento esiste già un confronto aperto con la Procura della Repubblica di
Trieste nell’ambito di un fascicolo pendente in questo Tribunale. E in questo
ambito è stato a suo tempo ottenuto un provvedimento di dissequestro». Una
precisazione che vuole chiarire l’ipotesi accusatoria della Procura di Grosseto
secondo la quale i rifiuti pericolosi sarebbero stati stoccati anche nello
stabilimento di Servola. L’area cui fa riferimento Borgna appartiene al Demanio
marittimo ed era stata utilizzata già molti anni fa. Vi sono accumulate
attrezzature industriali fuori uso e carcasse di camion; ma anche bidoni di
vernici, scarti di lavorazione, manufatti in cemento armato e motori ridotti in
pezzi. Sono tre enormi colline alte più di 15 metri che nascondono al loro
interno altri rifiuti come carbone, minerali di ferro e avri materiali.
Quest’area ubicata nella zona nord dello stabilimento erano state sequestrate
nel maggio del 2008 dal pm Federico Frezza e poi era appunto stata
dissequestrata.
Ma torniamo alla nota della Lucchini: «Attraverso i legali è stata fatta istanza
di riesamina del provvedimento» nei confronti di Rosato e D’Auria». La stessa
società si dichiara «certa della assoluta estraneità dei suoi dirigenti
coinvolti, loro malgrado, in un’indagine che chiama direttamente in causa
aziende regolarmente autorizzate, alle quali la Lucchini e numerose altre
imprese italiane hanno affidato i servizi di smaltimento dei rifiuti».
Inoltre, la Lucchini «smentisce che vi siano altri collegamenti con l’attività
produttiva dello stabilimento di Servola e precisa che ulteriori notizie
pervenute agli organi d’informazione sono del tutto infondate».
L’altro arrestato di Trieste Walter Palcini si è affidato alla difesa d’ufficio
dell’avvocato Manuela Spagnoli di Grosseto che non ha voluto rilasciare
dichiarazioni. «Non ho ancora letto l’ordinanza», ha dichiarato ieri sera.
(c.b.)
In silenzio le istituzioni, preoccupati gli operai -
DIPIAZZA: «VICENDA COMPLICATA». LE RSU: «UN’ALTRA TEGOLA»
Il gelo delle istituzioni, la prudenza delle
organizzazioni sindacali. Sono tutti improntati alla massima cautela i commenti
rilasciati dai protagonisti della politica e del mondo del lavoro a poche ore
dalla diffusione della notizia dell’arresto di Francesco Rosato e Vincenzo D’Auria.
«La situazione è molto complicata - taglia corto il sindaco Roberto Dipiazza -.
Non mi sento però di commentarla. Attendo di vedere come si muoveranno i
giudici». «Siamo di fronte a una vicenda particolarmente spiacevole - aggiunge
Maria Teresa Bassa Poropat -. Non può lasciare indifferenti il quadro che sta
emergendo, indipendemente dal fatto che riguardi la Ferriera o qualche altro
stabilimento. Mi sembra fuori luogo però fare dichiarazioni senza avere
l’evidenza dei fatti».
Più accesa la reazione dei sindacati, che scelgono comunque di non entrare nel
merito. «Ogni giorno una tegola nuova - commenta Franco Palman, Rsu - Uil della
Ferriera -. Prima il guasto alla cokeria, poi la possibile uscita di scena della
Severstal, adesso gli arresti. Quest’ultima sorpresa proprio non ci voleva.
Siamo rimasti letteralmente sbalorditi. Di più però non intendo dire: ogni
valutazione potrebbe essere pericolosa per il futuro dello stabilimento e le
prospettive dei lavoratori».
«La situazione è ancora troppo fluida e incerta per fare commenti - osserva
Umberto Salvaneschi -. Certo è inconsueto che un direttore di stabilimento
finisca in arresto. Ma proprio perché abbiamo di fronte una situazione
estremamente delicata e difficile riteniamo doveroso evitare qualsiasi
valutazione. Enfatizzare l’accaduto o demonizzare i vertici dell’azienda, in
questa fase, è del tutto fuori luogo».
A suscitare maggior sorpresa tra lavoratori e sindacalisti è stata in
particolare la durezza del provvedimento a carico di Rosato. «Ci ha colpito
molto la scelta dei domiciliari - commenta Enzo Timeo della Uilm -. Scelta che
non viene fatta nemmeno quando si verificano all’interno di stabilimenti
industriali incidenti gravi per i quali un direttore ha comunque grandi
responsabilità. Se è arrivata a prendere questa decisione, comunque la
magistratura avrà un quadro già ben delineato. Detto questo, rimane il
dispiacere e la volontà di fare chiarezza al più presto sulle responsabilità.
Oltre però - continua Timeo - non è il caso di spingersi. Tenere un basso
profilo sulla vicenda è doveroso, specie per evitare che tra gli operai si
creino inutili allarmismi».
Indicazione, questa, pienamente condivisa anche dal segretario provinciale della
Cgil, che peraltro sposta il tiro su un altro fronte ”caldo”: la vendita da
parte di Severstal delle quote del gruppo Lucchini. «L’arresto di Rosato e D’Auria
è indubbiamente un episodio che lascia sbigottiti - precisa Adriano Sincovich -.
È però un episodio che non avrà ripercussioni immediate e profonde sulla vita
dello stabilimento come la modifica dell’assetto societario che sembra
profilarsi. Francamente è su quest’ultima che, come rappresentante del mondo del
lavoro, mi sento attualmente di esprimere le maggiori preoccupazioni».
(m.r.)
Impianti di Servola e Piombino Severstal cerca un
compratore - Il colosso russo detiene oggi l’80% del gruppo
bresciano: potrebbe vendere a una cordata tra fondi internazionali
Il gruppo dell’acciaio russo Severstal sta cercando un
compratore per le acciaierie italiane (Piombino e la stessa Servola) acquisite
meno di cinque anni fa. La conglomerata dell’acciaio di Cherepovets, centro
industriale nella Russia nord occidentale, ha in corso trattative con diversi
possibili investitori e un accordo di cessione non sarebbe troppo lontano.
Severstal ha il 79,82% della Lucchini e potrebbe cedere l'intera quota o la
maggioranza. La quota restante della Lucchini fa tutt'ora capo alla famiglia
bresciana.
La vendita della quota di partecipazione nelle attività europee della Oao
Severstal a un partner strategico è «un'opzione possibile», hanno dichiarato di
recente fonti ufficiali della Severstal, leader a livello mondiale nel settore
dell'acciaio e delle materie prime.
La società italiana è organizzata in due divisioni: Lucchini Piombino (Livorno)
e Lucchini Ascometal (Les Dunes, in Francia). Il dossier sarebbe in uno stato
ben più avanzato di una semplice valutazione. Severstal ha già assegnato un
mandato di advisor per la cessione a Deutsche Bank, secondo quanto filtrato da
fonti vicine al dossier, e la partita sta vivendo un'accelerazione.
Fra i possibili acquirenti si parla dei cinesi di Baosteel che però hanno
smentito. A Piombino si crede anche all'ipotesi di una cordata tra i fondi
internazionali del private equity. Sembrerebbe invece difficile pensare a un
ritorno della famiglia fondatrice, che ne aveva ceduto il controllo cinque anni
fa, anche perché gli ultimi segnali vanno nella direzione opposta.
Nell'aprile del 2007 la famiglia bresciana ha riacquistato il 100% della
Lucchini Sidermeccanica (oggi Lucchini RS) pagandola con parte della propria
quota nel gruppo siderurgico e scendendo alla partecipazione attuale del 20,18%.
Severstal è intenzionata a concentrare la propria attività verso la Russia e il
Sud-Est asiatico e potrebbe cercare di fare il punto sulla cessione Lucchini già
prima del 9 marzo, quando presenterà i risultati di un 2009 che si preannuncia
fortemente appesantito dalla crisi globale.
Sul caso, seguito con grande apprensione dagli operai dello stabilimento di
Servola e dalle organizzazioni sindacali, si è fatto sentire negli ultimi giorni
anche il governo. Le prospettive del gruppo siderurgico russo saranno al centro
di un «esame approfondito» nel corso di una riunione convocata al ministero
dello Sviluppo economico per mercoledì 17 febbraio.
In una nota il ministro Claudio Scajola ha sottolineato la necessità di
«salvaguardare il rilevante patrimonio industriale e occupazionale» costituito
dalle aziende del gruppo. Severstal ha acquistato il controllo della Lucchini
nell'aprile del 2005 e nel 2008 ha realizzato il 15% dei propri utili grazie
all'unità italiana. Con la crisi la divisione europea del gruppo che fa capo
all'oligarca Alexei Mordashov ha segnato però un sensibile deterioramento della
redditività. I russi vendono perché appesantiti dai debiti (intorno ai cinque
miliardi di euro complessivi) e dal calo della domanda globale. Nei primi nove
mesi del 2009 gli utili in particolare della Lucchini sono scesi a 1,2 miliardi
di dollari, rispetto ai 3,3 miliardi dello stesso periodo del 2008.
COMUNICATO STAMPA GREENACTION TRANSNATIONAL - MERCOLEDI', 10 febbraio 2010
TRIESTE: ALTRE FALSIFICAZIONI ATTORNO AL
RIGASSIFICATORE
Alpe Adria Green presenta in conferenza stampa nuovi
documenti giudiziari Alpe Adria Green ha già denunciato e documentato
all'opinione pubblica e alle autorità nazionali ed europee la pericolosità del
terminale di rigassificazione della società spagnola gas Natural che le autorità
italiane vorrebbero realizzare nel porto industriale della città di Trieste.
Un incidente o attentato causerebbe un numero elevatissimo di vittime e la
devastazione parziale di aree abitate, del porto e del terminale dell'oleodotto
transalpino (TAL) che rifornisce l'Europa centrale.
Il rischio (ora confermato anche dall’incidente di Middletown negli USA) è
accresciuto dalla vicinanza di altri impianti industriali pericolosi che
potrebbero incendiarsi ed esplodere a catena (effetto domino) e per i quali le
autorità italiane non hanno mai predisposto i piani di emergenza e di
informazione pubblica previsti dalle norme europee e nazionali.
Una recente indagine della magistratura triestina, svolta dagli investigatori
della Guardia di Finanza, ha già fornito le prove che il progetto del
rigassificatore approvato dalle autorità italiane ha nascosto o minimizzato
questa situazione di pericolo.
Ora un'altra indagine giudiziaria, svolta dalla Divisione Investigazioni
Generali Operazioni Speciali della Polizia di Stato italiana, ha fornito le
prove che durante la preparazione del progetto del rigassificatore (2004-2006)
la sua pericolosità è stata nascosta anche falsificando le previsioni dei rischi
di incidente dell'impianto industriale più vicino.
Si tratta di un terminale per navi cisterna da 30.000 tn con tank farm di 67.000
mq della società DCT-Depositi Costieri Trieste, che immagazzina in vecchi
serbatoi fuori terra circa 51.000 tn di gasolio con una capacità massima di
circa 65.000 tn; i suoi documenti segnalano come impianti a rischio più vicini
il terminale dell'oleodotto, la ferriera di Servola, la fabbrica di ossigeno
Linde, lo stadio e il palazzo dello sport.
La dichiarazione di rischio originaria (doc. 1) prevedeva nel 2000 come
incidente maggiore l'incendio dei serbatoi di gasolio, con esplosioni, incendi e
pericolo per le persone sino allo stadio e al palazzo dello sport, e come
incidenti minori possibili perdite di gasolio in mare nel travaso dalle navi.
Nelle previsioni di rischio del 2004 (doc. 2) e 2006 (doc. 3) , durante la
progettazione del rigassificatore, vengono invece menzionati soltanto i
possibili sversamenti in mare, nascondendo completamente i pericoli maggiori per
la popolazione.
Si tratta di una falsificazione evidente del rischio, che è stata egualmente
ricevuta e approvata dalle stesse autorità responsabili della valutazione del
rigassificatore: Ministero dell'Ambiente, Regione, Provincia, Comune di Trieste,
Vigili del Fuoco.
Appare perciò significativo il fatto che il progetto del rigassificatore
presenti anche cartografie dove la tank farm pericolosa non esiste o i serbatoi
del rigassificatore sono costruiti a distanze differenti da essa (doc. 4 -
analisi tecnica, pag. 17 e 45) .
Dai nuovi documenti giudiziari risultano inoltre sottostimati i rischi dei due
impianti più pericolosi adiacenti alla tank farm: Linde e ferriera di Servola,
che sono ancora più vicini ad aree densamente abitate. La Ferriera di Servola
viene addirittura esclusa dalla pianificazione delle emergenze esterne.
I serbatoi della Linde (doc. 5) contengono 1866 tn di ossigeno, che in caso di
fuoriuscita forma una nube che facilita l'accensione violenta anche di sostanze
poco combustibili, con rischio conseguente di incendi ed esplosioni
potenzialmente devastanti. Ma la previsione di rischio ufficiale riguarda,
inspiegabilmente, solo piccole perdite casuali, senza considerare né l'effetto
domino, né la possibilità di attentati.
Per la ferriera di Servola (doc. 6) le previsioni di rischio riguardano il
rilascio tossico, l'incendio e l'esplosione di gas di cockeria, gas d'altoforno,
gas metanato, metano, fumi di combustione, la rottura catastrofica del gasometro
del gas coke ed il rilascio tossico ed incendio di gasolio. La ferriera si trova
a 150-300 metri dalle abitazioni più vicine, ma le autorità hanno accettato la
dichiarazione che il pericolo riguarderebbe solo l'interno degli impianti.
Questi nuovi documenti confermano che il progetto di rigassificatore di Gas
Natural nel porto industriale di Trieste è stato appoggiato sin dal 2004 con
falsificazioni delle informazioni sui pericoli gravissimi per la popolazione,
oltre che sui danni ambientali.
Alpe Adria Green constata inoltre che su questi fatti concreti le autorità
italiane e Gas Natural hanno risposto sinora agli ambientalisti ed alle autorità
slovene soltanto con dichiarazioni generiche, pressioni politiche e campagne
stampa pubblicitarie o disinformative.
Lubiana, resta il no al rigassificatore - Il ministro
all’Ambiente in pectore Zarnic ribadisce la posizione in Aula
L’UE: «LA SLOVENIA NON PUÒ RICORRERE ALLA PROCEDURA
D’INFRAZIONE»
LUBIANA «Sulla questione dei rigassificatori la posizione del governo e del
Parlamento sloveno sono noti: il Golfo di Trieste, dal punto di vista
ambientale, non è un’area adatta ai terminal». Il futuro ministro dell'Ambiente
sloveno Roko Zarnic ha confermato quella che è la posizione di Lubiana sulla
costruzione del rigassificatore di Zaule: la Slovenia considera inaccettabile,
in termini d’impatto ambientale transfrontaliero, il progetto di Gas Natural.
Zarnic ne ha parlato durante l'audizione in sede di Comitato per l'ambiente
della Camera di Stato, dove ha presentato il suo programma prima della
discussione e del voto dell'Aula.
Se i deputati, venerdì, approveranno la sua nomina, Zarnic subentrerà al
dimissionario Karl Erjavec. Sul problema del rigassificatore nel Golfo di
Trieste è questa l'ennesima conferma della continuità della politica slovena,
fin dall'inizio contraria al progetto. Che il governo di Lubiana non abbia
alcuna intenzione di modificare il proprio atteggiamento l’aveva confermato,
dopo la riunione informale trilaterale di fine gennaio a Bruxelles (tra Italia,
Slovenia e Ue) anche il sottosegretario all'Ambiente Zoran Kus, che presiede il
gruppo interministeriale che si occupa della questione. «L'incontro di Bruxelles
è stato positivo – ha spiegato Kus – in quanto la Commissione europea è stata
informata sui tre progetti (impianto di Zaule, terminal off-shore e gasdotto) e
sul loro impatto transfrontaliero, come pure sull'interesse sloveno allo
sviluppo sostenibile». Il sottosegretario non ha commentato invece il fatto che
a Bruxelles è emerso come manchino i presupposti perché Lubiana possa aprire una
procedura d’infrazione. Nessuna conferma nemmeno sull'ipotesi che la Slovenia
punti ancora a sollevare il caso davanti alla Corte europea di giustizia.
Franco Babich
SONIAALFANO.IT - MERCOLEDI', 10 febbraio 2010
Intervento a Strasburgo - Rigassificatore di Trieste
Testo: Grazie Presidente.
La Gas Natural, una holding spagnola, ha presentato un progetto di
rigassificatore on shore che ricadrebbe sul territorio di Trieste e approvato
dal Ministero dell'Ambiente del Governo italiano. Il Tavolo Tecnico
Rigassificatori di Trieste ha evidenziato notevoli lacune.
A seguito dell'incontro informale avvenuto tra la Commissione Europea, l'Italia
e la Slovenia il 26 gennaio 2010 la rappresentanza permanente d'Italia presso
l'Unione Europea ha diffuso la notizia di una presunta approvazione del progetto
da parte della Comunità Europea. Il verbale ufficiale invece della parte slovena
dichiara che le controparti sono state invitate al raggiungimento di un accordo.
Tale condivisione sembra difficile da praticare per il contesto anomalo nel
quale si inserirebbe il rigassificatore, infatti gli enti preposti alla garanzia
e alla sicurezza risultano aver mancato nell'adempimento delle proprie funzioni
di tutela; sono stati evidenziati notevoli ritardi nell'elaborazione dei piani
di emergenza esterna e comunicazioni a organi e enti pubblici preposti alla
gestione dell'emergenza, mancata informazione alla popolazione sui rischi di
incidenti rilevanti e sulle norme comportamentali e mancata valutazione
oggettiva di effetto domino causato da un possibile incidente negli impianti
industriali ad alto rischio. Per questi motivi riteniamo che si stia tentando di
inserire l'ennesimo impianto ad alto rischio con la consapevolezza che non ci
sono assolutamente le misure di tutela e di sicurezza.
Referendum Idv sul nucleare
TRIESTE L'Italia dei Valori-Idv del Friuli Venezia Giulia
conferma il proprio no alle centrali nucleari e annuncia una raccolta firme per
un referendum.
«Mentre il governo - spiega Paolo Bassi, coordinatore regionale Idv - ha
approvato il decreto legislativo per individuare i siti delle centrali nucleari
e il presidente della regione Tondo ha dato la disponibilità della regione
Friuli Venezia Giulia, l'Idv ha già presentato il quesito referendario per dire
no al nucleare e sì agli investimenti sulle energie rinnovabili».
«Gli italiani - continua Bassi - avevano già espresso la loro contrarietà
nell'87 e lo ribadiranno. Il nucleare è costoso e pericoloso e condanna l'Italia
all'arretratezza».
Per il capogruppo consiliare Alessandro Corazza «anzichè ritornare su scelte che
appartengono ormai al passato bisognerebbe puntare con decisione sul rilancio
delle energie rinnovabili e sull'efficienza energetica».
Smaltimento amianto in arrivo nuovi contributi -
SECONDO BANDO DELLA PROVINCIA
Buone notizie per chi si ritrova in casa o in giardino
manufatti in amianto di cui intende sbarazzarsi. La Provincia ha deciso di
erogare una seconda tranche di contributi destinati a coprire, seppur solo in
parte, le spese di smaltimento.
Il nuovo bando sarà pronto entro la fine di marzo e ricalcherà i contenuti del
primo esperimento concluso di recente con la definizione della graduatoria, «I
cittadini hanno dimostrato di apprezzare l’iniziativa - spiega l’assessore
all’Ambiente Vittorio Zollia -. La riprova è contenuta nelle tante domande (41
in totale) pervenute negli uffici nel giro di pochi giorni, e nelle numerose
telefonate fatte da persone positivamente colpite dalla rapidità dell’iter. In
pochi mesi infatti siamo riusciti a fare il bando per le imprese e per i
privati, a stilare la graduatoria e ad avviare l’iter per la liquidazione. Alla
luce del successo riscosso dall’operazione, e considerata anche la disponibilità
di risorse da ripartire, abbiamo quindi deciso di riproporre la formula».
Finora, per soddisfare tutte e 41 le richieste legate al primo bando, la
Provincia ha ”sborsato” 36mila euro, a fronte di un budget complessivo di 120
mila. I cittadini ammessi in graduatoria, tra cui diversi amministratori di
stabili che hanno fatto domanda di accesso ai contributi per conto di palazzine
e condomini, riceveranno nei prossimi giorni gli assegni. Le somme copriranno al
massimo il 50% delle spese sostenute per lo smaltimento e non potranno comunque
superare i 2 mila euro a richiedente.
I contributi sono stati richiesti soprattutto per interventi di portata limitata
come la rimozione di cappe e tubi di impianti termini e idrici rivestiti di
amianto. Una piccola percentuale di richiedenti, invece, userà la cifra erogata
dalla Provincia per coprire le spese più sostenute necessarie a smaltire
pannelli di eternit posizionati sulle facciate di casa.
(m.r.)
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 9 febbraio 2010
Bell'idea! Gruppi d'acquisto per il solare.
In Veneto e Friuli Venezia Giulia Legambiente è riuscita a
riunire oltre mille famiglie nell’acquisto di impianti solari termici e
fotovoltaici. La creazione di 8 gruppi d’acquisto ha permesso di abbattere il
prezzo del materiale e i costi di installazione del 25-30% rispetto al prezzo
medio di mercato, con un risparmio a famiglia di circa 3.000 euro.
Coordinati dai circoli di Legambiente e da sportelli informativi promossi con le
amministrazioni comunali, i gruppi di acquisto solare hanno ormai raggiunto 1 MW
di solare fotovoltaico e più di 500 mq di solare termico installati, a fronte di
più di 400 impianti realizzati complessivamente. Un risultato che in termini di
mancate emissioni di CO2 vuol dire circa 25.000 tonnellate in 20 anni.
“Questa esperienza – ha dichiarato Davide Sabbadin, coordinatore dei gruppi di
acquisto solare di Legambiente – rappresenta uno strumento innovativo di
democrazia partecipata che ancora una volta ci ha confermato come siano i
cittadini i veri protagonisti del cambiamento verso la sostenibilità del sistema
energetico italiano. Insieme a loro, è importante anche l’operato dei comuni che
possono contribuire nella promozione e nello sviluppo di una cultura di
fattibilità sulle energie rinnovabili anche nelle pubblica amministrazione.
Anche sul piano della partecipazione, i gruppi di acquisto solare costituiscono
un esempio importante di collaborazione tra ente pubblico locale e cittadinanza,
che speriamo si diffonda presto e diventi pratica comune in tutto il Paese”.
L’iniziativa garantirà agli aderenti un notevole vantaggio economico. I
cittadini che hanno partecipato ai gruppi d’acquisto risparmieranno in bolletta
circa 200.000 euro l'anno in totale, mentre nell’acquisto dei pannelli hanno già
evitato di spendere complessivamente circa 1,1 milioni di euro rispetto al
prezzo medio degli impianti. Un risultato raggiunto anche grazie agli accordi di
Legambiente con istituti di credito convenzionati, in particolare le Banca di
Credito Cooperativo e Banca Etica, che hanno consentito alle famiglie aderenti
un credito agevolato e l’installazione dei pannelli a costo zero, ripagando il
prestito con gli incentivi del conto energia e azzerando le bollette elettriche
fin dal primo anno.
L’iniziativa ha ripercussioni positive anche sull’economia del territorio e ha
creato fra gli installatori della zona un indotto di oltre 5 milioni di euro.
L’idea ha riscosso un notevole successo e non mancano i tentativi di replica.
Molti cittadini, associazioni e i comitati hanno tratto ispirazione da questa
esperienza per adottare all’energia solare. Lo confermano anche i dati: in due
anni sono state circa 3000 le persone informate direttamente da Legambiente
tramite gli sportelli energia, che affiancano e promuovono i gruppi di acquisto
solare sui temi delle rinnovabili e del risparmio energetico.
Per i gruppi di acquisto solare le iscrizioni sono ancora aperte a Padova e nei
comuni in provincia di Pordenone. Tutte le info su www.energiacomune.org
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 febbraio 2010
Rigassificatore, almeno un anno per l’ok definitivo -
L’ultima parola spetterà alla Regione. Necessario il via libera da Roma per il
gasdotto
LUNGHI I TEMPI DELL’ITER, SI ATTENDE DA GAS NATURAL IL
PROGETTO DEFINITIVO
Sarà la giunta regionale, in caso di pareri discordi persistenti fino alla
fine, ad avere l’ultima parola sull’insediamento a Zaule del rigassificatore
progettato da Gas Natural. In queste settimane gli uffici dell’assessore Sandra
Savino che ha la delega all’Energia hanno tracciato il solco per l’iter
burocratico che il megaimpianto dovrà compiere prima che sia aperto il cantiere,
ammesso che ciò alla fine avvenga. È in carico alla Regione il rilascio
dell’Autorizzazione unica che potrà essere concessa dopo aver ottenuto il parere
positivo dalla Conferenza dei servizi di cui fanno parte almeno tre ministeri,
il Comune e la Provincia di Trieste, l’Autorità portuale, l’Azienda sanitaria, i
Vigili del fuoco, la Capitaneria di porto, la Soprintendenza e altri enti che
anche in una fase successiva potranno risultare interessati.
La Conferenza dei servizi in quella che sarà la sua ultima seduta si esprimerà
con un voto che sarà valido a maggioranza, a meno che però parere negativo non
venga espresso da un ente che ha competenza in materia di Ambiente, di Salute o
di Pianificazione del territorio. Se ciò avverrà, non potrà essere più la
Conferenza dei servizi a decidere, ma la palla passerà alla Giunta regionale che
tenendo comunque conto di quelle che potrebbero essere le obiezioni avanzate da
qualche amministrazione, portando le proprie opportune documentate
controdeduzioni, potrebbe comunque decidere per il rilascio dell’Autorizzazione
unica. Tutto non potrà prescindere completamente dal fatto che la Via è già
stata concessa.
Prima però di poter appena incominciare questa fase, mancano due tasselli che
gli stessi uffici regionali oggi definiscono assolutamente imprescindibili e che
sono la presentazione da parte della stessa Gas Natural del progetto definitivo
dell’impianto dal momento che ora tutte le valutazioni, per forza di cose
provvisorie, sono state fatte sul progetto preliminare, e che venga completato
con esito favore da parte del Ministero dell’Ambiente la Valutazione d’impatto
ambientale (Via) del gasdotto che dovrà collegare il rigassificatore alla rete.
Secondo quanto ha affermato Narciso de Carrera Roques, direttore Progetti
internazionali di Gas Natural nella sua visita di dicembre a Trieste il progetto
definitivo sarà varato entro giugno e in esso confluirà anche il piano di
bonifica dell’area. Dagli uffici regionali anche ieri è stato rilevato come la
mancanza dell’Accordo di programma sul Sito inquinato di interesse nazionale non
venga a intralciare il progetto di Gas Natural anche se la sua approvazione
potrebbe semplificare l’iter e accorciare i tempi.
Sono sconosciuti i tempi esatti con cui il Ministero dell’Ambiente si pronuncerà
sul gasdotto della Snam che dovrebbe viaggiare con condutture sottomarine da
Trieste a Grado per poi riemergere nel tratto Grado-Villesse, ma pare certo che
la procedura di Via non si concluderà prima di quest’autunno. È probabile dunque
che prima di fine anno la Conferenza dei servizi non potrà venir riconvocata
appunto dalla Regione. A quel punto le amministrazioni potranno avere a
disposizione tutti i documenti per poter esprimere un parere, ma avranno anche
la potestà di chiedere chiarimenti e integrazioni, porre vincoli e dettare
prescrizioni. Saranno presumibilmente plurime dunque le sedute da tenere per
arrivare a un parere il più possibile condiviso. La presentazione dei piani di
sicurezza da parte di Gas Natural potrà invece avvenire dopo l’Autorizzazione
unica.
Frattanto parallelamente e in via molto più riservata potranno svolgersi gli
incontri tra la società catalana, Acegas e il Comune di Trieste in particolare
per quanto concerne le royalties che secondo le ultime stesse affermazioni di
Gas Natural spetteranno alla città.
SILVIO MARANZANA
Sondaggio sul gnl, già mille le risposte - SUL SITO WEB
DEL PICCOLO - All’iniziativa si aderisce in forma anonima. I risultati verranno
presentati al pubblico
Quanto ne sapete? Si può partecipare fino al 25 febbraio
Erano già quasi mille ieri sera i cittadini che avevano risposto al sondaggio
pubblicato sul sito del nostro giornale (www.ilpiccolo.it) e realizzato dalla
società specializzata in sondaggi d’opinione Swg. C’è possibilità di farlo, in
forma del tutto anonima, fino al 25 febbraio. I risultati della ricerca saranno
presentati al pubblico e commentati sul giornale.
I primi dati non sono stati ancora esaminati dai sondaggisti, ma le sensazioni
sono che al sondaggio non si sia sottratta nemmeno la parte anziana della
popolazione, pure solitamente meno avezza all’uso del web. Il grado di
conoscenza sul funzionamento di un rigassificatore non sembra eccessivamente
elevato. È quanto tende a verificare in particolare il sondaggio che vuole
approfondire anche alcuni stereotipi esistenti tra la popolazione e che
diffondono una certa apprensione. Ancora meno nota sembra la conoscenza tra la
gente comune dell’iter burocratico che dovrà portare all’approvazione o meno
dell’impianto e che viene illustrata con qualche dettaglio nel servizio a
fianco.
Secondo quanto rileva la Swg il sondaggio ha suscitato qualche conmmento
negativo in alcuni settori degli ambientalisti le cui sensibilità sarebbero
state comunque tenute in conto al momento della sua stesura.
Continuano intanto ad arrivare anche commenti nel blog accessibile sempre dal
sito del Piccolo e ieri erano in parte incentrati sull’incidente avvenuto
domenica nella centrale elettrica statunitense.
Rigassificatore, Qatar pronto a investire - L’impianto
di Castelmuschio interesserebbe al maggiore produttore mondiale
L’emirato circa 10 anni fa offrì un miliardo di euro
che fu però rifiutato
FIUME La Croazia trova un alleato importante nel progetto di approntamento
del rigassificatore vegliota, che sorgerà nell’area industriale di Castelmuschio
(Omisalj) a pochi chilometri in linea d’aria da Fiume.
Si tratta del Qatar, piccolo Paese mediorientale che già negli anni scorsi aveva
manifestato un accentuato interesse verso il maxi impianto quarnerino, destinato
a cambiare (leggi migliorare) i destini energetici della Croazia. In questi
giorni, il presidente del Sabor (il parlamento croato) Luka Bebic è in visita
ufficiale nell’emirato, dove è stato ricevuto dal presidente del parlamento
nazionale Mohamed bin Mubarak Al Hulafi, mentre oggi incontrerà lo sceicco del
Qatar, Hamad bin Kalifa Al Thani. È stato proprio il capo del parlamento del
ricchissimo Stato arabo a confermare che il Qatar è pronto a investire in
Croazia, non solo nel terminal metanifero di Veglia ma anche nel porto di Fiume
e nella costruzione del Centro islamico a Rujevica (Plasse San Giovanni), rione
fiumano. Tornando al rigassificatore, Bebic ha ribadito al suo interlocutore che
l’impianto della ”Lng” sarebbe d’importanza strategica per la Croazia, come pure
per la Bosnia-Erzegovina e per i Paesi della regione. Il Qatar è il maggiore
produttore al mondo di gas naturale: da qui la disponibilità agli investimenti.
Nei primi anni del nuovo millennio il Qatar fece presente di essere disposto a
stanziare qualcosa come un miliardo di euro. Non successe nulla, perché
l’opinione pubblica croata e alcuni partiti politici si schierarono contro
l’iniziativa, rilevando che era meglio dare fiducia a partner dell’Europa
Occidentale. I segnali che arrivano ora da Doha, capitale del Qatar, non
provocano più prese di posizione contrarie, anche perché la cattolica Croazia è
in una grave crisi economica e l’ arrivo di capitale arabo trova una Zagabria
consenziente, pronta a eventuali accordi.
Intanto il Consorzio Adria Lng, concessionario per costruzione e gestione del
rigassificatore, ha confermato che la licenza di costruzione dovrebbe essere
rilasciata entro la metà del 2010. Ciò vuol dire che i lavori dovrebbero
cominciare già quest’ anno e concludersi al massimo nel 2014. La struttura, che
tra manodopera e indotto dovrebbe dare lavoro a circa 10mila persone, riuscirà a
movimentare sui 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Se sarà necessario,
si arriverà fino a 15 miliardi di metri cubi. Il costo? Circa 800 milioni di
euro, più altri 200 milioni per il gasdotto. Stando agli addetti ai lavori, il
30 per cento della produzione a Castelmuschio dovrebbe essere riservato al
fabbisogno croato, il resto toccherebbe ai mercati europei.
Andrea Marsanich
Centrale termoelettrica all’esame di Roma - L’impianto
ideato da Lucchini - Sopralluogo effettuato dai tecnici del ministero, al vaglio
vincoli e prescrizioni
Si è svolto recentemente anche il sopralluogo della
Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale sul sito dell’area ex
Esso dove la Lucchini ha in progetto la realizzazione della centrale
termoelettrica da 400 MW alimentata a metano. I tecnici del Ministero
dell’Ambiente sono stati accompagnati da funzionari regionali. Successivamente
in una riunione presso lo stabilimento di Servola della Lucchini sono stati
esaminati alcuni aspetti da chiarire nel corso dell’istruttoria tecnica. A
seguito di ciò amministrazioni e enti già coinvolti della Conferenza dei servizi
avviata nel luglio scorso stanno facendo pervenire a Roma alcune istanze
rilevando vincoli e dettando prescrizioni. «Di conseguenza - ha fatto sapere
ieri il direttore delle relazioni pubbliche della Lucchini, Francesco Semino -
la conclusione della procedura di Via non è imminente, ma dovrebbe avvenire
entro la fine dell’anno».
La centrale termoelettrica dovrebbe costituire assieme al rigassificatore e
all’oleodotto della Siot dove tra l’altro è in corso un processo di
ristrutturazione aziendale, il fulcro di quello che si prospetta come un Polo
energetico di rilievo internazionale. Nel caso della centrale però meno
incognite sembrano aprirsi, rispetto al rigassificatore, tra l’emanazione
appunto della Via e la chiusura della Conferenza dei servizi con il rilascio
comunque indispensabile del provvedimento di Autorizzazione finale.
Parallelamente la Lucchini definirà accordi con i gestori delle reti di
trasmissione dell’energia elettrica e dei gasdotti e procederà pioritariamente,
dopo l’assegnazione del contratto ”chiavi in mano” per la costruzione, alla fase
di preparazione dell’area con la messa in sicurezza e la bonifica.
Per la nuova centrale la Lucchini ha previsto un investimento di 300 milioni di
euro ai quali aggiungere lo stanziamento necessario per la bonifica. La centrale
dovrebbe avere 30-50 dipendenti diretti ai quali aggiungere un indotto di 80-100
persone. Secondo quanto specificato ancora da Semino la realizzazione di questo
impianto non avrà alcuna influenza diretta sulla piccola centrale elettrica già
oggi funzionante all’interno della Ferriera di Servola e che è proprietà di un
fondo d’investimenti inglese. Il suo destino però potrebbe essere segnato dalla
chiusura della Ferriera perché oltretutto su quel sito è prevista la
realizzazione del secondo lotto della Piattaforma logistica.
(s.m.)
Nucleare, domani l’ok del governo - Non ci sono ancora
i siti ma solo i criteri per individuarli
ROMA Nucleare, secondo round. Torna domani in Consiglio
dei ministri lo schema di decreto che individua non i siti per le future
centrali, ma i ”parametri tecnico-ambientalI” che serviranno a scegliere le aree
adatte per la produzione di energia atomica. E contemporaneamente torna a salire
il livello della polemica politica sulla scelta di tornare all'atomo, con un
forte conflitto tra governo e regioni, a suon di leggi impugnate in consulta.
Mentre Fulvio Conti, amministratore delegato di quell'Enel che sarà tra i
protagonisti della rinascita del nucleare, avverte: «Non c'è niente di più grave
dei pregiudizi infondati sul nucleare in termini di danno per il Paese». E il
ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, assicura che dopo l'ok di
mercoledì i percorsi autorizzativi si completeranno nell'arco di due anni.
Il decreto era stato già approvato nel Consiglio dei ministri lo scorso 22
dicembre. E torna domani al vaglio dei ministri per l'ok definitivo, che terrà
conto dei pareri delle commissioni parlamentari competenti, del Consiglio di
Stato e della Conferenza Stato-Regioni. Conferenza che ha già espresso un
giudizio negativo: la maggioranza delle Regioni ha infatti detto ”no” al piano
di costruzioni delle nuove centrali. Uno scontro tra autonomie e governo che è
sfociato in una guerra aperta di ricorsi incrociati: se nei mesi scorsi 11
Regioni avevano impugnato la Legge sviluppo davanti alla Consulta, il 4 febbraio
è stato l'esecutivo a impugnare di fronte alla Corte Costituzionale le leggi
regionali con cui Campania, Puglia e Basilicata hanno di fatto impedito
preventivamente la costruzione di centrali sul loro suolo. Insomma, una
situazione intricata e molto complessa.
Per Scajola, comunque, dall'ok di oggi prenderà il via «il percorso per la
scelta dei siti da parte delle imprese», con la previsione di completare gli
iter autorizzativi in due anni. I tecnici del ministero, infatti, sottolineano
come a loro giudizio le polemiche siano del tutto premature: i passaggi
consultivi con le Regioni saranno «vari e numerosi». Nei prossimi tre mesi
infatti il Governo appronterà, sulla base del decreto, delle misure dell'Agenzia
per la sicurezza nucleare, ecc, un documento complessivo, sulla cui base poi gli
operatori imprenditoriali faranno le loro proposte per i siti. Proposte il cui
iter autorizzativo - confermano dal Ministero - coinvolgerà pienamente le
Regioni. Insomma un confronto con molte fasi di dialogo e verifica, con il quale
il Governo conta di spegnere polemiche e contrasti con scelte il più possibile
condivise.
Nella versione licenziata a dicembre dal Cdm, inoltre, sono previsti benefici
economici, fino a 10 milioni di euro a centrale, per gli enti locali e le
popolazioni coinvolte.
Anche Fulvio Conti ieri ha invitato a non cedere «ai pregiudizi sul nucleare». E
il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha sottolineato come «la
strada per il nucleare sia difficile, ma stiamo lavorando bene, in sintonia».
Mentre il Pd attacca: «il governo dica agli italiani quali saranno i siti prima
delle elezioni regionali».
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 febbraio 2010
Energia e ambiente, tra odio e amore - DOMANI
CONFERENZA AL TEATRO PRESEREN
Si terrà domani, alle 20, al Teatro comunale Preseren di
Bagnoli della Rosandra un incontro sul tema: “Energia e ambiente: armonia o
ostilità”, organizzato dal Comune di San Dorligo della Valle/Dolina, Riserva
naturale regionale della Val Rosandra, in collaborazione con il Dipartimento dei
materiali e delle risorse naturali dell’Università di Trieste, il Centro
didattico naturalistico di Basovizza della Regione e l’associazione culturale
Merlino Multivisioni.
Nella conferenza, che sarà corredata dalle immagini dell’ingegner Maurizio
Fermeglia, verranno affrontati diversi argomenti sul delicato equilibrio che
sovrintende ai temi del bisogno energetico e della conservazione degli
ecosistemi naturali, equilibrio che nel passato e anche ai nostri giorni non
sempre appare rispettato. I motivi della necessità di convergenza nel rapporto
tra bisogno energetico e tutela dell’ambiente sono legati a aspetti, economici,
sociali, politici e tecnologici.
Nella conferenza di Bagnoli si partirà innanzitutto dalla descrizione delle
emergenze mondiali in tema di energia rispetto alle fonti al momento utilizzate,
una ricognizione confortata da diversi e nuovi dati, e con le proiezioni per le
necessità stimate nel futuro immediato. Questo permetterà di delineare alcuni
scenari possibili per la situazione socio-energetica nel 2050.
Tra i temi più “caldi”, quello del riscaldamento globale del pianeta, argomento
sul quale ci saranno diversi contributi a certificare le cause e l’esistenza di
questo inquietante fenomeno. Infine verranno trattate alcune conclusioni e
indicazioni sulle strategie di approvvigionamento energetico che si dovrebbero
perseguire nei prossimi anni a livello generale.
Nell’ambito della serata sarà proiettata la multivisione “Le ali ai sogni” di
Francesco Lopergolo che, ripercorrendo gli eventi che hanno caratterizzato la
storia mondiale negli ultimi decenni, si ispira a una riflessione di Robert
Kennedy sul delicato e spesso controverso rapporto tra il Pil e la qualità della
vita sulla terra.
(ma.lo.)
IL PICCOLO - DOMENICA , 7 febbraio 2010
Energia e ambiente Incontro a Bagnoli - MARTEDÌ AL
PRESEREN
BAGNOLI “Energia ed ambiente: armonia o ostilità?” E' questo il titolo dell’incontro che si terrà martedì 9 febbraio alle 20 al Teatro comunale Preseren di Bagnoli della Rosandra. Organizzata dal Comune di San Dorligo della Valle e dalla Riserva naturale della Val Rosandra, in collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste (Facoltà di Ingegneria, Dipartimento dei materiali e delle risorse naturali), il Centro didattico naturalistico di Basovizza e l’associazione culturale Merlino Multivisioni, la conferenza vedrà come relatore l’ing. Maurizio Fermeglia. Seguirà una multivisione affidata a Francesco Lopergolo.
(r.t.)
IL PICCOLO - SABATO, 6 febbraio 2010
Rigassificatore sondaggio via web - Sito del Piccolo,
questionario per capire cosa sanno i cittadini dei progetti - DOMANDE POSTE
DALLA SWG
Cos’è un rigassificatore? Quanto sanno i cittadini dei
progetti che prevedono la costruzione di impianti di rigassificazione nel golfo
di Trieste? Qual è l'orientamento della popolazione su questo tema? Che timori,
ma anche quali speranze, si nutrono al riguardo?
Per cercare di dare una risposta attendibile a queste domande la Swg, società
triestina specializzata in ricerche d’opinione, e Il Piccolo hanno deciso di
realizzare un sondaggio che viene proposto a chiunque voglia prendervi parte.
«In questa fase vogliamo esplorare la dimensione delle paure, delle speranze e
dell’informazione sui progetti dei rigassificatori – spiega Roberto Weber,
direttore della Swg –. Se la gente è favorevole o contraria lo esamineremo più
avanti, in un eventuale ulteriore sondaggio. Adesso ci interessa capire la
dimensione del pregiudizio, in un senso o nell’altro, e quale e quanta
informazione sui progetti degli impianti è passata in questi anni».
Collegandosi al sito del nostro giornale (www.ilpiccolo.it), attraverso il
portale si può accedere al questionario messo a punto dalla Swg. Si potrà poi
rispondere, in forma del tutto anonima, a una serie di domande che riguardano il
grado di conoscenza del tema ”rigassificatori” e l'idea che il lettore si è
fatto della vicenda.
L’accesso al sondaggio sarà attivo fino al 25 febbraio. In seguito i dati
raccolti attraverso il web verranno inseriti nel campione messo a punto da Swg,
e quindi elaborati per ottenere le informazioni sull'orientamento della
popolazione.
I risultati della ricerca verranno infine presentati al pubblico in un incontro
al Circolo della stampa (in una data che verrà comunicata più avanti) e
commentati attraverso le pagine del Piccolo e del sito internet del giornale.
Severstal: Lucchini in vendita L’advisor è Deutsche
Bank
MILANO La Lucchini è ufficialmente in vendita. Il colosso
russo dell'acciaio Severstal, che ne controlla quasi l'80%, ha confermato che
tra le ipotesi allo studio c'è anche una cessione delle attività europee
concentrate appunto nello storico gruppo bresciano, la cui produzione in Italia
ormai insiste soprattutto sullo stabilimento di Piombino (Livorno).
Il dossier è in realtà in uno stato ben più avanzato di una semplice
valutazione. Severstal ha già assegnato un mandato di advisor per la cessione a
Deutsche Bank, secondo quanto filtrato da fonti vicine al dossier, e la partita
sta vivendo un'accelerazione. Severstal è intenzionata a concentrare la propria
attività verso la Russia e il Sud-Est asiatico e potrebbe cercare di fare il
punto sulla cessione Lucchini già prima del 9 marzo, quando presenterà i
risultati di un 2009 che si preannuncia fortemente appesantito dalla crisi
globale.
Tra i possibili acquirenti si fa il nome del gruppo siderurgico cinese Baosteel,
ma a Piombino si crede anche all'ipotesi di una cordata tra i fondi
internazionali del private equity. Sembrano invece esclusi per ora possibili
acquirenti italiani.
Intanto oggi a Piombino i vertici della Lucchini Piombino (alla holding Lucchini
Severstal fanno capo anche le attività francesi della Lucchini Ascometal) hanno
avuto un incontro con i rappresentanti sindacali, che da giorni avevano chiesto
con urgenza chiarimenti sulla possibile dismissione, ma sono emerse solo
conferme sulla possibile cessione da parte dell'azionista russo.
CORRIDOIO 5 - Trieste-Divaccia, è in corso la
progettazione preliminare Italia in pressing su Lubiana
Frattini: «Ne parleremo al prossimo vertice assieme
alla Slovenia e speriamo che si arrivi a una soluzione»
TRIESTE Le infrastrutture sono un’opportunità di business, soprattutto per
evitare la marginalizzazione e la posizione di Trieste, baricentrica rispetto
all’asse Sud-Nord e Mediterraneo centrale-Est Europa, deve cogliere queste
opportunità. Per fare tutto ciò è indispensabile che «nessuno sia contro
nessuno» come precisa il presidente Aiscat e vicepresidente Unicredit, Fabrizio
Palenzona al summit di Trieste sulla piastra logistica tra Monfalcone e lo
stesso porto giuliano lanciata ieri proprio da Unicredit. Senza dimenticare un
indispensabile partenariato pubblico-privato.
Ma il primo ostacolo è rappresentato proprio da quel «nessuno contro nessuno»
perché per quanto riguarda il tracciato del Corridoio 5 è ancora aperto il
contenzioso bilaterale tra Italia e Slovenia sul tratto ferroviario
Trieste-Divaccia. «Per noi - incalza il ministro degli Esteri, Franco Frattini -
questa resta assolutuamente una priorità di cui si è parlato all’ultimo vertice
italo-sloveno e sarà all’ordine del giorno del prossimo». «Comunque - precisa -
c’è un tavolo aperto». Ma stavolta sarà quella decisiva in cui si prenderà una
decisione definitiva? «Beh, per prendere questa decisione bisogna essere in
due», ribatte il responsabile della Farnesina facendo trapelare che le
difficoltà forse stanno più al di là che al di qua del confine italo-sloveno.
Sulla stessa falsariga il pensiero del viceministro alle Attività produttive,
Roberto Castelli il quale anche da parte sua auspica un accordo a breve tra
Italia e Slovenia. «Stiamo lavorando fattivamente - spiega - per trovare un
tracciato che, al contrario di quello previsto e che non lo vuole nessuno (al
limite della Val Rosnadra ndr.) e quindi si tratta di capire anche perché sia
stato scelto a suo tempo, un errore di cui noi non portiamo alcuna
responsabilità, un tracciato che, lo ripeto, operando con Lubiana ci dia la
possibilità di trovare una soluzione che vada bene per tutti. Gli incontri si
susseguono con regolarità perché vogliamo arrivare in tempi brevissimi a una
soluzione». Poi Castelli passa a parlare delle peculiarità dell’Alto Adriatico,
insistendo sul concetto di sistema di portualità. «Basti pensare a Trieste e
Capodistria o a Trieste e Monfalcone - afferma - e credo che si potrebbe
giungere in futuro a una sinergia, naturalmente poi ci sono le azioni che
portano il valore aggiunto, perciò i privati hanno una prelazione anche nel fare
proposte». Quindi la competizione c’è e rimane come conferma anche il ministro
Frattini «c’è - conferma - ed è libera» anche tra i porti di Trieste e
Capodistria. «Ora però - precisa - ci si deve preoccupare di questa piattaforma.
Gli amici di Capodistria sono stati da sempre potenziali concorrenti di questo
progetto. La competizione deve esserci - ha concluso Frattini - è libera, ma ora
noi dobbiamo occuparci di questa piattaforma, di questo progetto».
Sul contenzioso italo-sloveno interviene anche il vicepresidente della
Commissione europea e commissario ai Trasporti, Antonio Tajani il quale sostiene
di aver parlato personalmente della questione con i ministri competenti di
Italia e Slovenia e ricorda altresì di aver firmato già nel 2008 il
finanziamento comunitario della tratta transfrontaliera. «Mi auguro - sostiene -
che si riesca a risolvere quanto prima ogni problema. C’è una priorità
transeuropea, i due ministri mi hanno dato grande disponibilità di discutere
assieme e quindi sono convinto che ogni problema possa essere superato».
«L’importante - precisa Tajani - è che non dobbiamo perdere tempo, da parte mia
devo dire di aver trovato grande disponibilità sia dal ministro sloveno, sia dal
ministro Altero Matteoli a discutere della questione». «Certo è un percorso
molto lungo quello che dovrà unire Lione a Budapest - conclude il commissario
europeo - si passa dall’Europa occidentale a quella orientale ed è inevitabile
che soprattutto nelle tratte transfrontaliere ci sia qualche problema tra stati
membri, ecco perché abbiamo dato grande fiducia al coordinatore europeo che
rappresenta la Commissione Ue e credo che nel tempo prevarrà l’interesse di
realizzare l’opera. L’importante è non perdere tempo».
MAURO MANZIN
CORRIDOIO 5 - «Verso un collegamento tra
Trieste-Capodistria» - Riccardi: il progetto che sfiora la Val Rosandra è ormai
accantonato
TRIESTE Secondo l'amministratore delegato del Gruppo FS,
Mauro Moretti «se tutti i progetti di reti europee partissero domani ci
vorrebbero 10-15 anni per avere l'infrastruttura reale», perciò «occorre fare
anche la politica dei piccoli passi».
Lo ha affermato ieri a Trieste, intervenendo al convegno sullo Spazio
mediterraneo della mobilità. «Davanti a un progetto di sistema - ha proseguito
Moretti - ho delle perplessità, perchè così non succede in giro per il mondo.
Altrove si pensa prima a fare infrastrutture fuori dalle città, da noi invece -
ha concluso - si spendono soldi per fare strade e ferrovie dentro le città».
E qui torna di attualità il «collo di bottiglia» Trieste-Divaccia. L’Italia, da
quel che emerge nei «fuori onda», sembra avere un’idea precisa in merito.
«Stiamo verificando - conferma l’assessore regionale ai Trasporti, Riccardo
Riccardi - per avere una risposta sulla proposta italiana che riguarda una
revisione del tracciato che si abbassa ed evità così di passare per la Val
Rosandra». Quindi un collegamento Trieste Capodistria con un innesto per
Divaccia? L’assessore non risponde direttamente alla domanda ma si limita ad
affermare che «noi dobbiamo cercare di ridurre quelli che sono i dissensi
nell’attraversamento del Carso e soprattutto dobbiamo pensare che i porti di
Trieste e Capodistria devono essere collegati in maniera più stretta». Insomma,
se non è zuppa è pan bagnato. «Certo - conclude - non è facile collaborare con
la Slovenia, ma dobbiamo cercare di lavorare il più possibile, per questo stiamo
cercando di impegnarci su un tracciato che eviti di andare incontro a tutti i
questi dissensi che abbiamo registrato, avendo una soluzione che tenga il più
possibile uniti i due scali, quello di Trieste e quello di Capodistria».
«Come possa finire il contenzioso tra Slovenia e Italia sul Corridoio 5 non lo
so - afferma invece il presidente del gruppo di esperti europei che si occupano
delle connessioni al di fuori dell’Ue, Paolo Costa, nonché presidente
dell’Autorità portuale di Venezia - perché non ho la sfera di cristallo. Una
cosa è certa: ci sono gli accordi firmati da Slovenia, Italia e Unione europea e
questi vanno rispettati fino a quando non vengono sostituiti con accordi dello
stesso valore e quindi per quanto mi riguarda io sto solo suggerendo di
pretendere da Italia e Slovenia che si comportino secondo gli accordi
sottoscritti. Se ci sono delle idee diverse bisogna che bilateralmente queste
producano un altro accordo che abbia lo stesso valore».
(m.man.)
Coro di sì al ”superporto”. Frattini: avanti tutta -
Profumo: una grande opportunità. Interesse di Gavio, Generali, gruppo Benetton
Presentato il progetto Unicredit sul polo logistico
Trieste-Monfalcone Ma si registra anche qualche assenza: da Boniciolli a Giulio
Camber
TRIESTE «È una grandissima opportunità per Trieste, Monfalcone e l’intero
Paese». Alessandro Profumo, l’amministratore delegato di Unicredit, lancia
ufficialmente il ”superporto” dell’Alto Adriatico. E, alla convention targata
Farnesina che vede sfilare allo Starhotel Savoia un’impressionante parata di
”stelle” della politica, della finanza e dell’impresa, incassa un coro di sì. «È
un progetto esemplare» sintetizza Franco Frattini. Il padrone di casa.
Certo, c’è qualche nota stonata. E c’è qualche voce silente: Claudio Boniciolli,
ad esempio, dov’è? E Giulio Camber? Ma la grande orchestra, quella, canta
all’unisono: il mega-progetto di Unicredit - un miliardo di euro di investimenti
e traffici almeno decuplicati nel giro di tre o quattro anni, con il raddoppio
del molo VII di Trieste e il nuovo terminal di Monfalcone - non deve restare su
carta. Ma decollare, e assai velocemente.
Generali, con Giovanni Perissinotto, assicura il suo appoggio: «Auspichiamo la
realizzazione di questo progetto, è un un modo per colmare il deficit
infrastrutturale di questa città, e ci auguriamo che ci possa essere una visione
di bene comune che impedisca rallentamenti e naufragi». Gavio, con Beniamino
Gavio, manifesta a sua volta interesse: «Crediamo in Trieste, il progetto è
interessante, e siamo pronti a unire le forze per il bene della città e del
Paese». Abertis, con Salvador Alemany Mas, non si esprime ancora: «Devo vedere
il progetto». Ma, intanto, c’è. E come dimenticare Benetton? Fabrizio Palenzona,
vicepresidente di Unicredit ma anche presidente di Aeroporti di Roma, è uno dei
protagonisti indiscussi. Non c’è, non ancora, chi porta le navi: «Ma i contatti
ci sono» giurano nella hall del Savoia.
Unicredit, di sicuro, dà il là. Presenta, a suon di slide, l’ambizioso progetto.
«È la prima volta che, a muoversi, è un istituto di credito» osserva Ercole
Incalza, il direttore del ministero dei Trasporti. «L’obiettivo è riportare
l’Italia al centro dei traffici marittimi che, dal sudest asiatico, si rivolgono
all’Europa» ribadisce Profumo. E i numeri, messi nero su bianco, almeno a
Trieste fanno impressione: il ”superporto”, frutto di una partnership
pubblico-privato, deve catturare 2,5 milioni di teu entro il 2012 e 4 milioni di
teu entro il 2020. Oggi si arriva più o meno a quota 300 mila. «Può essere il
colpo d’ala. Quello che aspettiamo da tempo» afferma, convinto, Roberto Menia.
Ma come? Con chi? Unicredit fornisce le sue risposte: una società di corridoio,
in cui riunire le imprese di costruzione, i gestori di terminal, le shipping
companies, i soggetti finanziari, può realizzare le opere portuali. La parte più
rilevante: 712 milioni di euro. Quelle ferroviarie e stradali, 210 milioni di
euro, sono in quota al pubblico, non necessariamente obbligato ad attingere alle
esangui casse: allungamento di concessioni, eurovignette, tasse di scopo sono
alcune ipotesi al tappeto.
La società di corridoio - quella che, già al centro di incontri, contatti,
colloqui ”a margine”, potrebbe nascere in tempi record - chiede però al
pubblico, accanto ad una concessione trentennale, tempi certi e veloci.
«Ipercinesi», sintetizza Maurizio Maresca. E chiede procedure blindate: «C’è
forte appetito per il project financing, se c’è la certezza del sistema
concessorio» dichiara Profumo.
È il passaggio cruciale. Il più delicato. Governo e Regione sono al lavoro non
da ieri - una bozza di intesa elaborata sull’asse Roma-Trieste circola già e
prevede la nomina di un commissario con poteri sostitutivi - ma gli ostacoli non
mancano. Le prime resistenze già si avvertono. Sul commissario, sul suo
identikit, sui suoi poteri. Alla convention, però, prevalgono le voci di chi
vuole superare gli ostacoli e le resistenze: «Il progetto Unicredit è un
bell’esempio di sistema Italia in cui pubblico e privato lavorano insieme. E
merita sostegno, non solo perché attira investitori privati, ma perché fa
sistema e apre prospettive europee. Ci vogliono però tempi certi e brevi»
afferma, inequivocabile, Frattini. Dà man forte Antonio Tajani, ai suoi ultimi
giorni da commissario europeo ai Trasporti, provando a spegnere le proteste (non
solo) venete: «Trieste deve crescere e fare sistema con i porti del Nord
Adriatico». Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti della Camera,
rilancia: «Ci sono troppi localismi nel nostro Paese. Mi auguro che la Regione e
gli enti locali diano la spinta a un progetto che può portare ricchezza e
benessere».
ROBERTA GIANI
SUPERPORTO - Menia: «Mai un’alleanza con gli sloveni» -
LA POLEMICA CON LA SERRACCHIANI
TRIESTE «Non ci sarà mai un’alleanza con gli sloveni».
Roberto Menia non usa giri di parole. E spiega: «Dobbiamo lavorare per costruire
un sistema tra i nostri porti al fine di renderli più forti di quello di
Capodistria. Con gli sloveni bisogna trovare una convivenza, è logico, ma avendo
ben chiaro che ci sono concorrenti». Debora Serracchiani, però, non gradisce:
«Il sottosegretario non ha il senso delle proporzioni. Visti i numeri credo sia
importante che si facciano accordi. Altrimenti rischiamo di essere emarginati».
Menia, però, non incassa: «Serracchiani non faccia la professorina dalla penna
rossa. Sono i fatti a dirci quali siano i rapporti tra noi e gli sloveni. Sul
Corridoio 5 hanno visioni opposte e il loro tracciato mira a penalizzare Trieste
e favorire Capodistria. Sull’energia si oppongono al nostro rigassificatore e ne
progettano uno con la Croazia. Sul porto, poi, la stessa Capodistria agisce in
dumping e in palese concorrenza».
SUPERPORTO - Tondo: «Regione pronta a fare la sua
parte» - Da Pacorini a De Eccher, imprenditori favorevoli Melò: «La A4 può
reggere»
TRIESTE «La piattaforma logistica del Friuli Venezia
Giulia diventa un’opportunità per il Paese e per l'Europa». Ne è convinto il
presidente della Regione, Renzo Tondo, tirando le conclusioni al convegno ”Lo
spazio mediterraneo della mobilità”. Il governatore sottolinea come
l’organizzazione di un evento da parte di due ministeri a Trieste significa «la
consapevolezza che la città e il Friuli Venezia Giulia rappresentano
un’opportunità». Quanto al progetto di Unicredit, Tondo intende capire «quanto
il Governo nazionale ritiene di poter mettere in pista, in termini di risorse
finanziarie. Noi come Regione siamo disponibili a fare la nostra parte, a
cominciare dal raddoppio del molo VII e dal nuovo terminal di Monfalcone» e
auspica «un percorso commissariale che permetta di imprimere una forte
accelerazione». Per l’assessore regionale Riccardo Riccardi si tratta di «una
svolta, un progetto di portata strategica che guarda alla questione portuale a
360 gradi». «Il tema vero – aggiunge l’assessore - è di capire se la Regione
viene individuata come l'organizzatore che si deve far carico di questo. La
Regione non si tirerà indietro». L’eurodeputato del Pdl Giovanni Collino parla
di «sfida da cogliere per rilanciare il Nord Est e la specialità della Regione»
mentre il coordinatore regionale del Pdl, Isidoro Gottardo, è convinto che il
progetto sia «un’opportunità strategica per diventare regione ponte e non
regione marginale» anche se sottolinea come ci si rivolga a un’area «che ha una
forte conflittualità dovuta a vicende del passato». Debora Serracchiani,
segretario regionale del Pd perplessa sul commissario, sostiene che «il
progetto, per essere davvero valido, ha bisogno di una veste istituzionale con
accordi da sottoscrivere con Austria e Slovenia: i rapporti istituzionali
possono dare la spinta a questo genere di progetti». Secondo l’assessore
comunale di Trieste Giovanni Battista Ravidà il progetto «è in grado di portare
benefici al territorio. L’intervento del privato diventa fondamentale in un
momento in cui le risorse pubbliche sono limitate». Valutazione positiva anche
da parte del sindaco di Gorizia, Ettore Romoli, soprattutto per il porto di
Monfalcone e per l'intera provincia isontina, e Gorizia in particolare, in
quanto il progetto prevede di rafforzare le aree intermodali. Dario Melò, ad di
Autovie, assicura intanto che la rete autostradale «reggerà l’aumento di
traffici prodotto dalla crescita dei traffici portuali». Favorevoli gli
imprenditori triestini anche se Andrea Illy sottolinea «la necessità di altre
infrastrutture, soprattutto in campo ferroviario». Per Federico Pacorini «la
piastra logistica alto adriatica farebbe la differenza anche se si tratta di un
progetto complicato. Oltre alle disponibilità finanziarie, occorre verificare se
ci sono le capacità politiche per arrivare fino in fondo». Claudio De Eccher,
amministratore della Rizzani De Eccher, auspica che «possano esserci ricadute
interessanti per Trieste che potrebbe diventare veramente un punto nodale per lo
sviluppo dei traffici europei dei prossimi decenni». (r.u.)
Ma Castelli frena sul commissario Grillo dà man forte.
Costa e Marchi critici - IL VICEMINISTRO INCONTRA A MARGINE I VERTICI
DELL’AUTHORITY
TRIESTE Nel coro di assensi e interesse non mancano alcune
voci contrarie, o quantomeno scettiche, sul progetto di polo logistico di
Trieste Monfalcone lanciato da Unicredit. Roberto Castelli, viceministro ai
Trasporti, definisce all’inizio il progetto «realizzabile e auspicabile». Ma,
nel pomeriggio, non manca di indicare «tre elementi di criticità». Castelli
arriva al convegno già in mattinata: «Il governo sostiene questo progetto». Poi,
in una pausa, fa visita al presidente dell’Autorità portuale di Trieste Claudio
Boniciolli che i boatos vogliono quantomeno perplesso sul progetto. Nel
pomeriggio, quindi, il viceministro si toglie «gli abiti da politico per
indossare la giacca dell’ingegnere» ed elenca le criticità del progetto che
«solleva aspetti giuridici come la nomina di un commissario. Non so a che tipo
di commissario il progetto alluda ma se pensate a un ”Bertolaso bis” sarà molto
difficile». Inoltre, aggiunge il viceministro, «si prevedono 240 milioni di
investimenti da parte dello Stato ma qui deve intervenire anche la Regione».
Infine, i problemi ambientali: «Il progetto non può prescindere da una procedura
di Via».
Tra i perplessi, in una platea in cui si registra l’assenza del senatore Giulio
Camber, c’è anche il presidente dell’Autorità portuale di Venezia, Paolo Costa,
che ribadisce come «da soli non si va da nessuna parte» e formalizza la
richiesta di entrare in Alpe Adria per lavorare in maniera sinergica in chiave
infrastrutturale. Costa si dice contrario alla «volontà di cambiare le regole a
ogni costo. Non è vero che per fare le cose bisogna cambiare leggi, regolamenti,
mettere commissari. Ci sono commissari bravi e altri meno bravi, ci sono
Autorità portuali che lavorano bene e altre no». Concetto analogo arriva dal
presidente della Commissione lavori pubblici al Senato, Luigi Grillo, secondo
cui «siamo ancora una Repubblica parlamentare, non possiamo commissariare
l'intero Paese». Per Grillo, che definisce il progetto «una provocazione
intelligente», il sistema portuale dell’Alto Adriatico è strategico «ma dobbiamo
fare queste cose con i piedi per terra. Nominare un commissario mi sembra un
esercizio accademico». Il presidente dell’Aeroporto di Venezia, Enrico Marchi,
dà man forte. E definisce il progetto «incoerente se esclude l’aeroporto di
Venezia. Si parla di piattaforma logistica del Nordest e poi, per quanto
riguarda gli aeroporti si parla di Milano e Roma. Mi sembra un salto
geografico». Perplesso anche l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato,
Mauro Moretti, secondo cui «tre-quattro porti in un unico sistema è una cosa che
non si è ancora vista nel mondo. Altrove si pensa prima a fare infrastrutture
fuori dalle città, da noi invece si spendono soldi per fare strade e ferrovie
dentro le città». Fabrizio Palenzona, presidente di Assaeroporti e Aiscat,
replica ai contrari, in particolare ad Assoporti: «Se hanno idee migliori ne
parliamo. Ma quando l'idea è che le infrastrutture le deve fare lo Stato, l'idea
è ottima ma non cammina». E non manca la risposta anche a Giancarlo Galan:
«Questo progetto non serve a portar via traffico a nessuno, ma a far acquisire
traffico e competitività al Paese e all'Europa».
ROBERTO URIZIO
Pozzo dei Colombi, bonifica ferma - L’ASSESSORE DE
ANNA: LAVORO ONEROSO E COMPLESSO
BASOVIZZA «Per una serie di cause non preventivamente
prevedibili e connesse con la particolare morfologia della Grotta medesima, non
è stato possibile portare a pieno completamento la bonifica, che di fatto era
più onerosa e complessa di quanto valutato in sede preliminare».
L'assessore regionale all'Ambiente Elio De Anna ha analizzato così la
motivazione della mancata bonifica del cosiddetto Pozzo dei colombi, la Grotta
sita nei pressi di Basovizza, originariamente profonda 75 metri poi utilizzata
come discarica per i terreni impregnati di petrolio rimossi dall'area della Siot
dopo l'attentato del 1972 firmato dal gruppo terroristico palestinese Settembre
Nero. La replica di De Anna è giunta in seguito ad una interpellanza presentata
in Consiglio da parte del rappresentante della Slovenska skupnost Igor Gabrovec
il quale ha chiesto quali fossero «le misure previste dalla Regione per far
fronte ad una emergenza ambientale di così vaste proporzioni». De Anna nella sua
risposta ha ricordato poi la cronistoria del progetto di bonifica risalente
all'ottobre del 1994, anno in cui la Direzione dell'Ambiente promosse «uno
studio per il risanamento delle acque del bacino del Timavo previsto nell'ambito
della prevenzione ambientale del Programma interreg Italia Slovenia promosso
dall'UE». Proprio l'ultima parte di tali attività avrebbe dovuto interessare la
bonifica della Grotta sita a Basovizza ma la somma spesa, stimata in circa 882
milioni delle vecchie lire, non bastò per completare i lavori: «A causa della
mancanza di ulteriori fondi del predetto Programma interreg, nel 2001 i lavori
di bonifica, svoltisi parzialmente con l'asportazione non completa dei rifiuti
ivi presenti, non poterono proseguire»”, ha confermato De Anna.
Quale dunque il futuro di questo sito inquinato che all'epoca vide la bonifica
di ben 1200 metri cubi di rifiuti? «Sulla base delle informazioni oggi
disponibili al riguardo, in via di massima si ritene che il completamento della
bonifica dovrebbe necessariamente essere preceduto da una specifica ed accurata
campagna di indagini in sito - spiega De Anna - per poter determinare in maniera
puntuale la reale morfologia e geometria della Grotta onde dar corso alla
bonifica senza provocare danni alla struttura della Grotta medesima». Da par suo
invece il consigliere della Ssk Gabrovec ha proposto all’amministrazione
regionale «l'istituzione di un tavolo di lavoro permanente che affronti la
problematica e che si prenda anche carico di reperire, a livello nazionale e
comunitario, i fondi necessari per una sua corretta soluzione», idea che
l’assessore De Anna - secondo lo stesso Gabrovec - «ha accolto con interesse».
L'esponente dell'opposizione ha infine ricordato che in questa vicenda «vanno
tutelati i proprietari dei terreni ove si trovano le grotte: i privati spesso
non hanno alcuna possibilità di autotutela perché difficilmente riescono a
proteggere i siti da eventuali malintenzionati inquinatori e sono quindi nella
maggior parte dei casi vittime e non colpevoli».
Riccardo Tosques
San Dorligo, una festa per promuovere il ”bio” -
Saranno esposti prodotti equi e solidali per spingerne l’introduzione nelle
mense - CENTRO VISITE
Esposizione di prodotti equo solidali e omaggio delle
banane biologiche. Saranno questi i temi caldi della prossima conferenza
organizzata al Centro visite della Val Rosandra dal Comitato spontaneo dei
genitori uniti delle scuole slovene ed italiane di asilo nido, infanzia e
primaria del Comune di San Dorligo della Valle per la promozione della mensa
scolastica con prodotti biologici, tipici e tradizionali. L'appuntamento è
previsto per mercoledì 10 febbraio con inizio alle 17. Relatore dell'incontro
sarà Paolo Albanese, presidente dell'associazione “Mosaico: per un comune
avvenire”. Il tema della conferenza, patrocinata dal Comune di San Dorligo della
Valle, saranno dunque i prodotti del commercio equo solidale ed i vantaggi che
si potrebbero trarre con l'introduzione di questi nella mensa scolastica.
Previsti poi durante la serata un banchetto con possibilità di visionare ed
acquistare i prodotti del commercio equo e solidale nonché l'assaggio di banane
eque per tutti i presenti. Inoltre durante la conferenza l’attrice Lara Komar
intratterrà i bambini nella saletta al primo piano del Teatro Prešeren. Vista la
concomitanza con il periodo carnascialesco gli organizzatori hanno invitato i
bimbi a presentarsi con il costume in maschera. Il Comitato infine ha ricordato
come in base a recenti sondaggi effettuati tra i genitori residenti nel comune,
questi sia siano dichiarati favorevoli al bio con oltre il 90% delle adesioni.
(r.t.)
SEGNALAZIONI - «Area ex-Maddalena: anche gli abitanti dovevano vigilare e reagire»
Il mega-intervento edilizio (centro commerciale,
abitazioni, uffici, ecc.) nell’area dell’ex ospedale «La Maddalena» ha origine
nell’accordo di programma stipulato tra Regione, Comune e Azienda servizi
sanitari nel marzo 2001.
L’accordo è servito a cedere l’ampio comprensorio alla speculazione immobiliare,
scavalcando le normali procedure urbanistiche che prevedono la possibilità per i
cittadini di presentare osservazioni e la decisione finale in capo al Consiglio
comunale (in questo caso invece chiamato solo a ratificare a posteriori.
L’accordo ha dichiarato la «vocazione edificatoria» (sic!) dell’area, definendo
natura e quantità di ciò che vi sarà costruito.
Dopo una lunga trafila burocratica – ma sempre senza alcun coinvolgimento della
cittadinanza – il comprensorio è stato prima venduto (nel 2002) a
«Generalgiulia2» e poi raso al suolo agli inizi del 2008, comprese le centinaia
di alberi d’alto fusto che avrebbero ben potuto e dovuto diventare un parco
pubblico. Di tutto ciò, com’è noto, gli ambientalisti e la cittadinanza – tranne
pochi «addetti ai lavori», tra cui la Circoscrizione competente – sono venuti a
conoscenza quando ruspe e motoseghe erano già all’opera.
Rimaneva un’ultima possibilità per ottenere, almeno, una modifica del progetto,
tale da ridurne l’impatto ambientale e «risarcire» lo scempio. Si trattava della
verifica ambientale, di competenza della Regione, che impone di mettere gli
elaborati a disposizione del pubblico (finalmente!) per la presentazione di
osservazioni.
La verifica può concludersi con l’avvio di una valutazione d’impatto ambientale
(Via), in cui l’analisi sugli effetti del progetto va approfondita, devono
essere considerate le possibili alternative e si apre una nuova fase di
informazione e coinvolgimento sia del pubblico, sia di altri enti competenti.
Il Wwf ha presentato le proprie osservazioni per la verifica (partita nel 2009),
chiedendo la Via e puntando ad ottenere un ridimensionamento dell’edificato
previsto e la creazione di un vero giardino pubblico su una parte dell’area.
Abbiamo anche sollecitato i cittadini (v. Il Piccolo del 9 dicembre scorso) a
presentare proprie osservazioni e richieste. Una quindicina di abitanti della
zona l’ha fatto, firmando osservazioni analoghe alle nostre. Chissà dov’erano
gli altri abitanti del rione…
«Generalgiulia2» ha reagito con un’intervista all’arch. Riccesi contro il Wwf,
giusto il giorno prima della data in cui l’apposita Commissione regionale doveva
decidere se mandare a Via il progetto. La decisione è stata poi per il no:
nessuna modifica sarà quindi apportata a quanto previsto dalla società suddetta.
Ricordato ciò, trovo incredibile che la sig.ra Laura Dapretto, in una
segnalazione apparsa il 31 gennaio, accusi noi di non aver difeso il parco
distrutto, assolva invece i ”rassegnati abitanti del rione” e si mostri
stranamente comprensiva verso le ragioni dell’arch. Riccesi. Meno rassegnazione,
maggiore attenzione su quello che combinano i rappresentanti eletti
(Circoscrizione, sindaco, ecc.) e un po’ più di impegno e coraggio, avrebbero
forse portato ad una conclusione diversa.
Dario Predonzan - responsabile urbanistica Wwf Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 5 febbraio 2010
Tir ”su rotaia” La giunta stanzia i primi fondi - LE
DELIBERE
TRIESTE Togliere 8mila Tir dall’autostrada. Spostarli su
ferro. Farli viaggiare senza intasare la A4, da Gorizia fino a Ospitaletto,
provincia di Brescia, 307 chilometri. La giunta regionale, riunita ieri a
Trieste, stanzia su proposta di Riccardo Riccardi i primi 260mila euro per
l’avvio della nuova ”autostrada viaggiante su rotaia”.
TIR SU ROTAIA L’obiettivo, conferma la società di logistica e servizi
intermodali Alpe Adria, è appunto quello di dirottare su rotaia circa 8mila
camion all’anno tra l’Autoporto di Sant’Andrea e il Terminal ”Bertani” di
Ospitaletto. «È un altro tassello operativo per diluire al massimo il traffico
pesante sino in Lombardia ma soprattutto tra Mestre e Gorizia, in quella parte
di A4 in cui si concentrano i lavori per la terza corsia», spiega l’assessore
regionale ai Trasporti. Il servizio di imbarco dei camion verrà inizialmente
avviato con una coppia di treni al giorno, in orario notturno, dal lunedì al
giovedì, con l'impegno di Trenitalia di mettere a breve a disposizione un
ulteriore servizio di domenica, anche nella prospettiva di avviare
successivamente una seconda ”traccia” giornaliera.
VERSO L’AUSTRIA Sempre su proposta di Riccardi, la giunta approva pure la
partecipazione al progetto Ue da 1 milione di euro ”Micotra-Miglioramento dei
collegamenti transfrontalieri di trasporto pubblico”, l’anticamera di un
servizio ferroviario sperimentale diretto tra Udine e Villaco e tra Udine e
Klagenfurt a rimediare almeno un po' ai tagli di fine anno ai collegamenti
internazionali verso Nord. Partner del progetto, che si inquadra nelle attività
di cooperazione transnazionale Interreg Italia-Austria per il periodo 2007-2013,
saranno, assieme alla Regione, la Carinzia, le Ferrovie Udine-Cividale, il
dipartimento carinziano delle Obb (le Ferrovie Austriache) e la società Vgl
Verkehrsverbund.
PIANIFICAZIONE La giunta, che ha pure dato il via libera alle linee guida per la
stesura del Piano di governo del territorio, secondo Federica Seganti riforma
«che pone finalmente mano a un sistema di pianificazione territoriale», delibera
anche sul risparmio energetico. Su proposta di Elio De Anna ci sono ora 4
milioni (840mila a Trieste, 440mila a Gorizia) a disposizioni dei privati per
interventi in materia. Il contributo è in conto capitale, al 50%, nella misura
massima di 10mila euro.
FONDAZIONE Ricostituito il Catalogo regionale della formazione permanente,
l’esecutivo provvede infine a nominare Enzo Cainero nel consiglio della
Fondazione Aquileia al posto del dimissionario Raffaele Fabbro.
(m.b.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 febbraio 2010
Muggia, nuovo no del consiglio al gasdotto Snam -
INTEGRAZIONI AL PROGETTO
Ancora un ”no” unanime dal Consiglio comunale al progetto
del metanodotto Trieste-Grado-Villesse proposto da Snam Rete Gas. Sono così
quattro i pareri sfavorevoli alla procedura di Via (Valutazione d’impatto
ambientale) richiesta dalla società fin dal maggio 2008.
«Dieci giorni dopo l'ultimo giudizio negativo dato alla Snam in dicembre – ha
dichiarato il sindaco Nesladek – ci viene richiesto un nuovo parere, senza che
le integrazioni date dalla società chiariscano i risvolti sociali e ambientali
per i quali noi siamo stati sempre in disaccordo. Rimanendo, comunque, un'opera
collegata al rigassficatore al quale abbiamo sempre espresso parere contrario –
ha aggiunto – non ci resta che prendere atto e votare il parere negativo alla
delibera».
Il consiglio ha poi votato favorevolmente il punto sulla rettifica di due errori
contenuti nella delibera sulla determinazione del costo e delle tariffe relative
alla Tarsu. Tale delibera non riportava nell'elenco delle categorie tassabili i
negozi di merci non alimentari. «Se in una delibera di bilancio – ha commentato
il capogruppo di An, Paolo Prodan – che prevede una determinazione degli
introiti dalla Tarsu manca una categoria, allora i conti sono sbagliati e quindi
stiamo parlando di una variazione al bilancio e non di una semplice rettifica».
A sbrogliare la matassa è stato il segretario generale Luigi Ciaccio, che ha
spiegato come l'errore sia riportato solo nella premessa dell’allegato alla
delibera e quindi non inficiava i dati espressi in bilancio.
La seconda rettifica rigurdava la sostituzione della parola ”superiore” con
”inferiore” nella parte della delibera che evidenzia l'esenzione dalla Tarsu per
chi ha in famiglia una persona diversamente abile, con un'invalidità pari o
superiore al 67 per cento, e residente in un immobile superiore ai 100 metri
quadrati.
«Questi errori sono dovuti anche al fatto che l'ufficio tributi, in questo
momento, ha una carenza d'organico – è intervenuto Christian Gretti (An) –. Mi
risulta che sia vacante un posto, e mi chiedo se non sia il caso di pensare a un
aumento del personale».
(a.d.)
Treni, collegamento diretto Udine-Carinzia - Al via lo
studio di un progetto con Klagenfurt - Partner tecnico sarà la società
Udine-Cividale
TRASPORTI TRANSFRONTALIERI
UDINE Nei prossimi giorni verrà formalizzata una proposta progettuale tra
Regione e Carinzia per l’avvio di un collegamento ferroviario diretto
sperimentale Udine-Klagenfurt e Udine-Villach.
Lo ha reso noto l’assessore regionale Riccardo Riccardi rispondendo in Consiglio
regionale a un’interrogazione del vicecapogruppo del Pdl, Franco Baritussio.
«È stata avviata una collaborazione con il Land Carinzia – ha spiegato Riccardi
– finalizzata all’elaborazione di una proposta progettuale comune riguardante il
miglioramento dei collegamenti transfrontalieri» che saranno posti a
finanziamento nell’ambito del progetto Interreg IV.
La situazione dei collegamenti con l’Austria, ha ricordato l’assessore, vede
oggi l’assenza di collegamenti ferroviari diretti. Quale partner tecnico
dell’iniziativa, ha aggiunto Riccardi, è stata individuata la Società Ferrovie
Udine-Cividale.
Per Baritussio si tratta di 2una risposta concreta da parte della Regione ai
tagli messi in atto da Trenitalia sul territorio nazionale e in Friuli Venezia
Giulia”.
Per il consigliere del Popolo della Libertà ”la velocità con cui si attiverà la
progettazione per la sperimentazione dimostra l'attenzione di questa maggioranza
verso il ruolo internazionale che il Friuli Venezia Giulia deve giocare nello
scacchiere europeo, soprattutto con l'Austria. Ruolo che – continua l’esponente
della maggioranza - i tagli ai collegamenti imposti da Trenitalia rischiano di
compromette”.
Inoltre, aggiunge Baritussio, ”l'individuazione della Udine-Cividale quale
partner tecnico richiama il modello su cui già sta operando con successo la
Provincia di Bolzano per le linee interne con la val Venosta e i collegamenti
internazionali con Innsbruck e Lienz”.
ROBERTO URIZIO
Raddoppio di Krsko, pressing sul governo - LA SAVINO:
TAVOLO CON LUBIANA
TRIESTE La Regione chiederà al governo l’apertura di un tavolo internazionale con Slovenia e Croazia per il raddoppio della centrale nucleare di Krsko. Lo ha annunciato ieri l’assessore regionale Sandra Savino rispondendo a un’interrogazione del consigliere regionale dei Cittadini, Stefano Alunni Barbarossa. Quanto alla possibilità che il Friuli Venezia Giulia possa ospitare una centrale nucleare, l’assessore ha sottolineato che «il territorio regionale è già soggetto a forte pressione di impianti, anche in prospettiva. A 100 chilometri da noi, in Slovenia, esiste già una centrale. Noi siamo interessati a quella e il presidente Tondo inoltrerà la richiesta al governo per un tavolo internazionale». In merito al parere favorevole del Friuli Venezia Giulia al piano nucleare del Governo, Savino ha sottolineato che «l’assenso c’è stato con dei distinguo. Abbiamo chiesto la redazione di un documento complessivo che contemplasse il ricorso a tutti i tipi di energie, da quelle rinnovabili al nucleare». Per Alunni Barbarossa, che chiede la convocazione di un’apposita seduta del Consiglio regionale sulla sua politica energetica, «la risposta dell’assessore evidenzia la chiara scelta filo-nucleare espressa da questa amministrazione in ambito nazionale». Oggi intanto il gruppo consiliare regionale del Pd terrà una conferenza stampa di presentazione della proposta di legge su “Disposizioni in materia di sviluppo sostenibile del sistema energetico regionale” che come primo firmatario il consigliere Franco Brussa.
(r.u.)
Le alghe-killer avanzano, Zagabria non reagisce - IL
GOVERNO NON COMBATTE I VEGETALI CHE DISTRUGGONO L’HABITAT MARINO
FIUME Praticamente disinteressato, incapace di mettere in
atto una politica efficace, tesa a debellare i due terribili intrusi. È
l’atteggiamento dello Stato croato nei riguardi delle cosiddette alghe-killer,
di origine tropicale e che da anni abitano i fondali istriani e dalmati.
La caulerpa taxifolia e la caulerpa racemosa continuano, quasi indisturbate, a
impossessarsi anno dopo anno di consistenti porzioni di fondale marino, aiutate
dal comportamento passivo delle autorità centrali, che finora hanno fatto finta
di niente, lasciando a singole organizzazioni di volontari il compito di
combattere i pericolosi vegetali invasivi. Che non costituiscono un rischio per
la salute dell’uomo, bensì sono micidiali per l’habitat in cui prosperano.
Intanto non permettono alle altre specie vegetali di continuare a vivere in loro
presenza e poi, non avendo nemici naturali nelle acque dell’Adriatico, si
riproducono senza problemi, trasformando l’area d’insediamento in una specie di
deserto, privo di altre forme di vita. Fuggite da acquari (il caso della
caulerpa) o portate in Adriatico da navi e imbarcazioni da diporto (la
consorella racemosa), le due alghe sono apparse nelle acque croate una decina
d’anni fa. «In tutto questo periodo – ammonisce Anton Malger, presidente
dell’Associazione croata per la tutela delle risorse adriatiche Bios – i
responsabili nazionali hanno dimostrato scarsissima sensibilità verso il
problema. Non hanno capito, o non hanno voluto capire, che è dal bilancio
statale che si dovrebbero attingere i mezzi per affrontare l’insidia. Si è
invece lasciato ai volontari fronteggiare l’avanzata. Possibile che le
istituzioni statali, in primis il Ministero della cultura, si sveglino solo alla
notizia che le due alghe hanno fatto capolino a una decina di metri dalla
demarcazione di un parco nazionale o di uno naturale?”. Tre i sistemi usati
finora per neutralizzare i vegetali: sradicarli, coprirli con teli di plastica
color nero, oppure mettendo in funzione un maxiaspiratore.
Quest’ ultimo metodo, parecchio costoso, ha avuto successo sui fondali
antistanti Malinska nel Golfo di Fiume e nel Canale di Barbat (Isola di Arbe).
Da anni gruppi di volontari sono in azione nelle acque di Cittavecchia di Lesina
(Starigrad na Hvaru), dove la caulerpa ha occupato ben 10 ettari. La racemosa è
ancora più coriacea e la sua presenza è stata segnalata nei pressi di Parenzo,
Fontane e Orsera, Incoronate, Sebenico e altri isolotti della Dalmazia
Meridionale. Una delle soluzioni proposte è l’inserimento negli habitat
aggrediti di una specie di lumaca tropicale, che si nutre delle due alghe. Il
pericolo è che la lumaca possa però sconvolgere gli equilibri ambientali,
facendo ancora più danno. Il suo eventuale utilizzo avrà bisogno di anni di
studio: l’Adriatico pretende invece soluzioni veloci, efficaci, che non alterino
i delicati equilibri.
ANDREA MARSANICH
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 febbraio 2010
Maxi investimento per i depuratori di Servola e Barcola
- Impegnati dal Comune 50 dei 143 milioni messi a bilancio per i due nuovi
impianti
IL PIANO DELLE OPERE PER IL 2010
A puntare dritti all’ultima riga dell’ultima pagina, verrebbe subito da
celebrare un record. Ma c’è una voce, chiamata depuratore, che da sola
giustifica l’impennata degli investimenti. La cui scaletta, stringi stringi,
considerate le risorse disponibili, risolve i problemi di oggi - le necessità
del presente, insomma, a partire dall’edilizia sociale, scolastica e abitativa -
senza lasciare aria a grandi progetti strategici. Il dato di partenza, ad ogni
modo, è che l’impegno di spesa programmato per l’anno corrente all’interno del
Piano triennale delle opere - appena licenziato dalla giunta Dipiazza e
destinato a viaggiare a braccetto con l’iter del bilancio di previsione - non
era così grasso dal 2007. Nel nuovo Piano, infatti, i lavori pubblici agganciati
al 2010 valgono in tutto 143 milioni e 145mila euro, di cui 94 milioni e 170mila
provenienti da finanziamenti statali e regionali vincolati alla realizzazione di
determinate opere, 35 milioni e 62mila da mutui contratti dal Comune stesso e 13
milioni e 912mila da stanziamenti di bilancio corrente. Un anno fa il
monte-interventi era stato di 110milioni, nel 2008 si era fermato a cento,
scendendo in picchiata rispetto al dato 2007, che ammontava a 139 milioni.
IL DEPURATORE L’impegno di spesa per il primo dei tre esercizi analizzati nel
Piano triennale torna dunque a salire, abbondantemente, come conseguenza
dell’inserimento già sull’anno in corso del costo presunto di una delle opere
più impellenti: l’adeguamento del depuratore di Servola. Quello che, ai tempi
dei primi corteggiamenti con Gas Natural per le royalties del rigassificatore
interrato di Zaule, Roberto Dipiazza avrebbe voluto fosse pagato dal colosso
energetico spagnolo, e che ora è finito invece nella partita delle bonifiche del
Sito inquinato. Il Piano delle opere, in effetti, evoca 50 milioni di euro
divisi in due poste: 30 milioni vincolati targati Stato e altri 20 Regione. Ma
non si muoverà foglia finché non ci sarà il timbro definitivo di tutte le
istituzioni sull’Accordo di programma sul Sin.
C’è quindi un punto di domanda sulla voce trainante di quei 143 milioni. Proprio
il depuratore di Servola (come si legge nella tabella sotto, ndr) fa degli
interventi ambientali quelli in assoluto più robusti fra tutti i lavori pubblici
previsti dal Piano nel corso di quest’anno. Sui quasi 60 milioni impegnati nel
settore ”opere di protezione dell’ambiente”, altri cinque (più un ulteriore
milione e 300mila) ne vale l’impianto di pretrattamento del secondo depuratore,
quello di Barcola, mentre poco più su verrà impegato un milione e 200mila euro
per il primo lotto del risanamento del torrente Martesin, nella verde valle
della discordia per via delle spinte alla cementificazione.
SCUOLE E WELFARE La seconda posizione tra le differenti tipologie di lavori
pubblici, per entità di risorse impegnate già per quest’anno, è occupata
dall’edilizia sociale e scolastica: più di 20 milioni. E qui la prima voce porta
al nuovo centro diurno per la demenza senile e l’Alzheimer al Gregoretti: costo
dell’operazione tre milioni e 982mila euro, reperiti in questo caso non
attraverso i fondi vincolati degli enti sovraordinati, bensì da mutuo del
Comune, spalmato in otto rate annuali. Stesso sistema, quello del credito, anche
per uno degli interventi scolastici più attesi: la ristrutturazione completa
della media Dante, che costa praticamente un milione e mezzo. Per i restyling
imponenti in altri istituti, economicamente parlando, si torna invece al
finanziamento vincolato: tre milioni per la riqualificazione integrale delle
scuole medie statali Kosovel e De Tomasini di Opicina, un milione e 850mila euro
per il terzo lotto della media Guido Corsi e della elementare di via Ruggero
Manna, nonché un milione e 110mila per la manutenzione straordinaria e la messa
a norma degli impianti nei due istituti statali di Melara, l’elementare Pertini
e la media Rismondo.
EDILIZIA SOCIALE Alle risorse per l’edilizia sociale e scolastica, si abbinano
nel segno del welfare quelle destinate all’edilizia abitativa, dove il Piano
prevede otto milioni e mezzo di impegni, in particolare per il recupero di
alloggi sfitti riservati alle famiglie in stato di necessità: sul 2010 ad
esempio spunta una posta senza indirizzi da due milioni e 500mila euro
finalizzata genericamente proprio a tali recuperi, cui seguiranno 500mila euro
nel 2011 e altrettanti nel 2012. Confermati gli annunci a proposito degli
appartamenti (più di trenta) che saranno ricavati nei due vecchi stabili di
proprietà del Comune di via Soncini 102 e via dell’Istria 89, per effetto di un
contributo statale di due milioni e 189mila euro.
CATTINARA Resiste nella top-list, ed è una costante dell’era Dipiazza, la spesa
per gli interventi stradali. Rotatorie a go-go alla colonna 2010 - la più
importante riguarda la riproposizione rispetto al Piano 2009 di quella tra via
Carnaro e via Brigata Casale - ma la fetta più grande (e più nuova) fa rottasu
Cattinara: in cantiere infatti c’è sia la semplificazione dell’incrocio alto
delle vie Marchesetti e Forlanini verso l’ospedale (507mila euro) sia,
soprattutto, l’ambizioso aggancio tra il polo cardiologico e la sopraelevata,
per un costo superiore ai tre milioni.
MONTEBELLO Tre milioni e 900mila euro, infine, sono previsti per dar corso alla
«riqualificazione funzionale» della galleria Montebello. Sono gli ultimi soldi,
pescati da un mutuo, che mancavano per arrivare ai nove milioni di investimento
complessivo, di cui quattro milioni e centomila prelevati dal ministero
dell’Ambiente dal Fondo per la mobilità sostenibile.
PIERO RAUBER
Demolizioni e ripuliture all’ex Fiat - L’AREA DI CAMPO
MARZIO
Demolizioni in corso nell’area dell’ex concessionaria Fiat
di Campo Marzio, destinata a trasformarsi in un comprensorio, con un’attività
commerciale mista al pian terreno e 135 abitazioni negli spazi dei due edifici,
uno esistente, l’altro da realizzare ex novo. Il progetto prevede anche la
sistemazione di 676 posti auto e di tre aree verdi.
La Teseco è subentrata all’impresa Vittadello di Padova per il completamento
delle opere utili al futuro avvio dei lavori nel mega-cantiere. Si tratta di
interventi di ripulitura e di piccole demolizioni, come quella che ha
interessato di recente un camino sul tetto.
All’apparenza, l’iter per la riqualificazione dell’area di proprietà della Cmc
spa sembra però andare avanti a singhiozzo. «C’è una spiegazione - fa il punto
il progettista Giovanni Cervesi -. A lavori avviati, infatti, è stato necessario
procedere a una serie di verifiche puntuali. Riguardanti anche il piazzale
interno in asfalto, dove erano rimaste delle cisterne contenenti gasolio e
benzina collegate alla presenza della concessionaria di automobili. Così, è
stato necessario provvedere a demolizioni, bonifiche e opere di pulitura. I
lavori riprenderanno quindi celermente. Entro tre anni, il tutto sarà concluso».
E lo scenario diverrà, dunque, da un lato quello di un’attività commerciale che,
per dimensioni (1500 metri quadrati circa), coinciderà con il vecchio salone
della concessionaria e le officine Fiat. Ci saranno, dall’altro lato, «i due
edifici - continua Cervesi -, di cui quello in aderenza alla sede del Piccolo, e
uno da realizzare, nuovo, sul pastino superiore». Per un totale di 135
appartamenti.
Tornando all’attività commerciale che caratterizzerà il piano terra del
comprensorio, non emergono ancora nomi di eventuali realtà interessate a
insediarsi e a investirvi. Il quadro comunque dovrebbe - ma usare il
condizionale resta per adesso ancora d’obbligo - essere composto sia da una
parte legata in qualche modo al settore della somministrazione di cibi e bevande
sia, contestualmente, da un’altra con realtà commerciali di diverso tipo.
(m.u.)
Sopralluogo alla Ferriera, ok del Municipio - IN
CONSIGLIO COMUNALE APPROVATE DUE MOZIONI SULLO STABILIMENTO
Intervenire con la Lucchini affinché la Commissione
trasparenza del Comune possa effettuare, assieme a sindaco, Azienda sanitaria e
Arpa, il richiesto sopralluogo alla Ferriera per verificare la situazione alla
cokeria e le emissioni collegate. Inoltre, fare pressing sulla Regione al fine
di riattivare la conferenza dei servizi per la revisione dell’Aia e, infine,
rimettere mano ai Piani di azione comunale ridefinendo la rete di monitoraggio
della qualità dell’aria. Questi i contenuti delle due mozioni presentate l’altra
sera in Consiglio comunale dal consigliere dei Verdi Alfredo Racovelli e
approvate entrambe dall’assemblea. La prima con la sola astensione di Sergio
Pacor (Pri), la seconda all’unanimità dei presenti. Ora tocca a sindaco e
giunta, impegnati formalmente dagli atti. «Ci chiediamo se il recente problema
alla cokeria sia stato risolto o se la proprietà abbia solo abbassato la
produzione - fa il punto Racovelli -. C’è poi la questione dell’Aia e delle
centraline: è inconcepibile che quelle di via Svevo e di via Pitacco siano della
stessa Lucchini».
Il Consiglio di lunedì è stato teatro dell’ennesimo scontro fra i bandelliani
del gruppo Sulli e gli esponenti di Fi-Pdl e An-Pdl, oltre che tra il quartetto
stesso e il presidente Sergio Pacor: oggetti del contendere, la denominazione
Ptdl e i posti in aula. «È impensabile che ad ogni mutamento di casacca o gruppo
comunale, l’amministrazione o il presidente debba mutare l’assegnazione dei
posti», ha puntualizzato ieri Pacor. «Ci sono numerosi scranni liberi», ha
aggiunto, invitando «a un ripensamento collettivo del ruolo del Consiglio
comunale, che non deve trasformarsi in luogo di esercitazioni para-politiche».
Intanto, sulla querelle Ptdl, Salvatore Porro ha annunciato: «Chiederemo alla
segreteria nazionale del Pdl di commissariare i vertici locali del partito». (m.u.)
Acquario, c’è il quadro dell’inquinamento - Il Cigra ha
consegnato i dati al Comune. A breve la verifica con gli altri enti
IL TERRAPIENO FRA PUNTA OLMI E PUNTA SOTTILE
MUGGIA Una nuova spiaggia, libera e di pubblico utilizzo, con la possibile
realizzazione di uno spazio per il parcheggio. Il futuro balneare del terrapieno
Acquario è sempre più vicino. Il Comune di Muggia ha ricevuto i dati dello
studio effettuato dal Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e recupero
ambientale) dell'Università, che nel marzo 2008 aveva firmato una convenzione
per la determinazione della tipologia e della quantità di materiali inquinanti
nel terrapieno che si estende fra Punta Olmi e Punta Sottile.
«Da questi risultati – commenta il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek – ci
aspettiamo di avere le indicazioni migliori per destinare a uso pubblico, nei
tempi più brevi e nella massima sicurezza, il terrapieno di Acquario».
Nelle prossime settimane l'amministrazione ha in programma un incontro con i
tecnici del Cigra per analizzare in dettaglio i risultati delle analisi. «Ci
stiamo muovendo in anticipo su questi tempi – spiega il sindaco – per una
convocare una conferenza dei servizi a livello regionale con Arpa, Regione,
Capitaneria di porto e l'Autorità Portuale. Preso atto degli studi effettuati,
gli enti decideranno se approvarli o meno. Con tutta probabilità – conclude – lo
studio verrà accettato, ma potrebbero esserci delle prescrizioni, come per
esempio la richiesta di approfondire le analisi su un determinato fattore
inquinante».
La Regione, quando era guidata dalla giunta Illy, aveva finanziato il progetto
di caratterizzazione con 500mila euro, che in parte serviranno per la prossima
messa in sicurezza dell'area e che, congiuntamente a parte dei soldi provenienti
dalla convenzione per il centro commerciale Valle delle Noghere, permetteranno
la bonifica dell'area.
La zona fa ancora parte del Demanio regionale, al quale il terrapieno è
ritornato nel dicembre 2006, in seguito alla revoca della concessione
preliminare da parte della Regione. Il sindaco ricorda però che «in sede di
formazione del bilancio regionale, abbiamo concordato l'inserimento di un
articolo che sancisce la possibilità per il Comune di Muggia di acquisire il
sito per destinarlo all'utilizzo pubblico. Questa richiesta è già stata fatta.
Siamo in attesa di una risposta positiva».
Nel 2004 era già stata effettuata un’analisi dei terreni di riporto, ma il
quadro degli inquinanti potrebbe essere cambiato, ad esempio in seguito alle
infiltrazioni di acqua piovana. In seguito l’amministrazione comunale decise di
procedere a nuove caratterizzazioni e analisi, secondo le direttive della legge
152/2006.
Se la conferenza dei servizi approverà lo studio effettuato dal Cigra, il Comune
dovrà presentare, entro sei mesi, un progetto di bonifica dell'area, che dovrà
essere sottoposto anch'esso al parere regionale prima che si possa procedere con
il bando di gara per l'affidamento delle bonifiche. «Confidiamo che si riesca a
dare rapidamente delle risposte ai cittadini – commenta Nesladek –. Ormai
l’iter, che ci restituirà la zona in un tempo certo, è partito. Speriamo che
questo tempo sia breve».
Andrea Dotteschini
Elettrodotto, Serracchiani respinge le accuse Lega-Udc
- «Il Pd è contrario ad opere con impatto insostenibile verso l’ambiente»
OGGI DIBATTITO IN REGIONE
TRIESTE «Fuori luogo gli attacchi della Lega e dell'Udc sull'elettrodotto:
il Partito democratico è contrario a opere che impattano sull'ambiente in modo
insostenibile». Lo afferma Debora Serracchiani, segretario regionale del Pd,
all’indomani delle critiche mosse sulla vicenda dell’elettrodotto
Redipuglia-Udine Ovest da Lega e Udc, secondo cui i democratici avrebbero
cambiato atteggiamento dopo che la Giunta Illy aveva firmato l’accordo con la
Terna spa per il tracciato aereo dell’opera. «La Lega e l'Udc fanno parte della
coalizione che guida la Regione – ha sottolineato Serracchiani – e anche loro
sono stati zitti e continuano a tacere di fronte al pericolo che il Governo
impianti una centrale nucleare in Friuli Venezia Giulia. Non mi pare il massimo
della coerenza una politica che distingue il forno nazionale da quello
regionale». Anche l’Italia dei Valori è a favore dell’interramento
dell’elettrodotto, come conferma il consigliere regionale Enio Agnola. «Già nel
gennaio dello scorso anno – spiega– presentammo un’interpellanza al presidente
della Regione per chiedere se non ritenesse opportuno chiedere al Ministro di
disporre l’immediata sospensione del procedimento avviato al fine di valutare le
soluzioni progettuali alternative al tracciato aereo, da concordarsi d’intesa
con le amministrazioni locali interessate».
La mozione presentata dal Pd sul tema, e il già annunciato ordine del giorno di
Lega e Udc, saranno discussi nella seduta odierna del Consiglio regionale.
All’ordine del giorno anche la proposta di legge per la tutela e la
valorizzazione dei dialetti di origine veneta (che unisce tra proposte di legge
presentate dal leghista Federico Razzini, dal piediellino Piero Camber e da
Pietro Colussi dei Cittadini) che sarà preceduta dalla votazione della proposta
di legge di Giorgio Venier Romano (Udc) sulla vivisezione.
Il consigliere del Pd, Sergio Lupieri, ha presentato insieme allo stesso Venier
Romano, una serie di emendamenti per impegnare la Regione a farsi promotrice di
iniziative volte ad assicurare che la sperimentazione animale, ove non possa
essere evitata, sia praticata con la minor sofferenza possibile da parte degli
animali. «La proposta di legge – spiega Lupieri - in realtà riguarda le norme
per la diffusione di metodologie alternative alla sperimentazione animale ed è
palesemente ispirata ai più sani e nobili principi animalisti. Ben venga una
legge regionale che promuova e sostengal’uso di metodologie alternative alla
sperimentazione su e con animali vivi».
ROBERTO URIZIO
Slovenia, Roko Zarnic scelto per l’Ambiente - Il
premier lo nomina per il dicastero dei rigassificatori, ora la ratifica in
Parlamento
È UN ESPONENTE DEL PARTITO DEI PENSIONATI
LUBIANA Il candidato a nuovo ministro dell'Ambiente sloveno è Roko Zarnic,
professore ordinario alla Facoltà d’ingegneria edile e geodesia dell'Università
di Lubiana.
È stato scelto dal premier Borut Pahor tra i due candidati che gli sono stati
proposti dal Partito dei pensionati. Se otterrà la fiducia della Camera – il
voto è previsto entro fine febbraio – Zarnic subentrerà al dimissionario Karl
Erjavec. Classe 1950, il candidato a ministro è un esperto di materiali edili e
ingegneria antisismica.
È docente universitario dal 1993 e lavora all'Istituto per la ricerca dei
materiali e delle costruzioni. È membro del Desus, il Partito dei pensionati,
dall'agosto 2009. Non ha precedenti esperienze politiche. «Il dicastero
dell'Ambiente copre una problematica molto vasta e complessa, per cui deve
essere guidato da una persona con competenze professionali molto ampie. È un
errore, come a volte capita, sottovalutare questo ministero» ha dichiarato il
premier Borut Pahor subito dopo avere annunciato la candidatura di Zarnic.
Progetti e questioni di cui il futuro ministro dovrà occuparsi riguardano tra
l'altro la problematica dei terminal rigassificatori.
Lubiana contesta il progetto del terminal di Zaule, di cui teme l'impatto
ambientale transfrontaliero. Roko Zarnic subentrerà a Karl Erjavec.
Il presidente del Partito dei pensionati si è dimesso dopo che la Corte dei
conti aveva chiesto al premier Pahor di rimuoverlo a causa d’irregolarità nel
funzionamento del Ministero dell'ambiente, in particolare nel calcolo e
nell'utilizzo della tassa ambientale come incentivo per la raccolta
differenziata dei rifiuti urbani.
(r.a.)
SEGNALAZIONI - «Tracciato Tav: si scelga la soluzione
più economica e a minore impatto»
La vicenda del tracciato Tav sta ormai assumendo i
connotati dell’opera buffa: il tracciato proposto dal progetto originale
prevedeva un ingresso a Trieste da Nord-Ovest per mezzo di un sistema di
gallerie da scavare sotto l’altipiano carsico e sbocco nei pressi del Porto
Vecchio. L’uscita da Trieste avveniva con un tracciato a S rovesciata che
attraversava la Val Rosandra, con gallerie il cui asse sarebbe passato a circa
5-7 metri dal greto del torrente omonimo.
Per evitare lo scempio di Val Rosandra e consentire, comunque, il collegamento
Trieste-Divaccia, si è puntato successivamente al rilancio del tracciato
Trieste-Opcina-Divaccia dando modo di garantire l’intangibilità di Val Rosandra
senza, peraltro, risolvere il problema della galleria sotto l'altipiano carsico,
con i conseguenti tempi e costi d’esecuzione.
Da ultimo, Il Piccolo del 27 gennaio scorso ci informa dell’esistenza di una
terza ipotesi per il tracciato Trieste-Divaccia che eviterebbe l'attraversamento
della Val Rosandra e, al tempo stesso, risponderebbe all’esigenza di creare un
collegamento "forte" tra i porti di Trieste e Capodistria. Il tracciato
ipotizzato è ancora ignoto per cui è opportuno astenersi da qualsiasi commento
ma vien da chiedersi se sia accettabile che, dopo anni di studi e discussioni,
le soluzioni sembrino uscire, lì per lì, dal cilindro del prestigiatore
piuttosto che da ponderate valutazioni tecnico-economiche. Perché, allora, non
adottare decisamente e senza tanto tergiversare la direttrice, già
autorevolmente suggerita, Vipacco-San Daniele-Rasa-Divaccia?
In questa ipotesi, il traffico merci proveniente da Est e diretto al sistema
portuale Trieste-Capodistria, si incanalerebbe sulla Pivka-Capodistria e, giunto
all'altezza di Decani, i convogli per il porto di Trieste devierebbero sulla
Rabuiese-Aquilinia raggiungendo il porto da Sud-Est. Il traffico in transito
lungo il Corridoio 5 percorrerebbe la tratta Gorizia-San Daniele del Carso-Pivka
senza toccare Trieste mentre, il traffico da Ovest per il porto di Trieste
aggirerebbe l’altipiano carsico per staccarsi dalla direttrice principale in un
punto collocato a piacimento tra Divaccia e Pivka.
I vantaggi di questa soluzione sono tangibili in termini di costi, di ridotto
impatto ambientale e, soprattutto, di rapidità d’esecuzione; auspicherei,
quindi, che i nostri amministratori abbandonassero i bizantinismi e le
sceneggiate più o meno mediatiche cui da tempo ormai ci hanno abituato,
dimostrando, almeno per una volta, la capacità di assumere decisioni strategiche
per il futuro della città in tempi coerenti con le esigenze di un suo concreto
rilancio.
a.slataper@libero.it
STAFFETTA QUOTIDIANA - MARTEDI', 2 febbraio 2010
Gnl Livorno: Consiglio di Stato dà ragione a OLT
I ricorsi al Tar contro l'autorizzazione erano
irricevibili e/o inammissibili. Tra l'impianto offshore e i comuni costieri
manca la "vicinitas"
Il Consiglio di Stato ha dato ragione in via definitiva a Olt Offshore LNG
Toscana, cui fa capo il progetto di rigassificatore offshore di Livorno, nei
confronti di Greenpeace e di un gruppo di privati cittadini che avevano fatto
ricorso contro il decreto autorizzativo del 2006. Con due sentenze pubblicate
lunedì, il Cds ha dichiarato irricevibili ...
BORA.LA - MARTEDI', 2 febbraio 2010
Dalla Commissione europea “nessuna indicazione nè presa di posizione” sul rigassificatore
“La Commissione non ha dato nessuna indicazione a
nessuna delle parti coinvolte, nè ha preso posizione sulla correttezza delle
procedure di valutazione d’impatto ambientale”.
Dalla Rappresentanza a Milano della Commissione europea giunge una
comunicazione su quanto accaduto nella riunione del 26 gennaio a Bruxelles.
Riunione sulla quale si è scatenata una “guerra” di notizie tra Italia e
Slovenia partita dalle dichiarazioni rilasciate all’Ansa dal sottosegretario
Menia: “L’Europa ci ha dato ragione, ora la Slovenia ne prenda atto”.
“Effettivamente era una riunione tecnica informale – ribadiscono dalla
rappresentanza della Commissione europea in un comunicato inviato a Bora.La -.
Il suo scopo principale era di condividere informazioni e comprendere meglio i
termini della questione”. E ancora: “La Commissione ha soltanto suggerito che il
terminal offshore dev’essere valutato attraverso una valutazione d’impatto
ambientale complessiva, che consideri sia gli impianti on e off shore, e il
gasdotto. Ha anche preso nota delle preoccupazioni espresse dai funzionari
sloveni e dell’informazione resa dall’Italia sulle consultazioni con la Slovenia
per adempiere agli obblighi relativi, derivanti dalla normativa europea
sull’ambiente e dalla Convenzione Espoo”.
COMUNICATO STAMPA da Greenaction - MARTEDI', 2 febbraio 2010
RIGASSIFICATORE:È FALSA LA NOTIZIA DI “APPROVAZIONE
EUROPEA” nota di AAGCondividi
Una disinformazione grossolana su procedure inesistenti
- Alpe Adria Green renderà pubblici altri documenti su falsificazioni e
coperture
Trieste-Ljubljana, 1.2.2010.- È falsa la notizia pubblicata in Italia che il
26 gennaio a Bruxelles la Commissione Europea avrebbe dichiarato la regolarità
delle procedure italiane e negato il diritto di opposizione della Slovenia per i
due rigassificatori progettati nel Golfo di Trieste. Si è trattato soltanto di
una riunione tecnica trilaterale informale, conclusa con la raccomandazione
europea all'Italia di effettuare con la Slovenia una valutazione comune degli
impatti.
La notizia vera da Bruxelles era stata lanciata già il 27 gennaio dalle agenzie
slovene ed ignorata in Italia, dove è stata invece diffusa appena il 29 e 30
gennaio la notizia falsa, che risulta costruita da Trieste con quattro lanci di
notizie equivocabili e dichiarazioni di un politico locale sostenitore dei
rigassificatori, il sottosegretario italiano all'ambiente Roberto Menia.
L'asserita “approvazione europea” dei due impianti non sarebbe stata comunque
possibile perché simile procedura non esiste. Al contrario, Commissione e
Parlamento europei hanno appena confermato ufficialmente (14 e 21.1)
all'organizzazione ambientalista internazionale AAG-Alpe Adria Green di avere
aperto le indagini sui suoi reclami contro il progetto di rigassificatore della
società spagnola Gas Natural nel porto industriale di Trieste.
I reclami di AAG, che si fondano anche su documenti da indagini giudiziarie,
affermano che il progetto della società è pericoloso, conterrebbe dati tecnici
ed ambientali falsificati e sarebbe stato illecitamente favorito da autorità
politiche italiane.
AAG informa ora che per porre fine alle troppe speculazioni sulla questione
renderà pubblici altri documenti decisivi, che confermano in particolare
falsificazioni e coperture delle informazioni tecniche sui gravissimi rischi per
la popolazione in caso di incidente od attentato. Tali rischi coinvolgerebbero
anche il vicino terminale dell'Oleodotto Transalpino, che da Trieste rifornisce
Austria, Germania e Repubblica ceca.
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 febbraio 2010
Rigassificatore, la Ue chiede verifiche - Nessuna
contestazione all’Italia ma serve uno studio complessivo - Il 10 febbraio i
primi ricorsi al Tar
Torna alla regione Friuli Venezia Giulia, per la decisione
finale il dossier per il rigassificatore di Zaule. Dopo un palleggiamento di
voci spesso contrastanti tra Trieste, Lubiana, Roma e Bruxelles, sono arrivate
ieri alcune indicazioni più esaurienti. Nel dettaglio, la portavoce del
commissario per l’ambiente Stavros Dimas ha precisato che nel recente incontro
con le autorità italiane e slovene, da parte della Commissione non sono state
rilevate ragioni di intervento sul lavoro svolto dall'italia per quanto concerne
le valutazioni di impatto ambientale. Nessuna procedura d’infrazione, dunque,
come avrebbe invece auspicato la Slovenia, da sempre contraria al progetto.
È stato anche precisato che l’incontro di Bruxelles era informale. In sede di
commissione è stata prevista la preparazione di uno studio complessivo di
impatto ambientale e iniziato alcune valutazioni formali. Sono stati presi in
esame tutti i tre terminali (Endesa, Gas Natural e metanodotto). Secondo la
portavoce di Dimas «tutte le parti si sono comprese» e inoltre l’Italia ha
chiarito i propri studi di impatto ambientale su tutti e tre i progetti.
All’Italia è stata chiesta la preparazione di uno studio complessivo. La
commissione Ue ha inoltre caldeggiato che i singoli studi sui singoli progetti
tengano conto degli effetti cumulati degli altri impianti esistenti nella zona,
e questo perchè la valutazione di impatto ambientale è appena incominciata.
Per quanto riguarda la protesta dell’associazione ambientalista Greenaction
Transnational che aveva chiesto un’istruttoria, non ne è stata aperta alcuna. La
commissione europea per le petizioni e la commissione generale per l’ambiente, è
stato detto, hanno semplicemente iniziato ad analizzare la petizione che era
stata presentata il 2 ottobre del 2009 in relazione alla realizzazione del
rigassificatore di Gas Natural.
Il commissario per l’ambiente Ue, è stato ancora aggiunto, sta monitorando con
molta attenzione lo sviluppo della questione perchè tutto venga svolto secondo
regole europee al 100 per cento. È stato precisato al riguardo che le normative
dovranno essere rispettate alla lettera, altrimenti l’Ue avrebbe il diritto di
portare chi lede tali norme davanti al Tribunale internazionale.
Da parte slovena poche reazioni, anche se l’insoddisfazione è evidente. Se ne è
fatto interprete tra gli altri il quotidiano lubianese Delo, che ha riportato i
risultati di uno studio in base al quale, dopo l’insediamento del
rigassificatore Gas Natural, il rimescolio delle acque, usate per il
raffreddamento dell’impianto, e il conseguente rimescolìo del fondo, unito
all’arrivo delle navi eleverebbe il livello di mercurio nell’acqua dagli attuali
0,3% mcg a 0,4 mcg, a fronte di un limite comunitario che si attesta sui 0,5 mcg.
Va ricordato infine che sono state fissate per il prossimo 10 febbraio, davanti
al Tar (Tribunale amministrativo regionale), le prime udienze relative ai
ricorsi presentati da comuni e ambientalisti contro il decreto di Via
(Valutazione di impatto ambientale) del rigassificatore di Zaule.
I ricorsi, con i quali è stato impugnato il decreto del Ministero dell'Ambiente,
sono stati presentati negli scorsi mesi dai Comuni di Muggia e San Dorligo della
Valle, dal Comune sloveno di Capodistria e, ancora, da Greenaction Transnational.
Gas Natural, la società che intende realizzare l'impianto, si è costituita in
tutti i ricorsi, come il Ministero dell'Ambiente, mentre la Repubblica di
Slovenia ha scelto di non farlo. Non è ancora fissata, invece, la data
dell'udienza del ricorso presentato da Wwf e Legambiente al Tar del Lazio,
sempre contro il decreto di Via.
(f.b.)
Ucraina in bilico fra Usa, Russia e Ue Sfida difficile
per la modernizzazione - GASDOTTI E OLEODOTTI - GLI SCENARI FRA BRUXELLES E
NUOVA EUROPA
Il primo turno delle elezioni presidenziali in Ucraina ha
rifocalizzato l'attenzione su questo grande Paese e sull'area delle ex
repubbliche dell'Unione sovietica, ora indipendenti, confinanti o vicine all'Ue.
Il confronto tra Yulia Tymoshenko, già esponente della rivoluzione arancione ed
espressione del voto della dell'area occidentale del Paese che guarda
prevalentemente all'Europa, e Viktor Yanukovich, l'avversario di sempre del
movimento arancione, sostenuto soprattutto nell'area orientale russofona,
porterà domenica, a meno di clamorose sorprese, alla vittoria della prima. Lo
scarto a favore di Yanukovich (4- 5 punti percentuali secondo l'exit poll)
potrebbe infatti essere ampiamente annullato, al di là dei contrasti personali,
dalla convergenza di parte almeno dei voti ricevuti da altri candidati dell'ex
coalizione arancione. Tuttavia l'eventuale vittoria della Tymoshenko, anche
qualora inaugurasse una nuova fase riformista all'interno del paese, non
sembrerebbe poter influire sugli elementi di incertezza e di instabilità che
caratterizzano l'Ucraina e l'area orientale vicina all'Ue.
Dopo la caduta del muro di Berlino e dei regimi comunisti, la scomposizione
dell'ex Unione Sovietica e dei Paesi che facevano parte del suo blocco ha
seguito vie diverse. I Paesi dell'Europa centro-orientale hanno cominciato fin
dal 1991 un processo di associazione con l'Europa comunitaria che li ha portati
all'adesione nel 2004. Nello stesso 1991, la disgregazione dell'Unione Sovietica
ha portato alla formazione di Stati indipendenti e alla costituzione di un
legame assai tenue tra loro e la Russia: la Comunità degli Stati indipendenti
(Csi). Lituania, Lettonia ed Estonia non avevano aderito, intraprendendo un
processo di associazione e adesione all'Ue. Inoltre, tra gli 11 Paesi aderenti,
l'Ucraina, che inizialmente aveva firmato l'accordo, non avendo mai approvato lo
statuto, ha mantenuto solo una posizione di collegamento esterno. La Georgia,
dopo il conflitto con la Russia dell'agosto 2008, ha lasciato la Csi.
Durante gli anni '90 del secolo scorso questi Paesi sono rimasti caratterizzati
dal sistema di potere ereditato dal passato e da un notevole degrado economico.
All'esterno sono stati soprattutto gli Stati Uniti a interessarsi dell'area,
anche per il problema della messa in sicurezza di differenti dispositivi
nucleari. La Comunità europea, alle prese con la crisi iugoslava e con il
complesso processo di integrazione in corso nell'Europa centro-orientale, è
rimasta distante.
Nel 1999 finisce la guerra nell'ex Iugoslavia e inizia la difficile
stabilizzazione dell'area, mentre comincia a definirsi l'itinerario di adesione
all'Ue dei Paesi dell'Europa centro-orientale, cui più tardi si aggiungeranno
anche Romania e Bulgaria. Nello stesso anno, però, con le dimissioni di Boris
Eltsin, comincia l'era di Vladimir Putin la cui politica non sembra voler
accettare la realtà geopolitica emersa dalla fine della guerra fredda e
rivendica invece, come zona di influenza russa, l'area vicina. I movimenti
riformatori che nel frattempo si sono sviluppati in alcuni Paesi della Csi, sono
osteggiati sia perché sono orientati a rafforzare i legami con l'occidente,
rifiutando l'influenza di Mosca, sia perché criticano il regime di Putin e
costituiscono un riferimento per l'opposizione russa.
La Russia non è in grado di competere con l'occidente nel garantire
modernizzazione e sviluppo economico a questi Paesi, ma ha altri modi diretti o
indiretti per limitare la loro libertà di scelta. Essi infatti sono strettamente
dipendenti sia come forniture che infrastrutture di trasporto dalle risorse
energetiche russe e, attraverso essi (in particolare l'Ucraina) passano
oleodotti e gasdotti che alimentano circa il 50% delle importazioni europee di
energia. L'area diviene quindi progressivamente terreno di confronto tra Usa, Ue
e Russia. L'amministrazione Bush affronta il problema fuori tempo e in termini
muscolari. L'insistenza per l'adesione alla Nato dell'Ucraina, o mosse mal
studiate come il progetto di dispiegamento di un sistema antimissili tra la
Repubblica Ceca e la Polonia, inaspriscono una situazione ormai già compromessa.
L'Ue, anch'essa in ritardo nella comprensione della nuova politica russa,
inaugura, nel 2003, una politica di vicinato (Pev) per creare una zona di
stabilità e sicurezza alle nuove frontiere orientali; ma la Russia si
autoesclude dagli accordi e ne pretende di separati.
Con l'adesione di Romania e Bulgaria le frontiere dell'Ue arrivano al Mar Nero e
sempre più pressanti si fanno le preoccupazioni dei nuovi Stati membri ex
comunisti per la politica della Russia. L'azione dell'Europa è però spesso
ambigua e contraddittoria: da un lato vi è l'assistenza e l'aiuto al "vicinato",
dall'altro vi sono i crescenti rapporti bilaterali, in campo economico e
sopratutto energetico, da parte di alcuni grandi Stati dell'Ue, forse nella
speranza di indurre la Russia a una più stretta collaborazione europea. Questa
aspettativa riceve però un duro colpo, prima nel gennaio 2008 (blocco delle
forniture di gas russo all'Europa, per morosità e contrasti con l'Ucraina) e
poi, nell'agosto dello stesso anno, con la guerra in Georgia (invasione russa e
distruzione di parte del Paese). L'allarme internazionale è tangibile, perché
attraverso la Georgia passano gli unici due oleodotti e gasdotti che portano,
dal Mar Caspio, energia non russa in Europa. La pace raggiunta con una forte
pressione europea e americana consente l'arretramento delle truppe russe dal
territorio del paese, salvo due enclave occupate dai russi, che da essi verranno
più tardi riconosciute come stati indipendenti. La Georgia riuscirà a
sopravvivere solo grazie agli ingenti aiuti finanziari dell'Ue e del Fondo
monetario internazionale.
Dopo quegli avvenimenti l'area appare momentaneamente "congelata". La nuova
politica di aperture dell'amministrazione Obama porta al "reset" delle relazioni
con la Russia, sperando in mutui benefici, allargabili ad altri settori (per
esempio l'Iran). L'interesse degli Usa per l'area, in particolare per l'avvenire
dell'Ucraina e della Georgia e per la sicurezza dell'Europa centro-orientale,
non sembra però venuto meno ma piuttosto pragmaticamente "diluito" in relazione
all'evoluzione dello scenario internazionale. L'Ue, consapevole del fatto che
dal lancio della Pev la situazione nell'area è sensibilmente peggiorata, crea,
nel 2009, un nuovo strumento, il Partenariato Orientale (libero scambio,
abolizione visti, aiuti finanziari) con sei Paesi vicini: Bielorussia, Ucraina,
Moldavia, Georgia, Armenia, Azerbaigian. Nel contempo, però, deve fare i conti,
in prospettiva, con la realizzazione di due progetti di gasdotto russo-europei
che eviterebbero il transito attraverso l'Ucraina, ponendola in situazione di
esclusiva dipendenza dalla Russia. Il primo, Nord Stream, frutto di un accordo
russo-tedesco, contestato da un punto di vista ecologico (Svezia, Finlandia),
raggiungerebbe la Germania sotto il mar Baltico. Il secondo South Stream,
russo-italiano (francese), porterebbe il gas russo dal Mar Nero alla Bulgaria e
al cuore dell'Europa. Ambedue, oltre a isolare l'Ucraina, manterrebbero
inalterata o aumenterebbero la già forte dipendenza dell'Europa dalla Russia.
Un terzo progetto, questa volta "europeo", il Nabucco, dovrebbe portare gas non
russo in Europa dalla regione del Mar Caspio, attraverso la Turchia e i Balcani.
Al momento, tuttavia, le forniture contrattuali certe (Azerbaigian) sarebbero
insufficienti e altri potenziali fornitori della regione sarebbero venuti meno,
indotti dalla Russia e da altri paesi a sottoscrivere differenti contratti. La
crescente preoccupazione dei Paesi dell'Europa centro-orientale (e americana)
potrebbe portare a un compromesso per una realizzazione contemporanea del Nord
Stream e del Nabucco. Ma la situazione appare ancora molto incerta (e con essa
la sorte dell'Ucraina) come evidenziato dalle reticenti audizioni al Parlamento
europeo dei nuovi commissari all'energia e alla politica del vicinato. L'area,
seppur attualmente "congelata", resta potenzialmente assai instabile.
TITO FAVARETTO
Lega e Udc: interrare l’elettrodotto Redipuglia-Udine
Ovest
TRIESTE Lega Nord e Udc chiedono alla giunta regionale di
attivarsi per l’interramento dell’elettrodotto Redipuglia–Udine Ovest. I
consiglieri regionali Federico Razzini e Alessandro Tesolat hanno presentato due
analoghe interrogazioni per conoscere quali iniziative il presidente Tondo e
l’esecutivo intendano intraprendere nei confronti della Terna spa per ottenere
la modifica del progetto.
“Sarebbe fuori dal tempo avere in regione un’opera impattante come sarebbe
l’elettrodotto per via aerea” sostiene Razzini che sottolinea “l’azione decisa
della Provincia di Udine”, presente alla conferenza stampa di ieri con
l’assessore Stefano Teghil ai consiglieri Ugo De Mattia (Lega) e Giorgio Venier
Romano (Udc), “mentre il presidente della Provincia di Gorizia Gherghetta appare
troppo morbido su questa vicenda”.
Tesolat ha puntato il dito contro la mozione presentata dal Pd. “Un documento
dai contenuti condivisibili – ha precisato – ma che lascia delle perplessità sul
metodo politico. Noi chiediamo il ritiro della mozione e preferiremmo un
percorso diverso, con audizioni tecniche in commissione per conoscere a fondo la
questione”.
Lega e Udc presenteranno un ordine del giorno in aula, dove la mozione
presentata dal Partito democratico verrà discussa mercoledì mattina, ultimo
giorno utile per presentare osservazioni al progetto. Secondo l’esponente
dell’Udc “il Pd mostra memoria corta visto che fu la giunta Illy, con Gianfranco
Moretton vicepresidente, a firmare l’accordo che prevedeva il tracciato aereo
nel 2008”.
Secondo le stime riferite dall’assessore Teghil, il cavo aereo comporterebbe una
svalutazione di circa 20 milioni di euro dei terreni interessati dal passaggio
della linea, un impatto negativo sulla salute, il turismo e l'agricoltura. Il
rappresentante della Provincia di Udine, infine, ha sottolineato che la durata
di un cavo aereo è di circa 20 anni, contro i 40-60 medi di quello interrato.
“Ritengo – ha concluso Teghil – che la politica locale dovrebbe essere più
incisiva nel decidere sulle opere da realizzare sul proprio territorio. Non
accettiamo imposizione ma condivisione”.
(r. u.)
LATOUCHE: «L’ECONOMIA CI STA DISTRUGGENDO» - Il profeta
della decrescita: «Pasolini aveva ragione»
PARLA IL DOCENTE E SAGGISTA DELL’UNIVERSITÀ DI
PARIS-SUD
«Stanno introducendo una cultura dell’effimero che spinge i giovani verso la
superficialità. Non servirà bruciare i libri come nel romanzo ”Fahrenheit 451”
dello scrittore Ray Bradbury basteranno gli ebook, i riassuntini sul web»
«Dobbiamo trovare il coraggio di costruire una società che rifiuti i ”valori” di
moda oggi. Cioè, la distruzione sistematica della natura, la concorrenza
sfrenata, l’egoismo. Altrimenti siamo destinati a scomparire»
VENEZIA La ”scienza sinistra” ci sta trascinando verso il baratro. E Serge
Latouche è convinto che il pianeta Terra non avrà vita lunga se continuerà a
lasciarsi ipnotizzare dai guru dell’economia. Perché non si può spingere
sull’acceleratore del progresso all’infinito. Quando, ormai è evidente che le
risorse a nostra disposizione sono limitate.
Il problema non è più il succedersi di crisi più o meno gravi, come quella che
sta terremotando il mondo. No, sotto accusa è proprio la ”scienza sinistra”,
come la chiamavano un tempo gli stessi economisti. Ovvero una delle invenzioni
cruciali della modernità: l’economia. Che ha portato l’Occidente a imporre più o
meno a tutti nuovi valori: la produttività, il denaro, la competitività.
Ma adesso siamo arrivati a un bivio. Serge Latouche, professore emerito di
Scienze economiche all’Università di Paris-Sud, lo dice senza troppi giri di
parole nel suo nuovo libro ”L’invenzione dell’economia” (pagg. 257, euro 18),
che Fabrizio Grillenzoni ha tradotto per Bollati Boringhieri. Il mondo deve
scegliere tra la decrescita consapevole, dalla costruzione di una società
sostenibile, e la corsa sfrenata verso un progresso sempre più devastante per la
Terra. «Questo totalitarismo dell’economia - scrive - è destinato a portare, nel
tempo, alla morte dell’economia, e forse dell’umanità stessa. L’assurdità di una
vita di cui l’economia è insieme il mezzo e il fine si smaschera, e con ciò si
smaschera il vuoto fondamentale della vita. Tanto vale suicidarsi e farla finita
subito. È quello che fa un numero sempre maggiore di giovani destinati a essere
vincenti. Ultimo e risibile omaggio all’eros perduto, tentano, in un ultimo
soprassalto, di rompere navigando su Internet la solitudine di un mondo
disincantato e decomposto. Il vuoto ontologico della nostra presenza sulla terra
si sostiene soltanto con l’illusione del senso».
Parole forti, taglienti e coraggiose. Che prendono per il bavero tutti noi e ci
scaraventano davanti allo specchio del nostro presente, del nostro futuro. E che
ci costringono a scegliere se vogliamo sperare di costruire giorno dopo giorno
un domani, o se preferiamo rassegnarci a essere i giustizieri del mondo che
abitiamo. I boia di questo pianeta, disperso nel mistero dell’universo, che ci
ospita ormai da millenni. Concetti questi che, insieme a molte altre
suggestioni, Serge Latouche ha portato a Venezia, invitato dalla Scuola per
librai Umberto ed Elisabetta Mauri.
”L’invenzione dell’economia” non è solo il titolo del nuovo libro di Latouche.
Ma, come dice lui stesso, potrebbe riassumere tutta la sua attività
intellettuale. E se adesso qualcuno lo chiama ”il profeta della decrescita” è
perché lui, come spiega in questa intervista, ha saputo andare alla fonte stessa
del concetto di economia. Cercando di spiegare, in una prospettiva
storico-filosofica, da dove arriva la nostra ossessione sfrenata per l’accumulo
di beni, per la distruzione di risorse. Per l’utilizzo di tutto ciò che ci
capita a tiro.
«Dopo aver ultimato gli studi di economia mi sono trasferito per due anni in
Africa - spiega Serge Latouche - come esperto dello sviluppo. Poi mi sono
occupato per un anno della contabilità nazionale del Laos. Quasi subito, però ho
avuto una specie di rivelazione. Proprio come l’apostolo Paolo sulla via di
Damasco».
Una rivelazione?
«Ho capito che l’economia è una religione. Ma il Laos, come altri Paesi, in
quegli anni aveva perso la fede in questa religione. Viveva, cioè, fuori dalle
regole dell’economia. Stupito, mi sono chiesto: com’è possibile?».
L’economia è sempre stata e sempre sarà.
«In realtà non è così. Non è universale, non è eterna. Se guardiamo indietro,
prima del Seicento non si parlava di economia. Anche la grande Repubblica di
Venezia è cresciuta e si è affermata fuori dal sistema dell’economia».
E allora?
«Ho capito una cosa importante. Che l’economicizzazione della società del Laos
avrebbe finito per distruggere quel mondo non certo perfetto. Dove, però, si
viveva in modo frugale, facendo un sacco di feste, godendo la vita, lavorando in
maniera equilibrata, senza accumulare beni inutili. La gente di quel Paese si
sarebbe trasformata in un popolo di clochard».
Aveva ragione Karl Marx?
«Il problema è questo: Marx aveva fatto la critica del discorso economico, ma
non si era spinto a criticare la realtà economica. Non ha detto che l’uomo non è
nato ”homo economicus”, lo è diventato. Si è piegato, insomma, a un’invenzione
storica. Ecco, capito questo concetto ho iniziato il mio percorso intellettuale
per spiegare come si è arrivati alla società dei consumi, all’economia di
mercato globalizzata».
Economia globalizzata che lei considera un punto d’arrivo.
«Sì, perché credo che, di questo passo, andiamo dritti verso la distruzione del
nostro pianeta. Io sono convinto che per uscire dalla società della crescita
bisogna riuscire a liberarsi dell’economia».
”Uscire dall’economia” non sarà un’utopia?
«Certo, se si continua a pensare che l’economia sia un retaggio naturale.
Qualcosa di cui l’uomo non può fare a meno. Ma proprio con il mio libro
”L’invenzione dell’economia” ho voluto dimostrare che l’economia stessa è una
grande bugia».
Cambiare rotta si può?
«Bisogna avere il coraggio di costruire una società che rifiuti i ”valori” così
di moda oggi. Cioè, la distruzione sistematica della natura, la concorrenza
sfrenata, l’egoismo. Se non riusciremo a invertire la marcia, a cambiare strada,
siamo destinati a sparire».
A quali valori ”alternativi” sta pensando?
«A quelli sui quali tutte le società che funzionano si sono basate. Ossia, la
cooperazione, l’altruismo che serve a controbilanciare l’avidità dell’uomo, il
rispetto dell’ambiente in cui si vive, la ricerca dell’equilibrio. E una certa
forma di frugalità, che non impedisce la felicità».
Pasolini aveva già previsto il nostro tragico oggi?
«Devo dire che leggendo i suoi ”Scritti corsari” sono rimasto molto colpito.
Pasolini era sensibile al concetto dell’omologazione planetaria, alla
distruzione delle diversità culturali, dei valori, del senso della misura. Mi
riconosco nelle sue idee. Anche se, a ben guardare, lo stesso Pasolini era
figlio del suo tempo».
Un tempo che potremmo definire la prosecuzione dell’età dei Lumi?
«Sì, negli anni Sessanta, Settanta, anche un intellettuale lucido come Pasolini
non riusciva a liberarsi di un certo retaggio del pensiero illuminista. Non
poteva opporsi al progresso, così, in maniera globale».
La globalizzazione finirà per produrre tribalismi, localismi sfrenati?
«Il pericolo è proprio questo: che il rifiuto dei disastri provocati dalla
globalizzazione generi una chiusura. Un ripiegamento non solo culturale, ma
anche sociale. La strada giusta è quella indicata dal filosofo e teologo Raimon
Panikkar quando parla di democrazia delle culture».
Che cosa intende per democrazia delle culture?
«Lui parla di un rapporto di uguaglianza tra le diverse culture, che si
rispettano pur mantenendo la loro diversità. Articolandola, riempiendola di
significati profondi».
Non è solo la crisi di questi anni ad autorizzare la visione di un futuro
oscuro...
«Chi pensa che ci aspettino al varco forme di potere che potremmo chiamare
eco-fascismo, eco-totalitarismo, forse sbaglia. Mi è tornato in mente, proprio
in questi giorni, un bel libro di Ray Bradbury: ”Fahrenheit 451”».
Quel libro prevedeva un attacco frontale alla cultura.
«Appunto. Ma è proprio il futuro a cui potremmo andare incontro noi. Non più
forme di potere aggressive, ma totalitarismi soft. Non serve più bruciare i
libri. È troppo plateale, troppo spettacolare. I libri potrebbero sparire senza
accendere i roghi».
E come?
«Introducendo la cultura dell’effimero. Convincendo la gente, soprattutto i
giovani, che non vale più la pena leggere i libri, perché sul web si trova
tutto. Compresi gli ebook. Si sta tentando di introdurre, insomma, una cultura
della superficialità. Nessuno andrà più a verificare che cosa pensava veramente
Aristotele. Ci si accontenterà di qualche riassunto informatico. Magre sintesi
addomesticate».
C’è una via d’uscita?
«Non sono un profeta, ma credo che a un certo punto le strade del mondo si
biforcheranno. Da una parte staranno le società globalizzate, totalmente
informatizzate, lanciate verso un progresso sempre più sfrenato e fine a se
stesso. Dall’altra, e l’America Latina si sta già muovendo in questa direzione,
i Paesi che avranno accettato il concetto della decrescita».
La spinta a imboccare la via della decrescita arriverà dal basso o dall’alto?
«Non c’è alcun dubbio: dal basso. La società della crescita è fatta di privilegi
ed è logico che i privilegiati fanno sempre una gran fatica a rinunciare a ciò
che hanno».
Ma i francesi ricordano ancora la notte del 4 agosto del 1789...
«Lo sappiamo benissimo che è una truffa l’abolizione dei privilegi, dei diritti
feudali, delle disuguaglianze fiscali da parte dell’Assemblea nazionale, si è
rivelata un’illusione. Non funziona così. Chi ha i privilegi prima o poi se li
riprende. E allora bisogna cambiare le regole, in maniera radicale. Scegliere
una società che decresce, perché la crescita infinita del pianeta ci porta
dritti verso la catastrofe».
ALESSANDRO MEZZENA LONA
SEGNALAZIONI - Regate e gassificatore - SCELTE
Con non poca meraviglia leggiamo in questi giorni su tutti
i giornali lo sforzo di molte rappresentanze politiche e sportive di far
assegnare a Venezia le Olimpiadi del 2020.
Si prevede e si auspica, si programma tutta una serie di circostanze e località
a sostegno di tale importantissimo coronamento per Venezia nel lontano 2020. Si
auspica che Trieste sia prescelta quale offerta del bacino di regate, bacino
racchiuso dal suo splendido golfo, bacino famoso in tutto il mondo per i suoi
venti. Non è credibile che le stesse forze politiche che sponsorizzano tale
scelta, poi siano i sostenitori della realizzazione del rigassificatore nelle
acque del medesimo golfo.
Sembra che nel loro delirio di onnipresenza, di grande impegno politico in tutti
i settori, non si ravvedano delle enormi e stridule contraddizioni che
esternano. Lor signori politici sono perfettamente coscienti che se
disgraziatamente si realizzerà il rigassificatore il golfo di Trieste non potrà
più essere disponibile non solo in assoluto, per alcuna regata, ma nemmeno per
la pesca, nemmeno per le piccole crociere giornaliere, per qualsiasi gita
marittima e tutto quanto ruota attorno al mare nel golfo.
Le gasiere che solcheranno tre volte alla settimana le acque del golfo esigono
il vuoto assoluto attorno a sé per tutte le ore del loro transito e permanenza.
Quindi, totale paralisi nel golfo per tutti e per sempre nell’arco acqueo che va
da Punta Sdobba, da un lato, e Punta Sottile dall’altro.
Antonio Farinelli - segretario sezione di Trieste Anap
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 febbraio 2010
Scontro sull’energia nucleare Tondo: c’è chi
strumentalizza - Il Pd incalza il governatore: «Ci spieghi se vuole una centrale
in Friuli Venezia Giulia»
TRIESTE Il dibattito sul nucleare «rischia di cadere, come
spesso succede, in facili strumentalizzazioni o banalizzazioni». Lo afferma il
presidente Renzo Tondo, sul suo blog, alla luce delle polemiche scoppiate dopo
il parere contrario delle Regioni al piano del governo. Il Friuli Venezia
Giulia, in verità, è una delle tre Regioni che hanno espresso parere favorevole.
«La mia posizione a favore del nucleare è nota da tempi non sospetti, prima
ancora di candidarmi alla presidenza della Regione» ricorda Tondo. Ma il punto,
aggiunge, è un altro: i dati confermano che il Friuli Venezia Giulia è la prima
regione italiana nel consumo di energia elettrica per ogni abitante, con 8.934
kWh, a fronte della media italiana che si attesta a 5.372 kWh.
Le polemiche, però, non si placano. Anzi: «Come può Tondo ritenere che un
problema così delicato sia quasi un fastidio da affrontare, perché il fabbisogno
energetico richiede la costruzione di una centrale nucleare sul territorio
regionale?» afferma il capogruppo del Pd, Giorgio Moretton. E ancora: «Il
dibattito sul nucleare è un argomento serio a cui nemmeno Tondo può sottrarsi e,
semmai, deve dirci perché la destra ha tentato di nasconderlo». I consiglieri
regionali del Pd sollecitano infatti un’audizione con lo stesso Tondo per capire
qual è la posizione ufficiale della Regione sul nucleare: «Abbiamo chiesto
ufficialmente un’audizione al presidente – spiega il consigliere Giorgio
Brandolin – per capire se il voto in conferenza Stato-Regioni significhi un
sostanziale ”via libera” all’arrivo del nucleare in Friuli Venezia Giulia». Il
Pd ha anche depositato una mozione, insieme ai Cittadini, in cui chiede alla
giunta di prendere una posizione contraria alla decisione del governo, e in cui
anticipa il ”rischio” che non sia solo Monfalcone una delle possibili sedi di
centrale nucleare: «Nuove indiscrezioni ci dicono che un documento del Cnen
indicherebbe, tra i siti idonei, uno al confine con la Regione Veneto e l’altro
lungo il Tagliamento tra Spilimbergo e Latisana, oltre a Monfalcone». Moretton,
pertanto, insiste: «Tondo dovrà spiegarci perché non si oppone con forza nei
confronti del governo ffinché non ci sia localizzazione alcuna in Friuli Venezia
Giulia anche in considerazione dell’alta sismicità».
(e.o.)
”Olos”, allarme sulla salute della terra - DOMANI LA
PROIEZIONE DEL FILM AL TEATRO MIELA
I ghiacciai che si sciolgono, l’inquinamento che avvolge e
soffoca. Ci preoccupiamo a parole, ma non nei fatti, delle problematiche del
nostro pianeta, eppure è imperativo il bisogno di una sensibilità fattiva su
quello che sarà il destino della terra.
Dell’attualissimo problema si occuperà il film “Olos, l’anima della terra” che
verrà proiettato domani (ore 20) al Teatro Miela (ingresso libero) di piazza
duca degli Abruzzi.
Il film (della durata di 84 minuti), promosso dall’Accademia olistica del
villaggio globale, dal The club of Budapest e dall’Amec (associazione medicina e
complessità) propone un emozionante viaggio scientifico nell’evoluzione della
vita e della coscienza. Denuncia anche i pericoli in cui si trova il pianeta, da
quando cioè la nostra civiltà si è ammalata di una sorta di dicotomia che ha
anche separato culture e religioni.
Scelte che spesso hanno spezzato l’equilibrio dell’ecosistema. Il film manifesto
della nuova cultura planetaria emergente, realizzato da Federico Montecucco
membro del club di Budapest Italia assieme all’Associazione villaggio globale,
propone anche interviste, immagini, video e musiche, in cui intervengono trenta
scienziati e personaggi della cultura internazionale. Dal Dalai Lama a Ervin
Laszio, candidato al Nobel nel 2004.
Spiega il presidente Amec di Trieste Fabio Burigana: «Lo scopo del documentario
è quello di riunire in un dibattito tutta una serie di importanti pensatori
internazionali delle discipline più disparate perché forniscano una visione
della complessità della terra allo scopo di sensibilizzare il pubblico sul
problema, trovando anche un punto d’incontro interdisciplinare, superando le
barriere religiose, etniche e scientifiche».
Nel titolo è appunto indicativa la parola Olos che in greco significa “il
tutto”, ossia unità globale. Non è casuale la collaborazione al progetto da
parte dell’Amec. L’associazione medica triestina si occupa appunto di medicina e
complessità, dando sostegni alla persona che vanno dai consigli
sull’alimentazione al sostegno psicologico e alla medicina alternativa, oltre a
quella tradizionale. Un lavoro analogo è svolto in Toscana (Bagni di Lucca) da
Federico Montecucco che ha lavorato per 2 anni alla realizzazione del film,
assieme a un nutrito comitato scientifico. Il film è proiettato a Trieste dopo
l’anteprima nazionale di Roma.
Daria Camillucci
«I fondi del volontariato non vadano dispersi in fiere
e fierette»
Dal volontariato onesto: la certezza che la ricerca
dell’immagine ad ogni costo va a nascondere la cosa reale.
Ma davvero si vuole che il volontariato della nostra regione, il Friuli Venezia
Giulia, abbia la centralità e unitarietà nelle fiere locali e per di più a
pagamento? Così si legge su una rivista mensile che indica anche la cifra di
100mila euro e cita, in maniera veramente poco accorta, il proverbio ”l’appetito
vien mangiando”.
Alcuni del mondo del volontariato non si fanno distrarre facilmente e ricordano
alcune date.
Eccole: 6 aprile 2009 abbiamo la scossa più grande del sommovimento tettonico
che ha colpito l’Abruzzo e l’Aquilano; 4 ottobre 2009 alluvione devastante nel
Messinese; 9 gennaio 2010 i fatti di Rosarno; 13 gennaio 2010 terremoto ad
Haiti, forse il più devastante delle recente storia mondiale; 2009-2010 i
respingimenti dei migranti ”neri” avviano troppe persone alla morte nei deserti
africani....
Insomma, semplici date per ricordare a che cosa ci troviamo di fronte. Senza
dimenticare le periferie delle nostre città e l’allontanamento dei giovani dalla
cultura. Ed altro assai poco edificante. Se ci si mette anche il volontariato
saranno tempi ancor più tristi.... Già perché la ricetta di alcune persone
importanti del volontariato è quella di spendere 100mila euro – come dice il
presidente della neo federazione del Volontariato di Trieste – per fare kermesse
nelle varie fiere e fierette. Allora ci permettiamo di ricordare che, forse, c’è
qualche cosa di meglio da proporre. La visibilità e l’unitarietà possono anche
ritrovarsi nel mandare "quei" fondi per alleviare un po’ del dolore di alcune
situazioni che fra poco non avranno più la prima pagina, né le seconde di
nessuna rivista mensile. È certo che il volontariato onesto continuerà con la
sua presenza quotidiana a fianco dei più bisognosi e per una vera cultura
dell’integrazione ad ogni livello.
Dal volontariato onesto un segnale meno caciarone. Scusate la noia.
Seguono 39 firme
Andino Castellano, Augusto Debernardi, Kris Babich, Giorgio Preveda, Roberto
Giurastante, Donatella Ferrero, Marino Bergagna, Gianluigi Carlini, Luciano
Verisi, Vincenza Giovanardi, avv. Giovanni Franchi (Parma), Milka Kunng, Enzo
Santese, Giovanni Meinardi, Luisa Nemez, Diego Coslovic, Luigina Soranzio, Bruna
Collini, Gianni Ferin, Sandro Rocco, Alberto Princis, Lorenza Visentin, Arturo
Pregat, Lidia Ferrero, Micaela Tognetti, Marina Bernardi, Nader Akkad, Gianni
Bernardi, Edvino Ugolini, Silvia Silvani, Valter Fantino, Teresa Manieri, Maria
Corridoni, Michelina Brussa, Marta Pesanti, Maria Mellini Moretti, Maurizia
Peano, Nonno Gino, Gianluca Villani.
IL PICCOLO - DOMENICA, 31 gennaio 2010
Rigassificatore, l’Europa promuove l’Italia -
«Rispettate le norme nella valutazione di impatto ambientale». La Slovenia non
può fare ricorsi
LA COMMISSIONE EUROPEA SCRIVE AL MINISTERO ITALIANO -
Menia: «Ora ne prendano atto» Dipiazza: «Viene fuori la verità e devono stare
zitti»
TRIESTE L’Italia ha rispettato le norme europee nella valutazione di impatto
ambientale sul progetto del rigassificatore di Trieste, che ha portato al
decreto di Via dello scorso luglio. Lo ha affermato la Commissione europea,
attraverso lo scritto che la rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione
europea ha inviato al Ministero dell’Ambiente italiano, in seguito al vertice
trilaterale dello scorso martedì.
All’interno del report, viene - in sintesi - confermata l’assenza di presupposti
che possano in qualche modo permettere alla Slovenia di richiedere l’apertura di
una procedura di infrazione a carico dell’Italia. Più volte, in effetti, da
parte slovena sono state sollevate in passato obiezioni sul progetto del colosso
spagnolo Gas Natural che vorrebbe sistemare un impianto di Gnl nella zona di
Zaule. Netto, ad esempio, il “no” ufficiale arrivato da Lubiana, all’inizio
dello scorso settembre: «Le nostre osservazioni non sono state prese in
considerazione e il rigassificatore, dal punto di vista dell’impatto ambientale
transfrontaliero, è inaccettabile», aveva dichiarato il ministro dell’Ambiente
sloveno, Karl Erjavec. Due mesi e mezzo più tardi, il suo collega di governo,
delegato all’Economia, Matej Lahovnik aveva sposato l’idea di un
«rigassificatore sull’isola di Veglia», in Croazia, perché, a suo dire, in grado
di assicurare «non solo una diversificazione delle linee di rifornimento di gas,
ma anche delle fonti di questa importante risorsa energetica. A un
rigassificatore su quell’isola, poi, non si oppone nessuno». Mentre sull’ipotesi
Zaule, contrarietà confermata dalla Slovenia. Un’uscita che aveva alimentato il
braccio di ferro politico fra il governo italiano e quello sloveno.
Ora, dunque, la Commissione europea ha fatto sapere chiaramente che l’Italia «si
è conformata alle norme europee nella valutazione di impatto ambientale del
progetto» di Trieste. Nel dettaglio, il capo unità della Direzione ambiente,
George Kremlis ha evidenziato come l’Italia stessa abbia rispettato anche le
norme della Convenzione di Espoo datata 1991 sulle Via in contesto
transfrontaliero. Per quanto riguarda le critiche slovene sottolineate
nell’incontro del 26 gennaio a Bruxelles, la Commissione stessa ha chiesto al
ministero italiano l’invio di commenti puntuali scritti alla vicina Repubblica,
ottenendo una disponibilità di massima. Una disponibilità vincolata - è emerso -
all’abbandono da parte slovena di una pregiudiziale negativa sulla costruzione
dell’impianto.
«L’Europa ci ha dato ragione, ora la Slovenia ne prenda atto». Il
sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, ha commentato così la presa di
posizione comunitaria. Menia ha ricordato di aver «affermato in diverse
occasioni che la nostra procedura era corretta, perché - ha sottolineato - siamo
stati rigorosi e continueremo a esserlo».
«Per fortuna viene fuori la verità - gli ha fatto eco il sindaco di Trieste,
Roberto Dipiazza - e credo che ora la Slovenia dovrà ben che stare zitta davanti
a questa posizione della Commissione europea». «Noi - ha continuato il primo
cittadino - abbiamo fatto le cose bene, come andavano fatte, e lo abbiamo sempre
ribadito. C’è stato qualcuno che ha fatto delle denunce, quelli che denunciano
qualsiasi cosa all’Europa, senza sapere di cosa parlano. La Slovenia - ha
concluso Dipiazza - ha abboccato a questo tipo di denunce ed è corsa dietro più
agli ambientalisti che al governo italiano».
MATTEO UNTERWEGER
Il Pd accusa: Gas natural non dialoga - Cosolini: «Poca
informazione». Nesladek: «Muggia è sempre stata contraria»
MUGGIA «Sta finendo il tempo a disposizione di Gas Natural
per avviare l’indispensabile rapporto di dialogo trasparente con le comunità su
cui andrebbe a impattare il rigassificatore». Questa la dichiarazione di Roberto
Cosolini nel corso del suo intervento presso la sede del partito democratico di
Muggia, dove sono intervenuti anche il sindaco Nerio Nesladek e il segretario
del PD di Muggia, Gianfranco Dragan.
«Non si può infatti non rilevare come la società si sia sistematicamente
nascosta, dedicandosi esclusivamente ai corridoi istituzionali, di fronte ad una
serie di questioni che riguardano sia le criticità d’impatto sia le effettive
ricadute positive e che avrebbero richiesto una grande attenzione a dare
informazioni e chiarimenti positivi all’opinione pubblica del territorio: quella
di dialogare e di non saltare la popolazione è infatti la strada da percorrere
quando si avviano progetti fortemente impattanti».
«Mentre vediamo con favore il prossimo avvio del percorso di informazione ed
approfondimento, che come PD abbiamo chiesto nel settembre scorso alla
Provincia, non possiamo non rilevare come questo atteggiamento elusivo
dell’azienda sia stato favorito dall’assenza di un incalzare delle altre
istituzioni, con una Regione di fatto assente e un sindaco di Trieste
dichiaratamente dedicato al mercato, improbabile, della eventuali royalties. Il
PD – continua Cosolini - ha espresso a suo tempo una posizione non certo
negativa nei confronti del progetto in presenza, però, di alcune condizioni
vincolanti: non può perciò non tenere conto di come l’inadempienza su questo
piano dell’azienda, ed la sua reticenza ed indifferenza ad un dialogo con la
comunità, aumenti le perplessità».
Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, accoglie favorevolmente le parole di
Cosolini, aggiungendo: «Il Consiglio comunale di Muggia ha sempre espresso il
suo parere negativo sulla realizzazione del rigassificatore che presenta tanti
punti oscuri. Noi viviamo direttamente gli umori delle persone che in questa
città sono contro tale opera. Come già ripetuto in precedenza pensiamo a uno
sviluppo economico dell’area alternativo alla direzione energetica, come
potrebbe essere la creazione di un’area portuale molto estesa».
Andrea Dotteschini
IL CASO GNL - Serracchiani: «Restiamo aperti al
confronto»
TRIESTE Per l'europarlamentare Debora Serracchiani, sul
rigassificatore di Trieste «è bene che l'Italia abbia fatto tutti i passi
necessari per l'Europa» però «non è apprezzabile l'idea dell’ ”opzione zero” con
la Slovenia».
Lo ha affermato ieri dopo l'esame positivo da parte della Commissione Ue sulle
procedure per l'impianto, previsto sulla costa giuliana. La Commissione europea
come è noto ha riconosciuto, nonostante le recriminazioni della Slovenia, che
l'Italia «si è conformata alle norme europee nella valutazione di impatto
ambientale (Via) del progetto di rigassificatore di Zaule, a Trieste». È stata
anche confermata l'assenza di presupposti che permettano alla Slovenia di aprire
una procedura di infrazione.
«Bisogna essere aperti - ha proseguito Serracchiani - al dialogo con la Slovenia
e anche con i territori del Friuli Venezia Giulia, per sciogliere tutti i nodi,
dare tutte le informazioni e non lasciare nulla al caso. Non possiamo non farlo,
dato che poi - ha concluso - chiediamo informazioni sulla centrale nucleare di
Krsko».
Calligaris: Gnl e nucleare indispensabili -
SECONDO IL PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI
PERCOTO Per Alessandro Calligaris, presidente di
Confindustria del Friuli Venezia Giulia, «la strada del nucleare in Italia è
obbligata».
Secondo Calligaris, il problema «non è se fare o non fare una centrale in Friuli
Venezia Giulia perché - ha spiegato - è importante che si operi in modo
qualitativo e si costruiscano impianti capaci di dare la maggior sicurezza
possibile».
A parere di Calligaris, il tema dell'energia è strategico e assai delicato
perché rappresenta una voce importante di spesa per le aziende, soprattutto
quelle del Friuli Venezia Giulia.
Commentando la decisione di Bruxelles che ha riconosciuto corretto il percorso
seguito dall'Italia per la valutazione di Impatto ambientale sul rigassificatore
di Trieste, Calligaris ha detto che «l'energia è una parte importante di costo
per il sistema produttivo» e quindi «il rigassificatore di Trieste è necessario.
Ciò che noi chiediamo - ha concluso - è che si faccia in tempi brevi, non
possiamo permetterci ulteriori ritardi».
Pillon, ad AcegasAps: anche noi per l’atomo - «Siamo
con EnergyLab che sta facendo studi in questo settore»
CONVEGNO A PADOVA
PADOVA Cesare Pillon, amministratore delegato di AcegasAps, si ritrova
l'etichetta di nuclearista. E sbotta: «Siamo nella federazione delle
multiutility, così partecipiamo a EnergyLab che studia e verifica le opportunità
del nucleare. Non sono certo io a decidere le politiche energetiche del Nord
Est. Ma di certo non credo sia giusto lasciarle in mano ai monopolisti italiani
e stranieri». L’ad Pillon dunque è tornato sul tema del nucleare a margine del
convengno svoltosi a Padova su «Ritorno al nucleare?». Organizzato da Comune &
AcegasAps, fa storcere il naso: «Soldi pubblici per una passerella elettorale»
si scandalizza qualcuno. E' ospitato alla Gran Guardia, gioiello restaurato da
un bel po', quanto impraticabile fino a ieri. E alla fine dell'intera giornata
(buffet compreso) destra e sinistra, tecnici e politici, ambientalisti ed
atomisti tornano a casa con la benedizione radicale di Michele Bortoluzzi.
Chernobyl? Il nucleo pulsante ora è di quarta generazione. Il referendum,
strumento di democrazia diretta? Roba dell'altro secolo, prima della caduta del
muro. La sindrome cinese? Non è più un film, ma la rincorsa a Pechino atomica.
All'ordine del giorno c'è il piano Berlusconi con la possibile centrale in
Veneto. Dunque, si ragiona con i professori: Giuseppe Viesti dell'Università
illustra l'evoluzione delle centrali, mentre Bernard Laponche dimostra come «non
esiste un prezzo di mercato» dell'energia nucleare. Oppure si ascoltano i
politici: Saia, con i veneziani Renato Boraso e l'assessore provinciale Paolo
Dalla Vecchia del Pdl; Gianni Gallo e Piero Ruzzante del Pd; Marcato della Lega;
le parlamentari Elisabetta Zamparutti ed Emma Bonino. E si finisce con la tavola
rotonda degli esperti e dei manager, compreso Cesare Pillon. Nella maratona
della Gran Guardia non mancano gli storici no nuke come Michele Boato n‚ gli
interessati al ramo energia sul confine fra pubblico e privato.
Una valanga di dati, cifre, verità scientifiche e dubbi ecolo-mici. Una
predisposizione «veltroniana» all'oscillazione del piatto della bilancia. Sta di
fatto che i prototipi delle «nuove centrali» si vedranno nel 2025-2030 con l'Euratom
che le studia (Ansaldo è la sola azienda italiana coinvolta). E che Galan ha
lasciato una scia radioattiva fra Chioggia e il parco del Po. Un ritorno di
fiamma nucleare? Tutti sono concentrati sulle urne (con le preferenze) di marzo.
Merita massimo rispetto, allora, Laura Puppato che parla in mattinata da
responsabile nazionale ambiente del Pd e fissa almeno la sua opinione politica a
beneficio di tutti: «Le riserve di uranio sono per 70 anni. Se raddoppia la
richiesta, si dimezzano. E servono dai 109 ai 160 mesi per arrivare al collaudo
di una centrale. Investire 15-20 miliardi di euro per averne 5 in Italia
significa mettere tutte le risorse economiche per un risultato che, forse, si
avrà fra oltre dieci anni». La controprova? «Proprio il Canada, fornitore di
uranio, a giugno 2009 ha cancellato gli impianti nucleari per puntare con 4,6
miliardi di euro sulle fonti rinnovabili e a rischio zero». Conclusione
anti-nucleare con la cultura del sindaco che amministra da buona madre di
famiglia: «Non è ragionevole, funzionale, economicamente sostenibile. E nemmeno
legittimo, a questo punto».
ERNESTO MILANESI
Tav, presentata una linea alternativa che dribbla
Trieste - PROGETTO DI UN EX DIPENDENTE FS
TRIESTE Tunnel che passano sotto a Trieste, danni
ambientali in Val Rosandra, eccessivo dislivello e curve troppo strette per
raggiungere il versante sloveno dell’altipiano carsico: sono alcuni dei dubbi
che recentemente hanno spinto Ferrovie dello stato a riconsiderare il tragitto
che il Corridoio V dovrebbe seguire per passare dalla pianura friulana al Carso
sloveno. Ed è proprio per dare una soluzione a un quadro piuttosto confuso che
l’architetto Giuseppe Cacciatori, ex dipendente dell’Ufficio lavori dell’azienda
autonoma delle Ferrovie dello Stato, ha elaborato una proposta di percorso
alternativo, presentata giovedì scorso alla presenza di diverse personalità di
rilievo di Trenitalia. «Ho elaborato tracciato un possibile tragitto alternativo
– ha spiegato Cacciatori – che non andrebbe a toccare zone urbanizzate, evitando
i problemi causati dal progetto attuale che prevede il passaggio sotto a
Trieste». Nel disegno di Cacciatori la linea ad alta velocità dovrebbe
attraversare il Carso congiungendo Cervignano direttamente a Divaccia senza
passare da Trieste: «Un simile percorso avrebbe una pendenza media ideale del 6
per mille rispetto a quella del 14 per mille prevista dal progetto attuale – ha
affermato l’architetto – e sarebbe più breve di circa il 40%». Il collegamento
della linea con i porti di Trieste e Capodistria dovrebbe essere realizzato
tramite bretelle che in parte ricalcano la linea esistente e tracciati
ferroviari in disuso: «Le merci potrebbero venire immesse sulla linea ad alta
velocità a Cervignano e Divaccia – ha detto - liberando il tratto intermedio per
il traffico passeggeri». La proposta di Cacciatori punta a rendere realizzabile
un progetto messo a rischio, secondo l’architetto, da diversi fattori:
«Ipoteticamente la Tav potrebbe sostituire il traffico di merci su strada – ha
detto – ma, considerando i venti anni necessari al suo completamento e il
naturale aumento dei traffici, all’inaugurazione potrebbero essere saturi
entrambi». Al termine della presentazione Roberto Manta, dirigente della
divisione passeggeri di Trenitalia, ha speso parole di encomio per la proposta:
«L’idea di appoggiarsi su stazioni esterne come Cervignano e Divaccia – ha
commentato - è in linea con quanto avviene in grandi città come Torino».
D’accordo con lui Mario Golliani, ex direttore compartimentale infrastruttura di
Trieste: «E’ una proposta da tenere in considerazione, anche perché è in corso
la revisione del processo». Più dubbioso sulla Tav in generale è stato Roberto
Carollo, ex dirigente di Italfer: «Gli esempi europei mostrano che servono
intervalli di oltre 300 chilometri tra le fermate: nella situazione del nord
Italia il Corridoio V a cosa serve? Manca un vero programma di esercizio».
Ancora più critico Dario Predonzan del Wwf: «La Slovenia non intende adottare la
Tav, né si sa ciò che avverrà nei paesi adiacenti: ci stiamo imbarcando in
un’operazione di scarsa realizzabilità tecnica ed economica quando dovremmo
pensare a soluzioni meno impattanti e più efficaci».
Giovanni Tomasin
«La Lucchini ci nega l’ingresso alla Ferriera» - LA
DENUNCIA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE TRASPARENZA RACOVELLI
Il Verde: «Più facile entrare al Coroneo»
La Lucchini ha negato l’accesso alla commissione Trasparenza del Comune, per
il sopraluogo previsto per martedì 2 febbraio. E’ quanto denuncia il presidente
della commissione Alfredo Racovelli dei Verdi. «L’azienda in un comunicato ci ha
detto che il sopraluogo non si potrà tenere durante le prossime settimane per
impegni aziendali già programmati non procrastinabili», spiega Racovelli. «
«Aggiunge che l’ufficio Ecologia e Ambiente della Lucchini è costantemente in
contatto con l’Arpa e che le RSU aziendali sono costantemente aggiornate sulla
vicenda, che è in via di soluzione. Ho informato il sindaco e ho contattato i
capigruppo e il presidente Pacor, perchè giovedì 4 febbraio sottoporrò
all’attenzione della conferenza dei capigruppo un documento che chiede una
posizione ufficiale da parte dei rappresentanti dei partiti in consiglio
comunale, in merito all’impossibilità di una commissione del Comune di Trieste,
di potere svolgere le sue funzioni istituzionali e democratiche. Lunedì porrò
una domanda di attualità al Sindaco per sapere la composizione e la quantità dei
gas velenosi e cancerogeni che si sono diffusi dal 22 gennaio e che, fino ad
oggi leggendo il comunicato aziendale, non hanno trovato ancora una soluzione.
La prima considerazione - continua Racovelli - è che per una commissione
consiliare, espressione del consiglio comunale e dei cittadini, è più semplice
entrare a visitare il Coroneo piuttosto che la Ferriera. Alcuni mesi fa
l’assessore Sbriglia autorizzò senza problemi l’ingresso in carcere dei
consiglieri comunali, con un atteggiamento civile e trasparente, nonostante la
situazione di degrado degli istituti di pena e il record storico di suicidi
registrati nel 2009 nelle carceri italiane. L’atteggiamento che vuole negare
trasparenza e verità da parte dell’ingegner Rosato che parla di “situazione
sotto controllo”, non trova però conferma nelle denunce riportate dall’ingegner
Vatta dell’Arpa. Dichiarazioni che dimostrano in maniera inequivocabile gli
esiti drammatici di quello che è accaduto con il guasto della cokeria e che,
solo grazie alla bora, non hanno investito direttamente la comunità locale. A
questo bisogna aggiungere che - conclude il suo atto di accusa - dal 1 gennaio i
livelli consentiti per le pm 10 sono praticamente dimezzati dalle leggi vigenti,
ma se noi osserviamo i dati disponibili dal 1 gennaio compresi quelli di oggi,
notiamo sforamenti quotidiani di varie stazioni di rilevamento di polveri
sottili».
Antenne dei telefonini Manca ancora il Piano - Un anno
di attesa, ma il Comune non ha predisposto il documento Si riaccende la protesta
dei cittadini
SASCO: LUNGAGGINI GRAVI
Dopo un anno di attesa il Comune non ha ancora approvato un Piano di settore
per le antenne della telefonia mobile. Un ritardo imbarazzante anche per il
presidente della Commissione ambiente del Comune Roberto Sasco. «Un anno fa -
spiega - gli uffici mi avevano assicurato che in tempi brevi avrebbero indetto
la gara per nominare i tecnici adatti alla predisposizione della valutazione
ambientale del Piano, ma a oggi nessuno mi ha comunicato nulla. Se non avrò
notizie - continua Sasco - riconvocherò la Commissione per fare il punto.
Lungaggini burocratiche simili sono ancora più gravi quando di mezzo c'è la
salute dei cittadini, e una buona amministrazione deve tenerne conto».
A riaccendere la polemica sulla mancanza di un piano che regoli le installazioni
degli impianti di telefonia mobile sono stati gli stessi cittadini, con il loro
rappresentante in Commissione comunale Enrico Lena. «Le istituzioni - commenta
Lena - sembrano non dare alcuna importanza a un tema fondamentale per la salute
pubblica. Fino a che non sarà steso un piano preciso i gestori potranno
continuare a installare antenne senza regole. Solo in città siamo arrivati quasi
a duecento. Per fortuna le ultime sono state posizionate in luoghi che tengono
conto dei parametri necessari a garantire la tutela della salute di chi vi
risiede vicino, ma ci sono almeno sei casi di impianti secondo noi altamente
pericolosi. Purtroppo nessuno interviene».
«Le istituzioni si accorgeranno del problema - continua Lena - quando
aumenteranno le richieste di risarcimento danni». Lena chiede a nome dei
cittadini chiarezza per una vicenda che doveva essere risolta già del 2004.
«All'epoca - spiega Sasco - il Comune aveva presentato un piano, che però era
stato impugnato dai gestori che avevano anche vinto la causa. Nel 2007 ne avevo
portato in Commissione un altro, ma mostrava delle lacune: non erano stati
individuati tutti i siti sensibili, scuole e ospedali per esempio». Da qui un
lavoro di équipe con la consulenza di una commissione di tecnici che ha steso un
altro piano. Ma poi una normativa regionale ha obbligato l'inserimento nella
procedura di una "valutazione di incidenza ambientale".
«Il Comune - afferma Sasco - non avendo una figura professionale di questo tipo
al suo interno ha deciso di indire una gara. Era l'inizio dello scorso anno. Da
allora nessuno mi ha informato neppure se la gara sia stata fatta o meno. Posso
solo constatare che sul tavolo della Commissione non è ancora approdata la
delibera del Piano antenne, e lo trovo a dir poco scandaloso». «Ci auguriamo -
ribatte Lena - che tutte queste non siano scuse per prendere tempo».
(s.s.)
«Lo smog uccide anche a Trieste» - Lo pneumologo
Confalonieri: «Provocati leucemie, ictus e infarti»
Trieste come Milano? Se ancora non si parla di bloccare il
traffico ci sono i presupposti per iniziare, almeno, a farci un pensierino.
Trieste, da tempo, non è nella lista delle città virtuose. Secondo il Dossier di
Legambiente "Mal'aria di città 2010" il capoluogo giuliano figura tra le 13
città in cui si sarebbero potuti evitare circa 2300 decessi nel biennio
2002-2004 se solo si fosse rispettato il limite annuale di 40 ?g/m3 di polveri
sottili (le famigerate PM10, particelle dal diametro inferiore ai 10 micron)
previsto per legge.
Quali sono gli effetti dello smog sui polmoni e come affrontare le "emergenze
mascherine" ce lo spiega Marco Confalonieri, direttore della Struttura complessa
di pneumologia dell'Azienda ospedaliero-universitaria "Ospedali Riuniti di
Trieste".
Ci sono vere e proprie malattie polmonari da smog?
«Esistono disturbi respiratori direttamente correlati alla presenza
dell'inquinamento aereo. Ne sono esempio la bronchite cronica e la cosiddetta
Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva): quest'ultima, in particolare,
colpisce i bronchi ma anche i polmoni provocandone il lento e progressivo
"deterioramento" che riduce l'elasticità e la funzionalità polmonare. Lo smog,
poi, aumenta sicuramente l'incidenza del tumore polmonare: solide evidenze
cliniche provano il ruolo dell'inquinamento, secondo solo al danno da fumo di
sigaretta (primo responsabile del tumore polmonare). L'aria inquinata scatena
anche eventi cardiovascolari acuti come infarto e ictus. E' risaputo che nei
periodi di emergenza-inquinamento i ricoveri ospedalieri legati a patologie
polmonari e cardiovascolari aumentino significativamente».
Sono più nocivi il particolato sottile o le sostanze chimiche quali benzene,
biossido d'azoto e altri ancora?
«Sono entrambi nocivi, ma in modo diverso. Il particolato sospeso, le PM10
prodotte soprattutto dal traffico veicolare, entra nei polmoni e raggiunge gli
alveoli, dove crea una condizione di irritazione e infiammazione delle vie
respiratorie. Le sostanze chimiche sono correlate ad altre malattie: il benzene,
per esempio, che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha
classificato tra i cancerogeni certi, è responsabile all'insorgenza di leucemie.
La chiusura al traffico per periodi limitati nelle situazioni di emergenza è un
provvedimento utile o non serve?
«Interventi drastici dettati dall'emergenza sono benefici. Chiudendo il traffico
si riducono i livelli di inquinamento: bisogna vedere quant'è tempestivo il
provvedimento e valutarne l'applicazione anche i relazione alle condizioni
atmosferiche. In assenza di vento con aria stagnante le particelle restano in
sospensione più a lungo. Le precipitazioni, viceversa, contribuiscono ad
abbatterle».
Chi risente maggiormente dell'inquinamento: bambini o anziani?
«Sono più vulnerabili gli anziani, specie se già gravati da malattie croniche
polmonari e cardiovascolari. Tra i bambini, risentono maggiormente
dell'inquinamento quelli che soffrono di asma».
A livello individuale come ci si difende nelle emergenze-aria?
«A livello di cittadinanza sarebbe buona cosa se si riuscisse a mettere in
pratica quanto predichiamo da tempo sul piano teorico: evitare di usare la
macchina, specie se da soli, privilegiando i trasporti pubblici; fare controlli
periodici delle emissioni gassose delle vetture, ma anche delle canne fumarie
delle abitazioni. Gli sportivi non dovrebbero fare sport all'aperto in giornate
critiche. Quanto alle mascherine: quelle più semplici servono poco. Quelle
dotate di filtro sono più utili, ma costano».
CRISTINA SERRA
«Non pagheremo un cent per le bonifiche» - ”VIAGGIO” IN
VIA CABOTO, NEL CUORE DEL SITO INQUINATO
La rivolta delle piccole imprese, dal carrozziere al
titolare di un panificio. «Bloccheremo le strade»
«Se domani venissero qui a chiederci soldi, non gli daremmo nemmeno un cent!
Che diamine, l’Ezit ha venduto tutti i terreni per buoni. Se le aziende (ormai
senza soldi) dovranno pagare per il Sito inquinato nazionale, noi bloccheremo
tutte le strade di Trieste». Via Caboto, in un capannoncino due giovani, Luca e
Lara Danieli, fratello e sorella, gestiscono dagli anni ’80 una carrozzeria che
aggiusta auto d’epoca, nel piazzale se ne va pian piano, come in un film o in un
ricordo, una perfetta Balilla nera.
In questa zona che si chiama industriale, sul lato che poggia in Comune di
Trieste, un centinaio di aziendine, più artigianali che industriali, vivono nel
perimetro «inquinato», là dove 13 accordi di programma col ministero hanno
fallito, e dove solo l’idea di pagare fior di euro per «danno ambientale» non
viene nemmeno presa in considerazione. Oltre 100 sono in territorio di Muggia,
altre ancora in San Dorligo. Su 600 indirizzi, 350 sono «perimetrati». Al di là
dei discorsi ufficiali, ecco che cosa pensano i diretti interessati.
Anche se nell’area ricadono Illycaffè, Italcementi, Ferriera, Elettra, Colombin,
Calcestruzzi, pasticceria Ulcigrai, in verità molti non hanno alcunché di
industriale. Vi sono in area Ezit le Cooperative sociali La Quercia,
Duemiladieci, La Collina, un laboratorio di bigiotteria che apre due sole volte
alla settimana, carrozzieri, commercianti, panifici, la Zinelli e Perizzi
arredamento, la Vitrani arredamenti navali, la Brezzilegni con profumo di bosco,
c’è il capannone delle scenografie del Teatro stabile, e perfino c’è il
magazzino dei materiali sanitari del Burlo Garofolo, per non dire di aziendine
che si occupano proprio di bonifiche e di ecologia. Quasi un paradosso. Hanno
qui la loro attività anche il presidente di Confartigianato, Dario Bruni, e
l’assessore comunale al Turismo, Paolo Rovis, che della Confartigianato è il
vicepresidente. Tutti seduti sulla bonifica che non avviene mai.
Ispezionare la zona di via Caboto, piccolissima rispetto al perimetro totale del
sito, 17 milioni di metri quadrati, di cui 5 milioni in terra dalla Ferriera
alla fine di Muggia, significa fare un tragitto un po’ triste. Quasi all’inizio
c’è un’enorme struttura, una volta industriale, oggi diroccata e avvolta dai
rovi. Resiste il cartello: «Comune di Trieste, Incubatore d’imprese, committente
Bic, fine dei lavori 17 ottobre 2000, costo lire 14.860.000». Sta crollando,
così come più avanti, poco prima della Stock, un capannone simile, «da girarci
dentro un film dell’horror - sospira mestamente il magazziniere del Burlo, che
in quella strutturona in affitto si sente isola nell’oceano -, qui teniamo tutti
i materiali sanitari, la temperatura è di 3-4 gradi, ma siamo arrivati anche a
meno 1, dicono sempre che il Burlo si trasferisce, ma noi siamo sempre qui, una
zona sempre più in abbandono. Inquinamento? Sì, hanno tolto molto amianto
all’azienda qui di fronte...».
I marciapiedi, sotto la pancia della superstrada, sono ormai quasi inesistenti e
per terra tra erbacce secche e spine sporgenti si va come in un luogo
abbandonato. Alla Facau (mobili per ufficio e vendita di cartoleria) c’è il
deserto dentro e attorno. Dice la titolare, Roberta Cappellari: «Quando ci siamo
insediati non lo sapevamo che era inquinato, adesso abbiamo fatto
l’investimento, e amen, che altro fare? Molti più problemi hanno le ditte che
per lavoro devono realizzare scavi». Lo conferma uno dei responsabili della
Mosetti tecniche grafiche, frettoloso, ha tanto da fare: «Io finché non scavo
problemi non ne ho». Punto.
Luigi Bergamasco, che ha un panificio in via Cavalieri di Malta a Muggia, si
sente tradito: «L’Ezit ci ha venduto il terreno come bonificato, 10-12 anni fa.
E invece lo sapevano bene che non era così. Ormai, cosa possiamo fare? Abbiamo
costruito, e tutto in cemento. Il prezzo? Era favorevole, sì, ma c’erano
incentivi, l’Obiettivo 2, soldi europei... Certo che siamo arrabbiati con l’Ezit.
Il problema è: chi paga? A ognuno le proprie responsabilità».
I ragazzi della carrozzeria parlano più della crisi che dell’inquinamento: «Ma
vogliono guardare sotto il nostro capannone? E come, lo alzano tutto? Fa più
male questo parlar di bonifiche e far fallire l’economia che tenere le cose come
sono». Da Colorando, vernici, c’è solo un impiegata, titolari assenti. Da moto
Baroncelli idem. I fratelli Alferio e Roberto Filippi (serramenti) sono più che
altro in grande pena per la situazione economica: «Che depressione». Raccontano
di tutti i procedimenti di smaltimento «pulito» in ogni fase della loro
produzione, dicono di essere in affitto, di non essere per niente inquinatori, e
quanto al sottoterra: «Tutti lo sanno che una volta ogni cosa si buttava in
mare, in mare direttamente, così come si buttava tutto a Barcola, lì sotto
l’attuale terrapieno...». La conclusione dei «piccoli» è unanime: «Tanto non si
farà mai niente». I Filippi sottintendono: «Pagare? Con che cosa? Si va appena
avanti». Bergamasco si trincera dietro la fortezza della sua costruzione: «Quel
che è sotto il cemento là rimane, e che cosa mi possono fare? Abbattere tutto?
Andare sotto il cemento?».
Glauco Fumis, amministratore delegato di Telesorveglianza che produce impianti
di sicurezza, è in Ezit con il socio Fabio Muiesan «da un attimo prima che fosse
proclamato il sito, una perimetrazione - aggiunge - che è una stupidaggine, sul
disegno c’è un bel tratto di pennarello rosso, che a un certo punto gira attorno
alla palazzina l’Ezit, e la lascia indenne. Ci sono aziende mezze dentro e mezze
fuori il sito inquinato. La risposta è una sola: chi ha inquinato paghi. Lo
Stato non ha fatto controlli, non ha fatto niente? Paghi lui. Ma no a queste
prepotenze. Non è eticamente corretto che io debba pagare solo perché ho scelto
di venire a lavorare qui».
GABRIELLA ZIANI
DUINO AURISINA - «Gli atti relativi alla baia sono del
tutto regolari» - Il sindaco Ret risponde a Greenaction che chiedeva la revoca
delle delibere
AURISINA «L’amministrazione, fatte le dovute verifiche,
comunica la regolarità degli atti emessi». Due righe stringate, su carta
intestata del Comune, firmate dal sindaco Giorgio Ret e indirizzate a
Greenaction Transnational, per rispondere alla richiesta, avanzata qualche
settimana fa dall’associazione ambientalista, di revoca delle delibere con cui
l’amministrazione ha autorizzato il progetto di sviluppo turistico della baia.
La risposta è partita dopo una duplice serie di verifiche: una da parte degli
uffici tecnici del Comune, l’altra da parte della prioprietà della baia, che fa
capo all’imprenditore mantovano Carlo Dodi.
«I risultati dei controlli sono stati messi agli atti – precisa Ret – nel corso
dell’ultima giunta, e sono a disposizione di chi ha il diritto di controllarli.
Eravamo comune tranquilli sugli esiti, perchè tutti gli atti relativi alla baia
sono stati sempre controllati ai raggi x».
Secondo Greenaction Transnational, le delibere sarebbero state viziate dal
«mancato riconoscimento dei vincoli urbanistici che gravano sulle aree
interessate dal piano, nonostante la loro iscrizione da parte del giudice
tavolare di Trieste». Tra le irregolarità ipotizzate dall’associazione
ambientalista, anche «il mancato coinvolgimento dello Stato nella convenzione
urbanistica sottoscritta tra le società proponenti e il Comune di Duino
Aurisina, nonostante che nel piano fossero comprese varie proprietà del Demanio
marittimo».
Strade isontine pericolose: troppi cinghiali - E a
Doberdò il Wwf organizza assieme alle scuole il salvataggio dei rospi sulla
statale
GORIZIA L’ultimo incidente si è verificato venerdì notte a
Cormòns, lungo la strada regionale 356. Un’automobilista di 61 anni si è vista
sbucare improvvisamente dalle campagne circostanti un grosso cinghiale.
L’impatto è stato inevitabile, violento. L’ungulato è morto sul colpo, ingenti i
danni alla vettura, una Volkswagen Polo. Fortunatamente non ci sono state
conseguenze per la conducente dell’auto, rimasta praticamente illesa. Sul posto
i carabinieri che hanno provveduto ad effettuare i rilievi di rito. Una decina
di giorni fa, vittima di un incidente simile era stata un’altra donna lungo la
strada delle ciliegie fra Mossa e San Floriano del Collio: in quel caso,
l’automobilista per schivare l’animale era finita in un fossato vicino, restando
illesa.
Le strade dell’Isontino sono sempre più invase dagli animali selvatici.
Parallelamente, aumentano le coltivazioni devastate. Decine e decine di
agricoltori hanno abbandonato l’attività o pensano seriamente di farlo. La
responsabilità? È dei cinghiali che negli ultimi mesi hanno avuto una
proliferazione incontrollata nonostante i provvedimenti venatori. Escono nelle
radure nelle ore notturne. Si muovono quasi sempre in branchi. E devastano le
colture, seminando danni e distruzione. Ormai è emergenza piena nelle campagne
dell’Isontino.A Doberdò invece i volontari del Wwf e le scuole si mobilitano per
evitare la stagionale strage di rospi che in primavera si dirigono dai prati
verso il lago per deporre le uova, restando schiacciati dalle automobili. Le
squadre, munite di pile e secchi, organizzeranno raccolte nootturne lungo la
statale..
SEGNALAZIONI - SICUREZZA - Fanta-rigassificatore
Domenica 18 aprile 2021 ore 16.03, la Triestina è in serie
A e gioca contro il Bologna, da circa 1 minuto è cominciato il 2.o tempo, il
cielo è leggermente velato e un vento di libeccio spira da Sud con folate
improvvise e sostenute. Le tribune sono gremite, la partita è importantissima
perché è in ballo la retrocessione e i triestini sono accorsi numerosi per
sostenere la squadra (sono presenti circa 18.000 spettatori).
Il sig. Roberto abita in via Valmaura, all’8.o piano di un palazzo sito
frontalmente all’ingresso laterale del «Rocco» ed in quel momento è seduto in
salotto intento a leggere «La storia di Lisey» di Stephen King, allorché viene
improvvisamente sbalzato a terra dal divano a seguito di un enorme boato che gli
procura un dolore lancinante ad entrambe le orecchie. Il sig. Roberto resta
inebetito per alcuni secondi, indi si alza barcollando e va subito alla finestra
che è posta frontalmente allo stadio, pensando che là dentro deve essere
successo qualcosa di grosso, ma non nota niente di particolare, però rimane
attaccato alla finestra perché... perdiana! Qualcosa di grave deve pur essere
successo!
Dopo circa un minuto dal botto vede apparire in lontananza, dalla parte della
Risiera, un basso fronte nuvoloso, bianco e compatto che striscia velocemente
spinto dal vento e presto avvolge tutto lo stadio e subito dopo tutta la via
Valmaura compresa la sua abitazione e tutte quelle limitrofe. Ciò che è successo
lui non lo saprà mai più.
Il Piccolo del 17 maggio titola in prima pagina: «Le vittime dell’incidente al
rigassificatore finalmente troveranno pace, seppellite in immense fosse comuni
ricavate su terreni espropriati nelle adiacenze di via Costalunga, che saranno
in seguito attrezzati ad uso cimiteriale. Le vittime accertate sono 17.881
quelle dello stadio di Valmaura (nessun superstite) e 12.111 tra gli abitanti di
Valmaura/Servola, tutti congelati all’istante dalla nube di gas metano a -128
gradi centigradi. Trieste ha perso in un solo istante il 15% della sua
popolazione, una perdita immensa e mai più potrà essere la città ridente che
tutti gli italiani ci invidiavano; tutti quanti ci dobbiamo sentire in colpa per
non aver saputo scongiurare questa immane tragedia, ma soprattutto si debbono
sentire in colpa quei politici (di ogni colore) che nel lontano 2010,
ottenebrati da interessi spiccioli hanno svenduto la loro città, creando le
condizioni perché avvenisse ciò che è avvenuto».
Lo scenario da me descritto sarà forse esasperato all’eccesso dalla mia «mente
distorta», tipica di chi propende al catastrofismo dirà qualcuno, ma io sfido
chiunque a dimostrare e garantire scientificamente che detto scenario sia del
tutto campato in aria, per cui vorrei pregare vivamente i signori politici che
oggi ci vogliono convincere della bontà del progetto di guardare profondamente
nel fondo della loro coscienza, guardare gli occhi dei propri figli, prima di
esprimere giudizi superficiali e privi di validità scientifiche.
Francesco Barbaro
SEGNALAZIONI - Ambiente e cemento - EX MADDALENA
Da Il Piccolo: «Il costruttore Riccesi ribatte agli
ambientalisti» e inoltre: «gioco sporco sull’ex Maddalena».
È vero, c’è stato proprio un gioco sporco nell’area dell’ex Maddalena. Esisteva
un parco con alberi secolari che è stato sradicato velocemente e per quanto
possibile in sordina, tanto che i grossi tronchi sono stati trasportati in ore
antelucane forse per evitare qualsiasi rimostranza da parte dei rassegnati
abitanti della zona. Assenti le associazioni ambientaliste, Wwf compreso. Non si
sono viste manifestazioni a difesa del parco e nemmeno banchetti per la raccolta
delle firme simili a quelli allestiti per i pochi alberi di Piazza Libertà. Ora
non resta che salvare il salvabile ed evitare almeno la cementificazione
esagerata. È difficile comprendere perché la Circoscrizione abbia espresso
ripetuti pareri favorevoli su un progetto che ha attuato la distruzione
dell’unica area verde esistente da campo S. Giacomo a Valmaura e oltre. Le
migliaia di metri quadrati a disposizione, meritavano un incontro informativo
con i cittadini che, a mio parere vergognosamente, la circoscrizione si è ben
guardata dall’organizzare. La cordata ha speso una bella cifra, ma evidentemente
il prezzo è stato ritenuto conveniente e certamente oggi il terreno vale molto
di più. Ha ragione l’arch. Riccesi a dire che si rischia di far danno non agli
interessi dei «padroni», ma alle persone che per essi lavorano. È vero, sono i
lavoratori la parte debole non certo i costruttori, così come parte debole sono
i cittadini che si trovano in balia di chi decide per loro anche contro ogni
logica.
Posso capire che gli imprenditori non hanno costituito un ente di beneficenza,
ma forse ridurre di un piano le costruzioni progettate non li ridurrebbe sul
lastrico. L’indice di 6 metri cubi per metro quadro è stato fissato nel 2001,
ora nel 2010 le cose si valutano in altro modo e nulla vieta che il parametro
sia cambiato. A leggere la presentazione del progetto, tutto sembra bellissimo.
Ci saranno 10.000 metri quadri di verde, un garage sotterraneo di tre piani,
ecc... Naturalmente non si precisa che il verde consisterà in un tappeto erboso
coltivato in serra da stendere come una moquette su un sottile strato di terra e
che le eventuali piante, scelte tra le specie a sviluppo ridotto, saranno
costrette a crescere in contenitori sospesi sul sottostante garage stracolmo di
box simili a loculi per automobili. Ottima anche la scelta di destinare circa
5000 metri quadri per la piastra commerciale della Carrefour, considerato che la
nuova attività (ipermercato, centro commerciale?) non potrà che mettere in crisi
i negozi del rione di S. Giacomo, ma ciò non ha alcuna importanza in fondo, si
tratta solo di libera concorrenza. Ormai il danno è stato fatto e l’area non
resterà il deserto che è ora. Occorre però creare un’area vivibile, riducendo le
cubature edificabili per metro quadro sia all’Ater che nelle vicinanze ha già
costruito centinaia di appartamenti, che per le costruzioni residenziali.
I rassegnati abitanti del rione sono stati scippati della flora, della fauna e
della qualità dell'aria che il parco della Maddalena contribuiva a migliorare;
mi pare doveroso quindi risarcirli costruendo un quartiere accogliente che
concili il benessere degli abitanti con i profitti delle imprese. Tra la
cementificazione realizzata a Rozzol Melara e le palazzine ben inserite nel
verde a Grignano, ci sarà pure una soluzione valida tale da riqualificare una
zona che di cemento è già abbondantemente dotata.
Laura Dapretto
IL PICCOLO - SABATO, 30 gennaio 2010
«Rigassificatore, a rischio la fauna ittica» - Gli
esperti di Miramare: più mercurio nei pesci, in pericolo la mitilicoltura
Gli scienziati dell’Area marina protetta di Miramare
lanciano l’allarme sul rigassificatore di Zaule: «Potrebbe alterare l’ecosistema
di tutto il golfo di Trieste e aumentare la percentuale di mercurio in pesci e
molluschi». Il direttore della Riserva Maurizio Spoto e lo studioso del settore
eco-etologico Carlo Franzosini hanno illustrato ieri i potenziali effetti del
rigassificatore davanti alle commissioni Prima e Quarta del Consiglio
provinciale. Lo scenario dipinto dall’Area marina protetta (Amp) non è
rassicurante: l’aumento della percentuale di mercurio nella fauna è soltanto una
delle conseguenze paventate dai tecnici della riserva. «Le valutazioni finora
prodotte sono carenti – ha spiegato Franzosini – perché si basano su
documentazioni lacunose e prive dei necessari approfondimenti».
La critica colpisce direttamente le analisi presentate da Gas Natural a supporto
del progetto: «Prive del contraddittorio scientifico e a tratti superficiali».
Sono insufficienti, secondo l’Amp, le valutazioni dell’impatto sulla fauna
eterotrofa: pesci e molluschi rischierebbero di venir contaminati da mercurio e
altre sostanze inquinanti presenti nei sedimenti, movimentati dal traffico delle
metaniere e dalle operazioni correlate.
«Secondo uno studio commissionato all’Ispra (Istituto superiore per la
protezione e ricerca ambientale) dal ministero dell’Ambiente – ha affermato
Franzosini - la percentuale di mercurio presente nei pesci soltanto nei primi 5
anni di attività passerebbe da 0,3 mg/kg a 0,4, avvicinandosi pericolosamente
alla soglia legale dello 0,5. Nello stesso lasso di tempo le miticolture
rischierebbero la chiusura». Anche la componente biotica autotrofa
(fitoplancton, batteri, piante etc…) correrebbe dei rischi: «In un anno il 3%
delle acque del golfo, 636mila metri cubi al giorno, transiterebbero
nell’impianto – ha osservato Franzosini –, venendo sottoposte ad addizione di
cloro, choc termico per il raffreddamento e stress meccanico». Tre fattori che
causano la sterilizzazione della vita in esse contenuta: «Verrebbero inoltre
aggiunte sostanze tossiche come i solfati utilizzati nella neutralizzazione del
cloro, che in ambiente marino causano ricadute: si vuole neutralizzare un veleno
con un’altra sostanza problematica». Il trattamento dell’acqua provocherebbe
quindi alterazioni del “ciclo del carbonio”, della comunità fitoplanctonica, e
sottrazione di azoto ammoniacale: «In termini poveri – ha specificato Spoto –
andrebbe a influire su procedimenti che il mare compie abitualmente per l’uomo,
ad esempio la neutralizzazione dei nostri scarichi fognari, con tutto ciò che ne
consegue».
Le analisi di GasNatural sarebbero superficiali anche nel considerare i
parametri fisico-chimici del Golfo. «Il modello di dispersione delle acque
fredde prodotto per GasNatural ipotizza nella baia di Muggia una condizione di
acqua ferma – ha detto Franzosini –. Al contrario la baia presenta normalmente
una situazione di circolazione anche in assenza di vento». Il modello che
analizza la temperatura della baia, invece, «riporta dati relativi all’Alto
Adriatico e quindi parte da variabili (profondità in primis) diverse da quelle
della baia, perciò è inadatto allo scopo».
Franzosini ha poi criticato i modelli utilizzati per simulare l’azione del vento
(«molto più realistico quello utilizzato da Snam per il gasdotto») e per
determinare le modifiche alla temperatura («non tiene conto di parametri
fondamentali»). I rappresentanti dell’Amp hanno concluso l’esposizione
proponendo una soluzione alternativa: «Nella baia di Zaule c’è disponibilità di
34mila metri cubi l’ora di acque industriali esauste a fronte di un’esigenza di
massimo 32mila metri cubi – ha ricordato Franzosini - si usino gli scarichi
industriali piuttosto che l’acqua marina».
GIOVANNI TOMASIN
«Anche nell’aria il gas della cokeria» - FERRIERA. LO
SOSTIENE IL DIRETTORE DELL’ARPA VATTA - Inquinamento scongiurato grazie alla
bora degli ultimi giorni
La fiamma, se resta lontana, spaventa senza scottare. Il gas, invece, avvelena. La prima è il tampone naturale al secondo, perché lo brucia. La torcia d’emergenza che in Ferriera è rimasta in funzione per quasi una settimana dal 22 gennaio a giovedì scorso - con la sola interruzione di mercoledì, giorno in cui si è registrata peraltro l’accensione estemporanea di una seconda torcia - va consegnata dunque alle cronache come un male minore. Il gas, fosse uscito dalla cokeria subdolo e invisibile com’è, avrebbe fatto ben più danni. D’altronde le torce, tecnicamente, sono lì per evitare proprio quello. Si accendono automaticamente quando la concentrazione di gas va sopra soglia. C’è però un ”ma”. La fiaccola non ha bruciato tutto il gas. «Sicuramente - spiega il direttore provinciale dell’Arpa Stelio Vatta - c’è stata della dispersione. È meglio quando il gas esce con la fiamma. Ma questo non equivale a dire che in quelle giornate non sia stato prodotto alcun inquinamento, ne è stato un indice la colorazione di quella fiamma e ne è stata una causa la temperatura molto bassa che agevola il riformarsi di certe sostanze appena bruciate». Ma quanto inquinamento? «Abbiamo attuato una linea di campionamento e ora siamo in fase di analisi - risponde Vatta - mentre per una valutazione istantanea se vi siano o meno pericoli, in tempo reale, abbiamo a disposizione i monitoraggi delle Pm10 più i misuratori del benzene. Facciamo due sopralluoghi al giorno. Ebbene, i dati ci hanno detto che, al momento, non si è verificata alcuna situazione di pericolo. Ma, ripeto. Ciò non significa che non ci siano state emissioni. L’assenza di pericoli immediati si deve anche alle condizioni meteo favorevoli, con la bora che allontanava i fumi da Servola. Ben diversa sarebbe stata la situazione con una settimana di scirocco». «Vada per la torcia che ha bruciato il gas - si chiede dal Comitato No-smog la presidente Alda Sancin - ma come la mettiamo con quelle fumate nere che vedevamo levarsi oltre le fiammate? Nessuno può dire che non nuocciano alla salute». Per l’azienda, Francesco Rosato parla ad ogni modo di situazione sotto controllo, «in lento miglioramento». «Le torce - aggiunge - dovrebbero non riaccendersi più, perché la produzione in cokeria è stata rallentata di circa il 20% per questioni precauzionali, per consentire per l’appunto il deflusso del materiale che si è intasato lentamente con il freddo nelle batterie. Ci vorrà qualche giorno, per rientrare nella normalità. Stiamo parlando d’altronde di 400-500 metri di tubazioni con filtri e sistemi di decantazione». Terreno fertile, questo, per l’attacco di Maurizio Fogar. «Mi risulta - tuona l’anima del Circolo Miani - che i tecnici giunti da Piombino abbiano constatato che quelle tubature sono completamente intasate. La torcia non si riaccende perché la batteria più vecchia, quella degli anni Sessanta, ora è tenuta ferma, è in temperatura ma non produce coke». Ieri intanto le Rsu hanno incontrato l’azienda. «Precisamente il capo del personale Corrado Biumi - racconta per la Faims-Cisal Luigi Pastore - ma avremmo preferito che fosse un tecnico a spiegarci le cose. A mio avviso questa situazione si è venuta a creare per mancanza di adeguata manutenzione degli impianti. Siamo preoccupati. La cokeria è il cuore della fabbrica. Questa azienda sta approfittando perché fuori di qua non c’è lavoro. Siamo come in ostaggio...».
(pi. ra.)
La Carinzia dice no al raddoppio di Krsko - La costruzione di una nuova centrale considerata inaccettabile
KLAGENFURT - Sono tanti i progetti su cui i Paesi partner della costituenda Euroregione Alpe Adria si trovano d'accordo. Su uno, tuttavia, le opinioni divergono o addirittura si contrappongono: l'impiego dell'energia nucleare.
Friuli Venezia Giulia e Veneto, assieme a Lombardia, sono le sole tre
Regioni italiane che qualche giorno fa hanno approvato il piano del governo per
il nucleare. Che il presidente Renzo Tondo - a differenza del suo predecessore
Riccardo Illy - sia da sempre filo-nucleare è cosa nota. È di questi giorni il
suo rilancio della proposta di partecipazione al progetto di un nuovo reattore
da costruire entro il 2017 nella centrale slovena di Krsko.
Ma proprio ieri il Land Carinzia ha ribadito la sua ferma opposizione al secondo
impianto sloveno. "Nessuna altra centrale nucleare vicino ai confini
dell'Austria", ha titolato l'ufficio stampa del Land una nota diffusa dal
vicepresidente della giunta regionale Reinhart Rohr, nella sua qualità di
assessore competente per l'ambiente e per le risorse energetiche. Rohr è
socialdemocratico, ma questo non significa nulla: a differenza dell'Italia, in
Austria tutte le forze politiche, di destra e di sinistra, sono contro l'impiego
del nucleare.
La costruzione di una nuova centrale nucleare in prossimità del confine viene
definita "inaccettabile" e deve essere "a tutti i costi" impedita. "Mentre noi
in Carinzia - ha dichiarato Rohr - ci diamo da fare, con la collaborazione di
esperti di livello internazionale, per ricercare nuove fonti di energia pulita,
nello stesso tempo da altre parti si pensa alla costruzione di centrali
atomiche. Noi possiamo volentieri farne a meno, il pericolo di una catastrofe
ambientale è troppo elevato".
Rohr ha annunciato di essersi messo in contatto con i ministri Berlakovich
(ambiente) e Spindelegger (esteri), per sollecitare anche a livello governativo
un'iniziativa che induca la Slovenia a cambiare idea. Insomma, mentre Tondo
auspica una joint venture con il governo sloveno per realizzare insieme la nuova
centrale e chiede al ministro degli esteri Frattini di spianargli la strada, il
collega carinziano Rohr esorta il proprio governo a "un intervento energico
sulla questione", per bloccare la costruenda seconda centrale, non ritenendo più
sufficiente richiamarsi "a meccanismi di consultazione bilaterali" tra Vienna e
Lubiana. È tempo, secondo Rohr, di passare a "una resistenza attiva contro il
risorgere dell'energia nucleare".
Parole molto dure forse per un lettore italiano, ma probabilmente scontate per
un lettore austriaco, dove il rifiuto del nucleare è quasi un dogma. Anche
l'Austria, negli anni '60 aveva avviato un progetto nucleare. Nel 1978 una
centrale costruita a Zwentendorf (in Bassa Austria, a una cinquantina di
chilometri da Vienna in linea d'aria) era quasi ultimata e pronta a entrare in
funzione, quando fu bloccata da un referendum. Il "no" prevalse di un soffio
(50,47% dei votanti, che a loro volta rappresentavano il 64,1% degli elettori),
ma fu un "no" definitivo e accettato da tutte le parti, anche da quelle fino al
giorno prima favorevoli all'energia nucleare.
Da allora non soltanto non se ne parla più in Austria, ma scatta l'allarme
ogniqualvolta nei Paesi confinanti si propongono progetti di nuove centrali o di
ammodernamento di quelle esistenti. Contro quella di Temelin, in Cechia, ai
confini con l'Alta Austria, il partito di Haider propose addirittura il veto
all'ingresso di quel Paese nell'Unione Europea, se non avesse disattivato prima
l'impianto.
Marco Di Blas
«Troppi pericoli per i pedoni nel caos del traffico
cittadino» - L’ASSOCIAZIONE CAMMINATRIESTE
Trieste non è una città sicura. Colpa del traffico
caotico, della sosta selvaggia e dell'occupazione delle aree destinate ai
pedoni. Così secondo l'associazione Coped - CamminaTrieste, aderente a
Camminacittà, che chiede al Comune azioni a tutela della sicurezza di chi si
muove in città a piedi. L'associazione, di cui l'astrofisica Margherita Hack è
presidente onorario, si prepara ad organizzare manifestazioni di protesta.
«La persona umana deve avere la precedenza su tutti i mezzi», afferma Sergio
Tremul, presidente dell'associazione: «A Trieste quasi 70 km di marciapiedi sono
costantemente invasi da mezzi di tutti i tipi, e il 90% delle fermate dei bus
sono occupate da chi non ne ha il diritto». E non mancano situazioni di pericolo
reale o potenziale. «Ad esempio in vicolo Castagneto non c’è un marciapiede:
situazione già denunciata quattro anni fa alle autorità competenti. Cosa si
aspetta ad intervenire?». Aggiunge ancora Tremul: «In Barriera la situazione è
di follia pura, a Roiano da anni è richiesto un prolungamento delle linee bus 5
e 8 in via Moreri alta, e a San Luigi c'è appena stato un incidente mortale».
Altro elemento i semafori, «attualmente più favorevoli al transito in velocità
dei mezzi che all'attraversamento in sicurezza dei pedoni». Il riferimento è
agli incidenti tra piazza Goldoni e via Mazzini: l'ultimo ha causato
l'amputazione della gamba ad una anziana. Nel mirino anche i semafori sulle
Rive, secondo l'associazione pericolosi per i pedoni causa l'attraversamento in
due tempi. E poi, i parcheggi. «Ovunque ci sono regolarmente macchine
posteggiate in doppia o tripla fila, mentre i camper dilagano in città» sostiene
Tremul.
(g.or.)
Il primo mais Ogm sarà pordenonese - Il Consiglio di
Stato dà ragione a un gruppo di agricoltori friulani. La semina entro tre mesi
Accolto il ricorso dell’associazione Futuragra: «Siamo
pronti» È il primo via libera in Italia alla coltivazione di organismi
modificati
TRIESTE Il primo mais geneticamente modificato, prodotto in Italia, arriverà
da Vivaro, un paesino di mille anime in provincia di Pordenone. Arriverà dai
campi di un gruppo di agricoltori friulani – Silvano Dalla Libera, Giorgio
Fidenato, Duilio Campagnolo – che più di qualcuno ha snobbato quando, nel 2004,
hanno fondato l’associazione Futuragra. Convinti da sempre che Ogm sia sinonimo
di «sano» e in quanto tale vada quanto meno sperimentato, gli agricoltori hanno
portato avanti la loro causa promuovendo un ricorso al Tar (intentato a nome di
Dalla Libera) contro l’ostruzionismo del ministero dell’Agricoltura. Non si sono
fermati nemmeno davanti al vizio di forma sollevato dal tribunale e sono ricorsi
in appello davanti al Consiglio di Stato. Il 19 gennaio la sentenza: le sementi
potranno essere piantate e lo stato avrà tre mesi per provvedere alla richiesta
degli agricoltori. La portata della decisione va ben oltre i confini del Friuli
Venezia Giulia per cui la partita è tutt’altro che chiusa. C’è già chi annuncia
ricorsi in cassazione e chi chiama in causa il governo. Loro, gli agricoltori di
Vivaro, non la daranno vinta a nessun Golia.
LA BATTAGLIA Nel 2006, quando Futuragra chiese al ministero dell’Agricoltura il
via libera alla messa a coltura di mais Ogm - forte del fatto che le varietà per
le quali veniva richiesta l'autorizzazione erano già iscritte nel catalogo
comune europeo e dunque non c’erano ostacoli di carattere sanitario o ambientale
(come da articolo 23, direttiva 18/2001) che giustificassero un intervento
precauzionale dello Stato membro in termini di divieto o di limitazione della
coltivazione - non arrivò risposta. Su sollecitazione dell’associazione, che
minacciò di mettere in mora lo Stato, il ministero (nel 2007) respinse la
richiesta motivando la decisione con l’assenza di piani di «coesistenza», ovvero
una pianificazione che preveda modalità per piantare colture Ogm e colture
tradizionali senza pericoli di contaminazioni. Da lì – non essendoci ancora la
class action – l’associazione decise di promuovere un ricorso al Tar e lo portò
avanti Silvano Dalla Libera, vicepresidente dell’associazione. Il Tar rigettò
per vizio di forma (secondo il tribunale il ricorso andava portato avanti anche
contro la regione colpevole di non aver provveduto al piano di coesistenza) ma
questo non ha fermato gli agricoltori. L’appello al Consiglio di Stato,
presentato nel 2008, è arrivato a sentenza il 19 gennaio e ha dato ragione a
Futuragra.
LA SENTENZA Il Consiglio ha accolto le ragioni dell’associazione ritenendo che
le regioni non possono avere interesse contrario all'applicazione del diritto
comunitario vigente in materia e non intervengono in alcun modo nel procedimento
di autorizzazione che è di competenza esclusivamente statale. Accolta anche la
raccomandazione della Commissione europea del 23 luglio 2003 secondo la quale
«nell’Unione europea non deve essere esclusa alcuna forma di agricoltura,
convenzionale, biologica e che si avvale di Ogm». Secondo il consiglio di Stato,
quindi, «l’appello va accolto e per l’effetto vanno annullati gli atti impugnati
e va dichiarato l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sull’istanza di
autorizzazione, entro un termine di novanta giorni decorrente dalla
comunicazione o, se anteriore, notificazione della sentenza. Resta fermo il
potere dell’Amministrazione statale di avviare i procedimenti sostitutivi che
l’ordinamento appresta per il caso di inerzia delle Regioni nel dare attuazione
a obblighi comunitari».
LE REAZIONI Futuragra brinda e, di fronte a nuovi ostacoli da Roma, potrebbe
«presentare ricorso per l'ottemperanza e chiedere la nomina di un commissario ad
Acta». Il presidente Campagnolo parla di «sentenza inequivocabile: seminare Ogm
è un diritto degli agricoltori e le linee guida sulla coesistenza non sono e non
potranno essere un ostacolo all'innovazione». Meno diplomatico il segretario
Giorgio Fidenato secondo il quale «è stata vinta una battaglia di diritto, senza
l’appoggio dei sindacati che anche questa volta non sono stati dalla parte degli
agricoltori». E se Dalla Libera è già pronto a seminare Ogm nei suoi terreni tra
Vivaro e Arba, le reazioni in tutta Italia non si sono fatte attendere.
L’associazione Verdi Ambiente e Società intende valutare un ricorso in
cassazione e invita il governo a bandire il mais ogm invocando – come fatto da
sei paesi dell’Unione - la clausola di salvaguardia. Secondo Mario Capanna,
presidente della Fondazione Diritti Genetici «la sentenza del Consiglio di Stato
ha dell'incredibile, ma non è un via libera inappellabile alla coltivazione di
Ogm in Italia». Vinta la battaglia, a Futuragra resta da vincere la guerra.
MARTINA MILIA
OGM - IL MINISTRO Zaia promette battaglia: «Difenderò i
cittadini»
TRIESTE «Continueremo a difendere cittadini e
agricoltori». Il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia «prende atto» della
sentenza del Consiglio di Stato sugli Ogm. Ma non si adegua: «La sentenza,
certamente seguendo il dettato delle leggi e dei codici, contravviene in modo
palese alla volontà della stragrande maggioranza dei cittadini e delle Regioni
italiane. Primi fra questi, quegli agricoltori, ancora una volta la stragrande
maggioranza, che non vogliono Ogm nei loro campi, consapevoli che è il valore
identitario delle loro produzioni ad essere messo a repentaglio, la fertilità
del loro futuro». «Ci si chiede in particolare - continua il ministro - come sia
possibile la coltivazione di Ogm se non in presenza di un piano di coesistenza,
piano che può essere realizzato soltanto in accordo con le Regioni. A proposito
della volontà dei cittadini, vale la pena di ricordare un mondo scientifico
ancora diviso sulla natura degli Ogm. Un consumo che divide la popolazione in
abbienti che hanno la possibilità di alimentarsi con cibi biologici e
certificati e di classi socialmente disagiate che devono adattarsi al cibo
geneticamente modificato; un mondo agricolo che viene privato del valore dei
semi, che inevitabilmente finiranno nelle mani delle multinazionali». E in ogni
caso, conclude Zaia, «è ovvio che porteremo in tutte le istanze possibili questo
punto di vista affinchè venga compreso da quell’autorità giuridico-legislativa
che ha la responsabilità di rendere concreta la volontà generale, piuttosto che
di applicare codici e pandette».
ANSA -
VENERDI',
29 gennaio 2010 -
16.45
Energia: rigassificatori, incontro a Bruxelles
TRIESTE, 29 GEN - I progetti dei rigassificatori che Gas Natural ed E.On vogliono realizzare nel golfo di Trieste sono stati al centro di un incontro informale, lo scorso 26 gennaio a Bruxelles, tra autorita' italiane, slovene e rappresentanti della Commissione europea. Lo si e' appreso oggi a Trieste da fonti della Commissione europea. Nel corso del'incontro le due parti hanno espresso i propri punti di vista sugli impianti che dovrebbero sorgere nel Golfo di Trieste, a pochi chilometri dal confine sloveno. La Commissione ha suggerito che il terminal offshore - proposto da E.On - sia riconsiderato in una Valutazione di impatto ambientale complessiva, che comprenda entrambi gli impianti, il gasdotto e la capacita' ambientale del golfo giuliano. Non e' previsto al momento uno studio congiunto tra Italia e Slovenia sull'impatto dei terminal. Nel corso dell'incontro - sempre secondo quanto si e' appreso a Trieste - la parte slovena ha manifestato preoccupazione per l'impatto del terminal a terra di Zaule, proposto da Gas Natural, che ha ottenuto la Valutazione d'impatto ambientale (Via) dal Ministero dell'Ambiente nel 2009, per il gasdotto di collegamento dello stesso, e per il terminal offshore proposto da E.On nel golfo giuliano. L'Italia ha spiegato che ci sono state tre procedure di Via da tre diversi soggetti, e che l'autorizzazione finale non e' stata concessa a nessuno dei tre progetti.
(ANSA)
IL PICCOLO - VENERDI', 29 gennaio 2010
Il Pd incalza la giunta: «L’elettrodotto va interrato»
TRIESTE Verrà discussa martedì la mozione del Pd sull’interramento dell’elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest presentata ieri dal capogruppo Gianfranco Moretton e dai consiglieri Mauro Travanut e Sergio Lupieri. La mozione impegna la giunta regionale a chiedere a Terna spa, società incaricata di realizzare l’elettrodotto, la progettazione dell’interramento dell’elettrodotto su tutto il tracciato in modo da garantire un minore impatto paesaggistico-ambientale (i piloni per la ”via aerea” sarebbero alti 60 metri) e per la salute della popolazione con l’eliminazione di campi elettromagnetici potenzialmente dannosi per l’uomo. La mozione punta inoltre a garantire il più ampio coinvolgimento delle istituzioni locali. L’interramento, secondo il Pd, provocherebbe sì un aumento dei costi per la realizzazione dell’elettrodotto (che attualmente ammontano a 100 milioni di euro) «ma a lungo termine il costo sarebbe minore sotto vari aspetti».
(r.u.)
SEGNALAZIONI - Ursus e tram - REPLICA
La presente è a commento della lettera del signor
Giancarlo Sossich apparsa nelle Segnalazioni del 24 dicembre scorso.
La pretesa di sapere tutto sulla storia locale è propria di taluni indigeni, o
presunti tali, che negano ogni possibilità a coloro che sono nati in altre amene
italiche località di accedere alle verità di cui questi individui si ritengono
depositari.
E vengo all’oggetto del contendere e ribadisco: il posizionare il pontone Ursus
nel bacino di San Giusto è, secondo me, una scelta deturpante per la bellezza
del luogo. Se proprio si vuole conservare la storicità dell’oggetto è più
opportuno collocarlo nel canale navigabile o meglio all’interno dell’area del
Cantiere San Marco a lustro della gloria passata di quest’ultimo; quindi ne
potrebbe essere pubblicizzata l’esistenza o sui depliant turistici o a mezzo
internet, così chi lo vorrà visitare si recherà sul posto, magari pagando il
biglietto di ingresso, contribuendo così al suo mantenimento.
Il tram di Opicina, invece, nonostante sia ultracentenario, non ha bisogno di
essere collocato in qualche sito particolare per costituire un’attrattiva
museale, è di per sé un’attrattiva per l’incomparabile bellezza dei luoghi che
offre alla vista dei suoi utilizzatori e per il fatto che l’ingegno di coloro
che l’hanno concepito è rimasto del tutto insuperato. Questo ruolo il tram lo
potrà svolgere finché sarà vitale e utilizzato nell’ambito del trasporto
pubblico: una sua musealizzazione o finalizzazione a scopi puramente turistici
significherebbe la sua fine. Per quanto attiene ai soldi spesi per il tram non
bisogna dimenticare che: il tram trasporta persone col vincolo di esercitare
questo servizio garantendo innanzitutto la sicurezza dei trasportati, Ursus
invece deve solo fare mostra di sé.
Raffaele Nobile
COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE FVG - GIOVEDI', 28 gennaio 2010
LEGAMBIENTE FVG: SU NUCLEARE LA REGIONE HA POSIZIONI
ARRETRATE E PERICOLOSE
Legambiente del FVG apprende con rammarico che
l’Amministrazione regionale abbia dato il proprio sostegno al programma nucleare
del Governo, offrendo, di fatto, la disponibilità ad ospitare sul proprio
territorio una centrale nucleare. Nell’ambito della Conferenza delle Regioni si
è trovata in accordo solo con Lombardia e Veneto, mentre ben undici Regioni
hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale contro la decisione del
Governo.
C’è da aspettarsi che quando si andranno ad individuare i siti, le Regioni che,
in pratica, si sono autocandidate, saranno prese in considerazione per prime; a
nulla vale l’equilibristica dichiarazione dell’Assessore all’Energia Savino,
secondo la quale in FVG ci sono già troppi insediamenti energetici. Lo sappiamo
bene, come sappiamo bene che il territorio regionale, e del resto larga parte
del Paese, è a rischio sismico. Ci si chiede allora quale sia la logica che ha
guidato l’Amministrazione regionale a votare a favore del ritorno del Nucleare
in Italia. Forse solo quella di voler abdicare all’affermazione della propria
sovranità territoriale…
D’altra parte, se guardiamo a quanto avviene nel mondo, non ci vuol molto a
capire che il Nucleare non ha futuro: sono solo due le centrali EPR di terza
generazione evoluta in costruzione in Europa (Francia e Finlandia), con ritardi
enormi e raddoppio dei costi di realizzazione (da 3,2 Mld di Euro a 5, 3Mld di
Euro, fino ad ora). Le centrali di quarta generazione sono solo alla fase
concettuale e si ipotizza che forse vedranno la luce dopo il 2030!
I costi della bolletta energetica, come affermano fonti più che autorevoli come
il Dipartimento per l’Energia Statunitense (DOE) o il MIT di Boston, sono
raddoppiati in soli cinque anni e, considerando i costi di smantellamento delle
centrali, lo smaltimento delle scorie (problema ad oggi senza alcuna
soluzione!!!) e l’aumento dei costi per la sicurezza, sono destinati ad
aumentare, esattamente al contrario del KW prodotto dalle rinnovabili.
Inoltre le autorità di vigilanza sul nucleare di Francia, Gran Bretagna e
Finlandia hanno recentemente bocciato il sistema di sicurezza dei reattori EPR.
Questo sta comportando la revisione dei progetti per queste centrali, le stese
che si vorrebbero costruire in Italia.
Infine, il nucleare è incompatibile con lo sviluppo delle fonti rinnovabili e un
forte impegno nell’efficienza energetica, in quanto assorbirebbero le risorse
dedicate a queste ultime.
Legambiente invita il Presidente Tondo a prendere atto di tutte queste
argomentazioni e della contrarietà dei cittadini del Friuli Venezia Giulia nei
confronti del Nucleare, mettendo mano, piuttosto, ad una seria analisi sulla
produzione energetica in Regione, la quale richiederebbe un approccio innovativo
nella pianificazione, che fino ad oggi è stata, sostanzialmente, lasciata al
caso.
LEGAMBIENTE FVG
PV PAROLE VERDI - GIOVEDI', 28 gennaio 2010
Le detrazioni del 55% non sono cumulabili con altri incentivi
E' l'Agenzia delle Entrate ad affermarlo, con la
Risoluzione n. 3/E del 26 gennaio 2010, rispondendo, in tal modo, ad un quesito
posto dalla Regione Piemonte.
L'istanza della Regione Piemonte riguardava, per l'appunto, la possibilità di
cumulare strumenti agevolativi finalizzati alla realizzazione di interventi di
riqualificazione energetica agli incentivi delle detrazioni del 55%.
Gli strumenti agevolativi regionali appartengono alle seguenti tipologie:
- finanziamenti agevolati, a tasso zero
- contributi in conto interessi
- prestazione di garanzie a favore delle banche eroganti il prestito necessario
alla realizzazione degli interventi di riqualificazione energetica.
La Regione Piemonte ha ritenuto cumulabili tali strumenti agevolativi con le
detrazioni del 55%, in quanto non assimilabili alla categoria dei contributi in
conto capitale.
Di diverso parere l'Agenzia delle Entrate che sottolinea come l'istanza sia da
rigettare, per il semplice motivo che la stessa non è riferita ad un caso
concreto e personale ma ad interessi di rilevanza generale, che riguardano i
contribuenti che intendano fruire delle agevolazioni regionali in questione.
Entrando nel merito, comunque, l'Agenzia delle Entrate ricorda che le detrazioni
del 55%, introdotte con la Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria
2007) e disciplinate dal DM 19 febbraio 2007, erano inizialmente considerate,
come specificato espressamente dallo stesso decreto, compatibili con specifici
incentivi disposti da Regioni, Provincie e Comuni per i medesimi interventi.
Successivamente è intervenuto al riguardo il Decreto Legislativo 30 maggio 2008,
n. 115 che stabilisce (all'art. 6, comma 3) che a decorrere dal 1 gennaio 2009
gli strumenti di incentivazione di ogni natura attivati dallo Stato per la
promozione dell'efficienza energetica, non sono cumulabili con ulteriori
contributi comunitari, regionali o locali, fatta salva la possibilità di cumulo
con i certificati bianchi e fatto salvo quanto previsto dal comma 4.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, interpellato a proposito dall'Agenzia
delle Entrate, ha confermato la non cumulabilità delle detrazioni del 55% con
altri strumenti di agevolazione.
L'Agenzia conclude, quindi, sottolineando come chiunque sia interessato a
sostenere spese per la realizzazione di interventi di riqualificazione
energetica rientranti nell'oggetto dell'agevolazione fiscale, a partire dal 1
gennaio 2009, deve scegliere se beneficiare della detrazione ovvero fruire di
eventuali contributi comunitari, regionali o locali.
Mario Delfino
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 gennaio 2010
Corridoio 5, summit vicino per la Trieste-Divaccia -
Ancora critiche al progetto per il tracciato carsico da parte degli
ambientalisti
APPUNTAMENTO A LUBIANA A FEBBRAIO
LUBIANA Si terra' nella seconda meta' di febbraio a Lubiana la riunione
della commissione intergovernativa italo- slovena incaricata di coordinare le
attivita' dei due Paesi nella progettazione e costruzione della ferrovia ad alta
capacita' (Tav) Trieste–Divaccia, tratto che fa parte del corridoio europeo
numero 5. Lo ha comunicato il Ministero dei trasporti sloveno, che nei giorni
scorsi aveva dato anche la notizia del rinvio della riunione, inizialmente
prevista per il 29 gennaio. Come pubblicato ieri dal Piccolo, Lubiana vuole
analizzare le nuove soluzioni tecniche proposte dall'Italia per il tracciato,
prima di fare una riunione di carattere politico.
A Ospo, intanto, i rappresentanti delle varie iniziative civiche e delle
associazioni ambientaliste del Carso, sia da parte slovena che da parte italiana
si sono riuniti per ribadire la loro preoccupazione in merito all'attuale
progetto di tracciato del nuovo tratto ferroviario tra il capoluogo giuliano e
Divaccia. Le cose che non sono ancora ben definite sono troppe, sostengono gli
ambientalisti, e riguardano sia i costi dell'investimento sia le conseguenze per
l'ambiente e in particolare per i corsi d'acqua, che rischiano di essere
imprevedibili. In una dichiarazione congiunta, gli esponenti delle varie
associazioni hanno invitato i governi di Italia e Slovenia, come pure la
Commissione europea, a modificare radicalmente l'attuale progetto. Quello che li
spaventa, è l'ipotesi di un tracciato che passi sotto la Val Rosandra.
L'impatto sull'ambiente, hanno ribadito, sarebbe troppo violento, pur tenendo
conto delle esigenze di sviluppo economico. L'obiettivo per la Trieste–Divaccia,
a questo punto, è quello di trovare una soluzione ideale tra diplomazia,
politica e tecnica per realizzare un buon collegamento ferroviario, permettere
ai due porti di Trieste e Capodistria di cominciare davvero a fare sistema, e
nello stesso tempo non scontentare piu' del necessario gli ambientalisti e la
popolazione locale. In attesa che si sblocchi la situazione per quanto riguarda
la Trieste–Divaccia, il progetto del secondo binario sulla Capodistria–Divaccia
procede nei tempi previsti: i primi cantieri saranno aperti entro la fine del
2010.
Corridoio 5, alternative per il tracciato ferroviario -
OGGI INCONTRO PUBBLICO
Comparto ferroviario del Corridoio 5: «Proposta di
possibile soluzione alternativa» nell’ambito di una riflessione generale sul
tracciato prima dell’avvio della redazione del progetto esecutivo. Su questo
tema è in programma oggi alle 17.50 nella sede del Circolo Marina Mercantile
Nazario Sauro di viale Miramare 40/A un incontro pubblico che vedrà presenti
vari relatori. Assieme a Giuseppe Cacciatori parteciperanno infatti Roberto
Manta, dirigente della Divisione passeggeri nazionale-internazionale di
Trenitalia, Lucio Zupin responsabile produzione della Direzione regionale del
Fvg - Divisione passeggeri regionsale, Roberto Carollo ex dirigente di Italfer,
Mario Goliani ex direttore compartimentale infrastruttura di Trieste; e Dario
Predonzan, responsabile energia e trasporti del Wwf regionale. L’ingresso è
libero.
Centrali nucleari, sui siti le Regioni si dividono -
Solo Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia approvano i
criteri proposti dal governo per l’individuazione delle località
LA CONFERENZA BOCCIA IL DECRETO LEGISLATIVO.
L’ESECUTIVO: «PARERE NON VINCOLANTE, ANDREMO AVANTI»
TRIESTE La Conferenza delle Regioni ha dato parere negativo al decreto
legislativo del Governo che elenca i criteri per l’individuazione dei siti dove
potrebbero sorgere centrali nucleari. Il voto, a maggioranza, è stato espresso
ieri mattina con le sole Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia
(rappresentato dall’assessore Roberto Molinaro) a votare in difformità rispetto
alle altre Regioni.
Il voto della Conferenza, ha comunque sottolineato il sottosegretario alla
Sviluppo Economico con delega per l’energia, Stefano Saglia, non è vincolante “e
il Governo intende andare avanti sul fronte del nucleare”.
Secondo la maggioranza delle Regioni il decreto legislativo è incostituzionale
tanto che 11 amministrazione regionali (Lazio, Marche, Umbria, Basilicata,
Puglia, Calabria, Toscana, Liguria, Emilia Romagna, Piemonte e Molise) hanno
presentato ricorso alla Consulta che deciderà il prossimo 22 giugno. Il voto del
Friuli Venezia Giulia, ha spiegato l’assessore con delega all’energia, Sandra
Savino, «è in conformità con la maggioranza di Governo anche se la Regione,
fermo restando l’appoggio politico all’esecutivo e alla maggioranza in
Parlamento, ritiene che fosse il caso di sviluppare un programma energetico
nazionale complessivo e che ricomprendesse anche il nucleare. Le due cose non
vanno scisse».
L’assessore regionale sottolinea come «in una regione territorialmente piccola
come il Friuli Venezia Giulia ci sia bisogno di un bilanciamento delle strutture
energetiche», facendo riferimento al progetto di collocare un rigassificatore e
una centrale a carbonio nel territorio regionale e ribadendo l’interesse «per il
raddoppio della centrale di Krsko che tuttavia riguarda la politica
internazionale».
Il Friuli Venezia Giulia punta a coinvolgere anche la Croazia per un accordo
sulla partecipazione italiana al raddoppio della centrale nucleare di Krsko.
«In una programmazione energetica complessiva – conclude Savino – si possono
considerare le alternative al nucleare, soprattutto per una regione di
dimensioni ridotte che deve già fare fronte a un peso piuttosto forte sul piano
energetico e che – puntualizza – è considerato territorio sismico, fattore da
non sottovalutare nella distribuzione dei possibili siti sui quali costruire una
centrale nucleare».
ROBERTO URIZIO
L’AcegasAps apre le porte all’energia atomica - Pillon,
amministratore delegato della multiutility del Nordest: «Non vogliamo lasciare
all’Enel il monopolio»
SABATO A PADOVA UN CONVEGNO
TRIESTE «C'è un interesse generico che va verificato. Noi siamo la più
grande multiutility del Nordest e non vogliamo lasciare a Enel il monopolio
della gestione dell'operazione».
Così l'amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon. Vanno fatte
ovviamente le giuste verifiche, sui tempi e sui costi. Per questo l'azienda
sponsorizzerà un convegno, in programma per sabato a palazzo Moroni a Padova,
organizzato dall'imprenditore vicino ai Radicali Michele Bortoluzzi, che non
nasconde la sua valutazione negativa: «Secondo noi i costi non coprono i
benefici, ma sull'argomento non accettiamo ideologie e abbiamo invitato studiosi
e politici di ogni orientamento», spiega. Ma ieri è arrivata anche la secca
bocciatura del consiglio delle Regioni (come riferiamo qui sopra), che a
maggioranza ha votato negativamente rispetto al piano di costruzioni di nuove
centrali atomiche.
«Ma l'Italia resta un paese a costante deficit energetico - obietta Pillon - e
per questo abbiamo aderito al progetto Energy-lab di Federutility». AcegasAps
infatti è già proprietaria di due centrali elettriche, a Monfalcone e Sarmato.
Ed è il principale partner di Enel in "Adria Link", cioè nella posa di cavi di
interconnessione a doppia via tra Slovenia e Italia. Operazione da 30 milioni di
euro che si giustifica anche per il revumping di Krsko (130 chilometri a ovest
di Trieste), una centrale del 1983 che verrà portata a tecnologia di terza
generazione.
«Il Nordest non può restare fuori da un'eventuale produzione italiana. Vogliamo
essere della partita e non lasciarla ai competitor europei o italiani» prosegue
Pillon. Sabato arriverà a Padova dalla Francia Bernard Laponche, fisico ed
economista dell'energia, esperto della tecnologia d'oltralpe scelta dal governo
per avviare le centrali italiane. «Questo dibattito è a Padova perché vogliamo
capire l'umore delle imprese e del territorio - spiega Bortoluzzi - e al governo
chiediamo di rendere pubblico l'elenco dei siti prima delle elezioni. E poi
rivolgeremo un appello anche ai candidati alla poltrona di governatore del
Veneto: prendano una posizione chiara sul tema del nucleare in modo che i
cittadini siano in grado di farsi un'idea». A introdurre il convegno, alle
10.30, sarà il sindaco Zanonato. Chiuderà alle 18 la vicepresidente del Senato
Emma Bonino.
Ferriera, spente le torce d’emergenza - DOPO IL GUASTO
ALLA COKERIA SEGNALATO VENERDÌ SCORSO
Torna nella norma la pressione del gas. Rsu: produzione
ridotta per settimane
Le fiamme all’interno della Ferriera hanno smesso di ardere. Ieri, attorno a
mezzogiorno, sono state spente le torce d’emergenza la cui accensione era
scattata venerdì scorso a seguito di un guasto nella cokeria. Guasto che i
tecnici dell’impianto hanno finalmente individuato e circoscritto, riuscendo
così a riportare la pressione del gas ai livelli consueti.
«Al momento nello stabilimento - ha fatto sapere in serata la Lucchini - è stata
ristabilita la normale procedura di estrazione del gas dalla cokeria, e sono
state quindi spente le torce d’emergenza. Un risultato ottenuto grazie a un
intervento straordinario dei tecnici del gruppo, che hanno lavorato all’impianto
24 ore su 24 per tutta la durata del problema. La cokeria sta ora procedendo
l’attività a marcia controllata, per consentire una precisa analisi tecnica del
problema che aveva comportato la non completa evacuazione del gas».
«In pratica - spiega Fabio Fuccaro, Rsu della Cgil - si è verificato un
intasamento del collettore, che ha finito per fare aumentare in maniera
significativa la pressione del gas (di qui la necessità di bruciarlo con le
torce d’emergenza ndr). Si sono accumulate grandi quantità di materiali come
catrame, idrocarburi e altro ancora. Materiali che, ovviamente, dovranno essere
rimossi per consentire il ripristino della piena operatività».
Le operazioni di pulizia tuttavia, secondo gli addetti ai lavori, non saranno né
semplici né rapide. «Parliamo di un problema serio che poteva mettere in crisi
tutto l’impianto - chiarisce Franco Palman, rappresentante di fabbrica della
Uilm -. La cokeria è il vero ”cuore” della Ferriera e non può assolutamente
fermarsi. Se i forni si spengono, automaticamente crollano. Un eventuale blocco
di quell’impianto, quindi, comporterebbe la paralisi dell’intero stabilimento.
Ripristinare la funzionalità dopo il guasto di venerdì non sarà cosa da poco:
serviranno di sicuro non giorni, ma settimane».
Nel frattempo, inevitabilmente l’attività procederà a ritmi più bassi. «La
produzione, già da venerdì, è stata ridotta - chiarisce ancora Fuccaro -.
L’impianto cioè continua a funzionare, ma è diminuito il numero delle
”infornate”. L’impegno del personale, in ogni caso, non cambia. A cambiare è
soltanto la velocità con cui viene prodotta una certa quantità di coke».
Quanto alle cause del problema tecnico, secondo i sindacati, sarebbero almeno in
parte da attribuire a controlli inadeguati. «Con una manutenzione più attenta,
forse, il guasto si sarebbe potuto evitare - conclude Palman -. Gli impianti
richiedono molte cure perché sono ormai datati e ”stanchi”. E lo sono anche gli
operai. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni che, nonostante le voci della
possibile vendita della Lucchini da parte della Severstal, continuano a non
affrontano seriamente il nodo riconversione».
Un segnale di attenzione sulla Ferriera arriva intanto dalla Commissione
trasparenza. Il presidente Alfredo Racovelli ha programmato per martedì prossimo
un sopralluogo all’interno dello stabilimento - invitati anche sindaco, Arpa e
Azienda sanitaria -, per fare chiarezza sul guasto alla cokeria. In particolare,
sottolinea l’esponente dei Verdi, per capire se davvero, per effetto del
funzionamento delle torce, «in questi giorni siano finite nell’aria quantità
importanti di benzoapirene, catrame e benzene con possibili gravi conseguenze
sulla salute dei lavoratori e dei cittadini».
(m.r.)
MUGGIA - «Il tavolo tecnico sui rifiuti non serve più»
- La proposta per la differenziata: sconcerto delle associazioni dopo le
dichiarazioni del sindaco
«Siamo disorientati. Una settimana fa ci è stato proposto
dal sindaco Nesladek, un tavolo tecnico (l’11 febbraio, ndr) per portare avanti
la nostra proposta sul volontariato nella raccolta differenziata, e ora leggo
che, proprio secondo il sindaco, non ci sono le condizioni giuridiche per
attuarlo. Allora cosa ci sta a fare il tavolo tecnico?».
Roberta Vlahov, referente muggesana dell’associazione Ambiente e/è Vita, è
sconcertata. Uno sconcerto che aumenta quando esamina il nuovo bando di gara per
l’asporto e lo smaltimento dei rifiuti: «Il nuovo bando – sottolinea – non
prevede di azioni di volontariato, così come avevamo proposto. Mi spiace che la
nostra proposta non sia stata presa in considerazione. Ci siamo offerti col
cuore in mano e disposti a tirarci su le maniche per il bene comune,
null'altro».
Il plurale è riferito alle associazioni che, ancora lo scorso agosto, hanno
presentato la proposta la Comune: oltre ad Ambiente e/è Vita, l’Interclub,
Impronta Muggia, ma anche la parrocchia e i Verdi.
«Queste associazioni – osserva la Vlahov – hanno pensato di unire le forze con
l'unico intento di dare una mano concreta all’amministrazione, così come scritto
a chiare lettere nello statuto del nostro Comune».
Dalla proposta di agosto si è arrivati a novembre, con un primo incontro, in cui
si è parlato di una bozza di convenzione. «Siamo tornati con la bozza – racconta
sempre la Vlahov – e l’abbiamo esaminata con l’assessore e i tecnici. Abbiamo
fatto cinque incontri. In uno c’era anche l’Italspurghi (attuale gestore del
servizio rifiuti, ndr), con cui si era ipotizzato di far ricorso ai cosiddetti
cassonetti di prossimità per la raccolta differenziata. Mercoledì della scorsa
settimana, da un ulteriore incontro con il sindaco, l’assessore Bussani (ancora
delegato all’ambiente, ndr) e i tecnici comunali, siamo usciti con la data del
tavolo tecnico. Ma se ora non ci sono i presupposti giuridici, cosa ci troviamo
a fare?».
La proposta ha preso spunto dal progetto attuato a Bellusco (Monza) che ha
superato gli obbiettivi della normativa europea sulla raccolta differenziata
(65% entro il 2012). «Muggia – ricorda la Vlahov – non raggiunge nemmeno il 30
per cento. La nostra idea era di abbattere i costi di incenerimento e usare i
soldi risparmiati dal Comune per iniziative rivolte ai cittadini. Ciò grazie
alla raccolta differenziata che volontari avrebbero effettuato, in fase
iniziale, su un campione di famiglie. Ci pareva buono – conclude – fare questo
discorso con un'associazione sportiva e con la parrocchia, da sempre serbatoi
delle attività delle giovani generazioni».
Risparmio energetico - CONCORSO PER STUDENTI
Iuses - Intelligent Use of Energy of School è il progetto
europeo che promuove sensibilizzazione, educazione e uso intelligente delle
fonti di energia tra studenti e insegnanti delle scuole superiori. Il progetto
coinvolge 14 Stati (Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Irlanda,
Italia, Lettonia, Olanda, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e
Spagna) e vede l’Area Science Park di Trieste, nel ruolo di coordinatore
europeo. Del progetto Iuses momento saliente è il concorso l’European Energy
Saving Award (Eesa), che premierà la scuola e gli studenti che riusciranno a
conseguire il maggiore risparmio energetico. Per partecipare è necessario
compilare entro il 31 gennaio il modulo presente sul sito web www.iuses.eu.
Numerose in tutta Italia le scuole che hanno già aderito, ma sono inviati a
partecipare anche singoli studenti con video e altre produzioni multimediali.
L’European Energy Saving Award prevede due fasi: una prima nazionale e una
seconda europea. La cerimonia di premiazione finale si terrà a Trieste a ottobre
2010.
COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE - MERCOLEDI', 27 gennaio 2010
Gruppi di acquisto solare di Legambiente - 1000
famiglie nel Triveneto unite per acquistare solare termico e fotovoltaico
1.000 kw installati in due anni: 25.000 tonnellate di
CO2 in meno in 20 anni, 200.000 euro l’anno risparmiate in bolletta
1000 kilowatt di potenza solare fotovoltaica installata. E’ questo il
risultato raggiunto dopo due anni di attività dai gruppi di acquisto solare di
Legambiente. Un’esperienza che in Veneto e Friuli Venezia Giulia è riuscita a
coinvolgere oltre mille famiglie riunite da Legambiente per acquistare impianti
solari termici e fotovoltaici, abbattendo il costo di acquisto e d’installazione
del 25-30% rispetto al prezzo medio di mercato, con un risparmio a famiglia di
circa 3.000 €.
Coordinati dai circoli di Legambiente e da sportelli informativi promossi con le
amministrazioni comunali, gli 8 gruppi di acquisto solare hanno ormai raggiunto
1 MW di solare fotovoltaico e più di 500 mq di solare termico installati, a
fronte di più di 400 impianti realizzati complessivamente. Un risultato che in
termini di mancate emissioni di CO2 vuol dire circa 25.000 tonnellate in 20
anni.
Ma il risparmio non è solo ambientale: i cittadini che hanno partecipato ai GAS,
infatti, risparmieranno in bolletta circa 200.000 euro l'anno in totale, mentre
nell’acquisto dei pannelli hanno già evitato di spendere complessivamente circa
1,1 milioni di euro rispetto al prezzo medio degli impianti. Un risultato
raggiunto anche grazie agli accordi di Legambiente con istituti di credito
convenzionati, in particolare le Banca di Credito Cooperativo e Banca Etica, che
hanno consentito alle famiglie aderenti un credito agevolato e l’installazione
dei pannelli a costo zero, ripagando il prestito con gli incentivi del conto
energia e azzerando le bollette elettriche fin dal primo anno.
Vantaggi dai risvolti positivi anche per l’economia del territorio, visto che
solo nel 2009 gli installatori che si sono aggiudicati i lavori per i gruppi di
acquisto hanno avuto un fatturato di oltre 5 milioni di euro.
“Questa esperienza – ha dichiarato Davide Sabbadin, coordinatore dei gruppi di
acquisto solare di Legambiente – rappresenta uno strumento innovativo di
democrazia partecipata che ancora una volta ci ha confermato come siano i
cittadini i veri protagonisti del cambiamento verso la sostenibilità del sistema
energetico italiano. Insieme a loro, è importante anche l’operato dei comuni che
possono contribuire nella promozione e nello sviluppo di una cultura di
fattibilità sulle energie rinnovabili anche nelle pubblica amministrazione.
Anche sul piano della partecipazione, i gruppi di acquisto solare costituiscono
un esempio importante di collaborazione tra ente pubblico locale e cittadinanza,
che speriamo si diffonda presto e diventi pratica comune in tutto il Paese”.
I Gas di Legambiente, infatti, stanno facendo scuola. Sono numerosi i cittadini,
le associazioni e i comitati esterni che hanno tratto ispirazione da questa
esperienza per adottare all’energia solare. Lo confermano anche i dati: in due
anni sono state circa 3000 le persone informate direttamente da Legambiente
tramite gli sportelli energia, che affiancano e promuovono i gruppi di acquisto
solare sui temi delle rinnovabili e del risparmio energetico.
Per i gruppi di acquisto solare le iscrizioni sono ancora aperte a Padova e nei
comuni in provincia di Pordenone. Tutte le info su www.energiacomune.org
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 gennaio 2010
Cokeria in tilt, fiamme e fumo dalla Ferriera - I
tecnici al lavoro da 5 giorni. L’allarme di Fogar, le rassicurazioni di Rosato
BRUCIATO IL GAS PRODOTTO PER EVITARE PERICOLOSE
IMMISSIONI
La Ferriera ”brucia” da cinque giorni. Non a causa di un incendio
incontrollato - come hanno temuto in un primo momento molti servolani, allarmati
alla vista di alte lingue di fuoco e di un’ancor più imponente colonna di fumo
nero -, ma per effetto di un guasto alla cokeria verificatosi alle 22 di venerdì
scorso. Un guasto evidentemente pesante e significativo, visto che i tecnici
dello stabilimento non sono ancora riusciti a risolverlo, da cui è dipesa
l’immediata accensione delle torce d’emergenza. Il sistema di sicurezza,
infatti, prevede che in caso di problemi impiantistici si inneschino subito le
fiamme in modo da bruciare il gas prodotto dalla cokeria ed evitarne la
pericolosa immissione nell’atmosfera.
Il timore dei residenti, però, è che qualcosa nell’aria ci sia ugualmente
finito. «Dagli impianti di emergenza che provocano le fiamme escono
ininterrottamente milioni e milioni di metri cubi di idrocarburi - denuncia
Maurizio Fogar del Circolo Miani -. Colpa delle scelte scellerate della
proprietà che, nonostante le proporzioni del guasto ad un impianto vetusto come
la cokeria, non ha fermato la produzione come invece avrebbe dovuto. La
conseguenza è che nell’aria si sta immettendo una quantità spropositata del
micidiale benzopirene. Sostanza, che confluisce in quella colonna di fumo nero
avvistata da tutto il rione. La direzione del vento, al momento, la sta
spingendo verso Muggia, Punta Salvore e Capodistria, ma basterebbe un leggero
cambio di rotta per vedere invaso dalle polveri l’intero centro di Trieste».
Preoccupazioni che la proprietà della Ferriera si affretta tuttavia a
ridimensionare. «L’accensione delle torce d’emergenza non comporta alcun rischio
per la popolazione - precisa una nota inviata dalla Lucchini nel pomeriggio -.
Le fiamme, previste dalle procedure di sicurezza in caso di problemi
impiantistici che non consentono la completa evacuazione dei prodotti della
cokeria, si limitano a bruciare il gas e non causano ricadute dal punto di vista
ambientale e sull’area abitativa. Simili procedure scattano ogni volta che si
registrano blocchi nell’impianto di estrazione».
Le torce erano entrate in funzione per esempio anche l’autunno scorso, a seguito
del black out sulla rete ad alta tensione. Ma in quell’occasione, fanno notare i
servolani, le fiamme non avevano continuato a bruciare ininterrottamente per
cinque giorni e non avevano prodotto una scia nera parabonabile a quella
attuale. «Il fumo che esce dalle torce è come quello che fuoriesce dalle
marmitte delle auto - taglia corto il direttore dello stabilimento Francesco
Rosato -. Lo ribadisco: le fiamme bruciano solo gas e non espongono ad alcun
rischio le persone».
L’allerta, in ogni caso, resta alta, come dimostrano le azioni messe in campo
dall’Arpa. «Stiamo monitorando la situazione da venerdì scorso e, assieme ai
tecnici, abbiamo già effettuato un sopralluogo dentro allo stabilimento, i cui
esiti sono stati comunicati a Regione, enti locali e Azienda sanitaria - precisa
il direttore Stelio Vatta -. Finora il monitoraggio effettuato attraverso le
centraline della qualità dell’aria ha evidenziato solo una giornata di
sforamenti. Ieri (lunedì ndr) sono stati registrati vicino alla Ferriera valori
di pm 10 superiori alla soglia limite di 50 mg/mc. Una situazione destinata
peraltro a migliorare a seguito dell’alzarsi del vento».
Quanto alla durata del provvedimento d’emergenza, nessuno azzarda previsioni. La
Lucchini si limita a far sapere che i propri tecnici sono al lavoro 24 ore su 24
da venerdì scorso per tentare di capire l’origine del guasto. Finora però, come
detto, il problema tecnico non è stato focalizzato, E nelle prossime ore, lascia
intendere l’azienda, è probabile attendersi l’accensione di altre torce rispetto
a quelle attualmente in funzione.
MADDALENA REBECCA
Centralina mobile davanti all’impianto - Prolungata
fino al 2011 la stazione dell’Arpa di via San Lorenzo in Selva - Costerà 24mila
euro alle casse del Comune
La centralina mobile per la misurazione della qualità
dell’aria - di cui è dotata l’Arpa a Trieste al di là delle stazioni fisse -
serve davanti alla Ferriera più che altrove. Serve anche al Comune perché, tra
le altre cose, «in sede di riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale
dovrà esprimere il proprio parere nell’ambito della Conferenza dei servizi
promossa dalla Regione», si legge in una delibera con cui la giunta Dipiazza ha
sancito il rinnovo di una convenzione con l’Agenzia regionale per la protezione
dell’ambiente. Delibera che chiarisce proprio come «ai fini dell’espressione di
predetto parere da parte del Comune, lo stesso ha la necessità di disporre della
situazione di inquinamento atmosferico in atto, in particolare riferito alle
emissioni di Pm10 e di Ipa, Idrocarburi-Policiclici-Aromatici, e tra questi il
benzo(a)pirene, rilevate presso la centralina di via San Lorenzo in Selva,
presso la Stazione ferroviaria di Servola».
Ecco che per ”convincere” la stessa Arpa a non iniziare neppure a immaginare un
trasloco eventuale di quella centralina da un’altra parte, magari per esigenze
diverse che potessero improvvisamente sopravvenire sul territorio, il Comune
mette sul piatto 20mila euro più Iva (per un totale di 24mila euro) per coprire
per un ulteriore anno fino al 31 gennaio del 2011 i costi di tale convenzione,
che prevede per l’appunto la rilevazione costante in via San Lorenzo in Selva. È
una priorità, recita sempre la delibera, anche secondo «la Procura della
Repubblica», che «nell’ottobre 2007 si è espressa evidenziando la logicità e
correttezza delle rilevazioni in tale sito, tenuto conto che a dieci metri dallo
stesso è presente un’abitazione a chi vi risiede respira il benzo(a)pirene nelle
quantità rilevate».
Il nulla osta alla ricopertura del protocollo che ”cristallizza” la centralina
mobile in via San Lorenzo in Selva, come detto, è stato approvato dalla giunta
Dipiazza lunedì scorso. per «garantire la continuità dei dati rilevati
dall’Arpa». Dati rilevati in un punto che - come suggerisce tra le righe quella
stessa delibera - è da considerare come una cordinata specifica per testare il
polso dei parametri atmosferici della zona industriale della Ferriera e non va
inserita genericamente nella rete delle stazioni per il monitoraggio della
qualità dell’aria della città nel suo complesso, come invece rientrano quelle di
via Svevo, via Carpineto e via Pitacco, gestite sì dall’Arpa ma soggette a
titolarità e manutenzione del gruppo Lucchini, quale prescrizione del Via
ambientale a suo tempo ottenuto dalla centrale di cogenerazione Elettra.
(pi.ra.)
Severstal vende Lucchini, spunta la pista cinese - Fra
i potenziali acquirenti il colosso Baosteel ma anche la russa Evraz. Riva
smentisce un possibile interesse
LA DECISIONE DI MORDASHOV DI METTERE SUL MERCATO IL
GRUPPO SIDERURGICO ITALIANO. IL RETROSCENA DELL’OPZIONE ”PUT” CON I BRESCIANI
TRIESTE La Lucchini è sul mercato, è praticamente ufficiale, il gruppo russo
Severstal che la controlla non fa commenti, ma non smentisce, a Mosca sui
giornali si parla apertamente di un «disimpegno» dall’Italia da parte del
colosso siderugico guidato da Alexey Mordashov e soprattutto i bollettini e le
agenzie dell’acciaio di tutto il mondo hanno diramato la notizia dando un crisma
di ufficialità.
Ma numerosi esperti del settore, trader internazionali e ambienti vicini alla
Severstal e a Federacciai confermano che «il fatto che il gruppo sia sul mercato
non vuol dire che ci sia già qualche compratore». Anzi, la situazione della
siderurgia mondiale, soprattutto europea, è nel pieno della crisi e il momento
per mettere in vendita stabilimenti è «il peggiore». Continuano però le voci più
disparate su possibili potenziali acquirenti: da una parte la Cina e c’è chi
parla di «trattative in corso» con il gigante di Shangai, la Baosteel. Ma c’è
anche chi ipotizza «partite di giro» in casa dei russi e segnala i movimenti di
mercato della Evraz che (anche su spinte nazionalistiche) si è appena comprata
realtà siderurgiche in Ucraina e potrebbe essere interessata a rilevare la
Lucchini che fa prodotti lunghi. Tutti rumors privi di conferma e che resteranno
tali a lungo.
Quello che sembra ormai certo comunque, anche se ieri da Brescia non sono giunti
commenti e l’azienda ha ribadito che continua a non essere in grado di
confermare le voci di mercato, è che la Lucchini pare ben lontana dall’idea del
riprendere in mano gli stabilimenti. La famiglia ha mantenuto il 20,18% del
pacchetto (la Severstal controlla il 79,82%) ma è impegnata su altri fronti e in
particolare con la Lucchini sidermeccanica acquisita recentemente che sta dando
soddisfazioni visto che produce nel settore rotabile (ruote, materiale
ferroviario) notoriamente anticiclico di fronte alle crisi.
Si è parlato diffusamente ieri invece (ma non ci sono conferme nemmeno in questo
caso) di una «Put» (un’opzione di premio) presente sul contratto di vendita tra
Lucchini e Severstal (cinque anni fa un’affare valutato attorno agli 800
milioni) del valore del 30% in scadenza e che la Severstal dovrebbe pagare ai
bresciani. Una situazione che avrebbe messo in ulteriore difficoltà il gruppo
russo alle prese con la grave crisi («la più grave da 20 anni a questa parte»
ripete spesso Mordashov) che gli ha fatto perdere nel primo semestre del 2009
661 milioni di euro su un fatturato di 3,96 miliardi calato del 47,3% rispetto
al 2008.
Ci sono poi altri fattori da considerare: ci sono gravi difficoltà per il
risanamento della Lucchini con Piombino che deve fare forti investimenti: solo
per rifare l’altoforno si parla di 100 milioni, senza contare i problemi alla
cokeria costretta a comprare coke dalla Ferriera di Servola. E proprio a Trieste
lo stabilimento pare avviato alla riconversione. L’unica realtà produttiva
davvero appetibile del Gruppo Lucchini è quella di Ascometal in Francia che
produce lamiere per il settore auto.
Per non parlare dei costi di produzione: nello stabilimento di Cherepovets in
Russia centrale il costo di una tonnellata di acciaio varia tra 142 e 162 euro
mentre a Piombino costa tra i 213 e i 243. Infine le nuove mire della Severstal
che è in crisi di liquidità ed è impegnata nell’apertura di uno stabilimento
nell’Ohio.
Poco probabile infine anche l’altra ipotesi italiana emersa, con l’intervento
del Gruppo Riva: da Taranto non sono giunti commenti anche se si è saputo che
gli esponenti della famiglia avrebbero accolto con fredda ironia l’ipotesi
avanzata dai media. Nemmeno 10 giorni fa a Taranto, Riva ha inaugurato i nuovi
impianti rifatti dello stabilimento dopo una spesa di 200 milioni solo per
l’altoforno, fermo per la crisi.
Acquirenti da Est o Far East dunque per la Lucchini? Operatori ed esperti, anche
se la Cina ha già esaurito le sue scorte di acciaio (nel 2008 la produzione ha
raggiunto i 560 milioni di tonnellate) sono molto scettici e indicano tre
fattori in grado di scoraggiare qualsiasi imprenditore a fare acquisti
siderurgici in Europa e soprattutto in Italia: materie prime lontane, alti costi
dell’energia e del lavoro.
I sindacati sono già sul piede di guerra e la Fiom con il segretario Giorgio
Cremaschi ha chiesto al Governo «un tavolo sulla vicenda Lucchini e sulla
siderurgia» e venerdì è stato fissato un incontro a Piombino tra azienda e Fim,
Fiom e Uilm.
GIULIO GARAU
Tav, altra proposta italiana di tracciato: Cig
posticipata - INCONTRO A LUBIANA RINVIATO
TRIESTE C’è un nuovo percorso tra le ipotesi di tracciato
ferroviario ad alta capacità (Tav) del corridoio 5 nel tratto (Trieste-Divaccia)
che collega l’Italia alla Slovenia, è una proposta tutta italiana, ancora
riservata e la Slovenia ha deciso di spostare di qualche giorno la riunione
della Commissione intergovernativa prevista a Lubiana per venerdì 29.
«La Slovenia vuole analizzare le nuove soluzioni tecniche proposte dall’Italia
per il tracciato, non avrebbe senso fare una riunione di carattere politico se
prima non c’è un parete dei tecnici» fa sapere il ministero dei Trasporti
sloveno. Nessun intoppo, anzi, pesa e viene considerata la nuova proposta di
Regione Fvg e Comune di Trieste che nei giorni scorsi, con il sindaco Roberto
Dipiazza e l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi, hanno
partecipato a una riunione della commissione tecnica italiana convocata dal
vice-ministro ai Trasporti, Roberto Castelli.
Una soluzione che eviti il passaggio sotto la Val Rosandra contestato dagli
ambientalisti e da vari comuni della provincia, ma che accontenti anche la
richiesta politica, ribadita da Dipiazza, di collegare i due porti di Trieste e
Capodistria. «Vogliamo un collegamento più forte tra i sue scali e stiamo
lavorando a una soluzione ideale tra diplomazia, la politica e la tecnica» fa
sapere Riccardi che assicura: «La riunione del 29 gennaio è posticipata
probabilmente di qualche giorno». Nessuna indicazione più precisa, c’è molta
riservatezza perchè la volontà è quella di ottenere prima il via libera politico
degli sloveni, anche se Dipiazza nei giorni scorsi all’uscita del vertice con
Castelli aveva detto che «Non passerà per la Val Rosandra e non penetrerà in
città, ma nemmeno il Carso verrà toccato». L’ipotesi più credibile è l’utilizzo
o il passaggio accanto alla galleria di cintura sotto la periferia e che collega
la rete ferroviaria al Porto nuovo e che è stata ultimata solo pochi mesi fa. Un
tratto che consentirebbe di collegare il porto di Capodistria e con un bivio
Divaccia.
«La Slovenia è un Paese amico, ma mi chiedo perchè dobbiamo venire a sapere dai
loro ministeri le date o i rinvii delle riunioni della Commissione
intergovernativa sulla Tav»: è il commento dell'europarlamentare del Pd, Debora
Serracchiani, membro della commissione Trasporti e Turismo.
GIULIO GARAU
«Bisogna evitare una raffica di ricorsi» - BONIFICHE.
L’ENTE SOSTIENE LA REGIONE - Il presidente dell’Ezit Azzarita: «Niente
Avvocatura, miglioriamo l’accordo»
Apprezza l’intervento degli assessore regionali De Anna e
Savino, ha fiducia nel ruolo del presidente Tondo e del sindaco Dipiazza,
critica la minaccia dell’Avvocatura dello stato, rivendica il ruolo dell’Ezit e
si dice ottimista sull’inquinamento delle zone ancora da sondare. Il presidente
dell’Ezit, Mauro Azzarita, dopo quasi due settimane di colpi di scena sul Sito
inquinato ha una certezza: la soluzione che va bene per tutti è politica.
Presidente, cosa ne pensa dell’intervento degli assessori regionali De Anna e
Savino, che in sostanza hanno delegittimato la bozza di accordo siglata a Roma?
Esprimo apprezzamento alla Regione, che ha capito che bisogna apportare
migliorie al testo dell’accordo. Andrebbe bene realizzare un accordo di
programma direttamente con la Regione, perchè capisce meglio le responsabilità
del territorio, ma non so se sia ipotizzabile anche perchè il ministero è sempre
molto rigido.
La posizione del ministero è cambiata in qualche modo dopo l’arrivo del nuovo
direttore generale Lupo, che ha sostituito Mascazzini?
Non molto, hanno lasciato perdere solo il mega progetto della barriera a mare.
La Pacorini intanto procede per vie più dirette.
La Pacorini è una delle aziende, quasi tutte le più grandi, che ha agito da sola
prima dell’accordo. Ha fatto tutto quello che doveva fare, ma poi si è trovata
davanti il conto del danno ambientale.
L’Avvocatura dello stato ha però minacciato di denuncia tutti, grandi e piccoli,
se non aderiranno all’accordo.
E’ una minaccia molto aperta, che non fa bene per una soluzione pacifica del
problema, soluzione che vada incontro alle imprese. Non è questa la strada
giusta. Si tratta di frasi e di un atteggiamento che avranno come risposta una
valanga di ricorsi. E non si sarà risolta certo la questione del Sito inquinato.
Bisogna trovare una soluzione che vada bene per tutti, e questa soluzione è
politica.
Nella ricerca di questa soluzione politica che ruolo assegna al presidente della
Regione, Tondo?
Spero che se ne occupi. E’ stato più volte sollecitato, informato, ci sono state
le richieste delle categorie. Ho fiducia.
A proposito di categorie, quali effetti ha ottenuto il tavolo fra loro e gli
industriali?
E’ stato proprio grazie a quel tavolo che la Regione si è fatta un’idea precisa
della situazione, con la successiva proposta di De Anna e della Savino.
Fra i vari incontri, gli industriali hanno discusso la questione anche con il
sindaco Dipiazza. Quali sviluppi si attende?
La posizione del sindaco è importante, spero possa favorire lo sblocco. Dipiazza
è un uomo intelligente, la sua azione potrebbe essere molto utile per alcune
modifiche alla bozza dell’accordo, essendo anche lui un imprenditore.
A quali modifiche si riferisce?
Sostanzialmente il problema del danno ambientale e il principio per cui ”chi non
ha inquinato non paga”. Se vale il principio, allora cade anche il danno
ambientale.
L’Ezit ha mai venduto qualche terreno inquinato?
Dal momento della perimetrazione del Sito inquinato, nessun terreno è stato
venduto, anche perchè nessuno comprerebbe un’area conoscendo la situzione.
L’unica eccezione riguarda il terreno per il mercato ortofrutticolo alle Noghere,
acquistato dal Comune a prezzi calmierati. Se passa l’accordo, anche il Comune
dovrà pagare il danno ambientale, perchè ha perfezionato l’acquisto dopo la
nascita del Sito.
In una della precedenti bozze dell’accordo di pogramma, l’Ezit era stato escluso
dalla rosa degli enti firmatari. Adesso ne fa parte nuovamente...
Abbiamo spiegato alla Regione e al ministero il ruolo dell’Ezit, la legge
regionale 15/2004 che assegna all’ente il ruolo di soggetto attuatore, e credo
che ciò sia stato compreso. Bisogna infatti finire le caratterizzazioni dei
terreni, che è un punto essenziale. Nell’accordo si parla poi di ritorno agli
usi legittimi: se troviamo un terreno sano va subito scorporato dal Sito
inquinato. Sono ottimista sulle condizioni dei terreni ancora da sondare.
Ma non è che l’Ezit era stato escluso perchè qualcuno non lo riteneva più un
ente utile?
L’Ezit ha compiti importanti, e il principale è quello delle bonifiche. In
proposito abbiamo da tempo finito la caratterizzazione dei terreni di proprietà,
e depositato i dati al ministero nell’agosto 2008. Siamo in attesa della
conferenza dei servizi. E poi ci saranno da gestire le caratterizzazioni di
tutti gli altri terreni.
Quante sono le aziende in attesa di insediarsi nella zona industriale? E quanti
gli insediamenti mancati a causa dell’annosa questione del Sin?
Le aziende in attesa non mancano, sono circa una quarantina. E finora nessuno ha
rinunciato. Gli imprenditori, locali e non, tengono duro. L’unico caso di
rinuncia non rientra nel Sito inquinato, riguarda un’azienda metalmeccanica con
cento dipendenti, che aveva scelto un’area nella parte più alta del Rio Ospo.
Dopo anni di attese se n’è andata. E’ certo comunque che la situazione ha fatto
da freno all’arrivo di nuove aziende.
GIUSEPPE PALLADINI
MUGGIA - «La maggioranza è in stato confusionale» -
Carboni: situazione fuori controllo. Nesladek: Bussani mantiene lo Sviluppo
economico
OPPOSIZIONE UNANIME SUL RIMPASTO IN GIUNTA
«L'ennesima riprova dello stato confusionale, dell'incapacità gestionale ma
anche delle diverse opinioni all'interno della maggioranza». La posizione degli
esponenti dei maggiori partiti di opposizione a Muggia è unanime.
La giunta Nesladek è nuovamente nell’occhio del ciclone, dopo il passaggio della
delega all'Ambiente dall’assessore Bussani al sindaco Nesladek. Un passaggio già
motivato da Bussani come dettato dalla «mole di lavoro ma anche da motivi
strettamente personali», ragioni che però non convincono diversi rappresentanti
dell'opposizione, a partire da Christian Gretti, consigliere di An: «Il cambio
di delega arriva in un momento critico per l'amministrazione – commenta – con in
ballo il nuovo bando per l'asporto dei rifiuti urbani».
Gretti precisa di «non voler entrare nelle motivazioni personali» addotte da
Bussani, ma aggiunge che «sicuramente dal punto di vista operativo e
amministrativo, visti anche i precedenti casi di Ecoverde, il bando successivo
di solo un anno che ha aumentato i costi del servizio, la chicca su ”doppioni”
per la pubblicità sulla differenziata, o l'ultimo episodio, ossia il duro
scontro con le associazioni che avevano proposto un nuovo tipo di servizio per
la raccolta differenziata ”porta a porta”, credo che si sarebbe potuto di gran
lunga far meglio».
Sulla stessa lunghezza d'onda il capogruppo consiliare di Forza Italia, Viviana
Carboni: «Se ce ne fosse ancora bisogno è chiaro come la situazione all'interno
del centrosinistra non sia più sotto controllo, e l'incapacità degli esponenti
della giunta sia all'ordine del giorno».
Fortemente critico anche il capogruppo del Pri, Andrea Mariucci: «La vicenda del
ritiro delle delega all'assessore Bussani, in un momento così cruciale come
quello che si sta compiendo a tutti i livelli istituzionali per la soluzione del
problema del Sito inquinato e del futuro delle nostre aree, non fa che
confermare una volta di più lo stato confusionale in cui si trova la giunta
Nesladek».
Mariucci stigmatizza poi la decisione del primo cittadino di Muggia di «avocare
a sé, assieme alla Pianificazione, un’importantissima delega, in una
concentrazione bulgara di competenze che dimostra di chi siano tutte queste
responsabilità».
Nella bufera politica interviene anche il sindaco Nesladek, con una nota in cui
precisa che «l’assessore Bussani mantiene a pieno titolo la delega allo Sviluppo
economico, che ha avuto in carico fin dall’inizio del mandato e che ha
efficacemente svolto».
Nesladek smentisce poi di aver ”tolto” la delega all’Ambiente a Bussani. «Questa
decisione – spiega – frutto di una proposta avanzata dallo stesso assessore,
persegue l’unico scopo di rendere ancor più incisiva l’azione amministrativa in
questo ultimo arco di mandato».
«Sottolineo – prosegue – che il cambio di delega non è in alcun modo legato a
una diminuzione della fiducia nei confronti di Bussani, il cui impegno in questi
anni si è tradotto in risultati significativi che sotto gli occhi di tutti».
Il primo cittadino critica quindi le dichiarazioni di Jacopo Rothenheisler, «ex
esponente politico del Psi dell’era Craxi con il nome di Jacopo Rossini»: «Per
il tono e per gli argomenti utilizzati – afferma Nesladek – tali dichiarazioni
si configurano come un attacco politico in sintonia con le posizioni della
destra più oltranzista».
«Non corrisponde inoltre al vero – aggiunge il sindaco – che l’amministrazione
abbia rifiutato la collaborazione con le associazioni dei cittadini nel campo
della raccolta differenziata. Al contrario, dopo aver evidenziato
l’impossibilità giuridica di attuare quel progetto, ha riconvocato il gruppo di
lavoro impegnandosi a presentare altre proposte di collaborazione». (r.t.)
Occhi sul Golfo di Trieste - COLLABORAZIONE TRA OGS E
ARPA
Sarà una collaborazione produttiva quella formalizzata tra
Arpa e Ogs, per migliorare le sinergie tra l’Osservatorio Alto Adriatico
dell’Arpa Fvg e il Dipartimento di Oceanografia Biologica dell’Istituto
Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale e realizzare studi
congiunti sull’ecosistema del Golfo di Trieste. L'Arpa monitorerà le acque del
Golfo mentre Ogs proseguirà la raccolta di informazioni nella storica stazione
C1, di fronte al Parco marino di Miramare.
«Valuteremo la funzionalità degli ecosistemi acquatici – dice Giorgio Mattassi,
Direttore Scientifico Generale di Arpa – e proseguiremo i monitoraggi nelle 17
stazioni marine e in quelle lagunari. Insieme a Ogs studieremo gli organismi
fotosintetici tossici insediatisi in Golfo e provenienti dai mari tropicali (un
potenziale rischio per la salute umana). Poi confronteremo i risultati con l'Ispra,
le altre Arpa e le Istituzioni scientifiche. Inoltre Arpa possiede dati relativi
all’azoto di derivazione agricola, oltre a quelli sul mercurio, e anche su
questi argomenti sta sviluppando ricerche sui processi di bioaccumulo e i rischi
per l'alimentazione umana. In tal senso, la collaborazione con i biologi marini
e i modellisti di OGS sarà preziosa». Importante sarà lo studio dei fondali
marini duri: Ogs dovrà chiarire i rapporti che si instaurano a livello di
biocenosi, l’insieme delle popolazioni animali e vegetali dei fondali duri,
legate fra loro da complesse relazioni finalizzate all’approvvigionamento di
cibo e alla conquista di spazio vitale.
(cri.se.)
Gorizia scommette sulla centrale a biomasse - Sarà
operativa entro l’anno e verrà realizzata da Energia Pulita - DUE TURBINE
ALIMENTATE DA OLIO DI PALMA
Diventerà operativa entro l’anno la centrale a biomasse di
Gorizia. A realizzarla sarà Energia Pulita, una società per azioni controllata
dal gruppo Setramar, di Ravenna (circa 300 milioni di fatturato consolidato nel
2008 e un migliaio di dipendenti, shipping e logistica i core business), che con
la sua divisione Energia assicurerà il know how necessario per quanto riguarda
l’approvigionamento del combustibile vegetale. Socio di minoranza
dell’iniziativa, l’ingegnere Giuseppe Fiannacca. Di origine messinese, laureato
in Ingegneria navale a Genova, una vita trascorsa negli uffici progettazione di
Fincantieri («le navi e il mare mi mancano molto», dice guardandosi indietro),
Fiannacca a Gorizia da qualche anno si è riscoperto con un certo successo
imprenditore energetico: guida Elettrogorizia, la società controllata da
AcegasAps e Trafigura electricity Italia che gestisce la centrale a gas-metano
della città. Un gioiellino che, assicura, «rappresenta lo stato dell’arte del
settore in termini tecnologici».
«La sua efficienza, a sei anni dalla prima accensione – sottolinea – ha già
permesso di ripianare pressochè integralmente l’investimento iniziale». Quella
che verrà collegata con la rete elettrica nel settembre prossimo, però,
rappresenta qualcosa di ancora più avanzato.
Le due turbine da 17 megawatt ciascuna (a fornirle sarà Wartsila) verranno
alimentate da olio di palma e permetteranno la produzione di energia pulita.
L’enorme vascone interrato in cemento armato situato a fianco della statale
56bis che attraversa la Zona industriale di Gorizia è ormai pronto; così come
sono ormai pronti i basamenti sui quali saranno installati i motori realizzati
nello stabilimento di San Dorligo dal colosso finlandese. Il costo del progetto
è di circa 40 milioni. I ricavi teorici che dovrebbe generare, calcolati sulla
cifra standard di 180 euro per ogni kilowattora ceduto alla rete, si aggirano
attorno ai 50 – 51 milioni all’anno. La profittabilità della partita dipende in
buona parte dal costo della materia prima e dalle sue oscillazioni sul mercato.
«Ci siamo orientati verso questo combustibile preferendolo all’olio di colza –
fa notare - per il fatto che è una commodity quotata alle borse merci di tutto
il mondo e questo garantisce una trasparenza totale per quanto concerne il
profilo economico dell’azienda, anche nell’ottica di attrarre in futuro nuovi
investitori». E sul perché a fare parte della partita non c’è, anche questa
volta, AcegasAps, rivela. «Ho proposto alla multiservizi il progetto ma il fatto
che non avessero competenze specifiche in tema di impianti a biomasse ha fatto
tramontare la possibilità di una nuova partnership. Resta comunque la
collaborazione in Elettrogorizia, un’esperienza che ci sta dando soddisfazioni
importanti e che continueremo a portare avanti». La centrale a biomasse
rappresenta per Fiannacca un tassello di un disegno strategico più ampio e
ambizioso: riuscire a dare vita nella Zona industriale del capoluogo isontino a
un parco energetico interamente alimentato da fonti rinnovabili. «Il settore
della produzione energetica e delle sue tecnologie, in particolare quelle più
innovative, rappresentano un volano di sviluppo economico dalle grandissime
potenzialità – evidenzia -. E un territorio come quello goriziano, che è alla
ricerca di una propria vocazione produttiva in grado di assicurarne il rilancio,
deve guardare a una prospettiva di questo genere». Dall’Università di Trieste,
in particolare dalla facoltà di Architettura, è già arrivato un interessamento
concreto per sviluppare dei progetti finalizzati contestualmente alla produzione
di energia pulita e alla formazione delle professionalità che sempre più domani
dovranno occuparsi di questo settore. «L’idea – conferma Fiannacca, entrnado più
nello specifico - è di mettere uno a fianco all’altro impianti in grado di
generare energia Co2 free o comunque a ridotto impatto ambientale con tecnologie
differenti: eolico, fotovoltaico, cogenerazione. E naturalmente combustione di
biomasse».
NICOLA COMELLI
SEGNALAZIONI - DEPOSITO Gas ad Haiti
Ho controllato il 20/01/10 la situazione del terminal di
discarica gas liquefatti di Port au Prince dove da comandante di una gassiera
sono stato diverse volte a scaricare gas propano liquido (molto più pericoloso
del metano emettendo maggiori calorie) per uso industriale (una fabbrica di
birra).
Ho usato il programma Google Earth su Internet e localizzato il deposito, che
appare intatto, ma bisognerebbe appurare di quando sono le foto satellitari, in
locazione Lat. 18° 32’ 17’’ N Long. 72° 23’ 15’’ W corrispondente al sobborgo
Puerto Principe. Dopo una settimana dal terribile terremoto che ha sconvolto
Haiti il deposito appare esattamente nel punto sismico principale e centrale, e
dai media che ne hanno scritto e parlato nulla si è saputo di particolari
calamità dovute al gas liquido, contenuto in bomboloni bianchi su tralicci
metallici ad alcuni metri da terra. Ritengo che abbiano resistito all’impatto
sconvolgente del terremoto. Se risulta veritiero è un’altra prova a favore del
nostro stradiscusso rigassificatore. Siano i tecnici a valutarne l’impatto se
quanto sopra risulterà veritiero.
Luciano Stilli
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 26 gennaio 2010
Il fotovoltaico italiano vicino alla soglia massima del conto energia
In Italia sono attivi oltre 60 mila impianti per una
potenza di circa 815 MW. E’ quanto ha annunciato Il Gestore dei Servizi
Energetici (Gse) che ha registrato la potenza fotovoltaica installata su tutto
il territorio nazionale. Al 18 gennaio 2009 hanno comunicato al GSE l’entrata in
esercizio: 56.142 impianti relativi al nuovo Conto Energia, per una potenza
complessiva di 649 MW e 5.731 impianti relativi al primo Conto Energia, per una
potenza complessiva di circa 164 MW.
Se si considerano anche le comunicazioni che perverranno al GSE nelle prossime
settimane relative agli impianti entrati in esercizio prima del 31 dicembre
2009, si può stimare che la potenza fotovoltaica cumulativa in esercizio in
Italia a fine 2009 con il Conto Energia supererà i 900 MW. Il GSE prevede che il
tetto di potenza fotovoltaica dei 1.200 MW incentivabili previsti dal decreto
del 19 febbraio 2007 verrà raggiunto nel mese di luglio 2010.
“Sarà comunque possibile incentivare gli impianti che entreranno in esercizio
nei 14 mesi successivi alla data di raggiungimento di tale tetto”, ha precisato
il Gse nella nota stampa.
Sul portale del Gse è possibile utilizzare l’applicazione ATLASOLE (http://atlasole.gsel.it/viewer.htm)
che permette di conoscere dettagli e informazioni su potenza, numerosità e
ubicazione geografica degli impianti aggiornati di mese in mese.
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 gennaio 2010
Sindacati in allarme: Severstal pronta a vendere la
Lucchini - IL COLOSSO DELL’ACCIAIO AVREBBE IN CORSO TRATTATIVE CON INVESTITORI
CINESI O INDIANI
«No comment» del gruppo di Mordashov che controlla
anche la Ferriera di Servola. Brescia: non sappiamo nulla
TRIESTE Il colosso dell’acciaio russo Severstal guidato da Alexey Mordashov
pronto a cedere il controllo del Gruppo Lucchini acquistata circa 5 anni fa
assieme alla Ferriera di Servola. L’indiscrezione è rimbalzata nel fine
settimana da Mosca dall’agenzia Interfax, poi ripresa dalla Reuters e dal
quotidiano Vedomosti, non ha ricevuto alcuna conferma ufficiale, ma da numerose
fonti del settore dell’acciaio e persone «vicine alla Severstal» viene
considerata attendibile. Impossibile ora fare ipotesi anche se Mf Dow Jones dice
che i russi avrebbero avviato colloqui con «investitori esteri per vendere la
partecipazione di controllo». Stando alla logica del mercato dell’acciaio le
uniche possibilità, spiegano gli operatori, potrebbero giungere da aziende di
paesi dove la ripresa è iniziata da un pezzo e sta correndo e dove l’acciaio fa
guadagnare il mercato: Cina o India. Proprio in Cina, secondo alcuni trader
internazionali del settore metallurgico, le scorte locali di acciaio,
considerato il forte consumo interno, sarebbero già esaurite con le aziende
costrette ad approvvigionarsi all’estero. Un passo che potrebbe portare
facilmente, per motivi di convenienza economica, all’acquisto «cash»
direttamente di aziende produttrici.
La voce della possibile vendita ieri ha suscitato rumore in tutto il settore
mondiale dell’acciaio oltre che in Italia e la Severstal, che è quotata alla
Borsa di Londra, attraverso un portavoce, ha detto che «Non commenta le voci di
mercato» non smentendo però l’ipotesi della messa in vendita.
Subito in allarme i sindacati della Lucchini che hanno chiesto un incontro con i
vertici dell’azienda che attraverso il suo portavoce, Francesco Semino ieri si è
limitata a dire: «Noi non sappiamo nulla, queste sono decisioni che riguardano
l’azionista. Ad oggi comunque non abbiamo segnali in questa direzione come ad
esempio due diligence in atto segno di una cessione imminente».
Era il 2005 quando la Severstal (92 mila dipendenti in totale e una produzione
di 19,2 milioni di tonnellate di acciaio) ha rilevato il controllo della
Lucchini che ha stabilimenti a Piombino, a Trieste e (la Ascometal) a Les Dunes
in Francia con un totale di oltre 6 mila dipendenti. Pesa sicuramente, in queste
nuove ipotesi di messa sul mercato, la grave crisi che si è abbattuta sulle
realtà siderurgiche mondiali ed europee. Nel 2008 la Lucchini ha garantito il
15% di utili al gruppo Severstal ma nei primi nove mesi del 2009 gli utili della
società italiana sono scesi a 1,2 miliardi di dollari rispetto ai 3,3 dello
stesso periodo del 2008.
Pesantissima poi la crisi della Severstal che ha chiuso il primo semestre del
2009 con una perdita netta di 944 milioni di dollari (661 milioni di euro)
contro un utile netto di 1,97 miliardi di dollari (1,38 miliardi di euro) dello
stesso periodo del 2008. Nel semestre del 2009 il fatturato è calato del 47,3% a
5,65 miliardi di dollari (3,96 miliardi di euro).
«I primi sei mesi del 2009 sono stati il periodo più difficile degli ultimi 20
anni per Severstal e per tutta la siderurgia» ha commentato lo stesso Alexey
Mordashov che guida il colosso russo dell’acciaio e ha spiegato che resta
«prudente sulle previsioni» sottolinenando infine che «i recenti segnali di
miglioramento rimangono fragili». Di fronte a questi risultati la Severstal ha
annunciato che «non ci sarà un dividendo anticipato» e che «dubita di
distribuirne uno per il 2009».
Previsioni che non dovrebbero cambiare nemmeno di fronte ai dati di bilancio
dell’ultimo trimestre che sarebbero «tornati ai valori positivi» ma che
confermerebbero che il colosso dell’acciaio russo che ha il suo quartier
generale a Cherepovets (un centro industriale siderurgico edella Russia Nord
Occidentale) bene non sta ma è «convalescente».
Nel fine settimana nonostante i mercati chiusi le notizie sulla possibile
cessione della Lucchini sono circolate con insistenza soprattutto nel mercato
russo e l’agenzia Interfax, citando stavolta fonti bancarie, ieri è tornata
sull’argomento parlando di «trattative in corso con diversi possibili
investitori» e di «un accordo di cessione non lontano dell’intera quota o della
maggioranzxa dell’azienda». Il gruppo Severstal controlla con un pacchetto di
azioni pari al 79,82% la Lucchini e la quota che resta è ancora in mano alla
famiglia di Brescia.
GIULIO GARAU
Bonifiche, il Pd difende De Anna: «E Tondo
approfondisca subito» - IL SITO INQUINATO
TRIESTE «Dispiace che il presidente Renzo Tondo non abbia
approfondito la questione dell’accordo di programma con lo Stato sulle bonifiche
del sito inquinato di Trieste. Dispiace ancora di più che le giuste ed
appropriate osservazioni dell’assessore Elio De Anna siano state stoppate». Lo
afferma il Pd, con Sergio Lupieri, definendo «pirandelliana» la situazione. E
contrattaccando: «Non sappiamo ancora quale sarà l’accordo di programma
sottoposto al vaglio dei ministeri romani, e tutto ciò è molto inquietante e
denota grande superficialità, approssimazione, non comunicazione interna, non
credibilità e responsabilità da parte di chi ci governa». Il Pd, sempre con
Lupieri, aggiunge che liberare le risorse per le bonifiche è giusto, «laddove si
dica nell’accordo che chi non ha inquinato non pagherà». E quindi, «la linea
dell’assessore De Anna era o forse è ancora una linea logica e di buon senso».
Nesladek ritira due deleghe a Bussani - RIMPASTO NELLA
GIUNTA MUGGESANA A UN ANNO DAL VOTO
Il sindaco gestirà direttamente gli incarichi relativi
ad Ambiente e Sviluppo economico - Ufficialmente per la mole di lavoro. Ma voci
dicono di opinioni diverse sul nodo dei rifiuti
MUGGIA Rimpasto nella giunta Nesladek, a un anno da voto. Nell’ultima
riunione dell’esecutivo il sindaco ha avocato a sé le deleghe all’Ambiente e
allo Svilluppo energetico, che finora facevano capo all’assessore Edmondo
Bussani. Due settori importanti, alla luce della nuova gara (in preparazione)
per l’affidamento dell’asporto dei rifiuti, e dell’annosa e delicata vicenda
dell’accordo di programma sul Sito inquinato.
Secondo voci raccolte nella cittadina sarebbero stati proprio punti di vista
diversi, fra il sindaco e l’assessore, sul nuovo appalto per i rifiuti e sulla
”vecchia” gara per la comunicazione sulla raccolta differenziata, a far decidere
il primo cittadino per il cambio di rotta.
L’assessore Bussani cerca di minimizzare la portata della vicenda: «Una scelta
condivisa con il sindaco – dichiara – dettata da due fattori: la mole di lavoro
ma anche motivi strettamente personali».
E anche il sindaco accredita una versione soft del passaggio di consegne.
«All'inizio del mandato – rileva Nesladek – si sapeva che ci sarebbe stato un
momento nel quale si sarebbe verificato tale avvicendamento, che è avvenuto ora,
in una fase estremamente delicata della trattativa sul Sito inquinato e sul sito
Acquario».
A Bussani sono così rimaste due deleghe: la Viabilità e lo Sviluppo economico.
«Sono temi estremamente importanti – commenta l’assessore – che comunque
verranno affiancati dalla continuazione del mio impegno sulla campagna
informativa sui rifiuti iniziata proprio dal sottoscritto».
«Ora – aggiunge Bussani – mi potrò concentrare sul lavoro avviato per il
progetto della viabilità di Muggia, un progetto fondamentale che spero possa
concludersi entro l'anno»,
Sulla vicenda interviene, ma con toni meno distensivi, il presidente
dell'associazione Impronta Muggia Jacopo Rothenaisler: «Il ritiro della delega a
Bussani da parte del sindaco è giunto nello stesso giorno nel quale i promotori
del progetto di volontariato per la raccolta dei rifiuti, composto dalle
associazioni Impronta Muggia, Ambiente e/è Vita, Pallacanestro Interclub e dalla
Parrocchia, è stato respinto dall'amministrazione comunale».
Rothenaisler aggiunge che «il ritiro di tale delega non è che il segnale dello
stato di incertezza e confusione in cui versa il servizio comunale dei rifiuti,
e casualmente è stata decretata». L'ex primo cittadino rivierasco (negli anni
Ottanta, con il Psi, ndr) stigmatizza poi che vi sia «un’assenza di un progetto
di raccolta condiviso tra amministrazione e cittadini», nonché «contradditorietà
e parzialità nell'indicazione, nel capitolato di gara, delle modalità di
raccolta dei rifiuti dei prossimi tre anni».
Lapidaria la replica del sindaco Nesladek: «Quelle di Jacopo Rothenaisler sono
parole acide e prive di significato, create ad arte solo per alimentare una
polemica politica».
Nel dibattito interviene anche il consigliere del Pdl (Forza Italia) Massimo
Santorelli: «In tre anni di amministrazione Nesladek abbiamo visto tanti di quei
rimpalli di responsabilità, rimpasti di giunta, dimissioni di assessori e
assunzioni di deleghe che ormai non ci stupisce più nulla. Certo, questa
assunzione della delega all’Ambiente da parte del sindaco non lascia immaginare
che nella maggioranza regni un clima di serenità».
Santorelli aggiunge infine che «appare evidente una difficoltà dell’assessorato
a gestire la questione rifiuti, con ritardi e disfunzioni nella raccolta
differenziata».
RICCARDO TOSQUES
MUGGIA: SECONDA LEZIONE DEL CORSO "Inquinamento in
ambienti chiusi "
Si tiene oggi alle 17.30, nella Sala Millo di piazza della
Repubblica, a Muggia, la seconda lezione del corso sull'inquinamento degli
ambienti chiusi promosso dalla Commissione per le pari opportunità del Comune,
in collaborazione con l'associazione Ambiente e/è Vita. Il programma prevede, da
parte dell’ing. Sergio Bisiani, il trattamento dei seguenti argomenti: monossido
di Carbonio, cos'è il monossido di carbonio, quali sono le principali fonti del
monossido di carbonio, Quali sono gli effetti sulla salute, come ridurre
l'esposizione al monossido di carbonio, biossido di azoto, biossido di zolfo,
composti organici volatili, formaldeide, benzene, idrocarburi policiclici
aromatici, ozono, particolato aerodisperso, fumo di tabacco ambientale,
pesticidi. Ulteriori informazioni si possono ottenere chiamando il numero
3490713071.
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 gennaio 2010
Park San Giusto, i privati scendono a 5 Fedrigo esce
dal gruppo dei costruttori - MODIFICA AL PACCHETTO AZIONARIO. ATTESO L’INGRESSO
DI FRIULIA
Per l’ingresso di Friulia nel pacchetto azionario
bisognerà attendere ancora all’incirca un mese. Tempi tecnici della burocrazia
tiranna: nessun ripensamento dunque, visto poi che la decisione è già stata
deliberata.
Nell’attesa, intanto, il pacchetto azionario della Park San Giusto spa, la
società che dovrà portare a termine l’infinito iter per la realizzazione del
parcheggio interrato sotto l’omonimo colle, ha subìto una modifica. I sei soci
privati sono diventati infatti cinque: dal gruppo dei costruttori è uscita
l’impresa Fedrigo. Una variazione della quale i protagonisti hanno preso atto lo
scorso 15 gennaio, all’atto di rilevare formalmente le quote dell’ex socio di
maggioranza, quell’Amt (Agenzia per la mobilità territoriale) espressione del
Comune di Trieste.
La ripartizione ha quindi visto coinvolti Carena, Riccesi, Celsa, Mecasol e Arm
Engeenering. Ma l’assetto finale sarà un altro, a meno di aggiustamenti
dell’ultima ora: i costruttori complessivamente al 58 per cento, Friulia al 35
per cento e il soggetto gestore a coprire la parte rimanente. Soggetto, questo,
«che deve ancora essere individuato - spiega Donato Riccesi - e che, a lavori
ultimati, rileverà le quote dei costruttori».
L’allungamento dei tempi necessari per il completamento dei passaggi formali
innesca, di conseguenza, un ulteriore slittamento per l’avvio dei sondaggi
archeologici, propedeutici alla successiva (teoricamente dopo sei mesi) apertura
del vero e proprio cantiere. E quindi per la cosiddetta posa del primo mattone
di un progetto di cui si sta discutendo ormai da una decina d’anni.
«I sondaggi archeologici? Inizieremo fra la fine dell’inverno e l’inizio della
primavera», aggiunge Riccesi. Ergo, indicativamente, a marzo.
Intanto, Edoardo Fedrigo, che della Park San Giusto spa è stato non solo
componente del Consiglio di amministrazione ma anche amministratore delegato,
spiega le ragioni dell’uscita di scena della sua impresa dal quadro societario
della Park San Giusto: «Abbiamo venduto il nostro pacchetto azionario. Ci è
stata fatta un’offerta e abbiamo accettato: una soluzione che ha fatto contenti
noi e anche gli altri. Non si è verificato alcun problema».
Dal fronte politico, intanto, l’assessore comunale con delega ai project
financing Paolo Rovis non sembra essere preoccupato per il nuovo rinvio: «La
nuova versione della convenzione - dice Rovis -, dopo l’approvazione della
delibera da parte del Consiglio comunale a dicembre, è stata firmata. Quanto al
passaggio delle quote, siamo contenti che le procedure siano andate avanti
speditamente con la cessione delle azioni di Amt. A breve Friulia rileverà una
parte di quanto acquisito dai cinque soggetti privati. Così come presto sarà
pronto il progetto esecutivo e, sempre fra poco, partiranno le indagini
archeologiche. Lo ribadisco - conclude l’assessore -: per il Comune, il
parcheggio sotto San Giusto è un’opera strategica».
MATTEO UNTERWEGER
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 gennaio 2010
Piano triennale delle opere Spazio a 21 priorità
rionali - Gli interventi più urgenti vanno dal parcheggio di Santa Croce alle
scalinate Joyce e Dublino
Il tempo del bilancio coincide con il tempo del piano triennale delle opere. Ecco che spunta un documento che si permette di ”suggerire”, al governo cittadino guidato da Roberto Dipiazza, 21 priorità per altrettanti interventi di quartiere, tre per circoscrizione. È un documento di sintesi, d’iniziativa della Quarta commissione del Consiglio comunale - presieduta dall’azzurro Lorenzo Giorgi - competente proprio in materia di Lavori pubblici. Di sintesi in quanto «si tratta - così Giorgi - di una raccolta delle opere più urgenti, di certo non faraoniche ma decisamente funzionali, che le sette circoscrizioni ci hanno segnalato, attraverso i loro presidenti, durante i sopralluoghi che la commissione ha calendarizzato nell’ultimo trimestre». Ne è uscita una lunga lista dalla quale, in occasione della seduta della Quarta commissione di venerdì, sono state puntellate le priorità: per intanto sette, una per circoscrizione, cui in queste ore si aggiungeranno altre 14, due per sette. «Il documento con l’elenco completo è in via di definizione, sarà presentato la prossima settimana alla stampa, congiuntamente da maggioranza e opposizione», puntualizza Giorgi. Le sette ”urgenze” sono però già storia scritta: il parcheggio di Santa Croce nei pressi del campo del Vesna (Prima circoscrizione), la sistemazione dei marciapiedi nelle direttrici principali di Opicina come via Nazionale, strada per Vienna e via di Prosecco (Seconda), la manutenzione e l’apposizione di segnaletica nuova alla rotonda di largo Osoppo (Terza), la pavimentazione di androna Economo verso il discount (Quarta), la messa in sicurezza delle scalinate Joyce e Dublino e quelle delle vie San Servolo e Diacono (Quinta), il parcheggio di Longera già inserito nel piano particolareggiato (Sesta) e l’allargamento per agevolarne il doppio senso di marcia lungo i 70 metri finali di erta Sant’Anna, verso via Brigata Casale (Settima). Un lavoro, insomma, da cinghia di trasmissione fra quartieri e stanze dei bottoni, che ha coinvolto destra e sinistra. Ma Roberto Decarli dei Cittadini ammonisce: «Il lavoro del presidente e della commissione è stato apprezzabile, per la buona volontà. Dubito tuttavia che porterà a qualcosa di concreto, l’individuazione delle priorità è un fatto di scelte politiche. Che, ahimé, spettano alla giunta, che ha già deciso tutto. Penso a via dei Baiardi, dove dal 2005 nonostante le segnalazioni non ci hanno messo un chiodo...».
(pi.ra.)
Bonifiche in alto mare, Venezia peggio di Trieste - Il
presidente dell’Assindustriali Brugnaro: «Il Sin è un vero dramma, vorremmo
uscirne»
SITI INQUINATI, I FATTI CONFUTANO LA TESI DI MENIA
Gli industriali di Venezia stanno elaborando un proprio documento,
alternativo a quello degli accordi di programma stesi col ministero
dell’Ambiente. Sperano così di sbloccare la situazione, «ferma da anni» dicono,
del Sito inquinato nazionale di Porto Marghera, che si estende su 2200 ettari
(quello triestino è di 1700 tra terra e mare), con 600 sostanze inquinanti
finora individuate. Lo renderanno noto dopo le elezioni regionali di marzo.
Contrasta, questa notizia, con quanto affermato l’altro giorno dal
sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia (Pdl), severissimo con le «proposte
alternative» al testo dell’accordo indicate come indispensabili dall’assessore
regionale Elio De Anna (subito tacitato), ma anche da Sandra Savino più che
dubbiosa sulle possibilità di votare quel testo .
Menia, contestando le aziende non disposte a pagare 230 milioni di euro di danno
ambientale a prescindere da colpe di inquinamento, e l’assessore che metteva in
dubbio i «fondamenti giuridici» stessi dell’accordo, aveva minacciato nuovamente
cause da parte dell’Avvocatura di Stato per piegare le volontà riottose e aveva
specificato: «Realtà come Porto Marghera (ormai quasi completamente risanata
grazie all’apporto di oltre 550 milioni di euro raccolti proprio con le
transazioni criticate dall’assessore regionale), Brindisi, Napoli Orientale, a
tacere delle altre località, sono lì a testimoniare i fatti».
In realtà la Confindustria nazionale lo scorso luglio ha certificato che solo il
2% delle centinaia di migliaia di ettari italiani inseriti nei Sin sono stati
bonificati, e Venezia è in gran subbuglio. «Non voglio neanche commentare le
parole del sottosegretario - afferma Luigi Brugnaro, presidente
dell’Assindustria di Venezia -, le grandi imprese petrolifere avranno anche
pagato, certe aree sono perimentrate o messe in sicurezza, ma i lotti dove
stazionano imprese che non hanno inquinato sono sempre lì, il Sin è un vero
dramma, e noi ne usciremmo, se fosse possibile».
Un ginepraio burocratico, dice Brugnaro, ingessa da anni la situazione, anche se
da 10 esiste un «master plan» sul risanamento dell’area, molto inquinata da
insediamenti petroliferi. Ora gli industriali studiano un percorso alternativo,
ipotizzano l’entrata in campo di un commissario capace di calcolare «il fattore
di rischio» di ciascuna area al fine di mettere in graduatoria chi può
rimettersi in attività. «Figurarsi, si sta parlando di inserire nel Sin anche
Mestre, e perfino Venezia perché ha i canali sporchi. L’equivoco - conclude il
presidente di Assindustria - è antico, all’inizio i Sin sembravano una fortuna,
tutti volevano metterci dentro più aree possibili. Invece...».
Invece nel 2006 Venezia insorse perché nonostante «750 milioni di euro versati
da Enichem e Montedison per aver inquinato aria, suolo, sottosuolo e acque
lagunari» lo Stato non aveva girato quei soldi alle bonifiche di Marghera
attraverso la finanziaria. Solo lo scorso aprile è partito un appello al
governatore del Veneto, Giancarlo Galan, affinché «convochi un tavolo», crei una
società, un’agenzia, o qualcos’altro con ruolo di coordinatore degli interventi
pubblici e privati. «Impossibile creare un singolo commissario» ha detto invece
il sindaco Massimo Cacciari, sfiancato da anni di diatribe.
A Trieste la Regione ha ribadito, di fronte al richiamo ufficiale, che
«l’accordo si firmerà». Non è noto se con aggiustamenti o nella forma rifiutata
dalle categorie interessate. Con le quali si schiera «L’altra Trieste» di Franco
Bandelli, reduce da totale rottura col compagno di partito Menia: «Lo scontro
istituzionale - scrive - è l’ennesimo schiaffo dato a questa città». Bandelli
parla di «inaccettabile visione romana che vorrebbe scaricare sulle imprese i
costi di una bonifica che è obiettivo strategico per la crescita dell’economia
triestina».
GABRIELLA ZIANI
lluminazione pubblica, Sgonico punta sui Led - La
giunta ha già contattato il tecnico del Comune di Muggia per uno studio
approfondito
MOZIONE DEL CONSIGLIERE GEREMIA
SGONICO Risparmio energetico nell'illuminazione pubblica e modifica dello
statuto comunale. per inserire a chiare lettere la tutela della famiglia e delle
classi sociali più deboli
Queste le due mozioni presentate l’altra sera al Consiglio comunale di Sgonico
dall'esponente del Pdl-Udc Piero Geremia. Sul primo tema Geremia ha riportato
l'esempio del Comune di Muggia, che ha adottato il progetto dell'illuminazione
pubblica a Led: «Questo tipo d’impianto fa risparmiare circa il 70% dei consumi
energetici, riduce del 70% i costi di manutenzione, elimina l’inquinamento
luminoso e, funzionando a 24 volt, risolve anche il problema della sicurezza
degli impianti di pubblica illuminazione», ha commentato il consigliere.
«A seguito della richiesta il sindaco mi ha risposto che è stata presa in
considerazione dalla giunta, la quale ha preso contatto con il tecnico
utilizzato dal Comune di Muggia per uno studio più approfondito, in quanto la
luce a Led è una tecnica che costa di più in partenza ma fa abbassare
notevolmente i costi nel tempo», spiega Geremia.
Nella seconda mozione, invece, il consigliere del Pdl-Udc ha evidenziato come
all’interno dello statuto comunale di Sgonico sia «assente una disposizione,
specifica e rafforzativa, a sostegno della famiglia e delle fasce sociali più
deboli». La proposta è di aggiungere nello statuto la dichiarazione secondo cui
«il Comune promuove e sostiene le iniziative e le attività volte a tutelare la
famiglia e le fasce sociali più deboli, e i cittadini diversamente abili, nonché
le attività e le iniziative volte ad affermare e rafforzare le pari opportunità
fra tutti i cittadini». Per realizzare tale proposta Geremia ha suggerito di
creare una Commissione per lo statuto, in cui ci sia almeno un rappresentante
per ogni forza politica presente in consiglio comunale, in modo da modificare il
testo «in maniera condivisa».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 23 gennaio 2010
Ferriera, incontro Tondo-Dipiazza sulla riconversione
TRIESTE Accelerare il protocollo d'intesa per la
riconversione della Ferriera, anche tenendo conto dell’iter autorizzativo per la
centrale termoelettrica da 400 MW che la Lucchini Energia si è impegnata a
realizzare e che dovrà consentire la riconversione di parte del personale
risultante dalla chiusura dello stabilimento di Servola.
E' l'indicazione che il presidente della Regione, Renzo Tondo, ha espresso ieri
nell'incontro con il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e l'assessore regionale
all'Ambiente Elio De Anna, presenti funzionari della direzione regionale
competente e dell'Arpa. L'incontro è servito verificare le iniziative regionali
in attuazione del protocollo d'intesa dell'aprile 2009, che prevede la
riconversione dello stabilimento siderurgico per migliorare la vivibilità
nell'abitato di Servola.
In questo senso Tondo ha chiesto all'Arpa di proseguire nel monitoraggio
dell'aria, orientando però i controlli su eventuali picchi di emissioni onde
conoscere tali valori e non solo quelli, più ”diluiti”, rapportati all'intero
anno. Tondo ha inoltre chiesto che vengano convocate le conferenze dei servizi
per stabilire le modalità di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale,
il cui procedimento è già stato avviato dalla Regione su richiesta del Comune di
Trieste.
Il sindaco Dipiazza si è detto soddisfatto di quanto concordato con la Regione,
in vista della risoluzione del problema da un punto di vista ambientale ma anche
occupazionale, posto che lo stabilimento di servola dà lavoro a 500 addetti,
oltre all'indotto.
Uil Vigili del fuoco: «Serve un’etica della sicurezza»
- DELEGAZIONE DEL FVG A CONGRESSO
Si è appena concluso, a Roma, l’ottavo congresso nazionale
della Uil-Pa Vigili del fuoco, che ha visto la sezione dei vigili del fuoco del
Friuli Venezia Giulia porsi come principale promotrice del concetto di etica
della sicurezza.
Grazie anche all’esperienza maturata negli ultimi mesi del 2009 con il tavolo
tecnico sui rigassificatori a Trieste – iniziativa promossa dalla stessa Uil-Pa
Vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia, coordinata da Adriano Bevilacqua e
sostenuta dal sindacato di settore a livello nazionale – è stata infatti data
voce all’istanza «non solo della creazione di una normativa chiara e uniforme
che vada a regolare la sicurezza antropico-ambientale - si legge in una nota -
ma anche della condivisione di un’etica che ne informi con sistematicità tutte
le applicazioni». Convinta che «la mancanza di un’etica della sicurezza, unita
alla scarsa diffusione di una cultura della prevenzione, favorisca il
proliferare di comportamenti lesivi degli interessi della collettività e
sollecitata dalle recenti problematiche sollevate riguardo i progetti per
impianti di approvvigionamento Gnl», la Uil Pa dei Vigili del fuoco del Friuli
Venezia Giulia «si è pronunciata per promuovere non tanto una mera pratica
episodica, quanto una prassi politica che rinnovi la gestione dei rischi
antropici e che possa essere a salvaguardia dell’ambiente e dell’uomo».
Mattonaia, rimossa la centralina per l’aria -
CONTROLLAVA LA SIOT
SAN DORLIGO E' stata rimossa in questi giorni la centralina mobile di Mattonaia per i rilievi dell'aria dello stabilimento della Siot. La segnalazione è giunta direttamente dal capogruppo consigliare del Pdl-Udc Roberto Drozina: «Mi auguro che faccia seguito una rapidissima posa in opera della nuova centralina fissa, come promesso dal sindaco Premolin», ha commentato l'esponente del centrodestra. L'Arpa, con alcune rilevazioni in più parti del territorio, aveva evidenziato nei mesi scorsi la presenza di idrocarburi, e il Comune in accordo con la Siot su suggerimento dell'Arpa aveva preannunciato che entro febbraio sarebbe stata introdotta la centralina fissa.
(r.t.)
«Grandi opere, è un imbroglio» - DON BIZZOTTO: BISOGNA
AVERE IL CORAGGIO DI OPPORSI - Il fondatore dei Beati costruttori di pace
«Il Dal Molin è come tutte le “Grandi opere”: basata sulla
menzogna, l’imbroglio e l’illegalità, e viene imposta raggirando la popolazione
e gli enti locali». A dirlo è don Albino Bizzotto, fondatore dei Beati
costruttori di pace e tra i protagonisti del movimento che si oppone alla
costruzione della base militare americana a Vicenza.
In un incontro organizzato l’altra sera dai Beati costruttori di pace di
Trieste, il religioso ha spiegato il filo che unisce tutti i movimenti nati in
Italia per contrastare i grandi progetti d’infrastrutture, dall’Alta velocità al
Mose di Venezia: «Il nostro rapporto con la natura e con gli altri paesi va
ripensato – ha detto – e la crisi attualmente in corso ci sta imponendo questo
cambiamento». L’agosto scorso don Albino ha condotto un lungo sciopero della
fame per l’apertura dei cantieri della base: «La gente era ormai demoralizzata
dalla forza con cui a Vicenza era stato imposto questo delitto ambientale – ha
raccontato – ma il mio gesto, che voleva essere soltanto una testimonianza della
mia contrarietà, ha risvegliato nuovamente la volontà di reagire».
Il disinteresse verso la popolazione è la colpa principale che Bizzotto imputa
alla classe politica: «Due governi Berlusconi e un governo Prodi hanno portato
avanti questo progetto – ha affermato – senza accettare alcun tipo di replica,
aggirando non soltanto le valutazioni di impatto ambientale, ma la stessa
Costituzione». La base statunitense, secondo il fondatore dei Costruttori di
pace, è incompatibile con l’ordinamento della Repubblica: «Dicono che è soltanto
un ampliamento – ha spiegato – mentre è una nuova base, una città nella città, e
ospiterà la 163esima brigata aerotrasportata, responsabile della terribile
battaglia di Falluja».
Sebbene i lavori per l’edificazione della base siano iniziati e continuino senza
sosta, Albino Bizzotto rivendica il valore del dire di no: «Le cose ingiuste
accadono – ha concluso – ad esempio oggi si vuole cambiare la Costituzione per
risolvere i problemi di una sola persona. Bisogna avere coraggio di opporsi,
così da poter dire ai propri figli “io non ho mai accettato quel sopruso”: anche
quando i risultati sono contro di noi, si semina per il futuro».
Giovanni Tomasin
SEGNALAZIONI - «A San Luigi incidente stradale
annunciato» - TUTTI I PUNTI CRITICI NEL TRAFFICO URBANO
Tante situazioni pericolose stanno maturando in città a
causa del traffico caotico, della sosta selvaggia e dell’occupazione delle aree
destinate ai pedoni. I recenti incidenti in città e in periferia e i tanti
veicoli in continuo e caotico movimento sono la dimostrazione della pericolosità
denunciata più volte. Sono già un paio d’anni che diciamo sempre le stesse cose,
peraltro condivise. La ricetta? Più bus, corsie preferenziali e limitazioni del
traffico privato. Il piano urbano del traffico, che continua a non essere
attuato, dovrebbe risolvere la situazione.
Nell’ultimo incidente mortale a San Luigi è stato detto che l’attraversamento
pedonale era lontano, quando da tempo CamminaTrieste sollecita la riduzione del
limite di velocità in corrispondenza alle due fermate dell’autobus.
In vicolo Castagneto non è presente neppure un marciapiede; una situazione
denunciata nel 2006 alle autorità competenti. Cosa si aspetta ad intervenire? A
Roiano da anni è richiesto un prolungamento delle linee autobus 5 e 8 in via
Moreri alta, proposta condivisa, ma che vede soltanto un continuo palleggiare di
responsabilità e competenze.
I semafori in città sono da rivedere, attualmente più favorevoli al transito in
velocità dei mezzi che all’attraversamento in sicurezza dei pedoni; ne sono
esempio gli incidenti tra piazza Goldoni e via Mazzini. Andrebbero rivisti in
particolar modo proprio i semafori di piazza Goldoni, al fine di organizzare al
meglio il movimento di autobus e persone.
Chiameremo i cittadini a lottare e organizzaremo legittime proteste.
Sergio Tremul - presidente Coped Cammina Trieste aderente a Camminacittà
SEGNALAZIONI - Sulla ciclopedonale - Replica
In risposta alle segnalazioni pervenute sullo stato di
manutenzione e alla fruibilità della pista ciclopedonale desidero precisare
innanzitutto che il prolungarsi dei tempi di esecuzione, da molti lamentato, è
stato in parte determinato dalla presenza lungo il percorso di un deposito di
mezzi sequestrati dagli organi di polizia giudiziaria, che ha impegnato gli
uffici preposti per un lungo periodo. Solo grazie all'intervento della
Prefettura e alla collaborazione della magistratura, si è riusciti a tornare in
possesso dell'area e a iniziare lo sgombero e lo smaltimento dei mezzi
accumulati. Per sostenere il relativo onere finanziario si sono dovute reperire
risorse straordinarie per la realizzazione dell'opera, con l'obbiettivo di
rivalersi su chi ha procurato il danno.
È bene precisare poi che il tratto di ciclabile che va da via Orlandini al
sottopasso della strada provinciale n. 11, in località San Giuseppe della
Chiusa, non è stato ancora completato e tecnicamente l'area non dovrebbe essere
accessibile al pubblico. L'impossibilità da parte della ditta di vietare
l'accesso nei tratti su cui le opere sono ultimate, vista la pressione
esercitata dai cittadini per godere di un percorso che tutti riconoscono unico
nel suo svolgersi in ambienti particolari, ha fatto sì che inopinatamente si sia
inteso, da parte dei fruitori, che l'opera in questo tratto sia conclusa. Si
precisa quindi che una volta ultimate le ultime lavorazioni lungo il tratto in
località Campanelle, sarà onere della ditta predisporre tutti gli interventi
volti a consegnare l'opera finita per il tratto in carico, facendo gli
interventi di aggiustamento anche per quelle parti che oggi risultano
danneggiate da vandalismi di vario tipo o dalla forza della natura.
Nell'area della stazione di partenza e del tratto che va dalla strada
provinciale n.11 in località San Giuseppe della Chiusa all'ex confine di Stato
in località Draga Sant'Elia, gli uffici stanno predisponendo un progetto
d'intervento che consenta il ripristino della percorribilità in piena sicurezza
e cioè stanno provvedendo alla completa agibilità del piazzale su cui insiste la
stazione di partenza, all'eliminazione delle pozzanghere di acqua piovana nel
sottopasso e al ripristino del sedime spazzato via dalla pioggia grazie al
posizionamento di ulteriori canali di scolo.
Quanto alla presenza di piante infestanti lungo il percorso si sta valutando,
oltre all'intervento già fatto lo scorso autunno, uno ulteriore con l'adozione
di misure particolari.
Per quanto attiene alle preoccupazioni in merito alla futura gestione del
percorso, una volta ultimati i lavori, la Provincia avvierà un'apposita
conferenza dei servizi per definire con tutti i soggetti pubblici interessati un
accordo di programma con il quale stabilire il riparto delle competenze e la
titolarità definitiva del tracciato.
William Starc - dirigente Area servizi tecnici della Provincia
IL PICCOLO - VENERDI', 22 gennaio 2010
La galleria di cintura ora corre su due binari Sotto la
città fino a 160 convogli Rola al giorno - il
percorso
Completata la revisione delle sagome e dei binari della
galleria di cintura, il collegamento ferroviario con il Porto nuovo che penetra
per sette chilometri nel cuore della città per sbucare a Campo Marzio dove
arrivano i container e che ripartono con i treni speciali (Rola) che caricano
anche i Tir. La galleria ha due binari, uno era completato e funzionante dal
2004-2005 adattato con le sagome (Gabarit P80) che permettono il passaggio dei
treni intermodali. Mancavano gli ultimi 300 metri per attivare anche il secondo
binario: lo scorso autunno sono stati terminati i lavori sotto Campi Elisi ed
ora la galleria è funzionante con doppio binario in entrambi i sensi di marcia.
Bisogna andare a ritroso sino al 1981 per ritrovare l’anno di inaugurazione
della bretella ferroviaria che sprofonda nel sottosuolo a Miramare nella zona
del Faro della Vittoria, vede un bivio che si collega alla Stazione centrale,
prosegue sotto Gretta e Roiano, Scorcola, passa sotto via Cologna per trovare
uno sbocco (tecnico per le emergenze) in piazza Volontari Giuliani, inizia a
curvare nelle profondità di via Rossetti e poi ripiega verso il Porto Nuovo
sbucando a Campo Marzio. In verità la linea continua a Est, è emerso
recentemente quando la Provincia con l’assessore Ondina Barduzzi (morta un anno
fa) aveva lanciato l’idea di realizzare una metropolitana leggera per i
passeggeri, sbocca ad Aquilinia solo che il tratto per ora è «dormiente». Pronto
a essere riattivato in breve dalle Ferrovie certamente in vista di un
collegamento domani (6 km) verso Capodistria.
Decenni per realizzare un progetto fondamentale per il traffico del Porto,
ideato ancora dagli austriaci e ripreso nel ventennio, riaffiorato negli anni
’60 e realizzato 20 anni dopo, con i lavori iniziati tra il ’66 e il ’67. Le
opere si sono concluse solo nel ’79 e sono state inaugurate due anni dopo al
termine dei lavori di armamento ferroviario (binari e linee elettriche) delle
Fs. Subito dopo sono spariti i treni merci che transitavano sulle Rive. Il
tunnel dedicato al trasporto merci però non era adeguato più al nuovo trasporto
intermodale (treno-camion-container), i lavori di nuovo adeguamento sono inziati
negli anni ’90 con la risagomatura e l’ampliamento delle gallerie Bivio-Aurisina,
San Giovanni di Duino e Sablici e sono proseguiti durante il periodo del governo
di Riccardo Illy, tra 2004 e 2005. Ma sono terminati appena pochi mesi fa, tra
2009 e 2010.
Tempi biblici di realizzzione di infrastrutture vitali per un mercato dei
traffici che aveva iniziato a correre e ora si è bloccato per la crisi globale.
La galleria di cintura potrebbe far «correre» ben 150-160 convogli al giorno, ha
visto punte massime di una cinquantina di treni. Ora per la contrazione del
movimento in Porto (-8% nel 2009) non si superano i 15-20 treni-blocco
giornalieri.
È un’arteria ferroviaria fondamentale per la circolazione merci che intreccia il
suo destino in maniera pesante con la futura tratta ferroviaria ad Alta capacità
del Corridoio 5. Un collegamento internazionale che unisce Lione a Kiev
prioritario per i traffici globali, ma soprattutto per la nostra rete: il tratto
ferroviario che da Miramare va verso Monfalcone, infatti, è ormai saturo con i
suoi 180 treni al giorno tra merci e passeggeri di fronte a un limiote che non
supera i 190. Impossibile pensare solo a un raddoppio dei traffici dal Porto
dopo la realizzazione del piano regolatore che prevede il nuovo Molo Ottavo e la
Piattaforma logistica. Se fossero pronti ora, spiegano gli esperti delle
Ferrovie, la rete non sarebbe in grado di assorbire un convoglio in più, a meno
di non tagliare drasticamente il servizio passeggeri.
Servono nuove infrastrutture ferroviarie che ora devono essere adeguate a far
passare anche i treni del futuro e il progetto dell’alta capacità con il
Corridoio 5 è la strada per risolvere un nodo fondamentale per il possibile
sviluppo economico non solo di Trieste ma di tutto l’Alto Adriatico.
Proprio mercoledì scorso il sindaco Roberto Dipiazza assieme all’assessore
regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi è stato a Roma dal viceministro ai
Trasporti Roberto Castelli per la stretta finale sulle trattative del Corridoio
5 e in particolare sul tracciato confinario che porta in Slovenia verso
Divaccia. Sono stati risolti i problemi ambientali, «Il tracciato non passerà
sotto la Val Rosandra» ha assicurato Dipiazza che però ha dettato le sue
condizioni per fare «gli interessi della città». «Il tracciato non dovrà passare
in centro città, ma non possiamo non pensare a un collegamento tra il Porto di
Trieste e quello di Capodistria». Bocce cucite sul possibile percorso, ci sono
varie ipotesi in campo (anche quella di Opicina verso Divaccia), ma è probabile
che si intrecci con il naturale percorso della galleria di cintura ferroviaria.
GIULIO GARAU
A febbraio summit sulle infrastrutture - AREA
MEDITERRANEA - Promosso dalla Farnesina Atteso il commissario Ue ai trasporti,
Siim Kallas
La politica dell'area mediterranea su infrastrutture e
trasporti sarà al centro dell'incontro internazionale promosso dall'Osservatorio
del Mediterraneo del ministero degli Esteri, a Trieste il 4 e 5 febbraio.
Promosso in collaborazione col ministero di Infrastrutture e Trasporti,
Unicredit Group e la rappresentanza italiana della Commissione europea,
l'incontro vedrà la partecipazione dei ministri degli Esteri, Franco Frattini,
delle Infrastrutture Altero Matteoli, dei sottosegretari Stefania Craxi e
Roberto Menia e dell'ad di Unicredit, Alessandro Profumo. Tra i temi lo «spazio
mediterraneo della mobilità» e il progetto di un sistema portuale-logistico Alto
Adriatico. Interverranno Beniamino Gavio (Impregilo), Mauro Moretti (Fs),
Giovanni Perissinotto (Generali). Prevista una Conferenza tra i ministri dei
Trasporti di 20 Paesi dell'area mediterranea. Conclusioni di Frattini e
Matteoli, con il commissario ai Trasporti dell'Ue e vicepresidente della
Commissione europea, Siim Kallas, e il governatore Renzo Tondo.
Scontro sulle bonifiche. Menia: De Anna irresponsabile - Una terza via non esiste: o c’è l’accordo oppure ci sono le vie legali
I rapporti tra il governo e la giunta di centrodestra
precipitano a causa del sito inquinato di Trieste
Il sottosegretario attacca l’assessore: «Fa populismo a buon mercato. Tondo ne
prenda atto»
Sono stati usati termini offensivi Lo Stato non può trattare la città in modo
speciale
TRIESTE È scontro istituzionale sulle bonifiche nel Sito inquinato di
rilevanza nazionale a Trieste. La Regione sconfessa il ministero dell’Ambiente,
e il ministero a stretto giro la Regione, con una dura nota del sottosegretario
Roberto Menia, che ri-minaccia di causa da parte dell’Avvocatura dello Stato le
imprese se inadempienti, e avverte: «Lo Stato continua a ritenere che Trieste e
la sua area industriale non possa essere trattata diversamente dalle altre
località».
Tutto questo dopo che l’altro giorno l’assessore all’Ambiente Elio De Anna, e
quello al Bilancio e alla Negoziazione partecipata, Sandra Savino, hanno
apertamente deligittimato la bozza di accordo di programma siglata a Roma
(tredicesima versione), anche sulla spinta di un atteggiamento di aperta
ribellione contro la classe politica da parte delle aziende sedute sul sito
inquinato e costrette a pagare molti milioni di «danni ambientali» a piè di
lista.
Dalla risposta di Menia si evince che anche la missione del capo di gabinetto
della Regione, l’altro giorno a «vis-à-vis» proprio con l’Avvocatura di Stato,
ha prodotto pochi margini di manovra. «Proficua» dice Menia, ma «da questo
schema non si esce».
«Non si fanno matrimoni e accordi sotto minaccia» aveva detto invece De Anna,
temendo appuntamenti in tribunale, annunciando un progetto di bonifica gestito
dalla Regione sui 5 milioni di chilometri quadrati inseriti nel sito (altri 12
mila sono in mare), e mettendo soprattutto in dubbio i «fondamenti giuridici»
del testo ministeriale.
Menia reagisce con estrema durezza: «Le dichiarazioni di De Anna pongono seri
problemi di credibilità dello stesso e minano quella dell’istituzione regionale
che rappresenta, giacché ne sconfessa l’operato e gli atti fin qui compiuti in
un rapporto di leale collaborazione col governo nazionale». E preme ancor più la
penna: «Fare populismo a buon mercato non è certo atto di coraggio ma di palese
irresponsabilità. Credo - aggiunge - che il presidente Tondo farebbe bene a
prenderne atto».
Per Menia innanzitutto affermare che il testo dell’accordo «sia semplicemente da
cestinare perché ritenuto privo dei fondamentali ”presupposti giuridici”
costituisce affermazione che si commenta da sè, dalle implicazioni persino
vagamente diffamatorie». La nota cita una sentenza del Consiglio di Stato
(numero 8710 del 24 dicembre 2009) che «ha proclamato formalmente che il modello
cui si ispira tale accordo di programma è pienamente conforme alla legge». La
stessa sentenza, aggiunge, dice «come gli obblighi di messa in sicurezza e di
bonifica delle aree inquinate legittimamente possano anche essere ricondotti
alla semplice posizione di custode dell’area inquinata, a prescindere, dunque,
dalla dimostrazione di una sua responsabilità per l’inquinamento del suolo».
È qui il richiamo agli imprenditori (ascoltati invece dai due assessori
regionali), aggrappati al «chi non inquina non paga», e in rivolta di fronte
alla quantificazione di un «danno ambientale» di oltre 300 milioni di euro che
giudicano impropriamente imposto nonché spropositato. Menia risponde: non si
scappa. E specialmente trova offensiva quella parola usata da De Anna,
«minaccia», «che farebbe apparire - scrive il viceministro triestino
dell’Ambiente - qualcuno come vittima di una prepotenza ingiusta da parte dello
Stato». Invece: «Nessuno ha intenzione di vessare né costringere proprietari e
imprese: l’accordo di programma è uno strumento - prosegue Menia - che nasce fra
enti pubblici e che offre una facoltà ai privati. Con la transazione ottengono
lo svincolo dalle aree e nulla verrà loro più richiesto in termini di
responsabilità: altrimenti è ovvio che la strada sarà quella anticipata
dall’Avvocatura dello Stato della citazione in giudizio, ben più costosa e
pericolosa».
Nessuna terza via, dunque, e «non si esce da questo schema». Menia ricorda
accordi e bonifiche già attuate in altre parti d’Italia che sono stati, dice,
«strumento di sostegno e rilancio delle imprese, perfino con contributo statale
(offerto naturalmente anche a Trieste)». Dunque, «fino a quando sarà possibile»,
il ministero «offrirà quanto di meglio è stato sperimentato in altre parti del
territorio nazionale», ma non altro.
GABRIELLA ZIANI
BONIFICHE - «Giusto dire no a Roma» E le piccole
imprese studiano la class action
TRIESTE Felicità, perplessità, ulteriori minacce,
critiche, prudenze tattiche. È in questo scenario che si sviluppa il contenzioso
Stato-Regione sul sito inquinato che va dalla Ferriera a Muggia e ingloba gli
specchi acquei del porto, dopo l’eclatante mossa della Regione che ha rifiutato
anche la tredicesima versione dell’accordo di programma, sensibile alle
difficoltà manifestate dalle imprese. Ieri Confartigianato e Piccole imprese,
guidati da Dario Bruni e Sandra Pesle, hanno tenuto un consiglio direttivo
congiunto: «Piena soddisfazione per la posizione elegante e coraggiosa della
Regione, e dell’assessore Sandra Savino che, dopo frenetiche riunioni, ha
gestito l’archiviazione di questo accordo di programma. Ha capito che le piccole
imprese triestine non possono reggere simili costi».
Di più: le due associazioni hanno scelto «un buon avvocato» col quale studiano
una «class action», causa collettiva di 110 imprese, se restasse in piedi lo
schema di accordo con il ministero tuttora sui tavoli. «Noi - parla per tutti
Enrico Eva, segretario di Confartigianato - non firmiamo senza sapere quanto si
deve pagare, siamo disponibili a soluzioni legalmente sostenibili ed
economicamente sopportabili, la minaccia delle cause di Stato ha creato un
impressionante scollamento tra imprese e Stato». Una lettera in questo senso è
stata spedita al presidente Tondo e agli assessori De Anna e Savino.
Il presidente di Assindustria, Sergio Razeto: «Molto significativa
quest’apertura della Regione, non posso che condividere, restiamo a
disposizione». Il segretario del Pd, Roberto Cosolini, altrettanto apprezza «la
frenata sull’accordo di programma che forse consente di riaprire una trattativa
che può e deve arrivare a una sintesi meno penalizzante per il sistema
imprenditoriale». Cosolini dice che «suonano particolarmente stonati sia gli
ultimatum del governo e in particolare del sottosegretario Menia, sia i toni
pesanti dell’Avvocatura di Stato, che probabilmente in giudizio andrebbe
incontro a qualche delusione». Si spera «in un’intesa che escluda ciò che
inquinato non è o comunque non causa danno, e tuteli chi non ha responsabilità,
senza portare un colpo pesantissimo - conclude Cosolini - alle imprese».
Plaude anche Maurizio Bucci, consigliere regionale Pdl, già assessore comunale
all’Ambiente alle prese con precedenti redazioni dell’accordo: «Cestinando la
Regione ha fatto una scelta forte e coraggiosa, nessuno vuole bloccare lo
sviluppo del territorio, ma la piccola imprenditoria va sostenuta e tutelata.
Quell’accordo - aggiunge - si basa su principi preoccupanti, inconcepibile la
colpevolizzazione delle realtà economiche insediate nel Sin: chi non ha
inquinato deve pagare. Anche il consiglio regionale - conclude Bucci - farà la
sua parte».
«Gli enti che hanno trattato l’accordo - commenta l’assessore all’Ambiente della
Provincia, Vittorio Zollia, tornato da Roma soddisfattissimo per le modifiche
apportate al testo - sono rimasti sorpresi del cambio di posizione della Regione
dopo otto mesi di trattativa. Ci sembrava di aver raggiunto una situazione
migliore per le aziende. Se si può far meglio, bene. Ma siamo anche preoccupati:
fra 3-4 mesi quante caratterizzazioni dei terreni saranno state fatte, e quanti
saranno stati restituiti agli usi legittimi?».
(g.z.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 gennaio 2010
«Trieste-Divaccia, no a un’altra Val di Susa» - Vertice
tra Castelli, Dipiazza e Riccardi. Spunta la terza via per il collegamento con
Capodistria
TRIESTE La tratta Tav del Corridoio 5 non è mai stata
messa in discussione «resta una priorità per il Governo e il Friuli Venezia
Giulia», ma si vuole assolutamente evitare «una seconda Val di Susa». Proprio
ieri in Val di Susa ci sono stati altri blocchi e scontri con la polizia.
L’ipotesi di passare per la Val Rosandra dunque sembra tramontata e con questa i
dissidi ambientalisti, ma si cerca anche di ottenere risultati
politico-economici. Nodi evidenziati al vertice romano di ieri tra il
viceministro ai Trasporti Roberto Castelli, il sindaco di Trieste Roberto
Dipiazza, l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi e la commissione
tecnica che partecipa agli incontri bilaterali Italia/Slovenia.
Le questioni da sciogliere ancora riguardano in realtà la parte di tracciato
confinario Italia-Slovenia. Sul tavolo c’è tra le ipotesi quella
dell’«attraversamento a Nord» e che passa per Opicina verso Divaccia, ma ieri il
sindaco Dipiazza è stato molto fermo con Castelli per portare un risultato più
favorevole alla città. «Non possiamo far arrivare l’alta capacità con il
Corridoio 5 e non pensare a un collegamento tra il porto di Trieste e quello di
Capodistria – spiega il sindaco – e su questo ho insistito. Io voglio fare gli
interessi di Trieste e che si tratti questo aspetto con gli sloveni. Al tempo
stesso ho chiesto che il tracciato non passi per la Val Rosandra ma nemmeno per
il centro città».
Nessun altro particolare da parte del sindaco che per questa «terza via» rimanda
tutto ai tecnici. Gli esperti per ora non si pronunciano, è evidente che si
vuole tenere questa soluzione riservata finchè non verrà presentata ed esposta
nei dettagli alla parte slovena. Il tracciato potrebbe seguire il ciglione
carsico senza intaccare la «parte calcarea», scendere verso la zona industriale
e poi proseguire verso Capodistria. Vicino a Capodistria ci potrebbe essere uno
snodo ferroviario con un bivio che da una parte va al Porto e dall’altra verso
Divaccia. E c’è un particolare non secondario. Un simile collegamento
internazionale, particolarmente, lungo secondo gli esperti favorirebbe in
particolare gli sloveni (convincendo anche quelli più restii e che poco
digeriscono un collegamento diretto tra i due porti) che potrebbero godere di
«amplissimi finanziamenti europei» da riversare sulle infrastrutture
ferroviarie.
«Castelli è stato molto bravo» commenta il sindaco Dipiazza che si trova in
piena sintonia con Riccardi: «Al viceministro Castelli – aggiunge l’assessore –
riconosco il merito di una conduzione delle trattative di grande responsabilità.
Si sta preoccupando di trovare una soluzione con il più ampio consenso da parte
di tutti e di questo lo ringrazio. Chi lo ha accusato di aver detto che l’opera
non è prioritaria si sbaglia di grosso, non è assolutamente vero».
L’assessore insiste: «L’opera è fondamentale sia per il Governo che per la
Regione. Quello che si sta cercando di fare ora è trovare soluzioni per definire
un tracciato che superi i dissensi ambientali (Val Rosandra per intenderci ndr)
e che allo stesso tempo tuteli gli interessi italiani. Non vogliamo che si
ripeta un’altra Val di Susa».
GIULIO GARAU
Slitta al 2020 l’apertura della Klagenfurt-Graz - E la
Pontebbana per il varco verso il Baltico dovrà attendere le opere del Semmering
-
I
progetti
Atteso da 30 anni l’adeguamento del tracciato
Adriatico-Vienna Pesano gli effetti collaterali della crisi finanziaria della
Hypo-Bank
C’è un accordo su un tracciato per far correre treni e vagoni a 200 all’ora -
Per scavalcare la Koralpe le Öbb usano i pullman Intercity-bus sull’autostrada
TRIESTE Un imprenditore del Nordest, che dovesse spedire merci a Vienna, non
avrebbe oggi alcuna convenienza a farlo per treno. Perché lungo il viaggio
incontrerebbe due seri ostacoli: la catena montuosa della Koralpe, che segna il
confine naturale tra la Carinzia e la Stiria (e che la ferrovia supera con un
lungo aggiramento a nord), e subito dopo, tra Stiria e la Bassa Austria, le
montagne del Semmering, dove il treno deve arrampicarsi a velocità ridotta fino
a 1000 metri di quota. Meglio allora l'autostrada, che scavalca la Koralpe
attraverso il valico del Pack e prosegue per la Bassa Austria fino a Vienna,
aggirando a est il Semmering. Persino le Ferrovie austriache (Öbb) hanno preso
atto che il trasporto passeggeri tra Klagenfurt e Graz dura troppo in treno (2
ore e 40 minuti) e hanno istituito sette corse giornaliere sostitutive in
pullman (li ha chiamati Intercity-bus, come quelli che collegano Klagenfurt a
Venezia, dopo che Trenitalia ha soppresso i treni diurni Venezia-Vienna)
Di un aggiustamento del tracciato ferroviario tra Adriatico e Vienna (e quindi
il bacino danubiano), che renda più favorevole il viaggio su rotaia sia per i
passeggeri, sia soprattutto per le merci, si parla ormai da trent'anni, senza
grandi risultati e benché il tracciato Pontebbana-Koralpe-Semmering faccia parte
integrante dell'asse Baltico-Adriatico, che dovrebbe unire, chissà quando,
Danzica a Bologna. Mentre il rinnovo della ferrovia dei Tauri è stato completato
lo scorso anno, quello lungo la direttrice per Vienna è ancora di là da venire.
Per ragioni tecniche e finanziarie (Koralpe e Semmering implicano la costruzione
di due tunnel di base rispettivamente di 32,8 e di 26,9 chilometri da far tremar
le vene e i polsi, con costi comprensibilmente astronomici), ma soprattutto
politiche: il Land Bassa Austria, quello cioè che sta al di là del Semmering,
non ha interesse a collegarsi al sud con un nuovo tracciato che creerebbe non
pochi problemi ambientali; Vienna poi è sempre stata matrigna nei confronti di
Carinzia e Stiria, vale a dire il suo "meridione".
In una situazione così incerta, almeno un punto fermo c'è: la prima parte del
tracciato, quello tra Klagenfurt e Graz, con attraversamento in tunnel della
Koralpe, è interamente progettato e finanziato e i lavori sono in corso da 4
anni. Dovrebbero essere conclusi entro il 2020. Usiamo il condizionale, perché
la scadenza è già slittata più volte (inizialmente doveva essere il 2016) e ora
si parla di un ulteriore rinvio, effetto "collaterale" della crisi Hypo Group.
Alla costruzione del tunnel della Koralpe, infatti, il Land Carinzia concorre
con 140 milioni, somma di cui non può più disporre, perché già spesa qualche
giorno fa per contribuire al salvataggio della banca. Non si tratta a ben vedere
di un importo rilevante rispetto al costo totale (1,5 miliardi per il tunnel,
5,2 miliardi per l'opera complessiva), ma se il Land viene meno a un impegno
contrattualmente assunto nel 2004 con lo Stato e con le Öbb, c'è il rischio che
anche gli altri interlocutori facciano lo stesso, soprattutto in tempi di crisi
come questi.
Avendo ben presente questa incognita, possiamo fare il punto sull'andamento dei
lavori. Sul versante stiriano della Koralpe è già stato completato nel dicembre
2008 il primo lotto del tunnel (3 chilometri), che ha richiesto tre anni di
lavoro. In novembre è stato appaltato il secondo lotto (17 chilometri), i cui
lavori avranno inizio alla fine di quest'anno. Sono state realizzate, inoltre,
opere accessorie, come la stazione di Wernsdorf e quella di Deutschlandsberg.
Sul versante carinziano, invece, siamo ancora alla galleria di sondaggio,
necessaria per conoscere la conformazione geologica della montagna, prima di
passare allo scavo del tunnel ferroviario vero e proprio. Questa galleria è
lunga 7 chilometri e i lavori si concluderanno a metà anno. Solo dopo si potrà
pensare al tunnel: si tratta del terzo e ultimo lotto dell'opera, di 13
chilometri, che si unirà al tunnel già scavato sul versante stiriano. L'appalto
è in calendario nel 2011, con inizio lavori nel 2012. Anche in territorio
carinziano sono state realizzate, frattanto, altre opere relative sia al
tracciato ferroviario vero e proprio, sia alle aree per nuove stazioni a
Klagenfurt, Wolfsberg, Bleiburg e St. Andrä.
Quando nel 2020 il primo treno raggiungerà Graz da Klagenfurt, il tempo del
viaggio tra le due città sarà ridotto di due ore e la capacità della linea
salirà a 200 treni al giorno. Ma - come sostengono gli oppositori al progetto -
la realizzazione del Koralmtunnel non ha senso, se non si elimina anche il nodo
del Semmering. Perché così non serve a un traffico internazionale
Baltico-Adriatico, ma soltanto a un traffico regionale, ai pendolari che da Graz
si spostano a Klagenfurt e viceversa. Insomma, troppo poco per spendere oltre 5
miliardi di euro. E il Semmering, come dicevamo sopra, è ancora in alto mare.
Quel tracciato fa parte della storia ferroviaria dell'Austria e dell'Europa. Fu
costruito nel 1857 dal veneziano Carlo Ghega (cui è dedicata una via di
Trieste), per collegare Vienna a Trieste, e in oltre 150 anni è rimasto sempre
lo stesso. Un'opera di ingegneria ferroviaria molto ardita per quell'epoca, con
16 viadotti e 15 gallerie, che nel 1998 l'Unesco ha dichiarata "patrimonio
dell'umanità", ma del tutto inadeguata alle esigenze di oggi. Sugli storici
viadotti (alcuni a doppia arcata, come gli acquedotti romani) la velocità
massima consentita è di 70 chilometri allora, perché altrimenti le spinte
centrifughe potrebbero causare cedimenti strutturali, e le gallerie hanno una
luce sufficiente soltanto per container di piccole dimensioni; i container
standard, caricati su carri merci, non passano e devono essere dirottati su
un'altra linea a nord, molto più lunga.
L'opera ha incontrato la feroce opposizione del Land Bassa Austria, che l'ha
bloccata con contenziosi davanti alla Corte costituzionale e poi alla Corte dei
conti durati oltre vent'anni. Ora sembra essere stato trovato un accordo su un
tracciato, per il quale si sta elaborando il progetto esecutivo, che
consentirebbe ai treni di viaggiare a oltre 200 chilometri all'ora. Il progetto,
una volta ultimato, sarà sottoposto alla verifica di impatto ambientale e a un
numero imprecisato di altri organismi di controllo, che dovranno esprimere il
loro parere. Il che rende impossibile ogni previsione sul completamente dei
lavori e l'entrata in esercizio. L'unica certezza è che ciò non potrà accadere
entro il 2020, ma dopo. Molto dopo.
E, finché non sarà eliminato il collo di bottiglia del Semmering, anche la linea
della Koralpe avrà un'importanza limitata. Servirà soltanto a qualche centinaio
di pendolari dei due Länder, come dicono a Vienna.
MARCO DI BLAS
Raddoppiata la ferrovia dei Tauri - IL PIU’ IMPORTANTE
ASSE TRANSALPINO - Boccata di ossigeno per i treni che collegano Trieste e il
Fvg a Monaco
Dopo 40 anni il viaggio si è ridotto di un’ora
TRIESTE Con la fine del 2009 si è completato finalmente il raddoppio della
ferrovia dei Tauri, il più importante asse di traffico transalpino dell'Austria,
dopo quello del Brennero. Che l'opera sia stata portata a termine nell'anno in
cui cadeva il centenario della costruzione della linea di 81 chilometri che
collega Villaco a Salisburgo è solo un caso, ma può essere letto come segno di
buon augurio per una arteria di traffico fondamentale per i collegamenti tra
centro Europa e bacino adriatico. Una direttrice di viaggio che dà finalmente un
senso anche alla ferrovia Pontebbana, rimasta finora senza un seguito al di là
del confine austriaco di Tarvisio.
Mentre infatti la direttrice per Vienna è ancora di là da venire, quella per
Salisburgo (e quindi per la Baviera e per il Nord Europa) è da qualche settimana
una realtà. Dove fino a ieri si poteva viaggiare al massimo a 70 chilometri
all'ora, ora sono consentite velocità fino a 110-120 chilometri. Ma soprattutto
è aumentata la capacità di trasporto, dai 180 treni giornalieri di quarant'anni
fa ai 220-250 consentiti ora dalla linea a doppio binario.
Abbiamo fatto riferimento a 40 anni fa, perché è nel 1969 che sono stati avviati
i primi lavori di ristrutturazione della linea, fino ad allora rimasta come
l'avevano costruita nel 1909. Non è stata un'impresa semplice - né dal punto di
vista tecnico, né da quello finanziario - e ciò spiega il tempo che si è reso
necessario per portarla a termine. Del resto si tratta di una ferrovia d'alta
montagna, con numerosi viadotti, tunnel, muraglioni di contenimento,
paravalanghe. Nonostante le correzioni apportate al tracciato, resta comunque
una linea con pendenze fino al 28 per mille.
L'ultima tranche dei lavori ha riguardato il raddoppio della rampa
Spittal-Mallnitz, di 9 chilometri, con un investimento di 90 milioni di euro. Si
tratta dell'ultimo tronco a sud dei Tauri, prima dell'ingresso in galleria che
sbocca a nord nella valle di Bad Gastein. Sono stati completati in tempo per
poter entrare in esercizio con il nuovo orario invernale. Era il tratto più
complicato di tutta la linea.
L'altro intervento più difficile risale al 2004: il raddoppio dei binari nella
galleria dei Tauri e l'adozione di tutti gli strumenti necessari per renderne
sicuro l'attraversamento, con un costo di 60 milioni. Complessivamente i lavori
effettuati sulla linea dal 1969 a oggi, compresa la realizzazione di strutture
di servizio, come stazioni, binari di raccordo e altro, hanno comportato un
investimento di un miliardo e mezzo. Il risultato più evidente è la durata del
viaggio, ridotta di un'ora rispetto a 40 anni fa.
In realtà la linea non è tutta a doppio binario. Resta a un solo binario tra
Böckstein e Bad Gastein (cioè all'uscita a nord della galleria dei Tauri), tra
Angertal e Bad Hofgastein e a Klammstein (la strettoia che chiude l'imbocco
della valle di Gastein a nord). Sono tratti molto brevi (in tutto 9 chilometri),
per il momento non presi in considerazione, perché ininfluenti sull'alta
capacità della linea.
Alta capacità che per ora è sfruttata soltanto in parte, con 18 treni passeggeri
al giorno e 60-100 treni merci, a seconda della stagione. «Ma il nostro
obiettivo - spiega l'ing. Christoph Posch, portavoce delle Ferrovie austriache -
è di aumentare soprattutto il traffico commerciale, per migliorare il rapporto
rotaia-gomma, che già oggi è soddisfacente». Con 12-13 milioni di tonnellate di
merci che viaggiano su treno, la linea dei Tauri è quella che presenta il
miglior rapporto a livello europeo rispetto al trasporto su strada. Un
confronto: in Germania è del 7%, in Italia del 6-7%; sulla linea dei Tauri
(rispetto al trasporto sull'autostrada quasi parallela) è del 33%. Per
completare il quadro: le merci trasportate per ferrovia in tutta l'Austria sono
96 milioni di tonnellate e il rapporto medio a livello nazionale è del 30%.
L'ing. Posch è convinto che ora, con il raddoppio completato, sarà possibile
fare di più, promuovendo in primo luogo il trasferimento dei camion al completo
su carri ferroviari, i cosiddetti Rola («Rollende Landstrasse»), che attualmente
sono quattro al giorno, ma che in breve tempo potrebbero raddoppiare, sottraendo
altri Tir inquinanti all'autostrada.
BONIFICHE - La Regione cestina l’accordo di programma -
Per l’assessore De Anna mancano i presupposti giuridici: «Non si fanno i
matrimoni sotto minaccia»
L’obiettivo prioritario è di individuare i siti non inquinati per restituirli all’attività industriale avvalendosi ancora della collaborazione dell’Ezit
La Regione non firmerà col ministero l’accordo di
programma sul sito inquinato nazionale. Ritiene che «non ci sono i presupposti
giuridici». Novità di queste ore, mentre il segretario generale era a Roma per
un confronto diretto tra avvocati della Regione e avvocati dello Stato.
Salta dunque anche questa tredicesima versione del testo, emendata, ma che sta
scatenando serie forme di rigetto da parte di tutti i privati chiamati in causa,
e cioé le imprese che insistono in zona industriale.
A chi giova, dice ora la Regione, un accordo di programma col ministero, se
questo attualmente ha il solo scopo di imporre obblighi, e di fatto una
tassazione altissima e indiscriminata sotto il titolo di «danno ambientale» a
tutti i titolari di aree in zona industriale, senza che siano prima verificate
le responsabilità di ciascuno nell’inquinamento? A questa domanda la Regione si
sta disponendo a rispondere in modo netto che non giova a nessuno. E, di più, a
dubitare seriamente della stessa fondatezza giuridica di un accordo che di fatto
mette i contraenti non d’accordo, ma sulla via diretta di rivolgersi a un
giudice, come già avvenuto.
La nuova posizione si basa anche su un elemento per così dire «storico». «Il
sito inquinato di Trieste - ricorda l’assessore all’Ambiente Elio De Anna - fu
creato non per diretto interesse alle bonifiche, ma per favorire una ripartenza
del settore industriale a Trieste. Che cosa occorreva per ridare fiato all’area
industriale? La bonifica. E lì nacque il sito. Ma i soldi per questa
”ripartenza” industriale non ci sono più, spariti. Lo scopo dunque è scomparso,
resta solo da bonificare. E adesso la Regione sta lavorando con il capo di
Gabinetto e l’Avvocatura, che hanno aperto un canale di colloquio con
l’Avvocatura di Stato per verificare se esistono presupposti giuridici coerenti
fra ministero e Regione, e si battono per costruire un accordo di programma che
non sia più di ”ripartenza economica” ma finalizzato al disinquinamento per
consentire nuovi insediamenti industriali».
In pratica, la Regione, che mette avanti i 60 milioni di euro stanziati per la
bonifica del Sin triestino, «a fronte dei 3 stanziati dallo Stato, più quelli
del e per il porto», come pensa di riscrivere il programma dei lavori? «La
missione della Regione - prosegue l’assessore, dopo numerosi incontri di Giunta
e con il presidente Tondo - è perseguire la caratterizzazione delle aree, e
intende ancora avvalersi per questo dell’Ezit già ufficialmente incaricata,
vuole individuare le aree non inquinate e restituirle all’attività, anche per
incassare nuove risorse da investire nelle bonifiche, trovare i responsabili
dell’inquinamento là dove i terreni sono sporchi, contrattare direttamente con i
proprietari di aree inquinate che non hanno responsabilità dirette i costi della
bonifica, per la quale ha appunto 60 milioni a disposizione». Nelle situazioni
di inquinamento grave, attingere a risorse ministeriali. In tutti i casi,
gestire direttamente la questione.
Si profila dunque un ribaltamento. Uno svincolo da un accordo che obbligando i
privati a pagamenti «ciechi», a transazioni coatte, o a pagare «danni
ambientali» magari mai causati, porterebbe, si dice, la Regione in tribunale.
Posizione in cui non vuole mettersi non solo in assoluto, ma anche relativamente
al fatto che non considera giuridicamente «difendibile» il testo in attesa di
firme. «Accordi e matrimoni - esemplifica De Anna - non si fanno sotto la
minaccia dei carabinieri». Piuttosto, non si fanno.
Altrettanto rigettato il principio, sempre scritto nel testo di accordo, che non
si avviano le analisi dei terreni prima che l’accordo sia firmato. Cosa che ha
finora frenato il completamento delle caratterizzazioni a Trieste, dove mancano
ancora circa 2 milioni di metri quadrati da sondare sui 5 milioni totali, ovvero
due anni e più di lavoro.
Si cerca insomma un «riallineamento degli astri sulle fonti giuridiche», come
dice De Anna, con lo scopo di «garantire un patto che tuteli salute, territorio,
imprese, perché queste imprese di Trieste e il porto - conclude l’assessore -
sono il valore aggiunto della regione, occasione di sviluppo». Quindi casomai, è
il senso, i soldi per le bonifiche andavano dati, e non al contrario chiesti e
anzi pretesi.
GABRIELLA ZIANI
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 gennaio 2010
Trieste-Divaccia, prende corpo la variante ”alta” -
CORRIDOIO 5 -
La nuova ipotesi di tracciato passerebbe per Opicina saltando la
Val Rosandra
Si moltiplicano gli incontri tecnici bilaterali in
vista della riunione del 29 gennaio Resta il nodo del collegamento del porto
giuliano con la rete ferroviaria europea
TRIESTE Le indiscrezioni della stampa slovena che hanno parlato di un
cambiamento del tracciato del Corridoio 5 tra Trieste e Divaccia ma,
soprattutto, hanno addirittura accennato a una possibile uscita di Roma
dall’accordo trilaterale Italia-Slovenia-Ue sul tracciato del medesimo corridoio
intermodale, ha scatenato le ire del viceministro ai Trasporti e alle
infrastrutture, il leghista Roberto Castelli. Il tratto Trieste-Divaccia «è
assolutamente una priorità del governo» ha affermato il viceministro. «La verità
- aggiunge Castelli - è che, mentre il nostro governo vuole fortemente
quest'opera, che deve essere vista anche in un'ottica di forte rilancio del
porto di Trieste, alcune forze - locali e non - fanno finta di sostenerla, ma in
realtà vi si oppongono, temendo un eccessivo rafforzamento del porto stesso,
adducendo come scusa le solite tematiche ambientaliste».
Castelli ha anche replicato al consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia
Stefano Alunni Barbarossa (Cittadini) il quale in una nota, citando come fonte
il giornale «Dnevnik» di Lubiana, ha riferito che «il governo italiano sarebbe
pronto a lasciar decadere l'accordo di cofinanziamento della Trieste-Divaccia
anche su pressione della Regione Friuli Venezia Giulia». Secondo Alunni
Barbarossa, «la notizia fa riferimento alle dichiarazioni, che considero molto
gravi, che il viceministro alle Infrastrutture Castelli avrebbe fatto in
occasione del vertice italo-sloveno di Brdo pri Kranju» e secondo le quali «la
Trieste-Divaccia non è una priorità».
«Ricordo - ha altresì affermato un arrabbiatissimo Castelli - che nel nostro
Codice penale esiste ancora il reato di propalazione di notizie false e
tendenziose. Se anche dopo le mie reiterate e pubbliche affermazioni, secondo
cui la Trieste-Divaccia è assolutamente una priorità del governo, si continua in
questa opera di disinformazione, chiederò al ministero dei Trasporti e delle
infrastrutture di agire in sede legale contro coloro che ad arte propalano false
notizie. Questa campagna di disinformazione - conclude Castelli - deve cessare».
Ma, aldilà delle ire ministriali, qualche cosa di nuovo bolle in pentola. La
conferma giunge dalla Farnesina. Fonti diplomatiche, infatti, sostengono che «a
seguito dell'incontro informale proprio tra il viceministro Castelli e il
sottosegretario sloveno Iacomin tenutosi il 22 dicembre scorso a Roma sono stati
avviati contatti fra tecnici delle due parti per esaminare in dettaglio le
caratteristiche del tracciato sul tappeto relativamente al tratto di Corridoio 5
Trieste-Divaccia. Tali contatti hanno avuto luogo il 7 e il 14 gennaio a Trieste
e continueranno in vista della riunione della Comitato intergovernativo
italo-sloveno programmato per il 29 di questo mese».
In questa prospettiva l’Italia ha in effetti presentato una proposta di variante
al tracciato (quello che sfiorava la Val Rosandra per congiungersi alla
Capdistria-Divaccia all’altezza di Crni Kal ndr.) che dovrebbe passare a Nord
della città, ossia da Monfalcone via Oicina per poi raggiungere Divaccia. Ed è
proprio su questa variante che stanno discutendo i tecnici italo-sloveni.
Variante che sarà discussa il prossimo 29 gennaio a Lubiana o a Pirano nel corso
del Comitato intergorvernativo italo-sloveno e «auspicabilmente», come sostiene
la Farnesina, approvata.
La conferma della variante giunge anche dall’assessore regionale ai Trasporti
Riccardo Riccardi. «La Tav tra Trieste e Divaccia - sostiene l’assessore - è una
priorità per il governo e per la Regione; siamo al lavoro per evitare i rischi
di un'altra Val di Susa». Replicando anche lui come Castelli al consigliere
regionale dei Cittadini Stefano Alunni Barbarossa, Riccardi ha spiegato che «il
viceministro Roberto Castelli, ascoltando le istanze della Regione, è impegnato
nella delicata opera di mediazione tra l'Italia e la Slovenia per la
realizzazione della Tav». «Tutto il progetto, invece - ha aggiunto Riccardi -,
non sarebbe garantito se non si intervenisse sull'attuale tracciato. La Regione
e il governo sono al lavoro per creare le condizioni per realizzare la Tav e
collegarla con il sistema portuale, allargando il consenso ed evitare che venga
bucata tutta la città di Trieste».
Sull'ipotesi del tracciato ”alto” tra Trieste e Divaccia, «è già avvenuto il
primo incontro tecnico e altri sono programmati prima della riunione della
Commissione intergovernativa (Cig) Italia-Slovenia» che si terrà - come detto -
il prossimo 29 gennaio».
Una sostanziale conferma dello stato dell’arte giunge anche dalla portavoce del
ministro dei Trasporti sloveno Patrick Vlacic. La portavoce conferma di fatto
quanto espresso dalle autorità italiane ma parla addirittura di un possibile
tracciato a Sud di quello che lambirebbe la Val Rosandra. In questo caso
verrebbe rispolverato il vecchio progetto dell’allora governatore del Friuli
Venezia Giulia che era fortemente propenso a collegare direttamente Trieste a
Capodistria utilizzando il tracciato della vecchia ferrovia. Ma, stando
sopratutto alle dichiarazioni italiane, questa ipotesi sembra godere di minori
quotazioni. Il 29 gennaio l’ardua sentenza.
MAURO MANZIN
Lubiana: nessun ripensamento per la linea con
Capodistria - Il ministro Vlacic assicura: i primi treni sulla nuova ferrovia
potrebbero viaggiare già nel 2016
CAPODISTRIA «Non ci sono né problemi né ripensamenti da
parte nostra. Il denaro c'è e i preparativi per la costruzione del nuovo binario
sulla tratta Capodistria-Divaccia procedono secondo i piani». Il ministro dei
Trasporti sloveno Patrick Vlacic, in una dichiarazione pubblicata dal principale
quotidiano nazionale, il ”Delo”, ha ribadito che Lubiana è intenzionata a
portare avanti il progetto del nuovo tratto ferroviario nei tempi prestabiliti,
indipendentemente dagli eventuali cambiamenti del progetto per la
Trieste-Divaccia da parte italiana.
L’accordo tra Roma e Lubiana per la realizzazione della tratta italo-slovena del
Corridoio 5 è sempre valido, ha ribadito Vlacic. È possibile che da parte
italiana ci siano nuove proposte sulla tratta tra Trieste e Divaccia, ma per ora
resta in vigore l'accordo già sottoscritto. I lavori di ammodernamento della
tratta Capodistria-Divaccia inizieranno già quest'anno, ed entro la fine
dell'estate potrebbero essere pronte tutte le licenze edilizie necessarie per i
primi interventi sul tratto Capodistria-Crni Kal (San Sergio).
Il ministro, nella sua dichiarazione al ”Delo”, ha fornito anche alcuni dati
sull'aspetto finanziario. I timori di non farcela sono ingiustificati, è
convinto Vlacic: Lubiana può contare su 440 milioni di euro dai fondi europei
per l'ammodernamento della infrastruttura ferroviaria fino al 2013, di cui 230
sono destinati al nuovo binario tra Capodistria e Divaccia. Per quanto riguarda
i fondi nazionali, lo Stato potrebbe, nello stesso periodo, garantire altri 200
milioni.
Vlacic ha di fatto ribadito quanto era stato dichiarato poco più di un mese fa
dal sottosegretario ai trasporti sloveno Igor Jakomin, che aveva annunciato l'epertura
dei cantieri prima della fine del 2010. I primi treni dovrebbero poter viaggiare
sulla nuova ferrovia nel 2017, se non addirittura nel 2016.
La prossima riunione della Commissione intergovernativa Italia-Slovenia per il
corridoio 5 (si tratta del Progetto prioritario numero 6 dell'Ue, asse
ferroviario Lione-Trieste-Divaccia/Capodistria-Divaccia-Lubiana-Budapest) è
prevista per il 29 gennaio.
Bonifiche, Trieste in stallo come tutta l’Italia - Nel
Paese 57 siti per 8 miliardi di metri quadri. Svincolato in 10 anni solo il 2%
delle aree
Mentre a Trieste è in campo un’altra volta il muro contro
muro tra enti pubblici e imprenditori privati, a 10 anni dal decreto che ha
istituito il Sito inquinato di rilevanza nazionale poi perimetrando una zona
immensa dalla Ferriera fino a Muggia che immobilizza un’area 17 milioni di metri
quadrati, di cui 5 milioni a terra e 12 milioni a mare incluso il porto,
mettendo di fatto in bozzolo tutta l’area industriale, che cosa succede nel
resto d’Italia? Sono i triestini quelli che si tirano indietro, che non vogliono
pagare danni, che non ci tengono a pulire da pesante inquinamento una fetta
strategica per lo sviluppo - tuttora frenato - del territorio?
STRETTI. La risposta è no. Se è fuori di dubbio che Trieste ha una scomodissima
particolarità, e cioé nessuna area alternativa sul territorio provinciale dove
poter spostare aziende, o dare spazio a nuove, «bypassando» la storica e scomoda
eredità dei terreni sporchi, oltre che stretti, la questione dilaga per tutto il
bel paese, su cui pesano ben 57 Siti inquinati (Sin), per un totale di 8,2
miliardi di metri quadrati di territorio, pari al 3% del totale, cui si
aggiungono le aree a mare. Un disastro di sporcizia, ma anche di vincoli,
soprattutto per la straziante lunghezza dei processi burocratici. Senza dire che
poi ci sono anche i siti inquinati di «rilevanza regionale», altri 151 in tutta
Italia.
NULLA. Dopo 10 anni, in questi siti «nazionali» sotto la diretta gestione del
ministero dell’Ambiente la caratterizzazione ovvero l’analisi dei terreni
risulta avviata solo nel 16% della superficie complessiva; appena il 2% delle
aree è stata svincolata o per avvenuta bonifica o per accertata non
contaminazione, e restituita ai cosiddetti «usi legittimi»; i progetti di
bonifica proposti ma non attivati sono inferiori allo 0,01%; quelli approvati
idem.
DIFETTI. I dati sono pubblicati in uno studio della Commissione sviluppo
sostenibile di Confindustria datato luglio 2009: «La gestione delle bonifiche in
Italia: analisi, criticità, proposte». Una fonte di parte, si direbbe, visto che
sono gli industriali a mettere in campo dappertutto la più ferma resistenza alle
procedure e ai costi di bonifica, anche là dove sarebbero ben che tenuti a
ripristinare situazioni di sicurezza ambientale violate, ma che tuttavia cita
fonti ufficiali del ministero dell’Ambiente e numerose sentenze dei Tar di ogni
parte d’Italia. Tutte dubbiose, se non apertamente critiche, nei confronti dello
schema di legge che poi si ripercuote sugli accordi di programma tra ministero
ed enti locali. Una legge nata nel 1999, modificata (ma pare non abbastanza) nel
2006, data nella quale tra l’altro gli ettari di terreno «nazionalmente
inquinati» sono saliti di numero in quantità abbondante.
COSTI. Confindustria individua tra le principali criticità normative il numero
di inquinanti considerati e il bassissimo livello di soglia (per le acque, pari
a quello della potabile, si dice), severità ben superiore rispetto ai parametri
europei; i costi eccessivi; la scarsa chiarezza con cui prende applicazione il
concetto che «chi non inquina non paga», ovvero il non esatto limite delle
responsabilità dirette; il fatto che i privati insediati sulle aree dei Sin non
siano interlocutori attivi degli enti pubblici; se innocenti, che siano tenuti a
risarcire l’ente che ha bonificato per la rivalutazione dei terreni ripuliti,
ovvero a risarcire in pieno l’ente che ha agito d’ufficio; che fino alla messa
in sicurezza del sito, o almeno alla firma dell’accordo di programma, sui
terreni Sin non può muoversi foglia. Infatti il risultato è che nulla si muove,
se non le azioni di rigetto di fronte a ingenti somme di «danno ambientale» che
tutti, inquinatori e no, dovrebbero pagare, solo per l’indirizzo dell’azienda.
In Toscana si grida a milioni di euro di investimenti fermi nella zona di Massa
Carrara, e anche lì accordo di programma rifiutato come a Trieste.
GABRIELLA ZIANI
BONIFICHE - E a Palazzo si cerca una via d’uscita - Il
segretario della Regione oggi a Roma, fissato incontro Dipiazza-Assindustria
Bonifiche, l’emergenza diventa politica. Ieri lunghe
riunioni in Regione, oggi nuovamente. La questione è sul tavolo del presidente
Renzo Tondo, in colloquio con l’assessore all’Ambiente, Elio De Anna. Il
segretario generale Daniele Bertuzzi sarà oggi a Roma. Il sindaco Dipiazza ha
fissato un incontro con presidente e vicepresidente di Assindustria, Sergio
Razeto e Vittorio Pedicchio. Gli stessi erano stati ricevuti a dicembre da
Tondo, che aveva promesso per la metà di questo mese un «tavolo operativo».
«Non possiamo prescindere dalla tutela delle imprese locali - anticipa De Anna
-, e non è solo una questione di cifre da pagare, ma di diritti, doveri,
responsabilità da chiarire». Mentre gli industriali si sono messi a riscrivere
per parte loro una proposta di modifica dell’accordo di programma in predicato
di firma a Roma, la politica che essi hanno accusato di aver «sottovalutato e
non capito il testo» si rimette al lavoro.
«Affronteremo tutti i temi - dice Dipiazza -, però ricordiamoci che il problema
nasce da una legge, la 152, dalla quale non possiamo dire ”togliamo questa
frase”». Più sulle spine è Mauro Azzarita, presidente Ezit: «Gli industriali
fanno benissimo a scrivere una controproposta, ma io rappresento un ente
pubblico e sono nominato dalla Regione, se la Regione mi dice di firmare lo devo
fare, proporrò un consiglio di amministrazione, non so se l’assenso alla firma
avrà la maggioranza. In caso contrario, non so che cosa sarà dell’Ezit, e di me
stesso. Vedremo se la Regione ha la forza di imporre un accordo. Peggio di
tutto: se questo accordo passa, saremo lo stesso alla paralisi, perché verremo
subissati da una pioggia di ricorsi».
L’Ezit rappresenta gli industriali insediati nella sua area ma nello stesso
tempo è ente di fiducia di ministero e Regione, ha responsabilità di attuare le
caratterizzazioni (mancano ancora quasi 2 milioni di metri quadrati da
analizzare su 5 totali) e anche le bonifiche, è l’ente pubblico che si
sostituirà ai privati nell’esecuzione dell’eventuale accordo di programma
«perché tutte le aziende di Ezit hanno acquistato i terreni prima che venisse
delimitato il sito inquinato». Dunque i privati sono esenti dal pagare i lavori.
Ma non dal danno ambientale, quei 320 milioni di euro da spalmare su tutti
indistintamente i possessori di aree, che nessuno digerisce. «Quella cifra -
conferma Azzarita - nessuno sa da dove sia spuntata, è vero, semplicemente è
stata fatta la somma: quanto costa il tutto? Quanti soldi pubblici ci sono? Il
resto è stato addebitato alle aziende».
Intanto ieri mattina sul sito della Pacorini a Zaule sono iniziati i carotaggi
da parte del perito Roberto Bevilacqua. Si tratta del primo atto
dell’accertamento tecnico preventivo disposto dal presidente del Tribunale
Arrigo De Pauli su richiesta dell’avvocato Giovanni Borgna, legale della
Pacorini. Avrà 90 giorni di tempo per consegnare la relazione. Al sopralluogo
erano presenti i periti della Pacorini e del ministero dell’Ambiente,
rispettivamente gli ingegneri Gianluca Gavagnin e Mauro Majone.
Tre le domande alle quali il consulente del Tribunale dovrà rispondere. La prima
è se il terreno è inquinato. In questo caso, se l’inquinamento riguarda anche le
falde acquifere sottostanti. Infine, se lo stato di inquinamento del terreno sia
dipeso dall’attività della Pacorini.
SEGNALAZIONI - «L’allevamento brado dei bovini per
recuperare la landa carsica»
In merito alla segnalazione apparsa su questo quotidiano
il giorno 9 gennaio 2010 a firma della signora Marina Ulcigrai riguardante il
pascolo di Basovizza, desideriamo rispondere ed esporre alla signora quanto
segue:
1) La cooperativa Pascolo sociale di Basovizza - Zadružni pašnik v Bazovici sta
procedendo al recupero e al miglioramento di un’area in passato già a pascolo ma
che in seguito all’abbandono è stata progressivamente colonizzata da vegetazione
arbustiva ed arborea. L’intervento è preordinato a realizzare un nuovo
insediamento zootecnico per l’allevamento estensivo di bovini che è in corso di
realizzazione con il coordinamento e la supervisione del Dipartimento di scienze
della produzione animale dell’Università di Udine, del Dipartimento di agronomia
ambientale e produzioni vegetali dell’Università di Padova e del Dipartimento di
biologia dell’Università di Trieste, con il coordinamento della provincia di
Trieste;
2) L’allevamento preposto dalle summenzionate aziende agricole interessate alla
gestione dell’intero programma di recupero e manutenzione della landa carsica
attraverso l’allevamento bovino, è quello della linea vacca - vitello che
rappresenta una tra le limitate possibilità disponibili per la valorizzazione
zootecnica delle zone del Carso triestino. L’allevamento in linea vacca -
vitello significa che gli animali vivono all'aperto praticamente per tutto
l’anno, in aree di pascolo recintate da recinti elettrificati. Le vacche, quindi
partoriscono all’aperto, con grande facilità ed i vitelli possono alimentarsi
con latte materno, erba ed altra «extra» alimentazione (distribuita dai titolari
delle aziende agricole) fino allo svezzamento. Questo vale anche per le pecore e
le capre;
3) Gli animali presenti al pascolo di Basovizza si sono adattati magnificamente
all’allevamento brado ed al sistema in linea vacca - vitello. Questo ci viene
confermato anche dalle dichiarazioni avute dai veterinari che hanno sempre
trovato gli animali in ottima salute. Abbiamo previsto anche per il loro
ricovero con l'installazione di due box-ricovero delle misure 3m x 9m cadauno,
un box-ricovero di 3m x 4m, di due strutture zincate per il porta fieno,
abbeveratoi ecc. Fra poco sarà realizzata anche una struttura-ricovero più
grande;
4) Gli animali al pascolo sono stati acquistati senza attingere ad alcun
finanziamento pubblico o comunitario. Le possiamo assicurare sinceramente che
abbiamo a cuore quando qualche animale muore anche senza essere attaccato e
sbranato da predatori (nel nostro caso dal lupo) e questo al di là della perdita
economica;
5) Desideriamo e speriamo che la signora Marina Ulcigrai continui a passeggiare
giornalmente con i suoi cani in mezzo alla nostra landa, invitandola però di
tenere i suoi cani al guinzaglio e con la museruola. Questo per non spaventare e
disturbare i nostri animali al pascolo che si trovano molte volte vicino ai
recinti elettrificati, là attirati grazie ai bambini, che con i loro genitori
spesso vengono a vedere ed accarezzare le nostre vacche, vitellini, capre e
pecore.
Alessandro Žagar - presidente del Pascolo sociale di
Basovizza - Zadružni pašnik v Bazovici - Damir Crismancich e Nada Zagar -
titolari delle Aziende agricole gestrici del pascolo di Basovizza
SEGNALAZIONI - MUGGIA - Raccolta differenziata
L’associazione Impronta assieme ad altri, tra cui la
Parrocchia e la Pallacanestro Interclub, si è fatta portatrice nei confronti del
Comune di Muggia di una proposta di volontariato di raccolta differenziata porta
a porta spinta. Non è questa la sede per entrare nel dettaglio del progetto,
anche se è da segnalare il coinvolgimento di qualche centinaio di famiglie. Ci
preme qui, riflettendo su come si è evoluta la situazione, fare una
considerazione di carattere generale sul rapporto tra cittadini, loro
organizzazioni e lo Stato. Noi abbiamo messo in conto, volendoci occupare di
raccolta differenziata dei rifiuti, di dover scalare la montagna costituita da
amministratori pubblici poco o nulla sensibili al tema, purtroppo non incalzati
né dalla stampa né, conseguentemente, dall’opinione pubblica locale. Opinione
pubblica forse vittima, è legittimo sospettarlo, di poca informazione. Quello
che non avevamo messo in conto è il fatto che, di fronte ad una proposta di
impegno sociale coerente allo spirito ed agli obiettivi della legge il Comune
semplicemente non avesse nulla di proprio da dire (l’ultimo incontro è del 5
novembre scorso), al di là di generiche formule di apprezzamento. Oltre la
mancanza di rispetto nei confronti di tanti cittadini, c’è dell’altro? Riguarda
solo noi muggesani e i nostri amministratori o è un problema più generale? Noi
pensiamo riguardi tutti, essendo il frutto della degenerazione del rapporto tra
i cittadini e lo Stato.
L’inefficienza della burocrazia colpisce i cittadini ma è, al tempo stesso,
manna dal cielo per la classe politica. Provate a chieder conto di una promessa
elettorale, di un impegno preso, di un disservizio: l’elenco degli impedimenti
non dipendenti dalla propria volontà è lì, sempre pronto. E si chiude il
cerchio: il cittadino si rassegna, smette di interloquire, e l’apparato pubblico
(politici compresi), non connesso alla propria realtà e non controllato, lavora
e interloquisce con l’unico interlocutore attivo: se stesso. Uscirne è
difficilissimo, ma non possiamo rassegnarci. E noi non ci rassegniamo.
Ovviamente, in un simile contesto, ogni cosa, anche la più semplice o ovvia,
diventa una gran fatica. Esiste sempre la possibilità di utilizzare i media
(giornali, televisioni, internet) per supportare le proprie richieste inevase o
per avere finalmente riscontro. E spesso questo sistema funziona. Ma
chiediamoci: è normale che per veder soddisfatte le proprie esigenze di
cittadino dall’interlocutore pubblico, l’unica strada percorribile, se non si è
«amici» o «clienti», sia quella di rivolgersi ai media? Noi pensiamo di no, e
ancora una volta non ci rassegniamo. Però le cose intanto vanno così.
Jacopo Rothenaisler
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 gennaio 2010
BONIFICHE - Gli industriali ribaltano l’accordo di
programma - Vittorio Pedicchio: «Vogliamo dare un contributo propositivo.
Consulenti ma non firmatari»
Convocheranno autonomamente un tavolo con tutte le
categorie per definire responsabilità e costi
Rimasta in prima linea, e senza più copertura da parte degli enti pubblici
che hanno già approvato ciascuno per conto proprio l’accordo di programma sulle
bonifiche considerato dagli operatori economici ingiustamente esoso nei
confronti dei privati, l’Associazione degli industriali prende un’iniziativa
autonoma.
Nella lunga riunione di ieri, durata dalla mattina al primo pomeriggio, è stata
infatti presa una decisione unanime. Assindustria convocherà un proprio tavolo,
con tutte le categorie interessate. Dalla Camera di commercio (già esclusa dai
vertici romani perché dissidente rispetto al testo proposto), alla
Confartigianato, alla Confcommercio, all’Ures: tutti uniti per ribaltare il
diktat che obbliga a pagare non solo per le bonifiche ma per un generico danno
ambientale anche se non direttamente provocato. «Vogliamo dare un contributo
propositivo - assicura il vicepresidente Vittorio Pedicchio -, noi non siamo
firmatari di accordi ma vogliamo essere consulenti».
La linea che gli industriali hanno in mente è un contrattacco alla filosofia
stessa dell’accordo redatto al ministero dell’Ambiente, anche rispetto a questa
tredicesima edizione, riveduta e corretta ma secondo gli imprenditori mai
abbastanza.
Se il problema sono i soldi (320 milioni il preventivo già messo nero su bianco
a pagina 33 dell’accordo), la risposta sarà più articolata: «Qualcosa pagheremo,
ma la procedura va ribaltata». Alla responsabilità diretta, economica, di
chiunque agisca sull’area del sito inquinato gli industriali vogliono proporre
un procedimento inverso che identifichi in modo chiaro quantità di inquinamento,
responsabili veri, costi chiari.
Nell’accordo è scritto esplicitamente che le amministrazioni centrali e la
Regione «intendono comunque garantire le somme necessarie, sulla base della
disponibilità di bilancio, al fine di completare la caratterizzazione e
realizzare gli interventi necessari a salvaguardare l’ambiente marino ricompreso
nell’ambito della perimentrazione del Sin (...) fermo restando l’azione di
rivalsa nei confronti dei soggetti obbligati». Un’anticipazione da recuperare,
dunque. Più avanti si citano «risorse derivanti da transazioni con soggetti
obbligati che, pur adempiendo all’obbligo di messa in sicurezza e bonifica non
provvedono a risarcire il danno ambientale, nonché risorse derivanti da azioni
di rivalsa a seguito di intervento sostitutivo messo in atto nei confronti di
soggetti obbligati inadempienti, sia per il recupero delle spese sostenute sia
per il risarcimento del danno ambientale». Anche recenti sentenze dicono che
«l’attività sostitutiva» dell’ente pubblico nell’attività di risanamento
equivale di fatto a una sorta di virtuale esproprio per necessità di bene
collettivo.
È qui che i proprietari di area vedono scendere dall’alto un’imposizione
economica che prescinde dalla loro singola situazione, e ad anni di distanza
dalla creazione del Sito nazionale, decretato nel 2003, stanno appena adesso
studiando l’evolversi di simili situazioni (e proteste) in alcuni degli altri 53
siti inquinati di cui è inzeppata l’Italia. In una relazione dell’Arpa è
dichiarato che «gran parte dell’area è stata oggetto nell’immediato dopoguerra
di imponenti interventi di interramento non solo di inerti e più in generale di
materiali di demolizione di civili abitazioni, ma anche di rifiuti industriali
misti, scorie e ceneri dell’inceneritore» e che gli inquinanti sono localizzati
alla profondità di due-tre metri, dislocati «a pelle di leopardo», con varie
concentrazioni di «metalli pesanti, idrocarburi, Ipa, diossine, amianto, ecc.».
La bonifica della parte a mare, 1200 metri quadrati sul totale di 1700, è stata
affidata dal ministero alle società Sogesid e Ispra, mentre «gli interventi
infrastrutturali dell’area portuale - si dice - sono in capo all’Autorità
portuale di Trieste». All’Autorità portuale vengono ascritti 40 milioni di euro
di spesa per le operazioni di carattere ambientale, «rispetto al complessivo
valore, pari a 135 milioni, dell’opera della piattaforma logistica».
L’ampliamento del porto è diventato infatti parte integrante dell’operazione di
bonifica, tanto che l’accordo specifica come la spesa totale sia da ripartire
tra fondi già stanziati per 83 milioni di euro, con cui predisporre le casse di
colmata per accogliere e nascondere i residui inquinati, e fondi da avere per le
strutture portuali vere e proprie dal ministero dei Trasporti (i restanti 54
milioni). Tutte partite ancora aperte, mentre adesso se ne apre una nuova,
l’ennesima.
GABRIELLA ZIANI
Quei Siti inquinati individuati nel 2000 dal ministro
Bordon - I TERRENI POI VENDUTI DALL’EZIT
Questione nata nel 2000, e intricatissima, quella delle
bonifiche sul Sito inquinato di interesse nazionale che va dalla Ferriera a
Muggia, e ingloba i progetti della Ferriera stessa, del porto, del
rigassificatore. Vediamo per sommi capi.
2000. Il ministro dell’Ambiente, il muggesano Willer Bordon, crea i Siti
inquinati di interesse nazionale, vi include il porto industriale di Trieste.
2002. La perimetrazione include area Ezit, valle delle Noghere, porto. Escluso
Porto San Rocco, turistico. È polemica per i costi e i vincoli alle aziende.
Presidente dell’Ezit è Pierpaolo Ferrante.
2003. La perimetrazione è legge, firmata dal ministro Altero Matteoli (An), oggi
titolare delle Infrastrutture. Gli industriali parlano di «problema sociale»,
che ne sarà delle 250 aziende? Il ministero annuncia 23 miliardi per analisi e
bonifiche. Il sindaco Dipiazza: «Niente catastrofismi». I Ds protestano: «Si
blocca lo sviluppo». L’area ex Aquila intanto è acquisita dalla Teseco, impresa
di bonifiche, previo accordo con la Regione (giunta Illy). Matteoli rassicura:
«Chi non ha inquinato non pagherà».
2004. Confartigianato: «L’Ezit ha venduto terreni inquinati di cui non sapevamo
la situazione». L’Ezit rimanda al ministero, e cerca un «soggetto unico» che
gestisca la questione. La Regione delibera: è l’Ezit stesso. Matteoli annuncia
un accordo con Sviluppo Italia ed entra in campo l’ampliamento del porto
(piattaforma logistica: banchine, trasporti, aree servizi). Su oltre 200
aziende, una decina presenta le analisi dei terreni. Pasta Zara bonifica da sè.
Gas natural propone un rigassificatore sull’area ex Esso (sito inquinato). Dal
2002 la Ferriera ha presentato un piano di riconversione che già prevede un
impianto di rigassificazione a mare. Ministero, Provincia, Comuni di Trieste e
Muggia e Autorità portuale entrano nell’accordo di programma accanto a Ezit,
Regione, Sviluppo Italia.
2005. Si prevede «un anno e mezzo» per il progetto di bonifica. Sviluppo Italia
certifica: su Valle delle Noghere-Rio Ospo non c’è rischio cancerogeno. Si
scopre che sono spariti i soldi per l’ampliamento del porto (piattaforma
logistica), 225 milioni di euro: serve una verifica ambientale perché l’area
(247 mila metri quadrati di cui 140 sul mare) «si trova nel sito inquinato». Gas
Natural presenta ufficialmente il progetto di rigassificatore, la
Soprintendenza: «No degrado sopra degrado». Gli enti non ratificano l’accordo di
programma sul Sin. Il centrosinistra accusa il centrodestra di frenare tutto.
Approvata a Roma la piattaforma logistica, con intervento dei privati.
«Immediatamente cantierabile» secondo Marina Monassi, presidente dell’Autorità
portuale. S’intravede la bonifica del porto?
2006. Il ministero propone la costruzione di una «barriera» antinquinamento in
mare tra Scalo Legnami e Muggia. Chi paga? Le aziende. È scontro. Ferrante:
«Meglio le nuove opere portuali».
2007. Il ministro Pecoraro Scanio è a Trieste, raccoglie le proteste degli
industriali. Si scopre l’inquinamento di Barcola. Boniciolli, presidente del
Porto: «Se entra nel sito nazionale, non pagheremo noi». Pecoraro: «Chi non ha
inquinato non pagherà». In archivio l’idea della barriera a mare. E da qui in
avanti i problemi non cambiano, ma si ripropongono, e i soldi per il porto non
sono arrivati.
Altura, una discarica sotto l’ospedale - LO STATO DI
DEGRADO ATTORNO ALLA PISTA CICLOPEDONALE - Accatastati materassi, termosifoni,
vecchi wc e lavatrici
Materassi bruciati, termosifoni, vecchi sanitari. Ma anche
diverse lavatrici, boiler e addirittura un cambiamonete. Questo lo squallido
scenario che si presenta nella zona dell'ex strada ferrata - ora sede della
pista ciclopedonale - all'altezza del rione di Altura. Meta di corridori, amanti
della bicicletta o semplici cittadini magari a spasso con il proprio cane, tutta
la zona dovrebbe essere uno dei polmoni naturali della nostra provincia,
inserito per altro a pochissimi passi dal cemento utilizzato per le corsie della
Grande viabilità.
I primi segni di degrado ambientale invece balzano subito all'occhio entrando
nell'area dal curvone sito in via Alpi Giulie, nel rione di Altura. Sulla destra
in mezzo ai rovi si possono scorgere diversi sanitari usati ancora integri, un
boiler, un secchio pieno di spazzatura, ma anche indumenti sparsi e qualche
scarpa. Tornando sulla stradina principale ci si imbatte poi nei resti bruciati
di almeno due materassi a molle, un divanetto e il paraurti di un'automobile: ma
non è che l'inizio. Proseguendo avanti all'ingresso di un'area privata tra il
fitto fogliame si possono scorgere bottiglie di birra, sedie rotte, ma anche
l'hard disk di un personal computer. Imboccando l'arteria principale della pista
ciclopedonale dal ponte collocato sopra il rio Storto si possono scorgere
diversi oggetti abbandonati. Attraverso una ripida stradina nel verde si scende
in una vera e propria dolina che di fatto segna il confine tra il territorio del
comune di Trieste e quello di San Dorligo della Valle. Su entrambi i lati si
ritrovano manufatti di ferro anche di notevoli dimensioni tra cui una probabile
cabina telefonica.
Presenti nel torrente anche una lavatrice e tantissimi indumenti. Un po' più in
alto sul monte ci si può imbattere poi in una struttura metallica piuttosto
ampia e ingombrante con la scritta “change” e il disegno di una banconota. La
struttura reca ancora codici di immatricolazione e sembra avere tutta l'aria di
essere un cambiamonete di quelli utilizzati nelle sale giochi e nei bar.
Tornando sulla ex ferrata e proseguendo in direzione dell'abitato di San
Giuseppe della Chiusa si possono vedere facilmente a occhio nudo i resti di un
piccolo frigorifero e sulla destra una piccola radura che ospita una stufa
elettrica, un materasso, il cestello di una lavatrice di grosse dimensioni,
diverse bombole del gas arrugginite. Camminando per tornare verso Altura un
anziano signore con il bastone che quasi quotidianamente passeggia in queste
zone scuote la testa: «Purtroppo la gente non ha un minimo di rispetto per
l'ambiente che la circonda: è proprio senza vergogna».
Riccardo Tosques
Un universo con 467 ”pianeti” - VOLONTARIATO. OPERANO
NELLA PROVINCIA DI TRIESTE NEI CAMPI SOCIO-ASSISTENZIALE E CULTURALE
Mosetti: «Finiti i tempi della parrocchie che si danno
da fare, è tutto organizzato»
«È finita l’epoca delle parrocchie che si danno da fare, ormai il
volontariato è una cosa molto seria». Lo spiega a chiare parole Dario Mosetti,
direttore del Centro servizi per il volontariato del Friuli Venezia Giulia. E in
effetti il volontariato a Trieste è cosa seria per davvero.
I DATI Secondo i dati ufficiali dell’ultimo bilancio sociale del Csv (2008) le
associazioni censite in provincia sono 467, una cifra di tutto rispetto se
paragonata alle 296 di Udine e alle 432 di Pordenone, fatte le debite
proporzioni di territorio e popolazione. «In testa rimane Gorizia – precisa
Moretti – che con 481 associazioni testimonia un brulicare di attività davvero
eccezionale».
I SETTORI Il volontariato in provincia di Trieste spazia sui settori più vari,
anche se il gruppo di associazioni che lavorano negli ambiti sanitario, sociale
e sociosanitario costituiscono senza dubbio il gruppo più rilevante, con un
totale di 153 realtà. Segue al secondo posto la cultura con 120 associazioni che
confermano la dedizione alle muse del capoluogo regionale.
LE PECULIARITÀ Ma la peculiarità di Trieste emerge anche da altri dati, ad
esempio nel numero di associazioni a carattere ambientale e sportivo,
sproporzionato rispetto alle altre province: le prime sono 48 a fronte di un
dato tra 20 e 30 nel resto della regione, le seconde sono 99 contro le 72 di
Gorizia e addirittura le 11 di Udine.
I PALETTI Una realtà composita soggetta a regolamenti sempre più ferrei, nella
quale il Csv regionale interviene come elemento organizzatore e di sostegno:
«Siamo un ente privato finanziato dalle fondazioni bancarie – spiega Mosetti –
ma in cui anche il pubblico è presente: le province sono nostri soci e i loro
rappresentanti siedono in consiglio direttivo».
IL SUPPORTO Scopo del Csv è dare un supporto professionale al mondo del
volontariato; il centro si occupa di editoria e formazione e produce ogni anno
numerosi materiali, ma fornisce alle associazioni anche assistenza legale e
logistica, dando in comodato gratuito stampanti, sale e mezzi di trasporto. «Per
questo dico che l’era pionieristica del volontariato è finita – dice Moretti –
si sta affermando sempre più la figura del professionista che, senza essere un
volontario, lavora per il volontariato». I servizi del Centro servizi per il
volontariato sono totalmente gratuiti.
IL VALORE «Il centro è sostenuto esclusivamente dai suoi finanziatori – dice il
direttore – in questo modo la nostra attività ha una forte ricaduta economica,
poiché diamo supporto gratuito a un settore che a sua volta realizza dal 4 al 5%
del Pil nazionale». Il valore del volontariato, insiste Moretti, non è soltanto
etico: «Le associazioni a carattere sanitario e sociosanitario suppliscono alle
carenze del welfare state – afferma – e pur senza voler essere la stampella
dello stato molto spesso forniscono a costo zero un servizio inestimabile».
I PROBLEMI Ma la crisi colpisce anche qui, come testimoniano i tagli in sede di
finanziaria regionale: «Il ragionamento della politica è che, in un momento in
cui c’è gente in cassa integrazione, il volontariato non può pretendere troppo –
spiega Mosetti – e tutto sommato è comprensibile, ma gli effetti si ripercuotono
su tutta la società».
I TAGLI Nel quadro generale dei tagli anche il Csv ha visto una riduzione dei
fondi a sua disposizione: «Da 1 milione 900mila euro siamo passati a 1 milione
350 mila, e per il prossimo anno si prevede un calo di altri 100mila euro –
dichiara – anche se, in confronto ai Csv di altre regioni, le nostra situazione
è migliore». Negli anni passati le fondazioni bancarie hanno trattenuto parte
dei finanziamenti al Csv creando così un tesoretto che, dice il direttore,
«speriamo ci permetta di traversare la bufera senza affondare».
LA STORIA Il Csv del Friuli Venezia Giulia esiste dal 2000 ed è uno dei 71
presenti in tutta Italia: «Siamo partiti con dieci anni di ritardo – ricorda
Mosetti – perché la legge che li istituisce è del 1991. Lo stesso volontariato
in Fvg è giovane in confronto ad altre regioni: le Misericordie in Toscana sono
nate nel 1200 e sono una vera potenza».
(g. t.)
«Rifiuti riciclabili, i costi non sono addebitati» - IL
SINDACO DI SAN DORLIGO RISPONDE AL CONSIGLIERE GOMBAC
Il composter è piccolo? Una dimensione adeguata per gli
scarti alimentari e dell’orto
Il nuovo regolamento comunale di San Dorligo per l'applicazione della
tariffa di smaltimento dei rifiuti è stato appena approvato e le polemiche
politiche già divampano. Fermo oppositore del sistema promosso dalla giunta è il
capogruppo della lista Uniti nelle tradizioni Boris Gombac, che ha posto diversi
interrogativi al sindaco Premolin.
A cominciare dalla richiesta su quale sarà la gratificazione dell’utenza per il
fatto che nel 2009 la raccolta differenziata ha raggiunto il 42,15%. «Il costo
della raccolta dei rifiuti di tipo riciclabile non viene addebitata al singolo
utente – risponde la Premolin – e quindi la gratificazione deriva appunto dal
fatto che non viene addebitato il costo della raccolta al singolo produttore».
Altro punto caldo è l'incentivazione del composter per l'umido, acquistato anche
con un finanziamento di 16 mila euro della Provincia. Dubbi sono stati posti in
particolare sulle dimensioni del composter. «Il composter distribuito ai
cittadini è di 400 litri – precisa il sindaco –. Considerando che in esso si
conferiscono principalmente gli scarti alimentari della cucina e quelli
dell'orto, la sua dimensione è adeguata».
Uno dei temi già avanzati dal politico dell'opposizione riguarda la Siot e la
Wärtsilä, e l'anomalia del comune di San Dorligo nel quale il 60% dei costi per
il servizio di nettezza urbana è a carico dell'utenza domestica. «La Siot e la
Wärtsilä smaltiscono in proprio i rifiuti prodotti e la suddivisione dei costi
avviene sulla base di tabelle di produttività nazionali, quindi la ripartizione
appare corretta», replica la Premolin.
Il Comune con il nuovo regolamento ha deciso, al fine di garantire la copertura
del servizio di raccolta, di stabilire un numero minimo di raccolte mensili per
utente. Questa decisione, secondo Gombac, è sembrata essere in contraddizione
con l'applicazione della tariffa sull'installazione del composter. Secca la
replica del sindaco: «Non c’è alcuna contraddizione, perché chi ha la
possibilità di avere un composter produce effettivamente meno rifiuti
indifferenziati, e per questo l’amministrazione ha deciso di agevolarli. Chi non
ha il composter non può non produrre che rifiuti indifferenziati, pertanto è
giusto che tali rifiuti vengano conferiti alla privativa comunale».
Grossi dubbi infine sulla reale partenza del nuovo sistema, visto l'uso
statistico del chip per la raccolta indifferenziata. «Il numero degli
svuotamenti dei rifiuti è stato rilevato esclusivamente a fini statistici, per
il periodo di tempo necessario a certificare la corrispondenza dei dati con i
reali apporti individuali: l'uso dei chip è servito per allineare i dati dei
svuotamenti. Il nuovo sistema dunque partito a tutti gli effetti».
(r.t.)
Ambiente, premio ad Autovie
TRIESTE Autovie venete, la società di gestione dell’A4
Trieste-Venezia e delle sue diramazioni, ottiene un riconoscimento prestigioso.
Il suo sistema di monitoraggio delle aree di depurazione delle acque accede
infatti alla ”finalissima” del premio internazionale ”Innovation Awards at Cisco
Live 2010” nel categoria dei progetti con una spiccata attenzione all’ambiente.
Autovie venete è una dei tre finalisti del premio: deve vedersela con il Borough
of Hillingdon Council di Londra, selezionato per un progetto sull’efficienza
energetica e con la tedesca Sap Ag, prescelta per un progetto sulla
telepresenza. Il vincitore assoluto del premio, come annunciato dalla
concessionaria autostradale, sarà proclamato a Barcellona il prossimo 28
gennaio.
By-pass pedonale da viale Miramare al nuovo Silos
attraverso la stazione
Fa parte delle opere di urbanizzazione a carico delle
Coop Nordest. Giovedì la ratifica dell’Accordo di programma
Un percorso pedonale senza ”buchi” da viale Miramare alla futura cittadella
commerciale (e non solo) del Silos, passando per la Stazione dei treni e a
tagliare via Flavio Gioia. E poi un nuovo flusso ”comandato” per i pullman
extraurbani destinati a sostare nella nuova stazione delle autocorriere, non più
in testa ma alle spalle dell’edificio: corsia di entrata a lato della Sala
Tripcovich e, soprattutto, uscita lungo la bretella dietro corso Cavour, da
largo Santos a piazza Duca degli Abruzzi, il by-pass su area demaniale che
l’Autorità portuale ha inserito da par suo nella partita, per alleggerire i
possibili carichi di traffico. Traversa pedonale da viale Miramare e bretella
viaria dietro le Rive - due novità che contribuiranno a ridisegnare la mobilità
dell’area a prescindere da quale destino sarà riservato al megaprogetto di
restyling di piazza Libertà - evocano in effetti ciò che succederà una volta
terminati i lavori. Non dentro il Silos, trasformazione di cui si sa ormai
tutto, bensì fuori. Sono contenute entrambe nelle planimetrie allegate alla
delibera con la quale giovedì sera il Consiglio comunale, presumibilmente con
voto bipartisan, ratificherà l’Accordo di programma sottoscritto in Regione, a
fine 2009, proprio per la riconversione del Silos, l’intervento da cento milioni
d’investimento che Coop Nordest punta a realizzare entro il 2013 per 45 mila
metri quadrati di superficie complessiva e 350 posti di lavoro.
La traversa pedonale, in particolare, è una delle opere che la convenzione mette
sulla groppa della Silos Spa - la società formata dalle stesse Coop Nordest e
dalla controllata Unieco Costruzioni - a titolo di oneri di urbanizzazione
primaria, che valgono 964mila euro su un monte-oneri di due milioni e 887mila
euro. Cifra che, in realtà, rappresenta un sottile spicchio di quanto la Silos
Spa metterà sul piatto per le cosiddette opere di interesse pubblico,
nell’ambito del suo megainvestimento: qui, infatti, si arriva complessivamente a
16 milioni e 800mila euro. Di questi 12 milioni e 631mila equivalgono al valore
della realizzazione delle sale polifunzionali, due milioni e 621mila euro sono
destinati a un nuovo deposito coperto lato mare, 275mila euro vengono riservati
per il parcheggio esterno degli autobus, mentre un milione e 271mila euro è la
quota dedicata a un’area terminal intermodale, sempre esterna. Risultato: il
Comune, a livello patrimoniale, porta a casa un ”tesoretto” quantificato in 11
milioni e 425mila euro. La delibera attesa il prossimo giovedì all’ultimo
passaggio, oltre che l’ok della giunta, ha già incassato il nulla osta della
Quarta circoscrizione - il cui presidente Alberto Polacco guarda alle «ricadute
positive sia sul turismo che su tutta l’area circostante, compreso il Borgo
Teresiano, creando già all’entrata della città un polo turistico, congressuale e
ovviamente commerciale» - e proprio ieri anche quello unanime della Sesta
commissione Urbanistica. Il cui presidente, a sua volta, cioè l’Udc Roberto
Sasco, auspica ora una rapida approvazione di quei provvedimenti, sempre di
competenza municipale, da cui possono dipendere i tempi del nuovo Silos: «Piano
regolatore, Piano particolareggiato del centro storico e anche Piano del
traffico. Per fortuna - conclude Sasco - ci sono privati che credono nella
nostra città. Dobbiamo dare loro certezze».
(pi.ra.)
SEGNALAZIONI - Sulla «Maddalena» - REPLICA
L’attacco di Donato Riccesi contro il Wwf e il
sottoscritto a proposito dell’intervento edilizio nel comprensorio dell’ex
ospedale «La Maddalena» rende necessarie alcune puntualizzazioni.
Riccesi sostiene che la competente Circoscrizione espresse per tre volte parere
favorevole al progetto, tra il 2007 e il 2009. Mai affermato il contrario: i
pareri delle Circoscrizioni sono però tutt’altra cosa rispetto alla vera
informazione e al coinvolgimento della cittadinanza. Che in questo caso sono
mancati del tutto.
So benissimo (e l’abbiamo denunciato più volte), poi, che le cubature previste
nell’area dell’ex «Maddalena» derivano dall’accordo di programma del 2001 tra
Regione, Comune e Azienda sanitaria. La speculazione è nata lì, infatti, cioè
dall’aver dichiarato la «vocazione edificatoria» dell’area per poi fare cassa
vendendola. Il che ha implicato la distruzione di quello che poteva (e doveva)
diventare un giardino fruibile dall’intera cittadinanza.
L’articolo cita poi i «diecimila metri quadrati di verde» che il progetto
prevederebbe. Le planimetrie depositate per la procedura di verifica regionale
indicano però che, all’atto dell’acquisto dell’area da parte di «Generalgiulia2»
e prima dello scempio, la superficie complessiva del verde era pari a 9 135, 52
mq, mentre dopo l’attuazione del progetto ne rimarrebbero 8125,22 (non
diecimila), per di più in gran parte spezzettati in diversi lembi senza
continuità tra l’uno e l’altro. Insomma, aree di risulta tra gli edifici,
sostanzialmente non fruibili. Senza contare che le decine e decine di alberi
d’alto fusto un tempo esistenti, non potrebbero mai essere reimpiantate, perché
il sottosuolo dell’area sarebbe in gran parte occupato da un grande parcheggio
multipiano, al di sopra del quale potranno sopravvivere - tutt’al più - delle
aiuole con erba e qualche arbusto.
Non dovrebbe essere poi necessario ricordare a Riccesi che le osservazioni del
Wwf si sono basate sulla documentazione di «Generalgiulia2» messa a disposizione
del pubblico, come prevede la legge, nel sito Internet della Regione. Perché
allora tanto astio, per il fatto che il Wwf abbia dato notizia ai media delle
proprie osservazioni? Secondo Riccesi, cercheremmo di «creare ad arte un clima
di soggezione attorno alla Commissione regionale incaricata di esprimersi sulla
Valutazione d’impatto ambientale (in realtà sulla verifica preliminare - ndr)
del progetto». Insinuazione offensiva, per la Commissione innanzitutto, prima
ancora che per noi.
Dario Predonzan - referente Urbanistica Wwf Trieste
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 gennaio 2010
Kocijancic: «Tav Trieste-Divaccia, usate mappe degli
anni Sessanta» - Studio di fattibilità, interrogazione del consigliere regionale
di Rc Riccardi: chiederò una verifica
«I progettisti della Tav, nel complesso della
documentazione progettuale riguardante il tratto transfrontaliero
Trieste-Divaccia, hanno utilizzato carte corografiche obsolete o quantomeno
risalenti ai primi anni ’60». Lo afferma, in un’interpellanza rivolta al
presidente della Regione Renzo Tondo o all’assessore a Infrastrutture e
trasporti Riccardo Riccardi, il consigliere regionale di Rifondazione comunista
Igor Kocijancic. Che sottolinea, nel testo, come queste mappe siano quindi
«mancanti di intere porzioni ed aree estese di territorio ormai urbanizzato e
intensamente edificato» e che, di conseguenza - prosegue nel testo l’esponente
di Rifondazione - «si ricava un’incidenza completamente falsata dei possibili
impatti del progetto sull’abitato». Kocijancic chiede alla Regione come, a
questo punto, intenda procedere nei confronti dei progettisti. E inoltre «quali
azioni intenda intraprendere e quali ulteriori risorse finanziarie intenda
impiegare per l’adeguamento del tracciato e del progetto in superficie stante il
fatto che il progetto esistente è stato finanziato con fondi comunitari ed è già
costato alcuni milioni di euro».
Ad accorgersi dell’impiego di carte “datate” è stato il collega di partito di
Kocijancic, Peter Behrens, consigliere della Sesta circoscrizione comunale. «Si
tratta di una cartina su cui mancano varie case - dice Behrens -. In
particolare, queste situazioni sono evidenti nella zona del Faro della vittoria
o nella valle che dal quadrilatero di Rozzol Melara va verso Cattinara. E ancora
a Roiano e nell’area del cavalcavia ferroviario di Barcola». Behrens, peraltro,
abbina alle proprie riflessioni il supporto di documenti cartacei utili a
confrontare le mappe obsolete con quelle contemplate dal Piano regolatore
comunale. «Ci sono delle difformità con le carte legate al Prg. Se si devono
fare della valutazioni sulla fattibilità, bisogna partire da dati corretti»,
conclude Behrens.
Da fonti vicine a Italferr, la spa che per Rfi-Rete ferroviaria italiana ha
redatto lo studio di fattibilità sul tratto transfrontaliero Trieste-Divaccia
della Tav assieme ai colleghi del ministero dei trasporti sloveno, arrivano -
anche se a denti stretti - ufficiose conferme sull’utilizzo di carte non
aggiornate per le analisi corografiche, sottolineando anche «che si tratta
sempre di uno studio di fattibilità e neanche ancora di un progetto di massima».
Al tempo stesso, dal medesimo versante, viene messo in evidenza pure come le
relazioni ambientali e gli altri approfondimenti collegati siano stati
predisposti sulla base di documenti cartacei aggiornati.
A rispondere a Kocijancic sarà l’assessore regionale Riccardo Riccardi, che
assicura: «Chiederò una verifica sulla questione. Anche se - ricorda - stiamo
nel frattempo lavorando sull’ottimizzazione del tracciato, specie nell’area del
Val Rosandra, per riuscire ad arrivare a una versione dello stesso che possa
ottenere un più ampio consenso da parte della popolazione». Di dettagli sulle
modifiche, però, Riccardi non ne anticipa. Sull’argomento resta la massima
riservatezza: «Ci sono stati degli incontri fra i tecnici italiani e sloveni. E
altri ce ne saranno ancora», conclude l’assessore.
MATTEO UNTERWEGER
«Bonifiche, i politici hanno sottovalutato» - DOPO LA MINACCIA
DELL’AVVOCATURA DELLO STATO DI CITARE A GIUDIZIO LE AZIENDE
Assindustria: non hanno capito il testo dell’Accordo, noi pagheremo solo
cifre ragionevoli - «Già stese tredici versioni della bozza, e ancora non si sa
come uscirne»
«A una transazione bisogna arrivare, ma chi non ha inquinato non deve risarcire
il danno»
«Reazione inaspettata. Non è dicendo ”o così o pomì” che si risolvono le
questioni serie. Noi intendiamo pagare, e vogliamo assolutamente che la
questione si risolva, ma bisogna arrivare a una cifra ragionevole, accettabile».
Bonifiche: dopo che l’Avvocatura dello Stato, per voce dell’avvocato Daniela
Salmini, ha minacciato le aziende triestine che contestano i costi da sostenere
sul Sito inquinato nazionale di vedersi denunciate a una a una se non accettano
la «transazione», il presidente degli industriali Sergio Razeto non prende
spavento, dice solo che non è maniera. «A una transazione si deve arrivare -
afferma - ma resta sempre valido, specie dopo la recente sentenza del Tar, che
se uno non ha inquinato il danno ambientale non lo deve pagare». Inutile
insistere, dunque. Alla tredicesima versione dell’accordo di programma si è al
punto di partenza, anche se la minaccia di una plateale denuncia da parte dello
Stato ha alzato il tono del confronto.
Oggi si terrà in Assindustria una riunione, domani altre due. Per risentire gli
umori e decidere. Sembra che la linea presa dagli industriali (i quali
continuano a sottolineare di sentirsi inascoltati e mal rappresentati) sia
quella di riaprire un franco confronto non tanto a Roma, ma a Trieste: con gli
enti che trattano, che firmano.
«Non si sa come uscirne - confessa un po’ esasperato il vicepresidente Vittorio
Pedicchio -, ma certe sono tre cose: primo, nel corso di ben tredici versioni di
quell’accordo i politici, forse per scarsa esperienza e conoscenza, per il fatto
di ignorare la materia, hanno finora sottovalutato o non capito quello che c’era
scritto; secondo, a nessuno si può dire ”prima firmi e poi vediamo quanto devi
pagare”, questo è un ricatto, in più, e in contraddizione, mettendoci anche
davanti una cifra di 336 milioni di euro per sanare un inquinamento che nessuno
sa prodotto da chi, se non da enti pubblici; terzo - conclude Pedicchio -, non
si può cominciare dalla fine, prima paghi e poi verifico e bonifico, al
contrario bisogna terminare le analisi dei terreni, quantificare l’inquinamento,
stabilire chi lo ha prodotto, e solo dopo dividere responsabilità e costi. A
tutt’oggi non sono resi noti i risultati delle caratterizzazioni, peraltro da
completare. Se ho inquinato pago, eccome pago. Ma qui - prosegue - come è venuta
fuori questa esorbitante cifra? Io penso che sia ciò che manca al finanziamento
statale per raggiungere la copertura del costo finale, e cioé i 350 milioni
totali. E perché una cifra così alta? Perché nel 2003 si fece ampliare il Sito
inquinato il più possibile, sperando che arrivassero fiumi di soldi, adesso se
togliessimo qualche cosa da quel programma, per esempio il depuratore di Servola,
tutto costerebbe meno, e anche la cifra dei privati calerebbe. Bisogna tornare a
dialogare non a Roma - conclude deciso Pedicchio - ma qui a Trieste, gli enti
devono capire che siamo tutti su una stessa barca».
Sulla stessa barca c’è poi anche il Porto. Che occupa una parte non indifferente
delle 36 pagine della bozza di accordo e dell’allegato sugli «interventi» (in
cui si dice che «ha attivato solo in minima parte il piano di caratterizzazione»
per l’area marino-costiera che gli compete). La creazione della piattaforma
logistica di ampliamento, per cui sembrano «spariti» i finanziamenti mai
deliberati dal Cipe, è parte integrante di questo accordo. La prima fase di
bonifica poggia sulla creazione di grandi vasche di colmata a mare in cui
rinchiudere i sedimenti sporchi, e queste strutture dovrebbero diventare la base
su cui poggiare i piani della nuova banchina. Anche i costi sono tutti inseriti
nell’accordo di programma sulle bonifiche. Come se una firma condizionasse anche
la partita portuale? «Io non arrivo a pensare a tanto, - commenta Razeto -,
certo che se la piattaforma logistica venisse finanziata si risolverebbe anche
una parte del problema bonifiche. Voglio davvero sperare che per i finanziamenti
si tratti di un semplice ritardo, perché anche il Porto è un’azienda, ed è
l’unica azienda che certamente non soffrirà negli anni a venire».
Il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniciolli, nega ogni relazione:
«È solo che i soldi si scrivono» dice, sottintendendo che poi non arrivano. E
aggiunge: «Noi siamo l’unica azienda pubblica dell’area inquinata, non abbiamo
presenze private, e l’accordo di programma lo firmiamo».
GABRIELLA ZIANI
Dagot, che protegge le 200 pecore di Monrupino - FILO
ELETTRIFICATO E UN MASTINO ABRUZZESE PER IL GREGGE
Si chiama Dagot il ”guardiano” delle 200 pecore che
pascolano tra le pendici del Monte Lanaro e l’area sottostante la rocca di
Monrupino. Dagot finora ha tenuto lontani i lupi dagli agnelli ed è stato
aiutato nel suo lavoro di sorveglianza e dissuasione anche dalle reti elettriche
poste attorno ai prati dove il gregge bruca, mette al mondo i suoi piccoli,
dorme e concima l’erba.
Dagot è un mastino abruzzese, pesa una cinquantina di chili, ha il pelo bianco
latte come quello delle ”sue” pecore che non perde mai di vista. «Finora
l’attenzione dei lupi che hanno ucciso alcune capre e pecore a Basovizza qui non
si è palesata. Ma è solo questione di tempo. Prima o poi cercheranno di colpire,
perché hanno fame e sanno che qui c’è tanta carne a loro disposizione» afferma
Omar Marucelli, il proprietario del gregge e del cane che lo sorveglia.
Una decina di giorni fa Omar Marucelli ha scoperto sul fondo di una adiacente
dolina la carcassa dilaniata di una sua pecora. Ma è convinto che non siano
stati i lupi a ucciderla. «Credo sia stato un cane Husky che spesso gira libero
in questa zona. È riuscito a colpire e a trascinarla via perché qualche gitante
aveva rimosso un tratto della rete elettrica che protegge il gregge. Dagot ha
preferito restare accanto ai suoi animali, piuttosto che inseguire l’aggressore.
Ecco perché chi percorre i sentieri del Carso a piedi o in bicicletta non
dovrebbe rimuovere nemmeno un metro di rete elettrificata. Faccia un giro
attorno, perché oggi il rischio è cresciuto di molto con l’entrata in scena dei
lupi. I gitanti non usino, come è accaduto, anche tenaglie per segare i fili».
L’Husky che ha sbranato la pecora è stato identificato, e anche il proprietario.
Ma non ci saranno seguiti giudiziari o richieste di indennizzo. «Mi è stato
offerto di far pascolare il mio gregge su altri prati. In qualche modo è un
risarcimento... Ed è meglio così: metterci d’accordo tra di noi» dice Omar
Marucelli.
Oltre all’incursione dei cani lasciati liberi o di quelli rinselvatichiti, il
gregge un paio di anni fa era entrato nel mirino di una lince, più volte
segnalata sull’altipiano. Ma Dagot è riuscito a tenerla lontana. Più difficile
invece per il mastino abruzzese proteggere gli agnelli appena nati dalle
picchiate dei corvi imperiali. Il sangue del cordone ombelicale degli agnelli
appena nati attira questi predatori e se mamma pecora non è attenta, i corvi
attaccano in gruppo e feriscono a morte l’agnellino con i loro forti becchi. Le
zone del corpo scelte per colpire sono quelle adiacenti al cordone ombelicale,
l’area anale e gli occhi.
Nella notte tra sabato e domenica, nel grande prato sottostante la Rocca di
Monrupino, quattro pecore hanno messo al mondo altrettanti agnelli. Un altro era
nato 24 ore prima. Ieri mattina i piccoli erano adagiati nell’erba, ai piedi di
fitti arbusti e cespugli. Accanto la mamma. Tutto attorno la neve caduta durante
nelle prime ore del mattino. I rami sottili proteggevano gli agnellini dai corvi
ma anche Dagot faceva buona guardia. Chi si avvicinava troppo - non importa se
pecora, montone o essere umano - veniva invitato ad allontanarsi. Qualche
leggero morso ai fianchi delle pecore, qualche manica tirata, senza affondare i
denti. Un invito esplicito che una volta accolto veniva sottolineato dal cane
con un ampio movimento della coda.
Gli agnelli nella tarda mattinata sono stati prelevati assieme alle madri da
Omar Marucelli: destinazione una stalla dove passeranno le prossime quattro -
cinque settimane, lontane dai pericoli del bosco. Né cani, né lupi, né linci, né
corvi imperiali. Sono agnelli preziosi, eredi di una razza di ovini in via di
estinzione che Omar si è ripromesso di salvare per la sua biodiversità. Sono
pecore istriano-carsoline, con antiche ascendenze pugliesi e siriane. Il maschio
è alto anche 80 centimetri, la femmina si ferma a 75. Il colore del vello è
bianco-latte con picchiettature e macchie nere o marrone. In tutto ne esistono
300 esemplari.
CLAUDIO ERNÈ
Petizione contro le nuove case a Scorcola - Sotto
accusa la cancellazione del parco e di una parte della storica villa - Stati
generali l’8 febbraio
Ha già raggiunto quota cento e promette di crescer ancora
di più nei prossimi giorni la seconda raccolta di firme per «protestare contro
il pesante intervento edilizio in atto nella zona delle vie Artemidoro, Scorcola
e Strabone». Da lunedì scorso è possibile sottoscrivere il documento anche al
caffè “Stella polare” di piazza Sant’Antonio Nuovo, dove i titolari dello
storico esercizio hanno accolto la richiesta dei proponenti. Potendo disporre di
un punto di riferimento così centrale, gli organizzatori della raccolta firme,
che finora si sono affidati al classico “porta a porta”, puntano a moltiplicare
i nominativi contrari al cantiere.
La vicenda è nota. Nella zona dov’è stato allestito il cantiere edile sorge una
storica villa, che era attorniata da uno splendido parco composto da alberi
secolari. Una parte della costruzione è stata abbattuta, mentre è stato quasi
del tutto spianato lo spazio verde che garantiva un polmone a tutto il rione.
Adesso in quel sito sta per sorgere un caseggiato di quattro piani, che i
residenti della zona ritengono «del tutto incompatibile con le costruzioni
dell’area circostante, che sono mediamente basse e di struttura classica».
Sul tema si è espresso con forza anche il consiglio circoscrizionale
territorialmente competente, attraverso il presidente, Sandro Menia. Già nel
novembre del 2009, Menia aveva ricordato, rendendo pubblica una decisione del
parlamentino rionale, che «il Consiglio della terza Circoscrizione ha espresso
parere sfavorevole alla variante che prevede la demolizione della villa, in
quanto l’intervento è fortemente impattante dal punto di vista visivo,
paesaggistico, ambientale. È previsto un rivestimento murario – aveva precisato
– oltre alla copertura con pannelli ondulati di acciaio color piombo, ringhiere
e passamano dei balconi di colore bianco, serramenti altrettanto chiari e un
ulteriore rivestimento murario di colore rosso ossido».
Coloro che contestano la nuova realizzazione parlano anche dell’abbattimento di
un tratto del centenario muro di cinta della villa. Sull’argomento si è spesa
anche la presidente della sezione di Trieste di Italia nostra, Giulia Giacomich,
che la prossima settimana avrà un appuntamento con alcuni tecnici della
Soprintendenza per «verificare la regolarità dei lavori eseguiti», facendo
specifico riferimento al codice “Urbani”, che tutela tutte le costruzioni
classiche con almeno un secolo di vita. Critiche espresse dall’associazione ben
prima dell’inizio dei lavori.
(u. s.)
SEGNALAZIONI - Prg bocciato
Il parere della Regione sul piano regolatore di Trieste è
stato consegnato ufficialmente ai consiglieri comunali. E quando un piano
regolatore è carente di accurate motivazioni, lì dove decide di ridurre
l'edificazione, e manca di una riflessione generale sulla sostenibilità
urbanistica, lì dove individua i nuovi insediamenti e le nuove infrastrutture, e
quando a sostenerlo è la Direzione regionale della pianificazione, quel piano è
sbagliato. 18 sono alla fine le riserve sostanziali e vincolanti con cui la
Regione rinvia al Comune di Trieste la variante 118, adottata a luglio dell'anno
scorso. 18 riserve che suonano come una sonora bocciatura della presunzione del
sindaco di aver fatto un ottimo piano.
Il Comune non poteva da una parte ridurre l’edificazione e dall'altra
individuare nuove aree di espansione residenziale senza una coerente e
approfondita quantificazione del fabbisogno abitativo. E nelle periferie e sul
Carso non poteva farlo senza conoscere l'effettivo stato di urbanizzazione del
territorio e senza misurare preventivamente le ricadute dei nuovi insediamenti
sugli abitati esistenti e sulla viabilità.
Ma è sullo sviluppo futuro del territorio che la Regione picchia giù duro: nelle
due mappe del piano struttura il Comune ha solo indicato l’ampliamento dell'area
per la ricerca scientifica e il polo energetico, o le infrastrutture, come la
Tav, la metropolitana leggera o il collegamento sottomarino tra Porto Vecchio e
Porto Nuovo. Ma ha dimenticato di redigere le analisi degli effetti e delle
ricadute che questi nuovi insediamenti avranno nel medio e nel lungo periodo
sulle attività economiche e sociali, sulle risorse naturali e sugli altri
insediamenti e infrastrutture. Manca cioè la verifica della compatibilità
urbanistica, infrastrutturale e paesaggistico-ambientale delle previsioni di
sviluppo di Trieste. Ma queste previsioni - è detto dalla Regione - travalicano
anche gli obiettivi che il Consiglio comunale si era dato con le direttive
impartite nel 2007, al punto che ora dovrà o riformulare le direttive
politico-programmatorie e quindi riadottare il piano o rielaborarlo
completamente. E se pensiamo che stiamo parlando dell'infrastruttura ferroviaria
dell'alta capacità e del rigassificatore di Zaule, capiamo anche come la
dimenticanza incida proprio sul futuro del tessuto economico e produttivo di
Trieste e del suo porto. Ma non basta colorare con i retini le aree o disegnare
gli assi ferroviari sulle mappe, è necessario - sostiene sempre la Regione -
definire anche un approfondimento progettuale più aderente, che individui gli
obiettivi finali che si vogliono raggiungere e le modalità e i tempi per
raggiungerli.
Eravamo facili profeti quando sostenevamo che il piano regolatore di Dipiazza
era solo un piano edilizio e non un piano urbanistico e che fin dalle direttive
erano mancate le linee strategiche per lo sviluppo del territorio.
Fabio Omero
SEGNALAZIONI - «La strage degli alberi dura da
trent’anni» - TUTTO IL VERDE SACRIFICATO
Hanno ragione gli ambientalisti del Wwf a protestare contro la strage di
alberi avvenuta nel comprensorio dell’ex ospedale della Maddalena. Prima di
reagire in maniera stizzita con il solito ricatto occupazionale i rappresentanti
dei costruttori edili dovrebbero riflettere su quante piante di alto fusto sono
state distrutte a Trieste nel corso degli ultimi 30 anni in nome del cosiddetto
progresso. L’elenco è veramente impressionante, a cominciare da piazza dei
Volontari Giuliani e via Giulia nel rione di S. Giovanni, via Franca a S. Vito,
via dell’Istria, piazza Puecher e campo S. Giacomo nel rione omonimo, piazza dei
Foraggi e piazza del Perugino nella zona di Barriera, piazza tra i Rivi a Roiano
eccetera eccetera. L’invasione indiscriminata del Carso collocato nel territorio
comunale di Trieste da parte di una marea di ville, villette e villone è sotto
gli occhi di tutti. Si potrebbe andare avanti per pagine intere. Si tratta di un
elenco interminabile che si allunga di giorno in giorno. E lasciamo perdere le
torme di operai incompetenti che vanno a potare gli alberi delle vie cittadine
nei periodi dell’anno più assurdi armati di seghe a motore impazzite. Solo il
dimissionamento dell’assessore Bandelli, che io ho salutato con gioia, ha
fermato per ora il taglio indiscriminato di alberi in piazza Libertà. Cerchiamo
di pensare di più alla salute e meno al cemento, per favore.
Gianni Ursini
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 gennaio 2010
«Ambientalisti, 2743 firme contro il rigassificatore» -
RACCOLTE IN QUATTRO MESI
«Sono 2743 le firme contro il rigassificatore di Zaule,
raccolte in circa quattro mesi da Wwf, Legambiente e Italia Nostra». Lo
annunciano in una nota le associazioni ambientaliste, precisando che la
petizione «si affianca alla campagna che le associazioni conducono fin dal 2006
contro questo progetto, giudicato incompatibile con l'ambiente e la sicurezza
della popolazione». Seguendo le varie fasi dell’iter progettuale concluso con il
decreto di Via rilasciato dai ministri dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e
dei Beni culturali, Sandro Bondi, gli ambientalisti hanno rilevato «gravi lacune
e illegittimità, che non risolvono nessuna delle gravi criticità, rispetto ai
possibili impatti negativi dell’impianto.
Costa dei Barbari, naturisti a rischio di sfratto - Ret:
«Sono degli abusivi, si fondino un club. Miglioreremo l’area a beneficio di
tutta la collettività»
DALLA PROSSIMA ESTATE LA ZONA DIVERRÀ PROPRIETÀ DEL
COMUNE
DUINO AURISINA I naturisti della Costa dei Barbari sono a rischio di
”sfratto”. Già a partire dalla prossima estate, infatti, la striscia di litorale
prediletta dagli amanti della tintarella integrale potrebbe finire nelle mani
del Comune, trasformandosi in spiaggia pubblica e dunque diventando off-limits
per i nudisti.
Il passaggio di proprietà, che fa parte di un accordo a suo tempo raggiunto con
l'Immobiliare Santi Gervasio e Protasio, proprietaria della baia di Sistiana e
impegnata nel progetto di riqualificazione dell'adiacente ex Cava, segnerà un
cambiamento radicale: l'ente locale intende, una volta entrato in possesso
dell'area, realizzare in quel tratto di superficie, che per oltre un chilometro
e mezzo si affaccia sul golfo, una riserva naturale, progettando interventi di
rifacimento dei pontili, la realizzazione di servizi igienici e il generale
potenziamento strutturale, in un'ottica di libera balneazione.
E i nudisti? «Che si facciano un club come avviene in tutte le parti del mondo e
noi senz'altro valuteremo questa ipotesi – replica il sindaco di Duino Aurisina
Giorgio Ret –. Non è intenzione dell'amministrazione mandarli via, però è bene
ricordare che questi signori sono degli abusivi e si sono impossessati
arbitrariamente di una proprietà privata. Quando il Comune acquisirà quei
terreni e la spiaggia diventerà pubblica, non si potrà mica mantenere l'attuale
assetto, no? Abbiamo intenzione di migliorare tutta l'area – aggiunge – con
grande beneficio per la collettività, senza tuttavia mutarne l'ecosistema, anzi
realizzando una riserva naturale».
Secondo quanto riferito dal primo cittadino, il Comune ha stipulato una
convenzione con la Santi Gervasio e Protasio per la quale «nel momento in cui
verrà assegnata l'ultima concessione edilizia relativa al progetto turistico
dell'ex cava di Sistiana, la Costa dei Barbari verrà ceduta gratuitamente al
Comune».
Tra i progetti in capo all'amministrazione, anche una passeggiata di
collegamento da Sistiana fino a Marina d'Aurisina.
Al momento, l'unico freno è costituito dalla burocrazia, o meglio
dall'avanzamento delle pratiche: la convenzione è stipulata, lo Stato – per
interessamento del sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia – ha garantito un
finanziamento fra i 600 e i 900mila euro (che comprende anche la creazione del
Parco del Timavo, ndr) e dunque manca solo il nulla osta ufficiale per iniziare
ad avviare la stesura dei progetti esecutivi, nell'intento di far partire i
cantieri nel 2011.
Questo, almeno, l'orientamento del sindaco Ret, che domani si recherà in
Regione, dal direttore generale all'Ambiente Roberto della Torre, per
sollecitare il completamento dell'iter.
«Quest'estate – prosegue il primo cittadino di Duino Aurisina – contiamo di
entrare in possesso della Costa dei Barbari. I lavori, secondo le mie stime,
potrebbero cominciare l'anno seguente. A ostare, ormai, è solo la burocrazia: la
convenzione con la proprietà è stata contratta, e l'accordo Stato-Regione per i
finanziamenti è stato sottoscritto, dunque il più è fatto. Speriamo che si possa
imprimere un'accelerata anche alle pratiche».
Il recupero dell'area è un'esigenza avvertita pure dai frequentatori. La Costa
dei Barbari è sì un luogo suggestivo, ma anche in completo abbandono.
Alla bellezza selvaggia dei luoghi fa da contraltare il fatto che gli stessi,
spesso, vengono impiegati anche come vespasiano pubblico. Con una
riqualificazione completa l’area potrebbe invece costituire un’ulteriore offerta
turistica per il territorio di Duino Aurisina.
TIZIANA CARPINELLI
Bagnoli, quarta conferenza su biologico e alimentazione
SAN DORLIGO A San Dorligo della Valle riprende dopo le
festività l’appuntamento mensile di informazione sul biologico e
sull’alimentazione, organizzato dalle coordinatrici del Comitato spontaneo dei
genitori, Roberta Clon e Rossana Pettirosso, affiancate da Dino Zappador. Il
ciclo di conferenze, patrocinato dal Comune, vedrà mercoledì (alle 17.30 al
centro visite della Val Rosandra a Bagnoli) il suo quarto appuntamento, con il
professor Angelo Fierro di Bologna. L'esperto interverrà sull’alimentazione per
l’infanzia e la salvaguardia ambientale.
Il comitato pone intanto l'accento sul recente aumento di un euro a pasto deciso
dal Comune, «non dovuto ad alcun cambiamento nell’appalto della mensa, ma da
riferirsi solo ed esclusivamente alla maggiorazione della quota di pagamento
richiesta ai genitori».
(r.t.)
SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Treni carenti
Leggiamo sul «Piccolo» del 3 gennaio dell’appello del
consigliere Lupieri alla giunta regionale, relativamente alle carenze del
servizio ferroviario viaggiatori tra Trieste, Roma e Milano. Condividiamo
l’analisi del consigliere Lupieri e siamo d’accordo nel sollecitare la Regione
affinché prenda l’iniziativa di creare un servizio ferroviario a controllo
regionale che risponda alle esigenze del nostro territorio.
Il problema però non è soltanto dei collegamenti da e per Roma e Milano; Trieste
(e questo vale anche per Gorizia e Udine) non è soltanto un estremo capolinea
delle ferrovie italiane ma dovrebbe essere (come sempre in passato) un punto di
transito verso l’Europa centrale e balcanica. Un tempo vi erano collegamenti
diretti con Monaco, Salisburgo, Vienna, Lubiana, Zagabria, Budapest e
addirittura Mosca, Atene e Istanbul.
Se questi collegamenti «mitici» non sono più possibili data l’evoluzione dei
tempi e lo sviluppo del trasporto aereo, si pensi a ripristinare almeno i
collegamenti con le confinanti reti austriaca e slovena, per dare un minimo di
servizio pubblico a cavallo dei nostri ex confini che, ferroviariamente, anziché
essere aperti in un’ottica europea, sono più chiusi che mai!
Leandro Steffè
SEGNALAZIONI - Sulla ciclopedonale TRIESTE-ERPELLE
In riferimento alla lettera apparsa il 13/01/2010 circa lo
stato della pista ciclopedonale Trieste-Erpelle ci associamo agli amici della
Ciclistica Gentlemen nel chiedere alla Provincia informazioni precise circa i
futuri impegni sulla manutenzione di questa tanto importante pista
ciclopedonale. Vogliamo anche in questa occasione rimarcare ancora una volta che
diviene sempre più urgente la messa a punto di un itinerario ciclabile protetto
e ben segnalato che congiunga il terminal d’arrivo al centro città e alla
stazione ferroviaria. Un’opera questa che permetterebbe una fruizione della
ciclabile tanto attesa sia in termini di ciclismo urbano che in termini di
cicloturismo. Rinnoviamo quindi l’invito al Comune, alla Provincia e
all’Autorità portuale di informare pubblicamente sullo stato del progetto di
collegamento ciclabile presentato come imminente nel dicembre del 2006 (si veda
http://www.ulisse-bici.org/?p=2641) e a quanto pare in letargo da allora.
Gruppo Mobilità - associazione Ulisse-Fiab
SEGNALAZIONI - CARSO - Pista migliorabile
Ciò che è stato fatto è, a dir poco, lodevole e
meraviglioso, è stato valorizzato il Carso e la nostra Valle, è stato reso
accessibile un percorso che solo pochi percorrevano camminando sui sassi della
massicciata della ferrovia.
La pista ciclabile, ex ferrovia, offre ai turisti e ai triestini una sana
passeggiata o una lunga e piacevole camminata oppure biciclettata con scorci
indimenticabili, peccato però che... E sì, ci sono dei però che andrebbero
risolti, alcuni tempestivamente, altri andrebbero inseriti in un programma di
costante manutenzione, altri ancora sicuramente verranno risolti quando anche
l’ultimo tratto di pista verrà ufficialmente consegnato all'amministrazione che
ne diverrà quindi diretta responsabile, ma intanto...
1. Ci sono due alberi e un bel pioppo all'altezza dello skate park di Altura
(pendono più o meno 45 gradi), li avevo già segnalati telefonicamente e chi
aveva accolto la mia telefonata, dopo un tempestivo sopralluogo, li aveva fatti
recintare con il nastro bianco e rosso che però, in attesa di un intervento che
metta in sicurezza il tratto di pista, è volato con il vento e così gli alberi
continuano a minacciare la sicurezza pubblica. Ora sono state poste delle
transenne che fanno solo una misera mostra di sé stesse, perché sono distese a
terra e quando disteso vicino a loro ci sarà anche il povero pioppo spero
vivamente non ci sia anche un povero passante! Quali provvedinenti sono stati
programmati in merito?
2. Dopo la stazioncina di San Giuseppe, andando verso la stazione di Sant’Antonio-Moccò,
c'è un sottopassaggio che immancabilmente dopo anche solo alcuni acquazzoni è
impraticabile! Essendo questo tratto già consegnato all'amministrazione, invito
coloro che hanno la responsabilità nella gestione della pista a fare
tempestivamente un sopralluogo in questi giorni per valutare un intervento che
risolva alla radice il problema allagamento e magari nel frattempo inventare una
soluzione temporanea.
3. La galleria ha un sistema di illuminazione che, se funzionasse, sarebbe più
adatto ad una pista di atterraggio che a una pista ciclabile! Questo sistema di
illuminazione dal basso verso l’alto, a parte il costo per realizzarlo è
abbagliante, impedisce di vedere dove metti i piedi! Ma perché non sostituite le
luci che non funzionano? C'è un tratto che è completalmente al buio! Ma perchè
non è stato realizzato un semplice e normale sistema di illuminazione dall'alto
verso il basso? Era troppo banale? E poi, ci sono dei pulsanti sotto le
fotocellule, forse per accendere l'illuminazione quando non sono attive le
fotocellule? Se s^, perché non funzionano?
4.Nei pressi dell’ex casello km 10.412 in località Sant'Antonio in Bosco, dove
la ciclabile incrocia la strada per San Lorenzo, si è formato un canale naturale
di scolo dell'acqua piovana che sta letteralmente scavando ed erodendo non solo
la pista ciclabile ma anche il bordo della strada già rattoppato in quel punto,
creando un dislivello tra pista e strada che mette in pericolo l’incolumità dei
passanti, dei ciclisti e degli automobilisti. Invito gli organi preposti alla
manutenzione degli scoli e canali della strada affinché il problema sia preso
seriamente in considerazione e risolto alla radice.
Serena Mari
IL PICCOLO - SABATO, 16 gennaio 2010
«Bonifiche, aziende a giudizio se non passa l’Accordo» - L’Avvocatura dello
Stato: firma in tempi brevi o citeremo le imprese una a una per danno ambientale
Lo Stato passa sorprendentemente al contrattacco sulla grande partita delle
bonifiche che continua a tenere imbalsamato lo sviluppo industriale della
provincia. «Se non si giungerà rapidamente alla firma dell’accordo di programma
- ha annunciato ieri l’avvocato Daniela Salmini, responsabile dell’Ufficio
dell’Avvocato distrettuale dello Stato di Trieste - provvederò, a nome del
ministero dell’Ambiente, a citare a giudizio per danno ambientale una a una
tutte e trecento le imprese che sono attualmente presenti all’interno del
perimetro del Sito inquinato di interesse nazionale».
Assindustria e Camera di commercio continuano a considerare punitive tutte le
bozze di accordo che sono state finore predisposte per cui perseverano nel fare
forti pressioni sulla Regione e sulle amministrazioni locali affinché non
firmino alcun impegno fintantoché non verrà sancito il principio per cui «chi
non ha inquinato, non paga». «Falso problema - replica l’avvocato Salmini -
perché le acque di falda continuano a sversare sostanze velenose in acqua e in
questa zona siamo ancora di fronte a un inquinamento di notevole gravità. Ne
sono responsabili i titolari dei terreni o le aziende che non hanno attuato le
operazioni di messa in sicurezza dell’area, cioé pressoché tutti gli attuali
titolari, anche coloro che non hanno prodotto direttamente l’inquinamento, nella
loro qualità di custodi dei terreni».
Vi è stata in realtà una recente sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia che
ha annullato le deliberazioni della Conferenza dei servizi che ha imputato il
pagamento del danno ambientale all’Eni per due distributori di carburante, uno
per natanti e uno per autotrazione, che pure non hanno causato direttamente
l’inquinamento. «Il Tar annulla per difetto di istruttoria - replica l’avvocato
dello Stato - in realtà la questione è chiara. La linea seguita dal ministero
dell’Ambiente è che le operazioni di messa in sicurezza vengano pagate per metà
dall’ente pubblico e per metà dal privato. Sul danno ambientale, com’è già stato
fatto in altro Siti inquinati in Italia, non c’è dubbio che le imprese devono
pagare la quota relativamente agli anni in cui insistono sul terreno. Già
qualche mese fa - rivela l’avvocato Salmini - abbiamo valutato l’opportunità di
partire con le cause per danno ambientale. Abbiamo momentaneamente desistito
perché l’accordo sembrava vicino, poi però non si è concluso nulla. Stavolta, se
la firma non avverrà in breve tempo, faremo scattare tutte le citazioni».
Un’arma estrema alla quale lo Stato dice di essere sul punto di non poter più
rinunciare, ma che può fungere anche da arma tattica. «Anche per il sito di
Marghera - spiega ancora l’avvocato - siamo arrivati fino a queste conseguenze.
L’accordo non arrivava e siamo giunti alle denunce per danni ambientali nei
confronti delle aziende, che per combinazione erano più o meno lo stesso numero
di quelle triestine. A questo punto gli industriali per ottenere il ritiro delle
citazioni hanno firmato l’accordo».
A Trieste però c’è anche un’azienda, la Pacorini, che ha presentato ricorso alla
magistratura civile e ha ottenuto un accertamento tecnico preventivo per
verificare la reale esistenza dell’inquinamento. «Il paradosso - conclude
Daniela Salmini - è che l’accertamento tecnico tra campionature, analisi e via
dicendo è un procedimento molto oneroso che viene quasi sempre a costare di più
rispetto alla messa in sicurezza. È giusto dunque che lo Stato istruisca la
questione con l’intento di gravare il meno possibile sul privato. Le due
esigenze da contemperare sono dunque: non penalizzare le aziende, ma anche
salvaguardare l’ambiente. Stiamo cercando di farlo anche se gli imprenditori
triestini si ritengono irragionevolmente vittime di un sopruso».
SILVIO MARANZANA
BONIFICHE - Ma per i terreni Ezit pagherà Roma - Azzarita: inquinati da enti
pubblici i 200mila metri quadri di proprietà dell’Ente
AREE INTERNE AL SITO NELLA VALLE DELLE NOGHERE
Terreni disponibili per nuove aziende l’Ezit ne ha, ma sono tutti bloccati
dalla vicenda del Sito inquinato. All’interno di questa area sono 200mila i
metri quadri di proprietà dell’Ente zona industriale; una superficie situata
nella Valle delle Noghere, di fronte al Pastificio Zara, per i quali è già stata
fatta la caratterizzazione. «Abbiamo inviato i dati a Roma ai primi di agosto –
spiega il presidente dell’ente, Mauro Azzarita – e attendiamo che il ministero
dell’Ambiente convochi la conferenza dei servizi. Abbiamo comunque proposto per
questi terreni l’analisi del rischio, visto il basso livello di inquinamento
registrato».
Al di fuori del Sito, l’Ezit dispone solo di altri 40mila metri quadri, nella
parte alta del Rio Ospo, dove erano previsti due insediamenti. In un caso
l’azienda interessata ha dato forfait vista la situazione. L’altra impresa ha
iniziato ad ampliare la sua struttura, ma poi le cose si sono arenate in seguito
all’annullamento del decreto regionale, che autorizzava l’insediamento, da parte
della Soprintendenza. Annullamento cui l’impresa ha riposto facendo ricorso al
Tar.
Tornando ai 200mila metri quadri che rientrano nel Sito, nel caso venga
approvato l’accordo di programma viene da chiedersi chi sarà a doversi fare
carico degli elevati costi della bonifica. «Sono terreni inquinati dal settore
pubblico – risponde Azzarita – e quindi la spesa sarà sostenuta dalla Regione o
dal ministero dell’Ambiente. L’Ezit non ha fondi propri. Prima che quei terreni
venissero acquisiti da noi – prosegue – quell’area era utilizzata per anni come
discarica comunale, anche da altri enti pubblici».
Di fronte alla situazione che ha ingessato l’attività imprenditoriale
all’interno del Sito inquinato, non tutte le aziende sono rimaste ferme. Una
decina, dopo aver atteso a lungo di acquisire nuove aree, ha comperato lo stesso
i terreni necessari all’ampliamento delle proprie strutture. Sono però ancora
una trentina le imprese che hanno chiesto all’Ezit di acquistare nuove aree, ma
con le quali l’ente non riesce a chiudere i contratti in quanto le aziende
stesse attendono l’esito della lunga a complessa vicenda.
GIUSEPPE PALLADINI
BONIFICHE - Anche le imprese vanno dai giudici - Piani di caratterizzazione,
nel 2008 il Tar diede ragione a una società - Le battaglie legali degli ultimi
anni
L’iniziativa della ”Pacorini spa” di ricorrere al Tribunale civile per tutelare
propri interessi economici ha costretto tutti a uscire allo scoperto. A far
vedere il proprio volto, a rendere esplicite tattiche e strategie.
«Pagate, transate o finirete davanti ai giudici penali» è il messaggio che
indirettamente arriva oggi dal ministero dell’Ambiente attraverso l’Avvocatura
dello Stato. Ma le aziende, viste le condizioni in cui versano i loro bilanci,
nella stragrande maggioranza dei casi non possono pagare. È a rischio la loro
sopravvivenza. Inoltre molte società non hanno inquinato i terreni su cui
lavorano e l’inserimento all’interno del Sito di interesse nazionale non è
sufficiente a livello giudiziario per vedersi attribuire una responsabilità
penale. Servono ben altri accertamenti effettuati sul campo. Prove, non decreti.
Ed ancora. Negli ultimi anni un certo numero di società avevano impugnato
davanti al Tribunale amministrativo regionale i piani di caratterizzazione che
le coinvolgevano. E avevano vinto, e i piani erano stati annullati. Basta citare
la sentenza 301 del 26 maggio 2008, con cui il presidente Vincenzo Borea aveva
riconosciuto il buon diritto dell’Alder spa, difesa come la Pacorini
dall’avvocato Giovanni Borgna: «Prima di imporre gli oneri di un nuovo piano di
caratterizzazione la Pubblica amministrazione avrebbe dovuto farsi carico di
rispondere alle puntuali e documentate contestazioni oppostale, anziché
trincerarsi dietro un assoluto silenzio, dimostrando in tal modo in buona
sostanza l’insufficienza dell’attività istruttoria compiuta e quindi
dell’accertamento del reale grado di pericolosità che la lavorazione della
formaldeide - in atto da decenni - ma che ora, e ora soltanto, ha portato
all’adozione dell’impugnata misura».
Parole chiarissime che hanno protetto l’azienda come uno scudo. Allo stesso
tempo però a tutte le società e ditte inserite nel Sito inquinato il Tar non ha
potuto concedere di realizzare nuovi capannoni e insediamenti. Per uscire dalla
tagliola - «paghi o non diamo il via libera ai Comuni che ti devono rilasciare
le autorizzazioni a costruire» - non è restata altra via di quella del Tribunale
civile. Le imprese in sintesi oggi non possono più ”giocare” solo in difesa. Ne
va del loro futuro perché la pioggia di denaro su Trieste - 200 milioni e più di
euro - che qualcuno aveva ipotizzato appena varato il Decreto sul Sito inquinato
di interesse nazionale, si è trasformata in una pioggia di fuoco e di lapilli
che minaccia l’esistenza dell’imprenditoria cittadina. Qualcuno, come l’allora
presidente degli Industriali Anna Illy, lo aveva detto: «Il Sito è una mazzata
per il già modesto tessuto industriale cittadino».
(c.e.)
BONIFICHE - Zollia: siamo pronti a tutelare i privati - L’assessore
provinciale: «Chi sottoscrive il protocollo non è costretto a transare»
Gli «giunge nuova». E gli puzza di «minaccia». Al punto che, sbilanciandosi,
giura che se servirà «la Provincia si farà carico di tutelare le aziende
coinvolte, non le lascerà sole qualora lo Stato mettesse in atto questa
intenzione stranamente minacciosa. Sono convinto che gli enti locali, Regione
compresa, faranno quadrato attorno alle imprese, soprattutto quelle che non
hanno inquinato». Vittorio Zollia reagisce con sorpresa alle notizie che evocano
quella raffica di denunce per danno ambientale pronta a partire nel caso
l’Accordo di programma non giungesse alla stretta finale. Eppure è un
sostenitore dell’Accordo - o meglio dell’ultima versione della bozza - l’attuale
assessore all’Ambiente della giunta Bassa Poropat, che ha evidentemente
sfruttato il background da supermanager regionale in pensione per leggere, e
capire probabilmente meglio di tanti altri, quel complicatissimo mostro
burocratico che è l’Accordo per il Sin.
Assessore, lei parla di quei 236 milioni a carico delle imprese come di un
limite teorico. Che significa?
Che è la prima fase inserita nell’Accordo ad avere una specifica copertura, a
carico del pubblico. La quantificazione della seconda, quella di cui si dibatte,
è meramente teorica perché in questo momento nessuno può sapere quanto
inquinamento c’è, dove si nasconde, in quali concentrazioni, e cosa serve per
bonificare. Prima vengono le caratterizzazioni, lo storico dell’Arpa ed
eventualmente l’analisi di rischio, al termine della quale se un terreno rientra
sotto soglia viene restituito agli usi legittimi e chi lo occupa non deve pagare
alcuna bonifica. Il ministero dell’Ambiente, a mia specifica domanda sul perché
aveva quantificato, ha risposto che erano state le aziende a pressare affinché
fosse fatta una cifra. Il problema è che gli accordi di programma che
definiscono tutto diventano i più pericolosi.
I privati però temono di dover pagare la transazione per danno ambientale prima
dell’analisi di rischio, come mera quota di adesione all’Accordo. Ci sta?
Non è che la sottoscrizione fa partire la transazione. La fa partire per quelli
che sanno di aver inquinato e hanno interesse a transare subito, pagando il
danno ambientale in dieci anni senza interessi. Gli altri possono aspettare, e
accertare prima quale sia il loro grado di responsabilità come custodi. Se dalle
acque di falda di un terreno entra 0,30 di manganese e ne esce altrettanto, chi
ce l’ha non ha causato danno, ha custodito in modo corretto. Chi sa di non aver
inquinato, e non ha interesse a transare subito, non è obbligato.
L’impressione, dal fronte delle categorie, è che gli enti locali abbiano
”barattato” il danno ambientale a carico delle imprese con il nuovo depuratore
di Servola inserito nella partita. C’è del vero? No. Anzi. Il depuratore è
finito dentro quando gli enti hanno visto che lo Stato aveva messo poche risorse
per l’Accordo, essendo quelle pubbliche in larga misura riconducibili a
trasferimenti regionali. La Regione allora ha detto va bè, però a questo punto
risolvo anche qualche mio problema in casa. Come il depuratore.
PIERO RAUBER
Muggia, ”Acquario” tornerà al Comune - E sul bilancio Nesladek si dice
«orgoglioso» di non pesare sulle casse pubbliche
«Ci sono tutte le premesse per riuscire a riavere la zona del terrapieno
“Aquario” in tempi brevi. È finito da poco lo studio di caratterizzazione
dell’area inquinata e tra qualche settimana avremo i risultati che ci
permetteranno di partire con la bonifica grazie all’utilizzo di parte dei fondi
derivanti dalla convenzione con Teseco. » Queste sono le anticipazioni
rilasciate dal sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, durante la conferenza stampa
tenutasi ieri mattina in Municipio.
Dal discorso del primo cittadino sono emerse alcune delle destinazioni dei fondi
in arrivo dalla convenzione con Teseco: «Sicuramente parte del capitale sarà
investito per realizzare alcuni tratti della fognatura di via Fontanella, altri
verranno utilizzati per portare a termine la realizzazione del centro diurno
nella ex caserma della guardia di finanza, che ci verrà consegnata da Teseco con
già 200mila euro di lavori compresi».
Riguardo al bilancio 2010, vero tema della conferenza, Nesladek conferma che i
tagli del 20% della Regioni ai Comuni siano alla base della riforma finanziaria
del Comune, riflesso delle amministrazioni di centro destra che governano la
Regione e il paese. «Malgrado tutto – afferma il primo cittadino – il bilancio è
stato redatto in modo da mantenere i servizi ad un livello di qualità da essere
riconosciuti i migliori della provincia».
Sulle critiche piovute dalla minoranza riguardo l’incapacità
dell’Amministrazione di reperire fondi a causa delle difficile relazione con gli
enti, il sindaco risponde: «Noi siamo orgogliosi di non pesare sulle casse
pubbliche e di aver fatto un gran lavoro di reperimento fondi all’esterno e mi
riferisco in particolare alla stipula della convenzione con Teseco, la cui firma
verrà apposta entro la metà di febbraio. Ci siamo liberati dalle logiche di
appartenenza politica – conclude Nesladek - se questo è isolamento allora noi
siamo felici di esserlo».
Il consigliere Fulvio Tomini, presente alla conferenza assieme all’assessore
alle risorse umane Moreno Valentich, ha voluto rispondere alle critiche
dell’opposizione riguardo lo scarso interesse della giunta verso la periferia
del Comune: «Vorrei sottolineare come l’amministrazione, appena insediatasi,
abbia cominciato a spendere per numerose opere di riqualificazione, da via
Flavia di Stramare, alla piazzetta di Chiampore, dalla sistemazione dei giardini
delle scuole, fino alla costruzione dei servizi igienici sul lungomare Venezia e
molto altro ancora».
Valentich ha, infine, ricordato la riuscita di opere come la messa in sicurezza
e la riqualificazione di borgo San Cristoforo e borgo San Pietro ed ha
evidenziato come non tutte le politiche tariffarie del Comune abbiano ricadute
sui cittadini, come l’aumento del prezzo dei parcheggi.
(a.d.)
”Trecorala” nel Golfo tra ambiente e turismo - Studio dei fondali e
promozione di pacchetti per sub: un progetto transfrontaliero
PROMOSSO DA ENTI LOCALI, ISTITUZIONI SCIENTIFICHE E ASSOCIAZIONI
Valorizzazione e gestione sostenibile del Golfo di Trieste con l’obiettivo
di portare benefici ad ambiente, turismo e pesca. È questo lo scopo del progetto
Trecorala, ovvero ”TREzze e CORalligeno dell’Alto Adriatico”, promosso da enti
locali regionali e istituzioni scientifiche nell'ambito del programma europeo
per la cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Slovenia.
Le trezze sono affioramenti rocciosi sottomarini che emergono dai fondali
sabbiosi. Nel nostro golfo ce ne sono circa 250 ed è qui che si concentra
maggiormente la presenza di flora e fauna. Il progetto mira ad ampliare le
conoscenze biologiche sui fondali a coralligeno e sulle trezze, ma anche alla
loro tutela e valorizzazione. Un ruolo fondamentale è giocato dallo studio
dell’attività di pesca, per arrivare a una gestione transfrontaliera congiunta
delle aree marine che promuova una gestione responsabile delle risorse ittiche.
Ma non meno importante è la realizzazione di pacchetti turistici alternativi di
turismo subaqueo, per valorizzare le coste della nostra Regione e prolungare la
stagione turistica. Il progetto si propone di definire linee guida di
”ecogovernance” condivise, cioè una politica comune di gestione del patrimonio
naturale che permetta di rafforzare l'attrattività turistica dell'area,
contribuendo al contempo alla tutela della biodiversità.
”Trecorala” è nato grazie alla proposta di alcuni giovani, raccolta dal Comune
di Lignano Sabbiadoro in associazione con i Comuni di Marano Lagunare e di
Grado, e vede la partecipazione dell'Istituto nazionale di oceanografia e di
geofisica sperimentale, dell'associazione Progetto Trezze, dell'Università di
Trieste, dell’Arpa Friuli Venezia Giulia, della cooperativa Shoreline e del
Parco marino di Miramare, nonché di istituzioni scientifiche e governative della
Repubblica di Slovenia e delle Regioni Veneto ed Emilia Romagna.
Graziano Bosello, assessore al turismo di Lignano Sabbiadoro, crede molto nel
progetto. «Speriamo fortemente di vincere il bando - dice - anche perché nella
nostra Regione pesca e turismo devono reinventarsi: non si può più puntare solo
su sabbia e divertimento», ha sottolineato. Della stessa opinione Paola del
Negro, ricercatrice del'Ogs, che punta a proseguire nel progetto
indipendentemente dal finanziamento europeo, «magari imparando dal Veneto e
facendo nostra la loro esperienza di tutela e sfruttamento sostenibile
dell'ambiente marino».
Giovanni Ortolani
IL PICCOLO - VENERDI', 15 gennaio 2010
Piano regolatore, sono 18 i paletti della Regione - Dai nuovi insediamenti a
Banne alle volumetrie delle zone strategiche: ecco le ”riserve vincolanti”
Diciotto riserve vincolanti la Regione ha espresso sul Piano regolatore di
Trieste, adottato dal consiglio comunale lo scorso agosto. Il testo è approdato
alla sesta commissione, quella urbanistica.
Alcune osservazioni richiamano da vicino i temi messi in campo sia
dall’opposizione e sia dalle borgate carsiche: tornano in discussione le
volumetrie («calcolate al massimo») delle zone cosiddette strategiche (Burlo, ex
piscina Bianchi, area della Fiera e del Museo ferroviario): non sono chiari,
dice la Regione, né l’impatto urbanistico, viabilistico e paesaggistico, né la
logica per cui dappertutto si limita l’edificabilità, anche in zone già
urbanizzate, restringendo le previsioni di crescita insediativa, e lì si creano
invece residenzialità nuove, né è chiaro se sulle rive ci sarà una «omogeneità
delle visuali dal mare». Si esprimono perplessità sull’impatto che avranno gli
insediamenti a Banne e Padriciano, si richiama il Comune a una più concreta
progettualità per le zone industriali, artigianali, di servizi e di viabilità,
oltre che per l’area che sembra destinata al rigassificatore e alla Tav.
Se l’opinione di fondo della Direzione centrale pianificazione territoriale era
già diventata nota nelle sue linee generali, anche nei punti in cui la Regione
sottolinea non conformità con le leggi vigenti, ecco i dettagli delle «riserve
vincolanti» cui il Comune dovrà controbattere, o con migliori spiegazioni, o con
più accurata progettazione, se vorrà veder approvato il Prg.
Innanzitutto la Regione rileva che per le grandi infrastrutture non c’è una
previsione chiara, a valenza forte, per un tempo lungo; contesta che sia sparita
la previsione del Parco del Carso (ancorché mai attuato); chiede che sia più
esplicito il grado di modificabilità delle zone edificabili, considerato troppo
«inflessibile»; ritiene poco chiare le attribuzioni di competenza in materia di
«servizi» tra pubblico e privato, e mal identificata la quantità di servizi a
uso pubblico già realizzati: a disposizione di tutti o recintati?
Ma un richiamo arriva anche sull’edilizia Ater: perché il Comune, che ha
evidente bisogno di affitti agevolati, non ha destinato i nuovi contenitori a
questo scopo? Poi non sembra chiaro, alla Regione, con quali strategie il Comune
intenda spingere gli abitanti a correttamente ri-occupare il centro storico. E a
proposito di questo si chiede: come regolarsi per le ristrutturazioni nelle
porzioni di città che il piano regolatore ha incluso, mentre il piano
particolareggiato per quest’area è stato stralciato e non è ancora in vigore?
Pezzi di città sono a mezza strada: se «centro storico», vincolati a solo
restauro conservativo. Altrimenti, anche a ristrutturazione. Si chiede una
regola, nelle more.
Una riserva poi la Regione esprime sulle nuove classificazioni urbanistiche
introdotte per Prosecco e Contovello, e sulla trasformazione di zone già
edificabili in aree agricole o per servizi «in quanto di pregio paesaggistico
ambientale». Qual è l’interesse generale? Altrettanti dubbi sulla Costiera: gli
uffici regionali chiedono che tutte le costruzioni classificate B7 tornino ad
avere solo «il riconoscimento della consistenza della volumetria esistente».
Altre domande sulle aree turistiche. Che cosa comporterà la trasformazione
«turistica» di Villa Cosulich a Gretta? E quella dell’ex campo profughi di
Padriciano? Per la verità la Regione punta il dito anche sull’ampliamento di un
luogo proprio in questi giorni discusso: villa Stavropulos.
Richiamata infine la necessità di tener conto, in Carso, non solo delle aree
verdi ma anche della sostenibilità economica e dello sviluppo delle zone (come
chiesto dalle circoscrizioni e da tutta la comunità slovena). Contestata,
infine, per inappropriatezza tecnica, la previsione di ampliare come zona
artigianale l’area di Monte San Pantaleone.
GABRIELLA ZIANI
Dipiazza: Prg da manuale, ma recepiamo - Omero (Pd): «È una bocciatura,
soprattutto sullo sviluppo della città» - Sasco (urbanistica): «Obiezioni
sostanziali»
«Quel che la Regione ci ha mandato a dire - commenta il sindaco e assessore
Roberto Dipiazza - è solo che il nostro Piano regolatore è da manuale. Per il
resto fa alcune osservazioni intelligenti, e noi le recepiamo». Non dello stesso
avviso, ovviamente, il capo dell’opposizione in Comune, Fabio Omero del Pd, che
invece dice: «Eravamo facili profeti quando sostenevamo che il piano regolatore
di Dipiazza era solo un piano edilizio e non un piano urbanistico e che fin
dalle direttive erano mancate le linee strategiche per lo sviluppo del
territorio, 18 riserve suonano come una sonora bocciatura della presunzione del
sindaco di aver fatto un ottimo piano».
Omero, delle 32 pagine regionali scritte in carattari minuti, sottolinea
soprattutto alcuni rilievi: «La mancanza di una riflessione generale sulla
sostenibilità urbanistica», «da una parte si riduce l’edificazione e dall’altra
si individuano nuove aree di espansione senza una coerente e approfondita
quantificazione del fabbisogno abitativo».
Aggiunge Omero: «Ma è sullo sviluppo del territorio che la Regione picchia giù
duro: solo indicate le aree per la ricerca scientifica, il polo energetico, la
Tav, la metropolitana leggera, il collegamento sottomarino tra porto vecchio e
porto nuovo, manca l’analisi degli effetti che questi insediamenti avranno nel
medio e lungo periodo sulle attività economiche e sociali. Previsioni, dice la
Regione, che travalicano anche gli obiettivi dati nel 2007 dal consiglio
comunale, al punto che ora si dovrà o riformulare le direttive
politico-programmatorie e quindi riadottare il piano, o rielaborarlo
completamente».
«Spero solo che non si debba riadottare questo piano», esclama allarmato Roberto
Sasco, Udc, presidente della commissione urbanistica, preoccupato da un lato per
alcune osservazioni della Regione che definisce «pesanti, sostanziali,
tutt’altro che formali», e dall’altro per il poco tempo a disposizione prima che
scada il mandato Dipiazza. Sasco teme che «salti» il piano del centro storico.
Trova, come Omero, preoccupanti le riserve sulle zone periferiche già
urbanizzate dove è stata tolta l’edificabilità mentre si è aggiunta nelle «aree
strategiche», da urbanizzare, e quelle sulle infrastrutture troppo genericamente
disegnate, «prive di operatività». E anche il richiamo all’assenza di edifici
per l’Ater. E la trasformazione in «verde tutelato» di zone adatte ad attività
compatibili col territorio. «Questo piano - conclude - deve fare un salto di
qualità, spero anche con il senso di responsabilità già dimostrato
dall’opposizione».
(g. z.)
Centro storico, carte all’Albo pretorio - CONSULTAZIONE - All’esame dei
cittadini fino al 12 febbraio Uffici troppo indaffarati
Adesso che la Regione si è espressa ci sono 18 problemi da risolvere, e da
rispedire in forma convincente altrimenti il Piano regolatore non sarà approvato
in quella sede. E 1080 osservazioni e opposizioni da analizzare, scremare,
ordinare, esaminare nel merito, portare in consiglio comunale e approvare con
altrettante delibere. Intanto fa il suo corso anche il Piano particolareggiato
per il centro storico, che fino al 12 febbraio i cittadini potranno esaminare e
su cui avranno altrettanta facoltà di esprimere osservazioni e opposizioni.
È l’ingorgo urbanistico dell’ultimo anno dell’amministrazione Dipiazza, con il
sindaco Roberto Dipiazza stesso a governare la materia in quanto anche
assessore.
Intanto il centro storico. Avverte Roberto Sasco, presidente della commissione
competente: «Il piano del centro storico è consultabile solo all’Albo pretorio
di via Malcanton, mentre per il Piano regolatore era stata allestita una
postazione nell’ufficio di via dei Capitelli, con sei geometri a disposizione
del pubblico. Purtroppo gli uffici dicono che con oltre 1000 osservazioni da
esaminare e istruire adesso non ce la fanno».
Sasco invita gli interessati ad andare quanto prima alla consultazione del
documento, «che peraltro - aggiunge - è di enorme complessità e di assai
difficile decifrazione per un non specialista», e di chiedere comunque aiuto
agli uffici tecnici, se necessario.
Per di più il tempo di esposizione è stato questa volta ristretto a 30 giorni
”lavorativi”, di fatto sono dunque di meno. Ma il documento è visibile anche sul
sito del Comune, alla voce «rete civica Trieste».
(g. z.)
Gas Natural in tv Ricorso al Corecom - AVVIATO DA
GREENACTION
Greenaction Transnational ha presentato un ricorso urgente
al Corecom (organismo di vigilanza sull’informazione televisiva) in merito alla
campagna di informazione pubblica a sostegno del progetto del rigassificatore
Gas Natural nel porto di Trieste avviata da un’emittente televisiva regionale.
Nel ricorso Greenaction - si legge in una nota - chiede la sospensione
cautelativa immediata del documentario trasmesso «e di ogni altra iniziativa
informativa in merito con contenuti pubblicitari non dichiarati»; il sodalizio
mira inolter ad «accertare se il predetto documentario e le altre trasmissioni
già mandate in onda o in fase di realizzazione sull’argomento concretino gli
estremi della pubblicità ingannevole e/o altre violazioni delle norme
sull’informazione».
Bonifiche, l’Ezit prende tempo: rinviato il voto sull’ultima bozza - IN VISTA
DELLE ”NOVITÀ” ANNUNCIATE DALLA REGIONE
Il fronte delle aziende era pronto al no all’accordo. Scollatura con gli enti
pubblici evitata da una mozione della Provincia
Quindici giorni in più, dopo 15 mesi di rimpalli, male non possono fare.
Anzi. Possono servire a nascondere quell’imbarazzante scollatura, tra politica e
mondo del lavoro, che la stretta finale sull’Accordo di programma per le
bonifiche sta generando. A nasconderla, per quanto è possibile, in attesa che
dalla Regione - da dove l’assessore all’Ambiente Elio De Anna annuncia «novità»
- esca un’altra versione dell’Accordo in grado di rivedere al ribasso il
”dovuto”, da parte delle imprese non colpevoli dell’inquinamento, come
transazione per danno ambientale. Nel Cda dell’Ezit - frequentato tanto da
delegati delle pubbliche amministrazioni quanto da rappresentanti delle
categorie economiche e sindacali - passa così la strategia del ”prendere tempo”.
L’attesa seduta del Cda di ieri sera, con all’ordine del giorno il voto sulla
13.ma bozza dell’Accordo sul Sin, si è risolta infatti con tutt’altra votazione.
Quella sulla mozione presentata da Mario Cappelli, il delegato della Provincia,
per il rinvio - al 21 o al 28 gennaio, al più tardi a inizio febbraio -
dell’esame dell’Accordo dopo che la Regione avrà corretto il tiro. Mozione
passata all’unanimità, con l’astensione istituzionale del presidente Mauro
Azzarita. Andavano evitate prese di posizione frettolose a favore di un
documento che, così com’è, spalanca le porte ai ricorsi, è la versione
ufficiale. Ma andava anche scongiurata la possibilità che il Cda - di quello che
è il ”custode” formale del Sin - uscisse spezzato. Da una parte i delegati
pubblici, incaricati di dire sì dai rispettivi enti chiamati a sottoscrivere
l’Accordo - Regione, Provincia, Autorità portuale e comuni di Trieste e Muggia -
e dall’altra quelli delle associazioni di categoria, pronti a dire no ai 236
milioni a carico dei privati, con le transazioni per danno ambientale da 33 a 80
euro al metro quadrato. E viste le assenze di ieri - tre su 15 e tutte del
fronte pubblico, Fabio Petracci per la Regione, Paolo Rovis per il Comune di
Trieste e Francesco Russo per il Consorzio Area di ricerca - si fosse votato i
contras avrebbero fatto probabilmente il colpo, tra no dichiarati e astensioni
che valgono come un no: a conti fatti, Azzarita e Cappelli più Erik Svab per la
Regione, Edmondo Bussani per il Comune di Muggia e Renato Fusco per l’Autorità
portuale, avrebbero rischiato di finire sotto considerato che, dall’altra parte,
si sarebbero ritrovati il vice di Azzarita Stefano Zuban per la Camera di
Commercio, Vittorio Pedicchio per gli industriali, Giorgio Prelz per gli
artigiani e Renato Guercio per i commercianti, ma anche i due rappresentanti
sindacali Antonio Saulle e Vincenzo Timeo, e forse pure Franco Crevatin per il
Comune di San Dorligo. Un no non avrebbe bloccato comunque le trattative -
concordano tutti - perché l’Ezit sarebbe solo uscito dall’Accordo, come è
capitato alla Camera di Commercio. L’importante è che se lo firmino le pubbliche
amministrazioni. Certo è che a quel punto, sostengono i privati, il presupposto
dell’adesione volontaria alla transazione verrebbe meno, allargando gli appigli
per eventuali ricorsi.
PIERO RAUBER
BONIFICHE - «Da categorie e sindacati un segnale forte» - MA ZOLLIA FRENA:
QUEI 236 MILIONI A CARICO DEI PRIVATI SONO TEORICI
È come se avessero lasciato agli atti un testamento: la prossima volta voteremo
contro, a meno che le «novità» annunciate da De Anna non siano epocali, tali da
sgonfiare l’entità di quei 236 milioni su 350 a carico dei privati e delle
relative fidejussioni, nonché il ”potere-dovere” riconosciuto agli enti locali
in quanto sottoscrittori dell’Accordo di reclamare i soldi per danno ambientale
alle stesse aziende insediate, convocate peraltro una per una per ”trattare” la
transazione. Ieri i rappresentanti delle categorie hanno messo le mani avanti.
«È emersa - rileva Stefano Zuban della Cna, presente nel Cda dell’Ezit come
vicepresidente espresso dalla Camera di Commercio - la lontananza del mondo
politico da quello della produzione, delle forze sociali, tra datoriali e
sindacali, visto che in quest’area si contano 10.250 posti di lavoro». «Ci ha
fatto piacere - fa eco Enrico Eva, segretario generale della Confartigianato -
che il sindacato abbia solidarizzato. L’operazione ha funzionato, abbiamo dato
un importante segnale politico di compattezza, perché non possiamo andare dal
notaio senza sapere quanto costa la casa che compriamo. Ci auguriamo che il
ministero dell’Ambiente ne tenga conto». L’input a riparlarne, nel Cda dell’Ezit,
è venuto dalla Provincia «come presa d’atto che la Regione non ha ancora
deliberato e così si può guadagnare tempo», rileva l’assessore all’Ambiente
dell’amministrazione Bassa Poropat, Vittorio Zollia. Il quale, però, corregge il
tiro rispetto a quei 236 milioni che tanto fanno inalberare il mondo
dell’impresa: «È una cifra che noi interpretiamo non come definitiva, imposta,
bensì come tetto massimo non superabile. Dovrà essere ridiscussa solo quando,
dopo l’analisi di rischio, sarà accertato quanto inquinamento c’è, dov’è e cosa
serve per bonificare». (pi.ra.)
BONIFICHE - Azzarita: ora aspettiamo - DOPO IL CDA
Ha senso decidere qualcosa che potrebbe essere superato dagli eventi nell’arco
di 24 o 48 ore? Domanda assolutamente retorica nel caso dell’Ezit, che sulla
vicenda delle bonifiche ha dovuto suo malgrado decidere ieri di non decidere.
Dice il presidente Azzarita: «Abbiamo avuto un’ampia discussione di circa un’ora
e mezzo in consiglio di amministrazione ma poi non abbiamo potuto far altro che
optare per una mozione di rinvio in attesa delle decisioni della Regione, che
doveva approvare l’accordo di programma entro il 30 dicembre e non l’ha fatto.
Inoltre, l’assessore De Anna ha affermato che ci potranno essere condizioni
migliorative per le aziende, e dunque noi aspettiamo. Credo tra l’altro che sia
l’unica condizione che ci possa permettere di avere il voto favorevole delle
categorie, che a tutt’oggi non ho...».
La chiave di tutto è, ovviamente, quella degli esborsi cui sono stati chiamati
gli imprenditori operabti nell’area. Una scelta contestata e che si sta
sgretolando dopo i pareri del Tar e del Tribunale civile. «L’accordo di
programma – osserva Vittorio Pedicchio, rappresentante degli industriali in seno
all’Ezit – è stato migliorato ma riporta tuttora il concetto di danno
ambientale, che è valutato in 236 milioni di euro da prendere nelle tasche degli
imprenditori. La nostra linea, invece, è di fare le caratterizzazioni, capire
chi ha inquinato e, di conseguenza, farlo pagare. Oltre a tutto – aggiunge
Pedicchio – noi riteniamo che una grandissima parte non sia inquinata e dunque
su quei terreni non vogliamo venga pagato un solo euro di danno ambientale. Ma
bisogna arrivare a una soluzione condivisa, senza il rischio di avere 200 cause
al Tar. Come industriali siamo disponibili, ma bisogna che tutti siano
disponibili».
(f.b.)
Chiampore, ultimatum per le antenne - L’ANNOSA
QUESTIONE DEI RIPETITORI SULLE ALTURE DI MUGGIA
Entro il 12 febbraio le emittenti devono presentare un
piano per lo spostamento a monte di porto San Rocco
MUGGIA Entro il 12 febbraio le emittenti radio-tv con impianti ”abusivi” a
Chiampore dovranno presentare un progetto per spostare le antenne nell'area del
Bosco della Luna, individuata dal piano regionale sopra porto San Rocco. E in
ogni caso le emittenti con antenne che sforano i limiti sui campi
elettromagnetici dovranno mettersi a norma.
È questo l'ultimatum lanciato dal Comune, a quasi un anno dall’incontro con i
rappresentanti delle 63 emittenti che affollano con i loro ripetitori la
località di Chiampore, incontro che non aveva portato a nessuna conclusione
soddisfacente.
«Metteremo tutto l’impegno – annuncia l’assessore allo Sviluppo economico e
ambiente Edmondo Bussani – per risolvere questo problema del nostro territorio
che si trascina da troppi anni».
«Siamo fiduciosi – dichiara a sua volta Paolo Lusin, responsabile del Servizio
ambiente e sviluppo energetico del Comune –. Abbiamo visto l'interesse da parte
degli operatori. I progetti saranno esaminati in una conferenza dei servizi con
la Soprintendenza e l'Arpa, che decideranno sulla bontà dei progetti e la loro
fattibilità».
Le antenne radio-tv potranno essere messe in regola sia dal punto di vista
urbanistico (alcuni tralicci con una o più antenne non risultano avere la
concessione edilizia) sia dal punto di vista radioelettrico, nel senso che i
proprietari delle emittenti dovranno dimostrare che le modifiche che
effettueranno porteranno a una riduzione dell’inquinamento da onde
elettromagnetiche. L'Arpa, con le sue strumentazioni, verificherà infatti che la
soglia dei 6 volt al metro quadrato sia rispettata.
Il Comune ha inoltre deliberato l'acquisto di una centralina mobile per il
rilevamento delle onde elettromagnetiche, con una spesa di 6mila euro. «Questa
decisione – spiega l'architetto Lusin – è dettata dal fatto che l'Arpa, oltre a
predisporre interventi non immediati e molto costosi, non interviene più di
propria iniziativa ma solo su richiesta. L’ultima rilevazione sistematica risale
al 2005, quando furono rilevati a Chiampore 43 sforamenti dei limiti. Adesso,
grazie a questa centralina – continua il responsabile del servizio ambiente e
sviluppo energetico – il Comune disporrà di un mezzo agile per il monitoraggio
continuo delle onde elettromagnetiche. Lo strumento potrà essere posizionato in
una casa, per una o due settimane, e potrà inviare i risultati a distanza. Se si
evidenzieranno sforamenti, faremo effettuare dall’Arpa rilevazioni più
approfondite».
Il problema delle antenne a Chiampore dura oramai da quasi dieci anni, da quando
nel maggio 2000 vi fu la prima segnalazione. Maurizio Fontanot, dopo aver
effettuato privatamente alcune misurazioni sull'inquinamento elettromagnetico e
aver rilevato che i limiti di legge erano stati superati, lanciò l’allarme.
Nel febbraio del 2002 l'Arpa confermò i dati e, a distanza di pochi giorni,
partirono le ordinanze del Comune. Il sindaco di allora, Lorenzo Gasperini,
intimò a diverse radio di ridurre, entro 60 giorni, l’intensità del campo
elettromagnetico che superava la soglia dei 6 volt per metro quadrato consentiti
dalla legge nelle aree residenziali. I ricorsi delle emittenti furono, in gran
parte, respinti dal Tar.
Nel 2004 la Regione stanziò 210 mila euro per la predisposizione di uno studio
di fattibilità riguardante lo spostamento delle antenne di Chiampore lontano
dalla case e dai giardini.
Il Comune di Muggia, sotto la giunta Nesladek, prese in mano la questione delle
antenne radiotelevisive attivando l'Agenda 21, sistema che prevede un’ampia
partecipazione e condivisione delle scelte tra gli interessati, in questo caso
cittadini, enti e gestori delle emittenti.
ANDREA DOTTESCHINI
Lupi pronti a colpire ancora Reti inclinate di 45 gradi
per fermare i nuovi assalti - SECONDO GLI ESPERTI NON PASSERANNO PIÙ DI 15
GIORNI
Sono state sbranate cinque pecore e tre capre, il
branco ha approfittato dei cancelli del pascolo non elettrificati
«Sono proprio lupi».
Da ieri è confermato che le pecore e le capre sbranate a Basovizza nelle ultime
due settimane sono state vittime di un branco di lupi. Il sì ufficiale è venuto
da una riunione cui hanno partecipato tra gli altri i forestali della Regione,
il professor Stefano Filacorda del Dipartimento di Scienze animali
dell’Università di Udine, le guardie venatorie della Provincia e un ricercatore
che da anni monitora i flussi dei branchi di lupi presenti in Slovenia.
Del resto fin dalla scoperta delle prime carcasse di ovini, a pochi metri dalla
strada che collega Basovizza a Lipizza, la tesi di una azione cruenta di un
branco di lupi aveva preso il sopravvento su quella della responsabilità di un
gruppo di cani rinselvatichiti. La distanza tra i canini misurata nella carne
delle carcasse, le modalità dell’attacco, i morsi che hanno interessato solo
l’area compresa tra la gola e guancia delle pecore e delle capre, schiacciando
la regione seno-carotidea, hanno dimostrato la presenza di questi predatori sul
Carso triestino. Va aggiunto che nessun altro esemplare appartenente ai due
greggi è stato ferito negli attacchi. I cani al contrario lo avrebbero fatto -
hanno spiegato gli esperti - mordendo altre capre e altre pecore alle zampe.
Ora che la presenza dei lupi è accertata ufficialmente, devono essere
individuate le contromisure idonee a proteggere capre e pecore da altri
attacchi. Secondo gli esperti tra una incursione e l’altra nello stesso pascolo
non passano quasi mai più di quindici giorni. In queste due settimane la
probabilità del secondo attacco è massima e a Basovizza si è effettivamente
ripetuta. In totale sono state sbranate cinque pecore e tre capre. È altrettanto
certo che in un uguale lasso di tempo i lupi ritorneranno nello stesso pascolo,
che ai loro occhi appare come una dispensa o un frigorifero strapieno e
facilmente raggiungibile senza correre rischi.
Vanno adottate dunque misure di prevenzione e di dissuasione. Le reti antilupo
devono essere fissate profondamente nel terreno e inclinando di 45 gradi verso
l’esterno il margine superiore del recinto. In questo modo i salti degli
aggressori vengono resi più difficili. Anche le reti elettrificate sono efficaci
ma non assicurano una protezione del 100 per cento. Lo dimostrano proprio le
incursioni effettuate a Bosovizza dove i lupi hanno capito che i cancelli del
pascolo non erano elettrificati e sono passati attraverso questi varchi lasciati
dall’uomo.
In altre occasioni il branco si è suddiviso i ruoli. Un lupo ha effettuato una
incursione dimostrativa che ha però indotto gli ovini a rifugiarsi all’estermità
opposta del recinto dove altri lupi, erano in agguato per fare bottino. Anche
recinti doppi sono stati superati perché i lupi dopo un primo sbandamento
determinato dalla nuova, inaspettata situazione, imparano e scavano il terreno
sotto le reti, si appiattiscono, si infiltrano, specie se spinti dalla fame. Un
effetto dissuasivo viene esercitato anche da fonti di rumore poste accanto ai
recinti. Ma dopo qualche tempo anche la loro efficacia si riduce fino ad
annullarsi. I cani al contrario rappresentano un’ottima difesa attiva e ne serve
almeno uno ogni cinquanta capre o pecore. Ma i cani devono essere addestrati
alla difesa, costano in termini di mantenimento forse anche più dei danni
economici che il lupo può provocare. Talvolta possono attaccare i passanti e gli
escursionisti che si avvicinano al recinto e agli animali.
Va infine aggiunto che oggi un branco è composto mediamente da quattro
individui. Una coppia con due cuccioloni occupa mediamente una superficie minima
di 120-140 chilometri quadrati in cui altri esemplari della stessa specie non
sono ammessi. La presenza non influisce sulla densità di ungulati selvatici, ma
li seleziona secondo il loro stato di salute. Nel mirino dei lupi soprattutto
caprioli e cinghiali, oggi tra le prede più ambite dai fucili degli umani.
CLAUDIO ERNÈ
LUPI - Quel predatore abbattuto a Basovizza nel 1924 -
QUASI NOVANT’ANNI FA L’INCONTRO RAVVICINATO CON UN ESEMPLARE
Femmina imbalsamata al Museo di storia naturale: pare
sia stato l’ultimo avvistamento fino a oggi
Un predatore vecchio di quasi novant’anni: i lupi che negli ultimi giorni
stanno seminato il panico tra le pecore di Basovizza con le loro scorribande
hanno un antico precursore. Nei meandri della collezione del Museo di storia
naturale di Trieste, infatti, c’è un lupo imbalsamato etichettato “Basovizza
1924”. «In realtà si tratta di una lupa – racconta l’esperto zoologo Sergio
Dolce – e si dice che sia stata l’ultimo esemplare avvistato a Basovizza: almeno
fino a oggi».
Probabilmente, allora come adesso, la lupa di Basovizza partecipava assieme al
resto del suo branco a delle scorrerie che causavano la disperazione degli
abitanti del Carso. Erano tempi, quelli, in cui la perdita di uno o più ovini
significava un autentico dramma economico. È forse per questo che un cacciatore
o qualche tutore dell’ordine pose fine alla sua esistenza con un colpo di
carabina: con quel proiettile, però, si mise inconsapevolmente a tacere per
quasi un secolo ogni ululato sull’altipiano.
«In realtà è possibile che si sia trattato di un normale episodio di caccia –
spiega Dolce – fino a quel momento, infatti, la presenza del lupo nelle nostre
zone era un fatto tutt’altro che inconsueto». Da lungo tempo il Carso italiano
non era battuto da branchi di lupi ma sul versante sloveno del confine, al
contrario, la presenza di questi predatori non è mai venuta meno: «In tempi
recenti è stata attestata la presenza di branchi a dieci o venti chilometri dal
confine – dice Dolce – una distanza che un lupo è capace di percorrere molto
rapidamente, soprattutto se attratto dal miraggio di un pasto a base di pecore e
capre».
Il boom demografico e urbanistico che ha stravolto l’Europa negli ultimi secoli
è andato riducendo l’habitat del lupo che, nonostante il suo aspetto temibile, è
un animale estremamente sensibile agli stravolgimenti dell’equilibrio naturale:
paradossalmente a volte anche l’uomo ne ha fatto le spese, basti pensare ai
danni che negli ultimi danni i cinghiali hanno arrecato all’agricoltura
triestina grazie alla scomparsa del loro predatore naturale.
Ma nel 1924 queste considerazioni non erano all’ordine del giorno, e la lupa di
Basovizza fu impallinata e trasformata in un pezzo da museo: «In effetti si
tratta di un modello molto ben fatto – afferma lo zoologo – accanto alla pelle
imbalsamata chi l’ha realizzato ha conservato anche il cranio». All’inizio del
secolo scorso era usanza comune quella di conservare, in caso di imbalsamazione,
del tutto o in parte lo scheletro dell’animale: nel caso della lupa è rimasto il
cranio. «La pelle veniva poi collocata su una sagoma, spesso in fil di ferro, e
riempita di paglia – dice Dolce – una tecnica da cui deriva il nostro termine
“animale impagliato”».
Oggi la paglia è stata sostituita da materiali più moderni come il polistirolo.
Per gli appassionati non sarà facile avvistare l’elusivo branco che, sulle orme
della lupa di Basovizza, imperversa sopra a Trieste, ma presto sarà possibile
ammirare la loro sfortunata antenata nella sala dei mammiferi della nuova sede
del Museo di storia naturale in via dei Tominz. «Era già esposta nella vecchia
sede – conclude lo zoologo – e avrà un posto d’onore anche nel prossimo
allestimento». Il gesto è d’obbligo: il lupo è tornato a Trieste.
Giovanni Tomasin
SEGNALAZIONI - CICLISTI E AUTOMOBILISTI - «La
civiltà non guarda il numero delle ruote»
Anche noi ciclisti urbani di Trieste giriamo spesso
l’Europa e abbiamo notato che in altre città gli automobilisti sono in numero
maggiore che a Trieste (dove molte cose sono a portata di autobus o di piedi)
anche in città poco dotate di assi di scorrimento veloce; ma come mai in quelle
città gli automobilisti non parcheggiano sulle fermate dei bus, sui marciapiedi,
sulle strisce pedonali, sulle piste ciclabili (andate una domenica al
Sincrotrone di Trieste per verificarlo) e non percorrono strade in contromano
(frequentate via dell’Università se non ci credete), non parcheggiano in doppia
fila e non invadono le zone pedonali una volta calato il sole? Esiste forse a
Trieste una normativa diversa?
Ci preme rimarcare due cose. La prima: fino a quando la città non sarà attenta
alle esigenze dei ciclisti, ci saranno sempre problemi . Tanto per dire: lungo
il marciapiede delle rive i ciclisti possono pedalare legittimamente essendo
marciapiede ciclopedonale: purtroppo la cosa è sconosciuta ai più, generando
l’idea che a Trieste si pedali sui marciapedi in dispregio delle regole.
La seconda: i comportamenti incivili dei ciclisti appartengono ad una minoranza
e sono identicamente presenti fra quella minoranza di automobilisti e
motociclisti maleducati ed incivili che, e siamo a pronti a dimostrarlo con dati
alla mano, causano un enorme danno non solo al traffico cittadino ma allo stesso
vivere civile in città. Per una miglior mobilità in città il primo passo è il
rispetto delle regole da parte di tutti, indipendentemente dal numero di ruote
usate per spostarsi.
Stefano Cozzini - responsabile Gruppo mobilità Ulisse-Fiab
LA REPUBBLICA - GIOVEDI', 14 gennaio 2010
Cibo, territorio e qualità- l'Italia è prima in Europa - I dati del Rapporto sulla produzione agroalimentare italiana Dop, Igp, Stg.
Nel 2009 si è consolidato il successo rispetto agli
altri paesi europei. Ma rischia di trasformarsi in autogol
L'ITALIA è prima in Europa per i cibi di qualità legati al territorio. Un
primato che si è consolidato nel 2009 con un vero e proprio sprint: su 50 nuovi
prodotti a marchio certificato (Dop, Igp, Stg) ben 19 sono italiani. La
classifica generale ci vede in testa con 194 prodotti (il 21 per cento del
totale), seguono la Francia con 167 e la Spagna con 129. Sono i dati contenuti
nel "Rapporto 2009 sulle produzioni agroalimentari italiane Dop, Igp, Stg"
curato dall'Osservatorio Qualivita.
"L'agroalimentare di qualità parla italiano", commenta Mauro Rosati, direttore
dell'Osservatorio. "Ed è un dato che non va letto da solo: parliamo non di
nicchie ma di un segmento importante e trainante della cultura gastronomica del
paese. Difendere questo tipo di produzione significa limitare l'impatto
ambientale dell'agricoltura, tutelare la diversità del paesaggio, creare le
condizioni per un rilancio del turismo".
Anche dal punto di vista dei numeri di settore, l'agricoltura legata al
territorio non è trascurabile: 5,3 miliardi di euro che diventano 9,8 miliardi
come fatturato complessivo al consumo. Il punto debole del sistema riguarda la
capacità di pensarsi come struttura capace di fare squadra creando mercato.
Come ha notato Paolo De Castro, presidente della Fondazione Qualivita, proprio
il successo del made in Italy rischia di trasformarsi in autogol se le singole
aziende si presentano in ordine sparso alla sfida della globalizzazione:
"All'estero vogliono mangiare italiano, vogliono mozzarella e parmigiano, ma se
esportiamo solo il 14 per cento delle nostre eccellenze agroalimentari, il vuoto
sugli scaffali viene riempito da merci italian sounding: imitazioni pirata che
sfruttano l'assonanza con un nome italiano e finiscono per fatturare quattro
volte più dei prodotti veri. Dobbiamo organizzarci per portare i nostri prodotti
dove vengono richiesti".
Per rilanciare l'export ed evitare le truffe legate all'imitazione dei marchi
italiani, l'Osservatorio propone una politica che sia orientata verso la difesa
rigorosa delle tradizioni dal punto di vista dei disciplinari di produzione, ma
che al tempo stesso sia estremamente innovativa e aperta dal punto di vista del
marketing e della capacità di innovazione commerciale.
ANTONIO CIANCIULLO
COMUNICATO STAMPA Greenaction Transnational - GIOVEDI', 14 gennaio 2010
SCORRETTA INFORMAZIONE SUI RIGASSIFICATORI -
GREENACTION SI RIVOLGE ALL’AUTORITA’ GARANTE PER LE COMUNICAZIONI
Trieste 14.01.2010 - Greenaction Transnational ha
presentato un ricorso urgente al Corecom (organismo di vigilanza
sull’informazione televisiva) in merito alla campagna di informazione pubblica a
sostegno del progetto del rigassificatore Gas Natural nel porto di Trieste
avviata dall’emittente televisiva regionale Telequattro.
Nel ricorso Greenaction chiede la sospensione cautelativa immediata del
documentario trasmesso dall’emittente televisiva e di ogni altra iniziativa
informativa in merito con contenuti pubblicitari non dichiarati e di accertare
se il predetto documentario e le altre trasmissioni già mandate in onda o in
fase di realizzazione sull’argomento concretino gli estremi della
pubblicità ingannevole e/o altre violazioni delle norme sull’informazione.
L’associazione informerà dei fatti anche le autorità competenti nazionali,
comunitarie e della Repubblica di Slovenia.
In allegato il ricorso.
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste -
www.Greenaction-planet.org
COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE FVG - GIOVEDI', 14 gennaio 2010
LA FOLLIA CORRE SUL SITO- VI IMMAGINATE UNA CENTRALE
NUCLEARE VICINO A LIGNANO?
Oggi, Repubblica ha pubblicato la mappa dei potenziali
siti nucleari, proposta nel 1979 dal Comitato nazionale per l'energia nucleare.
Sul tema della localizzazione delle centrali, il Governo nazionale non sta
prendendo posizioni chiare e decise, temendo il potenziale “effetto siti” sulle
elezioni regionali del prossimo anno.
D'altro canto le opposizioni chiedono a gran voce che si discuta da subito del
tema localizzazione, visto che la scelta scellerata del ritorno al nucleare è
diventato ufficialmente un elemento assodato della politica energetica italiana.
I siti su cui si ragiona sono quelli del 1979, tra questi alcuni riguardano
anche la nostra regione: oltre quello di Monfalcone, la cui proposta nasce anche
da altri motivi, sono segnalate alcune aree tra le Province di Udine e Pordenone
e lungo il Tagliamento, ritenute idonee soprattutto per la disponibilità di
acque da raffreddamento.
Se è vero che si ritorna a discutere dei siti del 1979, ci pare che siamo alla
follia.
Non vorremmo però che, siccome in Friuli Venezia Giulia non ci sono elezioni il
prossimo anno, comincino a circolare notizie su improponibili siti quali quelli
appunto del 1979 e su cui il Consiglio regionale al tempo e all'unanimità aveva
già espresso pieno diniego, soprattutto per vari motivi territoriali, e in
particolare per ragioni sismiche.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 gennaio 2010
Castelli: «Basta falsità sulla Trieste-Divaccia È una
priorità del governo» - Ma Serracchiani e Barbarossa rilanciano le
preoccupazioni Il 29 ci sarà il vertice bilaterale
IL VICEMINISTRO MINACCIA LE VIE LEGALI
TRIESTE La Trieste–Divaccia è una priorità del governo e chi afferma il
contrario rischia di doverne rispondere in tribunale. Roberto Castelli,
viceministro dei trasporti, s’arrabbia. E minaccia le vie legali. La miccia,
stavolta, è accesa da Stefano Alunni Barbarossa: «Il governo italiano sarebbe
pronto a lasciar decadere l’accordo di cofinanziamento della Trieste-Divaccia
anche su pressione della Regione», afferma il consigliere dei Cittadini, facendo
riferimento ad indiscrezioni secondo cui lo stesso Castelli avrebbe definito
quella tratta non prioritaria per l’Italia. Castelli, dopo aver già smentito
quelle indiscrezioni, non ci sta: ribadisce che «il nostro governo vuole
fortemente quest’opera» ma vede che «alcune forze, locali e non, fanno finta di
sostenerla, ma in realtà vi si oppongono, temendo un eccessivo rafforzamento del
porto stesso e adducendo come scusa le solite tematiche ambientaliste». «Ricordo
- conclude Castelli - che nel nostro Codice Penale esiste ancora il reato di
propalazione di notizie false e tendenziose. Se anche dopo le mie reiterate e
pubbliche affermazioni, secondo le quali la Trieste-Divaccia è assolutamente una
priorità, si continua in questa opera di disinformazione, chiederò al ministero
delle Infrastrutture di agire in sede legale». L’assessore regionale Riccardo
Riccardo assicura che «siamo al lavoro per evitare un’altra Val di Susa». E
aggiunge: «Regione e governo sono al lavoro per creare le condizioni per
realizzare la Tav e collegarla con il sistema portuale, allargando il consenso
ed evitarndo che venga bucata tutta la città di Trieste». Sull’ipotesi di
tracciato ”alto”, aggiunge Riccardi, c’è già stato un primo incontro tecnico e
altri due sono in programma, prima della prossima riunione della commissione
intergovernativa Italia–Slovenia, fissata per il 29 gennaio. Debora Serracchiani,
segretario regionale del Pd, definisce «fondamentale fare quel che si deve per
non perdere tutto, in ciò includendo prioritariamente il collegamento del porto
di Trieste con il Corridoio V. Nel 2010 la Slovenia intende iniziare i lavori
sul tratto ferroviario fra Capodistria e Crni Kal, parte integrante della nuova
tratta che porta a Divaccia, e questo dovrebbe dirci qualcosa su come
potrebbero, in breve tempo, mettersi le cose per la competizione tra i porti di
Trieste e Capodistria».
Roberto Urizio
Un piano ”federalista” per il governo del territorio -
La Seganti illustra la riforma - Il Wwf preoccupato per «la svendita del
suolo»
TRIESTE Il nuovo Piano di governo del territorio sarà ”copianificato” dagli enti coinvolti. Lo stabiliscono le Linee guida della riforma illustrate ieri dall’assessore Federica Seganti alla quinta commissione consiliare. Il documento prevede appunto la copianificazione, considerata la parità dei livelli istituzionali prevista dalla Costituzione, attraverso con i contenuti del Piano che saranno determinati da apposite Conferenze di pianificazione che dovrebbero avviarsi nella seconda metà del 2010. L'assessore ha sottolineato come non sia più previsto un adeguamento obbligatorio al nuovo Piano da parte di tutte le amministrazioni comunali, nel rispetto dello spirito di semplificazione. «Il territorio è ben organizzato e strutturato e quasi saturo rispetto alle necessità, quindi i Comuni potranno dare continuità ai propri Piani attuali. Solo nel caso in cui si volesse attuare varianti di grande portata, sarebbe necessario l’adeguamento al Piano del governo del territorio». C’è stata una sostanziale condivisione da parte degli enti locali e delle organizzazione di categoria e professionali coinvolte. Perplesso invece il Wwf secondo cui «il piano non vedrà mai la luce» e teme «la svendita del territorio da parte dei Comuni per avere dei vantaggi monetari» visto che si parla di perequazione e compensazione urbanistica. Per gli ambientalisti si va quindi incontro «ad un ulteriore consumo di suolo, aggravando la già pesante situazione esistente».
(r.u.)
Cormons, emergenza ambiente Venti discariche abusive
all’anno - RIFIUTI ABBANDONATI NELLE CAMPAGNE
CORMONS Nell’Isontino e nel Cormonese in particolare
vengono individuate ogni anno una ventina di discariche abusive.
Ad evidenziarlo è la «Relazione sullo stato di gestione delle funzioni spettanti
in materia di rifiuti» redatto dalla Provincia. L’annus horribilis fu il 2007:
in quell’anno vennero individuati 45 abbandoni abusivi di rifiuti, nel 2008 sono
stati 21 i casi, sostanzialmente gli stessi del 2009, anche se il numero
definitivo verrà reso noto nelle prossime settimane.
Continua, dunque, ad essere ben radicata la pessima abitudine di abbandonare i
rifiuti in luoghi non deputati: in mezzo ai campi o lungo la linea ferroviaria
incompiuta Cormons-Redipuglia. Lì, le piccole discariche pullulano con una
doppia conseguenza: l’ambiente viene letteralmente maltrattato e i costi di
raccolta e smaltimento schizzano all’insù perché bisogna organizzare servizi
specifici di asporto che hanno un determinato costo: costo che, chiaramente,
viene ”spalmato” su tutti i residenti e su tutte le famiglie, anche quelle che
seguono e rispettano al millimetro i dettami della raccolta differenziata.
Enti ed istituzioni hanno impresso un giro di vite. Sono stati effettuati più
controlli sia da parte della Provincia sia da parte dei Comuni: entrambi
vogliono stroncare la nascita come funghi di discariche abusive.
Come è noto l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel
suolo sono vietati. È vietato gettare, spandere, lasciare cadere o deporre
qualsiasi materia liquida o solida sugli spazi o aree pubbliche a qualunque
scopo destinate, sugli spazi o aree private soggette a pubblico passaggio o,
comunque, di uso pubblico, nonché in cortili, vicoli chiusi o altri luoghi,
anche recintati, comuni a più persone. Non solo. È vietata anche l’immissione di
rifiuti di qualsiasi genere allo stato solido o liquido nelle acque superficiali
o sotterranee, nei corsi o specchi d’acqua o sulle sponde o ripe dei medesimi.
«L’abbandono di immondizie connotato all’assenza di caratteristiche quantitative
e di sistematicità - si legge nel report della Provincia - rappresenta una
diversità di casi: dai piccoli abbandoni quotidiani ai grossi abbandoni
occasionali, sino alle micro-discariche croniche in alcuni, specifici punti. Le
discariche ”vere” che tornano alla luce in occasione di qualche circostanza sono
escluse da questa trattazione. L’analisi dei dati mostra però per il 2008 un
trend di descrescita dei fenomeni. Da report d’ufficio risultano essere state
rinvenute 21 aree di abbandono dei rifiuti di cui attualmente 8 in perfetto
stato di ripristino dei luoghi».
Sul finire dello scorso anno era stato in particolar modo il direttore del
settore Ambiente di Iris Donato Catano a puntare il dito contro gli abbandoni
abusivi. «Accanto a fatti eclatanti come quello di Borgnano (una cinquantina di
sacchi con scarti industriali vennero lasciati nei campi, ndr) si verificano
quotidianamente altre ”distorsioni”: ad esempio, vengono lasciati accanto alle
campane del vetro altri contenitori riempiti di bottiglie. Il camion, per
svuotare la campana, deve sollevarla per circa tre metri ed è chiaro che i
sacchi abbandonati nelle vicinanze restano lì e devono essere raccolti
successivamente con un comprensibile aggravio dei costi. Stesso discorso per le
batterie delle auto abbandonate vicino ai contenitori per le pile: sono oggetti
completamente diversi. Eppure, c’è chi se ne frega».
Il Tar: paga lo Stato per le aziende che non inquinano
- IL RICORSO DELL’ENI RIGUARDA DUE DISTRIBUTORI DI CARBURANTE
Il ministero però può poi rivalersi sui padroni dei terreni rivalutati con il tempo
Le aziende che non hanno inquinato non sono tenute a
pagare i danni ambientali preesistenti, ma le amministrazioni pubbliche,
obbligate invece alla bonifica, possono poi rivalersi sui privati nella misura
dell’accresciuto valore dei terreni.
LA SENTENZA È il succo della sentenza con cui il Tar ha parzialmente accolto il
ricorso promosso dall’Eni nei confronti dei ministeri dell’Ambiente, della
Salute, dei Trasporti, dell’Economia, della Regione e di numerose
amministrazioni locali, annullando le determinazioni prese dalla Conferenza dei
servizi. «Sono illegittime - si legge nella sentenza - quelle determinazioni
amministrative che pongono in tutto o in parte a carico del proprietario o del
detentore di un fondo i costi e gli oneri, anche procedurali di bonifica dei
suoli o dell’ambiente dai danni derivanti dall’inquinamento; a meno che non
venga accertata rigorosamente la responsabilità dei soggetti suindicati, anche
in relazione alla specifica attività svolta».
I DISTRIBUTORI La causa potrebbe costituire un precedente di rilievo nel braccio
di ferro che impegna da molti mesi il Governo da un lato e gli imprenditori
locali dall’altro e che finora ha impedito di giungere alla firma dell’Accordo
di programma, anche se riguarda due aree molto piccole, ma comunque all’interno
del Sito inquinato di interesse nazionale. Su una di queste, in riva Cadamosto
oggi compresa in un terreno in concessione ad Autamarocchi c’era un distributore
di banchina Agip disattivato già nel 2001. Sull’altra, lungo la statale 202, c’è
la stazione di servizio Valmaura Sud adibita alla distribuzione di carburante
per autotrazione.
LE RICHIESTE La Conferenza dei servizi aveva richiesto all’azienda di
effettuare, riguardo all’area del distributore rimosso, «idonei interventi di
messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda, attesa la contaminazione
riscontrata da arsenico e da manganese». Ciò sebbene la ditta specializzata
incaricata dall’Eni avesse «escluso la necessità di bonifica del sito al fine
del rilascio di una presa d’atto della conformità dell’area alla destinazione
commerciale, prevista dagli strumenti urbanistici» e un successivo piano di
caratterizzazione avesse constatato «l’assenza di contaminazione del sottosuolo
della stazione carburanti», inteso che «i parametri da ricercare, nella fase di
investigazione, venivano limitati a quelli astrattamente riconducibili
all’attività esercitata dal punto vendita».
GLI INTERVENTI «L’obbligo di bonifica - rilevano i giudici amministrativi - è
posto in capo al responsabile dell’inquinamento, che le autorità amministrative
hanno l’onere di ricercare e individuare, mentre il proprietario non
responsabile dell’inquinamento o altri soggetti interessati hanno una mera
”facoltà” di effettuare interventi di bonifica. Nel caso di mancata
individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari -
sostengono ancora i giudici in un passaggio cruciale - le operazioni di bonifica
saranno realizzate dalle amministrazioni competenti». Una sentenza che sembra
favorevole agli imprenditori. «Deve vigere il principio che chi non ha inquinato
non paga», ha recentemente ribadito il presidente provinciale di Assindustria,
Sergio Razeto. È però solo in parte così. Il Tar più avanti prevede la possibile
esistenza, a fronte delle spese sostenute di «un privilegio speciale immobiliare
sul fondo, a tutela del credito per la bonifica e la qualificazione degli
interventi relativi come onere reale sul fondo stesso, onere destinato pertanto
a trasmettersi unitamente alla proprietà del terreno».
LE MOTIVAZIONI Più avanti nella motivazione della sentenza si specifica
ulteriormente: «Qualora il responsabile non sia stato individuato o comunque non
provveda e non provvedano neppure i proprietari incolpevoli provvede
l’amministrazione alla bonifica e al recupero del sito inquinato: la pubblica
amministrazione competente è individuata nel livello territoriale proporzionato
alla tipologia e all’estensione dell’inquinamento secondo il principio di
sussidiarietà (il Ministero per i Siti di interesse nazionale». Ma si fa anche
riferimento al recupero delle somme da parte del Ministero a carico del
proprietario incolpevole del fondo, però con un limite: «A carico del suddetto
proprietario il recupero degli oneri della bonifica potrà avvenire solo nel
limite dell’arricchimento di valore che il disinquinamento avrà apportato al
fondo».
SILVIO MARANZANA
Ricorso Pacorini, slitta l’accertamento tecnico -
Doveva cominciare ieri il prelievo dei campioni dalle proprietà ma l’Avvocatura
ha chiesto un rinvio
LA VERIFICA AUTORIZZATA DAL TRIBUNALE SI FARÀ IL 19
GENNAIO
Doveva avviarsi ieri mattina l’accertamento tecnico preventivo chiesto dalla
«Pacorini srl» al Tribunale di Trieste e autorizzato dal presidente Arrigo De
Pauli. Invece vi è stato un intoppo, targato Ministero dell’Ambiente. Il
professor Paolo Bevilacqua potrà iniziare a prelevare i campioni di terreno
all’interno del sito inquinato di interesse nazionale in cui è inserita l’area
della Pacorini appena il 19 gennaio perché il Ministero ieri non ha inviato a
Trieste il proprio consulente che doveva assistere ai carotaggi in profondità.
Tutto da rifare dunque fra sette giorni. Poi ne resteranno altri 82 per avviare
e completare le analisi di verifica dell’eventuale presenza di inquinanti nei
terreni appartenenti alla società che per prima si è rivolta alla Magistratura
ordinaria. La «Pacorini srl» con questa iniziativa ha inteso avviare un
confronto col Ministero e gli enti locali: lo scopo è quello di sfuggire alla
«tagliola» che dal 24 febbraio 2003 impedisce agli imprenditori triestini di
realizzare qualsiasi trasformazione urbanistico-edilizia nei terreni di loro
proprietà inseriti nel Sito inquinato di interesse nazionale.
L’area è molto vasta: 1700 ettari complessivi, di cui 500 a terra e il resto nel
vallone di Muggia. La Pacorini possiede solo 68 mila metri quadrati con
l’ingresso posto in via Caboto. ma attorno a questi 68 mila metri quadrati si è
accesa una battaglia giudiziaria dagli esiti imprevedibili ma sicuramente molto
pesanti. Per poter costruire qualche nuovo capannone o per allargare quelli
esistenti ora alle società e alle ditte è consentita un’unica mossa: pagare un
pesante risarcimento al Ministero dell’ambiente. Il risarcimento è legato non a
un effettivo accertamento degli inquinanti presenti nei singoli terreni, ma a un
Decreto che a priori ”condanna” le aziende inserite nel Sito a versare una
congrua somma all’erario. Solo in questo modo con la «restituzione agli usi
legittimi» gli imprenditori potranno chiedere agli enti locali le autorizzazioni
necessarie per nuove costruzioni industriali o nuovi adattamenti edilizi dei
loro impianti.
Come si comprende facilmente a nessuno piace pagare risarcimenti decisi per
decreto, senza effettive verifiche sul campo. La Pacorini srl si è sentita
chiederr ea Roma quattro milioni di euro in via transattiva e ha prima risposto
«picche», poi si è rivolta al Tribunale civile e ha ottenuto il «via libera»
all’accertamento tecnico, slittato ieri di sette giorni per la mancata presenza
all’avvio dei lavori dei tecnici del Ministero.
È altrettanto evidente che in questo difficile momento economico, dover
risarcire il Ministero per presunti danni ambientali non accertati sul campo ma
decisi in base a un documento politico - amministrativo che in un verso si
riferisce alla falda e nell’altro ai versamenti in mare, è quasi impossibile per
molti imprenditori già in affanno.
«Si rende necessaria una consulenza tecnica volta ad accertare - scrive
l’avvocato Giovanni Borgna, legale della Pacorini srl,- che i terreni di
proprietà della società non sono inquinati e che conseguentemente nessun
inquinamento si diffonde dalle aree della società alle acque di falda o in altre
matrici ambientali. In ogni caso andrà anche verificato il rapporto fra
l’attività della Pacorini srl e l’eventuale inquinamento».
Secondo le agenzie del Ministero - le ex Apat e Isspra - il danno ambientale
stimato del Sito triestino si aggira sui 200 milioni di euro. Questi 200 milioni
dovrebbero in gran parte uscire dalle imprese triestine costrette a pagare a
Roma le transazioni o attraverso richieste di danni che il Ministero potrà fare
in sede giurisdizionale. Può permettersi oggi questo enorme esborso
l’imprenditoria triestina? La risposta è evidente, com’è evidente che
l’iniziativa della Pacorini srl ha sparigliato il gioco, costringendo di fatto
il Ministero e gli enti locali sulla difensiva.
CLAUDIO ERNÈ
«Stiamo con Razeto, imprese imbavagliate» - LE REAZIONI
DEGLI IMPRENDITORI DOPO LE ACCUSE DEL PRESIDENTE DI ASSINDUSTRIA
Autamarocchi: «Sulle bonifiche è la politica ad averci
messo in questa situazione»
Trieste come Montecarlo nei progetti dei politici e degli amministratori
locali? È così secondo il presidente di Assindustria Sergio Razeto autore di una
dura reprimenda nei confronti della classe politica che per puntare tutto sul
terziario e sul turismo avrebbe ridotto all’agonia il settore industria oggi
crollato ai minimi storici rappresentando solamente il 14 per cento degli
occupati e contribuendo per un misero 11 per cento al Pil complessivo.
Non si sintonizza però su questa lunghezza d’onda Gilberto Benvenuti,
albergatore, per anni responsabile del settore turismo di Assindustria che però
proprio nei confronti dei politici, raddoppia le accuse. «Non so se sia vero che
le amministrazioni regionali e locali penalizzano l’industria, di sicuro non
fanno pressoché nulla per lo sviluppo del turismo», afferma.
Secondo Benvenuti, Trieste è indubbiamente una città turistica,
paesaggisticamente eccezionale, una delle pochissime città italiane in cui
l’ingresso periferico dalla costiera è più suggestivo e scenografico dello
stesso centrocittà. «Non solo la promozione turistica del territorio continua
però a essere del tutto insufficiente - accusa Benvenuti - ma ci sono da
registrare due fatti recenti gravi, simili a mazzate micidiali per il turismo.
Innanzitutto l’aver levato a Trieste la qualifica di città turistica con la
conseguenza che i negozi la domenica sono perlopiù chiusi il che induce i
turisti a lamentarsi, se non addirittura a non tornare più. Poi l’eliminazione
dell’unico corso universitario specialistico sul turismo che era stato attivato
a Gorizia e che ora non esiste più. Un corso indipensabile per accrescere la
professionalità nelle strutture ricettive e nei servizi specifici».
Enrico Samer, operatore pluridimensionale sul fronte marittimo: agente,
terminalista e spedizioniere, affianca il presidente di Assindustria. «In gran
parte Razeto ha ragione - sostiene Samer - anche per quanto concerne una certa
confusione tra Trieste e Montecarlo. L’industria non è stata sostenuta e sulla
questione delle bonifiche le responsabilità politiche sono indubbie e
fortissime». È stato un grave errore secondo Samer inserire un’area così ampia
all’interno del perimetro del Sito di interesse nazionale perché in questo modo
si è imbalsamato gran parte dello sviluppo industriale di Trieste. «Per la
stragrande maggioranza si tratta di terreni perfettamente a posto, non
inquinati, eppure le aziende non possono ampliarsi, né possono sbarcare quelle
piccole aziende che garantirebbero uno sviluppo economico a una città che
indubbiamente non potrà mai avere industrie da diecimila dipendenti». La Samer è
in grande espansione sul fronte logistico in porto e sul canale navigabile. «Non
ho mai avuto aiuti dai politici, ma non ne ho mai nemmeno chiesti», specifica
Enrico Samer.
Pesanti accuse nei confronti del settore politico le lancia anche Oscar Zabai,
amministratore delegato di Autamarocchi: «È la politica ad averci messo in
questa situazioni insostenibile con la questione del Sito inquinato afferma».
Assolve i politici solo in merito a possibili mancate agevolazioni o
provvidenze: «Sono tempi duri per tutti, tantopiù per le amminstrazioni
pubbliche che hanno ben pochi fondi a disposizione».
(s.m.)
«L’industria perde pezzi, non c’è un piano strategico»
- L’opposizione accusa il sindaco di non aver fatto nulla per lo sviluppo della
città
L’appello contro la deindustrializzazione strisciante di
Trieste del presidente degli industriali Razeto non è caduto nel vuoto. Solo che
a raccoglierlo non sono i vertici del Comune, piuttosto infastiditi, ma
l’opposizione di centrosinistra. Che, commentando la crisi, ne ha per tutti,
industriali compresi. «Credo che l'ingegner Razeto abbia detto cose che sanno
tutti – ha detto ieri mattina Roberto Decarli, precisando di fare ancora parte
dei Cittadini e non del Pd – perchè sono cose che insistiamo a ripetere da anni;
ma si sa, noi dell'opposizione non vediamo mai niente di positivo, magico e
straordinario, come il nostro sindaco. Chi governa la città da quasi dieci anni,
dovrebbe invece fare autocritica ed assumersi le proprie responsabilità».
Non è peraltro che in piazza Scorcola siano stati immuni da colpe. Se De Carli
ha citato un cahier de doleances che che comprende Meloni, Olcese, Smolars,
Eurand, Cover, Veneziani, Cremcaffè, e via dismettendo e ridimensionando, Iztok
Furlanic di Rc ha riproposto l’esempio della Stock, «praticamente spostata a
Milano con l’avallo dell’allora presidente Antonini». «A queste – ha aggiunto
Decarli – bisogna aggiungere l'indotto, le cooperative e notizia dell'ultima ora
anche le Officine Ortolan mentre alla Siot stanno predisponendo la
ristrutturazione degli organici e c'è da aspettarsi quindi un ulteriore
diminuzione di imprenditoria e di occupati. E non parliamo della tanto osannata
Acegas»Aps, che in un anno ha perso, nella graduatoria stilata, su dati
Mediobanca, quasi cento posizioni. Era 97.a e adesso è 194.a!».
E non è che ci sia molto da contare sul famoso allineamento dei pianeti, è stato
ancora detto, e cioè la virtuale omologazione di Comune, Regione e governo
nazionale all’ombra del centrodestra. Il disinteresse per Trieste, semmai,
aumenta. La Ferriera? I 21 tavoli tecnici predisposti dall’allora assessore
Dressi, il Piano di riconversione dell'area della Ferriera dell'ing. Gambardella
- 2003\2004, il tavolo di lavoro tra le categorie economiche e le organizzazioni
sindacali nel novembre 2004 non hanno sortito alcun risultato, ha ironizzato
Decarli. Affondando ancora il colpo sulla risoluzione presentata in commissione
parlamentare dall'on. Fedriga (Lega Nord) nell'estate del 2008 sul "Recupero
ambientale dello Stabilimento metallurgico di Servola" nel quale veniva chiesto
al Governo un piano di riconversione da adottare entro 60 giorni. «Son passati
due anni da allora – ha ricordato l’esponente del centrosinistra – e sta ancora
aspettando...».
«La verità è che il sindaco ha già fallito – ha commentato Emiliano Edera – non
ha creato condizioni nè relazioni favorevoli per la città e continua ad
approvare bilanci che contengono solo spiccioli per il suo sviluppo». «Oltre a
tutto – ha incalzato Decarli – si tiene troppe deleghe, non può fare tutto lui,
si trovi almeno un manager o un team che faccia uscire la città dall’impasse».
«A mancare – ha concluso Fabio Omero del Pd – è un piano strategico, un’idea di
crescita. Eppure, lo ha detto persino l’assessore Ravidà nel testo strategico
sul Parco del mare, una città non può esistere senza avere nel suo tessuto
connettivo almeno il 20-25 per cento di industrie. Non c’è chiarezza su niente,
neanche sul rigassificatore e sulle bonifiche. Dipiazza è anzi riuscito
nell’impresa di farsi bocciare il piano regolatore dalla Regione, che ha
avanzato ben 18 riserve e ha detto, in sintesi, che andrebbe praticamente
riscritto. E, credeteci, stavolta non siamo per niente contenti di essere stati
profetici...».
FURIO BALDASSI
Incursione dei lupi, sbranate due capre e una pecora -
Di notte il branco ha preso di nuovo d’assalto il bestiame all’interno del
recinto elettrificato
È ALLARME A BASOVIZZA, PAURA TRA GLI ABITANTI
I lupi sono ritornati e hanno sbranato due capre e una pecora nello stesso
recinto di Basovizza già meta alla fine di dicembre di una loro scorreria. Le
carcasse dilaniate sono state scoperte ieri nella tarda mattinata ma
l’incursione del branco risale alla notte precedente. Lo dicono le abitudini dei
lupi, ma lo dice soprattutto la temperatura già bassa dei tre animali uccisi,
misurata ieri all’inizio del sopralluogo effettuato dai guardacaccia della
Provincia e dai Forestali regionali.
Anche in questa incursione i lupi hanno superato tranquillamente i fili del
recinto elettrificato che corrono attorno al pascolo, posto a lato della strada
che da Basovizza porta a Lipizza. Dal punto in cui giacevano a terra le carcasse
alla linea di confine, la distanza non supera i cento metri.
Il branco di lupi è ritornato a uccidere perché ha capito che in quel pascolo è
facile sfamarsi. Nessun cane da pastore sorveglia infatti le capre e le pecore.
Non ci sono guardiani che proteggono l’ovile e il terreno circostante, pieno di
arbusti e cespugli, consente una facile mimetizzazione. Una adiacente dolina con
i fianchi poco scoscesi costituisce un punto di appoggio per l’agguato. Poi ai
lupi non resta che attendere il momento propizio per agire.
A confermare che l’incursione è stata ”firmata” dallo dallo stesso branco che
aveva già ucciso a dicembre una capra e quattro pecore, sono le misure delle
impronte lasciata dai denti dei lupi. Coincidono perfettamente con quelle di due
settimane fa. Ma c’è di più. Ieri i forestali regionali e i guardacaccia della
polizia ambientale della Provincia hanno ricuperato alcuni ciuffi di pelo che
serviranno per approfondire la conoscenza del branco attraverso il Dna. Nessun
escremento è stato invece trovato.
I lupi anche l’altra notte hanno dilaniato quasi completamente una capra. Poi ne
hanno ucciso una seconda solo in parte mangiata e infine una terza pecora.
Nessuno degli altri esemplari dei due greggi che vivono a poca distanza l’uno
dall’altro, è stato ferito dal branco e ieri nel primissimo pomeriggio capre e
pecore brucavano tranquille la magra erba invernale a una trentina di metri
dalle carcasse e dai forestali.
Ora è evidente che i lupi ritorneranno prima o poi a colpire spinti dalla fame.
Sanno che tra Lipizza e Basovizza è sempre disponibile un «supermercato» della
carne con grandi disponibilità di scelta. Questo «punto» di approvvigionamento
non è protetto nè da cani, nè da efficienti recinti elettrificati. I lupi fino
dalla prima incursione hanno individuato nei cancelli il punto debole, perché
non sono elettrificati. Passano di lì e si trovano di fronte al banchetto, al
pasto. Non c’è che l’imbarazzo della scelta tra un esemplare e l’altro tra le
capre col pelo color marrone e le pecore quasi bianche.
Ora i gestori del pascolo e delle greggi si trovano di fronte a un problema non
previsto: quello di proteggere adeguatamente i loro animali da nuove incursioni
dei lupi. Potrebbero chiudere di notte le pecore e le capre all’interno di uno
stavolo o di un qualunque edificio. La protezione sarebbe totale. Oppure agire
come fanno da anni i pastori che circondano le proprie bestie con recinti
elettrificati ad alta efficienza, temuti dai lupi. Ma i branchi hanno già
adottato le adeguate contromisure. Un esemplare si getta a gran carriera verso
il recinto, le pecore si sbandano e fuggono nella direzione opposta, fino a
lambire i fili con la corrente. Lì altri lupi sono appostati e le aggrediscono.
Anche per questo motivo ora le greggi più numerose sono circondate dai fili di
due reti elettriche concentriche. Qualcuno per precauzione e sicurezza ne ha
allestito anche una terza.
CLAUDIO ERNÈ
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 gennaio 2010
Tav, tracciato alto allo studio di Italia e Slovenia - ANNUNCIO DI RICCARDI
CERVIGNANO La Tav transfrontaliera, quella che deve unire Trieste e Divaccia,
potrebbe bypassare il centro città: la commissione intergovernativa
Italia-Slovenia sta infatti studiando l’ipotesi di un tracciato ”alto”, sul
Carso, e lo sta facendo su sollecitazione del Friuli Venezia Giulia. Lo annuncia
Riccardo Riccardi, l’assessore regionale ai Trasporti, criticando l’attuale
tracciato aborrito dagli ambientalisti e rispondendo indirettamente al Pd: «Solo
un pazzo potrebbe pensare di bucare tutta Trieste per la Tav».
Riccardi aggiunge che il collegamento alto con Divaccia, a suo avviso, è
un’ipotesi percorribile: «La Regione vuole fare la Tav ma sostiene la necessità
di ampliare il consenso tra la popolazione. Al contempo, deve pensare al
collegamento dei porti di Trieste e Capodistria e a cosa succede al sistema dei
trasporti fino a quando la Tav non sarà realizzata».
L’opzione del tracciato ”alto”, che non scioglie il nodo dei porti, riprende in
sostanza il percorso della rete ferroviaria esistente sull’asse Ronchi dei
Legionari-Aurisina-Opicina-Divaccia. Ed è un’opzione che l’eurodeputata e
segretaria regionale del Pd Debora Serracchiani rilancia già nella mattinata di
ieri, a margine della sua visita all’Interporto di Cervignano, sollecitando il
governo italiano ad esprimersi «con rapidità e certezza sulla tratta
transfrontaliera italo-slovena» della Tav. Serracchiani, che a Bruxelles siede
in commissione Trasporti, afferma che già alla prossima conferenza
intergovernativa Italia-Slovenia prevista a fine mese «si deve chiudere con
Lubiana su un tracciato accettabile, che non soffochi le possibilità di sviluppo
del porto di Trieste e non condanni il Friuli Venezia Giulia a una perenne
marginalità». L’eurodeputata aggiunge che «il buon senso ci dice che una
soluzione consisterebbe nel far correre il Corridoio V in parallelo al tracciato
della linea storica Ronchi dei Legionari-Opicina-Lubiana, pensando a un
raddoppio che velocizzi il più possibile quella linea e ne aumenti la capacità
in modo da trasferire quanti più Tir sulla linea ferroviaria».
Bonifiche, Pacorini apre il fronte giudiziario - Sfumata la transazione.
Ricorso al Tribunale, ottenuto l’accertamento tecnico preventivo
PRIMA MOSSA PER SBLOCCARE LA PARTITA DEL SITO INQUINATO
Sito inquinato. Roberto Pacorini, legale rappresentante della «Pacorini srl»
è ricorso per primo alla magistratura civile per uscire dalla stretta mortale
che da anni sta togliendo l’ossigeno alle società e alle ditte che operano in
zona industriale. L’area di Zaule su cui è insediata tra l’altro la sua azienda
è stata definita «Sito inquinato di interesse nazionale» dal Ministero
dell’ambiente fin dal 24 febbraio 2003.
Nell’ambito di questa vertenza giudizaria stamane alle 9 il professor Paolo
Bevilacqua inizierà a prelevare i primi campioni di terreno nell’area di 68 mila
metri quadrati appartneti alla «Pacorini srl».
Sarà questo il primo atto di un accertamento tecnico preventivo chiesto
dall’azienda al Tribunale e autorizzato dal presidente Arrigo De Pauli
nonostante la decisa opposizione esercitata dell’Avvocatura distrettuale dello
Stato che rappresentava in udienza il Ministero dell’ambiente.
I prelievi che il professor Paolo Bevilacqua effettuerà non si discostano dai
normali accertamenti che il docente universitario ha compiuto in passato come
coordinatore del Centro interdipartimentale di Gestione e ricupero ambientale,
più noto come «Cigra». Invece questi campioni rappresentano l’avvio tangibile,
reale - quasi l’ultimatum - di una vertenza che in breve potrebbe opporre decine
di aziende triestine, insediate all’interno del Sito inquinato, al Ministero
dell’Ambiente e agli enti locali.
L’iniziativa di Pacorini è presto spiegata. Dal 24 febbraio 2003 agli
imprenditori triestini è vietato realizzare qualsiasi trasformazione a fini
urbanistico - edilizi dei terreni di loro proprietà. Non possono costruire nuovi
capannoni, non possono insediare nuovi macchinari che richiedono piattaforme o
basamenti. Tutto è congelato, bloccato.
Per uscire dallo strangolamento la via è già stata tracciata da Roma. Bisogna
risarcire in via transattiva il Ministero dell’ambiente per gli ipoteteci danni
ambientali calcolati sugli sversamenti presenti nella falda, nel vallone di
Muggia e non nell’area di proprietà su cui si lavora.
La «Pacorini srl», dopo aver tentato invano di concludere un accordo transattivo
col Ministero e dopo essersi sentita chiedere quattro milioni di euro di
risarcimento, ha deciso di ricorrere al giudice civile. Vuole tutelare la
propria libertà di impresa, ma soprattutto non intende pagare risarcimenti per
inquinamenti che non ha provocato con la propria attività. Ecco il motivo per
cui il legale dell’azienda, l’avvocato Giovanni Borgna, ha presentato il ricorso
al Tribunale civile di Trieste, chiedendo che fosse autorizzato l’accertamento
tecnico preventivo.
Il presidente Arrigo De Pauli ha convocato le parti e dopo aver vagliato le
opposte posizioni, ha autorizzato l’accertamento che si avvierà stamane e dovrà
concludersi entro 90 giorni. Non sfugge a nessuno che molte altre aziende
inserite nell’area delimitata dal Decreto ministeriale, attendono con grande
attenzione l’esito delle verifiche. E’ evidente che se fosse negativo, se nel
terreno appartenente alla «B. Pacorini srl» non fossero trovati gli inquinanti
segnalati dal Ministero nel vallone di Muggia, i ricorsi ai giudici civili
fioccherebbero in massa. Si riprodurrebbe così un «effetto domino» con
conseguenze multiple. Nessuna ditta, nessuna società imbocherebbe più la via
transattiva col Ministero. E ai proprietari della aree in cui gli inquinanti
dovessero risultare al di sotto delle soglie di legge, il Comune di Trieste e
quelli limitrofi, non potrebbero più negare le autorizzazioni alle
trasformazioni del suolo a fini urbanistico - edilizi. In altre parole il grande
affresco ideato nel 2003 con lo slogan di far giungere a Trieste milioni e
milioni di euro ”virtuali” attraverso i risarcimenti collegati al sito
inquinato, rischia di finire in pezzi dopo aver rappresentato un incubo per
l’imprenditoria triestina.
CLAUDIO ERNÈ
BONIFICHE - L’assessore De Anna: «Ancora possibili sconti per chi non ha
colpe» - Ma la Regione ha ripreso la trattativa col Governo
Un altro obiettivo lo svincolo immediato dei terreni ”puliti”
È in qualche modo riaperta comunque la trattativa con il Ministero
dell’Ambiente per l’accordo di programma sulle bonifiche con l’intento di
ottenere un rapido svincolo dei terreni non inquinati e uno sconto sui pagamenti
previsti per il danno ambientale. È il motivo per cui la firma congiunta, più
volte prevista e da ultimo annunciata entro dicembre, non è mai stata posta. Un
altro differimento che imbalsama ulteriormente la situazione esistente che
blocca lo sbarco di nuove aziende (all’Ezit quattro o cinque erano in liste
d’attesa tra cui una con cento dipenedenti) e impedisce a quelle attuali di
ampliarsi, ma che offre all’assessore regionale all’Ambiente Elio de Anna la
possibilità di fare ulteriori pressioni per modificare ancora il testo
dell’accordo.
Anche contro l’ultima bozza erano insorti in particolare gli industriali
chiedendo alle amministrazioni locali e alla Regione di non firmare un accordo
che andava «a punire soprattutto chi non ha inquinato». «Il Ministero
dell’Ambiente - aveva accusato il presidente di Assindustria Sergio Razeto - ha
previsto di ottenere 236 milioni 300 mila euro dalle transazioni con le 200
aziende, anche se non colpevoli di inquinamento, che hanno sede all’interno del
perimetro del Sin sui complessivi 350 milioni e 300 mila euro stimati come danno
ambientale. La parte pubblica dunque vorrebbe intervenire a coprire solo un
terzo del fabbisogno complessivo».
«C’è la possibilità di ottenere alcuni miglioramenti dell’accordo a vantaggio
delle aziende - spiega De Anna - l’attuale direttore generale del Ministero
dell’Ambiente Marco Lupo è sostenitore di una linea più conciliante rispetto al
suo predecessore, Gianfranco Mascazzini». De Anna dunque riferisce che è ora il
suo assessorato a condurre la trattativa anche se la firma sull’accordo di
programma sarà posta dall’assessore alle Finanze Sandra Savino assieme a quelle
dei ministri dell’Ambiente e dello sviluppo economico e dei rappresentanti di
Provincia e Comune di Trieste, Comune di Muggia, Autorità portuale, Ezit.
«Due gli obiettivi sui quali stiamo lavorando - spiega De Anna - e per i quali
abbiamo ottenuto nuova disponibilità da parte del Ministero. Il primo riguarda
l’immediato svincolo dei terreni che pur compresi nel perimetro del Sito
inquinato, risultassero non inquinati. Il secondo concerne invece la possibilità
di ottenere uno sconto, cioè un abbattimento dei pagamenti previsti per il danno
ambientale da parte delle aziende che dimostreranno di non avere inquinato».
Secondo l’ultima bozza dell’accordo invece il danno ambientale doveva essere
pagato da tutte le aziende indistintamente.
«Credo che entro il 31 gennaio - annuncia De Anna - potremo finalmente giungere
alla firma necessaria anche per sbloccare i 63 milioni pubblici già a
disposizione per le bonifiche che comunque dovrebbe essere aumentati e per
concludere le caratterizzazioni in modo da svincolare rapidamente i terreni non
inquinati».
SILVIO MARANZANA
BONIFICHE . «Nessun danno, non paghiamo» - L’avvocato Borgna: «I 68 mila mq
venduti dall’Ezit dopo il 2000»
«Perché dobbiamo pagare un risarcimento per un inquinamento e per un danno
ambientale che non abbiamo provocato?»
E’ questa in estrema sintesi la principale tra le tesi sostenute della «B.
Pacorini srl» nell’atto presentato dall’avvocato Giovanni Borgna al Tribunale
civile di Trieste.
«I 68 mila metri quadrati sono stati venduti alla nostra azienda dall’Ezit in un
periodo compreso fra il luglio 2001 e il febbraio 2003. La nostra società non è
responsabile dell’inquinamento che il Ministero dell’Ambiente sostiene essere
presente sulle aree di nostra proprietà e che, qualora esistesse, sarebbe in
ogni caso da ricondursi ad attività precedentemente svolte da altri soggetti. A
questo proposito ci riserviamo ogni opportuna azione di tutela nei confronti di
qualsiasi soggetto responsabile e del venditore delle aree. Precisiamo comunque
che abbiamo comunque messo in sicurezza i nostri terreni».
Ma non basta. L’azienda che per prima si è ribellata al diktat dei pagamenti
risarcitori, entra nel merito delle ”accuse” indifferenziate che coinvolgono
decine e decine di ditte e società triestine, insediate nell’area definita «Sito
inquinato di interesse nazionale» dal 24 febbraio 2003. «Specifichiamo che siamo
attivi nel settore della logistica - movimentazione e stoccaggio - e nella
lavorazione di caffè, metalli non ferrosi, cellulosa, gomma, svolgendo attività
prive di impatto ambientale significativo».
«Va rilevato che da indagini autonomamente svolte dalla nostra società, le aree
che si pretendono inquinate rispettano invece i limiti posti dal Decreto
ministeriale 471 del 1999 e che conseguentemente, non sono necessarie la
bonifica dei suoi e tantomeno l’adozione di misure di messa in sicurezza
d’emergenza. Inoltre la falda idrica non è nostra, è di proprietà pubblica».
Durissime, anzi quasi furibonde, le risposte dell’Avvocatura dello Stato.
Nell’atto si leggono definizioni come «infondatezza», «pretestuosità», «falsità
dei motivi in fatto», «evidente carenza di pregio per i motivi di diritto».
Per la peculiare complessitò e sofisticazione tecnica degli accertamenti
ambientali richiesti, si rappresenta la necessità di investire non un solo
consulente tecnico, bensì più team integrati da consulenti, con particolare
specifiche conoscenze - un geologo, un biologo, un biologo marino, un esperto di
idraulica - al fine di apprezzare tutti gli elementi che concorrono
all’accertamento e alla quantificazione del danno».
Il presidente del Tribunale, come si è visto, è stato di diverso avviso e ha
nominato un unico consulente, il professor Paolo Bevilacqua.
BONIFICHE - Nell’accordo il depuratore di Servola - IL TESTO - Le
amministrazioni locali spingono per arrivare rapidamente alla firma
Terminal traghetti alle Noghere
Anche il depuratore di Servola, del costo previsto di 30 milioni di euro più
ulteriori 10 milioni per l’adeguamento al trattamento delle acque di falda,
oltre alla Piattaforma logistica e alla progettazione della cassa di colmata
alle Noghere dove sarà realizzato il futuro terminal per i traghetti ro-ro, sono
compresi all’interno dell’accordo di programma sulle Bonifiche. È uno dei motivi
per cui le amministrazioni locali e l’Autorità portuale hanno interesse che
l’accordo venga comunque firmato il prima possibile e le giunte comunale e
provinciale hanno approvato la bozza entro la fine dell’anno scorso. Non così
invece Assindustria e Camera di commercio, che pur non comparendo tra i
firmatari, stanno premendo affinché il testo venga ulteriormente migliorato a
vantaggio delle aziende.
L’accordo sulle Bonifiche prevede in particolare la progettazione e
realizzazione dell’intervento di bonifica in grado di impedire la fuoiruscita
delle acque inquinate verso l’area marino-costiera e del sistema di
collettamento delle stesse, la progettazione, realizzazione e gestione
dell’impianto di collettamento, trattamento e recupero delle acque di falda
contaminate in collegamento con il nuovo impianto di depurazione di Servola. E
poi il completamento delle caratterizzazioni e la progettazione e l’attuazione
degli interventi di bonifica. «Per la depurazione delle acque del sito
industriale - si legge nell’accordo - dovrà essere progettato e realizzato un
nuovo impianto di depurazione secondo modalità che ne consentano altresì
l’utilizzo funzionale ai fini del trattamento delle acque di falda».
L’accordo contiene anche il primo lotto della Piattaforma logistica, fa
riferimento agli 81 milioni già a disposizione dell’Autorità portuale e sugli
altri 54 necessari per poter bandire la gara sostiene che «le risorse
programmatiche pari a 54 milioni passeranno autonomamente nella sezione
attuativa a seguito di formale comunicazione da parte del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti dell’avvenuto reperimento delle risorse». Il
progetto della Piattaforma è già stato approvato da mesi, ma è da marzo scorso
che si attende che il Cipe stanzi materialmente il denaro. Nel successivo
secondo lotto la Piattaforma occuperà anche l’area dove oggi c’è la Ferriera di
Servola.
Nell’accordo si prevede inoltre lo stanziamento di 2 milioni e 600 mila euro per
la progettazione preliminare della cassa di colmata nell’area delle Noghere dove
sarà realizzato il nuovo terminal per traghetti Ro-Ro. Qui in futuro si
sposteranno anche i traghetti turchi che oggi arrivano in Riva Traiana. Il nuovo
terminal prevede la creazione di 5 nuovi accosti per una lunghezza complessiva
di 1200 metri. Sarà creato costruendo un banchinamento dopo aver individuato una
cassa di colmata nell’area compresa tra la linea di costa esistente e il nuovo
filo banchina. I lavori richiederanno l’esecuzione di escavi per 750 mila metri
cubi a fronte di una capacità della cassa di colmata di un milione di metri
cubi.
(s.m.)
Riccesi: gioco sporco sull’ex Maddalena per tentare di condizionare la
Regione - IL COSTRUTTORE RIBATTE AGLI AMBIENTALISTI
«False. Sull’ex Maddalena vengono fatte girare da qualcuno notizie false e
tendenziose, che rischiano di sabotare non tanto gli interessi di noi ”padroni”,
ma soprattutto l’occupazione nelle nostre aziende. La congiuntura è sfavorevole,
parlo di posti di lavoro da salvare». Donato Riccesi, di questi tempi, ha letto
le proteste degli ambientalisti, e del Wwf in testa, contro la megaoperazione
edilizia progettata in quella spianata, dove si attende lo sbarco del colosso
transalpino Carrefour per la piastra commerciale da 5mila metri quadri. Le ha
lette e incassate in silenzio, ammette. Finché, lascia intendere, gli sono
fumate le orecchie: «Non sono uno sprovveduto - sbotta - c’è qualcuno che si è
mosso ad arte sulla stampa per creare un clima di soggezione attorno alla
Commissione regionale incaricata di esprimersi nuovamente sulla Valutazione
d’impatto ambientale del progetto». Commissione che dovrebbe riunirsi proprio
nella giornata di oggi, precisa sempre Donato Riccesi. Lui è la voce pubblica
della supercordata di costruttori chiamata Generalgiulia 2 - composta in quote
paritarie al 25%, oltre che da Riccesi, da Carena, Cividin e Palazzo Ralli - che
nel 2002 aveva comprato quell’area dall’Azienda sanitaria per 11 milioni di
euro.
LO STALLO Dopo otto anni di imbottigliamenti burocratici adesso - dipende
proprio dalla durata dello screening di Via - i tempi sarebbero dunque maturi
per far partire un colossale cantiere da cinque anni almeno, destinato a creare
pure diecimila metri quadrati di verde, un garage sotterraneo a tre piani da
1100 posti, nonché complessi edilizi alti fino a sei piani per trecento
appartamenti, di cui 53 Ater più altri a regime di edilizia convenzionata
agevolata.
L’ACCUSA C’è qualcuno però - è l’accusa firmata Riccesi - che punta a far
saltare il banco in dirittura d’arrivo «comunicando ai mezzi di informazione di
aver presentato in Regione ulteriori osservazioni per tentare di diminuire il
cemento. Il fatto è che sono state comunicate cose che non trovano
corrispondenza con i fatti». Si è mosso qualche cittadino del quartiere,
certamente sì, ma l’hanno fatto soprattutto le associazioni ambientaliste. E tra
queste, più di altre, il Wwf. Con tanto di nome e cognome evocato. Quelli del
responsabile locale energia e trasporti Dario Predonzan. «Non credo - va giù
duro Riccesi - che ciò che è stato comunicato agli organi di stampa in questi
giorni sia frutto di disinformazione. Un rappresentante del Wwf ha notizie sullo
stesso di prima mano, lavorando all’assessorato all’Ambiente della Regione. Non
corrisponde al vero, per esempio, che la cittadinanza non è stata informata e
che la circoscrizione che la rappresenta ha espresso solo nel 2006 un voto
contrario. Posso confermare invece che la stessa circoscrizione ha espresso tre
pareri favorevoli il 21 settembre e il 21 dicembre del 2007 e infine il 30
giugno del 2009. La cittadinanza non poteva quindi essere all’oscuro. Chi fa
l’ambientalista, evidentemente, cita solo ciò che gli fa comodo».
LE CUBATURE «Ricordo al signor Predonzan - prosegue Donato Riccesi - che il
grado di edificabilità non è nato da richieste dei costruttori né con il Piano
regolatore del Comune, ma dall’Accordo di programma del 2001 tra Regione, Comune
stesso e Azienda sanitaria, che di quell’area era l’ente proprietario. L’indice
di sei metri cubi su metro quadrato, che può anche essere tanto, non è stato
stabilito all’epoca per fare un favore ai costruttori, che neanche esistevano,
ma è stato semplicemente il parametro scelto dalla pubblica amministrazione per
dare un determinato valore all’area. L’indice poi è stato confermato in un
secondo Accordo di programma, mentre il Piano particolareggiato per la
destinazione urbanistica, di competenza del Consiglio comunale, è stato
presentato sempre dall’Azienda sanitaria. Se adesso la città vuole dimezzare le
cubature, va bene. L’Azienda sanitaria, però, ci torni metà di quegli 11 milioni
che ha preso da noi...».
LA SFIDA «Io - chiude Riccesi - parlo su documenti esistenti, ufficiali. Sono
disposto a confrontarmi pubblicamente con chi accusa i costruttori, e a farlo se
serve anche davanti alla magistratura. Sono già preparato a difendere
patrimonialmente le aziende che rappresento. Un parere della Commissione di un
certo tipo, piuttosto che un altro, potrebbe ripercuotersi sulle nostre società.
Dei signori che prendono lo stipendio in Regione, e che quindi non rischiano
mica il posto, dovrebbero capire che quando si apre bocca dicendo delle falsità,
e chiamando in causa imprese private, si possono fare danni. Più che ai padroni,
a quelli che lavorano per loro».
PIERO RAUBER
E il vecchio Acquario si rifà il trucco - Resta ”nudo”, senza coperture, il
magazzino vini in attesa di una destinazione
Il Parco del Mare ritarda? E allora il vecchio Acquario si rifà il maquillage,
dopo essere diventato negli ultimi anni quasi una struttura a rischio. Malte
cadenti e angoli pericolanti hanno costretto il Comune a mettere in sicurezza
l’edificio, come è già successo negli ultimi mesi poco più in là per Palazzo
Carciotti. Ma l’intervento, in realtà, è propedeutico alla conclusione del
restauro dell’immobile intero. «Quando si ha a che fare con gli architetti –
scherza il sindaco Dipiazza, che detiene tuttora la delega ai Lavori pubblici –
non si sa mai come va a finire. Adesso, comunque, abbiamo vinto una vecchia
causa e possiamo completare l’opera».
Il contenzioso, si viene a sapere adesso, riguardava la conclusione dei lavori
sull’immobile intero dell’ex Pescheria, ora diventata Salone degli Incanti. «In
pratica era successo, e vi assicuro che io non c’entro – garantisce il sindaco –
che chi aveva fatto il progetto di restauro si era praticamente dimenticato
della parte riguardante l’Acquario. Finita la prima parte dell’intervento,
dunque, ci si è accorti che non c’erano più soldi per completare l’altra parte
dell’edificio!»
Una vicenda paradossale che però, aggiunge ancora il primo cittadino, sta per
trovare una soluzione soddisfacente. «Adesso, finalmente, abbiamo provveduto a
mettere a bilancio i denari, e l’intera struttura, in qualche mese, sarà
definitivamente restaurata, in attesa degli sviluppi del Parco del Mare. Certo
l’incuria è durata per almeno 50 se non 70 anni, senza che nessuno ci mettesse
mano, anche quando si facevano le mostre da 11-12 milioni all’anno...».
Il progetto camerale, in effetti, è alla base anche dello stallo attuale
dell’intera area. A soffrirne, oltre all’ex Pescheria, c’è anche l’adiacente
Magazzino vini. I suoi ruderi, ora meno precari, sembrano aver definitivamente
superato il periodo del ”vedo-non vedo” quando cioè si era deciso di nascondere
le attuali brutture con una palizzata tipo Fort Apache, per un certo periodo
anche abbelita in maniera acconcia. A poco a poco la copertura ha però
cominciato a perdere i pezzi. Non solo per la bora ma anche per scelta, visto
che nel progetto originario (ancora valido in funzione Parco?) era prevista la
sopraelevazione di un piano. Il magazzino di proprietà della Fondazione
CRTrieste, ad ogni modo, tubi Innocenti a parte, è di nuovo a nudo, praticamente
visibile da tutti i lati. E tale pare destinato a rimanere fino a che non si
sblocca l’incognita del Parco del Mare. «A questo punto – ammette lo stesso
Dipiazza – non aveva più alcun senso effettuare altri interventi di copertura.
Tra poco si dovrebbe arrivare al progetto complessivo dell’area, propedeutico al
Grande Acquario e a quel punto si conoscerà anche quella che dovrà essere la
ripartizione degli spazi tra i vari contenitori».
(f.b.)
Baia di Sistiana, chiesta la revoca del progetto -
Le delibere non conterrebbero i vincoli urbanistici. Ret: strano sia sfuggito
qualcosa
LETTERA DI GREENACTION INTERNATIONAL AL SINDACO
TRIESTE Nuovo capitolo nella lunga e sofferta vicenda del piano
particolareggiato per la baia di Sistiana, approvato dal consiglio comunale di
Duino Aurisina nel maggio 2006. A sollevare una serie di problemi è
l’associazione ambientalista Greenaction International, che chiede al sindaco di
Duino Aurisina, Giorgio Ret, di revocare le delibere con cui l’amministrazione
aveva autorizzato il progetto di sviluppo turistico della baia presentato dal
gruppo dell’imprenditore mantovano Carlo Dodi.
Secondo Greenaction Transnational, «le delibere sarebbero viziate dal mancato
riconoscimento dei vincoli urbanistici che gravano sulle aree interessate dal
piano, nonostante la loro iscrizione da parte del giudice tavolare di Trieste».
Tra le irregolarità, prosegue l’associazione ambientalista, anche «il mancato
coinvolgimento dello Stato nella convenzione urbanistica sottoscritta tra le
società proponenti e il Comune di Duino Aurisina, nonostante che nel piano
fossero comprese varie proprietà del Demanio marittimo».
La lettera con la richiesta di revoca è giunta in questi giorni sul tavolo del
sindaco Ret, che ha subito avviato le necessarie verifiche. «Nessun problema –
dichiara il primo cittadino –. Se troveremo qualcosa che non va rimetteremo in
moto le necessarie procedure. Prima però – avverte – serve una verifica da parte
dei nostri uffici, ed eventualmente un’altra con chi ha redatto il piano. Poi il
tutto sarà trasferito al nostro ufficio legale, che fa capo al segretario
generale del Comune, il quale valuterà i termini in cui rispondere alla
richiesta».
Dicendosi assolutamente tranquillo, Ret osserva poi che «dopo otto anni mi pare
strano che a qualcuno sia sfuggito qualcosa, visto che siamo stati passati al
setaccio un po’ da tutti».
Altrettanta serenità viene manifestata da Cesare Bulfon, portavoce della
proprietà della baia. «Siamo tranquilli – commenta – sotto qualsiasi aspetto. In
diciassette ricorsi che le associasioni ambientaliste hanno presentato al Tar e
al Consiglio di Stato sul piano particolareggiato per la baia, non è mai emersa
alcuna irregolarità. E anche dalle inchieste svolte dalla Procura della
Repubblica e dalla Corte dei Conti non è risultato nulla di irregolare».
Le contestazioni di Grenaction International non si limitano però ad aspetti
urbanistici ma riguardano anche il tema dei finanzianmenti. In proposito,
l’associazione ambientalista annuncia di «aver attivato, alla luce dei possibili
finanziamenti pubblici annunciati dalla Regione, e visto che le società facenti
capo all’imprenditore Carlo Dodi hanno ottenuto, ancora prima dell’approvazione
del piano da parte del Comune, un finanziamento pubblico di ben 14 milioni di
euro, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf). L’inchiesta – precisa
sempre Greenaction International – è stata affidata all’unità Prevezione della
frode e intelligence, dell’Ufficio investigazioni e operazioni, nell’ambito
della più vasta indagine sull’utilizzo dei fondi strutturali destinati ai
progetti turistici nel Friuli Venezia Giulia».
Netta e decisa la replica della proprietà della baia. «Non abbiamo ricevuto
neanche un euro di finanziamenti pubblici», afferma Bulfon. E in tema di fondi
europei aggiunge: «Abbiamo fatto domanda, ma li abbiamo persi proprio in seguito
ai numerosi ricorsi, poichè l’opera per la quale vengono richiesti deve essere
conclusa entro 48 mesi. I documenti presentati all’Ue – aggiunge – erano tutti
in regola, eravamo idonei a ricevere i finanziamenti ma non abbiamo mai chiesto
un euro perchè consci di non farcela con i tempi».
GIUSEPPE PALLADINI
Siot, entro febbraio la centralina fissa - L’ARIA A MATTONAIA
SAN DORLIGO «Salvo imprevisti entro fine febbraio installeremo a Mattonaia la
centralina fissa per il monitoraggio dell'aria nei pressi della Siot». A
preannunciare questa tempistica è il sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia
Premolin, che aggiunge: «Stiamo attendendo da parte dell'Arpa l’elenco della
strumentazione corretta da acquistare, e non appena ne saremo in possesso,
grazie al finanziamento erogato dalla Siot, ci appresteremo subito per reperire
la strumentazione necessaria». Secondo le stime del sindaco la Siot dovrebbe
finanziare la centralina con circa 15 mila euro.
Sulla vicenda dell’inquinamento dell'aria da parte della Siot, nell'ultima
seduta del consiglio comunale di San Dorligo era intervenuto anche il dirigente
dell'Arpa Italo Pellegrini, il quale aveva risposto all'interpellanza del
Pdl-Udc sulle esalazioni provenienti dallo stabilimento. «Il dottor Pellegrini
ha ribadito la necessità di installare centraline fisse per il monitoraggio
costante e prolungato nel tempo, possibilmente inserite nella rete regionale
dell’Arpa», ricordato il capogruppo del Pdl-Udc Roberto Drozina. «Abbiamo
inoltre ricevuto conferma che verranno sistemate le macchine per il rilevamento
Crs (composti residui di zolfo) – aggiunge l'esponente del centrodestra – ma
soprattutto Pellegrini ribadisce la necessità che la Siot attui gli interventi
tecnici secondo i dettami dell’Arpa stessa».
Riccardo Tosques
«Lo stagno di Contovello si sta prosciugando» - LA
CIRCOSCRIZIONE CHIAMA IN AIUTO IL COMUNE E GLI AMBIENTALISTI
TRIESTE L’esistenza dello stagno di Contovello è messa a
rischio dal suo repentino abbassamento di livello. Lo denuncia il consiglio
circoscrizionale Altipiano Ovest con un documento rivolto non solo al Comune, ma
pure al Wwf, a Legambiente e a Italia Nostra. Nella mozione approvata dal
parlamentino c’è un preciso invito al Comune a prendere atto della grave
situazione grave in cui versa il laghetto, una delle aree più caratteristiche
della piccola frazione.
Secondo i consiglieri, la deviazione di diversi apporti superficiali d’acqua e
l’impoverimento delle falde acquifere sarebbero la causa del drastico
abbassamento del livello dello stagno. Un’altra causa starebbe nel comportamento
incivile di quelle persone che vi hanno liberato, a più riprese, pesci rossi o
tartarughe.
Nell’esprimere pareri negativi su diverse richieste di concessione edilizia per
i nuovi edifici costruiti attorno al laghetto – osserva la Circoscrizione –
avevamo paventato, non a torto, l’impoverimento delle falde acquifere e dei
rivoli superficiali che da sempre alimentano lo stagno. Tra l’altro gli edifici
realizzati nell’area circostante lo specchio d’acqua risultavano privi di una
qualsiasi relazione geologica che tenesse conto dell’eventuale impatto sulla
zona.
In diverse occasioni cittadini e circoscrizione avevano chiesto l’intervento dei
Vigili del fuoco per l’ossigenazione delle acque nei periodi siccitosi, ma
secondo il parlamentino non è stata mai fatta chiarezza sull’effettiva
competenza a intervenire. «Nemmeno le ultime abbondanti piogge – spiega il
presidente di Altipiano Ovest, Bruno Rupel – hanno contribuito a ristabilire il
vecchio livello dello stagno. Pertanto il nostro consiglio, memore che nella
nuova variante al Prg questa zona naturalistica è stata protetta dalla
speculazioni, chiede agli enti competenti di salvare lo stagno, predisponendo un
progetto di riqualificazione per quest’area e il vicino Sentiero natura.
Contiamo pure sul sostegno degli ambientalisti per un intervento risolutivo».
Maurizio Lozei
«Tutti pazzi per i cinghiali», una comunità di 340 persone che si sono iscritte su Facebook
Nuovi numerosi avvistamenti sotto Opicina C’è sempre più simpatia per gli
animali selvatici
L’iniziativa su Internet era nata quasi per scherzo nell’estate 2008 tra un
gruppo di amici. Ora ricevono decine di segnalazioni: «Abbiamo visto la mamma
con tre cuccioli...»
È nata la cinghiale-mania. Già flagello degli agricoltori e nemesi
dell’amministrazione provinciale (nuovi e numerosi avvistamenti negli ultimi
giorni), ora il cinghiale è diventato anche un’icona pop: infatti l’irsuto
intruso della periferia di Trieste può vantare tra i suoi fan i 340 iscritti di
“Tutti pazzi per i cinghiali”, un gruppo sul portale Facebook dedicato
completamente ad avvistamenti, fotografie e resoconti di incontri ravvicinati
tra triestini e suini selvatici. «”Tutti pazzi per i cinghiali” è nato
nell’estate del 2008 come uno scherzo tra quattro amici – spiega uno degli
amministratori – ma ha ottenuto in breve tempo un successo strepitoso e per
diversi mesi ha vissuto un’attività fiorente».
Complice il boom demografico dei cinghiali, negli ultimi anni sempre più persone
a Trieste hanno provato l’esperienza inconsueta di un faccia a faccia con questi
animali, e per molti è diventato d’obbligo riportare la propria testimonianza su
“Tutti pazzi per i cinghiali”.
«Oggi sulla strada per Opicina avvistati tre cinghiali, mamma cinghialona con
due cuccioli» - informa sulla bacheca del gruppo un iscritto, e subito un altro
ribatte: «L’altra settimana a Conconello mamma cinghiala con tre cuccioli».
Alcuni hanno atteso a lungo prima di vivere l’agognato incontro: «Quattro
cinghiali sul ciglio della strada sopra Conconello... il mio battesimo del
fuoco!» - esulta un terzo iscritto. Ai numerosissimi avvistamenti in città si
aggiungono anche testimonianze meno “ortodosse”: «Il mio ragazzo è un cinghiale»
- dichiara orgogliosa un’utente. Nel 2008 il gruppo ha addirittura premiato un
iscritto con il simbolico “cinghiale d’oro” per il miglior resoconto. Tra le
discussioni sulla pagina del gruppo, alcuni iscritti sono giunti a chiedersi
perfino se il cinghiale non stia diventando uno «stile di vita», qualunque cosa
significhi, se non «addirittura una corrente di pensiero». Nella sezione
iconografica, invece, si spazia dal fotoreportage sul cinghiale del Carso a
riferimenti “alti” come l’immagine di Obelix intento nel trasportare due
esemplari o il fotogramma di una storica pubblicità dell’omonimo pennello. Non
manca nemmeno il richiamo alla mitologia, con un rimando alla terza fatica di
Ercole: la cattura del ferocissimo cinghiale del monte Erimanto. Più che da
motivazioni ambientaliste o venatorie, il gruppo è animato da una vera e propria
estetica del cinghiale,: «L’idea è nata ed è rimasta sempre un’autentica
goliardata - sottolinea l’amministratore - non vogliamo entrare nella polemica
sugli abbattimenti né tanto meno ci interessa andare a caccia di cinghiali!».
Quel che è certo è che, sebbene apparentemente i branchi di cinghiali stiano
rientrando nel loro habitat naturale, gli incontri “ravvicinati” continueranno a
fornire iscritti al gruppo ancora per un po’: «Il mio primo avvistamento fu
sulla strada per Opicina – ricorda commosso l’amministratore –:un momento
catartico». L’unico a rischiare veramente di diventare “pazzo per i cinghiali” è
forse il vicepresidente della provincia Walter Godina, assessore competente, che
dopo i furiosi dibattiti generati dal piano di abbattimenti forse ci penserà due
volte prima di iscriversi al gruppo.
Giovanni Tomasin
CINGHIALI - E la Provincia valuta se abbatterli ancora - Il vicepresidente
Godina: «Una specie prolifica, il problema si ripresenterà»
DOPO LA CAMPAGNA PER IL CONTENIMENTO NEL CORSO DEL 2009
«Nel 2009 abbiamo affrontato un’emergenza, nel 2010 speriamo di poterci
sedere attorno a un tavolo e ragionare con calma». Walter Godina, vicepresidente
della Provincia, tira le somme del lavoro fatto lo scorso anno dall’ente per
limitare i danni provocati dai cinghiali e spera in un futuro più roseo: «Ora
bisogna monitorare la situazione e valutare se gli abbattimenti degli esemplari
secondari dei branchi sono serviti a far ritirare gli animali sul Carso».
Un dato che sembra andare in questa direzione è la flessione delle domande di
risarcimento: «Ci sono ancora delle richieste – dice Godina – ma sono in netto
calo, quindi gli abbattimenti selettivi hanno funzionato». Se così fosse, il
vicepresidente conta per il 2010 di procedere in modo diverso: «L’intervento
dell’anno scorso fu attento e ragionato ma pur sempre straordinario – afferma –,
al contrario per quest’anno speriamo di avere il modo di confrontarci con degli
esperti e decidere i prossimi passi». Saranno quindi presi in considerazione
anche interventi diversi dall’abbattimento, «che rimane l’extrema ratio».
Come al solito il discrimine saranno le risorse a disposizione: «Se saranno
ancora inferiori a quelle del 2009 sarà difficile – prosegue Godina – dobbiamo
farci un’idea precisa della situazione anche per poter iniziare un confronto con
la Regione in tema di fondi». In ogni caso, avverte il vicepresidente, il
momento del completo cessato pericolo è ancora lontano: «Vista la prolificità
dei cinghiali – conclude – il problema è destinato a ripresentarsi in futuro».
(g. t.)
SEGNALAZIONI - «Pista ciclabile non conclusa e già in
rovina» - I PROBLEMI DELLA TRIESTE-ERPELLE
A proposito della pista ciclabile
Trieste-Erpelle-tracciato ex ferrovia: ormai sono anni che ci lavorano, e non è
ancora stata inaugurata. Ops, no, qualcosa è stato inaugurato al tempo della
precedente giunta provinciale, una mega stazione di partenza nel rione di
Ponziana, ora ridotta in rovina. Molto è stato fatto, ormai siamo alla fine (si
spera) e quindi la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, potrà
definitivamente inaugurarla. Ma nel frattempo ci sono già diverse lamentele da
chi ha provato ad andarci: sporcizia, pista invasa dalla sterpaglia, allagamenti
nel sottopasso della Sp 11, illuminazione carente in galleria (forse era meglio
che le luci fossero poste nella parte superiore della galleria, per evitare che
non venissero coperte dal terriccio e dalle foglie), poi la promiscuità delle
bici con le persone a piedi che portano i loro cani a fare i bisogni (alcuni
sono sciolti), e che scorazzano liberamente creando pericolo per i ciclisti. C’è
necessità di un regolamento, qualcuno che controlli il rispetto del tracciato.
Una domanda mi sorge spontanea: ma se a opera ancora non conclusa, lo stato
della pista è così deprecabile, quale sarà il suo stato a opera finita? Mi
chiedo a chi verrà affidata la manutenzione della stessa (pulizia, taglio delle
erbacce il funzionamento delle luci in galleria).
Abbiamo atteso tanti anni... Giordano Cottur el sperava de vederla finida ma
inveze... speremo che almeno ghe podemo andar senza far barufa fra ciclisti e
pedoni...
Antonio Vascotto - presidente Asd Ciclistica Gentlemen Trieste
ECOSPORTELLO ENERGIA NEWS - MARTEDI', 12 gennaio 2010
Detrazione del 55% va online
Dai primi di gennaio è possibile trasmettere la
documentazione relativa al 55% tramite internet. Sul sito dell’Agenzia delle
Entrate (www.agenziaentrate.gov.it) è possibile scaricare il software
‘Comunicazione per interventi di riqualificazione energetica’ che consente la
compilazione della comunicazione per interventi di riqualificazione energetica
che proseguono oltre il periodo d'imposta.
La comunicazione riguarda le spese sostenute nei periodi d'imposta precedenti a
quello in cui i lavori sono terminati. E’ possibile avvalersi di questo
strumento telematico già dal 4 gennaio 2010. In base a quanto si legge sul sito,
le prime comunicazioni dovranno essere inviate all'Agenzia delle Entrate,
esclusivamente in via telematica, entro il 31 marzo 2010, indicando le spese
sostenute nel 2009, qualora i lavori non siano già terminati entro il 31
dicembre 2009.
L’Agenzia mette in guardia gli utenti dall’utilizzare altri programmi per
trasmettere i dati poiché i file contenenti le Comunicazioni, prodotti con
software diverso da quello originale, devono essere controllati, prima della
trasmissione, con l'apposito software realizzato dall'Agenzia delle Entrate/Sogei
al fine di evitare la trasmissione di documenti che il sistema possa rifiutare
perché non rispondenti alle specifiche tecniche.
Prima utilizzare il programma ‘Comunicazione per interventi di riqualificazione
energetica’ è necessario fare alcuni aggiornamenti al proprio computer (JAVA,
versione 1.5.0) altrimenti si corre il rischio che il software non funzioni
perfettamente.
Molti Italiani non sfruttano il 55%
Secondo un’indagine condotta dall'ANIT (Associazione
nazionale per l'isolamento termico e acustico) molti contribuenti che hanno
effettuato interventi di riqualificazione energetica degli edifici non hanno
richiesto gli incentivi del 55%. Lo studio è stato realizzato sondando le
opinioni di quasi 5000 professionisti (ingegneri, architetti, periti, geometri e
aziende). In base ai dati raccolti risulta che la conoscenza della normativa è
molto alta: circa il 75% dei professionisti intervistati conosce la legge e
opera prevalentemente su edifici residenziali con dimensioni inferiori ai 1000
metri quadrati. Nonostante ciò molti, pur conoscendo questo decreto, non ne
sfruttano i vantaggi. Questo succede con maggior frequenza al Sud e nelle isole
(21%) che al Nord dove il 12% degli intervistati dichiara di non far ricorso al
bonus fiscale.
La maggior parte degli intervistati dichiara di aver seguito fino a 5 pratiche
negli ultimi due anni. Al Nord il 26% dei professionisti ha seguito più di 10
pratiche (in particolare i periti), mentre al Sud la quota è molto inferiore
(11%). Nel Mezzogiorno, la percentuale di coloro che hanno svolto interventi di
riqualificazione energetica, ma non hanno richiesto il rimborso Irpef del 55%
arriva al 34%, mentre al Nord si attesta al 19%. I professionisti impuntano le
colpe a richieste di prestazioni eccessive, incertezza nel risultato e paura
della burocrazia, incompetenza e ignoranza sull'argomento, ma anche complessità
degli interventi e costi elevati.
Fra gli interventi per cui si fa più ricorso alla detrazione fiscale ci sono i
serramenti (30% al Nord e 36% al Sud), seguiti dalla sostituzione degli impianti
termici che trova molte richieste soprattutto nel Centro.
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 gennaio 2010
«Prg, iter ambientale scorretto» - LE ASSOCIAZIONI:
L’ITALIA RISCHIA UN’INFRAZIONE COMUNITARIA
Inadeguato su Corridoio 5 e Ferriera, carente sulle
analisi del paesaggio, incoerente quando prospetta i nuovi campi golf di
Padriciano e il Parco del mare sulle Rive a fronte di obiettivi come «la
salvaguardia del territorio carsico e del patrimonio architettonico storico
urbano». E, soprattutto, inadempiente per quella secretazione preventiva
all’adozione del Consiglio comunale, in contrasto con i comandamenti comunitari.
Al punto che, per colpa del Comune, ma anche della Regione, l’Italia rischia
adesso che la Commissione europea apra una procedura d’infrazione per come a
Trieste è stato elaborato il nuovo Piano regolatore. Dopo aver bocciato la
variante generale 118 sotto il profilo squisitamente urbanistico, il fronte
ambientalista si ripete con giudizi pesantissimi proprio sull’iter ambientale
collegato per legge al percorso politico-amministrativo della stessa variante.
Wwf, Italia Nostra, Legambiente e club Triestebella hanno presentato, infatti,
un pacchetto di «dettagliate osservazioni» - come le definiscono in un
comunicato stampa congiunto - per la Vas (la Procedura ambientale strategica,
ndr). «Anche il Rapporto ambientale che accompagna il nuovo Piano regolatore del
Comune di Trieste redatto su incarico del Comune stesso - si legge in tale
comunicato - conferma che la procedura Vas sul piano non è stata applicata
correttamente. Rifacendosi alla normativa vigente, il Rapporto dichiara infatti
che la Vas ”si colloca nelle fasi iniziali del processo decisionale” e che ”non
è un giudizio amministrativo effettuato a valle ma accompagnato dal principio la
nascita di un piano/programma, introducendo la possibilità di confronti
anticipati nella fase di impostazione delle scelte”. Proprio ciò che non è
avvenuto, malgrado le ripetute richieste di ambientalisti e comitati, nel caso
del piano in questione, addirittura ”secretato” prima dell'adozione. Questa
inadempienza clamorosa, della quale la Regione, avendo impartito disposizioni
fuorvianti ai Comuni, è responsabile almeno quanto il Comune di Trieste, implica
delle rilevanti conseguenze, prima tra tutte la possibilità che la Commissione
europea apra una procedura d’infrazione contro l’Italia poiché la Vas è prevista
da una Direttiva europea, con conseguente rischio di pesanti sanzioni
pecuniarie, che ricadrebbero in definitiva sui cittadini-contribuenti».
Altra «lacuna» del Piano regolatore è per gli ambientalisti «la rinuncia ad
affrontare il tema della qualità dell’ambiente urbano. Da qui la domanda che
«almeno nelle aree strategiche della Fiera campionaria e in quella del Burlo
Garofolo, ma anche nel comprensorio dell’ex Maddalena, anche a titolo di
compensazione per la distruzione delle centinaia di alberi d’alto fusto un tempo
ivi esistenti, vengano ricavati adeguati spazi destinati a giardini pubblici, in
rioni che oggi ne sono pressoché totalmente privi».
(pi.ra.)
”No Tav” a Roiano Giovedì un incontro - PROGETTO
DELL’ALTA VELOCITÀ
«Grandi gallerie con camini di uscita per i gas di scarico
e per i fumi provocati da eventuali incidenti o incendi, e con uscite di lavoro
per i camion». E anche « grandi “cameroni” di 350 per 300 metri».
È quanto prospettano per l’area di Roiano gli organizzatori dell’incontrp
pubblico sulla Tav, previsto a Roiano, in via dei Cordaroli 28, giovedì alle
20.30, Organizzato dal Comitato No Tav, dal Ksd Rojanski Krpan Društvo e dal
Rojanski Marijin Dom, l’incontro punta a informare la cittadinanza dell’area
sulle problematiche di un progetto «che verrebbe a costare quattro miliardi e
mezzo di euro per il solo tratto da Ronchi a Divaccia. Ma nel frattempo ci
dicono che mancano i soldi per sanità, servizi sociali, istruzione, pensioni e
cultura», si legge in un volantino.
«La Trieste-Divaccia non sarà costruita» - Fonti
slovene dicono che l’Italia è pronta a sciogliere l’accordo
TRIESTE La stampa slovena non ha dubbi. Il ”Dnevnik” di
Lubiana lancia la notizia in prima pagina: il collegamento Trieste Divaccia che,
attraverso la Slovenia collegherebbe il cosiddetto Corridoio 5 fino all’Ungheria
e oltre è in discussione. Fonti diplomatiche, citate dal quotidiano, sostengono
che l’Italia sarebbe pronta a lasciare decadere l’accordo di cofinanziamento
dell’opera e, quindi, il progetto dell’infrastruttura che è stato fimrato lo
scorso anno con la Slovenia stessa di fronte all’Unione europea.
Secondo le fonti slovene l’Italia riterrebbe troppo costoso il tratto tra il
capoluogo giuliano e Divaccia che passerebbe sotto San Servolo per unirsi alla
Capodistria-Divaccia all’altezza di Crni Kal. I costi, inizialmente calcolati
sui 71 milioni di euro sono lievitati oggi a oltre 100 milioni di cui 29 a
cairco della Slovenia. Il progetto, secondo il ”Dnevnik” sarebbe osteggiato
anche dalla Regione Friuli Venezia Giulia che preferirebbe che il tracciato
corresse a Nord di Trieste.
Ufficialmente il ministro dei Trasporti della Slovenia, Patrick Vlacic afferma
che «l’accordo per ora rimane ancora valido e in vigore». Malgrado ciò il
ministro conferma che «nel corso dei colloqui con la controparte romana hanno
ricevuto il segnale di una volontà di cambiare il tracciato della
Trieste-Divaccia». «Tuttavia - ha precisato il ministro - questa eventualità non
è stata ancora sottoposta al vaglio degli esperti per vedere se possibile o meno
per cui la devono prima esaminare i tecnici durante un incontro». Qualche cosa
di più chiaro, sostengono al ministero dei Trasporti sloveno, si saprà a fine
mese quando ci sarà la riunione del Comitato interministeriale italo-sloveno.
(m. man.)
Grotte inquinate, è corsa a ostacoli contro la
prescrizione - INIZIATE LE INDAGINI DELLA FORESTALE
È iniziato ieri il censimento sul Carso delle grotte e
degli abissi inquinati. Gli agenti della Forestale stanno individuando, tra le
centinaia di cavità usate come discariche, quelle in cui lo scempio risale a
tempi recenti e soprattutto dimostrabili. Sulla loro indagine fin da queste
prime mosse sul campo pesa l’incubo della prescrizione perché sono passati più
di quarant’anni dalle prime segnalazioni degli speleologi e i pubblici poteri
poco o nulla hanno fatto. Sia sul piano dalla prevenzione che su quello della
repressione e del ripristino ambientale. «Lontan dagli occhi, lontan dal cuore»,
sembra lo slogan che ha tenuto banco per svariati decenni, nonostante la copiosa
documentazione messa a disposizione da chi sottoterra ha documentato l’avvenuto
scempio.
Ora i tempi sembrano maturi per una azione a tutto campo e la Procura della
Repubblica attende l’esito delle verifiche della Forestale. «Doppiamo capire se
si tratta di un arrosto o di un brodino» ha affermato ieri uno degli uomini in
divisa impegnati nelle verifiche. «Se troveremo conferma nelle grotte a quanto
gli speleologi hanno appena sostenuto pubblicamente, andremo direttamente dai
magistrati a riferire. Le grotte su cui si sta soffermando la nostra attenzione
sono quelle in cui gli eventuali reati ambientali non risalgono a tempi lontani.
Se quanto è già emerso verbalmente sarà confermato, passeremo alla fase due,
alle ispezioni in profondità...Poi riferiremo ai pm Maddalena Chergia e
Ferruccio De Bortoli del pool ambientale».
Gli uomini della Forestale hanno più di una difficoltà a fornire indicazioni
precise sulle cavità finite nel mirino della loro indagine. Ma non è difficile
capire che i nomi delle grotte e degli abissi inquinati resi noti qualche giorno
fa sulle colonne di questo quotidiano, costituiscono altrettante tappe dei
sopralluoghi. I nomi del Pozzo dei colombi, della Grotta dei bosco dei pini,
della Grotta 103, dell’Abisso Plutone, della Grotta degli occhiali, della
Voragine di san Lorenzo, della Fovea sassosa, dell’Abisso sopra Chiusa e di
altre cavità sono già annotati sui taccuini degli agenti. Anche le coordinate
delle entrate di queste cavità sono note e probabilmente già inserite nelle
memorie dei navigatori Gps che ne consentono una individuazione quasi immediata.
Certo, i tempi dell’indagine non si annunciano brevi e fin d’ora risulta
indispensabile la partecipazione di speleologi attivi, in grado di scendere nei
pozzi e negli abissi più profondi senza alcun problema. Ma questa partecipazione
rischia di rappresentare anche un nuovo ostacolo per l’indagine. In passato gli
speleologi erano stati pagati o risarciti per il tempo impiegato i nelle
ricerche in profondità. Difficile per loro anche oggi assicurare un impegno
gratuito a tempo pieno per esplorare centinaia di cavità trasformate dall’uomo
in discariche.
CLAUDIO ERNÈ
Gli studenti diventano ”scienziati di strada” -
Progetto formativo di Provincia e Sissa che coinvolge prima le scuole poi la
cittadinanza
Dopo ”La Scienza si presenta”, ecco che arrivano gli
”Scienziati di strada”. L'evento, promosso dall'assessorato alle politiche
educative della Provincia di Trieste in collaborazione con la Sissa e
l'Università, si rivolge agli studenti delle scuole medie superiori della città
(Dante, Petrarca, Oberdan, Galilei, Carducci e Deledda sono gli istituti
aderenti) con l'obiettivo di promuovere la divulgazione scientifica nelle scuole
e, attraverso il coinvolgimento degli studenti, anche la cittadinanza.
La prima fase del progetto, che prenderà avvio in questi giorni, vedrà gli
scienziati impegnati nella presentazione delle proprie discipline, con le
correlate tematiche e i rapporti con la società. Argomenti scientifici di
interesse e attuali dunque, raccontati in maniera semplice ed attraente: dalle
energie rinnovabili ai cambiamenti climatici, dall'inquinamento domestico al
funzionamento del cervello umano senza dimentare gli ogm.
«Obiettivo principale - ha spiegato l'assessore alle politiche giovanili Adele
Pino - è far entrare in contatto con il mondo della scienza tutti i giovani, a
prescindere dalla loro familiarità con l'ambiente scientifico o da un dichiarato
interesse per le materie scientifiche, per dimostrare quanto la scienza
coinvolga quotidianamente ognuno di noi ed offrire alcuni strumenti per
comprendere le discussioni e i problemi ad essa correlati».
Ogni scuola ospiterà da una a tre lezioni della durata di due ore ciascuna,
durante le quali si alterneranno tre scienziati di discipline diverse (fisica,
biologia, medicina, neuroscienze, archeologia, geometria, fisica delle
particelle, nanotecnologie, astrofisica, paleontologia). Nella seconda fase gli
studenti, divisi in gruppi, potranno sviluppare le conoscenze e fare ricerca su
un argomento specifico aiutati da uno scienziato-tutor. Alle quattro o più ore
trascorse sotto la guida diretta del tutor, seguiranno una decina di ore di
lavoro individuale.
Al termine del percorso gli scienziati di strada potranno dirsi formati e pronti
per un'esposizione-dibattito rivolto a tutta la cittadinanza, organizzato per la
prossima primavera in centro città, e magari contribuire ad una sessione di
lezioni tenute dagli scienziati del progetto in un luogo pubblico ancora da
definirsi.
15 discipline e 400 studenti coinvolti: questi i numeri di ”un'azione di
orientamento” com'è stata definita dal professor Paolo Salucci, curatore
scientifico della Sissa: «Trieste possiede una capacità straordinaria di
insegnare la scienza, e spesso accade che gli studenti non siano al corrente di
che cosa questa possa loro offrire: ecco allora la necessità di spiegare loro le
diverse discipline scientifiche, di cosa si occupano e quale è il loro rapporto
con la società, realizzando infine una divulgazione che non viene dall'alto ma
dagli studenti stessi». Il progetto prevede quest'anno un più diretto
coinvolgimento dell'Università di Trieste, anche in considerazione delle azioni
di orientamento che la stessa è chiamata a svolgere in collaborazione con gli
istituti superiori cittadini. «La scienza - ha commentato Manuela Montagnari,
responsabile della divulgazione scientifica universitaria - non è chiusa in una
torre d'avorio, è fondamentale sviluppare un meccanismo di apprendimento critico
in relazione alla società attuale».
Linda Dorigo
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 gennaio 2010
Grotte come discariche, si muove la Forestale - DOPO L’INDAGINE SPELEOLOGICA
Dal ”Plutone” alla ”Occhiali”: dopo il rapporto alla Procura via all’inchiesta sulle responsabilità
Oggi gli agenti della Forestale compiranno un sopralluogo
in due cavità del Carso usate di recente come discariche. Non sono cadute nel
vuoto le parole allarmate degli speleologi.
Sarà questo il primo passo di un monitoraggio del territorio che dovrebbe
sfociare in un rapporto alla Procura della Repubblica. Da questa relazione i
magistrati che si occupano di reati ambientali - i pm Maddalena Chergia e
Massimo De Bortoli - avvieranno l’inchiesta penale per accertare le eventuali
responsabilità.
È chiaro che l’inchiesta non si fermerà al livello di chi ha versato o ordinato
di gettare negli abissi e nelle grotte rifiuti di ogni genere e provenienza.
Saranno chiamati a rispondere anche i proprietari dei terreni, e gli enti
pubblici che nonostante le tante segnalazioni e denunce degli speleologi hanno
lasciato correre, tappandosi gli occhi e turandosi il naso.
Le grotte che saranno ispezionate nelle prossime ore sono facilmente accessibili
anche a chi con la speleologia ha avuto poco a che fare. Ben più difficile
infatti sarebbe compiere un sopralluogo a fini investigativi in abissi profondi
come la grotta Plutone, il cui pozzo d’accesso è costituito da una verticale 120
metri che solo pochissimi esploratori ben allenati sono in grado di affrontare.
Ai gruppi speleo triestini il degrado e lo scempio avvenuti alle spalle della
città è ben evidente da molto tempo. L’elenco della grotte usate come discariche
si è rimpinguato negli anni ma questo archivio costituisce anche il punto più
debole della prossima inchiesta. Dal giorno in cui sono stati buttati in
profondità, pneumatici, carcasse di auto, batterie o versati liquami, nafta, oli
esausti, è passato parecchio tempo e i reati rischiano oggi di essere
prescritti: un colpo di spugna per i responsabili, una gigantesca beffa per
l’ambiente.
Riportare in superficie immondizie solide, metalli e copertoni non è comunque
impossibile. È solo costoso e faticoso. Al contrario rimuovere ciò che resta di
idrocarburi, medicinali, rifiuti ospedalieri è molto, molto costoso e gli esiti
non sempre vanno di pari passo con le aspettative. Difficile poi, se non
impossibile anche tenere costantemente sotto controllo centinaia e centinaia di
cavità, molte delle quali si aprono in terreni privati e recintati.
In sintesi, per consentire l’apertura di un’inchiesta della Procura, gli agenti
della Forestale oltre a segnalare la grotta inquinata dovrebbero poter
identificare i ”tempi” in cui l’abisso è stato usato come discarica. Si ripete
insomma per il Carso quanto è accaduto in tempi recenti per il terrapieno di
Barcola. E la prescrizione rischia di produrre nuovamente i suoi deleteri
effetti.
A questa fine ingloriosa può sfuggire l’inchiesta che coinvolge oggi cavità già
bonificate in date certe. Per esempio tra il 2007 e il 2008 gli speleologi hanno
ripulito la grotta del cimitero militare di San Pelagio, che negli Anni Ottanta
ha patito un consistente inquinamento. In quell’occasione furono ricuperati
quattro metri cubi di materiali. Una quantità non dissimile di rifiuti è stata
riportata in superficie nel 2008 dalla Grotta dei Colombi di Duino.
L’abisso Plutone è stato bonificato dal Gruppo speleologico San Giusto nel
luglio del 2007. In sedici giorni di lavoro 182 esploratori avevano riportato in
superficie 32 metri cubi di materiali, motociclette batterie, elettrodomestici,
pneumatici, materassi, vasi di vernice, abiti. In mezzo a tutto ciò anche tre
carcasse di automobili con i loro motori, i serbatoi e l’olio nella coppa. Nel
2005, nell’ambito della giornata nazionale di speleologia, l’intervento
ripulitore coinvolse la Grotta degli Occhiali di Santa Croce.
Non è difficile ritenere che oggi gli agenti della Forestale ispezionino appunto
un paio di queste cavità, non certo le più difficili. Appare fin d’ora evidente
che senza la collaborazione fattiva degli speleologi e dei loro gruppi
l’inchiesta rischia di arenarsi fin dalle prime battute.
CORRADO BARBACINI e CLAUDIO ERNÈ
Bonificare il Pozzo dei Colombi costò 822 milioni di
lire nel 2000 - La pulizia arrivò solo a -30 metri Nella cavità finirono gli
idrocarburi rimossi dopo l’attentato alla Siot
LA REGIONE INCARICÒ UNA DITTA SPECIALIZZATA
Il Pozzo dei Colombi, una grotta posta nei pressi di Basovizza e ricordata
dai più anziani come «splendida», fu usata come discarica per i terreni
impregnati di petrolio rimossi dall’area della Siot dopo l’attentato del 1972
messo a segno dai terroristi palestinesi di Settembre Nero. Il pozzo,
originariamente profondo 75 metri, fu riempito quasi fino alla superficie.
Per anni speleologi e naturalisti denunciarono lo scempio, tant’è che tra il
1999 e il 2000 la Regione ne affidò la bonifica alla ”Tei spa”, una società
milanese di consulenza e di ingegneria ambientale impegnata fin dal 1971 nel
trattamento delle acque e dei rifiuti, nonché nelle bonifiche e nelle energie
rinnovabili.
Furono bonificate dieci anni fa due diverse fasce del Pozzo dei Colombi. La
prima fascia andava da meno nove a meno 24 metri dalla superficie. La seconda
comprendeva le profondità superiori a meno 24 metri.
Come informa la stessa ”Tei spa” nel suo sito, dalla prima fascia furono
riportati in superficie «circa 1200 metri cubi di rifiuti, costituiti da inerti,
rifiuti assimilabili a urbani, 650 metri cubi di rifiuti speciali, 932 metri
cubi di fango, 50 metri cubi di rottami ferrosi». Dalla parte più profonda della
grotta i tecnici estrassero invece più di 1200 metri cubi di rifiuti, «estratti,
trattati e smaltiti come fango».
Il costo di questa massiccia operazione fu di 822 milioni di lire e nel
disinquinamento furono utilizzati «sistemi di aspirazione pneumatica»,
«operatori speleologi per il lavoro in profondità», «idropulitrici di elevata
potenza e anche sistemi ad acqua ad alte e altissime pressioni (1500 - 3000 bar)
per la pulizia delle pareti».
Quando i lavori di ”pulizia” raggiunsero la profondità di 30 metri, tutto si
bloccò. Questo ha raccontato pochi giorni fa Furio Premiani, presidente della
Federazione speleologica triestina. In sintesi il fondo del pozzo appare come un
lago di nafta e idrocarburi che anche con le leggere variazioni di temperatura
che coinvolgono le grotte si sta allentando, diventa più fluido e scende in
profondità.
Le analisi delle acque di profondità del Timavo, effettuate dall’AcegasAps, al
momento non segnalano aumenti di sostanze inquinanti o contaminazioni
significative. «Andrebbero però effettuati prelievi mirati» ha aggiunto Franco
Cucchi, docente di geografia fisica al Dipartimento di geoscienze
dell’Università di Trieste.
(c.e.)
«L’inquinamento sotterraneo, un danno per le colture» -
Insorgono gli agricoltori e i viticoltori: «Adesso devono intervenire gli enti
locali»
PREOCCUPAZIONE SUL CARSO
L’inquinamento di grotte e cavità carsiche è un tema complesso che va
affrontato da specialisti e discusso pubblicamente. Regione ed enti locali
devono farsi promotori di incontri in tutte le frazioni dell’altipiano.
È questo il pensiero di diversi rappresentanti della comunità carsolina. «La
situazione in cui versano tante nostre grotte è grave», afferma Gianna Crismani,
copresidente dell’Associazione per la difesa di Opicina: «E accanto c’è la
questione dello smaltimento delle acque piovane che da tempo condiziona
pesantemente i nostri residenti. Grotte sporche e acque difficili da smaltire
dovrebbero essere di competenza dell’AcegasAps e quindi del Comune. Comunque
sia, gli enti locali e le associazioni devono promuovere dei dibattiti pubblici
su queste priorità, con l’obiettivo di rintracciare modi e tempi per risolvere
l’inquinamento esistente».
«Gli operatori agricoli c’entrano soprattutto perché l’inquinamento sotterraneo
potrebbe causare dei problemi alle loro colture. Per il resto – interviene Edi
Bukavec, segretario dell’Associazione agricoltori – è certo che i nostri
produttori non hanno mai utilizzato abissi per gettarvi i propri rifiuti. Siamo
in prima fila per tutelare un ambiente che vogliamo pulito e salubre, e ci
teniamo a far sapere che l’agricoltura triestina, pur non demonizzando la
chimica, per dimensioni e operatività non ha mai usato a vanvera prodotti di
sintesi. L’inquinamento delle grotte? Penso che la questione debba essere
affrontata dalla Regione e, di seguito, da Provincia e Comuni. Molte grotte
inquinate – continua Bukavec – sono di privati, ma credo che tali calamità siano
state quasi sempre subite e non provocate, e che l’annosa questione troverà
soluzione solo con l’impegno di tutti».
«Alcuni ipogei dell’area di Basovizza sono già stati ripuliti – spiega Marco
Arduini, presidente della Comunella della borgata – e in parte ce ne siamo
occupati anche noi. Bisogna dire che alcune grotte furono lordate anche da
nostri compaesani nel dopoguerra, anche perché al tempo non c’erano discariche
cui riferirsi. Ovviamente anche alcuni forestieri hanno approfittato della
situazione per disfarsi di rifiuti. Ritengo necessario che gli enti locali e le
associazioni del territorio organizzino delle riunioni con gli speleologi, per
individuare strategie utili a ripulire il territorio. Tanti volontari sono
riusciti a dare una mano, ma per lo smaltimento di materiali pericolosi come
l’eternit - chiude Arduini - devi necessariamente avere il coordinamento del
Comune e degli specialisti».
«È difficile rimettere a posto le cose quando molti non si rendono conto di come
si comportano con la natura. Un paio di giorni fa – prosegue Guglielmo Husu,
responsabile della Comunella di Banne – un furbetto ha voluto provare la
trazione della sua jeep cercando di guadare l’antico stagno vicino alla scuola
del paese. In un secondo ha ucciso rane, tritoni e altri ospiti di un impianto
lacustre curato dalla nostra comunità e dallo stesso Civico museo di scienze
naturali e ora stupidamente danneggiato. Per le grotte succede lo stesso –
osserva Husu – visto che tante persone ignoranti le utilizzano per disfarsi dei
propri rifiuti. Sull’episodio dello stagno abbiamo informato la Forestale, ma ci
rendiamo conto che non è possibile pattugliare boschi e prati con continuità».
«Penso che chi ha sbagliato debba rispondere del suo operato. Chi, come me, vive
dei frutti della terra – afferma Benjamin Zidarich, viticoltore di Prepotto –
esige il rispetto assoluto dell’ambiente. Le grotte del Carso sono un patrimonio
naturale di alto valore e vengono frequentate dai turisti. Le nostre aziende
agricole sono un altro punto di riferimento per i forestieri. È chiaro che
danneggiare il patrimonio boschivo o ipogeo reca dei gravi danni anche alle
nostre attività».
Maurizio Lozei
Regione in pressing sul treno per l’Austria - Si
cercano fondi Ue per ripristinare la linea soppressa a dicembre
Contatti Fvg-Carinzia dopo lo stop imposto da
Trenitalia La rete ferroviaria fra i due Paesi è stata rinnovata nel 2000
TRIESTE Un progetto comunitario per ripristinare i collegamenti ferroviari
con l’Austria soppressi da Trenitalia. La Regione Friuli Venezia Giulia ci sta
lavorando ed intende coinvolgere la Carinzia in modo da studiare una soluzione
comune che possa essere sostenuta con risorse europee. «Prima di Natale –
conferma l’assessore regionale Riccardo Riccardi – ho incontrato il presidente
della Carinzia insieme al sindaco di Tarvisio, Carlantoni. Il progetto, al quale
gli uffici stanno già lavorando, ha l’obiettivo di riavviare il traffico
ferroviario sulla linea Udine Vienna». Le due regioni hanno tutto l’interesse a
ripristinare un collegamento che attualmente è gestito solo su gomma. Dal 13
dicembre, infatti, è stato soppresso anche l’ultimo collegamento diurno con
Vienna (l'Eurocity «Allegro Johann Strauss», in partenza da Trieste alle 15.59,
cambio a Udine alle 17.09, arrivo a Vienna alle 23.35). Attualmente chi deve
viaggiare lungo la tratta può usufruire di un servizio di autobus: quattro corse
sostitutive giornaliere di pullman da Klagenfurt a Venezia (andata e ritorno),
con tappa a Villaco e a Udine. «Si tratta di un paradosso – evidenzia il sindaco
di Tarvisio, Renato Carlantoni – perchè abbiamo una linea ferroviaria
modernissima sulla quale sono stati investiti miliardi e miliardi di vecchie
lire: solo la nostra stazione è costata 49 miliardi. Ricordo che nel 2000 venne
il ministro Bersani a inaugurarla per cui non credo che in dieci anni quella
linea non sia più strategica per il trasporto ferroviario. La potenzialità è di
220 convogli giornalieri, se ne passano 40 è tanto». Istituire un trasporto
passeggeri che colleghi in modo rapido il Friuli all’Austria non è l’unica
esigenza della regione. L’asse a nord è strategico anche per le merci e
complementare allo sviluppo della portualità giuliana. «La storia ci insegna che
Trieste è stato il porto di Vienna» rilancia il consigliere regionale Franco
Baritussio, che sul tema ha presentato un’interrogazione per spingere la giunta
a valutare una strada già seguita in Alto Adige. «La nostra Regione ha dalla sua
le Ferrovie Udine-Cividale, che sono proprietà 100 per cento regionale. In
provincia di Bolzano da anni opera una società analoga che, tramite l'acquisto
di moderni elettrotreni, si sta attrezzando per l'organizzazione di convogli che
- attraverso la Val Pusteria e il Brennero - ricollegheranno l'Alto Adige con
l'Austria». E se quello può essere il modello, il percorso secondo Baritussio
non può essere condotto in solitaria dalla Regione per cui ben vengano i
progetti con i “vicini”. «Il collegamento è strategico sia per il traffico
passeggeri che per quello merci – evidenzia il consigliere – per cui è
importante parlare con l’Austria per superare il grosso problema dell’imbuto
Villaco Salisburgo. Dobbiamo fiancheggiare la Carinzia per convincere il governo
austriaco a investire ed eliminare l’imbuto». E se sul fronte dei collegamenti
tranfrontalieri la partita è iniziata, la gestione della rete ferroviaria
all’interno dei confini regionali dipenderà anche dall’esito del contratto di
servizio che la Regione ha stipulato con Trenitalia. In Veneto, nell’ambito del
medesimo accordo, la Regione ha preso in appalto la gestione diretta (attraverso
la società controllata Sistemi territoriali) di alcune linee minori (come le
tratte Rovigo Legnago - Verona e Rovigo – Chioggia). Questo scenario sembra
ancora lontano in Friuli Venezia Giulia. «Il nostro contratto di servizio –
ricorda l’assessore Riccardi – ha una durata di tre anni ed è rinnovabile per
altri tre. Una prima analisi, quindi, andrà fatta a fine 2011 tenendo conto che
il primo impegno importante che ci attende è il rinnovamento del materiale
rotabile per il quale è previsto un investimento per oltre cento milioni di
euro». I primi 38 milioni (la regione ne verserà oltre 60) sono legati alla gara
per l’acquisto di otto nuovi elettrotreni. «La gara si è conclusa – dice
Riccardi -. E’ stato presentato un ricorso al Tar ma speriamo che la procedura
possa concludersi in tempi rapidi».
Martina Milia
Sviluppo ed energia ”verde”: 500 ragazzi delle medie
studiano ”Energeticamente” - PERCORSO DIDATTICO AL ”GALILEI”
Laboratori e kit interattivi messi a punto dall’Arpa
con il supporto delle ultime classi del liceo scientifico
Nonostante gli ammonimenti sul futuro poco roseo cui va incontro il nostro
pianeta a causa dello sconsiderato sperpero delle risorse energetiche
disponibili sulla terra, la società attuale tende a minimizzare il problema e a
soddisfare le proprie esigenze nell'immediato senza preoccuparsi del domani.
Cosa succederà quando la lancetta del serbatoio delle materie prime che fanno
marciare il motore del globo andrà in rosso e alla stazione di servizio delle
risorse non ci sarà carburante sufficiente per ripartire e ci ritroveremo in un
film eco-catastrofico da medioevo barbarico del futuro?
Meglio, dunque, adottare un atteggiamento consapevole e mettere in atto delle
politiche di sviluppo sostenibile che tenga conta della fragilità
dell'ecosistema, partendo dall'educazione ambientale delle giovani generazioni.
S'intitola ”Energeticamente” la mostra-percorso didattico allestita nella sede
del liceo scientifico Galilei su progetto dell'LaREA, il Laboratorio regionale
di Educazione ambientale dell'Arpa, l'Agenzia regionale per la Protezione
dell'ambiente del Fvg.
La rassegna, che rientra nel progetto formativo ”Ambiente, cambiamenti climatici
e tecnologie pulite” promosso dal Galilei in collaborazione con l'Osmer
dell'Arpa, è rivolta agli studenti delle scuole medie della provincia di
Trieste. Da domani fino al 15 gennaio, nella palestra dell'istituto grazie a una
ventina di kit tecnologici interattivi messi a disposizione dell'LaREA, circa
500 studenti degli istituti secondari inferiori che hanno prenotato il percorso
didattico, amplieranno le loro conoscenze sui fenomeni meteorologici, sulle
cause dei cambiamenti climatici in atto, e, principalmente, sulle fonti
energetiche alternative ai combustibili fossili.
A raccontare gioie e dolori del nostro fragile pianeta bistrattato dalla scarsa
sensibilità dell'uomo, accanto allo staff dell'LaREA, gli studenti delle classi
quarte e quinte del liceo che hanno partecipato attivamente all'allestimento
della mostra, e che metteranno così in pratica quanto appreso grazie al percorso
didattico sull'ambiente e sulle energie pulite. Con l'aiuto di 21 mini
laboratori didattici e interattivi (tra cui un impianto fotovoltaico, un
generatore a idrogeno, un essiccatore solare, una mini serra che simula il
famigerato, appunto, effetto-serra e un impianto per la produzione di biogas) i
novelli ”tutor” spiegheranno ai loro colleghi delle medie i concetti di
sostenibilità, impatto ambientale, efficienza energetica e fonti alternative. A
partire proprio dalla fonte primaria di energia, ossia il sole, risorsa tutto
sommato ben poco valorizzata, e che potrebbe, invece, essere una preziosa fonte
di energia gratuita. «È importante per i ragazzi acquisire un atteggiamento di
consapevolezza nei confronti delle problematiche ambientali - spiega la
referente per il progetto al Galilei, Simonetta Fumich - ma non solo a livello
teorico, bensì mettendo poi tutto ciò in pratica attraverso nuovi e concreti
stili di vita per un futuro sostenibile».
Per informazioni e prenotazioni rivolgersi alla segreteria del liceo Galilei
allo 040.390270.
Patrizia Piccione
SEGNALAZIONI - ENERGIA - Impianto a Livorno (rigassificatore)
Mi sto chiedendo se veramente la stampa è un mezzo di
informazione corretto. Mi riferisco alle dichiarazioni dell’ingegnere navale
Giorgio Trincas che fa presente che a Livorno è operativo un impianto di Lng con
isola a mare. Non è affatto vero, è l’ennesima bugia che viene detta in materia.
Di fatto, l’impianto a cui si riferisce l’ingegnere sarà operativo verso la fine
del 2012. Per il momento non ci sono neppure le linee di collegamento
isola/terra.
Luciano Emili
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 gennaio 2010
Idv: «La Provincia valuti i rischi del rigassificatore»
«Schierandosi a favore del rigassificatore, la Provincia
non ha agito da soggetto super partes, ma ha dato prova di superficialità e
supponenza che mettono a rischio l’imparzialità del giudizio». È il commento del
coordinatore provinciale dell’Italia dei Valori Mario Marin, dopo l’affermazione
”l’impianto di Zaule va fatto” pronunciata dalla presidente Bassa Poropat. «A
lei e alla sua giunta - continua Marin - chiediamo di non sottovalutare
l’allarme lanciato dal tavolo tecnico promosso dalla Uil dei vigili del fuoco.
La sicurezza dei cittadini deve venire prima di tutto».
Sopraelevata-saponetta, Ferriera sotto accusa -
NUMEROSI GLI INCIDENTI NEL TRATTO VICINO AL TUNNEL
L’Anas: analisi sul manto stradale vicino a Servola.
Pannello di avvertimento per gli automobilisti
Quattrocento metri di asfalto prima della galleria di Servola, in direzione
Trieste. Apparentemente una strada normale, eppure in questo breve tratto si
sono verificati nel 2009 buona parte dei 49 incidenti stradali accaduti e
rilevati dai vigili urbani sulla Grande viabilità che insiste nell’area
comunale. Nel solo mese dello scorso dicembre sono stati registrati ben otto tra
scontri, carambole e capottamenti. Quasi una pista da bob con l’effetto-ghiaccio
assicurato anche quando la temperatura non è sotto zero.
Quando freni la macchina non si ferma, si gira, carambola e cappotta. Per questo
motivo prima di quel tratto di 400 metri l’Anas installerà entro pochi mesi un
pannello elettronico per informare gli automobilisti in uscita dal centro città
che subito oltre il tunnel di Servola, in caso di piogge o situazioni di umidità
persistente, potrebbero imbattersi in problemi connessi alla strada scivolosa.
«Attenti, pericolo».
Ma di chi è la colpa? «Le cause non sono da attribuire al manto stradale»,
ipotizza Bruno Crisman, assistente del corso di Costruzioni strade della facoltà
di Ingegneria che qualche anno fa è stato incaricato dal Comune di redigere un
rapporto sul cosiddetto ”asfalto pazzo”: «Lì - spiega - è stato usato un asfalto
semidrenante di buona qualità».
E allora perché le auto vanno in testa coda in certi giorni di brutto tempo?
Risponde il direttore del compartimento dell’Anas, Cesare Salice: «Posso solo
pensare alle polveri dell’acciaieria. È una teoria, ma non credo che si discosti
troppo dalla realtà». Crisman la conferma: «Sarebbe il caso di effettuare
qualche controllo, qualche analisi tecnico-scientifica per verificare se
effettivamente si depositano le polveri che, con l’umidità, creano una
situazione di scivolosità sul tratto interessato. Francamente non riesco a darmi
al momento alcuna spiegazione diversa».
L’ultimo incidente di quello che appare come uno stillicidio porta la data di
giovedì. Nel pomeriggio in quell’area il conducente di una Lancia Y ha perso il
controllo finendo contro il guard rail dopo un pauroso testacoda. Illeso, ma
qualche danno c’è stato. Pochi giorni fa una Rav 4 aveva capottato dopo una
carambola.
«In una settimana ho contato dodici incidenti in quel pezzo di Grande
viabilità», tuona il sindaco Roberto Dipiazza. Che quasi ogni giorno va e torna
da Muggia, dove possiede un supermercato. «Ho detto all’autista di guidare a 70
chilometri all’ora, secondo il limite indicato dai segnali. Ma gli altri
automobilisti anche sotto la pioggia vanno a una velocità superiore anche a 120
chilometri all’ora. È vero - chiosa ancora il sindaco - quella delle polveri
potrebbe essere la spiegazione della scivolosità della strada, ma molti pigiano
il piede sull’acceleratore e se la vanno a cercare, se ne infischiano della
strada scivolosa. Dirò ai vigili di intensificare i controlli con gli autovelox.
Dovranno rallentare...».
Spiega ancora il capo compartimento dell’Anas Cesare Salice: «Alcuni tratti
della Grande viabilità sono stati realizzati anche vent’anni fa e rispondono a
requisiti tecnici di allora. Ora c’è un’attenzione maggiore. Ma bisogna anche
dire che la guida deve essere commisurata alle condizioni ambientali. Spesso
interveniamo lungo quel tratto proprio per effettuare interventi di pulizia del
manto stradale». Quanto alla nuova segnaletica da installare, «il progetto di
implementazione dei pannelli collegati alla sala operativa - aggiunge Salice -
per me è fondamentale. Il nostro impegno è per la prevenzione».
«Questo genere di fenomeni si verificano dopo un tempo secco quando c’è la prima
pioggia e c’è un aumento di umidità», afferma Aurelio Marchionna, ordinario di
costruzioni dell’Università, uno dei maggiori esperti di strade.
Fino a pochi anni fa questo genere di problema si era manifestato anche in
alcuni tratti sia in città ma anche in Costiera. «Abbiamo fatto notevoli lavori
di asfaltatura in Costiera utilizzando asfalti di qualità. Perciò in questa
strada problemi di scivolosità ora non ce ne sono più. È piuttosto un’arteria
che viene percorsa a velocità troppo elevate. Gli incidenti che si verificano lì
sono infatti attribuiti alla velocità», dice Furio Dell’Ovo, funzionario di Fvg
strade, l’ente regionale proprietario della Costiera.
CORRADO BARBACINI
Ex Maddalena, anche i cittadini chiedono meno cemento -
PROPOSTA DI UN GIARDINO PUBBLICO
Il nuovo insediamento alla Maddalena porterà più traffico
e rumore, intasamento di importanti vie di comunicazione tra centro e periferia
(via dell’Istria, via Molino a vento, Strada di Fiume), il nuovo centro
commerciale «comporterà la desertificazione del tessuto commerciale»: con queste
motivazioni, lamentando «assenza di partecipazione e informazione» nonché
l’eliminazione di «alberature ad alto fusto», un gruppo di cittadini del
quartiere ha indirizzato, dopo che la stessa cosa è stata fatta anche dal Wwf,
osservazioni alla Regione. Con la richiesta che il progetto per la costruzione
«di un complesso commerciale e residenziale alla ex Maddalena sia assoggettato
alla procedura di Valutazione ambientale».
Alla richiesta i cittadini allegano una proposta come «misura compensativa» alla
distruzione di tanti alberi: «La demolizione della ex lavanderia dell’ospedale,
sul lato opposto di via Marenzi, inutilizzata o largamente sottoutilizzata, per
la realizzazione di un giardino pubblico alberato e attrezzato».
«Non serve un super-canile da 225 posti» - INSORGONO
ANIMALISTI E AMBIENTALISTI DI FRONTE AL PROGETTO DEL COMUNE
«Basterebbe una casetta gestita da poche persone». ”Capofonte”:
«Evitiamo business»
Ambientalisti e animalisti insorgono: il super-canile a gestione privata di
Fernetti da circa 27mila metri quadrati «di verde da sacrificare» e da 225 posti
di cui un terzo per gatti, su cui scommette il Comune con il bando del project
financing da tre milioni e 750mila euro, non s’ha da fare. Meglio una piccola
struttura pubblica, frequentata da un paio di dipendenti e da un gruppo di
volontari fidati, per non equivocare amore per le bestie e scopi di lucro. Una
”casetta” nel verde «magari già esistente e solo da riqualificare» da 50 posti
con ambulatorio e giardino. Solo per cani. «Bastano e avanzano», perché di gatti
si occupa già bene Giorgio Cociani, e perché, generalmente, i triestini sono
troppo pochi e amano troppo i migliori amici dell’uomo per finire con il creare
un esercito di randagi, di abbandonati e rinunciati, come altrove. Così
«risulterebbero certamente sufficienti i soldi pubblici (un milione e 200mila
euro, di cui un milione e 80mila in quota Regione e il resto del Comune, ndr)
inseriti nella partita del project financing per stuzzicare l’interesse di
qualche privato».
Vecchie perplessità nuove contrarietà, insomma: la pubblicazione del bando ha
infatti risvegliato una nutrita schiera di associazioni territoriali, pilotata
dalla onlus ”Il capofonte”, pronte a fare fronte comune contro il centro welness
polifunzionale privato immaginato dall’amministrazione Dipiazza. Non s’ha da
fare - sostengono i detrattori del progetto - perché quel welness non può
diventare business. Vittima magari di imprenditori senza scrupoli. «Strutture
con così tanti posti - premette Mariagrazia Beinat, presidente dell’associazione
”Il Capofonte” - evocano la presenza di allevamenti di cani di razza, cui siamo
contrari perché non c’è niente di più straordinario del riconoscimento che a una
famiglia, che vuole un cane di compagna, può dare un randagio adottato. Ed
evocano pure ricoveri extraprovinciali affollati, dove l’attenzione per ogni
singolo ospite cala. I centri di addestramento e le pensioni-vacanza a pagamento
non devono poi mischiarsi con i canili assistenziali». «Perplesso su strutture
così grandi, che possono diventare un business, anche se la situazione è
talmente annosa che non intendo entrare nel merito», è lo stesso Cociani, mentre
a rincarare la dose anti-Fernetti è il Wwf, con Dario Predonzan: «Tale ipotesi
gli ambientalisti l’hanno già bocciata, nelle osservazioni di Wwf, Italia
Nostra, Legambiente e Triestebella al Prg. Piuttosto che sacrificare tre ettari
di Carso, basterebbe attrezzare qualche manufatto dismesso, per esempio l’ex
caserma della guardia di finanza sul confine di Basovizza, che ha tanto
parcheggi esterni quanto spazi retrostanti nel verde per i cani».
PIERO RAUBER
IL PICCOLO - SABATO, 9 gennaio 2010
Grotte-discarica, tre auto in una cavità - Veleni nel
Carso - Speleologi impegnati da anni nelle bonifiche, rimossi centinaia di metri
cubi di rifiuti
NELL’ABISSO PLUTONE RITROVATI ANCHE GIOCATTOLI
Centinaia di metri cubi di detriti e sostanze inquinanti, e decine e decine
di speleologi impegnati nella pulizia delle più diverse grotte del Carso. E’ una
lotta che continua da anni, quella che la Federazione speleologica triestina
conduce contro chi, ancora oggi, utilizza le cavità dell’altipiano per gettarvi
rifiuti di ogni genere.
Il caso più eclatante è quello della ”grotta 1103”, usata come discarica negli
anni ’60, dalla quale nel 1996 vennerp asportati 200 metri cubi di sostanze
inquinanti, con l’impegno di 70 speleologi per una settimana.
L’anno prima, dalla grotta del Monte dei Pini, oltre ai soliti materiali
inquinanti era stata recuperata anche la carcassa di una vecchia 1100. Nel 1994,
dalle grotte Priamo e Bosco dei Pini vennero rimossi sei metri cubi di detriti,
fra cui anche materiali edili e suppellettili domestiche.
L’attività di bonifica svolta gratuitamente dagli speleologi è proseguita negli
anni, e anche in periodi più recenti le operazioni hanno convolto decine di
persone, con la rimozione di centinaia di metri cubi di materiali.
Nel 2005, nell’ambito della Giornata nazionale della speleologia, venne
bonificata la Grotta degli occhiali, nei pressi di Santa Croce. Con il lavoro di
oltre trenta speleologi vennero estratti 28 metri cubi di materiali di ogni
tipo, smaltiti poi dalla divisione ambiente dell’AcegasAps.
Un anno più tardi, in occasione della manifestazione nazionale ”Puliamo il
buio”, la Federazione speleologica triestina scelse di ripulire un pozzetto nei
pressi di Precenicco e una caverna non lontana da Duino, aiutata nell’occasione
dalla Protezione civile di Duino Aurisina e da alcuni ragazzi del Collegio del
Mondo Unito. Dalla prima cavità vennero asportati sette metri cubi di materiali
vari, e altri dieci furono rimossi dalla seconda. Ulteriori 15 metri cubi di
rifuti di ogni genere vennero raccolti in tre piccole doline.
L’operazione più lunga e complessa è stata quella che, nel luglio 2007, ha visto
impegnato il Gruppo speleologico San Giusto nella pulizia dell’Abisso Plutone,
nei pressi della strada fra Basovizza e Gropada. Una nota e profonda cavità,
utilizzata come discarica negli anni ’50-’60. In sedici giorni effettivi di
lavoro, 182 speleologi riportarono in superficie 32 metri cubi di materiali:
motociclette, batterie, elettrodomestici, pneumatici, materassi, vasi di
vernice, vestiti e anche giocattoli. In mezzo a tutto ciò, anche tre carcasse di
automobili, con i relativi motori.
Sempre nel 2007 la Federazione speleologica bonificò la grotta del cimitero
militare di San Pelagio, oggetto negli anni ’70-’80 di un consistente
inquinamento. Una ventina di speleologi estrasse da quella cavità quattro metri
cubi di materiali.
Una quantità analoga è stata portata alla luce nel 2008 dalla Grotta dei
Colombi, a Duino, e nella zona circostante vennero recuperati altri cinque metri
cubi di rifiuti. (gi. pa.)
GROTTE - «Deve intervenire l’Unione europea» - SARDOC:
SERVONO RISORSE INGENTI
Non bastano né gli sforzi dei Comuni né l’eventuale
impegno della Provincia. Per affrontare e risolvere l’inquinamento delle grotte
carsiche è necessario muoversi su un piano diverso, quello dell’Unione Europea.
La proposta arriva dal sindaco di Sgonico Mirko Sardoc, convinto che, per porre
rimedio al degrado nelle cavità dell’Altipiano, sia indispensabile fare pressing
anche sulle istituzioni comunitarie.
«Non è pensabile che i Comuni minori si accollino le enormi spese per le
bonifiche - spiega il primo cittadino -. Serve un intervento di livello
superiore, perché il problema stesso è di livello superiore. E visto che il
Carso è un territorio di rilevanza europea, è giusto che siano proprio le
istituzioni della Ue ad attivarsi. L’Europa - continua Sardoc - finora ha
identificato e vincolato i siti di interesse comunitario e le zone Habitat. Ora
deve stanziare le risorse che ci consentano di tutelarle concretamente».
Perché da soli, concordano anche gli altri sindaci del Carso, non si va molto
lontano. «Come amministrazione - osserva il primo cittadino di Duino Aurisina
Giorgio Ret - negli ultimi tempi abbiamo liberato dai rifiuti una decina di
grotte, nell’ambito di specifiche giornate di pulizia organizzate con la
Protezione civile e i gruppi ambientalisti. Chiaramente, però, riusciamo a
intervenire solo nelle situazioni meno complesse. Nessun volontario potrebbe mai
spingersi 50-60 metri sotto terra. Per quel tipo di operazioni servono ditte
altamente specializzate e fondi molto consistenti che i Comuni non hanno. Serve
una regia superiore se si vuole davvero risolvere il problema».
Problema del quale, peraltro, alcuni non erano nemmeno a conoscenza. «Dal 2001 a
oggi non ho mai ricevuto alcuna segnalazione di grotte inquinate - commenta
Bruno Rupel, presidente della Circoscrizione Altipiano Ovest -. Mi ha stupito
molto, quindi, leggere le denunce delle associazioni ambientaliste. Se le cose
stanno davvero così, siamo di fronte ad un fenomeno davvero allarmante che,
credo, dovrebbe suscitare l’interesse della magistratura». «Si sapeva
dell’esistenza di rifiuti, ma non si immaginava una simile portata del fenomeno
- aggiunge il vicesindaco di Monrupino Casimiro Cibi -. Purtroppo l’inciviltà di
tante persone non ha limiti. Ecco perché penso serva, oltre allo sforzo comune
di tutte le istituzioni, anche una massiccia campagna di sensibilizzazione».
«Purtroppo 30 anni fa non esisteva alcuna attenzione verso l’ambiente e ciò ha
portato a situazioni disastrose come quella della discarica di Trebiciano - gli
fa eco Roberto Dipiazza -. Io stesso ho visto gettare nei laghetti delle Noghere
centinaia di tonnellate di residui di lavorazione della ditta Gas compressi.
Guardare al passato, però, ora non serve. Bisogna cercare di agire e su questo,
almeno per una volta, sono d’accordo con gli ambientalisti».
«Oleodotto, posti di lavoro a rischio» - Lunedì alla
Siot un esperto in ristrutturazioni aziendali, lavoratori in allarme
«SIAMO IN 96, NON SI PUÒ SCENDERE ANCORA DI NUMERO»
Con una certa apprensione è atteso dai dipendenti della Siot, la società per
l’oleodotto transalpino, il sopralluogo che Luigi Leon, l’esperto cui la
direzione generale ha affidato uno studio per la riorganizzazione dei terminal
della pipeline, effettuerà lunedì alla sede di Trieste. Secondo voci che però
non sono state mai messe nero su bianco la ristrutturazione aziendale potrebbe
portare a un taglio del 30 per cento complessivo degli organici tra Italia,
Austria e Germania. Una minaccia allarmante perché se divenisse realtà, come
rileva Elio Melon responsabile settore industria chimica della Uil, oltre a far
perdere il posto di lavoro a una serie di dipendenti ancora giovani, data l’età
media piuttosto bassa dei lavoratori, metterebbe in crisi la funzionalità e la
sicurezza dell’impianto. «Abbiamo già dato tutto quello che c’era da dare -
afferma Alessandro Maier delle Rsu - perché in pochi anni a seguito di
pensionamenti ed esodi siamo passati da 125 a 100 dipendenti, mentre ora è in
scadenza anche qualche contratto a termine. Siamo rimasti in 96 e sotto questo
numero qui non si può lavorare».
A giustificazione da parte dell’azienda di possibili tagli non vi sarebbe alcun
crollo dei traffici, bensì il calo del prezzo del petrolio con conseguente forte
diminuzione dei margini di guadagno per la società che ha tra i principali
azionisti alcune tra le maggiori compagnie petrolifere del mondo. Da qui la
necessità di tagliare le spese all’interno dei tre tronconi societari: Siot
Italia, Trans alpine line Austria e Trans alpine line Germania. La pipeline line
infatti da San Dorligo raggiunge Schwechat in Austria e dopo aver toccato
Ingolstadt si diparte verso Karlsruhe nella regione tedesca del
Baden-Wurttemberg e Livtinov nella Repubblica ceca. Da Trieste viene soddisfatto
il 100 per cento del fabbisogno petrolifero della Baviera, il 75 per cento di
quello dell’Ausstria e il 50 per cento di quello del Baden-Wurttemberg.
Per il porto di Trieste la Siot costituisce un elemento importante forse al di
sopra di quanto si percepisca in città. Tre quarti del traffico complessivo di
merci che transitano attraverso i terminal triestini sono costituiti dalle
tonnellate di petrolio. Le circa 400 petroliere che annualmente giungono a
Trieste lasciano a terra per servizi, forniture e tasse circa 70 mila euro
ciascuna. E infatti se 100 sono i dipendenti diretti in virtù di un indotto
molto più ampio sono quasi 500 i posti di lavoro complessivo che ruotano attorno
al terminal petrolifero.
Secondo quanto informano gli stessi rappresentanti sindacali, lunedì Luigi Leon
visiterà la direzione e gli uffici di San Dorligo della Valle e le strutture a
mare con i pontili d’attracco delle petroliere a San Sabba. Nel quartier
generale di San Dorligo la società dispone di una sala di controllo dotata delle
più moderne e sofisticate apparecchiature informatico-tecnologiche con cui
vengono sorvegliati 24 ore su 24 gli attracchi, la tank farm e le condotte sia
in territorio italiano che in territorio austriaco. L’oleodotto triestino è
stato infatti oggetto nel 1972 del primo attacco di terroristi islamici
nell’Europa occidentale.
SILVIO MARANZANA
SEGNALAZIONI - Pascolo Basovizza - DA CHI DIPENDE?
Vorrei sapere, da chi preposto, come funziona, come è
diretto e da chi, il pascolo di Basovizza. Vado ogni giorno a passeggiare con i
miei cani, e vedo le mucche con i vitellini, le capre e le pecore che sono lì
con qualsiasi tempo, che piova o che nevichi. Ho chiesto a un ristoratore del
posto se mai la sera ricoverassero le bestie nelle stalle, non solo ho ricevuto
risposta negativa, ma mi ha detto che tre pecore sono state sbranate dai lupi
scesi dal Cocusso. Vorrei anche sapere se le mucche vengono munte. Che sia un
nuovo metodo di allevamento? Ho sempre saputo che d’inverno il bestiame viene
messo in stalla. A parte la pena che mi fanno, vederle lì con il termometro
sotto zero, mi sorge il sospetto che, dato che il tutto è stato fatto con denaro
comunitario, anche se muoiono è facile rimpiazzarle. È tutto in regola per la
Forestale? Grazie a chi mi risponderà.
Marina Ulcigrai
PUNTO INFORMATICO - VENERDI', 8 gennaio 2010
CES2010/ Greenpeace e la lista dei cattivi
La nuova versione della guida all'elettronica ecologica
punisce marchi importanti. Ma gli ambientalisti si dicono ottimisti per il
futuro
Las Vegas - Un problema globale, un problema complesso che coinvolge (in modo
diverso) tutti i paesi del primo, secondo e terzo mondo. E mentre negli USA si
discute di regolamenti e leggi sulla spazzatura tecnologica, altrove e in
particolare in Africa si fanno i conti con gli scarti e l'inquinamento da fine
ciclo di vita del primo mondo. Greenpeace punta il dito contro questo tipo di
pratiche, e con la quattordicesima versione della sua guida all'elettronica
verde assegna qualche medaglia e tira le orecchie a qualcun altro.
"L'ewaste è un problema planetario - incalza Casey Harrell, membro del team che
redige la classifica - occorre individuare dove finisce questa spazzatura
elettronica, spesso dirottata in modo formalmente legale verso paesi come
Nigeria, Ghana o l'India". Un connubio tra il risparmio tra i materiali
impiegati nella produzione, privilegiando l'economicità all'ecologia, e
l'esternalizzazione (in senso letterale e in senso lato) del problema dello
smaltimento.
Per questo Greenpeace ha deciso di fare pressione su aziende competitive e molto
attente al marketing come quelle IT, allo scopo di convincerle a investire con
lungimiranza anche nella propria evoluzione in chiave ecologista: un'evoluzione
che se portata fino in fondo potrebbe da sola abbassare del 15 per cento il
totale dell'inquinamento industriale prodotto globalmente ogni anno.
Sugli scudi dell'aggiornamento di dicembre della classifica ci sono due
produttori di telefonia mobile, Nokia e Sony Ericsson: a loro appannaggio il
primo e secondo posto, con l'azienda finlandese in particolare ormai stabilmente
al comando. Menzione speciale per Apple, primo produttore mondiale ad essersi
assicurato la palma di un'offerta totalmente priva di PVC e ritardanti di fiamma
inquinanti (BFR), ma in questo senso ci sono anche HP e Acer che stanno
annunciando novità interessanti. Bacchettate per LG, Lenovo, Dell e Samsung: non
sono state in grado di mantenere le rispettive promesse in fatto di ecologia,
finendo per ricevere il biasimo dell'organizzazione ecologista.
Nella stima di Greenpeace non rientrano soltanto i materiali pericolosi
eventualmente presenti nei prodotti di elettronica di consumo. Nel punteggio
finale rientrano anche le politiche di recupero dei prodotti alla fine del ciclo
di vita, nonché l'adozione di fonti energetiche rinnovabili nel ciclo di
produzione e in generale nelle attività delle aziende coinvolte. La valutazione
di Greenpeace inoltre non si limita a una semplice somma numerica dei fattori in
gioco, ma tenta anche di offrire maggiori dettagli rispetto alle singole
motivazioni che hanno spinto ad assegnare punteggi positivi o negativi nei
diversi campi ai diversi brand.
L'obiettivo, come detto, è promuovere l'iniziativa dei produttori, penalizzando
chi si limita a fare promesse e premiando chi invece risulti in grado di
concretizzare le proprie green policy. Inoltre, Greenpeace cerca di coinvolgere
le aziende che si impegnano in queste attività di conversione anche perché
sostengano pubblicamente le tesi ecologiste: in ballo ci sono ad esempio la
regolamentazione USA su risparmio energetico e riciclo, che a detta degli
ecologisti rischia di arenarsi al Congresso. Un'attività complessa dunque, che
coinvolge la sfera politica: "Stiamo facendo un lavoro di verifica che andrebbe
fatto dai diversi paesi coinvolti" ironizza lo speaker.
"Per realizzare questa classifica ovviamente non ci basiamo sulle affermazioni
delle aziende" chiarisce Harrell, illustrando il contributo offerto dagli uffici
di Greenpeace sparsi per il mondo. Nelle intenzioni dei redattori c'è anche una
più efficace valutazione puntuale delle iniziative dei produttori in base alle
rispettive attività: per un produttore di cellulari è più facile scalare la
classifica, grazie alla frequenza con la quale il suo listino va incontro a
modifiche. Lo stesso non si può dire, tanto per fare un esempio, di chi produce
console videoludiche e che magari ne introduce una nuova a parecchi anni di
distanza dalla precedente.
I risultati, diretti o indiretti, di questa azione di pressing di Greenpeace
secondo i suoi promotori sono evidenti: tra gli altri citati i casi di Panasonic
e Philips, due aziende che hanno deciso di riassorbire la gestione dei prodotti
a fine ciclo di vita e che grazie a queste e altre scelte hanno guadagnato
posizioni in classifica. Uno dei punti maggiormente dibattuti riguarda inoltre i
comportamenti "ambigui" dei marchi: qualunque tentennamento, qualsiasi
dichiarazione contrastante fatta magari da una parte e dall'altra dell'Oceano,
viene attentamente valutata dall'organizzazione ambientalista per tentare di
giocare sullo stesso piano delle lobby.
Il quadro nel complesso, secondo Harrell, non è poi troppo negativo: "Oggi forse
non è ancora molto conveniente diventare verdi, ma le aziende che lo fanno
vengono premiate: il costo per farlo oggi è senz'altro inferiore a quello
necessario in futuro, i prodotti ecologici sono più facili da esportare, e con
un corretto recupero e riciclo le aziende possono puntare anche a riutilizzare
componentistica prelevata dai rifiuti, risparmiandoci. Il problema è che a volte
sono talmente concentrate sul generare profitti che non riescono a cogliere
questi vantaggi a medio termine". Tutto sommato, c'è da essere ottimisti: "Non
siamo ancora soddisfatti - conclude - ma il trend è buono: e ci sono altri
settori diversi dall'IT molto peggiori".
Luca Annunziata
IL PICCOLO - VENERDI', 8 gennaio 2010
Veleni nel Carso, grotte come discariche - Contaminate
121 cavità, 247 ostruite. Trovati idrocarburi rimossi dalla Siot dopo
l’attentato del ’72
AMBIENTE: UN’INDAGINE SPELEOLOGICA
Decine e decine di grotte del Carso triestino
pesantemente inquinate, ostruite con i materiali più vari, usate come discariche
e persino distrutte. Delle 2695 cavità registrate nel Catasto delle grotte,
gestito dalla Regione, 121 risultano inquinate, 247 non sono più accessibili in
quanto ostruite, mentre di 19 non c’è più traccia (sono state distrutte da
interventi vari, come cave di pietra o lavori stradali).
È quanto emerge da un’indagine sul campo effettuata da Roberto Trevi e Claudio
De Filippo, speleologi del Cai XXX Ottobre, e dall’associazione ambientalista
Greenaction Transantional.
Gli esempi più drammatici di come dagli anni Sessanta in poi si sia ricorsi alle
cavità carsiche per smaltire ogni genere di rifiuto sono situati nel territorio
del Comune di Trieste. A cominciare dal Pozzo dei colombi, nei pressi di
Basovizza, il cui fondo è trasformato in un lago di idrocarburi e nafta. In
quella che era una splendida caverna, nel 1972 vennero anche gettati i terreni
impregnati di petrolio, rimossi dall’area Siot dopo l’attentato di Settembre
Nero. In quel lago ci sono però anche fanghi industriali, residui del lavaggio
di caldaie e sostanze chimiche non meglio precisate.
«Nel 1972 centinaia di camion – racconta Furio Premiani, presidente della
Federazione speleologica triestina – scaricarono i residui dell’incendio alla
Siot. La grotta è profonda 75 metri: fu riempita fino a 15 metri dall’apertura.
Un mare nero che con il caldo estivo si allenta e scende in profondità. Nel 1996
– aggiunge – la Regione incaricò una ditta di bonificare la grotta. Si arrivò
fino ai 30 metri di profondità, poi ci si fermò».
Non migliore è la situazione del Pozzo del Cristo, sulla strada che da Basovizza
porta a Gropada, dove negli anni ’60-’70 fu installato persino un bocchettone
per facilitare il collegamento alle autobotti impegnate a scaricare nafta e
altri residui, scarichi che avvenivano con tanto di autorizzazione del Comune di
Trieste.
«Avevamo smesso di andarci – racconta Claudio De Filippo, del Gruppo grotte del
Cai XXX Ottobre – quando era pieno. Adesso si è svuotato. Dove è finita tutta
quella roba non si sa. Le pareti sono coperte da uno strato nero di nafta. Dal
fondo, che sta 60 metri di profondità, in certi momenti risalgono esalazioni che
possono essere mortali. Bisogna usare il respiratore».
Un lago di nafta, copertoni e altri detriti ricoprono il fondo della cosiddetta
”Grotta inquinata”, a un centinaio di metri dall’abisso di Trebiciano. «A circa
50 metri dalla strada – spiega Premiani – c’è un’apertura in cui per anni si è
scaricato di tutto: residui della pulizia di caldaie, serbatoi, detriti di ogni
tipo. E vicino c’è una dolina, usata anch’essa per anni come discarica, fino al
suo riempimento».
Gli esempi di questo stravolgimento dell’ambiente sotterraneo (e non solo) del
Carso purtroppo si sprecano. «Nell’abisso di Rupingrande scaricano le fogne
della case – racconta ancora Premiani – come avviene anche a Basovizza:
all’ingresso del Sincrotrone c’è un impianto di depurazione, da dove alcuni tubi
portano le acque reflue in due grotte vicino a una pineta».
Quello delle grotte ostruite, fino al punto di non poter più riconoscere
l’ingresso, è un altro esempio di questo scempio continuato per decenni (e
probabilmente ancora in corso). Quasi 250 grotte, sparse su tutto il Carso,
esplorate e inserite nel Catasto regionale, di cui non c’è più traccia. «Sono
scomparse – spiega Claudio De Filippo –. Ci hanno buttato dentro di tutto, anche
detriti di costruzioni, fino a farle scomparire. E poi c’è un numero imprecisato
di grotte scoperte durante interventi privati e subito richiuse, di cui non si
saprà mai neanche l’esistenza».
Un patrimonio gravemente compromesso, dunque, la cui situazione è nota agli
addetti ai lavori, ma che balza ora tristemente alla ribalta nazionale dalle
pagine della rivista National Geographic. Uno stato di cose che non facilita
certo le ambizioni turistiche dell’altipiano e dell’intera provincia.
Nell’elenco dei materiali pericolosi e inquinanti scaricati nelle cavità del
Carso non manca neppure l’amianto. «Dalla Grotta degli occhiali – ricorda
Premiani – nel 2005 ne abbiamo estratto, con tutti i problemi e le precauzioni
per recuperarlo, almeno un metro cubo. Sul Carso l’amianto è sparso un po’
dappertutto, negli anni è stato buttato anche nelle grotte. Per non parlare dei
vasi di vernici, di contenitori di solventi trovati in diverse cavità, e dei 700
chili di batterie degli anni Trenta, contenenti ancora pericolosi elettroliti,
recuperate da una grotta vicino a Ternovizza, in comune di Duino Aurisina».
Ma c’è la possibilità di intervenire per limitare i gravi danni recati negli
ultimi decenni al sistema delle grotte? «Dove si tratta di detriti – osserva De
Filippo – è abbastanza facile ripulire, ma nel Pozzo del Cristo, inquinato da
idrocarburi, è necessario l’intervento di una ditta privata, con i costi elevati
che ciò comporta. Anni fa il Pozzo dei colombi è stato svuotato da un’impresa
finchè sono bastati i fondi, poi tutto si è fermato».
«È un problema molto grosso – gli fa eco Premiani –. è un vero bubbone. Ci sono
stati interventi sporadici, fra cui quelli del Comune di Duino Aurisina, durati
quattro anni e poi interrotti penso per mancanza di fondi. Per la pulizia
dell’abisso Plutone il Comune di Trieste ci ha dato un po’ di fondi. Non c’è mai
stato però – prosegue – alcun incarico ai gruppi speleologici da parte delle
istituzioni, per fare un lavoro organico sulla valutazione della consitenza
degli inquinanti. Perchè non lo si è fatto? Mancano soldi o forse è meglio
tenere tutto nascosto?».
Una norma sulla tutela degli ambienti ipogei sul Carso esiste, ma non è stato
redatto ancora il regolamento attuativo. Si tratta del decreto del presidente
della Regione 20/3/2009, emanato nel quadro della direttiva europea Habitat, che
protegge ambienti e animali del mondo sotterraneo. «Vorrei mi spiegassero –
commenta con toni amari Premiani – come intendono applicare le direttive, o se
fanno i decreti solo perchè lo impone l’Unione europea».
GIUSEPPE PALLADINI
GROTTE - Predonzan (Wwf): «Non si capisce mai chi deve
rimediare» - Godina: il monitoraggio spetta alla Regione
«Il monitoraggio spetta alla Regione, attraverso il
Catasto delle grotte, ma ciò non toglie che, in base alla nostre competenze in
tema di inquinamento, potremmo intervenire sulla base di specifiche richieste o
denunce. Richieste che però finora non sono mai arrivate». Il vicepresidente
della Provincia, Walter Godina, con delega alle politiche per il Carso,
chiarisce che palazzo Galatti non è mai stato interessato per intervenire in
casi di inquinamento nelle grotte del Carso, ma avverte anche che la custodia
delle grotte spetta ai proprietari dei terreni (spesso privati), e ad essi
farebbero capo anche gli elevati costi per eventuali bonifiche delle cavità
inquinate.
Sul fronte ambientalista, Dario Predonzan, esponente del Wwf, ricorda le
numerose denunce fatte negli anni, che non hanno però avuto seguito, al pari dei
dossier predisposti dai gruppi speleologici. «Non si sa chi dovrebbe ripulire le
grotte – osserva – perchè la normativa non lo dice. Il patrimonio speleologico
del Carso è di rilevanza mondiale. Questo nuovo interesse per l’inquinamento
delle grotte sarebbe l’occasione buona perchè la Regione facesse una legge che
stabilisca competenze, modalità e fondi per intervenire».
Il problema è che è impossibile risalire alle responsabilità e che i proprietari
dei terreni cercheranno di non dover intervenire. In sostanza, una vera tutela
delle grotte non esiste. «La Regione aveva fatto qualcosa – ricorda Predonzan –
con gli elenchi relativi alla legge sui beni paesaggistici. Il vincolo che
blocca le costruzioni riguarda i terreni sopra le grotte più importanti, ma si
tratta comunque di una tutela debole e limitata in quanto relativa solo
all’aspetto estetico dei terreni».
Come uscirne? Roberto Giurastante, rappresentante di Greenaction International,
ricorda che il problema dell’inquinamento nelle grotte non è mai stato
affrontato, mai l’area è stata inserita in un territorio dichiarato inquinato.
«L’intervento legislativo – osserva – per il riconoscimento della gravità
dell’inquinamento del Carso spetta al ministero dell’Ambiente, ma riguarda la
superficie. Quanto al sottosuolo c’è invece il limbo legislativo, anche perchè
si tratta di proprietà private. La Regione potrebbe intervenire, ma non si è mai
attivata, per destinare risorse alla bonifica delle grotte del Carso».
Cucchi: Timavo a rischio inquinamento - Il docente di
geografia fisica: «Difficile intervenire, molte cavità sono private»
«Non si sa però qual è la velocità di assorbimento»
Le prime segnalazioni ufficiali sull’inquinamento nelle grotte del Carso
risalgono al 1981, in occasione del quinto Congresso di speleologia svoltosi a
Trieste. Dati che furono puntualmente registrati nel Catasto regionale delle
cavità. A ricordarlo è Franco Cucchi, docente di Geografia fisica al
Dipartimento di geoscienze della nostra Università, esperto del mondo ipogeo e
già curatore del Catasto delle grotte.
E proprio al Catasto, ricorda Cucchi, nel 2004 il Servizio ambiente del Comune
di Trieste si rivolse per conoscere il numero delle cavità inquinate nel
territorio comunale. «Fornimmo un elenco con 60 grotte – ricorda il docente –
nelle quali erano presenti materiali di vario tipo. A quel punto il Comune ci
chiese come si poteva intervenire, ma si fermò quando vennero prospettate le
difficoltà operative per attuare interventi di pulizia e risanamento».
Difficoltà che essenzialmente sono di due tipi. Innanzitutto economiche, posto
che il lavoro di una squadra di speleologi costa alcune centinaia di euro al
giorno. Altre spese vanno poi per il trasporto e lo smaltimento dei materiali
recuperati.
«Il vero problema, che ha fatto arenare l’iniziativa – osserva Cucchi – è che
molte di quelle grotte sono private, e quindi per intervenire è necessario il
permesso del proprietario, cosa difficile da ottenere. In base alla legge,
infatti, proprietario della grotta è il padrone del terreno sui cui si trova
l’ingresso della cavità».
Ma, sul piano geologico e chimico, quali rischi ci sono che gli inquinanti
presenti nelle grotte finiscano nei corsi d’acqua sotterranei e poi in mare?
«Pian piano il dilavamento degli inquinanti finisce nel Timavo – spiega Cucchi –
ma non si sa con quale velocità di assorbimento. Non è detto poi che i
dilavamenti finiscano nei corsi sotterranei principali. L’AcegasAps da sempre
effettua le analisi delle acque alle foci del Timavo; finora non ci sono state
segnalazioni di aumenti degli inquinanti o di contaminazioni significative. Va
detto comunque – conclude – che sul piano scientifico non è mai stato
organizzato nulla per capire l’entità delle contaminazioni, attraverso sondaggi
o prelievi mirati».
Le competenze di queste analisi a chi spettano? «In teoria – risponde Cucchi –
dovrebbero ricadere sull’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente. Il fatto è
che il fenomeno inquinante diventa importante solo quando interessa acque
utilizzate in qualche modo dall’uomo. Prima, in sostanza, non viene preso in
considerazione».
Per dare una volta allo stato delle cose, puntando a un’opera sistematica di
risanamento delle grotte inquinate, cosa sarebbe necessario? «Si potrebbe
provare – propone Cucchi – a creare un sistema informativo più accurato di
quello esistente. Ma poi le istituzioni dovrebbero rimboccarsi le maniche e
trovare i cospicui finanziamenti necessari».
(gi. pa.)
Wwf: uno scempio all’ex Maddalena - L’associazione
chiede la valutazione ambientale per il progetto del comprensorio
LA PROTESTA: «TROPPA CUBATURA E VERDE DISTRUTTO»
Per l’area dell’ex ospedale Maddalena tra via dell’Istria e via Molino a
vento dove devono sorgere edifici residenziali, uffici, un centro commerciale e
un parcheggio il Wwf, che valuta in 130 mila metri cubi il peso dei nuovi
edifici realizzati da Generalgiulia2, chiede che la Regione stabilisca la
necessità di una procedura di Valutazione d’impatto ambientale, ora in corso di
verifica. Il motivo: coinvolgere altri soggetti, dopo che - sostiene
l’associazione ambientalista - dal 2001 «tutto è avvenuto senza il minimo
coinvolgimento della cittadinanza, né informazione preventiva, mettendo anche il
consiglio comunale di fronte al fatto compiuto».
Il Wwf chiede chiarimenti sull’impatto ambientale di questo insediamento per il
quale, scrive «agli inizi del 2008 sono scomparsi assieme all’ex ospedale anche
centinaia di alberi d’alto fusto, in quello che sarebbe potuto (e dovuto)
diventare un giardino pubblico in una parte della città drammaticamente povera
di verde». Le aree verdi previste, fa notare l’associazione, saranno invece
«soltanto striminziti spazi di risulta tra un edificio e l’altro, senza
continuità fra loro, anche perché in mezzo passerà una strada tra via Costalunga
e via Marenzi». Sul fronte di via dell’Istria «impossibile ripristinare la
quinta arborea: dietro il muro di sostegno è previsto un grande parcheggio
multipiano».
Era il 2001, ricorda il Wwf, quando fu firmato l’accordo di programma «fra il
Comune di Trieste (sindaco Riccardo Illy), la Regione (presidente Roberto
Antonione), e l’Azienda sanitaria (direttore generale Franco Zigrino), titolare
della proprietà». Dalla vendita rimase esclusa la palazzina in mattoni rossi,
ormai ristrutturata dall’Azienda sanitaria come Centro di salute mentale. In
sostanza l’appello è per un «chiarimento sugli impatti del progetto» e «per
indispensabili modifiche a titolo di almeno ”parziale” risarcimento per lo
scempio».
Dapprima il Comune aveva ipotizzato di trasferire lì la sede della Polstrada,
poi arrivò il progetto residenzial-commerciale. Nel 2006 la circoscrizione diede
parere sfavorevole, ma intanto era stata fatta la variante al piano regolatore
che aveva passato l’area da «servizi» ad «alta edificabilità», e il consiglio
comunale approvò quindi il piano particolareggiato con 17 favorevoli, due
contrari e 12 astenuti.
La Kemiplas aprirà una fattoria ecologica con
ristorante - ALLE PORTE DI CAPODISTRIA
CAPODISTRIA Dalla ”fabbrica dei veleni” all'agricoltura
ecologica. Sembra un passaggio impossibile ma non lo è per l’azienda Kemiplas. I
proprietari dell'industria chimica di Villa Decani hanno deciso di costituire
una fattoria ecologica nella zona di Belvedere (in sloveno: Belvedur),
nell'entroterra di Capodistria, per cui Kemiplas non sarà più solo sinonimo di
prodotti chimici e rischi ambientali, ma anche di amore e rispetto per la
natura.
Del resto, per la società di Villa Decani non è una novità assoluta: da una
decina d'anni è anche proprietaria della Cantina vinicola Bric e dell'omonimo
marchio di vini. La nuova fattoria ecologica si estenderà su 10 ettari. Il
progetto sarà articolato in tre fasi. Nella prima sarà costruito un grande
ristorante da 180 tavoli e una serie di barbecue in cortile, in stile ”country”.
I visitatori potranno scegliere e prepararsi la carne da soli ma potranno anche
affidarsi ai cuochi del locale e trascorrere l'attesa sui prati circostanti.
Saranno serviti i vini ”Bric”. Alla Kemiplas sperano di farcela entro la fine
dell'anno. Sono già in corso trattative con la Scuola media alberghiera di
Isola, i cui allievi potrebbero assolvere la pratica nel nuovo ristorante. La
seconda fase prevede l'allestimento di un piccolo ”zoo istriano”, con pecore,
capre, asini, bovini e cavalli. Infine, nella terza fase, prima della fine del
2011, sarà costruito un prosciuttificio. Per una ventina di persone ci sarà
anche la possibilità di trascorrere la notte alla fattoria. Il risorante potrà
accogliere fino a tre autobus pieni di villeggianti alla volta.
SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Povera Terra
Mentre il mondo intero restava con il fiato sospeso
nell’attesa di vedere i risultati del vertice di Copenaghen, i nostri governanti
saggiamente decidevano di aumentare i limiti di velocità a 150 km/h. Del resto,
si chiederanno: a cosa serve avere una macchina che può tranquillamente superare
questa velocità, se poi non si riesce ad adoperarla al massimo? Il nostro
contributo, quindi, sarà quello di utilizzare tutto il petrolio che possiamo
consumare per fare in modo che quando questo finisce si passi, finalmente, alle
energie alternative. E la Terra ringrazia (e anche le compagnie
automobilistiche...).
Georgina Ortiz
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 gennaio 2010
SEGNALAZIONI - Il rigassificatore - A BORDO NAVE
Intervengo per rispondere all’intervento - interessante -
di Ladi Minin per conto dell’Istituto per lo studio delle attività
navalmeccaniche, pubblicato il 2 gennaio. Il rigassificatore porterebbe
indubbiamente dei benefici economici per le accise che contribuirebbero ai conti
pubblici, ma il rovescio della medaglia (le ricadute su ambiente, traffico e -
in primis - la sicurezza) lo sta mettendo pesantemente in discussione. Il
proponente si è limitato a presentare un’idea progettuale senza offrire alcuno
spazio di discussione per migliorarne quegli aspetti che a vario titolo ci
preoccupano alquanto. Utilizziamo allora lo spunto offerto da IsaNav per
verificare se esistono possibilità in tal senso.
Nel corso della prima conferenza stampa indetta dalla Uil - Vigili del fuoco fu
presentata dagli ingegneri navali dell’Università di Trieste, Nabergoj e Trincas,
l’ipotesi di una nave rigassificatrice ormeggiata stabilmente fuori del porto,
citando l’esempio del progetto per Livorno noto con la sigla «Olt». L’ipotesi
sarebbe più economica dell’impianto a terra, costando circa 1/3 dell’impianto
proposto, e di quella del rigassificatore in cemento al largo di Porto Viro
(quello appena inaugurato). Ancora, stando fuori del porto, non ne intralcia
l’attività ordinaria e suscita minori preoccupazioni per la sicurezza da
incidenti ed attentati. Il gas arriva a terra con un gasdotto che parte dalla
nave, e paga le tasse nel territorio del punto di sbarco (indifferentemente dove
la rigassificatrice sia ormeggiata).
Per tutelare l’ambiente marino, al gasdotto si potrebbe affiancare una
conduttura che raccoglie le acque industriali esauste da terra (scarichi caldi
industriali e le acque del depuratore di Servola) e le porta sulla nave; sarebbe
quell’acqua ad essere utilizzata (già sterilizzata, sfruttata) e non nuova acqua
di mare ancora vitale.
Questo potrebbe metterci col cuore in pace e salvare capre e cavoli. Proviamo a
parlarne almeno tra di noi, aspettando che da Gas Natural si faccia avanti
qualcuno per partecipare al dialogo in maniera più fattiva che non con l’attuale
atteggiamento del prendere o lasciare.
Carlo Franzosini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 gennaio 2010
«Rigassificatore, procedure da rifare» - IL COMITATO
PER IL GOLFO AI MINISTERI E ALLA REGIONE
Ripetere la Valutazione d’impatto ambientale sul progetto
per il rigassificatore di Zaule, così da avere una Via ”seria” che fornisca una
”definitiva e accettabile fonte di verità”. La richiesta, diretta alle
istituzioni, è contenuta in una lettera che il Comitato per la salvaguardia del
golfo ha inviato in questi giorni al ministero dell’Ambiente, a quello per i
Beni e le attività culturali, alla Regione e, per conoscenza, al sindaco
Dipiazza.
Nel documento, il portavoce del Comitato, Arnaldo Scrocco, sottolinea che le
voci contrarie al rigassificatore (”dopo cinque anni che lo sta facendo il
nostro Comitato”) dicono che sul terminale ci sono informazioni ”scarne e
scarse” e che ”non si può accettare a scatola chiusa la proposta del primo che
capita”.
Ttra queste voci, sempre secondo il Comitato, ce n’è qualcuna che dice ”cose
ragionevoli, solide considerazioni sull’errata localizzazione del
rigassificatore: un sito assolutamente privo delle caratteristiche per essere
considerato ambientalmente compatibile”.
E se fra esse ci sono quelle che hanno ”esclusivamente valenza politica o sono
spinte da sentimenti emozionali – prosegue la lettera del Comitato – ce ne sono
anche di esperte e preparate, quelle di tecnici con esperienza specifica nel
campo».
In proposito il Comitato cita l’architetto De Simone, ”che ci ricorda come il
gas (contrariamente a ciò che dicono le controparti) abbia fatto già molte
vittime. Ci ricorda che c’è stata una lunga serie di incidenti ed esplosioni
negli ultimi anni, tra cui quello avvenuto in Corea del Sud che ha provocato un
centinaio di vittime, e quello dello scorso anno in Belgio in cui una pala
meccanica ha fatto esplodere un metanodotto, che ha ucciso 15 persone e ferito
altre 120”.
Nellla lettera il Comitato ricorda poi come De Simone ”ci riporta alla mente lo
spettro di un grave incendio a una gasiera, con effetto-domino che potrebbe
mandare in fumo la città. Si pone in contrasto con Gas Natural e non condivide
con le istituzioni la scelta di localizzazione del rigassificatore che, a suo
modo di vedere, doveva quantomeno essere collocato a una ventina di miglia dalla
costa. E invoca che si imponga ai proponenti e alle autorità di sottoporre il
progetto all’esame di esperti super partes”.
A tutte queste ”nuove anime di verità”, il Comitato per la salvaguardia del
golfo chiede quindi di ”darsi un contegno unitario, che imponga una Via super
partes, che ci libererebbe dal dubbio di artefazioni, faziosità e inganni, e
sarebbe alfine una grande e unica prova che ci darebbe verità e giustizia”.
LUBIANA - Differenziata, Erjavec rischia il posto di
ministro - La Corte dei conti chiede la destituzione per non avere posto rimedio
a irregolarità
Il ministro dell'Ambiente sloveno Karl Erjavec rischia di
cadere... sui rifiuti. La Corte dei conti ha chiesto ieri al premier Borut Pahor
di sollevare il ministro dall'incarico per una serie di «gravi violazioni delle
regole della buona amministrazione» nell'operato del Dicastero. Pahor ha deciso
d’inviare la proposta alla Camera, che dovrà esprimersi nelle prossime
settimane. Le irregolarità riscontrate dalla Corte dei conti risalgono al
periodo 2005-2007, dunque prima che Erjavec diventasse ministro dell'Ambiente,
ma Erjavec è considerato responsabile per non avere adottato i rimedi che la
stessa Corte dei conti gli aveva suggerito nell'agosto 2009.
Le manchevolezze principali riguardano il calcolo e l'utilizzo della tassa
ambientale come incentivo per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani.
Secondo la Corte, il sistema attuale è poco trasparente e stimolante, per cui
finisce per penalizzare piuttosto che premiare coloro che provvedono alla
raccolta differenziata. Problemi e ritardi si registrano pure nei piani di
finanziamento dello stoccaggio dei rifiuti d’imballaggi. Per Erjavec - ministro
che l'opinione pubblica italiana conosce soprattutto per il suo secco e
categorico ”no” ai progetti per i rigassificatori nel Golfo di Trieste – la
posizione si fa sempre più delicata. Già coinvolto nello scandalo dei blindati
”Patria” - all'epoca come ministro della Difesa del governo Jansa (2004-2008) –
per presunta corruzione di funzionari pubblici e politici da parte della società
finlandese ”Patria” per ottenere l'appalto per una commessa di mezzi blindati
per l'esercito sloveno, Erjavec nei giorni scorsi è stato accusato anche di
avere approvato la vendita della quota statale dell'impresa Energetika Projekt a
due società private senza l'autorizzazione del governo. Ora la richiesta della
Corte dei conti di destituirlo dall'incarico non fa che peggiorare la sua
posizione. Il ministro ha già dichiarato di non avere alcuna intenzione di
dimettersi. Se sarà sollevato dall'incarico con il voto della Camera, comunque,
il suo Partito dei pensionati resterà nel governo, ha spiegato Erjavec, che ha
inoltre rilevato, non senza ironia, che «ora si vedrà il peso del ritardo delle
decisioni sulla raccolta differenziata dei rifiuti urbani». Difficile prevedere
quale sarà l'esito del voto alla Camera. Certo è che due partiti della stessa
maggioranza di governo, lo Zares di Gregor Golobic e la Democrazia liberale di
Katarina Kresal, si schiereranno contro Erjavec, ossia voteranno a favore della
sua destituzione dalla carica di ministro. Pollice verso anche da buona parte
dell'opposizione mentre il Partito democratico, per il momento, si è limitato a
rilevare i «due pesi e due misure» della Corte dei conti, che in altri casi
analoghi sarebbe stata molto meno severa di quanto lo è stata in questa
occasione con Erjavec, chiedendo che venga sollevato dall'incarico.
SEGNALAZIONI - Quella pista ciclabile preda
dell’incuria
Percorro da decenni la vecchia ferrovia, a piedi e in
bici, che da Trieste sale fino a Draga S. Elia e poi in Slovenia. Ho salutato
con entusiasmo il progetto di trasformarla in una pista ciclabile con la
sistemazione del tracciato e con l’illuminazione della galleria più lunga. Ora
però siamo alle solite, tutto lasciato senza un minima manutenzione da parte di
chi ha in carico il tracciato.
I rovi in alcuni punti hanno invaso per oltre la metà la carreggiata e le
lampade della galleria sono guaste (non le ho contate ma penso più della metà)
lasciando l’escursionista completamente al buio, le cose peggiorano naturalmente
se si procede in bicicletta, altro problema l’allagamento totale del sottopasso
(30 cm circa di acqua) causa le piogge continue di questo periodo ma sopratutto
della manutenzione inesistente dei relativi scoli di drenaggio e la mancanza di
canalette che devino il ruscellamento verso il sottopasso.
A chi spetta la competenza della manutenzione di questo tracciato? Regione o
Comune, e cosa si aspetta a sistemare le cose? Lasciamo che vada tutto in
«malora» come si usa troppo spesso in Italia.
Un suggerimento infine per la sicurezza degli escursionisti estivi sarebbe
opportuno un cartello che indichi gli orari di apertura e chiusura delle luci
automatiche della galleria dato che più di una volta ho dovuto accompagnare
fuori con la lampada famiglie rimaste nel buio più totale...
Spero (ma non tanto) in un riscontro da parte delle istituzioni.
Andrea Mandich
SALVA LE FORESTE NEWS - MARTEDI', 5 gennaio 2010
Nigeria: lasciate il petrolio sottoterra
117 associazioni nigeriane hanno suggerito al governo la politica più efficace per proteggere le foreste e il clima globale: lasciare il petrolio nel sottosuolo.
La Nigeria è divenuto il primo produttore africano di
petrolio, e ha basato tutta la propria economia sulle attività di estrazione
petrolifera nel Delta del Niger, affidate a multinazionali petrolifere, tra cui
l'itaiana Agip, del conglomerato ENI. Dal petrolio però non è nata
un'inarrestabile onda di sviluppo. Al contrario, le popolazioni del Delta del
Niger hanno pagato il prezzo salato della distruzione del loro ambiente. Il
suolo coperto di biitumi, i torrenti inquinati dal petrolio, l'aria resa
pestilenziale dal gas flaring, ossia dalla combustione del gas nei pozzi di
estrazione.
Le perdite di petrolio sono sottostimate, ma osservatori indipendenti stimano
uno sverso di 15.000 tonnellate annue di idrocarburi del delicato sistema
ecologico del Delta del Niger. L'impatto è pesante anche sulla salute umana, con
una crescita di leucemie, bronchiti, asma e altre affezioni.
Environmental Rights Action (Friends of the Earth Nigeria) ha organizzato
assieme al Ministero Federale dell'Ambiente degli Stati del Delta del Niger, una
consultazione sulle politiche da adottare. La consultazione ha coinvolto
associazioni, leader comunitari, scienziati, esperti dello sviluppo, e il suo
risultato è un appello allo sviluppo di una "economia post-petrolifera in
Nigeria".
Mentre miliardi di dollari vengono investiti in dubbie tecnologie volte a
catturare la CO2 e a pomparla nel sottosuolo, dai nigeriani viene un
suggerimento di buon senso: il sistema più sicuro, efficace e economico per
catturare i gas serra, è lasciarli dove stanno: sottoterra.
Secondo le associazioni attive nella regione, non è vero che le emissioni di gas
serra siano una necessità dello sviluppo. Al contrario, puntano su una crescita
economica diffusa basato sullo sviluppo sostenibile. L'estrazione del petrolio,
sostengono, "non ha avuto un impatto positivo per i cittadini, e in particolare
per le genti del Delta del Niger, i cui livelli di vita sono stati minati dal
costante inquinamento di fiumi e fattorie". L'aspettativa di vita, nel Delta del
Niger, non supera i 41 anni, proprio a causa del pervasivo inquinamento. Ma
anche la convivenza civile è stata duramente messa alla prova dalla crescente
corruzione legata al controllo dei pozzi petroliferi, e dai conflitti armati che
ne sono seguiti, mentre la gente dei villaggi ha perduto perfino la terra da cui
ricavava auto sostentamento.
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 gennaio 2010
Bassa Poropat: «Rigassificatore da fare ma con tutte le
garanzie»
La numero uno della Provincia: «Priorità a politiche
sociali e scuole, il dualismo con Cosolini non esiste»
Dalle bonifiche al rigassificatore. E ancora l’emergenza strade e le
prospettive politiche. Il 2010 sarà un anno chiave per Trieste e per le sue
istituzioni. Inclusa la Provincia guidata da Maria Teresa Bassa Poropat.
Presidente, finalmente l’accordo di programma sulle bonifiche è stato condiviso:
è sembrato però che tra la visione dell’assessore Zollia e quella del
vicepresidente Godina vi fosse qualche differenza. Tutto a posto in giunta?
Innanzitutto, vorrei ricordare che circa due anni e mezzo fa, con un diverso
governo sia a livello nazionale che regionale, era stata proprio la Provincia a
convocare la prima riunione fra i soggetti interessati. Ne era uscita una prima
bozza, su cui si è cominciato a fare delle modifiche, fino ad arrivare
all’ultima versione. Che ha recepito le nuove osservazioni effettuate dalla
stessa Provincia: il concetto che chi non ha inquinato non deve pagare,
l’inserimento dell’analisi del rischio e il rafforzamento del ruolo del Comitato
tecnico che dovrà appurare quali soggetti abbiano prodotto eventualmente dei
danni. È chiaro che le perplessità di Godina siano legate ai risultati
dell’analisi del rischio che, al momento, non ci sono ovviamente.
Il no all’accordo da parte delle ditte insediate è stato però fermo...
La prima ipotesi di pagamento collegata ad alcune aziende aveva spaventato, ma
non poggiava su fatti concreti. Va però detto che qualcuno dovrà pagare
qualcosa, tenendo presente che gli enti hanno un obiettivo comune: non solo
trattenere le aziende nella zona ma anche attrarne delle nuove.
Veniamo al rigassificatore. La sua posizione sembra vicina a quella
dell’Assindustria.
Sul progetto di Zaule, dico che vanno valutate le ricadute sia positive che
negative. Fin qui, Gas Natural non ha risposto alle legittime domande dei
cittadini, è stata assente sul territorio. La Provincia, ora, ottenendo la
disponibilità della stessa azienda spagnola alla partecipazione, organizzerà
conferenze sull’impatto ambientale, sulle ricadute economiche, sui rischi legati
al progetto. Probabilmente un rigassificatore va realizzato, ma deve garantire
sicurezza. Già il fatto che il soggetto interessato si occupi di bonificare
l’area del suo insediamento è comunque una ricaduta positiva per la città. Poi
c’è la questione occupazionale: ci sono i lavoratori della Ferriera da
ricollocare, visto che l’impianto di Servola andrà dismesso.
Ieri si è assistito di nuovo all’emergenza neve sulle strade provinciali. Come
risolvere finalmente il problema?
Per il caso di dicembre, la relazione degli uffici e della ditta cui è stato
affidato l’incarico ha sottolineato una criticità in particolare: la forte bora
aveva fatto sì che il sale sparpagliato sulle strade si raccogliesse ai loro
bordi. Nell’occasione, il numero maggiore di interventi si era avuto sul Carso,
e l’emergenza era così scattata a Muggia. In ogni caso, a fine inverno,
sottoscriveremo una convenzione sulla gestione delle strade anche con i comuni
minori.
Capitolo bilancio di previsione per il 2010: dove avete tagliato?
Siamo stati costretti a ridurre il supporto alla cultura. Ma abbiamo mantenuto
gli importi legati alle politiche sociali. Nel Piano delle opere, poi, sono in
programma importanti interventi nell’edilizia scolastica, per cui sono stati
previsti 15 milioni di euro. I lavori principali riguarderanno la
ristrutturazione dell’istituto Stefan e il completamento di quella avviata al
Volta. Ci sono poi tante altre piccole criticità da risolvere.
Chiudiamo con la politica: fra lei e Cosolini è dualismo per il ruolo di
candidato sindaco del centrosinistra nel 2011. Chi la spunterà?
Sarà la coalizione a fare le sue ipotesi di lavoro. Non c’è alcun dualismo
perché nessuno mi ha contattata. Le primarie di coalizione? Non sono una fan
delle primarie, credo che il centrosinistra dovrà valutare e scegliere il
candidato che avrà le maggiori possibilità di vincere.
MATTEO UNTERWEGER
Rigassificatore, San Dorligo si rivolge all’Ue - Il
consiglio comunale ha ribadito l’incompatibilità ambientale dell’impianto
L’assessore Sormani: potremmo muoverci così in attesa
del parere del Tar
Il consiglio comunale di San Dorligo della Valle, su proposta dell’assessore
all’Ambiente Elisabetta Sormani, ha «espresso e ribadito» il proprio parere
sfavorevole sulla compatibilità sulla compatibilità ambientale per la
costruzione del metanodotto Trieste- Grado-Villesse, Sea Line Trieste Grado e
tratto Grado-Villesse per il collegamento con il terminale di ricezione e
rigassificazione del gas naturale liquefatto previsto nella zona industriale di
Zaule in Trieste.
San Dorligo continua dunque nella linea dura contro l’impianto, peraltro presa
fin dall’ufficializzazione del progetto. «Le dichiarazioni rassicuranti che
pervengono da parte del Ministero dell’Ambiente, dal sindaco di Trieste e da
altri esponenti politici del territorio non hanno di fatto tranquillizzato la
popolazione –si legge nel testo votato dal Consiglio comunale- popolazione che
continua a nutrire forte preoccupazione sugli effetti che potrebbero derivare
dalla collocazione dell’impianto di rigassificazione di Zaule, in prossimità di
numerosi altri impianti a rischio per la sicurezza della popolazione e per la
tutela dell’ambiente». Questo parere di sfiducia da parte del Consiglio comunale
di San Dorligo della Valle è l’ennesimo niet incassato dal progetto di
costruzione del rigassificatore di Zaule.
La prima deliberazione consiliare risale al giugno del 2006, alla quale hanno
fatto seguito altre mozioni e deliberazioni. Il testo però ha anche evidenziato
la possibilità di appellarsi direttamente all’Unione europea per far valere le
proprie ragioni: «In attesa della verifica da parte del Tar, l’amministrazione
comunale non ha escluso di ricorrere alla Competente commissione del Parlamento
europeo per l’accertamento di eventuali difformità rispetto ai contenuti delle
Convenzioni internazionali e delle direttive europee recepite dalla legislazione
italiana».
Questo il commento dell’assessore Sormani: «Riconfermiamo ancora una volta a
piena voce la non volontà che tale progetto venga eseguito sul nostro territorio
in quanto non sarebbero garantiti due aspetti fondamentali: la sicurezza dei
nostri concittadini e la salvaguardia dell’ambiente».
(r.t.)
Tornati i lupi, sbranate 4 pecore e una capra -
L’incursione notturna avvenuta in un recinto nella campagna tra Basovizza e
Lipizza
Il lupo è ritornato. Dopo quasi due secoli di oblio un
piccolo branco ha sbranato una capra e quattro pecore che vivevano all’interno
di un recinto posto a pochi metri dalla strada che collega Basovizza a Lipizza.
L’incursione è avvenuta di notte e solo al mattino successivo i proprietari
delle pecore e della capra si sono accorti dell’uccisione delle loro bestie.
Altri 25 esemplari ospitati nello stesso recinto sono stati invece risparmiati.
Con buona probabilità la capra è stata la prima ad essere aggredita e in buona
parte divorata. Poi l’attenzione dei lupi si è rivolta verso le quattro pecore,
uccise anch’esse con una ”presa” al collo che ha reciso la vena giugulare.
Ora, a dieci giorni di distanza dall’incursione rimasta finora segreta, gli
esperti sono certi al 90 per cento che si tratta proprio di lupi e non di cani
rinselvatichiti o di sciacalli che da qualche anno sono saltuariamente segnalati
sul Carso triestino.
Gli indizi che accreditano questa tesi sono innumerevoli. In primo luogo le
modalità di attacco al recinto elettrificato e agli animali che vi erano
rinchiusi; poi la distanza tra i canini, misurata sulle carcasse degli ovini
uccisi. Il branco ha individuato l’unico punto del recinto elettrificato che non
era percorso dalla corrente ed è passato attraverso questo varco. La capra è
stata uccisa e in gran parte divorata; poi l’attenzione dei lupi che
probabilmente avevano ancora fame si è rivolta verso le pecore.
«Se ad aggredire gli ovini fosse stato un branco di cani rinservatichiti, il
numero delle uccisioni sarebbe stato più alto. Forse nemmeno un capo sarebbe
riuscito a sopravvivere» spiega Maurizio Rozza, il maresciallo guardiacaccia
della Polizia ambientale della Provincia che assieme ai colleghi ha compiuto gli
accertamenti. Ma non basta. Nelle carcasse degli animali sbranati a Basovizza i
due segni lasciati dai denti canini distano l’uno dall’altro di 3,6 - 3,7
centimetri. Negli esemplari di lupo di maggiori dimensioni la distanza raggiunge
anche i 4,5 centimetri, mentre per gli esemplari adulti non scende mai sotto i
3,5. Queste misure accreditano la tesi che a Basovizza si sia infiltrato dalla
Slovenia un gruppo al cui vertice c’è una femmina, accompagnata da alcuni
cuccioloni.
La tecnica di aggressione alla carotide è tipica di questa specie, mentre i cani
non badano tanto all’obiettivo, azzannano dove possono, senza scegliere il
bersaglio. Gli unici cani che agiscono come lupi e ne hanno le dimensioni, sono
gli Husky, i Samoiedo e i Malamuth. Tutte razze arcaiche, di cui però nessuno
sul Carso sia italiano che sloveno ha mai segnalato la presenza di un branco
rinselvatichito. Anche un'incursione di sciacalli è stata esclusa perché la
distanza tra i canini di questi animali non supera mai i tre centimetri. Esclusa
anche la possibilità che ad agire sia stata una lince perché nel pasto seguito
all’uccisione sono scomparse anche le viscere di alcune delle pecore. La lince
disdegna queste interiora.
Ad accreditare ulteriormente la presenza del lupo sul Carso e il suo progressivo
avvicinamento alla città, vi sono numerose segnalazioni giunte negli ultimi
anni. Un capriolo era stato trovato ucciso sul Monte Orsario e i segni lasciati
dai denti ed ancora più la distanza dei canini, sostenevano l’arrivo in zona del
grande predatore. Un’altra segnalazione era arrivata da Beka, dove alcune pecore
erano state trovate sbranate dopo essere state uccise con un morso alla
carotide. Ora con il Carso coperto di neve rilevare le impronte sarà meno
difficile, ma anche in questo caso il lupo perseguitato da secoli, ha affinato
le proprie tecniche di mimetizzazione. Il branco procede in fila e le zampe di
chi segue l’apripista si infilano perfettamente nelle tracce già segnate. Così
individuare la consistenza del gruppo è difficile se non impossibile.
CLAUDIO ERNÈ
LUPI - Tocca alla Regione risarcire i proprietari - La
Provincia deve invece pagare per i raid compiuti da cinghiali e volpi - Una
divisione di competenze
Tanta carne a disposizione. Tanto cibo facilmente
raggiungibile.
Il piccolo branco di lupi che ha sbranato una capra e quattro pecore tra
Basovizza e Lipizza, si è comportato esattamente come una famiglia umana. E’
entrato in un supermercato e ha scelto quanto gli serviva per vivere. Cibo
pronto per almeno una settimana. I lupi non hanno fatto scempio delle trenta
pecore presenti, non le hanno uccise per il gusto di uccidere come invece accade
spesso alla nostra specie. Hanno comunque memorizzato il percorso per
raggiungere nuovamente il recinto che la Cooperativa agricola di Basovizza ha
allestito assieme all’ Università e alla Provincia, allo scopo di ricuperare la
landa carsica. E’ un progetto pilota che prevede - come ha spiegato il
vicepresidente dell’amministrazione provinciale Walter Godina - di inserire
sulla stesa area alternativamente ovini, bovini e caprini.
Il progetto o meglio la sua parte finanziaria potrebbero subire un contraccolpo
se le incursioni dei lupi dovessero continuare, ma una precisa legge assegna
adeguati risarcimenti ai proprietari degli animali sbranati. Per i danni
provocati di lupi, orsi e linci, è la Regione a dover metter mano al
portafoglio, attingendo allo specifico capitolo di spesa. Per danni ascrivibili
ai cinghiali, alle volpi e agli altri animali selvatici, il compito spetta
invece alle singole Province. Come si comprende facilmente questa legge rischia
di accendere disposte infinite tra i vari enti costretti a fare i conti con le
ristrettezze di bilanci sempre più miseri. Allo stesso tempo i danneggiati
potrebbero essere costretti a lunghe, estenuanti attese.
Ecco perché in queste ore si cercano altri indizi e prove sulla presenza dei
lupi a Basovizza. Se dovessero essere trovati degli escrementi il problema
sarebbe risolto, perché la cacca del lupo è diversissima da quella del cane.
Puzza in modo molto vistoso e contiene il pelo delle prede, utile a digerire
anche le ossa. Il cane invece disdegna il pelo. Nelle scorsi notti un piccolo
gruppo di «wolf howling» ha provato a lanciare il richiamo del lupo nella landa
di Basovizza, ma anche nella parte più interna della Val Rosandra. I cani sono
ammutoliti , ma il grande predatore non ha risposto. Per il momento.
Il petrolchimico di Veglia diventa hi-tech -
RIGASSIFICATORE - Il management della struttura è pronto a mettere a
disposizione un’area apposita
INVESTIMENTI PRODUTTIVI A CASTELMUSCHIO - La
piattaforma petrolifera è così la più moderna in questa parte d’Europa
FIUME Avviato più di tre anni fa con la firma del relativo contratto con il
gruppo Siemens, si è concluso nei giorni scorsi il progetto di rinnovo
tecnologico dello stabilimento petrolchimico DINA di Castelmuschio (Omisalj),
sull'isola di Veglia. Il Petrolchimico isolano (gruppo DIOKI) è stato
praticamente trasformato – come enfaticamente rilevano i suoi dirigenti – in una
piattaforma hi-tech, ossia a tecnologia avanzata, «la più moderna del genere in
questa parte d'Europa».
L'ammodernamento ha interessato praticamente tutti i segmenti produttivi e ha
compreso pure l’installazione da parte dei tecnici tedeschi di “Simatic PCS-7”,
un modulo in virtù del quale l’intero processo lavorativo, sistemi di sicurezza
inclusi, risulta automatizzato e controllato a distanza.
I nuovi sistemi di sicurezza consentono ora, in caso di incidente, il blocco
automatico di tutte e tre le linee produttive (polietilene a bassa densità,
vinilicloruro monomero e cloruro di polivinile), sia separatamente che in
blocco.
Particolarmente significativa la trasformazione cui è stato sottoposto
l’impianto del polietilene a bassa densità (“Dinalen”), che da sola ha
comportato stanziamenti per l’equivalente di 17,6 milioni di euro.
La ricostruzione dell’impianto in parola consentirà di elevare la produzione di
polietilene a bassa densità (PE-LD) dalle precedenti 70 mila a 90 mila
tonnellate annue. L’ammodernamento si è avvalso di licenza tedesca
Lyondell-Basel, mentre l’appalto della parte edile ha fatto capo alla GP Krk di
Veglia e a una serie di partner croati. Ora per il rinnovato Petrolchimico, nato
oltre trent’anni fa sulla base di un accordo di partenariato tra l’azienda
petrolifera di Stato INA e la statunitense Dow Chemical (da cui DINA), comincia
una fase di collaudo destinata a protrarsi per una quindicina di giorni e a
coronamento della quale – ottenuto il nulla osta dei competenti organismi di
supervisione e controllo – la produzione di “Dinalen” potrà cominciare a pieno
regime.
A detta dei responsabili dello stabilimento, nella ricostruzione e
ammodernamento degli impianti si è prestata particolare attenzione all’aspetto
ambientale e della sicurezza. La nuova “piattaforma” a tecnologia avanzata, come
garantiscono i dirigenti DIOKI, consentirà sia di razionalizzare il processo
produttivo e di conseguire un notevole risparmio energetico, sia di limitare il
danno ambientale attraverso un contenimento delle emissioni nocive. Che – come
sostengono gli stessi dirigenti – potrebbero essere ulteriormente abbattute nel
caso in cui il Petrolchimico quarnerino potesse usare come “propellente” il gas
naturale importato via mare. A questo proposito va ricordato che proprio l’area
di Castelmuschio, nelle adiacenze del DINA, è stata scelta per l’insediamento
del rigassificatore o “terminal GNL”, ossia del gas naturale liquefatto che
tramite metaniere dovrebbe arrivare da oltremare. Anzi, proprio per favorire la
collocazione del rigassificatore nel sito prescelto, il management del gruppo
DIOKI si è dichiarato pronto a mettere a disposizione un’area adatta,
praticamente a ridosso del Petrolchimico.
(f.r.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 gennaio 2010
Il verde Racovelli boccia Dipiazza - «C’è rischio che
Trieste possa trasformarsi in deposito carburanti»
Verdi all’erta, anzi all’attacco. Il consigliere comunale
Alfredo Racovelli non risparmia critiche alla maggioranza di centrodestra.
«L’elenco della spesa fatto da Piero Camber per illustrare i cosiddetti meriti
della giunta Dipiazza, in verità nasconde una serie di fallimenti che, questi
sì, sono difficilmente riscontrabili dalle giunte comunali che hanno
amministrato la città di Trieste negli ultimi decenni».
Secondo l’esponente dei Verdi «l’adozione di due fondamentali strumenti di
pianificazione urbanistica quali il piano regolatore generale e il piano del
centro storico sono stati secretati, inesistente l’iniziativa politica del
Comune per il finanziamento della piattaforma logistica e per il riutilizzo del
Porto Vecchio, silenzio totale in merito ai tagli della Regione nei confronti
dell’edilizia pubblica». In compenso il sindaco e la maggioranza che lo sostiene
«hanno pensato bene di versare 9 milioni di euro a garanzia dei privati, per la
costruzione di un mega-parcheggio in centro città».
Le uniche idee di sviluppo “certe”, stando a Racovelli, riguardano invece
«l’ipotesi che la nostra città diventi a tutti gli effetti un deposito di
carburanti per l’Europa, destino già previsto dal ministro Scajola e che trova
puntuale conferma nella classe politica locale». Attaccando Ferriera e
rigassificatore i Verdi invitano la società civile del territorio a riempire di
contenuti e principi gli spazi politici lasciati ”liberi”, tali da «sviluppare
le forme di pressione adeguate alle sfide che segneranno il futuro di un’area
che va al di là dei confini naturali del nostro comune».
«Il rigassificatore in mare porterà più pesce» - Mario
Bussani: «Si creerebbe di fatto una barriera sottomarina per il ripopolamento» -
Una vita dedicata all’ambiente
La multa al pescivendolo per la scritta ”sardoni”?
Esiste un decreto sui nomi ufficiali ma perché ne hanno multato uno solo?
Si definisce «un cittadino che ha fatto il Don Chisciotte». Ha deciso di
lottare per la difesa del mare, dell’ambiente, delle specie ittiche. Ma nella
sua vita Mario Bussani si è confrontato anche con la politica, i tribunali
militari e un viaggio durato due anni.
Bussani, oggi lei si occupa di mare, mitili e pesca, ma nella sua vita ha fatto
anche il vigile urbano.
Sì, è stata una delle attività della seconda parte della mia vita. Che, per
l’appunto, divido in quattro fasi.
La prima?
Va da quando sono nato fino al trasferimento da Zara a Trieste. Un viaggio
durato dal 1943 al ’45, due anni per percorrere 300 chilometri. Eravamo
inseguiti da tutti, di giorno da una parte delle truppe belligeranti, di notte
dall’altra.
Il secondo capitolo?
Diciamo che va dal 1948 al ’54, l’anno del secondo ritorno di Trieste
all’Italia. Io ero un irredentista, sono stato ferito, come quella volta in
corso Italia con 36 schegge di una bomba che mi colpirono dalla testa ai piedi,
e arrestato più volte, venendo poi giudicato. A 17 anni, per esempio, dal
tribunale militare, presieduto dal maggiore inglese Bayless.
E come andò a finire?
Dopo i vari arresti, sono sempre stato assolto. Alla fine, anche col maggiore
Bayless. Al riguardo, c’è un aneddoto. Eravamo in due ragazzi ad essere stati
arrestati. Entrò la corte. Il maggiore, col suo classico frustino sotto il
braccio, chiese: “Dove sono gli imputati?”. Un militare rispose: “Sono quei
due”, indicandoci. Al che, Bayless disse: “Io non giudico ragazzi in calzoni
corti”. E andò via.
Quindi?
Ce ne andammo via anche noi, senza essere neanche giudicati.
Bene. Abbiamo parlato di due parti su quattro della sua vita. La terza?
Inizia con il servizio militare, quindi dal 1959 fino al termine del mio lavoro
come vigile urbano. Che, tra parentesi, ho fatto nella minima parte perché mi
sono sempre stati affidati degli incarichi speciali. Cose che oggi nemmeno
esistono più.
Cioè?
Elencherò tre incarichi. In primis, l’avvio del primo servizio aereo d’Europa
comunale, che aveva funzioni di monitoraggio anti-incendio, sulle discariche e
le costruzioni abusive. Il secondo era, fra i primi in Italia, quello relativo
al campionamento delle acque marine, come facente funzione di commissario
d’igiene. Infine, all’elezione di Manlio Cecovini a sindaco, mi nominarono
coordinatore dell’unità operativa ambientale del Comune di Trieste.
E in quest’ultima veste creò due riserve naturali.
Una è quella del monte Cocusso. L’altra è l’area del laghetto di Percedol. Nel
frattempo, è stato anche creato su mia iniziativa, dall’Università con il Comune
e la Provincia, il Laboratorio di Biologia marina di Aurisina, naturale
continuazione della Stazione zoologica di Campo Marzio dipendente
dall’Università di Vienna.
Chiudiamo il cerchio. La quarta parte della sua vita?
Sì. La inquadro a partire dal 1984, anno in cui sono andato in pensione, ed
arriva sino ad oggi e al mio ruolo di presidente della Federazione italiana
maricoltori, impegnata nei settori sociale, culturale e ambientale. Abbiamo dato
il nostro contributo almeno a una ventina di Paesi, dall’ex Urss sino al Ghana,
ad Haiti, o al Venezuela.
Lei si è avvicinato anche alla politica. Mosso da cosa?
Non è possibile che io veda per la strada a Trieste gente che fa la carità
quando nei suoi Paesi d’origine sarebbe un re. Persone che qui vengono fermate
come delinquenti comuni dalla Polizia municipale o da altre forze dell’ordine.
La mia visione è il contrario del razzismo.
La questione dell’immigrazione è un tema molto caro alla Lega Nord. E lei è un
iscritto del Carroccio...
Già. Una volta ero nel direttivo, ora sono ancora iscritto ma non faccio più
attività: c’è troppa gente, ormai. Sto dentro alla Lega con un pensiero che è
esattamente il contrario di quello del partito: la Lega Nord vuole fermare
l’immigrazione in Italia per arginare una specie di invasione. Io dico invece
che dobbiamo lavorare perché i migliori non lascino il loro Paese. Come capitato
a noi dalmati all’epoca: abbiamo dovuto abbandonare le nostre terre, questo non
deve succedere. Il mio è un approccio diverso.
Torniamo ai suoi progetti. Parliamo di Miramare.
Oggi la chiamano Riserva e fissano la sua data di nascita dieci anni più tardi
rispetto a quando nacque il Parco marino. Non vogliono dire che quell’area è
stata creata da un estraneo al Wwf. Le licenze per il Parco marino, io, le avevo
prese nel 1973, loro datano 1982 la fondazione della Riserva.
Del recente caso sul nome sardoni-alici e la relativa multa salata, che dice?
Esiste effettivamente un decreto che dà dei nomi ufficiali ai pesci,
un’integrazione nata in funzione della globalizzazione: i nuovi pesci che
arrivano in Italia devono avere un nome. Una commissione ha partorito i nomi
ufficiali: il primo errore sta proprio nell’ignoranza dei componenti. Alici vale
per dieci regioni italiane. Sardone, sardòn e sardun è la definizione che viene
data in dieci nazioni: fra queste Slovenia, Croazia, Serbia&Montenegro, Albania.
Sardon è un nome internazionale, in realtà. Ma qui c’è un altro punto grave.
Quale?
Mi chiedo chi abbia mandato il funzionario a fare la contravvenzione a una
baracca (la rivendita ambulante di piazza Ponterosso, ndr), sui 36 punti vendita
che ci sono a Trieste. A quanti altri è stata comminata la sanzione? Per quale
motivo quella persona è andata là? Probabilmente, prepareremo una manifestazione
davanti alla Capitaneria di porto per protestare contro l’applicazione
anacronistica della norma.
Lei è impegnato sui temi del mare e dell’ambiente: cosa pensa del progetto del
rigassificatore?
Non entro nel merito delle altre problematiche dei due progetti, per l’impianto
in mare o per quello a terra. Dico solo che con la pesca il rigassificatore non
c’entra nulla. Anzi, di più: quello in mare creerebbe da due a cinque volte un
incremento delle popolazioni ittiche nella zona.
Perché?
Per il fatto che si sistemerebbe di fatto un’area marittima protetta, con una
barriera sottomarina dove oltre duemila tonnellate di biomassa attecchirebbero
sulle strutture, creando una nursery per il ripopolamento delle acque. Da ciò,
deriverebbe una pesca più abbondante tutt’attorno.
E il progetto di Zaule?
Quello con la pesca non c’entra. È una cosa che non mi sfiora, non è un mio
problema.
Da ex vigile urbano e iscritto alla Lega, è quindi favorevole a vigili urbani
armati?
Senta, nel periodo in cui frequentavo l’università, facevo da solo il servizio
notturno in moto in strada da vigile urbano. Cito un aneddoto per chiarire.
Dica.
Mi trovavo in centro a dirigere il traffico. A un certo punto, vedo una persona
che mi sembrava avere sotto la giacca una pistola. Corro verso quest’uomo, gli
apro la giacchetta, tolgo l’arma e gli dico di seguirmi in questura. Lui viene
con me... Era il campione dei pesi medi dell’allora Jugoslavia, un pugile. Lo
arrestarono confiscando la pistola. Ancora oggi non so come ho fatto. Era il
1967 o il ’68.
Torniamo a progetti e idee. Lei rivendica anche la paternità della proposta per
il parcheggio sotto il colle di San Giusto.
Ora sono contento che lo facciano, anche se con trent’anni di ritardo. Ne
abbiamo fatte tante di proposte negli anni. Ricordo la prima giunta Cecovini,
con l’allora assessore Fabio Forti: avevamo elaborato l’ipotesi della più grande
centrale a pannelli solari d’Europa, da sistemare in una delle cave esposte a
sud. Un’altra idea innovativa. Ancora oggi non sappiamo quanto avrebbe giovato
alla città.
A proposito di progetti, che dice del Parco del mare?
Ho visto i parchi di Boston, Genova e Barcellona. La vera incognita è la
gestione della struttura. Se non si riuscirà a coprire i costi, chi pagherà alla
fine?
MATTEO UNTERWEGER
SEGNALAZIONI - Il silenzio del governo e dei politici
locali sui mancanti finanziamenti del Cipe al porto di Trieste
In un fondo su «Il Piccolo» del 20 c.m., il direttore
presentava un «j’accuse», accorato e coraggiosamente per niente velato, al
potere politico locale e nazionale sul mancato finanziamento del Consiglio
Interministeriale per la Programmazione, riunitosi in data 17 c.m., relativo ai
56 milioni di euro previsti per la cosiddetta Piattaforma logistica del porto di
Trieste.
Nel contempo il Cipe aveva dato il via libera ai relativi finanziamenti per
altri provvedimenti urgenti relativi alle infrastrutture, quali: Società stretto
di Messina (330 milioni), Variante linea ferroviaria a Cannitello (26 milioni),
strada Statale Olbia-Sassari (162 milioni).
Ebbene purtroppo a tutt’oggi non si è potuto leggere, sullo stesso giornale,
alcun cenno di risposta sulle motivazioni addotte, sia da parte del ministro
delle Infrastrutture e dei Trasporti, Alberto Matteoli (che pur si era impegnato
il 12 ottobre u.s. all’assemblea di Confindustria a Trieste), sia da parte dei
rappresentanti politici di maggioranza a livello locale, regionale e nazionale,
i quali sembra risultino in ben altre cose affaccendati.
A questo punto è molto amaro constatare, quindi di aver compreso finalmente, che
le ragioni dell’immobilità del porto di Trieste negli ultimi 40 anni stanno
nella totale ignavia e insipienza da parte di tutte le autorità politiche
competenti. Ora risulta chiaro il motivo, per chi ritorna alla città di origine
dopo una lunga assenza, perché la situazione relativa al porto sia rimasta tal
quale a quella degli anni sessanta del precedente millennio.
Sembrerebbe che i risultati delle recenti indagini de «Il Sole 24 Ore», in cui
indicano Trieste quale città dove si vive meglio in Italia e così quelle
relative agli anni passati sempre stimata tra le prime, abbiano determinato una
sorta di abbandono totale per ogni iniziativa concreta, sia per il passato sia
per il presente. Cioè una forma di «dolce abbandono senile» per ogni prospettiva
di sviluppo del potenziamento e dell’ammodernamento del porto, sia nel traffico
civile sia nella movimentazione merci, con conseguente immobilismo della città
intera, quasi unicamente tesa a vivere sulle ricche pensioni di certo terziario.
Dopo venti anni dal crollo del «muro» con l’Est e con la costituzione
dell’Europa integrata, in cui tutti i Paesi nord-orientali hanno un unico sbocco
commerciale nel porto di Trieste, è mai possibile rimanere così «abulici»
proprio nell’unica direzione strategicamente più favorevole? È mai possibile
intravedere «progressi reali» con installazioni di «terminal di oleodotti» e di
«rigassificatori», che sono il contrario degli effettivi impieghi di personale
scientifico e di ampia manodopera qualificata o specializzata, largamente
disponibile in Città e nella regione intera?
Il mancato impiego del vasto patrimonio finanziario, intellettuale, scientifico
e tecnico esistente nella regione, indispensabili per lo sviluppo al giorno
d’oggi, assieme a una forma di «abulia politica» conduce inevitabilmente ad una
forma di «abulia» e di declino irreversibile, che una comunità di così alto
livello, quale risulta quella della nostra città, certamente non si merita!
Ai cittadini di Trieste e a quelli del Friuli Venezia Giulia spetta l’ardua
sentenza storica per il prossimo e immediato futuro!
ing. Bruno Strukel
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 gennaio 2010
Le scorie nucleari restano nel sottosuolo di Krsko - LA VECCHIA CENTRALE ATOMICA RIMARRÀ IN FUNZIONE ANCORA PER VENT’ANNI
Il deposito sotterraneo ne conterrà 20mila metri cubi.
Il costo dell’opera è di 120 milioni di euro
LUBIANA La decisione è definitiva: il deposito permanente per le scorie
radioattive della Centrale nucleare di Krsko (attualmente sistemate in un
deposito provvisorio all'interno dell'area in cui si trova l'impianto, ndr.)
sarà costruito nell'area di Vrbina, nel comune di Krsko, nei pressi della stessa
centrale nucleare. Il Piano regolatore della struttura è stato approvato dal
governo sloveno nel corso della sua ultima seduta del 2009. Con la costruzione
del deposito permanente per le scorie debolmente e mediamente radioattive, la
Slovenia potrà procedere alla progettazione del secondo reattore. Per il
funzionamento di quello attuale, ricordiamo, il direttore esecutivo
dell'impianto ha gia chiesto una proroga dell'attività di 20 anni.
Se la risposta dovesse essere positiva, la Centrale di Krsko rimarrebbe attiva
fino al 2043. La questione del deposito permanente di stoccaggio delle scorie
era rimasto sospeso fin dal 1974, ossia da quando l'allora presidente jugoslavo
Tito aveva posto la prima pietra della futura centrale nucleare, entrata in
funzione nel 1983. Le cose si sono poi complicate al momento dell'indipendenza
di Slovenia e Croazia. La centrale era infatti un progetto comune delle due
repubbliche ex jugoslave e già nel 1991 era scoppiata la controversia sulla
proprietà dell'impianto e sul prezzo della corrente elettrica prodotta, così
come sulle rispettive responsabilità legate allo stoccaggio del materiale
radioattivo.
I tentativi per trovare una soluzione sono stati avviati più di 15 anni fa e in
questo periodo sono state prese in considerazione diverse opzioni. Erano otto,
infatti, i Comuni sloveni disposti a ospitare il futuro deposito permanente sul
loro territorio. Alla fine, sulla base di tre criteri fondamentali - l’impatto
sociale, la sicurezza e gli aspetti economici – è stato scelta lo stesso Krsko.
Il deposito sarà costruito sotto terra – fino a 55 metri di profondità – e avrà
una capienza di 20mila metri cubi. Alcuni anni fa si era calcolato che la sola
Centrale nucleare di Krsko, comprese le scorie che sarebbero state il risultato
dello smantellamento dell'impianto nel 2023 (ma ora non si esclude una proroga)
fino a quell'anno ne avrebbe prodotto 13mila metri cubi, anche se in base alle
tecnologie più avanzate di compattamento dei rifiuti, questa quantità può essere
drasticamente ridotta. Nel deposito ci sarà spazio anche per tutte le altre
scorie radioattive prodotte in Slovenia. Non è escluso, ma su questo punto ci
saranno altri negoziati con Zagabria, che nel nuovo deposito venga immagazzinata
anche la ”parte croata” delle scorie dell’impianto di Krsko. Le prime ruspe si
metteranno al lavoro tra due anni e il deposito permanente sarà pronto, se non
ci saranno intoppi, nel 2014.
Verrà a costare 120 milioni di euro. Un indennizzo annuale per compensare la
popolazione della vicinanza di un impianto di questo tipo è previsto per tutti i
comuni che si trovano almeno in parte nel raggio di 10 chilometri dalla Centrale
e dal deposito.
Diverse associazioni di ambientalisti hanno già protestato: l'iter di scelta del
sito per il deposito, a loro giudizio, è stato viziato da irregolarità. Quali
passi intendono intraprendere per manifestare il dissenso, lo decideranno nelle
prossime settimane.
Risparmiare energia: lo spiega l’Immaginario con un
apposito kit - Gli strumenti sono già stati inviati alle scuole di dodici
nazioni europee per usi didattici
INIZIATIVA DEL LABORATORIO
Sono arrivati a destinazione nei dodici paesi europei che aderiscono a Iuses
- Intelligent Use of Energy at School i 500 kit sperimentali che il Science
Centre Immaginario Scientifico di Trieste ha messo a punto per il progetto
europeo, di cui il Science Centre stesso è partner, finalizzato a promuovere
presso gli studenti delle scuole superiori di II grado il risparmio energetico.
Dalla sveglia digitale alla luce del comodino, dal computer all'asciugacapelli,
dall'autobus o dal motorino che prendiamo per andare a scuola o al lavoro, al
caricabatterie del cellulare, la nostra vita è caratterizzata da piccoli gesti
che comportano un uso costante di energia.
Il progetto Iuses - coordinato da Area Science Park, capofila di 15 partner
provenienti da 12 paesi europei (Austria, Bulgaria, Francia, Grecia, Irlanda,
Italia, Lettonia, Olanda, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Spagna) - si
propone di divulgare presso gli studenti di scuola superiore i principi cardine
del risparmio energetico, suggerendo alcune semplici azioni che i ragazzi
possono svolgere nel loro quotidiano per fare un uso più oculato dell'energia,
per ridurre le emissioni di anidride carbonica o di altri inquinanti, per
imparare a rispettare l'ambiente e, perché no, spendere di meno!
Oltre 500 insegnanti in tutta Europa hanno aderito al progetto: ognuno di loro
ha ricevuto in questi giorni un kit sperimentale, composto da un set di
strumenti per confrontarsi di persona con alcuni semplici test pratici che
dimostrano come spesso l'energia venga inutilmente dispersa e come sia possibile
evitarlo, il tutto nelle dodici lingue dei paesi aderenti al progetto.
L'Immaginario Scientifico, forte dell'esperienza ormai decennale nella
divulgazione scientifica nelle scuole di ogni ordine e grado, ha non solo
progettato e realizzato i 500 kit sperimentali, ma sta ultimando anche la
realizzazione di un dvd multimediale (previsti 8mila) che conterrà delle
animazioni, i manuali d'uso per studenti e insegnanti e gli esercizi dedicati ai
3 temi principali sviluppati all'interno del progetto (trasporti, industia,
edifici). Grazie a questi strumenti gli studenti potranno fare delle esperienze
virtuali legate al tema del risparmio energetico.
La divulgazione dei materiali è assicurata anche dal sito internet, realizzato
sempre dall'Immaginario Scientifico, dal quale si potranno scaricare a breve i
manuali, l'elenco dei materiali utilizzati nel kit (con indicazioni su dove e
come reperirli), i contenuti del dvd multimediale e un breve video di supporto
all'utilizzo del kit sperimentale.
Il progetto prevede infine un concorso, lo European Energy Saving Award, che
premierà scuole e studenti che adotteranno concretamente delle misure per
migliorare l'efficienza energetica della propria scuola nell'arco dell'anno
scolastico 2009-2010. Per maggiori informazioni sul kit
www.iuses.eu
SEGNALAZIONI - «Prima classe in treno per Bologna: la
parola d’ordine è ”fuori servizio”»
Ritardi, cancellazioni e scioperi sono «normali»
disservizi per chi, come me, utilizza regolarmente il treno. Per quanto
fastidiosi, però, non sono nulla in confronto al disagio di viaggiare in
condizioni penose, su treni sporchi, fatiscenti e con disperato bisogno di
manutenzione.
Da qualche tempo sono costretto a prenotare posti in prima classe, nella vana
speranza di avere un minimo di comfort durante le ore di viaggio lungo la tratta
Trieste-Bologna. L’unico treno diretto, che non mi costringe a un cambio nella
stazione di Venezia Mestre, è l’Intercity delle 7.04 per Napoli. Delle due
carrozze di prima classe, però, solo una può essere considerata tale, perché
l’altra è sporca, con sedili unti e privi di un tavolino e di prese di corrente
per alimentare il portatile.
Più di una volta, per poter lavorare, mi sono dovuto trasferire nell’unica
carrozza «decente», dove le tendine sono inutili, perché i vetri sono spesso
così sporchi che non si vede fuori e il bagno è quasi inagibile: puzza di urina,
ha lo scarico che non funziona e un foglietto di carta scritto a mano
appiccicato sullo specchio con nastro adesivo avverte che il lavandino è fuori
servizio, perché il rubinetto non funziona e manca l’acqua per lavarsi.
Fuori servizio sembra essere la parola d’ordine su questo treno. Il microfono
avvisa i passeggeri che le porte contrassegnate da targhetta gialla sono fuori
servizio, perciò per scendere bisogna utilizzare quelle adiacenti; per aprire e
chiudere le porte scorrevoli, un tempo automatiche, si corre il rischio ogni
volta di slogarsi una spalla, perciò spesso restano aperte o semichiuse,
lasciando entrare correnti di aria gelida; alcuni bagni sono fuori servizio e
l’intera carrozza «sfortunata» ha le luci che ogni tanto saltano, perciò era
stata chiusa, ma per alloggiare i passeggeri è stata riabilitata (e l’avviso
«carrozza fuori servizio» è stato prontamente rimosso). Intendiamoci, l’Ic per
Napoli non è un caso isolato.
Porte automatiche guaste, bagni fuori servizio, o agibili ma con luci spente,
senza serratura, con rubinetti prosciugati e acqua che piove dal soffitto non
sono una rarità neppure sugli Eurostar, perfino in prima classe. Treni così,
davvero, è meglio perderli.
Eugenio Melotti
IL PICCOLO - SABATO, 2 gennaio 2010
«Inattendibili le centraline della Lucchini» - IL
CIRCOLO MIANI ”RILEGGE” I DATI RILEVATI DALLA PROCURA
Fogar continua la sua crociata contro la Ferriera:
«Abbiamo rilevato altri sforamenti»
«Possiamo provare che le centraline gestite da Serverstal, quindi da
Lucchini, per il rilevamento dell’inquinamento nell’aria sono totalmente
inattendibili»: lo afferma Maurizio Fogar, ex-presidente del circolo Miani,
stringendo in mano il rapporto pervenuto alla procura della Repubblica di
Trieste lo scorso 17 dicembre. Il rapporto, realizzato dal Cigra (Centro
interdipartimentale di gestione e recupero ambientale) per conto del sostituto
procuratore Federico Frezza, presenta i dati raccolti dall’11 al 30 novembre da
due campionatori collocati in via Giardini e via Pitacco al fine di monitorare
l’inquinamento dell’aria provocato dalla Ferriera di Servola. La quantità di
polveri sottili Pm10 «ha subito otto superamenti della soglia giornaliera di
50ug/m3 - recita il rapporto -, su un totale di diciotto campioni in nove
giorni». Inoltre le centraline del Cigra hanno rilevato mercoledì 11 novembre un
valore di 3.42ng/m3 e 4.62ng/m3, sensibilmente superiorel limite consentito di
1ng/m3 «Il responso del rapporto è in sintonia con la centralina gestita da Arpa
in via San Lorenzo in Selva – dice Fogar – ma presenta discrepanze elevatissime
con i dati raccolti da Severstal con la centralina di via Carpineto». Un fatto
che secondo Fogar pregiudica gravemente la valutazione dell’inquinamento
atmosferico a Trieste: «I dati su cui si basano regione e comune provengono
proprio da rilevamenti Serverstal».
Dal punto di vista del Circolo Miani, le indagini della procura indicano che la
situazione ha raggiunto un punto di non ritorno: «In un simile scenario la
regione e il sottosegretario all’ambiente Menia hanno richiesto alla commissione
europea di ritardare l’abbassamento dei limiti delle polveri sottili per tre
zone a Trieste – conclude Fogar –; un atto gravissimo a cui si aggiunge l’ultima
uscita del sindaco Dipiazza, che ha dichiarato a un quotidiano nazionale di non
aver mai promesso la chiusura della ferriera: così facendo si espone il
cittadino a un rischio enorme».
Giovanni Tomasin
segnalazioni - Antenne a Conconello
Nel maggio della 2002 il sindaco Dipiazza venne a
Conconello e nel corso di un pubblico incontro ci assicurò che, passato
Ferragosto, il grande traliccio che avrebbe accolto tutte le antenne radio delle
emittenti private presenti nel borgo sarebbe stato ultimato su un’altura a
fianco di quello della Rai. All’entusiasmo del nostro primo cittadino non
seguirono, purtroppo, i fatti: sono passati otto Ferragosti e la situazione è
sempre la stessa. Vi sono stati, a onor del vero, altri incontri e altre
promesse, in particolare col comitato che da ben trent’anni si occupa del
problema; pareva, a detta dei vari assessori Bradaschia, Rossi, Bucci, che da un
momento all’altro la cosa si avviasse a concludersi immediatamente. Purtroppo la
situazione è sempre la stessa, con i tralicci che a decine continuano a
deturpare il paese trasformato in una specie di Cape Canaveral e con i
gravissimi danni per la salute dei cittadini più volte descritti. Ora il
problema dovrebbe essere seguito, in qualità di assessore all’Urbanistica, dal
signor sindaco. Signor sindaco, ci faccia trovare sotto l’albero qualcosa di
concreto. Risponda, per favore, su queste colonne, a che punto è la situazione e
se e quando ne vedremo la conclusione, ma con una data possibilmente
accettabile.
Liana Villa
segnalazioni - Sul rigassificatore
Mi lascia perplesso la discussione sul terminal del
rigassificatore della Gas Natural, perché ci troviamo di fronte a informazioni
scarne e scarse. Non si può accettare a scatola chiusa la proposta del primo che
capita.
Posto che si voglia il rigassificatore, il problema è quale tecnologia scegliere
tra le tante esistenti, le quali presentano vantaggi e svantaggi per i
cittadini, per gli imprenditori, per l'ambiente, per il territorio. Per quel
poco che è dato sapere, Gas Natural presenta un progetto e una tecnologia
vecchia, costosa e invasiva. Non credo che sia opportuno metterci in casa roba
del genere; che poi sarebbe come se uno usasse la vasca da bagno per farsi una
riserva di benzina per l'automobile. Intervenendo pesantemente nella discussione
Paolo Rumiz dice che ci vuole un garante neutrale. D'accordo, ma come
individuarlo?
Nell'attesa di trovare questo soggetto super partes, cerchiamo di fare
discussione seria e informazione, con i mezzi che abbiamo. Gli analisti esperti
del commercio del gas assicurano che da qui al 2015, il consumo mondiale del gas
quasi raddoppierà.
Gli attuali 60 terminal Lng sparsi nel mondo, diventeranno 180 nel giro di pochi
anni. Si deve prendere atto che il trasporto via mare del Gnl è una esigenza
reale, anche perché la soluzione gasdotti non è sempre praticabile (non è
ipotizzabile costruire un gasdotto dalla Nigeria o dal Qatar all'Italia).
C'è l'esigenza di costruire un certo numero di rigassificatori e dislocarli, se
possibile in mare, in punti strategici della penisola. Poiché l'Alto Adriatico è
un'area importante, economicamente e geograficamente strategica, è assolutamente
necessario valutare attentamente tutte le questioni e le problematiche inerenti
i rigassificatori, i quali sono già installati su otto navi coreane,
tecnologicamente avanzate, che portano e rigassificano il metano senza
disturbare nessuno.
Nell'attesa del garante ipotizzato da Rumiz, l'I.S.A.NAV. (Istituto per lo
Studio delle Attività NAValmeccaniche) propone, non tanto la costituzione di un
comitato pro-rigassificatore, quanto l'attivazione di un osservatorio
indipendente, per raccogliere tutti i dati e le informazioni utili per dare alla
cittadinanza gli strumenti culturali e tecnico-economici, necessari per valutare
e decidere pro o contro il progetto Gas Natural e/o pro o contro altri eventuali
e possibili progetti di rigassificatori.
Aiutare i politici, quasi sempre digiuni degli sviluppi tecnici e scientifici, a
conoscere per deliberare. Informare obiettivamente e senza pregiudizi i
cittadini a conoscere per decidere.
Ladi Minin - I.S.A.NAV. (Istituto per lo Studio delle Attività NAValmeccaniche)