RASSEGNA STAMPA gennaio -
giugno 2008
IL PICCOLO - LUNEDI', 30
giugno 2008
Alta velocità, accordo per la Torino-Lione - I
sindaci della Val di Susa dicono sì al documento dell’Osservatorio tecnico:
parte la fase due della progettazione
META’ LUGLIO IL TAVOLO POLITICO A PALAZZO CHIGI
TORINO Missione compiuta per l'Osservatorio sulla Torino-Lione ferroviaria.
Alla vigilia della scadenza del mandato, c'è l'accordo per la «progettazione
della nuova linea e per le nuove politiche di trasporto per il territorio». Non,
quindi, una semplice ipotesi di tracciato, ma «un complesso di interventi dentro
i quali sta la nuova linea», precisa Franco Campia, assessore ai Trasporti della
Provincia di Torino. L'acronimo Tav non compare nel testo, sei pagine (e molti
corposi allegati) firmate dopo una riunione di 50 ore: «È un documento davvero
complesso - dice Mario Virano, presidente dell'Osservatorio - frutto del lavoro
svolto in 70 riunioni, con 298 audizioni, dopo avere sentito 60 esperti
internazionali. Abbiamo messo il decisore politico nella condizione di
rispettare il calendario europeo» per la progettazione dell'opera.
Il documento, applaudito dai sindaci convocati oggi alla Prefettura di Torino,
passa ora al Tavolo politico, che verrà convocato a Palazzo Chigi, a metà
luglio, ma sarà anche discusso dai consigli comunali e nelle assemblee pubbliche
della valle di Susa. «Comincia la fase 2, la progettazione della progettazione -
puntualizza ancora Virano - per la quale è indispensabile che ci sia una regia
unica».
I punti del testo licenziato oggi dall'Osservatorio sono quattro. Nel primo,
«Nuove politiche dei trasporti del territorio», viene enunciato il principio che
«la politica delle infrastrutture non è scindibile dalla politica dei trasporti
e del territorio», un assioma «particolarmente vero nel caso della Torino-Lione
dove esiste già un collegamento 'storicò di cui occorre prevedere il miglior
utilizzo per i passeggeri e per le merci».
Vengono quindi elencati gli interventi di una politica integrata del traffico
transalpino, dalla ratifica del protocollo della Convenzione alpina alle «Eurovignette»
per il transito dei Tir, dal sistema metropolitano torinese per i passeggeri
all'aumento della qualità del servizio sulla Torino-Lione storica. E al punto 4
viene rimarcata l'importanza degli interventi per la «piena funzionalità» delle
cinque linee del sistema ferroviario metropolitano di Torino, conferma la
piattaforma logistica di Orbassano e propone «il potenziamento della linea di
Bassa Valle e lo sviluppo di interconnessioni con la linea storica di Alta
Valle».
Il documento conserva anche differenze di vedute, quella ad esempio (al punto 3)
tra chi propende per una Torino-Lione realizzata per lotti funzionali e chi si
batte per un'opera in fasi successive, come suggerisce il documento Fare
(Ferrovie alpine ragionevoli ed efficienti) elaborato dalla Comunità Montana
Bassa Valle di Susa. «Ma tutti sono d'accordo - puntualizza Virano - sulla
progettazione. La fase preliminare deve essere realizzata contestualmente per
tutta la tratta, dal confine francese alla connessione con l'alta velocità
Torino-Milano».
La nuova Torino-Lione ferroviaria (72 km totali) prevede tre tratte: una
francese, dall'agglomerato urbano di Lione a Saint Jean de Maurienne, una parte
comune, da Saint Jean de Maurienne alla Bassa di Valle di Susa, quella italiana,
infine, dalla Bassa Valle di Susa a Settimo. Nel 2007 l'Unione Europea ha
stanziato un finanziamento di 671,8 milioni di euro per la Torino-Lione,
ripartiti tra Italia e Francia. Il costo della tratta italo-francese è stato
stimato in circa 7 miliardi euro.
La lunghezza del «tunnel di base», la galleria più lunga, nel primo progetto
della Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) era di 53,1 chilometri, ma sale a 57, 1 (di
cui 12,1 in Italia) con gli approfondimenti presentati nei giorni scorsi
all'Osservatorio.
Un'altra galleria, lunga 11,4 chilometri, potrebbe essere realizzata in Valle di
Susa. Ottocento sono i milioni di euro necessari, secondo uno studio coordinato
dalla Provincia di Torino per il piano di sviluppo della Valle di Susa.
Nel corridoio della Torino-Lione transitano 28,5 milioni di tonnellate di merci
all'anno (22 su strada, 6,5 su rotaia), potrebbero diventare 66,2 milioni nel
2030. Il progetto della Torino-Lione dovrebbe essere ultimato nel 2010,
l'entrata in esercizio non avverrà prima del 2018-2020.
Secondo lo studio dei tecnici della Bassa Valle di Susa, allegato al documento
dell'Osservatorio, l'attuale linea storica sarebbe già in grado di fare passare
tra i 20e i 2 milioni di tonnellate di merci all'anno, ma la capacità scende a
6-1 milioni nella tratta metropolitana, da Avigliana a Torino. Nell'ipotesi di
tracciato la stazione internazionale della Torino-Lione sarebbe a Susa. In
Francia il primo cantiere, a Modane, è stato aperto nel luglio 2002.
TAV - Un’idea nata quasi vent’anni fa e cresciuta tra dubbi e scontri -
VERTICI E ACCORDI
ROMA È passato un anno e mezzo dalla nascita dell’Osservatorio sulla Tav. La
prima riunione si tenne infatti il 12 dicembre 2006. La storia della tratta
Torino-Lione però va avanti da quasi vent'anni, passando da un Governo all'altro
e scatenando scontri anche violenti in piazza.
lGIUGNO 1990 Al Summit di Nizza si inizia a parlare dell’opportunità di una
nuova nuova tratta ferroviaria tra l'Italia e la Francia.
lDICEMBRE 1990 La Comunità Europea approva la realizzazione di una rete
ferroviaria europea ad Alta Velocità, da realizzarsi entro il 2010.
lOTTOBRE 1991 I ministri dei trasporti, nel corso del vertice italo-francese di
Viterbo, incaricano i rispettivi enti ferroviari di avviare uno studio di
fattibilità sulla tratta Torino-Lione.
lNOVEMBRE 1993 Italia e Francia firmano un accordo per avviare gli studi di
fattibilità per la nuova tratta ferroviaria.
lGENNAIO 2001 A Torino viene firmato l'accordo intergovernativo franco italiano
per la realizzazione della Torino - Lione.
lAPRILE 2002 Iniziano le consultazioni ufficiali tra Regione, Provincia e Comune
di Torino e le amministrazioni locali della Valle di Susa.
lMARZO 2003 Dopo un anno di consultazioni con gli Enti Locali, RFI presenta il
progetto al Ministero dei Trasporti ed alla Regione Piemonte.
lAGOSTO 2005 Il Cipe approva il progetto preliminare di 47 chilometri da
Bussoleno a Torino, accogliendo le richieste della nuova Giunta regionale
piemontese. Viene creata una Commissione Tecnica, composta da Regione, Provincia
e Città di Torino, Ministero dei Trasporti, Comuni e Comunità Montana della
Valle di Susa, Lyon Turin Ferroviaire e RFI per coinvolgere i cittadini e
delineare un programma per l'avvio dei sondaggi.
lSETTEMBRE 2005 Il Governo lancia l'allarme: subito i sindaggi a Venaus per la
Torino-Lione oppure si perdono i fondi stanziati da Bruxelles. I sondaggi devono
iniziare subito (17 scavi nel territorio di 6 comuni della Valle di Susa).
l6 DICEMBRE 2005 Manifestanti protestano a Venaus (Torino), contro il progetto
della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, in Valle di Susa.
lMARZO 2006 Al via a Roma l'Osservatorio tecnico, composto dai rappresentanti
degli Enti Locali, delle Istituzioni Locali e del ministero delle Infrastrutture
e dei Trasporti, dell'Ambiente e della Salute.
l29 GIUGNO 2006 Si riunisce per la prima volta a Roma il Tavolo politico sulla
nuova opera.
l12 DICEMBRE 2006 Si riunisce per la prima volta l'Osservatorio sulla Tav.
lFEBBRAIO 2007 L’importanza di una realizzazione rapida delle infrastrutture
(compreso la Torino-Lione) è uno dei dodici punti su cui il premier Romano Prodi
ottiene la fiducia della maggioranza, dopo la crisi di Governo.
l13 GIUGNO 2007 Accordo tra il Governo e gli amministratori locali al tavolo
politico-istituzionale sulla Torino-Lione.
l19 NOVEMBRE 2007 La commissione europea ha inviato agli Stati membri e al
Parlamento la proposta di ripartizione di fondi comunitari per le reti
transeuropee fra il 2007 e 2013. Alla Torino-Lione andranno 671,8 milioni di
euro.
l13 FEBBRAIO 2008 A Palazzo Chigi si tiene una riunione del Tavolo istituzionale
sulla nuova linea ferroviaria Torino-Lione che, analizzando il lavoro
dell'Osservatorio Valle di Susa, esprime un giudizio positivo sul metodo e sui
risultati raggiunti. Il Governo chiede all'Osservatorio, entro il 30 giugno, di
completare l’approfondimento del nodo di Torino.
TAV - Riccardi: «Ora tocca al Friuli Venezia Giulia» - Lo afferma
l’assessore ai Trasporti. Oggi la presentazione della Trieste-Divaccia
CONFERENZA INTERGOVERNATIVA ITALIA-SLOVENIA
TRIESTE «Anche in Friuli Venezia Giulia siamo fortemente impegnati per
portare avanti l'Alta Velocità». L'assessore regionale ai trasporti e
infrastrutture, Riccardo Riccardi, rivendica l'azione che sta portando avanti la
Regione per la realizzazione della Tav anche sul fronte orientale dopo l'intesa
raggiunta con gli accordi locali per la tratta Lione-Torino. L'assessore ricorda
come la situazione in Friuli Venezia Giulia sia in fase «di approfondimento
delle condizioni progettuali ma stiamo andando avanti con il lavoro anche per
quanto concerne la condivisione con gli enti locali per trovare le souzioni
migliori per la realizzazione dell'infrastruttura». Per quanto concerne il
tratto della Bassa Friulana, che dovrebbe vedere l'affiancamento della ferrovia
all'autostrada A4 (che nel frattempo dovrebbe essere allargata a tre corsie),
«il progetto preliminare va ancora completato - ricorda l'esponente della Giunta
regionale - ma le intese sostanzialmente ci sono». A febbraio, quando
amministrava la giunta Illy, era stata firmata un'intesa con i Comuni
interessati dal tracciato del Corridoio V anche se mancava la firma dei Comuni
di Villa Vicentina e Porpetto.
Discorso diverso per la tratta Ronchi Sud - Trieste, che, puntualizza Riccardi,
«ha subito una frenata dopo la bocciatura nella valutazione di impatto
ambientale». Questa mattina, al municipio di Divaccia, in Slovenia, sarà
presentato lo studio di fattibilità, realizzato dalla Conferenza
Intergovernativa Italia-Slovenia, della tratta ferroviaria che collega Trieste e
Divaccia, finanziata con oltre 50 milioni di euro dalla comunità europea. «Si
tratta di una giornata molto importante - sottolinea Riccardi - che fa segnare
un passo in avanti fondamentale sul piano internazionale del lavoro che la
Regione sta portando avanti per realizzare l'Alta Velocità e Alta Capacità
ferroviaria». Se in passato qualche problema era sorto proprio con la Slovenia,
per Riccardi il passaggio di questa mattina rappresenta «un segnale fondamentale
che ci spinge ad andare avanti con ancora più vigore nella nostra azione. Per la
Regione e per l’amministrazione Tondo l’'Alta Velocità rappresenta un obiettivo
strategico per lo sviluppo del Friuli Venezia Giulia».
Roberto Urizio
Gasdotto in commissione - LA DELIBERA DEL COMUNE
Torna all’attenzione del consiglio comunale il metanodotto
Trieste-Grado-Villesse progettato per allacciare il rigassificatore che Gas
Natural conta di realizzare a Zaule con il nodo della rete nazionale Snam. Oggi
alle 11.30 nella sala del consiglio comunale si riunirà la commissione
urbanistica, alla quale - come annunciato dal presidente della commissione
Roberto Sasco - sarà presente il sindaco Dipiazza: oggetto di discussione, la
delibera con cui la giunta ha dato parere sfavorevole al gasdotto, che andrà
votata dall’aula municipale giovedì.
Nasce oggi il gruppo «Greenpeace» - AL SUB SEA CLUB
Anche Trieste avrà finalmente il suo Greenpeace: la riunione per la creazione
del nuovo gruppo si terrà oggi alle 18 al «Sub Sea Club» Trieste al Molo
Fratelli Bandiera. «Abbiamo cercato in regione Greenpeace - spiega il presidente
del Sub Sea Club Francesco Tominich , associazione con la quale ci sentiamo
molto affini negli ideali, ma abbiamo scoperto che non esisteva più nessun
gruppo. Allora abbiamo scritto a Greenpeace Italia per cominciare questa
avventura e contemporaneamente siamo venuti a sapere che anche una studentessa
triestina di psicologia, Lucia Becce, si era interessata alla creazione di un
gruppo e così, su indicazione della sede nazionale, ci siamo incontrati e
abbiamo unito gli intenti. Il direttivo del Sub Sea Club ha dato il consenso ad
ospitare il futuro gruppo e così abbiamo organizzato questa prima riunione allo
scopo di gettare delle basi per divulgare le campagne di Greenpeace puntando
soprattutto sui giovani che sembrano, per fortuna, molto più sensibili
all'ecologia».
Sub Sea Club ha intrapreso e organizzato più di venti anni fa «Mare Pulito», una
delle prime raccolte di rifiuti su vari fondali triestini, continuando sempre
nell'opera di sensibilizzazione dei soci e delle numerose scolaresche sulla
tutela del mare, essendo il club un centro di avviamento allo sport del Coni. Si
è conclusa da poco anche la 15° edizione del progetto «Aula blu, ambiente marino
del golfo di Trieste», cui hanno partecipato i ragazzi della scuola media
Bergamas accompagnati dall'insegnante e socio del club Edoardo Milleri. Il club
organizza anche il «Natale Sub» in piazza Unità e la rassegna fotovideosub «Magiesottoacqua»
che quest'anno si svolgerà all'Acquario e probabilmente anche al Miela.
Alla creazione del nuovo gruppo Greenpeace ha aderito anche l'associazione
Uncis-Unità cinofile di soccorso in acqua, e non potrebbe essere altrimenti
visto che la «presidentessa» del Sub Sea Club Trieste è la terranova Nina
addestrata al soccorso in acqua.
Linda Dorigo
IL PICCOLO - DOMENICA, 29
giugno 2008
Wwf: «Il gasdotto danneggia l’ambiente» - E il
Consiglio comunale di Muggia all’unanimità respinge il progetto
Il Wwf boccia il progetto della Snam per il metanodotto che dovrebbe collegare
il rigassificatore che Gas Natural intende realizzare a Zaule alla rete
nazionale del gas e che nel corso della settimana entrante otterrà un parere da
parte del Consiglio comunale di Trieste. «Il nostro commento è totalmente
negativo - hanno detto ieri Dario Predonzan e Fabio Gemiti - non vi sono i
requisiti nemmeno minimi di accettabilità ambientale». La questione è
particolarmente grave secondo il Wwf poiché il gasdotto nella parte sottomarina
dovrebbe attraversare anche i fondali della baia di Muggia che sono compresi nel
Sito inquinato di interesse nazionale. «Ùn’area - è stato rilevato - in cui i
sedimenti del fondo marino risultano inquinati da metalli pesanti, idrocarburi e
altre sostanze organiche. La posa del gasdotto sul fondale per 6 chilometri e
700 metri pone il problema del sollevamento di tali sostanze e della più che
probabile messa in circolo delle stesse nella catena alimentare».
Un’evidente violazione della normativa è poi rappresentata, per il Wwf, dal
fatto che la procedura di Valutazione d’impatto ambientale sul gasdotto è stata
stranamente separata da quella sul rigassificatore. «Probabilmente - così
Predonzan - per sminuire il forte impatto complessivo che le due strutture
avrebbero sull’ambiente marino e sulla baia di Muggia».
E il Consiglio comunale di Muggia venerdì ha deliberato all’unanimità parere
sfavorevole al metanodotto. Richiamando i precedenti pareri negativi dati allo
stesso rigassificatore, il documento chiama in causa oltre alle carenze di
documentazione, la pericolosità per la collocazione dell’impianto e il passaggio
delle navi gasiere a poche centinaia di metri dalle case, il modesto indotto
occupazionale che si verrebbe a creare. Il gasdotto tornerà domani in
Commissione urbanistica del Consiglio comunale triestino.
A Cividale un incontro sul futuro dell’energia - VENERDÌ PER MITTELFEST
CIVIDALE Venerdì 4 luglio, alle 20.30, al Teatro Ristori prenderà il via il
cartellone di incontri «Cividale Macchina del Tempo», che precederanno e
arricchiranno Mittelfest ’08, il festival diretto da Moni Ovadia, il cui
calendario definitivo con tutti gli eventi collaterali sarà presentato giovedì 3
luglio e che si svolgerà dal 19 al 27 luglio a Cividale del Friuli.
Il primo incontro, intitolato «Il futuro dell’energia», avrà come protagonisti
due ospiti particolarmente qualificati, il direttore della Sissa di Trieste,
Stefano Fantoni, e il giornalista, scrittore ed esperto Maurizio Pallante, già
consulente per il Ministero dell’Ambiente sul tema dell’efficienza energetica,
nonché autore di svariati libri sui rapporti tra ecologia, tecnologia ed
economia, collaboratore di quotidiani e periodici.
AMBIENTE - Piazza Libertà
Il signor Callegari, prima di fare propaganda alle decisioni del Comune,
dovrebbe pensare a quello che scrive. La sua lettera apparsa su questa rubrica
il 17 giugno scorso è infatti decisamente contraddittoria. Si esibisce in una
lode sperticata al progetto di riqualificazione di Piazza Libertà, partendo dal
presupposto che adesso manca un posto per le auto che accompagnano i viaggiatori
alla stazione per poi concludere dicendo che nel nuovo progetto approvato dal
consiglio comunale manca di una soluzione a questo problema.
Il punto chiave resterebbe quindi il denunciato pericolo per chi attraversa la
strada sul fronte-stazione. Il signor Callegari però non realizza che i pedoni
che adesso non usano lo «scomodo» sottopassaggio non si capisce perchè dopo
dovrebbero trovare «comodo» il previsto, nuovo lungo sottopassaggio per
oltrepassare «l'autostrada» a 7/8 corsie.
Lamenta ancora il signor Callegari l’impossibilità di accostarsi con la macchina
al marciapiede d’ingresso alla stazione; ma come potrà farlo quando ci sarà una
bella zona pedonale? Forse è proprio d’accordo con noi nel deplorare il punto
chiave del progetto, da cui deriva la necessità di creare 7/8 corsie, con
relativo abbattimento di alberi, nella zona adiacente a via Ghega. E, a questo
proposito, ci permetta di dirgli che sì, è vero, tutte le creature crescono e
periscono, ma che è leggermente diverso, sia per piante, animali o uomini,
morire di morte naturale o venire assassinati.
Ilaria Ericani - portavoce del Comitato per la salvaguardia degli Alberi di
Piazza Libertà
IL PICCOLO - SABATO, 28
giugno 2008
«Il rigassificatore non sia merce di scambio» -
Camber e Marini: «La Ferriera va chiusa senza aiuti alla Lucchini Spa»
MONITO DEI FORZISTI CONTRARI ALL’IMPIANTO DI GAS NATURAL
«Il rigassificatore non deve essere la merce di scambio per la Ferriera. Né
per gli industriali né per i politici». È il monito lanciato dal consigliere
regionale Piero Camber, capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale,
all’indomani dell’incontro fra il governatore Renzo Tondo e il sindaco Roberto
Dipiazza, favorevoli al rigassificatore a terra e decisi a convocare i
rappresentanti della Lucchini Spa per comunicare la volontà di una riconversione
finalizzata alla chiusura della Ferriera di Servola.
«Attenti a non mescolare Ferriera con rigassificatori e promettere ciò che non
esiste e non ci appartiene. Non vorrei che qualcuno - dice Camber - volesse
premiare la proprietà attuale della Ferriera, che ha già beneficiato di aiuti di
Stato e deve essere chiusa, offrendo partecipazione nel progetto di Gas natural».
Non è l’unico esponente forzista a intervenire sull’argomento. Il consigliere
regionale Bruno Marini, da sempre contrario al rigassificatore, sostiene che
sarebbe «una contraddizione parlare di far entrare nella futura compagine
societaria oltre all’AcegasAps anche la Lucchini».
«Il rigassificatore è già stato bocciato due volte - ricorda Marini - dal
Consiglio comunale di Trieste e, all’unanimità, dai Comuni di Muggia e di San
Dorligo della Valle. A questo punto mi domando a nome di chi parli allora il
sindaco Dipiazza».
Chiarezza e onestà con i cittadini, in merito alla realizzazione dell’impianto
di rigassificazione ed annesso metanodotto, è richiesta anche dai banchi
dell’opposizione con il consigliere comunale Roberto Decarli (Cittadini). «Che
si sappia in modo chiaro chi è a favore e chi è contro, non è più accettabile
nessuna ambiguità - sostiene Decarli, dicendosi contrario a entrambi i progetti
- su questo tema e certo non è leale scaricare ad altri le debolezze e le
fragilità di alcuni partiti».
(p.c.)
«Dopo Krsko nessuna campagna informativa» - ACCUSA DEGLI AMBIENTALISTI
«Dopo l’incidente avvenuto alla centrale nucleare di Krsko non sono state
lanciate campagne di informazione preventiva, nè a livello locale che nazionale,
sulle conseguenze di possibili catastrofi di questo tipo. Così facendo, si rende
la popolazione completamente impreparata ad affrontare un’emergenza
radiologica». A lanciare l’allarme è Livio Bernot, dell’associazione
ambientalista Greenaction trasnational (già Amici della Terra). «È un fatto
grave - sottolinea Bernot - perchè un disastro alla centrale di Krsko poterbbe
avere serie conseguenze su buona parte dell’Italia settentrionale».’
IL PICCOLO - VENERDI', 27
giugno 2008
Gasdotto marino, giovedì la delibera in consiglio
- DOPO LA BOCCIATURA IN GIUNTA - Omero (Pd): è un gioco delle parti
in attesa che la decisione arrivi da Roma
La delibera con cui la giunta ha dato parere sfavorevole al gasdotto, che
dovrebbe collegare il rigassificatore di Zaule alla rete nazionale, sarà
discussa e votata dal consiglio comunale giovedì prossimo, appena in tempo
rispetto al termine di 60 giorni dalla presentazione del progetto, che scade il
6 luglio.
Prima dell’aula, lunedì mattina tornerà a riunirsi la sesta commissione,
presieduta da Roberto Sasco, presente anche il sindaco Dipiazza (che ha la
delega all’ambiente), per entrare nel merito della delibera. Martedì il
documento ripasserà in giunta per la versione definitiva, mentre mercoledì la
sesta commissione discuterà gli emendamenti ed esprimerà il proprio parere.
Giovedì, come detto, la parola passerà al consiglio, la cui seduta, vista
l’importanza dell’argomento e la diversità delle posizioni, potrebbe
trasformarsi, stando agli addetti ai lavori, in una maratona oratoria.
In questi giorni la delibera è intanto al vaglio delle circoscrizioni, due delle
quali, la Terza (Roiano, Gretta, Barcola) e la Settima (Servola, Chiarbola,
Valmaura) si sono pronunciate mercoledì sera, dando entrambe parere favorevole
alla documento della giunta.
Alla Terza la delibera è passata con dieci voti (quelli di Fi, Udc, Sinistra
democratica e Rifondazione), mentre sono state sette le astensioni (An e
Margherita). «L’astesione di An – spiega il presidente, Sandro Menia – è stata
scelta per non dire ”no” a priori. In ambito comunale ci sono ancora problemi
tecnici non risolti. Si lascia una porta aperta, tutto è migliorabile».
Anche nella Settima circoscrizione An si è astenuta. La delibera ha ottenuto
parere favorevole grazie ai voti di Fi e Udc (dieci in totale); il Pd e il
gruppo misto sono invece usciti dalla sala prima della votazione. «Abbiamo
votato a favore – precisa il presidente, Andrea Vatta – perchè siamo contrati
alla costruzione di un gasdotto quando non si sa ancora se si farà il
rigassificatore, sul quale peraltro ci siamo già pronunciati contro».
Nel frattempo il capogruppo del Pd in consilgio comunale Fabio Omero accusa di
ambiguità la maggioranza in Comune, in Regione e al Governo. «Il famoso
allineamento dei pianeti – afferma – impedisce al sindaco di scaricare
sull’altra parte politica le responsabilità delle scelte. E Dipiazza si inventa
una delibera che dice no al metanodotto, ma lascia aperta la strada alle
trattative tra Comune, AcegasAps e Gas Natural. Il sottosegretario all’Ambiente
di An – prosegue Omero – si dice d’accordo sull’impianto con tutte le necessarie
garanzie, mentre il capogruppo di Forza Italia in Comune è intenzionato a
rendere la delibera del metanodotto categoricamente negativa. Ma la stessa Forza
Italia chiede conteporaneamente garanzie sulle royalties per la città».
Stiamo così assistendo, conclude Omero, a «un gioco delle parti che poco spazio
lascia alla trasparenza delle decisioni; il tutto nella speranza che alla fine
il via libera all’impianto arrivi direttamente da Roma».
GIUSEPPE PALLADINI
Negozi ecocompatibili: niente imballaggi, ci si porta il contenitore da casa
- E il detersivo si acquista «alla spina» - TRE I PUNTI VENDITA APERTI IN
CITTA’
Detersivo come birra: alla spina. Una rivoluzione ecocompatibile ed economica
che sta prendendo piede in città. A Trieste sono presenti tre punti rifornimento
dove si può comprare la quantità preferita di detersivo ecologico per bucato,
stoviglie o ambienti nonché saponi, bagnoschiuma e shampoo portandosi dietro i
flaconi vuoti da casa. In questo modo vengono a essere eliminati flaconi e
etichette, e si apporta un solido contributo alla salvaguardia ambientale, agli
sprechi e all'eccesso di rifiuti.
La nuova frontiera per arginare il problema dello smaltimento dei rifiuti viene
quindi dalla stessa produzione, o meglio non-produzione, di imballaggi: sulla
base di quanto realizzato in Nord Europa e in Germania, il progetto di riduzione
dei rifiuti da imballaggio sbarca anche in Italia nella grande distribuzione.
L'obiettivo di questa nuova spinta ecologista è quello di diminuire
drasticamente gli undici milioni di tonnellate gettate nei cassonetti ogni anno
in Italia nella raccolta differenziata: produrre meno rifiuti significa
recuperare materie prime, far risparmiare il territorio, e soprattutto ridurre
notevolmente le emissioni inquinanti nell'atmosfera. La soluzione proposta dalla
ditta «Mille bolle point» promette di offrire un risparmio fino al 40% e propone
prodotti per la pulizia e l'igiene sia come detersivi alla spina, sia come
detersivi sfusi, oppure cosmetici confezionati e disinfettanti. La catena
rivenditrice ha sede a Verona e in città è presente in via Giulia 84/a, via
Madonnina 7/a e via Ghirlandaio 25. Qui il consumatore trova delle macchine
ecologiche dalle quali gli verrà spillato il detersivo biodegradabile. È
possibile acquistare il flacone sul posto, ma sarebbe una scelta saggia e
consapevole riutilizzare quello vuoto di casa: «Il lavoro si concentra
soprattutto la mattina – racconta il rivenditore di via Ghirlandaio – in media
passano una decina di persone al giorno a ricaricare i fustini di detersivo,
dagli anziani agli studenti la clientela è varia. Abbiamo fatto una leggera
pubblicità per riuscire a tenere bassi i prezzi: da aprile abbiamo venduto 250
chili di ammorbidente e lo stesso di detersivo per lavatrice, da sei spine
passeremo presto a diciotto, mentre se vogliamo accennare qualche prezzo
possiamo dire che il detersivo per piatti costa 84 centesimi al litro, mentre
una tanica da tre litri di detersivo per lavatrice viene venduta a quattro euro
e 32 centesimi».
(l.d.)
Via del Veltro, sit-in in stazione - I CITTADINI CONTRO L’ANTENNA
Antenna delle Ferrovie di via del Veltro ancora alla ribalta. I vertici delle
Ferrovie potrebbero incontrare la prossima settimana una delegazione degli
abitanti della strada, che anche ieri hanno protestato con un volantinaggio in
stazione e un assembramento sotto la sede di piazza Vittorio Veneto chiedendo
che il traliccio sia spostato 200 metri più a valle, in un’area priva di
abitazioni. Una promessa, seppure informale, è stata fatta ai dimostranti
dall’addetto stampa delle Ferrovie Tullio Tebaldi. Per i protestatari ha parlato
il Verde Alessandro Metz: «Visto che le leggi nazionali e sovranazionali
bypassano in tema di impianti delle Ferrovie Comuni, Province e Regioni, i
cittadini hanno diritto di chiedere un incontro per cercare una convergenza che
accontenti tutti». Al centro del fronte protestatario, capeggiato dal
consigliere comunale Verde Alfredo Racovelli, il traliccio di 27 metri
installato lungo i binari della ferrovia adiacente alla via del Veltro. Il
timore degli abitanti è che il nuovo impianto con sistema di comunicazione Gsm-r,
utilizzato per mantenere i contatti dei convogli nelle gallerie, con le onde
elettromagnetiche possa danneggiare la salute.
(d.c.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26
giugno 2008
Gas Natural: «Rigassificatore in funzione nel 2012»
- Il Comune prepara la delibera sfavorevole al gasdotto, il sindaco insiste
sull’opportunità per la città
«Il rigassificatore di Trieste entrerà in funzione nel 2012». Ieri mattina,
proprio mentre in Comune partiva il dibattito sulla delibera che in prima
istanza dà parere sfavorevole al gasdotto della Snam che dovrebbe collegare
l’impianto alla rete nazionale del gas, da San Donato Milanese l’ufficio
relazioni esterne della spagnola Gas Natural emetteva una nota che dà per
scontata la realizzazione rapida del rigassificatore. Ancora, pressoché
contemporaneamente, come si legge sopra, il sindaco Roberto Dipiazza che lunedì
sarà presente alla Commissione urbanistica del Comune, presieduta da Roberto
Sasco, dove si apriranno gli interventi politici, ribadiva la grande opportunità
che per Trieste si prospetta con il rigassificatore il quale però già per due
volte ha registrato il parere contrario da parte dello stesso Consiglio
comunale. Situazione paradossale che già ieri in una seduta che doveva essere
solo tecnica ha portato a un duro scontro in commissione tra Roberto Decarli dei
Cittadini e Piero Camber di Forza Italia.
«Dobbiamo essere chiari nei confronti della città - ha detto Decarli - proporrò
un emendamento per lasciare sulla delibera solo il punto uno che prende
chiaramente posizione contro il gasdotto». «Basta comizi - ha replicato Camber -
è esattamente quello che io mi proponevo di fare». E Alessandro Minisini del Pd
ha chiesto l’audizione del sottosegretario all’Ambiente, il triestino Roberto
Menia.
Gas natural sottolineando il parere favorevole della Commissione di valutazione
d’impatto ambientale ricevuto dal Ministero dell’Ambiente ieri ha evidenziato
che «il rigassificatore di Trieste avrà due serbatoi da 140 mila metri cubi e
una capacità annua di rigassificazione di 8 miliardi di metri cubi. 500 milioni
di euro il valore previsto dell’investimento per la realizzazione
dell’infrastruttura che si prevede entri in funzione nel 2012. L’impianto di
Trieste - continua Gas Natural - contribuirà alla diversificazione delle fonti
di approvvigionamento di gas naturale del sistema energetico italiano e
garantirà maggiore stabilità al settore della distribuzione del gas, due
obiettivi strategici prioritari della politica energetica del Governo italiano».
Si continuano però a registrare nel frattempo diversificate posizioni contrarie.
«Con il rigassificatore a Zaule diciamo pure addio alla sviluppo del porto nuovo
- ha affermato Sergio LUpieri consigliere regionale del Pd - l’appovvigionamento
di Gnl attraverso navi gasiere bloccherà le attività collegate al Molo Settimo,
alla Piattaforma logistica, alla Siot e alla Silone». Secondo Sergio Bisiani
presidente di «Ambiente e è vita», la trasversalità dei consensi politici al
rigassificatore «lasciano trasparire la predeterminazione della scelta e scarsa
attenzione alle criticità ambientali e di sicurezza ripetutamente evidenziate
dalle associazioni ambientaliste».
SILVIO MARANZANA
Cgil, Cisl e Uil: emergenza salari Sì al rigassificatore, no a Krsko -
LE RICHIESTE ALLA NUOVA GIUNTA
TRIESTE «Siamo pronti al confronto con la nuova giunta e auspichiamo che si
mantenga la pratica della concertazione». Cgil, Cisl e Uil presentano la loro
visione di Regione in otto pagine che rappresentano un vero e proprio programma
da sottoporre al presidente Renzo Tondo, a cui è stato inviato due giorni fa, e
alla sua squadra. La priorità assoluta, hanno indicato ieri i segretari
regionali Franco Belci (Cgil), Giovanni Fania (Cisl) e Luca Visentini (Uil), è
il recupero del potere d’acquisto dei salari. La strada individuata è quella di
incentivare le aziende che realizzano la contrattazione integrativa aumentando
quindi le buste paga. Un impegno verrà richiesto anche alla Regione (e di
riflesso anche alla contrattazione decentrata in sanità e ricerca) quando si
rinnoverà il contratto di comparto unico, introducendo il parametro
dell’inflazione reale anziché programmata. I sindacati ribadiscono «la
contrarietà ad un'estensione indiscriminata dello sconto Irap» e propongono
agevolazioni fiscali anche per chi incoraggia il lavoro femminile, promuovendo
trasferimenti più consistenti ai Comuni che non aumentano tasse e tariffe. Sul
piano dello sviluppo economico Cgil, Cisl e Uil chiedono il sostegno ai
distretti innovativi (caffè, nautica e navalmeccanica) e la revisione della
legge sul commercio, apprezzando le indicazioni già arrivate dall’assessore Luca
Ciriani. I sindacati allungano poi al 2015 l’orizzonte per la riconversione
della Ferriera di Servola e auspicano l’avvio ed il completamento rapido delle
bonifiche dei siti inquinati. Quanto ad Insiel, chiedono «la massima attenzione
a sostenere lo sviluppo e a salvaguardare l'unità aziendale». Le politiche del
lavoro partono dalla definizione di un accordo regionale trilaterale che
favorisca la stabilità occupazionale, ritenuta essenziale anche per la sicurezza
sul posto di lavoro, tema per il quale i sindacati puntano a una legge regionale
sugli appalti che eviti la logica del massimo ribasso e preveda un monitoraggio
del sistema di appalti e subappalti. Un giudizio positivo arriva sugli 8,5
milioni di euro della manovrina per le assunzioni in sanità (circa 200) ed è
proprio sulle assunzioni (secondo i sindacati ce ne vogliono almeno 800) che si
preme in maniera particolare, oltre a chiedere il riequilibrio della spesa
sanitaria a favore dell’assistenza territoriale e domiciliare. Il documento
presentato, da discutere con Tondo forse già la prossima settimana prima del
confronto di merito con gli assessori, dice sì all'Alta Velocità e Alta Capacità
ferroviario, con il consenso dei Comuni interessati, e apre al rigassificatore
«dopo un'attenta valutazione del rapporto costo/benefici, dell'impatto
ambientale e della sicurezza». Sull’energia nucleare, netto il no agli
investimenti «su una centrale datata come quella di Krsko».
(r.u.)
Ferriera: «Installato il nuovo filtro richiesto» - FATTO IL SECONDO
INTERVENTO AIA
«È stata completata, nei tempi prescritti dalla Regione, anche la seconda delle
prescrizioni Aia contenute nella diffida inviata alla Lucchini spa alla fine di
maggio». Lo afferma Francesco Rosato, direttore dello stabilimento di Servola,
confermando l’avvenuta «installazione del filtro a tessuto sull’impianto di
aspirazione polveri a servizio dei vibrovagli nel reparto condizionamento coke».
E, ricordando che la più «significativa» delle tre prescrizioni (l’intervento
denominato Cok7-Sistema di riscaldo forni) era già stata ottemperata a fine
maggio, Rosato assicura che anche la terza e ultima prescrizione contenuta nella
diffida «sarà completata nei tempi e con le modalità tecniche previste dall’atto
stesso: si tratta, in particolare, della realizzazione dell’impianto di
aspirazione polveri a presidio delle operazioni di seconda vagliatura del coke».
La direzione della Lucchini spa dichiara inoltre in una nota «il positivo
controllo svolto recentemente dal Dipartimento provinciale di Trieste dell’Arpa,
dei collaudi di tutte le prescrizioni Aia a scadere dicembre 2007. L’intensa
attività svolta per ottemperare alle richieste si è integrata con quella
produttiva dell’impianto siderurgico che, nel mese di maggio, ha registrato una
crescita del margine operativo lordo grazie ai maggiori volumi di vendita della
ghisa a prezzi più elevati. Il livello degli ordini è sempre alto con ricavi
molto positivi».
Il Comune vuole riempire la Cava Faccanoni: previsto un percorso
naturalistico - GIÀ DEPOSITATI GLI SCARTI DELLA GRANDE VIABILITÀ
La voragine sarà colmata dagli inerti prodotti dai cantieri Un sentiero
attrezzato porterà fino al parco Globojner
Nel giro di circa otto anni l’ex Cava Faccanoni non esisterà più. L’enorme
voragine, inutilizzata da una ventina d’anni e oggi deposito dei materiali di
risulta della costruzione della Grande viabilità, verrà completamente riempita e
ricoperta di vegetazione.
Sarà il risultato dell’intervento di rinaturalizzazione morfologica e
naturalistica che il Comune, proprietario della cava, intende far partire nel
primo semestre 2009, come spiegato nella delibera di giunta approvata lunedì.
L’ex Faccanoni diventerà deposito per gli scarti rocciosi compatibili (terra e
materiale flyshoide) provenienti dalle cave e dai cantieri della Provincia -
complessivamente 1.491.751.000 metri cubi - che verranno reimpiegati per colmare
il «buco» più grande della città. Così la cava non solo darà una boccata
d’ossigeno agli imprenditori edili triestini, oggi costretti a trasportare gli
scarti fino alle discariche friulane, con costi ingenti. Ma darà vita anche a un
nuovo sito di interesse turistico: verrà creato un percorso naturalistico, cioè
un sentiero tra il verde che collegherà la curva Faccanoni al parco Globojner,
portando triestini e turisti in cima a un’altura da cui avere una vista
mozzafiato della città e del golfo. Il percorso sarà poi attrezzato con
parcheggi e infopoint.
La Collini - titolare dei lavori per la Gvt - ha l’obbligo di depositare gli
scarti nell’ex Faccanoni e ha già rinaturalizzato una sezione pari a 400mila
metri cubi. «Visti i buoni risultati - spiega l’assessore ai lavori pubblici
Franco Bandelli - sei mesi fa abbiamo commissionato uno studio all’associazione
temporanea tra ”GeoAmbiente”, per accertare le condizioni per la prosecuzione
dell’intervento, con il ripristino completo della vegetazione. Lo studio ha
provato la fattibilità ambientale dell’opera, portando a tre ipotesi (di minima,
massima e media) che differivano per la quantità di inerti da depositare.
Abbiamo optato per la media (ulteriori 1.491.751.000 metri cubi, ndr.) perché è
la migliore in termini ambientali, e appalteremo i lavori a un privato (i
dettagli qui a lato ndr.). Solo una piccola parte, corrispondente agli ultimi
tre ordini di gradoni in alto, sarà lasciata scoperta: lì - chiude Bandelli - il
deposito di inerti impedirebbe la ricostruzione dell’habitat avifaunistico.
Lasceremo che si ricostituisca autonomamente».
ELISA COLONI
Antenna di via Maovaz, il Comitato non molla - IL TRALICCIO INSTALLATO
A BORGO SAN SERGIO
Lettera di protesta a Dipiazza: inconsistenti le risposte ottenute da Comune
e Arpa
La vicenda dell’antenna di via Maovaz a Borgo San Sergio non è conclusa: ne
è certo il Comitato del rione sorto a tutela dell’ambiente, che ha inviato una
lettera di protesta al sindaco Dipiazza. Dopo incontri, una manifestazione
pubblica e un’istanza avanzata al Comune, il Comitato denuncia l’inconsistenza
delle risposte ricevute dall’assessorato alla pianificazione territoriale e
dall’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) ai quesiti posti
nell’istanza del 13 marzo scorso, e chiede la rimozione dell’antenna: viene
lamentata la scorrettezza delle procedure seguite dagli organi comunali
attraverso le quali si è resa possibile l’installazione dell’antenna, e la
mancanza di successive operazioni di verifica e monitoraggio da parte dell’Arpa:
«Il parere negativo - spiega il Comitato - sulla concessione edilizia fatta su
base urbanistica e paesaggistica era infondato e non difendibile al Tar. Il
diniego all’installazione avrebbe dovuto poggiare su una base più solida come il
"principio di precauzione" che, nel dubbio, avrebbe obbligato Telecom a cercare
un sito alternativo».
Il principio in questione è stato ufficialmente adottato a livello europeo come
strumento di decisione nell’ambito della gestione del rischio in campo di
salute. Il Comitato inoltre accusa l’Arpa di aver solo simulato il monitoraggio
delle emissioni elettromagnetiche nella zona.
La risposta dell’assessorato datata 6 maggio 2008 evidenzia che l’impianto è
stato realizzato nel rispetto dei limiti fissati per decreto ministeriale. Viene
spiegato inoltre che il diniego annullato dal Tar è stato diretta conseguenza
dei pareri favorevoli dell’Arpa e dell’Azienda sanitaria. «Tenendo presente le
numerose proteste dei cittadini - si legge nel documento - si è provveduto a
chiedere alla Telecom di valutare la possibilità di trovare una localizzazione
alternativa, concedendo eventuali immobili di proprietà comunale».
Non essendo pervenuta risposta, è stata inviata una nota di sollecito rimasta
senza riscontro. La risposta dell’Arpa dello scorso 10 aprile è stata basata sui
dati radioelettrici dell’antenna «Kathrein 742234» desunti dal proprio database
e aggiornati con quelli forniti dai produttori delle antenne: il parere
preventivo è stato effettuato con modalità cautelative e gli eventuali
monitoraggi sono a pagamento.
La vicenda era iniziata lo scorso ottobre con l’installazione di un’antenna
satellitare per telefonini in via Maovaz 11: i cittadini avevano raccolto 2204
firme inviate al Comune. Già nel 2005 una petizione dei residenti aveva fatto
desistere l’amministrazione comunale dal concedere le autorizzazioni a
un’antenna analoga. Tuttavia la compagnia telefonica aveva fatto ricorso al Tar
ottenendo l’ok per l’installazione.
Linda Dorigo
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25
giugno 2008
Rigassificatore, il Comune decide sul gasdotto
- L’assessore Rovis: «AcegasAps deve partecipare al business con almeno il 20%»
Antonini: «Le navi sono sicure, dell’impianto potrà beneficiare tutta la
regione» - IL DIBATTITO SUL NUOVO PROGETTO
Il rigassificatore di Gas Natural che ha appena ricevuto il via libera da
parte del Ministero dell’Ambiente ritorna già questa mattina al centro del
dibattito in Comune. A mezzogiorno il dirigente del Servizio ambiente,
l’ingegner Gianfranco Caputi illustrerà alla Commissione urbanistica presieduta
da Roberto Sasco e allargata ai presidenti delle circoscrizioni il progetto del
gasdotto della Snam che dovrà collegare l’impianto di Zaule alla rete nazionale
con un tratto sottomarino fino a Fossalon e un altro terrestre da Fossalon a
Villesse. In discussione c’è la delibera con cui la giunta comunale ha detto un
no al progetto che però è sostanzialmente tattico e ha lo scopo di alzare la
posta e di acquisire armi appuntite per contrattare forti royalties per la
città.
Il documento infatti al punto 1 esprime parere sfavorevole di compatibilità
ambientale. Al punto 2 però chiede che la controparte ottemperi a una serie di
prescrizioni «qualora il Ministero dell’Ambiente ritenesse comunque di approvare
il progetto di compatibilità ambientale del terminal di rigassificazione Gnl di
Zaule e conseguentemente il progetto di compatibilità ambientale del
metanodotto». Quanto accaduto in questi giorni con il via libera del ministero
al rigassificatore potrebbe innescare il passaggio all’ipotesi subordinata.
Difficile che il Consiglio comunale che dovrà deliberare ai primi di luglio muti
la delibera con un sì al metanodotto, ma è noto il fatto che il sindaco Roberto
Dipiazza considera il rigassificatore un valore aggiunto per la città. Posizione
questa avallata ieri dall’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis
che però ha ribadito la conditio sine qua non: la «partecipazione al business»
in particolare con una quota di Acegas-Aps nella società di gestione chiesta
puntando in alto, anche qui con mossa tattica, addirittura nella misura del 20
per cento».
E proprio ieri il presidente di Assindustria Corrado Antonini aprendo
l’assemblea annuale interna a Palazzo Ralli ha ribadito che il rigassificatore
«deve essere visto come un’opportunità per il territorio di Trieste e della
regione, per le imprese e per i cittadini». Ha anche evidenziato che «le
tecnologie disponibili e gli standard di controllo attualmente applicati
forniscono a impianti e gasiere la massima sicurezza». «Esistono nel mondo porti
in cui le navi entrano ed escono con la frequenza di una ogni tre minuti - ha
affermato ieri il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli - per cui
il passaggio molto più ridotto di petroliere e gasiere non creerebbe a Trieste
alcun problema. Al contrario - ha aggiunto - il rigassificatore offrirebbe alla
città la bonifica di un’area molto più vasta e energia a basso costo».
SILVIO MARANZANA
«Le scelte sembrano sconfessare le opzioni turistiche per Trieste» - IL
CENTROSINISTRA CONTESTA L’INDECISIONE - «Così si impone la città dell’energia»
Nei ritmi comunque lenti di Trieste, la città energetica sembra avanzare più
rapidamente rispetto alla città turistica. Da un lato il nuovo Palacongressi
resta un castello in aria e del Parco del mare nessuno sembra più voler parlare
anche se il presidente camerale Paoletti assicura che anche la nuova giunta
regionale sosterrà il progetto. Dall’altro lato invece il rigassificatore
ottiene i primi via libera, l’oleodotto della Siot riprende un trend di crescita
e Acegas-Aps che svolge un ruolo leader tra le multiutility del Triveneto si
accinge a entrare nella sontuosa sede di palazzo Modello facendosi così anche
materialmente spazio nel cuore della città, in piazza Unità.
«In realtà l’amministrazione di centrodestra non sa se spingere di qua o di là -
denuncia Roberto Decarli consigliere comunale dei Cittadini - perché non ha un
progetto di cosa dovrebbe essere Trieste tra cinque o dieci anni. Aspetta allora
che sia il Governo a toglierle le castagne dal fuoco come sta accadendo ora per
il rigassificatore». «In Consiglio comunale chiederò al sindaco Dipiazza - ha
preannunciato il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo Racovelli - se ritiene
che il minsitro Scajola abbia ragione quando parla della nostra città come di un
deposito di carburanti per l’Europa e se la vocazione turistica di cui la giunta
comunale parla come di una priorità possa prevedere la presenza di gasiere che
attraversano il golfo e scaricano in mare tonnellate di acqua fredda e cloro.
«A Panigaglia, in provincia di La Spezia esiste un rigassificatore dal 1992 -
ribatte l’assessore comunale allo sviluppo economico Paolo Rovis - e a poche
centinaia di metri c’è la prestigiosa località turistica di Porto Venere.
Nessuno dei turisti vip si è mai accorto di nulla». Va rilevato comunque che il
dibattito sul progetto di ampliamento del rigassificatore ha provocato il
commissariamento del Consiglio comunale.
Roberto Sasco, presidente della Commissione urbanistica del Comune vede proprio
nel rigassificatore uno dei fulcri di «un nuovo polo logistico-portuale
integrato con la retrostante zona Ezit comprendente il terminal ro-ro, i moli
Quinto, Sesoto e Settimo, la nuova Piattaforma logistica con il Molo Ottavo,
l’area dell’ex Ferriera, il terminal della Siot».
(s.m.)
Pescatori triestini contrari «Specie marine a rischio» - PROTESTA LA
CATEGORIA - La parte terminale dell’impianto passerebbe in una «nursery»
ittica
I pescatori triestini sono contrari al rigassificatore e al gasdotto. Interviene
sul tema Andrea De Carli, presidente del consorzio piccola pesca del Golfo di
Trieste e Monfalcone: «L'economia della provincia, di numerose famiglie di
Trieste, Duino Aurisina e Muggia, ma anche delle zone del monfalconese –
sostiene de Carli – potrebbe subire gravi contraccolpi da una scelta politica
che non tiene conto di chi con il mare ci lavora ogni giorno».
Sostanzialmente De Carli chiede di essere ascoltato in via formale, ma anticipa
anche le proprie motivazioni di dissenso nei confronti della realizzazione del
progetto sul rigassificatore marino: «Sono tre i punti fondamentali che nulla
hanno a che fare con le grandi scelte politiche, ma riguardano la vita di molte
famiglie che vivono di pesca in provincia di Trieste: la risospensione dei
fanghi del Vallone di Muggia, legata alla realizzazione del terminale, può
causare conseguenze a lungo termine sul prelievo delle biomasse ittiche ed in
coltura, che gravitano nelle prossimità delle tre dighe foranee».
Non è finita. «Dal punto di vista della quantità di pesce presente nel golfo –
incalza De Carli – è importante ricordare ai politici che la parte terminale del
gasdotto passerebbe in una importante "zona nursery", che consente la crescita
di specie ittiche pregiate, cefalopodi e crostacei, comprese anche alcune specie
protette, come le fanerogame marine. E ancora - conclude De Carli - oltre al
periodo dei lavori che non consentiranno ai pescatori di operare nelle
vicinanze, l'intorbidimento potrà avere ricadute pesanti sui già ridotti
popolamenti ittici che stazionano in tali aree in una fase delicata della loro
vita».
Insomma, secondo il presidente del consorzio piccola pesca si andrebbe in contro
a un impoverimento del mare, con la conseguente, ulteriore, crisi economica dei
pescatori della provincia di Trieste e, dice, «E' importante che chi deve
decidere a terra si ricordi che un mare senza pescatori professionisti è un mare
sterile».
Una posizione condivisa anche da Guido Doz, responsabile regionale di Agci
pesca. «Pur con tutte le migliorìe possibili - rileva Doz - il rigassificatore
provocherebbe gravi danni all’ambiente marino a causa della lingua d’acqua
fredda che finirebbe in mare. Quanto al gasdotto finirebbe per provocare
l’inibizione alla pesca di altri settori del golfo».
(fr.c.)
Ancora proteste degli abitanti per il traliccio collocato in via del Veltro -
Antenna delle Ferrovie in zona Baiardi - Altri sei pali previsti vicino
alle gallerie
Si apre un nuovo fronte sulla questione antenne delle Ferrovie. Ieri mattina,
dopo quella di via del Veltro, un’antenna alta 27 metri che permetterà il
funzionamento del sistema di comunicazione Gsm-r utilizzato per mantenere i
contatti con i convogli nelle gallerie è stata collocata nella zona di via dei
Baiardi, vicino alla galleria ferroviaria di Cologna sud. Così, mentre in via
del Veltro la gente si raccoglieva attorno alla commissione trasparenza del
Comune, nella zona di via dei Baiardi-Clivio Artemisio la gente, alla vista
della struttura che un elicottero stava calando dall’alto, è sobbalzata: sono
intervenuti i carabinieri per sedare gli animi. Spiega Claudio Pavlovich,
residente in via dei Baiardi: «Ho sentito un elicottero sopra la mia testa, poi
ho visto il cavo per la posa dall’alto della struttura. Sono preoccupato ma
credo lo siano di più quanti abitano in Clivio Artemisio, col palo a 30 metri
dalle case».
I cittadini temono che le onde elettromagnetiche del Gsm-r possano nuocere alla
salute: da ciò proteste e sollecitazioni al Municipio. Spiega il dirigente del
Comune Carlo Tosolini: «Le Ferrovie non hanno bisogno di alcuna concessione
edilizia né urbanistica. Assieme alla Regione e alla Soprintendenza abbiamo
fatto ricorso al Tar, ma abbiamo perso».
L’addetto stampa delle Ferrovie Tullio Tebaldi osserva però che «il Tar ci ha
dato ragione perché la sicurezza è imprescindibile per il sistema ferroviario. E
le antenne previste sono tutte collocate nei pressi delle gallerie». Oltre a via
dei Baiardi e Veltro, verranno insediati tralicci da 18 metri a valle della
rotatoria di strada di Rozzol e nei pressi della galleria Sottomonte, sotto
l’obelisco di Opicina (27 metri). Un altro impianto, di impatto minimo (4 metri)
è previsto a Cologna Nord, in zona Commerciale alta. Un Gsm-r (altezza 3,70
metri) anche in Villa Carsia. Sotto Casa Serena, a nord dell’abitato di strada
per Longera, è prevista una struttura (28 metri), così come all’imbocco della
galleria ferroviaria sotto Campo romano a Opicina (28 metri).
La Trasparenza promuoverà un incontro la prossima settimana, con la presenza di
Tosolini, delle Ferrovie, dell’Arpa, nonché degli abitanti protestatari per
cercare una via di uscita. Ieri in via del Veltro il consigliere Alfredo
Racovelli (Verdi) ha notato che il sindaco potrebbe far ricorso al Consiglio di
stato: una soluzione che avrebbe l’appoggio dell’opposizione. Bruno Sulli (An),
ha avanzato il timore che l’installazione di nuove antenne preluda all’avanzare
della telefonia mobile.
Daria Camillucci
IL PICCOLO - MARTEDI', 24
giugno 2008
Rigassificatore, regole severe per partire - Le
prescrizioni motivate dal fatto che l’area rientra nel Sito inquinato nazionale
Prescrizioni su diversi fronti e relative a svariati aspetti, dalle
caratterizzazioni e bonifiche ai monitoraggi del sistema biologico marino,
dall’integrazione del rigassificatore con la centrale elettrica della Ferriera
alle prese per l’ingresso e lo scarico dell’acqua di mare usata nel processo di
rigassificazione.
Si tratta di una serie di punti molto dettagliati e precisi, fissati dalla
commissione ministeriale Via (valutazione d’impatto ambientale), alla cui
esecuzione è legata la validità del parere favorevole alla compatibilità
ambientale del progetto del gruppo Gas Natural, nell’area ex Esso, che la stessa
commissione ha deliberato venerdì scorso.
Il problema di fondo nasce dal fatto che l’area ex Esso è situata all’interno
del Sito inquinato di interesse nazionale, che include anche il vallone di
Muggia, nel quale è prevista la costruzione del pontile per l’attracco delle
navi gasiere, nonchè della presa e dello scarico dell’acqua marina usata dal
rigassificatore.
L’area del fondale dove sorgeranno il pontile e altre opere a mare dovrà quindi
essere «caratterizzata», per conoscerne il grado di inquinamento e la natura
degli inquinanti, ed eventualmente bonificata.
Il materiale risultante dalla bonifica (sia dell’area a terra sia di quella a
mare) dovrà essere trasportato in prevalenza via mare. Saranno poi necessari un
piano per regolamentare al meglio il traffico dei mezzi usati nella bonifica, e
un piano per gestire il materiale inquinato che lascerà l’area in cui si
precisino anche le discariche da utilizzare.
Prescrizioni sono previste pure per il gasdotto necessario al collegamento tra
l’impianto di Zaule e Villesse (nodo della rete nazionale) che attraverserà il
golfo, e sulla cui compatibilità ambientale la giunta comunale di Trieste si è
pronunciata in maniera contraria nei giorni scorsi. Riguardo dunque a questo
gasdotto, prima della conferenza dei servizi, in cui gli enti coinvolti saranno
chiamati a raggiungere un’intesa con la Regione, dovrà essere ottenuto il
documento sulla compatibilità ambientale rilasciato dal ministero dell’Ambiente.
GIUSEPPE PALLADINI
RIGASSIFICATORE - Controlli dove esce l’acqua di mare - I trasporti vanno
fatti solo via mare
Gas Natural dovrà predisporre assieme ad Arpa e Icram un piano di illustrazione
e monitoraggio (sull’arco di dieci anni) delle specie che vivono attorno al
punto di scarico dell’acqua di mare. Sarà necessario anche un piano per il
controllo fisico-chimico dell’acqua marina.
Il trasporto del materiale risultante dalla bonifica dell’area ex Esso e della
zona a mare dovrà essere effettuato via mare, a meno di altre soluzioni da
trovare con gli enti locali. Dovranno essere predisposti e approvati un piano
per il traffico dei mezzi e uno per la gestione dei terreni inquinati.
Integrare il progetto con quello della Ferriera
FRIGORIE
Dovrà essere presentato un progetto di integrazione con la centrale
elettrica della Ferriera, proprietà della società Elettra Glt, per ridurre lo
spreco e l’impatto ambientale delle frigorie e del cloro risultanti dallla
rigassificazione. Le frigorie serviranno al raffreddamento della centrale.
Documento da presentare alla Conferenza dei servizi
COMPATIBILITÀ
Alla conferenza dei servizi dovrà essere presentato il documento sulla
compatibilità ambientale, emanato dal ministero dell’Ambiente, del gasdotto di
46 chilometri che allaccerà l’impianto di Zaule alla rete nazionale (nodo di
Villesse) passando attraverso il golfo di Trieste.
Tener conto che le opere sono nel Vallone di Muggia
SEDIMENTI
Poichè il Sito inquinato comprende anche il Vallone di Muggia, la
realizzazione delle opere a mare (pontile di attracco, presa e scarico di acqua
marina) dovrà essere preceduta dalla caratterizzazione dei sedimenti delle aree
interessate dai lavori.
Vanno monitorate le realtà esistenti
SPECIE MARINE
Prima dei lavori a mare dovrà essere effettuato il monitoraggio del
complesso delle specie esistenti nel tratto di mare, e durante i lavori tale
monitoraggio dovrà essere svolto con il cojnvolgimento dell’Arpa. Un analogo
monitoraggio dovrà riguardare i sedimenti del fondale interessato dai lavori.
Introdurre i pannelli fotovoltaici
KYOTO
Per rispettare le direttive di Kyoto, l’ illuminazione esterna dell’area del
rigassificatore dovrà essere alimentata da pannelli fotovoltaici, e al fine di
ridurre l’impatto paesaggistico dell’impianto è necessario un progetto per gli
interventi di ingegneria naturalistica e per quelli relativi al verde
Sasco: sul gasdotto marino rimaniamo contrari -
L’ESPONENTE DELL’UDC - «Carente l’analisi costi-benefici. In questa
situazione non si può dare parere favorevole»
Ribadita la richiesta di un depuratore fognario di ultima generazione quale
«royalty» a favore della città
«L’Udc di Trieste e quella regionale appoggiano la delibera con cui la
giunta comunale ha dato parere sfavorevole alla compatibilità ambientale del
gasdotto di collegamento fra il rigassificatore di Zaule e il nodo della rete
nazionale a Villesse». Lo dichiara Roberto Sasco, capogruppo Udc in consiglio
comunale e presidente regionale del partito, precisando che la delibera è ora al
vaglio dei consigli circoscrizionali per poi passare alla commissione
Urbanistica e ambiente e in consiglio comunale.
Attualmente non sussistono, sempre secondo l’Udc, le condizioni per un parere
favorevole e incondizionato alla costruzione del gasdotto, in quanto l’analisi
costi-benefici è carente. «Non si evincono chiaramente – sottolinea Sasco – i
costi indiretti e sociali legati alla realizzazione dell’opera e i benefici
determinati dalla realizzazione dell’impianto, con le ricadute per la
collettività. Pertanto, nel caso il governo desse il via libera alla
realizzazione dell’impianto Gnl, l’Udc si impegnerà a livello locale, regionale
e nazionale affinché venga recepita una serie di prescrizioni che costituiscono
condizioni per lo sviluppo della città».
Il dettaglio delle richieste si apre con la realizzazione di un depuratore
fognario di ultima generazione, quale concreta royality a favore della città, e
prosegue con l’acquisizione di significative quote nella società di gestione del
terminal Gnl da parte di AcegaAps, al fine di garantire nel tempo concreti
benefit e ricadute sul territorio, e con quella di garanzie in fase di gestione
dell’impianto Gnl dei livelli occupazionali diretti e nell’indotto locale, e
ancora con il coinvolgimento prevalente nella realizzazione dell’opera delle
categorie economiche e dell’imprenditoria locale.
Le richieste dell’Udc prevedono poi la bonifica integrale del sito inquinato
interessato e non una semplice messa in sicurezza, la realizzazione contestuale
della «filiera del freddo» con cessione gratuita delle frigorie prodotte alle
industrie, e la verifica della compatibilità in termini di sicurezza della
presenza dei terminal dell’oleodotto, del rigassificatore e del gasdotto, anche
in relazione alla movimentazione delle petroliere e delle gasiere, e infine una
contestuale pianificazione della riconversione dell’area della Ferriera per
progettare un polo logistico-portuale integrato con la zona Ezit.
Progetto «Acquario»: tutti assolti - LA CORTE D’APPELLO CONDANNA IL WWF
A PAGARE LE SPESE - Al centro del caso muggesano comunicazioni sul Sito
inquinato
TRIESTE Nel processo di primo grado era stato assolto Manlio Romanelli, già
amministratore unico della società che aveva promosso l’interramento di
«Acquario», la vasta area posta tra Punta Olmi e Punta Sottile su cui doveva
essere realizzato uno stabilimento balneare e un’area dedicata al tempo libero.
Ieri la Corte d’appello, presieduta da Mario Trampus, ha pronunciato una analoga
sentenza di proscioglimento per gli altri quattro imputati. Sono Aldo Mazzocco,
già al vertice di Marina Muja; Lucio Russo Cirillo, direttore dei lavori
d’interramento; Corrado Del Ben, già vice presidente di «Acquario» ed Ervino
Leghissa, legale rappresentante della Duino Scavi, erano stati condannati in
primo grado dal Tribunale ma ieri l’assoluzione è stata ampia. «Il fatto non
sussiste» si legge nel provvedimento, sia per quanto «concerne gli obblighi di
comunicazione», sia per «l’omessa bonifica del Sito inquinato».
Allo stesso tempo la Corte d’appello ha condannato il Wwf, che si era costituito
parte civile, al pagamento delle spese di giudizio. Ma non basta. Ai quattro
imputati clamorosamente assolti ieri, dovrà essere restituita al più presto la
«provvisionale» di 200 mila euro che il giudice Luigi Dainotti aveva assegnato
in parti uguali ad «Acquario» e alla «Imes», la società finanziaria a cui
«Acquario» faceva riferimento.
Le motivazioni della sentenza di assoluzione saranno depositate entro tre mesi e
solo in quella occasione si potrà comprendere appieno ciò che ha spinto la Corte
d’appello ad assumere questa decisione. Ieri nel corridoio antistante l’aula in
cui si era svolta l’udienza, gli avvocati hanno cercato di leggere nel
«dispositivo», qualche anticipazione di ciò che si saprà a fine estate. Il
«punto nodale» nel giudizio quasi unanime dei difensori è rappresentato dal
Decreto legislativo 152 del 2006 che ha modificato la precedente normativa. In
pratica ha cancellato il reato di omessa bonifica del Sito inquinato.
«Per questo decreto l’Italia è già finita sotto inchiesta a livello di Unione
europea» hanno affermato alcuni ambientalisti che su questo processo e su altre
inchieste avevano costruito a proprio beneficio un piccolo gruzzolo di
credibilità e di visibilità politica. Altri invece, appena appreso che l’esito
del processo era favorevole agli imputati, si sono lasciati andare a reazioni
più emotive. «Andremo in Cassazione» hanno promesso i primi mentre gli altri si
allontanavano incerti sul da farsi.
L’inchiesta sul caso «Acquario» era stata avviata dal pm Maddalena Chercia, in
base a una serie di esposti che chiedevano di fare luce sull’interramento
avviato tra Punta Olmi e Punta Sottile. Lì erano finiti 120 mila metri cubi di
materiale (terra e rocce da scavo) contenenti anche sostanze inquinanti
provenienti per una certa percentuale anche dalla bonifica dell’ex Cantiere
navale San Rocco, ora divenuto porto turistico. Il primo metro di spessore del
terreno dell’ex cantiere, inquinato da cento anni di attività industriale, è
stato posto in due sarcofagi a tenuta stagna. Lo strato sottostante è finito
invece a Punta Olmi: 45 mila metri cubi nella prima «tranche» di lavori, 70 mila
nella seconda. Le analisi effettuate dall’Arpa, l’Agenzia ragionale per la
protezione ambientale, avevano segnalato la presenza di piombo, cadmio e
idrocarburi in misura non compatibile con l’utilizzazione dell’area interrata
come verde pubblico.
CLAUDIO ERNE’
Alberi tagliati - EX MADDALENA
Al signor Callegari: gli alberi si reimpiantano? Non lo si sapeva, peccato ci
vogliano anni per diventare rigogliosi e frondosi. Gli unici a poter essere
piantati/estirpati/reimpiantati a piacere, secondo svariati progetti ormai
giornalieri, sarebbero quelli pronti... in plastica! È mai possibile che nelle
cosiddette riqualificazioni zonali o nuove costruzioni sia sempre il
preesistente verde che «intrìga»? Ed i Verdi che dovrebbero salvaguardarlo (vedi
ex comprensorio Maddalena) dove sono?
Nevia Ferrari
IL PICCOLO - LUNEDI', 23
giugno 2008
I residenti di via del Veltro contro l’antenna -
Traliccio delle Ferrovie a poche decine di metri dalle case: i cittadini temono
emissioni nocive
INSTALLATO IL MANUFATTO ALTO 25 METRI
«Mi affaccio alle finestre di casa e me la trovo davanti, imponente come un
traliccio dell'alta tensione»: con queste parole Giorgio Umek, residente in via
del Veltro 21, descrive l'antenna di proprietà delle Ferrovie dello Stato
istallata alcuni giorni fa nel rione di San Giacomo.
L'antenna, alta circa 25 metri, permetterà il funzionamento del sistema di
comunicazione «Gsm-r» utilizzato per mantenere il contatto con i convogli
all'interno delle gallerie e garantire così la sicurezza. Ma i cittadini temono
che le sue emissioni possano nuocere alla salute e nonostante le diffide
presentate dal Comune, dalla Regione e dalla Soprintendenza alle Ferrovie,
queste ultime si sono rivolte al Tar che ha dato il via libera al posizionamento
dell'antenna.
Nel caso di San Giacomo non è stato possibile avvalersi dell'escamotage
ambientale perché la zona è priva di tutela paesaggistica e le Ferrovie hanno
così ottenuto anche il permesso dell'Arpa e, sulla base della legge nazionale,
possono edificare a loro piacimento questo genere di strutture senza dover
richiedere alcun permesso, nemmeno il parere dell'Azienda sanitaria.
I residenti hanno protestato ma non c'è stato nulla da fare: «Quando esco in
poggiolo - continua Umek - la distanza che mi separa dall'antenna è di venti
metri circa, è uno spettacolo dal forte impatto non solo visivo ma anche della
salute, che va a svalutare l'intero condominio. Nessuno sa bene che funzione
abbia il traliccio, alcuni dicono sia di qualche compagnia telefonica e altri
che appartenga alle Ferrovie, resta comunque il fatto che rappresenta un grave
danno per la salute e desideriamo che l'opinione pubblica sia a conoscenza di
quanto sta accadendo».
Di analoga opinione anche Sergio Cossutta, residente al civico 25: «Con le
tecniche odierne è assurdo l'utilizzo di simili marchingegni, e credo che a
beneficiare dell'antenna non saranno solo le Ferrovie ma sicuramente anche
qualche compagnia di telefonia mobile. Inizialmente - spiega - era stato
previsto di installare l'antenna nelle vicinanze dell'Ippodromo, all'inizio
della salita di via del Veltro vicino al civico 70, ma i cittadini sono andati a
protestare in circoscrizione. Questa si è rivolta al Comune il quale ha
suggerito lo spostamento dell'antenna in una sede più distante dalle abitazioni
ma i tecnici delle Ferrovie hanno pensato bene di posizionarla davanti al
poggiolo dello stabile al numero 21».
Nella questione è stata coinvolta anche la quinta circoscrizione: «Non siamo
stati avvisati di nulla - esordisce il presidente Silvio Pahor - in una
mattinata l'antenna è stata installata e la circoscrizione non ha ricevuto alcun
parere consultivo e tantomeno è stato comunicato il posizionamento dell'antenna
al Comune. I cittadini di via del Veltro si sono mobilitati - continua Pahor -
inizialmente mi hanno contattato affinché io portassi la questione in Comune e,
insieme al sindaco e al dirigente competente, si trovasse un sito alternativo
per l'insediamento. Successivamente è stato fatto un sopralluogo nella zona e il
sindaco Dipiazza ha risposto che la questione è particolarmente difficile dal
momento che gli interessi nazionali, appartenenti alle Ferrovie dello Stato,
sovrastano e scavalcano quelli locali. Il sindaco ha comunque garantito di
proseguire nell'opera di resistenza».
Da questo punto di vista il Comune ha fatto sapere di essere ricorso al Tar il
quale ha rigettato l'istanza dando così il via libera all'installazione e che,
nonostante ciò, proseguirà nell'opposizione al provvedimento ricorrendo al
Consiglio di Stato.
(l.d.)
A Barcola catena umana contro lo scudo spaziale - COMITATO DI PROTESTA
Una catena umana di pace contro il progetto statunitense di «scudo spaziale», è
stata realizzata ieri nella zona della fontana di Barcola.
L'iniziativa è stata promossa dal Comitato triestino contro lo scudo stellare,
nell'ambito della Giornata mondiale di sciopero della fame che, coinvolgendo
anche altre città in Italia e all'estero, invita a non mangiare per un giorno,
allo scopo di indurre i potenti a destinare le spese militari in campagne
alimentari. Nel corso della manifestazione, è stato anche posto l'accento sulla
«militarizzazione cui è sottoposto il Friuli Venezia Giulia».
PIAZZA LIBERTÀ - Non tagliate gli alberi
In genere mi occupo anzitutto dei problemi degli altri; sono sensibile alle
esigenze dei giovani, mi preoccupano le loro difficoltà d’inserimento
lavorativo, la loro crisi di valori.
Ma per una volta mi permetto di essere egoista: ho 73 anni e vorrei godere
ancora, assieme ai mei coetanei, dell’ombra, del profumo, della bellezza,
dell’aria purificata che gli alberi secolari di piazza Libertà ci offrono con
gratuita munificenza. Non intendo, questa volta, pensare ai miei nipoti che, se
sopravviveranno gli stentati e ridicoli alberelli impiantati, al pari di quelli
sulle rive, lungo i marciapiedi della piazza, potranno forse godere di un po’ di
verde ai lati di un’autostrada a otto corsie. Per una volta, cari
amministratori, pensate anche agli egoisti.
Clara Girotto
RIGASSIFICATORE - Rischi da valutare
Abito a Valmaura zona interessata al progetto del rigassificatore a terra dalla
Gas Natural e vorrei conoscere in modo preciso e documentato quali conseguenze
ci sarebbero per i cittadini in caso di incidente o attentato a questo tipo di
impianti.
Sono, assieme a tanti miei concittadini, estremamente preoccupato perché organi
di informazione, pubblicazioni scientifiche, specialisti della nostra università
e delle istituzioni scientifiche stanno ripetendo, inascoltati dai nostri
amministratori, che questi sono impianti ad alto rischio e assolutamentamente
inadatti a essere localizzati all’interno di aree densamente popolate e ricche
di impianti industriali con fiamme, libere (ferriera, centrale a gas,
termovalorizzatori, ecc.).
A conferma di ciò ricordo solo che i rigassificatori sono considerati impianti a
rischio di incidente rilevante e rientrano nella direttiva Seveso, per cui come
riportato in una relazione del ministero dell’Ambiente di qualche tempo fa, a
nome di Dario Giardi, «... i rigassificatori possono essere costruiti ma a
debita distanza dai centri abitati e dagli impianti industriali ad alto
rischio».
Sempre per motivi di sicurezza è previsto che le navi gasiere debbano attraccare
con la prua rivolta al largo per potersi allontanare rapidamente in caso di
incidente, mentre nella fase del loro avvicinamento alla zona di attracco il
traffico marittimo verebbe bloccato in una fascia di navigazione molto ampia
toccando anche la compatibilità con l’attività portuale. Inoltre, negli Stati
Uniti, dopo l’attentato dell’11 settembre 2001, hanno deciso di dismettere
gradualmente gli impianti a terra e di adottare solo impianti costituiti da navi
gasiere con il rigassificatore a bordo. Queste navi si ormeggiano al largo, ben
lontane dalla costa, rigassificano il gas liquido e lo mandano direttamente in
rete: il tutto con costi estremamente inferiori a quelli previsti con il sistema
Gas natural.
Oltre al problema sicurezza ci sono però altre informazioni, poco pubblicizzate
e mai confutate, che non possono lasciare indifferenti. Ne elenco solo due, tra
esse legate: 1) i rigassificatori in Spagna sono attualmente quasi tutti fermi
per mancanza di Gnl in quanto i Paesi produttori per carenza di infrastrutture,
riescono a rifornire a malapena il 50% della domanda mondiale; 2) la delibera n.
178. art. 13, comma 2, emanata dell’Autorità dell’energia manleva dal rischio
d’impresa. In pratica, il «fattore garanzia» offre a chi costruisce un
terminale, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto (fatto molto
probabile vista la carenza di Gnl a livello mondiale), la copertura dell’utile,
che sarebbe comunque garantito recuperando le perdite con l’addebito sulle
bollette dei consumatori, cioè: noi cittadini dovremmo pagare il mancato utile
dell’impresa.
Non mi dilungo oltre ma ritengo che i nostri amministratori dovrebbero
coinvolgere la comunità scientifica che a Trieste non manca, per approfondire
l’argomento e procedere alle scelte non in base a interessi immediati, che
paiono puramente speculativi, ma in base alle effettive compatibilità ambientali
ed economiche.
Come altri hanno ricordato su questo giornale, già in altre occasioni i politici
hanno dato credito alle imprese snobbando e denunciando chi paventava pericoli,
e poi sono successe tragedie come il Vajont o Chernobyl.
Lauro Linardon
IL PICCOLO - DOMENICA, 22
giugno 2008
Krsko, sei operai contaminati dalle radiazioni -
AVEVANO RIPARATO IL GUASTO DEL 4 GIUGNO
Le autorità slovene: dosi minime sotto i livelli di guardia, uguali a quelle
assorbite da chi va in aereo
KRSKO Sei operai, in prevalenza saldatori, sono rimasti contaminati durante
i lavori di riparazione del recente guasto alla centrale nucleare di Krsko,
episodio che per alcune ore, lo scorso 4 giugno, aveva fatto scattare l’allarme
atomico in tutta Europa. La dose di radiazione che hanno ricevuto non è comunque
tale da destare proccupazione.
Nessuno è in permesso malattia e tre di essi, in questi giorni, sono
tranquillamente in ferie. La notizia, confermata dalla Direzione nazionale per
la sicurezza nucleare, è stata pubblicata dal quotidiano zurnal24.
La contaminazione è dovuta al fatto che i sei operai, per riparare il guasto
alla centrale, ossia per sostituire una valvola del sistema di raffreddamento
del reattore, hanno dovuto lavorare in punti difficilmente accessibili, e questo
ha impedito loro di usare le maschere ad aria compressa, le uniche che avrebbero
garantito loro il massimo livello di protezione.
Hanno dovuto invece usare semplici maschere antigas con il filtro. Sono rimasti
pertanto contaminati da due isotopi di cobalto, il Co 58 (13.000 Bq) e il Co 60
(1.030 Bq). La dose di radiazione ricevuta (14.030 Bq) non è però preoccupante,
rilevano alla Direzione per la sicurezza nucleare, ed equivale alla radiazione
cui una persona è sottoposta, per esempio, durante un lungo viaggio in aereo. La
contaminazione era così ridotta, scrive il giornale riportando fonti della
Direzione slovena per la sicurezza nucleare, che i rilevatori personali non
l’hanno nemmeno registrata. Solo un controllo completo e dettagliato dei sei ha
fatto emergere l’accaduto. Tutto comunque, assicurano gli esperti, è rimasto
sotto il limite dei livelli di contaminazione consentiti, considerato il tipo di
lavoro e il luogo in cui è stato svolto. La centrale nucleare di Krsko – 130
chilometri da Trieste in direzione nordest, a ridosso del confine con la Croazia
– è stata al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica europea lo scorso 4
giugno, quando un guasto all’impianto aveva fatto scattare l’allarme nell’Unione
europea e in particolare nella nostra città, rientrato dopo poche ore. Il
reattore è stato comunque spento e raffreddato, dopo di che si è proceduto alla
sostituzione della valvola difettosa. La centrale di Krsko è stata nuovamente
collegata in rete gia' il 9 giugno. La settimana scorsa, l’impianto è stato
visitato anche da un gruppo di esperti italiani.
KRSKO - L’esperto: rischi sotto controllo - MASSIMO BOVENZI, DOCENTE DELL’UNIVERSITÀ
DI TRIESTE
TRIESTE - Arriva come un fulmine anche a Trieste la notizia degli operai rimasti
contaminati durante i lavori di riparazione del recente guasto alla centrale
nucleare di Krsko.
Massimo Bovenzi, docente dell'Università di Trieste, esperto in medicina del
lavoro non ha però dubbi: «In queste condizioni, non si corre nessun rischio».
«Dalle notizie riportate dalle agenzie - commenta Bovenzi - si apprende che gli
operai sono stati contaminati, ma senza conoscere a fondo la situazione, non mi
posso sbilanciare su come è avvenuta la contaminazione radioattiva o sul livello
di contaminazione».
«Il tutto dipende dal tipo di nuclide» aggiunge Massimo Bovenzi, ricordando che
nel caso particolare del corpo umano, la contaminazione radioattiva include in
teoria tanto la contaminazione esterna quanto la contaminazione interna, per
qualsiasi via essa si sia prodotta. «Comunque – aggiunge – con i dati a nostra
disposizione, visto che le agenzia riportano già la notizia che gli operai hanno
dovuto togliersi le maschere ad aria compresa, usando invece maschere antigas
con il filtro, si può apprendere che le sostanze radioattive sono state
inalate».
«Dobbiamo ricordare che in questi casi comunque gli operai sono altamente
qualificati e preparati per qualsiasi tipo di evenienza» conclude Bovenzi.
(ga.pr.)
MUGGIA - Mozione Fi contro i rigassificatori - VENERDÌ IN CONSIGLIO
Anche il gruppo consiliare muggesano di Forza Italia ha elaborato una
mozione contraria ai progetti per la realizzazione dei due rigassificatori di
Gnl proposti dalle società spagnole Gas Natural ed Endesa: sarà posta al voto
nella seduta del prossimo Consiglio comunale previsto a Muggia venerdì alle 18.
Claudio Grizon, capogruppo, ricorda tra le altre motivazioni per il parere
negativo che «l'impianto a terra proposto dalla Gas Natural dovrebbe contenere
300.000 metri cubi di Gnl, che equivalgono a 180 milioni di litri di gas, in due
serbatoi, e che il pontile di attracco delle metaniere verrebbe collocato
proprio all'ingresso del Canale navigabile: tale impianto avrebbe una capacità
di 8 miliardi metri cubi/anno e comporterebbe l'arrivo di circa 110 navi l’anno,
una ogni 3 giorni».
La mozione rammenta anche che lo stesso presidente della Regione Renzo Tondo ha
recentemente dichiarato, dopo aver parlato con il sindaco di Capodistria Popovic,
che «una struttura a mare non si può fare» e, pur affermando di non avere
«pregiudizi ideologici sull'impianto a terra», ha inoltre precisato di ritenere
che «la morfologia del territorio triestino poco si adatti a questa soluzione».
«Considerata la vocazione residenziale e turistica del comune di Muggia» la
mozione del gruppo Fi «esprime nuovamente la propria contrarietà all'eventuale
realizzazione dell'impianto proposto dalla società Gas Natural nell'area ex Esso
del comune di Trieste e a quello della società spagnola Endesa che prevederebbe
una piattaforma galleggiante nel Golfo di Trieste tra Grado e la Slovenia e
impegna il sindaco a esprimere in ogni sede istituzionale e politica utile la
contrarietà del Comune» ai progetti.
Rifiuti e oli come difendere il nostro mare - DIPORTISTI ED ECOSISTEMA
Difendere il mare è uno dei principali fini istituzionali della Lega Navale
Italiana, favorendo la tutela dell'ambiente marino e delle acque interne e
sviluppando le iniziative promozionali, culturali, naturalistiche e didattiche
idonee al conseguimento degli scopi dell'Associazione. Una importante attività
di protezione dell'ambiente marino attraverso due funzioni convergenti: la
sensibilizzazione dei giovani e degli adulti sui problemi ambientali l'opera
concreta e la fattiva "predisposizione" volta alla conservazione, alla tutela ed
al risanamento di spiagge, tratti di mare e fondali marini.
E proprio sabato scorso si è svolta nello specchio acqueo della "Sacheta" la
pulizia dei fondali, un'attività che sensibilizza notevolmente chi del mare ne
fa una passione, un divertimento,l un luogo di ritrovo. Le attività finalizzate
alla tutela dell'ecosistema marino sono state svolte con gli Enti Locali ed in
collaborazione con i Gruppi Sommozzatori della Capitaneria di Porto, Guardia di
Finanza, Vigili del Fuoco, Carabinieri e Polizia di Stato e con le maggiori
organizzazioni a carattere nazionale e locale che istituzionalmente svolgono
tali compiti.
Per il futuro la Lega Navale Italiana intende incrementare la partecipazione
degli studenti alle sue attività ambientalistiche ed in tal senso ha già
stipulato, con l'ausilio delle proprie Strutture Periferiche, numerose
convenzioni con Provveditori e Presidi. Nella esecuzione di tutti nostri
programmi di avviamento pratico agli sport acquatici, verrà dato primario
rilievo alla sensibilizzazione dei giovani circa la responsabilità ed i problemi
della tutela dell'ambiente marino. Inoltre, gli studenti di alcune scuole
convenzionate che usciranno in mare con imbarcazioni a vele per conoscere i
principi della navigazione, svolgeranno anche esercitazioni pratiche con i
docenti di chimica e fisica muniti di apparecchiature portatili, per accertare
lo stato di inquinamento del mare, sottocosta ed al largo, ed apprendere i
principali elementi sul comportamento ed il rispetto del mare.
Verranno inoltre consolidate le intese già in corso con l'associazione "Lega
Ambiente" per dare ospitalità, presso le Sezioni Periferiche L.N.I., alle
imbarcazioni dell'Associazione - Goletta Verde, Pietro Micca e Vento dell'Alba -
nel corso delle loro campagne per il monitoraggio da inquinamento dei mari che
circondano l'Italia, prevedendo anche la partecipazione di soci e studenti
L.N.I. alle varie operazioni.
Infine, bisogna ricordare che l'ambiente marino può essere salvato solo se -
alle imprese collettive di grande visibilità - si aggiungerà l'impegno
responsabile dei singoli nelle "piccole cose". Per questo tutti i soci della
Lega Navale si attengono ad un "codice di comportamento" che impone a ciascun
socio di rispettare e far rispettare l'ambiente marino evitando principalmente
l'inquinamento attraverso il lancio di rifiuti in mare, di materiali di ogni
tipo ed in particolare buste di plastica non biodegradabili, di oli combustibili
o esausti di motori ecc.; evitando al massimo di tenere in moto i motore delle
imbarcazioni al rientro in porto o prima di partire; usando ove possibile il
vento e le vele quale forza motrice delle imbarcazioni. Per informazioni più
dettagliate sul diportismo nautico e l'ecologia consultare la voce "Norme
nautiche" del sito web www.leganavale.it .
Gabriele Cutini
Alleggerire il traffico si può: un sottopasso in trincea da Barcola
all’Idroscalo
Visti i numerosi articoli pubblicati di recente in merito alle problematiche
della viabilità cittadina e ai vari interventi in corso per il miglioramento
delle condizioni del traffico e ambientali, cogliendo anche lo spunto da quanto
affermato dal sindaco circa l’opportunità di guardare al domani, con spirito
costruttivo, intendo proporre all’attenzione dell’opinione pubblica e degli
amministratori una riflessione sulla nota questione dei flussi di traffico che
interessano la direttrice Barcola-Roiano-piazza Libertà, il cosiddetto accesso
ad Ovest della città.
Preso atto della materiale impossibilità di poter utilizzare in superficie la
tratta di Porto Vecchio che va dalla passerella di Barcola al piazzale
dell’Idroscalo, per le note ragioni di interferenza con le aree demaniali e gli
edifici storici dello scalo, ritengo si possa valutare la realizzazione di detto
by-pass stradale sulla medesima direttrice, non in superficie, bensì con un
sottopasso in trincea, per un tratto che in sostanza equivale a neanche un
chilometro e, quindi, con costi a mio avviso sostenibili, soprattutto se si
pensa agli innumerevoli vantaggi che tale soluzione produrrebbe: riduzione
drastica dei flussi in/out lungo viale Miramare-Roiano, una zona altamente
urbanizzata; abbattimento dei tassi di inquinamento prodotti dal traffico
veicolare e oggi sparsi lungo tutto il percorso, soluzione ottenibile mediante
un moderno impianto di aspirazione e filtraggio dei fumi in galleria; maggiore
comunicabilità e transitabilità pedonale tra gli spazi urbani e le future realtà
che saranno realizzate nell’ambito del Porto Vecchio; pratica e rapida
realizzabilità dell’infrastruttura, in quanto i lavori non interferirebbero, se
non in minima parte, con il traffico veicolare in atto.
Tale soluzione faceva parte del più ampio progetto di riqualificazione delle
Rive di Trieste presentato a suo tempo dall’Autorità Portuale al Comune di
Trieste, già negli anni 2002-2003.
Luigi Franzil
IL PICCOLO - SABATO, 21
giugno 2008
Rigassificatore: era un «no» al gasdotto quello della
giunta - La commissione Via del ministero dell’Ambiente dà intanto il via
libera finale all’impianto di Zaule
IL PROGETTO
Sulla compatibilità ambientale del gasdotto previsto per collegare il
rigassificatore di Zaule alla rete Snam, passando attraverso il golfo, giovedì
scorso la giunta comunale ha espresso parere sfavorevole. Per un errore di
intepretazione della delibera, nell’edizione di ieri abbiamo dato la notizia
contraria. Solo dopo aver esaminato il documento nel dettaglio è emersa l’esatta
posizione dell’esecutivo.
Ieri, intanto, il progetto di Gas Natural per l’impianto di rigassificazione a
Zaule ha ottenuto l’approvazione finale da parte della Commissione Via
(Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente.
L’approvazione, che contiene comunque una serie di prescrizioni (al momento non
note), è stata data nel pomeriggio dalla commissione plenaria, dopo che giovedì
scorso il progetto aveva ottenuto il placet della sottocommissione, e nei giorni
precedenti la luce verde era arrivata dal gruppo istruttorio della commissione
stessa.
A questo punto serve qualche settimana per arrivare alla firma del decreto che
autorizza il progetto dal punto di vista ambientale. Una firma che è anzi
duplice: dopo quella del ministro Prestigiacomo, il provvedimento dovrà infatti
essere sottoscritto anche dal ministro ai Beni culturali Bondi.
Tornando alla delibera della giunta comunale, il documento riporta le
caratteristiche principali della condotta. Partendo da Zaule il gasdotto
attraverserà il golfo per 27 chilometri, approdando nella località Golimeto
(comune di Grado), fra le Bocche di Primero e Punta Sdobba, per poi proseguire
per 19 chilometri fino al «nodo» Snam di Villesse.
La delibera contiene poi alcune prescrizioni che l’esecutivo indirizza al
ministero dell’Ambiente, qualora il ministero stesso ritenesse comunque di
approvare la compatibilità ambientale del gasdotto. Oltre a richiedere
un’integrazione dell’analisi costi-benefici, visto che la condotta si sviluppa
per una parte del tratto sottomarino (poco meno di 7 chilometri) attraverso il
Sito inquinato di interesse nazionale (vallone di Muggia), la giunta richiede
che l’intervento sia eseguito solo dopo l’approvazione del progetto da parte del
dicastero.
In proposito, nella stessa delibera si legge che il 27 maggio scorso la Snam
(proponente del progetto) ha inviato al ministero dell’Ambiente e agli altri
enti competenti, incluso il Comune di Trieste, il piano di caratterizzazione per
il tratto del fondale marino del Sito inquinato attraversato dalla condotta.
Oltre ad aver redatto il progetto, la Snam ne curerà anche l’eventuale
realizzazione, e ne sarà poi proprietaria. Per far transitare il gas prodotto a
Zaule, Gas Natural dovrà così pagare una tariffa che la Snam ha già stimato: il
ricavo annuo previsto per l’uso del gasdotto (46 chilometri) ammonta a circa 16
milioni di euro.
La delibera della giunta deve ora passare in commissione e poi in consiglio. Una
prima seduta della commissione Urbanistica e ambiente, presieduta da Roberto
Sasco, è fissata per mercoledì prossimo nell’aula del consiglio, con la
partecipazione dei presidenti delle circoscrizioni.
Questa seduta sarà dedicata solo all’illustrazione tecnica del progetto del
gasdotto e del suo impatto. La commissione si esprimerà invece con un voto in
una successiva riunione, probabilmente venerdì, alla quale sarà anche presente
il sindaco Dipiazza.
Sulla compatibilità ambientale del gasdotto il consiglio comunale deve
deliberare entro il 6 luglio, data in cui scade il termine di 60 giorni dalla
presentazione del progetto.
I tempi sono quindi moto stretti, anche perchè, essendo il 6 luglio una
domenica, è chiaro che i consiglieri si riuniranno qualche giorno prima.
GIUSEPPE PALLADINI
RIGASSIFICATORE - Gli ambientalisti: nessuno ci ascolta - DURA PROTESTA
NELL’AREA VERDE - Predonzan (Wwf): irrisolti tutti i problemi
d’inquinamento
L’approvazione sul piano ambientale del progetto per il rigassificatore di Zaule
solleva vivaci reazioni nel mondo ambientalista. «Nessuno ha tenuto conto delle
nostre osservazioni inviate al ministero e alla Regione – sbotta Lino Santoro,
presidente del circolo triestino di Legambiente – sui pericoli di fuga di gas
liquido nell’area dell’impianto. In caso di fuga – spiega – si crea una
cosiddetta nube fredda, che ha una temperatura di -150 gradi e si propaga
orizzontalmente provocando pesantissimi effetti su tutto ciò che incontra. Un
rischio grave, confermato anche in un convegno alla Stazione marittima
dall’ingegner Nobile dell’Università di Trieste».
Ad augurarsi che il parere favorevole della commissione Via «non sia dovuto a
ingerenze politiche (effetto Menia?)» è Dario Predonzan, responsabile territorio
e ambiente del Wwf regionale. «Tutte le maggiori problematiche ambientali e di
sicurezza – rileva - in due anni e mezzo dall'avvio della procedura erano
rimaste infatti irrisolte: l'impatto dello scarico di acque fredde e clorate sul
vallone di Muggia, la compatibilità con i traffici portuali, il rischio di
"effetto domino" per incidenti al terminale. E' quindi sempre apparsa curiosa –
prosegue – l'alleanza trasversale di forze politiche e sociali, favorevoli a
priori all'impianto, quasi che le presunte contropartite economiche, di cui non
c'è quasi traccia nel progetto, possano annullare i rischi ambientali».
Sul fronte politico, il consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli
richiede che il consiglio sia «reinvestito di una discussione che chiarisca una
volta per tutte i molti aspetti del progetto valutati negativamente, e che ora
devono essere nuovamente esaminati e non calati sulla testa degli enti e dei
cittadini. Lunedì, in consiglio comunale – prosegue – chiederò al sindaco come
intenda fare partecipi il consiglio e la cittadinanza sulla questione dei
rigassificatori, e se la vocazione turistica di cui la giunta parla come
priorità in termini di sviluppo possa prevedere la presenza di gasiere che
attraversano il golfo».
Garanzie sia sotto il profilo progettuale sia sotto quello delle ricadute
vengono chieste con forza da Piero Camber, capogruppo di Fi in consiglio
comunale. «Sono note le negatività – afferma – ma ignoriamo le eventuali
ricadute positive. E sul piano del progetto non è stata data finora alcuna
garanzia, come non lo è stato per gli effetti, attivi e passivi, sul
territorio».
Sull’approvazione dellla commissione Via interviene anche Bruno Marini, già
consigliere comunale forzista e ora in consiglio regionale con il Pdl, il quale
esprime «profondo sconcerto per l’approvazione in quanto tutti i Comuni si sono
pronunciati contro il rigassificatore. Il consiglio comunale di Trieste –
ricorda – ha detto ”no” per due volte, nel luglio 2006 e nel gennaio 2007, e la
seconda su proposta del sindaco perchè non era stato raggiunto un accordo con
Gas Natural sulla partecipazione di AcegasAps alla società di gestione. Cosa è
cambiato nell’ultimo anno?».
Precisando di non avere una negatività di principio al rigassificatore, Marini
chiede poi se «è proprio necessario farlo in una zona così densamente abitata?
Quella per il rigassificatore a Zaule – conclude – è una scelta fatta sulla
testa delle amministrazioni e della gente: sarebbe molto opportuno un
referendum».
(gi. pa.)
RIGASSIFICATORE - Metz: «Si torni in consiglio» - VUOLE
SAPERE COS’E’ CAMBIATO NEL PROGETTO
Dura replica di Alessandro Metz (federazione regionale dei Verdi) alle
dichiarazioni del sindaco Dipiazza sul via libera ambientale al rigassificatore
di Zaule.
«Mi sembra molto grave – afferma in una nota – che il sindaco parli di ”un’
autentica opportunità di sviluppo per Trieste, i cui benefici superano di gran
lunga i costi”. Il sindaco forse dimentica che il 18 gennaio 2007 il consiglio
comunale alla quasi unanimità, con la sola astensione dei consiglieri Ds, ha
votato contro la compatibilità ambientale del progetto di rigassificatore nella
zona industriale di Zaule, e lo ha fatto proprio su proposta del sindaco.
Infatti non solo parte dell'opposizione votò contro, ma lo fece anche la
totalità dei consiglieri di An, Forza Italia e Lista DiPiazza».
«Prima di affermare quindi che va tutto bene e prevedere già le mance da
chiedere a Gas Natural – prosegue Metz – il sindaco dovrebbe tornare in
consiglio comunale, e spiegare cosa si sia modificato e come. Questo dovrebbe
fare, almeno che non ritenga il consiglio comunale un orpello di cui si può fare
tranquillamente a meno».
Duino, Comunelle contro l’elettrodotto - NUOVA
OPPOSIZIONE AL PROGETTO DI «TERNA» - Dopo la mediazione del sindaco presentata
una petizione con 300 firme
Veronese chiede alla Provincia di coinvolgere gli abitanti nelle decisioni
DUINO AURISINA Con un’osservazione e una lettera aperta ai sindaci della
provincia di Trieste le Comunelle del territorio si oppongono fermamente al
progetto di potenziamento dell'elettrodotto e presentano a sostegno uan
petizione con oltre 300 firme.
La mediazione, il Piano particolareggiato e le riunioni indette dal Comune di
Duino Aurisina, nei giorni scorsi non hanno impedito la netta presa di posizione
delle Comunelle. Le Comunelle - si legge in una nota - «esprimono ferma
opposizione al progetto della società Terna per il potenziamento e la parziale
modifica del tracciato dell'attuale elettrodotto nella zona
Monfalcone-Padriciano e chiedono alle amministrazioni che non venga rilasciata
l'autorizzazione per la realizzazione del progetto, la parziale modifica del
tracciato e il potenziamento della linea». Una posizione forte, che segue anche
la scelta di Terna - dicono gli esponenti delle Comunelle - di non volere
trattare direttamente con la popolazione sul progetto e le zone di passaggio. Ma
non basta: le Comunelle chiedono anche l'interramento della linea, per evitare
ulteriori danni alla salute dei residenti. Le dichiarazioni radicali sembravano
sorpassate dopo la mediazione del sindaco duinese Giorgio Ret con Terna e la
scelta di portare in Consiglio comunale un progetto che prevede parte
d’interramento e parte di allontamento dell'attuale elettrodotto dalle case,
come a Visogliano: per le Comunelle tutto ciò, a quanto pare, non basta.
Obiettivo del documento formale è di bloccare il progetto, depositato al Comune
duinese e al vaglio dei cittadini che proprio in questi giorni possono
esprimersi e, se direttamente interessati dal passaggio dell'attuale o futuro
elettrodotto, opporsi.
La questione «corridoi energetici» (elettrodotto ma anche gasdotto e
metanodotto) torna quindi di grande attualità a Duino Aurisina e in provincia:
proprio ieri l'altro, in Consiglio provinciale, Massimo Veronese (è anche
consigliere comunale di Lista Insieme a Duino Aurisina) ha presentato una
mozione che impegna la presidente della Provincia a creare un tavolo volto a
vedere rappresentate tutte le categorie di persone interessate allo spostamento
dell'elettrodotto, con le istituzioni. Lo scopo è di creare un sistema
partecipativo per decidere il migliore tracciato. Un tracciato, però, che
dovrebbe essere unico per tutti i tipi di fonte energetica che passano lungo il
territorio, ovvero un corridoio energetico che eviti sia ulteriori espropri, sia
l'utilizzo di più fasce di terreni. «Il tutto - sottolinea Veronese - proprio
ora che è stato annunciato il potenziamento della Centrale nucleare di Krsko, in
Slovenia, dalla quale dipartono già numerosi elettrodotti in direzione del
Carso, e in concomitanza con la liberalizzazione del mercato dell'energia, che
causerà senza dubbio ulteriori sviluppi e potenziali nuove richieste di
passaggi». La mozione è stata votata solo dalla maggioranza di centrosinistra in
Consiglio provinciale, che è all'opposizione in Comune a Duino Aurisina. «È
indispensabile - afferma Veronese - che sugli elettrodotti gli strumenti di
democrazia partecipativa vengano utilizzati: la vicenda è troppo legata
all'argomento salute per imporla ai cittadini. Non si può passare sopra le teste
dei cittadini, né decidere a loro nome senza consultazioni serie e rigorose».
(fr. c.)
L’incidente di Krsko - NUCLEARE
Care segnalazioni, vi scrivo circa la centrale di Krsko. Sul recente danno
subito rientrato, così dicono, subito dalla centrale nucleare di Krsko vorrei
puntualizzare alcune cose che mi spaventano non poco.
1. Questa centrale ha subito nel corso dei suoi 25 anni di vita tanti danni ed
incidenti e perdite da superare ogni immaginazione. Talvolta più di uno
all’anno! Ora ci vengono a dire che è successo un danno. Quasi che i precedenti
siano dimenticati doverosamente perché prima c'era la gestione jugoslava ed ora
invece c’è una repubblica!
2. Che la Jugoslavia prima e la Slovenia ora non la smantella perché costerebbe
troppi soldi la sua eliminazione e messa in sicurezza. Altro che siamo per la
salute degli operatori e di chi ci sta vicino, e Trieste è solo a km 60 di
distanza da questo mostro di emissioni radioattive. Si tratta solo di questione
di soldi, come sempre d’altronde.
3. Concordo e plaudo all’iniziativa di Menia che ha chiesto un monitoraggio
della radioattività locale a Trieste e ribadisco la mia meraviglia che nessuno,
dico nessuno finora abbia avuto la accortezza di far misurare tali radiazioni
che essendo invisibili devono per forza di cose esser seguite costantemente.
4. Se il Menia o chi per lui riuscisse a far rendere pubbliche le statistiche
del Burlo circa gli effetti Krsko sulla natalità in città sarebbe di grande
aiuto per conoscere l’influsso di tali radiazioni sui neonati, che riportavano
malformazioni anche mostruose, come dicono gli addetti a tale ospedale. Le
natalità in questione sono sempre quelle relative alle nascite avvenute 9-10-11
mesi dopo i danni e le tragicamente famose ed ora taciute fuoriuscite
radioattive di Krsko.
Un tanto per poter valutare serenamente e con dati di fatto quanti malati e
morti di leucemia ci ha regalato, fra l’altro, questa centrale di Krsko, alla
faccia del nucleare pulito.
5. L’ultima considerazione, ma non per importanza, è cosa ne faranno delle
scorie che hanno una decadenza attorno ai 300/500.000 anni, perché il plutonio
di Chernobyl finirà i suoi effetti solo dopo questo insignificante, per i
sostenitori del nucleare, lasso di tempo.
Sergio Lorenzutti
IL PICCOLO - VENERDI', 20
giugno 2008
Rigassificatore, sì della giunta al gasdotto
marino - l sottosegretario Menia: manca il via libera della commissione
plenaria del ministero
Il presidente della Regione Tondo attende comunicazioni ufficiali ma il suo
vice Ciriani parla di «un bene per tutti se la città è d’accordo»
Il via libera ambientale al progetto per il rigassificatore del gruppo Gas
Natural, dato l’altro ieri, non è quello definitivo. La luce verde è arrivata
infatti dal gruppo istruttorio della commissione Via (Valutazione d’impatto
ambientale) del ministero dell’Ambiente, primo grado di una procedura che ha tre
livelli.
«Il progetto – spiega il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, è adesso
all’esame della sottocommissione Via e domani (oggi, ndr) è previsto il
pronunciamento da parte della commissione plenaria, alla quale spetta l’ultima
parola».
Nell’attesa, gli addetti ai lavori rilevano comunque come sia altamente
improbabile che le due commissioni non recepiscano, sia pure integrandolo con
una serie di prescrizioni, il parere del gruppo istruttorio.
Ieri, intanto, la giunta comunale ha dato il via libera ambientale al gasdotto
sottomarino, che dovrebbe attraversare il golfo per collegare il rigassificatore
alla rete della Snam. La delibera ora va alle circoscrizioni, che hanno dieci
giorni di tempo per esprimersi, ed entro 60 giorni deve passare al vaglio del
consiglio comunale (non vale più il silenzio-assenso) che, a quanto risulta,
rivendica il suo ruolo. Lo scorso anno l’aula votò infatti contro il
rigassificatore di Zaule, e politicamente si divise registrando il voto
favorevole di An e dei Ds.
La notizia del primo via libera ambientale ha naturalmente sollevato una nutrita
serie di reazioni e commenti. Il sindaco Roberto Dipiazza ha ribadito che il
rigassificatore è «un’autentica opportunità di sviluppo per Trieste, i cui
benefici superano di gran lunga i costi», precisando che «può essere di fatto
coinvolto nella riconversione della Ferriera di Servola. In tema di royalties –
ha aggiunto – è mia intenzione chiedere a Gas Natural la realizzazione di un
nuovo depuratore, assolutamente necessario, i cui costi così non ricadrebbero
sulle tasche dei cittadini».
Sulla necessità che l’impianto debba avere «ricadute industriali, occupazionali
e ambientali per la città» ha insistito il vicepresidente della Regione Luca
Ciriani, il quale ha sottolineato che «se la città è d’accordo, la costruzione
di un rigassificatore è un bene per tutti» e che «sarà comunque necessario
investire in energie alternative al petrolio».
Nessun commento è invece giunto dal presidente della Regione, Renzo Tondo, che
ha solo affermato di voler attendere conferme ufficiali sul parere favorevole
all’impianto. Va ricordato, in proposito, che Tondo ha espresso perplessità sul
progetto di Gas Natural, mentre l’assessore regionale all’Ambiente Vanni Lenna
si è detto favorevole alla sua realizzazione.
Precisando che «non è dato sapere se, prima di dare il via libera, il ministero
ha acquisito le integrazioni di documentazione a suo tempo richieste e non
ottenute dalla Regione, che aveva portato la precedente giunta regionale a non
poter esprimere un parere di compatibilità ambientale», il segretario
provinciale del Pd Roberto Cosolini afferma che «prima di esprimere qualsiasi
valutazione sulla decisione del ministero è necessario conoscere questo
elemento, in quanto le richieste non corrisposte riguardavano aspetti
significativi su sicurezza e impatto ambientale dell’iniziativa, che richiedono
risposte e soluzioni adeguate».
«Le valutazioni circa le ricadute sull’economia, sui servizi ai cittadini e le
altre contropartite per il territorio che sosterrebbe questo insediamento –
conclude Cosolini – appartengono a una fase successiva a quella, assolutamente
prioritaria, relativa a sicurezza e sostenibilità ambientale».
GIUSEPPE PALLADINI
RIGASSIFICATORE - Il sindaco di Muggia frena: «Altre idee per la zona»
- Fulvia Premolin (San Dorligo): troppo vicino alla Val Rosandra e al terminale
dell’oleodotto
NESLADEK «L’impianto blocca lo sviluppo del nostro territorio: l’abbiamo già
bocciato per due volte»
Se il primo cittadino di Trieste commenta con soddisfazione il via libera
ambientale al rigassificatore di Zaule, posizioni opposte si registrano da parte
dei sindaci dei Comuni minori, Muggia in testa. «E’ un passo avanti che
preoccupa – rileva Nerio Nesladek – e che rafforza i nostri timori, ambientali e
sulla sicurezza. Per due volte il consiglio comunale ha bocciato il
rigassificatore all’unanimità».
«Per la zona nei pressi dell’area ex Esso – spiega sempre il sindaco di Muggia –
abbiamo progetti del tutto diversi. Se arrivano le gasiere – si chiede – che
fine faranno i cantieri nautici e la darsena che abbiamo ipotizzato nell’area
dell’attuale tiro a volo, e anche il terminal ro-ro previsto dal piano triennale
del Porto alle Noghere? Con il rigassificatore si bloccano in maniera decisiva i
piani di sviluppo economico del territorio muggesano».
L’ultimo «no», in ordine di tempo, al progetto di Gas Natural è arrivato, due
settimane fa, dal consiglio comunale di San Dorligo della Valle, che si è
espresso all’unanimità. «Già nel 2007 – precisa il sindaco Fulvia Premolin –
abbiamo deliberato sull’incompatibilità ambientale del rigassificatore. Un ”no”
basato essenzialmente sull’aspetto della sicurezza, data la vicinanza agli
impianti dell’oleodotto e alla riserva naturale della Val Rosandra. Per questo –
conclude – chiediamo alle istituzioni scientifiche dettagliate assicurazioni
sulla sicurezza, e garanzie che in caso di incidente o di attentato non si
verifichi l’effetto-domino».
Contro l’impianto previsto a Zaule si è espresso a suo tempo anche il consiglio
comunale di Duino Aurisina. «Avevamo detto ”no” al gasdotto sul Carso che
avrebbe collegato l’impianto alla rete nazionale – precisa il sindaco Giorgio
Ret –. Non premetteremo che venga devastato di nuovo il Carso, perchè non ci
sono più spazi per altre tubazioni».
Il primo cittadino di Duino Aurisina ricorda tra l’altro come, in seguito al
voto negativo del consiglio comunale, Gas Natural è passata alla soluzione del
gasdotto sottomarino. «Lo scorso anno – spiega – in una riunione all’Assindustria
con il presidente Antonini, in cui era stato illustrato il progetto del
rigassificatore, i rappresentanti di Gas Natural hanno accettato l’ipotesi di un
tracciato sottomarino per il gasdotto».
(gi. pa.)
RIGASSIFICATORE - Antonini: grande opportunità per l’area - «Gli
standard attuali degli impianti garantiscono la massima sicurezza»
«Il progetto di Gas Natural, che ha ricevuto il primo via libera dagli organi
del ministero dell’Ambiente, deve essere visto come un’opportunità per il
territorio giuliano e regionale, per le imprese e per i cittadini». Lo afferma
il presidente di Assindustria, Corrado Antonini, che nei giorni scorsi, in un
incontro con il presidente della Regione Tondo, ha parlato del rigassificatore
come una delle priorità per Trieste.
Antonini si sofferma poi sui temi della sicurezza. «In diverse sedi – rileva –
ho più volte ricordato che attualmente al mondo abbiamo quasi 100 impianti di
rigassificazione e 400 navi gasiere, fra operative e in costruzione: le
tecnologie disponibili e gli standard di controllo applicati forniscono a
impianti e gasiere la massima sicurezza».
Quanto alle ricadute per il territorio, il presidente degli industriali
ribadisce che «il progetto di Gas Natural nell’area ex Esso significa anzitutto
bonifica e recupero ambientale di un’importante porzione del sito inquinato di
Trieste. La realizzazione dell’impianto on-shore – aggiunge – comporta la
necessità di risorse umane di diversa qualificazione e reperibili localmente, e
l’utilizzo successivo delle frigorie rappresenta un incentivo per l’avvio di
nuovi processi produttivi e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali».
Antonini si pronuncia infine sull’utilizzo dei ritorni economici.
«L’abbattimento dei costi di approvvigionamento energetico per le imprese e i
ritorni economici per le Istituzioni locali derivanti dalla realizzazione del
rigassificatore conclude – dovrebbero essere poi investiti in azioni di pubblica
utilità, a beneficio della città e della regione».
IL NODO FERRIERA - «Agguato» a Tondo del Circolo Miani - In 30
sotto la Regione Il governatore: «Datemi 15 giorni, poi vi ricevo»
L’attesa è durata un’ora. Il capannello più robusto davanti all’uscita del
palazzo della Regione di via dell’Orologio. E gli altri in «avanscoperta» a
presidiare gli angoli di via Mercato Vecchio e piazza Unità, per evitare che
l’«obiettivo» sfilassse indisturbato sfilandosi da qualche portone secondario.
Nel frattempo sono passati, nell’indifferenza totale, gli assessori Vladimiro
Kosic, Federica Seganti e Vanni Lenna. Alla fine, però, Renzo Tondo ha
affrontato l’«agguato» e si è fermato a discutere con una trentina di
rappresentanti del Circolo Miani che ieri pomeriggio aspettavano al varco il
governatore, «colpevole» a loro dire di non aver mai risposto in due mesi a
quattro richieste ufficiali d’incontro sul problema Ferriera.
Il presidente della Regione, uscendo in strada, ha strabuzzato gli occhi davanti
al gruppetto che l’applaudiva ironicamente. È partito pure qualche «Bravo
Renzo!», mentre due videocamere gli puntavano addosso per registrare la sua
reazione e dirottarla subito su You Tube.
Tondo, accerchiato dai manifestanti ma controllato a vista da due guardie
giurate del palazzo, ha sfoggiato toni amichevoli e calma olimpica. «Ragazzi, io
non so che dirvi adesso, sapete bene che per me la Ferriera va chiusa ma dovete
lasciarmi quindici giorni, per concludere il mio percorso informativo sul
problema, acquisendo tutte le informazioni del caso da Arpa, Azienda sanitaria e
altri attori istituzionali. È inutile che ci vediamo oggi e vi dica ”vedremo”,
se avete due settimane di pazienza ci incontriamo, così vi potrò dire qualcosa
di concreto».
Cinque minuti di confronto civilissimo sono dunque bastati per darsi
appuntamento a «fra 15 giorni». Ma di più la tregua non durerà. «Tondo non può
dire di non conoscere il problema - così Maurizio Fogar, l’anima del Circolo
Miani - perché lui la Regione l’ha retta già prima di Illy, in un periodo in cui
la questione era già ben nota e discusssa. Comunque siamo d’accordo che entro 15
giorni ci incontrerà. Ma se non lo farà, ogni giovedì si troverà sempre più
cittadini ad aspettarlo davanti all’uscita di questo palazzo».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19
giugno 2008
Rigassificatore, via libera all’impianto di Trieste
- Il ministero dell’Ambiente approva il progetto del gruppo spagnolo Gas Natural
SVOLTA PER L’AREA INQUINATA EX ESSO
TRIESTE Il progetto del gruppo spagnolo Gas Natural per il rigassificatore
nell’area ex Esso del porto di Trieste ha ottenuto il via libera dalla
Commisssione Via (Valutazione d’impatto ambientale) del ministero dell’Ambiente.
Lo ha comunicato ieri Bruno Agricola, della Direzione generale per la
salvaguardia ambientale del ministero.
Superato quello che, a detta degli esperti, rappresenta lo scoglio principale,
la conclusione dell’intero iter potrebbe ora avvenire nel giro di sette, otto
mesi.
I passi successivi, che richiederebbero un tale arco di tempo, sono tre:
l’autorizzazione integrata ambientale; la conferenza dei servizi per l’intesa
con la Regione; il decreto del ministero delle Attività produttive (subordinato
all’ok della conferenza dei servizi) che dà il via libera alla costruzione.
La realizzazione dell’impianto, che avrà una capacità di 8 miliardi di metri
cubi di gas all’anno e richiederà un investimento è di 550 milioni di euro, è
vista con favore da gran parte degli ambienti politici ed economici. A
cominciare dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, che lo ha ribadito di
recente, precisando però che si tratta di una decisione che «va presa concordata
con i ministeri, la popolazione, le autorità e il Porto».
Il fronte dei favorevoli prosegue con l’assessore regionale all’ambiente Vanni
Lenna, anche se il governatore Renzo Tondo ha mostrarto una certa prudenza, e
con il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che un mese fa ha legato la
realizzazione del rigassificatore a un accordo industriale che apra nuovi
business per la Lucchini-Severstal così da indurre il gruppo siderurgico a
chiudere la Ferriera.
«E’ una decisione che riapre una serie di importanti opzioni per la citttà –
commenta l’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis –. La giunta è
favorevole alla costruzione dell’impianto purchè ci siano alcune contropartite:
la bonifica dell’area; royalties o opere utili alla città; l’ingresso di AcegAps,
con una quota significativa, nella società di gestione, faatto che porterebbe
benefici sia al Comune sia alla cittadinanza».
Che la costruzione del rigassificatore sia un’opportunità da cogliere è stato
ribadito qualche giorno fa anche dal presidente di Assindustria, Corrado
Antonini, in un incontro con il presidente della Regione, Tondo. «Non possiamo
che salutare con soddisfazione e interesse questo primo passaggio – ha
dichiarato a caldo Paolo Battilana, direttore di Assindustria –. Abbiamo più
volte ribadito che riteniamo il rigassificatore un’opera utile per il
territorio, sia sul piano economico, considerati i minori costi energetici per
le aziende e lo sfruttamento della catena del freddo, sia sul piano ambientale,
visto l’impegno di Gas Natural per la bonifica dell’area».
Che il rigassificatore sia una priorità per abbattere i costi dell’energia per
le imprese la ha detto a chiare lettere anche il presidente del Consorzio
energia di Assindustria (nonchè presidente di Wärtsilä Italia) Sergio Razeto,
che ha messo in luce, tra l’altro, anche il ritorno occupazionale sia nella fase
di realizzazione dell’impianto sia in quella della gestione.
Ad attendersi in qualche modo il via libera del ministero dell’Ambiente (anche
se manca ancora il decreto del ministro Prestigiacomo) è il presidente dell’Ente
zona industriale, Mauro Azzarita: «A livello governativo l’avevano promesso –
osserva – e quindi c’è soddisfazione per una vicenda che va verso una
conclusione positiva». Tra i vantaggi della realizzazione dell’impianto Azzarita
ricorda in particolare la bonifica dell’area ex Esso, inclusa nel Sito inquinato
di interesse nazionale, e l’avvio di una catena industriale del freddo: «Solo
un’azienda delle dimensioni di Gas Natural – osserva – dispone delle risorse (40
milioni di euro, ndr) per bonificare quella che forse è l’area pegggiore sul
piano dell’inquinamento. Lo sfruttamento del freddo prodotto a costi inferiori
rispetto a quelli dell’energia elettrica – aggiunge – oltre a un vantaggio per
diverse aziende già operanti, può essere un’attrattiva anche per nuove imprese,
non escluse quelle farmaceutiche».
GIUSEPPE PALLADINI
Fedriga: il Corridoio 5 non passi per Trieste - A TUTELA DEL CARSO
- Il deputato leghista: sì solo alla bretella che ci collega alla Tav
«Il corridoio 5 non deve passare per Trieste». Alla voce del consigliere
regionale della Lega Federico Razzini si affianca ora quella del deputato del
Carroccio Massimiliano Fedriga. «Noi non siamo contrari a questo asse
infrastrutturale - spiega Fedriga in una nota - ma non può attraversare Trieste,
piuttosto si deve studiare un piano alternativo per non toccare la città
giuliana», così da non intaccare il Carso triestino.
«Viceversa, ritengo utile la bretella di collegamento tra Trieste e il Corridoio
5 - precisa Fedriga - che permette di sviluppare il commercio e mettere Trieste
al centro del passaggio europeo senza devastare la nostra zona. La bretella deve
essere nel lotto unico con la tratta del Corridoio 5 che passa per il
Friuli-Venezia Giulia così da garantire la costruzione dell'infrastruttura
richiesta dalla Lega».
Oltre 1600 firme in difesa degli alberi di piazza Libertà - Il Comitato
annuncia banchetti in tutta la città e non esclude il ricorso legale contro il
progetto
Oltre 1600 firme in difesa degli alberi di piazza Libertà, raccolte grazie al
passaparola. Un numero destinato a lievitare nei prossimi giorni, quando il
comitato in lotta contro il Comune e il suo progetto di riqualificazione della
piazza passerà alla carica, dispiegando i banchetti in centro città per
accaparrarsi centinaia di altri consensi. La conferma arriva da Ilaria Ericani,
portavoce del Comitato per la salvaguardia degli alberi di piazza Libertà, un
sodalizio di cittadini, supportati da Italia nostra, Wwf, Lav, il gruppo di
Beppe Grillo e l’Associazione orticola del Friuli Venezia Giulia tra fiori e
piante.
Il comitato sta definendo in queste ore il calendario della protesta: «La
richiesta per la sistemazione dei banchetti è già stata inoltrata: ci aspettiamo
di raggiungere il maggior numero possibile di persone, che stanno comunque già
mostrando grande interesse per la questione - spiega la Ericani -. Adesso stiamo
anche valutando, da un punto di vista giuridico, sia la possibilità di lanciare
una petizione online, da affiancare a quella cartacea - sia i presupposti legali
per un’eventuale opposizione al progetto. Il nostro obiettivo - aggiunge - è
impedire che un polmone verde venga sacrificato per un progetto che non è di
effettivo interesse pubblico».
Il sodalizio aveva deciso di affilare le armi quando, alcune settimane fa, il
Consiglio comunale, durante una lunghissima e turbolenta seduta in notturna,
aveva approvato la riqualificazione dell’area antistante la stazione
ferroviaria. Il restyling prevede l’eliminazione di una decina di metri del
giardino sul lato di via Ghega e il taglio di un numero ancora non definito di
alberi (qualcuno parla di cinque esemplari, altri di più di dieci). L’assessore
ai Lavori pubblici Franco Bandelli aveva tentato di mediare, promettendo che
tutti i tronchi sarebbero stati ripiantumati altrove, ma ai comitati non era
bastato.
Da qui la decisione del sodalizio di ingranare la marcia e partire in quarta con
la protesta. «Il regolamento sul Verde pubblico - afferma ancora Ilaria Ericani
- autorizza l’abbattimento di alberi di grandi dimensioni solo in caso di
effettivo interesse pubblico: per questo chiediamo che ci venga dimostrata
l’impellente necessità di cantierare quest’opera. Il progetto comprometterebbe
l’immagine di quella che il sindaco ama definire ”la cartolina d’ingresso della
città”. Dipiazza ci aveva a suo tempo ascoltati, trovando le nostre perplessità
ragionevoli, ma - aggiunge - per mantenere gli equilibri interni alla sua
maggioranza, ha dovuto accettare un progetto che lui stesso si è astenuto dal
votare in Consiglio».
Uno degli intenti principali del Municipio sta nello snellire il futuro traffico
legato all’apertura del Silos. «Ma le corsie destinate alle auto, previste nella
zona adiacente a via Ghega - spiega la portavoce del comitato - servono solo ad
accorpare in una sorta di autostrada le direttrici che attualmente ruotano
attorno al giardino in senso unico. Inoltre la variante in questione
risulterebbe scollegata da un piano generale del traffico, ancora da definirsi».
Tanti i nodi presenti, secondo i componenti dei comitati, nel disegno
urbanistico del Comune. Un esempio? La prevista piattaforma pedonale davanti
alla stazione ferroviaria. «Non ci risultano città in cui il fronte-stazione sia
stato pedonalizzato - spiega la Ericani -. Solitamente i viaggiatori, quando
scendono dal treno, non pensano a portare a spasso le valigie, ma a trovare un
mezzo di trasporto».
ELISA COLONI
Muggia, l’ateneo consulente del Comune - Accordo per Piano regolatore,
museo scolastico ecologico e percorsi ambientali
Polo educativo nella Valle di San Bartolomeo: sarà il nucleo del Parco marino
MUGGIA Non un semplice apporto di conoscenze scientifiche ma una fonte di
progetti concreti per il territorio, come la realizzazione di un museo diffuso
delle energie rinnovabili o i percorsi tematici che permetteranno la
riqualificazione di Santa Barbara. È lo scopo della convenzione-quadro tra
Comune di Muggia e Università di Trieste, siglata ieri dal sindaco Nerio
Nesladek e dal rettore Francesco Peroni.
«Uno dei vari aspetti della collaborazione – afferma Nesladek - riguarda la
pianificazione territoriale: dovremo predisporre il nuovo Piano regolatore e
l’Università è un soggetto terzo d’indubbia competenza che si pone quale valido
intermediario tra le necessità del pubblico e le legittime aspirazioni degli
investitori privati». «La firma formalizza una collaborazione già avviata. Sono
lieto - ha detto Peroni - che il Comune muggesano abbia inteso avvalersi della
nostra consulenza: non capita spesso che le amministrazioni si affidino agli
atenei e questo fa onore a Muggia che opera su principi d’interesse collettivo».
Uno dei progetti avviati è quello dello sviluppo dei percorsi tematici
storico-ambientali: avrà ricadute non solo culturali. Tra le iniziative già
partite figura infatti la campagna di scavi al Castelliere di Elleri. Grazie ai
fondi ottenuti si riqualificheranno le zone del borgo di Santa Barbara che
costituiranno l’accesso all’area. Tra le altre iniziative, oltre alla già
avviata bonifica di Acquario, la creazione di un Polo di educazione ambientale
marina nella Valle di San Bartolomeo. Il Laboratorio del Centro costituirà il
nucleo fondante del Parco marino transfrontaliero. Un’ulteriore cooperazione
riguarda la realizzazione di un museo sulle energie rinnovabili nella scuola di
San Rocco: sarà diffuso su tutto territorio puntando a un sistema di formazione
ambientale marina destinata alle scuole medie che ampli il Progetto Aula blu in
funzione di uno sviluppo del turismo scolastico, visto come fonte economica. Tra
Comune e Università già attive altre importanti sinergie: coinvolgono specie i
ricercatori del Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e recupero
ambientale) e il Sistema museale di Ateneo (smaTs).
(g.t.)
PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI', 18
giugno 2008
INTEL E IBM ALL'INSEGNA DEL FOTOVOLTAICO
Anche i due big si apprestano a fare ingenti investimenti nel settore delle
energie rinnovabili
Roma - Le eterne rivali dei microprocessori entrano nell'affollato novero di
aziende impegnate nella produzione di tecnologie fotovoltaiche, con l'intento di
offrire alternative a prezzi accessibili a quanti siano alla ricerca di fonti di
energia dai costi meno proibitivi di quelle dipendenti dall'attuale prezzo folle
del dollaro.
L'obiettivo è comune, ma le modalità per raggiungerlo sono diverse. Intel ha
scelto la strada delle spin-off, annunciando la fondazione della società
SpectraWatt che si occuperà della costruzione di una nuova fabbrica nello stato
USA dell'Oregon, con l'obiettivo di commercializzare i primi pannelli solari
nella seconda parte dell'anno in corso.
SpectraWatt potrà inizialmente contare sull'apporto di 50 milioni di dollari
investiti dal chipmaker di Santa Clara, e di ulteriori finanziamenti provenienti
da società quali Goldman Sachs, PCG Clean Energy and Technology Fund e Solon AG.
IBM, dal canto suo, ha scelto la strada in solitaria basando i propri sforzi su
una nuova tecnologia proprietaria messa a punto dalla divisione Research della
corporation, costituita da cellule fotovoltaiche composte da sottili film di
rame, indio, gallio e selenide.
Il nuovo composto a membrana dovrebbe secondo le intenzioni garantire
l'abbattimento dei costi di produzione, una flessibilità di impiego senza pari -
inclusa la possibilità di sviluppare cellule con cui rivestire le mura degli
edifici - e soprattutto una resa energetica maggiore rispetto a quella offerta
dalle tecnologie attuali, passando dal 6%-12% al 15% dell'energia solare totale
convertita in energia elettrica. Collaborerà con IBM la produttrice giapponese
Tokyo Ohka Kogyo.
Alfonso Maruccia
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18
giugno 2008
«La Tav passi per Gorizia, non Trieste» - Razzini:
il tracciato va deviato per evitare di devastare il Carso - SÌ ANCHE ALL’ITER
SEPARATO PER LA TERZA CORSIA
TRIESTE I percorsi burocratici di autostrada e ferrovia, all'interno del
Corridoio V, vanno separati. Ma questo, per la Lega Nord, deve servire anche a
ripensare tutto il tracciato, Ronchi - Trieste compresa. «Siamo favorevoli alla
separazione dell'iter della terza corsia da quello della linea ferroviaria ad
alta capacità. E ancor più a una revisione complessiva del tracciato della
ferrovia» precisa il consigliere regionale Federico Razzini. «Disgiungere i due
iter e possibilmente i due tracciati è una fortuna per il Friuli Venezia Giulia
- spiega Razzini -. Continueremo a insistere su una revisione dell'intero
tracciato perché il progetto di realizzare 30 chilometri di galleria sul Carso,
senza sapere quelle che potrebbero essere le conseguenze geologiche e con il
rischio di devastare un territorio unico, è una follia progettuale». La
posizione della Lega è semplice: da un lato eliminare tutti gli impedimenti che
rallentano la realizzazione della terza corsia, dall'altra realizzare una linea
ferroviaria ad alta capacità che passi per Gorizia invece che per Trieste. «I
triestini - conclude - non hanno alcun interesse a veder deturpato il loro
territorio. Far passare il corridoio V per Gorizia da un lato darebbe al
progetto un baricentro friulano che oggi non ha e dall'altro consentirebbe
comunque un progetto di valorizzazione del polo intermodale di Ronchi».
Cultura dell’ambiente: come salvare Muggia e le sue coste inquinate
Il sindaco Nesladek si appella all’università per consentire l’uso
industriale dei terreni ancora non vincolati
MUGGIA Si parla di tutela di beni culturali attuata attraverso interventi
con l’ausilio di tecnologie avanzate, approcci scientifici al recupero di siti
contaminati, gestione dei rifiuti, salvaguardia di acque dolci e costiere e
qualità dell'aria a Porto San Rocco, dove da ieri e fino al 20 giugno si tiene
l'XI congresso nazionale di Chimica dell'ambiente e dei beni culturali. Un
esempio potrebbe essere quello dei rigassificatori nel golfo e la loro
convivenza con il Parco del mare, il cui progetto è stato illustrato dal
presidente camerale, Antonio Paoletti.
Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, si è soffermato sulle problematiche
ambientali del territorio di Muggia, che «soffre di pesanti retaggi in quanto
non c’è un centimetro di costa che non sia sottoposto a vincoli legati
all’inquinamento. Riteniamo che sia necessario l’intervento di un soggetto
qualificato, che garantisca imparzialità tra l'amministrazione e i privati che
potrebbero voler investire nelle poche aree libere da vincoli, per questo
intendiamo rafforzare il rapporto con Università ed enti scientifici». «Dalla
conoscenza alle strategie di intervento» il tema dei lavori, che affronteranno
un tema molto attuale: la qualità dell’aria e l’impatto di sorgenti industriali,
inceneritori e agenti inquinanti emessi dal petrolio.
Gianfranco Terzoli
RISERVA NATURALE - Val Rosandra, apre il centro visite
SAN DORLIGO DELLA VALLE Apre il centro visite della Riserva naturale regionale
della Val Rosandra. La struttura, in attesa dell’inaugurazione definitiva che
dovrebbe avvenire ad agosto, è aperta ai visitatori sabato e domenica dalle 10
alle 18. Al centro visite è possibile avere informazioni storiche e
naturalistiche sul territorio, e sulla Val Rosandra in particolare, e a breve
sarà possibile effettuare visite guidate nella Riserva.
IL PICCOLO - MARTEDI', 17
giugno 2008
Dipiazza: «Con la Lucchini dialogo sul rigassificatore»
- Il sindaco attacca Azzarita sulle bonifiche: disse a Lenna che non servivano
soldi statali
DAI GIOVANI IMPRENDITORI - «Città industriale? Io non la voglio». E
poi «altro che sogni, o piani strategici spessi così, servono idee da
sviluppare, progetti che siano compatibili con la realtà, e penso per esempio al
nuovo Mercato ortofrutticolo per un’area vasta che faremo alle Noghere perché a
fine ottobre avremo la nuova Grande viabilità».
Roberto Dipiazza, ieri pomeriggio, ha parlato per oltre due ore a Palazzo Ralli,
ospite dei Giovani inprenditori dell’Associazione industriali, per un incontro
istituzionale aperto ai giornalisti.
Pungolato dalla presidente dei Giovani imprenditori Michela Cattaruzza
Bellinello, presente pure il direttore di Assindustria Paolo Battilana, il
sindaco non ha mai perso il timone del colloquio. Il consueto tono
confidenziale, la battuta sempre in canna e la solità abilità nel guadagnarsi il
ruolo di unico protagonista snocciolando risultati e aneddoti del suo mandato,
prima a Muggia e poi a Trieste.
Una Trieste - ha lasciato intendere Dipiazza davanti ai suoi interlocutori - che
per garantirsi un futuro promettente dev’essere attraente (da qui la necessità
dei cantieri cittadini per rimettere a nuovo piazze e strade) e allo stesso
tempo funzionale per reggere la propria vocazione naturale di «capitale d’area».
«Da una parte - così il sindaco - c’è Venezia e dall’altra Lubiana, sopra c’è
Vienna e Trieste sta in mezzo. Dobbiamo essere città di porto e città di
cultura, cercando di stare il più possibile ancorati al concreto, al
realizzabile».
I punti di forza della Trieste di domani - secondo il primo cittadino - si
chiamano Porto Vecchio e rigassificatore a terra. E una Servola senza più
Ferriera. «Con la Lucchini-Severstal - ha aggiunto a questo proposito Dipiazza -
stiamo andando avanti con un discorso futuro collegato al rigassificatore. Tanto
questi la chiudono appena finisce il regime di Cip6, scappano il giorno prima.
Il gas, invece, è una grande opportunità. Avremo in casa, a gratis, il business
legato alla catena del freddo, senza contare poi che AcegasAps diventerebbe a
sua volta una sposa dalla dote importantissima. La prospettiva è fare nel
Nord-Est una multiutility seconda in Italia solo a quella di Roma».
Il sindaco, divorando le domande che gli venivano poste, ne ha avute poi un po’
per tutti.
Per il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita: «Sulla bonifica del sito inquinato
abbiamo rischiato di buttare all’aria tutto perché il presidente Azzarita aveva
detto all’assessore regionale Lenna che i soldi dello Stato in fondo non
servivano».
Per le mire di Luka Koper sullo Scalo legnami: «E se poi arrivano lì e piazzano
degli stock che restano fermi per anni e anni? Sono sempre più convinto che da
Fiume a Ravenna si debba tutti collaborare a livello portuale, ma pensando anche
ai nostri interessi, la concorrenza va preservata».
E anche per il numero uno dell’Authority Claudio Boniciolli: «Ha reclamato sui
media il 40% dell’autoporto di Fernetti, senza prima voler discutere le modalità
di valutazione delle quote, e con le azioni di forza si è impantanato».
Il primo cittadino ha servito infine una stoccata al tessuto produttivo
triestino. Proprio nel quartier generale degli imprenditori: «Se volete sapere
cosa mi dà fastidio, vi dico tutti quegl artigiani che arrivano ogni giorno in
città dal Pordenonese e oltre. Dovrebbe essere il contrario. Serve, in generale,
più voglia di lavoro».
PIERO RAUBER
PIAZZA LIBERTÀ - Gli alberi si rimpiantano
Intendo rispondere alla lettera della signora Cesàro ( 24/5/08) che si chiede
come mai si voglia intervenire ancora in piazza Libertà, dopo quel tanto già
fatto e speso, e abbattere alberi per far posto a strade. Si vede che la signora
non va in detta piazza al mattino e alla sera quando c’è il gran flusso dei
pendolari che, anziché prendere il sottopasso (scomodo) per arrivare ai bus,
sciama sulla strada e fa slalom tra le auto con gran pericolo per sé e gli… auti.
E nemmeno va con l’auto a prendere il treno detta signora, altrimenti si
accorgerebbe della gran difficoltà di accostarsi al marciapiede di stazione
perché là ci stanno due autobus (17 e 33) che ingombrano (quando addirittura 3
cioè il fuoriservizio). Non solo, ma per chi viene da via Ghega, il semaforo non
aiuta, perché come viene lo stop per le auto da viale Miramare, scatta subito il
verde per le auto da via Pauliana che piombano come razzi sugli illusi che hanno
l’idea sempliciotta di voler accostarsi al marciapiede di stazione. Per
accompagnare poi amici o familiari ai treni non c’è posto per auto perché non si
trova né in viale Miramare, né in via Flavio Gioia. Ci sarebbe posto al vicino
Silos: ci andai una volta ma ora non più perché oltre alle strettoie di rampa ti
occorre poi il filo di Arianna per ricuperare l’auto. E io detto filo non ce
l’ho! Questa è una situazione che dura da almeno 30 anni. Io ho protestato più
volte, ma non serve. Ora l’amministrazione comunale ci propone un piano di
traffico rinnovato in detta zona, che secondo me è rivoluzionario perché mai in
50 anni ci è stato un tale cambiamento in città, se si eccettua l’apertura della
galleria di piazza Foraggi sotto il Gma. Con esso si garantisce la tranquillità
e la sicurezza per tutti coloro che usano il treno e vien fatta una migliore
distribuzione dei bus in zona. Cosa che non esiste oggi per cui se non sono
ancora successi gravi incidenti in piazza Libertà occorre gridare al «miracolo»
e mi aspetto… che La Curia di Trieste lo certifichi. Quanto agli alberi essi
crescono, vivono e muoiono come gli umani. Si tagliano alcuni e se ne piantano
altri, occorre farne un problema di sopravvivenza? O una ragione per non
cambiare mai nulla? Faccio però un appunto a detto piano. Visto così il progetto
di massima sul giornale non vedo posto per le auto che accompagnano i passeggeri
ai treni. Non ho visto o vedo male? Prego il progettista di non dimenticarsi di
questo problema. Va benissimo per me anche il parcheggio a pagamento: massimo 1
ora. Dopodiché multa. Così si accontentano tutti!
Sergio Callegari
IL PICCOLO - LUNEDI', 16
giugno 2008
Campania, tracce radioattive in un carico di rifiuti
- EMERGENZA IMMONDIZIE NEL MERIDIONE
I militari bloccano il camion diretto alla discarica di Savignano Irpino
presso Avellino - Intercettati due Tir che dal Foggiano stavano trasportando
sostanze pericolose
La Russa: «È la prova che l’intervento dei soldati sta funzionando»
NAPOLI Tracce radioattive sono state trovate in un carico di rifiuti che
doveva essere conferito nella discarica di Savignano Irpino. Il carico, ha reso
noto la struttura del sottosegretario Guido Bertolaso, è stato immediatamente
isolato e riportato nel sito di trasferenza per essere smaltito in appositi
impianti.
Il carico contenente rifiuti ospedalieri sul quale sono state rilevate lievi
tracce di materiale radioattivo, in particolare Iodio 131, una sostanza usata in
medicina e comunque non pericolosa al punto che viene somministrata ai pazienti
negli ospedali, è stato infatti bloccato all'ingresso della discarica. Ne è nato
un giallo, con il direttore dell'impianto, Liberato Imperato, che ha smentito la
presenza di materiale radioattivo parlando solo di rifiuti impropri come bende e
cateteri, e il generale Franco Giannini, responsabile del settore
tecnico-operativo della struttura di Bertolaso, a confermare la scoperta.
«Questa mattina - ha detto Giannini - durante i controlli, abbiamo rilevato in
un carico rifiuti ospedalieri dove c'erano tracce radioattive di Iodio 131». A
quel punto, ha aggiunto il generale, «abbiamo rimandato al sito di trasferenza
di Pantano d'Acerra il carico, per consentire ai vigili del fuoco di effettuare
ulteriori controlli e per cercare di risalire al responsabile dello sversamento».
La struttura diretta da Bertolaso ha anche presentato una denuncia all'autorità
giudiziaria. «È evidente - proseguono dalla struttura - che i rifiuti
ospedalieri devono essere smaltiti attraverso una filiera completamente diversa
da quella prevista per i rifiuti solidi urbani. L'episodio conferma - si
sottolinea - l'accuratezza dei controlli».
E non lontano da Savignano, quaranta quintali di rifiuti pericolosi destinati
alla Campania per essere smaltiti illecitamente, sono stati sequestrati dai
carabinieri della compagnia di Montella (Avellino). Il carico era trasportato da
due tir provenienti dal Foggiano e diretti in Alta Irpinia.
I benefici derivanti dallo sversamento a Savignano tardano tuttavia a farsi
sentire. Se la situazione a Napoli città tende a migliorare con 1900 tonnellate
di rifiuti ancora a terra, così non è per la provincia, specie per l'area
flegrea e quella vesuviana. Ne risente anche il turismo degli scavi
archeologici: ad Ercolano cumuli enormi sostano vicino alle Ville Vesuviane,
agli Scavi archeologici e nell'area mercatale di via IV Novembre.
Il sindaco, Nino Daniele, denuncerà la grave crisi in cui versa la città
vesuviana oggi a Napoli nell'incontro in programma con il sottosegretario
Bertolaso.
Proteste nel Casertano, infine, con un corteo antidiscarica cui hanno preso
parte centinaia di persone.
«Ho fatto pervenire al generale Giannini il mio grande apprezzamento per il
lavoro svolto dai suoi uomini che ha permesso di bloccare il carico» su cui sono
state rilevate tracce di sostanze radioattive. Lo ha detto il ministro della
Difesa Ignazio La Russa sottolineando che proprio il ritrovamento «dimostra
ancora una volta come nell'assolvimento dei propri compiti, in collaborazione
con le forze dell'ordine, i militari impegnati a Napoli stiano svolgendo un
ruolo prezioso di cui tutti gli siamo grati».
Le forze dell'ordine, «e, quando richiesti i militari - aggiunge La Russa - sono
al servizio dell'Italia per garantire la sicurezza interna ed esterna e il
rispetto delle leggi, ciascuno nell'ambito dei propri compiti».
IL PICCOLO - DOMENICA, 15
giugno 2008
Sito inquinato, Assindustria preme su Tondo - L’area di
cui si chiede la bonifica si estende dalla Ferriera fino alla valle delle
Noghere
La posizione è chiara: nell’area ex Esso si possono creare 80 posti di lavoro
diretti e ben 320 indiretti
I soldi già stanziati e non impegnati entro il termine dei tre anni rischiano di
venire perduti
TRIESTE È grave la situazione di impasse per le imprese quella del sito
inquinato di Trieste che va dalla Ferriera alla valle delle Noghere, è una delle
prime urgenze che ha il comparto industriale triestino, il tessuto è bloccato e
non c’è la possibilità soprattutto di dare spazio a nuovi insediamenti
produttivi. Il presidente degli Industriali di Trieste Corrado Antonini lo ha
ripetuto chiaro e forte nei giorni scorsi al nuovo presidente della Giunta
regionale, Renzo Tondo. È uno tra i primi incontri che Tondo fa con gli
industriali, e quella con Antonini, che oltre a rappresentare Assindustria è
anche presidente di Fincantieri, non è stata la solita visita di cortesia come
recita il cerimoniale. Lo conferma il fitto promemoria, cinque pagine, di nodi
da risolvere consegnato al nuovo governatore. Sito inquinato, distretti, le
esigenze di finanziamento per le imprese, il Fondo Trieste, il nodo del Porto.
Ma anche il rigassificatore e, ultima questione spinosa, la Ferriera.
Sito inquinato
Gli industriali, ha spiegato Antonini, hanno la necessità di trovare un percorso
condiviso da enti e istituzioni per superare la «grave situazione di empasse per
le imprese». C’è un accordo di programma rispetto al quale «l’Assindustria non
ha nascosto alcune perplessità». Servono modifiche migliorative e che riguardano
innanzitutto la tutela di chi non è responsabile dell’inquinamento. Poi non
bisogna prevedere l’esplicita possibilità di procedere all’allargamento del
sito. Infine la quantificazione economica che i «soggetti privati sono tenuti a
transare» su inquinamento e responsabilità. Non ci deve essere una ripartizione
in base a un semplice criterio di occupazione di superficie.
Distretti
Assindustria punta ai progetti di collaborazione fra imprese piccole e grandi e
«confida» che la Regione a questi «attribuisca valenza strategica».
L’associazione ha partecipato alla creazione soprattutto di due distretti,
quello della navalmeccanica legato a Fincantieri (2700 occupati, indotto con 550
fornitori, 200 tecnologici, ordini per 350 milioni), poi quello del caffè. Resta
da «rafforzare» la vocazione industriale del distretto di Biomedicina molecolare
che «andrebbe modificato in un distretto di scienze della vita» e che comprende
le biotecnologie mediche, industriali, farmaceutiche e vegetali. Questo
aiuterebbe a creare un unico sistema universitario. Al progetto è legata la
ristrutturazione dell’ospedale di Cattinara (90 milioni) dove sono previsti 10
mila mq per questo settore.
Finanziamenti
Presi in esame vari capitoli, la Legge regionale 47 del 78 sui progetti di
ricerca, e gli industriali chiedono un adeguato rifinanziamento per la copertura
di tutte le domande già presentate e istruite oltre a un consistente
stanziamento per le nuove domande (160 in regione). C’è poi la legge Sabatini
per agevolazioni all’acquisto di macchinari «sarebbe auspicabile un’assegnazione
di risorse» sostiene Assindustria. Adeguata copertura finanziaria viene chiesta
anche per la legge 7 del 2004 per premiare le aziende che effettuano
investimenti diretti a miglioramento ambientale, sicurezza e mezzi.
Fondo Trieste
C’è un problema, riguarda i fondi non impegnati entro il termine dei tre anni.
Rischiano di venire persi. Perciò gli Industriali chiedono che la Regione si
muova con il Governo per farsi riassegnare le somme «perenti» al ministero
dell’Economia e che rientrino al Fondo Trieste
Porto
Antonini spiega che è stata fatta già presente all’Autorità Portuale che è
necessario trovare spazi in Porto nuovo. Bisogna abbattere i magazzini obsoleti,
creare nuovi piazzali, avviare finalmente la costruzione della piattaforma
logistica. Grande l’attenzione per il recupero funzionale del Porto vecchio.
Rigassificatore
La posizione degli industriali è chiara e sostiene il progetto on shore,
nell’area ex Esso. Ci sono in ballo 550 milioni di euro di investimento, 40
milioni solo per le bonifiche ambientali, c’è l’opportunità di ospitare nuovi
insediamenti per l’industria del freddo. 80 i nuovi posti di lavoro diretti e
ben 320 quelli indiretti. Insomma, è un «opportunità da cogliere».
Ferriera
È all’ultimo punto, ma non per importanza. Antonini nel promemoria consegnato a
Tondo fa una fotografia della situazione e chiede che si parta da questa per «la
definizione di qualsiasi progetto di riconversione». Basta scorrere i dati
iniziali per avere un’idea. fatturato del 2007 di 200 milioni di euro, quota
rilevante di tasse tra Ici, Tarsu, canoni, 21 milioni di salari, 10,4 milioni si
spese di approvigionamento, 545 dipendenti (94% locali) in maggioranza tra i 31
e 40 anni, fornitura vitale di ghisa alla Sertubi e decollo con i traffici
portuali nel Terminal rinfuse.
GIULIO GARAU
Trebiciano, residui e bitumi in una dolina - NON LONTANO DALLA PISTA
CICLABILE - Diverse famiglie chiedono al Comune di costituirsi parte
civile contro i vandali
TRIESTE Chiedono al Comune di costituirsi parte civile presso le autorità
competenti contro coloro che, di recente, hanno lordato una dolina non lontana
dal centro abitato di Trebiciano. A farlo diverse famiglie della località
carsica, che domandano al sindaco di agire in prima persona contro vandali
capaci di inquinare con bitumi e altri residui una dolina non distante dalla
nuova pista ciclabile che attraversa il paese e giunge sino al confine.
A tale riguardo sono state raccolte sinora 130 firme. Persone che si dicono
stanche di tutti gli atti che rovinano l’ambiente carsico. «Siamo stanchi di
essere uno degli immondezzai di centro e periferia – afferma Virgilio Zecchini,
uno dei residenti e firmatari della petizione rivolta a sindaco e Comune –. Una
fama che Trebiciano si è costruita senza colpa alcuna, se non quella,
inesistente, di aver ospitato una discarica che ormai da tempo non funziona. Chi
ha inquinato la dolina con materiali bituminosi è ben più che colpevole di
coloro che si liberano di vecchi elettrodomestici e altri inerti. Olii e catrame
possono inquinare il Timavo sottostante, oltre a devastare l’habitat naturale di
caprioli e altri animali».
Secondo Zecchini, la colpevole consuetudine di disfarsi di oggetti e sostanze
inquinanti nei boschi provocherebbe anche un abbassamento dell’indice di qualità
abitativa del paese, causando un deprezzamento delle proprietà di chi vive nella
zona. «Per queste ragioni chiediamo al Comune di mobilitarsi in prima persona,
al fine di stroncare coloro che, inquinando e sporcando i nostri dintorni, ci
recano grave danno in modo diretti e indiretti».
«Sui ritrovamenti dei bidoni contenenti i residui bituminosi si è fatta un po’
di confusione – interviene Marco Milkovich, presidente della circoscrizione
Altipiano Est – visto che quei contenitori erano dei raccoglitori dei rifiuti
presenti nella dolina, appartenenti a un lotto di bonifica del Comune per quell’area.
Ciò non toglie che il problema dell’inquinamento delle doline e di altri luoghi
del Carso è una questione rilevante ed estesa a tanti siti. Sul Carso in
generale, e non solo in Trebiciano, si è scaricato tanto e male in barba alle
più elementare regole di decenza ed educazione».
(m.l.)
SEGNALAZIONI - NUCLEARE - Centrali a rischio
Le notizie sui guasti della centrale di Krsko sono molto allarmanti. Si dice che
non c'è da preoccuparsi, ma lo stesso si diceva di Chernobyl e poi si è visto di
quali situazioni devastanti si hanno avuto tracce, quindi noi ci preoccupiamo e
molto e non crediamo alle dichiarazioni dei governi. Inoltre mi pare pazzesco
che si abbia una centrale nucleare a 100 km da Trieste e non si protesti per il
suo smantellamento. Nessuna centrale nucleare andrebbe costruita in prossimità
dei centri urbani, come questa slovena, e sarebbe ancora meglio che nessuna
centrale nucleare fosse costruita mai, in ogni caso dovrebbero essere collocate
in aree deserte e lontanissime dalla vita. Detto questo, anche se il fatto di
Krsko non dovesse costituire gravità reale, c’è da dire che la possibilità
invece di un fatto grave pende sulle nostre teste tutti i giorni, e che se si
verificasse sarebbe inutile andare a vedere se ci sono radiazioni o no, perché
ogni provvedimento sarebbe inutile e saremmo contaminati ancor prima che
scoppiassero le emergenze che peraltro non siamo pronti a fronteggiare. Vorrei
infatti che il Comune ci informasse su quale assistenza e su quale protezione
avremmo in caso di incidenti gravi visto che i cittadini non sono dotati né di
abbigliamenti contro le radiazioni, né di maschere e sono totalmente all’oscuro
di cosa dovrebbero fare. Invece in società civili come la Svizzera si provvede
prima dei disastri ad istruire e dotare la popolazione di quanto necessario per
proteggersi, ma lì non sono guidati da dirigenti di supermercati ma da serio
personale attento al Paese e alla popolazione.
Ezio Franzutti
IL PICCOLO - SABATO, 14
giugno 2008
Tondo a Genagricola: «Aperto agli Ogm» - Giuseppe
Perissinotto: «Puntiamo alle biomasse, siamo pronti. Troppa burocrazia»
RIUNITA A TRIESTE LA SOCIETÀ AGRO-INDUSTRIALE DEL LEONE
«Gli Ogm sono il futuro e possono rappresentare la vera chiave di volta per
risolvere alcuni dei problemi che flagellano il nostro mondo: la fame e
l’esaurimento delle fonti energetiche. Dobbiamo farcene una ragione: in Friuli
Venezia Giulia devono poter convivere le colture tradizionali e quelle
geneticamente modificate. È una sfida cui non possiamo non rispondere, e la
possibilità che sul nostro territorio vengano coltivati Ogm sarebbe da prendere
in considerazione». Così il presidente della Regione Renzo Tondo, ieri durante
il suo intervento al convegno «Emergenza alimentare: ogm sì o no?», svoltosi nel
palazzo delle Assicurazioni Generali di via Trento.
Al dibattito, organizzato da Genagricola (holding del Leone, ad oggi la maggiore
società agro-industriale italiana, con 10mila ettari di terreni coltivati, e
presente anche in Romania con due unità agricole) e dall’Accademia nazionale
dell’agricoltura, in collaborazione con Confagricoltura, hanno partecipato
medici, economisti, giornalisti scientifici, docenti universitari, oltre a Renzo
Tondo e al numero uno di Genagricola Giuseppe Perissinotto. Sul tavolo sono
state messe luci e ombre di quelli che il presidente di Genagricola ha voluto
definire più volte «organismi geneticamente ”migliorati”. Così dovrebbero essere
chiamati - ha spiegato -. L’espressione ”ogm” ha sempre creato allarmismi
infondati: con gli ogm si può tentare di risolvere, almeno in parte, il problema
della scarsità di cibo e di risorse energetiche».
Giuseppe Perissinotto, infatti, da anni porta avanti la sua battaglia personale
in difesa dell’energia verde e delle biotecnologie. Da oltre un anno Genagricola
(colosso della terra che conta 26 aziende specializzate nella produzione di
vino, frutta, grano, barbabietole da zucchero, soia, erbe mediche,
nell’allevamento di bovini, suini e pesce, che nel 2007 hanno fatturato
30.305.000 euro) attende le autorizzazioni necessarie per mettere a «reddito
energetico», nell’azienda agricola di Cà Corniani in provincia di Venezia, 300
ettari coltivati a mais, convertendoli in combustibile, energia elettrica e
calore. «Noi puntiamo molto sulle biomasse e siamo pronti - ha sottolineato
Perissinotto -. Peccato che per ricevere tutte le autorizzazioni necessarie
servano tempi così lunghi. La politica deve dare risposte nuove».
L’appello lanciato da Perissinotto è stato condiviso dal presidente
dell’Accademia nazionale di agricoltura Giorgio Amadei, che ha sottolineato come
l’utilizzo degli Ogm nella nostra Regione potrebbe «ridurre il rischio di
perdere parte del raccolto di mais, se questo venisse modificato geneticamente e
reso resistente agli apirolidi, che possono distruggere anche il 40% del
raccolto di mais di un’intera stagione». Anche il presidente di Confagricoltura
Federico Vecchioni, ha proposto il lancio di una campagna di sensibilizzazione
sulle biotecnologie con gli agricoltori e con il mondo accademico e scientifico.
Perissinotto e molti degli intervenuti al dibattito hanno sostenuto la necessità
che la classe politica ora si impegni su questo fronte. E la risposta della
politica non si è fatta attendere. Anzi, è arrivata forte e chiara: «Bisogna far
passare il concetto che gli Ogm sono necessari, facendo capire alla gente che
non c’è nulla di negativo e catastrofico nel loro utilizzo - ha spiegato il
governatore Tondo -. Contrapporli alle colture tradizionali è sbagliato».
ELISA COLONI
Oltre cento i «diplomati» in ambiente - CONCLUSO IL CORSO ORGANIZZATO DALLA
LIPU
L'ambiente, in particolare la salvaguardia della fauna, della flora e degli
habitat naturali della provincia di Trieste stanno molto a cuore ai triestini.
Al corso formativo gratuito «Natura 2008» promosso dalla Lipu (Lega italiana
protezione uccelli) in collaborazione con il Corpo forestale regionale hanno
partecipato quasi duecento persone di età, sesso e status occupazionale
diversissimi tra loro che hanno seguito il ciclo di 14 incontri sul patrimonio
ambientale del nostro territorio, mirato a far conoscere gli elementi principali
degli ecosistemi locali e le buone pratiche da mettere in atto per la
conservazione della biodiversità della provincia.
Gli attestati di frequenza al corso sono stati consegnati l’altro pomeriggio
nella sala del Consiglio della Provincia ai 101 corsisti che si sono guadagnati
il diploma per aver seguito oltre il 70% delle giornate di studio,
dall'assessore alla protezione ambientale Dennis Visioli e da Maurizio Rozza
della Polizia ambientale della Provincia. «È stata una gradevole sorpresa per la
Lipu - ha commentato Rozza - scoprire quanta attenzione esista nei confronti
dell'ambiente da parte di persone diversissime tra loro, unite dal comune
desiderio di imparare e di voler diventare dei cittadini consapevoli e
responsabili».
Gli incontri settimanali si sono svolti tutte le settimane a partire da metà
marzo al liceo Oberdan: le lezioni - tenute da docenti ed esperti in campo
geologico, naturalistico e biologico, come Franco e Fabio Perco, rispettivamente
zoologo e ornitologo, Franco Zuppa biologo della Riserva marina di Miramare e la
naturalista Aila Quadracci - hanno approfondito tematiche quali flora e
vegetazione, mammiferi, anfibi, rettili, pesci d'acqua dolce, il regno dei
funghi e lo studio geologico degli antichi ambienti del Carso. Organizzato anche
tre uscite pratiche per visitare tre delle più belle realtà naturali del
territorio di casa nostra. Ai primi di ottobre partirà la seconda fase di
«Natura 2008». Informazioni alla Lipu, tel 328.6951039 e 340.7399686, e-mail
lipu_trieste@yahoo.it.
Patrizia Piccione
Strage di alberi - EX MADDALENA
Strage di alberi della Maddalena. Dall'11 aprile ho visto una dozzina di lettere
di protesta sulle Segnalazioni, alle quali il sindaco Dipiazza ha risposto l'1
giugno con una «lectio magistralis» di ben 150 righe su «le colonie feline». Il
tutto in risposta ad un tale che ha dei gatti nel condominio, e al quale, cito,
«sono stati già forniti i richiesti chiarimenti sia verbalmente che per iscritto
su un argomento che sembra interessare non poco i nostri concittadini» (sic!).
Qualcosa mi sarà sfuggito, ma degli alberi non si parla... Vorrebbe, bontà sua,
il sindaco dissertare della Maddalena? Sul perché il regolamento comunale che
salvaguarda il verde cittadino non è stato rispettato? Chi sono i fannulloni che
non hanno fatto il proprio dovere di applicarlo? Perché un referendum per il
ponte sul canale e invece silenzio per la Maddalena? Un silenzio sospetto, un
blitz improvviso, lo sporco lavoro eseguito con incredibile velocità per gli
standard cittadini.
Tanto ai mandanti, architetti e costruttori, con le loro belle ville sul Carso,
il verde non manca... Insomma mi sembra una bella speculazione edilizia. Mi
piacerebbe che qualche Pm rovistasse un po’ nelle scartoffie di questo affare
per avere la tranquillità che pur nella segretezza, tutto sia stato corretto.
Su piazza Libertà, il sindaco Dipiazza, 24 maggio: «Sanno solo lamentarsi... gli
ambientalisti sanno bene, l’hanno sentito in commissione, che alla fine gli
alberi da sacrificare probabilmente saranno non più di cinque...».
Ma perché gli alberi, maestosi e centenari non hanno nessun diritto? Se sono
centenari significa che ci hanno messo un centinaio di anni per diventare così!
Non si posssono sostituire con qualche alberello, mi sembra ovvio.
Comunque non si risolve il problema, resta sempre la strettoia di inizio via
Cavour, e il traffico avrà sempre due curve come adesso, inoltre i viaggiatori
dovranno attraversare tutta la piazza per prendere l'autobus.
Tempo fa si parlava di fare il nuovo asse di scorrimento dietro il parco
ferroviario dietro il Silos con sbocco in piazza Duca degli Abruzzi, un bel
rettilineo senza intralci, oramai non c’è il problema Porto Vecchio.
Vorrebbe, bontà sua, il sindaco dissertare anche di questo? Grazie.
Valter Radakovic
Appello agli enti locali: salvate la pregevole roverella di via Antoni
Visto l’articolo apparso sul Piccolo del 3 giugno, si segnala che in via Antoni,
oltre alla roverella centenaria, esiste tuttora un altro esemplare che, seppure
più giovane, ha un notevole pregio naturalistico; va inoltre ricordato che un
terzo esemplare, sicuramente ultracentenario, è stato abbattuto una decina di
anni fa.
A seguito di tale taglio, considerando la difficoltà a intervenire nella
manutenzione con personale sufficientemente esperto, nonché una diffusa moria di
cedri contigui dovuto al proliferare di Armillaria, è stato richiesto, al fine
di garantirne la sopravvivenza, che l’albero in oggetto (per la precisione
Quercus pubescens Willd) venisse inserito fra i monumenti naturali della nostra
regione.
Le mie richieste inoltrate a intervalli regolari dal 2003 al 2008 prima al
Comune di Trieste, poi alla Regione Friuli Venezia Giulia, hanno portato
l’ufficio preposto (Direzione centrale risorse agricole, naturali, forestali e
montagna della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia) a confermarmi che «nel
rispetto della normativa vigente (L/R 9/2007, Decreto 0313/Pres/1995) e delle
disponibilità operative e di bilancio, è dovere dell’amministrazione regionale
promuovere la migliore tutela possibile del notevole patrimonio arboreo della
regione..., si terranno in particolare conto le istanze dirette all’inserimento
nell’elenco prodotte dai proprietari delle piante».
Alla luce di ciò, e della vita grama del verde cittadino, ho motivo di credere
che le speranze di sopravvivenza della roverella si stiano assottigliando e che
al momento del reperimento dei fondi per il censimento ufficiale (o per
eventuali altri interventi), molto probabilmente l’Armillaria, o qualche altro
agente patogeno, avrà compiuto la propria opera.
Maria Luisa Nesbeda
IL PICCOLO - VENERDI', 13
giugno 2008
GRANDI OPERE IN FRIULI VENEZIA GIULIA - La Regione dà
la priorità alla terza corsia: la Tav fa perdere almeno due anni e mezzo
TRIESTE Le Ferrovie, paventando ritardi e finanziamenti europei a rischio,
protestano. Ma la Regione insiste: se non si svincola il tracciato della terza
corsia da quello della ferrovia, l’autostrada non sarà potenziata entro il 2017.
Ciò non significa rinunciare alla ferrovia ad alta velocità/alta capacità, ma
solo accelerare l’allargamento di un’A4 al collasso. «Può un territorio
proiettato in Europa e con una vocazione industriale spiccata aspettare ancora
per avere un’autostrada a tre corsie? La risposta la lascio al territorio»
chiede, infatti, l’assessore ai Trasporti, Riccardo Riccardi.
La domanda naturalmente è retorica. Nella migliore delle ipotesi il progetto
della ferrovia – ammesso che sia pronto entro il 31 dicembre (data di scadenza
per presentare il preliminare) – potrebbe superare l’esame del Cipe tra due anni
e mezzo, per cui l’autostrada dovrebbe attendere al palo ancora quel tempo.
Questo porterebbe il progetto a superare la scadenza – già ritenuta lontanissima
- del 2017. Anche con il commissario in campo. «Le pratiche per l'avvio della
realizzazione della terza corsia della A4 sono molto avanzate – spiega Riccardi
- mentre per quanto riguarda la tratta ferroviaria della Tav siamo ancora in una
fase precedente al progetto preliminare. Per approvare il progetto preliminare
della terza corsia sulla A4 ci abbiamo messo 28 mesi. Fare una ferrovia è un po’
più complicato, quindi io immagino che questi tempi siano necessari soltanto per
approvare la fase preliminare del progetto della Tav». In sostanza, dunque, «i
tempi autorizzati dell'iter progettuale della ferrovia sono molto indietro
rispetto a quelli dell’A4 e, pertanto, va considerata l'ipotesi di disgiungere i
procedimenti per la formalizzazione dell'avvio delle opere, senza escludere che
in futuro la ferrovia possa sorgere parallelamente all’autostrada, come ha fatto
il Veneto alcuni mesi fa». Separare oggi i due iter non pregiudicherebbe quindi
il fatto che la progettazione possa ricalcare il tracciato già concordato.
Una cosa comunque è certa, la Regione intende prendere queste decisioni con il
territorio. «Faremo una valutazione serena e di buon senso coinvolgendo anche
enti locali. Ricordo però che la progettazione dei lotti per l'autostrada -
aggiunge Riccardi - sta procedendo speditamente in Veneto, mentre in Friuli
Venezia Giulia sta procedendo il quarto lotto, che non ha il problema dell'affiancamento
con la ferrovia. Il terzo lotto è in attesa di avere l'avanzamento
procedimentale della Tav».
La partita per rivedere l’iter procedurale non è comunque semplice. Entro un
paio di giorni Friuli Venezia Giulia e Veneto dovrebbero formalizzare la
richiesta dello stato di emergenza della autostrada A4. Il governo dovrà quindi
recepirlo attraverso un decreto del presidente del Consiglio e, sulla base delle
criticità evidenziate, nominare il commissario straordinario. Sul nome non ci
saranno sorprese, le Regioni l’hanno individuato nella figura di Bortolo
Mainardi, già commissario straordinario per le infrastrutture del Nordest. Se
l’iter di autostrada e ferrovia saranno separati, il commissario – con pieni
poteri – potrebbe anticipare i tempi di costruzione dell’opera anche di un paio
d’anni. Ma il commissario non può invece modificare la delibera Cipe con la
quale è stato suggellato il destino comune delle due opere. Per separare il
«destino» di Tav e terza corsia, la Regione dovrà di nuovo vedersela con il Cipe.
E quindi con Roma.
Martina Milia
Acquistati due nuovi treni - COSTANO UNDICI MILIONI DI EURO
UDINE La Regione acquista due nuovi treni per migliorare il servizio del Friuli
Venezia Giulia. Costo complessivo: 11 milioni di euro. Ma lo Stato contribuisce
con 4.808.558 euro.
La giunta, su proposta dell’assessore ai Trasporti e alle Infrastrutture
Riccardo Riccardi, ha infatti autorizzato nella seduta di ieri la stipula di una
convenzione con il ministero dei Trasporti per definire modi e tempi di
erogazione dei 4.808.558 euro assegnati dal ministero stesso al Friuli Venezia
Giulia ancora a fine 2006, proprio per gli investimenti sul parco rotabile
regionale.
Con la convenzione, come spiega Riccardi, la Regione potrà incassare il
contributo, in tre rate negli anni 2007-2009. I due nuovi veicoli che entreranno
in servizio sulla rete regionale sono due elettrotreni in composizione a quattro
casse ad alimentazione elettrica. Il loro acquisto è possibile grazie al
contributo statale e al finanziamento diretto della Regione che ammonta a più di
6 milioni di euro.
La giunta di Fiume contro l’Ina: chiudete la raffineria di Mlaca - Aria
inquinata, l’esecutivo ordina lo spostamento entro il 2010
Attualmente sono impegnati nel sito circa 500 operai, potrebbero essere
ridotti a 150 unità
FIUME Nuovo e sollecito appello della giunta cittadina di Fiume all’unica
compagnia petrolifera croata, la zagabrese Ina, affinché provveda allo
smantellamento e al trasferimento della raffineria presente nel rione fiumano in
Mlaca.
«Lo spostamento va eseguito entro il primo gennaio 2010 - si legge nelle
conclusioni dell’esecutivo del sindaco Vojko Obersnel - rispettando quanto già
chiesto dal consiglio comunale. La chiusura e la rimozione degli impianti
costituiscono una misura quanto mai necessaria dopo che è stato constatato più
volte che Fiume è, insieme a Sisak (altra raffineria dell’Ina) e Kutina
(industria petrolchimica), tra le città croate con il maggiore inquinamento
atmosferico. Inquinamento - si prosegue - derivante in gran parte dalle
emissioni di anidride carbonica e acido solfidrico provenienti dagli
stabilimenti in Mlaca».
A fare reagire i membri dell’esecutivo è stata la recente presa di posizione del
governo croato (l’Ina è infatti di proprietà dello Stato e dell’ungherese Mol),
secondo il quale la raffineria fiumana deve continuare a lavorare, a prescindere
dalle richieste che arrivano dal capoluogo quarnerino. A cozzare con quanto
espresso dalla compagine ministeriale di centrodestra era stato il documento
diffuso tre giorni fa dalla direzione dell’Ina che parla di una chiusura
parziale in Mlaca. Un documento proposto quale risposta alla giunta municipale
fiumana sul destino futuro della raffineria e nel quale si precisa che - data la
penuria di mezzi - l’Ina non può modernizzare tutti gli impianti in Mlaca, ma ne
dovrà chiudere un paio, mentre altri resteranno funzionanti.
L’esperta in materia di tutela dell’aria presso la raffineria in Mlaca, Milica
Lulic, si è presentata nella seduta dell’esecutivo Obersnel ribadendo che alcuni
stabilimenti andranno incontro a chiusura entro i prossimi mesi (produzione
bitume, gasolio da riscaldamento e olio di base minerale), mentre andrà avanti
l’impianto blending, il quale necessita di una ventina di maxiserbatoi.
Dagli attuali 500 occupati, si dovrebbe insomma arrivare a 150. «Voglio
specificare - ha detto la Lulic - che gli impianti chiusi non saranno
smantellati e quindi trasferiti altrove, ma resteranno in loco e saranno
conservati. In ogni caso, posso assicurare che la chiusura totale della
raffineria di Mlaca è un progetto non realizzabile nei prossimi anni».
L’aria che si respira a Mlaca e nei quartieri vicini è da mesi classificata di
terza categoria, cioè rientra nella categoria di aria inquinata.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12
giugno 2008
Tondo in Slovenia, un patto sul nucleare - Presto
un tavolo bilaterale. Rigassificatori, bocciata l’ipotesi dell’impianto nel
golfo
ENERGIA E SICUREZZA NEL DOPO-KRSKO
Missione nella capitale slovena. Rupel: «Ieri ho visto Bush, oggi Tondo» Il
governatore: «Sul nucleare coinvolgerò Frattini e Berlusconi»
Colloquio con Rupel: dopo lo stop con Illy Lubiana entrerà nell’Euroregione
Già nel 2007 l’allora ministro D’Alema aveva prospettato l’interesse italiano
per la centrale atomica attraverso l’Eni
LUBIANA Un patto col governo sloveno in materia di energia e sicurezza, di
stretta attualità dopo il caso Krsko, è stato sottoscritto ieri dal presidente
del Friuli Venezia Giulia Tondo. Nei colloqui col ministro degli Esteri sloveno
Rupel è stato annunciato anche che Lubiana, dopo lo stop con Illy, entrerà nell’Euroregione.
Rigassificatori: bocciata da entrambe le delegazioni il progetto dell’impianto a
mare nel golfo di Trieste.
Il presidente Renzo Tondo sceglie la vicina Slovenia per esordire ufficialmente
nelle relazioni internazionali. E Lubiana ringrazia: nella sala del ministero
degli Esteri dove si svolgono i lavori accanto alla bandiera di casa e di quella
dell’Unione europea c’è anche quella italiana. Un trattamento che il protocollo
impone soltanto per le visite dei ministri. Una formalità che è anche un
messaggio di disponibilità della vicina Repubblica nei confronti del governatore
e dell’Italia. Disponibilità che accompagna l’incontro di oltre un’ora tra il
ministro degli Esteri Dimitrij Rupel e Renzo Tondo.
I temi al centro dei colloqui vanno dalle infrastrutture alle minoranze, dai
trasporti all’Euroregione. Ma il tema forte del pomeriggio è quello degli
approvigionamenti energetici. E quindi del nucleare. «Ieri ho incontrato il
presidente americano George Bush, oggi Renzo Tondo» esordisce Rupel. «Così
finite in bellezza» scherza il governatore del Friuli Venezia Giulia.
Il clima sereno si traduce immediatamente in un concetto che Rupel esprime in
modo chiaro per quanto mascherato dal linguaggio diplomatico. «Abbiamo parlato
di molti argomenti e abbiamo gettato le basi per una serie di progetti comuni
tra due popoli che vivono accanto e tra i quali c’è e ci sarà una crascente
collaborazione - dichiara Rupel -. Questa cooperazione è utile e opportuna anche
nel campo degli approvvigionamenti energetici. La Slovenia è favorevole a una
cooperazione con il Friuli Venezia Giulia e con l’Italia sull’energia e quindi
anche sul nucleare. Per quanto riguarda Krsko abbiamo dato prova della nostra
trasparenza». Il tema è centrale per lo sviluppo del Paese e per quello del
Friuli Venezia Giulia. L’energia scarseggia e soprattutto il suo costo lievita
anche per l’impazzimento planetario del prezzo del petrolio. La Slovenia ha una
centrale nucleare a Krsko della cui esistenza l’Italia si è ricordata soltanto
per il guasto e il conseguente allarme di mercoledì scorso. «Il sistema di
sicurezza e di collegamento tra le protezioni civili ha funzionato - spiega
Tondo - e questo dimostra che i cittadini possono stare tranquilli. È molto
positivo che la Slovenia valuti opportuna la cooperazione anche sull’energia
atomica sulla quale dopo oltre vent’anni è pronto a investire. Mi farò carico di
trasmettere ai nostri ministri competenti Scajola e Frattini e quindi a Silvio
Berlusconi i risultati dell’incontro con il ministro Rupel, sollecitando l’avvio
di un tavolo bilaterale a livello di governo sull’energia e sul nucleare e sugli
altri temi. La possibilità che il Friuli Venezia Giulia e l’Italia possano
partecipare al raddoppio di Krsko? Non esiste nessun progetto approvato per il
potenziamento della centrale. I tavoli comunque partiranno subito perché,
d’accordo con il governo sloveno, non è necessario aspettare le elezioni
politiche di settembre».
Il ministro Rupel annuisce. L’annuncio di un raddoppio della centrale è
politicamente pericoloso per chi deve presentarsi davanti agli elettori tra soli
tre mesi (il 22 settembre). Quindi Lubiana non conferma nè smentisce. Ma i ben
informati riferiscono che il progetto c’è. E una partecipazione italiana o
regionale (magari attraverso Friulia) potrebbe consentire in tempi medi un
accesso privilegiato a forniture di energia a costi più contenuti.
Con un’operazione poco compromettente per gli equilibri del territorio (le
critiche degli ambientalisti ma anche degli amministratori locali) Tondo
potrebbe soddisfare le richieste di chi (industriali e imprese in primis) fa
pressioni sull’amministrazione regionale per avere energia a prezzo più basso di
quello attuale. Del resto già nel 2007, nel corso di un vertice in Slovenia, era
già stato Massimo D’Alema, il ministro degli Esteri dell’allora governo Prodi, a
delineare un interesse italiano per Krsko con il coinvolgimento dell’Eni.
Sui rigassificatori ieri le due delegazioni hanno concordato sulla bocciatura di
quello a mare nel golfo di Trieste, mentre resta aperta l’eventuale opzione per
la struttura a terra. E si è parlato anche di un possibile rafforzamento
dell’elettrodotto italo-sloveno dell’isontino.
Ma le ragioni della politica, specie tra gli sloveni in odor di elezioni,
impongono la prudenza. Una piccola tirata d’orecchi all’Italia arriva da Rupel
solo sulla tutela della minoranza slovena nel nostro Paese. «Questa mattina ho
incontrato una delegazione della minoranza - spiega Rupel - e ho riferito a
Tondo che l’Italia non ha ancora adempiuto ad alcuni passaggi. Ho proposto di
costituire una commissione regionale per la tutela della minoranza e la
necessità della firma del decreto che definisca le aree nelle quali applicare il
bilinguismo visivo. Comunque negli ultimi anni la collaborazione con l’Italia in
questo settore è molto migliorata, e ho trovato grande disponibilità dal
presidente del Friuli Venezia Giulia».
«A questo proposito - risponde Tondo - c’è la necessità di guardare sempre più
all'integrazione europea, lavorando insieme per favorire la coesione ed il
superamento di antiche barriere».
CIRO ESPOSITO
METANO DAL MAR NERO A TRIESTE - Gazprom conquista il mercato balcanico
Austria e Slovenia: sì al nuovo gasdotto
TRIESTE Sono grossi cordoni ombelicali sotterranei, ben dipanati e in cui scorre
il gas o il greggio, i nuovi «lacci» con i quali la grassa Russia lancia la sua
«offensiva» economica e politica nei confronti della sempre più assetata di
energia Unione europea. Ora è stato definito anche l’ultimo tratto di questa
sofisticata rete di tubi. Il direttore generale di Gazprom, il colosso
energetico russo, Aleksej Miller ha annunciato che sia l’Austria che la Slovenia
hanno aderito al consorzio che costruirà il cosiddetto ramo meridionale del
metanodotto italo-russo. Un’opera che prevede un investimento complessivo di 16
miliardi di dollari e la cui costruzione dovrebbe iniziare nel 2010.
Miller non è sceso nei particolari circa il tracciato dell’infrastruttura, ma
secondo alcune fonti il progetto prevede che le grosse tubazioni si dipanino
dalla Russia e raggiungano la Bulgaria passando sotto il Mar Nero. Qui il
metanodotto si scinderà in due tronconi. Il primo correrà attraverso la Grecia
per collegarsi all’Italia meridionale passando quindi sotto il Mar Ionio. Il
secondo, invece, attraverserà la Serbia, l’Ungheria, l’Austria, la Slovenia per
raggiungere l’Italia settentrionale. Il punto di arrivo dovrebbe essere Trieste
dove esiste già il terminal petrolifero dell’Oleodotto transalpino e in futuro
ci potrebbe essere anche un rigassificatore.
Il metanodotto segue quindi una linea molto simile al concorrente «Nabucco»
progettato dall’Unione europea che convoglierà il gas dalla Turchia, attraverso
la Bulgaria, la Romania, l’Ungheria fino in Austria. Concorrente perché è
nell’intenzione dei progettisti di diminuire così la dipendenza dell’Ue dal gas
russo. La struttura dovrebbe essere operativa nel 2013 e in grado di
«trasportare» 30 miliardi di metri cubi di metano. Per quanto riguarda, invece,
il progetto di metanodotto italo-russo di Gazprom il tracciato dello stesso,
secondo alcune fonti, sarebbe già stato approvato dalla Grecia, dalla Serbia,
dall’Ungheria e dalla Bulgaria. Questi ultimi due Stati fanno parte anche del
gruppo di Paesi che cooperano al progetto «Nabucco». Secondo le dichiarazioni
del direttore generale, Aleksej Miller, Gazprom ha da gennaio ad aprile di
quest’anno già estratto 200 miliardi di metri cubi di metano, quasi 4,2 miliardi
in più di quanto estratto nello stesso periodo del 2007.
I due nuovi metanodotti costituiscono la fase più avanzata del mutamento
geopolitico che ha interessato i Balcani negli ultimi vent’anni. La
frantumazione della ex Jugoslavia, l’ingresso di Slovenia, Ungheria, Bulgaria e
Romania nell’Ue, con la Croazia che dovrebbe tagliare il traguardo comunitario
nel 2009 e con la Serbia che scalpita, hanno fatto sì che Mosca, dalla «Guerra
fredda» sia passata oggi alla battaglia energetica, mettendo in campo i suoi
pezzi da Novanta: Gazprom, come detto, ma anche Lukoil che è pronta a riversare
il suo greggio nei depositi costieri croati della Dalmazia e punta ad assumere
la gestione del rigassificatore che Zagabria vuole costruire sull’isola di
Veglia. E siccome il futuro politico passerà inevitiabilmente per i destini
energetici del Vecchio continente, la Russia si sta già preparando. Per recitare
un ruolo da protagonista.
MAURO MANZIN
«Il nuovo tracciato A4 mette a rischio la Tav» - TERZA CORSIA: LO STOP
AL PARALLELISMO AUTOSTRADA-FERROVIA
Dubbi delle Fs: rifare il protocollo con i Comuni farebbe perdere altri 2
anni e i soldi stanziati dall’Ue
TRIESTE Se si blocca la procedura per l’avvio della Tav, togliendo il
parallelismo del tracciato fra A4 e ferrovia, «si rischia che la linea ad alta
velocità/alta capacità in regione non si faccia più. Perché si rischia di
perdere i finanziamenti che l’Unione europea sta per assegnare per la
prosecuzione della progettazione». La preoccupazione arriva direttamente da
fonti delle Ferrovie che stanno seguendo con una certa apprensione la volontà
della nuova giunta regionale di eliminare il parallelismo tra autostrada e
ferrovia per evitare che i tempi dell’autostrada restino legati a quelli della
Tav. Questo significherebbe superare il protocollo sottoscritto lo scorso
febbraio tra i sindaci e la Regione – con alcune defezioni – e per Ferrovie
«perdere altri due anni di lavoro. Con il rischio che, continuando a rinviare
l’opera, non si faccia più. Si continua a parlare di trasferire su gomma il
trasporto su strada, ma se andiamo avanti così si farà prima la quarta corsia
della Tav». Una previsione nemmeno tanto lontana dalla realtà visto che, nel
tracciato individuato da Rfi e Autovie Venete, è già previsto lo spazio per la
quarta corsia. Nel braccio di ferro che potrebbe crearsi tra Regione e Ferrovie,
la società di trasporti potrebbe puntare i piedi su quanto già determinato dal
Cipe nel 2005 ovvero la necessità di «garantire l’armonizzazione dell’opera con
la linea ferroviaria AV/AC Tratta Venezia-Ronchi dei Legionari, al fine di
ottimizzare le interferenze tra le due opere, con particolare attenzione alla
realizzazione dei sovrappassi e dei sottopassi ed alle opere di mitigazione e
compensazione». Ma se la terza corsia non può attendere i tempi di realizzazione
dell’alta velocità, d’altro canto le ferrovie rischiano di veder saltare il
progetto della Tav. L’unica tratta al sicuro, al momento, è la Ronchi-Trieste i
cui lavori partiranno nel 2010. Al problema che interessa strettamente il Friuli
Venezia Giulia, si aggiunge la situazione del Veneto dove la discussione sul
tracciato è ancora aperta e gli interrogativi non sono pochi. Prevedere quando
sarà realizzata l’intera tratta Venezia Trieste sembra impossibile. Una
soluzione di compromesso, nel caso del Friuli Venezia Giulia, potrebbe essere
svincolare subito il tracciato dell’autostrada e proseguire in modo indipendente
con il tracciato della ferrovia. Questo non vieterebbe alle ferrovie di
progettare comunque una tratta in affiancamento all’autostrada, ma creerebbe
nuovamente il problema alla base della decisione del Cipe: se autostrada e
ferrovia vengono realizzate in tempi diversi – ammesso che il progetto
ferroviario sia poi ritenuto dal Cipe compatibile con quello autostradale –
bisogna prevedere una spesa ulteriore per il rifacimento dei cavalcavia. Nella
prima ipotesi – quella di un affiancamento anche in terra veneta – il preventivo
di spesa era di circa 300 milioni di euro. Nel momento in cui il Veneto ha
deliberato il totale non affiancamento dell’autostrada alla ferrovia, il
sovrapprezzo cavalcavia si è “dimezzato”. Resterebbe la spesa aggiuntiva (quindi
per il disfacimento e rifacimento dei cavalcavia) solo per la tratta Portogruaro
Gonars, stimabile in 120 – 150 milioni di euro. Non poche risorse, certo, ma
senza dubbio ben spese se questo consentisse di abbreviare i tempi di
realizzazione dell’autostrada.
Risorse che comunque qualcuno dovrà stanziare e al momento nessun soggetto – né
le Ferrovie, né le Regioni né tanto meno lo Stato – sembra disponibile a
sborsarle.
Martina Milia
L’acquisto di treni al vaglio della giunta - IERI L’INCONTRO CON I SINDACATI
SUL TPL
TRIESTE La Regione è pronta all’acquisto di nuovi treni. Se ne parlerà oggi
nella seduta della giunta Tondo sulla base di una relazione dell’assessore
Riccardo Riccardi che sta definendo con il ministero alcune questioni sul
trasporto pubblico locale. Ma di Tpl Riccardi ha parlato pure ieri con Cgil,
Cisl e Uil e con le sigle di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uilt-Uil. Il
Trasporto pubblico locale, ha spiegato l’assessore, richiede «scelte urgenti» di
fronte alla necessità di rinnovare i contratti con i gestori del servizio su
gomma e rotaia. Riccardi ha quindi condiviso la strategia della giunta Illy di
arrivare a una stretta integrazione modale e tariffaria fra i due tipi di
trasporto ma, ha precisato, «vanno ripensati tempi e modi per arrivare a questo
traguardo». La giunta odierna servirà anche a preparare il vertice di
maggioranza di lunedì. Tra le priorità le modifiche sul commercio, gli
aggiustamenti sul friulano, il monitoraggio sul reddito di cittadinanza e la
sanità.
PIAZZA LIBERTÀ - Ennesimo restauro
Povera me - dice piazza della Libertà, specchiandosi nelle pozzanghere
dell’ultimo acquazzone - devo essere proprio brutta, se vogliono riqualificarmi
per la terza volta! Eppure, se mi guardo intorno, non mi sembra di essere tanto
male. Ho una dimensione armoniosa, tanti palazzi decorosi mi circondano. Ma
soprattutto c’è al centro un bel giardino, da poco sistemato, con la statua di
Sissi, che i triestini amano tanto, con piante e panchine. Un po’ sporco, se
vogliamo, per l’inciviltà di alcuni cittadini e una pulizia non sempre accurata.
Ma ci sono in compenso tanti alberi grandi, belli, sani, che d’estate, quando la
calura opprime i passanti, offrono una pausa di piacevole freschezza. Vedo tanta
gente che si ferma a riposarsi, a leggere il giornale, a scambiare due
chiacchiere o in attesa della partenza di un treno. Certo, il silos sta
mostrando di nuovo segni di degrado, c’è tutta la zona del porto vecchio in
attesa di essere finalmente restituita alla città. Ma il progetto di modificarmi
non risolverà nessuno di questo problemi. Si vuole pedonalizzare la parte
antistante la stazione, spostando le fermate degli autobus. Ma vi immaginate i
viaggiatori spesso trafelati, che si trascinano dietro i bagagli, percorrere
tutto quello spazio in più per arrivare ai treni? Ma quale stazione al mondo non
prevede che si possa arrivare direttamente davanti all’entrata? E le cinque –
sette corsie che si vogliono disegnare dalla parte opposta? Si dice per
permettere un traffico più ampio e scorrevole. Sarebbe bello, se, in andata e al
ritorno, non ci fosse l’imbuto di Barcola che blocca ogni slancio. Che facciamo?
Allarghiamo la strada costiera e eliminiamo la zona balneare di Barcola? Ah! Ah!
Chi ci provasse sarebbe un uomo morto. Evidentemente bisogna trovare soluzioni
diverse, che con me non hanno niente a che fare. Adesso veniamo però al punto
più grave. Per realizzare questo progetto è previsto il taglio di tanti alberi,
quegli alberi di cui parlavo prima, esseri viventi di cui la piazza e la città
hanno tanto bisogno, perché proteggono e ci offrono tanta bellezza, di cui non
possiamo, non dobbiamo privarci. In questa città, bella, ma dove gli edifici
prevalgono sul verde, sono stati tagliati anche troppi alberi e quelli piantati
ci metteranno decenni per crescere o sono arbusti che mai potranno sostituire
quelli tolti. Ma io spero nell’intelligenza degli uomini, che spesso si lasciano
sviare per insipienza o incapacità a cambiare idea, quell’intelligenza che
tuttavia ci ha permesso di essere oggi qui, con le nostre sconfitte, ma anche
con le tante vittorie. Il progetto si può ancora cambiare, i finanziamenti
possono essere dirottati su opere più utili. In fondo – dice Piazza della
Libertà, specchiandosi nelle pozzanghere dell’ultimo acquazzone - non sono poi
così brutta!
Marisa Zoppolato
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11
giugno 2008
Anche in Croazia una centrale nucleare SORGERÀ IN
SLAVONIA, A 410 KM DA TRIESTE
Proteste nel sito prescelto di Erdut. La Russia entra nella politica
energetica di Zagabria
Il presidente Sanader rompe gli indugi e dà il via libera alla realizzazione di
un impianto atomico: sorgerà in Slavonia a pochi chilometri da Osijek
Krsko: oggi Tondo incontra Rupel a Lubiana. Dopodomani sopralluogo italiano
TRIESTE «Nucleare? Sì, grazie». La Croazia non ha dubbi sulla sua futura
politica energetica. «La costruzione di una centrale nucleare per noi non è un
tabù», sostiene il primo ministro, Ivo Sanader facendo capire chiaramente che
quanto si andava vociferando nei corridoi del Sabor (Parlamento) solo qualche
settimana fa ora sta prendendo concretezza. E dopo l’incidente di Krsko diventa
un argomento «bollente».
Visto e considerato poi che i piani per la prima centrale nucleare croata, sulle
rive del Danubio, sono già pronti.
L’«idea atomica» croata non è nata però negli ultimi periodi post-indipendenza.
Quando il Paese era ancora una Repubblica della Federativa jugoslava esistevano
già dei progetti per la costruzione di un impianto atomico. I tre siti che erano
stati indicati erano quelli di Vir, sulla costa adriatica, di Prevlaca nelle
vicinanze di Zagabria ed Erdut, sul Danubio, nei pressi di Osijek, capoluogo
della Slavonia orientale, la quarta città croata con 100mila anime. Ci sono
anche le valutazioni su questi possibili siti e solo la fase di ricerca è
costata all’allora Jugoslavia, tra il 1979 e il 1990, qualche cosa come 30
milioni di dollari. Tutto però si è bloccato dopo la tragedia di Chernobyl, in
Ucraina. E così la centrale slovena di Krsko è rimasta l’unica operativa.
La moratoria emessa dalla Jugoslavia sulla costruzione di nuove centrali
nucleari è stata recepita anche dalla Croazia dopo l’indipendenza del 1991. Ma
oggi i tempi sono cambiati. Dopo il profilo basso tenuto in materia durante il
primo governo Sanader ora il premier nella sua seconda legislatura a guida del
Paese vuole premere sull’acceleratore. La moratoria potrebbe a breve subire una
modifica come confermano alcune fonti della «lobby atomica» che si è creata
attorno ai Banski Dvori. Così come è oramai certo che, scartati i siti
sull’Adriatico e quello vicino alla capitale, la nuova centrale sorgerà ad Erdut,
paesino che fu teatro di grossi scontri durante la guerra di indipendenza croata
e che per un periodo fu invasa dalle milizie serbe del defunto comandante Arkan
che addirittura ribattezzò il sito «Arkan-sas». Al criminale di guerra e ai suoi
uomini facevano gola i pozzi di petrolio che si trovano nell’area.
Per quanto concerne le valutazioni, quelle pubblicate una trentina di anni fa
restano ancora valide qualora la Croazia decidesse di dare il via al suo
progetto nucleare.
Visto poi che la dichiarazione «aperturista» di Sanader è giunta solo alcuni
giorni dopo l’incidente di Krsko, fonti diplomatiche sostengono che la Croazia
costruirà la sua centrale nucleare e sembra addirittura che in questa direzione
esista una sorta di tacito beneplacito dell’Unione europea cui la stessa Croazia
mira a far parte a partire dal 2009. Tutto lineare? Non proprio. La popolazione
di Erdut è già in rivolta. L’area, infatti, è tra le più fertili e produttive
del paese ex jugoslavo e gli agricoltori hanno già fatto sentire la propria voce
di protesta. Ma c’è anche il «partito» dei favorevoli che vedono nella
realizzazione della centrale la creazione di numerossisimi posti di lavoro. Un
po’ come è successo in Quarnero per il rigassificatore che sarà costruito a
Veglia. Prima grande opposizione, poi alla notizia che la struttura darà lavoro
a 11mila persone tutto sembra ora andare nella direzione del: «Si costruisca!».
Obiezioni, però, politicamente e diplomaticamente più consistenti, potrebbero
giungere dalla vicina Serbia che certo non vedrebbe di buon occhio una centrale
atomica a un centinaio di chilometri da Belgrado. I soliti «lobbisti» sono già
pronti anche a questa eventualità e non si esclude che Zagabria possa offrire a
Belgrado la prospettiva di costruire assieme la centrale per poi usufruire
entrambi del prodotto energetico che ne deriverebbe. Sta di fatto però che una
formula simile è in atto proprio sulla centrale di Krsko con la Slovenia (la
Croazia ne detiene una quota di proprietà). Formula che ha creato non pochi
dissapori tra i due Paesi e, sicuramente, Zagabria non ripeterà l’«errore»
qualche centinaio di chilometri più a Est.
La costruzione di una centrale nucleare va poi inserita nell’ottica più generale
della nuova politica energetica croata che sta trovando un grosso interesse in
un colosso del petrolio quale la Lukoil russa che sta già «mettendo il cappello»
in terra croata con l’acquisizione di depositi di greggio lungo la costa dalmata
e dimostrando grande interesse nella futura gestione del rigassificatore di
Veglia (Omislaj). In questa cooperazione potrebbe inserirsi anche quella di
fornire la tecnologia necessaria per edificare la centrale atomica ad Erdut. Un
giro d’affari da non sottovalutare in un settore estremamente competitivo. Una
questione di soldi sì, ma anche di geopolitica che permetterebbe alla Russia di
Putin di riuscire là dove fallì l’ex Unione sovietica. Ottenere cioè uno sbocco
operativo sul Mediterraneo gestendo più o meno direttamente un settore chiave
nel mondo odierno quale quello dell’energia.
Resta il rischio sismico per la centrale slovena - I DUBBI AUSTRIACI
- Gli esperti di Vienna: «Tutti i difetti tecnologici sono già stati risolti»
TRIESTE - Come in Italia anche in Austria, Paese che ha messo al bando
l’energia nucleare, l’incidente di Krsko in Slovenia ha sollevato grande clamore
e proccupazione. Tuttavia a gettare acqua sul fuoco è il responsabile della
sicurezza nucleare di Vienna, il professor Wolfgang Kromp. Egli sostiene,
infatti, in un’intervista rilasciata al quotidiano lubianese «Delo», che la
Slovenia sul «caso Krsko» ha agito con tempestività e secondo le procedure
europee.
Kromp sostiene, tra l’altro, che da un punto di vista della tecnologia e
dell’impiantistica la centrale di Krsko può considerarsi abbastanza sicura. Ha
però un punto debole. Si trova, secondo il professore austriaco, nel posto
sbagliato. Il pericolo è costituito dal fatto che l’area su cui sorge il
reattore è un’area sismica e ha già conosciuto in passato disastrosi terremoti.
«Alcuni anni fa - spiega Kromp al ”Delo” - ho fatto parte della commissione
incaricata di monitorare la sicurezza di Krsko. In effetti era una centrale che
aveva centinaia di difetti, i quali però, anche a fronte di spese altissime,
sono stati tutti risolti e oggi si può dire che ci troviamo di fronte a
un’ottima centrale nucleare dal punto di vista delle tecnologie assunte. Le
uniche lacune - precisa però - sono quelle del rischio sismico, alto nella zona,
per il quale sono state adottate sì delle contromisure che però sono ancora
insufficienti dal punto di vista della sicurezza».
Kromp non si sbilancia ad affermare che la centrale di Krsko è troppo «fragile»
anche perché, precisa, «non sono ancora terminate le misure sismologiche». «Come
mai? - chiede l’intervistatore - sono forse troppo care?». Il professore sorride
e risponde: «Forse non vogliono sapere dove stanno». Scherzi a parte Kromp
ribadisce che anche strutturalmente l’impianto sembra in buono stato, ma in caso
di sisma tutti i suoi componenti devono risultare al top. Se no c’è il collasso.
(m.manz.)
La mappa anti-radon del Friuli Venezia Giulia in dirittura d’arrivo
TRIESTE Si chiama radon ed è un gas radioattivo naturale: è il vero problema che
il Friuli Venezia Giulia deve risolvere. E il motivo è presto detto: il radon è
presente sul territorio regionale in concentrazioni più elevate che nel resto
d’Italia, con una media di 96 bequerel per metro cubo, e con picchi
preoccupanti. Il radon, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, è
infatti la seconda causa del tumore ai polmoni e provoca ogni anno 90 morti nel
solo Friuli Venezia Giulia.
L’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, ha messo in atto già dal 2000 una
serie massiccia di contromisure, con più di 20 mila misurazioni di lungo
periodo. Dapprima ha effettuato un check up di scuole ed edifici pubblici,
risanando quelli che sfondavano i limiti, poi è passata alle abitazioni private:
ne ha controllate 2.500. L’analisi dei risultati è ancora in corso ma, alla fine
dello scorso anno, dopo la prima elaborazione, risultava che il 14% delle case
censite presentavano valori al di sopra della soglia di attenzione. La campagna
di misurazione delle abitazioni, che ha coinvolto 1.500 volontari della
Protezione civile e non ha eguali in Italia, è finalizzata alla redazione della
prima mappa regionale del radon: una cartografia che indicherà le aree in cui è
probabile la presenza di elevate concentrazioni del radioisotopo e che è in fase
di definizione.
La terza corsia rallentata dalla Tav - L’intesa con gli enti locali
prevede una modifica del tracciato dell’A4
LA GIUNTA PRONTA A RIVEDERE IL PROTOCOLLO CON I SINDACI
TRIESTE Un ostacolo per la terza corsia arriva dal protocollo Regione-Comuni
sulla Tav. Ma la nuova giunta cerca di rimuoverlo tanto che il destino dell’alta
velocità e capacità potrebbe essere slegato da quello della terza corsia e, di
conseguenza, il protocollo potrebbe essere superato. A far prendere ad
autostrada e ferrovia «strade diverse» potrebbero essere proprio le condizioni
poste nel protocollo siglato a febbraio, dove si ricorda che il Cipe,
nell’approvare il progetto preliminare della terza corsia fra Quarto d’Altino e
Villesse, ha chiesto l’armonizzazione tra terza corsia e ferrovia e che «Rfi è
pertanto nella condizione di subordinare l’approvazione del progetto definitivo
della terza corsia della A4 all’effettiva avvenuta armonizzazione del progetto
della infrastruttura autostradale al progetto della ferrovia AV/AC». E infine
che «Rfi ha dichiarato di essere intenzionata ad avvalersi delle prerogative
assegnatale dalla delibera Cipe ovvero di chiedere una leggera modifica nella
tratta ricadente nei comuni di Palazzolo, Teor e Muzzana». Nonostante il
protocollo aggiunga che «la richiesta di traslazione avanzata dai comuni non
costituisce motivo di ritardo nell’esecuzione delle opere della terza corsia né
nella tempistica di approvazione del progetto definitivo», è facile intuire che
qualunque modifica al tracciato della terza corsia potrebbe portare a un nuovo
blocco. D’altro canto decidere di stralciare il protocollo e mettere mano all’affiancamento
tra autostrada e ferrovia – che interessa il tratto tra Portogruaro e Gonars –
significa anche ripensare l’assetto infrastrutturale della Bassa friulana e il
modello di sviluppo dell’area. La Regione è chiamata a questa sfida, ma è pronta
ad affrontarla con le amministrazioni comunali: l’assessore alle Infrastrutture
Riccardo Riccardi intende riaprire la concertazione con tutti i soggetti
interessati. Tra questi, in prima fila, gli enti locali.
(m.mi.)
IL NODO FERRIERA - Dipiazza a Milano parla di ambiente
Roberto Dipiazza parlerà domani di ambiente e di città sostenibile nel XXI
secolo. Niente di strano, dopo tutto il sindaco ha tenuto per sé proprio la
delega all’ambiente. La novità sta nel fatto che parlerà di questi temi non a
Trieste, ma nella sala Alessi di palazzo Marino a Milano. Nell’ambito del
Festival internazionale dell’ambiente, promosso dal Comune in vista dell’Expo,
che si concluderà con una tavola rotonda a cui parteciperà una nutrita schiera
di colleghi, italiani e stranieri, a cominciare dalla padrona di casa Letizia
Moratti. E così Dipiazza siederà allo stesso tavolo con Gianni Alemanno, fresco
primo cittadino di Roma, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e quelli di
Modena, Parma e Trento.
Ma cosa dirà Dipiazza a Milano? «Evidenzierò il nostro impegno sulle bonifiche
in alcune aree - spiega il sindaco - che sono state ampiamente inquinate negli
ultimi sessant’anni anni. Ma parlerò anche della riconversione del Porto
Vecchio, chiedendo al governo anche da Milano (ci sarà anche Stefania
Prestigiacomo, ministro all’Ambiente, ndr) la chiusura e riconversione della
Ferriera, indispensabile per lo sviluppo della città».
Quella di Milano non è l’unica missione di Dipiazza che, l’altro ieri, si è
recato invece a Lubiana invitato dal primo cittadino Zoran Jankovic per
l’inaugurazione della mostra sulla figura di Primoz Trubar. Sacerdote cattolico
e poi pastore luterano, che si avvicinò al luteranesimo nel ’500 alla scuola di
Pietro Bonomo, vescovo di Trieste. Da qui la visita a Lubiana del sindaco
accompagnato, fra gli altri, anche dal consigliere comunale Igor Svab (Pd). Non
è la prima volta che l’esponente dell’opposizione, espressione della minoranza
slovena, accompagna Dipiazza oltreconfine. «Abbiamo affrontato il tema delle
multiutility, ormai - dice il sindaco - abbiamo una linea privilegiata con
Jankovic. Svab? Mi dà una mano con lo sloveno, si è reso conto del grado di
collaborazione che c’è fra Trieste e Lubiana».
(p.c.)
Capitaneria, lotta contro l’inquinamento - Riconoscimenti ai militari
che hanno scoperto le discariche abusive - In un anno 3600 ispezioni
Il maresciallo Teodoro Spinelli, il Capo di prima classe Livio Candelli e il
Capo di seconda classe Angelo Testa si sono distinti nelle operazioni di
controllo della zona della Ferriera di Servola e hanno accertato sotto la
direzione della magistratura l’esistenza di reati ambientali. L’operazione si è
così conclusa con il sequestro di un’area di 2500 metri quadrati in concessione
alla Ferriera dove era stata realizzata una discarica abusiva e sono seguite le
denunce. Il capitano di fregata Ettore Romagnoli ha invece coadiuvato la procura
della Repubblica nelle indagini sull’inquinamento sull’area cosiddetta Acquario
a Muggia e ha permesso un agevole inquadramento della natura giuridica del
reato.
Con la consegna in particolare di queste quattro onoreficenze (che si sono
aggiunte a molte altre), la Festa della marina militare ha messo in rilievo come
al Corpo delle capitanerie di porto siano attribuite piene funzioni di
accertamento su tutte le fonti inquinanti provenienti da terra che possano
nuocere all’ambiente marino e costiero e completa attribuzione per la
repressione delle violazioni di traffico e di trasporto di rifiuti.
Lo ha ricordato nel discorso ufficiale il contrammiraglio Domenico Passaro,
direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia che ha elencato i risultati di un
anno di attività della Guardia costiera: 186 interventi di assistenza o soccorso
a unità in mare, 1809 missioni dei mezzi navali di cui 568 per vigilanza pesca,
348 per antinquinamento, 483 per vigilanza in materia da diporto, 216 di
vigilanza sulla riserva marina di Miramare. In ambito terrestre 3.600 ispezioni,
controlli e visite sul Demanio marittimo. In un anno sono state anche effettuate
125 ispezioni a bordo di navi straniere che hanno portato al blocco di 32 navi.
Una di queste è stata bandita dai Paesi dell’Unione europea. Da queste attività
sono scaturite 23 denunce, 21 sequestri, sia in materia di inquinamento, che di
immigrazione clandestina, che di sicurezza della navigazione, della pesca, oltre
che per reati comuni, 644 gli illeciti amministrativi contestati.
Nell’hangar dell’ex Idroscalo si sono schierati un picchetto in armi, uno
schieramento di ufficiali, sottufficiali e marinai, rappresentanze
dell’Associazione marinai in congedo, del Nastro azzurro, della Guardia
ausiliaria, dell’Istituto Nautico. La festa è stata celebrata nel novantesimo
anniversario dell’impresa dei Mas comandati dal capitano di corvetta Luigi Rizzo
e dal guardiamarina Giuseppe Aonzo che il 10 giugno 1918 nei pressi dell’isola
di Premuda affondarono la corazzata austriaca Santo Stefano riuscendo poi a
rientrare indenni alla base di Ancona. Al termine della cerimonia è stata anche
inaugurata una gigantesca scultura opera dell’artista Claudio Palmieri che
rappresenta un’ancora contornata da altri elementi simbolici.
SILVIO MARANZANA
IL PICCOLO - MARTEDI', 10
giugno 2008
Krsko riaccesa: «Le analisi sono
a posto» - Riparato il guasto. Stop ai controlli dell’Arpa: «Non c’è
stata contaminazione» |
Venerdì sopralluogo dei tecnici italiani guidati da Mezzanotte. Menia:
«Garanzia in più»
Sanader: aprire un impianto non è più tabù. Il sito più idoneo vicino a
Osijek
Riparato il guasto che aveva provocato il blocco totale e l’allarme europeo
Il reattore sarà riallacciato alla rete elettrica nel giro di ventiquattr’ore
TRIESTE È stato riparato ieri il guasto che la scorsa settimana ha
causato il blocco totale della centrale nucleare slovena a Krsko, località
che dista 130 chilometri da Trieste. La valvola che aveva bloccato il
sistema di raffreddamento del reattore è stata sostituita e la centrale ha
ripreso a funzionare alle 15.38. La centrale, comunque, riprenderà a
funzionare a pieno regime tra oggi e domani. |
La giornata di ieri è stata dedicata dagli esperti ad una
serie di ispezioni sulla sicurezza del processo di accensione e se non ci
saranno contrattempi - spiegano all'agenzia slovena per l'energia atomica -
entro 24 ore il reattore sarà nuovamente allacciato alla rete elettrica slovena
che fornisce il 25 per cento dell'elettricità. Giovedì intanto sono attesi a
Lubiana gli esperti italiani, guidati dal capo della sicurezza italiana per il
nucleare, Roberto Mezzanotte, che effettueranno venerdì un sopralluogo alla
centrale nucleare come richiesto dal sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia.
Il quale esprime soddisfazione per la disponibilità slovena che rappresenta, per
Menia, «un’ulteriore tranquillizzazione per l’opinione pubblica». Dalla centrale
di Krsko hanno anche fatto sapere che la regolare sostituzione di elementi
combustibili nel reattore verrà effettuata nella primavera dell'anno prossimo,
quando l'impianto dovrebbe venire nuovamente fermato.
La portavoce di Andrej Stritar, il direttore per la sicurezza nucleare in
Slovenia, ha affermato che Lubiana è pronta a qualsiasi forma di collaborazione
con i tecnici italiani e con il governo di Roma. Non c’è, dunque, nessuna
preclusione alla formazione di una commissione mista permanente come richiesto
dal sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia. Anzi. Un incontro politico su
queste tematiche, ha precisato la portavoce, sarebbe altresì l’occasione giusta
per riuscire finalmente a sottoscrivere un protocollo d’intesa tra Lubiana e
Roma sulle procedure di comunicazione in caso di una nuova emergenza nucleare.
Protocollo che finora, a detta della Slovenia, non è stato mai sottoscritto per
«le difficoltà della legislazione italiana in materia».
Come hanno comunicato dall’Agenzia nucleare slovena i tecnici hanno compiuto
un’accurata analisi dell’intero impianto di Krsko confermando che a guastarsi è
stata una sola valvola di raffreddamento che è stata sostituita. Attenti
controlli sono stati svolti comunque anche alle altre valvole ed è stato altresì
effettuato un completo check-up dell’intero sistema elettronico che controlla il
reattore e il funzionamento della centrale.
Superata la crisi la Slovenia ora pensa al futuro e la disponibilità dimostrata
nei confronti dell’Italia apre la possibilità a nuove forme di cooperazione
nell’energia. Agli inizi del 2007 si era parlato anche di un’interessamento
dell’Eni nella gestione dell’impianto di Krsko. Così come pensa al futuro anche
la Croazia dove da tempo sta prendendo forma l’idea di costruire una centrale
nucleare. Anche per chiudere il contenzioso su quella di Krsko (di cui Zagabria
detiene una quota di proprietà) con la Slovenia. Il premier Sanader ha
dichiarato che «non esistono tabù sul nucleare» e secondo indiscrezioni il sito
più «idoneo» sarebbe a Erdut, in Slavonia, vicino a Osijek dove, peraltro, ci
sono anche alcuni giacimenti di petrolio. Ma gli ambientalisti già alzano le
loro barriere: la centrale costituirebbe un grosso rischio ecologico per il
Danubio.
MAURO MANZIN
L’Arpa dichiara concluso il monitoraggio straordinario: «Non c’è
contaminazione» - Aria, latte e prati sono ok Stop ai controlli speciali
NESSUNA TRACCIA DI RADIONUCLIDI
TRIESTE - Hanno misurato persino due campioni di prato, l’uno a Basovizza e
l’altro a Sgonico, andando a caccia di radionuclidi artificiali gamma
emettitori, testimoni temutissimi di un’eventuale fuoriuscita di radioattività
dalla centrale di Krsko. Ma, ancora una volta, non hanno trovato nulla.
Gli esperti dell’Arpa, dopo aver lavorato 24 ore su 24 sin dal 4 giugno, quando
Bruxelles ha diramato l’allarme, diramano il bollettino finale. Inequivocabile:
«Tutte le analisi sin qui effettuate non evidenziano presenza alcuna di recente
contaminazione» sintetizzano il direttore tecnico scientifico dell’Agenzia,
Gianni Menchini, e i responsabili della sezione di fisica ambientale Concettina
Giovani e Renato Villalta.
Cessato allarme, dunque, dopo cinque giorni di monitoraggi e controlli
straordinari, scanditi peraltro da informazioni «in tempo reale»: l’Arpa
ribadisce un’ultima volta che non ci sono problemi, in Friuli Venezia Giulia, e
che i cittadini possono stare assolutamente tranquilli.
L’Agenzia di Palmanova, in seguito al guasto della centrale nucleare che dista
più o meno 130 chilometri da Trieste, si è mobilitata immediatamente. In stretto
raccordo con Roma. Ha innanzitutto misurato il particolato atmosferico ogni sei
ore, anziché una volta al giorno, come avviene normalmente: non ha trovato
neppure un radionuclide artificiale. Successivamente, da venerdì a domenica,
l’Agenzia per l’ambiente ha misurato sei campioni alimentari: vegetali a foglia
larga provenienti dalle province di Trieste e Gorizia e latte fresco prodotto da
animali al pascolo nelle province di Udine e, ancora una volta, di Trieste sono
stati sottoposti a test accurati. Il risultato è stato confermato: nessun
segnale di contaminazione radioattiva è stato rilevato. L’Arpa ha infine
misurato anche due campioni di prato, cercando eventuali «eredità» di Krsko, ma
l’esito è stato nuovamente e fortunatamente del tutto negativo.
Pertanto, come annunciano nella serata di ieri Menchini, Giovani e Villalta, la
sezione di fisica ambientale dell’Agenzia può dichiarare concluso il
monitoraggio straordinario. E, dopo il tour de force post-Krsko, può tornare
alla normalità che prevede comunque controlli quotidiani di routine sul
particolato atmosferito.
Normalità, o quasi: per tutto il mese di giugno, in accordo con l’Agenzia
nazionale per la protezione ambientale e i servizi tecnici, verrà infatti
misurato anche un campione settimanale di latte vaccino e un campione
settimanale di vegetale a foglia larga, in aggiunta ai normali controlli sui
campioni alimentari effettuati in collaborazione con le Aziende sanitarie. -
Differenziata a Muggia, partenza soft - Dal fine settimana la
distribuzione dei contenitori per la fase sperimentale - GIOVEDÌ ASSEMBLEA
PUBBLICA
All’inizio saranno coinvolti 40 soggetti che nel giro di un mese e mezzo
diventeranno 113
MUGGIA Inizierà alla fine di questa settimana la distribuzione degli
appositi contenitori ai soggetti inseriti nella fase sperimentale del progetto
per la raccolta differenziata dei rifiuti del Comune di Muggia. Ma sarà un
inizio soft: considerato l’impatto sulla cittadinanza e in particolare gli
esercizi commerciali e locali pubblici direttamente interessati al
progetto-pilota, l’Amministrazione comunale ha infatti deciso di frazionare la
partenza.
Si partirà con 40 soggetti e la raccolta porta a porta verrà poi allargata
gradualmente a tutti i 113 interessati entro un mese e mezzo. La relativa
ordinanza, comprensiva delle istruzioni sul corretto conferimento dei rifiuti, è
in fase di completamento e verrà notificata al più presto agli interessati.
«Ieri - conferma l’assessore allo Sviluppo economico, Edmondo Bussani - c'è
stato un incontro con la ditta affidataria del servizio di raccolta e
smaltimento dei rifiuti urbani, la Ecoverde srl, per esaminare i dati emersi
dall’analisi – iniziata due settimane fa -della quantità e tipologia di rifiuti
prodotti dai soggetti coinvolti nella sperimentazione. In alcuni casi l’analisi
dovrà essere completata in settimana, contattando le aziende che non hanno
riposto al questionario o che non eravamo riusciti a contattare. L’analisi dei
dati rilevati risulta fondamentale per stabilire quantità e tipologia dei
contenitori da consegnare e per la formulazione dell’ordine alle ditte
fornitrici. Per il momento è a disposizione un solo set. Giocoforza - ha
aggiunto Bussani – dobbiamo pianificare l’attività in funzione dei contenitori
disponibili e a seconda dei tempi di evasione degli ordini. Abbiamo ottenuto
l’assicurazione dai fornitori che una parte dei contenitori verrà consegnata in
settimana e al massimo venerdì inizieremo a distribuirli. Constatato
dall’analisi che l’impatto potrebbe essere troppo forte, abbiamo deciso di
frazionare il piano per graduare la partenza della raccolta e ottimizzarla
cercando di porre rimedio all’insorgere di eventuali contrattempi».
Intanto per giovedì alle 17 in Sala Millo è prevista un'assemblea pubblica
indetta dalla Commissione per le Pari opportunità su «Raccolta differenziata:
misure e proposte nella nostra provincia e nel nostro comune». Vedrà la
partecipazione di rappresentanti della Provincia, del Comune di Muggia e di
quello San Dorligo della Valle, che ha già avviato sul proprio territorio la
raccolta porta a porta.
Gianfranco Terzoli
San Dorligo dice no al metanodotto - L’AULA SI È ESPRESSA ALL’UNANIMITA’
SAN DORLIGO Un secco no all’ipotesi di costruzione del metanodotto collegato al
rigassificatore di Zaule. Il consiglio comunale di San Dorligo della Valle,
riunitosi in seduta straordinaria nella tarda mattinata di ieri, ha approvato
all’unanimità una mozione presentata dai consiglieri della maggioranza
Elisabetta Sormani, Emilio Coretti, Tatiana Turco e Michele Di Donato nella
quale è stato espresso parere sfavorevole per la realizzazione del progetto
della Snam rete gas che prevede la costruzione di un metanodotto in grado di
allacciarsi al rigassificatore di Zaule con ulteriore collegamento di conduttura
sottomarina fino a Grado e poi, via terra, fino a Villesse.
Nella giornata che ha segnato il ritorno in municipio di Roberto Drozina,
consigliere comunale dell’opposizione subentrato al dimissionario Franco Majcen,
i sostenitori della realizzazione del metanodotto nella zona industriale di
Zaule hanno incassato dunque un altro diniego.
Le motivazioni si sono basate fondamentalmente - secondo il testo letto dal
consigliere Sormani - «sull’aspetto della sicurezza, anche in considerazione
della vicinanza dei serbatoi della Siot al sito ove dovrebbe sorgere l’impianto
di rigassificazione, nonché sul fatto che in prossimità dell’area interessata al
progetto di rigassificazione sorgono già il Sito di importanza comunitaria (Sic)
e la Zona di protezione speciale (Zps) nonché la Riserva naturale regionale
della Val Rosandra».
Il parere contrario, espresso nonostante «da più parti vengano espresse
valutazioni favorevoli in quanto l’impianto rappresenterebbe un’occasione
imperdibile per la città di Trieste e l’intera zona con ricadute economiche e
occupazionali, elementi peraltro più che incerti» è maturato anche con la
consapevolezza che «non sono mai stati presentati elaborati o pareri di alcun
genere di istituti di carattere scientifico in merito ai rischi sulla sicurezza
dell’impianto in questione, pur essendo presenti a Trieste istituzioni di tutto
rispetto».
In assenza di precise, concrete e dettagliate assicurazioni da parte di
istituzioni scientifiche in merito alla sicurezza degli impianti, nonché della
garanzia che, anche in caso di incidente o attentato non possa verificarsi
«l’effetto domino» sul territorio, la contrarietà alla realizzazione del
metanodotto è stata unanime
(r.t.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 9
giugno 2008
IL CASO KRSKO - Indagine italo-slovena sul guasto
alla centrale - La ricostruzione delle fasi dell’incidente dovrà
migliorare i protocolli di sicurezza
L’Aiea di Vienna esclude la necessità di effettuare un sopralluogo urgente -
LA PAROLA AI TECNICI
Il governo italiano chiederà la costituzione di una commissione bilaterale mista
formata da esperti
Il sottosegretario Menia conferma che oggi assieme a Lubiana verrà discussa
l’ipotesi di collaborazione
TRIESTE Una commissione bilaterale italo-slovena formata da tecnici,
ingegneri ed esperti di energia nucleare. È la soluzione ipotizzata dal nostro
governo per far piena luce sul guasto registrato mercoledì scorso nella centrale
di Krsko.
Modalità e tempi di costituzione del nuovo soggetto transnazionale, riferisce il
sottosegretario all’Ambiente Roberto Menia, dovrebbero essere discussi quest’oggi
nel corso di un incontro tra le autorità di Lubiana e i rappresentanti dell’Apat,
l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente. Gli stessi che già nei
giorni scorsi, su indicazione del ministero retto da Stefania Prestigiacomo,
avevano seguito da vicino tutte le fasi dell’incidente, rivelatosi alla fine di
portata assolutamente limitata, e lavorato a stretto contatto con l’Arpa del
Friuli Venezia Giulia e i carabinieri del comando Territorio e Ambiente ( l’ex
nucleo del Noe ndr) per escludere la presenza di tracce di radioattività
nell’aria e negli alimenti.
L’eventuale via libera della Slovenia alla formazione della commissione
bilaterale, consentirebbe ai tecnici italiani di effettuare ispezioni
all’interno dell’impianto gestito dalla Nek sempre, naturalmente, assieme ai
colleghi della vicina Repubblica. I sopralluoghi avrebbero tra l’altro una
doppia funzione: da un lato accertare la natura del guasto che ha provocato la
perdita di liquido refrigerante e generato allarme in tutto il vecchio
continente, dall’altro acquisire ulteriori informazioni sulle tecnologie, le
apparecchiature e i protocolli di sicurezza utilizzati a Krsko. I dati raccolti
andrebbero così ad aggiungersi a quelli già forniti all’Italia e agli altri
Paesi dell’Unione dall’Agenzia internazionale per l’energia nucleare. Agenzia
che, dopo aver appurato la lieve entità dell’incidente di sei giorni fa e
soprattutto l’assenza di conseguenze su ambiente e popolazione, non ha ritenuto
opportuno attivare le procedure previste in caso di allarmi reali, che avrebbero
fatto scattare l’invio nell’impianto sloveno degli esperti della sede di Vienna
e degli altri Stati europei. Motivo per cui non si concretizzerà quest’oggi
l’annunciato invio di personale italiano a Krsko che, appunto sotto l’egida
dell’Aiea, avrebbe dovuto ispezionare la centrale.
L’auspicio del governo italiano, in ogni caso, è che la richiesta di dar vita
alla commissione bilaterale possa ottenere dalle autorità di Lubiana una
risposta in tempi rapidi. Se così fosse, la definizione del percorso ispettivo e
l’arrivo degli esperti dell’Apat potrebbero concretizzarsi già nel giro di
qualche giorno.
MADDALENA REBECCA
Test negativi in tutta la regione - I RISULTATI DEI CINQUE GIORNI DI
MONITORAGGIO DELL’ARPA - Gli esperti: aria e acqua puliti
Nessuna traccia di radioattività ma i controlli proseguiranno su latte e
vegetali
TRIESTE L’incidente avvenuto nella centrale di Krsko non ha lasciato alcuna
traccia di radioattività nell’aria del Friuli Venezia Giulia. La conferma arriva
dalla seconda tranche di analisi eseguite nel fine settimana dagli esperti della
sezione di Fisica ambientale dell’Agenzia regionale per l’ambiente. Analisi che
verranno illustrate nel dettaglio nel corso della giornata odierna.
Dalle prime indicazioni arrivate ieri sera dalla sede di Udine, comunque, è
possibile affermare con certezza che anche i monitoraggi sul particolato
atmosferico effettuati nelle giornate di sabato e domenica hanno fortuntamente
dato esito negativo. Le misure di spettometria gamma su filtri di particolato
atmosferico provenienti dalle stazioni di rilevamento della qualità dell’aria
presenti nelle province di Trieste e Udine, non hanno riscontrato presenze di «radionuclidi
artificali gamma emettitori».
Con la giornata di ieri, precisa il direttore generale dell’Agenzia Giuliana
Spogliarich, si è conclusa la fase d’emergenza scattata dopo l’allarme lanciato
mercoledì scorso. Dopo cinque giorni di monitoraggi sulla qualità dell’aria e
dell’acqua piovana che non hanno mai riscontrato anomalie, gli esperti sono
convinti di poter ormai escludere qualsiasi tipo di contaminazione.
Questo non significa però che la guardia verrà definitivamente abbassata. Per
venire incontro alle specifiche richieste pervenute dalle Aziende sanitarie
della regione, infatti, nei prossimi giorni nei laboratori della sezione di
Fisica sperimentale dell’Agenzia verranno effettuate ulteriori verifiche su
campioni di latte e vegetali. Verifiche, peraltro, già eseguite tra giovedì e
venerdì scorsi. In quei giorni erano stati prelevati sei campioni alimentari:
quattro di lattuga a foglia larga provenienti dai territori di Trieste e
Gorizia, e due di latte fresco provenienti da ovini presenti nei pascoli di
Trieste Udine. La scelta di analizzare il latte e non altri cibi crudi nasceva
da un’esigenza precisa. Si tratta infatti di un alimento, spiegano gli esperti,
che consente di verificare molto rapidamente eventuali presenze di iodio 131,
dal momento che è il prodotto di animali al pascolo che si sono nutriti di
foraggio».
I risultati di tutte le analisi eseguite finora dall’Arpa. sia quelle realtive
ai primi tre giorni di allarme sia quelle effettuate nello scorso fine
settimana, saranno a breve consegnati al ministero dell’Ambiente a Roma. Lo
stesso che, subito dopo la notizia dell’incidente a Krsko, aveva inviato in
Friuli Venezia Giulia, a supporti dei tecnici dell’Agenzia regionale, anche gli
esperti dell’Apat e i carabinieri del comando Territorio e ambiente.
Parallelamente, nei giorni scorsi, si era attivata anche l’Agenzia per la
protezione dell’ambiente del vicino Veneto. I monitoraggi dell'Arpav avevano
dimostrato come il guasto alla centrale nucleare slovena non avesse alterato i
valori del fondo ambientale consueto in quella regione. Un conclusione a cui si
era arrivati attraverso i controlli radiometrici della dose gamma in aria nei
dipartimenti di Belluno e Verona.
L’ Arpav, inoltre, non aveva accertato valori diversi dai livelli consueti
nemmeno dal controllo del particolato atmosferico mediante spettrometria gamma,
analisi elaborate sempre nei dipartimenti di Belluno e Verona.
Il meteorologo Badina: la centrale è molto distante, ma le particelle salgono
in alto
Nordest protetto dai monti pericolosi i venti in quota IN CASO DI FUGA
RADIOATTIVA
«Solo in mare aperto la forza dello scirocco potrebbe trascinare con sé le
particelle per 2-300 chilometri»
TRIESTE Il capoluogo giuliano e il Nordest adriatico della penisola
sarebbero parzialmente «protetti», in caso di contaminazione, grazie a
particolari caratteristiche territoriali e al supporto di favorevoli «giochi» di
venti? Dopo i fatti di Krsko e i relativi timori è circolata anche questa voce
ma gli esperti hanno immediatamente smentito la piccola «leggenda metropolitana»
in questione.
Il comandante Gianfranco Badina, metereologo dell’Istituto Nautico di Trieste,
parla infatti in maniera estremamente chiara. «Per fortuna - esordisce l’esperto
- si tratta di valutazioni che prescindono dal caso specifico per il quale pare
non esserci alcun rischio. Tuttavia - spiega Badina - ci sono svariati elementi
importanti da considerare, oltre al fatto che i movimenti ventosi potrebbero
influire su eventuali contaminazioni solo nell’immediato mentre nei periodi
successivi entrerebbero a influire altri fattori che, purtroppo, consentirebbero
egualmente la diffusione delle particelle».
Ritornando ai venti, la grande distanza tra Krsko e Trieste (ma anche tra la
località slovena e l’intero Triveneto) costituisce già di per sè un ostacolo al
propagarsi di un’eventuale nube radioattiva. «120-130 chilometri in linea d’aria
sono molti e, su un simile territorio, è molto difficile trovare venti in grado
di soffiare nella stessa direzione per una tratta che viene anche ”spezzata” da
sistemi montuosi, creando una sorta di barriera naturale. Solo sul mare aperto -
è qui la situazione si differenzia - lo scirocco, senza ostacoli di mezzo,
potrebbe invece trascinarsi dietro qualcosa anche per 200-300 chilometri».
Tuttavia, ritornando alla situazione locale, il comandante Badina aggiunge anche
che «eventuali vantaggi legati ai rilievi carsici contano invece ben poco.
Trieste e le zone limitrofe sono tutte nella stessa ipotetica situazione con
piccole sfumature legate alle condizioni atmosferiche delle singole giornate.
Piuttosto - conclude - va ricordato anche che le particelle prodotte da un
eventuale incidente nucleare salirebbero verso l’alto poiché sviluppate dal
calore con il quale verrebbero a contatto gli indispensabili liquidi di
raffreddamento.
A quel punto, invece, le impurità andrebbero a entrare nell’orbita dei venti che
spirano a quote molto alte e provenienti da svariate direzioni. Pertanto, non
verrebbero più arrestati dalle catene montuose e le particelle, alla fine,
potrebbero tranquillamente giungere fino alla Venezia Giulia e ai territori
confinanti».
DANIELE BENVENUTI
Gorizia e Nova Gorica, confronto sul nucleare - OGGI L’INCONTRO
GORIZIA La questione nucleare (e, in particolare, la situazione venutasi a
creare dopo il guasto alla centrale di Krsko) monopolizzerà oggi l'incontro tra
le amministrazioni comunali di Gorizia e Nova Gorica. Al centro dei colloqui
anche altri temi ambientali come quello dell'inquinamento dell'azienda
siderurgica Livarna, posta a ridosso del confine tra le due città.
Nel frattempo, in Italia continuano le polemiche. Mentre il ministro Scajola era
in Giappone, infatti, l'esponente dei Verdi, Angelo Bonelli, osservava che «la
decisone del governo di puntare sull'energia nucleare, ormai obsoleta,
pericolosa e costosissima, è gravissima e non risolve i problemi della crisi
energetica. Le attuali 436 centrali atomiche nel mondo producono solo il 6%
dell'energia e le attuali scorte di uranio saranno sufficienti solo per i
prossimi 35, 40 anni».
L'Udc è invece disponibile a discutere senza pregiudizi ma Luca Volontè invita
l'esecutivo a fissare le priorità della sua agenda per evitare che si crei
confusione. Per Volontè, insomma, il governo farebbe bene a chiarirsi le idee
prima di rivolgersi al Paese. Il ritorno all'atomo e alle centrali nucleari,
infine, è «un passo indietro» mentre è più utile investire sulle energie
rinnovabili: questo il giudizio di Massimo Donadi, capogruppo dell'Italia dei
Valori alla Camera.
Un piano per aumentare la raccolta differenziata - DISCARICHE VICINE
ALLA SATURAZIONE, ENTRO L’ANNO LA NUOVA STRATEGIA
RIFIUTI, LA PERCENTUALE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA
La Regione accelera. Lenna: serve anche un termovalorizzatore fra Udine e
Pordenone
TRIESTE Rivedere e riaggiornare il piano dei rifiuti regionale sarà una
delle priorità della giunta regionale, già entro l'anno. E ci si muoverà secondo
due direttive: aumentare in modo significativo la raccolta differenziata,
applicandola su tutto il territorio regionale, e prevedere una struttura di
smaltimento dei rifiuti tra i territori di Udine e Pordenone per trattare le
immondizie non recuperabili. Una necessità, visto che il Fvg, rispetto a regioni
come il Veneto o il Trentino-Alto Adige è nettamente indietro (vedere il grafico
a fianco, ndr). Ma a queste prime anticipazioni già le associazioni
ambientaliste mettono le mani avanti, avvertendo: non si parli di nuovi
inceneritori, ce ne sono già abbastanza. E così la questione rifiuti ridiventa
subito nuovamente rovente.
IL PIANO Rivedere il piano di rifiuti regionale, ormai datato, è una delle
priorità della giunta. Lo aveva annunciato nella sua relazione programmatica lo
stesso presidente Tondo. E lo conferma l'assessore all'Ambiente Vanni Lenna.
«Il vecchio piano si basava su un'indagine relativa agli anni '90 – spiega – e
quindi è ormai datato. C'è la necessità di rivederlo e attualizzarlo, e per
questo gli uffici regionali sono già al lavoro. Poi, una volta definite le linee
generali, andremo a vedere l'applicazione pratica con i piani provinciali».
I tempi? Stretti. «Siamo alla guida della Regione da poche settimane - spiega
Lenna – è presto per dare dei termini, ma si può sicuramente dire che questo
argomento ricade tra i primi argomenti».
Su quali linee ci si vorrà muovere? «Quelle su cui verte il dibattito, anche
nazionale, degli ultimi mesi – specifica Lenna – ovvero l'applicazione di una
differenziata spinta e la creazione di un altro impianto di termovalorizzazione
da dislocare tra i territori di Udine e Pordenone».
IL TERMOVALORIZZATORE Le previsioni, come detto, sono di realizzarlo nei
territori tra Udine e Pordenone. «Trieste ha già una sua struttura – spiega
Lenna – e un nuovo impianto, per essere funzionale, deve poter fare affidamento
su un territorio ampio e sulla relativa produzione di rifiuti, senza contare che
poi potrà attrarre materiale anche dalle altre province. Impianti di questo
genere infatti devono avere una quantità minima di rifiuti su cui lavorare per
poter assicurare una resa, sia di funzionamento che economica».
Ma su questo primo punto si trova già le resistenze delle associazioni
ambientaliste. «Non capiamo che senso abbia prevedere un nuovo impianto di
questo tipo in regione, quanto già Trieste non riesce a lavorare in piena
attività e in regione abbiamo più impianti che rifiuti – spiega Vinicio
Collavino, presidente del Wwf – .Senza calcolare poi che questo va in netta
controtendenza con l'intenzione di ampliare la raccolta differenziata, che si fa
proprio per diminuire la percentuale di rifiuti che va a finire negli
inceneritori».
Meglio sarebbe, secondo il Wwf, prevedere l'applicazione di nuove tecnologie,
come il trattamento meccanico biologico a freddo, molto meno impattante, che
viene già usato in Austria e Germania.
LA DIFFERENZATA «La seconda linea sulla quale vogliamo agire – ha spiegato
infatti l'assessore Lenna – è quella dell'aumento della quota di raccolta
differenziata, puntando su una differenziata 'spinta' che possa essere applicata
su tutto il territorio regionale. E' chiaro che non si potranno usare le stesse
modalità ovunque, e che ci saranno zone speciali come quella montana. Ma
l'obiettivo è quello di portare ai livelli massimi l'obiettivo di raccolta». Su
questo, il Wwf non ha nulla da ridire. «Siamo perfettamente d'accordo su questo
punto – spiega ancora Collavino – e proprio per questo non capiamo la necessità
di prevedere un secondo impianto se l'idea è quella di ridurre la presenza di
rifiuti non recuperabili».
Già lo scorso gennaio, la giunta Illy aveva lanciato l’allrame sui rifiuti in
regione. Secondo le previsioni dell’allora assessore all’Ambiente Gianfranco
Moretton (oggi capogruppo del Pd), tra un anno soprattutto il Friuli potrebbe
diventare un immondezzaio. Anche secondo Moretton l’unica via era spingere sulla
raccolta differenziata, modificare il piano regionale di smaltimento rifiuti,
investire in tecnologia e dotare il territorio di due mega-impianti
termovalorizzatori. Uno da costruire nella provincia di Pordenone, l’altro a
Udine.
Elena Orsi
Festival delle diversità nel parco dell’ex Opp - AL VIA LA SESTA EDIZIONE
l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040 3733209 e 040 3733290)
almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico
(fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
Dopo il successo delle prime cinque edizioni, anche quest'anno, tra il 12 ed il
15 giugno, si svolgerà a Trieste, il Festival delle Diversità. La manifestazione
verrà presentata domani, alle 11, nella sede della Provincia in piazza Vittorio
Veneto.
Anche quest'anno la sede sarà la cornice del parco dell'ex Opp nel comprensorio
di San Giovanni. Nei suoi primi 5 anni di vita il festival si è sensibilmente
ingrandito ed è divenuto un evento sempre più complesso, che ha coinvolto decine
di associazione e di gruppi e ha promosso in tutti i modi possibili la cultura
della solidarietà e del volontariato.
Il Festival delle Diversità, organizzato dal Centro delle Culture, Centro
Umanista Moebius e dalla onlus I Cammini Aperti Trieste con il sostegno della
Provincia, è un punto di incontro tra i molti aspetti «diversi» che convivono in
città, per promuovere il dialogo e il rispetto tra le culture. Nell'edizione
2007, il festival ha visto la partecipazione di più di 60 associazioni e di più
di 200 artisti, che si sono esibiti a titolo gratuito per un pubblico di circa
8mila persone nelle 3 giornate di festa.
Per questa edizione, una grande novità è rappresentata dall'evento
Divercity-Città Diversa, che prevede la realizzazione di 6 tavoli tematici su
diversi argomenti, nell'ottica del dialogo, l'interscambio di idee e opinioni, e
la creazione finale di un piccolo libretto divulgativo di buone pratiche.
IL PICCOLO - DOMENICA, 8
giugno 2008
Ex Aquila, dal ministero via alla bonifica -
L’INQUINAMENTO DELLE ZONE INDUSTRIALI - UN DECRETO LIBERA 30MILA METRI QUADRATI
ALLE NOGHERE
Menia: «Firmiamo subito l’accordo sul Sito nazionale o i soldi sono a
rischio»
«È urgente chiudere l’accordo di programma per le bonifiche del Sito
inquinato di interesse nazionale. Diversamente rischiamo di veder ridotta la
quota a carico del governo (60 milioni, ndr). L’eliminazione dell’Ici infatti
costa, per cui le cifre non impegnate alla fine spariranno». A lanciare
l’allarme è il sottosegretario all’ambiente Roberto Menia, dopo una serie di
verifiche con i direttori del ministero, la Regione e gli altri enti coinvolti
nell’accordo. Lo fa a poche ore dalla firma del decreto del ministro
Prestigiacomo che ha dato l’ok alla Teseco per la bonifica di una nuova area
dell’ex Aquila alle Noghere che si estende per 30mila metri quadrati.
«Al presidente della Regione, all’assessore all’Ambiente Lenna, al sindaco
Dipiazza e al presidente dell’Ezit Azzarita ho fatto presente – prosegue il
sottosegretario – che a bilancio c’è la disponibilità a finanziare le bonifiche.
Pur nel diritto-dovere dei vari attori a rivedere alcuni punti dell’accordo, e
in breve possono farlo, auspico che si arrivi alla firma dell’accordo entro
luglio, prima delle ferie».
Che il documento, predisposto dalla giunta Illy e già approvata dai vari enti,
vada riesaminato dal nuovo esecutivo è abbastanza logico, posto che l’altra metà
dei 120 milioni necessari alle bonifiche saranno a carico della Regione.
A integrare alcuni punti dell’intesa è interessata anche l’Ezit. E in primis
vorrebbe veder messo «nero su bianco» il principio secondo cui chi non ha
inquinato non paga, anche se nel testo dell’accodo tale principio è richiamato
attraverso le norme europe e nazionali. E ancora, l’Ezit, partendo dai risultati
delle analisi dei terreni alle Noghere, ipotizza la possibilità di rivedere in
certe zone, dopo le necessarie caratterizzazioni, il perimetro del Sito
nazionale. Ma per caratterizzare le aree che mancano servirebbero due anni.
«È logico aspettare due anni – si chiede Menia – quando i fondi sono
disponibili? Chiudiamo invece subito l’accordo di programma, e più avanti,
quando si disporrà dei risultati delle analisi dei terreni, con appositi decreti
potremo scorporare le zone risultate non inquinate».
Concorda comunque sui tempi brevi il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita: «Se
la Regione ha intenzione di firmarlo in tempi rapidi – rileva – poi l’on. Menia
deve fare in modo che anche il ministero sia su questa linea. A quel punto, dopo
la firma a Roma, anche gli altri enti possono aderire e l’accordo diventa
operativo». Ma non volete alcune modifiche? «Siamo pronti a firmare – risponde
Azzarita –. Abbiamo chiesto qualche piccola variazione, ma che non allunghi i
tempi».
Un altro passo in avanti sulla strada delle bonifiche, in questo caso per l’area
ex Aquila, è stato appunto compiuto in questi giorni. Venerdì il ministero
dell’Ambiente ha firmato il decreto che autorizza la Teseco (proprietaria del
comprensorio ex Aquila) a iniziare la bonifica dell’area di 30 mila metri quadri
compresa fra le Noghere e la zona dell’abitato di Aquilinia che guarda sulla
valle.
«È un’area legata funzionalmente al lotto delle Noghere di cui stiamo
concludendo la bonifica – commenta Stefano Vendrame, direttore dell’Area Nord
Est di Teseco –. Dalle caratterizzazioni questa zona è risultata poco inquinata:
riusciremo a bonificarla entro l’anno».
GIUSEPPE PALLADINI
Ex Maddalena, i residenti protestano: uno scempio il taglio di quegli alberi
- «Il Comune avrebbe dovuto lasciare in piedi gli ippocastani che facevano parte
del rione»
«Nessuno si è degnato di consultarci, ha latitato anche la circoscrizione»
Scandalo. Obbrobrio. Sono questi solo alcuni dei termini che i triestini
usano per commentare il clamoroso taglio degli alberi del comprensorio dell’ex
ospedale della Maddalena. Tutti manifestano sorpresa, rabbia, delusione. Nel
mirino della gente il Comune «che ha permesso lo scempio», il Consiglio
circoscrizionale «che non ha fatto abbastanza». «Ho 83 anni – dice con orgoglio
Arrigo Zamperlo – e vivo in questa zona. Quegli alberi li ho sempre visti,
facevano parte del rione, erano una componente fondamentale. Adesso invece le
esigenze purtroppo sono altre e vedo che le problematiche ambientali sono sempre
meno importanti. Qui in via dell’Istria si è fatto lo stesso errore di campo san
Giacomo, dove sono stati abbattuti alberi secolari».
«Hanno sbagliato tutto – è l’opinione molto precisa di Mirella Radin – e sono
del tutto contraria alla scelta fatta. Avrebbero dovuto lasciare intatti almeno
gli ippocastani del perimetro. Avessero fatto così – prosegue – l’impatto visivo
sarebbe stato diverso e si sarebbe avvertita meno questa brutta novità». Pietro
Gelicrisio è nato in riva al lago di Garda, ma una volta giunto a Trieste, tanti
anni fa, ha piantato le sue radici, si è sposato, ha avuto figli e si sente
triestino a tutti gli effetti: «Se mi permetto di toccare una qualsiasi aiuola
pubblica, prendo la multa – spiega – se invece qualcuno prende la ruspa e
abbatte alberi secolari, belli, funzionali, apprezzati dall’intera popolazione,
nessuno dice niente. Abito in questa zona da tanti anni e adesso mi sembra
impossibile che manchino i nostri ippocastani. Nello stabile dove vivo sono io
che, su incarico dei condomini, mi occupo del giardino di casa e ogni qual volta
devo eliminare qualcosa, anche una sola pianta, devo chiedere il permesso
all’amministratore. Qui è stata fatta proprio una brutta cosa».
Silvana Neri avverte già le conseguenze negative del taglio dei vecchi alberi:
«L’aria che respiriamo è subito cambiata. Prima, quando gli ippocastani e gli
altri alberi erano al loro posto si sentiva il loro benefico effetto, si
respirava meglio. Ora la qualità dell’aria è peggiorata, anche perché qui
attorno il traffico è intenso. Il provvedimento lo giudico assurdo e posso
confermare che siamo tutti esterrefatti. Chi ricorda la vecchia canzone di
Adriano Celentano, ‘I ragazzi della via Gluck’, capirà cosa l’artista volesse
dire. L’avanzare del cemento e la scomparsa del verde sono un problema per
l’intera collettività».
«È uno schifo – dice Giorgio Coslovich, titolare di un negozio di fiori e piante
a poche centinaia di metri dal comprensorio – e abbiamo già iniziato una
raccolta di firme affinché non si faccia lo stesso scempio anche in piazza della
Libertà, come annunciato dal Comune. Credo che se le autorità lo avessero voluto
si sarebbero potuti salvare almeno gli alberi del muro perimetrale, in modo da
ridurre di molto l’impatto visivo. Oggi esistono apparecchi che permettono di
effettuare operazioni di questo tipo al centimetro, perciò le alternative
c’erano». Gabriella Predonzani lavora nella cartoleria di fronte ai Salesiani:
«È un obbrobrio, uno scandalo, anche perché all’improvviso abbiamo visto che gli
alberi erano già stati tagliati, senza che nessuno si degnasse di consultare la
popolazione residente, che avrebbe avuto tutto il diritto di esprimersi». Simone
Favretto si interroga sul ruolo del Consiglio circoscrizionale: «Ma dov’erano al
momento della decisione sul taglio degli ippocastani? Era giusto che si sapesse
tutto fin dall’inizio e non mettere la gente davanti al fatto compiuto. Va anche
detto che gli alberi erano abbandonati e la manutenzione era insufficiente ma
questa non è una buona ragione per eliminarli». Sergio Donda evidenzia che
«l’errore più grave è stato quello di non chiedere alla gente cosa ne pensasse
della decisione di tagliare gli ippocastani. Avrei voluto vedere un cartello che
annunciava il provvedimento. Peccato, quello era un bel polmone verde».
Ugo Salvini
Appartamenti al posto del verde - LE CARATTERISTICHE DELL’INTERVENTO -
Pahor: «Il nuovo progetto può accontentare il quartiere»
Al posto di un ampio giardino con piante secolari un vuoto totale. Invece del
verde degli ippocastani, il grigio dei muri abbattuti e i residui della
demolizione dei palazzi dell’ex ospedale della Maddalena. È questa la visione
che si propone a chi osserva il grande spazio situato fra la strada di Fiume e
la via dell’Istria, nel tratto di quest’ultima compreso fra l’oratorio dei
Salesiani e l’ospedale infantile Burlo Garofolo. L’abbattimento degli alberi ha
suscitato e continua a suscitare molte proteste, ma oramai non c’è più niente da
fare: al posto del verde sorgerà un complesso residenziale.
L’amaro destino degli ippocastani del comprensorio della ex Maddalena era
segnato da tempo però: cominciò a essere delineato già a metà degli anni ’90. Fu
in quell’epoca che una variante al Piano regolatore della città trasformò in
area edificabile, anche se con i dovuti limiti, quello che per decenni è stato
un ampio polmone verde al servizio dei degenti, ma anche delle centinaia di
famiglie che vivono negli edifici circostanti. Dopo essere stato a lungo un’oasi
di verde, adesso la zona alberata è diventata un ingombro. «Negli anni – ricorda
Silvio Pahor, presidente della Circoscrizione competente per territorio, la
quinta – si sono formulate numerose ipotesi. Fra le altre, si pensò di ospitare
in quell’area la nuova sede della Polizia stradale di Trieste. Qualcuno parlò
addirittura di edificarvi una moschea. Come rappresentanti della popolazione
residente abbiamo avanzato più volte alcune perplessità, soprattutto per quanto
riguarda il livello di cementificazione. Adesso, il progetto che è stato
avviato, con l’allestimento del cantiere, sembra soddisfare, almeno in parte, le
esigenze di tutela dell’ambiente alle quali siamo particolarmente sensibili.
Vedremo se alla fine il risultato sarà accolto benevolmente dalla popolazione».
Nella descrizione del progetto si parla di «realizzazione di servizi per la
collettività» e di «ampie zone verdi», ma oramai gli enti pubblici possono
effettuare solo operazioni di controllo del rispetto del capitolato e non
decidere più la destinazione dell’area.
(u.s.)
CONTRO IL PROGRAMMA NUCLEARE - Pecoraro: «Subito le firme per un nuovo
referendum»
ROMA «Metto a disposizione il mio blog, e sono in cantiere altre iniziative, per
costruire da subito una rete disponibile a raccogliere le firme per un
referendum abrogativo della legge che il governo ha in animo di realizzare per
imporre il nucleare in Italia». È quanto si legge sul blog di Alfonso Pecoraro
Scanio, www.pecoraroscanio.it, nel quale si sottolinea come il nucleare sia
«costoso e pericoloso».
«Il futuro - afferma Pecoraro - è nell'energia solare e nelle fonti rinnovabili.
Ma sappiamo tutti che esiste una potentissima lobby, oscura e tenace, che in
tutti i modi cerca di imporre le centrali nucleari anche nel nostro Paese. Per
questo dobbiamo diffondere la conoscenza, una conoscenza condivisa, che informi
sul fatto che quella nucleare è l'energia più costosa e più pericolosa del
mondo, e che ancora oggi non sono stati risolti i problemi della sicurezza. Come
continua a ripetere il Premio Nobel Carlo Rubbia, la tecnologia nucleare
disponibile non ha ancora risposto ai tre grandi problemi: Chernobyl, Hiroshima
e le scorie».
«DIVERSITÀ» - Festival in nome del volontariato
TRIESTE Sarà presentata martedì alle 11 palazzo della Provincia di Trieste, in
piazza Vittorio Veneto 4, la 6.a edizione del Festival delle Diversità che si
terrà tra il 12 e il 15 giugno. L’iniziativa si svolgerà nel parco dell'ex Opp
nel comprensorio di San Giovanni. Nei primi cinque anni l’iniziativa,
organizzata da Centro delle culture, Centro umanista Moebius ea Onlus I Cammini
aperti Trieste e il sostegno della Provincia, si è ingrandita coinvolgendo
decine di associazioni e gruppi e ha promosso in tutti i modi possibili la
cultura della solidarietà e del volontariato.
Duino, convegno su giovani e clima
DUINO AURISINA Il Collegio del Mondo unito dell’Adriatico, con sponsor il Centro
internazionale di fisica teorica Abdus Salam e il Consorzio di centri di ricerca
«Watch» ha organizzato e concluso l’International Summer School on Climate
Change and Water Cycle, con l’obbietivo di fare del Friuli Venezia Giulia meta
ambita per giovani talenti provenienti da svariante parte del mondo. La Summer
School ha visto la partecipazione di 38 studenti dai 12 collegi del Mondo Unito
(Costa Rica, Canada, Usa, Venezuela, Norvegia, Singapore, Swaziland, Italia,
Hong Kong, India e Bosnia-Erzegovina). Le lezioni sono state impartite da
scienziati di livello europeo del Progetto Watch, impegnati in ricerche sui
cambiamenti climatici.
PROGETTO Piazza Libertà, lavori inutili
Difficile concepire un progetto più assurdo di quello approvato la settimana
scorsa dal Consiglio comunale e che viene definito «riqualificazione» di piazza
Libertà.
Si tratta di un intervento assolutamente inutile ai fini del miglioramento della
viabilità, ma devastante dal punto di vista ambientale in quanto prevede la
creazione di sette corsie per il traffico veicolare e l'abbattimento di alcuni
alberi secolari; ciò andrebbe a distruggere irrimediabilmente la bellezza e
l'armonia di una piazza rinnovata in maniera pregevole solo pochi anni fa.
È intollerabile la perseveranza di questa amministrazione comunale nella
distruzione del verde pubblico e del patrimonio storico della città ed è
vergognoso lo spreco di denaro per opere di cui nessuno sente il bisogno.
Fiorella Russi
L'UNITA' - SABATO, 7
giugno 2008
A Milano in «Marcia per il clima»
Se i pinguini invadono Monte Citorio a Roma, la «febbre del pianeta» è davvero
alta. A simboleggiare il cambiamento del clima in realtà sono i rappresentanti
di cinquanta associazioni ambientaliste che hanno presentato giovedì la «Marcia
per il clima». Il corteo partirà sabato 7 giugno da piazza S. Babila a Milano
per arrivare ai giardini di Porta Venezia.
Organizzata da Legambiente, Arci, Acli, Altraeconomia, Confederazione italiana
Agricoltura, Forum Ambientalista, Ecologia e Lavoro, Federparchi nella Settimana
Mondiale per l'ambiente, «la manifestazione di sabato si propone due obiettivi -
spiega Paolo Beni, presidente dell'Arci. In primo luogo chiedere alla politica e
alle istituzioni a tutti i livelli di rispettare gli obiettivi europei in tema
di abbassamento delle emissioni di C02 e le misure per l'impiego delle energie
rinnovabili. L'altro - prosegue Beni, è quello della sensibilizzazione e della
diffusione della cultura di un nuovo modello di sviluppo sostenibile e di un
nuovo consumo».
Ma quella di sabato non sarà un punto d'approdo del tavolo di lavoro per
l'ambiente delle associazioni, ma un punto di partenza che prevede un tavolo
permanente. Dall'incontro di piazza del 7 giugno, intanto, verrà fuori un
documento programmatico sottoscritto da tutte le associazioni partecipanti e
prevede la messa a punto di impegni comuni a favore di un nuovo modello di
sviluppo sostenibile. «Il nucleare non era stato nemmeno preso in considerazione
fino a poco tempo fa, spiega Paolo Beni, oggi nel documento abbiamo ripreso il
tema ma non perché abbiamo cambiato idea sull'uso del nucleare, ma per ribadire
che bisogna puntare sulle fonti di energia rinnovabili che sono tutt'ora le più
efficienti, le più convenienti e le più sostenibili»
«Da parte nostra - spiega ancora il presidente dell'Arci - abbiamo messo a punto
un dodecalogo esemplare adottato da tutti i 5000 circoli Arci che prevede
l'impegno a rispettare in dodici semplici punti comportamenti che rispettino
l'ambiente».
Sabato, inoltre saranno allestiti stand informativi dove ognuna delle
organizzazioni aderenti illustrerà una serie di pratici consigli per combattere
il cambiamento climatico. «Nel corso della marcia - fa sapere il presidente di
Legambiente, Vittorio Cagliati Dezza - prepareremo una carta da presentare al
governo per chiedere maggiori impegni per contrastare il cambiamento climatico.
La nostra proposta è quella di agganciare l'Italia alla strategia europea di
riduzione delle emissioni di Co2, di impegnarsi a favore dell'utilizzo delle
energie rinnovabili e di incentivare la mobilità sostenibile e il trasporto
pubblico».
Il corteo per «fermare la febbre del pianeta» partirà alle ore 15, in anticipo
di due ore rispetto a quello del Gay Pride in programma per sabato anche a
Milano come in tutta Italia. E a proposito della sovrapposizione delle due
marce, dall'Arci ci tengono a sottolineare che i due cortei non si creeranno
problemi a vicenda e che l'Arci, che per sabato aveva già preso l'impegno per il
corteo ambientalista, parteciperà attivamente, come sempre, al Pride nazionale
di Bologna del 28 giugno.
Alessia Grossi
LA REPUBBLICA - SABATO, 7
giugno 2008
Rifkin, l'energia fai-da-te - così ci salveremo dal
nucleare - Dopo l'incidente di Krsko il guru dell'economia all'idrogeno spiega
perché l'Italia sbaglia
Le centrali sono una "soluzione di retroguardia" e non risolveranno il
problema
Jeremy Rifkin
UNA fatica inutile. Perché se anche rimpiazzassimo nei prossimi anni tutte le
centrali nucleari esistenti nel mondo, il risparmio di emissioni sarebbe
comunque un'inezia. Un quarto di quel che serve per cominciare a rimettere le
briglie a un clima impazzito. Jeremy Rifkin non ha dubbi: quella atomica è una
strada sbagliata, di retroguardia. Come curare malattie nuovissime con la
penicillina. E non c'è neppure bisogno dei campanelli di allarme tipo Krsko per
capirlo.
Basta guardare i numeri senza le lenti dell'ideologia. Proprio l'attitudine che,
in Italia, scarseggia di più per il guru dell'economia all'idrogeno. Si vedrebbe
così che l'uranio, come il petrolio, presto imboccherà la sua parabola
discendente: ce ne sarà di meno e costerà di più. E che il problema dello
smaltimento delle scorie è drammaticamente aperto anche negli Stati Uniti dove
lo studiano da anni. "Vi immaginate uno scenario tipo Napoli, ma dove i rifiuti
fossero radioattivi?" è il suo inquietante memento. Meglio puntare su quella che
lui chiama la "terza rivoluzione industriale".
L'incidente all'impianto sloveno arroventa il dibattito italiano, a pochi giorni
dall'annuncio del ritorno al nucleare. Cosa ne pensa?
"Ho parlato con persone che hanno conoscenza di prima mano dell'incidente, e mi
hanno tranquillizzato. Non ci sono state fughe radioattive e il governo ha
gestito bene tutta la vicenda. Ho lavorato con l'amministrazione Jan%u0161a e
posso dire che hanno sempre dimostrato una leadership illuminata nel traghettare
la Slovenia verso le energie rinnovabili. Non posso dire lo stesso di tutti i
paesi europei, ma posso lodare le politiche energetiche di Ljubljana".
Superata questa crisi, in generale possiamo sentirci sicuri?
"Il problema col nucleare è che si tratta di un'energia con basse probabilità di
incidente, ma ad alto rischio. Ovvero: non succede quasi mai niente di brutto,
ma se qualcosa va storto può essere una catastrofe. Come Chernobyl".
Il governo italiano ha confermato l'inizio della costruzione delle nuove
centrali entro il 2013. Coerenza o azzardo?
"Non capisco i termini della discussione in corso in Italia. Amo il vostro
paese, lo seguo da anni ma questa volta mi sento davvero perso. I sostenitori
dicono: il nucleare è pulito, non produce diossido di carbonio, quindi
contribuirà a risolvere il cambiamento climatico. Un ragionamento che non torna
se solo si guarda allo scenario globale. Oggi sono in funzione nel mondo 439
centrali nucleari e producono circa il 5% dell'energia totale. Nei prossimi 20
anni molte di queste centrali andranno rimpiazzate. E nessuno dei top manager
del settore energetico crede che lo saranno in una misura maggiore della metà.
Ma anche se lo fossero tutte si tratterebbe di un risparmio del 5%. Ora, per
avere un qualche impatto nel ridurre il riscaldamento del pianeta, si dovrebbe
ridurre del 20% il Co2, un risultato che certo non può venire da qui".
Un finto argomento quindi quello del nucleare "verde"?
"Non in assoluto, ma relativamente alla realtà, sì. Perché il passaggio al
nucleare avesse un impatto sull'ambiente bisognerebbe costruire 3 centrali ogni
30 giorni per i prossimi 60 anni. Così facendo fornirebbe il 20% di energia
totale, la soglia critica che comincia a fare una differenza. C'è qualcuno sano
di mente che pensa che si potrebbe procedere a questo ritmo? La Cina ha ordinato
44 nuove centrali nei prossimi 40 anni per raddoppiare la sua potenza
produttiva. Ma si avvia ad essere il principale consumatore di energia...".
Ci sono altri ostacoli lungo questa strada?
"Io ne conto cinque, e adesso vi dico il secondo. Non sappiamo ancora come
trasportare e stoccare le scorie. Gli Stati Uniti hanno straordinari scienziati
e hanno investito 8 miliardi di dollari in 18 anni per stoccare i residui
all'interno delle montagne Yucca dove avrebbero dovuto restare al sicuro per
quasi 10 mila anni. Bene, hanno già cominciato a contaminare l'area nonostante i
calcoli, i fondi e i super-ingegneri. Davvero l'Italia crede di poter far meglio
di noi? L'esperienza di Napoli non autorizza troppo ottimismo. E questa volta i
rifiuti sarebbero nucleari, con conseguenze inimmaginabili".
Ecoballe all'uranio, un pensiero da brividi. E il terzo ostacolo?
"Stando agli studi dell'agenzia internazionale per l'energia atomica l'uranio
comincerà a scarseggiare dal 2025-2035. Come il petrolio sta per raggiungere il
suo peak. I prezzi, quindi, andranno presto su. Ciò si ripercuoterà sui costi
per produrre energia togliendo ulteriori argomenti a questo malpensato progetto.
Aggiungo il quarto punto. Si potrebbe puntare sul plutonio. Ma con quello è più
facile costruire bombe. La Casa Bianca e molti altri governi fanno un gran
parlare dei rischi dell'atomica in mani nemiche. Ma i governi buoni di oggi
diventano le canaglie di domani".
Siamo arrivati così all'ultima considerazione. Qual è?
"Che non c'è abbastanza acqua nel mondo per gestire impianti nucleari. Temo che
non sia noto a tutti che circa il 40% dell'acqua potabile francese serve a
raffreddare i reattori. L'estate di cinque anni fa, quando molti anziani
morirono per il caldo, uno dei danni collaterali che passarono sotto silenzio fu
che scarseggiò l'acqua per raffreddare gli impianti. Come conseguenza fu ridotta
l'erogazione di energia elettrica. E morirono ancora più anziani per mancanza di
aria condizionata".
Se questi sono i dati che uso ne fa la politica?
"Posso sostenere un dibattito con qualsiasi statista sulla base di questi numeri
e dimostrargli che sono giusti, inoppugnabili. Ma la politica a volte segue
altre strade rispetto alla razionalità. E questo discorso, anche in Italia, è
inquinato da considerazioni ideologiche".
In che senso? C'è un'energia di destra e una di sinistra?
"Direi modelli energetici élitari e altri democratici. Il nucleare è
centralizzato, dall'alto in basso, appartiene al XX secolo, all'epoca del
carbone. Servono grossi investimenti iniziali e altrettanti di tipo geopolitico
per difenderlo".
E il modello democratico, invece?
"È quello che io chiamo la "terza rivoluzione industriale". Un sistema
distribuito, dal basso verso l'alto, in cui ognuno si produce la propria energia
rinnovabile e la scambia con gli altri attraverso "reti intelligenti" come oggi
produce e condivide l'informazione, tramite internet".
Immagina che sia possibile applicarlo anche in Italia?
"Sta scherzando? Voi siete messi meglio di tutti: avete il sole dappertutto, il
vento in molte località, in Toscana c'è anche il geotermico, in Trentino si
possono sfruttare le biomasse. Eppure, con tutto questo ben di dio, siete
indietro rispetto a Germania, Scandinavia e Spagna per quel che riguarda le
rinnovabili".
Ci dica come si affronta questa transizione.
"Bisogna cominciare a costruire abitazioni che abbiano al loro interno le
tecnologie per produrre energie rinnovabili, come il fotovoltaico. Non è
un'opzione, ma un obbligo comunitario quello di arrivare al 20%: voi da dove
avete cominciato? Oggi il settore delle costruzioni è il primo fattore di
riscaldamento del pianeta, domani potrebbe diventare parte della soluzione. Poi
serviranno batterie a idrogeno per immagazzinare questa energia. E una rete
intelligente per distribuirla".
Oltre che motivi etici, sembrano essercene anche di economici molto convincenti.
È così?
"In Spagna, che sta procedendo molto rapidamente verso le rinnovabili, alcune
nuove compagnie hanno fatto un sacco di soldi proprio realizzando soluzioni
"verdi". Il nucleare, invece, è una tecnologia matura e non creerà nessun posto
di lavoro. Le energie alternative potrebbero produrne migliaia".
A questo punto solo un pazzo potrebbe scegliere un'altra strada. Eppure non è
solo Roma ad aver riconsiderato il nucleare. Perché?
"Credo che abbia molto a che fare con un gap generazionale. E ve lo dice uno che
ha 63 anni. I vecchi politici, cresciuti con la sindrome del controllo, si
sentono più a loro agio in un mondo in cui anche l'energia è somministrata da
un'entità superiore".
RICCARDO STAGLIANÒ
greenaction-planet.org - SABATO, 7
giugno 2008
COMUNICATO STAMPA - GREENACTION TRANSNATIONAL SU INCIDENTE NUCLEARE KRSKO
(SLO)
Violato in Italia l’obbligo europeo dei piani di emergenza nucleare: chieste
attuazione e indagini penali
Trieste, 6 giugno 2006 - A seguito dell’incidente nucleare di Krsko
(Slovenia) del 4 giugno l’associazione ambientalista e per i diritti umani
Greenaction Transnational denuncia la mancanza in Italia dei piani d’emergenza e
difesa civile antiradiazioni previsti dalla normativa europea per le popolazioni
a rischio. In Slovenia tali piani sono invece attivi da decenni con livelli di
organizzazione e difesa civile particolarmente elevati. L’Associazione, già
sotto l’insegna di Friends ot the Earth Trieste, ha denunciato invano per anni
senza esito le omissioni delle autorità nazionali e locali italiane, ottenendone
anche la messa in mora da parte della Commissione Europea. nonostante ciò, e
nonostante l’interessamento della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo
dei rifiuti, le autorità italiane responsabili hanno continuato a dare risposte
elusive o contraddittorie, ed il Procuratore capo uscente di Trieste, Nicola
Maria Pace, le ha volute scagionare già nel 2003 dichiarando “esclusa la
sussistenza di omissioni penalmente rilevanti”. Una seconda denuncia, presentata
dall’associazione nel 2007, non ha avuto ancora risultati.
Poichè la gravità del problema è ora drammaticamente riconfermata da un
incidente nucleare, Greenaction Trasnational chiede che i piani vengano
finalmente redatti e diffusi, e che il nuovo Procuratore capo Michele Dalla
Costa, proveniente da Venezia, garantisca l’efficacia delle indagini penali.
I documenti principali per ricostruire la vicenda delle denunce e delle risposte
istituzionali sono disponibili sul sito di Greenaction Transnational
(www.greenaction-planet.org).
GREENACTION TRANSNATIONAL - Via Palestrina 3 - 34133 Trieste (Italy) - tel/fax
+39 040-2410497 - info@greenaction-planet.org
IL PICCOLO - SABATO, 7
giugno 2008
IL CASO KRSKO - DOPO IL GUASTO NUCLEARE - Slitta la
riapertura della centrale - La Slovenia non avvia inchieste
Stesso incidente anche in Ucraina, ma Kiev avverte dopo giorni Il premier
Sanader non esclude un impianto anche in Croazia
Nessuna ditta italiana nell’elenco dei fornitori della
Nek. Ancora lontana l’ipotesi di raddoppiare il sito
LUBIANA Sono iniziate ieri le riparazioni alla centrale nucleare di Krsko, che
sarà riattivata mercoledì prossimo, con un giorno di ritardo rispetto alle stime
iniziali. La Slovenia in ogni caso conferma di non volere aprire un'inchiesta
penale sull'incidente di mercoledì scorso.
E se continua il dibattito interno sulla gestione delle comunicazioni relative
alla perdita di liquido dall’impianto refrigerante, sul piano bilaterale
Lubiana, stizzita, avrà sicuramente da puntualizzare la situazione con Kiev.
L’Ucraina, infatti, ieri ha fatto sapere con giorni di ritardo di un incidente
analogo a un suo impianto atomico avvenuto al confine con la Polonia la scorsa
settimana, «non da paragonare con quella avvenuta in Slovenia»: come dire di
entità minore. Una mossa diplomatica quantomeno azzardata, sicuramente non «politically
correct», che indirettamente penalizza gli sloveni, in realtà i più corretti e
trasparenti nell’informare la comunità internazionale. Un segnale inquietante
per l'Europa, che ha già reagito all'incidente sloveno con grande
preoccupazione, divenuta oggetto a sua volte di polemiche tra Nek, la società
della Centrale di Krsko, governo lubianese e vertici dell’Ue.
Preoccupazione, quella per la continuità produttiva dell’impianto atomico, che
invece non hanno le grandi aziende clienti della Centrale, come il Gruppo
Bonazzi, italiano, che opera con 800 dipendenti a Lubiana. Nessun problema per
le ipotetiche ripercussioni sui fornitori o sub-appaltatori italiani della Nek:
semplicemente non ne esistono.
L’INCHIESTA
Ieri il ministro della Giustizia di Lubiana Lavro Sturm, a margine di una
riunione con i colleghi dell'Ue a Lussemburgo, ha dichiarato che non verrà
aperta alcuna inchiesta penale sull’incidente. «Non ci sono stati problemi
particolari, si è esagerato» nelle reazioni, ha affermato Sturm. A Lubiana una
conferma indiretta delle ridotte dimensioni dell’allarme a livello sloveno è
venuta anche dalla mancata mobilitazione, mercoledì, dell’unità di difesa Nbc
(Nucleare, biologica e chimica) dell’Esercito sloveno, equipaggiata in parte con
materiali di produzione italiana. Il ministro Sturm ha assicurato comunque che
sarà svolta un'inchiesta interna per appurare i motivi del guasto al circuito di
raffreddamento.
LE RIPARAZIONI
Ieri a Krsko i lavori di riparazione sono iniziati già la notte. «Stiamo
sostituendo la valvola del circuito di raffreddamento che si era guastata -
spiega ai reporter Ida Novak, portavoce della società Nek che gestisce la
struttura -: l’intervento durerà tutto il giorno, coinvolgendo solo cinque
addetti oltre a quelli del normale turno, regolarmente presenti oggi. Poi
effettueremo un’ispezione per dare successivamente il via al riscaldamento del
reattore e alla sincronizzazione dei vari impianti fino al ritorno della
produzione, che prevediamo per mercoledì». Stane Rozman, presidente del cda
dell'impianto atomico sloveno, assicura che il guasto verrà riparato entro oggi
e che la centrale dovrebbe riprendere la produzione a pieno ritmo già martedì
sera o al più tardi mercoledì. Secondo il direttore al momento dell'incidente
non vi sono mai stati rischi di alcun genere. Gli standard internazionali
l’hanno valutato a livello «zero».
AZIENDE ITALIANE
Un guasto in ogni caso: che se ha causato l’interruzione del ciclo produttivo
d’altra parte non ha avuto ripercussioni sulle forniture d’energia alle aziende
clienti della Nek. Lo conferma il triestino Edi Craus, responsabile nella
capitale slovena degli impianti del Gruppo Bonazzi, dell’omonima famiglia
veronese: impiega 800 dipendenti. «Da quest’anno - spiega il manager - con la
liberalizzazione del mercato per l’energia ci riforniamo da un distributore che
utilizza corrente elettrica proveniente da Krsko e che viaggia, è bene dirlo,
sui normali elettrodotti. Non abbiamo avuto alcun problema, né in questi giorni
né dall’inizio del contratto. E ce ne saremmo accorti subito: ogni minima
variazione nell’erogazione e tensione comporterebbe per noi, data la natura dei
nostri macchinari, un danno dai 25 ai 70 mila euro».
Le aziende del Nordest o italiane in genere non partecipano, invece, in alcun
modo come fornitori al processo produttivo della Centrale slovena. «Nessuno -
precisa Andrei Sic, triestino direttore dell’Unione regionale economica slovena
- lavora neppure in appalto». Informazione avallata da Dino Blandolino,
direttore dell’Istituto per il commercio estero (Ice) a Lubiana: «Gli appalti
nei Paesi dell’Unione europea, come è la Slovenia, devono svolgersi in base a
una gara a livello comunitario, anche se per particolari componenti o in alcuni
settori più sensibili del campo nucleare, legati alla sicurezza, tale norma
decade parzialmente e quindi l’assegnazione avviene con maggiore riservatezza».
PROGETTO CROATO
La formula dell’appalto verrebbe utilizzata anche nel caso Slovenia e Crozia
volessero raddoppiare l’impianto o, come ipotizzato ieri dal premier di Zagabria
Ivo Sanader, quest’ultimo Paese volesse dotarsi di una sua propria struttura.
Sanader, che subito dopo l’incidente ha parlato con l’omologo sloveno Janez
Jansa, ha peraltro sottolineato di nuovo che la Croazia deve iniziare a valutare
i pro e i contro di un'eventuale costruzione di una propria centrale nucleare,
per garantire negli anni a venire una sufficiente disponibilità di energia
elettrica. Secondo Sanader bisogna pensare seriamente non solo alla
realizzazione di un impianto atomico ma anche al prosieguo del progetto «Druzb-Adria»
al fine di assicurare l'indipendenza energetica del Paese.
PIER PAOLO GAROFALO
DOPO IL GUASTO NUCLEARE - Latte e insalata superano i controlli -
L’Arpa ha esaminato gli alimenti a più alto rischio: «Tutto in regola»
TRIESTE - Anche le verifiche su latte e lattuga hanno dato esito negativo. Ieri il
servizio regionale di fisica ambientale dell’Arpa, in collaborazione con le
aziende per i servizi sanitari di Trieste e Gorizia, ha effettuato i prelievi
sugli alimenti che potenzialmente avrebbero dovuto essere contaminati per primi
in caso di diffusione di radiazioni all'esterno della centrale.
«I controlli sul
latte e sull’insalata – spiega Concettina Giovani, referente del nucleo
regionale dell’Arpa che in questi giorni si è occupato delle rilevazioni – sono
l’ultimo stadio delle analisi. Il latte, in questo caso di ovini visto che erano
gli unici animali a pascolare allo stato brado in questi giorni, è l’alimento
che ci consente di verificare rapidamente eventuali presenze di iodio 131 visto
che è il prodotto di animali al pascolo che si sono nutriti di foraggio». Lo
stesso vale per l’insalata e per la verdura a foglia larga dove è più facile che
si depositino eventuali radiazioni. «I campioni - spiega Giovani - sono stati
prelevati dalla provincia di Trieste e Gorizia e, per quel che riguarda il
latte, anche da Udine». I controlli sono serviti a garantire un ulteriore
accertamento «anche se si sapeva da subito che non c’erano state immissioni di
radiazioni in atmosfera – precisa la specialista -. La segnalazione a noi è
sempre e solo arrivata come segnalazione di guasto e non come stato di allerta o
di allarme». I controlli continueranno anche nel fine settimana – non solo il
prelievo dei campioni, come avviene di solito, ma anche le misurazioni – mentre
da lunedì l’attività dovrebbe tornare alla normalità. L’attenzione
internazionale creatasi sul caso Krsko è stata occasione per avviare
un’esercitazione, a livello nazionale, delle equipe che fanno capo alle agenzie
per la protezione dell’Ambiente. «Nel nostro caso – spiega la referente del
Friuli Venezia Giulia – i protocolli di collaborazione con aziende sanitarie,
vigili del fuoco e forze dell’ordine, sono ben collaudati. Per altre regioni
questa situazione di verifiche straordinarie può essere, invece, l’occasione di
perfezionare le procedure».
(m.mi.)
Biocarburanti, Scajola: «Rivedere le quote Ue» - «Troppi problemi»
secondo il ministro sul fronte alimentare
LUSSEMBURGO L'Italia ha chiesto ai partner europei di «rivedere sostanzialmente»
l'obiettivo di aumentare dal 2% attuale al 10% entro il 2020 l'uso dei
biocarburanti nel settore dei trasporti europei, giudicato «non realistico». La
richiesta è stata presentata dal ministro allo sviluppo economico Claudio
Scajola al Consiglio energia riunito a Lussemburgo, che ieri ha raggiunto un
difficile compromesso sulla separazione proprietaria delle reti di produzione e
di trasmissione dell'energia (il cosiddetto unbundling), nel quadro delle misure
individuate per la liberalizzazione dei mercati europei dell'energia elettrica e
del gas.
«L'Europa deve parlare un linguaggio realistico», ha detto Scajola sui
biocarburanti. «Un pò per troppo coraggio, un pò per troppa precipitazione si
sono delineati obiettivi non realisticamente raggiungibili. Il 10% deve essere
sostanzialmente rivisto». La richiesta italiana di rivedere uno degli obiettivi
vincolanti della lotta al cambiamento climatico approvato dal Vertice Ue del
marzo 2007 nasce anche dalla considerazione che «non si può ignorare ciò che è
successo nell'ultimo anno sul fronte dei prezzi alimentare e della fame nel
mondo», ha spiegato Scajola. Il ministro ha assicurato «che non ci sarà un
minore impegno italiano nelle energie rinnovabili. Daremo incentivi alle energie
da sole, vento e biomasse», ha assicurato, affermando che l'Italia ha bisogno di
un mix energetico «molto variegato», che include anche il ritorno al nucleare.
«Ma sui biocarburanti - ha insistito - ci sono problemi: non possiamo dare la
sensazione che si considera più utile fare energia che dare da mangiare alla
gente: manderemmo un segnale sbagliato».
Dall'Italia oggi è giunta una forte richiesta per concludere il Consiglio con un
accordo sull'unbundling, giudicato essenziale per mettere fine «ad una
situazione distorsiva del mercato». «Meglio un accordo al ribasso che nulla,
perchè ciò equivarrebbe a rinviare la questione di 4-5 anni», ha detto Scajola.
E alla fine, dopo ore di negoziati molto tesi e di notizie contraddittorie, il
ministro sloveno Andrej Vizjak, presidente del Consiglio, ha potuto annunciare
«un ampio accordo» sul terzo pacchetto energetico. Restano però riserve tecniche
da parte di Germania, Portogallo e Austria che dovranno essere esaminate dai
rappresentanti dei 27 e dalla Commissione Ue.
GIUNTA SOTTO ACCUSA - Piani urbani e
territoriali: esposto alla Corte dei conti
Omero, Tam e Decarli inviano un dossier sulle consulenze «per troppi studi
mai utilizzati»
«Basta con i piani scoordinati, privi di una strategia e senza un obiettivo!
Tutela e valorizzazione del territorio devono costituire un fine prioritario ma,
soprattutto, concreto». Fabio Omero, capogruppo del Pd in consiglio comunale, ha
manifestato le sue «perplessità» mettendole nero su bianco, firmando il tutto
insieme al consigliere Bruna Tam (Pd) e a Roberto Decarli (capogruppo dei
Cittadini per Trieste) e infine inviando il «dossier» al procuratore generale
della Corte dei conti sotto forma di «esposto» sul tema: «Pianificazione urbana
del Comune di Trieste».
Alla base dell’iniziativa un doppio scopo: «dare vita a un’opposizone
intransigente ma anche propositiva». «Nell’ultimo decennio - riporta l’esposto -
l’amministrazione comunale ha affidato molteplici incarichi professionali per la
redazione di studi e progetti riferiti a piani del traffico e/o a piani
regolatori urbani. Non sempre sono stati fatti propri dalla giunta o adottati
dal consiglio. E, talvolta, non sono stati neppure presentati al consiglio».
Inoltre, «non sempre appare una coerente interrelazione nel tempo» mentre si
verificherebbero «contraddizioni tra gli stessi». Il riferimento, «a scanso di
equivoci», è legato «anche all’epoca della giunta Illy». Si parla dei progetti
legati al traffico e al centro storico «poi finiti in un cassetto. Nel
frattempo, sono stati invece concretizzati altri piani che hanno inciso su
viabilità e interconnessione tra Porto vecchio e città, in particolare piazza
della Libertà».
Seguono riferimenti e dati attraverso i quali Omero, Tam e Decarli aspettano «il
responso della magistratura contabile» benché «disposti a collaborare ma solo se
il sindaco è pronto a invertire la rotta. Il territorio di Trieste costituisce
una risorsa notevole ma ci vuole una pianificazione che coniughi la tutela delle
aree di pregio al recupero di quelle dismesse o inquinate».
DANIELE BENVENUTI
Piazza Borsa: nuovo lastricato e via le moto - Via Einaudi sarà
pedonale e in piazza Tommaseo sorgerà un park interrato per ciclomotori
I LAVORI ANTICIPATI, SLITTA LA RIQUALIFICAZIONE DI PONTEROSSO
Pedonalizzare via Einaudi - la strada di collegamento tra le Rive e piazza
della Borsa che da anni ospita i taxi - e ripavimentare la vicina piazza
Tommaseo, liberandone la superficie dalla distesa di motocicli posteggiati a
qualsiasi ora del giorno. Costruendo però in cambio, proprio sotto piazza
Tommaseo, un parcheggio interrato di due piani riservato esclusivamente alle due
ruote. Siamo ancora nel campo dell’ipotesi progettuale, ma gli uffici comunali
sono al lavoro per verificarne la fattibilità. Se questa idea, partorita nelle
ultime ore dal tandem Dipiazza-Bandelli, dovesse incassare l’ok dei tecnici,
diventerebbe sicuramente realtà. E rappresenterebbe l’«estensione» del progetto
di riqualificazione di piazza della Borsa, che partirà - questa è notizia certa
- tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo, al posto del restyling di
Ponterosso, slittato invece a fine 2009.
Sono queste le novità che sparigliano le carte della pedonalizzazione del Borgo
Teresiano e Giuseppino, tra piazza Venezia e piazza Libertà. La prima riguarda,
appunto, l’inversione dei due cantieri che il Comune intende portare a termine
entro la fine del mandato, nel 2011. La riqualificazione di Ponterosso è stata
infatti posticipata alla fine del 2009; quella di piazza della Borsa, invece, è
passata in testa e avrà inizio al più tardi nei primi mesi del prossimo anno. Il
motivo del cambio di rotta? «Ci sembrava più logico procedere così - spiega
l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli -. Ora stiamo lavorando su piazza
Venezia, che sarà pronta entro la fine dell’anno. Quando sarà chiuso anche il
cantiere del Museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata andremo a
pedonalizzare e ripavimentare tutta la via Torino. Tra venti giorni partirà
l’opera di pedonalizzazione delle vie Cavana e Boccardi: in questo modo -
aggiunge Bandelli - piazza Venezia e piazza Unità saranno collegate da un unico
percorso pedonale. Riqualificare piazza della Borsa era il passaggio necessario
per procedere lungo il percorso che dovrebbe portare alla stazione ferroviaria.
Il tassello successivo sarà il restyling di Ponterosso e la costruzione del
ponte, entrambi in fase di progettazione. Via Cassa di risparmio e via Trento?
Chiuderle al traffico sarebbe un bel sogno - afferma l’assessore comunale - che
mi auguro di realizzare, anche se al momento non esistono piani precisi. Quello
che vogliamo è dare vita a un percorso pedonale che arrivi fino a piazza
Libertà, per valorizzare aree come quella della chiesa luterana, rendendole più
vivibili, sicure e vivaci sul fronte commerciale».
Tornando alla novità più rilevante dal punto di vista urbanistico ed edilizio:
che ne sarà di piazza della Borsa? Il progetto (già approvato) prevede una nuova
pavimentazione in arenaria, in continuità con le piazze Unità e Verdi.
Spariranno i marciapiedi lungo il palazzo del Tergesteo e sul lato opposto, così
come il parcheggio centrale per i motorini, lasciando spazio a un’unica area
interdetta al traffico. Inoltre arriverà (o meglio, tornerà dopo tanti anni
nella sua posizione originaria) la statua del Nettuno (ora in piazza Venezia).
Questa l’idea iniziale, da due milioni di euro. Che rimane. Ma dovrebbe essere
«ritoccata» con la pedonalizzazione di via Einaudi e di piazza Tommaseo, sotto
la quale verrebbe costruito il primo parcheggio interrato multipiano per
motorini della città (non si sa se libero o a pagamento). In questo caso
servirebbe un milione di euro in più (quindi tre milioni in tutto).
«L’idea è partita dal sindaco Dipiazza e mi trova del tutto favorevole - afferma
ancora Bandelli -. Siamo ottimisti, pensiamo che il progetto possa andare in
porto, anche se dobbiamo attendere il parere tecnico degli uffici, che sono al
lavoro da qualche giorno. Il garage - continua - sarebbe un modo per
”ricompensare” gli scooteristi triestini, che a partire dal prossimo anno non
potranno più lasciare i mezzi in piazza della Borsa, e forse nemmeno in piazza
Tommaseo, se decidessimo di liberarne la superficie».
ELISA COLONI
Grillo parla al corteo anti-Ferriera: va chiusa - MANIFESTAZIONE CONTRO
LO STABILIMENTO, I RIGASSIFICATORI E I TAGLI AGLI ALBERI IN PIAZZA LIBERTÀ
Il comico si collega via Internet: «Vanno coinvolti gli operai». Trecento
persone scese in piazza
Hanno sfilato in 300 contro la Ferriera. Arrabbiati, rumorosi e in alcuni
casi sfiduciati per la mancata chiusura del «mostro di Servola». Un corteo
trasversale partito da piazza Unità e, dopo due ore passate sfilando lungo le
vie del centro, arrivato in piazza Verdi. In mezzo alla carrellata delle Porsche
e a pochi minuti dall’inizio de La Rondine di Giacomo Puccini.
Una coincidenza, nessuna volontà di contestazione come avviene abitualmente alla
«prima» della Scala di Milano. Serviva un collegamento in Internet, gentilmente
concesso da un bar, per consentire la benedizione in diretta di Beppe Grillo. Un
messaggio dai toni pacati quello del popolare comico genovese, diventato il
paladino dello sviluppo ecosostenibile. Reso possibile dal lavoro dei grillini
locali, che hanno aderito alla manifestazione.
«Non è possibile tenere in piedi la Ferriera, appartiene ormai al passato.
Portate avanti questa rivoluzione pacifica, ma fatelo - dice Grillo - parlando
quotidianamente con gli operai dello stabilimento e con le istituzioni
cittadine». Applausi accompagnati dai fischi quando Grillo si lascia scappare
«ci dovrebbe essere anche il sindaco lì con voi». Perché quel corteo eterogeneo,
aperto dalle famiglie e chiuso dai no global, non ha fatto sconti alla classe
dirigente. Né di destra né di sinistra, di ieri e di oggi. Bacchettate a
Riccardo Illy e al centrosinistra reo di aver approvato l’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia), ribattezzata in un pannello «Autorizzazione illyana
ad inquinare», fino al sindaco Roberto Dipiazza e perfino al neoletto
governatore Renzo Tondo.
«Stessa casta, stessa razza» ripete all’infinito l’altoparlante posizionato
sopra la jeep di Maurizio Fogar, animatore del Circolo Miani. Si alterna al
microfono con il verde Alessandro Metz, accompagnando un corteo senza slogan
urlati. Ma rumoroso. I manifestanti si fanno sentire con i fischietti, i
tamburi, le trombe, perfino una campana che suona a morto. C’è anche una signora
che batte un cucchiaio sulla padella. In coda il furgone del Centro delle
culture di Ponziana, ricoperto dallo striscione «No nuke» e «Aria pura senza
paura», spara musica ska ad alto volume. È il popolo dei no global, guardato a
vista dagli uomini della Digos in borghese e la Guardia di finanza in tenuta
antisommossa. «Manca solo la forestale» dice un signore avvicinando i
finanziarie e osservando come, in piazza Unità, si notino le divise dei
carabinieri e della polizia.
Ad aprire il corteo uno striscione semplice e senza etichette. «Ferriera,
Regione-Provincia-Comune solo parole». È il leif motive dominante, quello che
fra giacche e cravatte e capelli rasta paragona Trieste a Napoli. Solo che qui
da noi «non si vedono le immondizie, perché le ritroviamo nell’aria».
Cancerogene, ovviamente. E nel mirino c’è la Ferriera. Intesa come proprietà
(«Alla Lucchini non interessa neanche la salute dei bambini»), ma anche come
classe politica accusata di parlare senza agire. «Tondo eletto con i voti dei
servolani» è lo striscione che fa bella mostra di sé. Un monito al nuovo
governatore bocciato da una parte del corteo, mentre c’è anche chi gli dà
fiducia e lo aspetta al varco.
Lungo il percorso, da corso Italia e piazza Oberdan, la gente lungo i
marciapiedi osserva fra condivisione e sguardi apatici. Dagli autobus bloccati
le persone escono in maniera composta. Qualche «vaffa» dagli automobilisti in
coda, ma anche tanta comprensione e forse paura davanti allo striscione
«articolo 32 della Costituzione: la Repubblica tutela la salute».
«Sono anni che ci ricattano, adesso basta la Ferriera inquina e va chiusa» è il
monologo. Sembra di sentire le parole di Dipiazza e invece è il camioncino dei
no global. Quando si arriva in piazza Libertà ce n’è anche per l’assessore
Franco Bandelli e il progetto di riqualificazione reo di tagliare gli alberi. Ma
è una protesta secondaria, lo zoccolo duro vuole la chiusura della Ferriera, ci
sono perfino anziani che si trascinano per chilometri pur di «svegliare
Trieste». Fogar spegne il sigaro e se la ride davanti a una manifestazione
dignitosa. Lascia che Grillo aizzi la folla dicendo come «sia patetico tenere in
piedi questo tipo di industria», per poi monopolizzare il microfono.
«La Ferriera ha fatto scappare anche i coreani che volevano investire sulla
piattaforma logistica», dice strappando l’applauso e attaccando un po’ tutti.
Nell’ordine l’Autorità portuale, la Provincia, il Comune e la Regione. Già,
quell’amministrazione regionale che ha cambiato da poco colore, lasciando a casa
Illy. «Anche noi, andando a votare o disertando le urne - dice Fogar - abbiamo
contribuito a mettere la parola fine all’era Illy. Ma adesso Tondo si sta
comportando come Dipiazza: solo parole». È un monito al neogovernatore che,
durante la campagna elettorale e anche dopo il voto, ha messo in cima alle
priorità del suo mandato la chiusura della Ferriera.
È l’ultimo atto della mobilitazione. La manifestazione è sciolta, guardata a
vista perfino dal questore Domenico Mazzilli. Le famiglie servolane possono fare
rientro a casa, i militanti della Lega e quelli dell’Italia dei valori
ringraziati dagli organizzatori possono smobilitare. Senza aver esposto i propri
vessilli. Anche i tamburi alcuni marchiati dei quali marchiati con croci
celtiche, segno che nel corteo c’erano proprio tutti, possono tornare a riposare
come i disobbedienti. Un riposo breve. Torneranno presto in piazza come «i
napoletani, più orgogliosi dei triestini». Un’ammissione della sconfitta
numerica del corteo? Guai a dirlo, neanche per scherzo.
PIETRO COMELLI
Si parla di pista ciclabile in consiglio provinciale - GIOVEDÌ LA SEDUTA
Le gallerie lungo la pista ciclopedonale della Val Rosandra, e la convenzione
tra la Provincia e la proprietà del centro commerciale «Montedoro Free time»,
attualmente in fase di costruzione a Muggia, per la realizzazione e la cessione
al demanio stradale provinciale della rotatoria di innesto della viabilità
interna al centro commerciale, sulla strada provinciale numero 13 di Caresana:
saranno questi alcuni degli argomenti all’ordine del giorno nella seduta di
giovedì 12 giugno del Consiglio provinciale, in piazza Vittorio Veneto.
Muggia, no del Pd al rigassificatore
MUGGIA Il Circolo muggesano del Partito democratico ha stilato un documento di
analisi della questione dei rigassificatori. Il Pd locale ribadisce la sua nota
contrarietà e chiede un maggiore coinvolgimento della popolazione e degli enti,
alla luce di eventuali nuovi elementi nella fase progettuale. Lo spunto sono
state le recenti novità sul progetto di gasdotto della Snam e anche alcune
dichiarazioni favorevoli da parte di esponenti del governo nazionale.
Gianfranco Dragan, del direttivo Pd, afferma: «Il nostro gruppo di lavoro su
territorio e ambiente ha visto la necessità di analizzare meglio la situazione.
Ne è nato un documento in cui non si dice se è giusto o meno il rigassificatore,
ma si rilevano gli esami preliminari necessari. Il documento è stato votato
all’unanimità dal direttivo e presentato anche alla direzione provinciale del
partito». I documento, di 14 pagine, analizza i vari aspetti del progetto di
rigassificatore a Zaule. Si valuta il fabbisogno energetico nazionale e
regionale, lo stato d’avanzamento dell’iter autorizzativo, le carenze ancora
presenti, i pareri già espressi, le problematiche ambientali e di sicurezza, ma
anche i progetti di sviluppo del territorio e le ricadute di tali impianti sulla
qualità della vita.
Marco Finocchiaro, che ha coordinato il lavori, spiega: «Il nostro gruppo di 10
persone, senza preclusioni, ha guardato i vari aspetti del problema. Siamo
consapevoli che l’energia è un problema nazionale, ma sappiamo anche che il
piano nazionale è obsoleto, soprattutto viste le recenti idee di impianti
nucleari. Quindi dov’è la vera necessità, se poi nel Veneto se ne farà un
altro?». Secondo il Pd, ogni eventuale nuovo documento o integrazione dovrà
essere sottoposto nuovamente al vaglio di popolazione e enti locali.
«Non è il caso che tali integrazioni siano viste solo dal ministero, né si può
pensare che prenda da solo una decisione, dimenticando le perplessità a livello
locale», così Finocchiaro. Il Pd riprende argomentazioni già espresse
dall’amministrazione comunale, come ad esempio il fatto che un impianto
energetico a Zaule va contro le idee di sviluppo di quell’area. «La questione ha
levatura nazionale e anche internazionale – ancora Finocchiaro - non ci si può
ridurre a dare importanza al parere di un singolo ente locale, né si deve vedere
la questione solo dal punto di vista delle possibili royalty».
(s.re.)
LUNEDÌ A SAN DORLIGO - Bilancio e rigassificatore in consiglio comunale
È stato convocato per lunedì in seduta straordinaria, con inizio alle 11, il
consiglio comunale di San Dorligo della Valle-Dolina. Tra i numerosi punti
all’ordine del giorno, la surroga del consigliere Franco Majcen con Roberto
Drozina, la ratifica della delibera di di giunta sulla variazione al bilancio di
previsione 2008, l’approvazione del regolamento del Forum di Agenda 21 della
Riserva naturale della val Rosandra. In discussione anche una mozione presentata
dai consiglieri Sormani, Coretti, Turco e Di Donato relativa al tema della
«Realizzazione del progetto della Snam rete gas per la realizzazione di un
metanodotto che colleghi il rigassificatore di Zaule con Villesse».
«Lavori in Piazza Libertà, soldi buttati»
Dal Piccolo di sabato 31 maggio, apprendo con rammarico che la «giunta di
maggioranza» ha deliberato il taglio (non quantificato) di vari alberi secolari
di piazza Libertà, malgrado il parere contrario dei cittadini e la protesta
delle associazioni ambientaliste.
Non è da meravigliarsi se una volta eletta, questa maggioranza se ne frega dei
propri elettori pur di non perdere le sovvenzioni dello Stato, ma anziché
adoperare quei soldi per opere molto più necessarie ed urgenti (galleria
Sandrinelli, Foraggi, scuole, asili e soprattutto per la pulizia della città,
che attualmente fa schifo), si buttano via senza una buona e ponderata visione
dei lavori.
Qualcuno si ricorda lo stato di degrado del giardino con baracche, droga,
prostituzione e la successiva pulizia eseguita sotto la giunta Illy dagli
assessori Neri e Damiani, che hanno fatto ripristinare il piazzale alle sue
origini con il monumento, le panchine, le luci, il prato? Si vuole pedonalizzare
parte della piazza, quindi mi chiedo: i sottopassaggi esistenti verranno adibiti
ad aree di riposo o dormitori?
Dulcis in fundo: tutto ciò che di bello, buono, utile ed architettonico fu
eseguito dall’Austria nei suoi cinquecento anni di presenza, oggi purtroppo
viene depauperato, lasciato deperire o distrutto da gente che poco o niente
conosce la storia locale e non è della mentalità triestina.
Stelio Mauri
IL PICCOLO - VENERDI', 6
giugno 2008
Krsko riparte, viaggio nella centrale - Le
autorità slovene: martedì si riaccende il reattore. Polemiche in Italia. Scajola:
sul nucleare andiamo avanti
L’impianto è ancora fermo ma il riavvio è già previsto per martedì
MENIA RIFERISCE ALLA CAMERA SUL GUASTO: NESSUN RISCHIO PER IL NOSTRO PAESE
KRSKO Un piccolo pannello luminoso giallo che inizia ad accendersi a
intermittenza tra le decine di quadri verticali, la sirena che comincia a
suonare a singhiozzo con brevi, inquietanti note rauche, spie e aghi di
strumenti che si muovono: è scattato così, mercoledì pomeriggio, l’allarme alla
Centrale nucleare di Krsko in Slovenia, a 130 chilometri in linea d’aria da
Trieste.
«Perdita di liquido refrigerante» la diagnosi elaborata automaticamente grazie a
sonde, computer e controlli remoti, ma nessuna fuga di radiazioni. I quattro
operatori della sala di controllo di turno e il supervisore iniziano le
procedure standard, fissate da rigidi protocolli, per l’ulteriore verifica della
natura dell’incidente poi sempre manovrando leve, manopole e bottoni avviano
l’iter di spegnimento del reattore. La scena è stata ricostruita a beneficio dei
giornalisti ieri nel simulacro della sala controllo, perfettamente identica a
quella reale, usata per addestrare il personale.
Il giorno dopo l’incidente gran parte dell’allarme per il guasto all’impianto
atomico sloveno si è sgonfiato, il timore di un fall out radioattivo è stato
escluso, la produzione dovrebbe riprendere martedì mentre invece sono montate le
polemiche. Stane Rozman, presidente del consiglio d’amministrazione della Nek,
l’azienda della centrale, se la prende con i mass media e con Bruxelles:
l’accaduto è stato ingigantito a dismisura; anche l’Ue vi ha contribuito e così
mezza Europa mercoledì sera è rimasta col fiato sospeso.
E tira in ballo anche la procedura, ratificata da specifici accordi, che ha
obbligato Lubiana a informare a Bruxelles l’Unione europea e gli aderenti alla
World Organization of Nuclear Operators a Parigi, il «club» mondiale dei
produttori d’energia atomica. Rozman, tuttavia, tralascia di raccontare quella
che, trattandosi d’argomenti così delicati, non può in alcun modo essere
catalogata come una «gaffe» slovena, pur se non della Nek. L'Agenzia nucleare
slovena mercoledì sera aveva informato i Paesi confinanti che l'incidente alla
Centrale era un'esercitazione. Ma poco dopo si era corretta. A rivelarlo è stato
ieri il ministro sloveno dell'Ambiente Janez Podobnik.
Il «caso Krsko», c’è da scommetterci, sarà comunque esaminato per settimane in
ogni minimo dettaglio, oltre che sul piano tecnico, dal punto di vista della
comunicazione, interna, istituzionale e divulgativa: il suo flusso,
l’elaborazione e trasmissione. Qualche meccanismo, nell’ingranaggio
internazionale, non ha funzionato. Non si spiega altrimenti come un incidente di
livello «zero» o «uno» su una scala di quattro, che parte degli abitanti della
zona ha saputo solo ieri per bocca dei reporter stranieri sguinzagliatisi nelle
vicinanze, abbia prodotto un’eco così vasta a livello europeo.
L’INCIDENTE
Ma cosa è avvenuto realmente mercoledì scorso alle 16? «Si è verificata una
perdita d’acqua in un sistema secondario dell’impianto refrigerante sigillato
nel ”containement”, - spiega Stane Rozman -: 2,4 metri cubi all’ora, per un
totale di 10 circa». Così i tecnici sul posto sono subito intervenuti iniziando
a raffreddare il reattore «incapsulato» in una sorta d’involucro cilindrico
biancoazzurro che svetta nella piana di Krsko. Alle 20 l’impianto era fermato.
Tutto è stato deciso all’interno della Centrale. «Il personale della sala
controllo - precisa Franc Priboviz, vice capo addestratore - ha piena visione
della situazione in ogni momento e hanno l’autorità per prendere tali decisioni
dopo verifiche anche con sopralluoghi». Non è stata necessaria nessuna
evacuazione, neppure di personale interno.
L’acqua contaminata è stata raccolta da pompe e inviata in speciali contenitori
sigillati dove avviene la decontaminazione, anche per distillazione: alla fine
del procedimento le scorie sono solide e sono pronte per i siti di stoccaggio.
«Abbiamo qui in sede le parti di ricambio necessarie - precisa il presidente
della Nek - e stiamo già avviando le riparazioni: contiamo di ripartire martedì
al più tardi».
L’ALLARME
Mentre i tecnici mettevano in sicurezza la struttura, i vertici dell’azienda
comunicavano il guasto all’Amministrazione slovena per la sicurezza nucleare del
Ministero dell’ambiente, che attivava i canali fino ad arrivare a Bruxelles, che
a pioggia diramava l’allerta agli Stati membri. Contemporaneamente la Nek
informava le autorità locali che però, dato il basso livello d’allarme, non
allertavano la popolazione.
LE POLEMICHE
«È stata una comunicazione impropria, imprecisa, quella riportata sull’accaduto
dai media ma anche da altri ”protagonisti” della vicenda. L’attenzione riservata
a tale caso è stata senz’altro troppo alta» ammonisce severo Rozman ribadendo
che l’attività dell’azienda nell’impianto è monitorata da istituzioni
indipendenti. Ma qualcosa, in effetti, non ha funzionato a dovere in Slovenia,
anche alla luce dell’allarme Ue scatatto poco dopo la perdita dall’impainto di
refrigerazione.
Da Lubiana l'Amministrazione nucleare in un primo momento ha informato i Paesi
vicini che l'incidente nucleare era un'esercitazione. Poco dopo si è corretta,
secondo le dichiarazioni del ministro sloveno dell'Ambiente Janez Podobnik: «È
stata usata l'espressione sbagliata, con il termine ”esercitazione”. È stato un
errore umano commesso in assoluta buona fede».
LA SICUREZZA
Se di errore si è trattato, questo concerne il sistema o la capacità di
comunicare verso l’esterno, non quella di reagire a un incidente. Dal punto di
vista della sicurezza, almeno agli occhi di un profano, la Centrale di Krsko
sembra offrire garanzie, come del resto il suo personale, 570 dipendenti, un
terzo dei quali laureati, che percepiscono i salari in assoluto più alti
nell’intera Slovenia. «Per divenire tecnico della sala controllo, a esempio -
spiega l’istruttore Priboviz -, i dipendenti frequentano un corso specialistico
di due anni. Successivamente, sono previsti ”refreshment”, aggiornamenti quattro
volte l’anno ciascuno della durata di una settimana. Non tutti gli operatori
addetti al controllo sono laureati, molti hanno un diploma tecnico alle spalle e
poi vengono ulteriormente qualificati. Normalmente nessuno viene impiegato
dentro il «contenitore» del reattore, e i dipendenti lavorano senza un
abbigliamento protettivo.
La protezione, quella verso possibili malintenzionati o attentatori, è
accuratissima. Per varcare i cancelli della Centrale è necessario sottoporsi a
un’estenuante serie di controlli, da quelli d’identità al rilevamento delle
impronte digitali tramite scanner elettronico della mano, dal controllo di
vestiario a quello di eventuali borse o attrezzature, anche ai raggi x, come
negli aeroporti. Sbarre elettroniche comandate dai «passi» personalizzati di
volta in volta sono posizionate all’ingresso di ogni edificio della struttura
mentre uno dei «vigilantes» armati segue passo passo ogni visitatore.
La Protezione civile, invece, a Krsko mercoledì sera e ieri non si è neppure
mobilitata. Di più: ha lasciato che ad avvertire i residenti della perdita di
liquido refrigerante fosse la televisione, all’ora di pranzo.
«Non abbiamo ritenuto di doverlo fare - afferma Branko Petan, consigliere per la
Protezione civile del sindaco Franc Ogovic -: il livello d’allarme era basso.
Organizziamo esercitazioni di evacuazione della popolazione, anche per i
pericoli del cloro della vicina fabbrica di cellulosa, ogni 5 anni dirottando la
gente in altri centri in un raggio di 50-100 km e abbiamo piani d’intervento a
seconda del grado d’allarme. Poi vi è un piano nazionale».
L’IMPIANTO
Dai tempi di Cernobyl, a Krsko sembrano essere passati ben più dei 22 anni
reali. La Centrale offre un’immagine che solo il potere evocatore della
catastrofe in Ucraina impedisce di definire quieta ed efficiente. Addirittura,
con le aiuole curate, i roseti in fiore, le stradine e i marciapiedi ben
mantenuti, gli edifici perfettamente intonacati se non fosse un paradosso
bucolica, tanto è circondata dal verde. Solo il cupo ronzio ovattato dalla
pioggia ricorda la natura del sito. Natura: quella che anche gli sloveni hanno
sfidato nella sua parte più piccola, intima, in nome della sete di energia.
LA CITTÀ
È ambivalente il rapporto tra città e centrale, improntato molto spesso al
fatalismo. «Di certo - racconta Vladka Kelman Strojin, titolare di una merceria
- a parte qualche assunzione l’impianto non crea un indotto economico per la
città e noi di questi incidenti lo veniamo a volte a sapere per caso, come oggi
da voi». Fatalismo e ironia: per il suo negozio ha scelto un nome rivelatore: «Atom»
PIER PAOLO GAROFALO
NEL PAESE CHE CONVIVE CON LA CENTRALE ATOMICA - «Qui ci ammaliamo e
chiediamo il perché. Nessuno risponde»
I timori del paese che convive con il reattore: «Nessuno ci ha avvisati. E
non è la prima volta» - TRA LE 68 FAMIGLIE DI SPODNJ GRAD
KRSKO Nella piccola frazione di Spodnj Grad, la più vicina ai reattori
nucleari di Krsko, gli abitanti faticano persino a trovare collaboratrici
domestiche. «Le donne sotto i 45 anni non sono disposte a lavorare qui - spiega
quasi rassegnata una residente -. Si sa che la presenza della centrale e,
soprattutto, delle scorie radioattive provoca infertilità. In poche quindi sono
disposte a rischiare. E per lo stesso motivo le mamme seguono con particolare
ansia le figlie adoloscenti».
Quella di non poter avere figli, non è però nè l’unica nè la più grande
preoccupazione delle sessantotto famiglie del paese. L’incubo peggiore è
rappresentato infatti dalla possibilità di ammalarsi di tumore. «Non hanno mai
dimostrato il collegamento tra i casi di cancro nella zona e l’attività della
centrale - chiarisce Marjanca Barley Serbec, dal ’92 titolare di un bar sulla
strada che collega il centro storico di Krsko alle campagne attorno all’impianto
della Nek -. Sappiamo però che molti di noi, negli ultimi 20 anni, si sono
ammalati. E si dice che a soffrire di quel brutto male ci siano anche parecchi
bambini. Tante volte abbiamo chiesto che ci venissero date indicazioni precise,
ma non è arrivata alcuna risposta. Non sappiamo quali sono i rischi per la
nostra salute, così come non sappiamo nulla di ciò che accade al di là dei
cancelli della Nek. Penso che sia proprio un ordine impartito dall’azienda:
tecnici e addetti hanno l’obbligo di non riferire alla gente cosa accade in
centrale. È per questo che sul punto più delicato di tutta la vicenda, le
modalità di conservazione delle scorie, abbiamo solo indicazioni frammentate.
C’è chi dice che le abbiamo interrate in vasche profonde 40 metri, e chi pensa
che siano stipate tutte nei depositi lunghi e stretti vicini ai parcheggi per i
dipendenti».
E c’è anche chi sostiene che, presto, le scorie troveranno posto nelle
abitazioni dei residenti di un’altra frazione. «Poco distante da qui c’è un
posto che si chiama Verbina - spiega Carmen Topol -. Lì vivono undici famiglie
che verranno tutte sfrattate proprio per far spazio alle scorie. Questo vuol
dire che rischiamo di avere i rifiuti ancora più vicini alle nostre case. Saremo
condannati a vivere con la paura, a svegliarci la mattina chiedendoci cosa potrà
succedere durante il giorno. Dopo quello che è accaduto ieri (mercoledì ndr),
l’angoscia poi è ancora maggiore. Io ho saputo dell’incidente dalla televisione.
Nessuno, nè dall’azienda nè dal Comune, si è preso il disturbo di avvisarci. Del
resto non è la prima volta che succede. Questi guasti ogni tanto capitano e noi
non possiamo far altro che sperare non abbiano conseguenze troppo gravi».
Come Carmen, quasi tutti gli altri residenti di Spodnj Grad hanno appreso
dell’allarme scattato l’altro pomeriggio dai notiziari. Qualcuno ha intuito da
solo la presenza di problemi all’impianto vedendo arrivare in paese gruppi di
tecnici croati. Qualcun altro invece ieri pomeriggio, e cioè a distanza di 24
ore dalle fuoriuscita del combustibile, ignorava ancora l’episodio. «Se ho avuto
paura l’altro giorno? E perchè, cosa è successo? - rispondeva ai visitatori la
cassiera del supermercato «Hardi» di Krsko -. Ah, una perdita di liquido. Non ne
sapevo niente, ma si sicuro non sarà stato niente di grave, come le altre volte.
Del resto, cosa volte farci. La centrale lì è e lì resta»
Così come le comunicazioni alla popolazione non sembrano essere particolarmente
tempestive, altrettanto carenti, secondo gli abitanti, sono le misure di
sicurezza. «L’azienda ci ha sì consegnato un libretto con le istruzioni da
seguire in caso di catastrofe - precisa un anziano del posto -. Ma ormai non ce
l’ha più in casa nessuno. I vademecum li avranno distribuiti l’ultima volta 15
anni fa, assieme a delle specie di tute protettive diventate ormai vecchie e
inservibili. Come ci regoliamo quindi in caso di disgrazia? Semplice. Se il
guasto è lieve, ci rintaniamo in casa chiudendo bene le finestre. Se invece
succede qualcosa di più serio, ci precipitiamo in macchina e scappiano, sempre
sperando di riuscire ad arrivarci alla macchina».
«E pensare che quando siamo venuti ad abitare in questa casa, qui attorno era
tutta una distesa di campi di grano - aggiungono Alojz e Rezka Munic -. Poi, di
punto in bianco, è stata annunciata la costruzione della centrale e nel ’73 è
stata posato la prima pietra. Nessuno ci ha chiesto niente. Altro che referendum
e coinvolgimento delle popolazioni di cui tanto si parla oggi. Succedesse oggi,
ci sarebbe di sicuro agitazioni e proteste. Ma purtroppo è successo 25 anni fa,
e a noi non resta che controllare ogni mattina se la centrale è ancora lì al suo
posto. Il giorno che non dovesse più esserci - concludono marito e moglie -
vorrà dire che non ci saremo più nemmeno noi».
MADDALENA REBECCA
L’Arpa: «Negativi tutti i test» - Non è stata riscontrata radioattività
nelle quattro province - I CONTROLLI DELL’AGENZIA REGIONALE
TRIESTE - Nessuna presenza di radioattività nell'aria è stata registrata tra ieri
in Friuli-Venezia Giulia. Lo ha comunicato l'Arpa regionale che, dopo l'allarme
per un possibile guasto alla centrale nucleare di Krsko (Slovenia), ha
effettuato controlli periodici.
«Sono state realizzate quattro misure di spettrometria gamma e l'analisi - è
detto in una nota dell'Arpa - non ha rilevato la presenza di alcun radionuclide
gamma emettitore artificiale». Il programma di monitoraggio particolare attivato
in questa situazione prevede che nei prossimi giorni vengano effettuate
ulteriori misure di spettrometria gamma su campioni di particolato atmosferico
prelevato a Udine e su filtri di particolato atmosferico prelevati a Trieste e
Gorizia. I risultati di tali misure saranno comunicati non appena disponibili.
Il programma di monitoraggio particolare attivato in questa situazione prevede
che nelle prossime ore vengano effettuate ulteriori misure di spettrometria
gamma su campioni di particolato atmosferico prelevato a Udine, su campioni di
fallout prelevati a Udine e a Trieste e su filtri di particolato atmosferico
prelevati a Trieste e Gorizia.
Situazione sotto controllo anche nel vicino Veneto dove nessun valore della
radioattività diverso dal «fondo ambientale consueto» è stato registrato dall’Arpav.
Metz: «Un episodio da non sottovalutare» - Il Wwf: «Ci sono soluzioni molto
più sicure». Legambiente: «Gli incidenti si ripetono»
LE REAZIONI DEGLI AMBIENTALISTI REGIONALI -
TRIESTE I movimenti ambientalisti e i Verdi attaccano sul nucleare. L’affondo
più incisivo arriva dall’ex consigliere regionale Alessandro Metz. «Mi sembra
evidente - dice, semmai ce ne fosse stato bisogno, che l'allarme derivato
dall'incidente a Krsko pone ancora con più forza la questione ambientale nei
nostri territori. Sappiamo bene che solo con il tempo riusciremo a sapere
effettivamente cosa sia successo, e che tipo di ricadute questo incidente possa
avere sulla nostra salute e sull'ambiente. Dallo spegnimento della centrale
serviranno alcuni giorni per verificare il guasto, cosa lo abbia prodotto e gli
effetti reali, ma soprattutto, vista la pioggia di questi giorni, non possono
essere rilevate eventuali emissioni radioattive. Non è uno scherzo, né quanto
successo mercoledì, né tantomeno le parole, di solo poche settimane fa, di Renzo
Tondo e di Ferruccio Saro che annunciavano la volontà di diventare la prima
regione in Italia con una nuova centrale nucleare».
Per la sezione del Wwf del Friuli Venezia Giulia «la notizia dell’incidente di
Krsko porta in massima evidenza la sicurezza e i costi degli impianti nucleari.
Esistono altre soluzioni di gran lunga più sicure e con minori impatti
ambientali, quali le fonti rinnovabili e soprattutto il risparmio e l’uso
razionale dell’energia.
«Non si può negare che la paura è stata tanta e in base a quanto sostenuto dalle
autorità italiane e slovene, sembrerebbe non esserci nessuna grave conseguenza -
spiega invece in una nota il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio
Cogliati Dezza. L'unica fuga che invece si è manifestata è quella dei
nuclearisti dalla smania di commento a favore dell'atomo».
«Gli incidenti si ripetono ciclicamente - prosegue Cogliati Dezza - e quello che
è accaduto in Slovenia è l'ennesima dimostrazione che la sicurezza, quando
parliamo di nucleare, non è mai certa. A questo problema vanno aggiunti tutti
gli altri: smaltimento delle scorie, alti costi, approvvigionamento d'uranio e,
non ultimi, i tempi per l'attuazione di un eventuale programma nucleare. Per
l'Italia scegliere l'atomo oggi - aggiunge il presidente di Legambiente -
significherebbe di fatto mettere una pietra tombale su qualsiasi prospettiva di
riduzione delle emissioni che porterebbe a pesanti sanzioni per non aver
rispettato il protocollo di Kyoto».
Critiche dall’Austria. Haider: chiudete quell’impianto - IL PAESE CHE
HA ABBANDONATO DA 30 ANNI IL NUCLEARE POLEMIZZA CON LA SLOVENIA
L’agenzia dell’Onu a Vienna: «Nessuna allerta ma proseguiamo a controllare la
situazione»
VIENNA Non è stato richiesto alcun intervento da parte degli esperti dell'Aiea,
l'Agenzia Onu per l'energia atomica con sede a Vienna, per un sopralluogo nella
centrale nucleare slovena di Krsko. L'incidente notificato alle 17.38 di
mercoledì al sistema di sicurezza europeo Ecurie e quindi all'Iec (Incident &
Emergency Centre) dell'Aiea, oltre che a Austria, Ungheria, Croazia e Italia, è
stato infatti catalogato come «unusual event», ha affermato l'ente viennese, e
come tale al livello più basso dei quattro previsti in caso di allarme. Il
reattore è stato spento e in base alle informazioni fornite dall'Ente sloveno
per l'energia nucleare, non vi sono state fuoriuscite di liquido di
raffreddamento dal sistema, ha fatto ancora sapere l'Aiea-Iec, che ha aggiunto:
«Continueremo a monitorare la situazione».
Parole in sintonia con quelle della Commissione Ue, secondo cui l'allarme
inoltrato attraverso Ecurie ai 27 Paesi membri «è un buon esempio di trasparenza
in caso di incidente nucleare».
Ma queste affermazioni distensive non hanno tuttavia sedato il clamore suscitato
in Austria dall'incidente. Avendo scelto con decisione la via del rifiuto del
nucleare, Vienna convive con fastidio con le centrali atomiche di Cechia,
Slovacchia, Ungheria e Slovenia.
Pur lodando l'efficacia del sistema di allarme dell'Unione Europea, che consente
di informare tutti i Paesi membri, il ministro austriaco all'ambiente, Josef
Pröll, non risparmia critiche a Lubiana, nonostante che le autorità slovene si
siano scusate per aver reagito «affrettatamente, sopravvalutando il problema» e
perdipiù informando i Paesi limitrofi senza cancellare dal modulo previsto la
parola «esercitazione». Secondo Pröll l'incidente ha dunque «scosso
massicciamente la fiducia dell'Austria nel sistema di allarme sloveno».
Da Klagenfurt si è inserito nelle polemiche anche Jörg Haider, che ha invitato
il governo di Lubiana a «chiudere finalmente la centrale».
Flavia Foradini
Grillo in videoconferenza oggi contro la Ferriera - IN PIAZZA UNITA’
- L’intervento previsto al termine del corteo che partirà alle 18 e attraverserà
le vie del centro
Ci sarà anche un Beppe Grillo virtuale alla manifestazione che oggi attraverserà
il centro della città e che chiederà la riconversione della Ferriera di Servola,
oltre al no ai rigassificatori e al taglio degli alberi di piazza Libertà. Il
comico genovese terrà un intervento, previsto per le 19.45, in collegamento da
piazza Unità al termine del corteo. Lo annuncia in una nota il Gruppo Beppe
Grillo di Trieste, coorganizzatore della manifestazione assieme al Circolo Miani,
a Servola Respira, a La Tua Muggia, al Coordinamenti di comitati di quartiere,
all’Italia dei Valori e «con l’adesione di svariate associazioni e comitati di
Trieste e della regione», precisa il Miani in una nota.
Il corteo partirà alle 18 da piazza Unità (lato Municipio) per percorrere piazza
della Borsa, corso italia, piazza Goldoni, via Carducci, piazza Oberdan, via
Ghega, piazza Libertà, Rive e tornare in piazza Unità.
Il segretario provinciale della Lega Nord e deputato Massimiliano Fedriga ha già
annunciato invece che «la Lega non parteciperà alla manifestazione. Nonostante
la Lega si sia sempre battuta per la chiusura dell’impianto – precisa il
parlamentare – non saremo presenti, poiché, essendo la Lega maggioranza in
Regione, riteniamo più incisiva un’azione politica istituzionale che possa
risolvere in maniera definitiva questo grave problema».
A confermare la propria adesione è invece il sindacato autonomo Confsal, che
precisa di essere «da sempre schierata per la tutela della salute pubblica e dei
lavoratori» e auspica in una nota firmata dal segretario provinciale Filippo
Caputo «che venga trovata in tempi brevi un'alternativa di lavoro ai dipendenti
dello stabilimento e avviata la procedura per la chiusura dello stesso.
Secondo l’ex consigliere regionale Verde Alessandro Metz, la partecipazione alla
manifestazione di oggi «diventa uno dei primi momenti in cui far sentire le
molte voci che ritengono di non sottomettersi alle lobby energetiche e
speculative e a chi da queste nel mondo della politica riceve ordini. Una
manifestazione che partendo dall'inquinamento della Ferriera - scrive Metz -
parli della nostra città e di tutti gli abusi che subisce per soddisfare gli
appetiti di grosse multinazionali o le “piccole imprese edili” amiche del
signorotto di turno». Per Metz l'allarme Krsko «pone ancora con più forza la
questione ambientale nei nostri territori. «Dallo spegnimento della centrale -
aggiunge Metz - serviranno alcuni giorni per verificare il guasto, ma
soprattutto, vista la pioggia di questi giorni, non possono essere rilevate
eventuali emissioni radioattive a Muggia o a Trieste». «Non è uno scherzo -
aggiunge Metz - né quanto successo l’altra sera né tantomeno le parole, di solo
poche settimane fa, di Tondo e di Saro che approvando la svolta nuclearista del
nuovo Governo Berlusconi, tra l'altro appoggiata dalla quasi totalità
dell'opposizione parlamentare, annunciavano la volontà di diventare la prima
regione in Italia con una nuova centrale nucleare».
Vertice sul riassetto del costone carsico
La variante al Piano regolatore comunale e l’approvazione del progetto
preliminare di riassetto ambientale, sistemazione fondiaria e bonifica del
costone carsico saranno al centro della riunione della sesta commissione
consiliare comunale (Urbanistica, traffico e ambiente) che si terrà oggi nella
sede della prima circoscrizione a Prosecco. All’incontro saranno presenti anche
il sindaco Roberto Dipiazza, il vicepresidente della Provincia Walter Godina e
tecnici delle due amministrazioni.
La circoscrizione di Servola chiede un piano del traffico
Bus bloccati da auto in sosta, doppi sensi in strade strette e scarsità di
parcheggi sono i disagi lamentati dai cittadini
La terza circoscrizione candida il rione di Servola come destinatario del
prossimo piano particolareggiato, dopo San Vito e San Luigi.
Alla luce delle tante problematiche presenti nel borgo, delle numerose mozioni
presentate nel corso degli ultimi anni in merito alla viabilità della zona, ora
infatti il parlamentino invia un chiaro messaggio al Comune, affinché si possa
avviare in tempi rapidi l’iter.
«Stiamo spingendo affinché venga data priorità in tal senso a Servola – racconta
il presidente della settima circoscrizione Andrea Vatta – e ci mettiamo in coda,
sperando che dopo l’intervento dell’amministrazione sull’area di San Luigi ora
tocchi proprio a questo rione. La situazione è davvero critica così come si
presenta variegata, perché ci sono moltissime salite e discese, stradine
strettissime e a doppio senso. Mancano inoltre i parcheggi, gli autobus molto
spesso restano bloccati a causa delle auto in sosta e in alcuni punti anche i
pedoni devono fare i conti con una reale difficoltà a utilizzare i marciapiedi o
semplicemente ad attraversare la strada».
Da tempo viene segnalata da consiglieri circoscrizionali e residenti la
necessità di ridurre i doppi sensi di marcia nelle strade più strette, ma non
sempre l’eventualità di creare nuovi sensi unici trova i consensi dei cittadini.
«Diciamo che, secondo le considerazioni che ho raccolto in questi mesi parlando
con le persone, sia pedoni che automobilisti, la soluzione accontenta la gente a
metà - spiega Vatta –: se da una parte il senso unico rende più fluida la
circolazione e permette la creazione di nuovi stalli per le auto, dall’altra
costringe a lungi giri con l’automobile i residenti, per uscire dalla zona o
rientrare nelle abitazioni. Credo però che in molti casi sia indispensabile.
Darebbe più spazio ai parcheggi per le auto e consentirebbe un passaggio
tranquillo e senza intoppi alle linee 29 e 8 della Trieste Trasporti, due
esigenze sentite dal rione, per la forte presenza di persone anziane».
Le tante mozioni approvate nel corso degli ultimi anni, aggiunge il presidente
del parlamentino, sono propedeutiche proprio al piano particolareggiato.
A Servola il Comune ha effettuato sopralluoghi, ipotizzando già possibili
rivoluzioni nella viabilità per alcune strade, le più critiche. Sulla salita di
via Soncini capita spesso che i mezzi pubblici non riescano a transitare a causa
delle soste selvagge: lo stesso problema che può capitare anche in via di
Servola.
Via Marco Praga invece è congestionata dalla presenza della scuola elementare,
con numerose auto che si bloccano, al mattino in particolare e al momento
dell’uscita, quando le famiglie accompagnano i bambini e difficilmente riescono
a passare senza formare code e rallentamento. In via del Pane Bianco invece è
presente la scuola dell’infanzia. E qui i problemi si creano soprattutto per i
pedoni, che spesso sono costretti a camminare in mezzo alla strada a causa delle
auto parcheggiate in seconda fila.
Problemi simili sono stati evidenziati da circoscrizione e cittadini anche in
via dei Giardini, via del Ponticello e varie altre strade della zona. «Vorrei
precisare che qualsiasi valutazione sul piano del traffico però – conclude Vatta
– sarà discussa insieme ai cittadini. Distribuiremo, come successo a San Vito,
alcuni questionari o promuoveremo incontri e dibattiti, per coinvolgere gli
abitanti del rione e conoscere nel dettaglio tutte le opinioni e i suggerimenti
che potranno emergere». E Servola in questi giorni è interessata da alcuni
lavori lungo via Soncini, che causano la chiusura dell’arteria rionale.
Gli interventi dovrebbero concludersi nella giornata odierna, legati a esigenze
dell’Acegas-Aps. Limitazioni previste al traffico quindi e anche alla sosta e
alla fermata nei pressi del cantiere.
Micol Brusaferro
Sette nuove case in Costiera, è polemica - Il presidente
circoscrizionale Rupel: si vuole cementificare un’area a rischio frane -
Residence turistici in via Picard
C’è un nuovo progetto che prevede delle costruzioni da realizzare nell’area
costiera triestina a cui corrisponde un preciso piano particolareggiato comunale
di iniziativa privata. Si tratta di sette nuove unità immobiliari, con
destinazione d’uso a residenza turistica, che verranno realizzate in via Picard,
nella parte a mare del comprensorio di Santa Croce.
Le nuove case sorgeranno in una posizione molto ambita, in quel tratto di
costiera caratterizzato dal verde e da paesaggi incantevoli sul mare. Secondo
gli ambientalisti si tratta dell’ennesimo intervento edilizio che va a
compromettere l’area più pregiata della provincia triestina, un territorio al
quale la febbre del mattone rischia di far perdere la sua identità.
Le nuove unità immobiliari prevedono una cubatura massima di 1507 metri cubi e
interessano un’area di superficie complessiva di circa tremila metri quadri. Nel
piano è proposto come opera di urbanizzazione primaria un parcheggio pubblico
per sette posti macchina posizionato lungo il fronte prospiciente via Picard,
parcheggio che verrà ceduto gratuitamente al Comune.
Nemmeno un anno fa, sempre nell’area sottostante la strada costiera, più vicino
alla frazione di Grignano e nei pressi di una ben nota osteria, un altro
progetto di iniziativa privata ha interessato un’altra area verde per la
costruzione di altre sette abitazioni a uso turistico. «Già in quell’occasione –
puntualizza per la circoscrizione di Altipiano Ovest il presidente Bruno Rupel –
avevamo avuto modo di contestare un intervento molto impattante per un’area
delicata e instabile come quella costiera. E avevamo dato un parere negativo
alla richiesta di concessione edilizia, rappresentando tutte le nostre
perplessità per delle operazioni edilizie che profumano di speculazione. Ora la
storia si ripete per un altro tratto di costiera – sostiene Rupel – e si vuole
cementificare in un ambiente caratterizzato da notevole dislivello e a tendenza
franosa».
Il parere della circoscrizione, pur essendo puramente consultivo, è indice di
una preoccupazione e di un pensiero molto diffuso, quelle dei cittadini che
vorrebbero maggiore tutela e conservazione per le aree verdi e le zone di pregio
ambientale. «Da tempo abbiamo chiesto la variazione degli indici di
edificabilità per la preziosa area costiera – interviene il consigliere Nicola
Tenze – con un documento specifico preparato dal consigliere Roberto Cattaruzza.
Purtroppo le nostre indicazioni non sono state recepite, e il nuovo progetto va
aggiungersi alla lunga serie in atto sulle colline e sui versanti panoramici di
tutta la nostra circoscrizione territoriale».
(m.l.)
PIAZZA LIBERTÀ - Un altro scempio
Ancora una volta questo sindaco sembra aver trovato il modo di stravolgere
l'aspetto di una piazza di Trieste, ancora una volta distruggendo il poco
patrimonio verde che ci rimane.
Non contento di aver reso piazza Vittorio Veneto un deserto, piazza Goldoni una
via di mezzo fra il muro di Berlino e un autolavaggio, di aver stravolto
l'aspetto di campo S. Giacomo abbattendo piante secolari sotto le quali i
cittadini si ristoravano nei caldi pomeriggi estivi, di aver lasciato
serenamente distruggere il polmone verde del parco della Maddalena nascondendosi
dietro un serafico «è proprietà privata e sono nel loro diritto» proclamato sul
proprio sito internet, ora vuole continuare lo scempio che ha fatto di questa
città abbattendo ancora alberi secolari per far spazio all’allargamento di una
strada la cui utilità appare assai dubbia.
Non dimentichiamoci che poco lontano da quella piazza Libertà che è
improvvisamente presentata come una strozzatura del flusso veicolare si trova il
viale Miramare, che anch'esso, almeno nel tratto fra la Stazione centrale e
largo Roiano, non brilla per ampiezza e capacità di reggere flussi elevati di
traffico. Per caso il nostro sindaco fra qualche mese, forte dell’aumentata
capacità di flusso della piazza Libertà e delle Rive ha intenzione di cominciare
a disboscare anche il viale Miramare? Riterrei più intelligente l’idea, che se
non mi sbaglio era già stata proposta, di aprire al traffico la direttrice
interna del Porto Vecchio, dal lato a mare del cavalcavia di Barcola alle Rive
dietro la Capitaneria di Porto. In questo caso si servirebbero sia i magazzini
portuali in fase di conversione sia le nuove strutture progettate in quell’area,
e si creerebbe allo stesso tempo una direttrice di scorrimento libera dalle
costrizioni di piazza Libertà e del primo tratto di viale Miramare. Spero che il
presidente dell’Autorità portuale vedrà in quest’idea meriti sufficienti a
rinunciare ad una parte del controllo esclusivo che reclama sull’area a
vantaggio di quegli stessi benefici per la città di cui si è fatto forte per
acquisire il controllo dell’Autoporto di Fernetti, aiutando così noi poveri
cittadini a mantenere inalterato l'aspetto di una delle ultime piazze di Trieste
ancora intatte».
Fabio Cigoi
PIAZZA LIBERTÀ - Ambientalisti e pregiudizi
Un ambientalista la cui mente non fosse ottenebrata dovrebbe essere lieto se al
posto di 21 alberi ne vengono piantati più di 50 e dovrebbe accettare anche il
sacrificio dei primi se ciò fosse necessario per fluidificare il traffico
stradale rendendo meno pesante l’effetto dei gas di scarico sulla qualità
dell’aria di una importante arteria cittadina come viale Miramare.
Quell’ambientalista dovrebbe poi essere soddisfatto della scelta voluta
dall’amministrazione comunale di recuperare all’uso pedonale una piazza che
ritorna a essere una bella appendice verde della Stazione ferroviaria con
contestuale ottimizzazione delle fermate degli autobus, un modo di stimolare
l’uso dei mezzi pubblici... appunto come auspicano gli ambientalisti la cui
mente non sia ottenebrata da prese di posizione preconcette e demagogiche.
Posizioni che peraltro avrebbero potuto essere espresse e discusse nella sede
appropriata, ossia la riunione delle associazioni convocata in municipio
dall’assessore Bandelli cui quelli che ora strepitano davanti all’aula del
Consiglio comunale si son guardati bene di partecipare. È più facile trovare
spazio nelle pagine sulla cronaca cittadina facendo caciara che presentando
proposte ragionate ed intelligenti. Senza rancore, ma noi c’eravamo e non
eravamo i soli.
Sergio Bisiani - Ambiente eè vita Fvg
Tondo e la Ferriera
Chi si illudeva che il cambio della giunta regionale potesse cambiare le cose
riguardo al problema della Ferriera, è rimasto sicuramente deluso. In occasione
di una annunciata manifestazione dei residenti di Servola, il neopresidente
Tondo si è rifiutato di incontrare i cittadini che lo avevano invitato a un
confronto sulla questione.
Tutto come prima dunque. Gli interessi delle lobby politiche continuano ad avere
il sopravvento sugli interessi dei cittadini e quelli – sempre troppo pochi –
che scendono in piazza per rivendicare i propri diritti non bastano per far
cambiare opinione a chi detiene il potere.
Edvino Ugolini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5
giugno 2008
Krsko, guasto nella centrale nucleare - Una
perdita si è verificata nel sistema refrigerante. Escluse fughe radioattive
LUBIANA INFORMA SUBITO L’UE CHE FA SCATTARE L’ALLARME
ATTIVANDO IL MONITORAGGIO
KRSKO Reti di monitoraggio attivate, sistemi di comunicazione ufficiali
«bollenti», diplomazie a pieno regime e mass media mobilitati: è stato allarme
in tutta Europa, ieri pomeriggio, per un guasto alla Centrale nucleare di Krsko,
in Slovenia, a soli 130 chilometri in linea d’aria da Trieste in direzione
Nordest vicino al confine con la Croazia. Una perdita di liquido dal sistema di
raffreddamento ha costretto a spegnere il reattore: nessuna fuga radioattiva,
tuttavia.
Almeno stando alle dichiarazioni ufficiali: «Massima calma». Mentre attorno al
sito, discretamente, le autorità prendevano le precauzioni del caso, anche se la
vita, a Krsko e dintorni, non sembrava mutare se non fosse stato per la
sorveglianza rinforzata.
A tarda ora ieri i tecnici sloveni dell’impianto non erano ancora in grado di
spiegare le cause del guasto. L'allarme è scattato esattamente alle 17.38.
Subito, mediante il sistema comunitario per uno scambio rapido d’informazioni in
caso di emergenza radiologica (sistema Ecurie) Bruxelles ha ricevuto da Lubiana
e immediatamente diffuso a tutti i Paesi dell'Unione europea la notizia
dell'incidente, ossia dell'uscita di liquido dall'impianto di raffreddamento.
Nel frattempo, gli operatori della Centrale di Krsko avevano già avviato la
procedura prevista per lo spegnimento del reattore (alle 20 lavorava ancora, al
22% della sua potenza), ed era scattato il monitoraggio della situazione da
parte della Direzione nazionale per la sicurezza nucleare con sede a Lubiana.
Nelle ore successive, le notizie comunicate da Lubiana e confermate da
Bruxelles, sono state via via più rassicuranti anche se non circostanziate: «La
causa del guasto è ancora da scoprire ma non c'è stata alcuna fuga radioattiva».
Tutti i sistemi di allertamento hanno funzionato e – come comunicato dalla
direzione della Centrale – l'episodio non ha avuto alcun effetto negativo né sul
personale che in quel momento si trovava sul posto di lavoro né sulla
popolazione e l'ambiente circostanti. Certo, nessuna scena che potesse ricordare
il disastro di Chernobyl, ma i residenti, nelle proprie abitazioni, hanno subito
consultato gli opuscoli a suo tempo distribuiti dall’autorità con le istruzioni
in caso di emergenza al reattore; i genitori per prudenza hanno tenuto dentro
casa i bambini, i più vulnerabili a eventuali radiazioni. Gli agricoltori e gli
allevatori della zona si sono interrogati sulle possibili conseguenze economiche
negative dell’episodio, se non altro per i timori che i consumatori, più per
un’istintiva reazione psicologica che per rischi reali, possano evitare i loro
prodotti.
«Non ci sono state né si prevedono conseguenze sull'ambiente» ha dichiarato in
serata all'agenzia di stampa Reuters il direttore della Direzione nazionale per
la sicurezza nucleare Andrej Stritar. Ieri sera non era comunque possibile
prevedere quanto tempo ci vorrà per scoprire le cause e riparare il guasto e
dunque quanto tempo passerà prima che l’impianto possa essere riattivato.
Nonostante le precisazioni sulla non pericolosità dell'incidente, la notizia
diffusa da Bruxelles ha creato non poca apprensione in Europa, specie in Italia.
I più tranquilli, paradossalmente, ieri pomeriggio e sera erano proprio gli
sloveni, forse per «dovere d’istituto». Mugugni e lamentele, in ogni caso, non
sono mancati vicino a Krsko. Anche se l'informazione sul guasto non ha trovato
posto tra i titoli del primo telegiornale della sera, quello delle 19, mentre
sul televideo e sul sito Internet di Rtv Slovenia la notizia è apparsa appena
dopo le 20, pur se l'agenzia stampa nazionale Sta l'aveva «battuta» prima delle
19.
La Centrale nucleare di Krsko è stata costruita nel 1981 insieme da Slovenia e
Croazia, all'epoca repubbliche della Jugoslavia federativa.
Tecnicamente, è costituita da un reattore ad acqua pressurizzata realizzato
dalla Westinghouse con una capacità di 632 megawatts. Funziona con 121 elementi
di uranio arricchito, acqua distillata come rallentatore e 33 fasci da 20 barre
di argento, cadmio e indio per regolare la potenza.
Da allora, e in particolare negli ultimi anni, non ci sono mai stati problemi di
sicurezza. Nel 2007, addirittura, prima del periodico intervento di
manutenzione, la Centrale era rimasta collegata alla rete elettrica per ben 510
giorni consecutivi. L’anno scorso l’impianto ha prodotto 5 miliardi e 700
milioni di chilovattore di energia elettrica. Anche gli ultimi dati per aprile,
forniti dalla Direzione nazionale per la sicurezza nucleare, erano più che
buoni: la struttura ha funzionato a pieno regime; tutti i parametri erano
rispettati e i meccanismi di sicurezza erano perfettamente operativi.
Lo smantellamento e la dismissione di Krsko sono previsti per il 2023, anche se
poco più di un anno fa il ministro dell’Economia sloveno Andrej Vizjak non aveva
escluso la costruzione di un secondo blocco della Centrale. Krsko, attualmente,
copre il 24% del fabbisogno energetico della Slovenia e il 17 di quello croato.
«È UN REATTORE DATATO MA STABILE» - Il raffreddamento ad acqua è semplice ma
efficace. Così funzionano 200 impianti nel mondo
TRIESTE - Come si è potuto apprendere dalle notizie di agenzia che hanno fatto il
giro dell’Europa, il giorno 4 giugno alle 17.38 locali è avvenuto un incidente
alla centrale nucleare di Krsko sito in Slovenia in prossimità del confine con
la Croazia a circa 130 chilometri da Trieste. Nello specifico, l’incidente è
definito da una perdita del sistema di raffreddamento primario che, in questo
tipo di impianti, è costituito da acqua che funge anche da moderatore della
reazione nucleare.
L’impianto di Krsko, infatti, è un reattore di seconda generazione e del tipo
Pwr ovvero ad acqua in pressione. In questo tipo di impianti, l’acqua a contatto
con il nocciolo viene mantenuta in pressione a circa 150 atmosfere e a una
temperatura di circa 300 gradi centigradi. Questo tipo di reattori sono molto
stabili in quanto, usando l’acqua come moderatore, nel caso in cui dovesse
generarsi un surriscaldamento l’aumento di temperatura determinerebbe una
riduzione della densità dell’acqua che si espande e, di conseguenza,
«interferisce» di meno con i neutroni emessi dal nocciolo generando una
riduzione della reattività nucleare.
L’impianto, in seguito all’incidente, è stato «spento» per poter successivamente
riparare la perdita. Esso ha determinato l’immediata notifica al sistema di
gestione di emergenze nucleari Ecurie (European community urgent radiological
information exchange). Le autorità slovene, al momento, hanno escluso possibili
danni all’ambiente. Ossia, tradotto in parole povere, significa che la perdita è
rimasta contenuta all’interno dell’edifico ospitante il reattore.
Al momento sono in attività oltre 200 impianti di questo tipo che, sebbene
relativamente vecchi, sono considerati sicuri ed efficienti. Se l’incidente
dovesse limitarsi a quanto descritto nei comunicati ufficiali non ci sarebbero
problemi né per l’ambiente né per le persone. I livelli di radioattività sono
tenuti sotto controllo sia dalla Protezione civile nazionale che agisce
istituzionalmente in questo campo, sia dagli organi internazionali di controllo
e prevenzione che coordinano questo tipo di monitoraggio. Una altra rete di
controllo, inoltre, è quella che viene fornita dal Technical support del Ctbto (Comprehesive
treaty for nuclear tests ban organisation) che dispone di sistemi di rilevamento
per radionuclidi sparsi in tutto il mondo. L’Ogs (Istituto nazionale di
oceanografia e di geofisica sperimentale) ha peraltro svolto in passato e anche
recentemente studi mediante tecniche geofisiche d’avanguardia sul sito dove
sorge l’impianto per verificarne la sicurezza geologica e geotecnica in
collaborazione con istituzioni slovene. Nel 2004, inoltre, l’Ogs ha anche
partecipato a un rilievo aereo del sito di Krsko per una mappatura della
morfologia dell’area e la generazione di un inventario delle infrastrutture
esistenti nella zona. Soprattutto in considerazione che le scorie nucleari
vengono deposte non lontano da dove sorge il reattore.
Franco Coren - (Direttore del dipartimento di Geofisica della litosfera
Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, membro del
roaster degli ispettori dell’Onu per l’applicazione del trattato di bando dei
test nucleari Ctbto)
Operativa dal 1983 sarà chiusa nel 2023 - Un impianto di seconda generazione
dotato di un reattore americano. Fornisce più di un quarto dell’energia del
Paese
ROMA - La centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, è stata inaugurata nel gennaio
del 1983. La sua costruzione era iniziata nel 1975. La gestione è mista fra
Croazia e Slovenia, che al momento della costruzione erano ancora unite nella
Jugoslavia. Lo spegnimento definitivo è previsto per il 2023, e i lavori di
smantellamento andranno avanti per 13 anni.
La centrale ha un solo reattore da 730 megawatt, e in un anno genera circa 5200
gigawattora. Il reattore è del tipo Pwr (Pressurized Water Reactor) ed è di
fabbricazione americana (Westinghouse). L’impianto fa parte della seconda
generazione di centrali, successiva rispetto a quella di Chernobyl.
Il reattore funziona con 121 elementi di uranio arricchito, acqua distillata
come rallentatore e 33 fasci da 20 barre di argento, cadmio e indio per regolare
la potenza.
Il calore sviluppato dalla reazione di fissione dell'uranio nel nocciolo del
reattore scalda l'acqua di un generatore di vapore, che aziona delle turbineche
producono corrente elettrica. Questo tipo di reattore ha due circuiti di
raffreddamento: il primario a contatto diretto con il nocciolo e il secondario
che raffredda le turbine, entrambi caricati con acqua demineralizzata. La
divisione in due circuiti è più sicura, e difficilmente il secondario viene
contaminato in caso di perdite.
La compagnia che gestisce la centrale è la Nuklearna Elektrarna Krsko (Nek) che
è di proprietà della compagnia elettrica slovena Gen-Energija, (costola della
statale Elektro-Slovenija, Eles) e della croata Hrvatska elektroprivreda (Hep).
L’impianto fornisce più di un quarto dell’energia elettrica necessaria alla
Slovenia e un quinto di quella utilizzata dalla Croazia. Le scorie nucleari
prodotte vengono custodite in un deposito poco distante che raggiungerà il
limite di capacità fra tre anni.
FRATTINI ACCELERA SULL’EUROREGIONE: ENTRO LUGLIO SUMMIT A TRIESTE - IL
VERTICE A ROMA CON I MINISTRI PDL
TRIESTE Silvio Berlusconi l’ha già promesso. Ma il Friuli Venezia Giulia,
all’indomani dell’ennesimo ingorgo autostradale, ha fretta. Tanta fretta: il
commissario straordinario dell’A4, il solo che può ridurre i tempi di
costruzione della terza corsia, non può attendere. Non più. E così, mentre il
tam tam scommette già su Bortolo Mainardi, l’architetto bellunese che è stato
commissario straordinario per le grandi opere del Nordest sino a due anni fa, il
centrodestra intensifica il pressing. Fa gioco di squadra e incassa due appoggi
pesanti: quelli dei ministri «amici» Franco Frattini e Renato Brunetta che
adottano l’emergenza «terza corsia». Obiettivo condiviso: chiudere la partita,
con il commissario in campo, nel giro di un mese. O poco più.
Il titolare degli Esteri e quello della Funzione pubblica promettono massimo
impegno nella serata di ieri quando, nella sede romana della Regione, si
presentano all’incontro politico sul Friuli Venezia Giulia. Organizzano i
segretari del Popolo della libertà, Isidoro Gottardo e Roberto Menia, costretto
infine a disertare a causa dell’allarme Krsko. Partecipano i parlamentari del
centrodestra - unici assenti giustificati Roberto Antonione e Giulio Camber - e
il vicepresidente della Regione Luca Ciriani.
«Abbiamo definito una strategia comune, a livello politico, per far fronte agli
impegni assunti in campagna elettorale, a partire dal patto in dieci punti che
il premier ha siglato con il presidente Renzo Tondo» premette Gottardo. Subito
dopo, però, aggiunge che il primo punto all’ordine del giorno, il più urgente,
porta all’A4 ormai strozzata: «La nomina del commissario è la priorità. Il
ministro ai Trasporti, Altero Matteoli, è stato sensibilizzato nel pomeriggio. E
Frattini e Brunetta, in serata, hanno assicurato che si adopereranno affinché il
governo provveda nei tempi più rapidi possibili». L’iter è partito: la Regione
sta perfezionando in tandem con il Veneto la nuova richiesta di stato
d’emergenza, indispensabile a strappare il commissario. Non solo: oggi Renzo
Tondo vola nella capitale dove alle 16 incontrerà, insieme ai presidenti delle
Regioni e quindi anche a Giancarlo Galan, proprio Berlusconi. Possibile che non
colga l’occasione e non perori direttamente con il Cavaliere un’accelerazione?
Nell’attesa, approfittando della presenza di Frattini e Brunetta, il tavolo
politico del Pdl non si limita alla sola A4. Ma affronta altri temi, individua
altri obiettivi, definisce altre strategie. Sull’Euroregione, innanzitutto: il
ministro degli Esteri, ancora una volta, dà ampie garanzie. Assicura che intende
promuovere il recepimento del regolamento comunitario sui Gect, passaggio chiave
per far nascere una «casa senza confini». Annuncia che vuole negoziare con la
Regione i contenuti possibili della futura Euroregione. Ribadisce che entro
luglio verrà in visita ufficiale a Trieste e in Friuli Venezia Giulia: «E in
quella sede - anticipa Gottardo - definirà l’accordo tra Regione e Farnesina».
Il ministro della Funzione pubblica, da parte sua, apre un tavolo bilaterale
sull’innovazione nell’amministrazione: «Servirà ad attuare in Friuli Venezia
Giulia politiche sperimentali di innovazione della ”macchina” pubblica». Non è
finita: Frattini raccoglie l’input di Ferruccio Saro che, ricordando il
ventennale ormai alle porte della caduta del muro, invita la Farnesina a
patrocinare e «valorizzare» quale «crocevia di culture e popoli» il Mittelfest.
Ed entrambi i ministri sponsorizzano le candidature dell’Agenzia europea delle
lingue minori a Udine e di una sede regionale dell’istituto europeo di ricerca
scientifica. Ma come dimenticare il federalismo fiscale? E le compartecipazioni
sulle pensioni? Partite non facili, anzi, ma il Pdl intende giocarsele sino in
fondo: «Ne parleremo con il ministro Giulio Tremonti» afferma Gottardo. E Saro:
«Daremo battaglia per avere una norma che ci consenta di fronteggiare la
concorrenza fiscale di Slovenia e Carinzia».
ROBERTA GIANI
Sei Intercity a rischio Il Pd: Roma si muova - INTERROGAZIONE AL SENATO
TRIESTE Un’interrogazione al ministro dei Trasporti, per chiedere interventi
contro il presunto «taglio» di linee di Trenitalia in Friuli Venezia Giulia, è
stata presentata ieri dai senatori del Pd Carlo Pegorer e Flavio Pertoldi. Nel
documento, i parlamentari ricordano che i tagli riguarderebbero sei Intercity da
e verso Udine con passaggio a Pordenone. E aggiungono che il Friuli Venezia
Giulia soffre difficoltà nei collegamenti ferroviari con il resto del Paese. «La
decisione di Trenitalia - proseguono Pegorer e Pertoldi - riguarderebbe anche
altri importanti collegamenti ferroviari nel Nord-Est, determinando serie
ripercussioni negative su tutta una vasta area altamente strategica e vitale nei
collegamenti con il resto dell'Europa». I due senatori chiedono infine al
governo di «garantire ai cittadini e alle imprese della Regione i necessari
collegamenti con il resto del Paese».
Oggi, intanto, anche l’assessore regionale ai Trasporti e alle Infrastrutture,
Riccardo Riccardi, affronterà la questione dei treni a rischio soppressione con
i vertici delle ferrovie.
IL CASO PIAZZA LIBERTÀ - Associazione orticola Fvg: no al progetto
taglia-alberi
Non si può sacrificare un polmone verde come piazza Libertà sull’altare dei
finanziamenti statali e regionali da prendere al volo. Perché «300 alberetti non
valgono 2 alberoni». L’associazione orticola Fvg rilancia così la propria
contrarietà al progetto di riqualificazione di piazza Libertà - destinato a
rivoluzionare fra due anni viabilità e spazi verdi dell’area - approvato la
scorsa settimana tra feroci polemiche. «Con buona pace della trasparenza -
scrive la presidente dell’associazione, Mariangela Barbiero - il progetto
preliminare di Piazza Libertà è noto solo da pochi giorni. Secondo quanto
esposto da Wwf e Italia Nostra, i fondi (statali e regionali, 3 milioni e 800
mila euro in totale, ndr) sono stati stanziati per progetti di riqualificazione
e/o di intermobilità. Il progetto non risponde a nessuno di questi requisiti.
Piazza Libertà è stata riqualificata da pochi anni e sta benissimo. Il traffico
non pone problemi neanche nelle ore di punta e tuttavia si prevede di
trasformare la strada davanti alla stazione in un giardino e una fetta
dell’attuale giardino in una strada (a 6-7-8 corsie) a doppio senso di marcia!».
Infine gli alberi: «Questo giardino è essenzialmente un polmone verde, non certo
un luogo di passeggio, caso mai di rapido transito. Per crearne uno simile
occorrerebbero decenni».
Estate a lezione di clima - «SUMMER SCHOOL» A DUINO - Docenti da
vari Paesi al Collegio del Mondo unito
Il Collegio del mondo unito dell’Adriatico, con la sponsorizzazione del Centro
internazionale di fisica teorica Abdus Salam e del Consorzio di centri di
ricerca Watch, ha organizzato l’«International Summer School on Climate Change
and Water Cycle» con l’obiettivo, come si legge in una nota, di fare del Friuli
Venezia Giulia una meta ambita per giovani talenti provenienti da svariate parti
del Mondo.
Partner sin dal 2005 del Network science system del Friuli Venezia Giulia, il
Collegio è consapevole - prosegue la nota - che per garantire l’innovazione
della ricerca sviluppata in regione occorre un investimento a 360 gradi che
tenga in considerazione la formazione delle nuove generazioni. È pertanto di
vitale importanza promuovere l’eccellenza accademica e lo sviluppo della
leadership in uno stimolante ambiente internazionale.
La Summer School è indirizzata a 38 studenti provenienti dai 12 collegi del
Mondo unito (Costa Rica, Canada, Usa, Venezuela, Norvegia, Singapore, Swaziland,
Italia, Hong Kong, India e Bosnia-Erzegovina). Le lezioni sono impartite da
scienziati di livello europeo provenienti del progetto Watch attualmente
impegnati nelle ricerche dei cambiamenti climatici. Le attività extracurriculari
sono gestite da insegnanti del Collegio, dal Master in comunicazione scientifica
della Sissa e da professionisti del giornalismo.
La cerimonia di chiusura si svolgerà sabato alle 11.30 nell’auditorium del
Collegio. È prevista una tavola rotonda del tema «I giovani talenti, esigenza
decisiva per il Sistema della Ricerca nel Friuli Venezia Giulia», alla quale
saranno presenti svariati direttori di centri di ricerca cittadini.
Via di Cavana, parte la pedonalizzazione - In piazza
Hortis un sagrato più grande - NEL TRATTO TRA LA PIAZZA E IL PALAZZO DELLA
CURIA
Appaltata l’opera, previsto anche un nuovo impianto di
illuminazione
Bandelli: almeno un tratto della strada sarà pronto per la Barcolana, se avremo
fortuna con il meteo
Cambierà volto entro autunno il tratto di via Cavana che va dalla piazza che
porta lo stesso nome al palazzo della Curia. Il cuore storico della città
vecchia sarà interamente ripavimentato e riservato ai pedoni; in questa maniera
si completerà l’anello mancante della lunga passeggiata che va dal Borgo
Teresiano a quello Giuseppino, attraversando il centro di Trieste. Ieri sono
state aperte le buste per la gara indetta dal Comune per l’assegnazione dei
lavori.
«L’offerta migliore – ha annunciato l’assessore comunale per i Lavori pubblici,
Franco Bandelli – è quella presentata dall’impresa De Candido, già nota a
Trieste per aver effettuato lavori in largo Barriera”. Il costo dell’opera è di
350mila euro, mentre sono 150 i giorni lavorativi indicati per il suo
completamento. «Se avremo fortuna con le condizioni atmosferiche – ha aggiunto
Bandelli – potremo riconsegnare alla città almeno un pezzo della nuova via
Cavana in tempo per la Barcolana». Nel dettaglio, sarò portato allo stesso
livello il manto stradale che va dall’incrocio di via Cavana con la via Madonna
del Mare fino a piazzetta Santa Lucia. Quest’ultima sarà interessata da un
intervento accessorio importante: verrà allargato il sagrato della chiesa di
piazza Hortis dedicata alla Beata Vergine del Soccorso, ma nota anche col nome
di Sant’Antonio vecchio. «In questa maniera – ha precisato l’assessore – si
restringerà la parte di strada riservata alla circolazione lungo la via Santi
Martiri nel tratto di confluenza in piazzetta Santa Lucia, impedendo la sosta
selvaggia».
La parte di via Cavana da pedonalizzare sarà delimitata agli estremi da
colonnine rientranti nell’asfalto, per garantire l’accesso ai mezzi di soccorso
e di emergenza e alle vetture della Curia vescovile. I negozi che insistono su
quel tratto di via Cavana avranno a disposizione, per le operazioni di carico e
scarico delle merci, il lato destro in discesa della via dell’Annunziata.
Dall’altro lato, in prossimità di piazza Cavana, il marciapiede dell’area
pedonale sarà definito con una linea rotonda, che farà da invito ai mezzi che da
via Felice Venezian vorranno salire lungo la via Madonna del Mare.
«Sarà rinnovata anche l’illuminazione della zona – ha proseguito Bandelli –
mentre per l’arredo urbano aspetteremo qualche tempo, per verificare le
eventuali richieste dei pubblici esercizi che si affacciano sulla strada per
ottenere spazi in regime di occupazione di suolo pubblico».
Non appena sarà completato questo intervento, si procederà al prossimo
importante lavoro in centro, cioè la sistemazione di piazza della Borsa. «Dove
sarà collocata la fontana del Nettuno – ha concluso l’assessore – e dove sarà
rifatta la pavimentazione, come il sindaco Dipiazza e io siamo intenzionati a
fare».
Ugo Salvini
Nasce «No smog» contro la Ferriera - NUOVO COMITATO
A Servola è nato un nuovo comitato che vuole occuparsi del problema
dell’inquinamento provocato dalla Ferriera. Si chiama «Nosmog – Comitato
cittadini esposti alla Ferriera di Servola». «Vogliamo lavorare in modo
finalmente serie e concrete – spiega la presidente, Alda Sancin - abbandonando i
facili proclami e le manifestazioni a effetto che lasciano il tempo che
trovano».
Evidente il riferimento al circolo Miani: «Per un certo periodo abbiamo
camminato paralleli – continua la Sancin – ma alcuni atteggiamenti erano
finalizzati a ottenere visibilità più che risultati pratici. Agiremo da soli
basandoci sulla verifica dell’applicazione della legge, sul controllo dei
provvedimenti, sul rispetto delle regole da parte dei pubblici amministratori e
di quanti hanno competenze istituzionali sulla Ferriera».
Scopo di «Nosmog» è di giungere alla chiusura o alla riconversione della
Ferriera, salvaguardando i posti di lavoro. «L’azione del Comitato – riprende la
Sancin - consisterà nel sensibilizzare tutte le forze politiche e l’opinione
pubblica su un problema che coinvolge la salute e la qualità di vita di migliaia
di cittadini, e soprattutto di verificare e monitorare puntualmente che gli
organismi preposti eseguano rigorosamente, e nei precisi termini previsti, i
controlli sugli adempimenti imposti dalla Autorizzazione integrata ambientale e
dalle leggi vigenti in materia ambientale alla Ferriera».
Nel comunicato iniziale si legge che «l’adesione al Comitato, apolitico e
apartitico, è aperta a tutti coloro si riconoscano in tale iniziativa e siano
disposti a collaborare, fermo restando che l’adesione non impedisce la
partecipazione di ognuno ad altre forme di azione che altri comitati o
associazioni intendessero promuovere e organizzare». Il Comitato può contare
oggi su una trentina di aderenti, ma conta di crescere rapidamente. Accanto alla
Sancin, nominati il portavoce Roberto Banelli e il coordinatore tecnico Adriano
Tasso. «A Servola si sta sempre peggio – riprende la Sancin – e siccome da
alcune fonti istituzionali si continua a dire che la situazione sta migliorando,
vogliamo verificare la correttezza nella trasmissione dei dati e la regolarità
della catena di controllo».
Adriano Tasso evidenzia che «con il Comitato intendiamo fare sul serio e da
soli, evitando inutili personalismi che finora si sono dimostrati del tutto
inutili e gratuiti». Il sito Internet www.nosmog.wordpress.com, l’email è nosmog@foxmail.it.
Ugo Salvini
PIAZZA LIBERTÀ - La strage di alberi (1)
Ci spiace leggere su Il Piccolo del 24 maggio, che il Sindaco giudichi le
osservazioni degli ambientalisti come solite lagnanze, ed un suo Assessore
rincari giudicandoci addirittura integralisti, noi crediamo invece che le nostre
denunce, ed il nostro esempio, servano per migliorare la vita nelle città, nel
rispetto dei nostri simili e della natura.
Le associazioni di volontariato, con il loro lavoro (non retribuito) suppliscono
molto spesso alle carenze degli enti, con l'assistenza, il controllo e la
sensibilizzazione, cercando di salvaguardare il bene più prezioso, la vita.
Spesso dopo questa mole di lavoro il grazie giuntoci dai politici è quello di
insultarci e deriderci.
Gli alberi sono un bene di tutti e vanno salvaguardati e non abbattuti: in città
dovrebbero aumentare le aree verdi per migliorare la vita e la salute delle
persone. Gli alberi di piazza Libertà instaurano nell’area circostante un
microclima che abbassa le temperature nelle calde giornate estive. Inoltre la
loro chioma ospita innumerevoli uccelli che compiono migrazioni incredibili per
venire a riprodursi nei nostri territori.
Su quegli alberi per nostra fortuna riesce a nidificare un assiolo, cosa non
molto comune in città, e mentre il nostro Sindaco in alcune zone fa sistemare
dei nidi artificiali per la riproduzione di passeriformi, in altri siti abbatte
la sua mannaia. Ci riferiamo agli alberi dell’ex parco dell’ex ospedale della
Maddalena, ora solamente un ex, ricordando che in questo caso c’è stata
sicuramente una violazione al regolamento del verde pubblico e al regolamento
per la tutela e il benessere degli animali. I responsabili dovrebbero essere
puniti con una sanzione come previsto dagli stessi regolamenti.
Infine, signor sindaco, non parli solamente della Ferriera come responsabile
delle malattie delle persone. Ogni albero abbattuto, non facendo più la funzione
di filtro, fa aumentare la quantità di pm 10 influendo sulla salute dei
cittadini, e negli anni progetti sconsiderati ne hanno tolti parecchi, piazza
Vittorio Veneto, piazzale Monte Re, e piazza Perugino vada a vedere come vivono
bene le piante.
Per i parcheggi in via Cologna è stato sacrificato un bagolaro di cent'anni,
bastava rinunciare a due o tre parcheggi e le persone e gli animali potevano
godere ancora dei suoi benefici. Anche sulle splendide rive gli alberi,
produttori di ossigeno e ghiotti di anidride carbonica, non è che vivano bene.
Quindi prima di lamentarsi il sindaco faccia un esame di coscienza e non ci
accusi di osteggiare il progresso e l’evoluzione della città, poiché forse noi
più di lui teniamo alla vita di tutti gli esseri viventi e alla salvaguardia
della nostra bella città.
Associazione orticola del Fvg Trafioriepiante - Lav (Lega Anti Vivisezione)
sede di Trieste - Wwf sede di Trieste
PIAZZA LIBERTÀ - La strage di alberi (2)
Ora basta. Quando è troppo, è troppo! Non voglio morire soffocata da tonnellate
di cemento! Chi ammazza gli alberi è un assassino! Uccidere alberi è un crimine
contro l’umanità!
Claudia Ullmann
PIAZZA LIBERTÀ - Tutela del patrimonio
Egregio Signor Sindaco, nel corso di una trasmissione in diretta, il 23 maggio
lei, interpellato in merito ai lavori di piazza Venezia e piazza Libertà,
sarebbe sbottato in un... «per colpa di due cretini...», riferendosi ai comitati
che seguono progetti e lavori e che, evidentemente, non la lascerebbero
lavorare. Per quanto ci riguarda, poi, nel Piccolo del giorno dopo aggiunge:
«Rimetto la statua di Massimiliano, riporto in superficie i masegni e rompono
addirittura per questo». Penso, egregio signor sindaco, che qui si stia
sbagliando e che le distanze tra di noi siano minori di quanto creda: noi siamo
felicissimi, ripeto felicissimi, che Massimiliano torni al suo posto e, anzi, il
recupero dei masegni corona il nostro impegno di nove anni di battaglie
epistolari; immodestamente osiamo credere che questa virata rispetto al passato,
quando i lastroni venivano divelti per finire chissà dove, sia anche dovuta al
nostro lavoro. Certo, il recupero ci sarebbe piaciuto di più se fosse stato
attuato sulla piazza intera ma sappiamo delle lamentele per le fermate degli
autobus e concordiamo che amministrare non sia facile. Non comprendiamo, però,
perché si continui a non voler capire che ogni singolo pezzo va gelosamente
salvaguardato, in quanto unico ed irreversibile; l’aver «segato» il perimetro
della piazza con una fresa anziché sollevare i masegni e riposizionarli senza
danno, è indice di un lavoro fatto male da parte della ditta (ironia: il
responsabile si chiama... Tagliapietra), che così fa prima ma distrugge il
patrimonio storico dei triestini. Comunque, rispetto alle «riqualificazioni»
precedenti (piazza V. Veneto, Goldoni, piazza Unità), che hanno cancellato la
connotazione storico-artistica della città, facendole perdere quell’atmosfera di
stampo imperiale che la rendeva unica e relegandola verso anonime cittadine di
provincia senza alcun passato, siamo finalmente a un’inversione di tendenza.
Vigileremo, per quel che possiamo, affinché anche i recuperi delle piazze
Ponterosso, della Borsa, della Libertà, Tommaseo e quant’altre vengano
effettuati con gli stessi criteri di piazza Venezia esclusa, si intende, la
distruzione insensata (e questa sì cretina) del bene pubblico. A questo
proposito abbiamo ricevuto dalla Soprintendenza di Venezia il «Protocollo di
Intesa» col Comune di quella città sul trattamento dei masegni: l’abbiamo
presentato nella conferenza stampa dell’8 maggio ed inviata sia a lei sia all’ass.
Bandelli: sarebbe molto positivo se anche il nostro Comune lo adottasse. È
voluto essere questo, da parte nostra, un contributo di idee all’attività del
Comune di Trieste come, del pari, abbiamo commissionato a nostre spese ad uno
studio di architetti il «Progetto pedonale MaSegno», realizzato dall’arch.
Johanna Riva, che si snoda per itinerario interno rispetto alle Rive da Piazza.
Libertà fino a Piazza Venezia, riportando in superficie il lastricato originario
(senza grossa spesa).
L’idea del ponte sul canale, che integrerebbe il percorso del progetto, non ci
vede del tutto contrari: speriamo, peraltro, che la Soprintendenza bocci l’idea
in «acciaio, vetro e legno» (e chissà cos’altro): c’è da rispettare l’omogeneità
del contesto, lasciamo Las Vegas in America! Sarebbe anche ora, a nostro parere,
che i vari comitati non venissero visti dalla controparte come fanatici
avversari da combattere ma come delle risorse da cui si può ricavare qualcosa di
utile, sia in osservazioni sia in idee: se Italia Nostra, per fare un esempio,
non si fosse mossa per il palazzo R.A.S. di piazza Oberdan, oggi avremmo una
deturpazione in più ed un’immagine storica in meno su cui recriminare.
Riteniamo ancora, egregio signor Sindaco, che sarebbe cosa illuminata avere un
incontro con tutti in sua presenza; per quanto ci riguarda, per i danni fatti in
passato, può documentarsi sul nostro sito www.sostrieste.it e sono certo che
comprenderà i motivi delle nostre passate iniziative.
Bruno Cavicchioli - presidente del Comitato per la salvaguardia del
patrimonio urbano di Trieste
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4
giugno 2008
Ferriera e rigassificatori un corteo di protesta
- Le associazioni di Servola scendono in piazza con i Verdi, i Grillo Boys e
Italia dei valori - VENERDÌ LA MANIFESTAZIONE
«Trieste si fermi ora per ribadire un secco no alla Ferriera, ma anche ai
rigassificatori, al taglio degli alberi di piazza Libertà e a tutte quelle
scelte politiche in materia ambientale prese senza il consenso dei cittadini». È
l'appello lanciato a tutti i triestini dal Circolo Miani, che assieme ai
comitati di quartiere, Servola respira, la tua Muggia e gli Amici di Beppe
Grillo organizzerà una manifestazione venerdì alle 18.
Un corteo che ha già incontrato le adesioni trasversali di alcuni partiti tra
cui i Verdi - guidati da Alessandro Metz e Alfredo Racovelli - Italia dei Valori
e la commissione sanità della Lega Nord e che vedrà sfilare anche il sindaco di
centrodestra di Villa Vicentina noto per la sua mobilitazione anti-Tav.
«La manifestazione è sorta in modo spontaneo – ha spiegato Metz – e da subito
abbiamo voluto allargarla all'intera città. Crediamo sia importante che Trieste
si fermi adesso e non nel 2015, perché è ora di dire basta a tutte quelle
politiche di abuso dei territorio calate dall'alto senza alcuna partecipazione
democratica. La situazione va affrontata ora, perché decidere sulla Ferriera
significa affrontare il tema del progetto futuro che si vuole dare alla città e
che non può prescindere dalla volontà dei cittadini».
Il corteo partirà da piazza dell'Unità alle 18 e toccherà piazza della Borsa,
corso Italia, piazza Goldoni, via Carducci per poi fare una tappa in piazza
Oberdan, sede del consiglio regionale, e un'altra in piazza Libertà, dove i
residenti protestano contro il progetto di riqualificazione che prevede
l'abbattimento di cinque alberi secolari. La mobilitazione continuerà lungo le
Rive per poi tornare in piazza Unità, sede del consiglio comunale e della giunta
regionale, entrambi enti fortemente contestati dai comitati servolani.
(e.l.)
Ambiente, piano italo-sloveno - ALLA «CODERMATZ»
SAN GIACOMO
Educare i giovani al rispetto per l'ambiente, per far sì che un giorno
diventino cittadini maturi e consapevoli. E' l'idea che sta alla base di
«Agorà», progetto transfrontaliero nato nel 2006 dal gemellaggio tra la scuola
media «Codermatz» di San Giovanni e la «Vergerio» di Capodistria. Quest'anno i
ragazzi coinvolti nell'iniziativa sono stati oltre sessanta, appartenenti a
quattro classi italiane e slovene coadiuvate dalle professoresse Bortolot e
Favale. Se il 2006-2007 ha visto l'educazione civica e «i diritti e i doveri» in
particolare al centro del lavoro congiunto italo-sloveno, quest'anno il tema
prescelto per responsabilizzare i più giovani è stato quello dell'ambiente:
inquinamento, elettromagnetismo, elettrosmog, ma soprattutto smaltimento e
riciclo dei rifiuti. Tutti argomenti che i ragazzi hanno affrontato toccando con
mano la realtà triestina e quella slovena attraverso lezioni, incontri e visite
didattiche a Capodistria, Pirano e Trieste.
Tra le tante esperienze maturate in questi mesi, a colpire maggiormente gli
studenti è stata una lezione sullo smaltimento dei medicinali negli ospedali, ma
anche una visita effettuata in un supermercato per capire che fine fa la merce
invenduta: carni, scatoloni e confezioni di plastica. «Il progetto – conferma la
direttrice scolastica della Codermatz Paola Sigmund – ha regalato un'occasione
importante per confrontarsi con un sistema diverso da quello italiano e capire
così quali sono le leggi e le pratiche della Slovenia nel campo ambientale e dei
rifiuti. Il nostro obiettivo era proprio quello di individuare modelli comuni di
sviluppo eco-sostenibile, ma anche stimolare i ragazzi al dialogo e alla
convivenza civile». Dopo la visita a Capodistria e Pirano, avvenute lo scorso
aprile, giovedì sono stati i ragazzi sloveni ad approdare a Trieste per la
giornata conclusiva del progetto: dopo una gita assieme sul Delfino Verde, in
direzione Muggia, le classi partecipanti hanno presentato un video, frutto delle
tante uscite didattiche di questi mesi e dedicato proprio all'ambiente nella
nostra città: uno spaccato del degrado di alcune zone di Trieste, ma anche un
assaggio di ambienti puliti, così come dovrebbero essere dappertutto.
Nel corso della giornata, i ragazzi della Codermatz si sono esibiti anche in un
balletto, studiato per l'occasione, e in una performance musicale realizzata con
strumenti riciclati. La collaborazione con la scuola di Capodistria proseguirà
anche il prossimo anno. Il tema, stavolta, sarà quello dell'affettività.
Elisa Lenarduzzi
Rifiuti a Muggia, «isole» per chi non ha spazio per i contenitori -
«Contiamo d’alzare la percentuale della differenziata dal 19,5 al 41% entro
dicembre
Severi controlli anti-vandali. Dal 9 distribuzione dei materiali
MUGGIA Clima disteso, all’insegna del dialogo e della massima collaborazione
tra Comune di Muggia e cittadinanza ma anche la segnalazione, da parte degli
esercenti interessati, di problemi pratici legati all’ormai imminente avvio
della fase sperimentale del progetto per la raccolta differenziata dei rifiuti
nell’ambito comunale che coinvolgerà un’ottantina di attività: 14 esercizi
commerciali, 30 pubblici esercizi del centro storico e 36 esterni a tale area.
È quanto emerso ieri alla Sala Millo all’assemblea pubblica nel corso della
quale l’assessore allo Sviluppo economico Edmondo Bussani ha illustrato
obiettivi e modalità del piano che si prefigge d’innalzare dall’attuale 19,59 al
41% la percentuale di raccolta differenziata di rifiuti entro dicembre.
Assemblea che ha fatto registrare una maggiore affluenza rispetto ai precedenti
incontri, un po’ a sorpresa disertati dai titolari d’attività commerciali che
pure, dal 16 giugno – anche se con gradualità, come ha assicurato Bussani –
saranno coinvolti direttamente nella fase sperimentale del piano e che forse
avevano in qualche modo sottovalutato le inevitabili ripercussioni, se non altro
nelle abitudini quotidiane, derivanti dall’attuazione della raccolta porta a
porta che rappresenterà comunque una piccola rivoluzione per i muggesani.
Il progetto prevede che dal 9 giugno vengano forniti alle 113 attività coinvolte
nella fase sperimentale i contenitori e il 16 del mese scatti la raccolta porta
a porta, che vede l’ampliamento anche alla frazione organica umida oltre a
plastica, vetro e carta (già oggetto di differenziata). Ogni esercizio sarà
dotato di un numero di contenitori di vario colore – a seconda della tipologia
dei rifiuti – e dimensione correlato alla quantità e qualità di rifiuti
prodotti. Dati desunti dall’indagine conoscitiva – essenziale per la
determinazione del fabbisogno di contenitori - avviata a marzo tra tutte le 380
attività commerciali di Muggia. Metà di queste ha già risposto, le altre
verranno visitate in questi giorni da personale incaricato. L’ordinanza, che
sarà accompagnata da istruzioni dettagliate per i soggetti coinvolti nella fase
pilota, è in fase di predisposizione. Varie, come detto, le problematiche
emerse, alle quali è stata già fornita una risposta o la cui soluzione è al
vaglio dell’amministrazione. Una di queste riguarda la mancanza di spazi interni
in cui conservare i contenitori da parte degli esercizi del centro storico. La
soluzione prospettata è d’istituire alcune «isole» comuni dove ogni esercizio
avrà un proprio contenitore dotato di chiave dove conferire i rifiuti. Si
tratterà però di eccezioni che dovranno essere giustificate da reali esigenze e
regolate da autorizzazioni specifiche. Quanto all’eventualità che i contenitori
posti all’esterno dei locali possano essere oggetto di atti vandalici notturni,
Bussani ha prospettato che in questa prima fase siano previsti severi controlli.
«È chiaro – ha osservato - che ci sarà bisogno della collaborazione di tutti per
raggiungere un obiettivo che porterà benefici all’intera cittadinanza». Anche la
scelta dell’orario di raccolta (tra le 5.30 e le 8) è stata dettata dalla
volontà di non intralciare le attività e la vita cittadina durante il giorno.
Problema su cui è stata assicurata particolare attenzione infine è quello delle
disposizioni igienico-sanitarie che impongono a determinate categorie l’utilizzo
di contenitori portarifiuti a pedale, inizialmente non previsti tra quelli in
distribuzione.
Gianfranco Terzoli
AMBIENTE - Medolino: Jakovcic dà l’ok al referendum sulla megadiscarica
PISINO Sotto la spinta dell'opposizione politica, degli ambientalisti e anche
dell'opinione pubblica, il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic
si è detto favorevole al referendum sul contestato progetto del centro regionale
per lo smaltimento rifiuti a Castion, vicino a Medolino.
Jakovcic ha fatto l'annuncio alla riunione dell'Assemblea regionale a Pisino,
dopo l' ennesimo dibattito sullo scottante tema. «Finalmente la verità verrà a
galla», ha dichiarato dicendosi fiducioso sull'esito della consultazione. A
proposito dei costi del referendum, ha precisato che si attingerà dal bilancio
regionale e da quello dello stato. Non si è pronunciato invece sulla possibile
data, come nemmeno sul tipo di domanda che verrà posta agli elettori.
Jakovcic ha comunque voluto ricordare che l'ubicazione della discarica a Castion,
prevista dal Piano di sviluppo urbanistico territoriale, era stata approvata da
tutti compresa Medolino, nel 2002. I consiglieri regionali dell’opposizione
hanno ribadito il loro «no» al progetto, giudicato devastante per l'impatto
ambientale vista l'immediata vicinanza dei siti turistici.
(p.r.)
Gli alberi distrutti - EX MADDALENA
Potrebbe essere il titolo di un racconto di avventure per ragazzi, ma così non è
purtroppo.
Si tratta invece di una di quelle realtà, del genere che riescono a mandarti in
depressione con un solo colpo d’occhio.
Questo mi è capitato l'altro giorno transitando sulla via dell'Istria, poco dopo
la chiesa dei Salesiani, al momento non capivo cosa fosse successo, avevo la
sensazione di trovarmi nel luogo dove poco tempo prima era passato un tornado,
ho alzato gli occhi verso il vecchio muro dell'ospedale della «Maddalena» ed ho
capito tutto.
Non era passato un ciclone tropicale o un tornado, era passata la stupidità
umana, la scelleratezza, la mancanza di rispetto per il Creato e per il suo
Creatore, la mancanza di rispetto per i cittadini e per la loro salute,
l'ignoranza per le più fondamentali regole che dovrebbero governare una comunità
che già paga un pesante tributo per sopravvivere dentro a un sistema che
impedisce lo sviluppo culturale e sociale annegandolo in un mare di programmi
televisivi che tendono a trasformare ogni cittadino in una pecora da tosare a
beneficio di pochi «eletti», anzi di autoeletti.
Tutto questo avviene in un Paese che si definisce civile, cattolico, cristiano,
anche se francamente con tutti i sedicenti «cristiani» con cui mi capita di
confrontarmi, noto che non si sono mai letti i Vangeli o la Bibbia e farebbero
bene ad incominciare subito, da oggi, chissà che le cose non cambino, sempre se
avranno il coraggio poi di chiedere scusa per i danni commessi nei nostri
confronti.
Dovremmo sapere tutti dell'enorme importanza che riveste il sistema arboricolo,
dentro una città inquinata quale la nostra.
Il fogliame, nella sua funzione clorofilliana svolge un'azione purificatrice
immensa, assorbendo anidride carbonica e restituendo all'ambiente una quasi
altrettanto elevata quantità di ossigeno che presiede poi alle nostre primarie
funzioni vitali.
Qualche tempo fa, il prof. Tomatis, in una sua conferenza sul tema
dell'inquinamento, aveva molto ben esposto il suo pensiero riguardo all'aumento
delle malattie tumorali, polmonari e delle vie respiratorie in genere,
conseguenza accertata scientificamente dell'inquinamento atmosferico.
Parimenti, un’accurata indagine da parte dell'Arpa e dell' Asl avevano ben
descritto i danni provocati da tali situazione nella nostra zona, anche se poi,
tutto finisce sotto il tappeto delle connivenze per portare nutrimento al famoso
«vitello d'oro».
Stiamo arrovellandoci per il problema dell'energia e contemporaneamente
proponiamo sul mercato autovetture con tremila centimetri cubi di cilindrata,
«perché così mi sento più sicuro», ma smettetela di prenderci in giro per
favore.
Sappiamo tutti quanto incide l'ambiente nella formazione di un individuo, e
distruggiamo giardini per fare posto a casermoni-formicaio dove viene poi
allevata una società senza valori se non quelli del consumismo che poi deborda
in sporcizia, degrado ed infine violenza, che naturalmente saremo pronti a
trasferire sugli «altri» colpevolizzando il Diavolo di turno, ma la spesa
finale, il conto da pagare insomma, sarà sempre presentato a noi cittadini.
Sarebbe oltremodo gradito conoscere di persona questi meravigliosi e
privilegiati esseri che con un cenno della mano sanno far cadere anche quelle
poche ombre di Civiltà che ci rimangono, gli Alberi.
Stelio Cerneca
IL PICCOLO - MARTEDI', 3
giugno 2008
RIGASSIFICATORE, NODI IRRISOLTI
Rigassificatori a Trieste. Se ne ricomincia a parlar bene, soprattutto da parte
di Alleanza Nazionale e della componente ex-Ds del Partito democratico.
Importanti e stimati esponenti di quest'ultima (Zvech e Visentini) si dicono ad
esempio convinti che l'impianto di Zaule sia un'occasione imperdibile per la
città. Il 18 maggio su questo giornale Luca Visentini e la Uil si sono detti
addirittura "felici" per la sua realizzazione.
Quindi, chi come me sarebbe tendenzialmente favorevole a qualche impianto di
rigassificazione e nucleare in Italia (costruiti come Dio comanda, meglio
precisarlo) dovrebbe rallegrarsene. Ma possiamo stare davvero tranquilli? Circa
un anno fa, sulle pagine del periodico della Curia e del Piccolo, specialisti
della locale università e di un'istituzione scientifica nazionale avevano
esposto riserve tecniche non da poco (recentemente ricordate dal lettore
Baldassi nelle Segnalazioni del 26 maggio). Sono state superate?
Era a esempio emerso che il progetto di Zaule prevede due depositi fuori terra e
il riscaldamento del gas usando acqua di mare; soluzioni le più economiche
possibili, che però rendono l'impianto più vulnerabile ai terremoti e agli
attacchi terroristici, e che causano l'immissione in mare di acque fredde e
clorate. Detto per inciso, nel mondo cresce invece il numero dei depositi
interrati, perché sono più rispettosi dell'ambiente e soprattutto molto più
sicuri. In Giappone, ne hanno 76 (per 6,3 milioni di metri cubi). Sono più
sicuri perché, in caso di cedimento strutturale, il gas liquido non fuoriesce
(se il versamento avviene in mare, si genera una nube particolarmente
pericolosa). L'elaborato forse più importante fra le integrazioni del dicembre
2006 riguardava la diffusione delle acque fredde nella baia di Zaule (autore: la
rinomata società DHI); esso era però accompagnato da una traduzione anonima e
priva di qualsiasi elemento identificativo, che ne modificava radicalmente il
contenuto e addirittura le conclusioni, rendendole molto più ottimistiche che
nell'originale. E comunque, per i calcoli di diffusione in condizioni invernali
(le più critiche), avevano usato un profilo di temperatura favorevole, ma non
misurato nella baia, bensì copiato dal sito dell'Ogs e puramente rappresentativo
di condizioni invernali medie in Adriatico da Ancona in sù.
Ancora fra le perizie del dicembre 2006, c'era uno stranissimo rapporto che,
dopo aver parlato di un (in realtà, inesistente) terremoto nel 1964 nel Carso,
più forte di quello del 1976 in Friuli, calcolava alcune conseguenze su Muggia
di un eventuale attentato terroristico "di dimensioni limitate". E scriveva che
sulla riva di Muggia si riporterebbero serie ustioni sulla pelle solo per
esposizioni all'irraggiamento superiori a 40 secondi.
Per finire, tutta la documentazione presentata per Zaule risultava predisposta
da una società anonima di diritto lussemburghese con sede in una casetta vicino
a Lugano e recava in copertina semplici cognomi privi di nome e di qualifica
professionale.
A questo punto, mi sembra evidente che la fiducia dei nostri politici citati
debba fondarsi su nuove basi solide; anche in considerazione della seguente
circostanza "ambientale". Dall'epoca del cosiddetto "scandalo petroli" di oltre
20 anni fa (quando venne provato che i cosiddetti petrolieri erano riusciti a
"lavorarsi" una buona fetta di esponenti politici italiani), generalmente i
nostri rappresentanti più avveduti usano una certa prudenza prima di manifestare
il proprio entusiasmo a proposito di progetti o specifiche iniziative
energetiche in quel settore.
Sono quindi in grado questi nostri politici di tranquillizzare l'opinione
pubblica? Possono renderci partecipi dei dati e delle considerazioni che ai loro
occhi hanno chiarito i punti oscuri? Sanno quali nuove istituzioni
tecnico-scientifiche abbiano garantito la bontà delle nuove valutazioni? A
proposito: si è capito perché la Regione avesse escluso gli istituti scientifici
pubblici triestini dall'esame della documentazione?, nonostante il loro
coinvolgimento fosse auspicato dagli stessi funzionari tecnici regionali?
(investiti della responsabilità di analizzare elaborati super-specialistici).
Pare che alcuni politici locali siano stati rassicurati dall'ex assessore Sonego
sulla base di altra documentazione integrativa, successiva al dicembre 2006, e
rimasta "riservata". Chi oggi si manifesta così fiducioso nella bontà del
progetto Zaule l'ha mai potuto vedere nella sua versione più recente? Può almeno
garantire che sia stato vagliato da qualcuno di cui ci si può fidare? Da chi,
per favore? E dov'è consultabile il referto?
Livio Sirovich
CAMMINATRIESTE - «Traffico in aumento e sempre più veloce»
Il flusso del traffico in entrata in città da qualunque parte e in ogni via è in
continuo aumento. La denuncia arriva dall’associazione Coped CamminaTrieste,
membro della Federazione italiana per i diritti del pedone e per la salvaguardia
dell’ambiente. «Non è vero che il traffico è diminuito. Anzi secondo noi è
aumentato di intensità e di velocità dal centro alla periferia» si legge in una
nota della Federazione, che denuncia inoltre «la totale occupazione delle
fermate bus» da parte di altri autoveicoli, «per non parlare dell’occupazione
abusiva di oltre 70 km di marciapiedi». «Rileviamo anche la situazione della
Trieste Trasporti che da sempre non riesce ad esercitare il suo servizio con
regolarità» conclude la nota del Coped.
Il comitato: sì all’ordinanza anti-rumore - Chiusura anticipata dei locali,
«Diritto al riposo» a fianco di Dipiazza
Trieste Vivibile: «Il problema esplode all’esterno degli esercizi»
Hanno raccolto più di 500 firme per chiedere a Comune e forze dell’ordine di
mettere un freno agli schiamazzi e ai disordini provocati dai clienti del locale
sotto casa. E ora che finalmente un risultato l’hanno ottenuto, la chiusura
anticipata alle 23 del ristobar in questione, i residenti di via Settefontane e
via Mantegna riuniti nel comitato «Diritto al riposo» tornano a far sentire la
loro voce. Lo fanno, questa volta, per esprimere apprezzamento nei confronti
dell’ordinanza emessa dal sindaco e replicare alle critiche di chi «si schiera
dalla parte dei pubblici esercizi».
«Vorrei vedere cosa succederebbe se locali rumorosi come quello di via
Settefontane aprissero nei paraggi delle abitazioni del presidente della Camera
di commercio e dell’Acepe o delle altre cariche istituzionali che difendono gli
affari degli esercenti - scrive Daniele Prelaz in una lettera inviata al Piccolo
e firmata da altri trenta residenti -. Probabilmente quei locali non
arriverebbero nemmeno all’inaugurazione. Ma se invece le attività chiassose sono
sotto le case di cittadini normali allora, dicono loro, bisogna essere
tolleranti. Non dimentichiamoci però che la troppa tolleranza in tutti i settori
negli ultimi anni ha prodotto una società dell’impunità, in cui ci si preoccupa
di chi delinque e non di chi subisce l’abuso. Piena solidarietà quindi al
sindaco che ha avuto il coraggio di affrontare il problema».
«In democrazia ognuno deve potere esprimere la propria opinione - osserva
Stefano Cipriano, interprete del pensiero di altri dieci residenti -. Come i
presidenti di Camera di commercio e Acepe hanno il diritto di scendere in campo
a sostegno dei propri iscritti, così anche il Comune deve potersi attivare a
difesa di tutta la cittadinanza che, di certo, non merita di essere bistrattata.
Perché quindi il sindaco viene contestato se emette un’ordinanza che avrà
ripercussioni solo sui locali meno virtuosi i cui titolari non rispettano le
regole? Ricordiamoci tra l’altro che la presenza di bar e pub rumorosi produce
anche la svalutazione degli immobili vicini. E a chi dovrebbero rivolgersi i
cittadini che, esasperati dagli schiamazzi, tentassero invano di vendere il loro
appartamento. Forse ai rappresentanti di Camera di commercio e Acepe?».
Tra i sottoscrittori dell’appello lanciato dal comitato «Diritto al riposo» c’è
anche chi solleva il caso di altre zone della città alle prese con pubblici
esercizi irregolari e clienti incivili. «Un tempo lavoravo in una residenza
sanitaria assistenziale in via Madonna del Mare - racconta Auristela Acuna in
un’altra lettera inviata al Piccolo-. E ogni volta che facevo il turno
pomeridiano o notturno, avevo sempre il terrore a transitare per quella strada a
causa della presenza di un locale. Mi trovavo sempre davanti clienti ubriachi
che mi molestavano verbalmente e altri che dormivano sul marciapiedi, spesso
dopo aver vomitato. Per non parlare poi dei bicchieri e delle bottiglie rotte
sull’asfalto e del forte odore di urina. Avevo segnalato il problema già un anno
fa e ora apprendo con soddisfazione che il Comune ha deciso di muoversi per
aumentare la sicurezza e la tranquillità dei cittadini. Una scelta che ha tutto
il mio sostegno e quello delle altre colleghe della Rsa di via Madonna del
Mare».
Al coro dei residenti di via Mantegna si unisce anche la presidente del comitato
«Trieste vivibile». «L’ordinanza del Comune prevede sanzioni solo nei confronti
di locali segnalati da tempo come produttori di esasperato disagio per i
residenti - commenta Marina Della Torre -. Perché quindi agitarsi se non si
infrangono le regole? Il nostro comitato peraltro ha sempre sostenuto il diritto
dei pubblici esercizi a lavorare, purché nel rispetto dei regolamenti vigenti.
Non è la loro attività ad essere in discussione - conclude -, ma l’occupazione
del suolo pubblico che, in quanto pubblico, non può essere a uso e beneficio
solo di alcune categorie di cittadini».
(m.r.)
Rifiuti a Muggia, incontro sul porta a porta - COINVOLTI NELLA PRIMA
FASE 113 UTENTI
Oggi alla Sala Millo si discuterà sulla differenziata: la raccolta inizierà
il 16 giugno
MUGGIA Quello della raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, lo dimostrano
i drammatici fatti di cronaca campani, è un problema di grande attualità ed
estrema complessità, con gravi ripercussioni future se non verrà affrontato
adeguatamente. E il Comune di Muggia ha deciso di affrontarlo intraprendendo la
strada della raccolta differenziata, attuando già dal 16 giugno la fase
sperimentale del nuovo progetto che coinvolgerà 113 utenti: 25 tra caserme,
scuole, campeggi e stabilimenti balneari, 9 alberghi, 14 esercizi commerciali,
30 pubblici esercizi del centro storico e 36 pubblici esercizi fuori dal centro
oltre agli edifici comunali, la cucina comunale e la Casa di riposo.
Per tutti gli altri utenti verrà mantenuto per ora il conferimento ai cassonetti
stradali, anche se il nuovo metodo di raccolta sarà gradualmente esteso a tutta
la cittadinanza, mettendo a frutto l’esperienza acquisita. Le modalità operative
saranno presentate questo pomeriggio alle 15 in Sala Millo nella seconda
assemblea pubblica rivolta a tutti i soggetti interessati, ai quali il Comune
rinnova l’invito a una massiccia partecipazione, purtroppo non registrata nel
precedente incontro. «Le discariche – spiega l’assessore allo Sviluppo economico
Edmondo Bussani - non possono più essere l'unica destinazione finale dei
rifiuti. La soluzione dev’essere basata su un ciclo virtuale basato sulla
raccolta differenziata e i sistemi di recupero, valorizzazione e sfruttamento
dei rifiuti differenziati. Oltre ai vantaggi ambientali, il ciclo comporterà
pure benefici economici: la diminuzione del costo d’incenerimento attraverso la
riduzione della quantità dei rifiuti conferiti; la relativa produzione di
energia; i ricavi derivanti dal riutilizzo di rifiuti riciclabili; la
possibilità di trasformare, nel medio periodo, la tassa dei rifiuti in tariffa
proporzionale alla quantità di rifiuti smaltiti. D’altronde le normative
impongono precisi obiettivi da raggiungere sulla raccolta differenziata (il 45%
del totale entro dicembre)».
E così il Comune ha deciso di implementare l'attuale raccolta differenziata con
la raccolta della frazione organica umida. «Siamo convinti - continua
l’assessore - che un progetto così complesso, che comporta cambiamenti
d’abitudini radicali, si gioca in gran parte sul senso civico dei cittadini e
che perciò non può essere solo imposto d’autorità ma dev’essere condiviso con
tutti i soggetti». Da qui, la necessità di un incontro pubblico per esaminare le
problematiche di carattere pratico connesse alla sperimentazione e trovare le
soluzioni più adeguate. «Comprendiamo che l’attuazione del progetto porterà
alcuni inevitabili disagi che cercheremo di risolvere gradualmente - conclude
Bussani - ma siamo certi che i vantaggi saranno tangibili, specie per l’immagine
della città nell’imminente stagione turistica, anche con il servizio aggiuntivo
del porta-a-porta: comporterà benefici pure per le attività commerciali».
Gianfranco Terzoli
Moria di api, progetto per la tutela - GLI INSETTI SONO SENTINELLE
BIOLOGICHE DELL’AMBIENTE
Inquinamento e acari: in provincia il Consorzio ha
perso 500 «famiglie»
MUGGIA Anche alle recenti Giornate dell'agricoltura, pesca e forestazione di
Muggia è stato lanciato l’allarme-api, insetti che per le loro caratteristiche
costituiscono delle autentiche «sentille» dello stato di salute del territorio.
Il Consorzio apicoltori della provincia di Trieste è intervenuto al convegno «La
crisi dell'apicoltura nel quadro delle risorse genetiche autoctone».
«Abbiamo avuto incontri con il responsabile dell'apicoltura bosniaca Nicola
Kesic e con il direttore del Museo di entomologia di Trieste Andrea Colla -
spiega Livio Dorigo, vice presidente del Consorzio - confrontandoci sul recupero
e la tutela degli ecotipi apistici (cioè api autoctone) della fascia adriatica.
Ora approfondiremo i problemi e valuteremo la possibilità che hanno gli ecotipi
locali di resistere alle avversità». Non è la prima riunione sulla moria della
api: il Consorzio di Trieste ha perso circa 500 famiglie; in alcune zone della
Regione è stata riscontrata una perdita delle api in corrispondenza con la
semina del mais tra il 20 e il 50%. Udine ha ospitato un incontro per
comprendere il fenomeno: ne è emerso il progetto d’installare degli «apiari-sentinella»
monitorati dal Laboratorio apistico regionale. Alveari saranno sistemati in
alcuni punti-chiave per potere analizzare problematiche e possibili rimedi. Un
ottimo sistema, già sperimentato in altri Paesi come la Germania. «Saranno
analizzati - spiega Franco Frilli, docente di Apicoltura a Udine e a capo del
Laboratorio - una decina di alveari; seguiremo la vita delle api da inizio a
fine stagione. Vogliamo comprendere le diverse cause biologiche, ambientali, di
coltivazione e allevamento che producono la moria. Valuteremo per esempio la
forza della famiglia, la quantità di adulti e le covate, l'importazione degli
alimenti e la presenza di riserve, l'esistenza di acari e api anomale, il numero
d’insetti morti: è necessaria una visione globale per potere identificare i
punti deboli: ogni ricerca richiede infatti dati organizzati».
La moria è provocata da diversi fattori, primo tra tutti la «varroa», acaro
infestante che si riproduce nelle colonie di api mellifere e che in regione ha
assunto una connotazione endemica. Sotto accusa anche le mutazioni climatiche,
l'inquinamento elettromagnetico e i prodotti con i quali vengono concimate le
sementi di mais prima della semina che, realizzati con «neonicotinoidi»,
sostanze derivate dalla nicotina, sono letali per le api. «È stata fatta -
conclude Dorigo - una selezione degli animali più produttivi senza tenere conto
della biodiversità e della maggior capacità di resistenza di alcuni insetti.
Assistiamo a un impoverimento genetico delle api al quale bisogna fare fronte».
Linda Dorigo
Pista ciclabile - SULLE RIVE
Assessore Bandelli, lei ha detto (dal Piccolo del 24/05/2008) «Noi abbiamo il
dovere di governare guardando più in là di domani». Sono d’accordo con lei e con
molte delle sue iniziative. Ma allora le chiedo perché non ha guardato più in là
di domani nel progetto di riqualificazione delle Rive. Bastava un secchio di
vernice per dipingere una linea gialla a fianco dei marciapiedi per ottenere
quella pista ciclabile della cui necessità si è convinto ora anche l’assessorato
al Traffico. Avrebbe così evitato al Comune il contenzioso con TTP, che non
vuole la ciclabile ed ha inventato improbabili «problemi di sicurezza» per non
perdere gli incassi che derivano da una decina di parcheggi.
Come se i parcheggi delle Rive fossero proprietà di TTP e non dei cittadini di
Trieste.
Alessio Vremec
IL PICCOLO - LUNEDI', 2
giugno 2008
Cellulare e salute - BAMBINI
L’uso del cellulare tra i bambini è sempre più esteso. Dal punto di vista medico
questo fatto è motivo di seria preoccupazione. Infatti non sono ancora
chiaramente accertati i rischi sanitari connessi all’uso del telefonino in
particolare per quanto riguarda i tumori.
L’induzione di un tumore richiede tempi lunghi, di vari anni o anche di svariati
decenni. L’impiego del cellulare è ancora un fatto recente e gli effetti a lungo
termine restano da stabilire. Ad ogni modo i risultati delle ricerche fin qui
condotte non inducono all’ottimismo. I dati disponibili indicano che l’uso
prolungato del cellulare, per più di dieci anni, si associa a un aumentato
rischio di tumori cerebrali. In particolare una rassegna degli studi finora
effettuati è stata pubblicata nel 2007 sull’autorevole rivista «Occupational and
Environmental Medicine». Dalla rassegna emerge che il rischio è aumentato, sia
per i gliomi (tumori cerebrali maligni), che per il neurinoma del nervo
acustico.
Claudio Bianchi - Centro di studio e documentazione sui tumori ambientali
(Monfalcone)
AMBIENTE - La crisi energetica
Condivido totalmente le critiche del signor Nico Zuffi sul taglio indiscriminato
degli alberi da parte della nostra giunta di destra, e sul disastroso
proliferare di mega-centri commerciali nella nostra regione permesso dalla
precedente giunta rosso-verde. Una politica di cementificazione selvaggia che
ogni anno si mangia circa 100.000 ettari di suolo agricolo in un paese che
dispone soltanto di 1200 mq di terra coltivabile per abitante, cioè il classico
orto del pensionato.
In un mondo dove impera la legge del mercato, e i maggiori produttori di grano
hanno più convenienza a trasformarlo in carburante piuttosto che in pane, noi
continuiamo a distruggere la nostra pochissima terra. Ma la nostra casta
dirigente ne capisce qualcosa?
In un recente dibattito televisivo erano presenti il nostro sindaco, la
presidentessa della Provincia e il presidente degli industriali, cioè i
rappresentanti della destra e della sinistra. Erano concordi su tutto: sulla
necessità delle centrali nucleari, quando l’uranio è ormai più scarso del
petrolio; sui termopolverizzatori, che invece di recuperare i rifiuti li
trasformano in polveri sottili; sulla Tav, quando tutti sanno che più velocità
significa più consumo di energia; sui rigassificatori, quando tutti sanno che il
prezzo del gas è legato a quello del petrolio.
Ma soprattutto erano concordi sulla madornale ignoranza della gente, senza
rendersi conto della loro. Da una affermazione del presidente degli industriali
sul tipo «oggi il trasporto non costa più nulla», a una smentita del sindaco,
secondo il quale invece il petrolio viaggia ormai verso i 200 dollari al barile,
smentito a sua volta da un altro esperto, sicurissimo che fra tre anni il barile
tornerà a 70 dollari.
Negli ultimi sei anni tutte le previsioni ottimistiche si sono rivelate
sbagliate, ma il sindaco approfitta subito di questa occasione per fare
retromarcia (altrimenti a che servirebbe la sua grande viabilità?) e spiega che
aveva parlato dei 200 dollari svalutati di oggi e non quelli di un tempo, perché
non abbiamo più la povera liretta ma il fortissimo euro. Evidentemente il
sindaco è l’unico a non essersi accorto che cinque anni fa la benzina era pagata
in deboli lirette, ma costava meno della metà di oggi.
La verità è che a fronte di un aumento esponenziale del fabbisogno, la
produzione di petrolio è in costante calo da molti anni, e se siamo a arrivati a
sfruttare ad enormi costi persino dei micropozzi a 10 km di profondità in luoghi
considerati sinora inaccessibili, grattiamo il fondo del barile nel vero senso
della parola.
La stampa nazionale non ne parla, ma Hillary Clinton ha un programma che farebbe
tremare le vene ai polsi a chiunque, perché prevede una virata a 180 gradi in
tutta la politica energetica americana e a tutto il loro stile di vita.
Naturalmente petrolieri e nuclearisti fanno di tutto per contrastarla, perché
vogliono guadagnare il più possibile fino all’ultimo, e poi quel che sarà sarà,
e chi se ne frega; ma il fatto che un popolo come quello americano, abituato da
sempre ad uno spreco sfrenato sia arrivato quasi a dare la nomination ad una
donna con queste idee, significa che perfino gran parte di loro hanno ormai
capito che stiamo andando tutti verso il suicidio collettivo. Invece la nostra
casta dominante pensa di trovarsi ancora negli anni ’60, prevede solo aumenti di
traffico e vuole tagliare persino gli alberi di piazza Libertà, che sono
sopravvissuti a due guerre mondiali. In quei tempi i nostri antenati avevano
talmente bisogno che avrebbero potuto benissimo tagliarli per necessità, ma per
spirito civico non lo fecero: tagliandoli ora significa sputare sulla loro
memoria.
Lucio Schiulaz
IL PICCOLO -
DOMENICA, 1 giugno 2008
Corteo di protesta contro la
Ferriera - VENERDÌ PROSSIMO
Un corteo per protestare contro la Ferriera di Servola. Venerdì prossimo, con
partenza da piazza Unità, prenderà il via la marcia simbolo della giornata di
mobilitazione anti-inquinamento prodotto dallo stabilimento di proprietà del
Gruppo Lucchini-Severstal.
La manifestazione è promossa dal Circolo Miani assieme a Servola Respira e ai
comitati di quartiere. Nell’occasione, si legge in una nota diffusa proprio dal
Circolo Miani, «verrà consegnato l’appello alle città di Trieste e Muggia ed a
tutte le comunità del Friuli Venezia Giulia con le sottoscrizioni dei promotori
raccolte fino a questo momento per fermare una metodologia politica, che trova
nella Ferriera di Trieste il suo esempio più eclatante, ma che devasta tutto il
territorio regionale escludendo chi vi abita da ogni possibilità di informazione
e partecipazione alle scelte».
Proprio l’altro giorno era scattata, come previsto dalla procedura di
Autorizzazione integrata ambientale (Aia), una diffida da parte della Regione
nei confronti della Lucchini-Severstal. L’oggetto della stessa era il mancato
rispetto dei tempi previsti per la realizzazione di alcuni interventi ambientali
all’interno dello stabilimento. Un provvedimento, quello spedito dalla Direzione
centrale Ambiente e lavori pubblici, cui la società ha risposto garantendo che
«quanto ancora non completato sarà ultimato nei tempi e con le modalità tecniche
previste dalla diffida stessa».
Piazza Libertà, i comitati non cedono - DOPO L’OK DEL CONSIGLIO
COMUNALE - «Continueremo con la petizione per fermare il taglio degli
alberi»
Protesta ad oltranza. I comitati per la difesa di piazza Libertà non intendono
mollare la presa e proseguiranno con la raccolta di firme (che ha oramai
superato abbondantemente il migliaio di nominativi) contro l’abbattimento di
alcuni alberi, previsto dal progetto di riqualificazione dell’area antistante la
stazione ferroviaria.
La conferma arriva da Giulia Giacomich, presidente provinciale di Italia nostra,
il sodalizio che in questi giorni ha dato battaglia al Comune e al suo progetto
urbanistico, assieme al Wwf, la Lav, il gruppo di Beppe Grillo e l’Associazione
orticola del Friuli Venezia Giulia tra fiori e piante. «Non intendiamo mollare -
spiega Giulia Giacomich -. Anzi, la prossima settimana organizzeremo un
confronto con tutti i responsabili di comitati coinvolti, per decidere come
articolare la protesta. Certo è che tutti noi - aggiunge la presidente
provinciale di Italia nostra - stiamo raccogliendo firme in giro per la città,
registrando un consenso altissimo. E continueremo su questa strada, per spedire
poi la petizione all’indirizzo del sindaco Dipiazza».
Questa la promessa degli ambientalisti, dunque. I comitati hanno deciso di
proseguire con la loro «ribellione verde» dopo la svolta dell’altro giorno,
quando il Consiglio comunale ha dato l’ok al progetto di riqualificazione di
piazza Libertà. Nonostante la durissima opposizione della minoranza di
centrosinistra, che fino a tarda notte ha tentato di impedire l’approvazione del
progetto a suon di emendamenti, i sì hanno prevalso e dato il via libera al
restyling della piazza. Restyling che prevede il sacrificio di una decina di
metri del giardino sul lato di via Ghega e, di conseguenza, il taglio di un
numero ancora non definito di alberi (qualcuno parla di 5 esemplari, altri di
una decina).
L’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli ha tentato di trovare un
compromesso, promettendo che tutti i tronchi che verranno eliminati da piazza
Libertà saranno ripiantumati altrove. Ma ai comitati non basta. «La questione
non è spostare gli alberi o meno - aggiunge Giulia Giacomich. Il punto è che non
bisogna toglierli e basta: in una zona perennemente congestionata e trafficata
come piazza Libertà, in cui lo smog è di casa, il giardino rappresenta un vero e
proprio polmone verde. Non si può pensare di abbattere alberi senza porsi
nemmeno il problema di quanto siano importanti per la nostra salute e per
l’ambiente».
«È per questo motivo - aggiunge la presidente provinciale di Italia nostra - che
continueremo a raccogliere firme ad oltranza. Siamo ovviamente molto delusi
dell’esito della discussione in Consiglio comunale - conclude Giulia Giacomich -
anche se ce lo aspettavamo. Non avevamo molte speranze. Però continueremo a
lottare».
(e.c.)
Basovizza, la Regione inaugura il Centro didattico naturalistico - INNOVATIVI
CRITERI COSTRUTTIVI
TRIESTE È un centro polifunzionale al servizio della natura e del cittadino,
destinato a diventare anche un punto d’interesse turistico.
Si tratta del nuovo Centro didattico naturalistico di Basovizza, realizzato
dalla Regione Friuli Venezia Giulia nell'ambito dei progetti comunitari
dell'Obiettivo 2 e inaugurato ufficialmente ieri.
La nuova struttura sorge in un comprensorio che un tempo ospitava un vivaio
forestale, creato a metà dell'Ottocento dal Comune di Trieste e
dall’Amministrazione forestale austriaca per essere la sede operativa di una
imponente azione di rimboschimento del territorio carsico. Realizzato adottando
alcuni innovativi criteri costruttivi di bioedilizia, per rispettare l'armonia
con la natura, e dotato di tecnologie d'avanguardia, il centro - è stato
precisato - proseguirà e rafforzerà l'attività divulgativa rivolta alle
scolaresche, collaborando tra l'altro con l'Università di Trieste.
L'inaugurazione di ieri s’inserisce nel quadro delle iniziative - coordinate
proprio dalla Regione Friuli Venezia Giulia - per celebrare San Giovanni
Gualberto, patrono dei forestali d'Italia, che culmineranno in una cerimonia in
programma il prossimo 2 luglio, all'Abbazia di Vallombrosa, presso Firenze.
IL PICCOLO - SABATO, 31 maggio 2008
Piazza Libertà: sì al progetto
che taglia gli alberi
In Consiglio dura opposizione del centrosinistra all’abbattimento delle
piante mentre un comitato spontaneo di cittadini ha già raccolto più di mille
firme
Non era la tradizionale maratona notturna sul bilancio. Quella che i
«rappresentanti del popolo» triestino sanno bene di dover ingoiare, come fosse
un sorso di novalgina, una volta l’anno. Ciononostante la seduta del Consiglio
comunale di giovedì sera è diventata un duello senza fine tra la maggioranza di
centrodestra, che alla resa dei conti ha fatto valere la legge dei numeri, e
l’opposizione di centrosinistra, protagonista di una raffica d’interventi tra le
più lunghe che si ricordino negli anni Duemila. Ci sono volute infatti cinque
ore filate, dalle 19.45 all’1.45 del mattino, per chiudere la partita del
progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, destinato a
rivoluzionare entro il primo semestre del 2010 la viabilità e gli spazi pedonali
davanti alla stazione e alla Sala Tripcovich.
LA PROTESTA Il dibattito, su quella che si può ormai ribattezzare come «l’opera
della discordia», è stato seguito in aula da una rappresentanza di associazioni
ambientaliste le quali, sotto il cappello di un neonato comitato spontaneo per
la difesa di piazza Libertà che tocca anche le corde del Gruppo Beppe Grillo e
dell’Italia dei Valori, hanno accompagnato con qualche timido ululato le parole
dei sostenitori del progetto e con qualche applauso altrettanto discreto gli
strali che venivano dai banchi dell’opposizione. Ma quando il documento è stato
approvato - con 21 sì e 15 no, assenti il sindaco, il presidente del Consiglio
Sergio Pacor e il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara, ex assessore
all’ambiente nonché promotore dell’attuale regolamento sul Verde pubblico - gli
stoici superstiti del comitato rimasti fino a notte fonda hanno lasciato piazza
Unità con la delusione di chi se l’aspettava.
LA PETIZIONE Eppure il comitato aveva tentato di giocare la carta della
sorpresa, presentandosi in aula fin dall’inizio pomeridiano dei lavori. Tra loro
una signora cercava con gli occhi l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli
per consegnarli un pacchetto infiocchettato contenente una ramazza e una
saponetta. A corredo un foglio con su scritto «Piuttosto che riqualificare
pulire». Altri sventolavano un robusto plico con 1073 firme, raccolte in 24 ore
contro il progetto che prevede il sacrificio di una decina di metri del giardino
di Sissi sul lato di via Ghega e con esso di un numero non ancora definito -
Bandelli assicura che alla fine saranno solo cinque esemplari che peraltro si
tenterà di espiantare e ripiantumare - di alberi ad alto fusto.
IL RETROSCENA Sette delegati del comitato, a quel punto, sono stati ricevuti in
privato da Roberto Dipiazza. Quando il sindaco è tornato in Consiglio i «rumours»
davano per possibile un rinvio della discussione. Il primo cittadino ha
confabulato con Bandelli, la cui smorfia di disappunto era facilmente leggibile
a distanza. E mentre l’assessore replicava, Dipiazza continuava a girare e
rigirare la cartina con il progetto. Poi il sindaco si è rituffato con quella
cartina in mezzo al pubblico che lo tempestava di domande. Sorriso rassicurante.
Calma olimpica. È stato il segnale che il dibattito sarebbe cominciato.
LA DIFESA «Si tratta di un progetto preliminare, non è un dogma», ha esordito
Bandelli. Il quale ha aggiunto: «Esiste una sentenza senza appello, la viabilità
di quella zona (che il documento toglie dal fronte stazione concentrandolo sul
lato di via Ghega e su una «esse» di rientro verso il Silos, ndr) fra due anni è
destinata al collasso con l’apertura del Silos e dei lavori in Porto Vecchio.
Pianteremo 52 alberi nuovi e allargheremo gli spazi pedonali di 2500 metri
quadrati». E poi, ha rimarcato l’assessore, c’è il nodo contributi: tre milioni
e 800 mila euro, di Ministero e Regione, da rendicontare entro fine 2009.
GLI ATTACCHI «Se un progetto è brutto e non è utile a migliorare il contesto
viario e urbano - ha incalzato il capogruppo del Pd Fabio Omero, il più
battagliero con il collega di partito Alessandro Minisini e Roberto Decarli dei
Cittadini - non è che dobbiamo approvarlo lo stesso solo perché altrimenti non
riceviamo i soldi. Sono comunque soldi pubblici, dei cittadini, che possono
essere impiegati meglio: ricordo che la legge del 2001 in base alla quale è
stato presentato questo progetto parlava di piani per dotazioni infrastrutturali
per quartieri degradati sotto il profilo sociale e occupazionale. Qui non c’è
niente di tutto questo, c’è solo una rivoluzione viaria che non sta in piedi
perché fa leva su collegamenti con aree di punto franco temporaneamente
sospeso». «Pago una bottiglia di Dom Perignon per ogni albero secolare che una
volta espiantato sarà reimpiantato e sopravviverà», ha ironizzzato il
medico-rifondatore Marino Andolina.
LE MODIFICHE La delibera è passata con due «virgole» bipartisan, entrambe fatte
proprie dalla giunta: l’emendamento di Emiliano Edera della Lista Rovis, che
contempla nelle nuove aree pedonali un percorso per non vedenti e ipovendenti, e
l’ordine del giorno di Bruna Tam del Pd, che traccia per il prosieguo del
progetto un iter di «partecipazione allargata ad associazioni e comitati».
IL COMITATO La partita comunque non è affatto finita. Ieri pomeriggio alcuni
rappresentanti del comitato spontaneo di piazza Libertà hanno consegnato al
Piccolo un documento in cui si dicono pronti a «promuovere tutte le azioni anche
legali finalizzate ad ottenere una sostanziale revisione del progetto». Per il
comitato il documento preliminare è stato di fatto «occultato alla
cittadinanza»: le contestazioni principali riguardano «la leggerezza per la
quale si considera l’abbattimento di alberi secolari come una necessità
tecnica», «l’infondatezza del progetto in merito all’incerto utilizzo della
bretella viaria soggetta a vincoli portuali» e «l’aumento di semafori e corsie».
PIERO RAUBER
«Diffida» della Regione alla Ferriera - RITARDI NEI LAVORI PREVISTI
NELL’«AIA» -
L’azienda replica: slittamento causato solo dalla complessità
dei lavori richiesti
È scattata ieri, come previsto dalla procedura di Autorizzazione integrata
ambientale (Aia), una diffida da parte della Regione nei confronti della
Lucchini spa per il mancato rispetto dei tempi previsti per la realizzazione di
alcuni interventi ambientali nella Ferriera di Servola. Un provvedimento, quello
spedito dalla Direzione centrale Ambiente e lavori pubblici della Regione
all’indirizzo della Lucchini, cui la società risponde garantendo che «quanto
ancora non completato sarà ultimato nei tempi e con le modalità tecniche
previste dalla diffida stessa».
In buona sostanza, l’Aia prevede una sorta di calendario degli interventi che la
proprietà dello stabilimento siderurgico deve effettuare, rispettando modalità e
tempi stabiliti. La società viene costantemente tenuta sotto controllo e, se non
riesce a completare le migliorie tecniche entro la data limite, scatta
automaticamente la diffida. In questo caso gli interventi «ritardatari» sono
tre.
«Abbiamo già ottemperato alla più significativa delle tre prescrizioni contenute
nella diffida - fa sapere la proprietà dello stabilimento servolano -. Si tratta
dell’intervento denominato Cok7 Sistema di riscaldo forni, che consiste nello
sdoppiamento dell’alimentazione della cokeria».
In base alla tabella di marcia definita dall’Autorizzazione integrata
ambientale, dunque, rimangono due interventi che la società dovrà eseguire. «Il
ritardo accumulato è dovuto alla complessità delle due operazioni di miglioria
da realizzare - spiega ancora la Lucchini -. Assicuriamo però con certezza che
saremo in grado di portarle a termine entrambe entro i tempi previsti dalla
diffida».
Nello specifico, il primo dei due interventi da eseguire consiste
nell’installazione del filtro a tessuto sull’impianto di aspirazione polveri a
servizio dei vibrovagli nel reparto di condizionamento (in questo caso la
Lucchini avrà 20 giorni a disposizione). Mentre il secondo, per la cui
esecuzione la società avrà a disposizione 45 giorni, consiste nella
realizzazione dell’impianto di aspirazione polveri a presidio delle operazioni
di seconda vagliatura del coke.
La proprietà dovrà quindi terminare i lavori entro il termine fissato dall’Aia,
pena la sospensione della stessa Autorizzazione integrata ambientale a tempo
determinato. «La Lucchini sta proseguendo nei termini previsti anche nella
realizzazione di una serie di altri interventi - rende noto la società - sia a
livello impiantistico che in materia di monitoraggio e controllo. Considerando
gli interventi ambientali allo stabilimento di Servola una priorità del gruppo
Lucchini-Severstal, la nostra società continua a impegnarsi per adottare le
migliori tecniche disponibili per rispondere ai precisi obblighi normativi a
tutela della salute pubblica della cittadinanza e dell’ambiente».
(e.c.)
Comune: discariche dannose per il porto - Sesta commissione: l’area
abusiva blocca lo sviluppo della zona
«Lo sviluppo delle attività portuali di Trieste e, più in generale, quello
dell’intera città, rischia di essere paralizzato dalla maxidiscarica abusiva
scoperta nell’area dello Scalo Legnami. Si tratta non solo di un enorme disastro
ambientale, ma anche di un danno ingente per la nostra economia e la nostra
immagine: ora è arrivato il momento che tutte le istituzioni collaborino per
risolvere il problema velocemente». Questo l’appello lanciato ieri dal
presidente della Sesta commissione comunale Roberto Sasco (Udc), durante un
sopralluogo effettuato assieme ai consiglieri della prima commissione della
Provincia nell’area inquinata, e tuttora sotto sequestro.
Ieri mattina i consiglieri hanno infatti varcato la zona protetta dai sigilli
apposti dalla Procura due settimane fa, scortati dai militari della guardia di
finanza, dagli uomini della Forestale regionale e da alcuni tecnici delle due
amministrazioni locali. Una verifica congiunta all’area dello Scalo Legnami:
20mila metri quadrati ricoperti da migliaia di metri cubi di rifiuti pericolosi
accatastati in riva al mare. Detriti di ogni genere accumulati sia a terra che
in mare, «cumuli enormi - ha sottolineato il consigliere dei Cittadini Roberto
Decarli - che sono certamente il risultato di anni e anni di scarichi abusivi».
«Lo spettacolo che ci siamo trovati davanti agli occhi è sconcertante - spiega
ancora Roberto Sasco -. Comune e Provincia non vogliono entrare nel merito delle
competenze della magistratura. Però è importante ricordare che l’area dello
Scalo Legnami è strategica per lo sviluppo della città: davanti dovrebbe nascere
la piattaforma logistica. Un progetto che, a questo punto, rischia di essere
paralizzato per anni». Il grande punto interrogativo, secondo il consigliere
comunale dell’Udc, è rappresentato dai tempi e dai costi della bonifica
dell’area: «Chi pagherà? Servono risorse ingenti - conclude Sasco - e tempi
strettissimi se si vuole investire sul futuro di Trieste».
(e.c.)
Dissequestrati i camion bloccati allo Scalo legnami - DECISIONE DEL RIESAME
Il Tribunale del riesame ha dissequestrato ieri una dozzina di camion bloccati
due settimane fa per iniziativa del pm Maddalena Chergia congiuntamente alla
discarica dello Scalo legnami, ritenuta abusiva. All’interno sempre secondo
l’accusa, venivano smaltiti rifiuti speciali per il trattamenti dei quali non
era mai stata ottenuta la necessaria autorizzazione.
Il collegio che ha deciso il dissequestro era presieduto dal giudice Giorgio
Nicoli e ne facevano parte i colleghi Laura Barresi e Francesco Antoni. I
magistrati hanno accolto le tesi sostenute dagli avvocati Sergio Mameli,
Giancarlo Muciaccia, Andrea Frassini, Luca Maria Ferrucci e Antonio Florean che
hanno rappresentato altrettante ditte individuali o di capitale impegnate
nell’attività di autotrasporto o semplicemente proprietarie dei camion, peraltro
dati in leasing a terze persone: in dettaglio erano stati sequestrati i mezzi
usati per trasferire nella discarica i materiali ritenuti abusivi dalla ditta «Purger
scavi», da Sebastiano Puliafito, dalla «IPM srl», dalla «Iest srl», da Alfredo
Cok e dalla società «Leone srl».
Il loro sequestro, annullato ieri dal Tribunale del riesame era stato in un
primo tempo ratificato dal gip Massimo Tomassini. Secondo l’inchiesta i
proprietari e i gestori dei camion «non potevano non conoscere la normativa di
riferimento in materia di rifiuti e in particolare il trattamento di quelli
speciali».
L’unica società che ha ritenuto n di non ricorrere al Tribunale del riesame pur
avando un proprio mezzo sotto sequestro, è stata la «Bruno Costruzioni».
Cartiera Burgo, dissequestrati due serbatoi con sottoprodotti - Il
gruppo ha dimostrato la regolarità dell’impianto bloccato, che ha portato alla
cassa integrazione
Centomila euro. Questo il «danno» subito dalla cartiera Burgo di Duino per il
sequestro di alcuni impianti industriali, poi revocato dal Tribunale del
riesame. Ecco la storia, sviluppatasi nelle due ultime settimane al termine
delle quali la direzione del gruppo cartario ha annunciato l’imminente cassa
integrazione per 200 operai.
Il Tribunale del riesame ha dissequestrato due enormi cisterne della Cartiera
Burgo di Duino, piene di ligninsulfonato, prodotto nello stabilimento di
Tolmezzo appartenente alla stessa società. Il ligninsulfonato è un prodotto
secondario delle cartiere e viene usato come «legante» nella preparazione di
colle e vernici.
Il collegio presieduto dal giudice Luigi Dainotti e col collega Francesco Antoni
nel ruolo di relatore, ha «disattivato» con la sua ordinanza quanto aveva
disposto una dozzina di giorni fa il pm Maddalena Chergia che, con un suo
provvedimento, aveva bloccato l’attività di questo impianto, ipotizzando che nei
due tank di Duino fossero stati stoccati indebitamente rifiuti industriali
pronti a essere inceneriti.
Invece il gruppo Burgo, attraverso il suo legale triestino, l’avvocato Franco
Ferletic, ha dimostrato, prima esibendo i documenti, poi attraverso l’esito
delle analisi di laboratorio effettuate dall’Arpa, che tutto era regolare, a
norma di legge. In sintesi che l’impianto non andava sequestrato.
Per arrivare all’udienza del Tribunale del riesame è stato però necessario
attendere una dozzina di giorni, e per tutto questo periodo di tempo le linee di
produzione del lignisulfonato sono rimaste giocoforza bloccate. E’ stata persino
ipotizzata la «messa in libertà» o in «cassa integrazione» di alcune decine di
operai della stabilimento di Tolmezzo.
La direzione del «Burgo Group srl» ritiene che il blocco forzoso dell’attività
abbia provocato un danno notevole, valutabile in circa centomila euro. Difficile
ipotizzare un percorso per ottenere una qualsiasi forma di risarcimento: gli
spazi offerti dalla legge sono più che angusti. Anzi impercorribili, almeno
secondo il giudizio di alcuni avvocati.
Il ligninsulfonato prodotto nella cartiera di Tolmezzo da tempo viene trasferito
con autobotti che percorrono l’autostrada fino allo stabilimento di Duino. Lì
viene commercializzato. Il porto di Monfalcone ma anche quelle di Trieste
dispongono infatti di spazi per il depositi temporaneo di questo «legante».
Ogni anno la produzione del lignisulfonato porta nei bilanci del gruppo Burgo
una consistente iniezione di denaro, valutata nel 2006 a 14 milioni di euro.
La vicenda, ora conclusasi favorevolmente, era stata con buona probabilità
innescata da un «soffiata» - comunque errata - fatta arrivare ai carabinieri del
Nucleo operativo ecologico di Udine. I militari erano entrati nello stabilimento
di Duino e avevano subito «puntato» i due serbatoi, nell’ipotesi che lì fossero
stoccati dei non meglio specificati residui di lavorazioni industriali, pronti
ad essere inceneriti o al di fuori di ogni autorizzazione e regola.
I dirigenti della cartiera hanno fornito immediatamente i documenti che
attestavano la presenza di ligninsulfonato nei tank finiti nel mirino degli
inquirenti. Hanno esibito fatture, bolle di accompagnamento, analisi. Ma non è
stato sufficiente per fermare l’azione.
I due grandi serbatoi sono stati posti sotto sequestro e i militari del Noe,
assieme ai tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, hanno
effettuati alcuni prelievi. Scopo finale, quello di verificare la vera natura
del prodotto. Le analisi ma anche la comunicazione del loro esito alla Procura
della Repubblica, hanno richiesto parecchi giorni. Il contenuto di alcuni fax
non è stato ritenuto idoneo; bisognava attendere l’arrivo dei risultati per
posta ordinaria. Nel frattempo la linea di produzione era bloccata.
Intanto ieri mattina è iniziata, per circa 250 dipendenti della cartiera, la
cassa integrazione annunciata giovedì. Gli addetti di due delle tre linee di
produzione, infatti, resteranno a casa fino a mercoledì, e non è escluso che
nella giornata di martedì venga annunciato dalla proprietà un ulteriore
provvedimento di blocco dell'attività, causato dalla mancanza di ordini.
Ieri intanto si sono chiuse le urne del referendum aperto da una settimana. I
lavoratori erano chiamati a votare relativamente all'ipotesi di accordo tra
sindacati e proprietà su flessibilità interna, nuove assunzioni e sicurezza,
argomenti che stridono di fronte alla cassa integrazione.
CLAUDIO ERNÈ
Muggia, parte la differenziata - Dal 16 giugno la fase sperimentale per
negozi e pubblici esercizi - A BREVE LA CONSEGNA DEI CONTENITORI
MUGGIA La fase sperimentale della raccolta differenziata dei rifiuti nel Comune
di Muggia entrerà nel vivo dal 16 giugno. Il progetto è stato illustrato in
un’assemblea pubblica dall’assessore allo Sviluppo economico Edmondo Bussani,
dall’architetto Adriana Cappiello del Servizio ambiente e sviluppo energetico e
dal referente della Ecoverde, azienda affidataria del servizio, Antonio
Giannatiempo.
La fase sperimentale, che prevede l’estensione della raccolta differenziata
anche alla frazione umida dei rifiuti, è rivolta a esercizi commerciali,
pubblici esercizi ed edifici pubblici, e sarà gradualmente estesa a tutta la
cittadinanza, facendo tesoro dell’esperienza acquisita. Contemporaneamente sarà
avviata, presso le singole attività interessate - 113 in tutto così ripartite:
25 tra caserme, scuole, campeggi e stabilimenti balneari, 9 alberghi, 14
esercizi commerciali, 30 pubblici esercizi del centro storico e 36 pubblici
esercizi fuori dal centro, oltre agli edifici comunali - la raccolta porta a
porta dei rifiuti differenziabili (carta, vetro, lattine e plastica). Per tutti
gli altri utenti verrà mantenuto il sistema di conferimento ai cassonetti
stradali.
Una prima fase di rilevazione dei dati sulle tipologie e quantità dei rifiuti e
sugli spazi disponibili, era partita a marzo con l’invio agli esercizi coinvolti
di un questionario; in questi giorni verranno visitati gli esercizi che ancora
non lo hanno restituito, mentre la distribuzione dei contenitori per la frazione
organica e la raccolta differenziata avverrà tra il 9 e il 13 giugno.
Contenitori che saranno diversificati per tipologia e colore e, in proporzione
alle quantità di rifiuti, potranno essere bidoni carrellati da 140 o da 240
litri. I contenitori dovranno essere esposti il giorno prima della raccolta,
alla chiusura dell’attività lavorativa. L’orario di raccolta sarà dalle 5.30
alle 8.
«Quando sarà entrato a regime, il progetto – ha spiegato Bussani – porterà
benefici a tutta la cittadinanza, anche in termini di risparmio. L’abbattimento
dei costi di gestione della raccolta porterà al passaggio da tassa sui rifiuti,
calcolata in base alla superficie, a una tariffa basata sulla quantità e qualità
dei rifiuti. Ridurre i costi di conferimento al termovalorizzatore permetterà di
impiegare le risorse per altri servizi. Come amministrazione non intendiamo
imporre ma proporre - ha sottolineato Bussani – ma la raccolta differenziata
deve partire perché le direttive lo impongono. Entro il 2008 bisognerà
raggiungere l’obiettivo del 41%, mentre attualmente si raggiunge appena il 19,6%
contro il 35 fissato dalla legge».
«Siamo pronti ad attuare eventuali aggiustamenti, in accordo con la Ecoverde,
tenendo conto delle varie esigenze - ha concluso l’assessore - ma è importante
la collaborazione di tutti. Gli interessati sono invitati pertanto a presenziare
alla prossima assemblea del 3 giugno, alle 15, in Sala Millo, occasione di
confronto per suggerimenti e la soluzione di problemi, inevitabili con
l’introduzione di importanti novità».
Il sistema attuale della raccolta indifferenziata coinvolge 13.400 cittadini,
6.120 famiglie e 380 aziende. Nel 2006 sono state prodotte 6.210 tonnellate di
rifiuti indifferenziati su un totale di 7.847 (la racccolta differenziata è pari
al 18,93%), mentre nel 2007 le tonnellate di indifferenziati erano 6.108 su
complessivi 7.597, pari al 19,59% di differenziata.
Per il momento verranno mantenuti anche gli strumenti attualmente utilizzati per
la raccolta, e cioè 185 cassonetti da 1.100 litri, 213 da 2.400 litri e 70
campane per la plastica, 70 per vetro e lattine, 70 per la carta, 5 per gli
indumenti usati, 10 per le pile esauste e due per i medicinali scaduti.
Rifiuti, la gestione rimane a Ecoverde - Il Consiglio di Stato accoglie
la richiesta di sospensiva del Comune di Muggia
MUGGIA La raccolta dei rifiuti a Muggia resta, almeno per ora, in gestione a
Ecoverde. Il Consiglio di Stato ha accolto un’iniziale istanza di sospensiva
presentata dal Comune nei confronti della sentenza del Tar del febbraio scorso,
che aveva annullato la gara d’appalto per le immondizie nella cittadina.
Il Tar aveva infatti accolto un ricorso della «E.Con-Conegliano Ecologia», che
si era rivolta al tribunale amministrativo regionale lamentando un’illegittimità
del bando, al quale del resto l’azienda non aveva poi partecipato.
Dopo tre udienze, il Tar aveva dato ragione alla «E.Con» annullando tutto:
l’atto di indizione della gara, il bando di gara pubblicato, il relativo
capitolato speciale, nonché tutti gli atti conseguenti.
Quindi, a detta del Tar, si sarebbe dovuta rifare da subito la gara. Il che
sarebbe stata una brutta gatta da pelare per il Comune, che si sarebbe visto
costretto a riaprire il bando, con tutti i costi che ne derivano.
Il Comune ha presentato però ricorso in appello al Consiglio di stato, chiedendo
anche immediatamente la sospensione dell’efficiacia della sentenza del Tar. I
giudici romani si sono riuniti e hanno emesso il loro verdetto martedì scorso.
Il ricorso è stato accolto, «considerato che, allo stato – si legge
nell’ordinanza del Consiglio - appare prevalente l’interesse
dell’amministrazione comunale alla continuità del servizio, specie
nell’imminenza della stagione estiva». Al dibattimento, la stessa E-Con non si è
costituita.
L’istanza cautelare accolta sospende dunque l’efficacia della sentenza del Tar,
lasciando le cose come stanno. Ma è solo un primo passo. Verso fine anno,
infatti, il Consiglio di stato si pronuncerà anche nel merito del ricorso,
ovvero valuterà se il dispositivo del Tar deve avere eseguito. E quindi se
bisogna rifare la gara di appalto, oppure no.
(s.re.)
IL PICCOLO - VENERDI', 30
maggio 2008
Scontro sul progetto per piazza
Libertà - IN CONSIGLIO COMUNALE - Rumorose proteste degli ambientalisti dentro
il Municipio
Anche i gruppi Beppe Grillo
contestano il taglio degli alberi di alto fusto
È proseguita fino a notte inoltrata la discussione del consiglio comunale
sul progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, che entro il
primo semestre 2010 dovrebbe ridisegnare completamente gli spazi verdi e
l’assetto viario della zona. Compattta per il sì la maggioranza di centrodestra,
mentre l’opposizione di centrosinistra ha annunciato voto contrario, ritenendo
il documento slegato dal piano del traffico generale e soprattutto dalla
possibilità di utilizzare in futuro le bretelle che ricadono in area portuale.
Al momento di andare in stampa la delibera non era ancora stata approvata.
Durante il dibattito in aula una ventina di appartenenti al neonato comitato
spontaneo di ambientalisti, cui si sono agganciati Gruppo Beppe Grillo e Italia
dei Valori (partito non rappresentato in Consiglio), hanno manifestato
rumorosamente contro la parte del progetto che prevede il sacrificio di una
decina di metri del giardino di Sissi sul lato di via Ghega e, con esso, di un
numero non ancora definito di alberi ad alto fusto. Il comitato ha anche
consegnato a Roberto Dipiazza una petizione con 1150 firme raccolte in 24 ore.
Il sindaco ha anche ricevuto nella sua stanza, prima del dibattito, sette
delegati del comitato. Sembrava quasi deciso a rinviare l’esame del progetto.
Poi ne ha parlato con l’assessore ai Lavori pubblici Bandelli che l’ha convinto
a procedere come da ordine del giorno. «I cittadini stiano tranquilli - ha detto
Dipiazza -, Bandelli mi ha assicurato che il progetto è stato elaborato in modo
da salvaguardare più alberi possibile».
Ora per il progetto preliminare - che prospetta la fine del traffico davanti
alla stazione e alla stessa Sala Tripcovich, con una «esse» a doppio senso che
si concentra sul lato di via Ghega - continua la corsa contro il tempo per la
redazione del progetto esecutivo e della gara d’appalto. Sono in ballo tre
milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila del Ministero delle
Infrastrutture e il resto della Regione, da rendicontare entro il 31 dicembre
2009.
(pi.ra.)
Tondo: più sobrietà e meno dirigenti in Regione - «Stiamo già lavorando
all’accorpamento dei servizi. Comparto unico da ripensare»
È evidente che mancano sia medici sia infermieri: le aziende devono spendere
meno per gli amministrativi e di più per chi sta in corsia
Cambieremo la legge di tutela Va tolto il silenzio-assenso per l’insegnamento e
l’utilizzo negli enti pubblici sarebbe un costo enorme
TRIESTE Da neanche un mese ha preso in mano il testimone di governatore.
Testimone che gli è stato consegnato dai cittadini del Friuli Venezia Giulia.
Una vittoria netta, quella su Riccardo Illy, che nasconde anche un pizzico di
«nostalgia» dei cittadini per un modo di fare e intepretare la politica stile
anni ’80-’90. Renzo Tondo, questo stile ce l’ha nel suo dna di socialista. «La
politica deve avere un ruolo centrale» è il suo pensiero. E su questo credo ha
già incardinato le scelte sulla composizione della sua giunta. Ma Tondo ha anche
dovuto affrontare subito problemi concreti, a cominciare dal nodo Insiel. Vuole
incidere sui costi della politica, ma anche su quelli della burocrazia che
peraltro è di intralcio alla vita dei cittadini a chi vuol fare impresa.
«Possiamo snellire la macchina pubblica, utilizzando ove possibile,
l’accorpamento di direzioni e servizi. I costi onerosi del comparto unico devono
poi tradursi in assegnazione di maggiori competenze agli enti locali. Se
impiegati e funzionari guadagnano di più, deve esserci una ricaduta sulla
comunità. E per il momento questa trasformazione non si è vista». E sempre
nell’ottica del risparmio conferma la modifica della legge sul friulano voluta
da Illy. A Roma chiederà più risorse per la Sanità mentre il reddito di
cittadinanza per i più poveri sarà trasformato in un «assegno sociale». E da
ieri è partita anche l’operazione di riduzione dell’indebitamento.
Presidente, l’opposizione sottolinea che alcuni dei suoi assessori sono poco
esperti.
Intanto, nel ’98 io arrivai qui e mi trovai a gestire sei deleghe. Poi, ho
privilegiato la volontà dell’impegno e comunque il primato della politica che ci
aiuta a capire la sintesi delle varie situazioni e il modo in cui affrontarle.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico ci sono i direttori e gli uffici. Ho già
apprezzato come gli assessori abbiano mantenuto un profilo tranquillo. Vogliono
capire le cose prima di fare annunci roboanti. E per questo li ringrazio.
Come intende sviluppare i rapporti con l’opposizione?
I cittadini hanno eletto un presidente della Regione e un Consiglio. Non sono un
uomo solo al comando. Quando ero sindaco di Tolmezzo, finchè c’è stata
un’opposizione forte, ho governato bene, quando alla fine della legislatura,
l’opposizione ha mollato, ho fatto degli errori. Io vengo dalla tradizione
socialista e vent’anni fa teorizzavamo la democrazia conflittuale in alternativa
a quella consociativa. Quindi ben venga un rapporto anche duro con il
centrosinistra ma con la nostra predisposizione al dialogo.
E il rapporto della giunta con Roma?
Sarà improntato a tutelare la nostra specialità senza alcuna subalternità
relativa all’appartenenza. Dialogheremo tra istituzioni con il vantaggio di
avere buoni rapporti con molti ministri che conosco bene e che vengono dalla
tradizione socialista. Per quanto riguarda l’aumento della compartecipazione
l’obiettivo della legislatura è ottenere il riallineamento della spesa
sanitaria.
Sull’abolizione del reddito di cittadinanza si sono levate critiche anche dalla
parte più cattolica della sua maggioranza. Come pensa di procedere?
Su questo i media hanno esagerato. Io ho sempre e soltanto detto che il reddito
di cittadinanza non è lo strumento più adatto per dare risposta
all’emarginazione sociale. Culturamente abbiamo sempre detto che considerarlo un
reddito era un errore. Detto questo, siccome le leggi ci sono e adesso c’è la
sua applicazione per il primo anno sperimentale, lo applichiamo. Studieremo per
il prossimo anno un nuovo provvedimento anche alla luce dell’esperienza fatta
quest’anno. Anche se il fatto stesso che siano pervenute solo 2 mila domande a
fronte dei 20 mila aventi diritto ci indica che qualcosa non funziona.
Evidentemente, si è impantanato. A chi è disagiato un assegno sociale va
garantito. E, nonostante il comparto unico, evidentemente i sindaci non sono
messi in grado di gestire il servizio.
Lei è critico sul comparto unico?
L’operazione è costata un sacco di soldi pubblici dei nostri cittadini. A dieci
anni di distanza dalla legge noi non abbiamo ancora la ricaduta per i cittadini.
La logica non era quella di premiare i dipendenti di Comuni, Province e Comunità
montane rispetto ai regionali, ma dare maggiori servizi. Anche l’assegno sociale
va inserito nell’ambito di nuove competenze che i Comuni dovranno gestire.
Ma i dipendenti non sembrano gradire la politica della mobilità.
Io credo che la mobilità può essere un valore. Non tutti i dipendenti sono
triestini. Il trasferimento non verrà imposto a nessuno ma per molti può essere
un’opportunità. Dopo di che, però, se nei Comuni prendono più soldi, che cosa
danno in più? Facciamo il comparto ma la piscina comunale resta aperta fino alle
10 di sera.
E nella sanità?
Ci sono molti interventi da fare sulle strutture. Non abbiamo ospedali da
chiudere, abbiamo ospedali ai quali far fare cose diverse a seconda di ciò che
il territorio necessita. Abbiamo centri di eccellenza e la rete ospedaliera deve
soprattutto servire a garantire soprattutto i cronici, i terminali, gli
anziani... Con il lavoro che sta facendo l’assessore Kosic andremo in questa
direzione anche per evitare sprechi di denaro.
Ma i sindacati chiedono centinaia di nuove assunzioni. Avete già fatto una
valutazione?
Ci stiamo lavorando. È chiaro che mancano medici e infermieri rispetto
all’ideale e noi dobbiamo vigilare affinché le aziende sanitarie spendano più
risorse per l’attività di corsia che non per gli amministrativi. La riforma va
in questo senso. Il progetto delle tre aziende di Illy incideva solo sui
percorsi amministrativi. Fare un’unica azienda a Udine avrebbe stressato il
territorio senza peraltro portare grandi benefici.
A proposito di spesa, come ridurre i costi della politica?
In Consiglio ho fatto un appello alla sobrietà e il presidente Ballaman ha già
espresso le sue intenzioni di ridurre le indennità. I miei assessori sono stati
invitati a fare tutti i gesti che lancino un messaggio. Quando decido di
prendere un forestale come mio autista o quando riduciamo a cinque gli assessori
esterni, diamo messaggi importanti. Adesso stiamo lavorando sull’accorpamento
dei servizi. Dopo aver eliminato la direzione alla comunicazione e quella
generale prseguiremo. Se ci sono dei servizi nei quali i dirigenti vanno in
pensione valuteremo la praticabilità di accorpamenti prima di rimpiazzarli. Ho
detto questo agli assessori e ad altri enti esterni. Una cosa da fare, poi, è
riprendere in mano il comparto unico che deve portare a una ricaduta sul
sistema.
A che punto è l’analisi sul debito?
Nella manovra di assestamento abbiamo già tagliato più di cento milioni di euro
del debito regionale. È stata, con la collaborazione di tutti gli assessori, una
prova di coerenza rispetto alle nostre promesse elettorali. Quel che è certo è
che Illy ha detto che ha portato più soldi, ma di solito ci si indebita quando
ci sono poche entrate. Ne ho parlato anche con la Corte dei Conti.
Facciamo il punto su Insiel.
Siamo in attesa della proroga della Bersani. Con Telecom le cose andavano meglio
ma il mio obiettivo è che ci sia una presenza pubblica minoritaria (35%) e una
presenza privata maggioritaria (65%) in modo tale che la presenza della Regione
garantisca i patti parasociali.
Difficile con la Bersani?
Io sono moderatamente ottimista.
Arriva il comissario per la costruzione della terza corsia dell’A4?
A breve, assieme al presidente del Veneto Galan, lo chiederemo al governo. E lo
otterremo.
E sul fronte delle altre infrastrutture?
Ci siamo posti obiettivi ambiziosi. Oltre alla terza corsia dobbiamo partire con
i cantieri per la Tav, valutare l’impatto della Sequals-Gemona, attivare il
collegamento dell’autoporto della Bassa con la rete autostradale. Concluderò
entro la legislatura i lavori dell’eterna incompiuta la famosa A28 che sarà
collegata con l’A27 costituendo così, anche con l’utilizzo della variante di
Mestre, un collegamento privilegiato verso Ovest.
Quanto costa allargare lo sconto sull’Irap alle piccole e medie imprese?
Non abbiamo ancora fatto una stima ma è un provvedimento da portare a compimento
entro la legislatura: premierà quella rete di piccole aziende che costituiscono
l’ossatura produttiva del Friuli Venezia Giulia.
Si è chiesto se la nomina a presidente di Massimo Paniccia fosse incompatibile
con i suoi altri incarichi?
Mi sono posto il problema ma il ragionamento che ho fatto è molto logico. Mi
sono chiesto se avesse o meno le caratteristiche per fare il presidente di
Mediocredito. Paniccia è un imprenditore friulano di una media imprese, è
presidente delle pmi, ha professionalità nel settore finanziario, è un
innovatore. Quindi ho deciso che potesse essere un buon presidente.
Lei ha detto di essere un fautore del nucleare. Si può ipotizzare il progetto di
una centrale nel Friuli Venezia Giulia?
A quanto mi risulta la nostra regione, per la sua struttura morfologica, non
rientra nei piani.
Ma intanto le grandi imprese chiedono subito energia a prezzi più bassi da
importare attraverso gli elettrodotti. La sua giunta appoggia questo progetto?
Il nucleare ci verrà in soccorso non prima di dieci anni. Ho fatto un
sopralluogo in Austria e ho constatato che l’impatto ambientale è limitato.
Quindi credo che la realizzazione di un elettrodotto vada avviata al più presto.
Il rigassificatore ha scatenato un po’ di maretta dentro la parte triestina del
suo partito.
Dopo aver parlato con il sindaco di Capodistria Popovich abbiamo concordato che
una struttura a mare non si può fare. Non ho pregiudizi ideologici sull’impianto
a terra ma ritengo che la morfologia del territorio triestino poco si adatti a
questa soluzione. Ad ogni modo siamo a disposizione del governo se vorrà avviare
le procedure di legge.
In campagna elettorale sosteneva che aveva un progetto per ammortizzare
l’eventuale crisi occupazionale prodotta dalla chiusura della Ferriera. Conferma
questo impegno?
Confermo che ho parlato con alcuni imprenditori importanti disposti a investire
in quell’area.
Modificherete la legge sul friulano varata nell’ultima legislatura?
Confermo che la cambieremo. Primo perché bisogna togliere il silenzio-assenso
nelle scuole. E poi non è possibile immaginare l’utilizzo del friulano negli
enti pubblici. Non ha senso e sarebbe una spesa enorme per le casse pubbliche.
CIRO ESPOSITO
Traffici illeciti, inchieste parallele per Friuli e Ivrea - IN PIEMONTE 7
ORDINI DI ARRESTO
Nel porto di Venezia sequestrati 22 container di carta friulana pronti a
partire per la Cina
ROMA Rifiuti smaltiti in terreni agricoli delle province di Torino e
Alessandria o portati in container dal Friuli Venezia Giulia e dal Veneto in
Cina: sono sull'asse Ivrea-Venezia le due nuove inchieste, pur slegate tra loro,
della magistratura sullo smaltimento illecito di rifiuti. Mercoledì la notizia
del sequestro dei 22 container nel porto di Venezia, mentre ieri i carabinieri
del Comando provinciale di Torino, comandanti dal colonnello Antonio De Vita, e
del Noe, diretti dal colonnello Michele Sarno, hanno eseguito sette misure
cautelari nei confronti di persone che facevano capo al Consorzio Asa di
Castellamonte (Torino) che si occupa di recupero e smaltimento rifiuti per 54
comuni del canavese.
L’indagine che ha portato al sequestro di 22 container nel Porto di Venezia
riguarda un presunto traffico di rifiuti tra il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto
e la Cina. L'ipotesi formulata dalla Procura udinese nei confronti dei
responsabili delle società è di abusiva raccolta di rifiuti, reato previsto dal
Codice dell'ambiente. Secondo quanto si è appreso, il provvedimento è stato
eseguito l'8 maggio scorso e fa parte di una più ampia attività di indagine
coordinata dal sostituto procuratore della repubblica di Udine Claudia
Finocchiaro. Dei 22 container bloccati nello scalo veneziano, dieci contengono
balle di carta raccolte dalla Idealservice di Pasian di Prato (Udine), una
cooperativa specializzata nella raccolta e nella selezione di rifiuti e 12 della
Società estense servizi ambientali (Sesa), Spa a prevalente capitale pubblico
del Comune di Este (Padova). Erano diretti nel Paese asiatico attraverso un
mediatore tedesco, la società Interseo Gmbh di Francoforte, che formalmente è la
proprietaria dei container. L’indagine della Procura di Udine è stata avviata
venti giorni fa ed è ancora «in pieno svolgimento», ha affermato il Procuratore
capo, Antonio Biancardi, sottolineando che «al momento non ci sono indagati».
Biancardi ha precisato che i container «dovrebbero contenere rifiuti di carta,
per i quali era stata data autorizzazione alla partenza per la Cina. L'indagine
- ha proseguito - è stata avviata poichè ci sono dei sospetti che non sia così».
La cooperativa Idealservice, coinvolta nell'indagine, presenterà richiesta di
incidente probatorio sul contenuto dei 22 container sequestrati al Porto di
Venezia. Il legale della società, Roberto Paviotti, respinge ogni accusa rivolta
alla Idealservice e contestando l'ipotesi che all'interno dei container vi sia
qualcosa di diverso dalla carta. «Si tratta - ha spiegato - di imballaggi,
carta, cartone e giornali che la società raccoglie da 14 anni e che negli ultimi
tempi viene destinata regolarmente anche a cartiere cinesi, che rappresentano un
nuovo ”business” nel settore».
Diversa la vicenda di Ivrea. Per risparmiare sui costi di smaltimento di quelli
pericolosi e della raccolta differenziata, secondo la ricostruzione del
procuratore Elena Daloisio, alcuni dei dipendenti del Consorzio gestivano
abusivamente, utilizzando false certificazioni di laboratorio, ingenti
quantitativi di rifiuti pericolosi e non, tra cui anche l'amianto. I rifiuti
venivano dispersi e mescolati su un terreno agricolo di S. Antonino (Torino) e
Pontestura (Alessandria) o stoccati in discariche abusive. Riscontrati anche
danni ambientali dovuti alle infiltrazioni tossiche nei terreni e nelle falde
acquifere che hanno anche causato una moria di pesci per l'alta tossicità dei
derivati dal degrado dai rifiuti. Agli arresti domiciliari sono finite sette
persone.
Industriali: «Sì a Gas Natural» - VERTICE SULL’ENERGIA A TRIESTE - Razeto (Ceat):
«Puntiamo all’area ex Esso e alla catena del freddo»
TRIESTE Il rigassificatore è una priorità e il Consorzio energia
dell’associazione degli industriali di Trieste (Ceat), guardando al golfo di
Trieste, punta a un impianto on-shore, in particolare quello dell’area ex Esso
che sta progettando Gas Natural. A insistere su questo punto, per abbattere i
costi dell’energia troppo alti per le imprese, è il presidente del ceat, Sergio
Razeto.
«Assindustria e Ceat sono stati spinti da motivazioni di carattere economico a
supportare la soluzione nell’area ex-Esso di Gas Natural – spiega –. I benefici
per la popolazione, la riqualificazione di un’area inquinata oggi dismessa, il
ritorno occupazionale sia in termini di costruzione che di gestione, l’indotto e
la realizzazione della cosiddetta catena del freddo per l’industria della
conservazione alimentare registrano la diffidenza di parte dell’opinione
pubblica che deve essere adeguatamente informata e sensibilizzata sulla
sicurezza dell’impianto».
«Auspichiamo quindi che a livello nazionale e locale - conclude il presidente –
dopo una fase di rallentamento, se non di ostacolo, alla realizzazione dei 13
progetti in Italia, si arrivi ad una certezza su alcuni impianti, in cui il
soggetto pubblico dia garanzie ai privati che investono e alle comunità
preoccupate dai progetti, superando le resistenze troppo spesso ideologiche e i
localismi».
I dubbi sui rigassificatori
Era prevedibile che lo spostamento degli obiettivi politici seguito alle
elezioni si rendesse presto visibile anche nei programmi per l’energia. Il
periodo relativamente povero di novità seguito alle presentazione dei progetti
di rigassificatori e alle prese di posizione degli organi amministrativi e
politici più direttamente responsabili, dagli ambientalisti e della popolazione
è stato rotto dalle prime avvisaglie di nuovi orientamenti.
Non è ancora completato il processo autorizzativo, senza la cui conclusione
liberatoria, nessun progetto può essere attuato. Non sono stati resi noti gli
approfondimenti che pur sono tanto necessari, e il confronto fra favorevoli e
contrari si appoggia tuttora a valutazioni e opinioni personali. Ma l’attività
di rigassificatori nel golfo di Trieste o nel cuore del suo porto,
rappresenterebbe una nuova situazione di caratteristiche così paticolari, e un
cambiamento della strategia di sviluppo così importante e irreversibile e così
ricco di conseguenze per la nostra città, che si deve continuare a raccogliere
informazioni aggiornate, a discuterne e a valutarne i pro e i contro fino ad
essere certi che i progetti rientrino in una precisa e largamente condivisa
strategia di sviluppo della città.
Il risveglio notato nella nuova atmosfera politica non dipende da nuove
conoscenze sul metano in quella che viene giustamente chiamata crisi energetica.
Manca infatti sempre un piano energetico nazionale e non vi sono nuove ragioni a
favore di Trieste per la collocazione ideale dei rigassificatori. Non vi è
alcuna certezza che la necessità e la convenienza della rigassificazione a
Trieste siano e debbano rimanere alte con l’evoluzione della crisi energetica.
Al contrario è probabile che il gas dai rigassificatori diventerà ad un certo
momento meno conveniente del metano gassoso che arriverà dai metanodotti.
Dobbiamo pensare che può diventare necessario scegliere fra metano liquefatto e
metano gassoso e che il nostro rigassificatore porebbe rimanere inattivo.
Trieste conosce, proprio dalla storia della Ferriera di Servola, le difficoltà
che la pressione del mercato crea quando si deve intervenire sull’attività di
grandi impianti industriali, con la necessità di renderla meno economica o
addirittura di interromperla per rispettare l’ambiente. Si manifesta invece più
forte la tesi che abbiamo sostenuto da sempre: la necessità di considerare l’
incompatibilità del rigassificatore con lo sviluppo dell’attività portuale. E’
da molti mesi che la stampa registra per la prima volta la possibilità di
rinascita del nostro porto con le prove che può svegliarsi dal quasi secolare
degrado. Esposizioni chiare delle grandi linee strategiche, progetti precisi e
documentati, esigenze economiche e finanziamenti coerenti illustrano ormai un
cammino realistico.
Gli ostacoli incontrati in un passaggio che coinvolgeva amministrazioni diverse
da quella portuale sono stati fortunatamente superati. Brividi di allarme si
sono avuti e si hanno ancora per qualche difficoltà sorta episodicamente nelle
relazioni sindacali con rischi di fallimento di quanto ottenuto in ben più
decisive relazioni internazionali. Ricordiamo che l’esperienza storica di
Trieste è nata grazie al lavoro dei suoi cittadini nel porto commerciale di
Trieste divenuta ricco centro culturale, tecnico, economico, assicurativo,
scientifico. È ora di pensare al futuro dei nostri figli e nipoti e quindi a
interrompere il degrado della nostra città e passare ad una economia affluente.
“Economia” ricca non significa il lavoro comodo e la pensione sicura, che
permettono di sostenere che “viva là e pò bon” e che per le nuove iniziative “no
se pol”, ma significa vivere in una città che ha in sè lo strumento per produrre
ricchezza e cittadini in grado di far funzionare autonomamente e con successo
questo strumento.
Si dà il caso che lo strumento che è stato nel passato il porto, non sarebbe
oggi un rigassificatore, che produrrebbe qualche non trascurabile rischio, molta
ricchezza solo in minima parte triestina, e un lavoro comodo per pochissimi e
solo finchè le leggi del mercato e volontà non triestine lo considerassero
conveniente. Cultura triestina significa invece volontà di decidere con le
proprie idee in un sistema economico ricco di possibilità per imprenditori
capaci, come struttura agile per il commercio internazionale in un ambiente
accogliente per il turismo, con i contatti che permettono, alle nostre
istituzioni scientifiche e tecnologiche, di essere sempre aggiornate e talvolta
in testa per le nuove opportunità di impresa.
In questa situazione le lotte politiche non confessabili fra iniziative diverse
farebbero perdere la possibilità di un confronto aperto, sincero e creativo e
porebbero al fallimento la città nella sfida per il proprio sviluppo.
Giacomo Costa
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29
maggio 2008
Oltre il 15% di auto in meno Il
caro-benzina mette il freno al traffico del centrocittà - CAMBIA IL QUADRO
DELLA VIABILITA’
La nuova tendenza fa emergere la possibilità di ritardi o cancellazioni dei
progetti contenuti nel piano parcheggi
Meno automobili in giro per Trieste. Che il traffico non sia più infernale
appare chiaro pressoché a tutti, ma secondo la quasi totalità degli osservatori
privilegiati, soprattutto in centrocittà, ma anche nella più immediata
periferia, vi è anche un calo abbastanza netto di auto in circolazione: un 10,
forse un 20 per cento in meno. Conseguenza questa dell’abolizione dei
contingenti di benzina agevolata, oltre che dell’impennarsi dei prezzi dei
carburanti. Il carovita dunque sembra riflettersi anche su un bene che sta
particolarmente a cuore agli italiani: l’automobile. L’apertura degli ultimi
tratti della Grande viabilità, la Cattinara-Padriciano e la Lacotisce-Rabuiese,
potrebbe rendere il traffico ulteriormente fluido, mentre il Piano parcheggi,
che prevede addirittura 18 nuovi megaimpianti potrebbe subire alcune
cancellazioni e comunque ulteriori dilazioni.
«Quanto prima metteremo al centro di una seduta un nuovo punto proprio sulla
questione della circolazione e dei parcheggi in città - annuncia Roberto Sasco,
presidente della Commissione urbanistica del Comune - perché il calo notevole
del traffico è sotto gli occhi di tutti, io lo stimerei quasi al 30 per cento in
meno rispetto a un anno fa, ed è anche risaputo che alcuni park sono semivuoti».
«In Italia la burocrazia rallenta spaventosamente di per sé anche la costruzione
dei parcheggi - si lamenta il sindaco Roberto Dipiazza - basti pensare che sono
venuti a propormi il parcheggio sotto San Giusto nel 2001 e dopo sette anni non
è stato ancora aperto il cantiere». Ma se l’ufficio del mobility manager Giulio
Bernetti stima attorno al 15 per cento il calo del traffico pur in assenza di
rilevazioni statistiche, Dipiazza nega che la situazione sia particolarmente
migliorata: «Ci sono meno automobili in corso Italia - sostiene - ma ciò si
verifica in quanto i flussi deviano sulle Rive dove grazie alla riqualificazione
si transita rapidamente e senza ingorghi. La situazione del traffico a Trieste è
però ancora difficile in molti punti. Abbiamo lo studio Camus che rileva quante
macchine transitavano nei punti cruciali negli anni scorsi. Mi accingo a far
fare nuove rilevazioni proprio per stimare con certezza l’eventuale calo di
passaggi».
Una diminuzione a livello nazionale del 10 per cento di auto in circolazione che
a Trieste a causa dell’abolizione dei contingenti agevolati avrebbe raggiunto il
20 per cento è la stima del presidente dell’Aci, Giorgio Cappel, mentre secondo
lo stesso comandante della Polizia municipale Sergio Abbate «un lieve calo del
traffico è innegabile anche se risulta già in ripresa rispetto a un paio di mesi
fa, mentre sono in lievissima flessione anche le soste irregolari. Se solo i
vigili mollano un po’ l’attenzione - sostiene però Abbate - riprendono però le
seconde e le terze file selvaggie». «A Trieste si circola bene, forse
effettivamente anche un po’ meglio rispetto a un anno fa - dicono alla centrale
Radiotaxi - ma purtroppo le chiamate per noi sono stabili e non aumentano». Ma
come sottolinea Piergiorgio Luccarini, direttore generale di Trieste Trasporti,
il calo di automobilisti non è affatto compensato da un aumento di passeggeri
dei bus, né da una circolazione più agevole per questi mezzi. «Nei primi mesi
del 2008 - conferma - c’è stato un calo di passeggeri attorno al 4%, mentre per
i nostri autisti muoversi a Trieste continua ad essere complicato e stressante».
Chi non va più in macchina dunque o ha aumentato il già foltissimo esercito dei
motociclisti, o ha preferito la bicicletta (se ne vede qualcuna in più negli
ultimi tempi), ma soprattutto ha scelto di andare a piedi o ancora, extrema
ratio, di non muoversi.
SILVIO MARANZANA
Mezzi pubblici sempre lenti
È schizofrenica la percezione sullo stato del traffico a Trieste come si vede da
questa rapida inchiesta. Dati statistici sul calo di automobili in circolazione
non esistono, ma la tendenza è testimoniata dalla Polizia munipale, dal mobility
manager, dall’Automobil club, dai tassisti. Eppure gli autobus continuano a
viaggiare troppo lentamente, con difficoltà e con passeggeri in diminuzione,
mentre gli automobilisti continuano a girare in cerca di parcheggi di cui
lamentano la mancanza e proprio per questo rischiano di ingrossare il traffico,
mentre alcuni parcheggi a pagamento sono semivuoti.
Piazza Libertà, 500 firme per la difesa degli alberi
Cinquecento firme contro il sacrificio di una decina di metri e di un numero non
definito di alberi del giardino di Sissi sul lato di via Ghega - come previsto
dal progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà - sono state
raccolte ieri nel corso di una manifestazione promossa da un comitato spontaneo
che riunisce Wwf, Italia Nostra, Associazione orticola Fvg, Lega antivivisezione
e Associazione fiori e piante, con l’adesione del Gruppo Beppe Grillo e di
alcuni esponenti di Italia dei Valori e Pd. La raccolta delle firme - spiega il
responsabile locale della Lav Fulvio Tomsich Caruso - proseguirà anche oggi. La
petzione sarà consegnata a qualche consigliere comunale prima della seduta
d’aula di stasera in cui è prevista la discussione del progetto.
Via al recupero dei laghetti delle Noghere - Il Comune vuole creare un
laboratorio ambientale aperto a ornitologi e scuole
Progetto approvato lo scorso novembre, spesa prevista di 35 mila euro
MUGGIA Ha preso il via l’iter per l’assegnazione dei lavori di ripristino
ambientale del biotopo dei laghetti delle Noghere, a Muggia. La spesa a base di
gara è di 35 mila euro. Il progetto è stato approvato nello scorso novembre dal
consiglio comunale.
L’area in totale misura 93.500 metri quadrati ed è stata definita «biotopo
naturale» nel giugno del 2001, in base alla legge regionale 42.
Un primo progetto per un utilizzo naturalistico e didattico dei laghetti e delle
aree circostanti era stato già elaborato qualche anno fa: per questa iniziativa
il Comune aveva già ottenuto un finanziamento di 50 mila euro dalla Regione.
L’iter però era rimasto bloccato per la non titolarità del Comune sull’area.
Il problema è stato poi risolto solo nel settembre del 2006, quando il Comune ha
trovato l’accordo con l’Ezit per l’acquisto di tutta l’area a 37 mila euro,
dilazionati in dodici anni, chiudendo così una lunga vicenda, iniziata già nel
1983. È quindi proseguita la fase progettuale, volta proprio ad applicare il
primo finanziamento ottenuto per quell’area.
L’intenzione dichiarata è di fare dei laghetti un laboratorio e un’aula
ambientalista e di studio all’aperto, in modo che ornitologi e scuole ne possano
usufruire tutto l’anno, per vedere le specie di piante ad animali che vivono o
transitano nella zona.
In base al progetto, si tratta di eseguire lavori di recupero naturalistico,
botanico e faunistico e del suolo, utilizzato (negli anni) per cave e torbiere,
per mezzo di piantumazione. Saranno necessarie quindi opere per garantire la
stabilità dei pendii, la riforestazione e la rivegetazione di scarpate stradali,
cave e discariche.
Altri lavori potranno essere realizzati in una fase successiva, con nuovi
finanziamenti. Per l’assegnazione degli interventi il Comune attuerà una
procedura ristretta semplificata (considerato anche l’ammontare della spesa).
Per questo l’amministrazione ha già pubblicato un avviso rivolto alle ditte
interessate a partecipare a questa assegnazione. I termini per la presentazione
delle domande scadono il 4 giugno.
s.re.
Razeto: sì al progetto per il rigassificatore - Il presidente del
Consorzio energia triestino: costi troppo alti per le imprese
TRIESTE I prezzi del petrolio in continua ascesa verso record assoluti, un
mercato elettrico nazionale non ancora del tutto delineato a quasi un anno dalla
sua apertura, un mercato del gas lontano da un¹effettiva liberalizzazione: «I
costi dell’energia stanno pesando sempre più sui bilanci delle imprese afferma
il presidente del Consorzio Energia dell’Associazione degli Industriali della
provincia di Trieste Sergio Razeto (presidente ed ad di Wärtsilä Italia) - con
percentuali notevolmente più elevate di quanto stimato a fine 2007, momento di
sottoscrizione dei contratti di fornitura».
Per delinerare un quadro preciso e chiarire quelli che sono gli elementi di
criticità nella gestione quotidiana degli impianti, il Ceat, in collaborazione
con Ergon Energia Srl, Enel Energia Spa ed in Servizio Verifiche Periodiche
dell’Azienda Sanitaria Locale, ha organizzato due incontri di formazione rivolti
alle imprese, dedicati rispettivamente all’energia elettrica e al gas metano. Il
primo appuntamento si è svolto ieri. Il prossimo si terrà il giovedì 5 giugno,
con inizio alle ore 14.30 nella sede di Assindustria a Palazzo Ralli a Trieste.
Tra i temi principali del primo incontro ci saranno la Borsa dell’energia, il
quadro normativo del mercato, le componenti tariffarie delle bollette e dei
contratti. «I nostri consorziati ad oggi sono 46 - ricorda il Presidente Razeto
- e stanno risentendo meno dei continui aumenti del petrolio, in quanto il
Consorzio ha sottoscritto un contratto a prezzo fisso valido fino a fine 2008. E
questo anche grazie alla strategia adottata per risparmiare, che è stata quella
di utilizzare contratti generali massificando la quantità di energia da
acquistare: il consumo previsto per l’anno in corso è di 151 milioni di
kilowattora. Al momento non ci sono giunte voci di sofferenze da parte delle
aziende locali - sottolinea il presidente del Ceat - ma questo non significa che
la situazione a Trieste sia sotto controllo. Gli effetti a lungo termine si
faranno sentire anche qui, e proprio per questo è necessario cominciare a
pensare a un’adeguata politica di gestione delle fonti alternative». Gli
industriali triestini giudicano quindi una priorità portare avanti il progetto
del rigassificatore nel Golfo di Trieste.
Manovra estiva all’esame di giunta. E incentivi all’uso del fotovoltaico - OGGI
LA SEDUTA DELL’ESECUTIVO
TRIESTE Formazione e beni culturali, fotovoltaico e assestamento di bilancio
(sui cui numeri però vige il top-secret) sono i cardini della seduta di giunta
in programma oggi.
Per quanto riguarda il primo capitolo, l'assessore Molinaro porterà la delibera
che andrà a prevedere la costituzione del comitato paritetico Stato-Regione in
materia di Beni Culturali. Il secondo provvedimento sarà invece l'esame della
creazione del gruppo di lavoro tecnico operativo tra Regione e Ufficio
scolastico regionale che faccia da collegamento tra i due enti. «Il tutto –
spiega Molinaro – per iniziare a lavorare in materia di istruzione sia per il
sostegno all'offerta formativa che nell'ottica di una legge quadro sulla
formazione-istruzione».
Da notare che un simile provvedimento era stato predisposto dalla giunta
precedente, ma non aveva finito l'iter di legge causa le dimissioni anticipate
della giunta regionale. Adesso, si ricomincia il discorso.
Da parte dell'assessore all'Ambiente Vanni Lenna invece si proporrà un
intervento relativo all'applicazione del fotovoltaico in regione, con
l'obiettivo di ampliarne la portata. Anche in questo caso, di fotovoltaico si
era parlato con un provvedimento della precedente amministrazione, che prevedeva
che le case in costruzione nei prossimi anni in Fvg dovranno essere dotate di
impianti fotovoltaici, o, almeno, le imprese costruttrici dovranno già inserire,
nel progetto di realizzazione, le necessarie predisposizioni per
l’installazione, con tanto di possibile erogazione di incentivi regionali nei
settori delle fonti energetiche rinnovabili, del risparmio energetico, dei
sistemi ad alta efficienza energetica e ridotti impatti ambientali e
dell'idrogeno.
Il discorso quindi riparte da queste basi. Infine, all'attenzione della giunta
dovrebbe essere portato, oggi, anche l'assestamento di bilancio. Del quale però
non si conoscono le cifre.
«Devo ancora discuterne con la giunta e con i colleghi - spiega l'assessore alle
risorse economiche, Sandra Savino – per cui al momento non mi è possibile
anticipare nulla. Tanto che non sono certa che alla fine se ne discuterà».
(e.o.)
Appello agli amministratori perché non dimentichino le piste ciclabili
Con le migliaia di morti ogni anno sulle strade l’automobile è diventata il
primo predatore umano, eppure la crescita dell’industria automobilistica è
considerata indice di benessere e prosperità: anche nei nostri piccoli centri
urbani non si incoraggia il trasporto alternativo. Lo sviluppo della
motorizzazione privata era visto come desiderio estremo di libertà di movimento:
ma ormai il livello di saturazione a cui si è giunti a breve cancellerà del
tutto la libertà collettiva in immensi ingorghi paralizzanti, cimiteri di ogni
libertà di spostamento. Quindi, perché scoraggiare i ciclisti?
La sensazione di fragilità che permea il ciclista acuisce la sua attenzione al
mondo. Al contrario l’automobilista ne è sprovvisto. Il suo abitacolo rinforzato
e tutte le protezioni sofisticate che lo circondano gli danno una sensazione
d’invulnerabilità. Il ciclista urbano è un pioniere, un inventore. La sua
solitudine in mezzo a una marea di lamiere gli assicura la possibilità di
imporre il proprio universo: con il suo mezzo di trasporto minoritario (una bici
ogni mille auto) è come se vivesse nell’era dei pionieri. Una pagina bianca
scritta nella storia dell’umanità, scritta con i suoi copertoni, è una bella
sfida, raccolta ogni giorno, sollevando la testa, con un occhio al traffico,
alle macchine in movimento, ed uno a quelle in sosta: l’auto non è mai
totalmente inoffensiva, neanche quando è ferma parcheggiata, a causa
dell’«inopinato apri portiera».
Cari amministratori, noi ciclisti attendiamo sempre fiduciosi che prendiate seri
e concreti provvedimenti affinché la presenza delle bici sulle strade non sia un
mero atto di coraggio. Ampliate la rete di piste ciclabili e migliorate quelle
esistenti per far sì che gli spostamenti urbani in bicicletta non diventino
assimilabili alla pratica di uno sport estremo.
Mauro Luglio - Monfalcone
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28
maggio 2008
Terza corsia, la A4 a fianco
della Tav - Vertice della Regione con Ferrovie e Autovie Coinvolti i
Comuni
TRIESTE Le diverse ipotesi del possibile affiancamento tra l'autostrada A4,
interessata alla realizzazione della terza corsia, e la nuova direttrice
ferroviaria ad alta velocità/alta capacità (AC/AV) del progetto prioritario Ten
n.6, noto come Corridoio V, nel tratto dal Tagliamento a Gonars sono stati al
centro di un summit a Trieste tra l'assessore regionale alle Infrastrutture di
trasporto Riccardo Riccardi ed i responsabili di zona di RFI-Rete Ferroviaria
Italiana Mario Goliani e Daniel Zorn, con la partecipazione dei vertici di
Autovie Venete, il presidente Giorgio Santuz, l'amministratore delegato Pietro
Del Fabbro, il direttore Enrico Razzini e Giancarlo Chermetz, della direzione
Sviluppo.
Si è trattato, come ha sottolineato al termine della riunione lo stesso
assessore Riccardi, di «una prima ricognizione» di tutti i diversi aspetti del
nuovo tracciato ferroviario da Venezia verso la Slovenia.
Al termine di questa fase, «che vogliamo condividere con la Provincia di Udine e
con tutti i Comuni interessati a questa direttrice viaria, anche in
considerazione delle interrelazioni tra linea ferroviaria, rete autostradale e
viabilità ordinaria (soprattutto per quanto riguarda il traffico merci)»,
l'assessore Riccardi intende porre mano - d'intesa con Autovie Venete e RFI - ad
una comparazione dei possibili scenari, analizzando le condizioni di
sostenibilità tecnica ed economica, nonché i tempi di realizzazione
dell'infrastruttura ferroviaria.
«L'obiettivo - ha indicato l'assessore - è quello di avviare il progetto
definitivo del terzo lotto dellaterza corsia autostradale, dal confine con il
Veneto a Gonars, attualmente condizionato dall'indeterminatezza del procedimento
relativo all'asse ferroviario».
Porto Vecchio, si aprono gli storici archivi dell’area - VENERDI’ UN CONVEGNO
- In città i vertici di Italia Nostra: per la prima volta in visione materiale
fotografico e non
Italia Nostra organizza un congresso che si terrà venerdì 30 maggio nella
Sala Convegni del molo IV, alle ore 15.30, è che sarà dedicato alle Costruzioni
portuali del porto di Trieste e al restauro del patrimonio culturale demaniale.
Saranno messi a disposizione del pubblico, per la prima volta, molti documenti
che ripercorrono le tappe della storia dello scalo triestino.
Vi parteciperanno i vertici nazionali di Italia Nostra, i rappresentanti delle
autorità portuali, regionali e cittadine, docenti universitari, esperti e
studiosi del settore.
I temi trattati vanno dalla presentazione dell’area storica del porto giuliano
con i suoi edifici di grande rilevanza come beni culturali al patrimonio grafico
ed iconografico dell’Archivio storico portuale, fino alle unità storiche della
navigazione, alla programmazione degli interventi di restauro, alla vita del
porto.
Saranno presentate le immagini degli edifici storici con la documentazione che
ne evidenzia il valore e la validità come costruzioni architettoniche e come
prototipi, in Europa e nei porti internazionali, nonché quelle dell’architettura
industriale della seconda metà ottocento.
Si parlerà inoltre del cosiddetto «Polo museale» da realizzare nella Centrale
idrodinamica unica nel mondo nella sua completezza, che verrà prossimamente
restaurata e che, con l’archivio e il centro di cultura storica e formazione
marittima-portuale, sarà a disposizione di scuole, studiosi e cittadini che
vorranno documentarsi sul patrimonio culturale del porto di Trieste.
Per la prima volta, grazie anche alla collaborazione tra enti (nel caso
l’Autorità portuale di Trieste, la Regione Friuli Venezia Giulia e il Ministero
dei Beni culturali presso la Direzione regionale Fvg) verrà presentata la
documentazione storica su tutta la vita del porto, contenuta nell’archivio della
Torre del Lloyd,.
Verrà illustrato inoltre il lavoro puntuale e appassionato di quanti, per molti
anni, hanno ritrovato, riordinato ed esaminato tanta parte di questo materiale.
Il lavoro non è finito e, forse, prossimi studi e ricerche ci faranno conoscere
o ricordare, ancora, tanta altra storia portuale e cittadina.
La vita del porto dei secoli scorsi, così diversa dai nostri schemi di vita, con
scorci di paesaggi, di lavoratori portuali, di imbarcazioni, di movimentazione
merci e commerci internazionali, di unità navali sarà presentata anche
attraverso filmati storici che riporteranno i partecipanti al convegno in un
mondo antico, per la maggior parte dei cittadini quasi sconosciuto.
Risulterà come il Porto abbia costruito, per tanti aspetti, la storia e il
vissuto di una città, che è stata il fiorente porto dell’impero austroungarico,
ma che oggi sta riorganizzando il suo futuro per un ruolo di porto
internazionale dell’Unione Europea.
Proprio fra pochi giorni, a partire dal primo giugno, l’Autorità portuale
inizierà a vagliare le richieste di concessione per Porto Vecchio. Una tappa
determinante per il rilancio, in chiave contemporanea, di una parte dello
storico assetto portuale della città.
«Miani» in piazza Unità giovedì per la Ferriera
Appuntamento alle 18 di giovedì in piazza dell’Unità davanti al palazzo della
presidenza della giunta regionale. La manifestazione è stata decisa dalle quasi
settanta persone che hanno partecipato l’altra sera alla riunione organizzativa
indetta dal Circolo Miani di via Valmaura 77. La decisione è stata assunta dopo
che «è stato richiesto formalmente quanto inutilmente per quattro volte alla
segreteria del presidente di incontrare una delegazione del Circolo Miani e dei
Comitati di quartiere per affrontare la ”priorità elettorale” della
riconversione della Ferriera - si legge in una nota del Miani - senza a tutt’
oggi ricevere uno straccio di risposta, cosa alquanto disdicevole nei rapporti
tra istituzioni e cittadini, che sono i proprietari dei palazzi della regione e
i datori di lavoro degli eletti e dei dipendenti». Il Circolo Miani invita
«triestini e muggesani» a partecipare all’appuntamento di giovedì in piazza
Unità, con l’obiettivo di incontrare il presidente della Regione Renzo Tondo,
«sempre che non ritenga di dirsi rendersi indisponibile».
AMBIENTALISTI - In piazza della Libertà a tutela degli alberi
L’associazione orticola «Tra fiori e piante», la Lav - Lega antivivisezione di
Trieste e Italia nostra organizzano per oggi dalle 17.30 alle 20 una
manifestazione in piazza della Libertà a salvaguardia degli alberi secolari
dell’area stessa, minacciati di scomparire in base al progetto di
riqualificazione di cui si sta discutendo in questo periodo. Invitando i
cittadini a parteciparvi, le associazioni ricordano «la funzione ossigenante
dell'albero adulto e il suo contributo al miglioramento della qualità della
vita».
IL PICCOLO - MARTEDI', 27
maggio 2008
Autovie, sì ai primi 50 km della
Terza corsia - Via libera a San Donà-Alvisopoli e Gonars-Villesse.
Riccardi: «Si apre una nuova fase»
IL CDA AFFIDA LA PROGETTAZIONE DEFINITIVA
TRIESTE La terza corsia della A4 diventa concreta: il cda di autovie Venete
ha affidato la progettazione definitiva dei primi due tratti sui sette in totale
previsti. La Terza corsia si estende per 94 chilometri, 40 in Friuli Venezia
Giulia e 54 in Veneto. Si tratta dei primi in assoluto (50 chilometri), quelli
più importanti dell’opera che non corrono paralleli alla ferrovia. Il primo (33
chilometri) è quello tra San Donà di Piave e Alvisopoli in provincia di Venezia,
il secondo (17 chilometri) tra Gonars e Villesse. Oltre 535 milioni
l’investimento complessivo delle opere. Per il primo tratto in particolare sono
stati stanziati 347 milioni e 963 mila euro che comprendono pure i 4 milioni per
la progettazione. Il secondo tratto assorbirà invece 187 milioni e 98 mila euro
e di questi 2 milioni e 218 mila euro serviranno per la progettazione.
Per realizzare il progetto esecutivo servirà circa un anno, 200 giorni per il
primo tratto e 170 per il secondo. Tempi, modi e strategia sono state illustrate
ieri nel cda di Autovie che si è riunito a Trieste presieduto da Giorgio Santuz.
Visti gli argomenti sul tappeto ha partecuipato anche il neo-assessore regionale
alle infrastrutture Riccardo Riccardi.
«Finalmente si apre una nuova fase – ha esordito l’assessore – ora possiamo
dirlo. E questa fase vedrà impegnate al masasimo sia Autovia che la Regione». La
nuova giunta vuole fare presto e lo stesso Riccardi ha confermato ieri che,
sulla base del protocollo di intesa sottoscritto fra il presidente del Friuli
venezia Giulia Renzo Tondo e il premier, Silvio Berlusconi, sarà fatto di tutto
per ottenere «fin da subito» la nomina di un commissario straordinario. Una
figura che dovrebbe accelerare al massimo la realizzazione delle opere come sta
accadendo in veneto con il passante di Mestre.
«Veneto e Friuli Venezia Giulia – ha ribadito Riccardi sono sulla stessa
lunghezza d’onda: bisogna nominarlo al più presto. La progettazione per il primo
lotto, da San Donà di Piave fino all’allacciamento con il Passante di Mestre, è
in fase avanzata e si sta anche lavorando sulla validazione».
Per quanto riguarda invece la tratta Alvisopoli-Gonars invece, quella
interessata dall’affiancamento con la ferrovia, Riccardi ha spiegato che «è
stata già avviata la ricognizione di tutti gli aspetti tecnici, protocolli
d’intesa con i diversi Comuni compresi». Novità ci dovrebbero essere già oggi.
«Nel pomeriggio – ha anticipato l’assessore – ci sarà un primo incontro con Rfi
(Rete ferroviaria italiana) per verificare lo stato di avanzamento del loro
progetto».
La realizzazione della terza corsia è uno degli obiettivi prioritari che Autovie
Venete persegue da tempo per fronteggiare l’incremento costante del traffico
sulla rete, soprattutto dei Tir che stanno saturando l’arteria, e migliorare la
sicurezza.
GIULIO GARAU
Autovie - I DATI DI TRAFFICO - 41 milioni di veicoli Tir in aumento
(13,7%)
TRIESTE Nel 2007, il flusso complessivo di traffico su tutta la rete (A4
Venezia-Trieste, A23 Palmanova-Udine Sud e A28 Portogruaro-Pordenone-Conegliano
per complessivi 200 chilometri, considerando anche il raccordo Villesse Gorizia)
gestita da Autovie, è stato di 40 milioni 900 mila veicoli, di cui 30 milioni
leggeri (73%) e 10 milioni 900 mila pesanti. L’incremento del traffico leggero,
rispetto al 2006, è stato dell’1,9%, mentre quello del pesante è stato del 5,2%.
All’interno di questa percentuale, particolarmente significativo l’aumento
registrato dai veicoli classe 4 (tir e autoarticolati) che è stato del 13,7%.
Dati che confermano ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la necessità
di adeguare la rete autostradale.
Il progetto complessivo della Terza corsia dell’A4 è suddiviso in sette
interventi: il tratto da Quarto d’Altino a San Donà di Piave, comprensivo della
costruzione del nuovo casello di Meolo; il tratto da San Donà di Piave allo
svincolo di Alvisopoli; il nuovo casello di Alvisopoli e il collegamento con la
Strada Statale 14; il tratto dallo svincolo di Alvisopoli al nuovo casello di
Ronchis (in fase di avanzata costruzione) comprensivo del nuovo ponte sul fiume
Tagliamento; il tratto da Ronchis a Gonars; il tratto da Gonars a Villesse e il
nuovo svincolo di Palmanova.
IL PICCOLO - LUNEDI', 26
maggio 2008
Energia nucleare: primi sì da Fvg,
Veneto e Liguria
ROMA «Mi piacerebbe sapere dove si costruiranno». È la domanda che si è fatto il
ministro per le Politiche Agricole, Luca Zaia, all'indomani dell'annuncio del
collega dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, sul riavvio del nucleare in
Italia entro il 2013. Domanda alla quale stanno cominciando a rispondere i
Governatori delle regioni italiane. Ecco un primo riepilogo delle posizioni.
FRIULI VENEZIA GIULIA «Il nucleare è una risorsa imprescindibile per lo sviluppo
compatibile di un settore fondamentale per l’Italia come quello dell’energia»:
così il governatore Renzo Tondo (Pdl).
VENETO Giancarlo Galan (Pdl), presidente del Veneto: «Nucleare in Veneto? perchè
no», a patto di trovare il posto giusto». Un'ipotesi potrebbe essere Porto Tolle.
LIGURIA Atomo promosso anche dal presidente Claudio Burlando (Pd): «Sì al
nucleare italiano perchè lo consumiamo, pagandolo molto di più degli altri Paesi
europei che posseggono impianti».
CALABRIA Agazio Loiero (Pd): «Il problema energetico è drammatico, non sono
contrario a risolverlo anche con centrali nucleari. Bisogna però verificare la
loro compatibilità col territorio».
PIEMONTE Defilata Mercedes Bresso (Pd): nessuna chiusura ideologica ma
l'esigenza di dare precedenza alla ricerca per trovare vie alternative e nel
frattempo seguire massicciamente la via della produzione di energie rinnovabili.
TOSCANA «Il nucleare è una scelta che guarda più al passato che al futuro», il
no più secco arriva dal presidente toscano, Claudio Martini (Pd).
MARCHE Il presidente Pd Gian Mario Spacca: «Il nucleare non è previsto tra le
forme di produzione d'energia che la programmazione regionale promuove o
persegue»..
CAMPANIA «Meglio puntare sulle energie rinnovabili», sostiene Andrea Cozzolino,
assessore alle attività produttive nella giunta Pd, soprattutto perchè l'atomo
richiederebbe «un arco di tempo incongruente rispetto alle urgenze attuali».
VAL ROSANDRA. - Il falco pellegrino ha fatto il nido - NATI PER LA PRIMA
VOLTA DUE PULCINI
Almeno due pulcini di falco pellegrino sono nati in un anfratto della «parete
bianca» della Val Rosandra. Li hanno prima sentiti e poi visti gli ornitologi
che dal 20 aprile presidiano la zona adiacente al nido. I piccoli reclamano il
cibo dai genitori e talvolta si affacciano sulla parete. A breve scadenza
dovrebbero prendere il volo.
A memoria d’uomo nessun rapace di questa specie ha mai nidificato in Val
Rosandra e l'eccezionale evento di questa primavera è letto dai naturalisti come
un segno della buona salute di questo territorio.
«Potremmo calarci con la corda doppia fino all’anfratto e ispezionare il nido
per contare i pulli e verificare il loro stato di salute. Ma abbiamo ritenuto di
non farlo perché i due genitori potrebbero allontanarsi a causa del disturbo»,
spiega l’ornitologo Enrico Benussi. Nelle ultime settimane ha passato parecchie
ore, all’alba e al tramonto, a osservare i voli del maschio che caccia
costantemente sul Monte Carso e poi ritorna al nido con la preda costituita di
solito da piccoli uccelli.
Enrico Benussi ha anche puntato verso il nido il teleobbiettivo della sua «Nikon»,
realizzando una serie di pregevoli immagini del falco e delle sue abitudini. Il
maschio, anche durante le battute di caccia, non perde mai di vista l’anfratto e
vi può ritornare velocemente in caso di necessità.
In Val Rosandra in questo momento hanno nidificato anche una coppia di gufi
reali e un’altra di corvi imperiali. Anche nei loro nidi sono nati di recente i
«piccoli» e questo duplice impegno potrebbe aver evitato ai falchi pellegrini
l’interesse delle altre due coppie di predatori. Sulla «parete bianca» ha
costruito il proprio nido anche una coppia di passeri solitari. Il falco
pellegrino avrebbe potuto ucciderli per farne del cibo per i due suoi «pulli»
nati da poco. Invece non è accaduto e anche questa «anomalia» rappresenta un
motivo di osservazione e di studio.
L’ultimo avvistamento di un’altra coppia di falchi pellegrini in provincia di
Trieste risale a 18 anni fa quando la loro presenza era stata segnalata sulle
falesie di Duino. Poi più nulla o quasi, forse a causa della rumorosa
frequentazione di quel sentiero, specie nei fine settimana. Un’altra coppia era
stata vista lo scorso anno in Val Rosandra, ma la presenza non è stata
confermata da successivi avvistamenti o fotografie. Va aggiunto che la nascita
dei due «pulli» è stata favorita dal provvedimento del sindaco di San Dorligo
Fulvia Premolin che ha emesso un’ordinanza che vieta fino al 20 giugno ogni
attività di arrampicata nell’area posta tra le due gallerie della vecchia
ferrovia.
(c.e.)
Il patrimonio edilizio del Porto Un convegno di Italia Nostra - VENERDÌ AL
MOLO IV
S’intitola «Le costruzioni portuali, il restauro del patrimonio culturale
demaniale» il convegno promosso da Italia Nostra e patrocinato dall’Autorità
portuale, in programma venerdì alle 15.30 nella sala convegni del Molo IV.
L’incontro, che sarà presentato nel dettaglio domani alle 12 nella sede di
Italia Nostra in via del Sale 4/b, illustrerà l’area storica con gli edifici di
rilievo quali beni culturali demaniali, la documentazione dell’Archivio storico
del Porto, unità storiche di navigazione, le possibilità di restauro, il polo
museale nella centrale idrodinamica e la sottostazione elettrica di
riconversione. Rappresentanti istituzionali, esperti e studiosi riferiranno le
proprie esperienze nel settore.
Rigassificatore a Zaule - SICUREZZA E BUSINESS
In questi giorni è tornato di attualità il problema dei rigassificatori nel
golfo di Trieste e sul Piccolo ci sono stati vari interventi di nostri
rappresentanti politici (di Governo, Comune e Provincia) e sindacali, che si
sono apertamente dichiarati favorevoli all’insediamento di un rigassificatore a
Zaule, perché «i rigassificatori sono un business», cioè affari. A dichiararsi
di parere opposto, sempre secondo il quotidiano, sarebbero gli ambientalisti e
il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste. Vorrei ricordare che ad
esprimersi contro i rigassificatori nella baia di Muggia, sono stati anche, e
soprattutto, scienziati e studiosi della comunità scientifica della nostra
città. Essi hanno fatto presente, con argomentazioni precise e approfondite, che
questi sono impianti ad alto rischio, sia per le persone sia per l’ambiente, per
cui logica vorebbe che la loro localizzazione avvenisse lontano dai centri
abitati. A questo riguardo vorrei invitare tutti a rileggere quanto scritto mesi
fa sul Piccolo dalle seguenti persone: il professore emerito di chimica
all’Università di Trieste, Giacomo Costa, il docente di fisica tecnica alla
facoltà di ingegneria dell’Università di Trieste Enrico Nobile, il ricercatore
Pierluigi Barbieri, docente di valutazione del rischio chimico all’Università di
Trieste e il geologo dell’Ogs Livio Sirovich.
Mi sembra quindi incomprensibile il fatto che la comunità scientifica della
nostra città sia stata completamente ignorata. Ad esempio l’Ogs, ente che
effettua da decenni il monitoraggio del nostro golfo, non è stato mai
interpellato sulle relazioni prodotte da Gas Natural e da Endesa. Per tali
relazioni le due imprese avrebbero utilizzato parametri non riferibili alla baia
di Muggia circa la profondità e la temperatura del mare, la velocità del vento,
ecc.
Poiché le informazioni che si leggono sulla stampa specializzata sull’estrema
pericolosità di questi impianti destano profonda preoccupazione in noi
cittadini, invito i nostri amministratori e anche i responsabili
dell’informazione a organizzare quanto prima un dibattito pubblico, in
televisione, dove le diverse tesi possano confrontarsi in modo completo e
convincente E se si riuscirà a dimostrare che tutte le preoccupazioni di
carattere ambientale, economico e di sicurezza sono infondate, saremo felici di
accogliere i rigassificatori. Altrimenti sarà doveroso e onesto rinunciarvi. Non
vorrei che, a somiglianza di quanto accade nei Paesi più poveri e arretrati,
venisse barattata la sicurezza e la salute dei cittadini con una manciata di
soldi che, come da esperienze del passato, non andrebbero certamente a beneficio
dei cittadini comuni.
Silvano Baldassi
IL PICCOLO -
DOMENICA, 25 maggio 2008
Via Cereria - Legambiente: no al park al posto
del giardino
Che cosa si è deciso per il giardinetto di via Cereria? Torna alla carica il
circolo Verdeazzurro di Legambiente per appoggiare i cittadini che due anni fa
avevano aderito ad una petizione, con ben 500 firme, per protestare contro la
trasformazione di un polmone verde di via Cereria in parcheggio per 120 posti
auto. Gli abitanti sono contrari alla nuova destinazione d’uso del giardinetto,
di pertinenza della palestra comunale di via della Valle e confinante con l’ex
carcere femminile, in quanto si tratta dell’unico spazio verde in un rione assai
cementificato.
L’idea di trasformare lo spazio in parcheggio era nata dalla transazione fatta
dal Comune, proprietario dell’area, con l’impresa di costruzioni Riccesi per
superare in modo indolore il rischio di lunghe e costose vertenze in Tribunale,
dopo che era decaduta l’ipotesi del park sotto Ponterosso per il quale l’impresa
si era aggiudicata la gara. «A tutt’oggi - dice il segretario del circolo Ettore
Calandra - non abbiamo ricevuto alcuna risposta da parte del Comune alla nostra
raccolta di firme. A nostro avviso la destinazione d’uso del sito deve restare
quella di verde urbano: a suo tempo c’era stato anche un impegno del Municipio
in tal senso. Purtroppo però la decisione di non procedere alla costruzione di
un parcheggio nella zona di piazza sant’Antonio, il cui appalto era però già
stato aggiudicato, ha scatenato la conseguente caccia in centro di siti
alternativi. Per questo ancora una volta, e alla luce degli interventi in
programma anche per piazza Libertà, facciamo sentire il nostro dissenso e
l’appoggio alla popolazione di via Cereria e via Tigor che di quel park non ne
vogliono sapere».
Con un comunicato inoltre Legmbiente fa presente che il giardino, oltre ad
essere lasciato ad uno stato di abbandono, dopo i lavori fatti per il restauro
della palestra, finiti parecchio tempo fa, è rimasto tale e quale, in quanto
l’impresa non ha ripulito l’area dai materiali inerti. Secondo l’indirizzo
scelto dall’amministrazione comunale, per pareggiare la perdita dell’impresa
Riccesi sulla gara d’appalto vinta, si era giunti ad una sorta di scambio,
secondo il quale l’impresa si era aggiudicata la costruzione di altri 3
parcheggi per globali 473 posti in cambio dei 689 ipotizzati per Ponterosso.
Daria Camillucci
Saro: sì al nucleare per
l’industria locale
TRIESTE Per il senatore Ferruccio Saro (Pdl), la scelta dell'energia nucleare
costituirebbe per il Friuli Venezia Giulia un «input a quell'importante settore
di lavoro costituito dall'ingegneria e dall'impiantistica». Lo afferma in una
nota in cui approva «la candidatura del Friuli Venezia Giulia quale potenziale
luogo in cui far sorgere una centrale nucleare, come ha proposto - precisa il
testo - il presidente della Regione, Renzo Tondo». La strada indicata dal
ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola e ripresa ieri da Tondo
rappresenta, secondo Saro, «un valido percorso per togliere il nostro Paese dai
vincoli posti e imposti dai produttori stranieri».
Nucleare, il nodo dei siti. Rubbia: nuovi materiali - DIBATTITO SULLA SVOLTA
MILANO Nel novembre del 1987, anche sull'onda dell'incidente di Chernobyl, a
grande maggioranza passò il referendum contro il nucleare in Italia. Ora il
governo ha riaperto il dossier e le imprese spingono: il presidente di
Confindustria, Emma Marcegaglia, dice che non deve vincere «la politica del no»,
mentre studi accademici indicano un possibile risparmio del 35% nei costi per la
fornitura di energia elettrica al mondo produttivo. Ma, tempi a parte, il vero
problema diviene ora quello della localizzazione dei siti: dove costruire le
nuove centrali. Il piano nucleare dell’Enel che sarà presentato nei prossimi
giorni prevede entro il 2020 quattro centrali e un sito per le scorie. Il leader
dell'Udc Pier Ferdinando Casini propone un «patto per il nucleare»
maggioranza-opposizione, ma a introdurre abbastanza chiaramente la questione dei
siti è il ministro dell'Agricoltura, il veneto Luca Zaia, che dice: «Mi
piacerebbe sapere dove si costruiranno» le futuribili nuove centrali. La
risposta, secondo uno studio condotto da docenti dell'Università Bocconi di
Milano, è semplice. E forse non troppo gradita: soprattutto la Pianura padana.
Ipotesi ribadita nei giorni scorsi anche dall'amministratore delegato
dell'Edison, Umberto Quadrino, secondo il quale le nuove centrali si possono
costruire «dove c'è l'acqua, quindi in Pianura padana o lungo le coste». Per il
funzionamento delle centrali serve infatti tanta acqua, a partire dal
raffreddamento dei reattori, ma soprattutto - secondo gli studi universitari mai
interrotti in questi anni e ora ripresi in mano da diversi autori - per diluire
gli inquinanti contenuti nei fumi prodotti anche dalle nuove centrali, non nelle
scorie, che sono un altro problema. Il primo di questi inquinanti è la diossina:
le centrali di nuova generazione potrebbero prevedere di immettere i fumi
direttamente nei corsi d'acqua, con opportuni filtri, in modo da ridurre
enormemente le concentrazioni di inquinanti.
«Se qualcuno mi chiede se tra 300 anni ci sarà ancora il nucleare, la mia
risposta è sì. Sono sicuro che le generazioni future utilizzeranno il nucleare,
penso però a un nucleare che non è quello di oggi, è diverso». Così il Premio
Nobel Carlo Rubbia parla «da scienziato» della scelta del nucleare. Rubbia parla
di un «nucleare nuovo» basato su principi diversi, oltre a quello della fusione,
e cita «la fissione basata su nuovi materiali come il torio, che è abbondante
come il piombo». «Inoltre - ha osservato - per un gigawatt del nucleare attuale
ci vogliono 200 tonnellate di uranio, con il torio, per la stessa energia, serve
una tonnellata». Ed ancora, ha sottolineato Rubbia «la bomba al torio non si può
costruire».
Emergenza rifiuti: esaurita a Fiume la discarica regionale - PROTESTA
PUBBLICA
FIUME La nuova discarica della Regione quarnerino–montana, che dovrebbe essere
edificata nel bosco di Mariscina (comune di Viskovo, un paio di chilometri a
nord – ovest di Fiume), è un progetto che denuncia ormai gravi ritardi. A
complicare una situazione da tempo complessa è la recente licenza ottenuta dalla
municipalizzata fiumana Cistoca (Nettezza urbana), con la quale si potrà
procedere al cosiddetto risanamento della discarica regionale di Visevac, sempre
nella municipalità di Viskovo e ormai in procinto di scoppiare. Si tratta di un
immondezzaio che da anni ha esaurito le capacità ricettive e la cui chiusura era
pianificata per il 2009. La Cistoca è invece riuscita a procurarsi il permesso
dall’Ufficio per la Direzione statale che le permetterà di aggiungere altri 250
mila metri cubi di capacità ricettiva a Visevac e nonostante l’opposizione a
questo progetto da parte del comune di Viskovo.
Il colpo di scena ha completamente spiazzato gli abitanti delle frazioni di
Kapiti e Furicevo che vivono a contatto di gomito con l’impianto di Visevac e
che speravano nella sua chiusura per poter dimenticare la puzza – specie in
estate – e gli altri disagi derivanti dalla presenza dell’ immondezzaio.
L’allargamento di Visevac ha fatto capire che la discarica di Mariscina,
alquanto lontana dai centri abitati, non sarà ultimata secondo i piani, ossia
entro il 2011. Una brutta notizia per quelli di Kapiti, Furicevo e dintorni,
alle prese con il diffondersi di vari tipi di tumore.
Proprio di recente è stato pubblicato lo studio sulla qualità dell’aria nella
contea del Quarnero e Gorski kotar, da cui si evince che la situazione peggiore
riguarda le località di Kostrena, Krasica e Viskovo, dove si respira aria di
terza categoria e dunque inquinata.
Per le prime due, i responsabili sono la raffineria dell’Ina a Urinj, la
centrale termoelettrica Rijeka e il cantiere navale Viktor Lenac. In riferimento
all’inquinamento atmosferico a Viskovo, le colpe vanno addebitate appunto
all’impianto di Visevac. Il sindaco di questo comune, Goran Petrc, ha ribadito
che Viskovo si è opposta con tutte le forze al potenziamento della discarica, ma
– non avendo peso politico – non è stata ascoltata. Da parte sua, il direttore
generale della Cistoca, Zlatko Stok, si è chiamato fuori, dicendo che l’ azienda
deve agire nell’interesse di tutte le utenze della contea: «Il problema dei
rifiuti è molto serio anche a Fiume e nella sua regione – ha rilevato – e se
Viskovo non ne vuol sapere dell’allargamento di Visevac, allora ci troviamo di
fronte a una questione che va risolta a livello di contea e del ministero per la
Salvaguardia ambientale».
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - SABATO, 24 maggio 2008
Marini e Piero Camber: no al
rigassificatore «Il Comune si era espresso due volte in maniera negativa al
riguardo»
L’assessore Lenna: vogliamo seguire la linea del governo
Roberto Menia dà il via libera ad un rigassificatore, Vanni Lenna lo segue a
ruota ma da Trieste arrivano voci tutt'altro che favorevoli. Dopo la presa di
posizione, e non è la prima, del sottosegretario all'ambiente a favore di un
impianto, possibilmente quello a terra, ecco la levata di scudi dei forzisti
triestini Bruno Marini e Piero Camber, il primo assolutamente contrario, il
secondo a dir poco cauto.
La necessità di trovare fonti alternative di approvvigionamento energetico è
condivisa, non altrettanto la localizzazione degli impianti di rigassificazione.
«Rispetto la posizione di Menia e comprendo che a livello nazionale c'è bisogno
di almeno 4-5 rigassificatori - afferma Marini - ma sono del tutto contrario
alla collocazione nel golfo di Trieste». Marini si dice «non pregiudizialmente
contrario ai rigassificatori ma bisogna valutare con attenzione il sito dove
vengono collocati e il volere della comunità».
Che sia off-shore o a terra, per il consigliere regionale del Popolo della
Libertà lo specchio di mare giuliano «non è idoneo ad un simile impianto»,
indicando una serie di contraddizioni nella scelta indicata da Menia e
avvalorata anche da Lenna: «Non mi sembra lineare l'idea di chiudere la Ferriera
e di inserire una struttura di questo tipo e ancora di più mi sembra
contraddittorio puntare allo sviluppo turistico, con particolare riferimento
alle crociere, e nel contempo pensare a 400-500 gasiere all'anno nel golfo».
Perplesso anche Piero Camber secondo cui «troppe volte sono sbarcate sul
territorio società che hanno preso e nulla hanno dato. Non vorremo che, come
spesso è successo, Trieste paghi per tutti, senza beneficio alcuno». Insomma,
per l'altro consigliere regionale triestino espressione di Forza Italia il
rigassificatore si può fare «solo se ci sarà l'impegno di chi lo realizzerà di
garantire ricadute positive sul territorio in termini di opere pubbliche o di
royalties». Camber tuttavia sottolinea come al momento «non ci siano garanzie
dal punto di vista della sicurezza a causa di un'evidente carenza progettuale e
tecnica».
I consiglieri triestini ricordano come il Comune di Trieste si sia pronunciato
due volte contro i progetti di Gas Natural ed Endesa e Marini auspica che
vengano sentite le popolazioni interessate: «Un referendum o una qualsiasi forma
di consultazione popolare è necessaria e opportuna perchè non si può pensare di
realizzare un'opera così impattante passando oltre il volere della gente».
Ma per l'assessore regionale all'ambiente Vanni Lenna questa sarebbe «un'ultima
spiaggia. La classe politica è eletta per governare e non si può pensare ad un
referendum ogni volta che si presenta un problema». Lenna puntualizza che «la
linea indicata dal Governo e dal ministro Scajola è quella che vogliamo seguire
ed è una linea favorevole ai rigassificatori». Per l'assessore si tratta di «una
necessità nazionale che comporta anche ricadute positive per la Regione. È ora
necessario trovare la soluzione migliore per il territorio valutando
attentamente i progetti e verificandone l'impatto e la realizzabilità».
Come a dire che i no espressi dal Comune di Trieste a luglio 2006 ed a gennaio
2007 non rappresentano un ostacolo insormontabile, tanto più che lo stesso
sindaco Dipiazza ha più volte affermato che, se ci fossero benefici economici
nelle bollette e magari per Acegas-Aps, la sua posizione potrebbe anche essere
favorevole. Meno aperto Camber, secondo cui «lasciare entrare Acegas, magari con
una quota minima, finirebbe per non comportare grandi vantaggi, senza contare
che i benefici andrebbero divisi con Padova, cosa che ci interessa fino ad un
certo punto».
Dal canto suo l'assessore Lenna ricorda come già la giunta Illy espresse un
parere negativo, rinviando alla Commissione ministeriale una decisione sulla
valutazione di impatto ambientale. Ma ora è cambiato il Governo nazionale ed è
cambiata la maggioranza anche in Regione: «Dobbiamo riprendere un percorso
partendo dal dialogo e dalla concertazione con le popolazioni e gli enti
locali».
La linea comunque è tracciata e per Lenna un rigassificatore s'ha da fare: «È la
mia posizione personale ma è anche l'idea di tutta la Giunta regionale». Il
rigassificatore di Zaule rimane in pole-position considerata anche la presa di
posizione di qualche settimana fa del presidente della Regione, Renzo Tondo, che
nell'annunciare l'incontro con il ministro degli esteri sloveno Rupel aveva
dichiarato la sua contrarietà all'impianto a mare, allineandosi a quella che è
la posizione slovena in materia. Lenna preferisce andarci con i piedi di piombo,
affermando che «non è il caso ancora di pronunciarsi in questo senso. Andranno
valutati i progetti, l'impatto e le ricadute e solo a quel punto si prenderà una
decisione».
Roberto Urizio
Piazze Venezia e Libertà, critiche ai cantieri - Il Comitato per i
masegni: intervenga la Procura. Wwf e Italia Nostra: non tagliate gli alberi
POLEMICA SUI LAVORI DI RIQUALIFICAZIONE
Piazza Venezia e Piazza Libertà nel mirino degli ambientalisti. I più ambiziosi
tra gli attuali progetti di riqualificazione urbana del Comune sono finiti
infatti nella rete delle proteste di vari comitati cittadini. Il primo per il
trattamento del masegno storico, il secondo per il sacrificio di un numero non
ancora definito di alberi ad alto fusto.
PIAZZA VENEZIA Il lavoro di riqualificazione della piazza dimostra che il
problema del mantenimento e del rispetto dei beni del passato non è ancora
entrato nelle menti dei nostri amministratori» denuncia il Comitato per la
Salvaguardia del Patrimonio Urbano di Trieste Cosapu. «La pavimentazione della
piazza è stata “segata” da una macchina fresatrice - afferma il presidente Bruno
Cavicchioli - causando la distruzione insensata di un numero elevato di masegni».
Il tutto «nonostante le rassicurazioni dell’amministrazione comunale che ha
assicurato varie volte che la piazza avrebbe riassunto il suo aspetto originale
ottocentesco». Questa settimana, il Comitato ha denunciato il fatto al Nucleo
Carabinieri di Venezia, competente per il territorio, che ha promesso di
intervenire sul caso, alla Procura della Repubblica ed alla locale Corte dei
conti. «Pensiamo, però, che non dovrebbe essere compito di questo comitato
vigilare e denunciare possibili reati contro il patrimonio pubblico - aggiunge
Cavicchioli - siamo convinti che questo fatto spetti alla Soprintendenza di
Trieste la quale, nonostante i numerosi solleciti al sindaco sull’osservanza dei
dettami e sull’avvio della mappatura dei selciati della città, ad oggi pare non
sia stata in grado di far osservare quanto previsto dal Codice Urbani».
PIAZZA LIBERTÀ Da un cantiere in corso a uno che deve nascere: è quello di
piazza Libertà, il cui progetto preliminare sarà votato giovedì dal Consiglio
comunale. Proprio per quel giorno si preannuncia una rumorosa protesta in piazza
Unità da parte di Wwf, Italia Nostra, Associazione orticola Fvg e Gruppo Beppe
Grillo, che con alcuni esponenti locali di Italia dei Valori e Pd stanno
costituendo un apposito comitato per la difesa di piazza Libertà. Della
manifestazione di giovedì si è discusso ieri a margine di una conferenza stampa,
nella quale il responsabile del Wwf triestino Carlo Dellabella ha bollato il
progetto di piazza Libertà in quanto «nato come altri da una mancata discussione
con la cittadinanza, avulso dal Piano del traffico e dalla variante per il Porto
Vecchio. Non sembra poter risolvere i futuri carichi stradali e crea, nel
contempo, problemi ambientali perché prevede, come cita il Servizio Verde
pubblico del Comune nelle sue osservazioni, il taglio di 21 alberi mentre altri
dieci rischieranno di cadere». «È vero - gli ha fatto eco Lia Brautti - che la
stazione viene ricongiunta al giardino, ma è altrettanto vero che, per
trasferire l’asse stradale sul lato di via Ghega, da quella parte il parco sarà
ridotto di una decina di metri». «Non è possibile - ha chiuso Giulia Giacomic,
presidente di Italia Nostra - inserire un’autostrada a 7-8 corsie in una simile
area storica. Chiediamo almeno la riduzione di quell’asse senza allargare il
marciapiede sul lato di via Ghega».
GABRIELA PREDA e PIERO RAUBER
RIFACIMENTO PIAZZE - LA REPLICA DEL SINDACO - Dipiazza: sanno solo
lamentarsi - «Rimetto pure la statua di Massimiliano, ho voglia di fare e mi
criticano»
«In piazza Venezia rimetto Massimiliano d’Austria e riporto in superficie il
masegno originale, dopo averlo tirato fuori e rimesso in riga. Ora scopro che mi
”rompono” addirittura per questo. E a quelli che si oppongono al progetto di
piazza Libertà, dico solo che mi mandino una bella lettera con su scritto
”sindaco, non fare più nulla”. Sanno soltanto lamentarsi mentre io ho voglia di
fare. E chi fa si espone alle critiche». Roberto Dipiazza replica alle critiche
frenandosi a stento. Le respinge. Le fulmina. E rincara la dose rispetto alle
parole pronunciate pochi minuti prima, sullo stesso argomento, da Franco
Bandelli. «Chi cerca di fermare queste opere - così l’assessore ai Lavori
pubblici - è un integralista. E con gli integralisti non si ragiona. Loro hanno
il diritto di protestare mentre noi abbiamo il dovere di governare guardando più
in là di domani».
In particolare - assicura Bandelli - il caso piazza Venezia per il Municipio è
già chiuso: «Proprio stamani (ieri, ndr) è stato fatto un sopralluogo della
polizia edilizia urbana con i tecnici di Soprintendenza e Comune. È stato
accertato che l’esecuzione dei lavori con il trattamento del masegno, estratto,
tagliato e reinserito, rispecchia il progetto approvato dalla Soprintendenza
stessa. Il masegno poi non va da nessuna parte. Anzi, viene addirittura aggiunto
là dove manca. Su piazza Libertà gli ambientalisti sanno bene, l’hanno sentito
in commissione, che alla fine gli alberi da sacrificare probabilmente saranno
non più di cinque. Li conteremo a opera fatta. E lì vedremo chi avrà avuto
ragione».
(pi.ra.)
Ritorno al nucleare, cresce il fronte favorevole - Consenso da Cisl e
Antitrust. Il governatore del Fvg Tondo: «Risorsa imprescindibile»
ROMA Cresce il fronte del ”sì grazie” al nucleare in Italia: dall'Antitrust alla
Cisl fino a qualche ambientalista si alza infatti un coro di approvazione
all'annuncio del governo di voler riprendere la strada dell'atomo. Da più parti
si sono alzate parole di consenso, accompagnate dal ricordo-rimpianto di quando
l'Italia era leader in questo settore e dall'invito a recuperare il ritardo
accumulato. Con in aggiunta la ”rassicurazione” sui tempi indicati dal governo
firmata dall'amministratore delegato di Edison Umberto Quadrino. Cinque anni, ha
spiegato Quadrino, sono «tecnicamente corretti». Un tempo «lungo, ma necessario,
tenuto conto che non ci sono più le strutture tecniche», a causa dell'addio
all'energia atomica deciso con il referendum del 1987. Il presidente
dell'Antitrust Antonio Catricalà, rimpiangendo quando l'Italia era leader
dell'energia atomica ha definito «errori» le decisioni che hanno portato
all'abbandono del nucleare. La storia del nucleare è costata all'Italia «un bel
po’ in termini di mancato sviluppo del Paese», ha aggiunto il segretario della
Cisl, Raffaele Bonanni, sottolineando che la questione del nucleare riguarda
«non solo la possibilità di pagare meno in futuro i costi dell'energia», ma
anche «non essere intrappolati da un gioco stringente dei fornitori». Favorevole
al nucleare anche il governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo: «È una
risorsa imprescindibile per lo sviluppo compatibile di un settore fondamentale
per l’italia come quello dell’energia, troppo spesso penalizzato da decisioni
adottate sull’onda emotiva più che giustificate da considerazioni reali sul
fabbisogno energetico rapportato al rispetto dell’ambiente».
Piazza Libertà, riqualificazione superflua
Non riesco a comprendere quale sia la necessità e l’urgenza di una nuova
risistemazione di piazza Libertà, la cui riqualificazione è avvenuta - peraltro
gradevolmente - non molti anni orsono.
Ai fini della viabilità non mi sembra che piazza Libertà sia un nodo
particolarmente problematico, ai fini dell’abbattimento di alberi mi sembra
lapalissiano che una decina di alberi secolari e sani non potranno essere
sostituiti nella loro funzione sia pure da un numero raddoppiato o triplicato di
alberi giovani.
Inoltre, che fine farebbero gli esistenti sottopassaggi?
Non potrebbero essere adattati questi a corsia di scorrimento underground per
alleggerire il traffico, qualora questa sia la vera urgenza? Questa soluzione
non era stata ipotizzata per la pedonalizzazione del Corso?
Se, infine, il motivo fosse puramente estetico... mi sembra che in città
esistano altre urgenze, altre priorità e limitate risorse economiche, e non é
tempo di «cicale», bensì di «formiche».
A meno che non ci sia un impegno da rispettare con qualche ditta e tale impegno
sia stato sottoscritto ben prima di avviare l’iter ufficiale necessario per
questo genere di iniziative in tal caso non comprenderei lo stesso ma mi
adeguerei, perché cittadino senza potere.
Giuliana Giuliani Cesàro - consigliere circoscrizionale Pd
IL PICCOLO - VENERDI', 23
maggio 2008
Scajola: «Centrali nucleari al
via entro 5 anni» - LA POLITICA ENERGETICA - L’Enel: «Siamo pronti a
partire». Il ministro ombra del Pd Realacci: «È solo ideologia»
ROMA Le sirene nucleariste suonavano da mesi. E come da programma elettorale il
governo ha dato ieri l’annuncio. «Entro la legislatura porremo la prima pietra
per la costruzione nel nostro paese di un gruppo di centrali atomiche», ha detto
il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola parlando dal palco di
Confindustria. Immediata e durissima la reazione delle opposizioni e del fronte
antinucleare pronto a ricompattarsi.
A vent’anni dal referendum che trasformò l’Italia nella capofila dei paesi
denuclearizzati, il fantasma dell’energia atomica si riaffaccia sulla scena. «Un
piano d’azione ineludibile», spiega il ministro all’assemblea degli industriali
già galvanizzati dalla relazione di Emma Marcegalia e dal discorso di Silvio
Berlusconi. Un piano che è «un solenne impegno assunto dal premier, con la
fiducia, e che onoreremo con convinzione e determinazione», ha aggiunto Scajola
tra gli applausi della platea.
Secondo il ministro, infatti, «solo gli impianti nucleari consentono di produrre
energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto
dell’ambiente».
Da qui la necessità di «ricostruire competenze e sitituzioni di presidio,
formando la filiera imprenditoriale e tecnica e prevedendo soluzioni credibili
per i rifiuti radioattivi».
Per dare risposte «adeguate» alla sete di energia di un paese che paga ha una
bolletta energetica da 60 miliardi di euro, ha continuato Scajola il governo si
muoverà con decisione lungo tre direttrici: diversificazione, infrastrutture e
internazionalizzazione. «Rilanceremo gli investimenti, semplificheremo gli iter
autorizzativi, promuoveremo il dialogo con il territorio, premiando con
incentivi e iniziative di sviluppo le popolazioni interessate ai nuovi
insediamenti», promette ancora il titolare dello Sviluppo, sostenuto dall’intero
Pdl.
La lista delle località potenzialmente candidate ad ospitare una centrale
atomica sarà affare dei prossimi mesi. E c’è da scommettere che non saranno mesi
facili. L’Enel da parte sua si è già detta pronta alla sfida. «Tecnicamente
siamo pronti. L’obbiettivo è realizzabile, anche se è necessario avere un quadro
normativo aggiornato e una forte spinta di condivisione al progetto da parte del
territorio», ha dichiarato l’amministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti
senza nascondere il proprio entusiasmo. «Siamo pronti a fare la nostra parte»,
gli ha fatto eco l’ad di Edison, Umberto Quadrino.
L’opposizione però sembra schierarsi con rinnovata fermezza. Ed anche il fronte
delle associazioni ambientaliste insorge compatto contro l’annunciato ritorno
del paese all’energia nucleare. «Pensare di riportare il nucleare in Italia in
cinque anni è qualcosa di ideologico, è una battaglia come quella per l’articolo
18 che sappiamo come è andata a finire. Se proseguiranno davvero su questa
strada da parte nostra non ci sarà alcuna collaborazione», attacca Ermete
Realacci, ministro ombra dell’Ambiente del Pd, sostenendo che stavolta «il
governo ha finalmente detto qualcosa che gli farà perdere voti».
Ancora più dura la reazione dei vertici di Legambiente che annunciano
«un’opposizione durissima» e mobilitazioni su larga scala: «Prima di sbandierare
atomi a destra e a manca l’esecutivo dovrebbe chiarire alcuni piccoli
particolari. Prima di tutto dove pensa di recuperare i soldi per realizzare gli
impianti», dice il presidente dell’associazione Vittorio Cogliati Dezza.
NUCLEARE - FERMI DAL 1987 - Quattro gli impianti esistenti in Italia
ROMA Sono quattro le centrali nucleari costruite in Italia tra l’inizio degli
anni Sessanta e la fine degli anni Settanta. Garigliano, Latina, Trino
Vercellese e Caorso i siti degli impianti, tutt’ora esistenti e tutti gestiti
dalla Sogin (subentrata all’Enel), ma fermi dal 1987, anno in cui il referendum
abrogativo (votato l’8 e 9 novembre) ha bocciato l’utilizzo del nucleare per
scopi civili. Un ventennio (anni’60-’80) quello di attività dei reattori
nucleari, nati per incrementare la produzione di energia elettrica, in cui non
sono mancati guasti ed incidenti tecnici di varia natura. E quella di Trino
Vercellese, provincia di Vercelli, è la prima iniziativa industriale avviata in
Italia in campo nucleare: nel 1955 da un pool di imprese, Edison in testa,
lancia il progetto. Nel 1961 si inizia a costruire la centrale intitolata ad
Enrico Fermi. Completato in meno di tre anni, il 21 giugno 1964 il reattore
raggiunge la prima criticità e a partire dall’ottobre dello stesso anno inizia
ad immettere elettricità in rete. Nel 1966, per effetto della legge sulla
nazionalizzazione, la proprietà della centrale passa all’Enel. Fermo dal `67 al’70
(per problemi tecnici) e poi ancora dal’79 all’82, il reattore ha operato fino
al 1987.
Menia: sì al rigassificatore nel Golfo di Trieste - «I rifiuti possono
diventare un’importante risorsa energetica, se si sfruttano come in Europa»
IL SOTTOSEGRETARIO TRIESTINO SPIEGA LA LINEA DEL GOVERNO
«Dobbiamo modernizzare l’Italia, le lancette vanno portate avanti di almeno 10
anni»
Roberto Menia comincia a prendere confidenza con le stanze del palazzo del
ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Da sottosegretario ha dovuto
affrontare, assieme ai colleghi di governo, l’emergenza campana dei rifiuti. Ma
l’aennino di Trieste ha già le idee chiare sulla strategia da seguire in questa
sua prima esperienza di governo. E ha idee chiare anche in materia energetica,
ribadendo il suo sì - da esponente del governo - a un rigassificatore anche nel
Friuli Venezia Giulia.
«Chi ha condotto negli ultimi due anni la politica del ministero - spiega - ha
seguito un impianto ideologico. Hanno bloccato le grandi scelte perseguendo un
ambientalismo fuori dal tempo. La tutela dell’ambiente deve diventare il traino
per il futuro del Paese, mentre in passato spesso questa presunta tutela è
diventata un freno per la modernizzazione».
Tutta colpa del centrosinistra? «Quella più avveduta ha già capito che la tutela
ambientale è una risorsa sulla quale si deve lavorare senza pregiudiziali»
continua Menia.
L’emergenza rifiuti, e in particolare quella del napoletano ha molti padri.
Un’emergenza che per il momento non c’è in altre parti d’Italia soltanto perchè
è sotto traccia. Anche nel Friuli Venezia Giulia dove le discariche, oltre ad
aver inquinato vaste aree di sottosuolo, sono quasi alla saturazione. E quando
un «deposito» viene posto sotto sequestro il bubbone affiora. La precedente
giunta ha a più riprese sottolineato la necessità di costruire un
termovalorizzatore nella zona Udine-Pordenone, mentre il sindaco di Gorizia
Ettore Romoli ha avanzato l’ipotesi di riattivare, con le opportune modifiche,
l’inceneritore dismesso da anni.
«È inutile lanciare allarmi. La politica deve lavorare su un progetto di
medio-lungo periodo - continua Menia - Quello che si è verificato in Campania è
stata l’esplosione di una vicenda denunciata nel ’93 dall’allora giunta
regionale. Lo stato d’emergenza di fatto è stato proclamato nel 1994. Ieri il
governo Berlusconi ha deciso di intervenire con determinazione su un fenomeno
che sta infangando il nome dell’Italia nel mondo. Ma le responsabilità sono di
molti. In tutti questi anni sono stati progettati nell’area cinque
termovalorizzatori e anche l’unico praticamente ultimato, quello di Acerra, non
è ancora in funzione. Le campagne sono disseminate di eco-balle. La Campania
produce oltre due tonnellate di rifiuti all’anno finora depositate nelle
discariche. Metteremo in funzione il termovalorizzatore di Acerra entro 6/8
mesi. Ma alcuni cittadini di quella sinistra che è stata allontanata anche dal
Partito democratico continua a protestare. Una protesta che in passato è stata
cavalcata da chi ci ha preceduto al Ministero e i risultati disastrosi sono
negli ultimi mesi sotto gli occhi di tutti».
Siete convinti di vincere questa battaglia? «Abbiamo nominato commissario un
uomo di esperienza come Guido Bertolaso, abbiamo responsabilizzato il sindaco
Jervolino che deve dare una risposta entro un mese sulle discariche da aprire,
l’esercito sarà chiamato a difenderle. Ma una volta risolta l’emergenza dobbiamo
varare una strategia complessiva».
Alcune regioni come la Lombardia e l’Emilia-Romagna hanno trasformato la
raccolta dei rifiuti in una risorsa energetica.
«Le realtà sono diverse. Le Regioni più grandi - sottolinea il sottosegretario -
hanno maggiori possibilità di intervento. Ma è indubbio che è necessario varare
un piano anche per le realtà più piccole, come la nostra, che vada in quella
direzione. Dobbiamo creare un circolo virtuoso che, anche passando per la
raccolta differenziata, tolga i rifiuti, una realtà con la quale convivere nel
mondo occidentale industrializzato, dalle discariche e li trasformi in energia».
Così succede in Europa, così sta scritto anche nel programma del centrosinistra
sconfitto il 14 aprile.
«Modernizzare il sistema Italia è una necessità - conclude Menia - dobbiamo
riportare avanti le lancette del Paese di almeno dieci anni. La sostenibilità
ambientale deve essere al centro anche della realizzazione delle infrastrutture
come la Tav, le autostrade ma anche in campo energetico i rigassificatori,
compresi quelli del Golfo di Trieste. Non nascondo che le resistenze, più
evidenti nella sinistra, sono trasversali. Abbiamo una maggioranza forte. È
nostra responsabilità superarle».
CIRO ESPOSITO
Un nuovo sequestro in Ferriera Estesi i vincoli
nell’area Nord - Il provvedimento ha carattere probatorio: mira a dimostrare che
furono stoccate attrezzature dismesse
Altro sequestro alla Ferriera di Servola. - PER CERCARE RIFIUTI INDUSTRIALI
Ieri i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, giunti da Bologna, hanno
notificato alla Direzione dello stabilimento siderurgico un’estensione del
sequestro che la scorsa settimana aveva «congelato» una vasta area nella zona
Nord della Ferriera, a pochi metri dallo Scalo legnami.
Ieri il «blocco» ha coinvolto i cumuli di minerali posti a lato della macchina a
colare, nell’area in cui viene riscaldato il «carro siluro». Sotto la superficie
di questi cumuli, secondo l’inchiesta diretta dal pm Federico frezza, si
dovrebbero nascondere rifiuti industriali e attrezzature fuori uso, mai
asportate o scorrettamente smaltite.
Il sequestro ha un carattere «probatorio». In altri termini dovrebbe dimostrare
che buona parte dello stabilimento e degli annessi piazzali, è stata utlizzata
nel tempo non solo per produrre ghisa e carbone coke, ma anche per stoccare
rifiuti industriali come vecchi camion fuori uso, attrezzature dismesse, bidoni
di vernice, pezzi di edifici in cemento armato abbutti qualche decennio fa e mai
avviati alle regolari discariche.
In sintesi anche la zona della macchina a colare, sarebbe coinvolta in questi
stoccaggi, come è già accduto, semrpe secondo l’accusa, per l’area posta tra la
Ferriera e l’adiacente scalo legnami.
Pochi giorni fa l’altro sequestro. Anche in questo caso, secondo l’inchiesta
l’area che appartiene al Demanio marittimo è stata utilizzata come discarica
abusiva. Vi sono state accumulate attrezzature industriali fuori uso e carcasse
di camion. Ma anche bidoni di vernici, scarti di lavorazione, manufatti in
cemento armato, motori ridotti in pezzi. Tre enormi colline, alte più di 15
metri, nascondono al loro interno altri rifiuti che il carbone, i minerali di
ferro e altri materiali di probabile scarto di fonderia, ricoprono
completamente. L’are sequestrata non è direttamente coinvolta nell’attività
industriale della Ferriera.
La produzione di ghisa non subirà alcun contraccolpo, né grande, né piccolo,
così come gli sbarchi sulla banchina. Presto inizieranno anche le analisi
chimiche di quanto è stato abbandonato o nascosto nei cumuli diventati col tempo
delle piccole malsane colline. Sembrano cose piuttosto antiche e di incerta
datazione. Ma sono rimaste lì, senza che nessuno intervenisse. Ora in molti si
chiedono perché nessuna delle proprietà che si sono avvicendate sul ponte di
comando della Ferriera dal 1990 a oggi, non abbia mai preso l’iniziativa per
smaltire o rimuovere questi rifiuti. L’area sequestrata appartiene al Demanio
marittimo: Ferriera l’ha in affitto e paga un canone di concessione.
Intanto prosegue l’altra grossa indagine su reati ambientali, quella del pm
Maddalena Chergia, sulla discarica abusiva allo Scalo legnami, per la quale sono
indagate 11 persone tra cui i titolari della della Isp Riciclati, Diego Romanese
e Cataldo Marinaro e il costruttore edile Antonio Raffaele Bruno. Gli
investigatori della Finanza stanno esaminando la documentazione sequestrata in
buona parte riconducibile ai trasporti di scarti di asfalto dalle Rive alla
discarica abusiva.
Fiume, mare pulito lungo le spiagge - Balneazione vietata soltanto nel
tratto davanti al rione di Pecine
I campionamenti esaltano il litorale quarnerino Il sindaco Obersnel: «Una
situazione invidiabile» Presto disponibili anche le strutture di Costabella
FIUME I primi campionamenti stagionali effettuati nelle acque del mare che
bagna le spiagge fiumane, effettuati quest’anno dall’Istituto regionale per la
salute pubblica, hanno evidenziato una situazione complessivamente molto
positiva. In un unico punto, tuttavia, la balneazione si presenta a rischio per
la salute dei bagnanti.
Nel capoluogo quarnerino, infatti, la sola «maglia nera» riguarda il tratto di
costa prospiciente l’ex albergo Park, nel rione di Pecine, dove da un paio di
anni la balneazione è vietata. In quest’area è stato localizzato un accumulo
sotterraneo di residui fecali nei pressi di una sorgente che sarà circoscritta
con barriere galleggianti entro la fine di maggio. La zona di mare, soggetta a
divieto di balneazione, sarà ridotta e per la prima volta, dal giugno 2005
(quando era stato segnalato l’alto tasso di inquinamento) si potrà fare il
bagno.
Inutile sottolineare la soddisfazione espressa sia dal sindaco di Fiume, Vojko
Obersnel, che dai membri della giunta municipale ai quali Dušanka Djuzela Bilac
dell’Istituto regionale per la salute pubblica ha presentato, in sede di
esecutivo cittadino, il resoconto sullo stato di salute delle acque antistanti
le spiagge fiumane.
Dal 1996 il suddetto Istituto compie dieci volte l’anno (da maggio a settembre,
per l’esattezza) rilevamenti in una ventina di punti: da Preluca (nella parte
occidentale della città) a Pecine (in quella orientale) per avere sempre sotto
controllo la situazione riguardante l’eventuale tasso d’inquinamento. Situazione
che, fortunatamente, migliora di anno in anno. E, mentre nel 2005 i cosiddetti
punti neri erano stati nove (con moderato tasso d’inquinamento), l’anno scorso i
controlli effettuati avevano evidenziato un ottimo stato di salute delle acque.
«Un tale livello di qualità delle acque di balneazione vicine a un centro urbano
– ha sottolineato il sindaco Obersnel – è davvero invidiabile. Se siamo arrivati
a tanto, lo dobbiamo agli investimenti effettuati nella costruzione del sistema
fognario».
Pertanto, è possibile fare una bella nuotatina senza alcun rischio per la salute
dei bagnanti a Preluca (dove si trova anche un campeggio), nelle acque che
bagnano la zona dallo stadio di Cantrida al centro ricreativo del cantiere
navale «Tre Maggio» (la località comprende anche l’ex bagno Riviera, tanto caro
ai connazionali fiumani) e quelle antistanti le sei spiagge nel rione di Pecine.
Tra una ventina di giorni, inoltre, i bagnanti avranno a disposizione una
spiaggia in più: quella sottostante il costruendo polo natatorio di Costabella i
lavori di costruzione del quale dovrebbero essere portati a termine tra breve.
(v.b.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22
maggio 2008
L’INCHIESTA SULLO SCALO
LEGNAMI - La Finanza critica con l’impresa Bruno: doveva sapere che fine
facevano i rifiuti
«Bisognava verificare se chi riceveva il materiale aveva l’autorizzazione» -
Funzionari e manager si difendono: ignota l’esistenza di materiali speciali, nei
documenti era tutto regolare
L’impresa Bruno, che ha realizzato la riqualificazione delle Rive vincendo
l’appalto del Comune, aveva l’obbligo di controllare che coloro i quali
gestivano lo smaltimento dei rifiuti bituminosi fossero autorizzati a farlo
trasportandoli nell’area dello Scalo legnami. Per questo motivo una specifica
responsabilità penale è attribuita all’amministratore Raffaele Antonio Bruno.
Per gli investigatori della Finanza, i responsabili dell’impresa triestina non
potevano non sapere e avevano «il dovere di accertarsi che colui al quale sono
consegnati i materiali per lo smaltimento abbia la necessaria autorizzazione».
Insomma dovevano controllare. Come anche - seppure indirettamente - Domenico
Donelli, presidente della Trieste Diga Srl, l’ingegnere Giorgio Lillini,
direttore dei lavori, ingegnere capo dell’ufficio del Genio civile e il geometra
Paolo Plossi, responsabile della funzione ecologia e valutazione della Provincia
per i quali gli investigatori hanno supposto una culpa in vigilando. e hanno
chiesto al magistrato di valutare le loro eventuali responsabilità.
Risponde il presidente della Trieste Diga, Donelli: «Non ho nulla da nascondere.
Sono pronto a presentarmi dal magistrato. Avevamo fatto un appalto per produrre
il materiale per realizzare la diga. Non potevamo sapere che c’erano rifiuti
speciali. Anche se devo dire che i danni gravi sono stati fatti negli anni ’40 e
’50. Sono convinto che lì sotto quei terreni ci sia di tutto».
Aggiunge l’ingegnere Giorgio Lillini, responsabile dell’ufficio del Genio civile
che nel settembre del 2007 e nel febbraio di quest’anno ha denunciato la
situazione all’Autorità portuale proprietaria dell’area: «Non sapevo nemmeno che
c’era il cantiere. Quando l’ho visto durante un soprallugo mi sono reso conto e
ho scritto subito sia alla società che all’Autorità chiedendo chiarimenti».
«Quel cantiere - spiega Fabio Rizzi, responsabile del servizio sicurezza e
ambiente dell’Autorità portuale - ci risultava essere funzionale alla diga.
Avevamo fatto varie verifiche documentali e tutto ci era sembrato regolare.
C’erano le bolle e le autorizzazioni. Ma non abbiamo controllato il materiale,
questo non era di nostra competenza». Nessun commento dal funzionario della
Provincia Plossi. Chi parla è l’assessore all’ambiente di palazzo Galatti Ondina
Barduzzi. Dichiara: «Mi preme sottolineare che sono stati proprio i controlli
condotti dall’amministrazione provinciale a creare i presupposti per le indagini
che stanno compiendo le forze dell’ordine. Sono convinta che la Provincia abbia
agito nel modo migliore, svolgendo accertamenti lunghi e complessi. I nostri
funzionari hanno lavorato con serietà e nel pieno rispetto delle norme.
Ribadisco la massima collaborazione con la Guardia di finanza per l’attività che
sta svolgendo».
CORRADO BARBACINI
Scarico sospetto assolto Calcina - LA VICENDA RISALE AL 2002 - UDIENZA DAL
GUP
Lino Calcina, 53 anni, affermato imprenditore del recupero di materiali
riciclabili, è stato assolto con formula piena da una serie di accuse
riguardanti il deposito di rifiuti su aree non autorizzate e di traffico di
rifiuti. A pronunciare la sentenza è stato ieri il giudice Raffaele Morvay
(nella foto) al termine di un processo svolto con rito abbreviato. Un precedente
processo era stato annullato per vizi formali. Ieri Calcina, difeso
dall’avvocato Giovanni Borgna, era l’unico imputato nel procedimento penale. Gli
altri coinvolti hanno già definito separatamente le loro posizioni processuali.
L’inchiesta coordinata dal pm Maddalena Chergia era partita nel 2002.
Nell’agosto di quell’anno la Forestale aveva messo i sigilli all’azienda. Tutta
l’area della discarica in via Errera è stata posta sotto sequestro. Lì erano
stoccate carta usata, ferrivecchi, plastica, vetro e batterie. Gli uomini della
Forestale avevano fatto un blitz anche negli uffici della Provincia di via Sant’Anastasio
a caccia delle autorizzazioni rilasciate dall’ente. E subito il magistrato aveva
cominciato un’attenta lettura dell’istruttoria delle autorizzazioni, in
particolare quelle riguardanti lo stoccaggio di batterie usate e di tubi
fluorescenti.
Il lavoro di Lino Calcina era quello di trasformarle e venderle facendo
diventare i rifiuti denaro sonante, dando lavoro a quaranta persone.
Secondo le indagini della Forestale, nella vasta area posta a poche centinaia di
metri dall’inceneritore, erano stati immagazzinati anche rifiuti pericolosi.
L’autorizzazione che Lino Calcina aveva esibito agli inquirenti era scaduta.
Nessuno l’aveva rinnovata, adempiendo al dettato delle nuove prescrizioni come
il decreto Ronchi. Non avendolo fatto, la società di Calcina aveva subito
l’intervento prima della Forestale, poi della magistratura. Rifiuti pericolosi.
Parte dell’area che era stata «congelata» dai sigilli è di proprietà della
società di Calcina, parte si trova su terreni ottenuti in concessione
dall’Autorità portuale. Il sequestro all’epoca aveva avuto immediati effetti
sulla raccolta dei rifiuti urbani in città. L’Acegas, per cui Calcina lavorava,
si era trovata «scoperta» da un momento all’altro. Così da quel momento la
carta, gli imballaggi, il ferro, la plastica, il vetro, erano entrati nel
«normale» processo di smaltimento dell’inceneritore.
(c.b.)
SERVOLA - Comitati di quartiere domani in assemblea
Si terrà domani alle 20.30, nella sede del Circolo Miani, un’assemblea promossa
dai comitati di quartiere per lanciare una campagna di sensibilizzazione
sull’inquinamento prodotto dalla Ferriera, e sui problemi del depuratore
fognario di Chiarbola, della Sertubi, degli inceneritori, dell’Italcementi, fino
alle discariche allo Scalo Legnami. All’ordine del giorno anche la definizione
della manifestazione che verrà organizzata in piazza Unità per chiedere a Comune
e Regione di risolvere il nodo Ferriera.
Duino, posizione dura sull’elettrodotto - CONSIGLIO COMUNALE
DUINO AURISINA La necessità che l'intervento sia realizzato in tempi brevi, che
l'elettrodotto passi a Nord di Visogliano e a Sud di San Pelagio, più lontano
dalle case possibile, e che i tralicci dal 59 al 63 vengano interrati. Questi i
punti centrali della forte presa di posizione del Consiglio comnuale di Duino
Aurisina nei confronti di Terna sul tema della modifica dell'attuale percorso
dell'elettrodotto. Posizione che il sindaco dovrà rappresentare nella prossima
Conferenza dei servizi che verrà istituita sul tema dalla Regione. Questo il
punto centrale della seduta del Consiglio comunale svoltasi ieri mattina a Duino
Aurisina. Tra gli altri temi, una variazione di bilancio relativa a una serie di
entrate (oltre 260mila euro) erogate dalla Regione. Al Consiglio si è parlato
dei potenziali effetti della riduzione o eliminazione dell'Ici: il sindaco ha
sottolineato come una simile ipotesi potrebbe risultare estremamente pesante,
obbligando a un serio ridimensionamento della spesa.
Corridoio 5, Gherghetta a Lubiana: «Deve passare anche per Gorizia» -
INCONTRO CON VERLIC
GORIZIA Il corridoio V deve passare per la città isontina. Il presidente della
provincia di Gorizia che ieri era a Lubiana insieme all'assessore agli affari
internazionali, Marko Marincic, lo ha ribadito all’incontro con il
sottosegretario sloveno ai Trasporti Peter Verlic.
La richiesta è stata affiancata e supportata dalla presentazione al
rappresentante del governo sloveno dei dati conclusivi del progetto Sistema, con
il quale la Provincia ha verificato le potenzialità del territorio isontino e
giuliano nel settore logistico e del trasporto merci.
Nel corso dell'incontro, avvenuto presso la sede del ministero dei Trasporti
sloveno, Gherghetta ha ribadito la necessità di integrare il Corridoio V con una
linea ferroviaria a due binari che colleghi le due città. «Oggi - ha detto il
presidente - abbiamo cominciato la nostra campagna di informazione. Siamo
convinti che la nostra ipotesi sia forte e percorribile e può soltanto portare
vantaggi a tutti. Del resto, il nostro progetto non è alternativo al
collegamento di Lubiana con Trieste ma complementare. E abbiamo dimostrato che
si può realizzare con una spesa di un miliardo di euro».
Gherghetta nei prossimi giorni incontrerà i sindaci di Gorizia e di altri comuni
dell'area e avvierà contatti con il governo italiano. Il progetto Sistema, con
il quale la Provincia ha verificato le potenzialità del territorio isontino e
giuliano nel settore logistico e del trasporto merci, sarà poi ufficialmente
presentato a fine giugno nell'ambito di un convegno internazionale che si terrà
a Gorizia.
Gherghetta e Marincic si sono recati a Podnanos in visita al cantiere del
raccordo autostradale Razdrto-Nova Gorica, ormai in fase di completamento
(mancano circa 11 km.). Al sopralluogo era presente anche il console sloveno
Joze Susmelj.
«Il raccordo autostradale sarà completato entro fine 2008, o al massimo
all'inizio del 2009» ha confermato il presidente al termine del sopralluogo.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21
maggio 2008
Scalo legnami, altri tre
coinvolti nell’inchiesta sulla discarica abusiva - Nel mirino la mancata
vigilanza sulla situazione Le Fiamme gialle: area gestita da un «cartello»
Si allarga l’inchiesta della Guardia di finanza sulla maxidiscarica dello Scalo
legnami, dove fino a pochi giorni fa venivano depositati rifiuti pericolosi come
i materiali di scarto dell’asfalto rimosso dalle Rive o da altre strade della
città. Adesso l’inchiesta coinvolge anche chi avrebbe dovuto vigilare.
Lo si legge a chiare lettere nell’informativa che gli investigatori del Gico
(Gruppo investigativo criminalità organizzata) delle Fiamme gialle hanno inviato
al pm Maddalena Chergia e che fa parte del fascicolo processuale. I militari
chiedono al magistrato di «valutare le eventuali responsabilità per culpa in
vigilando » senza tralasciare ovviamente anche altre eventuali responsabilità da
parte di chi avrebbe dovuto intervenire con tempestività.
I nomi sono quelli di Domenico Donelli, 58 anni, presidente della Trieste Diga
Srl, la società che aveva autorizzato l’uso dell’area alla Isp Riciclati di
Diego Romanese e Cataldo Marinaro; di Giorgio Lillini, 55 anni, direttore dei
lavori, ingegnere capo dell’ufficio del Genio civile per le opere marittime di
Trieste che nel settembre del 2007 aveva inviato una lettera in cui venivano
richiesti chiarimenti «in relazione all’utilizzo dell’area di cantiere allo
Scalo legnami»; e di Paolo Plossi, responsabile della funzione ecologica e
impatto ambientale della Provincia, «che - si legge nella relazione - ha curato
l’intero iter autorizzativo a seguito della comunicazione di recupero dei
rifiuti presentata il 19 settembre 2005 dalla Isp Riciclati e che, nonostante
quest’ultima società non avesse ottemperato alle integrazioni tecniche
richieste, solo il 28 gennaio 2008 ha effettuato un sopralluogo nell’impianto
rilevando gravi irregolarità».
Irregolarità che hanno fatto scattare la diffida. Diffida che porta la data del
4 febbraio 2008 - e cioè dopo un primo sequestro effettuato il 29 gennaio dai
Forestali di Opicina - e che praticamente è rimasta inascoltata.
Nella lettera della Provincia si intima alla Isp Riciclati «di interrompere il
carico di rifiuti», di «rimuovere entro 15 giorni tutto il materiale caduto in
mare e di presentare idonee analisi e certificazioni attestanti l’idoneità dei
materiali presenti all’interno dell’impianto», di «iniziare entro 30 giorni il
recupero dei rifiuti giacenti presso l’impianto, compresi quelli derivati da
scarti di attività di recupero», di pulire l’area, presentando entro 15 giorni
una relazione tecnica sulle attività svolte tra il 2005 e il 2007» e infine di
«realizzare sempre entro 15 giorni un programma per il recupero in altri
impianti dei rifiuti che giacciono nell’area esterna all’impianto».
Ma c’è di più. Riguardo alla gestione dell’impianto abusivo, gli investigatori
della Guardia di finanza hanno rilevato che «di fatto è stato creato un
”cartello” tale da formare un ostacolo ad altri operatori che lavorano nel
medesimo settore, turbando e alterando i meccanismi regolatori del libero
mercato».
Per la Finanza l’attività della discarica andava comunque avanti da molto tempo.
«Considerato lo stato dei rifiuti con sviluppo di vegetazione - si legge
nell’informativa - risulta che i primi conferimenti di manto stradale
provenivano anche dal Cantiere Rive di Trieste e risalivano al marzo 2006». E
poi ancora: «Altro particolare interessante è dato dalle annotazioni apportate
sul registro di carico rifiuti, acquisito in parte e in copia dal Comando
stazione forestale di Trieste, dove si evince che il codice veniva
sistematicamente cancellato e corretto con un altro. Questa correzione era
dovuta al tipo di materiale che era stato conferito».
CORRADO BARBACINI
Ferriera, adeguamenti da 4 milioni - Primi interventi per la riduzione
delle emissioni di fumi e polveri - IN BASE ALL’AUTORIZZAZIONE DI IMPATTO
AMBIENTALE
Un investimento da 4 milioni di euro. Tanto sono costati al Gruppo
Lucchini-Severstal i primi interventi agli impianti della Ferriera di Servola
per rispettare le prescrizioni contenute nell’Aia, l’Autorizzazione integrata
ambientale rilasciata dalla Regione. Una serie di adeguamenti a cui faranno
seguito, tra la fine di questo mese e giugno, dei nuovi ammodernamenti «fra i
quali il più significativo è quello dello sdoppiamento dell’alimentazione della
cokeria», come spiega una nota diffusa dalla proprietà.
I differenti lavori viaggiano tutti nella medesima direzione, quella che ha come
obiettivo la riduzione nelle emissioni di fumi e polveri. Attraverso i singoli
adeguamenti, la Lucchini-Severstal prevede di migliorare la situazione in certi
casi del 20 per cento, ma anche dell’80 in altri, rispetto alle condizioni
attuali. Fra i passi già eseguiti, c’è per esempio l’automazione dell’impianto
di abbattimento delle polveri, che va a consentire un’ottimizzazione delle
aspirazioni laddove queste sono maggiormente richieste in un dato momento e,
così, un convogliamento delle polveri generate verso il processo di sfornamento.
Ciò avviene grazie alla «gestione automatica dei parametri di funzionamento
dell’impianto», aggiunge la società. Il tutto si sviluppa grazie a una sorta di
supervisione attiva con regolazioni continue alle macchine, sulla base di
depressioni e temperature, a loro volta costantemente rilevate.
Grazie alla sostituzione con riqualificazione del filtro a tegoli deflettori
della torre di spegnimento del coke, sono stati piazzati dei nuovi componenti in
acciaio inox e si è inserito un impianto di lavaggio dei tegoli nella torre. Gli
accorgimenti in questione dovrebbero ridurre il carico dell’emissione di polveri
associate allo spegnimento: la stima della Lucchini-Severtsal dice che le
quantità presenti nel vapore e in uscita dalla torre diminuiranno del 20 per
cento.
Una nuova linea di aspirazione a presidio del foro di colata determinerà invece
dei progressi sulle emissioni di polveri dal capannone: queste, durante le fasi
di spillaggio e colaggio della ghisa, verranno attutite in maniera sostanziale,
per il Gruppo Lucchini-Severstal addirittura dell’80 per cento. Nell’ambito
della sostituzione delle 37 colonne di sviluppo della batteria B, si è reso
automatico anche il sistema di regolazione della pressione. Questi sono stati
gli interventi principali, cui se ne sono aggiunti degli altri e ulteriori sono
in fase di completamento.
La proprietà dello stabilimento di Servola ha poi avviato le procedure di
monitoraggio e controllo ambientale, trasmettendo i dati agli enti di controllo
e il piano di riduzione della produzione dei rifiuti alla Regione. Fra le altre
cose è iniziato il controllo delle emissioni convogliate ai camini: un quadro
che sarà composto con frequenza trimestrale, anzichè ogni sei mesi. Al riguardo,
verranno definiti a breve due confronti tecnici con gli organi competenti, per
decidere quale dovrà essere la seconda postazione esterna per il rilievo degli
idrocarburi policiclici aromatici e per discutere delle strumentazioni idonee al
monitoraggio continuo delle emissioni ai camini della cokeria e
dell’agglomerato. Proprio ieri, i rappresentanti dei Verdi Alessandro Metz e
Giorgia Visintin avevano chiesto una verifica sull’iter di adeguamento all’Aia
da parte della Ferriera.
MATTEO UNTERWEGER
Stabilimento di Servola: comitati pronti a protestare in piazza Unità - LA
PROSSIMA SETTIMANA
Scenderanno in piazza dell’Unità d’Italia, sotto la nuova sede della giunta
regionale, per chiedere «interventi urgenti, che impediscano alla Ferriera di
continuare a inquinare l’aria che respiriamo». L’appuntamento è per giovedì
della prossima settimana, momento in cui l’esecutivo guidato da Renzo Tondo ha
fissato le proprie riunioni. Sono decisi quelli di «Servola respira» , del
circolo «Miani» e dei comitati di quartiere che da tempo si battono contro lo
stabilimento di Servola. E la situazione si è ulteriormente aggravata dopo le
recenti notizie relative alle discariche abusive individuate dalla Guardia di
Finanza. «Venerdì – hanno annunciato i portavoce dei comitati – ci riuniremo
nella sede del Circolo Miani, per definire i dettagli della manifestazione della
prossima settimana». Bersaglio della protesta non sarà solo la giunta regionale,
insediata da poche settimane, e che ha nelle sue competenze le autorizzazioni a
favore della Ferriera, ma pure la maggioranza che governa il Comune, guidata dal
sindaco Dipiazza. «Il Comune, quando rilascia le licenze, soprattutto quelle
edilizie – è stato spiegato ieri – è anche responsabile dell’esecuzione della
correttezza dei lavori che vengono svolti e deve controllare se lo smaltimento
dei residui delle varie lavorazioni è effettuato rispettando le regole
previste».
I Verdi: monitorare le acque scaricate da Servola - «LA PROCURA EFFETTUI
DELLE ANALISI»
Monitorare in maniera costante, com’è previsto dall’autorizzazione integrata
ambientale, la zona a monte dei tre scarichi delle acque della Ferriera, che
ogni giorno riversano nel vallone di Muggia migliaia di metri cubi di reflui
industriali già ritenuti pericolosi dall’Arpa. La richiesta giunge dai
rappresentanti regionali dei Verdi, Alessandro Metz e Giorgia Visintin, che
ricordano come le indagini della Procura che hanno portato alla recente scoperta
delle discariche abusive allo Scalo legnami e alla Ferriera siano partite in
seguito al loro esposto del settembre 2007 sull’attività dello stabilimento
siderurgico.
Precisando che gli scarichi a mare sono tre (uno vicino alla cokeria, uno
nell’area centrale e uno in quella più ad est), nei quali confluiscono almeno
almeno sei scarichi provenienti dagli impianti, Giorgia Visintin afferma che
«contengono materiali di tipo minerale che rimangono in parte in sospensione,
creando poi sul fondo un’importante e continua sedimentazione. Ci auguriamo –
rileva – che la Procura analizzi cosa viene scaricato. Segnalazioni fatte a suo
tempo dalla Capitaneria all’Arpa parlavano di acque contenenti fenoli e nitrati.
Si tratta di un scarichi attuati nel corso degli ultimi vent’anni – aggiunge –
ma anche negli ultimi dieci, e quindi anche durante l’attuale gestione
dell’azienda».
«L’Arpa, in fase di redazione dell’autorizzaione integrata – precisa sua volta
Alessandro Metz – aveva chiesto di poter monitorare a monte gli scarichi
principali dello stabilimento, ma al momento questa pratica non è ancora in
essere. Tra l’altro, per diluire questi scarichi vengono usati migliaia di litri
di acqua potabile attinti dall’acquedotto cittadino».
L’ex consigliere regionale avanza infine un suggerimento al sottosegretario
all’Ambiente Roberto Menia, che nei giorni scorsi ha indicato il problema della
Ferriera come una priorità: appurare lo stato dell’iter per l’autorizzazione
integrata ambientale relativa alla centrale di cogenerazione, in corso al
ministero dell’Ambiente. «La centrale – ricorda Metz – beneficia dei contributi
Cip6 per la produzione di energia, purchè utilizzi una certa percentuale (circa
la metà) di gas di risulta. Sarebbe importante verificare se vengono rispettate
queste prescrizioni». (gi. pa.)
Piazza Libertà Ne discute il Pd - PROGETTO
Oggi alle 18 il Circolo del Pd della quarta circoscrizione organizza nella sua
sede di via Donota 1 (terzo piano) un’assemblea pubblica aperta ai cittadini per
discutere il progetto di riqualificazione urbana di piazza della Libertà, che
prevede la realizzazione di una piazza pedonale davanti all’ingresso della
stazione centrale e la riorganizzazione della viabilità di transito nella zona.
All’incontro saranno presenti tutti i consiglieri comunali del Pd.
Da Campanelle alla Val Rosandra domani con Camminatrieste
Il Coped-Camminatrieste organizza per domani l’iniziativa «Studenti e pedoni
insieme a nonni e nipoti», una passeggiata in Val Rosandra «per l’ambiente, i
diritti dei pedoni e la sicurezza stradale». La passeggiata partirà alle 10 dal
capolinea del bus 33 a Campanelle e si snoderà lungo la pista ciclopedonale in
direzione Val Rosandra. Pranzo al sacco. È prevista anche la partecipazione dei
bambini della scuola dell’infanzia Munari.
Il ponte Bailey - SONDAGGIO DEL COMUNE
Il Comune di Trieste ha deciso di sentire il parere dei cittadini in merito al
ponte pedonale sul canale di Ponterosso, divulgando un apposito questionario.
Iniziativa senz’altro positiva (è la prima volta che l’amministrazione comunale
fa una cosa del genere), in linea di principio, anche se qualche perplessità
rimane. La decisione del Comune è arrivata infatti dopo che un sondaggio
effettuato dal Piccolo aveva dato l’esito di una maggioranza di favorevoli al «Bailey»
attuale. Non solo, l’assessore Bandelli ha dichiarato che la decisione di
costruire il nuovo ponte è già presa e che il Comune potrebbe ripensarci
soltanto se dal sondaggio emergesse una maggioranza schiacciante (almeno l’80
per cento) di contrari. Insomma, più che di una seria indagine sulle opinioni
dei triestini, pare si tratti di una sorta di plebiscito «pilotato» a favore
delle decisioni della giunta Dipiazza.
Decisioni peraltro ancora alquanto fumose. I quesiti del questionario sono
infatti drastici quanto vaghi: si chiede infatti se il collegamento possa essere
utile ai pedoni (difficile rispondere negativamente) e poi se il nuovo ponte
possa migliorare la qualità urbana. Una domanda, quest’ultima, alla quale pare
arduo rispondere solo sì o no. Il miglioramento della qualità urbana dipende
infatti, com’è ovvio, dalla qualità del progetto del ponte (su cui nulla è dato
sapere) e lo stesso ragionamento vale per il terzo quesito, relativo alla
costruzione di un ponte permanente, stante il contesto di grande pregio in cui
l’opera verrebbe a collocarsi.
Scontato l’esito di questa «consultazione», è quindi auspicabile che il
sondaggio tramite questionario venga riproposto, quando esisteranno delle idee
progettuali da valutare e da confrontare. Così come sarebbe bene fare sempre, in
casi del genere. Le associazioni ambientaliste ed i comitati spontanei, a dire
il vero, lo chiedono da tempo, ed è un vero peccato che nessuno finora li abbia
ascoltati. Probabilmente si sarebbero potuti evitare interventi nefasti come
quelli di piazza Vittorio Veneto e di piazza Goldoni, la distruzione del verde
per la mega speculazione edilizia nel comprensorio della Maddalena, e così via.
Dario Predonzan
IL PICCOLO - MARTEDI', 20
maggio 2008
Piazza Libertà, sul progetto è
già polemica - Omero: fondi spesi male. Bandelli: opera necessaria. Da
decidere l’uso della Tripcovich
Il piano lunedì discusso in
Consiglio comunale
Il Consiglio comunale lo approverà lunedì prossimo. Ma senza l’entusiasmo
bipartisan trapelato la scorsa settimana. Il progetto preliminare per la
riqualificazione di piazza Libertà - da cantierare entro l’anno e terminare nel
primo semestre 2010 per non perdere i finanziamenti misti Stato-Regione - ha
vissuto ieri una frenata dopo una battaglia politica di due ore e mezza. Nel
secondo passaggio in commissione integrata Lavori pubblici-Urbanistica - chiesto
dall’opposizione in conferenza capigruppo con il sostegno trasversale di
Maurizio Ferrara per la Lista Dipiazza - il centrosinistra non ha fatto sconti.
Di nuovo, rispetto al primo appuntamento di martedì scorso, c’era la sfilza di
pareri preventivi al progetto preliminare a disposizione dei consiglieri. E pure
la presenza del capogruppo Pd Fabio Omero, che ha rilanciato le perplessità di
Decarli (Cittadini) e Minisini (Pd) bollando «la scelta di concentrare su stucco
e pittura le risorse statali del programma innovativo Trieste Nord. L’intervento
è stato finanziato con una legge che prevedeva dotazioni strutturali per
quartieri degradati con forte disagio abitativo e occupazionale. Ma qui il tutto
si è ridotto a un cambio radicale della viabilità».
A chi gli faceva presente che «le prescrizioni, in primis quella della
Soprintendenza, non esprimono pareri positivi definitivi sul piano», l’assessore
ai Lavori pubblici Franco Bandelli ha replicato invece che «si tratta di un
progetto preliminare per il quale non ci sarebbe stato neanche l’obbligo di tali
pareri. Omero non ha fatto il salto di qualità veltroniano sul dialogo. Il
cambio viario di piazza Libertà è necessario altrimenti il flusso del traffico,
con il rinnovo del Silos e l’intervento Greensesam in Porto Vecchio, arriverà al
collasso».
Sull’altro tema caldo, cioè l’eventuale trasloco dei concerti dalla Sala
Tripcovich alla futura sala polifunzionale del Silos, «giudicata dal
sovrintendente del Verdi Zanfagnin inadeguata», Bandelli ha risposto infine a
Bruna Tam del Pd precisando che «la vocazione teatrale della città non sarà
compromessa da 50 posti in meno».
Ma non è finita qui. Sul tavolo - come rileva in una nota anche il Gruppo Beppe
Grillo - c’è la grana degli alberi ad alto fusto che andrebbero sacrificati
senza inciampare nel regolamento sul Verde pubblico firmato proprio dall’ex
assessore all’Ambiente Ferrara, il capogruppo della lista civica del sindaco.
Tutti rebus che hanno indotto la stessa maggioranza a rinviare a lunedì il voto
sul progetto, che in realtà sarebbe dovuto approdare in Consiglio già giovedì.
Il Pd, intanto, ha indetto per domani nella sede di via Donota 1 (alle 18)
un’assemblea aperta al pubblico sull’annunciata rivoluzione di piazza Libertà.
PIERO RAUBER
Discariche abusive: multe e pulizie senza risultati - La Forestale: sul
Carso numerose aree vengono bonificate ma dopo poche settimane tutto torna come
prima
DISCARICHE: I PUNTI CRITICI
La legge parla chiaro: chi getta in discariche abusive rifiuti classificati come
pericolosi rischia da uno a tre anni di carcere e sanzioni da 5200 a 52.000
euro. Eppure nonostante pene così severe, come dimostrato dal caso dello Scalo
Legnami, c’è ancora chi fa il furbo e continua ad abbandonare a bordo strada o
negli angoli più nascosti materiali di ogni genere. Un malcostume più diffuso di
quanto si pensi anche nell’«asburgica» Trieste.
Capita così che alcuni punti del Carso, come l’area boschiva vicina alla
stazione di Visogliano o la zona di Ivere nel comune di Duino, abbiano
costantemente l’aspetto di un immondezzaio nonostante vengano ripuliti ad
intervalli regolari. Lo sa bene il personale della stazione forestale di Duino
che, proprio per «stanare» i recidivi, da un mese a questa parte ha
intensificato i controlli sull’Altipiano.
L’attività degli uomini del corpo regionale non si limita a monitorare il
territorio e a segnalare gli eventuali rilasci non autorizzati alle
amministrazioni comunali competenti. In presenza di situazioni illecite,
infatti, vengono anche avviate delle indagini interne per risalire agli autori
dello scempio. Autori che, spesso, commettono passi falsi e lasciano per esempio
tra le macerie biglietti da visita o altri indizi che agevolano il lavoro dei
forestali e permettono di inchiodare chi ha l’abitudine di liberarsi dei propri
rifiuti infischiandosene dei danni all’ambiente. Gli ultimi ad essere «beccati»,
in ordine di tempo, sono stati un cittadino sorpreso ad abbandonare in un bosco
di Sgonico un sacchetto di nylon con vari scarti (50 euro di sanzione) e un
residente di Trieste che si era sbarazzato di rifiuti ingombranti, tra cui un
paraurti, e chi si è visto comminare una multa da 200 euro. Ancora peggio è
andata però ad un artigiano che depositava senza autorizzazione grandi quantità
di terra e ha dovuto pagare ben 18mila euro per abuso edilizio.
Quanto ai depositi abusivi in Carso, spiegano sempre dalla stazione di Duino,
l’elenco purtroppo è lungo. C’è una zona verde nella frazione di Medeazza, per
esempio, tristemente nota come «cimitero degli pneumatici». Lì decine di
persone, evidentemente convinte di non fare niente di male, abbandonano da
sempre cerchioni e vecchie gomme. E poi c’è la zona di Ivere, sempre nel comune
di Duino, le cui cave abbandonate tracimano di scarti. Qualche tempo fa è stata
trovata vicino all’ingresso di una delle cavità persino una vecchia barca di
piccole dimensioni.
Un altro rilascio «storico» è quello vicino alla stazione di Visogliano. Lì,
periodicamente, vengono depositati secchi, cumuli di plastica e calcinacci. Gli
stessi materiali che, assieme a grandi quantità di materiali da costruzioni,
molti automobilisti gettano in due piazzali della strada del Vallone che porta a
Gorizia.
La zona boschiva vicina al cimitero di Aurisina, invece, è la preferita da chi
cerca di disfarsi di rifiuti vegetali, come scarti di potatura ed erbacce,
presenti sempre in abbondanza.
I rifiuti abbondano anche al Villaggio del Pescatore. Nell’area della «cavetta»,
non lontano dall’ittiturismo, viene costantemente segnalata la presenza di
oggetti ferrosi, parti metalliche arrugginite e calcinacci. A San Giovanni in
Tuba, invece, esiste una zona scambiata erroneamente per un deposito autorizzato
di sacchi di cemento. Non va meglio, infine, nel comune di Sgonico dove, appena
qualche settimana fa, sono stati individuati e ripuliti ben 25 piccoli depositi
a cielo aperto.
MADDALENA REBECCA
Dipiazza a Tondo: più test a Servola
«Ho chiesto al presidente della Regione che vengano effettuati controlli
giornalieri delle emissioni della Ferriera, dopo che il 13 maggio scorso l’Arpa
ha rilevato un livello di polveri sottili pari a 1000 microgrammi per metro cubo
per quindici minuti, e un picco di 2.226 microgrammi, quando il limite è di 50».
A tuonare ancora una volta sulle emissioni della Ferriera è il sindaco Dipiazza,
che ieri ha colto al volo l’occasione dell’incontro con Renzo Tondo per tornare
sulla scottante questione.
Il presidente della Regione, dopo le dichiarazioni in campagna elettorale, ma
ribadite anche successivamente, relative a una sua idea per risolvere il nodo
dello stabilimento siderurgico, si è limitato ad affermare che «la questione
della Ferriera di Servola è una priorità assoluta per Trieste».
L’argomento, come si diceva, è tornato alla ribalta nel breve pranzo di lavoro
(una sola portata, consumata velocemente in un salone del palazzo di piazza
dell’Unità) nel quale Tondo e Dipiazza hanno passato in rassegna i problemi più
urgenti della città in cui ha competenza la Regione, stabilendo di approfondirli
in un’apposita seduta della giunta regionale. In quella seduta, la cui data è
ancora da stabilire, il sindaco discuterà delle diverse questioni aperte con
tutti gli assessori.
Quella di ieri, in sostanza, è stata una panoramica in vista
dell’approfondimento con la giunta. «Ho esposto al presidente tutti i problemi e
i progetti in piedi per la città – ha spiegato Dipiazza – a cominciare dagli
accordi di programma previsti per il polo ospedaliero di Cattinara e per il
complesso del Silos in piazza Libertà. Non appena Regione e Comune saranno
pronti ci rivedremo con l’intera giunta».
(gi. pa.)
SPALATO - Allarme al Parco di Cherca: quintali di carne putrefatta Trovata
una discarica abusiva colma di scarti di macellazione
Scandalo amianto alla «Salonit»: l’ira ambientalista contro il ministro che
minimizza
FIUME La denuncia, per ora contro ignoti, è di grave devastazione ambientale
e minaccia alla salute pubblica. Il caso – finora unico, per quanto se ne sa, e
assolutamente scandaloso – è quello dei rifiuti animali in stato di avanzata
decomposizione scoperti alla fine della settimana scorsa in una zona impervia
del Parco nazionale della Krka (Cherca), subito a monte di Sebenico. La
discarica abusiva è stata scoperta casualmente in un punto fuori mano del Parco,
in un canyon in cui scorrono le acque del fiume che più a valle alimenta le
celebri cascate prima di sfociare in Adriatico. Istituito nel 1985 e con un
estansione di 109 km quadrati, il Parco, e soprattutto la zona delle cascate,
accoglie ogni anno migliaia di visitatori, soprattutto stranieri. È ritenuto un
«gioiello» sia per le sue bellezze paesaggistiche che per il suo ecosistema
unico e ben conservato. In un punto recondito e difficilmente accessibile del
canyon, non lontano dal villaggio di Brnjica, anonimi escursionisti –
probabilmente per via del tanfo insopportabile che proveniva dal fondo di uno
strapiombo – hanno individuato un grande ammasso di resti animali e allertato i
guardaparco. I quali, dopo una prima ricognizione, hanno chiamato in causa gli
addetti del Servizio veterinario conteale di Sebenico. Come questi hanno poi
constatato, la discarica abusiva conteneva oltre una tonnellata di scarti del
processo di macellazione, in buona parte già in avanzato stato di putrefazione.
Veterinari e autorità sanitarie hanno immediatamente disposto la rimozione delle
carcasse. Secondo i veterinari, la discarica non dovrebbe risalire a più di una
quindicina di giorni fa. Per gli inquirenti non dovrebbe essere troppo arduo
risalire ai responsabili. Tutti gli impianti di macellazione debbono essere
infatti debitamente registrati e autorizzati. Qualche problema potrebbe venire
unicamente dall’individuazione di un qualche macello abusivo. Da verificare,
inoltre, le eventuali conseguenze che una discarica del genere potrebbe aver
prodotto in un ambiente carsico, e dunque di rocce porose e permeabili, ricco di
acque nel sottosuolo.
Sempre in tema di devastazione ambientale e di pesanti conseguenze per la salute
pubblica, da segnalare anche che nella zona di Spalato si sta ulteriormente
dilatando lo scandalo «Salonit» di Vranjice, la fabbrica di materiale edile
«corredata» da depositi abbandonati di manufatti a base di amianto. A infiammare
gli animi degli abitanti della zona sono stati dapprima i maldestri tentativi di
minimizzare il tutto da parte del ministero dell’Ambiente, e quindi talune
dichiarazioni incaute e fumose della titolare dello stesso dicastero, Marina
Matulovic-Dropulic. Appellandosi a inesistenti parametri di tolleranza europei
per l’inquinamento da amianto, il ministro ha cercato di tranquillizzare la
popolazione residente nella zona. Immediata la replica delle organizzazioni
ecologiste, pronte a far notare come nel caso dell’amianto i limiti europei
siano da tolleranza zero.
(f.r.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 19
maggio 2008
EMERGENZA AMBIENTE - Carso:
discariche in cento grotte e 50 doline - Dai metalli alle acque nere ai
medicinali, la mappa tracciata su iniziativa del Cai -
VEDI MAPPA
Dalle discariche della costa, alle cavità dell’altipiano carsico.
Non c’è che l’imbarazzo della scelta per individuare i «punti caldi» in cui
mani sconsiderate e imprese truffaldine hanno abbandonato ogni genere di rifiuti
nel territorio della provincia di Trieste. Metalli pesanti, idrocarburi,
mercurio, piombo, plastiche, acque nere, inerti edili, medicinali, rifiuti
ospedalieri, ma anche carcasse di animali.
Nulla è stato risparmiato. Cento grotte sono diventate discariche; una
cinquantina di doline hanno subito la medesima sorte, così come molte cave
carsiche in cui l’attività estrattiva era cessata da tempo. Intere zone sono
state sottratte alla popolazione, al pascolo e alle coltivazioni.
Basta pensare alla colossale «collina delle vergogna», alta una quarantina di
metri e formata dai rifiuti che il Comune di Trieste ha trasferito per 14 anni
in un avvallamento posto a un solo chilometro di distanza dall’abitato di
Trebiciano.
Tra il 1958 e il 1972, l’anno in cui entrò in funzione l’inceneritore di Monte
San Pantaleone, decine di camion della Nettezza urbana vi riversarono ogni
giorno plastica e pneumatici, immondizie e residui alimentari, carta e
scatoloni. In totale più di 600 mila metri cubi. Il fuoco bruciava le immondizie
giorno e notte e l’odore acre del fumo si spandeva per il Carso. L’intera area
era infestata da torme di ratti e da sciami di insetti.
Ora questa massa di rifiuti è ricoperta da un paio di metri di terra che non ha
nulla a che vedere con il Carso e con le sue peculiari caratteristiche
litologiche. Arriva da un altro ambiente, quello marnoso-arenaceo: sulla sommità
e sui fianchi di questa collina artificiale, crescono alberi ed erba. Ma sotto
la «copertura» che ha nascosto il dileggio e lo strazio ambientale, i rifiuti
continuano lentamente a modificarsi.
Dal punto di vista biologico il tempo dovrebbe averli inertizzati, ma a livello
chimico la partita è ancora aperta. Il Carso è contrassegnato da un’idrografia a
tre dimensioni: in profondità corre l’acqua del Timavo e tutta la massa di
roccia calcarea è permeabile e fessurata. In pratica la pioggia raggiunge il
livello di base dove scorrono le acque sotterranee e altrettanto accade per gli
idrocarburi, i fanghi, e gli altri rifiuti abbandonati in superficie, nelle
grotte e nelle doline. Vengono trascinati verso il fondo e il loro «percorso»
subverticale è segnato per secoli.
I censimenti effettuati dai club di speleologi da anni e anni hanno sottolineato
lo scempio avvenuto alle spalle della città. L’elenco delle grotte usate come
discariche si è via via rimpolpato di nuovi nomi e nuove cavità. In pratica in
un prossimo futuro, dovranno essere censite le grotte e gli abissi scampati
all’inquinamento, più che quelle inquinate che costituiscono già oggi quasi la
norma. Più sono prossime a una strada o a una carrareccia, più sono a rischio.
La Grotta del Bosco dei Pini, l’abisso sopra Chiusa, l’abisso del Colle Pauliano,
la grotta Plutone, l’abisso di Fernetti, la grotta Nemez, la voragine di San
Lorenzo, il pozzo Mattioli, l’abisso di Padriciano, la grotta degli Occhiali, la
Fovea Sassosa, l’abisso di Rupingrande, rappresentano solo la sparuta
avanguardia di un fenomeno di massa censito da Maurizio Radacich e Giovanni
Spinella per conto del Club Alpinistico Triestino.
A ogni cavità è attribuita una precisa «tipologia del degrado». Si va dai
generici rifiuti, allo scarico di acque nere, ai medicinali, all’inquinamento
non meglio specificato, agli idrocarburi, ai motorini e ciclomotori. Lontano
dagli occhi, lontano dal cuore. Invece il disastro è grande e gli effetti non
ancora del tutto compresi. Anche molte doline hanno subito questo insulto. I
rifiuti le hanno colmate e lo spessore delle immondizie in talune raggiunge i
venti metri.
Certo, le discariche scoperte negli ultimi anni lungo la costa da Barcola a
Muggia, hanno dimensioni centinaia, se non migliaia di volte maggiori. Ma
sull’altipiano, al di là dell’immensa discarica di Trebiciano, il fenomeno è
diffuso a macchia di leopardo. Sullo stesso altipiano non solo decine e decine
di doline sono state coinvolte nell’inquinamento a hanno spesso ottenuto il via
libera della autorità, anche numeri depositi a cielo aperto di vecchie vetture
da demolire. Carburanti, olii esausti, batterie, plastiche, non sempre sono
state «smaltite» nel rispetto della legge. E sono fioccati i processi. Ma
nessuno ha ancora deciso dove e come costruire uno stabilimento per la
rottamazione dei veicoli dismessi. In altri Paesi più civili esistono fabbriche
di costruzione e fabbriche di demolizione. Da noi le carcasse vengono «lavorate»
all’aperto.
Va citata in questo elenco anche la vicenda della cava di Santa Croce, usata
come discarica dal gennaio 1989 al giugno successivo per scelta del Comune di
Trieste. Vi furono ammassati 35 mila metri cubi di cosiddetti «inerti»,
provenienti da scavi e demolizioni. In precedenza erano stati scaricati nella
zona a mare del Rio Ospo, accanto a Muggia. Quando nella cava di Santa Croce non
vi fu più posto, divenne necessario assumere una nuova decisione. La discarica
prescelta, sempre dal Comune, fu quella di Barcola-Bovedo che avrebbe dovuto
assicurare una autonomia di almeno dieci anni, con la previsione di un
interramento a mare di un milione e mezzo di metri cubi di inerti. Come sia
andata a finire è sotto gli occhi di tutti. Lì sul terrapieno non finirono solo
gli «inerti» ma ben altro e ben più pericoloso, tanto da consigliare la
costruzione di un «sarcofago» a protezione della salute di velisti e dei
windsurfers.
Le discariche del Carso e quelle della costa sono collegate da un sottile file
rosso. Metalli, plastiche, idrocarburi, residui di combustioni, acque nere. Non
c'è che l’imbarazzo della scelta.
CLAUDIO ERNÈ
«Nuovo interramento, c’era già una proposta» - Barcola, Fortuna Drossi
ricorda: negli anni ’90 fu indetto un concorso
Il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco lancia l’idea di un
terrapieno fra Barcola e Miramare che funga da nuovo spazio per la balneazione
pubblica, da costruire con i materiali non inquinanti derivati dalle attività
dei costruttori che così avrebbero finalmente uno spazio dove depositare i
rifiuti? La proposta, lanciata sulla scia del caso sollevato dalla discarica
abusiva scoperta allo Scalo legnami, viene condivisa appieno da Uberto Fortuna
Drossi, ex consigliere regionale dei Cittadini e assessore comunale ai lavori
pubblici con Riccardo Illy sindaco fino al 2001.
Fortuna Drossi precisa però che non si tratta di una novità. Proprio del
progetto di interramento dalla pineta al bivio di Miramare si discusse alla fine
degli anni ’90. E non si trattò solo di parole: in accordo con il Comune, e dopo
che l’allora Collegio costruttori aveva lanciato l’idea, la Fondazione CRTrieste
supportò un primo concorso internazionale di idee nel 1999 poi rilanciato l’anno
successivo. Duplice l’intento: offrire uno spazio per la balneazione pubblica, e
sopperire alla mancanza di una discarica di materiali non inquinanti lamentata
dai costruttori.
Fortuna Drossi precisa come all’epoca il problema della discarica dei materiali
fosse molto sentito sia in relazione al cantiere della Grande viabilità, sia in
relazione ai parcheggi interrati. «In previsione c’era l’ampliamento a mare
della riviera di 50 metri. Il progetto voleva offrire una balneazione pubblica,
cioè gratuita, di qualità. Erano previste nuove alberature, servizi, parcheggi».
La progettazione era avallata da uno studio sulla sostenibilità ambientale
affidato all’Università. E «i lavori sarebbero stati suddivisi per lotti
stagionali, così da cantierare l’opera per un tratto di 150 metri alla volta in
inverno senza intaccare la fruibilità della riviera d’estate». Il progetto
prevedeva anche la creazione di alcuni tratti di spiaggia da alternare alla
scogliera. Nel gennaio del 2000 il concorso si chiuse senza la proclamazione di
un vincitore tra i nove progetti pervenuti. «L’anno successivo - ricorda Fortuna
Drossi - lavorammo a un nuovo concorso». Il cambio dell’amministrazione avvenne
nel 2001. E del progetto di terrapieno - che aveva scatenato in città un diluvio
di polemiche - non si parlò più. E «sarebbe bello riprendere l’idea - chiude
Fortuna Drossi - magari coinvolgendo anche l’opinione pubblica».
RIQUALIFICAZIONE - Piazza Libertà, tocca alle due Commissioni -
Riunione congiunta per approvare il progetto esecutivo
Due Commissioni comunali congiunte per dare un parere sul progetto di
riqualificazione di piazza Libertà. Stamani la Quarta e la Sesta Commissione si
riuniscono nella sala del Consiglio comunale per l’approvazione del progetto
preliminare, la cui documentazione era stata fornita la scorsa settimana nel
corso di un’altra riunione congiunta. Tra le novità del progetto ci sono
modifiche alla viabilità davanti alla stazione ferroviaria con l’allargamento
dello spazio a disposizione dei pedoni. Il progetto approderà poi in Consiglio
comunale.
Ravidà: dobbiamo attrarre investitori - «Porto vecchio, basta intoppi.
Rigassificatore, occasione da non perdere»
IL FUTURO DI TRIESTE SECONDO IL NEOASSESSORE AL BILANCIO
Rigassificatore, Porto Vecchio, scienza e Parco del mare. Ovvero business,
prestigio, innovazione e turismo. Il top manager finanziario Giovanni Battista
Ravidà, neoassessore al bilancio della giunta Dipiazza, da siciliano che si è
innamorato di questa città la Trieste del futuro la vuol vedere. E metterci del
suo per costruirla, «sognando un territorio dove i giovani di fuori, anche i più
qualificati, vengano per lavorare, investire e vivere». L’ex direttore generale
della Crt e direttore centrale del gruppo Unicredit intende rilanciare una serie
di priorità. Da tecnico prestato alla politica. Abituato a «sponsorizzare» la
velocità delle scelte, meglio se bipartisan, evitando il calderone dei lunghi
dibattiti.
Ha una ricetta, meglio un suggerimento?
La città ha superato la contrapposizione tra chi sosteneva la vocazione
industriale e chi guardava oltre. La ricetta, ormai pressoché condivisa, ce
l’abbiamo in casa, a patto che la concretizziamo nel più breve tempo possibile
perché in un mondo globalizzato può sempre spuntare qualcuno pronto a sfruttare
le indecisioni altrui. I punti di forza sono la densità della ricerca
scientifica, da trasformare sempre di più in ricerca applicata al mercato; Porto
Vecchio, enorme risorsa il cui riuso deve partire senza intoppi; e il turismo.
Le opere pubbliche per la riqualificazione urbana della parte più prestigiosa di
Trieste, iniziate da Illy e proseguite da Dipiazza, in fondo servono a rendere
più gradevole e appetibile questo territorio per chi viene da fuori.
Il rilancio passa per una rinnovata capacità di attirare investimenti esterni.
Esatto. Nei Balcani e nell’Europa centro-orientale Trieste è sentita vicina,
molto, ed è tenuta in grande considerazione dai potenziali investitori.
Porto Vecchio è la madre delle urgenze?
Sì. La strada mi sembra tracciata, il bando dell’Autorità portuale sulle
manifestazioni d’interesse per le future concessioni scade il 30 maggio. Mi
auguro solo che non sopravvengano altre fasi di stallo e che in autunno possa
essere fatta, davvero, la Conferenza dei servizi decisiva.
Un’ulteriore priorità da lei già evidenziata riguarda il rigassificatore. È
d’accordo col sottosegretario Roberto Menia nel sostegno all’impianto a terra di
Zaule?
Certo. A parità d’investimenti la gestione della catena del freddo è più
razionale e i margini di redditività superiori. Con un approvvigionamento di gas
più a buon mercato vedo vantaggi per l’intero sistema Friuli Venezia Giulia. E
spero che in quest’iniziativa sia coinvolta AcegasAps, azienda di servizi capace
di soddisfare esigenze locali e non solo. L’ascesa del costo dei prodotti
energetici è oggi inesorabile. Si tratta di un’occasione da non perdere. Se non
si prendono decisioni rapide potrebbe capitare che vengano privilegiate altre
zone. E ci dovremmo tenere le criticità economiche e pure quelle ambientali.
Parla delle bonifiche propedeutiche alla costruzione del rigassificatore?
Certo, così la copertura dei costi ci sarebbe.
Il sindaco ha prospettato che col rigassificatore AcegasAps diventerebbe la
multiutility capofila del Nord Italia. Ci crede?
Sì. AcegasAps ha tutti i numeri per diventare organismo di coagulo per un’area
vasta. E ha dimostrato che non esistono problemi di dualismo politico
Trieste-Padova. La società è nata quando le due amministrazioni si riferivano a
uno stesso orientamento politico, oggi non è più così: ma il dialogo e la
gestione di AcegasAps, rispondendo solo a ragioni di concretezza, continuano in
modo ottimale.
Però è sembrato esserci un velo d’imbarazzo in piazza Unità sulla riduzione del
capitale sociale della holding di dieci milioni, richiesta di Padova che ha il
bilancio in sofferenza. L’operazione conviene anche a Trieste?
Qui parlo da addetto alla finanza. Primo: quando una società è in mano a due
partner è bene che il livello di reciproca comprensione sia elevato, perché oggi
serve a uno ma domani potrebbe essere il contrario. Secondo: questa operazione
può essere interpretata come sorta di anticipazione dei futuri utili ed è
confortata dal fatto che la società ha un’assoluta capacità di generare reddito.
Euroregione. L’era Illy pare tramontata: ha ancora un senso?
Personalmente il concetto mi piace. Ma bisogna creare un valore reale al
contenitore, altrimenti non si capisce cosa sia. Anzitutto andrebbero uniformate
alcune normative per agevolare l’operatività dei soggetti tra i diversi
territori, fino a propiziare un eventuale volano economico proprio con le
multiutilities.
Che pensa della Ferriera?
Ritengo non possa più essere considerata strategica nemmeno dalla proprietà. Il
nodo è capire chi pagherebbe i costi di bonifica dopo la chiusura.
E il Parco del mare?
È stato presentato finora un piano finanziario per linee molto ampie. Quando si
fanno dei piani bisogna contemplarli fino alle previsioni più pessimistiche.
Credo comunque che, a certe condizioni, con una ponderazione tra investimenti
pubblici e benefici per privati, possa rendere. A Trieste poi un forte motivo
d’attrazione turistica, oltre a Miramare e San Giusto, ci vuole.
PIERO RAUBER
Dopo le proposte di Ettore Rosato - Paoletti: un tavolo per la città -
Menia: vanno sciolti i nodi che bloccano la crescita
Ettore Rosato dice che servono progetti condivisi per il rilancio di Trieste,
adottando strategie di ampio respiro, che puntino a uno sviluppo globale delle
città? «Ha ragione. Pur non entrando nel merito politico delle sue
dichiarazioni, ne condivido il contenuto. È ora di finirla con i provincialismi.
Bisogna investire su progetti forti, come il Parco del mare, e sfruttare tutti i
cervelli politici, economici, culturali e scientifici che Trieste ha a
disposizione, magari creando un tavolo permanente di confronto». Il presidente
della Camera di Commercio Antonio Paoletti commenta così l’intervista,
pubblicata ieri su Il Piccolo, all’ex sottosegretario Rosato, deputato del Pd.
Rosato, esaminando l’operato del sindaco Dipiazza e della sua maggioranza di
centrodestra, pur non bocciandoli su tutta la linea, aveva evidenziato la
«mancanza di una strategia generale», che faccia fruttare i cavalli vincenti
della città: porto, ricerca e turismo. «A Trieste serve il Parco del mare, il
rigassificatore, il rilancio di Porto Vecchio - aveva detto -. Noi con Illy
qualcosa abbiamo fatto, cambiando il volto della città».
Anche per Paoletti gli assi dello sviluppo triestino sono porto, turismo e
ricerca applicata. «Oramai non c’è più tempo - afferma -, la Slovenia corre e
Venezia pure. Propongo un nuovo tavolo di confronto ”apolitico”, cui far
partecipare gli enti locali e tutti i soggetti che possono contribuire allo
sviluppo della città».
«Anche secondo me la visione di Rosato può essere condivisibile. Concordo con
lui su alcuni punti, ma il suo giudizio sull’operato del centrodestra in Comune
mi sembra ingeneroso - commenta il sottosegretario di An Roberto Menia -. Si
pensi a Illy, che dopo quindici anni in cui ha anche mancato di visioni
strategiche, come nel caso del porto e della Ferriera, è stato mandato a casa
dagli elettori. È comunque arrivato il momento che l’attuale classe dirigente,
di cui faccio parte, si prenda la responsabilità di sciogliere i nodi che ancora
bloccano la crescita piena di Trieste».
Simile il commento del consigliere regionale forzista Bruno Marini: «Escludendo
i rigassificatori, i concetti espressi da Rosato sono condivisibili, ma mi
sembrano le solite favole senza ricette concrete che il centrosinistra ci
scarica addosso a elezioni perse. Se Illy avesse avuto strategie di lungo
periodo, forse sarebbe stato rieletto. Porto e ricerca sono le chiavi del nostro
sviluppo: puntiamo su questo. La Ferriera? In questo caso Illy ci ha fatto solo
perdere tempo».
(e.c.)
In trecento a «Bicincittà» - Record mancato per il maltempo ma tanto
entusiasmo
La giornata uggiosa non ha impedito agli appassionati di bici di partecipare
ieri a «Bimbimbici e Bicincittà», manifestazione che quest’anno ha visto le
sezioni di Trieste dell’Unione italiana sport per tutti (Uisp) e della
Federazione italiana amici della bicicletta (Fiab-Ulisse) unire le forze per
l’organizzazione in comune dell’evento. L’assenza di sole ha impedito che si
raggiungesse il record di più di mezzo migliaio di partecipanti, stabilito nel
2007, ma ugualmente il numero di presenti ha superato le 300 unità, un risultato
considerato di rilievo, viste le condizioni atmosferiche.
Scopo di «Bimbimbici e Bicincittà» era quello di dare più voce e visibilità a
chi tutti i giorni sceglie di usare la bici per muoversi in città «e a chi lo
farebbe volentieri – hanno spiegato gli organizzatori - se si sentisse più
protetto e rispettato». In programma c’erano percorsi di diversa difficoltà,
ciclo giochi e, come sempre, la pedalata in tandem per i non vedenti, allestita
in collaborazione con l'Univoc.
I due percorsi scelti hanno toccano alcuni punti nevralgici del centro
cittadino, vie di cui si discute l’ipotesi di pedonalizzazione, il marciapiede
ciclo pedonale lungo le Rive e l’inesistente collegamento con quella che è
ritenuta una delle ciclabili più belle d'Italia e che oggi permette di
sconfinare in Slovenia. «Pedalare in tanti lungo le strade della nostra città –
hanno aggiunto gli organizzatori dell’Uisp e della Fiab-Ulisse - è un modo per
segnalare cosa si può e si deve fare per la mobilità ciclabile a Trieste». Alla
fine della pedalata non competitiva si è proceduto alla premiazione dei gruppi
più numerosi: quello della Fiab-Ulisse ha presentato 53 appassionati, seguito
dall’istituto comprensivo «Tiziana Weiss» con 49, mentre terzi sono stati i non
vedenti dell’Unione italiana ciechi, con un trentina di partecipanti.
(u.s.)
«Corridoio 5, pericolo per il Carso» - IL NODO DELLA TAV RONCHI
SUD-TRIESTE - Razzini a Menia: un nuovo tracciato che punti su Gorizia
TRIESTE Il tracciato del Corridoio 5 bypassi il Carso e Trieste, e punti
direttamente verso Gorizia. Lo chiede al neosottosegretario all’Ambiente Roberto
Menia, il consigliere regionale della Lega Nord Federico Razzini. «L'ambiente -
si legge in una nota - è un patrimonio essenziale per il sistema Italia, occorre
proteggerlo e al contempo valorizzarlo in chiave turistica con decisione e
concretezza operativa».
«Mi preme intanto esprimere da subito - prosegue Razzini - un auspicio in
materia ambientale che riguarda proprio la nostra regione e in particolare le
province di Gorizia e Trieste. Un punto che è contenuto espressamente nel
programma con il quale noi della Lega Nord abbiamo sostenuto il Presidente
Tondo: siamo certi che l'on. Menia non asseconderà il piano di quanti come Illy
e l'ex assessore regionale Sonego hanno previsto e vorrebbero che il tratto
dell'alta capacità ferroviaria del cosiddetto Corridoio 5 arrivi fin dentro il
capoluogo, traforando con un lungo tunnel devastante per l'ambiente, il nostro
Carso, da Ronchi dei Legionari a Trieste, appunto».
«Un'ipotesi devastante - conclude Razzini - per un patrimonio ambientale unico
come il Carso, e oltretutto più lunga e tortuosa come tragitto (rispetto
all'ipotesi di passare in linea retta per Gorizia fino a Aidussina) oltre che
decisamente più costosa».
IL PICCOLO -
DOMENICA, 18 maggio 2008
Discariche e interramenti
la costa è inquinata da Barcola fino a Muggia - Ci vorranno almeno sei
mesi prima di poter cominciare la pulizia dell’area
I tecnici di Arpa e Provincia hanno iniziato i controlli nell’area dello
Scalo Legnami
La conta dei danni ambientali provocati dalla maxi discarica abusiva
nell’area dello Scalo legnami, è ufficialmente iniziata. Su disposizione della
Procura i tecnici dell’Arpa e della Provincia hanno eseguito i primi prelievi
nella parte a terra e nello specchio di mare antistante il deposito.
Parallelamente hanno preso il via gli accertamenti per fare chiarezza sulla
normativa e definire con precisione le responsabilità a carico dei titolari
della ditta «Isp».
Qualche indicazione potrebbe arrivare già la settimana prossima nel corso
dell’incontro operativo convocato dalla magistratura. Ma per assistere
all’inizio dell’intervento di bonifica vero e proprio dei 20 mila metri quadrati
messi sotto sequestro, bisognerà attendere molto più a lungo. «Ci vorranno
almeno sei mesi - prevede Ondina Barduzzi, assessore dell’amministrazione di
palazzo Galatti che ha competenze in materia ambientale -. Prima di dare il via
ai lavori, infatti, si dovrà aspettare la conclusione delle indagini della
Procura. Poi sarà necessario stabilire che fine far fare ai materiali accumulati
nella discarica. Si potrebbe anche pensare di rimuoverli da lì con le chiatte, e
trasferirli poi in uno dei siti di stoccaggio per rifiuti speciali in Veneto o
in Germania. Ma bisognerà capire chi dovrà farlo e, soprattutto, quali saranno i
costi. Superata la fase dell’emergenza inoltre - conclude Barduzzi - sarebbe
necessario rimetter mano al Piano regionale dei rifiuti, elaborato 15 anni fa e
quindi ormai superato. Rivedere quello strumento consentirebbe di pianificare
una strategia complessiva per lo smaltimento dei rifiuti, individuando anche un
certo numero di siti da adibire a discariche di materiali speciali».
Di discariche simili, effettivamente, il territorio di Trieste avrebbe un gran
bisogno vista l’altissima concentrazione di aree a rischio ambientale. Le
criticità maggiori si annidano soprattutto nella parte a mare: almeno i due
terzi della linea di costa, infatti, sono classificati come aree potenzialmente
inquinate.
Il primo bollino rosso si incontra al terrapieno di Barcola dove, nel tempo,
sono state accumulate le ceneri provenienti dal vecchio inceneritore di Monte
San Pantaleone. La seconda tranche di analisi eseguite lì dall’Arpa per conto
dell’Autorità portuale ha evidenziato la presenza di di metalli pesanti come
rame e piombo nella fascia costiera del terrapieno, e concentrazioni superiori
alla norma di idrocarburi e diossina nel sottosuolo. ad una profondità di 7-8
metri. Sacche di idrocarburi, inoltre, sono state rilevate nella zona adiacente
al molo Zero. Cosa ci sia in quell’area, dunque, è ormai chiaro. L’incognita
riguarda invece il soggetto che si sobbarcherà l’onere della bonifica.
Proseguendo lungo la linea di costa si incontrano poi le banchine del porto, che
racchiude anche lo Scalo legnami, e il comprensorio della Ferriera, inserito nel
Sito inquinato di interesse nazionale come la maggior parte dei terreni e delle
aree di competenza Ezit. E i problemi ambientali proseguono nel Comune di Muggia
al punto che, denuncia il sindaco Nerio Nesladek, «non abbiamo più neanche un
centimetro di costa dove poter far andare al mare la nostra gente».
Qui il caso di inquinamento più noto riguarda l’interramento di «Acquario»,
l’area tra Punta Olmi e Punta sottile nella quale sono finiti 120mila mq di
materiali contenenti anche concentrazioni elevate di piombo, mercurio e
idrocarburi. Nella zona, dissequestrata nel 2007 dopo anni di stand-by,
partiranno a giugno, grazie ad un’intesa siglata tra Comune e Cigra e al
finanziamento di 500mila euro arrivato dalla regione, gli interventi di messa in
sicurezza e definitiva caratterizzazione, «Un risultato importante che però non
esaurisce i problemi del nostro territorio - conclude Nesladek -. Dobbiamo fare
i conti anche con il tratto di spiaggia tra Porto San Rocco e l’Acquario che,
improvvidamente, è stato inserito nella parte a mare del Sin, e con la zona
d’entrata a Muggia, dopo il Rio Ospo e in corrispondenza del Molo Balota, dove a
causa dell’inquinamento è bloccato il progetto di realizzazione di un parco».
MADDALENA REBECCA
L’inchiesta: accertati oltre 500 carichi - I REGISTRI DEI TRASPORTI VENIVANO
TRUCCATI
Due sigle «Cer 17 09 04» e «Cer 17 05 04». Bastava cambiare la prima con la
seconda nei registri di carico per truccare e rendere non pericolosi rifiuti che
in realtà lo erano. Il trucco è stato scoperto dagli investigatori della Guardia
di finanza: un 5 al posto di un 9 e il gioco era fatto. Per mesi ogni giorno
dalle Rive partivano carichi di scarti di asfalto e alla discarica - dopo meno
di tre chilometri di viaggio - quasi per magia arrivavano rifiuti innocui. Ne
hanno contato più di 500 carichi: l’asfalto contenente miscele bituminose e
pericolose per la salute che era stato grattato dalle strade di Trieste si
trasformava - dal punto di vista documentale - in un semplice materiale inerte.
Il maquillage delle bolle di accompagnamento e dei registri della discarica è
emerso dall’esame tuttora in corso di ultimazione della documentazione
sequestrata dalla Guardia di finanza.
E di questo sistema semplice ma altrettanto ingegnoso scrive il gip Massimo
Tomassini nelle motivazioni al provvedimento di sequestro indicandolo a esempio
determinante «di quale fosse l’atteggiamento psicologico dei principali
indagati». E cioè di Diego Romanese e Cataldo Marinaro, titolari della Isp
Riciclati di Monfalcone. Ma anche dei proprietari e degli utilizzatori dei
camion che trasportavano il materiale pericoloso: il costruttore Antonio
Raffaele Bruno e poi Mario Leone, Damiano Purger, Paolo Rosso, Dario Voinovich,
Alfredo Cok, Paolo Marinig, Enrico Tiberio e Sebastiano Pulafito. E dagli atti
emerge l’ipotesi di un accordo esplicito tra chi gestiva la discarica e chi
trasportava i rifiuti pericolsi. I tanti rifiuti trovati, si parla di quantità
spaventose dimostrano, che l’intesa funzionava a pieno ritmo. Prova indiretta è
che - osserva il giudice facendo proprio il contenuto di un’annotazione della
Guardia di finanza - è stata accertatata «l’esistenza anche di un’altra
discarica, situata nell’immediatezza dell’entrata della Ferriera di Servola in
cui confluiva materiale proveniente dal primo impianto e che poteva essere nella
disponibilità di Marinaro e Romanese». «Nell’ambito di questa informativa -
osserva il giudice - veniva chiarito come sul sito fossero stati depositati
grandi quantitativi di rifiuti di vario genere e come gli stessi fossero in
parte addirittura finiti in mare, così in sostanza aumentando la superficie di
terreno rispetto al momento dell’inizio dell’opera di raccolta e riciclo.
Praticamente è stato occupato tutto lo spazio disponibile, circa 10mila metri
quadri».
CORRADO BARBACINI
Azzarita: costretti a portare in Friuli i rifiuti industriali - IL NODO DA
RISOLVERE - Sasco: «Serve un deposito, creiamo un nuovo terrapieno tra Barcola e
Miramare»
Fa discutere ancora il sequestro da parte della Guardia di Finanza della
discarica abusiva nello Scalo Legnami del Porto di Trieste. Le proposte si
aggirano quasi sempre attorno alla necessità di aprire una discarica in città.
«Creare un nuovo terrapieno nella zona tra Barcola e il bivio di Miramare». È la
soluzione ipotizzata dal presidente della commissione Urbanistica, Roberto Sasco,
in risposta alle associazioni dei costruttori, che lamentano l’assenza di una
discarica in città dove conferire inerti e materiali di scavo. Discarica che,
secondo Sasco, potrebbe appunto esser ricavata «sottraendo spazio al mare». «In
questo modo a trarre vantaggi sarebbero sia i costruttori sia la collettività -
spiega l’esponente dell’Udc -. I primi potrebbero finalmente avere a
disposizione un deposito comodo e controllato per i rifiuti non inquinanti
derivanti dalla loro attività. La cittadinanza, invece, grazie al progressivo
rimodellamento della costa, si troverebbe ad avere a disposizione un’area da
dedicare all’attività balneare di livello. Un’area che potrebbe anche ospitare
strutture per il tempo libero e il divertimento, penso per esempio ad un parco
acquatico, in grado di attrarre anche visitatori da fuori Trieste che
porterebbero quindi soldi nelle casse della citta».
«Senza una discarica a Trieste avremo periodicamente incidenti di percorso come
quelli registrati purtroppo l'altro giorno», afferma in seguito Mauro Azzarita,
presidente Ezit. «È chiaro – aggiunge - che vi sia un pò di preoccupazione
perché Trieste ha sempre avuto questo problema e le prime penalizzate sono
sempre state le aziende che operano nel settore dell'edilizia». Secondo Azzarita,
«il problema è che molte aziende sono costrette ad usare le discariche friulane,
il che comporta costi notevoli». «La soluzione quindi per evitare che situazioni
simili si ripetano - aggiunge - sarebbe semplicemente quella di aprire una
discarica anche a Trieste». Il tutto tenendo conto dei vari problemi che si
devono affrontare nella realizzazione di una discarica, quali le condizioni di
stabilità e di assestamento del corpo dei rifiuti, i problemi di stabilità del
terreno d’appoggio, delle scarpate e delle strutture di contenimento (argini) o
le attività di sistemazione finale e recupero dell’area occupata dalla
discarica.
«Le nostre imprese usano le discariche friulane, avvalendosi prima ovviamente
dei centri di raccolta cittadini» nota anche Dario Bruni, presidente
Confartigianato di Trieste. «Nel futuro - aggiunge - bisognerebbe creare però
almeno una discarica solo per il nostro territorio». Secondo Bruni, il
Confartigianato ha già sollecitato all'amministrazione provinciale che il
progetto della discarica venga portato a termine. «Nel frattempo - spiega Bruni
- bisognerebbe puntare ovviamente su controlli più severi ma, attenzione, mi
auguro che prevalga l'atteggiamento collaborativo e non repressivo».
«Insomma – nota il presidente Confartigianato– dobbiamo rimanere con i piedi per
terra e indirizzare forse i controlli anche su quelle aziende che inquinano da
tempo sotto gli occhi di tutti. È strano – commenta Bruni - a volte alcune
piccole realtà vengono punite per un cacciavite fuori posto, mentre altre che
fanno danni ambientali da tempo non hanno problemi e vanno avanti come niente
fosse solo perché dalle carte risulta a posto almeno in teoria».
(m.r., g. pr.)
SE IL MARE DIVENTA DISCARICA
Ma in che città viviamo? Cosa entra nel nostro mare, che succede a centinaia di
metri dal passeggio su cui prendiamo il sole, teniamo per mano la fidanzata,
ascoltiamo lo sciabordìo del mare? È spontaneo chiederselo, dopo la scoperta in
successione di due enormi discariche abusive adiacenti tra lo scalo legnami e la
Ferriera. Ad accertare responsabilità e dimensioni del fatto provvederà la
magistratura, e non ci stupiremmo che a breve affiorino altri immondezzai.
Immondezzai di bitume a puntellare la costa. Ma a interrogarsi sul reale
rapporto fra Trieste e il mare, e su quel che ogni giorno può succedere dietro
l’angolo, dev’essere l’intera città.
Non è la prima né l’ultima delle nostre contraddizioni, ma il suo carico
simbolico è come un pugno nello stomaco. Plasticamente modellata sulla linea di
costa e come distesa in contemplazione davanti al mare, Trieste esprime quanto
poche altre città un rapporto di simbiosi e rispetto quasi sacrale per il golfo.
E mentre ammiriamo compiaciuti la nostra stessa bellezza, depositiamo le
bottiglie vuote nel cassonetto appropriato e scuotiamo la testa davanti al
sacchetto di plastica alla deriva sullo specchio acqueo, conviviamo da
un’eternità con un’ampia porzione di affaccio a mare – il porto vecchio –
abbandonata al degrado e alle pantegane e al ricordo dell’Austria, con uno
stabilimento siderurgico addossato a decine di migliaia di abitanti, con una
zona industriale quasi interamente da bonificare e ora – apprendiamo – con due
delle più vaste discariche abusive scoperte in Italia negli ultimi anni. Epperò
ci preoccupiamo del rischio ambientale – statisticamente inesistente – che un
impianto di rigassificazione a terra, su un’area abbandonata e altrettanto
degradata, potrebbe comportare. Difficile capirci, per chi ci guardi da lontano.
Limitiamoci a tre considerazioni, sperando che la città rifletta su quanto
accade. La prima è che tutto ciò dimostra una volta di più che una porzione
troppo grande della linea di costa è sottratta all’accesso del cittadino: cose
del genere accadono solo dove non si può entrare. Chi mai scaricherebbe i
detriti davanti a Piazza Unità? Dal terrapieno di Barcola fino a Muggia, il mare
è liberamente fruibile per brevissimi tratti, anche dove non esiste ombra di
attività economica a giustificarlo. Che mai rapporto con il mare è, se il mare è
irraggiungibile ma più di qualche malfattore può scaricarvi di tutto?
La seconda è che il groviglio di norme ambientali peggiora, anziché reprimere,
l’illegalità. Chiunque mastichi il diritto sa che non esiste in Italia materia
più intricata e ambigua, con un coacervo di regole di dettaglio oscure e
cervellotiche quando non grottesche, che puniscono il tapino che brucia una
vecchia porta di legno nel caminetto (anziché «smaltirla») ma, grazie alla loro
stessa inapplicabilità, favoriscono le scorrerie di autentici delinquenti
ambientali.
La terza è che, in un frangente del genere e davanti alle scelte che la città è
chiamata a fare, non poteva esserci tema più cruciale dell’ambiente per le
competenze attribuite a un sottosegretario triestino. Roberto Menia ha la gatta
da pelare, ma anche l’opportunità di prendere il toro per le corna e, in quanto
rappresentante del governo, favorire una concertazione tra le istituzioni locali
di ogni colore (fanno capo alla Provincia le più importanti competenze
ambientali) che porti le grane descritte a soluzione, e le scelte ancora
giacenti a compimento.
Sarebbe per lui un definitivo salto di autorevolezza politica, e per la città un
passo a colmare il divario tra sogni e realtà.
Roberto Morelli
Uil: vantaggi dal rigassificatore - «Bene il sì di Roma e Regione».
Contrario il Comitato per il golfo
La Uil esprime «grande soddisfazione per il sostegno del nuovo governo e della
nuova giunta regionale alla realizzazione di un rigassificatore a terra nella
zona industriale di Trieste»: un sostegno che «fa seguito alla notizia,
altrettanto positiva, sul possibile collegamento tramite gasdotto del futuro
impianto al sistema di distribuzione nazionale».
Lo scrive un una nota il segretario Uil per il Friuli Venezia Giulia Luca
Visentini, annotando come l’impianto «potrebbe contribuire significativamente al
rifornimento energetico del sistema economico e delle famiglie della regione e
del Paese» con una fonte energatica peraltro «molto più pulita dei derivati del
petrolio». L’impatto dell’impianto «sull’ambiente, sul traffico portuale e sulla
crescita turistica del territorio risulta a nostro avviso realisticamente
compatibile. A fronte di ciò il rigassificatore può garantire numerosi vantaggi
competitivi per il territorio: la bonifica con fondi privati dell’area inquinata
su cui verrà realizzato, la potenziale realizzazione di un significativo indotto
industriale legato all’economia del freddo, il possibile abbattimento delle
tariffe a carico della cittadinanza. Siamo inoltre felici di apprendere che
anche il sindaco Dipiazza finalmente condivide quello che la Uil sostiene da
sempre: il rigassificatore costituisce al momento l’unica iniziativa industriale
concreta per contribuire al riassorbimento degli organici della Ferriera, nel
caso di una sua chiusura».
Di parere opposto il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, che in
una nota stigmatizza il favore espresso dal sottosegretario all’Ambiente Roberto
Menia al rigassificatore: «Possiamo riconoscere ad An coerenza e sviscerato
amore per i rigassificatori, sentimenti di cui non è dato sapere né "la
scaturigine del peccato", né se essi trovino salde ragioni per esprimere
siffatta convinzione e razionale preparazione specifica per sostenerla». Secondo
il Comitato la posizione espressa di Menia e di An è «velleitaria e pericolosa».
Inoltre Menia - sostiene il Comitato - «abbandona giustamente la fandonia della
"necessità nazionale e di quella contestuale regionale" per ammettere, con
incauta coerenza, che i rigassificatori sono un "business", cioè affari».
DUINO AURISINA - Elettrodotti, chiesti a Ret interramenti per tratti
più estesi
C'è tempo, per i cittadini di Duino Aurisina, fino al 21 maggio per
visionare il progetto dell’azienda Terna di modifica del tracciato
dell'elettrodotto presente tra San Pelagio e Visogliano e c'è tempo fino al
giorno seguente per presentare eventuali osservazioni all’amministrazione
comunale. Il documento è disponibile al pubblico in municipio e può essere
analizzato da chiunque.
Anche il Consiglio comunale di Duino Aurisina, che si riunirà proprio il 21
maggio, voterà un documento, costruito sulla base delle richieste e segnalazioni
dei cittadini raccolte negli ultimi mesi, per presentare le proprie richieste
alla «Terna» e in particolare formalizzare i contenuti che il sindaco Giorgio
Ret dovrà portare all'attenzione alla Conferenza dei servizi, l'organo che verrà
convocato dalla Regione Friuli Venezia Giulia per fare interloquire tutte le
amministrazioni e i produttori e distributori di servizi regionali coinvolti
nell'attuazione del progetto di spostamento degli elettrodotti. Per quanto
concerne Duino Aurisina, la Lista Ret ha fatto sapere in una nota che la
principale richiesta di modifica riguarderà l'interramento: sulla base delle
richieste dei cittadini, infatti, si chiederà alla ditta Terna d’iniziare
l'interramento all'altezza del traliccio 59 verso San Pelagio, mentre l'attuale
versione del progetto prevede di cominciare al pilastro 61. Resta ferma la
conclusione dell'interramento, prevista al pilastro 63. Questa la principale
modifica alle proposte della Terna, votata venerdì in commissione consiliare e
pronta ad approdare in Consiglio comunale.
«Questo - si legge nella nota diramata dalla Lista Ret - è quanto ci hanno
chiesto, ovvero quanto voluto dalla gente attraverso osservazioni e lettere
giunte al sindaco». Un ruolo determinante spetta agli agricoltori e ai
vitivinicoltori. «Sulle colline toscane non si vedono tralicci» hanno sostenuto,
chiedendo con forza all'amministrazione comunale di ribadire l'importanza
dell'interramento, oltre che la necessità di spostare gli altri tralicci.
Fin qui la volontà dell'amministrazione locale: dopo il voto del 21 in Consiglio
comunale e al momento della convocazione della Conferenza dei servizi, spetterà
alla società Terna rilanciare: l'interramento rappresenta infatti per l’azienda
del settore energetico un onere ben più elevato rispetto allo spostamento e
innalzamento delle attuali linee aeree per allontanarle dalle case dei residenti
locali.
Francesca Capodanno
A Trebiciano dolina inquinata - Oli bituminosi sul terreno, bidoni e
sacchi lasciati nel bosco
TREBICIANO Fusti pieni di residui oleosi e bituminosi, altri scarti inquinanti
avvolti in sacchi di plastica; infine sul fondo della vicina piccola dolina,
dove una volta il terreno impermeabile creava con le piogge una pozza usata dai
caprioli e abitata dai rospi, uno strato bituminoso. È la scena che si presenta
nel bosco che vicino Trebiciano circonda il sentiero che porta al villaggio
sloveno di Orlek, trasformato in una bella pista ciclabile asfaltata ma peraltro
usata abusivamente dai cacciatori con le loro auto.
«Il 24 aprile - è la circostanziata denuncia di Marco Mattagliano, giovane
residente locale - un’impresa aveva completato alcune piccole asfaltature nel
centro del paese e lungo la sua arteria principale. Strana coincidenza: un paio
di giorni dopo mentre passeggiavo con il mio cane ho scoperto la discarica
abusiva. Sono geometra e lavoro nel settore: sono senz’altro residui di lavori
stradali». Il sito inquinato si trova vicino all’Abisso di Trebiciano,
frequentato anche da scolaresche e solo il custode è autorizzato a usare la
ciclabile con il suo mezzo: si trova sulla sinistra dirigendosi verso il
territorio sloveno, all’altezza del «metro 500» e la zona erbosa che dalla pista
porta alla dolina presenta ancora oggi evidenti tracce di pneumatici.
«È una vergogna - commenta Virgilio Zecchini abitante del luogo -: qui anche i
ragazzini venivano a giocare e ad avvicinarsi alla natura».
I bidoni, recanti la dicitura «morchie oleose» e altre simili, come i sacchi e
il fondo della dolina, sono circondati da nastri biancorossi: un piccolo
«giallo». Non si sa, infatti, se sono stati posti per scrupolo, ai fini della
sicurezza, da chi ha abbandonato i residui inquinanti o se magari gli autori del
gesto illegale avevano intenzione di tornare a prelevare il materiale. In ogni
caso il fango oleoso che ha compromesso il fondo della dolina non depone a
favore di teoriche buone intenzioni. Mattagliano ha avvertito dell’episodio i
carabinieri della Compagnia di Aurisina: pochi giorni dopo, due militari hanno
effettuato insieme a lui un sopralluogo il 30 aprile ma finora nulla si è mosso
per bonificare il sito.
(p.p.g.)
«Bicincittà» e «Bimbimbici», migliaia sulle due ruote - PARTENZA DA VIALE
ROMOLO GESSI
l I comunicati devono arrivare in redazione via fax (040 3733209 e 040 3733290)
almeno tre giorni prima della pubblicazione.
l Devono essere battuti a macchina, firmati e avere un recapito telefonico
(fisso o cellulare).
l Non si garantisce la pubblicazione dei comunicati lunghi.
E’ la domenica di «Bimbimbici» e «Bicincittà», iniziative a carattere ecologico
che quest’anno, a Trieste, si tengono nella stessa giornata e con lo stesso
percorso. «Bicincittà» è promossa dalla Uisp, «Bimbimbici» dalla Ulisse-Fiab
(Cicloturisti Urbani).
Partenza da Viale Romolo Gessi, in prossimità del cinema Ariston, con ritrovo
attorno alle 8.30. Due i tragitti prestabiliti. Il primo prevede il via alle
9.45, è aperto a tutti e indicato in particolare ai più piccoli, con transito
attraverso le vie del centro, da viale Gessi, lungo le Rive, via Canal Piccolo,
Piazza delle Borsa, Piazza Goldoni, via Saba, Viale Oriani, il passaggio in via
Carducci, Piazza Oberdan, Dalmazia, Ghega, Cellini, Stazione Centrale, bretella
dietro Corso Cavour e ritorno alla sede di partenza.
Dopo la pausa del ristoro delle 10.45, alle 11.30 si riparte, questa volta con
un percorso più impegnativo che gli stessi organizzatori sconsigliano ai
ciclisti più giovani e che riguarda il transito da Largo Irneri verso l'area dei
lavori della ciclopista della Val Rosandra, attraversando via D'Alviano, via
Lorenzetti, Rotonda per via Zorutti, via Orlandini, via Mansanta e quindi via
dell'Istria, via Baiamonti e ritorno alla base.
All’edizione 2008 di Bicincittà e Bimbimbici è abbinato inoltre: «In sella e
vai: racconta il bello e il brutto della tua città», concorso fotografico che
mette in palio, naturalmente, una bicicletta.
Discarica a Medolino: referendum in forse - Il comune di Pola: «Costa
100mila euro, troppo» - Il megacentro di raccolta dei rifiuti grande come 70
campi di calcio
POLA L’amministrazione municipale di Pola sta ammorbidendo le posizioni in
merito alla richiesta di referendum sul contestato progetto della discarica
regionale in localita' Castion vicino a Medolino.Una richiesta piu' volta
avanzata dall' opposizione politica che fa riferimento al Foro socialdemocratico
istriano dell' ex sindao Luciano Delbianco e dagli ambientalisti,pero' sempre
bocciata.L' ultimo deciso ''no'' e' arrivato l' altra sera in sede di consiglio
municipale da parte del suo presidente Denis Martincic.''Il referendum costa
troppo quasi 100.000 euro ''ha spiegato'', come le elezioni locali per cui non
lo faremo visto che il bilancio non contempla tale spesa''.E subito i
consiglieri all' opposizione si sono alzati abbandonando l' aula in segno di
protesta.Ieri mattina pero' sull' argomento ha diffuso un comunicato stampa il
sindaco Boris Miletic che si dice favorevole al referendum anche come prova
della trasparenza della sua amministrazione.''Sono del parere che su temi di
importanza generale i cittadini debbano dire la loro opinione tramite
consultazione referendaria ,come del resto previsto dalla costituzione '' dice
il sindaco'' a patto pero' che sia fatta in maniera seria e senza l' intrusione
della politica''. Lo scottante tema sara' incluso all' ordine del giorno della
prossima seduta del consiglio che si riunira' tra un mese.In pratica a decidere
sul ''si'' o ''no'' al referendum sara' la maggioranza consigliare formata da
Dieta democratica istriana, Partito socialdemocratico e Partito dei pensionati
che finora ha sempre appoggiato il progetto.Il progetto di Castion,che in
effetti prevede la ''promozione'' dell' attuale centro rifiuti cittadino a
discarica regionale sulla superficie equivalente a ben 70 campi di calcio ,viene
contestato principalmente per due motivi. Il primo riguarda l' impatto
ambientale giudicato devastante vista la vicinanza (meno di 2 km) degli impianti
turistici sul mare e delle prime abitazioni.Il secondo invece si riferisce alla
tecnologia che gli ambientalisti ritengono superata visto che solo il 12
percento delle immondizie verrebbe riciclato e il rimanente finirebbe nell'
inceneritore del Cementificio di Valmazzinghi vicino ad Albona.E c' e' anche un
terzo motivo dai contorni ancora non ben definiti:a Castion verrebbero
depositati anche i rifiuti tossici della Fabbrica di lana di roccia della
Rockwool a Sottopedena.Tale ipotesi viene avanzata dagli ecologisti ben
informati e non convincentemente respinta dagli addetti ai lavori.
p.r.
A Lussinpiccolo pescatori e delfini possono coesistere - LA RISERVA NON SI
TOCCA
LUSSINPICCOLO La riserva dei delfini, istituita nel 2006 nelle acque
prospicienti le coste orientali dell’ arcipelago di Cherso e Lussino, non
intaccherà in alcun modo le attività economiche della popolazione isolana. E’
quanto dichiarato a Lussinpiccolo da Zoran Sikic, sottosegretario al ministero
della Cultura, che ha voluto così mettere a tacere le proteste e le polemiche
all’indirizzo di un delfinario che – nato due anni fa su delibera del citato
dicastero – ha creato finora soprattutto malumori e confusione. Sorta grazie
all’iniziativa degli ambientalisti lussignani di Mondo blu (Plavi svijet), la
riserva è stata subito avversata da pescatori, operatori turistici, ristoratori
e altre categorie, in quanto si riteneva che avrebbe potuto limitare non solo la
navigazione ai diportisti, ma anche impedire l’ esercizio della pesca e altre
attività.
Il tutto in un arcipelago votato al turismo e dove anche il settore pesca ha un’
importanza più che notevole. Sikic ha partecipato a Lussinpiccolo alla riunione
che ha visto presenti ecologisti, esponenti della Sezione regionale Pesca, i
piccoli armatori nordadriatici, il sindaco Gari Cappelli, nonché esponenti dell’
Istituto nazionale per la Salvaguardia dell’ Ambiente.
E’ stata una seduta a porte chiuse, dopo di che si è tenuta l’ annunciata
conferenza stampa. Ai giornalisti è stato precisato che fra un mese si terrà un
nuovo incontro che servirà a fissare le regole comportamentali nella zona in
regime di tutela. Nelle acque cherso – lussignane vive infatti una colonia di
delfini comuni, circa 150 esemplari, che costituisce un’ autentica attrazione.
“In nessun caso vareremo un documento che possa danneggiare gli interessi
economici di chersini e lussignani – ha aggiunto l’ esponente governativo –
crediamo che in questo braccio di mare sussistano i presupposti per tutelare al
meglio i delfini, senza che ciò sia a scapito di qualcuno. La convivenza è
possibile. Da parte nostra vogliamo che la colonia continui a svilupparsi in
maniera ottimale, la qual cosa è pure contemplata dalle convenzioni
internazionali di cui la Croazia è uno dei Paesi firmatari”. Il sindaco di
Lussinpiccolo, Gari Cappelli, ha dichiarato che la sua amministrazione è pronta
a istituire un ente con il compito di gestire l’ area protetta, a patto che
tutte le parti interessate riescano a trovare un linguaggio comune, senza più
tensioni e liti. Uno dei dirigenti di Mondo blu, Jelena Jovanovic, ha parlato di
incontro positivo, di primi passi concreti dopo che nel luglio 2006 il ministro
della Cultura croato, Bozo Biskupic, aveva istituito ufficialmente il
delfinario.
A. M.
IL PICCOLO - SABATO, 17 maggio 2008
La Provincia denunciò la discarica alla Procura -
L’AREA DELLO SCALO LEGNAMI SOTTO SEQUESTRO
Tre mesi fa la diffida ai titolari dell’area. L’ordinanza del Gip: «I rifiuti
sono finiti in acqua»
La Provincia già tre mesi fa aveva diffidato i titolari della discarica abusiva
nell’area dello Scalo legnami. Aveva informato la Procura che si stavano
scaricando rifiuti pericolosi come gli scarti dell’asfalto di strade di Trieste
i cui lavori erano stati appaltati da Comune alla Bruno Costruzioni.
La raccomandata dell’assessorato all’ambiente di palazzo Galatti era stata
spedita il 4 febbraio scorso ed era giunta nella sede legale della società a
Monfalcone in via Timavo il giorno successivo.
Lo rileva il Gip Massimo Tomassini nelle motivazioni a corredo del decreto di
sequestro dell’area costiera, della Isp Riciclati e di una dozzina tra camion e
macchine operatrici di proprietà degli indagati.
Chi ha inquinato non poteva non capire lo scempio ambientale che veniva
commesso. Osserva infatti il giudice: «Nessun dubbio potevano nutrire Diego
Romanese e Cataldo Marinaro (ndr, i titolari della Isp, indagati insieme alle 10
persone, costruttori e imprenditori, che si sarebbero serviti della discarica)
sulla illegalità della loro condotta». Insomma erano stati anche avvisati che
l’utilizzo di quell’area per scaricare prodotti nocivi era assolutamente
vietato. Non avevano alcuna autorizzazione. Scaricavano gli scarti dell’asfalto
e non si ponevano problemi. E hanno continuato a farlo fino a pochi giorni fa.
La conferma che sia partita dalla Provincia la segnalazione arriva
dall’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi: «La richiesta che era stata
presentata alla nostra amministrazione per l’uso dell’area dello Scalo legnami
era stata di tipo semplificato, in pratica con una semplice presa d’atto. La
ditta Isp aveva ottenuto il permesso di utilizzare l’area solamente per produrre
una particolare miscela dalla lavorazione delle pietre carsiche e dai residui
inerti, da utilizzare per prolungare la diga Rizzo e le strutture del Mose di
Venezia e non certo per fare una discarica di quelle proporzioni».
È stato infatti alla fine dello scorso febbraio, in seguito agli accertamenti
della Forestale, che dalla Provincia è partita la copia della diffida alla Isp
diretta alla Procura della Repubblica. Ed è stato a questo punto che sono
scattate le indagini da parte della Guardia di finanza coordinate e disposte dal
pm Maddalena Chergia, il magistrato che quattro giorni fa ha chiesto e ottenuto
il sequestro dell’area.
Delle indagini scrive estesamente nel provvedimento il Gip Massimo Tomassini. Il
magistrato, facendo riferimento alla deposizione di un testimone, ricorda che
sono stati eseguiti da parte dei finanzieri accertamenti approfonditi grazie
soprattutto a numerose fotografie e riprese video. Per mesi il continuo viavai
di camion è stato monitorato. Ogni automezzo è stato fotografato e sono state
segnate le ore e le date di trasporto.
Nelle sue motivazioni il giudice Tomassini in cui riporta il contenuto di
un’annotazione degli investigatori inviata il 5 marzo scorso. «È stato chiarito
- scrive il magistrato - come sul sito fossero stati depositati grandi
quantitativi di rifiuti di vario genere e natura, e come gli stessi, tracimati
dal suolo, fossero in parte addirittura finiti in mare, così in sostanza
estendendo la superficie di terreno rispetto al momento dell’inizio dell’opera
di raccolta e riciclo».
La battaglia ora si sposta in Tribunale e alcuni legali dei proprietari dei
mezzi bloccati dal decreto del Gip hanno chiesto il dissequestro che lunedì
verrà discusso dal Tribunale del riesame.
Intanto ieri il pm Federico Frezza, titolare dell’inchiesta sull’altro
sequestro, quello effettuato l’altra mattina dalla Capitaneria dell’area vicino
alla Ferriera ha convalidato il provvedimento. Era stato lo stesso pm a chiedere
la chiusura dell’area lo scorso 7 aprile.
CORRADO BARBACINI
Non esiste un deposito per gli scarti dei cantieri - I costruttori: «Ci
sono solo concessioni temporanee e così li portiamo in Friuli»
Trieste non ha discariche o centri di trattamento specializzati per materiali
bituminosi, gommosi o di plastica. Sono gli stessi esperti del settore a
sottolinearlo. Le ditte che si occupano di costruzioni devono affidarsi ad
aziende esterne, le quali dividono le tipologie di rifiuti e successivamente le
trasportano fuori città. Nella migliore delle ipotesi in Friuli, altrimenti in
altre zone d’Italia o addirittura all’estero. La maggior parte dei materiali
viene riciclata e rimessa a disposizione. Un processo che comporta dei costi
molto alti, certamente più importanti rispetto al solo acquisto di materie.
Basta pensare al fatto che «al metro cubo i prezzi per lo smaltimento vanno dai
30-40 euro per i materiali plastici meno elaborati fino a 300-400 euro per
quelli più complessi, come le piastre in quadrati prefabbricati di linoleum»,
spiega Stefano Zuban, il rappresentante degli edili per la Cna. Se poi, nel
corso di eventuali scavi, viene ritrovato ad esempio dell’amianto, a quel punto
è necessario contattare un’azienda altamente specializzata che lo intubi per
prelevarlo. Sulla questione discarica abusiva e sulle indagini che stanno
coinvolgendo la Bruno Costruzioni, Zuban osserva: «Spero che queste persone non
c’entrino. Altrimenti si tratterebbe di qualcosa di molto grave, anche perché
noi predichiamo da tempo il rispetto per i decreti relativi al conferimento dei
materiali. Inoltre, il fatto di fruire di una discarica abusiva renderebbe, in
modo irregolare, una ditta più concorrenziale rispetto alle altre di almeno il
30 per cento».
Il presidente triestino dell’Associazione costruttori edili, Alessandro Settimo,
ritorna sul problema che investe la provincia: «C’è un deficit di posti per lo
smaltimento. Esistono solamente dei casi di concessioni temporanee, per le quali
è previsto peraltro un iter burocratico molto complicato. Il comparto
costruzioni, a Trieste, ha bisogno di strutture ricettive». Quando una ditta
riceve l’incarico da un ente pubblico ha l’obbligo di occuparsi anche di
eliminare i rifiuti: «Nei contratti non viene esplicitato come, ma si affidano a
chi riceve l’appalto tutte le responsabilità legate al lavoro», conclude
Settimo.
Un altro costruttore molto noto in città, Donato Riccesi aggiunge: «Esistono
solamente delle discariche provvisorie, per esempio in zona Aurisina. Nella
maggior parte dei casi, tuttavia, bisogna rivolgersi fuori provincia a costi
piuttosto elevati. Potenzialmente qui ci sarebbe la cava Faccanoni che potrebbe
garantire una certa tranquillità in questo senso per i prossimi trent’anni. Non
si capisce perché non sia disponibile, pur essendo stata utilizzata per i
materiali arrivati dai cantieri della Grande viabilità triestina».
MATTEO UNTERWEGER
INQUINAMENTO - Pescatori e Autorità portuale: controlli in mare -
L’Arpa ha effettuato già campionamenti
Commissionato uno studio sui pesci del golfo. Test nell’area della
piattaforma logistica
Nessuno usa la parola allarme, perché in effetti non ci sono dati ufficiali che
lo attestino. Tuttavia il sequestro delle aree dove sono state trovate le
discariche abusive in zona Scalo legnami e Ferriera ha fatto partire subito una
serie di richieste di esami e analisi dello spicchio di mare a ridosso della
zona. Si vuole capire se ci possano essere contaminazioni di qualsiasi genere,
anche sul pesce che potrebbe poi diventare cibo sulle tavole dei triestini.
«Appena saputo della situazione, abbiamo predisposto immediatamente gli
accertamenti - spiega Guido Doz, presidente regionale dell’Agci pesca -,
incaricando la cooperativa Lisert di fare uno studio sui pesci». Doz spiega poi
di non avere alcun timore «visto che appena un anno fa avevamo commissionato
un’analisi sul vallone di Muggia, comprendente anche quell’area e gli esiti non
avevano messo in rilievo alcun eventuale problema di tipo sanitario, anche sulle
specie che si trovano alle maggiori profondità».
Nelle pescherie del centro, non si è verificata alcuna ripercussione negativa
sulle vendite. Dai consumatori nessun timore e neppure richieste di chiarimenti:
«Quella peraltro è una zona interdetta alla pesca - dice Livio Amato,
rappresentante dei titolari delle pescherie triestine in Confcommercio - e il 90
per cento dei nostri prodotti è pesce azzurro, che proviene dalle zone di
Barcola e Sistiana, quattro-cinque chilometri al largo. Gli affari in questi due
giorni hanno avuto un andamento regolare al 100 per cento».
Quanto all’Autorità portuale che gestisce le aree del Demanio marittimo in
questione, alcuni approfondimenti sono già stati fatti ed altri seguiranno a
breve. «L’area della Ferriera e quella dello Scalo legnami sottoposte a
sequestro fanno parte del progetto della piattaforma logistica - afferma Fabio
Rizzi, dirigente del servizio sicurezza e ambiente dell’Authority - e pertanto
su entrambe era stato previsto un piano di caratterizzazione. Le indagini a
terra erano già state svolte e quei risultati, che al momento non abbiamo in
mano, verranno illustrati prossimamente nell’apposita conferenza dei servizi».
Ma a ciò verranno abbinati altri dati: «Fra qualche tempo - aggiunge Rizzi - si
procederà pure con le analisi sulla zona di mare».
In questo quadro, si inseriscono inoltre i campionamenti già effettuati
dall’Arpa, dai quali si attendono gli esiti. Prove decisive per capire se
qualche materiale sia stato rilasciato nel terreno per poi disperdersi in mare
ed eventualmente entrare in circolazione in vegetali oppure animali, con il
pericolo di irrompere successivamente nella catena alimentare e diventare
rischioso per l’uomo.
(m.u.)
DISCARICA ABUSIVA NELLO SCALO LEGNAMI - «Camion della
Bruno, un flusso continuo»
I trasporti dai cantieri stradali e dalle aziende indagate alla discarica
abusiva nell’area dello Scalo legnami erano infatti frequentissimi. Centinaia di
viaggi con camion sia della ditta Bruno, ma anche di proprietà di «padroncini»
ingaggiati per l’occasione.
«L’attività - si legge nel rapporto della Guardia di Finanza inviato alla
procura - ha consentito di verificare un continuo flusso di automezzi
trasportare materiale proveniente da demolizioni e scavi come quelli
riconducibili alla Bruno Costruzioni, che lasciavano supporre il fatto che tale
impianto celasse una vera e propria discarica».
E poi, si legge ancora nella relazione delle Fiamme gialle che è parte
integrante delle motivazioni al sequestro disposto dal Gip Massimo Tomassini:
«Abbiamo accertato l’esistenza anche di un’altra discarica, sita
nell’immediatezza dell’entrata della Ferriera di Servola in cui confluiva
materiale proveniente dal primo impianto e che poteva essere nella disponibilità
di Diego Romanese e Cataldo Marinaro. In questa area – continua la nota
investigativa – è stata accertata la presenza di pezzi di asfalto stradale
mescolato ad altri rifiuti».
Il parco della Maddalena sacrificato all’avanzare della civiltà del cemento
L’abbattimento delle foreste primarie della fascia tropico-equatoriale pare
incrementarsi anziché arrestarsi di fronte al progressivo decadimento del
livello di respirabilità e salubrità dell’aria. I residui dei boschi planiziali
della Pianura padana sono ormai pezzi da museo. I campi coltivati destinati
all’agricoltura si riducono al ritmo di centinaia o forse migliaia di ettari al
giorno e le città sono assediate da capannoni industriali, autostrade, centri
commerciali e annessi megaparcheggi asfaltati, così da rendere il passaggio da
una città all’altra un tutt’uno senza soluzione di continuità. È sufficiente
fare un breve percorso da Capodistria a Tricesimo, via Gradisca-Udine, per avere
una campionatura dei danni fatti all’ambiente in questi ultimi 20 anni. A
Trieste sembra si stia seguendo la stessa filosofia. L’abbattimento di alberi a
volte secolari è ormai all’ordine del giorno. Fanno testo le stragi compiute a
Roiano, piazza V. Veneto e S. Giacomo, e la recente distruzione del parco della
Maddalena, una parte dell’efficientissimo sistema di polmoni verdi per
combattere l’inquinamento urbano senza alcuna spesa e rendere più vivibile la
città. Mentre la mano destra, dopo anni di abbandono, opera per recuperare e
conservare il complesso dell’Opp di S. Giovanni, la mano sinistra provvede a
cementificare con insolita rapidità ed efficienza il parco che dava respiro al
complesso della Maddalena. Un buon architetto urbanista, opportunamente
sensibilizzato, avrebbe dovuto valorizzare le future edificazioni approfittando
e rispettando gli elementi arborei presenti sul sito, come è già stato fatto in
innumerevoli parti del mondo. L’eventuale reimpianto di nuovi alberi potrà dare
gli stessi benefici fra 30 anni. Troppo tardi! A Grignano c’è un ristorante con
un albero nel mezzo della sala da pranzo. Si potrebbe tagliare per ricavare un
posto a sedere in più. A casa mia un condomino in assemblea ha chiesto che venga
tagliato un cedro deodara perché crescendo ormai gli toglie la vista mare. E
avanti così. Già che ci siamo, propongo di fare un bel «repulisti» del Giardino
pubblico e farne una spianata di cemento con sottostante parcheggio interrato da
2000 e più posti auto. La progettazione potrebbe essere affidata a Calatrava
che, grato per la generosa commessa, potrebbe offrirci come omaggio il progetto
per il nuovo ponte da costruirsi su Canale di Ponterosso. Allora, tutori del
verde pubblico (se ci sono), fatevi da parte e lasciamo avanzare la civiltà del
cemento e dell’asfalto, tanto poi quando la Terra sarà completamente
desertificata avremo i mezzi per trasferirci su Marte, pianeta notoriamente
ricco di lussureggiante vegetazione. Ma nel frattempo ci saremo abituati a
vivere in beauty farm sotterranee dove poter respirare buon ossigeno dalle
bombole.
Nico Zuffi
IL PICCOLO - VENERDI', 16
maggio 2008
Sequestrata discarica alla Ferriera - L’accusa:
abusiva. In un’area di 23mila metri quadri scarti di lavorazione e macchinari -
INDAGINI DELLA CAPITANERIA DI PORTO
È sotto sequestro da ieri mattina una vasta zona della Ferriera di Servola.
Secondo l’inchiesta che è stata avviata dalla Capitaneria di Porto, l’area che
appartiene al Demanio marittimo è stata utilizzata come discarica abusiva. Vi
sono state accumulate attrezzature industriali fuori uso e carcasse di camion.
Ma anche bidoni di vernici, scarti di lavorazione, manufatti in cemento armato,
motori ridotti in pezzi.
Tre enormi colline, alte più di 15 metri, nascondono al loro interno altri
rifiuti che il carbone, i minerali di ferro e altri materiali di probabile
scarto di fonderia, ricoprono completamente.
«Siamo marinai ma per capire cos’è nascosto all’interno di questi cumuli ci
siamo arrampicati sulla loro sommità come fossimo alpini» ha affermato uno dei
militari dalla «task force» che ieri da terra e dal mare sono entrati nello
stabilimento siderurgico.
L’area posta sotto sequestro ha una superficie di circa 23 mila metri quadrati:
150 per 150 metri di lato. Uno dei lati confina con la discarica dello Scalo
legnami sequestrata tre giorni fa dal pm Maddalena Chergia. Lo stesso magistrato
ieri ha «ratificato» quanto i militari della Capitaneria di Porto avevano fatto
di propria iniziativa.
«Dovremo vedere cosa nascondono quei cumuli di carbone e di minerali. Ma anche
scoprire cos’è finito in fondo al mare nella stessa zona. Arriveranno al più
presto i nostri subacquei da Ancona e inizieranno le immersioni e le ricerche.
L’area che ispezioneremo è posta tra la banchina della Ferriera e lo Scalo
legnami» spiegano gli ufficiali della Capitaneria che stanno gestendo questa
operazione, voluta dall’ammiraglio Domenico Passaro e dal capitano di vascello
Felice Tedone. I tempi dell’inchiesta, vista la complessità, non si
preannunciano brevi.
Va precisato che l’area sequestrata e subito transennata con paletti e fettuccia
biancorossa, non è direttamente coinvolta nell’attività industriale della
Ferriera. E la produzione di ghisa non subirà alcun contraccolpo, né grande, né
piccolo, così come gli sbarchi sulla banchina. A breve scadenza inizieranno
anche le analisi chimiche di quanto è stato abbandonato o nascosto nei cumuli
diventati col tempo delle piccole malsane colline. Sembrano cose piuttosto
antiche e di incerta datazione. Ma sono rimaste lì, senza che nessuno
intervenisse. Ora in molti si chiedono perché nessuna delle proprietà che si
sono avvicendate sul ponte di comando della Ferriera dal 1990 a oggi, non ha mai
preso l’iniziativa per smaltire o rimuovere questi rifiuti. L’area sequestrata
appartiene al Demanio marittimo. In sintesi allo Stato. La Ferriera l’ha in
affitto e paga un canone di concessione.
Ieri gli uomini della Capitaneria di Porto stavano ispezionando l’area poi
sequestrata per tutt’altri motivi. Verificavano per conto del pm Federico Frezza
la linea di costa e le variazioni intervenute a partire dagli Anni Settanta per
mano dell’uomo e delle sue attività industriali. Le Ferriera ha infatti «rubato»
al mare più di 40 mila metri quadrati di superficie, equivalenti a otto campi di
calcio. In alcune zone la linea di costa è avanzata anche di 75 metri verso il
centro del Vallone di Muggia, in altri molto meno. Sono scomparsi del tutto o
sono stati ridotti ai minimi termini, una piccola baia e un promontorio. Ma al
fenomeno di «crescita», peraltro mai segnalato alle autorità, è interessato
tutto il lato a mare dello stabilimento, tranne la banchina dove attraccano le
navi per scaricare carbone e minerali.
Per capire cos’è effettivamente accaduto e soprattutto quando la linea di costa
ha iniziato a cambiare significativamente il suo profilo, il pm Frezza ha fatto
effettuare da tremila metri di quota una serie completa di foto aeree al geologo
Franco Coren. Queste foto sono state messe a confronto con altre immagini
scattate più di 15 anni fa su iniziativa della Regione Friuli Venezia Giulia. Il
confronto ha mostrato le differenze intervenute negli anni ma ora consentiranno
una precisa ricostruzione di ciò che è accaduto nell’area sequestrata ieri.
Le immagini sono state infatti scattate ad altissima risoluzione e rivelano una
quantità incredibile di dettagli presenti sul terreno. I relitti dei camion, la
presenza massiccia delle attrezzature industriali, i bidoni di vernice
seminterrati, dovrebbero essere identificabili con una certa facilità. Anche il
profilo delle colline così come appare nelle foto antiche e in quelle moderne
dovrebbe fornire agli inquirenti indicazioni preziose sui tempi in cui i rifiuti
di maggiori dimensioni sono finite in quella discarica a cielo aperto.
DISCARICA IN FERRIERA - LA LUCCHINI-SEVERSTAL «Il terreno è demaniale.
In passato vennero depositati materiali di scarto dell’acciaieria che è stata
poi dismessa»
L’azienda: zona inutilizzata la bonifica era già prevista
«Stoccaggio abusivo di rifiuti». È questa l’ipotesi di reato che il pm
Maddalena Chergia contesta da ieri alla società proprietaria della Ferriera di
Servola. Ma il gruppo «Lucchini-Severstal» ribatte che quei vecchi camion fuori
uso, quelle attrezzature industriali dismesse, quelle colline di minerali di
ferro e carbone, erano state abbandonate in quell’area ben prima dell’arrivo a
Trieste del gruppo industriale bresciano. In sintesi: «Noi non abbiamo nulla a
che vedere con questo uso improprio e potenzialmente doloso del terreno
demaniale. La ricerca va spostata all’indietro nel tempo, in direzione dei
nostri predecessori».
Il gruppo «Lucchini-Severstal», ieri in serata ha diffuso un dettagliato
comunicato stampa in cui questi concetti vengono ribaditi e messi a fuoco con
grande precisione.
«Nell’area sequestrata ieri, in passato vennero depositati materiali di scarto
dell’acciaieria poi dismessa. Su questa stessa area l’attuale proprietà aveva
già avviato un piano triennale (2008-2010) di ricupero degli scarti di
lavorazione, con un investimento previsto di sei milioni di euro. Questo piano
era già stato reso noto sia alle istituzioni che agli organi di informazione».
Fin qui la difesa. Ma il gruppo «Lucchini Severstal» attraverso il proprio
ufficio stampa va oltre e precisa che «l’area sequestrata, di proprietà
demaniale, non è attualmente utilizzata e quindi l’ordinanza di sequestro non
crea alcuni problema all'attività produttiva dello stabilimento. Non potranno
però continuare le bonifiche già avviate finché l’area non sarà dissequestrata».
«Il Gruppo Lucchini-Severstal sottolinea che attraverso i suoi legali, si
metterà immediatamente in contatto con la Procura di Trieste per chiarire la
propria posizione».
(c.e.)
Rifiuti: controlli sui lavori «Bruno» per il Comune - L’INCHIESTA SULLA
MAXI-DISCARICA SCOPERTA ALLO SCALO LEGNAMI
Verifiche sui registri di trasporto della ditta. Il sindaco Dipiazza: «Hanno
vinto regolari gare d’appalto»
«Ho cercato varie volte di smaltire materiale nella discarica dello Scalo
legnami. Mi sono sempre trovato di fronte a un muro di gomma. Le mie richieste
di accesso sono state sempre respinte. Ora dopo l’apertura dell’inchiesta da
parte del sostituto procuratore Maddalena Chergia, incomincio a capire perché.
Quella era una discarica riservata a pochi».
Le parole amare sono di un imprenditore edile triestino che ha promesso di
mettersi in contatto nelle prossinme ore con gli investigatori della Guardia di
finanza. Di più non dice. Per ora preferisce di fronte al polverone, rimanere in
silenzio. E intanto i militari della Finanza esaminano la documentazione
sequestrata.
È un mare di carte, di fatture, di ricevute. Da ieri tutto questo è sotto la
lente. Ci sono autorizzazioni ma anche registri con numeri e quantità di rifiuti
speciali trasportati come normali in quella che è stata definita la discarica a
mare di Trieste che si trova a pochi chilometri in linea d’aria dagli
stabilimenti balneari più popolari della città. Molte sono bolle o schedari o
documenti riconducibili alla Bruno Costruzioni.
Infatti una buona parte di questi rifiuti sono gli scarti dell’asfalto rimosso
dalle Rive o da altre strade da parte degli operai che in questo ultimo periodo
hanno lavorato alle dipendenze dell’azienda leader in città, quella che ha vinto
gran parte degli appalti del Comune di Trieste: appunto la Bruno Costruzioni.
È sbarcata appena 15 anni fa a Trieste da Potenza. È diventata in questo periodo
la più importante azienda del settore ottenendo molti riconoscimenti e
altrettante commesse pubbliche.
«Sporgerò querela nei confronti della ditta Isp che ha riciclato in maniera
illegale molti rifiuti dell’attività di demolizione effettuati dalla mia azienda
sulle strade di Trieste. Li trascinerò davanti ai giudici i titolari». È
perentorio l’ingegnere Raffaele Antonio Bruno, 52 anni, l’amministratore della
Bruno Costruzioni. Aggiunge: «Anche noi costruttori siamo vittime in questa
vicenda. Non è vero che abbiamo speso meno per il trasporto dei rifiuti. Ripeto,
avevamo scelto quell’azienda (ndr la Isp) perché la discarica era la più
funzionale alle nostre esigenze». Sono targati Bruno Costruzioni almeno 17mila
metri cubi di materiale «composto - scrive il pm Maddalena Chergia -
apparentemente da terre e rocce da scavo e rifiuti misti dell’attività di
costruzione e demolizione, i cui ultimi apporti provenivano dal Cantiere Rive e
risalivano al periodo marzo 2006-giugno 2006».
«Hanno vinto le gare d’appalto», taglia corto il sindaco Roberto Dipiazza.
Aggiunge: «La discarica non è al momento un problema mio. Io non vengo informato
dove una ditta va a scaricare i propri scarti. C’è un’inchiesta della procura».
In Tribunale il 31 marzo l’ingegnere Raffaele Antonio Bruno era stato assolto
dall’accusa di reticenza di fronte al pm Tito. Aveva preannunciato al sindaco
che l’appalto della ristrutturazione di piazza Puecher sarebbe stato vinto due
giorni dopo dall’impresa Mari e Mazzaroli, fatto poi in effetti accaduto. Al pm,
che poi lo aveva convocato dopo la segnalazione del sindaco, Bruno non aveva
detto da chi avesse avuto la premonizione rivelatasi esatta. Pochi mesi dopo,
nel corso del processo in aula, Dipiazza aveva definito pubblicamente il
costruttore «un amico» e aveva parlato di reciproche frequentazioni. «Sono un
imprenditore. Non faccio il politico», ha precisato ieri sera l’ingegnere Bruno.
Innegabile, tuttavia, che conosce e frequenta tutti quelli che contano in città.
I lavori a Trieste. La lista degli appalti vinti a Trieste dalla Bruno
Costruzioni è lunghissima. Basta navigare sul sito della società per trovarne
citata una buona parte con tanto di fotografie perché ottenere questi dati dal
Comune è praticamente impossibile. «Bisogna inoltrare una richiesta ufficiale e
aspettare», dice l’assessore Franco Bandelli. Ci sono i lavori di completamento
e ripristino di Passeggio Sant’Andrea e viale Gessi, poi quelli del ricreatorio
di Opicina, del collegamento fognario dell’impianto di Zaule, del piano di
recupero di via dei Capitelli. E poi ancora gli interventi di manutenzione della
rete fognaria, poi di strade, piazze e marciapiedi. La ristrutturazione della
Scuola «Sirk» di Santa Croce, il campo di calcio di San Vito, i lavori all’ex
campo profughi di Prosecco, il lungomare di Barcola. E infine per conto dell’Acegas
i lavori connessi a quelli di ricerca delle perdite nelle reti del gas, i
trattamenti per il riuso dei reflui del depuratore di Zaule.
La Bruno Costruzioni Sas è nata a Potenza nel 1983. Precisamente il 28 novembre.
A fondarla è stato il cavaliere del lavoro Carmine, che nel 1959 trasformò la
ditta individuale in società in accomandita semplice preparandola per il balzo
verso Trieste.
Sul sito web si legge che «negli anni ’50 e ’60 la società si è affermata nel
settore delle costruzioni, risultando ora fra le più importanti e qualificate
imprese in ambito nazionale nella fascia di fatturato di piccola e media
impresa, realizzando opere di rilevante entità sia per conto di enti statali,
sia per conto di importanti società private». Il 5 novembre 2004 la società ha
trasferito la propria sede a Trieste in piazzale Giarizzole 35. Il capitale
sociale ammonta a poco più di un milione di euro. Nei posti chiave dell’azienda
siedono Antonio Raffaele Bruno, l’amministratore, Claudio Bruno, direttore
tecnico, Gaetano Biagio Bruno e Carmine Bruno, procuratori speciali.
SCALO LEGNAMI - SOPRALLUOGO DEL SOTTOSEGRETARIO
ALL’AMBIENTE - «Ho assistito a uno spettacolo devastante che rischia di avere
pesanti conseguenze»
Menia: trattare per chiudere la fabbrica - «Si può pensare di
coinvolgere la Lucchini nell’operazione rigassificatori»
«Non c’è che dire, è un ”uno-due” davvero sconcertante». Roberto Menia non
immaginava di trovare così tanta carne al fuoco durante la sua prima uscita
ufficiale da sottosegretario all’Ambiente, tra l’altro proprio nella sua città.
Invece ha dovuto ricredersi: neanche il tempo di scendere dalla motovedetta
delle Fiamme gialle con cui aveva raggiunto la discarica abusiva allo Scalo
Legnami, che già arrivava la notizia dell’intervento della Capitaneria di porto
nel comprensorio della Servola spa.
«Le due aree sequestrate, tra l’altro, si trovano proprio l’una accanto
all’altra - osserva l’esponente di An -. Per un’ulteriore coincidenza, quindi,
durante il sopralluogo di stamattina (ieri ndr) le ho osservate entrambe. Già a
prima vista i cumuli di materiale ferroso di proprietà della Ferriera non
passano inosservati. Quando poi si viene a sapere che, oltre agli scarti di
lavorazione, sono ammassati lì anche secchi di vernici industriali altamente
nocive e altri rifiuti pericolosi, l’indignazione aumenta ulteriormente. Questa
scoperta non fa che rafforzare la convinzione che già avevo: la Ferriera va
chiusa e la strada della dismissione dev’essere perseguita il più rapidamente
possibile. I riscontri che hanno portato al sequestro, e per cui va il mio
plauso a Capitaneria e magistratura - continua il sottosegretario - sono
l’ennesima prova della pericolosità dello stabilimento. Pericolosità che non
deriva più solo dalle emissioni e dai fumi che escono dagli impianti, ma anche
dagli stessi materiali accatastati nelle aree circostanti. È evidente, quindi,
che non c’è più tempo da perdere: quando si prende coscienza dell’esistenza di
un ”cancro” simile, non si può far altro che estirparlo. Come? Riavviando l’iter
di chiusura disposto prima dell'approdo di Illy in regione».
Un’idea per il dopo Ferriera, peraltro, Menia ce l’avrebbe già. «Si potrebbe
pensare a un coinvolgimento della Lucchini nell’operazione rigassificatori -
chiarisce, precisando tuttavia di non aver ancora analizzato nel dettaglio la
proposta -. Il mio ragionamento è questo: il gruppo bresciano potrebbe entrare
nel business del gnl che garantirebbe evidenti ricadute in termini economici e
in cambio, come contropartita per la comunità, libererebbe l’area della
Ferriera. In termini di sicurezza ambientale, un rigassificatore crea meno
problemi rispetto allo stabilimento siderurgico. Gli impianti di gnl di ultima
generazione, infatti, oltre a essere fondamentali per affrontare il problema
energetico, offrono anche garanzie di assoluta sicurezza».
Ma nell’agenda del neo sottosegretario all’Ambiente, oltre a Ferriera e
rigassificatori, c’è anche la sfida del Sito inquinato («riprenderemo in mano
l’accordo di programma, mettendo però nero su bianco il princicio che chi non ha
inquinato non paga»). E, ovviamente, la lotta a episodi di abusivismo nello
smaltimento rifiuti come quello accertato allo Scalo Legnami. «Lì ho assistito a
uno spettacolo devastante che rischia di aver conseguenze pesanti - commenta
Menia -. A preoccuparmi comunque non sono tanto i possibili ritardi nell’avvio
del progetto della piattaforma logistica - su questo sono abbastanza ottimista
-, ma piuttosto i danni ambientali. Non collegherei tuttavia l’episodio di
Trieste al giro delle ecomafie. Credo si tratti di un caso tutto triestino».
Caso che coinvolge anche un nome importante come quello di Bruno Costruzioni.
«Ho saputo del suo coinvolgimento - conclude Menia -. Questo però rientra nella
sfera del lavoro dei magistrati, nella quale io non metto bocca».
MADDALENA REBECCA
Una rete di aziende per i titolari della Isp - Costruzioni, cave e
commercio tra le loro attività
Diego Romanese e Cataldo Marinaro. Ruota attorno ai nomi di questi due
imprenditori l’inchiesta del pm Maddalena Chergia sulla maxidiscarica dello
Scalo legnami. Inchiesta che ha portato gli investigatori della Guardia di
finanza alla scoperta di un rilevante quantitativo di scarti di asfalto
provenienti dal rinnovamento di una rilevante parte delle strade di Trieste.
La loro azienda è la Isp Riciclati che ha sede in via Timavo 69/8, nella zona
portuale di Monfalcone. Dai registri della Camera di commercio risulta che
questa società a responsabilità limitata è stata fondata il 4 agosto 2005. Il
capitale sociale è di 30mila euro, ripartito in eguali quote tra i due titolari,
Diego Romanese e Cataldo Marinaro. L’amministratore unico è Romanese fin dalla
costituzione. L’attività prevalente della Isp Riciclati, secondo i dati della
Camera di commercio, è il «recupero e la preparazione per il riciclaggio di
cascami e rottami non metallici». Ma l’oggetto sociale è ben più ampio. Dalle
operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi, all’attività di scavo, al
noleggio delle attrezzature e all’acquisto e la vendita di beni. La data
d’inizio dell’attività di impresa è il 19 dicembre 2005 e l’unità locale
operativa aperta in quella data ha sede proprio allo Scalo legnami in zona
industriale, nell’area appunto messa sotto sequestro dalla Guardia di finanza.
Il nome di Diego Romanese compare anche come titolare della Gefi Costruzioni Sas,
che ha sede nella frazione di Devetachi a Doberdò del Lago in provincia di
Gorizia. La società costituita nel 1988 ha per oggetto lo sfruttamento e la
coltivazione di cave per l’estrazione di marmi e l’attività di edilizia sia nel
settore privato che in quello pubblico. È stata messa in liquidazione - sempre
secondo i dati della Camera di commercio - il 22 dicembre 2000, quasi otto anni
fa. Nel 1990 risulta che l’unico cantiere attivo era alla Rotonda del Boschetto.
Altra società riconducibile sempre a Romanese è la Rdl che ha sede
nell’abitazione dell’imprenditore in via Girolamo Vida 16. È nata il 14 marzo
2003 e ha come attività quella di rappresentanza di materiali di costruzione
compresi gli infissi e gli articoli igienico sanitari.
L’altro imprenditore finito nella bufera è Cataldo Marinaro. È nato a Cirò
Marina in provincia di Crotone. Il suo nome compare in un’attività di estrazione
di pietre ornamentali e da costruzione cessata nel 1993 a Melissa in provincia
di Catanzaro. Risulta che si è poi occupato di trasporti su strada in un’altra
società di fatto che aveva sede sempre a Melissa, e che - stando ai dati della
Camera di commercio - è cessata nel 1982. A Monfalcone il suo nome compare
nell’organigramma della «Progetto Monfalcone Srl» con sede in via Terme Romane
5. L’azienda si occupa di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi,
carburanti e lubrificanti. È presidente del consiglio di amministrazione.
Consigliere delegato è Riccardo Furlan. Soci sono i rappresentanti di un buon
numero di aziende: Punto Srl, Cunja R. Eredi, Officine Lenardon, Transforset,
Logistica P Srl, Trans Est Srl, Cointra Transport and Trade Co., Pevere
Logistica Srl, Manfreda Logistik & Transoport Srl, Masotti Srl, Bergamasco
Tiziano, Eurocar Sas, Auta Marocchi Spa, Mar-Ter Spedizioni e Aristone Claudio.
(c.b.)
SCALO LEGNAMI - LE REAZIONI DEI POLITICI - Cosolini: emergenza ecologica
- Fedriga: «Per troppi anni nessuno ha vigilato»
Chi avrebbe dovuto vigilare sull’area dello Scalo Legnami e accorgersi per tempo
della presenza della discarica abusiva ricavata a ridosso della costa? È la
domanda che iniziano a porsi in molti, anche nel mondo politico locale.
«C’è da interrogarsi su come tutto questo abbia potuto accadere in una zona
sotto gli occhi di tutti - osserva il neo segretario provinciale del Pd, Roberto
Cosolini - , Tocca certo a forze dell’ordine e magistratura accertare le
responsabilità dello scempio ambientale. Ma è altrettanto necessario che le
pubbliche amministrazioni e la politica in generale, affrontino seriamente il
problema del rapporto fra territorio e l’ambiente, prima che sia troppo tardi.
Il fatto che un triestino, Roberto Menia, sia sottosegretario all’Ambiente può
certo offrire una sponda importante nel Governo - conclude Cosolini - , ma è
indispensabile che anche le istituzioni locali affrontino oggi il problema nella
sua interezza. L’utilizzo del nostro territorio secondo criteri di qualità e il
superamento della emergenza ambientale richiedono un impegno comune e uno sforzo
straordinario».
Il gruppo consiliare di An, che sul caso discarica ha presentato
un’interrogazione urgente, chiama in causa direttamente l’amministrazione di
Palazzo Galatti. «La Provincia ha competenze ambientali ben note - affermano
Arturo Governa e Marco Vascotto -. Competenze che, anche attraverso l’impiego
della polizia ambientale, dovrebbero portare ad un monitoraggio del territorio
e, in particolare, delle discariche, proprio per evitare che le attività lì
svolte sfocino in violazioni delle norme e in episodio di inquinamento. Ci
chiediamo quindi come mai l’assessore Barduzzi, all’indomani della scoperta del
deposito abusivo, si sia dichiarata all’oscuro di tutto e perchè quindi la
Provincia non sia intervenuta».
A caccia di responsabilità anche il consigliere comunale dei Verdi, Alfredo
Racovelli, che ha richiesto una convocazione urgente della VI commissione
allargata a sindaco, Porto, Provincia e ambientalisti. «Com’è stato possibile -
si chiede Racovelli - che ancora una volta il "sistema" che per decenni ha
cosparso di veleni la costa triestina da Muggia a Duino sia riuscito di nuovo a
scaricare migliaia di tonnellate di rifiuti disattendendo le nome in materia di
stoccaggio e smaltimento rifiuti? E quale sarà adesso l'iter giuridico e
processuale e il percorso di bonifica per sanare l'area? Bisogna fare
chiarezza».
A chiedere che si faccia piena luce sull’ennesimo episodio di inquinamento è
anche «Greenaction Transnational». Secondo l’organizzazione ambientalista,
infatti, «è urgente la riapertura di procedimenti penali archiviati sulle altre
discariche individuate in passato da Barcola alla zona industriale».
C’è poi chi, come il deputato del Carroccio Massimiliano Fedriga, concentra
l’attenzione sul secondo intervento, quello all’interno del comprensorio della
Servola spa. «Il sequestro dei 22 mila metri quadrati nell’area della Ferriera
rappresenta il primo, evidente segnale del cambiamento di clima che si è
prodotto con il passaggio da Illy a Tondo. Per troppi anni nessuno si è mai
preso la briga di fare i controlli. Ora però - afferma il leghista - il tempo
dei favori politici fatti alla proprietà si è chiuso ed è iniziata la necessaria
fase delle verifiche. Di questo, in primo luogo, va ringraziata la magistratura.
Ora è necessario che anche le istituzioni, sia a livello locale che nazionale,
prendano posizioni serie che tutelino, una volta per tutte, la salute dei
residenti e l’ambiente del nostro golfo». (m.r.)
SCALO LEGNAMI - L’esperto: il rischio è che gli acidi entrino nel ciclo
alimentare
Saranno i risultati dei campionamenti dell’Arpa a fare piena luce sui danni
ambientali provocati dall’accumulo di rifiuti speciali nell’area dello Scalo
Legnami. Già ora, però, gli esperti sono in grado di indicare i possibili rischi
legati alla presenza, a ridosso del mare, di batterie, pezzi di asfalto e
plastica. «Le batterie contengono acidi che, al pari di altre sostanze presenti
nei materali non inerti, possono essere rilasciate gradualmente nel terreno e
poi disperdersi in mare - spiega Vincenzo Armenio, docente di Idraulica
ambientale all’Università di Trieste -. Una volta in mare gli acidi, così come i
metalli pesanti e lo stesso bitume contenuto nell’asfalto, entrano in
circolazione sia nei vegetali sia negli animali, e possono entrare nella catena
alimentare. È possibile immaginare, quindi, casi di inquinamento dei mitili
coltivati a breve distanza da quell’area. Il fenomeno, peraltro, è difficile da
localizzare. Anche il pesce pescato altrove, infatti, potrebbe aver mangiato nel
tratto di mare interessato dai rilasci ed esser stato quindi contaminato dalle
sostanze rilasciate dai rifiuti. Gli effetti, tra l’altro, potrebbero anche non
essere visibili nell’immediato. I metalli pesanti - conclude Armenio - si
possono anche depositare sui fondali e risalire successivamente, quindi anche
nel medio- lungo periodo, a seguito per esempio dell’azione di una marea».
Giardino di via Flavia: caso in commissione Trasparenza - Oggi anche un
incontro con le associazioni ambientaliste sul piano di riqualificazione di
piazza Libertà.
L’annosa questione del giardinetto storico di via Flavia, al posto del quale
dovrebbero sorgere degli appartamenti Ater, con parcheggio sotterraneo, sarà
portata oggi all’attenzione della Commissione trasparenza del Comune, presieduta
da Roberto Decarli.
I consiglieri nel corso edella riunione chiederanno di conoscere gli esiti del
rilevamento dell’Arpa, che è stato effettuato tempo fa, sul tasso di
inquinamento «ante operam», al fine di capire se le obiezioni degli abitanti che
osteggiano la nuova costruzione, siano lecite.
I residenti infatti temono che il nuovo parcheggio renda ulteriormente
insopportabile l’aria della zona con emissione di gas di scarico e altri
inquinanti.
All’ordine del giorno della riunione della Commissione trasparenza c’è anche un
incontro con le associazioni ambientaliste del Www, Legambiente e di Italia
Nostra sul piano di riqualificazione di piazza Libertà. Gli ambientalisti temono
infatti che il nuovo look della piazza imponga un eccessivo sacrificio di
alberature. Nei giorni scorsi il Comune aveva annunciato che sarebbero stati
abbattuti 5 alberi ma ne sarebbero stati impiantati una cinquantina. (d.c.)
«Schiamazzi notturni, le regole ci sono» - LOCALI E QUIETE PUBBLICA ALL’ESAME
DELLA TRASPARENZA
Con l’estate si riaffaccia il problema degli schiamazzi notturni fuori dai
locali. Da piazza Unità ai vari rioni, sono 260 sinora le segnalazioni di
protesta giunte ai vigili da abitanti che lamentano di non poter dormire la
notte per colpa degli avventori di bar e ritrovi. Ma come coniugare, senza
ledere i reciproci diritti, le diverse esigenze? Ne ha discusso ieri la
Commissione trasparenza presieduta da Roberto Decarli, che ha ascoltato il
direttore dell’area dello Sviluppo economico del Comune Edgardo Bussani. Quest’ultimo
ha ricordato come la ricerca di una soluzione non sia facile, anche perché la
legge regionale 29 ha liberalizzato gli orari dei locali mentre le
autorizzazioni per i pubblici esercizi non sono più rilasciate dalla Pubblica
sicurezza, ma regolate da una semplice normativa del commercio.
«Al momento – ha detto Bussani – stiamo però verbalizzando con la questura tre
ordinanze per altrettanti locali pubblici cittadini ai quali verrà imposto per
un mese la limitazione di orario di chiusura sino alle 23». Il direttore
dell’Ostello della gioventù del bivio di Barcola, Tafaro e un abitante della
zona, il dottor Paoletti, hanno rimarcato l’eccesso di rumore notturno che
proviene dal bagno Sticco, quando vi vengono organizzate delle feste:
«All’ostello - ha detto Tafaro - registriamo anche 10 mila presenze in un anno,
quasi tutti tedeschi e austriaci che si lamentano per la confusione notturna e
per il parcheggio selvaggio nella strada». Decarli (Cittadini) e il consigliere
Alessandro Minisini (Margherita) hanno sostenuto il bisogno di una limitazione
degli orari dei locali pubblici e di una programmazione degli avvenimenti
estivi, con un controllo nei luoghi critici da parte dei vigili. Furlanich (Rc),
Portale (Fi) ed Edera (Lista Rovis) hanno sostenuto la necessità di coniugare il
divertimento con il sonno. Porro ha auspicato un incontro con il prefetto per
chiedere più vigilanza notturna. Dello stesso avviso Pellarini (An) e Trebbi
(Lista Dipiazza), secondo i quali i regolamenti ci sono, basta dunque far
rispettare le regole.
Daria Camillucci
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15
maggio 2008
Discarica abusiva: tra i 12
indagati il costruttore Bruno - Centinaia di camion con l’asfalto dei
lavori sulle Rive scaricati nell’area dalla società
Non meno di cinquecento camion con gli scarti dell’asfalto delle strade di
Trieste. Le Rive ma anche le vie di altre zone del centro: buona parte di quelle
rifatte dal 2005 fino a qualche mese fa e oggetto della riqualificazione della
città. In appena tre anni nella discarica abusiva sequestrata dalla Guardia di
finanza nell’area dello scalo legnami e nelle acque antistanti è stata gettata
una quantità tale di bitume da poter asfaltare chilometri e chilometri di
autostrada.
Nell’indagine del pm Maddalena Chergia compaiono non solo i nomi dei due
imprenditori Diego Romanese e Cataldo Marinaro, soci della Isp Riciclati di
Monfalcone, ritenuti di fatto gli organizzatori del traffico, ma anche quello di
uno tra i più importanti costruttori di Trieste, Raffaele Antonio Bruno, legale
rappresentante della Bruno Costruzioni. E poi ci sono Mario Leone, titolare
della Leone Srl, Damiano Purger, rappresentante della Purger scavi e trasporti,
Paolo Rosso della Trieste Manutenzioni, Dario Voinovich, titolare dell’omonima
azienda, Demmi Avanzi, a capo della Futura Scavi, Alfredo Cok, Paolo Marinig
della Ipm, Enrico Tiberio della Iest e Sebastiano Pulafito. Tutti accusati in
pratica di aver conferito i materiali di scarto alla Isp Riciclati che non aveva
alcuna autorizzazione per poterli smaltire.
A denunciare lo scempio ambientale, che ha riguardato un’area delle dimensioni
di quattro campi di calcio, sono le bollette di trasporto dei rifiuti che gli
investigatori della Guardia di finanza e della Forestale hanno sequestrato nel
corso delle indagini. Documenti che venivano di volta in volta compilati
indicando che si trattava di rifiuti speciali e che poi, una volta giunti a
destinazione, venivano corretti «degradandoli» a normali detriti di scavo,
semplici materiali inerti. Un semplice trucco con penna e bianchetto che è
consistito nella sostituzione di un numero di codice. In pratica dal centro
città in pochi chilometri i rifiuti bituminosi cambiavano «targa» e diventavano
calcinacci.
«Noi costruttori siamo vittime di Romanese e Marinaro. Abbiamo agito in buona
fede. Abbiamo pagato quanto richiesto per lo smaltimento. I nostri documenti
sono in regola», tuona il costruttore Raffaele Antonio Bruno che si è rivolto
all’avvocato Riccardo Seibold. Punta il dito contro i titolari della discarica
abusiva. «Non è vero che abbiamo pagato di meno il riciclaggio dei rifiuti. La
verità è che una discarica vicino al centro città ha fatto comodo a molti.
Altrimenti avremmo dovuto utilizzare quelle di Basovizza o di Duino».
Diego Romanese e Cataldo Marinaro ieri erano introvabili. Nella sede della ditta
di Monfalcone, la Marinaro Srl che ospita anche gli uffici della Isp Riciclati
in via Timavo, proprio all’ingresso del porto, un impiegato getta acqua sul
fuoco. E parla di colossale equivoco. Dice: «Quello che è stato trovato in mare
davanti alla discarica è antecedente al 2005, anno in cui la ditta ha acquisito
l’area. Lo sapevano tutti che molti rifiuti erano stati gettati in acqua, ma non
è stata colpa nostra. Noi abbiamo solo raccolto i materiali di scarto
dell’edilizia unendo polveri provenienti dalla triturazione delle pietre del
Carso. Questo per poter realizzare la cassa di colmata per piattaforma
logistica. Se poi qualche trasportatore ha scaricato prodotti non consentiti,
non è certo colpa nostra. Siamo una ditta seria. Voglio anche dire che fino a 50
anni fa quell’area era utilizzata come discarica dei pezzi di navi dismesse». I
due imprenditori ieri sera si sono incontrati con il loro legale, l’avvocato
Alessandro Giadrossi. Non è escluso che chiedano di essere interrogati dal pm
Maddalena Chergia.
CORRADO BARBACINI
Menia: pene esemplari ai
responsabili - Il sottosegretario all’Ambiente visiterà l’area sotto
sequestro - OGGI IL SOPRALLUOGO
Il neo sottosegretario all’Ambiente, Roberto Menia, sarà oggi a Trieste per
complimentarsi con le Fiamme gialle che hanno scoperto l’attività di riciclaggio
abusivo di rifiuti, e compiere un sopralluogo nell’area dello Scalo legnami
trasformata in una grande discarica a cielo aperto.
Quella di oggi è la prima uscita ufficiale di Menia in veste di componente del
governo. Uscita che, per un’insolita coincidenza, lo vedrà impegnato proprio
nella sua città. «E infatti qualcuno, malignamente - scherza l’esponente di An -
ha chiesto se mi ero messo d’accordo. Battute a parte, intendo esprimere il mio
più vivo apprezzamento per un intervento che ha permesso di stroncare una
vicenda che ha quasi dell’incredibile. Montagne di rifiuti come quelle riprese
nelle immagini girate dalla Finanza siamo abituati a vederle in altre parti
d’Italia. A Trieste ci vantiamo di essere quasi asburgici e di osservare alla
lettera le leggi. Ecco perché una scoperta come quella fatta allo Scalo legnami
appare ancora più sorprendente. E lo è ancora di più se si pensa che l’attività
illecita avveniva alla luce del sole in un punto che, sebbene alle porte della
città, poteva di fatto essere osservato da chiunque. Proprio vista la gravità
dell’episodio - conclude Menia - è necessario che chi ha commesso questi
illeciti venga punito in maniera esemplare».
ALLARME DELL’AUTORITA’ PORTUALE - «A rischio la piattaforma logistica»
Il sequestro della discarica dello Scalo legnami potrebbe mettere in forse
l'avvio dei lavori per la costruzione della piattaforma logistica, previsto tra
un anno. L’allarm - arriva dall’Autorità portuale che ieri, su sollecitazione
del presidedente Claudio Boniciolli, ha riunito lo staff dirigenziale anche per
analizzare le conseguenze dell’indagine. «Il problema - ha spiegato Fabio Rizzi,
dirigente del Servizio di Sicurezza del Porto - sono i tempi dell'inchiesta
giudiziaria». Il rischio all’orizzonte è che la situazione si blocchi per anni,
un po’ come accaduto per la vicenda dell'inquinamento del terrapieno di Barcola.
Uno slittamento che potrebbe paralizzare l’opera, attualmente in fase di
progettazione, che dovrebbe svilupparsi su un'area di 250 mila metri quadri -
metà dei quali ricavati dal mare - per un costo di 280 milioni di euro. Molto
dipenderà dall’esito dei campionamenti che, su disposizione della Procura,
verranno eseguiti nell’area occupata dalla discarica abusiva e dovranno poi
essere analizzati dall’Arpa. Da parte sua, intanto, Claudio Boniciolli respinge
ogni accusa di negligenza. «L’Autorità portuale non ha competenze in materia di
vigilanza ambientale - spiega -. Nel caso dello Scalo legnami quindi non ci può
essere attribuita alcuna responsabilità. Sono altri gli enti che avrebbero
dovuto accorgersi delle irregolarità».
I RESIDUI SCARICATI - Quell’asfalto «grattato» che aumenta l’aderenza
L'asfalto grattato viene solitamente steso lungo curve o zone in cui debba venir
aumentata l'aderenza senza dover ricorrere al rifacimento della superficie
stradale, con gli evidenti risparmi che ottiene l'ente competente per quella
strada. L'asfalto è una roccia calcarea porosa, naturalmente impregnata di
bitume. La presenza di quest'ultimo componente nella roccia è dovuta al residuo
lasciato dall'evaporazione del petrolio che precedentemente la impregnava. In un
asfalto il contenuto di carbonato di calcio in genere varia tra il 50 e il 90
per cento, mentre quello di bitume naturale è compreso tra il 7 e il 15 per
cento; la restante parte è costituita da altri materiali minerali e sostanze
volatili.
RUPINGRANDE - Televisori buttati in mezzo al verde
RUPINGRANDE Non avevano trovato posti in cui liberarsi del loro pesante carico,
così alcuni vecchi televisori sono finiti sul prato. L’ennesimo episodio di
inciviltà viene segnalato da alcuni lettori di Rupingrande, nel cui territorio è
stata aperta questa sorta di discarica abusiva. Gli apparecchi sono stati
scaricati sul sentierino che, partendo dalla strada asfaltata che congiunge
Rupingrande a Sagrado di Sgonico, conduce sul monte Lanaro.
RIFIUTI A BAGNOLI - Torna la «differenziata»
SAN DORLIGO È stato ripreso nel pomeriggio di ieri il servizio di raccolta
differenziata in località Bagnoli, interrotto per motivi tecnici nella mattinata
di lunedì scorso, 12 maggio. Lo comunica l’Ufficio tecnico del Comune di
S.Dorligo della Valle, invitando gli utenti a esibire i relativi cassonetti in
tale periodo.
DOMENICA BIMBIMBICI E BICINCITTA’ - Biciclettata senza età su due
percorsi
«Bimbimbici» e «Bicincittà», due modi per vivere in gruppo la passione per la
bicicletta, due manifestazioni per sensibilizzare sul campo le tematiche della
mobilità definita sostenibile e alternativa. Entrambe le iniziative a carattere
ecologico vanno quest'anno straordinariamente assieme di scena nella stessa
giornata, domenica 18 maggio, vivendo non solo le stesse finalità ma anche lo
stesso percorso, seguendo un calendario nazionale che vede coinvolte oltre un
centinaio di piazze italiane.
«Bicincittà» è promossa dalla Uisp, «Bimbimbici» dalla Ulisse-Fiab (Cicloturisti
Urbani). I due progetti dovrebbero portare sulle strade di Trieste qualcosa come
un migliaio di ciclisti, tutti impegnati in una pedalata non competitiva con
partenza da Viale Romolo Gessi, in prossimità del cinema Ariston, con ritrovo
attorno alle 8.30.
Due i tragitti prestabiliti. Il primo prevede la partenza alle 9.45, è aperto a
tutti e indicato ai più piccoli, con transito attraverso le vie del centro, da
viale Romolo Gessi, lungo le Rive, via Canal Piccolo, Piazza delle Borsa, Piazza
Goldoni, via Saba, Viale Oriani, il passaggio in via Carducci, Piazza Oberdan,
Dalmazia, Ghega, Cellini, Stazione Centrale, bretella dietro Corso Cavour e
ritorno alla sede di partenza. Dopo la pausa del ristoro delle 10.45, alle 11.30
si riparte, questa volta con un percorso più impegnativo che gli stessi
organizzatori sconsigliano ai ciclisti più giovani e che riguarda il transito da
Largo Irneri verso l'area dei lavori della ciclopista della Val Rosandra,
attraversando via D'Alviano, via Lorenzetti, Rotonda per via Zorutti, via
Orlandini, via Mansanta e quindi via dell'Istria, via Baiamonti e ritorno alla
base.
I due momenti in programma domenica vengono definite tappe «ludiche e
ricreative» ma tengono conto anche dei recenti dati emersi in tema di sicurezza
ed educazione stradale: «A spaventare l'uso della bicicletta spesso non sono le
salite quanto il traffico stesso - ha sottolineato Stefania Bertolino, portavoce
della Uisp - invece vanno ridisegnate le reali possibilità della mobilità
alternativa, dando rilievo e conoscenza dei percorsi ciclabili esistenti». Alla
edizione 2008 è abbinato inoltre: «In sella e vai: racconta il bello e il brutto
della tua città», concorso fotografico che mette in palio, naturalmente, una
bicicletta.
Informazioni e iscrizioni: Uisp ( www.uisp.trieste.it) via Beccaria 6, 040 -
639382; Ulisse - Fiab (www.ulisse-fiab.it) via del Sale 4/b ( Cavana) 040 -
371411.
Francesco Cardella
Edificio abusivo sulla più bella spiaggia di Cherso - SARÀ ABBATTUTO
CHERSO Senza avere ottenuto precedentemente alcuna licenza, si è costruito una
tettoia, cementando quanto gli capitava a tiro, anche la sottostante spiaggia.
Insomma, un eclatante caso di abusivismo edile che magari sarebbe passato
inosservato ai mass media se non fosse che il responsabile è nientemeno che una
guardia comunale. Ossia proprio la persona incaricata per legge di denunciare i
casi di costruzione illegale. Poco più di un mese fa, l’Ispettorato chersino
all’Edilizia ha ordinato la demolizione dell’immobile sorto sulla cosiddetta
spiaggia francese, che si trova nella piccola località di Miholascica, a pochi
chilometri da San Martino (Martinscica), a Cherso. La spiaggia francese è una
delle più belle distese di ghiaia bagnate dal mare e qui la guardia comunale
chersina, Emil Kucic, e sua moglie Gordana, hanno messo in piedi l’immobile
abusivo, un piccolo esercizio alberghiero. Fino a questo momento, il dipendente
dell’ amministrazione isolana non ha compiuto un passo nel rimuovere il locale
fuorilegge, affermando ai giornalisti che l’ hanno intervistato di poter
dimostrare la propria non colpevolezza. La guardia comunale è stata denunciata
da un gruppo di abitanti di Miholascica, stufi di vedere quello che il loro
vicino di casa stava devastando. (a.m.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14
maggio 2008
Una maxidiscarica abusiva in riva
al mare - Dodici denunciati: i due titolari della società e gli
imprenditori che la utilizzavano
SEQUESTRO NELL’AREA DELLO SCALO LEGNAMIMigliaia di metri cubi di rifiuti
pericolosi accatastati in riva al mare. Li hanno scoperti i militari della
guardia di finanza e gli uomini della Forestale regionale nell’area dello Scalo
Legnami. Lì una ditta con sede a Monfalcone, la «Isp riciclati srl», aveva
trasformato un’area di circa 20 mila metri quadrati in una grande discarica
abusiva a cielo aperto con montagne di detriti visibili a centinaia di metri di
distanza. Detriti che, tra l’altro, non erano stati accumulati soltanto nella
parte a terra. Anche sott’acqua, infatti, sono state individuate dagli uomini
del reparto operativo aero navale delle fiamme gialle alte colline artificiali
formatesi nel tempo a seguito del rotolamento in mare di materiali di scarto e
rifiuti di ogni genere.
Lo scempio ambientale ha fatto scattare l’altro giorno il sequestro preventivo
dell’area disposto dal gip Massimo Tommasini. Contemporaneamente sono stati
messi i sigilli all’azienda monfalconese. I titolari, Diego Romanese,
imprenditore nato a Udine ma residente da tempo a Trieste, e il suo socio
originario della Calabria Cataldo Marinaro, sono stati denunciati a piede
libero. I reati contestati vanno dalla realizzazione di una discarica non
autorizzata alla mancata esecuzione delle operazioni di recupero del materiale
stoccato, operazioni previste per legge entro un anno dalla messa in riserva dei
rifiuti. Denunciate in concorso anche altre dieci persone, tutte a capo di ditte
di costruzioni, cantieri edili, attività di scavo. Piccoli e grandi
imprenditori, nove attivi nel territorio di Trieste e uno operativo in provincia
di Udine, che da tempo conferivano rifiuti e materiali di risulta nell’area
dello Scalo legnami e che, secondo le Fiamme gialle, non potevano non conoscere
la natura abusiva della discarica. Sequestrati infine quattordici camion
utilizzati per lo scarico dei materiali nel deposito a ridosso del mare e
scavatrici semimoventi usate per rovesciare parte dei detriti conferiti
direttamente in acqua.
Le indagini, coordinate dal pm Maddalena Chergia e durate più di un anno, hanno
portato allo scoperto un business illecito da centinaia di migliaia di euro di
fatturato. La «Isp riciclati srl» aveva l’autorizzazione ad esercitare attività
di riciclaggio e recupero di rifiuti non pericolosi. In pratica, quindi, avrebbe
potuto accogliere nei 20 mila metri quadrati a terra dello Scalo legnami solo
materiali derivanti da demolizioni, come pietre e calcinacci, e unicamente per
un periodo limitato. Periodo che dovrebbe coincidere con «il completamento del
lavoro di riempimento della cassa di ricolmaggio» conservata in mare. Nella
realtà, invece, all’interno della discarica venivano «ospitati» detriti di ogni
genere, compresi quelli classificati come pericolosi, come materiali ferrosi e
pezzi di asfalto derivati dagli interventi di rifacimento delle strade, e a
tempo pressochè indeterminato. I controlli subacquei, infatti, hanno evidenziato
non solo che la cassa di ricolmaggio era stata riempita ormai da un pezzo, ma
che centinaia di metri cubi di detriti erano stati gettati liberamente in acqua,
fino a formare appunto vere e proprie colline artificiali.
Il non rispetto delle leggi in materia ambientale consentiva ai titolari della
ditta di riciclaggio di praticare per il conferimento dei rifiuti prezzi
decisamente più bassi rispetto a quelli applicati in tutte le altre discariche
autorizzate. «L’attività illecita - ha spiegato il colonnello Nicola Sibilia -
aveva la finalità di assicurare grossi guadagni all’impresa, che agiva in un
regime di concorrenza sleale».
I prezzi chiesti a chi usufriva della discarica dello Scalo Legnami erano
infatti cinque volte inferiori rispetto a quelli praticati dagli altri operatori
del settore. Chi si rivolgeva alla ”Isp” pagava 10 euro per ogni metro cubo di
materiale scaricato contro una media di 50 euro. E il risparmio sul costo di
discarica, consentiva poi ai clienti della ditta di Monfalcone, tra cui titolari
di importanti attività edili e di escavazione. di presentare offerte più basse
al momento di partecipare alle gare d’appalto.
A far partire le indagini è stato il sospetto via vai di camion notato in
prossimità della discarica. Le fiamme gialle hanno quindi voluto capire quale
fosse il«segreto del successo» del deposito allo Scalo Legnami e scoprire perchè
così tanti clienti lo preferissero ad altri siti per il conferimento dei
materiali derivati dalle loro attività di demolizioni o di escavazione. Per
sciogliere il rebus sono serviti mesi di osservazioni, pedinamenti e
sopralluoghi, che hanno richiesto l’intervento di un centinaio di finanzieri e
il supporto di numerosi mezzi navali e aerei della Finanza. Prezioso, in questo
senso, si è rivelato anche il contributo degli uomini della Forestale.
L’attività di pattugliamento del territorio eseguita anche via mare dal
personale del corpo regionale, infatti, ha consentito di monitorare l’area e di
notare quindi la «crescita»delle montagne di rifiuti nel corso del tempo.
Il blitz dell’altro giorno e l’esecuzione del decreto di sequestro preventivo
hanno messo fine all’attività altamente inquinante e scongiurato quindi
ulteriori guai per l’ambiente e possibili rischi per la salute umana. L’attività
proseguirà ora con il calcolo dell’entità del danno ecolologico per provvedere
poi al ripristino delle condizioni originali dei luoghi. Parallelamente verrano
svolte ulteriori indagini per appurare le responsabilità delle dodici persone
denunciate e per quantificare i tributi evasi (le cosidette ecotasse) in
relazione al mancato pagamento per il regolare smaltimento dei rifiuti.
MADDALENA REBECCA
Il Wwf annuncia che si costituirà parte civile - Barduzzi: dovrà pagare
chi non se n’è accorto
Arriva come un fulmine e coglie di sorpresa anche i noti ambientalisti
triestini. A partire da Dario Predonzan responsabile del settore territorio per
il Wwf Friuli Venezia Giulia, che fa fatica a credere che la discarica sia stata
scoperta all’ultimo momento.
«Purtroppo - commenta - parliamo di un nuovo danno ambientale in una zona già
colpita duramente e che soffre degli effetti dell'inquinamento da anni» . «Mi
chiedo perché non ci siamo accorti di nulla - aggiunge Predonzan - e che ruolo
ha giocato in tutto questo l’Autorità portuale». Insomma, per l’ambientalista
del Wwf, c’è dell’incredibile nella storia. «Il problema è che in quella zona
pochi mettono il naso - nota - quella è una zona franca, dove non ci passano i
cittadini, che spesso è sottratta dagli occhi del pubblico e dove operano
pochissimi addetti ai lavori».
Predonzan annuncia inoltre che, dopo la verifica del caso, il Wwf si costituirà
come parte civile nel provvedimento. Secondo Predonzan, il caso si aggiunge alla
lunga lista di problemi ambientali che toccano non solo la zona ma
inevitabilmente l’intera Trieste e le aree circostanti. «Insomma - conclude il
responsabile della sede territoriale Wwf- la situazione già difficile non può
che peggiorare in quella zona».
«La notizia mi sorprende e ci attiveremo subito per verificare anche noi il
caso» commenta anche Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’ambiente. «Trovo
il caso eclatante ed inquietante - aggiunge - e sono sicura che sia i colpevoli
sia gli enti che non si sono accorti di nulla pagheranno le conseguenze. Mi
rattrista che nonostante tutti gli sforzi sembra che spunta sempre qualcosa di
brutto. Così l'incubo inquinamento non finisce più».
Per l'onorevole Ettore Rosato (Pd), la chiusura della discarica abusiva «è
importante per evitare ulteriori rallentamenti nella realizzazione della
piattaforma logistica dello scalo giuliano. Sono convinto che i problemi
ambientali legati al sito inquinato e alla bonifica di tante aree di Trieste
rappresenteranno una priorità anche nell'agenda di Roberto Menia che ha assunto
l'importante incarico di sottosegretario all'Ambiente».
La mappa dei veleni lungo la costa - Il caso più eclatante è il
terrapieno di Barcola fermato dalla Procura - E il sito inquinato di interesse
nazionale abbraccia 500 ettari
Il sequestro della discarica abusiva nell’area dello Scalo legnami ha riaperto
il problema dell’inquinamento a Trieste. Una città circondata da un sito
inquinato di interesse nazionale di 500 ettari, in zona industriale, che per la
gran parte riguarda proprio la fascia costiera. Dall’area ex Esso di Zaule a
quella dell’ex Aquila a Muggia, fino alla Ferriera di Servola. Una «mappa dei
veleni» triestina che arriva fino al terrapieno di Barcola.
Proprio come l’area sequestrata ieri dai militari della Guardia di finanza e
dagli uomini della Forestale regional, quasi tutti i punti critici riguardano il
mare. Non ci vuole molto a capire il perché. In passato una serie di aree da
Muggia a Duino sono state utilizzate come discariche. Quasi sempre autorizzate,
ma con normative che non hanno nulla a che fare con quelle attuali.
Oggi la provincia di Trieste è una delle poche, se non l’unica, ad essere priva
di discariche. I rifiuti vengono bruciati nel termovalorizzatore, o inceneritore
che dir si voglia, di via Errera gestito dall’AcegasAps. Ma prima non era così e
a distanza di quasi cinquant’anni si pagano le conseguenze delle discariche
concesse nel dopoguerra. È il caso del terrapieno di Barcola realizzato con
inerti di tutti i tipi, che negli ultimi anni è stato al centro di una querelle.
Sequestrata dalla magistratura per la presenza nel sottosuolo di diossine e solo
in parte riaperto alle attività nautiche.
Non c’è solo la costa. A Trebiciano un tempo esisteva una discarica su un’area
carsica adesso a rischio inquinamento. I rifiuti scaricati negli anni passati,
stando almeno alla denuncia di alcune associazioni ambientaliste, avrebbero
danneggiato le doline. Materiali che negli anni Settanta sono stati dirottati
negli inceneritore, un impianto finito sotto accusa lo scorso anno per lo
sforamento delle emissioni di diossina. Una sostanza tossica che anche
l’impianto siderurgico della Ferriera di Servola - da tempo nell’occhio del
ciclone, per gli imbrattamenti dei suoi fumi - era stata accusata di
sprigionare.
Esiste un sito inquinato - da via Flavia fino a Muggia - che abbraccia 500
ettari di terra ferma. Ingloba 353 aziende, bloccando qualsiasi tipo di sviluppo
delle stesse. Al suo interno c’è l’area del canale navigabile, un tempo
utilizzata come piccola discarica. All’interno del sito troviamo poi l’area ex
Esso vicino a Zaule, storicamente inquinata per l’attività svolta al suo
interno, che il progetto di Gas natural intende bonificare per realizzare un
rigassificatore.
Poco distante c’è un altro terreno inquinato: l’area ex Aquila che un tempo
ospitava una raffineria. Una parte è stata acquistata dalla Teseco che sta
provvedendo all’intera bonifica.
(p.c.)
Il sindaco: rigassificatore e via la Ferriera - Dipiazza pensa a un
business con Lucchini-Severstal. «Acegas-Aps potrebbe crescere ancora»
CENTRODESTRA FAVOREVOLE ALL’IMPIANTO
Rigassificatore a Zaule. Il governo Berlusconi è favorevole. L’unico
sottosegretario del Friuli Venezia Giulia è quello all’Ambiente, l’appena
nominato Roberto Menia, che con An è favorevole dal primo giorno e lo ha appena
ribadito. L’assessore regionale all’Ambiente, Vanni Lenna, è di quella Forza
Italia che pure dice di sì, nonostante la contrarietà che serpeggia nel partito
e la prudenza del governatore Renzo Tondo sul tema. E il sindaco Dipiazza torna
subito a dare straordinario impulso alla prospettiva, per di più (con slancio
creativo) mettendo ora in campo due soluzioni e tre vantaggi con una mossa sola:
accogliere il rigassificatore di Gas Natural legando a questo arrivo un accordo
industriale che aprendo nuovi business per la Lucchini-Severstal la persuada a
poter chiudere la Ferriera di Servola (che il centrodestra vuol far sparire ma
ancora non sa come), potenziando nel contempo con questa dote di gas liquefatto
l’AcegasAps tanto da farla diventare capofila del Nord Italia in una catena di
fusioni tra le multiutility.
SCACCO MATTO. Uno «scacco matto» a sorpresa di cui i maggiori attori della
politica locale sembrano ancora all’oscuro, ma che per il sindaco rappresenta
«la quadra», come si dice, di questioni spinose l’una più dell’altra. Partendo
dal presupposto che comandano le cifre: «L’Italia - rammenta Dipiazza - ha un
fabbisogno di 87 miliardi di metri cubi di gas, in progetto ci sono 4-5 impianti
con cui si raggiungerebbe meno della metà del necessario, e intanto i cittadini
si svenano con le bollette di luce».
ACCORDI. Quanto è vicina o lontana una decisione concreta? I progetti di Gas
Natural e di Endesa sono all’esame del ministero. Il piano energetico nazionale
è da fare o quantomeno da rivedere. Menia è molto prudente: «Trieste era stata
inserita nel piano del ministro Matteoli col precedente governo Berlusconi, ora
sempre con Matteoli sarà da rivedere la programmazione, vedere se ci sono siti
alternativi con minore impatto, ma certo l’interesse per un rigassificatore è
strategico. Comunque questo governo ha 5 anni davanti, e così la Regione, e
Dipiazza altri tre, c’è tutto il tempo per prendere una decisione che certamente
va concordata: tra ministeri, con la popolazione, le autorità, e anche il
porto». E la Ferriera? «Sono cose differenti. La Ferriera nel business del gas?
Mai sentito dire. Casomai si potrebbe offrirle uno sviluppo diverso con la
prevista piattaforma logistica».
UN’IDEA. «Legare l’arrivo di un rigassificatore alla chiusura della Ferriera? Ma
no - dice perplesso l’assessore regionale all’Ambiente, Vanni Lenna -, ferma
restando l’intenzione di chiudere la fabbrica, è cosa che va affrontata con
l’azienda, pensando ai lavoratori, con un ragionamento a tutto campo, se il
presidente Tondo ha detto che un’idea ce l’ha, significa che così è, ma non
sappiamo quale sia».
L’AFFARE. Per Dipiazza invece «l’affare del gas è molto grande, la centrale
Elettra derivata dalla Ferriera sta in piedi solo con i contributi governativi
Cip6 e poi, necessariamente, dovrà riconvertirsi al gas. Nel contempo un
rigassificatore è di minore impatto rispetto a una fabbrica siderurgica, ma
soprattutto pensiamo all’AcegasAps: diventerebbe la signora più ambìta sul
mercato italiano, portando con sè una simile dote di gas tutte le multiutility
del Nord le correrebbero dietro per procedere a fusioni». Anche Lenna lo
ammette: «Per le multiutility ci sarebbero evidenti ripercussioni favorevoli».
TRATTATIVE. Il sindaco afferma che «le trattative con Gas Natural» (d’improvviso
rotte alla fine dello scorso anno anche con un voto guidato del consiglio
comunale perché le richieste economiche del Municipio erano state rigettate come
eccessive dalla società spagnola) non si sono mai interrotte. Sottotraccia in
periodo elettorale. «Ma la trattativa è politica - conclude -, e a decidere sarà
il governo».
ENORME NO. Il sindaco di centrosinistra a Muggia, Nerio Nesladek, sul cui
territorio prenderebbe sponda il rigassificatore, reagisce duramente - benché
anche la giunta Illy fosse stata favorevole - a questo rafforzarsi del fronte
«sì» e afferma che proprio nei giorni scorsi la sua giunta ha ribadito invece un
«no» enorme: alle ragioni ambientali e di contrasto all’inquinamento ha aggiunto
anche motivi economici. Con un taglio diverso, però: «Il porto - dice Nesladek -
ha un piano di sviluppo tutto verso questa zona, dove altrimenti se dall’altra
parte si recupera il Porto vecchio? E se qui viene il rigassificatore, dove
vanno i traghetti turchi già destinati a quell’area? Cose che si scontrano
mostruosamente con i progetti di Gas Natural». Dipiazza s’impenna: «Molo V e VI,
decenni di immobilismo, poi c’è il VII, e la futura piattaforma logistica,
spazio ne avanza per il porto, il sindaco di Muggia si ribella al
rigassificatore ma tace sulla Ferriera che sporca anche la sua città? Roba da
matti». Secondo Nesladek, Dipiazza non ha voluto la Fiera alle Noghere proprio
per lasciare spazio ad altro.
IL PORTO. E il porto, per l’appunto, come la vede? Il presidente Claudio
Boniciolli è sintetico: «Io sono a favore delle fonti energetiche. Sugli spazi
discuteremo quando quegli spazi verranno definiti».
CONTRASTI. E mentre anche il vicesindaco di An, Paris Lippi, ha appena teso la
mano al Pd nel comune assenso al rigassificatore, si leva la voce di Bruno
Marini, l’ala dissenziente di Forza Italia che già si è scontrata per questo
all’interno del Pdl: «Di rigassificatori c’è bisogno - scandisce Marini - ma
vedo una contraddizione fortissima nel parlare di chiusura della Ferriera e
ingresso di rigassificatore, di turismo e crociere, e 400 navi gasiere all’anno:
non è il vallone di Muggia il posto. Ma con Menia sottosegretario e Lenna
favorevole sarà una battaglia dura. Però io mi batterò contro».
GABRIELLA ZIANI
Sala Tripcovich può tornare stazione dei bus - È l’ipotesi di due
commissioni comunali legata al piano di pedonalizzazione di piazza Libertà
-
VEDI MAPPA
LA RIQUALIFICAZIONE DELLA ZONA ALL’ESAME DEL CONSIGLIO COMUNALE
Piazza Libertà torna all’antico. Il giardino di Sissi, oggi isolato da una
cintura di traffico continuo, farà parte di un parco pedonale che, dalla
facciata della stazione, si estenderà senza by-pass stradali per 70 metri. Con
cinque, forse sette, alberi da sacrificare. Ma 52 da impiantare ex novo, alcuni
dei quali anche lungo i marciapiedi più esterni. Un’altra area verde cancellerà
l’attuale bretella di scorrimento verso corso Cavour, pedonalizzando una
striscia di 40 metri dalla lapide che ricorda l’esodo fino alla sala Tripcovich.
La stessa ex autostazione, progettata nel ’35 da Nordio, potrebbe rivelarsi alla
fine la sorpresa più clamorosa. Un annuncio ufficiale per ora non c’è, giacché
in questa fase urge approvare un primo «piano di massima» per non rischiare di
perdere i finanziamenti di Stato e Regione. Eppure, proprio sulla scia della
rivoluzione pedonale di piazza Libertà, si sta rafforzando la spinta bipartisan
per una sala Tripcovich «riabilitata» alla sua funzione originaria. Nel
contenitore attiguo ai varchi storici di un Porto Vecchio destinato a sua volta
a rivitalizzarsi, potrebbero così trovare posto i capolinea di 14 tratte urbane
della Trieste Trasporti, più le fermate temporanee di altre sette linee,
decongestionando ulteriormente l’assetto viario della zona. Gli eventi del
Verdi, a quel punto, troverebbero casa nella sala polifunzionale da 740 posti
del futuro centro congressi inserito nel megaprogetto di riuso del Silos.
Se n’è parlato ieri durante l’esame congiunto - da parte delle commissioni
Lavori pubblici e Urbanistica presiedute da Lorenzo Giorgi e Roberto Sasco - del
progetto preliminare di riqualificazione di piazza Libertà, destinato a dare un
volto inedito alla porta d’accesso della città, scandito a livello di traffico
da una «esse» meno invasiva, con tanto di bretella ciclabile a tagliare gli
spazi pedonali. Il documento - con l’ok della circoscrizione e degli altri
soggetti chiamati in causa, in primis la Soprintendenza - è stato presentato
dall’assessore Franco Bandelli, dalla responsabile del procedimento Marina
Cassin e dai rappresentanti dell’associazione temporanea d’impresa guidata dallo
studio Baubüro di Bolzano, nel quale figuranno gli architetti triestini Luciano
Lazzari, Paolo Zelco e Fabio Zlatich.
Ora il passaggio decisivo spetta al Consiglio comunale, chiamato ad approvare
entro il mese sia il preliminare che la variante urbanistica. D’altronde i tempi
stringono e l’affare è colossale, tanto che imporrà un’accelerata - parola di
Bandelli - persino all’iter infinito del piano del traffico. Sono in ballo tre
milioni e 800 mila euro, di cui due milioni e 300 mila del Ministero delle
Infrastrutture e un milione e mezzo della Regione, vincolati a una
rendicontazione da farsi non oltre il 31 dicembre 2009. «Faremo partire il
cantiere entro l’anno - così Bandelli - e l’opera procederà per minilotti
d’intervento come sulle Rive, per limitare al massimo i disagi. Il nuovo
asssetto potrà essere pronto entro il primo semestre del 2010. Quanto al
possibile cambio di rotta sulla sala Tripcovich sposo le osservazioni venute
dalle commissioni, che peraltro sono in linea con quelle di Soprintendenza e
Verdi».
PIERO RAUBER
ACEGAS-Aps - Fusione per i termovalorizzatori - SOCIETÀ UNICA TRIESTE-PADOVA
TRIESTE AcegasAps punta sempre più sull’ambiente, settore che consente margini
di redditività ben diversi da quelli della vendita del gas. Così, mentre procede
la costruzione della terza linea del termovalorizzatore di Padova, la
multiutility ha portato a termine il progetto per dare vita a un’apposita
società in cui far confluire i due termovalorizzatori di Trieste e Padova.
E questa operazione non è fine a se stessa. L’obiettivo è di rafforzare la
gestione di impianti che hanno una valenza territoriale strategica. Il valore a
bilancio dei due termovalorizzatori è infatti basso, mentre sul mercato i due
impianti hanno un valore elevato. Fra alcuni mesi sarà quindi bandita
un’apposita gara con cui selezionare l’ingresso, nella futura società, di
soggetti pubblici e privati.
Quattro no del governo alla legge sulla caccia
TRIESTE Sono quattro i punti contestati della legge regionale sulla caccia che
il governo ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale. Il primo
riguarda l'inclusione dell'intero territorio della regione nel regime giuridico
della Zona faunistica delle Alpi, «comprendendovi addirittura - afferma il
governo - la fascia di mare fino ad un miglio dalla costa, le lagune e la
pianura friulana», in contrasto con la legge 157/1992. Il secondo nodo è quello
delle associazioni di cacciatori, in quanto le norme che le regolano
«determinano una privatizzazione della gestione faunistica a livello regionale e
una concentrazione nelle mani di un'unica categoria». Terzo rilievo, l'esercizio
dell'attività venatoria nelle aziende faunistico-venatorie e
agro-turistico-venatorie, non considerata attività di caccia e quindi esonerata
dagli obblighi relativi, sempre secondo Roma. Ultimo punto contestato, il fatto
che la legge regionale consente «indiscriminatamente l'utilizzo di impianti
fissi a rete per la cattura di uccelli, ovvero l'uccellagione».
IL PICCOLO - MARTEDI', 13
maggio 2008
Il governo boccia la legge
sulla caccia - Ricorso alla Consulta contro la norma firmata da Marsilio |
|
TRIESTE Il governo di Silvio
Berlusconi impugna la legge sulla caccia, approvata a marzo dal precedente
consiglio regionale, con il «no» di Forza Italia, Lega e An. La decisione di
portare all’esame della Corte costituzionale quella legge, a firma dell’ex
assessore Enzo Marsilio, è stata presa nella seconda seduta del consiglio
dei ministri, svoltasi ieri.
Ancora da approfondire le motivazioni anche se fonti governative lasciano
trapelare che i rilievi sarebbero almeno tre e che la decisione di Roma era
attesa. Sicuramente, uno degli argomenti più controversi erano le
associazioni dei cacciatori, che la legge prevedeva per la prima volta. La
questione era stata infatti ampiamente contestata dalle associazioni
animaliste durante gli incontri propedeutici alla stesura del testo per
alcuni suoi aspetti presenti nella prima bozza (come i famosi cinghialodromi,
dove poter effettuare liberamente la caccia al cinghiale). Alla fine si era
arrivati ad un testo abbastanza condiviso che però, quando era stato portato
all'attenzione del consiglio regionale, era passato con il parere
assolutamente contrario dell'allora minoranza e non senza polemiche. Ecco
perchè adesso la nuova giunta non solo non è stupita dell'impugnazione, ma
si stava anche già preparando alla revisione della normativa. «Non conosco
ancora i motivi dell'impugnazione, mi riservo di conoscerli domani (oggi,
ndr) – spiega il neo assessore alle Politiche Agricole e Forestali Claudio
Violino – ma che questo sia successo non mi stupisce, visto che c'erano
state delle avvisaglie per un eventuale ricorso davanti alla Corte».
e.o. |
Primo summit fra governatore
e Pdl Linea soft sui rigassificatori in golfo - L’INCONTRO CON IL
GRUPPO A UDINE |
|
UDINE Il primo confronto interno
al gruppo del Pdl regionale si apre sul rigassificatore di Trieste. Non una
polemica, assicurano gli azzurri, ma le sensibilità sono diverse, anche in
città, e già alla prima riunione di forzisti e aennini riuniti sotto la
targa del nuovo partito lanciato da Silvio Berlusconi le posizioni
favorevoli e contrarie al terminale non faticano a emergere. Di
rigassificatore, e non solo di quello, si parla a Udine, nella prima
riunione del gruppo del Pdl, nel palazzo della Regione. Ieri pomeriggio, per
due ore e mezza, Renzo Tondo illustra le sue dichiarazioni programmatiche,
quelle che leggerà in Consiglio regionale giovedì, un riassunto del
programma elettorale del centrodestra, in particolare delle proposte di
Liberidea, l’associazione che ha collaborato con la politica per stendere il
progetto per i prossimi cinque anni di legislatura.
Tematiche, si sottolinea, che hanno consentito di convincere l’elettorato a
votare Tondo e non Riccardo Illy. E’ dunque vietato sbagliare. Il capitolo,
il solo, che crea fibrillazioni è dunque quello del rigassificatore. Bruno
Marini, intervenendo in risposta alle parole di Vanni Lenna, l’assessore che
si dice non contrario all’impianto nel golfo, ricorda che a Trieste
«l’opposizione in merito è forte» e che dunque «la prudenza su questo tema è
d’obbligo». Ma An, con Piero Tononi, non nasconde che la sua posizione è
invece favorevole. Non è un caso, non ancora, ma il dibattito interno al Pdl
è già aperto. Tutto liscio sul resto. La linea di Tondo è quella del
partito. Su Insiel, con il presidente che conferma al gruppo la sua presenza
oggi a Roma per chiedere una proroga degli effetti del decreto Bersani, sul
debito, «tema non certo da campagna elettorale – ribadisce Tondo – ma vero
allarme per le casse della Regione». E ancora sulla sanità, con particolare
attenzione a un reddito di cittadinanza da cancellare è confermato ma,
avvertono alcuni pidiellini, con la necessità di consentire un’uscita
morbida dalla normativa voluta dal centrosinistra, in modo tale da non
sottrarre improvvisamente il contributo a chi ne sta usufruendo. |
LA REPUBBLICA - LUNEDI', 12
maggio 2008
Dalle cime alpine
agli abissi marini - un'estate dedicata all'ambiente -
E' ricchissima l'offerta delle associazioni che
organizzano soggiorni a sfondo ecologista
Vacanze a prezzi contenuti per
scoprire la bellezza e la fragilità della natura - Ma ci sono anche i
campi più "politicizzati" insieme ai volontari di don Ciotti
ROMA - In Italia e
all'estero, al mare e in montagna, per bambini e per adulti. L'offerta dei campi
estivi a carattere ambientale è davvero sterminata e in grado di coprire tutti
gli interessi. La sola
Legambiente ne organizza circa 250, offrendo ogni anno ospitalità a oltre 4
mila volontari "Le campagne principali sono due - spiega il responsabile Luca
Gallarano - 'Voler bene Italia', per valorizzare le risorse culturali ed
economiche dei centri con meno di 5.000 abitanti, e la 'Carovana delle Alpi',
finalizzata alla tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale
dell'arco alpino".
Altro tema sui cui punta Legambiente è quello dello stretto rapporto tra
rispetto ambientale e della legalità. Per questo l'associazione tra giugno e
agosto organizza insieme all'associazione Libera di don Ciotti otto
campi in luoghi simbolo del degrado ecologico e criminale come Corleone o
Marina di Gioiosa Ionica. Un altro aspetto è quello legato alla collaborazione
con il Dipartimento della Protezione Civile in particolare nell'attività di
prevenzione degli incendi boschivi.
Le sistemazioni sono sempre spartane, in campeggi o strutture adattate ad
ostello, per soggiorni che vanno dai 10 ai 15 giorni a prezzi che oscillano tra
i 200 e i 300 euro. In quasi tutti i casi si tratta di campi internazionali, in
cui confluiscono volontari da tutto il mondo, dando così la possibilità di
confrontarsi con giovani di altre culture e mettere alla prova il proprio
inglese. Inoltre spesso le attività previste permettono ai partecipanti di
ottenere crediti formativi validi ai fini della carriera scolastica. Legambiente
non chiede competenze specifiche, ma un'adesione di massima alle finalità
sociali e culturali dell'associazione.
Molto ricca anche
l'offerta del Wwf, la prima organizzazione in assoluto ad aver inventato sin
dagli anni '70 questa particolare forma di vacanza-apprendimento per bambini e
ragazzi. L'associazione del Panda propone circa 80 destinazioni per un totale di
300 turni ogni estate in tutta Italia. Nel 2007 le partecipazioni sono state
oltre 5.000. In questo caso lo studio e la tutela della natura sono protagoniste
incontrastate. "Le attività proposte - spiegano dal Wwf - riguardano i temi
fondamentali dell'attività dell'Associazione, dalla biodiversità alla difesa
delle acque dolci e salate. Chi va al mare impara che è uno degli ambienti più
minacciati dall'uomo e che per proteggerlo dobbiamo difenderne la biodiversità,
conoscendone gli abitanti e non consentendo la pesca selvaggia. Agli amanti
della montagna viene fatta apprezzare l'incredibile varietà di specie animali e
vegetali, ma anche l'importanza delle acque, che proprio dalle montagne hanno
origine e che oggi sono minacciate da inquinamento e altre attività umane".
Per la fascia dei più piccoli, dai 6 agli 11 anni, si va dalla Riviera ligure di
Levante, dove i bambini possono scoprire la bellezza dei cetacei, al Parco
nazionale del Gran Sasso e della Laga, dove in una masseria a "emissioni zero" i
piccoli entrano in contatto con lo splendido paesaggio appenninico. Tra le
offerte per i ragazzini di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, il campo
avventura a Malta associa invece l'impegno ambientale all'apprendimento
dell'inglese. Più avventurose le proposte per gli adolescenti dai 14 ai 17 anni,
con ad esempio la possibilità di trascorrere un soggiorno nel Parco nazionale
del Pollino con attività di rafting, arrampicata e mountain bike. I prezzi dei
"campi avventura" targati Panda oscillano tra i 400 e i 700 euro per 9-10 giorni
di vacanza.
Tra le associazioni che offrono l'opportunità di trascorrere un'estate
all'insegna dell'impegno ambientale anche il Cts, che tra
le varie attività organizza quest'anno una "crociera" per la salvaguardia
dei delfini nelle isole greche. Le partenze sono previste con cadenza
settimanale dal 6 luglio al 24 agosto per un costo di 880 euro. "A bordo -
spiegano dall'organizzazione - prima si lavora e poi ci si diverte: si vive
l'esperienza della ricerca in mare a fianco di un biologo, si apprendono le
tecniche di monitoraggio, la fotoidentificazione, le rilevazioni di dati
acustici tramite idrofoni, l'ecologia e l'etologia delle specie marine".
Molto interessanti infine le proposte di alcuni Parchi nazionali come quello del
Gran Paradiso che oltre a periodi canonici di circa dieci giorni, organizza nel
mese di luglio anche dei
"mini campi estivi" della lunghezza di un weekend per consentire agli
appassionati di natura di affiancare in qualità di volontari l'attività
istituzionale del personale del parco.
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO - LUNEDI', 12
maggio 2008
Ravalico (Pd):
«Solo spot sul piano del traffico»
«Ancora una volta si deve
evidenziare come il “piano del traffico” venga affrontato periodicamente dal
Sindaco e dalla sua maggioranza solo con notizie “spot” senza l’approfondimento
che l’argomento meriterebbe». Lo sostiene il consigliere comunale del Pd, Mario
ravlico, che in una nota commenta come sia «quanto mai inutile discutere del
singolo intervento al di fuori del progetto complessivo e delle relative fasi di
attuazione. Tra l’altro, fino ad ora si è parlato più o meno sul nulla: non si
conoscono ancora i contenuti del piano e i relativi dati sul traffico. La giunta
Dipiazza sulla gestione del traffico cittadino non sembra avere una strategia
definita. Più che di modifiche “soft”, la città ha bisogno di un preciso
indirizzo di fondo».
Rigassificatore: ancora
polemiche Castelmuschio la sede più probabile - Tra due settimane la
decisione della commissione governativa |
|
«Non è
praticabile la soluzione di Punta Ubac per cause ambientali» |
ZAGABRIA Colpo di scena
nell’iter che porta alla definizione della località in cui sorgerà il
terminal Lng nordadriatico. Nella recente seduta della commissione
governativa incaricata di scegliere il sito del futuro rigassificatore, il
presidente della Regione Istria, lo zupano Ivan Nino Jakovcic, si è
decisamente schierato contro la possibilità che sia Punta Ubac, nel Canal
d’Arsa, ad ospitare il megaimpianto. Il numero uno dell’amministrazione
regionale istriana (e presidente del maggiore partito nella penisola, la
Dieta democratica istriana), è intervenuto nella riunione dell’organismo,
sostenendo che è inaccettabile la scelta di Punta Ubac. «La presenza del
terminal metanifero distruggerebbe quell’autentica perla della natura che è
il Canal d’Arsa, lungo la costa orientale istriana. Da parte mia e
dell’amministrazione che rappresento, abbiamo proposto alla commissione di
puntare sul Canal di Fianona, poco più a Nord, il quale è già dotato delle
infrastrutture necessarie. Inoltre, in zona sono presenti centrali
termoelettriche che potrebbero essere azionate a gas».
La presa di posizione di Jakovcic avrà sicuramente delle ripercussioni e
potrebbe financo favorire la restante candidata, ossia Castelmuschio (Omisalj),
borgo marittimo che si affaccia sul golfo di Fiume. È stato lo stesso zupano
d’Istria a dichiarare ai giornalisti che il voler insistere su Punta Ubac
darebbe a pensare che la scelta sia già stata effettuata: «Probabilmente
sarà Castelmuschio ad ospitare il rigassificatore e debbo dire che è un sito
con tutte le carte in regola. Da parte nostra, vorremmo il terminal nel
canalone di Fianona e comunque, in nessun caso, non permetteremo venga
costruito in una zona d’ alta importanza turistica». Ricordiamo che sono
stati gli esperti dell’azienda specializzata Ekonerg (su commissione del
governo) a studiare le aree papabili, venendo alla conclusione che il
terminal debba venire approntato a Castelmuschio o a Punta Ubac. Il loro
rapporto è stato presentato alla suesposta commissione, i cui componenti
dovranno studiare la proposta, tornando a riunirsi tra due settimane.
L’ultima parola sulla località prescelta spetterà al governo di centrodestra
del premier Sanader. Quest’ultimo aveva riattualizzato nel gennaio 2006 il
progetto del rigassificatore altoadriatico (costo 700 milioni di euro, un
miliardo con l’indotto, 10 mila posti lavoro, 15 miliardi di metri cubi di
gas movimentati annualmente) affermando che la soluzione migliore era
rappresentata dalla località isolana. Vi era stata però una generale levata
di scudi nel Quarnero contro il progetto, proteste rientrate alla svelta non
appena si era parlato dell’apertura di ben 10 mila posti di lavoro. Ma
intanto il primo ministro aveva già virato sull’Istria, caldeggiando la
soluzione Fianona, in seguito bocciata dagli esperti dell’Ekonerg in quanto
si tratterebbe di sito in cui non vi sarebbe spazio a sufficienza per
l’impianto Lng.
Andrea Marsanich |
Record in regione di malati
di cancro |
|
FIUME La Regione
litoraneo-montana detiene un triste primato a livello nazionale.
È, infatti, in testa alla graduatoria delle contee con il piu’ alto numero
di malati di cancro all’intestino crasso. La Regione litoraneo-montana è,
inoltre, al terzo posto per i casi di tumore al seno. Questi sono alcuni dei
dati resi noti in sede di Giunta conteale i cui componenti hanno approvato
il sostegno futuro ai programmi di diagnosi precoce del cancro al seno.
Alle visite preventive alle quali sono state invitate 50mila persone solo il
56 per cento delle donne e il 44 per cento degli uomini hanno deciso di
sottoporsi ad un controllo medico.
Va detto che nella contea liroaneo-montana sono 70 i decessi l’anno per
cancro al seno. Ðulija Malatestinic dell’Istituto regionale per la salute
pubblica ha dichiarato che le malattie predette si possono curare nel 90 per
cento grazie alla diagnosi precoce.
(v.b.) |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 11 maggio 2008
PASCAL ACOT: STATE
SOTTOVALUTANDO IL SURRISCALDAMENTO DELLA TERRA - L’URGENZA DI UN’AZIONE
INTERNAZIONALE |
|
Tra i massimi esperti
mondiali di scienze climatiche e ambientali, Pascal Acot ha scritto per «Il
Piccolo» questo articolo sull’emerganza clima. Sarà ospite di Vicino/lontano
domenica 18, nel tendone di piazza Libertà a Udine alle 11.30. Sarà al
centro dell’incontro intitolato «Economia/ecologia: lo sviluppo possibile».
Accanto a lui: Corrado Clini. responsabile ministeriale per la tutela
dell’ambiente e del territorio; Marzio Galeotti, economista dei cambiamenti
climatici. Coordina Francesco Marangon.
Da qualche anno assistiamo a un proliferare di rapporti sul
surriscaldamento climatico che fanno a gara fra loro in quanto a previsioni
catastrofiche. Rammento il «rapporto Stern» dell’ottobre 2007, commissionato
dal futuro premier della Gran Bretagna, Gordon Brown, a un economista, ex
dirigente della Banca Mondiale. Vi era segnalato che se non avessimo fatto
nulla per contrastare il surriscaldamento globale, l’economia dei paesi
industrializzati, e dunque l’economia mondiale, sarebbe crollata; e che
erano da prevedere una riduzione del 20 per cento della produzione economica
e il moltiplicarsi di sanguinosi conflitti per la sopravvivenza. Il rapporto
indicava anche che la lotta contro l’emissione dei gas serra potrebbe
costare oggi l’equivalente dell’1 per cento della ricchezza prodotta nel
mondo, ma che se non si farà nulla, le catastrofi economiche, sociali e
politiche che ne conseguirebbero potrebbero costarci 20 volte di più (5.500
miliardi di dollari).
È in questo contesto che si è tenuta a Bali, in Indonesia, l’ultima grande
conferenza mondiale sui cambiamenti climatici (3-14 dicembre 2007). Tale
conferenza doveva portare a un accordo sull’«urgenza di una azione
internazionale», con due possibili scenari. Uno prospettava, da qui al 2020,
una riduzione dell’emissione dei gas serra dal 10 al 30per cento rispetto al
1990 e prevedeva degli sforzi «marginali» da parte dei paesi in via di
sviluppo. L’altro raccomandava una riduzione dal 25 al 40 per cento per i
paesi industrializzati e del 50 per cento per tutti, da qui al 2050.
Purtroppo il principale risultato della conferenza è stata l’adozione di
un’intesa, la «roadmap di Bali», che prevede un percorso per negoziare un
nuovo accordo sui mutamenti climatici. Sarà firmato entro la fine del 2009 e
avrà effetto a partire dalla fine del 2012. Eppure, curiosamente - per lo
meno in Francia - i media non cessano di stigmatizzare l’«impronta
ecologica» degli individui quando non sono responsabili che del 27 per cento
dell’emissione di gas serra.
Il fatto è che le misure da prendere sarebbero troppo dolorose per il mondo
delle industrie transnazionali e per l’avvenire degli scambi agroalimentari:
soppressione radicale dei trasporti (aereo, marittimo e su strada) non
assolutamente necessari, vale a dire la demondializzazione dell’economia e
la rilocalizzazione delle attività agricole e industriali. Soppressione del
turismo (aereo, marittimo e su strada) e ricorso all’uso di combustibili
fossili. Sviluppo dei trasporti collettivi (basti pensare che la rete
ferroviaria francese è regredita al livello del 1875).
A ciò si affianca il pericoloso sviluppo in tutto il mondo – in attesa
dell’energia solare – dell’elettronucleare, anche perché questa forma di
energia non produce emissioni di gas serra. L’urgenza è quindi grande poiché
nulla è stato fatto dopo la convenzione-quadro sui cambiamenti climatici di
Rio (1992), se non la realizzazione di una Borsa dei diritti d’inquinamento
e della «telenovela» dello sterile protocollo di Kyoto.
Di fronte a questo stupefacente scarto tra l’urgenza ecologica e
l’immobilismo dei politici, mi sorge il sospetto che i rapporti scientifici
dell’Ipcc vengano utilizzati essenzialmente al fine di preparare l’opinione
pubblica a una maggiore austerity energetica, a delle nuove tasse
«ecologiche», al declino industriale dell’Europa - determinato dalla
riorganizzazione industriale a favore dei paesi emergenti e in via di
sviluppo - così come all’emergere o al rafforzarsi di istanze sopranazionali
allo scopo di legittimare il tutto.
Traduzione di Anna Maria Mansutti
PASCAL ACOT |
Fiume, città più inquinata
della Croazia - Secondo uno studio commissionato dal governo si
respira un’aria di «terza categoria» |
|
IL SINDACO
OBERSNEL: «L’ESECUTIVO CI SNOBBA»
FIUME Primato inglorioso
per il capoluogo del Quarnero e Gorski kotar: i suoi abitanti respirano
infatti l’aria più inquinata in Croazia. Oltre a Fiume, sull’indesiderato
podio si trovano ancora Sisak (raffineria dell’Ina) e Kutina (impianti
petrolchimici). È quanto emerge dal piano governativo per il miglioramento
della qualità dell’aria nel quadriennio 2008–2011, in cui si precisa appunto
che la situazione peggiore la si registra a Fiume, a Sisak (a Sud di
Zagabria) e nella slavone Kutina. In riva al Quarnero, dove si respira aria
classificata nella terza categoria, il quadro sta peggiorando di anno in
anno, con principali imputati la raffineria dell’Ina in Mlacca, il cantiere
navale Viktor Lenac a Martinscica e la termocentrale a Urinj. «Nel 2006 e
l’anno scorso la qualità dell’aria a Fiume è scesa dalla seconda alla terza
categoria – ha spiegato il ministro dell’Ambiente, Marina Matulovic Dropulic
– ciò lo si deve innanzitutto all’aumento nell’atmosfera di emissioni di
idrogeno solforato e di anidride solforosa. Da qui anche le proteste di
numerosi cittadini fiumani per le zaffate maleodoranti che ammorbano la
città, soprattutto in assenza di vento».
Gli impianti in Mlacca (produzione di oli lubrificanti) sono da tempo nel
mirino della popolazione locale e specialmente dell’ amministrazione
cittadina. Nel 2007, il Consiglio municipale ha chiesto al governo del
premier Sanader lo smantellamento della raffineria, risposta che a Fiume
attendono ancora. Sia la Giunta che il parlamentino locali si sono rivolti
all’esecutivo statale, l’unico che possa assumere una decisione del genere.
«Ma finora dalla capitale – ha affermato il sindaco fiumano Vojko Obersnel –
non si sono ancora degnati di rispondere». Nel piano del governo si rammenta
che la Città di Fiume ha avviato il procedimento per far trasferire la
raffineria entro il primo gennaio 2010 e nel contempo si precisa che la
compagine ministeriale sta per assumere una decisione definitiva in merito.
Sempre nel documento si menziona la situazione non facile esistente a
Kostrena (comune confinante con Fiume), per la presenza dello stabilimento
Viktor Lenac e della termocentrale Rijeka. Anche qui l’aria è di terza
categoria, ma Kostrena non viene classificata a parte, bensì inglobata nel
contesto fiumano.
Per nulla ottimale neanche la situazione registrata in Gorski kotar, l’area
montana dell’entroterra quarnerino, alle prese con nocive emissioni
solforose che – stando agli esperti – arriverebbero in gran parte da Italia,
Bosnia ed Erzegovina, Germania e Serbia, oltre che dalla Croazia. La
Matulovic Dropulic, nel rilevare che l’inquinamento è comunque dovuto in
buona parte al traffico stradale, ha fatto sapere che il Paese spenderà ogni
anno, e fino al 2011, la somma di 4 miliardi e 100 milioni di kune (560
milioni di euro), per il miglioramento dell’aria che respiriamo.
Andrea Marsanich |
IL PICCOLO - SABATO, 10 maggio 2008
Il ministro Scajola: sì ai
rigassificatori - È d’accordo anche il neoassessore regionale all’Ambiente -
«Problema energetico troppo importante» |
|
«I rigassificatori sono
fondamentali perchè consentono di scegliere da dove rifornirci di gas, ai
prezzi più convenienti, e al riparo da turbolenze politiche o economiche».
Ne è convinto il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola che, a
poche ore dall’assunzione del mandato e dal giuramento davanti al presidente
della Repubblica, inserisce la sfida del problema energetico tra le priorità
della sua agenda politica.
«Ho un sogno - ha spiegato il ministro in un’intervista alla Stampa -.
Garantire al mio Paese, alle aziende e alle famiglie italiane energia certa,
a un costo ragionevole e in condizioni di assoluta sicurezza e di rispetto
dell'ambiente». E una delle strade da percorrere per centrare l’obbiettivo,
chiarisce Scajola, è proprio accelerare sulla strada della realizzazione di
impianti di gnl.
Parole che arrivano forti e chiare anche a Trieste e trovano perfettamente
in sintonia il neo assessore regionale Vanni Lenna. «Sono sulla stessa linea
del ministro Scajola - afferma il responsabile di Ambiente e Lavori pubblici
-. Esiste un problema energetico dal quale dipende anche il futuro del
Friuli Venezia Giulia. Una sfida troppo importante per non essere presa
seriamente in considerazione. Su questo argomento, insomma, bisogna assumere
delle decisioni e noi siamo pronti a farlo dopo aver analizzato nel merito i
due progetti sul tappeto».
Un decisionismo che dovrà inevitabilmente fare i conti con l’opposizione
delle associazioni ambientaliste. Scenario che non impensierisce tuttavia il
neo assessore. «Terremo in considerazione le osservazioni di
tutti,ambientalisti compresi - conclude Lenna -. Dopodichè, la politica che
governa questa Regione avrà il diritto e il dovere di scegliere. Questa è la
linea del presidente Tondo e io la condivido pienamente».
Nel dibattito sui rigassificatori, infine, fanno sentire la propria voce
anche gli esponenti della maggioranza in consiglio provinciale. Una scelta
fatta per prendere le distanze dall’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi
che, parlando a nome della Provincia, si era schierata a favore degli
impianti di gnl. «Quelle dichiarazioni devono ritenersi espresse a titolo
personale - chiariscono in una nota -. Il consiglio provinciale non ha mai
espresso un parere favorevole per mancanza di documentazione. Auspichiamo
quindi che venga aperta quanto prima una discussione seria che affronti
tutti i nodi ancora irrisolti come l’impatto ambientale e le ricadute sul
territorio».
(m.r.) |
Piace il Borgo Teresiano
pedonale - «Sì alla pavimentazione in masegno, ne guadagna anche il turismo» |
|
REAZIONI
FAVOREVOLI ALLA PROPOSTA DEL COMITATO COSAPU
Piace alla gente l’idea della
passeggiata in parallelo alle Rive, da largo Panfili a piazza Venezia. La
proposta presentata dal Comitato cittadino per la salvaguardia del
patrimonio urbano (Cosapu), presieduto da Bruno Cavicchioli, che prevede la
creazione di un nuovo percorso turistico, caratterizzato da una nuova
pavimentazione in masegno, destinata a unire il Borgo Teresiano a quello
Giuseppino e da percorrere a piedi, incontra il favore di tutti,
commercianti, pubblici esercenti, residenti, triestini che lavorano in
centro.
«Per motivi professionali sono ogni giorno in centro città – spiega
Francesco Napoli – e ho apprezzato molto l’inaugurazione del ponte Bailey
sul Ponterosso, che permette di muoversi a piedi con grande rapidità nelle
vie del Borgo Teresiano». Mario Colapaoli è un ciabattino della zona di
piazza Venezia, uno dei due terminali della passeggiata: «Sarebbe veramente
una bella cosa – afferma – la realizzazione di un’ottima idea, perché l’area
attorno a piazza Venezia va migliorata e riqualificata. Adesso si sta
lavorando in piazza, ma una passeggiata che comprenda anche via Torino
sarebbe la benvenuta».
Maurizio Facco ha un’attività che si affaccia su piazza Hortis: «Certo che
sono d’accordo – spiega – perché tutto ciò che comporta un abbellimento di
questa zona va accolto positivamente. La via Torino in particolare, una
volta completati i lavori per il museo della Cultura istriana – sottolinea –
se messa a posto con una bella pavimentazione, potrebbe ospitare tavolini e
ombrelloni alla stregua di quanto avviene nelle più belle piazze della
città, a cominciare da quella dell’Unità d’Italia». Antonino Nangano lavora
vicino a piazza Cavana e sostiene questa tesi: «Sono più che favorevole a un
abbellimento dell’area che ci circonda – evidenzia – l’importante è che, una
volta che si è presa una certa decisione, si vada con determinazione alla
sua concretizzazione. Credo che l’incertezza sia un elemento negativo».
Erika Rotta, che ha un negozio in piazza Cavana, è anch’essa d’accordo:
«Finché si tratta di apportare delle migliore dico senz’altro di sì – è la
sua opinione – però voglio richiamare l’attenzione sulla praticità degli
interventi. Per esempio la pavimentazione di piazza Cavana è bella, ma chi
l’ha progettata non ha pensato a tutto. Realizzandola a schiena d’asino –
evidenzia - quando piove, a pagare le conseguenze siamo noi negozianti, che
ci troviamo con i nostri esercizi commerciali pieni d’acqua. Quando si
predispongono opere come queste – conclude – bisogna pensare ai vari
aspetti». Federica Gabrielli ha un’attività in pieno centro: «Se la nuova
passeggiata porta lavoro, l’idea è eccellente. L’importante è che si
favorisca l’affluenza di persone nel cuore della città e che, al contempo,
si preservino i parcheggi, che già oggi sono pochi».
Ugo Salvini |
Piazza Libertà sotto esame -
DUE COMMISSIONI PER IL PIANO DI RESTYLING |
|
Si terrà martedì alle 10.30,
nella sala del Consiglio comunale, la riunione congiunta della Quarta e
Sesta commissione consiliare.
I due organismi, che si troveranno al primo piano del palazzo di piazza
Unità, sono stati convocati dai rispettivi presidenti, in accordo con
l’assessore ai Lavori Pubblici Franco Bandelli, per trattare il Programma
innovativo «Trieste nord».
In particolare, al centro della discussione ci sarà la riqualificazione di
piazza della Libertà e, precisamente, l’approvazione del Progetto
preliminare e l’azione della variante al Prgc.
Va ricordato che gli allegati del progetto sono visionabili alla stanza 212
dell’edificio situato al primo piano di largo Granatieri 2.
Nel caso di impedimento, la segreteria dell’Ordine dei presidenti delle
commissioni ricorda che il consigliere può farsi sostituire, ai sensi
dell’articolo 11 del regolamento comunale, da un altro rappresentante del
Consiglio appartenente al suo gruppo. |
IL PICCOLO - VENERDI', 9
maggio 2008
Rigassificatori, no degli
ambientalisti - Contrario anche il sindaco di Muggia, ma la Provincia è a
favore - Il metanodotto riapre il dibattito |
|
Un incubo che si avvera per
alcuni, un passo importante atteso quasi con impazienza per altri. Suscita
reazioni di tenore opposto l ritorno in primo piano, dopo mesi di silenzio,
della questione rigassificatori. A riaccendere i riflettori sono state da un
lato la presentazione del progetto del metanodotto Trieste-Villesse che Snam
Rete gas vorrebbe realizzare per collegare alla rete nazionale l’impianto di
gnl di Zaule targato Gas Natural; e dall’altro la nuova, e per alcuni verso
inattesa, disponibilità al dialogo manifestata dal sindaco Dipiazza.
«Due mosse che non cambiano di una virgola la nostra posizione - commenta
deciso il presidente di Legambiente Trieste, Lino Santoro -. Siamo e
resteremo contrari ai rigassificatore nel canale navigabile di Zaule, che
consideriamo zona ad alto rischio ambientale. Useremo quindi tutti gli
strumenti a nostra disposizione per sensibilizzare, chiamare a raccolta la
cittadinanza e impedire che l’iniziativa vada in porto».
Una linea dura sposata anche dal Wwf, che critica la scelta di Snam di dare
il via solo adesso all’iter per l’approvazione del progetto del metanodotto.
«Sembra un po’ assurdo - osserva Fabio Gemiti -. I due interventi avrebbero
dovuto essere presentati e valutati contemporaneamente. Quanto al merito del
progetto del metanodotto, almeno non si è concretizzata la temuta ipotesi di
un passaggio della conduttura sotto il Carso e si è preferita la soluzione
di gran lunga meno invasiva del collegamento sottomarino. Una magra
consolazione che comunque non elimina le nostre riserve. Inizieremo subito
ad analizzare la documentazione e presenteremo poi le osservazione nei
termini previsti. Considerando i tanti passaggi, ci vorranno comunque almeno
9 mesi tempo».
Schierato con il fronte del no anche il sindaco di Muggia. «Il
rigassificatore e il metanodotto sono incompatibili con lo sviluppo che si
intende portare avanti nella zona - afferma Nerio Nesladek -. Negli ultimi
due anni, assieme a porto ed Ezit, con le idee di ampliamento dell’area
traghetti, le attività nautiche, l’attracco a servizio del mercato ittico,
abbiamo reso quella porzione di territorio essenziale per lo sviluppo
economico di Muggia. Pertanto, quella che per il sindaco Dipiazza sembra
essere un’opportunità, per noi è una iattura. Una differenza di visioni che
forse - conclude Nesladek – ci aiuta anche a capire il “niet” del sindaco di
Trieste all’ipotesi di sviluppo fieristico in quell’area».
Guarda con favore alla ripresa del dibattito sulla presenza di impianti gnl,
invece, l’Associazione degli industriali. «Non possiamo che essere
favorevoli a progetti simili - afferma il vicepresidente Nicola Pangher -.
In un momento in cui il problema energetico si fa sentire in maniera sempre
più pesante, possiamo avere a disposizione canali di approvvigionamento
alternativi e indipendenti. Una prospettiva che va a vantaggio dell’intero
Paese e del nostro territorio, che potrebbe avere disponibilità di energia e
possibili ricadute economiche».
Dello stesso avviso l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi.
«Siamo sempre stati favorevoli ai rigassificatori - spiega -. La nostra
scelta è caduta sull’ipotesi di Zaule, sia perché accelererebbe l’iter delle
bonifiche, sia perché avrebbe conseguenze meno impattanti sull’ambiente
rispetto all’impianto a mare proposto da Endesa. Il problema energetico non
può più essere ignorato: non è possibile che le nostre aziende spendano il
40% in più rispetto a quelle austriache. È partendo da queste condizioni
quindi - conclude Barduzzi - che ora valuteremo anche le documentazioni di
Snam, per poi esprimere il nostro parere collaborativo».
MADDALENA REBECCA (ha collaborato Sergio Rebelli) |
Ferriera, Regione e Lucchini
unite al Tar - L’ex giunta difende il rilascio dell’autorizzazione
ambientale |
|
L’amministrazione regionale e il
gruppo bresciano si sono infatti costituiti in giudizio per fare fronte comune
contro l’iniziativa legale avviata dall’amministrazione Dipiazza. Una decisione
evidentemente presa durante le ultime settimane di mandato dell’ex giunta Illy e
che, con ogni probabilità, verrà ora rivista alla luce del cambio al vertice
decretato dalle elezioni di aprile. Difficile infatti che Rento Tondo, dopo aver
ribadito a più riprese di considerare «la chiusura dello stabilimento di Servola
una priorità del nuovo esecutivo», passi dalla parte del nemico, tradendo
l’alleato Roberto Dipiazza.
In attesa di conoscere l’esito del ricorso (il Tar non ha ancora fissato la data
dell’udienza ndr), il sindaco replica intanto all’azienda che, proprio in
risposta alle affermazioni di Tondo, aveva annunciato l’intenzione di adire
anche alle vie legali. «Dove sarebbe la novità in questo caso? - commenta il
primo cittadino -. Sono anni che la Lucchini non fa altro che impugnare le
ordinanze del Comune. Non capisco quindi perchè dovrebbe allarmarmi la
prospettiva di una battaglia legale, visto che la battaglia dura da tantissimo
tempo. Il gruppo bresciano ha speso più in avvocati che in investimenti
ambientali».
Investimenti contestati anche dagli esponenti dei Verdi Metz, Visintin e
Racovelli che, a tal proposito, suggeriscono alla Regione di inasprire i
controlli. «Non è sicuramente nostro fine dare una mano al neo governatore -
scrivono in una nota -. ma ci chiediamo se rientreranno nelle verifiche previste
dall’Autorizzazione integrata ambientale anche uno studio sul problema degli
scarichi emerso nella recente inchiesta sulle modifiche della linea di costa». (m.r.)
Mille bambini con Kugy in
difesa dell’ambiente - AL GIARDINO PUBBLICO - Premiazioni con
musica del concorso della Provincia |
|
Quasi mille bambini hanno
partecipato all’edizione 2008 del concorso Julius Kugy, dedicato quest’anno
al tema dell’ecologia e della tutela dell’ambiente e organizzato dalla
Provincia. Tante le scuole che hanno aderito all’iniziativa, dagli asili
nido alle scuole secondarie, insieme a singoli studenti, società o
associazioni. Tutti gli elaborati, composti da disegni e parole, sono
visibili al pubblico grazie alla mostra allestita nelle sale dell’Arac in
questi giorni.
Ieri si è svolta la festa conclusiva e le premiazioni, nel corso di una
giornata di musica e giochi al Giardino pubblico, dove bambini e ragazzi,
con magliette e cappellini colorati forniti in occasione del concorso, hanno
festeggiato insieme agli insegnanti e ad alcuni animatori, scatenandosi
sulla musica allegra e coinvolgente del gruppo Berimbau, dando vita a
simpatici trenini, balletti e canti.
La traccia precisa dell’edizione 2008 è stata «Lo spreco di risorse ha
evidenti conseguenze ambientali. Analizzate il fenomeno e i danni derivanti
e proponete forme di sensibilizzazione e coinvolgimento delle persone per
affrontare questo problema». Suddivisi in gruppi o all’interno delle classi,
i partecipanti hanno presentato al concorso complessivamente 52 opere. C’è
chi ha scelto di puntare sui colori e sulla vivacità dei toni di flora e
fauna, sottolineando la bellezza e l’importanza della natura, chi ancora ha
deciso di spiegare, attraverso messaggi e slogan, il valore della
conservazione e della tutela del verde, del mare, degli animali e proprio
dei giardini della città, chi infine ha illustrato il tema scegliendo di
adattarlo alla quotidianità e alla propria vita di bambino o ragazzo. I
partecipanti sono stati divisi in categorie, a seconda dell’età.
Tra i bambini degli asili nido e le scuole d’infanzia ha vinto la scuola di
Bagnoli della Rosandra dell’Istituto Comprensivo Roli, tra i bambini della
scuola primaria primo posto per le classi III e IV B della scuola Biagio
Marin dell’Istituto Comprensivo Italo Svevo. Per la scuola secondaria di
primo grado la vincitrice è stata la classe III C della scuola Nazario Sauro
di Muggia, per la scuola secondaria di secondo grado vittoria per le classi
IV e V della scuola professionale Galvani. Nell’ultima categoria infine, che
riguarda associazioni, società o privati, il primo premio è stato assegnato
alla cooperativa L’Albero Azzurro. A tutti i giovani sono stati consegnati
attestati e, ad alcuni, anche premi in buoni libro. A primi tre classificati
di ogni categoria riconoscimenti in denaro.
Micol Brusaferro |
Spalatino, amianto nell’aria
- Rilevati dati tre volte superiori alle norme - Rapporto tenuto nascosto -
La città di Vranjic risulta contaminata da molti anni |
|
SPALATO Scoppia il «caso
amianto» a Vranjic, piccola località di mare nei pressi di Spalato e dove da
sessant’ anni è in funzione la fabbrica di materiali edili Salonit. In base
ad un documento in possesso della Tv nazionale croata (Htv), nell’aprile
dell’anno scorso la concentrazione di asbesto nell’aria sarebbe stata di tre
volte superiore rispetto alle norme dell’Organizzazione mondiale della
Sanità. I controlli erano stati commissionati dall’Istituto croato per
l’edilizia e pagati dalle casse statali, ma i risultati non sono mai stati
presentati alla popolazione dell’area. Un muro di omertà, squarciato però
dalla Tv pubblica e che confermerebbe quanto già si sapeva: il materiale a
base di amianto, prodotto fino ad un paio d’anni fa dalla Salonit,
rappresenta un grave pericolo per la gente del posto e per gli abitanti di
una vasta porzione della Dalmazia centrale, Spalato inclusa. Nelle vicinanze
dello stabilimento, ossia nella cava dismessa di Mravinac, si trova un gran
quantitativo di prodotti di scarto, che contengono asbesto. Per procedere al
risanamento, il predetto Istituto per l’edilizia aveva ordinato il
monitoraggio dell’area, vedendosi recapitare dei risultati catastrofici che
nessuno ha voluto diffondere, ad eccezione dell’ Htv, il cui telegiornale in
prima serata di mercoledì ha pubblicato la notizia bomba. Al ministero
dell’Ambiente, solitamente agguerrito nei confronti di inquinatori e dei
responsabili di abusivismo edile, tutti hanno tenuto la bocca cucita,
smentendo che esista un documento del genere. Invece il rapporto c’è ed è
stato presentato da un giornalista dell’Htv al direttore dell’ Istituto
croato di tossicologia, Franjo Plavsic, che ha parlato di valori dannosi per
la salute dell’uomo.
(a.m.) |
INQUINAMENTO - I dati
della Ferriera |
|
Oggi, mi sento sopraffatto dallo
sconforto di chi si rende conto che non c'è problema, per grave che sia, che
sfugga all'oblio del tempo. Se poi l'uomo ci aggiunge di suo «un disinteressato
contributo», tutto il processo si velocizza in maniera proporzionale. Mi
riferisco alla Ferriera di Servola ed alla sua drammatica realtà. Tralasciando
tutto il resto, leggo che i dati degli sforamenti del pm 10, il 17 marzo scorso,
sono stati di 35 volte superiori ai limiti di legge (Arpa) ma dovendoli
includere nelle 24 ore della giornata (dichiarazione di Rosato), si perviene a
questo risultato, a dir poco, impressionante. L'aria risulta essere l'optimum
per una zona adatta alla riabilitazione di pazienti già affetti da malattie
respiratorie (o giù di lì).
Poco tempo fa, leggevo sulla prima pagina del Piccolo che un esperimento fatto
in Ferriera, con un banalissimo accorgimento, portava all'aumento della
produzione e nel contempo alla riduzione drastica dell'inquinamento. Ergo la
conclusione del responsabile: «Più si produce meno si inquina». A questa
conclusione si associava, ad occhi chiusi, anche il vostro intervistatore, senza
pensare che, se la cosa avesse avuto un minimo di fondamento, il responsabile
della produzione sarebbe stato immediatamente licenziato per non aver messo in
atto quel «banale accorgimento» quindici anni prima, evitando oltretutto, tante
grane alla «proprietà». Questi discorsi sono certo che non piacciono ai
triestini, in quanto gente semplice, ma non imbecille. I dati sono quasi sempre
esatti, è invece il loro uso che è improprio e sicuramente confutabile. Ultimo
caso quello delle analisi fatte agli operai e ad un gruppo di abitanti del rione
di Servola, utilizzate in maniera del tutto opinabile, con raffronti ed
accostamenti che sembrano delle trovate di studi di produzione di cartoni
animati.
Illy è sempre stato dalla parte della Lucchini; sempre coerente con le proprie
idee, tralasciando, ove non fosse stato necessario, di parlare
dell'inquinamento, ma puntando – come ha fatto più di una volta sul fatto che
chi aveva deciso di «andare ad abitare a Servola e Valmaura, sapeva a cosa
andava incontro», punto e basta!
Certo che la ricerca di continue scappatoie è un gioco, per gli avvocati che la
Lucchini può permettersi. Si gioca di punta di fioretto. Ed il gioco sarebbe
divertente ed altamente stimolante se la controparte non fosse costretta a
giocarsi la propria salute. Questo vale per tutti i triestini e ancor di più per
coloro che abitano in prossimità dello stabilimento o sulla traiettoria dei
venti più presenti nella nostra zona, per non parlare poi di quei poveri operai
della Ferriera che sono costretti a barattare la propria vita per un pezzo di
pane. Perché, per gli operai, questa è la realtà!
Argeo Stagni
MADDALENA - Alberi
tagliati |
|
Perché le istituzioni
politico-amministrative non hanno vietato il taglio degli alberi? La
proprietà privata può fare ciò che vuole? Gli ambientalisti non contano un
fico secco?
Ugo Pierri |
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8
maggio 2008
In Comune si riparla del
rigassificatore - Andrà valutato anche il metanodotto proposto da Snam |
|
Sta già per tornare in Consiglio
comunale la questione del rigassificatore che secondo il progetto di Gas
Natural dovrebbe sorgere a Zaule sull’area ex Esso. La pubblicazione da
parte di Snam dell’avviso con cui chiede al Ministero dell’Ambiente la
Valutazione d’impatto ambientale sul metanodotto Trieste-Villesse che
dovrebbe collegare il rigassificatore alla rete nazionale del gas potrebbe
rilanciare il progetto che lo stesso sindaco Roberto Dipiazza definisce
«un’occasione da non lasciarsi sfuggire».
«A giorni convocherò la Commissione urbanistica del Comune per ridiscutere
del progetto», ha annunciato ieri il suo presidente, Roberto Sasco. Anche il
progetto del metanodotto, che prevede il tratto Trieste-Grado di 26,3
chilometri a mare e il tratto Grado-Villesse di 18,9 chilometri a terra,
dovrà essere esaminato dalle amministrazioni locali. Sulla questione del
rigassificatore a Trieste peseranno in particolare il Piano energetico
nazionale che dovrà essere stilato dal nuovo Governo e che situerà comunque
almeno un impianto in Adriatico e l’accordo Comune-Gas natural. Alla
richiesta di Acegas-Aps (di cui è azionista di maggioranza il Comune) di
entrare nella società di gestione del rigassificatore con una quota di
almeno il 15 per cento, Gas Natural secondo indiscrezioni avrebbe risposto
offrendo il 4 per cento.
La trattativa però continua e un futuro da polo energetico delle città
riprende vigore mentre al contrario sembrano in calo il Parco del mare e
l’opzione turistica. In queste settimane campeggia su Palazzo Modello di
piazza Unità il tabellone che segnala i lavori in corso per trasformarlo
nella sede direzione di Acegas-Aps e proprio ieri un consigliere di
amministrazione della multiutility e grande sostenitore del rigassificatore,
Giovanni Battista Ravidà, è stato nominato assessore comunale al Bilancio.
Ancora, proprio in questi giorni a Bucarest, i governi di Romania, Serbia e
Croazia hanno costituito una società che dovrà gestire la fase di
progettazione e sviluppo del nuovo oleodotto che partirà da Costanza sul Mar
Nero per giungere fino a Trieste e agganciarsi alla pipeline della Siot. (s.m.)
|
Azienda pronta alle vie
legali per tenere aperta la Ferriera - Belci (Cgil): «Se Tondo ha una
proposta la tiri fuori e ci convochi» |
|
L’alternativa è solo un
confronto collaborativo con la Regione |
Né tra un anno né tra due.
Chiudere entro il 2009 la Ferriera di Servola, per la proprietà, è fuori
discussione. La convinzione, su questo punto, sarebbe tale da vederla pronta
a difendere il proseguimento dell'attività siderurgica con le unghie e con i
denti. E presso ogni sede, senza escludere quella legale. Secondo
indiscrezioni provenienti da Brescia, se il presidente del Friuli Venezia
Giulia Renzo Tondo dovesse persistere nel dettare - sulla base del ventilato
protocollo del 2003 - le condizioni della dismissione dello stabilimento nei
limiti di tempo prospettati all’insediamento della giunta, il gruppo
Lucchini-Severstal potrebbe valutare la tutela dei propri diritti in ogni
modo. Anche contrastando nella maniera più opportuna atti che potrebbero
essere ritenuti illeggittimi. Perché, dal suo punto di vista, il diritto
alla proprietà privata, all’attività produttiva e al lavoro degli operai
andrebbe preservato con qualsiasi mezzo. Se, dunque, si perseverasse
nell’annunciare una dismissione «imminente» - perché tale pare la scadenza
del 2009 - si prospetterebbe un serrato braccio di ferro.
Il dialogo, tuttavia, non è chiuso. L’azienda non si negherebbe a un
confronto collaborativo con la Regione, dettato da un ragionamento sul
medio-termine, possibilmente non inferiore ai sette anni o giù di lì.
La proprietà, al momento, starebbe comunque valutando gli effetti delle
parole del neo-governatore. Una cosa va detta: finché Tondo ha annunciato la
dismissione della Ferriera in campagna elettorale, l’azienda non ha avuto
(almeno formalmente) nulla da eccepire. In passato la «materia» di Servola
si è prestata più volte alle schermaglie dei candidati. Ma quando a
dichiarare «La Ferriera va chiusa, recupereremo il tempo perso» è una figura
istituzionale che si è appena insediata in piazza Oberdan, allora è un’altra
faccenda. Perché l’azienda dà da mangiare a 500 lavoratori più l’indotto, fa
investimenti per 18 milioni, risulta costantemente monitorata sotto il
profilo ambientale, rappresenta il leader in Italia nella produzione di
ghisa e garantisce una ricchezza a Trieste.
La proprietà si è limitata martedì a una nota in cui ha dichiarato che «Non
c’è oggi alcun legame con le condizioni che portarono alla firma del
protocollo del 2003». Protocollo non siglato dai sindacati, come ricorda
Franco Belci, segretario Cgil: «Non so se Tondo condivide l’idea di Dipiazza
secondo cui meno industria c’è e meglio si sta, ma se ha una proposta seria,
beh, la tiri fuori e ci convochi. Se invece è altra aria fritta, come par di
capire, forse farebbe meglio a informarsi un po’ di più». Per Belci «è
assurdo riportare indietro le lancette in condizioni assolutamente diverse
sia di mercato dell’acciaio che di proprietà e bilancio dell’azienda.
All’epoca - aggiunge - ci si trovava sull’orlo del fallimento. Ed era la
stessa azienda a volere chiudere».
TIZIANA CARPINELLI |
Mare pulito, Grado e Lignano
bandiere blu - Premiati la Lega navale di Trieste e l’Hannibal di
Monfalcone fra i porti turistici |
|
Il vessillo verrà issato
durante la stagione estiva. Giudizio ok anche per Porto San Vito |
La città ha puntato da
diversi anni sulla salvaguardia della spiaggia nell’ottica ecologica |
TRIESTE Le Bandiere blu
non smettono di sventolare nelle località di Grado e Lignano. È il verdetto
della Fondazione per l’educazione ambientale (Fee) che anche quest’anno ha
assegnato, in collaborazione con il Consorzio obbligatorio per la raccolta
delle batterie esauste (Cobat), il riconoscimento alle due località balneari
del Friuli Venezia Giulia.
I CRITERI. Lo stesso risultato ottenuto nel 2007, che quest’anno vede
Grado e Lignano inserite in un elenco di 104 comuni, 56 approdi turistici e
215 spiagge italiane di eccellenza. Quelle che stando ai criteri adottati
dal progetto Bandiere blu hanno saputo dare il meglio in campo ambientale,
sia per le acque sia per i servizi offerti (aree pedonali, piste ciclabili,
strutture alberghiere...) e anche nella gestione dei rifiuti.
LE MARINE. Un’analisi che non prende in considerazione solo la
qualità del mare, ma guarda con attenzione anche i servizi e
l’organizzazione. Ecco che nella speciale classifica degli approdi turistici
il Friuli Venezia Giulia incassa altre 12 Bandiere blu. Vessilli dedicati
alle marine di Porto San Vito, Hannibal di Monfalcone (nuova entrata),
Aprilia Marittima, Marina 1, Punta Verde, Punta Faro, Darsena Porto Vecchio
(tutte di Lignano), Punta Gabbiani e Marina Capo Nord a Latisana, Marina di
Sant’Andrea e San Giorgio di Nogaro, Marina di Aquileia e la Lega Navale di
Trieste (l’unica del capoluogo regionale).
LA CLASSIFICA. Rispetto all’anno scorso i comuni premiati con la
Bandiera blu salgono di otto unità, mentre nel 2006 i riconoscimenti si
fermarono a 90. Le candidature in Italia sono dunque in crescita costante,
insomma, ma i risultati fotografano una realtà per certi versi atipica.
Almeno sommando le bandierine assegnate a livello regionale. Il primato
2008, con 15 bandiere, spetta ancora alla Toscana, quest’anno a pari merito
con le Marche che conquistano tre bandiere (da 12 a 15). La Liguria arriva a
14 (perde Spiagge Fornaci e Natarella di Savona, ma guadagna Finale Ligure e
Noli) mentre l’Abruzzo ne acquista due però ne perde una portandosi a 13.
Sono in particolare le realtà turistiche del Sud a recuperare terreno.
IL TERRITORIO. Male i laghi che perdono due località, una in
Lombardia che scompare come regione e l’altra in Piemonte che resta in corsa
con Cannero Riviera. In controtendenza il dato delle realtà del Mezzogiorno,
testimoniato dal recupero della Campania ora a quota 11 (dalle 9 del 2007).
Una in meno, invece, per l’Emilia Romagna che scende a 8, quindi una
bandiera in più sia per la Puglia sia per il Veneto che salgono a 5, così
come per la Sicilia, che arriva a 4, e per la Calabria che a quota 3
raggiunge il Lazio che viceversa ne perde una.
L’AMBIENTE. Ecco che le Bandiere blu assegnate a Grado e Lignano
vedono il Friuli Venezia Giulia, due vessilli proprio come il Molise,
mantenere la propria posizione appaiate però alla Sardegna che ne conquista
una. In fondo alla lista Piemonte e Basilicata, con un solo riconoscimento.
In sostanza, quindi, il trend positivo riguarda Marche, Liguria, Veneto e
Abruzzo; bene anche Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Ma
seconda la Fee «i comuni, ad eccezione delle località vincitrici, dimostrano
ancora troppo spesso una scarsa sensibilità ambientale».
L’ACCORDO. Alla base dello sviluppo turistico auspicato dalla
proposta portata avanti da Bandiere blu che da quest’anno potrà contare
sulla collaborazione tra la Fee e il Corpo delle Capitanerie di
Porto-Guardia Costiera. In particolare queste ultime daranno il loro
supporto all’iniziativa nella fase di controllo sul territorio durante il
periodo estivo. Specie nei porti turistici, saliti a 56 riconoscimenti
rispetto ai 54 del 2007, con l’obiettivo di contrastare la brutta abitudine
di gettare le batterie usate in acqua. |
A Sabbiadoro migliori servizi
- Riconoscimento anche sul fronte della raccolta rifiuti |
|
LIGNANO Silvano Delzotto,
il sindaco, ricorda che è la diciottesima consecutiva, diciannove in totale,
«non fosse stato per il problema alghe a fine anni Ottanta, saremmo da
record». Lignano festeggia la “bandiera blu”, l’ennesima, e sottolinea che
il riconoscimento assegnato dalla Fee (Foundation for Enviromental education)
non riguarda solo la pulizia delle acque ma anche il servizio, la
ricettività, la viabilità.
Ed è ancora più gradito. Ieri mattina Delzotto, impegnato in Regione per il
piano triennale dei dragaggi, ha invitato a Roma l’assessore Teghil e il
funzionario dell’ufficio ambiente Ferron per la cerimonia di premiazione
alle località balnerari italiane nella sede del Comando generale delle
capitanerie di porto.
Lignano fa parte della truppa delle 104 città che hanno ricevuto il
riconoscimento. «Ci fa enorme piacere - sottolinea il sindaco - stare a
fianco di regioni turistiche come le Marche, non a caso premiate con 15
bandiere blu, la Liguria, l'Abruzzo e la Campania. E’ una grande
soddisfazione – prosegue – perché si tratta della conferma di un lavoro
fatto con cura e impegno, che ci colloca nuovamente tra le migliori proposte
turistiche del Paese. Tra l’altro non si tratta solo di un premio al mare
pulito ma a tutta una serie di servizi che confermano che a Lignano si sta
lavorando nella direzione giusta». La presentazione della bandiera blu, fa
sapere ancora Delzotto, è prevista il prossimo 18 maggio, all’apertura della
stagione. Soddisfatto anche Walter Fadini, presidente del mandamento locale
di Confcommercio, associazione del commercio, del turismo e dei servizi: «E’
un segnale positivo, molto gradito dagli operatori economici, che arriva a
riassumere un’attività improntata a qualità e professionalità. Dalla
viabilità alla raccolta dei rifiuti, l’impegno comune di amministrazione,
imprenditori e cittadini sta facendo la differenza». (m.b.)
|
L’Isola del Sole al top per
l’ambiente - Fra i punti a favore l’impianto di depurazione da 80mila
utenti |
|
GRADO L’Isola del Sole è
ormai una veterana della Bandiera blu. Quello ritirato ieri a Roma
dall’assessore comunale al Turismo, Maurizio Delbello, è il diciannovesimo
vessillo per la città di Grado. Sarà issato nel corso di una cerimonia
ufficiale in programma, come tradizione, nel corso della prossima stagione
balneare. Per gli approdi il medesimo riconoscimento è andato inoltre a
Porto San Vito.
«Grado è una delle località storiche in Italia (la Bandiera Blu è stata
istituita 22 anni fa in occasione dell’anno europeo dell’ambiente, ndr) – ha
affermato Claudio Mazza, segretario generale della Fee Italia - Una delle
prime a credere in una crescita del turismo in termini di sostenibilità. Lo
sviluppo turistico si concilia solo con salvaguardia dell’ambiente,
altrimenti si va fuori mercato». Sui pennoni più alti della spiaggia
principale di Grado e su quelli degli stabilimenti balneari della Costa
Azzurra e di Grado Pineta, continua dunque a sventolare la Bandiera Blu che
è un simbolo al quale molti turisti, in particolare stranieri, guardano con
attenzione. Perché può significare acque sicure, attrezzature balneari
all’altezza e salvaguardia dell’ambiente.
Del resto a Grado, come sottolinea l’assessore Delbello, oltre alle spiagge
vi sono dei molteplici aspetti, e in particolar modo quell’incredibile
ambiente che è la laguna. Il fatto poi che a Grado vi sia un impianto di
depurazione (anche questo è stato uno dei primi in Italia) con una capacità
per circa 80.000 persone, quando in realtà gli abitanti sono solamente poco
meno di 9.000, fa ben capire quale sia sempre stato l’impegno delle
amministrazioni comunali che si sono succedute in questi anni. Proprio
l’impianto di depurazione è attualmente sottoposto a parziale riconversione
e aggiornamento per un investimento, in tre anni, di circa 7 milioni di
euro.
Antonio Boemo |
Rigassificatore: Veglia
favorita - L’investimento previsto è di 800 milioni di euro per 10mila
posti di lavoro |
|
Domani la decisione croata
sulla localizzazione dell’impianto |
|
FIUME A meno di ulteriori
rinvii, al momento improbabili, domani a Zagabria sarà scelto il sito dove
sorgerà il rigassificatore nordadriatico. La decisione sarà comunicata dai
componenti della commissione governativa per la metanizzazione del Paese, ma
già da tempo è filtrata la notizia che sono due le località in ballo, il
Canal d’Arsa, in Istria, e Castelmuschio (Omisalj), sull’isola di Veglia.
Domani i responsabili della commissione dovrebbero sciogliere gli ultimi
dubbi, dopo che per lunghi mesi un team di esperti ha monitorato le
caratteristiche di cinque siti altoadriatici, portando a termine una
scrematura che ha ridotto a due le ubicazioni papabili (e appetibili).
È stato lo stesso vicepresidente del governo e ministro dell’Economia, Damir
Polancec, a confermare che l’importante seduta si terrà venerdì nella
capitale, evitando nel contempo di indicare a quale località spettano i
favori del pronostico. «Non intendo sbilanciarmi – ha detto brevemente ai
giornalisti – so quali siano i suggerimenti dello studio eseguito per
determinare il sito più adatto, ma non posso esprimermi ora. Lo farò nella
riunione della commissione». Secondo fonti ufficiose vicine al governo, le
maggiori chance spetterebbero a Castelmuschio, la cui area contermine ospita
autentici mastodonti industriali e dunque già dispone dell’infrastruttura
necessaria. Parliamo del porto petroli, dell’oleodotto Janaf e
dell’industria petrolchimica Dina. Ad adoperarsi a favore della soluzione
isolana è stato negli ultimi mesi il presidente della Regione quarnerino–montana,
lo zupano Zlatko Komadina: «Sì, due anni fa aveva detto al premier Ivo
Sanader che il terminal metanifero non avrebbe dovuto essere costruito a
Veglia – ammette – ma lo avevo fatto perché mi opponevo ad una decisione
politica, senza il supporto di studi in materia. Adesso che la
documentazione c’è e l’opinione pubblica sa parecchio sui vantaggi di un
impianto Lng, sono schierato a favore del rigassificatore. Sappiamo inoltre
che la capacità del terminal sarebbe di 15 miliardi di metri cubi di gas
all’anno, di cui solo un terzo resterebbe alla Croazia e il resto andrebbe
destinato ai mercati europei». A desiderare il megaimpianto (investimento da
800 milioni di euro, apertura di 10 mila posti lavoro) è anche il presidente
della Regione Istria Ivan Nino Jakovcic.
Andrea Marsanich |
No Tav a Barroso: falsi i
preventivi italiani - «Costi sino a nove volte la media europea». Da
Bruxelles il monito sui ritardi |
|
LETTERA
APERTA AL COMMISSARIO UE AI TRASPORTI
BRUXELLES «I dati sui
costi forniti dal governo italiano per le tratte italiane da Bussoleno a
Trieste del progetto prioritario 6 sono assolutamente falsi»: è quanto
dicono i Comitati no-Tav in una lettera aperta al commissario Ue ai
Trasporti Jacques Barrot, ma anche ai membri dell'europarlamento e ai
ministri Ue dei Trasporti, nonchè al coordinatore del progetto Torino-Lione,
Laurens Jan Brinkhorst.
La lettera è stata diffusa nel corso di una conferenza stampa dei deputati
europei Giulietto Chiesa, Vittorio Agnoletto e Monica Frassoni con una
delegazione degli stessi Comitati.
«Un nostro studio - dicono i Comitati no-Tav - dimostra, sulla base di dati
inoppugnabili, come la realizzazione delle infrastrutture per l'alta
velocità ha raggiunto in Italia costi sino a nove volte quelli della media
di analoghi progetti realizzati in Stati membri dell'Ue».
Lo studio, realizzato dall'ingegner Ivan Cicconi, evidenzia che le
infrastrutture per l'alta velocità in Italia «costano mediamente il 500% in
più di quelle francesi, spagnole e giapponesi» e le cause, a suo avviso,
«sono da ricercare nell'architettura finanziaria e contrattuale con la quale
si è dato avvio al progetto».
«Al commissario europeo diciamo: attenzione perchè rischiate di finanziare
opere che non saranno terminate in assenza di finanziamenti pubblici e
privati», ha sottolineato Agnoletto secondo il quale il nuovo titolare Ue ai
Trasporti, che sarà italiano, «vivrà un conflitto d'interessi tra le regole
Ue e i ritardi del governo italiano».
Proprio martedì scorso lo stesso Basrrot ha lanciato un allarme da Bruxelles
dicendo che i trenta progetti prioritari di reti transeuropee costeranno
oltre 397 miliardi di euro, quasi il 17% in più rispetto a quanto
preventivato nel 2004 (340 miliardi). La cifra, resa nota dalla Commissione
europea in base a informazioni ricevute dagli Stati membri nell'aprile
scorso per una verifica dei progressi fatti, è più alta di quella contenuta
in uno studio già realizzato a cura del Parlamento europeo (379 miliardi,
pari all'11,6% in più).
Ma a preoccupare Bruxelles, più dell'aumento dei costi , è lo scarso sforzo
che la stragrande maggioranza degli Stati (tra i quali l'Italia) ha fatto
finora per il finanziamento delle infrastrutture di trasporto. I Paesi
dovranno trovare 250 miliardi di euro tra fondi pubblici e privati. Secondo
il rapporto della Commissione sulle reti transeuropee, l'Italia è il Paese
che dovrà fare ancora lo sforzo maggiore dopo il 2013, visto l'investimento
limitato messo in cantiere nel periodo 2007-2013. |
MADDALENA - Alberi
abbattuti |
|
Sulle «Segnalazioni» del 28
giugno 2005 proponevo al Comune di Trieste ed alla Circoscrizione di esporre
ai cittadini i progetti relativi al comprensorio dell’ex-Ospedale della
Maddalena, attraverso i mezzi d’informazione e incontri da tenere nel rione,
anche al fine di dare ascolto alle necessità dei residenti.
Nell’occasione chiedevo - pur non conoscendo i progetti in questione -
alcune garanzie preliminari, in particolare riguardo al bellissimo parco. A
mio giudizio si sarebbero dovuti recuperare - per quanto possibile - gli
edifici esistenti, limitare volumetrie ed altezze delle nuove costruzioni e
soprattutto salvaguardare le pregevoli alberature, rendendo accessibili a
tutti gli ampi spazi verdi allora non fruibili, che ospitavano tra gli altri
imponenti esemplari di ippocastano, olmo e tasso.
Il 1.o agosto 2005 - sempre sulle «Segnalazioni» - rispondeva il direttore
dell’Area Lavori pubblici del Comune di Trieste. Alla richiesta di
coinvolgimento degli abitanti del rione rispondeva che «la cosa pubblica è
patrimonio di tutti i cittadini e quindi ciascuno ha pieno diritto di
esternare il suo pensiero sulla trasformazione del territorio, anche se, non
dobbiamo scordarcelo, a ciò abbiamo delegato sindaco, giunta e consiglio
comunale. Se ogni intervento dovesse essere discusso ancor prima di essere
stato solo delineato, rischiamo di rimanere assolutamente fermi». In altre
parole... discutete pure quanto volete, tanto dopo decidiamo noi! Da una
trentina d’anni a questa parte in moltissime città d’Europa si attua la
«progettazione partecipata», che nell’ultimo decennio ha conosciuto una
buona diffusione anche in Italia, a partire dalle esperienze di Torino,
Bolzano, Terni, Bologna, ed è oggetto di studio da parte di numerose
Università, tra le quali la Facoltà di Architettura di Trieste.
Riguardo al verde, invece, il direttore affermava che «un giardino, più
d’ogni altra opera, richiede un costante impegno di manodopera, con i
relativi costi. Poiché il budget comunale non è infinito, per mantenere i
nuovi giardini dovremo rinunciare a qualcos’altro. A cosa? Con questo non
voglio assolutamente dire che il parco sarà distrutto. Anch’io auspico un
suo recupero…».
Nei giorni scorsi l’intero parco è stato letteralmente raso al suolo,
compresi gli alberi d’alto fusto allineati lungo la via dell’Istria, che
sicuramente non avrebbero disturbato il futuro cantiere, con grave danno
all’avifauna presente nel sito, colpita proprio durante il periodo di
nidificazione.
Ritengo che dobbiamo senz’altro rallegrarci per il beneficio che ne verrà al
bilancio comunale.
Claudio Siniscalchi |
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7
maggio 2008
Un metanodotto per il
rigassificatore - SVOLTA PER L’IMPIANTO DI ZAULE - NUOVI
DOCUMENTI ALL’ESAME DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE
L’IMPIANTO NELL’AREA EX-ESSO |
La Snam
studia un collegamento via mare e Dipiazza riapre a Gas Natural: «Si tratta
di un’opportunità che la città non deve lasciarsi scappare»
|
Nel giorno in cui la Snam
annuncia di aver avviato la procedura per la Valutazione d’impatto
ambientale sul metanodotto Trieste-Villesse per collegare alla rete
nazionale il rigassificatore che dovrebbe essere realizzato a Zaule, il
sindaco Roberto Dipiazza riapre a favore dell’impianto in un modo che dopo
una presunta rottura può anche apparire clamoroso, sebbene il sindaco sia
sempre stato favorevole. «La trattativa con gli spagnoli di Gas Natural che
hanno presentato il progetto del rigassificatore continua - annuncia il
sindaco - il Consiglio comunale su mia indicazione aveva votato contro
poiché gli spagnoli non avevano accettato la nostra proposta sugli accordi
economici, ma un accordo si può tentare ancora di farlo. Con il petrolio
alle stelle, il rigassificatore potrebbe essere una buona opportunità per
Trieste. Spetterà alla città decidere, ma io non mi lascerei sfuggire
l’occasione.»
Ieri con una serie di avvisi pubblici Snam rete gas spa ha annunciato di
aver presentato al Ministero dell’Ambiente istanza di pronuncia di
compatibilità ambientale per il progetto di metanodotto
Trieste-Grado-Villesse composto da due segmenti: un tratto a mare sea-line
Trieste-Grado di 26,3 chilometri e un tratto a terra, Grado-Villesse di 18,9
chilometri. «L’opera - si legge nell’avviso - consentirà di allacciare alla
rete dei metanodotti di Snam rete gas il nuovo terminale Gnl di Zaule presso
Trieste, assicurando così il trasporto dei quantitativi di gas naturale
rigassificati dal suddetto terminale».
«Abbiamo elaborato il progetto e avviato tutte le procedure autorizzative
necessarie secondo quanto ci è stato commissionato da Gas Natural - ha
dichiarato ieri un portavoce di Snam rete gas spa - senza che ciò
necessariamente significhi che l’iter per la realizzazione del
rigassificatore abbia fatto passi avanti. È chiaro che se avessimo atteso l’ok
a Gas Natural da parte del ministero sull’impianto per poi appena partire
con il progetto della pipeline avremmo provocato gravi ritardi». Proprio
l’assenza di un progetto di collegamento tra il rigassificatore e la rete di
distribuzione del gas, come si fa notare in ambienti dell’Autorità portuale
che con il Comitato portuale sarà comunque chiamata ad autorizzare tutte le
concessioni, era stato uno degli elementi di maggior perplessità sul
progetto di Gas Natural.
Nella delibera di compatibilità ambientale che era stata predisposta nel
gennaio 2007 dalla giunta comunale, si ipotizzava un parere favorevole
all’impianto ponendo però come conditio sine qua non l’ok da ottenere
separatamente sul metanodotto di collegamento tra terminale e rete nazionale
del gas. L’aula del Consiglio comunale però aveva rovesciato in un no il sì
della giunta dopo che lo stesso sindaco Dipiazza aveva additato gli spagnoli
di non aver garantito sufficienti benefici economici della città. Il Comune
aveva chiesto a Gas Natural 4 milioni di royalties per vent’anni, l’entrata
nella società di gestione di Acegas-Aps con una quota del 15 per cento e la
possibilità di acquisto del 20 per cento del gas a prezzo di costo.
Queste condizioni non erano state accettate, ma ieri Dipiazza ha affermato
che «in realtà la trattativa con Gas Natural non si è mai interrotta e non
si è ancora giunti a un nuovo tentativo di accordo perché si attendeva
l’insediamento della nuova giunta regionale».
L’indicazione di Zaule come ipotetica sede per la collocazione del
rigassificatore appare anche nella cartografia allegata al nuovo Piano
territoriale regionale licenziato all’inizio dell’anno dalla giunta Illy. Il
Wwf aveva definito ciò «un incredibile atto di arroganza politica». L’ex
assessore Lodovico Sonego aveva replicato sostenendo che quell’indicazione
non significava che la giunta avesse giocato d’anticipo né su una decisione
favorevole al rigassificatore né sull’esclusione dell’altro progetto, quello
off shore avanzato da Endesa. Ora peserà anche il parere del nuovo governo
regionale guidato da Renzo Tondo e degli assessori all’Energia Riccardo
Riccardi e all’Ambiente Vanni Lenna. Ma la decisione finale spetterà al
Governo nazionale e presumibilmente dipenderà da un nuovo Piano energetico
nazionale.
Gas Natural, come rileva il sito web della società, ha presentato nel luglio
2004 domanda di autorizzazione al Ministero delle Attività produttive per la
costruzione di due terminal di rigassificazione a Trieste e a Taranto con
una capacità annua di 8 miliardi di metri cubi per ciascun rigassificatore.
«I due progetti - si legge - sono sottoposti attualmente a procedure Via
presso le autorità competenti». Gas Natural è oggi uno dei maggiori gruppi
multinazionali del settore energetico e dei servizi: è presente in 11 Paesi
e conta 11 milioni di clienti.
Sul metanodotto di collegamento invece già nel marzo 2006 si erano
pronunciate in modo negativo le associazioni ambientaliste di Monfalcone che
hanno chiesto al Comune di esprimere parere contrario sulla pipeline anche
perché «si affiancherebbe all’oleodotto, alla rete Snam e al futuro
metanodotto necessario ad alimentare il nuovo gruppo a gas della centrale
termoelettrica di Monfalcone». Il collegamento ora progettato però fino a
Grado corre sotto il mare.
SILVIO
MARANZANA |
Ferriera, la Severstal
replica a Tondo: non ci sono le condizioni per chiudere - INTERVIENE LA
PROPRIETA’ DOPO L’ANNUNCIO DEL PRESIDENTE REGIONALE |
|
«Non c’è oggi alcun legame con
le condizioni che portarono alla firma del protocollo d’intesa del 2003». La
Servola Spa Gruppo Lucchini-Severstal replica così alle dichiarazioni del
neo-presidente della Regione, Renzo Tondo, che l’altro giorno aveva detto di
voler ripartire proprio dal documento stipulato con l’allora ministro Altero
Matteoli per arrivare alla chiusura della Ferriera di Servola, di cui è
direttore Francesco Rosato, entro il 2009. «Non esistono attualmente
motivazioni concrete e reali per ipotizzare una chiusura dello
stabilimento», continua la nota diffusa dalla società proprietaria
dell’impianto. Forte pure dei risultati dei recenti esami su lavoratori e
residenti in zona, che non avevamo fornito esiti allarmanti. Quindi, la
produzione va avanti. Così come gli interventi di ammodernamento previsti
secondo quanto stabilito dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)
rilasciata dalla Regione. Oltre a questi, la Lucchini ha pianificato
ulteriori investimenti per un importo totale da 18 milioni di euro. Nello
specifico, fra le iniziative messe in preventivo nel giro di un anno, ci
sono «l’avvio di un processo di automazione delle macchine del reparto
cokeria, la pavimentazione dei piazzali interni, l’implementazione di nuovi
impianti di trattamento delle acque e la realizzazione di una serie di
interventi edili». Inoltre, «nel corso del prossimo biennio è in programma
l’avvicendamento dei due altoforni per poter attuare una serie di interventi
di manutenzione straordinaria», al fine di «migliorare l’efficienza del
processo per la riduzione del consumo di combustibili». In questo quadro si
inseriscono anche l’annunciato piano triennale (2008-2010) di recupero degli
scarti di lavorazione e l’avvio dell progetto «Qualità ambiente di lavoro»
(il cui valore ammonta a 2.500.000 euro) che dovrebbe consentire nel giro di
un anno e mezzo di migliorare la vivibilità negli spazi comuni e negli
ambienti di lavoro della Ferriera stessa.
Ritornando alla questione del cambiamento di scenario rispetto a cinque anni
fa, il gruppo Lucchini-Severstal ribadisce come sia «profondamente mutato il
contesto congiunturale, con anni di notevole crescita del mercato
siderurgico nazionale ed estero». Lo stabilimento di Servola, peraltro, è
l’unico produttore italiano di ghisa, ha chiuso in crescita l’ultimo
triennio con più di 200 milioni di euro di fatturato nel 2007.
Tondo, dal canto suo, ha ribadito più volte come una delle priorità della
nuova amministrazione regionale sia quella di risolvere la questione
Ferriera. Tecnicamente, al momento, non è stata comunicata ancora alcuna
soluzione e ieri il presidente della Regione non ha riaperto l’argomento.
Per Luca Visentini, segretario regionale della Uil, «la discussione con la
nuova giunta regionale sulla possibile chiusura della Ferriera inizia nel
peggiore dei modi. La politica degli annunci a mezzo stampa non è di per sè
la strada giusta per affrontare problemi delicati che riguardano centinaia e
centinaia di famiglie del nostro territorio. Ancora più gravi diventano
questi annunci se, come hanno fatto Tondo e Dressi in queste ore, si
ripropone la chiusura nel 2009, richiamandosi ad un protocollo, quello
firmato nel 2003, che ha perso ogni valore dopo il passaggio della Ferriera
nelle mani della Severstal». Il sindacato non aveva firmato quel protocollo
«perché non riteneva che vi sarebbero state, nel 2009, le condizioni per
ricollocare gli oltre 500 lavoratori diretti e le centinaia di lavoratori
dell'indotto».
La Uil, spiega ancora Visentini, «si è resa disponibile a discutere della
chiusura nel 2015, da cui ci dividono gli anni necessari per dare vita ad
attività industriali ed economiche alternative dove poter ricollocare tutto
il personale».
MATTEO UNTERWEGER |
FERRIERA -
Barduzzi: emissioni entro i
limiti - «In caso di chiusura chi dovrebbe pagare le bonifiche?» |
|
Altro aspetto di riflessione nel
caso Ferriera è quello dei terreni. «Nel caso la Servola Spa Gruppo
Lucchini-Severstal decidesse di chiudere lo stabilimento, a quel punto chi
bonificherebbe l’area per la sua riconversione?». A porre il quesito è
Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’ambiente. Che aggiunge: «I costi
sarebbero talmente alti che non saprei davvero chi potrebbe accollarseli. I
terreni sono di proprietà della Lucchini-Severstal e, in parte,
dell’Autorità portuale».
CONTROLLI In relazione alle parole pronunciate l’altro giorno dal
presidente della Regione, Renzo Tondo, la Barduzzi segnala come «in oltre un
anno di supervisione da parte della Provincia, dai camini della Ferriera le
emissioni siano sempre rimaste entro i termini di legge. Quello dello
stabilimento è comunque un problema nazionale, visto che in Italia ce ne
sono solo tre di questo genere. Fin qui, peraltro, sui circa 200 esposti
presentati dai residenti di Servola la Cassazione ha dato ragione
all’azienda».
BUCCI In serata, il neo-eletto consigliere regionale Maurizio Bucci
ha lanciato un messaggio eloquente alla Servola Spa: «Oggi la Ferriera non
ha più copertura politica. Adesso sono passato dall’altra parte del tavolo
(con l’elezione in Regione, ndr), non sono più da solo e credo di avere
accumulato una certa competenza sulla materia dopo due di lavoro in Comune
come assessore con delega all’ambiente. A questo punto, chi vuole intendere,
intenda».
(m.u.) |
FERRIERA - Spazi sottratti al
mare Il sindaco ha le foto - INCHIESTA DELLA PROCURA |
|
Dovrà essere ridisegnata la
mappa della linea di costa antistante la Ferriera di Servola. Secondo
l’inchiesta avviata dal pm Federico Frezza e affidata al geologo Franco
Coren, lo stabilimento siderurgico dal 1974 al 2007 ha complessivamente
«rubato» al mare più di 40 mila metri quadrati di superficie, equivalenti a
otto campi di calcio. In altri termini la Ferriera si è notevolmente
allargata a scapito della superficie acquea del vallone di Muggia.
Le foto aeree che dimostrano questa «anomalia», sono già in possesso del
sindaco Roberto Dipiazza e lo saranno a breve scadenza anche delle autorità
marittime. Per questi «nuovi» otto campi di calcio, nessuno ha infatti mai
pagato i relativi canoni di concessione demaniale marittima. E non è
difficile ipotizzare che sia in arrivo una nuova «tegola» per l’attuale
proprietà dello stabilimento. Una «tegola» finanziaria ma nessun
procedimento penale.
L’inchiesta ha infatti dimostrato che l’interramento si è concretizzato
quasi totalmente tra il 1974 e il 1990, quando la Ferriera era gestita prima
dai manager dell’Ilva, poi da un commissario nominato dal Governo, e infine
dal gruppo Pittini, proprietario delle Ferriere Nord di Osoppo.
Le foto aeree e le mappe preesistenti all’inchiesta, hanno inoltre
dimostrato che tra il 1990 e il 2003, l’interramento è continuato, ma in
modo assolutamente episodico e quasi irrilevante. Sono stati strappati al
mare solo duemila metri quadrati di terreno. Poi dal 2003, più nulla. Dal
momento che questi reati si prescrivono in quattro anni e mezzo, è evidente
che l’inchiesta ha un valore quasi esclusivamente storico e il gruppo
Lucchini-Severstal è esente da ogni responsabilità di tipo penale.
L’interramento è stato ottenuto attraverso lo scarico in mare di materiale
di scarto proveniente dalla stessa ferriera. Dovrebbe trattarsi di loppa ma
non sono stati ancora effettuati prelievi o «carotaggi» del fondo marino. In
alcune zone la linea di costa è avanzata anche di 75 metri, in altri molto
meno. Ma nessuno, prima che il pm Federico Frezza avviasse l’inchiesta, lo
aveva mai segnalato. Otto campi di calcio rimasti per vent’anni «fantasma».
CLAUDIO ERNÈ |
FERRIERA - Ecco perché non si
può dismettere - L’AUTORIZZAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE RESTA
|
|
L’ordinanza comunale può
arrivare solo con sforamenti continuati |
L’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) è stata rilasciata alla Servola Spa Gruppo
Lucchini-Severstal dalla Regione, si tratta di un provvedimento che ha la
forza di legge regionale e una validità di sei anni (con verifiche
periodiche sull’effettuazione degli adeguamenti programmati). È stata
istituita a livello nazionale, dando la possibilità alle aziende di
richiederla.
PRESCRIZIONI Prevede una lunga serie di rigorosi interventi a tutela
dell’ambiente e della salute dei lavoratori, oltre a richiedere l’invio dei
dati di monitoraggio (rilevati dai sei punti di campionamento interni)
all’Arpa ogni trenta giorni. L’intera documentazione va mandata annualmente
(il 30 aprile) a Regione e ministero affinché sia verificata la conformità
degli impianti. Mensilmente dev’essere verificata la salute del mare
prospiciente la fabbrica, nel quale altri approfondimenti sono necessari
ogni sei mesi (controlli che spaziano dal Ph alla temperatura e alla
presenza di sostanze e sulle acque di falda che saranno controllate da 10
piezometri a diversa profondità) e di anno in anno (con la valutazione dei
sedimenti e dell’accumulo di «veleni» nei mitili).
REVOCA Un’eventuale revoca dell’Aia non è stata per ora presa in
considerazione dalla neo-insediata giunta Tondo, che non ha avuto il tempo
materiale per discutere tecnicamente della Ferriera. «L’autorizzazione è un
atto compiuto, che può essere impugnato da terzi. Per farlo la Regione
dovrebbe avere delle motivazioni giuridiche molto forti, anche perché la
Lucchini-Severstal potrebbe poi ricorrere a sua volta. Gli strumenti per
mantenere attiva o per chiudere la Ferriera sono comunque a disposizione di
molti, a cominciare dal sindaco di Trieste che ha la facoltà di intervenire
(con ordinanza, ndr) a tutela della salute dei cittadini», spiega dal canto
suo Gianfranco Moretton, ex vicepresidente e assessore regionale
all’ambiente nella giunta Illy. «Tutti siamo convinti che arrivare a una
riconversione dello stabilimento sia un obiettivo importante - conclude
Moretton -, ma ciò dovrà eventualmente avvenire nel rispetto delle garanzie
occupazionali dei lavoratori (la Ferriera ha 545 dipendenti, ndr) e degli
aspetti giuridico-legali che disciplinano la materia».
SINDACO Nel caso di comprovati rischi per la salute dei cittadini, è
il sindaco, nel caso specifico Roberto Dipiazza, a poter decidere attraverso
un’ordinanza la chiusura dello stabilimento sulla base di un prolungato e
accertato superamento dei valori massimi di inquinamento imposti dalla
legge. Si tratta di una situazione che si è già verificata a Piombino.
(m.u.) |
I Verdi: no al progetto
all’ex Maddalena |
|
I Verdi per la pace protestano
contro la riqualificazione dell’area ex Maddalena. «Nonostante l’aria di
primavera che ci invita a uscire e a godere del nostro splendido territorio
e delle sue bellezze, una parte della città è stata violentata dall’ennesimo
intervento che vedrà sorgere nell’area della Maddalena negozi (per un totale
di 5.000 metri quadri di area commerciale), 250 alloggi di edilizia
residenziale pubblica e relativi parcheggi - si legge in una nota a firma
Alfredo Racovelli e Giorgia Visintin -. Si tratta di un parco che risale
agli inizi del ‘900 e che evidentemente era di ingombro per il nuovo
progetto di riconversione visto che attualmente non è rimasta nemmeno una
specie vivente in quel territorio ovvero arbusti, ippocastani centenari,
frassini ecc., compresi gli ulivi per la pace donati nel 2000». La lettera
chiama poi in causa Dipiazza: «Il sindaco in consiglio ha ribadito che su di
un’area privata il Comune non può fare nulla per cui il privato può fare
quello che vuole. Ma è proprio così? In realtà il regolamento sul verde
pubblico e in particolare l’articolo 38 permette all’amministrazione di
intervenire a tutela del verde che sorge su di un’area privata». Infine, un
auspicio: «Vedremo se il sesto assessore a pianificazione e ambiente dal
2001 ad oggi saprà tenerne conto». |
Borgo Teresiano solo per
pedoni Lo chiede il comitato Cosapu - «Il percorso parte da piazza
Libertà, passa da largo Panfili e termina in piazza Venezia» |
|
Lo studio per salvare i
masegni verrà proposto al Comune |
Un’ area pedonale più estesa nel
centro di Trieste che collega il Borgo Teresiano al Borgo Giuseppino. Il
tutto per salvaguardare i masegni che raccontano la storia degli ultimi anni
di vita triestini narrati magari dai segni incisi sul lastricato.
Il nuovo progetto, stilato dal Comitato per la Salvaguardia del patrimonio
Urbano di Trieste, Cosapu, con l'aiuto di uno studio specializzato di
architetti, sarà presentato domani a Trieste nel corso di una conferenza
ospitata dal Circolo della Stampa.
«Presentiamo un progetto di percorso pedonale – spiega il presidente del
Comitato, Bruno Cavicchioli- che, partendo da piazza Libertà, si snoda
dapprima nel Borgo Teresiano, passando per Largo Panfili, Via Trento, Via
Cassa di Risparmio, Piazza della Borsa, Piazza Unità, Via Cavana, Piazza.
Hortis, Via Torino, per terminare nel Borgo Giuseppino in Piazza Venezia».
«Tutto il percorso – commenta Cavicchioli - è, in parte, sfuggito alla furia
iconoclasta del Comune di Trieste, Acegas e Autorità Portuale ed è ancora
ricco di lastricati originari da recuperare».
Alla conferenza che presenterà in dettaglio il nuovo progetto seguirà la
presentazione formale del progetto al Comune. «Speriamo che la nostra
proposta venga accolta favorevolmente anche perché è anche nell’ interesse
di Trieste – nota il presidente Cosapu – Peraltro, non a caso, abbiamo già
invitato alla presentazione di giovedì anche l’assessore comunale Franco
Bandelli».
E i soldi per finanziare il nuovo percorso pedonale ? «Non servono cifre
assurde e si possono ricavare tranquillamente da altri progetti che invece
rischiano di distruggere la bellezza di questa città – commenta Cavicchioli
- Noi qui abbiamo decenni di storia e c'è chi invece vuole sconvolgerla
costruendo magari ponti in cemento e ferro, per esempio sul Canale Grande».
Attacco diretto al progetto Ponte Bailey.
Ma qual’è l’iter per portare avanti l’iniziativa? «Abbiamo bisogno di una
specie di protocollo d’intesa sul modello di quello già adottato a Venezia-
spiega Cavicchioli - Si tratta di un documento stilato dalla Soprintendenza
di Venezia, che ha imposto al Comune della laguna la stretta osservanza di
regole rigidissime nel trattare i masegni dei lastricati». Secondo il
presidente Cosapu, tra le nuove norme veneziane che potrebbero essere
applicate anche a Trieste, spiccano per esempio alcune che obbligano il
Comune della laguna al «recupero di antichi arnesi in legno, indicando la
composizione delle malte o creando una scuola di scalpellini e specialisti
nel trattare il materiale che, prima di essere asportato viene fotografato,
numerato, catalogato, incellofanato su pallets e riposizionato»
Il nuovo progetto sulla pedonalizzazione di Trieste segue innumerevoli
iniziative del Comitato Cosapu il cui obiettivo dichiarato da anni è «la
difesa di un immenso patrimonio finora oltraggiato e che invece deve essere
rivalutato con il recupero di ogni singola pietra che a sua volta deve
essere censita, restaurata e rimessa al proprio posto». Il tutto partendo da
uno scenario che vede il carattere della città fortemente condizionata dagli
spazi, dalle piazze o dalle strade .
Al centro delle attività Cosapu - il problema della rimozione e della
sostituzione delle lastre di pavimentazione di una larga parte del centro
cittadino. Secondo il Comitato, alcune parti del lastricato risalgono alla
seconda metà del settecento, altre alla seconda metà dell’ottocento.
GABRIELA PREDA |
I corridoi transeuropei
costeranno il 17% in più - Bruxelles preoccupata dei ritardi nei progetti:
l’Italia dovrà lavorare di più |
|
BRUXELLES I trenta progetti
prioritari di reti transeuropee costeranno oltre 397 miliardi di euro, quasi
il 17% in più rispetto a quanto preventivato nel 2004 (340 miliardi). La
cifra, resa nota dalla Commissione europea in base a informazioni ricevute
dagli Stati membri nell'aprile scorso per una verifica dei progressi fatti,
è più alta di quella contenuta in uno studio già realizzato a cura del
Parlamento europeo (379 miliardi, pari all'11,6% in più).
Ma a preoccupare Bruxelles, più dell'aumento dei costi - dovuti soprattutto
ai ritardi nella realizzazione o ai tempi di preparazione dei progetti -, è
lo scarso sforzo che la stragrande maggioranza degli Stati (tra i quali
l'Italia) ha fatto finora per il finanziamento delle infrastrutture di
trasporto. I Paesi dovranno trovare 250 miliardi di euro tra fondi pubblici
e privati per far diventare realtà i trenta progetti prioritari. Alle
battute finali del suo incarico alla guida dei Trasporti, il commissario Ue
Jacques Barrot che lascerà il testimone all'italiano destinato a sostituire
Franco Frattini, futuro ministro degli Esteri, non risparmia una «tirata
d'orecchie» agli Stati membri colpevoli, a suo avviso, di aver ridotto
notevolmente - ad un misero 0,5% del pil contro l'1,5% degli anni '80 - gli
investimenti. Secondo il rapporto della Commissione sulle reti transeuropee,
l'Italia è il Paese che dovrà fare ancora lo sforzo maggiore dopo il 2013,
Per la Torino-Lione, Barrot riconosce che «si è perso tempo» L'investimento
complessivo per il corridoio che va verso Trieste e Divaca fino a Budapest
supera i 60 miliardi. Ma rimangono ancora da mettere in cantiere dopo il
2013 opere per 42,48 miliardi di euro, decisamente il pacchetto più
consistente sul totale di 120,3 miliardi di euro previsti per i trenta
progetti prioritari. |
IL PICCOLO - MARTEDI', 6
maggio 2008
Tondo: chiudere la Ferriera è
una priorità - «Proveremo a recuperare il tempo perso ripartendo dal
protocollo Matteoli» |
|
È una priorità della giunta
Tondo favorire la procedura di chiusura e riconversione della Ferriera di
Servola. Un tema battuto in campagna elettorale dal candidato governatore
del Friuli Venezia Giulia, ribadito anche nel giorno dell’insediamento
ufficiale della sua giunta regionale in piazza Unità.
«Sulla Ferriera cercheremo di recuperare il tempo perduto», sono state le
parole pronunciate ieri pomeriggio da Renzo Tondo. E quando parla di «tempo
perduto» il presidente della Regione si riferisce precisamente al 14 ottobre
2003, data in cui l’allora ministro Altero Matteoli firmò assieme agli enti
locali e alla Lucchini spa, proprietaria dell’impianto siderurgico, un
protocollo d’intesa per la dismissione entro il 2009 della Ferriera di
Servola.
«Ripartiremo da quel documento», è la promessa di Tondo che confida anche
nel rientro dello stesso Matteoli, «amico del Friuli Venezia Giulia», nella
squadra del governo Berlusconi. Se l’esponente del Popolo della libertà,
sponda An, non dovesse tornare ad occuparsi del ministero dell’Ambiente
toccherà a qualcun altro prendere in mano la patata bollente. Che bollente
così non è, almeno secondo Sergio Dressi, già assessore con delega al Lavoro
e Industria prima dell’era Illy. Al fianco di Tondo.
È proprio l’esponente triestino di An - candidato in pectore a ricoprire lo
stesso assessorato di un tempo, ma rimasto fuori dalla giunta regionale - a
spiegare quale dovrebbe essere il percorso auspicato da Tondo. «Abbiamo
perso cinque anni, grazie alla giunta Illy, ma adesso sono emersi due fatti
nuovi. Diciamo due coincidenze favorevoli», sostiene Dressi. Coincidenze
politiche che ripropongono a Roma il premier Silvio Berlusconi e a Trieste
il governatore Renzo Tondo. «Si ripresentano le stesse condizioni del 2002,
anno in cui iniziò questo percorso fra due governi amici. Anche
l’amministrazione comunale è la stessa (solo la Provincia è passata al
centrosinistra, ndr) - sottolinea - mentre la proprietà della Ferriera non è
più rappresentata dalla Lucchini, che aveva sottoscritto il protocollo, ma
dalla Severstal». Un cambiamento di non poco conto, perché la partita è
tutta economica. Sarà necessario dunque un tavolo fra le parti per capire se
anche la Severstal è interessata al business della riconversione dell’area
dove insiste l’impianto siderurgico.
«Dopo il paradosso dello studio affidato dalla Regione alla società Omnia
dell’ingegner Giovanni Gambardella, costato 138mila euro, è finalmente
possibile tornare a prendere in mano il protocollo Matteoli», afferma Dressi.
Indicando nella piattaforma logistica e in altre realtà industriali il
futuro dell’area dove sorge la Ferriera. Accanto al percorso di demolizione
e contestuale bonifica, che all’epoca doveva essere affidata a Sviluppo
Italia, l’ex assessore regionale al Lavoro e all’Industria indica la
riconversione e riqualificazione professionale degli operai. In ballo ci
sono 500 dipendenti a cui bisogna sommare anche un indotto di almeno altri
300. Non è mica uno scherzo. Numeri che non spaventano Dressi ed
evidentemente neanche Tondo. «Già nel 2003 c’erano molti interessi da parte
dei privati per la piattaforma logistica, a cominciare dalla Gavio, per non
parlare dei sudcoreani. La legge Obiettivo, dopo l’accordo Tondo-Berlusconi,
stabiliva un finanziamento pubblico - ricorda - mentre era previsto anche un
Distripark, con una serie di realtà industriali per il riconfezionamento
delle merci». Tutte attività lavorative, tra cui la manutenzione, in cui
impiegare i dipendenti della Ferriera».
Un percorso a tappe che dovrà ricevere il benestare della proprietà.
«Bisognerà convincerli a chiudere nel 2009, proponendo lo stesso percorso
sposato dalla Lucchini», sostiene Dressi. Preoccupato solo da un aspetto: la
proroga del Cip6. È il contributo per le fonti di energia assimilabili alle
energie alternative, di cui la Ferriera beneficia per la centrale di
cogenerazione. Un affare di non poco conto. «È stato l’ultimo regalo del
governo Prodi (doveva scadere nel 2009, ndr), bisognerà convincere la
Severstal - dice l’ex assessore regionale - che è la logistica il vero
investimento».
PIETRO COMELLI |
Duino, Veronese chiede che la
Provincia tratti sugli elettrodotti |
|
DUINO AURISINA Approda anche in
Consiglio provinciale la questione degli elettrodotti e del passaggio dei
tralicci a Duino Aurisina. Con una mozione da discutere nella prossima
seduta, il consigliere Massimo Veronese (ha doppio ruolo, in Provincia e in
Comune a Duino Aurisina) ha chiesto alla Provincia di farsi garante
dell’istituzione di un «tavolo di coordinamento tra Comuni e gli altri
operatori pubblici e privati del territorio carsico per predisporre,
attraverso metodi partecipativi, un protocollo d'intesa che definisca le
linee guida per la zonizzazione dei ”corridoi tecnologici” e le modalità
tecniche alle quali vincolare la realizzazione delle prossime strutture di
trasporto di energia, gas e carburanti». Il tavolo avrebbe lo scopo di
trovare un accordo tra tutte le parti coinvolte dal passaggio
d’infrastrutture, in modo da creare un «gruppo di pressione» per poter
contrattare al meglio con quanti chiedono di attraversare il territorio per
trasportare energia. Il tavolo - auspica il centrosinistra - dovrebbe
prevedere procedure partecipative, affinché la popolazione interessata possa
avere voce in capitolo ed esprimere direttamente le proprie opinioni di
fronte agli amministratori.
Trovare un accordo a livello provinciale è quanto mai urgente per il
centrosinistra. «La liberalizzazione della vendita dell'energia elettrica -
dice Veronese - causerà un aumento dei fornitori e delle richieste di
utilizzo di servitù di passaggio sul nostro territorio: dobbiamo prepararci
a questa evenienza. Non è pensabile che il territorio che subisce il
passaggio di vettori come gli elettrodotti non ottenga indennizzi. E il
potenziale raddoppio della centrale nucleare di Krsko in Slovenia non farà
che aumentare la produzione di energia diretta a Occidente: Duino Aurisina
sarà certo coinvolta in questo processo, con una maggiore richiesta di
passaggio di future infrastrutture».
(fr.c.) |
SNAM - Metanodotto Trieste - Grado Villesse
Avviso al Pubblico - Istanza di pronuncia di
compatibilita' ambientale al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare al Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali.
IL PICCOLO - LUNEDI', 5
maggio 2008
Ferriera, calano rispetto al
2007 le emissioni di sostanze nocive - Hanno inciso in modo sensibile
le condizioni meteo. In arrivo criteri più rigidi per i controlli
|
|
I dati degli studiosi
incaricati dalla Procura in linea con i valori dell’Arpa |
Le condizioni climatiche di
febbraio e marzo - vento e piogge - hanno mantenuto bassi nell’atmosfera di
Servola i valori delle polveri sottili e del benzoapirene.
Lo dicono le misure delle centraline poste in vari punti nella «cintura di
sicurezza» allestita attorno alla Ferriera su ndicazione della Procura della
Repubblica. Nelle vie Carpineto, Giardini, San Lorenzo, Pitacco e Svevo,
dove gli apparecchi di rilevazione sono gestiti dall’Arpa, dal Cigrua e
dalla società Sanitas, i valori misurati non si sono discostati
significativamente gli uni dagli altri. Le differenze sono spiegabili sia
dalle diverse distanze dei punti di rilevazione dagli impianti siderurgici,
in particolare la cokeria e l’agglomerazione, sia dalle diverse altezze sul
livello di mare dell’abitato di Servola.
Gli sforamenti delle polveri sottili sono emersi dalle prime misure
effettuate rispettivamente il 20 e 28 febbraio e il 2 marzo accanto all’ex
scuola intitolata a «Damiano Chiesa» e in via Pitacco. I valori variano dai
50,2 microgrammi per metro cubo d’aria, misurati domenica 2 marzo accanto
alla scuola, ai 77,4 rivelati in via Pitacco il 28 febbraio. Dal 12 marzo al
21 marzo è stato misurato un unico superamento dei valori limite. «Un valore
anomalo di 69,2 microgrammi, in via Pitacco, in posizione prossima alla
cokeria» scrivono i ricercatori del Cigra nella relazione al pm Federico
Frezza.
Nello stesso periodo febbraio-marzo del 2007 gli sforamenti erano stati ben
più massicci e numerosi e il miglioramento viene spiegato anche guardando
alle diverse condizioni climatiche. Vento e piogge nel 2008; atmosfera
«ferma» e assenza di precipitazioni l’anno prima.
A breve scadenza le normative europee obbligheranno però a tener conto nella
valutazione complessiva dell’impatto delle polveri sottili anche delle pm
2,5 e non solo delle pm 10. Secondo quanto è emerso finora le emissioni
della Ferriera sono al di là della soglia prevista, ma deve essere ancora
valutato l’effetto dei lavori di miglioramento ancora in corso avviati dal
gruppo Lucchini-Severstal.
Tra febbraio e marzo anche i livelli di benzoapirene sono risultati di gran
lunga migliori di quelli misurati nello stesso periodo del 2007. Le
centraline della «cintura di sicurezza» hanno rilevato percentuali sempre
inferiori agli 0,2 nanogrammi per metro cubo d’aria. Anche in queste misure
la soglia di legge sta comunque per abbassarsi: recenti studi in Germania
hanno sottolineato che la presenza di ozono nell’aria atmosferica, ossida il
benzoapire. In sintesi l’ozono ne riduce la quantità rilevabile. Ciò
comporta un necessario adattamento delle centraline. Come ha spiegato il
dottor Pierluigi Barbieri del Cigra, «i risultati finora riportati sarebbero
sensibilmente sottostimati rispetto ai dati reali di benzoapirene
atmosferico effettivo».
CLAUDIO ERNÉ |
Coped-Camminatrieste vara
nuove iniziative |
|
Continua il ciclo di iniziative
promosse dall’associazione Coped-Camminatrieste a tutela dei diritti del
pedone e della sicurezza stradale. L’associazione in passato ha varato
diverse manifestazioni che in particolare hanno visto insieme anziani e
allievi delle scuole primarie. Venerdì prossimo avrà luogo una passeggiata
sul Carso senza confini, intorno alle grotte di San Canzian e Lipizza.
Giovedì 22 maggio invece studenti e pedoni insieme a nonni e nipoti
passeggeranno attraverso la pista ciclopedonale con partenza da Altura e
pranzo al sacco in val Rosandra. Il centro di riferimento per queste
iniziative è la sede di Coped-Camminatrieste in via Foscolo 7. |
La russa Lukoil sbarca in
Croazia: punta al rigassificatore di Veglia - La compagnia petrolifera
guarda anche all’oleodotto Janaf |
|
Pronto il progetto per un
deposito di greggio a Ploce capace di accogliere 200mila metri cubi |
FIUME I petrolieri russi
sbarcano in Croazia. Se ne era già parlato all’inizio dell’anno sulla base
di indiscrezioni corredate da un punto interrogativo. Che ora è stato
rimosso. La Lukoil, una delle maggiori compagnie petrolifere mondiali (oltre
90 milioni di tonnellate di petrolio estratte l’anno scorso, con l’aggiunta
di 7,6 milioni di metri cubi di gas), ha fatto ufficialmente il suo ingresso
sul mercato croato con l’acquisto di sette distributori nelle aree di
Zagabria e Spalato. Le stazioni di servizio in questione appartenevano
finora alla piccola compagnia privata Europa Mil. Il colosso moscovita del
petrolio e gas naturale – che probabilmente non si accontenterà di recitare
solo un ruolo di comprimario in Croazia – comincia quindi a proporsi come
alternativa alla croata Ina (con forte partecipazione dell’ungherese Mol) e
all’austriaca Omv, quest’ultima comunque relegata tuttora a un ruolo
secondario. E non appare certo privo di significato il fatto che Lukoil
detenga già una quota azionaria della compagnia magiara.
All’inizio dell’anno c’era stato un primo ma chiaro segnale delle intenzioni
del Cremlino e, quindi, di Vladimir Putin in persona: l’apertura a Zagabria
di una sede di rappresentanza Lukoil, affidata – guarda caso – a quel
Nikolai Ivcikov che pare essere stato il protagonista dell’allargamento a
Ovest del gigante russo. Come si era esattamente pronosticato circa quattro
mesi fa, l’ingresso di Lukoil in Croazia è avvenuto attraverso la «porta di
servizio» bosniaca, ovvero la cosiddetta Repubblica serba di Bosnia, legata
al governo di Belgrado. Dopo essersi assicurato il controllo del mercato
petrolifero in Serbia (e dopo aver fatto lo stesso in Bulgaria, Romania,
Macedonia, ecc.), il gigante russo non ha certo dovuto penare per acquisire
la raffineria di Bosanski Brod, nella predetta enclave serbo-bosniaca. Una
mossa che ha assicurato a Lukoil anche un’altro asso nella manica: una
«testa di ponte» nell’area portuale di Ploce, in Dalmazia. Qui, per il
momento, la maggiore compagnia petrolifera russa si limita ad avvalersi in
subaffitto di un impianto di deposito della capacità di 24 mila metri cubi,
dal quale viene alimentata la suddetta raffineria di Bosanski Brod e quindi
rifornito di derivati il mercato bosniaco.
Sempre sulla base di informazioni ufficiose, tuttavia, a Ploce Lukoil non
sarebbe disposta ad accontentarsi dei serbatoi in affitto, ma – sempre
facendo leva sulla posizione di privilegio bosniaca nell’area portuale della
cittadina alla foce della Narenta (Neretva) – starebbe progettando
l’allestimento di una grossa area di stoccaggio. Si parla di un complesso
con serbatoi fino a 200 mila metri cubi, che andrebbe a interpolarsi nelle
strutture bosniache in questo scalo portuale dalmata grazie a misteriosi e
contestati accordi intercorsi più di un decennio fa tra Zagabria e Sarajevo.
Accordi che assegnerebbero, appunto, una posizione di favore o privilegiata
all’economia bosniaca nella zona portuale di Ploce. Come che sia,
l’acquisizione dei sette distributori di carburante nelle aree di Zagabria e
Spalato da parte di Lukoil potrebbe costituire solo il primo passo in una
cornice strategica più ampia. Che non si fermerebbe solo a controllare una
fetta del mercato dei derivati in Croazia, ma punterebbe a bersagli molto
più appetibili. Come l’oleodotto Janaf (dall’isola di Veglia verso il
confine ungherese e, a Est, verso la Serbia) o come il rigassificatore (o
terminal Lng) che secondo gli esperti avrebbe la sua collocazione ottimale
proprio sul versante Nord dell’isola quarnerina. (f.r.) |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 4 maggio 2008
L’elettrodotto di Visogliano
non sarà interrato - Nuova proposta della Terna: tralicci più alti e
lontani dalle case |
|
Il sindaco
Ret: «Mi sembra comunque una buona base da cui partire» |
DUINO AURISINA Niente più
interramenti per l'elettrodotto che passa per Visogliano e San Pelagio. Si
ridiscute, a Duino Aurisina, il nuovo tracciato dell'alta tensione, su
proposta della Terna, la società che gestisce buona parte degli elettrodotti
nazionali. Dopo l'accordo del settembre 2006, quando il comune aveva dato
parere favorevole al tracciato che prevedeva l'interramento a Visogliano e
lo spostamento dell'alta tensione dalla zona delle case di San Pelagio - e
dopo una ulteriore richiesta di interramento anche per San Pelagio - ora il
Comune si trova di fronte a una nuova proposta di progetto, ancora diversa.
Nulla verrebbe più interrato, ma per quanto riguarda Visogliano l'alta
tensione verrebbe posizionata su tralicci molto più alti degli attuali, e
spostata lontano dalle case. Una soluzione che, a prima vista, sembra non
essere negativa, ed è stata accettata con una visione possibilista da parte
del sindaco. Niente interramenti neanche a San Pelagio, ma anche qui uno
spostamento e un innalzamento, che avvantaggerebbe i residenti, ma non i
coltivatori della zona, poiché il tracciato continuerà a passare lungo i
campi dei contadini.
«Abbiamo ricevuto la nuova proposta la settimana scorsa - spiega il sindaco
Ret - e ho subito fissato una riunione dei capigruppo, aperta anche agli
altri consiglieri, per giovedì. Giovedì dovremo iniziare a guardare questo
nuovo progetto, che in linea di massima con alcuni residenti è già stato
condiviso: anche se non c'è l'interramento, lo spostamento dei tralicci e
l'innalzamento della linea sembra una buona soluzione da cui partire».
Sarà una conferenza dei servizi, che dovrà venir convocata a livello
regionale (le modifiche alla rete dell'energia elettrica non riguardano solo
il territorio di Duino Aurisina, ma anche parti di Carso che competono al
comune di Trieste, e tutta la zona del mandamento monfalconese), il tavolo
definitivo dove approvare il progetto: una conferenza nella quale i singoli
comuni interessati dalle modifiche della rete elettrica avranno voce in
capitolo, e dovranno approdare con alle spalle il voto dei rispettivi
consigli comunali. Su questo fronte si inserisce anche l'iniziativa del
consigliere d'opposizione a Duino Aurisina Maurizio Rozza, che proprio nei
giorni scorsi aveva chiesto l'annullamento dei precedenti pareri positivi
del consiglio comunale per pensare a nuove vie per l'elettrodotto, e non
solo, anche a sistemi più moderni di passaggio dell'energia elettrica.
«Quello che emerge dalla nuova bozza di progetto presentata dalla Terna -
spiega ancora il sindaco Ret - è che l'interramento dei cavi dell'alta
tensione potrebbe non essere la soluzione migliore, rispetto alla scelta di
allontanare fisicamente dalle case la rete stessa. Dobbiamo tenere conto di
molti aspetti - dice il sindaco - non ultimo quello che riguarda il tipo di
terreno carsico, e la profondità di interramento. Comunque ne discuteremo in
maniera approfondita».
Ma accanto alle istanze relative alla salute, si discute anche di
indennizzi, e su questo Ret appare molto deciso: «Questo territorio è stato
sfruttato come corridoio infrastrutturale da tutto e tutti: metano,
oleodotto, energia elettrica e autostrade. Duino Aurisina non ha mai
ricevuto alcun indennizzo, e io sono motivato a combattere per questo». A
chiedere tutela a gran voce sono in particolare gliagricoltori, a seguito
del passaggio lungo i campi della rete elettrica, la presenza dei tralicci,
il potenziale danno alla salute dei contadini (in merito c'è una nuova norma
europea, segnalata da Rozza, dove si tutela proprio gli agricoltori che
passano più di quattro ore al giorno nei campi all'ombra dei tralicci
dell'alta tensione) e anche alla qualità dei prodotti agricoli coltivati
sotto i campi elettromagnetici. Alleanza contadina, presa visione del nuovo
progetto, ha chiesto un incontro al sindaco - che si svolgerà domani in
municipio - per ribadire i diritti degli agricoltori, ma anche pensare alla
questione indennizzi.
Francesca Capodanno |
Via alla ferrovia
Fiume-Botovo L’alta velocità pronta nel 2014 - Entro due mesi lo
studio di fattibilità, fra un anno i cantieri |
|
Il porto
croato diventerà concorrente di Trieste e Capodistria |
FIUME Il progetto sta per
venire alla luce, come pure lo studio sull’impatto ambientale, mentre nei
prossimi due mesi sarà varato lo studio di fattibilità. Seguiranno le
procedure per l’ottenimento del permesso di costruzione, mentre i lavori
veri e propri dovrebbero cominciare nella primavera 2009. Zagabria non perde
tempo con quello che gli esperti hanno definito il più grande progetto
infrastrutturale del secolo per la Croazia: la ferrovia pianeggiante
Fiume-Botovo, al confine con l’Ungheria, che dovrebbe entrare in funzione
nel 2014. La nuova strada ferrata è destinata a cambiare in meglio le sorti
della Fiume portuale, di una città che da secoli è il terminale (o la parte
iniziale) dei trasporti su rotaia dell’Ungheria e di una vasta porzione
mitteleuropea.
«Stiamo procedendo a ritmi molto spediti», ha dichiarato Stjepan Kralj,
direttore del progetto: «Abbiamo definito i corridoi e alcune loro varianti
e portato a termine i lavori di ricerca. Si tratta di un’opera di difficile,
complessa realizzazione, specie il segmento che attraversa la vallata di
Vinodol, poche decine di chilometri a est di Fiume. Studiando l’area siamo
venuti a conclusione che dobbiamo approntare una galleria in più rispetto a
quanto pianificato».
La ferrovia di pianura, a doppio binario, verrà a costare sui 8 miliardi di
kune, circa un miliardo e 100 milioni di euro, cifra esorbitante che vedrà
la Croazia ricorrere ad un megaprestito della Banca europea per gli
investimenti. Da Botovo a Zagabria si procederà alla ricostruzione della
linea ferroviaria, mentre da Fiume a Karlovac si costruirà dunque un
collegamento ex novo, che andrà a sostituire la vecchia tratta, inaugurata
nel lontanissimo 1873 e non più in grado di reggere l’urto delle
sollecitazioni d’oggigiorno. La nuova infrastruttura sarà lunga 269
chilometri, con tempi di percorrenza (trasporto passeggeri) di due ore da
Fiume a Botovo e di soli 60 minuti dal capoluogo quarnerino alla capitale
croata.
I treni passeggeri potranno sviluppare velocità fino a 250 km orari, quelli
merci toccheranno i 120. La nuova linea di pianura, che comprenderà la
costruzione di viadotti, ponti e trafori, consentirà un trasporto merci
annuo di circa 25 milioni di tonnellate, con tempi di percorrenza molto
inferiori rispetto agli attuali: il nuovo tracciato della Fiume-Karlovac
sarà accorciato addirittura di 54 chilometri.
«Fiume spiccherà un invidiabile salto verso l’alto - così il ministro del
Mare, Trasporti e Infrastrutture, Bozidar Kalmeta - diventando una
formidabile concorrente per i porti di Trieste e di Capodistria. Le tariffe
dei trasporti in direzione dello Stato magiaro e dei Paesi del Centro Europa
caleranno sensibilmente, risultando inferiori di ben tre volte rispetto ai
costi di oggi». Secondo Kalmeta, i carichi potrebbero lievitare per decine
di punti percentuali fino al 2015 in seguito all’ espansione dei mercati
russi e asiatici.
Per il direttore generale della Luka, l’azienda portuale fiumana, Denis
Vukorepa, la ferrovia pianeggiante permetterà al porto di avere una
movimentazione merci annuale di 30 milioni di tonnellate.
Andrea Marsanich |
IL PICCOLO - SABATO, 3 maggio 2008
Wwf: stop al Riviera
allargato - PIANO DI AMPLIAMENTO DELL’ALBERGO - Secondo gli
ambientalisti sarebbe altro cemento sulla Costiera |
|
Il Wwf insorge contro
l’ampliamento dell’hotel Riviera di Grignano, per il quale è ancora in corso
la procedura di valutazione dell’impatto ambientale regionale. In una nota
l’associazione ambientalista sostiene di aver rilevato tra le osservazioni
presentate nell’ambito di tale procedura (e di recente integrate) «gli
effetti negativi di questo progetto sul delicatissimo ambiente costiero».
Secondo il Wwf, infatti, verrebbe infatti cementificata l’area compresa tra
l’attuale albergo e il sottostante stabilimento balneare, eliminando
completamente un’importante e ricca fascia boscata, che fa parte del
«corridoio ecologico» rappresentato dall’insieme delle superfici costiere
ancora non urbanizzate.
Si tratta, osserva il Wwf di un’area prossima al sito di importanza
comunitaria e alla zona di protezione speciale, istituite in ottemperanza
alle disposizioni europee sulla tutela della natura e dell’avifauna
selvatica. «Questi aspetti – rilerva il Wef – non sono stati però
adeguatamente analizzati negli studi presentati dalla società proponente
Magesta spa. Sono stati completamente trascurati anche gli effetti
(negativi) cumulativi e sinergici, sugli equilibri ecologici e ambientali,
tra questo progetto e altri numerosi interventi edificatori già realizzati
lungo la Costiera». |
Dall’Università della terza
età 35 «sì» alle analisi di raffronto con i servolani - L’AZIENDA SANITARIA
FISSERÀ I PRELIEVI |
|
Sono 35, hanno detto di sì. È
stato individuato all’Università della terza età che, interpellata
dall’Azienda sanitaria, aveva dato la propria disponibilità a collaborare
all’iniziativa, il campione di cittadini disposti a offrirsi spontaneamente
per analisi del sangue e delle urine come test di raffronto rispetto agli
abitanti di Servola che lo hanno appena concluso.
Si tratta di 35 persone che dovranno dimostrare di vivere in zone non
inquinate e parzialmente anche sull’altipiano carsico il cui elenco,
completo di «consenso informato», verrà ritirato martedì dai medici del
Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria che poi provvederanno a
fissare appuntamenti personali con ciascuno. Ma il gruppo ha già ricevuto,
nella sede di via Lazzaretto vecchio dove frequenta i corsi, sia tutto il
materiale informativo necessario sia il contenitore che servirà per le
urine.
Sotto controllo, un’altra volta, i livelli di alcuni metalli nel sangue
(cadmio, piombo e manganese) e la presenza o meno di metaboliti degli
idrocarburi policiclici aromatici, cioé sostanze-sentinella che ne
denunciano la concentrazione.
«Sono persone con grande sensibilità e senso civico - approva il presidente
dell’Università della terza età, Ugo Lupatelli - e a noi ha fatto piacere
collaborare a un’azione utile per la città».
Si completerà così la seconda fase del progetto «Ferriera & salute» che
anche di recente ha continuato a sollecitare commenti eccitati. I risultati,
elaborati dal Laboratorio di tossicologia industriale dell’Università di
Brescia, hanno infatti dimostrato una situazione del tutto rassicurante
circa l’assorbimento corporeo di sostanze nel sangue e nei liquidi biologici
del gruppo di cittadini scelti fra quelli che avevano sollecitato la Sanità
pubblica a verificare l’incidenza dei fumi prodotti dalla Ferriera.
L’esito era stato accolto con un certo scetticismo perfino dagli
interessati, gli abitanti di Servola, pur contenti di apprendere che il loro
corpo - nonostante polveri sottili, puzze, fumi - non era diventato un
deposito di piombo e di benzoapirene, sostanze tutte di provata
cancerogenità. Dipiazza l’aveva quasi rigettato parlando di «coperture
politiche» e di fatto lanciando pesanti accuse all’Azienda sanitaria,
ricevendo in risposta un netto «altolà» da Franco Rotelli, direttore
generale dell’Azienda sanitaria, che aveva invitato il sindaco a fare il
sindaco e a lasciare ai tecnici il proprio mestiere, difendendo altresì la
neutralità doverosa di un ente di Sanità pubblica e nel contempo la
professionalità indiscussa del laboratorio bresciano. La Lucchini, per parte
sua, si era detta soddisfatta dei risultati promettendo indagini sanitarie
su tutti i lavoratori della Ferriera (anche le analisi sugli operai della
cokeria non sono state giudicate particolarmente allarmanti per la salute).
Infine era necessario appunto completare la fotografia con un campione di
raffronto, uguale per età e abitudini di vita, ma differente per indirizzo
anagrafico, in modo da selezionare i risultati della zona inquinata e di
quella più pulita. Per scegliere i volontari l’Azienda sanitaria ha puntato
sull’Università della terza età in quanto la maggioranza di coloro che le
analisi le aveva invece chieste era attorno o oltre i 60 anni di età. Si è
tenuta una lezione informativa ed è stato lanciato l’appello. Bisognerà
vedere se 35 cittadini sono sufficienti, visto che il gruppo precedente era
alquanto più numeroso.
g. z. |
Il Verde duinese Rozza:
«Elettrodotto da interrare» - L’ecologista porta a sostegno della
proposta nuove norme Ue e dati sulla nocività |
|
Il
consigliere chiede al Comune di trattare con Terna spa |
DUINO AURISINA Ci riprova, il
consigliere comunale di Duino Aurisina Maurizio Rozza. Prova a convincere la
maggioranza in Consiglio comunale a Duino Aurisina a rinegoziare con la
società Terna spa percorsi e interramenti dell'elettrodotto che taglia in
due il territorio comunale, passando vicino a molte abitazioni nelle zone di
Visogliano e Malchina.
L’esponente Verde ci riprova con un ordine del giorno di ben 24 pagine che
punta a ottenere, da parte dell'amministrazione comunale, l'annullamento
delle delibere votate dalla maggioranza nel settembre del 2006 che
elencavano i punti di accordo tra Comune e Terna spa per lo spostamento
dell'elettrodotto e il suo parziale interramento.
Un accordo preso dall'allora assessore Gabriella Raffin, oggi non più
presente nella giunta duinese, ratificato dalla maggioranza ma mai ritenuto
positivo da parte dell'opposizione di centrosinistra. L’esponente del
movimento ambientalista, all’opposizione a Duino Aurisina, ci riprova ora
perché - a suo dire - i tempi dell'avvio dei progetti da parte
dell’energetica Terna (la società che gestisce buona parte degli
elettrodotti italiani) per il territorio di Monfalcone e Duino Aurisina sono
maturi.
«Ma soprattutto perché - tiene a precisare Maurizio Rozza - alcune norme a
livello europeo sono cambiate, favorendo la tutela del benessere delle
persone che vivono nei pressi dei cavi dell'alta tensione».
«Inoltre - spiega - vi sono sempre più concrete evidenze dei potenziali
rischi per la salute compresi, in particolare, rischi particolari per i
bambini in età più tenera, che consistono nella possibilità di contrarre la
leucemia a causa dell'elevata esposizione ai campi elettromagnetici generati
nelle vicinanze degli elettrodotti».
Così, presentando uno studio europeo sul rischio per i bimbi e sottolineando
le nuove normative europee a tutela degli agricoltori che passano più di
quattro ore al giorno a lavorare nei campi attraversati dagli elettrodotti,
Rozza chiede all'amministrazione comunale di «rinnegare» l'accordo con la
Terna spa siglato un anno e mezzo fa, per valutare nuove, recenti
possibilità di trasformazione degli attuali tralicci dell'alta tensione in
«linee compatte» con minore emissione di radiazioni, già attivate dall'Enel
in altre zone d'Italia e non prese in considerazione nella stesura del
progetto validato all’epoca dal Comune duinese.
Il consigliere Rozza ha anche chiesto l'intervento della nuova giunta
regionale sul tema, affinché vi sia una valutazione sia dell'accordo
effettuato dal Comune di Duino Aurisina con azienda del settore energetico,
sia del rispetto delle norme.
Intanto i residenti nelle frazioni di Visogliano e Malchina aspettano, ormai
da anni, che una soluzione venga infine condivisa e che i tralicci
dell’elettrodotto vengano allontanati il prima possibile dalle loro case.
fr.c. |
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1
maggio 2008
Rifiuti,
Italia deferita alla Corte di giustizia europea - La Commissione è convinta
che «Roma non rispetti la normativa». Il commissario lotta contro il tempo
|
|
BRUXELLES Gli sforzi fatti
finora per risolvere la tragica situazione dello smaltimento dei rifiuti in
Campania non sono sufficienti per cui la Commissione ha deciso di deferire
l’Italia alla Corte di giustizia europea il 6 maggio. Il passo politico
finale è stato fatto ora dall’esecutivo comunitario ma per motivi di
procedura, e di festività che si accavallano, la decisione formale sarà
varata solo martedì prossimo.
«Siamo ancora convinti che l’Italia non rispetti la normativa dell’Unione
europea sui rifiuti - ha detto Barbara Helfferich portavoce del Commissario
Ue all’Ambiente Stavros Dimas - il provvedimento è già nero su bianco e ha
passato il vaglio dei capi di gabinetto che si riuniscono ogni settimana per
preparare le decisioni dei loro Commissari».
Secondo la Helffech, l’atto di deferimento dell’Italia alla Corte di
giustizia è stato esaminato per l’ultima volta e dalla Commissione nessuna
voce si è levata per difendere in extremis il nostro Paese.
«E’ necessario - per il commissario Dimas - che le autorità italiane non
solo prendano misure efficaci per risolvere l’emergenza, ma che realizzino
anche un sistema di gestione dei rifiuti per risolvere problemi che durano
da oltre 10 anni».
Sono intanto ore decisive per l’emergenza rifiuti in Campania dove si
contano i giorni in vista della scadenza del mandato del commissario
straordinario De Gennaro. L’altroieri l’uomo indicato dal governo Prodi per
risolvere l’annosa questione della spazzatura, ha incontrato a Palazzo
Grazioli il premier in pectore Berlusconi e il suo braccio destro Gianni
Letta, un meeting durato due ore al termine del quale De Gennaro non ha
rilasciato dichiarazioni. Sul tavolo due questioni base: la scadenza del
mandato e la corsa contro il tempo in un contesto che rischia di non trovare
uno sbocco determinante se non si provvederà a sbloccare almeno un grosso
sito di stoccaggio.
In questa direzione, seguendo le richieste del supercommissario, il sindaco
di Napoli Iervolino ha fatto presente che l’utilizzo di una cava nel
quartiere Nord di Chiaiano a Napoli «è una strada che piaccia o non piaccia
deve esser percorsa».
|
Pola: allarme
spazzatura «Non vogliamo diventare la Napoli dell’Istria» - Alzata di
scudi contro il progetto di una megadiscarica regionale a Medolino |
|
Cresce continuamente d’intensità
la protesta contro il progetto della discarica regionale a Castion, località
nel Comune di Medolino, ai lati della strada che porta a Promontore. Qui da
40 anni esiste già una piccola discarica per il fabbisogno del territorio
polese nella quale in tutto questo tempo sono finite 355.000 tonnellate di
immondizie. Comunque piccola cosa in confronto al futuro centro rifiuti che
avrebbe la superficie pari a 70 campi di calcio con un effetto ambientale
ritenuto devastante visto che nel raggio di 2 chilometri ci sono le spiagge,
i contenuti turistici e le prime abitazioni. Gli abitanti della zona sono in
allarme: «Non vogliamo diventare la Napoli dell’Istria». Perchè una
discarica regionale - si chiedono - che rischia di diventare un mostro
ecologico? Per raccogliere in un unico punto, così i promotori e sostenitori
tra cui il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic, le 116 mila
tonnellate di rifiuti che annualmente finiscono in varie discariche locali,
alcune delle quali precarie e abusive. Nella nuova discarica una parte dei
rifiuti verrebbe semplicemente depositata, un’altra sarebbe sottoposta a
riciclaggio e la terza parte verrebbe trasportata nell’inceneritore della
Fabbrica cementi di Valmazzinghi vicino ad Albona.
Quali i motivi della contestazione? Sono stati ribaditi all’incontro di ieri
dei rappresentanti di 15 partiti politici all’opposizione in Istria, di
alcune liste civiche e delle associazioni degli ambientalisti e dei verdi.
«Una discarica di queste dimensioni vicino al mare e ai contenuti turistici
- è stato detto - sarebbe un duro colpo per l’industria delle vacanze visto
che praticamente nessuno verrebbe a trascorrere le ferie vicino a un
deposito rifiuti. Senza contare che gran parte della popolazione locale si è
indebitata per ricavare camere e appartamenti da affittare». Contestata
anche la tecnologia della futura discarica, definita superata dal tempo
visto che solo il 12 per cento dei rifiuti sarebbe riciclato mentre a
livello mondiale si è arrivati al 92%. E si parla anche di raccolta di
rifiuti tossici, per la verità delle scorie della Fabbrica di lana di vetro
della danese Rockwool a Pedena. Un’ipotesi, negata dalle autorità regionali,
che però trova riscontro nello studio d’impatto ambientale della fabbrica
stessa secondo cui «i rifiuti tossici verranno trasportati nella discarica
di Castion».
Un altro aspetto delle contestazioni riguarda il trasporto dei rifiuti
destinati all’inceneritore di Valmazzinghi: ben 140 grossi autocarri al
giorno che sicuramente lascerebbero il segno sul precario segmento stradale
di 17 km da Valmazzinghi ad Albona. All’incontro di ieri non sono state
risparmiate critiche a Ivan Jakovcic «per voler fare di Medolino
l’immondezzaio dell' Istria». E Sergio Premate di Medolino ha dichiarato che
i suoi concittadini sono pronti a tutto pur di fermare il progetto.
L’architetto Bruno Poropat di Rovigno ha dichiarato che «l’Istria, malgrado
la sua felice collocazione geografica, è una regione primitiva visto che non
è in grado di risolvere un problema elementare della civiltà moderna: lo
smaltimento dei rifiuti». E non si è fatta attendere la reazione da parte
del Palazzo municipale da dove si assicura che «il progetto è in linea non
solo con gli standard ecologici della Croazia ma anche con quelli
dell’Unione europea e che il relativo dibattito pubblico è stato fatto nel
pieno rispetto dei termini di legge».
p.r. |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 30 aprile 2008
Fuori dal Piano del traffico
corso Italia pedonale - Bocciata la viabilità alternativa in via Torrebianca.
Via Cassa di Risparmio sarà chiusa alle auto |
|
Dopo
l’annuncio del sindaco Dipiazza emergono le prime indicazioni su come il
Comune intende rivedere la mobilità in centro
Un’interpretazione «soft» della
bozza Camus che si limiti a proseguire in modo graduale la pedonalizzazione
del centro, e non stravolga la viabilità ordinaria. È l’idea a cui starebbe
pensando Roberto Dipiazza per tradurre in pratica la decisione, annunciata
ieri un po’ a sorpresa, di riprendere urgentemente in mano il Piano del
traffico «epurandolo però di molte cose».
A venir eliminate, secondo i fedelissimi del primo cittadino, sarebbero
proprio alcune soluzioni drastiche ipotizzate nel documento del preside di
Ingegneria. Tra queste, la scelta di aprire al traffico privato in salita
via Torrebianca, trasformandola così nel principale asse di scorrimento tra
le Rive e via Carducci.
Una trasformazione che, nella bozza Camus, avrebbe dovuto andare di pari
passo con la chiusura alle auto di Corso Italia. Soluzione che, a questo
punto, sembra chiaramente uscire di scena.
«Dipiazza ha in mente un’applicazione ”leggera, leggera, leggera” del Piano
del traffico - osserva il forzista Piero Camber -. Trieste non ha grosse
possibilità di cambiamento a livello di viabilità, se si escludono Rive e
Grande Viabilità. Ci si limiterà quindi ad intervenire sull’ampliamento
delle isole pedonali, ormai gradite a tutti, e ad apportare piccole
variazioni come, ad esempio, l’inversione del senso di marcia in via San
Michele».
Una linea apprezzata anche da An, tra l’altro sollevata all’idea di cassare
soluzioni propedeutiche alla avversata chiusura di corso Italia. «Certe
soluzioni della bozza Camus facevano davvero ridere - commenta l’assessore
ai Lavori pubblici, Franco Bandelli -. Penso per esempio all’ipotesi di
caricare tutto il traffico proveniente dalle Rive e diretto verso via
Carducci su via Torrebianca. È giusto quindi operare dei tagli. L’importante
è non perdere altro tempo. Ora abbiamo il dovere di prendere il toro per le
corna. Chiudiamoci allora in giunta per due settimane a studiare, e
completiamo l’iter necessario per l’approvazione nell’arco di sei mesi».
Sulla stessa linea Bruno Marini. «Questo è il momento più propizio per
affrontare il piano - osserva l’azzurro -. Le elezioni comunali si terranno
appena tra tre anni e il sindaco non si ricandiderà: ci sono quindi tutte le
condizioni per prendere decisioni coraggiose. La priorità, senza dubbio, va
data ai progetti di pedonalizzazione. Premessa fondamentale per affrontare
questo discorso, però, è dare certezze a livello di parcheggi, in primis i
tre previsti sulle Rive».
E, in tema di pedonalizzazioni, spunta un tassello nuovo: la chiusura al
traffico di via Cassa di Risparmio legata alla presenza del ponte Bailey in
Ponterosso. Soluzione che che ben si sposa con l’ipotesi caldeggiata in
passato da Dipiazza: far passare le auto in via Mazzini in salita dalle Rive
fino a via Roma e immetterle successivamente, dopo un percorso ad «S», in
corso Italia, lasciato dunque aperto al traffico.
Tra tanti pareri entusiasti, spunta però anche una voce fuori dal coro.
«L’adozione del Piano Camus a mio giudizio non è una priorità - afferma il
capogruppo della Lista Dipiazza, Maurizio Ferrara -. Per risolvere i
problemi del traffico è molto più utile ricorrere ad interventi mirati e
meno complessi. L’unico motivo per cui avrebbe senso riprendere in mano la
bozza Camus, quindi, è evitare che vadano buttati via tutti i soldi spesi
per la sua realizzazione».
Maddalena Rebecca |
Crisi dell’apicoltura la
Regione in aiuto - Riunione operativa a Udine |
|
UDINE La Regione corre ai ripari
per tentare di risolvere la crisi del settore apistico in Fvg, causata dalla
moria di api, dovuta sia alla Varroa (un acaro infestante) sia ai prodotti
con i quali vengono conciate le sementi di mais prima della semina,
realizzati con sostanze derivate dalla nicotina. In Fvg nel 2006 c’erano
27.600 alveari. Quest’anno, in alcune zone è stata riscontrata una perdita
delle famiglie di api in corrispondenza con la semina del mais in
percentuali che variano dal 20 al 50 per cento, con punte anche del 60 per
cento. Per affrontare l’emergenza si è svolta una riunione nella sede della
direzione centrale delle Risorse Agricole a Udine, cui hanno preso parte
anche i rappresentanti dei Consorzi tra gli apicoltori, i tecnici del
Laboratorio apistico regionale, del servizio Fitosanitario dell’Ersa,
l’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale e il direttore del Servizio
sanità pubblica veterinaria. È stato annunciato l’avvio di un progetto di
ricerca sulla situazione di crisi del settore, finanziato dal Ministero ed è
stato deciso di affidare al Laboratorio apistico regionale l’incarico di
avviare le ricerche approfondite sulla moria delle api. |
Ferriera, dopo i
test clinici è il momento di intervenire
Scrivo a questa rubrica in merito
agli articoli apparsi nei giorni 17, 18 e 19 aprile sul nostro quotidiano.
Giovedì, rendendo noti i risultati sulle analisi di parte dei lavoratori della
Ferriera di Servola, si diceva che tali maestranze sono mediamente esposte a
benzene e benzoapirene in proporzione da tre a sei volte rispetto al limite di
legge. Il giorno seguente, il responsabile del Dipartimento di prevenzione e
sicurezza del lavoro Valentino Patussi diceva testualmente: «Quelli rilevati
sono indicatori di esposizione e non di danno o malattia». Se ben ricordo, il
limite di legge espresso in nanogrammi per benzene e benzoapirene è di 0,1 per
l’esterno degli stabilimenti, e un già inspiegabile 0,77 per i reparti
operativi.
Se la matematica non è un’opinione, vuol dire che tali persone sono state
esposte a valori compresi tra i 2,31 e i 4,62 nanogrammi.
Ricercatori seri e capaci hanno stabilito che la continua esposizione a valori
superiori a quelli di legge, non porta a un elisir di lunga vita, ma essendo
essi tra i maggiori e più pericolosi inquinanti, portano tumori principalmente
ai polmoni e alla pleure i cui picchi si avranno tra il 2015 e il 2020 come
veniva illustrato nel Maurizio Costanzo Show del 31 gennaio 2008. Quindi signor
Patussi... indicatori di esposizione oggi... di danno e malattia domani!!!
È poi curiosa l’asserzione che tutto sommato l’aria di Taranto e della Germania
dove ci sono impianti analoghi è più inquinata. È come dire che agli abitanti di
un palazzo che si sta inclinando per un cedimento strutturale: «Non
preoccupatevi, tanto la torre di Pisa pende più della vostra casa».
Sconvolgente!
Però il giorno 18 sempre sul quotidiano si legge che i carabinieri hanno
denunciato due giovani e sequestrato le reti e il pescato in quanto sorpresi a
catturar pesci nelle acque antistanti la Ferriera, sito inquinato di interesse
nazionale. Strano però visto che secondo alcuni non c’è correlazione tra
inquinamento prodotto e malattie. È poi illogico pensare che solo il pesce
pescato vicino la Ferriera risulta da esso inquinato e sapendo che esso si
sposta in altri fondali e in altri spazi. Evidentemente l’azione dei carabinieri
denota un inconfutabile stato di pericolo che dovrebbe ulteriormente farci
riflettere.
Quindi, alla luce di tutto ciò, concludo facendo un complimento al nostro
sindaco per aver divulgato sul Piccolo del 19 aprile le sue forti preoccupazioni
per dei dati a dir poco spaventosi di inquinamento. Auspico ciò che lui ha detto
e cioè che adesso Comune, Regione e governo sono della stessa casacca, possano
davvero fare degli interventi forti verso questo stabilimento e questa
irriguardosa proprietà.
Però caro sindaco, forse è più semplice e corretto invece che far evacuare dalle
loro case costate sudori e fatiche 25mila abitanti di Servola e Valmaura, far
evacuare nella loro Brescia questi signori senza scrupoli che si divertono a
giocare con le nostre vite e con quelle dei lavoratori per il loro lurido
guadagno.
Monia Carli
Servola nuoce |
|
Servola... e mentre tutti o
quasi fanno a gara perché venga chiusa la Ferriera... Servola sta morendo di
per se stessa. Agonizzante... sopravvive per la voglia di quei pochi
commercianti rimasti e quegli abitanti che, di padre in figlio continuano ad
amarla. Eppure è un rione bello; che ha fatto parte della storia di Trieste.
A pochi passi dalla grande viabilità (sbocco per uscire dalla città),
raggiungibile da ogni parte con i bus 8 e 29. Tante case disabitate, negozi
chiusi. Nessuno si occupa di questo rione. Riqualificano tutto e dappertutto
ma a Servola nulla! La si nomina solo per la Ferriera.
Ma qualcosa si può fare! Rimesse a nuovo e abitate le casette libere...
aperto qualche piccolo ufficio nel rione (la disponibilità dei locali c’è);
utilizzata la ex scuola Damiano Chiesa (una struttura enorme con un parco
immenso e l’autobus 8 che vi ci si ferma davanti!) magari come sede
distaccata di uffici comunali. Basterebbe iniziare spingendo la gente a
venire nel rione per cose valide (non il solito mercatino settimanale che
solo porta danno a quei quattro negozi aperti)... Servola non è solo
Ferriera! Servola vuole tornare a vivere... è ancora bella! Venite gente,
venite... vi aspettiamo!
Lettera firmata |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 29 aprile 2008
Dipiazza: «Farò il Piano del
traffico» - Il primo cittadino potrebbe tenere per sé la delega
abbinata anche al nuovo Piano regolatore |
|
«Prima la
nuova giunta, poi lo toglieremo dal cassetto ma depurandolo di tante cose»
Il sindaco
risponde agli inviti dei forzisti Marini e Piero Camber che avevano indicato
tra le priorità le modifiche alla viabilità
«Non abbiamo più scuse» è il
messaggio di Bruno Marini. «Ora verranno prese delle decisioni» annuncia
Piero Camber. Un richiamo all’ordine sul Piano del traffico al quale il
sindaco Roberto Dipiazza non si tira indietro. «È la prima cosa che
affronteremo finito il periodo elettorale», dice il primo cittadino. Dando
una risposta sostanzialmente affermativa ai due uomini forti del Popolo
della libertà - sponda forzista, proprio come Dipiazza - ma dettando le
condizioni. Perché il tormentone del Piano del traffico, tirato fuori e più
volte riposto nei cassetti di piazza Unità, a breve avrà una soluzione. Nei
tempi e nei modi indicati da Dipiazza.
«Le elezioni sono terminate, nei prossimi giorni procederò a definire la
nuova giunta. Aspetto i risultati del lavoro di Renzo Tondo, poi aprirò le
consultazioni e definirò la squadra», dice Dipiazza con serenità e qualche
sorriso. E aggiunge: «La mia squadra è destinata a cambiare, ma l’ingresso
di alcuni assessori triestini in Consiglio regionale e probabilmente nella
stessa giunta Tondo - spiega - è un fatto molto importante per Trieste.
Significa che hanno lavorato bene».
Il riferimento è a Piero Tononi e Maurizio Bucci, eletti nel Pdl e costretti
quindi a dimettersi per incompatibilità, ma anche alla possibile uscita di
Sandra Savino papabile assessore in quota rosa della giunta regionale. Fra
le prossime new entry bisognerà pescare prima di tutto il sostituto di Bucci,
assessore alla Pianificazione territoriale. Una delega chiave in vista
dell’approvazione del Piano del traffico, che a questo punto Dipiazza
potrebbe tenere per sé. Una possibilità per altro non esclusa dallo stesso
primo cittadino: «Se terrò la delega all’Urbanistica? Dipende da varie
situazioni - sostiene - bisogna capire quanti assessori lasceranno la mia
giunta».
Porte aperte a una soluzione di questo tipo, insomma, che nel trattenere la
Pianificazione territoriale andrebbe così a coniugare il Piano del traffico,
abbinato al Piano dei parcheggi, assieme al nuovo Piano regolatore. Un’altra
partita fondamentale. A quel punto Dipiazza dovrebbe però lasciare ad altri
due importanti deleghe: Project financing e Polizia municipale. Altrimenti
il lavoro diventerebbe pesante, con le briciole lasciate al resto della
truppa. Più che un rimpasto di assessori, insomma, in piazza Unità si
prospetta una vera e propria ridefinizione delle deleghe e degli uomini. E
anche delle donne, visto che per Statuto ne serve almeno una.
Spetterà alla nuova giunta analizzare le linee guida del Piano del traffico,
che in un secondo momento andrà presentato ai capigruppo per arrivare
all’approvazione del documento in Consiglio comunale. «Andremo a chiudere
questa partita entro i prossimi mesi, ma è chiaro che non si potrà
prescindere dalla Grande viabilità triestina», è il cavallo di battaglia di
Dipiazza. Prima il completamento delle Rive, poi la superstrada «perché
vorrei capire da chi si riempie la bocca di questo argomento, cosa comporta
l’adozione di questo benedetto Piano del traffico - insiste il sindaco, nei
mesi scorsi scettico sull’utilità del provvedimento - senza l’apertura
contestuale della Grande viabilità». Una considerazione accompagnata anche
dalla risposta: «Poco o nulla, si farebbe sempre la fila - dice -
all’altezza di Santa Croce».
Non resta che aspettare il varo della giunta Tondo, la conta degli assessori
comunali rimasti; potrebbe ad esempio lasciare anche il vicesindaco Paris
Lippi, ripescato in Consiglio regionale nel caso Alessia Rosolen, eletta
consigliere, trovasse posto nella giunta del Friuli Venezia Giulia. A quel
punto gli assessori uscenti diventerebbero quattro e con deleghe pesanti:
dal Patrimonio allo Sport, dall’Urbanistica al Bilancio passando per il
Turismo. Non c’è solo il nodo del Piano del traffico da sciogliere per il
primo cittadino. Deciso comunque a fare di testa propria: «Il Piano del
traffico (quello del professor Roberto Camus, ndr) - avverte Dipiazza - sarà
approvato, ma depurato di molte cose...».
Pietro Comelli |
Autobus, Trieste Trasporti
subappalta dieci linee - Partito il bando di gara. L’azienda: coinvolte solo
tratte marginali, la qualità del servizio resterà immutata |
|
A breve 10 linee del trasporto
pubblico locale non saranno di fatto più gestite dalla Trieste Trasporti. A
seguito dell'esternalizzazione di una parte dei percorsi, determinati
autobus non saranno più guidati dai conducenti della società di via dei
Lavoratori. Le linee interessate a questo cambiamento sono la 13, ovvero la
navetta al centro di tante discussioni che da Cattinara traghetta gli utenti
fino a Raute, la 33 che collega Campanelle a Largo Barriera, la 35 che
compre il tratto da Longera a piazza Oberdan, la 39 barrata che dal
Municipio di Aurisina trasporta i cittadini fino a Cattinara, la 49 barrata
che unisce Muggia al nosocomio di Cattinara e la linea 73 che partendo dalla
stazione di Aurisina, passando per Visogliano, Sistiana e Duino trasporta
gli utenti fino a San Giovanni del Timavo. L'esternalizzazione comprenderà
anche le linee serali siglate con la lettera A, B, C e D.
La determina della Provincia che ha autorizzato l'esternalizzazione di una
parte del servizio (la legge regionale prevede la possibilità di subappalto
fino al 20 % del chilometraggio) è datata 3 marzo 2008. Il bando di gara per
l'affidamento a terzi della gestione delle dieci linee, prevede il
subappalto di servizi marginali e aggiuntivi del trasporto pubblico locale
di circa 950mila km: più o meno l'8 % del chilometraggio gestito dalla
Trieste Trasporti. Le aziende interessate dovranno far pervenire la loro
proposta entro il prossimo 6 maggio.
A rassicurare l'utenza sul fatto che la qualità del servizio resterà
garantita, interviene il presidente dell'azienda, Cosimo Paparo: «L'esternalizzazione
coinvolge solo linee marginali o aggiuntive con pochi utenti e limitato
traffico. Riguardo alla qualità del servizio i cittadini possono stare
tranquilli perché il direttore d'esercizio sarà lo stesso: l'ingegner Gerin».
È bene segnalare che non avverranno cambiamenti riguardo i biglietti o
abbonamenti: resteranno gli stessi. Come anche i bus: «Le macchine saranno
sempre quelle della Trieste Trasporti - precisa Paparo - e anche la
responsabilità della manutenzione farà capo a noi». A cambiare dunque
saranno solo gli autisti che andranno a coprire i 27 turni gestiti da una
ditta esterna.
Ma i sindacati non ci stanno. «Avevamo previsto e anticipato da tempo questa
situazione che regalerà agli utenti un minor qualità del servizio» sostiene
Willy Puglia delle Rdb che pone l'accento anche sul termine «marginale»
utilizzato dall’azienda per descrivere il tipo di linee destinate al
subappalto. «Non mi sembrano marginali e comunque un servizio eccellente va
riservato a ogni linea - aggiunge Puglia - inoltre, il personale di una
ditta esterna, verrà pagato meno, non sarà motivato e fornirà
inevitabilmente un servizio più scadente».
Ai sindacati Paparo replica assicurando che non ci saranno contrazioni
d'organico e mettendo in evidenza come, dovendo effettuare 27 turni in meno,
il personale della Trieste Trasporti riuscirà a lavorare con maggior
serenità e minor stress a favore di una qualità superiore del servizio
offerto.
Laura Tonero |
Popovic da Ret: chiuso il
«caso panino» - I due primi cittadini uniti nell’avversare i progetti
di rigassificatori nel Golfo. Abbozzata una strategia comune sul turismo
|
|
Lo sloveno:
«Sull’energia Illy ha commesso un grosso sbaglio». L’italiano: «Tondo è con
noi» |
A Duino il
sindaco di Capodistria, condanna comune della pessima accoglienza allo
straniero |
DUINO AURISINA Abbracci, sorrisi
e strette di mano. È stata calorosa l’accoglienza riservata dal sindaco di
Duino Aurisina Giorgio Ret al collega Boris Popovic, primo cittadino di
Capodistria, salito alla ribalta delle cronache qualche giorno addietro per
il caso del panino portato da casa e vietato a suo figlio di 8 anni nel Bar
Belvedere di Sistiana.
Giunto un po’ ritardo, il sindaco del vicino Comune sloveno è arrivato a
bordo della sua automobile ieri nel primo pomeriggio davanti al Municipio di
Duino Aurisina. Ad attenderlo il sindaco Ret, il quale ha accompagnato
l’omologo sloveno nel suo ufficio, facendogli omaggio di un opuscolo di
recente pubblicazione dedicato a tutti i maggiori punti di riferimento
naturalistici e culinari dei borghi che compongono il comune di Duino
Aurisina e di un libricino con vecchie foto e stampe in bianconero inerenti
le zone dell’Altipiano carsico. I due sindaci hanno subito espresso una
comune condanna su quanto accaduto al «Belvedere», specie «per il
trattamento di accoglienza pessimo dimostrato dall’esercente, un fatto che
speriamo non si ripeta più perché estremamente controproducente soprattutto
nell’ottica del turismo che si vuole rilanciare in questa zona». Popovic ha
espresso rammarico per l’accaduto e per «l’insensibilità dimostrata nei
confronti di un bambino di 8 anni malato di diabete», ma ha anche ribadito
che «ha incontrato tanta solidarietà subito dopo la vicenda».
Archiviato dunque «il caso del panino Popovic» i due politici hanno discusso
di vari temi generali da affrontare assieme nel prossimo futuro, con il
desiderio d’instaurare una sinergia sempre maggiore e sempre più forte. Uno
dei primi punti in comune emersi è stata l’opposizione totale alla
realizzazione dei rigassificatori nel Golfo di Trieste e davanti
Capodistria. «Secondo me è stato un grosso sbaglio commesso da Riccardo Illy»
ha commentato Popovic. «Il nuovo governatore della Regione Renzo Tondo mi ha
promesso di prendere posizione contraria a tale progetto e questo è un
grande bene per tutti quanti» gli ha fatto eco Ret. I possibili problemi
ambientali del mare sono quindi, assieme a quelli dei rifiuti, altro tema
scottante, i settori che i due sindaci vorrebbero affrontare assieme.
Argomenti, specie quello dei rifiuti, sul quale già si sono mossi con la
municipalità slovena il primo cittadino di Muggia Nesladek e di San Dorligo
della Valle Premolin. «I costi per smaltire i rifiuti, per le piccole realtà
territoriali, sono davvero esosi: ecco perché una sinergia con i Comuni
della vicina Slovenia potrebbe essere una valida soluzione per fare spendere
meno ai cittadini» spiega Ret. Ma l’esito più concreto dell’incontro tra i
due amministratori è sicuramente quello che riguarda il turismo: un’offerta
collettiva con pacchetti che comprendano tutte le bellezze naturali del
Capodistriano e del territorio duinese.
Riccardo Tosques |
Brennero, al via il nuovo
tunnel Smaltirà 400 convogli al giorno e costerà sei miliardi di euro
- Sarà finanziato da Italia, Austria e Ue
BOLZANO Al via i lavori
preliminari per il tunnel ferroviario del Brennero, una delkle opere
infrastrutturali più attese per lo sviluppo dei traffici Italia-Austria.
Presente il presidente della Repubblica Napolitano, ieri pomeriggio ad Aica,
in provincia di Bolzano, è stata avviata la «talpa» che scaverà i quasi 55
chilometri del tunnel esplorativo. Nei prossimi 30 mesi, la fresa scaverà il
primo cunicolo di esplorazione dell'opera fra Aica e Mules, in provincia di
Bolzano. La galleria di base del Brennero si svilupperà tra Innsbruck e
Fortezza per una lunghezza di circa 55 chilometri. Responsabile della
progettazione e della realizzazione del tunnel é la Società europea Galleria
di base del Brennero (Bbt Se), partecipata al 50% dall'Italia attraverso il
Tunnel ferroviario del Brennero, mentre per la parte austriaca il 25% è
della Repubblica d'Austria e il 25% del Land Tirolo. L'investimento
complessivo previsto, secondo stime del 2006, é di circa 6 mila milioni di
euro. L'Unione Europea ha deliberato un finanziamento di 215 milioni di
euro, pari al 50% dei fondi necessari. La rimanente parte é equamente
suddivisa tra Italia ed Austria.
|
Capodistria: il tribunale dà
ragione alla Kemiplas - Secondo i giudici l’industria chimica «non è
un pericolo concreto per la salute» |
|
Il Comitato
dei cittadini presenterà appello. Lo stabilimento di Villa Decani non ha il
certificato europeo per il trattamento di sostanze pericolose
CAPODISTRIA La fabbrica di
prodotti chimici Kemiplas di Villa Decani, almeno per il momento, continua
con la produzione. Il Tribunale circondariale di Capodistria ha respinto
infatti la richiesta del Comune di Capodistria e di 220 privati cittadini di
sospendere temporaneamente la produzione, in attesa della chiusura
definitiva dell'impianto. La decisione del Tribunale è stata presentata ieri
dall'avvocato Franci Matoz, che rappresenta il comune e gli abitanti nella
causa contro la Kemiplas. Secondo i giudici, non ci sono prove che la
fabbrica di Villa Decani rappresenti «un pericolo concreto» per la salute
dei cittadini e l'ambiente. Matoz ha già annunciato ricorso.
La Corte, in seconda istanza, dovrebbe esprimersi entro 30 giorni. La
denuncia contro la Kemiplas risale agli inizi di aprile, e rappresenta
l'ultimo tentativo della popolazione locale e delle autorità comunali di
bloccare la fabbrica. L'industria di Villa Decani è da anni nel mirino degli
ambientalisti, ma è sempre riuscita a evitare la chiusura. Uno dei
principali prodotti della Kemiplas e l'anidride dell'acido ftalico, sostanza
che viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici come coloranti,
insetticidi, plastificanti e farmaci. L'intera produzione, 30.000 tonnellate
all'anno, viene esportata in Austria, Germania, Croazia e Italia. In realtà,
la fabbrica non dispone del Certificato europeo per il trattamento di
sostanze chimiche pericolose per la salute, ma la direzione si difende
sostenendo di averlo chiesto per tempo, e che l'Agenzia slovena per
l'ambiente avrebbe dovuto già rilasciarlo. Le misurazioni dei livelli di
inquinamento, infatti, erano sempre entro i limiti tollerati dalle norme.
Questo però, ha ricordato l'avvocato Matoz al momento di presentare la
denuncia, solo perché la fabbrica, al momento delle rilevazioni, aveva
opportunamente ridotto il livello di produzione. Per alcuni anni, come noto,
si era parlato molto concretamente anche della possibilità di smantellare
l'impianto e trasferirlo altrove – in Ungheria – ma in quel caso il problema
era rappresentato dagli alti costi dell'operazione. La Kemiplas sperava di
ottenere dallo Stato sloveno crediti agevolati per andarsene, ma non ha
avuto successo. La fabbrica ha chiesto da tempo anche la licenza edilizia
per la costruzione di un depuratore, ma un ricorso della popolazione locale
e dello stesso comune di Capodistria ha poi sospeso la validità della
licenza già rilasciata. |
MESSAGGERO VENETO -
LUNEDI', 28 aprile 2008
«E’ allarme
anche in Friuli per la morìa delle api: ora chiarezza sulle cause» - La
Coldiretti regionale: a rischio il miele, ma anche l’equilibrio naturale
|
|
Oggi in
Italia sono almeno 50 mila gli alveari colpiti Dopo la varroasi sono sotto
accusa le sementi conciate
UDINE. «Bisogna fare
chiarezza sulle cause che stanno provocando la morìa di api che ha ridotto
il patrimonio apistico nazionale dal 30 al 50%, mettendo a rischio, oltre la
produzione di miele, anche l’equilibrio naturale globale con effetti anche
sulla salute e l’alimentazione». Lo chiede la Coldiretti del Friuli Venezia
Giulia. «Il mondo agricolo - spiega infatti il direttore della
organizzazione regionale Elsa Bigai - si sente fortemente coinvolto su
questo tema. È un argomento che interessa prima di tutto l’agricoltura visto
e considerato che la produzione di mele, pere, pesche, kiwi, castagne,
ciliegie, albicocche, susine, meloni, cocomeri, pomodori, zucchine, soia,
girasole e, colza - puntualizza la Bigai - dipendono completamente o in
parte dalle api per la produzione dei frutti, come pure la grande
maggioranza delle colture orticole da seme, come l’aglio, la carota, i
cavoli e la cipolla, si può riprodurre grazie alle api. Ma le api - aggiunge
il direttore - sono utili anche per la produzione di carne con l’azione
impollinatrice che svolgono nei confronti delle colture foraggere da seme
come l’erba medica ed il trifoglio, fondamentali per i prati destinati agli
animali da allevamento».
In Friuli Venezia Giulia ci sono circa 27 mila alveari, con una produzione
media di 25 chilogrammi di miele per alveare. Gli apicoltori sono circa
mille e 800 con il 5 per cento di professionisti, con una mole lavoro di una
giornata per alveare. «Sono dati significati per la nostra regione - ha
spiegato ancora Elsa Bigai -, ma non constatiamo una sufficiente attenzione
sul problema. Il fenomeno va monitorato e la scienza con le istituzioni deve
venirci incontro. Quanto prima ci aspettiamo delle risposte».
Ma parliamo appunto della morìa, la più preoccupante dopo quella causata,
ormai da anni, dalla varroasi. Sono circa 50.000 in Italia gli alveari
colpiti da spopolamento in coincidenza con le semine di mais, che viene
trattato con fitofarmaci ritenuti responsabili della morte delle api. La
stima è dell’Osservatorio nazionale sul miele di Castel San Pietro Terme, in
provincia di Bologna, che ha condotto una seconda rilevazione sul fenomeno,
dopo quella del 31 marzo. Dal rapporto risulta che gli spopolamenti sono
aumentati nelle aree già individuate al Nord e il fenomeno si è allargato
alle zone apistiche del Friuli interessate alla semina di mais. Inoltre,
compaiono danni pure al Sud, anche se questi, più recenti, richiedono
approfondimenti.
Sale, dunque, a 50 mila il bilancio degli alveari colpiti da spopolamento e
che quindi non potranno produrre miele per il 2008. Un danno probabilmente
sottostimato, perchè conta 174 comuni in cinque regioni: Lombardia,
Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e, appunto, Friuli Venezia Giulia. Il punto
è che ora «si cominciano a rilevare danni anche al Sud, in particolare in
Calabria». Questa la fotografia scattata da Giancarlo Naldi,
dell’Osservatorio nazionale della produzione e del mercato del miele.
L’Osservatorio, con Legambiente, Unione nazionale associazione apicoltori
italiani (Unaapi), ha infatti lanciato l’allarme sull’uso di neonicotinoidi,
insetticidi usati nelle sementi, come origine della morìa di api. Un fattore
che si lega poi alla «sindrome da spopolamento degli alveari», un fenomeno
mondiale che in Italia nel 2007 ha già ridotto della metà le popolazioni dei
preziosi insetti, legato a varie cause.
Di qui la riunione con i rappresentanti di Regioni, apicoltori, agricoltori,
ambientalisti e aziende chimiche, per fare il punto della situazione. Dove è
arrivata la decisione, del ministero delle Politiche agricole, di far
avviare al Centro ricerche agricoltura un progetto di monitoraggio dello
stock di api, e di raccolta entro il 10 maggio di tutti gli studi sul
rapporto fra insetticidi e api, sull’indebolimento di questi insetti e
sull’uso di seminativi non conciati. Soddisfatti per l’incontro Legambiente
e Unaapi, che vedono una prima presa di coscienza della questione a livello
istituzionale, così come la Federazione apicoltori italiani. Positivo il
tavolo di confronto per Agrofarma, che ribadisce però l’estraneità delle
sementi conciate all’emergenza api. Coldiretti chiede poi una valutazione
rapida della questione, visto che «buona parte della nostra attività dipende
dalle api, come le colture ortofrutticole, mentre la Confederazione italiana
agricoltori fa un appello per interventi a sostegno degli apicoltori. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 27 aprile 2008
Pista ciclabile pronta
entro l’estate - Collegherà San Giacomo a Draga Sant’Elia. Sopralluogo
positivo - Verso la soluzione il caso del deposito di rottami di automezzi lungo
il tracciato
Entro quest’estate sarà ultimata la realizzazione della pista ciclabile che
collegherà San Giacomo con Draga Sant’Elia. L’annuncio arriva dall’assessore ai
Lavori pubblici della Provincia, Mauro Tommasini, che martedì scorso ha
effettuato un dettagliato sopralluogo, sia nei tratti urbani del tracciato, sia
in quelli della zona di Campanelle.
«Durante la realizzazione del percorso sono emersi problemi complessi, la cui
risoluzione è stata difficilmente definibile nel tempo, ma i lavori proseguono e
per la fine della bella stagione l’opera sarà fruibile dai cittadini - spiega -.
Ora stiamo operando nel miglior modo possibile, così che una volta chiuso il
cantiere non siano necessari altri interventi a breve».
Da alcune settimane, sono riprese le attività nella prima parte del tracciato,
nella zona tra le vie Ponziana e Orlandini, le quali si erano bloccate alcuni
mesi fa, per completare la costruzione dei posteggi dell’ospedale infantile
Burlo Garofolo, sul cui terreno è previsto il passaggio della pista.
«Il parcheggio della struttura sanitaria necessita delle ultime rifiniture, che
saranno ultimate entro il 20 maggio – dichiara Tommasini -. Circa a metà dello
stesso mese prenderanno, poi, il via i lavori di costruzione del basamento per
la passerella sopraelevata». Il piccolo ponte, costruito interamente in metallo,
per ridurre i costi di manutenzione, permetterà a ciclisti e pedoni di
attraversare via dell’Istria, senza esporsi ai pericoli legati al traffico. «Al
momento la passatoia è in fase di realizzazione, dato che il fornitore
originario ha rinunciato alla commissione e abbiamo, quindi, dovuto trovare
un’altra ditta che si occupasse del progetto. Secondo le stime, la passerella
dovrebbe essere pronta e montata in circa tre mesi».
Ultimata questa fase dei lavori, verranno collegati tra loro i diversi tratti
del percorso realizzati finora, dopodiché per concludere l’opera mancheranno
solo alcuni attraversamenti pedonali, la segnaletica verticale e orizzontale e
piccole rifiniture. È, infatti, in via di risoluzione il problema della presenza
di un deposito di rottami di automezzi sul tracciato.
«Nonostante sia stato necessario ricorrere alle vie legali, la questione si sta
concludendo – spiega Tommasini -. Una parte dei materiali residui è già stata
rimossa e stiamo cercando di individuare i proprietari delle restanti carcasse,
con il supporto del tribunale. Puntiamo, quindi, a sgomberare completamente
l’area entro un mese e mezzo. Per le altre attività presenti sul percorso
abbiamo, invece, individuato siti alternativi».
È, però, critico sull’avanzamento dei lavori il coordinatore della commissione
urbanistica della Quinta circoscrizione, Francesco Battaglia. «Comprendo il
desiderio di realizzare un’opera di alta qualità – spiega – ma, nonostante la
realizzazione della pista sia iniziata da anni, la Provincia sembra non avere il
completo controllo sull’andamento del cantiere. Recentemente sono, infatti,
stati necessari ulteriori interventi per risolvere le problematiche insorte e
per rimediare agli atti di vandalismo verificatisi nei tratti già ultimati».
Mattia Assandri
La nube di Chernobyl fa ancora paura: attese nuove malattie tiroidee -
In 22 anni mezzo milione di vittime
MOSCA A ventidue anni dall’esplosione del reattore nucleare la nube di Chernobyl
continua a fare paura. Secondo alcuni recenti studi, almeno mezzo milione di
persone sono morte a causa del pulviscolo radioattivo che contaminò larga parte
dell'Europa. E le conseguenze dell'incidente, affermano gli esperti, si sentono
ancora oggi. Il reattore numero 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl, a 120
chilometri da Kiev in Ucraina, esplose il 26 aprile 1986. Fu la più grande
tragedia nucleare civile della Storia. E a 22 anni dalla catastrofe,
l’anniversario di quella data viene ricordato all’insegna di una irrisolta
guerra di cifre: per l'Organizzazione Mondiale della sanità (Oms) e l'Agenzia
internazionale per l'Energia atomica (Aiea) le persone morte per gli effetti del
disastro sono 4mila mentre secondo altri fonti il dato va moltiplicato per
cento. Certo è che le conseguenze di Chernobyl sono, e rimarranno, difficili da
dimenticare. Un dato emblematico è quello relativo alla sola «ripulitura» del
luogo del disastro: «Studi mostrano che 34.499 persone che presero parte alla
ripulitura di Chernobyl sono morte di cancro dopo la catastrofe», affermava
Nikolai Omelyanetes, vice capo della commissione nazionale per la protezione
dalle radiazioni ucraina, secondo il quale, inoltre, il tasso di mortalità
infantile nel Paese è aumentato fra il 20 e il 30%.
E il peggio, avvertono gli esperti, purtroppo arriva ora: «È infatti a distanza
di 20-30 anni - sottolinea Andrea Pession, oncologo del reparto di oncologia
pediatrica dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna, e per vari anni impegnato in
progetti per il monitoraggio delle conseguenze del disastro sui bambini di
Chernobyl - che gli eventuali casi di tumore alla tiroide legati alla grande
quantità di radiazioni assorbite dalla popolazione potrebbero manifestarsi; In
questi casi, infatti, la finestra temporale per l'eventuale manifestarsi di
neoplasie è di oltre 15 anni». Per questo, afferma l'esperto, «sarebbe
necessario che le autorità sanitarie europee mettessero in moto programmi seri
di monitoraggio degli effetti del disastro nucleare, soprattutto al fine di
verificare gli effetti sulla prole di coloro che nel 1986 erano bambini ed ora
sono in età fertile». Il timore, conclude Pession, è che «a pagare le
conseguenze di quella tragedia possano essere, purtroppo, anche le nuove
generazioni».
Inquinamento della Ferriera
Sono d'accordo con il consigliere Decarli sulla Ferriera. «Il sindaco è la
massima autorità sanitaria del territorio. Se proprio dispone dei dati che gli
consentono di chiudere la fabbrica, lo faccia subito». Altrimenti la denuncia
fatta dall’Arpa alla Procura della Repubblica colpirà anche lui, per la sua
inerzia colpevole. Meno proclami quindi, e più fatti, «perchè i lavoratori e i
cittadini non ne possono più», come giustamente osserva il consigliere comunale.
Gian Giacomo Zucchi
IL PICCOLO -
SABATO, 26 aprile 2008
Gestione delle aree protette
Summit sull’acqua a Udine |
|
UDINE Una conferenza
internazionale interamente centrata sulla gestione delle risorse idriche
nelle aree protette. È quella che si terrà martedì, a partire dalle 9,
nell’auditorium della nuova sede della Regione di via Sabbadini a Udine.
La conferenza internazionale, di fatto, rappresenta la conclusione del
progetto «Warema», cofinanziato dall'Unione europea, con i fondi Interreg
IIIB Cadses. Questo progetto vede capofila il Friuli Venezia Giulia assieme
ad altri partner comunitari della Grecia, dell’Ungheria e della Repubblica
Ceca) e si basa sulla realizzazione di un metodo partecipativo conforme a
quanto indicato dalla direttiva quadro europea sulla gestione delle acque.
La conferenza internazionale di Udine vedrà la partecipazione di esperti,
tecnici ed amministratori del Friuli Venezia Giulia e dell'Europa centrale e
meridionale per un confronto ad altissimo livello sulla salvaguardia della
biodiversità e sulla valorizzazione delle acque in zone definite sensibili
come bacini fluviali, bacini lacustri e aree lagunari.
Tra gli obiettivi dell'iniziativa comunitaria, spicca la promozione delle
aree protette viste come opportunità per uno sviluppo sostenibile delle
comunità locali, in una gestione partecipata e coordinata delle risorse
idriche. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 25 aprile 2008
Ferriera, i sindacati a
Tondo: non servono parole ma concretezza |
|
Cautela dal
mondo del lavoro per le dichiarazioni del neopresidente della Regione.
L’azienda: per valutare i messaggi lanciati abbiamo bisogno di un tavolo
Chiarezza e proposte concrete,
certamente non boutade. Questo è ciò che chiedono, anzi pretendono, i
lavoratori della Ferriera di Servola. Non ci credono più alle soluzioni che
escono dal cilindro. Esigono «rispetto» e si dicono «pronti ad ascoltare i
rappresentanti del mondo politico solo quando verrà effettivamente
presentato un piano dettagliato di riconversione delle maestraenze e di
intervento di bonifica ambientale». Fino ad allora, «tutte le varie
esternazioni non verranno minimamente prese in considerazione».
Ha creato nuovamente malumori, secondo quanto riferito ieri dalle Rsu per
voce di Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e di Franco Palman (Uilm),
l’intervento sullo stabilimento siderurgico del neopresidente della Regione
Renzo Tondo. Che al teatro Verdi, l’altra sera, aveva dichiarato: «La
fabbrica va chiusa». Aggiungendo: «Nessun lavoratore resterà a casa, ho già
un’idea precisa su come sistemarli. Ho una soluzione pronta». Ebbene, su
questa «soluzione pronta», gli operai di Servola non contano. E nemmeno i
sindacati. «Prendiamo atto delle intenzioni e delle preoccupazioni del
presidente della Regione - ha affermato Franco Belci, segretario provinciale
della Cgil - Del resto, che la Ferriera abbia un termine noi sindacati lo
sappiamo da un pezzo: la stessa azienda rivela che l’impianto risulta
redditizio, secondo le proiezioni, fino al 2015. Perciò, fin da oggi, questa
scadenza comporta la definizione di un piano di riconversione del personale
e di bonifica. Comprendo che Tondo non abbia potuto sbilanciarsi nelle
dichiarazioni, non essendosi ancora insediato l’esecutivo, tuttavia, da un
ruolo di vertice qual è quello che ha assunto ci saremmo aspettati una
maggiore concretezza. Anche Dipiazza, come pure Dressi, diceva di avere
delle alternative: poi si è visto come è andata a finire... Il sindacato è
disposto ad ascoltare ogni proposta, ma questa deve essere reale: bisogna
dire come e dove, quando e a che condizioni i lavoratori vengono
riposizionati. In ambito industriale, s’intende, perché a Trieste è l’unica
realtà che può produrre ricchezza». «La Uil è disponibile a ragionare sulla
chiusura del 2015 - ha sostenuto il segretario generale della Uil Luca
Visentini - Chiede però che le istituzioni abbandonino la politica degli
annunci e delle ”meline”, avviando un serio confronto sulla ricollocazione
dei lavoratori e sulla riconversione industriale dell’area». «Se Tondo aveva
una soluzione, perché non l’ha presentata prima?», ha aggiunto il
sindacalista Palman. «Non vogliamo più boutade ma sentire proposte serie»,
ha concluso il collega delle Rsu Salvaneschi.
E i lavoratori? «Siamo stufi di tutte queste chiacchiare - ha spiegato un
operaio, Francesco Antonello, 54 anni, da 17 in Ferriera come addetto
all’agglomerato - perché alla fine non cambia niente mentre i problemi sono
noti da tempo. Se adesso, come dice Tondo, la Ferriera chiude, dove posso
trovare un altro lavoro che offra da vivere a me e alla mia famiglia a
parità di salario? Non certo in questa Provincia. E nella mia stessa barca
ci sono tanti altri lavoratori». Dal canto suo il gruppo Lucchini ha così
commentato: «Quando avremo occasione di incontrare il presidente faremo le
nostre considerazioni. Sono stati lanciati dei messaggi, ma il contenuto ci
è ignoto e per valutarlo abbiamo bisogno di un tavolo».
Tiziana Carpinelli |
MESSAGGERO VENETO -
VENERDI', 25 aprile 2008
Rifiuti, caos per la
differenziata: ecco le regole - A Tavagnacco c’è ancora tanta confusione sul
servizio porta a porta che partirà il 12 maggio |
|
In arrivo
cinque nuovi bidoni per le immondizie, che si aggiungeranno ai contenitori
già presenti per pile scariche e medicine scadute.
Predisposto
un numero verde informativo
TAVAGNACCO.
Mancano poco più di due settimane alla partenza del nuovo sistema di
raccolta differenziata porta a porta a Tavagnacco. Una raccolta spinta,
tanto che a pochi giorni di distanza dal 12 maggio sono ancora molti i dubbi
tra i cittadini, legati soprattutto all’organizzazione pratica del nuovo
sistema. Tanto che, tra nuovi contenitori, differenziazione dei rifiuti e
nuove regole, l’amministrazione comunale continua con la campagna
informativa. |
I contenitori. Saranno cinque,
uno per l’umido, in cui saranno conferiti i rifiuti organici, uno per la
carta e il cartone, uno per il vetro, uno per la plastica e le lattine e uno
per il secco non riciclabile.Scompariranno dalla strada i bidoni
indifferenziati, mentre saranno ancora presenti i contenitori per pile
scadute e medicinali.
I rifiuti particolari. Dovranno essere conferiti assieme al secco le
lettiere degli animali, stracci e carta sporchi, pannolini e pannoloni. Nel
contenitore della plastica potranno solo essere introdotti i materiali
riconosciuti dal Conai, il Consorzio per il Recupero degli Imballaggi. Tutto
il resto dovrà essere conferito nel secco indifferenziato.
Rifiuti verdi e ingombranti. È attivo il servizio di raccolta porta a porta,
rispettivamente il martedì e il giovedì telefonando e richiedendo la
raccolta al numero verde 800 450999.
Rimarrà in funzione, tre giorni alla settimana, anche la piazzola ecologica,
in cui possono essere conferite diverse tipologie di materiali.
Servizi speciali. Le 300 famiglie con bambini fino ai due anni godranno di
un doppio giro di raccolta settimanale, per le esigenze dei pannoloni. Il
servizio sarà esteso anche alle altre famiglie che evidenzieranno questa
necessità. Chi possiede già un composter domestico potrà rinunciare al
bidone della raccolta per l’umido, ottenendo una detrazione, dal prossimo
anno, del 10 per cento sulla Tarsu, la tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani.
Informazione. I cittadini hanno a disposizione un numero verde 800 450999 e
presto riceveranno un manuale, tradotto anche in diverse lingue straniere,
con tutte le istruzioni necessarie per una corretta divisione dei rifiuti e
il calendario con le date della raccolta porta a porta.
I controlli. Saranno affidati agli operatori della Net. Se all’interno dei
bidoncini troveranno spazio rifiuti non idonei la segnalazione sarà
inoltrata all’ufficio tecnico del Comune, che provvederà a contattare le
famiglie “meno disciplinate” e a sanzionarle in caso di ripetute
trasgressioni.
Erica Beltrame |
Una discarica per i residui
dell’inceneritore a Felettis - Un progetto per smaltire nella cava Ecoin le
ceneri prodotte dall’Acegas nell’impianto di Trieste |
|
Bicinicco.
La proposta è stata presentata al Csr, ma i sindaci dei Comuni vicini,
eccetto quello di Santa Maria la Longa, sono contrari e temono per la
sicurezza dei cittadini
TALMASSONS. Si può
aumentare il conferimento dei rifiuti dalla Provincia di Udine al
termovalorizzatore di Trieste, però in cambio bisogna mettere a disposizione
una discarica, individuata nella Bassa Friulana, per le ceneri provenienti
dall’impianto stesso: la proposta è emersa in consiglio comunale di
Bicinicco nel corso di una comunicazione del sindaco, Dino Strizzolo. |
Si sarebbe individuato il sito
adatto ad accogliere tali rifiuti residuali nella cava denominata “Ecoin”,
al confine tra Bicinicco, Gonars e Santa Maria La Longa. Favorevole, pare,
il primo cittadino di quest’ultimo Comune, contrari gli altri due. La
notizia ha suscitato grande allarme tra la popolazione di Felettis, il
centro più vicino alla paventata discarica.
Nel corso di un incontro fra i referenti delle Province di Udine, Pordenone,
Gorizia, Trieste, con l’Acegas spa, titolare del termovalorizzatore di
Trieste, è stata esaminata la possibilità di aumentare il conferimento dei
rifiuti provenienti dal territorio friulano nell’impianto; è stato appurato
che la disponibilità esiste, ma viene richiesta la collaborazione dell’area
della Bassa per collocare le ceneri prodotte nell’impianto.
«La particolare conformazione del territorio della Provincia di Trieste – si
legge in un documento diffuso dopo l’incontro – non consente
l’individuazione di un sito idoneo, costringendo Acegas spa a cercarlo
altrove. I territori della Bassa Friulana risulterebbero i più adatti dal
punto di vista logistico e viario. Le ceneri di combustione rsu
dell’inceneritore – si aggiunge – sono costantemente monitorate e
classificate come rifiuto non pericoloso, non sono odorose, non putrescibili
e sono state utilizzate già in passato in diverse discariche autorizzate
anche in Provincia di Udine, come rifiuto movimentabile, adatto alla
copertura degli altri rifiuti per ridurne le esalazioni e allontanare i
gabbiani». Si chiede la disponibilità di uno o più siti, dove sia possibile
avviare l’iter per una discarica controllata, da realizzarsi per piccoli
lotti. La proposta, rivolta al consorzio Csr, ha prodotto l’individuazione
del sito Ecoin, dove più volte la società proprietaria ha cercato di
realizzare una discarica per rifiuti speciali, ma senza ottenere
l’autorizzazione al conferimento da parte della Provincia di Udine. Contro
l’ipotesi di realizzare la discarica è da tempo attivo un comitato
spontaneo, che ha promosso anche una raccolta di firme.
I fatti recenti: il sito individuato a ospitare le ceneri del
termovalorizzatore è la cava di Felettis, come ha riferito il sindaco
Strizzolo al consiglio comunale. Sia il primo cittadino che l’assemblea,
minoranza compresa, hanno espresso ferma contrarietà e hanno sostenuto la
non idoneità, per le numerose deroghe a cui si dovrebbe ricorrere, mettendo
in pericolo la salute e la sicurezza dei residenti.
Paola Beltrame |
Primo maggio, comitati No Tav
in piazza - I gruppi regionali contrari alla linea ad alta velocità
parteciperanno alla manifestazione in programma a Cervignano
|
|
CERVIGNANO. I
Comitati No Tav della regione saranno presenti anche quest’anno alla
manifestazione e al corteo del 1° maggio a Cervignano con lo slogan “Dalla
Val di Susa al Friuli Venezia Giulia, continua la lotta No Tav: un’opera
inutile che devasta l’ambiente e svuota le tasche dei contribuenti”. I
componenti del comitato inviterranno a sottoscrivere la petizione europea
sull’Av/Ac.
Con un volantino distribuito in questi giorni, il coordinamento regionale No
Tav intanto “affila le armi” e sottolinea ancora una volta gli alti costi
dell’opera: «32 milioni di euro, ma diventeranno 50, per guadagnare 10
minuti nella tratta ferroviaria Venezia-Trieste, con una sola fermata
intermedia», mentre i «treni normali soffrono costantemente di disservizi e
i pendolari si accontenterebbero della qualità del servizio com’era vent’anni
fa, alla faccia del tanto decantato progresso. Per quanto riguarda il
trasporto merci, bisogna passare subito da gomma a rotaia e non aspettare
un’opera assurda che nella migliore delle ipotesi non sarà operativa prima
di quindici anni, mentre le autostrade sono già al collasso».
Non mancano di lanciare messaggi al neoeletto presidente Tondo. «Abbiamo già
sconfitto la politica di Illy, adesso dobbiamo sconfiggere quella di Tondo».
Nello specifico della Bassa Friulana, dopo l’incontro e le dichiarazioni del
consigliere regionale, il leghista Claudio Violino, all’incontro con i
comitati No Tav della Bassa tenutosi mercoledì a Porpetto, interviene
l’ambientalista, Paolo De Toni, del coordinamento regionale No Tav. «Violino
si illude se pensa che il rapporto con i comitati sia una questione di
“concertazione”; si tratta bensì di una questione di sostanza, cioè di
valutazione degli impatti ambientali delle opere e anche di costi e benefici
economici delle stesse. La Tav con i suoi 30/40 milioni di euro a km, non
potrà mai essere considerata un’opera economicamente sostenibile».
Francesca Artico |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 24 aprile 2008
Tondo: «Ferriera da chiudere
ma operai salvi» - Il neo-governatore: «La strada è tracciata, ho già
un piano su come sistemare i lavoratori» |
|
Ha svelato
le sue intenzioni in occasione del suo debutto pubblico dopo l’insediamento
alla guida della giunta del Friuli Venezia Giulia |
«Ma non
andrò certo domani mattina a mettere i lucchetti, c’è un iter da seguire»
|
«La strada della chiusura è
ormai tracciata, su questo non c’è dubbio». E «nessun lavoratore resterà in
strada, ho già un’idea». A margine delle celebrazioni organizzate al teatro
Verdi per il Vescovo di Trieste ieri sera il neogovernatore Renzo Tondo,
interpellato sulla questione che di nuovo in questi giorni infiamma il
dibattito e le polemiche in città, ha confermato che certamente intende
dismettere la Ferriera di Servola.
Al suo primo debutto pubblico a Trieste il giorno dopo il suo insediamento
Tondo arriva attorniato dal sindaco Dipiazza e dal deputato Roberto
Antonione con cui scambia fitti colloqui sotto le arcate d’ingresso del
teatro dove stanno confluendo gli ospiti della serata.
La campagna elettorale è finita, Tondo aveva radunato i servolani definendo
la fabbrica siderurgica «un ragno nero». Il sindaco Dipiazza che non ha mai
preso in considerazione alternative si è subito compiaciuto della consonanza
di idee e del conseguente rafforzamento della propria opinione.
Adesso che Tondo governa, il suo primo messaggio in tema qual è? «La
fabbrica va chiusa - risponde deciso il presidente -, non vi è alcun dubbio,
certo non intendo dire che vado domani mattina a mettere i lucchetti, si
tratta però di iniziare un percorso che porti al risultato: Ferriera chiusa
e area da riconvertire».
E gli oltre 500 lavoratori? «Nessuno resterà a casa, ho già un’idea precisa
su come sistemarli, ho una soluzione pronta». Una soluzione che forse, par
di capire, potrebbe avere radici anche al di là di questa provincia, ma
Tondo non vuole aggiungere per ora dettagli né l’occasione è tale da
consentire lunghe riflessioni. Concerto e discorsi ufficiali - per il
presidente il primo affaccio istituzionale - premono. Ma da domani per la
Ferriera comincia un altro capitolo di storia, e si ribalta la posizione
della Regione: Illy e la sua giunta hanno operato, d’accordo i sindacati,
per contemperare «industria e salute».
Sempre ieri Tondo ha incontrato il prefetto Giovanni Balsamo. Entrambi hanno
ricordato di essersi incontrati nella prima legislatura del presidente,
quando, con Berlusconi premier, a Trieste venne in visita Schroeder. Balsamo
ha offerto collaborazione in materia di sicurezza, plaudendo all’idea che la
giunta regionale contempli una delega alla sicurezza, e ha chiesto un
incontro con tutte le forze di polizia.
Gabriella Ziani |
FERRIERA - Esami clinici, i
medici rassicurano le maestranze |
|
Davanti a una settantina di
maestranze, Valentino Patussi, medico del Dipartimento di prevenzione, e
Massimo Bovenzi, direttore dell’Istituto di medicina del lavoro, hanno
esposto ieri pomeriggio i risultati degli esami biologici condotti sui
lavoratori della Ferriera. Gli operai, come riferito dalle Rsu di Uilm e
Fim-Cisl Franco Palman e Umberto Salvaneschi, sono usciti dal colloquio con
animo rasserenato, per la possibilità offerta di esporre, ricevendo dei
chiarimenti, le proprie perplessità. Bovenzi ha sottolineato più volte che
gli esami riportano degli «indicatori di esposizione» e non di «malattia»,
ribadendo di essere disposto a «difendere a spada tratta e in qualunque
sede» i dati stessi.
Ma anche l’aspetto degli investimenti è stato valutato con attenzione dai
sindacati: «La Lucchetti - così Palman - si è impegnata a riversare
sull’impianto di Servola 18 milioni di euro, garantendo a partire da marzo
2009 la prosecuzione dell’attività dell’altoforno 3, dismesso dal 2000: un
provvedimento che rassicura non poco i lavoratori sulla continuità
dell’impiego. Ma il fattore che più ci preme sottolineare è quello dei fondi
destinati al miglioramento delle condizioni ambientali, pari a 5 milioni di
euro, destinati ad abbattere le emissioni all’interno della fabbrica.
L’azienda ha confermato l’intenzione di dotare il reparto più critico di
alcune telecamere che consentiranno agli operai di intervenire
esclusivamente quando occorre, limitando così i tempi di esposizione nella
cokeria». Palman ricorda che «l’8 maggio le parti si riuniranno davanti all’Ass
per valutare le ulteriori misure di sicurezza da adottare per preservare la
salubrità degli ambienti, con particolare riguardo all’automazione delle
macchine». Oggi la Ferriera si fermerà per un’ora, a fine turno, in segno di
solidarietà allo sciopero indetto dai lavoratori della Fincantieri di
Monfalcone, per l’infortunio mortale verificatosi l’altra sera.
ti.ca. |
Ferrovie: 8,5 miliardi di
investimenti nell’alta velocità - Rafforzati i treni regionali
|
|
ROMA Investimenti per 8,5
miliardi di euro per acquisto e revamping, cioè ristrutturazione, dei treni
ad alta velocità e regionali. È quanto prevede il piano di impresa 2007-2011
di Ferrovie. A fronte dei progetti per migliorare le condizioni di viaggio,
Ferrovie ha registrato a gennaio 2008 un miglioramento della sicurezza dei
viaggiatori con una flessione del 37% dei furti fra quelli commessi in
stazione e a bordo dei treni rispetto allo stesso mese del 2007.
INVESTIMENTI. Nel 2008, Ferrovie prevede 768 milioni fra acquisto (377
milioni) di 42 carrozze, 82 locomotori e 12 convogli e 'revamping' (392
milioni) di 350 carrozze, 32 locomotori e 40 convogli. Nel 2007 erano stati
investiti 634 milioni di cui 454 milioni per acquisti e 180 milioni per le
ristrutturazioni. A questi vanno aggiunti 1,620 milioni per i sistemi di
sicurezza sui locomotori. Entro il 2008 saranno attrezzati i restanti 3.728
treni e il sistema Ferrovie sarà il primo al mondo ad essere completamente
automatizzato. Per la lunga percorrenza, il piano industriale prevede due
miliardi di euro. Per l'acquisto di una cinquantina di treni Alta Velocità
la gara dovrebbe partire la prossima estate. Per i «1.000 treni per i
pendolari», il piano prevede un costo totale di 6,5 miliardi. Di questi, il
Tesoro nel luglio scorso aveva indicato che si sarebbe accollato 1,5
miliardi in totale con 230 milioni «in conto impianti» che però non sono
stati contemplati nella Finanziaria. Dunque resta un'incognita.
SICUREZZA. In calo a gennaio 2008 i furti. Sono stati 261 in stazione
rispetto ai 428 del gennaio 2007 (-39%) mentre a bordo treno sono scesi a
387 rispetto ai 598 su base tendenziale. In totale, quindi, si è passati da
1.115 del gennaio del 2007 ai 701 del gennaio scorso (-37%).
|
Acqua pulita e depuratori
nelle isole dalmate: stanziati fondi per 14 milioni di euro - Accordo
ministero del Mare-Demanio idrico |
|
LUSSINPICCOLO Il ministro del
Mare, trasporti e infrastrutture, Bozidar Kalmeta, e il direttore generale
del Demanio idrico croato, Jadranko Husaric, hanno firmato il contratto per
il cofinanziamento dei programmi di costruzione e ristrutturazione della
rete idrica, dei sistemi di scolo e depurazione delle acque di scarico,
nelle isole adriatiche. I programmi riguardano l’anno corrente e prevedono
finanziamenti per 102 milioni di kune, circa 13 milioni e 900 mila euro.
Dopo la firma è stato rilevato come l’amministrazione statale e le sue
istituzioni abbiano fornito un’ulteriore conferma dell’attenzione verso la
regione insulare, dove lo spopolamento degli ultimi decenni ha toccato punte
drammatiche. «La nostra collaborazione con il Demanio idrico croato e con le
autonomie isolane dura da quattro anni – ha dichiarato il ministro Kalmeta –
e finora abbiamo conseguito risultati apprezzabili. Il nostro traguardo è di
assicurare bastevoli quantitativi di acqua potabile a tutte le utenze
isolane, operando nel contempo per avere acque di mare ancora più pulite e
sane. Il tutto, pur di elevare il tenore di vita nelle nostre isole, compito
sicuramente non facile».
Il direttore del Demanio idrico, Husaric, ha precisato che quest’anno 55,6
milioni di kune (circa 7,6 milioni di euro) saranno destinati
all’edificazione o al rifacimento di acquedotti, mentre il resto – circa 6,3
milioni di euro – andranno per la costruzione di depuratori e strutture di
scolo.
Per quanto attiene alle reti idriche, maestranze e macchinari edili
entreranno in azione a Lussino, Premuda, Selve (Silba), Ulbo (Olib), Isola
Lunga (Dugi otok) e Curzola (Korcula). Depuratori e canali di smaltimento
saranno realizzati invece a Draga di San Pietro, Gelsa, Vela Luka, Novalja,
Ugliano, Sabbioncello, Lumbarda, Blatta, Prigradica e nel comune di Kolan,
sull’ isola di Pago.
Tornando a Kalmeta, ha ricordato che dal bilancio statale sono stati attinti
negli ultimi quattro anni 5 miliardi e 300 milioni di kune (726 milioni di
euro) per lo sviluppo dell’economia e delle infrastrutture isolane. «In
questo quadriennio abbiamo approntato 54 porticcioli, migliorando così
sensibilmente i collegamenti tra le isole e la terraferma. Tra una
quindicina di giorni sottoscriveremo inoltre il contratto per la costruzione
e la ristrutturazione di altri 25 scali isolani. Come detto, vogliamo
migliorare le condizioni di vita della popolazione insulare, circa 125 mila
persone presenti su 50 isole».
Nel 2008 i mezzi finanziari per i citati progetti saranno così suddivisi: 9
milioni e 200 mila euro verranno stanziati dal dicastero Kalmeta, 2,2
milioni risulteranno a carico del Demanio idrico nazionale, mentre 2 milioni
e mezzo saranno erogati dai comuni e dalle società municipalizzate.
a. m. |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 23 aprile 2008
Gli operai della Ferriera:
noi crediamo alle analisi - Polemica con i residenti: siamo stufi di sentir
dire che la nostra vita è in pericolo se i test dicono il contrario |
|
Nel
distretto di via Valmaura consegnati gli ultimi risultati degli esami agli
abitanti che restano scettici e pensano a ulteriori prove a proprie spese
Sono stufi, i lavoratori della
Ferriera, di sentirsi dire che la loro vita è in pericolo, quando invece i
dati clinici, le analisi a cui si sono disciplinatamente sottoposti e i
referti stilati dai periti, al momento sembrano dire l’esatto contrario. Per
gli operai, svegliarsi la mattina presto, infilarsi la tuta blu e andare a
sgobbare in cokeria, è già di per sè gravoso.
È, quindi, quasi con fastidio che i lavoratori della Ferriera ieri hanno
reagito alla polemica sollevata dai residenti, i quali in sostanza chiedono
delle controanalisi, non fidandosi completamente dello studio che è stato
condotto dall’Azienda sanitaria su un campione di abitanti del rione. Perchè
agli esami certificati dall’Ass, che allontano per la maggior parte dei
dipendenti l’incubo di una «anomalia», gli operai si aggrappano tenacemente.
«Se non ci possiamo fidare della firma posta da un medico - dicono - di chi
mai ci dovremmo fidare?». «Lo studio - afferma Umberto Salvaneschi delegato
Rsu per Fim-Cisl - è stato condotto in maniera approfondita, spiegando
chiaramente ai lavoratori i dati riscontrati: prima non era mai avvenuto che
dei controlli fossero così precisi e il loro consolidamento, come prassi
comune per il futuro, rappresenta un fattore positivo. Siamo soddisfatti per
come l’Azienda sanitaria e i dottori Patussi e Bovenzi, giunti in fabbrica a
riferire le analisi, hanno esaminato ambienti e operai. Perciò non nutriamo
alcuna preoccupazione sui dati, che provengono da un istituto qualificato:
gli unici timori erano sui ritardi, dettati appunto dalla complessità degli
esami. Domani (oggi, ndr) i medici torneranno in fabbrica per chiarire i
punti di criticità, relativi all’area del piano di carica: auspichiamo che
ciò possa servire a spazzar via ogni ulteriore perplessità».
«Noi siamo tranquilli - spiega Walter Iagodnich, addetto alla regolazione
termica della batteria - ma ci infastidiscono molto le chiacchiere che
provengono da fuori: se esistessero delle prove di un avvelenamento, il
sindaco non chiuderebbe subito la Ferriera? Lo studio è stato vissuto con
grandi paure: adesso che i dati sono pervenuti e sono risultati positivi
bisognerebbe dare un taglio alle polemiche. Per quanto riguarda gli esami
effettuati su di noi (in tempi diversi rispetto a quelli sui residenti, ndr)
gli unici ambiti dove si sono rilevate delle alterazioni, legate a un
assorbimento eccessivo che investe 12 lavoratori, hanno già trovato una
soluzione: l’azienda ha disposto un nuovo tipo di maschera ai carboni attivi
e una turnazione diversa. Certo, se Trieste offrisse altri sbocchi
lavorativi, probabilmente qui ci sarebbe un turn over maggiore, ma non
dimentichiamo che le persone hanno bisogno di lavorare e devono essere messe
nelle condizioni di farlo serenamente. Per contro, c’è stata molta cattiva
pubblicità su questi esami e la cosa non ci fa stare meglio, anzi».
Tra i servolani che si sono sottoposti ai test su sangue e urine continua
intanto a serpeggiare una certa perplessità sui risultati. «Sono contenta di
sapere che sto bene, ma devo ammettere che mi pare strano», osserva Lidia
Flego, una volta ritirata la propria busta bianca al Distretto sanitario di
Valmaura (ieri era l’ultimo giorno utile per farlo, in cinque non si sono
presentati). «Tanta gente si è detta scettica sulla bontà di questi esami
perché evidentemente il laboratorio dove sono stati effettuati non dà
abbastanza fiducia». Nella seconda giornata di ritiro delle risposte, le
persone si sono presentate alla spicciolata, nessuna ressa, niente file. «Di
sicuro questi test non sono validi - dice ancora Rodolfo Berzin -, visto che
sono stati fatti a Brescia, la città della Lucchini. Chiederemo la
ripetizione delle analisi. Nei locali oggigiorno non si può più fumare, però
la Ferriera che inquina un milione di volte più delle sigarette rimane
aperta. Non è possibile».
Per Argeo Stagni «il discorso è molto ampio: gli esami e le analisi sono
quasi sempre esatti, ma a fare la differenza è il modo in cui vengono
interpretati. I rappresentanti della Ferriera - continua - sostengono che
con l’aumento della produzione vi sia stata una diminuzione
dell’inquinamento e che, quindi, più si produce, meno problemi ci saranno
per l’ambiente. Al riguardo, dico solo che i triestini sono sì sempliciotti,
ma non imbecilli: spero che i nodi vengano al pettine». Infine, Edi
Zacchigna aggiunge: «Ricevuti gli esiti, ci confronteremo e valuteremo cosa
fare».
Dall’Azienda sanitaria, intanto, non arriva nessun commento. Il direttore
generale Franco Rotelli sceglie la via del silenzio dopo le polemiche a
distanza con il sindaco Dipiazza.
Tiziana
Carpinelli e Matteo Unterweger |
FERRIERA - Una mozione
provocatoria - Ferrara: «Tutti sani nel rione? Allora basta col centro
chiuso» |
|
Sull’onda delle novità che
accadono attorno alla Ferriera c’è anche chi afferra l’occasione per una
proposta provocatoria. È il capogruppo della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara
che ha presentato ieri in Comune una mozione urgente con la quale chiede che
sindaco e giunta intervengano con la nuova amministrazione regionale
«affinché siano immediatamente abrogate tutte le norme che, per motivi di
salute pubblica, obbligano le amministrazioni comunali al blocco del
traffico veicolare in caso di sforamento dei livelli consentiti di Pm10».
Da dove nasce e perché questa richiesta-protesta che in realtà ha poche basi
operative poiché il blocco del traffico nelle città in presenza di ripetuti
sforamenti dei limiti di polveri sottili dipende da leggi nazionali e non
regionali?
Ferrara si dichiara in questo modo semplicemente scettico sui risultati
delle analisi sanitarie condotte sui lavoratori della cokeria e sui
cittadini del quartiere di Servola (in entrambi i casi il verdetto
dell’Azienda sanitaria ha escluso, e specialmente per i cittadini,
situazioni di rischio conclamato). «Considerati - scrive infatti nella
premessa - i recenti test clinici condotti dall’Ass triestina su un campione
di residenti del rione di Servola e di lavoratori della Ferriera; visti i
sorprendenti risultati comunicati nonostante l’elevatissimo livello di
polveri sottili da sempre rilevato in quella zona; considerato che tale
inquinamento, secondo questi test, non avrebbe prodotto nel corso di
moltissimi anni alcun danno alla salute; considerato che i livelli di
polveri sottili mediamente rilevati nelle altre zone della città e
sicuramente prodotti dal traffico veicolare risultano inferiori a quelli
della zona di Servola, si impegna - appunto - sindaco e giunta comunale a
intervenire presso il nuovo governo della Regione affinché siano abrogate
tutte le norme che per motivi di salute pubblica obbligano al blocco del
traffico veicolare...». |
PROVINCIA - Terrazzamenti e
sentieri lungo il costone carsico Sì al progetto di ripristino - Il
parlamentino approva l’iniziativa |
|
L’obiettivo
del disegno promosso dalla Provincia è quello di recuperare l’attività
agricola valorizzando il territorio
TRIESTE Con parere unanime la
circoscrizione di Altipiano Ovest ha dato il proprio assenso al progetto
della Provincia che prevede la riqualificazione delle campagne sottostanti
il costone carsico. Il progetto - denominato «Riassetto ambientale,
sistemazione fondiaria e bonifica del costone carsico nei comuni censuari di
Duino Aurisina, Contovello, Prosecco e Santa Croce in Comune di Trieste» –
si pone quale obiettivo il recupero dell’attività agricola nelle campagne
sottostanti il costone o ciglione carsico. Si tratte delle aree rurali della
provincia triestina che per esposizione, caratteristiche del suolo e clima
risultano da sempre le più vocate alla pratica agricola.
Abbandonati progressivamente dal secondo dopoguerra in avanti,
caratterizzatI da un’assoluta mancanza di servizi e di infrastrutture,
parcellizzati in modo esteso, questi terreni rappresentano pur sempre un
capitale naturale e paesaggistico che merita sicuramente di essere
recuperato e valorizzato. Il progetto di riassetto ambientale, che ha il
pregio di porsi in linea con le aspettative e la politica di valorizzazione
dei territori promossa da tempo in ambito comunitario, è stato predisposto
dal Consorzio di bonifica della pianura isontina, al quale Palazzo Galatti
ha affidato la realizzazione e la cura di progetti inerenti opere di
infrastrutturazione agricola nel comprensorio triestino.
Le opere previste dal progetto riguardano in particolare il ripristino dei
terrazzamenti del costone carsico a monte della strada Costiera, il
ripristino delle stradine e dei sentieri interpoderali, la messa a punto di
un servizio di irrigazione al servizio dei singoli proprietari. Per
l’approvazione dell’ambizioso progetto che potrebbe contribuire a
un’ulteriore crescita di un settore primario triestino inevitabilmente
limitato per le quantità ma di assoluto pregio qualitativo, la Provincia ha
trasmesso al Comune il progetto per la necessaria variante al piano
regolatore e l’avvio agli espropri necessari. Tra i passaggi burocratici
necessari, anche quello nei consigli decentrati, per l’espressione di un
parere consultivo.
«Va da sé – puntualizza il presidente di Altipiano Ovest Bruno Rupel – che
il nostro parlamentino risulti il più interessato al progetto di recupero e
valorizzazione, visto che le campagne del costone sono sottostanti le
frazioni comprese nel territorio di nostra competenza. L’azione si
caratterizza positivamente a più livelli: recupero dell’agricoltura,
valorizzazione ambientale e paesaggistica, realizzazione di nuove
infrastrutture. Voglio anche sottolineare – aggiunge Rupel – come il
riassetto dei percorsi interpoderali e la messa a punto della rete idrica
permetteranno pure di poter intervenire nelle campagne in caso di incendio o
altre calamità. Cosa attualmente impossibile in molti punti del ciglione a
causa dell’inselvaticamento delle campagne».
m.l. |
Giornata della Terra, il
pianeta è in affanno -
Le cifre dicono che il peso dell’impatto dell’uomo tra il
1961 e il 2003 è più che triplicato |
|
La sfida del
Wwf: un taglio del 30% delle emissioni entro il 2020 in Italia. Emergenza
cibo: per l’Onu uno «tsunami silenzioso»
ROMA Un pianeta in affanno dove
la popolazione umana entro il 2050 dovrebbe raggiungere un ritmo di consumo
pari a due volte la capacità della Terra mentre il peso dell'impatto-umano
sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il 2003.
Così si presenta il nostro globo al suo Earth day che si festeggia il 22
aprile di ogni anno che quest'anno ha generato una cifra intorno ai 4.000
eventi a livello internazionale.
A tenere le fila della manifestazione l'Earth Day Network, la rete fondata
quasi 40 anni fa da Gaylord Nelson, senatore democratico del Wisconsin e
organizzatore della prima grande manifestazione per la Terra, che risale al
22 aprile 1970.
La fotografia dello stato del Pianeta è del Wwf che lancia una nuova sfida
con la Campagna Generazione Clima: un taglio del 30% delle emissioni entro
il 2020 in Italia come nel resto d' Europa. L'obiettivo concorrerebbe alla
salvaguardia del 20-30% delle specie che sono a rischio di estinzione a
causa del cambiamento climatico e alla riduzione degli impatti sull'uomo.
«Siamo - ha dichiarato Michele Candotti, direttore generale del Wwf Italia -
in un debito ecologico estremamente preoccupante. Consumiamo risorse più
velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di quanto la
Terra sia capace di metabolizzare i nostri scarti. È tempo di assumere
scelte radicali sul mutamento dei nostri modelli di produzione e consumo».
Sono in molti a sottolineare, nella giornata della Terra, come la situazione
sia peggiorata come l'Ente per la protezione animali (Enpa): «I governi del
mondo non hanno fatto nulla o quasi, per uscire dalla civiltà del petroli e
poco si è fatto anche nella difesa di interi habitat». Inoltre, ha aggiunto
l' Enpa, «dal 1970 le parti di anidride carbonica nell'aria sono aumentate
da 325 a 384, il consumo di petrolio è cresciuto in maniera esponenziale e
la produzione dei biocombustibili ha notevolmente alterato il mercato dei
prodotti agricoli».
Ma una giornata non basta, secondo la verde Grazia Francescato che richiama
a più impegno da parte di tutti per gli altri 364 giorni dell'anno. Per il
Pd, Ermete Realacci sprona l'Italia a fare per non rimanere il fanalino di
coda dell'Europa mentre per Roberto Della Seta, bisogna saper dire sì alla
modernità.
Nel Pdl dice no all'ambiente contro lo sviluppo Benedetto Della Vedova
mentre per Giorgia Meloni l'Earth day è l'occasione per il centrodestra di
offrire una sua diversa lettura delle questioni ambientali.
Sul fronte delle azioni, le Ferrovie dello Stato hanno calcolato che, a
partire dal 2010, grazie al treno, diminuiranno di oltre due milioni e mezzo
di tonnellate l'anno le emissioni inquinanti in Italia e del 40% nelle
grandi città mentre la Confederazione italiana agricoltori rilancia il
decalogo per una agricoltura sostenibile.
Degno di nota, infine l'intervento del magnate americano, George Soros, che
invita a calcolare cambiamento climatico e sviluppo sostenibile negli
investimenti.
Nel capitolo sensibilizzazione, la Diseny ha annunciato invece sette film
sulla tutela dell'ambiente mentre il motore di ricerca Google in onore della
terra ha cambiato i caratteri di scrittura del suo marchio usando una
grafica fatta di ruscelli, montagne, pietre e alberi.
intanto un pacchetto aiuti da quasi 600 milioni di euro e un cambio di rotta
radicale, in sede europea, delle politiche sui bio-carburanti. È questa la
ricetta del primo ministro britannico Gordon Brown per combattere
l'emergenza-cibo scaturita, a livello globale, dall'aumento generalizzato
dei generi alimentari, un'emergenza che le Nazioni Unite hanno definito uno
«tsunami silenzioso» che minaccia di far precipitare nella fame oltre 100
milioni di persone sul pianeta. La Gran Bretagna scende dunque in campo
cercando di coinvolgere la comunità internazionale per trovare una soluzione
condivisa. |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 22 aprile 2008
I servolani: «Faremo le
controanalisi» - Chi vive vicino alla Ferriera mette sotto accusa i
risultati considerati nella norma |
|
È cominciata
nel distretto sanitario di Valmaura la distribuzione dei verdetti sui
prelievi del sangue e delle urine
La loro rabbia è esplosa ieri
pomeriggio nella sede del distretto sanitario di Valmaura, dove gli abitanti
hanno ricevuto uno a uno i risultati dei test clinici. E le critiche rivolte
ai «controlli falsati» hanno finito quasi per prevalere sul sollievo legato
alla consapevolezza di non avere valori fuori norma.
«Secondo i medici i miei esami sono tutti in ordine, ma io non sono per
niente convinta - sbotta un’anziana uscendo dalla saletta in cui stazionano
due medici del Dipartimento di prevenzione -. Io ho lavorato per 35 anni
nella sanità e un po’ di queste cose me intendo. So, per esempio, che una
persona normale non dovrebbe avere nel sangue neanche un grammo di certi
metalli, a meno che non lavori o non mangi dentro la Ferriera. Penso proprio
che quest’operazione non sia stata fatta bene».
Un dubbio, quest’ultimo, alimentato anche da una coincidenza letta da molti
servolani come decisamente strana. «Pensi che combinazione - osserva
Giancarlo -. Dove hanno eseguito le analisi dei nostri prelievi? A Brescia
(nel laboratorio Igiene e tossicologia industriale dell’Azienda ospedaliera
del capoluogo lombardo ndr). E di dov’è la Lucchini? Guarda caso proprio di
Brescia. Non le sembra singolare che abbiano fatto fare gli accertamenti
proprio nel ”regno” dei padroni della Ferriera e non invece a Udine, a
Padova o magari in Slovenia? È chiaro che c’è qualcosa sotto».
Ma l’elenco dei particolari ritenuti «perlomeno sospetti» in questa vicenda
è ben più lungo. «Perché - domanda un gruppetto di residenti di via Pitacco
- i risultati dei nostri esami sono arrivati dopo poche settimane mentre
quelli dei lavoratori sono rimasti nel cassetto per più di quattro mesi?
C’era forse qualcosa da nascondere? E poi perchè le conclusioni dello studio
sono state comunicate alla stampa prima ancora che ai diretti interessati?».
«Adesso parlano di comparazioni tra i valori di Servola e quelli di altre
zone della città - aggiunge Paolo -. Ma il confronto va fatto
contemporaneamente. Eseguire i prelievi successivi a distanza di due-tre
mesi rischia di produrre risultati del tutto falsati».
C’è poi chi scende ancora più nel tecnico, criticando il tipo di analisi
eseguite dall’Ass. «Per accertare la presenza di metalli pesanti e
indicatori di idrocarburi il test più attendibile è quello dell’epidermide -
commenta Cristian Svagely -. L’avevamo richiesto all’Azienda, ma ci è stato
negato forse perché particolarmente complesso e costoso. Sono stati
autorizzati invece gli esami del sangue e delle urine, che però possono
fornire soltanto dati parziali». «Queste rilevazioni sono nulle e
irrilevanti - gli fa eco Livio, uno dei residenti più agguerriti -. Per
avere risultati realmente indicativi del grado di esposizione agli
inquinanti si sarebbero dovuti fare dei prelievi sui reni, sui depositi di
grasso; o, soluzione ancora più efficace, un’analisi del capello. Purtroppo
però quest’ultimo esame in Italia non è considerato un test scientificamente
valido». «Io l’analisi del capello l’ho fatta - interviene Tiziana -. Me
l’ha consigliata il medico per via di alcuni problemi alla pelle, a suo
giudizio riconducibili proprio a un’intossicazione da metalli. Quel test ha
effettivamente evidenziato alcuni valori fuori norma mentre, dalle analisi
dell’Azienda sanitaria, risulta tutto perfettamente in ordine. Non so quindi
cosa pensare, ma ho il sospetto che queste ultime prove siano state fatte un
po’ all’acqua di rose».
Di qui la scelta di molti servolani di ricorrere a delle controanalisi.
Alcuni hanno già contattato un laboratorio di Padova. Altri invece,
propendono per la Slovenia e stanno per stringere accordi per affidarsi a
specialisti di Lubiana o di Celje. |
«Dicono che sto bene eppure
non ci credo» - Al sollievo per gli esiti dei test si affiancano ironia e
scetticismo dei residenti |
|
I commenti
degli abitanti del rione all’uscita dall’incontro con il medico. «Mi sento
sollevato però...» |
«Speriamo
bene ma non si può andare avanti con questa angoscia: venderemo la nostra
casa». «Seguo una cura disintossicante da metalli pesanti» |
C’è chi ci scherza su e chi
ammette di aver vissuto con un po’ d’ansia il momento della lettura dei
risultati delle analisi. Perché, confessano anche i servolani più
battaglieri, quelli che poco prima di entrare nella saletta con i medici
sostenevano di non dar peso ad esami così inattendibili, «speri, comunque,
che sia sempre tutto a posto».
«Sia io che mia moglie abbiamo valori perfettamente nella norma. Sa cosa
significa questo? - domanda ironicamente Giuseppe Zucca -. Che evidentemente
a Servola si vive benissimo. Vuol dire che molti triestini inizieranno a
vendere le loro villette a Opicina e si trasferiranno vicino alla Ferriera».
Non ha voglia di fare dell’ironia invece Manuela Villio, che vive in via
Ponticello assieme a tre figli piccoli. «Hanno trovato il livello di
manganese un po’ alto - spiega -. Forse dipende dal farmaco che sto
prendendo. I medici mi hanno detto comunque che si informeranno e mi faranno
sapere. Qualche anomalia c’è anche nei valori del mio compagno. Gli hanno
riscontrato un’esposizione al fumo elevata, nonostante lui abbia abbandonato
le sigarette tanto tempo fa e lavori in un ambiente tranquillo come il
Silos. Speriamo bene. In ogni caso abbiamo già messo in vendita la nostra
casa. Non si può continuare a vivere nell’angoscia».
«Sono molto sollevato - racconta Fabio Farfoglia -. I miei valori sono nella
media. Purtroppo questo non elimina i distrurbi di cui soffro: tosse,
catarro, irritazioni alla gola e continui abbassamenti di voce. Continuo a
essere convinto che dipendano dalla vicinanza della Ferriera. In ogni caso
sono contento di questi risultati».
Esiti di segno diverso per Alessandro e Milena, giovani sposi residenti in
via Pitacco. «Io sono a posto mentre a mia moglie sono state rilevate
alterazioni nei livelli di cadmio e manganese - spiega Alessandro -. La
spiegazione, tuttavia, è semplice. Io, da un po’ di tempo, faccio una cura
disintossicante da metalli pesanti, che mia moglie invece non segue». «Hanno
detto tuttavia che non mi devo preoccupare, ma vai a sapere se ti puoi
fidare - aggiunge Milena -. Un successo, in ogni caso, l’abbiamo ottenuto.
Fino a poco tempo fa i cittadini interessati a sottoporsi ad accertamenti
sui metalli pesanti dovevano andare fino a Udine. Ora, invece, possono
eseguire quelle analisi anche a Trieste».
«Io i prelievi li ho fatti più che altro per curiosità - spiega Olivio Sau
-. Vivo in via San Lorenzo in Selva solo da una decina d’anni e trascorro
l’intera giornata fuori casa per lavoro. A Servola, in pratica, passo solo
le notti e volevo capire a che rischi sono esposto, visto che di notte la
Ferriera scarica più che di giorno. I miei valori in ogni caso sono buoni.
Questo non significa però che sia tutto a posto. Bisogna essere molto
ingenui per crederlo».
Manganese «mosso», cioè sopra i valori medi, per un’altra residente. «I
medici mi hanno spiegato che molte donne del campione analizzato presentano
alterazioni nei livelli di questo metallo - commenta, allontanandosi dal
distretto -. Probabilmente perché le donne, che passando molto tempo sul
balcone o in giardino, sono le più esposte all’inquinamento della Ferriera.
Alla fine, però, non sono convinta. Credo che farò le controanalisi a
Padova».
m.r. |
Rotelli: i politici lascino
lavorare noi tecnici - Il direttore dell’Ass a Dipiazza: è scorretto
applaudire solo quando i dati sono negativi |
|
Replica al
primo cittadino che aveva insinuato che le analisi fossero falsate: «Quando
abbiamo i risultati li divulghiamo»
«Il sindaco non può plaudire
quando l’Azienda sanitaria diffonde risultati negativi sulla Ferriera di
Servola e fischiare quando invece i risultati non sono preoccupanti. I
politici facciano il loro mestiere e lascino a noi tecnici di fare il
nostro».
Breve ma secco e inequivocabile: il direttore generale dell’Azienda
sanitaria Franco Rotelli risponde al sindaco Dipiazza che di fronte
all’esito delle analisi di sangue e urine effettuate su un campione
volontario di cittadini da cui sono stati riscontrati valori praticamente
normali nelle concentrazioni di metalli e benzoapirene ha reagito con
fastidio: «Sono stanco di questa faccenda, è da anni che si tenta in ogni
modo di non guardare in faccia la realtà: vogliono farmi credere che vivere
a Servola o a Grignano sia la stessa cosa?».
Insinuando senza dirlo apertamente che le analisi siano falsate o comunque
non corrispondenti allo stato di fatto, e parlando comunque di «aria
irrespirabile» mentre i controlli riguardavano l’assorbimento di sostanze
nei liquidi biologici, Dipiazza ha fatto inalberare Rotelli. «L’Azienda
sanitaria - afferma - si attiene ai dati, cerca dati attendibili, si sforza
di individuare questa attendibilità, ha la più seria tensione al
comportamento scientifico, e quando ha i risultati in mano li mette a
disposizione, che siano di segno negativo o positivo, impregiudicato
comunque - precisa Rotelli - il diritto del sindaco di agire nel senso che
ritiene opportuno».
Ma in sostanza «non è corretto - ribadisce il direttore - plaudire se le
nostre analisi supportano una certa tesi e protestare se i dati non
combaciano con essa, e se l’aria a Servola è irrespirabile questo nulla ha a
che vedere con la presenza di metalli nel sangue».
Il dialogo pubblico Dipiazza-Rotelli sulla Ferriera ha avuto lo scorso
autunno il suo momento più acceso. Infatti le analisi dell’aria trasmesse
dall’Arpa nei mesi precedenti erano state così negative per la presenza di
sostanze cancerogene ad altissima concentrazione da spingere Franco Rotelli
a reiterati, ufficiali avvertimenti al sindaco, nelle sue vesti di
responsabile della salute pubblica: «C’è rischio per la popolazione». Dopo
il terzo messaggio e la terza conseguente ordinanza emessa da Dipiazza e
respinta dalla Lucchini, il sindaco era esploso pubblicamente con la tesi
che non ha più abbandonato: «Chiudo la Ferriera, è Rotelli che me lo dice,
ho in mano le numerose lettere di Rotelli che ammonisce sul rischio per la
salute dei cittadini e che non posso ignorare».
Ma quando l’Azienda sanitaria ha diffuso il risultato sull’assorbimento o
meno di metalli e benzoapirene da parte dei cittadini, non è stato un
sollievo constatare che i livelli non sono preoccupanti per la salute, anzi
Dipiazza ha detto esplicitamente: «Spero vivamente che prima o poi la verità
venga a galla». Sottolineando anche che «adesso è cambiato il colore
dell’amministrazione regionale e le coperture politiche non ci saranno più».
Gabriella Ziani |
Per la Lucchini «risultati
incoraggianti» e disponibilità a estendere i controlli medici non solo nella
cokeria - L’azienda: «Esami su tutti i dipendenti» |
|
Progetto da
due milioni e mezzo di euro per migliorare la vita nello stabilimento -
Ribadito l’impegno per investire nel risanamento ambientale |
Accoglie i risultati delle
analisi che definisce «incoraggianti» con la promessa di «massimo impegno a
continuare il processo di innovazione intrapreso dal alcuni mesi».
Così la Lucchini spa commenta l’esito delle analisi sui 68 cittadini appena
comunicati dall’Azienda sanitaria. Già nei giorni scorsi l’azienda aveva
commentato positivamente i riscontri da un’altra serie di controlli medici,
quelli effettuati - sempre dal Dipartimento di prevenzione - su 50 operai
della cokeria.
Il punto di riferimento, dice la Lucchini, è il «vasto programma di
intervento richiesto dall’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata
dalla Regione». Ma c’è anche la ribadita disponibilità «a proseguire con
l’indagine sugli altri operatori della cokeria e su tutti i dipendenti (545
persone) ripetendo periodicamente gli stessi controlli».
Passato dunque il tempo in cui l’azienda rigettava al mittente le ufficiali
sollecitazioni del sindaco a migliorare le condizioni ambientali. E se anche
Dipiazza resta fermo - appoggiato ora dalle opinioni espresse per ora in
campagna elettorale dal neogovernatore Renzo Tondo - nell’intento di
chiudere la fabbrica, la Lucchini risponde elencando gli impegni
sottoscritti in Regione: «Adeguamento del funzionamento degli impianti di
cokeria, migliori tecniche disponibili per la produzione della ghisa con
importanti interventi nel rispetto dei limiti e delle prescrizioni, con un
piano di monitoraggio efficiente ed efficace».
Entro il 2008 sono annunciati «interventi per 4 milioni di euro, mentre sono
pianificati ulteriori investimenti - dice la nota diramata ieri dall’azienda
- per oltre 7 milioni di euro, i precisi obblighi sanciti dalla normativa
regionale rappresentano una tutela nei confronti dell’ambiente e della
salute della cittadinanza».
Sottolineando come ormai l’impianto di agglomerazione abbia «le migliori
tecnologie di abbattimento delle emissioni di diossina oggi disponibili, con
valori attualmente di quattro volte inferiori ai limiti imposti dalla
Regione, che comunque sono tra i più restrittivi d’Italia», la Lucchini
annuncia ora «processi di automazione delle macchine per facilitare le
operazioni di caricamento e quindi diminuire i tempi di esposizione, e un
piano sull’aspetto comportamentale e operativo affinché tutti i lavoratori
siano informati e formati».
Si procederà dunque fra questo e il prossimo anno all’avvicendamento dei due
altoforni «per poter attuare una serie di interventi di manutenzione
straordinaria». Entro il 2009 sarà avviato un processo di «automazione delle
macchine del reparto cokeria», «verranno ripavimentati i piazzali interni
dello stabilimento, sostituiti gli impianti di trattamento delle acque, ci
sarà la realizzazione di una serie di interventi edili di riqualificazione e
la messa in opera di una terza gru di banchina al terminal rinfuse».
Traguardo 2010, invece, per il piano triennale di recupero degli scarti di
lavorazione e smaltimento rifiuti per un valore complessivo - dice sempre la
Lucchini - di 6 milioni di euro».
Infine, la Lucchini inserisce fra le azioni di modifica e miglioramento
dell’ambiente anche progetti «per sostenere la crescita aziendale attraverso
il supporto di collaboratori motivati e soddisfatti» e dunque annuncia come
in fase di avvio «il progetto ’’Qualità ambiente di lavoro’’ (del valore di
2 milioni e 500 mila euro) che nel corso dei prossimi 18 mesi consentirà
all’azienda di migliorare la vivibilità negli spazi comuni e negli ambienti
sociali e di lavoro dello stabilimento di Servola». |
FERRIERA - Gli operai: la
proprietà provveda al lavaggio delle tute da lavoro |
|
«Il lavaggio delle tute e degli
altri indumenti da lavoro dev’essere a carico dell’azienda». È la richiesta
portata avanti da un gruppo di operai della Ferriera e ora approdata in
Tribunale. I lavoratori infatti si sono rivolti al Giudice del lavoro.
L’udienza è il 12 giugno. |
FERRIERA - Sondaggio in Rete:
i triestini divisi tra chiusura e difesa dell’occupazione |
|
I risultati delle analisi
cliniche sui residenti del rione di Servola e i responsi dei controlli
effettuati sui lavoratori della cokeria continuano ad alimentare il
dibattito, tanto in città quanto tra i frequentatori della rete.
Numerosi, e di diverso tenore, i commenti lasciati anche ieri dai lettori
sul sito internet del Piccolo www.ilpiccolo.it.
Un’indicazione che testimonia l’attenzione sul futuro dello stabilimento
siderurgico, e conferma le distanze tra chi sostiene a gran voce la
necessità di chiuderlo e chi, invece, si dice favorevole al proseguimento
dell’attività, purchè accompagnato da seri interventi ambientali.
«Sono passato in moto in superstrada, tre giorni fa, erano le due di
pomeriggio - scrive blakomar -. All'altezza della Ferriera, ho
sentito sulla pelle della faccia come della sabbiata pungente!!! Avevo il
casco jet e andavo ad ottanta chilometri all'ora. Fate un po’ voi, non c'era
vento né nient’altro. La sabbiata mi pungeva il viso. Mai visto una cosa del
genere. La Ferriera, per me, bisogna chiuderla e basta».
«Cominciano a pervenire i primi risultati degli esami fatti ai servolani da
parte dell'Ass e la situazione non sembra cosi drammatica - si legge nel
commento di frankele1 -. Lo stabilimento è stato giudicato
relativamente più pulito rispetto ad altri impianti. E allora perché una
parte politica continua a fare propaganda per la chiusura a tutti i costi
quasi al punto di seminare allarmismo e panico fra i residenti? Perché non
si vogligono favorire ulteriori interventi strutturali a favore
dell'ambiente da parte della proprietà. Perchè, invece, l'imperativo sembra
invece essere quello di chiudere prima che questi interventi avvengano per
davvero e diano buoni risultati? Cosa c'è dietro a tutto questo?» |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 21 aprile 2008
Prelievi ai
servolani: «Valori nella norma» - Test dell’Azienda sanitaria su 68
residenti, nessuna concentrazione significativa di metalli nel sangue |
|
I risultati
delle analisi condotte in un laboratorio di Brescia per verificare la
presenza di cadmio, piombo e manganese eventualmente correlata ai fumi della
Ferriera
Nessuno sforamento
significativo nei valori di metalli pesanti nel sangue e di metaboliti di
idrocarburi nelle urine. Nessun dato quindi che, per il momento, attesti nei
servolani «un’importante esposizione a inquinanti ambientali» provocata
dalla vicinanza della Ferriera.
Sono le indicazioni emerse dai risultati delle analisi cliniche effettuate
nel marzo scorso dall’Azienda sanitaria su un campione di 68 residenti.
Analisi chieste a gran voce proprio dagli abitanti di Servola, decisi a
dimostrare la pericolosità dello stabilimento e ad accertare la correlazione
diretta tra l’attività siderurgica e i tanti problemi di salute accusati da
parte della popolazione. Ma il verdetto degli esami non si è affatto
rivelato in linea con le aspettative dei residenti. Al contrario, ha finito
per evidenziare parametri ampiamente nella media. «I dati - afferma senza
giri di parole il direttore generale dell’Azienda, Franco Rotelli - sono
sostanzialmente rassicuranti ed escludono allarmi».
Lo studio, condotto dal Dipartimento di prevenzione dell’Ass in
collaborazione con la Medicina del lavoro dell’Università e la cattedra
d’Igiene ed epidemiologia di Udine, si è concentrato sulla presenza nel
sangue di cadmio, piombo e manganese. Nel caso del primo metallo, tutti i
residenti analizzati hanno riportato «livelli compresi nel range della
normalità». Per quanto riguarda il piombo, soltanto un cittadino ha mostrato
valori ematici leggermente alterati: 10,1 microgrammi per litro a fronte di
un valore normale compreso tra 0.50 e 10. Quest’unico sforamento, precisa
l’Azienda, va peraltro interpretato come valore «border line», ma senza
significato patologico o di elevata esposizione di gruppo, dal momento che i
livelli di tutti gli altri componenti del campione sono apparsi nella norma.
Più complessa l’interpretazione dei dati relativi alla presenza di manganese
nel sangue. Il 32% del campione (22 persone su 68) presenta infatti delle
alterazioni. Alterazioni comunque di lieve entità, tanto che il valore medio
di concentrazione di manganese appare ugualmente nei limiti della norma. E
non si può stabilire, al momento, se gli aumenti dipendano da fonti di
inquinamento industriale. Sulle alterazioni, infatti, potrebbe aver pesato
anche il traffico, una dieta ricca di questo metallo, alcuni farmaci,
eventuali integratori o la composizione dell’acqua potabile. In ogni caso,
rassicurano gli esperti, le alterazioni rilevate non sono in grado di
causare danni alla popolazione.
Sul fronte degli idrocarburi policiclici aromatici, infine, soltanto tre
servolani hanno presentato delle alterazioni lievi nei livelli di
idrossipirene urinario (un metabolita, cioè un «segnalatore» del
benzoapirene ndr). Complessivamente il valore medio è risultato nei limiti
della norma, pari a 0,20 microgrammi per grammo di creatinina, tanto da
«poter escludere un’importante esposizione ambientale» nella popolazione
esaminata.
I risultati dei prelievi, eseguiti al Maggiore e analizzati poi in un
laboratorio di Brescia, saranno illustrati oggi e domani ai servolani nelle
sedi del Distretto 3 dell’Ass in via Valmaura e via Puccini. A breve,
inoltre, gli esiti verranno confrontati con quelli raccolti tra i residenti
di altre aree della città, in modo da ottenere una valutazione di contesto
più esaustiva e completa.
In attesa del confronto, comunque, i servolani possono stare tranquilli.
«Dallo studio emergono dati rassicuranti - commenta Franco Rotelli -. Dati
che si riferiscono a un esame puntuale richiesto dalla popolazione su una
questione altrettanto puntuale: accertare la presenza di metalli pesanti e
idrossipirene urinario. E su questo punto specifico i risultati non sono né
preoccupanti né allarmanti. Come nostra abitudine, comunque, non ci
fermeremo qui, ma continueremo il lavoro allargando le analisi».
Maddalena Rebecca |
Il sindaco: «Esistono
coperture politiche sui danni ambientali» |
|
«Sono stanco di questa faccenda.
È da anni che si tenta in ogni modo di non guardare in faccia la realtà. Ma
vogliono farmi credere che vivere a Servola o a Grignano sia la stessa cosa?
Per rendersi conto dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera basta andarci
vicino per un paio d’ore». Il sindaco Roberto Dipiazza commenta così l’esito
dei risultati dei test clinici realizzati dall’Azienda per i servizi
sanitari il 10 e 20 marzo scorsi, su 68 residenti di Servola.
L’obiettivo delle analisi era quello di valutare i livelli di sostanze come
cadmio, piombo e manganese nel sangue e di metaboliti di idrocarburi
policiclici nelle urine. Sostanze che, come riportato nel testo diffuso
dall’Ass triestina, non sarebbero presenti in maniera «preoccupante» nel
sangue e nelle urine dei soggetti analizzati, «non essendo in grado di
causare quindi alcun danno alla popolazione».
Risultati che, a quanto pare, non sembrano stupire più di tanto il sindaco
Dipiazza: «Ormai ci sono abituato: è una vita che esistono coperture
politiche sui danni ambientali e alla salute prodotti dallo stabilimento
siderurgico. A me basta andare lì per capire che intorno alla Ferriera
spesso non si riesce nemmeno a respirare. L’ho provato io stesso e vorrei
che tutti tastassero con mano il problema prima di parlare. Spero vivamente
che prima o poi la verità venga a galla. Almeno adesso che è cambiato il
colore dell’amministrazione regionale, le coperture politiche non ci saranno
più».
Anche Maurizio Ferrara, capogruppo della lista civica Dipiazza, affrontando
il nodo Ferriera («una problematica che necessita una soluzione definitiva»)
sottolinea il ruolo della Regione, alla luce dei cambiamenti di casacca
avvenuti con le recenti elezioni. «Il compito di risolvere il problema
spetterà decisamente alla Regione - spiega Ferrara in una nota - che dovrà
subito riprendersi alcune competenze assegnate, per comodità, dalla giunta
Illy alla Provincia. Il governo regionale è passato al centrodestra e tutti
i consiglieri eletti si sono espressi pubblicamente per la chiusura dello
stabilimento e per la salvaguardia occupazionale, grazie al sostegno del
governo nazionale. È arrivato il momento di agire. Basta parlare».
Sull’argomento interviene anche Ester Pacor, non solo una politica di lunga
data nelle amministrazioni comunali e provinciali triestine, ma anche
residente da trent’anni a Servola: «Sulla Ferriera - scrive in una nota - ci
sono stati sempre solo rimpalli di responsabilità, coperture, rinvii,
nonostante le polveri e i fumi, visibili a tutti. E ora di smetterla: che le
istituzioni diano risposte chiare».
e.c. |
Belci: «Dagli abitanti
risposte di buon senso» |
|
«Gli abitanti di Servola hanno
fornito la miglior risposta alla boutade del sindaco sull’evacuazione del
rione aldilà delle singole opinioni, divise tra chi vuole la chiusura dello
stabilimento e chi, più sensibile al problema occupazione, chiede strumenti
di contenimento delle emissioni nocive». Lo sostiene Franco Belci,
segretario Cgil. «Non ci siamo mai sottratti a confronti con abitanti e
associazioni», scrive Belci, «ci sarà riconosciuto di aver esposto la nostra
posizione con chiarezza. Minor chiarezza e senso di responsabilità hanno
dimostrato sindaco e neo-presidente della Regione. Ma individuino una sede
in cui siano chiamati a discutere i soggetti interessati».
L’azienda, prosegue Belci, ha detto «da tempo che nel 2015 lo stabilimento
non sarà più redditizio. Si vuol chiudere prima? Non saremo noi a opporci.
Ma i lavoratori hanno diritto alla massima chiarezza dalle istituzioni.
Serve un piano industriale in cui l’azienda spieghi come intende articolare
il suo impegno sul territorio da oggi alla chiusura. Serve l’iniziativa
coordinata di Comune, Provincia e Regione per mettere in campo con progetti
e tempi iniziative industriali capaci di assorbire eventuale eccedenza di
mano d’opera. Non abbiamo pregiudiziali - chiude Belci - tranne due:
garantire occupazione e stabilità di reddito ai lavoratori e non prenderli
in giro, assieme agli abitanti del rione». |
Operai, superato solo il
valore medio della creatinina |
|
I dati che l’Azienda sanitaria
metterà a disposizione dei servolani arrivano appena un paio di giorni dopo
i risultati dei test effettuati sui lavoratori della Ferriera: i 51
dipendenti della cokeria che lo scorso novembre si erano sottoposti al test
delle urine. Queste analisi, condotte dal Dipartimento di prevenzione con
l’Istituto di medicina del lavoro e il Cnr, avevano evidenziato come i
lavoratori della cokeria fossero mediamente esposti a benzene e benzoapirene
in proporzioni da tre a sei volte superiori rispetto alla media. Lo studio
però, ha precisato l’Azienda sanitaria, non ha prodotto risultati allarmanti
per i lavoratori. A oggi infatti non esiste un limite normativo e tecnico
indicato per l’esposizione professionale, ma soltanto un riferimento di 0,7
microgrammi per grammo di creatinina (metabolita che evidenzia
l’assorbimento di idrocarburi) che corrisponde al valore medio riscontrato
nella popolazione italiana. Il superamento dei valori medi non corrisponde
automaticamente a un aumento dei rischi per la salute. |
Volontari puliscono il Carso,
individuate 30 mini-discariche - Intervento coordinato da Forestale e Comune
di Sgonico |
|
Divani sfondati, vecchi sci,
lavatrici e cucine economiche ormai inutilizzabili. E poi calcinacci,
lamiere, lavandini, carcasse di motorini. Hanno recuperato rifiuti di ogni
genere i volontari impegnati sabato mattina nell’operazione di pulizia del
Carso, coordinata dagli uomini della stazione della Forestale di Duino e dai
tecnici del Comune di Sgonico.
Una «spedizione» curata nei minimi dettagli e preceduta da numerosi
sopralluoghi, finalizzati ad individuare le aree boschive trasformate in
discariche abusive per effetto della maleducazione di tanti. Un lavoro
preparatorio che ha permesso di intercettare una trentina di rilasci, sparsi
tra Gabrovizza, Rupinpiccolo, la zona della grotta dell’Orso, l’area del
monte Lanaro e quella attorno ai campi da baseball dell’altipiano.
«Armati» di guanti e grossi sacchi di plastica nera, venti volontari della
squadra antincendio della stazione di Sgonico si sono dati appuntamento alle
8 di mattina davanti al Municipio del Comune carsico. Da lì, a bordo di
camion e pick-up messi a disposizione per l’occasione, hanno raggiunto i
punti interessati dalla presenza di rifiuti e hanno dato il via alle
operazioni di pulizia. A dar loro man forte, e non solo in senso figurato,
anche il sindaco Mirko Sardoc e il vicesindaco Vladimiro Budin.
L’impegno si è protratto per tutta la mattinata, ed è stato portato avanti
senza cedimenti nonostante il tempo incerto e il rischio di pioggia. E i
risultati, alla fine, si sono visti. Gli operatori, suddivisi in tre squadre
organizzate dagli uomini della Forestale proprio per ottimizzare gli sforzi,
hanno riempito di immondizie i rimorchi di otto camioncini. Per portar via
tutto il materiale scovato tra i rovi, però, sarebbero serviti altri viaggi.
Nei prossimi giorni, quindi, verranno eseguite delle altre uscite di
«rifinitura» per completare il lavoro e controllare di non aver lasciato
altri rifiuti per strada.
Visto il successo dell’iniziativa e l’impegno dimostrato dai volontari,
Comune e Forestale pensano tra l’altro di trasformare la pulizia organizzata
in un appuntamento periodico. magari anche con il coinvolgimento delle
scuole del territorio.
m.r. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 20 aprile 2008
La gente invita il sindaco a
non parlare di «evacuazione» ma vuole soluzioni per il nodo Ferriera - I
servolani: noi da qui non ce ne andiamo |
|
Dopo le
dichiarazioni di Dipiazza i residenti ribadiscono: l’ambiente va
salvaguardato. Ma molti sottolineano il problema occupazionale
«Non siamo noi a dover fare
fagotto. E non sono le nostre case che devono essere evacuate. È la
Ferriera, semmai, che deve smetterla una volta per tutte di lordare la
nostra aria, i nostri giardini, i nostri polmoni. Noi non ce ne andremo
mai».
Non hanno gradito, i cittadini servolani, le parole del sindaco Roberto
Dipiazza. Che in municipio, venerdì mattina, aveva convocato con «urgenza» i
giornalisti per discutere la spinosa questione dell'inquinamento, prodotto
dallo stabilimento siderurgico. «Il rione andrebbe evacuato» aveva
dichiarato a microfoni accesi, sostenendo che non si trattava di una
«boutade». «Per le condizioni disperate in cui la gente è costretta a
vivere», si era affrettato a precisare. E ancora: «Sarebbe un'opzione da
prendere in considerazione». «Giuro che non sto scherzando», aveva poi
concluso.
Ma su Servola non piovono bombe dal cielo. «Non siamo in tempo di guerra»,
hanno infatti commentato ieri mattina i residenti. Piovono - questo sì -
polveri, fumi, olezzi. Che finiscono su scale, finestre e davanzali,
ricoprendoli di uno spesso strato nerastro. Ma non bombe. E, quindi, «non
occorrono evacuazioni nè simili esternazioni, prive di utilità». È un altro,
per i residenti, il problema: riuscire a ottenere un provvedimento
definitivo. Chiarire la strada che si intende percorrere, sia essa la
chiusura della Ferriera - da molti contrastata - o il potenziamento dei
controlli e degli impianti di depurazione all’interno dello stabilimento.
Perchè, ormai, i tempi della politica sono maturi e gli scenari mutati.
Il sindaco, come hanno sottolineato ieri alcuni servolani, si trova oggi a
confrontarsi con un Presidente della Regione che appartiene alla sua stessa
«squadra»: non si possono più accampare «contrasti» di sorta. Renzo Tondo lo
ha detto in campagna elettorale cosa vuole per Servola: porre i lucchetti ai
cancelli della Ferriera. E il quartiere si è reso perfettamente conto di
essere lo scacchiere su cui si gioca una partita cruciale.
Ma anche chi convive pacificamente col «mostro sbuffante», e respinge la sua
dismissione per i risvolti occupazionali che ne conseguirebbero, invoca una
soluzione, giacchè in questo «limbo» non si può continuare a stare. La gente
di Servola è disincantata. Stufa di proclami, dichiarazioni, reciproche
accuse. Vuole i fatti: l’affaire Ferriera va avanti da troppo tempo.
«Questa situazione doveva essere risolta da un pezzo - ha esordito Antonio
Pitacco, 21 anni, studente di Medicina, corso di laurea in Infermieristica -
sarebbe ora di smetterla di dire cose inutili: bisognerebbe invece vedere in
che modo il disagio può essere superato. La salute non ha prezzo ed è un
diritto di tutti. Non è parlando di evacuazioni che si ovvia all’impasse.
Nel momento in cui una persona riveste il ruolo di sindaco non può
permettersi di ridurre a questi termini la situazione. Facendolo disturba
l’opinione pubblica, i residenti e i lavoratori: mette tutti quanti in
allarme senza materialmente operare un cambiamento. Prima di tutto si deve
pensare alla salute, che è il bene principale. I dipendenti, triestini o
extracomunitari, vanno sì tutelati, ma non dubito che il problema
occupazionale possa essere risolto se si fa quadrato con la Regione. Infine,
noi stessi residenti dovremmo cercare di andare oltre l’ottica del guadagno
e non ragionare più in termini di brioches e caffè serviti ai lavoratori,
ritenendo erroneamente che Servola sopravviva solo così. Pensiamo alle case:
non a tutti interessa il loro valore sul mercato. La maggior parte dei
residenti desidera unicamente viverci in serenità. Solo chi risiede a
Servola sa cosa voglia dire stare d’estate con le finistre chiuse».
«È una situazione schifosa - ha detto Pasquale Scatizzi - inviterei il
sindaco a dormire e a mangiare a casa mia, per capire come stanno le cose.
Ormai non nutro più fiducia nella politica e sono stufo: vivo a Servola da
34 anni ma adesso mi sto guardando in giro per cercare un’altra casa. Non si
possono pagare 331 euro di Ici e poi non poter nemmeno aprire porte o
finestre. Nell’ultimo decennio le cose sono parecchio peggiorate: mi sono
ritrovato in più occasioni con la macchina imbrattata a causa delle
emissioni dello stabilimento e ho dovuto addirritura rivolgermi a un legale
per ottenere la riparazione del danno». «Il sindaco Dipiazza ha fatto tanto
per Muggia, penso per esempio alla questione del Gasometro - ha invece
spiegato Giuseppe Curto -: ora che Tondo è salito al governo riuscirà a
ripetere il miracolo. Mia madre abita a Servola e io sono convinto che tutto
quel fumo non le abbia fatto bene, in questi anni».
Ma non tutti sono per la chiusura tout court dello stabilimento, anzi:
«L’inquinamento è pure quello dello smog, che in centro prolifera, ma lì si
arriverebbe a una evacuazione? - ha chiesto Flavia Turisini, una pensionata
residente - Certamente no. Io non sono preoccupata: la centralina dell’Arpa
è passata anche nella zona in cui risiedo e non ha rilevato dati poi così
allarmanti. Quindi non sono assolutamente disposta a lasciare la mia casa.
Bisogna sistemare gli impianti e i filtri di depurazione della Ferriera:
questo va fatto! E preoccuparci dei lavoratori e delle loro famiglie. Non li
si può lasciare sulla strada». «La Ferriera potrà essere chiusa solo quando
tutti gli operai saranno altrimenti sistemati - ha spiegato Albina Sossi -
non li si può lasciare in mezzo a una strada».
«Evacuare? Non se ne parla - ha ribadito Maria Luisa Flego - Nemmeno se mi
regalassero una villa, me ne andrei». «Siamo seri - ha aggiunto un giovane,
Stefano Colonna, 25 anni - dove le metti duemila persone, in caso di
evacuazione? E poi, se evacuazione doveva essere, allora siamo un po’ in
ritardo: avrebbe avuto un senso farla il 17 marzo, quando i valori
superarono, per dieci secondi, di 35 volte i limiti di legge. A mio modo di
vedere, si dovrebbe optare per un miglioramento dei sistemi di depurazione,
affinchè lo stabilimento non inquini più così tanto». Concorde Mauro Franco,
del negozio «La vecchia fattoria»: «Tante persone lavorano in Ferriera: non
scordiamolo mai, perché è l’unica fonte di guadagno di Trieste, sia sotto il
profilo dell’occupazione indiretta che dell’indotto». «Evacuare Servola - ha
riferito Michele Ferluga - mi sembra quantomeno difficile, visto che stiamo
parlando di duemila cittadini. Ma la Ferriera va dismessa: su questo non ho
dubbi. Pensiamo alle persone che soffrono di asme, affanni e irritazioni
alla gola. O ai bambini, che non possono nemmeno giocare in giardino». «Non
siamo in tempo di guerra - ha ironizzato il macellaio Livio Trampus - e
Dipiazza dovrebbe almeno dirci in che paese dovremmo trasferirci». «Se ciò
che dice il sindaco è vero - ha detto Marta Sommariva, gelataia - allora
avrebbe dovuto prendere già provvedimenti». «Non mi trovo d’accordo
sull’evacuazione - ha affermato Serena Zobez - ma sulla chiusura dello
stabilimento sì. Finalmente stanno venendo a galla i dati: non si può
ignorarli. L’impianto è obsoleto ed è difficile intervenire». «Forse il
sindaco non dovrebbe mettere così in allerta i residenti - ha concluso
Gianluca Paoli - ma la sua preoccupazione non va presa sotto gamba».
Tiziana Carpinelli |
Parco eolico a Vratarusa:
coprirà il fabbisogno della Lika e di Segna - Entro l’anno in funzione
i primi impianti |
|
SEGNA A fare da apripista in
Croazia è stato il complesso sull’isola di Pago (7 piloni, inaugurati nel
2005 e con una potenza di 14 megawatt), seguito dal parco eolico di Trtar–Krtolin,
alle spalle di Sebenico, e da quello dell’ entroterra di Klis, in Dalmazia,
rispettivamente con potenze di 14 e 16 megawatt.
La centrale eolica di Vratarusa, sovrastante Segna e dunque situata sul
massiccio del Velebit, è destinata però a superarli tutti per potenza,
produzione di energia elettrica e costo dell’investimento.
Due mesi fa sono cominciati i lavori di apprestamento dei primi «alberi»
eolici – che dovrebbero entrare in funzione entro la fine del 2008 –
dopodiche inizierà la costruzione di altri otto piloni, per una potenza di
66 megawatt e una produzione annua di 125 milioni di chilowattora.
Tutta quanta la produzione sarà destinata alla contea della Lika e di Segna,
la regione a sud–est di Fiume, coprendone così il fabbisogno. E’
interessante rilevare che nel progetto di Vratarusa, del costo di 520
milioni di kune (71 milioni di euro), si è gettata a capofitto l’impresa
rovignese Valalta, che ha quale partner la tedesca Walenborn.
La Valalta agisce da anni nei settori turistico, commerciale e industriale,
è titolare di un avviato campeggio e di due supermercati, uno a Rovigno e l’
altro a Villa di Rovigno.
Non è tutto, perché i due partner hanno compiuto i primi passi per
l’edificazione di una grande centrale eolica nelle vicinanze della località
istriana di Lanischie, nell’aspra regione della Cicceria.
Il progetto riguarda la messa in funzione di ben 34 piloni, per una potenza
complessiva di 80 megawatt e un costo di 585 milioni di kune (attorno agli
80 milioni di euro).
Dalla ventosa Cicceria, nell’Istria settentrionale, dovrebbero arrivare
annualmente qualcosa come 200 milioni di chilowattora, in grado di coprire
buona parte del fabbisogno di energia elettrica della penisola.
L’ impresa rovignese si è posta dunque a fianco dei due colossi croati nella
produzione di corrente elettrica e generatori, ossia l’Azienda elettrica di
Stato (Hep) e la zagabrese Rade Koncar, cosa fino a pochi anni fa
impensabile.
La Croazia ha voluto da tempo voltar pagina nella produzione di energia da
fonti rinnovabili, comprendendo che il suo potenziale eolico è davvero
invidiabile, specie lungo la costa adriatica, dove bora e scirocco possono
garantire una produzione di non poco conto.
Entro il 2010 gli addetti ai lavori intendono portare la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili dall’attuale 1 al 5,8 per cento.
Nei prossimi anni la Croazia potrà disporre come minimo di sei parchi
eolici, per complessivi 171,65 megawatt, potenza che costituirà il 4,5 per
cento dei 3.745 megawatt installati nelle centrali idroelettriche nazionali.
Dal canto suo, l’Hep ha in programma di costruire entro i prossimi quattro
anni una serie di centrali azionate dal vento che copriranno il 30 per cento
del mercato delle fonti energetiche rinnovabili.
Proprio perché si tratta di un mercato in espansione, il governo di Zagabria
ha deliberato l’acquisto obbligatorio dell’energia prodotta con il vento,
facendo così aumentare l’interesse dei potenziali investitori verso impianti
di tale genere.
Nelle sette contee adriatiche esiste infatti già una cinquantina di progetti
per centrali eoliche, che si trovano a vari livelli di preparazione.
a. m. |
L’inutilità della Tav |
|
Dall’alluvione del 1966 nel
Veneto, ci sono voluti ben 33 anni per ripristinare nel 2000 i 50 chilometri
a binario unico della ferrovia Treviso-Portogruaro.
Insieme ai 60 km a doppio binario e fortemente sottoutilizzati della
Vicenza-Castelfranco-Treviso si è ricreato nuovamente il percorso
alternativo per i treni merci Est-Ovest evitando l’intasato nodo di Mestre
con le stesse distanze. Stessa cosa anche per l’asse Sud Italia-Slovenia via
Padova-Castelfranco.
Questo significa che la futura e costosa Tav Venezia-Portogruaro (Trieste) è
inutile in partenza perché è già semipronta da 100 anni.
Sulla linea ricostruita, una delle pochissime in Italia, ci passano solo 6
coppie di treni passeggeri e ben 20 di merci su un potenziale di 45-50. Un
buon risultato.
Raddoppiandola, i cavalcavia sono già predisposti, si arriverebbero alle 250
coppie su tutto il tratto Vicenza-Portogruaro. Questo è l’unico intervento
necessario con costi notevolmente ridotti rispetto alla Tav ricordando che i
treni merci non vanno a 300 all’ora ma si limitano ai 130.
La regione Veneto e indirettamente anche il Friuli Venezia Giulia
evidentemente non conoscono questa linea preferendo i grandi progetti mentre
da Portogruaro a Trieste l’attuale potenzialità è sfruttata al 20-25%.
Le due regioni non si accorgono neanche che mancano i treni passeggeri
internazionali: 1 solo per l’Est, 4 per Vienna da ridurre forse a 2 e nulla
per Pola/Fiume da 60 anni.
Limitiamoci invece a raddoppiare la Treviso-Portogruaro mentre con le
briciole risparmiate dalla Tav si possono mettere treni per l’estero ogni 5
minuti.
Patrick Mazzieri |
Marciapiedi per ciclisti |
|
Leggo sul Piccolo che il
Comitato Trieste Vivibile chiede una vigilanza maggiore per i tanti ciclisti
«che sfrecciano sui marciapiedi delle Rive». Ma tali marciapiedi sono stati
progettati apposta per la circolazione sia dei pedoni che dei ciclisti,
com’è indicato dagli appositi cartelli sulle Rive. Sono d’accordo con
Trieste Vivibile che questo è pericoloso, ma allora prendiamocela con il
sindaco che ha approvato questo progetto, e non con i ciclisti. Io ho smesso
da qualche mese di circolare in bici su quei marciapiedi, dopo essere stato
colpito sulla schiena con l’ombrello da un pedone, forse spaventato al mio
passaggio. Adesso pedalo in strada, dove la larghezza delle due corsie è
stata progettata per un traffico che non contempla l’esistenza delle
biciclette. Infatti, per sorpassare un ciclista senza urtarlo, le automobili
devono spostarsi nella corsia adiacente, facendo diventare di fatto la
strada ad una sola corsia. Oppure devono accodarsi al ciclista e procedere
alla sua stessa velocità. La bicicletta non inquina, non puzza, non fa
rumore, non avvelena l’aria, non stressa, non si parcheggia in doppia fila,
contribuisce a ridurre il traffico. Lo hanno capito da decenni in tutte le
città del mondo. A Trieste, invece, i ciclisti sono un problema. Salvo poi
leggere i titoli del Piccolo più frequenti nei mesi scorsi: «Emergenza smog»
e «Traffico in tilt».
Alessio Vremec |
IL PICCOLO -
SABATO, 19 aprile 2008
Dipiazza: Servola a rischio
evacuazione - «Altri sforamenti alla Ferriera, parlerò con Tondo per
chiuderla» |
|
Il sindaco
diffonde i dati sui test dell’Arpa effettuati a metà marzo con picchi nelle
polveri sottili
«Il rione di Servola andrebbe
evacuato. Per le condizioni disperate in cui la gente è costretta a vivere,
strangolata dai fumi della Ferriera, sarebbe un’opzione da prendere in
considerazione. E giuro che non sto scherzando».
Il sindaco Roberto Dipiazza, ieri in Municipio, davanti ai giornalisti
convocati per un incontro «urgente» sull’inquinamento prodotto dallo
stabilimento siderurgico, lo ha ripetuto più volte: quella dell’evacuazione
«non è una boutade. Sarebbe la giusta risposta a questi», ha spiegato un
concitato Dipiazza, brandendo un fascicolo contenente nuovi dati sulla
concentrazione di pm10 nell’aria, che il 17 marzo, in base a rilevamenti
dell’Arpa, hanno superato, per dieci secondi, di 35 volte i limiti di legge.
Un intervento cui il direttore dello stabilimento di Servola Francesco
Rosato risponde che «la rilevazione deve essere confrontata con i valori
registrati nel corso di tutta la giornata, che il 17 marzo non hanno
superato il limite di legge».
Dipiazza ha parlato di «evacuazione». Per il momento, se l’opzione che i
servolani facciano armi e bagagli sembra abbastanza lontana, il primo
cittadino non ha nascosto che il nodo Ferriera è, nella sua agenda, al primo
posto tra le beghe da risolvere. E non ha nemmeno nascosto il fatto che, con
un presidente del Consiglio e uno della Regione con la sua stessa casacca,
la marcia verso la chiusura e la riconversione dello stabilimento potrebbe
avere le porte spalancate. «Attenderò che Renzo Tondo metta in piedi la sua
giunta - ha affermato il sindaco - e poi affronteremo le questioni elencate
nel Patto per Trieste: chiusura e riconversione della Ferriera, piattaforma
logistica e Porto Vecchio». La crociata «antipolveri sottili» del primo
cittadino sembra essere più lanciata che mai. Superato lo «scoglio Illy»,
Dipiazza e Tondo, vicini in politica e ora pure di palazzo, potranno darsi
man forte a vicenda. Il sindaco ieri è partito in quarta con la diffusione
di dati relativi allo scorso 17 marzo.
Un documento in cui si spiega che due tecnici dell’Arpa, in quella data,
sono stati chiamati dalla Polizia municipale per effettuare un controllo a
Servola, dove erano stati segnalati «fumi densi ed esalazioni maleodoranti».
Durante le verifiche sulla concentrazione atmosferica di pm10, effettuate
con un analizzatore portatile in via S. Lorenzo in Selva, «è stata osservata
- si legge - una copiosa fumosità proveniente dall’impianto di cokeria e
dall’altoforno in esercizio nello stabilimento della Lucchini spa. Alle
12.19 - si legge ancora nel testo - è stato registrato, per una durata di 10
secondi, un innalzamento della concentrazione di pm10, con un valore massimo
pari a 1740 microgrammi per metro cubo, 35 volte superiore al limite di 50
consentito dalla legge. Un significativo aumento di pm10 è stato registrato
anche dal mezzo mobile posizionato in via San Lorenzo in Selva, secondo il
quale il valore medio di concentrazione, tra le ore 12 e le 15, è stato di
83,5 microgrammi al metro cubo. Abbiamo contattato il responsabile
ambientale dello stabilimento, che ha assicurato un’immediata azione di
controllo».
«Gli stessi tecnici che hanno effettuato i rilievi - ha spiegato Dipiazza -
hanno lamentato una forte irritazione alle vie respiratorie. È stata esposta
una denuncia alla Procura della Repubblica e ora voglio vedere quale sarà la
risposta. La città deve rendersi conto che la Ferriera deve essere chiusa».
Netta la replica della Lucchini: «La normativa prevede che le registrazioni
dei valori di pm10 avvengano sempre nel corso di 24 ore e dalle centraline
ufficiali e fisse dell’Arpa, non da quelle portatili - spiega Francesco
Rosato -. L’azienda non è stata neppure contattata dai responsabili
dell'Arpa». Ieri pomeriggio Rsu e sigle sindacali si sono riunite per
affrontare la questione, chiedendo anche l’estensione dei test dell’Azienda
sanitaria a tutti gli operai dello stabilimento.
Elisa Coloni
|
Métro leggero, la Slovenia
vuole collaborare - La Provincia e il governo di Lubiana puntano ai fondi
comunitari per la Opicina-Sesana |
|
L’intervento
per realizzare la tratta potrebbe partire già il prossimo anno. Nuove
prospettive per il bus transfrontaliero
Si aggiunge un altro
significativo tassello nel «puzzle» della metropolitana leggera. E potrebbe
essere quello decisivo. La Provincia ha infatti incassato ieri mattina il
placet della Slovenia, ufficializzando la partnership transfrontaliera per
il progetto di collegamento Ronchi-Capodistria.
Lo annuncia l’assessore ai Trasporti della giunta Bassa Poropat, Ondina
Barduzzi: «Abbiamo pensato di coinvolgere il governo sloveno nella
realizzazione del tratto di strada ferrata che collega Opicina a Sesana,
così da ottenere i finanziamenti comunitari necessari. E la nostra richiesta
ha raccolto immediatamente un certo riscontro, tant’è che il presidente
della Provincia inoltrerà la prossima settimana la lettera di manifestazione
d’interesse. Farà seguito l’invio di una delegazione d’oltre confine per la
valutazione dei piani d’intervento. Le opere, se tutto dovesse filare
liscio, potrebbero partire già il prossimo anno». La proposta è maturata
nell’ambito dell’incontro fissato tra il presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat e il segretario di Stato del ministero dei Trasporti
sloveno Peter Velic, che ha visto la partecipazione dell’assessore Barduzzi,
del sindaco di Sesana Davolin Tercon, del suo vice Bozo Marinac e di
Miroslav Klun, presidente della Camera dell’artigianato e dell’economia.
«Creeremo – precisa Barduzzi – un gruppo di lavoro interdisciplinare per
rilevare materialmente gli adeguamenti utili a costruire la linea. Quest’ulteriore
tassello s’inserirà nel più ampio progetto regionale della metropolitana
leggera, da tempo avanzato dalla Provincia».
Ma non si tratta dell’unica novità: «La società di trasporti slovena Aurigo
– conclude l’assessore – si sta interfacciando con la Trieste Trasporti per
progettare un autobus transfrontaliero dedicato alla tratta Opicina-Sesana.
L’iniziativa potrebbe avere importanti ricadute per l’utenza, che da tempo
chiede un simile collegamento».
Infine, c’è stato un confronto propositivo sui problemi di viabilità legati
all’area confinaria di Fernetti. La Provincia, pur non avendo specifiche
competenze, si è impegnata a coinvolgere tutti i soggetti investiti dalla
questione per un miglioramento delle condizioni di sicurezza.
Tiziana Carpinelli |
Raccolta rifiuti |
|
La mia famiglia, dopo la
tragedia che Napoli sta vivendo, è molto più diligente nel curare la
raccolta differenziata. Peraltro, al di là della presenza in strada di
raccoglitori destinati ciascuno a una determinata specie di rifiuto (carta,
vetro, plastica e rifiuti non riciclabili), non mi risulta che la nostra
città abbia adottato una disciplina per la raccolta differenziata.
Mi risulta che altri Comuni abbiano regolamentato la materia molto più
dettagliatamente e con la previsione di severe sanzioni per i trasgressori.
Inoltre, in campagna elettorale, si è parlato ben poco di progetti per lo
smaltimento dei rifiuti o della costruzione di un termovalorizzatore sul
modello di quello esistente a Brescia.
Gradirei ricevere informazioni rassicuranti.
Raffaele Esti |
IL PICCOLO -
VENERDI', 18 aprile 2008
Ferriera, in autunno le
nuove analisi - La prima tranche di esami ha rilevato superamenti solo del
valore medio della creatinina |
|
Dopo
l’estate verranno sottoposti al test delle urine anche gli altri 50 operai
della cokeria esclusi dai controlli del novembre 2007 |
Patussi:
«Non esiste un limite normativo e di carattere tecnico dell’esposizione
professionale» |
Partirà indicativamente
all’inizio dell’autunno la seconda fase del monitoraggio biologico sui
lavoratori della cokeria di Servola. La nuova tranche di analisi
interesserà una cinquantina di operai, quelli non sottoposti agli esami
delle urine lo scorso novembre, e permetterà di scattare una fotografia
complessiva sui livelli di esposizione a sostanze potenzialmente
cancerogene come benzene e benzoapirene.
Obiettivo finale verificare, e se necessario integrare, le indicazioni
emerse dalla prima parte dello studio, illustrata proprio l’altro giorno a
proprietà e sindacati. Uno studio, precisano l’Azienda sanitaria, che non
ha assolutamente prodotto risultati allarmanti per i lavoratori.
«Le analisi non hanno evidenziato livelli di assorbimento di idrocarburi
policiclici aromatici superiori alle soglie di legge - precisa Valentino
Patussi, responsabile del Dipartimento di prevenzione e sicurezza del
lavoro dell’Ass 1 -. Attualmente, infatti, non esiste un limite normativo
e tecnico indicato per l’esposizione professionale. Esiste soltanto un
riferimento, 0,7 microgrammi per grammo di creatinina (un metabolita che
evidenzia l’assorbimento di idrocarburi ndr), che corrisponde al valore
medio riscontrato nella popolazione italiana. Valore che dipende anche da
fattori come l’assunzione di cibi cotti alla piastra, ad esempio carni o
pizza, dall’abitudine al fumo di tabacco e dall’utilizzo di riscaldamento
a legna».
Il superamento dei valori medi, anche se sensibile come nel caso dei sei
lavoratori impegnati nelle mansioni più a rischio in cui è stato rilevata
una concentrazione di 7,33 microgrammi per grammo di creatinina, non
corrisponde automaticamente ad un aumento dei rischi per la salute.
«Quelli rilevati sono indicatori di esposizione e non di danno o di
malattia - spiega ancora Valussi -. Non ci sono correlazioni certe tra
l’assorbimento di inquinanti che hanno effetto cancerogeno e la
probabilità di ammalarsi. Il fatto che un lavoratore abbia concentrazioni
più elevate, significa essenzialmente che è più esposto a benzene e
benzoapirene. Questo vuol dire che è proprio nel suo reparto che dovremo
intervenire a livello di prevenzione. Lo scopo delle analisi era proprio
questo: riuscire ad avere, per la prima volta, un quadro chiaro della
situazione all’interno della cokeria per poi calibrare e orientare gli
interventi successivi». La stessa filosofia, precisa ancora l’Azienda
sanitaria, ha ispirato anche l’indagine ambientale all’interno della
Ferriera, condotta attraverso 10 centraline fisse e 3 mobili del Cnr e una
fissa dell’Arpa, che hanno effettuato tre rilevazioni quotidiane di otto
ore per monitorare le concentrazioni di idrocarburi nell’aria.
Maddalena Rebecca |
FERRIERA - Si pensa di
ridurre i turni per il personale più a rischio |
|
Interventi sugli impianti, con
accorgimenti tecnici che permettano ad esempio di automatizzare alcuni
processi, e riduzione dei tempi di turnazione per il personale impiegato
nelle aree più a rischio. Sono alcune delle soluzioni di carattere
preventivo che l’Azienda sanitaria sta esaminando per ridurre
l’esposizione ad idrocarburi policiclici aromatici (di cui il benzoapirene
è un componente) per i lavoratori della cokeria.
Tra le ipotesi, anche l’adozione di regole più rigide e precise a livello
di dispositivi di protezione personale. Si vuol fare in modo, infatti, che
operazioni essenziali come la sostituzione delle maschere o il cambio dei
filtri non sia più lasciata alla discrezione dei singoli, ma venga
regolata da precisi protocolli che tutti dovranno rispettare. Le misure
attualmente in fase di studio verranno illustrate alla Lucchini in
occasione del prossimo incontro operativo con i responsabili dei
Dipartimenti di Prevenzione e Medicina del lavoro fissato per l’8 maggio.
|
L'ESPRESSO -
GIOVEDI', 17 aprile 2008
L'appoggio ai progetti della Moratti. L'attivismo
economico della sede milanese. Cosi' Legambiente finisce sotto accusa. Dentro e
fuori l'associazione.
(L'Espresso
712KB)
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 17 aprile 2008
Ferriera, benzene oltre i
limiti ma l’aria è meno «sporca» di molti altri stabilimenti - Saranno
estesi i controlli a tutti i lavoratori della cokeria
|
|
Resi noti i
dati delle analisi su 51 operai e già decisi interventi su tecnologie,
prevenzione e organizzazione del lavoro
Ferriera, i lavoratori della
cokeria sono mediamente esposti a benzene e benzoapirene in proporzioni da
tre a sei volte superiori rispetto al massimo consentito dalla legge per gli
operai della siderurgia o comunque «ai minimi livelli possibili» richiesti.
L’aria del reparto è invece meno «sporca» rispetto ad altri impianti di
questo genere in Italia (Taranto) e all’estero (Germania).
È il risultato delle analisi delle urine e di campioni di aria realizzate
dal Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria con l’Istituto di
medicina del lavoro e dal Cnr nell’arco di una settimana (19-25 novembre
2007) su 51 dipendenti del reparto più pesante.
I dati sono stati presentati ufficialmente ieri alla direzione dell’azienda,
all’Inail, ai sindacati, all’Arpa, dal direttore generale dell’Azienda
sanitaria Franco Rotelli e dal direttore dell’Istituto di medicina del
lavoro Massimo Bovenzi, che li ha elaborati.
Contestualmente è stato deciso un programma di miglioramenti tecnici, di
protezione dei lavoratori e di riorganizzazione del lavoro i cui esiti
verranno monitorati periodicamente secondo uno specifico protocollo
sanitario. La Lucchini si è detta d’accordo e i sindacati sono molto
soddisfatti.
«Si tratta di un’indicatore di esposizione e non di malattia - specifica
Bovenzi -, i risultati adesso sono pubblici, ciascun lavoratore dovrà avere
dal medico della Lucchini un’illustrazione personale delle analisi, e
comunque questo lavoro è un buon punto di partenza per intervenire in modo
efficace».
Arriva esattamente il giorno dopo le elezioni questo «report» tanto atteso,
sottratto dunque - e non a caso - a ogni spunto di natura elettorale circa
il destino della Ferriera di Servola al fine di preservarne il contenuto
prettamente tecnico.
L’operazione è stata condotta da un lato prelevando con 10 postazioni fisse
e 3 mobili del Cnr (più una fissa dell’Arpa) campioni di aria nella cokeria
per per volte ogni otto ore di turno attraverso una settimana; dall’altro
distinguendo tramite questionario fra i 51 operai da controllare i fumatori
(20) e i non fumatori. A tutti è stata prelevata urina una prima volta
all’inizio del primo turno di un lunedì e una seconda volta alla fine della
settimana di lavoro. «Abbiamo cercato - spiega Bovenzi - i metaboliti,
ovvero i ’’segnalatori’’ della presenza di benzoapirene (sostanza
cancerogena), cioé di idrocarburi policiclici aromatici (Ipa)». Questi
metaboliti si chiamano «uno-idrossipirene» e «due-naftolo». Per verificare
l’assorbimento di benzene si è cercata presenza di «acido
trans-trans-muconico» e di «acido s-fenilmercapturico». Per distinguere
l’influenza della nicotina nei fumatori è stato isolato anche il metabolita
«cotinina».
Agli analizzati è stato chiesto poi, per esempio, se fanno uso di carne alla
brace: da questa combustione culinaria si sviluppano Ipa, potenziali
«fattori di confondimento», cioé inquinanti con origine diversa rispetto al
posto di lavoro.
«Nei fumatori il benzoapirene a inizio turno era superiore che nei non
fumatori - prosegue Bovenzi -, ma in fumatori e no nell’arco della settimana
si è notato un aumento pari a tre volte tanto, o più, la concentrazione
iniziale».
I non fumatori sono stati divisi in due ulteriori gruppi a seconda delle
mansioni: più o meno a rischio. Quelli in postazioni lavorative a rischio
«hanno avuto un concentrato di benzoapirene di sei volte superiore». E
adesso?
È appunto già deciso che dovranno essere introdotte alla Ferriera
apparecchiature in grado di abbattere i livelli di emissione interna, che si
introdurranno mascherine specifiche per abbassare il grado di inalazione e
verrà rivista l’organizzazione del lavoro. A cadenza semestrale o annuale
saranno ripetuti gli esami medici di controllo (come indicato dal Protocollo
della società italiana di medicina del lavoro). «Ma anche - conclude Bovenzi
- allargheremo gli esami a tutti i lavoratori della cokeria, mentre intanto
sottolineo che i lavoratori della Ferriera hanno dato una collaborazione
piena e che per il nostro lavoro non abbiamo subito pressioni di alcun
genere».
Nel dettaglio, ecco i risultati delle analisi. La citazione riguarda il dato
medio in relazione all’assorbimento di metaboliti del benzoapirene il cui
limite massimo per gli operai è di 0,7 microgrammi per grammo di creatinina.
Nei fumatori è stato trovato un livello di partenza già a 0,7 (a fine lavoro
di 3,34). In 25 non fumatori di aree non a rischio i valori erano
rispettivamente di 0,27 e 0,91. Nei 6 dipendenti non fumatori di aree a
rischio: da 0,99 a 7,33.
Gabriella Ziani |
FERRIERA - L’azienda: «Subito
i correttivi Ma la situazione non è grave» |
|
«Questi risultati afferma il
direttore dello stabilimento di Servola, Francesco Rosato, commentando
l’esito delle analisi su 51 lavoratori della cokeria e sottolineando che al
momento dell’ingresso al lavoro ’’i dipendenti presentano valori
sostanzialmente in linea con quelli della popolazione media’’ pur
rassicurandoci sulle concentrazioni dei metaboliti riscontrate sui nostri
lavoratori, ci stimolano a proseguire con l’indagine sugli altri operatori
della cokeria e su tutti i dipendenti, ripetendo periodicamente gli stessi
controlli».
L’obiettivo iniziale della Lucchini, dice Rosato, «era capire il punto di
partenza: ora sarà nostro compito ridurre il più possibile, ove necessario,
l’esposizione dei lavoratori, continuando a intervenire sulle possibili
fonti di emissione (come il sistema di riscaldamento e le colonne di
sviluppo della cokeria) e avviando processi di automazione delle macchine
per facilitare le operazioni di caricamento e quindi diminuire i tempi di
esposizione».
La Lucchini annuncia anche «un piano sull’aspetto comportamentale e
operativo, affinché tutti i lavoratori siano informati e formati». Verranno
messi a disposizione come già avviene ulteriori dispositivi di
protezione individuale. «In merito conclude il direttore dello
stabilimento - attendiamo anche suggerimenti dall’Azienda sanitaria, da
valutare insieme durante la prossima riunione del tavolo di lavoro, già
indetta per l’8 maggio, per concordare future azioni di prevenzione
sanitaria». |
FERRIERA -
Per i sindacati si apre «una
nuova strada di miglioramento» |
|
«I dati medi ricavati dalle
analisi dimostrano che tranne in alcuni settori più a rischio l’assorbimento
di inquinanti alla Ferriera è inferiore a quanto disposto per legge e
comunque è positivo che sia stato acquisito un tavolo specifico per
controllare la situazione, e che sia stata stabilita un’azione su tre
fronti: sul tempo di esposizione dei lavoratori, sul metodo di lavoro e sui
dispositivi di prevenzione». Lo afferma Antonio Saulle della Fiom-Cgil,
reduce dall’incontro all’Azienda sanitaria in cui sono stati resi noti i
risultati delle analisi sui dipendenti della cokeria. «Il problema esiste -
prosegue il sindacalista -, ma siamo entrati in un positivo percorso di
miglioramento con una interessante accelerazione, gli appuntamenti con
l’azienda sono già fissati per il 7 e 8 maggio».
Posizione confermata dal segretario Cisl Luciano Bordin: «C’è ampia
disponibilità da parte della Ferriera, e va bene che i controlli si
allarghino su tutti i lavoratori. Finalmente si parla di cose precise e si
apre un percorso corretto, avendo poi la garanzia scientifica di uno
specialista autorevole come Massimo Bovenzi».
Pende su tutto la decisione politica sul futuro della Ferriera ora che
presidente della Regione è Renzo Tondo che la promette chiusa. «Ma vedremo -
conclude Bordin -, se arriviamo al famoso 2015 o no, l’importante è
arrivarci più sani». |
L'ESPRESSO
-
MERCOLEDI', 16 aprile 2008
ELETTROSMOG -
Elettro-caos: antenne
e ripetitori si moltiplicano ma i controlli diminuiscono.
( 1.801KB)
IL SOLE 24 ORE
-
MERCOLEDI', 16 aprile 2008
Cina la più
inquinata del mondo
È la Cina, e non gli Stati Uniti, il
paese più inquinato del pianeta: lo afferma una ricerca firmata dagli scienziati
dell'Università della California, che sarà pubblicata il prossimo mese nel
"Journal of Environment Economics and Management". Secondo la ricerca, le
emissioni di gas serra della Cina sono state sottostimate, anche se non è chiaro
a partire da quale anno i dati abbiano iniziato a non corrispondere alla realtà.
Dai ricercatori californiani proviene anche un chiaro monito: se la Cina non
cambierà radicalmente le sue politiche energetiche, le sue emissioni di gas
serra annulleranno l'effetto del taglio di quelle dei paesi aderenti al
protocollo di Kyoto. Protocollo al quale la Cina, come d'altra parte gli Stai
Uniti, ha scelto di non aderire.
CORRIERE DELLA SERA -
MERCOLEDI', 16 aprile 2008
Integratori
vitaminici «a rischio» - Secondo l'analisi di studi pubblicati negli anni
passati potrebbero aumentare la mortalità
METANALISI DELL'UNIVERSITA'
DI COPENAGHEN
LONDRA - Le pillole a base di
integratori vitaminici potrebbero aumentare il rischio di mortalità, accorciando
di fatto la vita di chi li assume. L'allarme viene da uno studio della
Copenaghen University, pubblicato su «The Cochrane Collaboration». Gli
scienziati, riesaminando 67 studi clinici randomizzati sulle pillole
vitaminiche, hanno appurato che non c'è «nessuna prova convincente» che gli
integratori facciano bene alla salute, mentre ve ne sarebbero sulla loro
dannosità.
La metanalisi, cioè l'analisi di studi già pubblicait, ha preso in
considerazione ricerche cha hanno coinvolto 232 mila partecipanti, confrontando
chi ha assunto integratori con chi ha preso solo un placebo o non ha avuto
nessun trattamento. Gli integratori analizzati sono stati il beta-carotene (un
precursore della vitamina A, che è convertito in vitamina nel corpo), la
vitamina, la C, la E e il selenio.
L'ANALISI - «Non abbiamo
trovato alcuna prova - sottolinea Goran Bjelakovich, il ricercatore che ha
guidato la ricerca presso l'Università di Copenaghen - che prendendo integratori
antiossidanti si riduce il rischio di morte precoce per persone sane o malate».
Anzi, «i risultati mostrano che i soggetti a cui sono state somministrate
beta-carotene, vitamina A e vitamina E hanno mostrato un aumento dei tassi di
mortalità». Mentre «non vi è stata alcuna indicazione del fatto che la vitamina
C e il selenio possano avere effetti positivi o negativi, abbiamo bisogno di più
dati». Prese separatamente, alla vitamina A è stato associato un 16 per cento di
aumento della mortalità, al beta-carotene, un 7 per cento e alla vitamina E un 4
per cento. In sostanza, riassume Bjelakovich, «le attuali evidenze scientifiche
sconsigliano l'uso di integratori nella popolazione sana». Antiossidanti
dannosi, dunque, ma sul perchè i ricercatori non si sbilanciano: probabilmente
«il loro uso eccessivo può alterare i processi fisiologici».
PUNTO INFORMATICO -
MARTEDI', 15 aprile 2008
Gli RFID riducono
i rifiuti
Roma - I microchip in radiofrequenza
RFID infilati nei cassonetti dei rifiuti conquistano anche l'Australia, dopo
aver fatto l'en plein nelle
municipalità inglesi. Una delle teste di ponte della nuova tendenza è la
città di Randwick, Nuovo Galles del Sud, dove il consiglio cittadino ha
cominciato dal mese scorso a sostituire i 78mila cassonetti standard con quelli
dall'anima in radiofrequenza.
La città segue le mosse dell'attiguo governo locale di Ryde che già aveva
provveduto a sostituire 90mila cassonetti nel 2006. Entrambe le istituzioni
hanno stretto accordi con la società
WSN Environmental Solutions, controllata dallo Stato, che si occupa della
raccolta dei rifiuti e del peso dei cassonetti durante l'operazione.
Grazie al chip di controllo integrato, il peso dei cestoni di spazzatura viene
registrato e identificato a partire dall'ID specifico della zona di pertinenza,
infine archiviato all'interno dei furgoni preposti alla raccolta che
trasporteranno poi i dati alla sede centrale.
Al contrario della già citata
soluzione inglese, però, le informazioni non serviranno per identificare e
discriminare tra cittadini virtuosi e irresponsabili, bensì per avere un'idea
precisa sulle diverse percentuali di riciclaggio da zona a zona. "I dati sul
peso dei cassonetti aiuterà a identificare i pesi medi secondo il tipo e il
sobborgo. Queste informazioni saranno inoltre usate per creare materiale
educativo sui rifiuti"
ha
dichiarato la portavoce del consiglio cittadino Alexandra Power.
Senza considerare la possibilità di ripristinare la posizione originaria dei
cassonetti andati "perduti", sostiene la portavoce. Insomma i chip di
radiocontrollo servono a tutto tranne che a spiare le abitudini di riciclaggio
dei cittadini, come qualcuno ha prospettato: "Le informazioni raccolte saranno
accessibili solo dalla società appaltatrice, WSN Environmental Solutions, e dal
consiglio - continua Power - Entrambe le parti sono legate dalla policy sulla
privacy del consiglio e le informazioni non saranno usate per nessun altro scopo
che non sia quello indicato".
Secondo quanto comunicato dal portavoce della città di Ryde Lee Kirkland, il
sistema si è già rivelato utile in quella zona per incrementare le percentuali
di riciclaggio dei rifiuti fino al 48%.
Alfonso Maruccia
Il vero business è
la tecnologia sostenibile
Roma - Per raggiungere l'obiettivo
di una tecnologia davvero ecocompatibile è necessaria la collaborazione di
tutti: dagli investitori alle aziende, dal governo ai cittadini. Quanto fatto
finora non è sufficiente: i fondi stanziati per un anno a livello federale negli
Stati Uniti sono pari ai guadagni giornalieri dei colossi del petrolio. A
scuotere le coscienze delle imprese è
John Doerr, leggendario
investitore della Silicon Valley, ora venture capitalist convertito al
verde.
La voce di John Doerr
si è levata dal palco della
MIT Energy Conference. Il venture capitalist ha tracciato un quadro di
contrasti per raffigurare il mondo dell'IT verde: negli ultimi cinque anni
l'interesse per tecnologie ecocompatibili si è consolidato, si è consolidata la
consapevolezza di dover agire, ma questo atteggiamento degli investitori non si
è tradotto in azione con la sufficiente prontezza. Stato e mercato non hanno
saputo intervenire in maniera proporzionata alla gravità dei problemi che si
prospettano per il futuro.
Impegnato da anni sul fronte degli investimenti ecocompatibili, da tempo
accorato sostenitore della tecnologia capace di arginare le cause del
riscaldamento globale, Doerr
ha accennato ai modelli di business che anno adottato le aziende finanziate
dal proprio fondo di investimenti, Kleiner Perkins Caufield & Byers (KPCB):
sono una trentina e sono state sospinte con oltre mezzo milione di dollari. Si
parla di aziende come
Fisker Automotive, che entro il prossimo anno porterà su strada
un'automobile ibrida in grado di percorrere 80 chilometri al giorno senza
impatto sull'ambiente, si parla di
Amyris Biotechnologies, in grado di produrre biocarburanti sintetici. Sono
risultati importanti, ha spiegato Doerr, sono risultati che KPCB ha contribuito
a conquistare, ma non sono che un tassello del mosaico globale necessario per
contrastare in maniera efficace il surriscaldamento della Terra.
Per affrontare il problema in
maniera efficace sarà infatti necessario che tutti si decidano ad adottare
questo tipo di tecnologie, sarà necessario "reindustrializzare" i processi e le
routine, agire radicalmente e su vasta scala. "Dobbiamo fare in modo che questo
tipo di risposta rappresenti per tutti la scelta più economica" ha spiegato
Doerr: un obiettivo reso possibile solo con l'introduzione di
politiche coerenti a livello globale, politiche e regolamentazioni che
sappiano "spingere l'innovazione e fare in modo che la scelta giusta da fare sia
anche quella più profittevole".
Il mercato dal quale muovere? Quello dell'energia, sostiene Doerr: è un mercato
da milioni di milioni di dollari, è "la madre di tutti i mercati". Trasformarlo
in un settore sostenibile "sarà il più grande cambiamento che avverrà sul nostro
pianeta". Per raggiungere l'obiettivo, Doerr ha spiegato che sarà necessario
moltiplicare impegno e investimenti: le politiche adottate negli States non
bastano per far fronte al problema, ha avvertito Doerr, i fondi che lo scorso
anno il governo ha investito in ricerca e sviluppo nell'ambito delle energie
rinnovabili corrispondono a meno di quanto guadagni Exxon in un solo giorno; i 5
milioni di dollari che gli USA hanno investito nell'energia geotermica sono
"così pochi, sono quasi un reato". Ma presto lo scenario cambierà, sospinto
dalla più diffusa consapevolezza di cittadini e aziende nei confronti di questi
temi.
Se sul fronte delle politiche statali ci si sta muovendo con lentezza e con poca
incisività, sono numerosi i venture capitalist che credono nelle soluzioni
sostenibili e nelle aziende che fanno delle soluzioni sostenibili il proprio
business: un terzo degli investimenti della stessa KPCB
converge in aziende che operano nel settore delle tecnologie pulite, gli
investimenti nel settore crescono a ritmi rapidissimi. C'è
chi parla delle prime
avvisaglie di una bolla speculativa, c'è chi vaticina che le aspettative
foraggiate dagli investitori rimarranno disattese, ma Doerr non concorda: il
volume degli investimenti è adeguato, l'entusiasmo degli investitori è
giustificato, il problema è piuttosto la scarsità delle imprese che operano nel
settore.
Ma qualcosa si sta muovendo. Sono sempre più numerosi gli attori dell'IT che
prendono coscienza del proprio
impatto sull'ambiente, sono sempre più numerosi coloro che
credono nelle
soluzioni sostenibili e che iniziano a riconoscere che le soluzioni
sostenibili siano
anche profittevoli. Non temano dunque gli investitori che credono
nell'industria ecocompatibile: complici la consapevolezza globale e le politiche
statali previste per il prossimo futuro, i loro investimenti daranno i frutti
sperati, "siamo all'inizio dell'esplosione delle tecnologie verdi".
Gaia Bottà
IL PICCOLO -
MARTEDI', 15 aprile 2008
I bimbi dell’Asilo di
Fonderia «insegnano» l’ecologia |
|
MUGGIA I bambini dell’Asilo di
Fonderia a Muggia vogliono sensibilizzare a modo loro i muggesani su una
gestione oculata e differenziata dei rifiuti e sul rispetto dell’ambiente.
In collaborazione tra Comune e Istituto comprensivo di Muggia è nato il
progetto «Scovaze e scovazoni!»: vuole contribuire a modificare i
comportamenti e le abitudini quotidiane in relazione ai rifiuti domestici e
al risparmio energetico, favorendo la raccolta differenziata e
sensibilizzando famiglie e concittadini sul tema. Tra le attività, il
concorso «3 R: risparmio, riuso, riciclo- Gestisco i rifiuti – proteggo
l'ambiente».
A scuola vengono poste le piccole attenzioni utili a risparmiare energia:
chiudere la luce quando si esce dalla stanza, controllare che nei bagni i
rubinetti siano ben chiusi, usare correttamente i contenitori per la
raccolta differenziata, utilizzare la carta da disegno da entrambi i lati,
tappare pennarelli e colle. Il tutto è svolto con proposte ludiche: giochi,
canti, animazioni. È stato inoltre preparato un questionario per le
famiglie, per conoscere la sensibilità al problema. A coronamento del
percorso, ieri i bimbi della Scuola di Fonderia hanno dimostrato «quanto è
facile e divertente riciclare i rifiuti». Nel cortile della scuola e poi
vicino i cassonetti per la differenziata, i bambini hanno fatto una
rappresentazione per dimostrare, con canti e danze, come devono essere
trattati i vari materiali «per essere riciclati e tornare a nuova vita». Un
invito rivolto ai genitori ma anche ai residenti. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 14 aprile 2008
I prelievi si
effettueranno al Maggiore - Ferriera, i nuovi test medici illustrati ai
volontari dell’Università della terza età |
|
A qualche settimana dei test
medici effettuati dal Dipartimento di prevenzione e sicurezza ambienti di
lavoro dell'Ass 1 Triestina su un campione di abitanti di Servola, è partita
ora la seconda fase del progetto che si propone di valutare lo stato di
salute di Trieste e dei suoi abitanti, mettendo a confronto diverse aree
cittadine.
L'iniziativa è stata presentata nei giorni scorsi dal responsabile del
Dipartimento Prevenzione e Sicurezza Valentino Patussi all'Università della
Terza Età, che ha ospitato e collabora allo studio per la valutazione
dell'assorbimento di inquinanti ambientali. Le analisi prevedono un esame
del sangue per la ricerca dei metalli pesanti, mentre l'esame delle urine
ricerca l'idrossipirene, un metabolita che permette di scoprire se si è
entrati in contatto con gli idrocarburi Ipa. Due le tipologie di cittadini
che verranno messe a confronto con Servola: i residenti dei rioni ad alto
traffico urbano, come le vie Battisti e Carducci, e gli abitanti di zone non
inquinate quali l'altipiano o le zone periferiche distanti da aree
industriali.
«Lo scopo principale è misurare il rapporto tra inquinamento ambientale e
malattie cardiache, vascolari e respiratorie - ha spiegato Patussi - per
cercare di mettere in atto delle strategie di miglioramento della qualità
dell'aria e per tutelare la salute del cittadino». I prelievi di sangue e la
raccolta delle urine verranno effettuati al centro prelievi del Maggiore,
mentre le analisi verranno condotte dal laboratorio di Igiene e Tossicologia
dell'Università di Brescia. L'indagine è rivolta a donne e uomini tra i 40 e
i 70 anni. Per informazioni contattare il Dipartimento di Prevenzione:
040.3997464 - 040.3997574.
Patrizia Piccione |
LA REPUBBLICA -
DOMENICA, 13 aprile 2008
Il mondo senza
cibo - un disastro evitabile.
Secondo studi recenti può essere negativo produrre
biocarburanti. I rimedi adottati finora sono peggiori del male
Caro direttore, dopo aver tanto
parlato della crisi energetica e della crisi finanziaria ci siamo finalmente
resi conto di un dramma ancora più grande e di conseguenze immediate per
l'umanità: la crisi alimentare.
Miliardi di persone soprattutto in Africa, in Asia e in America
centro-meridionale, sono colpiti da un progressivo e insostenibile rincaro di
tutti i prodotti agricoli, dal grano alla soia, dal riso al mais, dal latte alla
carne. Ogni giorno scoppiano rivolte e si ha notizie di repressioni.
Alcuni governi, come quello egiziano, sono costretti a impiegare nel sussidio
del pane la gran parte delle risorse generate dalla buona crescita economica e
in altri casi, come nel Corno d'Africa, nei paesi subsahariani e a Haiti non
resta che la fame e la sempre più vicina prospettiva di una tragica carestia.
Alla base di questi aumenti di prezzi vi sono certo anche realtà positive, come
il miglioramento della dieta in Cina, in India e in molti altri paesi. Per
nutrirsi con la carne si impiega infatti una superficie di terreno di almeno
cinque volte superiore di quanto richiesto da una nutrizione a base di cereali.
Vi sono altre realtà rispetto alle quali ben poco si può fare, come l'aumento
dei prezzi dei carburanti e dei fertilizzanti necessari a produrre o trasportare
i prodotti alimentari.
Ma vi è una decisione politica che sta aggravando in modo precipitoso la
situazione ed è la progressiva sottrazione di suolo alla produzione di cibo per
utilizzarlo a produrre biocarburanti. Sulla carta questo risponde al nobile
scopo di attenuare la nostra dipendenza dalla benzina e dal gasolio nei
trasporti e così facendo, ridurre l'impatto ambientale in termini di anidride
carbonica. Purtroppo le cose non stanno così.
I più recenti studi (come quelli dell'Ocse e Royal Society) sostengono invece
che con le tecnologie oggi impiegate per produrre biocarburanti, il bilancio
energetico è solo marginalmente positivo o addirittura negativo. Il computo
preciso dipende dalle specifiche realtà territoriali ma vi è chi autorevolmente
sostiene (come le analisi apparse su National Resources Research) che l'energia
impiegata per produrre biocarburanti sia negli Stati Uniti del 30% superiore
all'energia prodotta.
Complessivamente un bel disastro sia dal punto di vista energetico che da quello
ambientale. Ma il disastro ancora più grande è quello di mettere in conflitto il
cibo con il carburante in un periodo già di scarsità. Un conflitto vero,
tragico.
Per descriverlo in modo semplice e fortemente evocativo basta dire che il grano
richiesto per riempire il serbatoio di un così detto Sport Utility Vehicle (Suv)
con etanolo (240 chilogrammi di mais per 100 litri di etanolo) è sufficiente per
nutrire una persona per un anno. E già siamo arrivati ad utilizzare per usi
energetici intorno al 20% di tutta la superficie coltivata a mais negli Stati
Uniti.
Una superficie più grande della Svizzera è stata sottratta di colpo alla
produzione di cibo per effetto delle pressioni delle potenti lobby agricole e di
una parte non informata o distratta di quelle ambientalistiche. E nel frattempo,
come conseguenza, il prezzo della terra e dei fertilizzanti sale in tutto il
mondo facendo a sua volta moltiplicare il prezzo dei prodotti alimentari. E
questo fa scoppiare tumulti per la fame a Città del Messico, in Egitto, nel west
Bengala, in Senegal, in Mauritania mentre la Fao ci dice che 36 paesi hanno oggi
bisogno di urgenti spedizioni di grano e di riso.
Questo non comporta che la produzione di energie alternative vada del tutto
cancellata perché vi sono situazioni in cui essa non è in diretta concorrenza
con la produzione agricola, utilizzando terreni non alternativi a produzioni
alimentari, aree boschive o biomasse. E soprattutto bisogna incentivare la
ricerca sulla "seconda generazione" di biocarburanti, attraverso la selezione di
nuove specie, attraverso una maggiore efficienza dei processi e l'utilizzazione
di terre marginali (ad es. il bosco ceduo) non alternative all'agricoltura.
E' quindi necessario che i governi smettano di sovvenzionare gli agricoltori al
fine di produrre meno cibo, obbligando i paesi poveri a svenarsi per assicurare
il pane quotidiano a coloro che muoiono di fame. E bisogna che questo obiettivo
venga tradotto subito in decisioni politiche. La prima di queste decisioni è di
intervenire dove sono in corso i drammi maggiori.
Rendere quindi subito disponibili i 500 milioni di dollari richiesti per
l'emergenza del Programma Alimentare Mondiale delle nazioni Unite e il miliardo
e mezzo di dollari richiesto dalla Fao. Ma non si può non affrontare nel
contempo il problema politico fondamentale, in modo da invertire l'aspettativa
di ulteriori aumenti dei prodotti alimentari prima che i paesi che hanno
produzione eccedente proibiscano (come hanno già cominciato a fare)
l'esportazione di prodotti alimentari trasformando, con questo, l'attuale crisi
in tragedia mondiale.
I due prossimi grandi appuntamenti internazionali, cioè la riunione della Fao a
Roma e dei G8 in Giappone, debbono diventare il momento di discussione e di
decisione di una nuova politica che fermi i danni dell'attuale politica e che
possa redistribuire al mondo le risorse alimentari di cui ha bisogno.
Non sono decisioni facili, ma bisogna agire perché sia negli Stati Uniti che in
Europa la produzione di carburante in concorrenza col cibo si fermi e gli
incentivi vengano riservati agli studi e alle ricerche necessarie per arrivare
alla produzione di biocarburanti di nuova generazione. Non possiamo più
ammettere che la gente muoia di fame in Africa perché c'è qualcuno negli Stati
Uniti che considera i voti degli agricoltori o dei proprietari terrieri più
importanti della sopravvivenza di milioni di persone. È vero che la politica di
oggi è stata decisa quando si pensava di vivere in un mondo di scarsità
energetica e di eccedenza alimentare. Ma oggi le cose non stanno più così.
È ora quindi di cambiare politica perché i rimedi finora adottati sono peggiori
del male che si voleva curare. Queste sono le politiche serie che la
globalizzazione ci impone e l'Italia non può certo sottrarsi alle sue
responsabilità.
ROMANO PRODI
IL PICCOLO -
DOMENICA, 13 aprile 2008
FERRIERA - Servola investe 5
milioni nel terminal - Il traffico di minerali, carbone e rottame sta
diventando un pilastro economico importante |
|
Balzo dei traffici rinfuse
(+31%). Oltre 82 navi nel 2007 con 1,8 milioni di tonnellate
|
TRIESTE I buoni risultati, in
termini di utili e di produzione, della Ferriera di Servola non riguardano
soltanto la siderugia con la produzione di ghisa, ma in realtà altri
settori. Uno in particolare che ha portato lo stabilimento a diventare
protagonista dei traffici portuali: il terminal rinfuse. L’attività, che era
partita in sordina qualche anno fa, sta raggiungendo volumi inaspettati e
sta consolidando l’importanza di questo ramo d’azienda che ormai è un vero e
proprio pilastro economico. Proprio nel 2007 quando in porto il calo del
petrolio ha trascinato in basso le movimentazioni, a salvare il bilancio dei
traffici è stata proprio la Ferriera con il terminal. Il comparto delle
rinfuse infatti ha segnato un avanzamento del 38,76% con i minerali che
hanno registrato un boom (+318,50%). Ed è qui che è emersa (dati
dell’Autorità portuale) la «forte rilevanza della Ferriera di Servola» con
il terminal che registra un +31,30 di movimentazioni. La stessa
Lucchini-Severstal parla di «importanti volumi di traffico» ed è stata
raggiunta quota 1.800.000 tonnellate movimentate nel 2007 con 82 navi e una
crescita annua del 10%.
Ed è proprio per questo che il gruppo siderurgico ha stanziato per il
terminal circa 5 milioni di euro di investimento. Una parte servirà per la
messa in opera di una terza gru di banchina. Sarà anche consolidata l’area
complessivamente disponibile (345 mila metri quadrati) che ospita magazzini
coperti e piazzali per lo stoccaggio. Sarà rinforzata la banchina che è
lunga 350 metri, il retrobanchina, e saranno rinforzate le capacità di
sbarco «per puntare a ulteriori incrementi dei traffici marittimi».
Lo stesso gruppo Lucchini-Severstal ora ha inserito il terminal rinfuse come
protagonista della «diversificazione strategica dell’attività primaria
(siderurgica) dello stabilimento» e si propone di raggiungere nel 2010
l’obiettivo di 2.400.000 tonnellate di movimentato e stoccaggio di rinfuse
solide di varie tipologie.
Una trentina le persone che operano nel del terminal dopo che la Ferriera è
stato autorizzata ad operare come terminalista dall’Autorità portuale.
L’area è compresa tra il terminal petrrolifero della Siot e lo scalo
legnami: inserita in un punto strategico dello stabilimento che è anche
collegato alla rete ferroviaria, dispone di apposite infrastrutture per la
movimentazione e lo stoccaggio di rinfuse solide varie. Carbone, minerali
ferrosi, materie prime metallurgiche, rottame e ghisa, semiprodotti
siderurgici e materie prime per l’industria del cemento. Materie prime che
non servono soltanto alla Ferriera, ma anche per altri stabilimenti (qui è
nato il nuovo business) ed è per questo che l’azienda ha ottenuto
l’autorizzazione ad operare anche conto terzi.
Il terminal opera 365 giorni all’anno e garantisce tutta una serie di
servizi che vanno oltre alle semplici operazioni portuali: vagliatura delle
rinfuse, condizionamento, distribuzione, pesatura e bollettazione.
Un settore strategico, come è strategico il ruolo della Ferriera per altre
due realtà. La ghisa liquida infatti è fondamentale per la Sertubi, l’unico
produttore italiano di tubi in ghisa sferoidale per il trasporto e la
distribuzione dell’acqua. Ma c’è anche il setttore energetico: lo
stabilimento fornisce il 50% del fabbisogno termico necessario alla centrale
di cogenerazione Elettra che produce energia (170 MW), un quantitativo
paragonabile al fabbisogno energetico di tutta la città di Trieste e che
viene messa in rete. Un’azienda ormai verticalizzata che ha un forte impatto
economico sul territorio: la società versa infatti ogni anno 100 mila euro
di Ici, 10 mila di Tarsu, paga un canone demaniale di 1 milione e 200 mila
euro. Oltre 21 milioni l’ammontare del costo dei salari diretti per non
parlare del valore dell’indotto (fornitura di beni e servizi) e in questo
caso la Ferriera ogni anno spende circa 10,4 milioni di euro.
Giulio Garau |
FERRIERA - Il boom di acciaio
spinge il fatturato: 200 milioni - Lo stabilimento siderurgico di Trieste si
conferma strategico assieme a quello di Piombino |
|
TRIESTE Rallentamento dei
consumi a livello globale conseguenza anche della crisi finanziaria
americana, la maggiore concorrenza dei paesi extra Ue resa ancora più
eclatante dall’indebolimento del dollaro non frenano il ciclo positivo
dell’acciaio e nemmeno i risultati per la ferriera di Servola e il Gruppo
Lucchin-Severstal. Anni d’oro questi per l’acciaio grazie anche al forte
sviluppo di aree come Cina e India e che confermano l’importanza strategica
delle acciaierie in Italia che continuano ad essere un grande business.
Lo ha capito bene il gruppo Severstal che non si è lasciato sfuggire l’acquistio
del Gruppo Lucchini approfittando della poca lungimiranza del nostro paese
nei confronti non solo delle industrie manifatturiere ma soprattutto di
quelle siderurgiche.
nel 2007 la Ferriera di Servola ha confermato la linea di crescita
registrata negli ultimi anni che ha portato il fattuirato 2007 ad oltre 200
milioni di euro rispetto ai 188 del 2006 e ai 176 del 2005.
Il bilancio consolidato del gruppo Lucchini-Severstal invece, sempre per il
2007 si è chiuso con un utile netto di 149,9 milioni di Euro (102,3 milioni
di Euro nel 2006) .
Il gruppo, come sottolinea l’ìillustrazione del bilancio aziendale, presenta
ricavi complessivi di 2746 milioni di euro, superiori di 97,2 milioni
rispetto al 2006.
Il margine operativo lordo consolidato ha registrato un incremento di 15,7
milioni rispetto al 2006, attestandosi a 314,5 milioni.
Nell’esercizio 2007 gli oneri finanziari netti ammontano a 27,7 milioni,
contro i 29,5 milioni di Euro del precedente esercizio e sono scesi in
relazione alla ridotta esposizione finanziaria.
Per quanto riguarda Lucchini spa il bilancio dell’esercizio 2007 si è chiuso
con un utile netto di 46,1 milioni di euro. Il fatturato realizzato nel 2007
è stato di 1368,8 milioni (1255,6 milioni nel 2006) mentre il margine
operativo lordo è arrivato a 136,3 milioni (113,1 nel 2006), pari al 10% del
fatturato.
La gestione aziendale, spiega la stessa Lucchini-Severstal, ha beneficiato
nel primo semestre di «un andamento del mercato dell’acciaio nazionale ed
estero in crescita sia in termini di volumi che di prezzi, risentendo invece
nel secondo semestre del rallentamento dei consumi e di una maggiore
concorrenza dei produttori extra-Ue favorita dall’indebolimento del dollaro.
La produzione di acciaio nel sito di Piombino è stata di 2,1 milioni di
tonnellate mentre in quello di Trieste la produzione è stata di 400 mila
tonnellate di ghisa liquida.
I dipendenti del Gruppo sono stati 6992 unità. A Trieste i dipendenti sono
545. Gli investimenti effettuati per miglioramenti produttivi, ambientali e
per la sicurezza dei lavoratori hanno superato complessivamente i 131
milioni.
Per quanto riguarda il settore della ricerca e sviluppo, fa sapere il gruppo
«sono proseguite le attività finalizzate alla creazione di nuovi prodotti
finiti puntando perciò al miglioramento del mix qualitativo di vendita».
g.g. |
Rifiuti abbandonati, denunce
della Forestale - Multe a due cittadini. A Duino Aurisina effettuate 90
verifiche |
|
Solo a
Sgonico 17 «rilasci»: contro il fenomeno appostamenti e controlli danno i
primi frutti
SGONICO Gli «sporcaccioni» del
Carso, che continuano a imbrattare l’Altipiano disseminando sacchetti
d’immondizia, calcinacci, imballaggi e chi più ne ha più ne metta, hanno le
ore contate. Infatti il potenziamento dei controlli sulle zone a
rischio-discarica abusiva e gli appostamenti mirati a trovare i cittadini
che hanno poco rispetto dell’ambiente sono riusciti già a individuare i
primi colpevoli. Su cui, inevitabilmente, si è abbattuta la scure di salate
sanzioni.
Lo annuncia il responsabile della Stazione forestale di Duino Aurisina Lucio
Ulian: «Le indagini e le perlustrazioni avviate da un mese nell’area di
Sgonico hanno portato alla segnalazione di 17 casi di piccoli rilasci, per
un totale di circa 50 quintali di spazzatura accumulata sul Carso. Tutta,
naturalmente, eliminata in maniera abusiva. Si tratta di abbandoni che, di
per se stessi, possono anche non rappresentare volumi significativi,
tuttavia l’immondizia ha un costo di smaltimento ingente per gli Enti locali
e i relativi bilanci». Va detto che solamente nel Comune di Duino Aurisina
sono stati svolti da gennaio a oggi 90 controlli, cui hanno fatto seguito 25
segnalazioni. A Sgonico, invece, nelle ultime due settimane, si sono avute
17 segnalazioni e sono già stati individuati due cittadini: al primo, che ha
eliminato in maniera non conforme una sacco di nylon contente vari scarti, è
stata comminata la sanzione di 50 euro, mentre per il secondo - come spiega
Ulian - «il cerchio si sta stringendo e, alla fine, l’ammenda sarà più
consistente: ammonterà a 200 euro». In questo caso, infatti, la persona si è
sbarazzata di una serie di rifiuti classificati ingombranti, tra cui «un
paraurti e varie carabattole».
Ma come è stato possibile risalire alla mano che ha materialmente gettato il
sacchetto incriminato? «I cittadini - spiega Ulian - pensano erroneamente
che, solo perchè non sono stati colti sul fatto, la faranno franca. Ma non è
così: la spazzatura, se esaminata con attenzione, rivela sempre degli indizi
importanti, dai quali poi è possibile risalire alla provenienza di chi
l’abbandona».
I controlli, secondo quando afferma il responsabile della Stazione
forestale, sono stati capillari, quotidiani e ripartiti su più fasce orarie.
L’obiettivo della vasta campagna, promossa in coordinamento coi Comuni di
Sgonico e Duino Aurisina, è quello di reprimere un fenomeno in costante
aumento: i microabbandoni di materiali inquinanti. Infatti le piccole
discariche abusive sono cresciute esponenzialmente negli ultimi mesi in
tutta la zona che comprende l’area di Santa Croce e, appunto, i territori di
Duino Aurisina e Sgonico. I piazzali immersi nel verde ma anche le stradine
forestali e le doline più nascoste sono risultati essere i luoghi preferiti
per sbarazzzarsi illegalmente dei rifiuti.
ti.ca. |
Il fumo in auto |
|
Perché non si vieta il fumo
anche in auto? Spesso genitori incoscienti fumano in macchina, annebbiando e
intossicando i figli legati ai sedili posteriori! La sigaretta
all’interno dell’auto è ancora più dannosa del cellulare, ha già
provocato molti incidenti.
Vittorio Grezzi |
MESSAGGERO VENETO -
SABATO, 12 aprile 2008
Rifiuti, ok
alla ricostruzione dell’impianto di Rive - Sarà avviata quest’estate,
entro la fine dell’anno è prevista la ripresa dell’attività
|
|
Il progetto
ha avuto il via libera dal tavolo tecnico riunitosi in Provincia. Cinque
milioni l’investimento per la struttura distrutta dall’incendio del 2006
RIVE D’ARCANO.
Buone notizie sull’attesa rimessa in funzione dell’impianto di selezione
rifiuti di Rive D’Arcano: la ricostruzione delle parti danneggiate
dall’incendio del settembre 2006 sarà avviata quest’estate e si conta di
attivare l’impianto già entro la fine del 2008. |
Il via libera alla ricostruzione
dell’impianto è giunto dalla conferenza tecnica provinciale riunitasi a
palazzo Belgrado, presenti i rappresentanti della Provincia, della Regione,
i referenti degli ordini professionali del settore e del mondo
ambientalista, nonché i tecnici della Comunità collinare. L’impianto avrà
una superficie coperta superiore ai 4.000 metri quadrati e insisterà su
un’area di proprietà della Comunità Collinare di 42.000 mq. Comporterà un
investimento di poco inferiore ai 5 milioni di euro. Disporrà delle
tecnologie più avanzate per il trattamento e la selezione dei rifiuti
provenienti dalle raccolte differenziate. Sarà al servizio dell’intero
bacino provinciale e potrà trattare fino a 100 tonnellate di rifiuti al
giorno. Le caratteristiche tecniche dell’impianto consentiranno di
recuperare per il riciclaggio fino al 90% dei materiali trattati in modo da
ridurre drasticamente la parte residua da conferire in discarica. L’impianto
inoltre sarà dotato dei dispositivi di prevenzione incendio e di
video-sorveglianza più evoluti. Un altro obiettivo è quello di dotare il
sito di un impianto fotovoltaico che consenta la riduzione del consumo di
energia elettrica sempre al fine di abbattere i costi di produzione e di
dare all’impianto stesso un’immagine ad alto contenuto ecologico. «Il via
alla ricostruzione dell’impianto nel corso della riunione presieduta dal
vice commissario Vittorio Tallandini -commenta Lorenzo Cozianin presidente
della Comunità Collinare - è una notizia che ci ripaga dalle molte amarezze
patite a seguito dell’incendio e dei tempi esasperatamente lunghi che
abbiano dovuto sopportare per riappropriarci di un bene e di una funzione
strategici per il Consorzio e per l’intero sistema provinciale dei rifiuti.
La ricostruzione dell’impianto procederà di pari passo con l’attivazione
della raccolta della frazione umida dei rifiuti solidi urbani e della
frazione secca residuale, quest’ultima mediante un servizio porta a porta,
per tutti i 15 comuni consorziati.
Raffaella Sialino |
IL PICCOLO -
SABATO, 12 aprile 2008
Sito inquinato, finanziamenti
garantiti - La prossima settimana la firma tra Regione e ministero
dell’Ambiente |
|
La giunta
Illy ha autorizzato l’assessore Moretton alla sigla dell’intesa con Roma
dopo le verifiche degli uffici |
L’assessore
Cosolini: «Adesso inizia la fase più importante per recuperare le aree» |
L’accordo di programma fra
Regione e ministero dell’Ambiente, sulla messa in sicurezza e
la bonifica del Sito inquinato di interesse nazionale, sarà firmato la
prossima settimana.
L’autorizzazione alla firma è stata deliberata ieri mattina dalla giunta
regionale, nell’ultima seduta di questa legislatura, dopo che gli uffici
della Regione hanno esaminato nei minimi dettagli (dando parere favorevole)
il documento, pervenuto una ventina di giorni fa, con cui il ministero ha
messo per iscritto il proprio impegno a stanziare oltre 61 milioni di euro,
dei 122 previsti dall’accordo.
A siglare l’intesa sarà, su mandato della giunta, l’assessore regionale
all’Ambiente Gianfranco Moretton. Già ieri gli uffici dell’assessorato si
sono messi in contatto con il ministero, per esaminare la possibilità che il
direttore generale Gianfranco Mascazzini venga a Trieste nei prossimi
giorni, appunto per l’attesa sigla. Da ambienti ministeriali la firma viene
comunque data per certa entro la prossima settimana.
«L’importante è che l’accordo si firmi – commenta l’assessore regionale al
Lavoro, formazione e ricerca, Roberto Cosolini – perchè con esso si pone un
decisivo punto fermo, dal quale inizia un lavoro, che non sarà né facile né
breve, per la soluzione del problema del Sito inquinato. Con questa intesa,
ampiamente condivisa – aggiunge – si sono poste le premesse per iniziare a
lavorare. Adesso tutti gli enti coinvolti nell’accordo devono rimboccarsi le
maniche perchè si entra nella fase più complessa».
E il fatto che la prossima settimana si conoscerà l’esito delle elezioni
regionali non dovrebbe costituire un ostacolo alla firma. «E’ un atto
esecutivo, di normale amministrazione – spiega Cosolini – e quindi finchè
l’attuale giunta è in carica la firma può tranquillamente avvenire».
Quanto agli altri enti interessati all’accordo (i Comuni di Trieste e Muggia,
la Provincia, l’Ezit e l’Autorità portuale) non è ancora stato deciso se
saranno chiamati a siglare l’intesa contestualmente a Regione e Ministero, o
se potranno farlo separatamente, posto che tutti i rispettivi consigli hanno
dato il via libera da tempo.
Un dato è certo: anche se l’accordo dovrà passare al vaglio della Corte dei
conti (cosa che richiederà una ventina di giorni), gli uffici dei vari enti
potranno iniziare a operare subito dopo la sigla. Lo precisano fonti
ministeriali, rilevando l’urgenza della predisposizione del bando di gara
per la progettazione della messa in sicurezza delle falde acquifere che
percorrono il Sito inquinato, oltre a quella di avviare le caratterizzazioni
di nuove aree.
Proprio in tema di caratterizzazioni, in questi giorni l’Ezit sta
selezionando le imprese che verranno invitate a partecipare alla gara per la
caratterizzazione e le analisi dei terreni di un’area di 180 mila metri
quadrati, nella parte nord della Valle delle Noghere, in cui è insediata una
settantina di aziende. Entro i termini per la preselezione, scaduti una
decina di giorni fa, ben 32 imprese hanno inviato la manifestazione di
interesse per partecipare alla gara d’appalto, il cui bando sarà pronto
prima della fine del mese.
Tornando all’accordo, il quadro finanziario è completo già da una ventina di
giorni, dopo che il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio ha firmato la
direttiva che ha assegnato 50 milioni di euro per gli interventi nel Sito
inquinato.
Su un totale di oltre 122 milioni di euro previsti dall’accordo, a carico
del ministero dell’Ambiente ce ne sono 61,3: di questi 50 saranno attinti
dalla risorse programmatiche e 11,3 dal programma nazionale di bonifica e
ripristino ambientale.
La Regione dovrà invece sborsare 59,3 milioni (inseriti nella programmazione
unitaria 2007-2013), mentre i restanti 2 milioni dovrebbero essere a carico
dell’Ezit.
In una fase successiva, e al momento ancora da definire, ulteriori fondi
saranno stanziati dal ministero dello Sviluppo economico, in seguito al
decreto Bersani, per «il recupero economico produttivo dei siti industriali
inquinati». Il via libera è stato dato una settimana fa dal Cipe, che ha
sbloccato il trasferimento di 450 milioni di euro per le aree inquinate del
Centro Nord, senza però precisare la ripartizione di questo ingente
stanziamento fra i numerosi siti inquinati di interesse nazionale.
Giuseppe Palladini |
Comunanza agraria,
Agricoltori e Coldiretti azzerano le Zone di protezione ambientale |
|
Vinto al Tar
il ricorso contro la Regione che attivatasi in ritardo per evitare multe non
li aveva interpellati
OPICINA «Non possiamo usare il
territorio solo evitare sanzioni comunitarie o per imporre direttive. La
sentenza del Tar sull’annullamento delle aree protette imposte sul Carso
triestino e isontino dalla Regione in osservanza alle direttive Europee,
dimostra che senza i regolamenti, il coinvolgimento di chi vive su queste
aree e gli opportuni piani di gestione non si va troppo lontano». Così Marco
Leghissa, presidente della Comunanza agraria, commenta quella sentenza
depositata ieri dal Tribunale amministrativo regionale per la quale vengono
annullate le Zone di Protezione speciale (Zps), i Siti d’importanza
comunitaria (Sic) e le Important Bird Area (Iba) nella parte relativa a una
serie di aree del Carso triestino e isontino.
Due i ricorsi (di cui il primo superato dal secondo per difetto d’interesse)
inoltrati al Presidente della Repubblica contro la Regione rispettivamente
nel 2006 e nel 2007 dalla citata Comunanza agraria assieme all’Associazione
agricoltori, alla Coldiretti e a altri operatori del territorio. Il gruppo
di ricorrenti aveva aderito a tali ricorsi per tentare la revoca dei quelle
delibere regionali n. 29 e n. 217 per effetto delle quali le Zone di
protezione speciale sul Carso venivano ulteriormente ampliate. Un
provvedimento che la Regione aveva prodotto per dare definitiva esecuzione a
quella sentenza della Corte di giustizia della Comunità europea del marzo
del 2003 che andava a riferirsi alla condanna della Repubblica Italiana per
non avere classificato in misura sufficiente le aree protette utili alla
conservazione dei volatili, come prescritto dalla direttiva Iba. La sanzione
veniva poi scaricata dal Ministero per l’ambiente in base al principio di
sussidiarietà alle Regioni inadempienti, tra le quali la Friuli Venezia
Giulia. Questa provvedeva in tempi ristretti a determinare le nuove Zone
protette per evitare le pesanti sanzioni (multa oscillante tra 11.904 euro e
714.240 euro per ogni giorno di mancato adempimento, nonché sanzione
forfettaria non inferiore a 9.900.000 euro) previste dalla Comunità europea.
Su tale procedimento la Comunanza agraria e le altre associazioni di
categoria predisponevano ricorsi. «Le delibere regionali – spiega Marco
Leghista – ponevano vincoli alle proprietà pubbliche in misura minima,
mentre le Zps andavano ad abbattersi in particolare sui privati e le
Comunelle. Noi ci siamo opposti perché nelle procedure effettuate è mancata
del tutto un’adeguata informazione e un idoneo sistema partecipativo tra i
diversi attori presenti sul territorio». «Il nostro ricorso straordinario –
aveva affermato a suo tempo il segretario dell’Alleanza contadina Edi
Bukavec – è stato inoltrato perché la Regione ha violato la legge sulla
trasparenza e visibilità. Nell’adozione di quelle delibere per le nuove Zps
è mancato completamente la concertazione con la popolazione del Carso e i
suoi rappresentanti. Un’infrazione grave, perché quando si toccano interessi
generali, la consultazione risulta obbligatoria».
Nell’esaminare la questione, il Tar ha dato ragione ai ricorrenti
accogliendo il ricorso straordinario. «Cadono dunque le Zone protette
determinate in fretta e furia dalla Regione per evitare le multe da
Bruxelles – commenta Leghista – e dunque si torna al regime precedente.
L’Ente dovrà ovviamente chiedere una moratoria all’Europa per evitare le
pesanti sanzioni. Ma nel ridisegnare le aree da tutelare, credo dovrà
necessariamente riprendere assolutamente il dialogo con chi vive e
rappresenta il territorio».
Maurizio Lozei |
Le acque croate le più pulite
del Mediterraneo - Nel 2007 oltre 200 campionamenti. A Fiume, Ragusa e
Spalato necessari però tre interventi antinquinamento |
|
FIUME Le acque croate dell’
Adriatico sono pulite e risultano a rischio balneazione solo in poche,
ristrette aree, che riguardano i comuni di Fiume, Spalato e Ragusa.
È quanto emerge dalle analisi della qualità delle acque marine, compiute nel
2007 e i cui risultati sono stati presentati a Zara, nel corso di un
convegno promosso dal ministero dell’Ambiente e dalla regione zaratina.
L’anno scorso i punti di campionamento da Salvore a Ragusavecchia sono stati
881, con i prelievi che hanno confermato un’alta o medio-alta qualità delle
acque di mare nel 98,6 per cento dei casi. Per l’esattezza, i campionamenti
hanno permesso di appurare che il 78,13 per cento delle aree monitorate è di
ottima qualità, mentre nel 20,51 per cento dei casi si è trattato di acque
adatte alla balneazione. Soltanto due i cosiddetti punti neri, di cui uno
sta ancora affliggendo le competenti autorità da più di due anni. Si tratta
del braccio di mare antistante l’ ex albergo Park a Fiume, dove la
balneazione è vietata per la presenza di acque fognarie. Tutti i tentativi
di risalire alla fonte dell’ inquinamento sono finora risultati vani e
dunque resta in piedi l’ipotesi che un segmento di fognatura si sia rotto
dopo il brillamento di cariche esplosive, nell’ ambito della costruzione del
megacentro commerciale a Pecine.
L’altra macchia nera ha riguardato l’antica Ragusa: a causa del
danneggiamento della rete fognaria, per mesi le acque fecali si sono
riversate in mare nella zona sottostante l’albergo Libertas Rixos. Fino a
quando non si è provveduto a riparare il guasto, le autorità non hanno
permesso a ragusei e turisti di fare una nuotatina in questo specchio di
mare.
Per quanto attiene all’Istria, nel 2007 sono state campionate le acque in
202 punti. Le analisi hanno dato il seguente responso: 55 zone di alta
qualità e 147 in cui si poteva fare un bagno senza temere per la propria
salute.
Così invece il Quarnero: 101 punti con acque di ottima qualità, 130 adatti
alla balneazione e una zona moderatamente inquinata.
In riferimento alla Regione di Spalato, va detto che sono state evidenziate
nove zone con moderato tasso d’inquinamento.
Più che discreti i risultati nelle Contee di Zara, Sebenico e Ragusa, mentre
il quadro migliore è stato rilevato nella Contea della Lika e di Segna. Dei
49 siti campionati, 46 hanno fatto registrare acque sanissime e nei
rimanenti 3 è stato registrato un mare in buono stato di salute. Secondo gli
addetti ai lavori, i criteri croati nel campionamento delle acque marine
sono per alcune parti ancora più rigorosi di quelli in vigore nel resto
d’Europa. In tal senso va fatto l’esempio dell’Adac, la società auto–moto
tedesca, secondo la quale il bacino croato dell’Adriatico è tradizionalmente
il più pulito in tutto il Mediterraneo.
A. M. |
ISTRIA - il Partito dei Verdi
attacca la Rockwool: «Inquina, va chiusa» - Lo fabbrica in funzione a
Sottopena |
|
POLA Il Partito dei Verdi chiede
la chiusura e lo smantellamento della fabbrica di lana di roccia della
Rockwool costruita nella piana di Sottopena. Lo ha reso noto il presidente
del partito Josip Anton Rupnik, spiegando i motivi della richiesta. Ha
parlato di tecnologia dannosa per l'ambiente e la salute della popolazione
locale, di numerose irregolarità nella costruzione della struttura, del
discutibile studio d'impatto ambientale e delle gravi ripercussioni sull'
agriturismo nella zona. Matilda Ilic, dell'associazione «Terra nostra» ha
fatto un confronto con una fabbrica simile aperta in Texas nel 1950 e chiusa
37 anni dopo.Ebbene in quell'area, ha detto, sono notevolmente aumentati di
casi di malattie cardiovascolari e quelli di tumore. Favorevoli allo
smantellamento della Rockwool, venuta a costare 75 milioni di euro e chiusa
da alcuni mesi causa la violazione delle norme ecologiche, anche alcuni
attivisti del Comitato croato di Helskinki intervenuti a un incontro stampa
secondo i quali ora dovrebbe entrare in scena la Procura di stato e spiccare
le prime denunce. Pesanti critiche sono state avanzate anche contro l'
amministrazione comunale e regionale accusate di aver spalancato le porte al
capitale straniero calpestando gli interessi e la salute della popolazione
dell'area.
p.r. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 11 aprile 2008
Ferriera, piano di
investimenti per 18 milioni - Stanziata la prima tranche per il
risanamento ambientale. Il gruppo vuole restare a Trieste |
|
La
Lucchini-Severstal avvia l’ammodernamento degli impianti e la
ristrutturazione dello stabilimento
TRIESTE Diciotto milioni di euro
nel biennio 2008-2009. Sono gli investimenti che il gruppo
Lucchini-Severstal ha deliberato per la Ferriera di Servola: una parte di
questi serviranno per gli impianti di controllo e monitoraggio ambientali,
ma si tratta in realtà solo di una prima tranche. Per il risanamento
ambientale e il rispetto delle prescrizioni dettate dalla Regione, che
rilascia l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), infatti il Gruppo ha
in previsione un’altra grossa fetta di investimenti che verranno messi nero
su bianco a breve.
Intanto si parte con questi
primi 18 milioni che confermano in maniera tangibile la volontà del gruppo
Lucchini-Severstal di mantenere l’attività produttiva a Trieste, ma nel
contempo confermano anche la decisione di adottare tutte le misure possibili
per contenere emissioni ed inquinamento migliorando la qualità dell’aria sia
dentro che fuori del sito ptroduttivo.
Lo stabilimento di Servola dal punto di vista industriale infatti sta
marciando a pieno regime e la stessa Lucchini-Severstal fa sapere che sono
stati raggiunti «ottimi risultati», tutti superiori rispetto al programma
previsto. Compresa la riduzione di fumi, emissioni e di diossina
dall’impianto di agglomerazione dissequestrato recentemente dalla Procura.
Nel mese di marzo infatti sono state prodotte dall’impianto di
agglomerazione quasi 48 mila tonnellate di sinter (un agglomerato speciale
di minerali) oltre a 35 mila tonnellate di gisa liquida e quasi 28.500
tonnellate di ghisa in pani e oltre 35 mila tonnellate di coke.
«Un risultato in linea con la crescita registrata negli ultimi anni –
commenta Francesco Rosato, direttore dello stabilimento e consigliere
delegato della Servola spa – che ha portato il fatturato 2007 ad oltre 200
milioni di euro rispetto ai 188 del 2006 e ai 176 del 2005».
La Ferriera va bene, ma altrettanto bene va anche il Gruppo
Lucchini-Severstal che ha chiuso il 2007 con un utile netto di 149,9 milioni
di euro contro i 102,3 del 2006 . Il Gruppo presenta ricavi complessivi di
2746 milioni di euro con un balzo di 97,2 milioni rispetto al 2006. Merito
certamente del ciclo positivo del mercato dell’acciaio nazionale ed estero
in crescita sia in termini di volumi che di prezzi, Solo nel secondo
semestre si è avuto un rallentamento dei consumi e di una maggiore
concorrenza dei produttori extra-Ue favorita dall’indebolimento del dollaro.
Ben 6992 i dipendenti complessivi del Gruppo Lucchini-Severstal.
Lo stabilimento di Servola impiega attualmente 545 dipendenti e ben il 94%
di questi sono locali. Solo il 6% arriva da fuori Trieste, per la gran parte
dai vicini paesi dell’Est Europa, in maggioranza di età tra i 31 e i 41
anni. Il gruppo Lucchini per Servola annuncia di aver avviato già l’anno
scorso «una politica di rinnovamento e sviluppo delle risorse umane».
Nel corso del 2007 sono state assunte 46 persone nuove, dall’inizio del 2008
ne sono state inserite altre 8. «Da aprile sono previsti altri 10 nuovi
inserimenti – annuncia Rosato – nelle aree di manutenzione ed esercizio
degli impianti che saranno assunte dopo una valutazione delle conoscenze
tecnico-professionali». Il gruppo siderurgico, come concordato con i
sindacati, punta soprattutto sulla sicurezza.
Ma ecco, nel dettaglio, cosa prevede il piano di investimenti 2008-2009. Aia
a parte (che ha un piano finanziario tutto suo) stanno proseguendo le
attività che riguardano i progetti impiantistici ambientali e lo sviluppo
del piano di monitoraggio e controllo. Costo previsto 4 milioni di euro. la
società ha poi programmato «investimenti significativi» in diverse aree
dello stabilimento per un totale di circa 7 milioni.
Tra le iniziative previste entro il 2009 poi c’è l’avvio di un processo di
automazione delle macchine del reparto cokeria., la pavimentazione dei
piazzali interni dello stabilimento, la sostituzione degli impianti di
trattamento delle acque, la realizzazione di una serie di interventi edili
di riqualificazione e la messa in opera di una terza gru di banchina al
terminal rinfuse. Investimenti totali: 5 milioni di euro.
«Importante ancora – aggiunge Rosato – l’avvio di un piano triennale
2008-2010 di recupero degli scarti di lavorazione e smaltimento rifiuti per
un valore complessivo di 6 milioni. Per sostenere infine la crescita
aziendale con il supporto di collaboratori motivati e soddisfatti è in fase
di avvio il progetto ”qualità ambientale di lavoro” (valore 2,5 milioni) che
nel corso dei prossimi 18 mesi ci consentirà di migliorare la vivibilità
negli spazi comuni e negli ambienti sociali e di lavoro dello stabilimento
di Servola».
Il prossimo biennio si annuncia decisivo per la Ferriera di Servola: il
Gruppo Lucchini-Severstal ha in programma anche l’avvicendamento dei due
altoforni per attuare tutta una serie di interventi di manutenzione
straordinaria sul sistema di caricamento, ma anche sull’impianto di
raffreddamento, sui rivestimenti refrattari interni. Ma altri interventi
saranno realizzati sugli impianti ausiliari con l’obiettivo di migliorare
l’efficienza del processo per ridurre il consumo dei combustibili. Segnali
precisi della Lucchini-Severstal per dire che il gruppo resta a produrre a
Trieste.
Giulio Garau
Cokeria: è la più
produttiva d’Europa - Grazie alla regolarità della produzione
l’impianto che occupa 106 persone rende quasi il 95% |
|
Tagliate
le diossine dell’agglomerato: 100 contro un limite di 400 |
TRIESTE Sono quattro i cuori
pulsanti dell’attività industriale siderurgica della ferriera di
Servola. La cokeria, l’impianto di agglomerazione, l’altoforno e la
macchina a colare. Ed è proprio la cokeria il reparto in cui inizia il
percorso della produzione, un impianto che produce minerale non solo per
lo stabilimento ma anche per gli altri del gruppo. Nel mese di marzo
sono state prodotte oltre 35 mila tonnellate dalla cokeria che impiega
attualmente 106 persone tra operai e impiegati. Un risultato «molto
positivo» sottolinea l’azienda «raggiunto anche grazie alla regolarità
della produzione»: 94,8% prossima all’obiettivo del 95%, dato questo che
pone l’azienda gestita dal gruppo Lucchini-Severstal tra le migliori
cokerie d’Europa.
L’impianto di agglomerazione invece produce ogni anno circa 525 mila
tonnellate di sinter, un agglomerato di minerali di ferro che serve alla
produzione della ghisa e vede impegnate 45 persone su tre turni
continuativi di 8 ore ciascuno. Nonostante i problemi sollevati dal
punto ambientale (l’impianto è stato sequestrato e dissequestrato)
l’azienda fa vnotare che è «uno tra i migliori esistemnti a livello
europeo per contenimento delle emissioni di diossine». I valori
raggiunti sono inferiori a 100 TEQ picogrammi/Nm3 quando i limiti
imposti dalla Regione sono i più restrittivi d’Italia e pongono come
limite massimo 400 TEQ picogrammi/Nm3.
Un risultato, spiega ancora il gruppo Lucchini-Severstal, «grazie
all’adozione delle migliori tecnologie di abbattimento oggi
disponibili».
La ghisa prodotta dall’altoforno invece raggiunge invece le 400 mila
tonnellate l’anno. Il reparto occupa 72 persone tra operai e impiegati,
è un’impianto che non si ferma mai, è in funzione 24 ore su 24 per 7
giorni alla settimana. I, clienti sono le acciaierie che acquistano la
ghisa in pani e le fonderie di ghisa. A marzo sono state prodotte quasi
25.500 tonnellate di ghisa in pani, un valore superiore al programma.
Chiude il ciclo produttivo siderurgico la machina a colare. È l’impianto
in cui avviene lz solidificazione della ghisa liquida: a budget 2008 è
prevista la produzione di circa 330 mila tonnellate di pani nelle
diverse qualità (affinazione, ematite e sferoidale). L’impianto occupa
25 persone.
g.g. |
|
I residenti: no al traffico
limitato in via del Toro - Il timore è che la strada diventi un’area
di carico e scarico: meglio la chiusura totale |
|
Richiesta la chiusura del
tratto stradale alle stesse condizioni di viale XX Settembre senza alcuna
deroga tranne che per i mezzi d’emergenza
Abitanti ed
esercenti scrivono al Comune invocando chiarezza sulla prevista
pedonalizzazione e avanzando nuove proposte
Chiarire la situazione degli
interventi di pedonalizzazione previsti per via del Toro al più presto,
ascoltando le proposte dei cittadini che operano a vario titolo nella zona e
degli abitanti della via.
È questa la richiesta di una ventina di commercianti, residenti e titolari
di uffici della strada che nelle scorse settimane hanno firmato una lettera,
con richieste specifiche riguardanti la zona, consegnata qualche giorno fa
all’assessorato alla viabilità e al traffico. Il foglio è stato firmato da
varie attività, tutte presenti nella via, e da alcuni proprietari di
appartamenti che si affacciano sulla stessa strada. Nel documento presentato
al Comune il gruppo di cittadini chiede lo stralcio dell’accordo verbale
della zona a traffico limitato che, secondo i firmatari, rappresenta una
scelta dannosa tanto per le attività commerciali della via quanto per i
residenti, che temono il rischio di vedere trasformata la via in un
parcheggio di carico e scarico continuo da parte dei fornitori delle
attività commerciali del viale.
Nella lettera viene richiesta anche la chiusura della strada alle stesse
condizioni di viale XX settembre, senza deroga per nessuno tranne che per i
mezzi di emergenza. I cittadini chiedono anche la creazione di un’area di
carico e scarico nei primi quindici-venti metri della via e, dopo questa
zona, il posizionamento di alcuni paletti o panettoni di cemento per evitare
l’entrata di auto o camioncini e la conseguente trasformazione del tratto in
un punto di sosta abituale per i mezzi di chi serve gli esercizi e i locali
della zona. I commercianti in particolare chiedono all’assessorato alla
viabilità e al traffico che la via non diventi una sorta di sfogo per il
resto dei negozianti di tutto il rione, con i disagi inevitabili che ne
potrebbero derivare.
Tutti i firmatari comunque, sia esercenti che residenti, chiedono
chiarimenti al Comune in seguito all’ipotesi annunciata nei giorni passati
dall’amministrazione. Dopo una riunione svolta circa tre settimane fa,
insieme all’assessore competente Maurizio Bucci, nessuna comunicazione
ufficiale è giunta a chi abita o lavora nella zona e quindi i cittadini
chiedono ci sia l’opportunità che la richiesta, effettuata tramite il
documento, possa venir considerata e che soprattutto sia reso noto in tempi
brevi il futuro della via. «Speriamo di poter vedere realizzata la chiusura
della via per il bene della collettività e non per quella di pochi»
concludono i firmatari nella lettera, che aspettano una risposta dal Comune
o un nuovo incontro in cui discutere i termini del possibile cambiamento
dell’assetto della strada.
Micol Brusaferro |
Registi in erba alla «Caprin»
- Concorso Videocinema&scuola di Pordenone riservato agli studenti -
La terza A vince con un filmato sull’ambiente |
|
Non è la
prima volta che questa classe ottiene importanti riconoscimenti: l’anno
scorso ha ricevuto un premio nazionale tra oltre mille scuole
La classe III A della scuola
media «Caprin», guidata dal professor Dario Gasparo, è stata premiata a
Pordenone al concorso internazionale Videocimena&scuola per la realizzazione
di un video su un progetto finalizzato alla salvaguardia ambientale. Il
video di 11 minuti sintetizza un gran lavoro sul campo, alternando
interventi di esperti di fama a spiegazioni da parte degli alunni.
Al concorso internazionale hanno partecipato 165 opere realizzate da 5000
studenti provenienti da 31 province italiane e perfino dall’Ungheria. Alcune
sezioni erano dedicate a studenti universitari e a studenti delle medie e
delle superiori, ma la «Caprin» ha vinto un premio speciale, con questa
motivazione: «Il documentario presenta in modo puntuale e ricco gli aspetti
naturalistici fondamentali della Val Rosandra. La presentazione segue sia
una traccia topografica al seguito delle escursioni dei ragazzi, sia una
traccia cronologica dell’itinerario alla scoperta della valle, presentando
gli aspetti naturali e paesaggistici nelle diverse stagioni dell’anno. Le
immagini, di buona fattura, riescono a combinare l’aspetto descrittivo e
narrativo, suscitando interesse e curiosità nell’ascoltatore. Alla voce del
narratore si alternano le voci dei ragazzi che introducono e presentano
brevemente le caratteristiche storiche e naturali dell’itinerario da loro
stessi affrontato. Un montaggio efficace permette di visionare anche gli
approfondimenti tematici svolti dai ragazzi attraverso visite ai musei
cittadini e interviste ad esperti di alpinismo, botanica, speleologia,
storia, ecc…, garanzia di un lavoro interdisciplinare prolungato e
qualificato».
Agnese, Andrea, Christofer, Davide, Denny, Ermes, Irene, Luca, Mara, Matteo,
Michela, Michele, Moreno, Sara, Simone, Stefania, Suzana, Teresa e Valentina
non sono nuovi a questo genere di successi: due anni fa con un filmato sulle
aree protette hanno vinto un concorso regionale cui hanno partecipato 2000
studenti, lo scorso anno ne hanno vinto un altro realizzato sugli animali
presenti in regione e, sempre lo scorso anno, hanno vinto un concorso
nazionale fra più di mille scuole da tutta Italia, realizzando un
cortometraggio, un poster e uno slogan sul tema della sana alimentazione:
quest’ultimo è valso ai ragazzi un soggiorno premio di una settimana in
Puglia, a Vieste. |
Discariche, la Corte europea
condanna l’Italia - Applicata male la direttiva. Pecorario Scanio:
violazioni ereditate dal precedente governo |
|
La sentenza
rileva anche un pesante ritardo: il decreto che recepisce le norme Ue è del
2003 mentre il termine scadeva nel 2001
ROMA Italia ancora sotto i colpi
dei rifiuti. Questa volta l'emergenza non sono i sacchetti per le strade ma
una condanna della Corte di Lussemburgo per aver applicato tardi e male la
direttiva sulle discariche.
«Errori ereditati già sanati da una norma», ha detto il ministro
dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. «Anche in questo caso - ha aggiunto
- abbiamo operato per ridurre le violazioni delle norme comunitarie
ereditate dal precedente governo. Non è un caso che in questi due anni
abbiamo ridotto del 30% le infrazioni comunitarie che incombevano
sull'Italia in materia ambientale».
E scoppia la polemica: «La condanna della Corte europea di giustizia sui
rifiuti certifica la responsabilità del governo Berlusconi e dell'ex
ministro dell'Ambiente Matteoli», ha rilevato Angelo Bonelli, capogruppo dei
Verdi alla Camera ed esponente della Sinistra Arcobaleno. Pronta la replica
del presidente dei senatori di An e capolista del Pdl in Toscana per il
Senato, Altero Matteoli: «Bonelli chieda conto a Prodi per la condanna».
Sul tavolo una questione tecnica tra vecchie e nuove discariche e il termine
del recepimento della normativa. In sostanza il decreto legislativo italiano
di recepimento della direttiva risale al 2003, mentre il termine di
trasposizione della normativa comunitaria era scaduto il 16 luglio 2001.
Il decreto, ricorda la Corte nella sua sentenza, prevede che le regioni
debbano elaborare un programma per la riduzione di rifiuti biodegradabili
presenti nelle discariche e fissa anche le scadenze da rispettare per la
riduzione graduale dei rifiuti che finiscono in discarica. Indica inoltre
regole per il trattamento degli impianti già esistenti stabilendo regole per
il loro adeguamento.
Il rilievo è che a seguito della trasposizione tardiva della direttiva il
trattamento applicato, nell'ordinamento italiano, alle discariche
autorizzate tra il 16 luglio 2001 e il 27 marzo 2003 è stato quello
riservato alle discariche preesistenti e non quello, più rigoroso, previsto
per le discariche nuove.
Prima della sentenza e per superare la procedura d'infrazione 2003/4506, che
ha dato origine alla sentenza stessa, il governo ha introdotto quindi in un
decreto-legge, approvato nel Consiglio dei ministri del 1° aprile scorso,
una norma che prevede una disciplina specifica per le discariche autorizzate
fra il 16 luglio 2001 e il 27 marzo 2003 e per quelle per i rifiuti
pericolosi, e viene così a cadere quel regime di indistinta equiparazione
tra tutte le discariche preesistenti al marzo 2003 contenuto nel decreto n.36/2003
che, secondo la Corte di giustizia, si pone in contrasto con la diversa
disciplina che la direttiva assegna alle discariche per i rifiuti pericolosi
e a quelle autorizzate prima della sua entrata in vigore. |
Il Comune di Capodistria e
220 privati cittadini denunciano la Kemiplas e chiedono la chiusura |
|
La direzione
dell’industria chimica replica: «Ci è stata revocata la licenza per la
costruzione di un depuratore»
CAPODISTRIA Il comune di
Capodistria, insieme a 220 privati cittadini, ha presentato denuncia contro
la fabbrica di prodotti chimici «Kemiplas» di Villa Decani, chiedendo la
immediata sospensione della produzione e la chiusura definitiva
dell'impianto.
È l'ultimo atto della pluriennale battaglia degli abitanti del luogo e della
municipalità di Capodistria contro quella che è stata già definita la
«fabbrica dei veleni». La causa contro la «Kemiplas», ha spiegato il
rappresentante legale del comune di Capodistria, l'avvocato Franci Matoz, è
basata sul presupposto che la popolazione locale non può essere costretta a
sopportare le emissioni tossiche, anche nel caso in cui queste non superano
ufficialmente i limiti consentiti dalla legge.
E la «Kemiplas» comunque, in questo momento, non dispone del certificato
europeo per il trattamento di sostanze chimiche pericolose per la salute,
chiesto per tempo dalla direzione della fabbrica ma non ancora rilasciato
dall'Agenzia slovena per l'ambiente.
Nel 2005, ha ricordato ancora l'avvocato Matoz, le misurazioni del livello
di inquinamento erano sì entro i limiti tollerati dalle norme, ma solo
perché la fabbrica, al momento delle rilevazioni, aveva opportunamente
ridotto il livello di produzione. La denuncia presentata, e supportata dalle
firme di oltre 200 abitanti di Villa Decani, è articolata sostanzialmente in
tre parti: la prima riguarda l'inquinamento dell'aria, la seconda la
contaminazione dell'acqua, la terza lo stoccaggio delle sostanze tossiche.
La direzione della «Kemiplas» ha replicato alle accuse tramite un comunicato
stampa. È vero, sostengono i dirigenti dell'impresa, che gli abitanti hanno
diritto di vivere in un ambiente pulito: la fabbrica fa il possibile per non
danneggiarli. Contemporanamente segnalano però che esiste anche il diritto
costituzionale alla libera impresa.
Per garantire un ambiente pulito la fabbrica ha chiesto da tempo la licenza
edilizia per la costruzione di un depuratore, si legge ancora nel
comunicato, ma un ricorso della popolazione locale e dello stesso comune di
Capodistria ha sospeso la validità della licenza già rilasciata.
Per questo motivo, spiegano alla «Kemiplas», non hanno potuto costruire il
depuratore. La battaglia tra gli abitanti e la direzione della fabbrica dura
ormai da anni, ma la produzione, di fatto, non è mai stata sospesa,
nonostante le continue richieste della popolazione e delle autorità
comunali.
Uno dei principali prodotti della «Kemiplas», è l'anidride dell'acido
ftalico, sostanza che viene usata nella sintesi di altri prodotti chimici
come coloranti, insetticidi, plastificanti e farmaci.
L'intera produzione, 30.000 tonnellate all'anno, viene esportata in Austria,
Germania, Croazia e Italia. |
A Lussingrande l’aria è più
pulita di 15 anni fa |
|
FIUME Ottimi i risultati dei
rilevamenti della qualità dell’aria a Lussingrande effettuati dall’Istituto
per la salute pubblica della Regione litoraneo-montana. Per un anno sono
state rilevate le concentrazioni di zolfo, piombo e azoto nell’aria e
l’acidità della pioggia. E’ risultato così che a Lussingrande l’aria e’ più
pulita rispetto a 15 anni fa. |
LA REPUBBLICA -
GIOVEDI', 10 aprile 2008
Nasce in Puglia
l'Italia ad idrogeno - Con Rifkin per l'energia pulita - Dal prossimo mese parte
la costruzione di cinque distributori di idrometano
Il profeta americano
della rivoluzione industriale "verde" è a Roma per presentare un progetto della
Regione con il ministero dell'Ambiente
ROMA - "Questo è un grande
momento per l'Italia: adesso l'obiettivo idrogeno è più vicino. Nascerà una rete
di energia diffusa che alleggerisce il peso del trasporto, l'impatto inquinante
e la bilancia commerciale. Si potrà viaggiare leggeri, con un carburante
regalato dal sole e dal vento". Jeremy Rifkin, il profeta della rivoluzione
industriale verde, è a Roma per presentare un progetto messo a punto in tre anni
grazie ai 5 milioni di euro investiti dal ministero dell'Ambiente e dalla
Regione Puglia e al contributo tecnico dell'Università dell'idrogeno. Il
prossimo mese partirà la costruzione di cinque distributori di idrometano, una
miscela composta dal 70 per cento di metano e dal 30 per cento di idrogeno. In
ogni provincia della Puglia sarà così possibile fare il pieno scegliendo fra tre
opzioni: idrogeno puro, idrometano e metano.
In Italia circolano 600 mila auto a metano: almeno quelle omologate negli ultimi
due anni possono utilizzare la nuova miscela senza dover fare alcun intervento
sul motore e senza controindicazioni sul piano della sicurezza secondo le
relazioni tecniche preparate dall'Università di Pisa e dai vigili del fuoco.
Questa scelta inoltre consentirà di abbattere le emissioni inquinanti del 20 per
cento e di guadagnare in potenza.
Nel mondo esistono una quindicina di distributori di metano per automobili, ma
la filiera dell'idrogeno pulito, quello ottenuto da fonti rinnovabili, sta
nascendo in Italia. E anche per l'idrometano è un debutto su scala mondiale.
Particolarmente importante perché l'idrogeno ha una doppia funzione: fa da
accumulatore, perché permette di immagazzinare l'energia che viene dal sole, dal
vento, dalle biomasse, dall'acqua, e da vettore per il settore dei trasporti, un
settore che in Italia è basato per oltre il 96 per cento sul consumo di prodotti
petroliferi.
Daremo a tutti la possibilità di fare il pieno con una miscela a base di
idrogeno", continua Rifkin, "e costruiremo anche un servizio pubblico di taxi
basato sul sistema idrogeno, fuel cell, motore elettrico. Le auto pubbliche a
idrogeno aspetteranno i loro clienti negli aeroporti pugliesi e, visto che in
ogni città ci sarà un distributore a idrogeno, potranno fare il pieno su tutto
il territorio regionale e tornare alla base. Voglio sottolineare che tutto
l'idrogeno utilizzato sarà ricavato dall'acqua utilizzando fonti rinnovabili
locali.
E' questa la terza rivoluzione industriale: un modello di energia pulita e
decentrata che segue il modello flessibile del web. Come le informazioni,
l'energia deve essere presa e data in milioni di luoghi, in tutto il mondo,
creando un sistema più democratico, più sicuro e più affidabile. Non è un sogno
utopico: in Puglia abbiamo dimostrato che si può partire e che conviene".
Inoltre, sottolinea Rifkin, costruendo le autostrade dell'idrogeno ci si può
avvicinare all'obiettivo ambizioso fissato dall'Unione europea al 2020: 20 per
cento di energia dalle fonti rinnovabili. Per l'Italia la strada è in salita
visto che in 12 anni dobbiamo triplicare la nostra capacità di fornire energia
pulita e che rischiamo di arrivare ancora una volta in ritardo, come è già
accaduto per i tagli di gas serra previsti dal protocollo di Kyoto.
"La rete di distributori a idrogeno dimostra che la Puglia può diventare la
California dell'Italia", propone il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro
Scanio. "E non è un caso isolato: con le centrali solari ideate da Carlo Rubbia
abbiamo già posizionato un altro tassello dell'energia verde. E' questa la
strada per far crescere il paese utilizzando le tecnologie più avanzate e
spendendo i soldi in opere pubbliche che siano veramente utili. Noi lo chiamiamo
l'ambientalismo del fare bene".
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 10 aprile 2008
«Antenna di via Maovaz,
politici disattenti» - Nell’ambito del mercato il presidio organizzato dal
Comitato di protesta |
|
Il Comitato Borgo San Sergio ha
manifestato ieri in piazza XXV Aprile portando all'attenzione della
cittadinanza il problema dell'antenna telefonica di via Maovaz 11.
La cornice del tradizionale mercato rionale ha ospitato il banchetto del
Comitato dove sono stati distribuiti volantini e articoli informativi
relativi alle problematiche correlate all'antenna satellitare posizionata
nel rione lo scorso dodici ottobre. «Abbiamo riscontrato affluenza e
interesse da parte della popolazione - spiega Claudio Raccar, componente del
Comitato - in molti hanno partecipato attivamente alla questione ponendo
domande e chiedendo informazioni, alcuni sono anche entrati a far parte del
Comitato. Gli ascoltatori meno attenti si sono invece dimostrati gli
esponenti politici che sono rimasti in silenzio davanti alle nostre
richieste».
Ieri infatti sono stati più d’uno i candidati alle prossime elezioni che
hanno stazionato a Borgo San Sergio per parlare con i cittadini
approfittando della grande animazione del giorno di mercato.
Mentre il Comitato manifestava ieri sono arrivati il sindaco Roberto
Dipiazza e il presidente della Settima circoscrizione Andrea Vatta. Quest'ultimo
intanto sottolinea come «più volte l'amministrazione comunale si è
interessata al problema, e adesso l'ufficio tecnico del Comune sta
aspettando di raccogliere tutti i dati relativi alla questione per poter
dare, il prima possibile, delle risposte concrete alle richieste avanzate
dal Comitato».
Lo scorso dicembre e lo scorso marzo, in seguito alla raccolta di firme
presentata dal Comitato al Comune, l'assessore alla pianificazione urbana
Maurizio Bucci aveva scritto due lettere alla Telecom, proprietaria
dell'antenna, per chiedere un sopralluogo congiunto e valutare insieme la
possibilità di posizionare altrove l'antenna, ma da parte della compagnia
telefonica non è giunta risposta.
«Ci troviamo con le mani legate perché la Telecom, avendo vinto il ricorso
al Tar, non è obbligata a valutare la questione che - conclude Vatta - non
sarà certo trascurata. In futuro però la cosa più logica da fare sarà quella
di evitare che privati cittadini diventino i beneficiari economici grazie
alle antenne posizionate sopra i tetti delle proprie case. Il nuovo piano
antenne, che entrerà in vigore a fine aprile, prevede infatti che venga data
priorità a terreni di proprietà comunale, evitando così il mercato selvaggio
delle antenne».
Intanto però il Comitato insiste, forte anche dell’interesse suscitato a suo
tempo nella popolazione: lo scorso autunno infatti, subito dopo
l’installazione dell’antenna, una petizione contro il manufatto aveva
raccolto in soli otto giorni 2.204 firme.
Linda Dorigo |
Val Rosandra, più aree
boschive e bus - Sono tra le richieste dei residenti emerse al Forum
sulla gestione della Riserva |
|
I cittadini
chiedono anche l’acquisizione d’immobili quali l’ex caserma Ps, il
coinvolgimento transfrontaliero e monitoraggi della fauna
SAN DORLIGO DELLA VALLE Si è
tenuto ieri sera al Teatro comunale France Prešeren di Bagnoli della
Rosandra il Forum plenario del progetto Varco-Prehod, ultima tappa del primo
ciclo d’incontri che il Comune di San Dorligo della Valle ha organizzato
negli ultimi mesi nell’ottica di un percorso partecipato per la gestione
della Riserva naturale della Val Rosandra.
Il Forum, rientrante nel progetto denominato «Verso un’Agenda 21 locale tra
la Riserva e il Comune» (Varco), ha visto la partecipazione di circa una
settantina di partecipanti, ai quali è stata illustrata la sintesi delle
proposte elaborate sui temi principali legati alla Val Rosandra.
Il coinvolgimento dei Comuni limitrofi transfrontalieri, l’attuazione di una
misura di compensazione per le superfici sotto tutela includendo nei confini
della Riserva nuove porzioni boschive al posto di porzioni suburbane,
l’incremento dei trasporti pubblici verso l’area, l’acquisizione d’immobili
finalizzati alla Riserva (ex caserma Ps e Stazione ferroviaria Draga) ma
anche il monitoraggio delle specie invasive come cinghiali e caprioli e la
reintroduzione del gambero da fiume sono solo alcune delle decine
d’interessanti proposte emerse in questi mesi. La sintesi dei suggerimenti,
raccolti attraverso le riunioni, sarà ora la base per la stesura dei criteri
per la redazione del Pcs, il Piano di conservazione e sviluppo, ossia il
documento standard che detterà le regole per la gestione dell’area protetta
e che successivamente verrà elaborato dal Gruppo tecnico-scientifico. «La
gestione della Riserva è strettamente legata al concetto di tutela ma anche
a quello di sviluppo ed è proprio questa la parte più difficile che
coinvolge il Piano di conservazione e sviluppo che si sta per redigere» ha
spiegato il sindaco Fulvia Premolin. Iniziato nel giugno dell’anno scorso e
realizzato con la collaborazione di esperti nella materia (i cosiddetti
facilitatori) il Pogetto Varco ha coinvolto in questi mesi tutta la
popolazione attraverso un insieme di eventi e iniziative rivolti a tutti
coloro che potevano essere in qualche modo interessati alla Riserva (i
«portatori d’interesse»). A tale proposito l’assessore comunale all’Ambiente
e ai lavori pubblici Laura Riccardi Stravisi ha ricordato, rispondendo ad
«alcuni malumori e ad alcune voci emerse negli ultimi giorni», come «nessun
cittadino sia stato escluso dal partecipare attivamente al Forum e che chi
si lamenta per non avere partecipato alle riunioni e perché non ha voluto
parteciparvi».
A margine del Forum plenario di ieri l’assessore Stravisi, prendendo
l’esempio del Comune di San Dorligo della Valle, ha evidenziato come «sia
auspicabile che il metodo della partecipazione, purché correttamente
attivato e gestito, venga fatto proprio in tutti i livelli della pubblica
amministrazione, sia per le piccole che per le grandi scelte che interessano
tutta la popolazione, la quale chiede con forza di essere parte attiva sulle
scelte che hanno una ricaduta sul proprio futuro».
Riccardo Tosques |
Le giornate del Fai rovinate
dalla sporcizia - In piazza Libertà, di fronte a palazzo Economo, cestini
stracolmi e rifiuti trascinati dai gabbiani |
|
Sabato 5 e domenica 6 aprile si
sono svolte a Trieste, come nel resto d’Italia, le «Giornate Fai di
Primavera» che hanno consentito l’apertura di Palazzo Galatti e di Palazzo
Economo e la visita delle piazze su cui i due edifici si affacciano. Il
pubblico è accorso numeroso e ha potuto seguire le visite guidate svolte da
studenti-ciceroni di diverse scuole superiori cittadine che con entusiasmo e
passione hanno svolto il compito loro assegnato, ricevendo apprezzamenti ed
elogi. Perfetta è risultata anche l’organizzazione della Delegazione di
Trieste del Fai, coadiuvata dalla Protezione Civile e dall’Associazione
guide turistiche del Friuli Venezia Giulia. Purtroppo però lo svolgimento
delle visite guidate in piazza Libertà è stato guastato dalle condizioni di
sporcizia che durante l’intero weekend hanno reso sgradevole per il pubblico
e per i ciceroni percorrere la piazza per osservare i palazzi che la
circondano. Già sabato mattina, infatti, i cestini presenti nel giardino si
presentavano ricolmi di immondizie, che in parte traboccavano anche al di
fuori dei contenitori stessi, e che i gabbiani hanno poi provveduto a loro
modo a svuotare, spargendo sporcizia nelle aiuole. Altri rifiuti si sono poi
via via accumulati anche per terra e sulle panchine, provocando sempre più
disagio, anche a chi voleva sedersi in attesa che avessero inizio le visite
guidate. In tale situazione gli studenti hanno lavorato fino a domenica sera
senza che nessuno tra chi di dovere provvedesse a svuotare i contenitori e a
ripulire la piazza. Eppure, la manifestazione era stata ampiamente
preannunciata e ha contribuito a sensibilizzare la cittadinanza sulla tutela
e salvaguardia del patrimonio artistico. A nome di tutti coloro che si sono
sentiti offesi da tale mancanza di sensibilità e di rispetto verso i
volontari del Fai, verso gli studenti e gli insegnanti che si sono dedicati
a tale attività e verso il pubblico che vi ha partecipato, chiediamo che in
futuro i nostri amministratori si dimostrino più attenti e solerti alla
pulizia della città, specialmente in concomitanza con manifestazioni di tale
risalto.
Gabriella Kropf - capo delegazione - F.A.I. di
Trieste - Mirella Pipani - delegata F.A.I. - per le scuole di Trieste -
Elena Bertocchi - (Liceo ginnasio - Dante) - Maurizio Banova - (Liceo
scientifico - Oberdan) - Elisabetta Banova - (Liceo scientifico - Galilei) -
Renata Ubaldini - (Istituto tecnico - Sandrinelli-Da Vinci) - insegnanti
referenti - per l’attività F.A.I. |
Impianti inquinanti |
|
Lo sciagurato scandalo
planetario della monnezza di Napoli tappa la bocca al dissenso. Gli
imprenditori spregiudicati hanno ormai libertà di bruttura. L’imperiosa
accusa di «nimby», di egoistica difesa del proprio giardino, ti chiude la
bocca anche per progetti così distruttivi dell’ambiente per i quali tacere è
consegnarsi al carnefice. La Valle Peligna pochi la conoscono. E’
nell’Abruzzo profondo. Per gli storici è la terra dell’antica Corfinium,
campione della lega italica, e della Sulmo ovidiana. Per gli abitanti è una
piccola valle che le più alte montagne dell’Appennino, dai duemila metri e
oltre del Morrone, del Genzana e del Sirente fino ai tremila della Maiella,
rinserrano e soffocano. Una valle chiusa senza un alito di vento, se non
qualche refolo dalle gole di Popoli, anguste quanto le Tormopili, e solo in
occasioni di tempestosi fortunali. In questa valle, porta di due parchi
nazionali, della Maiella e d’Abruzzo, Lazio e Molise, si vorrebbero
costruire tre impianti industriali altamente inquinanti: un cementificio con
attigua megacava da 400 ettari che si mangia una montagna, un inceneritore
di rifiuti speciali e una centrale di compressione e spinta del gas. Da
valle amena a vocazione turistica a valle dei veleni. Opporsi è nimby o
diritto sacrosanto alla sopravvivenza?
Ezio Pelino |
Centrali nucleari |
|
Il referendum dell’8-9 novembre
1987 viene sempre definito come antinucleare.
In realtà il quesito fondamentale chiedeva: «Volete che venga abrogata la
norma che consente al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione
economica) di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui
gli enti locali non decidono entro tempi stabiliti?»
Il Governo (Giovanni Goria - pentapartito) procedette alla sospensione dei
lavori della centrale di Trino 2 (Vercelli), e alla chiusura delle centrali
già operative. Non ho mai capito, e vorrei avere delle spiegazioni, sulle
motivazioni del governo dell'epoca.
Formalmente il referendum non impediva l'utilizzo dell'energia nucleare, ma
semplicemente esautorava il Cipe sulla scelta dei siti. Sembrerebbe quindi
di capire che sarebbe attualmente lecito costruire centrali nucleari (senza
l'intervento del Cipe).
Claudio Pavan |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 9 aprile 2008
La proposta di LEGAMBIENTE ai
candidati : Un nuovo patto per l’ambiente |
|
UDINE Un patto per l’ambiente. È
quello che Legambiente chiede di sottoscrivere a tutti i candidati alle
prossime elezioni. Ed è un patto - che sarà presentato oggi alle 11.30 in
via Marinoni a Udine da Michele Tonzar, Marino Visintini e Michele Bernard -
che contiene una serie di impegni per la prossima legislatura, dalle
riduzione delle emissioni al miglioramento della qualità della vita nei
centri abitati. |
Pedonali le vie del Toro e
Nordio - Decisione in giunta comunale: diventeranno un prolungamento
dell’area già chiusa al traffico di viale XX Settembre |
|
Sarà concesso solo il
passaggio dei mezzi commerciali per carico e scarico |
Stop alle auto in via Nordio e
via del Toro, destinate a diventare così una sorta di prolungamento
dell’isola pedonale del viale XX settembre. La decisione di liberare le due
zone dall’incubo del parcheggio selvaggio è stata presa l’altro giorno dalla
Giunta municipale e diventerà operativa a breve. Giusto il tempo di
installare paletti e catenelle, e sistemare i cartelli con il divieto di
accesso, sosta e fermata. Unica deroga prevista, il passaggio dei mezzi
commerciali a cui sarà consentita l’attività di carico e scarico a servizio
dei negozi affacciati sulla strada.
La richiesta di trasformare via Nordio e via del Toro in aree «off limits»
per le macchine, o per la precisione in «aree ad alta prevalenza pedonale»,
è partita proprio da alcuni commercianti, stanchi di non riuscire nemmeno ad
aprire le porte dei propri magazzini a causa dei veicoli perennemente
parcheggiati davanti agli ingressi. Scene simili, peraltro, a quelle
denunciate da tempo dagli esercenti di via Battisti che, dopo mesi di
pressing sul Comune, hanno incassato ora un importante risultato: il varo
del «Piano di riordino urbanistico» della strada.
Il progetto, illustrato ieri dagli assessori municipali alla Pianificazione
e allo Sviluppo economico, Maurizio Bucci e Paolo Rovis, prevede
l’eliminazione dei quindici posteggi a pettine attualmente esistenti sul
lato destro dell’arteria, nel tratto compreso tra i portici di Chiozza.
Al loro posto verranno creati quattro stalli gratuiti per auto, paralleli e
non più perpendicolari alla strada. «In questo modo finalmente le macchine
smetteranno di parcheggiare fin sotto le vetrine dei negozi - ha commentato
Giorgio Barbariol, presidente del comitato ”Centro Rossetti”, che porta
avanti da tempo la battaglia per la valorizzazione della zona -. E a trarne
vantaggio saranno sia gli esercenti, che godranno di una maggiore visibilità
per le loro vetrine, sia i pedoni, non più costretti a complicate ”chicane”
sui marciapiedi».
Oltre ai nuovi parcheggi per le quattro ruote, troveranno posto sul lato
destro della strada anche quindici stalli per motorini e una zona
carico-scarico delimitata dalle strisce gialle. La mini-rivoluzione
urbanistica diventerà operativa nel giro di una decina di giorni. E se i
risultati si riveleranno all’altezza delle aspettative, ha spiegato Maurizio
Bucci, l’esperimento verrà esteso anche al secondo tratto di via Battisti,
fino all’incrocio con via Polonio.
Quanto ai residenti, forse i meno entusiasti all’idea di veder ridurre il
numero di posteggi gratuiti nella zona, potranno approfittare della nuova
proposta di Saba Italia. La società che gestisce il park di Foro Ulpiano,
infatti, sta mettendo a punto un nuovo abbonamento riservato a chi ha
l’esigenza di lasciare l’auto nel contenitore durante la notte e nei
festivi. Le tariffe? Ancora da definire ma, è stato chiarito ieri, il costo
giornaliero «non dovrebbe superare di molto il prezzo di un caffè al bar».
Maddalena Rebecca |
Pedonali le vie del Toro e
Nordio - Soddisfatti anche Coped e Unione ciechi |
|
A seguire con interesse
l’evoluzione del «Piano di riordino urbanistico» di via Battisti erano stati
nella settimane scorse anche il Coped- CamminaTrieste e l’Unione ciechi. Al
pari dei commercianti della zona, infatti, le due associazioni avevano
denunciato i disagi provocati dalla maleducazione di tanti automobilisti,
abituati a parcheggiare sui marciapiedi e, persino, all’interno delle
aiuole. |
Borgo San Sergio, presidio
contro l’antenna - Torna all’attacco il gruppo di residenti che lo
scorso ottobre aveva raccolto oltre 2200 firme |
|
Il Comitato oggi in piazza
XXV Aprile: «Chiediamo risposte dal Comune» |
Tutti in piazza a Borgo San
Sergio contro l'antenna: il Comitato Borgo San Sergio, sorto per la difesa e
la tutela dell'ambiente, promuove oggi - giorno peraltro in cui si tiene il
mercato rionale - un presidio con manifestazione in piazza XXV Aprile a
partire dalle 10. Il Comitato, oltre ad informare i cittadini che
prenderanno parte alla manifestazione sui problemi inerenti l'installazione
dell'antenna radio, discuterà anche di elettrosmog e della «scarsa
attenzione» che - secondo il Comitato - l'amministrazione ha dimostrato
«accettando, e successivamente autorizzando, l'installazione dell'antenna
Telecom».
Lo scorso 12 ottobre è stata installata un'antenna satellitare per
telefonini in via Maovaz, 11 e Romano Umer, residente al civico 13, ha
intrapreso una raccolta firme per disinstallare l'antenna dal tetto del
condominio, considerando il fatto che gli abitanti della zona non erano
stati informati del posizionamento del nuovo ripetitore. «Siamo tutti
preoccupati, soprattutto le mamme dei bambini del rione», spiega Umer:
«L'antenna sovrasta una zona densamente abitata dove ci sono le scuole
materne, elementari e medie, il ricreatorio e i campi di calcio. Quel
ripetitore rappresenta un pericolo per la nostra salute e per quella dei
nostri figli».
Dopo soli otto giorni, contro l'antenna sono state raccolte 2.204 firme da
parte dei residenti che già nel 2005 avevano fatto fronte con una petizione
al posizionamento di un'antenna nella stessa zona: petizione che aveva fatto
desistere l'amministrazione comunale dal concedere le necessarie
autorizzazioni.
Tuttavia, visto il diniego della concessione per motivazioni legate
all'impatto ambientale e paesaggistico, la compagnia telefonica Tim Italia
Spa, proprietaria dell'antenna, aveva fatto ricorso al Tar ottenendo il via
libera per l'installazione. A giugno 2005 l'amministrazione comunale è stata
dunque costretta suo malgrado a rilasciare la concessione edilizia per
l'impianto di telefonia mobile.
«Siamo stati due volte in Comune ma non abbiamo mai ricevuto una risposta
coerente alle nostre richieste - spiega Claudio Raccar, componente del
Comitato - così lo scorso 17 marzo abbiamo avanzato un'istanza al Comune,
posta anche all'attenzione di tutti gli organi dell'amministrazione
pubblica. Chiediamo di avere certezze in merito alla messa in opera
dell'antenna e vogliamo che le emissioni elettromagnetiche vengano
monitorate costantemente: se queste superano la soglia consentita per legge
allora l'autorità competente dovrà dichiarare l'antenna non idonea e
disinstallarla immediatamente. Intendiamo sollecitare e sensibilizzare
l'opinione pubblica su questo genere di problematiche - conclude Raccar -:
non siamo contro la tecnologia, ma sarebbe stato possibile posizionare
l'antenna in luogo migliore dove avrebbe creato anche meno problemi».
Linda Dorigo |
Primi progetti per la Val
Rosandra - Oggi al teatro Prešeren di Bagnoli forum di presentazione dei
lavori |
|
Si svolgerà oggi alle 18.30 al
teatro comunale France Prešeren di Bagnoli il forum plenario del progetto
Varco-Prehod, evento nel quale verrà presentata la sintesi dei lavori svolti
dai gruppi tematici inerenti la Riserva naturale della Val Rosandra. I primi
risultati del progetto verso un’Agenda 21 locale tra Riserva e Comune,
realizzato in seguito ai due incontri tenutisi il 22 e il 29 febbraio,
verteranno su sei temi principali diversi legati alla Val Rosandra:
pianificazione, natura e conservazione, fruizione e turismo, gestione
ordinaria, attività agro-silvo-pastorali, cultura e storia.
Le proposte di azioni inerenti il territorio e formulate dalla popolazione e
dagli altri soggetti interessati saranno oggetto di elaborazione anche da
parte del Gruppo tecnico scientifico, istituito nell’ambito della Riserva
naturale, con lo scopo di predisporre i criteri in base ai quali redigere il
Piano di conservazione e sviluppo (Pcs) dell’area.
Il progetto Varco-Prehod rientra come si diceva nell’ambito dell’Agenda 21,
lo strumento di gestione attraverso il quale le istituzioni si confrontano
direttamente con i cittadini attraverso una serie di incontri al fine di
attivare un percorso di partecipazione per la gestione della Riserva.
Il Comune di San Dorligo della Valle-Dolina, come ente gestore della Riserva
naturale regionale della Val Rosandra, prosegue così nel progetto di
valorizzazione della area naturale, «un progetto ambizioso portato avanti da
una piccola realtà composta da tante valide persone», lo aveva definito
pochi giorni fa il sindaco Fulvia Premolin alla cerimonia intitolata «La Val
Rosandra e l’ambiente circostante», in cui era stata consegnate
simbolicamente una copia delle chiavi della Riserva a Silvester Metlika, il
presidente della Comunella di Bagnoli, organo in gran parte proprietario
dell’area naturalistica affidata al Comune in qualità di ente gestore.
Riccardo Tosques |
Lione-Trieste-Kiev: costi
aumentati del 38% - La spesa rispetto al 2004 è salita a 52,6 miliardi.
L’Italia investirà 62 milioni |
|
Si
accumulano i ritardi per la realizzazione del Corridoio V: lo denuncia uno
studio del Dipartimento del ministero dello Sviluppo
TRIESTE Ogni giorno perso per
costruire le infrastrutture si paga. E non poco. Non fa eccezione il
Corridoio V: come rivela Il Sole 24 ore che ha pubblicato uno studio «i
tempi di attuazione delle opere pubbliche» del Dipartimento politiche di
sviluppo del ministero dello Sviluppo economico, l’aumento di spesa rispetto
al 2004 è già cresciuto del 38,2 per cento.
In quattro anni il costo della rete che collegherà Lione – Torino – Trieste
– Budapest – Kiev è passata da 38, 1 miliardi di euro a 52,6 miliardi. E la
corsa al rialzo non è destinata a terminare.
LA CRESCITA I costi delle reti di trasporto transeuropee (Ten)
giudicate prioritarie - delle quali fa parte anche la Torino Trieste – sono
aumentati mediamente dell’11 per cento in quattro anni. Si tratta di aumenti
che, come spiega al quotidiano economico il presidente della commissione
Trasporti dell’Europarlamento, Paolo Costa, sono «fisiologici e non
patologici». Per quel che riguarda l’alta velocità ferroviaria dell’asse
est, ad esempio, si calcola che nel 2004 la stima di spesa fosse di 4,37
miliardi di euro e che nel 2008 sia già di 4,8 miliardi (+ 10,1 per cento).
I RITARDI In termini di tempi le analisi parlano di ritardi ancora
contenuti. Si parla di tre anni di slittamento per il Brennero (6 per cento
di aumento) e di due anni per la Torino Lione (11 per cento).
GLI INVESTIMENTI Nel caso dell’Italia gli investimenti previsti per
le opere del Corridoio quinto si aggirano – da qui al 2020 – sui 62 milioni
e la stima è ancora provvisoria. Come spiega Costa, infatti, «non siamo
ancora passati per nessuna tratta dagli studi di fattibilità ai preliminari
che inchiodano il prezzo».
Per sostenere questi investimenti il presidente della Commissione trasporti
ritiene importante per l’Italia ricorrere a una diversa disciplina del patto
di stabilità. L’Italia ha grande interesse a investire nei Ten ma ha anche
«il maggior debito europeo» come evidenzia Costa.
LA REGIONE Il Friuli Venezia Giulia, dal canto suo sta portando
avanti il progetto del Corridoio V lavorando su due fronti: quello stradale
(con il potenziamento della A 4 e la realizzazione della terza corsia il cui
progetto sarà pronto quest’estate) e la linea ferroviaria ad alta velocità
alta capacità (da Venezia a Trieste) che prevede un potenziamento della
linea storica esistente, l’affiancamento all’autostrada dal Tagliamento a
Porpetto e una velocità dei vettori che non dovrebbe superare i 200 – 220
chilometri orari per il trasporto di persone e i 180 per il trasporto merci.
LA FERROVIA Per diventare realtà la Tav ha bisogno di risorse, fondi
che devono arrivare dalla Comunità europea e dal governo italiano. Un
risultato importante è stato ottenuto negli ultimi mesi del governo Illy. A
fine febbraio il Parlamento ha sbloccato il contratto di programma 2008 tra
Stato e Rete ferroviaria italiana. All’interno dell’investimento complessivo
del contratto (4,7 miliardi), sono state previste le risorse per la
progettazione delle tratte Trieste-Divaccia (22 milioni), e Ronchi
aeroporto-Trieste (24 milioni di euro) del Corridoio V. I fondi si
aggiungono al contributo comunitario di 24 milioni per la Ronchi-Trieste e
di 50,7 milioni per la Trieste-Divaccia deciso dall'Unione europea a fine
2007.
Ma ecco il punto sui lavori.
Secondo il cronoprogramma delle Ferrovie il primo cantiere ad essere aperto
sarà in particolare quello della Ronchi Trieste nel 2010. Proprio per la
complessità del progetto, la sua estensione e le risorse necessarie a
realizzarla, l’alta velocità sarà realizzata per lotti funzionali. Il
tracciato concordato con le amministrazioni della bassa friulana (per la
tratta Portogruaro-Ronchi) sarà progettato entro la fine dell’anno ma i
finanziamenti dovranno essere negoziati con il prossimo governo e l’Europa.
Resta aperta la partita del tratto ferroviario in affiancamento
all’autostrada (quello da Portogruaro a Porpetto) perché il progetto
preliminare di Rfi dovrà essere confrontato con quello preliminare del
tratto (Portogruaro Gonars) della terza corsia. La Regione potrà procedere
con la costruzione dell’opera indipendentemente da quello che avverrà lungo
la Torino Lione. Il primo risultato significativo si avrà – secondo le prime
stime l’opera potrebbe essere conclusa del 2020 – quando ci sarà il
collegamento ferroviario tra Venezia e Trieste che consentirà di coprire la
distanza in un’ora.
Terna, nuova rete con la
Slovenia - Prevista una spesa di oltre 300 milioni nel Nordest per
migliorare le linee elettriche |
|
TRIESTE Terna investirà 300
milioni di euro nel Nordest per migliorare e razionalizzare la rete con
l'abbattimento di 180 chilometri di linee. Lo ha annunciato ieri la
stessa società responsabile in Italia delle reti ad alta tensione
illustrando dettagliatamente i tre principali interventi in Friuli
Venezia Giulia e Veneto.
In Friuli Venezia Giulia, Terna ha rilevato l'opportunità di realizzare
una nuova linea di interconnessione a 380 kV tra Italia e Slovenia, per
aumentare l'import di energia in sicurezza dalla frontiera
Nord-Orientale. L'intervento, che ha tra le soluzioni possibili il
collegamento Udine-Okrogolo, consentirà inoltre di rimuovere le attuali
limitazioni di esercizio della linea a 380 kV «Redipuglia-Divaca».
L'intervento, oggetto di studio congiunto tra il gestore di rete sloveno
e Terna consiste nel raddoppio del collegamento a 380 kV tra Italia e
Slovenia che risolverebbe - secondo Terna - buona parte dei problemi
strutturali della rete a 380 kV friulana. L'area di studio si colloca
nella parte orientale del Friuli Venezia Giulia, andando ad interessare
le province di Udine e Gorizia.
La razionalizzazione in Veneto prevede la realizzazione di un nuovo
sistema a 380 kV per la raccolta e lo smistamento della produzione della
centrale di Fusina (Venezia). Le attività in programma comprendono
inoltre il riclassamento e interramento a 380 kV di alcune linee a 220
kV con la conseguente eliminazione di oltre 100 km di elettrodotti
nell'area compresa tra Venezia e Padova e l'interramento di circa 60 km
di linee. È previsto anche il raddoppio dell'attuale collegamento a 380
kV tra le stazioni di Dolo (Venezia) e Camin (Padova).
Complessivamente - fa sapere Terna - l'intervento permetterà di
«liberare» circa 450 Mega Watt di capacità produttiva e di migliorare
l'affidabilità della rete con una riduzione dell'energia «non fornita»
stimata in circa 240mila kilowattora/anno e, in particolare, una
diminuzione delle perdite sulla rete di trasmissione quantificabile in
circa 77 milioni di kilowattora/anno. |
Trasporto locale, scontro
sul garante - L’Autorità esprime «apprezzamento» per il bando di
gara: «Ma va assicurato un confronto effettivo» |
|
Saro: «Catricalà ha
bocciato la riforma». Sonego: «Falsità» |
TRIESTE Il garante mette in
guardia la Regione dal rischio di limitare troppo la concorrenza e
scoppia il caso politico. La relazione sul gestore unico del trasporto
pubblico locale predisposta dal presidente dell'Autorità garante della
concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà, diventa subito terreno di
scontro. Sotto esame, in particolare, la gara per il gestore unico del
trasporto ferro – gomma - marittimo. Il garante «esprime apprezzamento
per l’iniziativa». «Un simile approccio - scrive nella relazione - ha in
linea di principio un impatto positivo sulla promozione della
concorrenza fra gli operatori del settore ed è stato in più occasioni
auspicato dall’Autorità». Partendo da questo, però, il garante avverte
la Regione del pericolo di una riduzione della concorrenza. Il bando,
secondo l’Autorità, deve garantire «lo svolgersi di un effettivo
confronto competitivo fra più operatori in sede di gara» e per fare
questo «è necessario, in linea generale, che il numero dei partecipanti
sia maggiore del numero dei lotti messi a gara. In caso contrario, i
vantaggi attesi in termini di recupero di efficienza verrebbero
vanificati dall’assenza di confronto fra operatori». Sulla previsione di
un lotto unico integrato ribadisce «il rischio che i vantaggi attesi in
termini di efficienza possano essere vanificati, in assenza di una
pluralità di offerte, da un utilizzo delle Ati (associazioni temporanee
di impresa) con finalità restrittiva della concorrenza per effetto degli
incentivi al coordinamento tra gli attuali gestori presenti nella
Regione». Il ricorso all’Ati «seppure importante dovrà essere
circoscritto allo sviluppo di sinergie tra operatori che non sarebbero
in grado di partecipare autonomamente alla gara». Quanto alla
possibilità di ricorrere all’esternalizzazione di parte dei servizi,
Catricalà invita a fissare un limite chiaro nel bando, «non superiore,
in ogni caso, al 30 per cento del servizio subappaltato». Le
osservazioni non lasciano dubbi al senatore Ferruccio Saro. «Un vero
schiaffo al presunto fiore all'occhiello di Sonego – dice - sonoramente
rimproverato assieme a tutta la giunta: gli allarmi suonati da Catricalà
sono chiarissimi e inequivocabili e sicuramente non manipolabili. Si
lancia l'sos per l'assenza di confronto fra gli operatori, si lancia l'sos
per un recupero di efficienza, che dall'impianto della riforma non è
assicurata, si lancia l'sos per una corretta definizione dell'oggetto
della gara». A poco più di una settimana dal voto «questa frenata che
arriva dall'Autorità – rincara la dose Saro - deve servire da monito a
tutti gli elettori». Pronta la replica di Sonego. «Pur non avendo
obblighi - precisa Sonego - abbiamo chiesto l'opinione dell'Autorità
garante della Concorrenza perchè i consigli di una istituzione
autorevole aiutano a fare meglio. Il parere dell'Antitrust è largamente
positivo e conferma la strategia regionale in materia di trasporto
pubblico locale e di gara unica integrata». E ancora: «Da quando lo
stratega del centrodestra non ci mette più le mani per dedicarsi invece
a dare buoni consigli alla campagna elettorale di Renzo Tondo – conclude
l’assessore con una stoccata -, il Friuli Venezia Giulia ha inaugurato
la stagione delle gare e il servizio è migliorato. Stanno meglio tutti:
utenti, lavoratori e gestori».
Martina Milia |
Aumenta in Italia la
richiesta di ECO VEICOLI |
ROMA Nonostante il mercato
auto in Italia segni un inizio d'anno negativo, aumenta invece la
richiesta di eco-veicoli, saliti nel primo trimestre a una quota di
mercato del 5,31% contro il 2,93% del pari periodo 2007. Lo afferma l'Unrae,
l'associazione delle case automobilistiche estere presenti in Italia, in
uno studio che evidenzia la scalata delle vetture ad alimentazione
mista, e la risposta data da alcune aziende che hanno appunto orientato
la propria offerta. Nel caso di Fiat, i modelli a minimo impatto
ambientale rappresentano più del 10% dell'intera gamma. |
|
I «veleni» fanno strage di
api: danni per 3 milioni di euro |
|
ROMA È strage di api in Italia.
Gli addetti ai lavori oggi contano i primi danni e scendono in piazza con un
blitz sotto il ministero delle Politiche agricole. La stima preliminare del
disastro per la vendita del miele, considerando la cifra di 40 mila alveari
colpiti prevalentemente nel Centro Nord, ammonta a tre milioni di euro.
Così, a suon di tamburi, circa 200 apicoltori e rappresentanti di
Legambiente, armati degli strumenti del mestiere come maschere e
affumicatori, hanno gridato «Basta veleni nei terreni».
Sotto accusa, secondo l’Unione nazionale associazione apicoltori italiani e
Legambiente, i neonicotinoidi, sostanze usate per la concia dei semi che
hanno effetti drammatici sui preziosi insetti impollinatori. A dare manforte
alla protesta anche due delegati dell'Unione francese apicoltori, che già
hanno vissuto l'emergenza veleni a casa loro.
Dopo la manifestazione di ieri il prossimo round della partita sulle api si
giocherà il 18 aprile, in un confronto al quale parteciperanno, oltre a
ministero delle Politiche agricole, Unaapi e Legambiente, anche le Regioni. |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 8 aprile 2008
Riordino urbanistico di via
Battisti, oggi la presentazione del progetto |
|
Presentazione ufficiale questa
mattina per il Progetto comunale del riordino urbanistico di via Battisti.
Ad illustrare il contenuto del piano saranno gli assessore alla
Pianificazione e allo Sviluppo economico, Maurizio Bucci e Paolo Rovis, il
mobility manager del Comune, Giulio Bernetti, e il presidente del comitato
«Centro Rossetti» che da tempo si batte per la valorizzazione della zona.
L’incontro si terrà alle 11 all’interno della gelateria Zampolli in viale XX
settembre 25. Parteciperanno anche i vertici dell’associazione «Cammina
Trieste», dell’Unione italiana ciechi, e di «Saba Italia». Hanno confermato
la loro presenza, infine, i rappresentanti dei commercianti di via Battisti
che aderiscono al Comitato Rossetti. |
Riserva della Val Rosandra:
un Forum sulla gestione |
|
SAN DORLIGO DELLA VALLE Domani
alle 18.30, al Teatro di Bagnoli, si svolgerà il Forum plenario del progetto
«Varco-Prehod», evento che segue i due incontri dei gruppi tematici e al
quale verranno presentati i primi risultati del processo. Il Comune di San
Dorligo della Valle, come ente gestore della Riserva della Val Rosandra,
prosegue nel suo impegnativo progetto partecipato di gestione della Riserva.
Le proposte formulate saranno oggetto di elaborazione ai fini della
redazione del Piano di Conservazione e Sviluppo. |
Raccolta differenziata |
|
L’articolo sui rifiuti sul
Carso, comparso sul numero di lunedì 18 febbraio, dove si diceva che i
rifiuti vengono scaricati a poca distanza dai centri di raccolta del Comune,
mi ha fatto venire in mente una considerazione: il genere umano è mosso da
vari sentimenti tra i quali l’amore e l’odio, ma su tutti prevale
l’«interesse». Quindi il portare ai centri di raccolta i rifiuti dovrebbe
essere incentivato. Quanto spende il Comune per raccogliere dalle strade
oggetti abbandonati?
Tale spesa potrebbe essere convertita in «premio» a chi porta i rifiuti dove
si deve: basterebbe non so... un buono spesa in un supermercato... ogni tot
chilogrammi di rifiuti e... l’ambiente ne gioverebbe.
Similmente si potrebbe raccogliere porta a porta (come vuole la Provincia)
la plastica, la carta (e anche l’olio di frittura). Nessuno si rifiuta di
tenere in casa per una settimana circa tali materiali, a differenza dei
rifiuti umidi che puzzano e che andrebbero raccolti nei cassonetti come ora;
come pure il vetro.
g.n. |
CORRIERE DELLA SERA -
LUNEDI', 7 aprile 2008
LEGAMBIENTE -
2108: la Terra che
verrà - addio grattacieli, energia e emissioni zero e «frutta di stagione»
In un dossier di
Legambiente le previsioni per il futuro del pianeta. All'insegna dell'ottimismo
MILANO - Come sarà la Terra
tra cento anni? Difficile rispondere, ma non impossibile. Ci prova Legambiente,
con il dossier «2108, la Terra che verrà», che sarà pubblicato sul numero di
aprile della rivista dell'associazione, La Nuova Ecologia. Una visione
ottimista, in occasione dell'Earth
Day che si festeggia il 22 aprile, alla cui base c'è la convinzione che lo
straordinario sviluppo delle tecnologie aiuterà gli esseri umani nella difficile
battaglia per la salvaguardia del pianeta.
DOMOTICA - Le rivoluzioni (a
volte) cominciano dal piccolo: ecco allora che la prima novità riguarda la casa,
dotata di strumentazioni all'avanguardia che permettono il massimo del risparmio
energetico: elettrodomestici ad altissima efficienza, bioedilizia passiva che
rende minima la necessità di climatizzare artificialmente gli ambienti. E
soprattutto la spazzatura (argomento caldo di questi tempi): nel mondo
immaginato da Pietro Cambi, autore del dossier, ogni famiglia differenzia i
materiali in appositi contenitori che compattano gli oggetti.
CITTA' PICCOLE E VERDI- Il
futuro delle metropoli secondo le previsioni di Legambiente è più che grigio. Le
grandi città sono destinate a scomparire, tranne le capitali e i centri
finanziari. I grattacieli in gran parte saranno demoliti, tranne quelli di alto
valore estetico, così come la maggior parte degli edifici in cemento armato. Le
nuove case saranno piccole, costruite in polimeri e in buona misura
autosufficienti sotto il profilo energetico.
MEZZI DI TRASPORTO - Nei
centri abitati car sharing, tram e bicicletta la faranno da padrone.
Protagonisti del trasporto anche i nuovi veicoli modulari, modificabili
facilmente a seconda delle necessità e dotati di pilota automatico». Automobili
e altri mezzi personali saranno comunque mossi da motori elettrici, così come le
navi. I grandi spostamenti avverranno comunque prevalentemente su rotaia.
AGRICOLTURA - Dopo una
profonda crisi, secondo Legambiente nel 2060 l'agricoltura riscoprirà criteri
del passato e attirerà manodopera anche dal terziario. Il consumo di carne
diminuirà e aumenterà quello di frutta a verdura biologici. Secondo il dossier,
per quel periodo dovrebbe essere anche tramontata la globalizzazione, le filiere
saranno corte e ci sarà un forte legame fra consumi e stagionalità dei prodotti
della terra.
ENERGIA- LItalia, secondo le
previsioni del dossier, dovrebbe essere, insieme all'Islanda e alla Nuova
Zelanda, uno dei Paesi a emissioni zero per la produzione di energia, grazie a
un mix di eolico, geotermico, idroelettrico e solare. Che dire? Previsioni che
al momento sembrano parecchio ottimistiche. Speriamo che gli esperti di
Legambiente abbiano ragione.
LaVoce.info
- LUNEDI', 7 aprile 2008
QUELL'INDUSTRIA CHIAMATA RACCOLTA DEI RIFIUTI
di
Antonio Massarutto
IL PICCOLO -
LUNEDI', 7 aprile 2008
Sospeso l’Eurocity «Casanova»
che collegava Venezia a Lubiana |
|
LUBIANA Il «Casanova» è fermo.
L'Eurocity che dal dicembre del 2003 faceva tutti i giorni spola tra Lubiana
e Venezia è stato sospeso su decisione delle Ferrovie Italiane, per le quali
il mantenimento della linea era diventato troppo oneroso.
Tra Slovenia e Italia, dal primo aprile, resta operativo dunque un solo
treno passeggeri, quello notturno tra la capitale slovena e la città
lagunare.
Il «Casanova» continuerà a partire da Lubiana, ma si fermerà a Sesana, da
dove per i passeggeri, fino all'11 aprile, sarà organizzato un collegamento
autobus per la stazione ferroviaria di Trieste, da dove potranno continuare
il loro viaggio.
Secondo i dirigenti delle Ferrovie slovene, la sospensione della linea è un
errore: nel 2007 il numero di passeggeri era cresciuto del 25 per cento e i
164 posti disponibili non erano mai occupati meno della metà. Nei mesi
estivi si realizzava spesso anche il pienone.
Anche la durata del viaggio si stava riducendo, dopo l'allargamento
dell'area Schengen e lo snellimento dei controlli ai valichi di confine.
Il notturno Lubiana–Venezia, che impiega 5 ore, rispetto alle meno di 4 del
«Casanova», resta operativo fino al 13 dicembre.
Poi si vedrà: è a rischio anche quest'ultimo collegamento ferroviario
passeggeri tra Slovenia e Italia.
E pensare che alla sua inaugurazione solo qualche anno fa la linea veniva
annunciata come una sorta di precursore del Corridoio 5. |
Metz: «Pd e Pdl, uniti contro
l’ambiente» - Dopo l’ok di Bersani al rigassificatore interviene il
consigliere dei Verdi: «Impianti dannosi per il territorio»
|
|
TRIESTE Il consigliere regionale
uscente dei Verdi Alessandro Metz, ora candidato alla Camera per la Sinistra
Arcobaleno, attacca la politica ambientale del Partito democratico. «Siamo
alle battute finali, e finalmente si inizia a capire cosa sia veramente il
voto utile - dice Metz - È utile votare il Pd se si vuole un rigassificatore
nel golfo di Trieste, con tutto quello che significa in termini ambientali e
di sicurezza per i cittadini. Ricordo per l'ennesima volta che l'alto
Adriatico è un ecosistema già fortemente compromesso, con fondali troppo
bassi e senza maree di ricambio, avrebbe una pesante incidenza in termini
economici, sia sulla movimentazione portuale che sui mille pescatori, e
relative famiglie, che di questo vivono e con questo producono economia
nella nostra regione. Ma è anche un voto utile per chi vuole 32 Km di
galleria sotto il carso e pensa che questo non andrebbe a incidere
pesantemente in termini sia ambientali che sociali».
«Ma adesso - conclude Metz - sappiamo anche che è molto utile votare per il
Pdl, vista la volontà espressa da parte di Renzo Tondo, di ripartire con la
follia delle centrali nucleari, soprattutto a Monfalcone. Vorrei capire però
se questa utilità ci sia anche per i cittadini della nostra regione.
Personalmente continuo a pensare che l'utilità arrivi con chi continua ad
affermare che non sia possibile che Paesi molto più a Nord di noi, come la
Germania, abbiano una produzione energetica da fonti rinnovabili dieci volte
maggiore che in Italia. Forse sarà illusorio, ma mi sembra che la Germania
non sia la patria di chi non vuole il progresso o la crescita economica,
solamente ci sono diverse idee su come utilizzare l'innovazione tecnologica
con cui stare al passo con i tempi». |
Ferriera, al Circolo Miani
dibattito con il Failms-Cisal |
|
Oggi alle 17.30, al circolo
Miani di via Valmaura 77, verrà proposto da Failms-Cisal, un dibattito su
«Le problematiche della difesa dei livelli occupazionali e della tutela
della propria salute in Ferriera». «Confrontiamoci e ascoltiamo una voce
fuori dal coro del pragmatismo demagogico della triplice sindacale», afferma
la Failms-Cisal. |
Il filtro non incide sulle
vetture «Euro 4» |
|
Correvano gli anni 90 quando gli
autobus di nuova generazione furono dotati di filtro antiparticolato.
Una novità assoluta che ha suscitato non poco interesse, quanto meno tra gli
addetti ai lavori.
Si trattava di due grandi filtri ceramici, attraversati dai gas di scarico,
che trattenevano, grazie a microporosità, le particelle carboniose.
Ciclicamente si attivava un bruciatore in uno dei due filtri che veniva, in
tale fase, disattivato, mentre l'altro continuava a lavorare.
Nell'occasione, poiché lo zolfo dava disturbo al meccanismo, è iniziata la
diffusione del gasolio desolforato e, in successive tappe, lo zolfo è oggi
quasi sparito dal carburante.
Da allora sono stati fatti passi da gigante e da tempi ancor recenti anche
molte delle normali autovetture diesel ne sono state dotate. Analoga è la
filosofia, ma la costruzione diversa: il filtro è unico e piccolo, ma
funziona egregiamente. Tanto egregiamente che troppo spesso, in occasione
delle limitazioni al traffico le vetture diesel, ancorché Euro 4, non sono
state ammesse alla circolazione se prive di filtro.
Non ritengo giusta tale scelta perché in realtà i motori rispondono alle
norme ed il filtro è da considerarsi solamente migliorativo. Sia ben chiaro,
infatti, che l'attuale legislazione consente di vendere con gli incentivi
previsti in caso di rottamazione, vetture diesel senza filtro, in quanto si
fa riferimento alle emissioni di anidride carbonica che sono addirittura
inferiori dell' 1 - 2 % per le vetture prive di filtro.
Per quanto riguarda l'Euro 4, poiché vengono fissati per legge limiti alle
emissioni, se una casa costruttrice riesce a rispettarli anche senza filtro,
il motore è sempre un Euro 4.
A prescindere da quanto sopra, come detto, i filtri lavorano egregiamente e
non è vero, come sosteneva qualcuno, che la fase rigenerativa emetta
particelle indesiderate. In realtà, come hanno dimostrato approfonditi e
seri studi, in tale circostanza vengono rilasciate in atmosfera delle
nanoparticelle volatili che, però, hanno una vita di pochi minuti.
Esisterà a breve anche la possibilità di utilizzare un retrofit. Con tale
termine si intende, in generale, un congegno che non nasce di serie assieme
alla vettura, ma viene applicato successivamente. A tal proposito ricordo le
marmitte catalitiche «retrofit» molto di moda nei primi anni novanta, subito
dopo l'obbligatorietà (a partire dal 1° gennaio 1993) di immatricolare solo
vetture catalizzate. Vi saranno quindi filtri «retrofit» con una buona
percentuale di efficienza. |
Giorgio Cappel
IL PICCOLO -
DOMENICA, 6 aprile 2008
Via Battisti: spazio ai
pedoni, metà parcheggi - La mini-rivoluzione chiesta dai commercianti si
rifà al piano del traffico di Camus -
IL
PROGETTO DI VIA BATTISTI |
|
La novità da
fine mese nel tratto fino a via Dalla Porta Xydias, poi dovrebbe venir
estesa a tutta la strada
Più spazio per le zone pedonali,
ma contestualmente il numero di posti macchina non a pagamento è destinato
ad essere dimezzato.
La prima sperimentazione relativa al Progetto di riordino urbanistico di via
Battisti, il cui lancio si avrà un paio di settimane dopo le imminenti
elezioni, comporterà questa duplice conseguenza nell’assetto di una delle
principali arterie cittadine. Un primo passo nella direzione di quanto già
ipotizzato dal professor Roberto Camus nella sua bozza sul Piano del
traffico, commissionatogli dal Comune nel 2003 (per un costo totale di 150
mila euro) e presentato dall’attuale preside della facoltà di Ingegneria
dell’Università di Trieste nel febbraio 2005, ma rimasto chiuso nei cassetti
del municipio.
LA NOVITÀ La prima fase dell’intervento in via Battisti interesserà
il tratto iniziale della strada, quello compreso fra via Carducci e via
Xydias. «Riassumendo, l’amministrazione comunale modificherà la disposizione
dei parcheggi attualmente esistenti lungo il lato destro della strada, in
direzione Largo Giardino - spiega il presidente del Comitato ”Centro D.
Rossetti”, Giorgio Barbariol -. I posti verranno riposizionati in modo
parallelo rispetto alla strada, non saranno insomma più perpendicolari e
quindi con i mezzi piazzati a pettine». In questa maniera l’area pedonale
sul marciapiede si allargherà di un paio di metri, da proiettare sull’intera
estensione in lunghezza dello stesso. Di contro, gli spazi dedicati ai
posteggi gratuiti, segnalati dalle classiche linee bianche, verranno
sostanzialmente dimezzati. Quanti sono soliti spostarsi in moto, motorino o
scooter vedranno invece aumentati i parcheggi ufficiali a loro disposizione.
Laddove infatti la ridefinizione delle zone di sosta incontrerà ostacoli
fissi quali alberi, cassonetti o pali segnaletici per la fermata degli
autobus, saranno disegnati proprio i più stretti posteggi per motoveicoli,
al fine di non sprecare nemmeno un centimetro di spazio disponibile.
COMMERCIANTI «Una decisione che permetterà di dare maggiore
visibilità alle vetrine degli esercizi commerciali che, in quel segmento di
via Battisti, sono una trentina - continua Barbariol -. Già in passato, sia
come comitato (del quale fanno parte circa 200 operatori, ndr) che con il
consorzio nato nel 2006 per portare avanti in zona l’idea del centro
commerciale all’aperto ne avevamo fatto richiesta». Si erano espressi
favorevolmente in merito anche il Coped-Cammina Trieste e l’Unione Italiana
Ciechi.
FUTURO Se darà frutti positivi, questa prima sperimentazione avrà un
seguito importante. «L’intenzione è quella di estenderla successivamente a
entrambi i lati di via Battisti e per tutta la sua lunghezza», conferma
l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, mobilità e traffico,
Maurizio Bucci. Il provvedimento è immediatamente attuativo e, considerati i
tempi tecnici legati all’emissione dell’ordinanza relativa e ai successivi
interventi di modifica della segnaletica orizzontale, probabilmente entrerà
in vigore a livello operativo entro l’inizio di maggio. I dettagli verranno
svelati in una presentazione organizzata per martedì mattina, alla quale
prenderanno parte anche il mobility manager del Comune, Giulio Bernetti, e
l’assessore allo Sviluppo economico, Paolo Rovis.
BOZZA CAMUS Il riordino urbanistico di via Battisti è in linea con
quanto era stato ipotizzato dal professor Camus nel noto Piano del traffico,
commissionato ma poi mai applicato. «In prospettiva, l’idea,
indissolubilmente collegata alla costruzione di nuovi parcheggi, era quella
di aumentare le zone pedonalizzate in centro - osserva proprio Camus -.
Nella mia versione addirittura i posti macchina esistenti sui marciapiedi di
via Battisti dovevano sparire del tutto. Così, si sarebbe rilanciata un’area
finora sacrificata, con la possibilità magari di collocare anche dei
tavolini fuori dai bar. Un po’ alla volta, comunque, vedo che quanto
inserito nel piano viene applicato...Mi riferisco anche ai nodi di Largo
Giardino e Ponziana (dove si è scelto di applicare la soluzione delle
rotatorie, ndr)».
Nella versione «ammorbidita», rispondente in qualche modo al criterio della
graduale applicazione dei nuovi provvedimenti, era stata pensata proprio la
soluzione dei parcheggi disposti parallelamente alla strada. Il progetto
complessivo prevedeva inoltre un radicale cambiamento della viabilità su via
Battisti, «il cui senso sarebbe dovuto diventare unico - continua Camus - in
direzione via Carducci. Ai lati della carreggiata, una da una parte e una
dall’altra, avrebbero trovato posto due corsie riservate agli autobus (una
in salita verso il Giardino pubblico, l’altra in discesa, ndr). Ciò avrebbe
determinato peraltro una sorta di barriera divisoria fra il normale traffico
veicolare e l’area pedonale, visto che la frequenza del passaggio dei mezzi
pubblici è comunque più bassa di quella dei privati». Nel quadro si
incastrava poi l’inversione del senso unico di via San Francesco.
Matteo Unterweger |
Via Cavana senza auto, ok
della Soprintendenza - Il tratto tra le vie Santi Martiri e Madonna
del mare diventerà un’unica passeggiata |
|
La
ripavimentazione dovrebbe concludersi entro la fine di agosto. Intanto
domani scatterà il cantiere in piazza Venezia |
Resta il
nodo dei posteggi richiesti dai residenti con 350 firme. Dai Beni culturali
la raccomandazione al Comune di conservare il masegno rimosso
|
La Soprintendenza ha dato l’ok
alla pedonalizzazione e ripavimentazione di via Cavana. Non ci sono più
ostacoli, dunque: il tratto compreso fra via Santi Martiri e via Madonna del
mare farà parte di quella passeggiata unica che, sommando i vari progetti
previsti in città per i prossimi mesi e anni, dovrebbe congiungere piazza
Venezia con Ponterosso e, in una prospettiva ancora più ampia, con la fine
di viale XX settembre. Il tutto considerando comunque un paio di
attraversamenti su strade dove i mezzi continueranno a circolare
regolarmente (in primis via Carducci).
Entro la fine di agosto l’intervento in via Cavana dovrebbe essere concluso.
I tecnici degli uffici comunali dovranno preparare adesso il prospetto del
conto economico che abbinato al progetto andrà messo a concorso. Entro 45
giorni, la gara d’appalto verrà aggiudicata e solo a quel punto potranno
iniziare i lavori. Se ne riparlerà, quindi, per la fine di giugno.
A parte il divieto di transito sulla zona ripavimentata (con l’unica
eccezione per i mezzi della Curia), null’altro cambierà dal punto di vista
della viabilità ordinaria, con le aree di carico e scarico merci riservate
agli esercizi commerciali della zona spostate su via Santi Martiri e la
svolta in via Madonna del mare da via Venezian a restare immutata.
L’assenso della Soprintendenza è stato dato purché si rispetti però una
determinata condizione, come conferma l’assessore comunale ai Lavori
pubblici, Franco Bandelli: «L’unica osservazione che ci è arrivata interessa
il masegno sottostante la pavimentazione. Se dovesse rivelarsi necessario
toglierlo, allora dovremo immagazzinarlo e conservarlo nei depositi del
Comune. Una soluzione che mi ha sempre trovato d’accordo e che rispetta
anche la posizione espressa a suo tempo dal Cosapu, il comitato per la
salvaguardia del patrimonio urbano presieduto da Bruno Cavicchioli».
Sono stati intanto completati i lavori dell’AcegasAps, che ha sostituito le
vecchie tubazioni del gas, dell’acqua, delle fognature e i cavi dell’energia
elettrica. Gli addetti del’ex municipalizzata si sono occupati di
ristrutturare poi un collettore fognario che corre sotto via Cavana, il cui
cattivo funzionamento aveva propiziato una serie di allagamenti nella zona.
Contestualmente alla ripavimentazione e alla posa di fanali sul tipo di
quelli già sistemati in via Muratti, sarà anche ampliata l’area antistante
l’ingresso della chiesa di Sant’Antonio vecchio, per ottenere in questo modo
una sorta di sagrato, con conseguente restringimento della carreggiata.
Al momento non c’è nessuna novità, invece, per l’emergenza parcheggi
recentemente sottolineata da alcuni cittadini e commercianti dell’area con
una raccolta di firme che era arrivata oltre quota 350 e collegata anche
all’apertura del cantiere di via Cavana. Per ora il Comune non ha reso nota
alcuna soluzione in merito alla denuncia dei firmatari sulla difficoltà nel
trovare un posto macchina.
PIAZZA VENEZIA Domani, intanto, sarà l’ultimo giorno di normale
circolazione attorno a piazza Venezia. Da martedì, infatti, partirà l’attesa
riqualificazione e il capolinea dell’autobus 10 verrà spostato all’inizio di
corso Italia, con la corsa che per otto mesi (il tempo necessario alla
conclusione dei lavori) non transiterà più lungo le Rive. Da via Mazzini,
infatti, il mezzo pubblico girerà in piazza Tommaseo per risalire subito in
direzione piazza Goldoni.
Rispetto a quanto annunciato precedentemente, quindi, il trasloco della zona
di fermata prolungata del bus avverrà con un giorno di ritardo. Ancora oggi
e domani, dunque, i veicoli potranno svoltare dalle Rive verso la piazza e
da via Lazzaretto vecchio girare per la stessa arrivando così a sbucare
all’altezza del Molo Venezia. Scattando la chiusura, però, auto e moto
avranno l’obbligo di proseguire dritte, nel primo caso verso la fine delle
Rive, nel secondo in direzione via Diaz.
ma.un. |
Fotovoltaico, impianto high
tech in Friuli - Inaugurata un’installazione nell’area dell’Aussa Corno:
energia per 70 famiglie |
|
SAN GIORGIO DI NOGARO Inaugurato
ieri, nella zona industriale dell'Aussa Corno a San Giorgio di Nogaro,
un’area industriale in via di sviluppo che cede la presenza di aziende di
caratura nazionale (tra questeanche gli impianti dsiderurgici di Marcegaglia),
un impianto di pannelli fotovoltaici della cooperativa Idealservice, alla
quale conferiscono i rifiuti solidi urbani da raccolta differenziata di
tutti i comuni della Provincia di Gorizia e di una parte di quelli della
Provincia di Udine.
I pannelli che sono statiinstallati sono di tipo avanzato (si orientano in
direzione del sole per raccogliere il massimo dell’energia grazie a un
sistema Gprs che sfrutta i satelliti geostazionari) e consentono di produrre
200 Kw di energia elettrica, cioè l'equivalente del fabbisogno energetico
annuo di settanta famiglie.
L'installazione riveste interesse alla luce dell'attuale situazione
energetica, ove si pensi che in senso globale, «in questi dieci anni - è
stato affermato nel corso della cerimonia - il costo del petrolio è
aumentato di dieci volte, ma per fortuna, nello stesso periodo il prezzo
della benzina e del gasolio è solamente raddoppiato, perchè sono state
contenute l'IVA relativa e le accise»
Per ridurre i costi che comunque gravano sulle famiglie sarebbe dunque
opportuno provvedere agli interventi di coibentazione sugli edifici e sulle
abitazioni e incrementare la diffusione dei mezzi di trasporto merci e
persone di tipo ibrido, che sfruttano la combustione dei carburanti
tradizionali, ma anche altre fonti di energia.
Il Friuli Venezia Giulia che sostiene l'installazione di pannelli
fotovoltaici, così come la diffusione della produzione di energia da
biomasse, i combustibili derivati dalla natura, ha finanziato anche il
progetto a cura dell'Università di Trieste, con la collaborazione della
Caffaro di Torviscosa (Udine) e della Friulchem di Vivaro (Udine), per
ottenere bioetanolo (un gas combustibile) dalla criomacinazione degli scarti
della lavorazione dei prodotti agricoli. |
Rigassificatore a Veglia:
11mila posti di lavoro - Tra gli altri siti possibili si stanno
esaminando quelli del Canal d’Arsa e della baia di Buccari |
|
Le amministrazioni locali
favorevoli al progetto, costerà un miliardo di euro compresi i gasdotti |
L’investitore sarà la società Adria Lng costituita dalla tedesca Eon Ruhrgas,
dall’austriaca Omv Gas, dalla francese Total e dalla slovena Geoplin
FIUME Ancora qualche giorno e il
governo croato annuncerà il sito prescelto ad ospitare il futuro
rigassificatore, tema che da anni suscita l’interesse degli abitanti dell’Istroquarnerino,
delle autonomie locali e regionali e delle organizzazioni ambientaliste che
agiscono in quest’area nordadriatica. È stato il vicepresidente
dell’esecutivo statale e ministro dell’ Economia, Damir Polancec, a
confermare che la decisione sarà presa in tempi brevi e riguarderà anche la
definizione dei partner per l’approntamento del terminal Lng.
Si concluderà così un’attesa durata tanto tempo, periodo in cui si è passati
da una spiccata avversione verso il megaimpianto, ad un’accettazione quasi
incondizionata, specie da parte delle due contee e dei comuni interessati.
Anche se mancano notizie ufficiali al riguardo, i favori del pronostico
vanno a Castelmuschio (Omisalj), nella parte nordoccidentale dell’isola di
Veglia, che già dispone di un’infrastruttura tale da poter accogliere senza
traumi il rigassificatore. L’ indiziato numero due è il Canal d’Arsa, lungo
la costa orientale istriana, che può offrire agli esperti le migliori
condizioni geologiche, davvero importanti quando si tratta di costruire un
simile gigante. I due nomi balzano fuori dallo studio redatto dall’azienda
specializzata Ekonerg di Zagabria, che prende in considerazione altri siti,
come la località vegliota di Blatno e l’imboccatura della baia di Buccari,
nelle vicinanze di Fiume.
Secondo gli esperti, le maggiori opportunità riguardano Castelmuschio, dove
da tempo sono presenti un polo petroli, l’industria petrolchimica Dina e
l’oleodotto Janaf. Un mix di grandi stabilimenti, ai quali si aggiungerebbe
il terminal, progetto che vedrebbe gli investitori scucire da 600 a 800
milioni di euro, cifra che – chiavi in mano – salirebbe ad un miliardo di
euro per l’ edificazione dei gasdotti. Al governo croato hanno già fatto
sapere di avere fretta, ossia di volere che l’impianto entri in funzione
alla fine del 2011 o al più tardi nella seconda metà del 2012. Il
rigassificatore avrebbe una capacità di movimentazione annua di 15 miliardi
di metri cubi di gas e risolverebbe gran parte dei problemi energetici nel
Paese. Oltre ad aprire 10 mila posti di lavoro (con l’indotto), argomento
irresistibile in Croazia e che tempo fa era riuscito a far cambiare gli
umore nei riguardi del terminal. La Croazia, ed è un problema sempre più
sentito anche altrove, sta decisamente orientandosi verso il consumo del
gas, sia per quanto riguarda le utenze a domicilio e industriali, sia in
considerazione dei piani dell’Hep, l’Azienda elettrica statale, che intende
costruire una serie di termocentrali a gas.
Inoltre, il 40 per cento del fabbisogno nazionale di questo energetico
proviene dalla Russia, mercato che anche a Zagabria ritengono non sempre
affidabile. Quando un anno e mezzo orsono ci fu il contenzioso energetico
fra Russia e Ucraina, pure la Croazia si vide costretta a fare i conti con
minori contingenti di gas. Si diceva della definizione del gruppo
d’investitori: a Zagabria è nata l’ Adria Lng, consorzio che vede presenti i
tedeschi Eon Ruhrgas e Rwe, l’ austriaca Omv Gas International, la francese
Total e la slovena Geoplin. Queste aziende hanno annunciato il prossimo
ingresso di partner croati, quali l’Ina, l’Hep e la Plinacro.
Andrea Marsanich |
IL PICCOLO -
SABATO, 5 aprile 2008
Ferriera, duello tra Dipiazza
e i sindacati - Il sindaco: proporrò la chiusura al nuovo governo.
Cgil: un piano preciso per i lavoratori |
|
Scontro al
dibattito organizzato da Sinistra Arcobaleno. Musacchio (Prc): destinare gli
stanziamenti Cip 6 a bonifiche e riconversioni
«Al nuovo governo che si
insedierà, indipendentemente se di destra o di sinistra, io proporrò un
patto. E al primo punto di questo patto postulerò la chiusura della Ferriera
di Servola, che non può assolutamente continuare a esistere in un centro
abitato come il nostro. L’occupazione? Nella città che mi trovo ad
amministrare, l’industria rappresenta il 12% della ricchezza complessiva: è
questo dato che mi rende ottimista e sicuro del fatto che tra porto,
innovazione e sviluppo del Porto vecchio i lavoratori di Servola troveranno
un altro impiego». Non ha dubbi il sindaco Roberto Dipiazza, ospite ieri
sera all’incontro organizzato alla Stazione marittima da Sinistra
Arcobaleno, che la Ferriera sia ormai arrivata al capolinea. Difatti,
guardando in faccia il suo uditorio, sbotta: «Sono convinto, ve lo giuro,
che chi abita attorno a quello stabilimento rischia la salute».
Ne è talmente persuaso che punta l’indice contro chi - in maniera
altrettanto diretta - non dice lo stesso: «Se sentite le dichiarazioni di
qualcuno - afferma - sembra che attraverso l’Aia, l’Autorizzazione di
impatto ambientale, si possa porre sotto controllo la proprietà dello
stabilimento e impedire che continui ad accadere ciò che da anni accade. Ma
per piacere: a chi lo vogliamo raccontare? L’azienda non ha intenzione di
mollare la presa per due motivi: il boom del mercato ghisa-acciaio e il
desiderio di non accollarsi la bonifica del sito».
Ma i sindacati, a queste affermazioni scalpitano: «La Ferriera - dice Franco
Belci, segretario Cgil - verrà chiusa un minuto dopo che l’ultimo lavoratore
avrà trovato un altro impiego. Invece di dire genericamente che il
reinserimento di mille lavoratori si farà, in un modo o nell’altro, i
politici dovrebbero esprimere un piano preciso, dettagliato e a parità di
reddito, di riconversione dei lavoratori. La politica ha le sue
responsabilità, perché è la politica che dà gli indirizzi. I sindacati non
sono a priori per la permanenza dell’attività, ma stanno sicuramente dalla
parte dei lavoratori».
Fabio Gemiti (Wwf), presente all’incontro moderato da Lino Santoro
(Legambiente) assieme a Luca Visentini (Uil) e al parlamentare Roberto
Musacchio (Prc), ha chiesto, davanti «a un tale disastro ambientale, fin
dagli anni ’80-’90 denunciato dal Wwf», come si possa rilasciare l’Aia,
affermando la «necessità di chiudere lo stabilimento, nella salvaguardia,
per quanto possibile, dei posti di lavoro». Il parlamentare europeo
Musacchio ha invece affermato la necessità di «interrompere lo stanziamento
dei Cip 6 e di destinare quei soldi alle bonifiche e alle riconversioni dei
siti industriali».
ti.ca. |
Centrali nucleari |
|
Mentre leggo le notizie che
ci pervengono sul rincaro del petrolio, la mia memoria ricorda il referendum
votato dagli italiani contro l’installazione delle centrali nucleari nel
nostro Paese; alcune già costruite e rimaste Cattedrali nel deserto. Vi
erano molte altre nazioni, alcune con noi confinanti, quali la Jugoslavia e
la Francia, che avevano impostato la produzione di tale fonte energetica,
che noi ritenevamo pericolosa di inquinamento atmosferico; per poi
acquistare proprio dai nostri vicini detto prodotto, come se così fossimo
esclusi da ogni rischio di contaminazione. Le schede che erano state
distribuite ai votanti, accompagnate da un allegato, il quale spiegava
dettagliatamente le tecniche di sicurezza, che sarebbero state attuate al
riguardo; tecniche certamente molto superiori di quelle applicate da altri
Paesi, che avrebbero potuto evitare anche il disastro accaduto nella
centrale di Cernobyl, ubicata in Ucraina. Preciso quanto sopra, visto ciò
che ora sta succedendo con gli aumenti del costo del petrolio, perché non
vorrei che qualcuno imputasse la responsabilità di questa situazione al
governo di allora, poiché ciò fu determinato da una libera scelta espressa
democraticamente dalla maggioranza del popolo italiano chiamato alle urne.
Se io che avevo votato in favore, pensavo forse di avere sbagliato, ora mi
ricredo, in quanto i produttori di energia nucleare non hanno le nostre
preoccupazioni nel campo energetico.
Tommaso Micalizzi |
IL PICCOLO -
VENERDI', 4 aprile 2008
Esami medici a Servola,
seconda fase - Dopo i test sui residenti che li avevano chiesti
l’Azienda sanitaria deve ora ripeterli su cittadini di zone non inquinate
|
|
Mercoledì un
incontro aperto agli «allievi»: il Dipartimento di prevenzione spiega i
termini del problema
Accordo con l’Università
della terza età: si cercano i volontari fra gli iscritti
Università della terza età: 1400
iscritti dai 29 ai 92 anni. È in questo bacino che l’Azienda sanitaria
cercherà un gruppo di cittadini volontari per costruire il campione di
verifica delle analisi condotte sui residenti di Servola che avevano chiesto
e ottenuto controlli sull’eventuale assorbimento nel sangue e nelle urine di
metalli pesanti e altre sostanze dannose vista la contiguità con la
Ferriera.
Oltre la metà dei richiedenti prescelti fra i 160 firmatari della petizione
aveva passato i 60 anni, il gruppo di confronto che ne deve essere il
«gemello» per caratteristiche anagrafiche e abitudini di vita (ma deve
abitare in zone considerate non a rischio di inquinamento) andava dunque
cercato con attenzione mirata.
Mercoledì prossimo alle 15.30 i medici del Dipartimento di prevenzione
saranno nell’aula magna di via Lazzaretto vecchio per una lezione su
ambiente e inquinamento che servirà da presentazione per la ricerca di
adesioni. Ci si aspetta ragionevolmente di trovarle visto che l’Università
della terza età ha iscritti numerosi (e di tutte le età nonostante il suo
nome), e si suppone dotati già di buona preparazione culturale, senso
civico, atteggiamento consapevole.
«Siamo sempre aperti alle collaborazioni - spiega il presidente
dell’istituzione, Ugo Lupatelli - e ben volentieri abbiamo dato la nostra
disponibilità all’Azienda sanitaria intanto per capire i termini della
richiesta, e con l’avvertenza che non vogliamo essere in alcun modo
implicati in faccende di tipo politico inerenti la Ferriera». Lupatelli ha
già diffuso la voce fra i suoi iscritti: «Ho trovato buona disponibilità».
Per mercoledì prossimo è stata fatta saltare una lezione al fine di lasciare
spazio a questo incontro aperto a tutti gli iscritti: «Pensiamo che
collaborare alla ricerca - aggiunge il presidente - sia un atto molto
civile, sappiamo che si tratta di scegliere un gruppo di persone volontarie,
una trentina che viva in un quartiere non inquinato della città e un’altra
trentina che abiti sull’altipiano, tutti saranno personalmente chiamati per
i prelievi all’ospedale Maggiore». Non prima, naturalmente, di aver firmato
una regolare adesione ovvero il «consenso informato» - come assicura il
Dipartimento di prevenzione.
Saltata dunque, a fronte della nuova opzione, l’idea di coinvolgere le
farmacie, come inizialmente ipotizzato. Certo però che l’intero processo di
analisi, confronto e lettura dei referti richiederà un certo tempo, anche
per il periodo di elaborazione successiva dei dati.
Intanto Lupatelli si prepara a offrire ai suoi allievi (400 iscritti nuovi
quest’anno, «di cui 100 - dice - tra i 40 e i 59 anni») questa lezione
speciale, che seguirà di un giorno un altro incontro al di là delle consuete
materie didattiche: martedì alle 16.30 nell’aula magna il direttore della
Sissa, Stefano Fantoni, presenterà «Fest», il festival triestino della
scienza.
g. z.
|
Tondo: «La Ferriera dev’essere
chiusa, il lavoro degli operai è a basso profilo e riconvertibile»
|
|
«Su questo tema voglio essere
chiarissimo: la Ferriera di Servola va chiusa. L’opinione che ho in merito,
dal 2001 a oggi, è sempre stata la stessa e se chi è subentrato in Regione
al mio posto avesse seguito l’indirizzo da me indicato, oggi non ci
troveremmo in questa situazione, bensì alla vigilia della dismissione dello
stabilimento». Così Renzo Tondo, candidato Pdl alla presidenza del Friuli
Venezia Giulia. Che ieri mattina, nella location «non casuale» del piazzale
antistante il cimitero di Servola, ha incontrato i residenti. Tondo è stato
chiarissimo pure sui risvolti occupazionali di una tale, eventuale,
decisione: «Non costituirebbero un problema - ha detto - anche perchè il
lavoro è talmente di basso profilo che gli operai sarebbero ben contenti di
essere riqualificati in altre realtà».
«Io - ha affermato Tondo - ho già fatto un patto col sindaco di Trieste, ma
questo impegno lo voglio prendere davanti a voi, guardandovi in faccia e
assumendo le mie responsabilità: non è possibile che una tale realtà resti a
deturpare il territorio, impegnato a puntare tutto sul porto e sul turismo.
Questo ”ragno” nero non va assolutamente conservato». Il candidato del
centrodestra ricorda la presentazione in Parlamento di «interrogazioni che
non hanno ricevuto risposta dal governo» e di «aver accolto cittadini
servolani nella mia casa, per ascoltare i loro problemi».
«Lo dico chiaro e tondo: sono per la chiusura della Ferriera e il 15 aprile
sarò qui a discutere con voi su come ottenere questo risultato - ha aggiunto
- I nostri avversari, per contro, favoriscono l’informazione di elementi a
favore del proseguimento dell’attività industriale. In pratica dicono ”Sì
però no”. In politica non si possono fare solo promesse, bisogna prendere
anche delle decisioni difficil e impopolari, come quando, nella mia Carnia,
ho detto di essere contrario alla creazione della quinta Provincia. Non so
se questa della Ferriera sia una battaglia impopolare o meno, tuttavia, col
vostro consenso, la combatterò fino in fondo. Come ho già fatto in passato,
quando mi sono trovato al vertice della Regione». All’incontro, in supporto
del candidato, anche il consigliere regionale uscente Piero Camber e
l’assessore al Patrimonio Pietro Tononi.
ti.ca. |
ELEZIONI - Il duello si
allarga al terminal «off shore» - Faccia a faccia televisivo. L’uscente
favorevole a un rigassificatore nel Golfo. Lo sfidante contrario
|
|
CAPODISTRIA Interventi decisi ma
pacati, idee espresse con chiarezza, qualche punzecchiatura sulle
responsabilità per le scelte sbagliate (o presunte tali) degli avversari sia
a livello nazionale che regionale: è stato vivace e articolato il primo
confronto televisivo tra Riccardo Illy e Renzo Tondo, che mercoledì sera, in
diretta su Tv Capodistria. Illy e Tondo si sono confrontati anche su
argomenti che interessano da vicino pure l'opinione pubblica slovena, come i
rigassificatori. Per Illy, la Regione è propensa a dare la disponibilità al
gruppo Endesa per la costruzione del terminal «off shore», ma non se il
progetto prevederà un avvicinamento della piattaforma a Grado. Contrario ai
rigassificatori invece il candidato del Popolo delle libertà Renzo Tondo. La
Regione, è convinto Tondo, dovrebbe assumere una posizione più forte e non
accontentarsi di accettare le scelte del governo o esprimere pareri non
vincolanti. «Contrari ai rigassificatori – ha ricordato Tondo – sono pure i
sindaci di Trieste e Capodistria. Personalmente, sono sostenitore di altre
vie, tra cui il nucleare». In tema di infrastrutture, Tondo ha ricordato la
questione della viabilità interna alla regione, problema che rischia di
congestionare i traffici, nonchè quello del passante di Mestre, sbloccato in
virtù di un grande accordo del centrodestra tra lo stesso Tondo, all'epoca
presidente della Regione, Galan e Berlusconi. Il Friuli Venezia Giulia, si
sono detti concordi entrambi, è una grande piattaforma logistica naturale,
le cui opportunità, specie nei collegamenti con i Paesi del Centro ed Est
Europa, vanno sfruttate. |
Bersani: sì al
rigassificatore nel Golfo - Il ministro ieri nell’Isontino, oggi a
Trieste: «Il problema centrale al Nord è il rapporto tra economia e pubblica
amministrazione» |
|
«Sto
preparando una nuova, grande mega-lenzuolata sulla burocrazia»
«Un sostegno a Illy? Ha fatto
così bene che non necessita dei big nazionali»
TRIESTE Ha parlato ieri sera a
San Pier D'Isonzo (oggi sarà a Trieste con gli imprenditori alle 10.30 e poi
con i cittadini alla Stazione marittima alle 11.45) e raccontato che si può
fare. Soprattutto in questa regione, «quella in cui mi pare che Riccardo
Illy non abbia nemmeno bisogno del sostegno dei big nazionali». Pierluigi
Bersani, ministro dello Sviluppo economico, diffonde ottimismo. Annuncia:
«Contiamo davvero di portare un rigassificatore a Trieste». E promette: «La
prossima grande liberalizzazione riguarderà la pubblica amministrazione».
Ministro Bersani, in regione anche per sostenere Illy?
Illy ha fatto così bene che non sembra necessitare di aiuti. Sono in
Friuli Venezia Giulia per testimoniare una volta ancora la profonda stima
per la politica del presidente della Regione e della sua squadra. Tanto
vincente che potrà consentire un buon risultato sia alle regionali che alle
politiche.
Un presidente, peraltro, che non ha trattenuto qualche critica al governo
Prodi.
Nulla di strano. Non si può parlare di federalismo fiscale e poi
obiettare se una qualche regione organizza alleanze politiche diverse da
Roma o avanza critiche, osservazioni, proposte anche polemiche. Illy, in
ogni caso, sui temi essenziali del Paese, non ha mai fatto mancare la sua
mano. Nel disegnare un'idea innovativa di Europa in questa regione è stato
anzi propulsivo.
Da tempo Illy sostiene la necessità di almeno un rigassificatore a
Trieste. A che punto siamo?
A Roma, si sa, non si è potuta perfezionare la pratica per la carenza di
disponibilità delle aziende proponenti a produrre una documentazione
completa. Ora il ministero dell'Ambiente sta chiedendo questa documentazione
e credo che alla fine della procedura qualcosa accadrà. Certo, il
rigassificatore a Trieste sarebbe utile. Ricordo intanto al centrodestra
che, quando era al governo, non ne ha fatto nemmeno uno, mentre noi siamo
pronti a realizzare gli impianti di Livorno e Rovigo.
Il suo decreto ha bloccato l'attività pubblica di Insiel. Ci saranno
novità? Ritiene sia stato un intervento corretto per favorire la libera
concorrenza?
Si, credo che la filosofia sia quella giusta, che si debba andare in
quella direzione. Forse sarebbe servito un meccanismo con una maggiore
gradualità per agevolare il cambiamento.
Liberalizzazioni: ci sono state molte resistenze alle sue proposte
d'inizio mandato. Che cosa prepara nel caso di nuovo governo di
centrosinistra?
Sto lavorando su una «megalenzuolata» sulla burocrazia. Mi sono convinto
che, soprattutto al Nord, per quanto i temi fiscali e strutturali siano
rilevanti, il problema numero uno è il rapporto tra economia e pubblica
amministrazione.
Quindi?
Quindi, per fare un esempio concreto, non si vede perché gli avvocati,
anziché cercare guadagni sui contenziosi Rc auto, non fanno un mestiere
legato alle autorizzazioni che si chiedono alla pubblica amministrazione.
Certe pratiche vanno fatte in autocertificazione, rafforzate dalla firme dei
professionisti.
Come si fa a vincere?
Convincendo gli indecisi. C'è una vasta area incerta che pensa che si
sia esaurita la spinta propulsiva di Berlusconi. Dobbiamo rivolgerci a
quegli elettori, che si trovano anche nel Nordest, facendo capire che noi il
sacrificio lo abbiamo fatto: possiamo produrre un governo solido con un solo
gruppo parlamentare. Il messaggio è che una palla di neve può diventare una
valanga.
Si dovesse pareggiare?
In un bipolarismo come il nostro le grandi coalizioni porterebbero alla
paralisi, non all'innovazione. Se si pareggia serve un governo per il tempo
necessario alle riforme.
Che riforme?
Quelle istituzionali e quella elettorale. Non si potrà certo più votare
con una simile legge. Riforme imprescindibili per dare un nuovo volto al
Paese.
Le piacerebbe la conferma allo Sviluppo economico o ha altri ministeri
che la interessano?
La mia attività da sempre è legata all’economia, mi troverei bene dove
sono. Non ci sono dubbi. Ma ribadisco che il mio grande obiettivo, adesso, è
occuparmi della semplificazione della pubblica amministrazione. È un mondo
che va guardato con gli occhi del cittadino.
Marco Ballico |
L’inquinamento della Ferriera |
|
Stando a quanto scrive il vostro
cronista gli industriali presenti alla cena in Prefettura in occasione della
visita del Capo dello Stato hanno pubblicamente reso allo stesso falsa
testimonianza dichiarando che la Ferriera non inquina. Sono passati poi alle
facezie, citando l’esempio di impianti siderurgici, a loro dire,
«perfettamente normati», nel cuore di città come ad es. Amsterdam, omettendo
di aggiungere un piccolo particolare e cioè che questo rudere industriale,
che abbiamo la “fortuna” di avere noi qui, non lo si potrebbe mettere a
norma neanche se Lucchini volesse impegnarvi anche la sua biancheria intima.
Gli conviene piuttosto sfruttare, e quindi far pagare a noi cittadini, i
contributi Cip 6 recentemente riconfermati sino al 2015. A quel punto – come
dice qualcuno – la ferriera si chiuderà da sola in barba ai «risvolti
occupazionali» così menzionati durante il convivio, tra un branzino e
l’altro, omettendo di precisare che il problema attende una soluzione da
almeno vent’anni e che nel frattempo l’inquinamento è passato anche al suolo
ed alle falde acquifere e presumibilmente nella catena alimentare. Proprio
come le mozzarelle campane! Di quelle almeno si parla anche in periodo
pre-elettorale. Ma qui, nella nostra civilissima euroregione, silenzio.
Silenzio ed omertà.
Aurora Marconi Incontrera |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 3 aprile 2008
Bonifica dei siti inquinati:
sbloccati i fondi - Via libera dal Cipe, tra i 450 milioni in arrivo
al Nord anche quelli destinati all’Ezit |
|
Resta ancora
da stabilire l’ammontare delle risorse che saranno messe a disposizione del
comprensorio industriale triestino
Via libera del Cipe al
finanziamento richiesto dal ministero dello Sviluppo economico per il
«recupero economico produttivo dei siti industriali inquinati». Un disco
verde che sblocca l’atteso trasferimento di 450 milioni di euro destinati
alle aree inquinate del Centro Nord, e di 2,5 miliardi per quelle del Sud. A
beneficiare dell’importante stanziamento saranno naturalmente anche i
terreni in zona Ezit inseriti nel perimetro del Sito di interesse nazione
Trieste. Resta ancora da stabilire, però, l’ammontare delle risorse a
disposizione del comprensorio cittadino.
«Con questa operazione - ha spiegato Pierluigi Bersani subito dopo la
pronuncia del Comitato interministeriale per la programmazione economica -
noi non predeterminiamo i singoli interventi da realizzare che, infatti,
dovranno essere specificati in una fase successiva della programmazione.
Facciamo però in modo che non si perdano sei mesi in un percorso
assolutamente cruciale per gli obiettivi di crescita. Le misure approvate
oggi (ieri ndr) - continua il ministro allo Sviluppo economico che proprio
domani sarà a Trieste - sono tutte orientate alla crescita della
competitività del sistema delle imprese. L’obbiettivo è incidere
positivamente sullo sviluppo attraverso un’efficiente infrastrutturazione
del territorio».
Soddisfatto per la buona notizia, peraltro data già quasi per scontata, il
presidente dell’Ezit. «Seguivamo da tempo l’iter del decreto Bersani che,
all’articolo 252 bis, prevede un intervento del ministero a favore dei
progetti di reindustrializzazione dei siti inquinati e da bonificare -
chiarisce Mauro Azzarita -. Nel nostro comprensorio abbiamo diverse aree
interessate da progetti di questo tipo e attendevamo quindi il recepimento
del decreto da parte del Cipe e l’ufficializzazione della disponibilità
finanziaria. Lo stanziamento messo a disposizione dal dicastero dello
Sviluppo economico, tra l’altro, andrà ad affiancarsi alle risorse del
ministero dell’Ambiente (l’accordo di programma tra quest’ultimo e gli enti
locali che dovrebbe essere firmato a breve assegna a Trieste 122 milioni e
690 mila euro ndr). Non sappiamo però quanti soldi potranno arrivarci grazie
al decreto Bersani. Decreto che vincola i finanziamenti agli effettivi
progetti di reindustrializzazione. Una scelta peraltro condivisibile -
conclude Azzarita -, perchè evita che quei fondi finiscano in interventi di
tutt’altra natura».
«Il via libera del Cipe era atteso da tempo - aggiunge l’assessore regionale
all’Ambiente, Gianfranco Moretton -. Ora non resta che aspettare il riparto
e verificare che percentuali otterranno i due siti di interesse nazionale
del Friuli Venezia Giulia, e cioè Trieste e la laguna di Marano e Grado».
m.r. |
BONIFICHE - La perimetrazione
risale al 2003: 1700 ettari tra Trieste e Muggia |
|
Il Sito di interesse nazionale
Trieste è stato delimitato il 24 febbraio 2003 con decreto dell’allora
ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli. Il perimetro dell’area ritenuta
potenzialmente inquinata, e quindi da sottoporre a bonifica, comprende una
superficie territoriale di 1700 ettari, di cui circa 1200 in mare e circa
500 sulla terraferma, suddivisi tra i Comuni di Trieste e Muggia. Questi
ultimi sono quasi interamente compresi nel comprensorio dell’Ezit e ospitano
centinaia di realtà industriali e artigianali. In gran parte del Sito di
interesse nazionale i fenomeni di inquinamento risalgono agli imponenti
interventi di interramento di materiali inerti, ma anche di rifiuti
industriali e ceneri, eseguiti nell’immediato dopoguerra. Decisiva anche
l’attività dell’ex raffineria Aquila nell’area ora di proprietà del gruppo
Teseco. |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 2 aprile 2008
Sebenico ha vietato alla nave
«Serine» di entrare in porto - Dopo il disincaglio da Unie
|
|
SEBENICO Continua l’odissea del
mercantile egiziano Serine, rimasto incagliato per oltre due mesi sugli
scogli dell’isola di Unie, nell’arcipelago di Lussino. Dopo che domenica era
stato riportato in mare aperto dai rimorchiatori del Servizio marittimo
adriatico di Fiume e trainato verso il porto di Sebenico, il cargo è stato
colpito da un’ordinanza dell’Autorità portuale sebenzana che gli vieta di
attraccare nello scalo dalmata. In pratica la Serine, battente bandiera
della Sierra Leone, viene considerata dalle autorità portuali sebenzane alla
stregua di una bomba ecologica, sulla falsariga di quanto ritenuto dalle
dirigenze municipali di Lussinpiccolo e Cherso e dai locali movimenti
ambientalisti. Il direttore della Port Authority di Sebenico, Sime Zenic, è
stato molto esplicito: «Stiamo parlando di una carretta, di una nave vecchia
e a rischio, già malridotta dal duro impatto con la costa settentrionale di
Unie – ha detto Zenic – inoltre sussiste il pericolo che la Serine rimanga
per sempre ormeggiata nel nostro scalo, a spese dell’ Autorità portuale e
dello Stato croato». Proprio nei giorni scorsi c’è stato un duro faccia a
faccia tra Zenic e il rappresentante dell’armatrice di Alessandria, la
Anomyo Maritime Losa, proprietaria dell’imbarcazione. Il responsabile della
Port Authority ha fatto presente all’interlocutore il timore che la Serine
non venga più presa in consegna dalla società egiziana, restando ormeggiata
a Sebenico, dove dovrebbe venire sottoposta a lavori di riparazione.
Preso atto di quanto dichiarato da Zenic, l’agente non ha aggiunto una sola
parola, andandosene subito. «Si parlava che la Serine sarebbe stata riparata
a Traù e dunque avevo consigliato all’armatore di ormeggiare la nave nelle
acque antistanti questa città – così Zenic – si è insistito invece per
Sebenico e ciò fa supporre che ci sia qualcosa di strano riguardo alla
Serine».
a. m. |
LA REPUBBLICA -
MARTEDI', 1 aprile 2008
"Energia, la
soluzione non è l'atomo" - Appello degli scienziati ai candidati - "Scelta
inopportuna per molti motivi, bisogna puntare con decisione sul solare"
Oltre 600 tra
docenti e ricercatori hanno firmato un documento contro il nucleare
ROMA - Solo il solare può garantire
all'Italia un futuro energetico sostenibile. Oltre seicento tra docenti
universitari e ricercatori hanno sottoscritto un appello "ai candidati alla
guida del Paese nelle elezioni politiche 2008" per chiedere che venga messa da
parte tanto la tentazione del nucleare, quanto il ritorno al carbone. "In virtù
della conoscenza acquisita con i nostri studi e la quotidiana consultazione
della letteratura scientifica internazionale - si legge nel documento - sentiamo
il dovere di informare la classe politica e il Paese riguardo la crisi
energetica e climatica incombente, che minaccia di compromettere
irrimediabilmente la salute e il benessere delle generazioni future". "Tutti gli
esperti - prosegue l'appello - ritengono che sia urgente iniziare una
transizione dall'uso dei combustibili fossili a quello di altre fonti
energetiche, così che possa essere graduale".
Se per molti osservatori, soprattutto nel campo economico e politico, la
risposta a queste problematiche sta nel ripercorrere la strada del nucleare, gli
scienziati firmatari del documento sono convinti che il ricorso all'atomo sia
una falsa soluzione. "Riteniamo - scrivono ancora - che l'opzione nucleare non
sia opportuna per molti motivi: necessità di enormi finanziamenti pubblici,
insicurezza intrinseca della filiera tecnologica, difficoltà a reperire depositi
sicuri per le scorie radioattive, stretta connessione tra nucleare civile e
militare, esposizione ad atti di terrorismo, aumento delle disuguaglianze tra
paesi tecnologicamente avanzati e paesi poveri, scarsità dei combustibili
nucleari".
Di contro, i firmatari dell'appello sollecitano "chi guiderà il prossimo governo
a sviluppare l'uso delle fonti di energia rinnovabile e in particolare il solare
nelle varie forme in cui può essere convertita". "Il sole infatti - ricordano -
è una stazione di servizio inesauribile che in un anno invia sulla Terra una
quantità di energia pari a diecimila volte il consumo mondiale".
La versione integrale del testo e l'elenco completo dei ricercatori che hanno
firmato il documento, promosso tra gli altri dal docente di chimica
dell'Università di Bologna Vincenzo Balzani, possono essere consultati su
www.energiaperilfuturo.it, il sito online della campagna, dove anche i
semplici cittadini possono sottoscrivere l'appello. Al momento tra i firmatari
non risulta il nome del premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, ma proprio
pochi giorni fa
in un'intervista a Repubblica il celebre scienziato affermava posizioni
praticamente identiche.
IL PICCOLO -
MARTEDI', 1 aprile 2008
I Verdi: «I due candidati non
vogliono affrontare i veri problemi della Tav» - Documento della Visintin |
|
TRIESTE Giorgia Visintin
dell’esecutivo dei Verdi e candidata al consiglio regionale nella Sinistra
arcobaleno attacca i due candidati presidenti sulla Tav e in particolare sul
suo percorso nella bassa friulana e sul Carso triestino. «I botta e risposta
tra i candidati Illy e Tondo o tra i Sonego-Gottardo sulla questione
infrastrutture - scrive la Visintin - si fondano su una campagna elettorale
di tipo persuasivo ben lontana dalla situazione reale del sistema
ferroviario e viario locale. L’argomento delle grandi opere e della
necessità di ammodernamento dell’esistente è proposta fondamentale nel
programma elettorale di entrambi gli schieramenti. Ma entrambi gli esponenti
delle diverse forze politiche non si stanno confrontando con le criticità
insite che queste progettazioni hanno». |
Il Wwf boccia la giunta
sull’80% delle procedure ambientali |
|
L’associazione ambientalista promuove l’esecutivo regionale soltanto sul
blocco dell’operazione cementificio di Torviscosa
TRIESTE Venticinque volte
«pollice verso» su un totale di 31 casi allo studio. Questo il risultato
della «Valutazione conclusiva sulle politiche ambientali della Regione
Friuli Venezia Giulia nella legislatura 2003-2008», presentata dal Wwf come
una specie di «pagellina» della Regione in materia di ambiente. Pagella che,
a dirla tutta, vede la Regione a rischio bocciatura. Come spiega la stessa
associazione ambientalista, infatti, i giudizi positivi sui casi di studio
sono solo due, mentre si ritiene che la Regione si sia avviata sulla buona
strada in altre quattro situazioni (cementificio di Torviscosa, Vas,
volontariato ambientale e progetti di conservazione).
Sugli altri ventisette casi di studio, invece, si dà un giudizio negativo
sulle politiche regionali. «Diciamo francamente che ad oggi, secondo quanto
da noi documentato, questa è stata un’occasione persa ed è per questo che
abbiamo voluto indicare nel dettaglio le azioni positive da inserire
nell’agenda istituzionale del nuovo governo regionale» ha commentato Enzo
Venini, presidente del Wwf Italia. La giunta Illy viene quindi bocciata
sull’82% del campione. «Quello che emerge – spiega lo stesso Wwf - è un
giudizio ampiamente e incontrovertibilmente negativo, che fa della nostra
una delle regioni più arretrate del Nord Italia e più in generale del nostro
paese nel campo delle politiche ambientali”. Quali i problemi? Prima di
tutto, secondo l’associazione ambientalista, “le politiche della giunta di
centrosinistra e la maggioranza che la sostiene in questi cinque anni di
governo sembrano aver sposato acriticamente la via della deroga dalle
normative nazionali e comunitarie». Come esempi, si citano la Ferriera di
Servola, la Cartiera Burgo, i rigassificatori, la Baia di Sistiana, l’alta
velocità ferroviaria. Secondo, «le procedure accelerate e semplificate di
Valutazione di Impatto Ambientale ereditate da precedenti amministrazioni
sono state confermate e applicate con poca trasparenza e poca chiarezza».
Infine, «scarsa o nulla attenzione è stata dedicata a politiche attive di
tutela, per la perimetrazione e gestione delle Zone di Protezione Speciale e
dei Siti di Interesse Comunitario l’espansione della ridottissima rete di
parchi regionali». Che fare nel futuro? Il Wwf ha preparato una lista.
Ovvero prevedere «opere utili» (e non «grandi opere») caratterizzate dal
miglior calcolo costi-benefici, ma anche criteri minimi uniformi per le
misure di conservazione delle zone speciali, istituzione di una riserva
naturale regionale sul Cansiglio (transregionale), di un parco del Carso
(transfrontaliero) e la riperimetrazione al fine dell’ampliamento del parco
regionale delle Prealpi Giulie. E si chiede anche la radicale revisione
della legge sulla caccia, con abolizione dell’uccellagione, subordinazione
dell’attività venatoria a serie indagini scientifiche sugli stock faunistici,
eliminazione della caccia col segugio, istituzione di un corpo unico di
vigilanza venatoria-ambientale.
Elena Orsi |
Disincagliata la «Serine»,
evitato il disastro ecologico - La nave, finita sugli scogli a Unie il 22
gennaio scorso, è stata trainata nel cantiere di Sebenico |
|
LUSSINPICCOLO A più di due mesi
dall’ incidente, è stata finalmente disincagliata la nave egiziana Serine,
lunga 82 metri, che nella notte del 22 gennaio scorso era andata a stamparsi
sulla costa settentrionale dell’ isola di Unie, nell’ arcipelago di Lussino.
Sono stati i rimorchiatori del Servizio marittimo adriatico di Fiume a
estrarre il cargo dalla morsa degli scogli, mentre contemporaneamente una
squadra di sommozzatori della ditta specializzata Aquasub rattoppavano i
residui, piccoli squarci prodottisi sulle fiancate dopo il violento impatto
con l’ isola. Nell’ incidente, ricordiamolo, nessuno dei 13 membri dell’
equipaggio rimase ferito. Trainato dai rimorchiatori dell’azienda quarnerina,
il mercantile (con 6 membri d’equipaggio) ha preso la via del cantiere di
Sebenico, dove avverranno i lavori di riparazione di questa nave battente
bandiera della Sierra Leone e appartenente alla compagnia egiziana Anomyo
Maritime Losa. Il disincagliamento ha fatto tirare un respiro di sollievo
agli abitanti di Unie e di tutto quanto l’ arcipelago comprendente Lussino e
Cherso.
La Serine veniva considerata una bomba ecologica, un vero pericolo per l’
ambiente, avendo a bordo 120 tonnellate di nafta e 2500 tonnellate di soda.
Si temeva potesse avvenire uno sversamento di carburante in mare, con
relativo inquinamento di un vasto braccio di mare del Quarnero. Anche il
sindaco di Lussinpiccolo, Gari Cappelli, aveva espresso il timore che un’
eventuale fuoriuscita di nafta avrebbe potuto addirittura interessare il
lago di Vrana, collegato con il mare tramite canali sotterranei.
a. m. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 31 marzo 2008
Muggia e San
Dorligo alleate su turismo ed energia |
|
Le due
amministrazioni insieme alla Provincia danno vita a un progetto di Agenda
21. Attesi dalla Regione 161mila euro I
Comuni di San Dorligo della Valle e Muggia e la Provincia intendono lavorare
assieme in un processo di Agenda 21 (con coinvolgimento del territorio) su
valorizzazione del territorio, turismo sostenibile, risparmio energetico, in
ambito transcomunale.
Il progetto si chiama «PartecipAssieme», e per ora è in fase iniziale di
richiesta di contributo (di 161mila euro) alla Regione. Il progetto di
attuazione è stato già approvato, o è in fase di approvazione, dalle giunte
dei tre enti, ma la convenzione tra il Comune di Muggia, quello di San
Dorligo e la Provincia sarà siglata non appena sarà erogato il contributo e
quindi potrà partire il progetto.
L’idea nasce dalle passate esperienze dei due Comuni in merito a processi di
Agenda 21 (San Dorligo per la Val Rosandra, Muggia per la mobilità nel suo
territorio), e si avvarrà anche proprio degli strumenti, dei dati raccolti e
dei gruppi di lavoro «ereditati» dai progetti precedenti.
Di fondo, c’è anche la volontà di trasformare quei primi processi di avvio
di Agenda 21 in un processo partecipativo continuo, integrabili in un quadro
più ampio, anche territorialmente. Tutte le azioni che saranno intraprese
avranno valenza sovracomunale, mentre la Provincia potrà poi svolgere un
ruolo di tramite verso altri Comuni.
Tra le attività previste, lo studio per lo sviluppo di scenari di fruibilità
turistica aumentando l’offerta di turismo sostenibile, riqualificando anche
aree suburbane o periferiche, gestendo «Percorsi natura» e sentieri per la
fruibilità di aree sensibili o tutelate. Dalle analisi sarà elaborato il
Piano di azione locale, documenti quadro sulle possibili e attuali offerte
turistiche (anche di nicchia) e naturalistiche della zona.
È prevista inoltre l’individuazione di «buone pratiche» nel breve periodo
sul risparmio energetico, con la ricerca di aree in cui incentivare le
risorse alternative e rinnovabili, gli ambiti di miglioramento e gestione
dell’illuminazione pubblica, il miglioramento del monitoraggio dei consumi
energetici, le possibili azioni di risparmio energetico, sempre in legame
anche col le tematiche su turismo sostenibile e la mobilità sostenibile
sovracomunale. La Provincia metterà a disposizione le sue conoscenze e
competenze nell’ambito della raccolta dei rifiuti.
s. re. |
Nasce la
Riserva della Val Rosandra - La gestione affidata al Comune di San
Dorligo della Valle |
|
Dopo due
anni e mezzo di lavori con la messa in sicurezza dei sentieri e delle tre
vedette
«Un progetto ambizioso portato
avanti da una piccola realtà composta da tante valide persone». Così il
sindaco di San Dorligo della Valle-Dolina Fulvia Premolin ha definito la
riserva naturale regionale della Val Rosandra, pronta dopo due anni e mezzo
di lavori. A sancire l’ultima tappa di un iter avviato nel dicembre 2005 è
stata la consegna, nella sala del consiglio comunale di San Dorligo-Dolina,
di una copia delle chiavi con tanto di nastro azzurro a Silvester Metlika,
il presidente della Comunella di Bagnoli, ente proprietario in gran parte
della riserva affidata al Comune di San Dorligo come ente gestore. «Per i
nostri avi questa valle è sempre stata una sorgente di vita che si sono
sforzati di lasciare pulita, consegnandoci un patrimonio di enorme valore»,
ha commentato Metlika.
Soddisfazione anche per l’assessore ai lavori pubblici Laura Riccardi
Stravisi: «Abbiamo superato ostacoli enormi e quando la speranza iniziava a
venire meno siamo riusciti a ottenere questo grande risultato». La cerimonia
è poi proseguita con l’illustrazione dei progetti realizzati, come la
risistemazione e la messa in sicurezza dei principali sentieri, la
manutenzione delle tre vedette panoramiche (Moccò, Crogole e San Lorenzo),
la valorizzazione della risorgiva di Moganjevec e l’allestimento del Centro
visite di Bagnoli della Rosandra, davanti al teatro Preseren, che verrà
inaugurato nelle prossime settimane.
Grazie all’appello rivolto dall’amministrazione si è potuto ricoprire poi il
portico della chiesetta di Santa Maria in Siaris senza intaccare la
copertura originale: in una settimana i residenti e alcune associazioni
culturali e sportive hanno donato infatti 1500 tegole antiche. I bambini
della scuola primaria di Bagnoli hanno inoltre offerto simbolicamente una
tegola da loro decorata che è stata collocata nel luogo di culto. Inoltre
opere pregresse in contrasto con l’ambiente sono state «mascherate» o
eliminate. Ma l’impegno maggiore in assoluto, è stato ricordato, è stato per
la risistemazione del sentiero dell’amicizia che collega l’Italia alla
Slovenia con la creazione di un unico itinerario principale dotato di un
buon numero di parapetti di sicurezza. Della spesa complessiva dei lavori
stimata in 600 mila euro, la parte più cospicua è stata utilizzata per i
lavori veri e propri (284 mila); a seguire le spese per il personale (59
mila), il coordinamento progettuale e partner (38.250), il materiale
informativo (35.250), la consulenza scientifica (32 mila) ed altre voci.
L’85% delle risorse è stato stanziato dall’Unione europea nell’ambito della
cooperazione transfrontaliera Interreg IIIa Italia-Slovenia 2000-2006.
Il progetto «La Val Rosandra e l’ambiente circostante» prevede anche con un
doppio volume, in lingua italiana e slovena. Curato da Dario Gasparo in
collaborazione con altri autori, il libro è edito da Lint. Infine, una
mostra fotografica di tutte le opere realizzate è stata allestita nella
nuova ala degli uffici del Municipio.
Riccardo Tosques |
LA REPUBBLICA -
DOMENICA, 30 marzo 2008
Rubbia: "Né
petrolio né carbone, soltanto il sole può darci energia" - Ma non esiste un
nucleare sicuro o a bassa produzione di scorie
Sì al nucleare innovativo con
piccole centrali senza uranio
GINEVRA - Petrolio alle
stelle? Voglia di nucleare? Ritorno al carbone? Fonti rinnovabili? Andiamo a
lezione di Energia da un docente d'eccezione come Carlo Rubbia, premio Nobel per
la Fisica: a Ginevra, dove ha sede il Cern, l'Organizzazione europea per la
ricerca nucleare. Qui, a cavallo della frontiera franco-svizzera, nel più grande
laboratorio del mondo, il professore s'è ritirato a studiare e lavorare, dopo
l'indegna estromissione dalla presidenza dell'Enea, il nostro ente nazionale per
l'energia avviluppato dalle pastoie della burocrazia e della politica romana.
Da qualche mese, Rubbia è stato nominato presidente di una task-force per la
promozione e la diffusione delle nuove fonti rinnovabili, "con particolare
riferimento - come si legge nel decreto del ministro dell'Ambiente, Alfonso
Pecoraro Scanio - al solare termodinamico a concentrazione". Un progetto
affascinante, a cui il premio Nobel si è dedicato intensamente in questi ultimi
anni, che si richiama agli specchi ustori di Archimede per catturare l'energia
infinita del sole, come lo specchio concavo usato tuttora per accendere la
fiaccola olimpica. E proprio mentre parliamo, arriva da Roma la notizia che il
governo uscente, su iniziativa dello stesso ministro dell'Ambiente e d'intesa
con quello dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, ha approvato in extremis
un piano nazionale per avviare anche in Italia questa rivoluzione energetica.
Prima di rispondere alle domande dell'intervistatore, da buon maestro Rubbia
inizia la sua lezione con un prologo introduttivo. E mette subito le carte in
tavola, con tanto di dati, grafici e tabelle.
Il primo documento che il professore squaderna preoccupato sul tavolo è un
rapporto dell'Energy Watch Group, istituito da un gruppo di parlamentari
tedeschi con la partecipazione di scienziati ed economisti, come osservatori
indipendenti. Contiene un confronto impietoso con le previsioni elaborate finora
dagli esperti della IEA, l'Agenzia internazionale per l'energia. Un "outlook",
come si dice in gergo, sull'andamento del prezzo del petrolio e sulla produzione
di energia a livello mondiale. Balzano agli occhi i clamorosi scostamenti tra
ciò che era stato previsto e la realtà.
Dalla fine degli anni Novanta a oggi, la forbice tra l'outlook della IEA e
l'effettiva dinamica del prezzo del petrolio è andata sempre più allargandosi,
nonostante tutte le correzioni apportate dall'Agenzia nel corso del tempo. In
pratica, dal 2000 in poi, l'oro nero s'è impennato fino a sfondare la quota di
cento dollari al barile, mentre sulla carta le previsioni al 2030 continuavano
imperterrite a salire progressivamente di circa dieci dollari di anno in anno.
"Il messaggio dell'Agenzia - si legge a pagina 71 del rapporto tedesco - lancia
un falso segnale agli uomini politici, all'industria e ai consumatori, senza
dimenticare i mass media".
Analogo discorso per la produzione mondiale di petrolio. Mentre la IEA prevede
che questa possa continuare a crescere da qui al 2025, lo scenario dell'Energy
Watch Group annuncia invece un calo in tutte le aree del pianeta: in totale, 40
milioni di barili contro i 120 pronosticati dall'Agenzia. E anche qui, "i
risultati per lo scenario peggiore - scrivono i tedeschi - sono molto vicini ai
risultati dell'EWG: al momento, guardando allo sviluppo attuale, sembra che
questi siano i più realistici". C'è stata, insomma, una ingannevole
sottovalutazione dell'andamento del prezzo e c'è una sopravvalutazione
altrettanto insidiosa della capacità produttiva.
Passiamo all'uranio, il combustibile per l'energia nucleare. In un altro studio
specifico elaborato dall'Energy Watch Group, si documenta che fino all'epoca
della "guerra fredda" la domanda e la produzione sono salite in parallelo, per
effetto delle riserve accumulate a scopi militari. Dal '90 in poi, invece, la
domanda ha continuato a crescere mentre ora la produzione tende a calare per
mancanza di materia prima. Anche in questo caso, come dimostra un grafico
riassuntivo, le previsioni della IEA sulla produzione di energia nucleare si
sono fortemente discostate dalla realtà.
Che cosa significa tutto questo, professor Rubbia? Qual è, dunque, la sua
visione sul futuro dell'energia?
"Significa che non solo il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via
di esaurimento, ma anche l'uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni,
come del resto anche l'oro, il platino o il rame. Non possiamo continuare perciò
a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di
portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica
che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero:
e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra".
Eppure, dagli Stati Uniti all'Europa e ancora più nei Paesi emergenti, c'è
una gran voglia di nucleare. Anzi, una corsa al nucleare. Secondo lei, sbagliano
tutti?
"Sa quando è stato costruito l'ultimo reattore in America? Nel 1979, trent'anni
fa! E sa quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il
20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di
fatto dal governo, dallo Stato, per mantenere l'arsenale atomico. Ricordiamoci
che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la
tecnologia proposta si basa su un combustibile, l'uranio appunto, di durata
limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie".
Ma non si parla ormai di "nucleare sicuro"? Quale è la sua opinione in
proposito?
"Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un
calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è
possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può
parlare, semmai, di un nucleare innovativo".
In che cosa consiste?
"Nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in
natura, per alimentare un amplificatore nucleare. Si tratta di un acceleratore,
un reattore non critico, che non provoca cioè reazioni a catena. Non produce
plutonio. E dal torio, le assicuro, non si tira fuori una bomba. In questo modo,
si taglia definitivamente il cordone fra il nucleare militare e quello civile".
Lei sarebbe in grado di progettare un impianto di questo tipo?
"E' già stato fatto e la tecnologia sperimentata con successo su piccola scala.
Un prototipo da 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari
ad alta attività del nostro Paese, producendo allo stesso tempo una discreta
quantità di energia".
Ora c'è anche il cosiddetto "carbone pulito". La Gran Bretagna di Gordon
Brown ha riaperto le sue miniere e negli Usa anche Hillary Clinton s'è detta
favorevole...
"Questo mi ricorda la storia della botte piena e della moglie ubriaca. Il
carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute
dell'umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l'anidride carbonica
sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2
dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno
al carbone sarebbe drammatico, disastroso".
E allora, professor Rubbia, escluso il petrolio, escluso l'uranio ed escluso
il carbone, quale può essere a suo avviso l'alternativa?
"Guardi questa foto: è un impianto per la produzione di energia solare,
costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di
dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20
impianti di questo genere, si produce un terzo dell'elettricità di una centrale
nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre
considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità".
Ma noi, in Italia e in Europa, non abbiamo i deserti...
"E che vuol dire? Noi possiamo sviluppare la tecnologia e costruire impianti di
questo genere nelle nostre regioni meridionali o magari in Africa, per
trasportare poi l'energia nel nostro Paese. Anche gli antichi romani dicevano
che l'uva arrivava da Cartagine. Basti pensare che un ipotetico quadrato di
specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l'energia
necessaria all'intero pianeta. E un'area di queste dimensioni equivale appena
allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire
di elettricità un terzo dell'Italia, un'area equivalente a 15 centrali nucleari
da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma".
Il sole, però, non c'è sempre e invece l'energia occorre di giorno e di
notte, d'estate e d'inverno.
"D'accordo. E infatti, i nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione
catturano l'energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando
serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove
le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici,
ferma l'acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente".
Se è così semplice, perché allora non si fa?
"Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è
una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto
lo faranno gli americani, com'è accaduto del resto per il computer vent'anni
fa".
GIOVANNI VALENTINI
IL PICCOLO -
DOMENICA, 30 marzo 2008
Fonti rinnovabili e
pannelli solari per il centro Ikea: progetto ecologico pilota degli
svedesi a Villesse |
|
Il gruppo
realizzerà test per adottare impianti a energia alternativa nelle proprie
strutture in tutto il mondo
GORIZIA Il centro commerciale
Ikea di Villesse sarà alimentato da fonti energetiche rinnovabili come i
pannelli solari. È questo il progetto che sta sviluppando la
multinazionale svedese per le sue strutture italiane. A rivelarlo è stato
lo stesso amministratore delegato di Ikea Italia, Roberto Monti,
presentando a Milano nei giorni scorsi il report sociale ambientale 2007
del gruppo. L’obiettivo è quello di riproporre quanto già fatto nel
megastore di Corsico, nell’hinterland milanese, dove l’impianto a basso
consumo installato è già operativo e dove sono state adottate altre
soluzioni ecocompatibili tra le quali quella di posizionare delle
colonnine di ricarica per i veicoli elettrici al fine di incentivare una
mobilità sostenibile. Ora sarà la volta dei nuovi punti vendita in fase di
realizzazione e apertura a Parma, Rimini, Salerno e, per l’appunto, a
Villesse. Alla base di questa scelta ci sono ragioni ben precise, non solo
di carattere ambientale.
L’aumento dei ricavi della società, infatti, non viene perseguito
unicamente con l’incremento dei volumi di vendita legato all’ampliamento
della superficie commerciale complessiva di cui Ikea è in grado di
disporre in Italia, ma anche attraverso l’abbattimento dei costi
d’esercizio che vedono nel consumo energetico una delle loro voci più
significative. Tra il 2006 e il 2007 il colosso svedese nel nostro Paese è
già riuscito a ridurre i propri consumi del 13,1 % arrivando, nel corso
dell’ultimo anno, ad approvvigionarsi da fonti rinnovabili per oltre l’85
% del suo fabbisogno totale. Dati che si sono riflessi immediatamente sui
ricavi, saliti, nell’esercizio fiscale chiusosi ad agosto 2007, a 1.261
milioni di euro ( + 14,7% rispetto al precedente bilancio). «Tutta la
nostra logica commerciale si basa sulla creazione di una vita quotidiana
migliore per la maggioranza delle persone – ha spiegato l’a.d. Monti,
illustrando le motivazioni che spingono Ikea ad investire su questo fronte
-. In tal senso, le tematiche ambientali, come l’abbassamento dei consumi
energetici e delle emissioni, stanno diventando sempre più importanti».
Oltre all’utilizzo di fonti rinnovabili, saranno anche adottati specifici
software di gestione degli impianti di riscaldamento capaci di ottimizzare
al massimo l’utilizzo di energia. Sul fronte dei tempi di realizzazione
della struttura isontina, va ricordato che dopo l’ok definitivo arrivato
dal Consiglio comunale di Villesse, con l’approvazione della variante n.
15 al Piano particolareggiato d’iniziativa privata, le ruspe potranno
mettersi all’opera nel giro di un mese o poco più. Il passaggio in
Consiglio si era rivelato necessario per il recepimento delle prescrizioni
e delle modifiche richieste, tra gli altri, dalla Regione, dall’Anas e
dalla società che si occuperà del progetto. Ora, l’intero e complesso iter
burocratico – amministrativo legato a questo insediamento, che si candida
a diventare uno dei più grandi della regione, può dirsi definitivamente
concluso. A questo punto la palla passa agli ingegneri, direttamente sul
terreno.
Nicola Comelli |
Crollo al cantiere dell’ex
Europa - Cede paratìa, giù 7mila metri cubi di terra. Scavi da
rifare, danni vicini ai 2 milioni |
|
Il fatto nella
notte tra mercoledì e giovedì: seppelliti micropali e altri materiali.
Previsti almeno 5 mesi di ritardo sui lavori
DUINO AURISINA Circa settemila
metri cubi di terreno rotolati a valle, danni vicini ai due milioni di euro,
quattro mesi di lavori buttati letteralmente all’aria. Sono le conseguenze
dell’impressionante crollo che ha interessato il cantiere dell’ex hotel Europa
a Marina di Aurisina, acquistato dalla Palazzo Ralli srl e dalla Sviluppo 54
di Conegliano e destinato a diventare un residence da 140 appartamenti di
lusso progettati dallo studio di Giovanni Cervesi.
A cedere nella notte tra mercoledì e giovedì è stata la paratìa in
calcestruzzo con micropali e tiranti interni, posta a protezione degli scavi
nell’area in cui saranno ricavati i parcheggi. Una struttura provvisoria,
necessaria a contenere il terreno in attesa di procedere con l’edificazione
dei cinque piani di posteggi previsti. Un passaggio questo che sarebbe
avvenuto a breve. «Gli scavi erano praticamente conclusi», spiega il direttore
dei lavori Roberto Bradaschia: «Li avevamo iniziati in dicembre e li avremmo
terminati a breve. Ora, a causa del crollo dell’altro giorno, dovremmo
ricominciare da capo. Sotto il peso del materiale caduto a valle, infatti, la
paratìa si è di fatto rovesciata e non è possibile recuperare né i micropali
né gli altri materiali. Una volta completata la messa in sicurezza dell’area e
ottenute le necessarie autorizzazioni per riaprire il cantiere, ripartiremo da
zero. Questo fuori programma determinerà inevitabilmente un ritardo di almeno
cinque mesi sulla tabella di marcia. Contiamo in ogni caso di riuscire a
rispettare i tempi di consegna degli appartamenti, prevista nella seconda metà
del 2009. Quanto ai danni, si aggireranno tra uno e due milioni di euro».
Ancora da accertare le cause del cedimento. A provocarlo potrebbe essere stato
ad esempio un errore di calcolo o un numero insufficiente di micropali
piantati nel terreno. Due ipotesi che, al momento, i committenti tendono
tuttavia a escludere. «Stiamo lavorando sulla base di un progetto frutto di
indagini geologiche e calcoli rigorosi», commenta Fabio Bison, collaboratore
di Sviluppo 54: «Un progetto che ha poi ottenuto ogni tipo di autorizzazione».
«Credo che dietro il cedimento ci sia piuttosto un imprevisto geologico»,
continua Roberto Bradaschia: «Il terreno, probabilmente, aveva caratteristiche
diverse da quelle previste in un primo momento. Forse semplicemente la parte
alta della montagna aveva una minor resistenza rispetto alla parte bassa.
Imprevista, peraltro, si è rivelata anche la presenza di un grosso masso di
arenaria al centro della voragine».
Quel che è certo è che se non si fosse verificato di notte il crollo avrebbe
avuto conseguenze ben più drammatiche, vista la presenza dei tanti operai
impegnati nel cantiere. «Cantiere che comunque era stato bloccato il giorno
prima del crollo - continua il direttore dei lavori -. Gli ”inclinometri”
(strumenti tecnici utilizzati per rilevare oscillazioni ndr) avevano infatti
accertato il lieve spanciamento di un muro. Un campanello d’allarme che ci
aveva convinti a sospendere gli scavi e a eseguire accertamenti e misure
specifiche, che avremmo dovuto analizzare il giorno successivo. Ma il crollo,
avvenuto attorno alle 4.30 di mattina, ha finito per spiazzare tutti».
L’apertura della voragine ha spiazzato soprattutto i residenti della zona,
svegliati in piena notte da un boato impressionante. E più di qualcuno, dopo
aver visto il cantiere inghiottito dalla montagna, inizia ad avere forti
timori anche per la stabilità della propria abitazione.
Maddalena Rebecca
L’unica concessione
edilizia finora autorizzata dal Comune di Duino riguarda il park - Prima
il caso amianto, poi un lento degrado |
|
Due anni fa la Palazzo
Ralli si era aggiudicata all’asta l’area per rilanciarla
DUINO AURISINA Dopo anni di
abbandono è stata la società Palazzo Ralli spa ad aggiudicarsi all'asta
l'ex Hotel Europa. Di proprietà della Regione, la struttura alberghiera -
famosa a livello europeo tra gli anni Sessanta e Ottanta - era rimasta
invenduta a lungo a causa dei forti costi di smaltimento delle strutture
in amianto e della difficoltà operativa di rilanciarla. La Palazzo Ralli,
a oltre due anni dall'acquisto, ha avviato i lavori di ristrutturazione
per trasformare l'hotel in un residence con appartamenti per vacanze.
Niente più albergo, nemmeno la necessità di una concessione edilizia
trattandosi solo di un restauro interno, per quanto imponente.
L'unica concessione edilizia, autorizzata oltre un anno fa dal Comune di
Duino Aurisina, riguarda proprio il parcheggio la cui realizzazione è
connessa al crollo: 120 posti auto di pertinenza delle abitazioni, voluti
dal comune di Duino Aurisina come condizione necessaria a avviare l'intero
progetto, per evitare ulteriore congestione di automobili nella zona. Con
i lavori ampiamente avviati, le vendite in corso da qualche mese, gli
oneri di urbanizzazione saldati al Comune, il comprensorio dell’«Europa»
si avvia a essere, in anticipo rispetto alla Baia di Sistiana, il primo
punto di nuova attrazione turistica, per quanto gli ambientalisti abbiano
criticato la modifica di destinazione d'uso da hotel a residence, temendo
la vendita a triestini come seconde case, e non l'arrivo di nuovo turismo.
fr.c. |
Muggia, confronto per
modificare la raccolta rifiuti - Domani con i commercianti |
|
MUGGIA Il Comune di Muggia
intende migliorare gradualmente la raccolta differenziata dei rifiuti e
parte dalle oltre trecento attività commerciali ed industriali locali.
Domani alle 17.30 alla sala Millo ci sarà un incontro con gli operatori
muggesani per spiegare e delineare le linee di intervento. L’assessore
allo Sviluppo economico Edmondo Bussani (Pd) spiega: «Per avviare questo
importante progetto di aumento della raccolta differenziata, che ormai è
una esigenza, è importante conoscere fin dapprincipio la realtà esistente.
Soprattutto tra le aziende, che sono i maggiori singoli produttori di
rifiuti». A loro, infatti, viene chiesto di far conoscere, tramite un
questionario che è stato inviato in questi giorni, la quantità di rifiuti
prodotti, la loro tipologia, e i metodi adottati per lo smaltimento.
Secondo il Comune, la soluzione del problema dei rifiuti «deve essere
basata principalmente su un ciclo virtuale» che va sviluppato sulla
raccolta differenziata e i sistemi di recupero, valorizzazione e di
sfruttamento dei rifiuti differenziati (compostaggio, termovalorizzatori,
sistemi di recupero di sostanze varie, trasformazione della materia prima
in materia secondaria, e così via). Ne deriverebbero vari vantaggi, come
la diminuzione del costo di incenerimento nei termovalorizzatori
attraverso la riduzione della quantità dei rifiuti conferiti, i ricavi
derivanti dal riutilizzo di rifiuti riciclabili, la possibilità di
trasformare, in prospettiva, la tassa dei rifiuti (Tarsu) in tariffa,
proporzionale alle quantità e qualità dei rifiuti smaltiti.
Attualmente, in base al capitolato d’appalto del gestore dei rifiuti a
Muggia, la raccolta differenziata punta al raggiungimento del 45% entro la
fine dell’anno e del 70% del totale entro fine 2011. «Un progetto così
complesso, che comporta dei cambiamenti radicali nelle abitudini delle
persone, si gioca in gran parte sul senso civico della popolazione –
ancora Bussani - e non può essere imposto solo in termini autoritari, ma
deve essere condiviso».
s.re. |
Eternit in Campo Marzio |
|
In un articolo del 3 marzo, Il
Piccolo dava grande risalto all’inizio dei lavori riguardanti il
comprensorio «ex Fiat» sito nell’area tra la via Campo Marzio e la via
Guido Reni. A mio modesto parere l’articolo presentava alcune incongruenze
o disinformazioni.
L’inizio dei lavori (come da concessione edilizia rilasciata in data 4
maggio 2006 con scadenza 4 maggio 2007) non è stato rispettato. Solo alla
metà del luglio 2007 (pertanto a concessione ampiamente scaduta) sono
state demolite delle pareti che si affacciavano sulla via Campo Marzio.
Dall’estate scorsa e fino a marzo 2008 non si sono avute notizie di
ulteriori lavori. All’inizio di marzo la ditta costruttrice ha, di fatto,
rimosso alcune lastre di copertura in eternit. L’eternit è composto di
amianto e il suo smaltimento è regolato da precise norme. A testimoniare
l’inosservanza di queste, si possono ammirare dei sacchi di plastica
abbandonati contenenti il pericoloso materiale.
Riguardo all’illustrazione che corredava l’articolo, chiedo una
spiegazione di come gli edifici di 6 o 7 piani previsti nel nuovo progetto
edilizio possano risultare più bassi e meno invasivi degli edifici
esistenti che arrivano al quinto. Un errore di prospettiva?
Desidero ricordare che questo nuovo progetto è contestato da più parti:
prova ne sia che gli abitanti della zona hanno costituito il Comitato
Campo Marzio che ha già presentato un ricorso al Tar. Nel frattempo i
lavori partiti con notevole ritardo a quale concessione edilizia fanno
capo? Nell’attesa di un’esaustiva e gradita risposta...
Luigi Franzil - cons. IV Circoscrizione |
IL PICCOLO -
SABATO, 29 marzo 2008
Ferriera, duello davanti al
Capo dello Stato - Esposte le tesi contrapposte del sindaco e degli
industriali. Ricevute le maestranze di Servola |
|
Dipiazza:
«Gli ho detto che un impianto così non può stare in città». Antonini e
Valduga: «Non si chiude una fabbrica solo con gli aggettivi»
TRIESTE Non si doveva parlare di
Ferriera, il protocollo ufficiale non lo prevedeva. Ma alla fine l’impianto
siderurgico di Servola è entrato prepotentemente nella due giorni triestina
di Giorgio Napolitano. Argomento di discussione durante la cena in
Prefettura, sul quale ieri mattina il Presidente della Repubblica ha voluto
vederci chiaro incontrando le Rsu e le maestranze della Servola spa.
Un approfondimento nell’atrio della Prefettura, dopo aver ascoltato il
giorno prima le ragioni dei servolani. Che idea si sarà fatto il Capo dello
Stato? Non è dato a sapere. Ha ascoltato e fatto domande, le eventuali
considerazioni di Napolitano durante quella cena ristretta sono rimaste nel
palazzo. «È il Presidente della Repubblica, ci mancherebbe altro... Ma posso
raccontare cosa mi sono permesso di dire io al Capo dello Stato», spiega il
sindaco Roberto Dipiazza. Lo stesso comportamento tenuto da Adalberto
Valduga, presidente degli industriali del Friuli Venezia Giulia.
Dipiazza e Valduga hanno presentato a Napolitano due posizioni opposte sulla
Ferriera. Anzi, il sindaco è rimasto per sua stessa ammissione isolato
mentre le tesi di Valduga hanno potuto contare sull’appoggio del presidente
degli industriali triestini Corrado Antonini e del governatore Riccardo Illy.
«Ho espresso al Presidente Napolitano la mia idea: è impossibile mantenere
al centro della città un impianto come la Ferriera», racconta Dipiazza. E
aggiunge: «Qualcuno ha sostenuto che non inquina e così mi è saltata la
mosca al naso. Una discussione civile ma ferma, con Illy e i rappresentanti
degli industriali - dice - schierati per il mantenimento e il sottoscritto
per la chiusura, da concordare con il prossimo governo in modo da
ricollocare gli operai. Mi sono trovato da solo contro tutti».
In mezzo il Capo dello Stato ad ascoltare. Spetta a Valduga raccontare
l’altra campana: «Assieme ad Antonini sostengo che quell’impianto non può
essere eliminato. Non si chiude un’azienda solo con gli aggettivi, devono
esserci delle regole a cui attenersi e dei numeri da rispettare». Poi una
chiara stoccata a Dipiazza sul concetto di sviluppo di Trieste, che il
sindaco non vede rappresentato dalla Ferriera. «Non si può dire di voler
chiudere le acciaierie all’interno delle città. In Lussemburgo e ad
Amsterdam, realtà più ricche e avanzate di Trieste, ci sono degli impianti
normati - spiega - che operano all’interno del complesso cittadino».
Una discussione che il Presidente della Repubblica ha proseguito anche il
giorno dopo con le Rsu della Ferriera. «Era già a conoscenza della
situazione, ma si è voluto soffermare su alcuni aspetti - racconta Umberto
Salvaneschi della Fim Cisl - chiedendo l’effettiva forza lavoro dello
stabilimento, le norme di sicurezza e l’aspetto della salute degli operai».
Quesiti ai quali le Rsu, presenti anche Franco Palman della Uilm e Tiziano
Scozzi della Fiom, hanno fornito una risposta. Partendo dal protocollo di
sicurezza e l’attesa per i test effettuati dall’Azienda sanitaria sui
lavoratori della cokeria, sottolineando come all’interno della Ferriera
lavorino 527 persone.
«Non lavoriamo in un prato di primule, attendiamo a metà aprile i risultati
degli esami clinici. Al Capo dello Stato abbiamo manifestato le difficoltà
di una ricollocazione dei dipendenti - spiega Salvaneschi - e le perplessità
su una riconversione dell’area a tappe. Il ciclo continuo dell’azienda non
permette alcun tipo di frazionamento dell’area». La strada indicata dal
sindacalista Palman, che ha ricordato a Napolitano la ventina di neoassunti,
è l’attuazione di quanto previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale
approvata dalla Regione. Un documento contestato invece dai servolani che
anche ieri attraverso il Circolo Miani, dopo il presidio in piazza Unità,
hanno ribadito la necessità di arrivare all’«immediata riconversione della
Ferriera per tutelare la salute delle persone che vivono e lavorano a Muggia
e a Trieste».
(ha collaborato Mattia Assandri)
Pietro Comelli |
Legge sulla caccia |
|
Non si spengono i dubbi sulla
valenza della nuova legge sulla caccia, Legge regionale n. 246 – in vigore
dal 4 aprile 2008 - pure per quanto fumoso sia il contenuto al capo III art.
9 comma 5. Qui si cenna alla parte sanitaria del problema, menzionando il
regio decreto 3 agosto 1890 n. 7045 e pure il regio decreto 20 dicembre 1928
n. 3298. Ben si capisce, lasciando interdetto il lettore, in un Paese in cui
si legifera spropositatamente quanto vanamente. Vanamente si. Perchè di
norme più recenti in effetti ce ne sono. Emanate dalla Ue, recepite con
normale ritardo, pubblicate sulla G.u. n. 294 del 19 dicembre 2005; chiarite
poi dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano che emanava la nota del 9 febbraio
2006. Cioè, disposizioni assolutamente vigenti. In queste, rileviamo come i
cacciatori siano tenuti a conferire i capi di grossa selvaggina a un
deposito abilitato, con tutte le garanzie per l’utilizzatore finale. Vien
pure fatta una distinzione per la selvaggina acquisita nel corso di battute
con larga partecipazione di cacciatori e quella acquisita in caccia
selettiva.
Come detto, correva l’anno 2006 e le norme avrebbero dovuto essere recepite
già nella stessa stagione venatoria.
Il fatto più clamoroso avviene ora, con la mancata adozione delle norme
indicate da parte della Regione autonoma, quasi fosse Regione indipendente
non soggetta alle leggi nazionali e all’osservanza di quelle comunitarie.
Lasciando esposti i cacciatori ai rilievi di agenti e guardacaccia preparati
e più motivati, come possono essere quelli designati dalle associazioni
protezionistiche. Sappiamo bene quanto ci costi il carrozzone regionale, lo
vorremmo più preciso.
Livio Penco |
IL PICCOLO -
VENERDI', 28 marzo 2008
«In metropolitana leggera
fino a Sesana» - Sulle linee transfrontaliere di bus potrebbero essere
usati alternativamente mezzi italiani e sloveni |
|
Il 2 aprile l’assessore
provinciale Barduzzi presenterà la proposta al sindaco Tercon |
Arriverà fino a Sesana una
tratta della metropolitana leggera che Trieste si appresta a istituire e
ancor prima saranno autobus transfrontalieri a collegare la città con il
Carso sloveno. In questo modo anche i trasporti stanno per abbattere il
confine e i dettagli dei nuovi progetti di collegamento saranno al centro
dell’incontro previsto per mercoledì 2 aprile tra Ondina Barduzzi, assessore
alla mobilità della Provincia di Trieste, e Davorin Tercon, sindaco di
Sesana. Alla riunione, che si svolgerà nella cittadina slovena,
interverranno anche i tecnici di quell’azienda di trasporto poiché, per
quanto riguarda i bus, si tratterà in particolare di trovare un accordo
sulla spartizione delle spese per il carburante e di studiare una formula
per i biglietti e gli abbonamenti.
Sulla linea di autobus potrebbero essere usati alternativamenti mezzi
italiani e sloveni che attraverseranno in velocità l’ex confine. Poi però
per raggiungere il centro di Trieste o il centro commerciale delle Torri
d’Europa, una meta espressamente richiesta da parte slovena che favorirebbe
quegli acquirenti, ma contribuirebbe anche all’economia triestina, i
passeggeri dovranno usare un altro mezzo in coincidenza. A Opicina, secondo
l’ipotesi fin da ora più accreditata, dovrebbe avvenire l’interscambio.
Per le prime due tratte della metropolitana leggera, il cui tracciato potrà
essere utilizzato anche per il trasporto merci a servizio soprattutto del
porto, è già previsto lo stanziamento di 15 milioni di euro da parte di Rete
ferroviaria italiana e della Regione. Verso la diretttrice carsica si
indirizzerà la seconda tratta già utilizzata per il treno turistico Rondò.
Con partenza da Campo Marzio avrà fermate al Polo natatorio, alla
stazioncina di Rozzol, a Rozzol Melara, alla stazione di Guardiella,
all’altezza dell’università, all’ex ospedale Santorio oggi sede della Sissa,
a Opicina. Un primo studio ne prevedeva il capolinea a Fernetti, ma
l’obiettivo della riunione di mercoledì è proprio quella di farla arrivare
perlomeno a Sesana con qualche ulteriore fermata in territorio sloveno.
Metropolitana leggera e autobus transfrontalieri sono allo studio anche
sull’altra direttrice, quella costiera e in questa progettazione, come
rileva ancora l’assessore Barduzzi, sarà coinvolto anche il comune di Muggia,
oltre a quello di Capodistria. In questo caso, sarano utilizzati i binari
che arrivano fino alla valle delle Noghere, dove già esiste una stazione mai
utilizzata, e che collegano anche Aquilinia e Borgo San Sergio. Ulteriori
fermate sono state previste all’Ezit, nei pressi dello stadio, della
Ferriera di Servola e del centro Torri d’Europa, prima di giungere ancora a
Campo Marzio.
Più complicata sarà invece la realizzazione del terzo lotto che dovrà
collegare, a più lungo termine, ancora Campo Marzio con la Stazione
centrale, ma utilizzando la galleria di circonvallazione con fermate
all’altezza di largo Nicolini, di piazza Volontari Giuliani e di Roiano.
Uno studio preliminare già effettuato prevede l’utilizzazione di treni
Minuetto con partenze ogni venti minuti. Terminal di tutte queste linee sarà
Campo Marzio, non la vecchia stazione che all’interno ha il Museo
ferroviario, bensì lo snodo ferroviario che sarà dotato di pensiline,
semafori e scambi. Da qui partiranno anche i treni chiamati Ro-La con i Tir
che scesi dai traghetti turchi salgono direttamente sui carri ferroviari che
li portano fino a Salisburgo e si comporranno anche i treni blocco con i
container scaricati sul Molo Settimo. Tra i lavori principali da fare per la
realizzazione delle prime due tratte della Metropolitana leggera vi è in
particolare la risagomatura di due gallerie.
Ma tre mesi dopo la caduta del confine, la collaborazione italo-slovena sta
procedendo a passi spediti anche su altri fronti. Gli stessi collegamenti
transfrontalieri possono rientrare nei progetti finanziati con i cospicui
stanziamenti europei previsti per la cooperazione dal cosiddetto Obiettivo
3. Nella stessa giornata di mercoledì 2 aprile è prevista a Capodistria
un’importante riunione del Comitato di sorveglianza per la progettazione
Italia-Slovenia 2007-2013 che prevede all’ordine del giorno la fissazione
dei criteri in base ai quali verranno valutati i progetti. Il Comitato è
presieduto dall’assessore regionale Franco Jacop e a rappresentare le
amministrazioni locali del Friuli Venezia Giulia c’è lo stesso
vicepresidente della Provincia di Trieste, Walter Godina.
«La Provincia - spiega Godina - ha già proposto il Progetto denominato Carso
che rientra nell’ambito di quelli considerati strategici e che prevedono
stanziamenti al di sopra di un milione di euro. Il Progetto intende
intervenire nell’ambito della tutela ambientale, della crescita della
qualità della vita, della valorizzazione dell’offerta turistica con lo
sviluppo della tradizione enogastronomica».
La fase concreta di collaborazione tra i comuni che si trovano a cavallo
della fascia confinaria era partita già a gennaio con un primo incontro
indetto a Trieste dalla stessa Provincia e al quale avevano partecipato i
rappresentanti dei Comuni di Sesana, Erpelle-Cosina, Comeno e Castagnevizza,
oltre a quelli di Trieste, Muggia, Duino-Aurisina, San Dolrigo e Sgonico.
Era state deciso di esaminare anche le possibilità di piste ciclabili
trransfrontaliere, percorsi speleologici comuni, politiche comuni nei campi
del lavoro, del turismo, della tutela dell’ambiente.
«Il punto focale - aveva sottolineato fin da allora Godina - è che si è
passati da un periodo di dispersione delle risorse a una gestione unitaria
di sviluppo del territorio».
Silvio Maranzana |
«Via dai marciapiedi gli
arredi estemporanei» - Il comitato Trieste Vivibile chiede regole
certe per fioriere e tavolini dei locali |
|
Nel mirino
finisce anche il posteggio spesso selvaggio degli scooter in punti che
rendono difficile il transito dei pedoni
Basta con le fioriere, i
tavolini e le sedie dei negozi sistemate senza seguire i regolamenti e basta
con scooter parcheggiati sui marciapiedi o biciclette che sfrecciano dove
invece possono camminare soltanto i pedoni.
A denunciare la situazione, chiedendo un controllo più attento da parte
delle forze dell’ordine, il comitato di cittadini Trieste Vivibile, che
segnala di disagi della zona di Cittavecchia in particolare, ma non solo.
Con l’avvicinarsi della bella stagione il comitato sollecita controlli più
frequenti sull’occupazione del suolo pubblico e un’educazione maggiore da
parte di scooteristi e amanti delle pedalate.
«Capita spesso che le fioriere vengano posizionate dove non dovrebbero,
distanti anche diversi metri dal locale e dai limiti posti dal regolamento
in vigore o anche tra due aiuole delle zone pedonali ad esempio -spiega
Marina della Torre, presidente di Trieste Vivibile – come succede in alcuni
punti delle Rive, dove chi parcheggia l’automobile, nel contro viale, non
riesce spesso ad aprire la portiera, che va a sbattere contro i fiori
sistemati anche a diversi metri dal locale».
Secondo il comitato sono numerose anche le problematiche legate alla
disposizione di sedie e tavoli, fuori da bar, gelaterie e ristoranti, che
superano le aree consentite, ostacolando il passaggio dei pedoni. Il
problema si pone in particolare su alcuni marciapiedi, dove anziani e mamme
con bambini nel passeggino faticano a camminare, obbligati ad effettuare
scomodi slalom o, nel peggiore dei casi, a spostarsi sulla sede stradale.
«Nessun problema per i locali che trovano posto nelle aree pedonali, come
piazze o slarghi, dove sedie e tavolini spostati di qualche metro non
costituiscono alcun disagio – prosegue la rappresentante di Trieste Vivibile
– ma è necessario che vengano stabiliti più controlli per quei locali che
utilizzano invece il marciapiede per i tavoli, spesso senza lasciare lo
spazio adeguato per i passanti, con le conseguenti lamentele di molti
pedoni, che, specie d’estate, non hanno a disposizione i metri consentiti
per un passaggio adeguato».
Disagi vengono segnalati dai comitati anche per il parcheggio selvaggio di
molti scooteristi, che lasciano il proprio mezzo fermo sul marciapiede,
molto spesso stretto. Una soluzione che dunque costringe le persone ad
attraversare il tratto sulla strada, con il rischio di venir investiti dalle
auto in transito.
Un ulteriore problema infine, portato all’attenzione delle forze dell’ordine
da parte di Trieste Vivibile, è rappresentato dai tanti amanti della
bicicletta, che sfrecciano in particolare sui marciapiedi delle Rive, ma
anche in altre zone pedonali, spesso in contromano e con traiettorie
assolutamente imprevedibili.
Anche in questo caso il comitato dei cittadini della zona di Cittavecchia e
il Borgo Giuseppino chiede una vigilanza maggiore, per evitare che i bambini
o gli anziani vengano investiti o semplicemente urtati dagli amanti delle
due ruote.
Micol Brusaferro |
Un giorno intero per disfarsi
di una cucina - L’estenuante avventura di un triestino costretto a tre tappe
in altrettanti centri di raccolta cittadini |
|
Per
liberarsi dei mobili ha dovuto noleggiare un furgone a sue spese
Quando disfarsi di una vecchia
cucina diventa un’odissea. È quanto è accaduto a Franco Lonzar, un triestino
che ha dovuto impiegare un’intera giornata, rivolgendosi a tre diversi punti
di raccolta, per liberarsi dei vecchi mobili in legno della cucina della
madre, deceduta da pochi giorni. La sua incredibile avventura è iniziata
quando si è recato al centro di via Carbonara: «Dove hanno accettato solo la
vecchia cucina economica e la lavatrice – spiega – spedendomi in via Giulio
Cesare per i mobili in legno della cucina americana, che risale a tanti anni
fa. Per portarli ho noleggiato a mie spese un furgone – precisa – e ho
impiegato parecchio tempo, per fortuna aiutato da un amico, per smontare i
vari pezzi. Quando sono arrivato al punto di raccolta vicino al mercato
ortofrutticolo all’ingrosso – prosegue il racconto – un addetto, anch’egli
come gli altri dell’Acegas-Aps, che per conto del Comune effettua questo
tipo di servizi, mi voleva rimandare in via Carbonara».
«Stizzito da un comportamento per lo meno superficiale e disinvolto –
sottolinea Lonzar – ho spiegato che non volevo essere trattato come una
pallina da ping pong che rimbalza da un centro di raccolta all’altro. Solo
davanti alle mie vivaci rimostranze – continua – alla fine mi hanno invitato
a recarmi al centro di raccolta di strada per Cattinara, a due passi
dall’ippodromo».
«Nel frattempo – evidenzia ancora Lonzar – per colmo della sfortuna il tempo
era peggiorato e la situazione si era fatta pesante. Alla fine – completa il
suo racconto lo sfortunato proprietario della vecchia cucina da buttare –
nel centro di raccolta di strada per Cattinara hanno accettato i mobili».
«È stata una liberazione, ma credo che vada fatta una riflessione – conclude
– nel senso che è inutile che si faccia tanta pubblicità per la raccolta
differenziata, invitando i cittadini a rivolgersi ai centri deputati a
questo compito, quando l’assistenza che si riceve è carente. Se andiamo
avanti di questo passo, diventeremo come Napoli, con i sacchi d’immondizia
sparsi per le strade».
Va detto che, se si entra nel sito del Comune di Trieste, alla voce
«Differenziamo!» c’è scritto che «Nei centri di raccolta i privati cittadini
possono conferire gratuitamente, materassi, mobili in legno e metallo,
elettrodomestici, materiali ferrosi e altro tipo di metallo, Tv, monitor e
apparecchiature elettriche ed elettroniche, vetro, tubi al neon (escluso il
centro di Strada per Cattinara), pneumatici, inerti da piccole riparazioni,
accumulatori al piombo, oli esausti, erba e ramaglie».
u.s. |
Fauna e caccia, incontri su
leggi e igiene - Ad Aurisina appuntamenti della sezione provinciale in
collaborazione con il Comune |
|
DUINO Il patrimonio faunistico
della provincia di Trieste annovera ad oggi duemila caprioli, 300 cinghiali
(in costante aumento), 50 camosci solo a Duino, nonché numerose specie per
così dire transfrontaliere, come i cervi, che fanno la spola tra Italia e
Slovenia.
Anche le normative per la tutela di questi esemplari sono in costante
evoluzione. Per questo la Sezione provinciale di Federcaccia Trieste, in
collaborazione con il Comune di Duino Aurisina organizza un ciclo di quattro
conferenze che si terranno ogni giovedì alle 18.30 alla Casa della Pietra di
Aurisina. Il primo incontro si è svolto ieri su «Animali pericolosi della
regione Friuli Venezia Giulia. Riconoscimento, habitat, cautele, Primo
Soccorso», tenuto Nicola Bressi, zoologo del Museo Civico di Storia
naturale. «Questi appuntamenti - spiega il presidente di Federcaccia Trieste
Fabio Merlini - sono rivolti ai cacciatori, ma anche agli escursionisti,
specie i meno esperti. Per esempio nel corso della prima conferenza abbiamo
affrontato il tema degli animali pericolosi. Non si parlerà solo di orsi,
difficile da incontrare nelle nostre zone, ma di specie che molti
sottovalutano, come ad esempio la zecca, particolarmente insidiosa e
pericolosa in questa stagione». Il 3 aprile il veterinario Egon Malan
parlerà su «Il cane da caccia: anagrafe canina e principali malattie», per
aggiornare sulle nuove regole di cura e gestione dei nostri amici a quattro
zampe. Giovedì 10 il biologo Giuliano Zanchi tratterà il tema della
«Conservazione e consumo della carne di selvaggina». Il ciclo di incontri
verrà chiuso nuovamente da Ego Malalan, il 17 aprile, che illustrerà quali
sono le malattie trasmesse dalla selvaggina.
s.s. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 27 marzo 2008
Rigutti: senza piano del
traffico niente nuovi negozi - «Gli investitori ci sono ma vorrebbero
maggiori certezze dal Comune sulle scelte future» |
|
Trova
consensi la proposta di Paoletti di aumentare l’Ici a chi tiene locali
sfitti. Gli immobiliaristi: tagliare subito i canoni del 30 per cento
|
De Paolo (Fiaip):
«I gestori non sono in grado di fronteggiare pigioni troppo elevate» |
Trova subito una sponda
favorevole, la proposta lanciata ieri da Antonio Paoletti, presidente della
Camera di commercio, di aumentare l'Ici a quei proprietari immobiliari che
tengono sfitti i locali per oltre sei mesi o addirittura per più di un anno.
Rischiando così di trasformare, una via «appetibile» sotto il profilo
commerciale, in una strada di insegne spente per metà.
La Federazione italiana agenti immobiliari professionali (Fiaip), infatti,
appoggia la richiesta e getta sul parterre, per bocca del presidente Antonio
De Paolo, un ulteriore indirizzo: «Bisogna tagliare gli attuali canoni di
locazione del 30%, in modo da spingere le nuove attività e consolidare gli
investimenti sul territorio. Il problema di queste chiusure, va detto, è
l'estrema velocità di turn-over che si sta riscontrando a Trieste: sintomo
che i titolari di attività non sono in grado di fronteggiare affitti
elevati».
«Gli investitori disposti a spendere sul territorio ci sono - ha spiegato
invece Franco Rigutti, presidente dei commercianti al dettaglio - ma
vorrebbero certezze circa lo sviluppo futuro del Piano urbano del traffico.
Un imprenditore non può permettersi, oggi come oggi, di impegnare del denaro
su un’area senza sapere se questa diverrà o no pedonale. Chiediamo pertanto,
al Comune, di chiarire la sua posizione sul centro storico di Trieste».
Il mercato immobiliare, relativamente ai fori commerciali, risulta «dopato»:
i prezzi sono esorbitanti – per un locale di 100 metri quadrati in zona San
Nicolò si arriva a sborsare 3.500 euro al mese – e non accennano a calare.
«Contrariamente alla logica di mercato, peraltro», rincara De Paolo.
Infatti, a suo dire, l'offerta risulta «decisamente più elevata rispetto
alla domanda e sulla base delle leggi economiche i prezzi dovrebbero quindi
scendere: così, invece, non avviene in centro a Trieste». «I proprietari -
spiega -, cui pure suggeriamo di abbassare i canoni, non recedono di un
passo rispetto alle proprie convinzioni: preferiscono attendere magari un
anno ma affittare unicamente al prezzo che si sono prefissati. E non un euro
di meno! Inutile dire che, alcuni di questi, si trovano poi ad avere a che
fare con inquilini morosi. L'apertura di nuove attività commerciali,
infatti, non comporta solo i costi di locazione di un foro, ma anche quelli
della ristrutturazione del negozio e dell'adeguamento degli impianti, con
tutte le conseguenze che ne derivano in termini di possibilità di coprire
ogni capitolo di spesa. Il suggerimento che noi diamo ai proprietari è
quindi quello di affittare a un canone inferiore, per ottenere comunque una
continuità e una garanzia sui pagamenti». L'altra faccia di questa politica
speculativa è il progressivo avanzare del tasso di insolvenza «che sta
iniziando a manifestare una sua incidenza sul territorio». E allora forse
non è un caso se, in centro, settanta saracinesche - nel breve arco
temporale di uno paio di mesi - si sono abbassate.
«Mi trovo d'accordo sulla possibilità di costituire un data-base sui locali
sfitti per applicare sgravi fiscali a chi favorisce l'insediamento delle
attività nuove – conclude De Paolo – e, sul fronte opposto, di fissare degli
aumenti sull'Ici a chi, invece, applica tariffe esorbitanti rispetto ai
listini, lasciando le vetrine vuote».
Tiziana Carpinelli |
Ma il Municipio conferma:
vogliamo pedonalizzare il centro |
|
«La pedonalizzazione del centro
storico di Trieste resta l’indirizzo fondamentale per il rilancio del
comparto commerciale e la riqualificazione del valore immobiliare
dell’area».
Così, ieri mattina, l’assessore comunale al Traffico Maurizio Bucci ha
replicato al presidente provinciale della Confcommercio, Franco Rigutti: «Lo
scorso luglio - ha chiarito - abbiamo approvato un piano dei parcheggi che,
di fatto, eliminerà dalle strade qualcosa come 8 mila veicoli, pari a una
fila di automobili compresa tra piazza Unità d’Italia e Monfalcone. Non mi
pare poco. Inoltre, alcuni contenitori destinati alla sosta sotterranea,
come quello progettato sulle Rive davanti alla Stazione marittima, hanno già
ottenuto il via libera».
«Dobbiamo proseguire su questa strada - ha aggiunto Bucci - nell’intento di
creare una zona prettamente commerciale tra piazza Unità d’Italia e
Ponterosso e una prettamente dirigenziale tra lo stesso Ponterosso e la
stazione ferroviaria».
Secondo l’assessore al Traffico, togliendo le automobili dalla strada
(grazie al parking sotterraneo sulle Rive, ndr), si «dovrebbe ottenere la
riqualificazione di un’area commerciale di estensione pari a cinque volte
piazza Unità d’Italia». «Io - ha concluso - resto un convinto sostenitore
della pedonalizzazione: per me è questa, in definitiva, la direzione da
percorrere per affermare la vocazione turistica di Trieste».
ti.ca. |
San Dorligo, convegno
conclusivo sui progetti del Parco Val Rosandra |
|
SAN DORLIGO DELLA VALLE - DOLINA
- Nell’ambito del progetto cofinanziato dall’Ue interregionale IIIA
Italia-Slovenia 2000-2006 domani alle 10 nella sala del Consiglio comunale
di San Dorligo della Valle si terrà il convegno conclusivo «La Val Rosandra
e l’ambiente circostante». Verranno consegnate alla Comunella di Bagnoli
copia delle chiavi d’accesso alla Riserva naturale regionale, verranno
presentati i risultati dei progetti realizzati tra i quali le opere
pubbliche, l’attività di divulgazione, nonché l’illustrazione del Piano
finanziario attuato. Parteciperà anche Dario Gasparo, il quale illustrerà il
libro «La Val Rosandra e l’ambiente circostante» da lui curato. |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 26 marzo 2008
Trasporto pubblico, la gara
per il gestore unico è slittata al dopo-elezioni - Il bando dovrebbe uscire
a fine aprile |
|
TRIESTE Il via libera ufficiale
della gara per l’individuazione del gestore unico per il servizio del
trasporto integrato sarà probabilmente uno dei primi atti ufficiali della
nuova giunta. Gli uffici regionali stanno infatti proseguendo con l’iter di
stesura del bando di gara, come conferma l’assessore ai Trasporti Lodovico
Sonego: «Per quanto riguarda l’iter non c’è alcuna modifica. Ci penserà la
prossima giunta».
Secondo il cronoprogramma della Regione la gara dovrebbe essere bandita
entro aprile di quest’anno. Se quindi la nuova giunta verrà formalizzata
entro la fine del mese, è probabile che l’esame del provvedimento
predisposto dagli uffici sarà uno dei primi argomenti all’ordine del giorno.
Il tutto, in vista del 2011, anno in cui, secondo l’iter regionale, si andrà
a definire il sistema trasporto pubblico locale integrato sotto un’unica
gestione. Proprio in vista di questo cambiamento epocale, la Regione ha
predisposto un piano di interventi che a partire da quest’anno vedrà, grazie
alla gestione diretta di Rfi del sistema dei servizi ferroviari regionali e
locali, l’arrivo di un nuovo sistema di collegamenti che riguarderà tutte le
principali direttive, ovvero Udine- Trieste e Trieste-Venezia o
Udine-Venezia. E, nel dettaglio, si prevede l’istituzione di nuove fermate
(in primo luogo sulla linea Trieste- Cervignano-Tarvisio) tra le quali la
nuova fermata Ronchi aeroporto, ma anche il raddoppio della linea Udine –
Cervignano, e la necessità di un intervento infrastrutturale per elevare il
rango di velocità del materiale leggero (dalla classe B alla C). Nuove
fermate sono poi da programmare anche, secondo il piano regionale, lungo la
linea Trieste-Udine-Venezia. Per quanto riguarda la linea Trieste-
Portogruaro, invece, si dovrà mettere in conto la possibile futura
realizzazione del sistema di metropolitana leggera Muggia- Trieste - Ronchi
dei Legionari, e riflettere sul relativo adattamento della linea. Altre
modifiche sono poi previste anche in altre linee regionali, come sulla
Gemona- Sacile, con l’istituzione di una “bretella” che colleghi la linea
pedemontana alla linea per Pordenone, oppure l’ elettrificazione della linea
Casarsa Portogruaro, e l’istituzione di una “bretella” che colleghi la linea
proveniente da Portogruaro alla linea per Pordenone. Si tratta, come spiega
la Regione, di modifiche da attuarsi ‘nel lungo periodo’, e che potrebbero
ulteriormente migliorare i servizi resi anche all’interno del periodo di
affidamento dei servizi integrati oggetto della prossima gara. L'esercizio
del trasporto ferroviario regionale passeggeri da parte di Rfi durerà fino
al 31 dicembre 2010, svolgendo quindi una funzione ponte con l'esercizio che
verrà svolto dal gestore unico integrato gomma-rotaia-mare identificato
dalla gara, che appunto opererà dal primo gennaio 2011 fino al 31 dicembre
2019 in base al programma First (Fully Integrated Regional System of
Transportation).
e.o. |
SGONICO - Piano regolatore,
Wwf critico anche sulle aree ex militari - Sardoc: «Valuteremo le
osservazioni»
|
Nell’ambito delle critiche alla
Variante 12 al Piano regolatore approvato dall’amministrazione comunale di
Sgonico il Wwf affronta anche la questione delle strutture militari dismesse.
Il sodalizio ambientalista, infatti, esprime un giudizio negativo pure sulle
previsioni di riutilizzo per alcune aree militari dismesse, giudicate troppo
generiche, mentre le stesse si presterebbero a un riuso almeno in parte
residenziale. Una valida alternativa dunque alla preventivata e paventata
espansione edilizia, sia nelle aeree residenziali (+18,8%) che nella Zona
artigianale e l’Artigianale, a fronte di un non commisurato aumento della
popolazione residente (6,8%). «Al pari del Piano regolatore triestino, la
Variante di Sgonico si conferma funzionale soltanto agli interessi della rendita
immobiliare. Il che dimostra ancora una volta – spiega Dario Predonzan,
responsabile regionale wwf per il territorio – come sia pericoloso abbandonare
di fatto all’arbitrio dei Comuni la gestione di territori peculiari e unici, in
assenza di linee guida e normative di tutela sovraordinate».
«Come abbiamo già fatto per altri casi, le osservazioni prodotte dal Wwf
verranno tenute in debito conto e prese in esame dal Consiglio comunale. Il
nostro Piano regolatore – replica il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc – è
improntato a una filosofia di sviluppo del territorio nel rispetto delle sue
risorse naturali e delle sue caratteristiche ambientali. Voglio ancora
puntualizzare come il 70% del nostro Comune risulta inserito nelle zone di
tutela ambientale volute a livello di Unione europea e imposte dalla Regione. E
la nostra Variante non poteva non tenerne conto».
m.l.
Raccolta differenziata
In relazione alla lettera «Raccolta
differenziata» del signor Michele Salvini pubblicata su Il Piccolo del 13 marzo,
vogliamo fornire alcune precisazioni.
I dati citati nella lettera, pubblicati sul nostro sito Internet nella sezione
archivi del bilancio integrato, sono relativi all’anno 2004, quando delle
114.306 tonnellate raccolte dall’azienda 16.936 tonnellate furono avviate al
recupero di materiali, con una raccolta differenziata quindi pari al 14,8 per
cento, e 97.370 al recupero di energia.
Nel 2007, rispetto a 100.745 tonnellate raccolte, 18.774 sono state destinate al
recupero di materiali, con una percentuale di differenziazione del 18,7 per
cento, e 81.971 al recupero di energia.
Va sottolineato che con l’entrata in servizio di Errera 3 nel 2004 la Provincia
di Trieste è stata la prima in Italia a non portare più rifiuti in discarica e
ad effettuare il recupero totale dei rifiuti o come materiali o come energia.
I quantitativi in tonnellate di quanto recuperato nel 2007 come materiale sono
(tra parentesi l’impianto di destinazione): carta e cartone 7.043 (Calcina
iniziative ambientali per la pressatura e Cartiera Reno de Medici Ovaro Ud e
Cartiera Romanello Ud per il riciclaggio); plastica 1009 (Calcina iniziative
ambientali Ts per la pressatura e Idealservice Ve e Ud per la selezione delle
diverse tipologie di plastica e successivamente a impianti di riciclaggio della
plastica), legno 2.212 (Ecolegno - gruppo Saviola San Giorgio di Nogaro Ud e
Bipan Bicinicco Ud), vetro 2.388 (Calcina iniziative ambientali ed Ecoglass
Lunigo VI), batterie al piombo 100 (Consorzio Cobat), inerti 1358 (Impianto di
recupero Zanutta ex Marsich), frigoriferi 320 (Impianto di recupero Sira a Fossò
VE); apparecchiature fuori uso 446 (Impianto di recupero Sira Fossò Ve), metallo
1281 (Impianto di recupero Padana Rottami per il taglio e la pressatura poi
verso fonderie), rifiuti biodegradabili 115 (Impianto di compostaggio Il
Giardiniere di Prosecco), ingombranti 1541 (Impianto Logica Riciclaggio
Trieste); altri materiali 961 (vari impianti di recupero).
Il dato di 1854 tonnellate, citato dal signor Salvini, non è riferito a rifiuti
raccolti da AcegasAps, ma a una frazione di rifiuti conferiti da terzi
all’impianto di termovalorizzazione e che è stato avviato a operazioni di
recupero essendo costituito da ramaglie, legno, pneumatici.
Acegas Aps - Ufficio relazioni esterne
IL PICCOLO -
MARTEDI', 25 marzo 2008
Rifiuti, arrivano Tia e piano
imballaggi - Dal 2009 sostituita la Tarsu: importi non più calcolati
sulle metrature di case e negozi |
|
Imminente il
varo del piano che comprenderà anche la raccolta differenziata. Domani in
Provincia vertice con Comuni e AcegasAps |
L’assessore
Barduzzi: a Padova la nuova tariffa costa di meno per i cittadini |
Il piano per la raccolta
differenziata degli imballaggi nella provincia sarà cosa fatta nel giro di
una decina di giorni. E di conseguenza, presumibilmente dal 2009, la Tarsu
(la tassa dei rifiuti solidi urbani) sarà trasformata in Tia (tariffa igiene
ambientale), con la quale si pagherà in funzione della quantità di rifiuti
prodotta, e non, come ora, in relazione alla superficie dell’abitazione o
del negozio.
Ad approvare il piano per gli imballaggi (la giunta provinciale lo ha già
adottato lo scorso anno) sarà il commissario «ad acta», l’ingegner Cozzarini,
nominato dalla Regione che ha così inteso accelerare una procedura che si
trascinava dal 2004.
Tutti i Comuni della provincia dovranno quindi, in tempi da stabilire,
passare dalla Tarsu alla Tia. In questa ottica, chi aumenterà la raccolta
differenziata, producendo di conseguenza meno rifiuti, pagherà di meno.
All’obiezione, già avanzata, che proporzionalmente la Tia è più costosa
della Tarsu (in quanto a quest’ultima non si applica l’Iva), l’assessore
provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, ricorda che a Padova, ad esempio,
la Tia costa un po’ di più per le imprese, che possono «scaricare» l’Iva, e
meno per i cittadini.
«Stiamo studiando il sistema di pagamento – precisa l’assessore – che
dipenderà dalle scelte dei singoli Comuni». E questo sarà uno dei tanti
aspetti da affrontare (fra cui anche l’aumento delle campane per vetro,
carta e plastica) nell’incontro che la Provincia avrà domani con i Comuni
della provincia e l’AcegasAps.
All’origine del piano, la direttiva dell’Ue secondo cui entro l’anno la
raccolta differenziata dovrà raggiungere il 50% del totale dei rifiuti. Un
valore che in provincia è in media del 35%, ma che scende al 19% nel comune
di Trieste.
«Già puntando sugli imballaggi – osserva l’assessore Barduzzi – si ridurrà
di molto la quantità di rifiuti che ora finisce nei cassonetti, intasandoli
e impedendo ai cittadini di depositare quelli casalinghi. Gli imballaggi
costituiscono il 60% dei normali rifiuti. La raccolta degli imballaggi nei
negozi – prosegue – potrebbe essere fatta dall’AcegasAps con orari e metodi
da concordare. Studieremo provvedimenti per incentivare i commercianti a
conferire gli imballaggi pronti per il ritiro, ma anche modi e regole in
modo che la convenienza sia reciproca. Già adesso – osserva – in base al
vigente piano per la differenziata, non si possono lasciare imballaggi fuori
da campane e cassonetti».
Quella di domani sarà la prima riunione con tutti i Comuni. Questi argomenti
sono però già stati affrontati con alcuni di essi. Nell’ambito di un fondo
per incentivare progetti che aumentano la raccolta differenziata, la
Provincia ha infatti già assegnato 90 mila euro al Comune di Muggia e 80
mila a quello di San Dorligo (altri 400 potranno essere assegnati entro
l’anno). Fra i diversi effetti positivi, l’aumento della raccolta
differenziata avrà anche quello di ridurre i rifiuti inviati all’impianto di
via Errera, liberando quindi spazi per i cosiddetti rifiuti speciali. Nei
prossimi anni il termovalorizzatore di via Errera dovrà smaltire peraltro
quantità più consistenti di rifiuti provenienti dalla provincia di Gorizia:
cosa che avverrà già entro il 2009, quando chiuderà la discarica di Pecol
dei lupi.
Giuseppe Palladini |
RACCOLTA DIFFERENZIATA - In
città aumenteranno le «campane» - Viale Ippodromo e via Battisti tra le zone
sporche segnalate su www.ilpiccolo.it |
|
Nei prossimi mesi, nelle zone
della città ad alta densità abitativa, spunterà un 50% in più di campane per
la carta, la plastica e il vetro. Il Comune di Trieste, da attuale «maglia
nera» della raccolta differenziata, risponde così al piano provinciale per
lo smaltimento dei rifiuti, piano a sua volta «allineato» alla direttiva
comunitaria sul potenziamento della differenziata stessa. «Stiamo lavorando
con l’AcegasAps - conferma l’assessore delegato ai rapporti con le
partecipate della giunta Dipiazza, Paolo Rovis - affinché nel 2009 sia a
regime il programma delle cosiddette ”isole ecologiche”. Esso prevede per
l’appunto il posizionamento di nuove campane per i materiali recuperabili là
dove oggi ci sono solo i cassonetti per le immondizie indifferenziate, per
agevolare il più possibile i cittadini nello smaltimento diversificato dei
loro rifiuti domestici».
Parallelamente a quest’iniziativa, sulla scia del piano imballaggi che
risulta all’ordine del giorno della riunione operativa di domani in
Provincia, Comune e AcegasAps stanno definendo pure il programma per
l’incremento della differenziata per quanto riguarda i rifiuti commerciali.
«Entro l’anno - aggiunge a questo proposito Rovis - sarà operativa, previo
adeguamento del regolamento comunale dell’igiene urbana, la raccolta ”porta
a porta” degli imballaggi in cartone smaltiti da negozi e pubblici esercizi.
Le simulazioni effettuate stimano che quest’attività consentirà un
incremento del 5-6% della raccolta differenziata».
Quanto al tempi della «transizione» dalla Tarsu alla Tia, Rovis chiama fuori
il Comune. «Tale cambiamento - dice l’assessore - dipende dal piano
provinciale per lo smaltimento dei rifiuti e dalla relativa costituzione
dell’Ato, l’Ambito territoriale ottimale, che si concretizzerà
presumibilmente nel 2009». Ciò significa che, almeno per quest’anno, i
cittadini continueranno a ricevere a casa la tradizionale bolletta Tarsu.
Passando dai piani per la differenziata alla sporcizia e al degrado evidente
in alcune zone della città, proseguono sul sito www.ilpiccolo.it le
segnalazioni e le foto dei lettori riguardanti le strade più colpite
dall’inciviltà e dall’incuria. Sotto accusa - come si può vedere dalle
immagini pubblicate qui sopra - viale Ippodromo nei pressi del comprensorio
Saul Sadoch e via Battisti. Ma c’è anche chi, come trzachana, fa
presente «l’immondizia gettata a terra durante manifestazioni come Bavisela
e Barcolana». E chi, come pred, lancia un «appello al sindaco per una
bonifica della pineta di Barcola, impraticabile da mamme e bambini perché
troppi proprietari di cani provenienti da ogni angolo della città non
raccolgono le deiezioni».
pi.ra. |
I lettori: «Centro chiuso ma
con bus e parcheggi» |
|
Ad oltre due settimane
dall’avvio del referendum on line tra i lettori sul sito del «Piccolo»
riguardo all’ipotesi di pedonalizzazione del centro, oltre 600 triestini si
sono espressi e la posizione della stragrande maggioranza è ormai chiara: si
dicono infatti favorevoli a liberare il centro dal traffico il 70 per cento
dei lettori, propensi pure a riservare ai mezzi pubblici alcune delle
arterie principali. Ma non mancano suggerimenti e critiche: «Il centrocittà
- scrive vespone63 ha come evoluzione logica la pedonalizzazione
completa, poichè in tutte le città del mondo i centri sono stati liberati
dal traffico, Ma la differenza fra Trieste e altre città è che in esse sono
stati creati dei parcheggi e una rete di trasporti pubblici». |
Pasquetta «No Tav»:
iniziativa a Porpetto |
|
UDINE Festa di Pasquetta
all'insegna della protesta quella a Porpetto, dove i comitati No-Tav della
Bassa Friulana hanno allestito un tendone con musica e bandiere. Oltre un
centinaio di persone si è radunato per ricordare i motivi ambientali per i
quali i comitati si oppongono alla costruzione della line ferroviaria Av/Ac.
I Comuni di Porpetto e Villa Vicentina non hanno firmato il protocollo
d'intesa con la Regione. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 23 marzo 2008
Ferriera, test a confronto:
si cercano volontari - Possono essere di tutti i rioni. La metà sarà
«over 60», coinvolte associazioni e farmacie |
|
Dopo le
analisi fatte sui cittadini residenti a Servola l’Azienda sanitaria sta
costruendo i controlli di raffronto
Dovranno essere volontari. In
massima parte di età superiore ai 60 anni. Verranno individuati con la
collaborazione di associazioni che raggruppano persone mature o anziane, ma
anche attraverso le farmacie e i loro clienti. Saranno preventivamente
informati, firmeranno carte sul rispetto della privacy. Di tutto quanto è
già al corrente sia l’Ordine del medici sia il Comitato di bioetica
dell’Azienda sanitaria. È con tale procedura che in questi giorni si sta
costruendo il «campione di confronto» per la verifica dei dati sulla salute
dei cittadini di Servola che, temendo di aver assorbito troppe sostanze
nocive provenienti dalla Ferriera, hanno chiesto e ottenuto esami delle
urine e del sangue, appena effettuati all’ospedale Maggiore. Per il
raffronto non verranno chiamate dunque persone semplicemente abitanti in uno
specifico quartiere che a buon diritto si presume non inquinato: il gruppo
viene costruito prima di tutto cercando età omogenee.
Dei 79 cittadini, 45 uomini e 34 donne, che hanno effettuato analisi delle
urine e del sangue alla ricerca di eventuali tracce di benzoapirene e
metalli pesanti (sui 160 circa che avevano firmato la petizione) oltre la
metà infatti sono di età fra i 60 e i 78 anni. «Per questo - spiega
Valentino Patussi, responsabile del settore sicurezza sui posti di lavoro
del Dipartimento di prevenzione - dobbiamo costruire un campione di
confronto omogeneo, e per far questo ci siamo messi in contatto con
associazioni che raggruoppano persone di età similare, mentre i più giovani
potranno essere reclutati per esempio attraverso le farmacie».
Chi aderirà lo farà in modo assolutamente volontario, per senso civico,
consapevole di partecipare a una azione di studio che ha come scopo
un’analisi epidemiologica (cioé sulla popolazione). All’interno del gruppo
che si farà avanti verranno trascelte in prima battuta persone uguali per
sesso ed età a quelle abitanti a Servola e già esaminate. Verranno
successivamente analizzate le zone di residenza, le abitudini di vita e
altre particolarità individuali, e saranno esclusi in prima battuta i
fumatori. Entro la prossima settimana la «chiamata» potrebbe essere già
formalizzata.
Intanto i campioni di urine e sangue prelevate ai residenti di Servola
verranno inviate al laboratorio specializzato di Brescia scelto dall’Azienda
sanitaria come il più specializzato in materia e bisognerà attendere
l’esito.
E nel frattempo si scopre che l’analisi condotta sui lavoratori della
Ferriera, nel reparto cokeria, verranno resi noti solo a metà aprile e non a
fine mese. I medici del Dipartimento di prevenzione stanno mettendo a
confronto i dati raccolti con la letteratura scientifica, «e scopriamo -
dice Patussi - che in Italia è praticamente la prima volta che analisi del
genere vengono condotte in una fonderia, perché letteratura italiana in
materia non ce n’è».
Il motivo di tanta prudenza lo spiega il direttore generale Franco Rotelli:
«La fretta di vedere comunicati a livello pubblico i risultati di questa
indagine sugli operai della Ferriera non ha senso, dobbiamo riferire a
tutti, lavoratori compresi, un risultato che sia scientificamente certo e
motivato, e per questo non basta dire quante sostanze si sono trovate nel
sangue e quando, ma se il quadro così come si presenta è pericoloso per la
salute oppure no, e per questo è necessario un approfondito confronto di
dati e di situazioni analoghe».
Gabriella Ziani |
Prosegue il sondaggio sulla
città da pedonalizzare Il 77 per cento dei votanti si dice d’accordo |
|
Allargare la pedonalizzazione
del centro città: resta stabile il favore netto dei cittadini che scelgono
di esprimere il proprio parere attraverso il sondaggio aperto sul sito del
Piccolo www.ilpiccolo.it che pone diversi quesiti su alcune soluzioni
alternative alla situazione attuale.
Il 77 per cento (fino a ieri sera) confermava il «sì» alla pedonalizzazione
allargata, con la massima preferenza per la chiusura al traffico delle
automobili in via Roma (67 per cento), seguita dall’opzione di allontanare
il traffico sia da via Mazzini sia da via Roma (favorevole il 45 per cento
dei votanti).
Molti però - la metà circa dei cittadini che si sono fin qui espressi - si
dice anche d’accordo sulla chiusura di via XXX Ottobre nel Borgo teresiano e
il 44 per cento vota per la pedonalizzazione di via Diaz nel Borgo
giuseppino. Seguono, rispettivamente, la voce «altre vie» (27 e 37 per
cento) e via Trento e via Cadorna (entrambe hanno ottenuto il 20 per cento
delle preferenze dei lettori).
Scrive un lettore che si firma «Vespone63»: «Il centro città ha come
evoluzione logica la pedonalizzazione completa, non invento l’acqua calda,
poiché in tutte le città del mondo i centri città sono stati liberati dal
traffico. Trieste non sarà un’eccezione».
Il lettore sottolinea anche i vantaggi economici che la città ha avuto con
la benzina agevolata, «ma - afferma - se i nostri amministratori avessero
avuto un po’ di coraggio e lungimiranza e avessero costruito un park
all’anno utilizzando tali fondi adesso non sentiremmo i commercianti
piangere per la mancanza di clienti che se ne vanno in Friuli e in Slovenia
dove trovano centri commerciali con parcheggio gratuito».
Proprio nei giorni scorsi è diventata più forte la protesta di via Mazzini,
dove residenti e negozianti hanno reso nota un’indagine tecnica sul livello
di rumore e vibrazioni causate dal passaggio intenso degli autobus.
Una domanda del sondaggio riguarda proprio un cambiamento in questo senso:
pedonalizzare via Mazzini e consentire in via Roma solo il transito degli
autobus, deviando le automobili. Un’opzione che sembra convincere molto,
visto che appunto il 67 per cento dei cittadini che si sono espressi ha
giudicato l’idea convincente. |
IL PICCOLO -
SABATO, 22 marzo 2008
Grande viabilità, collaudo
con Napolitano - Sopralluogo dei tecnici comunali con il sindaco
Dipiazza e l’assessore Bandelli ai primi centro metri
|
|
Il Capo dello Stato durante
la sua visita percorrerà i 2850 metri della galleria Carso |
Il capo dello Stato Giorgio
Napolitano, in occasione della sua visita in città programmata tra giovedì e
venerdì prossimi, percorrerà con l’auto presidenziale i 2.850 metri della
galleria a doppia canna «Carso», il pezzo da novanta della nuova Grande
viabilità triestina. Napolitano imboccherà il tunnel in discesa verso
Trieste - che tra i due è quello più vicino a Longera - arrivando dall’Area
Science Park di Padriciano. E sbucherà quindi davanti a Cattinara. Tale
«battesimo» istituzionale precederà i collaudi tecnici propedeutici al
taglio del nastro dell’intera opera, confermato per il 30 ottobre.
In attesa dell’arrivo del presidente della Repubblica, gli operai della
Collini e quelli della Siemens - cui è affidata la realizzazione
dell’impiantistica nelle gallerie - stanno tirando a lucido il tunnel in
discesa.
I PRIMI CENTO METRI In virtù di questo lavoro senza soluzione di
continuità, ieri il sindaco Roberto Dipiazza e l’assessore ai lavori
pubblici Franco Bandelli - con i tecnici del Comune e della stessa Collini -
si sono potuti addentrare in auto con i giornalisti al seguito fino al
«cuore» del tunnel, un chilometro e mezzo più avanti rispetto all’imbocco di
Cattinara e 70-80 metri sotto la superficie del campo da golf di Padriciano.
In quel punto, infatti, da alcune ore esiste già un tratto «campione» di
circa 100 metri che mostra, se si eccettuano alcune rifiniture ancora da
completare, come si presenterà fra sette mesi la galleria a camionisti ed
automobilisti.
IL TUNNEL Larga 11 metri e venti per sette e mezzo di altezza
massima, ciascuna delle due canne sarà dotata di due corsie da 3 metri e 75.
La terza corsia d’emergenza da tre metri e mezzo rappresenterà, di fatto,
una delle primissime risposte italiane alle più fresche direttive europee in
materia di sicurezza stradale.
GLI IMPIANTI Il «traforo», inoltre, sarà imbottito di impianti
hi-tech, per i quali sono stati destinati ben venti milioni di euro sui 256
investiti complessivamente per i cinque chilometri e mezzo della nuova
Cattinara-Padriciano. La galleria a doppia canna sarà munita di un sistema
laser che valuterà costantemente il numero di veicoli presenti e la
concentrazione di monossido di carbonio, consentendo così la regolazione
automatica dei ventilatori. La rete di sicurezza potrà contare, quindi, su
videocamere a colori e generatori a motore - attivi nelle palazzine in via
di costruzione agli imbocchi di Padriciano e Cattinara - per garantire
l’illuminazione e il funzionamento di tutti gli impianti automatici anche in
caso di black-out. E poi sono previste colonne Sos e anti-incendio ogni 75
metri, luci con «armature» resistenti a 400 gradi per un’ora e mezza, nonché
by-pass veicolari e pedonali ogni 300 metri con porte tagliafuoco.
IL SINDACO A confermare il passaggio di Napolitano e la fine dei
lavori entro il 30 ottobre è stato lo stesso Dipiazza. «Mostreremo al nostro
presidente - ha spiegato - come Trieste abbia saputo essere efficiente nei
tempi di realizzazione ma anche attenta ai costi. Fra sette mesi non dovremo
più affidarci a quel maledetto bivio ad H, che ha causato morti, spese e
rallentamenti allo sviluppo del porto». «Questo - gli ha fatto eco Bandelli
- è uno fra i dieci cantieri più grandi a livello nazionale e poggia su vere
e proprie perle tecnologiche come l’impiantistica e la terza corsia per i
tratti sotterranei. È normale che la nuova Gvt, assieme alla
Lacotisce-Rabuiese, abbia su di sé l’attenzione di tutti, in particolar modo
dopo la caduta dei confini».
Piero Rauber |
Centro pedonale, è un
plebiscito - I comitati di via Mazzini e corso Italia: «Segnali che
vanno ascoltati» |
|
Il sondaggio
lanciato sul sito www.ilpiccolo.it: favorevole a togliere le auto il 76% dei
lettori
Sono circa 550 i lettori che
hanno partecipato finora al sondaggio sulla pedonalizzazione del centro
lanciato il 10 marzo dalla nostra redazione attraverso il sito
www.ilpiccolo.it. Alla vigilia delle due giornate festive dedicate alla
Pasqua, i risultati del voto on-line parlano chiaro. Confermano le tendenze
emerse fin dal primo giorno in cui è stato attivato il forum. E offrono nel
contempo l’assist per i primi commenti, con dati alla mano, da parte dei
rappresentanti di categorie e comitati pro-pedonalizzazioni. I quali, ora,
gridano vittoria e chiedono alle istituzioni, a cominciare ovviamente dal
Comune, di tener conto del sondaggio che ha «fortificato» le loro
convinzioni e le loro petizioni popolari.
A essere favorevole a un allargamento dell’isola pedonale in centro è,
infatti, il 76% dei triestini che si sono colllegati al computer per
rispondere alla griglia delle domande predisposte sul nostro sito.
Il 45% di questi, inoltre, vota per una pedonalizzazione «combinata» di
corso Italia e via Mazzini. Segue con il 26% il partito di chi si dice
contrario alla chiusura di questi due assi di scorrrimento ai veicoli
privati. Fra quelli che preferirebbbero invece che si liberasse dalle auto
soltanto una delle due arterie, prevale con il 19% chi vuole via Mazzini
pedonale, contro l’11% a favore di corso Italia.
Per quanto riguarda ancora la principale «perpendicolare» a corso Italia e
via Mazzini, cioè via Roma, vincono di larga misura, doppiando in pratica i
contrari (67% a 33%), quelli che spingono per vederla un domani chiusa alle
automobili private e riservata di conseguenza ai soli autobus.
La parte del sondaggio dedicata al Borgo Teresiano, quindi, dà all’eventuale
pedonalizzzazione di via XXX ottobre, dunque del lato di Ponterosso verso
piazza della Borsa, il pacchetto di voti più consistenti: 52% contro il 20%
di via Trento, sul lato opposto del canale proiettato verso la stazione
centrale. Risultano più distribuite, infine, le preferenze sulle zone da
pedonalizzare nel Borgo Giuseppino: in testa via Diaz (quella che
attualmente porta da piazza Venezia a piazza Unità) con il 43%.
«Questo sondaggio è un successo», non esita a sbilanciarsi Paola Gaggi del
Comitato per via Mazzini, che oltre ad aver presentato lo studio
sull’acustica «esagerata» della via ha raccolto 1200 firme
pro-pedonalizzazione della stessa arteria. «Mi auguro - aggiunge Paola Gaggi
- che ora qualcuno ascolti questi segnali, che arrivano sia dal sondaggio
che dai nostri studi. Contengono dati che dovrebbero far riflettere chi è
chiamato a prendere decisioni in materia di viabilità cittadina».
«Prendiamo atto con soddisfazione dei risultati finora raggiunti dal
sondaggio», aggiunge a questo proposito Pierluigi Collino, presidente del
Comitato Corso Italia per Trieste, che di firme per liberare il Corso dalle
auto lo scorso anno ne ha raccolte 1100. Collino precisa però che «questi
dati non dicono mica che bisogna blindare il centro. E non devono nemmeno
indurre nesssuno a sacrificare il traffico su corso Italia, che al contrario
rappresenta una vetrina di Trieste, facendolo diventare una sorta di
tangenziale». «La soluzione ideale - conclude Collino, riferendosi alla
proposta lanciata di recente dal presidente della Camera di Commercio
Antonio Paoletti - sarebbe quello di attivare bus navetta eletttrici che
colleghino le Rive, piazza della Borsa e piazza Goldoni. Questo
consentirebbe l’allargamento dei marciapiedi e un allestimento
turisticamente più appetibile del Corso, come di altre vie, con panchine,
aiuole e dehors».
pi. ra. |
Rosini (commercianti): «E
adesso avanti con il piano del traffico» |
|
La futura pedonalizzazione del
centro deve passare per la revisione della mappa dei parcheggi, che vanno
posizionati in maniera tale da consentire ai cittadini di avvicinarsi il più
possibile al centro con la macchina, senza ingolfarsi per mezz’ora in cerca
di un posto auto. A ribadirlo è Roberto Rosini, vicepresidente dei
commercianti al dettaglio: «Siamo favorevoli ovviamente - puntualizza - a
questa richiesta di un eventuale ampliamento dell’isola pedonale. Ma tale
passaggio non può rimanere slegata al piano del traffico e all’aumento
dell’offerta di parcheggi pubblici, che è assolutamente imprescindibile».
«Le sperimentazioni fin qui fatte - prosegue Rosini - dimostrano che la
gente è felice quando le viene data la possibilità di spostarsi a piedi in
centro. Non ci si può però aspettare, per ora, che la maggior parte sia
disposta a lasciare la macchina al Silos per raggiungere piazza Unità e
dintorni. Quella, semmai, è una cultura che potrà affermarsi con il tempo.
Oggi al contrario bisogna trovare nuove soluzioni limitrofe al centro
storico, tali da velocizzare la ricerca di un posto auto e decongestionare,
di conseguenza, il traffico. Già quello, per il traffico stesso, sarebbe un
problema in meno». |
IL PICCOLO -
VENERDI', 21 marzo 2008
Ferriera: conclusi i prelievi
ai servolani - Il circolo Miani annuncia una manifestazione durante la
visita di Napolitano |
|
Al via un programma di screening
dell'Azienda Sanitaria tra gli abitanti di Servola, che dovrà individuare se
nell'urina e nel sangue si sono depositati, stanti alle emissioni della
ferriera, eventuali sostanze inquinanti.L'ultimo giorno degli esami
predisposti dall'Azienda all'Ospedale Maggiore ha riunito ieri circa 40
servolani (in totale si sono presentati in due giorni 79 persone, età media
58 anni), I campioni di sangue e di urine saranno ora inviati a un
laboratorio di Brescia. I risultati sono attesi non prima di un mese.L'ultimi
giorno degli esami al Maggiore ha coinciso con un'assemblea pubblica a
Servola con gli avvocati nominati dai residenti impegnati in una serie di
azioni a loro tutela. Durante l'incontro, i servolani hanno annunciato che
scenderanno in piazza in segno di protesta contro la Ferriera durante la
visita del Presidente della Repubblica Napolitano a Trieste, il 27 e 28
marzo. Gli organizzatori dell'assemblea hanno fatto inoltre il punto della
situazione sulla linea di difesa, sottolineando che gli avvocati lavorano
già su un nuovo dossier sistematico sui danni collettivi e su vari documenti
inediti rintracciati negli archivi di alcuni enti pubblici. Tra questi, un
provvedimento firmato dall'ex sindaco Illy, che già nel 1995 accertava che
nello stabilimento vengono eseguite lavorazioni che possono dar luogo ad
inconvenienti igienici.
ga. pr. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 20 marzo 2008
NONTISCORDARDIME' - Da
Vinci-Sandrinelli: «spazzini» con Legambiente |
|
Decine di giovani hanno
ripulito giardino e cortile della scuola aderendo a un progetto nazionale
sulla vivibilità Decine di studenti armati di sacchetti di plastica e
attrezzi per rimuovere dal giardino e dal cortile della scuola tutti i
rifiuti che nei mesi scorsi si sono accumulati, sono stati gettati o
semplicemente sono stati portati dal vento. L’istituto Da Vinci Sandrinelli
ha aderito il quindici marzo al progetto nazionale «Nontiscordardimè»,la
giornata di volontariato dedicata alla qualità, alla vivibilità e alla
sicurezza degli edifici scolastici, promossa da Legambiente, che ha
coinvolto gli studenti delle classi 1º C e 2º C sia del Da Vinci che del
Sandrinelli. I ragazzi, muniti di guanti, cappelli e sacchi, forniti da
Legambiente, hanno ripulito l’ampio cortile dell’ istituto da carta,
lattine, immondizie e altro materiale inquinante.
Alla fine della giornata tutti i giovani protagonisti dell’intervento di
pulizia hanno ricevuto un attestato di partecipazione, da parte del
presidente di Legambiente e dal dirigente scolastico. Alcuni professori
della scuola hanno documentato la giornata, con le foto visibili sul sito
dell’istituto, all’indirizzo www.isistecnicoeprofessionaletrieste.it. A fine
del lavoro sono oltre una decina i sacchetti di immondizie riempiti dai
ragazzi, che in gruppo, insieme agli insegnanti, hanno sistemato i rifiuti
spazzando in ogni angolo del cortile, partecipando alla giornata senza
fermarsi un attimo, accogliendo l’invito di Legambiente e della scuola con
grande entusiasmo. L’iniziativa è giunta in Italia alla decima edizione e
viene promossa con la collaborazione del Ministero della Pubblica
Istruzione. Secondo gli organizzatori permette di realizzare tanti piccoli
interventi di manutenzione, che vanno dalla pulizia degli spazi scolastici
alla piantumazione di alberi, dalla verniciatura di aule alla costruzione di
aiuole o di altre migliorie importanti per gli spazi chiusi o aperti delle
varie scuole. Ogni anno partecipano al progetto in tutto il Paese 1800
scuole, 25 mila classi e oltre 500 mila tra bambini e ragazzi. Le scuole che
aderiscono ricevono il materiale informativo gratuito, utile per promuovere
e organizzare la giornata.
m. b. |
Ferriera, partite le analisi
su 79 servolani - Residenti al Maggiore con i campioni richiesti:
«Temiamo la conferma delle nostre paure» |
|
Via agli
esami di sangue e urine che l’Azienda sanitaria eseguirà gratuitamente su
alcuni abitanti del rione prescelti per il test
Torna in primo piano la
Ferriera. Questa volta i protagonisti sono 79 residenti di Servola (45
uomini e 34 donne con un’età media di 58 anni) prescelti dall'Azienda
sanitaria per alcuni esami su urine e sangue programmati tra ieri e
stamattina all'Ospedale Maggiore, con l’obiettivo di verificare la presenza
nell'organismo di eventuali sostanze inquinanti.
Si tratta di una serie di analisi gratuite su un campione di residenti,
firmatari l'anno scorso di una specifica petizione che chiedeva di
verificare la presenza negli organismi umani di metaboliti e di altri
inquinanti ambientali come benzopirene e metalli pesanti, per sapere dunque
quali siano gli effetti delle emissioni della Ferriera.
Quaranta i residenti di Servola in fila già ieri mattina per le prime
analisi con in mano una provetta d'urina già raccolta, pronti per effettuare
le analisi del sangue e ottenere un risultato che molti temono di conoscere
già. E tra di loro si è tornati a discutere sulla Ferriera e della sua
eventuale nocività, con la determinazione di chi reclama da anni salute ed
una vita migliore.
Al momento a preoccupare le persone che si sono sottoposte alle analisi
sembra siano soprattutto i tempi d'attesa, anche se alcuni non nascondono la
soddisfazione per l'avvio dell'iter che dovrebbe accertare la presenza di
sostanze inquinanti ambientali nel loro quartiere. «Sulla questione Ferriera
il dibattito sta durando da anni - nota la signora Maura, mentre aspetta
pazientemente il turno in fila - la fabbrica infatti è situata a ridosso del
quartiere di Servola e i suoi residenti da anni denunciano l’altissimo
livello d’inquinamento a cui sono sottoposti. Il mio caso fa riflettere»,
aggiunge: «Anche se mi piace pensare di avere condotto sempre una vita sana,
alla fine mi chiedo a che cosa è servito visto che ho continuamente dei
problemi, a partire dalle frequenti bronchiti». «Per me – aggiunge Sergio -
sarà una prova di quello che si sa già perché ho fatto già varie analisi in
privato e i risultati sono arrivati». Per il giovane adesso ci vuole solo
pazienza per ricevere una «conferma di quello che già sappiamo».
«Sono scettico e la vedo dura – interviene Fabio - perché la situazione
sembra semplicemente senza via di scampo, una lotta dei piccoli contro un
intero sistema potente». «Secondo me moltissimi servolani hanno patologie
asmatiche, tosse, allergie alla pelle dovute all’area malsana che respirano»
esordisce una giovane infermiera di passaggio nel centro prelievi
dell'Ospedale Maggiore, che confessa di vivere anche lei nel quartiere di
Servola, «nel quale la convivenza con la Ferriera è un incubo.
Non c'è tanto da star allegri - aggiunge – e lo vedremo a fine marzo anche
dall'esito dei controlli sanitari cui sono stati sottoposti anche gli operai
dell'azienda siderurgica alla fine del 2007».
Gabriela Preda |
«Centro chiuso, ma attenti ai
disabili» - Sondaggio su ilpiccolo.it: stabile il 79% di lettori favorevoli
alla pedonalizzazione |
|
Sembra ormai stabilizzata su una
larga maggioranza, attorno al 79 per cento, la posizione di chi, tra i
cittadini, vede con favore la pedonalizzazione del centro. A decretarlo, una
volta in più, è il sondaggio on-line del Piccolo, nel cui forum continuano
ad arrivare commenti, reazioni, suggerimenti. «Rendendo tutto il centro
pedonabile gradirei conoscere - scrive vit14 - la soluzione per i
disabili che necessariamente si servono della loro autovettura. O magari li
releghiamo nelle loro case? Voglio ringraziare i nostri politici
lungimiranti che hanno venduto i tram ai loro colleghi di più ampie vedute».
E sempre dedicato al traffico su rotaia l’intervento di trzachana:
«Scusate, ma le tramvie vi danno tanto fastidio? Mi sembra che il tram,
ovviamente elettrico, sia anch'esso una soluzione ecologica anti
inquinamento, non vi pare? Grandi città come Roma, Milano, Torino li hanno
ancora per non parlare di Vienna, Zurigo. O forse Trieste non poteva perché
non doveva essere alla pari di una grande città? Il Progetto Stream poteva
essere un esperimento da provare, ma il "bottegaio pazzo" ha fatto una delle
sue...».
Più specificamente sulla pedonalizzazione le considerazioni di franzele1,
che si dice «d'accordo per aumentare un poco le zone pedonali per motivi
anti-inquinamento, ma stiamo attenti a non lasciarci prendere da facili
entusiasmi e facciamo attenzione a non peggiorare la situazione nelle
periferie. La citta' non e' un'oasi naturalistica, ma un luogo dove la gente
vive, lavora e ha esigenze di spostarsi e movimentare cose».
Ma intanto CamminaTrieste torna all’attacco partendo da via Rossetti: da sei
mesi a questa parte, dopo l’incendio che ha distrutto l’edificio di via
Gatteri e in seguito ai lavori, le fermate dei bus che vi transitavano sono
state spostate in via Rossetti. Si tratta, secondo il Coped (il comitato di
CamminaTrieste) di una soluzione «provvisoria» che penalizza pesantemente
gli utenti dei mezzi pubblici. Ma per il Coped la situazione di via Rossetti
è anche lo spunto per invitare i politici a non snobbare le richieste dei
triestini: «Finora non si sono dimostrati molto sensibili al riguardo -
sottolinea il presidente Sergio Tremul - ma ricordino che i cittadini si
apprestano a votare e che vorrebbero essere ascoltati, come emerge anche dal
sondaggio del Piccolo sulla pedonalizzazione del centro». E quanto alle
diatribe tra i commerciani di via Coroneo e di altre arterie, il presidente
nazionale di Camminacittà Carlo Genzo «pur comprendendo le loro ragioni»
invita la categoria a «considerare il problema in un’ottica complessiva, non
solo secondo prospettive ristrette a singole situazioni».
g.cos. |
Denuncia del Wwf: «A Sgonico
con la Variante n.12 via libera a una cementificazione inutile» -
Previste nuove aree residenziali e industriali |
|
SGONICO «Il Piano regolatore di
Sgonico è un ulteriore incentivo all’erosione edilizia del Carso». Così il
Wwf stigmatizza la Variante n. 12 al Piano regolatore del Comune che, per
gli ambientalisti, è di fatto un nuovo Piano regolatore esteso a tutto il
territorio del Comune.
La Variante è stata adottata nel dicembre scorso dal Consiglio comunale e
nei giorni scorsi si sarebbe concluso il periodo a disposizione dei
cittadini per porre osservazioni. Per l’associazione ambientalista si
tratterebbe dell’ennesimo esempio di piano sproporzionato rispetto alle
dinamiche demografiche e alle caratteristiche del territorio. «La Variante
postula, senza giustificarlo, un fabbisogno di 58 nuove abitazioni. Si
prevede dunque un notevole ampiamento delle zone residenziali – sostiene
Dario Predonzan, responsabile Settore territorio del Wwf regionale – la cui
superficie totale passerebbe dai 654.987 mq del piano a 778.144. A fronte di
un futuro incremento (teorico) dei residenti pari al 6,8% si programma così
di aumentare del 18,8% l’estensione delle aree da urbanizzare». Per
Predonzan la prevedibile espansione edilizia comporterebbe un sacrificio di
oltre 12 ettari di territorio carsico. Inoltre la Variante prevede pure
cospicui ampliamenti per le zone industriali e artigianali nelle aree
prossime alla stazione ferroviaria di Prosecco e Devincina, oltre a quelle
commerciali. Per il Wwf inoltre il nuovo strumento urbanistico considera due
cave di pietra nelle frazioni di Samatorza e Bristie come ancora attive,
mentre difatti le darebbero per abbandonate da circa 25 anni. «Le due aree –
sostiene Predonzan – rientrano nei siti di protezione speciale d’interesse
comunitario e l’abbandono dell’attività estrattiva ha consentito ad animali
e specie vegetali diverse d’insediarvisi. Riprendere lì nuove attività di
lavoro significherebbe pregiudicare tali importanti insediamenti».
m.l. |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 19 marzo 2008
Zone inquinate: ok ai fondi,
la bonifica può partire -
Il ministero ha blindato gli ultimi 50 milioni necessari, ora
l’accordo di programma: 32 mesi per i lavori |
|
IL
SITO INQUINATO NAZIONALE |
Disponibili
tutti i finanziamenti che consentiranno la messa in sicurezza del sito
d’interesse nazionale comprendente quasi tutta la zona industriale
Con la garanzia di questi
finanziamenti il quadro economico, che prevede 122 milioni 690 mila euro per gli
interventi prioritari, è completo.
La firma dell’accordo di programma fra enti locali e ministero è quindi
imminente. Oggi il consigliere del ministro, Andrea Ferrara, ritirerà il
documento e concorderà con gli uffici del dicastero una serie di date possibili
per la firma, alla quale Pecoraro Scanio ha già annunciato di voler essere
presente.
Subito dopo Pasqua il documento che impegna il ministero a stanziare i 50
milioni sarà nelle mani dell’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco
Moretton, che potrà così concordare la data per la stipula dell’atteso accordo
di programma.
A quel punto potrà iniziare a muoversi la complessa macchina delle progettazioni
e degli interventi, in parte già avviati, che riguarderanno anche l’estesa area
marina del Sito inquinato e richiederanno un periodo complessivo di 32 mesi per
arrivare al completo risanamento.
Per le attività di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica il ministero
dell’Ambiente si avvarrà della collaborazione dell’Apat (l’Arpa nazionale che fa
capo al ministero), dell’Icram (Istituto centrale per la ricerca scientifica e
tecnologica applicata al mare), dell’Istituto superiore di sanità e dell’Arpa
Friuli Venezia Giulia.
Tornando al documento firmato venerdì dal ministro, se fosse stato pronto per
tempo l’accordo avrebbe potuto già essere siglato, visto che l’ultimo via libera
dei diversi enti coinvolti, quello dell’Ezit, porta la data del 28 febbraio.
A ritardare il tutto è stato il fatto che nella bozza di accordo si legge che il
quadro finanziario va considerato «ai soli fini programmatici». Ma siccome la
cautele non sono mai troppe, il 28 dicembre scorso la giunta regionale ha
deliberato che «la sottoscrizione dell’accordo di programma è autorizzata
esclusivamente previo accertamento della copertura finanziaria».
Da qui la richiesta della Regione al ministero, per poter firmare l’accordo, di
disporre della garanzia sull’assegnazione dei 50 milioni mancanti. Cosa che è
appunto avvenuta venerdì scorso.
Il quadro finanziario è dunque completo. Degli oltre 122 milioni necessari, a
carico del ministero risultano 61,3 milioni: 50 attinti dalla risorse
programmatiche (programmazione unitaria 2007-2013 e fondi Fas) e 1,3 dal
programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale.
La Regione stanzierà invece 59,3 milioni (sempre dalla programmazione unitaria
2007/2013), mentre gli ultimi 2 milioni saranno a carico dell’Ezit, che potrebbe
riceverli dal Fondo Trieste.
Dei fondi previsti dall’accordo potrà beneficiare, ovviamente dopo aver aderito
all’accordo stesso, anche la Servola spa, che finora ha proceduto autonomamente
redigendo il piano di caratterizzazione ed effettuando i sondaggi per
determinare le sostanze inquinanti presenti nel sottosuolo della Ferriera.
Non essendoci in questo caso dubbi sull’inquinamento del sottosuolo (nell’area
sono più di cent’anni che si svolge solo attività siderurgica), pare che la
Ferriera intenda avvalersi delle agevolazioni finanziarie, previste dall’accordo
di programma, per chi riconosce il danno ambientale e partecipa al consorzio per
il contenimento e la bonifica della falda inquinata.
La volontà di aderire a questo consorzio è già stata manifestata dai Comuni di
Trieste e di Muggia, dalla Teseco (proprietaria dell’area ex Aquila, in corso di
bonifica), e da altre aziende i cui stabilimenti sono inclusi del Sito inquinato
(AcegasAps, Adriaveicoli, Cooperative Operaie, Frigomar, Janousek, Ortolan mare,
B. Pacorini, Med.Con. e Steeltubi).
L’Ezit, intanto, va avanti con le procedure per la caratterizzazione di una
nuova area, dopo quella di 450 mila metri quadri, di sua proprietà, alle Noghere.
La nuova zona, a cavallo fra la parte nord delle Noghere e il Rio Ospo, occupa
180 mila metri quadri e vede insediate 70 aziende, che hanno già autorizzato le
caratterizzazioni nei loro terreni.
«Sul nostro sito Internet – spiega il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita –
abbiamo già pubblicato il bando di gara per la caratterizzazione. Il 3 aprile
apriremo le buste, e poi dovremo attendere un mese per gli eventuali ricorsi. A
maggio – prosegue – l’appalto sarà assegnato, e i lavori , che richiederanno
circa sei mesi, potranno partire a giugno. Nei primi mesi del 2009 disporremo
quindi dei dati finali, validati dall’Arpa. Sono comunque ottimista – conclude –
perchè in quella zona, tranne qualche punto, l’inquinamento dovrebbe essere
assente».
Italia dei
Valori, convegno su risparmio ed energia |
|
«Quali energie per il nostro
domani - Realtà attuali e e prospettive delle energie rinnovabili». È il
titolo del convegno che si terrà oggi alle 16 Alla Stazione marittima,
organizzato dall’Italia dei Valori. Verranno messe a confronto tecnologie,
tecnici ed esperti sul tema del risparmio energetico, puntando sulle
possibilità di risparmio a disposizione del cittadino. Interverranno gli
esperti Bruno Della Vedova, Maurizio Fermeglia, Marco Manzan, Mauro Reini e
Rodolfo Taccani, moderatore il direttore di area Nord Est di Enea Mauro
Marani. |
Oggi e
domani esami del sangue per 50 cittadini di Servola - Al Maggiore |
|
Oggi e domani i cittadini di
Servola contattati dall’Azienda sanitaria per effettuare i controlli su
urine e sangue al fine di verificare la presenza nell’organismo di
eventuali sostanze inquinanti si presenteranno all’ospedale Maggiore per
i prelievi. Si tratta di circa una cinquantina di persone selezionate
fra gli oltre 160 abitanti del quartiere che avevano rivolto alla stessa
Azienda sanitaria un esplicita richiesta di esami medici.
Le analisi dovranno individuare se nell’urina e nel sangue si sono
depositati, stanti le emissioni della Ferriera, benzoapirene e metalli
pesanti. Le provette con i liquidi biologici saranno poi inviate a un
laboratorio specializzato di Brescia che l’Azienda sanitaria ha
prescelto in quanto si tratta del laboratorio più specializzato a
livello nazionale per esami clinici di questo genere.
Intanto gli operai dell’azienda siderurgica, che hanno appreso con
comprensibile soddisfazione come dai camini non escano più livelli di
diossina pericolosi, attendono per fine mese l’esito dei controlli
sanitari cui sono stati sottoposti alla fine del 2007 e che poi il
Dipartimento di prevenzione ha messo ancora a confronto con altri dati
per ottenere un risultato valido e credibile. |
Energie alternative:
patto Università-Cnr -
Per la prima volta i ricercatori dell’ente nazionale
collaborano con Scienze chimiche |
|
Si
arricchisce il parco scientifico triestino con l’insediamento di una
nuova unità nel Dipartimento di via Giorgieri |
Si punta
a individuare catalizzatori per smaltire rifiuti e trovare materiali
biodegradabili. «Bisogna investire sulla produzione di idrogeno» |
Il parco scientifico
triestino si arricchisce di un nuovo importante tassello grazie
all’insediamento di un’Unità di ricerca del Cnr (Consiglio nazionale
delle ricerche) nel cuore dell’Università e precisamente al Dipartimento
di Scienze Chimiche.
Nella nuova struttura - risultato di una decennale collaborazione tra
l’Istituto di chimica dei composti organometallici (Iccom) del Cnr e il
dipartimento di via Giorgeri - l’ateneo e il Cnr metteranno a reciproca
disposizione ricercatori e strumenti scientifici per raggiungere alcuni
importanti obiettivi comuni: le applicazioni più significative
riguardano il campo delle energie rinnovabili e in modo particolare
l’idrogeno, ma anche la ricerca di catalizzatori per lo smaltimento dei
rifiuti, lo studio di nuovi materiali biodegradabili e tutte le altre
tematiche legate all’utilizzo delle nanotecnologie nei settori della
scienza dei materiali, della catalisi e dell’energia.
A presentare la nuova Unità di ricerca – unica nel suo genere in regione
– sono stati Claudio Bianchini, direttore dell’Iccom di Firenze, a cui
l’Unità fa capo, Rinaldo Rui, preside della Facoltà di Scienze
matematiche, fisiche e naturali, Lucio Randaccio, direttore del
Dipartimento di Scienze chimiche, Mauro Graziani, professore di chimica
inorganica e coordinatore del gruppo di ricerca e Paolo Fornasiero,
responsabile della nuova struttura.
A spiegare la grande attualità di queste ricerche è stato lo stesso
professor Bianchini: «L’economia basata sui combustibili fossili, come
il petrolio, è ormai al tramonto – ha spiegato – per questo è
fondamentale investire risorse sullo sviluppo sostenibile dell’energia,
puntando la ricerca sui sistemi avanzati per la produzione di idrogeno e
altri fonti alternative. Proprio questo obiettivo comune che ci lega con
il Dipartimento di Scienze Chimiche dell’ateneo triestino ha portato
alla nascita dell’Unità di ricerca, nella quale metteremo in
compartecipazione strumentazioni scientifiche all’avanguardia e
l’esperienza dei nostri ricercatori».
Una collaborazione molto importante per Trieste «città della scienza»,
soprattutto se si considera che il Cnr è il primo ente di ricerca
nazionale, le cui attività di articolano in undici macro aree, tra cui
quella in Progettazione molecolare, a cui fa capo l’Iccom di Forenze e
la struttura triestina.
«Si tratta della prima Unità di ricerca del Cnr che si inserisce
all’interno di un’Università – ha spiegato il preside, Rinaldo Rui – e
questo ci rende ancora più orgogliosi». Sono state anche sottolineate le
nuove opportunità che si apriranno ai ricercatori coinvolti anche da un
punto di vista didattico, con lo scambio di conoscenze e competenze,
l’accesso alla sofisticata strumentazione concessa da Cnr e la
partecipazione a progetti in partnership di altissimo livello.
Elisa Lenarduzzi |
Il
sondaggio del Piccolo: il 79% per le aree pedonali |
|
Quasi 500 voti in meno di
dieci giorni. Resta alta l’attenzione nei confronti del sondaggio
on-line avviato dal Piccolo per sondare le opinioni dei lettori
sull’ipotesi di allargare l’isola pedonale in centro città. Un’ipotesi
che continua a raccogliere consensi. Si dice favorevole infatti il 79%
del campione, pari a 365 voti.
Altissima (70%) anche la percentuale di chi vedrebbe con favore via Roma
chiusa al traffico privato e trasformata in zona riservata al passaggio
dei bus. Tanti anche i lettori favorevoli alla pedonalizzazione di via
XXX ottobre (53%), di gran lunga la soluzione più gradita per quanto
riguarda il Borgo Teresiano.
Spostando l’attenzione sul Borgo Giuseppino, invece, piace soprattutto
l’idea di eliminare le auto da via Diaz. |
ALTIPIANO
EST -
Rami e computer,
cassonetti usati come discariche - |
|
Sempre
più spesso materiali inerti ed elettrodomestici abbandonati
illegalmente, specie a Padriciano e al bosco Salzer |
TREBICIANO Ramaglie, inerti,
rifiuti ingombranti, addirittura erba. Si può trovar di tutto oramai nei
contenitori delle immondizie di diverse frazioni nell’Est dell’Altopiano
carsico. Dopo le numerose e analoghe segnalazioni di scarico di
materiali ingombranti nelle borgate di Santa Croce, Prosecco e
Contovello, ora sono i residenti di Altipiano Est a lamentare gli stessi
disagi. Piuttosto che utilizzare il punto di raccolta di materiali
ingombranti situato a Opicina in Strada per Vienna, sono diverse le
persone che approfittando delle ore notturne scaricano i propri rifiuti
in prossimità dei cassonetti.
Si tratta di elettrodomestici ormai inutilizzabili e altri utensili
ormai arrugginiti, ma anche di ramaglie e legna in quantità
considerevoli, il frutto delle operazioni di potatura effettuate di
questi tempi in tanti giardini privati. «E’ una situazione davvero
spiacevole – afferma Marco Milkovich, presidente del Consiglio
circoscrizionale di Altipiano Est – che in alcune occasioni ho potuto
verificare di persona. Vi sono dei cittadini che in barba ai regolamenti
scaricano inerti, rifiuti ingombranti e ramaglie nei pressi o
addirittura all’interno dei normali bottini che raccolgono immondizie.
Ho assistito con i miei occhi a un fatto eclatante a Trebiciano, dove
una persona ha scaricato una serie di computer e attrezzi informatici
rotti dietro al locale camposanto. E ogni settimana ricevo nuove
informazioni e segnalazioni su infrazioni di questo tipo». Purtroppo vi
sono delle aree che per la loro particolare logistica, appartate
rispetto ai centri delle borgate, risultano puntualmente utilizzate per
disfarsi dei materiali inutilizzabili. Tra queste quella vicina al campo
di calcio di Padriciano; oppure quelle antistanti l’entrata ai Campi di
Golf e al bosco Salzer, sempre nel comprensorio citato. Chi scarica in
modo inopportuno rischia grosse multe e denunce in modo stupido, visto
che a Opicina la Depositeria comunale situata nei pressi del poligono di
tiro funziona dal lunedì al sabato con orario ininterrotto dalle 7 alle
19. «Si fa anche un gran parlare di dare incremento alla raccolta
differenziata – riprende Milkovich – ma sono solo ipotesi che non si
riescono a concretizzare da nessuna parte». «Fortunatamente Basovizza e
dintorni mi sembrano ancora estranee a tale andazzo – interviene Marco
Arduini, responsabile del Comitato per gli usi civici della località.
Invece mi preme segnalare come solo qualche mese fa alcuni ignoti
abbiano scaricato dei materiali inerti su alcuni terreni di proprietà
del nostro comitato. In un caso questi residui di chiara provenienza
domestica e frutto di lavori a carattere edilizio, hanno addirittura
ostruito una stradina normalmente percorsa dai cittadini. Altri incauti
hanno scaricato altri materiali inerti nelle vicinanze del monumento ai
Caduti».
m.l. |
Il Wwf: sulla
Tav è in atto un’operazione di propaganda |
|
TRIESTE Il Wwf torna in campo
sulla questione della Tav. «Nel recente incontro a Porpetto - spiega una
nota il responsabile territorio Dario Predonzan - con il sindaco e i
comitati No Tav, il presidente della Regione ha proposto un confronto
pubblico tra tecnici, economisti ed esperti dei trasporti sulla spinosa
questione della linea ferroviaria ad alta velocità prevista tra Venezia e
Trieste. Confronto che dovrebbe essere promosso e moderato - secondo Illy -
da un soggetto «terzo», quale il Comitato promotore Transpadana. E' bene
chiarire, per chi non lo sapesse, che il Comitato Transpadana terzo non è
affatto, trattandosi di un'organizzazione (a suo tempo presieduta proprio da
Illy) nata per promuovere appunto la realizzazione delle linee ad alta
velocità nel Nord Italia. La proposta illyana sembra iscriversi perciò tra
le tante di tipo prettamente propagandistico emerse in questa campagna
elettorale: e chissà quante altre ne arriveranno». |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 18 marzo 2008
TRENO CASANOVA - Pochi
passeggeri, rischia lo stop il treno veloce Venezia-Lubiana - Ha 160 posti,
a bordo solo qualche decina di clienti a viaggio |
|
Sarà stilata
entro aprile la lista definitiva delle tratte da cancellare
«Casanova», il treno veloce che
da oltre quattro anni collega Venezia a Lubiana fermando anche a Opicina,
rischia di essere cancellato. Ed è un rischio molto elevato. Il «taglio» non
è ancora certo, ma il numero di viaggiatori è molto al di sotto di quello
che le Ferrovie ritengono minimo per coprire i costi. Si parla di qualche
decina di persone a viaggio, a fronte di una capienza di 160 posti.
L’elenco dei collegamenti a rischio pare sia lungo. La lista definitiva
dovrebbe essere stilata dalla Ferrovie entro aprile. Un secondo gruppo di
linee da cancellare sarà deciso a giugno.
Il tutto rientra nella razionalizzazione dei costi che le Ferrovie devono
attuare per chiudere il bilancio almeno in pareggio. È un problema
nazionale, che interessa tutte le linee non sovvenzionate dalle regioni,
come quelle usate dai pendolari. E la caduta dei confini, paradossalmente,
non ha dato una mano al collegamento Venezia-Lubiana. L’eliminazione delle
code ai valichi permette di raggiungere Lubiana in macchina, da Trieste, in
poco più di 45 minuti.
Sulla tratta Opicina-Lubiana il «Casanova» impiega invece un’ora e 40
minuti: partendo alle 17.52 da Opicina arriva a Lubiana alle 19.32. Il
tracciato e le condizioni della linea non permettono infatti al «Pendolino»
di superare i 100-110 chilometri all’ora, mentre fra Mestre e Monfalcone
riesce a toccare i 160. Ma anche su questa tratta i tempi non sono molto
concorrenziali con la macchina. Da Opicina a Venezia il «Casanova» impiega
infatti un’ora e 52 minuti. Un vantaggio in questo caso c’è: non si fa la
coda ai caselli autostradali e non c’è il problema di parcheggiare a
Venezia. Ma è troppo poco, evidentemente, per richiamare un numero
sufficiente di viaggiatori.
gi. pa. |
Via Donizetti verso la
pedonalizzazione -
Allargati i marciapiedi, sarà risistemata l’area davanti alla
sinagoga |
|
Dopo la
petizione con un migliaio di firme, pronto il progetto per la laterale di
via Battisti
Il progetto di pedonalizzazione
di via Donizetti, che collega le vie Battisti e San Francesco delimitando un
lato della sinagoga, sta per entrare nella fase esecutiva. Il Comune ha
elaborato un piano dettagliato sia per la strada sia per la vicina piazza,
all’incrocio con via San Francesco, nei confronti del quale si è espressa
favorevolmente la Soprintendenza ai beni culturali. Nella zona si trovano,
infatti, alcuni edifici rilevanti sotto il profilo architettonico, tra cui
appunto la sinagoga.
Il programma prevede l’allargamento dei marciapiedi e la risistemazione del
piazzale, così da creare un’area pedonale intorno al luogo di culto della
comunità ebraica. Per quanto riguarda la circolazione automobilistica in via
Donizetti, verrà lasciata solo una corsia centrale a traffico limitato,
mentre i parcheggi saranno eliminati: anche se l’assessore all’urbanistica
Maurizio Bucci «non esclude» in futuro una pedonalizzazione totale della
via.
A chiedere l’intervento sono stati i negozianti e gli esercenti locali, che
hanno organizzato una raccolta di firme alla quale ha aderito un migliaio di
persone. La pedonalizzazione consentirebbe di creare gli spazi adatti a
eventi culturali e di intrattenimento, per rivitalizzare l’intera zona.
«Abbiamo avuto un incontro con i rappresentanti dei commercianti ed è stata
stabilita una strategia d’azione», spiega l’assessore alla Mobilità e
traffico, Maurizio Bucci: «Per l’elaborazione del progetto si è considerata
anche la presenza di zone riservate alla sosta operativa, così da non creare
disagi ai negozianti. Ora abbiamo trovato un accordo con la Soprintendenza
per la riqualificazione sia di via Donizetti, sia dell’area adiacente la
sinagoga. Appena saranno definiti gli ultimi particolari partirà la gara
d’appalto per l’affidamento dei lavori. Inizialmente il traffico sarà
limitato a una sola corsia ma non escludo che, successivamente, la via possa
venire chiusa completamente alle auto».
Pareri positivi sull’intervento arrivano dalla Comunità ebraica e dai
commercianti, anche se questi ultimi avrebbero preferito, da subito, la
totale pedonalizzazione di via Donizetti. «La sinagoga e il caffè San Marco
sono luoghi di interesse turistico», spiega Alexandros Delithanassis,
rappresentante degli esercenti locali: «Vogliamo realizzare alcune
iniziative che promuovano la musica, la letteratura e la danza, tra le quali
una fiera del libro. I locali pubblici potrebbero mettere i tavolini
all’esterno e la zona diverrebbe un punto di incontro tra molte etnie e
culture. Speriamo, quindi, nella completa pedonalizzazione, che sarebbe per
noi la soluzione migliore».
Simile il parere di Ivo Corva, che lavora poco distante. «L’obiettivo
dell’iniziativa è la valorizzazione della sinagoga stessa e del commercio»,
spiega: «Ci saranno meno posteggi, per cui potrebbero direttamente chiudere
al traffico la via, magari utilizzando, per le emergenze, dissuasori mobili
telecomandati».
Mattia Assandri |
Città sporca, a via Galleria
la maglia nera - Sono dieci le zone cittadine dove c’è più necessità
di pulizie: il peggio nelle strade sotto San Giusto |
|
La mappa dell’AcegasAps:
interventi anche in Ponziana, a San Giacomo e Melara |
Se l'è aggiudicata via Galleria, la
maglia nera per la strada più sporca di Trieste. Seguita a ruota, sempre nello
stesso quartiere, nelle vie immediatamente sottostanti al colle di San Giusto,
da via Risorta. Il terzo posto della certamente non ambita top ten, stilata dai
tecnici di AcegasAps per monitorare lo stato della sporcizia urbana, è andato
invece a via Giuliani, nel rione di San Giacomo. Oggetto, negli ultimi mesi, di
un significativo restyling ma anche delle critiche più virulente al sistema di
pulizia della città.
A partire da gennaio, nell'area di via San Michele, uno dei cuori storici di
Trieste e meta quotidiana di centinaia di turisti diretti a San Giusto, i
netturbini sono stati dunque costretti a intervenire dozzine e dozzine di volte
con attività di natura straordinaria, a sostegno del regolare servizio di
raccolta e spazzamento. Servizio che ogni giorno vede mediamente impegnati, sul
territorio, tra i 200 e i 220 operatori ecologici, a seconda della stagionalità.
Se la sporcizia più consistente e difficile (a quanto pare) da rimuovere, si
annida in centro e a San Giacomo, bisogna però dire che le altre circoscrizioni
non se la passano meglio. Anzi. Dopo via Giuliani, il cartellino rosso, in fatto
di materiali ingombranti e sacchi neri abbandonati dai cittadini nel bel mezzo
del suolo pubblico, è calato su Ponziana. E, in particolare, su via Orlandini,
la strada che ospita i giardini comunali. Sempre a Ponziana, poi, la
segnalazione negativa è andata a via Battera, nei pressi del complesso Ater.
Quindi è stata la volta di via Carbonara, vicino all’ex Gasometro, via Grego,
fulcro di borgo San Sergio, via Foscolo, vicino a piazza Garibaldi, via Pasteur,
nell’area di Rozzol Melara e, infine, di viale XX Settembre, zona centralissima
che ospita svariate sale cinematografiche.
AcegasAps rende anche noto che in aggiunta ai servizi di raccolta dei rifiuti e
di pulizia del suolo pubblico, dal 1° gennaio a oggi sono stati effettuati: 1678
interventi straordinari per il recepimento di spazzatura abbandonata sulla
strada, 5 di bonifica di discariche (a Capofonte, Via di Peco, nel rione di
Santa Maria Maddalena, sulla Strada per Cattinara e in via Carbonara). Inoltre,
sono state eseguite operazioni supplementari di lavaggio e sanificazione. Va
infine aggiunto che, ogni lunedì, la multiutility è intervenuta davanti ai
centri di raccolta di Cattinara e Carbonara per raccogliere, nonostante l'ampio
orario di apertura a disposizione dell’utenza, il pattume abbandonato fuori dai
depositi. Il tutto a supplemento dei mille prelievi a domicilio effettuati
nell’ultimo trimestre solo per gli ingombranti.
Ma ancora non basta. L’assai poco edificante scenario di tv vetuste, sedie
sfasciate, reti ortopediche e materassi flosci persiste in città. Soprattutto
nei rioni periferici, ma non solo. E, con esso, la protesta dei residenti, che
continuano a segnalare situazioni di evidente degrado. «I triestini pagano quasi
al 100% la Tarsu - sbotta Roberto Decarli, presidente della commissione
Trasparenza -, poichè il Comune contribuisce solo in minima parte alla copertura
della tassa, quindi hanno il sacrosanto diritto di avere una città perfettamente
linda. Invece, piazza della Borsa e quella intitolata ad Hortis, ma anche Cavana,
Servola, via del Pane Bianco, via Baiamonti e via del Roncheto risultano sempre
sporche. Il problema, a mio avviso, è la frequenza della raccolta, che andrebbe
implementata, almeno su alcune strade. Per contro, l’amministrazione esercita
scarso controllo sull’attività di Acegas. Certo, grazie alla costituzione
dell’Osservatorio ambientale, qualcosa è migliorato, però lo spazzamento dei
marciapiedi e la raccolta dei rifiuti fuori dai bottini va potenziata
assolutamente». «Chiaramente - conclude Decarli -, se i contratti di appalto
vengono sempre redatti secondo un’ottica di risparmio non avremo mai una città
davvero pulita».
Alessandro Minisini, sempre della commissione controllo, sottolinea il fatto
che, specialmente per la zona del centro, ci vorrebbe una maggiore
collaborazione da parte dei commercianti, almeno per la pulizia delle aree
pertinenti, come da regolamento: «Il salotto buono soffre - dice - perché, di
sera, gli avventori dei locali usano i vicoli e le piazze a mo’ di vespasiano. E
ciò con tutti gli effetti che ne conseguono in temini di odori e sporcizia. Da
un lato, la pulizia delle strade dovrebbe partire presto al mattino, dall’altro
farebbe piacere sapere che fine ha fatto il decantato progetto di toilettes a
scomparsa annunciato l’anno scorso dall’assessore Rovis».«L’assoluta mancanza di
controlli, preferibilmente svolti in borghese dalle guardie ambientali - conlude
Marina Della Torre, presidente del comitato Trieste vivibile - fa sì che questi
abbandoni abusivi di immondizia non terminino: in via Matteotti, per esempio, ho
visto di tutto, dai calcinacci ai tv color».
Tiziana Carpinelli
Sul web l’82% vuole il centro
pedonalizzato - Il sondaggio tra i lettori |
|
Il sondaggio lanciato dal
Piccolo per conoscere le opinioni dei lettori sulle proposte di chiusura al
traffico del centro scatena una valanga di voti a favore della
pedonalizzazione. I risultati di ieri, infatti, registrano sul sito
www.ilpiccolo.it una vittoria schiacciante da parte di chi ben vedrebbe il
centro cittadino interdetto alle auto. Su 416 preferenze pervenute al sito
web del quotidiano, 342 (82%) si sono schierate a favore della
pedonalizzazione e 74 (18%) contro.
A suffragare l’entusiasmo che l’isola vietata alle auto e ai motorini
riscuote, il fatto che 197 persone (48%) vorrebbero vedere coinvolte
nell’ipotesi due grosse arterie urbane: via Mazzini e corso Italia. Per
contro 84 voti decretano il dissenso davanti alla medesima ipotesi, mentre
79 (19%) preferiscono solo via Mazzini e 50 (12%) solo Corso Italia.
A grande richiesta, ovvero 213 voti (55%), i lettori riserverebbero ai
pedoni l’area di via XXX Ottobre, guardata con maggior favore rispetto a via
Trento, scelta da 78 navigatori (20%). Invece, 98 persone (25%) indicano
altre opzioni per Borgo Teresiano.
La grande maggioranza dei votanti (294 preferenze, pari al 73%) è d’accordo
a chiudere via Roma alle auto e a lasciarla solo agli autobus. Centoundici
lettori si dichiarano invece contrari.
Infine, davanti alla richiesta di indicare quali zone del Borgo Giuseppino
si potrebbero chiudere al traffico, 170 voti (44%) vanno a via Diaz, mentre
143 (37%) indicano altre soluzioni e 75 (19%) puntano su via Cadorna.
Al di là delle singole preferenze, comunque, si conferma la tendenza emersa
con chiarezza fin dall’attivazione del sondaggio: l’assoluta maggioranza dei
lettori si dice d’accordo con la proposta di allargare l’isola pedonale in
centro.
t.c. |
ALTROCONSUMO -
LUNEDI', 17 marzo 2008
Conto energia - Impianti
fotovoltaici
Il pianeta soffoca, assediato
dall’inquinamento, e il sistema economico mondiale macina sempre più energia per
soddisfare i bisogni umani. Per cercare di invertire questa tendenza al collasso
ecologico, l’Unione europea ha messo in atto una strategia a lungo termine:
nelle intenzioni dovrebbe ridurre le emissioni di CO2 e degli altri gas
responsabili dell’effetto serra.
L’incremento della produzione di
energia da fonti rinnovabili (sole, acqua, vento…), con la conseguente
diminuzione di quella ottenuta dagli idrocarburi, si inserisce tra le priorità
stabilite dalla Commissione di Bruxelles, che hanno il loro pilastro legislativo
nella Direttiva 2001/77/EC. Quest’ultima prevede che nel 2010, quindi tra circa
due anni, il 21% dell’elettricità prodotta dai 25 Paesi comunitari provenga da
fonti energetiche rinnovabili. Ogni singolo Stato membro ha fissato per quella
data un proprio obiettivo: per l’Italia è il 25%, una meta che ad oggi sembra in
realtà irraggiungibile, visto che gli ultimi dati indicano che nel nostro Paese
la produzione di elettricità da fonti alternative è ferma al 16% del totale.
Mentre stiamo scrivendo è attesa a
breve una nuova proposta legislativa da parte della Commissione di Bruxelles,
che dovrebbe fissare una tabella di marcia più rigida di quella attuale in
merito allo sviluppo e alla diffusione in Europa dell’energia prodotta da fondi
rinnovabili. Il Parlamento di Strasburgo ha già trasmesso alla Commissione le
proprie indicazioni: viene suggerito di fissare che entro il 2020 l’energia
prodotta da fonti rinnovabili raggiunga il 25% nel settore dell’energia
primaria. Va ricordato che il peso dell’energia ottenuta da risorse rinnovabili
può aumentare anche con la complessiva diminuzione del consumo energetico
globale.
In realtà la tendenza è esattamente
all’opposto: in questi ultimi anni il fabbisogno è infatti costantemente
cresciuto.
Qual è la situazione del nostro
Paese? Forti della ricchezza di fiumi e laghi, in particolare nell’arco alpino,
il nostro pacchetto di fonti rinnovabili poggia in gran parte sullo sfruttamento
dell’energia idrica. Sole, vento, biomasse e calore geotermico raccolgono per
ora solo le briciole.
Seppure timidamente, qualcosa però
si sta muovendo anche in Italia, soprattutto per approfittare in maniera
maggiore della risorsa fornita dai raggi solari.
Produrre
elettricità in casa propria
Si chiama Conto energia ed è
l’iniziativa rilanciata dai ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico
per favorire la produzione di elettricità tramite impianti fotovoltaici.
Rispetto a precedenti esperienze, per esempio il progetto “Tetti fotovoltaici”,
il contributo pubblico previsto non viene più assegnato a fondo perduto in
relazione ai costi di installazione dell’impianto, ma viene riconosciuto come
incentivo in base all’energia prodotta. In pratica, i vostri pannelli solari
vengono allacciati alla rete elettrica: l’energia che producete in più rispetto
al vostro fabbisogno viene accumulata o trasferita in rete. Il Gestore dei
servizi elettrici (Gse) fa il conteggio di quanta elettricità avete prodotto e
ve la paga a una tariffa pari a circa tre volte quella che normalmente vi
addebitano in bolletta. Si instaura quindi uno scambio: se consumate più
elettricità di quanta ne produce il vostro impianto fotovoltaico, pagherete la
differenza al fornitore. Se invece ne producete di più, quella che non vi serve
entra in rete e può prendere due strade: con la modalità chiamata “scambio sul
posto” i kWh in eccesso vi rimangono in credito fino a tre anni; con la modalità
“vendita”, invece, il gestore ve li paga. Quale delle due conviene? In linea di
massima, date le tariffe applicate, è opportuno ricorrere alla modalità
“vendita” solo se l’impianto produce almeno il 30% di energia in più rispetto al
vostro fabbisogno.
Con il Conto energia il vantaggio è
duplice: da una parte potete avere il guadagno conseguente alla produzione
dell’elettricità, dall’altro il risparmio dato dal fatto che non pagate le
bollette, visto che l’energia ve la producete in proprio.
I benefici di questa scelta non sono
solo economici, ma anche ambientali. L’energia prodotta con il fotovoltaico non
presuppone l’utilizzo di combustibili: per ogni kWh prodotto si risparmiano
circa 250 g di olio combustibile e conseguentemente si evita l’emissione di
circa 700 g di CO2 e di altri gas dannosi perché aggravano l’effetto serra.
Ovviamente, l’unione fa la forza:
nel senso che i vantaggi ecologici realizzati da ogni singolo impianto diventano
davvero consistenti considerando una buona diffusione di questo modo alternativo
di produrre elettricità.
Gli incentivi per il fotovoltaico
vengono frazionati sulle bollette di tutti gli italiani, che si troveranno a
pagare qualche spicciolo in più ogni bimestre.
Un po’ di energia
Un impianto fotovoltaico trasforma
l’energia del sole in elettricità. Il suo cuore è composto dai pannelli, che
catturano le radiazioni solari, e da un inverter, che trasforma l’energia dei
pannelli in corrente alternata; ci sono poi, naturalmente, i quadri elettrici, i
cavi di collegamento, le strutture di supporto e il materiale di fissaggio.
- Posizione. Oltre che dalle
caratteristiche tecniche dell’impianto, la capacità di produzione di energia
elettrica dipende sostanzialmente dal grado di irraggiamento del luogo dove è
posizionato, dal suo orientamento e dalla presenza, o meno, di zone in ombra. La
posizione ottimale del pannello corrisponde all’esposizione a Sud dell’edificio,
con un’inclinazione di circa 20-30 gradi rispetto al piano orizzontale.
I risultati sono comunque buoni
anche se il pannello viene localizzato in verticale sulla facciata Sud
dell’edificio.
- Produzione. Considerando pari a
circa 2.700 kWh il consumo elettrico medio annuo di una famiglia italiana, si
può ipotizzare che un impianto fotovoltaico in condizioni standard produca al
massimo, per ogni kW di pannelli installati (kWp), 1.000 – 1.100 kWh annui in
una regione settentrionale, 1.200 – 1.300 kWh in una regione centrale e 1.400 –
1.500 kWh in una regione meridionale.
- Costi. In linea di massima un
impianto da 1,2 kWp può costare circa 9.000 euro, mentre uno da 2,8 kWp si
aggira sui 20.000 euro. Ovviamente i prezzi mutano in relazione alla qualità e
alla tecnologia del pannello. Per la nostra esperienza, non sempre è facile
avere preventivi da parte dei produttori, che spesso rimangono sul vago
trincerandosi dietro al fatto che il prezzo può cambiare in base al alcune
variabili (struttura dell’edificio, localizzazione dell’impianto, difficoltà nei
lavori di collegamento alla rete…). Fate attenzione al fatto che il costo totale
applicato dal produttore implichi davvero tutte le spese, quindi per esempio
anche quelle burocratiche relative alla documentazione necessaria per avviare il
Conto energia e quelle attinenti alla progettazione.
- Durata. Un pannello fotovoltaico
ha una durata di vita media di oltre venti anni. Con il passare del tempo il
sistema perde efficienza, ma in maniera contenuta. Prima di scegliere
l’apparecchiatura da installare, valutate i tempi di garanzia del produttore:
solitamente per i pannelli la garanzia varia tra i 5 e i 25 anni. Può valere la
pena spendere un po’ di più inizialmente ma avere una copertura migliore per più
tempo.
Una solida tutela di base dovrebbe
assicurarvi una garanzia di almeno 10 anni, periodo di ammortamento della spesa
iniziale. Oltre alla garanzia sui singoli componenti dell’impianto, con un costo
aggiuntivo è possibile stipulare un’assicurazione per la copertura di rischi
quali incendio, furto e danni legati all’interruzione del servizio.
- Manutenzione. Ogni anno è
opportuno che un tecnico verifichi l’integrità dei pannelli e l’efficienza della
parte elettrica. L’installatore può offrirvi contratti di manutenzione.
Vai con
l’incentivo
Possono chiedere di accedere al
Conto energia i proprietari di impianti fotovoltaici realizzati in base ai
requisiti richiesti dal decreto ministeriale 19 febbraio 2007, purché non
abbiano beneficiato dei vantaggi economici previsti dai precedenti decreti
interministeriali del 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006. L’incentivo, che deve
essere richiesto al gestore della locale rete elettrica (Enel, Aem, Acea…),
viene concesso sia per i singoli impianti personali sia per quelli condominiali
e per gli edifici pubblici.
- Tariffa. Per impianti da 1 a 20 kW,
cioè utilizzabili in villette e condomini, il Gestore dei servizi elettrici per
20 anni paga ai produttori domestici una tariffa differente a seconda del grado
di integrazione architettonica dell’impianto nell’edificio: la tariffa è di 40
centesimi al kWh per impianti non integrati (per esempio in giardino o su un
terrazzo), 44,5 centesimi al kWh per impianti parzialmente integrati (per
esempio appoggiati sulle tegole) e 49 centesimi al kWh per impianti integrati
(per esempio, parti integranti del tetto o pensiline). Informazioni dettagliate
sono reperibili sul sito del Gestore (www.grtn.it).
- Ammortamento. In linea generale il
capitale investito inizialmente per installare un impianto fotovoltaico con un
buon livello di efficienza viene recuperato nel giro di 8 – 10 anni nelle
regioni meridionali, mentre in quelle settentrionali bisogna attendere circa un
paio di anni di più.
Per un futuro
verde
Non si esauriscono e non inquinano.
Queste in sostanza sono le caratteristiche principali delle fonti energetiche
rinnovabili.
Vediamo in breve le risorse naturali
a cui si può attingere per produrre energia verde.
- Acqua. Nel nostro Paese le fonti
idriche (fiumi e laghi) rappresentano di gran lunga la risorsa rinnovabile più
sfruttata ai fini energetici. Attualmente rappresenta circa il 70% dell’energia
prodotta da fonti alternative e i margini di crescita sono ridotti all’osso.
Anche a livello comunitario l’acqua rappresenta la fonte rinnovabile
maggiormente utilizzata: nel 2005 sfiorava quasi il 70% della produzione di
elettricità ottenuta da risorse alternative agli idrocarburi.
- Vento. Grandi pale, gli
aerogeneratori, sfruttano l’energia cinetica del vento, trasformandola in
elettricità.
Nel nostro Paese questa fonte
energetica è poco diffusa. Anche se negli ultimi anni si è registrato qualche
progresso, i limiti naturali del nostro territorio ne impediscono uno sviluppo
rilevante. L’Italia rimane ben al di sotto di altri Stati europei, come Germania
e Spagna. Lo sfruttamento del vento assicura poco meno del 3% del consumo totale
di elettricità dell’Unione europea. Entro il 2010 le previsioni indicano che
l’energia eolica dovrebbe lentamente salire, fino a coprire il 4-6% del consumo
elettrico comunitario.
- Sole. Sono sostanzialmente due i
sistemi per sfruttare l’energia del sole: gli impianti termici producono acqua
calda domestica attraverso pannelli solari, mentre quelli fotovoltaici
trasformano il potenziale energetico in elettricità. La diffusione degli
impianti solari termici nel nostro Paese ha avuto un’impennata solo negli ultimi
anni, portandosi a livelli simili ad altri Stati europei come Grecia e Austria.
Nel complesso la diffusione di questi sistemi è cresciuta in tutta l’Unione
europea, grazie anche alla politica comunitaria che spinge sempre più
all’utilizzo di questi impianti per la produzione di acqua calda domestica.
Per quanto riguarda gli impianti
fotovoltaici, la normativa italiana cerca di favorire il loro sviluppo tramite
incentivi e benefici economici.
- Biomasse. L’energia si ottiene
attraverso la combustione di materiali naturali molto spesso destinati allo
scarto: legname, residui agricoli e forestali, rifiuti urbani vegetali, scarti
dell’industria agroalimentare… Oltre all’elettricità, con questi materiali si
possono produrre carburanti alternativi (biodiesel, bioetanolo) molto meno
inquinanti della tradizionale benzina. L’Unione europea ha imposto ai Paesi
membri che nel 2010 almeno il 5% del totale dei carburanti sia prodotto con
biomasse.
- Geotermico. Sfruttando il calore
del sottosuolo si produce energia. L’Italia è tra i Paesi europei che più
utilizza questo sistema: il 2% dell’elettricità nazionale deriva da energia
geotermica. Quest’ultima è concentrata soprattutto in alcune aree della
penisola, in particolare Toscana (famoso è Larderello) e Umbria.
Diffondere il
fotovoltaico
La diffusione di energia rinnovabile
e pulita è diventata una priorità a livello planetario, per invertire quella
tendenza che vede aumentare in modo esponenziale produzioni e consumi
insostenibili per l’ambiente.
L’Unione europea ha già fissato
alcuni paletti per diffondere la cultura dell’energia “verde” nel nostro
continente e a breve si attende un ulteriore normativa che stabilisca gli
obiettivi per il futuro.
Nel nostro Paese l’energia
alternativa stenta a decollare: difficilmente per il 2010 in Italia potranno
essere centrati gli obiettivi prefissati in sede comunitaria rispetto alla
produzione energetica ottenuta da fonti rinnovabili. L’iniziativa del nuovo
Conto energia vuole promuovere la diffusione degli impianti fotovoltaici. In
pratica, attraverso incentivi economici si vuole premiare chi produce da sé
elettricità pulita, ottenuta sfruttando i raggi solari.
Per la prima volta i benefici non
vengono dati per l’acquisto dei pannelli, ma consistono nel pagamento di una
tariffa conveniente in base all’energia prodotta.
LA REPUBBLICA -
LUNEDI', 17 marzo 2008
L'energia nascosta negli
elettrodomestici - ecco come farli consumare meno
Spegnere le
spie, cambiare i modelli non a norma: il risparmio è immediato - Usare lavatrici
sempre a pieno carico, attenti alla temperatura
ROMA - Nelle nostre case abbiamo a
disposizione, nascosta negli elettrodomestici, una quantità di energia
formidabile. Jeremy Rifkin ha calcolato che l'americano medio dispone
dell'energia che potrebbe essere prodotta da 58 schiavi che lavorassero 24 ore
al giorno: in Italia abbiamo consumi più ridotti ma gli sprechi restano
consistenti. E, almeno una parte di questi sprechi, può essere evitata
facilmente ottenendo il vantaggio di tagliare la bolletta elettrica.
Per evitare di buttare via inutilmente petrolio e denaro si possono adottare
semplici accorgimenti. Ad esempio è meglio utilizzare lavatrici e lavastoviglie
solo quando sono a pieno carico, adoperare programmi che consentono di
risparmiare acqua e di usarla a una temperatura più bassa; è ovviamente meglio
spegnere le luci delle stanze non utilizzate; assicurarsi che il frigorifero sia
ben chiuso e ricordarsi che ogni minuto in cui sta aperto il consumo aumenta;
evitare eccessi di riscaldamento e utilizzare, d'estate, sistemi di
raffrescamento naturale basati sul movimento dell'aria e sulla protezione dal
sole.
Ma anche la tecnologia può dare un buon contributo alla battaglia contro lo
spreco. Comprare una lampadina fluorescente compatta vuol dire risparmiare i
quattro quinti dell'energia. Acquistare un frigorifero di classe A+ al posto di
quello vecchio fa guadagnare circa 80 euro l'anno. Togliere di mezzo le lucette
degli stand by di decoder e televisioni elimina la necessità di costruire una
centrale da 100 megawatt.
Mettendo assieme migliaia di comportamenti attenti e acquisti consapevoli si
possono ottenere risultati importanti. Alla fine della scorsa legislatura, ad
esempio, è stato lanciato, su proposta del presidente della commissione ambiente
della Camera Ermete Realacci, un pacchetto di misure che puntava a un taglio di
2,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica e una crescita di 20 milioni di
pezzi nel settore degli elettrodomestici ad alta efficienza. Un obiettivo a cui
arrivare con una prima fase di incentivi a favore dell'acquisto di lavatrici e
lavastoviglie di classe energetica non inferiore alla A e con una seconda fase
basata su un divieto di vendita dei modelli obsoleti a partire dal primo gennaio
2010.
Secondo i dati di Ceced Italia, l'associazione nazionale produttori di
apparecchi domestici e professionali, nel decennio 1995-2005 l'aumento di
efficienza degli elettrodomestici ha già permesso all'Europa di risparmiare 34
miliardi di chilowattora, che corrispondono a 17 milioni di tonnellate di
anidride carbonica. E' come se si fossero eliminate 9 centrali termoelettriche
da 500 megawatt o 5 milioni di auto dalle strade.
Ma, nonostante questo miglioramento, esistono ancora margini significativi per
l'aumento di efficienza. Se nelle case europee venissero sostituiti i 188
milioni di elettrodomestici che hanno superato i dieci anni, si realizzerebbe un
ulteriore risparmio di elettricità pari a 44 miliardi di chilowattora, cioè a 22
milioni di tonnellate di anidride carbonica: è il 6 per cento degli obiettivi
fissati dal protocollo di Kyoto.
ANTONIO CIANCIULLO
IL PICCOLO -
LUNEDI', 17 marzo 2008
Sondaggio sulla chiusura alle
auto del centro: chiesta via XXX Ottobre pedonale |
|
Continuate a
votare su www.ilpiccolo.it
Piace sempre di più l’ipotesi di ridurre la presenza delle
auto in Borgo Teresiano. Lo rivelano i risultati del sondaggio lanciato dal
Piccolo per conoscere le opinioni dei lettori sulle proposte di
pedonalizzazione del centro. Il 55% del campione, che conta già 380 voti
arrivati in poco più di una settimana, si dichiara infatti favorevole alla
trasformazione di via XXX ottobre in area «off limits» per le quattro ruote.
Un dato che va ad aggiungersi all’altissima percentuale di lettori (74%)
favorevoli alla chiusura al traffico di via Roma e alla sua trasformazione
in strada riservata al passaggio dei bus.
Vedrebbero di buon occhio la creazione di isole pedonali, tuttavia, anche i
residenti e i frequentatori del Borgo Giuseppino. Oltre 150 lettori
vorrebbero eliminare le auto da via Diaz, 70 estenderebbero il progetto a
via Cadorna, mentre altri 130 propendono per la pedonalizzazione di altre
vie della zona.
Al di là delle singole preferenze, comunque, si conferma la tendenza emersa
con chiarezza fin dall’attivazione del sondaggio: l’assoluta maggioranza dei
lettori (ben l’84% del campione) si dice d’accordo con la proposta di
allargare l’isola pedonale in centro. Una convinzione che spinge molti
cittadini (il 50% dei votanti) ad azzardare anche soluzioni particolarmente
audaci, come l’esclusione delle auto sia da via Mazzini che corso Italia.
Parallelamente al dibattito sulle possibili pedonalizzazioni, inizia ad
accendersi anche quello sulla necessità di potenziare il trasporto pubblico
locale. «Lo smog del traffico è solo un anello della catena - scrive
loreos sul sito internet www.ilpiccolo.it -. Si dovrebbe potenziare la
viabilità con più autobus sia in centro che fuori».
Più di qualcuno, inoltre, pone l’accento su alcune brutte abitudini dei
triestini. «Le cose non cambieranno fino a quando si continuerà a prendere
la macchina anche solo per raggiungere l’edicola e comprare giornale -
osserva pinomarti01 -. Contate le automobili con un solo guidatore
che scendono dall'altopiano alla mattina prima delle 8. Perché non si
organizzano in due o tre? Questo lo faranno molto presto, quando la benzina
costringerà a lasciare la macchina ferma. Allora il centro sarà solamente
per i padroni dei cani e i loro amici». |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 16 marzo 2008
Indagine di Legambiente
- Edilizia scolastica: Trieste in regione è all’ultimo posto |
|
Trieste è ultima in regione
nell’edilizia scolastica. E a livello nazionale gli istituti triestini
trovano collocazione nella parte bassa della classifica, al 63mo posto su 87
realtà. In regione il capoluogo è preceduto da Pordenone (17°), Gorizia (27)
e Udine (29). È quanto emerge da un’indagine organizzata a livello nazionale
da Legambiente, basata su diversi parametri di raffronto. Tra questi l’età
dell’edificio scolastico, il grado di manutenzione, l’eventuale rischio
sismico, la presenza di amianto, i sistemi di sicurezza.
Per quanto riguarda lo stato degli edifici «gran parte delle scuole di
Trieste - osserva il responsabile locale di Legambiente Lino Santoro - sono
ospitate in edifici molto vecchi, mentre sembrano migliorate le situazioni
riguardanti la presenza di amianto e i sistemi di sicurezza, che risultano
efficienti».
A pesare invece sulla posizione in classifica sono gli impianti di
riscaldamento, spesso inadeguati e ormai vecchi. «Sarebbe opportuno adottare
dei sistemi alternativi e lo si farà intanto - anticipa Santoro - al Galvani,
dove, nell’ambito del progetto Prisma e con il supporto della Provincia,
verranno sistemati pannelli fotovoltaici». Di segno negativo, secondo
Legambiente, anche i servizi connessi alla mensa nonché - particolarmente
per quanto riguarda elementari e medie - gli scuolabus, «insufficienti ad
assicurare un utilizzo ottimale». Ieri si è svolta la campagna di
sensibilizzazione scolastica «Nontiscordardimè», che ha coinvolto un
centinaio di ragazzi del «Da Vinci» e del «Sandrinelli» in piccoli lavori di
manutenzione.
g.cos. |
Ferriera: raddoppierà la
frequenza dei controlli sugli elementi inquinanti - Annuncio del
direttore Rosato - Fuori della fabbrica saranno posizionate nuove centraline
di controllo |
|
Raddoppia la frequenza dei
controlli alla Ferriera di Servola, in particolare sugli «inquinanti».
Lo ha annunciato il direttore dello stabilimento siderurgico, l’ingegner
Francesco Rosato, a poche ore di distanza dal dissequestro totale
dell’impianto di agglomerazione disposto dal giudice Massimo Tomassini.
Il dissequestro è diretta conseguenza della riduzione massiccia dei livelli
di diossina ottenuta con una messa punto precisa di tutto il processo di
agglomerazione. Ecco i dettagli. I livelli di diossina misurati nelle ultime
settimane in uscita dal camino E5 sono risultati più che dimezzati e
talvolta anche quattro volte inferiori al limite posto della legge regionale
e talvolta anche di dieci volte inferiori alla soglia stabilita a livello
nazionale. Le misure sono state effettuate dal professor Marco Boscolo,
perito del Tribunale. Ora che l’impianto è stato riconsegnato «senza alcuna
prescrizione» ai tecnici del gruppo Lucchini-Severstal, i controlli non
saranno sospesi. Anzi, la loro frequenza diverrà doppia rispetto a quanto
stabilito ufficialmente. Una scelta posta a garanzia dei lavoratori e dei
cittadini.
Questi controlli si inseriscono nel piano di monitoraggio che coinvolge lo
stabilimento. Per le emissioni «convogliate», quelle che finiscono
nell’atmosfera attraverso i camini, tutto avviene nell’ambito della
autorizzazioni regionali che ha fissato i rispettivi limiti. Per le
emissioni «diffuse», quelle che fuoriescono nell’atmosfera da punti critici
degli impianti, tutto avviene nell’ambito del protocollo voluto dal pm
Federico Frezza e sottoscritto dall’azienda.
A brevissima scadenza entreranno in funzione all’esterno della Ferriera
nuove stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria e l’onere finaziario
sarà sostenuto sul gruppo Lucchini -Severstal. «Stiamo mettendo a punto e
siamo giunti alla fase finale del progetti, anche un piano per la riduzione
della produzione di rifiuti industriali» ha spiegato l’ingegner Rosato.
I nuovi lavori e controlli si inseriscono in un momento particolarmente
positivo per la Ferriera sul piano finanziario. Nel 2007 il valore della
produzione ha superato i 200 milioni di euro, n mentre nel 2006 aveva
raggiunto quota 188 milioni e nel 2005, 176. A questo risultato va
affiancato la crescita dei traffici del termina rinfuse gestito dalla
Servola spa. Sulla banchina sono attraccate nel 2007, ben 82 navi con un
movimento di un milione e 800 mila tonnellate. Le previsioni offrono per il
2010 un quadro ancora più significativo con 2 milioni e 400 mila tonnellate
di materiali movimentati e stoccati.
Nel gennaio del 2008 sono state prodotte oltre 36 mila tonnellate di ghisa e
nel processo industriale sono state impiegate 72 persone, 24 ore al giorno
per sette giorni alla settimana. Alla fine dell’anno la produzione dovrebbe
superare le 415 mila tonnellate di ghisa, fondamentali per l’attività
nell’adiacente «Sertubi spa», l’unico produtore italiano di tubi in ghiusa
sferoidale per il trasporto e la distribuzione dell’acqua potabile e
industriale, ma anche per la costruzione di sistemi di smaltimento delle
acque reflue.
L’impatto economico dello Ferriera è inoltre evidenziato dai circa 100 mila
euro di Ici e 10 mila di Tarsu versati annualmente della società che paga
inoltre un canone demaniale di circa un milione e 200 mila euro. Ventun
milioni di euro di stipendi vengono erogati ogni anno ai dipendenti e altri
10,4 milioni vengono spesi per approvigionamenti di beni e servizi.
c.e. |
Energia solare per
l’Università - Due progetti per l’installazione di impianti fotovoltaici
finanziati da ministero e Regione |
|
Impianti fotovoltaici in arrivo
a breve anche all’Università di Trieste, per sfruttare l’energia proveniente
dai raggi del sole, promuovendo in tal modo una cultura di salvaguardia
dell’ambiente. L’annuncio è stato fatto all’Università durante una giornata
di studio sui sistemi fotovoltaici e sulla generazione di energia elettrica
dal sole organizzata in collaborazione con l’ Aeit, la Federazione italiana
di elettrotecnica, elettronica, automazione, informatica e
telecomunicazioni.
Concretamente si tratta di due progetti realizzati da un gruppo di
ricercatori della sezione di ingegneria del Dipartimento dei Materiali e
delle Risorse naturali dell’Ateneo giuliano, avviati dall’anno accademico
2000-2001. Le iniziative rientrano in un nuovo programma più ampio
dell’Ateneo, che prevede l’allestimento di un Laboratorio per la
caratterizzazione di celle e moduli fotovoltaici attraverso l’impiego di un
cosiddetto «simulatore di luce», nonché per l’analisi della radiazione
solare a scopo scientifico, didattico ma anche per fornire un servizio alle
aziende operanti nel settore.
Il primo progetto sulle applicazioni fotovoltaiche è co-finanziato dal
Ministero dell’Ambiente e della Regione Friuli Venezia Giulia e riguarda
l’installazione di un impianto sperimentale sul tetto del dipartimento
dell’Università. Il secondo progetto dell’Ateneo, sostenuto dalla Regione,
riguarda invece l’installazione di un impianto fotovoltaico a inseguimento.
Gabriela Preda |
Illy: stanzieremo 60 milioni
per nuovi treni E rilancia il dialogo con il popolo No-Tav |
|
Garantito un
tavolo pubblico di confronto sul Corridoio V. Ronchi Sud-Trieste: progetti
definitivi entro il 2009
TRIESTE A un mese dal voto
Riccardo Illy attraversa il Friuli. Passa dall’inaugurazione della nuova
stazione ferroviaria di Cividale agli apprezzamenti per la varietà autoctona
pezzata rossa italiana in un’azienda agricola di Aquileia, da una visita
all’Osmer a un incontro sulla Tav in municipio a Porpetto. E, su quel tema
spinoso, riavvia il dialogo con le comunità locali, come promesso nel
programma. Agenda con tour de force anche oggi, ma nel Pordenonese: con
l’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego, sono previste visite a Sacile,
Zoppola, Valvasone e Casarsa.
TRENI In provincia di Udine, già ieri, trasporti e infrastrutture
sono il tema clou. L’occasione è il taglio del nastro della stazione
cividalese, il primo tassello del centro intermodale, l'unione dei servizi
di trasporto pubblico su rotaia e gomma, il cui cantiere sarà aperto entro
l'estate: ci sono, con il presidente della Regione, il sindaco Attilio Vuga,
il responsabile delle ferrovie Udine-Cividale, il vicepresidente del
Consiglio Carlo Monai. «Il concessionario unico per i trasporti del Friuli
Venezia Giulia – osserva Illy – può migliorare lo scambio modale e
consentire di introdurre il biglietto unico per coordinare al meglio luoghi
e tempi di trasporto». Quindi, la conferma degli investimenti nel settore.
Ai 15 milioni di euro iniziali (utilizzati per l’acquisto dei treni
Minuetto), nella prossima legislatura «si aggiungeranno altri 60 milioni per
l'acquisto di nuovo materiale rotabile. Serviranno a incentivare il
movimento su rotaia a scapito del trasporto su gomma, responsabile
dell'aumento di emissione di anidride carbonica».
INNOVAZIONE AGRICOLA Da Cividale, la cui posizione viene considerata
oggi «strategica» dopo l’ammissione della Slovenia nell’area Schengen, il
presidente si sposta ad Aquileia per un altro taglio del nastro, quello
della nuova ala dell’azienda agricola Moras, che ospita un nuovo sistema di
mungitura computerizzato. «L’innovazione è determinante anche in
agricoltura», rimarca Illy, che poi viaggia direzione Visco, dove incontra
l’amministrazione comunale e poi visita la sede dell’Osservatorio
meteorologico regionale.
NO TAV A metà pomeriggio, prima dell’ultima tappa al Castello di
Strassoldo, il presidente, contestato all’arrivo a Porpetto da qualche
esponente «No Tav», incontra il sindaco Cecilia Schiff e i comitati. Non una
passeggiata, evidentemente, se Porpetto è, con Villa Vicentina, il solo
comune della Bassa che si è astenuto dal siglare il 4 febbraio scorso il
protocollo d’intesa per la condivisione del tracciato della ferrovia alta
velocità/alta capacità del Corridoio V nella tratta tra l'Isonzo e il
Tagliamento.
DIALOGO La proposta condivisa, alla fine, è quella di un tavolo
pubblico in cui comparare tesi, dati e statistiche dei promotori del
trasporto su rotaia e quelle dei sostenitori del trasporto su gomma e per
mettere a confronto le progettualità alta velocità/alta capacità di Rete
ferroviaria italiana, e le posizioni alternative «No Tav». Il dialogo è
avviato e non manca l’impegno per risolvere i problemi del traffico pesante
nel paese, ma Illy ribadisce comunque l’importanza di promuovere il
trasporto ferroviario, il più sostenibile, il più sicuro, e con il minor
dispendio di energia e di emissioni nocive.
TEMPI La nuova infrastruttura – sostiene ancora il presidente –, il
cui iter di realizzazione non sarà concluso prima di dieci anni, anche se il
programma prevede che i progetti definitivi della Ronchi sud-Trieste siano
pronti entro il 2009, renderà conveniente e competitivo il trasporto su
rotaia rispetto a quello su gomma e aereo, come è già successo in altri
Paesi europei, e sarà in grado di assorbire il traffico in costante aumento.
Marco Ballico |
Voto su internet: via Roma
solo per i bus - Il 75% dei votanti sul web chiede di chiudere la
strada alle auto |
|
Continua il
sondaggio sul nostro sito www.ilpiccolo.it sulla pedonalizzazione del centro
cittadino |
La
maggioranza continua a preferire l’ipotesi di vietare il transito sia in
corso Italia sia in via Mazzini |
A quasi una settimana
dall’avvio, il referendum lanciato dal «Piccolo» sulla pedonalizzazione del
centroha ormai evidenziato un dato irrefutabile: la stragrande maggioranza
dei triestini, l’85%, è favorevole all’ipotesi. Ed entrando nello specifico,
i dati sintetizzati nel sito web del quotidiano dedicato alla questione, le
arterie maggiormente «gettonate» nell’ottica di una chiusura al traffico
sono Corso Italia e via Mazzini, con il 51% complessivo di «sì» all’ipotesi.
Ancora più alta la percentuale, attestata a quota 75, di coloro che
vorrebbero via Roma riservata solo ai mezzi pubblici. Per quanto poi
riguarda le arterie del Borgo Teresiano i lettori vedono di buon occhio la
pedonalizzazione di via XXX Ottobre (55%) e nel Borgo Giuseppino quella di
via Diaz (45%).
Ma al di là delle pure cifre, continuano ad arricchire il forum
sull’argomento i contributi dei triestini. «Occorrono idee - afferma
anatra00 - che coinvolgano tutti assieme Comune, Provincia e Trieste
Trasporti. In primo luogo individuare siti e costruire parcheggi all'aperto
extraurbani collegati con bus.Quindi serve uno studio per il ripristino del
doppio senso di circolazione su tutte le arterie ove ciò è possibile, per
favorire il transito, aumentando i percorsi alternativi ed impedendo di
fatto la sosta selvaggia; individuando e organizzando, allo stesso tempo,
vie,spazi ed attuali parcheggi su aree pubbliche a pagamento da destinare
esclusivamente e unicamente al parcheggio per residenti(per i non residenti
solo i parcheggi privati e quelli in periferia). Inoltre introdurre il
ticket parcheggio comprensivo di bus gratis e il ticket transito solo per i
non residenti, che naturalmente non possono sostare in città.
«E perchè invece di allargare la pedonalizzazione - si chiede filippo79
- non si allarga la zona di circolazione riservata esclusivamente ai
residenti?». « A mio parere - prosegue - oltre a pedonalizzare del tutto
solo alcune vie sarebbe necessario ridurre il traffico in tutte quelle vie
cosiddette di scorrimento lasciando quelle 5-6 vie necessarie per andare da
una parte all'altra della città.
Secondo trzachana invece «pedonalizzare vie cittadine escludendo il
traffico implica, volenti o nolenti, il sovraccarico sulle grandi arterie a
senso unico che farebbero assomigliare la città a Vienna con un Ring, dove
un traffico a cinque corsie si intasa nelle ore di punta con tanto di mezzi
pubblici (tram, metropolitana). Il punto è che la città non ha parcheggi; il
trasporto pubblico dalla periferia al centro e viceversa è scadente, male
impostato e i bus arrivano incolonnati a causa del traffico dopo minuti di
estenuante attesa». |
Nella Val Rosandra sentieri
più sicuri - Grazie anche a 600mila euro dell’Ue rinnovati tratti di
passeggiate e recuperate vedette |
|
SAN DORLIGO DELLA VALLE San
Dorligo della Valle in festa ieri per l'inaugurazione ufficiale delle opere
realizzate grazie al progetto «La Val Rosandra e l'ambiente circostante».
Un centinaio di persone, tra cui molti bambini, hanno partecipato ai
festeggiamenti incominciati con il taglio del nastro da parte del sindaco
Fulvia Premolin, all'imbocco del Sentiero dell'amicizia del locale Parco.
«Abbiamo ritenuto doveroso - ha spiegato il primo cittadino - coinvolgere
tutta la cittadinanza per un traguardo molto atteso e importante. L’Unione
europea, nell'ambito della cooperazione transfrontaliera Interreg IIIa
Italia-Slovenia 2000-2006, ha stanziato l'85% delle risorse, per un totale
di 600mila euro, il Comune il restante 15%. Questi soldi hanno permesso di
sistemare e mettere in sicurezza alcuni tratti dei principali sentieri della
Val Rosandra. In accordo con la Comunella di Bagnoli, sono state anche
riqualificate le tre vedette di Crogole, Moccò e San Lorenzo, la risorgiva
di Moganjevec e il Centro visite di Bagnoli della Rosandra, che verrà
inaugurato nelle prossime settimane». «Grazie alla sensibilità e al
contributo degli abitanti del territorio comunale - ha aggiunto l'assessore
comunale Laura Stravisi - abbiamo anche potuto ricoprire il portico della
Chiesetta di Santa Maria in Siaris con tegole antiche: in seguito a un
appello dell'amministrazione, infatti, in una settimana privati cittadini e
associazioni culturali e sportive hanno donato spontaneamente 1500 tegole
antiche». Per questo motivo i bambini della scuola primaria di Bagnoli hanno
donato simbolicamente all'assessore Stravisi una tegola da loro decorata che
è stata collocata nel luogo di culto. Dopo il taglio del nastro il folto
gruppo è salito fino alla Ciesetta per assistere alla messa, seguita da
un'esibizione del Coro misto Venturini di Domio e da un brindisi a Botazzo.
Legata al progetto, a fine mese è prevista la presentazione del libro
bilingue «La Val Rosandra e l'ambiente circostante».
s.s. |
Lotta all’inquinamento sulla
costa croata - Fino al 2012 trenta municipalità interessate dalla
costruzione di fognature e depuratori |
|
Parte fra
qualche mese la seconda fase del Progetto adriatico che ha già riguardato le
principali città da Pola a Zaravecchia |
A Fiume sono
previsti 80 chilometri di tubi e vari impianti: costo totale di 19,5 milioni
|
FIUME Parola d’ ordine: tutelare
il mare Adriatico da fonti d’inquinamento e sporcizia varia. Un obiettivo
che va perseguito non solo tramite la Zona in regime di protezione
ittico–ecologico (peraltro bocciata dal Parlamento croato e dall’ Unione
europea), ma anche e soprattutto con il Progetto adriatico, venuto alla luce
otto anni fa.
Il progetto viene attuato congiuntamente dal Demanio idrico croato e dalla
Banca mondiale e si propone di tutelare le acque marine in prossimità della
costa, tramite l’edificazione o la ricostruzione di reti fognarie e
depuratori. Si suddivide in tre fasi: la prima ha riguardato alcune delle
principali città croate dell’Adriatico, come Fiume, Pola, Zara, Abbazia e
Zaravecchia (Biograd).
La seconda comincerà tra un paio di mesi e durerà fino al 2012, comprendendo
trenta municipalità. A questo scopo, si è tenuta a Zara una riunione fra
esponenti della Banca mondiale e del Demanio idrico, alla quale hanno
partecipato rappresentanti dei trenta comuni che saranno coinvolti nel
Progetto adriatico. Nell’incontro sono state analizzate le modalità di
finanziamento dei progetti e presentate le opere fin qui realizzate.
La seconda fase del progetto verrà a costare circa 120 milioni di euro, di
cui la metà assicurata tramite crediti erogati dalla Banca mondiale, mentre
il restante 50 per cento viene coperto dal governo croato, dal Demanio
idrico, dalle autonomie locali e dalle aziende municipalizzate.
Questi i comuni che hanno espresso l’ intenzione di aderire alla seconda
fase del piano: per l’ Adriatico settentrionale le municipalità di Cherso,
Crikvenica, Veglia, Albona, Lussinpiccolo, Novi Vinodolski, Parenzo, Arbe,
Rovigno, Dignano, Fasana, Malinska, Medolino, Castelmuschio (Omisalj) e
Vinodol. Per l’ Adriatico meridionale sono state avanzate le candidature di
Ragusa, Lesina, Curzola, Metkovic, Nona, San Pietro di Brazza, Vodizze,
Gradac, Murter, Meleda, Sabbioncello, Capocesto (Primosten), Slosella (Pirovac),
Stagno (Ston), Stretto (Tisno), Vela Luka e Zupa Dubrovacka.
Anche Fiume, capoluogo del Quarnero, ha aderito al Progetto adriatico che,
in questo caso, contempla la realizzazione delle fognature dal Grobniciano
alla città dell’aquila bicipite. Si tratta per l’esattezza di 80 chilometri
di tubature, di un tunnel cosiddetto idrotecnico della lunghezza di due
chilometri, del collettore d’allacciamento alla rete fognaria fiumana e di
altri impianti. La superficie interessata al progetto – peraltro in via di
ultimazione – è di circa 22 mila ettari e comprende 27 abitati.
La nuova infrastruttura impedirà la penetrazione delle acque di scolo nelle
falde imbrifere e nella Fiumara, o fiume Eneo, tutelando così le ricche
fonti d’acqua potabile alle spalle di Fiume.
Il piano verrà a costare in tutto 143 milioni di kune, circa 19 milioni e
mezzo di euro, così ripartiti: il 50 per cento alla Banca mondiale, il 24
per cento dal bilancio statale, il 12 dal Demanio idrico nazionale e il 14
dalle autonomie locali interessate.
Andrea Marsanich |
IL PICCOLO -
SABATO, 15 marzo 2008
Ferriera, emissioni
dimezzate: ok al dissequestro L’azienda: investiremo altri 4 milioni
sull’ambiente |
|
Positivi i
risultati delle prove condotte dal consulente del Tribunale: il giudice
toglie i vincoli
Il giudice Massimo Tomassini ha
dissequestrato ieri l’impianto di agglomerazione della Ferriera di Servola.
Lo ha deciso in base ai risultati più che positivi della terza campagna di
prova sulle emissioni del camino E5 portata a termine dal professor Marco
Boscolo, consulente del Tribunale. I livelli delle diossine sono risultati
più che dimezzati e talvolta anche quattro volte inferiori ai limiti fissati
dalla legge regionale.
L’impianto di agglomerazione è stato così riconsegnato senza alcuna
prescrizione tecnica al gruppo Lucchini-Serverstal. Nell’udienza di ieri
mattina, protrattasi per poco meno di un’ora, il pm Federico Frezza che il 3
agosto 2005 aveva chiesto e ottenuto il sequestro dell’impianto di
agglomerazione, ha dato parere favorevole allo sblocco totale e alla
riconsegna alla proprietà. L'istanza di dissequestro era stata presentata
dagli avvocati Giovani Borgna e Giuseppe Frigo, storici difensori del gruppo
siderurgico bresciano.
GLI ACCORGIMENTI. Determinanti per questa soluzione positiva
sono risultati gli accorgimenti tecnici messi a punto dal professor Boscolo.
Importanti benefici sul piano delle emissioni di diossine e quindi a livello
ambientale sono stati ottenuti aumentando la depressione delle casse di
aspirazione ma anche riducendo la quantità di polveri di coke con dimensioni
superiori ai tre millimetri. In sintesi sono state introdotte durante le
prove e lo saranno ora anche con la ripresa della piena produzione, polveri
più sottili. L’ultimo determinante beneficio è venuto dall’utilizzazione di
calce idrata che ha avuto, esattamente come le altre misure, il potere di
rendere più veloce il processo di agglomerazione con il conseguente
repentino superamento delle temperature poste tra i 200 e i 500 gradi,
intervallo in cui si formano le diossine. Per analoghe ragioni è stata
aumentata anche la velocità di scorrimento del nastro e di conseguenza, con
queste messe a punto molto precise, aumenterà anche la produzione mentre
calerà il fabbisogno di energia.
«Quando esiste la disponibilità al confronto tra le parti, i risultati
positivi arrivano» ha affermato l’avvocato Borgna. «Al contrario il muro
contro muro fa precipitare le cose e viene compromesso il diritto alla
salute, al lavoro e all’esercizio di impresa».
Da ieri i valori di emissione delle diossine dal camino E5 costituiscono il
punto di riferimento di legge per tutta Italia. Mettendo a punto l’impianto
è infatti stato dimostrato che è possibile contenere le emissioni di
diossina sotto gli 0,0988 nanogrammi per metro cubo, un livello quattro
volte inferiore ai limiti della legge regionale che fissa la soglia ammessa
a 0,400 nanogrammi. La legge del Friuli Venezia Giulia è la più severa di
tutto il Paese.
«Abbiamo portato a termine un impegnativo programma di abbattimento delle
emissioni» ha affermato ieri all’esterno dell’aula del Tribunale l’ingegner
Francesco Rosato, direttore della Ferriera e consigliere delegato della
società proprietaria. «Con il supporto e la supervisione del Centro sviluppo
materiali e con quello del Consiglio nazionale delle ricerche, abbiamo
revisionato l’intera linea ’dei fumi’ per raggiungere la massima efficienza
di tutti i sistemi di controllo dell’impianto. Abbiamo investito 450 mila
euro».
L’AIA. Ma l’investimento in ogni caso sarà superiore per rispettare
le prescrizioni stabilite dall’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Lo
conferma lo stesso Rosato. «Gli interventi che dovranno essere realizzati
prevedono un investimento di 4 milioni di euro. Si tratta dell’installazione
di un filtro a tessuto sull’impianto di aspirazione polveri a servizio dei
vibrovagli nel raparto condizionamento coke e l’impianto di aspirazione
polveri a presidio delle operazioni di seconda vagliatura del coke.
Nell’area cokeria è prevista anche l’implementazione di un nuovo sistema di
riscaldo dei forni con sdoppiamento dell’alimentazione. Nell’area
dell’altoforno sono partiti i lavori preliminari per il rifacimento dei
sistemi di tenuta della linea di caricamento delle materie prime, mentre
nell’area logistica sono in fase di assegnazione gli ordini relativi ai
progetti inerenti ai presidi di irrorazione dei parchi materie prime e delle
aree scoperte. Per quanto riguarda il trattamento delle acque di processo
sono in progettazione gli impianti di raffreddamento, analogamente ai
presidi di trattamento e di depurazione delle acque meteoriche. È in fase di
ultimazione, infine, la definizione del piano per la riduzione della
produzione dei rifiuti industriali».
Verranno raddoppiati i controlli con verifiche trimestrali anziché
semestrali.
Claudio Ernè |
FERRIERA - Contenzioso sulla
concessione dell’autorizzazione ambientale - Scontro Regione-Comune al
Tar |
|
Un atto dovuto, ma comunque
significativo. La giunta regionale ha dato il via libera nella seduta di
ieri alla costituzione in giudizio contro il ricorso indetto dal Comune di
Trieste sulla Ferriera. Il Comune aveva infatti impugnato la delibera della
giunta regionale sull’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) concessa
alla Lucchini spa.
L’amministrazione regionale, dopo ben due rinvii del documento alla propria
avvocatura per renderlo inattaccabile dal punto di vista giuridico, ha
rilasciato l’Aia alla Lucchini, vincolando l’azienda a una serie di
interventi di sostenibilità ambientale nell’atmosfera e al suolo da
rispettare entro 12 mesi. Il Comune si era però fin da subito opposto,
sostenendo che la deliberazione regionale approvata lo scorso 28 dicembre è
«da considerarsi illegittima per violazione di legge, nonché per
incompetenza e per eccesso di potere sotto i profili della illogicità,
contradditorietà, perplessità, carenza e/o insufficienza di motivazione e di
istruttoria». Il ricorso era stato depositato al Tar dagli avvocati Oreste
Danese e Maria Serena Giraldi.
Gli aspetti contestati dal Comune riguardano il fatto che la Regione avrebbe
modificato unilateralmente il protocollo «“sul rispetto del termine entro il
quale devono cessare le attività dell’impianto (alla fine del 2009) con
salvaguardia delle posizioni lavorative», ma anche la mancanza del Piano
regionale della qualità dell’aria. Infine, si contesta il fatto che la
Regione «non ha tenuto minimamente conto dell’atto del ministero
dell’Ambiente, che ha messo in mora e diffidato la Servola spa evidenziando
una elevata contaminazione delle acque di falda e dei suoli nell’area di
pertinenza dello stabilimento, contaminazione che si pone in contrasto con
il rilascio dell’Aia». Dal canto suo, la Regione ha sempre sostenuto che
l’esame della richiesta per l’Aia era un atto dovuto e che la conferenza dei
servizi ha imposto numerose migliorie antinquinamento. |
Rumori oltre i limiti: via
Mazzini contro i bus - La soluzione ottimale: chiudere al traffico.
Altrimenti riasfaltatura e mezzi elettrici |
|
Il comitato
di cittadini e negozianti presenta i risultati delle perizie e protesta per
la salute e il calo di valore degli immobili
Un livello di rumore che rende
via Mazzini paragonabile alle zone industriali. Picchi di vibrazioni che se
avessero maggiore durata provocherebbero spostamento di mobili nelle case
fino al terzo piano. Milleduecento passaggi di autobus nell’arco delle 24
ore. Tombini, rattoppi di asfalto e soprattutto la dismessa rotaia Stream
che a ogni transito di ruota provocano un piccolo botto ben percepibile a
orecchio nudo. Senza dire delle puzze di scarico, delle ripartenze alle
soste e ai semafori e del pericolo per i pedoni perchè i bus spesse volte
prendono velocità.
Un quadro desolante quello che è stato presentato ieri dal gruppo di
abitanti e negozianti della nobile via che collega piazza Goldoni alle rive
nell’ambito della prima illustrazione pubblica di uno studio
sull’inquinamento vibrazionale affidato a un perito di fama, Bruno Abrami di
Milano, dopo che già l’Arpa aveva misurato quello acustico. I «mazziniani»
si sono affidati anche all’avvocato Alessandro Giadrossi, legale del Wwf e
docente di Diritto ambientale: ieri nella sala ex Giubileo (ora albergo)
delle rive, angolo appunto con via Mazzini, Giadrossi ha definito «ingiusto
danno» quello di chi vive e lavora nell’area, poiché - pur in grave assenza
di leggi di riferimento quanto a inquinamento acustico - basterebbero
accorgimenti di rispetto per migliorare lo stato delle cose, mentre ora è
danneggiato anche il patrimonio immobiliare. Difficile vendere casa in via
Mazzini. La svalutazione è sul 15 per cento.
A guidare la protesta, a chiamare l’Arpa e a individuare dopo attenta
ricerca lo Studio Abrami, sono Manuela Miccoli e Paola Gaggi che alla
conferenza di ieri avevano invitato il sindaco, la circoscrizione, Wwf,
l’Arpa: «C’erano solo i consiglieri comunali Alessia Rosolen, Maurizio
Ferrara e Roberto Decarli, il sindaco aveva impegni» dice la Gaggi delusa,
che intende però inviare tutti i documenti in Municipio. Se non vi saranno
risposte concrete, Giadrossi ha annunciato che «verranno misurati i danni
che questa situazione ha causato» e la Gaggi ammette che verrà fatto un
esposto alla Procura.
È quella abbandonata rotaia di Stream, per la quale il Comune attende ancora
l’esito dell’ennesimo grado di giudizio nella causa con Ansaldo, a
spazientire oltre i limiti chi gravita su via Mazzini che già dovette
sopportare anni fa i ripetuti scavi. «Non possiamo aspettare che si risolva
questa causa - dicono i cittadini -, pensiamo per tempo a che cosa fare». La
pedonalizzazione sta in cima ai desideri. Ma le priorità sono molte.
In sostanza si chiede che via Mazzini sia subito adeguatamente riasfaltata,
che il Comune si accordi con Trieste trasporti per ottenere in quella strada
(«dove si ha solo l’illusione che sia a traffico limitato») velocità
ridotte, ripartenze caute, eliminazione dei bus a 18 metri che a certe ore
girano mezzi vuoti. Il sogno è di avere - come è stato fatto a Roma - un
anello di centro città con piccoli bus elettrici e transito permesso solo a
taxi, artigiani e fornitori.
Abrami con filmati ed elaborazioni grafiche ha dimostrato che nelle case si
raggiungono picchi di oltre 100 decibel, che causano vibrazioni nei
pavimenti rilevate anche dai sensori corporei: nessun pericolo di lesioni
alle case, ma «grosso abbattimento del valore dell’immobile».
«Da 20 anni - concludono Gaggi e Miccoli - assistiamo al degrado di questa
bella via, qualcuno ci ascolterà almeno adesso?». Lo stesso chiede Decarli
(Cittadini) colpito dalle relazioni tecniche: «Il sindaco chieda un incontro
a Trieste trasporti per ridurre gli inconvenienti: contenere la velocità dei
mezzi pubblici e regolarizzare il manto stradale devono essere le prime cose
da fare, poi si deve applicare il piano del traffico, far finta che il
problema non esiste non è accettabile. Via Mazzini - conclude Decarli - è
diventata un’arteria di collaudo di mezzi pubblici ma anche una prova di
sopportazione dei cittadini».
Gabriella Ziani |
«Pedonali le vie del centro»
d’accordo 85 lettori su 100 - I triestini chiedono anche una presenza più
efficiente dei mezzi pubblici - Successo del sondaggio
sul sito Internet del Piccolo |
|
Continuano a susseguirsi sul
web, nello spazio dedicato dal «Piccolo» al referendum tra i cittadini sulle
zone pedonali in centro, le prese di posizione, giunte ieri oltre quota 330,
percentualmente ancora più favorevoli rispetto ai giorni scorsi, con l’85
per cento dei lettori favorevoli all’allargamento della pedonalizzazione in
centro. Dal canto suo fcigoi sostiene che «il centro pedonalizzato è
un'ottima idea, ma per realizzarla bisogna prima rendere disponibili i
parcheggi ai margini della zona chiusa. Va anche detto che parcheggi come il
Silos o Via Locchi non possono essere considerati "ai margini" a meno che
non venga realizzato un bus navetta gratuito».
Secondo trzachana «il collasso ha raggiunto il Comune e la Polizia
municipale, non il traffico dato che la benzina costa e costerà sempre più,
visto l'andazzo del mercato dell'oro nero...diminuirà quindi la circolazione
veicolare visto che non tutti hanno la possibilità di sborsare fior di
quattrini per un pieno per gironzolare in auto». A chiamare in causa la
classe politica è invece franzele1, che ipotizza: «Sono due le cose: o i
politici fanno solo propagande demagogiche per motivi elettorali, o in
maniera irresponsabile chiudono il cuore della citta' senza dare ai
cittadini una valida alternativa di movimento. Complimenti, state plasmando
la ex-Trieste del futuro!!».
A prendere invece in considerazione l’importanza del trasporto pubblico è
invece paots, che sostiene: «Se non si hanno preferenziali non si può
pretendere che lautobus arrivi puntuale, mi sembra abbastanza logico! Gli
autobus a Ts girano per certe strade dove anche le auto hanno difficoltà a
passare».
Pinomarti01, infine, invita invece a risolvere «prima i posteggi per
gli abitanti del centro e poi pedonalizzare. E facile proporre quanto sopra
quanto si abita nel circondario, in ville o altro con garage in casa e
questo vale anche per molti commercianti». |
Circoscrizioni: «Multate chi
sporca la città» - I parlamentini invocano il pugno duro contro lo scarso
senso civico. Ma c’è chi tira in ballo l’Acegas |
|
Dal centro
all’altipiano, i vertici dei consigli rionali confermano l’esistenza di una
grande quantità di rifiuti abbandonati e di discariche abusive
«Signori, vogliamo la città
pulita? Iniziamo a dare multe salate ai cittadini che sporcano». Trieste
soffre un male di difficile guarigione: la carenza cronica di pulizia lungo
alcune vie, piazze e giardini. |
L'elenco di rifiuti abbandonati
fornito dai presidenti circoscrizionali - che appunto reclamano un
inasprimento delle sanzioni - è lungo: un forno a microonde e un frigorifero
fuori uso in via Cologna, imballaggi e deiezioni canine attorno alle aiuole
di piazza Ponterosso, sigarette e cartoni all'incrocio tra via XXX Ottobre e
via Filzi, ma anche fazzolettini e bottiglie lungo la strada imperiale di
Basovizza, meta prediletta di runner e marciatori. Per non parlare, poi, di
Trebiciano e dell'altipiano carsico, in alcuni punti trasformatisi in vere e
proprie discariche a cielo aperto.
Secondo i presidenti dei parlamentini, però, la soluzione ci sarebbe:
intensificare le sanzioni e, soprattutto, renderle note, di modo che
l'opinione pubblica ne sia informata, a scopo deterrente. Intanto,
l'immondizia si accumula. Non lungo le arterie principali - che, a detta
delle circoscrizioni, vengono spazzate con regolarità - bensì nelle aree
periferiche. «La spazzatura abbonda ai cigli stradali – esordisce Bruno
Rupel, vertice dell'Altipiano ovest - al punto che stiamo assistendo al
decespugliamento del verde. Confidavamo, dopo la stipula del contratto tra
Comune e Acegas, in un miglioramento della situazione ma così non è stato.
Alcune strade laterali, anzi, non sono state nemmeno inserite nell'accordo.
L'ente dovrebbe risolvere il problema, ma un appello va rivolto anche ai
cittadini: non si può continuare ad abbandonare tv e materassi accanto ai
cassonetti. Una settimana fa qui è stato scaricato un intero camioncino di
ramaglie».
«È soprattutto nei posti più celati che prolifera l'abbandono abusivo di
ingombranti – concorda Marco Milkovic, presidente dell'Altipiano est
– penso alla vecchia bretella vicino a Trebiciano, dove qualcuno ha
abbandonato ingenti quantitativi di materiale di scavo, al campo sportivo o
alla strada imperiale per Basovizza: dietro il muretto che costeggia il
percorso si trova di tutto e di più. La zona soffre maggiormente perché, in
confronto ad altre, risulta praticamente sguarnita di vigili. Nel frattempo,
le discariche abusive non si contano neanche». «Il problema non ha assunto
le dimensioni di un’emergenza - dice invece Alberto Polacco
presidente di San Vito-Cittavecchia - e credo che la criticità non sia in
alcun modo imputabile al Comune o ad Acegas, bensì allo scarso senso civico
dei cittadini: bisognerebbe aumentare le sanzioni e i controlli». Dello
stesso avviso, il collega della VII circoscrizione, Andrea Vatta: «Le
deiezioni e le cicche sono, in fondo, un problema di tutta la città. Qui è
stato riscontrato tra Costalunga e Coloncovez, oppure all’esterno dei
giardini pubblici intitolati a fra’ Antollovich».
«Io ho visto addirittura un materasso matrimoniale vicino a piazza
dell’Ospedale - riferisce Silvio Pahor, al timone di San Giacomo - In
generale, la sporcizia si annida lungo le laterali comprese tra via
dell’Istria e via del Mulino a vento. Ma ho notato anche delle cassette di
legno gettate nella scarpata erbosa che collega le vie Colleoni e Orlandini.
Vi sono tutti i mezzi per tenere pulita la città, ma non servono se la gente
è pigra: l’unica soluzione sarebbe ”sguinzagliare” le guardie ambientali e
comminare delle multe salate, da rendere poi pubblicamente note». AcegasAps
informa che il ritardo sull’asporto dei rifiuti, verificatosi nei giorni
scorsi, è dovuto a uno sciopero indetto a livello nazionale. «È necessaria
una capillare pulizia ordinaria su tutta la zona del Boschetto - commenta
Gianluigi Pesarino Bonazza, presidente di San Giovanni-San Luigi - ma,
in primis, è improrogabile l’osservanza del calendario dei turni di
spazzamento e pulizia, sovente non rispettati. I punti più critici sono
rappresentati dall’area retrostante la piscina e San Cilino. Oltre che,
naturalmente, dall’area del Boschetto, dove non è raro rinvenire, come è
accaduto, materassi, reti e frigoriferi».
Disagi anche a Roiano, Scorcola e Gretta, riferisce il presidente del
parlamentino Sandro Menia: «Si sono avuti degli abbandoni abusivi di
rifiuti nelle aree di piazza Da Vinci, via Cologna e via Galilei. A destare
più preoccupazione, comunque, è la situazione degli ingombranti: all’imbocco
di via Cologna, ho segnalato un micronde e un frigorifero. Le guardie
ambientali hanno assicurato che avrebbero intensificato le perlustrazioni
onde individuare i colpevoli».
Il controllo sul lavoro di pulizia delle strade e sullo svuotamento dei
bottini viene effettuato quotidianamente dal personale dell’AcegasAps con
quattro addetti. L’ex municipalizzata specifica che questi si occupano del
servizio giornaliero, diviso per zone in base ai piani di lavoro. A loro, si
aggiungono altre tre persone che, a campione, selezionano le vie da
esaminare. In questo modo, oltre alla verifica del lavoro standard, è
possibile individuare le eventuali situazioni critiche. Per gli interventi
speciali, ad esempio la rimozione di lavatrici abbandonate per strada, il
tempo tra rilevazione ed effettuazione degli stessi può variare arrivando
sino alle 24 ore.
Tiziana Carpinelli |
IL PICCOLO -
VENERDI', 14 marzo 2008
Intervento del ministero,
salvi i colibrì di Miramare - Approvato un contributo straordinario da
40mila euro per gli ottanta esemplari del centro |
|
Un contributo straordinario di
40mila euro è stato concesso dal Ministero dell'Ambiente per salvare gli 80
colibrì del Centro per la salvaguardia del colibrì di Trieste. Lo ha reso
noto ieri sera la Direzione Generale Protezione Natura del Ministero
dell'Ambiente con una lettera indirizzata alla struttura, in cui si precisa
che «questo intervento potrà immediatamente aiutare» la stessa.
Il ministro Alfonso Pecoraro Scanio - ha ricordato il Ministero - aveva
attivato la Direzione Generale chiedendo, «nell'ambito di un necessario e
definitivo chiarimento dei rapporti precedentemente intercorsi tra Ministero
e Centro, di operare comunque a tutela del benessere degli animali. Sulla
base dell'analisi della documentazione e della relazione di alcuni esperti
inviati a Trieste - ha riferito il portavoce di Pecoraro Scanio, Giovanni
Nani - il Ministro ha chiesto agli uffici di prevedere un intervento
economico in emergenza per salvare i colibrì». La Direzione del Ministero
dell'Ambiente, infine, ha offerto la disponibilità a studiare, insieme al
Centro, «soluzioni idonee e definitive per il mantenimento dei colibrì».
«Ora potremo salvarli, i colibrì non moriranno». È il commento del direttore
del Centro per la salvaguardia del colibrì di Trieste, Stefano Rimoli, alla
decisione del Ministero dell'Ambiente di concedere il contributo
straordinario. «Ringrazio il Ministro Pecoraro Scanio - ha aggiunto Rimoli -
e sono soddisfatto per la solidarietà che si è creata intorno al centro e,
soprattutto - ha concluso - per essere riuscito a salvare i colibri».
Il tempo a disposizione stava effettivamente scadendo. «Sabato (domani, ndr)
alle 10 staccheranno la fornitura di energia elettrica - aveva spiegato
Romoli prima di ricevere la buona notizia da Roma - i colibrì andranno in
ipotermia, ipoglicemia e verso le 10.40 entreranno in coma. I generatori di
emergenza e le strumentazioni per il funzionamento dell'unità di terapia
intensiva del Centro sono predisposti per la rianimazione e il mantenimento
di solo due o tre colibrì al massimo».
Linda Dorigo |
Il centro città in lotta con
i rifiuti - Poca sorveglianza e inciviltà: da via Cavana a Barriera
un’escalation di sporcizia nelle strade |
|
Viaggio
nella Trieste che sconta scarso senso civico e carenze nel sistema di
pulizia: scaldabagni abbandonati e mini-discariche abusive
Sacchi neri, strabordanti di
immondizie, lasciati fuori dai bottini a meno di due metri dai tavolini di
un bar in piazza San Giovanni. La scena si ripete, in pieno giorno (attorno
alle 12.30), davanti al palazzo della questura: dall’altra parte della
strada, due contenitori sono pieni zeppi e la gente decide di piazzare i
rifiuti sul bordo della strada. Ma il quadro non è ancora completo: se il
salotto buono della città, ovvero piazza Unità e dintorni, non vive alcuna
emergenza sul fronte rifiuti, la situazione è decisamente più difficile per
le stradine secondarie di Cavana e quelle di Barriera nuova, piene di
cartacce, deiezioni canine e mozziconi di sigaretta. Anche in corso Italia
la fotografia non è confortante in certi tratti. Le lamentele dei triestini
sono quotidiane: l’allarme sporcizia è scattato.
In via Caccia, la scena che si materializza attorno all’ora di pranzo è a
dir poco preoccupante: uno scaldabagno occupa il marciapiede a fianco di una
coppia di cassonetti verdi. Qualcuno l’ha lasciato lì, per pigrizia,
maleducazione e, forse, perché non sapeva dell’esistenza dei depositi per i
rifiuti ingombranti.
Certo è che, specie le persone più anziane sono costrette a scomodi esercizi
di equilibrismo per proseguire la camminata. «Siccome per lavoro leggo i
contatori da cinque anni - osserva Maurizio Corazza - vedo questo genere di
situazioni ogni giorno per otto ore. Immagini che si ripetono anche nei
cortili di certi stabili. Il problema è la maleducazione della gente: quante
volte, per esempio, si vede qualcuno che esce da un negozio e getta
immediatamente a terra lo scontrino?»
Poco lontano, in via Vasari, il portone del civico 14 è preceduto da un
volantino gettato a terra e alcune inequivocabili tracce di bisogni di cani,
quelli che andrebbero raccolti e gettati via dai padroni degli animali
stessi. «La colpa è del Comune», sbotta Marzia Leghissa, commerciante
della zona. Che aggiunge: «Una volta la pulizia delle strade era quotidiana
e si vedeva il vigile di quartiere passare a controllare. Oggi non è più
così».
In città vecchia, nelle aree dove in tempi relativamente recenti è stata
effettuata la ripavimentazione, l’emergenza non è totale. In via di Cavana,
però, dove i lavori sono in corso, si è materializzata una mini-discarica
abusiva all’interno di un recinto regolarmente segnalato per interventi sul
manto stradale. Davanti c’è un panificio. Basta fare pochi metri verso
piazza Unità e lanciare un’occhiata in via dei Capitelli, dove delle stampe
pubblicitarie vanno a costituire una sorta di tappeto poco oltre la Casa
della Musica. Non è finita, perché via dei Cavezzeni diventa subito «via dei
cavekkan (e del piscio!)», come si può leggere chiaramente su una scritta
andata a imbrattare con lo spray il muro giallo del palazzo in cui ci si
imbatte non appena girato l’angolo. Pure questo contribuisce a sporcare la
città.
In piazza Sant’Antonio, altri sacchi neri appoggiati ai bottini. «Dove sono
le Guardie ambientali del Comune?», si chiede Beatrice B.. Al suo
fianco, Lucia B. (non hanno voluto fornire il cognome completo)
aggiunge: «Mi pare che ci si preoccupi del salotto cittadino, ma del resto
no. Specie in periferia o in zone come quella di via Lazzaretto vecchio
oppure piazza Goldoni». In effetti, proprio quest’ultima è bersagliata dai
bisogni dei numerosi colombi che ci gravitano attorno. Non bastasse, laddove
sono piazzate le colonnine per la raccolta della carta, ecco spuntare delle
borse di nylon contenenti delle bottiglie di plastica, lasciate in mezzo al
passaggio dei pedoni. Alla faccia della raccolta differenziata. «Si paga la
poca educazione della gente, che non è rispettosa verso gli altri e getta
qualsiasi rifiuto fuori dai contenitori», afferma Pierina Giurco.
Proseguendo verso Barriera, ecco l’opinione di Anna Dell’Oro, che
lavora in una panetteria di corso Saba: «La questione sporcizia qui è un
disastro perché il flusso delle auto trascina le cartacce da corso Italia e
dalle Rive in avanti».
Condizioni difficili pure in via della Tesa: scatoloni di cartone ammassati
tra il muro di una casa e la strada e, quasi in largo Mioni, una nuova
discarica abusiva oltre una recinzione. Lattine di birra, bottiglie di
plastica, un secchio nero e sacchetti vari.
Matteo Unterweger |
Nel 2007 a Trieste 100.175
tonnellate di immondizie |
|
Di queste,
18.774 destinate al recupero di materiali con la raccolta differenziata. Sul
territorio cinque centri per materiali e oggetti ingombranti
Nel 2007 a Trieste sono state
prodotte 100.175 tonnellate di rifiuti. Di queste, 18.774 (il 18,7 per
cento) sono state destinate al recupero di materiali grazie a quella che è
comunemente conosciuta come raccolta differenziata. Le restanti 81.791,
invece, hanno imboccato il percorso della termovalorizzazione, con
conseguente riutilizzo in chiave energetica sfruttando l’impianto di via
Errera, che ha consentito a Trieste di essere la prima provincia italiana a
non ricorrere più alla discarica. «Abbiamo così recuperato il 100 per cento
del totale», confermano dall’AcegasAps. L’ex municipalizzata constata anche
come «si assista ad un continuo aumento dei rifiuti, sia nel numero che
nelle tipologie prodotte dalle industrie». Su un’eventuale emergenza
cittadina, in ogni caso, nessuna conferma ufficiale. Il servizio di recupero
delle immondizie viene garantito da AcegasAps, cui è stato affidato dal
Comune, sei giorni su sette «sempre in orari che possano arrecare meno
disturbo possibile al traffico». Nel caso di due giorni consecutivi festivi,
l’attività viene sospesa solamente per 24 ore. Sono più di 6000 i
contenitori disseminati sul territorio cittadino, che vengono svuotati da 46
automezzi e oltre un centinaio di operatori. La capacità volumetrica dei
singoli contenitori supera i 3000 litri ciascuno. «La media giornaliera di
rifiuti prodotta dal singolo cittadino triestino - comunicano ancora da
AcegasAps - è pari a 57,1 litri. Facendo delle rapide moltiplicazioni, è
chiaro come dal nostro punto di vista gli spazi per una giusta distribuzione
delle immondizie ci siano abbondantemente». Sta quindi ai cittadini
sfruttrali in modo adeguato.
Ritornando alla raccolta differenziata di carta, plastica, vetro e lattine,
batterie e via dicendo, sono state istituite in tutta Italia delle
piattaforme per la prelavorazione e successiva distribuzione del materiale a
cartiere, vetrerie e quant’altro. Il tutto grazie al Consorzio nazionale per
il recupero dei rifiuti.
Nel centro cittadino, considerata la difficoltà logistica nel piazzare un
alto numero di bottini, è stato predisposto anche un servizio speciale per
la raccolta di cartoni dai negozi.
Per tutto ciò che non rientra nelle categorie interessate dalla raccolta
differenziata o, comunque, in quelle che vanno considerati come le
immondizie «tradizionali», va ricordato come a Trieste esistano cinque
centri di raccolta ai quali possono essere portati gratuitamente i rifiuti
ingombranti. Questi si trovano in via Carbonara 3, strada per Cattinara 2/1,
via Valmartinaga 10, strada per Vienna 84/a e via Giulio Cesare 10. In tutti
questi posti possono essere conferiti rifiuti quali materassi, mobili in
legno e metallo, elettrodomestici, materiali ferrosi e altro tipo di
metallo, tv, monitor e apparecchiature elettriche ed elettroniche, vetro,
lampade a scarica nei gas come i tubi neon (non in strada per Cattinara),
pneumatici con o senza cerchioni, inerti da piccole riparazioni o con
possibile presenza di amianto e olio esausto.
ma.un. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 13 marzo 2008
Ferriera, si parte con i test
ai residenti Dal 19 marzo i prelievi per le analisi - Sarà rilevata
l’eventuale presenza di benzoapirene e metalli pesanti |
|
Contattate
le persone prescelte: domani al Distretto di Valmaura saranno distribuite le
provette - Rotelli: i risultati comunicati sia ai singoli sia
pubblicamente, in forma anonima
Saranno effettuati la prossima
settimana i prelievi di sangue e urine dei cinquanta servolani individuati
dall’Azienda sanitaria, per rilevare l’eventuale presenza nei loro corpi di
benzoapirene e metalli pesanti.
In questi giorni l’Ass ha contattato tutte le persone prescelte, e domani,
al Distretto sanitario di Valmaura, saranno distribuite le provette per le
urine. Mercoledì 19 e giovedì 20 marzo, invece, sono in programma
all’Ospedale Maggiore i prelievi di sangue.
Il complesso delle provette sarà poi inviato dall’Azienda sanitaria a un
laboratorio di Brescia, considerato a livello nazionale il migliore per
l’individuazione delle sostanze in questione.
Per l’effettuazione delle analisi ci vorranno, secondo l’Ass, alcune
settimane. «I risultati – precisa il direttore dell’Azienda sanitaria,
Franco Rotelli – saranno comunicati sia privatamente ai singoli cittadini
sia pubblicamente, in forma ovviamente anonima. In questa materia non ci
sono segreti».
Sempre in tema di Ferriera, intanto, si registrano alcune reazioni ai
risultati della perizia del Tribunale sul camino E5 dell’impianto di
agglomerazione, dai quali è emerso che, in seguito alla gestione
«sperimentale» disposta dal giudice Massimo Tomassini, le diossine sono più
che dimezzate e risultano quattro volte inferiori ai limiti di legge.
«E’ un dato importante, che mi fa piacere – commenta il sindaco Dipiazza –
ma il problema dell’inquinamento rimane. Non sono cambiate la situazione e
la percezione dei cittadini, in un raggio molto ampio rispetto a Servola.
Dopo le due settimane di smog sulla città la gente è ancora più arrabbiata.
Rimane quindi – conclude – la mia idea che, col nuovo governo, bisognerà
siglare un patto per Trieste che preveda anche la chiusura della Ferriera».
Soddisfatto anche Roberto Decarli, consigliere comunale dei Cittadini,
secondo il quale «adesso tutti devono tenere conto di questi dati,
soprattutto il sindaco che vuol chiudere la Ferriera. E’ un primo segnale
alla città del fatto che, se si interviene sugli impianti, i risultati di
vedono». Decarli avverte comunque che «ciò non ferma gli altri impegni
assunti dall’azienda, che deve andare avanti e migliorare ogni aspetto
ambientale».
Più scettica Alessia Rosolen, capogruppo di An in consiglio comunale.
«Questi risultati – osserva – si hanno sempre quando gli impianti sono sotto
osservazione, mentre quando l’attenzione cala si rilevano gli sforamenti.
Ciò non toglie – prosegue – che l’attenzione per gli impianti va tenuta
costante, perchè la siderurgia è incompatibile con l’ambiente urbano. Va
quindi studiato – conclude – un percorso serio con cui si arrivi a una
graduale dismissione della Ferriera».
«Mi sta bene che la diossina sia dimezzata – commenta il consigliere
regionale dei verdi Alessandro Metz – ma i dati più interessanti sono quelli
sulla salute dei lavoratori e degli abitanti. I risultati degli esami fatti
a 50 lavoratori sono fermi all’Azienda sanitaria da gennaio. Vorrei capire
come mai non vengono resi noti, anche perchè gli stessi lavoratori
cominciano ad essere preoccupati».
Da parte sindacale, Franco Belci, segretario provinciale della Cgil, parla
di «una buona notizia, che dimostra che si può fare molto con una conduzione
ottimale degli impianti e l’utilizzo di tecnologie non particolarmente
avanzate. Sono risultati – rimarca – che pongono un grosso problema di
responsabilità all’azienda, che adesso deve intervenire autonomamente.
Ritengo che gli stessi risultati della diossina si possano ottenere per il
benzoapirene e le polveri sottili».
«Ho appreso con favore questi esiti – dichiara Enzo Timeo (Uilm) –. Assieme
alle Rsu auspico che ciò dia anche un po’ di tranquillità all’esterno e
all’interno dello stabilimento, perchè rimane sempre la preoccupazione di
essere strumentalizzati». Anche Timeo ricorda poi che non si conoscono
ancora i risultati degli esami sui lavoratori. «Li aspettiamo a fine mese –
precisa – per essere noi stessi in condizione di dare una valutazione».
gi. pa. |
FERRIERA - socialisti a
Tondo: «Cambi posizione sul futuro di Servola» |
|
Gli ultimi controlli sulle
emissioni della Ferriera, che accertano il dimezzamento delle diossine,
accendono la polemica politica. L’esito delle verifiche viene preso a spunto
dal Partito socialista per muovere critiche al candidato del centro destra
alla presidenza della Regione. «Appena qualche giorno fa Renzo Tondo -
commentano i socialisti - ha detto che, in caso di elezione, chiuderà la
Ferriera di Servola. Perché inquina e perché lo chiede a gran voce una parte
del rione. Ora però le misure effettuate dal perito del Tribunale rilevano
una presenza di diossine quattro volte inferiore al limite di legge. Siamo
certi che, alla luce di queste importanti novità, Tondo tornerà
immediatamente sui suoi passi e riconsidererà la sua posizione». |
Sondaggio traffico: piace
all’84% dei triestini l’ipotesi di nuove aree pedonali - Già 215 contatti,
votate su www.ilpiccolo.it |
|
Un coro di sì all’ipotesi di
allargare le isole pedonali in centro. Sta riscuotendo grande attenzione da
parte dei lettori il sondaggio on- line lanciato dal Piccolo per conoscere
le opinioni dei cittadini sulle ipotesi di limitazione al traffico veicolare
in centro. A distanza di poco più di due giorni dall’avvio dell’iniziativa,
al sito www.ilpiccolo.it sono già arrivati infatti oltre 215 voti.
Voti che confermano una tendenza apparsa chiara fin dal primo momento: la
maggior parte dei lettori si schiera con decisione a favore della creazione
di aree «off limits» per le quattro ruote.
La pensa così l’84% del campione (pari a 180 indicazioni di voto). Alta
anche la percentuale di chi ritiene prioritario chiudere via Roma alle auto
e riservarla al passaggio dei mezzi pubblici (154 voti contro 57 soddisfatti
della situazione attuale). Meno omogenee, invece, le indicazioni che
arrivano a proposito delle altre soluzioni oggetto di dibattito. Si dice
favorevole alla pedonalizzazione di corso Italia, per esempio, il 14% dei
votanti, mentre il 20% preferirebbe l’opzione via Mazzini e addirittura il
49% vedrebbe bene la chiusura al traffico di entrambe le strade.
Passando alle proposte legate al futuro del Borgo Teresiano, a riscuotere
maggior favore è l’ipotesi di pedonalizzare via XXX ottobre (118 voti pari
al 58% del campione). L’idea di eliminare il traffico da via Trento, invece,
piace al 21% dei lettori, mentre un altro 21% suggerisce di spostare
l’attenzione su altre strade del rione.
Nel caso del Borgo Giuseppino, infine. la soluzione più gettonata resta la
trasformazione in isola pedonale di via Diaz (42%). Il 22% del campione
vorrebbe invece poter passeggiare liberamente in via Cadorna, mentre il
restante 37% preferirebbe pedonalizzare altre zone di Cittavecchia.
E sulla necessità di ridurre la presenza di auto nel centro storico torna a
far sentire la propria voce anche il Coped- CamminaTrieste. Nell’ultima
assemblea degli iscritti, l’associazione ha ribadito l’impegno a portare
avanti la battaglia per l’applicazione del Piano del traffico, e per la
«liberazione» dei marciapiedi e delle fermate dei bus, quotidianamente alle
prese con la maleducazione di automobilisti e centauri.
In quest’ottica, il Coped ha anche stilato una sorta di mappa delle zone più
a rischio per pedoni e passeggeri dei mezzi pubblici. Particolarmente
critica viene definita la situazione di piazza Goldoni che, pur interessata
da una riqualificazione ritenuta tutto sommato positiva, presenta ancora
passaggi pedonali e semafori non adeguatamente regolati e corsie per i bus
giudicate insufficienti. |
Capodistria, progetto da 220
milioni per smaltire il diossido di carbonio |
|
L’impianto,
legato alle centrali termoelettriche, sarebbe associato al progetto del
terminal rigassificatore
CAPODISTRIA Raccogliere in un
unico punto il diossido di carbonio «prodotto» dalle centrali
termoelettriche della Slovenia, trasformarlo in gas liquido e trasportarlo
all'estero. L’idea è stata lanciata nei giorni scorsi dalla società tedesca
«Tge Gas Engineering», la stessa che ha in progetto - ma non ha ancora
ottenuto i permessi necessari - la costruzione di un rigassificatore
nell’area del porto di Capodistria. E anche il futuro impianto per lo
stoccaggio e la liquefazione del diossido di carbonio, se mai dovesse essere
costruito, sarebbe situato nella zona dello scalo capodistriano.
I dettagli di questa nuova idea sono stati illustrati dal direttore della
Tge Gas Engineering, Vladimir Puklavec, e dal responsabile della filiale
lubianese Uros Prosen. Entro il 2013 - questa la valutazione della società
tedesca - il costo dell’emissione di una tonnellata di diossido di carbonio
raggiungerà probabilmente i 30 euro: raccogliere e immagazzinare in via
definitiva la stessa quantità di anidride carbonica costerà in quel momento
da 34 a 40 euro, ma con tendenza al calo.
In prospettiva, pertanto, alle centrali termolettriche potrebbe tornare
utile la costruzione di un gasdotto di 120 chilometri dalla centrale di
Sostanj al porto di Capodistria, dove poi il gas sarebbe raffreddato e
liquefatto - sfruttando, peraltro, parte dell'energia che si sprigionerebbe
nel processo di rigassificazione - per essere trasportato all'estero.
Attualmente, la centrale termolettrica di Sostanj emette oltre 4,5 milioni
di tonnellate di diossido di carbonio all’anno. Se realizzato, l'impianto di
Capodistria a pieno regime sarebbe in grado di trasformare in liquido 4
milioni di tonnellate di diossido di carbonio. «Quello che offriamo - si è
detto convinto Puklavec - è una soluzione valida sia dal punto di vista
economico che da quello ecologico».
Per ora, comunque, è solo un’idea. La sua realizzazione dipenderà in buona
parte dalla sorte dell’altro progetto, quello del rigassificatore, per il
quale la Tge Gas Engineering è ancora in attesa di risposta all'istanza per
ottenere le autorizzazioni. Il progetto per il terminal rigassificatore, del
valore complessivo di circa 900 milioni di euro, prevede la costruzione di
due contenitori in acciaio da 150mila metri cubi, dell'impianto di
rigassificazione in senso stretto e della centrale elettrica nell'area del
porto di Capodistria, ai piedi del colle di Sermino.
L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas
all'anno. L'aggiunta della struttura per la raccolta e la liquefazione del
diossido di carbonio aumenterebbe i costi di altri 100 milioni di euro, più
ulteriori 120 milioni per il gasdotto fino a Sostanj. Il periodo necessario
per ottenere autorizzazioni e permessi, sostengono alla Tge, sarà sfruttato
per convincere le autorità locali in merito alla bontà del progetto.
Il Comune di Capodistria, tuttavia, si è finora detto nettamente contrario
ai rigassificatori, sia a quelli progettati nel golfo di Trieste, che a
quello proposto dalla Tge nel porto di capodistriano. |
Raccolta differenziata |
|
Sul sito internet dell’Acegas-Aps,
www.acegas-aps.it, link Ambiente, sono stati pubblicati i dati relativi alla
raccolta dei rifiuti di Padova e Trieste.
Mentre a Padova si riscontra che i materiali provenienti dalla raccolta
differenziata vengono avviati al recupero, quelli raccolti a Trieste vengono
quasi tutti inceneriti. Infatti, dalla tabella pubblicata si evidenzia che
la quantità di rifiuti raccolti è pari a 114.306 tonn. di cui 16.917
provenienti dalla raccolta differenziata, ma di queste solo 1854 tonn.
vengono avviate al riciclo, il resto finisce nel termovalorizzatore.
Basta fare un semplice calcolo per affermare che solo l’1,6% dell’immondizia
viene riciclata: Napoli è più brava! Altro che leggenda metropolitana!
Credo che sia venuto il momento che l’Acegas-Aps dichiari pubblicamente come
vengono trattati i materiali provenienti dalla raccolta differenziata.
Michele Salvini |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 12 marzo 2008
«Ferriera, diossine più che
dimezzate» - Lo ha accertato la perizia del Tribunale. «I valori 4
volte inferiori al limite regionale» |
|
Emissioni di diossine prodotte dalla ferriera |
Conclusa la
sperimentazione sul camino E5 dell’impianto di agglomerazione di Servola,
già sotto sequestro - Venerdì confronto in aula tra i legali della proprietà
e la Procura |
Diossine più che dimezzate e
quattro volte inferiori ai limiti di legge sono state misurate nelle ultime
emissioni dal camino E 5 in cui vengono convogliati i fumi dell’impianto di
agglomerazione della Ferriera di Servola.
È questo il risultato più che positivo ottenuto dai tecnici nella terza
campagna di prove disposta dal giudice Massimo Tomassini che sta gestendo
dal 2005 le modalità di sequestro dello stesso impianto di agglomerazione di
cui è stata da tempo disposta una gestione «sperimentale», diretta ad
abbattere le percentuali di diossina che finiscono nell’atmosfera.
Le ultime prove conclusesi nel dicembre scorso, hanno dimostrato che con una
precisa e accurata conduzione dell’impianto, i valori di diossina possono
essere ricondotti anche a valori di ben dieci volte inferiori a quanto
stabilito dai parametri della legge nazionale e a quattro volte inferiori a
quelli più restrittivi imposti dal Decreto emesso dalla Regione Friuli
Venezia Giulia il 16 marzo 2005.
Secondo le misure effettuate nello scorso dicembre dal professor Marco
Boscolo, perito del Tribunale, la quantità di diossina uscita dal camino E5
ha raggiunto un valore di 0,0988 nanogrammi per metro cubo, quattro volte
inferiore al limite di 0,400 nanogrammi fissato dalla Regione. Ma tutta la
sperimentazione in cui è stata mischiata calce idrata al minerale di ferro,
al calcare, all’olivina e al coke fine, ha raggiunto risultati più che
lusinghieri.
I risultati ottenuti saranno discussi venerdì in un’aula del Tribunale dove
il giudice Massimo Tomassini dovrà decidere se autorizzare o meno il gruppo
siderurgico ad aumentare la velocità dell’impianto di agglomerazione
adottando tutti i parametri emersi nel corso della terza campagna di prove.
L’esito della sperimentazione voluta sia dal pm Federico Frezza che aveva
ottenuto il sequestro dell’impianto il 3 agosto 2005, sia dai legali del
gruppo Lucchini gli avvocati Giovanni Borgna e Giuseppe Frigo, altre a
consentire un definitivo e significativo abbattimento delle percentuali di
diossina emesse dal camino E5, avrà un secondo aspetto. Sancirà anche a
livello nazionale che con l’adozione di precise tecniche- le migliori
presenti sul mercato- l’abbattimento delle diossine potrebbe raggiungere
valori oggi impensabili nelle altre località italiane sedi di impianti
siderurgici. Alle migliori tecniche disponibili sul mercato fa infatti
riferimento il Nuovo Codice dell’ambiente. Se a Trieste questi risultati
sono stati resi possibili da una azione della magistratura, accettata poi
dalla proprietà, altrettanto può accadere nelle altre località.
Ma non basta. Lo perizia del professor Boscolo mette in luce,
sottolineandoli, altri punti molto importanti. L’abbattimento delle diossine
è accompagnato da un aumento della produttività dell’impianto e da un calo
significativo del fabbisogno energetico del processo di agglomerazione. Meno
diossina significa dunque più produzione congiunta a un minore dispendio di
energia. Il vantaggio economico è evidente. Ecco come il professor Marco
Boscolo spiega questo risultato.
«La nuova tecnica ha prodotto dei risultati più che soddisfacenti sotto il
profilo ambientale, essendosi più che dimezzata l'emissione di diossine dal
camino. Nell’ultimo assetto, il valore di emissione è addirittura sceso a
valori prossimi a quelli severissimi vigenti per gli inceneritori, uve le
meno difficili condizioni di processo e le relative ridotte portate di fumi
rendono praticabile la via del drastico abbattimento a valle del processo,
ottenuto per mezzo di sofisticati impianti, nemmeno ipotizzabili per
l’applicazione in un conteso siderurgico. Tale lusinghiero risultato sul
piano ambientale, è stato accompagnato da un aumento della produttività e da
un abbassamento del fabbisogno energetico del processo, secondo una dinamica
abbastanza comune nei sistemi energetici dove la massimizzazione
dell'efficienza è pregiudiziale al miglioramento delle migliori prestazioni
ambientali».
Ma non basta. Secondo il perito del Tribunale la velocità del nastro di
sinterizzazione- un metro al minuto- finora imposta dal giudice, può essere
aumentata, come aveva chiesto da tempo la direzione della Ferriera. Le
emissioni di diossina sono influenzate da altri parametri che, sempre
secondo il professor Boscolo, vanno accuratamente controllati e regolati
direttamente dalla proprietà. |
Claudio Ernè
CAMPANELLE - il Comitato in
piazza contro l’antenna |
|
Si svolgerà sabato dalle 9.30
alle 13, nei pressi del ponte sulla ex ferrovia, la manifestazione dei
cittadini del rione di Campanelle indetta per protestare ancora contro
l’antenna-ripetitore. La struttura, installata all’altezza del civico 192,
era stata ripetutamente contestata dalla popolazione già in fase di progetto
con numerose azioni destinate ad attirare la pubblica attenzione contro
l’antenna, ritenuta «pericolosa» dai residenti. Si era formato un Comitato i
cui componenti avevano allestito turni di guardia nelle vicinanze del
terreno su cui doveva sorgere l’impianto, per impedire che i camion
potessero avvicinarsi. La protesta si era sempre svolta in termini civili:
ciò nonostante i residenti avevano evidenziato grande determinazione,
coinvolgendo i pubblici amministratori. Lo stesso sindaco Dipiazza durante
un sopralluogo aveva promesso «l’estrema attenzione della giunta per un
problema che riguarda anche altri rioni della città». Adesso però la gente
di Campanelle è decisa a tornare in strada per ribadire la protesta.
|
Discarica abusiva a San
Giacomo - Degrado anche in aree vicine al centro cittadino: rifiuti nel
verde lungo via Colleoni |
|
Il problema delle discariche
abusive non è più limitato alla zone periferiche, ma interessa ormai anche i
rioni vicini al centro. I residenti di San Giacomo segnalano, oltre
all’abbandono di materiali impropri accanto ai cassonetti, rifiuti e
sporcizia nell’area verde che costeggia via Colleoni.
Lungo il fianco della collina ci sono centinaia di sacchetti, televisori,
bottiglie rotte e cassette di plastica. Una situazione simile si era già
verificata in passato e il Comune aveva attuato un intervento di pulizia
radicale, vanificato però dagli abbandoni di materiale negli ultimi mesi.
«Non ci sono giustificazioni per comportamenti simili», dichiara il
presidente della Quinta circoscrizione Silvio Pahor: «Comune e AcegasAps
dispongono dei mezzi necessari per mantenere pulita la città, ma i cittadini
devono collaborare. Il problema principale è la carenza di senso civico.
Esiste tutta una serie di servizi che permettono di liberarsi gratuitamente
dei rifiuti ingombranti, anche solo con una telefonata». Simile la
situazione nel primo tratto della pista ciclabile in costruzione in Ponziana
dove, nonostante la vicinanza delle abitazioni, giacciono biciclette,
passeggini, copertoni e materassi.
Ma il degrado non si limita a San Giacomo. Tra le zone dove periodicamente
si formano discariche abusive ci sono i margini della Statale 202. Le
piazzole di sosta vengono utilizzate per disfarsi dei rifiuti ingombranti.
Oltre il ciglio della strada giacciono abbandonati e semisepolti dalla
vegetazione elettrodomestici, motocicli, mobili, infissi, avanzi di
lavorazioni edili, sanitari e pneumatici. In condizioni ecologiche precarie
i torrenti dell’area di via Brigata Casale, nella zona sottostante Cattinara.
I letti dei piccoli fiumi, come i rii Corgnoleto e Primario, sono spesso
ricoperti di immondizia e a volte vi si trovano anche carcasse di animali.
Situazione paradossale, visto che sul territorio ci sono sette centri di
raccolta per i rifiuti ingombranti, di cui uno in funzione anche la
domenica. «Le leggi sono corrette, ma per combattere efficacemente le
discariche abusive servono maggiori controlli – spiega Andrea Vatta,
presidente del settimo consiglio rionale -. Chi viola i regolamenti deve
subire sanzioni pesanti: bisogna educare poi di più al rispetto
dell’ambiente, fin dall’infanzia».
Mattia Assandri |
I triestini: centro senza
smog? Più bus e posteggi - Ma chi usa l’auto per lavoro la ritiene
ancora indispensabile. Critiche agli orari dei pullman |
|
Dopo le
chiusure i cittadini si interrogano sui rimedi da adottare per evitare che i
valori dell’inquinamento salgano di nuovo e lanciano proposte
Dagli più autobus e aree di
sosta e l’automobilista triestino non esiterà a lasciare l’amata utilitaria
fuori dal centro storico. Perché, a suo dire, «una città senza smog può ben
sopportare un piccolo sacrificio».
«Largo ai pedoni», insomma. Questa è l’indicazione che i cittadini offrono
al sindaco Roberto Dipiazza. «Creare nel centro storico un'isola interdetta
alle auto e ai motorini si può», dicono con una punta di speranza. Basta
potenziare, in maniera capillare, la rete del trasporto pubblico locale e
garantire un'adeguata cintura di parcheggi, fissando un ticket contenuto per
incentivare la sosta. A guadagnarci, stando agli automobilisti, sarebbe la
salute, oltre che l'ambiente. «Specialmente quella dei bambini – aggiunge
una mamma, Marjana Sutic – costretti a scorrazzare in passeggino e a
respirare, lungo le vie più tortuose, i gas di scarico che esce dai tubi di
scappamento». Secondo l'automobilista Zita Paris si dovrebbe osare di
più e «investire nel progetto della metropolitana leggera, poiché
garantirebbe uno spostamento veloce e pratico». «Per una volta – prosegue -
si potrebbe anche iniziare a pensare alle esigenze dei pedoni. Siamo
realisti: i parcheggi non mancano e risultano per metà vuoti».
«Io guido – afferma Lorenzo Princich - però se il trasporto pubblico
venisse sensibilmente migliorato non mi dispiacerebbe rinunciare
all'utilitaria, almeno in centro. Infatti, le linee dell'autobus non sempre
rispondono alle esigenze degli utenti: penso alla tratta per Opicina, la 39,
che passa ogni 40 minuti. O al fatto che dopo le 22 i tempi di attesa si
dilatano enormemente. Un euro a biglietto, in fondo, non è poco e pertanto
la richiesta di un servizio più funzionale è legittima». Il pensionato
Tullio Brescia non ha problemi di tempo, però si mette nei panni di chi
lavora: «La chiusura va bene, ma solo aumentando i parcehggi e rendendoli
più accessibili dal punto di vista economico la cosa potrebbe essere
fattibile».
«Ho la patente ma preferisco spostarmi a piedi per una questione di
sensibilità ambientale – riferisce Barbara Repinz – Mi piacerebbe
un’isola pedonale, ma bisognerebbe prima cambiare la mentalità dei
triestini, che prendono l'auto anche solo per compiere 100 metri». «Dobbiamo
ispirarci alle grandi città europee – suggerisce invece Luigi Dabacelli
– Tanto più che il centro storico di Trieste è davvero limitato: sarebbe
sufficiente creare una rete di parcheggi adeguata». Dice no alla
pedonalizzazione Giulia C. perché «i negozi non lavorerebbero a
vantaggio dei centro commerciali»
Ma c'è anche chi alla pedonalizzazione del centro è contrario, perchè non
vuole assolutamente rinunciare alle quattro ruote: «Lavoro e ho poco tempo a
disposizione - spiega Zoran Mijatovic – quindi devo spostarmi in
macchina». Dello stesso avviso i due amici Marco Gombacci e
Alberto Gallina: «Ricorriamo molto alla moto e all’auto, perciò l'idea
potrebbe essere buona solo se effettivamente realizzabile e se estesa a una
piccola area». «Io uso poco la macchina – sostiene Pietro Comello - e
pertanto sono favorevole a un centro chiuso al traffico: non se ne può più
di tutto questo smog. L’altro giorno ho spazzato il terrazzino di casa mia,
a Ponziana, e ho riscontrato una pavimentazione completamente annerita
dall’inquinamento».
Fattore non secondario: la questione «commercio», che lungo Corso Italia e
via Mazzini offre - a detta dei cittadini - le vetrine più belle. «I
titolari lavorerebbero lo stesso, ma avremmo un centro a misura di bimbo»,
dice Graziella Felluga. Concordi Liliana Aloi e Maria Fonda:
«L’isola pedonale garantirebbe una città più vivibile e un’aria più pulita».
Secondo Mara Abetello «servirebbero più parcheggi a costo contenuto»
per realizzare la chiusura del centro. «Abito a Trieste due mesi all’anno e
mi piacerebbe - dice Alessandro Prosdocimi - venisse chiuso il centro
sulla base dell’esperienza della mia città, Dublino, dove si vive nel
rispetto dell’ambiente». È favorevole alla chiusura corso Italia «escluso»
Marco Benedetti, che chiede un potenziamente dei mezzi pubblici. La
stessa richiesta di Silvia Agosti: «Le linee non sono frequenti, la
pulizia dei mezzi lascia a desiderare e le corse mal organizzate. Bisogna
potenziare gli autobus». Non ha la patente, ma pensa a chi utilizza l’auto
per lavoro Katjusa Varin: «Non mancherebbero i disagi, certo che
vedere corso Italia con sempre più macchine e meno persone mi fa pensare».
Tiziana Carpinelli |
Il sondaggio su Internet: «Sì
alle isole pedonali» - L’iniziativa su www.ilpiccolo.it: i lettori e
le indicazioni su traffico e vie da chiudere |
|
Oltre 120
voti nella prima giornata di votazioni che continuano sul sito web del
nostro giornale: collegatevi e dite la vostra
Centoventicinque voti arrivati
in poco più di 24 ore. È il primo, significativo risultato ottenuto dal
sondaggio on-line lanciato dal Piccolo per conoscere l’opinione dei
triestini sulle proposte di pedonalizzazione del centro. Alle 20 di ieri
decine di lettori avevano già aderito all’iniziativa (lanciata appena il
giorno prima ndr), visitando il sito internet www.ilpiccolo.it e rispondendo
ai cinque quesiti posti. E la tendenza emersa finora non lascia spazio a
interpretazioni: la stragrande maggioranza dei cittadini si schiera
convintamente a favore delle isole pedonali.
Si dice favorevole a quest’ipotesi, infatti, l’85% del campione (pari a 106
voti lasciati sul sito), a fronte di un 15% (19 voti) che si ritiene
soddisfatto dalle dimensioni dell’area attualmente vietata al traffico.
Andando ancora più nel dettaglio, il 16% dei lettori auspica la
pedonalizzazione di corso Italia, il 18% punta su via Mazzini, mentre ben il
50% (pari a 62 voti) è favorevole alla trasformazione in isole pedonali di
entrambe le strade.
Netta anche la posizione del campione a proposito del futuro di via Roma.
Ben il 77% dei lettori la vorrebbe vietata alle auto e riservata
esclusivamente al passaggio dei mezzi pubblici.
Più articolate invece le opinioni sulle linee da seguire per il Borgo
Teresiano e il Borgo Giuseppino. Venticinque lettori su 125 (pari al 21% del
campione) vorrebbero liberare dalle quattro ruote via Trento, altri 68 (il
57% del totale) riserverebbero lo stesso trattamento a via XXX ottobre,
mentre i restanti 26 lettori suggeriscono di pedonalizzare altre strade del
rione.
Per quanto riguarda il Borgo Teresiano, invece, la proposta più gettonata è
la trasformazione in zona pedonale di via Diaz (46%), seguita da via Cadorna
(23%) e da altre vie di Cittavecchia (31%).
Al di là delle singole valutazioni, comunque, l’elevato numero di voti
lasciati nel sito del Piccolo a così breve distanza dall’attivazione del
sondaggio conferma quanto i temi dello smog e della circolazione in centro
stiano in questo momento a cuore alla popolazione. |
Il comandante dei vigili - Abbate: «Traffico?
Intenso ma lontano dall’angoscia delle metropoli» |
|
«Il traffico a Trieste?
Sicuramente sostenuto, ma non paragonabile a quello che affligge metropoli
come Roma o Milano. A chi si muove in auto da noi non capita di dover stare
fermo mezz’ora al semaforo di corso Italia al contrario di quanto succede,
per esempio, a chi viaggia sul Grande raccordo anulare della Capitale». La
precisazione arriva dal comandante della Municipale, Sergio Abbate, che, pur
ribadendo l’esistenza di significativi carichi di traffico lungo gli assi di
scorrimento del centro, invita a ridimensionare gli allarmi.
«Normalmente la circolazione sulle arterie principali è scorrevole - spiega
-. I problemi sorgono in caso di incidenti o lavori in punti chiave del
centro, che finiscono per creare ripercussioni anche in altre zone. È
accaduto con i cantieri sulle Rive, in largo Barriera o in piazza Goldoni.
In casi simili gli operatori della Municipale intensificano la loro presenza
per ridurre i disagi. Una presenza ben visibile anche nelle giornate normali
e finalizzata a snellire il traffico. Se un automobilista passa in Borgo
Teresiano o in via Coroneo incrocerà nostre pattuglie, spesso impegnate
contro la ”sosta selvaggia”». Periodicamente, inoltre, i vigili si
interfacciano con il Servizio mobilità del Comune per segnalare possibili
accorgimenti. «A volte anche le piccole cose possono aiutare. Aggiustare uno
specchio parabolico rotto o rimuovere un cartello stradale mal posizionato.
Il nostro compito è comunque limitato alla segnalazione delle criticità,
senza entrare nel merito delle strategie che regolano la circolazione». |
Rifiuti a Muggia: appalto a
rischio - Una società di Conegliano ricorre al Tar: «Bando viziato
all’origine» |
|
Il Tribunale
amministrativo blocca l’assegnazione. Il Comune pronto a ricorrere al
Consiglio di Stato
MUGGIA L’appalto per la raccolta
dei rifiuti a Muggia è a rischio. Una società, che peraltro non aveva
partecipato alla gara, ha vinto un ricorso al Tar ottenendo l’annullamento
di tutti gli atti relativi all’appalto. Il Comune sta per ricorrere al
Consiglio di stato, posticipando quindi temporaneamente l’efficacia della
sentenza. La ricorrente è la «E.Con-Conegliano Ecologia», che ha presentato
il ricorso al Tar nei confronti del Comune, della stessa aggiudicataria (la
Ecoverde) e dell’Acegas (che comunque non aveva vinto la gara). I primi atti
sono stati depositati già il 18 settembre, ancora prima dell’aggiudicazione
ufficiale dell’appalto dell’asporto rifiuti a Muggia. L’azienda ha lamentato
un’illegittimità del bando, che era carente, ad esempio, di una preventiva
indicazione di alcuni dati (in merito al personale) per poter fare una
«corretta formulazione dell’offerta economica». La E.Con non ha quindi
nemmeno presentato l’offerta per l’appalto, e ha definito il bando «viziato
all’origine».
Il ricorso ha determinato la consegna al tribunale di numerosi documenti e
memorie, da ambo le parti. Il tribunale amministrativo, alla fine, ha
rigettato vari motivi di difesa presentati dal Comune, ed ha dato ragione
alla ricorrente (pur non riconoscendole però una richiesta di risarcimento
danni). Nell’articolata sentenza, redatta in 13 pagine, il Tar (dopo tre
udienze) ha accolto dunque il ricorso e, come si legge nel deliberato,
«annulla l’atto di indizione della gara, il bando di gara pubblicato, il
relativo capitolato speciale, nonché tutti gli atti conseguenti, ivi
compresa la determinazione del 17 settembre 2007 recante l’aggiudicazione
alla controinteressata». In pratica, a detta del Tar, andrebbe rifatta
subito la gara.
Immediata la reazione del Comune che ancor prima di conoscere i motivi della
sentenza, ha predisposto un ricorso al Consiglio di stato. Dalla data di
deposito della sentenza (giunta in municipio nei giorni scorsi) il Comune ha
un mese di tempo per presentare appello. Lo stesso ricorso posticipa la
sospensiva stabilita dal Tar, proprio per garantire la prosecuzione del
servizio pubblico.
Entro la fine di marzo si dovrebbe conoscere la decisione del Consiglio di
stato. Almeno fino ad allora, il servizio di asporto resta comunque in mano
alla Ecoverde. Il vicesindaco Franco Crevatin afferma: «Riteniamo di avere
più che buone possibilità di ottenere in appello l’annullamento della
sentenza».
La ditta precedente, l’AcegasAps, era stata alla fine non ammessa alla gara
per aver presentato, a differenza di Ecoverde, un’offerta ben più alta della
basa d’asta. La gara era al ribasso, ma l’AcegasAps aveva proposto oltre 4
milioni di euro contro i due milioni e 600 mila stabiliti, motivando
l’offerta con i maggiori costi per lo smaltimento dei rifiuti non
differenziati rispetto quanto previsto nel capitolato.
E c’era stato anche un piccolo battibecco, e l’ex gestore aveva avanzato
dubbi (messi per iscritto nei verbali della gara) sulla capacità della ditta
vincitrice di mantenere tali prezzi fino al termine dell’appalto, il 31
dicembre 2011. Il passaggio di consegne aveva creato qualche disagio,
soprattutto perché è stato necessario sostituire tutti i cassonetti sparsi
per il territorio, e tra AcegasAps e Ecoverde non c’è stato molto dialogo e
collaborazione nell’avvicendamento. Ora, in caso di esito negativo
dell’appello al Consiglio di stato, si prospetterebbe l’indizione di
un’altra gara (con i relativi nuovi alti costi per il Comune). Ciò, però,
non creerebbe disagi nel servizio, anche perché fino all’esito
dell’eventuale nuovo appalto l’asporto sarebbe garantito dal gestore
attuale.
Sergio Rebelli |
Rinnovati i sentieri della
Val Rosandra - Saranno inaugurati con una cerimonia nella mattinata di
sabato dal comune di San Dorligo della Valle |
|
SAN DORLIGO La mattina di sabato
15 marzo il Comune di San Dorligo della Valle inaugurerà le opere realizzate
nella Val Rosandra per il miglioramento della sentieristica e la
sistemazione di manufatti. L’intervento è frutto del progetto «La Val
Rosandra e l’ambiente circostante», realizzato nell’ambito dell’iniziativa
dell’Unione Europea di cooperazione transfrontaliera Interreg IIIA
Italia-Slovenia 2000-2006.
Il progetto è stato presentato per la prima volta nel 2003, e ha ottenuto
l’approvazione definitiva e la conseguente dotazione finanziaria solo alla
fine del 2005 e terminerà il 31 marzo 2008. Per la realizzazione del
progetto, che prevedeva sia interventi infrastrutturali sia azioni di
divulgazione scientifica e promozione turistica, sono stati investiti
600mila euro di cui la Comunità Europea ha finanziato l’85 per cento e il
Comune il restante 15 per cento. Grazie agli interventi previsti, sono stati
sistemati e messi in sicurezza alcuni tratti dei principali sentieri che
attraversano la Val Rosandra (come il Sentiero dell’Amicizia), le tre
vedette di Crogole, Moccò e San Lorenzo e la risorgiva di Moganjevec, che si
trova appena sopra il paese di Dolina, da dove parte il sentiero per
arrivare alla vedetta di Crogole e in cima al Monte Carso.
È stato rimesso a nuovo anche il Centro visite di Bagnoli, che diverrà il
punto di partenza di ogni escursione (guidata e non) nella valle che da
qualche anno è Riserva naturale (di cui lo stesso Comune di San Dorligo è
gestore). Inoltre, è stata sistemata anche la chiesetta di Santa Maria in
Siaris. Un’opera significativa, che aiuta a comprendere l’attaccamento degli
abitanti e dei numerosi frequentatori alla Val Rosandra.
Per non compromettere l’estetica e l’alto pregio di questo luogo, la
copertura del portico è stata fatta con tegole antiche e il Comune aveva
fatto un appello agli abitanti e a chiunque avesse a disposizione il
materiale necessario. L’appello non aveva tardato a dare i suoi frutti: in
una settimana erano state raccolte più di 1500 tegole donate spontaneamente
da privati cittadini e da associazioni culturali e sportive. Lo stesso
intervento alla chiesetta era stato spettacolare, visto che per trasportare
i materiali edili era stato necessario l’uso di un elicottero. Per
inaugurare le opere realizzate con il progetto «La Val Rosandra e l’ambiente
circostante» il Comune organizza una passeggiata in Val Rosandra sabato 15
marzo, con partenza alle 10.30 da Bagnoli della Rosandra, all’inizio del
Sentiero dell’Amicizia, per proseguire fino alla chiesetta di Santa Maria in
Siaris, dove verrà celebrata la messa. La passeggiata si concluderà con una
bicchierata a Bottazzo.
s. re. |
Endesa aggiorna il piano sul
rigassificatore off-shore - Depositati nuovi documenti sull’impianto
nel golfo al ministero dell’Ambiente e in Regione |
|
La società
energetica annuncia nuovi approfondimenti tecnici nell’ambito dell’iter
autorizzativo per il rilascio della concessione demaniale marittima
TRIESTE Endesa Italia non cede
di un metro sulle strategie dei rigassificatori, come asset strategico per
lo sviluppo energetico, e in particolare con il terminal off-shore da
collocare nel golfo di Trieste, al largo delle coste slovene e del litorale
gradese.
Dopo la conferma delle volontà, la scorsa settimana, di portare avanti
l’iter autorizzativo, ieri la società «Terminal alto Adriatico» partecipata
al 100% da Endesa, ha fatto sapere di aver depositato al ministero
dell’Ambiente e alla Regione Friuli Venezia Giulia un aggiornamento della
documentazione che riguarda il progetto dell’impianto di gnl (gas naturale
liquido) al vaglio della Commissione di valutazione di impatto ambientale
(Via).
«La società ha condotto ulteriori approfondimenti tecnici e simulazioni
nell'ambito dell'iter autorizzativo per il rilascio della concessione
demaniale marittima. All'interno di tali approfondimenti - precisa una nota
di Endesa - è stata elaborata, in collaborazione con Rina Industry e
condivisa con gli esperti locali, una dettagliata simulazione delle manovre
di approccio e partenza delle navi metaniere dal terminale. Ciò ha permesso
di definire le caratteristiche dei mezzi nautici di supporto e di
individuare il tipo di manovra ottimale. Lo studio dimostra l'efficacia
delle manovre di avvicinamento-accosto- ormeggio e
disormeggio-distacco-allontanamento in condizioni ambientali che interessano
le diverse tipologie di vento (per direzione, intensità media e raffiche),
di corrente (intensità e direzione) e onda (altezza significativa, direzione
e periodo). Lo studio è stato infatti condotto in varie condizioni meteo
marine e di carico».
L'impianto di Gnl, ha spiegato anche Endesa Italia, sarà inoltre in grado di
monitorare in continuo con sistema radar le rotte delle navi in transito e
di non interferire con i flussi esistenti. Tra gli approfondimenti
sviluppati con lo scopo di approfondire ulteriori dettagli delle tematiche
ambientali, sono stati proposti anche un «piano di monitoraggio ambientale»
ed una «caratterizzazione floristico-vegetazionale e faunistica» dell'area
interessata alla condotta.
La società attraverso la controllata Terminal Alpi Adriatico (l’assetto
societario non è ancora cambiato, Endesa Italia resta al momento partecipata
all’80% da Endesa e al 20% da Asm, ora A2A anche se ci sono trattative in
corso per la cessione della società alle tedesca E.On dopo la liquidazione
delle quote detenute a Brescia), conferma dunque «il proprio impegno nello
sviluppo del progetto e nel dare risposta concreta e puntuale ai dubbi e
alle domande sollecitate dal territorio». Va ricordato, insiste la società
energetica, che la procedura di «Via» del terminal è attualmente in «fase di
istruttoria al ministero dell'Ambiente», così come la richiesta di
concessione demaniale. La domanda di gas è crescente e Endesa vuole entrare
in questo mercato: le previsioni parlano di una domanda di 650 mila metri
cubi nel 2020 (il 30% in più rispetto ad oggi) e l’evoluzione del mercato
del Gnl impone di muoversi rapidamente.
g. g. |
La pista sulla Parenzana |
Una settimana fa avete
pubblicato una mia segnalazione riguardante la pista ciclabile che la
Slovenia ha costruito sul tracciato della ex «Parenzana», in cui mi
lamentavo del fatto che questa, nel nostro territorio, sembrasse
abbandonata. Subito dopo ho letto un vostro articolo in cui dite che il
Comune di Muggia sta predisponendo un progetto di riattivazione del
tracciato, in modo da collegarlo a quello sloveno.
Potenza della stampa! Ora che lo so, appena trovo qualcosa che non mi pare
giusta, ve la segnalo, sicuro che in settimana verrà risolta.
Scusatemi, scherzavo, ma lasciatemi godere di questo momento di gloria per
una mosca cocchiera. Debbo dire però ancora una cosa: da quando avete
pubblicato quella mia segnalazione, ho ricevuto moltissime telefonate da
gente che chiedeva come fare per raggiungere la pista in questione. Il
problema, per un ciclista, è che l'attraversamento del confine di Rabuiese,
ora che è quasi un'autostrada, è un’impresa un po’ gravosa. Così approfitto
per lanciare un'ulteriore invocazione: non fatela troppo faraonica. A noi
basterebbe una pista che ci consenta di attraversare il confine in
tranquillità. Anche se non asfaltata va bene lo stesso.
Enrico Storici |
LA REPUBBLICA -
MARTEDI', 11 marzo 2008
Cagliari e Verona
le città più verdi - In calo smog e polveri sottili
Tabelle - IV Rapporto sulla Qualità dell'Ambiente Urbano
-
IV Rapporto sulla Qualità dell'Ambiente Urbano (
1.171KB)
Rapporto Apat: l'incremento
maggiore di aree naturali negli ultimi anni a Napoli - Male Taranto, Foggia,
Messina, Bari e Reggio Calabria. A Roma il record di auto
ROMA - Le aree verdi sono in
aumento in tutte le città italiane, ma l'incremento maggiore si è registrato a
Napoli, con una crescita del 19,5 per cento delle aree verdi pubbliche tra il
2000 e il 2006. Polmoni naturali fra il cemento, che crescono, però, in tutti i
centri urbani sopra i 150mila abitanti, con l'eccezione di Messina, e che vedono
in cima alla classifica assoluta Cagliari e Verona.
Lo comunica il IV rapporto dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Apat)
sulla qualità dell'ambiente urbano presentato oggi a Roma, che dedica uno
specifico focus proprio alla natura in città, nella sua componente vegetale come
in quella della biodiversità animale.
Aree verdi. Come percentuali di incremento, subito dopo Napoli si piazza
Cagliari, con una crescita dell'8% e Torino col 5,6%. Ma è Cagliari la città con
la più alta percentuale di verde pubblico, pari al 53% della superficie
cittadina, seguita da Verona con il 45,6% e Palermo con il 33,9%, secondo le
rilevazioni all'anno 2006. All'estremo opposto della classifica ci sono Taranto,
Foggia, Messina, Bari e Reggio Calabria. Negli ultimi sette anni la
disponibilità per abitante è aumentata di 23 metri quadrati a Napoli (da 5 a 28
m2), anche se Verona è la città che ne ha di più in assoluto, con 363 m2 a
persona, seguita da Cagliari con 282 m2.
Smog e auto. Dati positivi anche per lo smog: le emissioni totali di
polveri sottili (PM10) diminuiscono in tutte le città rispetto al 2000, dal -4%
di Taranto al -67% di Brescia. In particolare, il contributo del settore
"trasporti su strada", pur rimanendo la principale fonte di emissioni nella
maggior parte delle città, ha registrato decrementi significativi: dal 29% di
Prato all'82% di Brescia. La qualità dell'aria rimane però critica: il trasporto
su strada è il principale fattore di inquinamento in 19 delle 24 città
considerate. E se il numero di auto cresce soprattutto al Sud, a Roma rimane il
primato per il numero di veicoli: 699 ogni mille abitanti, dato tuttavia in calo
del 4,5 per cento rispetto all'ultimo anno. Aumentano però le vetture a basse
emissioni, con le Euro4 che superano il 10% in tutte le città e che a Roma sono
aumentate del 129 per cento negli ultimi sei anni.
Rifiuti. Cresce anche in tutta Italia il problema dei rifiuti, con una
produzione in aumento tra il 2002 ed il 2006 del 5,1 per cento nelle grandi
città contro una media nazionale ancora più alta, all'8,9 per cento. Un dato
quello delle grandi città che si spiega, secondo l'Apat, con la diminuzione
della popolazione in questi centri. Sul fronte raccolta differenziata, il
risultato migliore è quello di Padova che, nel 2006, ha raggiunto il 39%,
seguita da Torino col 36,7%, Brescia col 35,8% e Prato col 35,3%; restano sotto
il 10% città come Cagliari, Napoli, Catania e Messina.
IL PICCOLO -
MARTEDI', 11 marzo 2008
Traffico quasi al collasso:
«Servono nuove idee» -
Il comandante dei vigili: «Tutte le strade del centro sono
congestionate. Borgo Teresiano caso limite» |
|
Traffico:
le zone al collasso |
Camus: «Sono
sottoutilizzate alcune vie piccole ma non servono per spostare la
circolazione. Bisogna ripensare il trasporto pubblico» |
Auto in doppia fila e volumi di
traffico sempre più importanti: la circolazione nel centro cittadino è ormai
a rischio collasso. E, aspetto ancor più preoccupante, non sembrano esistere
soluzioni in grado di invertire la tendenza. Secondo vigili urbani ed
esperti in mobilità, infatti, mancano strade alternative in grado di
alleggerire i carichi dei principali assi di scorrimento. |
In altre parole fino a quando
non verrà rivoluzionata seriamente la viabilità in centro, per esempio
mettendo mano a qualcuna delle soluzioni previste dall’ormai famoso Piano
del traffico, non potranno saltar fuori correttivi o aggiustamenti in grado
di rendere più fluida la circolazione ed evitare il pericolo paralisi ad
ogni tamponamento o piccolo corteo.
L’assenza di margini di manovra dipende proprio dalla mancanza di strade
relativamente «libere» e quindi capaci di assorbire almeno in parte i
carichi di traffico che mettono quotidianamente a dura prova le arterie
principali. «Strade poco sfruttate in centro? Direi che non ne esistono -
spiega il comandante della polizia municipale, Sergio Abbate -. Per
rendersene conto basta prendere in esame il caso del Borgo Teresiano: i
volumi di traffico che interessano via Milano sono significativi come quelli
che pesano su via Roma, via Valdirivo, via San Spiridione e via Filzi. Non è
materialmente possibile, quindi, alleggerrire una strada poteziandone
un’altra, perchè sono tutte già ampiamente frequentate dagli automobilisti».
«A meno di non fare giri pazzeschi in Carso, alternative alle arterie
principali non possono essercene - aggiunge il preside della facoltà di
Ingegneria dell’Università, Roberto Camus, autore del discusso Piano del
traffico e del Piano della mobilità commissionato dalla precedente
amministrazione provinciale -. Questo dipende proprio dalla conformazione di
Trieste, stretta tra il mare e i monti. La nostra non è una città ”radiale”
che consente alla circolazione di scorrere su un anello esterno. Al
contrario il centro, per come è fatto, impone dei passaggi obbligati per
andare da un punto ad un altro. Chi arriva a Trieste da Barcola e vuole
andare all’Università, per esempio, sempre per via Milano dovrà passare,
così come chi scende da Opicina ed è diretto in via Coroneo o via Fabio
Severo, obbligatoriamente transiterà in piazza Libertà o via Battisti.
Alternative non ce sono a meno di non ricorrere a strade piccole e quindi
non in grado di sopportare volumi importanti di traffico. È il caso ad
esempio di via Cordaroli che, per quanto vicina, non riuscirebbe di certo a
reggere il peso del traffico di via Commerciale».
Un’analisi impietosa che sembra valere anche per altre zone della città.
«Prendiamo la situazione di un residente di San Giovanni che debba recarsi
al lavoro in centro - commenta Fulvio Sluga, agente della Municipale e
sindacalista Ugl -. Nove volte su dieci sceglierà via Giulia e via Battisti,
per quanto spesso congestionate, preferendole al traffico a singhiozzo della
più stretta, e piena di incroci, via San Francesco. Fino a quando non si
riuscirà a convincere i cittadini a ridurre l’uso delle auto, il traffico
sarà sempre incanalato lungo le direttrici principali».
A meno di non adottare un deciso cambio di rotta, quindi, perdureranno le
criticità legate al sovraccarico di arterie vitali come Via Milano, Corso
Italia, via Giulia- Battisti, via Coroneo- Severo, via Carducci e, in uscita
città, viale Miramare. «Strade, tra l’altro, quotidianamente interessate dal
fenomeno della doppia fila e della sosta selvaggia - aggiunge Abbate -. In
via Coroneo, per esempio, i veicoli parcheggiati su entrambi i lati
costringono alla fine le auto a viaggiare su un’unica corsia, mentre
potenzialmente le carreggiate disponibili sarebbero tre».
Unica soluzione, secondo Camus, ripensare seriamente il concetto di
trasporto pubblico. «Il punto centrale del mio Piano del traffico, infatti,
era proprio il potenziamento delle corsie dedicate agli autobus. Peccato che
questo concetto sia poi passato in secondo piano rispetto al dibattito sulla
pedonalizzazione di corso Italia».
Maddalena Rebecca |
PIANO DEL TRAFFICO - «I bus e
i pullman transfrontalieri aspettano una nuova viabilità» |
|
«Non capisco perchè il Comune
non prenda una decisione. Il Piano del traffico è essenziale non solo per la
circolazione delle auto private, ma anche per il trasporto pubblico locale,
compreso quello trasfrontaliero che stiamo iniziando a progettare».
Il monito arriva dall’assessore provinciale ai Trasporti, Ondina Barduzzi,
impegnata da settimane a mettere a fuoco gli aspetti tecnici del servizio
bus a cavallo tra Italia e Slovenia. «Ma è inutile fare grandi ragionamenti
sugli autobus se non si dispone di una strategia generale sul traffico -
spiega -. È essenziale che venga adottato uno strumento in grado di metter
ordine a livello di viabilità. Serve una gerarchia delle strade: dovranno
esserci quelle a scorrimento veloce, come nel caso delle Rive, quelle
riservate al passaggio dei bus, le vie dotate di parcheggi e infine, se lo
si decide, le aree pedonali. Il tutto va però affrontato con metodo e buon
senso, evitando le situazioni ”miste” in cui si concede un po’ di tutto. È
assurdo infatti potenziare il trasporto pubblico se poi gli autobus faticano
a transitare a causa delle auto lasciate in doppia fila. Se un mezzo impiega
mezz’ora per percorrere un tragitto breve, è ovvio che la gente non lo
prenderà volentieri».
Quanto al dibattito innescato dalla proposta di pedonalizzare diverse zone
del centro, Barduzzi invita alla cautela. «Anche in questo caso ci vuole
buon senso - continua -. Se pedonalizziamo tutto e poi prevediamo decine di
deroghe, annulliamo l’effetto positivo. Personalmente avrei visto con favore
la pedonalizzazione di corso Italia se affiancata alla realizzazione della
galleria tra largo Mioni e via D’Alviano. Un’opera, quest’ultima, in grado
di assorbire i volumi di traffico di quella direttrice. Il Comune, invece,
ha voluto abbandonare quel progetto, peraltro già finanziato, senza adottare
soluzioni alternative. Il risultato è che, a distanza di anni, ci troviamo
ancora senza risposte ai problemi della viabilità».
m.r. |
|
Muggia, nuove analisi su
Acquario - I risultati forniranno la base per un piano di messa in
sicurezza del sito inquinato |
|
Domani in
consiglio comunale la bozza di convenzione con il Cigra dell’Ateneo.
Finanziamento regionale di 500mila euro
MUGGIA Sono previste nuove
analisi nell’interramento di Acquario sul lungomare muggesano, dalle quali
emergerà un nuovo piano di messa in sicurezza di emergenza. In una fase
successiva si penserà a una bonifica vera e propria che potrebbe avvenire
sul posto, anche se non è escluso l’asporto totale del materiale con
l’eliminazione del terrapieno.
Domani il consiglio comunale di Muggia approverà la bozza di convenzione con
il Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale (Cigra)
dell'Università cittadina per la caratterizzazione e la definizione degli
interventi di messa in sicurezza e successiva bonifica del terrapieno di
Acquario. La convenzione fa seguito a una serie di accordi e alla stesura
del primo piano di fattibilità, con cui il Comune è riuscito a ottenere un
contributo di 500mila euro dalla Regione. Questi fondi serviranno a
finanziare due prime fasi di intervento sul terrapieno, riconosciuto
inquinato.
Il sindaco Nerio Nesladek chiarisce i dettagli: «Come prima cosa, in
collaborazione col Cigra, vogliamo avere di nuovo un quadro completo dello
stato dell’inquinamento, con nuove caratterizzazioni e un’analisi del
rischio reale per la salute, e questo è un aspetto nuovo della normativa sui
siti inquinati. Così possiamo sapere se i dati del 2004 sono confermati, o
se invece c’è stata una diluizione naturale degli inquinanti. In una seconda
fase, sempre con questo contributo predisporremo una prima messa in
sicurezza di emergenza, nei modi e nei punti che si riterranno necessari.
Potrebbe anche accadere che alcune porzioni di terrapieno siano già pulite,
e potrebbero essere aperte al pubblico».
Ma si tratta solo di un primo passo nell’annosa vicenda della bonifica del
terrapieno, chiuso da anni (anzi, in pratica, mai aperto) per la presenza di
sostanze inquinanti in quantità superiori ai limiti fissati per il previsto
uso a «verde pubblico». Ma i fondi stanziati dalla Regione sono limitati a
questa fase «d’avvio». Tuttavia non sono escluse altre opportunità di legge.
È lo stesso regolamento relativo alla concessione di questo primo contributo
ad aprire ampi spiragli di un prosieguo con la bonifica vera e propria.
Spiega Nesladek: «Se esiste un interesse sovracomunale a bonificare il sito,
che si traduca in un accordo di programma e in una conferenza dei servizi,
la legge prevede che si possano erogare contributi anche per più volte, fino
al termine della bonifica. Noi puntiamo a questo – afferma il sindaco -. Il
percorso era stato già avviato con la Regione, ma poi è stato interrotto
dalla fine di questa legislatura. Chiunque arriverà, sono sicuro condividerà
questa nostra intenzione».
Quanto alla bonifica, molto dipenderà proprio da questa nuova fase di
analisi dei terreni. Si potrebbe adottare la fitodepurazione (specifiche
piante che assorbono gli inquinanti), oppure semplici «lavaggi» dei terreni
o altri metodi. Ma Nesladek non esclude una soluzione più drastica: «Per la
bonifica si dovranno anche valutare i rapporti costi-benefici di ogni
operazione che si vorrà fare. E potrebbe anche sembrare più conveniente
asportare tutto, e, in pratica, restituire la costa alla città così com’era
un tempo, e magari pensare poi a interventi ben diversi su quel tratto. In
questo caso sarà da valutare anche la compatibilità ambientale di una tale
operazione. Spostare la terra può avere i suoi rischi, come ad esempio
disperdere ancora di più nell’ambiente le sostanze inquinanti. È una ipotesi
- chiude Nesladek - e tale resta».
Sergio Rebelli |
Agricoltori: «Le norme
ambientali ci penalizzano» - Il segretario dell’Associazione Edi Bukavec
accusa la rigidità delle regole comunitarie recepite dalla Regione
|
|
«Il Carso merita tutela per le
sue peculiarità naturali, ma è necessario coniugare la protezione
dell’ambiente con la crescita delle attività economiche sul territorio.
Senza penalizzare quell’agricoltura che oggi sconta in modo particolare le
normative ambientali eccessivamente restrittive».
È questo il punto di vista dell’Associazione Agricoltori, preoccupata per le
crescenti difficoltà incontrate dai propri associati nell’esercizio delle
rispettive attività. Sotto accusa le recenti normative comunitarie assunte
dalla Regione in extremis, Zone di protezione speciale (Zpa) e Siti di
importanza comunitaria (Sic) derivate dalle normative di «Natura 2000»,
disposizioni di tutela dell’ambiente e in particolare della fauna volatile
imposte direttamente dalla Comunità Europea. «La creazione delle zone
protette – spiega per l’Associazione Agricoltori il segretario Edi Bukavec –
è avvenuta con forte ritardo. La Regione ha infatti recepito le direttive
comunitarie includendovi circa 12 mila ettari di Carso triestino e goriziano,
il tutto senza predisporre dei piani di gestione. Se pensiamo che la
provincia di Trieste si compone di complessivi 22 mila ettari, basta
togliere le zone urbanizzate dal computo totale e ci si accorgerà che
praticamente tutte le superfici non edificate risultano sotto tutela. Come
può un agricoltore sopravvivere su di un territorio dove non è possibile
muovere un dito?»
Nell’analisi delle problematiche agricole del comparto triestino,
l’Associazione Agricoltori evidenzia come nella variante al Piano regolatore
del Comune di Duino Aurisina, nei Sic che comprendono le località di
Medeazza, San Giovanni di Duino e Ceroglie sono vietate nelle zone agricole
nuove costruzioni come stalle o serre. «Addirittura risulta vietata la
trasformazione di coltura catastale – sottolinea Bukavec – per cui chi
intende trasformare un prato in uliveto o vigneto si trova
nell’impossibilità di farlo. Sono difficoltà che penalizzano gli agricoltori
– insiste il segretario – e che demoralizzano in particolare quei giovani
che vorrebbero fare ma che trovano questi enormi ostacoli a frenare la loro
dinamicità». A complicare ulteriormente la situazione, continua
l’Associazione, quella recente normativa, il decreto legislativo 152/06, che
regola le norme di utilizzo per i materiali utili alle bonifiche. Alcuni
agricoltori triestini sarebbero stati denunciati dall’Ispettorato
ripartimentale delle Foreste per avere utilizzato in modo improprio
materiali di scavo per la preparazione dei propri terreni. «È una situazione
paradossale – dice Bukavec – perché la legge in materia è ancora poco
conosciuta; alcune infrazioni commesse involontariamente sono state
sanzionate in modo pesante a fronte di un impianto accusatorio eccessivo e
tutt’altro che comprensivo. Non è certo così che si aiuta la gente a
lavorare», chiude Bukavec.
m.l. |
Ghiacci carsici in
esaurimento - Ne parla Sergio Dolce, direttore dei Musei scientifici -
Conferenza alla «Baroncini» sulle trasformazioni climatiche
|
|
Già estinto
il ghiacciaio del Montasio e in agonia quello del Monte Canin. Problemi
analoghi nella Selva di Tarnova e sull’altopiano del Nanos
A cura del circolo Amici del
dialetto triestino domani alle 18 nella sala Baroncini delle Assicurazioni
Generali il professor Sergio Dolce direttore dei civici Musei Scientifici
terrà una conferenza su un tema di grande interesse e attualità «Clima,
ghiaccio e ghiacciaie dalle Alpi al Carso»: un itinerario attraverso gli
ultimi diecimila anni (con proiezioni).
Ancora allarmismi sui ghiacciai. Il clima attuale sta modificando l'aspetto
del pianeta con un impatto notevole soprattutto sulle «riserve» di ghiaccio
dell'ambiente alpino. Un esempio eloquente è il ghiacciaio del Rutor in
Valle d'Aosta dove, proprio davanti alla lingua centrale, a lato di una
piccola morena, sono stati messi allo scoperto i resti di una torbiera
risalente a circa 6500 anni fa. Le analisi polliniche hanno permesso la
ricostruzione ambientale e climatica risalente all'epoca della sua
formazione con una temperatura annuale media di quasi 17 gradi. Si è pure
stabilito che attorno alla torbiera l'ambiente era costituito da bosco. Si
conclude quindi che il clima attuale si sta avvicinando a quello che è stato
il periodo più caldo degli ultimi diecimila anni con un rialzo termico
dovuto a oscillazioni naturali ma sicuramente reso più veloce
dall'inquinamento provocato da cause antropiche.
Altri effetti del riscaldamento del pianeta li riscontriamo sulle Alpi
Giulie dove si è estinto il ghiacciaio del Montasio ed è in agonia quello
del Monte Canin.
Le osservazioni portano ad analoghi risultati anche nella zona carsica delle
cosiddette «grotte di ghiaccio» della Selva di Tarnova e dell'Altopiano del
Nanos. Un esempio fra tutti: la Grotta Grande Paradana era usata in passato
come cava di ghiaccio. Attualmente (in base a osservazioni del novembre
2007) il ghiacciaio antistante è completamente scomparso.
Difficili sono le previsioni per il futuro: la tendenza all'aumento della
temperatura potrebbe anche invertirsi in modo naturale ma va affrontato
molto seriamente il problema dell'inquinamento atmosferico che dovrebbe
essere maggiormente controllato e abbattuto.
Liliana Bamboschek |
Biodiversità ed ecosistemi,
un corso per conoscerli - Da venerdì un’iniziativa promossa dalla Lipu e
sostenuta dalla Provincia su flora e fauna del territorio
|
|
Ha già toccato le settanta
adesioni il corso «Natura 2008», di educazione ambientale, sulla
conservazione della fauna, della flora e degli habitat naturali della
provincia di Trieste, organizzato dalla sezione Lipu di Trieste, con il
patrocino dell’amministrazione provinciale. «Il progetto ha diversi
obiettivi – spiega l’assessore provinciale all’educazione ambientale Dennis
Visioli – come quello di fare in modo che la gente, alla fine degli
incontri, abbia una conoscenza affettuosa del territorio, e in particolare
della fauna e della flora che ci circonda».
Visioli ha quindi ha ricordato come la finalità del corso sia, in primis,
quella di far conoscere gli elementi principali degli ecosistemi naturali
locali, fornendo un quadro generale delle caratteristiche e delle
peculiarità naturalistiche più rilevanti, ma anche dei rischi incombenti
sulla conservazione della biodiversità in provincia di Trieste. Il corso è
aperto a tutti e le lezioni saranno arricchite da alcune escursioni. Sono
previste visite al Centro didattico naturalistico di Basovizza del Corpo
forestale regionale e alla Riserva naturale Marina di Miramare, in aggiunta
a due passeggiate nelle riserve naturali regionali di Duino e della Val
Rosandra, accompagnati dai guardiacaccia e dalle guardie forestali. La
partecipazione al corso è gratuita. Solo per la visita alla Riserva Marina
di Miramare è previsto un contributo, destinato alla guida.
Alle persone che parteciperanno ad almeno il 70% degli incontri verrà
rilasciato un attestato di partecipazione. Gli incontri si terranno a
partire dal 14 marzo, ogni venerdì, nell’aula magna del liceo Oberdan dalle
18 alle 20. Sono ancora a disposizione circa trenta posti liberi. Le
informazioni sono disponibili alla mail lipu_trieste@yahoo.it o ai numeri
3286951039 o 3407399686. Si comincia il 14 marzo con la presentazione del
corso e un’introduzione agli ambienti naturali della provincia di Trieste,
seguirà il 21 marzo il tema «Geologia, gli antichi ambienti del carso».
Il 28 marzo «Flora e vegetazione degli ambienti aperti» e quindi tutti gli
altri incontri. Il programma completo di tutti gli appuntamenti è visibile
anche sul sito www.provincia.trieste.it.
Il corso si svolge con la collaborazione del Dipartimento di Biologia e
Dipartimento di Scienze geologiche ambientali e marine dell’Università, del
liceo Oberdan, della Riserva di Miramare, dell’Ispettorato dipartimentale
Foreste di Trieste e Gorizia, del Centro Didattico Naturalistico di
Basovizza, del Museo Civico di Storia Naturale del Comune di Trieste e
dell’Associazione Studi Ornitologici e Ricerche Ecologiche. Gli
organizzatori hanno anticipato che in autunno si terrà un nuovo ciclo di
incontri, per chi desidera conoscere anche la parte giuridica legata alla
tutela dell’ambiente.
Micol Brusaferro |
Aree pedonali: la priorità è
la salute - Le scelte urbanistiche devono lasciare da parte gli interessi di
categoria
|
In merito a quanto scritto sul
Piccolo il 27 febbraio sulla necessità di creare ulteriori aree pedonali, tengo
a evidenziare alcuni punti che non andrebbero trascurati. Prima di tutto mi
chiedo quali siano le motivazioni per cui la categoria dei commercianti debba
tanto intervenire sulla decisione o meno di creare tali aree. Sono i
commercianti o è il sindaco a dover decidere della salute dei cittadini? O forse
non c’è esclusivamente l’interesse della salute dietro le aree pedonali? Non so
perché, ma mi è venuto un piccolo sospetto.
Ci siamo forse dimenticati che proprio la categoria dei commercianti s’era
eretta a muro contro la chiusura del centro cittadino agli albori degli anni
’90, quando appena s’iniziava a parlarne, adducendo cali certi di guadagno?
Adesso s’è capovolta la frittata e la vogliono nuovamente girare a loro favore?
Sempre a lamentarsi dei cali di vendita, ma non sarà forse che ci hanno spremuto
sino all’osso?
È finita l’epoca degli «slavi» (con rispetto parlando) che caricavano jeans, e i
commercianti a costruirsi ville in Carso. Comunque, a dire il vero, neppure ora
ritengo che siano i commercianti a dover stabilire le regole; è palese il loro
interesse economico e non ambientale. Come altre volte fatto, va istituito un
sondaggio con sms sul giornale. E poi sarà il sindaco insieme all’assessore
responsabile a dover decidere. Sono loro i nostri diretti referenti.
Comunque sia, il problema non si risolverà mai così. Avessero i nostri
governanti gli attributi per obbligare a circolare nei centri cittadini solo
automobili elettriche o ibride (dando incentivi seri per acquistarle), senza
concedere deroghe a politici, commercianti, preti o chicchessia, e per investire
in fonti energetiche rinnovabili per i riscaldamenti, o vietare l’ingresso in
Italia dei camion dell’Est Europa che sono «Euro -5» e inquinano la nostra
Italia come dieci macchine, oppure chiudere la Ferriera? Che ne dite?
Così sì che si scorgerebbe la vera intenzione di risolvere il problema smog! O
mi sbaglio?
Paolo De Chirico
IL PICCOLO -
LUNEDI', 10 marzo 2008
Pescatori
croati: «Guai a eliminare la zona ittica» - Il presidente del
sindacato: «Se no gli italiani verranno nelle nostre acque territoriali» |
|
Il leader
dell’opposizione Milanovic: «Sanader adesso spieghi che l’ingresso in Europa
è più importante» |
Gli
operatori dicono che in questa questione «la Slovenia è diventata il cavallo
di Troia per la politica di Roma contro Zagabria» |
FIUME Levata di scudi dei
pescatori istriani, dalmati e quarnerini dopo il severo monito del
commissario europeo all’ Allargamento, Olli Rehn, che la settimana scorsa ha
ribadito come l’ applicazione della Zona ittico ecologica in Adriatico (Zerp
in lingua croata) blocchi la strada di Zagabria verso l’Europa comunitaria.
Preso atto della dichiarazione di Rehn, il premier Ivo Sanader ha annunciato
che il Paese deve decidere se insistere con la Zerp, rinunciando pertanto
all’Europa, oppure deve fare un passo indietro. La dichiarazione del primo
ministro non è piaciuta affatto ai pescatori e ai loro rappresentanti,
pronti a denunciare quello che hanno definito «il voltafaccia del governo».
Tra i più critici, il presidente del Sindacato nazionale dei pescatori,
Petar Baranovic: «La categoria è molto delusa in quanto l’esecutivo statale
ha ceduto di schianto alle forti pressioni dell’Unione europea – così il
leader sindacale – siamo convinti che vi saranno altri ricatti di Bruxelles
nei confronti della Croazia, che dalla sua parte aveva addirittura il
diritto internazionale per poter applicare la Zerp. Con la sua politica
della pesca, Bruxelles ha depauperato gravemente le risorse del Mar Baltico
e del Mare del Nord e sarà così anche con l’Adriatico. Credo che quanto
accaduto darà forza ai pescatori italiani nel chiedere di poter esercitare
la loro attività persino nelle acque territoriali della Croazia. Sono
convinto che Zagabria non potrà opporsi ad una simile richiesta».
Duro anche il commento di Miro Kucic, presidente della sezione Pesca e
Maricoltura presso la Camera d’Economia nazionale: «Tutti gli Stati dell’Ue
hanno firmato la Carta delle Nazioni Unite che consente ai Paesi sovrani di
proclamare la zona in regime di tutela ittica ed ambientale. Voglio
ricordare che la Commissione europea ha consigliato ai Paesi comunitari di
allargare di 12 miglia la loro giurisdizione dal confine che delimita le
acque territoriali. Una proposta che Bruxelles ha lanciato per meglio
tutelare i patrimoni ittici in queste fasce di mare. Alla Croazia viene però
impedito di tutelare questa zona in quanto ciò danneggerebbe gli interessi
dei pescatori italiani». Quindi Kucic si è detto certo che non sono gli
sloveni i maggiori oppositori della Zerp: «La Slovenia è il classico cavallo
di Troia dell’Italia contro Zagabria – parole di Kucic – gli sloveni pescano
poco nella Zerp, al contrario degli italiani, il cui tornaconto economico è
davvero elevatissimo. I pescatori italiani trovano ascolto dal loro governo
che, tramite l’ Unione europea, tutela i loro interessi. Gli sloveni, dal
canto loro, cercano di farsi belli agli occhi degli italiani, nella speranza
di ricavarci qualcosa dal contenzioso con i croati sui confini». In attesa
che il Sabor, il parlamento croato, si esprima definitivamente
sull’applicazione integrale della Zona (il dibattito dovrebbe aversi nei
prossimi giorni), il numero uno dell’opposizione di centrosinistra, Zoran
Milanovic, presidente del Partito socialdemocratico, ha lanciato frecciate
velenose all’indirizzo del governo Sanader: «Il premier dovrebbe rivolgersi
all’opinione pubblica, spiegando che la Zona ittico–ecologica è un traguardo
sì legittimo, ma di importanza inferiore rispetto all’entrata del Paese
nell’ Europa dei 27».
Andrea Marsanich |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 9 marzo 2008
E sul sito internet del
Piccolo i lettori chiedono la chiusura del centro - Quasi 300 firme per
liberare i marciapiedi dalle auto |
|
Secondo numerosi triestini il
traffico è la causa principale dello sforamento delle polveri sottili. Nei
giorni scorsi i commercianti si erano schierati per le aree pedonali
La petizione
promossa dal Coped-CamminaTrieste verrà indirizzata al Comune e alla
magistratura
Quasi trecento le firme raccolte
finora dal «Comitato per la liberazione dei marciapiedi e delle fermate dei
bus di Trieste», che sta riscontrando da parte dei cittadini un forte
interesse nei confronti della petizione avviata dal Coped-CamminaTrieste. Le
pagine e pagine di adesioni raccolte in calce alla petizione verranno
consegnate alle alle istituzioni cittadine e alla magistratura.
Alla base dell’iniziativa del comitato, il fatto, a quanto sottolineato
dallo stesso, che «più di 70 chilometri e il 90 per cento delle fermate dei
bus sono occupati illegalmente ogni giorno, tolti ai pedoni, ai bambini e ai
diversamente abili».
Marciapiedi praticamente inagibili: è qusta secondo il Coped «una macchia
nera della città che va rimossa e che affonda la dignità dei cittadini, dei
pedoni edei bambini, ai quali queste parti sottratte sono dovute invece di
diritto».
«Non ci sono più alibi - prosegue il comitato - e questo disordine va
risolto con tutte le misure possibili di potenziamento dei servizi pubblici,
dando la priorità a un modo di vivere più tranquillo, meno trafficato, con
la sicurezza stradale in primis».
Secondo il comitato dei pedoni «Trieste resta schiava di un’assurda
prepotenza, quella dell’occupazione abusiva delle fermate degli autobus di
oltre 70 chilometri di marciapiedi, male che si vuole contrabbandare con la
giustificazione che non ci sono parcheggi, che questi mancheranno sempre,
perché le macchine e le moto circolanti nel territorio sono sproporzionate
rispetto alle esigenze reali».
Il Piano urbano del traffico potrebbe, a parere del Coped, risolvere la
questione potenziando i bus, come proposto, migliorare la viabilità,
realizzare corsie preferenziali.
Ma se il Comitato dei pedoni si mobilita, i cittadini prendono parte attiva
alla discussione sul traffico, sulla pedonalizzazione del centro, su
eventuali soluzioni, nell’apposito spazio web a loro disposizione sul sito
internet del «Piccolo». Molti lettori si pronunciano a favore della chiusura
del centro alle auto e della creazione di nuove aree pedonali. La chiusura
per 12 giorni consecutivi a causa dello smog ha rappresentato un collaudo,
con la forzata rinuncia all’automobile. «Si inventano il nuovo piano del
traffico, lo smog inquinato da Pm 10, tanto chi li controlla sul fatto che
quanto vanno dicendo sia realtà? E chi controlla i controllori? I parcheggi
impossibili, i parcheggi realizzati dopo qualche anno non risollevano
immediatamente le finanze dei negozianti ormai boccheggianti».
Ma nei giorni scorsi c’è stato anche chi ha proposto delle soluzioni: «Il
vero inquinamento da traffico si combatte non facendo fermare i veicoli agli
incroci ma, soprattutto in quelli più importanti, creando dei sottopassi e
rotatorie». E se qualche lettore stigmatizza l’atteggiamento dei
commercianti, questi ultimi sottolineano invece in più occasioni di essere
favorevoli a interventi di pedonalizzazione. |
Educazione ambientale, corso
di 15 incontri nelle riserve della provincia - Lezioni teoriche e tre
escursioni. Previsto un attestato di partecipazione |
|
TRIESTE Una primavera
all'insegna della natura quella organizzata dalla Lipu (Lega italiana
protezione uccelli) di Trieste assieme alla Provincia. Venerdì partirà il
progetto «Natura 2008», che prevede la realizzazione di 15 incontri, fra cui
tre escursioni, per conoscere il territorio con la sua fauna e la sua flora.
Un vero e proprio corso di educazione ambientale aperto gratuitamente a
tutti i cittadini.
Ogni incontro approfondirà un tema diverso. Tutte le lezioni incominceranno
alle 18 al Liceo scientifico Oberdan di via Veronese, che metterà anche a
disposizione il parcheggio interno alla scuola, e non si protrarranno per
più di due ore. Il primo appuntamento, a scopo introduttivo, è previsto per
il 14 marzo, quando il maresciallo del Corpo forestale Roberto Valenti
illustrerà gli ambienti naturali della provincia triestina. «L'iniziativa -
spiega l'assessore all'Educazione ambientale Dennis Visioli - è rivolta a
tutti, non solo agli amanti della natura ma anche e soprattutto alle persone
che desiderano conoscere questo territorio e le sue particolarità. Solo
conoscendo la realtà in cui si vive si è in grado di apprezzare e tutelare
le meraviglie che questa offre, spesso nascoste anche agli occhi più
attenti». «Nel corso delle lezioni - precisa Ilario Zuppani della Lipu di
Trieste - gli esperti illustreranno anche le numerose curiosità che queste
terre ospitano: pochi sanno, per esempio, che sul Carso triestino vive il
serpente Gatto, una specie protetta a livello europeo. Si tratta di un
esemplare balcanico, presente solo in Dalmazia, che qui ha trovato il suo
habitat ideale: è simile a una vipera, non è velenoso ed esce
preferibilmente la notte». Il 21 marzo il professor Nevio Pugliese, del
Dipartimento di Scienze geologiche ambientali e marine dell'Università di
Trieste, parlerà su «Geologia, gli antichi ambienti del Carso». Il 28 marzo
sarà la volta del naturista Giuseppe Oriolo, che proporrà il tema «Flora e
vegetazione degli ambienti aperti». Ma negli appuntamenti successivi si
parlerà anche di funghi, mammiferi, anfibi, rettili, pesci di acqua dolce,
invertebrati per concludere il ciclo con una tavola rotonda dedicata al tema
dello «Sviluppo economico e conservazione della natura», in programma per il
6 giugno. Tre le escursioni previste: il 20 aprile nella Riserva naturale di
Duino con i guardiacaccia e le guardie forestali (partenza alle 9 dal bivio
per Sistiana Mare), il 18 maggio nella Riserva naturale della Val Rosandra,
sempre con i guardiacaccia e le guardie forestali, con la visita al Centro
didattico naturalistico di Basovizza (partenza alle 9 dalla chiesetta di San
Lorenzo). L'ultima escursione, per chi lo desidera anche subacquea, si
svolgerà l'8 giugno alla Riserva naturale marina di Miramare (solo in questo
caso è previsto un contributo per l'accompagnatore). Alle persone che
parteciperanno ad almeno il 70% degli incontri verrà rilasciato un attestato
di partecipazione.
Per questioni organizzative è preferibile segnalare la propria presenza
telefonando allo 340-7399686 o allo 328-6951039 o all’e-mail lipu_trieste@yahoo.it.
Silvia Stern |
Rifiuti ingombranti sul
Carso, chieste le Guardie ambientali |
|
OPICINA Cresce anche
sull’Altipiano la tendenza a scaricare i rifiuti ingombranti accanto ai
normali contenitori delle immondizie, evitando sistematicamente di
destinarli alle competenti depositerie. Diverse segnalazioni in questo senso
giungono da frazioni quali Santa Croce, Prosecco e Contovello al «Primo
parlamentino»: elettrodomestici ormai inutilizzabili, tv, frigoriferi ma
anche materassi, infissi e altri rifiuti ingombranti che per legge
dovrebbero essere portati alle depositerie. Oltre, a volte, a quintali di
ramaglie.
Bruno Rupel, presidente della Circoscrizione Altipiano Ovest, lancia un
appello: «La situazione è preoccupante anche perché certe cattive abitudini
sono destinate ad aumentare con la primavera e le relative potature.
Facciamo appello al buon senso dei nostri residenti, ricordando loro che a
Opicina funziona tutta la settimana un punto di raccolta per i grandi
rifiuti aperto ininterrottamente dalle 7 alle 19, sabato compreso». Per
presidente e Circoscrizione la situazione di disagio e degrado potrebbe
migliorare sensibilmente con il passaggio delle Guardie ambientali che, a
loro avviso, non si sarebbero ancora viste a Prosecco e dintorni. |
Le ragioni dell’inquinamento |
|
Dieci e più giornate di
limitazioni al traffico automobilistico non hanno dato risultati
apprezzabili, segno che le fonti di inquinamento sono altre e di natura
persistente. Non so se una componente di alta responsabilità sia da
individuarsi nella Ferriera che, al contrario delle limitazioni al traffico
o al prossimo spegnimento nella bella stagione degli impianti di
riscaldamento, sembra essere l’unica componente costante.
Attorno agli anni Venti, nel secolo scorso, mio nonno provvide a una tomba
di famiglia. L’aspetto e la qualità percepibile è rimasta quasi tale e quale
per circa ottanta anni. Dieci anni fa, un’azienda provvide all’esecuzione di
una pulizia, ma solo dopo sette anni le condizioni del monumento funerario
avevano un aspetto peggiore che non nei precedenti ottant’anni, il che mi fa
credere che la zona di Valmaura e Servola siano delle vere camere a gas. Ma
si sa, mentre lo scarico di un’automobile e la meccanica nel moto creano
rumore, sia la Ferriera sia gli ancora troppi impianti di riscaldamento
alimentati a gasolio sono «silenziosi» per cui siamo indotti a credere che
l’automobile sia la madre di tutti gli inquinamenti.
A questo proposito capitano a fagiolo gli esiti di uno studio svolto dal
King’s College e dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine che
hanno indagato sugli effetti provocati dall’applicazione della tassa
antiauto nel centro di Londra, elementi questi che evidentemente la giunta
Moratti a Milano ha preso sottogamba. A Londra hanno monitorato giorno dopo
giorno per tre anni i dati. Il decremento del traffico si è attestato al 26%
mentre i due agenti inquinanti tenuti sotto controllo (biossido di azoto e
Pm10) sono passati rispettivamente da 54,72 microgrammi/metro cubo a 53,99 e
da 30,31 a 30,6. Quindi il comune di Londra si è incamerato le tasse ma non
ha ridotto l’inquinamento perché l’inquinamento era un altro.
Si dice che un politico è colui che pensa al potere e che uno statista è
colui che pensa per la futura generazione. Se non si entra in questo ordine
di idee né noi né i nostri figli e nipoti potranno godere di una migliore
qualità dell’aria. Quanti impianti comunali, provinciali, statali hanno
caldaie obsolete, impianti che inquinano, alimentazioni non a metano?
Sarebbe ora anche di incentivare la conversione da gasolio a metano delle
caldaie condominiali. Sarebbe anche ora di pretendere che i nuovi edifici o
quelli oggetto di restauro siano tassativamente provvisti di elementi
fotovoltaici.
Ma allo stesso tempo sarebbe molto utile cercare le vere fonti di
inquinamento per eliminazione sequenziale e per combinazione tra due su tre
elementi da individuarsi nei parametri: Ferriera, riscaldamento, traffico
automobilistico.
E poi entriamo anche nell’ordine di idee che dobbiamo pagare per avere dei
risultati: e qui ci vuole una coscienza e una visione collettiva che faccia
capire che la salute è un bene di tutti. E ritornando a Milano, il numero di
prestazioni tra Pronto soccorso, day hospital e ricoveri per inquinamento
vede colpite 130 persone al giorno. Speriamo di non arrivare mai a Trieste
ad analoghe proporzioni di ricoveri, ma bisogna fare qualcosa di serio
affinché gli interessi o la comodità di pochi non mettano a repentaglio la
salute di tutti e per tutti significa anche loro, i loro figli e i loro
nipoti.
Roberto Steidler |
IL PICCOLO -
SABATO, 8 marzo 2008
Parco
tropicale |
|
Seguire documentari sul colibrì
è senz’altro interessante, ma poterlo vedere dal vivo avvicinarsi, fermarsi
e guardarti incuriosito, «sfarfallando» delicatamente le ali dalla
colorazione brillante, che cambia secondo l’incidenza della luce, è
certamente emozionante. Per non parlare dell’accogliente e roco «ciao» di
Tony, il pappagallo bianco, e la lunga «riga mobile» delle formiche
coltivatrici che non bilico su di un ramo trasportano laboriose il cibo,
come in un cartoon di W. Disney. Oppure gli insetti «stecco», i pipistrelli,
rettili e altro ancora; il tutto illustrato da una guida competente e
gentile. È l’esperienza nuova e affascinante che ho vissuto di recente,
visitando il Parco tropicale di Miramare. Esperienza che vorrei consigliare
a tutti, ma – ahimè! – fattibile fino a quando, se i fondi promessi non
arriveranno per tempo? Tutti gli sforzi profusi con amore e umanità dagli
operatori del Parco, saranno stati vani e la chiusura sarà inevitabile.
Peccato, per una volta tanto che la città poteva esibire qualcosa di
particolare, causa il solito ignobile e vergognoso «ping-pong» politico,
sarà costretta a perdere tutto ciò.
Daniela Iellen |
IL PICCOLO -
VENERDI', 7 marzo 2008
Bucci: «No a ring e
bus-navetta in centro» - L’assessore boccia le soluzioni proposte dai
commercianti e legate alla pedonalizzazione |
|
«Sul piano del traffico ho le
idee chiare ma non voglio svelare nulla» |
I commercianti del centro città
chiedono a gran voce la pedonalizzazione e il piano del traffico. In tanti
sposano le tesi dei bus navetta, del rafforzamento dei parcheggi e la
proposta del ring, l’anello per mezzi elettrici, rilanciata nei giorni
scorsi dal presidente della Camera di commercio, Antonio Paoletti. Tutto per
permettere all’ipotetica nuova area «off-limits» alle automobili di essere
il più funzionale possibile.
RING L’assessore comunale all’Urbanistica, Maurizio Bucci, boccia
però l’ipotesi anello: «Abbiamo un servizio di trasporto pubblico molto
fitto e funzionante - osserva -. L’introduzione di navette o del ring chiuso
per l’autobus elettrico comporterebbe dei disagi all’utenza». Bucci motiva
così la sua posizione: «Oggi le persone riescono a prendere il mezzo
pubblico praticamente sotto casa in pieno centro e, ad esempio, possono
raggiungere facilmente Campo Marzio o qualche altra destinazione. Andare a
prendere il bus elettrico in piazza Goldoni, per poi smontare sulle Rive e
prendere un secondo mezzo, complicherebbe le cose. In ogni caso, prima di
qualsiasi intervento, è necessaria un’analisi per vedere che cosa ne pensa
la gente».
PRECEDENTE Per studiare la possibilità di una soluzione come quella
dell’anello interno al centro chiuso al traffico e pedonalizzato, nel 2001
si era recato a Roma l’allora assessore all’urbanistica della prima giunta
Dipiazza, Maurizio Bradaschia, poi dimessosi dall’incarico. «Personalmente
sono favorevole alla chisura del centro storico - dice Bradaschia -. Per
mettere in piedi una soluzione come il ring, però, è necessaria prima una
valutazione di origine-destinazione sulle persone che si muovono nell’area».
I PARCHEGGI Le opinioni raccolte fra i commercianti nei giorni scorsi
hanno spesso mostrato una convergenza verso la richiesta di potenziare il
recinto esterno dell’ipotetica zona chiusa «off-limits». Un incremento dei
servizi, sia in termini di linee per il trasporto pubblico collegate alla
periferia che per quanto attiene i posti macchina. Il piano parcheggi già
approvato dal Consiglio comunale garantirà in futuro quasi 2500 spazi per le
autovetture nelle immediate vicinanze dell’eventuale perimetro interdetto
alla circolazione (sono 5310 quelli previsti dall’intero piano). A partire
dai 486 del park sotterraneo che sorgerà davanti alla Stazione marittima e
per il quale, tuttavia, si attende ancora il via ai lavori. «Il progetto è
già esecutivo - ribadisce Bucci - come quello per l’ampliamento della
struttura in foro Ulpiano. Sui tempi posso solo dire che spetta al privato,
ovvero Saba Italia, procedere all’avvio».
IL PERIMETRO In centro la pedonalizzazione di via Mazzini pare essere
auspicata non solo dal comitato sorto ad hoc. I commercianti confidano in
una rivitalizzazione completa dell’area tra Rive, via Carducci, piazza
Ponterosso e piazza Unità. Sulla pedonalizzazione, Bucci conclude: «Io sono
pronto a sedermi attorno ad un tavolo, ho le idee chiare». Dettagli? «Non
specifico nulla - aggiunge -, in questo momento non voglio scatenare
ulteriori dibattiti e polemiche».
ma.un. |
I negozianti di via Fabio
Severo al contrattacco: «Multe e doppia fila, par condicio in tutto il
centro»
|
Un gruppo di
commercianti scrive al sindaco e chiede gli stessi controlli nelle vie Giulia,
Battisti, Roma e Coroneo
I commercianti di via Fabio
Severo sono esasperati e hanno deciso di scendere sul piede di guerra.
Scrivono al sindaco e chiedono una «par condicio» per le multe alle auto in
doppia fila. Una «par condicio» con le altre principali vie del centro. E fanno
anche i nomi: via Giulia, via Battisti, via Coroneo e
via Roma.
Tutto è iniziato alcuni giorni fa, quando, alle proteste per il fioccare delle
multe per sosta vietata e di fronte alle proteste dei commercianti, il
vicecomandante dei vigili urbani, Luciano Momich aveva risposto: «I nostri
uomini di lì non se ne andranno mai». Da allora i rapporti sono diventati sempre
più tesi e i commercianti, che si sentono penalizzati da quello che ritengono
una sorta di «accanimento» da parte della polizia municipale, chiedono la «par
condicio» quanto a tolleranza sui parcheggi lungo l’arteria.
Sostengono che la situazione si va facendo pesante dal punto di vista economico
e denunciano dei cali di fatturato tra il 30 e il 50 per cento, legati a una
situazione che si sarebbe venuta a concretizzare a partire da tre settimane a
questa parte.
E per dar voce alla richiesta di un mutato atteggiamento - ovvero che la
«tolleranza zero» alla quale si sentono sottoposti da parte della polizia
municipale venga applicata anche in altre zone critiche della città quali via
Giulia, via Battisti, via Coroneo e via Roma - si sono affidati a un legale,
l’avvocato Consuelo Greco, alla quale hanno conferito il mandato di difendere le
loro ragioni attraverso una lettera aperta al sindaco Roberto Dipiazza, alla
Camera di commercio, alla Confcommercio, alla Fipe e all’Otc (Organizzazione
tutela consumatori), lettera sottoscritta da un nutrito gruppo di commercianti
del settore automobilistico, da gommisti, autocarrozzeria, esercenti di negozi
di moda, di casalinghi, di accessori per animali e agenzie varie.
«Non chiediamo - sostengono nell’appello - che si chiuda un occhio disapplicando
la normativa del codice che sanziona la sosta vietata».
Chiedono invece l’applicazione di una sorta di «par condicio», sottolineando che
in nessuna di quelle vie citate in precedenza «vi è un controllo così intenso e
serrato come nel caso di via Fabio Severo, dove la Polizia municipale - spiegano
- di fronte al supermercato Lidl trascorre circa sette ore al giorno elevando
sanzioni e dissuadendo chiunque dal fermarsi anche per il tempo necessario ad
acquistare un solo pacchetto di sigarette».
Ribadendo quindi di non voleresi esimere dal rispetto delle norme del codice, i
commercianti della via chiedono che questa sia «oggetto di controlli alla
stregua di qualsiasi altra arteria principale della città, con controlli
efficienti ma senza accanimento».
«In buona sostanza - afferma il legale - chiedono soltanto ciò che pubblicamente
è stato offerto: collaborazione».
«Le cattive abitudini di alcuni automobilisti - prosegue l’avvocato - non devono
causare ingenti danni economici nè ai commercianti, nè ai consumatori, che si
vedono ormai costretti a evitare questa via per non rischiare multe salate».
L’avvocato Greco conclude quindi sottolineando che «non si chiede pertanto
un’esenzione dall’applicazione del Codice, ma va da sé che che se un
commerciante non può neppure scaricare la merce davanti al proprio negozio ciò
costituisce un enorme ostacolo per l’esercizio della sua attività, con
ripercussioni economiche disastrose non solo per i titolari ma anche per i
dipendenti, che rischiano il loro posto di lavoro. E in ultimo, ma non meno
importante, per i consumatori, che non sono liberi di poter scegliere di
acquistare in questa via, a differenza di quanto avviene in via Battisti, via
Giulia e via Coroneo, ove le aree di carico e scarico esistono».
«I commercianti - conclude l’avvocato - non si rammaricano della presenza della
Polizia municipale ma auspicano che la stessa sia altrettanto sollecita in altre
zone della città ove spesso si registrano disagi nella circolazione, come ad
esempio nel tratto più alto di via Fabio Severo a due sensi di circolazione,
dove in effetti un’auto in doppia fila impedisce al bus di passare».
A dar inoltre sostegno alla richiesta di abbandonare la logica della «tolleranza
zero» era sceso in campo anche il presidente di Confcomercio Antonio Paoletti,
che invita a non infierire eccessivamente nei confronti di chi per il tempo
necessario agli acquisti lascia l’auto in doppia fila davanti ai negozi.
Giorgio Coslovich
Ambiente e/è vita: va fatta
presto la pulizia del torrente Fugnan |
|
MUGGIA La progettata pulizia del
torrente Fugnan da parte del Comune di Muggia viene accolta con favore dal
consigliere Christian Gretti, che è anche esponente dell’associazione
ambientalista Ambiente e/è vita. E Gretti ricorda che proprio la sua
associazione, che aveva fatto uno studio sui torrenti muggesani, comprese le
analisi dell’acqua del Fugnan, vi aveva evidenziato «una forte presenza di
coliformi e streptococchi fecali, e quindi fattori inquinanti. Nello studio
- aggiunge - si riscontravano anche presenze di strane schiume in vari
punti. L'occasione può essere buona per scoprire la fonte di questo
inquinamento, magari partendo da una collaborazione transfrontaliera con
Capodistria, visto che il Fugnan nasce e passa dalla Slovenia prima di
arrivare a Muggia».
Gretti chiede anche una verifica della situazione complessiva dei corsi
d’acqua muggesani che presenta aspetti piuttosto variegati con situazioni di
degrado. «Il Comune – suggerisce Gretti - potrebbe farsi capo di una
campagna di sensibilizzazione verso altre azioni non esclusivamente di
monitoraggio ma anche di intervento concreto sui corsi d’acqua che
meriterebbero ad esempio cartelli adeguati». |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 6 marzo 2008
I negozianti: «Via le auto
dal centro» - «Contro lo smog basta con i provvedimenti temporanei del
traffico» |
|
I commercianti
si schierano a favore delle pedonalizzazioni e chiedono parcheggi gratuiti a
tempo e bus ecologici
Basta con i provvedimenti temporanei
per la gestione delle emergenze. La questione del centro città va stabilizzata
una volta per tutte: stop alle chiusure al traffico a singhiozzo contro lo smog.
Questo il pensiero dei commercianti, che non solo si schierano a favore delle
pedonalizzazioni, ma chiedono interventi importanti nell’ambito dei servizi,
presupposto fondamentale per fermare la circolazione veicolare dentro quello che
è considerato il «cuore» di Trieste. «In altre grandi città italiane le aree
pedonali funzionano - spiega Ombretta Novak, responsabile di un negozio
di abbigliamento per donna in corso Italia -, il centro è sempre chiuso eppure
si sopravvive, eccome. Certo che, prima, bisogna pensare a una regolamentazione
dei parcheggi, con convenzioni che permettano ai cittadini di utilizzarli senza
dover pagare e con un limite di tempo. Al tempo stesso, il servizio degli
autobus va potenziato e unito a quello di navette ecologiche. Così l’attività
commerciale ne trarrebbe vantaggi e, al tempo stesso, pure l’ambiente: in estate
potremmo almeno aprire le porte quando è troppo caldo».
«Non si può attendere sempre il momento clou, con i valori dello smog oltre il
limite, per intervenire - aggiunge Irene Mercandel, dipendente di un
esercizio specializzato in vestiti per bambini -. La situazione va
regolamentata, non è possibile dipendere sempre dalle condizioni meteo. Vanno
interdette alla circolazione le vie perimetrali, non corso Italia». Sulla stessa
linea un collega che lavora poco distante, Mauro Parlotti: «Corso Italia
deve restare aperto al traffico mentre via Mazzini va pedonalizzata
completamente. Non basta questo, però, per risolvere il problema inquinamento da
automobili: utilizziamo il sistema delle targhe alterne e abbiniamoci i bus
ecologici, oltre a qualche agevolazione per chi si dirige verso il centro dai
posteggi siti nella zona esterna».
Roberto Strain e Willy Coloni, impegnati nel settore dell’equipaggiamento
sportivo in via Mazzini, ribadiscono come «un accordo definitivo sulla chiusura
del centro permetterebbe alla gente di fare chiarezza, senza essere
disorientata. Con provvedimenti momentanei come l’ultimo i triestini non vanno
più in centro e i commercianti sono penalizzati: nei 12 giorni di blocco abbiamo
incassato il 50 per cento in meno».
«Le situazioni miste non vanno mai bene: personalmente non credo che la causa
principale dello smog siano le automobili, tuttavia da qualche parte bisogna pur
cominciare. Via Mazzini va pedonalizzata», è l’opinione di Susanna Martini
che lì gestisce un negozio di sua proprietà, «cosa che avrebbe risvolti positivi
per gli affari e anche sotto il profilo dell’inquinamento. Ma è fondamentale -
spiega - che l’esterno dell’area sia attrezzato per permettere il movimento più
comodo possibile in centro. Inoltre, non dimentichiamo le navette elettriche da
destinare soprattutto alle persone anziane». Per Elisa Starc, dal bancone
di un negozio di abbigliamento all’angolo con via Cassa di Risparmio, «va
cambiata la mentalità dei triestini. Personalmente sono favorevole a via Mazzini
pedonale».
Non solo inquinamento atmosferico e acustico lungo l’arteria che congiunge
piazza Goldoni con le Rive: «C’è pure la penalizzante questione delle vibrazioni
da passaggio di automezzi - spiega Gianni Pirro Pucci, da sessant’anni
impegnato nel confezionamento di vestiti da sposa -, per le quali cambiamo le
lampadine di continuo. È chiaro che auspichiamo la pedonalizzazione». Un
ragionamento sposato appieno da G.B. (non ha voluto fornire le generalità
complete), addetta alle vendite di un esercizio commerciale del settore
abbigliamento: «A causa delle oscillazioni stradali, a breve sostituiremo un
vetro esterno che si è danneggiato. A mio avviso, è giusto pedonalizzare l’area
tra via Mazzini e piazza Ponterosso, com’è stato fatto in passato per via San
Nicolò, che è letteralmente rinata. Corso Italia va lasciato così com’è perché
uno sbocco per i veicoli ci deve essere».
Secondo Gabriele Roiac, collaboratore per una nota catena che produce
vestiti e accessori per i più piccoli, lo schema da adottare è semplice:
«Pedonalizziamo tutto il centro e creiamo più posti macchina gratuiti in
periferia. Da lì, poi, sarebbe utile partissero i mezzi pubblici diretti ai
margini dell’area chiusa al traffico».
«Io sono propensa allo stop della circolazione pure su corso Italia - osserva
M.U., responsabile di un punto vendita che ci si affaccia - ma il problema
reale per farlo è dato dalla mancanza di un adeguato servizio di trasporto
pubblico. Nello specifico, peraltro, sottolineo come a dicembre, con i negozi
tutti aperti, il numero di bus è inferiore alle altre giornate: un aspetto che
andrebbe rivisto, per favorire l’economia cittadina».
Infine, Daniela Lorenzon e Raffaella Visintin, colleghe in un negozio che
si affaccia su corso Italia e via Roma, riflettono sul fatto che «non sarebbe
male poter pulire le vetrate senza rovinarsi la salute. La recente chiusura? Non
è cambiato nulla rispetto alle giornate normali».
Matteo Unterweger
Nel cassetto anche lo studio
sull’acustica - Risale agli anni Novanta |
|
Il Piano del traffico non è
l’unico documento rimasto nel limbo, come da tempo denuncia l’opposizione -
dal capogruppo del Pd Fabio Omero in poi - e non solo. A Trieste manca il
Piano di zonizzazione acustica, nonostante alla fine degli anni ’90 il
Comune abbia commissionato uno studio in materia. «Quel lavoro pagato con
fondi statali probabilmente è rimasto in un cassetto», dice Bruno Abrami,
triestino che da decenni vive e lavora a Milano. È l’esperto al quale il
Comitato per via Mazzini ha commissionato una perizia sull’inquinamento
acustico della strada.
Il documento sarà presentato - assieme al monitoraggio effettuato dall’Arpa,
sempre lungo via Mazzini, nel novembre del 2006 venerdì 14 marzo all’hotel
Filoxenia di Riva III Novembre. Secondo lo studio di Abrami le vibrazioni
degli autobus incidono sui residenti. «L’onda sonora di un veicolo produce
una sollecitazione del corpo - dice Abrami - che interessa il torace e
l’addome. Non c’è solo la vibrazione del pavimento, abbinata al rumore, ma
una sollecitazione ulteriore. Un po’ come avviene in discoteca».
È la conferma che cercavano i referenti del Comitato per via Mazzini, Paola
Gaggi e Manuela Miccoli, che hanno coinvolto l’avvocato Alessandro Giadrossi,
docente di diritto ambientale all’Università che ha lo studio proprio vicino
a via Mazzini. «Abbiamo raccolto quasi 1200 firme per la pedonalizzazione di
via Mazzini - spiega Miccoli - ma dal Comune non c’è stata una risposta. Gli
studi da noi commissionati dimostrano che non c’è un pericolo per le
abitazioni, ma un problema di inquinamento ambientale acustico. I tecnici lo
dimostreranno».
Peccato che manchi il Piano di zonizzazione acustica. «Purtroppo la scelta
fatta all’epoca di affidare il lavoro con una gara al ribasso - sostiene
Abrami - comportò diversi problemi. Il plico è finito probabilmente in un
cassetto, ma da lì bisognerebbe partire anche se mi rendo conto che nel
centro di Trieste è un po’ difficile affrontare la questione». Ma come mai
non esiste il Piano di zonizzazione acustica? E che fine ha fatto quel
documento? «Nel frattempo è stata approvata una legge regionale a riguardo,
che indica ai Comuni - spiega l’assessore Maurizio Bucci - di dotarsi di un
piano seguendo precise direttive. Il problema, come si potrà ben immaginare,
non è una cosa di poco conto: se chiudiamo una strada l’inquinamento
acustico, di fatto, si sposta in quella attigua».
p.c. |
Il Comune frena: bocce ferme
in via Mazzini - Resta fermo l’iter del piano del traffico, per il
quale è fondamentale lo snodo dell’arteria |
|
Amt pronta a togliere le
canalette Stream, ma il Municipio attende l’esito della causa |
La causa Stream rischia di
diventare la foglia di fico del Piano del traffico. Fino a quando non sarà
chiusa la causa civile di Ansaldo - intentata dopo la cancellazione del
progetto, voluto dall’amministrazione Illy e cassato da Dipiazza - il Comune
non intende mettere mano al nodo di via Mazzini. Nella principale arteria
interessata alla sperimentazione dell’autobus a trazione elettromagnetica,
infatti, insistono ancora le canalette con le rotaie di Stream. «Non le
togliamo, aspettiamo l’appello (in primo grado il giudice ha dato ragione
alla Amt, società controllata dal Comune, ndr). Meglio non avere
problemi...», dice Maurizio Bucci, assessore all’Urbanistica.
Una parziale dismissione, in realtà, è già avvenuta. Nel dicembre 2006 sono
stati rimossi 14 tombini di Stream dalla Amt, in accordo con Ansaldo, dopo
una precisa richiesta dell’amministrazione comunale. Un atto che potrebbe
essere fatto anche per le canalette con le rotaie di Stream. «Se il Comune
chiede di toglierle, siamo pronti a farlo - dice Rocco Lobianco, presidente
di Amt - ovviamente di concerto con Ansaldo, che tra l’altro è interessata
per motivi di studio ad analizzare lo stato dei binari dopo le
sollecitazione del traffico».
Ma la richiesta non arriverà. Lo conferma Bucci, seguendo la strada indicata
a suo tempo dal sindaco Dipiazza che, nel suo programma del 2001, voleva far
diventare via Mazzini «cannocchiale sul mare». Ecco che attorno all’arteria
riservata ai mezzi pubblici, da piazza Goldoni alle Rive, ruota il
tormentone del Piano del traffico. Tornato alla ribalta dopo la chiusura del
centro a causa degli sforamenti di Pm10.
Un piano sollecitato l’altro ieri - oltre che dalle principali forze
dell’opposizione, a cominciare da Fabio Omero diessino del Pd - anche da
Alessia Rosolen, capogruppo di An in Consiglio comunale. «Aspettiamo che
passi velocemente questa campagna elettorale», dice Bucci proprio come il
collega di giunta Paris Lippi. Ma non mancando di dare la stoccata a quelli
di An: «Mi sembra di intuire che Rosolen lo vuole, finalmente. Personalmente
l’ho sempre sostenuto - spiega Bucci - e sono a disposizione». Schermaglie
elettorali a parte, che fra l’altro vedono Fi e An uniti nel Popolo delle
libertà, proprio le recenti elezioni dovrebbero sbloccare il Piano del
traffico. Magari dopo un rimpasto della giunta, con l’uscita di scena di
alcuni protagonisti candidati alle elezioni regionali.
«La città ha bisogno di un Piano del traffico e visto che ne è stato pagato
uno... Questo non significa che deve valere per forza e in toto il lavoro
del professor Camus - sostiene Claudio Giacomelli, commissario provinciale
di An - ma è giusto portarlo una volta per tutte in Consiglio comunale. In
quella sede affronteremo il nodo delle modifiche da apportare». Un percorso
che interessa la politica, le categorie e la Trieste trasporti, che gestice
il trasporto pubblico. «Non dico nulla, in questo momento qualsiasi giudizio
potrebbe essere strumentalizzato - dice Piergiorgio Luccarini, direttore
della spa - Spetta al Comune fare il Piano del traffico, a noi interessano
ovviamente le corsie preferenziali degli autobus». A cominciare da quelle in
via Mazzini.
Pietro Comelli |
I lettori sul web: auto o
Ferriera? Vogliamo risposte - Commenti divisi tra chi imputa lo smog
all’impianto di Servola e chi al traffico |
|
Sul sito
www.ilpiccolo.it si accende il dibattito sull’inquinamento: «Chi ci assicura
che certi motori non facciano danni?»
Piano del traffico, inquinamento
e provvedimenti conseguenti: l’argomento scatena tra i lettori del sito web
del «Piccolo» www.ilpiccolo.it una nutrita serie di interventi lasciati
nell’apposito forum. Com’è naturale, i pareri spesso sono contrapposti, e
sullo sfondo appare la Ferriera: c’è chi la considera la fonte principale
dell’inquinamento e chi no. Tutti però, più o meno, concordano sulla
necessità di una soluzione.
«Sono d'accordo sul fatto di chiudere il centro al traffico per inquinamento
delle vetture non in regola con la legge - scrive ”Luciano05” -, però non lo
sono sul fatto che ci sono Comuni che non hanno l'obbligo del bollino
blu,per il controllo dei gas di scarico ( Muggia, San Dorligo, Opicina).
«Questi blocchi della circolazione veicolare non conforme - sostiene
”Trzachana” - sanno di truffa ai danni dei cittadini. Chi ci assicura che le
autovetture con i nuovi motori non inquinino con altri elementi che non ci
vengono ancora dichiarati ma son ben riconosciuti dai costruttori?».
”Rioda62”, dal canto suo, plaude ai provvedimento che però «pur
rappresentando un importante passo avanti, per un periodo di tempo così
limitato e con così tante deroghe non risolve il problema e il fatto è sotto
agli occhi di tutti (la situazione continua a peggiorare)».
«Credo che bloccare le auto - afferma per contro il lettore che si firma col
nickname ”Lombricoferoce” - serva a poco. Basterebbe intervenire sulle
emissioni delle varie industrie triestine che ci tempestano, Ferriera,
Italcementi, ecc., sugli impianti privati e non di riscaldamento a gasolio,
incentivando il metano, sui mezzi induistriali e pubblici vecchi».
Solleva qualche dubbio ”Semola57”, che scrive: «Okay, chiudiamo il centro
per le polveri sottili, ma come è possibile che continuano a dirci che
bisogna cambiare automobili e comperare euro 4, 5, 6 e chi più ne ha più ne
metta. Ma che per favore la finiscano di prenderci in giro con incentivi
vari se poi non ci si può muovere».
Ma c’è anche chi, come ”Paots”, stigmatizza l’atteggiamento dei
commercianti, che «si sono accorti che la gente va dove si può camminare in
tranquillità: prima volevano la macchina dei clienti davanti ai negozi,
adesso vogliono le isole pedonali davanti ai negozi». Un suggerimento,
invece, quello offerto da ”Matisse48”: «Il vero inquinamento da traffico si
combatte non facendo fermare i veicoli agli incroci, ma creando dei
sottopassi e rotatorie». Ancora più secco il commento di ”paolots”: «È
chiaro che la causa principale dell’inquinamento a Trieste è la Ferriera. La
bassa pressione provoca una cappa sopra la città che, oltre a non far
entrare altra aria, non fa uscire quella presente. Non essendoci riciclo, le
polveri sottili alle 4 di mattina sono come alle 16 di sera. La chiusura al
traffico serve solo a non aumentare questi valori».
”Tltrieste”, infine, riflette: «Credo che Trieste sia l'unica città in
Europa ad avere un mega inceneritore prossimo al centro città e circondato
da un consistente "abusivismo edilizio"; e che non sia questa la causa del
super inquinamento, soprattutto nei rioni di Servola e Valmaura?» . |
Polveri sottili
Perché le polveri sottili salgono a
livelli pericolosi solo d’inverno? Eppure nei mesi caldi le condizioni sono
identiche, se non peggiori: stesso numero di auto in circolazione, poche
precipitazioni, prevalenza di alta pressione e poco vento. Le polveri sospese
nell’aria sono prodotte prevalentemente dalle attività industriali e dagli
impianti di riscaldamento di abitazioni e uffici, quindi cadono a terra dai
camini e vengono sparate ad altezza centraline dalle ruote degli autoveicoli,
per cui non capisco quale incisività possa avere un provvedimento che impedisca
la circolazione solo per poche ore e solo in alcune strade.
La chiusura del centro al traffico così come è stata attuata in alcuni centri
della regione non credo possa risolvere il problema delle polveri sottili:
impedendo come si è fatto alle automobili di percorrere certe strade non si fa
altro che spostare di qualche metro il problema, è come nascondere la polvere
sotto il tappeto e quindi se si riesce a diminuire il livello delle polveri in
alcune zone esso risulterà di conseguenza maggiore in altre, dove tra l’altro
non vi sono centraline di rilevamento.
Inoltre, le eccessive deroghe al divieto risultano talmente ampie da vanificare
il provvedimento.
Se si vuole ridurre il traffico, che il blocco del traffico sia veramente tale,
con le sole eccezioni riservate ad ambulanze e mezzi dei vigili del fuoco per
eventuali emergenze.
Anche la sempre più ridotta quantità di verde in città non aiuta: nel momento in
cui le foglie sarebbero più utili, in quanto assorbono moltissimo pm 10, cadono.
Anche per questo d’inverno l’inquinamento aumenta. Sarebbe opportuno piantare
alberi sempreverdi, come alloro, bosso, ligustro, edera, che hanno foglia larga,
così riescono a ingerire la maggior quantità possibile di pm 10 e,
contemporaneamente, ad emettere tanto ossigeno.
E, come ultima risorsa, le giunte comunali al completo potrebbero scendere in
piazza per una propiziatoria e risolutrice danza della pioggia.
Mauro Luglio
Lo smaltimento dei medicinali |
|
Sento di dissentire dai
contenuti della lettera «Smaltite i medicinali» sul Piccolo di lunedì 25
febbraio scorso riguardo alla rimozione, da diversi anni, degli appositi
raccoglitori per farmaci e medicinali scaduti.
Il motivo è semplice. Ho visto di persona, in due occasioni separate, dei
giovani scassinare i portelli di tali contenitori, in piazza Goldoni e in
piazza dell’Ospedale, per rovesciare i farmaci dal sacco di plastica nero
sul marciapiedi per rovistare apparentemente alla ricerca di sostanze per
drogarsi. Tutti e due i casi di giorno e incuranti della gente presente.
Un terzo caso: per un paio di giorni un uguale sacco nero contornato di
scatolette di medicinali era abbandonato in via Pietà sul marciapiede dove
oggi si trova l’ingresso del Distretto. L’autore della lettera critica il
sindaco di Trieste Roberto Dipiazza elogiando invece Udine dove asserisce
tale raccolta speciale esiste ancora. Un tale concentrato di farmaci rischia
di essere una libera fornitura per i drogati con aggiunta di rischio se
mescolare farmaci scaduti può essere di ulteriore danno alla salute. Può
essere che Udine ha una situazione di tossicodipendenza peggiore di Trieste?
Piace pure la certezza che la raccolta differenziata significa
automaticamente smaltimento differenziato e speciale. Dove finiscono i
medicinali e farmaci gettati in questi raccoglitori separati? Ammesso e non
concesso che i fumi prodotti dall’incenerimento di questi debbano essere
venefici.
Sono convinto che bruciare le mie scarpe da ginnastica usate produca fumi
peggiori. Non per le mie scarpe ma perché sono di materiali sintetici,
gomma, tessuto non-tessuto, plastica. Come da qualunque altro materiale
sintetico di abbigliamento o persino i coniglietti e le paperette di peluche
di materiali non controllati, vi potrebbero derivare vapori pericolosi
prodotti dalla combustione.
Le leggi dovrebbero essere a favore dei cittadini e portare dei benefici,
quando fanno il contrario è meglio abrogare la legge e trovare soluzioni
pratiche. Si creano degli spauracchi o bisogni artificiali da soddisfare.
Complicate e dispendiose precauzioni e soluzioni si impongono ai cittadini
per presunte tutele.
Intanto diventano problemi gravi, emergenze, risvolti della vita quotidiana
da secoli perché le risorse sono deviate verso soluzioni di fantomatici
problemi. Se ogni tanto qualcuno torna con i piedi per terra non è male.
Clayton J. Hubbard |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 5 marzo 2008
Dipiazza: smog, il piano del
traffico non serve - Il sindaco: colpa della Ferriera. Rosolen (An):
non è vero. Omero (Pd): la viabilità si cambia in 40 giorni |
|
Dopo la
revoca dell’ordinanza di chiusura del centro grazie al maltempo, si discute
sui provvedimenti da adottare in futuro |
L’assessore
all’ambiente Bucci: «La chiusura alle auto in centro sposterebbe
l’inquinamento in periferia» |
Grazie alla bora la chiusura al
traffico del centro città ha fermato il suo record a quota 12 giorni, ma se
lo smog dovesse tornare che cosa succederà? Per il sindaco Dipiazza e
l’assessore Bucci pedonalizzazioni e piano del traffico non cambierebbero
nulla. Si ripartirà quindi con l’identico provvedimento anche se i valori di
polveri sottili sforassero per un mese di seguito: il Comune, per adesso, va
avanti su questa linea. Secondo il primo cittadino e l’assessore comunale
all’ambiente tutto continua a ruotare attorno alla Ferriera, responsabile -
a loro avviso - di gran parte dell’inquinamento cittadino. Una visione che
non tutti condividono. «Acceleriamo con il Piano del traffico e le aree
pedonali», sostengono sia An sia il Pd, che non dimentica la soluzione di un
utilizzo sempre maggiore dei bus ecologici. Mentre dal Wwf arriva l’invito a
piazzare una nuova centralina sul Carso, fuori dal centro abitato, «per
avere un termine di paragone sui valori delle pm10 finalmente attendibile.
Ad oggi non sappiamo, infatti, in quale misura le automobili, gli impianti
di riscaldamento e le industrie contribuiscano all’inquinamento. Per ora si
brancola nel buio», puntualizza Fabio Gemiti, chimico specializzato che fa
parte anche del comitato di indirizzo dell’Arpa.
Tuttavia, Roberto Dipiazza parte in quarta: «Bisogna chiedersi davvero
perché Muggia, dove non c’è traffico, sia stata travolta dallo smog?». «Si
sa del mio desiderio di pedonalizzare buona parte del centro - continua -,
ma il problema Stream ci condiziona ancora. E, in ogni caso, queste nuove
zone non risolverebbero la questione». Il primo passo, dunque, quale
sarebbe? Per il sindaco la risposta sta nel «pensare al Patto per Trieste
con il nuovo governo, non appena insediato. Non dimentichiamo che nel 2010 i
limiti di riferimento per le pm10 si ridurranno ancora (a 20 microgrammi per
metro cubo, con 7 possibilità di sforamento annuali invece di 35, ndr)».
L’accordo di garanzia per la città con l’esecutivo partirebbe proprio dalla
soluzione del problema Ferriera. Che, per il primo cittadino, vorrebbe dire
chiusura dello stabilimento.
Nel frattempo si tenterà qualcosa per prevenire una nuova emergenza, visto
che comunque alle urne per le elezioni politiche si andrà appena a metà
aprile? «Non esiste il principio della prevenzione in questo caso. Si
ripresentassero valori delle polveri sottili sopra i limiti consentiti
applicheremo il Piano d’azione comunale», osserva Maurizio Bucci che, pur
continuando a dichiararsi favorevole alla pedonalizzazione auspicata da più
parti, sottolinea come «la stessa non farebbe altro che spostare
l’inquinamento in periferia». Il vero problema, secondo l’assessore, è
sempre la Ferriera: «Ci sono i dati. Le centraline più vicine allo
stabilimento hanno toccato anche quota 500». Numeri che, però, ad esempio
per il Wwf non forniscono informazioni sufficienti.
Sul fronte politico, all’interno della maggioranza in Comune non pare
esserci totale identità di vedute. Il pensiero di An giunge per voce del
capogruppo in Consiglio comunale, Alessia Rosolen: «Non credo la colpa sia
solo della Ferriera, visto che il problema è comunque esteso a tutta la
regione. Forse è arrivato il momento di avere il coraggio di dire che il
piano del traffico, quello dei parcheggi e le pedonalizzazioni devono essere
avviati in concreto. È anche vero che i cittadini non possono chiedere le
aree pedonali e poi lamentarsi subito come per Cavana». Dal canto suo, il
capogruppo del Pd in Comune, Fabio Omero commenta: «Bucci dice di essere
pronto con il piano del traffico. È un obiettivo su cui tutti mi sembra
siano d’accordo. Lancio una sfida al sindaco: sostiene che c’è bisogno di
condivisione sui progetti per Trieste, ebbene io sono pronto. Si può fare
tutto nei 40 giorni che ci separano dalla tornata elettorale, senza che vi
siano ricadute negative per la stessa. E bisogna pensare ad un utilizzo
sempre maggiore degli autobus ecologici».
Matteo Unterweger |
Il sindaco di San Dorligo -
Dolina «Cattivi odori dalla Siot: gas non pericolosi» |
SAN DORLIGO DELLA VALLE - DOLINA Non
destano alcuna preoccupazione scientifica, né sanitaria, i cattivi odori di
idrocarburi che si sono sentiti in questi ultimi giorni nelle zone vicino agli
impianti della Siot in comune di San Dorligo della Valle. Una rassicurazione è
giunta l'altra sera, in municipio a San Dorligo, dagli stessi vertici societari
e dagli esperti dell'Università di Trieste, coinvolti da qualche tempo in
un’analisi dell'aria. A preoccupare la popolazione è stata in particolare la
presenza per molti giorni di seguito del tipico odore di idrocarburi che si
sprigiona dai serbatoi. Il sindaco Premolin spiega: «La Siot, unica in Italia,
sta adottando un sistema innovativo, con doppia guarnizione dei serbatoi e
fiammella che brucia i residui. I lavori procedono, proprio per la massima
riduzione degli odori. Con l'incontro si è voluto tranquillizzare la
popolazione. Il fatto è che spesso l'olfatto umano è molto più sensibile delle
stesse apparecchiature. Ma non ci sono pericoli per la salute. Il ristagno dei
giorni scorsi era dovuto anche alla situazione meteo e alla bassa pressione».
Del problema dei cattivi odori si parla da anni a San Dorligo della Valle. Dati
di uno studio dell'Università avevano evidenziato che gli odori dai depositi non
sono pericolosi per la salute, restando ben al di sotto delle soglie-limite.
Derivano, principalmente, dai mercaptani, presenti in natura e usati per
odorificare il gas (altrimenti inodore) nelle condutture, per evidenziare
eventuali perdite della rete. Non sono tossici ma odorano anche in quantità
minime.
s.re.
Muggia, pista ciclabile sulla
«Parenzana» - Corsie da Aquilinia attraverso le Noghere: 280mila euro
di finanziamenti |
|
Itinerario
sul tracciato della vecchia ferrovia austro-ungarica. Il tratto italiano è
abbandonato e interrotto da case e piante
MUGGIA Nascerà anche a Muggia la
pista ciclabile sul percorso, o parte di esso, della vecchia ferrovia «Parenzana»:
si collegherà quindi con quello in Slovenia. Il Comune sta predisponendo il
progetto che ha già i necessari finanziamenti ed è inserito nel Piano
triennale comunale delle opere pubbliche.
Il percorso della vecchia ferrovia austriaca a scartamento ridotto,
conosciuta come «Parenzana», attraversa anche il Comune di Muggia ma a
differenza di quanto avvenuto oltre il confine sloveno, in Italia tale
tracciato è andato quasi del tutto perduto: al posto dei binari anche
giardini, orti, fondamenta di case, o in genere proprietà private. La sua
scarsa pendenza, tipica di un tracciato ferroviario, ben si presta per
diventare una pista ciclabile. Ma per ora ciò è avvenuto solo nel
Capodistriano e oltre, verso la Croazia. E per chi segue il tracciato in
bici dalla Slovenia, lo spettacolo da questa parte del passato confine non è
edificante. La pista infatti s’interrompe bruscamente con rovi e altre
piante vicino alle Cave Renice.
Da lì non si può più proseguire. Ma il problema sta per giungere a
soluzione.
Il Comune di Muggia si è già attivato per evidenziare il vecchio percorso
ferroviario. Il consigliere Giorgio Kosic (Prc) si è attivato in prima
persona su questo tema e spiega: «Per i primi 500 metri dal confine è ancora
possibile riconoscere la vecchia massicciata della ferrovia. Ma poi si
finisce in proprietà private o anche nella zona del Sito inquinato. Tuttavia
è stato trovato un percorso alternativo, lungo stradelle ora in disuso, che
attraverso la Valle delle Noghere può portare fino ad Aquilinia, passando
anche per l’area verde di cuscinetto che sarà realizzata dietro i futuri
insediamenti nell'ex Stabilimento Aquila». «Solo in rari casi la pista
s’intersecherà con la viabilità esistente, per il resto sarà un percorso
dedicato solo alle biciclette. Da Aquilinia - aggiunge il consigliere - la
pista poi potrebbe collegarsi con quelle del comune di Trieste». Il Comune
muggesano ha già presentato un progetto di massima alla Regione, che ha già
emesso un decreto per stanziare 200 mila euro. Il Comune ne aggiungerà altri
80 mila. «Il finanziamento regionale rientra nell'ottica di realizzare le
ciclovie regionali - così Kosic -, che saranno tutte collegate. Dopo la
pista di Tarvisio che va in Austria, quella di Trieste verso Cosina, la
pista di Muggia e Rabuiese sarà la terza a carattere transfrontaliero in
regione».
La Regione ora attende la progettazione vera e propria dal Comune per potere
erogare il finanziamento. «La progettazione è a cura dei nostri uffici -
ancora Kosic -. Ha una certa priorità, anche per questioni di scadenze di
finanziamento. È nostra intenzione, comunque, realizzare l’infrastruttura
prima possibile. Per la realizzazione del progetto contiamo anche sulla
disponibilità dell’Associazione cicloturistica Ulisse, che fornirà la sua
consulenza in materia».
s.re. |
Inquinamento, moria di api:
perso il 50% dei guadagni - |
|
Gli insetti
soccombono disorientati dalle onde elettromagnetiche, per i pesticidi e
l’acaro varroa. Il Consorzio chiede aiuti pubblici |
DUINO AURISINA La moria delle
api colpisce anche la provincia di Trieste e il Consorzio degli apicoltori
chiede aiuti per rimediare alla perdita economica, valutata per ora in 70
mila euro, ben il 50% dei guadagni, ed ambientale. Il Consorzio degli
apicoltori della provincia di Trieste raccoglie un centinaio di piccoli
produttori sparsi su tutto il territorio da San Giovanni al Timavo fino a
Muggia, con un carico complessivo di mille arnie, al cui interno vivono fino
a 80 mila esemplari per casetta.
«Questo inverno più della metà delle nostre api sono morte - spiega il
vicepresidente del Consorzio Livio Dorigo -: abbiamo perso circa 500
famiglie per diverse ragioni, quali inquinamento e parassiti». La moria
delle api coinvolge l'intera regione e tutta Europa e oltre: nel 2007
l’Italia ha perso 200 mila alveari, l’Europa tra il 30 e il 40% del
patrimonio di api, negli Usa si sono toccate punte del 70%. «Le cause sono
molteplici - continua Dorigo -: l'utilizzo di pesticidi in agricoltura è
senz'altro un fattore scatenante. A questo si aggiungono le mutazioni
climatiche dovute all'inquinamento terrestre e l'acaro varroa, parassita
importato dall'Estremo Oriente: si riproduce nelle colonie di api mellifere
attaccandosi al corpo dell'ape e succhiandone l'emolinfa». Gli apicoltori
ricordano che già nel 2003, in periodo di particolare siccità, si era
verificata un’epidemia quasi simile, proseguita negli anni in minore entità
e arginata con la ripopolazione. «Tuttavia gli operatori non possono vedere
scomparire le proprie api e porvi rimedio ogni anno col ripopolamento -
commenta Dorigo -. Un chilo di miele, venduto a 7 euro, ce ne frutta la metà
e ci dobbiamo pagare le spese di manutenzione e sopravvivenza degli animali.
Chi ci guadagna davvero è l’agricoltura, la frutticoltura e quella dei
foraggi. Ci si chiede che senso abbia tutto questo sforzo. Come vengono
aiutati i produttori di vino, così anche gli apicoltori dovrebbero ricevere
sovvenzioni da Enti pubblici, per la salvaguardia delle api e di conseguenza
del futuro di tutti noi». L'ape è importantissima, infatti: è responsabile
dell'impollinazione dell'80% delle specie vegetali del territorio. È dunque
il mezzo attraverso il quale le piante si riproducono. «Da 60 famiglie
adesso ne ho solo 20 - spiega Celestino Canziani, apicoltore di San Dorligo
della Valle - a poco a poco sto cercando di rimpiazzare le api ma il
problema si ripresenterà il prossimo anno». «L'inquinamento elettromagnetico
colpisce a livello celebrale le api che, perdendo l'orientamento, non
riescono a tornare all'arnia e così muoiono dopo un decina di giorni -
continua Canziani - mentre l'acaro varroa è giunto sino a noi a causa del
nomadismo di alcuni apicoltori e da qualche altro che ha pensato bene di
acquistare le api regine in Bulgaria e Russia, dove l'acaro era già presente
perché in precedenza giunto dalla Cina». «Io e mio figlio avevamo 23
famiglie di api; finora ne abbiamo perse sette - racconta Luciano Peric,
apicoltore di Duino Aurisina -: la nostra è una famiglia di apicoltori per
tradizione. Hanno iniziato i nonni. Quest'anno è stata una tragedia per
tutti. Noi abbiamo provveduto a creare nuovi nuclei ma sono pur sempre
famiglie che cominceranno a produrre l'anno prossimo». Il miele di Fausto
Settimi, di Trebiciano, pluripremiato negli anni, è stato colpito solo
marginalmente dalla moria: «Ho perso il 2% delle arnie ma non si tratta di
fortuna: è fondamentale fare i trattamenti anti-acaro per tempo: se prima si
facevano a ottobre, adesso è necessario anticiparli ad agosto».
Linda Dorigo |
Endesa non cede sul
rigassificatore off-shore: vertici tecnici a Roma per un impianto nel golfo
|
|
La scalata
di Enel non ha modificato le strategie della società italiana.
Autorizzazione ambientale difficile
TRIESTE La scalata di Enel a
Endesa non ha modificato le strategie di Endesa Italia in Friuli Venezia
Giulia e nel resto d'Italia. L'assetto societario non è ancora cambiato e
quindi Endesa Italia resta al momento partecipata all'80% da Endesa e al 20%
da Asm (ora A2A), anche se trattative sono in corso per la cessione della
società alla tedesca E.On, previa liquidazione della quota detenuta a
Brescia.
Le opzioni sono quelle del saldo «cash» o della cessione di alcuni asset di
Endesa Italia, i cui risultati nel 2007 vengono definiti dalla società in
leggero miglioramento rispetto le previsioni, nonostante l'aumento del costo
dei combustibili. Sul tavolo pare siano finite la centrale a carbone di
Fiumesanto e la produzione idroelettrica in Calabria. Endesa Italia fa
sapere, però, di non aver modificato le proprie strategie, soprattutto per
quel che riguarda i rigassificatori. La società è decisa a portare avanti
l'iter autorizzativo del terminale off-shore da collocare al largo delle
coste slovene e del litorale gradese. Anche nelle ultime settimane si sono
tenuti incontri tecnici a Roma per definire i passaggi di un percorso di
valutazione ambientale, che è decisamente accidentato. Intanto, la crescente
domanda di gas (la previsione è di 650 miliardi di metri cubi nel 2020, più
30% rispetto a oggi) e l’evoluzione in atto nel mercato del Gnl impone di
muoversi molto rapidamente.
Considerazioni analoghe valgono per l’ipotesi di fare dell’Italia un hub per
la fornitura di Gnl ai Paesi dell’Europa centro-orientale, visto che sia la
Francia, con il potenziamento del terminale di FossurMer (15 miliardi di
metri cubi all'anno a fine 2007), sia la stessa E.On Ruhrgas con Adria Lng,
con l’accordo per un terminale di rigassificazione sull’isola di Veglia-Krk
in Croazia (10 miliardi di metri cubi all'anno entro il 2011), potrebbero
occupare la maggior parte del segmento. Nel frattempo Endesa Italia ha
avviato la realizzazione del terminale off-shore di Livorno, della capacità
di 3,7 miliardi di metri cubi all'anno, poco meno della metà di quello che
potrebbe essere collocato al largo delle coste del Friuli Venezia Giulia e
sarebbe pronto in tre anni a partire dalla conclusione dell'iter
autorizzativo. Il terminale di rigassificazione "Alpi Adriatico" è
dimensionato per produrre otto miliardi di metri cubi di gas naturale.
Entro la fine di quest'anno dovrebbe invece avere finalmente inizio la
riconversione a gas dei due gruppi a olio della centrale di Monfalcone. Il
progetto per la sostituzione dei due gruppi da 320 megawatt ciascuno con una
nuova sezione turbogas da 815 megawatt attende solo la firma dei decreti
autorizzativi. Per Endesa si tratta di un investimento complessivo che si
aggira sui 370 milioni di euro, finalizzato a rendere più competitiva, anche
sotto il profilo ambientale la centrale termoelettrica. A Monfalcone Endesa
Italia sta fra l'altro completando, dopo circa 2 anni dall’apertura del
cantiere, la realizzazione degli impianti di ambientalizzazione per
l’abbattimento delle emissioni gassose dei due gruppi a carbone da 170
megawatt ciascuno. Il nuovo desolforatore, la cui realizzazione ha richiesto
un investimento di circa 70 milioni di euro, entrerà in servizio in
primavera, senza ulteriori ritardi.
Laura Blasich |
Disco verde dell’Unione
Europea all’oleodotto Costanza-Trieste - Ue: «L’opera che trasporterà
il petrolio dal Mar Nero alla città porterà vantaggi significativi»
|
|
TRIESTE L’Unione europea
assicura il proprio appoggio alla costruzione dell’oleodotto tra Costanza,
porto romeno sul Mar Nero, e Trieste. L’impegno è stato preso nei giorni
scorsi da Fabrizio Barbaso, manager generale della Divisione per l’energia e
i trasporti dell’Ue. Negli uffici direttivi della Missione permanente romena
presso l’Ue, a Bruxelles, si è svolto un meeting del Comitato interstatale
per il Progetto Costanza-Trieste. Barbaso ha affermato che il progetto che
trasporterà il petrolio dal Mar Nero a Trieste attraverso Romania, Serbia,
Croazia e Slovenia, «porterà vantaggi molto significativi, riducendo la
pressione sull’ambiente del Mediterraneo, che al momento deve affrontare un
intenso traffico di navi cisterna e su quello del Danubio che si trova in
una situazione analoga». Il manager dell’Unione europea ha focalizzato anche
un altro vantaggio che sarà conseguente alla realizzazione dell’impianto:
«promuoverà - ha specificato - l’integrazione regionale dei Paesi coinvolti
e favorirà il loro sviluppo economico».
L’oleodotto Costanza-Trieste è stato anche uno dei principali argomenti del
colloquio avvenuto solo qualche giorno prima a Bucarest tra il Capo dello
Stato romeno Traian Basescu e il presidente serbo Boris Tadic. È stato Tadic
a esprimere la volontà che i due Paesi possano sviluppare progetti economici
comuni e uno dei primi esempi, ha sostenuto, «potrebbe essere la costruzione
dell’oleodotto Costanza-Pancevo-Trieste». Secondo Basescu anche l’oleodotto
sarebbe uno strumento affinché la Serbia possa mantenere un collegamento con
gli Stati dell’Ue «perché - ha sostenuto - qualsiasi strategia di relativo
isolamento è dannosa per la Serbia» e a questo scopo ha invitato Belgrado «a
parlare anche con Pristina per individuare soluzioni di comunicazione anche
per proteggere i serbi del Kosovo».
Un primo accordo per la realizzazione della maxicondotta è stato
sottoscritto dalle nazioni interessate già un anno fa a Zagabria. Ancora nel
maggio 2005 lo stesso Tadic era stato ricevuto a Trieste dal presidente
della Regione Friuli Venezia Giulia Riccardo Illy ed entrambi si erano detti
estremamente favorevoli alla realizzazione del progetto. «Anche a Trieste -
aveva affermato Illy - i benefici economici che ne deriveranno saranno di un
certo rilievo e si ridurranno i rischi ambientali legati al continuo
passaggio di petroliere». Un’opinione molto diversa a quella espressa più
recentemente dal presidente dell’Autorità portuale di Trieste, Claudio
Boniciolli. «La realizzazione di nuovi oleodotti, come quello previsto da
Costanza - aveva affermato Boniciolli chiudendo l’ultimo corso dell’Istituto
dei trasporti dell’università di Trieste - rischia di mettere in ginocchio
il nostro porto».
In effetti dei 46 milioni di tonnellate che hanno costituito il traffico
complessivo delle merci transitate attraverso il porto di Trieste nel 2007,
oltre 33 milioni sono state quelle di greggio scaricate nel terminal della
Siot, pur in un anno di flessione per il petrolio. Già gennaio 2008 ha
segnato però una ripresa con un aumento di quasi il 24 per cento rispetto al
primo mese dell’anno scorso. Sono all’incirca 400 le petroliere che ogni
anno giungono a Trieste e ognuna lascia in città all’incirca 65 mila euro
tra tasse di sbarco e ancoraggio e servuizi pagati a rimorchiatori,
ormeggiatori, piloti, agenzie marittime e altri fornitori. Chiaro che con il
nuovo oleodotto il loro numero sarebbe drasticamente ridotto. Al quartier
generale della Siot, il direttore Adriano Del Prete si è però ripetutamente
dimostrato tranquillo: «Siamo di fronte ad accordi o a strategie di tipo
politico dei quali si parla già da una decina d’anni o comunque di progetti
fatti talmente a lungo termine che non solo non hanno provocato alcuna
ripercussione a Trieste, ma che non sollevano nemmeno preoccupazioni per
l’immediato futuro».
La Trans alpine line da San Dorligo raggiunge Schwechat in Austria e dopo
aver toccato Ingolstadt si diparte verso Karlsruhe nella regione tedesca del
Baden-Wurttemberg e Livtinov nella Repubblica Ceca. Il nuovo oleodotto,
denominato Paneuropean oil pipeline dovrebbe essere lungo oltre 1.300
chilometri con una capacità di trasporto di 60 milioni di tonnellate
all’anno, di cui 30 milioni disponibili per le raffinerie italiane.
L’investimento è stato stimato in due miliardi di dollari.
Silvio Maranzana |
Bombardier, joint venture con
Breda: 1000 treni per la Tav |
|
La
multinazionale canadese pronta a produrre una nuova serie di convogli
pendolari per sfruttare meglio gli spazi e velocizzare l’accessibilità alle
carrozze
ROMA Una joint-venture con
Ansaldo Breda per l'Alta velocità «per creare un treno italiano», anzi,
mille treni per il trasporto regionale. È quanto mette sul piatto Bombardier
Italia, presente a Vado Ligure, con la produzione di locomotori e a Roma con
un centro per il segnalamento ferroviario. Le strategie per l'Italia della
multinazionale canadese Bombardier sono state illustrate oggi nel quartier
generale di Berlino dall'amministratore delegato per l'Italia Roberto
Tazzioli.
«Siamo disponibili ad una collaborazione con Ansaldo-Breda sull'Alta
velocità», ha spiegato precisando però che «Ansaldo-Breda sta cercando un
partner industriale e attualmente sta parlando con Alstom, Siemens ed anche
con noi». In pratica la collaborazione sarebbe per ora limitata «ad un treno
italiano ad alta velocità» rinviando poi eventuali discorsi di natura
finanziaria a possibili sviluppi successivi. «Se va bene sul piano
industriale - ha chiarito -, si può poi approfondire, siamo disponibili a
valutare altre opportunità».
Quanto al trasporto locale, Bombardier propone una vera e propria
rivoluzione degli schemi finora adottati, mettendo in campo convogli più
larghi della norma, ma idonei alla circolazione sulla rete esistente, e
limitati ad un solo piano, per sfruttare meglio gli spazi e velocizzare
l'accessibilità alle carrozze.
La carta che Bombardier intende giocare anche in Italia dopo aver vinto una
gara da 2,6 miliardi di euro per il trasporto regionale a Parigi e nell'Ile
de France, si chiama 'Spacium 3.06', la nuova serie di treni pendolari che
prende il nome dalla larghezza del convoglio, di ben 3 metri e 6 centimetri,
al posto dei tradizionali 2,80 metri. Un treno che, rispetto ai Taf, (Treni
ad alta frequentazione già presenti sulla rete italiana, ndr) offre, a
parità di lunghezza del convoglio, lo stesso numero di passeggeri disposti
su un solo piano, rispondendo così alle richieste di «sicurezza, comodità e
accessibilità che gli utenti del servizio pubblico francese hanno espresso a
Sncf che ha poi indetto la gara».
Inoltre, la disposizione ad un solo piano, mentre ve ne sono già a due in
Francia e Ingilterra, appare più adatta alle esigenze di una popolazione «in
fase di invecchiamento», migliorando «l'utilizzo degli spazi per le tratte
con fermate frequenti». Altro punto di forza del nuovo treno Bombardier sono
le porte di ingresso, la cui larghezza è stata portata a 1,95 metri
consentendo il transito di tre persone insieme e riducendo quindi di un
terzo la sosta in stazione.
Il nuovo treno, secondo Tazzioli, potrebbe essere la soluzione per risolvere
il problema dei ritardi dei convogli regionali, che in Italia sono compresi
«tra i 5 i 90 minuti, come ha dimostrato una recente indagine di
Legambiente». In Germania, invece, lo standard è ben diverso, con «un minuto
di ritardo su un tragitto di 40 chilometri a Monaco di Baviera, città simile
a Milano». E proprio il problema delle porte, come hanno spiegato in
Bombardier, è una tra le cause principali dei ritardi accumulati dai treni
italiani. |
Il mare Mediterraneo è il
protagonista di una serie di conferenze interculturali |
|
CAPODISTRIA Si intitola «Mare
Nostrum» il ciclo di incontri e conferenze dedicati al mare che la
Biblioteca civica di Capodistria organizza fino al 24 aprile nella sede
della sezione italiana della Biblioteca, in via Callegaria. Praticamente
tutte le sere, dal lunedì al venerdì, esperti di vari settori presenteranno
il mare in tutti i suoi aspetti, dalla storia alla letteratura, dalla
biologia al diritto, dalle tradizioni alle problematiche attuali della
marineria. Il progetto, nell'anno europeo del dialogo interculturale, è
stato promosso dal direttore della Biblioteca civica capodistriana Ivan
Markovic e dal responsabile del reparto di Storia patria Peter Stoka. Gli
appuntamenti avranno inizio alle 19. |
Inquinamento continuo |
|
Nuovamente si è chiuso il
traffico perché si è detto che i valori sono alti e pericolosi. Non si dice
la verità. Semplicemente ci si trova con la febbre a 41 gradi, a 42 si
muore, ma quando non si arriva al livello dei del 41, la febbre è sempre a
39 gradi, anche quando non ci sono le chiusure del centro. Ciò significa che
anche a 39 gradi siamo gravemente malati, siamo giornalmente intossicati,
respiriamo giorno e notte veleni che abbreviano la nostra vita, che
contribuiscono a fare nascere malattie a non finire, e ci tengono in uno
stato agonico di premorte.
Mai leggiamo da qualche «luminare» – che compare sempre generalmente a
sproposito – una seria disamina della situazione, dei gravissimi danni da
inquinamento cui siamo sottoposti, così non sapendo niente la popolazione
vive avvelenata, intossicata perennemente.
Nessuno ci dice che i valori normali della febbre sono 36,5 gradi, nessuno
ci dice cosa bisogna fare per tornare a questi valori, ci prendono come
sempre per i fondelli, unica consolazione che pure loro «nostri onesti
amministratori» prima o dopo subiranno le nostre stesse conseguenze, e pure
i medici che tacciono, almeno una volta siamo alla pari con loro.
Ezio Franzutti |
La Ferriera e le elezioni
|
Ritorna lo spot elettorale. In
tanti anni la politica locale non è stata in grado di proteggere i
lavoratori della Ferriera e gli abitanti dell'intera città nel salvaguardare
la loro salute e nel trovare sbocchi di lavoro sostitutivi senza che 800
euro al mese sia la rata per la pena di morte.
Sì, perché solo nell’ultimo periodo il tasso di inquinamento è stato per 80
giorni di ben 200 (duecento) volte superiore al massimo tollerabile per
legge. Pare che davanti ai grandi affari il rispetto delle leggi rimanga
dovere esclusivo dei cittadini-sudditi e che la vita umana non abbia più
alcun valore.
E poi, se questo inquinamento non è un problema perchè farci spendere soldi
per auto nuove Euro 1,2,3,4..., il fermo del traffico, i bollini blu, che
poi, come ultima beffa, le auto del ministero dell'Ambiente non sanno
nemmeno cosa sono?
Eppure tutti i giorni sentiamo delle tragedie a lunga scadenza come le
centinaia forse migliaia di morti per l'amianto a Monfalcone, o dei soldati
delle missioni all'estero con l'uranio impoverito, solo per citare i casi
più eclatanti. Costi paurosi in danaro per la comunità ma soprattutto costi
morali che non hanno prezzo, inammissibili in un Paese civile, anche se in
compenso spesso ci «avanza» di dare lezioni agli altri.
E pensarci prima?
Una politica seria e le autorità preposte non possono sottrarsi alle
responsabilità delle conseguenze di un prossimo futuro in cui saranno
migliaia le cause per malattie e morti conseguenti ad uno stabilimento così
altamente inquinante in centro città. Se ne parla da anni, a vuoto, e
purtroppo solo come spot elettorale.
Manlio Giona |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 4 marzo 2008
EMERGENZA SMOG - Il sindaco
riapre il centro dopo 12 giorni - Da oggi il via libera. In arrivo il
maltempo: pioggia e bora, scatta anche il piano antineve |
|
Dipiazza
rientra in città e firma l’ordinanza che revoca il divieto di circolazione.
Decisivi i valori delle polveri nelle prime 10 ore di ieri
Il sindaco Roberto Dipiazza
rientra in città dalle ferie e firma dopo dodici giorni di chiusura la
riapertura al traffico. Da oggi la circolazione ritorna alla normalità. La
revoca dell’ordinanza scattata il 21 febbraio è stata firmata nella tarda
mattinata di ieri, al termine della riunione fra l’assessorato all’Ambiente
e i tecnici dell’Arpa. |
Anche se le concentrazioni
rilevate domenica dalle centraline hanno segnalato ancora due sforamenti nei
siti di riferimento (piazza Libertà con 58 microgrammi e via Carpineto con
57, mentre in via Svevo si è scesi a 42), i valori parziali misurati
dall’Arpa nelle prime dieci ore di ieri indicavano una tendenza alla discesa
sotto la soglia limite delle concentrazioni nelle centraline di piazza
Libertà, via Tor Bandena e via Carpineto.
Nelle altre centraline, sempre domenica, le polveri sottili erano già scese
sotto il limite di 50 microgrammi al metro cubo. In via San Lorenzo in
Selva, dove è posizionato il mezzo mobile dell’Arpa, la concentrazione delle
pm10 è stata di 40 microgrammi, poco più elevate quelle misurate in via
Svevo (42) e in via Pitacco (46).
A far diminuire i livelli delle polveri non è stato comunque solo l’arrivo
di venti da sud. Nella giornata festiva non circolavano infatti i mezzi di
aziende e ditte, che in base all’ordinanza non sono stati soggetti alle
limitazioni. E tutti questi mezzi, dal furgone al camion, dispongono di
motori diesel, la gran parte non certo dell’ultima generazione...
PIOGGIA E BORA Tornando alla riunione di ieri, a far decidere
l’amministrazione comunale per la revoca dell’ordinanza sono state anche le
previsioni meteo che, come annunciato nei giorni scorsi, da oggi indicano un
forte peggioramento, in seguito al quale, dopo i venti leggeri ma comunque
«utili» a ridurre lo smog nel fine settimana, ci sarà un notevole
sconvolgimento nei vari strati dell’atmosfera.
Una forte nuvolosità preannuncia oggi l’arrivo, già nella tarda mattinata,
della pioggia che sarà più intensa nel pomeriggio. «Sempre nel pomeriggio –
spiega il comandante Badina dell’Istituto Nautico – avremo l’arrivo della
bora, con raffiche sui 60-80 orari, che però si esaurirà in poche ore».
Anche la calma durerà però poche ore. «Mercoledì, con il passaggio della
perturbazione – prosegue Badina – a Nord delle Alpi si creerà un’alta
pressione che porterà nella nostra zona correnti fredde, che abbasseranno le
temperaturre minime attorno ai 4 gradi. Ritornerà inoltre la bora, di nuovo
con raffiche sui 60-68 chilometri orari».
Un tuffo ancora più «profondo» nell’inverno è previsto poi giovedì, quando
la bora toccherà anche i 100 all’ora e sulla costa le minime sfioreranno lo
zero. Il sereno continuerà poi per alcuni giorni.
PIANO NEVE Quanto alla possibilità che arrivi la neve sul Carso,
Badina lo esclude. «Cadrà sopra gli 800-900 metri – precisa – in quanto la
temperature sarà ancora elevata quando arriverà la pioggia».
Le previsioni dell’Osservatorio meteo dell’Arpa indicavano invece già per la
scorsa notte la possibilità di neve e gelate anche sui 500 metri.
L’assessore Paolo Rovis ha così prudenzialmente fatto scattare il piano
neve, allertando l’AcegasAps per la pulizia delle strade. «Di recente –
spiega Rovis – abbiamo già fatto alcune riunioni con la prefettura, l’Anas e
la Provincia, allo scopo di raccordarci sugli interventi in caso di neve,
nei quali viene data la priorità a scuole, ospedali e altri edifici
pubblici. Il collega Piero Tononi segue poi l’aspetto della Protezione
civile. Se ci sarà l’emergenza non dovrebbero quindi sorgere problemi».
Giuseppe Palladini |
EMERGENZA SMOG - Bucci: «Il
piano comunale ammette adeguamenti in base alle previsioni»
|
|
«Non parliamo di dati parziali
di singole centraline, perché viene fuori la polemica. Nelle prime dieci ore
di oggi (ieri, ndr) gli strumenti segnalavano attorno ai 30 microgrammi, e
ciò, assieme alle previsioni di brutto tempo, ci ha permesso di decidere per
la revoca dei divieti».
L’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci difende la scelta fatta dopo
l’incontro con l’Arpa, e respinge con decisione l’osservazione che si
sarebbe dovuto attendere i dati ufficiali di ieri per sbloccare il traffico.
Lui stesso ha del resto precisato, non più tardi di domenica, che la
riapertura non si poteva disporre sulla base di dati parziali ma solo di
quelli medi delle 24 ore. E il piano di azione comunale prevede infatti che
sulla base dei rilievi del giorno precedente, l’ordinanza possa essere
revocata a partire dalla mezzanotte.
«La norma – replica Bucci – prevede che sì tenga conto della media delle 24
ore, ma a meno che non vi siano previsioni meteo che indicano un cambiamento
favorevole al calo dello smog. E’ lo stesso ragionamento – prosegue – che
abbiamo fatto sabato mattina, sulla base della media delle prime 12 ore, per
vedere se era possibile riaprire domenica. Invece il trend di quelle ore
indicava un ampio sforamento. Nel rispetto delle norme, in tutti questi
giorni abbiamo cercato di recare il minor disagio possibile alla
cittadinanza».
Sulle misure anti-inquinamento interviene intanto il consigliere comunale
Alessandro Minisini (Pd), sottolineando la necessità di intervenire sul
traffico con provvedimenti ben diversi.
«Bucci se la prende, anche giustamente, con la Ferriera – osserva Minisini –
ma il problema è strutturale e va risolto con il piano del traffico e la
realizzazione di parcheggi. Il discorso è iniziato già sette anni fa con
Bradaschia – ricorda – il primo assessore all’urbanistica della prima giunta
Dipiazza, che aveva proposto parcheggi periferici da collegare al centro con
bus elettrici. Da allora non si è fartto nulla di concreto: le macchine
arrivano in città, girano alla ricerca di un parcheggio, non lo trovano e
inquinano».
Altro punto su cui lavorare, sempre secondo Minisini, è quello degli
impianti di riscaldamento. «In molti stabili ci sono ancora le caldaie a
nafta. Quanti sono ancora i condomini riscaldati così? Il Comune — afferma –
dovrebbe essere parte attiva per la riconversione di quegli impianti,
trovando finanziamenti mirati. Con un emendamento al bilancio, che è stato
bocciato, avevo proposto lo stanziamento di 300mila euro almeno per la
riconversione degli impianti degli stabili comunali».
gi. pa. |
Un comitato contro i
parcheggi selvaggi - Lo promuove l’associazione dei pedoni:
«Sgomberiamo i marciapiedi» |
|
Dopo le
proteste dei commercianti per le multe dei vigili urbani ai veicoli in
doppia fila
Sulla scia del blocco record
alle auto causa smog, delle spinte venute da più parti per la
pedonalizzazione del centro, e pure delle polemiche dei negozianti di via
Fabio Severo sulla «tolleranza zero» ai clienti che posteggiano in seconda
fila, è nato in questi giorni un nuovo comitato contro il traffico e i
parcheggi selvaggi. Si chiama «Comitato per la liberazione dei marciapiedi e
delle fermate dei bus», contro la frequente occupazione abusiva di macchine
in divieto di sosta a scapito dei pedoni e dei cittadini che si servono dei
mezzi pubblici.
A promuoverlo è il Coped-Camminatrieste, che in poche ore ha raccolto le
prime 40 firme a sostegno di una petizione con cui - come assicura il
presidente dell’associazione Sergio Tremul - si intende non dare tregua alle
istituzioni cittadine finché i marciapiedi e i punti di fermata degli
autobus non saranno ripuliti e tutelati dall’invasione di scooter e
automobili. «Tempesteremo con fax pieni di firme ogni volta nuove - anticipa
Tremul - gli organi di informazione, il comando della polizia municipale e i
vertici della Trieste Trasporti. Chiederemo a Comune, Provincia e Regione
specifici incontri su questo grave problema. O si fa così o ci si rivolge
alla magistratura, che verifichi il mancato controllo delle regole di
convivenza stradale. Non vorremmo arrivare fino a quel punto».
«Ci sono voluti 12 giorni di centro chiuso - aggiunge il presidente del
Coped - per smuovere le coscienze sulla necessità di un centro più libero
dalle macchine e vivibile. Per noi, visto il dibattito che si è acceso
proprio in questi giorni, è tempo di tornare alla carica con il nostro
principale cavallo di battaglia. Più di 70 chilometri di marciapiedi e il
90% delle fermate dei bus sono ostaggio delle soste abusive. Ne fanno le
spese i pedoni, gli anziani, i bambini che vanno a scuola e i diversamente
abili, con un pesantissimo deficit di sicurezza. Chiediamo a chi ne ha
potere che la situazione venga sbloccata. Il codice della strada dev’essere
rispettato, così come dev’essere garantito il servizio regolare degli
autobus con nuove pedane anti-sosta alle fermate».
Tremul ne ha per tutti. Per Bucci: «Bene il Comune che non ha mollato
davanti all’emergenza inquinamento, ma l’asssessore non può dire che è tutta
colpa della Ferriera». E anche per il presidente della Camera di Commercio,
Antonio Paoletti, che si è schierato con i negozianti di via Fabio Severo
sostenendo che troppe multe danneggiano il commercio. «Le lamentele dei
negozianti - conclude Tremul - non hanno senso di esistere. In qualsiasi
città si vede la gente fare gli acquisti a piedi. Qui dobbiamo migliorare i
servizi per i pedoni e vincere la mentalità di uno zoccolo duro che non lo
vuole ancora capire».
pi. ra. |
Intralciano i bus: basta auto
in sosta in via San Michele - Annunciato il primo provvedimento del nuovo
Piano particolareggiato del traffico per la zona di San Vito
|
|
Basta con il parcheggio
selvaggio. Parte con l’istituzione del divieto di sosta in via San Michele,
nel tratto compreso tra via della Valle e via della Cereria, il Piano
particolareggiato del traffico urbano per la zona di San Vito approvato
dall’amministrazione comunale nel giugno dello scorso anno.
Per effetto di un’ordinanza, il Comune ha previsto il divieto di sosta e di
fermata per tutti i veicoli sul lato dei numeri civici dispari di via San
Michele nel tratto che va da via della Valle a via della Cereria. Chi
parcheggerà d’ora in avanti in quel tratto, oltre alla sanzione rischia la
rimozione del veicolo. Accanto a questo provvedimento, è prevista la
realizzazione di un’area di parcheggio riservata a motocicli e ciclomotori
nel tratto compreso tra via della Rotonda e via della Valle, con
disposizione di sosta in linea. Verranno inoltre predisposti dei dissuasori
di sosta, ovvero i classici paletti, sul marciapiede sul lato dei numeri
civici pari compreso tra via della Cereria e via della Valle inclusa.
Sono pertanto revocati i provvedimenti di viabilità precedentemente in
vigore, con la posa in opera dei nuovi segnali e la rimozione di quelli in
contrasto.
I provvedimenti decisi intendono migliorare e fluidificare il flusso di
circolazione stradale lungo un’arteria dove il parcheggio selvaggio provoca
da sempre pericolosi ingorghi e interruzioni, oltre a rendere insicura la
marcia dei pedoni, spesso costretti a aggirare le auto in sosta sul
marciapiede esponendosi al rischio di investimenti sulla carreggiata.
Difficile e oltremodo precaria pure la marcia degli autobus pubblici,
anch’essi puntualmente condizionati dal parcheggio inopportuno e costretti a
manovre allucinanti per proseguire la marcia.
«Si tratta di un’ordinanza prevista da un Piano particolareggiato per la
zona di San Vito che è stato realizzato in ossequio alle prescrizioni di
Agenda 21, che vuole la massima partecipazione di istituzioni e cittadini
nello sviluppo degli strumenti urbanistici. Un piano – afferma l’assessore
alla Pianificazione territoriale Maurizio Bucci – il cui obiettivo è di
rendere le arterie principali del traffico cittadino le più scorrevoli
possibile. Il divieto di sosta su quel tratto di via San Michele – continua
l’assessore - è stato concertato con tutto il territorio. Il piano
particolareggiato di San Vito infatti è stato discusso con la gente, e
ingloba il 100 per cento delle indicazioni prodotte dalla Quarta
circoscrizione e oltre l’80 percento dei suggerimenti inviatici dai
residenti. Più condiviso di così».
m.l. |
La Ferriera assume nuovi
operai - Forte dell’autorizzazione ambientale, la Lucchini punta a contratti
a tempo indeterminato |
|
A gennaio
già 7 arrivi nell’organico dello stabilimento. Si cerca personale
specializzato e esperto di logistica |
Il sindaco
Dipiazza: «Sono manovre da quattro soldi per distrarre la gente
dall’inquinamento» |
Nuove assunzioni in vista alla
Ferriera di Servola. Mentre fuori dallo stabilimento infuria la polemica
sulla pericolosità degli impianti e i residenti ne invocano a gran voce la
chiusura, la Lucchini spa spiazza tutti e annuncia l’avvio di un piano di
potenziamento della forza lavoro. Un segnale che fa chiaramente capire come
l’azienda, forte anche della recente concessione dell’Autorizzazione
ambientale integrata, non abbia alcuna intenzione di accelerare l’iter per
la dismissione.
In questo momento, fa sapere la Servola spa, si cercano tecnici manutentori,
elettrici, meccanici e di automazione. Figure altamente specializzate,
dunque, da inserire subito in organico con la prospettiva di ottenere
rapidamente un contratto a tempo indeterminato.
Un primo assaggio del nuovo piano di assunzioni si è avuto nel corso del
2007 con 46 nuovi ingressi. E anche il 2008 la «caccia» agli operai
specializzati ha già dato i primi frutti: nel solo mese di gennaio, infatti,
le porte dello stabilimento si sono aperte per sette nuovi operai. New entry
che andranno ad affiancare gli attuali 532 dipendenti, (di cui il 94% locali
e il resto giovani tra i 31 e 40 anni provenienti soprattutto dall’Europa
dell’Est), in un’ottica «di innalzamento dei livelli di qualificazione
professionale, grazie all’organizzazione di corsi di formazione a
medio-lungo termine». Quanto ai numeri, l’azienda non chiarisce con
precisione quante persone ha intenzione di assumere nell’immediato, ma parla
in ogni caso di «diverse unità».
Una mossa salutata con entusiasmo dal mondo sindacale. «Le assunzioni sono
sempre positive - commenta il segretario della Fiom Cgil, Antonio Saulle -.
Del resto è innegabile il fatto che la siderurgia sia ormai uno dei pochi
settori in Italia a far crescere il numero dei dipendenti. Bisogna quindi
decidere se nello sviluppo della città c’è posto o meno per la siderurgia».
Interpreta in maniera diversa il piano di assunzioni della Lucchini, invece,
il sindaco Dipiazza. «Quest’annuncio serve solo per buttare un po’ di fumo
negli occhi dei cittadini, che in questi giorni di blocco del centro si sono
resi conto dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera - tuona il primo
cittadino -. È solo un mezzuccio da quattro soldi per distrarre le persone
dai veri problemi. L’azienda dovrebbe vergognarsi. Da parte mia quindi,
appena si insedierà il Governo, andrò a Roma per stipulare un Patto per
Trieste che avrà al primo punto la chiusura della Ferriera».
Oltre al piano di assunzioni, infine, l’azienda sta per adottare anche nuovi
strumenti e incentivi per promuovere tra i dipendenti la cultura della
sicurezza. Tra questi un «premio di risultato», un riconoscimento economico,
pari a circa una mensilità di stipendio, da assicurare sulla base del
rispetto di parametri relativi a produttività, qualità e sicurezza, per
centrare l’obiettivo «Infortuni zero». L’attenzione alle politiche della
sicurezza ha inoltre portato ad istituire, dall’inizio di gennaio, un
presidio medico interno a disposizione del personale 24 ore su 24, e
l’adozione di un protocollo d’intesa sulle linee di lavoro per il triennio
2006-2008.
Maddalena Rebecca |
Inquinamento a Muggia, test
sui residenti - Studio-pilota con l’Università sulla qualità dell’aria
e le conseguenze sulla salute |
|
Previsti
test a campione su base volontaria tra chi lavora all’esterno e in ambienti
chiusi e due nuove centraline di rilevamento
MUGGIA A Muggia partirà uno
studio-pilota sulla qualità dell’aria nel territorio, un’iniziativa del
Comune, in collaborazione con l’Università di Trieste. Principalmente si
vuole rispondere ad alcune domande chiave: l’inquinamento dell’aria a Muggia
esiste? È maggiore o minore rispetto ad altri centri di pari popolazione e
pari traffico? C’è un riferimento anche a potenziali fonti d’inquinamento
nel territorio muggesano o in quelli limitrofi, come l’inceneritore, la
Ferriera, le attività industriali?
Il sindaco Nerio Nesladek spiega: «L’idea parte da una necessità espressa
dalla popolazione e dal Consiglio comunale, che all’unanimità ha già dato
vita a un gruppo di lavoro consiliare che sta valutando la situazione e la
qualità dell’aria a Muggia. È chiaro che il livello d’allarme cresce quando
si vede che Trieste deve chiudere il centro al traffico per oltre una decina
di giorni. In un campo come questo, bisogna approcciarsi nel modo più serio
e scientifico possibile».
Il gruppo di lavoro consiliare, composto dai consiglieri Giorgio Kosic (Prc)
e Christian Gretti (An), con l’assessore Cristina Tull e il responsabile del
settore Ambiente del Comune Adriana Cappiello, ha già svolto un’analisi dei
dati disponibili. Ma proprio questi sono il problema. «Ce ne sono ben pochi
– così Gretti -. È necessario approfondire la materia, incrementandoli,
poiché le analisi fatte a suo tempo hanno evidenziato problemi». È nata
quindi una collaborazione con il Dipartimento di biochimica, biofisica e
chimica delle macromolecole (Bbcm) e con quello di Scienze chimiche
dell’ateneo triestino: porterà a studi-pilota a Muggia dai quali si evincerà
se c’è un reale problema d’inquinamento in città, la sua entità e le sue
caratteristiche. Da questi dati poi si valuterà se sarà necessario
proseguire con l’analisi e approfondire l’eventuale impatto delle sostanze
inquinanti sulla salute dei residenti. Ranieri Urbani, del Bbcm, racconta:
«Si pensa a un’indagine su due piani: con i dati dell’aria attraverso due
nuove centraline, e con dati prelevati da un campione di popolazione». Le
due nuove centraline potrebbero essere sistemate sul lungomare Venezia e ad
Aquilinia. Zone che, per traffico e influenza subita dai venti di varia
direzione, possono dare un quadro attendibile. Sarà analizzato, in
particolare, il particolato totale, ovvero tutte le polveri presenti
nell’aria, confrontando i dati anche con quelli forniti dalla centralina
installata sul Molo Balota. Lo screening della popolazione sarà fatto su
base volontaria, dividendo il campione fra chi è esposto all’aria per tante
ore al giorno (a esempio vigili urbani e operai del Comune) e chi invece
resta per più tempo in un ambiente chiuso. L’analisi sarà dilazionata nel
tempo, scegliendo (a campione) alcuni brevi periodi dell’anno. Sarà preso in
considerazione, in particolare, un orario di lavoro normale, in modo da
potere confrontare i dati delle centraline con quelli del campione di
popolazione. Lo studio sarà finanziato dal Comune (non è ancora noto il
costo dell’operazione). «Se emergerà che la situazione necessita di
ulteriori indagini, allora il problema supererà i confini comunali e
dovranno essere coinvolti anche altri enti» spiega Nesladek. È in fase di
dibattito anche uno studio della qualità dell’aria a livello
transfrontaliero con i Comuni vicini, considerando che le masse d’aria non
conoscono confini.
s.re. |
Consumatori: staffetta contro
i disservizi in treno |
|
ROMA Un gonfiabile a forma di
treno, lungo sei metri, con affissi cartelli di «fuori servizio»: così il
Movimento Consumatori dà il via oggi (fino al 6 marzo) a Roma alla staffetta
«Diritti sui binari», iniziativa «contro i disservizi ferroviari e per la
tutela dei diritti dei viaggiatori in treno» informa una nota.
A partire da maggio, il treno gonfiabile del Mc farà tappa in altre nove
città: Bari, Napoli, Palermo, Padova, Milano, Torino, Genova, Bologna,
Firenze, per concludere con l'ultimo presidio ancora nella Capitale. Lo
scopo principale della staffetta, spiegano gli organizzatori, «è quello di
dare maggiore visibilità possibile al tema dei diritti dei viaggiatori in
treno. La qualità del servizio è inaccettabile, tuttavia si sta cercando di
avvicinare le tariffe italiane a quelle più alte europee».
L'associazione dei consumatori è convinta che «il cittadino abbia diritto a
vedersi garantiti i servizi di base che paga all'atto dell'acquisto di un
biglietto ferroviario. Oggi non è così. Questa staffetta serve appunto per
informare i viaggiatori in treno dei loro diritti, offrire loro un servizio
di consulenza legale e sollecitare le autorità competenti a vigilare sui
servizi». |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 3 marzo 2008
Smog: oggi dodicesimo giorno
senza auto, è record - Polveri sottili in diminuzione: un vertice tra
Comune e Arpa deciderà se riaprire domani
(vedi
mappa chiusura)
Trieste non ha mai subito un
blocco del traffico tanto lungo. Le previsioni meteo annunciano bora e pioggia.
Ieri inflitte sette multe
Scatta oggi il dodicesimo giorno consecutivo di blocco del traffico. Un
record negativo assoluto per Trieste, che mai aveva dovuto far fronte per un
periodo tanto lungo all’emergenza smog. Un vertice stamani tra Comune e Arpa
deciderà, alla luce degli ultimi dati, se domani si potrà circolare.
E pensare che la mattinata di ieri aveva lasciato sperare in un’inversione di
tendenza. Dopo giorni di nebbia e cielo grigio, la domenica era iniziata
all’insegna del sole e delle temperature quasi primaverili, tanto che più di
qualcuno aveva auspicato un ripensamento da parte dell’amministrazione comunale
e confidato nella revoca del blocco del traffico annunciato per oggi. Le
illusioni, però, si sono rivelate vane: il divieto di circolazione, infatti, non
è stato ritirato. Anche oggi quindi, così come da dodici giorni a questa parte,
il centro resterà chiuso alle auto private dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle
19.
I VALORI Eppure i valori di pm10 registrati dalle centraline dell’Arpa nella
giornata di sabato avevano subito una netta inversione di tendenza. In piazza
Libertà la concentrazione di polveri sottili era di 53 microgrammi per metro
cubo a fronte degli 86 di venerdì, in via Carpineto si era passati da 139 a 79 e
in via Svevo le polveri sono addirittura scese al di sotto della soglia limite
di 50 mg/mc, toccando quota 48 microgrammi. Progressi che il Comune ha però
ritenuto insufficienti a disporre la revoca del provvedimento. «La legge parla
chiaro - taglia corto l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci -. Quando due
centraline su tre registrano sforamenti anche minimi, scatta inevitabilmente
l’obbligo di chiusura. Come amministrazione ci siamo limitati a rispettare alla
lettera il contenuto del Piano d’azione comunale (Pac), che stabilisce di
decidere se applicare o meno il blocco ad alla giornata successiva sulla base
dei dati del giorno precedente. E visto che i valori di sabato erano sopra alla
soglia limite, non abbiamo potuto far altro che confermare le misure già
annunciate per lunedì».
IL MANCATO VERTICE DOMENICALE La decisione di prolungare ancora il divieto di
circolazione è stata presa peraltro senza aver visionato i dati parziali
rilevati dalle centraline tra la mezzanotte di sabato e le 12 di ieri. Essendo
giorno festivo, infatti, l’Arpa non li ha comunicati al Comune. E non è stato
previsto ieri alcun incontro di aggiornamento. «Ma se anche avessimo avuti quei
dati, la situazione non sarebbe cambiata - precisa Bucci, replicando così alle
perplessità sulla decisione di disporre fin da subito due ulteriori giornate di
chiusura senza prevedere verifiche la domenica -. Il Pac non ci consente infatti
di disporre la riapertura sulla base dei dati parziali, ma solo di quelli medi
delle 24 ore. Questo significa che se anche i valori di domenica mattina fossero
stati positivi non avremmo potuto rimuovere il blocco. Un contatto tra tecnici
di Comune e Arpa questa mattina (ieri ndr) c’è comunque stato, nonostante la
giornata di festa. Ci siamo infatti sentiti telefonicamente per commentare gli
sforamenti di sabato. Sforamenti - conclude Bucci - che hanno dimostrato la
validità della scelta di mantenere il blocco sia per domenica sia per lunedì,
presa sulla base delle previsioni».
IL «RISCHIO» Previsioni che, in realtà, non si sono rivelate del tutto
attendibili. Nel giro di 24 ore, infatti, i valori di pm10 sono
significativamente scesi, con un dato sotto la soglia e un altro di poco sopra.
Riscontri ben distanti dalle indicazioni della vigilia date da Comune e Arpa che
davano per scontati valori elevati. Decidendo già sabato di confermare i divieti
per lunedì, si è rischiato di bloccare il traffico inutilmente. «Il vero rischio
sarebbe stato riaprire senza che ce ne fossero le condizioni - ribatte Bucci -.
Le cose però sono andate diversamente e ci hanno dato ragione. E comunque, nel
caso in cui i valori di sabato fossero risultati positivi, ieri avremmo subito
provveduto ad emettere l’ordinanza di sblocco».
LE PREVISIONI L’emergenza smog, comunque, dovrebbe avere a questo punto le ore
contate. Oggi è previsto l’arrivo di una perturbazione che porterà aria nuova da
sud-ovest accompagnata, a partire da domani, da bora e pioggia. Un cambiamento
del quadro meteo che metterà fine anche all’incubo multe per molti
automobilisti. Ieri ne sono state elevate soltanto 7 a fronte di 104 controlli.
Maddalena Rebecca
I Cittadini
critici sullo stop ai veicoli - Comitato per via Mazzini: «È l’occasione
per pensare a nuove zone pedonali»
«Un’occasione
preziosa per iniziare seriamente a discutere le proposte di pedonalizzazione del
centro». Così i componenti del comitato «Per via Mazzini», considerano il blocco
del traffico disposto per arginare gli sforamenti delle pericolose pm10.
«Crediamo che dopo 12 giorni consecutivi di chiusura, tutti si siano resi conto
della necessità di prendere provvedimenti concreti per ridurre i disagi legati
alla circolazione delle auto e i problemi causati dall’inquinamento atmosferico
- osserva Paola Gaggi -. Speriamo solo che, passata l’emergenza, la questione
non venga nuovamente accantonata. Noi siamo stati tra i primi a lanciare
l’ipotesi pedonalizzazione, e continueremo a darci da fare perchè dalle parole
si passi ai fatti».
Convinti della necessità di andare ben oltre il semplice blocco della
circolazione sono anche i componenti del gruppo ambiente dei Cittadini per
Trieste. «Il sindaco ha deciso che durante le ore di punta il traffico non
produce inquinamento - osserva una nota -. Così ha chiuso il centro quando il
traffico è più scarso e l’ha autorizzato quando tutti si muovono per andare al
lavoro o rientrare a casa. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se il tasso di pm10
è aumentato anzichè diminuire. Meglio avrebbe fatto a sfruttare questi giorni di
opprimente e pericoloso smog per dimostrare sensibilità verso la salute dei
cittadini adottando provvedimenti seri che i triestini avrebbe di sicuro
apprezzato».
Sposta il tiro sulla carenza di parcheggi in Cittavecchia, infine, il comitato
«Via Diaz». «Secondo i nostri amministratori, a Trieste non esiste la
possibilità di applicare tariffe agevolate per i residenti in cerca di posti
auto - osservano Paolo de Mottoni e Wendy D’Ercole -. Nonostante le tante
richieste, finora abbiamo ottenuto solo un’offerta dalla Trieste Terminal
Passeggeri: 150 euro al mese per parcheggiare alla Lanterna o al Molo IV.
Eppure, in tutte le altre città d’Italia le tariffe agevolate per i residenti
esistono, e vanno da 0 a 45 euro».
m.r.
Paoletti: «Troppe
multe danneggiano il commercio» - «Auto in doppia fila? Spesso i triestini
hanno difficoltà a trovare posteggi regolari»
Il presidente camerale si schiera
con i negozianti di via Fabio Severo che lamentano cali negli affari a causa
delle contravvenzioni ai clienti
Contro la logica della «tolleranza zero» lanciata dalla Municipale, e a
favore delle ragioni dei negozianti. Il presidente di Confcommercio, Antonio
Paoletti, si schiera dalla parte degli esercenti di via Fabio Severo - che
lamentano cali negli affari a causa del giro di vite contro la «sosta
selvaggia»-, e invita a non infierire eccessivamente nei confronti di chi, per
il tempo necessario agli acquisti, lascia l’auto in doppia fila davanti ai
negozi.
«La presenza massiccia dei vigili urbani non crea difficoltà solo ai
commercianti di Cologna - osserva Paoletti -. La stessa situazione si registra
per esempio in via Coroneo, dove diversi esercenti denuncia perdite anche
superiori al 30% a causa del rigore con cui vengono sanzionati i clienti. Io
capisco che le regole vadano rispettate e che la polizia municipale debba fare
il proprio dovere, ma bisognerebbe anche essere un po’ più realisti e prendere
atto della situazione attuale. La gente ha effettivamente difficoltà a trovare
posteggi regolari, anche per via delle tante zone riservate a dipendenti di
consolati, istituzioni ed enti pubblici. Mi si dirà che esistono i grandi
contenitori - continua Paoletti -. Ma sappiamo bene che i triestini fanno fatica
ad utilizzarli, un po’ per paura di quei corridoi spesso stretti e angusti, un
po’ per la scomodità delle manovre. Con questo non voglio assolutamente dire che
bisogna incoraggiare la ”sosta slevaggia”. Semplicemente penso che ci debba
essere un po’ più di comprensione verso i commercianti, già alle prese con una
fase congiunturale critica e con difficoltà a far quadrare i conti».
Una crisi, secondo Paoletti, acuita anche dai recenti provvedimenti anti-smog.
«Dopo più di dieci giorni consecutivi di blocco, le conseguenze si fanno sentire
- aggiunge il presidente dell’Ente camerale -. Purtroppo ormai sappiamo che la
gente senza macchina non gira, e inevitabilmente gli affari ne risentono: in
questo periodo di chiusura del centro, qualcuno ha subito perdite anche del
50%».
Alla luce di tutti questi fattori, secondo Paoletti, andrebbero evitate nuove
”crociate” contro gli automobilisti che frequentano i negozi del centro.
Crociate peraltro, a suo giudizio, concentrate soltanto in certe zone.
«L’impressione è che spesso si adottino due pesi e due misure - continua il
numero 1 di Confcommercio -. In alcune strade del centro si assiste ad una certa
”tolleranza” nei confronti dei proprietari delle quattro ruote parcheggiate in
modo non regolare. In altre, invece, si notano controlli molto più serrati. Ma
se le regole ci sono devono valere per tutti, e quindi tanto per via Fabio
Severo e via Coroneo, quanto per via Giulia e via Battisti. Penso che, specie in
un momento come questo, sia importante cercare di darsi tutti una mano, almeno
fino a quando i triestini non si abitueranno a lasciare l’auto fuori dal centro
e a muoversi poi a piedi o in bus per fare acquisti. Dal canto loro, comunque,
anche i commercianti dovranno iniziare a darsi da fare per trovare soluzioni
nuove. Un’ipotesi già sperimentata da qualcuno - conclude Paoletti - è, per
esempio, quella delle consegne a domicilio. I negozi potrebbero consorziarsi tra
di loro e affidarsi ad una ditta di trasporti. In questo modo riuscirebbero a
ridurre le spese e ad offrire un servizio in più ai clienti».
m.r.
Tondo: «Chiuderò
la Ferriera». Lupieri: «Avanti coi test» - Polemica su Servola
«Sono stati persi cinque anni dalla
giunta regionale di Centrosinistra, adesso il problema della Ferriera di
Servola, a Trieste, va risolto subito»: lo ha affermato il candidato del
Centrodestra alla presidenza della Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo.
«Riprenderemo - ha detto Tondo, incontrando ieri a Tolmezzo una rappresentanza
di abitanti di Servola - da dove avevamo lasciato cinque anni fa, ovvero dalla
soluzione predisposta dalla Giunta che presiedevo e che, entro il 2009,
prevedeva la dismissione della Ferriera e la contemporanea salvaguardia dei
posti di lavoro, compresi quelli dell'indotto, attraverso una riqualificazione
mirata ed un riposizionamento supportato dalla Regione».
Tondo ha assicurato un «impegno immediato ed accelerato per recuperare al meglio
il tempo inconcepibilmente perduto».
«Mi hanno raccontato di casi umani sconvolgenti che vanno bene al di là dei
problemi di respirazione», ha ricordato Tondo, citando l'esempio di una donna
vittima quattro anni fa di un cancro ai polmoni senza essere una fumatrice. «I
livelli di inquinamento da polveri sottili - a suo dire – erano da brividi prima
e lo sono ancora di più adesso, con valori in 23 casi fuori norma fino a dodici
volte quelli consentiti dalla legge nei soli primi due mesi del 2008».
Sull’argomento si registra anche un intervento di Sergio Lupieri del Pd, vice
presidente della III Commissione sanità della Regione Fvg. «Devono essere
intensificati i controlli sanitari sulla Ferriera con esami del sangue e delle
urine sulla popolazione volontaria residente nella zona di Servola – chiede –
comparandoli con un campione eseguito sulla popolazione di un’area non
inquinata. Come bisogna potenziare i controlli sui risultati ottenuti
dall’osservanza della proprietà Lucchini alle ordinanze ed alle prescrizioni di
modifiche antiinquinamento della fabbrica. Bisogna aumentare i monitoraggi ed i
controlli che verifichino l’effettivo risultato ottenuto e voluto, cioè la
riduzione dei valori di inquinamento, a fronte dell’effettiva bonifica eseguita.
E’ fondamentale che quanto prima ci sia un segnale che dimostri l’inversione del
trend di crescita dei valori di inquinamento, a dimostrazione che i lavori
eseguiti sulla cokeria e nelle altre strutture della fabbrica, hanno portato i
risultati che ci si prefiggeva. Attendiamo inoltre – aggiunge Lupieri – i
risultati degli esami eseguiti sui lavoratori, lo studio epidemiologico del
Distretto 3 sull’incidenza di neoplasie nella zona di Servola, il piano
dell’aria, i risultati degli esami sulla popolazione».
Olivo, scarti
ecologici: progetto duinese - L’ex assessore Raffin tra i promotori
dell’iniziativa che sarà presentata in Fiera
Creare una filiera produttiva
ecologica dalla coltivazione dell'olivo. È questo l'obiettivo, attivo in
provincia di Trieste, da Duino Aurisina a San Dorligo della Valle.
Uno degli aspetti centrali - oltre alla produzione di olio di qualità - riguarda
anche l'attività relativa agli scarti, ovvero alla possibilità di utilizzare
come concime i prodotti secondari dell'olivicoltura. Dell'argomento si sta
occupando da tempo un progetto Interreg, intitolato «Troplo», che coinvolge i
produttori della zona, l'Ersa, un centro di ricerca nato a Capodistria, e che
vede protagonista in prima persona l'ex assessore al commercio di Duino Aurisina
Gabriella Raffin.
Obiettivo del progetto, che verrà presentato domenica prossima in Fiera a
Trieste, nel corso di un convegno nell'ambito di «Olio capitale» è di
sensibilizzare i produttori locali di olio ad attivare progetti ecosostenibili
nello smaltimento dei prodotti secondari: un sistema di riciclaggio attraverso
compostiere particolari, infatti, permette il recupero degli «avanzi» del
processo di realizzazione dell'olio come concime in floricoltura e in
agricoltura.
IL PICCOLO -
DOMENICA, 2 marzo 2008
Smog, nessun vertice: stop
oggi e domani - I valori delle polveri restano sopra il limite. Bucci
dà la responsabilità alla Ferriera che replica: «Guardi le centraline»
|
|
Nel festivo
Comune e Arpa non si incontrano, neanche se cambia il tempo. «Previsioni
pessime» |
Il centro rimane chiuso alle
auto private (nei consueti orari 9.30-12.30 e 16-19) sia oggi che domani. Il
blocco del traffico raggiungerà quindi i 12 giorni consecutivi (record
assoluto) anche se in queste ore si verificasse un deciso cambio del tempo:
nell’odierna giornata festiva, infatti, non sono previsti incontri
d’aggiornamento tra Comune e Arpa.
Troppo blanda si è rivelata ieri mattina l’attesa «puntata» di pioviggine e
libeccio su cui il Comune aveva riposto, fin da venerdì, tutte le sue
speranze per una possibile svolta al tappo di smog (che assedia Trieste da
quasi due settimane) tale da consentire la revoca dell’ordinanza
anti-inquinamento. Ma le uniche tre centraline che sfornano automaticamente
numeri anche nei weekend, sulle 7 posizionate dall’Arpa sul territorio
cittadino, hanno stroncato anche quest’ultimo tentativo.
LE CENTRALINE Le tre stazioni di misurazione degli inquinanti che si trovano
in piazza Libertà, via Carpineto e via Svevo sono in realtà le sole inserite
nella rete regionale. Le sole di cui il municipio deve tener conto, in base
al Piano d’azione comunale (Pac), quando è chiamato a decidere il blocco o
lo sblocco della circolazione. E qui la legge dice che, qualora i valori
medi di due centraline su tre abbiano superato il giorno precedente la
soglia di 50 microgrammi per metro cubo, il blocco va confermato per il
giorno successivo.
I VALORI Così, durante il vertice tecnico convocato alle 13 di ieri in
Municipio, l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci altro non ha fatto che
prendere atto dei dati più «freschi» sulle concentrazioni di Pm10. La prima
mazzata è arrivata dalle cifre ufficiali, quelle sui valori medi giornalieri
di venerdì: via Carpineto 139, piazza Libertà 86, via Svevo 69. La seconda
mazzata è venuta dalla lettura delle cifre parziali elaborate dalle tre
centraline tra la mezzanotte e le 12 di ieri e comunicate dall’Arpa alle 13:
i valori di tutte e tre le stazioni, infatti, erano rimasti oltre il tetto
dei 50 micron.
L’ASSESSORE Spiega Bucci: «Con il breafing delle 13 di oggi (ieri, ndr)
intendevamo verificare se i dati di giornata sarebbero potuti scendere sotto
soglia grazie al cambio del tempo che doveva arrivare nella notte tra
venerdì e sabato. È stato l’ultimo tentativo mirato ad accertare che vi
fossero le condizioni per permettere ai triestini di circolare liberamente
la domenica, ma non c’è stato nulla da fare. È chiaro a questo punto che,
visto anche il nuovo ristagno dell’aria di questo pomeriggio (ieri, ndr), i
valori medi giornalieri completi sono destinati a rimanere ancora sopra i
50. Questo ci impone di confermare il blocco anche lunedì. Fosse stata
prevista bora nella notte - aggiunge Bucci - avremmo potuto ritentare domani
mattina (oggi, ndr), ma in base ai dati e alle tendenze meteo non ci sono
scappatoie. Ci troveremo lunedì mattina e vedremo se si può revocare
l’ordinanza a partire da martedì».
LO STOP DOMENICALE Questo significa che nella giornata di oggi, anche in
presenza di clamorose svolte del tempo, il Comune staccherà la spina per
riattaccarla domattina. «Abbiamo dirigenti pronti a lavorare, se si
presentasse la necessità, anche alla domenica - risponde Bucci - ma stavolta
non ha senso metterli in preallarme». «È già capitato - gli fa eco
l’assessore al personale Michele Lobianco - che abbiano lavorato in giorni
festivi. Se in questo caso non avviene è solo per cause ambientali di forza
maggiore».
LE PREVISIONI Per oggi, come conferma il comandante Gianfranco Badina
dell’Istituto Nautico, è previsto tempo stabile con venti deboli mentre
domani è in arrivo una perturbazione che porterà aria nuova da sud-ovest.
Martedì, infine, l’incubo delle Pm10 dovrebbe finire, poiché è atteso un
deciso peggioramento con bora forte e piogge a ripulire l’atmosfera.
LA POLEMICA Davanti al permanere dell’emergenza, tuttavia, Bucci rilancia la
polemica sulla Ferriera: «I dati orari di stamani (ieri, ndr) - attacca
l’assessore all’ambiente - parlano ancora di picchi elevatissimi in via
Carpineto, dove ad esempio si è rilevato un 215 alle 4 del mattino. Ciò mi
porta a confermare che sono i fumi di quello stabilimento a impedire ai
triestini di circolare anche in questa domenica».
LA REPLICA Secca la replica del responsabile delle relazioni della Servola
Spa, Francesco Semino: «Quella dell’assessore Bucci è una considerazione
pretestuosa, non avvalorata da elementi scientifici né dal buon senso.
Sfugge forse che la centralina più vicina al nostro stabilimento è quella di
via Pitacco, che in questi giorni ha fornito tra i più bassi valori medi
rispetto alle altre, persino a quella di piazza Libertà. La stazione
dell’Arpa di via Carpineto intercetta, peraltro, le emissioni di gran parte
della zona industriale».
Semino, al tempo stesso, precisa che «l’azienda sta osservando le misure di
riduzione delle emissioni previste dal Pac per le situazioni d’emergenza
come questa, concordate nel 2006 con la Regione, tra le quali la bagnatura
delle strade interne allo stabilimento».
LE MULTE Ieri, intanto, gli appostamenti a campione effettuati dalle
pattuglie della polizia municipale all’interno del perimetro vietato hanno
portato a un nuovo record di sanzioni: 84 su 200 verifiche. Ogni due
macchine fermate, in pratica, è scattata una multa.
Piero Rauber |
I vigili: tolleranza zero
contro i parcheggi selvaggi - «Da via Fabio Severo i controlli si
estenderanno a via Roma, via Battisti e via Giulia» |
|
La polizia
municipale dice basta alle auto in doppia fila. Il comandante: «Non vogliamo
penalizzare i negozianti ma chi sbaglia paghi» |
L’amministratore della Trieste Trasporti Paparo: «I conducenti dei nostri
bus sono al limite della disperazione» |
Non solo non si faranno sconti a
chi lascia l’auto in doppia fila in via Fabio Severo, ma al contrario si
estenderà la lotta alla sosta selvaggia a tutte le principali arterie del
centro - da via Roma a via Battisti, da via Giulia a via Milano -,
quotidianamente intasate a causa delle cattive abitudini di tanti
automobilisti.
È la risposta del comandante della polizia municipale, Sergio Abbate, alle
proteste dei negozianti di Cologna, che lamentano cali significativi negli
incassi a causa della raffica di multe comminate da vigili, a loro dire, fin
troppo scrupolosi. E a favore della «tolleranza zero» si schierano anche i
vertici della Trieste Trasporti, ormai esasperati dagli sfoghi di autisti
costretti a compiere manovre impossibili, o nei casi peggiori addirittura a
bloccare i bus e a far scendere i passeggeri, per colpa delle macchine
lasciate in sosta dove non si dovrebbe.
«Che qualcuno ci venga a chiedere di chiudere un occhio e non sanzionare le
auto in doppia fila mi sembra francamente singolare - commenta quasi
incredulo Sergio Abbate -. È ovvio che non abbiamo alcuna volontà di colpire
o penalizzare i commercianti. Il mio auspicio è naturalmente che gli affari
vandano a gonfie vele per tutti. Ma questo non significa affatto che
asseconderò le richieste di una certa tolleranza di fronte al fenomeno delle
soste selvagge. Tutt’altro. Il mio impegno, senza dubbio molto ambizioso me
ne rendo conto, è di riuscire nel tempo a convincere i triestini a perdere
il «vezzo», per non dire il vizio, del parcheggio in doppia fila».
E per centrare l’obbiettivo, la Municipale continuerà a tenere la guardia
particolarmente alta nelle zone del centro considerate a maggior rischio
sosta selvaggia. «La nostra presenza è particolarmente massiccia lungo i
principali assi di scorrimento del centro. via Roma, via Milano, via
Battisti, via Giulia e, appunto, via Fabio Severo - continua Sergio Abbate
-. E posso assicurare che in ogni zona adottiamo gli stessi criteri
d’azione. Le multe, quindi, le facciamo tanto a Cologna quanto in Barriera.
Non capisco dunque come i commercianti di Cologna possano sentirsi vessati
e, soprattutto, come possano arrivare a chiederci di ignorare le regole e
far finta di non vedere le auto in sosta vietata. Un conto è che ci invitino
a collaborare con loro magari per segnalare ai potenziali clienti i
parcheggi più vicini in zona, un altro è pretendere che si chiuda un occhio.
E su questo, sia chiaro, davvero non ci sto».
A dare man forte alle motivazioni della Municipale sono anche i vertici di
Trieste Trasporti, ogni giorno alle prese con la maleducazione di tanti
proprietari di quattro ruote. «Posso assicurare che siamo ai limiti della
disperazione - afferma l’amministratore delegato Cosimo Paparo -. Quello
della ”sosta selvaggia” è un problema molto sentito tra il nostro personale.
E dirò di più: vista la situazione sulle nostre strade, i nostri autisti
sono bravi a non provocare troppi incidenti. Capita frequentemente che gli
autobus non riescano a girare e a far manovra a causa dei tanti ostacoli. Le
vie più critiche sono quelle strette e in salita, come via Tigor, via Hermet
e altre strade in Cittavecchia. Ma le difficoltà non mancano anche in
arterie più ampie come via Milano, via Giulia o la stessa via Fabio Severo.
Lì, infatti, spesso resta incastrata la 17, sempre carica di studenti
diretti all’Università. A Trieste del resto, si sa, esiste un’abitudine
inveterata: basta mettere le quattro frecce e si crede di essere al riparo
da ogni conseguenza. Questo fa sì, per esempio, che tanti lascino
l’automobile dentro le strisce gialle che delimitano le fermate dei bus. Gli
autisti, quindi, sono costretti a effettuare le soste in mezzo alla strada,
e i passeggeri devono fare pericolose ”chicane” tra i veicoli. Per non
parlare poi dei disagi delle persone più anziane: se il bus ferma, come
dovrebbe, a ridosso del marciapiede, si trovano a dover affrontare un
dislivello solo di pochi centimetri, in caso contrario sono obbligati a fare
un ”salto”di trenta centimetri. E per chi ha difficoltà motorie non è di
certo un impegno da poco. Bisogna quindi iniziare a far pressione
sull’opinione pubblica per tentare di far perdere l’abitudine dei triestini
a prendere l’auto sempre e comunque al momento di uscire. Tanto per
cominciare - conclude Paparo -, si potrebbe ricordare che chi parcheggia
nelle fermate dei bus rischia due punti della patente».
m.r. |
IL PICCOLO -
SABATO, 1 marzo 2008
Smog in salita ma se il tempo
cambia domani si circola - Solo oggi la decisione del Comune: la
conferma di valori alti provocherebbe lo stop fino a lunedì |
|
Nuova
impennata delle polveri dopo la sensibile diminuzione registrata giovedì.
Record delle contravvenzioni: 75 su 270 controlli
Soltanto al termine di questo
breafing straordinario, infatti, potrà essere sciolto il rebus. Un rebus che
deve fare i conti con i dati meno allarmanti ma non risolutivi delle
rilevazioni giornaliere di giovedì (la media delle sette centraline era di
62 microgrammi per metro cubo a fronte di un limite di legge di 50) cui
hanno fatto seguito le pessime prime rilevazioni di ieri sullo smog: alle
due del pomeriggio registravano una presenza media di Pm10 schizzata
nuovamente a 130 microgrammi per metro cubo.
Ma i valori complessivi delle polveri sottili di ieri si conosceranno solo
stamani e di conseguenza diventa così decisivo l’aggiornamento «in tempo
reale» che Bucci e i funzionari del Comune faranno all’ora di pranzo. Spiega
l’assessore: «Valuteremo i dati parziali che l’Arpa ci fornirà sulle
concentrazioni di Pm10 tra la mezzanotte di oggi (ieri, ndr) e le 13 di
domani (oggi, ndr). Se in questo lasso di tempo i valori medi saranno scesi
fino alla soglia di legge, proprio grazie all’atteso arrivo del vento e
forse anche della pioggia, allora siamo pronti alla revoca del blocco già da
domenica. Per questo sono già stati messi in preallarme i funzionari che si
occupano dell’iter formale delle ordinanze. Diversamente, se i numeri non ci
daranno conforto, saremo obbligati a rispettare la legge confermando la
chiusura del centro sia per domenica che per lunedì». Al sabato la macchina
burocratica non può limitarsi a pianificare le 24 ore successive ma deve
prolungare le proprie decisioni fino al «ripopolamento» degli uffici.
Una possibilità, questa, molto concreta. Nonostante la tendenza meteo di
domani annunci bel tempo e il probabile ritorno del sole. «Mi rendo conto -
si giustifica Bucci - che è difficile capire il meccanismo perverso della
norma, ma è così. Il nostro Pac (il Piano d’azione comunale collegato alla
legislazione regionale della materia, ndr) ci impone di prendere decisioni
per il giorno dopo in base alle rilevazioni ambientali del giorno
precedente. Stiamo vivendo un momento storico particolare, sotto il profilo
meteo che si sta per esaurire. Mi spiace tornarci sopra ma la Ferriera ci ha
messo del suo. Continuo a essere tempestato di telefonate e di visite di
residenti di Servola disperati».
Che l’emergenza sia in dirittura d’arrivo, al di là della condizione
border-line di oggi e domani, lo conferma il comandante Gianfranco Badina
dell’Istituto nautico: «Dopo l’arrivo del vento da sud-ovest atteso in
queste ore, la prossima settimana non ci sarà più quella persistente alta
pressione che aveva impedito la circolazione dell’aria. Il tempo sarà
all’insegna della variabilità, in particolare da martedì, giorno in cui sono
previste piogge, temperature in calo e forse temporali con un primo episodio
di bora. La tendenza, con vento in rinforzo, si ripeterà tra giovedì e
venerdì».
Ieri, intanto, si sono ulteriormente intensificati i controlli da parte
della polizia municipale. Record di multe: 75 su 270 accertamenti. Il Comune
ricorda che esiste un apposito call center informativo aggiornato 24 ore su
24: il numero da digitare è lo 040 6758382. |
EMERGENZA SMOG -
Ambientalisti: più aree pedonali per non essere in balia del clima
|
Legambiente: «Ristrutturazione delle Rive, occasione sprecata» |
Gli ambientalisti insistono:
bisogna puntare sulle pedonalizzazioni quale strumento di prevenzione
eco-sostenibile, ma anche di rilancio immobiliare e commerciale del centro,
tale da liberare la città dall’attuale «dipendenza» dalle condizioni
meteorologiche. Perché il blocco del traffico a spot non è in grado di far
rientrare l’emergenza smog, che in realtà continua a essere subordinata
soltanto al cambio del tempo.
Legambiente e Italia Nostra rilanciano così un fronte pro-pedonalizzazioni
che nelle ultime ore, proprio davanti al persistere dell’inquinamento, è
tornato a farsi sentire coinvolgendo ambientalisti commercianti, esercenti e
comitati di quartiere attorno alla proposta-base del presidente della Camera
di Commercio, Antonio Paoletti, di un ring tra Corso Italia, piazza Goldoni
e Rive servito da bus elettrici e parcheggi.
«Solo con un deciso alleggerimento del traffico - si legge in una nota del
direttivo di Legambiente - ci potrà essere una riqualificazione del centro
storico, nel senso di una migliore vivibilità e quindi anche di un maggior
valore immobiliare e commerciale di tutta l’area. Un’efficace mobilità dalle
zone periferiche verso il centro può essere garantita soltanto da
investimenti nel trasporto su rotaia, utilizzando anche le linee già
esistenti come la Campo Marzio - Villa Opicina e collegandole con forti assi
di scorrimento adiacenti al Borgo Teresiano». Ecco perché, sostiene
Legambiente, «ora ci possiamo rendere conto di come sia stata sprecata
l’occasione offerta dalla ristrutturazione delle Rive e di come, in
generale, il non fare niente nel timore di perdere consensi sia la causa
principale dell’inevitabile aggravamento di questa situazione».
Quui è chiaro il riferimento all’impasse del piano del traffico, che non
sarà affrontato fino a dopo le elezioni di aprile. Per Giulia Giacomich di
Italia Nostra, inoltre, «sarebbe da rivedere anche il piano parcheggi,
affinché non vengano portati avanti progetti di park in prossimità di zone
destinate a progressive pedonalizzazioni, come quelli vicino al Teatro
Romano e davanti alla chiesa di Sant’Antonio Nuovo». «Italia Nostra -
prosegue la Giacomich - è favorevole alla chiusura del centro. I bus
elettrici, oltre a ridurre l’inquinamento atmosferico, limiterebbero anche
quello acustico, altra fondamentale unità di misura della vivibilità
cittadina».
pi.ra. |
TRAFFICO - Negozianti di via
Fabio Severo: troppe multe, affari dimezzati |
|
Ma gli
agenti contrastano i parcheggi in doppia fila: «Non ce ne andremo finché la
gente non la smetterà» |
Da due
settimane la polizia municipale presidia la parte bassa della strada, tra
l’ex Ospedale militare e via Papiniano |
Da due settimane si guardano in
cagnesco, a pochi metri di distanza gli uni dagli altri. Da una parte i
commercianti, dall’altra le pattuglie dei vigili urbani.
Nella parte bassa di via Fabio Severo, tra l’ex Ospedale militare e via
Papiniano, è in atto un confronto serrato: tema del contendere i parcheggi
in doppia fila, tollerati per anni e ora divenuti impossibili. Da due
settimane fioccano le multe al minimo accenno di fermata. «È uno dei più
importanti assi viari di accesso alla città. Non può essere costantemente
intasato da macchine in sosta selvaggia» afferma il colonnello Luciano
Momich, vicecomandante dei vigili urbani. «Con il presidio costante della
polizia municipale a questo tratto di strada, i nostri affari sono
precipitati, così come il numero dei clienti» sostengono bariste e gommisti,
titolari di negozi di mercerie e gestori dell’adiacente supermercato.
Alla «Lidl» il vice gerente Matteo Gant è categorico. «In due settimane
grazie alla presenza dei vigili e alla loro intransigenza, abbiamo perso il
30 per cento degli incassi. Chi viene a fare la spesa appena vede le divise
col blocchetto e la penna in mano si allontana. Una multa per divieto di
sosta può far sballare un bilancio familiare. Noi qui siamo in diciassette
dipendenti e quanto sta accadendo ci preoccupa. Abbiamo informato della
nuova penalizzante situazione la nostra sede centrale di Verona. Purtroppo
da quanto ci risulta identici severi controlli sul traffico non coinvolgono
altre strade cittadine su cui si aprono altri supermercati e centri
commerciali».
Tania Rebula e Barbara Roncelli gestiscono da due anni il «Bar Fata» con
annessa rivendita di tabacchi e punto di raccolta per le scommesse dell’Enalotto.
«In due settimane il numero di chi viene a bere il caffè è calato del 30 per
cento. I vigili arrivano qui alle 9 del mattino e restano a presidiare la
strada fino alle 12. Ritornano poi alle 15 e se ne vanno alle 18.30. La loro
è un’azione dissuasiva su chi parcheggia in doppia fila, ma di fatto fanno
scappare i nostri clienti. Stiamo raccogliendo delle firme per chiedere che
anche a questo tratto di strada sia riservato il trattamento della altre vie
della città. Non si può chiudere un occhio in mezzo centro cittadino ed
essere inflessibili solo davanti ai nostri esercizi e negozi».
Marco Baudracco gestisce la rivendita di pneumatici M2. I passi carrai della
sua officina si sovrappongono all’area riservata alla fermata del bus 17.
Mezzo metro più in là è fermo il furgone bianco della polizia municipale che
costituisce da solo un potente dissuasore. «Sono il più penalizzato di
questo tratto di strada. Ho perso in due settimane il 50 per cento del
normale giro d’affari. Non so come potrò giustificarmi con l’ufficio imposte
visto che gli studi di settore mi assegnano automaticamente un livello
minino di reddito oggi precipitato grazie alla presenza dei vigili urbani.
Qualcosa dovremo fare, chiederemo aiuto, così non si può andare avanti».
Non dissimili le lamentele di altri gestori di negozi. Carlo Angeli titolare
di una rivendita di caminetti, piastrelle e porcellane da bagno, non ha peli
sulla lingua e parla apertamente di «terrorismo delle multe: non possiamo
nemmeno caricare o scaricare la nostra merce».
Ma al Comando della polizia urbana sono inflessibili. «Via Fabio Severo -
conferma il colonnello Momich - rappresenta un importante asse si
scorrimento del traffico in entrata in città. Gli ingorghi degli ultimi mesi
ne avevano messo in forse la funzione. Di lì i nostri uomini non se ne
andranno mai. O meglio lasceranno quel posto solo se i triestini smetteranno
di posteggiare in doppia fila. Lo stesso vale per le vie Coroneo, Milano,
Battisti, Giulia e Filzi. Certo, la città ha pochissimi parcheggi, ma non
per questo il traffico deve essere paralizzato da chi lascia la macchina in
doppia fila».
Claudio Ernè |
Ferriera, inviata dai
residenti la diffida - Il documento richiama l’azienda all’obbligo di
ridurre le emissioni inquinanti |
|
È arrivata alla Lucchini spa la
diffida annunciata dai residenti di Servola pochi giorni fa, nel corso
dell’assemblea pubblica organizzata dai comitati decisi a portare avanti la
battaglia contro l’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico.
Nel corso dell’affollata riunione era stata data notizia dell’imminente
nuovo sviluppo dell’azione legale avviata contro la società. Ora, appunto,
l’attuazione dell’annuncio. La diffida mira a richiamare la Lucchini spa
all’obbligo di ridurre le emissioni inquinanti: si tratta di un atto che
interessa anche il sindaco Roberto Dipiazza, invitato in qualità di
responsabile della salute dei cittadini, a vigilare in qualità di
responsabile della salute dei cittadini a vigilare sul rispetto delle norme
ambientali.
Si tratta di una strategia che sta raccogliendo nuove adesioni tra i
residenti. Sono infatti saliti a oltre 160 i cittadini che nei giorni scorsi
hanno già firmato il mandato all’avvocato Spazzali per portare avanti la
battaglia legale a difesa degli interessi dei loro abitanti e del loro
diritto alla salute.
Tra le azioni giudiziarie intraprese rientra anche un richiamo all’Azienda
sanitaria. I comitati dei residenti chiedono alle autorità sanitarie di
eseguire le analisi del sangue e delle urine degli abitanti del rione, senza
limitare però l’attività di monitoraggio a un campione ristretto come
annunciato: i comitati vorrebbero che i futuri controlli venissero estesi a
tutti i cittadini che hanno richiesto di sottoporvisi. |
Metz: Illy incompatibile, non
mi ricandido per coerenza - Il consigliere uscente motiva la sua decisione.
Ora punta alla lista dei Verdi alla Camera |
|
TRIESTE Alessandro Metz,
consigliere regionale uscente dei Verdi ha detto no. Non si ricandida anche
se accetterà un’eventuale collocazione nelle liste dell’Arcobaleno alla
Camera. «Ma non ci sarà un posto garantito - spiega Metz - perchè potrei
essere inserito al secondo al terzo posto della lista». La Sinistra
Arcobaleno, secondo Metz è una scommessa politica, che non può coniugrasi
con il programma del Pd (come accade a livello nazionale) e nemmeno sul
piano regionale. «Riccardo Illy non dà garanzie di affidabilità che il
programma di Intesa democratica venga rispettato dal punto di vista
ambientale - dice Metz -. Il linea teorico il bilancio ecologico sulle opere
da realizzare è un’ottima base di partenza. Ma se a tradurlo in atti
concreti è il presidente Illy e alcuni assessori che lo hanno affiancato,
non ho garanzia alcuna che venga rispettato».
Metz ha ricordato di aver sviluppato in questi anni «un ruolo in contrasto
rispetto il modello di sviluppo portato avanti dal presidente Illy e da
Intesa Democratica», in particolare contro la Tav, la costruzione dei
rigassificatori e degli elettrodotti.
«Alla nascita della Sinistra Arcobaleno - ha evidenziato Metz - ho posto la
questione che se qualcosa di nuovo doveva essere creato, non avrebbe dovuto
cedere a compromessi per un assessorato. La mia è stata l'unica voce fuori
dal coro. Per questo, con un atto di coerenza - ha concluso - ho preferito
non ripresentarmi».
«La mia scelta pur difficile perchè potevo sedere per altri cinque anni in
Consiglio - conclude Metz - è coerente con le battaglie che ho sostenuto in
questa legislatura a fianco dei movimenti che hanno contestato duramente
alcune scelte della giunta regionale. A partire dal via libera sulla
valutazione di impatto ambientale alla Ferriera le cui emissioni
contribuiscono a mandare in questi giorni all’ospedale decine di bambini». |
Sonego: alta velocità
completamente finanziata - La Tav - annuncia l’assessore regionale ai
Trasporti - ha ottenuto tutti i fondi necessari da parte di Ue e Stato
|
|
TRIESTE L'alta velocità
ferroviaria ha ottenuto tutti i finanziamenti necessari, da parte di Ue
e Stato, dopo lo sblocco, avvenuto ieri da parte del Parlamento, del
contratto di programma 2008 Stato-Rfi.
Lo rende noto oggi l'assessore alle Infrastrutture del Friuli Venezia
Giulia, Lodovico Sonego, sottolineando che all'interno dell'investimento
complessivo del contratto (4,7 miliardi), sono compresi quelli per la
progettazione delle tratte Trieste-Divaccia (22 milioni), e Ronchi
aeroporto-Trieste (24).
«I fondi stanziati dal Governo - precisa Sonego - serviranno a garantire
il cofinanziamento nazionale e si aggiungono al contributo comunitario
di 24 milioni per la Ronchi-Trieste e 50,7 milioni per la
Trieste-Divaccia, deciso dall'UE il 16 novembre scorso».
Secondo l'assessore «si conclude un percorso che, in cinque anni, ha
visto la Regione passare da 'grande esclusà dalle scelte europee a
crocevia della nuova Europa a 27». I prossimi finanziamenti
riguarderanno la tratta Ronchi Aeroporto-fiume Tagliamento, per la quale
Regione e Sindaci della Bassa friulana hanno già concordato il
tracciato.
La fine prematura del governo non intacca le risorse per la linea
ferroviaria ad alta velocità – alta capacità. Tutti i finanziamenti
necessari, europei e statali, sono stati garanti - come ha spiegato ieri
l’assessore regionale Lodovico Sonego – con lo sblocco da parte del
Parlamento del contratto di programma 2008 tra Stato e Rfi. All'interno
dell'investimento complessivo del contratto (4,7 miliardi), sono
comprese le risorse per la progettazione delle tratte Trieste-Divaccia
(22 milioni), e Ronchi aeroporto-Trieste (24 milioni di euro).
«I fondi stanziati dal Governo - precisa Sonego - serviranno a garantire
il cofinanziamento nazionale e si aggiungono al contributo comunitario
di 24 milioni per la Ronchi-Trieste e 50,7 milioni per la
Trieste-Divaccia, deciso dall'Unione europea il 16 novembre scorso».
Secondo l'assessore «si conclude un percorso che, in cinque anni, ha
visto la Regione passare da “grande esclusa” dalle scelte europee a
crocevia della nuova Europa a 27».
I prossimi finanziamenti riguarderanno invece la tratta da Ronchi
(Aeroporto) al fiume Tagliamento, per la quale Regione e sindaci della
Bassa friulana hanno già concordato il tracciato.
Nella scala delle priorità fissate da Rete ferroviaria italiana, la
prima tratta ad essere realizzata sarà la Ronchi Trieste (inizio lavori
nel 2010) per cui la garanzia delle risorse era indispensabile. La
mancanza di certezze finanziarie per la realizzazione delle altre tratte
non blocca questo primo progetto proprio perché l’opera è stata
concepita per lotti funzionali, ovvero tratti indipendenti sia nella
costruzione che nell’utilizzo.
Anche il tracciato concordato con le amministrazioni della bassa
friulana sarà progettato entro la fine dell’anno ma i finanziamenti
dovranno essere negoziati con il prossimo governo e naturalmente con
l’Europa. Resta aperta, in questo contesto, la partita del tratto
ferroviario in affiancamento all’autostrada (quello da Portogruaro a
Porpetto) perché il progetto preliminare di Rfi dovrà essere confrontato
con quello preliminare del tratto (Portogruaro Gonars) della terza
corsia. I due progetti devono essere compatibili per poter procedere in
autonomia e senza interferire. Diversamente uno dei due dovrà adeguarsi
all’altro attraverso delle modifiche e questo potrebbe comportare anche
costi di realizzazione aggiuntivi. Questo confronto, però, non è ancora
iniziato.
La linea ferroviaria in Friuli Venezia Giulia dovrà avere
caratteristiche di alta velocità – soprattutto per collegare Venezia a
Trieste e all’aeroporto di Ronchi – ma anche di alta capacità. Il
sistema ipotizzato è misto e ha come primo obiettivo trasferire quote
importanti di traffico merci su rotaia. |
NUCLEARE - La sortita
sull’energia - Pecoraro Scanio: «Bloccheremo la linea del Cavaliere» -
Ferrero: scelta irresponsabile ma anche pericolosa |
|
ROMA «Credo che non ci sia
alternativa, se non quella di andare in maniera decisa verso una fonte
energetica nucleare». Con queste parole il leader del Popolo della libertà,
Silvio Berlusconi, ha inserito direttamente nel programma elettorale la
questione atomo, scatenando la polemica fra gli schieramenti. Secondo
Berlusconi energie rinnovabili come il solare o l'eolico «restano nel
programma» ma «sappiamo quanto contano: un 3, 4, 5 per cento al massimo».
Immediata la reazione del ministro dell'Ambiente e presidente dei Verdi,
Alfonso Pecoraro Scanio: «Berlusconi propone di riempire l'Italia di
centrali nucleari, noi molto chiaramente vogliamo impedirglielo. Quelli che
si dimostrano indifferenti al tema, sono in realtà alleati di Berlusconi».
Il programma di Berlusconi «è pericoloso per il Paese» per il ministro della
Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, che parla di «una linea non solo
irresponsabile e pericolosa ma anche noncurante delle scelte dei cittadini»
con i referendum del 1987.
Dal fronte di Berlusconi arriva il commento di Adolfo Urso, dell'esecutivo
di An e relatore alla Camera della proposta di legge sul piano energetico
nazionale, secondo il quale solo una «forte assunzione di responsabilità può
affrontare l' emergenza in cui ci troviamo». Perché è la sinistra italiana
che «non riesce a liberarsi del tabù del nucleare, succube ancora dei veti
dei falsi ecologisti che tanto danno hanno fatto all'ambiente e alla salute,
come insegna il caso Campania».
Dalla sinistra del Parlamento è dura la replica di Angelo Bonelli,
capogruppo dei Verdi alla Camera: «Il nucleare è un affare sporco utile solo
ad alcune lobby e attuato alle spalle dei cittadini. Il popolo italiano lo
ha già bocciato una volta con il referendum: se Berlusconi vuole provare a
far tornare l'atomo in Italia noi lo fermeremo». Parla invece di
«archeologia politica» Roberto Della Seta, membro dell'esecutivo e
responsabile ambiente del Pd. |
S. Giacomo, ciclabile di
nuovo nel degrado - Il primo tratto della pista in pessime condizioni
a un mese dalla pulizia effettuata dalla Provincia |
|
Immondizie e
sporcizia accanto a una rilevante infiltrazione d’acqua |
A poco più di un mese
dall’intervento di pulizia fatto eseguire dalla Provincia, il primo tratto
della pista ciclabile in costruzione a San Giacomo è nuovamente nel degrado.
A pochi metri di distanza dall’edificio che, una volta ultimato il percorso,
ospiterà l’infopoint e i servizi igienici sono state abbandonate immondizie
e sporcizia di ogni genere. Sulla piccola scarpata a margine del tracciato
si trovano decine di sacchetti di plastica, un vecchio materasso, un
copertone e le assi rotte dei bancali utilizzati per trasportare i materiali
edili. Poco oltre, i resti di una bicicletta e di un passeggino.
I rifiuti e le foglie hanno intasato parzialmente il sistema di scolo delle
acque piovane sia a terra sia sul tetto dell’infopoint, dove si è creata una
pozza stagnante. Vandali hanno ricoperto di scritte i muri del punto
informativo e un graffito compare su una delle vetrate della struttura.
Immancabili le deiezioni canine.
Come era già successo, una parte dei materiali da costruzione di piccole
dimensioni, trasferiti sul posto per la ripresa dei lavori, sono stati
rimossi dagli imballaggi e sparpagliati a terra, assieme alle immondizie. Lo
stesso è accaduto a diversi mattoni e ai cordoli, molti dei quali sono stati
spezzati.
«La pista ciclabile non è un deposito d’immondizia o un luogo nel quale
sfogare bassi istinti – commenta amareggiato l’assessore provinciale ai
lavori pubblici Mauro Tommasini -. C’è un preciso impegno per superare gli
ultimi ostacoli e completare l’opera, così da metterla a disposizione dei
cittadini per attività positive. Spero che in futuro ci sia un atteggiamento
diverso verso il percorso e le strutture».
La sporcizia e i danneggiamenti non sono però l’unico problema del primo
tratto della pista. Alla base del muro di contenimento del percorso è
evidente una grossa infiltrazione d’acqua, probabilmente causata dalla
rottura di una tubazione. Il liquido sgorga esattamente sotto il tratto di
scarpata nel quale, durante i lavori di costruzione delle pareti in cemento
del tragitto, si è verificato uno smottamento che ha danneggiato un’estesa
porzione del marciapiede di via Ponziana.
All’epoca la frana aveva trascinato a valle per diversi metri la terra, su
cui poggiava la sede stradale e di conseguenza la recinzione in metallo e
parte del marciapiede si erano inclinati. In quell’occasione i danni furono
contenuti e il problema venne risolto con il consolidamento della piccola
scarpata. La nuova infiltrazione impensierisce i residenti della zona,
preoccupati per la stabilità della carreggiata e delle vicine abitazioni.
Mattia Assandri |
«Quella Parenzana
abbandonata» - Denunciato lo stato di degrado della pista ciclabile nella
parte italiana |
|
Quest’estate ho percorso a tappe
quasi tutta la splendida pista ciclabile che segue il tracciato della
vecchia «Parenzana». E’ un’opera veramente notevole, che consente di
penetrare in certe zone dell’Istria altrimenti quasi irraggiungibili ma
stupende. Sono stati ricostruiti alcuni ponti, le gallerie sono illuminate,
insomma una cosa ben fatta, sia nella parte slovena sia, un po’ meno, in
quella croata. L’altro giorno, spinto dalla curiosità, ho pensato di
scoprire come il vecchio tracciato ferroviario raggiungesse Trieste, ed ho
percorso all’incontrario il tragitto da Albaro Vescovà verso l’ormai ex
confine tra Italia e Slovenia. Qui la pista è perfettamente finita,
asfaltata e coi bordi ripuliti, ma giunto al confine mi son dovuto fermare:
da lì in poi la pista è ostruita da una selva di rovi ed è del tutto
impercorribile. Purtroppo non avevo una macchina fotografica perché
l’immagine sarebbe stata shockante. Mi sono chiesto il perché di tanto
disinteresse. Non la si vuol fare? C’è ancora qualcuno che non gradisce
troppo i contatti con la Slovenia? C’è qualche altro motivo che non conosco?
Mancano i soldi, va bene, ma la Slovenia ce l’ha pur fatta, vuol dire che
avrebbe piacere che qualcuno proveniente dall’Italia la visitasse. E non
credo lo faccia solo per interesse, perché il ciclista non porta soldi, non
fa neanche benzina! Che la Slovenia sia davvero tanto più ricca dell’Italia?
E la Croazia pure? Non so. Non sarà che qui ce ne siamo semplicemente
dimenticati? Peccato, perché sarebbe bello riattare quest’ultimo tratto, se
tecnicamente fattibile, e consentire così a molti ciclisti italiani di
andare di là e a quelli sloveni di venire di qua. Ne varrebbe la pena. A chi
rivolgersi? Forse potrebbe farlo la Provincia, forse la Regione, o il Comune
di Trieste o quello di Muggia. Proviamo a chiederglielo, meglio se tutti
assieme. Non penso, a 77 anni suonati, di fondare un nuovo partito «Per la
Parenzana», ma realizzare una cosa del genere sarebbe utile.
Enrico Storici |
LA REPUBBLICA -
VENERDI' , 29 febbraio 2008
Dal latte fresco ai detersivi:
prodotti sfusi per la eco-spesa
No al packaging, nei
supermercati è boom di acquisti - Il Piemonte per primo ha sovvenzionato il
progetto - Un eco-point, distributore di prodotti sfusi, in un supermercato
Crai
ROMA - Comprare sfuso, un po'
per volta, senza esagerare, senza sprecare. Come si faceva con le vecchie
nazionali senza filtro. O il litro di latte nella bottiglia che ti portavi da
casa. Come una volta, quando la miseria ti faceva contare i grammi ad uno ad
uno. Solo che oggi lo si fa anche per l'ambiente, non solo per la crisi
economica che torna a farsi sentire. E così riecco gli italiani alle prese con
un modo di fare la spesa che avevano dimenticato o che i più giovani non avevano
mai conosciuto: pasta, riso o caffè comprati seguendo al dettaglio la voglia, la
fame, i soldi in tasca. Detersivi, vino e latte fresco venduti rigorosamente
alla spina. Sempre di più e sempre più spesso si acquista così. Usando poi
contenitori biodegradabili o riciclabili, usati e portati da casa. Senza pacchi
o confezioni magari ammiccanti, seducenti ma a perdere.
E' intrecciata di modernità e d'antico la ricetta per vincere la guerra
all'immondizia, per non finire travolti dalle 31 milioni di tonnellate di
spazzatura che ogni anno l'Italia produce, di cui ben 12 sono solo di
imballaggi. Di scatole, flaconi, pacchi, bottiglie di plastica che nel sacco
della spesa rappresentano il 5% del peso ma nella nostra pattumiera occupano il
50% dello spazio.
Così tra crisi economica e voglia di ecologia, cambiano i consumi. La
rivoluzione sfusa è partita dal Piemonte, prima regione nel 2006 a sovvenzionare
un progetto con la vendita alla spina dei detersivi, e goccia a goccia dilaga.
Si moltiplicano i prodotti in listino e nei supermercati si creano zone
riservate. Tecnologiche, futuribili. Come gli Ecopoint della Crai dove da una
sorta di organo a canne trasparenti premendo una leva scendono a scelta caffè,
pasta, riso, cereali, legumi e spezie o caramelle nella quantità desiderata.
Merce, spesso di marca, rigorosamente raccolta in sacchetti biodegradabili,
trasportata su carrelli riciclati.
Conviene, si risparmia, e si inquina meno. "Senza la tradizionale confezione la
merce va a prezzi inferiori dal 20 al 70%", assicurano i responsabili Crai.
Dodici per ora i punti vendita "ecologici", il prossimo aprirà in provincia di
Napoli: 750mila le confezioni risparmiate con questo sistema in un anno mentre
la vendita dei cibi sfusi è cresciuta del 10%.
La civiltà dei rifiuti, i rifiuti della civiltà, ha scritto e raccontato
l'economista Guido Viale. Che consiglia: "L'unica ricetta per vincere è
diminuire gli imballaggi, è dimenticare l'usa e getta, è puntare sul riciclo dei
contenitori se si pensa che nella nostra pattumiera il 50% dello spazio è preso
dalle confezioni". Oggetti di plastica che ci mettono mille anni ad essere
"assorbiti" dalla natura.
Il Piemonte ha risposto in concreto e per primo con le catene della grande
distribuzione, da Coop ad Auchan e Crai, nel 2006 ha messo in piedi, realizzato
dall'associazione Ecologos, il progetto detersivi self service che ha fatto
risparmiare nella sola regione più di centomila flaconi. In altre parole
significa non aver usato 6,11 tonnellate di plastica per le confezioni e 3,41
tonnellate di cartone per l'imballaggio. Il meccanismo è semplice: il
consumatore acquista il flacone una sola volta al prezzo di 50 centesimi e si
rifornisce con quello ogni volta che ne ha bisogno, si incolla il tagliando di
acquisto e paga alla cassa. Una strada seguita, tanto che i detersivi alla spina
ora si trovano da Torino alla Sardegna passando per Firenze perché, come dicono
alla Coop di Ponte a Greve, "costano meno, e in poco tempo sono diventati da noi
il prodotto più scelto con 40mila litri in un anno".
E se la vendita di prodotti liquidi per la pulizia la richiesta cresce del 20%
all'anno, più difficile quella dei generi alimentari come il latte crudo. In
Italia sono 600 i distributori automatici, 360 in Lombardia. Copiati da quelli
esistenti in Svizzera e Austria, sono nella maggior parte dei casi sistemati
all'esterno delle aziende agricole ma anche davanti ai supermercati e vendono
dai 70 ai 200 litri al giorno. Mentre a Roma c'è chi gira per i mercati col
furgone: appuntamenti fissi, quotidiani per chi arriva come un tempo con la
bottiglia vuota.
Perché cambia il modo di comprare?. "Nella vendita dei prodotti sfusi la spinta
economica è sicuramente il motivo più forte anche se forse c'è anche il fascino
della nostalgia, di quando si comprava con i vuoti a rendere, quel tanto che si
voleva", dice Vanni Codeluppi, sociologo dei consumi all'università di Modena e
Reggio che ricorda come la pubblicità dei prodotti punti spesso al "buon tempo
andato" tra detersivi alla cenere e spuma di campagna. Con gli anni il
consumatore italiano si è fatto furbo, racconta il professore, non si fa più
sedurre coma una volta solo dalle marche. "Per questo credo che funzionino i
prodotti sfusi. anche perché le grandi catene distributive diventano garanti
della merce anche se non è del brand famoso o pubblicizzato". CATERINA
PASOLINI
IL PICCOLO -
VENERDI' , 29 febbraio 2008
EMERGENZA SMOG - Nuova
chiusura, i comitati: «Ora aree pedonali» - Centro off-limit oggi e
sicuramente domani. Il Wwf: «Abituarsi ai mezzi pubblici» |
|
Automobili
ferme al mattino e al pomeriggio per il nono giorno consecutivo. Ma emerge
la necessità di misure strutturali -
(vedi
mappa chiusura)
Il centro resta ancora chiuso al
traffico per smog. Oggi e sicuramente anche domani. Lo stop più lungo mai
avvenuto a Trieste. E in una città alle prese con la prospettiva di nuove
chiusure, diventa sempre più consistente il numero di chi ha individuato una
sola ricetta: pedonalizzare. Rendere cioè il centro storico di Trieste, da
Cavana al Borgo Teresiano, a misura di pedone, organizzando in maniera
adeguata il transito dei mezzi pubblici e costruendo ampi parcheggi
multipiano o interrati ai bordi della zona off-limits per le auto private.
In poche parole: tirare fuori dai cassetti il piano del traffico e quello
parcheggi e tradurli in realtà. «Solo così si risolverebbe veramente il
problema dell’inquinamento in città».
Si può riassumere in questo modo il pensiero di ambientalisti e comitati
cittadini sul nodo polveri sottili. Al nono giorno di chiusura del centro al
traffico continuano infatti ad arrivare opinioni e ricette sul modo in cui
fronteggiare l’emergenza smog. Sulle misure adottate dall’amministrazione
comunale (seppure obbligate), il commento è unanime: «Sono inutili. Serve un
cambiamento radicale dell’organizzazione della viabilità e delle abitudini
della gente. Ma bisogna farlo subito».
E dopo l’appello dei commercianti, che negli scorsi giorni si erano detti
favorevoli alla pedonalizzazione delle vie situate nel cuore della città,
ora la richiesta arriva, forte e chiara, anche da altre voci. Quelle dei
comitati, ad esempio. Tra questi ultimi c’è anche chi, come il comitato
«Corso Italia per Trieste», ha fatto dell’altolà alle auto la propria
bandiera. Le firme raccolte complessivamente a tale scopo sono, come
confermato dal presidente del sodalizio Pierguido Collino, più di 1100.
«Interdire il transito alle auto come misura una tantum per abbattere i
livelli di polveri sottili è necessario quando ci si trova nell’emergenza -
spiega Collino - ma si tratta solo di palliativi: provvedimenti tampone che
nulla hanno a che fare con le reali esigenze di sviluppo della nostra città.
I piani del traffico e quello dei parcheggi devono essere messi in pratica,
nell’interesse di tutti. Quello che noi chiediamo è la pedonalizzazione non
solo di corso Italia, ma dell’intera area compresa tra Cavana e il Borgo
Teresiano».
Uno stop ai mezzi privati, dunque, ma che tenga conto di alcune condizioni.
«I mezzi pubblici devono ovviamente poter circolare - spiega ancora Collino
- e andrebbero anzi potenziati per offrire un servizio adatto ai cittadini.
Andrebbero inoltre realizzati i megapark interrati o multipiano, tanto
pubblicizzati dal Comune, ma di cui non si vede nemmeno l’ombra».
A definire il binomio pedonalizzazione-parcheggi come quello vincente in
chiave antitraffico e antismog è anche la presidente del comitato «Trieste
vivibile» Marina Della Torre, che si dice contraria alla «pedonalizzazione
selvaggia» del salotto buono della città, ma allo stesso tempo sottolinea
come l’altolà ai veicoli privati possa rivelarsi uno strumento efficace se
organizzato di pari passo con la realizzazione di nuovi posti auto.
«Bloccare la circolazione delle auto senza assicurare adeguati parcheggi ai
bordi della zona interdetta al traffico sarebbe un suicidio - afferma Della
Torre -. Ma le due cose insieme possono essere la risposta giusta».
Di «reale necessità» di cambiare rotta sul fronte viabilità a Trieste
parlano anche gli ambientalisti. La pensa così Dario Predonzan, responsabile
regionale del Wwf: «Le auto, in centro città, non dovrebbero circolare -
spiega -. Ci si dovrebbe abituare a usare i mezzi pubblici, anche se costa
un po’ di fatica in più». Più autobus, più spazi verdi e traffico
limitatissimo (magari adottando pure un ticket d’ingresso in centro per le
auto private): sono questi, secondo Predonzan, gli strumenti con cui dare
una boccata d’ossigeno alle strade triestine.
Elisa Coloni |
EMERGENZA SMOG - Nelle ore di
tregua l’invasione delle auto - Né la Trieste Trasporti né il
Radiotaxi hanno registrato più utenti durante lo stop |
|
I triestini
faticano a cambiare le abitudini e per spostarsi scelgono quel tratto della
giornata senza limitazioni
Ambientalisti sì, ma «virtuali».
In questi giorni di chiusura del centro al traffico, i triestini, pur
dicendosi favorevoli a limitare la circolazione delle vetture private e al
potenziamento dei mezzi pubblici per ridurre lo smog in città, non sembrano
però essere intenzionati a cambiare le proprie abitudini. Lo dimostra il
fatto che il numero di fruitori di autobus e taxi, negli ultimi otto giorno,
non è aumentato.
Trieste Trasporti e la cooperativa Radiotaxi parlano chiaro: «Non abbiamo
registrato alcuna variazione. I passeggeri sono sempre gli stessi». Il
responso sembra paradossale. Con l’istituzione della «zona rossa» per auto
non Euro4, infatti, ci si sarebbe aspettati, da parte dei triestini, una
«riscoperta» dei mezzi alternati, appunto corriere e taxi. Invece, dati alla
mano, così non è stato.
Un boom di biglietti acquistati e timbrati, dunque, non si è visto. La
domanda quindi sorge spontanea: se sui mezzi pubblici, in molti, hanno
deciso di non salire, come si sono organizzati? La risposta arriva da chi,
sulle strade, passa gran parte della propria giornata, come Mauro Detela,
presidente della cooperativa Radiotaxi. «La gente usa la macchina quando
può, nelle fasce orarie ”no limit” - afferma Detela -. Noi tassisti lo
notiamo tra le 12.30 e le 16, quando il traffico aumenta notevolmente. In
pratica, all’ora di pranzo, si raggiungono i normali livelli di traffico,
mentre in mattinata e nel pomeriggio le auto spariscono e noi lavoriamo
ovviamente meglio, i tragitti sono più scorrevoli e le tariffe, per i
passeggeri, sono anche meno care».
La conferma che la fruizione dei mezzi pubblici, in questi giorni, non ha
subito impennate di alcun tipo arriva anche dal direttore generale di
Trieste Trasporti Piergiorgio Luccarini: «Il numero di passeggeri è rimasto
invariato - afferma -. Non si può parlare nemmeno di un incremento minimo
dei biglietti timbrati».
Tentando di interpretare la realtà dei fatti, incrociando le dichiarazioni
della Trieste Trasporti e dei tassisti, il quadro risulta abbastanza chiaro:
per la stragrande maggioranza dei triestini l’obiettivo numero uno è
dribblare il blocco del traffico, usando la macchina non appena si aprono le
porte (virtuali) della «zona rossa». Sembra quindi che in tanti (chi può
ovviamente) preferiscano adattare i propri impegni agli orari del blocco
alla circolazione, piuttosto che utilizzare i mezzi pubblici.
Quegli stessi mezzi pubblici che quasi tutti, però, indicano come strumento
chiave per risolvere il problema smog. «Per cambiare concretamente abitudini
e lasciare la macchina in garage per salire sugli autobus bisogna essere un
po’ meno pigri - spiega il responsabile del Wwf in Fvg Dario Predonzan -. Ma
non è una questione ”triestina”, succede dappertutto. Bisogna incentivare la
gente a usare i mezzi. In questi giorni, ad esempio, si poteva garantire la
fruizione dei mezzi gratuita nelle ore di chiusura del centro al traffico».
Lino Santoro, responsabile per Trieste di Legambiente, spiega: «Il Comune
dovrebbe effettuare un sondaggio per capire perchè la gente non usa come
effettivamente potrebbe i mezzi pubblici. Forse emergerebbero reali esigenze
che in passato non sono state ascoltate».
e.c. |
EMERGENZA SMOG - Polveri in
calo ma non basta Bucci: possibile domenica lo sblocco della circolazione -
Previste ancora foschia e nebbie |
|
Ogni giorno un nuovo record
(negativo) per le chiusure al traffico. Proseguono così anche oggi e domani,
con i consueti orari (9.30 -12.30 e 16 -19) le limitazioni antismog in atto
da giovedì 21. I dati delle polveri sottili relativi a mercoledì non
lasciavano grandi speranze già ieri mattina, ma la conferma che l’ordinanza
restava in vigore è arrivata nel tardo pomeriggio, al termine di una
riunione fra l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci e i tecnici comunali.
«Le polveri sono in buona discesa – commenta Bucci – ma risultano ancora
elevate. Per domani (oggi, ndr) le previsioni sono pessime. Sabato è attesa
poca pioggia, e domenica ci sarà sole. Stiamo ragionando per un’eventuale
sblocco da domenica, ma una decisione la prenderemo nella tarda mattinata di
sabato».
In effetti le previsioni non indicano un cambiamento deciso prima di lunedì
sera, quando inizierà a piovere in maniera consistente. «Domani (oggi, ndr)
– spiega il comandante Badina dell’Istituto Nautico – potrebbe esserci
qualche pioggia in tarda serata, ma il vento sarà ancora debole. Sabato sera
è previsto un rinforzo dei venti da Sud-Ovest, mentre domenica sarà una
giornata di sole. Il bel tempo continuerà fino a lunedì sera, quando
inizieranno piogge più forti che avranno un massimo martedì, giornata in cui
sono previste nevicate in Slovenia e forse sul Carso, e dalla tarda
mattinata soffierà la Bora».
Anche ieri, intanto, sono proseguiti i controlli dei vigili urbani in
diverse strade delle zone centarli della città. Complessivamente i mezzi
verificati sono stati 169, mentre le multe hanno raggiunto quota 45. Dal
giorno 21 il totale dei controlli assomma così a 1418 e quello delle
sanzioni a 327, che hanno fruttato al Comune oltre 24 mila euro.
gi. pa. |
Bonifiche, Pecoraro Scanio
firmerà l’accordo a Trieste
|
Il ministro
dell’Ambiente atteso entro due settimane. Ieri l’ultimo passaggio dell’iter:
il cda dell’Ezit ha dato il via libera all’intesa sul sito inquinato di
interesse ambientale
Il ministro dell’Ambiente
Alfonso Pecoraro Scanio sarà a Trieste nel giro di due settimane, per la
firma dell’accordo di programma sul Sito inquinato di interesse nazionale.
Lo ha annunciato ieri sera il consigliere del ministro, Andrea Ferrara, dopo
che il cda dell’Ezit ha dato l’ultimo via libera all’intesa. «A tutti gli
enti che hanno votato l’accordo – ha dichiarato Ferrara – va l’apprezzamento
del ministro, perché si è trattato di un lavoro complesso partecipato da
tutte le istituzioni».
Ieri, dunque, il cda dell’Ezit ha votato a favore dell’accordo, con una
delibera molto articolata che riassume la normativa in materia e le delibere
degli altri enti (Regione, Provincia, Comuni di Trieste e Muggia, Autorità
portuale).
Il via libera è stato dato all’unanimità, ma va notato che dei quindici
consiglieri dell’Ezit erano presenti solo dieci. Tra le assenze spiccano
quelle di Giorgio Prelz (Confartigianato, Cna e Ures), Renato Guercio (Confcommercio)
e Adriano De Prete (Assindustria). Dal presidente degli industriali,
Antonini, è comunque arrivata una lettera di appoggio e fiducia all’operato
dell’ente nella complessa questione.
«A questo punto – annuncia con soddisfazione il presidente dell’Ezit Mauro
Azzarita – possiamo inviare subito la delibera all’assessore regionale
Moretton, che potrà così concordare con il ministero la data della firma,
che materialmente verrà apposta dal direttore generale Mascazzini».
Nella seduta di ieri il cda dell’Ezit ha anche deliberato il bando di gara
per la caratterizzazione di 280 mila metri quadri nella zona fra le Noghere
e il Rio Ospo, in cui sono insediate 70 aziende che hanno già dato il
consenso ai carotaggio nei rispettivi terreni. «La gara d’appalto parte
subito – precisa Azzarita – e fra due, tre mesi aggiudicheremo i lavori, che
potranno iniziare ai primi di settembre. Entro gennaio contiamo di disporre
dei dati anche per questi terreni». |
Rigassificatore croato: lo
zupano indica Veglia - Il presidente della Contea dopo il deposito dei
progetti |
|
FIUME «Se l’sola di Veglia
dovesse rivelarsi sicura, senza gravi pericoli legati ad eventuali scosse
sismiche, allora dovrebbe venire scelta per la sistemazione del futuro
rigassificatore. Ciò in quanto dispone della necessaria infrastruttura e
inoltre presenta ottimi collegamenti con il resto della Croazia». Lo
sostiene il presidente della Contea litoraneo–montana (la regione di Fiume),
lo zupano Zlatko Komadina, chiamato a commentare lo studio della zagabrese
Ekonerg sui siti papabili del terminal metanifero nel comprensorio
istro-quarnerino. Nel documento si citano sette località, di cui quattro
riguardano il Canal d’Arsa, nella costa orientale istriana, due l’isola di
Veglia (Castelmuschio e Blatno) e una la baia di Buccari, o meglio la sua
imboccatura. «L’importante è che il terminal di rigassificazione sia di
utilità per tutto l’ Adriatico settentrionale – ha detto Komadina – anche il
Canal d’Arsa ha i suoi vantaggi, ma credo che la scelta dovrebbe riguardare
la parte nord–occidentale di Veglia, dove da decenni sono presenti
l’oleodotto, il porto petroli e l’industria petrolchimica. Ci sono insomma i
presupposti per far sorgere il megaimpianto, i cui lavori di edificazione
verrebbero a costare sui 700 milioni di euro e che riuscirebbe a dare
lavoro, sostengono gli esperti, a ben 10 mila persone». Per Komadina, gli
esperti si sono inequivocabilmente espressi sui potenziali siti, mentre ora
la decisione definitiva spetterà ai politici e agli investitori
dell’ambizioso progetto.
Non proprio in sintonia con lo zupano è invece Vjeran Pirsic, presidente di
Eko Kvarner, la più combattiva organizzazione ambientalista in Croazia, da
anni in prima fila contro i progetti ritenuti a rischio per l’ uomo e la
natura: «Sono e siamo contrari alla presenza di terminal di rigassificazione
nelle vicinanze di centri abitati e di altri impianti industriali – ha detto
il leader ecologista – in tale ottica non vedo bene la località di
Castelmuschio, a Veglia, dove c’è già un’alta concentrazione di industrie.
Sappiamo che i rigassificatori rappresentano una tecnologia sicura, ma i
rischi, seppur minimi, ci sono. Non va bene un impianto neppure a Trieste,
che oltre alle 300 petroliere vedrebbe arrivare ogni anno circa 200
metaniere. I verdi sono per un sito off–shore, lontano dagli abitati e che
potrebbe riguardare le piattaforme dei giacimenti metaniferi nell’Adriatico
o, sull’ esempio di quanto fatto in Norvegia, una piccola isola disabitata.
Sia chiaro che Eko Kvarner non è contraria al rigassificatore, essendo il
gas il migliore dei carburanti fossili, ma vogliamo che si tratti di un
impianto con il minor impatto ambientale possibile».
Andrea Marsanich |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 28 febbraio 2008
EMERGENZA SMOG - Centro
chiuso: rischio di stop fino a lunedì -
Oggi ancora il
blocco, ottavo giorno consecutivo: in diminuzione le concentrazioni di
polveri sottili |
Le PM10 in Piazza Liberta’
(vedi
mappa chiusura) |
I vigili
controllano 215 vetture: i multati sono 54. Ancora traffico «off-limits»:
solo dopo domenica le condizioni meteo diventeranno favorevoli
Un altro giorno di chiusura al
traffico, l’ottavo consecutivo. E’ già un record (lo scorso anno si era
arrivati a sei), che sarà facilmente battuto perchè il tempo non cambierà in
maniera sostanziale prima di lunedì.
Anche oggi, dunque, una vasta zona della città sarà interdetta a gran parte
dei mezzi privati, con le consuete deroghe e nelle fasce orarie già attuate
nei giorni scorsi (9.30-12.30 e 16-19).
Nelle ultime rilevazioni (relative a martedì) le concentrazioni delle
polveri sottili sono diminuite rispetto ai picchi dei giorni precedenti, ma
non al punto da lasciar intravedere un rapido ritorno alla normalità.
La centralina di piazza Libertà ha fatto segnare 120 microgrammi, rispetto
ai 153 di lunedì. Un calo importante, ma pur sempre sopra quota 100 (il
doppio del limite), anche in via Tor Bandena, dove si sono rilevati 112
microgrammi per metro cubo. Polveri in flessione anche in via Carpineto (166
contro 194 di lunedì), via Pitacco (90 rispetto a 131), via Svevo (99
rispetto a 146) e Muggia (92 contro 116).
L’unica centralina in controtendenza risulta quella del mezzo mobile della
Provincia posizionato in via San Lorenzo in Selva, che ha registarto 203
microgrammi per metro cubo (lunedì erano 189).
«Il mezzo della Provincia – rileva l’assessore Bucci – è posto sul piazzale
dell’ingresso alla Ferriera. Alle 13 di martedì ha misurato 654 microgrammi,
un’ora dopo 231 e alle 15 le polveri erano pari a 566 microgrammi. Anche di
notte – aggiunge – i livelli non si abbassano. Nella notte di domenica il
picco è stato di 500, lunedì notte si è arrivati a 415 e martedì a 457.
Vorrei sapere – si chiede – cosa pensa l’assessore regionale Moretton di
questi dati, e come intende porvi rimedio».
Sul piano meteorologico, intanto, la situazione continua a ristagnare, con
nebbie e venti deboli anche oggi e domani. L’inizio di un cambiamento è
atteso per sabato. «E’ prevista – spiega il comandante Badina dell’Istituto
Nautico – qualche debole pioggia, con venti da sud in rinforzo. Domenica
mattina la situazione migliorerà, con importanti schiarite. Lunedì una
perturbazione a ridosso delle Alpi porterà piogge consistenti, neve in
montagna e forse sul Carso, che continueranno fino a mercoledì. Martedì poi
– conclude – dovrebbe arrivare la bora, con un conseguente abbassamento
della temperatura».
Anche ieri, intanto, sono proseguiti i controlli dei vigli urbani, in una
decina di strade dell’area più centrale interdetta al traffico. Le pattuglie
hanno complessivamente effettuato 215 controlli, elevando 54
contravvenzioni. Cifre che, sommate a quelle dei giorni precedenti, portano
le verifiche a un totale di 1249 con 282 multe.
Giuseppe Palladini |
EMERGENZA SMOG - Giorgi: «Utilizziamo
l’asfalto mangia-smog» - Bruni : «Iniziamo a ragionare anche sugli impianti
di riscaldamento» |
|
La proposta
lanciata dal presidente della IV commissione consiliare: «L’assessore
Bandelli si è già dichiarato favorevole»
Asfalto anti-smog per
fronteggiare più efficacemente il problema dell’inquinamento atmosferico ed
evitare di dover ricorrere al blocco del traffico ogni volta che si
verificano sforamenti ripetuti nei valori di pm10. È la proposta lanciata
dal presidente della IV commissione consiliare, Lorenzo Giorgi, e contenuta
in una mozione già approvata dal Consiglio comunale.
«Sono giorni che ormai il centro cittadino è ”off limits” a causa dei
livelli recordi registrati dalle centraline - osserva l’esponente di Forza
Italia -. Una situazione pesante per il commercio e per tutti quelli che
hanno necessità di spostarsi con le automobili. Per evitare questi disagi il
Comune potrebbe avviare nella nostra città una sperimentazione dell'asfalto
”mangia smog”. Un prodotto commercializzato proprio da un’azienda italiana,
che sta riscuotendo grande successo in tutto il mondo. Come presidente della
commissione Lavori pubblici - conclude Giorgi - ho già informato di questa
possibilità la giunta e l’assessore Bandelli, che tra l’altro si è detto
favorevole. Il particolare asfalto ”mangia smog” potrebbe essere davvero un
enorme aiuto alla lotta all’inquinamento».
A suggerire soluzioni alternative al blocco del traffico è anche il
presidente di Confartigianato. «Perchè non si avvia, per esempio, un
ragionamento serio sugli impianti di riscaldamento - spiega Dario Bruni -.
Si potrebbero prevedere agevolazioni e incentivi ai cittadini che
sostituiscono le vecchie caldaie a gasolio con quelle a gas metano, molto
meno inquinanti. Inoltre si potrebbe intervenire sull’orario di
funzionamento degli impianti. Attualmente, i triestini possono tenere il
riscaldamento acceso per 14 ore al giorno. Forse, riducendo questa fascia,
si potrebbero ottenere dei vantaggi in termini di abbassamento dei livelli
di smog. Dico questo non perchè sono contrario per principio ai
provvedimenti di limitazione al traffico. Provvedimenti che il sindaco, in
qualità di garante della salute dei cittadini, è tenuto ad applicare -
precisa Bruni -. Penso solo che vadano presi in considerazione tutti i
fattori che determinano gli sforamenti. Se, infatti, anche con il centro
chiuso i valori di pm10 continuano a restare alti, vuol dire che a pesare
sull’inquinamento atmosferico non è solo la presenza delle auto. Ecco perché
è necessario fare un ragionamento più ampio, che tenga conto magari anche
delle emissioni inquinanti prodotte dalla Ferriera».
m.r. |
EMERGENZA SMOG - Le strade
della città vengono lavate ogni notte - Nel bilancio del Comune 48mila euro
a disposizione per cercare di contenere l’inquinamento
|
|
Ci sono 48mila euro nel bilancio
2008 per il lavaggio delle strade. In questo caso non c’entra la normale
pulizia: la somma è destinata a coprire le spese per pulire numerose arterie
nei momenti in cui le polveri sottili superano certi limiti.
«L’attuale appalto – spiega l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci – è
stato aggiudicato nel 2007 alla Sea Service, che in base al capitolato deve
lavare parecchie strade, su nostra chiamata. Ciò avviene quando due
centraline delle tre di riferimenrto segnalano una concentrazione di polveri
superiore ai 40 microgrammi».
Da diversi giorni, quindi, i mezzi della Sea Service sono impegnati ogni
notte (di giorno, con il traffico, il lavaggio incontrerebbe parecchie
difficoltà) in varie zone. Un lavoro lungo e meticoloso, che ogni notte
costa al Comune 1500 euro, e dal quale ci si attende comunque un apporto al
contenimento dei valori delle polveri sottili.
Le arterie interessate sono oltre una cinquantina, e vanno da un capo
all’altro della città, da viale Miramare a via Flavia. La zona di Chiarbola
è una delle più battute: qui il lavaggio riguarda via Svevo, via Baiamonti,
Largo Baiamonti, via D’Alviano, le strade di accesso allo Scalo legnami, via
degli altiforni e via Doda.
Lavaggi intensivi anche ai campi Elisi, in particolare la rampa di
collegamento tra Grande viabilità e Molo Settimo, per proseguire con via San
Marco, e continuare a San Giacomo, lungo via dell’Istria e raggiungere
quindi Valmaura, dove l’operazione riguarda via Valmaura, la rampa di
collegamento alla Grande viabilità e il tratto di via Flavia fra piazzale
Valmaura e piazzale Cagni. A Servola la pulizia interessa via di Servola,
via Carpineto e via Soncini.
In centro città ad essere lavate sono tutte le principali arterie, da via
Carducci a via Giulia (fino a San Giovanni), la zona di piazza Garibaldi,
viale D’Annuncio, piazza Foraggi, le strade attorno a piazza San Giovanni,
Corso Italia, via Mazzini, la zona della Stazione, fino a Roiano, per finire
con le Rive, da Corso Cavour a Riva Grumula.
gi. pa. |
Canal d’Arsa e Veglia i siti
più quotati per realizzare il rigassificatore croato |
|
Anche
Buccari fra le località indicate nello studio finale consegnato a Zagabria
al ministero dell’Economia
FIUME Sono sette le località
indicate quali potenziali siti del rigassificatore che dovrebbe sorgere
nell’area istroquarnerina. E’ quanto contenuto nello studio formulato
dall’azienda consulting zagabrese Ekonerg e consegnato l’altro ieri al
ministero croato dell’Economia. E’ stato il vice ministro dell’Economia, con
delega per le questioni energetiche, Zeljko Tomsic, a confermare la notizia
della consegna del dossier, le cui prime pagine erano state scritte
all’inizio dell’anno scorso. Ci sono voluti dunque tredici mesi per far
venire alla luce un documento d’importanza strategica perché individua i
siti papabili dove costruire il terminal metanifero, progetto
infrastrutturale molto ambito perché prevede un investimento di 700 milioni
di euro e l’assunzione di 10 mila posti di lavoro.
Secondo gli esperti della Ekonerg, il terminal Lng (rigassificatore)
dovrebbe sorgere in una delle seguenti aree: zona industriale di
Castelmuschio (Omisalj), nell’ isola di Veglia; insenatura di Blatno
(Veglia); imboccatura della baia di Buccari; due zone a Punta Ubas (entrata
del Canal d’Arsa) e quindi le località di Socaj e Zagrob, sempre nel Canal
d’ Arsa. Non ci sono dunque grosse sorprese nella scelta delle zone ritenute
adatte ad ospitare il rigassificatore, siti resi pubblicamente noti già
l’estate scorsa. All’epoca però lo studio della Ekonerg era stato
parzialmente bocciato da una commissione governativa ad hoc e i suoi autori
invitati ad essere più dettagliati.
In base a voci ufficiose, sarebbero due le località che avrebbero le
maggiori chances di aggiudicarsi il mega-impianto e sono Punta Ubas e l’area
industriale di Castelmuschio. Punta Ubas avrebbe dalla sua il vantaggio
derivante dalle caratteristiche geologiche del territorio, mentre invece
Castelmuschio può contare su infrastrutture (industria petrolchimica, polo
petroli e oleodotto) che faciliterebbero notevolmente l’edificazione di un
simile complesso. «Lo studio sarà prossimamente vagliato dalla commissione
governativa incaricata di esprimersi sul nome del sito ospitante – ha
precisato Tomsic – voglio ricordare che dell’organismo fanno parte anche
rappresentanti del ministero dell’Ambiente, delle contee istriana e
quarnerino–montana e delle più importanti associazioni ambientaliste».
A meno di imprevisti, la scelta del sito dovrebbe avvenire quest’anno, con i
lavori di approntamento che andrebbero a concludersi nel 2012. Il nuovo
rigassificatore avrebbe all’inizio una capacità di movimentazione di 10
miliardi di metri cubi di gas all’anno e sarebbe strutturato per accogliere
metaniere capaci di trasportare fino a 265 mila metri cubi di gas allo stato
liquido.
L’austriaca Omv si è già fatta avanti per la costruzione del terminal
croato. La decisione finale spetterà comunque al governo di Zagabria.
Andrea Marsanich |
Problema rigassificatori
Sui rigassificatori, nella visione
programmatica delle proposte in fase di analisi pre elettorali, viene a cadere
perfino il pudore dell’atteggiamento.
Tralasciando l’inutile parlare dei «padroni del vapore», tant’è scontato il loro
amore viscerale per tutto ciò che inquina e devasta l’ambiente, purché, in
cambio, si rafforzino i conti delle caste industriali, non doveva trovare il
diritto di cittadinanza politica l’atteggiamento di quei partiti minori che fino
a poco fa si proclamavano gli estremi difensori dei diritti diffusi dei
cittadini.
Salta agli occhi, quindi, l’anomalo comportamento di questi ultimi giorni,
pubblicamente pervenuto ai cittadini, dell’afflosciamento della moralità e della
coerenza in chi, pur di raggiungere un’alleanza programmatica che consentirebbe
ad un determinato soggetto politico, che usa definirsi democratico e pluralista,
a diventare oggetto di mercato, pur «di ottenere un risultato positivo
numericamente importante in Consiglio regionale» (la frase virgolettata è stata
integralmente riportata dal nostro quotidiano locale). In altre parole, senza lo
schematismo politichese, il discorso vuole significare «careghe». Per le «careghe»,
sembra vagheggiare l’ipotesi che sia definibile una permuta (assai indegna): «Tu
mi dai le careghe io ti dò il via libera a Tav, elettrodotti e rigassificatore».
Tutto questo tra chi si definisce lottatore onesto e razionale dei diritti dei
cittadini e chi si è stampato addosso, con non poca superbia, il diritto di
riferirsi alle «intese democratiche», ma che in verità sono «intese
industriali». Abbastanza squallide e «fuori legge», perché sui rigassificatori
in modo specifico, esistono protocolli e leggi nazionali e internazionali che
devono essere valutate e accettate dalle comunità locali, anziché vederle
calpestate, senza onore da chi, anche per il ruolo istituzionale di cui si
serve, dovrebbe applicarle oltre che difenderle.
Democrazia, che si sappia, significa un chiaro riferimento a quella forma di
governo in cui la sovranità appartiene al popolo.
Di tutto ciò, nel governo di questa regione, non c'è nulla oltre gli interessi
particolari delle caste di potere. Tuttavia, le leggi esistono e non possono
essere violate impudentemente e impunemente.
Violare queste essenzialità del diritto, significa vivere in totale astrattezza
dalla ragione. Non solo questo. Significa pure vivere ai margini dell’onore, dei
principi etici e morali.
È logica e appagante la sete di potere (careghe)?, disonorando le attese dei
cittadini per dei ricavi di utilità torbida, che macchieranno la coscienza nella
storia del divenire?
Restiamo fiduciosi che la parte sana della politica cui la presente è diretta,
intruda con fermezza sulle pessime intenzioni di chi sta intrallazzando con
scellerata meditazione e riesca a convincerla di rientrare nell’alveo della sana
comportamentalità, isolando nelle responsabilità civili, legali e politiche
quelle entità di casta che per arrogante e improvvida azione, vuole trasformare
le proprietà della comunità sociale in un parco privato, esclusivo e
antidemocratico, calpestando leggi e diritti che sono patrimonio comune.
Arnaldo Scrocco - Comitato per la Salvaguardia del
Golfo di Trieste
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 27 febbraio 2008
Centro chiuso. I negozianti:
più aree pedonali - Lo stop per l’inquinamento forse fino a lunedì.
Rilanciata l’idea di un «ring» con bus elettrici |
|
Automobili
ferme anche oggi: di fronte al protrarsi dell’emergenza e ai primi cali
nelle vendite si cercano strategie diverse per ridurre l’inquinamento
Rompere gli indugi e
pedonalizzare il centro, con un ring servito da bus elettrici attorno a
Corso Italia, via Carducci e Rive. Davanti alla «resistenza» dello smog -
Pm10 tre volte superiori ai limiti di legge e blocco del traffico pure oggi
- le categorie insistono per liberare dalle auto il cuore della città. Non
solo nelle emergenze, come quella attuale. Ma per sempre. |
A offrire la «sponda» ai
rappresentanti di commercianti ed esercenti, che spingono per
un’accelerazione del processo di pedonalizzazione del centro, è l’emergenza
di questi giorni. Visti gli ultimi aggiornamenti meteo - le deboli e
momentanee piogge attese oggi e sabato - l’ordinanza anti-smog del sindaco
potrebbe restare in vigore addirittura fino a lunedì prossimo, quando è
prevista una sferzata del tempo che presumibilmente si rivelerà decisiva per
spazzare l’aria e consentirne il ricambio. Con la conferma per oggi,
intanto, il blocco del traffico causa Pm10 diventa il più lungo della storia
con sette giorni consecutivi.
MENO AFFARI Questa «contingenza», dal punto di vista degli stessi
commercianti, sta riducendo, com’era prevedibile, il giro d’affari di negozi
e locali. La tendenza si è fatta sentire soprattutto sabato scorso, quando
molti triestini hanno rinunciato al loro listone pomeridiano, «frenati»
evidentemente dal solo pensiero di non poter raggiungere il centro con la
propria macchina. «Sia venerdì che sabato - racconta il presidente dei
commercianti al dettaglio Franco Rigutti - abbiamo notato un sensibile
rallentamento delle presenze di clienti». Anche in zone meno centrali, ma
comunque inserite nel perimetro proibito, non è andata meglio: la rassegna
fieristica Habitat a Montebello, ad esempio, ha dimezzato il numero di
visitatori da sabato 16 a sabato 23, come fa notare il presidente della
Fiera Fulvio Bronzi, il quale assicura al tempo stesso che «in questi
giorni, anche nei negozi di San Giacomo, si lavora molto poco». «Per noi
questa chiusura del centro si sta rivelando un disastro, stamattina (ieri,
ndr) abbiamo venduto soltanto quattro articoli», conferma l’operatrice di un
negozio di calzature in via San Spiridione.
Il blocco del traffico una tantum, dunque, finisce per disorientare i
triestini, che in buona percentuale rinunciano al giro in centro se non
possono spostarsi con l’auto privata. Per questo - sostiene Rigutti - serve
un cambio di mentalità, che può essere metabolizzato solo con un centro
chiuso per regola e non per mera emergenza. Il che, oltretutto, darebbe una
grossa mano a tamponare, in via preventiva, l’insorgenza dello smog in
condizioni meteorologiche sfavorevoli come quelle di adesso.
LA SOLUZIONE «Per quanto ci riguarda - dice il presidente dei dettaglianti -
la soluzione resta quella di allargare la zona pedonale centrale con una
circolazione rotatoria dotata di servizi e parcheggi, in maniera tale da
abituare la gente ad arrivare con la macchina fino a un certo punto, per poi
affidarsi ai piedi o ai mezzi pubblici».
La «circolazione rotatoria» cui si riferisce Rigutti deriva da una proposta
lanciata a inizio anno dal presidente della Camera di Commercio Antonio
Paoletti: un’area pedonale attrezzata per il carico scarico merci racchiusa
da un ring che da via Mazzini risalga fino a via Roma, e da qui verso Corso
Italia. Così sarebbe garantita la chiusura al traffico di piazza della
Borsa, di via Mazzini tra via Roma e piazza Goldoni, e di via Roma, tra via
Mazzini a via Ghega.
BUS ELETTRICI Ma ora, davanti all’emergenza smog, l’accento finisce sul tipo
di mezzi pubblici da usare lungo e dentro tale perimetro: «Bus elettrici -
suggerisce Paoletti - sull’esempio di quanto avviene in altre grandi città
europee. Non c’è alternativa: più si allarga il centro storico, più gli
imprenditori lo rivitalizzano. So che il Comune ha nei suoi programmi questi
scenari. Ognuno deve fare la sua parte».
«Paoletti ha ragione, gli esercenti altro non aspettano che un’estensione
delle aree pedonali», aggiunge il presidente della Fipe Beniamino Nobile,
ricordando che la discussione sul futuro processso di pedonalizzazione
s’intreccia con l’iter del Piano dehors sugli arredi esterni dei locali.
LA RISPOSTA «Sono perfettamente d’accordo con i commercianti e gli esercenti
- risponde l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci - perché, per cultura
personale, sono favorevole alle pedonalizzazioni». Il piano del traffico
però, da cui discendono le scelte sulle aree da chiudere definitivamente
alle auto private, rimarrà al palo almeno fino a dopo le elezioni di aprile.
«Fosse per me lo porterei in giunta subito - precisa l’assessore - ma è
inutile che questo piano me lo faccia da solo. L’orientamento, uscito dalle
forze politiche, è quello di aspettare l’estate. E io lo rispetto».
LE PERPLESSITA’ I paletti però, oltre all’impasse del piano del traffico,
sono rappresentati dalle esigenze degli stessi commercianti. «Finché non ci
saranno parcheggi adeguati qui in zona non è pensabile una completa
pedonalizzazione», dice la negoziante di calzature di via San Spiridione che
prima si lamentava del magro volume d’affari di questi giorni. «I camion con
le merci dovranno pur passare», chiude il titolare di un negozio di articoli
per la casa in via Roma.
Piero Rauber |
Arriva la pioggia, ma non
sarà decisiva - Il meteorologo Badina prevede l’arrivo di precipitazioni
importanti con vento solo per la prossima settimana |
|
L’alta pressione si sta
leggermente attenuando, nonostante l’umidità resti pressoché costante al
99%. Ma dietro all’angolo non c’è alcuna rivoluzione del quadro meteo che
possa annunciare un rapido allentamento della morsa dello smog. Oggi –
spiega il comandante Gianfranco Badina dell’Istituto Nautico – potrebbe
verificarsi qualche debole e breve pioggia a metà giornata, che con ogni
probabilità non sarà risolutiva, anche perché dalla serata odierna la
nuvolosità ad alta quota tornerà a diradarsi. Risolutiva, presumilmente, non
sarà nemmeno la seconda minipuntata di pioviggine attesa per sabato, cui
seguirà una domenica nuovamente all’insegna del sole oltre la «cappa» che
insiste a bassa quota. I due possibili ma non certi episodi di pioggia di
oggi e sabato – secondo gli esperti di Comune e Arpa – non dovrebbero
riuscire, peraltro, ad abbassare l’attuale concentrazione delle Pm10 oltre
un 15-20%. Troppo poco.
Stando alle ultime notizie meteo, dunque, la combinazione decisiva di
pioggia e vento, che 24 ore fa era prevista proprio per sabato, slitta
quanto meno a lunedì. È probabile, a questo punto, che il blocco del
traffico – che viene deciso di giorno in giorno per le 24 ore successive –
possa rimanere in vigore fino all’inizio della prossima settimana.
Intanto la Provincia, cui spetta il controllo sulle emissioni industriali,
ha inviato alla Servola Spa un invito formale ad attenersi all’accordo
sottoscritto dalla stessa azienda con la Regione nel 2006, in base al quale
la Ferriera è tenuta a diminuire la produzione nei momenti di emergenza-smog
come questo. La Servola Spa ha assicurato che è già in atto un regime di
autoregolamentazione. «Mi fa piacere – è il commento di Bucci – che ciò sia
avvenuto. Ieri (lunedì, ndr) il Comune aveva proprio sollecitato la
Provincia a controllare quest’aspetto».
Su quanto possano incidere le varie emissioni inquinanti, prova a fare
chiarezza lo stesso comandante Badina: «I fumi industriali aiutano a
peggiorare le cose ma non sono determinanti. I due fattori principali sono
gli scarichi delle auto e quelli degli impianti di riscaldamento. Questo
spiega perché i valori alti di polveri sottili sono più frequenti nei centri
urbani, a prescindere dalla vicinanza di fabbriche, e nelle stagioni
invernali piuttosto che in estate, quando comunque si possono verificare
casi di aria stagnante».
«Le emissioni da riscaldamento – replica Bucci – vanno inserite in un’unica
categoria con quelle industriali. E questo non è stato un inverno
particolarmente rigido, gli impianti di riscaldamento non hanno funzionato a
pieno regime come altri anni».
pi. ra. |
Multe triplicate in pochi
giorni - Dopo la «timidezza» iniziale i vigili hanno dato il via a un giro
di vite sul blocco |
|
In sei giorni di blocco, il
numero delle multe da 74 euro inflitte dai vigili urbani ad automobilisti
furbi, sbadati o disinformati hanno superato quota duecento: 228 su 1034
controlli totali, il 22%. Più di un terzo è stato notificato negli ultimi
due giorni.
Le sanzioni di giornata conteggiate ieri sera dal comando della polizia
municipale erano 61 su 194 controlli complessivi (31%) effettuati tra
mattina e pomeriggio dalle consuete pattugle «dedicate» posizionate
all’interno dell’area interdetta.
I punti-chiave soggetti ieri a monitoraggio costante sono stati piazzale
Resistenza (vicino a via Locchi), piazza San Giovanni, Corso Italia, via
Oriani e via Rossetti.
È scesa così, nelle ultime 24 ore, la percentuale di infrazioni rispetto
alle verifiche, che aveva toccato la quota massima proprio lunedì, con il
43%.
Nel frattempo, nonostante la pubblicazione all’albo pretorio garantisca la
piena regolarità giuridica dell’ordinanza anti-smog del sindaco - facendo
scattare il principio secondo cui «la legge non ammette ignoranza» -
continua a tenere banco la polemica sulla mancanza di barriere visibili e di
apposite segnalazioni in prossimità dei varchi d’accesso al perimetro.
«È senz’altro legittimo chiudere il centro alle automobili per la
salvaguardia della salute pubblica - rileva a questo proposito il
responsabile regionale dell’Adoc (Associazione difesa e orientamento dei
consumatori) Antonio Ferronato - ma legare la funzionalità di un simile
provvedimento a una segnalazione sui mezzi d’informazione mi sembra un po’
riduttivo. Quel perimetro, infatti, andrebbe transennato o, in alternativa,
le pattuglie della polizia municipale dovrebbero venire posizionate in tutti
i punti-chiave d’accesso piuttosto che a campione all’interno dell’area. Per
come viene fatta rispettare quest’ordinanza, essa appare più un maquillage
portato avanti per dovere che un intervento realmente risolutivo».
Il Comune, ad ogni modo, non intende fare marcia indietro, né imboccare
strade alternative per tamponare l’emergenza smog, come ad esempio le targhe
alterne, arrivate al terzo giorno di fila nella vicina Gorizia.
«La nostra strategia - taglia corto l’assessore Bucci - è figlia di un Pac
(Piano d’azione comunale, ndr) che è stato deliberato dal Consiglio comunale
dopo un iter portato avanti sul modello dell’Agenda 21, cioè con la
partecipazione dei rappresentanti di categorie e associazioni.
L’individuazione di un perimetro ampio da chiudere al traffico, anziché le
targhe alterne o altro, è stata voluta e motivata».
pi.ra. |
Bonifiche: dal consiglio
comunale via libera all’accordo di programma - Manca solo il sì dell’Ezit,
poi la firma con il ministero |
Via libera anche dal Comune,
dopo quello di altre istituzioni, all’accordo di programma sulla messa in
sicurezza e la bonifica del Sito inquinato di interesse nazionale.
A questo punto, per arrivare alla decisiva firma con il ministero
dell’Ambiente manca solo il sì dell’Ezit, il cui consiglio di
amministrazione si riunisce domani. e a quanto sembra si pronuncerà
all’unanimità.
La delibera dell’Ente zona industriale, che fa riferimento a quelle già
approvate dagli altri enti coinvolti nell’accordo (la Regione, la Provincia,
Comuni di Trieste e Muggia, l’Autorità portuale), verrà quindi trasmessa
all’amministrazione regionale che concorderà con il ministero le modalità
per la firma finale.
È ancora da chiarire, tra l’altro, se l’accordo definitivo può essere
raggiunto con il direttore generale del ministero dell’Ambiente, Gianfranco
Mascazzini, o se serve la firma del ministro, cosa che complicherebbe le
procedure essendo il governo in carica solo per l’ordinaria amministrazione.
Tornando all’approvazione della bozza di accordo da parte del consiglio
comunale, avvenuta l’altra sera all’unanimità, alla delibera è stato
allegato un ordine del giorno, anche questo passato con voto unanime,
proposto da Gianfranco Trebbi (Lista Dipiazza) e firmato anche da Alessia
Rosolen (Alleanza nazionale), Piero Camber (Fi) e Roberto Sasco (Udc), con
il quale si impegnano sindaco e giunta a far valere, nelle fasi di
attuazione dell’accordo di programma, il principio «chi non ha inquinato non
paga», sancito da una direttiva comunitaria del 2004.
L’ordine del giorno prevede anche che venga espressa nelle varie sedi la
necessità di procedere con le azioni di bonifica, «escludendo qualsiasi
onere a carico delle aziende artigiane, commerciali e industriali insediate
all’interno del Sin, la cui attività non è riconducibile all’inquinamento
eventualmente rilevato».
Nella discussione sono intervenuti anche i consiglieri Roberto Decarli
(Cittadini) e Bruna Tam (Pd), in particolare sulla necessità di potenziare
il Servizio ambiente. L’accordo di programma assegna infatti al Comune
specifiche competenze, con la costituzione di un apposito ufficio composto
da almeno due ingegneri esperti in materia ambientale e da due funzionari
amministrativi.
gi. pa. |
Ferriera: dai residenti una
diffida alla Lucchini - Gli abitanti, riuniti l’altra sera in assemblea,
chiedono anche all’Azienda sanitaria di estendere le analisi del sangue |
|
Tenere alta l’attenzione sul
problema Ferriera. È l’obiettivo dei residenti del rione di Servola che
l’altra sera hanno partecipato numerosi all’assemblea pubblica organizzata
dai comitati decisi a portare avanti la battaglia contro l’inquinamento
prodotto dallo stabilimento siderurgico.
Al centro dell’incontro la comunicazione degli sviluppi dell’azione legale
avviata nei confronti della proprietà. In questi giorni, è stato spiegato,
partirà una diffida per richiamare la Lucchini spa all’obbligo di ridurre le
emissioni inquinanti. Diffida che interesserà da vicino anche il sindaco,
Roberto Dipiazza, invitato, in qualità di responsabile della salute dei
cittadini, a vigilare sul rispetto delle norme ambientali. Una strategia che
sta raccogliendo nuove adesioni tra i residenti. Sono saliti infatti a 160 i
cittadini che hanno firmato il mandato all’avvocato Spazzali per portare
avanti la battaglia legale a difesa degli interessi degli abitanti e del
loro diritto alla salute.
Tra le azioni intraprese a livello giudiziario rientra anche un richiamo
preciso all’Azienda Sanitaria. I comitati dei residenti chiedono alle
autorità sanitarie cittadine di eseguire le analisi del sangue e delle urine
degli abitanti del rione, non limitando però l’attività di monitoraggio ad
un campione ristretto. I comitati, infatti, vorrebbero che i controlli
sanitari venissero estesi a tutti i cittadini che hanno chiesto di
sottoporsi ai test.
L’assemblea pubblica ha preso anche in considerazione la disponibilità a
sostenere la battaglia contro l’inquinamento prodotto dalla Ferriera
manifestata da alcune formazioni politiche. Quest’appoggio tuttavia, hanno
evidenziato i relatori, dovrà essere soppesato attentamente, per evitare che
l’argomento Ferriera finisca per essere strumentalizzato in chiave
elettorale.
I promotori dell’incontro non escludono a breve altre iniziative di protesta
per richiamare l’attenzione sull’argomento. Le modalità d’azione verranno
definite a seconda delle risposte che arriveranno dai soggetti raggiunti
dalle diffide e dai richiami formali. Tra questi, oltre all’azienda e al
sindaco, anche Regione e Provincia. |
Smog, sforamenti
incontrollati - I dati ufficiali dell’Arpa confermano un inquinamento in
crescita |
|
Leggo sul giornale del 21
febbraio, titolo: «Per migliorare la Ferriera abbiamo già speso 10 milioni
di euro», articolo: «Dieci milioni di euro. A tanto ammonta l’investimento
che la Ferriera sosterrà per portare a termine gli interventi previsti
dall’Aia».
Orbene, già fra il dire d’aver speso e il dover spendere in futuro la
differenza non mi pare di poco conto sia in termini temporali sia in termini
di certezza e considerando che questi dieci milioni di euro appaiono e
riappaiono da parecchio tempo a ogni tavolo tecnico come il coniglio dal
cilindro di un prestigiatore sorge la domanda se esistono o se sono
un’illusione collettiva. Intanto il tempo passa e l’inquinamento resta! A
proposito di inquinamento, sempre Rosato, nel prosieguo dell’articolo
afferma che «le centraline hanno registrato valori di polveri sottili al di
sotto delle soglie limite, confermando il trend di diminuzione iniziato lo
scorso agosto». Peccato che i dati ufficiali Arpa pubblicati sul sito della
Regione indichino i seguenti sforamenti nei soli primi cinquanta giorni
dell’anno: 12 volte la centralina Carpineto, 13 volte la centralina via
Svevo, 8 volte la centralina Muggia, 17 volte la centralina via S. Lorenzo
in Selva e con un picco di ben 107 ng. L’altro giorno. Quest’ultima, se
prendiamo il dato dal primo agosto 2007 in coerenza con quanto scritto, ha
sforato per ben 41 giorni! (per legge l’attuale limite massimo annuo è di 35
giornate). Complimenti all’«illusionista» che riesce ancora ad incantare
tutti i presenti ai vari tavoli tecnici di questa regione.
Adriano Tasso |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 26 febbraio 2008
Polveri record: rischio
chiusura fino a sabato - Anche oggi stop alle auto. Valori fino a
quattro volte superiori al limite |
|
Il Comune
per il sesto giorno di fila vieta la circolazione in centro e non sono
previsti miglioramenti meteo
La fitta nebbia calata sulla
città domenica altro non è stata che l’«annuncio» dei dati sulle
concentrazioni di polveri sottili che l’Arpa avrebbe comunicato ieri mattina
al Comune, alla riapertura degli uffici dopo la pausa del fine settimana. E
sono dati che testimoniano come Trieste sia assediata da una morsa di smog
senza precedenti. Una morsa, peraltro, destinata secondo le previsioni meteo
a resistere ancora per diversi giorni. Si profila così, anche se per ora il
Comune conferma solo lo stop di oggi, un possibile prolungamento del blocco
del traffico fino al prossimo week-end.
SESTO GIORNO Con l’odierna chiusura del centro (orari 9.30-12.30 e 16-19)
l’ordinanza anti-inquinamento è in vigore da sei giorni di fila. Viene così
eguagliato il record del 2007, quando la città rimase blindata per eccesso
di Pm10 dal 30 gennaio al 4 febbraio. Allora, però, i valori non erano
arrivati ai livelli di queste ore.
DATI RECORD Le ultime rilevazioni giornaliere, che si riferiscono proprio a
domenica, dicono che la concentrazione media delle polveri, registrate nelle
sette centraline-campione dell’Arpa, ha superato i 160 microgrammi per metro
cubo, a fronte di una soglia di legge di 50. In ognuna di queste, è stata la
quota d’inquinamento più alta del 2008. Ma non solo: dall’Arpa di Palmanova
il responsabile del settore Tutela qualità dell’aria, Renato Villalta, fa
notare che in tutti i centri urbani della Regione non erano mai stati
archiviati numeri del genere.
VIA CARPINETO Il dato più elevato (vedi tabella, ndr) viene dalle
strumentazioni fisse di via Carpineto, dove è stata riscontrata una
concentrazione media di 195, con un picco di 500 alle 24. Per trovare il
record precedente di via Carpineto, consultando i data-base degli ultimi 4
anni che l’Arpa lascia a disposizione sul sito internet, bisogna tornare al
5 ottobre 2004, quando la media giornaliera arrivò a 155.
DOMANI La morsa dello smog, con ogni probabilità, durerà ancora. E con esso
il blocco del traffico. La decisione se prolungare a domani l’ordinanza
verrà presa stamani dall’assessore all’ambiente Maurizio Bucci, non appena
vedrà i dati dell’Arpa sulle concentrazioni di Pm10 registrate dalle sette
centraline ieri. A livello normativo, comunque, determinanti sono soltanto
le tre stazioni inserite nella rete regionale: piazza Libertà, via Carpineto
e via Svevo. È sufficiente che due di queste abbiano registrato medie
giornaliere superiori a 50 e il Comune è obbligato a mantenere in vigore le
restrizioni.
IL BONUS Dall’inizio dell’anno le giornate con due sforamenti su tre sono
state dieci, di cui sette di fila da lunedì 18 a domenica 24. Qui il Comune
deve tenere sott’occhio il «bonus» annuale di 35, oltre il quale le norme
impongono «provvedimenti ulteriormente restrittivi» non precisati come
targhe alterne o blocchi totali due-tre volte alla settimana a tempo
indeterminato.
IL METEO La decisione di questa mattina, a meno di clamorosi colpi di scena,
si rivelerà una formalità. Il quadro meteo non lascia scampo. Ieri, per
lunghi tratti, l’umidità rilevata in centro era prossima al 100%. E la
visibilità, specie nelle prime ore del mattino, sulle Rive era inferiore ai
cento metri.
«La situazione - conferma il comandante Gianfranco Badina dell’Istituto
Nautico - non dovrebbe cambiare nemmeno domani (oggi, ndr) nonostante nelle
prossime ore sia atteso un temporaneo aumento della nuvolosità in quota.
Qualche debole pioggia, concentrata sulla Slovenia, potrebbe raggiungere la
nostra città tra mercoledì (domani, ndr) e giovedì, ma è solo una
possibilità. Persino il deciso peggioramento previsto per il prossimo
week-end si presume che sarà di breve durata».
LA POLEMICA «Mi conforta - così Bucci - che in questi giorni il traffico in
città si presenti scarso. Segno che i triestini si sono adeguati alla
contingenza. Ma sono d’accordo con il sindaco: ieri (domenica, ndr) la
centralina sul molo Caliterna di Muggia, di fronte alla Ferriera, ha
rilevato una media giornaliera di 150. E in via Carpineto, nella notte tra
ieri e oggi (domenica e ieri, ndr) c’è stato un picco di 500. Non sarà mica
colpa del traffico, no?».
Eppure la morsa delle Pm10 riguarda tutto il Nord Italia. «Già - replica
Bucci - ma di solito a Trieste ce la caviamo grazie al vento. Non abbiamo le
emergenze costanti di Pordenone o Milano. Per questo sono convinto che la
”cappa” qui da noi non dipenda tanto dagli scarichi delle auto».
«Scaricare sempre le colpe sulla Ferriera che certamente inquina - ribatte
il consigliere comunale dei Cittadini Roberto Decarli - è facile e serve a
giustificare l’assenza di altri interventi: dalla scarsa vigilanza nel
perimetro al ritardo nella definizione del piano del traffico».
Piero Rauber |
SMOG - Picco delle multe:
quattro su dieci controlli - Le sei squadre della polizia municipale
hanno fermato 144 vetture tra piazza Foraggi e via Battisti
|
|
Nessuna
segnaletica per i limiti, solo un avviso al Lisert ma i ricorsi non hanno
chance |
Ormai i vigili urbani vanno a
colpo sicuro. Si sono fatti l’occhio e, ai loro posti di blocco all’interno
del perimetro proibito, hanno imparato a «preselezionare» le automobili più
datate, con meno di tre persone a bordo. A quel punto le fermano e accertano
se il conducente è in possesso di una deroga alla circolazione. Se manca il
certificato contemplato dalla lista delle deroghe, scatta la sanzione.
Ieri, infatti, le multe sventolate in faccia a furbi, sbadati e disinformati
sono state 62 su 144 controlli, per una percentuale del 43% contro il 33% di
domenica, il 18% di sabato, l’8,5% di venerdì e il 6% di giovedì pomeriggio,
in occasione dell’esordio del blocco stradale. Sei le squadre della
municipale impiegate all’interno dell’area vietata, che hanno continuato a
posizionarsi a «difesa» del centro storico, tra piazza Foraggi, via Oriani,
via Battisti, via San Giacomo in Monte, largo Piave più alcuni altri posti a
rotazione.
Mentre aumenta la «produttività» del monitoraggio da parte dei vigili,
cresce però anche il malumore di quegli automobilisti che, dopo aver giurato
di non essere a conoscenza delle restrizioni in vigore e di aver violato il
perimetro in buona fede, tornano comunque a casa con un foglietto verde che
impone il pagamento di 74 euro entro due mesi (altrimenti diventano 148, il
doppio).
Il dito resta puntato contro la mancanza di barriere visibili ai varchi, che
risultano quindi accessibili e possono trarre in inganno chi non è
informato.
Salvo poi imbattersi eventualmente, quand’è ormai troppo tardi, in una
pattuglia.
L’ordinanza del sindaco, a questo proposito, è lapidaria. E prevede, al
terzo punto del documento, «che il presente provvedimento abbia validità
anche in assenza di segnaletica stradale per cui saranno sufficienti le
comunicazioni ed avvisi alla cittadinanza diramati tramite i mezzi di
informazione».
«È fatto obbligo a chiunque - si legge ancora nell’ordinanza - di osservare
la disciplina della circolazione stabilita dalla presente ed ai funzionari
che espletano compiti di polizia stradale farla rispettare». Anche i non
triestini, sulla carta, arrivando in città sono tenuti a «sapere» e ad
adeguarsi.
«Si tratta - ribatte tuttavia Anna Buchhofer Brivitello, segretario generale
dell’Adiconsum - di una situazione spiacevole che si è presentata tale e
quale anche in occcasione dei blocchi dello scorso anno. La gente non è
obbligata ad ascoltare la radio, a guardare la televisione o a leggere i
giornali. Sarebbe più corretto che i varchi d’accesso al perimetro fossero
dotati di segnalazioni chiare o di barriere che inducano i conducenti delle
macchine a fermarsi e verificare se possono spingersi oltre».
Ma l’ordinanza pare costruita in maniera tale da essere inattaccabile.
Spiega Giuseppe Sbisà, avvocato amministrativista del foro di Trieste: «Il
potere di quest’ordinanza, come le altre, viene esercitata nei luoghi in cui
essa è resa pubblica. Una volta affissa all’albo pretorio, vige per i suoi
contenuti la cosiddetta presunzione legale di conoscenza». In altre parole:
la legge non ammette ignoranza. Nemmeno per chi triestino non è. Non
convince Sbisà, invece, il fatto di «rimettere la conoscenza dell’ordinanza
alla pubblicazione a mezzo stampa. Ciò che vale è l’affissione all’albo
pretorio».
L’amministrazione municipale, intanto, si sente con la coscienza a posto:
«Le informazioni necessarie per chi arriva da fuori - così Bucci - sono
garantite dall’accordo con Autovie Venete che fa passare i messaggi sul
centro chiuso di Trieste sui portali luminosi della A4».
E per gli sloveni? «Beh - chiude l’assessore al turismo e all’ambiente - a
quel punto ci rimettiamo al buon senso dei vigili».
pi.ra. |
SMOG - Camminatrieste: «Subito il piano
del traffico» - Il presidente dell’associazione Sergio Tremul: «Bene il
provvedimento, ma va riprogettata la viabilità»
|
|
«Serve il piano del traffico
subito. Per risolvere i problemi legati allo smog, le misure adottate
dall’amministrazione comunale in questi giorni non bastano. Bisogna
progettare una nuova viabilità cittadina, che riduca gradualmente del 40 per
cento le auto in circolazione». Ne è convinto il presidente di
Coped-Camminatrieste Sergio Tremul, che si aggiunge al coro di voci che in
questi giorni di chiusura del centro città al traffico per lo sforamento dei
limiti della pm10 hanno giudicato «inefficace» il provvedimento, indicando
invece l’attuazione del piano del traffico come l’unica risposta seria al
problema.
Già Giorgio Cappel, presidente dell’Aci e Roberto Camus, preside della
facoltà di Ingegneria ed estensore della bozza del piano del traffico
(consegnata al Comune all’inizio del 2005 e poi rimasta in cassetto) avevano
sottolineato la necessità di un forte cambiamento di rotta sul fronte della
viabilità a Trieste. Cappel e Camus avevano definito «inefficaci» le misure
una tantum contro la cappa di smog che da giorni avvolge la città,
sottolinenado che bisogna «puntare a una graduale pedonalizzazione del
centro storico e al potenziamento dei mezzi pubblici».
Sulla stessa linea si pone dunque anche Coped-Camminatrieste, da sempre
impegnata nella difesa dei diritti dei pedoni e dell’ambiente, e in prima
linea contro traffico, ingorghi, auto in doppia fila e parcheggiate
selvaggiamente, sia in centro che in periferia. «La chiusura del centro al
traffico, considerati i livelli altissimi di polveri sottili registrati in
città - spiega il presidente Sergio Tremul - è una misura giusta e
obbligata. Una misura di emergenza, che dovrebbe però essere sostituita da
provvedimenti duraturi, come un nuovo piano del traffico. Il piano già
esiste. Perché non si fa uno sforzo per tradurlo in realtà?».
Secondo Tremul è fondamentale una nuova organizzazione della città, che
preveda il potenziamento del servizio degli autobus, più aree verdi, meno
parcheggi selvaggi e meno auto sulle strade. «È l’unico modo per tutelare i
pedoni - afferma ancora il presidente di Copeed-Camminatrieste - per
diminuire lo smog e rendere più vivibile sia il centro che le periferie per
tutti».
e.c. |
SMOG - I triestini al
sindaco: divieto inutile - L’argomento tiene banco sul sito del primo
cittadino aperto ai cittadini |
|
La chiusura del centro al
traffico? «Un provvedimento inefficace. Servono strategie antismog a lungo
termine e bisogna chiudere la Ferriera». È questa l’opinione prevalente tra
i cittadini in filo diretto «virtuale» con il sindaco Dipiazza sul suo blog.
Facendo una carrellata dei commenti scritti sul sito in questi giorni e
rivolti al primo cittadino, ci si trova davanti a una variegata e nutrita
sfilza di opinioni. In tanti indicano la chiusura della Ferriera come una di
quelle «scelte forti» che le istituzioni, prima o poi, «dovranno prendere».
La pensa così ad esempio un cittadino che si firma «l.miduri», che afferma:
«Che la Ferriera sia inquinante non vi è ombra di dubbio! Chi non la
chiuderebbe se possedesse una bacchetta magica?». Massimo Delise scrive:
«Secondo me questa della Ferriera è una lotta contro i mulini a vento. Ci
sono troppi interessi in gioco. Non si potrebbe chiedere aiuto alla Comunità
europea?». Per altri invece, come Simone, «Oltre alla Ferriera i problemi
sono altri: troppe auto, usate a sproposito. E poi, il riscaldamento».
Di ricette «antipolveri sottili» ce ne sono tante. Pierina Rosati propone di
adottare le targhe alterne per periodi lunghi. Un altro cittadino, invece,
di dotare gli autobus di portabici esterni, per incentivare l’uso della
bicicletta. Un internauta anonimo suggerisce l’utilizzo di automobili a Gpl
o metano. A sollevare più di qualche perplessità tra i frequentatori del
blog ci sono le deroghe. «Automobilista lavoratore» scrive: «Perché dalle
limitazioni al traffico sono state escluse le automobili con targa ”cc” e
”cd”? Forse i nostri rappresentanti dei corpi consolari e diplomatici hanno
impegni così urgenti da scavalcare i cittadini che usano l'automobile per
recarsi al lavoro?». Fiorella, rivolgendosi al sindaco, scrive: «Bravo. Per
me potresti chiudere tutto sempre. Però perchè da tre giorni non rispondi
più?». |
Malattie da smog: letti
esauriti a Pneumologia - Ricoveri anche fuori reparto. Il primario: in
aumento crisi cardiovascolari e respiratorie |
|
Le
conseguenze delle condizioni del tempo sulla salute. Il cambiamento del
clima fa supporre che la patologia si ripeterà più frequentemente
Lo smog a Trieste non è un caso
ma un pessimo segnale dei cambiamenti climatici generali. È inoltre
dimostrato che l’aumento di aria stagnante inquinata provoca morti per
motivi cardiovascolari. Lo afferma il primario di Pneumologia, Marco
Confalonieri. |
Il reparto all’ospedale di
Cattinara (una ventina di letti) è tutto occupato e ci sono anche pazienti
che hanno dovuto trovar posto in reparti diversi. «Siamo finiti in una
nebbia da Valle Padana - commenta Confalonieri -, e senza vento e alta
pressione non ci si libererà di questo cosiddetto smog, pericoloso
soprattutto perché nell’aria grava una concentrazione di monossido di
carbonio».
Serve dunque lo stop alla circolazione veicolare, dei cui effetti molti
dubitano? «Il Comune adempie semplicemente alle leggi vigenti - dice il
medico - e la letteratura internazionale dice che un effetto positivo lo si
ottiene. Ma il problema - aggiunge il primario di Pneumologia - è un altro».
E riguarda l’inquinamento nel suo insieme, di cui sono noti ai medici
effetti a breve e a lungo termine. Quelli a breve termine causano appunto
crisi cardiovascolari e respiratorie tali da portare al decesso, e questo
accade «ogni volta che si presentano picchi di smog - dice lo pneumologo -,
in totale indipendenza da concomitanti epidemie di influenza e altre cause».
Nello stesso tempo la concentrazione nebbiosa di inquinanti acuisce tutte le
malattie bronchiali, broncopolmonari e respiratorie di tipo cronico.
«A lungo termine - prosegue Marco Confalonieri - è difficile per adesso
valutare il rapporto di causa ed effetto, ma è accertato scientificamente
che gli inquinanti pesano molto negativamento sullo sviluppo di patologie
respiratorie croniche e di tumori».
Non è che la speranza molto locale del consueto venticello di bora ci possa
però concedere certezze confortanti o tranquillità indifferenti perché siamo
immersi in un mondo che va peggio. Lo conferma il medico: «Da alcuni anni
c’è un aumento in tutto il mondo di malattie respiratorie, e purtroppo il
trend negativo riguarda anche i paesi cosiddetti in via di sviluppo, dove la
produzione di gas inquinanti si dovrebbe supporre di grado inferiore. Invece
l’Organizzazione mondiale della sanità ha già accertato il fenomeno».
Resta da domandarsi se individualmente ci sia qualche forma di difesa, oltre
alla più ovvia ma utopica convinzione collettiva a usare di più i mezzi
pubblici e drasticamente di meno le automobili private. «Le leggi - dice
Confalonieri - vanno rispettate, e non va mai dismesso il lavoro di tutela e
di monitoraggio dell’aria, quanto all’aprire o meno le finestre di casa,
dipende...».
Infatti anche in casa l’aria stagnante di dentro può sommarsi con quella di
fuori. Un beneficio si può ottenere solo vivendo in zone non gravate da
forte traffico, altrimenti la zaffata fatta entrare per la finestra si
espanderà tranquilla per tutti gli ambienti. Si parla dell’esistenza di
mascherine capaci di contenere sia le Pm10 sia le Pm2,5, ma non risulta che
siano state mai veramente consigliate o prescritte.
Si deve dunque purtroppo prevedere che le malattie respiratorie acute che a
Trieste - nonostante la vantata bora - hanno indici molto alti, sono
destinate ad aumentare constatato che l’assetto climatico porterà con sempre
maggiore frequenza nebbie da Valle Padana in riva al golfo. E l’unica
risposta concreta che i tecnici possono dare (medici compresi) riguarda un
deciso cambiamento nell’uso delle fonti energetiche per ricostituire una
generale salubrità di condizioni: altrimenti, come si sa, ci avveleniamo con
le nostre stesse mani.
Ma secondo lo specialista in Pneumologia (anche per rispondere alle stizze
dei cittadini) c’è una correlazione tra il chiudere il centro alle
automobili per un periodo prolungato e l’eventuale calo di polveri
stagnanti? «È certo che ridurre il traffico va bene - conclude Confalonieri
-, ma il fatto che sia sufficiente un giorno o un periodo più lungo dipende
esclusivamente dalla situazione metereologica». |
Gabriella
Ziani
Sono solo 20mila i veicoli
«Euro 4» - La fotografia del parco automobili in città: è la Fiat
Punto il modello preferito dai triestini |
|
Un decimo
dei mezzi in circolazione immatricolato tra il 1962 e il ’92
|
Sono 188.588 i veicoli
circolanti registrati nella nostra provincia, 160.489 nel solo Comune di
Trieste dove però oltre sedicimila autovetture sono state immatricolate
oltre 15 anni fa. Lo scorso mese di gennaio, il Pra di Trieste ha eseguito
l'immatricolazione di ben 979 nuove vetture, 894 passaggi di proprietà e 877
rottamazioni.
I dati dell'Aci rivelano che nel 2007 i triestini godevano di un numero di
autovetture circolanti pari a 108.485, di 34.602 motocicli di diverse
cilindrate, di oltre 330 autobus, di 7.029 autocarri per trasporto merci,
653 motocarri, 5.056 rimorchi o semi - rimorchi e 663 trattori stradali o
motrici.
Prendendo in esame esclusivamente le autovetture del comune di Trieste, si
osserva che ben 16.283 sono «Euro 0» ovvero immatricolate tra il 1962 e il
1992. Quelle immatricolate tra il '93 e il '96, ovvero le «Euro 1» sono
invece 13.121. Il gruppo più numeroso è quello delle autovetture registrate
tra il '97 e il 2000, le «Euro 2», che in totale sono 34.317. Le macchine
«Euro 3», immatricolate tra il 2001 e il 2005 sono invece 24.428. Infine, le
automobili più recenti - le «Euro 4» - di conseguenza meno dannose a livello
di inquinamento che circolano nella nostra città sono 20.305.
«Da parecchi anni con il miglioramento dei motori le emissioni di ossido di
carbonio sono state ridotte e il problema risolto - osserva il presidente
dell'Automobile Club di Trieste, Giorgio Cappel - ma r persiste quello
legato all'emissione di polveri sottili derivante dall'usura delle gomme».
Attraverso un minuzioso resoconto redatto dell'Automobile Club è possibile
anche distinguere il tipo di alimentazione del parco autovetture triestino.
Si apprende così che : 92.620 sono alimentate a benzina, 305 a benzina o gas
liquido, 32 a benzina o metano e 15.499 a gasolio.
Una curiosità mette anche in evidenze quelli che sono i tipi di macchine più
diffuse sul nostro territorio: le Fiat Punto 55 3P e la Punto 1.2 3P.
I motocicli presenti nella nostra provincia superano di gran lunga la media
nazionale: nel solo comune di Trieste sono 34.602: 12.290 con 125 di
cilindrata, dai 126 ai 250 cavalli 12.788, dai 251 ai 750 sono 7.203 e con
una cilindrata superiore ai 750 cavalli sono 2.320.
Da un recente rapporto stilato nel 2007 dall'Istat e dall'Aci, emerge
inoltre che Trieste è la provincia del Nord Est con la più alta percentuale
di incidenti; in un anno se ne sono registrati 1. 306 con una riduzione
rispetto all'anno 2005 del 6,8 per cento. Il numero di sinistri ogni mille
abitanti è pari al 5,52 per cento. A calare è il numero delle vittime dei
sinistri: nel 2006 sulle strade della provincia di Trieste sono morte 21
persone, il 22,2 per cento in meno rispetto all'anno precedente e con un
tasso di mortalità più basso dell’intero Nord-Est.
Laura Tonero |
SMOG - «L’aria in quota mai
così calda da 10 anni in qua» - Le spiegazioni dei meteorologi
|
|
L’accumulo di nebbia, e di
conseguenza di polveri sottili, è causata da un’eccezionale stabilità del
quadro meteo rispetto al periodo, con una massa d’aria ad alta quota mai
così calda negli ultimi dieci anni. «A 3100-3200 metri di quota - spiega il
responsabile del settore Tutela qualità dell’aria dell’Arpa di Palmanova,
Renato Villalta - persistono temperature superiori allo zero. Sopra la
nostra testa c’è un’enorme massa di aria calda che non si sposta e determina
una notevole inversione termica attorno ai 500-600 metri di quota».
Lo smog accomuna con una gravità senza precedenti tutti i principali centri
urbani della Regione: domenica le Pm10 sono arrivate a 222 microgrammmi per
metro cubo a Pordenone, a 203 a Udine, a 151 a Gorizia a 151 e 98 a
Monfalcone. «Quando una nebbia così arriva a Trieste - precisa a sua volta
il comandante Badina - significa che la situazione in pianura è quantomai
persistente. La nebbia, di per sé, è rara nella nostra città ma non
eccezionale. Eccezionale, semmai, è il periodo. È più facile che si formi,
in queste proporzioni, tra dicembre e gennaio. Ma non a fine febbraio».
pi. ra. |
Lega Nord contraria al
Corridoio 5 sul territorio comunale duinese |
|
DUINO AURISINA Critiche del
responsabile Enti locali della Lega Nord sul percorso che la Regione
appoggia per il Corridoio 5 sul territorio di Duino Aurisina, mentre
sostiene, come alla Borsa del turismo, la promozione dell’Altopiano. «Stiamo
dicendo - afferma Federico Razzini - ciò che qualsiasi tecnico in buona fede
non può che sostenere: che il Corridoio 5 debba passare non per Ronchi e
Monfalcone e giù a Trieste ma per il percorso più breve, rettilineo,
economico, non impattante per l’ambiente: dalla Bassa Friulana per Gorizia e
verso Aidussina. |
Controlli e appostamenti
mirati contro le discariche abusive |
|
Mobilitazione del Corpo forestale sui territori di Duino Aurisina, Santa
Croce e Sgonico. Smaltire una carriola costa 2mila euro
DUINO AURISINA Intensificare i
controlli sulle zone a rischio-discarica del Carso con appostamenti mirati e
ripartiti su più fasce orarie. Questa la campagna promossa dalla Stazione
forestale del comune di Duino Aurisina per reprimere un fenomeno in costante
aumento: quello dei cosiddetti microabbandoni di materiali inquinanti.
«Ci troviamo davanti ad una situazione allarmante - spiega il responsabile
della Stazione forestale di Duino Aurisina Lucio Ulian- nella quale le
minidiscariche abusive sono cresciute esponenzialmente negli ultimi mesi in
tutta la zona che comprende l’area di Santa Croce e i territori dei Comuni
di Duino Aurisina e Sgonico». Mobilio di vario genere e residui di lavori
domestici costituiscono la maggior parte dei «microrilasci», perlopiù a
opera di privati o di piccole ditte. Piccoli piazzali immersi nel verde ma
anche stradine forestali e doline più nascoste sono i luoghi preferiti per
effettuare tali abbandoni. Emblematica la discarica segnalata non più tardi
di qualche settimana fa nella zona di Sistiana, a pochi passi da una zona
residenziale nella quale lavatrici e suppellettili facevano bella mostra di
sé. Un impatto dunque di tipo ambientale non da poco, che di riflesso si
traduce anche in un danno economico alla collettività. «Gli interventi di
rimozione da parte del Comune hanno dei costi che poi pesano sul bilancio
con la relativa conseguenza che la tariffa sui rifiuti aumenta per tutti i
cittadini, onesti e non» conferma Ulian.
Insomma: oltre al danno, anche la beffa. L’unica nota positiva di questa
situazione tutt’altro che rosea è il fatto che le grandi ditte si stanno
dimostrando più attente al problema ambientale. «Con il passare degli anni
siamo riusciti a sensibilizzare le aziende maggiori a usufruire dei centri
di raccolta di rifiuti ingombranti sparsi capillarmente su tutto il
territorio» spiega Ulian. Evidentemente i privati e le ditte più piccole non
hanno ancora recepito il messaggio. «Sinceramente sono davvero perplesso»
sbotta subito il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret. «Queste piccole
quantità di rifiuti hanno un costo esorbitante che poi si ripercuote sulle
tasse dei cittadini - spiega - tanto più se i materiali sono misti o non ben
identificabili. A esempio qualche settimana fa abbiamo raccolto una carriola
di residui edilizi che tra la perizia per identificarne la natura, le
pratiche e i trasporti sono venuti a costare circa 2.000 euro, cifra folle
che poi va a pesare direttamente sul bilancio del Comune». I sette membri
che compongono la Stazione forestale del comune di Duino Aurisina promettono
dunque di dare battaglia: «L’intensificazione dei controlli sarà costante e
mirata a sradicare il problema». I malintenzionati, che rischiano sanzioni
amministrative e penali, sono avvisati.
Riccardo Tosques |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 25 febbraio 2008
Lo smog sale: centro chiuso
anche oggi - Nonostante i divieti le polveri toccano nuovi record:
probabile blocco anche domani |
|
La
situazione si aggrava e le condizioni meteo non sembrano migliorare. Stessi
orari di stop: 9.30-12 e 16-19
Ferma restando la chiusura
odierna (nei consueti orari 9.30-12.30 e 16-19) la decisione se prolungare o
meno l’ordinanza anti-inquinamento del sindaco verrà presa nella mattinata
di oggi, non appena negli uffici dell’assessore all’ambiente Maurizio Bucci
arriveranno i dati sulle concentrazioni medie giornaliere di polveri sottili
rilevati nelle ultime 24 ore dalle centraline dell’Arpa.
«Al momento non possiamo sciogliere le riserve - diceva ieri sera Bucci - ma
i dati di ieri (sabato, ndr) e il visibile aumento della ”cappa” sopra la
città di oggi (ieri, ndr) ci portano a dire che esiste una forte probabilità
che l’ordinanza rimarrà in vigore anche per martedì. Potremmo anche
confidare nello scarso traffico domenicale, ma basta mettere il naso fuori
dalla porta di casa per capire che qui le cose stanno peggiorando. Alla
gente chiediamo pazienza. L’unica nota che mi rallegra è che mi sembra che
il car pooling (la possibilità di circolare con un’auto che ha almeno tre
persone a bordo, ndr) stia cominciando a prendere piede».
LE POLVERI Gli ultimi aggiornamenti ufficiali dell’Arpa, peraltro, sembrano
non lasciare scampo. Le tre centraline in funzione sabato hanno infatti
registrato i più alti valori medi giornalieri del periodo: 117 microgrammi
per metro cubo in via Carpineto (il record precedente risaliva a mercoledì
20 con 104) e 114 in piazza Libertà (venerdì scorso il valore giornaliero
era stato di 69 e nei giorni precedenti non aveva mai sfondato quota 100),
infine 88 in via Svevo (anche qui si tratta di record visto che il livello
più vicino a quello di sabato risaliva a martedì 19, con 87).
IL METEO Ai responsi delle strumentazioni Arpa, quindi, si affiancano delle
previsioni meteo che sono ancora meno incoraggianti rispetto a 24 fa. E che
lasciano presagire un possibile prolungamento a oltranza del piano
anti-smog. «L’alta pressione - ha spiegato nella serata di ieri il
comandante Gianfranco Badina dell’Istituto Nautico - rimarrà tale fino a
mercoledì continuando a favorire, forse in maniera ancor più grave,
l’attuale accumulo di polveri nell’aria. Inoltre, le brevi piogge attese
proprio per mercoledì e giovedì si concentreranno sulla Slovenia, non è
detto nemmeno che arrivino qui. Come se non bastasse, il borino previsto per
giovedì non arriverà, per effetto delle correnti atlantiche che punteranno
più che altro sulla Slovenia».
LA SVOLTA La sferzata decisa del tempo, invece, quella destinata a spazzare
l’aria dalle Pm10, raggiungerà quasi certamente Trieste e dintorni nel
prossimo fine settimana. «Per sabato - così Badina - è previsto un
peggioramento consistente a causa di un’area depressionaria che dal Nord
Europa porterà pioggia, vento e temperature in diminuzione».
LE ALTRE CITTÀ Anche le vicine Gorizia e Monfalcone stanno pagando
pesantemente la congiuntura atmosferica: sabato i valori medi di Pm10
rilevati nel capoluogo isontino (dove oggi scatta il provvedimento delle
targhe alterne) hanno toccato quota 158, mentre nella città dei cantieri il
dato riferito a 48 ore fa (74) è il più alto dell’anno.
Il confronto fra lo smog rilevato a Trieste e quello dei centri urbani
vicini s’inserisce nelle polemiche di questi giorni che vedono il sindaco
Roberto Dipiazza (partito proprio sabato per una breve vacanza) insistere
sulle responsabilità delle emissioni industriali, nella fattispecie della
Ferriera.
Su quanto possano incidere gli scarichi delle automobili e i fumi delle
fabbriche, dal Dipartimento di Ingegneria chimica, dell’ambiente e delle
materie prime e dal Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e recupero
ambientale) si preferisce, a questo proposito, non fornire valutazioni
tecniche pubbliche. «Proprio perché - come precisa il professor Paolo
Bevilaqua, vicedirettore del Dipartimento nonché coordinatore del Cigra -
non è nostro compito intervenire in questioni che vengono toccate,
attualmente, dal dibattito politico». |
CENTRO CHIUSO - Poche
pattuglie, ma salgono le multe - Controlli su 144 auto, 47 sanzioni.
Vigili concentrati nel cuore della città |
|
Giro di vite
nei confronti degli «sbadati» con il 33% di verbali compilati contro il 18%
di sabato
Pochi ma implacabili. Ieri, in
mezzo alla nebbia che incombeva sulle strade proibite del centro, era raro
intravedere qualche pattuglia dei vigili urbani. Eppure in serata, al
comando della polizia municipale, si contavano 47 multe da 74 euro su 144
controlli effettuati tra mattina e pomeriggio. Il 33% di verbali compilati
contro il 18% di sabato (25 sanzioni su 140 verifiche), l’8,5% di venerdì
(20 su 242) e il 4% di giovedì pomeriggio (6 su 164).
Il giro di vite, insomma, dopo tre giorni di prova, è arrivato. E proprio di
domenica, con le pattuglie «dedicate» in formato ridotto - quattro al
mattino e sei al pomeriggio - e dislocate soprattutto a difesa del cuore
della città più che lungo il perimetro, che arriva in periferia, dove
l’ordinanza del sindaco non prevede transenne, varchi visibili o tabelle
informative. Ieri, infatti, le squadre dei vigili urbani hanno operato
principalmente tra via Mercato Vecchio, corso Italia, largo Barriera, via
Carducci, via San Marco e largo Piave.
«Aspettiamo di vedere - così il comandante della municipale Sergio Abbate -
se l’aumento delle sanzioni riscontrato oggi (ieri, ndr) verrà confermato o
meno in un giorno feriale. Soltanto in questo modo potremo capire se a
incidere è stato il giorno festivo o se, dopo tre giorni di centro chiuso,
la gente è meno propensa a continuare a fare qualche sacrificio e intende
rischiare».
IL TEST La conferma del fatto che ieri i vigili, con le forze domenicali in
campo, hanno deciso di «giocare» in difesa, stretti attorno al centro
storico, è venuta da un giro di prova tra le 16 e le 17 toccando una
quindicina fra i punti più «sensibili» della viabilità locale, sia
all’interno del perimetro che in prossimità dei principali varchi d’accesso.
Dal cuore della città, la cattedrale di San Giusto, si poteva ad esempio
percorrere senza incontri imbarazzanti via San Giacomo in Monte, largo
Pestalozzi, via del Veltro, viale Ippodromo e via Oriani.
LARGO BARRIERA La prima pattuglia impegnata nel controllo dei libretti, dopo
dieci minuti e circa cinque chilometri da San Giusto, la si trovava infatti
in largo Barriera. Erano le 16.10. E il traffico si presentava parecchio
scarso. Da lì si riusciva a proseguire senza rischi per via Carducci, via
Battisti e largo Giardino, uscendo così dall’area proibita. Da strada per
Opicina, quindi, vi si rientrava (anche qui evitando d’imbattersi negli
uomini della municipale) scendendo per via Valerio e via Fabio Severo fino a
piazza Dalmazia. Via libera anche in via Udine e via Barbariga fino a Roiano.
E rientro lungo viale Miramare e le Rive.
LE RIVE Alle 16.35, ancora, si presentava «franco» anche il reingresso
all’altezza di piazza Tommaseo. Da corso Italia, quindi, si poteva circolare
verso via Imbriani, tornare in via Carducci e immettersi in via Valdirivo
per raggiungere nuovamente le Rive.
Alle 16.40, dopo mezz’ora e circa 15 chilometri di test rispetto a largo
Barriera, ecco la seconda pattuglia in via Mercato Vecchio, intenta a
fermare le macchine più datate con meno di tre persone a bordo. Qui, in
effetti, le multe fioccavano. E a pagare sono stati anche quelli che
venivano da fuori. O i triestini che, rientrando dalla gita domenicale,
dicevano di non saperne nulla.
PIAZZA GOLDONI Pochi minuti, il tempo di fare via Teatro Romano e corso
Italia, e la terza squadra della municipale s’incontrava in piazza Goldoni.
Erano le 17. Poco più in là, un paio di coppie a piedi guardavano. «Non
sapevamo nulla del centro chiuso e arrivando a Trieste non abbiamo trovato
informazioni. Per fortuna abbiamo lasciato la macchina sulle Rive», dicevano
Alfonso e Viviana di San Canzian d’Isonzo. «Noi eravamo informati - così
Alberto e Irene - e ci siamo mossi a piedi, ma da San Giacomo abbiamo visto
alcune vecchie auto che la facevano franca. Evidentemente a qualcuno va di
rischiare».
pi. rs. |
Smaltire i medicinali |
|
Il Comune di Trieste tempo fa
(anni) ha smantellato la rete di raccoglitori di medicine scadute
costringendo, quindi, il cittadino ad agire illegalmente, depositando tali
prodotti, considerati dalla normativa vigente come rifiuti tossici-nocivi,
nei cassonetti di rifiuti solidi-urbani.
I rifiuti raccolti nei cassonetti vengono poi destinati all'inceneritore,
per bruciare così con essi anche le medicine (tossici-nocivi) che la legge
prevedrebbe destinate a discariche ad esse finalizzate.
Il Comune di Trieste così, a mio avviso, agisce illegalmente bruciando
rifiuti tossici-nocivi ... e liberando in atmosfera non so quali gas. Come
ho risolto tale problema, rispettando la normativa: deposito i medicinali
scaduti negli appositi contenitori che il Comune di Udine (dove lavoro) ha
distribuito sul suo territorio.
Eppure noi paghiamo al Comune di Trieste le tasse, anche per lo smaltimento
dei medicinali, che tale amministrazione incassa celermente senza fornire il
dovuto servizio e dirottando tale denaro a sa Dio quale destino.
A Udine invece l'amministrazione rispetta responsabilmente il «contratto»
che ha con il cittadino nel suo rispetto e nel rispetto dell'ambiente.
Lucio Toniutti |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 24 febbraio 2008
Smog, centro chiuso anche
oggi e domani - Polveri in salita malgrado le giornate di limitazioni.
Pioggia prevista solo mercoledì |
|
Al
consistente calo delle auto in circolazione non ha corrisposto un deciso
aumento dei passeggeri di bus e taxi
Da tre giorni ormai è in vigore
la chiusura del centro in funzione antinquinamento. Ma in base ai dati
relativi a venerdì - gli ultimi disponibili - la seconda giornata di
traffico limitato (ma la prima con il blocco sia al mattino sia al
pomeriggio) non è bastata a far abbassare i livelli delle polveri sottili.
Anzi, in certi casi venerdì le centraline hanno rilevato consistenti balzi
all’insù della concentrazione delle pm10.
Anche oggi dunque chiusura del centro al traffico, nelle due fasce orarie
(9.30-12.30 e 16-19). Non solo: l’ordinanza del sindaco sarà applicata anche
domani. Ad annunciarlo è l’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci: «I dati
parziali che l’Arpa mi ha fornito stamane (ieri, ndr) mostrano una tendenza
in salita delle polveri sottili. Il centro sarà quindi chiuso anche lunedì,
al mattino e al pomeriggio. Ci vorranno ancora alcuni giorni perché cada
qualche goccia d’acqua».
A fare il punto sulle previsioni è il comandante Gianfranco Badina, che
dall’Istituto Nautico conferma quanto anticipato giovedì: «Anche domani
(oggi, dr) – spiega – i venti saranno deboli. Lunedì ci potrebbe essere
qualche nuvola in più. Ma per avere brevi piogge bisognerà attendere
mercoledì. Giovedì è previsto vento da Nord-Est, sui 30-40 chilometri orari,
sufficiente a un buon ricambio dell’aria».
Intanto, come detto, venerdì le polveri sottili sono risalite. In piazza
Libertà si sono raggiunti i 69 microgrammi per metro cubo e in via Svevo i
79. L’incremento più rilevante è stato rilevato in via Carpineto: dai 56
microgrammi di giovedì agli 86 di venerdì. In tutte e tre le centraline di
riferimento le polveri sono dunque risultate abbondantemente sopra i limiti.
Da qui la decisione di continuare l’applicazione dei divieti.
I valori misurati venerdì nelle altre centraline (via Tor Bandena, via San
Lorenzo in selva, via Pitacco e Muggia) non sono presenti nel sito Internet
dell’Arpa. Il sabato l’Agenzia regionale per l’ambiente non lavora, e così
per conoscere tutti i dati ufficiali, anche quelli di ieri e di oggi,
bisogna attendere domani. Un problema che si è già manifestato negli anni
passati, in concomitanza con altre chiusure del centro, e al quale il Comune
cerca di ovviare attraverso un contatto telefonico con il direttore della
sede triestina dell’Arpa, Stelio Vatta.
Lo scorso anno, in un’analoga situazione di aria immobile sulla città, con
le polveri a livelli elevati e il centro chiuso, il sindaco aveva invitato i
vertici della Ferriera a ridurre l’attività dello stabilimento. I rapporti
con l’azienda siderurgica sono intanto peggiorati, e così ora questa strada
non viene neanche tentata. «Mi sembra inutile – commenta l’assessore Bucci –
Qualsiasi documento inviamo, la Ferriera lo impugna davanti al Tar».
Anche se le chiusure del centro non fanno calare le polveri sottili, a
diminuire nelle due fasce orarie, e in maniera consistente, è il traffico.
Ne sono soddisfatti gli autisti dei bus e dei taxi, il cui tragitti sono più
scorrevoli.
Paradossalmente, però, il numero dei passeggeri sui mezzi pubblici e sui
taxi non è aumentato come ci si sarebbe atteso. «I bus di certe linee sono
pieni come nei giorni normali – spiega Piergiorgio Luccarini, direttore
generale di Trieste Trasporti –. Su qualche linea abbiamo notato appena
qualche passeggero in più, ma in generale siamo nella normalità».
Stesso discorso per i taxi. «Oggi (ieri, ndr) siamo su livelli normali –
dice Mauro Detela, presidente della cooperativa Radiotaxi –. Venerdì, forse,
c’è stato un po’ più lavoro, ma non oltre il 10 per cento».
Giuseppe Palladini |
CENTRO CHIUSO - Pochi
controlli, nel pomeriggio tre pattuglie - Diminuite rispetto a venerdì
le verifiche, ma il numero delle multe è salito a 25 |
|
Agenti ai
varchi: «Siamo pochi, facciamo quello che possiamo». E c’è chi suggerisce le
transenne |
|
Il
comandante dei vigili Abbate giustifica così la situazione: «C’era la
partita della Triestina proprio alle 16 e molti nostri uomini erano
impiegati allo stadio» |
Meno controlli (140) ma più
multe (25 comminate, da 74 euro ciascuna) rispetto a venerdì, quando le
sanzioni erano state venti ma su un totale ben più ampio di 242 verifiche.
Ieri le pattuglie della polizia municipale posizionate a campione nei punti
più sensibili del perimetro «proibito» (corso Italia, largo Barriera, viale
D’Annunzio, largo Giardino, via Valerio e piazza Tommaseo) hanno
intercettato molti più automobilisti indisciplinati rispetto al giorno
prima. Il fascino del listone del sabato, ma con la macchina posteggiata a
due passi da piazza Unità e corso Italia, ha tradito dunque più di qualche
triestino. E stavolta, evidentemente, i vigili urbani non hanno fatto
sconti. Sia perché si trattava del terzo giorno consecutivo di centro chiuso
- e si partiva dal presupposto che la gente dovesse ormai saperlo - sia
perché andava data dimostrazione di efficienza davanti alle critiche piovute
da più parti sull’inappropriatezza dei controlli, abbinata all’assenza
assoluta di varchi agli incroci d’accesso all’area interdetta.
La diminuzione del numero complessivo di controlli, peraltro, è motivata dal
fatto che ieri pomeriggio, al posto delle sette pattuglie dedicate alla
verifica del rispetto dell’ordinanza, in servizio se ne contavano solo tre.
«C’era la partita della Triestina proprio alle 16, e molti nostri uomini
erano impiegati attorno allo stadio», ha spiegato in serata il comandante
della municipale, Sergio Abbate, che ancora una volta ha difeso
l’impostazione dei controlli: «I nostri obiettivi di prevenzione li stiamo
perseguendo, visto che in questi giorni il traffico continua a presentarsi
pressoché dimezzato».
Ma come hanno vissuto questo sabato di chiusura del centro i vigili
impegnati in prima persona nelle strade cittadine? «Facciamo quello che
possiamo - hanno spiegato gli operatori della Polizia municipale -. Non è
semplice gestire la situazione quando si è in pochi, con molti colleghi
impegnati allo stadio».
Di «furbetti», come confermato dalla Municipale, ce ne sono stati anche
ieri, anche se la situazione, pur nella giornata semifestiva, non si è
rivelata particolarmente complessa. «Oltre a controllare la circolazione
facciamo pubbliche relazioni - ha affermato sorridendo uno dei vigili -
perché ogni minuto qualche cittadino si avvicina per chiedere informazioni
sull’ordinanza. In tanti lamentano una scarsa informazione. Quando diamo una
multa - ha aggiunto - quasi sempre gli automobilisti dicono di non essere al
corrente del provvedimento». «Forse sarebbe stato meglio limitare l’ampiezza
del perimetro ”proibito”, transennando i varchi o installando dei pannelli
luminosi» ha spiegato un altro vigile.
pi.ra. e e.c. |
CENTRO CHIUSO - I triestini:
«La chiusura? Una presa in giro» - Chi fa shopping storce il naso ma
alcuni commercianti sono favorevoli alla decisione |
|
Traffico ben
al di sotto della media. E anche i parcheggi a pagamento sulle Rive, di
solito molto ambiti, si sono presentati più vuoti
La chiusura del centro al
traffico? «È una presa in giro. Non serve a niente e crea solamente
confusione». La sentenza dei triestini sul provvedimento «antipolveri
sottili», che da giovedì impedisce la circolazione alle auto in un’ampia
fetta di città, arriva forte e chiara. Più variegato, invece, il giudizio
dei commercianti, che in alcuni casi (seppure pochi) promuovono le misure
antismog.
Addentrandosi nella «zona rossa» lungo le tradizionali vie dello shopping
del sabato pomeriggio, e spingendosi poi fino ai varchi, da Roiano a via San
Pasquale, dalle Rive a Valmaura, di gente a passeggio e alle prese con gli
acquisti, ieri, se ne è vista tanta. Di auto, invece, poche: all’interno del
perimetro «blindato» il traffico si è mantenuto ben al di sotto della media.
E anche i parcheggi a pagamento sulle Rive, solitamente merce rara nei
sabati pomeriggio invernali, si sono presentati più vuoti del solito.
Ma nonostante la riduzione dei rumori, degli ingorghi e delle auto in doppia
fila, di città deserta certo non si è potuto parlare. In una Trieste avvolta
da una cappa di nebbia, la nutrita schiera dei «derogamuniti» non si è fatta
attendere. In tanti hanno sfrecciato lungo le vie della zona off-limits,
forti dell’ambìto permesso, e seguiti da più di qualche «furbetto» che, in
barba al divieto, ha corso il rischio di essere pizzicato dai - pochi in
verità - vigili urbani di guardia in alcuni punti strategici della città.
Tra i triestini immersi nello shopping tra le 16 e le 19 (in fascia divieto
quindi) tante sono le perplessità emerse sull’utilità dell’ordinanza.
Sull’emergenza smog ognuno ha tirato fuori dal cilindro la propria ricetta,
ma alla fine su un concetto tutti hanno concordato: la chiusura del centro
come misura una tantum è «da bocciare. Se non si agisce in maniera seria,
transennando l’area e disponendo controlli a tappeto senza elargire generose
deroghe e senza potenziare i mezzi pubblici, le misure adottate diventano
inutili». La pensano così ad esempio Christian Longo e Michela Bevilacqua.
«Questo divieto non serve a nulla - spiegano -. Quando le polveri sottili
superano i limiti bisognerebbe chiudere non solo il centro, ma tutta la
città alle auto. Ma proprio a tutte, senza deroghe. Ma, in cambio, il
trasporto pubblico dovrebbe essere potenziato e il costo dei biglietti
dimezzato, da un euro a 50 centesimi».
«Ma quand’è che si decideranno a trasformare in realtà il piano del
traffico? - si chiede invece Ferdinando Sorbo -. Solo organizzando meglio e
a lungo termine la circolazione in città si può attutire l’impatto dello
smog». Del fatto che il blocco del traffico sia «inefficace», indicando
invece il potenziamento del servizio dei bus come la chiave per risolvere il
problema, si sono detti certi Monica Scafa e Michele Buri. «Chiudere il
centro alle auto e lasciare la Ferriera aperta è un controsenso», affermano
Licia Prelaz e Augusta Cuogo.
E i commercianti come hanno vissuto il primo «sabato antismog»? Se le
condizioni di lavoro ieri sono state migliori per tutti (meno rumore e meno
smog hanno reso decisamente più leggere le ore di lavoro), sul fronte degli
incassi le opinioni si sono invece divise. Da una parte coloro che hanno
denunciato un calo (seppure lieve) dell’affluenza e delle vendite, legati
probabilmente al divieto di accesso in centro. La pensano così ad esempio
alcuni negozianti di Corso Italia, come Patrizia Casali del negozio «Douglas»,
e le dipendenti del vicino «Paul and sharks». Oltre ai commercianti di
piazza della Borsa, da «Ambassador 2» a «Bata», passando per «Glenfield»
(una dipendente ha dichiarato incessi quasi dimezzati rispetto a martedì).
In pochissimi si sono invece detti soddisfatti dell’esito della giornata.
Tra loro la titolare di «Principe» in Corso Italia, Ileana Poduie, che ha
parlato di un aumento degli incassi.
Elisa Coloni |
Ferriera, il Comune ricorre al Tar contro l’Aia della
Regione - Impugnata la delibera della giunta Illy
Moretton replica: «Atto annunciato, erano i soli contrari all’autorizzazione»
Il Comune impugna la delibera della giunta regionale sull’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) concessa alla Lucchini spa, gestore dello
stabilimento siderurgico della Ferriera di proprietà della Servola spa. Il
ricorso sarà depositato nei prossimi giorni al Tribunale amministrativo
regionale (Tar) dagli avvocati Oreste Danese e Maria Serena Giraldi e potrebbe
essere discusso già il prossimo 5 marzo. Un atto annunciato all’indomani del via
libera incassato dalla Ferriera di Servola, ma diventato ufficiale nell’ultima
seduta della giunta Dipiazza che ha votato la delibera del ricorso avverso alla
deliberazione della giunta Illy, nonché alle determinazioni assunte dalla
conferenza di servizi connessi al rilascio dell’Aia alla Lucchini spa.
«A Muggia non c’è traffico, eppure ci sono le polveri sottili oltre i limiti.
Qualcuno mi deve allora spiegare da dove arriva questo inquinamento...», dice il
sindaco Roberto Dipiazza. È il suo modo per illustrare un ricorso che poggia su
diversi aspetti. Secondo il Comune, infatti, la deliberazione regionale dello
scorso 28 dicembre è «da considerarsi illegittima per violazione di legge,
nonché per incompetenza e per eccesso di potere sotto i profili della
illogicità, contradditorietà, perplessità, carenza e/o insufficienza di
motivazione e di istruttoria». Sono otto i punti toccati e poggiano soprattutto
«sul rispetto del termine entro il quale devono cessare le attività
dell’impianto (alla fine del 2009) con salvaguardia delle posizioni lavorative».
Un protocollo d’intesa «modificato unilateralmente» dalla giunta Illy. Il Comune
punta anche sulla mancanza del Piano regionale di miglioramento della qualità
dell’aria il quale stabilisce «valori limite di emissione e prescrizioni, anche
inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio dell’impianto».
Sempre nella delibera propedeutica al ricorso si sottolinea che la Regione «non
ha tenuto minimamente conto dell’atto del ministero dell’Ambiente, che ha messo
in mora e diffidato la Servola spa evidenziando una elevata contaminazione delle
acque di falda e dei suoli nell’area di pertinenza dello stabilimento,
contaminazione che si pone in contrasto con il rilascio dell’Aia». Quest’ultimo
è considerato il punto fondamentale dal sindaco Dipiazza; altro punto di
contestazione è che la Regione «non ha tenuto minimamente conto delle ripetute
comunicazioni dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa, dalle quali risultano
emissioni in atmosfera che determinano rischio per la salute umana e per
l’ambiente».
Una serie di contestazioni che non sembrano preoccupare la Regione, pronta a
difendere la propria delibera e i passaggi assunti dalla conferenza di servizi.
«L’esame della richiesta per arrivare all’Aia era un atto dovuto da parte
dell’apposita conferenza di servizi. L’unica contrarietà riguardava il Comune,
una posizione che rappresentava il preludio - spiega Gianfranco Moretton,
assessore regionale all’Ambiente - a un possibile ricorso al Tar da parte
dell’amministrazione comunale». E aggiunge: «Tutti gli altri soggetti facenti
parte della conferenza di servizi - dice - avevano espresso parere favorevole,
compresa la giunta Illy. Non rimane che attendere pazientemente l’esito
dell’istruttoria».
Pietro Comelli
CENTRO CHIUSO - Il sindaco
Dipiazza: «È colpa della Ferriera» Legambiente: «Si interviene troppo tardi» |
|
Il primo
cittadino: «Alla prossima ordinanza antismog chiuderò la circolazione anche
a Servola»
Il sindaco insiste: «La colpa di
questi valori di pm10 così elevati è dei fumi che escono dalla Ferriera,
altro che traffico. Altrimenti non si spiegherebbero quei dati rilevati
dalla centralina dell’Arpa sul molo Caliterna di Muggia. Da quelle parti di
macchine ne circolano ben poche, è chiaro che lì l’inquinamento arriva da
Servola, che è di fronte».
La convinzione di Roberto Dipiazza non vacilla nemmeno davanti alla
congiuntura atmosferica che, di questi tempi, sta favorendo la
caoncentrazione delle polveri sottili in molti centri urbani del Nord
Italia. Il traffico si blocca anche a Gorizia, e a Monfalcone siamo lì lì.
Ma il primo cittadino tira dritto. E lancia implicitamente una sfida a chi
non conviene con lui per vedere se, estendendo il divieto di circolazione
alle auto a Servola, la centralina mobile dell’Arpa di via San Lorenzo in
Selva, davanti alla Ferriera, rileverà dati meno allarmanti o continuerà a
registrare valori troppo alti.
«La prossima volta che farò un’ordinanza anti-smog - aggiunge infatti
Dipiazza - chiuderò il traffico anche a Servola, così vediamo».
Di più il sindaco non dice. È l’ora di pranzo e sta per imbarcarsi su un
aereo che lo porterà, per una settimana, lontano da Trieste per una vacanza.
Con il cellulare rigorosamente spento.
Resta così aperto un interrogativo: chissà se quel «chiudere» il traffico a
Servola significhi vietare la circolazione soltanto lungo le vie d’accesso e
interne al rione. O se invece vuol dire bloccare la Grande viabilità.
Quel che è certo invece, davanti all’orientamento deciso del primo
cittadino, è che di piano del traffico - e di progressiva pedonalizzazione
del centro storico - l’amministrazione comunale non parlerà fino a dopo le
elezioni di aprile.
«Il fatto di chiudere il centro alle auto dopo tre giorni di sforamenti - fa
notare a questo proposito il presidente provinciale di Legambiente Lino
Santoro - è un po’ come chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati.
Con le dotazioni elettroniche di oggi, incrociando le tendenze meteo e i
dati sull’inquinamento, sarebbe ormai semplice potersi affidare a strumenti
di previsione che dicano quando è il caso di far scattare delle limitazioni
preventive al traffico. Ne avevamo parlato a suo tempo con l’ex assessore
all’ambiente Maurizio Ferrara, che è stato l’unico a recepire questa
proposta, ma poi non se n’è fatto più nulla».
L’alternativa al «palliativo» attuale, secondo Legambiente, è un dibattito
urgente su quali possano essere «le direttrici centrali da destinare ai soli
mezzi pubblici, con l’introduzione eventuale di piccoli pullman elettrici
oltre ai bus tradizionali, come è già stato fatto ad esempio a Roma».
«È chiaro che - conclude Santoro - a fronte di limitazioni alla mobilità dei
mezzi privati, va garantita al cittadino la possibilità di spostarsi meglio
in città. È necessario insomma un potenziamento della rete del trasporto
pubblico. Sappiamo che esiste un budget cui la Trieste Trasporti si deve
attenere. Ma sappiamo anche che sarebbe possibile accedere a una serie di
fondi comunitari, messi a disposizione da Bruxelles per l’incentivazione del
trasporto pubblico, nell’ottica del miglioramento delle condizioni
ammbientali nei centri urbani».
Piero Rauber |
CENTRO CHIUSO - «Scusi vuole
un passaggio? Sa, così saremmo in tre...» |
|
«Scusi, vorrebbe un passaggio in
città? Sa, così saremmo in tre e potremmo circolare...». Risposta
affermativa e via, a bordo. La scena si è verificata ieri mattina alla
fermata dell’autobus 29 in via Alberti, tra una coppia in macchina e un uomo
in attesa appunto del bus. |
CENTRO CHIUSO - Cappel e Camus:
pedonalizzare |
|
Basta discutere sulle chiusure
al traffico soltanto dopo gli sforamenti delle pm10. Si pensi invece a un
nuovo piano del traffico che «istituzionalizzi», dopo apposite
sperimentazioni, una graduale pedonalizzazione del centro storico. Lo
chiedono due tecnici come il presidente dell’Aci Giorgio Cappel e il preside
della facoltà di Ingegneria Roberto Camus (nella foto), estensore della
bozza del piano del traffico consegnata in Comune nel 2005 e rimasta
inapplicata. «Sono convinto - così Cappel - che l’ordinanza del sindaco, pur
discendendo da obblighi legislativi, serva a poco o niente. L’incidenza
delle macchine è minima. Altro discorso è il voler rivedere parte del centro
in chiave pedonale: in questo caso bisognerebbe avere il coraggio di
applicare un nuovo piano del traffico che riveda l’attuale impianto datato
1973, visto che le successive modifiche sono state minime. Coraggio sia di
metterlo in pratica, sperimentandolo per gradi, sia di tornare indietro
qualora venisse accertato che non funziona».
«Con il piano del traffico esistente - gli fa eco Camus - si può fare ben
poco. L’intervento del sindaco è un atto dovuto dal punto di vista
giuridico. Azioni più ”pesanti”, che vadano a incidere strutturalmente sul
contesto della mobilità cittadina, vanno ripensate solo nell’ambito di un
nuovo piano del traffico». Come liberare, in futuro, il centro storico dalle
auto private? «Non si può prescindere - chiude Camus - da un percorso fatto
per gradi, con sperimentazioni di due anni alla volta, durante i quali siano
adeguati, in parallelo, i servizi del trasporto pubblico».
pi.ra. |
Borruso: una tassa per
arrivare in centro con l’auto - La proposta dell’ex rettore : un road
pricing come già sperimentato a Genova, Bologna, Firenze e Milano
|
|
Far pagare una tassa
sull’inquinamento a chi, con l’auto privata, intende entrare nel cuore della
città. Un road pricing anche a Trieste, dunque, sulla scia di quanto è già
stato sperimentato in alcuni grandi capoluoghi italiani (leggi Genova,
Bologna, Firenze o Milano) e in diverse capitali europee come Vienna o
Londra. È la proposta per decongestionare il centro storico, e per prevenire
la ciclica ondata di pm10 tra gennaio e febbraio, che viene dall’urbanista
Giacomo Borruso, preside della facoltà di Architettura ed ex rettore
dell’Università. «Un road pricing anche a Trieste - ragiona infatti Borruso
- da solo non sarebbe risolutivo, ma ritengo che potrebbe comunque
rappresentare un forte deterrente all’utilizzo dell’automobile in centro».
«Davanti all’eventualità di un provvedimento così drastico rispetto alle
abitudini odierne - precisa però il preside di Architettura - andrebbe
sviluppata una nuova politica di incentivazione del trasporto pubblico, tale
da rispondere in maniera adeguata all’aumento di richiesta da parte del
cittadino-utente. Trieste, nelle condizioni attuali, ha già una buona rete
di servizi pubblici di trasporto. Ma in quel caso, ovviamente, la rete
dovrebbe essere di molto rafforzata, con la promozione ad esempio di nuovi
servizi a chiamata, da affiancare alle linee tradizionali».
Quanto all’ordinanza del sindaco, che vieta in questi giorni la circolazione
delle auto private, Borruso la considera «non una soluzione ma un
intervento-tampone che non risolve i problemi ma accompagna la città verso
situazioni che sono destinate ad aggravarsi. Si badi bene: non è un discorso
che vale solo per Trieste, è un fatto generalizzzato. Servono provvedimenti
più rigidi e restrittivi, programmi di persuasione per favorire l’affermarsi
di abitudini più sostenibili per il centro storico».
Secondo Fabio Omero, architetto e capogruppo del neonato Partito Democratico
in Consiglio comunale, la chiave «per non doversi trovare ogni anno nella
situazione di questi giorni è affrontare immediatamente la questione della
pedonalizzazione del centro storico attraverso il potenziamento del
trasporto pubblico in città. Ma per fare questo serve approvare un piano del
traffico che abbia, come obiettivo di sostenibilità ambientale, la riduzione
del numero di maccchine in circolazione. Le attuali chiusure-spot per
conttrastare l’inquinamento sono soltanto la conseguenza dell’assenza di
questo piano».
«Spiace rilevarlo - insiste Omero - ma di piano del traffico si finisce con
il parlarne soltanto in occasione di emergenze come queste.
L’amministrazione cittadina vorrebbe non parlarne fino a dopo le elezioni,
ma il problema contingente dello smog le si sta ritorcendo contro a poco più
di un mese dal voto».
E al sindaco Dipiazza, che attribuisce gran parte delle responsabilità
dell’inquinamento alle emissioni della Ferriera, Omero replica guardando al
di là dei confini triestini. «Anche Udine e Pordenone hanno le Pm10 ma non
hanno la Ferriera. Le polveri sottili dipendono, in larga misura, dal
traffico. Abbiamo l’unico sindaco che non se n’è ancora accorto».
pi.ra. |
IL PICCOLO -
SABATO, 23 febbraio 2008
Lo smog non cala: centro
chiuso anche oggi - Probabile che il blocco si protragga pure domani.
Meteo: tempo stabile fino a mercoledì
(vedi
mappa) |
|
Non
accennano ad attenuarsi, in totale assenza di vento, i valori delle polveri
sottili. Cinque sforamenti su sette zone campione
I valori delle polveri sottili
sono in discesa. Ma non abbastanza. Rimane così in vigore anche oggi e con
le stesse fasce orarie di ieri (9.30-12.30 e 16-19) l’ordinanza del sindaco
che vieta la circolazione in città di tutti i mezzi privati ad eccezione
delle auto Euro 4, di quelle con almeno tre persone a bordo, dei ciclomotori
Euro 2 e 3 e di tutti i veicoli muniti di permesso per certificati motivi di
lavoro del conducente.
LE PREVISIONI È molto probabile, inoltre, che il piano anti-smog venga
confermato anche per domani e sempre con i medesimi orari (la decisione
verrà presa nella tarda mattinata di oggi) dal momento che - come conferma
il comandante Gianffranco Badina dell’Istituto Nautico - la tendenza meteo
offre ben poche scappatoie: alta pressione, tempo stabile e poco vento
almeno fino a martedì-mercoledì. Le condizioni ideali per la resistenza
delle Pm10 nell’aria di Trieste. Ciò fa presagire che il centro potrebbbe
restare chiuso pure nei primi giorni della prossima settimana. A meno che la
riduzione del traffico (che finora ha fatto resistrare un calo attorno al
50% rispetto alla norma) e il concomitante lavaggio notturno delle strade
per rimuovere le polveri non riescano a invertire la tendenza.
I VALORI Gli ultimi valori giornalieri medi rilevati dalle centraline
dell’Arpa giovedì dicono che gli sforamenti del limite di 50 mmicrogrammmi
per metro cubo sono stati cinque su sette zone-campione e che la media
complessiva è scesa da 88 a 54 in ventiquattr’ore. Un dato incoraggiante ma
non risolutivo.
I CONTROLLI Se l’ordinanza resta in vigore, rimane a sua volta in piedi la
massima fiducia verso il senso civico asburgico dei triestini da parte
dell’amministrazione comunale e della polizia municipale che la rappresenta
lungo le strade «proibite». Anche ieri, infatti, sia nella fascia protetta
del mattino che in quella pomeridiana, era possibile farla franca pur
circolando all’interno del perimetro anti-smog con una macchina non
omologata Euro 4. Non essendo più previsti dall’ordinanza i varchi agli
incroci d’accesso, né appositi cartellli informativi, «furbi» e disinformati
potevano entrarvi con buone chanches di non essere pizzicati dalle sette
pattuglie dei vigili posizionate in alcuni punti strategici, fissi o a
rotazione, per verifiche a campione. Tra questi piazza Tommaseo, via del
Teatro Romano, corso Italia, via Oriani, largo Barriera, via Battisti, via
Fabio Severo, via San Giacomo in Monte, via D’Alviano, largo Giardino e via
Barbariga.
LE MULTE A fine giornata, ieri sera, il comando della polizia municipale
contava 242 controlli (112 al mattino e 130 al pomeriggio) e venti multe da
74 euro (sei al mattino e 14 al pomeriggio). Giovedì, nel primo giorno di
chiusura del centro, limitato alla fascia pomeridiana 16-19, si erano
registrate invece sei multe su 164 controlli. Sempre in tilt, quindi, il
centralino della polizia municipale per le più disparate richieste
d’informazione, che ieri è squillato 600 volte dopo le 500 del giorno prima.
LE ZONE FRANCHE Molti, tuttavia, anche a seconda di coincidenze e orari,
erano i tragitti franchi. Tra le 16 e le 16.30, ad esempio, da San Giacomo
si poteva raggiungere via Revoltella senza incontri con uomini in divisa
attraverso largo Pestalozzi, via del Veltro, viale Ippodromo e via
Scomparini. O scendere da via Giulia fino a corso Italia percorrendo via
Battisti, via Carducci, via Valdirivo e via Roma. O, ancora, puntare verso
le Rive da San Giusto scendendo per via San Michele. Qui, oltre a constatare
un sostanziale dimezzamento del solito traffico, si potevano notare alcuni
«catorci» in libera uscita con una sola persona a bordo, la targa siglata Ts
e il vecchio numero progresssivo: auto, insomma, non «mimetizzabili». Le più
inflazionate? Golf, Ford Fiesta, Fiat Tipo e Y10. Poi una Station wagon
degli anni Ottanta e persino una Cinquecento con targa 120mila...
IL CALL CENTER Per chi ha incertezze e non vuole rischiare, comunque, il
Comune ricorda che resta attivo l’apposito «call center» allo 040/6758382
oltre al numero dell’Urp di via Procureria 2/a (orario 9-12.30), che
risponde allo 040/6754850.
Piero Rauber |
CENTRO CHIUSO - Scarsi i
controlli: troppo pochi i vigili - Insufficiente la presenza dei tutori del
traffico nel perimetro a circolazione ridotta: ne hanno approfittato in
molti |
|
Ieri, così come il giorno
precedente, su 23 pattuglie della polizia municipale in servizio erano sette
quelle impiegate per il controllo del rispetto dell’ordinanza
anti-inquinamento da parte degli automobilisti. Nessun varco con transenne,
nessuna tabella informativa agli incroci «proibiti», ma verifiche a campione
appena dentro il perimetro sulle macchine più datate e dunque «sospette».
Una mano al lavoro dei vigili, come giovedì pomeriggio, in occasione
dell’esordio del piano d’emergenza, l’hanno comunque data i triestini, visto
che da 48 ore il numero delle automobili in centro è calato di circa il 50%.
Non sono mancati, però, gli episodi e le conseguenti segnalazioni di chi è
passato «liscio»: troppo facile, davanti a quelli che più di qualcuno ha
definito «controlli di facciata».
Il sindaco Roberto Dipiazza, che detiene in giunta la delega sulla polizia
municipale, difende però l’impostazione data con l’ordinanza, che chiama gli
organi d’informazione a dare una mano. E ribatte: «Che ci posso fare? Devo
blindare la città? Metto una sbarra di ferro e inizio a fermare una macchina
alla volta? Vi immaginate se metto le transenne e blocco tutti? Anche in
quel caso sarei oggetto di polemiche e critiche, d’altronde lo sono sempre e
comunque». E quando gli si chiede se non sarebbe meglio pensare a misure
alternative, risponde: «L’unica misura alternativa è fermare i lavori della
Ferriera. I valori di Pm10 sono alti anche a Muggia, dove di traffico ce n’è
davvero ben poco. Che cos’ha di fronte, Muggia, lo sappiamo bene tutti
quanti. E da dove le arrivano le polveri lo sappiamo anche: da Servola, mica
da piazza Libertà. Abbiamo il cancro in casa e andiamo invece a cercare l’automobilina...».
«Pensare di blindare la città sarebbe assurdo - aggiunge il comandante della
polizia municipale Sergio Abbate - sarebbe come controllare le cinture di
sicurezza allacciate macchina per macchina. E poi le priorità del nostro
lavoro quotidiano restano gli interventi nei luoghi in cui si verificano
incidenti. Gli obiettivi dell’ordinanza li stiamo perseguendo appieno,
comunque, giacché il traffico in questi giorni si è ridotto drasticamente».
pi.ra. |
CENTRO CHIUSO - Cappel (Aci)
spiega le deroghe: «Motore Euro 4, lo dice il libretto» |
|
Come si fa a sapere se il
proprio autoveicolo è autorizzato a circolare in centro nei giorni di
chiusura al traffico? Bisogna consultare la carta di circolazione. A
indicare il da farsi è Giorgio Cappel, presidente dell’Automobile club di
Trieste. Innanzitutto «le deroghe previste che consentono la circolazione
nei giorni di chiusura al traffico si riferiscono, per quanto riguarda la
tipologia del motore dei veicoli, ad alcune categorie», premette Cappel:
«Per quanto riguarda i veicoli si tratta di quelli a emissione zero
(elettrici), di quelli alimentati a metano o Gpl e degli Euro 4, categoria
in cui sono compresi anche i pochi Euro 5. Quanto ai motoveicoli, la deroga
vale per gli Euro 2 o 3». Per sapere se il proprio autoveicolo rientra nelle
categorie previste, spiega Cappel, «è necessario consultare la carta di
circolazione nel riquadro 2 alla riga V9 (è l’ultima riga del riquadro in
alto a destra). Se la sigla ivi riportata è una delle seguenti, il motore è
Euro 4: 98/69 CE B; 98/77 CE rif. 98/69 CE B; 1999/96 CE B; 1999/102 CE B
rif. 98/69 CE B; 2001/1 CE rif. 98/69 CE B; 2001/27 CE rif. 99/96 riga B1;
2001/100 CE B; 2002/80 CE B; 2003/76 CE B». Se la sigla è 99/96 fase III, il
motore è Euro 5.
Quanto a ciclomotori e motocicli, le sigle che identificano l’Euro 2, che si
riferiscono a ciclomotori omologati dopo il 17 giugno 2002 e motocicli
immatricolati dal primo gennaio 2003, sono queste: 97/24 CE fase II; 2002/51
CE fase A. A identificare la sigla Euro 3 (omologati o immatricolati dopo il
primo gennaio 2006) è la sigla 2002/51 fase B. |
Pronta in estate via Cavana
pedonale - L’area sarà chiusa al traffico con dissuasori di sosta tra
piazzetta Santa Lucia e via Madonna del mare |
|
Niente
marciapiedi, pavimentazione in arenaria, nuova illuminazione |
Entro sei mesi il tratto di via di
Cavana compreso fra via Madonna del mare e piazzetta Santa Lucia - la «strada
della discordia» fra commercianti e Comune - mostrerà il suo volto definitivo.
Chiuso al traffico e rimesso a nuovo. Via i marciapiedi e l’attuale manto
d’asfalto. E spazio a 700 metri quadrati di nuove pietre arenarie identiche a
quelle con cui è già stato riqualificato il cuore del vecchio borgo verso piazza
Unità. Contestualmente, e con la stessa pavimentazione, verrà completata anche
la riqualificazione di via Boccardi, là dove questa risulta ancora in sospeso,
cioè nei venti metri di lunghezza (per nove di larghezza) fra via Diaz da via
Cadorna.
I PROGETTI Sta per partire, dunque, l’iter decisivo dei lavori che - per un
investimento di circa 300mila euro - completeranno in estate il piano di
pedonalizzazione di Cavana. I due progetti, la cui redazione da parte degli
uffici comunali si è conclusa in questi giorni, attendono ora i sì della
Soprintendenza e della Commissione edilizia, propedeutici al via libera della
giunta Dipiazza. Le risorse saranno pescate dai fondi per la manutenzione
straordinaria della segnaletica stradale di San Vito. I passaggi successivi
saranno l’allestimento di una gara a procedura ristretta, l’assegnazione
dell’appalto, il cantiere e infine l’inaugurazione, attesa in piena estate. «Se
non ci saranno imprevisti - spiega l’assessore ai lavori pubblici Franco
Bandelli - ad agosto i triestini potranno passeggiare in via di Cavana sulla
nuova pavimentazione».
VIA DI CAVANA Qui, infatti, è in programma il restyling più pesante. La via
verrà ripavimentata per circa 70 metri e chiusa al traffico con dissuasori di
sosta fra piazzetta Santa Lucia e via Madonna del mare, che manterrà il senso
unico in salita sia per i mezzi privati che per i bus della linea 24. La stessa
via Madonna del Mare sarà collegata a via Felice Venezian (i cui sensi di marcia
resteranno uguali a oggi) attraverso un by-pass «arrotondato» e circondato da
due aree-marciapiedi in arenaria più larghe (tre metri sul lato monte, senza più
parcheggi per i motorini, e 1,20 lato mare). Questa trasformazione chiuderà ogni
possibilità di sosta selvaggia e agevolerà le manovre della 24. Il lato esterno
della nuova curva sarà dotato di un dissuasore mobile a scomparsa per le
emergenze. Stessa soluzione all’estremità opposta di via di Cavana verso
piazzetta Santa Lucia: qui l’unico passaggio consentito sarà quello dell’auto
del vescovo da e per la Curia.
A destra di piazzetta Santa Lucia proseguirà una fila di dissuasori e di fronte
verrà allargato il sagrato della chiesa di Sant’Antonio Vecchio. Sul lato destro
di via dell’Annnunziata, di conseguenza, sarà ricavata una nuova area per il
carico scarico merci e per la sosta delle auto dei disabili.
L’ARREDO Infine l’illuminazione: nel nuovo tratto pedonale interno a via di
Cavana verranno posizionati sette lampioni singoli in ghisa sul modello di
quelli presenti oggi in piazza Libertà. «L’arricchimento dell’arredo urbano con
eventuale posa di panchine - precisa Bandelli - sarà studiato in una fase
successiva, a seconda di come si saranno organizzati i commercianti negli spazi
esterni a negozi e localli pubblici».
LA POLEMICA L’accelerazione degli interventi per la pedonalizzazione di San Vito
è maturata proprio mentre l’asfalto di via di Cavana è temporaneamente
off-limits per le automobili in quanto «crivellato» da una serie di complessi
scavi dell’AcegasAps finalizzati alla sistemazione dei sottoservizi, la cui
conclusione è prevista entro la metà di aprile. A fine gennaio, vedendosi
chiudere via di Cavana per lavori, commercianti e residenti della zona avevano
consegnato in Comune una petizione, forte di 1300 firme, in cui chiedevano che
la riqualificazione pedonale del tratto stradale fosse immediatamente successiva
agli scavi dell’AcegasAps. Il timore, di fatto, era che via di Cavana potesse
rimanere chiusa al traffico chissà per quanto con lo stesso desolante aspetto
della vicina via Torino.
LA REPLICA «Bisognava solo avere pazienza - ribadisce l’assessore - e chi temeva
che il Comune non avesse le risorse necessarie è stato smentito. Peraltro, se
dovessero essserci tempi morti tra la fine degli scavi AcegasAps e l’inizio
della pavimentazione, siamo pronti a riaprire la via al traffico per venire
incontro ai commercianti».
Piero Rauber
Belci: «Troppe ambiguità
sulla Ferriera» - La Cgil all’Azienda sanitaria |
|
All’ultima seduta del tavolo
regionale sulla Ferriera (dove la Lucchini ha annunciato prossime spese per
10 milioni di euro al fine di ottemperare agli obblighi di modifiche
antinquinamento della fabbrica) la Cgil, con il segretario Franco Belci, ha
abbandonato polemicamente il tavolo accusando la discussione di «protrarre
una situazione di ambiguità non più accettabile per il rispetto - afferma in
una nota - che è dovuto ai lavoratori, a chi li rappresenta e agli abitanti
di Servola».
La forte perplessità, che dal tavolo secondo Belci si estende ai cittadini
perpetuando uno stato di incertezza, sta nelle affermazioni dei
rappresentanti dell’Azienda sanitaria, secondo i quali hanno destato
«sorpresa» i contenuti della delibera di autorizzazione integrata ambientale
come emessa dalla Regione. Dice Belci: «Si lascia intendere che i termini
della delibera non sono corrispondenti alla posizione assunta dall’Azienda
stessa». Belci chiede pertanto un incontro urgente tra sindacato, Regione e
Azienda sanitaria e un chiarimento diretto e formale del direttore
dell’Azienda sanitaria nei confronti del presidente della Regione «e per
conoscenza a tutti i componenti del tavolo istituzionale».
Invece Alessandro Metz (consigliere regionale dei Verdi) commenta l’annuncio
di spesa della Lucchini: «Già lo scorso settembre la Lucchini aveva
annunciato l’investimento previsto, facendo riferimento agli accordi presi
con la Procura: si parlava di 5 milioni e 340 mila euro, dunque dove e come
saranno spesi gli ulteriori cinque? Ogni sospetto verrebbe fugato se la
proprietà presentasse il piano industriale per lo stabilimento triestino».
Quanto al secondo annuncio dell’azienda, che ora intende procedere alla
caratterizzazione anche delle aree demaniali inserite nel sito inquinato di
rilevanza nazionale, Metz commenta: «La Lucchini si era già assunta il
compito nel 2005, e nulla è stato fatto, poiché la stessa Arpa ha segnalato
a suo tempo che la caratterizzazione fu fatta solo sui terreni di proprietà,
e proprio su questo argomento - conclude Metz - la direzione Qualità della
vita del ministero dell’Ambiente ha minacciato l’avvio formale di procedure
legali per danni ambientali considerate le inadempienze della proprietà». |
Ferriera, «Miani» in
assemblea |
|
Lunedì alle 20.30 al ricreatorio
Gentilli (via di Servola 127) Circolo Miani, Servola Respira, La Tua Muggia
e coordinamento dei comitati di quartiere organizzano un’«assemblea pubblica
sull’inquinamento prodotto dagli stabilimenti Ferriera (foto) e Sertubi».
|
Monte d’Oro, proposti nuovi
pannelli solari |
|
SAN DORLIGO DELLA VALLE Un
referendum per installare pannelli solari fotovoltaici su un'area della
località Monte d'Oro, al fine di diminuire i costi dell'elettricità per i
cittadini, è stato chiesto in una mozione da Boris Gombac, capogruppo della
Lista civica Uniti nelle Tradizioni a San Dorligo della Valle. L'impianto
fotovoltaico, il cui progetto ha raccolto anche le adesioni dei consiglieri
d’opposizione Jercog, Majcen, Rudini e Massi, dovrebbe interessare parte
della particella 182/1 di Monte d'Oro: si estende per ben 140mila metri
quadri e recentemente è stata rimodellata a terrazze. |
Razeto: «I costi dell’energia
gravano troppo sulle imprese. Il rigassificatore è necessario» - Nuovo
presidente del Consorzio di Assindustria
|
TRIESTE «Bisogna contribuire ad
affievolire i continui aumenti dei costi energetici, che gravano
pesantemente sui bilanci delle imprese, proseguendo le linee strategiche
tracciate nella precedente gestione del Consorzio energia di Assindustria
Trieste»: è la prima dichiarazione di Sergio Razeto (presidente di Wärtsilä
Italia), neo eletto presidente del Consorzio (Ceat), durante il suo
intervento istituzionale all’assemblea annuale, svoltasi ieri a palazzo
Ralli.
Per quanto riguarda l’approvvigionamento di fonti energetiche, Sergio Razeto
ha evidenziato la condivisione della posizione più volte espressa
dall’Associazione degli Industriali, relativa alla necessità di dotare il
territorio di un rigassificatore. «Motivazioni di carattere economico e
industriale ha ricordato Sergio Razeto - ci hanno indotto a supportare la
soluzione di un impianto on shore, che in sostanza significa bonifica e
recupero ambientale di un’importante porzione del sito inquinato (si tratta
dell’area di Zaule in cui verrebbe a collocarsi l’impianto di
rigassificazione), utilizzo dell’energia fredda che verrebbe liberata per
l’impiego in processi produttivi, abbattimento dei costi di
approvvigionamento di energia per le imprese e per la cittadinanza e ritorni
economici per le Istituzioni locali che dovrebbero essere investiti in
azioni di pubblica utilità».
Ma come a livello nazionale, ha sottolineato il presidente del Ceat Razeto
«non abbiamo riscontrato significativi passi avanti: i 13 progetti di
rigassificatori previsti in Italia, se non proprio del tutto fermi, sembrano
avanzare tra infiniti ostacoli. Occorre un sistema in cui vi sia certezza
realizzativa su alcuni impianti, in cui il soggetto pubblico dia garanzie ai
privati che investono e alle comunità preoccupate dai progetti, superando le
resistenze troppo spesso ideologiche e i localismi».
Ricordando l’attività del Ceat, che vanta attualmente 38 consorziati con un
consumo previsto per l’anno in corso pari a 90 milioni di kilowattora, il
presidente uscente e vicepresidente di Assindustria Adriano Del Prete ha
evidenziato che il Consorzio, nato nel 2000 con 10 aziende, è passato a
fornire 33 aziende che hanno consumato 76 milioni di kilowattora nel 2007,
con un trend in continua crescita. «L’impegno di questi anni di lavoro – ha
sottolineato Del Prete – è stato ripagato dai risultati soddisfacenti,
quantificabili in un risparmio complessivo per le aziende di circa 3,8
milioni di euro, dalla crescita conseguita anche grazie all’intraprendenza
della struttura del Consorzio».
Nel corso dell¹Assemblea è stato eletto il nuovo consiglio direttivo che
resterà in carica per il prossimo biennio ed è composto, oltre che da Sergio
Razeto, anche da Adriano Del Prete (direttore Generale Siot), Stefano
Crechici (Modiano), Cristiano Luciani (direttore generale Alder) e Gemma
Luisa Ravizza (presidente Sifra Est), nominata vice presidente Ceat.
Il direttivo ha inoltre nominato un Comitato tecnico scientifico nelle
persone di Mauro Lussa (Pacorini), Stefano Traunini (Demus) e Franco Ticini
(energy manager Siot), con il compito di valutare o presentare proposte per
migliorare l¹efficienza energetica delle aziende consorziate.
|
Alpi Giulie Cinema, ecco i
premi - Chiusa al Miela la rassegna-concorso sui film di montagna
- Vincono Matjaz Zbontar e Giorgio Gregorio |
|
«Dezela Serp»
ricorda gli uomini che contribuirono ai primi successi himalaiani. «La Via
Eterna», prodotto dalla Regione, alla memoria dell’alpinista Luigi Medeot
Sono Giorgio Gregorio e Matjaz
Zbontar i premiati della serata conclusiva della rassegna «Alpi Giulie
Cinema», cinema di montagna, organizzato dall’associazione Monte Analogo al
Miela. La giuria, composta da Diego Masiello, Eva Ciuk e Claudio Mitri, ha
consegnato il premio «Luigi Medeot», per il miglior soggetto, al film «La
Via Eterna», di Giorgio Gregorio, prodotto dalla Regione Fvg. I giurati
hanno scelto tra le undici opere quella di Gregorio perché, si legge nella
motivazione, «accompagna nel cuore della montagna e con un dialogo asciutto
e itinerante e un discreto commento sonoro, riesce a farci sentire la
presenza del cantore delle Giulie e immaginare e ammirare le sue intuizioni,
rendendoci partecipi del suo amore per quei luoghi».
Il premio «Scabiosa Trenta», come miglior film, è andato a «Dezela Serp» di
Matjaz Zbontar, prodotto da Fatamorgana, selezionato e premiato dai giurati
perché «ha regalato, con poche pennellate ben misurate e composte,
un’immagine genuina di un mondo e una società appena sfiorata dal nostro
progresso e dalle nostre ambizioni, un ricordo di quegli uomini che tanto
contribuirono ai nostri primi successi himalaiani».
L’ultima giornata della rassegna è stata dedicata, oltre alla consegna dei
riconoscimenti, alla proiezione delle opere scelte nell’ambito del premio,
riservato alle produzioni cinematografiche di autori della Carinzia, del
Friuli Venezia Giulia e della Slovenia. Il premio della Scabiosa Trenta, che
prende il nome da un fiore alpino immaginario, cercato per anni dal grande
pioniere delle Alpi Giulie Julius Kugy, è stato realizzato dall’artista
triestina Alessandra Trebbi in perle di vetro. La rassegna, dopo Gorizia e
Trieste, si trasferirà nei prossimi giorni in Carnia e nel Pordenonese.
L’associazione Monte Analogo ha l’obiettivo di sviluppare e dare un nuovo
impulso alla divulgazione, alla didattica e alla diffusione di immagini e
materiale riguardo alle vette di tutto il mondo e ai protagonisti di viaggi,
spedizioni e attività sportive relative alla montagna. Tutte le informazioni
sull’associazione Monte Analogo sono presenti sul sito www.monteanalogo.net
Micol Brusaferro |
PUNTO INFORMATICO -
VENERDI', 22 febbraio 2008
I rifiuti hi-tech
europei inquinano il mondo
Roma - È un quadro desolante quello
che esce dall'ultimo rapporto globale di Greenpeace sui rifiuti dell'alta
tecnologia, un coacervo di materiali tossici e plastiche dismesse che transita
per la gran parte in circuiti poco noti o del tutto sconosciuti, e spesso
finisce nei paesi in via di sviluppo, che talvolta ne accettano
l'importazione per disperazione o non hanno gli strumenti per impedirla. Persino
l'Unione Europea, che ha varato
regole più severe di altre aree del mondo, nei fatti non sa che fine fanno
il 75 per cento dei rifiuti hi-tech che produce.
E se i produttori di tecnologia europei, direttamente tirati in ballo dalle
direttive europee, non si fanno sfuggire nulla su
quello che stanno facendo, pure quello che sfornano tende a finire in Africa
e in Asia, mettendo a rischio salute, sicurezza e ambiente. "Sono i lavoratori
asiatici, costretti a disassemblare questi prodotti a mani nude, i più esposti
alla miscela dei composti chimici tossici contenuti nei rifiuti elettronici -
spiega Greenpeace - Per non parlare dell'inquinamento arrecato all'acqua,
all'aria e al suolo, non solo in corrispondenza dei cantieri di lavoro ma anche
nelle aree limitrofe".
Il rapporto
Toxic-Tech: non nel nostro cortile spiega che negli Stati Uniti i rifiuti
desaparecido quando si viene all'elettronica arrivano all'80 per cento del
totale. Se si pensa che secondo l'ONU ogni anno vengono prodotte tra i 20 e i 50
milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, il quadro del disastro ambientale
risulta evidente. Il problema è che di molti rifiuti tecnologici si perdono le
tracce.
Nei paesi di recente
industrializzazione, spiega Greenpeace, è quasi impossibile stimare la
percentuale di rifiuti elettronici che sfugge a qualsiasi forma di trattamento o
gestione, anche se in India si valuta che circa il 99 per cento dei rifiuti
elettrici ed elettronici (143 mila tonnellate all'anno) venga assorbita dai
settori "informali" del riciclo o viene semplicemente gettato in discariche
illegali.
Come se ciò non bastasse, i rifiuti elettronici aumentano ad un tasso
elevatissimo: l'evoluzione del settore associata ad un ciclo di vita sempre più
breve si riverbera sull'ambiente. Nella tabella qui sotto la produzione in
chilogrammi per abitante di rifiuti previsti nei vari paesi europei fino al
2010, rifiuti in particolare derivanti da personal computer, televisori,
frigoriferi e fotocopiatori.
"Esiste oggi - insiste
l'organizzazione ambientalista - un flusso nascosto di rifiuti tecnologici - che
si attesta su una media del 91 per cento dei prodotti immessi al consumo - anche
nei casi delle aziende che danno informazioni sui propri articoli a marchio". In
Italia, in tempi di campagna elettorale, sono questioni che qualcuno spera
possano suggerire iniziative politiche dedicate.
I dati forniti dai grandi costruttori di computer dimostrano che solo il 10 per
cento dei loro prodotti viene riciclato, percentuale che scende al 2-3 per cento
quando si parla di cellulari.
Le soluzioni? Secondo Greenpeace sono in capo al produttore che deve eliminare
le sostanze pericolose dai propri prodotti, agevolando in questo modo anche il
riciclaggio, impegnarsi a raccogliere e trattare i rifiuti e introdurre
"programmi volontari di ritiro dei prodotti in disuso", una pratica attivata
solo da alcuni produttori e spesso solo per alcune categorie di dispositivi.
"Solo così - osserva Greenpeace - potremmo assicurarci che la marea di rifiuti
tossici venga fermata senza diventare un pericoloso problema nel cortile di
qualcuno".
UFFICIO STAMPA LEGAMBIENTE -
VENERDI', 22 febbraio 2008
Smog:
è di nuovo allarme PM10 - Frosinone, Torino, Cesena, Modena e Lucca fuori legge
e altre 10 città con polveri sottili alle stelle
Legambiente: “Evidenti
responsabilità delle amministrazioni locali. Necessarie immediate misure
antinquinamento”
Roma, 22 febbraio 2008 - Comunicato stampa
“Frosinone,
Torino, Cesena, Modena e Lucca sono le prime
città italiane fuorilegge del 2008. Per colpa dello smog. E dell’incapacità
delle amministrazioni locali di attuare serie misure anti-inquinamento”. E’ il
duro j’accuse di Legambiente all’amministrazione pubblica per la situazione
dell’inquinamento dell’aria nelle città italiane.
Secondo i dati registrati dalle
centraline di monitoraggio della qualità dell’aria,
aggiornati al 19 febbraio 2008 il quadro dei
primi 51 giorni dell’anno è già allarmante: 40 giorni di superamento a
Frosinone e Torino, 38 giorni a Cesena,
36 a Modena e Lucca
contro i 35 giorni all’anno consentiti dalla legge. E non solo: altre 10
città hanno già raggiunto o oltrepassato 30 giorni di superamento del limite
medio giornaliero per le polveri sottili di 50 μg/mc,
apprestandosi anch’esse a superare presto il tetto massimo.
“La situazione è preoccupante, e non solo per il numero
elevato di superamenti e le possibili conseguenze sulla salute dei cittadini, ma
anche per la disperante cronicità con cui si ripropone l’allarme – ha commentato
Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente –.
Il quadro, infatti, è pressoché identico a quello dello scorso anno e di quello
ancora precedente”.
Il PM10 non cala. L’emergenza non cambia, i problemi
rimangono gli stessi e i provvedimenti adottati nel tentativo di risolverli
pure. Purtroppo non aiuta una normativa europea che fissa precisi standard di
qualità dell’aria, ma purtroppo non punisce chi non rispetta le soglie previste
dalla legge. Attualmente, infatti, non è presente un sistema sanzionatorio utile
a spronare gli amministratori ad attuare interventi realmente efficaci per
migliorare la qualità dell’aria.
“Car sharing, taxi
collettivi, intermodalità tra bicicletta e treni metropolitani: sono tanti gli
strumenti che si possono attuare nel nostro paese per sviluppare un trasporto
pubblico efficiente, differenziato e competitivo con il mezzo privato. Per
vincere la sfida della mobilità urbana – ha aggiunto Vittorio Cogliati
Dezza presidente nazionale di Legambiente – i sindaci devono
mettere in campo misure volte a ricavare i fondi per gli interventi necessari,
sulla scia del road pricing di Milano attivo dal gennaio 2008. Il pedaggio
per entrare con le quattro ruote nei centri urbani è un provvedimento in cui
crediamo, forti delle esperienze positive di riduzione di traffico e
inquinamento in grandi città come Londra e Stoccolma. È indispensabile però –
conclude Cogliati Dezza – che i proventi siano interamente investiti nel
potenziamento del trasporto pubblico: solo così potrà davvero essere uno
strumento utile per combattere smog e congestione, liberando i polmoni dei
cittadini e le strade della città”.
vedi tabelle Mal'Aria 2008
IL PICCOLO -
VENERDI', 22 febbraio 2008
Smog, oggi centro chiuso
mattina e pomeriggio (vedi
mappa) |
|
Salgono le
polveri, niente auto nelle fasce 9.30-12.30 e 16-19. Probabile lo stop anche
domani
(vedi tabella pm10) |
L’ordinanza
del sindaco resta in vigore. Il centralino dei vigili intasato dalle
chiamate: ieri verificati 164 veicoli, solo sei le multe inflitte
Schizzano ancora in alto i
valori delle polveri sottili. Oggi, quindi, chiusura al traffico di gran
parte della città nelle due fasce orarie già annunciate: 9.30-12.30 e 16-19.
Il divieto, è il caso di ricordarlo, vale sia per i mezzi a benzina sia per
quelli a gasolio, e riguarda anche le auto dei non residenti.
All’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci, ieri pomeriggio, è bastata
un’occhiata ai dati forniti dall’Arpa (relativi alla giornata di mercoledì)
per capire che la situazione non era migliorata, e quindi l’ordinanza
firmata dal sindaco proseguiva la sua validità.
Qualche mutamento nella concentrazione delle polveri sottili c’è stato, ma
in peggio, e comunque quasi dappertutto i valori sono rimasti ben oltre i 70
microgrammi che hanno fatto scattare immediatamente il divieto, anzichè dopo
i tradizionali tre giorni di sforamenti.
In piazza Libertà le pm10 sono passate da 81 a 92 microgrammi, e in via Tor
Bandena sono salite a 86 (rispetto ai 75 di martedì). Ma il balzo più
rilevante si è registrato in via Carpineto, con 104 microgrammi (martedì ne
erano stati rilevati 88). Anche Muggia non è sfuggita al peggioramento, con
95 microgrammi rispetto agli 85 del giorno precedente.
Leggermente in calo, ma di molto poco, le polveri sottili nelle altre
centraline dell’Arpa. In via San Lorenzo in selva il mezzo mobile dell’Arpa
ha rilevato 105 microgrammi per metro cubo, in via Pitacco ne sono stati
misurati 58 (a fronte dei 66 di martedì) e in via Svevo 82 (contro 87).
Un invito a predere decisioni contro l’inquinamento arriva dal
Coped-CamminaTrieste, che rileva come il blocco del traffico fosse stato
previsto. «E’ ora di cambiare – si legge in una nota – e decidere una volta
per tutte. E’ mancata la continuità. L’Agenda 21 (attivata qualche anno fa
dall’allora assessore Ferrara, ndr) aveva posto in calendario misure di
intervento».
Le previsioni meteo non fanno intanto intravedere niente di buono per i
prossimi giorni. Per domani il sito dell’Istituto Nautico indica ancora
venti deboli, insufficienti al ricambio dell’aria, e quindi è quasi certo
che si continuerà con la chiusura al traffico. Per domani comunque la
decisione verrà presa dal Comune oggi, dopo l’esame dei dati sulle polveri
sottili rilevati ieri.
«Fino a lunedì continuerà l’alta pressione – spiega il comandante Gianfranco
Badina –. Martedì il cielo dovrebbe essere più nuvoloso, ma per l’arrivo di
deboli piogge, che potrebbero ridurre l’inquinamento, bisognerà attendere
mercoledì».
La prima mezza giornata di divieto, ieri pomeriggio, è trascorsa in maniera
abbastanza tranquilla. La polizia municipale ha impegnato sette pattuglie
per i controlli in diversi punti della città: Corso Italia, via Mercato
Vecchio, via Fabio Severo, via Oriani, Largo Giardino e Largo Pestalozzi.
Complessivamente sono stati verificati 164 veicoli, ma alla fine sono state
solo sei le multe (74 euro) comminate ai guidatori di veicoli che non
rientravano fra quelli per cui è prevista la deroga.
«La cittadinanza ha risposto bene – commenta il comandante della polizia
municipale, Sergio Abate –. Abbiamo notato un netto calo del traffico
rispetto a un normale pomeriggio del giovedì. Da parte nostra – aggiunge –
abbiamo comunque puntato più sulla prevenzione che sulla sanzione».
I triestini si saranno anche mostrati diligenti, ma sette pattuglie per una
città in cui circolano solitamente migliaia di macchine e motorini sembrano
per la verità un po’ poche. Le strade dell’immediata periferia erano infatti
prive di qualsiasi controllo o avviso, anche perchè, a differenza di quanto
avveniva qualche anno fa, non vengono più posizionati i varchi sulle
principali strade di accesso all’area interdetta.
L’informazione è stato comunque il principale problema che la polizia
municipale ha dovuto affrontare ieri. Il centralino è stato infatti
tempestato di chiamate, circa 500 solo nel pomeriggio. E ciò, nonostante il
Comune abbia attivato dall’altro ieri un «call center» (040/6758382) dal
quale si possono conoscere i contenuti dell’ordinanza.
Informazioni possono essere chieste anche all’Uffico relazioni con il
pubblico (via Procureria 2/a, orario 9-12.30, tel. 040/6754850). Per chi poi
arriva in città dal Friuli, grazie a un accordo fra Comune e Autovie Venete,
da ieri i tabelloni luminosi all’altezza di Villesse, Redipuglia e
Monfalcone segnalano la chiusura del centro e forniscono il numero del «call
center».
Giuseppe Palladini |
Centro chiuso - una zona
proibita ma senza varchi: pochi i vigili in strada a controllare - Traffico
dimezzato nell’area interdetta. In tanti a chiedere spiegazioni
|
|
Una zona «proibita» virtuale,
senza varchi agli incroci d’accesso e con le pattuglie dei vigili solo nei
punti di maggior scorrimento. Proibita ma pressoché inviolata in quanto il
triestino, con spirito asburgico, si è adeguato. Risultato: traffico
dimezzato. Così si presentava ieri pomeriggio il centro durante il primo
blocco anti-smog dell’anno.
Poche le automobili datate in circolazione, quelle di certo non omologate
Euro 4. E quando c’erano viaggiavano il più delle volte con uno dei tanti
permessi di deroga attaccati al cruscotto o con tre persone a bordo. Ma
pochi erano anche i vigili urbani, chiamati a un controllo a campione lungo
le arterie «sensibili» all’interno della mappa vietata.
Per il resto massima fiducia nella diligenza del cittadino-automobilista. Il
percorso tra piazza Goldoni, via Carducci e via Battisti, ad esempio, era di
fatto «zona franca».
«Ho un Euro 3 e posso circolare perché qui dentro siamo in tre - così Walter
Hrast dalla sua auto - ma scendendo da via Commerciale fino a Corso Italia
non ho incontrato un vigile. Servirebbero anche più segnalazioni sul
perimetro, per fornire agli automobilisti delle alternative». Il perimetro
però - recita l’ordinanza comunale - non dev’essere fisicamente munito di
varchi o appositi cartelli. Si parte dal presupposto che l’informazione
preventiva abbia raggiunto il bersaglio. E che di «furbi» o disinformati ce
ne siano pochi. «Determinante è stata la locandina esposta fuori dalle
edicole», facevano notare ieri alcuni pedoni.
«Va riconosciuto ai triestini - ha riferito invece un vigile in largo
Pestalozzi poco prima delle 19 - che sono stati bravi ad adeguarsi con così
poco preavviso. È andata meglio del previsto e il traffico si è dimezzato.
Lo abbiamo notato in particolare verso le 17, che qui è un’ora di punta».
Sanzioni? «Le abbiamo fatte - ha risposto un collega - e non per la mancata
osservanza dell’ordinanza, ma su altre cose». Tipo cintura non allacciata o
cellulare all’oreccchio durante la guida.
Molte persone a piedi hanno chiesto spiegazioni alle pattuglie.
Super-lavoro, anche per questo, per gli uomini della municipale impegnati in
via Mercato Vecchio, uno degli ingressi-chiave del centro dalle Rive, e in
Corso Italia. «Confidiamo nell’informazione - ha confermato un vigile
proprio in via Mercato Vecchio - perché uno dei pochi varchi con la nostra
presenza è questo». «Qualcuno l’abbiamo preso - ha raccontato un altro
vigile in Corso Italia - anche se il nostro lavoro prevede un controllo a
campione. Fermiamo le macchine che, si capisce, non sono Euro 4 e si accerta
la presenza di un permesso. E le deroghe sono molte». «Io ho un Euro 4 e non
ho problemi - ha spiegato quindi Manuela Galassi dal finestrino - ma sono
convinta che l’ordinanza serva a poco. Il primo problema resta la Ferriera».
A notare un traffico molto ridotto infine - oltre ai tassisti («poche
macchine e pochi vigili», ha fatto notare uno di loro) - sono stati
soprattutto i pedoni in attesa dei bus alle fermate. «Il provvedimento è
giusto - così Loredana Ficiur - ma ritengo lo si dovrebbbe restringere al
centro senza arrrivare quasi in periferia». «Dovrebbero farlo più spesso
perché l’aria in città a volte è irrespirabile», ha aggiunto Raffaella Cespa.
«Se mettessero a disposizione più mezzi pubblici - secondo la signora Nadia
- le persone si adeguerebbero in modo continuativo al di là delle
chiusure-tampone».
Piero Rauber
|
|
Centro Chiuso - Ma
l’elenco delle deroghe è lungo È permesso circolare se si è in tre |
Via libera anche a chi
lavora in orari incompatibili con quelli dei bus |
L’ordinanza con cui il
sindaco ha stabilito la chiusura al traffico di gran parte della città
prevede comunque numerose deroghe. Eccone il dettaglio:
- veicoli a emissione zero
- veicoli alimentati a metano o gpl
- autoveicoli Euro 4, motoveicoli Euro 2 e 3
- trasporto pubblico (bus, taxi, autonoleggio con conducente)
- veicoli a servizi degli invalidi, con il previsto contrassegno
- veicoli dei servizi di Stato, servizi pubblici o di pubblica utilità
- veicoli adibiti alla sicurezza pubblica
- veicoli degli istituti di vigilanza e trasporto valori
- veicoli per recapito/raccolta postale
- veicoli con targa CC o CD, e con targa «prova»
- veicoli delle testate radiotelevisive e degli organi di stampa
- veicoli dei «ministri di culto» nell’esercizio delle loro funzioni
- veicoli dei medici e veterinari in visita domiciliare urgente
- veicoli di servizio dell’Azienda servizi sanitari e dell’Arpa
- veicoli usati da medici, infermieri e tecnici dell’Azienda ospedaliera
e strutture equivalenti, per motivi di urgenza a seguito di chiamata di
reperibilità
- veicoli che trasportano persone soggette a trattamenti sanitari e/o
riabilitativi di particolare gravità e trattamenti programmati o
continuativi
- veicoli che trasportano persone con ridotta capacità deambulatoria e/o
altre gravi patologie, impossibilitate a servirsi dei mezzi pubblici
(certificato medico)
- veicoli degli addetti ai servizi comunali di assistenza domiciliare
- veicoli diretti all’Ispettorato della motorizzazione e/o officine
autorizzate per effettuare revisioni programmate
- veicoli partecipanti a cortei matrimoniali, muniti di
autocertificazione
- veicoli delle autoscuole in attività di esercitazione o esame per le
patenti
- veicoli destinati al trasporto merci, nell’esercizio dell’attività
- veicoli di lavoratori dipendenti o autonomi, con autocertificazione
dell’orario di lavoro dell’azienda, da cui risulti un orario di inizio o
fine turno che non consente l’uso del mezzo pubblico, oppure nel caso la
sede dell’azienda o l’abitazione non siano servite da mezzi pubblici,
- veicoli con almeno tre persone a bordo, conducente compreso |
|
«Corso Italia pedonale, o
chiuderemo» I negozianti: non è più luogo di passeggio. Dipiazza: le auto
resteranno |
|
Rilanciata
l’ipotesi di cancellare il traffico dall’arteria per rivitalizzarla
I negozianti di Corso
Italia rilanciano la richiesta di rendere pedonale una delle arterie
principali del centro cittadino, sottolineando la disaffezione da parte
della gente a passeggiare lungo quel tratto di strada che da Piazza della
Borsa porta a piazza Goldoni. Difendendo a spada tratta quel progetto che
vedeva Corso Italia interdetto al traffico, sostengono che i clienti si
spingono fino al negozio al quale sono interessati, entrano, acquistano ma
poi girano l'angolo alla volta della zona pedonale. «Il Corso si è ormai
trasformato in una camera a gas - afferma Luca Kostoris, titolare di un
negozio di abbigliamento - è come essere in autostrada. Io mi ero
interessato al progetto per renderlo pedonale e mi era sembrato veramente
bello: panchine, fioriere e qualche locale pubblico in più. Una buona
soluzione - ricorda - era quella di chiudere al traffico e, sfruttando la
vecchia galleria vicino al Teatro Romano, far sbucare le macchine in Largo
Sonnino». Kostoris evidenzia un altro aspetto: «Il negozio che io gestisco -
ricorda - è della mia famiglia da 80 anni. E se le cose continuano così, le
vecchie e tradizionali famiglie di commercianti triestini
spariranno,lasciando spazio alle grosse catene di franchising che hanno però
un rapporto con la città completamente diverso».
Ma il sindaco Roberto Dipiazza lascia poche speranze: «Non esiste che
chiudiamo Corso Italia. Non esiste. - ribadisce il primo cittadino - e ai
commercianti lancio un suggerimento: specializzarsi sempre di più».
A detta dei negozianti, la parte più penalizzata sembra essere quella che
dall'incrocio con piazza Benco e via Santa Caterina prosegue fino a Piazza
Goldoni. «Mi sono accorta che anche nel mio negozio la gente entra a colpo
sicuro, sapendo già dove andare - spiega Rachele Osmo, titolare del negozio
Andromeda - ma i clienti incuriositi dalle vetrine non esistono più visto il
poco passaggio. Pedonalizzare Corso Italia potrebbe creare problemi ai
clienti che devono ritirare pacchi voluminosi, ma io resto favorevolissima e
sono certa che tutti si abituerebbero».
C'è anche chi, esclusivamente per una questione di praticità, preferisce che
Corso Italia resti transitabile alle autovetture. «Sono l'unica voce fuori
dal coro - riferisce Andrea Viola - ma dovendo consegnare enormi quantità di
bomboniere, preferisco avere la possibilità di far arrivare i clienti in
macchina fino davanti al negozio".
Proprio in Corso Italia c'è chi aveva deciso di tentare l'apertura
domenicale del negozio. «Ho provato - ammette Valeria Iachetti, responsabile
di un negozio in franchising - ma non passava nessuno. Questa è una via
morta e solo la pedonalizzazione potrebbe ridarle vita dal punto di vista
commerciale».
Laura Tonero |
Muggia, sforati i limiti
dello smog - Alto l’inquinamento da polveri sottili: appello a non
usare l’auto e pulizia strade |
|
Per tre
giorni consecutivi superati gli indici consentiti dalla legge. Dubbi
sull’opportunità di situare la centralina al Molo Balota
MUGGIA Anche il Comune di Muggia
cerca di correre ai ripari contro gli sforamenti di polveri sottili
nell’aria, che hanno raggiunto quote molto alte in questi giorni.
Per tre giorni consecutivi, il 18, 19 e 20 febbraio, la centralina dell’Arpa
di Muggia posizionata al Molo Balota, alle porte della cittadina, ha
registrato il superamento dei valori limite di inquinamento atmosferico da
Pm10, le ben note polveri sottili. In particolare, i valori si sono
attestati su 64, 85 e (mercoledì) ben 95 microgrammi per metro cubo di aria.
Laddove il limite di legge consentito è di 50 microgrammi.
Non è la prima volta che a Muggia le polveri sottili superano il livello di
guardia, anche se ormai gli ultimi sforamenti seri risalgono solo a qualche
mese fa, e non erano alti come in questi giorni. E l’amministrazione
comunale cerca di prendere provvedimenti per contrastare il fenomeno.
Non si parla di chiusure al traffico veicolare nella cittadina rivierasca,
come avvenuto a Trieste, ma si fa appello al senso di responsabilità dei
cittadini stessi ricordando «che la tutela della salute può essere
assicurata anche attraverso forme di autoregolamentazione civica».
Il Comune di Muggia invita pertanto la cittadinanza a privilegiare
particolarmente in questi giorni l’uso dei mezzi pubblici, limitando nel
contempo il traffico privato ai soli casi indispensabili e a contenere
l’utilizzo degli impianti di riscaldamento.
Era successo già nel 2005, quando un picco record di Pm10 si era avuto a
gennaio e la centralina elettronica aveva rilevato 109 microgrammi per metro
cubo di aria. Anche allora il Comune aveva raccomandato di limitare
l’accensione degli impianti di riscaldamento e di diminuire l’uso di
autoveicoli privati.
Ieri e oggi, sempre per contenere gli effetti dell’inquinamento da polveri
sottili, è stata anche disposta una pulizia straordinaria delle strade.
L’assessore comunale Piero Veronese (Pdci) spiega: «È una decisione
necessaria. Un segnale della considerazione data al problema
dell’inquinamento atmosferico».
La centralina di rilevamento della qualità dell’aria di Muggia, tuttavia, è
ben fuori dal centro città e spesso negli anni (l’impianto inizialmente era
a Caliterna ed è stato trasferito al Molo Balota nel 2004) ci si è chiesti
se analizzi davvero ciò che i muggesani respirano. Oppure anche, se ciò che
rileva provenga davvero da vetture e impianti di riscaldamenti dei muggesani.
Già nel novembre scorso durante le sedute del Consiglio comunale c’era stato
l’impegno del sindaco Nerio Nesladek a chiedere all’Arpa uno spostamento
dell’attuale centralina.
In quel periodo si parlava molto dell’impianto industriale della Ferriera e
dell’eventuale inquinamento dell’aria provocato dalla stessa anche a Muggia,
che le sta davanti. Veronese afferma: «Ne abbiamo parlato ma si sta ancora
valutando dove spostare quell’impianto. Ci sono vari fattori da considerare,
tra cui i venti. La zona di Caliterna, ad esempio, non è l’ideale: anche per
questo motivo anni fa era stata spostata da lì. Non ci sono molte altre
alternative. Ancora non si è trovato il sito ottimale per la centralina
dell’Arpa».
Sergio Rebelli |
Illy presenta il programma,
la sinistra frena sulla Tav - Inserito anche un rigassificatore e
l’elettrodotto. Lunedì nuovo vertice per trovare l’intesa |
|
Primo
confronto fra il presidente e la coalizione. Nella bozza di quaranta pagine
anche le energie rinnovabili e il trattamento dei rifiuti
|
Zvech (Pd):
ci sono tutte le condizioni per ripresentare una coalizione unita |
TRIESTE Riccardo Illy presenta
la bozza di programma a Intesa democratica. Ed è una bozza corposa: quaranta
pagine, fitte fitte, in cui il presidente della Regione raccoglie, ordina,
assembla spunti e appunti suoi e della sua coalizione. Dall’economia al
welfare. Il quasi candidato incassa già una prima e generale condivisione ma
fa i conti con l’ostacolo annunciato: la Sinistra Arcobaleno, dove si
ritrovano Rifondazione, Verdi, Pdci e Sinistra democratica, non dà il via
libera. E, seppur in un clima «collaborativo», muove resistenze su tre
grandi opere che la bozza illyana prevede nero su bianco: la Tav, il
rigassificatore, l’elettrodotto. Si discute, per quattro ore, ma non basta.
Serve un weekend aggiuntivo di confronto e mediazione. E, nonostante tutti
sottolineino la «volontà comune di trovare un accordo», nessuno si sbilancia
ancora. Intesa democratica, dunque, resisterà? O la Sinistra Arcobaleno se
ne andrà? Lunedì, in un nuovo confronto già fissato alle 9.30 a Trieste, la
risposta.
LA RIUNIONE Il vertice di ieri, a Udine, si apre poco dopo le 15. Ci sono
tutti, i partner di Intesa, e non mancano i Pensionati di Luigi Ferone,
seppur corteggiati dal Ppl. Illy porta sul tavolo la bozza, scherza sulle
sue dimensioni, ne delinea lo spirito di fondo: «Rappresenta la continuità
rispetto al programma di questi cinque anni e prevede ulteriore sviluppo
economico e coesione sociale». Non solo: il presidente afferma che
l’ambiente, dalle energie rinnovabili alla questione rifiuti, è un punto
chiave. E che la semplificazione non è meno importante: «Ci poniamo
l’obiettivo di ridurre drasticamente il numero di leggi e regolamenti
attualmente in vigore in Friuli Venezia Giulia». Bruno Malattia, leader dei
Cittadini, applaude a distanza: «Ci sono 1400 leggi, vogliamo arrivare a
600».
LA LETTURA Un po’ leggendo, un po’ scorrendo i titoli, il presidente e la
coalizione discutono, osservano, annotano. Rifondazione, ad esempio, chiede
più chiarezza sulla sanità e sul riordino degli ospedali. Il Pd - e non solo
il Pd - giudica demagogico il taglio da 60 a 40 consiglieri e l’abolizione
dei futuri vitalizi «cari» a Malattia. Ma lo scoglio vero, peraltro atteso,
riguarda le infrastrutture: il rigassificatore, l’elettrodotto italo-sloveno
nella galleria a supporto della Tav e, ovviamente, la Tav stessa. Illy li
inserisce nella bozza, la Sinistra Arcobaleno obietta: «La distanza, su
questi punti, è ancora marcata. Ma, se si adotta un atteggiamento laico e
non pregiudiziale, l’intesa si può trovare» afferma il rifondatore Giulio
Lauri. Ma come? «Sulla Tav, ad esempio, noi chiediamo che nei punti critici
si realizzi l’alta capacità, e non l’altà velocità» risponde il verde Gianni
Pizzati. «Ci sono punti di frizione che non abbiamo sciolto, non sappiamo se
gli scioglieremo, ma stiamo cercando una soluzione» aggiunge il comunista
Stojan Spetic. «Ci sono sensibilità diverse e si deve lavorare ancora»
incalza, a nome di Sinistra democratica, Fulvio Vallon.
IL CLIMA Non si respira, però, aria di rottura. «Il programma è valido. Gli
strumenti di partecipazione sono molto rafforzati» dice Spetic. «Illy si è
dimostrato dialogante, propositivo e disponibile. Si è detto pronto a
inserire il bilancio ecologico come tecnica di valutazione» aggiunge Pizzati.
«La sintesi proposta è buona, recepisce molto del programma che la Sinistra
Arcobaleno ha redatto» osserva Lauri. Le premesse, insomma, sono buone:
«Siamo partiti nel clima giusto. Ora vedremo se, entro lunedì, riusciremo a
trovare un maggior grado di convergenza».
PD E CITTADINI Se lo augurano, dando sin d’ora via libera al programma, gli
alleati. «Ci sono tutte le condizioni per chiudere entro lunedì o martedì e
per presentare, ancora una volta, una coalizione coesa e un programma
innovativo che, peraltro, recepisce le proposte del Partito democratico»
afferma il segretario regionale Bruno Zvech. E il capogruppo Mauro Travanut
aggiunge: «Confidiamo nel superamento dei nodi ancora irrisolti. Quello più
ostico riguarda la Tav ma mi sento di dire che abbiamo adottato un modello
che è tra i migliori a livello nazionale». Dà man forte il leader dei
Cittadini Bruno Malattia: «Le divergenze con la Sinistra Arcobaleno mi
sembrano appianabili. E con questo presidente, questo programma e questa
coalizione si vince».
Roberta Giani |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 21 febbraio 2008
Smog oltre i limiti, centro
chiuso dalle 16 alle 19 - Nessun divieto per le auto Euro 4, i
motorini Euro 2 e 3, e i veicoli con almeno tre persone (vedi
mappa) |
|
Martedì le
polveri sottili hanno superato la media di 70 microgrammi per metro cubo:
immediata l’ordinanza del sindaco. Domani chiusura anche alla mattina
Il provvedimento prevede per
oggi il divieto di circolazione dalle 16 alle 19. Domani saranno due le
fasce orarie di interdizione al traffico: 9.30-12.30 e 16-19. E non è
escluso che si vada avanti anche sabato, con gli stessi orari.
Nell’ordinanza si legge infatti che, secondo quanto evidenziato
dall’Osservatorio meteorologio regionale, le previsioni «confermano la
sostanziale stazionarietà delle condizioni meteorologiche almeno per le
giornate del 21, 22 e 23 febbraio». La revoca del provvedimento scatterà
comunque il giorno successivo al rientro dei valori delle polveri sottili
nei limiti.
LE POLVERI Il piano di azione comunale per contenere l’inquinamento
atmosferico prevede che le limitazioni al traffico siano decise quando i
livelli di legge delle pm10 (50 microgrammi per metro cubo) viene superato
per tre giorni consecutivi, oppure nel caso sia raggiunto, anche per un solo
giorno, un valore medio giornaliero delle polveri sottili pari a 70
microgrammi per metro cubo. I dati rilevati mercoledì dalle centraline
dell’Arpa parlano chiaro. Le centraline di riferimento (piazza Libertà, via
Carpineto e via Svevo) hanno registrato tutte livelli delle pm10 superiori
agli 80 microgrammi.
L’AREA VIETATA Come lo scorso anno, lo stop alla circolazione riguarda
un’ampia area della città, che riportiamo nella cartina qui sotto. Il
perimetro della vasta zona sarà, come in passato, liberamente percorribile,
ma si potrà circolare senza limiti anche in una serie di strade e tratti
all’interno del perimetro stesso: via Commerciale (fra via Cordaroli e via
Pauliana); via Pauliana; via Salata, galleria di Montebello, piazza Foraggi,
viale Ippodromo; via Udine (fra salita di Gretta e via Barbariga) e via
Barbariga (fra via Udine e via dei Saltuari).
Nessun divieto anche per le strade di accesso e uscita da alcuni parcheggi,
come via Carli (parcheggio Sant’Andrea) e via Marchesetti (da via San
Pasquale al parcheggio del Ferdinandeo). Stesso discorso per le strade che
collegano al parcheggio del palasport di Chiarbola – rampa della Grande
viabilità in via Svevo, via Svevo (fra via Baiamonti e via D’Alviano), via
D’Alviano (fra via Svevo e via Doda), via Doda (fra via D’Alviano e piazzale
delle Puglie), piazzale delle Puglie – e quelle di accesso e uscita dal
parcheggio di Foro Ulpiano: via Fabio Severo (fra via Cologna e via
Cicerone), via Cicerone, via Coroneo (fra via Cicerone e via Fabio Severo),
Foro Ulpiano.
LE DEROGHE L’accesso all’estesa area in cui è vietata la circolazione – che
riguarda anche i mezzi dei non residenti – è consentito a numerose categorie
di veicoli. Fra queste, i mezzi a emissione zero, quelli alimentati a metano
o gpl, gli autoveicoli omologati Euro 4, i motoveicoli e i ciclomotori
mologati Euro 3 e Euro 2, i veicoli utilizzati dagli invalidi, quelli per il
trasporto merci «per l’esercizio dell’attività», i veicoli dei medici e dei
veterinari in visita domiciliare urgente. Nessuna limitazione, come già in
passato, anche per i veicoli (indipendentemente dalla vetustà) che hanno a
bordo almeno tre persone, conducente incluso.
INFORMAZIONI Chiarimenti sull’ordinanza di chiusura al traffico possono
essere chiesti all’Ufficio relazioni con il pubblico del Comune (via
Procureria 2/a, tel. 040/6754850, lunedì-venerdì 9-12.30, e-mail: urp@comune.trieste.it).
Informazioni dettagliate anche sul sito www.comune.trieste.it e al «call
center» sulle limitazioni al traffico che risponde allo 040/6758382. |
Il Wwf: giusto il blocco ma
non basta - Gemiti: «Evidente l’inerzia del Comune sul problema
inquinamento» |
|
Preoccupati
gli esercenti. Nobile (Fipe): «Inutile protestare, facciamo buon viso a
cattivo gioco»
C’è chi, come il presidente
della Fipe Beniamino Nobile, invita a fare buon viso a cattivo gioco. Chi, a
partire dall’ex assessore all’Ambiente Maurizio Ferrara, ironizza sulla
formula del «car pooling». E infine chi, come Fabio Gemiti del Wwf, accusa
di inerzia l’amministrazione comunale, colpevole a suo giudizio di non
essersi data da fare per tempo per individuare soluzioni più incisive al
problema inquinamento ambientale.
Suscita reazioni di tenore diverso l’annuncio dello stop alla circolazione
nel centro cittadino a seguito dello sforamento nelle concentrazioni di
polveri sottili. I meno entusiasti sono certamenti negozianti e gestori di
pubblici esercizi. A loro, preoccupati da possibili perdite di introiti
causati dal ridotto via vai di clienti in centro, il presidente della Fipe
lancia comunque un invito alla pazienza. «È ovvio che non posso dire di
esser contento del blocco del traffico - afferma Beniamo Nobile -. Tuttavia
credo sia inutile protestare per un provvedimento inevitabile e necessario
per tutelare la salute di tutti. Non possiamo far altro che prenderla con
filosofia. Del resto, non saranno i due -tre caffè in meno al giorno a
mandarci in crisi. Meglio quindi fare buon viso a cattivo gioco e pensare
che, comunque, il blocco durerà solo pochi giorni».
Un identico invito al buon senso arriva dal comandante della Municipale.
«Confido nella maturità dei triestini - spiega Sergio Abbate - e sono quindi
fiducioso nella buona riuscita del blocco. Certo, qualcuno che tenterà di
fare il furbo lo si troverà sempre. Ma spero che nel complesso la
cittadinanza dimostri di aver recepito il messaggio e ci dia una mano, così
come la daremo noi per evitare che il provvedimento crei eccessivi disagi».
Plaude alla scelta di chiudere il centro al traffico l’ex assessore
all’Ambiente e capogruppo della lista Dipiazza, Maurizio Ferrara, che però
contesta una delle scelte fatte dal suo successore Bucci, quella del «car
pooling». «Un sistema che ritenevo, e continuo a ritenere, davvero stupido -
precisa Ferrara -. Consentire la libera circolazione a tutte le auto,
comprese quelle non catalizzate e maggiormente inquinanti, purchè a bordo vi
viaggino tre persone, mi sembra francamente poco utile. Non a caso, a suo
tempo, il consiglio comunale aveva approvato una mozione che impegnava
sindaco e giunta a rivedere il ”car pooling”».
A chiedere al Comune di rivedere le soluzioni da adottare per far fronte
agli sforamenti nei livelli di pm10, è anche il mondo ambientalista. «Al
tempo della prima giunta Dipiazza era iniziato un ragionamento complessivo
sulle misure da adottare, nell’ambito di Agenda 21 - osserva Fabio Gemiti -.
Di quel lavoro, che stava anche producendo importanti risultati, si è persa
però ogni traccia. Così come non si è saputo più niente del piano del
traffico, pronto ormai da due anni ma rimasto sempre nel cassetto. Due
occasioni mancate che mi costringono ad evidenziare l’inerzia di questa
amministrazione sul tema dell’inquinamento atmosferico».
m.r.
|
Lucchini: «Per migliorare la
Ferriera abbiamo già speso 10 milioni di euro» - L’annuncio al tavolo
permanente regionale sulla questione ambientale dell’azienda siderurgica
|
|
Dieci milioni di euro. A tanto
ammonta l'investimento che la Ferriera di Servola sosterrà per portare a
termine gli interventi previsti dall'Autorizzazione integrata ambientale
(Aia), concessa alla fine dell'anno scorso dall’amministrazione regionale.
Lo ha reso noto il consigliere delegato di Servola SpA (Gruppo
Severstal-Lucchini), Francesco Rosato, a margine della riunione del tavolo
di coordinamento, promosso dalla Direzione ambiente e lavori pubblici della
Regione, a cui hanno preso parte gli enti a cui spetta il monitoraggio della
situazione nel rione di Servola e che continua a riunirsi nonostante la
deliberazione più sostanziale circa i problemi di inquinamento sia stata già
presa. Rosato ha anche annunciato che la Lucchini provvederà alla
caratterizzazione dell’area di sua competenza che ricade nel sito inquinato
di rilevanza nazionale.
Al tavolo, cui siedono di diritto Comune, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria
e sindacati, oltre all’Azienda e alla Regione stessa, ieri non era presente
l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Moretton. L’assessore comunale Bucci
(l’amministrazione come si sa si è dissociata dal processo autorizzativo)
non ha seguito per intero i lavori mentre l’Azienda sanitaria ha lamentato
una carenza di informazioni sul reale stato dell’intero ambito industriale
siderurgico (un disamina ampia e severa era stata fatta nelle scorse
settimane dal consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz, a una
riunione cui avevano partecipato sia l’Azienda sanitaria stessa, sia l’Arpa
e i sindacati).
I dieci milioni, ha precisato invece Rosato, consentiranno all’azienda di
rispettare le prescrizioni imposte dall’autorizzazione ambientale, grazie
alla realizzazione di una serie di attività finalizzate al risanamento
ambientale degli impianti, alcune delle quali, «dopo un’analisi tecnica e
economica, sono già in di progettazione, fornitura e montaggio».
Nel corso dello stesso incontro la proprietà ha anche fatto il punto
sull’iter per le bonifiche dell’area occupata dallo stabilimento
siderurgico. «Per quanto riguarda il sito inquinato di interesse nazionale -
ha precisato Rosato -, erano stati avviati a gennaio di quest'anno i
contatti con l'Arpa regionale per concordare e programmare le attività di
caratterizzazione delle aree demaniali. Si parla dell’analisi del suolo di
circa 350 mila metri quadrati di terreno, per i quali le cui fasi di
sondaggio e campionamento sono iniziate a febbraio a spese di Servola spa
che spenderà, per questa voce, circa 600.000 euro».
Dal consigliere delegato della Servola spa sono arrivate poi indicazioni sui
risultati del monitoraggio della qualità dell'aria effettuato nel mese di
gennaio 2008. «Le rilevazioni delle centraline adiacenti allo stabilimento -
secondo il rappresentante dell’azienda - hanno registrato valori di polveri
sottili al di sotto delle soglie limite previsti dalla normativa,
confermando il trend di diminuzione iniziato lo scorso agosto. In
particolare, la centralina di via Svevo, vicina allo stabilimento di
Servola, in una zona particolarmente trafficata visto il continuo viavai di
auto e camion diretti in porto, ha registrato una concentrazione di 34.4
microgrammi per metro cubo contro, ad esempio, i 29.8 della centralina di
piazza della Libertà».
A margine della riunione, infine, il Gruppo Severstal-Lucchini ha diffuso,
in una nota, un aggiornamento sulle attività dello stabilimento di Trieste.
«Grazie al contributo del Centro sviluppo materiali - ha evidenziato
Francesco Rosato - stiamo innovando il processo di cottura del ”sinter”
(agglomerato di minerali di ferro ndr), con una tecnologia che ci permette
di ottenere sempre più basse emissioni di inquinanti nell'ambiente: buono il
risultato relativo ai valori di diossina al camino, che sono
considerevolmente inferiori ai limiti di legge». |
«Il Comune non pianta più
alberi per ogni nuovo nato in città» |
|
«Il Comune di Trieste ha
disatteso la pratica, prevista per legge, che impone la creazione di aree in
cui piantare un albero per ogni bambino che viene alla luce». L’accusa
arriva dai consiglieri della II circoscrizione, Massimo Battistin, Lucio
Vilevich.
«La legge 113/92 - osservano in una nota - stabilisce che, al fine di
contribuire al rimboschimento dei terreni degradati, ciascun Comune italiano
individui un sito nel quale piantare alberi a cui dare il nome di ogni nuovo
nato nel Comune stesso. Un modo per sensibilizzare i bimbi e le loro
famiglie a prendersi cura dell’ambiente. In molte parti d'Italia anche i più
piccoli Comuni hanno dato vita a questa pratica obbligatoria per legge,
creando così nuovi e piacevoli parchi. L’amministrazione di Trieste negli
anni '90 aveva individuato lo spazio necessario in un'area trascurata vicina
alla scuola di Banne e previsto i lavori necessari. L’iniziativa però alla
fine non è stata attivata, sebbene abbia certamente un intento meritorio e
un costo non troppo impegnativo». |
La caduta dell’ipotesi del
deposito Seastok: a Muggia soddisfatti sindaco e ambientalisti |
|
MUGGIA «Finalmente si è posto
fine alla vicenda Gpl ad Aquilinia. Lo sapevamo già da qualche tempo, ma la
revoca dell’atto di sottomissione da parte del Comitato portuale ci porta la
conferma di ciò di cui eravamo già sicuri». Commenta così il sindaco di
Muggia, Nerio Nesladek, l’esito della riunione di ieri l’altro del
neocostituito Comitato portuale triestino, che tra l’altro ha attestato la
decadenza dell’atto di sottomissione (una sorta di concessione anticipata,
data già nel 1999) alla Seastok per il progetto di deposito sotterraneo di
Gpl in area ex Aquila. L’assessore comunale Edmondo Bussani (Pd), che ha
partecipato alla riunione, aggiunge: «Dopo tutte le contrarietà espresse
finora da vari enti, c’è stata una votazione unanime nel Comitato portuale.
Lo ritengo quasi un atto dovuto, che non mi ha sorpreso. Ora che è stata
tolta la concessione, qualsiasi ipotesi di questo nuovo insediamento di gas
è scongiurata». Negli anni, del deposito di Gpl della Seastok si è parlato
spesso. Per essere precisi sono vent’anni che se ne discute, in un
articolato intreccio tra politica ed economia. A Muggia l’argomento era
stato affrontato per la prima volta dal Comune, con tanto di referendum
popolare, tra il 1987 e il 1988. E poi c’è stato un andirivieni di atti,
esposti, e tanti ricorsi al Tar e controricorsi. Si sono intravisti
progetti, dichiarazioni di inizio lavori, sono state concesse occupazioni
anticipate dei terreni e proroghe alla fine dei lavori, si sono approvati
rapporti di sicurezza, si sono riuniti enti a vari livelli.
Ma da un paio d’anni non se ne parla più. Il deposito pare sia stato quasi
«offuscato» dai rigassificatori, con i quali però ha curiosamente condiviso
una delle ragioni del «sì»: «È un impianto necessario per il futuro
approvvigionamento di gas», si diceva. E l’argomento aveva tenuto banco in
almeno due campagne elettorali a Muggia. Sempre tutti contrari, in modo più
o meno accentuato. Il progetto originario prevedeva la costruzione di
depositi sotterranei da 40 mila metri cubi a 160 metri di profondità. Il gas
sarebbe stato trasportato via mare: 13 gasiere all’anno, che trasportano il
gas a meno 42 gradi, da far attraccare su un pontile esistente (ma da
modificare). A Muggia era previsto l’arrivo di 250 mila tonnellate annue di
Gpl. Sul fronte della sicurezza, il progetto aveva già avuto le necessarie
autorizzazioni. Ma l’ipotesi di passaggio di gasiere nella baia (sia per il
deposito di Gpl, sia, più di recente, per i rigassificatori) non è mai stata
digerita dal Comune di Muggia, e non solo da questo. Ma ora le cose sono
cambiate. La volontà di ampliare in quella zona le aree di traffico navale e
di traghetti, come previsto dal prossimo piano regolatore portuale (e da
altri strumenti urbanistici), e i progettati insediamenti commerciali e di
industria leggera nell’area, hanno dato un colpo di spugna al deposito
Seastok. Da qui, la decadenza della concessione, decretata ieri l’altro. Che
è commentata positivamente anche da Giorgio Jercog, consigliere di San
Dorligo e da sempre impegnato con il Comitato Monte d’Oro, contro le ipotesi
di depositi o impianti di gas: «È stata messa una pietra tombale, anche se
pensavo che la cosa fosse chiusa da tempo. Ultimamente non se ne parlava
più, ma non era la prima volta che calava questo silenzio. Valuteremo ora le
future intenzioni della società, almeno in merito alle bonifiche».
s.re. |
Riserva della Val Rosandra,
si lavora per un marchio di qualità dei prodotti tipici - Le priorità dei
«Gruppi tematici» |
|
La Regione:
è stato fatto quello che si doveva fare, a decidere è Bruxelles. La sentenza
fra un mese
SAN DORLIGO Continua il percorso
del Comune di San Dorligo della Valle come ente gestore della Riserva della
Val Rosandra.
Domani e il prossimo 29 febbraio, si riuniranno i «Gruppi tematici», ovvero
i gruppi che si sono formati al Forum del 25 gennaio. Il Forum è stato un
incontro estremamente operativo e i partecipanti, che hanno dato un
importante contributo ai contenuti della giornata, hanno sviluppato i temi
che saranno oggetto dei prossimi incontri.
I Gruppi tematici, quindi, si riuniranno per due venerdì di seguito al
Centro Visite di Bagnoli e proseguiranno la discussione sui temi emersi dal
Forum, come la pianificazione, la gestione ordinaria, le attività
agro-forestali, la fruizione ed il turismo, la natura e la conservazione, la
cultura, le tradizioni. Ad ogni tema corrisponde un Gruppo tematico che
lavorerà in modo partecipato assieme all’amministrazione.
L’Assessore Stravisi dichiara: «Il Forum è stato un momento estremamente
operativo, organizzato in modo tale che i partecipanti potessero lavorare in
modo costruttivo e discutere le tematiche, già emerse negli incontri
precedenti, ma non ancora affrontate in modo condiviso. Ora si prosegue con
il lavoro con gli incontri dei Gruppi tematici. Come ho già detto, siamo
consapevoli di chiedere alle persone un grosso sforzo ma è importante che
chi ha deciso di aderire, cerchi di essere presente fino alla fine del
percorso. Del resto la Riserva della Val Rosandra è un patrimonio prezioso
che va non solo tutelato, ma gestito vedendolo come un opportunità e non
come un limite. Quindi, la scelta di una gestione partecipata, ci è sembrata
il modo migliore per farlo».
Come si ricorderà durante i lavori del 25 gennaio tra le problematiche
proposte, i presenti avevano evidenziato la necessità di una gestione
agroforestale tradizionale, ad esempio con il recupero nell’area
dell’agricoltura e della pastorizia.
Nalla stessa occasione era stata anche espressa la volontà di valorizzare
l’artigianato e le produzioni tipiche, creando uno specifico Marchio di
qualità della Riserva. Tra gli altri problemi al centro della discussione
c’è quello della fauna selvatica invasiva, da risolvere con un abbattimento
selettivo, o lo scarso livello di conoscenza ambientale di alcune fasce
della popolazione e dei futuri visitatori. Si richiede anche il recupero
delle cave locali, da tempo in disuso, l’incentivazione delle attività
economiche e la semplificazione degli iter autorizzativi per le varie
attività. E ancora: il miglioramento della fruizione della vallata del
Rosandra mediante anche infrastrutture per l’accoglienza e guide
eco-naturalistiche appositamente formate e autorizzate. Per finire, è
avvertita pure l’esigenza di una regolamentazione degli accessi veicolari e
dei parcheggi. |
Sonego: «Più treni e autobus
con la riforma dei trasporti» |
|
TRIESTE «La riforma del
trasporto pubblico locale offrirà vantaggi consistenti ai cittadini e
tutelerà in modo efficace i lavoratori del settore». Lo afferma l’assessore
Lodovico Sonego, rispondendo alla Fit/Cisl che ieri aveva criticato la
riforma, e ricordando che «la gara per la scelta del gestore unico darà al
Friuli Venezia Giulia un servizio di prima qualità con materiale rotabile
totalmente nuovo. Ciò significa offrire finalmente ai nostri pendolari un
servizio adeguato». Sonego aggiunge che, «contrariamente alle preoccupazioni
infondate», non solo non ci sarà riduzione della produzione ferroviaria «ma
un aumento di circa un milione di treni chilometro annui, nonché un aumento
di oltre quattro milioni di autobus chilometro annui». L’aumento di
biglietti e abbonamenti, infine, non è ancora definito: «E sarà comunque
molto contenuto». |
I rifiuti vanno smaltiti
senza pericoli per la salute |
|
La notizia che AcegasAps «si
lancia alla grande» nei servizi ambientali ci ha rallegrati e sollevati.
E' ben vero che sono passati dieci anni dalla stesura della Carta
internazionale di Kyoto che fissava i limiti delle emissioni di CO2 e
impegnava all'efficienza ambientale; è ben vero che nel 1992 durante la
conferenza Earth Summit 180 Paesi hanno sottoscritto Agenda 21, programma
promosso dalle Nazioni Unite che stimolava i governi nazionali, regionali e
locali ad azioni concrete per dare ai cittadini ambienti più vivibili, ma il
nostro Paese - salvo qualche rara eccezione locale - è in forte ritardo ed i
risultati sono sotto gli occhi di tutti. Citiamo, la Germania, leader
mondiale in fatto di energia ecologica; guardiamo la vicina Austria
impegnata concretamente in obiettivi ed azioni pratiche per arrivare al
traguardo di «zero rifiuti» entro il 2040. Basti pensare che un quinto della
città di Vienna si riscalda in parte anche con le nostre immondizie, per le
quali paghiamo pure un prezzo elevato.
Dunque la nostra multiutiliy investe sull'ambiente con la creazione di
NestAmbiente a cui viene affidata la gestione di bonifiche, rifiuti speciali
- pericolosi e non - disinfezioni e disinfestazioni. A Trieste rimarrà la
gestione dei rifiuti urbani. Cosa non da poco considerando il percorso tutto
in salita. Finora non possiamo dire che l'affidamento di servizi pubblici
nelle multiutility sia stato grande affare per i cittadini: basterebbe
pensare al subappalto per lo spazzamento ed altri servizi che gravano sul
cittadino stesso.
L'art. 4 della Direttiva europea sullo smaltimento dei rifiuti recita:
«…assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la
salute dell'uomo… senza recare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo…» Quanto
è stata rispettata questa Direttiva? Oggi come oggi il cittadino deve vagare
a lungo tanto è scarsa la collocazione di cassonetti distinti per una
raccolta differenziata. Ben venga dunque l'investimento sull'ambiente e
chissà che non si arrivi in breve a installare il teleriscaldamento
all'inceneritore.
E dal momento che è stata intrapresa questa strada e che è noto che il
rispetto dell'ambiente porta benessere, perché non educare attraverso una
pubblicità costante e martellante al risparmio energetico: il costo
dell'energia potrebbe venir ridotto in tal modo fino al 30%. Non
significherebbe solo una risposta alla crisi energetica, ne beneficerebbe il
clima e ne guadagnerebbero le famiglie. Forse un po' meno l'AcegasAps, ma la
saggezza dei pellerossa ci dice che «Quando l'ultimo albero sarà abbattuto,
l'ultimo fiume avvelenato, l'ultimo pesce pescato, vi accorgerete che non si
può mangiare il denaro». |
Luisa Nemez
IL MESSAGGERO -
MERCOLEDI', 20 febbraio 2008
La Grigolin
sul cementificio della Bassa: dopo le elezioni ripartiremo alla carica |
|
Il gruppo
industriale attende il rinnovo della giunta regionale per riavviare l’iter.
Il blocco fra le cause di un calo di fatturato del 10%
TORVISCOSA. «Appena
passate le elezioni per il rinnovo della Giunta regionale del Friuli, che si
tengono in aprile, ripartiremo alla carica». Lo afferma Roberto Grigolin: il
gruppo industriale non si arrende ed è pronto a tornare all’attacco per
realizzare lo stabilimento nella Bassa friulana. La Regione Friuli non ha
autorizzato la costruzione del nuovo cementificio Grigolin a Torviscosa e i
conti del gruppo accusano il colpo: fatturato il calo del 10% nel 2007,
ridimensionamento simile previsto anche per il 2008.
Il gruppo Grigolin, però, non si arrende: contro il mancato “ok” in sede di
valutazione d’impatto ambientale ha già presentato ricorso al Tar, e in caso
di ulteriore bocciatura è pronto a ripresentare un progetto ridimensionato.
In ballo c’è un investimento da circa cento milioni di euro, fondamentale
per i piani di crescita di un gruppo che ne fattura 450: in questo biennio,
infatti, gli affari sono in calo del 10% l’anno.
La battaglia. Sul progetto della Grigolin (tramite la propria controllata
Cementi Nord Est) si è scatenata una vera guerra, con tanto di comitato che
ha messo in atto una raccolta firme per mettere i bastoni fra le ruote
all’iter. A bloccarlo del tutto ci ha pensato la Regione, dopo non poche
tensioni a livello politico, negando il “sì” in sede di Via (valutazione
impatto ambientale). La Grigolin aveva addirittura comprato spazi a
pagamento sui giornali locali specificando di aver ritirato il progetto in
quanto non sussistevano i presupposti per una «serena e obiettiva
valutazione».
Due soluzioni. Il gruppo trevigiano, però, non molla. Anzi: è pronto a
tornare alla carica. «Vogliamo portare avanti il progetto, e su quel sito,
dove abbiamo già comprato l’area per un valore di quasi otto milioni di
euro», dice Roberto Grigolin. Che spiega inoltre: «Abbiamo già fatto ricorso
al Tar contro il rigetto in sede di Via, e in alternativa abbiamo pronto un
nuovo progetto, seppur ridimensionato, da presentare dopo le elezioni».
Dagli 1,2 milioni di tonnellate di produzione annua previsti inizialmente,
infatti, il cementificio potrebbe essere ridotto a una capacità di 500 mila,
limitando così drasticamente l’impatto ambientale (dalle emissioni al
traffico di mezzi pesanti).
I conti. Vista la crisi del settore edile, il cementificio rappresenterebbe
ossigeno per un gruppo che ha un po’ il fiato lungo. Grigolin, infatti,
produce calcestruzzi ma non cementi, «e l’investimento sarebbe fondamentale
- spiega Roberto - in un’ottica di economie di scala del gruppo. Farci da
soli la materia prima sarebbe fondamentale». Il bilancio 2007 si è chiuso
con un volume d’affari attorno ai 450 milioni di euro, in calo del 10%
rispetto al 2007. Un altro calo simile è previsto per l’anno in corso. E
pensare che nel 2004 era già stata fissata l’asticella dell’obiettivo a 500
milioni, e si parlava di quotazione in Borsa. La frenata dell’edilizia,
però, pesa come una zavorra.
(f.p.) |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 20 febbraio 2008
Dalla Tav alla cava di
Sistiana: Wwf boccia la politica regionale |
|
Presto il
rapporto degli ambientalisti sui cinque anni di legislatura. Nel mirino
anche rigassificatori e inceneritori
UDINE For a living planet: lo
slogan tipico del Wwf resta una bella utopia in Friuli Venezia Giulia dove
ambiente a natura, utilizzati per scopi di cattiva economia, vengono
volutamente, secondo il j'accuse del movimento del Panda, manomessi, con il
rischio di trovare, fra qualche anno, un habitat distrutto. Fra pochi giorni
verrà diramato l'osservatorio che analizza i cinque anni del governo Illy
visto dalla visuale wwf: il giudizio, secondo le prime anticipazioni fornite
a Udine dal presidente regionale Vinicio Collavino, è assolutamente
negativo, non soltanto verso la maggioranza ma anche verso l'opposizione,
rea, a detta del movimento, di essere stata troppe volte consenziente e
silenziosa. Il Panda ha voluto prendere carta e penna e stilare un
vademecum, per la sua sopravvivenza, in vista di programmi politici
eco-sostenibili che, nelle speranze, dovrebbero essere assunti da qualche
politico illuminato in campagna elettorale. Il futuro della natura è
sintetizzato in sei punti: lottare senza quartiere contro le grandi opere
che violentano il territorio (no alla Tav, sì invece al trasferimento del
trasporto da gomma a ferro, no alle casse di espansione sul Tagliamento, sì
a miglioramenti degli argini), tutelare le aree protette con la stesura di
piani di gestione per le aree di 'Rete Natura 2000', creare una riserva
naturale regionale sul Cansiglio (transregionale) e l'autorità per la
laguna, riperimetrare il parco regionale delle Prealpi Giulie, riconvertire
l'agricoltura regionale in modalità 'bio', bloccare lo sfruttamento
turistico - da Pramollo a Sella Prevala fino al polo di Piancavallo - e
gestire con lungimiranza il patrimonio delle acque superficiali e
sotterranee applicando le direttive europee. A gran voce il Wwf pretende che
vengano rafforzate le procedure di valutazione (Via e Vas) e venga
estromessa l'infiltrazione politica: il pensiero vola al caso Sistiana e al
cementificio di Torviscosa. E' stufo il movimento di sentire sbandierata una
parola, sostenibilità, che coincide con un contenitore vuoto, afferma
Collavino, snocciolando i must di una politica energetica che si scrolli di
dosso gli inganni di mega-impianti energetici incompatibili con il
territorio: dai rigassificatori agli elettrodotti aerei in montagna fino
agli inceneritori. Parla di inganno il presidente quando il discorso si
arena su rifiuti: "In tutti i paesi si chiamano inceneritori, perché da noi
devono chiamarsi termovalorizzatori?". L'ossessione dell'ampliamento della
centrale nucleare di Krsko continua: il wwf, insieme agli ambientalisti
(pochi ma buoni) sloveni, sta ideando nuove contromosse legali per frenare i
progetti.
Irene Giurovich |
Rifiuti, piazzole ecologiche
nel comune di Monrupino |
|
«La raccolta differenziata è un
sistema di smaltimento rifiuti che permette di mantenere integro l’ambiente,
basse le tariffe municipali e rafforzare il comune senso civico. Spero che i
cittadini vogliano seguirci sempre di più in un percorso virtuoso già
avviato ma che ha ancora grossi margini di miglioramento». E’ quasi un
appello quello che Alessio Krizman, primo cittadino di Monrupino, rivolge ai
concittadini. Il Comune, di concerto con quello di Sgonico, sta lavorando
per perfezionare il meccanismo, già avviato, della raccolta differenziata.
Nelle contrade comunali infatti esistono da tempo contenitori per la
raccolta di vetro, plastica, lattine, carta e per la compattazione del
cartone. È attivo un servizio di raccolta di materiali ingombranti
accessibile su prenotazione telefonica alla segreteria del Comune.
«Ora però dobbiamo potenziare il servizio – afferma Krizman - per creare al
più presto vere e proprie piazzole ecologiche dove l’utenza potrà depositare
ogni tipo di rifiuto, da quello umido ai solidi. Ovvio, il cittadino dovrà
compiere un piccolo sforzo per venirci incontro e smaltire i rifiuti in modo
consono. Siamo certi che saremo tutti a trarne grande beneficio». Per il
sindaco le nuove «isole» verranno collocate sul territorio in modo congruo,
in spazi di facile accesso per agevolare anche coloro che, come gli anziani,
potrebbero trovare difficoltà a smaltire i propri rifiuti. Non è improbabile
poi che il Comune, con l’aiuto della Protezione civile, non riesca ad
attuare in casi di estrema necessità una raccolta porta a porta. «A breve –
riprende il sindaco - sul tema organizzeremo incontri pubblici
d’informazione». |
Raccolta della carta, gli
alunni «salvano» otto pioppi - Nelle scuole Saba e Brunner pesati e
mandati al riciclo quasi 500 chili di materiale |
|
L’iniziativa
attuata nell’ambito della giornata di sensibilizzazione sulle buone pratiche
ambientali
Grazie ai 370 chili di carta
raccolti la scorsa settimana dalle classi elementari della scuola primaria
Umberto Saba, e ai 118 totalizzati dall'istituto secondario Guido Brunner in
Salita di Gretta 34, otto pioppi hanno evitato la scure.
La raccolta e la pesatura ufficiale del materiale cartaceo, che invece di
finire incenerito verrà riciclato, ha avuto luogo nei giorni scorsi nel
giardino del comprensorio scolastico di Gretta, alla vigilia
dell'anniversario dell'entrata in vigore del protocollo di Kyoto
sull'ambiente.
Il giorno dedicato alla sensibilizzazione delle buone pratiche ambientali
«M'illumino di meno» nasce nel nostro Paese su iniziativa della trasmissione
di Radio 2 Caterpillar, con l'obiettivo di coinvolgere e far riflettere
l'intera comunità sulle problematiche legate al dispendio energetico.
Spegnendo le luci e disattivando per alcuni minuti durante la Giornata del
risparmio energetico i dispositivi elettrici non fondamentali, si ottiene il
calo del consumo di energia elettrica e, soprattutto, si ripropone alla
coscienza sociale il delicato tema dell'emergenza ambientale.
Detto ciò, gli insegnanti della Saba, coordinati da Gianluca Gabrielli, e
della Brunner, hanno voluto includere anche la meno visibile ma altrettanto
importante questione dell'impatto ambientale del consumo di carta. Con
l'iniziativa parallela «Salviamo un albero» la carta da riciclo abitualmente
utilizzata a scuola, assieme alla carta - perlopiù giornali e riviste -
portata dai bambini da casa, ha risparmiato come si diceva il taglio di otto
pioppi. Ogni 65 chili di carta - questo il calcolo - corrispondono a un
albero in meno da abbattere. La pesatura «pubblica» è stata inoltre
un'ottima occasione per un'estemporanea lezione di matematica: ogni bambino
salendo sulla bilancia con la carta tra le braccia, impersonava
nell'operazione di pesatura la tara, e dunque per stabilire il peso netto
della materia prima si è trovato alle prese con una sottrazione.
«Gli insegnanti della nostra scuola danno ampio spazio alle problematiche
ambientali - spiega Francesca D'Alessio, vicaria dirigente scolastica - e
cercano di inculcare negli alunni una coscienza in tal senso sia in classe,
sia partecipando a questo tipo di iniziative, anche se - aggiunge - ci
vorrebbe un po' di più attenzione da parte della pubblica amministrazione,
che dovrebbe rendere meno scomoda la raccolta differenziata». A Trieste
infatti la distribuzione degli appositi contenitori è ancora sporadica.
Patrizia Piccione |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 19 febbraio 2008
Visita ricognitiva in via
Errera di Janko Kramzar, direttore della lubianese Snaga: non escluse a
priori future collaborazioni con AcegasAps |
|
E sui
rifiuti i tecnici studiano l’inceneritore triestino - Costerebbe 250 milioni
la realizzazione in Slovenia di un impianto analogo |
Lubiana a scuola di smaltimento
dei rifiuti a Trieste. L’obiettivo: captare il know how di AcegasAps e
portarlo in Slovenia, dove già da tempo si sente la necessità di realizzare
un termovalorizzatore (che ancora non esiste in tutto il Paese) sullo stampo
di quello triestino.
Ieri pomeriggio il presidente di Acegas Massimo Paniccia e il direttore
generale Marina Monassi, assieme ai tecnici aziendali, hanno aperto le porte
dell’impianto di via Errera a Janko Kramzar, direttore della Snaga, società
pubblica che a Lubiana e in otto Comuni limitrofi gestisce lo smaltimento
dei rifiuti. È stata questa la tappa finale del tour triestino
dell’amministrazione lubianese, iniziato in mattinata con l’incontro tra
Roberto Dipiazza e il sindaco di Lubiana Zoran Jankovic.
In tutta la Slovenia, ad oggi, non esiste alcun termovalorizzatore e le
immondizie finiscono nelle discariche. Da qui la necessità di costruire una
centrale per il ciclo integrato dei rifiuti simile a quella triestina. «È da
mesi che giriamo l’Europa per osservare con che criteri vengono costruiti
questi impianti e come funzionano - ha spiegato il direttore di Snaga
durante la visita all’interno della struttura di via Errera -. In questo
modo possiamo raccogliere informazioni utili per la realizzazione di quello
che sarà il primo termovalorizzatore in Slovenia, dove si devono smaltire
quasi 400mila tonnellate annue di rifiuti».
Mettere in piedi un termovalorizzatore come quello di AcegasAps, con tre
linee che quotidianamente bruciano 500 tonnellate di rifiuti, producendo
energia (90 milioni di kilowattora) costerebbe circa 250 milioni di euro, e
ci vorrebbero almeno 4 anni. «Oggi abbiamo dato il via libera a un rapporto
di collaborazione con i colleghi sloveni - ha spiegato il numero uno di
Acegas Paniccia - che per il momento si limita a uno scambio di know how e
di esperienze. È un modo per collaborare su un tema chiave per il nostro
futuro come quello dello smaltimento dei rifiuti. In un secondo momento
questa collaborazione potrebbe anche evolvere e svilupparsi secondo nuove
direttrici, ma per il momento siamo partiti con la decisione di creare un
ponte tra le sue società per uno scambio costante di informazioni».
A suscitare interesse tra i dirigenti di Snaga, come emerso ieri durante
l’incontro, non ci sono solamente i lati pratici della costruzione e
gestione di un termovalorizzatore. «Siamo venuti qui a Trieste anche per
capire il percorso seguito da AcegasAps nella privatizzazione della società
e nello sbarco in Borsa - ha sottolineato Janko Kramzar -. Non è detto che
alla fine seguiremo la stessa strada, ma per noi è fondamentale trarre degli
insegnamenti dalle scelte vincenti e dagli errori commessi dagli altri. Ci
sembra che l’esperienza maturata da AcegasAps a Trieste, e più in generale
nel Nordest, sia estremamente positiva».
Lubiana, per il momento sta quindi solo muovendo i primi passi nella scelta
del sistema da adottare per il ciclo integrato dei rifiuti e la produzione
di energia. Il primo passo consisterà nell’individuare il luogo adatto. «In
un secondo momento decideremo come sviluppare l’impianto - ha affermato
ancora il direttore di Snaga -. Noi siamo propensi a costruire un
termovalorizzatore che, diversamente da quello triestino, smaltisca solo
rifiuti pretrattati».
Elisa Coloni |
Il parlamentino di S. Giacomo
- Barriera: «Più contenitori per la differenziata» |
|
Trieste con il suo 17,62%
risulta la maglia nera della raccolta differenziata in regione: raccolta che
va incentivata sostituendo, dove possibile, i raccoglitori generici con
quelli specifici di carta, plastica e vetro. Raccoglitori che soprattutto in
alcuni rioni sono insufficienti.
Lo afferma il consigliere circoscrizionale Silvio Dodini, che chiede di
affrontare con urgenza il problema soprattutto a San Giacomo e Barriera
Vecchia. In una mozione approvata giorni fa con 12 sì e due astensioni si
sottolinea anche come a Gorizia la raccolta specifica sia del 45,47%, a
Pordenone del 47,33 e a Udine del 32,86%. «Trieste - commenta Dodini - è
all’ultimo posto e i dati sono fermi praticamente da anni. Non voglio
pensare che la differenziata venga deliberatamente ignorata per favorire lo
smaltimento nel termovalorizzatore. Se si usassero i raccoglitori specifici
le ceneri dell’inceneritore ammonterebbero solo al 10% delle attuali, con
grande beneficio dell’aria e della tossicità e di conseguenza del tempo di
recupero biologico».
d.c. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 18 febbraio 2008
Interviene il ministero:
funzionari da Roma per salvare i colibrì |
|
Il titolare
dell’Ambiente Pecoraro Scanio ha inviato a Miramare una commissione che
accerti «le reali necessità economiche» per il mantenimento degli animali
I colibrì di Miramare non
moriranno: lo assicura il ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio in una
lettera inviata ad Aldo Cosentino, direttore della Direzione generale
«Protezione della natura» al ministero. «Occorre garantire in primo luogo la
salvaguardia e il benessere dei colibrì» scrive Pecoraro Scanio, e
«stabilire quali siano le reali necessità economiche per provvedere al
mantenimento degli animali» attraverso una «supervisione scientifica
qualificata».
E infatti, dopo pochi giorni dall'invio della lettera, la commissione
scientifica del ministero dell'Ambiente ha visitato per la prima volta il
Centro triestino, insieme a un funzionario del Corpo forestale dello Stato,
allo scopo di preparare due resoconti inerenti le attività di ricerca
scientifica e la cronistoria del progetto Perù, da consegnare poi al
ministro e alla Direzione generale. Coincidenza: durante il sopralluogo,
sotto gli occhi del direttore del Centro Stefano Rimoli e dei tecnici della
commissione, si sono schiusi gli ovetti di una piccola nidiata di colibrì,
la cui nascita era attesa soltanto in giorni successivi.
Il Centro è stato realizzato per conto dei Governi italiano, peruviano e
ecuadoriano allo scopo di creare delle riserve naturali sostenibili in Sud
America, oltre che per allevare nel parco di Miramare dei colibrì da
reintrodurre successivamente nel loro ambiente naturale. La struttura adesso
rischia la chiusura perché non ha ancora ricevuto i 127.120 euro promessi
per il progetto nel 2005 dal precedente governo. Nella lettera indirizzata a
Cosentino, Pecoraro Scanio chiede che venga fatta chiarezza sui rapporti tra
la Direzione ministeriale e il Centro triestino allo scopo di valutare
l'erogazione di eventuali e ulteriori contributi economici all'istituzione
scientifica. Il ministro chiede infine una spiegazione su un contributo di
centomila euro, erogato nel settembre 2005, in merito al quale la Direzione
non possiede prove delle attività realizzate e quindi delle spese sostenute.
Carte alla mano, il direttore del Centro di Miramare Stefano Rimoli
controbatte che i centomila euro del settembre 2005 «non hanno nulla a che
vedere col progetto Perù in quanto risalgono al settembre 2005 e fanno
riferimento ad un impegno dell'ex ministro dell'Ambiente Altero Matteoli del
4 ottobre 2004. Inoltre, la motivazione riportata per iscritto nel
contributo è relativa agli animali già ospitati nel parco e non si fa
menzione del Perù. Il documento letto in un servizio televisivo, in cui il
ministro Matteoli approva il progetto Perù, è del novembre 2005, ben due
mesi dopo».
Rimoli conclude ringraziando il ministro Pecoraro Scanio nella speranza che
«la Direzione amministrativa intervenga immediatamente, perché non c'è più
tempo e non possiamo aspettare ancora. Se gli animali oggi sono ancora vivi
lo si deve esclusivamente all'opera di quei missionari che hanno venduto i
beni personali per anticipare i contributi promessi e garantire la vita dei
colibrì e il mantenimento dei complessi ecosistemi ricreati nelle serre di
Miramare».
Linda Dorigo |
Discarica abusiva a
Trebiciano - Inerti e materiale di ogni genere lungo il percorso della pista
ciclabile |
|
Una vera e propria pattumiera
alla luce del sole a fianco di un tratto della frequentatissima stradina
ciclopedonale che dall’Obelisco porta sino alla Slovenia. E’ questo lo
spettacolo che escursionisti ma anche automobilisti si ritrovano sulla ex
statale 202, in quel tratto di carreggiata prossimo a innestarsi alla Grande
Viabilità e vicino al breve tratto asfaltato della già citata ciclo pedonale
che dal bosco circostante l’ex caserma Monte Cimone di Banne conduce
all’abitato di Trebiciano e al successivo sistema di sentieri che consente
di raggiungere il famoso abisso e il vicino confine sloveno. Proprio a
fianco della breve bretella che, in leggera salita, porta al ponte, i soliti
ignoti – vandali, maleducati, insensibili pirati dell’ambiente – hanno
depositato i resti delle proprie attività. Tra gli arbusti e gli alberi
ancora spogli, nella sottostante scarpata, cumuli di immondizia
differenziata: ammassi di materiali edilizi tolti di fresco da qualche
costruzione in restauro, infissi arrugginiti e scassi, sanitari rovinati. E
ancora pneumatici, gli immancabili elettrodomestici ormai sfiniti,
probabilmente anche dei resti di Eternit. Il solito cimitero di prodotti di
una civiltà sempre più invadente nei confronti di un bosco sempre poco
protetto. A poco servono le segnalazioni di singoli cittadini e quelle che
già da tempo sono arrivate dalla seconda circoscrizione decentrata,
competente per questa fetta di territorio.
L’altipiano carsico continua a essere una delle mete preferite di quella
massa di incoscienti padroncini che piuttosto che rivolgersi a uno dei
diversi centri di raccolta disseminati lungo il territorio comunale,
preferiscono scaricare i resti delle proprie lavorazioni in uno dei tanti
spazi verdi del circondario. E pensare che a nemmeno un paio di chilometri
di distanza, a Opicina, funziona tutta la settimana un centro di raccolta di
rifiuti ingombranti aperto ininterrottamente dalle 7 del mattino alle 19.
Uno smacco pure per il Comune, che ha completato a fatica il percorso solo
da qualche anno, e che già si ritrova completamente rovinato un tratto di
strada troppo in evidenza per non meritare un pronto intervento di bonifica.
Oltre alla pedonale, la brutta discarica è visibile anche dai tanti
automobilisti che si immettono sul tratto autostradale. Un biglietto da
visita davvero poco edificante per una città che ormai si candida a
capoluogo di un Euroregione, a poca distanza dagli ormai obsoleti confini
che la separano dalla Slovenia, e che intende diventare un punto di
riferimento sulle rotte di un turismo diverso. Quello che è sempre più
incuriosito dalle preziose peculiarità ambientali e storiche di un Carso che
vorrebbe pulito e ben coinservato.
m.l. |
Alberi abbattuti |
|
La villa Engelmann rappresenta
una piccola oasi verde gradualmente soffocata dal cemento delle case
circostanti. Ha due ingressi aperti al pubblico: il principale in via
Chiadino, un altro in via dei Porta.
Grazie all’omaggio del Rotary Club di Trieste al Comune di Trieste, fanno
bella mostra di sé in tali ingressi due cartelli metallici con la scritta:
«Il verde, bene prezioso di tutti, rispettarlo non costa nulla».
Alcuni vandali buontemponi hanno voluto imbrattare da vecchia data quello di
via dei Porta con vernice spray nera per coprire le parole «rispettarlo» e
«non». I vandali si sono limitati a non rispettare un cartello.
Altri, certamente non vandali in quanto addetti alla manutenzione, hanno
abbattuto alcuni alberi di alto fusto (precisamente alberi di alloro «laurus
nobilis») sempreverdi.
Mi sono accorto di tale misfatto lunedì 11 febbraio. Chiedo a chi di
competenza quali motivi hanno indotto a prendere una così grave decisione.
Ho potuto constatare che erano stati tagliati, tra gli altri, tre alberi
situati nella zona più alta del parco, in prossimità del confine.
Precisamente: due alberi aventi il diametro del tronco di 26 cm cadauno,
distanti rispettivamente dal confine m 1,90 e m 2,50; l’altro con il
diametro di 23 cm, distante dal confine m 1,20.
Quanti metri cubi di ossigeno abbiamo perso in seguito a tale abbattimento?
Gli abitanti delle case prospicienti dovrebbero protestare più di tutti gli
altri, perché in cambio di una «vista mare» hanno dovuto rinunciare ai
benefici della funzione clorofilliana con tutto l’apporto di ossigeno
vitale.
Ma l’ossigeno non si vede!
Savino Pelloni |
LA REPUBBLICA -
DOMENICA, 17 febbraio 2008
AMBIENTE: entro il
2020 più operai che alla Fiat - l'altra faccia dell'industria verde
Non solo
ambiente: la rivoluzione delle rinnovabili promette grandi benefici
occupazionali- Con gli obiettivi dell'Unione europea, 250 mila nuovi posti da
solare, eolico ed efficienza
In Germania è un business che già
impiega oltre 200 mila lavoratori - L'esperto: "Ma anche in Italia è tutto un
fiorire di nuove imprese e servizi"
ROMA - Effetti collaterali: oltre 250 mila nuovi posti di lavoro
entro il 2020, circa centomila in più della Fiat e 25 mila in più di Telecom e
Poste Italiane messe insieme. Dei benefici climatici e ambientali della
rivoluzione verde conosciamo ormai tutto, molto meno sappiamo dei vantaggi
occupazionali che avrebbe il Paese puntando su rinnovabili ed efficienza
energetica.
La promessa di Barroso. Nelle settimane scorse annunciando i dettagli del
piano "20-20-20" per aumentare del 20% entro il 2020 l'efficienza energetica e
la produzione da fonti rinnovabili, il presidente della Commissione europea Josè
Manuel Barroso ha promesso che nel raggiungere questi obiettivi verrà creato "un
milione di nuovi posti di lavoro". Numeri pesanti per un Continente dove lo
spettro della disoccupazione rimane sempre in agguato. Facile promessa o
un'affermazione fondata?
Il rebus delle statistiche. Fare proiezioni precise è difficile perché
statistiche ufficiali non ce ne sono e delimitare con esattezza il campo
dell'industria delle rinnovabili e dell'efficienza energetica non è semplice.
Nella generale nebbia dei numeri, almeno un faro a cui gli entusiasti del futuro
rinnovabile possono lasciarsi guidare però c'è. In Germania, unico paese ad aver
pianificato con la solita precisione la crescita del settore, lo sviluppo delle
fonti alternative ha già portato alla nascita di oltre 200 mila posti di lavoro.
Seguendo la Germania. "Quello che sono riusciti a fare è impressionante",
dice Arturo Lorenzoni, docente presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica
dell'Università degli Studi di Padova. "In Germania - ricorda - nel 2006 le
rinnovabili contavano 214mila addetti, con un +36% rispetto al 2004".
Programmando e puntando ormai da diversi anni su questa scommessa, Berlino ha
creato statistiche ad hoc. In Italia invece, ricorda Lorenzoni, "manca
un'anagrafe generale dell'industria delle rinnovabili che non viene considereta
una categoria a sé".
Fotovoltaico per tutti. Per cercare di capire cosa accadrà seguendo le
indicazioni del "20-20-20" non resta che aggregare studi di settore. Fissando
come scadenza il 2020, l'espansione maggiore dovrebbe averla il solare
fotovoltaico. La Gifi, il Gruppo imprese fotovoltaiche italiane, si affida alle
tabelle della Commissione Nazionale energia solare del Ministero dell'Ambiente,
per stimare nel giro di 12 anni un balzo dagli attuali 3.000 impiegati (1.700
nella sola produzione) a quota 113mila. Tanti quanti ne richiederebbe lo
scenario più roseo messo in preventivo, ovvero una crescita di potenza in grado
di soddisfare il 7% degli attuali fabbisogni elettrici.
I numeri dell'eolico. Subito dietro, a leggere i dati dell'Anev, viene
l'eolico. "Oggi il settore conta più o meno 10 mila addetti tenendo conto
dell'intera filiera del processo produttivo e gestionale, ma nel 2020,
raggiungendo l'obiettivo di 16mila Mw installati, dovrebbe occupare 66mila
persone", spiega Simone Togni, il segretario generale dell'Associazione
nazionale energia del vento.
Più efficienza, più lavoro. Valori simili a quelli che promette di creare
il risparmio energetico. A sbilanciarsi in proiezioni in questo caso è
Greenpeace nel dossier del 2007 "La rivoluzione dell'efficienza". La ricerca
quantifica innanzitutto il volume di investimenti in efficienza convenienti
economicamente, fissando la cifra per il periodo 2007-2020 a quota 80 miliardi
di euro. Stanziamenti che produrrebbero "occupazione per un valore medio di
63.000 unità". Aggiungendo altri 12 mila nuovi lavori, la quota italiana dei 300
mila che secondo le stime dell'Unione Europea verranno creati dalla filiera
delle biomasse, si arriva a un totale di 254 mila occupati.
Rapporti convenienti. Un risultato straordinario che verrebbe raggiunto
solo se si avverassero tutte le previsioni più positive, ma pur facendo una
certa tara all'ottimismo, sulle potenzialità della scommessa non sembrano
esserci dubbi. Anche perché, pur con valori diversi, tutti gli studi sono
concordi nel riconoscere alle rinnovabili un rapporto tra megawatt installato e
posti di lavoro creati decisamente più alto rispetto alle fonti tradizionali. "I
numeri forniti dalla Iea - dice Lorenzoni - parlano di 12 persone impiegate per
ogni Mw eolico installato, mentre in una centrale a ciclo combinato a gas, che
sia da 800 o da 400 Mw, lavorano in tutto 30 o 40 addetti, ai quali vanno
aggiunti quelli impegnati nei servizi che vengono esternalizzati".
Ancora più allettanti le promesse del fotovoltaico, che stando ad alcuni studi
curati dagli industriali tedeschi per ogni Mw prodotto ha bisogno di dieci
operai, ai quali vanno aggiunti altri 33 addetti durante il processo di
installazione.
La scommessa del Nordest. Sembrano traguardi ambiziosi e proiezioni
iperottimistiche, ma chi come il professor Lorenzoni si occupa da anni della
materia e vive nel cuore pulsante dell'imprenditorialità italiana, li ritiene
sostanzialmente realistici. "Qui in Veneto - dice - è già partita la gemmazione
di produzioni e servizi legati alle rinnovabili. Penso alla lavorazione del
silicio, ma anche al settore elettromeccanico vicentino, leader in Italia, che
si sta riconvertendo all'eolico. Nuove attività stanno sorgendo anche nel
Trevigiano. Molte realtà sono già operative sul campo e lo stesso sta avvenendo
in Lombardia". "Questa nuova imprenditorialità - sottolinea ancora Lorenzoni -
non è un miraggio, ma una realtà, anche se in una fase ancora pionieristica".
Ci credono anche i big. Il dinamismo del Nordest e la sua capacità di
fiutare gli affari sono note, ma segnali importanti arrivano da tutto il Paese.
Dalla sua roccaforte delle Marche, un colosso come la Merloni Termo Sanitari sta
ad esempio rapidamente puntando nella direzione del solare termico, settore
importante che si intreccia però con attività tradizionali, rimanendo
inevitabilmente fuori dalle statistiche citate sin qui. "MTS Group - spiega il
direttore marketing Giorgio Scaloni - già da alcuni anni sta intensificando il
suo impegno nello sviluppo di questa tecnologia in forte espansione di mercato.
Con i nostri marchi siamo tra i leader nel solare termico in molti paesi Europei
(Italia, Germania, Francia) e abbiamo una forte presenza anche in paesi
extraeuropei, con attività produttive e commerciali di India e Cina".
"Per quanto riguarda le prospettive occupazionali - prosegue Scaloni - il nuovo
sito produttivo marchigiano dovrebbe arrivare ad occupare in un triennio circa
il 5% del totale forza lavorativa italiana del gruppo, oggi pari a circa 1.600
unità".
Occupazione su tutto il territorio. Dal Veneto, alle Marche, scendendo
giù fino alla Puglia, dove sorge lo stabilimento italiano della Vestas, uno dei
più grandi produttori mondiali di pale eoliche, l'industria delle rinnovabili
offre anche il vantaggio di una presenza distribuita. "Per entrare in questo
settore - osserva Lorenzoni - non occorre essere un colosso e neppure possedere
un livello tecnologico esasperato. Le capacità manifatturiere sono quelle che
già abbiamo, con una produzione che calza al modello di piccola media impresa
tipicamente italiano. Nel business inoltre viene coinvolta una molteplicità di
soggetti e la diffusione ha una importante ricaduta sul territorio". La nuova
economia insomma è verde, ma è già matura per essere colta.
VALERIO GUALERZI
IL PICCOLO -
DOMENICA, 17 febbraio 2008
Napoli, caos rifiuti: nessuna
discarica può essere riaperta |
|
NAPOLI Salta il piano-discariche
del supercommisario De Gennaro. «La gente di qui aveva ragione», ha detto De
Gennaro confermando che tutte, da Pianura a Parapoti, da Difesa Grande a
Villaricca fino a Lo Ettaro, tutte devono essere bonificate. Alla
conclusione, inaspettata anche per gli addetti ai lavori, il
supercommissario è giunto dopo aver fatto ricontrollare dai tecnici del
genio militare, in accordo con le procure ove vi sono inchieste in corso,
tutte le vecchie discariche. Una dopo l’altra il supercommissario le ha
dovute dunque cancellare dal piano che aveva disegnato per liberare le
strade dalle tonnellate di spazzatura accumulata. Gli accertamenti tecnici
hanno rivelato infiltrazioni di percolato ovunque, discariche abusive a
ridosso di quelle ufficiali, rischi gravi di crolli. Insomma, tutto da
rifare. |
IL PICCOLO -
SABATO, 16 febbraio 2008
L’Area Science Park:
«Chiederemo agli sloveni di costruire insieme impianti per energia
fotovoltaica» - Il sindaco di Lubiana a Trieste:
incontro con economia e scienza |
|
Lunedì
pomeriggio Jankovic sarà ricevuto anche da Illy, firmerà lo storico accordo
di collaborazione con Dipiazza e visiterà il termovalorizzatore
Il sindaco di Lubiana Zoran
Jankovic a passeggio sulle Rive di Trieste «sottobraccio» a Roberto Dipiazza.
È la scena storica alla quale tutti i cittadini potranno assistere lunedì
subito dopo che i massimi rappresentanti di queste due città avranno firmato
un accordo epocale per collaborazioni nei campi dei servizi (rifiuti in
particolare) e tra i rispettivi parchi scientifici, atenei, teatri, comparti
economici. Poi incontreranno gli esponenti della Trieste imprenditoriale e
scientifica.
Poco dopo le 16 i due sindaci usciranno dal municipio, atraverseranno piazza
Unità e s’incammineranno lungo il waterfront. Dipiazza indicherà al collega
la Marittima con il suo uso crocieristico e congressuale, l’hotel Savoia in
restauro, l’ex Pescheria trasformata in Sala da esposizioni, il Magazzino
vini dove stanno per partire i lavori di riconversione. Poi i due sindaci
attravereranno piazza Venezia e raggiungeranno il Museo Revoltella.
Jankovic sarà accompagnato da Mileva Blasic assessore e Tjasa Ficko
responsabile pr del Comune di Lubiana, dal direttore della Snaga (la
municipalizzata slovena dei rifiuti) Janko Kramar, dal direttore del
Festival estivo di Lubiana Darko Brcek, oltre che dal console generale di
Slovenia a Trieste, Joze Susmelj. Appena giunto in città, alle tre del
pomeriggio, verrà subito ricevuto dal governatore dimissionario del Friuli
Venezia Giulia, Riccardo Illy nel palazzo appena reinaugurato della Giunta
regionale. Quindi si trasferirà in municipio dove firmerà il libro d’onore
prima di trattenersi brevemente a colloquio riservato con il sindaco
Dipiazza nel Salotto azzurro.
A questo punto i due sindaci raggiungeranno il Revoltella. Jankovic troverà
ad attenderlo una schiera d’autorità formata oltre che dagli assessori
comunali Maurizio Bucci e Paolo Rovis, dal presidente della Camera di
commercio Antonio Paoletti, dal rettore Francesco Peroni, dal presidente di
Acegas-Aps Massimo Paniccia, dal responsabile delle relazioni internazionali
di Area science park Gabriele Gatti, dal direttore del Teatro stabile
Antonio Calenda e dal direttore del Teatro sloveno di Trieste, Boris Kuret.
Con questi esponenti dei mondi economico, accademico, scientifico e
culturale, nella Sala baronale, saranno esaminate le varie possibilità di
collaborazioni. L’accordo di collaborazione verrà firmato nella Sala azzurra
dove vi sono testimonianze pittoriche che richiamano agli Asburgo il che,
come del resto il palazzo stesso, rimanderà simbolicamente all’epoca in cui
Trieste e Lubiana facevano parte di un unico territorio che ora con la
caduta dei confini e l’allargamento dell’Europa si è in qualche modo
nuovamente creato. Jankovic inconterà anche una delegazione di
rappresentanti della comunità slovena di Trieste che saranno accompagnati
anche dal vicario episcopale per gli sloveni Francesco Voncina. Nella Sala
grande dei concerti i due sindaci terranno una conferenza stampa.
Infine, alle 18 l’uscita verso l’unica visita esterna prevista dal
protocollo: al termovalorizzatore che costituisce uno dei problemi più
pressanti per l’amministrazione lubianese che non ne possiede uno. Anche se
può sembrare paradossale dato quello che sta succedendo in Campania gli
sloveni verranno a prendere lezioni in Italia sul trattamento dei rifiuti.
«Zagabria ha individuato un terreno per costruire il termovalorizzatore e ha
stanziato 170 milioni di euro - spiega l’assessore Rovis - ma Lubiana non è
ancora nemmeno a questo punto e si serve solo delle discariche. Trieste ha
un’esperienza che data dai primi del Novecento con un’inceneritore costruito
dall’Austria e ha inaugurato questo nuovo impianto nel 1999, aggiungendovi
la terza linea nel 2004. Con Lubiana - aggiunge - tratteremo anche le
questione delle bonifiche, delle problematiche aziendali, del mercato
immobiliare, considerando che siamo due città di dimensioni simili ora
distanti appena 40 minuti di macchina».
«Agli sloveni - spiega Carlo Gatti di Area science park - proporremo tra
l’altro di partecipare alla realizzazione di un Polo tecnologico all’autoporto
di Gorizia con la costruzione di un impianto pilota per la produzione di
energia fotovoltaica, eolica e delle biomasse».
Silvio Maranzana |
AcegasAps investe
sull’ambiente con la creazione di NestAmbiente: dalle bonifiche ai rifiuti
pericolosi - Presentata la nuova società con sede a Padova
|
|
Il cda ora
passa da 17 a 9 membri Godina: «Un’intesa che garantisce tutti»
TRIESTE AcegasAps si lancia alla
grande nei servizi ambientali. La multiutility quotata in Borsa continuerà a
gestire i rifiuti urbani, mentre bonifiche, rifiuti speciali, disinfezioni e
disinfestazioni saranno gestiti, d’ora in avanti, dalla società NestAmbiente,
con sede a Padova, i cui servizi sono stati presentati ieri nella città
veneta.
Nei programmi di NestAmbiente c’è anche il possibile intervento per le
bonifiche del Sito inquinato di Trieste. Infatti Aps Padova, che qualche
anno fa ha dato vita con Acegas alla multiutility, ha una lunga esperienza
nella bonifica di stabilimenti industriali, avendo iniziato ad operare in
questo settore già alla fine degli anni ’80.
Il cda di Nestambienbte è presieduto da Domenico Minsaola, vicepresidente di
AcegasAps. Vicepresidente è Aldo Bottin, già componente dei cda di AcegasAps
ed Estenergy, mentre Aldo Fontana, consigliere della multiutility, riveste
lo stesso ruolo nel consiglio di NestAmbiente. Direttore generale della
società è l’ing. Giuseppe Righetti, a capo della divisione ambiente di
AcegasAps per l’area di Padova.
«La nuova società è specializzata nel fornire servizi a soggetti pubblici e
privati, famiglie, piccole imprese, grandi aziende ed enti locali - ha
spiegato il presidente Minasola –. Una società piccola, agile, pronta a
intervenire in molteplici ambiti, quali bonifica da radon, amianto, e di
cisterne e serbatoi, gestione di rifiuti speciali pericolosi e non
pericolosi, pulizia di aree coperte e scoperte, pulizia periodica degli
uffici, disinfestazione e dezanzarizzazione, e derattizzazione».
«In particolare - ha sottolineato Minasola - per tutti questi ambiti
offriamo anche un servizio ”chiavi in mano” di Global service ambientale,
che ha lo scopo di venire incontro alle esigenze di tutti quei clienti che
devono affrontare contemporaneamente più problemi e necessitano di soluzioni
e interventi articolati, non solo nel Veneto ma in tutta Italia».
NestAmbiente, che ha già ottenuto la certificazione di qualità ISO 9000:2000
e la certificazione ambientale ISO 14001, è in grado quindi di fornire
servizi che rispettano gli standard fissati della normativa, garantendo, ad
esempio, destinazioni certe per i rifiuti gestiti.
Per quanto riguarda i rifuti speciali, pericolosi e non pericolosi, la nuova
società del gruppo AcegasAps gestisce un impianto di stoccaggio per rifiuti
speciali, pericolosi e non pericolosi, quali farmaci, pile, batterie, oli
minerali e vegetali, cemento amianto. L'impianto è costituito da un
capannone di circa 3 mila metri quadrati, e da alcune aree per la
movimentazione mezzi. I rifiuti sono stoccati in aree definite e
compartimentate, in modo da evitare qualsiasi contatto.
gi. pa. |
L’Europa «s’illumina di meno»
per rispettare l’ambiente: al buio Colosseo e Torre Eiffel - In Italia
risparmiati 400 Megawatt |
|
ROMA Luci spente all'unisono ai
quattro angoli dello stivale e nelle grandi capitali europee per «M'illumino
di meno», la campagna internazionale all'insegna del risparmio energetico
lanciata dalla trasmissione radiofonica Caterpillar di Radiodue. Contando
solo l'Italia, Terna alle 18 ha registrato un taglio di energia di 400
Megawatt, pari al consumo di circa 7 milioni di lampadine. Segno che la
campagna ha centrato l'obiettivo anche nel 2008, con 100 megawatt
risparmiati in più rispetto all'edizione 2007. Il buio è sceso al Colosseo
come in cima alla Tour Eiffel, sulla ruota panoramica del Prater di Vienna e
nel Foreign Office di Londra, oltre al ministero dell'Ambiente di Dublino,
al Quirinale, sul Duomo di Milano e a Piazza San Marco a Venezia. Black out
volontario anche per il Castello di Edimburgo, città gemellata dal '94 con
Kyoto, la patria del Protocollo salva-clima che festeggia l'entrata in
vigore avvenuta il 16 febbraio 2005. Luci spente anche per la storica
collina di Likavettos, l'altura di Atene che supera in altezza l'Acropoli
sulla quale sorge il Partenone. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 15 febbraio 2008
Legambiente sollecita la
Regione a multare i Comuni poco ricicloni
La strada intrapresa da Monfalcone e dal resto
della provincia di Gorizia in materia di gestione dei rifiuti è obbligata.
Lo dimostra non solo l'emergenza Campania, ma anche quella che sta vivendo
il Friuli a causa dell'esaurimento della discarica di Trivignano Udinese, di
proprietà del Csr. È questo il parere di Stefano Ciafani, responsabile
scientifico nazionale di Legambiente, che ieri ha partecipato al convegno
«Uso Riuso Riciclo» all'interno di Innovaction a UdineFiere. «Eppure in
questa regione non ci si deve inventare niente - sottolinea Ciafani -,
perché basta guardare alle esperienze del Veneto e, un po' più in là, in
Lombardia, dove oltre dieci anni fa ci si è mossi a fronte della chiusura di
discariche e delle emergenze che ne sono nate, grandi e piccole». La sfida
però adesso, secondo Ciafani, si gioca a livello regionale. Legambiente
ritiene che la nuova giunta dovrà mettere mano al piano regionale rifiuti,
ormai datato rispetto la legge del 2006 che ha portato il tetto di raccolta
differenziata da raggiungere entro il 2012 al 65%. Un obiettivo che a
Monfalcone è ben presente e che, in sostanza, ha convinto maggioranza e
minoranza a trovare un'intesa per far funzionare il sistema di raccolta
porta a porta al meglio. Va da sé che la Regione dovrebbe però finalmente
decidersi a mettere in atto, come sottolinea il responsabile scientifico di
Legambiente, un sistema di penalità per i Comuni che non riciclano e di
premi per quelli che lo fanno. «Applicando penalità e premi la Sardegna è
passata in tre anni dal 3 al 30% di raccolta differenziata», sottolinea
Ciafani, che spiega come le penali incassate servano poi a finanziare i
progetti dei Comuni «ricicloni»della frazione secca ricilabile o di
compostaggio dell'umido o azioni per la riduzione della produzione di
rifiuti. «La Regione dovrebbe avere coraggio anche su questo fronte - dice
Ciafani -, perché troppo spesso ci si dimentica che è possibile ed è
doveroso agire anche su questo fronte». Stando a un esperimento condotto
dall'associazione, solo eliminando l'acqua in bottiglia, privilegiando
verdura e legumi freschi, non scegliendo cibi precotti, usando le ricariche
dei detersivi è possibile produrre due chilogrammi di rifiuti in meno alla
settimana. «È questa la strada e non quella di costruire nuovi inceneritori
- conclude Ciafani - il cui utilizzo diventerà sempre più costoso perché
verranno meno gli incentivi pubblici. Riciclare si può e Trieste e Udine
dovrebbero capirlo, viste le esperienze di Milano, Torino e ora anche di
Roma. Raggiunto il 65% di differenziata, l'inceneritore di Trieste sarà
sufficiente per tutta la regione».
la. bl.
Wwf all’attacco: no
all’autorizzazione regionale alla Ferriera |
|
Secondo gli
ambientalisti le emissioni di inquinanti sono all’ordine del giorno. L’Aia
non ha fissato parametri e scadenze
Il Wwf di Trieste esprime un
secco «no» all’autorizzazione integrata ambientale (Aia) concessa dalla
Regione alla Ferriera di Servola.
Sono stati il responsabile della sezione inquinamento dell’organizzazione
ambientalista, Fabio Gemiti, e il presidente provinciale, Carlo Dellabella,
a motivare e spiegare nei dettagli le argomentazioni alla base di questa
netta opposizione.
«Per poter dare tale autorizzazione – ha detto il primo – non dovrebbero
verificarsi significativi fenomeni di inquinamento, che invece sono
all’ordine del giorno. In secondo luogo – ha aggiunto – nonostante
all’interno dello stabilimento si utilizzino da anni le migliori tecnologie
disponibili, il quadro ambientale nei pressi della Ferriera è gravemente
alterato».
«Infine – ha concluso Gemiti – l’Arpa ha dichiarato che, in assenza di un
piano regionale di qualità dell’aria, non sarà in grado di valutare se il
quadro emissivo sia o meno compatibile con il territorio sul quale lo
stabilimento si colloca».
In un documento dell’Arpa dello scorso ottobre si afferma inoltre che «il
quadro ambientale manifesta attualmente condizioni di sicura criticità».
Dellabella ha espresso questo commento: «L’Aia concessa dalla Regione
consente di procrastinare, di tirare ancora per le lunghe, senza stabilire
modalità e tappe precise, improrogabili. Tutto ciò – ha continuato il
presidente provinciale – appare inaccettabile, prima di tutto per i
cittadini, minacciati nel loro bene primario, che è la salute. A tutto
questo va sommato il fatto – ha evidenziato – che la proprietà della
Ferriera non ha ancora completato seri investimenti, finalizzati alla
riduzione dell’inquinamento ambientale entro limiti accettabili. A Servola –
ha concluso Dellabella – si continuano a registrare pericolosi valori di
inquinamento, ma nonostante tutto la Regione ha dato la concessione che noi
contestiamo».
u. s. |
Torna la pesca a strascico
nel Velebit - Dopo 15 anni consentito nel Canale l’uso delle reti
trainate per la cattura dell’azzurro |
|
Zagabria
revoca il divieto introdotto per difendere il patrimonio marino mentre al
largo vuole introdurre la zona di tutela ittico-ecologica
FIUME Le barche da pesca croate
tornano a calare le loro reti a strascico nel canale del Velebit, il braccio
di mare che va da Veglia fino a Starigrad – Paklenica, alle spalle di Zara,
parallelamente alla costa, e dove il fermo biologico per questo tipo di
imbarcazioni era stato introdotto nell’ormai lontano 1993. Il divieto di
usare le reti a strascico pelagiche e di fondo adottato 15 anni fa
rispondeva all’allarme lanciato dai biologi marini su un drastico
impoverimento ittico nell’area. La misura preventiva è stata ora tolta per
le cosiddette strascicanti pelagiche, ossia per le imbarcazioni attrezzate
per la pesca del pesce azzurro minuto (sardelle, papaline e acciughe). Resta
in vigore, invece, l’esclusione delle reti a strascico vere e proprie, che
«arano» i fondali e gli esperti ritengono essere l’autentica iattura per il
mare Adriatico.
La riapertura del canale del Velebit è stata accolta con soddisfazione dai
proprietari istriani e quarnerini delle «cocie» (questo il nome croato per
le strascicanti) pelagiche, che possono così tornare in massa in questo
specchio di mare anche se solo per la pesca dell’azzurro. In realtà la zona
presenta due specie dominanti: gli scampi e i naselli, con rane pescatrici,
pagelli, moli, polpi e triglie a fare da degno contorno. E i proprietari dei
pescherecci con reti a strascico ora confidano che prossimamente saranno
tolti tutti i divieti e che potranno tornare ad esercitare l’ attività dopo
ben tre lustri di fermo biologico.
Secondo Ante Fabijanic, presidente della sezione pesca della Contea di Zara,
l’aver proibito alle reti a strascico di «grattare» i fondali antistanti la
catena del Velebit sarebbe addirittura dannoso per l’habitat marino: «In
tutti questi anni il fondale è stato ricoperto di rami, foglie e altro
materiale che viene portato in mare dal vento di bora – ha dichiarato ai
giornalisti – e tutto ciò ha danneggiato diverse specie, soprattutto gli
scampi e i naselli, ormai quasi scomparsi. I nostri attrezzi da pesca
ripuliranno i fondali, facendovi tornare la vita».
Questa opinione viene però confutata dai biologi, che la reputano
assolutamente infondata, convinti che le reti a strascico costituiscano
invece un grave danno per l’ambiente. Da qui la decisione del ministero
dell’Agricoltura e pesca di una revoca solo parziale del fermo pesca nel
canale.
E mentre si fa un gran parlare della necessità di limitare le attività di
pesca nella Zerp, la Zona ittico–ecologica in Adriatico, gli esperti croati
lanciano un nuovo allarme. La pesca intensiva, secondo i responsabili dell’
Istituto oceanografico di Spalato, hanno portato ad una sensibile
diminuzione della biomassa di diverse specie. In primis, di pagelli, pesci
San Pietro, razze, naselli e scampi, che nei prossimi anni potrebbero
addirittura scomparire da queste acque. Il rischio di estinzione riguarda
pure il sarago pizzuto, il sarago fasciato, la tanuta, il sarago maggiore,
l’orata, il branzino, la cernia, il rombo e la sogliola. Notizie
rassicuranti invece per alcune specie definite molto resistenti, come polpi,
gamberi, totani, triglie, moli e menole. E ci si domanda anche fino a quando
il canale del Velebit potrà essere sfruttato ancora.
Andrea Marsanich |
mail dal ministero dell'ambiente sui
colibri' -
GIOVEDI', 14 febbraio 2008
Abbiamo ricevuto davvero tantissime
mail per chiedere al Ministro di salvare i colibrì ospitati nel Centro di
Miramare a Trieste. Ringraziamo tutti, perché riteniamo estremamente positiva
una mobilitazione così ampia a sostegno dei diritti dei nostri amici animali.
Ora vogliamo rispondere a tutti.
Come sapete, tutto è nato da una
segnalazione fatta al Ministro un paio di settimane fa dalla trasmissione ‘Le
Iene’ di Italia 1 (qui il bel servizio:
http://www.video.mediaset.it/video.html?sito=iene&data=2008/01/25&id=4364&categoria=&from=iene
) nella quale si affermava che il precedente Ministro, senatore Altero Matteoli,
avrebbe promesso dei contributi al Centro ma non li avrebbe mai erogati.
Il Ministro Alfonso Pecoraro Scanio
- che non era a conoscenza della vicenda - ha subito chiesto alla Direzione
Generale Protezione Natura del Ministero tutta la documentazione relativa al
rapporto tra il Centro e il Ministero.
Alla luce delle carte in nostro
possesso emerge in verità una situazione complessa e di non semplice
definizione.
Comunque
sia, il Ministro Pecoraro Scanio ha dato disposizioni alla Direzione Generale -
al di là di ogni valutazione sul rapporto pregresso - di garantire in prima
battuta e urgentemente il benessere e la salvaguardia dei colibrì, di fronte ad
una situazione denunciata di grave emergenza. La Direzione si sta muovendo in
queste ore.
Contestualmente
il Ministro ha chiesto alla Direzione di operare con la massima trasparenza e
nel rigoroso rispetto delle norme che regolano le modalità di contribuzione di
denaro pubblico e delle leggi per la tutela degli animali.
E proprio nell’ottica della massima
trasparenza, alleghiamo il testo integrale della lettera a firma del Ministro
inviata nei giorni scorsi alla Direzione Generale per la Protezione della
Natura.
Grazie ancora a tutti per la grande
sensibilità dimostrata.
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 14 febbraio 2008
Muggia, lampade ecologiche e
meno sprechi - Punti luce aumentati e ottimizzati. Nel 2008
manutenzioni per 316mila euro |
|
L’obiettivo
è di ridurre il consumo energetico del 10% entro due anni. Veronese:
«Troviamo un equilibrio tra richieste d’illuminazione e costi»
MUGGIA Il Comune di Muggia punta
a una riduzione dei consumi energetici. Sono previste sostituzioni di
lampadine sulle pubbliche vie, impianti temporizzati o attivabili con
sensori ma anche l’uso di pannelli fotovoltaici. L’illuminazione pubblica su
strada a Muggia è gestita (quasi a metà) tra AcegasAps ed Enel Sole. La rete
pubblica è suddivisa tra 25 quadri elettrici dislocati sul territorio.
In alcune zone, come in centro e largo Caduti per la Libertà, è attivo un
sistema di regolatore di flusso: abbassa la tensione in certe ore per
ridurre anche del 30% i consumi. I punti luce sono stati aumentati nel 2007
(oltre 160 in più) e per il 2008 è prevista una spesa di 96 mila euro per
manutenzioni ordinarie degli impianti e di 220 mila per le straordinarie. Di
questi, 130 mila andranno per il rifacimento di punti luce. La spesa
affrontata dal Comune nel 2007 per l’energia elettrica (solo per
l’illuminazione pubblica, esclusi gli edifici) è stata di 185 mila euro.
L’assessore Piero Veronese spiega: «Puntiamo ora a sostituire le lampadine
che consumano di più con altre a maggior rendimento ma minore consumo. Si
tratterà di trovare un equilibrio tra le richieste d’illuminazione dei
cittadini e il contenimento dei costi». Il Comune, in quest’ottica di
contenimento dei consumi, partecipa venerdì alla giornata intitolata
«M’illumino di meno», promossa dalla trasmissione radiofonica «Caterpillar»
in occasione della Giornata mondiale del risparmio energetico. Aderendo
all’invito di diminuire i consumi in eccesso e mostrare all’opinione
pubblica come un altro utilizzo dell’energia sia possibile, il Comune di
Muggia provvederà a spegnere le luci che illuminano il Castello dalle 18 del
15 febbraio alle 7 del 16 febbraio. Il sindaco Nesladek afferma: «Si tratta
di una partecipazione simbolica a questa iniziativa nazionale ma è anche un
segnale del nostro impegno a favore del risparmio energetico. Ci stiamo
occupando della razionalizzazione delle spese a partire dall’illuminazione
pubblica. Per le nuove opere pubbliche, come i Giardini Europa, pensiamo a
fonti d’energia rinnovabile, come quella dei pannelli solari. Nei luoghi di
scarso passaggio è previsto l’uso di sensori, che accendano la luce per
qualche minuto solo se passa qualcuno». Ma a Muggia si prevede un uso anche
più ampio dei pannelli fotovoltaici. «Saranno installati su edifici pubblici
che già si prestano a questo tipo d’impianti, come i magazzini di via di
Trieste, che hanno il tetto a terrazza – così Nesladek -. Ma anche alla
scuola media. Parleremo poi con l’Ater per installare pannelli nel rione di
Zindis per illuminare le parti comuni. L’idea è di raggiungere, entro due
anni, una riduzione significativa, almeno del 10%, del consumo energetico.
Con uno studio globale decideremo come e quali interventi attuare per
ridurre i consumi energetici nelle strutture comunali».
s.re. |
Via libera al centro
commerciale nell’area ex «Aquila» - Il Consiglio
comunale di Muggia approva la variante al Piano del commercio. «Sì» anche
alla bonifica del Sito inquinato |
|
MUGGIA Nuovo via libera al
centro commerciale in area ex Aquila.
Il Consiglio comunale di Muggia ha adottato ieri una nuova variante al Piano
del commercio e al Piano regolatore per permetterne la realizzazione. Un
atto già adottato con urgenza nel febbraio del 2006 (si era alla fine del
mandato precedente e si sarebbe rischiato un allungamento eccessivo dei
termini), ma che ieri è stato abrogato, portando al voto un nuovo testo. A
quel tempo il documento era stato adottato all’unanimità, anche se era
gravato dal parere negativo dei funzionari comunali per «scorrettezze
procedurali» e mancavano alcuni atti burocratici collegati. L’assessore
Moreno Valentich ieri ha spiegato: «Le carenze sono state colmate. È stato
anche ridefinito parzialmente il perimetro, mantenendo però inalterate le
superfici commerciali e non».
Le opposizioni hanno contestato anche una mancanza di chiarezza nei
contenuti della delibera, chiedendo di rinviare la discussione. Per un po’,
Forza Italia, Alleanza nazionale e Insieme per Muggia hanno detto di non
volerla votare. Ma dopo alcune spiegazioni della maggioranza e dopo avere
convenuto sull’importanza del documento, solo An non ha cambiato idea. Il
capogruppo Paolo Prodan (all’epoca assessore al Commercio e direttamente
coinvolto nella stesura del primo documento) ha sollevato, tra l’altro, vari
dubbi: «Siamo sicuri che il nuovo testo, che tiene conto anche delle
sopraggiunte novità normative, non produca effetti diversi da quello
precedente? La materia è importante per lo sviluppo cittadino e ci vuole più
chiarezza».
Il Consiglio ha anche approvato la bozza dell’accordo di programma per gli
interventi di sicurezza e bonifica del Sito inquinato nazionale, che attende
il via libera anche da parte del Comune di Trieste e dell’Ezit prima della
firma col Ministero dell’ambiente. A inizio seduta sono stati ricordati,
anche con commozione, l’ex sindaco Fernando Ulcigrai e l’onorevole Roberto
Damiani, scomparsi di recente, oltre al maresciallo Giovanni Pezzulo.
Sergio Rebelli |
Trasporti e mobilità delle
merci: Bruxelles lancia Euridice Al progetto partecipa Insiel
|
|
TRIESTE Il progetto Euridice -
soluzioni Ict innovative per la mobilità delle merci - proposto assieme a 22
partner di 9 paesi europei, di cui Insiel (Informatica del Friuli-Venezia
Giulia con più di 1.500 utenti) è capofila è stato selezionato e approvato
dalla Commissione Europea tra circa cento proposte di prestigiosi consorzi
d'imprese internazionali e università. Lo ha annunciato Fulvio Sbroiavacca,
direttore Marketing Ricerca e Sviluppo di Insiel. Euridice si propone di
realizzare il concetto di «cargo intelligente», con le merci in transito
lungo i corridoi europei in grado di auto-identificarsi, di interagire con
il contesto in cui si trovano e di sfruttare avanzate infrastrutture di
comunicazione. Gli operatori logistici, gli utenti industriali e le autorità
pubbliche potranno gestire in tempo reale il flusso delle merci consentendo
inoltre di realizzare importanti vantaggi in termini di sostenibilità
ambientale, riduzione del traffico e dell'inquinamento. Il progetto Euridice
avrà una durata triennale e un budget complessivo è di circa 14 milioni di
euro |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 13 febbraio 2008
Bonificate 26 discariche
abusive - Il fenomeno scoperto dall’ufficio Ambiente della polizia
municipale |
|
Nel 2007 la polizia municipale
ha scoperto 26 discariche abusive. È un fenomeno in costante crescita che
colpisce l’intero territorio comunale. Computer, frigoriferi, automobili,
motorini, lavatrici, cucine e altri rifiuti ingombranti, infatti, vengono
inspiegabilmente abbandonati in luoghi poco frequentati, a volte quasi
inaccessibili, come i boschi o le periferie. Dimenticando che il Comune
mette a disposizione dei cittadini la raccolta di questo tipo di rifiuti
ingombranti a domicilio, oppure li accetta nei depositi autorizzati.
Nonostante questo servizio gratuito l’ufficio Ambiente della polizia
municipale, coordinato dal tenente Cristina Del Bufalo, ha individuato 26
discariche abusive in alcuni casi capaci di alimentare incendi durante
l’estate. Un fenomeno che nemmeno le sanzioni (200 euro di multa più la
rimozione e il ripristino a proprie spese) sono riuscite e debellare. Sono
stati perseguiti solo una decina di persone, mentre anche i proprietari dei
terreni concorrono in solido alla pulizia e alla bonifica. Questo l’elenco
dei depositi abusivi: località Prosecco, San Giovanni, via Miani, via
Campanelle, San Giacomo (due discariche), via Malaspina, via Caboto,
località Opicina, via dell’Eremo, località Gropada, Longera, via Crosada,
via Von Bruck, statale 202, via Montasio, viale Miramare, via Gianelli, via
di Peco, strada di Fiume, via Grego, strada di Guardiella, località
Padriciano, via Pietraferrata, Borgo San Sergio, località Basovizza. |
Mobilitazione ambientale |
|
Trieste deputata ad essere la
capitale dell’Euroregione è anche la capitale dell’inquinamento. Dopo
Mestre, Trieste è una delle città più inquinate del Triveneto. La Ferriera
di Trieste, ex Italsider, è una delle industrie più inquinanti d’Italia, ne
è un esempio anche lo stabilimento di Taranto. Dopo anni di lotte legali per
la sua chiusura e dopo che il ministero per l’Ambiente ha espresso parere
negativo sulla continuazione delle attività, la Giunta regionale ha dato
l’autorizzazione ambientale, ossia ha dato via libera all’inquinamento per
un periodo indeterminato.
La situazione è insostenibile, gli abitanti di Servola e non solo stanno
rischiando di ammalarsi e di andare incontro a gravi patologie derivanti
dalle polveri sottili che hanno superato di gran lunga i parametri
consentiti dalla legge. La giunta Illy si sta assumendo una responsabilità
che è incompatibile con i doveri di una pubblica amministrazione che deve
tutelare innanzitutto la salute dei suoi abitanti. Oltre alla Ferriera, il
traffico cittadino è una delle principali cause dell’inquinamento
atmosferico. Ne è la prova la ripetuta chiusura al traffico del centro
cittadino che da anni il Comune di Trieste è costretto ad ordinare. Non
dimentichiamo che nel golfo di Trieste si vuole costruire anche un mega
rigassificatore, che per il momento è stato accantonato. Inoltre il porto di
Trieste figura tra i porti così detti nucleari, ossia dove possono
attraccare navi da guerra a propulsione nucleare. Un altro grave pericolo
per la città ed i suoi abitanti alla pari di Capodistria.
Con queste premesse non si può e non si deve stare a guardare. Mobilitiamoci
per la difesa del nostro territorio e per la salvaguardia dell’ambiente,
patrimonio di tutti.
Edvino Ugolini |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 12 febbraio 2008
Sonego al Wwf:
rigassificatori, nessuna scelta precostituita - «Accuse assurde» |
|
TRIESTE «Nessuna arroganza, ma
solo buon senso». Lodovico Sonego, assessore regionale alle Infrastrutture,
rispedisce al mittente le accuse del Wwf ed esclude che la giunta abbia
giocato d’anticipo, precostituendo le condizioni affinché il rigassificatore
sorga a Zaule e sia quello di Gas Natural.
«L'incompetenza e il pregiudizio - afferma Sonego - giocano brutti scherzi.
La conferenza stampa del Wwf sui rigassificatori testimonia che i suoi
esponenti dovrebbero studiare di più prima di prendere la parola oppure che
sono talmente accecati dal pregiudizio da non poter leggere le carte del
piano territoriale regionale».
L’assessore sostiene che quel piano, approvato in giunta, stabilisce «che
chi volesse fare un rigassificatore il Friuli Venezia Giulia lo potrebbe
fare solo a patto che lo proponga in un'area che sia ad un tempo portuale e
industriale».
Le deduzioni del Wwf, pertanto, sono del tutto sbagliate: «L’associazione
desume che la giunta regionale, proprio con il piano territoriale, abbia già
deciso di prediligere la proposta di Gas Natural che vorrebbe fare il
rigassificatore nell'area industriale e portuale di Trieste, a Zaule,
scartando la soluzione di Endesa che propone un impianto in mare». Ma non è
così, incalza Sonego: «Se gli esponenti del Wwf studiassero di più prima di
parlare saprebbero che il Ptr non può disciplinare l’uso del mare perché il
piano territoriale (lo dice la parola stessa) non si occupa di mare: la
Regione non ha competenze in questa materia. Il piano pertanto non esclude,
perché non può farlo, l'eventuale impianto in mare: deciderà lo Stato che è
competente in materia».
Infine, le scelte contenute nel Ptr sull’eventuale rigassificatore di terra:
«Prevedere che vada costruito nei porti è solo una misura di buon senso.
Difficile ipotizzare che un rigassificatore si possa fare a Tarvisio, visto
che tali impianti devono essere per forza costruiti accanto alle banchine
cui attraccano le navi. E nell’ambito delle aree portuali si è stabilito che
gli impianti di rigassificazione debbano essere edificati in zona
industriale per evitare che qualcuno, per esempio, possa pensare di mettere
tali infrastrutture sulle rive prospicienti Piazza Unità a Trieste. Sulla
base delle regole appena menzionate, pertanto, il rigassificatore si può
fare a Trieste, a Monfalcone e San Giorgio di Nogaro. Come si vede, il piano
non precostituisce un bel niente». |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 11 febbraio 2008
Hack nei videomessaggi per
aiutare i colibrì - L’astrofisica e i Gruppi Grillo chiedono al ministro
Pecoraro Scanio fondi per il centro di Miramare |
|
Il centro per la salvaguardia
dei colibrì di Miramare rischia la chiusura e «il direttivo regionale dei
Verdi - promette la rappresentante regionale dei Verdi Giorgia Visentin - si
impegna a parlare personalmente con il ministro Pecoraro Scanio affinché dia
una risposta chiara sulla situazione».
Realizzato per conto dei governi italiano, peruviano e ecuadoriano per
creare riserve naturali sostenibili in Sud America, oltre ad allevare a
Miramare e successivamente reintrodurre i colibrì nel loro ambiente
naturale, il centro non ha ancora ricevuto i 127.120 euro promessi nel 2005
dal precedente governo.
L'attuale ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio si è impegnato
formalmente a far arrivare i contributi promessi al Centro triestino, unica
e ultima condizione per salvare la vita a questi uccelli. Considerate le
quasi tre settimane trascorse dalla solenne promessa del Ministro, tutti i
gruppi provinciali di Beppe Grillo del Friuli Venezia Giulia e del Veneto,
insieme a Margherita Hack, agli scout d'Italia e alle associazioni
ambientaliste «Legambiente», «Greenpeace» e «Ambiente è e vita», hanno
aderito ad una manifestazione di solidarietà nella sede di Miramare.
Sono stati presentati i video-messaggi dello scienziato e ambientalista
Giacomo Rossi e dell'astrofisica Margherita Hack destinati al ministro
Pecoraro Scanio, che hanno sottolineato l'importanza del rispetto della
legalità e degli accordi presi allo scopo di tutelare il centro e il lavoro
degli operatori. È stata promossa una raccolta di firme on-line destinata a
salvare l'istituzione scientifica: dopo Margherita Hack, prima firmataria,
sono seguite altre diecimila firme, cui si aggiungono altre duemila nel
corso degli ultimi giorni.
Dalle associazioni ambientaliste presenti alla conferenza è giunto anche
l'appello al rispetto della legge per la salvaguardia di questi rari
uccelli, non solo: Sergio Bisiani, esponente di «Ambiente è e vita», ha
annunciato che l’ex ministro Matteoli devolverà i ricavati delle vendite del
suo ultimo libro al centro di Miramare. «Il centro non è un'associazione che
chiede aiuti - sottolinea Rimoli - ma il rispetto degli accordi scritti e
della parola data dal governo. Per far arrivare questi soldi non servono né
un decreto legge né un avvallo istituzionale, sarebbe sufficiente una
semplice firma del direttore generale del ministero dell'ambiente e in due
giorni i soldi sarebbero qua». I colibrì nel centro sono un centinaio e per
il loro mantenimento servono almeno centomila euro.
Tutti i rappresentanti delle associazioni e dei gruppi presenti alla
conferenza hanno realizzato video-messaggi che saranno consegnati a Giorgia
Visentin e Alessandro Metz dei Verdi, i quali si sono impegnati a
recapitarli nei prossimi giorni al ministro.
Linda Dorigo |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 10 febbraio 2008
San Dorligo s’illumina di
meno Spente il 15 le luci superflue - Il Comune ha dato l’adesione
all’iniziativa nazionale |
|
Anche il Comune di San Dorligo
partecipa all’iniziativa «M’illumino di meno 2008», la grande giornata di
mobilitazione internazionale, che si terrà venerdì in nome del risparmio
energetico.
L'invito dell'iniziativa è di spegnere le luci e tutti i dispositivi
elettrici non indispensabili il 15 febbraio dalle ore 18. L’iniziativa si
rivolge a cittadini, scuole, aziende, musei, società sportive, istituzioni,
associazioni di volontariato, università, ristoranti, negozianti e artigiani
uniti per diminuire i consumi in eccesso e mostrare un altro utilizzo
dell'energia.
L'amministrazione di San Dorligo, in particolare, chiederà ai cittadini di
aderire all'iniziativa spegnendo le luci dalle 18 per qualche minuto e farà
altrettanto nella propria struttura, per quel che riguarda le luci accese a
quell'ora, anche se gli uffici sono già chiusi. Ma è prevista anche una
campagna di sensibilizzazione nelle scuole. Venerdì mattina ci sarà la
distribuzione gratuita di lampadine a basso consumo ai bambini. Le lampadine
sono state fornite dalla società di gestione energetica Enel-Sole.
L’assessore Laura Stravisi spiega: «L’iniziativa ha l'obiettivo di
sensibilizzare i cittadini sui temi ambientali e ricordare che un utilizzo
più consapevole dell'energia è la base per un futuro più sostenibile.
Coinvolgere i bambini è fondamentale, sia perché capiscano per primi
l'importante ricaduta sull'ambiente che può avere un piccolo gesto, sia
perché possono trasmettere alle famiglie questo importante messaggio».
s.re. |
La russa Lukoil pronta a
sbarcare con un mega impianto a Ploce |
|
SPALATO Hanno destato una certa
inquietudine in Dalmazia le notizie rimbalzate dalla Bosnia circa un
possibile e prepotente ingresso della russa Lukoil in Croazia. Lo sbarco di
quella che è oggi una delle maggiori compagnie petrolifere mondiali
avverrebbe – così le indiscrezioni – attraverso una «testa di ponte» da
apprestarsi nell’area portuale di Ploce. Su una spianata a solo qualche
chilometro dalla foce della Narenta (Neretva) il gigante petrolifero russo
intenderebbe apprestare una colossale area di stoccaggio in cui
immagazzinare migliaia di tonnellate di derivati (si parla di serbatoi della
capacità di circa 200 mila metri cubi).
L’area di deposito verrebbe apprestata nel comprensorio portuale di Ploce, o
immediatamente ai margini, intrufolandola tra le confuse e labili maglie dei
tuttora contestati accordi stipulati a suo tempo da Zagabria e Sarajevo:
accordi che conferirebbero all’economia bosniaca una posizione non si sa
ancora quanto privilegiata (o forse predominante) in questa zona costiera.
Da Ploce verrebbe rifornito l’intero hinterland, non solo bosniaco. E da qui
le preoccupazioni della compagnia petrolifera croata Ina, di cui una quota
consistente è controllata dall’ungherese Mol (a forte partecipazione Lukoil).
Apprensioni ingigantite anche dalla possibilità – apparentemente minima, ma
non insussistente – di un esito negativo della vertenza con l’entità
serbo-bosniaca, che rivendica una quota, sia pure minoritaria, dello Janaf,
l’oleodotto adriatico costruito in epoca ex-jugoslava e che dal suo terminal
iniziale sull’isola di Veglia, presso Fiume, risale verso l’entroterra
croato, con diramazioni per Ungheria a nord e Serbia a est.
|
Un bonus per il «riciclo»
contro l’emergenza rifiuti |
|
A breve il Friuli come la
Campania?
Stando agli allarmi lanciati in questi giorni da varie fonti istituzionali è
possibile, anzi probabile perché, a quanto si dice, le discariche regionali
stanno arrivando al collasso. È strano però che questo lo si scopra da un
giorno all’altro, che venga fatto percepire alla popolazione come un fulmine
a ciel sereno; gli enti preposti conoscono la capacità ricettiva di una
discarica fin dalla sua progettazione quindi, conoscendo anche con buona
approssimazione la quantità di rifiuti da smaltire, il tempo di saturazione
della discarica non è più quel mistero che vogliono proporci… Non è che,
visto il contestuale annuncio di aumenti delle Tasse di smaltimento rifiuti,
si tratta di puro e semplice business? (ancora e sempre a danno del
cittadino/contribuente). Forse che aumentando le tasse si ridurrà la
quantità di immondizia prodotta? La capacità ricettiva delle discariche
aumenterà? L’unico termovalorizzatore presente in Regione aumenterà il suo
rendimento? Naturalmente no, i maggiori costi (e profitti) serviranno ad
esportare i rifiuti altrove e quando anche là si arriverà al collasso, ci
troveremo di nuovo con l’acqua alla gola; le Istituzioni Regionali
amministrano e programmano alla giornata… Non sembra infatti che le suddette
si diano da fare per realizzare impianti di smaltimento in grado di ricavare
energia (termica, elettrica) dai rifiuti, smaltendoli nel contempo; impianti
innovativi ed ecocompatibili di cui altri si stanno dotando, quando non già
operativi. In Regione, purtroppo, non ci discostiamo molto dal trend
nazionale che testimonia quanto noi italiani siamo astuti ed ecologisti: non
vogliamo discariche e termovalorizzatori a casa nostra, quindi spediamo i
rifiuti in Germania, pagando per lo smaltimento quei sempliciotti di
tedeschi disposti a prendersi i rifiuti, che poi smaltiscono producendo
energia termica (che si tengono per il teleriscaldamento) ed elettrica (che
ci rivendono). In realtà si fa poco anche per aumentare la raccolta
differenziata, eppure non ci vorrebbe chissacche per incentivare i
cittadini. Un esempio: attribuire un «bonus per riciclo» per nucleo
familiare, ad ogni consegna in discarica comunale e proporzionato al peso e
tipologia dei riciclati, gestito per mezzo della tanto decantata, quanto
inutilizzata «Carta regionale dei servizi», tale «bonus» potrebbe essere
detratto dalla Tassa di smaltimento rifiuti l’anno dopo. Questo significa
«incentivare concretamente» e a medio e lungo termine le casse pubbliche non
ci rimetterebbero, considerando le migliaia di tonnellate di vetro, metalli,
carta, plastica, «umido»costo si trasformerebbero in risorsa. I mezzi
tecnici e informatici ci sono e nemmeno costosissimi, le istituzioni
potrebbero dedicare meno tempo e risorse all’inutile capriccio del “Friulano
a Scuola” che ci tedia da un anno ed è inviso agli stessi friulani e
ricercare soluzioni idonee al riguardo, da programmare con lungimiranza,
evitando di aumentare periodicamente il carico sulle spalle dei
contribuenti.
Michele Tesolin - Arta Terme (Ud) |
L’autorizzazione alla
Ferriera |
|
Scorrendo il sito della
Regione Fvg e in particolare la sezione Ambiente e Territorio, tema al quale
sono molto interessato quale residente servolano da 50 anni, mi è sorto un
grande interrogativo in merito alla efficienza e attenzione della macchina
regionale sul tema in questione. Infatti l’elenco delle aziende che hanno
chiesto A.I.A. dalla fine 2005 a tutto il primo semestre 2007 comprende
oltre 150 aziende, ma sinora soltanto una di queste ha ricevuto
l’autorizzazione in data 31 luglio 2006 mentre tutte le altre risultano dal
sito «in istruttoria».
Solo la Ferriera, a quanto si legge, ha avuto la fortuna di ottenere
l’autorizzazione in maniera veloce il 28 dicembre scorso, salvo che al
momento in cui scrivo (11 gennaio), stranamente, l’unica delibera fra quelle
adottate dalla Giunta in tale data e non pubblicata è proprio quella della
Lucchini.
Sono consapevole di far peccato pensando male, so anche però che poche volte
si sbaglia, ma sarei felice di dovermi ricredere quando chi di competenza
fornirà risposte serie e plausibili.
Adriano Tasso |
IL PICCOLO -
SABATO, 9 febbraio 2008
Patto Trieste-Lubiana anche
sull’inceneritore -
Lunedì il sindaco Dipiazza andrà a Zagabria per preparare una
nuova alleanza |
|
È stata
fissata per il 18 febbraio la visita del primo cittadino della capitale
slovena in municipio. Sarà siglato un protocollo d’intesa
Anche una questione di
drammatica attualità come quella dei termovalorizzatori sarà al centro dello
storico incontro che avverrà a Trieste tra il sindaco di Trieste Roberto
Dipiazza e quello di Lubiana Zoran Jankovic. La data è stata fissata:
Jankovic varcherà la soglia del municipio di piazza Unità lunedì 18 febbraio
attorno alle tre del pomeriggio. Sarà un momento storico perché saranno
passati meno di due mesi dalla caduta dei valichi tra Italia e Slovenia e la
stretta di mano tra i due primi cittadini sancirà anche con la firma sotto
un protocollo d’intesa, che è in questi giorni allo studio, l’avvio di una
nuova politica di collaborazione.
Lo scambio di esperienze, ma in futuro anche quello azionario, per quanto
riguarda le public company cioé le multiutility e in particolare appunto i
servizi di smaltimento rifiuti, ma anche quelli di fornitura dell’acqua e
delle fognature, sarà uno dei principali campi della sinergìa. Va rilevato
che la capitale slovena non ha un termovalorizzatore e che una
collaborazione italo-slovena in questo settore è già stata avviata in
particolare tra i comuni di Muggia e di San Dorligo e quello di Capodistria.
I rifiuti di 8 Comuni del litorale sloveno verranno destinati
all’inceneritore triestino di via Errera. Le collaborazioni si estenderanno
inoltre alla promozione turistica, ai contatti tra università, parchi
scientifici e teatri.
Nel municipio di Trieste, Jankovic, fatto anche questo rivoluzionario, potrà
anche incontrarsi con i principali rappresentanti della comunità slovena a
Trieste, compresi quelli del Teatro sloveno, struttura per la quale si
rafforzerà l’intesa transfrontaliera, e avrà un colloquio con il presidente
della Camera di commercio Antonio Paoletti e con altri esponenti
dell’economia cittadina. La visita si protrarrà fin oltre le otto di sera e
ci saranno anche una serie di appuntamenti esterni. Difficilmente il sindaco
di Lubiana verrà accompagnato alla Risiera di San Sabba e alla Foiba di
Basovizza (alla quale Jankovic si è detto disposto a rendere omaggio) perché
saranno privilegiate le strutture scientifiche. I due sindaci inoltre
potranno anche varare un’azione a supporto della collaborazione che è già in
atto tra i porti di Trieste e Capodistria.
Visita tanto più attesa quella di Jankovic dopo la sua intervista rilasciata
al «Piccolo» in cui affermava che la futura capitale dell’Euroregione non
potrà che essere Lubiana nonostante anche Veneto e Carinzia abbiano già
indicato per questo ruolo il capoluogo del Friuli Venezia Giulia, e che
sulla strada della modernizzazione la capitale della Slovenia è molto più
avanti rispetto a Trieste. Concetti che rientreranno nel breve colloquio che
mezz’ora prima di giungere in municipio, il sindaco sloveno avrà con il
governatore dimissionario Riccardo Illy nella stessa piazza proprio in quel
palazzo appena rinnovato dove alcune stanze dovrebbero in futuro ospitare
proprio gli uffici della capitale dell’Euroregione.
Già dopodomani invece Dipiazza, accompagnato dall’assessore Paolo Rovis,
sarà a Zagabria, nel municipio della capitale croata, e alle 11 verrà
ricevuto da quelle autorità municipali in preparazione dell’incontro con il
sindaco Milan Bandic (attualmente negli Usa) che avverrà anch’esso a Trieste
in marzo per siglare un altro accordo che spazierà dalle multiutility alla
cultura. Un’ora dopo a Zagabria, alla Biblioteca nazionale universitaria,
cuore pulsante della cultura croata, Dipiazza assiterà alla presentazione
del libro «I croati a Trieste» a cura di Damir Murkovic e Marco Sare,
presidente e vicepresidente della comunità croata a Trieste. Sarà presente
anche l’ambasciatore italiano in Croazia, Alessandro Pignatti Morano di
Custoza.
Silvio Maranzana |
Ferriera, in 15 domande la
salute dei servolani - Saranno esaminati solo uomini e donne con uno
stile di vita senza eccessi |
|
L’Azienda
sanitaria sta distribuendo i questionari a 110 residenti che avevano chiesto
di essere sottoposti agli esami del sangue e delle urine |
Presenti
anche richieste insolite sul consumo di tè e biscotti integrali |
Da quanti anni risiede a
Servola? Beve alcolici abitualmente? Fuma? Beve tè? Quante volte alla
settimana consuma alimenti cotti alla griglia o alla brace? E quante fette
biscottate integrali mangia ogni giorno? Sono solo alcune delle domande
contenute nel questionario che l’Azienda sanitaria sta distribuendo in
questi giorni ai 110 residenti del rione di Servola, che lo scorso dicembre
avevano chiesto di essere sottoposti agli esami del sangue e delle urine per
verificare gli eventuali effetti sulla salute degli inquinanti prodotti
dalla Ferriera. Sulla base di queste risposte, verranno eliminati i soggetti
non idonei (tra cui i fumatori e i dipendenti dello stabilimento
siderurgico) e verrà costituito il campione - circa sessanta persone - da
sottoporre alle analisi cliniche.
Proprio grazie al questionario, sarà possibile individuare i cosiddetti
«fattori di confondimento», ossia quelle variabili che, per un motivo o per
l’altro, potrebbero alterare i risultati del test: fumo, alcol e abitudini
alimentari. Prendendo a campione solo quei residenti che conducono uno stile
di vita regolare e senza eccessi, l’indagine risulterà più attendibile e
sarà così possibile individuare gli eventuali accumuli di metalli e
idrocarburi policiclici aromatici (sostanze che ad alte concentrazioni
provocano gravi malattie, ndr) causati dall’inquinamento ambientale.
Sfogliando il questionario, i servolani si troveranno a dover rispondere
anche a quesiti inaspettati e insoliti: oltre alle domande quasi «banali»
sul fumo e l’alcol, tra le informazioni richieste dal Dipartimento di
prevenzione dell’Azienda sanitaria c’è anche la frequenza con cui i
residenti bevono il tè o mangiano pane, grissini e fette biscottate
integrali. Una richiesta che potrebbe sembrare anomala, ma che è presto
motivata: «Si tratta di sostanze che presentano un alto contenuto di
minerali e metalli - spiegano dall’Azienda sanitaria -. Questo non significa
che sono dannose per la salute, ma solo che, se assunte in quantità
eccessive, potrebbero portare a una ”distorsione” dei risultati di questa
specifica ricerca». Lo stesso discorso vale anche per gli alimenti cotti
alla griglia o alla brace: mangiare una bistecca grigliata ogni tanto non
crea particolari problemi, ma un consumatore incallito potrebbe avere nel
proprio organismo un quantitativo di sostanze tossiche tali da alterare il
riscontro clinico. Anche tra gli stessi alcolici viene fatto un distinguo:
ai cittadini interpellati viene chiesto di specificare quanti bicchieri di
vino, birra o superalcolici consumano in un giorno.
Tra le altre informazioni ritenute importanti ai fini dell’indagine,
spiccano anche la presenza in casa di stufe o caminetti a legna o a carbone,
gli anni di residenza nel quartiere e la professione: oltre ai fumatori,
infatti, dall’elenco di idonei verranno automaticamente esclusi anche i
dipendenti della Ferriera, già protagonisti di un analogo monitoraggio
effettuato nei mesi scorsi.
Una volta individuato il campione - si parla di una sessantina di persone -
l’Azienda Sanitaria provvederà a fissare gli appuntamenti per effettuare le
prove, che con tutta probabilità dovrebbero iniziare già a fine mese. I
campioni verranno poi spediti al laboratorio specializzato in tossicologia
dell’Università di Brescia, noto a livello internazionale per
l’individuazione dei derivati degli idrocarburi e dei metalli pesanti. I
risultati delle analisi dei servolani verranno poi confrontati con quelli
ottenuti da due gruppi «di controllo», ossia con i campioni di sangue e
urine prelevati da cittadini residenti in altre zone della città (un rione
altamente trafficato e l’altipiano carsico).
Se tutti i cittadini firmatari della petizione si dicono soddisfatti per
l’avvio dell’indagine, non tutti ne condividono le modalità: «Molti non sono
d’accordo sull’esclusione dalle indagini dei fumatori - spiega Livio Scridel,
portavoce dei firmatari della richiesta - e vorrebbero che il campione non
fosse limitato solo a una sessantina persone, ma coinvolgesse tutti i 110
residenti che hanno firmato il documento. Ad ogni modo - precisa -
accettiamo di buon grado questi esami, che consideriamo come un primo passo
nei nostri confronti. Se l’indagine avrà esito positivo, allora chiederemo
esami più approfonditi. La nostra seconda battaglia, poi, sarà quella di
chiedere anche un’analisi sulle malattie respiratorie riscontrate della
zona».
Elisa Lenarduzzi |
Muggia, si chiude lunedì il
Forum di Agenda 21 |
|
MUGGIA Assemblea conclusiva
lunedì a Muggia, per il Forum di Agenda21 sulla mobilità sostenibile e
riqualificazione e rivitalizzazione degli spazi urbani di uso pubblico. Sarà
presentato il Piano di azione locale, con le priorità degli interventi da
attuare, di cui il Comune terrà conto. Dopo quattro mesi di incontri, i
tavoli di lavoro del Forum sono giunti a una serie di conclusioni e quindi
hanno evidenziato le maggiori criticità a Muggia in merito alla mobilità,
agli spazi pubblici e di aggregazione. Sono stati coinvolti anche i ragazzi,
che hanno fatto le loro proposte, alcune di esse recepite dal Forum ed
inserite nel Piano di azione.
La riunione conclusiva del Forum, alla sala Millo, inizierà alle 16.30,
mentre e alle 17.45 la sala sarà aperta a tutti, dove sarà pure presentato
il nuovo progetto per i Giardini Europa. Primo risultato concreto di questa
Agenda21. Il documento finale sarà poi pubblicato e distribuito a tutte le
famiglie muggesane. I lavori del laboratorio dei ragazzi saranno esposti da
oggi alla sala Negrisin.
s. re. |
Wwf: rigassificatori atto di
arroganza indicare il sito - La decisione dell’esecutivo
|
|
TRIESTE «Un incredibile atto di
arroganza politica». Così il Wwf considera l'indicazione del sito per la
collocazione di un rigassificatore a Zaule sul Piano Territoriale Regionale.
Il Ptr parla di localizzazione «entro le aree industriali portuali»
motivando la scelta con «ragioni di accessibilità del mare e per motivi di
compatibilità paesaggistica e ambientale». «Quali siano questi motivi non è
dato sapersi. – attacca il responsabile per il territorio dell'associazione
ambientalista, Dario Predonzan – D'altro canto l'atteggiamento della Giunta
è sempre stato questo: i motivi economici schiacciano quelli ambientali».
Predonzan considera “sconcertante” che in un Piano di circa duemila pagine,
per i rigassificatori «siano previste solo poche righe che danno motivazione
alcuna per determinare la scelta fatta dalla Regione che tra l'altro
vorrebbe che al Ptr venisse data dai Ministeri competenti anche la valenza
paesaggistica».
Il Piano territoriale regionale è in attesa di ottenere l'approvazione
definitiva da parte della Giunta regionale una volta esaminate le
osservazioni di associazioni ed enti locali, «anche se – osserva Predonzan –
la pessima legge urbanistica adottata non vincola in alcun modo la Regione a
tener conto delle osservazioni». «Per fortuna – prosegue l'esponente
ambientalista – la decisione finale sui rigassificatori spetta al ministero
dell'Ambiente. Ci auguriamo che le ragioni tecniche prevalgano su quelle
politiche ed economiche che in questa Regione ormai coincidono». La Regione
a giugno, con una delibera di giunta, non aveva espresso parere sulla
realizzazione degli impianti di rigiassificazione passando la palla al
Ministero.
Roberto Urizio |
IL PICCOLO -
VENERDI', 8 febbraio 2008
Wwf: rigassificatore già
deciso a Zaule. Verdi: ipotesi teorica |
|
Il Piano
urbanistico regionale prevede tre alternative per il sito. Ma tutto è ancora
fermo a Roma al ministero dell’Ambiente
TRIESTE Il Wwf riapre il fronte
dei rigassificatori. Lo fa, convocando per stamattina a Trieste una
conferenza stampa, con un titolo inequivocabile: «La giunta regionale ha già
deciso il sito». L’associazione ambientalista non aggiunge altro, alla
vigilia del j’accuse, ma fornisce un indizio: spiega che quel sito è
individuato nel piano territoriale regionale licenziato già nei mesi scorsi
dalla giunta. Ma il tam tam si spinge oltre e sostiene che la scelta, quella
che il Wwf intende contestare, sarebbe caduta su Zaule.
In attesa che l’associazione faccia sentire le sue ragioni, i Verdi
confermano che quella di Zaule è un’opzione: «In effetti, nella cartografia
allegata al piano territoriale regionale - spiega il consigliere regionale
Sandro Metz - si individua proprio Zaule come l’area che potrebbe accogliere
un rigassificatore». Ma lo stesso Metz, da sempre contrario a uno o più
rigassificatori nel Golfo, sottolinea come quella indicazione sia solo
teorica e possibile. E debba fare i conti con i pareri non positivi che le
istituzioni del Friuli Venezia Giulia, giunta regionale inclusa, hanno
trasmesso a Roma sui due progetti di Endesa e Gas Natural; con le
dichiarazioni «rassicuranti» del ministro all’Ambiente Alfonso Pecoraro
Scanio e soprattutto con una valutazione di impatto ambientale che a Roma
non è ancora avviata. «La mia preoccupazione, adesso, è semmai un’altra.
Pecoraro Scanio ci dava tutte le garanzie. Non vorrei che un cambio di
governo e di ministro all’Ambiente - conclude Metz - potesse riaprire la
pratica sul rigassificatore nel golfo di Trieste».
In Regione, in attesa della denuncia ufficiale del Wwf, fanno comunque
sapere che non c’è nessuna accelerazione. Nessun blitz. Nessun segreto: il
piano territoriale regionale, spiegano, si limita a indicare quali sono le
aree potenzialmente adatte ad accogliere un eventuale rigassificatore. E lo
fa, ponendo due vincoli: quelle aree devono essere a destinazione sia
portuale che industriale. Non solo Trieste, dunque, ma anche Monfalcone e
San Giorgio di Nogaro.
E sempre in Regione, rinviando agli atti ufficiali adottati a partire dalla
delibera di giunta che non dava parere positivo a Gas natural e Endesa,
aggiungono che non c’è stata nessuna scelta a favore dell’uno o dell’altro
progetto: il piano territoriale regionale, concludono, disciplina solo l’uso
del territorio, e non quello del mare (non potrebbe farlo), dove dovrebbe
semmai sorgere l’impianto off shore. |
Rive, pronto il progetto
della pista ciclabile - Il tracciato parte da piazza Libertà per
arrivare fino a via Orlandini. Dalla Regione un finanziamento di 200mila
euro |
|
Conticelli (Authority):
l’ingresso del terminal passeggeri può ostacolare il passaggio delle due
ruote, è meglio spostare il percorso
Bucci: «Iniziativa utile al
turismo, ma Ttp non vuole concedere spazi sul waterfront»
In bicicletta dal Carso a
Barcola, passando per il waterfront delle Rive. Una pista ciclabile al
momento solo virtuale, ma realizzabile, stando almeno al progetto
preliminare messo a punto dal Comune.
Il percorso da piazza Libertà a Barcola, infatti, esiste già da un pezzo
mentre quello da via Orlandini a Draga Sant’Elia (con la possibilità di
arrivare fino a Capodistria) è in dirittura d’arrivo; manca invece
all’appello un tracciato cittadino che da piazza Libertà consenta ai
ciclisti di raggiungere il centro servizi di via Orlandini.
Non è una cosa proprio così facile da realizzare. Bisogna destreggiarsi in
mezzo alle corsie riservate alle automobili, ai marciapiedi destinati ai
pedoni, ai semafori e soprattutto condividere il tracciato con l’Autorità
portuale, competente sul demanio marittimo lungo le Rive. Un’area che per la
sosta a rotazione e il terminal per le crociere della Stazione Marittina è
stata data in gestione alla Trieste terminal passeggeri. Una spa con la
quale il Comune, dopo il via libera al Comitato portuale votato anche dal
sindaco Dipiazza, non sembra avere un particolare feeling.
Prima della polemica, un aspetto comunque non secondario, è meglio dare
un’occhiata al tracciato messo a punto negli uffici comunali dall’ingegner
Giulio Bernetti e dal geometra Giulio Vascotto. Partenza da piazza Libertà
direzione Rive utilizzando i marciapiede di corso Cavour (oppure la
bretella, dopo un apposito accordo con l’Autorità portuale), prosecuzione
fino alla Stazione di Campo Marzio costeggiando il marciapiede (e qui
sorgono i problemi con Authority e Trieste terminal passeggeri) fino in via
Giulio Cesare, proseguendo a destra lungo passeggio Sant’Andrea fino a largo
Irneri.
A questo punto il ciclista proseguirà lungo viale Campi Elisi fino a via Von
Bruck con alla propria destra la Torre del Lloyd. E poi? Impossibile
risalire per via San Marco, a causa del traffico e della pendenza. Per
raggiungere via Orlandini bisognerà costeggiare il gasometro di via D’Alviano
e, con la bici in spalla, raggiungere il centro servizi di via Orlandini
attraversando a piedi il giardino (in futuro potranno essere realizzati
degli impianti di sollevamento).
«È l’unico tracciato possibile, non ci sono alternative», dicono in coro
l’assessore Maurizio Bucci, con delega all’Urbanistica, assieme a Bernetti e
Vascotto. Aggiungendo che il tutto è già finanziato dalla Regione (200mila
euro). E allora dove sta il problema? La fascia d’ingombro dell’itinerario
ciclabile in zona demaniale marittima, colorata di verde o di rosso, andrà
ad occupare circa 3 metri (2,5 per la pista e altro mezzo metro di
sicurezza); costringendo a una revisione dei posti auto a rotazione lungo le
Rive, ridotti di 16 unità per il conseguente spostamento della sosta
parallela al marciapiede e non più a pettine.
«Non vogliono concedere quegli spazi per motivi di sicurezza, neanche che un
ciclista andasse a disturbare il terminal passeggeri. La realtà è che la Ttp
- sostiene Bucci - non vuole perdere posti auto. È una questione economica,
come già accaduto in altre situazioni». Una dura polemica che l’assessore
all’Urbanistica e al Turismo, dopo gli scontri nel recente passato sullo
«scippo» delle crociere, rinfocola citando il progetto della pista ciclabile
cittadina «indispensabile per la crescita turistica». Un base di partenza,
aggiunge Bucci, per sbloccare tutta una serie di contributi destinati
proprio all’utilizzo della bicicletta (stalli per le due ruote, parcheggi di
interscambio per le bici...).
E la Ttp come replica alle accuse? «Non sono in guerra, io lavoro. Certe
domande bisognerebbe rivolgerle all’Autorità portuale - dice Livio Ungaro,
presidente della Ttp - mentre noi siamo una società partecipata che gestisce
gli stalli e il terminal passeggeri». E aggiunge: «Gli spazi sono quelli che
sono e la pista ciclabile può rappresentare un problema per la sicurezza.
Già adesso abbiamo problemi con i veicoli normali, figuriamoci un domani con
i ciclisti».
Il progetto preliminare della pista ciclabile messo a punto dagli uffici
comunali, insomma, inizia in salita come conferma anche Martino Conticelli.
«Abbiamo invitato il Comune a spostare la pista ciclabile - dice il
segretario generale dell’Autorità portuale - per motivi di sicurezza. Il
passaggio delle biciclette può confliggere con gli accessi al terminal
passeggeri».
Pietro Comelli |
Via Maovaz, i residenti
contro l’antenna - Dopo le 2200 firme raccolte in dicembre, la gente
sollecita il Comune: «Finora nessun risultato» |
|
La
popolazione del rione rilancia la battaglia sull’impianto della Telecom.
Vatta (ciroscrizione): va tentato un accordo
Tornano alla carica i residenti
del rione di Borgo San Sergio, che da mesi lottano contro l’antenna di via
Maovaz di proprietà della Telecom. Nonostante la sentenza per loro negativa
del Tar, al quale la compagnia telefonica si era rivolta per superare il
«no» del Comune alla concessione edilizia, gli abitanti del rione non
desistono. È di questi giorni una riproposta delle 2.200 firme raccolte
qualche mese fa, in calce a un documento in cui chiedono all’amministrazione
comunale di tentare qualsiasi strada, pur di arrivare allo spostamento
dell’impianto. «Sappiamo della determinazione della popolazione – spiega
Andrea Vatta, presidente della settima circoscrizione competente sull’area –
e stiamo cercando, anche con il forte impegno dell’assessore Maurizio Bucci,
di arrivare a una soluzione concordata con la Telecom, affinché accetti la
proposta di spostamento in una zona meno popolata e lontana da aree
sensibili».
La strada della concertazione, spiega Vatta, è l’unica cui possono far
ricorso al momento i pubblici amministratori, perché la compagnia
telefonica, forte della sentenza del Tar, ha tutti i diritti di conservare
l’antenna lì dov’è stata alzata. «Purtroppo sul piano giuridico non abbiamo
appigli – prosegue Vatta – ma vogliamo tentare un approccio con la società
telefonica». L’assessore Bucci ha già scritto una prima lettera alla Telecom
chiedendo di poter verificare se esista un’altra area dove collocare
l’antenna. Il primo no del Comune era stato dettato da «esigenze di
conservazione del paesaggio», in quanto all’antenna la Telecom doveva
abbinare il trasformatore. Nella sentenza del Tar si legge però che «fatte
salve le obiezioni di tipo paesaggistico, devono prevalere quelle di
servizio». La necessità cioè di garantire a tutti una buona copertura per la
telefonia mobile può superare garanzie di tipo paesaggistico, naturalmente
entro determinati limiti.
«Tutto questo non sarebbe successo – contesta il presidente della
commissione comunale per la trasparenza Alessandro Minisini, che si è
occupato più volte del problema di via Maovaz – se il Comune avesse
predisposto, com’era suo dovere, da almeno un anno, il piano delle antenne.
Se il documento fosse stato redatto – aggiunge – le compagnie telefoniche
avrebbero dovuto rispettarlo e individuare i siti nei quali realizzare le
loro antenne, sulla base di un progetto disciplinato. L’assenza di questo
piano permette alle società di telefonia di scegliere con grande facilità i
punti più convenienti, obbligando di fatto l’amministrazione al rilascio
della concessione su qualsiasi sito».
Adesso i residenti tornano però alla carica, confidando in una disponibilità
della Telecom a trovare un sito alternativo, come accaduto in altre parti
del territorio comunale. «Le speranze sono legate a un filo – affermano, in
sedi diverse, sia Vatta che Minisini – perché solo la Telecom può decidere
di venire incontro alla popolazione».
Ugo Salvini |
Tav, a Duino preoccupazioni
per il Timavo - Gli scavi per l’interramento della linea ad alta velocità
potrebbero deviare il corso del fiume |
|
DUINO AURISINA Non solo la
svalutazione degli immobili ma anche, e soprattutto, le questioni ambientali
e l'apprensione per «la minaccia dell'assetto di frazioni come San Giovanni
di Duino, Visogliano e buona parte di Aurisina». Così il centrosinistra
scende in campo, con toni già affilati, sulla questione Corridoio 5 e Alta
velocità nel territorio comunale di Duino Aurisina. «Il sindaco Ret se l'è
presa comoda ma nel frattempo altri decidevano anche per lui» sostiene il
consigliere comunale d'opposizione Igor Gabrovec riferendosi al fatto che
solo i sindaci della Bassa Friulana, fino a oggi, sono scesi in campo con
forza per sostenere le ragioni dei rispettivi cittadini relativamente al
tracciato dei treni super veloci.
Il Centrosinistra ha chiesto che nel Consiglio comunale in programma la
prossima settimana il sindaco relazioni sullo stato dei rapporti con
Provincia, Regione e Ferrovie in merito al progetto, di cui - ha osservato -
«non si sa nulla: i dubbi sul progetto sono molti e le informazioni a
disposizione degli amministratori locali sono vergognosamente scarne». Per
quanto riguarda l'aspetto ambientale a preoccupare è la possibile
interazione tra lo scavo delle gallerie ferroviarie in profondità e
l'ecosistema carsico, la presenza di grotte e il corso stesso del Timavo che
potrebbe venire alterato dalla realizzazione della nuova infrastruttura
viaria. L'opposizione ha chiesto che il sindaco relazioni in Consiglio (dopo
la seduta straordinaria svoltasi su questo tema lo scorso ottobre) sia sullo
stato delle relazioni con le istituzioni, sia relativamente ai dettagli di
progetto, che però il sindaco ha precisato di non avere ancora, essendo in
attesa di un incontro con la Regione. Resta da capire, tuttavia, se i
recenti sviluppi della politica, con le dimissioni della giunta regionale,
possano rallentare se non congelare l'iter fino alle prossime elezioni. |
Trasporto locale, 110
milioni per nuovi autobus |
|
Via libera alla
costituzione della Fondazione per Aquileia: previsti 2,5 milioni di euro
Oggi la
giunta regionale dovrebbe anche approvare l’aumento dello sconto per i
carburanti dopo la variazione dei prezzi in Slovenia |
L’assessore Beltrame porterà una delibera sulla sicurezza sui posti di
lavoro |
TRIESTE In arrivo alle
Province 110 milioni di euro per il trasporto pubblico locale. In attesa
del bando di gara per il gestore unico del trasporto pubblico locale che
rivoluzionerà il sistema dei trasporti in regione, l’assessore Lodovico
Sonego porta oggi all’attenzione della giunta l’integrazione dei
finanziamenti 2007 e l’autorizzazione di spesa per le risorse da
destinare alle Province che sono gli enti competenti in materia di
trasporto pubblico su gomma. Importanti anche i provvedimenti in materia
di cultura che saranno proposti all’esecutivo dall’assessore regionale
Roberto Antonaz. Approdano infatti in giunta atto costitutivo, statuto e
autorizzazione di stipula per la partecipazione della Regione alla
fondazione di Aquileia. Il progetto, che darà finalmente al sito
archeologico regionale nuova dignità grazie ad una fondazione che vede
Stato e Regione lavorare insieme per la salvaguardia e il patrimonio
culturale di Aquileia, richiede un investimento iniziale da parte del
Friuli Venezia Giulia che ammonta a 2 milioni e mezzo di euro. Sempre
l’assessore Antonazdefinirà la ripartizione dei fondi destinati ai
corregionali all’estero e al loro rimpatrio. Per il 2008 le risorse a
disposizione saranno di un milione e 917 mila euro. In materia di sanità
l’esecutivo regionale affronterà, su proposta dell’assessore Ezio
Beltrame, una delibera sulle procedure dei corsi per la sicurezza sul
lavoro e sarà chiamato ad approvare le linee guida annuali per la
gestione del servizio sanitario nell’anno in corso. L’assessore porterà
anche all’attenzione dei colleghi una modifica della lista dei paesi non
comunitari i cui cittadini potranno essere beneficiari di prestazioni
sanitarie altamente specializzate in regione. Due i disegni di legge che
passeranno l’esame definitivo della giunta su proposta dell’assessore ai
Lavori Pubblici, Ambiente e Protezione civile, Gianfranco Moretton. Si
tratta della disciplina in materia di utilizzazione del suolo e difesa
delle acque e del codice regionale dei contratti pubblici servizi e
forniture. In materia di innovazione ricerca e sviluppo, l’assessore
Roberto Cosolini sottoporrà ai colleghi gli indirizzi per il riparto
2007.
Diversi i provvedimenti in materia di agricoltura, settore che compete a
Enzo Marsilio e che riguardano in particolare l’acquisizione del sedime
stradale di alcune aree boschive in regione. All’esame della giunta, su
proposta dell’assessore Gianni Pecol Cominotto, anche il bilancio di
previsione 2008 – 2010 dell’Areran e la nomina di una delegazione
trattante di parte pubblica (composta da tre membri, di cui uno
designato dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale)
nell’ambito del Fondo per il finanziamento della contrattazione
aziendale del personale. Infine, la giunta dovrebbe anche approvare
l’aumento dello sconto sui carburanti dopo la riduzione decisa
oltreconfine.
Aldilà dell’ordinaria amministrazione, la giunta sarà impegnata ad
esaminare la scelta del presidente Riccardo Illy e le conseguenze di un'aniticipazione
del voto regionale. |
|
Comunicato del
Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare -
GIOVEDI' 7
febbraio
2008
Traghetto in
fiamme: Ministero attivato, disponibili mezzi antinquinamento
Pecoraro: necessarie norme più
severe per la sicurezza della navigazione. Dichiarare l’Adriatico settentrionale
area particolarmente sensibile
Il Ministero dell’Ambiente si è immediatamente attivato a seguito
dell’incidente occorso alla motonave ‘UND ADRIATIK’ incendiatosi in acque
croate. Le autorità croate, con riferimento all’Accordo sub-regionale italo –
croato - sloveno per la prevenzione e la risposta agli inquinamenti da incidenti
marini nel Mar Adriatico, stipulato nel novembre 2005 nell’ambito della
Convenzione di Barcellona, ha comunicato per il tramite della Centrale Operativa
del Comando Generale delle Capitanerie di Porto la richiesta di una possibile
assistenza per contenere o minimizzare gli effetti dannosi provocati da un
possibile inquinamento. Il Ministro dell’Ambiente ha subito attivato la
Direzione per la Protezione della Natura per la comunicazione della
disponibilità di navi antinquinamento italiane pronte ad intervenire.
Lo rende noto l’Ufficio stampa del Ministero dell’Ambiente.
“Questo incidente – ha dichiarato il ministro Pecoraro Scanio – conferma la
necessità di garantire norme più severe per la sicurezza della navigazione,
valide per tutti i tipi di imbarcazioni e tutte le tipologie di trasporto
marittimo. Anche per questo è importante rilanciare la proposta italiana di
dichiarare l’Adriatico settentrionale area particolarmente sensibile e,
conseguentemente, stabilire nuove regole. Questa dichiarazione, con regole
uguali per tutti gli Stati che su quest’area si affacciano, costituirebbe il
presupposto per diminuire l’attuale livello di rischio”.
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 7 febbraio 2008
Tav a Duino,
Ret preme sulla Regione - Chiesto subito un incontro del Comune con le
Ferrovie e Sonego |
|
Nel
dibattito sul tracciato della linea ferroviaria ad alta velocità coinvolti
anche Sgonico e Monrupino |
I residenti
e la giunta chiedono un percorso più a Nord possibile e a maggiore
profondità |
DUINO AURISINA Tempo di fatti e
non più solo ipotesi per la tratta di Corridoio 5 che passi lungo il Carso
triestino. Nei giorni scorsi la Regione e le Ferrovie hanno trovato un
accordo con i Comuni della Bassa Friulana sul tracciato tra Latisana e
Ronchi dei Legionari, dopo mesi di discussioni e di polemiche.
Quella parte del tracciato appare quindi definita e ora la scelta definitiva
riguarda la parte più orientale, quella che coinvolge la frazione di
mandamento isontino a Est di Ronchi dei Legionari e la provincia di Trieste,
con particolare riferimento al territorio del comune di Duino Aurisina, il
più esteso a Ovest di Trieste e maggiormente interessato dal percorso
dell'Alta velocità ferroviaria.
PRIMO INCONTRO. Alla notizia della conclusione dell'accordo per quanto
concerne il tracciato nella Bassa pianura friulana, il sindaco di Duino
Aurisina Giorgio Ret si è attivato per preparare i primi incontri. È in fase
di definizione, e potrebbe svolgersi già la settimana prossima, un primo
incontro tra i sindaci di Duino Aurisina, Sgonico, Monrupino e Trieste, con
i tecnici dell'assessore regionale Sonego e con i rappresentanti delle
Ferrovie, per definire l'iter che porti alla sottoscrizione di un accordo su
un tracciato definitivo. Documento che i sindaci dovranno firmare, come
avvenuto nella Bassa Friulana nei mesi scorsi, dopo avere affrontato e
risolto il dibattito interno sul tracciato nei rispettivi comuni.
DOVE ERAVAMO. Per la tratta che compete in particolare Duino Aurisina, non
si parte dal nulla. Esistono delle ipotesi di tracciato preliminare che sono
state valutate oltre un anno fa a livello comunale, confutate, contetate e
poi «emendate» con una serie di proposte partite dal Comune stesso. L'ultimo
contatto effettivo tra Regione, Ferrovie dello Stato e Comune duinese risale
allo scorso agosto, quando in un incontro pubblico organizzato dal
centrosinistra, e in una seguente serie di dichiarazioni della giunta
comunale di centrodestra, erano stati identificati i punti critici delle
varie ipotesi, propendendo per la scelta di un passaggio il più a Nord
possibile del territorio comunale, a una profondità superiore, per la
massima parte a 60 metri, per treni a una velocità inferiore ai 300 km
all'ora, e un unico punto di emersione sulla superficie (in una dolina) al
posto dei due originari. Ulteriori paletti riguardano lo smaltimento dei
prodotti dell'escavazione, via autostrada, anche con un'uscita creata ad hoc
e non attraverso il passaggio di camion per le varie frazioni e l'allontamento,
per quanto possibile, del tracciato dai centri abitati. Insomma, il punto di
partenza esiste, ma non è scontato il punto di arrivo, e quali saranno le
logiche a livello di dibattito politico locale.
LE PAURE. I cittadini, che hanno richiesto in più occasioni e a più voci di
essere informati sull’iter, hanno sostanzialmente timore di una svalutazione
del valore delle proprie abitazioni a causa della vicinanza della linea ad
Alta velocità. Temono i disagi tecnici durante la costruzione e dopo
(vibrazioni, crepe e via dicendo) e soprattutto chiedono il confronto. Un
confronto che, a quanto si erano già impegnati sia il sindaco sia la
Regione, inizierà solo adesso che la tratta precedente ha visto definiti i
dettagli di percorso e non senza difficoltà. «Le Ferrovie hanno già
anticipato - ha dichiarato ieri il sindaco - di avere accolto anche se in
via solo d’ipotesi di lavoro le richieste formulate da Duino Aurisina sia
sul fronte del tracciato che della profondità del passaggio dei treni.
Finora i tempi non erano maturi per giungere alla concretezza. Non abbiamo
firmato ancora nulla e visto ancora nulla di definitivo. Ora mi aspetto che
l'iter inizi in maniera formale, così come accaduto nella Bassa friulana».
Francesca Capodanno |
Wwf, incontro
sui rigassificatori - Domani nella sede del sodalizio |
|
Secondo il Wwf la giunta
regionale avrebbe già deciso il sito dei futuri rigassificatori. Un incontro
su questo tema è stato infatti fissato per domani alle 11 nella sede della
Sezione triestina del Wwf in via Rittmeyer 6. Nell’occasione saranno
illustrati i contenuti del Piano territoriale regionale, con riferimento
alle scelte sui terminali del Gnl. |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 6 febbraio 2008
I lavori della Tav partiranno
nel 2010 con la Trieste-Ronchi - Il costo della linea fra il capoluogo
e l’aeroporto è di quasi 2 miliardi |
|
Il programma delle Ferrovie
prevede solo in un secondo tempo la tratta Portogruaro-Ronchi |
Dopo
la firma del protocollo d’intesa con i Comuni della Bassa Friulana si
definiscono i tempi per la realizzazione dell’alta velocità
TRIESTE La prima tratta ad essere
realizzata sarà la Ronchi-Trieste. Poi toccherà alla Portogruaro-Ronchi. Sono
queste le priorità di Rete ferroviaria italiana nell’ambito del progetto della
linea ferroviaria ad alta velocità alta capacità, meglio conosciuta come Tav. Un
cronoprogramma, quello delle Ferrovie, che ipotizzerebbe la posa nella prima
pietra nel 2010, come per altro annunciato dal Ministro Alessandro Bianchi a
fine 2007.
L’INTESA La firma del protocollo d’intesa con i sindaci della bassa
friulana chiude l’ultimo tassello nella definizione del tracciato e apre la fase
di progettazione vera e propria che dovrà elaborare le caratteristiche tecniche
e le prescrizioni emerse in sede di partecipazione. La progettazione non
richiederà molti mesi perché Rete ferroviaria italiana ha predisposto già un
progetto preliminare che ora dovrà essere emendato con le indicazioni contenute
nel protocollo. Si tratta di elementi che, oltre a modificare in parte il
tracciato, puntano soprattutto a ottenere interventi di mitigazione laddove la
linea corra vicina agli abitati.
L’intesa raggiunta sul progetto, come spiegato dall’assessore durante l’incontro
di Cervignano, dovrà comunque essere recepita in un secondo momento dai consigli
comunali. Il protocollo, preliminare alla fase operativa, ha registrato solo due
amministrazioni contrarie per cui questo dovrebbe mettere al riparo da
sconvolgimenti il futuro del progetto.
RONCHI TRIESTE Il ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro la
scorsa estate aveva inserito nel pacchetto delle opere prioritarie la tratta
ferroviaria Ronchi-Trieste con un finanziamento (previsto) di 1.930 milioni. Nel
cronoprgamma dei tratti funzionali della tav – l’alta velocità deve essere
realizzata per lotti indipendenti per ragioni prima di tutto economiche – il
primo ad essere costruito sarà proprio questo. Stando a fonti vicine alle
Ferrovie, la posa della prima pietra dovrebbe avvenire nel 2010. Sempre sperando
che non ci siano intoppi burocratici, ovvero quelli che l’Italia e la Regione
hanno imparato bene a conoscere quando ci sono di mezzo le infrastrutture. Da
Ronchi Sud a Trieste, i convogli passeggeri viaggeranno a una velocità media di
190 km/h raggiungeranno il capoluogo in 11 minuti. Quelli merci dimezzeranno il
tempo di percorrenza passando dagli attuali 60 chilometri orari medi a 120. Il
porto di Trieste, per il quale è stata predisposto uno sviluppo della
piattaforma logistica (quasi 280 milioni di euro), assicurerà come vuole la Ue,
assieme al porto di Capodistria, i flussi di merci che ammortizzino i costi
dell'opera.
PORTOGRUARO RONCHI La seconda tratta funzionale sarà quella da
Portogruaro a Ronchi. Non è un caso visto che, stando al progetto delle
ferrovie, gli scavi per realizzare la Ronchi Trieste consentiranno di estrarre
il materiale per costruire questa seconda tratta senza la necessità di
realizzare cave. Secondo il progetto preliminare di Rfi i treni nella tratta
Portogruaro-Ronchi (con 10 viadotti) svilupperanno una media di 200 chilometri
orari e copriranno la distanza in una quarantina di minuti.
IN VENETO Il Friuli Venezia Giulia – dal momento che la costruzione
avverrà per lotti indipendenti – non dovrà attendere quel che avviene nella
regione di confine per avviare i lavori, anche se l’impegno del Veneto diventa
importante per garantire quanto meno l’operatività della tratta Venezia Trieste.
Prima di Natale la Regione di Giancarlo Galan ha garantito le risorse necessarie
a coprire i costi dello studio di fattibilità del tracciato Av/Ac. Le Ferrovie
stanno completando questa fase preliminare in base alla quale la Regione Veneto
dovrebbe avviare il confronto con il territorio, come avvenuto in Friuli Venezia
Giulia. La tratta finale, quella che si raccorderà con la linea friulana,
dovrebbe mantenere un tracciato parallelo all’autostrada.
TEMPO E DENARO Ipotizzare i tempi di ultimazione della Tav in Italia è
prematuro, ma secondo gli esperti la previsione più ottimistica (almeno per la
tratta Venezia Trieste) porta a ritenere che l’opera potrà essere costruita in
dieci anni. Molto dipenderà dalle risorse e quindi dall’impegno economico che
anche lo Stato Italiano sarà disposto a mettere. Tra le incognite che
interessano il Nordest ci sono i costi aggiuntivi generati da una realizzazione
in tempi diversi – e senza vincoli reciproci - della terza corsia della A4 e
della ferrovia (la necessità di rifare i cavalcavia costa non poco). Queste
spese, previste, dovrebbero aggirarsi sui 300 milioni di euro e ad oggi non si
sa chi se ne farà carico.
Martina Milia
Ferriera: inviati i
questionari ai residenti i primi prelievi già tra quindici giorni -
Spedite 110 lettere raccomandate ma il campione sarà di 60 persone |
|
L’Azienda
sanitaria ha iniziato ieri la procedura per le analisi cliniche sugli
abitanti di Servola
È ufficialmente partita la
procedura per effettuare test clinici sui residenti di Servola. Ieri mattina
l’Azienda sanitaria, infatti, ha spedito 110 lettere raccomandate ad
altrettanti cittadini che, lo scorso 13 dicembre, avevano sottoscritto una
petizione in cui a fronte dell’«inquinamento provocato dalla Ferriera» (si
leggeva nel documento) chiedevano di essere sottoposti ad una serie di
analisi cliniche. Solo una parte, circa 60 richiedenti, saranno sottoposti
ai test di sangue e urina. Un campione di servolani che alla fine del mese,
quando l’Azienda sanitaria stima l’inizio dei primi prelievi, sarà
individuato a seguito dei profili indicati dal questionario (allegato alla
lettera con busta già affrancata) a cui i diretti interessati sono tenuti a
spedire compilato al mittente.
Dall’elenco saranno esclusi i fumatori, gli eventuali dipendenti della
Ferriera di Servola (un monitoraggio degli operai è già stato effettuato nei
mesi scorsi) e alcuni firmatari presenti nell’elenco che non risiedono nel
rione di Servola. Un modo per escludere soggetti che potrebbero alterare
così il riscontro clinico. Il questionario dell’Azienda sanitaria,
attraverso una ventina di domande, punta ad accertare lo stile di vita dei
110 richiedenti per individuare un campione rappresentativo dei cittadini
che abitano vicino all’impianto siderurgico. I quesiti riguarderanno l’età,
il sesso, l’abitazione, le abitudini al fumo e anche quelle alimentari,
nonché i farmaci assunti.
«Aspettiamo con ansia queste lettere con annesso il questionario, per noi la
partenza dell’iter per i test clinici rappresenta solo un piccolo passo. La
nostra battaglia continua, combatteremo avanti», dice Livio Scridel,
portavoce dei 110 richiedenti. L’analisi combinata di sangue e urine,
insomma, è vista come una conquista per la verifica degli effetti
dell’inquinamento («forse qualcuno non ha ancora capito che abbiamo paura di
essere ammalati, ci stiamo muovendo anche autonomamente per comparare un
domani i risultati», dice Scridel) e, allo stesso tempo, un modo per
sensibilizzare i servolani. Quelli che si dimostrano scettici verso chi, ad
esempio, protesta contro l’Autorizzazione integrata ambientale concessa di
recente dalla Regione alla Ferriera di Servola.
Ma come sarà verificata la presenza nel corpo di un accumulo di metalli e
idrocarburi policiclici aromatici, sostanze che ad alte concentrazioni
provocano gravi malattie? Il metodo dell’Azienda sanitaria prevede che,
accanto al campione dei 110 servolani, saranno monitorati altri due gruppi
di cittadini residenti in altrettante zone della città. Precisamente un
campione di cittadini che abitano sull’Altipiano carsico, quindi lontano
dalla Ferriera di Servola, e un altro gruppo che invece risiede nel centro
cittadino, dove accanto ai fumi dell’impianto siderurgico si somma anche un
traffico veicolare superiore alla media.
Rispetto ai 60 servolani, che saranno individuati dopo un’attenta analisi
dei questionari, il campione di cittadini del centro città e dell’Altipiano
devono essere ancora individuati. Assieme alle modalità che dovranno portare
a reperire i volontari all’esame di sangue e urine. Più semplice invece le
analisi cliniche dei 60 prescelti. A queste persone, una volta data
comunicazione del fatto che saranno sottoposte ad analisi, verrà fissato un
appuntamento direttamente dal Dipartimento di prevenzione. I cittadini
saranno personalmente contattati per ricevere le indicazioni sulla sede, il
giorno e l’ora in cui effettuare la prova. Un lavoro che vedrà l’Azienda
sanitaria operare in collaborazione all’Azienda ospedaliera e universitaria.
I campioni di sangue e urine saranno poi inviati a un laboratorio
specializzato di Brescia, lo stesso che sta completando in questi giorni le
analisi da poco effettuate sui lavoratori della cokeria. Un laboratorio
collegato alla clinica unievrsitaria e che, chiarisce una fonte interna
all’Azienda sanitaria, non ha nulla a che fare con la proprietà della
Ferriera.
Pietro Comelli |
Rifiuti, a San Dorligo è
record della raccolta differenziata - I materiali riciclabili vengono
spediti in impianti specializzati |
|
SAN DORLIGO DELLA VALLE Aumenta
a livelli record a gennaio la percentuale di rifiuti differenziati raccolti
col sistema porta a porta a San Dorligo della Valle. Cala ancora la quantità
di rifiuti indifferenziati, su un totale d’immondizie che aumenta
leggermente rispetto a dicembre. I dati riferiti a gennaio, resi noti dal
Comune, segnano un 37,02% di rifiuti differenziati raccolti: un record in
questi primi sette mesi di utilizzo del sistema a domicilio.
Il massimo, finora, si era registrato a ottobre con un 34%, sceso al 28 a
dicembre. Scende quindi la quantità di rifiuti indifferenziati da conferire
all’inceneritore: a gennaio sono stati 101.660 chili mentre a dicembre erano
106.900 e a luglio 2007 180.640. Aumenta il totale dei rifiuti raccolti: da
148.105 di dicembre a 161.420 di gennaio. Intanto la prossima settimana
saranno consegnati anche i contenitori per la Zona industriale e
artigianale, che ne era sprovvista. E l’assessore Igor Tul prende spunto da
recenti dichiarazioni della Provincia, che aveva sostenuto la validità del
sistema porta a porta, affermando: «È chiaro che un tale sistema è difficile
possa attecchire bene in una città grande, come è Trieste. È più semplice
dove ci sono case singole o piccoli condomini». Tul vuole rettificare: «Non
è vero, come letto, che San Dorligo e anche Muggia portano i rifiuti
differenziati alla discarica di Pecol dei Lupi. Sarebbe un controsenso:
quella è una discarica per rifiuti urbani, non per riciclabili. I nostri
rifiuti differenziati sono invece trattati da un’azienda triestina che poi
li conferisce a impianti specializzati a seconda del tipo di rifiuto». Come
precisa la stessa ditta, la carta viene pulita da eventuali frazioni
estranee e avviata al macero. Il cosiddetto multimateriale (plastica, vetro
e lattine) viene stoccato all’impianto triestino per essere poi trasportato
in altri, specializzati nel recupero. Gli altri riciclabili ingombranti sono
trattati da altre aziende convenzionate. In merito alla mancanza dei
cassonetti stradali in Val Rosandra, Tul dice: «Sono stati sistemati da poco
alcuni cestini di varie dimensioni all’inizio dei sentieri».
s.re. |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 5 febbraio 2008
Metrò leggero, mancano 100
milioni - Definiti intanto i percorsi delle linee e le stazioni di
fermata |
|
A caccia di
fondi comunitari Provincia, Regione, Autorità portuale, Ferrovie dello Stato
e Rfi
La Provincia di Trieste, assieme
a Regione, Autorità portuale, Ferrovie dello Stato e Rfi (Rete ferroviaria
italiana), è a caccia di fondi comunitari – presumibilmente un centinaio di
milioni di euro – per il terzo lotto della metropolitana leggera.
La linea da finanziare, di cui sono state stabilite le fermate così come per
i primi due lotti,
prevede il prolungamento verso Ronchi. Nella richiesta di finanziamenti
anche il tratto di collegamento ferroviario tra Muggia e Capodistria.
Quindici milioni di euro, che potrebbero a breve essere resi disponibili da
Rfi e dalla Regione, serviranno ai lavori di adattamento del primo e del
secondo lotto della metropolitana leggera.
Queste le fermate previste per la prima linea con partenza da Muggia (Valle
delle Noghere, dove esiste già una stazione mai utilizzata): Aquilinia/Borgo
San Sergio, poi una fermata all’altezza dell’Ezit, una nei pressi della
Risiera di San Sabba a servizio dello Stadio, ancora avanti fino alla
Ferriera/Piattaforma logistica, poi al centro commerciale Torri d’Europa,
una fermata anche presso il Lloyd/Polo natatorio e infine Campo Marzio.
L’altra linea con partenza Campo Marzio, lungo il percorso già utilizzato
dal treno turistico «Rondo», fermerà al Lloyd/Polo natatorio, alla stazione
di Rozzol, a Rozzol Melara, poi ancora alla stazione di Guardiella, avanti
fino all’altezza dell’Università, un’altra fermata al Sanatorio oggi sede
della Sissa, poi ancora a Villa Carsia e da qui a Villa Opicina con termine
a Fernetti.
Fissate le stazioni di fermata anche per il tratto da Campo Marzio alla
Stazione centrale, che invece dovrebbe utilizzare le gallerie già esistenti
per i treni merci: primo stop ancora al Lloyd/Polo Natatorio, poi una
fermata all’altezza di Largo Nicolini, un’altra in piazza Volontari giuliani
e quindi a Roiano. Da qui alla Stazione centrale.
Questo terzo lotto, per il quale si stanno cercando finanziamenti, prevede
interventi a medio e lungo termine, in particolare il rimodellamento della
galleria di cintura in modo da renderla adatta al traffico passeggeri
secondo le normative. Dalla stazione centrale questa linea dovrebbe poi
proseguire fino a Ronchi.
Nella richiesta di accesso ai fondi comunitari che gli enti, presumibilmente
assieme ai parigrado sloveni, presenteranno all’Ue, sarà compreso anche il
tratto – particolarmente interessante per lo sviluppo portuale – da Muggia a
Capodistria e quello da Fernetti a Sesana.
Considerato che si tratta per la quasi totalità dei percorsi di linee già
esistenti, lo sforzo finanziario maggiore sarà riservato proprio agli
adattamenti delle gallerie e alla realizzazione delle fermate.
Una metropolitana leggera così costituita – anche senza l’ultimo lotto -
porterebbe a una vera rivoluzione nel modo di muoversi in provincia,
consentendo di togliere traffico (e inquinamento) dalle strade, servendo con
il trasporto pubblico alcune delle maggiori direttrici del traffico stesso e
soprattutto alcuni punti focali della vita economica sul territorio, in
primis la zona industriale.
Da valutare nel dettaglio, rispetto alle ipotesi di utilizzo, la
sostenibilità economica. «I fondi potrebbero essere erogati anche entro il
2008 e così si potrebbe partire subito con la progettazione. Certo
rimarrebbero altri grossi interventi, ma è qualcosa che si può fare»
ribadisce fiduciosa l’assessore provinciale Ondina Barduzzi, responsabile
del progetto.
Riccardo Coretti |
Firmata l’intesa sulla Tav,
progetto entro l’anno - Sonego soddisfatto: approvato il tracciato
definitivo dal fiume Tagliamento fino a Trieste |
|
Siglato il
protocollo: il primo tratto prevede l’affiancamento all’autostrada. La
velocità dei vettori non dovrebbe superare i 220 chilometri orari
TRIESTE Il tracciato c’è. La
linea, almeno quella sulla carta che indica il passaggio dell’alta
velocità/alta capacità in Friuli Venezia Giulia, è definita. Riunioni,
documenti, relazioni, mesi di piccoli e talvolta incerti passi alla fine
hanno portato al risultato. Il primo, quello rispetto al quale l’assessore
regionale alla Viabilità e ai Trasporti non è mai stato disposto a
indietreggiare. «Entro la fine dell’anno – dice ora Lodovico Sonego – avremo
anche il progetto». La fase critica della concertazione tra Regione, Rete
ferroviaria italiana e territorio si è chiusa ieri a Cervignano con la firma
del Protocollo d’intesa per la condivisione del tracciato della ferrovia
Alta Velocità/Alta Capacità (Progetto Prioritario n. 6, noto come "Corridoio
V"), nella tratta fra i fiumi Isonzo e Tagliamento. E’ il tassello del
puzzle che mancava, quello che consente all’assessore Sonego di dire che «il
Friuli Venezia Giulia ora ha tutto il tracciato, dal Tagliamento a Trieste».
IL TRACCIATO Il primo tratto, quello che parte dal Tagliamento e arriva a
Porpetto prevede l’affiancamento con l’autostrada A4. Il comune di Porpetto,
da sempre contrario al progetto (e a tutte le sue varianti) sarà
attraversato nell’area artigianale. La ferrovia a quel punto proseguirà per
Bagnaria Arsa (per la quale è stata individuata una soluzione di compromesso
che dovrebbe ridurre l’impatto rispetto all’ipotesi iniziale) e per
Cervignano attraversando il paese sul tracciato della linea ferroviaria
esistente che sarà potenziata. E’ poi previsto un collegamento con
l’interporto.
La linea continuerà verso Villa, anche se il consenso di questo comune oggi
non c’è, e Fiumicello con l’attraversamento dell’Isonzo. Il principio
perseguito è stato quello di utilizzare, dove possibile, i binari esistenti
potenziandoli con un raddoppio la linea e introducendo tutte quelle
innovazioni rese disponibili dalla tecnologia per ridurre al minimo i disagi
(prima di tutto acustici). Soprattutto nei casi in cui la ferrovia passerà
vicina agli abitati. Per quel che riguarda l’attraversamento dell’Isonzo ci
sarà il rifacimento del ponte attuale con un raddoppiamento e anche in
questo caso con tutti gli accorgimenti tecnici per ridurre l’impatto
ambientale.
LA LINEA Anche se un progetto non c’è ancora le parti condividono l’idea che
la ferrovia debba essere un sistema misto alta velocità alta capacità,
prediligendo l’alta capacità e quindi un maggior passaggio di convogli merci
rispetto ai treni veloci destinati ai passeggeri. La velocità dei vettori
non dovrebbe superare i 200-220 chilometri orari nel caso del trasporto di
persone e i 180 per il trasporto merci.
IL PROTOCOLLO Una parte importante delle indicazioni progettuali Rfi le avrà
già dal protocollo d’intesta siglato con i sindaci. «Per quel che riguarda
le mitigazioni dell’impatto ambientale e le prescrizioni dei comuni – spiega
Sonego – sono già contenute nel protocollo d’intesa dal quale prenderà avvio
la progettazione». La firma di ieri, quindi, non mette la parola fine alla
concertazione. «Oggi non siamo - ha ribadito Sonego ricordando le tappe di
un confronto iniziato nel 2006 - alla fine del percorso, ma abbiamo
raggiunto una tappa importante: il gruppo tecnico di istruttoria continuerà
la sua opera avendo un parametro importante nel documento oggi firmato.
Regione e Comuni scenderanno poi nel dettaglio del progetto preliminare e
definitivo sia per le scelte tecniche sia per le soluzioni architettoniche e
di mitigazione ambientale».
A sottoscrivere l’intesa sono stati i Comuni di Bagnaria Arsa, Castions di
Strada, Cervignano del Friuli, Fiumicello, Gonars, Muzzana del Turgnano,
Palazzolo dello Stella, Palmanova, Pocenia, Ronchi, Ruda, San Giorgio di
Nogaro, Teor e Torviscosa. Non hanno firmato il Protocollo i Comuni di
Porpetto e Villa Vicentina. Non è stato invece ritenuto di far firmare la
Provincia di Udine, data la sua attuale situazione di commissariamento.
I DISSIDENTI Solo due comuni “dissidenti” (dei nove che prima di Natale
avevano firmato e consegnato all’assessore un documento nel quale indicavano
i dubbi sul tracciato) non hanno ritenuto di rivedere le loro posizioni. Il
comune di Villa Vicentina ha anche portato un nuovo documento nel quale
ribadisce le ragioni della sua contrarietà. A sostenere la posizione delle
due amministrazioni rimaste sole, il comitato No Tav che anche ieri non è
mancato all’appuntamento di Cervignano preparando il benvenuto – fuori dal
municipio – all’assessore e ai sindaci.
IL MODELLO Sonego ha voluto ringraziare gli amministratori locali perché
«l'interesse locale è stato coniugato con l'interesse generale, diversamente
da quanto accade altrove con guasti molto grandi per mancanza di scelte. Se
ciò fosse stato fatto anche in Campania avremmo evitato una vergogna
nazionale».
Martina Milia |
TAV - Solo due sindaci non
firmano. Fi: non si poteva attendere oltre |
|
Manifestazione di protesta dei no-Tav all’esterno del municipio di
Cervignano. Si schierano per il no Villa Vicentina e Porpetto
CERVIGNANO Sedici sindaci su
diciotto hanno detto sì. Una maggioranza schiacciante degli amministratori
locali ha sottoscritto il protocollo presentato dall’assessore regionale
Lodovico Sonego. Voci fuori dal coro, secondo previsioni, quelle di Villa
Vicentina e Porpetto. Disco verde per la costruzione di una «nuova
infrastruttura ferroviaria» (bandita l’espressione “Tav”), quindi. Una
posizione condivisa, che ha superato gli steccati fra i due schieramenti
politici e portato a una convergenza quasi totale tra sindaci di
centrosinistra e centrodestra.
Sonego si è complimentato con gli amministratori locali per la capacità di
«coniugare l’interesse locale a quello generale, una dicotomia che spesso
risulta essere ingovernabile». Secondo Sonego «se in Campania avessero
adottato lo stesso approccio avremmo una vergogna nazionale in meno».
L’assessore è stato irremovibile: subito la firma, poi la discussione.
Pietro Paviotti, sindaco di Cervignano (area Pd) ha dichiarato: «Si tratta
solo del primo passo, che non sancisce evidentemente la fine del processo.
Credo che il tracciato approvato sia in assoluto il migliore. La maggior
parte dei cittadini ha ormai sposato questa linea, e anche l’opposizione di
Cervignano, pur differenziandosi per alcune sfumature, ha concordato sulla
necessità di dotare il territorio di un potenziamento della ferrovia».
Federico Cressati, sindaco di Palmanova e esponente di Forza Italia, ha
riferito: «Rispetto al progetto iniziale, questo documento contiene
modifiche sostanziali che soddisfano le istanze avanzate
dall’amministrazione comunale di Palmanova. Sono state tenute in debita
considerazione le richieste di passare sulla vecchia linea Palmanova-San
Giorgio e dismettere il tratto Cervignano- Palmanova. Si è altresì
registrata una sostanziale intesa sul rispetto del territorio. Questo è solo
lo stadio iniziale, di cui seguiremo l’evoluzione passo dopo passo. Io
assolvo al compito assegnatomi dal mio consiglio comunale». Fuori dal
municipio, hanno manifestato i comitati “no Tav”, che non hanno risparmiato
critiche a Sonego, ai politici “venduti” e alla stampa “manipolatrice”.
Secondo il coordinatore di Forza Italia, Isidoro Gottardo, l'alta velocità
in Friuli Venezia Giulia va però realizzata «senza ulteriori ritardi,
mettendo in atto tutte le attenzioni possibili». «Pur nel rispetto di ogni
singola amministrazione comunale - sottolinea Gottardo - Forza Italia ha
sempre auspicato che l'Alta velocità si realizzi senza ulteriori ritardi. Va
quindi riconosciuto a tutti i Comuni interessati il senso di responsabilità
nel farsi carico di un disagio che va, però - precisa - a beneficio generale
dell'intera comunità». Puntualizzando che «il dialogo non può presupporre
l'immobilismo», Gottardo infine afferma che Fi ha «una coerenza che non si
riscontra nella sinistra e nel variopinto arcipelago che caratterizza la
maggioranza regionale di Intesa Democratica, che da un lato gestisce il
potere e dall'altro cavalca la protesta sul territorio».
Giovanni Stocco |
Raccolta differenziata |
|
In un articolo su «Repubblica»
del 28 dicembre 2007 (La mia settimana senza inquinare), Paolo Rumiz scrive
che «nella civilissima Trieste la raccolta differenziata non esiste». Io
desidererei proprio sapere il perché di questa affermazione che non
corrisponde a verità. Infatti per quanto riguarda i rifiuti, io mi comporto
così: in una borsa metto la carta, legata ben stretta perché occupi meno
spazio; per lo stesso motivo, contenitori di plastica e lattine, grandi o
piccole che siano, ben schiacciati li sistemo in un’altra borsa, e in
un’altra ancora i vetri; stracci, vestiti e scarpe li metto in sacchetti di
plastica ben chiusi. Però questo non lo faccio «alla tedesca», come fa Paolo
Rumiz, ma alla triestina, perché so che a pochi metri da casa mia trovo i
cassonetti adibiti a questa specifica raccolta. Infatti a Trieste, a luglio
2007, dati forniti da uffici competenti, c’erano bottini per rifiuti solidi
urbani corrispondenti a metri cubi 7403, per la raccolta differenziata
cassonetti corrispondenti a metri cubi 4143. Adesso forse sono anche
aumentati. È vero che mi manca l’umido, ed è anche vero che purtroppo a
Trieste sono molte le cose che non vanno bene, ma perché non riconoscere
almeno quelle che vanno benino?
Giuseppina Rossi |
Divieto di caccia |
|
Ai margini del piazzale
antistante l’ingresso alla villa Revoltella è stato posto, credo a cura del
Comune, un appropriato cartello richiamante, in base a una fantomatica Legge
177 del 1992 art. 21, il divieto di caccia nei parchi urbani. La Legge in
questione è la 157: sarebbe opportuno correggere l’errore in quanto
fuorviante in caso di contestazioni.
Lettera firmata |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 4 febbraio 2008
Grillo, Pausini e gli scout:
appelli per i colibrì - Partita una raccolta firme in rete per chiedere al
ministero dell’Ambiente i fondi promessi al centro triestino
|
|
È una vera e propria catena di
solidarietà nazionale quella sorta per salvare i colibrì accolti nel parco
tropicale di Trieste, che rischiano di morire poiché da più di un anno
mancano i fondi ministeriali promessi per mantenerli. È partita una raccolta
firme virtuale che registra un minimo di mille emails al giorno, mentre gli
appelli inviati al ministero dell’Ambiente arrivano da tutt’Italia, a
partire dai soci degli Scout italiani e dai gruppi amici di Beppe Grillo per
poi proseguire con la sezione italiana dell’Organizzazione internazionale
protezione animali.
«Questi sono giorni intensi – annuncia Stefano Rimoli, direttore del Centro
per la salvaguardia dei colibrì – poiché solo in Friuli Venezia Giulia
l’Associazione Asso di Lia Gregoretti ha raccolto ad esempio 11mila firme
virtuali, mentre al livello nazionale l’elenco dei sostenitori di questa
campagna per i colibri coinvolge sempre più associazioni».
«Domenica prossima – aggiunge Rimoli - i gruppi regionali Amici di Beppe
Grillo organizzeranno già a Trieste una raccolta fondi a sostegno del nostro
ente, mentre nei prossimi giorni, Laura Pausini, già membro del consiglio di
amministrazione del parco e nominata “madrina speciale” nel mondo del nostro
ente, manderà una lettera di sostegno a varie autorità».
È disastrosa la situazione del Centro europeo per la salvaguardia dei
colibrì di Trieste, un ente scientifico senza fini di lucro riconosciuto
come tale dal governo italiano, il cui funzionamento è attualmente a
rischio, poiché i finanziamenti promessi dallo Stato non sono mai arrivati.
«Da questi uccelli dipende la vita sul nostro pianeta in quanto responsabili
“impollinatori” dell’85% delle foreste sudamericane – ricorda Rimoli – Ma
nonostante questa indiscussa importanza, manca a livello mondiale qualsiasi
approccio scientifico per lo studio e allevamento dei colibrì e quindi, fino
ad oggi, non è mai stato possibile realizzare un progetto di ripopolamento e
reintroduzione in natura».
Attraverso il centro di Trieste, che aveva accolto 100 colibri donati dal
Perù, l’Italia aveva mostrato però che voleva dare il suo contributo alla
ricerca mondiale nel campo, alla salvaguardia dell’ambiente ed allo sviluppo
sostenibile. «In questo contesto – afferma il direttore del Centro di
Trieste - il problema è che gli impiegati del centro hanno finanziato dalla
loro tasca il mantenimento degli uccelli, in attesa dei soldi promessi dello
Stato che non sono mai arrivati».
Gabriela Preda |
«La Trieste-Fiume bloccata da
Lubiana» - Accuse croate per i ritardi nella progettazione
dell’autostrada di competenza slovena |
|
Lo zupano
Komadina contesta anche l’ipotesi di tracciato, troppo a Nord e troppo
lungo, voluto per raggiungere Villa del Nevoso
FIUME L’autostrada Trieste-Fiume,
attesa da generazioni di quarnerini e istriani, si farà, ma la parte slovena
non ha ancora fissato i tempi di realizzazione del segmento che percorrerà
il territorio della Repubblica slovena. Il progetto della Trieste-Fiumd,
ossia il tracciato Postumia/Divaccia – San Pietro del Carso (Pivka) – Villa
del Nevoso (Ilirska Bistrica) – Jelsane – è sì presente nel Programma
nazionale sloveno per la costruzione di autostrade, ma è stato inserito nel
cosiddetto Programma aggiuntivo, che non definisce i termini di
apprestamento, né l’ammontare dell’investimento. Insomma, la quarantina di
chilometri in terra slovena della futura autostrada che collegherà le due
città e i due porti diventeranno prima o poi realtà, ma Lubiana potrebbe
anche tirare per le lunghe la realizzazione del tratto intermedio.
A commentare con preoccupazione da parte croata queste notizie provenienti
dal Paese vicino è una tra le persone maggiormente interessate al
completamento dell’autostrada Trieste-Fiume, cioé il presidente della
Regione del Quarnero e Gorski kotar (capoluogo Fiume), lo zupano Zlatko
Komadina del Partito socialdemocratico: «La dinamica nella realizzazione del
progetto è estremamente importante – dice Komadina – ma purtroppo il
Programma nazionale sloveno per la costruzione di autostrade non garantisce
una sua celere esecuzione. Sappiamo che il tracciato in territorio sloveno
si connetterà all’autostrada Capodistria–Lubiana tra Postumia e Divaccia,
toccando poi San Pietro del Carso, Villa del Nevoso e Jelsane. Ci
attendevamo un percorso più a sud, ma comunque rispettiamo le esigenze
nazionali slovene. In ogni caso è meglio avere questa arteria che non
averla. Credo che nemmeno gli italiani saranno contenti del tracciato come
pianificato dagli sloveni, che allunga la percorrenza. E’ evidente –
conclude lo zupano – che gli interessi degli sloveni non collimano con
quelli croati e italiani. Siamo purtroppo di fronte ad una politica non
propriamente europeista, ma questa è prassi slovena».
A suo tempo Komadina aveva proposto che partner italiani e croati si
impegnassero per ottenere la concessione della futura autostrada, procedendo
anche alla sua costruzione. Di recente il quotidiano zagabrese Jutarnji list
si è rivolto alla Direzione per le Strade del ministero sloveno dei
Trasporti, vedendosi rispondere che è ancora in corso la fissazione
definitiva del tracciato lungo il proprio territorio nazionale, come pure
l’iter di approvazione dei piani. Dopo la scelta del percorso, si passerà
alla formulazione del piano regolatore, che dovrà avere il placet del
governo di Lubiana. Va quindi rilevato che il congiungimento alla rete
autostradale croata avverrà al valico di confine Jelsane–Rupa.
Vale ricordare che il tronco autostradale Fiume–Rupa è stato portato a
termine due anni fa. Di questo asse fa parte la Tangenziale fiumana, i cui
lavori di raddoppio delle corsie sono cominciati pochi giorni fa e
dovrebbero concludersi nel luglio 2009. La Tangenziale proseguirà fino a
Krizisce (non lontano da Buccari), da dove, secondo i piani croati,
l’autostrada proseguirà, in un tratto del quale è già prevista la
costruzione, fino a Zuta Lokva, in Lika, località in cui avverrà
l’interconnessione con l’autostrada Zagabria–Spalato.
Andrea Marsanich |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 3 febbraio 2008
Il Tavolo istituzionale torna
a riunirsi: check-up sull’ambiente - Il primo cittadino: «Gli incontri tra
enti danno risultati ma in prospettiva» |
|
Rotelli (Ass):
«Imminente la consegna dei questionari ai cittadini che hanno chiesto di
sottoporsi agli esami clinici»
Una nuova riunione del tavolo
sulla Ferriera istituito dalla Regione è prevista entro la settimana. Non ci
sarebbero particolari argomenti all’ordine del giorno, ma servirà a fare il
punto della situazione dopo l’ultimo incontro, a ridosso di Natale, nel
corso del quale è stata rilasciata allo stabilimento l’autorizzazione
integrata ambientale.
Proprio il tavolo regionale è stato contestato, qualche giorno fa, nella
conferenza-audizione organizzata dal consigliere regionale dei Verdi
Alessandro Metz, che ha criticato l’operato della Regione mentre i cittadini
di Servola hanno attaccato Arpa e Azienda sanitaria, per non aver
abbandonato il tavolo nonostante le pesanti relazioni da loro stesse
presentate nella procedura per l’Aia.
Viene da chiedersi, dunque, se e quanto servano le convocazioni di questi
tavoli. «Servono a creare un minimo di comunicazione fra gli enti – commenta
il sindaco Dipiazza –. E per chiudere la Ferriera tutti quanti dovranno
interagire comunque».
Il primo cittadino ricorda di aver avuto di recente un importante incontro
con il sottosegretario Rosato. Una riunione che sembra non essere rimasta
isolata, avviando così un canale che può favorire la ricerca di una
soluzione, per lo stabilimento e per i lavoratori. «Nell’immedato – annota
ancora Dipiazza – i tavoli non danno risultati, ma in prospettiva si smembra
sempre più il problema, si delinea una strada e alla fine qualcosa di buono
viene fuori».
A sostenere la validità di questi tavoli con i diversi enti è il direttore
generale dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli. «Producono risultati
concreti – rileva – perchè, come si è visto, la Regione ha recepito
nell’autorizzazione integrata ambientale tutte le nostre proposte per gli
interventi che la proprietà deve fare sullo stabilimento. Adesso – aggiunge
– si potrà verificare se l’azienda rispetterà o meno quelle prescrizioni, e
se non lo farà è previsto che il certificato Aia venga ritirato».
L’Azienda sanitaria sta intanto avviando le procedure per gli esami clinici
a un campione di abitanti di Servola, allo scopo di individuare l’eventuale
presenza di derivati degli idrocarburi e di metalli pesanti. «Nei giorni
scorsi – spiega Rotelli – abbiamo fatto una riunione con i medici di base
del distretto di Servola e Valmaura. A giorni verranno distribuiti appositi
questionari a tutti gli abitanti, circa 120 persone, che hanno chiesto di
essere sottoposti agli esami».
Scopo dei questionari è di individuare un campione di residenti «credibile»
sui possibili effetti della Ferriera, nel senso che dal campione verranno
esclusi i fumatori e chi si trova in condizioni di salute che potrebbero non
permettere risultati chiari e univoci.
Dai 120 abitanti coinvolti, secondo l’Azienda sanitaria verrà selezionato un
campione di circa 60 persone. I risultati degli esami a questi residenti
verranno confrontati con quelli di un analogo campione, scelto con gli
stessi criteri, di abitanti di un altro rione in cui non risultano problemi
di inquinamento.
La raccolta dei campioni per gli esami clinici dovrebbe avvenire nel giro di
15 giorni. Poi le provette saranno inviate a un laboratorio di Brescia, per
le analisi. «E’ il più attrezzato in Italia ed è riconosciuto
internazionalmente – sottolinea Rotelli – per l’individuazione dei derivati
degli idrocarburi e dei metalli pesanti».
gi. pa. |
«Caccia, legge devastante» |
|
TRIESTE La legge sulla caccia,
presentata da Enzo Marsilio e approvata da 22 consiglieri regionali su 60, è
«devastante». E le associazioni ambientaliste Wwf, Lipu, Legambiente, Lac,
Lav e Enpa non hanno dubbi. E, in una nota congiunta, esprimono una condanna
senz’appello: «È una legge che prevede meno tutela sulla fauna selvatica,
meno ricerca, meno controlli pubblici e più poteri per i futuri dirigenti
dell’associazione dei cacciatori. Ed è una legge che ignora la petizione di
oltre 6500 cittadini e che scatenerà contenziosi a non finire». Non manca il
verdetto politico: «Al presidente Riccardo Illy e ai consiglieri che hanno
reso possibile l’approvazione di questa legge dedicheremo le nostre migliori
attenzioni anche in campagna elettorale». |
Antonaz: la Sinistra
arcobaleno diventerà il terzo partito Sonego sotto accusa per la Tav - Il
titolare ai Trasporti declina l’invito a tenere un’audizione sull’alta
velocità |
|
Prove di
unione tra Rifondazione, Verdi e Pdci - Franzil, Zorzini e Metz protestano:
un gesto irrispettoso verso il Consiglio
TRIESTE La Sinistra arcobaleno,
quella che include Rifondazione, Pdci, Verdi e Sinistra democratica,
diventerà la terza forza politica in Friuli Venezia Giulia già alle
regionali del 2008: ne è convinto Roberto Antonaz, assessore regionale alla
Cultura, unico rifondatore nella giunta di Riccardo Illy.
Commentando gli stati generali della Sinistra arcobaleno, in programma il 9
febbraio a Palmanova, Antonaz afferma che «oggi c’è una forte domanda di
sinistra nel nostro Paese e nella nostra regione. I problemi aperti sono
soprattutto di tipo ambientale e sociale, ma riguardano anche il lavoro, la
sanità e la casa, tutti temi da sempre prioritari della sinistra».
Ben venga, allora, la rifondazione a sinistra: «Di fronte a questa domanda -
sostiene l’assessore regionale alla Cultura - bisogna mettere da parte le
proprie storie e i propri simboli, cercando di costruire il prima possibile
un soggetto che abbiamo definito unitario e plurale, sia a livello nazionale
che regionale».
Non servono fughe in avanti, ma non c’è tempo da perdere: «In una prima fase
- spiega Antonaz - ogni partito manterrà le proprie strutture ma in
transizione verso un soggetto che io auspico sia unico e che si formi con
una certa rapidità». Gli spazi, in ogni caso, ci sono. E sono ampi: «La
Sinistra arcobaleno influirà sulla politica nazionale perchè si tratterà
della terza forza politica del Paese e anche a livello regionale con un
destino che potrebbe essere analogo. Credo che in questi anni abbiamo
dimostrato, governando, che siamo una forza indispensabile. Abbiamo portato
una marcia in più».
Aspettando gli Stati generali e la nascita dell’arcobaleno, però,
Rifondazione, Pdci e Verdi si muovono «sul campo» già come un soggetto
unitario. Lo fanno, a livello di consiglio regionale, riaprendo la vertenza
sulla Tav. E soprattutto contestando apertamente l’assessore alle
Infrastrutture Lodovico Sonego: «Il 18 gennaio - ricordano Kristian Franzil,
Bruna Zorzini e Sandro Metz - abbiamo chiesto, tramite il presidente
Alessandro Tesini, di indire un’audizione urgente della quarta commissione
per poter sentire tutti i soggetti che sul territorio subiranno gli effetti
del protocollo Comuni-Regione sul passaggio della linea ad Alta
velocità/capacità nella Bassa friulana. Un protocollo che sarà presentato il
4 febbraio». Ma, continuano i tre consiglieri, il presidente della quarta
commissione Uberto Drossi Foruna «ci ha riferito che Sonego riteneva che la
giunta, nell'ambito delle sue competenze, non fosse tenuta al momento
attuale a riferire al Consiglio sul suo operato in merito al Protocollo. Ha
aggiunto che l’assessore sarebbe stato comunque disposto ad indire le
audizioni richieste solo a passaggi formali conclusi». Franzil, Zorzini e
Metz, però, non incassano: «Il tono altezzoso della risposta si commenta da
sé, val la pena però di sottolineare come la stessa sia poco rispettosa del
ruolo del Consiglio regionale che fra i suoi compiti annovera anche quelli
di indirizzo e di controllo». |
IL PICCOLO -
SABATO, 2 febbraio 2008
Trieste chiede più aree
pedonali e piano del traffico - Commercianti e professionisti
d’accordo. La proposta di Paoletti: chiusura parziale di via Roma |
|
Reazioni
favorevoli al terzo ponte sul canale ma le categorie sollecitano il Comune
ad andare oltre. Dipiazza: «Sarà solo un collegamento passerella»
La Trieste di domani passa per
un taglio netto al traffico. Categorie, professionisti e anche politici
«benedicono» infatti il test del terzo ponte sul canale di Ponterosso
deliberato dalla giunta. A patto che questo sia la chiave per una
pedonalizzazione del centro votata al coraggio. Coraggio perché, sullo
sfondo, si ripropone la necessità di varare il piano del traffico. |
Il progetto del «Bailey»
provvisorio annunciato dall’assessore Franco Bandelli, che verrà realizzato
ad aprile tra via Cassa di Risparmio e via Trento in occasione del raduno
nazionale del Genio militare, riaccende il dibattito sulla «mappa» della
mobilità. Un obiettivo condiviso di partenza c’è: più aree pedonali per
rilanciare il centro dal punto di vista urbanistico e commerciale. «Per
consentire ai triestini - insiste il presidente della Fipe Beniamino Nobile
- di reimpadronirsi della città». «Si potrebbe pedonalizzare molto di più,
pure tutto il centro, con un perimetro dotato di parcheggi», gli fa eco il
presidente dell’ordine degli architetti Luciano Lazzari, che vede il ponte a
esclusivo utilizzo dei pedoni.
Ma sul «come fare» la rivoluzione le ipotesi faticano a trovare una sintesi.
E mentre il sindaco Roberto Dipiazza frena («il terzo ponte sarà una novità
per i pedoni che finisce lì e che non va legata al piano del traffico,
nessuno ha il titolo per parlarne»), il presidente della Camera di Commercio
Antonio Paoletti rilancia la proposta più drastica. «Concordo - dice
Paoletti - con chi sostiene che quel ponte, qualora se ne costruisse uno
definitivo, debba essere soltanto pedonale. Ma ritengo che questa scelta
possa essere propedeutica a un’ampia pedonalizzazione dell’area, attorno a
un perimetro per i mezzi pubblici che dalle Rive risalga per via Mazzini
fino a via Roma, e da qui verso Corso Italia. Così sarebbe garantita la
chiusura al traffico di piazza della Borsa, ma anche di via Mazzini, tra via
Roma e piazza Goldoni, e di via Roma, tra via Mazzini a via Ghega». Una
sorta di ring, insomma, come prospettato da Dipiazza in estate anche per
auto e due due ruote, prima che a livello politico ricalasse il silenzio sul
piano del traffico. Di ring torna a parlare pure il presidente dei
commercianti al dettaglio Franco Rigutti, il quale però non esclude che il
terzo ponte possa diventare un lato della futura circolazione antioraria per
liberare completamente via Roma, «anche se resterebbe il nodo di piazza
della Borsa». «Il fatto è - chiude Rigutti - che queste scelte dovrebbero
essere legate al piano del traffico. Va bene l’esperimento di un mese con il
”Bailey”, ma meglio sarebbe stato farlo già con le idee chiare su come si
vuole sistemare la mobilità della città dal punto di vista generale».
«Siamo aperti a tutte le iniziative finalizzate a un recupero delle aree in
favore dei pedoni, che in questa città sono sempre più maltrattati, fermo
restando che per noi va attuata la bozza Camus», insiste Sergio Tremul,
presidente del Coped-Cammminatrieste, pure lui interessato all’ipotesi di un
trasferimento del traffico da via Roma alle vie Trento e Cassa di Risparmio.
Per la soluzione speculare, cioè per la pedonalizzazione del nuovo asse che
si verrebbe a creare con il terzo ponte, «ma con un’adeguata politica di
parcheggi», si schiera invece Darko Ban, titolare dello storico Buffet Da
Pepi di via Cassa di Risparmio, il celebre «Pepi S’ciavo».
«Non dico mica che quel ponte debba per forza sostituire il traffico su via
Roma - interviene quindi lo stesso Roberto Camus, papà della bozza sul piano
del traffico datata 2005 - ma credo possa essere utile realizzarne uno che
sia carrabile, anziché fare una semplice passserella. Questo consentirebbe
di lasciare aperte più alternative in vista delle scelte, che competono alla
politica». Un «no comment» viene, ancora, dal direttore generale della
Trieste Trasporti Piergiorgio Luccarini: «Accoglieremo con gioia il piano
del traffico quando arriverà, ora pertanto ci riserviamo ogni commento».
«Il dibattito sulla mobilità cittadina non può partire finché non si decide
il piano del traffico e io sarei pronto a discuterne subito», rilancia
l’assessore competente Maurizio Bucci, che liquida però l’ipotesi di un
ponte carrabile: «Appesantirebbe lo scorcio turistico dalle Rive in
direzione piazza Sant’Antonio e non troverebbe certamente l’ok della
Soprintendenza. È opportuno costruirne uno leggero, compatibile con il
neoclassico, proiettato verso una nuova area pedonale sul solo lato di via
Cassa di Risparmio». L’Udc Roberto Sasco, presidente della Commissione
urbanistica, propone invece di «pedonalizzzare grazie al ponte, e con un
recupero del masegno, l’intero asse interno che attraverso via Trento e via
Cassa di Risparmio va da piazza Libertà fino a piazza della Borsa,
proseguendo poi per Cavana fino all’ex Pescheria». «Si sta ragionando di
pedonalizzazione senza un piano del traffico, la confusione è evidente»,
commenta per il Pd Fabio Omero. Che chiude con una battuta: «Speriamo che
Dipiazza non faccia la fine di Cacciari a Venezia, che deve sopportare le
polemiche sul ponte di Calatrava».
Piero Rauber |
I negozianti: «Liberate il
centro dalle auto» - Piace la prospettiva di chiudere definitivamente ai
veicoli le vie Cassa di Risparmio e Trento |
|
Viene accolta favorevolmente da
commercianti e residenti l'idea del ponte pedonale sul canale di Ponterosso
tra via Cassa di Risparmio a via Trento. E positivamente viene valutata
anche la possibilità di pedonalizzare una delle vie del Borgo Teresiano per
creare un collegamento tra la zona «in» del commercio triestino e una zona
che, dopo l'arrivo dei cinesi, ha perso appeal.
«La realizzazione del ponte pedonale - spiega Fabrizio Stolfa, titolare di
un negozio di ottica di via Rossini - creerebbe finalmente un collegamento
tra due vie che sembrano tagliate a metà, senza via d'uscita. Io chiuderei
al traffico l'intero centro e darei vita ad un grande parcheggio in Porto
Vecchio».
Il fatto che, un tempo, il canale di Ponterosso godesse già di tre ponti, il
Verde, il Rosso e il Bianco viene ricordato da Adriano Marzini, titolare
della farmacia Biasoletto: «Questa zona svilita dai negozi cinesi ha
trovato, ultimamente, dei privati che intendono investire. Ben vengano,
dunque, ponti e pedonalizzazioni». Un sì alla creazione del ponte arriva
anche dall'intera famiglia Procentese che gestisce due locali: «Creerebbe
una nuova possibilità di collegamento - sostengono - mentre la
pedonalizzazione di via Cassa di Risparmio o di via XXX Ottobre, mi vede
favorevole solo a fronte della creazione di nuovi park. Le zone chiuse al
traffico sono da sempre un incentivo per far arrivare la gente».
L'idea di via Cassa di Risparmio chiusa alle auto e arricchita di un ponte
che la metta in contatto diretto con via Rossini, viene accolta con un
«perbacco» dal titolare di un buffet, Fabrizio Romich: «Altroché se sono
favorevole, i veicoli se ne devono andare dal centro e la gente deve
imparare a lasciarle a casa, nel garage, utilizzando mezzi pubblici e
biciclette. Nelle zone pedonali si respira un'altra atmosfera, altri ritmi».
Non è dello stesso avviso il titolare di un negozio di accessori per auto,
Bruno Voitissek: «È bello vedere le strade aperte solo ai pedoni - ammette -
con le fioriere e le panchine, ma per il mio negozio sarebbe un disastro. I
miei clienti hanno spesso bisogno di portarmi l’auto a due passi dal
negozio». Lo stop al passaggio delle quattro ruote in via Cassa di Risparmio
è un'idea interessante per Lorella Loredan: «Commercialmente per via San
Nicolò o per via San Lazzaro ha funzionato. Potrebbe essere vantaggioso
anche per i negozi di questa via».
Sulla costante svalutazione del Borgo Teresiano e sulla necessità di
un'iniziativa che lo rilanci negozianti e residenti sono concordi. «La colpa
è anche dei proprietari dei negozi che hanno deciso di affittare i loro fori
commerciali ai cinesi - spiega Alessandra Fragiacomo - quelli che hanno
avuto pazienza sono riusciti a trovare locatari e acquirenti migliori».
Laura Tonero |
La bozza Camus da 5 anni
provoca polemiche politiche |
|
La «gestazione» del piano del
traffico dura dal 2003, quando la prima giunta Dipiazza affidò a Roberto
Camus, attuale preside della facoltà di Ingegneria, l’incarico di redigere
un progetto di revisione della mobilità cittadina. Una consulenza lunga e
tecnicamente complessa, costata 150mila euro. Camus consegnò in Municipio il
suo lavoro nel febbraio 2005, ma di lì a poco la discussione politica sulla
bozza si arenò. A tirare il freno, in particolare, fu Alleanza Nazionale,
contraria alla «retrocessione» di Corso Italia (considerata un’arteria
troppo importante per il flusso veicolare) ad asse di scorrimento per soli
bus. Gli altri principali nodi della discordia? In primo luogo la proposta
di via Torrebianca e via San Francesco aperte al traffico in salita. In
seguito il dibattito si sarebbe acceso anche su via Mazzini da aprire in via
sperimentale per un tratto, secondo un’ipotesi di Dipiazza, ai mezzi
privati.
Mentre la bozza Camus veniva tenuta top-secret, Forza Italia con Paolo Rovis
provò a forzare proponendo il sito internet per un Corso Italia libero dalle
macchine. Il braccio di ferro fu «interrotto» in vista delle elezioni
amministrative del 2006 che sancirono il mandato-bis a Dipiazza. La bozza
Camus, quindi, uscì dai cassetti municipali e finì al Piccolo per mano
anonima l’agosto scorso. Nei mesi precedenti, a Rive concluse, si erano nel
frattempo fatti strada in Dipiazza prima l’intendimento di cambiare il piano
rispetto al nuovo contesto della mobilità, e poi quello di attendere il
taglio del nastro della Gvt, previsto a novembre 2008, dopo il voto
regionale.
Tra settembre e ottobre 2007 spuntarono e morirono in pochi giorni i vecchi
progetti di due gallerie tra largo Mioni e via D’Alviano e tra Rotonda del
Boschetto e via Revoltella. Cancellata dallo scarso consenso anche la
proposta-choc di Bucci di un tunnel sotto Corso Italia. Era il periodo in
cui fu approvato il piano parcheggi, con l’opposizione che gridò al
«controsenso» dato dal varo in tempi diversi di due documenti che sarebbero
dovuti viaggiare insieme. Si arriva così ai giorni nostri, con una posta da
465mila euro per la viabilità, inserita nel piano delle opere 2008. E Bucci
rilancia: «Il piano del traffico? Sono pronto a discuterne».
pi.ra. |
Ferriera, Illy contestato
attacca il Comune - La replica di Dipiazza: «Ricorreremo al Tar contro
l’autorizzazione della giunta regionale» |
|
Una
cinquantina di servolani con mascherine antismog ha disturbato la
manifestazione dei Cittadini alla Stazione marittima
Il
governatore: «Rispetto la legge, fa demagogia chi predica di chiudere lo
stabilimento»
L’ intricato problema della
Ferriera è esploso ieri pomeriggio alla manifestazione «Trieste capitale»,
organizzata dai Cittadini per il presidente alla Stazione marittima. Una
cinquantina di abitanti del rione ha inscenato una protesta per le mancate
misure contro l’inquinamento causato dagli impianti siderurgici,
interrompendo i vari relatori. |
Indossando mascherine antismog,
i contestatori hanno ripetutamente interrotto la relazione introduttiva del
consigliere regionale Paselli, simulando rumorosi colpi di tosse e
applaudendo ironicamente i relatori.
Il presidente della Regione Illy, salito sul palco, ha definito chi
contestava «una minoranza che rischia di buttare a mare la democrazia»,
affermando poi che «la demagogia la fa chi governa il Comune, predicando
ogni volta di chiudere la Ferriera». Quanto alla possibile soluzione del
complesso problema, Illy ha detto di non conoscere «altre vie oltre al
rispetto delle leggi. I contestatori possono fare quello che vogliono, ma
una decisione demagogica contro le leggi non la farò mai. Conviene
ascoltare, e con il tempo e i mezzi democratici ci sarà una soluzione».
Chiamato in causa da Illy, il sindaco Dipiazza ha replicato senza mezzi
termini: «Il rilascio di un’autorizzazione integrata ”politica” – ha
dichiarato – è una macchia indelebile di questa giunta regionale. La legge
dice che non si può rilasciare il certificato Aia per una zona inquinata, e
più inquinata della Ferriera... In base a questa legge il Comune sta
predisponendo un ricorso al Tar contro l’autorizzazione della Regione».
Ribadendo che la Ferriera non è lo sviluppo della città, Dipiazza ha poi
sostenuto che «lo stabilimento è vecchio ed è tenuto in piedi solo perchè
l’azienda non vuole accollarsi il problema del risanamento ambientale. Chi
difende lo stabilimento dà la colpa al sindaco, ma intanto la gente non
riesce a respirare».
Ricordando infine di disporre di precisi dati sull’inquinamento, il sindaco
ha affermato che «dopo che per sette anni ogni giorno sui media si è parlato
delle polveri sottili oltre i limiti, improvvisamente a Trieste l’aria è
divenuta respirabile, non ci sono più sforamenti. Chi è – si è chiesto – che
dà 22 milioni all’anno all’Arpa, se non la Regione? La cosa puzza. Sto
pensando di fare un esposto alla Procura. E’ vergognoso che questa Regione
riesca a tappare la bocca a tutti».
Che gli abitanti di Servola non ne possano più è peraltro un dato di fatto.
Lo ha ribadito, a margine della contestazione, uno dei residenti, Andrea
Nassimbeni. «Chiediamo scusa per la nostra protesta – ha dichiarato – ma
siamo assolutamente esasperati per la situazione in cui siamo costretti a
vivere. Di giorno – ha spiegato – la Ferriera butta fuori poco, di notte
invece molto di più».
Nassimbeni ha comunque riconosciuto che una soluzione passa solo attraverso
l’impegno comune: «Lavoratori e sindacati devono rendersi conto che quando i
contributi Cip6 (introiti che l’azienda riceve dallo stato per l’energia
elettrica prodotta, ndr) non ci saranno più, la Ferriera chiuderà e la gente
si troverà sulla strada. Bisogna lavorare adesso per individuare una
soluzione».
Giuseppe Palladini |
Rifiuti, Rovis boccia il
porta a porta e prevede più isole ecologiche - Barduzzi: l’aumento
della differenziata viene prescritto dall’Unione europea |
|
Dopo la
proposta della Provincia
«Siamo contrari alla raccolta
porta a porta per diversi motivi: si eliminano i cassonetti e si costringe
la gente a tenere in casa, anche chi vive in poche decine di metri quadri,
quattro o cinque contenitori in attesa che gli addetti vengano a svuotarli».
L’assessore allo Sviluppo economico, Paolo Rovis, boccia in sostanza la
proposta della Provincia, avanzata dall’assessore all’Ambiente Ondina
Barduzzi, per l’attuazione della raccolta dei rifiuti porta a porta.
Sul piano economico, poi, sempre secondo Rovis, questo sistema non è
sostenibile. «Con il recupero dei diversi materiali – spiega – non si riesce
a pagare il costo del personale che va casa per casa. Per la città, invece,
assieme ad AcegasAps stiamo studiando l’aumento delle isole ecologiche, in
modo che in ciascuna vi siano tutte le campane per i diversi tipi di
materiale. Dobbiamo differenziare di più, ma con metodi che guardino anche
all’aspetto economico».
A questo proposito, sempre con AcegasAps, il Comune sta studiando la
praticabilità della raccolta degli imballaggi. «Pensiamo a una raccolta
giornaliera in orari prestabiliti – spiega Rovis – ma dobbiamo sentire i
commercianti. Questo sistema sembra comunque più praticabile della raccolta
porta a porta».
«In centro a Trieste è certo difficile fare la raccolta porta a porta –
conviene l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi – anche se
con certi sistemi la si fa a Udine e a Gorizia. In certi rioni o sul Carso è
invece praticabile. Il problema è che bisogna aumentare la quota di raccolta
differenziata: una direttiva dell’Unione europea prescrive di arrivare entro
l’anno al 50%».
Il quadro attuale è ben lontano da questo obiettivo. Nel comune di Trieste
la differenziata raggiunge solo il 19%. Meglio negli altri comuni della
Provincia, dove si arriva al 35%: San Dorligo fa la raccolta porta a porta,
a Muggia la differenziata è estesa, e a Duino Aurisina il Comune sta
pensando di regalare a tutti i cittadini dei contenitori per il compost.
«Ci sono vari sistemi per alzare la percentuale di differenziata – ricorda
la Barduzzi – e ciò permetterebbe di inviare all’inceneritore solo i rifiuti
che vanno effettivamente bruciati». C’è infine una ragione operativa per
incrementare questo metodo. «Le altre province della regione ci chiedono di
aumentare i rifuti che portano annualmente al nostro inceneritore. Bisogna
incrementare il riciclaggio, diversamente fra qualche anno ci troveremo in
difficoltà».
gi. pa. |
Undici guardie in uniforme
verde vigilano sull’ambiente
Ci sono anche le Guardie
ambientali comunali a prestare la propria opera per contribuire a educare la
cittadinanza al rispetto dell’ambiente urbano. E da qualche giorno sono
facilmente riconoscibili grazie alla loro nuova uniforme di servizio color
verde e al loro tesserino di riconoscimento.
Sono state presentate in una conferenza stampa dell’assessore competente
Paolo Rovis e di Alberto Mian, dirigente per il Servizio controllo attività
esternalizzate dello stesso assessorato. Le Guardie ambientali – attualmente
11 – hanno compiti di controllo sui servizi comunali esternalizzati di
igiene urbana e funerari, di accertamento e potestà sanzionatoria
relativamente al Regolamento di nettezza urbana comunale, alle ordinanze
sindacali e altre norme regolamentari in materia di tutela dell’ambiente
urbano. Svolgono anche funzioni ausiliare di polizia stradale. I numeri
utili per contattare il gruppo sono lo 040/675844 e l’email guardie.ambientali@comune.trieste.it.
Informazioni e chiarimenti anche all’ufficio relazioni con il pubblico del
Comune, tel. 040/6754850 e mail urp@comune.trieste.it.
m.l.
Val Rosandra, finiti i
lavori ai sentieri e al Centro visite - Restaurata anche la chiesetta.
Interventi per 600mila euro |
|
SAN DORLIGO DELLA VALLE La
Val Rosandra è stata sottoposta a un «maquillage» completo, terminato da
poco, che ha riguardato sentieri, cartellonistica, vedette e anche la
Chiesetta di Santa Maria in Siaris. Migliorie che saranno apprezzate
sicuramente con la prossima bella stagione. Il progetto, finanziato con
fondi Interreg Italia-Slovenia, «La Val Rosandra e l’ambiente
circostante», ha avuto un costo totale di quasi 600 mila euro.
I lavori sono durati quasi un anno ed entro questo mese il Comune
chiuderà la pratica per rendicontare la spesa. È stato ristrutturato il
Centro visite, che sarà sottoposto ad altri interventi previsti per la
gestione della Riserva. «Come gestore della Riserva della Val Rosandra –
spiega l’assessore Laura Stravisi - il Comune dovrà provvedere a rendere
fruibile il Centro visite con attrezzature e un servizio d’accoglimento
per sette giorni la settimana. Ci sarà anche la possibilità di
organizzare visite guidate per gruppi, su appuntamento». Nella Valle
sono stati sistemati alcuni sentieri, come quello principale (il
Sentiero dell’amicizia), quello che porta alla Chiesa di Santa Maria in
Siaris, quello che da Botazzo porta alla pista ciclabile sul vecchio
tracciato ferroviario, il sentiero che dal Ponte degli alpini porta alla
vedetta di Moccò e la traversata verso la sella del Monte Carso che
scende a Crogole. Restaurate anche le vedette di Moccò, San Lorenzo e
Crogole. In alcuni punti, sono sistemati i gradoni e i livelli dei
sentieri, mentre le esistenti strutture in cemento sono state ricoperte
di pietra. E legno, terra e pietra locali sono i materiali utilizzati in
ogni intervento, per mantenere la specificità del luogo. È stata anche
restaurata la chiesetta: ripristinato il porticato sul sagrato. Il
restauro ha visto una larga partecipazione dei residenti: per reperire
tegole antiche, il Comune si era rivolto ai cittadini, che avevano
risposto generosamente portando centinaia di coppi. |
|
Tav, lunedì la firma, ma la
sinistra critica Sonego |
|
TRIESTE Dopo gli attacchi dei
sindaci di centro destra arrivano quelli dei consiglieri di centro sinistra.
Alla vigilia della firma del protocollo tra Regione e Comuni della bassa
friulana per la realizzazione della Tav, i consiglieri Bruna Zorzini (Pdci),
Kristian Franzil (Prc-Se) e Alessandro Metz (Verdi) bacchettano l'assessore
alle Infrastrutture Lodovico Sonego. Ad irritarli è la mancata convocazione
di un’audizione – chiesta dai consiglieri - per poter sentire in IV
commissione tutti i soggetti che subiranno gli effetti del protocollo. I
consiglieri tacciano l’assessore di «atteggiamenti decisionisti e poco
inclini alla ricerca della coesione sociale». La bocciatura della proposta
sarebbe arrivata dal presidente della Commissione Uberto Drossi Fortuna «che
riferiva come l'assessore Sonego ritenesse che la Giunta - nell'ambito delle
sue competenze - non fosse tenuta, al momento attuale, a riferire al
Consiglio sul suo operato in merito alla questione – dicono i consiglieri -
e che sarebbe stato comunque disposto a indire le audizioni richieste solo a
passaggi formali conclusi. Il tono altezzoso della risposta, si commenta da
sé». Ma i consiglieri si spingono oltre: «Vale la pena sottolineare come la
risposta – dicono Zorzini, Franzil e Metz - sia poco rispettosa del ruolo
del Consiglio regionale che fra i suoi compiti annovera anche quelli di
indirizzo e di controllo». Intanto Rifondazione sposta il dibattito anche
sulla tratta Trieste Divaccia. Il segretario regionale del Prc, Giulio
Lauri, – facendo riferimento alla risposta data dal Commissario europeo ai
Trasporti, Jacques Barrot, ad un’interrogazione dell'eurodeputato del Prc
Roberto Musacchio – sostiene che la Commissione europea giudichi «non
completo e maturo» il progetto di quella tratta del Corridoio V e per questo
abbia limitato la portata dei finanziamenti. |
La Sinistra Arcobaleno: più
lavoro e ambiente nel programma |
|
Stati
generali sabato prossimo a Palmanova. Rifondazione, Pdci, Verdi e Sinistra
democratica: stavolta ci presenteremo uniti
TRIESTE «Il simbolo della
Sinistra Arcobaleno è quadrato, dobbiamo arrotondarlo». Raffigura così
Gianni Pizzati, segretario regionale dei Verdi, l’assemblea di sabato
prossimo dei partiti della sinistra del Friuli Venezia Giulia. Gli stessi
Verdi, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Sinistra Democratica si
riuniranno al centro congressi Meeting Point San Marco di Palmanova.
«Battere il disegno berlusconiano – affermano in una nota i segretari
regionali dei quattro partiti – rappresenta un impegno importante delle
nostre forze politiche che hanno deciso di dar vita, anche in Friuli Venezia
Giulia, al nuovo soggetto politico La Sinistra - L’Arcobaleno». Non sarà
l’assemblea di Palmanova, hanno chiarito i segretari Gianni Pizzati (Verdi),
Stojan Spetic (Ci), Giulio Lauri (Rc) e il membro del coordinamento
regionale della Sinistra Democratica, Riccardo Devescovi, a stabilire la
creazione di un partito unico né le relative cariche. Il nuovo soggetto
politico, affermano, «vuole crescere attraverso un processo popolare,
democratico e partecipato, in grado di ripensare la politica e la forma
partito, un processo che vuole aprirsi a nuove adesioni collettive ed
individuali per radicarsi nel territorio regionale». Quindi prima si
decidono le cose da fare poi eventualmente i nomi: «Non c’è una risposta
preconfezionata – sostiene Lauri - a chi ci chiede se si farà un nuovo
partito e chi sarà il suo segretario. Questa risposta nascerà da un percorso
che è iniziato a dicembre con gli stati generali nazionali e che proseguirà
nella maniera più partecipata e condivisa possibile». «Siamo stati critici
nei confronti del modo in cui è stato costruito il Partito Democratico – ha
aggiunto Pizzati – ora siamo noi alla prova. Abbiamo know-how e volontà,
conosciamo il territorio con il quale non abbiamo perso l’aggancio». A
Palmanova si porranno le basi per linee guida comuni in quattro macro-aree
(economia e ambiente, welfare, cultura e solidarietà) che, nella mattinata
del 9 febbraio, coincideranno con altrettanti forum tematici prima
dell’assemblea plenaria pomeridiana. Inevitabile però che l’appuntamento di
sabato prossimo guardi anche alle elezioni regionali: «L’assemblea –
affermano i rappresentanti dei partiti della sinistra – avrà anche il
compito di cominciare ad elaborare i contenuti programamtici per il
confronto con le altre forza politiche di Intesa Democratica per dare vita
ad una nuova alleanza in cui le ragioni del lavoro e dell’ambiente si
esprimano con ancora più forza di quella che hanno avuto in passato.
Lavoriamo per presentarci uniti alle elezioni regionali».
r.u. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 1 febbraio 2008
Rifiuti, la Provincia vuole
il porta a porta - Si pensa anche a una collaborazione con la
Slovenia: in via Errera immondizie di Capodistria |
|
La proposta
di Palazzo Galatti, che ha competenza sull’argomento, verrà girata
all’amministrazione comunale |
La
differenziata partirebbe da Opicina e rioni periferici |
Per il
centro cittadino allo studio l’ipotesi di installare cassonetti tecnologici
con microchip |
Partire con la raccolta porta a
porta ad Opicina e in altri rioni periferici e accelerare ulteriormente
sulla differenziata nel resto della città. È la proposta che la Provincia,
l’ente che ha la competenza sulla gestione dei rifiuti, sottoporrà al
Comune. E intanto l’amministrazione di Palazzo Galatti lancia anche una
collaborazione tranfrontaliera che consenta ai Comuni minori di portare
rifiuti organici nel futuro impianto di compostaggio di Capodistria, e ai
paesi del litorale sloveno di conferire nell’inceneritore di via Errera
parte della loro immondizia indifferenziata.
DIFFERENZIATA A TRIESTE
Per incentivare in città la differenziata, la Provincia ipotizza soluzioni
diverse, studiate in funzione delle esigenze del territorio. «Nel centro
storico si potrebbero installare cassonetti ”tecnologici”, come quelli già
presenti in molte zone di villeggiatura – spiega Barduzzi –. Bottini dotati
di scomparti interni che girano e in cui l’utente, dotato di una tessera con
microchip, può inserire tutti i rifiuti riciclabili, dalla carta al vetro.
In questo modo si potrebbe verificare quanto il singolo utente ricicla e
quanto invece manda all’inceneritore. Un’informazione utile per passare
dalla Tarsu, calcolata sui metri quadri di abitazione, alla Tia, tariffa con
la quale si paga solo la quantità di rifiuti ”normali”, e cioè
indifferenziati, prodotti».
Nelle periferie, invece, via libera alla raccolta porta a porta. «In zone
come Opicina e Longera le caratteristiche orografiche e la presenza di case
singole rendono possibile la distribuzione dei piccoli contenitori per la
separazione dei rifiuti e la successiva raccolta famiglia per famiglia –
spiega ancora l’assessore provinciale –. Un principio simile al porta a
porta, infine, si potrebbe applicare ai negozi. L’obbiettivo, in questo
caso, è riuscire a intervenire sugli imballaggi, convincendo i commercianti
a separare gli involucri di cartone dai fogli di plastica e a consegnarli
poi di volta in volta al personale AcegasAps».
LE PERPLESSITÀ DEL COMUNE
L’idea del porta a porta, seppur attuato solo nelle periferie, non convince
però il Comune. «Quella formula comporterebbe costi di raccolta
particolarmente elevati – osserva l’assessore Paolo Rovis –. Inoltre, non è
poi così certo il risparmio per i cittadini: la tariffa prevista in caso di
differenziata è soggetta infatti all’Iva al 10%, che invece non esiste
attualmente per la Tarsu.
È indispensabile quindi fare un attento esame costi-benefici, ed evitare
scelte demagogiche, dettate magari dall’emotività del momento. Trieste non
avrà mai i problemi di Napoli e può affrontare la questione differenziata
con maggior gradualità. Ecco perché, più che sul porta a porta, puntiamo
sulle isole ecologiche, dove i cittadini possono trovare campane per tutti i
materiali riciclabili. Ricordiamoci di avere la fortuna di disporre di un
termovalorizzatore che tra l’altro, producendo energia dai rifiuti, riduce
di circa il 50% il costo dello smaltimento e abbassa quindi le bollette
della Tarsu per i cittadini».
COLLABORAZIONE CON LA SLOVENIA
L’ipotesi di accordo con la vicina Repubblica, infine, prevede uno scambio
tra i Comuni minori e il litorale sloveno. Muggia e San Dorligo portano
attualmente la loro differenziata a Pecol dei Lupi, discarica però ormai
prossima alla saturazione. In futuro, anziché trasferire i materiali
riciclabili in Veneto con notevoli costi di trasporto, potrebbero avere
accesso all’impianto di compostaggio in via di realizzazione nel porto di
Capodistria. «In cambio» i Comuni sloveni porterebbero in via Errera una
parte dei loro rifiuti indifferenziati. «Sarebbe il primo esempio concreto
di collaborazione dopo la caduta dei confini – conclude Barduzzi –.
Indicativamente potrebbero arrivare dalla Slovenia 15-20mila tonnellate di
rifiuti all’anno, più o meno l’equivalente della differenziata prodotta nei
Comuni minori».
Maddalena Rebecca |
RIFIUTI - E le altre province
vogliono smistare qui 70mila tonnellate |
|
Di smaltimento rifiuti si
parlerà tra dieci giorni nell’incontro operativo tra Palazzo Galatti e i
rappresentanti delle altre Province della regione. Al centro del confronto
le richieste di conferimento di immondizie nel termovalorizzatore triestino
avanzata dalle amministrazioni di Udine, Pordenone e Gorizia. Al momento la
domanda è superiore alle disponibilità dell’impianto. Complessivamente,
infatti, le tre Province hanno chiesto «ospitalità» per 70mila tonnellate di
rifiuti, a fronte di una capacità di assorbimento stimata dall’assessorato
di Ondina Barduzzi in 50mila. Indispensabile quindi rivedere nel dettaglio
le singole esigenze dei vari territori, avviando anche un monitoraggio
mensile della produzione dei rifiuti. |
Undici guardie a difesa
dell’ambiente - Novità dell’amministrazione comunale per il rispetto
dell’igiene urbana: potranno sanzionare direttamente i trasgressori
|
|
Undici persone preposte al
controllo del territorio e dell’ambiente per quanto concerne il rispetto dei
regolamenti sull’igiene urbana.
Le nuove Guardie ambientali del Comune vigileranno sulla città e potranno
sanzionare coloro i quali infrangeranno la legge. «Interverranno per evitare
ad esempio che rifiuti non conformi vengano gettati nei cassonetti sbagliati
oppure che qualcuno lasci l’immondizia per strada o magari la getti per
terra - spiega l’assessore comunale allo Sviluppo economico, Paolo Rovis -.
Le guardie potranno comminare direttamente le sanzioni ai trasgressori».
Questa iniziativa ha una duplice valenza, come conferma lo stesso Rovis: «Da
una parte si vigilerà sul fronte della pulizia della città e dall’altra si
procederà pure a un’opera di prevenzione e repressione di comportamenti
scorretti. Non dimentichiamo, peraltro, che questi vanno a determinare dei
costi ulteriori a carico dell’amministrazione e dei cittadini».
Il gruppo delle Guardie ambientali verrà presentato ufficialmente questa
mattina, alle 11.30, all’assessorato allo Sviluppo economico in via Genova 6
(stanza 201 - II piano). Nel corso dell’incontro saranno forniti anche un
numero telefonico e un indirizzo di posta elettronica ai quali tutti i
triestini potranno rivolgersi per segnalazioni relative alla pulizia
dell’ambiente cittadino.
Inoltre, la presentazione interesserà pure le nuove divise delle guardie,
che in ogni caso, laddove necessario, potranno anche operare in borghese.
ma.un. |
Corridoio V, Sonego annuncia:
«Dalla Ue sì ai finanziamenti per la Ronchi-Trieste-Divaccia» |
|
TRIESTE Il 22 gennaio scorso il
Parlamento Europeo ha approvato con procedura scritta delle Commissioni
Bilancio e Trasporti la bozza di decisione della Commissione europea sul
finanziamento delle tratte ferroviarie del Corridoio V.
Lo annuncia l'assessore regionale ai Trasporti Lodovico Sonego, ricordando
che la decisione comunitaria del 16 novembre scorso aveva assegnato alla
tratta Ronchi sud- Trieste un co-finaziamento di 24 milioni di euro e alla
tratta transfrontaliera Trieste-Divaccia un contributo comunitario di 50,7
milioni di euro.
I due progetti avevano positivamente superato l'esame degli esperti
indipendenti dell'UE e della stessa Commissione europea ottenendo una
valutazione largamente positiva.
Con questa decisione del Parlamento europeo si conclude la fase di ratifica
della decisione comunitaria e si dà luce verde alla Commissione per
co-finanziare la progettazione delle tratte citate. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 31 gennaio 2008
I sindacati sulla Ferriera:
«Regna la confusione: cosa fa il tavolo istituzionale?» - Il «Miani» prepara
una manifestazione |
|
Antonio De
Paolo (Fiaip): «Vogliono le abitazioni più costose, da 450mila fino a due
milioni di euro»
Cgil Cisl e Uil intervengono
sulla Ferriera, dopo la riunione pubblica convocata l’altro ieri dal
consigliere regionale Verde Alessandro Metz che ha visto una rappresentanza
di cittadini servolani contestare Arpa e Azienda sanitaria «per non essersi
ritirate dal tavolo dell’Autorizzazione integrata ambientale» sebbene in
possesso di dati critici sulle emissioni. Mentre l’Azienda sanitaria si è
detta all’oscuro del documento autorizzativo rilasciato dalla Regione. «Ne
parleremo con il direttore generale», hanno aggiunto gli esponenti
dell’Arpa.
I sindacati sottolineano come, aldilà di riunioni pubbliche «convocate da un
consigliere regionale», un tavolo istituzionale in cui «la questione della
salute dei lavoratori e quella dell'impatto ambientale dovrebbero essere
discusse e monitorate» esista da tempo e sia quello presieduto
dall’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton. E invece «la
confusione continua a regnare sovrana», scrivono in una nota i tre segretari
generali Franco Belci (Cgil), Luciano Bordin (Cisl) e Luca Visentini (Uil).
A quel tavolo istituzionale «hanno aderito, con la sottoscrizione formale di
un protocollo, i soggetti istituzionali interessati, le parti sociali, la
Lucchini. Naturalmente ogni consigliere regionale, come ogni associazione,
sono liberi di assumere le iniziative che credono più opportune e di trarne
le conseguenze politiche. È peraltro singolare - scrivono Belci Bordin e
Visentini - che Arpa e Asl dichiarino di essere venuti a conoscenza della
delibera regionale - documento che hanno concorso a formare - da Metz. Il
fatto è ancora più preoccupante se fosse vero quanto riportato dagli organi
di stampa, e cioè che Arpa e Asl avrebbero espresso giudizi critici sulla
delibera stessa: sarebbe stato loro dovere farlo, in modo chiaro e
trasparente, nella sede propria del confronto, quella cioè del tavolo
istituzionale».
Ma i sindacati attaccano anche su un altro versante: «È inaccettabile venire
a sapere dalla stampa che l'Asl non ha fatto partire le analisi per
verificare la presenza di agenti chimici patogeni nell'organismo dei
lavoratori perché ”la Regione non ha dato i soldi”. La salute dei lavoratori
e degli abitanti di Servola non può attendere la soluzione di questioni
burocratiche in un palleggiamento di responsabilità. Sono questioni gravi,
che vanno immediatamente chiarite, altrimenti il tavolo istituzionale perde
per noi ogni significato proprio rispetto alle motivazioni per le quali è
nato». Per questo Cgil, Cisl, Uil hanno chiesto a Moretton di essere
convocati «assieme al direttore generale dell'Asl e a quello dell'Arpa, per
essere dettagliatamente informati sulle prescrizioni stabilite
nell'Autorizzazione e per chiarire definitivamente quali sono le posizioni
di ciascuna istituzione».
Ieri intanto il Circolo Miani, con il suo presidente Maurizio Fogar, ha
annunciato con una conferenza stampa di stare preparando una manifestazione
pubblica in Sala Tripcovich, «per discutere, assieme ai rappresentanti
istituzionali, dell’inquinamento atmosferico provocato dalla Ferriera».
«Contiamo di poter fissare l’appuntamento entro tre settimane – ha detto
Fogar – e vorremmo per una volta vedere tutti coloro che hanno avuto e hanno
un ruolo nella vicenda confrontarsi con la gente». Molti sono virtualmente
saliti sul banco degli imputati nel corso dell’incontro di ieri, dal
presidente della Regione Riccardo Illy, «che rifiuta sistematicamente il
confronto pubblico sul tema», all’intera maggioranza che governa in
consiglio regionale, ma anche il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, quello
di Muggia Nerio Nesladek e così via, compresi l’amministrazione provinciale
e quella comunale di Capodistria. «Inviteremo tutti» al confronto – ha
chiuso Fogar - perché la situazione è gravissima». |
Corridoio V, Sonego conferma:
«Intese raggiunte col territorio» - Ribadita la firma con le comunità locali
interessate al passaggio della Tav |
|
TRIESTE «Nei prossimi giorni
firmeremo intese con le comunità locali interessate dalla realizzazione del
Corridoio V. È un progetto d’impatto sul territorio ma che, condiviso con le
autorità locali, porta ad una profonda modernizzazione». Questo l’annuncio
dell’assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, ieri alla Camera di
commercio di Trieste, durante il terzo (oggi l’ultimo appuntamento alla
Camera di commercio di Udine) dei quattro tavoli tecnici tematici
internazionali, organizzati dall’International desk Italy/South-East Europe,
in regione.
L'iniziativa promossa dalla Regione Friuli Venezia Giulia, Eurispes e Banca
Popolare Friuladria aveva per tema «La logistica e i trasporti».
L’intervento dell’assessore Sonego ha dato ancora maggiore concretezza al
dibattito che aveva essenzialmente tre obiettivi: realizzare in Friuli
Venezia Giulia un osservatorio nazionale su trasporti e logistica,
promuovere i progetti strategici dell’Ice inerenti il legno-mobile-arredo e
la filiera agroalimentare, rendere la Regione sempre più attrattiva e
competitiva, come ha spiegato Giovanni Lessio, responsabile delle Relazioni
Istituzionali di Banca Friuladria–Crédit Agricole. All’incontro di ieri
hanno partecipato relatori stranieri e italiani tra i quali Giampaolo Bsoli
(ministero dei Trasporti), Gianni Fiaccadori (Ice), Jean Francois Daher (Assologistica),
Francesco Filippi (Università La Sapienza), Luigi Giuliani (presidente dell’International
railway technology&services) e Roberto D’Agostino (Trenitalia).
Il fitto calendario di tavoli internazionali culminerà il 13 e 14 marzo 2008
con una conferenza a Cividale, sempre con l’obiettivo l’intenzione di
avvicinare l’economia italiana, in particolare del Nordest, con quella dei
Balcani.
Dopo l’approvazione e l’entrata in vigore di un’apposita legge, infatti, dal
2003 ad oggi sono stati avviati dai ministeri competenti e dagli enti locali
ben 172 progetti per un valore di 67 milioni di euro. Altri 16 piani di
promozione e assistenza alle imprese per 3,5 milioni di euro, verranno
avviati nel corso del 2008. In totale 188 progetti per una cifra complessiva
di 71 milioni di euro.
r.c. |
Legge sulla caccia, ok alle
riserve autogestite. Ma Rifondazione, Verdi e Pdci votano contro |
|
Approvata
dal Consiglio la norma che interessa 11mila cacciatori. La tassa passa da 84
a 101 euro
TRIESTE Con una maggioranza
risicata il Consiglio regionale approva la legge sulla caccia. Con i voti
favorevoli del Partito Democratico e dei Cittadini per il Presidente, la
contrarietà di Alleanza Nazionale, Lega Nord, Verdi, Comunisti Italiani,
Intesa per la Regione e parte di Forza Italia (astenuti i restanti
consiglieri azzurri, l’Udc e Rifondazione Comunista) l’aula ha licenziato il
testo sull’attività venatoria che interessa una platea di circa 11mila
cacciatori in tutto il Friuli Venezia Giulia. La legge prevede la
costituzione dell’Associazione dei cacciatori che si occuperà
dell’ammissione dei cacciatori alle riserve e dell’attività disciplinare,
mentre l’indirizzo della gestione faunistica e ventaoria sul territorio
spetterà al Comitato faunistico regionale. Il testo approvato in Consiglio
porterà all’aumento della tassa di concessione regionale che passa da 84 a
101 euro. La legge prevede infine l’istituzione di un fondo per il
miglioramento ambientale e la copertura dei rischi che indennizzerà i danni
procurati dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria all’agricoltura e
finanzierà iniziative per favorire l’insediamento e l’incremento della fauna
selvatica. Non sono mancate le perplessità anche all’interno della
maggioranza. I Cittadini, che pure hanno votato a favore del provvedimento,
con il capogruppo Bruno Malattia, parla di «passo avanti ma con il tarlo
dell’incostituzionalità» riguardante l’Associazione dei cacciatori, ritenuta
pericolosa in quanto a legittimità costituzionale in quanto di fatto
obbligatoria per le riserve di caccia. «Il rischio di ricorsi è sempre
presente – sostiene l’assessore regionale Enzo Marsilio – ma sono convinto
che la legge dia una risposta adeguata anche in termini di costituzionalità
ai dubbi emersi». Ha votato no alla legge il consigliere dei Verdi,
Alessandro Metz, secondo cui «perplessità e contrarietà partono dal
programma di Intesa Democratica che prevedeva una riforma secondo una
moderna visione ecologica del patrimonio faunistico mentre non si vede
traccia di tutela della biodiversità». L’esponente ambientalista è deluso
anche per la mancata previsione di un Corpo unico regionale di vigilanza
ambientale (è stato però istituito un coordinamento delle attività del Corpo
forestale regionale e di quelle provinciali in materia di vigilanza
venatoria e ittica). Punto che ha causato la contrarietà anche di Bruna
Zorzini (Pdci) che sottolinea «l'ennesimo temporeggiare della Giunta che non
vuole saperne di istituire il Corpo unico forestale, già punto qualificante
del programma elettorale di Intesa democratica».
L’astensione dell’Udc, afferma il consigliere Giorgio Venier Romano, si
fonda «sulla presenza di punti lacunosi e dubbi di costituzionalità» mentre
Bruno Di Natale (An) motiva il voto contrario per «un’intelaiatura non
condivisa nonostante molti aspetti siano stati corretti anche con il nostro
contributo». «Non c’è traccia di semplificazione, di riduzione dei costi,
con l'Associazione dei cacciatori si è creato un inutile giocattolo» afferma
il leghista Fulvio Follegot che, così come Di Natale ed il consigliere dei
Pensionati Luigi Ferone, avrebbe preferito bloccare l’approvazione della
legge rimandandola alla nuova legislatura dopo ulteriori approfondimenti.
Roberto Urizio |
An: «In Polonia i nostri
rifiuti» - Interrogazione di Ritossa |
|
TRIESTE La giunta regionale
starebbe valutando la possibilità di trasferire rifiuti del Friuli Venezia
Giulia in discariche della Polonia. Lo sostiene, in un'interrogazione, il
consigliere regionale di An Adriano Ritossa, chiedendo i motivi e i costi di
tale operazione. «Già alcune tipologie di rifiuti - aggiunge Ritossa -
vengono conferiti in Lombardia, mentre si sta valutando lo smaltimento nei
cementifici della raccolta differenziata». Ritossa vuole infine sapere se la
situazione è così grave da sollevare ipotesi di «esportazione» dei rifiuti
del Friuli Venezia Giulia. |
A Capodistria 6 nuovi
serbatoi per il petrolio |
|
CAPODISTRIA È stato accordato al
porto di Capodistria - dall'Agenzia Ambientale della Repubblica di Slovenia
- il permesso per la costruzione di nuovi serbatoi per la movimentazione dei
derivati dal petrolio (benzine, oli, gasoli). Il via libera alle nuove
strutture, dato anche dal ministero dell'Ambiente per la Pianificazione,
include la costruzione di 6 serbatoi (ciascuno con 20.000 metri cubi di
capacità) con le relative protezioni di sicurezza in acciaio, le stazioni
per l'accesso alla ferrovie dei carri e dei camion, nonchè una stazione di
pompaggio dotata di approvvigionamento d'acqua e delle apparecchiature
tecniche in caso di incendio. I prime tre serbatoio saranno ultimati entro
il 2008, mentre gli altri tre dovrebbero essere costruiti entro il 2010.
L'investimento totale ammonta a 20 milioni di euro e rappresenta il
conseguimento del sempre più importante sviluppo dello scalo sloveno
amministrato da Luka Koper, che andrà ad influenzare considerevolmente gli
affari della società. La produttività dei petroli e derivati già in atto
allo scalo sloveno aumenterà secondo la concessionaria di 250 tonnellate
all'anno. «Il carico liquido - si legge in una nota - è un segmento
importante per Luka Koper e ha già rappresentato circa 15 per cento della
produttività totale marittima del 2007». Secondo Luka Koper, l'investimento
per i sei serbatoi per il carburante verrà ammortizzato nel giro di sette
anni. |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 30 gennaio 2008
Confronto pubblico sulla
Ferriera. Metz: la Regione ha ignorato i pareri tecnici molto critici sui
fumi - I servolani: non ci fidiamo più di nessuno |
|
Inquinato il
fondale marino. Sarebbe a rischio la stessa catena alimentare |
Contestate
Arpa e Azienda sanitaria: «Dovevano ritirarsi dal tavolo sull’Aia» |
I residenti di Servola sono
ormai cinici e stufi. Tirano dritto di fronte a tutto: «Ogni volta ne
sappiamo più di prima ma il risultato è lo stesso, tutti se ne fregano,
compriamo maschere antigas o ci pagate voi un posto in clinica?». Per
paradosso, proprio Arpa e Azienda sanitaria che in materia di Autorizzazione
integrata ambientale alla Ferriera hanno consegnato le relazioni più severe
e critiche diventano oggetto di contestazione. I cittadini dimostrano di non
fidarsi più di nessuno, nemmeno dei criteri con cui verranno fatte le
analisi sul campione di abitanti: «Perché, con dati così allarmanti in mano,
non vi siete ritirati dal tavolo dell’autorizzazione?».
Lo hanno detto ieri in Regione, dove il consigliere dei Verdi Alessandro
Metz ha trasformato in megaconferenza una formale audizione due volte
rinviata e dunque sostituita con altra formula ma identici invitati.
Durissimo il report basato sulla sintesi di un enorme pacco di documenti. Il
risultato? «Trascurati i pareri tecnici ampiamente negativi di Arpa e
Azienda sanitaria. Trascurate le opposizioni tecniche degli uffici
provinciali. Trascurate le prescrizioni del ministero dell’Ambiente.
Trascurate le mancate bonifiche del mare. Accettate senza verifica le
assicurazioni di miglioramento tecnologico date dalla Lucchini». Servola
vittima di una delibera regionale che ha concesso l’Aia alla Ferriera
nonostante una provata situazione critica di aria, terra, acqua, suolo e
rifiuti pericolosi?
Tre ore di analisi e dibattiti. Convocati in piazza Oberdan istituzioni,
enti, comitati, politici, e pure la Lucchini naturalmente, che non si è
presentata. C’erano l’Arpa col direttore del Dipartimento di Trieste, Stelio
Vatta, e Italo Pellegrini e Renato Villalta; l’Azienda sanitaria col
direttore del Dipartimento di prevenzione, Marina Brana, il responsabile
dell’unità Sicurezza sui posti di lavoro, Valentino Patussi, e una terza
dottoressa; l’assessore all’Ambiente di Trieste, Maurizio Bucci, col
dirigente di settore; da Muggia una rappresentante del servizio Ambiente del
Comune e un membro della commissione comunale Ferriera; c’erano Wwf,
Legambiente, Servola respira, La tua Muggia, residenti, e i sindacati
interni.
Metz ha citato la delibera regionale di dicembre che definisce «non
ostativi» quei pareri tecnici così severi. Dove si dimostra che l’iquinamento
in aria è cresciuto ancora nel 2006 e si è mantenuto oltre i termini di
legge fino a dicembre 2007. E che «senza un piano complessivo dell’aria non
è possibile misurare le emissioni della Ferriera né eventuali
miglioramenti».
L’Arpa ha anche scritto che non vi sono dubbi sul fatto che gli inquinanti
provengono proprio dalla fabbrica, perché i picchi di sostanze nocive
coincidono con l’uscita di fumi e con malesseri della popolazione,
direttamente constatati e messi a verbale. L’Azienda sanitaria - di fronte
anche alle pesanti contestazioni dei cittadini presenti, e dicendosi ancora
all’oscuro del documento autorizzativo - è insorta: «Se questo dice la
delibera, faremo dei passi». L’Arpa ha aggiunto: «Ne parleremo col direttore
generale». Fabio Gemiti del Wwf: «Si autorizza rimandando al futuro
migliorie che dovevano precedere l’Aia». Lino Santoro (Legambiente): «Una
autorizzazione a delinquere».
L’Azienda sanitaria ha così dovuto spiegare che «i tecnici» danno un parere
tecnico. Patussi è sbottato: «Metz non convochi noi, ma i suoi colleghi
politici, che decidono». Vatta ha messo un altro peso sulla già pesante
rappresentazione documentale: «Le ’’ migliori tecnologie possibili’’ che
l’Aia impone non sono le migliori al mondo, ma solo in relazione alla
situazione economica dell’azienda, e sono perciò concordate con gli
industriali».
Nell’imponente rassegna sulle concentrazioni di metalli, idrocarburi, Pm10 e
altre sostanze tratta dai documenti sono state rese note le analisi fatte
dall’Autorità portuale sui fondali marini che hanno dimostrato sforamenti di
piombo e diossine: «Non c’è evidenza - ha detto Metz - che vi sia stata
bonifica, dunque c’è pericolo per la catena alimentare, e se è così si
prefigura il reato di disastro ambientale». Ci si è chiesti se sono
rispettate le distanze minime da siti sensibili. Risposta: «No, a meno di
1000 metri in linea d’aria c’è anche il Burlo». Ci si è chiesti se partirà
l’indagine sanitaria sull’accumulo di diossine. «No - ha risposto Brana -,
la Regione non ha ancora dato i soldi». Ci si è chiesti se la Ferriera
rispetta la legge Seveso: «Una commissione guidata dal prefetto - ha detto
l’Arpa - sta per fare un sopralluogo». A nome dei lavoratori il
sindacalista: «Purtroppo alla Ferriera siamo in 527 che non sappiamo dove
andare: a Trieste non c’è un altro posto di lavoro».
Gabriella Ziani |
FERRIERA - Polveri sottili:
dal 2010 i limiti diventano più rigidi |
|
Chi contrasta il fatto che alla
Ferriera sia stata concessa l’Autorizzazione ambientale in presenza di
inquinamento pesante in aria (Pm10, benzene, benzoapirene), nel suolo
(scarti di lavorazione che non risultano rimossi) e in mare (piombo,
diossine, idrocarburi), nei depositi di rifiuti («paraventi di due metri a
fronte di mucchi alti 12»), fa anche presente - e ieri in Regione è stato
ricordato da più interlocutori - che a breve cambieranno le norme in senso
più restrittivo. Se oggi sono consentiti 35 sforamenti all’anno di polveri
sottili (e a Servola se ne sono registrati anche 20 nell’arco di due soli
mesi) dal 2010 il limite massimo sarà di soli 7. Se la media annuale oggi ha
un massimo in 40 microgrammi per metro cubo, dal 2010 sarà di 20.
La domanda che anche l’Arpa ha sotteso nella sua relazione finale
nell’ambito delle procedure per l’Autorizzazione integrata ambientale è se
la Ferriera sarà in grado di mettersi in regola, posto che oggi «afferma - è
stato ricordato - di aver già ottemperato a quasi tutti gli obblighi
imposti, mentre l’inquinamento è rimasto stabile». Dubbi sono stati
sollevati, nel dibattito di ieri in Regione, anche sul fatto che gli enti
chiamati a intervenire come prescrittori si sono basati soprattutto sulla
relazione stilata dall’ingegner Marco Boscolo per la Procura della
Repubblica, al quale - nell’ambito del procedimento giudiziario - era stato
richiesto di analizzare solamente la situazione dell’aria, e non quella dei
suoli e del mare, che invece è esplicitamente richiesta dalla legge
istitutiva delle Aia. |
E le Pm10 vanno oltre i
limiti di legge in cinque centraline |
|
Nella giornata di lunedì le
centraline dell’Arpa hanno rilevato cinque sforamenti delle particelle
sospese Pm10. Rispetto alla media giornaliera prevista per legge (50 ug/m3)
sono risultati oltre il limite le seguenti centraline: piazza Libertà (57 ug/m3),
via Carpineto (59 ug/m3), via San Lorenzo in Selva (59 ug/m3, mezzo mobile),
via Svevo (63 ug/m3) e Muggia (57 ug/m3).
I dati sono stati validati dagli operatori dell’Arpa in seguito ad
acquisizione, elaborazione ed analisi dei valori rilevati dalle stazioni di
monitoraggio. Oltre allo sforamento delle polveri sottili, nella giornata di
lunedì la centralina di piazza Libertà ha rilevato anche un altro inquinante
oltre il limite. Alle 9 di mattina, infatti, è stato misurato un valore
massimo di biossido d’azoto di 204,5. La media oraria è indicata nel valore
di riferimento pari a 240 ug/m3 stando alla legge attualmente in vigore, ma
dal gennaio 2010 entrerà in vigore il limite di 200 ug/m3.
Non sono stati registrati sforamenti di altri inquinanti (monossido di
carbonio e ozono), mentre i rilevanti di Pm10 nelle centraline di via
Battisti, piazza Vico, via Carpineto, monte San Pantaleone, via San Sabba,
via Pitacco e via Carpineto (rilevazione di domenica) sono risultate entro
la media giornaliera. |
Rio Montello a Cologna
trasformato in discarica. Servono soldi per la bonifica - Il Comune vuole
150mila euro dalla Regione |
|
Qualcuno ha ancora coraggio di
chiamarlo Rio Montello, ma i più ormai lo considerano per quello in cui la
disattenzione della gente e la mancanza assoluta di interventi lo hanno
trasformato: una discarica a cielo aperto.
Succede anche questo nella Trieste del Terzo Millennio, dove in un rione
dall’alta valenza residenziale, quello di Cologna/Scorcola, i resti del
torrente che, dalla notte dei tempi, raccoglie le acque del vicino bosco
comunale di Villa Giulia, appaiono in un degrado totale.
Il Rio Montello scende su di un lato della collina di Cologna e, solo per
pochi metri, si trova a scorrere in superficie incidendo la vallata
incastonata tra la via di Romagna che il Vicolo Ospedale Militare.
Quell’area che sino a qualche anno fa presentava ancora degli ampi spazi
verdi e quei terrazzi coltivati che fornivano freschi ortaggi all’antica
Trattoria Senizza, oggi definitivamente chiusa, attualmente è presidiata da
palazzine su palazzine, cemento e mattoni che ormai hanno privato la vallata
del suo antico fascino rurale, capace di insinuarsi quasi sino alla via
Fabio Severo.
Residuo della Trieste amena di un tempo non lontano, il rio Montello è un
piccolo solco foderato di arenaria e muschi che risulta ormai preda
dell’incuria totale. Attualmente si presenta come un imbuto pieno di
cartacce e rifiuti di ogni genere, che presenta nella zona vicina alla
scalinata che ne ha preso il nome l’aspetto di un selva maleodorante e
putrida.
«Assieme a altri residenti abbiamo da tempo segnalato tale degrado – spiega
la famiglia Grio che risiede nell’area – ma sinora non abbiamo visto alcun
intervento di recupero. Ormai il rio è diventato una discarica a tutti gli
effetti».
Anche la terza circoscrizione conferma la grave situazione: «Sono diversi i
cittadini che ci hanno evidenziato questi problemi – dice il presidente
Sandro Menia – chi ha costruito in zona sapeva che avrebbe scaricato le
acque nere in quel torrente».
«Il Comune – continua Menia – è al corrente della situazione e, a quanto mi
consta, ha tutte le intenzioni di intervenire quanto prima per ripristinare
la decenza».
«Abbiamo chiesto alla Regione già qualche anno fa di sanare il degrado del
torrente – afferma l’assessore comunale ai Lavori Pubblici Franco Bandelli –
ma nulla è ancora successo».
«Successivamente – puntualizza – abbiamo chiesto di poter attingere a
150mila euro che una specifica legge regionale concede a chi risana un
torrente. Dalla Regione però ci contestano che il Rio Montello è un tratto
di fognatura, un’affermazione inesatta visto che il torrente risulta essere
da sempre un affluente del Rio Chiave».
Purtroppo vi sono case che continuano a scaricarvi dei liquami, ma questo
non toglie che il Rio Montello porta a valle le acque del parco sovrastante.
Aspettiamo ancora una risposta sull’ultima richiesta di contributo che
abbiamo inoltrato nell’agosto dello scorso anno».
m.l. |
Wwf: edifici in un’area vincolata
«La Regione ha rilasciato alla
società Mancar l’autorizzazione paesaggistica per la costruzione di alcuni
capannoni a ridosso dei laghetti» delle Noghere, in un’area però soggetta a
vincolo. Lo denuncia il Wwf, secondo il quale «è ora che il Comune di Muggia
assuma pubblicamente una posizione chiara sulla vicenda» mentre anche la Regione
deve «chiarire» il suo operato.
LE RISERVE DI COMBUSTIBILI
FOSSILI SONO IN VIA DI ESAURIMENTO |
|
Solo la
fusione nucleare potrà garantire all’uomo una fonte alternativa a carbone e
petrolio - Il futuro sta nell’energia rinnovabile |
In attesa di una soluzione
ognuno deve contribuire al risparmio |
Le riserve di combustibili
fossili stanno terminando. Frase sentita e risentita, ma purtroppo per noi
molto reale. L'esaurimento delle fonti energetiche e l'inquinamento
ambientale sono due problemi che non possono e non devono essere
sottovalutati, sia se vogliamo mantenere il nostro attuale tenore di vita,
sia se vogliamo soprattutto far progredire i paesi poveri e in via di
sviluppo.
Per permettere tutto ciò, dobbiamo avere una visione non egocentrica, ma
aperta verso il futuro, in un'ottica di sviluppo sostenibile e di forme di
energia rinnovabili. Ciò parte proprio da noi, nel nostro piccolo, con i
minimi ”doveri” che abbiamo nei confronti dei nostri nipoti. Piccole azioni
che moltiplicate per 59 milioni circa hanno molto peso. Evitiamo di far
scorrere l'acqua a vuoto, o semplicemente adottiamo tutti gli altri innocui
gesti che potrebbero far vivere più a lungo il nostro pianeta, facciamo la
raccolta differenziata, molto utile per la salvaguardia ambientale.
La conservazione del pianeta è garantita anche dall'uso che facciamo o che
viene fatto fare delle risorse energetiche. Come già detto, i combustibili
fossili stanno terminando, e inoltre costano tantissimo (un barile di
petrolio 100 dollari) e inquinano. Ed è questo il punto: l'inquinamento. Il
petrolio inquina quando viene estratto, a volte quando viene trasportato e
sempre quando viene bruciato.
Un'altra risorsa messa al bando dal 1987 in Italia e nella vicina Austria è
quella nucleare. Ma quali i vantaggi e quali gli svantaggi? L'energia
elettrica trasformata nelle centrali termonucleari è prodotta attraverso la
fissione nucleare, cioè ”spezzando in due” gli atomi di uranio, processo
molto pericoloso per un raro errore che potrebbe far fuoriuscire radiazioni
(vedi Chernobyl 1986). C'è anche da dire che la materia prima nelle centrali
termonucleari non è un combustibile fossile, ma l'uranio che è molto meno
costoso del petrolio. Sistemi per produrre energia con risorse rinnovabili
sono i pannelli solari e le cosiddette ”eliche” che sfruttano il vento, ma
non sono la vera soluzione.
La vera soluzione è l'uso della fusione nucleare, cioè l'unione di due atomi
di idrogeno. Per eseguire la fusione bisogna raggiungere la stessa
temperatura che c'è nel sole. Tale procedimento è stato utilizzato solamente
nella ”bomba H”: veniva fatta scoppiare dapprima una bomba atomica
attraverso fissione, la quale faceva raggiungere altissime temperature, e a
quel punto si innescava la fusione. Gli effetti provocati sono però
chiaramente disastrosi.
Così, fino a quando non riusciremo a fondere due atomi di idrogeno, dovremo
accontentarci dell'energia eolica e di quella solare e stare attenti
all'ambiente.
Francesco Galli - (Scuola media Divisione
Julia - Trieste) |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 29 gennaio 2008
Area Ezit alle Noghere: sotto
la falda acquifera solo pochi idrocarburi - Può partire il progetto di
bonifica |
|
La falda acquifera sottostante i
450 mila metri quadri di proprietà Ezit alle Noghere contiene solo limitate
quantità di idrocarburi. I dati, con le risultanze delle analisi effettuate
dalla società specializzata che ha eseguito l’intero intervento di
caratterizzazione, sono stati comunicati ieri all’Ente zona industriale che
ora potrà procedere con il progetto di bonifica. Contemporaneamente l’Ezit
comunicherà anche questi dati (dopo quelli delle analisi dei terreni) al
Comune, per la parte relativa ai 60 mila metri quadri del terreno destinato
al nuovo mercato ortofrutticolo. Terreno per la cui vendita è già stato
firmato il contratto preliminare fra Ezit e Comune, mentre non è stata
ancora fissata la data per quello definitivo.
Sempre con riguardo al Sito inquinato di interesse nazionale, ieri la giunta
della Provincia ha approvato l’accordo di programma che verrà siglato con il
ministero. L’accordo ha già ottenuto il via libera dalla giunta comunale di
Trieste, che attende il parere della Circoscrizione competente per portare
il documento in aula.
Entro metà febbraio l’accordo dovrebbe essere intanto varato dal consiglio
comunale di Muggia. A quel punto anche il cda dell’Ezit potrà approvare
l’intesa, e mancherà solo il via libera dell’Autorità portuale per poter poi
arrivare alla firma definitiva fra gli enti locali e il ministero
dell’Ambiente.
gi. pa. |
Wwf: Pramollo, progetto da
bocciare - Gli ambientalisti, dopo il villaggio in quota, ora
contestano anche la cabinovia da Pontebba |
|
Vidoni (Promotur):
ricadute economiche per tutto il territorio |
TRIESTE Il Wwf non si accontenta
dello stop dato al villaggio in quota previsto originariamente nel progetto
di Pramollo. Sostiene infatti che l’intero progetto sarebbe da bocciare. E,
per dimostrarlo, parte da due semplici dati. «Vorremmo sapere quale è il
costo annuo del deficit di partita corrente dei poli Promotur, che veniva
stimato in uno studio dell’Università di Udine in più di due milioni di
euro, e qual è il tasso di occupazione delle strutture ricettive regionali,
perché se è vero che esso non raggiunge il 42% su base annua, allora qualche
pensiero sulla necessità di investire in questo settore viene in mente». La
risposta di Promotur è secca. «Altre volte ci sono state provocazioni simili
e non abbiamo mai ritenuto necessario rispondere, come non lo riteniamo ora
– spiega il presidente di Promotur, Luca Vidoni - .Quello che possiamo dire
è che la ricerca dell’Università di Udine dimostrava, dati alla mano, che le
ricadute sul territorio derivanti dagli investimenti erano molto maggiori
del deficit di Promotur». Il Wwf però non demorde, e, oltre a chiedersi se
«il finanziamento che l’ente pubblico eroga a favore dell’industria
sciistica è pienamente coerente con la normativa comunitaria sugli aiuti di
Stato ai privati o se non si configuri un’ipotesi di concorrenza sleale a
danno di altri paesi», si interroga in merito ai «costi ambientali della
costruzione e quali i margini di sicurezza geologica dell’impianto
realizzato su versante notoriamente instabile», ai «dati di prevista
utilizzazione (non di portata) dell’impianto stesso e dunque quale il
rapporto economico costi-benefici», e infine su quali «siano i previsti dati
di ricaduta sull’abitato di Pontebba, non gonfiati da ipotesi risibili come
quelle di uso combinato di funivia e palaghiaccio». Lo stop al progetto,
secondo il Wwf, potrebbe essere dunque una buona occasione per far partire,
a livello regionale, «un dibattito che sin qui è stato sequestrato da
interessi locali e imprenditoriali e da una testarda chiusura culturale».
|
Biomasse: intesa per 38
aziende regionali - I pioppi del Friuli Venezia Giulia alimenteranno una
centrale a Ferrara controllata dalla multinazionale Usa Pseg
|
|
TRIESTE Sono 38 le aziende del
Friuli Venezia Giulia che hanno aderito il 2 gennaio 2008 ad un accordo per
la fornitura di alberi di pioppo a rapido accrescimento a vantaggio della
centrale elettrica a biomasse di Bando d'Argenta, in provincia di Ferrara.
L'accordo rappresenta un notevole passo in avanti per la crescita della
filiera nazionale nella produzione di fonti energetiche alternative e
testimonia l'elevato grado di coinvolgimento della nostra regione. Delle 38
aziende locali che hanno preso parte all'accordo, 12 sono nel pordenonese,
24 in provincia di Udine e 2 in quella di Gorizia. Il contratto di fornitura
promosso dal Cner (Consorzio nazionale energie rinnovabili) in
collaborazione con la San Marco Bioenergie, gestore della centrale,
coinvolge in tutto più di duecento aziende e 600 ettari di territorio, in
prevalenza del Veneto e Friuli Venezia Giulia e in parte minore del
ferrarese.
Gli impianti a pioppo a rapido accrescimento sono stati realizzati anche
grazie all'impegno degli enti locali attraverso finanziamenti regionali e si
prevede che il il bacino garantirà solo nel primo quadrimestre del 2008
circa 20 mila tonnellate di prodotto. La crescita della produzione è
un'esigenza reale. Infatti, il quantitativo di biomasse assicurato
all'impianto di Bando D'Argenta non sarà comunque sufficiente a colmarne il
fabbisogno, che si aggira attualmente attorno alle 220-280 mila tonnellate
l'anno. Per tale ragione già oggi la centrale, nel tentativo di sfruttare al
meglio la propria capacità produttiva, integra le biomasse provenienti dalle
produzioni dedicate di pioppo a rapido accrescimento con scarti di
produzione alimentari e agricoli, come i noccioli della frutta e delle olive
ed è attualmente in corso una sperimentazione per l'utilizzo di mais.
La centrale elettrica a biomasse di Bando D'argenta è gestita dalla San
Marco Biomasse per conto della Bioenergie che è il principale produttore
italiano di energia elettrica tramite biomasse. È controllata della
multinazionale americana Pseg e della Gavazzi Impianti. L'impianto
attualmente produce poco meno del 2% dell'energia elettrica da biomasse
fornita dagli impianti nazionali.
Pietro Tamburini |
Parte il Distretto della
pesca in Adriatico - Verso una gestione uniforme delle risorse
ittiche. Previsti nuovi modelli gestionali e di sviluppo transfrontalieri
|
|
Coinvolte anche la Slovenia e
la Croazia. Sarà elaborato un documento strategico |
TRIESTE A seguito dell'accordo
già sottoscritto tra il ministero italiano delle Politiche agricole,
alimentari e forestali e le Regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto ed
Emilia-Romagna, il ministro Paolo De Castro ha adottato di recente un
decreto con il quale si costituisce il gruppo di lavoro per l'istituzione
del Distretto di pesca dell'Alto Adriatico. Da rilevare che il gruppo è
espressione di una collaborazione territoriale e non riguarda la zona
ittico-ecologica croata. |
Il gruppo, coordinato
dall'assessore alle Attività produttive dell'Emilia Romagna, Duccio
Campagnoli, è composto dagli assessori competenti in materia di pesca delle
Regioni Emilia Romagna, Veneto (Marialuisa Coppola) e Friuli Venezia Giulia
(Enzo Marsilio), dal direttore generale della Pesca e dell'Acquacoltura del
ministero e da cinque esperti (nominati dagli assessori regionali, dal
ministro delle Politiche agricole e dal ministro degli Affari Esteri).
Il gruppo di lavoro dovrà definire al più presto e comunque entro il 31
dicembre 2009, un documento strategico per l'istituzione del Distretto,
ovvero le modalità organizzative e procedurali più idonee a garantire la
realizzazione di tale organismo unitario di gestione quale espressione delle
tre Regioni, ma anche della Slovenia e della Croazia e dei loro enti
territoriali. Tale organismo si costituirà in Comitato di gestione per la
parte italiana all'atto della sua istituzione.
Il Distretto della pesca nasce dalla necessità di dare piena attuazione alla
collaborazione Stato-Regioni e di creare modalità di gestione uniformi delle
risorse ittiche condivise fra più Regioni e più Stati, in un quadro di
cooperazione e collaborazione leale con i diversi Stati che si affacciano
sullo stesso mare, raccordando le politiche comunitarie sulla pesca (Pcp)
con quelle nazionali e regionali.
La costituzione del Distretto rappresenta così il punto di arrivo del
percorso di cooperazione interregionale e transfrontaliera nel settore
(progetti Adri.fish., Adri.blu, Fish.log., Connect, Corin) avviato fin dal
2003 da Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emilia Romagna e le comunità locali
slovene (Comune di Isola) e croate (le Contee Istriana e Litoraneo Montana)
per l'avvio di un processo coordinato di potenziamento strutturale,
infrastrutturale e di gestione condivisa del settore ittico, volto a
mitigare le barriere esistenti mediante l'attuazione di iniziative in grado
di intervenire in modo mirato sui punti di debolezza del settore. Tale
organismo, sul modello dei Distretti industriali previsti dal decreto
legislativo 226/2001, avrà il compito di definire e realizzare nuovi modelli
gestionali di sviluppo socio-economico sostenibile ed integrato con diverse
culture, nel rispetto delle singole specificità delle comunità costiere, in
un quadro di riduzione dei conflitti per l'accesso alle risorse biologiche
del mare. |
Grande viabilità, raccordo
inutile - Un ulteriore intervento che sconvolgerà l’ambiente in modo
irreparabile |
|
Dopo una penosa gestazione
durata oltre 30 anni, siamo prossimi a vedere ultimata la costruzione
dell’ultimo lotto della Grande viabilità triestina. Ma da quanto apprendo
dalla Stampa già si paventa l’apertura di un nuovo contenzioso e cioè la
disputa sulla realizzazione di un raccordo per l’ospedale di Cattinara. Ce
n’è veramente bisogno o è un’occasione in più per gonfiare gli appalti con
il denaro pubblico e realizzare sogni di megalomania o per sostenere
intrallazzi di Partito? Il complesso snodo di Cattinara/Longera che sta
prendendo forma, nuova Los Angeles, mi sembra possa soddisfare le necessità
di un rapido e scorrevole accesso all’ospedale, compatibilmente con
l’infelice scelta di aver costruito l’ospedale a ridosso del centro abitato,
snaturando l’intera area e la vita dei residenti. Ma la stessa scelta del
tracciato del 3° lotto autostradale mi sembra non sia stata fatta secondo
criteri di economicità, rispetto dell’ambiente e validità di scelte
tecniche. Dato per scontato che il tratto delle gallerie «Carso» non poteva
avere alternative, mi chiedo, e con me tanti altri, perché il tratto di 1200
m. tra Strada di Cattinara e l’imbocco a valle delle gallerie non sia stato
realizzato ripercorrendo la sede della vecchia 202 con opportune modifiche e
allargamenti. Si sarebbe evitata la costruzione del doppio traforo sotto
l’abitato di Cattinara, con disagio per i residenti per un tempo indefinito,
con una sede autostradale a ridosso delle case. Si sarebbe evitata la
dispendiosa costruzione del viadotto di 333 m., vero gioiello di ingegneria,
ma superflua esibizione di tecnicismo. Una non facile modifica/rifacimento
della vecchia galleria di Cattinara e l’eventuale abbattimento della
Cantoniera avrebbe comportato costi di gran lunga inferiori a quest’opera
faraonica, ma sopratutto un minor sconvolgimento dell’ambiente. Ed è questo
che si dovrebbe maggiormente considerare anche per il progettato raccordo
per l’ospedale. E’ vergognoso che un Amministratore pubblico si trinceri
dietro l’alibi che si va a «incidere su un terreno già abbondantemente
aggredito dalle ruspe» invece di pensare al suo ripristino. Il colle
sottostante l’ospedale è un’area di tutela in parte destinata a terreni
coltivati e in gran parte occupata da un bosco naturale percorso da numerosi
sentieri, dove pascolano liberi diversi animali selvatici. Se ripulito delle
molte immondizie e discariche abusive potrebbe diventare uno dei più bei
Parchi Urbani della regione. Per non trascurare l’ineguagliabile meraviglia
della fioritura delle ginestre che si può ammirare su diversi ettari del
versante Sud, proprio quello previsto per il raccordo. Se ci sono soldi da
spendere, si pensi piuttosto a dare una sistemata al famigerato Bivio H, che
dovrà continuare a sostenere il pesante traffico da e per Fiume anche dopo
il completamento dell’autostrada, a cui la SS.14 non sarà raccordata in modo
adeguato.
Nico Zuffi |
Nuova discarica |
|
Lungo il sentiero Nicolò
Cobolli, ad un km circa dall’Obelisco di Opicina, un maleducato, ma forse
non era da solo, ha depositato da qualche settimana una cucina economica.
Sarebbe stato più semplice portarla in uno dei depositi dell’AcegasAps, ma
forse lui non ne era a conoscenza. Potrebbe ancora rimediare: gliene saremmo
grati in molti. In caso probabilmente diverso, a chi spetta il compito della
rimozione ?
Sergio Tracanelli |
LUNEDI', 28 gennaio 2008 -
COMUNICATO STAMPA: ASSOCIAZIONE AMICI DI BEPPE GRILLO - PORDENONE
Zero Rifiuti, Paul Connett: spopola alla conferenza-incontro organizzata
dall'Associazione "Amici di Beppe Grillo di Pordenone".
La sensibilità della cittadinanza su questo tema si è dimostrata
elevatissima. L'ora e il giorno della conferenza lo dimostrano: la domenica
sera. Pordenone, 28 gennaio 2008 - Ieri sera, presso il convento di San
Francesco, ha avuto luogo la conferenza-incontro "Rifiuti Zero", di cui è stato
relatore il Prof. Paul Connett. I dubbi di Marco Zullo, portavoce del gruppo, e
di tutto lo staff di collaboratori, sulla scelta della data e sull'ora della
conferenza erano molti: si trattava, infatti, di far partecipare ad un convegno
sul tema "Rifiuti Zero" delle persone interessate, ma l'orario scelto (domenica
sera, ora di cena - 20.30) avrebbe potuto pregiudicare, in qualche modo, la
partecipazione dei cittadini all'evento. Molti, quindi, i timori di un
insuccesso...Ma già, durante la cena, consumata dagli organizzatori in compagnia
dell'eclettico docente americano, una inaspettata e piacevole notizia aveva
rincuorato tutti commensali, infondendo fiducia sul loro operato: alle 20.15
circa, infatti, un componente dello staff, rimasto all'interno della sala, ove
di lì a poco si sarebbe tenuta la conferenza, informava il resto del gruppo che
la medesima era gremita di persone, ben oltre la capienza dei 55 posti a sedere,
molte delle quali in piedi. Per questo motivo, è stato necessario
l'allestimento, nel cortile esterno dell'ex convento San Francesco, di un
proiettore e di uno schermo, dal quale, almeno un'altra sessantina di persone,
seppur infreddolite, hanno seguito per oltre un'ora e mezza la conferenza. Un
pubblico eterogeneo di cittadini ed esponenti pubblici, attento e sensibile alle
attuali problematiche, è intervenuto all'evento, cogliendolo come occasione
unica di apprendimento e confronto diretto con l'esperto Paul Connett. Dopo
numerosi incontri svoltisi in tutta Italia, grazie all'intraprendenza
dell'Associazione "Amici di Beppe Grillo di Pordenone", anche in questo comune
friulano è arrivato Mr. Paul Connett, il quale, conseguita la laurea in scienze
naturali all'università di Cambridge, in Inghilterra, e la specializzazione Ph.D
in chimica all'università di Dartmouth, negli Stati Uniti, ha insegnato alla St.
Lawrence University di New York, per ben 15 anni, diventando il massimo esperto
mondiale di gestione di rifiuti e di tecniche di incenerimento, nonché
consulente del W.W.I.-"World Watch Institute" ed autore di oltre 40 videotape in
materia, in particolare sui danni provocati dalla diossina, partecipando, in tal
senso, a numerosi congressi internazionali. Con la moglie Ellen ha pubblicato il
bollettino "Waste not"-Rifiuti zero che, ad oggi, è giunto al dodicesimo anno
di pubblicazione. Con Roger Bailey ha condotto 1500 presentazioni pubbliche in
materia, non solo negli Stati Uniti. Negli ultimi 14 anni ha approfondito lo
studio delle problematiche legate ad una gestione intelligente dei rifiuti,
analizzando i pericoli derivanti dall'incenerimento, studiando e proponendo
delle alternative di non combustione più sicure e più sostenibili. Paul Connett
ha impostato il proprio discorso partendo dal caso concreto, niente di meglio
per la comprensione da parte di un pubblico sensibile e pronto ad essere
istruito in materia. Anni fa, spiegava il relatore, nella contea a nord dello
Stato di New York, vicino al confine con il Canada, veniva costruito un
inceneritore. Accortisi ben presto dei gravi danni prodotti dalla combustione
dei rifiuti domestici, ci fu un'inversione di rotta, così insieme ad altri
cittadini, cui il problema di tali immissioni stava particolarmente a cuore, Mr.
Connett si fece sostenitore del riciclaggio al 100% e promotore della Strategia
"Rifiuti Zero". Alla base di questa teoria un concetto fondamentale: l'esigenza
di non concentrarsi su come liberarsi dai rifiuti, bensì su come non produrli,
operando già alla fonte del problema. A tal fine diviene indispensabile un
coinvolgimento del settore delle industrie, infatti è evidente come la
cittadinanza da sola non possa risolvere il problema, ma serva una
collaborazione a 360 gradi. Terminata la relazione, non sono mancati gli
interventi e le domande di un pubblico incuriosito e aperto alla comprensione,
interventi questi che hanno protratto, in maniera costruttiva, la conclusione
dell'incontro oltre l'orario previsto dagli organizzatori. La partecipazione
numerosa e la voglia di confrontarsi sono state la prova inconfutabile
dell'importanza del tema trattato, dei rifiuti come un problema risolvibile
soltanto attraverso la collaborazione, il dibattito costruttivo e l'iniziativa
comune dei cittadini e delle Pubbliche Amministrazioni. Prima del congedo
definitivo, Marco Zullo, il portavoce dell'Associazione "Amici di Beppe Grillo
di Pordenone", ha annunciato il prossimo incontro, che avrà come tema:
"Movimento per la decrescita felice". All'incontro, che si terrà il prossimo 12
aprile, è stato invitato il Prof. Maurizio Pallante, laureato in lettere e
consulente del Ministero del' Ambiente per l'efficienza energetica,
principalmente attivo come saggista e tra gli ideatori del Movimento per la
Decrescita Felice.
Per informazioni
info@pordenonegrilla.it -
www.pordenonegrilla.it - beppegrillo.meetup.com/169/boards
Marco Zullo 3478391472 -
marco_zullo@yahoo.it
Persone in grado di cambiare il mondo!
www.pordenonegrilla.it
IL PICCOLO -
LUNEDI', 28 gennaio 2008
Immondizie, Fiume e Zagabria
a rischio - Nel 2009 chiuderà la discarica di Visevac e quella nuova
entrerà in funzione solo l’anno dopo |
|
Il capoluogo
quarnerino rischia di essere sommerso dai rifiuti come Napoli. Analoga
situazione nella capitale in attesa dell’inceneritore
FIUME Uno scenario stile Napoli,
con le strade invase da migliaia di sacchetti di rifiuti, potrebbe
riguardare in un futuro neppure tanto lontano anche Fiume e Zagabria. La
situazione nel capoluogo della regione quarnerino-montana non è delle più
rosee perché la principale discarica, quella di Visevac (nel comune
contermine di Viskovo), dovrà chiudere i battenti l’anno prossimo in quanto
satura fino all’inverosimile. Il nuovo immondezzaio, situato nel bosco di
Mariscina – anch’esso nella municipalità della vicina Viskovo – non potrà
essere inaugurato prima del 2010 e dunque potrebbe esserci un vuoto in fatto
di smaltimento di rifiuti tale da riproporre gli accadimenti campani.
La municipalizzata Cistoca, che si occupa di rimozione e smaltimento di
rifiuti nel Fiumano, ha chiesto al comune di Viskovo l’ottenimento della
licenza di costruzione per un’area aggiuntiva nell’ immondezzaio di Visevac,
che dovrebbe bastare fino all’apertura di Mariscina.
Si tratta di uno spazio che potrebbe accogliere ulteriori 250 mila metri
cubi di rifiuti, una soluzione che però a Viskovo nessuno vuole. «Se gli
abitanti del nostro comune ce lo chiederanno, daremo vita a iniziative
radicali. Non possiamo permettere che ci sommergano da altre migliaia di
tonnellate di sostanze anche tossiche». Questa la minaccia profferita a
mezzo stampa da Veljko Bezjak, consigliere comunale di Viskovo e presidente
di «Smokvarijska lista», combattivo gruppo ambientalista locale, già
oppostosi al progetto Mariscina. A rispondergli è stato il direttore
generale della Cistoca, Zlatko Stok: «Se la municipalità di Viskovo non darà
il placet al permesso di costruzione, nascerà un problema sociale molto
serio, al quale la Cistoca non potrà porre rimedio. Non almeno da sola. A
quel punto la patata bollente passerà in mano al ministero dell’Ambiente».
Fiume, città di 145 mila abitanti, ha una produzione giornaliera di 800
metri cubi di rifiuti comunali, 100 metri cubi di rifiuti industriali non
pericolosi, di cui solo una cinquantina vanno sottoposti a trattamento. Da
aggiungere poi il centinaio di metri cubi portati a Visevac da privati
cittadini e non dalla Cistoca. L’ancora di salvezza è pertanto rappresentata
da Mariscina, dalla nuova discarica regionale, che dovrebbe entrare in
funzione nel 2010. L’impianto concorre per l’assegnazione dei fondi di
preadesione dell’Unione europea (Fondo IPA): sono 10 milioni di euro, che
contribuirebbero a rendere più celere la realizzazione del centro, con
benefiche ricadute sui cittadini in quanto a spese per lo smaltimento delle
«scovazze».
Gravi i problemi pure nella capitale croata dove la grande discarica
comunale di Jakusevac dovrà chiudere nel 2010. Al posto di questo
immondezzaio si parla di un inceneritore che, stando agli addetti ai lavori,
andrà edificato da tre a cinque anni. Gli ambientalisti zagabresi hanno però
rilevato che l’idea dell’inceneritore non risolve l’impasse, affermando che
su 100 tonnellate di immondizie bruciate si formano 30 tonnellate di cenere,
da smaltire chissà dove.
Andrea Marsanich |
Gli alberi di piazza Libertà |
|
Una protesta e un appello: in
riferimento a quanto appreso in due successivi momenti da «Il Piccolo»
(l’ultimo il 2 dicembre) esprimiamo non solo il nostro dissenso, ma molte
perplessità. Il dissenso riguarda l’abbattimento di 12 (!) o forse 7 alberi
secolari in piazza Libertà: forse si può sostenere che a Trieste c’è troppo
verde, ci sono troppi alberi, dopo quelli già sacrificati?
Ed eliminarli proprio in quella piazza ch’è il primo impatto per chi arriva
in città con il treno o dalla strada Costiera, rappresenterebbe
indubbiamente offrire una visuale impoverita, se non squallida. Ci si
rallegrava dopo l’eliminazione di baracche e la pulizia operata nel
giardino. Ora si parla di 3500 m di area pedonale: sì, ma tra autobus e ben
7 corsie per le automobili. E da ciò le nostre perplessità. Fino ad ora non
abbiamo mai riscontrato ingorghi o blocchi stradali. Inoltre si legge che la
risistemazione delle fermate dei bus «in gran parte redistribuiti tutt’attorno
alla Sala Tripcovich» comporterà un aumento dei costi di oltre 100.000 euro
in più. L’accanimento contro la Sala Tripcovich – con la migliore acustica –
è chiaro quanto inspiegabile, sala miracolosamente e insolitamente
realizzata in pochissimo tempo. Ma questo sarebbe un altro discorso.
Condividiamo in pieno le preoccupazioni, ma anche le proposte espresse
nell’esauriente segnalazione «Riqualificare piazza Libertà» firmata dal sig.
Antonio Peinhofer e da altre 22 persone. Siamo decisamente d’accordo con
quanto detto nella successiva segnalazione, molto equilibrata, del 9
dicembre u.s. a firma di Giuliana Giuliani Cesàro. E un’ultima cosa: non si
ricorra alla sfruttata motivazione che gli alberi secolari sono malati,
perché: a) non se n’è parlato affatto; b) se così fosse, avrebbero dovuto
esser curati; c) possono ancora esser curati.
Marina Lavers - seguono 29 firme |
Isolamento ferroviario |
|
Cadono i confini europei, si va
sulla Luna da decenni ma spostarsi in treno da un paese all’altro resta
un’impresa. Val Susa, Trieste e Tarvisio, e cioè il famoso Corridoio 5, sono
i valichi peggiori con soli 5 treni al giorno per Parigi, 4 per Vienna e
solo 2 per l’Est contro i 7 degli anni 70 con la cortina di ferro.
Dico Parigi perché nonostante si parli tanto di Tav Torino-Lione nessuno
dice che non esistono treni diretti con Lione ma solo 3 coincidenze con
trasbordo. Con questa offerta ottocentesca, Trieste è la più fortunata. I
più esperti hanno l’alternativa di arrivare in città con i tanti diretti da
Venezia, prendere il bus per Opicina, «passeggiare» per qualche chilometro
fino a Sesana e ripartire con i 14 treni sloveni per Lubiana.
Lusso che vale solo qui perché il buco di 8 chilometri Tarvisio-Arnoldstein
inizia già da Udine per i pochissimi treni locali italiani. Arrivati invece
a Bardonecchia, in Val Susa, con i locali da Torino, serve per forza l’auto
o l’autostop per fare i 20 chilometri del tunnel del Frejus, a meno che non
si scavalchino a piedi le Alpi come ai tempi di Annibale, per ripartire con
i pochi treni francesi da Modane. Insomma, non ne vale la pena. Ma tutto
questo è normale? Nulla come le ferrovie sono condizionate da storia e
geopolitica: il mondo finisce all’ultimo paesino di confine per riprendere
pochi chilometri dopo, lasciando in mezzo il vuoto assoluto. Nel caso di
Trieste dovrebbe essere naturale avere i 14 treni sloveni di Sesana. In
verità sarebbe un ripristino, come nel 1940, quando Sesana era un semplice
borgo italiano di transito. E qui non regge neanche la scusa dei problemi
tecnici, presenti invece con gli altri paesi confinanti. Ma se questo
spezzatino di buchi frontalieri sparsi in mezza Europa capitasse anche da
noi tra le attuali regioni — tipo Portogruaro-Latisana o Novara-Magenta,
ecc. — qualcuno non protesterebbe? Diamo per scontato il pendolarismo
interno a media-lunga distanza ma ignoriamo quello con l’estero. Oltre al
danno dei pochi treni internazionali si aggiunge la beffa di pagare il
biglietto più del doppio rispetto a quelli interni. Il tutto a favore
dell’aereo low-cost e della comoda auto, soprattutto per le famiglie, dove
nell’Est Europa lo stipendio medio è circa la metà del nostro.
Anche le minoranze etniche andrebbero aiutate lasciando il biglietto interno
sull’esempio del Tirolo italo-austriaco: italiano per l’Istria e sloveno
fino a Udine. Il problema dell’isolamento ferroviario e della scarsa
collaborazione frontaliera per il traffico locale, che esiste da sempre, va
risolto dalla politica negli incontri bilaterali. Alle rispettive ferrovie
tutto questo non interessa, chiuse nei loro confini mentali fatti dalle
troppe e inutili Sesana d’Europa, impedendo a chi non ha l’auto, o non la
vuole usare, di andare all’estero e non solo per turismo.
Patrick Mazzieri |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 27 gennaio 2008
Depuratore di Servola, nessun
blocco: tra 5 anni un nuovo impianto - Domani la firma di un accordo di
programma tra Regione, Comune, Provincia e Authority |
|
Evitato lo
stop a fine mese
Il depuratore di Servola può
continuare a funzionare, servendo ben 180 mila cittadini, nonostante non
rispetti i parametri di legge essendo privo del trattamento biologico dei
liquami. L’impianto avrebbe dovuto rispettare tali norme da tempo, e finora
ha potuto operare solo grazie a una serie di proroghe, alle quali è stato
posto evidentemente un limite. Con l’accordo di programma che verrà firmato
domani da Regione, Comune, Provincia e Autorità portuale, l’amministrazione
provinciale non sarà costretta a bloccarne il funzionamento il 1° febbraio,
evitando così che i reflui fognari finiscano in mare senza alcun
trattamento.
«Il proseguimento dell’attività del depuratore – spiega l’assessore
provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi – può avvenire perché l’accordo
fissa tempi e finanziamenti per arrivare, nel giro di cinque anni,
all’adeguamento dell’impianto».
Alla base del consistente ritardo accumulato per l’adeguamento del
depuratore, la mancanza dei fondi – 50 milioni di euro – necessari per la
realizzazione dei nuovi impianti, nello stesso comprensorio ai piedi della
collina di Servola.
A complicare la soluzione c’è stato anche un problema di spazi, quelli dove
costruire gli impianti stessi. Ma questi spazi (27 mila metri quadri), al
confine tra lo Scalo legnami e il depuratore, sono gestiti dell’Autorità
portuale che anni fa li ha dati in concessione alla Sertubi, la quale li
utilizza per depositare i tubi prodotti prima della loro spedizione. In base
all’accordo che si firma domani, con la partecipazione appunto dell’Authority,
quest’area sarà resa disponibile (previa demolizione di alcuni capannoni)
solo quando inizieranno i lavori per i nuovi impianti.
Detto degli spazi, l’altro nodo da sciogliere era costituito dai
finanziamenti. Il Comune non disponeva di 50 milioni da destinare
all’intervento. «Non c’era sicurezza sui tempi con cui la Regione o l’Ue
avrebbero potuto finanziare l’opera – precisa la Barduzzi –. Si è quindi
deciso di aumentare leggermente la tariffa di depurazione, con un costo che
per ogni utente sarà di circa 10 euro l’anno. In questo modo ogni anno si
ricaverà un milione di euro, per un totale di 5 milioni, con i quali si
potrà accendere un mutuo. Se nel frattempo – aggiunge – dalla Regione
arriverà qualche finanziamento, ciò permetterà di ridurre l’aumento della
tariffa».
Sempre in tema di finanziamenti, il Comune ha già ricevuto dalla Provincia
500 mila euro per la progettazione definitiva ed esecutiva dei nuovi
impianti, fondi anche questi provenienti dalla tariffa di depurazione
incassata dall’AcegasAps. Un ulteriore stanziamento di 1,3 milioni è stato
assegnato a suo tempo al Comune, sempre dalla Provincia, per collegare il
depuratore di Barcola (che per ragioni tecniche non poteva essere adeguato)
alla rete fognaria nei pressi di Roiano, da dove finiscono nella struttura
di Servola.
Il tipo di impianto da costruire a Servola, intanto, è già stato prescelto.
L’AcegasAps ne ha realizzato nel comprensorio tre modelli diversi, e dopo
una serie di prove ha scelto quello che ovviamente fornisce i migliori
risultati in termini di abbattimento dei batteri inquinanti.
Giuseppe Palladini |
Ferriera, il punto della
situazione Assemblea pubblica domani al Miani |
|
Domani alle 20.30 nella sede del
Circolo Miani, in via Valmaura 77, si terrà un’assemblea pubblica «sulla
Ferriera-Sertubi» promossa dal Miani, da Servola Respira, La Tua Muggia e
Coordinamento comitati di quartiere. Si parlerà tra l’altro di analisi
sanitarie e epidemiologiche sul territorio, e delle prossime manifestazioni
da attuare. |
Tutela dell’ambiente marino
da Punta Sottile a Grado |
|
Lo Stato e la Regione Fvg
tuteleranno per i prossimi tre anni con un intenso monitoraggio costiero
l'ambiente marino, tramite il rilevamento di dati oceanografici, chimici,
biologici, microbiologici, merceologici e quanto altro necessario per la
lotta contro l'inquinamento di qualsiasi genere e per la gestione delle
fasce costiere, nonché per la tutela, anche dal punto di vista ecologico,
delle risorse marine. Un programma che vedrà la Regione impegnata in prima
fila e che comporterà lo stanziamento di quasi 800mila euro in tre anni. Ad
essere sotto la lente dei controlli ambientali su inquinamento e rispetto di
flora e fauna saranno in particolare alcune zone delle coste, ovvero l’area
compresa tra il Comune di Grado e quello di Duino Aurisina, l’area compresa
tra Porto Buso e Lignano in provincia di Udine, l’area protetta di Miramare,
e l’area antistante Punta Sottile in provincia di Trieste. L’accordo,
firmato a fine 2007, è entrato in vigore da gennaio, periodo in cui scadeva
la precedente convenzione. Convenzione che, per lungo tempo, si pensava non
potesse venire riapprovata per mancanza di fondi. Il precedente accordo era
infatti scaduto ancora ad inizio 2006. Lo Stato aveva però chiesto alla
Regione comunque di proseguire con il monitoraggio con proroghe di volta in
volta rinnovate, ma senza appositi finanziamenti: il Ministero aveva infatti
comunicato di non poter più rifinanziare il programma di monitoraggio, oltre
alla data del 31 marzo 2006, causa l’indisponibilità dei finanziamenti
destinati a tale azione. Invece, il colpo di scena: a giugno 2007 alle
Regione costiere arrivano dallo Stato 5 milioni di euro da destinare proprio
al monitoraggio e controllo delle acque costiere. Il tutto secondo linee di
azione del tutto nuove condivise e decise di concerto con le Regioni. In
base a quanto contenuto nello schema di convenzione, di durata triennale e
con possibilità di rinnovo, per l’attuazione del nuovo programma di
monitoraggio, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
trasferirà alla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, per ogni anno di
attività, 247mila euro. Il programma di monitoraggio viene effettuato
sull’intero perimetro di costa italiano, prevedendo 81 aree interessanti dal
punto di vista delle analisi per garantire la salubrità delle acque. La
maggior parte di queste arre è inserita nel Sud Italia (7 sono in Campania e
altrettante in Calabria, tanto per fare degli esempi). Il programma di
monitoraggio individuato dallo Stato e sottoscritto dalle Regioni prevede
tutta una serie di azioni di controllo sull’acqua (per la ricerca di
inquinanti chimici e per il controllo dei parametri fisico-chimici), la
presenza di plancton, la presenza di microalghe bentoniche, i sedimenti
rintracciati, l’aspetto e la salubrità dei mitili, la presenza di fondi
mobili, la presenza di alcuni tipi di alghe (la Posidonia oceanica o altre
macroalghe). In questo modo si conta sia di garantire il giusto rispetto
dell’ambiente e la sua tutela, sia di permettere ai diportisti del Fvg di
usufruire di acque pulite e salubri.
e.o. |
Tarsu a Duino Aurisina:
sconto del 20 per cento a chi ricicla i rifiuti umidi - Regolamento
all’esame della commissione |
|
Approda domani in commissione,
nel comune di Duino Aurisina, il nuovo regolamento della Tarsu, la tassa
sullo smaltimento dei rifuiti, passato in giunta la settimana scorsa. Prima
dell'approvazione in consiglio, assieme al bilancio, il documento verrà
valutato in sede ristretta proponendo alcune modifiche, detrazioni che
riguardano specifiche categorie di persone.
Il principale sconto proposto nel documento - fino al 20 per cento -
riguarda le famiglie che avvieranno subito il compostaggio, ovvero il
riciclo del rifiuto umido, da utilizzare direttamente e in maniera autonoma.
Nei mesi scorsi l'amministrazione comunale ha provveduto a informare la
popolazione, e sono già 500 le famiglie che hanno fatto richiesta di poter
avviare il compostaggio per poter usufruire dello sconto, il cui valore, il
20 per cento della tariffa dovuta, deve essere ora confermato in consiglio
comunale. Ma non basta: all'avvio del provvedimento, il Comune provvederà
alla stampa delle istruzioni per la realizzazione del compostaggio secondo
le norme, con l'utilizzo dei giusti cassoni da tenere in giardino o nel
terrazzo, e il diretto utilizzo del concime derivato dal compostaggio. C'è
anche l'obiettivo - ma verrà confermato nelle prossime settimane - di
reperire alcuni fondi da enti pubblici per regalare alle famiglie che ne
faranno richiesta gli speciali contenitori da utilizzare.
Se lo sconto riservato a chi ricicla privatamente l'umido sarà interessante
per chi vive in case con giardino o grandi terrazzi, ci sono altre
detrazioni previste, a scopo sociale: in particolare, il nuovo regolamento
prevede uno sconto del 50 per cento sulla Tarsu alle persone che vivono da
sole, sono ultrasessantacinquenni e hanno un reddito inferiore alla soglia
minima (definibile attraverso una serie di tabelle: per conoscere i dettagli
basta contattare l'ufficio tributi). Resta invece al 20 per cento lo sconto
per le famiglie che hanno in casa un disabile con invalidità superiore a 50
per cento.
Il regolamento Tarsu infine ha stralciato, e quindi non contiene,
regolamentazione ad hoc su porti e darsene, a seguito della normativa
nazionale che sta per entrare in vigore a seguito del recepimento di un
regolamento europeo, normativa - come annunciato nei giorni scorsi - che
sarà definita dal demanio, e quindi dall'Autorità portuale.
fr.c. |
«Tav Venezia-Trieste, un
treno merci ogni 6 minuti» - E il collegamento fra gli aeroporti di Tessera
e Ronchi si potrà coprire in 45 minuti |
|
Lo studio
commissionato dai sindaci della Bassa Friulana evidenzia un flusso
passeggeri soprattutto in transito |
Il 4
febbraio previsto l’ultimo incontro per siglare il protocollo sul tracciato
finale. L’attraversamento dei paesi: ecco le criticità |
TRIESTE Un treno merci ogni sei
minuti, ad una velocità massima di 120 chilometri orari. Treni passeggeri
meno frequenti a velocità di 180 chilometri orari. Sono queste, secondo il
tecnico nominato dai comuni, Andrea Debernardi, le caratteristiche che
potrebbe avere la nuova linea ferroviaria Av/Ac per assolvere agli
incrementi di traffico, soprattutto merci, del sistema regionale.
|
Debernardi che già prima della
pausa natalizia aveva presentato una relazione ai comuni, nella quale
studiava le caratteristiche del sistema attuale del traffico e ipotizzava
tracciati e caratteristiche della linea ad alta velocità–alta capacità,
parte dal bisogno reale del territorio. Visto l’aumento del flusso del
traffico merci destinato a «quadruplicarsi in un decennio», la relazione di
Debernardi ipotizza una linea con caratteristiche di alta capacità che
«dovrebbe caratterizzarsi per un esercizio misto» ovvero: «un numero elevato
di treni merci, (velocità di 100-120 km/h) secondo batterie impostate su
elevata frequenza di transiti (sino ad un treno ogni 6 minuti secondo le
norme Rfi)» e «un numero relativamente ridotto di treni passeggeri,
impostati però su velocità molto più elevate (nel nostro caso, almeno 180
km/h per un tempo sistema di un’ora tra Venezia- Mestre e Trieste)». La
situazione del traffico in Friuli Venezia Giulia porta l’analisi a
considerare la regione come luogo di attraversamento più che come
destinazione finale.
«Nel complesso, i flussi stradali, ferroviari ed aerei registrati lungo le
diverse direttrici di accesso al territorio regionale possono essere
sommariamente valutati in circa 235.000 passeggeri/giorno – si legge nella
relazione - Tale volume di traffico, piuttosto rilevante in valore assoluto,
appare però certamente inferiore alla domanda di mobilità complessivamente
generata ed attratta dal territorio regionale». Secondo i calcoli
dell’ingegnere gli scambi al confine regionale rappresentano meno del 10%
del totale degli spostamenti giornalieri. Se si guarda invece il volume del
traffico commerciale si vede che «l’insieme del traffico di scambio e di
attraversamento ammonta a circa 79 milioni di tonnellate/anno. Tale valore
risulta largamente superiore a quello derivante dalle rilevazioni dei flussi
interni al territorio regionale (poco più di 30 milioni di t/anno), il che
consente di qualificare la regione Friuli-Venezia Giulia come una zona
prevalentemente di transito». Per quanto riguarda la linea Venezia -
Trieste, «essa risulta attualmente impegnata dalla circolazione di circa 100
treni/giorno fra Mestre e Portogruaro, meno di 90 treni/giorno fra
Portogruaro e Monfalcone e circa 110 treni/giorno fra Monfalcone e Trieste
Centrale». Secondo Debernardi un miglioramento è già possibile: «Si tratta
di valori non particolarmente elevati, che si mantengono nettamente al di
sotto della potenzialità della linea, attualmente stimata da Rete
ferroviaria italiana in 180 treni/giorno ma facilmente elevabile, mediante
interventi tecnologici da attuarsi in sede, sino a 230-250 treni/giorno
(valori oggi correntemente conseguiti, se non addirittura superati, sulle
linee più trafficate della rete, quale ad esempio la Milano-Bologna)». La
velocità dei treni passeggeri – sempre secondo lo studio preliminare di
Debernardi – non dovrà superare i 220 chilometri orari: in questo modo la
linea collegherà in un’ora Venezia a Trieste, e in 45 minuti la città
lagunare all’aeroporto di Ronchi. Una, infatti, la fermata intermedia
ipotizzata per il traffico passeggeri e per mantenere certe curvature della
linea e una velocità inferiore ai 250 chilometri orari. Quanto al tracciato
su cui Regione e amministrazioni comunali sembrano aver concordato –il 4
febbraio è prevista la firma del protocollo d’intesa -, si tratta di uno dei
tre ipotizzati dal tecnico dei comuni, quello che Debernardi chiama
«macro-corridoio territoriale attualmente interessato dalla linea
ferroviaria storica (da potenziare con interventi in sede e/o con limitate
varianti di tracciato)”. Le criticità di questo tracciato, secondo il
professionista, sono: «interferenze urbanistiche negli abitati di Palazzolo,
Muzzana, San Giorgio di Nogaro; necessità di ritracciare le curve di accesso
alle stazioni di Cervignano e di San Giorgio; necessità di mitigazioni
nell’abitato di Cervignano; necessità di un tracciato in variante a
Latisana-San Michele al Tagliamento». E poi criticità in corrispondenza
degli attraversamenti del Tagliamento e dello Stella. |
IL PICCOLO -
SABATO, 26 gennaio 2008
Rifiuti, siglato il patto
Muggia-Slovenia - Scambi con Capodistria per lo smaltimento
differenziato: a Trieste il non riciclabile |
|
Anche San
Dorligo della Valle nel progetto transfrontaliero. Nella cittadina
oltreconfine sorgerà un impianto di compostaggio
MUGGIA I Comuni di Muggia, San
Dorligo della Valle e Capodistria, insieme alla Provincia di Trieste, hanno
deciso di avviare una collaborazione per lo smaltimento dei rifiuti in
ambito transfrontaliero. L’idea era partita proprio da Muggia, ed era stata
anticipata dal sindaco Nerio Nesladek una settimana fa. Ha avuto il suo
primo atto concreto con una riunione dei rappresentanti dei vari enti locali
interessati svoltasi nei giorni scorsi.
«Si è cominciato a delineare i contenuti e le modalità per il progetto, per
il quale c'è unità d’intenti e la volontà di lavorare assieme su questa
strada» dice Nesladek. «Si parte dalla necessità di Capodistria e dei Comuni
limitrofi sloveni di risolvere i loro problemi di rifiuti – spiega il
sindaco muggesano -. Ma anche dalla nostra volontà di ridurre i rifiuti da
incenerire, con benefici sui costi. È assurdo che Capodistria costruisca un
suo inceneritore, che tra l’altro sarebbe molto vicino a noi, se a Trieste
ce n’è già uno. Perché non mettere assieme le risorse?».
Oltre a pensare a un inceneritore, il vicino Comune ha intenzione di
costruire (in tempi molto stretti, forse già entro un anno) un impianto di
compostaggio in un’area vicina al porto, per potere trattare (e
riutilizzare) i rifiuti organici. È una categoria d’immondizie che, da
questa parte del confine, non è ancora differenziata in modo diffuso e, se
lo è, deve essere smaltita a Moraro, nel Goriziano, con degli aggravi sui
costi. In base all’accordo in discussione, tale frazione di rifiuti sarebbe
invece portata (anche da qui) nel nuovo impianto capodistriano, portando
invece all’inceneritore di Trieste anche i residui non riciclabili di
Capodistria.
Uno «scambio» - sostengono i promotori - a favore dell’ambiente e dei
cittadini di ambo i lati del confine, dato che si attuerebbe anche una più
ampia differenziazione dei rifiuti. «Con un nuovo impianto di smaltimento
transfrontaliero si riduce la quantità di rifiuti che ciascun Comune deve
portare a incenerire. L’Acegas non ci rimetterebbe, visto che alla fine
aumenterebbe l’utenza con l’aggiunta dei Comuni sloveni. Ma già oggi – dice
Nesladek – l’impianto triestino non riesce a incenerire tutti i rifiuti che
arrivano, per cui tale riduzione permetterebbe all’inceneritore Acegas di
accogliere i rifiuti anche da altre parti della regione».
I Comuni italiani cercheranno un accordo con Acegas, anche per ridurre i
costi di smaltimento a favore dei colleghi sloveni. Il trasporto dei rifiuti
da Capodistria a Trieste potrebbe avvenire su chiatta, via mare, quindi con
un minore impatto ambientale. Tra i sindaci dei vari Comuni e la Provincia
si è già parlato di alcuni dettagli economici. A esempio, si sta valutando
se fare intervenire economicamente i Comuni italiani (con fondi europei)
nella costruzione dell’impianto capodistriano, oppure se semplicemente
usufruirne tramite convenzione. L’accordo per ora riguarda Muggia, San
Dorligo della Valle e Capodistria (capofila degli altri centri vicini). Ma è
ampliabile pure ad altri enti dell’area. I prossimi passi saranno una
riunione tecnica per evidenziare tutti gli aspetti del progetto. Poi ci
saranno altri incontri politici tra gli enti, per stabilire la tempistica
del programma e avviare l’iniziativa.
s. re. |
Trenta milioni per l’energia
rinnovabile la Regione corre per recuperare i ritardi |
|
L’assessore
Marsilio all’apertura di Agriest a Udine invita gli enti locali ad
installare nuovi impianti |
Si
prospettano investimenti per le aziende agroforestali e l’incremento di
posti di lavoro Già ottanta le centrali termiche che utilizzano le biomasse:
legno spezzato, pellet e cippato |
UDINE Trenta milioni di euro per
lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, ma anche i fondi e i
progetti europei a disposizione di aziende ed enti che volgiono puntare su
questo fronte. Il Friuli Venezia Giulia è in ritardo sullo sviluppo delle
fonti rinnovabili di energia ma ora cerca di recuperare facendo granfde
attenzione a tutto il settore e spingendo su questa politica. Lo ha detto a
chiare lettere ieri ,l’assessore regionale alle risorse agricole, naturali,
forestali e montagna Enzo Marsilio a Udine all'inaugurazione della
quarantatreesima edizione della rassegna "Agriest-Coltivare il futuro", nel
quartiere fieristico di Torreano di Martignacco che proprio per dare un
segnno di questa rinnovata attenzione è stata fatta coincidere con la prima
«Conferenza regionale sulla valorizzazione energetica delle biomasse
legnose». Un aspetto fondamentale nel capitolo delle fonti rinnovabili che
vede protagonista proprio la nostra regione ricca di patrimoni boschivi.
La conferenza, ha ribadito Marsilio, intervenuto anche per il tradizionale
taglio del nastro inaugurale, aveva l'obiettivo di recuperare un ruolo
importante per il Friuli Venezia Giulia nel settore.
«La nostra realtà – ha confermato l'assessore – è infatti un po' in ritardo
in questo contesto, in quanto tale argomento è stato affrontato in modo
costruttivo soltanto negli ultimi anni. Nelle Regioni contermini (Veneto e
Alto Adige soprattutto) infatti già sono operative numerose installazioni e
attività che consentono redditività, occupazione e risparmio energetico».
Anche il Friuli Venezia Giulia ha fatto i primi passi, con numerosi
incontri, convegni, dibattiti sull'argomento, e conta già sulla operatività
di un'ottantina di impianti per l'utilizzo delle biomasse legnose (legno
spezzato, pellet, cippato) grazie a caldaie ad alta efficienza installate
all'interno di sistemi integrati e fortemente legati al territorio.
Secondo Marsilio, la nostra realtà può trarre ora profitto dall'esperienza
già maturata nelle realtà contermini, anche perché la Regione ha messo a
disposizione per il settore delle fonti rinnovabili complessivamente 30
milioni di euro. Somma alla quale si affiancano le altre opportunità
previste a livello nazionale ed europeo.
Si prospetta dunque, per le aziende agroforestali, una situazione favorevole
per l'avvio di nuovi investimenti che saranno pure forieri dell'incremento
di posti di lavoro.
Nell'occasione, Marsilio, ha invitato le amministrazioni locali a favorire
l'installazione di nuovi impianti per l'utilizzo delle biomasse. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 25 gennaio 2008
Ferriera,
primi test su 60 servolani - I prelievi per cercare nell’organismo metalli e
idrocarburi saranno inviati a Brescia |
|
L’Ass ha
definito le modalità dei controlli sulla popolazione del quartiere: saranno
confrontati con un campione di un altro rione
L’Azienda sanitaria stima che
saranno circa 60 i cittadini di Servola che verranno sottoposti a esami
gratuiti tra i 110 che ne hanno fatto richiesta e hanno ottenuto dalla
sanità pubblica test gratuiti per verificare gli eventuali effetti sulla
salute degli inquinanti prodotti dalla Ferriera. Nei prossimi giorni a
ciascuno dei firmatari della petizione verrà inviato a domicilio un
questionario di una ventina di domande relative all’età, al sesso,
all’abitazione, alle abitudini al fumo e alimentari, ai farmaci assunti.
Informazioni che saranno essenziali per delimitare all’interno del gruppo
dei 110 il campione su cui sarà possibile effettuare i test sulle urine dai
quali scaturirà l’informazione ricercata: si è verificato o meno nel corpo
un accumulo di metalli e idrocarburi policiclici aromatici, sostanze che ad
alte concentrazioni provocano gravi malattie?
La selezione. L’Azienda sanitaria che ha deciso di accogliere la richiesta
dei residenti e ha varato l’indagine (del tutto gratuita per i cittadini, e
pagata con fondi dell’Azienda stessa) ritiene che il campione alla fine
prescelto sarà appunto di 50-60 persone, perché vanno esclusi tutti coloro
che fumano o le cui condizioni e abitudini nella vita privata potrebbero
influire in maniera massiccia sui test distorcendone il corretto
significato. Esclusi saranno anche eventuali lavoratori della Ferriera.
A queste persone, una volta data comunicazione del fatto che saranno
sottoposte ad analisi, verrà altresì fissato un appuntamento direttamente
dal Dipartimento di prevenzione. I cittadini saranno personalmente
contattati per ricevere le indicazioni sulla sede, il giorno e l’ora in cui
effettuare la prova. Che, sostanzialmente, si ridurrà a una semplice
consegna di urine.
I campioni saranno quindi inviati a un laboratorio specializzato, lo stesso
che sta completando in questi giorni le analisi da poco effettuate sui
lavoratori della cokeria. «Abbiamo scelto una struttura di Brescia - spiega
il direttore generale Franco Rotelli -, perché è quella più specializzata e
di fama nazionale».
Chi ha firmato la richiesta dunque non deve più preoccuparsi di consultare
il medico di famiglia, né il medico di famiglia deve compilare ricette, dal
momento che è diventata operativa un’analisi di screening sulla popolazione
che ha modalità diverse da una analisi individuale, e cioé «guidate». Né
devono preoccuparsi più, i firmatari, di contattare l’ospedale di Cattinara
come avevano fatto nei giorni scorsi e come si preparano a far di nuovo
viste le affermazioni del loro portavoce, Livio Scridel, il quale afferma:
«La prossima settimana andrò a parlare con il direttore sanitario Luca
Lattuada e con il responsabile della Medicina di laboratorio, Bruno Biasioli,
per concordare la procedura di questi esami che alcuni di noi nel frattempo
hanno già fatto a Udine a proprie spese...».
«No, non bisogna andare all’ospedale - spiega Rotelli -, i cittadini devono
aspettare di essere chiamati da noi». Ci vorrà solo qualche giorno per
mettere a punto ogni cosa: contatti sono in corso con l’Istituto di Medicina
del lavoro dell’Università di Trieste, diretto da Massimo Bovenzi, e con
Fabio Barbone dell’Istituto di Igiene e epidemiologia dell’Università di
Udine, per concordare, anche sulla scorta di studi precedenti, quale altro
rione («non inquinato») bisogna scegliere per il secondo campione di
cittadini, quello che farà da termine di confronto «e che deve avere
caratteristiche tali - aggiunge Rotelli - da dare sensatezza a questa
iniziativa».
Il direttore dell’Azienda sanitaria si dice pronto ad allargare l’indagine
se, malauguratamente, questo primo sondaggio sulla presenza di metalli e
idrocarburi (tra cui il benzoapirene di cui a Servola erano stati misurati
livelli anche 200 volte superiori ai limiti di legge) dovessero dare un
risultato allarmante. E aggiunge: «Allo stato attuale tutti i nostri
monitoraggi sul terzo distretto ci mostrano risultati di salute della
popolazione non difformi da quelli delle altre zone della città, questo è
quello che risulta per adesso. Ora facciamo questa ricerca specifica, e se
ci sarà qualcosa di non conforme al normale da un lato saremo i primi a dare
tutte le informazioni, e dall’altro potremo pensare alla necessità di
allargare l’indagine a un numero più esteso di cittadini».
Intanto l’Azienda sanitaria sta raccogliendo tutti i dati ambientali
disponibili per una corretta verifica degli inquinanti presenti con maggiori
concentrazioni nel quartiere. E all’inizio della prossima settimana darà
appuntamento ai medici di famiglia attivi nel terzo distretto (Servola,
Valmaura) per metterli esattamente al corrente del protocollo messo a punto.
È escluso al momento che vengano sottoposti agli esami cittadini che non ne
hanno fatto esplicita richiesta. Del resto nel rione le opinioni si sono
dimostrate non del tutto univoche: c’è chi teme e vuol sapere, chi è più
incredulo, e chi più «scientificamente» fatalista.
Gabriella Ziani
|
FERRIERA - Gli
operai protestano contro i residenti - «Tanti cavilli per farci
chiudere. Noi controllati ogni 6 mesi e non è mai emerso niente» |
|
I lavoratori
dello stabilimento criticano la campagna portata avanti dagli abitanti:
«Attenti alle strumentalizzazioni» |
«Un vigile
in via Carducci all’ora di punta assorbe più idrocarburi di chi fa il turno
nella cokeria». «Se emergeranno valori alti l’azienda dovrà risarcire»
|
«Una farsa inutile», inscenata
da chi tenta disperatamente di trovare «nuovi cavilli» per riuscire a far
chiudere lo stabilimento. Così gli operai della Ferriera giudicano il
pressing dei residenti di Servola sull’Azienda sanitaria che, alla fine, ha
portato al via libera alle analisi gratuite delle urine per accertare
eventuali concentrazioni anomale di benzoapirene e metalli pesanti.
Analisi che comunque, secondo i dipendenti della Lucchini, non potranno mai
dimostrare con certezza la correlazione tra i problemi fisici dei servolani
e la presenza dell’impianto siderurgico. «Che se li facciano pure questi
esami, tanto non verrà fuori niente di particolarmente strano - afferma un
lavoratore 41enne mentre sorseggia un caffè durante la pausa pranzo -. Se
non sono emerse situazioni anomale tra noi operai, che ci sottoponiamo ai
controlli ogni sei mesi, non vedo cosa potrebbero trovare nella gente che
vive qui attorno. Queste persone dovrebbero pagare il doppio le analisi,
altro che prestazione gratuita. Secondo me molti degli abitanti che si
lamentano soffrono di disturbi indipendenti dalla presenza della Ferriera.
Basta pensare ai residenti che sostengono di avere le crepe sui muri di casa
per colpa della nuova centrale elettrica».
Polemico anche Franco Sinatra: «L’operazione condotta dai residenti è
evidentemente forzata. Questi signori parlano di cose che probabilmente non
conoscono bene. Non credo sappiano, per esempio, che gli Ipa (idrocarburi
policiclici aromatici ndr) sono prodotti, oltre che dalla Ferriera, anche
dalle auto, dai processi di torrefazione, persino dal semplice fuoco da
legna. In pratica ogni volta che bruciano combustibili organici e derivati
del petrolio si sprigionano sempre idrocarburi. Tenendo conto che Trieste ha
un’altissima concentrazione di macchine, quindi, un vigile urbano che regoli
il traffico in via Carducci avrà livelli di Ipa nel sangue ben superiori a
quelli di un operaio o di un residente di Servola».
«Prima di fare le analisi ai residenti, avrebbero potuto attendere i
risultati di quelle fatte il mese scorso ai lavoratori della cokeria -
aggiunge il 26enne Antonio Scafilli, operaio in Ferriera da appena tre mesi
-. Ufficialmente gli esiti si conosceranno tra qualche settimana, ma intanto
hanno già iniziato a circolare le prime voci e pare che tutti i valori dei
dipendenti siano nella norma. E se noi che lavoriamo a stretto contatto con
le polveri non abbiamo problemi, a maggior ragione credo non ne esistano per
gli abitanti del rione. All’interno dell’azienda la sicurezza dei lavoratori
è tenuta nella giusta considerazione».
Va giù ancora più duro nei confronti dei residenti Tiziano Tiziani:
«Vogliono gli esami? Liberissimi di farli. La città però deve sapere che
molti di quelli che adesso chiedono le analisi per far chiudere lo
stabilimento, fino a poco tempo fa lavoravano in Ferriera, dove sono rimasti
anche oltre l’età pensionabile. Persone che sputano nel piatto in cui hanno
mangiato fino all’altro giorno solo per far salire il valore immobiliare
delle loro case. Se sono poi così attenti alla salute come dicono, perché
intanto non iniziano a rimuovere l’amianto che ricopre le abitazioni di
Servola?».
«Chi parla di inquinamento da Ferriera vende solo fumo - aggiunge Loris
Valenti -. Perché non si dice piuttosto che, polveri sottili a parte, la
qualità dell’aria a Servola è migliore di quella davanti alla stazione?
Basta confrontare le rilevazioni delle centrali dell’Arpa: in piazza Libertà
i valori di monossido di carbonio e biossido di zolfo sono nettamente
superiori rispetto a via Pitacco. Eppure queste cose non vengono dette
perché c’è l’interesse, anche elettorale, a creare il caso. Ciclicamente,
quando si avvicinano le votazioni, c’è sempre chi specula su Servola e tira
fuori il problema delle polveri».
In Ferriera, tuttavia, c’è anche chi condivide le ragioni degli abitanti.
«Ben vengano questi esami, così si metterà fine una volta per tutte alle
voci - afferma Luigi Pastore -. Se poi verranno riscontrati danni sulla
salute, l’azienda sarà tenuta a risarcirli, pagando le spese mediche degli
abitanti o, eventualmente, elargendo anche somme di denaro».
Maddalena Rebecca |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 24 gennaio 2008
Ferriera, primi test gratis
sui residenti - L’Ass contatterà i richiedenti per sottoporli agli esami sui
metalli pesanti fatti ai lavoratori |
|
Nei prossimi
giorni l’Azienda sanitaria spiegherà ai medici di famiglia il protocollo
degli accertamenti che intende effettuare
Ferriera, la pressione dei
cittadini ha vinto. L’Azienda sanitaria dà il via ad analisi gratuite su un
campione di residenti nei quartieri di Servola e Valmaura, autori a dicembre
di una specifica petizione che chiedeva di verificare la presenza di
metaboliti di inquinanti ambientali come benzoapirene e metalli pesanti per
sapere se la Ferriera inquina il sangue e la salute oltre che l’aria, e in
che misura.
Nelle prossime settimane i firmatari (un centinaio) verranno contattati per
definire il selezionato gruppo che verrà sottoposto all’esame, per ora,
delle urine, lo stesso al quale sono stati sottoposti dei lavoratori della
cokeria il mese scorso e i cui risultati sono attesi a giorni.
Nella scelta delle persone da sottoporre a controllo si dovrà tener conto
dei fattori «che potrebbero - dice l’Azienda sanitaria - confondere i
risultati dell’indagine, i metaboliti degli idrocarburi policiclici
aromatici (Ipa) e in particolare l’idrossipirene, possono infatti variare
notevolmente in funzione di abitudini di vita tra cui il fumo di sigaretta e
il tipo di alimentazione». Parallelamente verrà testato anche un campione di
popolazione con le medesime caratteristiche ma abitante in aree della
provincia in cui non c’è evidenza di inquinamento. Dal confronto uscirà una
fotografia della situazione.
Ed è questa la procedura che, di fronte alle sollecitazioni dei residenti
che si erano appellati anche all’Azienda ospedaliera e avevano cominciato a
bussare singolarmente alle porte dei medici di famiglia, aveva pubblicamente
invocato il medico-politico Sergio Lupieri (Pd), invitando anzi la Sanità ad
avviare queste indagini su «popolazione a rischio». Lo stesso appello era
arrivato da Fabio Fonda (cardiologo ed esponente dei Cittadini) il quale
affermava: «Fa bene l’Azienda sanitaria a frenare il ricorso libero agli
esami e a voler fornire criteri, perché gli screening non controllati sono
rischiosi».
Dunque nei prossimi giorni l’Azienda sanitaria parlerà anche coi medici di
famiglia, fin qui incerti sulle risposte da dare ai pazienti. A loro verrà
illustrato «il protocollo degli accertamenti». A questo primo screening tra
gli abitanti di Servola collaboreranno l’Istituto di Medicina del lavoro
dell’Università di Trieste e la cattedra di Igiene ed epidemiologia
dell’Università di Udine.
«Dopo questa prima fase di accertamenti - afferma l’Azienda sanitaria - sarà
valutata la possibilità di impostare ulteriori studi mirati». I campioni
delle analisi saranno inviati a «laboratori di riferimento», cioé
specializzati in materia.
La decisione dunque, parte dal basso, dall’iniziativa di un gruppo di
abitanti del quartiere, che ricade nel terzo distretto sanitario. «L’Azienda
sanitaria - dice una nota - ha deciso di accogliere in buona misura questa
istanza pur non essendo ancora in possesso dei risultati dell’indagine sui
lavoratori, che meglio avrebbe indirizzato l’azione verso i cittadini».
L’intenzione iniziale era infatti di soppesare dapprima i risultati sulle
analisi svolte alla Ferriera e di conseguenza decidere se avviare o meno
l’azione pubblica verso il quartiere.
L’esito delle prove in fabbrica sarà illustrato a fine febbraio-inizio marzo
al tavolo di lavoro cui partecipano Lucchini, Azienda sanitaria,
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, sindacati, Inail, Istituto
di Medicina del lavoro.
Gabriella Ziani |
FERRIERA - Sospesa
l’audizione in Regione di amministratori e cittadini |
|
Sospesa «a data da definire»
l’audizione in quarta commissione regionale di assessori regionali, sindaci,
rappresentanti della Sanità, dei comitati di quartiere e di molti altri
soggetti pubblici sulla Ferriera di Servola, chiesta dal verde Alessandro
Metz che in ogni caso conferma l’invito ai medesimi ospiti «senza le
formalità di un’audizione in commissione»: la riunione si terrà sempre in
Regione, ma nella sala gialla del Consiglio regionale di piazza Oberdan 6,
alle 10 di martedì 29 gennaio.
«Ritenendo che, nonostante l’incontro fosse stato fissato dopo il rilascio
dell’Autorizzazione integrata ambientale, si trattasse di un’occasione
positiva di confronto in termini di chiarezza e trasparenza - afferma Metz -
ritengo vada comunque mantenuta l’opportunità di confronto e invito
caldamente a partecipare».
L’audizione in realtà era stata chiesta a dicembre, e cioé prima che la
Giunta si pronunciasse sull’Aia, che fu deliberata in chiusura d’anno. Ma
venne fissata per una data successiva, in qualche modo sfumandone il senso
di verifica preparatoria a un atto decisionale. Tuttavia Metz - che di
recente ha sollecitato il ministero dell’Ambiente a un atto formale nei
confronti della Ferriera per non aver provveduto alla caratterizzazione
delle zone demaniali su cui insiste la fabbrica e che ricadono nel Sito
inquinato di rilevanza nazionale - chiama ugualmente a raccolta sul tema la
Lucchini, gli assessori regionali Moretton (Ambiente), Beltrame (Salute),
Bertossi (Attività produttive), Cosolini (Lavoro), il presidente della
Provincia e i sindaci di Trieste, Muggia e Capodistria, il direttore
generale dell’Ass, il Dipartimento di prevenzione e Medicina del lavoro,
Arpa, Cigra, Procura, Assindustria, Autorità portuale, Capitaneria di porto,
Marco Boscolo (consulente della Procura), sindacati, ambientalisti e
comitati di quartiere. |
A Sistiana una dolina usata
come discarica Era già stata ripulita da volontari e Comune |
|
Tubi in
cemento, elettrodomestici e sacchi a fianco della strada che porta a
Visogliano
Secchi pieni di materiale non
identificabile, pezzi di sanitari, pneumatici per camion, residui edili. E
ancora, pannelli in alluminio, tubi di cemento, sacchi neri stracolmi,
suppellettili e una lavatrice. Questo la situazione in una piccola dolina
situata sul lato destro della strada che da Sistiana porta al centro abitato
di Visogliano: una piccola discarica abusiva a cielo aperto collocata
proprio sotto un bel cartello blu che recita beffardamente: «Divieto di
scarico. I trasgressori saranno puniti a termini di legge».
Sono rifiuti più o meno ingombranti, alcuni ben visibili a occhio nudo,
altri più nascosti nella fitta vegetazione che ricopre l’area, comparsi di
recente in prossimità di alcune abitazioni. Il sindaco del Comune Giorgio
Ret è amareggiato: «Ad Aurisina abbiamo un centro di raccolta per rifiuti
ingombranti gratuito. Tengo a ribadire, è gratuito, adibito a raccogliere
materiale ritenuto non più utilizzabile dalla cittadinanza». «E pensare -
prosegue il primo cittadino - che pochi mesi fa avevamo ripulito diverse
frazioni del comune, tra cui Visogliano». Appurata la situazione, l’iter per
togliere le «carcasse» sono normalmente di due tipi: o si redige
un’ordinanza pubblica che comporta costi e tempi lunghi oppure si prende la
questione di petto, o meglio, «di guanti». «La scorsa estate abbiamo
organizzato almeno tre domeniche ecologiche con l’obiettivo di ripulire
alcune zone segnalateci per l’alto numero di rifiuti - ricorda Ret -
svolgendo un buon lavoro grazie al volontariato di alcune associazioni, come
Legambiente e gli scout». Furono diversi i camion comunali riempiti di
materiale recuperato. Dopo la segnalazione il sindaco promette di non
perdere tempo: «Ci adopereremo subito per accertarci della situazione,
sperando non si tratti di materiale particolarmente inquinante in modo da
asportare il tutto il più rapidamente possibile».
Riccardo Tosques |
A Bagnoli nasce il Forum del
Parco - Domani la costituzione della struttura che stenderà il progetto
della Riserva naturale |
|
SAN DORLIGO DELLA VALLE Domani,
dalle 14 alle 20, al Centro visite di Bagnoli, si costituirà il Forum del
progetto «Varco» di Agenda 21 per la gestione e valorizzazione della Riserva
naturale della Val Rosandra.
Dopo i vari incontri propedeutici e informativi svoltisi nei mesi scorsi, il
processo di Agenda 21 entra nel vivo, creando la struttura (il Forum,
appunto) che, in questa fase finalmente operativa, porterà alla definizione
del progetto per la stesura del Piano di gestione e salvaguardia della Val
Rosandra. All’assemblea sono invitate a partecipare tutte le persone che
hanno dato disponibilità a fare parte del Forum. L’assessore Laura Stravisi
sottolinea: «Ma il Forum è anche aperto a tutti, quindi, al di là degli
inviti, chiunque può intervenire. La ricchezza del processo partecipato
nasce proprio dai contributi delle persone. Certo sarà un grosso sforzo,
poiché al Forum seguiranno degli incontri dei gruppi tematici, ed è
importante che chi decide di aderire, cerchi di essere presente fino alla
fine del percorso, che porterà a una gestione davvero partecipata del grande
patrimonio che è la Val Rosandra». Per ulteriori informazioni si può
chiamare i numeri 040-8329231 o 347-1884244, oppure scrive all’indirizzo
varco-prehod@fastwebnet.it.
s.re. |
Bruxelles vara il piano
salva-clima: ecorivoluzione contro i gas serra - Anche l’Italia aumenterà la
quota di consumi energetici puliti |
|
Tre euro a settimana per ogni
cittadino dell'Unione europea, grosso modo tre pieni di benzina l'anno, è il
costo del pacchetto di azioni presentato dalla Commissione Ue per fare
dell'Europa la guida nella lotta mondiale al cambiamento climatico.
«Oggi abbiamo preso decisioni storiche a favore del nostro pianeta», ha
detto il presidente dell'esecutivo Josè Manuel Durao Barroso, molto
soddisfatto per aver ottenuto il consenso del collegio, anche se a prezzo di
qualche annacquamento sugli impegni delle industrie pesanti. «È un pacchetto
storico ed ambizioso con il quale traduciamo le intenzioni in misure
concrete e vincolanti».
Con cinque progetti di legge, più un documento sugli aiuti di Stato,
Bruxelles assegna i compiti a Stati e industrie per ridurre del 20% le
emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990
e portare, nello stesso arco temporale, al 20% il consumo energetico da
fonti rinnovabili (contro l'8,5% del 2005), includendo una quota del 10% di
biocarburanti per il settore dei trasporti, così come concordato dai 27 al
vertice di primavera dello scorso anno.
L'Italia dovrà aumentare la sua quota di consumi energetici puliti del 17% e
ridurre del 13% le emissioni di CO2 per i settori (trasporto, edilizia,
rifiuti) non inclusi nel sistema di scambio delle emissioni (Ets) introdotto
dal protocollo di Kyoto. «Per il cambiamento ci saranno dei costi, ma sono
ragionevoli e sostenibili», ha detto Barroso, presentando il piano al
Parlamento europeo che lo dovrà approvare insieme agli Stati membri. «Io
preferisco parlare di guadagni e di utili. Le proposte sono ambiziose, ma
realizzabili. Il pacchetto creerà posti di lavoro e darà alle nostre imprese
la possibilità di essere leader nel mondo perchè hanno il vantaggio di chi
compie la prima mossa».
L'aumento dei consumi energetici da fonti rinnovabili potrebbe generare,
secondo Bruxelles, un milione di nuovi posti di lavoro. Tutti i target
nazionali sono stati decisi sulla base del Pil procapite, seguendo il
criterio «chi è più ricco più paga». Dodici paesi con livelli di ricchezza
inferiore potranno infatti aumentare le loro emissioni.
Le industrie europee inserite nel sistema europeo di compravendita dei
diritti ad inquinare dovranno ridurre i loro gas ad effetto serra del 21%
entro il 2020, rispetto a 2,8 miliardi di tonnellate di CO2 emesse nel 2005.
Il nuovo sistema di quote sarà dal 2013 a pagamento, non più gratuito, e
genererà tra i 30 e i 50 miliardi di euro l'anno di entrate addizionali per
gli stati membri, |
Allerta da Spalato: fauna
ittica in calo - Una ricerca condotta dall’Istituto oceanografico
croato avvalora la tesi della necessità di una zona protetta
|
|
Anche le
imprese del settore lamentano la diminuzione, soprattutto del pesce azzurro
FIUME Pescare di meno per poter
un giorno pescare di più. È l’appello lanciato dal biologo Nedo Vrgoc
dell’Istituto oceanografico di Spalato che negli ultimi anni sta conducendo
una serie di ricerche sul depauperamento ittico nelle acque adriatiche. I
risultati dello studioso hanno portato ad una constatazione di base, che
peraltro ben si addice agli intendimenti della Croazia sulla Zona in regime
di tutela ambientale ed ittica nel mare Adriatico (Zerp): l’ipersfruttamento
delle acque ha portato ad una notevole riduzione della biomassa di talune
specie, soprattutto del pesce azzurro minuto, come pure dei naselli e degli
scampi, la cui dimensione media diventa di anno in anno sempre più piccola.
«La situazione peggiore la si rileva proprio nella Zona ittico–ecologica –
ha dichiarato il biologo dalmata – e vi è l’urgente necessità di
intraprendere misure efficaci per arrivare ad una pesca sostenibile e di
lunga durata. Vanno adottate limitazioni nell’esercizio alieutico, come pure
apportate modifiche agli attrezzi da pesca, che debbono essere più
selettivi. Inoltre sarebbe auspicabile elevare la taglia minima prelevabile
del pescato».
Soffermandosi su quella che ha definito la pesca indiscriminata nella Zerp,
lo studioso ha chiamato in causa soprattutto i pescatori italiani, rilevando
però che né la parte croata né quella italiana hanno condotto finora
statistiche sulla pesca in questa fascia di mare, né è dato sapere quanti
natanti vi calino le reti: «Una cosa è certa – ha rimarcato Vrgoc –
nell’Adriatico gli italiani pescano 150 mila tonnellate di pesce all’anno,
mentre i croati non superano quota 35 mila. E’ giunta l’ora di far respirare
questo mare, le cui risorse vengono sottoposte a sollecitazioni non più
sopportabili».
L’allarme non si inquadra solo nella complessa problematica della Zerp, che
rischia di allontanare la Croazia dal traguardo dell’ingresso nell’ Unione
Europea, ma viene documentato pure da precise cifre. L’azienda ittica
fiumana Ugor, la più grande a livello nazionale per quanto attiene la pesca
dell’azzurro, ha archiviato il 2007 come un’annata mediocre. L’anno scorso i
suoi pescatori hanno preso un totale di 2105 tonnellate, di cui 1079 di
sardelle, 862 di acciughe e 163 di altre specie. L’anno prima i pescherecci
dell’ Ugor avevano registrato un bottino più consistente: 2418 tonnellate,
con 1166 tonnellate di sardelle, 1057 di acciughe e 193 di pesce misto. E
nel 2005 andò ancora meglio all’Ugor, con 2700 tonnellate di pescato.
«Voglio sottolineare che nel 2007 – così il direttore aziendale dell’Igor,
Ivan Bocina – abbiamo avuto decine di uscite in più nei confronti del 2006,
eppure i risultati sono stati inferiori. Voglio inoltre rilevare una minor
qualità del pescato, con sardelle di taglia più piccola e sovente frammiste
ad altri pesci. Pescate soddisfacenti di sardelle di ottima qualità le
abbiamo avute soltanto nel primo novilunio autunnale».
Andrea Marsanich |
LA REPUBBLICA -
MERCOLEDI', 23 gennaio 2008
Via libera dall'Ue al piano sul
clima - Ratificato il pacchetto per ridurre le emissioni di CO2 e aumentare
rinnovabili ed efficienza -
confermati gli obiettivi 20-20-20
L'Italia dovrà tagliare del 13% i
gas nocivi e aumentare del 17% i consumi energetici "puliti"
Ora le norme fissate da Bruxelles
passeranno all'Europarlamento e poi agli Stati membri
Barroso: "Spero venga approvato entro il 2008, ma il negoziato sarà duro"
BRUXELLES - Via libera dal
collegio dei commissari della Commissione europea al piano dell'Unione per
contrastare i cambiamenti climatici. Si tratta di un pacchetto di proposte
legislative sulle quali il consiglio Ue aveva giù
trovato l'intesa nel marzo dello scorso anno, fissando gli obiettivi
sintetizzati con la sigla "20-20-20". Ovvero il raggiungimento del 20 per cento
della produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20 per
cento dell'efficienza e un taglio del 20 per cento nelle emissioni di anidride
carbonica. Traguardi da raggiungere tutti entro la data del 2020.
Per quanto riguarda l'Italia, dovrà tagliare il 13%
di emissioni di C02 nei settori non inclusi nel sistema di scambio di emissioni
(Ets) e dovrà aumentare del 17% i consumi energetici da fonti rinnovabili entro
il 2020, rispetto ai livelli del 2005.
Ora i commissari hanno definito meglio quegli obiettivi, articolandoli in cinque
differenti normative alle quali verrà aggiunto un documento sugli aiuti di
Stato. Oltre che al vaglio del Parlamento europeo, il documento dovrà passare
l'esame degli Stati membri. Bruxelles spera di approvare le misure entro il
2008, ma il Commissario Barroso ha già detto di aspettarsi "negoziati
difficili".
Un'anticipazione della durezza dello scontro che si consumerà in sede europea è
stato possibile osservarlo recentemente in occasione della
discussione della normativa per la riduzione delle emissioni di CO2 da
imporre alle case automobilistiche nella produzione di nuove vetture. Il
pacchetto per la lotta ai cambiamenti climatici dell'Unione, oltre agli
obiettivi del 20-20-20 prevede anche un aumento della quota di utilizzo di
biocarburanti nel settore dei trasporti del 10 per cento
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 23 gennaio 2008
Sito inquinato, in 76 aziende
private sondaggi nel sottosuolo pagati dall’Ezit |
|
L’area
riguarda la parte alta delle Noghere. Sostanziale via libera dalle
associazioni di categoria
Saranno le prime
caratterizzazioni in terreni non dell’Ezit, le prime in aree con
insediamenti industriali e le prime in cui tutti i costi saranno a carico
dell’Ente zona industriale. Questi interventi, che aprono un nuovo capitolo
nelle complesse operazioni per arrivare alle bonifiche del Sito inquinato,
riguardano la parte alta della valle delle Noghere, per un totale di 280
mila metri quadri, e precisamente le aree comprese fra il raccordo
Lacostice-Rabuiese e la statale che porta al confine, nonchè quelle a monte
della statale stessa, il cosiddetto villaggio Valdadige e le zone adiacenti.
Nel complesso saranno interessati ai carotaggi i terreni sui cui sorgono 76
aziende. Terreni per i quali è stato accertato che l’inquinamento è stato
causato dalla mano pubblica (in passato vi operavano delle discariche), e in
cui dunque, in base all’accordo di programma in via di approvazione, tutti i
costi di caratterizzazione e bonifica sono a carico dell’ente pubblico.
Le caratterizzazioni inizieranno dopo l’estate, una volta che l’Ezit avrà
aggidicato i lavori attraverso un’apposita gara europea. Ma proprio per
poter bandire la gara, e ancor prima per ottenere il finanziamento già
stanziato dalla Regione (1,3 milioni di euro), l’Ezit stesso ha bisogno
delle autorizzazioni di tutte le aziende a poter operare (direttamente, ma
anche con l’impresa che effettuerà i sondaggi) all’interno dei rispettivi
insediamenti.
Sul delicato tema di queste autorizzazioni, ieri si è tenuta una riunione
fra il presidente dell’Ezit Azzarita e i vertici delle principali
associazioni di categoria (Assindustria, Api, Cna e Confartigianato), dalle
quali è giunto un sostanziale appoggio dell’Ente zona industriale. «Aiutiamo
l’Ezit in questo passaggio – ha dichiarato il presidente di Confartigianato,
Dario Bruni – perchè è utile al sistema Trieste e alle imprese. Bisogna
infatti adoperarsi per velocizzare le caratterizzazioni e le analisi. Questo
nostro appoggio – ha aggiunto – non riguarda però l’accordo di programma,
che non sarà per noi soddisfaciente finchè non verrà esplicitamente inserito
il principio secondo cui ”chi non ha inquinato non paga”».
E oggi pomeriggio, sempre con riguardo a tali autorizzazioni, l’Ezit ha
convocato nella propria sede, in via Caboto, un incontro con i
rappresentanti delle 76 aziende interessate, ai quali verranno fornite tutte
le informazioni necessarie.
I costi delle attività di caratterizzazione e bonifica nell’area già
ricordata, dove sono previsti 110 carotaggi del suolo e prelievi di acque
dal sottosuolo tramite piezometri, sono come detto interamente a carico
dell’Ezit, che riceve i finanziamenti dalla Regione. Per le imprese non ci
sarà quindi alcun costo. Se però qualche azienda non dovesse rilasciare
l’autorizzazione agli interventi nella propria area, tutte le operazioni,
fino alla bonifica, dovrà farle poi in proprio, sopportandone i relativi
costi.
Giuseppe Palladini |
Pista ciclabile, ripartono i
lavori a S. Giacomo -
La sospensione del cantiere ha causato il degrado del tratto
sotto il ponte di via Orlandini |
|
Sta per
essere sgomberato il deposito di rottami lungo il tracciato. Tommasini:
«L’intero percorso sarà agibile entro l’estate» |
L’assessore
annuncia la realizzazione della passerella sopra via dell’Istria |
Continuano i lavori di
realizzazione della pista ciclabile che collegherà San Giacomo e Draga Sant’Elia.
Nei prossimi mesi verrà riaperto il cantiere nella zona di via Ponziana e
via Gramsci mentre sta per iniziare lo sgombero di un deposito di rottami
ubicato in corrispondenza del tracciato. Ma alcuni danneggiamenti sono stati
segnalati nel primo tratto del percorso, sotto il ponte di via Orlandini.
«Entro l’estate sarà possibile utilizzare il tracciato», assicura
l’assessore provinciale ai Lavori pubblici Mauro Tommasini: «È stato risolto
il problema della presenza del deposito rottami sul percorso previsto, che
ha causato il rallentamento dell’opera. Lo sgombero dell’area si concluderà
entro il 15 marzo. Ora che anche quest’ultimo elemento critico è stato
superato realizzeremo la passerella metallica sopra via dell’Istria. Il
cantiere nella zona del Burlo procede secondo la tabella di marcia e in
qualche settimana acquisiremo le ultime autorizzazioni necessarie a
proseguire».
La sospensione a San Giacomo ha però causato il degrado del primo tratto del
percorso già realizzato. Sotto la volta dell’ex ponte ferroviario, a pochi
passi dal parcheggio di via Gramsci, sono stati costruiti ripari di fortuna,
un muretto basso e una sorta di braciere in cui si trovano detriti
parzialmente bruciati. I mattoni e gli altri materiali edili lasciati
all’inizio della pista, in attesa della riapertura del cantiere, sono stati
estratti dai propri imballaggi e abbandonati per terra, mentre la sabbia per
fare il cemento è stata sparpagliata e dispersa. L’asfalto steso tempo fa
sui primi metri di pista è completamente ricoperto di vetri rotti e
sporcizia di ogni genere, e le luci a livello del suolo sono state infrante.
La situazione preoccupa i residenti della zona. Già in passato alcuni
cittadini avevano espresso il timore che quel tratto di pista, completamente
nascosto alla vista, potesse diventare punto di ritrovo per sbandati e
tossicodipendenti. Tommasini ha garantito l’immediata risistemazione
dell’area e l’aumento dei controlli, per evitare che si ripetano episodi del
genere.
Decisamente critico il coordinatore della commissione urbanistica della
quinta circoscrizione Francesco Battaglia (Forza Italia). «Auspichiamo che i
lavori si concludano nel minor tempo possibile, perché si tratta di un’opera
molto attesa dagli abitanti del rione», dice Battaglia: «La presenza di zone
degradate lungo il percorso è in parte la dimostrazione dell’eccessiva
durata del cantiere. La realizzazione della pista senza un criterio organico
potrebbe comportare una serie di interventi accessori che non sarebbero
stati necessari se fossero state rispettate le tempistiche previste».
Più moderato il capogruppo della Margherita al parlamentino, Paolo
Turcinovich. «Quella del ponte di via Orlandini non è una situazione
allarmante – dichiara - ma è necessario avere il controllo del territorio. I
cittadini devono indicare subito le situazioni di degrado, così da favorire
interventi rapidi. Sarebbe utile creare un numero verde comunale cui
rivolgersi per questo tipo di segnalazioni».
Mattia Assandri |
Deutsche Bahn in lizza per
investire nel polo unico dei trasporti della regione |
|
L’assessore
regionale Sonego annuncia un possibile interesse anche da Londra con Arriva
e dalla Francia da parte di First, il gruppo che gestisce la metropolitana
di Parigi
A Berlino l'ultima tappa del
road show di presentazione del bando di gara internazionaleBERLINO
I trasporti del Friuli Venezia Giulia gestiti da un grande operatore
europeo, forse dalle Ferrovie tedesche (Deutsche Bahn): non è il sogno nel
cassetto del presidente della Regione, Riccardo Illy, ma un obiettivo che
dovrebbe vedere la luce già nel 2011.
Si è tenuta ieri a Berlino, infatti, l'ultima tappa del road show di
presentazione del bando di gara internazionale che servirà per scegliere il
gestore unico, al quale verrà affidato - attraverso una gara pubblica
internazionale - tutto il trasporto passeggeri della Regione dal primo
gennaio 2011 al 31 dicembre 2019.
E alla Deutsche Bahn (Db), ha spiegato l'assessore ai Trasporti, all'Energia
e alla Pianificazione territoriale della regione autonoma, Lodovico Sonego,
«sono interessati a questa gara». Ma non sono gli unici, ha sottolineato.
L'assessore ha ricordato che prima di Berlino ci sono state presentazioni a
Roma, Parigi e Londra: «Finora - ha osservato - abbiamo raccolto un grande
interesse. A Londra c'è stata una grande attenzione di Arriva e di First,
poi la società che gestisce la metropolitana di Parigi. Quindi c'è davvero
un consistente interesse».
Ma Sonego si è soffermato in particolare sulla Db: «Il valore per chi si
aggiudica la gara, ma soprattutto per la Deutsche Bahn, è quello di poter
entrare in un mercato molto importante come quello italiano, cioè uno dei
grandi mercati nazionali europei», ha commentato. E un eventuale ingresso
nel mercato italiano aiuterebbe molto la Db, che in Germania, a causa della
concorrenza, «ha gia perso il 20% del mercato regionale», ha detto
l'assessore.
La Db «non è ancora riuscita a compensare la perdita di questa quota con una
presenza almeno corrispondente nei mercati stranieri», ha aggiunto.
Sonego ha stimato il valore dei servizi prodotti in 250-270 milioni di euro
all'anno. L'assessore non ha voluto dare indicazioni sugli investimenti
necessari, ma ha detto che «non si tratta di grandi investimenti e comunque
sono investimenti a fronte dei quali noi pensiamo di garantire una
remunerazione adeguata per il gestore».
Deutsche Bahn AG (DB) sono le ferrovie tedesche entrate in funzione il 1
gennaio 1994 dall'unione delle ferrovie della Repubblica Federale Tedesca DB
(Deutsche Bundesbahn) e quelle della Repubblica Democratica Tedesca DR (Deutsche
Reichsbahn) e sono attualmente le più importanti in Europa. La sede delle DB
è a Berlino. Nonostante le promesse di privatizzazione fino al 2006 le
azioni della holding sono tuttora sotto il controllo dello Stato Federale.
Come è noto, con la riforma attuata dalla Regione Fvg le attuali quattro
aziende di trasporti su gomma e una per i trasporti su rotaia verranno
sostituite da un gestore unico, totalmente integrato, che si occupera anche
del trasporto marittimo. Si tratta di un volume di traffico di circa 46,5
milioni di km percorsi ogni anno per un totale di circa 108 milioni di
passeggeri all'anno.
Con l'assegnazione di questa gara a un gestore unico, ha detto Sonego, i
gestori locali - che oggi danno lavoro a 2.300 persone (inclusa Trenitalia)
«spariscono». Il gestore unico, ha spiegato l'assessore, «ha dei grandi
vantaggi perchè anzitutto consente di avere una gara con dimensioni un pò
più significative e questo dovrebbe consentirci di avere anche qualche
elemento di maggiore efficienza». Tuttavia, ha proseguito, «il grosso motivo
di interesse è rappresentato dal fatto che il gestore unico, proprio perchè
è uno solo, consente l'integrazione dei modi di trasporto».
Il bando di gara verrà pubblicato a fine marzo e rimarrà aperto 5-6 mesi.
«Noi siamo stati i precursori nel 2000 perchè siamo stati la prima regione
in assoluto in Italia che ha fatto le gare per la scelta dei quattro gestori
attuali». Quindi, ha concluso, il Friuli Venezia Giulia «è stata la regione
che ha inaugurato la stagione delle gare e adesso siamo nuovamente su una
posizione di frontiera perchè non solo confermiamo le gare ma facciamo la
gara unica totalmente integrata». |
Il Wwf chiede di vedere i
piani di raddoppio della centrale di Krsko - Timori nel Friuli Venezia
Giulia |
TRIESTE - Preoccupazione viene
espressa dal Wwf dopo la notizia che il Governo sloveno intende raddoppiare
la centrale nucleare di Krsko distante 130 chilometri in linea d'aria da
Trieste. Il commissario regionale del Wwf Vinicio Collavino ha scritto ai
ministri sloveni dell'Economia e dell'Ambiente per esprimere preoccupazione
per possibili incidenti con rilascio di sostanze radioattive nell'atmosfera,
che coinvolgerebbero anche il territorio e gli abitanti delle regioni
confinanti, tra cui il Friuli Venezia Giulia.
Da qui la richiesta che piani
e programmi del governo sloveno, nei quali sia incluso il raddoppio della
centrale nucleare, oltre all'eventuale progetto del nuovo reattore «vengano
messi a disposizione - opportunamente tradotti - degli enti competenti e
della cittadinanza italiani, affinchè possano esprimere le proprie
osservazioni. Così come prescrivono, peraltro, le direttive europee sulla
valutazione ambientale strategica e la valutazione di impatto ambientale».
«Auspichiamo - continua Collavino - che questi elaborati analizzino e
valutino in modo adeguato anche alternative disponibili, per un
approvvigionamento energetico compatibile con l'ambiente e la salute
pubblica. Esistono infatti altre soluzioni di gran lunga più sicure e con
minori impatti ambientali, quali le fonti rinnovabili e, soprattutto, il
risparmio e l'uso razionale dell'energia».
Sull'annunciato raddoppio della centrale di Krsko, il Wwf ha inviato una
nota anche al ministro dell'Ambiente italiano, chiedendogli di attivarsi
perchè sia garantito il diritto di enti e cittadini italiani di partecipare
alla discussione dei programmi energetici sloveni. Analoga nota è stata
inviata al presidente della Regione Friuli Venia Giulia e al presidente
dell'Anci regionale, affinchè anche gli enti locali siano opportunamente
sensibilizzati sull'argomento. «Speriamo - conclude Collavino - che
l'atteggiamento dell'Italia sul problema sia improntato a lungimiranza, cosa
che non si può certo dire sia avvenuta in occasione della visita del nostro
ministro degli Esteri a Lubiana lo scorso anno, quando D'Alema propose uno
«scambio»: coinvolgimento della Slovenia nei progetti dei rigassificatori
previsti a Trieste e nel Golfo, in cambio della partecipazione dell'Enel al
raddoppio della centrale di Krsko». |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 22 gennaio 2008
Test a Servola bloccati,
medici senza istruzioni - L’Azienda ospedaliera conferma la
disponibilità delle strutture a sottoporre alle prove chi lo vorrà |
|
Il direttore
generale Rotelli: «Vareremo entro due o tre giorni le indicazioni da
seguire» |
Arrivano dai
residenti dell’area vicina allo stabilimento le prime richieste di analisi
mirate ad accertare la presenza di benzoapirene o di metalli nel sangue
Ai medici di base della zona di
Servola e Valmaura arrivano le prime richieste di analisi del sangue da
parte dei cittadini che abitano vicino alla Ferriera. Si vuole verificare la
presenza più o meno cospicua di benzoapirene e altri metalli (cromo, nichel,
cadmio, piombo, zinco, ferro, rame, mercurio, ferro e manganese), ma gli
stessi dottori non sanno ancora come muoversi. I residenti vogliono sapere
se e quanto l’inquinamento prodotto dallo stabilimento li stia avvelenando.
Dovranno però attendere per avere delle risposte.
Le indicazioni per la compilazione delle prescrizioni, infatti, non sono
ancora arrivate, ma l’Azienda sanitaria provvederà a breve. Ad affermarlo è
il direttore generale Franco Rotelli in persona: «Ci serve ancora un momento
per valutare - spiega - e capire quale dovrà essere l’atteggiamento corretto
da tenere. Stiamo preparando una serie di indicazioni che possano essere il
più chiare possibile. Appena le avremo in mano in via definitiva, e credo
che ciò avverrà nel giro di due o tre giorni, informeremo immediatamente la
cittadinanza».
Dal canto suo l’Azienda ospedaliera, per voce del direttore sanitario Luca
Lattuada, conferma la disponibilità delle strutture a sottoporre i
richiedenti agli esami. Una posizione già espressa qualche giorno fa, in
risposta alla petizione presentata a metà dicembre e sottoscritta da 110
residenti della zona di Servola e dintorni all’Azienda sanitaria.
Basta ci sia l’impegnativa del medico di base, dunque. Peccato però che ai
vari studi non sia stata recapitata alcuna informazione in merito. «Fino a
questo momento non ci è giunta nessuna comunicazione dall’Azienda - racconta
la dottoressa Lucia Orlando Zon, il cui studio si trova in via di Servola 34
-, ma devo anche ammettere che personalmente i pazienti non mi hanno
sottoposto richieste in merito». L’atteso boom, in effetti, non si è
verificato. Almeno ieri, ma la situazione potrebbe cambiare già nelle
prossime ore. «Gli esami legati alla questione Ferriera? Fin qui nessuno mi
ha domandato l’impegnativa. In ogni caso, attendo una circolare, qualche
indicazione di carattere ufficiale», conferma Massimo Lovisato, altro medico
che condivide l’ambulatorio di via di Servola 34 con la collega.
Qualche servolano si è comunque presentato nel proprio studio di
riferimento, ponendo la fatidica domanda. Di file, però, non se ne sono
viste. «Siccome la richiesta mi è stata fatta ho contattato gli ospedali per
avere qualche notizia in merito», afferma Walter Zennaro, che riceve sempre
in via di Servola ma al numero civico 80: «Mi piacerebbe avere delle
comunicazioni ufficiali su tutto: come devono essere fatti questi esami, per
esempio». Identica la posizione di Mario Balestra, medico che esercita in
via Valmaura 15: «Qualcuno mi ha chiesto di potersi sottoporre a queste
analisi. Però, tecnicamente dobbiamo ricevere delle spiegazioni».
In centro città, non si è verificata alcuna corsa all’esame neanche nei
laboratori privati specializzati (come quelli siti in via Gallina o viale XX
Settembre), strutture che garantiscono risposte in tempi più brevi.
Matteo
Unterweger |
FERRIERA - Gli abitanti
vogliono sicurezze |
|
«Non ho ancora chiesto al mio
medico di base di sottopormi agli esami, ma lo farò presto. E con me, verrà
pure mio figlio». A parlare è Loredana Pasco, una delle persone che hanno
firmato la petizione presentata dai servolani all’Azienda sanitaria. «Da
mesi vado avanti con un’allergia agli occhi che devo curare con il cortisone
- continua -. Il mio medico ha detto che al 99 per cento questo problema
dipende dalla Ferriera. Non sono l’unica a soffrirne in zona».
Un altro firmatario, Rinaldo Matossich, attende indicazioni: «Prima di
presentarmi dal medico per l’impegnativa, attendo che vengano diffuse
informazioni precise in merito». Sulla stessa linea, Maria Rosa Viccari:
«Sto aspettando di sapere come devo comportarmi».
Maurizio Zimarelli aggiunge poi: «Certo, ho intenzione di sottopormi agli
esami, non appena giungeranno disposizioni chiare».
ma. un. |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 21 gennaio 2008
«Rigassificatore, l’iter
avanza» - Verifica di Scoccimarro (An) al ministero dell’Ambiente |
|
«L’iter per il rigassificatore
nel nostro golfo continua a spron battuto al ministero dell’Ambiente fra il
silenzio assordante della giunta regionale Illy e il gran rumore mediatico
dell’emergenza rifiuti». Lo afferma il consigliere provinciale di An Fabio
Scoccimarro, ex presidente di palazzo Galatti, che spiega di aver fatto una
verifica presso gli uffici ministeriali. «Non appartengo al club del "no se
pol" e neppure a quello del "no se devi", al contrario auspico uno sviluppo
del territorio anche in un'ottica industriale, ma compatibile con
l'ambiente» ha proseguito il capogruppo della Cdl.
Scoccimarro ha inoltre insistito sul fatto che «il golfo di Trieste, tanto
bello quanto piccolo, non si può permettere un rigassificatore che, per
stessa ammissione dei proponenti, produrrebbe inquinamento, oltre che grandi
utili per le società del settore. Al contrario , vantaggi modestissimi per
l'economia delle famiglie (si ipotizzano 20 euro annui per l'energia) e
ritorno occupazionale di qualche decina di addetti (tanti quanti prevede di
assumere nella sua nuova concessionaria il vicepresidente della Triestina)».
Scoccimarro rileva che gli altri componenti della direzione nazionale
dell’Unione delle Province italiane sono stupiti «dalla modesta protesta e
dell'umile presa di posizione degli ambientalisti della domenica». |
Servola: sì ai test, ma non
danno certezze -
C’è chi contesta gli esami ritenendo impossibile stabilire
l’origine di metalli nel sangue |
|
Dopo l’ok ai controlli da parte
dell’Azienda ospedaliera già oggi i medici di famiglia potrebbero firmare le
prime impegnative
I medici di base potrebbero
compilare già questa mattina le prime impegnative che consentiranno ai residenti
di Servola, decisi a «smascherare» la pericolosità della Ferriera, di sottoporsi
alle analisi del sangue per accertare eventuali tracce di benzoapirene e metalli
come cromo, nichel, cadmio, mercurio e manganese. In tanti, specie tra i più
anziani, sono pronti a sobbarcarsi anche lunghe file negli ambulatori pur di
sottoporsi agli esami e capire quindi se i disturbi di cui soffrono da tempo
sono, come loro credono, attribuibili alla presenza dello stabilimento. Ma c’è
anche chi contesta la validità dell’operazione, ricordando l’impossibilità di
stabilire con certezza l’origine delle concentrazioni di metalli del sangue,
perché «chi ci dice che dipendono dalla vicinanza alla Ferriera e non, per
esempio, dallo smog o da altri fattori di rischio?».
«Il benzoapirene - osserva Angelo Sfregola, da dodici anni residente a Servola -
si trova anche nel tubo di scarico delle automobili. Un benzinaio, quindi, ne
respira sicuramente più di un abitante di questo rione. Per non parlare poi dei
metalli pesanti. Lei sa che ne esistono tracce per esempio nei vaccini
somministrati ai bambini? Ecco perché trovo limitativi questi esami. Se anche mi
sottoponessi alle analisi e mi venisse trovato piombo nel sangue, non avrei
alcuna certezza che derivi dalla presenza della Ferriera. Pensi - conclude - che
a un mio collega è stata riscontrata un’intossicazione da mercurio, ma abitava a
Roiano e con lo stabilimento siderurgico non aveva proprio niente a che fare».
«Ci possono essere tanti fattori alla base delle alterazioni nel sangue -
aggiunge un avventore del centrale caffè De Marchi -. Per stabilire con certezza
le responsabilità delle Ferriera bisognerebbe fare gli esami a chi abita in zone
in cui si suppone non esista inquinamento e poi confrontarli con quelli eseguiti
sulla popolazione di Servola. Tutti noi, infatti, aspiriamo tanti e diversi tipi
di esalazioni. Io, quindi, non ci penso proprio a sottopormi alle analisi e
credo che molti, tra quelli che lo faranno, si siano lasciati travolgere da una
specie di psicosi».
Contraria ai controlli anche la titolare di uno dei piccoli negozi di via di
Servola. «Abito in questo rione da 48 anni e convivo da sempre con la Ferriera -
spiega la donna -. Non farò le analisi semplicemente perché non penso siano
necessarie. Posso dirle comunque che moltissime persone intendono aderire
all’iniziativa. Gli anziani, soprattutto, sono come ”impazziti” all’idea di
sottoporsi a questi controlli, mentre ai giovani non interessa quasi per nulla».
Tra le file di chi pensa di approfittare subito dell’opportunità offerta
dall’Azienda ospedaliera, tuttavia, ci sono anche quarantenni. È il caso di
Alessandro Ardetti, 42 anni di cui 36 trascorsi nel rione. «Da tempo soffro di
tosse, difficoltà respiratorie e forti problemi agli occhi. E penso proprio che
sia tutto riconducibile all’inquinamento prodotto dalla Ferriera. Anche mio
padre accusa disturbi importanti e da dieci anni vive attaccato alla bombola
dell’ossigeno. Negli anni di veleno ne abbiamo respirato tanto, è ora che ci
dicano quali conseguenze abbiamo avuto. Per questo credo che gli esami debbano
essere completamente gratuiti. Già il fatto che ci chiedano di pagare il ticket
è ingiusto e mi sa tanto di presa in giro. Se comunque la cifra da pagare sarà
accettabile, andrò di certo a fare le analisi».
Sulla stessa linea Gaetano Longo, genovese d’origine ma ormai servolano
d’adozione. «Ho 62 anni e vivo qui da 30 - chiarisce -. Soffro di cuore e di
problemi respiratori, nel ’99 ho dovuto operarmi alla tiroide e di recente mi è
stato trovato un polipo nel naso. E se mi fossi ammalato proprio a causa della
Ferriera? Adesso, con questi nuovi controlli, avremo forse la possibilità di
scoprirlo. Ne parlerò subito con il mio dottore, quindi, e mi regolerò di
conseguenza». «L’iniziativa è sicuramente positiva - conclude la cliente di uno
dei negozi di alimentari del centro -. Credo che ci sarà la corsa agli esami da
parte di vecchi e bambini. Io stessa sono interessata e ho già chiesto consiglio
al medico. Così capirò una volta per tutte se devo ”ringraziare” la Ferriera,
oltre che per lo sporco in casa, anche per i miei malanni fisici».
Maddalena Rebecca
Miramare punta alla tutela
dell’intero golfo -
La Riserva: balneazione e nautica sostenibili su tutto il
lungomare |
|
Nuovi
progetti da parte dei vertici della struttura appena inserita tra le aree
protette di interesse mediterraneo |
Sostegno dal
ministero e dalla Provincia, che pensa a iniziative in cui sia coinvolto
anche il territorio carsico |
La Riserva marina di Miramare ha
ottenuto nei giorni scorsi uno dei riconoscimenti più ambiti, giacché i
governi dei 21 Paesi del Mediterraneo riuniti ad Almeria l’hanno
classificata tra le zone riconosciute come «ecosistemi specifici del
Mediterraneo nonché habitat di specie in pericolo di particolare interesse
scientifico, culturale, educativo ed estetico». E ora la Riserva marina di
Miramare punta ora alla salvaguardia di tutto il Golfo di Trieste. Questo
non significa estendere le regole proprie dell'area marina protetta, ma
procedere - dove è possibile - con una maggiore sensibilità ambientale
nell'utilizzo della costa. In particolare il direttore Maurizio Spoto pensa
a un modello di gestione del territorio che potrebbe essere preso come
esempio anche da altre città italiane.
Questo però può avvenire solo con l'aiuto delle autorità locali e dei
cittadini. I vertici della Riserva puntano in alto e parlano di balneazione
e nautica da diporto sostenibili anche sul lungomare cittadino; citano
inoltre la salvaguardia di specie rare come il marangone dal ciuffo, uccello
dalla dimensioni di un gabbiano, presente con una trentina di esemplari sul
nostro territorio.
«Un progetto di questo tipo - spiega Spoto - potrebbe essere più facile da
realizzare ora che la Riserva è entrata a far parte delle zone protette di
interesse Mediterraneo. La decisione presa nei giorni scorsi dai
rappresentanti dei governi dei 21 Paesi del Mediterraneo, riuniti in Almeria
per il quindicesimo incontro dei membri della Convenzione per la protezione
dell'ambiente marino e delle zone costiere del Mediterraneo, ci riempie
d'orgoglio. Questo significa che la Riserva non solo ha saputo distinguersi
per le grandi valenze biologiche, ma anche per la gestione dell'area».
A questo proposito, a snocciolare alcuni dati è il biologo della struttura
Carlo Franzosini. «Basta guardare le cifre del 2006 - afferma - per rendersi
conto dell'importanza di questa realtà per tutto il territorio provinciale:
settemila visitatori del mondo della scuola e 1200 subacquei. Anche questo
ha giocato a nostro favore nel lungo iter per l'ottenimento dello status di
area protetta. Ora - prosegue Franzosini - continueremo in questa direzione
e speriamo di farlo anche con il supporto degli enti locali».
I sostegni finanziari più sostanziosi vengono dal ministero del’Ambiente e
dalla Provincia, delegata dalla Regione attraverso la legge 24 del 2006. «La
collaborazione - spiega il vicepresidente di palazzo Galatti Walter Godina -
ha già portato i primi frutti, soprattutto per quanto concerne l'offerta
scolastica. Ora puntiamo alla realizzazione di iniziative a più ampio
respiro che coinvolgano assieme alla Riserva non solo il vicino Castello di
Miramare, ma anche il Carso. In quest'ottica la Provincia ha promosso per il
30 marzo la passeggiata denominata ”Il Carso Mediterraneo, tra roccia e
mare”, che prevede un percorso naturalistico molto ampio. Dal prossimo anno
l'offerta potrebbe includere anche la Riserva».
La prima area marina protetta di Trieste era nata nel 1973 e veniva gestita
interamente dal Wwf. Nel 1986, quando fu istituito il ministero
dell'Ambiente, venne recepita la legge del ministero dei Trasporti e della
Navigazione, che individuava aree importanti per la conservazione del mare.
Tra queste aree c'era quella di Trieste: la zona di Miramare e quella di
Ustica, uniche in Italia, vennero denominate per prime Riserve marine
(sempre sotto la gestione del Wwf).
Soltanto nell'87 i fondi ministeriali permisero a questa realtà di aprirsi
alla cittadinanza con un'offerta destinata ai giovani denominata «Scuola
Ambiente».
Silvia Stern |
Provincia e rifiuti |
|
Desidero ringraziare la signora
Giorgia Visintin, perché rivolgendosi direttamente a me per avere
chiarimenti sulla raccolta differenziata dei rifiuti, mi offre la
possibilità di fare chiarezza su una questione che mi sta molto a cuore. In
merito all’attuale sistema di raccolta effettuata a Trieste, l’Acegas-Aps,
da noi interpellata, afferma che il recupero dei rifiuti differenziati
avviene regolarmente e al momento si attesta a circa il 20% del totale. Non
deve ingannare il fatto – secondo la multiutility – che a effettuare la
raccolta di carta e altri materiali siano gli stessi camion che svolgono il
normale servizio di asporto. I mezzi opportunamente lavati e puliti dai
residui una volta alla settimana si dedicano esclusivamente ai materiali da
recuperare. Voglio rassicurare poi la mia elettrice – tale infatti si
definisce – sui compiti assegnati alla Provincia di Trieste in questo
settore. Dopo i ritardi accumulati in passato dall’ente, questa giunta
provinciale ha approvato nel luglio scorso il piano di attuazione per la
raccolta differenziata. Abbiamo fornito ai Comuni, attraverso questo
documento, le linee guida per avviare la programmazione degli interventi. E
coerentemente alle disposizioni comunitarie, abbiamo fissato alcune priorità
che puntano a ridurre la quantità di rifiuti non differenziati ad aumentare
il recupero degli stessi sia per quanto riguarda i cittadini che le aziende.
Abbiamo anche previsto l’applicazione di un sistema di incentivi e
disincentivi economici a favore dei sistemi di raccolta differenziata che
saranno scelti dalle amministrazioni comunali. Il nostro obiettivo è stato
quello di spingere i Comuni ad adottare la Tia (tariffa igiene ambientale)
sostituendola alla Tarsu (tassa sui rifiuti solidi urbani). È questo
passaggio infatti, che permetterà, a nostro avviso, di ridurre i costi a
carico del cittadino pari al 25-30% in meno dell’attuale tassa e promuoverà
in via definitiva un processo capillare di raccolta differenziata. Alcuni
comuni della provincia hanno aderito con entusiasmo al piano e hanno già
concluso la prima fase di progettazione della nuova politica di raccolta.
Altri, sono in leggero ritardo, ma comunque sono al lavoro e confido che
presto presenteranno i loro progetti. Mi rivolgo alla signora Giorgia e con
lei a tutti i cittadini: non vi è trascuratezza né negligenza nel nostro
operato. Con tutti gli assessori ho iniziato subito a lavorare per colmare i
ritardi ereditati dalla precedente amministrazione, nella convinzione che
una corretta gestione dei rifiuti non sia solo un problema di sostenibilità
igienico-ambientale, ma una dimostrazione pratica di etica e di stile di
vita nei consumi.
Maria Teresa Bassa Poropat - presidente della Provincia di Trieste |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 20 gennaio 2008
Legambiente: no a due nuovi
inceneritori in regione - «L’emergenza rifiuti si combatte con la
raccolta differenziata. Trieste in coda, bene Gorizia» |
|
RIFIUTI: la situazione nelle 4 provincie |
Dopo la
proposta dell’assessore Moretton gli ecologisti ribattono: privilegiare il
consumo di acqua dal rubinetto e l’acquisto di prodotti con imballaggi
piccoli
UDINE C’è troppo poca raccolta
differenziata in Friuli Venezia Giulia. E c’è troppa voglia di inceneritori
nella giunta Illy. Legambiente convoca i giornalisti nella sede di Udine,
parla di «emergenza annunciata» e attacca l’assessore Gianfranco Moretton,
“reo” di aver prospettato l’opportunità di due termovalorizzatori, uno da
costruire nella provincia di Pordenone, l’altro a Udine. «Proposta
fantasiosa e inutile», sostengono Michele Tonzar, Michele Bernard e Marino
Visintini, che chiedono a Moretton di avviare un tavolo con le Province, le
parti sociali e le associazioni ambientaliste per poi procedere
all’aggiornamento del Piano regionale di gestione rifiuti.
ADEGUARE TRIESTE L’inceneritore di Trieste, afferma Legambiente Fvg, «è più
che sufficiente. Se in regione si applicassero le migliori pratiche per la
raccolta differenziata, quanto rimane potrebbe essere incenerito a Trieste,
previo adeguamento delle linee 1 e 2 al potere calorifico del rifiuto
trattato, operazione più rapida e meno costosa della costruzione di un nuovo
inceneritore» spiega Bernard.
MODELLO TREVISO «No ai termovalorizzatori e a troppe discariche» insiste
Tonzar. «Sì alla differenziata e alla raccolta porta a porta: basterebbe
copiare il “modello Treviso”, provincia al 66% di raccolta differenziata,
aggiunge citando pure comuni medio grandi (Novara, Verbania, Asti) che
superano il 60% di Rd, ben oltre il 47% di Pordenone e il 45% di Gorizia,
quasi quattro volte meglio del “ridicolo” 17% di Trieste». «E’ necessario –
rileva Bernard – che il piano regionale di gestione dei rifiuti urbani venga
adeguato alle direttive previste dal Testo Unico sull’Ambiente e integrate
dalla Finanziaria 2007 per aumentare le percentuali di raccolta Rd: 45%
entro il 2008, 50% entro il 2009, 60% entro il 2011, 65% entro il 2012. Per
essere incisivo, il provvedimento deve anche prevedere incentivi fiscali per
i Comuni virtuosi ed ecotasse per le Province che non rispettano i minimi».
LE PROPOSTE Tra le proposte di Legambiente anche quella di privilegiare il
consumo di acqua di rubinetto e l’acquisto di oggetti con imballaggi non
ingombranti. E ancora gli accordi con la grande distribuzione (in Piemonte
si distribuisce il detersivo alla spina) e la modalità porta a porta «che
responsabilizza i cittadini e garantisce i migliori risultati anche dal
punto di vista della qualità del rifiuto differenziato. Necessario poi
applicare la tariffa puntuale, che consente due risultati immediati:
incentivare la differenziazione spinta e premiare i cittadini che producono
meno rifiuti».
BENE GORIZIA Il quadro provincia per provincia, eccezion fatta per Gorizia
dove la differenziata si avvicina nel 2007 al 50%, è a tinte fosche.
Trieste, ricorda Legambiente, “è lontanissima dal 35% di Rd, che il piano
regionale prevedeva in ossequio al Decreto Ronchi. E, anziché sostenerla, la
boicotta perché costituisce un problema per il suo inceneritore". A
Pordenone si attende il via al porta a porta "ma ci sono comunque 20 mila
tonnellate annue di rifiuto umido che si devono smaltire fuori regione, a
Este nel padovano".
MALE IN FRIULI Udine, si sa, vive la situazione peggiore. “Per le
inadempienze della Provincia”, ha affermato più volte Moretton. “Ma anche
per il tardivo monitoraggio della Regione su una Provincia comunque da zero
in condotta”, ribatte Legambiente, più volte critica sull’operato della
società Exe presieduta dal forzista Piero Mauro Zanin. “Da quasi due anni le
discariche sono in esaurimento, l'unico impianto di recupero (Rive di
Arcano) è andato distrutto, non esiste compostaggio di qualità e gli
impianti di trattamento di Udine e San Giorgio di Nogaro sono insufficienti
e superati. Solo A&T 2000, rileva Tonzar, ha deciso di introdurre (per ora
in 6 comuni friulani, 46mila abitanti) il sistema di raccolta porta a porta
integrale "ottenendo ottimi risultati.
Inoltre ha affidato in project financing a una società privata la
realizzazione di un impianto di compostaggio che però è da mesi in attesa
dell'autorizzazione da parte della Provincia”.
Marco Ballico |
Ferriera: nuovi controlli
sull’aria - Ogni giorno l’Arpa dovrà ricevere un resoconto con i dati
sull’ammoniaca |
|
Ecco tutte
le prescrizioni imposte dall’Autorizzazione integrata ambientale deliberata
dalla Regione
Entro marzo
un filtro alla cokeria, entro 6 mesi installati 8 campionatori
Aggiungere otto campionatori
dell’aria a Servola entro sei mesi. Installare entro il 31 marzo un filtro a
tessuto sull’impianto di aspirazione delle polveri nella cokeria e
raddoppiare (da uno a due) il controllo con sistema laser della qualità
dell’aria nei pressi dell’azienda. Videomonitorare le emissioni visibili
della cokeria e dell’altoforno, per il quale è fatto esplicito divieto di
usare i due impianti contemporaneamente. Raffreddare l’acqua di mare usata
prima di ributtarla in sede. Rifare il sistema di tenuta gas e polveri
dell’altoforno. Individuare urgentemente eventuali sorgenti di mercurio e
tenere sotto stretto controllo (con registri di lunga durata) tutti i
monitoraggi effettuati.
Sono solo alcune delle prescrizioni che l’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia), appena diventata legge a tutti gli effetti dopo la
definitiva approvazione da parte della Regione, impone alla Ferriera di
Servola definendo tempi, modi e «controllori» di tutti gli adempimenti
richiesti, che riguardano aria, acqua, suolo, impianti interni, strade,
depositi e stoccaggi, mare. Ma anche le tecnologie da usare, e i tipi di
trasporto, di carico e scarico, gli odori, i rumori.
Dalla relazione finale si desume anche, per riflesso, quali sono le sostanze
che un impianto siderurgico potenzialmente emette. Tutte quelle da
controllare, evidentemente. E cioé tante: Polveri sottili, ossidi di azoto,
ossidi di zolfo, idrocarburi policiclici aromatici (tra cui benzene e
benzoapirene), acido cianidrico, acido solfidrico, monossido di carbonio,
ammoniaca, arsenico, cadmio, cromo, rame, piombo, selenio, manganese,
silice.
Entro sei mesi la Ferriera dovrà installare i sistemi di monitoraggio
continuo richiesti dalla Provincia, entro due mesi introdurre procedure per
la verifica di anomalie alla cokeria (a porte, coperchi, sportelletti) e
produrre una stima delle emissioni diffuse (mensilmente per il primo anno).
Si prescrive l’adozione di un sistema di trasporto continuo (nastri
trasportatori ecc.) al posto dei camion, e il lavaggio con acqua delle
ruote; di asfaltare le strade entro il 2008; di spruzzare acqua durante il
carico/scarico merci per non sollevare polveri. Nell’altoforno entro l’anno
dovrà essere rifatto anche il sistema di tenuta per gas e polveri e creato
un impianto per la pulizia dei «siluri» (contenitori della ghisa).
Per quanto riguarda l’acqua viene imposta la creazione di pozzetti di
verifica per gli scarichi pericolosi (la Ferriera, che ricade nel Sito
inquinato nazionale, ne dovrà informare anche il ministero), il
raffreddamento dell’acqua di mare che serve a propria volta per il
raffreddamento industriale dovrà essere ottenuto entro 18 mesi e si dovrà
installare un depuratore delle acque piovane. «Almeno giornalmente» l’Arpa
dovrà ricevere un resoconto sui dati dell’ammoniaca. Entro due mesi la
Regione si aspetta dalla Lucchini un piano per la riduzione dei rifiuti e
anche il corretto uso dell’energia sarà tenuto sotto controllo.
Ai sei punti di campionamento all’interno dell’azienda dovrà essere
consentito un «accesso permanente» per i controlli mentre i registri coi
dati di monitoraggio dovranno essere conservati per sei anni, cioé per la
durata di validità dell’autorizzazione ambientale, e comunicati all’Arpa
ogni 30 giorni. Quando saranno attivate le verifiche continue Arpa e
Provincia dovranno poterne disporre con accesso remoto. Ogni 30 aprile
l’intera documentazione dovrà essere inviata a Regione e ministero affinché
sia verificata la conformità degli impianti.
Prevista anche la pulizia quotidiana della cokeria e di numerosi altri
settori produttivi mentre mensilmente dovrà essere verificata la salute del
mare prospiciente la fabbrica, dal Ph alla temperatura e alla presenza di
sostanze, le acque di falda saranno controllate da 10 piezometri a diversa
profondità, ogni sei mesi si provvederà a ricercare eventuale presenza di
sostanze pericolose, con cadenza annuale saranno da controllare i sedimenti
e l’accumulo di «veleni» nei mitili. Entro tre mesi la Ferriera dovrà anche
produrre rilievi acustici nell’area.
Dalla relazione si ricava infine una sintetica descrizione del potenziale
«di scambio» con l’ambiente: la fabbrica ha circa 104 mila metri quadrati di
superficie coperta, ha in cokeria un gasometro da 12 mila metri cubi e
nell’altoforno da 25 mila. Ci sono 16 punti di emissione autorizzati dalla
Regione, tre camini non soggetti ad autorizzazione e altri 20 camini
«scarsamente rilevanti ai fini dell’inquinamento ambientale», 8 punti di
scarico in mare. Si producono in media 18 tonnellate di vapori all’ora.
Gabriella Ziani |
FERRIERA - Circoscrizione
pronta a dialogare con l’Azienda sanitaria per i test |
|
Un supporto
«amministrativo», quale potrebbe essere l’agevolazione di un contatto
individuale o la fornitura di liste di servolani che vivono più vicini
alla Ferriera, da dare all’Azienda sanitaria o chi per essa qualora ne
facesse richiesta. È la forma di «collaborazione» cui la Settima
circoscrizione Servola-Chiarbola-Valmaura-Borgo San Sergio, per voce del
presidente Andrea Vatta, si dice pronta a fornire nell’ambito della
proposta di screening sanitario sui cittadini che abitano nei pressi
dello stabilimento siderurgico. Le analisi per accertare l’eventuale
presenza nel sangue di benzoapirene e metalli come cromo, nichel,
cadmio, mercurio e manganese, secondo le prime impressioni raccolte nel
rione, stanno infatti interessando ben più servolani rispetto a quei 110
che hanno sottoscritto la petizione consegnata all’Azienda sanitaria il
mese scorso. Un orientamento, questo, incoraggiato anche dalle parole
del direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera Luca Lattuada, il quale
ha precisato che per quelle analisi è sufficiente farsi preparare
un’impegnativa dal proprio medico. «Ben vengano - così Vatta -
iniziative come queste analisi del sangue, un metodo scientifico in
grado di certificare l’eventuale correlazione tra inquinamento e danni
alla salute. La circoscrizione, per quanto di sua competenza, è a
disposizione delle istituzioni e delle strutture sanitarie per fare da
tramite con i cittadini».
pi. ra. |
FERRIERA - Lupieri: gli esami
del sangue dovrebbero essere gratuiti e con un’altra procedura
|
|
«È giusto sottoporre gli
abitanti di Servola ad esami del sangue, dovrebbero essere gratuiti, pagati
dal servizio sanitario, perché si tratta di una popolazione a rischio, ma i
cittadini che ora vanno spontaneamente a chiederle non otterranno alcun
risultato valido». Lo afferma Sergio Lupieri, medico e vicepresidente della
commissione regionale sanità, a commento dell’autonoma iniziativa di un
gruppo di abitanti del quartiere che si è rivolta all’Azienda ospedaliera
per avere rassicurazione sul fatto che «è possibile ottenere analisi sulla
presenza di metalli nel sangue».
Aggiunge Lupieri: «Perché siano attendibili e significativi è necessaria una
procedura appropriata sotto la regia del Dipartimento di prevenzione
dell’Azienda sanitaria, con un protocollo scientifico, mettendo
ripetutamente a confronto un campione di residenti con cittadini di aree non
inquinate, e tenendo conto delle abitudini o meno al fumo, del regime
alimentare, dei farmaci assunti, delle patologie in atto o familiari:
altrimenti il risultato è equivalente a quello di una glicemia eseguita al
pomeriggio, e non al mattino essendo digiuni dalla mezzanotte, per
determinare una diagnosi di diabete». Cioé falsato.
Con ciò Lupieri scoraggia le iniziative dei singoli ma invita la Sanità
pubblica a dare subito avvio ad analisi appropriate: «È dal 1982 che non si
fanno studi clinici su Servola - conclude -, e quell’anno Medicina del
lavoro certificò che le bronchiti nel quartiere erano tre volte superiori
che a Chiadino esplicitamente a causa di inquinamento industriale».
g.z. |
Ezit: alle Noghere niente
diossina, pochissimi metalli e idrocarburi - I risultati dei test sui 450
mila metri quadri di proprietà dell’ente |
|
Nel sottosuolo dei 450 mila
metri quadri di proprietà Ezit alle Noghere non c’è diossina, la cui
presenza era invece temuta per il fatto che negli anni ’80 si scaricavano in
quell’area le ceneri dell’inceneritore. Il dato, che renderà più rapidi e
meno costosi gli interventi di bonifica, emerge dalle analisi delle 230
caratterizzazioni, effettuate per conto dell’Ezit da un’azienda
specializzata, che hanno raggiunto profondità variabili fra 6 e i 10 metri.
«La situazione è molto migliore del previsto – commenta il presidente dell’Ezit,
Mauro Azzarita – anche per quanto riguarda i metalli. Solo in pochissimi
punti si è sopra i livelli di legge. Il piombo supera i limiti solo in tre
campioni su 230, il rame totale in due e lo zinco solamente in uno».
Da questi dati, che riguardano i terreni (mancano ancora i risultati
relativi ai campionamenti della falda acquifera), risulta poi che gli
idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), fra cui il benzo(a)pirene, superano
i limiti in una ventina delle 230 caratterizzazioni.
L’attenzione di enti locali, associazioni di categoria e imprese è intanto
focalizzata sul testo dell’accordo di programma sul Sito inquinato, che la
giunta regionale ha varato prima delle festività e per il quale l’assessore
regionale all’Ambiente Moretton ha annunciato un primo stanziamento del Cipe
di 50 milioni (parte dei 120 previsti complessivamente dall’accordo).
Il testo approvato dalla Regione è ora all’esame delle altre parti
interessate: i Comuni di Trieste e Muggia, la Provincia, l’Autorità portuale
e naturalmente l’Ezit.
Nei giorni scorsi la giunta comunale di Trieste ha approvato la delibera
sull’accordo di programma. «Gli aspetti positivi del documento, fra cui gli
stanziamenti – spiega l’assessore allo Sviluppo economico Paolo Rovis –
prevalgono rispetto ad alcune criticità che verranno esplicitate in un
ordine del giorno della maggioranza, che verrà votato in aula assieme alla
delibera nel giro di una ventina di giorni».
Il via libera della giunta comunale è stato preceduto da non poche analisi e
discussioni. «Anche se l’accordo non è pienamente soddisfaciente – commenta
Rovis – è prevalsa la considerazione che, se non venisse attuato, la
situazione del sito inquinato rimarrebbe immutata per anni. A favore
dell’intesa c’è poi il fatto che sarà un comitato di enti locali ad avere la
regia dell’intera operazione».
Anche la Provincia e il Comune di Muggia stanno esaminando il documento
varato dalla giunta regionale. «Sono molto contento – osserva il sindaco di
Muggia, Nesaldek – che anche il Comune di Trieste, dopo un’iniziale
titubanza, porti avanti il documento, la cui approvazione, per quanto ci
riguarda, è poco più di una formalità e avverà in tempi brevi».
Al momento, le date in cui l’accordo verrà portato all’esame del consiglio
provinciale e di quello comunale di Muggia devono ancora essere fissate.
L’ultimo ente ad approvarlo sarà comunque l’Ezit, che attende prima il via
libera di tutti gli altri.
«Una volta che l’accordo sarà stato firmato anche dal ministero – annuncia
Azzarita – proseguiremo a lavorare, andando più veloci di prima. Ce la
metteremo tutta per effettuare le caratterizzazioni di tutto il comprensorio
Ezit nel Sito nazionale entro l’anno».
I risultati delle caratterizzazioni alle Noghere permettono intanto di
andare avanti con le procedure per il nuovo mercato ortofrutticolo
all’ingrosso. Il contratto preliminare fra Comune ed Ezit per i 60 mila
metri quadri (al prezzo calmierato di 18,08 euro al metro quadro), destinati
al mercato, è stato firmato il 31 dicembre. «Adesso daremo al Comune –
spiega Azzarita – i risultati delle caratterizzazioni, e spero che si possa
giungere alla firma del contrattto definitivo entro la fine di marzo».
Giuseppe Palladini
|
Rifiuti ed educazione dei
cittadini - Per risolvere l’emergenza bisogna praticare la raccolta
differenziata |
|
Da cittadino italiano non posso
che vergognarmi della situazione rifiuti a Napoli e in Campania; non è solo
per quest’ultimo bubbone scoppiato in maniera plateale che Napoli e
provincia stanno compromettendo l’immagine dell’intera penisola, favorendo
così ampio spazio ai media stranieri, che ci sguazzano dentro, quando, come
in questo caso, il nostro Paese è alla ribalta internazionale.
Se vogliamo creare dei responsabili, è chiaro che gli amministratori locali
e non siano messi alla gogna per il fatto che non hanno saputo, come in
questo caso, sviluppare siti speciali e costruire adeguati inceneritori per
i rifiuti dei loro cittadini come è stato fatto in gran parte del Paese.
Ma secondo il mio modesto parere, la responsabilità più grave, ahimé, celata
dai media, è dei cittadini di quella regione perché sappiamo bene che un
inceneritore funziona solo se i cittadini usano civilmente la raccolta
differenziata dei loro rifiuti. Come è possibile che un inceneritore
funzioni a regime, quando in quella regione la raccolta differenziata è
applicata dai cittadini locali solo al 4 o 5 per cento? Mentre nel resto
d’Italia tale raccolta raggiunge il 40% e in alcune regioni (Emilia,
Toscana, Lombardia) il 50%. Dunque di chi sono le responsabilità di ciò che
avviene a Napoli? Per la ricerca dei siti da utilizzare, perché non vengono
responsabilizzati gli stessi cittadini? Ci saranno luoghi adatti a tale
scopo; non credo che la Campania sia tutta un parco verde dove non poter
creare delle discariche.
Sentendo le lamentele lacrimevoli dei cittadini campani in tv, sembra che
loro in questo caso non c’entrino affatto, sentendosi solo vittime di certe
inadempienze altrui.
Cosa si dovrebbe dire di altre gravi inadempienze in certe regioni del
Mezzogiorno, come per esempio l’uso del casco in moto, l’abbandono della
scuola da parte dei bambini, costruirsi bolli e certificati assicurativi
falsi, occupare case illecitamente, pagamento del canone tv eccetera, cose
queste che in quelle regioni sono inosservate dai cittadini per l’80%?
I cittadini di quelle meravigliose terre dovrebbero farsi giornalmente
diversi mea culpa, riconoscendosi in gran parte colpevoli delle loro
peculiarità civili, economiche e sociali, e non aspettare sempre che la
manna dal cielo risolva i loro problemi.
Franco Biagini |
IL PICCOLO -
SABATO, 19 gennaio 2008
Muggia, meno rifiuti per
abbattere i costi - Il sindaco Nesladek ribadisce la volontà di
consorziarsi con la Slovenia |
|
vedi foto |
Il punto
durante i lavori di un convegno promosso in collaborazione con Legambiente.
Si punta al 70% di raccolta differenziata
Da settembre
a dicembre riduzione del 12-13%: il risparmio è di circa 10mila euro
MUGGIA Il Comune di Muggia ha
già ridotto del 13 per cento la quantità di rifiuti conferiti
all’inceneritore e punta a raggiungere il 70 per cento di raccolta
differenziata, considerato un traguardo «non utopistico» nel breve-medio
periodo.
Ne ha parlato ieri il sindaco muggesano Nesladek, nel corso dei lavori di un
convegno incentrato proprio sui rifiuti e la raccolta differenziata,
organizzato dall’associazione ecologista Legambiente, Sezioni di Trieste e
Muggia, e dallo stesso Comune rivierasco. Nel suo intervento di apertura, il
primo cittadino di Muggia ha ribadito l’intenzione, già espressa nei giorni
scorsi, di dare vita ad un consorzio transfrontaliero per il trattamento dei
rifiuti organici (che ora, se differenziati, sono trasportati, con i
relativi costi, fino a Moraro nell’Isontino), di cui si parlerà settimana
prossima in Provincia, ed ha sottolineato. «La buona gestione dei rifiuti è
un compito fondamentale per un’amministrazione moderna, che ha a cuore la
salute ma anche le tasche dei cittadini. Noi abbiamo già cominciato, con una
nuova gestione della raccolta, che è stato frutto di una gara limpida e ben
gestita – così Nesladek -: la manovra comporterà una riduzione di oltre un
milione di euro di spesa in quel comparto nei prossimi anni e l’ambizioso
traguardo del 70 per cento di raccolta differenziata, che non consideriamo
un’utopia. Già da settembre a dicembre abbiamo ridotto i rifiuti destinati
all’inceneritore del 12-13 per cento, con una minore spesa di una decina di
migliaia di euro». Potrebbe venire ipotizzata una riduzione della relativa
tassa.
Ma quale tipo di raccolta differenziata è necessario porre in atto per
tutelare l’ambiente e al contempo ridurre i costi per i contribuenti?
L’esempio è stato dato Paolo Conte, responsabile Servizio utenze Consorzio
Priula, che gestisce l'intero ciclo dei rifiuti urbani (con il sistema di
raccolta «porta a porta») di 23 comuni della provincia di Treviso.
Un sistema che ha permesso il raggiungimento di un'elevata percentuale di
raccolta differenziata (media del 77 per cento nei 23 comuni nel 2006) e una
riduzione dei rifiuti. E proprio la raccolta porta a porta è stata indicata,
dai convenuti, come il metodo più efficace per aumentare la raccolta
differenziata. Tra gli interventi di rappresentanti di Legambiente, Michele
Tonzar ha riassunto il suo discorso con due domande: «Ha senso pagare per
incenerire o è meglio riciclare e magari guadagnarci? E ha senso bruciare
acqua, come ora si fa incenerendo i rifiuti organici?».
E ha citato proprio l’esempio triestino: «Nonostante l’inceneritore sorga
proprio nella città stessa, a Trieste si paga una Tarsu che è tra le più
alte d’Italia. Ed è dimostrato che ovunque ci sia un inceneritore nelle
vicinanze, la raccolta differenziata non riesce a decollare. E Trieste non
fa eccezione, non riuscendo a superare il 17 per cento, laddove il Piano
regionale del settore prevedeva almeno il 35 per cento».
Legambiente, come rilevato negli interventi, sostiene una riduzione dei
rifiuti alla fonte (ad esempio spronando all’uso dei dispenser nei
supermercati al posto dei flaconi di detersivi o liquidi in generale),
adottando la differenziazione con la raccolta porta a porta, riciclando o
trattando la maggiore percentuale possibile di rifiuti, smaltendone, come
ultima opzione, solo una piccola parte.
s. re. |
Legambiente: «No ai nuovi
inceneritori» - Emergenza rifiuti, bocciata la proposta della giunta
di due termovalorizzatori a Udine e Pordenone |
|
TRIESTE «L’assessore Gianfranco
Moretton vuole due termovalorizzatori? E noi pensiamo che non ne serva
nessuno». Michele Bernard, responsabile del gruppo rifiuti di Legambiente
regionale, ribatte all’assessore all’Ambiente sul tema caldo, quello dello
smaltimento delle immondizie. Lo fa alla vigilia di una conferenza stampa,
oggi a Udine, in cui, oltre all’analisi della situazione nelle quattro
province del Friuli Venezia Giulia, emergeranno le proposte
dell’associazione. Legambiente, presenti anche Marino Visentini e Michele
Tonzar, contesterà le conclusioni di Moretton: l’emergenza rifiuti (che tra
un anno potrebbe esplodere in regione) si risolve investendo in tecnologia e
dotando il territorio di due termovalorizzatori. Uno da costruire nella
provincia di Pordenone, l’altro a Udine. «Non è così: l’inceneritore di
Trieste è più che sufficiente» ribatte Bernard. In estrema difficoltà si
trova oggi soprattutto la provincia di Udine, con molte discariche sature e
varie pratiche ferme a Palazzo Belgrado. Non a caso il presidente della
Regione Riccardo Illy auspica che il commissario avvii a soluzione i
problemi dello smaltimento: «Spero che riesca a impostare la soluzione dei
problemi che negli ultimi otto anni l'amministrazione provinciale di Udine
non è riuscita a risolvere», ha detto Illy, incontrando gli amministratori
locali, ieri a Lestizza. Quella Lestizza che, ha sottolineato il sindaco
Amleto Tosone, «da 40 anni attua la raccolta differenziata e non ha mai
utilizzato i cassonetti». Nel Medio Friuli c’è infatti questa realtà,
quattromila abitanti, mai un centesimo speso per i cassonetti e la raccolta
differenziata come cultura. «Siamo contadini – osserva Tosone – e i
contadini non buttano mai nulla». Da queste parti per decenni l'«umido» è
stato raccolto nella concimaia; la carta e il cartone sono stati ritirati,
casa per casa, da persone che poi li riutilizzavano o li rivendevano; e il
ferro, insieme a rame e metalli, faceva la stessa fine. Oggi lo spirito è lo
stesso: nelle case ci sono i «composter» che trasformano i rifiuti umidi in
concime; carta, cartoni e vetro sono raccolti dal Comune, casa per casa, e i
rifiuti ingombranti finiscono nelle piazzole ecologiche.
m.b. |
Servolani in fila per l’esame
del sangue - Dopo il via libera dell’Azienda ospedaliera ai controlli
per gli abitanti della zona preoccupati per i fumi della Ferriera
|
|
La prima
tornata riguarderà 110 persone ma molti vogliono aggregarsi |
Boom di
richieste: la gente del rione teme conseguenze negative per la propria
salute
Dalla prossima settimana, negli
studi dei medici di famiglia attivi tra Servola, Chiarbola e Valmaura, si
profila un boom di richieste di analisi del sangue. Nelle vie a ridosso
della Ferriera sta montando infatti il desiderio di chiedere al proprio
dottore l’impegnativa per un esame simile a quello disposto sul campione di
operai dello stabilimento. Perché qui non sono in ballo colesterolo o
glicemia, bensì parametri di benzoapirene e metalli come cromo, nichel,
cadmio, mercurio e manganese. Che certifichino l’eventuale responsabilità
della Ferriera nell’«avvelenare» la gente. La corsa ai test è incoraggiata
dalle recenti parole del direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera, Luca
Lattuada. Destinatari 110 abitanti della zona, sottoscrittori di una
petizione consegnata un mese fa al Dipartimento di prevenzione dell’Ass di
via Sai, che chiedevano di essere «controllati» come i dipendenti della
fabbrica. «Dovranno presentarsi con l’impegnativa del medico di famiglia»,
aveva detto Lattuada.
E l’impressione è che ora - proprio alla luce di queste parole - l’esame
interessi a molti di più. Anche a chi quella petizione non l’aveva firmata.
Perché in fondo - sostengono i servolani - «basta andare dal dottore e farsi
fare una carta». «Ne parlerò con gli altri che vivono da queste parti e
probabilmente lo farò anch’io», conferma Lucio Gruber, che abita in via
Pitacco, davanti alla Ferriera che sputa «nuvole» scure in una giornata
grigia, di bassa pressione e scirocco come quella di ieri. Gruber ha 74
anni. Negli ultimi dieci, da pensionato, ha conosciuto la vera convivenza
con lo stabilimento più temuto dai servolani. «Prima era spesso via -
racconta - perché navigavo. Ho girato mezzo mondo. Stavo qui con mia mamma,
poi lei se n’è andata. Credo sia morta di vecchiaia, vai a sapere se questi
fumi possono aver inciso. Ritengo però che queste analisi siano in realtà
una scusa per tirare avanti ancora. La Ferriera devono chiuderla subito».
«Gli esami? Li faremo», precisa Elisabetta Giusti, 57 anni, guardando il
marito Edgardo Lazzara, un anno più di lei. «La nostra fortuna - spiega
l’uomo - è che siamo quasi sempre via per i nostri impegni. Al di là del
test sul nostro organismo, comunque, metterò fuori dalla finestra un
lenzuolo bianco per 3-4 mesi e dopo lo porterò ad analizzare da un chimico.
Vedremo che mi dirà. La verità è che i politici se ne fregano di noi.
L’unico che mi sembra voler lottare per quanto può è Dipiazza. I verdi,
invece, li avrei qui domani mattina se decido di tagliare una pianta in
questo giardino, mentre poco dimostrano di fare per la nostra salute». I
coniugi Lazzara vivono anche loro in via Pitacco, nell’appartamento lasciato
dai genitori di lei. «Vorremmo fare dei lavori di ristrutturazione a casa -
aggiunge Edgardo - ma aspettiamo che chiudano la Ferriera. Sennò non faremo
proprio nulla e ce ne andremo da qui».
«Nei prossimi giorni andrò dal medico per gli esami, spero non mi trovino
cose preoccupanti». Ad ammetterlo è Bruno Vascotto, 77 anni. Lui la
petizione a dicembre l’aveva firmata. «Sono dell’idea - dice - che il lavoro
si può cambiare, anche se, per carità, sappiamo quanto è difficile oggi. È
che la vita, invece, non si può proprio cambiare, è una sola. Ho quattro
by-pass e a suo tempo mi hanno trovato una fibrosi ai polmoni. Ho i polmoni
sgonfi, insomma. Dicono che una delle cause potrebbe essere l’amianto, ma io
lavoravo in Manifattura tabacchi. Non so se è colpa della Ferriera, ma non
posso neanche escluderlo». «Proprio stamattina - gli fa eco la 72enne
Rinelda Barnaba - ero dal dottore che mi ha preparato un papiro di prove del
sangue lungo così, senza che glielo chiedessi io. È giusto chiudere la
Ferriera, in un anno si possono sistemare tutti i lavoratori se c’è la
volontà di farlo». «L’idea delle analisi del sangue è interessante - così
Mario Sponza, 34 anni, da tre a Servola con moglie e figlio - ma forse
sarebbero più calzanti le lastre ai polmoni, o meglio ancora dei test
ripetuti ogni 1-2 anni per studiare il quadro sanitario nel tempo. Non sono
per la chiusura a priori della fabbrica, però bisogna provare a metterla a
norma per davvero». «Sì, sono interessata alle prove del sangue», insiste
anche Lisa Marie Buttignon. Pure lei è giovane - ha 22 anni - ed è di fresco
arrivo a Servola. «Sto con il mio fidanzato in via San Lorenzo in Selva -
racconta - e quando al mattino apro la finestra la Ferriera ce l’ho davanti.
Quando ho preso la prima influenza dopo il mio trasferimento, mi soffiavo il
naso e trovavo il fazzoletto nero. Cosa che non succedeva mica finché
abitavo a Bagnoli o in via Fabio Severo». Altri servolani, che preferiscono
rimanere anonimi, guardano con attenzione alla prospettiva di qusti test
specifici. «Meglio che non dica niente - si sfoga una donna - perché mio
figlio lavora lì dentro. Le analisi del sangue vanno bene. Qui a Servola
stanno tutti tremando. Ogni giorno, in questo rione, qualcuno ci rimette la
vita».
Piero Rauber
|
FERRIERA - Analisi del sangue
- E i medici di base attendono indicazioni |
La notizia dell’«assenso» del
direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera Luca Lattuada ai firmatari
della petizione è ancora fresca - risale in sostanza a 24 ore fa - eppure
alcuni servolani già si sono rivolti al proprio medico per l’impegnativa
degli esami che accertino l’eventuale presenza di metalli nel sangue,
riconducibili all’inquinamento prodotto dalla Ferriera. «A me non è capitato
ma ad alcuni miei colleghi già sì», conferma il dottor Maurizio Pagan, che
ha lo studio in via Valmaura 13. Il medico, però, fa presente che la
categoria è attualmente in attesa di una comunicazione da parte dell’Azienda
sanitaria che consenta agli stessi dottori di dare risposte chiare e uguali
a tutti gli assistiti interessati. «Mi aspetto - dice Pagan - che la
Medicina del lavoro valuti quali sono i marcatori che rientrano in quest’indagine,
cioé quali sono con precisione e uniformità i metalli da ricercare. Oltre a
quest’aspetto medico, ne va chiarito un altro, di natura amministrativa.
Dobbiamo essere in grado, infatti, di informare con esattezza i nostri
assistiti sulla questione dei costi dell’esame. Trattandosi ovviamente di
un’indagine su un campione di cittadini considerato ”a rischio”, c’è da
attendersi che una quota sostanziale sia direttamente di pertinenza del
sistema sanitario».
pi.ra. |
FERRIERA - Autorizzazione
ambientale Adesso è diventata legge |
|
Ha ottenuto la firma finale del
presidente Illy la delibera che concede l’Autorizzazione integrata
ambientale alla Ferriera di Servola. Diventano dunque legge tutte le
indicazioni contenute nel documento sottoscritto in sede di Conferenza dei
servizi da Regione, Provincia, Arpa e Azienda sanitaria e da cui si è
dissociato il Comune che così ha delegato alla Giunta regionale la
responsabilità deliberativa.
Nel testo si prende nota del fatto. Tra i motivi per cui il Comune ha
ritenuto non legittima la concessione non ci sono solo motivi di salute
pubblica, ma anche il mancato rispetto dell’accordo del 2003 secondo cui la
Ferriera avrebbe dovuto chiudere nel 2009. La Regione ha ritenuto quel
protocollo d’intesa non vincolante in quanto mai seguito da Accordo di
programma specifico, e comunque nella delibera si afferma che «dal punto di
vista tecnico gli interventi prescritti per l’eventuale rilascio
dell’autorizzazione, che persegue un livello elevato di protezione
dell’ambiente e la riduzione delle emissioni in aria, acqua e suolo oltre il
2009, si possono ritenere di maggiore tutela ambientale rispetto a quelli
richiesti con i protocolli d’intesa del 2003».
Si certifica poi che, essendo state inserite nel testo di accordo tutte le
prescrizioni indicate da Azienda sanitaria e Arpa (oltre che dalla
Provincia), che hanno accettato il testo finale, vengono così a cessare le
precedenti osservazioni «ostative». |
Fianona 3: l’ente elettrico
croato vuole l’alimentazione a carbone della centrale
|
Protestano
gli ambientalisti. La Regione istriana aveva dato via libera al progetto a
metano
POLA Mentre aumentano le
proteste contro la contestata fabbrica di lana di roccia della danese
Rockwool a Pedena (ora provvisoriamente chiusa proprio a causa
dell'inquinamento che lo stabilimento provocherebbe) nonché contro il
progetto di una discarica regionale nell'area turistica di Medolino,
all'orizzonte si prospetta un altro mostro ecologico. Stiamo parlando della
terza centrale termoelettrica a carbone nel pittoresco golfo di Fianona
definitivamente sacfrificato all'altare dell'industria.
Il progetto della terza centrale non è nuovo, ma finora si pensava che per
la sua alimentazione si sarebbe ricorsi al gas naturale visto che nelle
vicinanze passa il metanodotto Pola–Karlovac. Di tutt’altro avviso la Hep,
l'Ente elettroenergetico croato (l'omologo dell'Enel italiana) che invece
vuole optare per l’impiego del carbone.
La scelta del carbone secondo l’Hep è motivata innanzitutto dal fatto che la
strategia energetica europea poggia sull'impiego di combustibili alternativi
e diversificati per poter garantire al massimo la continuità negli
approvvigionamenti e delle forniture. In altre parole, nel caso di crisi di
un tipo di combustibile si deve poter fare affidamento su altri. Essendo
quelle di Fianona le uniche centrali a carbone in Croazia, questo criterio
verrebbe rispettato in pieno.
Un altro elemento che secondo la HEP va a favore del carbone è dato dal
fatto che l'Europa trae il 35% del suo fabbisogno energetico dalla
combustione del carbone mentre in Croazia tale percentuale è molto più
bassa, si aggira infatti tra il 7 e il 10%. Il gas naturale, invece, a
favore del quale si battono sia gli ambientalisti che buona parte della
popolazione istriana, viene scartato in quanto ritenuto un combustibile già
oggi insufficiente a far fronte alla domanda complessiva.
La nuova centrale a carbone che in effetti andrà a rimpiazzare la Fianona 1
inaugurata nel 1973 e nel frattempo diventata così obsoleta da essere
definita una «caffettiera inquinante», nonché ad affiancare Fianona 2
attualmente in pieno esercizio. Fianona 3 avrà una potenza di 500 megawatt.
L'inizio della costruzione è previsto l’anno prossimo e i lavori dovrebbero
durare sei anni.
A proposito di impatto ambientale, i tecnici della Hep assicurano che,
grazie alle moderne tecnologie, le emissioni di anidride carbonica saranno
nulle. Ma è certo che gli ambientalisti daranno battaglia in quanto non
credono nell’esistenza di impianti industriali puliti. C’è chi ricorda che
il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic aveva dichiarato che
la Fianona 3 si sarebbe potuta realizzare solo se alimentata a metano.
p.r. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 18 gennaio 2008
Rifiuti e raccolta
differenziata: convegno a Muggia - Iniziativa di Comune e Legambiente |
|
Si terrà oggi alle 15 alla Sala
Millo di Muggia il convegno «La società dei rifiuti. Raccolta differenziata:
esperienze, idee, proposte». Organizzato dal Comune di Muggia con i Circoli
Legambiente di Trieste e Muggia, vedrà gli interventi del sindaco Nesladek,
di Andrea Poggio, vice direttore nazionale Legambiente, Laura Brambilla (Ecosportello
Regione Lombardia), Paolo Conte (responsabile Servizio utenze Consorzio
Priula di Treviso) e Lino Santoro, Michele Tonzar e Marino Visintini di
Legambiente regionale. Le vicende campane hanno dimostrato come l'Italia sia
ancora divisa in due: un Nord con livelli degni dei migliori Paesi europei e
un Sud in gravissimo ritardo, con lo smaltimento in discarica che continua a
farla da padrone. L’emergenza va superata con interventi mirati, come il
completamento dell'impiantistica, diffondendo le raccolte differenziate,
praticando la riduzione della produzione dei rifiuti, argomenti in agenda. |
Servola, esami del sangue ai
cittadini - I firmatari di una petizione li hanno ottenuti dal direttore
sanitario dell’Azienda ospedaliera |
|
I cittadini di Servola firmatari
di una petizione per ottenere misure di controllo della propria salute hanno
ottenuto l’assenso del direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera, Luca
Lattuada, per effettuare gli esami del sangue necessari a verificare
soprattutto l’eventuale concentrazione di metalli, mercurio, cadmio e altri.
«Dovranno presentarsi - dice Lattuada - con l’impegnativa del medico di
famiglia, non sono esami propriamente usuali ma nessuno così particolare,
quelli che non possiamo effettuare direttamente li manderemo ad altri
laboratori, è cosa però che succede di norma e non ha nulla di eccezionale».
E mentre i cittadini saltano tutte le fasi di organizzazione sanitaria e
vanno direttamente all’ospedale, il Comune si misura con la seconda
Autorizzazione integrata ambientale (Aia) relativa alla Ferriera, questa
volta per la centrale di cogenerazione Elettra. Riunione tecnica oggi in
Comune per analizzare i risultati del primo summit indetto dal ministero
dell’Ambiente con gli enti locali.
Poiché i tecnici del ministero, della Provincia, e il Comune rappresentato
dall’assessore Maurizio Bucci (per la Regione c’era il dirigente
dell’assessorato all’Ambiente Pierpaolo Gubertini) hanno chiuso il lungo
incontro con una lista di 37 richieste di chiarimenti e certificazioni, «non
è escluso - dice Bucci - che in una fase successiva non si chieda un
confronto anche con i rappresentanti di Elettra Glt spa». Una società
diversa dalla Lucchini, ma la centrale si trova nel perimetro della fabbrica
siderurgica e si affaccia sullo stesso specchio di mare: qui vengono
lavorati i gas di risulta della Ferriera assieme a gas metano compresso per
la produzione di energia.
Dalle osservazioni depositate a Roma l’assessorato triestino vuol dedurre lo
stato reale della situazione anche in merito alla sicurezza: «Non è
dichiarato - elenca Bucci - come il gas compresso è trasportato e
distribuito all’interno dello stabilimento, ci sono note tecniche
insufficienti sul generatore di vapore, e soprattutto risulta assente una
dichiarazione di standard ambientale, che il ministero aveva imposto già a
suo tempo».
Manca anche una classificazione della qualità delle acque per valutare il
peso degli scarichi a mare (spurghi, vapori, acque di raffreddamento, acque
dei servizi igienici e meteoriche), seppur preventivamente trattati. Sui
rifiuti manca una descrizione del trattamento di quelli pericolosi. Sul gas
usato è assente l’indicazione della quantità di zolfo presente. Non sono
determinati piani relativi all’inquinamento acustico e agli odori, non è
aggiornato il monitoraggio sulle emissioni elettromagnetiche, né è stato
giudicato sufficiente quanto riportato circa la «torcia», il camino che a
determinate condizioni improvvisamente manda fuori alte fiammate.
Ma soprattutto al ministero è stata notata l’assenza di un piano per
l’emergenza esterna. «È stato redatto - afferma Bucci - solo quello a
protezione dei lavoratori». Il prossimo incontro, fissato fra un mese,
porterà al tavolo romano se non altro le risposte alle richieste di
chiarimento sui punti risultati lacunosi all’avvio della procedura la cui
scadenza di legge è vicina: marzo. |
Legambiente, «Piano
territoriale ostaggio delle lobby» |
|
UDINE Il Piano territoriale
regionale, per Legambiente del Friuli Venezia Giulia, «è senz'anima» e
«privo di scelte». Commentando lo strumento di pianificazione licenziato
dalla Giunta e pronto per approdare in aula, Legambiente da detto di essere
favorevole a un nuovo strumento «ma questo - ha dichiarato Moreno Baccichet,
responsabile per l'urbanistica dell' associazione - è un piano privo di
anima e frutto dell'interesse e dell'influenza politica di alcune lobby».
«Le cose positive restano in trasparenza e non si fanno scelte strategiche
sui temi importanti», ha aggiunto. |
Legge caccia, sì alla
gestione delle riserve affidate alle associazioni venatorie locali |
|
Approvati
gran parte degli articoli, anche con maggioranze trasversali. A fine gennaio
l’Ok definitivo
TRIESTE Slitta a fine mese
l’approvazione della legge sulla caccia. Non sono bastati tre giorni di
lavori e nemmeno un clima collaborativo tra gli schieramenti per raggiungere
alla votazione finale sul provvedimento. Sono comunque passate le principali
novità contenute nel testo, anche con maggioranze trasversali. Il nodo
principale era quello riguardante la costituzione dell’Associazione dei
cacciatori, organismo costituito dalle associazioni delle Riserve di caccia
che dovrà occuparsi dell’ammissione dei cacciatori alle riserve stesse,
dell’attività disciplinare e della gestione complessiva dell’attività
venatoria. Spetterà invece al Comitato faunistico regionale l’attività di
indirizzo della gestione faunistica e venatoria. Posizioni contrastanti
sull’Associazione dei cacciatori nei due schieramenti; si sono astenuti i
Cittadini per il Presidente e l’Udc mentre contro la norma hanno votato la
Lega Nord, Alleanza Nazionale e i Verdi, a favore gli altri partiti di
maggioranza e Forza Italia. «L’Associazione è uno strumento per trasferire
competenze in fatto di ammissioni, trasferimenti, gestione e attività
disciplinare» sostiene il relatore di maggioranza Igor Dolenc appoggiato dal
forzista Daniele Galasso, soddisfatto «per un buon compromesso raggiunto».
Perplesso per la creazione di «un’associazione coatta e giuridicamente
spericolata» il capogruppo dei Cittadini, Bruno Malattia e il consigliere
dei Verdi Alessandro Metz che ha ricordato come «alcune riserve di caccia
hanno già preannunciato ricorsi al Tar. C’è il rischio di creare uno
‘tsunami’ nel mondo venatorio facendo regali a qualcuno e scontentando
altri». Insoddisfatto l’esponente dei Verdi anche per quanto concerne la
mancata previsione del Corpo unico regionale di vigilanza ambientale,
competenza che rimane alle Province. Con un emendamento di Dolenc, tuttavia,
è stato istituito un coordinamento, facente capo alla struttura regionale
competente, delle attività del Corpo forestale regionale e di quelle
provinciali in materia di vigilanza venatoria e ittica. Il tutto in attesa
del riordino complessivo delle funzioni di vigilanza ambientale, previsto
entro la fine del 2009. Oltre all’istituzione del Fondo per il miglioramento
ambientale e per la copertura dei rischi, approvata già mercoledì, sono
previste novità per quanto riguarda la tassa di concessione regionale che
passa dal 50% al 60% di quella nazionale: in pratica i cacciatori dovranno
pagare quasi 101 euro all’anno (erano 117 nel testo entrato in aula)
rispetto agli 84 previsti in precedenza. Stabilite anche le sanzioni che
vanno da un minimo di 25 euro nel caso di immissione irregolare di fauna
fino ad un massimo di 2.500 euro per chi esercita la caccia senza il porto
di fucile. La legge verrà approvata nella prossima seduta del Consiglio,
prevista dal 30 gennaio al 1° febbraio.
Roberto Urizio |
Raddoppio della centrale
nucleare di Krsko fra gli obiettivi del piano energetico sloveno |
|
L’impianto
dovrebbe entrare in funzione nel 2017 per sopperire ai crescenti consumi
elettrici
LUBIANA Il ministro sloveno
dell'Economia Andrej Vizjak ha affermato che la Slovenia ha la seria
intenzione di realizzare un nuovo reattore nucleare accanto a quello di
Krsko (che dista circa 150 chilometri da Trieste) per poter soddisfare le
necessità in fatto di energia.
Quello annunciato da Lubiana è un progetto strategico di sviluppo da
realizzare entro il 2023, come deciso dal governo di Janez Jansa già
all'inizio del proprio mandato. In ogni caso il progetto dovrebbe seguire
l'individuazione della località dove costruire il deposito permanente delle
scorie radioattive provenienti da Krsko, una questione da tempo sul tappeto
e oggetto di non poche discussioni.
Il ministro Vizjak ha precisato che l’obiettivo di una seconda centrale
nucleare in Slovenia è conseguente all’aumento dei consumi di energia
elettrica, che impongono allo Slovenia di ricorrere all’importazione di
energia elettrica. Inoltre, a causa dell'usura degli impianti in servizio,
in un paio d'anni potrebbero mancare alla Slovenia 500 megawatt di corrente,
problema che può essere risolto soltanto affiancando un altro reattore
accanto a quello oggi esistente.
Il ministro ha ribadito che l'interesse primario della Slovenia è di
assicurare le capacità energetiche interne, senza ricorrere
all'importazione. In questo contesto, la costruzione di un altro reattore
sarebbe la soluzione giusta «solamente se nel frattempo non interverranno
valide proposte alternative».
In ogni caso, ha messo in evidenza Vizjak, bisogna prima individuare e
attrezzare il luogo in cui le scorie verranno depositate adottando ogni
misura di sicurezza.
L'investimento complessivo per il reattore-bis di Krsko si aggira sui due
miliardi di euro. Viene anche indicata da parte slovena la data di
realizzazione del nuovo reattore, che potrebbe essere messo in funzione nel
2017.
La prospettiva di costruzione di un secondo reattore nucleare a Krsko ha
suscitato le immediate proteste delle associazioni ambientaliste slovene.
|
L’inquinamento della Ferriera |
|
Lascia davvero perlessi che la
Regione abbia concesso l’autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera
di Servola, nonostante tutto ciò che di negativo e allarmante è emerso con
le rilevazioni e le dichiarazioni del Cigra, dell’Arpa, dell’Ass inerenti al
grave inquinamento prodotto dallo stabilimento su aria, acqua e suolo.
Ma tanto, cosa interessa a questi signori con la «S» minuscola, se noi
abitanti dobbiamo vivere con le finestre chiuse anche d’estate, se dobbiamo
lavare le nostre macchine ogni giorno e passarle col polish una volta per
settimana o peggio ancora, se ci ammaliamo forse moriamo a causa delle
emissioni inquinanti!
E non mi si dica come ha fatto qualche lettore di recente che noi abitanti
abbiamo voluto investire comperando le case nella speranza che la Ferriera
chiudesse.
La realtà è che la maggior parte degli abitanti o è nata nel quartiere o è
stata costretta ad accettare un appartamento per non continuare a vivere nei
campi profughi.
Gli altri son giovani coppie con limitate disponibilità che non possono
comperare un appartamento in zone più vivibili della città, o peggio ancora
son stati messi ad abitare nelle case Ater, come il complesso di Valmaura.
Altro che investimento!
Pertanto, siccome anche gli abitanti di Servola, Valmaura e zone limitrofe,
pagano le tasse, l’Ici, i bolli dei veicoli e ogni altro fardello, credo sia
un loro diritto poter tenere decorosamente la propria casa, la propria
automobile, costate sacrifici notevoli e respirare aria se non buona, almeno
discreta.
Certo, questi alti papaveri di Regione e Provincia avanzano come motivazione
che la concessione dell’Aia è migliorativa per tenere sotto controllo
l’impegno preso dalla proprietà ad attuare gli accorgimenti ambientali.
E mi viene in mente quando un cittadino si dimentica di fare la revisione
del proprio veicolo. Se fermato dalle Forze dell’ordine, gli viene subito
sequestrato il libretto di circolazione fintanto che esso non provvede a
regolarizzare la situazione. Non gli viene detto: circola ma entro un anno
mettiti in regola!
Perché non è stato fatto questo con la Ferriera, molto più inquinante e
pericolosa di una vettura? Perché invece di concedergli la possibilità di
proseguire l’attività in queste condizioni, non gli si è imposto di fermare
gli impianti, metterli a norma con le leggi ambientali prescritte e
dopodiché riprendere l’attività a regime di collaudo prima di concedere un
documento così importante?
Perché vengono usate misure così differenti? Forse perché lì ci sono poteri
forti in gioco, mentre il normale cittadino deve sempre pagare e subire
giusto o ingiusto che sia?
È impensabile del resto credere che in questo anno concesso alla Lucchini
verranno adeguati gli impianti. Non l’hanno mai fatto e ciò è dimostrato.
Quindi credere che lo facciano è come credere in Babbo Natale.
Nemmeno i bambini credono più in questo fantasioso personaggio, come noi non
crediamo alla proprietà dello stabilimento. Beati voi della Provincia e
della Regione che ci credete.
Ma per questo motivo non meritate più la fiducia della città che
rappresentate.
Alessandro Bergamaschi |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 17 gennaio 2008
La centrale elettrica della
Ferriera chiede l’Aia a Roma - Prima riunione al ministero |
|
Primo incontro ieri a Roma
all’Agenzia per la tutela del territorio e del mare del ministero
dell’Ambiente al fine di esaminare la procedura per il rilascio
dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) ad Elettra, la centrale di
cogenerazione collegata alla Ferriera che produce energia bruciando i fumi
di scarto dell’impianto siderurgico e che gode - nell’ambito della politica
nazionale per la produzione di energia rinnovabile - degli incentivi statali
denominati Cip 6, che avranno durata fino al 2015, e ai quali la Lucchini ha
già legato i tempi di sopravvivenza economica dello stabilimento di Servola.
Per Elettra la certificazione ambientale è di competenza del ministero, per
la Ferriera è regionale: l’Aia è stata deliberata dalla giunta regionale a
fine 2007, col «no» del Comune. E lo stesso assessore comunale Maurizio
Bucci era ieri a Roma assieme a due funzionari della Provincia e al
dirigente regionale Pierpaolo Gubertini per prendere visione del piano di
Elettra. «Il documento - dice Bucci - è risultato ampiamente carente, ne
hanno preso atto anche i funzionari del ministero, già a questo punto sono
state depositate ben 37 osservazioni e richieste di integrazione».
I punti critici? «Non si tiene conto dell’inquinamento acustico e delle
vibrazioni di cui invece i residenti si lamentano molto, e non è nemmeno
previsto un piano di emergenza ambientale». Non solo, Bucci afferma di aver
scoperto che «Elettra scarica a mare 120 megawatt termici per raffreddare
così i macchinari, c’è scritto che ’’tanto nel golfo non ci sono pesci’’,
inoltre si produce anche gas compresso, praticamente abbiamo già una sorta
di rigassificatore calcolando gli effetti negativi sul mare».
Bucci rincara: «Per avere i benefici Cip 6 bisogna riciclare almeno il 60
per cento dei fumi negativi, invece risulta che Elettra usa il 55 per cento
di gas metano, quindi si tratta - afferma l’assessore - di un business
grosso e non in linea con la legge». Il Comune ha fatto intendere che già
piega verso un parere negativo. L’azienda ha ora 30 giorni per controdedurre.
Gabriella Ziani |
Slitta il tavolo
Trieste-Venezia sui trasporti - Rinviato il faccia a faccia che dovrebbe
sancire l’accordo fra le aziende competenti |
|
Slitta frattanto l’apertura del
tavolo di collaborazione con Venezia dopo il patto firmato in grande stile
tra i sindaci Roberto Dipiazza e Massimo Cacciari la settimana scorsa
nell’aula del Consiglio comunale di Trieste. L’assessore competente da parte
veneziana, Enrico Mingardi, è stato addirittura citato tra i papabili alla
presidenza dell’Autorità portuale della città lagunare, mentre il suo
omologo triestino Maurizio Bucci ieri è stato impegnato per tutto il giorno
a Roma sulla questione della Ferriera di Servola. Di conseguenza è saltata
la data ventilata per domani dell’incontro di esordio: quello che doveva
sancire una collaborazione tra le due aziende di trasporto locali.
«Ma questo incontro si farà certamente la settimana prossima - ha ripetuto
anche ieri l’assessore Bucci - perché intendiamo fermamente accelerare i
tempi di una collaborazione a tutto campo». Il punto focale
dell’appuntamento al quale parteciperanno i due assessori e i massimi
dirigenti di Trieste Trasporti e Actv sarà il raggiungimento di un accordo
per un pacchetto congiunto di sconti su autobus urbani e vaporetti. Di
questi sconti potranno beneficiarne non soltanto i turisti che visiteranno
le due città, ma anche i triestini a Venezia e i veneziani a Trieste.
A ruota Bucci e Mingardi incontreranno i vertici di Trenitalia per tentare
di far decollare, sperabilmente già da quest’estate, il progetto più
suggestivo: l’istituzione di un charter ferroviario, cioè di un treno che
almeno una volta alla settimana (in entrambi i sensi) colleghi le due città
in meno di un’ora senza fare alcuna fermata intermedia. Il convoglio
dovrebbe poi funzionare anche in corrispondenza all’arrivo a Trieste di navi
bianche che hanno difficoltà a manovrare in laguna per trasportare poi via
treno i crocieristi a Venezia. Questo servizio è già stato sperimentato alla
fine dell’estate scorsa in occasione dell’arrivo della Queen Elizabeth 2 che
quest’anno tornerà due volte prima di venir trasformata in albergo
galleggiante.
Potrebbero subire rinvii gli incontri programmati sugli aeroporti dopo la
smentita da parte della Save di un interessamente per Ronchi e sui porti
perché il presidente di Venezia Giancarlo Zacchello è in scadenza di
mandato. Ma Bucci ha nel mirino già il prossimo obiettivo: una
collaborazione con la città di Ancona che le navi della Costa che partono da
Trieste utilizzano come secondo home port. Più imbarchi ad Ancona
significano infatti navi più grosse in partenza da Trieste.
s.m. |
Sistiana, gli ecologisti: «È
troppo costoso difendere la Baia al Tar» - Appello al presidente del
Consiglio |
|
TRIESTE «Le abbiamo provate
tutte: ora dobbiamo abbandonare la battaglia al Tar contro la
cementificazione della Baia di Sistiana. Non abbiamo i mezzi finanziari per
reggere il confronto con il Ministero dei beni culturali e con la stessa
Regione autonoma. Ci rimane l’appello al presidente del Consiglio per
tentare di difendere un territorio locale e nazionale minacciato dalla
speculazione edilizia». Così i rappresentanti locali di Wwf e Italia Nostra
si pongono di fronte a quelle che le due associazioni definiscono «pressioni
politiche», ovvero le posizioni di Regione e Comune che, «in sintonia con il
Ministro per i beni culturali Rutelli, favorirebbero la causa del progetto
di valorizzazione turistica delle società private e del Comune di Duino
Aurisina per il progetto di riconversione della Baia di Sistiana».
«Non possiamo fare in altro modo – hanno affermato in conferenza stampa
Giulia Giacomich, in rappresentanza della sede locale di Italia Nostra, e
Carlo Della Bella e Dario Predonzan per il Wwf – in presenza di un
atteggiamento nazionale e locale che osteggia la tutela del territorio. Per
quel che riguarda la Baia di Sistiana e tanti altri progetti ci troviamo a
constatare come associazioni ambientaliste e cittadini non posseggano alcun
strumento concreto per tutelare l’ambiente, se dall’altra parte c’è forte
coesione tra interessi politici e aspirazioni economiche».
Secondo il rappresentante del Wwf Predonzan, l’episodio dell’ex Cava nella
Baia di Sistiana conferma le enormi difficoltà di ottenere giustizia in
Italia per gli ambientalisti e i cittadini comuni nelle questioni che vedono
schierati in un blocco compatto gli interessi speculativi e i poteri
pubblici. «La giustizia amministrativa – è stato sottolineato da Predonzan –
può essere ormai utilizzata soltanto da chi sia piuttosto benestante». Nel
corso della conferenza stampa Wwf e Italia Nostra hanno aderito, assieme
alle associazioni ambientaliste Civita e Fai, a un appello al presidente del
Consiglio dei ministri dove si pone in evidenza l’art. 9 della Costituzione,
che elenca tra i compiti fondamentali dello Stato quello della tutela di
paesaggio e patrimonio storico artistico della Nazione.
m.l. |
Treni locali bocciati da 9
utenti su 10 - Giro di vite della Regione su ritardi e pulizia.
Previsti rimborsi per i disservizi |
|
Nel mirino
soprattutto la tratta Udine-Pordenone. Nella Carta dei servizi inserite
verifiche anche sulla cortesia del personale
TRIESTE I ritardi, il
sovraffollamento, gli annunci carenti e i controlli scarsi: sono le
manchevolezze principali che i pendolari imputano al trasporto ferroviario del
Friuli Venezia Giulia. Quelle che spiegano perché ben l’87,3% dei cittadini
bocciano le Ferrovie. La situazione attuale del trasporto pubblico regionale,
pur non essendo disastrosa per quanto riguarda gli autobus, presenta invece
diversi punti critici che interessano soprattutto i treni, come confermato dal
monitoraggio effettuato dal comitato dei pendolari del Friuli Venezia Giulia e
da un’indagine dell’Osservatorio del Nordest. Da qui il giro di vite della
Regione, che sta predisponendo la Carte dei servizi del settore, dove pulizia e
ritardi dei treni sono nel mirino. E si prevedono rimborsi del biglietto in casi
di disservizi. Un impegno che anche il prossimo gestore unico del trasporto
pubblico del Fvg, che uscirà dalla gara europea del 2011, dovrà sottoscrivere.
GLI UTENTI Il monitoraggio ha evidenziato come nel 2007, a differenza della
linea Trieste-Udine che ha ottenuto ottimi risultati, la linea Udine-Pordenone è
stata la «pecora nera» del sistema regionale. «I problemi principali sono
ritardi medi, riduzione del numero delle carrozze aperte con conseguenti
affollamenti a bordo-treno e ritardi in partenza, scarsità dei controlli e
mancati annunci. Mentre la linea Trieste-Udine ha collezionato ritardi medi
inferiori agli otto-dieci minuti, quella Udine-Pordenone ha sforato non di rado
i venti minuti. Il sondaggio dell’Osservatorio Nordest ha invece appurato che,
in Friuli Venezia Giulia, solo il 12,7% si dice «molto soddisfatto» dal
trasporto ferroviario. Il sondaggio ha misurato il gradimento di tutta una serie
di servizi: treni, trasporto locale, ma anche scuole, sanità... Ebbene, con un
17% complessivo, le Ferrovie hanno ottenuto il gradimento più basso in tutto il
Nordest. Ma in Friuli Venezia Giulia hanno sfiorato la debacle: se il 48% dei
cittadini hanno promosso la scuola pubblica, il 64% quella privata, il 45% i bus
e i tram, il 48% la sanità pubblica e addirittura il 75% quella privata, solo il
12,7% hanno «salvato» le Ferrovie.
LA REGIONE Ecco perché tagliare i ritardi e ridurre la sporcizia dei mezzi
pubblici e, in primo luogo, dei treni è ormai diventato un’imperativo per la
Regione, che intende partire proprio dalla Carta dei servizi del trasporto
pubblico. In particolare si prevede il monitoraggio di tutti i ritardi compresi
tra 5 e 15 minuti di treni, autobus e traghetti, il controllo delle pulizie,
della sicurezza, dell’inquinamento e della cortesia del personale. Non solo: la
Regione, al fine di garantirsi che il gestore rispetti la Carta, impone un
«sondaggio» tra gli utenti. E la pubblicazione dei risultati sui mezzi di
informazione entro l’aprile di ogni anno.
LA CARTA La giunta, per assicurarsi che il futuro gestore del trasporto pubblico
adotti misure a tutela degli utenti e della qualità, ha infatti approvato lo
schema-tipo di Carta dei servizi, indicando i contenuti minimi e, in
particolare, le modalità di accesso alle informazioni e di reclamo, nonché le
azioni di tutela dei diritti dei passeggeri. L’adozione della Carta si lega alla
gara pubblica per l’affidamento dei servizi di trasporto integrato il cui bando
è previsto per aprile. Tra gli adempimenti connessi vi è infatti la
predisposizione di tale Carta e la sua applicazione entro sei mesi dalla firma
del contratto.
LA QUALITÀ Uno dei capitoli più importanti riguarda la qualità: la Regione
impone al futuro gestore di riportare dati e informazioni relative al servizio,
fattori di qualità, indicatori adottati, unità di misura, livello di servizio
promesso e modalità di monitoraggio. L’affidatario dovrà rivedere annualmente
gli standard di qualità sulla base delle valutazioni pervenute da clienti e loro
associazioni, dei suggerimenti e dei reclami, nonché del confronto con i modi di
operare e con i risultati di aziende similari. Senza dimenticare gli indirizzi
della Regione.
LA RELAZIONE La Carta dei servizi prevede la predisposizione di una relazione
divisa sia per tipologia di servizio (ferroviario interregionale e regionale,
autotranviario urbano, automobilistico extraurbano, marittimo, servizi
flessibili) sia per area territoriale urbana (Gorizia, Pordenone, Trieste,
Udine, Gemona, Grado, Lignano, Monfalcone) e provinciale.
Elena Orsi
Treni - Il monitoraggio verrà
diffuso una volta l’anno |
La Carta prevede l’attivazione
di sistemi di monitoraggio tra i clienti sui fattori di qualità del
servizio. E l’obbligo di diffondere entro il 30 aprile di ogni anno, anche
sui mezzi di informazione, i risultati di tali monitoraggio con le
giustificazioni per le eventuali discordanze tra obiettivi e risultati,
nonché con i livelli di esercizio promessi per l’anno successivo. Si
partirà, il primo anno, con parametro ”zero”. Per gli anni successivi i
valori degli standard andranno incrementati o mantenuti, se saranno già di
livello soddisfacente per la Regione e l’utenza. |
MERCOLEDI', 16 gennaio 2008 - AMBIENTALISTA TRIESTINO
CONDANNATO PERCHE’ DENUNCIA GLI INQUINAMENTI ITALIANI IN SLOVENIA E CROAZIA
Trieste, 11 gennaio 2007. - Il segretario degli Amici della Terra - Friends
of the Earth di Trieste e consigliere nazionale degli Amici della Terra
Italia, Roberto Giurastante, è stato condannato dal Tribunale locale per avere
presentato una denuncia alle autorità italiane ed europee contro gli
inquinamenti dell’aria e del mare prodotti in Italia, Slovenia e Croazia
dall’inceneritore e dal depuratore della città. La magistratura locale ha
infatti emesso contro di lui un “decreto penale”, che in Italia consente di
accusare, indagare e condannare una persona senza nemmeno avvisarla (e senza
processo), affermando che egli non rappresenterebbe la sua stessa
associazione. Questa condanna assurda serve in realtà a negare a Giurastante
ed all’associazione ambientalista locale il diritto legale di opporsi
all’archiviazione di una denuncia che tocca interessi e responsabilità degli
influenti amministratori, politici ed organi giudiziari di Trieste che non hanno
ancora fatto cessare questi ed altri inquinamenti gravi e documentati. I
Friends of The Earth di Trieste e lo stesso Giurastante sono gli autori delle
principali indagini e denunce, anche a livello europeo, contro gli
inquinamenti industriali nella provincia di Trieste, la violazione delle norme
di sicurezza sugli impianti industriali pericolosi (Legge Seveso) e la
violazione dell’obbligo di informazione e prevenzione sul rischio nucleare
relativo al porto ed alla vicina centrale sloveno-croata di Krsko.
L’associazione locale triestina, che ha piena autonomia giuridica, ha subìto
anche pesanti attacchi dalla dirigenza nazionale politicizzata di “Amici della
Terra Italia” (Roma), che per questo motivo è ora sotto inchiesta da parte di
Friends of The Earth International.
Il Segretario di Greenaction
Transnational Paolo G. Parovel
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 16 gennaio 2008
Drossi: rifiuti gestiti dal
Fvg |
|
TRIESTE La Regione modifichi la
norma attuale che affida alle Province la pianificazione dello smaltimento
dei rifiuti, perchè tale materia non può essere trattata nell’ambito di un
bacino geografico troppo circoscritto. Lo sostiene il presidente della IV
Commissione Uberto Fortuna Drossi. Il consigliere dei Cittadini, che si
riallaccia alla recente polemica sui rifiuti della Campania, e il mancato
consenso ad accoglierne in Regione, propone di spingere sulla raccolta
differenziata, ma più nelle zone rurali che in città, puntando in quest’ultimo
caso alle tecnologie che consentono di separare i rifiuti, magari
trasformandoli in parte in combustibile per produrre energia. |
Tav, a febbraio la firma per
il tracciato - L’assessore Sonego ottimista. Ma per alcuni sindaci i dubbi
restano |
|
TRIESTE La Regione fissa la
firma dell’intesa il 4 febbraio, ma per alcune amministrazioni comunali la
parola fine è ancora lontana. Dopo l’incontro di ieri con i sindaci della
bassa friulana, l’assessore Lodovico Sonego ha fissato il traguardo del
tavolo tecnico della tav.
«Per la tratta dall'Isonzo a Muzzana (Udine) - riferisce una nota della
Regione - le opzioni fondamentali di tracciato sono condivise nella
sostanza. Per la parte da Muzzana al Fiume Tagliamento ci saranno ulteriori,
specifici approfondimenti, il 28 gennaio. Il protocollo d'intesa dedicherà
attenzione al problema delle mitigazioni ambientali, a cominciare dalla
totale insonorizzazione dell'attraversamento dell'abitato di Cervignano e
dalla previsione di cortine arboree per nascondere le infrastrutture e il
passaggio dei treni».
Ma queste rassicurazioni non bastano a tutti. Ancora contrari il Porpetto e
Villa Vicentina. «La Regione ha fatto un’ennesima accelerazione per arrivare
a chiudere in tempi rapidi un accordo senza che vi sia condivisione – dice
Mario Pischedda, sindaco di Villa –. Con la forzatura di oggi la
concertazione naufraga, speriamo ci sia ancora tempo per discutere».
Dubbi anche dal sindaco di Bagnaria Arsa, Anselmo Bertossi, che riunirà il
consiglio comunale per prendere una posizione. Cervignano, nodo critico dove
la tecnologia dovrebbe risolvere molte questioni aperte, considera il
percorso non del tutto chiuso. «Credo che sul tracciato però – dice Pietro
Paviotti – a febbraio si possa arrivare a un’intesa: potenziamento della
vecchia linea fino a Cervignano e poi affiancamento con l’autostrada. Tutti,
a partire dai tecnici, conveniamo sulla necessità di portare la linea a
quattro corsie in direzione est – ovest e a due nella direttrice nord – sud.
Ma non parliamo di Tav, parliamo di potenziamento della ferrovia».
m.mi. |
Legge caccia, il nodo delle
riserve - Finito il dibattito generale. Da oggi si vota: nel mirino la nuova
gestione |
|
TRIESTE È iniziata ieri la
discussione in Consiglio regionale sul disegno di legge in materia di
caccia. Il provvedimento ridisegna la gestione dell’attività venatoria in
Friuli Venezia Giulia, demandando all’Associazione dei cacciatori, composta
dai distretti e dalle riserve di caccia, il coordinamento e
l’organizzazione. Ma proprio questo rimane il principale nodo da sciogliere
nel corso dei lavori d’aula. Il ddl prevede l’istituzione di un fondo per il
miglioramento ambientale e la copertura dei rischi, attivato per la
copertura dei danni provocati dagli animali selvatici e per il finanziamento
di iniziative promosse dalle Riserve per la salvaguardia e l'incremento
della fauna selvatica. Previsto inoltre l’aumento della tassa per la
concessione regionale che passa dal 50% al 70% di quella nazionale: i
cacciatori dovranno dunque pagare 117 euro, 23 in più rispetto alla
normativa attualmente vigente. Ieri si è esaurito il dibattito generale,
oggi inizia l’esame dell’articolato che si chiuderà domani con
l’approvazione della legge. |
Emergenza rifiuti, la Ue
annuncia le sanzioni - Napoli sommersa da settantamila tonnellate di
immondizie. Le scuole restano chiuse |
|
I treni
carichi partono per la Germania, ma resta il caos. Continuano gli incendi:
decine di interventi dei vigili del fuoco
NAPOLI Sono ormai oltre 70 mila
le tonnellate di rifiuti che sommergono Napoli e tutta la sua provincia. I
cumuli raccolti ogni giorno sono caricati sui treni per la Germania, ma non
basta a stroncare l’emergenza.
In città si attende ormai da giorni l’apertura di un provvidenziale sito di
stoccaggio. E al vaglio ora c’è anche l’area dell’ex Manifattura Tabacchi,
nella periferia orientale. Proprio ieri intanto il Consiglio comunale di
Napoli ha detto sì all’apertura di una discarica nel capoluogo.
Continuano gli incendi: la scorsa notte sono stati 60 gli interventi dei
vigili del fuoco, la maggior parte nella periferia di Napoli e nell’area
flegrea e vesuviana. E monta la protesta. Ieri in città si contavano
numerosi blocchi stradali. Ad Agnano è rimasto chiuso in entrata e in uscita
lo svincolo della tangenziale, a causa di un sit-in che dura da giorni.
Situazione ancora calda a Pianura dove I residenti sollecitano la pulizia
del quartiere. E proteste dall’altra parte della città, a corso
Secondigliano, dove alcuni vicoli sono stati invasi dai sacchetti
rovesciati, con forti disagi per la circolazione. Critica anche la
situazione in quasi tutte scuole, fino a ieri disertate da circa centomila
studenti.
Un dato che secondo il direttore regionale scolastico Bottino è destinato a
dimezzarsi oggi. «Ora le proteste sembrano notevolmente ridotte - ha
avvertito Bottino e quindi, anche se in modo paradossale, il numero degli
studenti assenti dalle scuole si è ridotto ad oltre cinquantamila».
A Torre Annunziata, Comune di 50 mila abitanti sommerso da oltre 1.500
tonnellate di rifiuti e con le scuole sono chiuse, il sindaco si è detto
disposto a spalare personalmente i rifiuti per strada, purchè si faccia
presto.
Intanto si apprendono le prime mosse sull’operato del supercommissario De
Gennaro. Il genio militare dell’esercito inizierà oggi l’operazione di
rimozione dei rifiuti dalle strade di San Giorgio a Cremano, Quarto e
Cercola, con priorità per le zone vicine a scuole e ospedali.
Una corsa contro il tempo e contro le minacce di sanzioni che arrivano da
Bruxelles. «La commissione europea, quale guardiano del trattato, continuerà
la procedura di infrazione contro l’Italia iniziata nel giugno 2007 per aver
infranto la legislazione comunitaria» ha avvertito il commissario
all’ambiente Stavros Dimas in un passaggio del discorso che ha tenuto alla
sessione plenaria dell’Europarlamento, ieri a Strasburgo.
E ha poi aggiunto che la commissione «è pronta a procedere ulteriormente per
vie legali se le infrazioni alla legislazione comunitaria dovessero
proseguire usando tutte le misure disponibili alla luce del trattato,
compresa la possibilità di imporre multe come stabilito dall’articolo 228
del trattato stesso».
Infine, dopo il monito a evitare speculazioni sulle infiltrazioni della
malavita nella gestione dei rifiuti e a riconoscere piuttosto le
responsabilità politiche, Dimas ha invitato a far presto.
«Il piano di emergenza annunciato da Prodi l’8 gennaio è un passo ambizioso
per risolvere la crisi dei rifiuti in Campania. Ma un elemento cruciale
resta la il calendario dell’intervento, che deve essere tempestivo».
La risposta da Palazzo Chigi non si è fatta attendere: «Stiamo lavorando per
applicare il piano».
Ferruccio Fabrizio |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 15 gennaio 2008
San Dorligo, diminuirà la
tariffa rifiuti - La quantità dell’immondizia conferita è calata del
30% con il servizio a domicilio |
|
Maggiori
controlli al centro di raccolta e il sistema porta a porta contribuiscono a
fare «migrare» parte del pattume. La differenziazione non incide
Diminuisce la quantità globale
di rifiuti prodotti a San Dorligo della Valle, un dato che il Comune
interpreta come un assestamento e una riduzione dell’«apporto» da fuori zona
di competenza, e che porterà a una sicura riduzione delle tariffe computate
ai cittadini.
In base ai dati ricevuti dal Comune, a novembre sono stati asportati 164.705
chili di rifiuti, di cui 113.08 solidi urbani e 51.625 differenziati (pari
al 31 per cento).
A dicembre invece il totale è stato di 148.105 chili, di cui 106.900 solidi
urbani e 41.205 differenziati (il 28 per cento). Nel confronto dei dati con
i mesi precedenti si denota un evidente calo della quantità globale dei
rifiuti prodotti. Da luglio 2007, quando è partito il sistema di raccolta a
domicilio e la quantità totale era di 216.480 chili, si è passati, come
detto, ai 148.105 di dicembre. Ovvero, oltre il 30 per cento in meno, anche
della media dei mesi precedenti all’avvio della differenziazione, quando si
asportavano quasi 210 tonnellate al mese.
Che cosa è successo? L’assessore Igor Tul risponde: «È comprensibile che una
parte dei rifiuti continui a essere portata fuori comune, ma non siamo
davanti a una vera “migrazione” (per pagare di meno) come ci viene
contestato. Con la raccolta porta a porta e l’eliminazione dei cassonetti
stradali, si è bloccato l’apporto dei rifiuti da fuori area, magari da chi
lavora qui ma vive altrove e, senza malizia, portava i rifiuti domestici
fino al posto di lavoro. C’è maggiore controllo al centro di raccolta, che è
utilizzabile solo da chi vive qui. E non ci sono più tutti quei rifiuti
inerti, e a volte pesanti, che venivano scaricati nei bottini in certe zone,
in alcuni casi con aggravio di lavoro o difficoltà da parte degli operatori
ecologici».
E in risposta alle frequenti critiche (anche dei giorni scorsi) del
consigliere d’opposizione Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni), Tul
puntualizza. «Non so quali calcoli - spiega l’assessore - faccia il
consigliere. La parte variabile della tariffa, per l’asporto di rifiuti non
riciclabili, era già inferiore e calerà sempre più, vista la riduzione
complessiva dei rifiuti. Immondizie in giro ci sono sempre state, purtroppo,
e non è colpa della raccolta differenziata, ma dell’inciviltà di qualcuno».
«E il fatto – conclude l’esponente della giunta comunale – che stiamo
raccogliendo assieme vetro, plastica e lattine è legato ai dettami del Piano
provinciale del settore. È poi l’impianto di conferimento a dividere le
varie sostanze per il trattamento, ovviamente diversificato, che poi segue
per il riciclaggio».
Da quest’anno nel comune di San Dorligo della Valle partirà la tariffazione
sulla base dei chili di rifiuti non differenziati che ogni nucleo familiare
dichiarerà. È ancora in fase di adeguamento, però, il sistema di rilevamento
dei dati individuali dai microchip sistemati sui cassonetti. E da una
piccola indagine a campione tra pubblici esercenti del territorio emerge
soddisfazione per il sistema di raccolta.
La titolare di un bar a Bagnoli afferma di essersi adeguata bene al nuovo
sistema. Conferma i timori su tariffe alte ma solo per sentito dire e
vorrebbe aumentare la frequenza dell’asporto, dato che ora spesso è lei
stessa a chiamare gli addetti quando ha i cassonetti pieni.
Anche il titolare di una trattoria a Dolina ha adottato a volte, ma senza
definirlo un «problema», questo sistema «a chiamata», e apprezza la
puntualità dell’asporto calendarizzato. Un albergo a Domio confessa di fare
da anni la differenziazione e non ha rilievi da fare al sistema comunale.
s. re. |
Tav, nuovo round con i
sindaci Sonego: a fine mese si decide |
|
TRIESTE Nuovo confronto oggi
pomeriggio sul tracciato della linea ad alta velocità – alta capacità. Non
quello definitivo «ma ritengo che, per come si stanno mettendo le cose,
faremo ancora dei passi avanti – dice l’assessore alla Viabilità e
Trasporti, Lodovico Sonego -. Entro fine mese il tracciato sarà
individuato». Nella riunione tenutasi prima di Natale, nove sindaci della
bassa friulana hanno presentato un documento a Sonego chiedendo di riaprire
il dibattito analizzando in profondità tutte le alternative possibili. Ma
l’assessore ha replicato di no con fermezza e, ritenendo la presa di
posizione degli amministratori dettata da ragioni politiche, ha posto un out
out. Dopo le festività non ci sono stati altri incontri tra le parti,
nemmeno informali, per cui oggi Regione e sindaci “dissidenti” dovranno
tentare di ricomporre la frattura. I punti fermi fissati dalla Regione sono
quelli di un tracciato di alta velocità alta capacità che dovrebbe correre
parallelamente all’autostrada A 4 fatta eccezione per il tratto che collega
Porpetto a Villa Vicentina. Il nodo centrale della discussione per
l’amministrazione regionale e Rfi riguarda il passaggio su Cervignano. I
comuni vorrebbero invece ripartire da zero, valutando anche il tracciato a
nord e quello a sud, lungo la linea costiera per poter arrivare alla
soluzione meno impattante per esclusione. Quest'iter richiederebbe mesi di
studio, tempo che la Regione non è disposta a perdere. |
Petizione contro il ddl sulla
caccia - Le associazioni incontrano Tesini. Oggi prima seduta del Consiglio
|
|
TRIESTE Riserve di caccia,
associazioni venatorie e ambientaliste contro la legge sulla caccia che
verrà discussa nella sessione del Consiglio regionale che inizia oggi. Ieri
una delegazione ha consegnato al presidente Alessandro Tesini una petizione
firmate da 6.551 persone per chiedere di abbandonare il disegno di legge
attualmente in discussione.
Il coordinatore dell'iniziativa, Pietro Luigi Bortoli, ha ricordato la
contrarietà degli Enti locali, del mondo venatorio, delle associazioni
agricole e ambientaliste a una legge che nella petizione viene definita
confusa, costosa per i cittadini, anche non cacciatori, fonte di contrasti e
priva di utilità per la salvaguardia della fauna selvatica, patrimonio di
tutti. La petizione chiede l'apertura di un tavolo di concertazione con
cacciatori, sindacati agricoli e organizzazioni ambientaliste e la rinuncia
all'istituzione per legge di un'associazione privata di cacciatori che
gestisca la materia. Ieri intanto si sono riuniti i capigruppo per
ridiscutere il calendario. Il nodo principale riguarda l'inserimento, nei
lavori d'aula che precederanno la fine della legislatura, delle variazioni
di bilancio che solitamente vengono discusse e approvate in giugno. Per ora
non è stata presa alcuna decisione, i capigruppo hanno però indicato
all'assessore Gianni Pecol Cominotto la necessità di conoscere gli
orientamenti della Giunta per quanto riguarda la data delle elezioni
regionali. L'esecutivo dovrà inoltre rimodulare le priorità indicate a
dicembre per fare posto alle variazioni di bilancio. «E' giusto
intensificare i lavori a fine legislatura – osserva il capogruppo diessino
Mauro Travanut – ma bisogna fare ciò che possiamo e non ciò che vorremmo
fare». |
Raccolta differenziata |
|
Vorrei chiedere alla signora
Bassa Poropat se le capita di leggere qualche volta il quotidiano locale.
Sono anni che con una frequenza preoccupante, nella pagina delle
segnalazioni, cittadini e cittadine denunciano il fatto che, davanti ai loro
occhi, i camion della raccolta rifiuti, quelli dell’indifferenziata per
intenderci, svuotano anche la campane della carta o della plastica,
chiedendone spiegazioni all’amministrazione dell’Acegas e al Sindaco in
quanto rappresentante del socio maggioritario Comune. È del 3 gennaio scorso
l’ultima lettera di denuncia di una triestina indignata, che con spirito e
responsabilità civile provvedeva alla differenziazione della propria
spazzatura, per poi vedersi «presa in giro», è un eufemismo, dalla raccolta
indistinta praticata dagli addetti. Nel giornale di ieri un’altra lettera
firmata chiedeva per l’ennesima volta che «venga chiarita la questione» da
parte del Sindaco, mentre nelle pagine di Trieste, in una bella e articolata
intervista, la Presidente della Provincia riusciva ad affermare, riguardo al
problema rifiuti non ancora affrontato dagli uffici provinciali competenti,
che «L’unico percorso ragionevole è fare la raccolta differenziata, e il
cittadino specie se calano i costi di Tarsu lo dovrà capire». Vorrei far
notare che i cittadini l’hanno ben capito e sono molti coloro che, pur
consapevoli che probabilmente tutta l’immondizia finisce nel grande fuoco
dell’inceneritore di via Errera, continuano a praticarla: per rispetto, per
coscienziosità, forse semplicemente per essere comunque esempio per i propri
figli. Vorrei far notare inoltre che la Tarsu non è assolutamente diminuita
bensì aumentatata nuovamente nel corso del 2007, e che gli unici che non
vogliono intendere sono proprio gli amministratori pubblici e, chissà
perché, gli amministratori della Multiutility triestina.
Nella primavera 2006 ho personalmente appoggiato la candidatura della
Presidentessa esprimendo la mia preferenza con il voto, per cui ripongo
ancora la fiducia e credo che verrà sicuramente approfondito l’argomento e
verranno avviate delle indagini conoscitive, evitando di conseguenza di
rilasciare ulteriori dichiarazioni frivole e fuorvianti. Sarei ben felice se
in maniera chiara e trasparente venissero smentite le mie, e non solo le
mie, osservazioni e personalmente continuerò in ogni caso a dividere –
pedissequamente? ottusamente? – la spazzatura.
Giorgia Visintin |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 14 gennaio 2008
Torna il
Consiglio con la legge sulla caccia - L’aula si riunisce da domani a giovedì
dopo la sosta natalizia. |
|
E a Tesini arrivano gli
auguri del Vaticano TRIESTE Riprendono i lavori in Consiglio regionale
dopo la pausa natalizia. Tra domani e giovedì l'aula sarà chiamata a votare
una serie di provvedimenti indicati dai capigruppo, su indicazione della
Giunta, come prioritari. Il «piatto forte» sarà la legge sulla caccia mentre
altri due saranno i provvedimenti all'ordine del giorno: la modifica sulla
disciplina delle nomine di competenza regionale in enti ed istituti pubblici
e le norme per la prevenzione delle valanghe. Due le mozioni, presentate
dall'opposizione, che saranno discusse e che riguardano temi di particolare
attualità. La prima riguarda le compartecipazioni relative alle pensioni
Inps, la seconda, che segue le polemiche dovute alla mancata audizione del
direttore generale Andrea Viero presso il Comitato per la valutazione e il
controllo, concerne la pubblicità degli incarichi e delle consulenze
affidate dall'amministrazione regionale. Oggi intanto si terrà una nuova
riunione dei capigruppo che dovranno aggiornare il calendario. In
particolare si dovrebbe trovare uno spazio per inserire le variazioni di
bilancio che, secondo quanto uscito dall'incontro tra i presidenti di
Commissione ed il presidente Alessandro Tesini, dovrebbero essere anticipate
a prima della scadenza elettorale.
E proprio al presidente Tesini, che ieri ha compiuto 55 anni, è giunto -
secondo una nota d’agenzia - un messaggio di auguri dal Vaticano. Il
presidente ha festeggiato il compleanno, assieme ad amici, colleghi, ed
esponenti del mondo produttivo friulano (tra i quali il presidente di
Confindustria Adalberto Valduga) in una villa affittata nel manzanese.
|
Gli abitanti di Bagnole
contestano l’ampliamento della discarica di Pola - Denunciata la creazione
di «una mina ecologica» a due passi dagli insediamenti turistici
|
|
POLA Nell'Istria bassa sta
scoppiando un altro scandalo ecologico a livello locale sulla scia di quello
relativo alla fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Pedena. E tra i
due casi ci sarebbe un nesso inquietante. Stiamo parlando del progetto della
discarica rifiuti regionale in località Castion, che prevede l'ampliamento
fino a sette volte dell'attuale discarica cittadina dove finiscono i rifiuti
di Pola e dintorni. La superficie della discarica verrebbe cosi portata a 36
ettari, diventando il deposito della spazzatura di tutta la regione. E
questa «mina ecologica» avrebbe collocazione a meno di un chilometro di
distanza da una delle coste più apprezzate dai turisti, là ci sono il mare,
i centri di svago, le prime abitazioni, gli orti. Questo quadro ha fatto
andare su tutte le furie gli abitanti del borgo turistico e i pescatori di
Bagnole. Nel corso di un incontro pubblico, nel quale sono volate critiche
molto pesanti nei confronti delle autorità regionali accusati di essere
arrendevoli, i presenti hanno detto di essere stati messi dinanzi al fatto
compiuto. Hanno ricordato che lo Studio di impatto ambientale del progetto è
in netto contrasto con la strategia nazionale per la gestione dei rifiuti
(lo studio sarebbe stato elaborato tenendo conto dei parametri di 15 anni
fa, nel frattempo notevolmente cambiati).
I rappresentanti dei Verdi hanno richiamato l'attenzione sulla tecnologia
per il riciclaggio dei rifiuti, prevista nel progetto. «Una tecnologia
obsoleta - hanno spiegato - secondo la quale viene riciclato solo il 12
percento delle immondizie». Nei vari interventi si è discusso
dell'inquinamento delle falde acquifere sotterranee e dei pericoli per la
salute della gente. Le preoccupazioni degli abitanti sono state così
espresse: «L’Istria è già al primo posto in Croazia per il numero di tumori
su mille abitanti grazie alle centrali termoelettriche a carbone di Fianona,
ora si vuole ulteriormente peggiorare la situazione».
Quanto al nesso con la contestata Rockwool, stando ad alcuni degli
intervenuti la nuova discarica verrebbe costruita principalmente proprio per
accogliere i rifiuti tossici della fabbrica di lana di roccia di Pedena.
p.r. |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 13 gennaio 2008
Cecotti e Gherghetta: sì ai
due termovalorizzatori |
Il Comune di
Udine e la Provincia di Gorizia d’accordo sul piano Moretton per fronteggiare
l’emergenza discariche nel Fvg. Saranno usate tecnologie all’avanguardia
UDINE Dopo il via libera di Ettore
Romoli, sindaco di Gorizia, al piano inceneritori della Regione Fvg (che prevede
l’attivazione di altri due impianti di termovalorizzazione a Pordenone e Udine)
arrivano anche le posizioni favorevoli del sindaco di Udine, Sergio Cecotti, e
del presidente della Provincia Gherghetta. Entrambi non solo pensano che le due
strutture siano necessarie, ma si augurano che vengano anzi attivate quanto
prima. «A Pordenone, a quanto mi risulta, sono già in essere le procedure per
l’attivazione della struttura – spiega il sindaco di Udine, Sergio Cecotti -
mentre, per quanto riguarda Udine, dico: si vada avanti con la pianificazione.
Ora che la Provincia è sotto commissario, quindi gestita dalla Regione, che
questa dia prova di coerenza e porti avanti la realizzazione dell’impianto».
Quindi via libera ai termovalorizzatori? «Non solo sono d’accorso, ritengo anzi
sia indispensabile muoversi in tale direzione – continua Cecotti – per non
trovarci, tra poco, anche noi nelle stesse drammatiche condizioni che vediamo
ogni giorno sul telegiornale».
E anche la Provincia di Gorizia si schiera a favore. «Concordo pienamente con la
posizione di Moretton – afferma Gherghetta – perché sono convinto che la
struttura di gestione e trattamente di rifiuti in regione dovrebbe basarsi su
due o tre impianti, dislocati due nella provincia di Udine e uno a Trieste, e
una o al massimo due discariche. E basta. Poi, certo, ci sono gli impianti per
la raccolta differenziata mentre noi, qui a Gorizia, stiamo sperimentando il
nuovo dissociatore molecolare». Ovvero, una nuova tecnologia in grado di
velocizzare lo smaltimento dei rifiuti con un impatto ambientale quasi nullo,
permettendo di trasformare i rifiuti in molecole elementari e riducendo una
tonnellata di pattume in circa cinque chili di ceneri che potrebbero poi essere
utilizzati in altri processi produttivi. Il sistema funziona già a Husavik, in
Islanda, e permette un’emissione di polveri inferiore di cento volte rispetto
agli inceneritori e, soprattutto, non si verifica l’emissione di alcuna
diossina. Il «piano Moretton» aveva poi trovato, ieri, anche l’appoggio del
sindaco di Gorizia, Ettore Romoli, che aveva lodato le argomentazioni di
Moretton sulle difficoltà del territorio, ricordando che «sarà un miracolo se la
discarica di Pecol dei Lupi durerà fino al 2009» e invitando la Regione a
prendere in mano la situazione con una certa urgenza e convocando i presidenti
delle province. Romoli ha poi anche sostenuto che sarebbe utile «rimettere in
funzione il nostro inceneritore chiuso dal 2003, adeguandolo alle normative
vigenti».
Secondo Moretton, il Fvg per essere autosufficiente in materia di rifiuti dovrà
prevedere almeno altri due termovalorizzatori oltre a quello di Trieste, con una
capacità tra le150-180.000 tonnellate.
e.o.
Scoccimarro (An): «Ferriera,
i comitati triestini e capodistriani possono unirsi per chiedere i danni» |
|
Secondo il consigliere
provinciale di An ed ex presidente della Provincia Fabio Scoccimarro, le
conseguenze per la salute delle persone e l’ambiente provocate dalla
Ferriera potrebbero determinare azioni giudiziarie con risvolti destinati ad
allargarsi nella vicina Slovenia. In una nota Scoccimarro sostiene di avere
avuto giorni fa «un colloquio con gli amministratori del Comune di
Capodistria a seguito di una richiesta pervenutagli dagli stessi vertici» di
quella città, i quali hanno acquisito «da Scoccimarro informazioni relative
al periodo in cui, da presidente della Provincia, aveva spesso assunto
iniziative in aperta contrapposizione con la dirigenza dello stabilimento
siderurgico». «In presenza di un noto avvocato sloveno», Scoccimarro ha
detto d’essere disponibile a farsi partecipe «per agevolare possibili
attività legali congiunte tra comitati di cittadini triestini e
capodistriani».
Si «potrebbe prevedere una sinergia fra gli stessi comitati e un pool legale
per avviare una pratica internazionale di risarcimento danni ai residenti».
Scoccimarro ricorda che se si fosse tenuto fede al protocollo d’intesa
firmato nel 2002, che prevedeva entro il 2009 la riconversione
dell’attività, «tra poco più di un anno sarebbe iniziata la bonifica
ambientale del sito servolano». Ma nel 2003 l’allora neoinsediata
amministrazione regionale «decise di mandare tutto all’aria, determinata a
tenere conto solo degli interessi industriali, con una Provincia servile
rispetto alle decisioni della Giunta regionale». |
Rapporto Usa: l’economia
verde vale 100 miliardi di dollari l’anno |
|
ROMA Economia mondiale sotto
minaccia e nemica di se stessa. Sono 23 i rischi attuali per le economie a
livello globale e molti non esistevano 25 anni fa. Gravi sono gli effetti
«collaterali» provocati dalla corsa alla crescita basata su modelli
convenzionali di fronte ai quali c'è «l'assoluta necessità di ripensare
obiettivi e modalità delle economie moderne». Da qui la ricetta di un
business fatto da un'economia più verde, affare che oggi vale 100 miliardi
di dollari l'anno nel mondo. Questi alcuni dei contenuti del Rapporto «State
of the world 2008» del World Watch Institute, presentato in questi giorni
negli Stati Uniti e dedicato quest'anno all'eco-economia. Numerose le
sperimentazioni definite «creative» come città a rifiuti zero, tasse
ambientali, emissioni di Co2 negoziabili, car-sharing, mercato del solare ed
eolico, microfinanza, investimenti socialmente responsabili, riconoscimento
dei diritti di proprietà della terra per le donne, leggi per il ritiro
obbligatorio dell'usato. Questi e altri esperimenti se si moltiplicassero in
tutto il mondo potrebbero costituire le basi di economie a bassi costi
ambientali e rispondenti ai bisogni della gente. |
Bruxelles preme sul governo
croato in appoggio alla fabbrica Rockwool - La società danese sollecita la
ripresa dell’attività ritenuta inquinante dai Verdi |
|
PEDENA A favore della contestata
fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool, provvisoriamente chiusa
dai vari ispettorati per violazione delle norme edilizie ed ecologiche,
scende adesso in campo nientemento che la Commissione europea invitando le
autorità croate a essere più tolleranti. Il ministero degli Esteri croato ha
ricevuto infatti una lettera della Direzione generale per l'allargamento
dell'Unione europea firmata dal suo presidente Christian Danielson nella
quale si afferma che «il blocco di uno dei maggiori investimenti economici
nel paese potrebbe avere effetti negativi sulla sicurezza giuridica dell'
investitore».
Stando a concordi valutazioni, l'invio della lettera sarebbe stato
sollecitato proprio dalla Rockwool che a questo punto sembra preoccupata per
il futuro del suo investimento pari a 75 milioni di euro. In seguito alla
missiva, il ministero croato per la Tutela dell'ambiente ha convocato una
riunione d'urgenza a porte chiuse con la direzione della Rockwool, al quale
avrebbe partecipato anche l'ambasciatore danese Berno Kjeldsen. La
conclusione raggiunta è che la fabbrica potrà riprendere la produzione
quando saranno soddisfatte le condizioni di sicurezza tecnica e ambientale.
Ossia l’adeguamento della licenza edilizia e il rispetto delle norme
ecologiche.
Intanto gli ambientalisti istro-quarnerini annunciano altre iniziative per
far chiudere e smantellare la fabbrica «a causa del devastante impatto
sull'ambiente e sulla salute della popolazione locale». Le tensioni in
Istria stanno producendo effetti negativi sul titolo Rockwool alla borsa di
Copenhagen. In 10 giorni il valore delle azioni è infatti sceso del 27,8
percento.
Dopo la tregua per le festività di Natale e Capodanno, la battaglia dei
Verdi contro l’insediamento istriano della Rockwool è dunque ripresa alla
grande. Le associazioni ambientaliste «Ekop Istra» di Pola, «Terra nostra»
di Sottopedena e «Pineta» di Albona hanno chiesto che l’azienda danese
rescinda il contratto con il comune centroistriano. Sotto accusa l'emissione
nell'atmosfera di sostanze tossiche non filtrate. È stato notato che nella
ciminiera è stata inserita una tubatura non contemplata dal progetto e non
prevista dalla licenza edilizia. La popolazione locale è ricorsa più volte
ai medici per disturbi e irritazioni delle vie respiratorie. Lamentele
simili arrivano anche dagli abitanti delle località del circondario:
Gallignana, Chersano e Ripenda. Un'altra violazione delle norme ecologiche
sarebbe rappresentato dal trasporto a Pola con autocisterne delle acque
tecnologiche tossiche della fabbrica per le quali non esisterebbe un sistema
di smaltimento adeguato.
p.r. |
I rigassificatori, affare
colossale - In Italia ben tredici progetti, favoriti da ben chiari motivi
economici |
|
Come semplice cittadino desidero
fare alcuni commenti sui progetti di rigassificatori proposti nel nostro
golfo. Lasciando per il momento stare le perplessità di ordine ambientale,
che sono comunque molto consistenti, la domanda che il cittadino si pone
riguarda l’utilità di impianti del genere. Come mai in Italia esistono 13
nuovi progetti di rigassificatori e in Germania solo uno?
A rispondere a questa domanda ci aveva pensato, un paio di mesi fa, un
programma televisivo di Raitre al cui sito desidero rimandare tutti quei
politici e giornalisti che vedono i rigassificatori come la panacea.
Attualmente nel mondo esistono circa 30 impianti del genere localizzati per
la maggior parte in paesi in cui non esistono i gasdotti quali Giappone e
Stati Uniti. Come tutti sappiamo in Italia il gas ci arriva con due gasdotti
da Russia e Algeria e per non dipendere in maniera totale da questi due
paesi uno o due nuovi impianti di rigassificazione sono giudicati necessari.
Ma come mai esistono ben 13 progetti? Il motivo è economico: orbene il
governo ha emanato un decreto in base al quale a tutte le società che
realizzano un rigassificatore lo Stato pagherà l’80% dei ricavi previsti,
sottolineo previsti. Quindi un affare colossale per le multinazionali
dell’energia, senza nessun rischio di impresa, ma con garanzia assoluta di
guadagno con o senza produzione di energia.
Non solo, ma come affermato da un esperto dell’Enea nel corso del programma,
esistendo pochi rigassificatori esistono anche pochi impianti di
gassificazione a monte in grado di rifornire i nostri impianti. Risultato
finale (probabile): spreco colossale di denaro pubblico, distruzione di
territorio per arricchire le solite multinazionali, poca disponibilità di
energia in più e pagata a carissimo prezzo dai cittadini.
Ai politici e giornalistiche ogni giorno magnificano questi l’impianti
invito a informarsi accuratamente. A dire il vero le stesse cose sono
specificate sul sito del Wwf, considerata purtroppo un’organizzazione il cui
unico scopo è di impedire il progresso.
Giulio Furlan |
Quella dei rifiuti non è
emergenza |
|
Allarmante la posizione
dell’assessore regionale Roberto Antonaz apparsa su Il Piccolo il 10 gennaio
scorso riguardo la giusta indisponibilità di contribuire allo smaltimento
dei rifiuti accumulati in Campania e specialmente Napoli. Emerge dalle
dichiarazioni e dai protagonisti locali una storicità del problema insieme a
una carenza di volontà ad affrontarlo.
Il presidente della Regione Campania Bassolino ed il sindaco di Napoli Rosa
Russo Iervolino sono politici di lunga carriera anche a livello nazionale,
eletti e rieletti dalle stesse persone nella regione afflitta da molti anni
dal problemi della raccolta e smaltimento rifiuti. L’evento non è
imprevisto. Non è irrisolvibile, non è improvviso, anzi. Non è emergenza.
Da diversi anni il problema rifiuti della Campania viene risolto con
interventi e contributi supplementari dello Stato Italiano ed il concorso
solidale di altre regioni e persino di stati esteri (Romania, Germania,
ecc.). Perché scottarsi se qualcun altro arriva a levare le castagne dal
fuoco a spese sue?
Le aspre critiche a Udine paiono strumentali. Casualmente l’amministrazione
provinciale di Udine è di coalizione diversa da quella dell’assessore
Antonaz e siamo vicini alle elezioni regionali. Udine ha avuto problemi di
rifiuti nell’ultimo anno, dovute anche a modifiche di normative sempre più
restrittive. Le soluzioni sono sempre più costose a carico dei contribuenti.
La spiegazione dell’assessore Antonaz, che conferma quella anticipata un
giorno prima dall’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton, vale
anche per la Provincia di Udine e nelle regioni Liguria, Basilicata,
Lombardia e Veneto, oppure vi sono altri motivi validi?
Infelice spiegazione del nostro assessore Antonaz a Roma a rappresentare la
regione e ”rischio Napoli” per i cittadini sempre troppo tartassati.
Clayton J. Hubbard |
IL PICCOLO -
SABATO, 12 gennaio 2008
Si disperde la chiazza di
petrolio - Macchia a sei miglia dalla costa: modesta la quantità di
inquinante contenuta |
|
Una macchia oleosa lunga circa
un chilometro e larga un paio di metri: si trova a 6 miglia dalla costa al
centro del golfo. L’hanno trovata ieri mattina i marinai della Capitaneria
di porto che dopo l’allarme petrolio lanciato dall’ornitologo Enrico Benussi
hanno pattugliato tutta l’area di mare davanti a Trieste e Monfalcone.
«Fortunatamente - ossevano alla Guardia costiera - la macchia è in
dissolvimento per questo l’unica azione possibile è quella della diliuzione».
Per questo montivo ieri le vedette della Capitaneria hanno più volte
”tagliato” la macchia per disperdere il contenuto. Si è trattato di
un’azione meccanica che ha consentito in poche ore la diluizione del
petrolio. Inutile, secondo gli esperti, usare in questo caso prodotti
chimici, schiumogeni o barriere particolari. Infatti la chiazza contiene una
modesta quantità di inquinante, quntitativamente ben al di sotto di quanto è
accaduto in altre circostanze. «Il fenomeno si sta ridimensionando, anche se
abbiamo osservato qualche uccello contaminato. In tutto una decina di
esemplari», spiega ancora Benussi.
«Abbiamo effettuato tutti i prelievi, sia della chiazza riconducibile a
petrolio che abbiamo mappato sulle carte nautiche che all’altra e presto
avremo i risultati delle analisi», hanno spiegato ieri alla Capitaneria. Lo
scopo è quello di risalire a chi ha inquinato. Si tratterebbbe di
sversamento accidentale e maldestro, o forse l’atto irresponsabile di
qualcuno che ha pensato così di eliminare idrocarburi residui o altre
sostanze simili: queste le cause più accreditate. Da escludere - secondo la
Capitaneria - che la chiazza oleosa sia stata provocata dai residui di
lavaggio della stiva di qualche nave. Il quantitativo di petrolio è troppo
poco, in quel caso infatti la chiazza inquinata sarebbe stata di dimensioni
ben più rilevanti.
c.b. |
Nuovi progetti: treno senza
fermate Trieste-Venezia - I Comuni lo chiederanno alle Ferrovie. Sono già
allo studio sconti su autobus e vaporetti |
|
Dopo la
firma dell’intesa tra le due amministrazioni dalla prossima settimana
iniziano gli incontri operativi. In agenda Autovie e multiutility
E intanto il sindaco Roberto
Dipiazza prepara già la prima missione a Zagabria, fissata per l’11
febbraio, per il patto con la capitale croata e pochi giorni dopo è previsto
l’ingresso nel municipio di TRieste del sindaco di Lubiana per un altro
forse ancora più storico accordo.
Tra i primi benefici che potranno derivare dal patto con Venezia, oltre che
per i turisti anche per i triestini, ci sono sconti per i vaporetti e un
treno charter che almeno una volta alla settimana collegherà le due città
senza fermate intermedie. È in ballo del resto anche la possibilità che gli
aliscafi che dal 24 aprile ricollegheranno Trieste con l’Istria puntino
settimanalmente su Venezia.
Già per la settimana prossima è stato fissato il primo incontro specifico,
quello tra le due agenzie di trasporto pubblico locale e cioé Trieste
trasporti e Actv, con all’ordine del giorno un pacchetto unico di sconti del
quale possano beneficiare sia i turisti che, vicendevolmente i veneziani e i
triestini i quali avrebbero così la possibilità di utilizzare i vaporetti
con biglietti a prezzo ridotto (oggi tutti i non veneziani per una tratta
anche breve pagano sei euro). A ruota e in tempi brevissimi anche
l’incontro, con la partecipazione di Bucci e dell’assessore veneziano Enrico
Mingardi, con i vertici di Trenitalia per dare periodicità fissa al
collegamento ferroviario sperimentato con successo l’estate scorsa per
portare in laguna i turisti sbarcati dalla Queen Elizabeth 2 ormeggiata alla
radice del Molo Settimo. Si tratta di istituire un charter ferroviario che
colleghi almeno una volta alla settimana Trieste a Venezia in meno di un’ora
senza alcuna sosta intermedia.
Sarà anche un servizio propedeutico al collegamento tra i due aeroporti dal
momento che sono concordi i pareri sul fatto che lo scalo di Ronchi dei
Legionari dovrà costituire la terza pista del Marco Polo. Il protocollo
d’intesa siglato parla in via preliminare di un servizio con autobus gestito
in modo integrato da Actv e Trieste Trasporti con orari coordinati con gli
arrivi e le partenze degli aerei.
Lo stesso accordo prevede che siano destinati al finanziamento del raccordo
ferroviario tra il Marco Polo e la linea Trieste-Venezia i proventi
derivanti dall’applicazione del’eurobollo ai veicoli pesanti sulla
Trieste-Venezia e la Venezia-Padova. «In attesa di completare a nostra volta
il collegamento ferroviario con l’aeroporto di Ronchi - rileva l’assessore
Bucci - chiederemo che venga ripreso il progetto dell’ex assessore Franzutti
che prevede un collegamento sopraelevato di 400 metri su tapis roulant con
realizzazione di un parcheggio sottostante».
Seguiranno gli incontri tra i due Terminal passeggeri marittimi con in ballo
la questione del dirottamento delle navi da Venezia a Trieste che è stato
definito inevitabile dallo stesso sindaco veneziano Massimo Cacciari per cui
la resistenza a cedere traffico palesata da Venezia terminal passeggeri
potrebbe affievolirsi. Tanto che Bucci può anticipare che un’importante
armatore che opera nel Mediterraneo nel 2009 lascerà Venezia per Trieste.
Gli assessori incontreranno anche il consiglio di amministrazione di Autovie
Venete per premere a favore della realizzazione della terza corsia.
Si incontreranno quindi i rappresentanti delle multiutility per metter in
comune i rispettivi know-how: Trieste è quotata nel campo dell’energia,
Venezia in quelli dell’acqua e dei rifiuti. Ancora i parchi scientifici
saranno presto a confronto: Area science park di Trieste e Vega di Venezia. |
Ferriera: incontro tra Rosato
e Dipiazza per studiare soluzioni - Fissata per il 29 gennaio su richiesta
di Metz un’audizione di politici ed esperti |
|
Un’ora e
mezzo di colloquio
Un’ora e mezzo di colloquio ieri
tra il sottosegretario agli Interni Ettore Rosato e il sindaco Roberto
Dipiazza. Molti i temi, ma uno su tutti: la Ferriera. Che cosa si sono
detti? Non lo raccontano. Si capisce però che sulla questione è cominciato
un processo di consultazioni - destinate in prossimo futuro a sfociare in
decisioni - che coinvolge ora anche il Governo, dopo che lo stesso Rosato
aveva annunciato a fine 2007 un nuovo «tavolo istituzionale» sui destini
dell’azienda siderurgica che il sindaco vuole sia portata a chiusura.
Intanto per il 29 gennaio è stata fissata, su richiesta del verde Alessandro
Metz, una audizione alla quarta commissione regionale esclusivamente sulla
Ferriera di Servola, con una lista davvero cospicua di politici,
amministratori, enti ed esperti invitati per essere ascoltati.
«L’Autorizzazione integrata ambientale è stata già deliberata a fine anno
dalla Giunta - commenta Metz -, ma la delibera non risulta ancora firmata
dal presidente Illy».
Dice Rosato con molta gentilezza e pari determinazione: «Ho parlato col
sindaco di varie cose, ma abbiamo deciso di non diffondere per ora il
contenuto di questa conversazione, era un contatto personale e privato».
Spiega Dipiazza: «Si è ragionato a 360 gradi, con quell’ottima
collaborazione che si è instaurata ormai tra Governo, Regione, Provincia e
Comune». In sostanza: un vis-à-vis per trovare «un percorso» attraverso cui
«trovare un punto di incontro sul problema».
Poiché il sindaco di nuovo, anche recentemente, ha ribadito che per la
Ferriera si devono trovare soluzioni che portino a chiusura, si potrebbe
dedurre che il percorso da studiare sia quello: «Che la fabbrica non possa
stare dove sta lo pensa ormai tutto il mondo - prosegue Dipiazza -, ma non
sto affatto dicendo che questo sia stato il senso della nostra
conversazione... Noi dobbiamo trovare insieme un percorso che dia soluzioni,
io parlo di chiusura ma sappiamo che bisogna pensare agli operai, importante
è che si stia lavorando finalmente con serietà, e forse nei prossimi mesi
saremo in grado di fare proposte al Governo».
Intanto Metz chiama in Regione proprio tutti. Dagli assessori Moretton
(Ambiente), Beltrame (Salute), Cosolini (Lavoro), Bertossi (Attività
produttive), alla Provincia e ai Comuni di Trieste, Muggia e Capodistria,
dall’Azienda sanitaria all’Arpa, al Cigra, alla Procura, senza trascurare
Autorità portuale, Capitaneria di porto, associazioni ambientaliste,
comitati di quartiere e rappresentanze sindacali, oltre Marco Boscolo,
consulente della stessa Procura e autore del piano di risanamento che ha
fatto da base per quello per l’Aia. Convocata, naturalmente, anche la
Lucchini.
g. z. |
Rifiuti, Muggia vuole
allearsi con Capodistria - In Slovenia è previsto un impianto di
compostaggio: Nesladek punta a consorziarsi |
|
I rifiuti
organici verrebbero lavorati per il riciclo all’estero mentre quelli sloveni
non trattabili finirebbero nell’inceneritore di Trieste
Il Comune di Muggia lancia
l’idea di una gestione consorziata transfrontaliera dei rifiuti con
Capodistria e i Comuni del Litorale sloveno. Intanto pensa a una vasca di
compostaggio sul territorio e all’individuazione di uno spazio per nuove
industrie che operano in campo ambientale.
Proprio in un periodo in cui in tutta Italia si parla molto d’immondizie, di
smaltimenti, di termovalorizzatori, d’impianti di compostaggio dopo la crisi
verificatasi in Campania ma collegata ad altre aree della Penisola, Muggia
guarda al di là del vecchio confine. E in termini di collaborazione con i
Comuni vicini per lo smaltimento dei rifiuti o un loro riutilizzo.
Il che, non è una novità, anche se mai realizzata. I tempi però ora
potrebbero essere cambiati e soprattutto maturi, vista anche la caduta di
sbarre e garitte. Il sindaco muggesano Nerio Nesladek spiega: «Ne abbiamo
già parlato, seppure ancora solo informalmente, con il sindaco e vicesindaco
di Capodistria, Popovic e Scheriani. Nella cittadina slovena è prevista la
nascita di un impianto di compostaggio dei rifiuti organici, che dovrebbe
servire alcuni Comuni del Litorale, in forma consorziata». «Ho già chiesto
agli esperti della Provincia – afferma Nesladek - di verificare la
fattibilità di una compartecipazione anche di Muggia e San Dorligo della
Valle (dove è già attiva la raccolta differenziata diffusa e sta per partire
quella dei rifiuti organici domestici, ndr.) e di chi altro vorrà unirsi a
noi, a questo consorzio. Lo stesso ho chiesto anche ai colleghi sloveni: ne
riparleremo a giorni. C’è già unità d’intenti in questo». L’impianto
servirebbe al trattamento dei rifiuti organici, che poi possono essere
riutilizzati per altri scopi.
In termini pratici, si produrrebbe un risparmio per i Comuni, che vedrebbero
ridursi la quantità di rifiuti da portare all’inceneritore. E in base alle
ipotesi fatte, la riduzione della quantità di rifiuti da incenerire sarebbe
compensata da un bacino di utenza più ampio, visto che anche i Comuni
sloveni porterebbero a Trieste ciò che non è trattabile. «Un tanto per
chiarire eventuali perplessità sul possibile minore carico e quindi minore
resa del termovalorizzatore triestino» precisa Nesladek. «I Comuni sloveni
oggi sarebbero trattati come dei “privati” se portassero i rifiuti
all’inceneritore triestino, quindi con tariffe più alte. Ma in caso di
consorzio, forse, avrebbero lo stesso trattamento degli Enti italiani»
aggiunge. Nesladek assicura che tutto ciò, almeno informalmente, è già stato
definito «possibile». Ma se ne deve ancora parlare in dettaglio fra i vari
soggetti. Per Muggia, l’ipotesi seguirebbe la linea abbozzata da tempo e
definita con il nuovo appalto per la raccolta dei rifiuti che si pone come
obiettivo, entro il 2012, di raggiungere una quota del 70% di raccolta
differenziata (tra cui rientra la frazione organica), riducendo così ciò che
va incenerito. L’argomento sarà trattato venerdì 18 gennaio a un incontro al
Centro Millo a Muggia promosso dai circoli di Legambiente di Trieste e
Muggia, in cui si parlerà proprio di raccolta differenziata con esperienze,
idee e proposte. Tra gli ospiti il direttore del Consorzio Priula, nel
Trevigiano, all’avanguardia nella gestione differenziata dei rifiuti.
Ma sul tema ci sono anche altre idee a Muggia. Il Comune proporrà la ricerca
di un’area in cui creare una nuova vasca di compostaggio, riservata ai
rifiuti organici cosiddetti «nobili», ovvero ramaglie ed erba. «Si potrà
così realizzare un compost di qualità, in collaborazione con chi si occupa
di agricoltura biologica e biodinamica» dice il sindaco.
Non solo. «Stiamo cercando – aggiunge Nesladek – una zona per realizzare una
piazzola ecologica più moderna. Al Comune inoltre sono giunte richieste da
alcuni imprenditori per costruire industrie non impattanti specializzate nei
settori delle energie rinnovabili e della bioedilizia. Si potrebbe cercare
quest’area in zona Ezit. Il Comune si fa parte attiva per trovare questi
spazi».
s. re. |
SAN DORLIGO DELLA VALLE -
Gombac: «La raccolta differenziata non funziona, siamo alla farsa» |
|
Indire quanto prima un
referendum sulla raccolta differenziata nel comune di San Dorligo della
Valle - Dolina per dare la parola ai cittadini. Secondo Boris Gombac,
capogruppo della Lista civica Uniti nelle tradizioni, l'iniziativa a
carattere ecologico attuata nel comune da qualche mese non solo per il
politico locale non avrebbe riscontrato grande successo nell'utenza ma
comporterebbe anche sperpero notevole di denaro pubblico.
«Non ci sono soluzioni alternative a salvaguardia della salute e dei soldi
dei concittadini - spiega il rappresentante dell'opposizione - se non di
ripensare a un diverso sistema di asporto e smaltimento dei rifiuti nel
nostro comune, con la creazione delle isole ecologiche. La farsa della
raccolta differenziata con la quale si è imposto, contro ogni logica, l'assemblamento
nello stesso bidoncino giallo, di plastica, lattine e vetro, dimostra che
alla base di tale decisione non c'è stata sensibilità per il bene comune».
«Una farsa - continua Gombac - che in questi giorni ha assunto toni da
sceneggiata napoletana con gli addetti comunali che raccolgono assieme
carta, cartone, plastica, lattine e vetro mentre gli addetti della ditta
concessionaria, girovagando per le vie delle frazioni, raccolgono la
spazzatura abbandonata in sacchetti di plastica». Per Gombac, inoltre, la
raccolta porta a porta dopo sei mesi di fase sperimentale ha fatto flop.
«Ogni levata di bidocino verde da 110 litri per la raccolta
dell'indifferenziato non costerà ai cittadini meno di tre euro, vuoto o
pieno che sia. Ma soprattutto - precisa Gombac - la giunta come giustifica
la presenza dei cassonetti da 1.100 litri non differenziati per colore nei
condomini in violazione dell'ordinanza comunale sull'uso dei bidoncini e
come verrà conteggiata ogni singola alzata?».
Silvia Stern |
«In regione servono altri 2
termovalorizzatori» - Moretton: «Rifiuti, solo Gorizia e Trieste sono Ok».
Il verde Metz: «Risposta vecchia e sbagliata» |
|
L’assessore
conferma il pericolo di una crisi per lo smaltimento già nel 2009 in Friuli
Venezia Giulia. Romoli: «Pecol dei Lupi è quasi satura»
TRIESTE Il fiume di rifiuti che
sgorga dalle case e dai capannoni, habitat naturale-artificiale dell’uomo
del terzo millenio, non risparmia il Friuli Venezia Giulia. Gli argini non
sono ancora crollati come a Napoli. Ma, a quanto dicono gli esperti, poco ci
manca. Anzi, secondo le previsioni di Gianfranco Moretton, tra un anno
soprattutto il Friuli potrebbe diventare un immondezzaio. Il problema è che
le discariche sono zeppe e sono sempre di meno. E nessuno le vuole vicino a
casa sua. E non solo perchè puzzano. E allora che fare? Secondo Moretton
serve spingere la raccolta differenziata, modificare il piano regionale di
smaltimento rifiuti, investire in tecnologia e dotare il territorio di due
mega-impianti termovalorizzatori. Uno da costruire nella provincia di
Pordenone, l’altro a Udine mentre Gorizia e Trieste sembrano essere
autosufficienti. Ma per il sindaco di Gorizia Ettore Romoli, che apprezza la
decisione di Moretton di respingere le eco-balle campane, la Regione deve
intervenire perchè l’emergenza riguarda tutto il territorio e non solo
Udine. E poi anche il vecchio inceneritore di Gorizia, rimesso in sesto,
potrebbe dare una mano. Per i Verdi invece si deve prosciugare il fiume alla
fonte, con l’abbattimento dei rifiuti mentre i termovalorizzatori sono una
proposta «antica». Ma anche il presidente Riccardo Illy annuncia di aver
affrontato il problema in giunta. «Abbiamo discusso a fondo del problema -
spiega - e ci siamo posti l’obiettivo di intervenire preventivamente. Sarà
nostra intenzione utilizzare quanto prima possibile tutti gli impianti
esistenti che possono essere ristrutturati e di spingere sulla raccolta
differenziata. Andrà perseguito inoltre il ricorso alle nuove tecnologie».
«Nell’immediato è necessario, per tamponare l’emergenza, che il commissario
della provincia di Udine autorizzi l’apertura di almeno una delle discariche
bloccate in quanto inadeguate - spiega Moretton -. Contestualmente bisogna
spingere sulla raccolta differenziata e va modificato il piano provinciale
dei rifiuti».
Ma il problema ha dimensioni più vaste e forse serve una regia della
Regione. «La competenza è del territorio ma noi faremo la nostra parte -
continua l’assessore -. Elaboremo un nuovo piano regionale dei rifiuti
perchè quello in vigore è ormai superato. Stiamo analizzando anche a livello
internazionale quali siano le tecnologie più avanzate sia per la
compressione dei rifiuti che per la realizzazione dei termovalorizzatori».
Il Friuli Venezia Giulia è privo di impianti che trasformano i rifiuti in
energia termica. E che rappresentano anche, per chi li gestisce, un notevole
ritorno economico. L’unico impianto simile, ma si tratta di un inceneritore,
è operativo a Trieste ed è gestito dall’AcegasAps.
«Nella nostra regione ne servono altri due e di dimensioni nettamente
maggiori di quello ipotizzato per il pordenonese. La capacità deve passare
dalle 98.000 tonnellate alle 150-180.000. Una struttura di uguali dimensioni
serve anche alla provincia di Udine. Gorizia e Trieste sono a posto. Per la
realizzazione si può pensare a un partenariato pubblico-privato. I
termovalorizzatori sul medio-lungo periodo danno ottimi risultati economici
per un’impresa privata».
Il costo di queste fabbriche anti-spazzatura varia dai 60 ai 100 milioni in
relazione alla capacità produttiva. Poco più di un anno è il tempo medio per
la costruzione. «È una proposta vecchia - attacca Metz -. Nei
termovalorizzatori, senza accurati controlli, finiscono anche i rifiuti
tossici. E non si contano i casi finiti nel mirino dei carabinieri. Ci sono
altre tecnologie meno impattanti utilizzate in tutto il mondo per eliminare
i rifiuti. Tutti sistemi che ovviamente fanno meno business dei
termovalorizzatori che consentono di vendere energia. E forse questo aspetto
non convince l’assessore. A proposito di business sappiamo che nella
provincia di Udine c’è quello delle discariche che ha impedito una corretta
gestione del piano. In tutta la provincia friulana la falde acquifere sono
potenzialmente inquinate. Anche sull’impatto inquinante delle discariche non
ci sono dati completi e adeguati».
Nel dibattito si inserisce anche il sindaco di Gorizia Ettore Romoli: «Ho
apprezzato la scelta della giunta Illy, e in particolare di Moretton, di non
accettare le immondizie di Napoli». Un’attestazione di stima quella del
forzista Romoli nei confronti di Moretton (Pd) che si inserisce nel filone
nazionale, di gran moda in questi giorni, «l’immondizia non ha colore
politico». «Le argomentazioni di Moretton sulle difficoltà del nostro
territorio - continua il primo cittadino del capoluogo isontino - sono state
esaustive e per questo hanno sollevato un problema grave. La nostra
discarica di Pecol dei Lupi se durerà fino al 2009 sarà un miracolo. A quel
punto non ci sarà più spazio nemmeno per le ceneri dell’impianto di Trieste.
Non è possibile non aprire nuove discariche. Alcuni rifiuti della Bassa
friulana e dell’udinese vengono già trasferiti in Unmbria e in altre
regioni. La Regione deve prendere in mano la situazione con una certa
urgenza e potrebbe convocare i presidenti delle province. La soluzione
dell’emergenza passa inevitabilmente per l’autorizzazione a nuove
discariche, a incrementare, come accade a Gorizia, la percentuale della
raccolta differenziata. Ritengo poi - conclude Romoli - che sia utile
rimettere in funzione il nostro inceneritore chiuso dal 2003, adeguandolo
alle normative vigenti».
Ciro Esposito |
Fondi regionali per un’altra
pista nel Tarvisiano - Il tracciato in progetto della Di Prampero-bis
scenderà dalla Florianca verso Cave del Predil |
|
Annuncio del governatoreTARVISIO
La Promotur sta facendo le necessarie valutazioni tecniche per la
realizzazione di una nuova pista Di Prampero bis, dal Florianca verso Cave
del Predil, ed in caso positivo la Regione Friuli Venezia Giulia è pronta a
finanziare la nuova opera che arricchirà l’offerta sciistica del tarvisiano.
Lo ha reso noto ieri a Tarvisio il presidente della Regione, Riccardo Illy,
nel corso dell'inaugurazione della nuova pista «Foresta» e della seggiovia
biposto «Hutte», nonchè della pista «Priesnig A», per il rientro degli
sciatori verso i campi Duca d'Aosta.
Gli impianti inaugurati ieri costituiscono «un altro tassello» - ha detto
Illy, intervenuto assieme agli assessori alle Attività produttive, Enrico
Bertossi, ed alla Montagna, Enzo Marsilio - del collegamento in quota tra
Florianca e Lussari (per la prossima stagione invernale), che viene ad
arricchire un programma quinquennale di investimenti per il turismo dello
sci nella montagna regionale, pari a 260 milioni di euro, e che si aggiunge
al progetto di collegamento Sella Nevea-Bovec, i cui lavori saranno
impostati nella prossima primavera.
Illy, dopo aver ricordato Peter Forer, l'operaio morto lo scorso 6 dicembre
quasi al termine dei lavori sulle nuove piste da sci, ha quindi ribadito che
agli impianti ed alle piste occorre coniugare anche nuovi investimenti
legati alla ricettività ed ai servizi al turista: Tarvisio lo sta già
facendo e questa politica sembra premiarla se, come ha reso noto il
presidente di Promotur Luca Vidoni, l'afflusso turistico nel periodo
natalizio a Tarvisio ha fatto registrare un +40%.
Nell'occasione è stato ricordato che a fine gennaio (30 e 31) Tarvisio
ospiterà due gare - discesa e supercombinata - di Coppa Europa femminile-
«Trofeo Moschitz», cui parteciperanno un centinaio di atlete, in
rappresentanza di una quindicina di Paesi. Si tratta di un’ulteriore banco
di prova per le capacità organizzative di Tarvisio che punta ad ospitare già
nel prossimo anno un’altra prova, dopo quelle dell’anno scorso, della Coppa
del mondo femminile |
La «casta» e la Ferriera |
|
Ho letto con interesse e in
gran parte condiviso la lettera a firma Mario de Luyk, intitolata «Legge sul
friulano: un ritorno al passato», pubblicata il 5 gennaio scorso. Mi
stupisce tuttavia che l’autore abbia omesso di annoverare tra i
comportamenti deprecabili dei politici e, nella fattispecie, della nostra
«casta» regionale, come egli la definisce, quell’autentica nefandezza che è
stata il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale alla Ferriera. Lo
ha fatto scientemente? Temo di sì, visto che poi tra i punti di merito della
suddetta “casta” menziona «l’attenzione reale ai problemi dell’occupazione
operaia». E la «disattenzione» reale ai problemi dell’ambiente e della
salute, davvero Sig. de Luyk, non la trova inquietante?
Lei si definisce «imprenditore e vecchio socialista». Le rivolgo allora due
domande, la prima all’imprenditore e la seconda al vecchio socialista:
1) Non ritiene che la «casta» imprenditoriale dovrebbe per prima sconfessare
questa sgangherata azienda che non ha alcun rispetto né per l’ambiente, né
per i cittadini ed ancor meno per i suoi stessi dipendenti ed opporsi a
questo trattamento privilegiato che le viene concesso a spese della
collettività?
2) È vero che un bel po’ di tempo è passato dalla grande stagione
referendaria imperniata, come credo ricorderà, oltre che sulla «giustizia
giusta» su grandi temi ambientalisti come il nucleare, la caccia e,
localmente, la centrale a carbone. Ma chi ha sentito allora questi problemi
come può rimanere indifferente oggi di fronte a questa emergenza ambientale
e sanitaria, di fronte ad una decisione presa sopra le teste e sulla pelle
dei cittadini? E tutto questo (ed altro, purtroppo) in una democrazia che
dovrebbe essere un modello da esportare? Dove sono i socialisti, i radicali,
gli ambientalisti, che si mobilitarono per quelle conquiste di civiltà? Il
Marco Pannella d’allora sarebbe sceso in piazza con la scritta «io sono
servolano».
Ai servolani non è concessa la moratoria alla pena di morte. Dico i
servolani per indicare una fetta di popolazione che è sottoposta ad un
continuo aerosol di sostanze tossiche, ma volete prendere coscienza, cari
concittadini, che amate tanto fare i bagni e mangiare il pesce e vivere
all’aria aperta, che siamo tutti sull’orlo di un disastro ambientale?
Aurora Marconi Incontrera |
IL PICCOLO -
VENERDI', 11 gennaio 2008
Chiazza di petrolio in golfo
da Grado a Muggia - Difficile definire chi ha causato l’inquinamento:
forse è stato il lavaggio della stiva di una megatanker
|
|
Imbrattati
centinaia di uccelli marini, che però riescono ancora a prendere il volo
|
Gabbiani
neri, svassi neri, strolaghe mezzane nere tra i più colpiti dalla macchia di
idrocarburi. Il geologo: «Speriamo che arrivi la bora ad allontanare la
massa oleosa» |
Centinaia di uccelli marini sono
imbrattati dal petrolio che dopo anni di assenza, ieri è stato segnalato
sulla superficie delle acque del golfo. Da Muggia, a Trieste, da Grignano a
Santa Croce e Sistiana ma anche all’isola della Cona, alla foce dell’Isonzo.
«E’ una lunga striscia oleosa» spiega l’ornitologo Enrico Benussi che ieri,
assieme agli uomini del distaccamento della Forestale di Duino, è uscito in
mare con un natante per compiere, come accade ogni anno, il censimento delle
popolazioni di uccelli marini. «Ci siamo trovati davanti a centinaia di
gabbiani anneriti dal petrolio. Nelle medesime condizioni erano anche gli
svassi e le strolaghe. In qualche modo cercavano di pulirsi e, da quanto ho
visto, riuscivano ancora ad alzarsi in volo. Da vent’anni non vedevo nel
golfo una situazione così pesante».
Gli uomini della Forestale hanno informato la Guardia Costiera
dell’inquinamento e una motovedetta è uscita in mare per prelevare alcuni
campioni dell’idrocarburo per analizzarli. Sarà una traccia utile per
individuarne l’origine. Già ieri l’ipotesi più accreditata coinvolgeva
l’equipaggio di una nave che potrebbe aver versato in mare-dopo il lavaggio-
il contenuto residuo delle sue cisterne o di qualche serbatoio. Dove sia
avvenuto questo versamento è difficile dire: il gioco delle correnti che
risalgono la costa istriana potrebbe accreditare una origine lontana sia a
livello geografico che temporale. Ieri per l’assenza totale di vento, la
superficie del golfo era immobile. Quasi uno specchio con lunghi filamenti
neri di idrocarburo.
Questi filamenti, queste strisce oleose, sono state viste dall’equipaggio
dell’imbarcazione della Forestale di Duino a circa un miglio e mezzo al
largo della linea di costa tra Grignano e Aurisina. Altro petrolio, altre
strisce oleose erano presenti nel vallone di Muggia, assieme a decine e
decine di gabbiani comuni e gabbiani reali tutti anneriti
dall’imbrattamento. Altro petrolio ha invece raggiunto la linea di costa.
«Ho visto una strolaga mezzana tutta imbrattata a pochi metri dal molo
Audace, proprio davanti a piazza dell’Unità. Cercava di pulirsi» spiega
ancora Enrico Benussi che parla di un inquinamento «non eclatante ma
sensibile ed esteso».
L’idrocarburo ha imbrattato anche la popolazione di oche dell’Isola della
Cona, la riserva naturale posta alla foce dell’Isonzo. Lì, in questo periodo
dell’anno, vivono un migliaia di esemplari che a causa dell’inquinamento
hanno il sottocoda annerito e le zampe imbrattate. Il primo allarme, le
prime allarmate segnalazioni risalgono a qualche giorno fa, quando Fabio
Perco, direttore di quella riserva naturale, aveva notato qualche decina di
oche e di anatre con il piumaggio imbrattato.
Ieri la nuova segnalazione che ha coinvolto, grazie all’avvio del censimento
delle specie di uccelli acquatici, tutto il golfo di Trieste. Dal Lazzaretto
a Duino. «Usciremo in mare tre o quattro volte alle settimana per almeno un
altro mese» ha affermato in serata Enrico Benussi. «Vigileremo sugli
condizioni delle centinaia di uccelli imbrattati. Per il momento riescono a
volare anche perché lo strato oleoso non è particolarmente denso. Le
condizioni meterologiche non sono favorevoli ad un allontamento delle masse
oleose. Se però dovesse iniziare a soffiare la bora, potremmo sperare in una
rapida riduzione dell’allarme...»
Claudio Ernè |
Agenzia internazionale per
l’ambiente con sede a Trieste - Firmata la convenzione
Provincia-Ministero: «Asia» parte con due milioni e mezzo di euro |
|
Due milioni e mezzo di euro in
entrata a Trieste, per i nuovi programmi di formazione ambientale «made in
Italy». E’ questo il budget previsto per il primo anno di attività
dell’Agenzia per lo sviluppo internazionale dell’ambiente «Asia» creata
l’anno scorso a Trieste per fungere da terminale italiano con l'Unesco, nel
quadro delle nuove collaborazioni tra l’Italia e le Nazioni Unite sulla
tutela dell’ambiente. L’annuncio è stato fatto dalla Provincia di Trieste
che ha firmato ieri un’apposita convenzione triennale con il Ministero per
l'Ambiente. Il documento conferma inoltre Trieste come sede del nascente
programma mondiale sotto l’egida dell’Unesco per la formazione di tecnici ed
operatori dei paesi in via di sviluppo (l'Istituto per una Partnership a
favore dello Sviluppo Ambientale Iped). Il futuro istituto, proposto
dall’Italia qualche anno fa e approvato dall'Unesco, prenderà il posto
dell’«Asia» e avrà come finalità la realizzazione di corsi di formazione in
materia ambientale e di sviluppo, indirizzate ai decisori politici, ai
tecnici e agli esperti dei paesi in via di sviluppo o dei paesi membri dell’Unesco
con economie in transizione. L’Iped affiancherà a Trieste il Centro
Internazionale di Fisica teorica Ictp, anch'esso collegato all'Unesco, che
da piu’ di 40 anni si occupa della formazione di scienziati e ricercatori
del terzo mondo. «Entro il 12 febbraio Asia dovrà inviare al Ministero un
Piano di lavoro che comprenda il dettaglio delle attività definendo le
singole fasi operative per il primo anno, prima del subentro effettivo
dell’Istituto Iped, che sarà deciso in una riunione il 30 gennaio a Parigi,
dal ministro dell’Ambiente e dall’Unesco». Concretamente, il compito di Asia
sarà di organizzare sei corsi di alta formazione ambientale all’anno. I
partecipanti (circa 25 per corso) saranno accolti a Trieste nella futura
sede Asia, che sarà collocata nel comprensorio San Giovanni di Trieste. «Le
attività di formazione – ha spiegato Maria Teresa Bassa Poropat, presidente
della Provincia di Trieste riguarderanno sia gli aspetti pratici che quelli
teorici e non escluderanno attività sul campo presso impianti industriali,
agenzie governative, università, laboratori, parchi e riserve naturali».
«Con questa Convenzione - ha sottolineato - si inaugura un importante
capitolo per la presenza italiana in uno dei settori dell'assistenza
internazionale nei quali più forte è la domanda di servizi da parte dei
paesi in via di sviluppo». «Il nuovo documento riconosce e arricchisce anche
il ruolo internazionale della città di Trieste» ha commentato Corrado Clini,
direttore generale della direzione per la ricerca ambientale e lo sviluppo
del Ministero dell’Ambiente. Secondo Clini, si tratta quindi di una «grande
opportunità” offerta alla città ma anche all’Italia, che dovrà rafforzare
però in fretta la sua credibilità nel settore, danneggiata dall’attuale
crisi campana dei rifiuti. La nuova convenzione è stata firmata anche dai
componenti del Comitato di indirizzo della Fondazione Asia, che
rappresentano il Centro internazionale di Fisica teorica, l’Area Science
Park, il Ministero dell’Ambiente e la fondazione stessa.
Gabriela Preda |
Moretton: nel 2009 rischio
emergenza rifiuti - «La nostra regione sta ormai arrivando alla saturazione
completa: discariche insufficienti» |
|
Allarme
dell’assessore dopo il rifiuto opposto a Palazzo Chigi sul piano di soccorso
per la Campania: «Le colpe sono della Provincia di Udine»
TRIESTE Tra un anno, se la
situazione in provincia di Udine non muta, potrebbe esserci emergenza
rifiuti. Se non come a Napoli, almeno come mai è successo in regione. Con la
necessità di chiedere aiuto, di guardare eventualmente fuori dal nostro
territorio. La colpa di una situazione che ha impedito alla giunta Illy di
rispondere positivamente all’appello di Romano Prodi per un contributo anche
del Friuli Venezia Giulia allo smaltimento dei rifiuti campani? Gianfranco
Moretton lo ripete da giorni: “Tutto nasce dalle inadempienze della
Provincia di Udine”.
COLPE Palazzo Belgrado, insiste l’assessore regionale all’Ambiente, “non ha
attuato le opportune politiche di adeguamento e realizzazione degli impianti
di smaltimento”. Non a caso, “sta operando un commissario per la
predisposizione del piano provinciale dei rifiuti pvc e rifiuti speciali
assimilabili agli urbani e uno dei due sub-commissari effetto dello
scioglimento del consiglio provinciale è stato incaricato di lavorare
esclusivamente sull’ambiente”.
SATURAZIONE La situazione, prosegue Moretton, “è effetto della carenza
mostrata dalla Provincia di Udine nelle azioni di monitoraggio e controllo
delle discariche esistenti. In assenza di passaggi fondamentali come questi
si sta arrivando inevitabilmente alla saturazione completa delle scarse
disponibilità di volumetrie residue, senza che nel frattempo l’ente abbia
pianificato gli interventi necessari a prevenire situazioni di emergenza
ambientale”.
DISCARICHE Nel dettaglio, precisa Moretton, in provincia di Udine le
fondamentali discariche operative sono 8: si trovano a Campoformido, Corno
di Rosazzo, Fagagna, Pavia di Udine, Trivignano, Pozzuolo (due) e Udine. Ma
“6 di queste, che pure hanno prodotto i documenti di richiesta di
adeguamento, non si sono viste restituire risposta. In questo momento,
dunque, ricevono solo Trivignano e Udine: troppo poco”.
PIANO RIFIUTI Dovessero essere adeguati tutti gli impianti si tornerebbe
alla normalità? “Non ancora – sottolinea Moretton –, si tratterebbe comunque
di soluzioni tampone valide per un anno, non di più. Quello che manca in
provincia di Udine è un piano dei rifiuti che, adeguamento a parte, preveda
l’ampliamento dell’esistente e la creazione di nuove discariche. In questo
momento c’è la richiesta della Exe, la società provinciale, per un
intervento a Trivignano e di un privato a Udine: la competenza è della
Provincia, con la gestione commissariale, d’intesa con i gestori degli
impianti di bacino, dovranno arrivare finalmente delle risposte per il breve
e il lungo periodo. Quello che aveva fatto l’amministrazione Strassoldo era
stato limitarsi a cambiare tre assessori in beve tempo”.
DIFFERENZIATA Il resto della regione, invece, non soffre: “L’inceneritore di
Trieste serve in parte anche Gorizia ed è sufficiente. Pordenone e Gorizia
tengono le loro discariche sotto controllo”. A contare è anche una mentalità
in via di diffusione per quel che riguarda la raccolta differenziata:
“Quando la si fa, finisce in discarica solo il 30-40% del rifiuto. Ecco
spiegato, in coincidenza con la crescita della differenziata in provincia di
Gorizia tra il 2004 e il 2005 (dal 26% al 37%), il motivo per cui le
tonnellate dei rifiuti sono calate da 75mila a 64mila tonnellate”.
TRIESTE IN RITARDO In Friuli Venezia Giulia, nel 2006, si sono prodotti
rifiuti urbani per oltre 606mila tonnellate, 119mila in provincia di
Trieste, 68mila in provincia di Gorizia. La differenziata è in continua
crescita ma solo a Pordenone (47%) e Gorizia (45%) si supera il 35%
considerato nel decreto legislativo 152 del 2006 l’obiettivo minimo da
raggiungere. Udine, con il 32% non è lontana. Trieste, invece, con il 17%, è
in notevole ritardo. “E’ fondamentale – si legge in una recente delibera di
giunta – che le province di Trieste e Udine adeguino il proprio sistema di
raccolta differenziata”. Nella stessa delibera si evidenzia “la mancanza di
volumetrie di discarica disponibili e difficoltà, in alcune aree regionali,
di realizzazione di nuove discariche”.
Marco Ballico |
RIFIUTI: Trieste e Gorizia si
integrano per lo smaltimento Pordenone è la più virtuosa - Il quadro
regionale. Metz: servono più controlli |
|
TRIESTE «Il problema dello
smaltimento va affrontato alla radice: bisogna produrre in primo luogo meno
rifiuti”. Per Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi, il
conferimento dei rifiuti è solo un aspetto del problema e, anche se il
Friuli Venezia Giulia non è la Campania, punti di criticità ce ne sono. Il
primo: raccolta differenziata inadeguata. Se l’articolo 24 del Decreto
Ronchi prevedeva (prima delle modifiche) che la differenziata raggiungesse
il 35% della raccolta entro il 2003, la regione ha toccato questo valore
solo nel 2006.
TRIESTE Il capoluogo regionale è l’unico a disporre di un impianto di
termovalorizzazione che brucia i rifiuti non recuperabili. «Questa però è la
ragione – dice Metz – per la quale la differenziata a Trieste è così poco
diffusa (17,62 per cento nel 2006, ndr). Un inceneritore, per mantenere
buoni livelli di economicità, deve bruciare grandi quantità di rifiuti. Le
amministrazioni, quindi, non hanno interesse a incoraggiare la
differenziazione». Nonostante l’inceneritore i costi del servizio secondo
Metz aumentano. «Mesi fa ho presentato un ricorso straordinario al capo
dello Stato proprio in merito all’aumento della Tarsu a Trieste. Anche in
assenza di differenziata i costi sono lievitati mostrando che la
privatizzazione non è la soluzione a tutti i mali».
GORIZIA I rifiuti dell'isontino finiscono nel termovalorizzatore di Trieste.
La provincia di Gorizia, però, ha una delle percentuali più alte della
regione - e il capoluogo è addirittura al sesto posto in Italia (secondo il
rapporto di Legambiente sui comuni ricicloni) - per percentuale di
immondizie riciclate. In un’ottica di sinergia con Trieste, Gorizia si fa
carico dell’attività di discarica. Le ceneri del processo di
termovalorizzazione dei rifiuti bruciati nell’impianto giuliano, finiscono
la loro vita a Pecol dei lupi (Cormons).
UDINE La maglia nera resta sicuramente al Friuli il cui sistema, già
precario, è andato in tilt con l’incendio all’impianto di Rive d’Arcano. Le
discariche esistenti hanno ottenuto un ampliamento dei livelli di sviluppo
«con una legge – ricorda il consigliere che ha votato contro – che
prevedeva, come unica garanzia, dei controlli ben precisi attraverso
l’installazione di tre piezometri per discarica. Peccato che i controlli non
siano mai stati fatti. Quindi oltre ad avere discariche ormai al limite di
saturazione non abbiamo nemmeno la certezza che non siano causa di
inquinamento nelle falde».
PORDENONE Più virtuosa Pordenone dove esistono tre società per la gestione
dei servizi: Gea, Snua e Ambiente e Servizi, un impianto per il trattamento
del secco al quale se ne dovrebbe aggiungere un altro gestito da Ambiente e
Servizi. Quest’ultima società, che riunisce i comuni dell’area sanvitese è
stata premiata quest’anno a Roma per aver superato il 70 per cento di
raccolta differenziata. «Attraverso la differenziazione dei rifiuti e la
raccolta porta a porta – spiega il presidente della società partecipata dai
comuni, Isaia Gasparotto – riusciamo a garantire un servizio di qualità e
tariffe competitive». Il prodotto finale, che non viene riutilizzato,
finisce in discarica (a Maniago dove sarà realizzato anche un impianto per
trattare il rifiuto umido e da fine anno anche a Cordenons) ma si prevede la
creazione di un termovalorizzatore ad Aviano. «L’unico oltre a quello di
Trieste inserito nel piano regionale dei rifiuti» dice il presidente di Snua,
Marco Tullio Petrangelo. Il termovalorizzatore potrebbe diventare di
riferimento anche per la provincia di Udine, come avevano avanzato i
presidenti delle Province (De Anna e Strassoldo) quando nacque l’unione
delle province friulane. «Con due impianti per il trattamento del secco –
commenta però Gasparotto – il quantitativo di rifiuti da incenerire si
riduce notevolmente. Il termovalorizzatore non avrebbe i numeri per
funzionare a costi contenuti a meno che non serva anche la provincia di
Treviso».
m. mi. |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 10 gennaio 2008
Codacons: «Hanno sabotato il
sondaggio sulla Ferriera» |
|
Tentativo di sabotaggio in rete
del sondaggio di opinione sul futuro della Ferriera di Servola promosso dal
Codacons, il sito internet della città www.ilportaleditrieste.it. Lo
sostiene l’associazione dei consumatori affermando che «in pochi minuti,
centinaia di voti unilaterali mirati sono pervenuti nel tentativo di
“inquinare” e quindi capovolgere il risultato che fino ad ora indicava un
netto vantaggio delle preferenze a favore della chiusura dello
stabilimento».
La pagina web sul Portale di Trieste, aggiunge il Codacons, è stata
prontamente bloccata per garantire la regolarità del sondaggio, i tecnici
inoltre cercheranno di individuare la provenienza dei voti alterati.
A detta del Codacons «questa sembra essere un’ulteriore dimostrazione degli
interessi che gravitano intorno alla Ferriera di Servola e che purtroppo
prevalgono sulla salute dei cittadini». |
Il Corridoio cinque procede a
due velocità: marcia in Friuli Venezia Giulia, lento in Veneto |
|
Il
consulente a Bruxelles per l’assessorato regionale alla mobilità denuncia
ritardi
BRUXELLES
«C'è un ritardo significativo, e questo rappresenta un danno considerevole
per il sistema economico veneto, vista la congestione attuale». E' netta
l'analisi di Giorgio Dormal, consulente a Bruxelles per l'assessorato
regionale alla mobilità: se in Friuli Venezia Giulia il corridoio V marcia,
in quello veneto no. Il tracciato da Venezia al Tagliamento ha
irrimediabilmente perso l'appuntamento con i co-finanziamenti europei, e
adesso bisognerà recuperare. Spiega Dormal: «Negli scorsi anni abbiamo
lavorato a Bruxelles con l'ottica di portare avanti il più possibile il
progetto, in vista della nuova programmazione calendarizzata per il 2007,
riuscendo ad attingere a due co-finanziamenti per la progettazione
preliminare. In partenza, la Commissione Europea aveva quantificato in 20
miliardi la somma occorrente per finanziare i progetti dei vari corridoi
previsti; cifra scesa poi a 8, da spalmare sui trenta progetti individuati
come prioritari. Nell'ambito della programmazione multi annuale, spettava ai
governi dei singoli Paesi presentare le loro proposte alla Commissione;
perciò le Regioni dovevano intervenire sui rispettivi governi formulando i
propri piani al riguardo».
Veneto e Friuli-Venezia Giulia avevano raggiunto un'intesa tale da
consentire loro di accedere ai co-finanziamenti europei per la progettazione
preliminare della linea ad alta velocità/capacità tra Venezia e Trieste; ma
a questo punto è emerso un problema di tracciato. Dormal riepiloga
sinteticamente i fatti: «E' subentrata l'emergenza della terza corsia
autostradale Venezia-Trieste, la cui soluzione in Veneto era bloccata dal
nuovo tracciato della ferrovia, destinato ad affiancare l'autostrada, quindi
con costi supplementari per i viadotti. Per cui, mentre il Friuli ha
mantenuto l'impostazione originaria, il Veneto ha deciso che la ferrovia non
doveva correre a lato della sede autostradale. Su questa base, il governo
non avrebbe potuto presentare una proposta alla Commissione, perché sarebbe
stata bocciata. Così la Venezia-Trieste non figura nel piano multi annuale
di finanziamenti 2007-2013».
Si sono dunque venute a creare due diverse situazioni: mentre il Friuli ha
potuto attingere al pacchetto degli 8 miliardi per la progettazione delle
tratte Ronchi sud-Trieste (24 milioni) e Trieste-Divaccia (22), il Veneto è
fermo, alle prese con la definizione del nuovo tracciato. Che scenari si
prospettano? Risponde Dormal: «Il nuovo coordinatore del corridoio V,
l'olandese Ian Brinkhorst, ha espresso il desiderio di incontrare i
responsabili della Regione, per chiarire il problema. Nulla è compromesso,
ma occorre trovare soluzioni alternative per il tracciato, e intanto si
accumulano ritardi pesanti per un corridoio che rappresenta una necessità
vitale per il sistema Nordest. E' vero che ci sono ritardi pure altrove, ma
è altrettanto vero che ci sono diversi progetti che stanno andando avanti».
Di sicuro c'è che il corridoio V, sul fronte orientale procede a singhiozzo,
con la sola tratta Padova-Mestre completata, e per il resto buio o quasi; in
particolare, i 70 km della Venezia-Portogruaro rappresentano il punto più
arretrato, con la sola novità della convenzione sottoscritta nelle scorse
settimane tra Regione Veneto e Rete Ferroviaria Italiana per la
progettazione preliminare della Mestre-Quarto d'Altino. E se a metà dicembre
il ministro dei trasporti Alessandro Bianchi ha garantito che i lavori tra
Venezia e Trieste partiranno nel 2010, rimane il pesante pronunciamento del
presidente di Ferrovie dello Stato Innocenzo Cipolletta nel settembre scorso
al «meeting dei quarantenni» tenuto nel Vicentino: «Per il corridoio V a est
di Milano i soldi non ci sono, neanche per la progettazione di alcune
tratte». Paolo Costa, europarlamentare e presidente della Commissione
Trasporti dell'Europarlamento, rinforza: «E' di drammatica evidenza come sul
corridoio V si presenti un pauroso collo di bottiglia da Venezia a Trieste».
E intanto, i ritardi accumulati danno spazio a una minaccia che non arriva
tanto dalla temuta alternativa a nord, ma da quella ad est, segnala Ettore
Incalza, già presidente di Ferrovie dello Stato: «Spesso nel dibattito
sull'essenzialità del corridoio V si è fatto quasi un terrorismo ideologico
sul rischio di vedere trasferire questo asse a nord delle Alpi. In realtà,
non è questo corridoio che marginalizzerebbe l'Italia e distruggerebbe le
grandi rendite di posizione del Nordest: il vero antagonista, il vero
catalizzatore di un nuovo sistema comunitario, di un nuovo e più forte
teatro economico, è il corridoio X, cioè l'asse
Atene-Sofia-Budapest-Vienna-Praga-Norimberga-Dresda». Uno scenario
alternativo in cui, avverte Incalza, l'antenna infrastrutturale
Trieste-Divaccia sarebbe utile per collegare il bacino del Mediterraneo con
il corridoio X. Sta al Nordest non perdere questa strategica partita.
Francesco Jori |
Trasferimento delle merci dai
Tir sui treni: sede a Venezia con il progetto Marco Polo |
|
BRUXELLES In una data da
stabilire tra la metà di giugno e quella di luglio, il Nordest ospiterà
l'annuale convegno del progetto comunitario Marco Polo, che ha come campo
specifico il trasferimento modale delle merci: la sede sarà Venezia. Spiega
Giorgio Dormal, esperto di trasporti e consulente per la Regione Veneto a
Bruxelles: «Al programma partecipano tutti i 27 Paesi dell'Unione, più altri
che hanno sottoscritto un accordo particolare. Il trasporto di merci su
strada dipende in toto dai combustibili che contribuiscono notevolmente alla
produzione di CO2. In questo contesto è necessario ricorrere maggiormente
all'intermodalità per contribuire a un miglior utilizzo delle infrastrutture
esistenti e delle reti di servizi grazie all'integrazione nella catena
logistica del trasporto marittimo a breve raggio, del trasporto ferroviario
e di quello fluviale. E il programma Marco Polo intende appunto trasferire
le merci dalla strada verso altri modi più rispettosi dell'ambiente».
L'obiettivo finale è contribuire al trasferimento del trasporto
internazionale di merci dalla strada al trasporto marittimo a corto raggio,
la ferrovia e la navigazione interna. Ciò rappresenta 12 miliardi di
tonnellate-kilometro l'anno. In quest'ottica, da due anni si tiene un
convegno annuale (il primo è stato a Nantes, il secondo in Portogallo) nel
corso del quale vengono presentati progetti specifici per il trasferimento
modale in funzione di riduzione dell'inquinamento. Dormal è riuscito a far
assegnare a Venezia il terzo appuntamento: «Una scelta che può avere anche
ricadute precise sul porto veneziano, che è alla base di una proposta
presentata in sede Ue alcuni mesi fa nell'ambito di un bando relativo alle
reti Ten, e che mira alla ristrutturazione del parco ferroviario del porto
stesso». |
La Regione spiega a Prodi il
no ai rifiuti di Napoli - L’assessore Antonaz: «Siamo saturi, il caso
Udine non ci consente più di aiutare nessuno» |
|
Il vertice
tra il premier e le Regioni per l’emergenza Campania: hanno negato la
disponibilità anche Lombardia e Liguria, sì da tutte le altre
Come funziona un termovalorizzatore
ROMA «Abbiamo precisato il
motivo della nostra non disponibilità: gli impianti attivi in regione non ci
consentono di aiutare la Campania».
Roberto Antonaz scende a Roma e spiega a Romano Prodi e Antonio Bassolino
che, come annunciato 24 ore prima da Gianfranco Moretton, il Friuli Venezia
Giulia non è in grado di contribuire allo smaltimento dei rifiuti campani.
Niente da fare, rimarca l’assessore all’Ambiente, «per le gravi inadempienze
della Provincia di Udine». Non è sola la nostra Regione. A dire di no ci
sono anche Lombardia, Veneto e Liguria.
Ma nessuno, racconta Antonaz, fa pressioni. «Non abbiamo alcuna obiezione a
partecipare all'emergenza, ma la situazione attuale è tale da non
permetterci di partecipare al concerto nazionale in soccorso della Campania.
Il presidente Prodi - prosegue - ha comunque capito che il nostro è un
problema solo tecnico. Nella posizione del Friuli Venezia Giulia non c’è
alcunché di politico o ideologico. Anzi, quando invece eravamo in grado di
contribuire all’emergenza rifiuti, manifestammo la nostra disponibilità.
Accade non più lontano di due anni fa».
Ma questa volta non si può. «Non siamo in grado di ospitare la minima
quantità di immondizie – sottolinea ancora l’assessore alla Cultura –, da
qualsiasi direzione provenga. Prodi ha preso atto del nostro rammarico e
comunque apprezzato il fatto che, dal punto di vista del principio, aderiamo
all’appello alla solidarietà: un territorio che ha bisogno di aiuto va
aiutato».
«Abbiamo raggiunto un punto di saturazione tale – evidenzia ancora Antonaz –
che non è possibile pensare di dare una mano a chicchessia». Il problema è
quello già illustrato da Moretton. E riguarda «esclusivamente» la provincia
di Udine: «Palazzo Belgrado, ben prima dei problemi etico-politici del
presidente Marzio Strassoldo, non ha attuato le politiche di realizzazione
degli impianti così come sarebbe stato opportuno. Non a caso abbiamo
nominato un commissario per la predisposizione del piano provinciale dei
rifiuti pvc e rifiuti speciali assimilabili agli urbani».
Nell’Udinese, afferma Moretton, «servirebbe almeno un’altra grande
discarica. In questa fase c’è una richiesta di ampliamento di quella di
Trivignano e una per un nuovo impianto in comune di Udine ma siamo, appunto,
appena alle richieste».
Rischio Napoli? «C’è attenzione perché la realtà non è facile, ma non ancora
emergenza. A breve inizierà la fase commissariale della Provincia, con un
subcommissario incaricato proprio della materia ambientale, e auspichiamo
dunque che le cose si possano iniziare a risolvere». A inizio settimana, tra
l’altro, il presidente del Consorzio smaltimento della Bassa (Csr), Elio Di
Giusto, aveva espresso preoccupazione per le capacità di accoglimento della
discarica di Trivignano, che dalla prossima settimana accoglierà le
immondizie dal Csr causa il fermo per manutenzione dell'impianto di
trattamento di San Giorgio di Nogaro.
La situazione è invece sotto controllo nelle altre province: «L’inceneritore
di Trieste, che risolve anche alcune esigenze di Gorizia, è adeguato. Anche
nel Pordenonese non ci sono problemi, in particolare – spiega il
vicepresidente della giunta Illy – per la mentalità della raccolta
differenziata che lì è più radicata che altrove».
m.b. |
SEGNALAZIONI sulla
RACCOLTA DIFFERENZIATA |
|
Ho letto con molto interesse la
lettera della signora Astrid Lackner pubblicata il 3.1.’08, in quanto,
praticando anch’io da molto tempo la raccolta differenziata, mi sono sempre
chiesta che fine fa il contenuto delle varie campane. A questo proposito ho
sentito tempo fa varie voci, le quali affermavano che tutta la carta e pure
la plastica (!!!) raccolte così diligentemente da cittadini coscienziosi (o
citrulli?) finissero nell’inceneritore in quanto questo, essendo
sovraddimensionato, ha bisogno di tanta spazzatura per poter lavorare a
pieno ritmo e per produrre energia che non viene poi fornita di sicuro
gratuitamente! Avendo più volte tentato di rivolgermi invano al sindaco nel
corso di una trasmissione di un’emittente locale (la linea era sempre
occupata), chiedo che venga chiarita la questione circa la destinazione
della raccolta differenziata, visto che lo stesso giorno di pubblicazione
della lettera della signora Lackner, il Piccolo riportava a pag. 21 la
notizia dell’aumento del numero di punti di raccolta per la differenziata.
Lettera firmata |
Prendo spunto dalla lettera
della signora Astrid apparsa sul Piccolo del 3.1.2008, in merito alla
raccolta differenziata.
Anch’io sono una di quelle persone (forse ingenua?), che si fanno scrupolo
di dividere, con qualche sacrificio, la plastica, le lattine, il vetro, i
medicinali, le pile, ecc. ed essendo da tempo abituata a tale cernita non
riesco a gettare nella spazzatura normale neppure gli scontrini fiscali.
Questo per dire che tanto le buone quanto le cattive abitudini vengono da
una pratica quotidiana.
Ora da più parti mi viene ventilato che tutto questo è inutile perché poi va
a finire tutto nello stesso inceneritore.
Vorrei anch’io avere una risposta chiara, per non sentirmi presa in giro e
per non soffrire troppo quando vedo gettare nel bidone delle immondizie
pacchi di cartone, sacchi di bottiglie ecc. che potrebbero benissimo far
parte della differenziata.
Sono mamma e nonna e faccio questo «sacrificio» per rispetto di me stessa e
della natura, ma soprattutto pensando ai nostri figli e alle generazioni
future alle quali lasceremo una terra irrimediabilmente compromessa.
Per questo chiedo, a chi di dovere (Acegas?), di rispondere con chiarezza in
modo che tutti sappiano che fine fa la raccolta differenziata e se i soldi
spesi in spot televisivi e quant’altro, sono buttati al vento.
Io comunque, e invito anche la signora Astrid a fare altrettanto, non smetto
di fare la raccolta differenziata, perché anche se ci sono tanti furbi c’è
anche tanta gente che continua a sperare e ad operare per un mondo più
pulito e più giusto.
Elvia Tomat |
La signora Astrid Lackner, nella
sua segnalazione del 3 gennaio u.s. con titolo «Raccolta differenziata
finta», paventa un destino comune per tutti i materiali separati dai
cittadini e conferiti negli specifici contenitori.
Vale la pena smentire tale leggenda metropolitana: la raccolta differenziata
a Trieste non solo è tutt’altro che finta ma è in costante crescita. Dalle
4000 tonnellate/anno conferite ai raccoglitori stradali nel 2004 siamo
passati alle 5200 nel 2007, pari ad un incremento del 30%, reso possibile da
una maggiore sensibilità ambientale dei Triestini e da un aumentato numero
di raccoglitori collocati dal Comune – per mezzo di AcegasAps – sul nostro
territorio.
Non deve trarre in inganno il fatto che i mezzi impiegati per la raccolta
della carta o di altri materiali siano gli stessi che svolgono il servizio
di asporto dei rifiuti urbani. I camion compattatori, una volta lavati e
puliti dai residui dei rifiuti, effettuano con frequenza almeno settimanale
un giro dedicato esclusivamente alla raccolta differenziata. In questo modo
si utilizzano al meglio i mezzi a disposizione, evitando di far sostenere
alla collettività i costi di acquisto ed ammortamento di ulteriori,
specifici camion.
Spero con questa rassicurazione di aver indotto la signora Astrid e i suoi
vicini a riprendere il comportamento virtuoso che ha mantenuto fino a pochi
giorni fa.
Dal canto mio ho dato disposizioni ad AcegasAps affinché sui mezzi impiegati
durante la raccolta differenziata vengano apposte delle tabelle magnetiche
indicanti il materiale cui sono dedicati in quella circostanza.
Si eviterà così di trarre conclusioni errate e forse convinceremo anche
l’incaricata delle pulizie da lei citata a dividere le immondizie raccolte!
Paolo Rovis - assessore comunale con delega ai rapporti con AcegasAps |
Distributore a Barcola |
|
Leggo della protesta dei
benzinai triestini a causa della fuga dei clienti verso la Slovenia, dove i
prezzi dei carburanti sono sensibilmente più bassi. Chiedono quindi
sostanzialmente la conferma degli sconti di cui il mercato ha goduto negli
anni passati, e che soli hanno garantito la gestione dei loro affari senza
una reale concorrenza.
Come membro del «Comitato per la Tutela di Barcola», che da 8 anni si batte
contro la costruzione del nuovo grande distributore nella Pineta di Barcola,
sono allibito da tale richiesta.
Da un lato, Tamoil ed il gestore fanno una battaglia campale per ottenere,
contro il volere di tutta la popolazione (Circoscrizione, Comitati ed
Associazioni), ma con forti supporti politici, spazi in un parco pubblico,
distruggendo alberi e pace e sostituendoli con asfalto, inquinamento, rumori
e pericoli gravissimi per la popolazione.
Dall’altro lato, Tamoil ed il gestore chiedono un sostegno economico
pubblico per garantire l’attività della nuova struttura, ammettendo così che
non vi è reale bisogno di tale invasivo impianto, e che anzi i posti di
lavoro sono in pericolo perché vi sono già troppi benzinai rispetto alla
richiesta effettiva.
Forse la gente, che si vede sottrarre verde, aria, sicurezza e tranquillità
a solo beneficio della Tamoil e del suo gestore, ha diritto di sapere di
quanti aiuti pubblici Tamoil ha bisogno: di quello per poter costruire un
impianto che grida vendetta, di quello per poter inquinare l’aria e
l’ambiente, di quello per poter mettere in pericolo (100.000 litri di
carburante stoccati) gli abitanti ed i bagnanti, ed ora anche di quello per
ottenere sovvenzioni alla vendita, perché altrimenti la benzina non si
vende.
A noi barcolani sembra veramente che Tamoil ed il suo gestore a questo punto
vogliono chiedere un po’ troppo, e ci aspetteremmo che il potere pubblico
reagisse. I lavori dovrebbero dunque essere sospesi in attesa che almeno
l’operazione trovi in se stessa un qualche equilibrio.
In questo senso abbiamo scritto all’amministratore delegato di Tamoi Yammine
Ness, come sempre senza alcun riscontro.
Antonio Dusi |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 9 gennaio 2008
Ferriera: sondaggio del
Codacons Pronti i primi ricorsi dei residenti |
|
Il Codacons-Coordinamento delle
associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei
consumatori ha lanciato un sondaggio di opinione in rete sulla Ferriera di
Servola che in pochi giorni ha superato i mille voti.
L’iniziativa dei consumatori vuole tastare il polso ai triestini sulle
scelte da adottare in merito allo stabilimento di Servola. Tre le opzioni
considerate: la Ferriera ha rappresentato e rappresenta un serio pericolo
per la salute dei cittadini ed andrebbe chiusa immediatamente; la Ferriera
può rimanere aperta se vengono ridotte le emissioni inquinanti; la Ferriera
è importante per la città e deve rimanere aperta.
Il Codacons con questa iniziativa – viene spiegato in una nota – «vuole
capire alla fin fine cosa pensano gli abitanti di Trieste, al di la delle
innumerevoli e mutevoli prese di posizione delle parti in causa in tutti
questi anni».
Sono stati intanto preparati i primi ricorsi al Tar e gli esposti al
Tribunale contro l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata
dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia alla Ferriera. L’inziativa
è di residenti di Servola che si appoggiano ai comitati locali. A questi
passi giudiziari si aggiungerà anche un ricorso all'Alta Corte di giustizia
europea dell'Aja - sempre contro l'esecutivo regionale - per la violazione
della direttiva europea sul rilascio delle autorizzazioni ambientali.
Domenica scorsa in occasione dell’Epifania alcuni residenti travestiti da
Befane hanno consegnato sacchi di carbone alle sedi delle autorità locali
(Comune, Regione, Provincia e Prefettura) per protestare contro la linea da
loro condotta nei confronti dello stabilimento. Cinquecento persone hanno
sfilato in corteo. |
Ambiente: sarà firmata una
convenzione tra ministero e Asia - Nella sede della Provincia
|
Sarà firmata nei prossimi giorni
nella sede della Provincia di Trieste una convenzione tra il ministero
dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Fondazione di
partecipazione Asia - Agenzia per lo sviluppo internazionale dell'ambiente che
ha Trieste per sede. Saranno presenti all’appuntamento a palazzo Galatti Maria
Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste, Corrado Clini,
direttore generale della Direzione per la ricerca ambientale e lo sviluppo del
dicastero romano, e i componenti del Comitato di indirizzo della Fondazione di
partecipazione Asia. Si tratta di Alessandro Nardi, Katepalli Raju Sreenivasan
(Centro di fisica), Giancarlo Michellone (Area) e Gianni Pizzati.
Moretton: «No ai rifiuti di
Napoli in regione» - «Saremmo pronti ad accoglierne se non ci
trovassimo anche noi in una situazione di difficoltà» |
|
L’assessore
regionale anticipa la risposta che darà oggi a Roma al premier:
l’indisponibilità del Friuli Venezia Giulia a ricevere l’immondizia
|
«Il nostro
rifiuto dovuto alla mancata attuazione dei piani nell’area di Udine» |
TRIESTE Due anni fa la
disponibilità della Regione ci fu, anche se poi Napoli fece altre scelte.
Questa volta no: il Friuli Venezia Giulia non accoglierà i rifiuti
provenienti dalla Campania.
L’annuncio è dell’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton: «Il
presidente del Consiglio Romano Prodi ha convocato tutte le Regioni oggi a
Roma. La nostra, inevitabilmente, manifesterà la sua non disponibilità a
farsi carico dei rifiuti campani». La motivazione è semplice: gli impianti
del Friuli Venezia Giulia non sono in grado di accogliere rifiuti
aggiuntivi. Nessuna barricata ecologica, dunque, solo una presa d’atto della
realtà. «Noi saremo disponibili ad accoglierne - osserva l’assessore
Moretton - se però non ci trovassimo a nostra volta in una situazione di
difficoltà, anche per la mancata attuazione di una politica di impianti
fatta dalla Provincia di Udine».
Moretton non sarà presente oggi a Roma. Trattenuto dall’impegno della
presidenza della commissione regionale Via, riunita proprio oggi,
l’assessore verrà sostituito nella capitale da un funzionario. Ma la
decisione della Regione, ieri sera, era già presa: la Campania non potrà
contare sull’aiuto del Friuli Venezia Giulia. La regione, ricorda il
vicepresidente della giunta Illy, conta su quattro discariche sparse sul
territorio e un termovalorizzatore a Trieste, «nel quale però vengono
bruciati anche i rifiuti di Gorizia». Maria Teresa Bassa Poropat, presidente
della Provincia di Trieste, ricorda però che, qualche mese fa, accadde il
contrario: «Trovandoci in una fase di criticità abbiamo utilizzato gli
impianti della provincia di Gorizia. Evidentemente è una dimostrazione di
come già fatichiamo a smaltire le nostre immondizie, davvero non siamo in
grado di soddisfare richieste provenienti da fuori regione».
Ogni anno in Friuli Venezia Giulia vengono smaltite circa 600 mila
tonnellate di immondizia. A rendere impossibile, in questa fase, un
contributo regionale a risolvere il caos napoletano, è anche, insiste
Moretton, «l’inadempienza della Provincia di Udine». «Una situazione –
rimarca l’assessore – che abbiamo denunciato prima della sfiducia nei
confronti del presidente Marzio Strassoldo e del conseguente scioglimento
del consiglio provinciale. L’ente udinese, infatti, non aveva portato a
termine le politiche di realizzazione degli impianti così come sarebbe stato
opportuno. Non a caso abbiamo nominato un commissario per la predisposizione
del piano provinciale dei rifiuti pvc e rifiuti speciali assimilabili agli
urbani».
La polemica Regione-Strassoldo in tema di rifiuti era già esplosa in estate
con l'attacco di Moretton e la difesa del presidente friulano. «Per
risolvere i fondamentali problemi del settore – disse Strassoldo a giugno –
è indispensabile che la Regione provveda tempestivamente a modificare il
piano regionale dei rifiuti solidi urbani, che prevede vincoli o carenze che
limitano fortemente il programma provinciale e le capacità d'intervento
della Provincia».
Due giorni fa, in Friuli, il presidente del Consorzio smaltimento della
Bassa (Csr), Elio Di Giusto, aveva espresso preoccupazione per le capacità
di accoglimento della discarica di Trivignano, che dalla prossima settimana
accoglierà le immondizie dal Csr causa il fermo per manutenzione
dell'impianto di trattamento di San Giorgio di Nogaro. Per questo la
discarica di Trivignano potrebbe esaurire le ultime cubature disponibili.
Che dire alla Campania e della Campania? «Oltre a spiegare che non siamo in
grado di aiutarli – afferma ancora Moretton – si tratta di diffondere il
primo possibile la cultura e la mentalità della raccolta differenziata.
Nella nostra regione, a partire dalla provincia di Pordenone grazie alla
società Ambiente e servizi, già da anni esiste la sensibilità su questa
materia da parte di amministratori e cittadini. All’inizio non è stato
facile spiegare alla gente l’importanza della raccolta differenziata ma, di
fronte ai risultati concreti, ora tutto è più facile. Inevitabilmente anche
la Campania, se vorrà evitare emergenze gravissime come quella attuale,
dovrà incamminarsi su quella strada».
Marco Ballico |
IL PICCOLO -
MARTEDI', 8 gennaio 2008
Corridoio 5 - Di
Pietro: «Un vertice sulla Tav» |
|
TORINO Attivare immediatamente
il tavolo politico sulla Tav. A chiederlo è il ministro delle
Infrastrutture, Antonio Di Pietro, in una lettera inviata al presidente del
Consiglio, Romano Prodi. «Ho scritto una relazione, che è anche un appello
accorato - ha detto il ministro Di Pietro a margine dell'inaugurazione, a
Rondissone, della prima tratta della rinnovata autostrada Torino-Milano -
nella quale ho chiesto di attivare immediatamente il tavolo politico sulla
Tav». Tavolo politico che, «è la precondizione necessaria per poi definire
sul piano tecnico-procedurale tutte le altre azioni da portare avanti. Sono
in contatto quotidiano con il commissario europeo e il coordinatore del
Corridoio 5 - ha proseguito - e tutti siamo intenzionati e determinati
affinchè quest'opera si possa realizzare e siamo convinti che le popolazioni
locali potranno trovare soddisfazione sia nella fase della progettazione che
in quella delle cosiddette compensazioni ambientali». Per Di Pietro ciò che
è necessario «è la buona volontà: dobbiamo cercare di isolare coloro che
vogliono approfittare dei cittadini della Val di Susa per fare una lotta
politico-ideologica. Non perdiamoci d'animo è necessario realizzare un
sistema infrastrutturale ferroviario ad alta capacità per togliere dalla
strada più Tir possibili e per mettere in sicurezza e maggiore efficienza il
sistema dei trasporti». |
L’Autoporto di Gorizia
diventa terminal ferroviario - Lavori ultimati entro giugno,
investimento Ue di 4 milioni. Obiettivo: mettere più Tir possibile su rotaia
|
|
Si sta
rivelando una carta vincente la ristrutturazione delle strutture confinarie
da parte della Sdag, la controllata del Comune che si occupa di logistica
GORIZIA Meno camion, più treni.
Mandare a destinazione le merci con convogli ferroviari si sta rivelando una
carta vincente per la Sdag, la società controllata al 98% dal Comune di
Gorizia che gestisce le infrastrutture confinarie a Sant’Andrea. Il
terminal, in costruzione riutilizzando gli spazi che hanno perso la funzione
di dogana, sarà ultimato entro giugno di quest’anno con un impegno
finanziario - grazie anche alle risorse Ue - che supera i quattro milioni.
Ottobre 2006: si movimentano le prime merci al terminal che allora era
allacciato alla ferrovia della Transalpina solo con un fascio in direzione
dell’Italia. A poco più di un anno di distanza si tirano le somme del primo
bilancio: nel 2007, fra carico e scarico, sono state movimentate circa
50mila tons soprattutto di prodotti chimici non pericolosi, anche
siderurgici nonché legname. A dicembre, spulciando i dati, sono state
trattate 3mila 287 tonnellate.
«Per favorire lo sviluppo economico e commerciale della nostra piattaforma
intermodale gomma-ferrovia, è necessario dipendere sempre meno dai confini
che si allontanano e sempre più, invece, dalla capacità di attrarre e
intercettare traffici che non hanno più muri a fermarli», dichiara
l’amministratore delegato Paolo Polli. Aggiune: «La Sdag intende affrontare
l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen e il completamento del raccordo
autostrale Gorizia-Razdrto, previsto per la prossima primavera come
un’opportunità per il potenziamento e lo sviluppo della piattaforma
logistica goriziana. Il nuovo attraversamento del monte Nanos favorirà un
passaggio più veloce e sicuro da e per Gorizia di persone e merci
interessando, quindi anche le strutture confinarie e autoportuali.
Rilevazioni fatte dalla Sdag nonché studi sloveni portati avanti dal 2004
prevedono un aumento del traffico in percentuali rilevanti, sia di transiti
civili sia di quelli commerciali». Come a dire che il tetto dei 600mila
camion all’anno alla fine del 2008 avrà un nuovo picco. Ed è anche per
questo che la Sdag gioca la carta del terminal ferroviario.
Meno monomodale, più intermodale come si dice in gergo, ovvero togliendo una
quota di merci dal trasporto su gomma - e ogni giorno in media transitano
per il valico di Sant’Andrea mille 500 camion - per farle viaggiare con i
treni. Ma il terminal ferroviario deve poter contare anche su magazzini dove
stoccare le merci per ottenere risparmi notevoli sui noli rispedendo
indietro i carri ferroviari vuoti. E così dopo un deposito di quasi 3mila
metri quadrati, s’inizia la costruzione di un altro capannone funzionale
all’interscambio. E si completa intanto anche il terminal: entro giugno il
raccordo sarà bidirezionale, oltre che verso l’Italia anche in direzione
della Slovenia e, quindi, verso l’Est europeo
Il consiglio di amministrazione della Sdag ha all’ordine del giorno anche la
realizzazione di una rampa, con relativa strada di accesso attraverso gli ex
spazi doganali - è dal maggio 2004 che venuta meno questa funzione con la
relativa rendita assicurata del pagamento del pedaggio - che consentirebbe
di caricare i camion sui carri ferroviari.
Luigi Turel |
Rifiuti in Campania: più
mortalità vicino alle discariche illegali. Diossina dai roghi spazzatura |
|
Nelle
province campane la situazione sanitaria è peggiorata a causa dello
smaltimento fuorilegge. L’esperto conferma: «Dagli incendi gravi danni alla
salute»
ROMA La presenza di discariche
illegali ha già portato al peggioramento della situazione sanitaria nelle
province di Napoli e Caserta, che in alcuni casi arriva ad un aumento della
mortalità del 9% per gli uomini e del 12% per le donne nelle zone più a
rischio. Lo ha rilevato una indagine epidemiologica coordinata dall'Istituto
Superiore di Sanità presentata lo scorso aprile. «Questo studio è stato
pensato per misurare l'impatto sanitario di 20 anni di smaltimenti illegali
di rifiuti anche pericolosi - spiega Pietro Comba, epidemiologo ambientale
dell'Istituto Superiore di Sanità - non c'è però ancora nessuna correlazione
dimostrata scientificamente tra il problema di questi giorni, cioè la
mancata raccolta dei rifiuti e un aumento delle patologie».
Lo studio ha diviso i comuni del territorio delle due province in cinque
fasce di rischio. In quella più alta, che comprende otto comuni (Acerra,
Aversa, Bacoli, Caivano, Castel Volturno, Giugliano, Marcianise e Villa
Literno) si sono avuti gli aumenti maggiori. «C'è una larga sovrapposizione
- si legge nel rapporto finale - tra l'area a maggior rischio per morti
neoplastiche e quella maggiormente interessata dallo smaltimento illegale
dei rifiuti pericolosi».
Nei comuni con maggior pressione ambientale la mortalità è maggiore del 9%
per gli uomini e del 12% nelle donne rispetto a quelli con la pressione più
bassa.La mortalità cresce del 2% dal gruppo a più basso rischio a quello più
alto. Un rischio maggiore di mortalità in questi comuni si è registrato
anche per tutti i tumori (1% in entrambi i sessi), e per tumore polmonare
(2%) e gastrico (5%) negli uomini. C'è un aumento anche per i tumori del
fegato (4% uomini e 7% donne). Al crescere della pressione ambientale cresce
il rischio di malformazioni del sistema nervoso centrale, che nel peggiore
dei casi è dell'84% in più. Per le malformazioni dell'apparato urogenitale
invece l'aumento è dell'83% nei comuni più a rischio rispetto a quelli di
riferimento.
Dai rifiuti bruciati nelle strade, inoltre, si sprigiona la stessa diossina
che si assumerebbe in anni 'normalì. Lo spiega Ivo Allegrini, direttore
dell'istituto sull'Inquinamento Atmosferico del Cnr, secondo cui la quantità
di questa sostanza che si sviluppa dai roghi è notevolmente più alta di
quella che si ottiene dagli inceneritori.
«È impossibile fare una stima di quanta sia la diossina che si sviluppa dai
roghi - spiega Allegrini - perchè i rifiuti domestici hanno una composizione
estremamente variabile. Certo è che finchè il rogo è in funzione chi sta
nelle vicinanze ne assume una quantità che impiegherebbe anni ad avere
normalmente. Noi ci preoccupiamo di pochi miliardesimi di grammo prodotti
dagli inceneritori ma in questo caso si tratta di quantità molto più alte».
Della classe delle diossine fanno parte circa 210 composti diversi, ognuno
con una sua pericolosità. Secondo l'esperto il maggiore pericolo si ha
mentre gli incendi sono attivi, mentre dopo lo spegnimento le sostanze
prodotte cominciano a viaggiare nell'aria:«La diossina si lega al
particolato - spiega Allegrini - e può rimanere in atmosfera per diverse
settimane, facendo spostamenti anche di parecchi chilometri». |
IL PICCOLO -
LUNEDI', 7 gennaio 2008
Ferriera, le «Befane» di
Servola portano carbone agli enti locali - Corteo di protesta promosso dal
Miani |
|
Circa 500 persone, secondo gli
organizzatori, hanno preso parte ieri mattina in città al corteo promosso
dal circolo «Miani» per l'inquinamento legato alla Ferriera di Servola.
Alcune persone travestite da «Befane» hanno consegnato sacchi di carbone
davanti alle sedi delle autorità locali (Comune, Provincia, Regione,
Prefettura), colpevoli, secondo i residenti della zona circostante
l'impianto siderurgico, di non aver disposto la chiusura della Ferriera
nonostante i dati allarmanti sull'inquinamento.
Nell’occasione è stato anche ricordato che verranno formalizzati nei
prossimi giorni, intanto, i ricorsi al Tar e gli esposti al Tribunale contro
l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dalla Giunta
regionale del Friuli Venezia Giulia alla Ferriera. A essi si aggiungerà
anche un ricorso all'Alta Corte di giustizia europea dell'Aja - sempre
contro l'esecutivo regionale - per la violazione della direttiva europea sul
rilascio delle autorizzazioni ambientali.
Intanto in una nota il capogruppo di Forza Italia in consiglio provinciale,
Claudio Grizon, scrive che «hanno fatto bene il Circolo Miani e Servola
Respira a mandare una befana alla Provincia con un sacco di carbone per la
presidente Bassa Poropat e per l’assessore Ondina Barduzzi. Il silenzio e
l’inerzia che hanno caratterizzato fino a oggi la loro attività riguardo
all’inquinamento della Ferriera - prosegue Grizon - è deplorevole e
meriterebbe che la Provincia venisse commissariata anche per questa
vicenda».
Grizon chiede poi che vengano svolte «almeno delle specifiche analisi da
Muggia a piazza della Libertà, sulle inquinanti immissioni in atmosfera, al
fine di verificare la validità dei dati già diffusi dall’Arpa e dal Cigra
dell’Università di Trieste». La presidente Poropat, chiudee Grizon, «si
limita a difendere l’operato dell’assessore Barduzzi, la quale, da parte
sua, afferma che la Provincia ”ha fatto quanto di sua comeptenza”, ma nei
fatti nulla di concreto e documentabile». |
Zone balneari, escluse due
aree monfalconesi - Marina Julia e Lido di Staranzano bocciate dalla
regione. Ok per la riviera triestina |
|
TRIESTE La Regione perde due
nuovi punti balneari nella stagione 2008 e conferma l’impossibilità di
analizzarne altri due, come era accaduto anche lo scorso anno, dichiarandoli
quindi non idonei. La delibera che identifica le zone balneari che saranno
accessibili agli amanti della tintarella, come prevede il decreto del
Presidente della Repubblica del 1982, che demanda alle Regioni il compito di
individuare, nell’ambito dei propri confini, le zone idonee alla
balneazione, è stata presa sulla base dei risultati delle indagini
analitiche effettuate a cura dei Dipartimenti Provinciali dell’Agenzia
regionale per la protezione dell’ambiente. I due punti persi nel 2008
riguardano entrambi la zona di Monfalcone, ovvero Marina Julia e il Lido di
Staranzano, che vengono dichiarati non idonei. I due punti che invece anche
nel 2008 non sarà possibile recuperare sono situati nella Provincia di
Udine, e riguardano il lago di Sauris, e in particolare i due punti
“Località Est Rio Storto” e “Località La Maina”, per i quali non è stato
possibile, nella stagione balneare 2007, eseguire alcun campionamento per il
notevole abbassamento del livello del lago. Quindi le zone sono da
considerarsi non idonee per la stagione balneare 2008, per carenza di
campionamenti. Le decisioni sono state prese dalla Regione sulla base dei
riscontri analitici, relativi alle acque destinate alla balneazione
trasmessi alla Direzione Centrale Salute e Protezione Sociale dai
dipartimenti provinciali dell’Agenzia Regionale per la Protezione
dell’Ambiente, nel periodo di campionamento corrispondente alla stagione
balneare 2007. Tutto ok invece per gli altri punti di balneazione della
costa goriziana e triestina. A Trieste si potrà fare il bagno tra i bagni
Ausonia e Lanterna, tra l’ente Porto e il Ferroviario, all’Excelsior, a
Barcola ex Cedas, a Barcola Topolini, a Barcola di fronte al bar “California
Inn”, tra il Bagno Sticco e Militare, a Grignano (tra il I° e II° bagno),
tra Grignano e S. Croce Porto, a S. Croce Porto, tra S. Croce Porto e
Aurisina Filtri e infine a Aurisina Filtri. A Muggia via libera ai bagni al
Camping e bagno Lazzaretto, al bagno Punta Sottile, a Punta Olmi, al
pontiletto dopo l’ex cantiere San Rocco, al bagno G.M.T., al bagno Muggesano.
A Duino i bagnanti potranno usufruire del bagno “Le Ginestre”, della Costa
dei Barbari, di Sistiana Castelreggio, dell’interno della baia di Sistiana,
delle acque sotto il camping e di quelle sotto il castello, di Duino
Scogliera, di Duino Dama Bianca e del Villaggio del Pescatore.
A Grado via libera ai tuffi al Camping Tenuta Primero, al Camping Europa e
Punta S pin, al Lido del Carabiniere, a punta Barbacale, all’arenile, alla
spiaggia Principale Viale del Sole, allo stabilimento bagni entrata Terrazza
Mare, alla Costa Azzurra, all’Isola Volpera (zona lagunare), al Camping
Belvedere Pineta, alla Fosa Ovest, alla Marina di Macia, all’ Isola di Morgo
Ovest e Est, a Valerian e a Porto Buso Est. Del golfo di Panzano invece
rimarrà balneabile solo Marina Nova. Tutto regolare come per il 2007 nelle
zone di Udine e Pordenone. Negli stessi punti indicati nella delibera
(comprese anche le zone non balneabili) la Regione prevede comunque di
posizionare dei punti di campionamento, per verificare la purezza delle
acque durante la stagione e poi prendere le necessarie misure all’inizio del
2009.
e.o. |
ISTRIA: Chersano dice no alla
«Rockwool» - Voto unanime in Comune sulla chiusura della
fabbrica di lana di roccia |
|
Stanno aumentando le
contestazioni e le proteste contro la Fabbrica di lana di roccia
dell'industria danese Rockwool entrata in funzione a regime di collaudo 3
mesi fa nella vallata di Sottopedena, nel cuore dell' Istria. Si tratta di
un investimento di 75 milioni di euro che ha incontrato i favori
dell'autorità regionale per un discorso di rilancio economico dell'area, da
sempre trascurata a parte l'agricoltura. Ad alzare la voce non sono più gli
ambientalisti e la popolazione dell'area la cui esistenza quotidiana causa
l'inquinamento sta diventando un martirio, ma anche le amministrazioni
locali Il Consiglio comunale di Chersano in seduta straordinaria nella cui
area già sorgono le due centrali termoelettriche a carbone Fianona 1 e
Fianona 2, ha votato all'unanimità la risoluzione con cui si chiede la
chiusura e lo smantellamento della Rockwool. Il documento è stato presentato
dalla neocostituita associazione ambientalista «Nasa zemlja-Terra nostra» la
cui presidente Matilda Ilic ha spiegato gli argomenti contro la fabbrica.
«La struttura è stata costruita sopra corsi d'acqua sotterranei che
collegano numerose sorgenti di acqua potabile nella Vallata dell' Arsa di
cui si rifornisce tutto l' albonese e parte di Pola. Ebbene - ha spiegato -
la qualità di questa falda si va ora inevitabilmente deteriorando causa le
particelle tossiche e il fumo sprigionato dalle ciminiere. E le emissioni
tossiche le hanno sentite sulla loro pelle tanti abitanti dell'area più
volte ricorsi al medico per l'irritazione delle vie respiratorie, un
fenomeno mai successo prima. Un altro argomento contro la fabbrica è lo
smaltimento dei rifiuti tossici, per i quali non è stata trovata la giusta
collocazione per cui vengono accumulati nello spiazzo dinanzi la fabbrica. |
Il tempo della decrescita |
|
lUn nuovo partito trasversale
s’è affacciato con successo alla ribalta mondiale, il «Partito della
Decrescita». Lo patrocinano insigni studiosi e politici internazionali, che
hanno infine sentito sulle loro spalle il carico opprimente della
responsabilità verso le generazioni future.
Esso mette in discussione il tabù d’una crescita economica che ormai sta
raggiungendo i limiti imposti dalle risorse del pianeta Terra per consentire
una vita decente ai suoi abitanti. Le riserve di petrolio – secondo il World
Energy Congress di novembre – basteranno sì e no per 100 o 200 anni, ma
cominciano già a scarseggiare l’acqua, le terre coltivabili e l’ossigeno per
una popolazione mondiale in continua espansione demografica.
È ormai impellente l’esigenza che vengano adottate le regole stringenti
delle «8R» obbligate del Partito della Decrescita: «Rivalutare - Ridefinire
- Ristrutturare - Rilocalizzare - Ridistribuire - Ridurre - Riciclare -
Riutilizzare». Ciascuno può riflettere sui tempi più opportuni per tali
scelte inderogabili: ancora esse non rappresentano una moda, ma
inesorabilmente cominceranno tra breve a indirizzare ogni tendenza. La
società dei facili consumi è infatti in via d’esaurimento, come stanno
sperimentando sulla loro pelle le fasce sociali dell’indigenza, dei giovani
lavoratori sottopagati, degli anziani con pensioni da fame.
Entro il 2020 le emissioni di ossidi di carbonio ammonteranno
all’equivalente di 36 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, «un
quantitativo sconvolgente» dice Zhores Alferov, premio Nobel per la fisica,
che intravede nell’utilizzo di nuove celle solari tramite lo sviluppo delle
nano-tecnologie per il fotovoltaico l’unica risposta agli interrogativi
energetici futuri.
È un accenno di speranza e d’ottimismo, ma noi privilegiati occidentali
faremmo intanto bene a educare i nostri figli a convivere tutti col «Partito
della Decrescita» invece che con quello dello spreco.
Furio Finzi |
IL PICCOLO -
DOMENICA, 6 gennaio 2008
«Befana per la vita»: carbone
ai politici sul nodo Ferriera |
|
Inizia oggi alle 11, davanti al
Municipio, «Befana per la vita», manifestazione di protesta organizzata dal
Circolo Miani, da Servola respira e da La tua Muggia contro la decisione
della giunta regionale di rilasciare l’autorizzazione integrata ambientale
alla Ferriera. Dopo la consegna di due sacchi di carbone davanti al
Municipio il corteo proseguirà alla volta della sede della Regione in via
Carducci e di quella della Provincia in piazza Vittorio Veneto. |
Salvare la terra |
|
Non sono scienziato, ma sono
osservatore della vita sul pianeta Terra. Leggo molto i libri e amo la
natura, la storia, la geografia, e anche la scienza. Guardo sempre i
documentari, alla televisione. Questo pianeta ha oltre 10 mila di anni.
Vivevano i romani, i greci e gli egiziani nelle temperature calde e il cielo
era colore di arancio.
Dopo la caduta dei dinosauri si è aumentata l’acqua e così nacque l’inverno.
Il cielo si trasforma in colore azzurro. Noi viviamo con molta attenzione
per l’inquinamento e il caos sulla Terra. Credo che nel futuro il cielo
diventerà sempre più grigio e rosso come l’inferno. Mai più vedremo
l’azzurro. Gli alberi spogli e le piante distrutte.
Questa non è la fantascienza ma la mia scoperta?
Salvate il pianeta Terra!
Dario Zimolo |
dal BLOG di Beppe Grillo -
SABATO, 5 gennaio 2008
Inceneritori,
perché no.
1 - L’incenerimento dei rifiuti li trasforma in nanoparticelle tossiche e
diossine
2 - L’incenerimento necessita di sostanze come acqua, calce, bicarbonato che
aumentano la massa iniziale dei rifiuti
3 - Da una tonnellata di rifiuti vengono prodotti fumi e 300 kg di ceneri solide
e altre sostanze
- le ceneri solide vanno smaltite per legge in una discarica per rifiuti tossici
nocivi, rifiuti estremamente più pericolosi delle vecchie discariche
- i fumi contengono 30 kg di ceneri volanti cancerogene, 25 kg di gesso
- l’incenerimento produce 650 kg di acque inquinate da depurare
4 - Le micro polveri (pm 2 fino a pm 0,1) derivanti dall’incenerimento se
inalate dai polmoni giungono al sangue in 60 secondi e in ogni altro organo in
60 minuti
5 - Le patologie derivanti dall’inalazione sono: cancro, malformazioni fetali,
Parkinson, Alzheimer, infarto e ictus. Lo comprovano migliaia di lavori
scientifici
6 - Gli inceneritori, detti anche termovalorizzatori, sono stati finanziati con
il 7% della bolletta dell’Enel associandoli alle energie rinnovabili insieme ai
rifiuti delle raffinerie di petrolio al carbone. Senza tale tassa sarebbero
diseconomici. Nell’ultima Finanziaria è stato accordato il finanziamento, ma
solo agli inceneritori già costruiti
7 - In Italia ci sono 51 inceneritori, sarebbe opportuno disporre di centraline
che analizzino la concentrazione di micro polveri per ognuno di essi, insieme
all’aumento delle malattie derivate sul territorio nel lungo periodo
8 - I petrolieri, i costruttori di inceneritori e i partiti finanziati alla luce
del sole da queste realtà economiche sono gli unici beneficiari
dell’incenerimento dei rifiuti
Cosa fare con i rifiuti.
1 - Riduzione dei rifiuti (Berlino, per fare un esempio, ha ridotto in sei
mesi i rifiuti del 50%)
2 - Raccolta differenziata porta a porta con tariffa puntuale
3 - Riciclo di quanto raccolto in modo differenziato
4 - Quanto rimane di rifiuti dopo l’attuazione dei primi tre punti va inviato a
impianti per una selezione meccanica delle tipologie dei rimanenti rifiuti
indifferenziati. La parte non riciclabile può essere trattata senza bruciarla
con in impianti di bioessicazione
5 - In termini economici non conviene bruciare in presenza di una raccolta
differenziata perchè:
- il legno può essere venduto alle aziende per farne truciolato
- il riciclaggio della carta rende più dell’energia che se ne può ricavare
- il riciclaggio della plastica è conveniente. Occorrono 2/3 kg di petrolio per
fare un kg di plastica
6 - La raccolta differenziata può arrivare al 70% dei rifiuti, il 30% rimanente
può ridursi al 15-20% dopo la bioessicazione. Una quantità che è inferiore o
equivale agli scarti degli inceneritori. Ma si tratta di materiali inerti e non
tossici con minori spese di gestione ed impatti ambientali sanitari
Se nel settore dei rifiuti non ci fossero le attuali realtà,
per legge, di monopoli privati a totalità di capitale pubblico, ma una reale
liberalizzazione del mercato, la concorrenza tra le aziende avverrebbe sulla
capacità di recupero e l’incenerimento sarebbe superato.
IL PICCOLO -
SABATO, 5 gennaio 2008
LEGAMBIENTE: ECOSISTEMA
BAMBINO - Le politiche locali a favore dei ragazzi sotto i 14 anni: la città
guadagna 20 posti |
|
TRIESTE e’
33.ma nell’inchiesta di Legambiente
Trieste guadagna venti posizioni
nella classifica di «Ecosistema bambino 2008», ricerca condotta annualmente
da Legambiente e che valuta le politiche a favore degli under 14 nei comuni
capoluogo di provincia.
Se a inizio 2007, la città giuliana era andata a occupare la 53.a piazza (su
un totale di 103), la nuova indagine la segnala in netta ripresa,
collocandola al 33° posto.
La graduatoria è guidata da Torino, alle cui spalle seguono nell’ordine
Ravenna, Roma, Modena, Forlì, Firenze e Pesaro. Meglio di Trieste anche
Pordenone (18.a) e Udine (29.a), mentre rispetto a dodici mesi fa è da
registrare il sorpasso del capoluogo ai danni di Gorizia (39.a).
Il lavoro portato avanti da Legambiente si basa sulla quantità e la qualità
delle azioni messe in piedi dalle istituzioni locali per i più piccoli:
iniziative culturali, progetti che li coinvolgano, campagne d’informazione,
ma anche una sempre maggiore dotazione di uffici competenti ed il
miglioramento di strutture e spazi urbani dedicati.
«Questo salto in avanti non è frutto di fatti casuali - osserva Giorgio
Rossi, assessore comunale all’educazione, infanzia e giovani - perché molto
è stato fatto nei mesi scorsi, non solo dal Comune».
«Giustamente si è scelto di dare uno spazio importante alla creatività di
ragazzi e bambini, tentando di portare avanti sempre più le cose che
piacciono loro. Voglio ricordare, inoltre, come istituzionalmente i nostri
servizi siano superiori a quelli offerti in Friuli e non solo. Mi riferisco
agli asili nido, alle scuole materne e ai ricreatori, che sono una
prerogativa prettamente triestina».
A separare Trieste dal vertice della classifica di «Ecosistema bambino
2008», secondo Rossi, sono invece altri aspetti.
«È molto difficile - sostiene l’assessore - che si riescano ad avvicinare le
primissime posizioni di questa graduatoria nel breve periodo, perché abbiamo
dei problemi legati alle infrastrutture e all’edilizia scolastica, non
facilmente risolvibili in fretta».
Da poco iniziato il nuovo anno, l’assessore guarda ai mesi che verranno con
un obiettivo ben preciso legato al mondo dei giovani: «Bisogna riuscire a
spostare l’asse di interesse triestino dal passato, a cui è orientato per
tradizione. Dobbiamo far sì che si rivolga ai giovani, tentando di
intensificare anche il rapporto fra le scuole e gli istituti scientifici
d’eccellenza presenti in città».
ma.un. |
Circoscrizioni alleate contro
le discariche abusive |
|
Valmaura-Servola, San Giovanni-San Luigi e San Giacomo-Barriera
collaboreranno per liberare le aree invase da rifiuti e rottami
Le emergenze: la 202, il
bosco del Farneto, il viale al Cacciatore e via Brigata Casale
Con il nuovo anno si profila una
stretta collaborazione tra Quinta, Sesta e Settima circoscrizione
(rispettivamente Barriera Vecchia-San Giacomo, S.Giovanni-Chiadino e
Valmaura-Servola) per combattere l’inquinamento e la formazione di
discariche abusive. Spesso, infatti, i cittadini segnalano la presenza di
immondizie e rifiuti ingombranti ai lati della Strada statale 202, oltre il
cui ciglio si trovano oggetti di ogni tipo: motocicli, televisori, ma anche
mobili e materiale edilizio.
Situazione simile, anche se meno grave, nel bosco del Farneto, in viale al
Cacciatore e in via Brigata Casale, dove, soprattutto d’estate, vengono
abbandonati elettrodomestici rotti e copertoni d’automobile. A rischio,
inoltre, l’integrità ambientale dei letti dei numerosi torrenti che scorrono
nella zona, i più famosi dei quali sono i rii Corgnoleto e Primario, dove
sono stati trovati rifiuti e carcasse di animali morti. Tutte aree che si
trovano ai margini dei singoli territori di competenza dei tre parlamentini.
Il consigliere Francesco Battaglia ha quindi lanciato l’idea di una
collaborazione più stretta tra le assemblee rionali, per realizzare
interventi coordinati e sinergici tra loro.
«La protezione ambientale non ha colore politico ed è più importante dei
limiti territoriali – spiega il presidente della Settima circoscrizione
Andrea Vatta -. Il quadro ecologico è prioritario, perché oltre alle aree
verdi curate dal Comune devono essere tutelate anche la vegetazione
spontanea. Contatteremo gli enti competenti in materia, come la Provincia,
la Polizia municipale e anche Acegas-Aps, così da individuare le zone
critiche e segnalarle prima che la situazione degeneri. Per quanto riguarda
le periferie va posta la massima attenzione agli interventi di pulizia e
riqualificazione di torrenti e rii. Tra i parlamentini c’è una chiara
sintonia d’intenti e quindi a breve stabiliremo degli incontri e dopo aver
confrontato i diversi punti di vista elaboreremo un documento in materia».
Della stessa opinione Silvio Pahor, alla guida della Quinta circoscrizione.
«Valuteremo un strategia comune – dice -. Sicuramente faremo anche una serie
di sopralluoghi per definire quali siano i siti più sensibili. Considerando
gli interventi di rinnovamento che Trieste sta subendo è fondamentale
risolvere la questione delle discariche abusive. Servirebbero controlli più
rigidi, per individuare e multare i responsabili di questi gesti. Il
problema non riguarda, infatti, solo le zone isolate e periferiche, ma buona
parte della città. Alcune persone, invece di portarli alle discariche,
lasciano i propri rifiuti ingombranti appoggiati ai cassonetti
dell’immondizia. Acegas-Aps fornisce gratuitamente un servizio di ritiro a
domicilio, proprio per venire incontro alle esigenze dei cittadini, ma
dovrebbe pubblicizzarlo maggiormente, anche attraverso le bollette per le
utenze domestiche».
«L’ultima parola su quest’iniziativa spetta al consiglio, ma visti i suoi
contenuti verrà quasi sicuramente portata avanti – dichiara, infine, il
presidente della Sesta circoscrizione Gianluigi Pesarino Bonazza -. Il
parlamentino deve osservare attentamente quanto accade nei rioni, così da
permettere al Comune di intervenire rapidamente. Per avere un controllo
capillare sul territorio è necessario prestare attenzione alle segnalazioni
delle associazioni e dei residenti».
Mattia Assandri |
DISCARICHE - In tutta la
provincia sette punti di raccolta regolari |
|
Nel comune di Trieste sono in
via Carbonara, strada per Cattinara, via Valmartinaga, strada per Vienna e
via Giulio CesareL’individuazione delle discariche abusive sul
territorio della provincia di Trieste compete ad Agegas-Aps. Per combattere
l’abbandono dei rifiuti ingombranti ai margini delle strade e nelle zone
verdi l’ex municipalizzata ha allestito sette punti di raccolta, nei quali i
cittadini possono portare gratuitamente tutti gli oggetti che, per tipologia
o dimensioni non devono essere inseriti all’interno dei cassonetti. |
Per utilizzare il servizio non
serve alcuna prenotazione, ma è sufficiente trasportare ciò di cui ci si
vuole liberare fino alle aree di stoccaggio e poi metterlo negli specifici
contenitori, seguendo le indicazioni del personale specializzato che
supervisiona le operazioni.
I centri attivi nel Comune di Trieste sono cinque e si trovano
rispettivamente in via Carbonara 3, strada per Cattinara 2/1, via
Valmartinaga 10, strada per Vienna 84 e via Giulio Cesare 10. A Muggia il
punto di conferimento è situato lungo la strada per i laghetti di Noghere,
mentre nel territorio di Duino-Aurisina ci si può rivolgere al centro
servizi del Comune.
Acegas-Aps ha, inoltre, attivato un sistema gratuito di raccolta a domicilio
per gli oggetti che non superano il metro cubo di volume, come ad esempio
elettrodomestici o piccoli mobili. Per richiedere il ritiro dei materiali
inutili è sufficiente contattare il numero 040-572122 e concordare la data
del passaggio della squadra tecnica, che effettuerà il prelievo direttamente
dal portone o dall’abitazione dei cittadini. Informazioni più dettagliate
sono disponibili sul sito internet di Acegas-Aps (www.acegas-aps.it).
m.a. |
Domani la «Befana per la
vita»: sacchi di carbone ai politici sul problema della Ferriera - Il corteo
partirà dopo le 11 da piazza Unità |
|
Un appello «a tutti i cittadini
di Trieste e Muggia» affinché aderiscano in grande numero all’appuntamento
di domani mattina con la manifestazione «Befana per la vita», organizzato
per «tutelare salute e lavoro sicuro».
Questo l’esplicito invito avanzato da Circolo Ercole Miani, Servola Respira
e La tua Muggia insieme al Coordinamento comitati di quartiere «per dare una
prima risposta all’incredibile decisione assunta tra Natale e Capodanno
dalla giunta regionale - sottolinea la presentazione della manifestazione -
di rilasciare l’autorizzazione integrata ambientale alla Ferriera di
Trieste».
L’appuntamento è stato fissato alle 11 in piazza Unità, proprio davanti al
Municipio. Poi il corteo partirà lasciandosi alle spalle due sacchi di
carbone. «Non quello offerto dalla Befana il 6 gennaio ma quello elargito
generosamente per 365 giorni all’anno - sottolinea l’invito siglato da
Romano Pezzetta - dallo stabilimento di proprietà del Gruppo
Lucchini-Severstal agli abitanti di Trieste e Muggia».
Due «messaggi» rivolti alle autorità («sindaco e prefetto» viene spiegato)
prima di proseguire attraverso piazza della Borsa, corso Italia, piazza
Goldoni e via Carducci dove altro carbone sarà riservato alla presidenza
della giunta regionale. Tappa finale in piazza Vittorio Veneto per una
«consegna» anche ai vertici della Provincia. |
RISERVA Val Rosandra, pronti
palmari e segnaletica - Mancano da installare le panchine dei punti
panoramici. Si punta a un turismo anche di medio e ampio raggio |
|
A San Dorligo della Valle a
settimane aprirà la Riserva: computer al Centro visite |
Il 2008 sarà l’anno del
pipistrello. È questo l’animale scelto dal Comune di San Dorligo della Valle
per rappresentare simbolicamente il logo della Riserva della Val Rosandra,
il gioiello naturalistico di Bagnoli oramai a un passo dalla fase di
completamento dei lavori che hanno contraddistinto l’ultimo anno. «Grazie ai
fondi ottenuti in ambito europeo e regionale vogliamo far sì che la Val
Rosandra diventi una meta turistica a medio e ampio raggio e non solo per i
visitatori domenicali, nella quale un soggiorno possa essere allietato sia
dai nostri paesaggi che dai nostri prodotti tipici culinari» ha spiegato il
primo cittadino di San Dorligo, Fulvia Premolin.
Condizioni meteorologiche permettendo, l’inaugurazione ufficiale dovrebbe
essere cosa di poche settimane. Il Centro visite è in fase di ultimazione.
All’interno troverà spazio il Museo etnografico e di costumi popolari, reso
possibile grazie al contributo di diversi cittadini locali che hanno messo
al servizio del Comune i propri cimeli. Al Centro visite, inoltre, verranno
distribuiti dei palmari, che fungeranno da guida interattiva per i turisti.
«Il software, realizzato in collaborazione con l’Università di Trieste, è
già pronto e riguarderà la flora e la fauna che caratterizzano la nostra
riserva naturale» ha rimarcato Premolin. I percorsi all’interno della Valle
sono praticamente ultimati. Un significativo lavoro è stato svolto per
completare al meglio la segnaletica, riscoprendo anche gli antichi toponimi
caduti da tempo nel dimenticatoio. Tra gli ultimi accorgimenti da completare
la necessità di posizionare qualche panchina nei punti panoramici più
strategici. Ristrutturata completamente invece la chiesetta, che dovrebbe
valorizzare l'aspetto spirituale della Riserva, con pellegrinaggi e
manifestazioni culturali.
I tanti incontri avuti con la popolazione rientranti nel servizio Agenda 21
e le ultime riunioni del Comitato tecnico-scientifico hanno sicuramente
contribuito a sviscerare le eventuali problematiche restanti. «È chiaro che
c’è grande attesa da parte degli esercizi commerciali, che giustamente con
la Riserva vedono la possibilità di aumentare la propria mole di lavoro;
anche per questo abbiamo voluto favorire la valorizzazione della Val
Rosandra fuori dai confini locali» ha evidenziato il sindaco di San Dorligo.
Un importante passo è stato compiuto inserendo una pagina promozionale
nell’edizione 2008 del Touring Club Italiano, la massima pubblicazione di
carattere turistico in Italia.
Inoltre, entro breve, verrà proposto un libro, curato dal professor Dario
Gasparro, nel quale il naturalista ha raccolto una cospicua serie di saggi
composti da avvalorati esperti e semplici cittadini conoscitori di queste
terre. Dopo secoli di storia, dunque, la Val Rosandra, una volta via di
passaggio, acquedotto verso la città e importante sede della Ferrovia
imperiale, si appresta a diventare un’oasi di primo piano, in cui i
sentieri, le vie di arrampicata e le palestre di roccia costituiranno una
grande attrattiva per le migliaia di visitatori previsti che frequenteranno
questi 750 ettari di pura natura.
Riccardo Tosques |
Sul Carso torna la
pastorizia: a Basovizza ricovero all’aperto da 320mila euro |
|
La
struttura sorgerà tra il centro abitato e il confine per Lipizza. Il
progetto punta anche a ripristinare la flora di landa, quasi scomparsa
con il declino degli animali d’allevamento
TRIESTE L'attività
pastorizia tornerà a breve a fare ripopolare il Carso con pecore, capre
e mucche. Con il nuovo anno partirà infatti anche la seconda fase del
progetto di recupero della landa carsica che per la prossima primavera
prevede la costruzione a Basovizza di un ricovero all'aperto per animali
da pascolo.
Tre gli obiettivi principali: la salvaguardia dell'ambiente originario,
il ripristino sul territorio di attività storiche quali la pastorizia e
il rilancio economico e turistico del settore agricolo. Un piano di
recupero per il quale la giunta provinciale di Trieste ha stanziato
oltre 774 mila euro. Di questi, 320 mila andranno a coprire la spesa per
la costruzione del ricovero all'aperto per i bovini. L'area in questione
è compresa tra Basovizza e il confine di Lipizza, dove sul lato destro
già da tempo sono visibili dei recinti, utilizzati per la prima fase del
progetto appena conclusosi.
Dopo mesi di lavoro, la Società cooperativa Pascolo sociale di
Basovizza, grazie al supporto degli esperti delle Università di Trieste
e Padova, ha terminato lo studio che ha permesso d’individuare le linee
strategiche da utilizzare per portare a termine i tre obiettivi
prefissati. Con alcuni esperimenti diversificati è stato possibile
accertare il fatto che sul territorio carsico la storica attività di
pastorizia non solo è ancora possibile, ma può anche permettere di
ripristinare la landa carsica ormai in via di estinzione.
Con il venire meno delle attività di pascolo, infatti, il territorio dal
punto di vista vegetativo ha subito nel tempo delle sostanziose
modifiche: la landa ha lasciato spazio a un progressivo imboschimento
dell'area. Basti pensare alla presenza, che oggi possiamo riscontrare,
del pino nero o di arbusti bassi in certe aree dove storicamente non
attecchivano, in quanto galline, mucche e pecore, con il loro razzolare
e brucare, ne ostacolavano la crescita.
Ora, quindi, gli agricoltori della zona provvederanno a riportare sul
territorio in modo alternato ovini, caprini e bovini che pascoleranno
indisturbati nelle aree protette potendo, in caso di carestia,
foraggiarsi nel ricovero all'aperto. «L'idea - spiega il vice presidente
e assessore all'Agricoltura e alle politiche per il Carso Walter Godina
- è nata dall'allora assessore provinciale all'Ambiente Fulvio Tamaro
(ora assessore all'Ambiente e all'agricoltura del Comune di Duino
Aurisina, ndr) e oggi, grazie al minuzioso lavoro, l'Ente è riuscito a
concretizzarla in modo eccellente. Il progetto s’inserisce nell'ambito
del piano di sviluppo del marketing del Carso».
«Recuperando dal punto di vista paesaggistico e agricolo la vera natura
di questo territorio - precisa ancora Godina - potremo rilanciare
l’Altipiano anche dal punto di vista turistico. In quest'ottica si
colloca la costruzione di un ricovero per bovini. Un modo per creare
delle zone adibite a pascolo che potrà essere utilizzato non solo dagli
agricoltori, ma anche dai visitatori che vorranno acquistare i formaggi
del territorio e vedere i luoghi dove pascolano gli animali che li
producono. Insomma un turismo carsico che non potrà prescindere dalla
creazione di percorsi naturalistici». Nel dettaglio il finanziamento
della Provincia prevede anche una spesa di 200 mila euro per la bonifica
dei terreni forestali, circa 8 mila euro per la segnaletica e 23 mila
per il ripristino di uno stagno per la raccolta delle acque piovane già
utilizzato in passato come abbeveratoio per gli animali.
Silvia Stern |
|
Alta velocità Venezia-Trieste:
progettazione preliminare - Convenzione con Rfi |
|
VENEZIA La giunta regionale del
Veneto, su proposta dell'assessore alle Politiche della mobilità Renato
Chisso, ha ratificato la convenzione sottoscritta alla fine del dicembre
scorso tra Regione Veneto e Rete Ferroviaria Italiana per la progettazione
preliminare della nuova linea alta capacità-alta velocità Venezia-Trieste.
Il progetto in questione riguarda la tratta compresa tra Venezia e Quarto d'Altino.
Per la sua elaborazione è stato impegnato a favore di Rfi un milione e mezzo
di euro, come anticipo della quota di cofinanziamento complessiva di 2
milioni e mezzo di euro.
«Come Regione - ha ricordato Chisso - avevamo espresso ancora nel 2004 la
disponibilità ad anticipare i fondi necessari a redigere la progettazione
preliminare della nuova linea ferroviaria Ac/Av Venezia-Trieste tra il nodo
di Venezia-Mestre e il fiume Tagliamento. Tale disponibilità si era
concretata con la sottoscrizione di una specifica convenzione con Rfi nel
novembre del 2005, con la quale ci eravamo fatti carico, come anticipazione
della spesa, di una quota dei fondi necessari per la progettazione
preliminare della tratta Quarto d'Altino-Tagliamento della nuova linea».
Chisso ricorda che, per parte sua, Rfi si era impegnata a sviluppare,
d'intesa con la Regione, la progettazione preliminare. «Ora - rileva -
abbiamo assegnato l'anticipo della quota per la progettazione preliminare
della restante tratta, per la quale è già stato assegnato un finanziamento
dell'Unione Europea». |
L’Ue finanzierà la rete bus
italo-slovena - La prevede il programma di cooperazione che vale in totale
136 milioni di euro. Si punta anche su strade locali e piste ciclabili
|
|
Progetti per collegare
Trieste e Capodistria. E unire Gorizia a Nova Gorica -
Sinergie
anche per turismo, lavoro, ricerca, formazione e competitività |
Iacop:
promozione congiunta di prodotti agricoli e zone industriali |
TRIESTE Il confine non c’è più.
E allora perché non dare vita a una rete «senza confine» di autobus e
corriere? Italia e Slovenia, con il Friuli Venezia Giulia in «cabina di
regia», non hanno dubbi: si può, si deve fare. Lo scrivono nero su bianco
nel programma di cooperazione transfrontaliera che, fresco d’approvazione a
Bruxelles, vale più di 136 milioni di euro. E finanzia progetti
esclusivamente «comuni», come appunto un sistema di mezzi pubblici,
nell’area a cavallo della frontiera che fu.
LE PRIORITÀ Quel programma, imponendo per la prima volta una visione
e una gestione unitaria dello sviluppo, individua di fatto tre assi
prioritari (il quarto, l’assistenza tecnica, è obbligatorio) in cui la nuova
stagione di rapporti si deve esprimere: l’ambiente e i trasporti, la
competitività e l’integrazione sociale. Ma sin d’ora, in vista dei bandi a
cui potranno concorrere con progetti i comuni, le province, le imprese, le
camere di commercio, le università, gli istituti di ricerca e persino le
associazioni no profit, si spinge oltre. Declina gli obiettivi principali.
Suggerisce i modi per raggiungerli.
I MEZZI PUBBLICI E la mobilità transfrontaliera, come conferma
l’assessore agli Affari comunitari Franco Iacop, occupa un posto di
riguardo. C’è, è già forte, aumenterà ancor di più. Ma la gran parte degli
spostamenti, oggi, avvengono in automobile. Non è un caso, d’altronde:
«Salvo eccezioni - nota Iacop - i collegamenti pubblici hanno attualmente
una dimensione nazionale». Urge rimediare, dunque: e il programma
comunitario, impegnandosi a finanziare il potenziamento dei trasporti
pubblici transfrontalieri, consente di farlo in fretta. «Come obiettivo -
spiega l’assessore - ci poniamo una rete unica per Gorizia, Nova Gorica e
San Pietro. E collegamenti transfrontalieri tra Trieste, Capodistria e così
via...».
LE INFRASTRUTTURE Autobus italo-sloveni, ma non solo. Come ignorare
l’intero sistema dei trasporti e della logistica? «Nell’area - recita il
programma di collaborazione - l’offerta di infrastrutture pare insufficiente
rispetto alla domanda, con conseguenti problemi di traffico e peggioramento
della qualità dell’aria». Ed ecco, allora, i finanziamenti per migliorare il
coordinamento tra porti, aeroporti e piattaforme intermodali. Quelli per la
prevenzione e la gestione di emergenze lungo le vie di comunicazione. Quelli
per la realizzazione di infrastrutture locali come le strade di collegamento
tra i centri di piccole dimensioni o le piste cicabili.
L’AMBIENTE Sulla scia della strategia già perseguita ai tempi di
Internet, lo strumento sinora principe della cooperazione italo-slovena, il
nuovo programma 2007-2013 investe molto anche sull’ambiente. Sulla sua
protezione. Sulla sua valorizzazione. Incentiva, ad esempio, la tutela e la
gestione comune dei parchi naturali anche in chiave turistica, come sta già
avvenendo tra Prealpi Giulie e Tricorno. Finanzia progetti pilota in materia
di energie rinnovabili e risparmio energetico. Punta al coordinamento dei
sistemi di gestione dei rifiuti e, possibilmente, all’incremento della
raccolta differenziata, peraltro più diffusa sul versante sloveno. Investe
su una sempre maggiore cooperazione nella prevenzione delle calamità
naturali, dagli incendi ai terremoti, e dell’inquinamento. Promuove la
gestione integrata delle risorse idriche comuni attraverso lo sviluppo di
reti fognarie, l’accesso a reti congiunte di acque potabili, lo sfruttamento
dell’energia idroelettrica: «L’Isonzo, in quest’ottica, diventa centrale. Ne
abbiamo già parlato con la Slovenia e c’è la volontà comune - anticipa Iacop
- di arrivare a una gestione unitaria del bacino».
L’ECONOMIA Come dimenticare, poi, le sinergie nel campo dell’impresa,
del turismo, della ricerca, del lavoro e della formazione? Il programma
approvato dalla commissione europea, stanziando quasi 40 milioni di euro nel
segno della competitività, promuove la messa in rete dei poli scientifici.
La cooperazione tra istituti di ricerca, università, scuole. La diffusione
«senza confini» dell’innovazione e della tecnologia. E i programmi congiunti
di formazione. Non solo: sponsorizza la creazione di reti e servizi comuni
tra aree produttive e parchi industriali. Le misure a supporto
dell’internazionalizzazione congiunta delle piccole e medie imprese e dei
cluster produttivi. Le iniziative di marketing territoriale e promozione
turistica. La creazione di pacchetti turistici transfrontalieri. «Stiamo
ragionando, in particolare, sull’evoluzione dei ”progetti” Carso e Collio. E
quindi - spiega Iacop - sulla messa in rete dei produttori agricoli e sulla
promozione congiunta del loro prodotto. Così come auspichiamo la diffusione
delle zone industriali miste».
L’INTEGRAZIONE Nonostante la caduta fisica dei confini, però, le
barriere culturali resistono: la lingua, i pregiudizi, la storia... E allora
il programma di cooperazione punta a contrastarle. Come? Con un mix di
azioni che tendono all’integrazione sociale e prevedono, ad esempio,
coproduzioni teatrali, musicali e artistiche; scambi tra le scuole primarie
e secondarie e tra le università; centri di informazione rivolti ai
cittadini italiani e sloveni; forme di comunicazione trasfrontaliera;
valorizzazione delle minoranze. «Assieme a Lubiana - annuncia Iacop -
sosteniamo un progetto denominato ”Lingua” che si regge proprio sulle due
minoranze per sviluppare gli scambi e la conoscenza». Ma l’integrazione può
passare anche per lo sport e, perché no?, per la salute: il programma,
pertanto, finanzia l’utilizzo congiunto di stadi, palazzetti e palestre, le
azioni comuni a misura di disabili e, soprattutto, tutti gli interventi tesi
a facilitare l’accesso dei cittadini all’assistenza sanitaria. Traduce Iacop:
«Vogliamo arrivare a una fruizione reciproca di strutture e servizi». A una
sanità senza confini, insomma.
Roberta Giani |
Riqualificazione energetica:
al via le detrazioni fiscali |
|
TRIESTE Con la pubblicazione
sulla Gazzetta ufficiale, è entrato in vigore il decreto relativo alle
detrazioni fiscali su investimenti per la riqualificazione energetica del
patrimonio edilizio. Lo ricorda il consigliere Ivano Strizzolo (Pd), che
esprime anche soddisfazione per questo risultato, seguito all’interrogazione
da lui presentata lo scorso ottobre nella Commissione finanze del consiglio
regionale del Friuli Venezia Giulia.
«Con il decreto - rileva Strizzolo - si apportano, infatti, alcuni
importanti correttivi a un precedente decreto che, contenendo alcune
indicazioni errate, di fatto bloccava per molti contribuenti la possibilità
di applicare le detrazioni fiscali previste dalla legge finanziaria del
2007».
In maniera specifica, viene introdotta una modifica ad alcune disposizioni
stabilite per la certificazione di qualità dei pannelli solari, in
conformità alle norme Uni En 12975 e Uni En 12976, rilasciata dai laboratori
accreditati. |
IL PICCOLO -
VENERDI', 4 gennaio 2008
San Dorligo, decolla la
raccolta differenziata - E ora il Comune sta per distribuire il cassonetto
per il compost |
|
Lo scorso
ottobre la percentuale è stata del 34% del totale, il doppio rispetto al
mese di agosto
SAN DORLIGO La raccolta
differenziata, promossa per la prima volta nella provincia di Trieste da
parte della giunta di San Dorligo della Valle, ha dato i frutti che
l’amministrazione comunale si attendeva.
I numeri raggiunti nel secondo semestre del 2007 hanno infatti indotto il
sindaco Fulvia Premolin a rafforzare e migliorare ulteriormente questo
importante progetto, teso a sensibilizzare la coscienza ecologica dei
cittadini.
Nell’agosto del 2007 la quantità di rifiuti indifferenziati destinati all’incenenitore
era pari a 220 tonnellate, che sono scese a 134 nello scorso ottobre.
Lo stesso 2007 si è rivelato un anno molto importante a tale riguardo: in
ottobre i rifiuti differenziati sono saliti al 34% del totale, rispetto al
17% fatto registrare in agosto.
In pratica la raccolta porta a porta ha contribuito al raddoppio dei
materiali riciclabili, che sono destinati ai punti di raccolta siti in
diverse località del Triveneto.
Dopo la suddivisione dei contenitori – giallo per plastica-vetro-lattine,
blu per la carta e cartone, e verde per l’indifferenziato – sta ora per
arrivare il cassonetto per il compost, ossia i rifiuti organici.
Grazie al contributo della Provincia vogliamo perfezionare questo importante
progetto verso un argomento che, soprattutto in questi giorni, come si piò
vedere a Napoli, è di grande attualità», ha commentato il sindaco Fulvia
Premolin.
Un altro passo avanti in tal senso è costituito, indubbiamente, dalla
decisione di aumentare l’orario di apertura del centro per rifiuti
ingombranti sito nei pressi del cimitero di Bagnoli, che aveva fatto
discutere i residenti.
Attualmente la struttura, tenuta aperta e monitorata da un operaio del
Comune, chiude alle 13. Un orario limitato, che la stessa Premolin ritiene
insufficiente: «Stiamo vagliando la soluzione per usufruire al meglio di
questo luogo, in maniera tale che i nostri residenti possano accedervi in un
arco di tempo maggiore rispetto a quello attuale».
Sinora l’unico neo registrato nel progetto di raccolta differenziata è stato
dato dalla difficoltà riscontrata dai residenti in appartamenti piccoli, che
si sono trovati spesso quasi nell’impossibilità di tenere in casa i tre
differenti bidoncini della spazzatura.
L’idea maturata è quella di creare delle isole ecologiche comuni, nelle
quali gli abitanti di uno stesso condominio possano smistare agevolmente i
propri rifiuti.
Del resto, già da due anni il Comune di San Dorligo della Valle ha voluto
promuovere la tariffa sui rifiuti al posto della tassa: in tale maniera si
paga esclusivamente per i rifiuti che si producono. «Vogliamo fare in modo
che più una persona differenzia, meno debba pagare», spiega la Premolin.
Dopo un anno di rodaggio, l’assessore ai servizi esterni Igor Tul è
decisamente più che soddisfatto dell’operato dei cittadini di San Dorligo:
«Insisteremo sul discorso della raccolta porta a porta, che ha portato a
un’importante riduzione dei rifiuti generalizzati a discapito di quelli
differenziati, sullo stile di quello che già avviene in paesi come l’Austria
e in alcuni comuni italiani».
Riccardo Tosques |
Soppressione di treni |
|
La segnalazione del 18
novembre, presentata da una gentile lettrice, in seguito all’eliminazione
della linea ferroviaria Trieste-Bari, ha aggiunto un’altra protesta contro i
provvedimenti restrittivi, adottati dalle nostre Ferrovie, da quando è in
vigore il sistema privatizzato.
Grazie al nostro giornale, anch’io ho avuto modo di protestare in seguito
alla soppressione del treno diretto «Trieste-Milano-Genova-Ventimiglia», che
avevo sempre preso regolamente, per necessità di famiglia, fin dagli anni
Quaranta. All’arrivo del Terzo millennio, lo stesso treno è stato annullato,
costringendomi così a rinunciare all’utile viaggio proprio nel tempo della
mia età più avanzata, quando le Ferrovie avevano istituito a favore degli
anziani, persino la «carta d’argento» per convenienti sconti tariffari.
Nonostante le ripetute rimostranze degli utenti, si continua però a rilevare
una progressiva riduzione delle linee, osservando comunque che l’intera rete
nazionale e tutti i relativi impianti, rimangono soltanto a disposizione
dell’azienda privatizzata. Le nostre Ferrovie col nuovo sistema, dovrebbero
prendere in esame un programma di concessioni private, ben distribuite e
controllate su tutto il territorio, per veder migliorare l’importante quanto
indispensabile servizio pubblico, anche attraverso l’interesse che potrebbe
scaturire da un diffuso rapporto concorrenziale.
Guido Placido |
IL PICCOLO -
GIOVEDI', 3 gennaio 2008
Aumenteranno i punti di
raccolta differenziata dei rifiuti - Il Comune amplierà il numero dei
contenitori destinati a carta, vetro, plastica, lattine, batterie e
medicinali |
|
Nuove informazioni per i
cittadini che effettuano la raccolta differenziata dei rifiuti sono
consultabili in modo rapido attraverso il sito internet, mentre in futuro il
Comune potrebbe aumentare il numero di contenitori per carta, vetro,
plastica e non solo.
Lo ha anticipato il presidente della Quarta Circoscrizione Alberto Polacco,
ricordando in quella sede la mozione presentata da alcuni consiglieri sulla
possibilità di apporre indicazioni sulle varie piazzole adibite alla
raccolta differenziata. «L’Area Sviluppo economico tramite il direttore del
servizio competente – spiega Polacco – mi ha scritto comunicandomi che l’AcegasAps,
gestore del servizio di igiene urbana nel Comune di Trieste, ha comunicato
che non giudica attuabile la soluzione di collocare sui cassonetti
l’indicazione di quelli per la differenziata. La società ritiene più
fattibile informare i cittadini mediante il sito, realizzando un programma
di semplice consultazione che permetta di mostrare, attraverso una
cartografia semplificata, la disponibilità di tali contenitori».
Il Comune ha fatto sapere al parlamentino che, oltre a questa, sono in
esame, sia dell’amministrazione sia dell’AcegasAps, altre iniziative, mirate
a incrementare ulteriormente il numero dei contenitori della raccolta
differenziata, che sono spesso concentrati insieme, per lo smaltimento più
semplice di carta, vetro, lattine, plastica, batterie, medicinali.
In attesa di novità in merito ai contenitori la circoscrizione si propone di
appoggiare una campagna ancora più capillare nelle zone di competenza,
quindi nei rioni di San Vito, Cittavecchia, Città Nuova e Barriera Nuova. «È
fondamentale un’opera di costante informazione e sensibilizzazione dei
cittadini, per aumentare il circolo virtuoso della raccolta differenziata -
conclude Polacco - che se effettuata in maniera costante e maggiore
consentirà in qualche modo di ridurre i costi del servizio e garantire un
maggiore equilibrio ambientale».
«Comunque, allo stato attuale – precisa il presidente del parlamentino -
Trieste è una delle città più virtuose sotto questo profilo, anche se è
sempre possibile migliorare, coinvolgendo le categorie e tutti i cittadini
in generale».
m.b. |
Ferriera, ricorso al Tar in vista
Un ricorso al Tar e un esposto al
Tribunale di Trieste contro l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia)
rilasciata dalla Regione alla Ferriera di Servola. Li presenterà a breve il
circolo «Miani» che da tempo, assieme ai residenti del rione, si batte per la
chiusura dello stabilimento siderurgico di proprietà del gruppo Lucchini.
Raccolta differenziata
«finta» - Tanta fatica per dividere le immondizie, che poi finiscono nello
stesso posto... |
|
Da una settimana non faccio più
la raccolta differenziata! Il perché è presto detto. Una mattina, verso le
7.30 sono uscita per recarmi al lavoro, come ogni mattina, porto la mia
raccolta differenziata ai cassonetti. Distribuisco diligentemente carta,
vetro, plastica e lattine e, mentre sto per andarmene, arriva un autocarro
dell’Acegas, uno di quelli soliti che svuotano i cassonetti dell’immondizia.
Si ferma, scende l’operatore e, sorpresa, aggancia il contenitore della
carta.
Mi rivolgo esterrefatta a lui, chiedendogli dove sta svuotando il
contenitore della carta, mi risponde tranquillo: «Qua, nel camion». Me ne
vado arrabbiata e delusa, non credo sia il caso di discuterne con il
dipendente Acegas che sta eseguendo degli ordini. Chiedo qua e là al
vicinato e mi confermano che, già da un po’, nella nostra zona la raccolta
differenziata è un fatto puramente simbolico, visto che poi tutto viene
raccolto dai normali mezzi e probabilmente conferito all’inceneritore.
Secondo episodio, a questo punto determinante per la mia scelta.
Alcuni giorni dopo mi trovo nella sala d’aspetto di un ambulatorio di
analisi, devo essere sottoposta ad un esame medico e davanti a me ci sono
due persone in attesa; la prima entra nella stanza della segretaria che ha
in bella mostra dietro la sua scrivania due cestini portarifiuti, l’utente
incuriosita chiede il perché e l’impiegata le spiega che in quella sede ci
tengono molto a dare il buon esempio e che anche negli uffici vicini si fa
la raccolta differenziata, specialmente per quanto riguarda la carta, che ha
il suo apposito cestino. Un momento dopo, l’impiegata accompagna la signora
nell’ambulatorio, si assenta qualche minuto. Durante la sua assenza, arriva
l’incaricata alle pulizie, con il suo carrello fornito di scope, panni e
detersivi e anche di un capiente sacco nero, nel quale svuota entrambi i
cestini diligentemente riempiti dalla solerte impiegata.
Quando è rientrata nel suo ufficio, non le ho detto niente per non
deluderla, ma ho deciso che non vale proprio la pena di darsi da fare in tal
senso se poi il denaro destinato a tal fine viene sprecato in ridicoli e, a
questo punto inutili, «consigli» televisivi e radiofonici atti ad inculcare
in noi cittadini assurdi sensi di colpa (... nessuno se ne accorge? Il
Pianeta se ne accorge...).
Astrid Lackner |
IL PICCOLO -
MERCOLEDI', 2 gennaio 2008
Parte la gestione regionale
dei treni - Non sono previste novità nell’immediato. Sonego: «Subentro
formale allo Stato» |
|
TRIESTE Da ieri la Regione è il
gestore dei servizi ferroviari regionali e locali. Ma per i
cittadini-utenti, almeno per il momento cambierà poco. La Regione, con in
testa l’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego, è già al lavoro per arrivare
a un contratto di fornitura di servizi con Trenitalia più soddisfacente di
quello in essere. Ma la vera svolta arriverà quando dal 1° gennaio 2011
partirà il contratto con il gestore unico del trasporto pubblico locale,
servizio che sarà affidato attraverso il bando di gara di evdienza pubblica
che verrà ufficializzato entro la fine di marzo di quest’anno.
Per ora comunque si tratta soltanto di un subentro della Regione in un
rapporto con le ferrovie che fino al 31 dicembre dell’anno scorso era di
competenza dello Stato. «Abbiamo avviato tutte le procedure per la
definizione di un nuovo contratto di servizio con Trenitalia che sia più
rispondente alle esigenze dei cittadini del Friuli Venezia Giulia fino al 31
dicembre del 2010 - spiega l’assessore Lodovico Sonego -. Quindi la novità
introdotta ieri riguarda soltanto un aspetto formale. Finora purtroppo non è
stato possibile chiudere un contratto di fornitura di servizi perchè tra noi
e il gestore dei treni esistente una distanza evidente e noi riteniamo che
le condizioni poste da Trenitalia non siano soddisfacenti. Stiamo comunque
lavorando per ottenere dei servizi migliori ma il vero cambiamento ci sarà
soltanto nel 2011. La Regione si sta comunque impegnando a fondo per
smantellare un monopolio che non consente una crescita nel trasporto locale
in termini di efficacia e di efficienza».
Per giungere a quella che sarà poi la definizione di una gestione integrata
ferro-gomma la Regione ha già proposto a Rfi (società rete ferroviaria
italiana) un programma per la definizione degli aspetti tecnici in vista
della formalizzazione di un accordo quadro. Oltre agli interventi
strutturali già programmati da Rfi per eleminare gli elementi di criticità
della rete la Regione chiede tra l’altro l’istituzione di nuove fermate
sulla linea Trieste-Cervignano-Tarvisio, la nuova fermata all’aeroporto di
Ronchi dei Legionari e il raddoppio della linesa Udine-Cervignano |
Nuove misure contro gli
sprechi energetici -
La Regione rafforza gli incentivi statali: pannelli solari
obbligatori per legge |
|
A gennaio il
consiglio approverà in via definitiva il disegno di legge che investe sulla
diffusione delle fonti alternative |
Entro il
2010 l’amministrazione conta di raddoppiare gli investimenti passando da 43
milioni a 81 milioni |
TRIESTE Sarà un 2008 all’insegna
risparmio energetico. Tra gli incentivi previsti dallo Stato e le nuove
norme che verranno approvate in gennaio a livello regionale, l’anno nuovo
sarà caratterizzato da una serie di iniziative volte a limitare gli sprechi
energetici e favorire l'utilizzo di fonti alternative e rinnovabili. La
finanziaria 2008 emanata dal governo prevede importanti agevolazioni fiscali
per chi installa impianti di energia alternativa. Si va dal 55% di
detrazione fiscale per l'installazione di pannelli solari termici (gli
incentivi potranno arrivare fino a 60 mila euro in tre anni), riduzione dei
consumi per il riscaldamento invernale (fino a 100 mila euro in tre anni) e
sostituzione delle caldaie con apparecchi di nuova generazione sino al 36%
di deduzione fiscale per i commercianti che installano lampade a basso
consumo o al 20% per la sostituzione dei frigoriferi commerciali. Sono
inoltre previsti sconti del 20% sulle accise per il gpl e incentivi per la
trasformazione o l'acquisto delle autovetture a gas metano o gpl.
Tali misure, in Friuli Venezia Giulia, saranno accompagnate da alcuni
interventi che dovrebbero favorire l'utilizzo di fonti energetiche
alternative. A fine gennaio sarà discussa in aula la legge sull'energia già
approvata in sede di quarta commissione con una sostanziale condivisione tra
i diversi schieramenti politici. Il testo non prevede incentivi alle
famiglie, spiega l'assessore regionale Lodovico Sonego, «ma riordina il
settore puntando a rafforzare gli elementi che l’esperienza pregressa ha
indicato come positivi e di correggere alcune criticità emerse nel tempo».
Il ddl prevede la liberalizzazione per alcuni impianti di piccole dimensioni
a fonti rinnovabili: non dovranno ottenere l’autorizzazione energetica -
dovendo comunque incassare il via libera urbanistico, sanitario e ambientale
- i pannelli solari fotovoltaici, gli impianti di produzione elettrica in
cogenerazione alimentati a gas naturale di potenza inferiore o uguale a 3
megawatt, i gruppi elettrogeni di soccorso e quelli a basso impatto
inquinante, gli impianti eolici per uso domestico, impianti di
microgenerazione elettrica alimentati a biomasse.
Il ddl prevede anche, dal momento dell’entrata in vigore della legge,
dell’obbligo di installazione negli edifici di nuova costruzione o in fase
di ristrutturazione di pannelli solari termici per la produzione di almeno
il 50% dell’acqua calda, salvo eventuali impedimenti tecnici o vincoli
paesaggistici e monumentali. Sempre negli edifici nuovi o da ristrutturare
dovranno essere predisposti gli impianti necessari alla successiva
installazione di pannelli solari fotovoltaici. Inoltre, i nuovi distributori
di carburante e quelli da potenziare e ristrutturare dovranno dotarsi di
almeno una colonna di metano. «Siamo l’ultima regione in Italia per numero
di erogatori di metano – afferma il presidente della commissione competente,
Uberto Fortuna Drossi – anche perché il regime di benzina agevolata ha fatto
sì che il carburante tradizionale fosse più conveniente». Previste anche
alcune forme di incentivazione regionale a favore di imprese ed enti
pubblici, in particolare per la realizzazione di opere pubbliche, che
puntino all'innovazione tecnologica e alla ricerca delle migliori
tecnologie, nei settori delle fonti energetiche rinnovabili, del risparmio
energetico, dei sistemi ad alta efficienza energetica e ridotti impatti
ambientali e dell’idrogeno.
Attualmente, secondo le cifre contenute nel Piano energetico, la Regione
investe nel settore 43 milioni di euro (di cui 33 dallo Stato) ma
l'obiettivo, nel quadriennio 2007-2010 è quello di arrivare ad 81 milioni,
impiegando quasi 20 milioni sul risparmio energetico (in particolare quello
residenziale) ed altri 18 sulle fonti rinnovabili con un occhio di riguardo
per il fotovoltaico.
Roberto Urizio |
Il centrosinistra di Duino
Aurisina: «Bloccata la speculazione edilizia» |
|
L’opposizione traccia un «controbilancio» dei primi mesi
dell’amministrazione. Veronese: «A volte la giunta scavalca il Consiglio
comunale»
DUINO AURISINA Tempo di bilanci
e «controbilanci» a Duino Aurisina, dove la polemica tra maggioranza e
opposizione, a oltre sei mesi dalla chiusura delle elezioni, continua
serrata e dove gli obiettivi restano divergenti. Ieri, in due note
ovviamente distinte, Alleanza nazionale e Lista insieme, rispettivamente il
primo partito della maggioranza assieme alla Lista Ret e il raggruppamento
dell'opposizione, hanno commentato i primi sei mesi dell'amministrazione «Ret
2».
Con risultati e commenti opposti. «Sono stati mesi d’intenso lavoro,
d’impegno serio e costruttivo - ha infatti dichiarato Massimo Veronese,
leader del centrosinistra di Duino Aurisina -: abbiamo stimolato e ottenuto
importanti risultati quali l'adesione del Comune ai festeggiamenti per la
definitiva caduta del confine, l'informazione alla cittadinanza della nuova
ipotesi di tracciato del Corridoio 5 e il conseguente avvio di una fase di
concertazione tra enti per arrivare a un percorso condiviso e il blocco
delle speculazioni edilizie nei paesi, previste nelle varianti 24 e 25».
«Purtroppo - continua Veronese - devo sottolineare una insofferenza in
questi mesi da parte della maggioranza e della giunta ad affrontare le
questioni nella sede propria del dibattito politico: il Consiglio comunale.
Penso infatti alle tante occasioni perse, quali il confronto sullo sviluppo
turistico di Sistiana, sulla questione dei rincari e l'applicazione della
tassa sui rifiuti, sulla vertenza della stabilizzazione dei precari».
Alleanza nazionale, invece, si dice soddisfatta del lavoro svolto. «Sono
stati sei mesi d’importanti e significativi risultati. Mesi che magari
potevano sembrare di assestamento, nei quali invece - scrive il vicesindaco
Romita - abnbiamo saputo dimostrare di lavorare sodo per il futuro. La
presentazione di questi giorni del Piano triennale delle opere, dimostra,
che oltre alla progettazione già avviata nel primo mandato del sindaco
Giorgio Ret, si è aggiunta un’importante attività di programmazione
d’interventi su tutto il territorio, senza precedenti. A chi in questi
ultimi giorni dell'anno, accusava che siamo stati un’amministrazione di sole
feste e festini, diamo una risposta concreta, di quanto abbiamo lavorato e
stiamo lavorando».
Il centrosinistra elenca invece le priorità per il 2008. «Abbiamo registrato
- scrive ancora Veronese - in queste settimane una battuta d'arresto molto
preoccupante: la proposta di Piano del porto presentata dalla giunta è del
tutto inadeguata. I problemi veri non sono affrontati (in particolare la
questione delle sedi delle società nautiche) e le uniche scelte proposte
sono inadeguate (si parla di riduzione ormeggi e di costruzione di
terrapieni nella Baia). Il Piano del porto è una priorità e il documento
presentato non risulta all'altezza».
Altro tema scottante, il Corridoio 5: mentre nella Bassa Isontina la
polemica è ormai rovente, Duino Aurisina attende. «Stiamo sollecitando -
osserva ancora Veronese - incontri e delucidazioni da parte di questa
amministrazione su un argomento centrale per il nostro territorio ma al
momento non vi sono risposte concrete».
fr. c. |
RASSEGNE STAMPA precedenti