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RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2018
IL PICCOLO - LUNEDI', 31 dicembre 2018
Vetro e botti vietati, piazza Unità blindata per la festa e il concertone di Capodanno
Quattro i varchi di accesso all'area dell'evento. Controlli a borse e zaini. Stop anche agli spray al peperoncino. Rive chiuse.
Dalle precauzioni di semplice buon senso - gli spray al peperoncino vanno lasciati a casa, la cronaca delle ultime settimane non ha bisogno di altre spiegazioni - alle vere e proprie misure anti terrorismo, con lo stop al transito dei tir, ad esempio. Una direttiva, questa, ormai pienamente in vigore nei centri urbani in occasione dei grandi eventi. Ma anche chiusure al traffico e modifiche agli orari degli autobus. A Trieste, per la festa di piazza Unità, sarà un Capodanno con non pochi accorgimenti, quasi "blindato" in buona sostanza, in modo da garantire divertimento e sicurezza. Bottiglie e spray - In questi giorni il Comune di Trieste ha diramato una serie di restrizioni per l'evento di questa sera in piazza Unità. L'ordinanza "anti vetro", in particolare, dispone che dalle 20 di oggi alle 2 del 1° gennaio i locali che si trovano nell'area interessata dallo spettacolo (ad esempio Caffè degli Specchi, Duchi d'Aosta, Mandracchio, Pep's) non possono vendere bevande per asporto in vetro. Al Caffè degli Specchi e ai Duchi d'Aosta è permesso somministrare all'esterno dei rispettivi locali (ma limitatamente alle aree pubbliche concesse) bevande di qualsiasi tipo e quindi anche in bicchieri di vetro. L'ordinanza comunale è però ben più stringente: a chiunque è vietato portare in piazza Unità lattine, bottiglie o altri contenitori di vetro, così come offrire o consumare alcolici di gradazione superiore a 6 gradi. Vietati quindi anche spumanti o altri drink da stappare a mezzanotte, almeno sulla piazza. Dovrà restare rigorosamente fuori dal perimetro del concerto, inoltre, qualsiasi oggetto «atto a offendere» o comunque pericoloso. Vale a dire ombrelli, seggiolini pieghevoli e aste da selfie, ad esempio. Nell'elenco rientrano pure gli spray al peperoncino. Stop ai botti - Tema a lungo dibattuto, questo, tra chi ama inaugurare il nuovo anno con i botti, e chi invece preferisce più quiete e rispetto per gli animali che, notoriamente, temono il caos e i rumori forti. La linea è chiara: pur mantenendo il divieto generale di accendere e far scoppiare petardi o simili in tutta la città (ciò vale per Trieste e i territori comunali di Muggia e Duino Aurisina), proprio a tutela dei pericoli, del diritto al riposo e degli amici a quattro zampe, per il Capodanno è però prevista una specifica deroga. Eccola: l'accensione di materiale pirotecnico (i fuochi d'artificio e le "fontanelle", ad esempio) è permessa limitatamente alla fascia oraria che va dalle 9 di questa sera alle 2 del 1° gennaio. Resta esclusa da questa deroga, per ovvi motivi di sicurezza, l'intera area del concerto (piazza Unità e zone limitrofe). Va sottolineato che nel resto della città è sì consentito l'utilizzo del materiale pirotecnico, come detto, ma non lo sparo di petardi e simili; per questi permane ovunque il divieto. Non mancherà, allo scoccare della mezzanotte, uno spettacolo pirotecnico ad hoc dal Molo Audace. I varchi - I punti in cui è possibile passare per accedere all'area concerto di piazza Unità sono quattro: via dell'Orologio, Passo Fratelli Fonda Savio e i due varchi sulle Rive; quest'ultimi sono quelli antistanti la piazza (lato Palazzo della Regione e lato Prefettura). L'invito del Comune è di non attendere l'ultimo momento per recarsi in piazza, ma di andare un po' prima dell'inizio dello spettacolo, fissato alle 22.30, in modo da evitare calche. Ai varchi non mancheranno i controlli, anche con l'utilizzo dei metal detector. Saranno esaminati zaini e borse. La zona off-limits - Il Comune ha preso provvedimenti pure sulla viabilità. Proprio per creare un'area protetta attorno all'evento di piazza Unità, dalle 8 di stasera e fino alle 2 del 1° gennaio, è vietato transitare sulle Rive in entrambi i sensi di marcia. La zona off-limits va da piazza Tommaseo a via Mercato Vecchio. Ma per tutti i mezzi di portata superiore a 7,5 tonnellate (in pratica i tir) non è possibile avvicinarsi sull'intero asse delle Rive. In questo caso il cordone di protezione è più esteso e va da piazza della Libertà a via Ottaviano Augusto. Vietato anche sostare e parcheggiare nelle aree portuali, cioè in Riva III Novembre, Riva del Mandracchio (dal varco della Capitaneria alla Scala Reale e nel tratto successivo fino all'altezza di via Mercato Vecchio) e alla base del Molo Audace. Il provvedimento, va ricordato, è in vigore dalle 20 alle 8 di domani. Gli autobus - A Capodanno gli orari degli autobus sono modificati: il servizio avrà inizio alle 7 e non saranno operative le linee 2/, 7, 12, 50 e 52. Il servizio serale (linee A, B, C e D) comincia alle ore 20:30.
Gianpaolo Sarti
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 dicembre 2018
Marcia per la pace e la fratellanza da San Giovanni a Ponterosso - Comitato Dolci
In cammino per celebrare i valori ideali della politica al servizio della pace. È il tema che ispira l'appuntamento abituale di inizio anno a cura del Comitato Pace Convivenza "Danilo Dolci", organizzatore dell'incontro del 1° gennaio aperto alla cittadinanza, una marcia tra le vie cittadine per attestare che "solo nella pace sono possibili diritti per tutti". Il manifesto parla chiaro e si collega alle tematiche espresse anche da papa Bergoglio, per il quale «la buona politica è al servizio della pace», un messaggio che il pontefice ha trasmesso in occasione della celebrazione della Giornata mondiale per la pace e su cui il corteo del Comitato "Danilo Dolci" intende insistere. La marcia per la pace partirà dal parco di San Giovanni, già teatro quest'anno delle celebrazioni per il 70° della Dichiarazione dei diritti umani e del 40° dall'entrata in vigore della legge Basaglia. Il raduno è fissato alle 15.30 nell'area di Villa Renner, storica sede di lavoro dell'equipe guidata dallo stesso Franco Basaglia ai tempi della riforma psichiatrica, una zona situata nei pressi dell'albero dei cachi di Nagasaki e della rosa di Hiroshima.Il percorso prevede il transito per via Giulia e via Kandler sino alla prima sosta in via Cologna, al cospetto degli stabili 6 e 8. Il corteo proseguirà quindi alla volta di via Battisti, via Carducci, via Valdirivo e via XXX Ottobre, con epilogo in piazza Sant'Antonio alle 17.45, poco prima quindi della celebrazione della messa (alle 18) da parte del vescovo di Trieste, monsignor Crepaldi. La manifestazione include anche la consegna del Premio "E. Ugolini-Ulivo d'argento", assegnato a don Pierluigi Dipiazza, responsabile del Centro Balducci di Zugliano.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 29 dicembre 2018
«Le capre in Val Rosandra? Un pericolo. Abbattiamole»
Il primo piccolo gregge giunto 10 anni fa dalla Slovenia. Oggi se ne contano 80 Gli esperti Bressi e Dolce: «Mangiano gli alberi e provocano frane. Si intervenga»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - «Le capre della Val Rosandra sono dannose per l'ecosistema e pericolose per gli esseri umani: bisogna intervenire quanto prima, anche attraverso l'abbattimento». Nicola Bressi e Sergio Dolce, naturalisti ed ex direttori del Museo di Storia naturale, hanno lanciato l'allarme alla recente conferenza"Chiacchierata sulla Val Rosandra". Tra i tanti punti affrontati, quello più delicato ha riguardato proprio le capre che popolano la Riserva. La presenza delle prime capre in Val Rosandra erano state segnalate dall'indimenticato naturalista Thomas De Marchi tra il 2010 e il 2011. Nel 2013 un video dello stesso De Marchi pubblicato sulla pagina web del Piccolo immortalò gli animali presenti sui pendii del monte Stena. Da un nucleo iniziale di 10 capi, il numero è cresciuto sino a raggiungere le attuali 80 unità. Non vi è certezza sulla provenienza di questi animali, anche se si ritiene che alcune capre, poco meno di una decina anni fa, siano sfuggite (forse consapevolmente) al controllo dei proprietari dalla zona dell'Altipiano sloveno di Beka e Ocizla per trovare rifugio in Valle. Oggi è facile notarle anche sul monte Carso e nelle vicinanze del torrente. Una presenza apparentemente innocua, ma che a detta dei naturalisti sta creando degli oggettivi danni all'ecosistema della Valle.«Le capre stanno letteralmente desertificando la Val Rosandra. Già ai tempi dell'Austria non vi era il permesso di far pascolare questi animali per un semplice motivo: scortecciano gli alberi, soprattutto frassini e carpini, che senza corteccia finiscono per morire», il monito di Bressi. Essendo una specie invasiva è stato riscontrato come la presenza di questi animali sia dannosa anche nei confronti degli uccelli, soprattutto quelli che nidificano a terra. Ma non solo. Le capre rischiano seriamente di minare l'incolumità degli esseri umani: «Con i loro zoccoli provocano delle frane che mettono a rischio soprattutto gli escursionisti che frequentano la ciclopedonale, tanto che ci chiediamo se non sarebbe meglio dotare, soprattutto i bambini, di caschetti di protezione per evitare di ricevere in testa qualche pietra. Inoltre, come accade anche per i cinghiali, sono animali che in presenza di cuccioli possono essere molto protettivi. Ricevere una incornata da un animale di 100 chili lanciato a 30 all'ora risulterebbe letale su un dirupo».Qualcuno ha ipotizzato la loro cattura e il loro reinserimento in qualche allevamento, ma da un punto di vista sanitario sono a tutti gli effetti degli animali selvatici. «Oltre ai costi di cattura, sfido un allevatore ad investire su animali selvatici per metterli in quarantena, eseguire esami e vaccinazioni di legge», ancora Bressi. Da qui il ricorso all'abbattimento come ultima spiaggia: «Il Comune potrebbe richiedere un provvedimento straordinario, visto che le capre sono considerate animali domestici. È una situazione ingarbugliata, ma si deve fare qualcosa. Dolce e io suggeriamo di organizzare il prima possibile una Conferenza di servizi per affrontare il problema».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - VENERDI', 28 dicembre 2018
LA REPLICA DI ACEGASAPSAMGA - «I soffiatori sono usati solo in caso di necessità»
«AcegasApsAmga e Comune hanno da tempo concordato di sospendere l'utilizzo dei soffiatori a Servola» e «attualmente i soffiatori vengono utilizzati il minimo indispensabile in altre zone al solo scopo di spostare i rifiuti, successivamente raccolti manualmente o con spazzatrice, presenti al di sotto degli automezzi parcheggiati, evitando ai cittadini il disagio di dover rimuovere le proprie auto». Lo precisa in una nota la stessa AcegasApsAmga in risposta alle critiche sull'uso dei soffiatori mosse da Legambiente: «La tecnica dello sweepy jet richiede un costante apporto d'acqua», il che «non risulta adatta a città come Trieste dove non sarebbe utilizzabile durante i mesi invernali per il rischio ghiaccio o in caso di Bora», scrive ancora AcegasApsAmga, che, «al fine di fornire un servizio sempre migliore continuerà a monitorare e valutare soluzioni alternative».
«Capodanno senza petardi» Scatta l'offensiva animalista
Appello di 43 gruppi per mettere definitivamente al bando fuochi e mortaretti «Il grado di civiltà di una società si misura anche dal rispetto verso i più indifesi»
Una mobilitazione in grande stile, con 43 associazioni animaliste, ambientaliste e culturali firmatarie di un manifesto nel quale si chiede di mettere al bando i botti di fine anno. È partita così, con un'adesione molto ampia e trasversale, che comprende sia realtà che operano a livello nazionale e internazionale, come Wwf, Legambiente, Lav, Lipu, sia altre di caratura locale, quali Fare Ambiente e il Gattile, la campagna tutta triestina che punta a cancellare dalla notte di San Silvestro petardi, fuochi d'artificio e tutto ciò che può disturbare prima di tutto gli animali, ma anche tante persone. L'iniziativa è nata sotto l'egida del "Trieste Animal Day", gruppo locale capace di calamitare l'attenzione e l'approvazione di una serie di associazioni pronte a firmare una lettera che è stata poi consegnata ai sindaci del territorio, cioè Trieste, Muggia, Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino. «Chiediamo - si legge nel testo - che sia emanata un'ordinanza ai fini della tutela della pubblica incolumità, intesa come integrità fisica della popolazione, che garantisca il benessere degli animali d'affezione e della fauna selvatica, nonché per la sicurezza urbana, ai fini del rispetto delle norme che regolano la convivenza civile, che vieti, senza deroga alcuna, per tutto il periodo delle festività natalizie e, in particolare, nei giorni 31 dicembre e 1 gennaio, l'accensione, il lancio e lo sparo di petardi e mortaretti e comunque l'utilizzo di materiale pirotecnico da parte di privati sull'intero territorio della provincia. Constatato - continua la nota - il grave spavento e danno che ogni anno è provocato agli animali domestici e alla fauna selvatica durante tutto il periodo delle feste del Natale, chiediamo ai sindaci di agire, come già molti altri sindaci italiani hanno fatto, per tutelare l'incolumità delle persone e degli animali e per preservare il patrimonio architettonico". Una richiesta peraltro già accolta, in quanto i sindaci di Trieste, Muggia e Duino Aurisina hanno provveduto al riguardo, mentre a Sgonico e Monrupino sembra che il problema non sussista, viste le abitudini estremamente tranquille dei residenti, per quanto riguarda i festeggiamenti di fine anno. Portavoce dell'intero movimento è Fabio Rabak, presidente del Trieste Animal Day. «La crescita della società civile - dice - trae origine da scelte consapevoli dei singoli rispettosi e sensibili nei confronti delle forme di vita più deboli e indifese. I botti - sottolinea - spaventano tanti bambini, che talvolta non si liberano del timore di un rumore improvviso neanche da adulti, causano ferimenti, anche gravi, oltre che ustioni ad adulti e giovani, terrorizzano, anche a morte, gli animali domestici e selvatici, inquinano l'ambiente e possono essere causa di incendi. Diventiamo esempio di responsabilità e sensibilità - conclude Rabak - e rinunciamo a un divertimento così pericoloso». I promotori dell'iniziativa hanno anche predisposto una locandina a tema, che sarà diffusa sui social per sensibilizzare il cittadino a non usare i botti «che nuociono all'uomo, all'ambiente e sopratutto agli animali - questo il contenuto - e che non sono altro che uno spreco di denaro inutile».
Ugo Salvini
Le altre città - L'onda lunga delle limitazioni da Milano a Bari
Da Milano a Bari, da Torino a Venezia e giù fino a Catania. Sono tante le grandi città italiane dove sarà in vigore il divieto di sparare petardi e fuochi d'artificio nell'ultima notte dell'anno. Una prassi che si estende a macchia d'olio ogni anno che passa. Quello dei botti è un tema che divide ormai da tempo il Paese. Le richieste di amanti degli animali e di coloro che chiedono di poter festeggiare l'arrivo dell'anno nuovo senza rischi hanno spinto numerose amministrazioni ad adottare provvedimenti a riguardo. Oltre a quelle citate anche a Firenze, Brescia, Genova, Imola, Modena, Macerata, Pesaro, Trento, e Terni i fuochi saranno banditi. Manca all'appello Roma, dove la giunta Raggi deve ancora decidere il da farsi.
U.S.
Lampade storiche, led e tecnologia abbatti-consumi nel piano luci 2019
Approvati dalla giunta comunale progetti per oltre 3,7 milioni Interessate molte zone: da Barcola fino a viale D'Annunzio
"Fiat lux". Nel 2019 Trieste rifà le luci della città. E si illuminerà a Led. Sono stati infatti approvati di recente dalla giunta comunale, su proposta dell'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, due progetti esecutivi da 3 milioni 748 mila euro (1.874.000 ciascuno) relativi a una serie di interventi di manutenzione straordinaria agli impianti di illuminazione pubblica stradale del Comune di Trieste. La vetustà dei lampioni di Trieste è sotto gli occhi di tutti. Il mega piano, affidato da contratto a Hera Luce srl, è stato finanziato il 27 novembre 2017 con la vendita di azioni Hera, i proventi derivanti dagli oneri di urbanizzazione e una serie di avanzi derivanti dalla riduzione di mutui. I progetti, che hanno ottenuto a fine ottobre e inizio dicembre il via libera da parte della Soprintendenza regionale delle Belle arti, riguardano gli impianti di illuminazione pubblica dell'intera città con interventi specifici nelle zone di Barcola Cerreto, Opicina (Giardino Carsia e Vitulli), lungomare Grignano, via Pigafetta, Giardino de Tommasini, via Capodistria, Strada Nuova per Opicina, via Toffani, viale D'Annunzio, viale Miramare (percorso ciclo-pedonale), Scalinata Ciamician. L'intervento più consistente è quello relativo a Barcola Cerreto per 461 mila euro, il meno oneroso quello per la Scalinata Ciamician che impegna solo 5 mila 291 euro. L'intera operazione si ispira a un ammodernamento degli impianti nel segno del risparmio energetico. «Per tutte le zone di intervento sono state scelte apparecchiature con sorgenti ad elevata efficienza luminosa rappresentate da lampade con tecnologia a Led» si legge nella relazione tecnica. Ma non solo. È prevista inoltre l'adozione dei sistemi di regolazione del flusso luminoso nelle ore notturne in modo da ridurre al minimo i consumi. I numeri della lista della spesa del piano di illuminazione pubblica sono interessanti: 44 pali in ferro del tipo conico con alimentazione sotterranea (46.446 euro), 44 pali in ferro di tipo rastremato o in cemento per sostento di tesate o campate di alimentazioni aeree (108.990 euro), 220 corpi illuminanti su pali o su bracciali a muro (107.318 euro), 110 corpi illuminanti con tecnologia a Led (115.258 euro), 44 corpi illuminanti su tesata (93.364 euro) e 44 corpi illuminanti storici del tipo "Trieste" in rame e ottone lavorato (52.584 euro), i preferiti dal sindaco Roberto Dipiazza. Previsti inoltre la messa in opera di 6 chilometri di linee di alimentazione sia in cunicoli sotterranei che su pali e testate per 129.426 euro e 132 interventi su singole campate o linee esistenti per 66.964 euro. Sono 11, invece, i quadri di comando dei circuiti che verranno sostituiti con l'installazione di apparecchiature di nuova tecnologia predisposte per il telecontrollo. Nell'ambito, invece, dell'efficientamento energetico sono previsti l'installazione di quattro regolatori di flusso luminoso (36.648 euro) e 80 interruttori orari astronomici per il costante controllo dell'accensione degli impianti (16.156 euro).Nel piano sono previste anche 88 modifiche di impianti di illuminazione pubblica su richiesta di amministrazioni stabili, imprese o artigiani (54.258 euro) durante gli interventi di restauro di edifici. E soprattutto è prevista l'installazione di nuovi punti luce per un importo massimo di quasi 200 mila euro per far fronte a specifiche richieste avanzate dai cittadini nel corso dell'ultimo esercizio. Nei progetti sono incluse anche 30 esecuzioni di scavi isolati in occasione di guasti o modifiche di impianto per la cifra di 12.204 euro oltre a 20 sostituzioni dei chiusini in ghisa sui pozzetti esistenti (7.512 euro) che risultino sfondati o danneggiati e quindi pericolosi per la circolazione stradale e pedonale. Ma non basta. È prevista, infatti, un'opera di verifica impiantistica straordinaria degli impianti di illuminazione pubblica finalizzata alla messa in sicurezza provvisoria, in attesa delle necessarie future attività di manutenzione straordinaria. A questa attività preventiva è destinata la bellezza di 288 mila euro.
Fabio Dorigo
LA MAPPA DEGLI INTERVENTI - La scalinata di via Ciamician cambia stile E Riva Massimiliano e Carlotta si accende
Dal lungomare Massimiliano e Carlotta di Grignano alla scalinata più fotografata di Trieste (quella di via Ciamician). Eppoi i giardini e i viali storici. Trieste, nell'ambito del progetto da 3 milioni e 748 mila euro, interviene su alcune suggestive zone d'ombra della città. Nella zona "Barcola Cerreto" è prevista la sostituzione dei vetusti impianti di illuminazione stradale in via del Boveto, via del Cerreto, via Bonafata, via Moncolano, via Illersberg. Verranno installati 78 nuovi punti luce (con alimentazione sotterranea) in sostituzione degli attuali 54 esistenti con lampade Led (461.713 euro). Un altro intervento riguarda invece la ciclopedonale di Barcola lungo viale Miramare dal cavalcavia ferroviario fino all'incrocio con via del Boveto: saranno installati 33 nuovi punti luce a Led sui pali già esistenti (32.746 euro) per illuminare la pista ciclabile. Cambia anche l'illuminazione del giardino pubblico Muzio de Tommasini. Verrà praticamente demolito e sostituito l'intero impianto di illuminazione (lampioni e relative lanterne). Quaranta i nuovi sostegni dei corpi illuminanti di tipo decorativo storico per una spesa pari a 175.956 euro. In viale D'Annunzio saranno, invece, sostituiti tutti i 134 corpi illuminanti: dalle lampade sodio ad alta pressione si passerà a lampade Led (87.565 euro).In via Pigafetta è prevista la sostituzione di tutti gli impianti di illuminazione pubblica stradale: verranno installati 16 nuovi punti luce con lampade a Led (58.588 euro). In via Toffani 5 nuovi punti luce su un nuovo impianto di tipo stradale (43.878 euro). In via Capodistria, invece, è prevista la sostituzione di 5 punti luce su tesata e 2 punti luce su sostegni rastremati in acciaio (intervento da 30.393 euro).Nel giardino Carsia di Opicina in via dei Fiordalisi, sarà realizzato invece un nuovo impianto di illuminazione decorativo urbano. Saranno installati 4 nuovi punti luce per il costo di 48.805 euro. Stessa cosa per il Giardino Vitulli di Opicina in via Santa Fosca: tre nuovi punti luce di tipo decorativo urbano per 21.292 euro. Avrà, invece, un impianto di illuminazione nuovo di zecca Strada Nuova per Opicina nel tratto di competenza comunale con l'installazione di 36 nuovi punti luce (intervento da 119.565 euro). Attualmente la strada non è servita da alcun impianto di illuminazione pubblica. Il progetto prevede poi la sostituzione degli impianti di illuminazione di Riva Massimiliano e Carlotta nel porticciolo di Grignano. Verranno complessivamente installati 39 nuovi punti luce in sostituzione degli attuali 5. Anche qui i corpi illuminanti saranno a Led. Un lungomare turistico rimasto praticamente al buio in tutti questi anni. E, ultima ma non ultima, sarà modificata la tipologia di impianto di illuminazione della scalinata di via Ciamician. Saranno rimossi i due punti luce su palo di tipo stradale e verranno installate a parete 2 lanterne su mensola in ghisa di tipo storico (modello Trieste) con lampade a Led (5.291 euro). Un cambio radicale che non mancherà di far discutere.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 dicembre 2018
Via ai cantieri in Porto vecchio con la prima gara da 3,7 milioni
La rotatoria e la viabilità al servizio del Polo museale le priorità indicate nel bando Previsto un anno di lavori. Il tempo stringe: buste entro le 12.30 di San Silvestro
Primo round di lavori per rendere più accogliente e funzionale il Porto Vecchio: si comincia dal Polo museale (Magazzino 26, Centrale idrodinamica, Sottostazione e futuro centro congressi). Viabilità e infrastrutturazione in gara per oltre 3,7 milioni di euro. Il Comune ha pubblicato pochi giorni fa il bando riguardante il cosiddetto "lotto I", che ha, come responsabile del procedimento, lo stesso direttore dell'Urbanistica Giulio Bernetti. Tempi compressi, fine d'anno al fotofinish: le offerte vanno presentate in effetti entro le 12.30 di lunedì 31 dicembre e saranno aperte alle 10 di venerdì 4 gennaio 2019. Se le imprese interessate hanno domande da fare, potranno far pervenire i loro quesiti entro oggi, giovedì 27 dicembre, e avranno risposta sul sito il giorno seguente. Chi intende partecipare alla fortunata lotteria, sappia che la cauzione è di 75 mila euro, equivalente al 2% dell'appalto. Il punteggio premia la qualità tecnica della proposta con un massimale di 80 riconoscimenti, mentre la parte economica arriva a quota 20. La porzione ammissibile di subappalto arriva al 30% dell'importo complessivo. Il cronoprogramma delle opere prevede 300 giorni di attività spalmati su 14 tipologie di intervento: allestimento del cantiere, sondaggi, demolizione di tre edifici, viabilità provvisoria, rotatoria, viabilità interna, lampioni luce e arredo urbano fino al rassicurante sbaraccamento. Si può ritenere che questa prima fase dovrebbe concludersi nei primi mesi del prossimo anno. Planimetrie, quadri economici, mappe: la documentazione, allegata alla determina "madre", ammonta a oltre cinquanta atti. Le opere più visibili e più interessanti per l'utenza riguardano la viabilità, che interesserà due zone adiacenti all'interno di Porto Vecchio, il terrapieno Barcola-Bovedo e il Molo 0. Con due obiettivi prioritari: il collegamento al Polo museale e la rotatoria chiamata a regolare i flussi tra viale Miramare e la rete interna al Porto Vecchio. Allo spirare del 2018 il Comune ha impostato la griglia di indirizzi e di provvedimenti per iniziare la riqualificazione di Porto Vecchio. Vediamo le ultime mosse. Il bando per il primo lotto segue infatti la delibera di indirizzo sul futuro assetto dei 65 ettari, dalla quale si evince che l'amministrazione potrebbe essere in grado di mettere all'asta una quarantina di magazzini "disponibili" già nell'estate 2019.Lo scambio di discariche con l'Autorità portuale consentirà al Comune di bonificare il terrapieno di Barcola, fruendo di una tranche di 5, 5 milioni trasferiti dalla Regione all'Uti.Il Magazzino 26 ospiterà il Museo del mare (ma non solo), finanziato da 33 milioni di origine ministeriale. Al 31 dicembre si attendono infine le manifestazioni di interesse per trasformare il Magazzino 30 nel nuovo Mercato ittico all'ingrosso, compresi ristorante vista-golfo e angolo per la musica jazz.
Massimo Greco
I volontari "liberano" la Grotta Azzurra da acqua e immondizie
Sos Carso in azione nella cavità naturale di Samatorza Svuotati 15 mila litri. Via anche batterie, bottiglie e barattoli
SGONICO - Circa 15 mila litri d'acqua svuotati. È stato un lavoro non indifferente quello compiuto dai volontari di Sos Carso all'interno della Grotta Azzurra, lo splendido antro naturale di Samatorza.Il gruppo ambientalista si è occupato di ripulire la vasca della grotta utilizzata durante la Prima guerra mondiale dai militari austroungarici come ricovero per 500 uomini e riserva d'acqua. La vasca e la condotta idrica ancora presenti (e funzionanti) nel lato sinistro della galleria d'accesso risalgono al 1917. «Ci abbiamo pensato su parecchio, per poter operare al meglio. Bisogna premettere che una settimana prima l'altezza dell'acqua nella vasca superava i 160 centimetri ed era impossibile entrarci senza adeguate attrezzature specifiche. Dopo aver fatto alcune prove, immergendo un tubo e pompando aria con una pompa manuale, abbiamo visto che scendendo nella parte più bassa della grotta, con 30 metri di tubo, l'acqua fuoriusciva dal tubo abbastanza bene e così in un paio di giorni siamo riusciti a portare il livello a circa 30, 40 centimetri, in modo da poter entrare in sicurezza», racconta Cristian Bencich, portavoce del gruppo. Nella vasca era stata segnalata la possibile presenza di una colonia di gamberetti. «Dopo aver visionato attentamente non abbiamo visto nulla e forse la loro scomparsa è dovuta al fatto che abbiamo trovato in zona parecchie batterie, che possono aver rilasciato piccole quantità di acido», spiega ancora Bencich. Un'operazione non semplice visto lo svuotamento di circa 15 mila litri d'acqua (quattro metri per 2,5 le misure della vasca per un metro e 60 d'altezza dell'acqua) e visti anche i rifiuti trovati. «Abbiamo fatto tre uscite nella grotta e recuperato dalla vasca sei batterie stilo, una quindicina di bottiglie e sette barattoli, tra cui uno in perfette condizioni». L'operazione dei volontari di Sos Carso si inserisce all'interno di una serie di lavori di pulizia che i triestini hanno iniziato nel territorio dell'altipiano già dallo scorso anno. Attualmente gli ambientalisti sono impegnati con un grosso lavoro di pulizia in una dolina di Basovizza, a circa 800 metri di distanza dal Pozzo dei Colombi, tristemente noto per la presenza di idrocarburi. Un lavoro, questo, che dovrebbe concludersi entro fine inverno.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 dicembre 2018
Famiglie, fisco, appalti: cosa cambia I Verdi: «Così svendono le spiagge»
L'ok al maxi-emendamento dopo una notte di bagarre Dalla proroga per gli ambulanti della direttiva Bolkestein fino ai tagli sulle pensioni
Roma. Dalle concessioni delle spiagge libere, alle novità per famiglie, pensioni, ambulanti e appalti. In attesa della definizione delle due misure simbolo, reddito di cittadinanza e pensioni, ecco le novità della manovra approvata dopo una notte di bagarre al Senato. Spiagge e ambulanti - La denuncia è del leader storico dei Verdi, Angelo Bonelli. Nella manovra, sottolinea, «non solo è prevista la proroga alla direttiva Bolkestein di 15 anni, ma anche il via libera a nuove concessioni demaniali sulle spiagge italiane, il salvataggio di ville, cottage residenziali sulle spiagge e il mantenimento delle strutture che per legge dovrebbero essere eliminate. Le ultime spiagge libere sopravvissute al cemento verranno così sottoposte ad una ulteriore cementificazione e privatizzazione». Esultano dall'altro lato gli ambulanti, le cui concessioni non saranno messe all'asta. Famiglie - Cambiano i congedi per i neo papà: cinque giorni diventano obbligatori e uno facoltativo (se compensato con uno della mamma). La vera novità però è proprio delle mamme: potranno rimanere al lavoro fino al nono mese, godendo di tutti e 5 i mesi di congedo dopo il parto. Dopo il terzo figlio alle famiglie numerose arriva in regalo un appezzamento di terreno. Il bonus per gli asili passa da 1.000 a 1.500 euro. Viene stanziato 1 milione di euro per agevolazioni all'acquisto - obbligatorio - dei seggiolini antiabbandono sia nel 2019 che nel 2020. Pensioni - In attesa di quota 100 le novità non mancano: la rivalutazione automatica degli assegni in base all'inflazione viene ridotta per garantire risparmi all'Erario, con tagli che vanno dai 250 milioni agli 1,2 miliardi nel triennio. Si tradurrà in una riduzione che oscilla tra i 37 centesimi e gli 11,53 euro. La scure sulle pensioni d'oro promessa da Luigi Di Maio sale dal 15 al 40% per gli assegni (pochissimi) sopra i 500.000 euro. Per i pensionati stranieri o italiani rimpatriati che scelgono di risiedere al Sud arriva infine una flat tax al 7%. Il mini- condono - Non è la pace annunciata ma la Lega porta a casa la sanatoria sui debiti fiscali e contributivi per chi è in difficoltà economica (o in liquidazione) e ha un Isee sotto i 20.000 euro. Tre le aliquote con cui estinguere i debiti: 16%, 20% e 25%. La misura porta gettito nel 2019 e nel 2020 ma in 5 anni costa mezzo miliardo. Più appalti senza gara - Il tema caro alla Lega è stato inserito e stralciato dalle bozze di vari testi. Ora trova finalmente la sua collocazione. La soglia sarà doppia: la Pubblica amministrazione potrà cioè affidare lavori diretti nelle opere tra 40 mila e 150 mila euro. Tra 150 e 350 mila sarà invece possibile procedere «previa consultazione di tre o più operatori economici».
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 dicembre 2018
Pd e alleati alzano le barricate per salvare la Sala Tripcovich
Mentre la Diocesi si schiera per la demolizione
«Per la Tripcovich il miglior investimento è demolirla», twitta don Ettore Malnati, vicario del vescovo. Eppure non è mai stata un luogo di perdizione da radere al suolo. Ha visto, per esempio, il debutto del direttore cinese Lü Jia con la Messa in si minore di Bach. Contro la demolizione, ora che la Sala è tornata in possesso del Comune (grazie alla permuta di fine anno con il Verdi dei laboratori teatrali delle Noghere), si schiera compatto il Pd assieme a Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Sabrina Morena (Sel). La partita si riapre. «Ora che il titolare della Sala è di nuovo il Comune si può ridiscutere del futuro della sala teatrale», attacca Giovanni Barbo. Il partito non ha digerito il modo in cui è stata portata in Consiglio la delibera, tra "non detti", numero legale e "ricatto" finale da parte dei lavoratori del Verdi. «Sono state dette parecchie falsità. L'amministrazione ha gestito in modo superficiale tutta la vicenda. La questione patrimoniale del Verdi, per esempio, è entrata in gioco solo all'ultimo momento», spiega la capogruppo Fabiana Martini. Sono le reticenze della giunta a far pensare male all'opposizione. «Abbiamo fatto diverse commissioni e persino un sopralluogo. Abbiamo chiesto un'analisi dei costi di demolizione rispetto alla rimessa a norma della Tripcovich. Dati mai avuti. Stiamo ancora aspettando», aggiunge Bassa Poropat. «La precedente amministrazione ha salvato il Verdi donando il 12 dicembre 2012 alla Fondazione la Tripcovich con i voti contrari dell'attuale maggioranza, e anche del Movimento 5 Stelle», precisa la consigliera e segretaria provinciale Laura Famulari. Che fare allora? «Andrebbe resa agibile, almeno finché non c'è un'altra sala in Porto Vecchio. Non dovrebbe costare troppo visto che nella permuta il Verdi dichiara che la sala ha l'impianto elettrico e termico a norma», aggiunge Valentina Repini, «La Tripcovich è una sala che funziona, un teatro che suona bene, fatto con i soldi di un benefattore. Per questo deve rimanere patrimonio della città, un presidio culturale in piazza Libertà, un luogo di aggregazione», afferma Morena che è anche regista teatrale. Alla faccia del Verdi che l'ha dismessa e della Diocesi che vorrebbe raderla al suolo.
IL PICCOLO - SABATO, 22 dicembre 2018
Depuratore, emergenza finita Bruxelles chiude la procedura
Il governo ha informato AcegasApsAmga: il funzionamento dell'impianto ha archiviato un dossier ambientale che si era aperto quasi vent'anni fa
Il Buon Natale può essere augurato anche da un luogo insolito come il depuratore di Servola. Perchè il 2018 si chiude non solo per AcegasApsAmga ma per l'intero contesto istituzionale triestino con una lieta notizia attesa - a seconda dei punti di vista - da 9 o da 19 anni: il governo italiano, attraverso il ministero dell'Ambiente, ha annunciato l'uscita dell'«agglomerato triestino» dalla procedura di infrazione Ue. In parole povere, il caso Servola è chiuso, l'Italia (e il territorio triestino) non è più inadempiente e non rischia più di essere sanzionata. Il nuovo depuratore, entrato gradualmente in funzione dall'inizio di quest'anno, è stato a più riprese oggetto di ispezione da parte dei funzionari di Bruxelles, dai quali alla fine è arrivato "disco verde" sul dossier Trieste. L'informazione è ancora ufficiosa ma la fonte è attendibile: è stato infatti lo stesso direttore generale di AcegasApsAmga, Roberto Gasparetto, ad anticiparla. Si diceva una storia lunga 9/19 anni. Perchè il problema depurativo si pose fin dal 1999, quando la normativa nazionale recepì quella comunitaria, che prevedeva il trattamento biologico fosse svolto "a terra" e non dalla condotta sottomarina di 7 km. Esattamente dieci anni dopo, correva il 2009, scattò la procedura d'infrazione. La macchina amministrativo-finanziaria si mise allora in moto: prima per trovare i 52 milioni di euro indispensabili alla realizzazione del nuovo impianto, poi per aprire nel 2014 il grande cantiere da 34500 metri quadrati organizzato da AcegasApsAmga, capace di trattare fino a 100 mila metri cubi di acqua/giorno e di servire 190 mila abitanti. Poco meno di quattro anni per recuperare il tempo perduto: bonifica, appalto integrato aggiudicato all'ati Veolia-Cmb-Suez-Riccesi, scavi di fondazione, strutture murarie, impiantistica, fino all'esercizio provvisorio. Il depuratore servolano è il più grande della regione, superiore a quelli di Lignano, Tolmezzo, Udine. Il meccanismo di ingegneria biologica, messo a punto dai progettisti, dosa l'intensità della depurazione al fabbisogno di elementi nutrienti "richiesto" dal mare. Sono stati assunti 6 addetti ad alta specializzazione. Laboratorio e direzione divisionale idrica trasferiti nella palazzina-uffici dell'impianto .In verità la svolta di Servola è la premessa della strategia disegnata da Gasparetto, mirata a mettere Trieste in super-sicurezza su gas, elettricità, acqua, ambiente. Parole d'ordine: continuità e straordinarietà della performance. Gasparetto vuole un'azienda in grado di soddisfare le esigenze di un territorio abitato da oltre 300 mila persone. Ma Trieste e provincia non ne hanno solo 230 mila? Appunto. Alzare l'asticella dell'efficienza e della reattività a quota 1,5. L'obiettivo è allora duplice. Innanzitutto prevenire le sempre meno prevedibili mutevolezze climatiche, che possono creare seri problemi al servizio: Gasparetto è rimasto colpito dagli effetti dei recenti nubifragi in Veneto e in Friuli, dove l'utility triestina è intervenuta con impianti mobili di potabilizzazione idrica in aiuto a Rocca Pietore nel Bellunese. Eppoi accrescere il livello di attrazione economica dell'area giuliana, perchè l'investitore esterno è attento al funzionamento complessivo del sistema territoriale: Porto vecchio e turismo sono due banchi di prova.Su questo progetto di "città resiliente" AcegasApsAmga punterà nel 2019 40 milioni di euro, il 10% in più rispetto all'anno uscente. Possibilità di interruzioni, azioni di "remediation", il "business disaster recovery plan" per far fronte a eventuali scenari di indisponibilità. Dall'autobotte al generatore. Senza mai dimenticare che Trieste è zona sismica. Gasparetto ha davanti modelli da protezione civile, per prevenire e affrontare quello che definisce "rischio residuo", ovvero l'emergenza causata da fattori extra-manuale. Al punto che ha nominato un "comitato di crisi" composto da 15 tra dirigenti e quadri, convocabile quando le situazioni superassero la soglia di ordinaria preoccupazione. "Città resiliente" su tutta la linea. Risanamento dei tubi di ghisa, inserimento delle nuove valvole idriche, interventi sulla condotta sotto-marina, rinnovamento degli interruttori nelle 4 cabine elettriche primarie. E restyling delle colonne gas montanti nei condominii più anziani: 150 stabili con 4 mila famiglie.
Massimo Greco
All'asilo di via Pallini un altro abbattimento d'alberi "selvaggio" - la lettera del giorno di Gianfranco Lucatello
Vedendo ciò che si sta verificando nel giardino dell'asilo di via Pallini ritengo doveroso almeno segnalare il fatto. Da 50 anni abito di fronte all'asilo, dove le mie figlie hanno trascorso la loro prima infanzia nel verde del giardino. Fino ad oggi non avevo mai notato che sia stata fatta una manutenzione accurata, tanto meno una potatura degli alberi situati nel giardino stesso. Da qualche giorno tuttavia noto una ditta del Comune che sta intervenendo sugli alberi abbattendoli completamente. Sarà un vero scempio vedere il giardino completamente deserto senza un po' d'ombra che nei periodi caldi proteggeva i bambini dal sole. Ci vorranno anni prima che si riveda una vegetazione rigogliosa come quella della foto che accludo. Mi chiedo se non sarebbe stato sufficiente, in anni passati, fare una potatura e una manutenzione preventive affinché gli alberi non si ammalassero e si irrobustissero, come è stato fatto nel viale di piazza Vico?Purtroppo si constata che a Trieste è molto frequente l'abbattimento di alberi in varie zone della città. Invece di creare nuovi spazi verdi, si distruggono mano a mano quelli esistenti.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 dicembre 2018
Parte la corsa contro il tempo per il nuovo Centro congressi
Dipiazza consegna le chiavi dei Magazzini 27-28 al presidente di Tcc Bravar Nella compagine della società è entrata Generali e farà il suo ingresso la Illy
L'obiettivo, come dicevano i vecchi militari, è indefettibile: farcela per la primavera del 2020, in tempo per accogliere la manifestazione scientifica Esof. Ma non sarà facile, perché realizzare il Centro congressi di Porto vecchio da qui a 15 mesi rappresenta un'autentica corsa contro il tempo. Ieri mattina singing in the rain il sindaco Dipiazza ha consegnato le chiavi dei magazzini 27 e 28 a Diego Bravar, già fondatore di Tbs e attuale presidente di Trieste convention center (Tcc srl), realtà partecipata da 57 tra professionisti e imprese. La cerimonia è proseguita nella zona meno selvatica del Pfv, fruendo degli spazi coperti offerti dalla contigua Idrodinamica. Le linee progettuali del compendio congressuale-fieristico sono quelle ormai note: il "27" e il "28" saranno uniti da un ponte, dietro il "28" sorgerà una struttura completamente nuova, che definiremo per convenzione "28 bis". Proprio questo edificio sarà il più capiente, in quanto arriverà ad accogliere oltre 1800 persone, il "28" ne ospiterà più di 400, il "27" si articolerà su tre sale di dimensioni più ridotte (500 disponibilità) e disporrà persino di un caffè a conduzione Illy. Risultato finale: un auditorium e sale conferenze per un potenziale di 2800 presenze, 9 mila metri quadrati di superficie di cui poco meno di 4 mila a destinazione espositiva. Investimento di quasi 11 milioni (sine Iva), coperto per il 45% dal Comune di Trieste e per il 55% da Tcc srl, che otterrà una concessione ventennale. Ufficiale l'ingresso di Generali nella compagine azionaria di Tcc con una quota del 12%, che in cifra tonda dovrebbe "cubare" attorno ai 250 mila euro. Il presidente della compagnia, Gabriele Galateri di Genola, fa sapere che «questo investimento conferma l'attenzione per Trieste, sede storica di Generali e città con un grande potenziale di crescita». Venerdì 28 corrente mese la società dovrebbe poi dare il benvenuto anche alla Illy. Tra le poche assenze di rilievo in questa grande parata, quella della Fondazione CRTrieste, la quale però, per ragioni normative, può partecipare solo attraverso una share di controllo. Un centinaio di invitati, dalla marcata trasversalità politica (Serracchiani, Cosolini, Russo, metà giunta Dipiazza, il regionale Scoccimarro), ha ascoltato l'illustrazione del progetto. Dipiazza ha inserito il Centro congressi nel quadro delle attività lanciate nella riqualificazione di Porto vecchio. Bravar ha riepilogato le tappe, susseguitesi dal novembre 2017 a oggi, che hanno portato alla creazione di Tcc e all'affidamento dei lavori alla stessa start-up. I tratti essenziali dell'operazione sono stati riassunti dai principali profili tecnico-progettuali: Ermanno Simonati (Mads), Paco Ferrante (Re.te.), Giulio Paladini (MetroArea). Ruolo a parte per Cristiana Fiandra, che, a nome di "The Office", ha precisato gli aspetti qualificanti della futura attività congressuale, ovvero lo sviluppo di eventi di portata internazionale legati ai sistemi di ricerca, alle imprese innovative e culturali. Si auspica che la coazione tra l'arrembante terza corsia, gli aeroporti più o meno zonali (Trieste, Lubiana, Venezia), ferrovia, gli istituti scientifici ne favoriscano il decollo. Già due le "prenotazioni" post-Esof, ma il traguardo è ottenere non meno di 25 appuntamenti all'anno.
Massimo Greco
Una partita cominciata un anno fa
A seguire la cerimonia un po' tutti i protagonisti di una sfida impegnativa, sia nella realizzazione che nella conseguente gestione, partita il 9 novembre 2017. Al lavoro "fisico" su edile e impiantistica provvederanno le ditte Rosso, Monticolo & Foti, Tiepolo, Ranieri. La conduzione tecnico-amministrativa del progetto impegnerà - oltre ai professionisti già citati - Tommaso Tassi, Tazio Di Pretoro, Daniele Alberico, Alberto Cettolin, Stefania Musco. Un supporto fondamentale è quello finanziario, assicurato da un pool di cinque banche, che concederanno credito - ricordava Diego Bravar - per quasi 5 milioni di euro.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 dicembre 2018
L'invito di Legambiente «Abolire i soffiatori per la pulizia stradale» - lettera aperta al sindaco
Abolire i soffiatori lungo le strade del Comune di Trieste. È quanto chiede Legambiente attraverso una lettera aperta al sindaco e con la distribuzione di un opuscolo informativo destinato alla cittadinanza. I soffiatori, molto utilizzati da parte delle società che gestiscono la pulizia stradale per conto di AcegasApsAmga, nel rimuovere con un forte getto d'aria il fogliame e la sporcizia presente anche sotto le automobili, alzano una serie di cumuli di rifiuti estremamente dannosi per la salute della popolazione, sostiene Legambiente. «Quanto sollevato da questi strumenti - a detta del professor Mario Mearelli di Legambiente Trieste - e disperso nell'aria, contiene una notevole quantità di particolato all'interno del quale ci possono essere sostanze nocive per l'uomo quali residui di feci di uccelli, cani, gatti o addirittura di ratti. Questi ultimi, per esempio, sono portatori dell'hantavirus, una speciale infezione virale di diffusione vastissima e trasmessa all'uomo attraverso l'inalazione del virus presente negli escrementi di roditori». Ma non basta: secondo Legambiente fra le sostanze sollevate dai soffiatori vi sono anche pesticidi, erbicidi, elementi di metalli pesanti, allergeni come pollini e muffe, polveri sottili, benzopirene e altri idrocarburi policiclici aromatici. Tutti elementi che producono effetti dannosi sulla salute delle persone, basti pensare che il benzopirene è classificato dalla Iarc (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeno. Come sostituire però i soffiatori? Legambiente dà dei suggerimenti per il medio e breve termine. Ad esempio, l'aspirazione delle foglie tramite la tecnica dello "sweepy jet", «una tecnica - a detta sempre del professor Mearelli - molto meno impattante rispetto a quella dei soffiatori e già utilizzata in altre città italiane ed europee. Nel frattempo, chiediamo che negli interventi di pulizia interni alle aree verdi e ai giardini pubblici comunali venga adottata la chiusura precauzionale al pubblico degli stessi durante il procedimento e nelle successive due ore».
Lorenzo Degrassi
Smog - Brescia, Torino e Lodi le più inquinate d'Italia - 19 città fuori dai limiti
Polveri sottili PM10 oltre il limite di legge giornaliero in 19 città italiane: lo dicono i dati preliminari aggiornati al 10 dicembre scorso, con Brescia capofila dei superamenti (87 giorni), seguita da Torino e Lodi con 69, e Viterbo che, almeno finora, non ha mai oltrepassato il limite. Ma il trend delle concentrazioni di polveri sottili PM10, PM2, 5 e biossido di azoto (NO2) è comunque in diminuzione. Lo ha reso noto l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) presentando i risultati dell'edizione 2018 del Rapporto Qualità dell'Ambiente Urbano, che analizza 120 città e 14 aree metropolitane e che quest'anno dedica il focus alle esperienze innovative. Il rapporto evidenzia una significativa tendenza alla riduzione dei livelli di emissione di PM10 primario, quello direttamente emesso dal riscaldamento domestico e dai trasporti, ma anche dalle industrie e da alcuni fenomeni naturali, che si riduce del 19% in 10 anni (2005-15). Nel 2017 il valore limite annuale per il biossido di azoto (NO2) è stato superato in almeno una delle stazioni di monitoraggio di 25 aree urbane.
Intesa Ue sulla plastica monouso Stop a piatti e posate dal 2021
Obiettivo vincolante per ogni Stato: dal 2025 in media almeno il 25% di plastica riciclata Il ministro Costa plaude e annuncia la legge "Salvamare". Greenpeace: «Non è abbastanza»
Dopo oltre dodici ore di negoziato, le istituzioni Ue hanno raggiunto l'accordo che prevede restrizioni alla commercializzazione e all'uso di oggetti monouso in plastica. Dal 2021 saranno vietati posate e piatti, cannucce, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso (come le scatole di fast food), bastoncini di cotone per i prodotti dell'igiene tipo cotton fioc. Per altri prodotti ci saranno obiettivi di riduzione. Per le bottiglie in Pet per bevande, per esempio, viene fissato un obiettivo vincolante di almeno il 25% di plastica riciclata dal 2025 in poi, calcolato come media per lo Stato membro. Nel 2030 tutte le bottiglie di plastica dovranno rispettare un obiettivo di almeno il 30% di contenuto riciclato. I Paesi membri dovranno recepire la nuova direttiva entro due anni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ue. Oltre ai prodotti elencati, saranno vietati anche quelli in plastica oxo-degradabile (per esempio le buste di plastica che si frammentano se esposte all'aria). Gli Stati membri dovranno inoltre prendere le misure necessarie per raggiungere un taglio dei consumi quantificabile per prodotti come contenitori utilizzati per alimenti per il consumo immediato e altri come i bicchieri di plastica per bevande. Le salviettine umidificate dovranno riportare sulla confezione un contrassegno che informa i consumatori della presenza di plastica e dei danni che un non corretto smaltimento può arrecare all'ambiente. I produttori di filtri per tabacco che contengono materie plastiche saranno soggetti a un regime esteso di responsabilità del produttore. Dovranno cioè coprire i costi per i sistemi di raccolta per mozziconi di sigarette, comprese le infrastrutture necessarie, come ad esempio i contenitori di rifiuti adeguati. Le sigarette con filtro contenente plastica dovranno inoltre riportare sulla confezione un contrassegno che informa sui danni per l'ambiente se i mozziconi di sigarette non vengono gettati negli appositi contenitori. Il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, a Bruxelles, dove oggi parteciperà al Consiglio europeo dei ministri dell'Ambiente, definisce quella di ieri «una giornata importante per coloro che si battono da tempo per contrastare l'inquinamento da plastica nei mari. Sono soddisfatto perché Consiglio, Commissione e Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo in tempi molto brevi, al di là delle aspettative». Costa annuncia, infine, che alla ripresa dei lavori parlamentari, presenterà la legge «Salvamare» per «poter correggere il tiro e andare oltre consolidando la leadership che l'Italia ha sulla riduzione della plastica monouso». Soddisfatta a metà Greenpeace: «Un segnale importante dall'Europa, ma le misure concordate non rispondono in pieno alla gravità dell'inquinamento dei nostri mari».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 dicembre 2018
La Tripcovich torna al Comune Ok alla delibera "salva Verdi"
Approvazione al secondo tentativo dopo il flop di lunedì Alla Fondazione vanno i magazzini teatrali delle Noghere
Buona la seconda. La permuta tra Comune di Trieste e Fondazione teatro lirico Giuseppe Verdi (ovvero la Sala Tripcovich in cambio dei Magazzini teatrali delle Noghere) passa al secondo tentativo. E senza neanche un voto contrario o un astenuto. Solo il Movimento 5 Stelle (che aveva posto a più riprese una pregiudiziale sull'operazione) ha scelto con senso di responsabilità di non partecipare al voto. La delibera ha ottenuto 33 voti favorevoli su 39 presenti nell'aula tra gli applausi del pubblico presente. Il vero convitato di pietra della serata, infatti, sono stati i lavoratori del Verdi arrivati a sostegno di una delibera che rischia di essere fondamentale per il futuro del teatro lirico. La questione della patrimonializzazione della Fondazione arriva a neppure due settimane dalla chiusura dell'ultimo bilancio del piano di risanamento (iniziato nel 2015 e prorogato al 2018). In ballo la conferma del Verdi tra le 12 Fondazioni liriche italiane (e quindi dei finanziamenti del Fus e dei 240 dipendenti attuali) oppure il declassamento a teatro di tradizione (con drastico ridimensionamento degli organici). Così il tema della permuta è diventato una questione di "vita o di morte" del Verdi. E i mal di pancia dell'opposizione sono rientrati. Alla prova di appello di ieri sera sono arrivati in aula gli assessori Lorenzo Giorgi (Patrimonio) e Serena Tonel (che detiene l'esotico referato ai teatri) con il sindaco e presidente della Fondazione del Verdi Roberto Dipiazza (il suo intervento risolutivo era stato all'origine della mozione d'ordine del forzista Bruno Marini che aveva portato al fallimento della seduta mattutina di lunedì). Una seduta non facile tra i soliti non detti (la demolizione sognata da anni) e i dubbi su una permuta che lascia sul campo oltre due milioni di euro (il valore che il Comune perde nello scambio immobiliare). Dipiazza a un certo punto se n'è andato dal Consiglio sbattendo i pugni e la porta quando la consigliera Cinque Stelle Cristina Bertoni gli attribuiva, in qualità di presidente della Fondazione, il dissesto del Teatro Verdi. Il sindaco, del resto, non ama i giri di parole e ieri sera ha esibito (mostrando al video del telefonino) il nulla osta del Ministero dei Beni culturali (cosa messa in dubbio ancora ieri sera dal capogruppo del M5s Paolo Menis) alla permuta che mette in sicurezza la situazione patrimoniale del Verdi in vista dell'atteso esame del piano di risanamento. Un emendamento, presentato dal forzista Michele Babuder ha garantito l'uso gratuito dei magazzini delle Noghere da parte del Teatro Stabile Il Rossetti che così non potrà essere sfrattato e neppure dovrà pagare l'affitto al Verdi. La Sala Tripcovich è solo un effetto collaterale dell'operazione che conferisce al Teatro i laboratori delle Noghere (valutati oltre 3 milioni di euro). «Il sindaco un giorno mi ha chiamato e mi ha detto: dobbiamo tornare in possesso della Sala Tripcovich. Fallo» racconta l'assessore al Patrimonio Giorgi. Il destino di quella che è stata la Stazione delle Corriere («Da piccolo la usavo anch'io quando andavo in Friuli a trovare i nonni») è segnato. «Era un edificio fuori legge, aveva i camerini nei container che abbiamo già rimosso, era piena di amianto. Per questo l'abbiamo chiusa. Non paliamo di abbattimento per ora. Intanto liberiamo il Verdi da quel peso. Ma io sono un esteta e amo le belle donne, la Tripcovich è davvero brutta. Quindi facciamo la cosa giusta» spiega il sindaco facendo capire che per lui il destino del teatro di piazza Libertà è già deciso dal suo aspetto. Le speranze che rimanga in piedi sono legate al vincolo che la Soprintendenza ha messo sull'edificio di Nordio nel 1997. Per il resto, ora che il bene ritorna in possesso del Comune (era stato conferito gratuitamente al Verdi il 10 dicembre 2012 con il voto contrario allora di molti consigliere dell'attuale maggioranza come ha ricordato il capogruppo del Pd Fabiana Martini), si apre il dibattito sulla sua destinazione d'uso. «Se il Comune vorrà, potrà essere una balera» spiega il capogruppo di Forza Italia Piero Camber. Un esempio che si accoda alla salumeria evocata da Giorgi. «Se restava al Verdi faceva la fine del Magazzino vini. Meglio una discoteca che un ex Magazzino vini» spiegava il capogruppo leghista Antonio Lippolis. Sicuramente non pensava però all'arrivo di Eataly dopo l'intervento della Fondazione CRTrieste. «Io spero che venga demolita» chiarisce Lippolis dimenticando forse che anche Dipiazza promise la demolizione del Magazzino vini in sei mesi. Per fortuna non riuscì nell'intento. E la cosa potrebbe ripetersi per la Sala Tripcovich. E magari avere un lieto fine come per il Magazzino vini diventato (parola di sindaco) un incredibile "attrattore".
Fabio Dorigo
Parte la svolta verde di Hera Energia pulita per le imprese
Il gruppo guidato da Tommasi, che controlla la triestino-padovana AcegasAps, punta sugli impianti di cogenerazione, fonti rinnovabili ed efficienza energetica
TRIESTE - È una sfida al tempo stesso etica e di business quella che si gioca sul terreno della sostenibilità, intesa in senso lato dalla capacità di generare ricavi e redditività con un occhio alla salvaguardia dell'ambiente e al contenimento nell'impiego di materie prime. Un tema che coinvolge in primo luogo le multiutility, come dimostrano le strategie di Hera che ha l'headquarter a Bologna, ma una forte presenza nel Nord-Est tramite la controllata AcegasApsAmga (che nel 2017 è arrivata ad alimentare le proprie attività operative con il 100% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili), e nei giorni scorsi ha installato a Trieste cestini intelligenti per dare il via ad una raccolta dei rifiuti 4.0. Si tratta infatti dei primi due contenitori, dotati di compattatore interno e funzionanti a energia solare, che sono stati posizionati in piazza della Borsa, nello specifico il primo di fronte alla Camera di Commercio e l'altro all'incrocio con Via Roma. Attraverso l'accumulo di energia solare, i cestini si autoalimenteranno e non avranno bisogno di energia esterna. Quasi in contemporanea Hera ha raggiunto un accordo con Amadori per la realizzazione di un impianto di cogenerazione che fornirà energia pulita per il polo produttivo di Cesena. Un intervento da circa un milione di euro di investimenti nell'efficienza energetica che garantirà risparmio di energia primaria di circa il 15% con un alto rendimento globale in termini di conversione di energia del 70%. Un salto in avanti fondamentale verso una dimensione green è avvenuto lo scorso anno quando il gruppo Hera ha rilevato Aliplast, realtà trevigiana che si occupa di raccolta e riciclo di rifiuti di matrice plastica, per poi procedere alla rigenerazione del materiale. Un'operazione che le ha consentito di essere la prima azienda italiana a raggiungere la piena integrazione lungo tutto il ciclo di vita della plastica, producendo così materiali disponibili al riutilizzo (ad esempio pellicole rigide e flessibili Pe, polimeri rigenerati), concretizzando così i principi dell'economia circolare. «Gli impianti di trattamento rifiuti non rappresentano per noi solo un asset produttivo, ma, in quanto infrastruttura a servizio del territorio, pilastro strategico di sviluppo e di supporto al tessuto economico italiano», spiega Tomaso Tommasi di Vignano, presidente esecutivo di Hera. Tornando alle iniziative di gruppo, è di qualche settimana fa l'accordo con Eni per trasformare l'olio vegetale esausto di uso domestico in biocarburante per alimentare i mezzi aziendali della raccolta rifiuti di Hera. L'olio raccolto alle stazioni ecologiche o tramite i contenitori stradali sarà inviato alla bioraffineria Eni di Venezia, a Porto Marghera, primo esempio al mondo di conversione di una raffineria di petrolio in bioraffineria, che lo trasformerà in green diesel, prodotto completamente rinnovabile che costituisce il 15% dell'Enidiesel+. Restando in terra veneta, Herambiente è capofila di un'associazione temporanea di imprese che da poco si si è aggiudicata una gara d'appalto per realizzare opere di bonifica nella zona del porto di Chioggia.-
Luigi Dell'Olio
LA VOCE.info - MARTEDI', 18 dicembre 2018
Fisco Ma la tassa sui rifiuti è una vera patrimoniale
Nella maggior parte dei comuni, il prelievo per finanziare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani agisce come un’imposta patrimoniale.
Il sistema non incentiva l’efficienza del servizio e ha pesanti ricadute anche sul piano redistributivo.
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 dicembre 2018
Chioschi, docce e beach volley Acquario rinascerà nel 2020
Via libera al progetto esecutivo del secondo lotto. La partita vale oltre sei milioni I lavori definitivi di bonifica e riqualificazione saranno completati entro due estati
MUGGIA - Entro l'inizio dell'estate del 2020 il terrapieno Acquario sarà completamente bonificato e riqualificato. La giunta Marzi ha ufficialmente dato l'ok al progetto esecutivo della seconda parte dei lavori che, dall'estate del prossimo anno, verranno effettuati sull'area a mare muggesana. Costo complessivo dell'intervento? Esattamente sei milioni e 310 mila euro. Raggiante il sindaco di Muggia Laura Marzi: «La volontà e l'impegno sono sempre andati nella direzione della restituzione della costa ai muggesani. Come promesso, abbiamo proseguito e stiamo tuttora proseguendo in questo non facile percorso».L'amministrazione muggesana ha dunque formalizzato l'approvazione del progetto che è stato predisposto, dopo l'espletamento della necessaria procedura di gara, dal costituendo Rtp (Raggruppamento temporaneo professionisti) di tipo "orizzontale" composto da Hmr Ambiente (con sede legale a Padova), Sqs Servizi qualità e sicurezza (Trieste) e Thetis (Venezia).Il progetto presentato prevede, oltre alla bonifica tramite la messa in sicurezza permanente del sito, un complessivo intervento di recupero e riqualificazione estetico-funzionale dell'area. Diversi gli interventi in programma. Oltre al percorso ciclopedonale già realizzato, vi sarà un ulteriore tratto di ciclabile che costeggerà la strada con due punti di bikesharing, sistema sempre più apprezzato dai turisti ma anche da coloro che desiderano utilizzarlo per spostarsi senza problemi di traffico e di parcheggio. Non mancheranno chioschi per il ristoro, con annessi servizi legati alla balneazione, e alcune strutture ombreggianti per trovare riparo dal sole. Si prevede, inoltre, la realizzazione di un'area giochi e fitness, un campo da beach volley, un campo da bocce e il preannunciato skate park, come da impegno preso dall'amministrazione muggesana dopo la dismissione dell'impianto presente sino a qualche mese fa nell'area del piazzale ex Alto Adriatico. Il nuovo Acquario sarà completato anche da docce, fontanelle e otto scalette a mare nonché dall'allargamento del parcheggio esistente che vedrà quasi raddoppiata l'attuale capienza. La realizzazione del progetto consentirà di riaprire alla cittadinanza un'area che da più di 20 anni attende di essere restituita alla comunità. «Finito il primo lotto e in attesa delle verifiche della Regione, non ci siamo certo fermati, passando ovviamente al secondo lotto in modo da restituire alla collettività l'interezza del terrapieno quanto prima», racconta Marzi. Il primo lotto, la cui zona è tornata fruibile, ha interessato la riqualificazione del cosiddetto primo stralcio funzionale dal pontile a "T" a punta Olmi. «Crediamo fermamente nella realizzazione di questi progetti che permetteranno finalmente di riqualificare la nostra costa con un grande beneficio per tutto il territorio e per tutta la comunità. Si avrà un miglioramento decisivo della fruibilità e della balneabilità della costa per i muggesani e per i turisti. Si avvieranno nuove attività economiche, con beneficio sia in termini di occupazione che di servizi offerti alla cittadinanza», puntualizza il sindaco di Muggia. Il progetto esecutivo dovrà ora passare al vaglio della Conferenza dei servizi regionale a inizio 2019. Dopo le eventuali osservazioni, il Comune potrà indire una procedura di gara per poi procedere «quanto più rapidamente possibile, in ogni caso entro l'inizio dell'estate». Il cantiere durerà un anno. A conti fatti entro l'inizio dell'estate 2020 la riapertura di Acquario dovrebbe quindi essere realtà.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 dicembre 2018
Per Palazzo Carciotti il "social housing" sarebbe ottimale - la lettera del giorno di Fabio Denitto
Chi passa per viale Ippodromo non può non rimanere colpito dall'imponente e ben riuscita ristrutturazione dell'ex edificio della ditta cartotecnica Saul Sadoch. Si sono infatti ricavate decine di appartamenti di varie metrature destinati all'affitto mediante il social housing, un progetto gestito congiuntamente dalla Regione e da costruttori privati per offrire, a prezzi sostenibili, appartamenti a quelle famiglie che non dispongono di un reddito sufficiente per accedere al mercato degli affitti ma che al tempo stesso hanno un reddito troppo alto per entrare nelle graduatorie delle case Ater. Un'area "grigia", perciò, alla quale è rivolto questo progetto. Cosa ci guadagnano i costruttori privati?Presto detto: alcuni appartamenti, quelli più pregiati, vengono venduti dalla ditta costruttrice. In questo caso si tratta di alcuni bellissimi attici posti all'ultimo piano. Un altro progetto simile è previsto a breve in zona Rozzol. Perché perciò non pensare a una cosa analoga anche per il Palazzo Carciotti, che sembra nessuno voglia comperare? Si era pensato a un ennesimo albergo di lusso (ma quanti alberghi di lusso vogliamo costruire a Trieste?). I costi però di un acquisto e di una complessa ristrutturazione hanno fatto allontanare ogni possibile costruttore dalle aste organizzate dal Comune. Invece nel caso di un progetto di social housing, in questo palazzo potrebbero essere ricavati molti appartamenti, mentre la parte antistante il mare, quella più pregiata, potrebbe essere trasformata in bellissimi appartamenti extra lusso. In questo modo tutti rimarrebbero soddisfatti: il Comune che si libera di un peso, la Regione che facilita decine di famiglie, i costruttori che ci guadagnano, le persone più abbienti che si trovano appartamenti unici e decine di famiglie dal reddito basso che risolvono il loro problema abitativo. L'operazione inoltre avrebbe anche un risvolto sociale non indifferente: fare convivere in centro città famiglie di ceto differente. C'è il rischio infatti che, tra alberghi di lusso e appartamenti di lusso, il centro storico poco alla volta si svuoti delle persone a reddito medio-basso diventando una sorta di ghetto all'incontrario. Mentre città nelle quali si mescolano ceti diversi (in Europa ce ne sono molti esempi) sono quelle più tranquille e forse, chissà, perfino più felici.
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 dicembre 2018
La manovra è legge - La sanità fa il pieno e incassa 3 miliardi - Passa il piano mutui
Approvata all'alba di ieri la prima finanziaria dell'era Fedriga Pareggio a quota 4,5 miliardi. Incentivi fiscali alle imprese
Trieste - La prima manovra della giunta Fedriga, che pareggia a 4,5 miliardi tenendo conto delle sole poste regionali, vede l'alba. Sono passate le 6 quando Massimiliano Fedriga racconta la sua soddisfazione, ringrazia la giunta, sottolinea il «grande senso di responsabilità di tutto il Consiglio» pur in una conta che divide in maniera netta maggioranza e opposizione: 28 favorevoli e 13 contrari sulla legge di Stabilità, 18 sì, 10 no e 3 astensioni grilline sulla collegata. Verrà ricordata come la Finanziaria del ritorno agli investimenti via mutui, del taglio dell'Irap, del bonus asili nido, dell'abbattimento costi del trasporto pubblico scolastico e di una mega-posta per il socio-sanitario che sfiora i 3 miliardi, un modo per dare certezze preventive alle aziende sanitarie alle prese con la controriforma. «Abbiamo avuto coraggio», dice Barbara Zilli senza nascondere la fatica non tanto per la notte in aula nella volata finale, quanto per una preparazione complicata e l'infilata di emendamenti che hanno arricchito la manovra quando si era già entrati in Consiglio. A riassumere assieme all'assessore alle Finanze il bilancio 2019 è il governatore, convinto di un lavoro che ha «costruito le fondamenta per il futuro della regione, impostandolo su assi portanti quali l'abbassamento della pressione fiscale per le imprese, il piano straordinario con 320 milioni di investimenti per lo sviluppo, le politiche sociali che riportano al centro la famiglia come cuore della comunità, le misure sul lavoro, il modello sanitario con maggiori servizi e vera razionalizzazione della spesa, le risorse alle autonomie locali con i sindaci nuovamente protagonisti e una decisa ripartenza per trasformare i danni del maltempo in opportunità di crescita». Fedriga sottolinea anche la partite chiave dell'Irap: «Noi abbassiamo le tasse veramente». Quella delle famiglie, «una su tutte l'asilo nido gratuito dal secondogenito in poi nelle fasce di reddito Isee sotto i 50 mila euro, testimonianza concreta di quanto consideriamo i nuclei familiari elemento portante di una società che guarda avanti». E ancora la sicurezza: «Grazie e 10 milioni in più potrà aumentare il livello di percezione». E il fondo da 3,5 milioni per il ristoro dei soci Coop e Coopa: «Dimostriamo ai cittadini che siamo dalla loro parte».Nelle ultime ore sono spuntati anche 1,3 milioni per gli asfalti nei piccoli comuni, 1 milione per gli arredi scolastici nei paesi con meno di 10 mila abitanti, 800 mila euro per l'acquisto di veicoli per il trasporto di persone disabili. Un elenco senza fine in un bilancio che conta entrate e autorizza spese per complessivi 7 miliardi e 568 milioni. Le cifre finali, fa sapere Zilli, dopo la collocazione in particolare dei 90 milioni di euro per i cantieri pubblici, con poste spartite tra diverse direzioni, verranno però rese note il 28 dicembre in conferenza, «occasione per rimarcare come con questa manovra il Fvg può cambiare marcia. Dispiace che l'opposizione non abbia colto lo sforzo di novità». Ne parla anche in un lungo post su Facebook il capogruppo della Lega Mauro Bordin, ma Sergio Bolzonello, capogruppo dem, rilancia le critiche delle ultime settimane: «Con questa Stabilità, la giunta Fedriga ha fallito il suo primo vero banco di prova dopo mesi di annunci e promesse. In questi giorni abbiamo discusso una "non Finanziaria" che affossa settori determinanti per lo sviluppo della regione come l'economia e le infrastrutture, discrimina e mette in difficoltà migliaia di persone nel comparto del welfare». Furio Honsell, di Open, spiega invece il motivo dell'abbandono dell'aula prima del voto: «Partecipare sarebbe stato legittimare politicamente un percorso dal quale siamo stati esclusi».
Marco Ballico
IL PICCOLO - SABATO, 15 dicembre 2018
Progetto sui parchi minerari bocciato. La Regione: "Roma diffidi la Ferriera".
L'assessore Scoccimarro: "Documentazione incompleta". E scrive al ministero per un ultimatum irrevocabile ad Arvedi.
Il progetto per la realizzazione della copertura dei parchi minerari consegnato da Siderurgica Triestina il 10 dicembre è stato giudicato insufficiente dagli uffici tecnici della Regione. E così l'assessore Fabio Scoccimarro ha scritto ieri al ministero dell'Ambiente per chiedere la diffida formale del Gruppo Arvedi. Sta ora al governo dare un ultimatum irrevocabile affinché l'azienda presenti un piano completo per la costruzione dei capannoni previsti a copertura dei depositi di minerale ferroso e carbon coke nel comprensorio della Ferriera di Servola. E se così non sarà, l'azienda dovrà dichiarare di non avere più intenzione di realizzare le strutture e dunque infrangere quanto previsto dall'Accordo di programma. «Ho appena scritto al ministero - ha detto Scoccimarro - per chiedere che venga diffidata Siderurgica Triestina, che ancora una volta è risultata inadempiente davanti alle richieste della Conferenza dei servizi relative alla copertura dei parchi». Tutto comincia il 17 luglio, quando gli enti rappresentati alla Conferenza dei servizi chiedono una serie di integrazioni progettuali ad Arvedi: la scadenza per la consegna è il 20 novembre, quando tuttavia l'impresa non fornisce alcuna documentazione. Tre giorni dopo, nell'ennesimo tavolo tecnico convocato a Roma, il ministero fissa il 10 dicembre come ultima data utile per la consegna dei documenti mancanti: stavolta le integrazioni arrivano, ma Regione e Arpa riscontrano la mancanza di quanto richiesto in merito al trattamento dell'acqua piovana, che andando a colpire il tetto dei capannoni trascina le polveri al suolo e va quindi raccolta e canalizzata correttamente per non essere fonte di inquinamento. Da qui la richiesta al ministero di diffidare Siderurgica Triestina, che da tempo non nasconde di voler avere chiarezza sul futuro dell'area prima di realizzare un'opera dal costo di ben 35 milioni. Scoccimarro sottolinea che «tutto questo non vuole essere un atteggiamento persecutorio verso una società che ha dimostrato di aver compiuto già importanti investimenti. Qui si parla di rispetto di accordi sottoscritti non da noi ma dalla giunta Serracchiani». L'assessore evidenzia inoltre che «ormai trapela che la società non vorrebbe costruire i parchi, ma questo significa o vendere l'azienda o far decadere l'Aia». E in questo secondo caso la Ferriera non avrebbe più possibilità di continuare a produrre. Ecco allora che Scoccimarro ribadisce «ancora una volta pubblicamente, la nostra disponibilità alla revisione dell'Accordo di programma: la copertura dei parchi minerali diventa ovviamente superflua se l'area a caldo si avvia a una graduale, concordata e condivisa chiusura, che salvaguardi il lavoro e la salute dei cittadini». La Regione continua dunque a usare l'onerosa realizzazione dei capannoni per ammorbidire la proprietà rispetto alla possibilità di cedere l'area a investitori interessati alla trasformazione logistica. A cominciare dal gruppo China Merchants, che potrebbe acquistare quote della Piattaforma logistica in costruzione e puntare poi a rilevare l'area a caldo per realizzarvi una stazione ferroviaria. Scoccimarro attende ma non si sbilancia: «Le voci ci sono ma nessun soggetto si è ancora fatto avanti. Attendiamo sviluppi concreti».
Diego D'Amelio
Dai proclami barricaderi ai diktat Un braccio di ferro lungo otto mesi
La volontà di chiudere l'area a caldo è stata al centro della campagna elettorale di Fedriga
Non era ancora presidente della Regione, mancavano meno di due settimane al voto del 29 aprile, e Massimiliano Fedriga, a un dibattito organizzato al Circolo della stampa, dettava già la linea. Da cittadino, oltre che da aspirante governatore: «Vivo in questa città, conosco molti di voi, sono stato molte volte a Servola e ho le finestre di casa su via Romolo Gessi particolarmente colpite. Per me è un impegno vincolante la riscrittura dell'Aia per poi procedere alla chiusura dell'area a caldo. Riscrittura, non revisione». L'avvio di un braccio di ferro in cui il nuovo governo ha inevitabilmente dovuto fare i conti con la questione occupazionale. A giunta insediata, erano i primi di giugno, alla prima uscita dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro a presentare la qualità dell'aria in Fvg, ecco il direttore dell'Arpa Luca Marchesi cercare un equilibrio difficile: «Già prima della formazione dell'esecutivo, ho condiviso con il presidente Fedriga l'idea che le industrie fortemente impattanti non sono compatibili con lo sviluppo del territorio e la qualità della vita dei cittadini. L'obiettivo è trovare intese capaci di mettere d'accordo l'interesse dei residenti e dell'imprenditore con attenzione alla ricollocazione del personale, ovviamente nel minor tempo possibile». Poche settimane dopo, incontrando le associazioni ambientaliste, ecco la picconata di Fedriga e Scoccimarro: «Stiamo evitando la politica dei proclami perché non produrrebbe quei risultati concreti invocati dalle persone che vivono quotidianamente l'impatto della fabbrica, ma l'obiettivo della Regione è giungere alla chiusura dell'area a caldo». Poi, a metà luglio, alla Conferenza dei servizi a Roma, il diktat alla proprietà in merito all'inquinamento della falda da idrocarburi pesanti: tre mesi per l'effettuazione delle indagini tecniche sulla qualità del sito, e altri 90 giorni per l'elaborazione di una proposta progettuale con la quale risolvere la problematica. Dopo le prescrizioni ferragostane anti spolveramento con cui è stata integrata l'Aia, Autorizzazione integrata ambientale («Interveniamo dopo due anni di lassismo», la sintesi dell'assessore), e l'accordo con l'Università per introdurre nuove misure contro odori e impatto acustico, l'approfondimento clou ha luogo in commissione a inizio novembre, lì dove, con Fedriga ad auspicare la nomina «prima possibile del nuovo commissario affinché si possa procedere con l'esecuzione delle opere che mi verranno indicate», Scoccimarro rende note le sei diffide della Regione a Siderurgica Triestina per intimare il rispetto dei limiti previsti. Non è mancata in quell'occasione una nuova rassicurazione: «Non c'è la volontà di penalizzare un complesso industriale ma il primo obiettivo è tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente, ponendoci come traguardo anche la salvaguardia dei posti di lavoro con la riconversione di un'attività molto impattante sul territorio». Fermo restando che la linea è cambiata: «Rispetto agli anni precedenti ai miei uffici sono state date linee guida precise: non concedere più proroghe di alcun tipo».
Marco Ballico
IL PICCOLO - VENERDI', 14 dicembre 2018
Tripcovich, in commissione la demolizione "fantasma"
Il testo non cita l'abbattimento ma solo l'interesse «primario» per lo scambio Verdi-Comune (che risulta "a perdere") con il capannone delle Noghere
Prima la permuta, poi si vedrà. La demolizione della Sala Tripcovich non è nella bozza di delibera delle giunta comunale che lunedì mattina approda in Consiglio comunale. Se n'è parlato ieri in una seduta della Quarta commissione presieduta da Michele Babuder di Forza Italia alla presenza dell'assessore al Patrimonio Lorenzo Giorgi. «Si tratta di uno scambio di due spazi importanti tra il Comune di Trieste e la Fondazione del Teatro lirico Giuseppe Verde: la Sala Tripcovich in cambio del Magazzino delle Noghere in Comune di Muggia», si limita a spiegare l'assessore senza precisare che il presidente della Fondazione lirica è il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, che si è schierato per radere al suolo l'ex stazione delle corriere adibita a teatro. È anche vero che per la sala Tripcovich, conferita al Verdi solo nel 2014, si tratta di un ritorno a casa. Il problema è che il valore inventariale risulta diverso: 1.170.941 euro la Sala Tripcovich e 3.194.211 euro il capannone delle Noghere usato dal Verdi come laboratorio, sartoria e deposito delle scenografie. Il Comune, nello scambio, perderebbe oltre due milioni di valore immobiliare. «Un problema sorpassato però dall'interesse primario dell'amministrazione per l'operazione», spiega l'assessore alludendo all'obiettivo, come si legge nella delibera, «di portare a compimento l'intervento di riqualificazione dell'intera area che comprende piazza Libertà fino al confine del mare».Non si parla mai di demolizione. E quindi dei costi che si aggiungerebbero ai due milioni persi nello scambio, oltre all'Iva che andrebbe in fumo. Nella delibera, invece, non si esclude che la Tripcovich, una volta rientrata in possesso del Comune, «possa essere destinata ad attività rilevante Iva».Una formula, fanno sapere gli uffici, per recuperare i 260 mila euro di imposta versata nello scambio. Sia nel caso resti un teatro, un mercato coperto o «una salumeria», come ipotizza ancora Giorgi. Qualcuno non vedrebbe male una bocciofila. Oppure, vecchia idea di Roberto De Gioia, la stazione finale del tram di Opicina .
Alberi segati all'inizio del bosco È polemica a Duino Aurisina
Intervento disposto dal Comune per «garantire l'incolumità della popolazione» La proprietà del Rilke e dell'area circostante: «Tagli eccessivi e senza preavviso»
DUINO AURISINA - Lo sfalcio della discordia. Esplode la polemica a Duino Aurisina fra Comune e Baia Silvella, la Spa con sede a Salò proprietaria del sentiero Rilke e di alcuni ettari di bosco che lo circondano, nell'ambito della Riserva delle Falesie. A originare tale polemica è il taglio di un imprecisato numero di alberi, molti dei quali situati a ridosso della strada regionale che unisce Sistiana e Duino, appena effettuato, secondo l'amministrazione, «per motivi di sicurezza». Ma Danilo Antoni, il tecnico professionista che opera per conto della proprietà, definisce questi tagli «eccessivi e portati a termine senza uno straccio di preavviso nei nostri confronti». A manifestare perplessità sull'accaduto è anche Diego Lenarduzzi, portavoce della Baia Silvella, che rivela un precedente: «Qualche tempo fa in collaborazione con Antoni - ricorda - abbiamo posizionato quattro cartelli a impatto zero, perfettamente inseriti nel contesto boschivo del Rilke, per porgere un benvenuto ai visitatori e a chiedere il rispetto per la natura circostante. Ebbene - sottolinea - invece di trovare apprezzamento da parte degli uffici comunali, siamo stati da loro criticati perché li avevamo collocati nel bosco. Per tutta risposta ora non siamo avvisati quando si procede con interventi ben più invasivi. Siamo convinti che solo collaborando tutti assieme potremo dare a questo territorio il giusto impulso turistico - conclude - quindi speriamo a breve di poterci sedere attorno a un tavolo con l'amministrazione e parlarne».«Il nostro compito - replica Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina - è quello di garantire l'incolumità della popolazione e, in questo specifico caso, di quanti frequentano il sentiero Rilke. Chi ha eseguito il lavoro di sfalcio - aggiunge - lo ha fatto sotto il coordinamento dei nostri uffici e in base a un accordo che indica il Comune come gestore della Riserva, perciò non vedo come si possa criticare l'intervento. Sono io invece a essere sconcertata - protesta Pallotta - dall'esasperante utilizzo dei social per alimentare qualsiasi tipo di polemica. Le foto degli alberi tagliati sono diventate di dominio pubblico - continua - prima che qualcuno si prendesse la briga di consultarci. Siamo sempre disponibili a fornire tutti i chiarimenti sull'operato dell'amministrazione a chiunque - conclude - ma vedo che la nostra richiesta di essere lasciati in pace a lavorare per il bene della collettività non trova riscontro». Sembra però che la pace fra le parti potrà essere firmata a gennaio: «Ho promesso a Lenarduzzi che ci incontreremo dopo le feste per trovare il modo di operare di concerto per il bene del territorio».
Ugo Salvini
La zona ceduta tre anni fa alla Baia Silvella di Salò - DAI TORRE E TASSO
Risale esattamente a tre anni fa il cambio di proprietà del sentiero Rilke e di parte del territorio circostante. La celeberrima passeggiata a ridosso delle Falesie, assieme ai circa trenta di ettari di bosco che la "custodiscono" alle sue spalle, furono ceduti per 350 mila euro dai principi di Torre e Tasso alla Baia Silvella Spa, che ha il suo quartier generale a Salò.
Marevivo sbarca in città Pedicchio segretario - NATA LA DELEGAZIONE REGIONALE
È nata a Trieste la Delegazione Friuli Venezia Giulia dell'associazione ambientalista Marevivo. La prima assemblea dei soci fondatori ha dato avvio alle attività della nuova delegazione regionale che ha lo scopo di promuovere e perseguire con autonomia rappresentativa, amministrativa e patrimoniale nel proprio ambito territoriale, gli scopi sociali dell'associazione Marevivo. Realtà che dal 1985 si batte per la difesa del mare e delle sue risorse. «Vogliamo avviare delle attività di divulgazione riguardo alla problematica dei rifiuti in mare e dell'inquinamento da plastiche e microplastiche», dice Paola Del Negro. Eletti gli organi direttivi: Maria Cristina Pedicchio ricoprirà il ruolo di segretario generale, mentre Alessandro Mitri, Gabriella Clarich, Paola Del Negro, Alice Affatati faranno parte del Comitato esecutivo.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 dicembre 2018
Tronchi a rischio crolli "Strage" di alberi in vista all'ex Opp e al Maggiore
L'AsuiTs si prepara ad abbattere 148 esemplari in pessimo stato di salute Non tutti verranno rimpiazzati: per ora ci sono soldi per reimpiantarne solo 66
"Strage" di alberi in vista nel parco dell'ex Opp e nel piazzale interno al Maggiore. L'AsuiTs si prepara infatti ad abbattere nelle prossime settimane per motivi di sicurezza ben 148 piante. La decisione è stata presa dopo il censimento di tutto il patrimonio arboreo dell'azienda, che ha decretato appunto il pessimo stato di salute di molti esemplari. Non tutti verranno rapidamente rimpiazzati: al momento ci sono soldi solamente per 66 reimpianti, che verranno fatti nel prossimo anno. Gli altri dovranno aspettare.«Per quanto riguarda in particolare l'ex Opp - spiega il direttore generale Adriano Marcolongo -, l'Azienda interviene su decisione del "condominio" del parco di San Giovanni" composto da tutti gli enti pubblici proprietari delle aree insistenti nel comprensorio citato, ovvero Università, Comune, Erpac, Regione, Uti Giuliana e Asuits stessa. I vari enti nella riunione annuale tenutasi il 15 novembre, hanno deciso di intervenire tempestivamente per programmare al meglio l'opera». La situazione più critica è proprio quella del polmone verde di San Giovanni. «Quel parco - precisa l'ingegnere Elena Clio Pavan, dirigente AsuiTs della struttura complessa di Manutenzione e sviluppo del patrimonio - è aperto al pubblico e, a differenza di quanto accade al Maggiore, non può essere interdetto al passaggio del pubblico in caso di bora forte. All'ex Opp non ci sono aree recintante che possiamo bloccare in caso di condizioni climatiche avverse anche perchè, all'interno del comprensorio, ci sono attività continue e ricoveri: quindi non possiamo pensare di bloccare semplicemente gli accessi. Voglio in ogni caso precisare che non si tratta di piante storiche, possiamo parlare di alberi "normali" con un'età relativamente giovane. L'agronomo ha confermato che non sono piante recuperabili ed è opportuno procedere all'abbattimento per evitare possibili rischi alle persone, anche perché, se non procediamo noi, c'è il pericolo che alla prossima giornata di bora forte le piante vengano giù in modo non controllato. In primavera procederemo in ogni caso a reimpiantare le nuove piante». Proprio il rischio maltempo è alla base di questa scelta, accelerata dai danni prodotti dalle ondate di maltempo registrate il 12 giugno, il 28 agosto e a inizio ottobre. Tra questi la caduta improvvisa di un albero vicino alla direzione di Villa Renner e di un'altra pianta nella zona di Cattinara. Al fine di evitare possibili pericoli per le persone, e in accordo con gli altri enti che operano nell'area, si è quindi deciso per un intervento radicale. Al momento, rende noto l'azienda, 66 nuove alberature sono già finanziate per il 2019, mentre le restanti verranno realizzate nel biennio successivo sulla base di un progetto generale di valorizzazione del patrimonio arboreo. «Per ogni albero tolto c'è in programma la ripiantumazione dopo la pulizia e la sistemazione dell'area- assicura Pavan -. Preciso anche che c'è un piano riorganizzativo generale e concordato con la Soprintendenza per introdurre piante che siano indicate per questa particolare zona climatica. Come tempi in ogni caso opereremo a primavera e sulla base anche delle indicazioni degli esperti». All'ospedale Maggiore ci sono 79 alberi di cui 8 verranno abbattuti, mentre nel parco di San Giovanni le piante sono 1.775 e 140 saranno quelle sostituite. Il censimento viene effettuato ogni 5 anni, mentre le potature vengono svolte regolarmente e viene posta particolare attenzione verso le piante "monumentali".
Andrea Pierini
«Siamo tra i peggiori d'Europa nel rapporto piante-cittadini»
Il decano dei botanici triestini denuncia la scarsità di risorse stanziate dagli enti locali per la tutela del verde negli spazi urbani
«Siamo fortunati perché abbiamo una cintura straordinaria, ma in città abbiamo un rapporto albero/individui tra i peggiori d'Europa». Livio Poldini, professore emerito di Ecologia vegetale dell'università di Trieste, denuncia una situazione cittadina decisamente preoccupante che si salva solamente grazie al carso e ai boschi che ci sono intorno al centro. «Il verde urbano richiede risorse, però bisogna fare di più. Ad esempio ora che vengono abbattuti questi alberi si potrebbero ripristinare attingendo alle nostre risorse naturali. Chiaramente ci vuole un po' di pazienza perché ad esempio la quercia richiede più tempo, ma se mai si comincia... Ci sono poi acri, tigli, olmi; devono però essere specie non da vivaio che sono troppo fragili». Per capire però lo stato di salute delle nostre piante serve dividere quelle naturali da quelle "cittadine". «Anche all'interno dei boschi veri - spiega Poldini - abbiamo situazioni molto diverse perché ci sono zone dove l'uomo è intervenuto creando delle aree artificiali dove le piante sono state "semplificate" per poter attingere alle provviste di legname».In questo modo si può anche spiegare il disastro avvenuto in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, dove i venti di oltre 120 km/h hanno avuto un impatto maggiore rispetto alle aree naturali. «Per quanto riguarda invece il verde cittadino, molto spesso - spiega Poldini - si tratta di specie esotiche che devono avere determinati requisiti resistendo all'inquinamento e piantate in condizioni di artificialità con le radici che interferiscono con la parte sotto. La gente poi protesta se non vengono potate, quando in realtà non ce ne sarebbe bisogno, e molto spesso queste potature vengono fatte male da ditte improvvisate prive del personale addestrato».L'appello del docente è poi rivolto al futuro, «nel nuovo Prg avevo suggerito l'idea di fare dei corridoi ecologici con specie rustiche che collegassero il centro città con le periferie. Bisogna costruire poi delle aree verdi perché dobbiamo aumentare il rapporto tra abitanti e alberi con lo scopo di migliorare la qualità della vita. Diciamo che servirebbe una tavola rotonda per affrontare concretamente un tema così delicato ed importante».
«In molte zone per anni e' mancata la manutenzione. E questi sono i risultati»
Le perplessita' delle associazioni ambientaliste, ignare della decisione assunta dall'azienda «I tagli rappresentano l'estrema ratio. Ma a volte a caldeggiarli sono periti molto prudenti»
Un fulmine a ciel sereno. Nessuna associazione ambientalista era a conoscenza della scelta dell'AsuiTs di procedere all'abbattimento di 148 alberi. Una decisione che suscita più di qualche perplessità anche se nessuno spara ad alzo zero. Non per ora, almeno. Per l'avvocato Alessandro Giadrossi, presidente della sezione di Trieste del Wwf, esistono comunque valide alternative agli abbattimenti. «Quando avviene il crollo anche di un solo albero in caso di maltempo, scatta una sorta di allarme generale e, spesso, ingiustificato. Diciamo che nelle giornate di bora si potrebbe chiudere, ad esempio, la corte del Maggiore. All'ex Opp invece si potrebbe procedere a creare delle zone che si possono interdire per proteggere e mantenere le piante più importanti. Chiaro che se parliamo di alberi che sono sulla strada e se c'è un pericolo reale, posso comprendere la scelta, anche se ci sono dei periti che sono particolarmente prudenti e magari preferiscono non correre rischi. Per quanto riguarda lo specifico di San Giovanni - prosegue -, posso dire che la persona che ha fatto l'analisi delle piante gode della nostra fiducia e chi procederà al reimpianto è la ditta che già segue il parco, quindi siamo in un contesto accettabile con una percentuale del ricambio intorno al 10%. In ogni caso presteremo molta attenzione a come evolverà la vicenda». Una posizione simile anche per il presidente di Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig. «Di base accettiamo l'urgenza, certo 148 alberi mi sembrano davvero tanti. Non conosco la situazione specifica perché non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione, come avviene quando vengono abbattuti alberi "storici". Posso dire però che ci sono e zone di Trieste dove il Comune non ha fatto manutenzione per tanti anni, arrivando poi a situazione molto gravi. Penso ad esempio a piazzale de Gasperi, dove mi sembra ci siano piante mal ridotte. Una responsabilità importante deriva poi dai molti interventi di "capitozzatura" (operazione con la quale vengono tolti tutti i rami superiori al punto di intersezione con il tronco, ndr), che hanno avuto esiti nefasti portando molte piante ad ammalarsi. Auspico che AsuiTs abbia comunque fatto le analisi in modo approfondito, di certo approfondiremo la questione anche perché si possono fare numerosi interventi per prolungare la vita di un albero senza dover per forza abbatterlo. Quello che in ogni caso non possiamo accettare sono gli abbattimenti per questioni urbanistiche, scelte "politiche" che penalizzano le piante». Infine l'architetto Roberto Barocchi, presidente dell'associazione Triestebella. «Gli alberi sono esseri viventi e alla fine del loro ciclo possono anche morire. Serve chiaramente un esame strumentale e nel dubbio, in certi casi, la scelta di abbattere una pianta può anche essere la migliore. Il vero tema è che oggi un albero sulla strada ha una vita media di 33 anni, mentre quelli nel bosco sono decisamente più longevi. La vera sfida è legata poi a come vengono piantati e a quali cure vengono loro fornite, perché le piante vanno trattate come animali domestici. Spesso invece ci si rivolge a certi potatori che, evidentemente, hanno fallito in altri mestieri».
Sfalci anche in zona Ezit sul verde erede del Gma - il lotto finale da 100 mila euro
La giunta Dipiazza ha deciso di mettere mano agli alberi del Tlt. È stato approvato di recente anche l'ultimo appalto del progetto esecutivo per la manutenzione straordinaria delle alberatura dei bordi strada dell'ex Ente zona industriale Trieste (Ezit). Si tratta di alberature che risalgono agli anni del Governo militare alleato e che da allora non erano state oggetto di potatura e neppure di verifiche di stabilità. L'ultimo appalto da 100 mila euro, finanziato attraverso la vendita di titoli Hera, sarà realizzato nel primo semestre del 2019. È dal 2017 che l'amministrazione comunale prevede apposite poste di bilancio per le alberature dei bordi strada Ezit. Il primo appalto (dal 2 marzo 2017 al 2 novembre 2017) ha catalogato tutti gli alberi ad alto fusto con relativa verifica di stabilità. Lo scorso aprile è iniziato il secondo appalto: sono stati eseguiti l'abbattimento di circa 50 ailanti in via Pietraferrata e la potatura dei platani e lo sfalcio delle aiuole centrali spartitraffico di via Malaspina. Sono state, inoltre, eliminate le alberature spontanee sotto i cavalcavia di via Caboto, via Pietraferrata e via Mafalda di Savoia. Il nuovo intervento prevede l'estensione degli interventi ai bordi strada e i marciapiedi della viabilità minore della zona industriale. In particolare si interverrà con abbattimenti, "devitalizzazioni" e sfalcio, con asporto dei rifiuti, in via Pietraferrata, via Mancante, via Usodimare e via Parlotti. Sarà anche eseguita la potatura dei platani di via Pietraferrata e degli olmi di strada di Montedoro.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 dicembre 2018
Volontari in azione nel Bosco del Farneto - Via 25 sacchi di rifiuti
Vivere ogni giorno in modo sostenibile, con uno stile di vita dove l'attenzione è rivolta a consumi motivati, dribblando l'attitudine all'accumulo e alla dispersione di ogni genere di rifiuti. È questo l'obiettivo di "Trieste senza sprechi", un gruppo di tre ragazze, Anna Masiello, Valentina Del Conte e Ilaria Perini, che da agosto promuove azioni e momenti di aggregazione sul vasto versante della "pratica ecologica" concreta e quotidiana. In questo periodo, assieme ad altri 25 volontari e in collaborazione con Esn Trieste, il gruppo si è impegnato nella pulizia del Bosco del Farneto, iniziando a raccogliere lungo i sentieri e le fratte ogni genere di immondizie. Il risultato? Oltre 25 sacchi di rifiuti, che i volontari hanno successivamente smaltito. Bottiglie di vetro e plastica, sacchetti, imballaggi e mozziconi: questo quanto rintracciato lungo i sentieri del Boschetto. L'abbondanza di rifiuti rappresenta uno dei problemi più urgenti a livello globale, e dunque anche cittadino. Proprio su questo tema domenica scorsa "Trieste senza sprechi" ha organizzato al Nat Design di via Corti 2 l'incontro "Zero waste Friuli Venezia Giulia". Un appuntamento aperto a tutta la cittadinanza dove sono state affrontate numerose questioni e divulgati progetti, idee ed esperienze sulla riduzione dei rifiuti.«Parliamo di economia circolare - spiegano le tre animatrici del gruppo - per ragionare come scarti e rifiuti possano, in qualche modo, tornare utili. Un altro tema interessante riguarda la rinnovata capacità di riparare oggetti e utensili rotti, riportandoli a nuova vita. Altro tema, la moda sostenibile e la "permacultura", concetti e idee che ci possono aiutare a vivere meglio senza lasciare in giro troppi residui. L'impegno di "Trieste senza sprechi" è di creare una rete di persone interessate e attive su queste tematiche non solo in città, ma in tutta la regione, per vedere il mondo cambiare nella direzione che ci piace di più». Per informazioni, il sito è www. triestesenzasprechi.com.
Maurizio Lozei
Per l'area del Canale meglio realizzare il progetto precedente - la lettera del giorno di Roberto Barocchi, presidente di Triestebella
Vari anni fa fu indetto un concorso per la sistemazione del Canal Grande vinto dall'arch. Gigetta Tamaro. Sembra che i lavori stessero per cominciare quando furono bloccati per la contrarietà dei commercianti. Nel 2002 un concorso internazionale per la sistemazione del fronte mare, a cui furono invitati 20 prestigiosi studi professionali, fu vinto da 6 progetti, ognuno per una parte, fra cui quello dello Studio Teherani per il Canale. Il sindaco Dipiazza scrisse grandi lodi sul concorso, dichiarando che esso era il primo passo per "ridare alla città la sua funzione di capitale centro-europea".Nessuno dei progetti vincitori è stato realizzato. Piazza Libertà, interessata dal bel progetto dell'architetto Zagari, viene ora ristrutturata in base a un altro progetto contro la cui prima versione furono raccolte 10.000 firme e non ci sembra che l'ultima versione sia migliore. La Stazione marittima, in cui il progetto vincitore dello Studio Bellini prevedeva un volume di forte impatto emotivo, è stata ristrutturata ponendovi sul tetto un brutto scatolone. Anche le Rive (progetto Zagari), l'ex Magazzino vini (progetto Podrecca), piazza Venezia (progetto Andriani) hanno subìto ristrutturazioni progettate da altri. Nella Sacchetta, che secondo il progetto dello Studio Bosquets avrebbe dovuto diventare un bel parco pubblico sul mare, si vuole costruire un cosiddetto Parco del mare con vasche per pesci. Nel 2016 la precedente Amministrazione comunale indette un altro concorso per la sistemazione del Canale e di piazza Sant'Antonio Nuovo. Parteciparono 70 studi professionali con risultati interessanti. Il progetto vincitore prevedeva un allungamento virtuale del Canale mediante una vasca pochissimo profonda che ne rappresentasse la parte che fu interrata e allo stesso tempo, tolta l'acqua, servisse come luogo per eventi. Ci pare che l'idea del progetto vincitore sia molto valida perché senza enormi spese ricostituirebbe l'immagine del Canale nella sua originaria lunghezza e consentirebbe di avere nel contempo un'area polifunzionale. Qualcuno osserverà che la vasca poco profonda si potrebbe riempire d'immondizie ma questo avviene in ogni vasca e non è motivo per eliminare le vasche cittadine: basta una corretta manutenzione. Ma l'attuale Amministrazione ha buttato alle ortiche anche quel concorso, che pure sarà costato un bel po' di soldi ai contribuenti, e ha dato un altro incarico di progettazione a un architetto locale il cui progetto sta attirando molte critiche e anche in noi desta molta perplessità: ci chiediamo a cosa servano quelle strisce (d'erba?) di varie larghezze, magari eleganti in un progetto di grafica ma povere e poco fruibili nella sistemazione della piazza. Esortiamo l'Amministrazione comunale a riconsiderare i risultati del precedente concorso. Sarebbe davvero un peccato che una delle maggiori e più note bellezze anche turistiche di Trieste fosse sminuita da un progetto che appare di poco significato.
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 dicembre 2018
I sindacati "portano" a Roma l'ansia per la Ferriera cinese
Le sigle temono che la possibile trasformazione logistica tagli i posti di lavoro Il gruppo Arvedi: per ora non è arrivata alcuna offerta, avanti con la siderurgia
Una trasferta inutile, se non fosse che ha contribuito ad acuire le preoccupazioni sindacali. «Siamo arrivati a Roma nella nebbia, siamo ripartiti da Roma nella nebbia». Con questa reiterativa metafora meteo, i segretari triestini di Fiom-Fim-Uilm hanno riassunto il non-risultato uscito dal tavolo ministeriale, chiesto da loro stessi e tenutosi ieri pomeriggio al Mise: all'ordine del giorno la Ferriera. Presente il vicecapo di gabinetto del ministro Di Maio, Giorgio Sorial. Perchè Marco Relli (Fiom), Umberto Salvaneschi (Fim), Antonio Rodà (Uilm) non escono affatto rassicurati dall'incontro romano, anzi: temono che Arvedi venda parte dell'area dello stabilimento ai cinesi di China Merchants group, interessati a insediarsi nella Piattaforma logistica portuale e ad ampliarne il perimetro, per realizzare un grande scalo multipurpose. Come? Acquisendo la cokeria e il reparto "a caldo", per cui la porzione siderurgica si ridurrebbe al solo laminatoio. Il presidente dell'Autorità portuale, Zeno D'Agostino, ne ha parlato a metà novembre con il cavalier Arvedi. I sindacati paventano il cambio di destinazione fabbrica/logistica perchè l'attività ferroviario-portuale non riuscirebbe ad assorbire i 400 addetti oggi impegnati nelle produzioni siderurgiche, quindi si riproporrebbe una pesante questione occupazionale. E chiedono che gli investimenti sulla sicurezza degli impianti vengano comunque garantiti. A rappresentare il gruppo Arvedi c'era Francesco Rosato, il quale - pur non smentendo il merito del colloquio intervenuto tra il cavaliere cremonese e D'Agostino - ha sottolineato che nessuna proposta era arrivata da parte dei cinesi e, in assenza di proposte di sviluppo logistico da parte di soggetti terzi, il destino della Ferriera resterà siderurgico: laminatoio, ghisa, terminal specializzato.Ma in via Molise - come già prima dell'inizio dell'incontro aveva notato il segretario generale del Comune triestino Santi Terranova - non era stato invitato il vero depositario delle novità sull'asse Cremona-Hong Kong, ovvero il presidente del Porto D'Agostino. Di conseguenza al tavolo mancava una gamba e il confronto ne ha visibilmente sofferto: è quanto fa capire, con una punta di percepibile irritazione, l'assessore regionale Alessia Rosolen, che in un comunicato commenta «su incontri informali e dichiarazioni ufficiose non si può costruire nè un'analisi corretta nè una coerente strategia di intervento sulla situazione della Ferriera». La Regione - prosegue la titolare del Lavoro - «è abituata a lavorare per atti formali e a portare a termini impegni presi, non certo a discutere di cose riferite a soggetti terzi in incontri cui non ha preso parte». Ragion per cui «rimangono... le iniziative e le risorse destinate all'area di crisi industriale complessa di Trieste». Tradotto, rebus sic stantibus la giunta Fedriga non cambia cavallo e continua a trottare in sella della siderurgia. Allo staff di Di Maio non è rimasto altro che prendere atto dell'inconcludenza dell'incontro, che sarà aggiornato avendo cura che stavolta l'Autorità portuale venga coinvolta.
Massimo Greco
IN EXTREMIS - E l'azienda presenta la documentazione dei parchi minerari
Una notizia solo parzialmente rassicurante per le organizzazioni sindacali: Siderurgica Triestina ha ottemperato all'ultimatum dell'Ambiente e ha presentato al ministero la documentazione relativa alla copertura dei parchi minerari della Ferriera. Senza il progetto esecutivo, la società avrebbe rischiato la sospensione dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia): i capannoni - se realizzati - dovranno servire a immagazzinare il minerale necessario alla produzione di coke, perchè le folate di vento alzano quelle polveri contestate dalla popolazione circostante. L'investimento previsto è di 35 milioni.
Il patto tra gli enti apre l'iter per il campus di via Rossetti
Dall'amministrazione Fedriga "chip" da 5 milioni che si aggiunge ai 20 dell'Uti Quaranta giorni per decidere lo scambio con Cdp tra l'ex caserma e il Carciotti
Un contributo della Regione da cinque milioni di euro, che va ad aggiungersi al tesoretto da altri 20 milioni già in pancia all'Uti giuliana e destinato alla ristrutturazione di edifici scolastici, rappresenta il primo passo concreto per la realizzazione del campus che sorgerà nei nove ettari dell'ex Vittorio Emanuele III di via Rossetti. I 25 milioni sono finalizzati alla riqualificazione di quegli spazi, alla loro trasformazione, in particolare, in strutture scolastiche. Resta ora da sciogliere il nodo dell'acquisizione dell'intera area che appartiene a Cassa Depositi e Prestiti. Due le ipotesi al vaglio dell'amministrazione: l'acquisto o la permuta con Palazzo Carciotti. «È una direzione che, fatte le dovute valutazioni, prenderemo entro una quarantina di giorni», ha anticipato ieri nel corso di una conferenza stampa il sindaco Roberto Dipiazza. Palazzo Carciotti era stato inizialmente quotato 22,7 milioni, scesi a 19,9 in seconda istanza. L'intera area dell'ex caserma di via Rossetti ha un valore che supera i 16 milioni di euro. «Questa del polo di via Rossetti è un'operazione che stravolgerà il sistema scolastico cittadino», ha evidenziato l'assessore regionale alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti: «È un progetto che guarda al futuro e che sceglie di realizzare qualcosa di epocale, evitando di investire milioni di euro per mettere delle toppe a vecchi immobili che oggi ospitano gli istituti scolastici. Finalmente i nostri figli e i nostri nipoti potranno andare a studiare in delle scuole decenti». Non solo aule, palestre e laboratori, dunque, ma anche una biblioteca, una mensa, e pure spazi per il divertimento. Il 2019, indicativamente, dovrebbe essere l'anno in cui si definirà e si perfezionerà l'acquisizione o la permuta. Il 2020 sarà quello della progettazione. Il 2021, quindi, potrebbe vedere la ristrutturazione dei primi padiglioni. «Questo è un punto di partenza - ha spiegato Dipiazza - ma correremo velocemente per avviare questo progetto che, assieme anche all'iniziativa nell'ex Fiera, ridarà vita a tutta quella fetta di città oggi sofferente. Riunirò i dirigenti scolastici per definire anche assieme a loro quali siano gli istituti con la situazione più critica. È evidente che realtà come la succursale del Petrarca di via Settefontane o quella del Galilei di via Battisti non possono più essere tollerate». Ad affiancare ieri Dipiazza e Roberti, c'erano il vicesindaco Polidori e i consiglieri regionali di maggioranza Antonio Lippolis e Danilo Slokar per la Lega, Piero Camber per Fi e Claudio Giacomelli per Fdi. «È un progetto - ha spiegato Giacomelli - che va ad accomunare Trieste con i più avanzati paesi anglosassoni. L'edilizia scolastica ad oggi è un pozzo senza fondo che, nemmeno sul lungo periodo, dà i risultati sperati, ma questa operazione risolverà questi problemi».«È il primo regalo che noi consiglieri regionali di centrodestra, con la giunta, riusciamo a dare a Trieste», ha sottolineato a sua volta Camber: «Era un obiettivo che ci eravamo posti. È il nostro grazie alla città che ha scelto questa nuova amministrazione regionale».
Laura Tonero
Arrivano 100 mila euro per interventi antifrana in Val Rosandra
La strada d'accesso inserita nella lista delle criticità del Fvg L'assessore Crevatin: «Risorse importanti. A breve il piano»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Arrivano i fondi per la salvaguardia della Val Rosandra. È di 100 mila euro la somma che la Regione ha messo a disposizione del Comune di San Dorligo della Valle, fino al 2020, per «gli interventi di mitigazione del rischio da caduta massi sulla strada per la Val Rosandra». Un cifra importante, destinata a risolvere quei problemi che potrebbero verificarsi lungo la strada d'accesso a uno dei punti di maggiore attrazione turistica di Trieste e dell'intero Friuli Venezia Giulia, tradizionale meta di visitatori sia italiani sia stranieri in tutte le stagioni dell'anno.«Nei primi mesi del 2017 - ricorda l'assessore comunale Franco Crevatin - c'era stata una frana, fortunatamente di modeste dimensioni, proprio nella strada d'accesso alla Val Rosandra. Queste risorse arrivano perciò ben accolte - aggiunge - perché così potremo procedere ad alcune sistemazioni. A breve - conclude - definiremo il piano d'intervento».La delibera dell'amministrazione regionale trova la sua base nella richiesta, formulata dal Servizio geologico regionale, di «provvedere a progettazione, realizzazione, manutenzione e ripristino delle opere di sistemazione geologica sull'intero territorio del Fvg e delle opere di prevenzione da calamità naturali, ferme restando le attribuzioni alla Protezione civile della Regione in materia di pronto intervento e di provvisorio ripristino».Per il triennio 2018-2020, le risorse previste dalla Regione ammontano a un milione e 698 mila euro, ma risultano disponibili economie di fondi statali stanziati per precedenti interventi già conclusi, per un ulteriore importo di quasi 465 mila euro.In questa maniera i fondi a disposizione ammontano in totale a poco meno di due milioni e 163 mila euro. Tutto parte da un'analisi effettuata nel corso del 2017 dal Servizio geologico regionale, in base alla quale erano stati evidenziati «fenomeni franosi, con la conseguente necessità di interventi volti a fronteggiare situazioni di dissesto geostatico che coinvolgono centri abitati, vie di comunicazione e aree di interesse turistico». Quello di San Dorligo della Valle è l'unico Comune, su 14 della Regione, a beneficiare di un contributo di questa natura.
Ugo Salvini
LA PROROGA DEL CONTRATTO - Fino al 2021 la gestione della Riserva rimane al Comune di San Dorligo
Sarà ancora il Comune di San Dorligo della Valle a gestire, per il prossimo triennio 2019-2021, la Riserva naturale della Val Rosandra. È di questi giorni il provvedimento con il quale la Regione ha deciso di prorogare il contratto già in essere. L'amministrazione guidata dal sindaco Sandy Klun potrà perciò proseguire, com'è stato ribadito nel corso dell'ultimo Consiglio comunale, in uno dei compiti più importanti, sotto il profilo turistico. La Val Rosandra rappresenta la più rilevante risorsa paesaggistica del territorio di San Dorligo della Valle ed è fondamentale, è stato ricordato a più riprese, che ci sia continuità nel lavoro già intrapreso, anche in vista della prossima stagione turistica. E da più parti c'è anche la richiesta di un aumento di risorse da destinare alla Val Rosandra. (u.sa.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 dicembre 2018
Foreste a rischio dalla Romania alla Serbia gli alberi nel mirino dei "ladri di boschi"
Greenpeace: a Bucarest in 11 anni 360 mila ettari in meno. Belgrado, raddoppio di reati ambientali. Intaccati parchi naturali
Belgrado - È una delle regioni al mondo più ricca di foreste vergini e antiche selve, inviolate dalla mano distruttiva dell'uomo. Ma è anche, sempre di più, nel mirino di "ladri di boschi" senza scrupoli, che rischiano di privare le popolazioni locali - e l'Europa intera - di gioielli naturali di altissimo pregio. DENUNCE A BRUXELLES - È questo lo scenario preoccupante che si svolge in gran parte dei Balcani e nell'Europa orientale, dove il problema del disboscamento illegale rimane serio, spesso in peggioramento. Lo è sicuramente in Romania, fino a pochi decenni fa uno dei Paesi più ricchi di boschi nel Vecchio continente, dove Greenpeace ha segnalato un «aumento del 32% dei casi di disboscamento» in spregio alla legge, con quasi 13 mila casi individuati nel 2017. Ma i numeri più gravi sono quelli che denunciano «360 mila ettari» in meno di foreste risultate «tagliate o degradate» dal 2000 al 2011 in Romania, ha segnalato la Ong. È lo scenario che alla Commissione europea hanno denunciato anche la Fondazione EuroNatur e Agent Green, che hanno parlato a novembre di «una delle più grandi emergenze naturali in Europa, con migliaia di ettari di foreste abbattute», anche «in parchi nazionali» e altre zone protette, incluse quelle sotto tutela Unesco. IL MERCATO DELLA LEGNA - Ma non c'è solo la Romania a fare i conti con i suoi boschi perduti, un fenomeno facilitato secondo gli esperti dalla povertà - con tanta gente che attinge al patrimonio forestale per riscaldarsi - dall'inazione delle autorità e dalla floridità del mercato nero. Il Kosovo, ad esempio, è ormai anche visivamente un Paese senz'alberi, «uno fra i più colpiti» dal fenomeno «assieme all'Indonesia», dove il mercato della legna da ardere vale almeno «21,6 milioni di euro», ha segnalato un recente studio dedicato alla "Conservazione delle foreste" nella regione, una sfida spesso immane. crimini ambientaliLo studio ha ricordato che anche in Serbia, in particolare nel sud, «il disboscamento è molto marcato», sia in boschi privati sia in aree pubbliche, in particolare nelle aree di Kursumlija, Leskovac, Boljevac. Serbia dove, secondo calcoli dell'Ufficio statistico nazionale, dal 2007 al 2016 il numero dei crimini ambientali a danno delle foreste è raddoppiato, con «450 persone ogni anno incriminate» per furto di legname, ha informato il Centro serbo per il giornalismo investigativo raccontando che «migliaia di ettari di foreste scompaiono ogni anno» nel Paese, per azione di gruppi organizzati che operano rapidamente, «tagliando gli alberi e portandoli via sui camion, di giorno e di notte», pronti a reagire con le cattive se intercettati o disturbati, la denuncia dell'Ong Green Network. IL RISCHIO PIÙ ALTO - E scene simili sono state più volte segnalate in passato anche in Bulgaria e Bosnia-Erzergovina, nei Balcani lo Stato con una percentuale boschiva più alta - il 43% del territorio - a rischio. A rischio anche perché le guardie forestali «non lavorano sabato e domenica», lasciando mani libere ai ladri di boschi, ha avvisato l'esperto Ahmet Lojo, mentre altri hanno parlato di centinaia di migliaia di alberi tagliati illegalmente ogni anno. E l'Albania non fa eccezione, anche se proprio per arginare il fenomeno il Paese ha imposto una moratoria al taglio di alberi e all'export nel 2016. Una recente indagine del Balkan Investigative Reporting Network ha infatti denunciato casi di disboscamento persino nel parco naturale Shebenik-Jabllanice, sotto egida Unesco. Un altro gioiello, l'ennesimo, minacciato dai ladri di boschi
Stefano Giantin
L'INIZIATIVA ambientalista - Volontari reclutati attraverso il web
Attivi via app oltre mille "guardiani" Il problema del disboscamento illegale è talmente serio, in Romania, da aver fatto nascere idee innovative per contrastarlo. Greenpeace ha così sviluppato e lanciato una app, Forest Guardians, che permette ai volenterosi di denunciare casi sospetti di disboscamento illegale. Forest Guardians ha avuto un grande successo, con migliaia di app scaricate sui cellulari e con oltre mille "guardiani" ecologici volontari attivi. L'applicazione permette di monitorare, attraverso foto satellitari scattate in momenti di tempo diversi, lo stato di salute delle foreste romene e di evidenziare casi sospetti di disboscamento, in particolare in quelle vergini, circa 120 mila ettari, di cui solo 20 mila protetti concretamente da Bucarest. Le denunce vengono successivamente verificate da Greenpeace e infine inoltrate alle autorità competenti.
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 dicembre 2018
Campus scolastico di via Rossetti L'ipotesi scambio con il Carciotti
Domani il Comune rilancia il progetto del polo all'ex caserma L'opzione della permuta: il palazzo a Cassa depositi e prestiti
L'aveva annunciata a marzo, poi se l'è tenuta come cadeau di fine anno, da mettere sotto uno dei grandi alberi che hanno rimboschito piazza Unità in occasione delle feste. Roberto Dipiazza presenterà domani mattina l'operazione "Campus caserma", che sarà ambientata nell'ex Vittorio Emanuele III in via Rossetti. Lo farà in Salotto Azzurro con tre "regionali", ossia l'assessore leghista Pierpaolo Roberti, il presidente di commissione forzista Piero Camber, il capogruppo italicofratello Claudio Giacomelli. L'altro ieri, con l'apertura dell'anno accademico, il primo cittadino ha servito sul tema un altro antipasto: campus scolastico e universitario, impianti sportivi, laboratori e zone multidisciplinari, da realizzarsi «con risorse proprie e con gli ulteriori contributi della Regione Fvg». I dettagli non sono stati resi noti, ma fonti regionali vicine alla maggioranza accreditano la seguente pista: il Municipio provvede alla proprietà dell'area con una permuta di propri beni immobili, la Regione - come si evince da quanto lo stesso Roberti ha dichiarato giovedì scorso in materia di trasferimenti ai Comuni - armerà il finanziamento per trasformare il vasto spazio castrense in luoghi deputati allo studio e allo sport. Trattandosi di un boccone da 90 mila metri quadrati ripartito su più edifici, è ragionevole ritenere che il sostegno riqualificatorio si svolgerà su più annualità. È bene rammentare che i 9 ettari, su cui si estende l'ex caserma, appartengono a Cassa depositi e prestiti (Cdp) ed è bene ricordare che vincoli di pubblica finanza limitano la capacità di acquisto degli enti locali. Poiché il valore dell'area non è inferiore a 15 milioni, atteso che Cdp non vive di amore platonico, se l'opzione imboccata è effettivamente la permuta, bisognerà "pareggiare" con altrettanta materia prima: una delle ipotesi formulate al riguardo è il passaggio di mano di palazzo Carciotti, la prestigiosa testimonianza neoclassica che due tornate d'asta non sono riuscite ad alienare. Palazzo Carciotti è stato inizialmente quotato 22,7 milioni, che sono scesi a 19,9 in seconda istanza: niente da fare, il mercato ha fatto l'indiano. Ma il Municipio non può abbassare troppo la gradazione, per ragioni di immagine e di gestione finanziaria. Se sarà possibile impostare il cambio - i due asset appartengono a generi molto diversi -, potrà essere una buona soluzione tecnica. In questo momento responsabile dell'immobiliare comunale, essendo andato in pensione Walter Cossutta, è lo stesso segretario-direttore Santi Terranova, che all'inizio del prossimo anno dovrebbe passare la mano a Enrico Conte, capo dei Lavori pubblici.Già nel settembre 2017 e nella scorsa primavera - era venerdì 9 marzo - Dipiazza aveva delineato gli assi portanti dell'operazione: aveva detto che l'acquisto sarebbe stato imminente, che sarebbe stato condotto con proprie risorse (in effetti, anche senza contante, la permuta si fa con beni propri), che il valore dell'operazione avrebbe girato attorno ai 15 milioni, che progettazione e realizzazione sarebbero state portate a compimento utilizzando un centinaio di milioni "ereditati" dall'Uti giuliana. Ma eravamo prima delle elezioni regionali, che hanno mutato il quadro politico, per cui anche le modalità del "campus" sono cambiate.Gli ultimi sopralluoghi avevano fornito indicazioni rassicuranti sulle condizioni della grande area estesa tra via Rossetti, via Revoltella, via Mameli, via D'Angeli. I teppisti hanno lasciato il segno, ma le strutture sembrano sane. Le caratteristiche degli stabili, con ampi locali, si prestano a una riconversione di tipo scolastico. L'antico compendio militare riusciva a ospitare fino a 5 mila persone. Quando l'operazione stringerà al dunque, sarà d'uopo coinvolgere la Soprintendenza, che sottopose a vincolo, al tempo della direzione regionale di Giangiacomo Martines, l'ex caserma nella primavera 2012. La destinazione militare della zona risale ancora all'amministrazione imperial-regia, quando nel 1902 il Comune acquistò la cosiddetta "campagna Wildi" e le prime costruzioni asburgiche datano 1912. Le autorità italiane riprendono i lavori, che terminano nel 1926. La dedica a Vittorio Emanuele III è passata indenne dalla monarchia alla repubblica e troneggia ancora all'ingresso del futuro campus. Chissà se manterrà il riferimento al penultimo, discusso sire sabaudo.
Massimo Greco
Sala Tripcovich da demolire ? - Nella delibera nessun accenno
Il consigliere dem Barbo solleva alcuni interrogativi - Il Teatro Verdi dichiara a norma gli impianti termico ed elettrico dell'edificio giudicato inagibile
La demolizione della Sala Tripcovich? Non è all'ordine del giorno. Nella bozza di delibera della permuta di immobili tra il Comune di Trieste e la Fondazione teatro lirico Giuseppe Verdi, che sta facendo il tour delle circoscrizioni, non si fa cenno. È il consigliere Pd Giovanni Barbo a togliere il velo su alcune stranezze in questo "cambio merce" tra il Municipio e il Verdi entrambe capitanati da Roberto Dipiazza: la Sala Tripcovich di piazza Libertà in cambio dei magazzini teatrali delle Noghere di via del Canneto 16 (comune di Muggia). I due immobili, inoltre, hanno un valore diverso: 1.170.941 euro la Sala Tripcovich e 3.194.211 euro il fabbricato delle Noghere. «Gli oltre due milioni di euro di differenza verranno pagati dal Verdi al Comune? In caso contrario, cosa ci assicura che non ci sia danno erariale?», domanda Barbo. Nella delibera si sostiene che «l'operazione è ritenuta congrua perché di primario interesse per l'amministrazione che intende procedere alla riqualificazione dell'intera area». Non si parla però mai di demolizione. Anzi. Non si esclude che la Tripcovich, una volta ritornata al Comune «possa essere destinata ad attività rilevante Iva, non escludendo a priori eventuali futuri utilizzi a fini non istituzionali». «Ci sono già progetti in merito da parte del Comune? Supermercati magari?», insiste Barbo. Ma la cosa più stravagante è lo stato dell'immobile da dismettere che «non sarebbe più utilizzabile dal Verdi, poiché non più conforme alle normative sulla sicurezza». Nel contratto di permuta il Verdi certifica che «l'impianto elettrico e termico sono a norma». «Perché allora è stata finora dichiarata inagibile?», si chiede Barbo. Già, perché?
«L'alta velocità Venezia-Trieste vale più dei transiti a Ovest» - Parla l'ex senatore Sonego
La somma dei passaggi lungo le barriere della Venezia Giulia è 5 volte quella tramite il Bianco - Per l'ex parlamentare un errore la cancellazione della tratta
PADOVA - Venezia-Trieste-Divaccia batte Lione-Torino 4 a 1. È proprio questo il rapporto dei transiti di mezzi che hanno attraversato il confine orientale italiano, rispetto a quello occidentale. Eppure la Tav è quella a Nordovest. E anzi a est di Venezia fino a Trieste e al confine, il Governo a ottobre di quest'anno la linea alta velocità alta capacità l'ha proprio cancellata. Non si farà più. E a nessuno pare interessare. Lodovico Sonego, ex senatore della Repubblica e ex assessore ai trasporti della Giunta regionale targata Riccardo Illy, ha così scritto alla nuova coordinatrice europea del Corridoio n. 6 Mediterraneo Iveta Radicová. Spiegandole che è forse il caso di entrare nel merito della decisione delle commissioni trasporti di Senato e Camera che il 24 e 25 ottobre hanno eliminato la nuova ferrovia AV/AC Venezia-Trieste-Divaca che del Corridoio Mediterraneo è un segmento fondamentale. La somma dei transiti attraverso le barriere di Trieste e di Gorizia è cinque volte i transiti attraverso il Bianco, 4,3 volte i transiti di Bianco e Frejus sommati. «Tutto ciò è furiosamente irresponsabile» dice Sonego. «Come si può privare la parte che sostiene il Pil italiano di una infrastruttura di questa importanza? Il tratto fondamentale dell'alta velocità/alta capacità è quello che unisce questo pezzo d'Italia con i paesi dell'Europa Continentale, l'Est e Sud Est europeo. Paesi che hanno una fortissima integrazione economica». Sonego spiega nei numeri del suo paper l'importanza del collegamento. La somma dei transiti attraverso il confine italiano Nord Orientale (Tarvisio-Ugovizza; Gorizia-Villesse; Trieste-Lisert; totale 12.050 passaggi nel 2017) supera la somma dei transiti attraverso Brennero, Bianco e Frejus (10.371 nel 2017). I transiti (8.743 nel 2017) attraverso le barriere autostradali di Trieste-Lisert e Gorizia-Villesse che sono esattamente collocate lungo l'asse del Corridoio TEN-T n.6 Mediterraneo costituiscono il 39% di tutti i transiti attraverso i sei valichi alpini. «Si è giustamente enfatizzato il significato economico della nuova ferrovia ad alta velocità fra Torino e Lione - dice Sonego - ma senza questo pezzo manca il tratto fondamentale». La linea Av/Ac non era mai stata cancellata, l'infrastruttura fu anzi confermata dall'accordo tra l'allora governatrice Serracchiani e Rfi. L'intesa datata 22 Novembre 2016 stanziava 1,8 miliardi per realizzare con un quadruplicamento, per buona parte in galleria, la tratta dall'Isonzo al nodo di Aurisina. Il nuovo Contratto di Programma-Parte investimenti (CdP) tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Rfi per gli anni 2017-2021 prevede lo spostamento di quegli 1,8 miliardi in favore dell'ammodernamento della linea storica Venezia-Trieste-Confine di stato.
Roberta Paolini
IL PICCOLO - SABATO, 8 dicembre 2018
Convince Porto vecchio «futuro polo culturale» - il convegno di Italia Nostra
Un futuro da polo culturale e di sperimentazione. Questa la prospettiva per l'antico scalo, protagonista ieri nella sala congressi della Centrale Idrodinamica di una conferenza dal titolo "Porto vecchio-Ritorno al futuro". L'evento rientra nell'ambito dell'Anno europeo del Patrimonio culturale ed è stato organizzato dalla sezione triestina di Italia Nostra con il patrocinio dell'Autorità portuale dell'Adriatico Orientale. All'incontro hanno partecipato, fra gli altri, il presidente di Esof 2020 Bruno Della Vedova, l'assessore alla cultura Giorgio Rossi e Andreina Contessa, direttrice del museo storico di Miramare. Obiettivo: valorizzare Porto vecchio, non solo quale luogo operativo ma anche come centro di cultura e sperimentazione. Tutti hanno sottolineato l'importanza dell'istituzione di un collegamento col centro urbano: Rossi ha anticipato che il Comune sta lavorando con Trieste Trasporti per l'apertura di una linea che dovrebbe collegare piazza della Borsa all'area di Porto vecchio.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - VENERDI', 7 dicembre 2018
Il ritorno del tram a Pola in un progetto per il Comune
Pronto lo studio realizzato da due ingegneri, previsto il riutilizzo di strutture già esistenti: «Piano economicamente sostenibile e vantaggi per l'ambiente»
POLA - Ripristinare dopo molti decenni il tram cittadino così da contribuire a risolvere il problema del traffico caotico che affligge l'area urbana di Pola, soprattutto nei mesi estivi. È questa l'idea che hanno sviluppato gli ingegneri Livio Nefat e Ivan Skol. I due professionisti stanno ultimando la stesura del progetto, che hanno realizzato di propria iniziativa e che intendono sottoporre all'attenzione dell'amministrazione municipale. Sarà ovviamente il Consiglio comunale a decidere se metterlo in pratica o meno, magari bussando alle porte dei fondi europei per quel che riguarda il finanziamento. «Noi come cittadini di Pola - spiega al Glas Istre Livio Nefat, già anni fa fra i dirigenti dell'Unione Italiana - vogliamo dare il nostro contributo al miglioramento della qualità della vita dei concittadini con un progetto economicamente sostenibile che comporterà vantaggi per tutti».Il punto di partenza del tram così come progettato è l'attuale stazione ferroviaria, nella quale si trovano sette binari di cui solo tre oggi sono in funzione: gli altri possono dunque essere riattivati a questo scopo. Da sfruttare poi ci sono altri binari, inutilizzati da anni, lungo la riva cittadina nonché in direzione di Monumenti e dell'area commerciale alla periferia di Pola fino all'ex base aerea militare. «Inoltre - aggiunge Nefat - sotto Monte Zaro si trovano rifugi lunghi chilometri e risalenti alla Seconda guerra mondiale: lungo quei tunnel potrebbero essere posati i binari del futuro tram».Il tram è destinato ad avere naturalmente la trazione elettrica, e farebbe la spola fra i grandi parcheggi alle porte della città e il centro e toccando anche aree di interesse come l'aeroporto oppure i centri commerciali e il futuro terminal crociere. Di conseguenza verrebbe ridotta di molto la pressione del traffico lungo le direttrici cittadine con enormi vantaggi anche sul piano dell'inquinamento. In base alle stime effettuate dai due professionisti, i passeggeri si potrebbero quantificare in un milione nel solo primo anno di funzionamento della infrastruttura. Per quel che riguarda i costi del progetto, si parla di 700 mila euro nella prima fase, in cui verrebbe sfruttata buona parte dell'infrastruttura già esistente: un importo che verrebbe recuperato nell'arco di tre anni. Considerate le iniziative che sono in atto nelle altre città, tutte intese a scoraggiare l'uso dell'automobile nell'area urbana, l'amministrazione cittadina potrebbe tenere il progetto in buona considerazione. Intanto, il lavoro dei due professionisti viene a creare i presupposti per il ritorno a Pola del tram, che fu inaugurato nella sua prima tratta nel lontano marzo del 1904. Una linea costeggiava la costa e l'arsenale fino a San Policarpo, la seconda collegava il Marina Casinò alla stazione ferroviaria passando dinanzi all'Arena. In seguito venne costruita la linea dall'Arena al Bosco Siana. La lunghezza totale delle linee era di 7,3 chilometri, la motrice aveva il motore elettrico e la velocità massima consentita era di 20 chilometri all'ora. Dopo la prima guerra mondiale il servizio cominciò a soffrire la concorrenza crescente dei trasporti su gomma, e nel giugno del 1934 venne definitivamente cassato.
Rifiuti ingombranti e multe, lo zelo dell'azienda è a senso unico - La lettera del giorno di Dario Pacor
Venerdì 23 novembre scorso la notizia della signora alla quale è stata comminata un'ammenda di 600 euro per avere lasciato due giocattoli fuori i cancelli della discarica di via Carbonara; sabato 24 la foto di un lettore sui rifiuti abbandonati vicino ai cassonetti straboccanti in via Rossetti (situazione comune a tanti altri punti della città). Inciviltà dei triestini o inadeguatezza dell'AcegasApsAmga (i cui dividendi per gli azionisti crescono di anno in anno) nella raccolta dei rifiuti? Visto che l'azienda è così solerte nel segnalare ai vigili della Polizia locale i i cittadini che, recatisi alla discarica nell'orario di chiusura, lasciano qualche rifiuto ingombrante in prossimità dei cancelli, perché non lo è altrettanto nella raccolta delle "scovazze" perlomeno nelle situazioni più critiche?L'assessore Polli afferma che abbandonare un rifiuto di fronte all'entrata della discarica vale quanto qualsiasi altra strada comunale. Capita di vedere rifiuti ingombranti "parcheggiati" anche per una decina di giorni davanti i portoni degli stabili, in attesa di essere ritirati dal servizio AcegasApsAmga, alla faccia del tanto declamato "decoro cittadino". L'area di via Cabonara - spiace per i pochi residenti in prossimità - è comunque una zona marginale, dove certamente i cittadini non vanno a fare le loro passeggiate. Costerebbe tanto avere un addetto supplementare nel centro di raccolta per traslocare all'interno della stessa i rifiuti lasciati fuori durante l'orario di chiusura?Un'operazione che richiederebbe forse qualche decina di minuti. Si preferisce invece investire in costosissimi sistemi di tele-sorveglianza, impegnare i vigili a comminare sanzioni, incassare dalle stesse - leggo sul Piccolo - 50mila euro in sei mesi, penalizzando coloro che quantomeno si sono presi la briga di recarsi alla discarica. A ciò si aggiunge la cacciata, un anno fa, di quelle persone che - cosa orribile - fuori dai cancelli chiedevano se tra le cose che buttavi c'era qualcosa a loro utile. Molto meglio produrre rifiuti? Ritengo tutto questo un vero e proprio incentivo a disfarsi dall'immondizia o da tutto ciò che non serve più abbandonandolo sotto casa, magari in qualche via non ancora servita da telecamere.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 dicembre 2018
L'ex Filodrammatico ceduto all'asta pronto ad accogliere alloggi e box auto.
Il rudere di via degli Artisti acquistato per 1,9 milioni dall'unica societa' a farsi avanti per rilevarlo. Il nome resta top secret.
Riapre la stagione del Filodrammatico. Non sarà più teatrale, forse il cartellone si orienterà verso il residenziale e il logistico. Dipenderà dalle scelte dell'acquirente. La società Cierre, proprietaria del rudere di via degli Artisti, partecipata paritariamente dalla Cividin srl e dalla Cogg-ex Riccesi, è stata acquistata all'asta nel tardo pomeriggio di ieri l'altro. Poichè la procedura non è terminata ed è ancora possibile rilanciare, non è stato reso noto il nome del temporaneo, fortunato vincitore: si sa comunque che la società non è triestina e che è risultata unico offerente per il 100% della Cierre.L'aggiudicazione è avvenuta nello studio dell'avvocato Enrico Bran, curatore del fallimento Cividin srl. Il valore dell'operazione ammonta a un milione 870 mila euro e contiene vari asset: oltre al Filodrammatico, due appartamenti ad Aurisina Cave 57, 12 posti auto collocati ad Aurisina Cave e nel complesso "Salvia e rosmarino" ad Aurisina. Attenzione ad approcciare correttamente la portata di "valore dell'operazione", poichè il complesso meccanismo studiato da Bran, con l'obiettivo di alzare l'incasso a favore dei creditori Cividin (fallita) e Cogg (concordato preventivo), prevedeva l'applicazione di un algoritmo combinato tra compravendita delle partecipazioni, debiti societari, disponibilità liquide tra cassa e banche. Alla vigilia si parlava di un business da un paio di milioni e quindi la previsione è stata quasi centrata. A sua volta nel 2011 Cierre aveva comprato all'asta il Filodrammatico dall'Inps, pagandolo 2,5 milioni. Cividin e Riccesi avevano progettato un intervento di riqualificazione, quotato 2,5 milioni di euro, basato sulla realizzazione di 19 appartamenti e di ben 80 posti auto. Nel dicembre 2015 avevano anche ottenuto dalla Regione Fvg, edizione Serracchiani, un contributo di 770 mila euro con una duplice finalità: riqualificare l'immobile in istato di abbandono e stimolare l'acquisto di appartamenti con modalità convenzionate. Un'operazione simile aveva riguardato anche un vasto stabile tra via Boccaccio e Scala Belvedere, che la friulana Tris aveva rilevato dal fallimento Prodest: in quel caso il contributo regionale era stato di 730 mila euro. Come si accennava all'inizio, adesso bisogna attendere l'esito definitivo dell'asta, per scoprire chi sarà il coraggioso interprete del futuro Filodrammatico e soprattutto sesarà intenzionato a proseguire lungo il progetto Cividin-Riccesi o se invece cambierà rotta. I lavori dovranno riguardare un ampio compendio che si estende tra via degli Artisti e via Donota. L'edificio non solo è abbandonato da oltre trent'anni, ma ha subìto due incendi, nel 2006 e nel 2009, che lo hanno ulteriormente danneggiato.
Massimo Greco
Dall'ortofrutticolo alla vecchia Fiera fino alla Maddalena
Tra immobili in vendita e aree da riqualificare ballano operazioni immobiliari per 300 milioni
Fuori uno. La vendita del Filodrammatico, cioè di uno storico rudere in pieno centro, riaccende i motori del settore immobiliare triestino, dove le partite da chiudere su importanti edifici/aree da riqualificare restano comunque molte. Al netto di Porto vecchio, che rappresenta un capitolo a se stante, l'elenco delle vendite da fare e dei lavori da avviare arriva a sfiorare i 300 milioni di euro. Facciamo una somma del tutto indicativa. L'operazione più impegnativa resta l'ex Fiera, dove l'imprenditore carinziano Walter Mosser, dopo aver speso oltre 13 milioni di euro per l'acquisto dello spazio dal Comune, ha annunciato di volerne spendere 65 per rifare un po' tutto, dall'ultima parte di via Rossetti ai parcheggi, dal fitness allo shopping. Al secondo posto nella lista delle meraviglie si piazza il Parco del mare, progetto pilotato dalla Camera di commercio che pianifica una spesa di oltre 40 milioni per trasformare l'ex Cartubi e il mai nato Porto Lido in un grande acquario. Bollenti castagne sono state tolte dall'infuocato barbecue dell'ex Maddalena a opera dell'imprenditore veneziano Francesco Fracasso, specializzato nel recupero di siti degradati. Ha messo a posto l'attuale Centercasa di corso Saba, sta sistemando un monomarca Obi nell'ex concessionaria Dino Conti, nella voragine davanti al Burlo scommetterà 30 milioni per realizzare fori commerciali. Un obiettivo di prima fascia nelle strategie comunali sarà nell'entrante 2019 la cessione dell'attuale mercato ortofrutticolo, che occupa un grande triangolo nella zona di Campo Marzio. Il Municipio lo ha inserito nel piano delle alienazioni per una quotazione di 26 milioni, che non sono una bazzecola: il sindaco Dipiazza ha detto che esiste un progetto, preparato dalla società pubblica Invimit, che prevede nell'area un investimento alberghiero e un riassetto urbanistico (due parcheggi e un sottopasso) per un totale di 90 milioni. A poche decine di metri c'è l'ex Meccanografico, edificio dalla storia tribolatissima che potrebbe aver trovato la sua ragion d'essere nell'ospitare la sede di Esatto spa.Non hanno ancora trovato ammiratori il comunale palazzo Carciotti (20 milioni in probabile ribasso) e il camerale palazzo Dreher (iniziale 11,7 milioni). Trattativa aperta per l'ex Intendenza di finanza, double face delle Poste, che per 5-6 milioni potrebbe lasciare il patrimonio immobiliare di Cassa depositi e prestiti diventando un hotel.
La speranza di commercianti e residenti: «Così questa strada uscirà dal degrado» - LE REAZIONI AL FUTURO RESTYLING
Chi lavora in via degli Artisti e la frequenta si dice soddisfatto per la novità della prossima rinascita dell'ex Filodrammatico e spera che gli interventi previsti possano riportare la strada a una condizione migliore, dopo anni di degrado e sporcizia. Molti auspicano però che venga conservato qualche dettaglio dell'originale destinazione dell'ex Filodrammatico, una testimonianza della sua antica funzione, a ricordo del glorioso passato. «Qualsiasi cosa verrà fatta - commenta Giuliana Cisilin - sarà meglio di quello che c'è ora. È una zona di interesse storico, ben venga quindi un cambiamento, che ci voleva. Anche perché qui siamo in tanti a lavorare, una piccola comunità vivace». «È un bene se il palazzo viene finalmente ristrutturato - dice Mauro Parlotti -, servirà anche a rendere questa zona più pulita, visto che proprio l'area accanto all'edificio è diventata una toilette a cielo aperto per cani. Anche se ovviamente gli animali non hanno alcuna colpa». Per Antonino Guaiana la risistemazione dell'ex teatro potrebbe portare un via vai maggiore anche nella vicina galleria commerciale, che collega via degli Artisti a corso Italia. «Una volta era più vissuta - racconta - anche perché qui vicino c'era il cinema, magari il nuovo palazzo aiuterà a farla tornare più animata, ricordo negli anni '70 quanto era attiva. Nel tempo non è stato più così, forse anche per il degrado della strada qui dietro. Comunque se tutto verrà messo a posto, anche con l'eliminazione di transenne e impalcature ferme da tempo, non può che essere positivo». E c'è chi ricorda come la situazione precaria dell'immobile aveva causato anche la chiusura della strada, con conseguenze per commercianti ed esercenti. «La viabilità tempo fa è stata interrotta per diversi mesi a causa dei problemi legati all'edificio - racconta Karin Puzzer - e quando c'era vento forte si temeva comunque che qualcosa crollasse». Altri hanno ancora impressi nella memoria alcuni momenti che hanno segnato il lento sfacelo del Filodrammatico, come il crollo del tetto o alcuni incendi che avevano colpito la struttura. «Siamo comunque pronte - aggiunge Cecilia Leoni - a fare qualche sacrificio, inevitabile con il cantiere che verrà posizionato per i lavori, penso ai macchinari che saranno impiegati per la ristrutturazione. Va bene se ci sarà qualche disagio, perché immaginiamo che poi la situazione migliorerà sensibilmente. Girava voce che ci sarebbe stata anche una pedonalizzazione della strada, e credo potrebbe essere utile. Speriamo - sottolinea - che venga conservata almeno la targa con il nome del Filodrammatico, è un pezzo di storia della città, non si può cancellare». Pensiero simile per due anziani che vivono nella vicina via Donota. «Non si può dimenticare quanto bello è stato quel teatro, quanti intrattenimenti ha regalato per anni a tanti triestini, speriamo non sia dimenticato. Ci vorrebbe, ad esempio, una targa con qualche cenno storico». Per altri la demolizione del rudere servirà anche a evitare episodi di delinquenza segnalati più volte. «Visti il degrado e la poca luce - ricorda qualcuno - qui ci sono stati episodi legati allo spaccio o bivacchi notturni, sarà l'occasione per eliminare anche questo tipo di problematiche».
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 dicembre 2018
Toninelli e il rebus della Trieste-Divaccia
Il ministro: ok al cofinanziamento Ue fino a Venezia. Tratta già stoppata in Senato. Regione in attesa di chiarimenti
UDINE - Il cofinanziamento Ue per la Trieste-Divaccia. Ma anche per la prosecuzione della tratta verso Ovest, fino al nodo di Venezia. Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli infila pure il Friuli Venezia Giulia e i suoi confini in un post su Facebook in cui rivendica i meriti del governo gialloverde su un presunto supporto europeo alle infrastrutture ferroviarie. Poche righe, quelle per la nostra regione, ma che scatenano le perplessità in casa grillina e la dura reazione del Pd. Perché lo stop in commissione al Senato proprio alla Trieste-Divaccia era stato, a fine ottobre, motivo di esultanza proprio dei 5 Stelle, con in testa il capogruppo Stefano Patuanelli, non a caso sorpreso dal riferimento del ministro a quell'opera. Ma anche perché Toninelli parla di un'azione governativa che Isabella De Monte smonta in fretta. «Non sapevamo che il fantasma del ministro si aggirasse per le commissioni mentre noi lavoravamo - ironizza l'europarlamentare dem -. La realtà è che la tratta Trieste-Divaccia era già stata inserita nel testo dalla Commissione, e il Parlamento europeo non ha apportato modifiche, così come il Consiglio».Un rebus insomma. O un'altra gaffe del ministro, a sentire appunto il Pd. Di certo, poco più di un mese fa Patuanelli parlava di «grande vittoria per chi si batte da sempre contro le opere inutili» dopo il via libera in commissione a Palazzo Madama allo schema di contratto di programma 2017/21 tra il ministero delle Infrastrutture e Rfi, un documento che incrementa di 13,2 miliardi gli investimenti ferroviari ma, a sentire i grillini, piazza la pietra tombale sull'alta velocità. Stupisce dunque che Toninelli inserisca pure la Trieste-Divaccia tra le opere per le quali il governo «ha ottenuto un cofinanziamento», così scrive su Fb dopo il Consiglio Ue con i suoi omologhi a Bruxelles. Fonti del Mit spiegano che il post fotografa «una situazione precedente alla determinazione in commissione sulle prescrizioni che riguardano alcune tratte» e che sarà Rfi a «valutare quali opere non risultino più strategiche». Ma De Monte demolisce la lettura di una vittoria del governo: «Quelle di Toninelli sono dichiarazioni imbarazzanti, è arrivata l'ora di mettersi a studiare».Resta poi la questione del sostegno al prolungamento della tratta fino a Venezia. Si potrà forse trattare del potenziamento dell'esistente, progetto da 1,8 miliardi inserito nell'accordo governo-Rfi? «Il cofinanziamento Ue sull'intero tragitto è una buona notizia», commenta l'assessore regionale ai Trasporti Graziano Pizzimenti. Ma nemmeno lui, ammette, ha alcun dettaglio sull'operazione. Intanto, sempre via Facebook, su un altro fronte Toninelli annuncia che il governo italiano condividerà l'analisi costi-benefici della Tav con il governo francese e, quindi, rinvia al 2019 la pubblicazione degli eventuali bandi di gara. Il ministro spiega di avere siglato, «a margine del Consiglio Ue dei Trasporti», con l'omologa di Parigi, Elisabeth Borne, «una lettera per chiedere congiuntamente a Telt, il soggetto attuatore, di pubblicare oltre la fine del 2018 i bandi dapprima attesi a dicembre. Adesso condivideremo il percorso con la Commissione europea, applicando in pieno il contratto di governo. Nessun pregiudizio sull'opera, ma solo l'obiettivo di fare quanto mai fatto prima: usare bene i soldi di tutti i cittadini italiani». «Analisi costi-benefici? Non faccio l'ingegnere, ho fatto il classico. Ognuno faccia il suo mestiere», commenta il vicepremier e ministro dell'interno Matteo Salvini precisando di essere «per l'Italia dei sì, mi si portino i numeri». Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino intravede nelle parole di Toninelli uno spiraglio, ma fonti del ministero precisano che il rinvio «congela di per sé qualunque aspetto della procedura».
Marco Ballico
Un weekend di dibattiti sul futuro di Porto vecchio
Il via venerdì alla Centrale Idrodinamica. Previste fino a domenica visite guidate affidate ai volontari di Italia Nostra
Sono state presentate ieri mattina nella sala Bobi Bazlen di palazzo Gopcevich le tre giornate dedicate al Porto vecchio denominate "Porto vecchio-Ritorno al futuro" e che avranno quale comune denominatore l'attualità e le prospettive future dell'antico scalo portuale cittadino. Il tema, che si articolerà da venerdì 7 a domenica 9 dicembre nella Centrale idrodinamica del Porto Vecchio, rientra nell'ambito dell'Anno Europeo del Patrimonio Culturale ed è stato presentato dalla presidente della sezione triestina di Italia Nostra Onlus, Antonella Caroli, dalla vicepresidente Giulia Giacomich, assieme al professor Bruno Della Vedova, presidente di Esof 2020. Questa tre giorni di dibattito e di visite guidate alla centrale idrodinamica è organizzata, oltre che da Italia Nostra, dagli assessorati alla cultura del Comune di Trieste e della Regione, con il patrocinio dell'Autorità di Sistema Portuale dell'Adriatico Orientale e del Mibac, e ha come obiettivo quello di evidenziare il comune impegno per la valorizzazione del Porto Vecchio, visto non solo quale luogo operativo ma anche come centro di cultura, sperimentazione e tecnologia. «Mi piace ricordare - ha sottolineato Bruno Della Vedova, presidente di Esof 2020 - che il Porto vecchio è nato da una necessità storica dell'epoca che aveva come obiettivo quello di mettere insieme professionalità, industria e comunicazione. È perciò necessario che quest'area venga ridata alla città e l'occasione offerta da Esof 2020 sarà propizia in tal senso». Il programma delle tre giornate dedicate al Porto vecchio sarà aperto venerdì dalla tavola rotonda dove verranno esaminate le prospettive e le opere messe in cantiere per la valorizzazione del vecchio scalo portuale triestino, mentre sabato 8 e domenica 9 dicembre, dalle ore 10 alle 13, sarà possibile effettuare delle visite guidate alla centrale idrodinamica, realizzate grazie al coinvolgimento dei volontari di Italia Nostra, per le quali è preferibile la prenotazione tramite email a trieste@italianostra.org.
Lorenzo Degrassi
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 dicembre 2018
Arrivano 33 nuovi autobus La flotta cittadina è "young"
Con gli ultimi acquisti da 8,5 milioni Trieste Trasporti può vantare il parco mezzi più giovane d'Italia. Intanto le multe ai "portoghesi" toccano quota 1.100 al mese.
Trieste Trasporti ne è certa: la sua flotta di bus è la più giovane d'Italia e dell'Europa intera. Con l'ultima covata di mezzi neonati, l'età media si attesta a 4,2 anni contro una media nazionale di 12,2. Ma il Broletto fa meglio anche dell'anagrafe tedesca, irlandese, finlandese. Fin dall'inizio del 2019 tutti i 271 bus saranno classificati Euro 6, con relativo beneficio ambientale per qualità di emissioni in atmosfera. Ieri mattina, davanti al Savoia, il vertice della concessionaria ha schierato due prototipi del ringiovanimento: in tutto rinfrescheranno i ranghi di Trieste Trasporti 33 produzioni della Man, 25 saranno le "normali" lunghe 10,5 metri con 85 posti, mentre 8 saranno invece le snodate da 18 metri capaci di portare quasi 150 passeggeri. Un investimento di 8,5 milioni in buona parte pagato attraverso il contributo regionale al trasporto pubblico locale (tpl), una quota del quale è utilizzato per il rinnovamento del parco mezzi. Alla presentazione degli ultimi acquisti un ampio parterre con il governatore Massimiliano Fedriga, il sindaco Roberto Dipiazza, il prefetto Annapaola Porzio, il vertice societario Piergiorgio Luccarini e Aniello Semplice, l'amministratore delegato del partner privato Arriva, Angelo Costa. Un'occasione per fare il punto sui temi forti del comparto. A cominciare dal cosiddetto giudizio di revocazione avanti il Consiglio di Stato, che il prossimo 24 gennaio chiuderà l'infinita storia della gara per l'aggiudicazione del trasporto pubblico regionale: è l'ultima chance di Busitalia (gruppo Fs) e di Autoguidovie per debellare la società consortile formata dalle quattro concessionarie uscenti (Trieste trasporti, Saf, Atap, Atp), dopo le due sconfitte al Tar e al Consiglio di Stato. Fedriga non ha nascosto quanto ricorsi bis-tris facciano perdere tempo e quattrini, soprattutto quando in ballo c'è un finanziamento di 133 milioni, che colloca il trasporto locale al secondo posto delle dazioni regionali dopo la sanità. Interessante anche l'argomento "sicurezza", gestito da un sistema di 1350 videocamere ad alta definizione, che ha consentito a magistratura e forze dell'ordine l'acquisizione di 547 blocchi di filmati a chiarimento di incidenti stradali e di indagini penali. C'è anche un problema di "sicurezza" di cassa, nel senso che Trieste Trasporti ha dichiarato guerra a chi non acquista il regolamentare biglietto: nel corso del 2018 le sanzioni sono cresciute di quasi il 13% a circa 1100/mese. L'azienda calcola che il fenomeno sia valutabile nell'ordine del 10-15% del totale dei passeggeri, determinando un danno economico non inferiore ai 2,5 milioni di euro/annui. Due gli strumenti messi in campo contro l'evasione: il recupero dei crediti affidato a Synergy Key - perchè Semplice è pronto ad affondare la lama fino al pignoramento - e l'attivazione dei contapasseggeri a bordo di tutti i bus. Il contapasseggeri servirà inoltre come fattore statistico-programmatorio, alfine di capire meglio quanti siano gli effettivi fruitori del "tpl" e quali siano le linee più battute.
Massimo Greco
Ciclabili, natura e passaparola Così cresce l'appeal di Muggia
Il report costruito in base ai questionari sottoposti ai visitatori promuove la città L'ospite tipo viene da Austria e Germania e trascorre qui dalle 2 alle 4 notti
MUGGIA - Famiglie o gruppi di amici, per lo più provenienti da Austria e Germania, attratti dalla Parenzana o semplicemente consigliati da persone che Muggia l'hanno già vista. Questa la "scheda" del turista tipo della cittadina istroveneta. Un dato emerso dai questionari promossi dall'amministrazione Marzi e distribuiti nel mese di settembre dal Gal Carso in collaborazione con alcuni operatori locali. La maggior parte dei turisti stranieri risulta quindi arrivare dall'Austria o dalla Germania. Il 23% di questi è di passaggio, il 21% viene qui per trascorrere del tempo al mare o a contatto con la natura, un altro 21% perché consigliato da amici e ben il 26% per godere della Parenzana o dell'Alpe Adria Trail. Le famiglie costituiscono il 38% del nucleo di turisti giunti a Muggia, seguono i gruppi di amici (36%) e un'importante quota di viaggiatori solitari (21%), che a sorpresa sono per lo più donne (il 63% contro il 38% di uomini) la cui età media è di 43 anni. La maggior parte dei turisti arriva nella città istroveneta con la propria auto, un 18% con il trasporto marittimo, il 15% in bici e il 10% in camper. Esattamente 2,6 in media le notti di soggiorno in città, che salgono a quattro in campeggio, dove sceglie di pernottare il 28% dei turisti. Il 36% dei visitatori di Muggia opta per l'albergo, mentre il 17% il b&b. Lusinghiero il fatto che il 61% dei visitatori valuta la città migliore rispetto alle aspettative. Positivo anche il riscontro sull'informazione turistica, con ben un 61% di opinioni positive e un infopoint che tra il 24 luglio ed il 22 ottobre ha registrato quasi duemila accessi. In generale Muggia risulta essere una città accogliente a detta dei turisti, con una valutazione molto positiva sia verso la sicurezza percepita (90%) che nei confronti della cittadinanza (80%). «Stiamo lavorando alacremente perché siamo convinti del valore e delle potenzialità della nostra città ed è evidente come Muggia goda di un'attrattività sempre più alta, turisticamente parlando: basta guardarsi intorno per notare il numero crescente di turisti che ci fanno visita», commenta il sindaco Laura Marzi. Soddisfatto Fabrizio Masi, referente di Viaggiare Free: «I gruppi che vengono a Muggia dall'estero o dal Centro-Sud dell'Italia lo fanno per visitare un territorio transfrontaliero, di cui Muggia è la prima tappa. I dati dei passaggi di cicloturisti che emergono anche dai territori confinanti ben evidenziano la significativa incidenza e l'esponenziale crescita che questo settore sta vivendo». E dal Gal Carso Enrico Maria Milic lancia nuove sfide: «A gennaio vorremmo ripartire con un tavolo di lavoro per creare un calendario da presentare ad inizio stagione. Noi possiamo sviluppare e far crescere l'offerta già esistente, ma l'offerta parte dal territorio e da tutte le realtà che vogliono proporre se stesse e il proprio progetto».Ottimista infine l'assessore al Turismo Stefano Decolle: «Quello che emerge con forza è un deciso attivismo da parte di tutte le realtà coinvolte, che hanno dimostrato di avere voglia di essere costruttive e concrete nella creazione di prodotti e servizi turistici. C'è molto sano spirito d'iniziativa e desiderio di collaborare all'insegna di un impegno condiviso, ingredienti fondamentali per lo sviluppo della nostra amata Muggia».
Riccardo Tosques
Ambiente - Italia e Croazia insieme per pulire il mare Adriatico
Entro la fine dell'anno 70 pescherecci saranno mobilitati in nove porti dell'Adriatico tra Italia e Croazia per ripulire i fondali marini dai rifiuti. Lo ha annunciato Tomaso Fortibuoni, ricercatore dell'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, illustrando a Bruxelles il progetto Interreg «Marine Litter - Repair», coordinato dall'Università Cà Foscari di Venezia e con la collaborazione di altri sei partner, Ispra a Chioggia, le Cooperative M.A.R.E. di Cattolica e Limosa di Venezia, l'Istituto di Oceanografia e Pesca di Spalato, l'Associazione Sunce di Spalato, e l'Istituto Rera per lo sviluppo della contea di Spalato e Dalmazia. «C'è un vuoto normativo non solo in Italia ma anche negli altri Paesi che si affacciano sull'Adriatico e non si sa come classificare il rifiuto pescato in mare» ha spiegato Fortibuoni.
Clima, dall'Italia l'ultimo allarme - Solo 20 anni per salvare il Pianeta
Si apre il vertice Cop 24 in Polonia. Il monito dell'Onu: «È già una questione di vita o di morte»
ROMA - «Quella del clima è già oggi una questione di vita o morte» per diverse parti del mondo ma «siamo totalmente fuori rotta e in ritardo» nel progetto di scongiurare catastrofi naturali e drammi umanitari. Si è aperto con un appello drammatico il discorso di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni unite, all'inaugurazione della Conferenza mondiale climatica COP24, a Katowice, nel sud della Polonia. Dall'accordo di Parigi del 2015 sottoscritto da 195 Paesi, che indicò l'obiettivo di contenere il riscaldamento globale con un aumento medio della temperatura entro i 2 gradi - meglio 1,5 - rispetto all'era preindustriale, «questo incontro è il più importante sui cambiamenti climatici», ha ribadito Guterres. Che ha sollecitato i capi di Stato e di governo presenti (non c'erano i big, per l'Italia ha partecipato il ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, mentre Leonardo Di Caprio non sarebbe stato invitato per timore delle sue posizioni) e i rappresentanti delle 60 delegazioni a condividere la responsabilità per individuare azioni concrete. L'allarme degli scienziati è costante e univoco. Dal gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), all'Organizzazione Meteorologica Mondiale (Wmo), al Programma ambientale dell'Onu (Unep) tutti avvertono che i prossimi 12 anni saranno cruciali e non abbiamo quindi molto tempo. Anche l'Istituto superiore di sanità è sceso in campo: «Due generazioni, ovvero 20 anni, per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici e dagli effetti devastanti che questi avranno sulla salute dell'uomo e dei territori» ha detto il presidente dell'Iss, Walter Ricciardi rilevando che «già oggi le morti in Europa legate ai cambiamenti climatici sono migliaia l'anno, ma saranno milioni nel prossimo futuro se non si agisce subito»; saranno 250mila all'anno tra il 2030 e il 2050 secondo l'Organizzazione mondiale della sanità. «Non mi pare di vedere una cultura adeguata», ha osservato il direttore dell'Iss che ospita per due giorni alcuni dei massimi esperti in materia per un convegno da cui scaturirà «La Carta di Roma» con una serie di raccomandazioni per contrastare i rischi provocati dai cambiamenti climatici e per dimostrare che «si può agire tutti e subito per invertire il trend, le istituzioni in primis ma anche le persone comuni».Tornando alla Cop24, Guterres ha ricordato «la responsabilità collettiva di investire», «consolidare gli impegni finanziari assunti a Parigi e assistere le comunità e le nazioni più vulnerabili». Da parte sua, la Banca Mondiale ha raddoppiato gli investimenti a 200 miliardi di dollari nel quinquennio 2021-2025 per sostenere l'adattamento al cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni di gas serra. Se occorre ambizione l'Italia è in prima fila: «Lo stato di salute del Pianeta ci impone il massimo sforzo e anche di fare presto. Faremo di tutto per innalzare l'ambizione dell'Italia e trainare gli altri Paesi» ha detto in un tweet il ministro Costa mentre Arnold Schwarzenegger, ex governatore della California, presente all'inaugurazione e rammaricato che il governo degli Stati Uniti abbia voltato le spalle all'Accordo di Parigi, ha invitato a «puntare di più sui leader locali e non solo sui governi» visto che il 70% delle emissioni di CO2 negli Usa è controllato dai governi locali e dalle città.
STATI UNITI DI TRAVERSO LA STRADA È IN SALITA
L'ordine del giorno di Katowice è di quelli decisivi: serve un'intesa per attuare l'Accordo di Parigi del 2015 e contenere il surriscaldamento a più 1,5 gradi il più presto possibile. Gli osservatori non nutrono grandi aspettative sull'efficacia del vertice. Dalle dichiarazioni del mondo scientifico e dai dati l'allarme si è aggravato negli ultimi tre anni. Tre rapporti in un mese hanno messo definitivamente all'angolo gli scettici. Il 20 novembre l'organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha annunciato che per la prima volta da migliaia di anni la concentrazione annua media globale di CO2 nell'atmosfera ha raggiunto nel 2015 il traguardo di 400 parti per milione, diventate poi 403,3 nel 2016 e 405,5 nel 2017: un record dopo l'altro. La notizia sulla concentrazione di CO2 segue la pubblicazione del rapporto Ipcc sugli impatti del riscaldamento globale di 1,5 gradi. C'è il rischio concreto che nel 2023 il carbon budget necessario per mantenere l'incremento delle temperature medie globali al di sotto dell'intervallo possa già essere stato esaurito. Tempo scaduto. Un altro rapporto scientifico pubblicato da 13 agenzie federali Usa dice che i cambiamenti climatici potrebbero ridurre di un decimo il Pil statunitense entro il 2100, più del doppio delle perdite della recessione del 2008. Due le aree di maggior impatto: commercio estero e agricoltura. L'allarme degli scienziati non sarà molto ascoltato. La posizione di Trump, che vuole smantellare la politica sui cambiamenti climatici, è l'ostacolo più grande.
Alfredo De Girolamo
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 dicembre 2018
La maggioranza di Muggia "salva" i soffiatori per la pulizia delle vie
Mozione del grillino Romano: «Alzano polveri dannose per la salute» L'assessore Litteri: «Usati solo là dove non passa la spazzatrice»
I soffiatori per la pulizia delle strade di Muggia continueranno a essere regolarmente operativi. Almeno per ora. È questo l'esito della mozione proposta dal capogruppo del M5s Emanuele Romano durante l'ultimo Consiglio comunale. L'esponente pentastellato aveva chiesto di vietare l'uso dei soffiatori per motivi di salute pubblica. «Considerato che lungo le strade e nei piazzali si depositano polveri di origine antropica, industrie, veicoli, riscaldamento, eccetera, che se inalate possono essere causa di infezioni polmonari o altre patologie croniche, e tenendo conto che lungo le strade e nei piazzali si depositano pollini che se inalati possono essere causa di allergia in determinate persone, chiedo di vietare l'uso dei soffiatori sul territorio comunale», aveva avanzato formalmente Romano. La maggioranza, compatta, ha espresso la propria contrarietà. «I soffiatori vengono utilizzati solo in alcune vie di Muggia, dove non si possono utilizzare macchine spazzatrici a causa delle vetture parcheggiate. Ricordo che in passato in queste vie veniva periodicamente vietato il parcheggio per l'intera mattinata per permettere il passaggio della spazzatrice: questo aveva creato grossi malumori in quanto molti si dimenticavano del divieto e venivano multati per sosta vietata, per cui questa pratica è stata abbandonata», racconta l'assessore all'Ambiente Laura Litteri. Ma l'assessore della Giunta Marzi lascia le porte aperte ad altre soluzioni, in primis l'utilizzo degli aspiratori.«Questo sistema è utilizzato dalla Net in tutti i comuni soprattutto per raccogliere le foglie cadute dagli alberi. Inoltre viene usato anche nel periodo del Carnevale per riuscire a staccare dal terreno i coriandoli. Ritengo inoltre che il problema del sollevamento delle nanopolveri, citate dal consigliere Romano, non sia dovuto solo all'utilizzo dei soffiatori, in una città come la nostra dove spesso soffia la bora. Ciò non toglie - conclude Litteri - che sono d'accordo che si debba evitare il più possibile di sollevare polveri, fastidiose e dannose per la salute, per questo ho chiesto alla Net di valutare sistemi alternativi, quali l'utilizzo di aspiratori».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - DOMENICA, 2 dicembre 2018
REGIONE FVG - Auto green e car sharing - La giunta ora
accelera - il parco macchine dell'ente
TRIESTE. «La Regione perseguirà lo sviluppo del progetto New Mobility in Fvg
(Nemo) volto a ridurre l'inquinamento con l'adozione, da parte della pubblica
amministrazione, di veicoli elettrici e di Noemix, il servizio di car sharing
sviluppato al suo interno». La conferma arriva dalla giunta con l'assessore
all'Ambiente Fabio Scoccimarro: «Si tratta della prima iniziativa di questo tipo
in Europa e gode di un finanziamento Ue di 900mila euro. Sarà possibile
dismettere circa 800 vetture a benzina o diesel e sostituirle con 640 veicoli
elettrici, prevedendo ricadute sensibili dal punto di vista ambientale». E
«sfruttando il servizio di car sharing tra enti, ridurremo il numero di mezzi in
circolazione con conseguenze positive anche per il traffico». Scoccimarro spiega
poi che «dopo la definizione del progetto verrà avviato un dialogo tra le
direzioni regionali che coinvolgerà il vicegovernatore Riccardo Riccardi, dato
che una buona parte dei mezzi sostituiti sono a disposizione del servizio
sanitario, e l'assessore alle Autonomie Pierpaolo Roberti, per i veicoli degli
enti locali e l'inserimento nel progetto della centrale unica di committenza».
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Clima, la sfida parte da Katowice - Salvare il pianeta
senza gli Usa
L'Ue punta a "emissioni zero" entro il 2050. Secondo l'Onu restano solo
12 anni per agire - L'Italia è ai primi posti per le morti da smog in Europa: il
98% dei bimbi esposto agli inquinanti
Torino - Secondo gran parte della comunità scientifica già gli accordi di
Parigi del 2015 (Cop21), che miravano a contenere il riscaldamento globale entro
i due gradi rispetto ai livelli preindustriali (puntando alla soglia degli 1,5°
C), erano insufficienti ad evitare i cambianti climatici. Ma senza un'intesa al
vertice Onu di Katowice (Cop24) che inizia oggi, anche quell'obiettivo minimo
rischia di rimanere lettera morta. In Polonia la sfida è ancora più ardua: si
tratta di passare dalle parole ai fatti. 1Lo scontro Usa-UeD'altronde Cop21 è
stato uno dei temi più spinosi del G20 di Buenos Aires. Il braccio di ferro tra
gli Usa e l'Ue si è concluso con comunicato che ritiene Parigi «irreversibile»
solo per 19 Paesi. Trump ha affermato più volte di non credere nei cambiamenti
climatici causati dall'uomo e ha annunciato di non voler rispettare gli impegni
presi dal suo predecessore Barack Obama. Bruxelles invece intende farsi paladina
del clima e punta a "emissioni zero" entro il 2050. «Noi siamo coerenti - ha
rivendicato il commissario europeo Canete - non siamo come gli Usa, dove se
cambia il presidente cambiano anche le politiche per il clima». L'Ue stima che
la rivoluzione energetica, per cui saranno necessari 200-300 miliardi
d'investimenti l'anno, porterà un +2% di Pil entro il 2050, risparmi di 200
miliardi in sanità e il 40% in meno di morti premature da smog. 2Smog in Pianura
padanaEd è proprio lo smog una delle voci che preoccupa di più l'Italia. Secondo
l'Agenzia europea per l'ambiente il 95% più esposte ai principali inquinanti
dell'aria vive nel Nord. Siamo al secondo posto continentale per morti per Pm
2.5 (60.600) e al primo per le morti da biossido di azoto (20.500) e per l'ozono
(3.200). Anche l'Organizzazione mondiale della sanità non risparmia le critiche
al nostro Paese: segnalando che il 98% dei bambini respira troppe polveri
ultrasottili. Un dato che non fa differenza tra ricchi e poveri. 3La posizione
dell'ItaliaA differenza del populista Jair Bolsonaro, che ha già ritirato la
candidatura del Brasile per Cop25 nel 2019, l'Italia non sembra intenzionata a
seguire Trump sul clima. Il presidente Conte nel suo intervento al G20 di Buenos
Aires ha ricordato l'importanza di Katowice e ha spiegato che la transizione
energetica «rappresenta un'opportunità economica per rafforzare l'occupazione,
modernizzare le infrastrutture dei nostri Paesi e salvaguardare i cittadini di
fronte l'incremento dei fenomeni climatici estremi». Domani il ministro
dell'Ambiente Sergio Costa interverrà alla cerimonia inaugurale. 4Gli obiettivi
di KatowiceCop24 è uno snodo fondamentale in vista del 2020, anno in cui gli
accordi di Parigi dovranno diventare operativi. I pilastri della conferenza sono
tre: l'adozione delle linee guida per mettere in pratica l'intesa del 2015,
l'impegno dei governi per diminuire ancora i livelli di emissioni di CO2 già
decisi per il 2020 e lo stanziamento di risorse adeguate per permettere ai Paesi
più poveri di ridurre le emissioni. Secondo uno studio commissionato dall'Onu
Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico restano solo 12 anni per
agire. 5Sconfitta non ammessaSecondo Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed
Energia del Wwf che sarà presente a Katowice, per contenere l'aumento della
temperatura entro gli 1,5° C bisogna «rafforzare gli impegni» . «Non è ammessa
una sconfitta», spiega Mauro Albrizio di Legambiente. «È una sfida che l'Europa
può e deve vincere - prosegue - non solo per il successo di Katowice, ma
soprattutto per accelerare la decarbonizzazione dell'economia europea e vincere
la triplice sfida climatica, economica e sociale, creando nuove opportunità per
l'occupazione».
Andrea Scutellà
IL PICCOLO - SABATO, 1 dicembre 2018
LA CARTIERA DI SAN GIOVANNI DI DUINO - Scoglio ambientale sul futuro Burgo - A Spinoglio un mese per dare risposte
Vertice in Regione: l'imprenditore dovra' fornire nuovi dati. Poi un mese per valutarli. In piazza presidio dei lavoratori
TRIESTE - La vertenza Burgo, dopo tre anni, veleggia ancora in mare aperto. Con due scogli che ne rendono assai perigliosa la navigazione, uno di carattere ambientale e uno di ordine occupazionale. Sotto le finestre del "governatorato", in via dell'Orologio dove si fronteggiano l'ingresso della Regione e quello dell'hotel "Duchi d'Aosta", una cinquantina di dipendenti ha organizzato un presidio, mentre a San Giovanni di Duino la "linea 3" era bloccata dallo sciopero e in fabbrica sono entrati solo gli impiegati. Il vertice, tenutosi in Regione nella tarda mattinata di ieri, non ha risolto alcunché ed è servito soprattutto a fissare un cronoprogramma di massima, per tentare di salvare 100 posti e di riconvertire la linea produttiva "2". La scansione delle date è la seguente: entro la fine di dicembre Giulio Spinoglio, a capo della Cartiera di Ferrara, presenterà il supplemento documentario ambientale riguardo l'impianto di produzione energetica attivabile con gli scarti di lavorazione (pirogassificatore). A quel punto la direzione Ambiente della Regione Fvg - alla riunione sedeva l'assessore Fabio Scoccimarro - avrà a disposizione un mese per verificare la congruità dei dati trasmessi dall'imprenditore piemontese-ferrarese. Se non vi saranno eccezioni di rilievo su questo versante, Spinoglio potrà costituire una società, insieme a Burgo e a Friulia, per avviare la riconversione dal patinatino al cartoncino. Anche se pare non vi sia chiarezza sui finanziamenti pubblici. Ridendo e scherzando, avremo così raggiunto i primi di febbraio, quando scatterà il timing dei 100 licenziamenti: l'assessore al Lavoro Alessia Rosolen, affiancata dal collega delle Attività produttive Sergio Bini, ha chiesto alla Burgo, profittando delle misure previste dalla recente legislazione governativa, di prorogare il contratto di solidarietà, per disintossicare il fatale intreccio ambientale-occupazionale di febbraio. Per il gruppo cartario c'era il capo del personale, Franco Montevecchi, che ha preso tempo, ma ci sono ottime possibilità - secondo fonti aziendali - che la risposta sarà negativa, perché Burgo la sua proposta l'ha già fatta: accettare trasferimenti in altri siti produttivi, molti dei quali posizionati nel Nordest. Tema che i sindacati non intendono prendere in considerazione.Tra le sigle alligna un "sentiment" apertamente pessimistico. Si sperava che la riunione servisse a ottenere qualcosa di più che una serie di dichiarazioni sui compiti da farsi. La valutazione di Berardi (Cisl), Goat (Cgil), Mian (Uil) converge sul tempo perso, sulle lungaggini burocratiche, sulle disattenzioni procedurali di Spinoglio e della Burgo. Poi prevale un po' di Realpolitik: sul tavolo Spinoglio è l'unica carta giocabile. Nel panel istituzionale anche il sindaco Daniela Pallotta, preoccupata che la tematica ambientale finisca con l'inghiottire l'istanza occupazionale.
Massimo Greco
IL PICCOLO - VENERDI', 30 novembre 2018
«Conflitto d'interessi sul Piano regolatore» - la
polemica politica
MUGGIA - Conflitto di interessi sulla variante 36 al Piano regolatore. È
questa la denuncia di Emanuele Romano (M5s), Roberta Tarlao (Meio Muja) e
Roberta Vlahov (Obiettivo comune). «È emerso in commissione il conflitto di
interessi in capo all'assessore all'Urbanistica Francesco Bussani, la cui
famiglia è proprietaria di un appezzamento agricolo Nel Comune», si legge nella
loro mozione.Il documento è stato però ritirato in quanto dichiarato
inammissibile dal sindaco Laura Marzi, che, in risposta a un'ulteriore
interrogazione di Romano, ha citato diverse sentenze del Consiglio di Stato in
cui si evidenzia come «per astenersi da una deliberazione non è sufficiente la
generica circostanza relativa alla semplice condizione che alcuni consiglieri
siano proprietari di fondi» e come «la necessità di una più stringente
situazione di concreta conflittualità si rende indispensabile allorché si va ad
approvare strumenti urbanistici di centri piccoli dove la possibilità di essere
proprietari di suoli interessati dalle previsioni è particolarmente alta».
Caso Burgo in Regione - E in piazza si protesta contro
i licenziamenti
Ritrovo sindacale alle 10 sotto il palazzo dove due ore dopo si terrà il
vertice alla presenza di tre assessori e parti sociali
Trieste - Stamane alle ore 10 presidio sindacale in piazza Unità sotto le
finestre della Regione, dove si farà il punto sulla vertenza Burgo. Uno sciopero
di 24 ore è iniziato ieri sera alle ore 22 e si concluderà oggi alla stessa ora.
Tre assessori per un vertice: Alessia Rosolen (Lavoro), Sergio Bini (Attività
produttive), Fabio Scoccimarro (Ambiente). Più le parti sociali, imprese e
organizzazioni sindacali. Il count down ha assunto una scansione tambureggiante:
trentuno giorni a dicembre, altri trentuno a gennaio, poi 100 dipendenti della
fabbrica duinese saranno licenziati, perchè gli ammortizzatori sociali sono
esauriti, perchè non si può allungare il contratto di solidarietà, perchè il
tentativo di riconversione della "linea 2" imperniato sulla Cartiera di Ferrara,
con l'appoggio esterno di Burgo, è ancora impantanato nelle autorizzazioni
ambientali. Senza le quali non si potrà realizzare l'ormai celebre
pirogassificatore, una tecnologia per il recupero degli scarti ritenuta
imprescindibile dal potenziale investitore. Un quadro piuttosto sconcertante, se
si pensa che Giulio Spinoglio, patron della Cartiera ferrarese, venne presentato
ai sindacati il 9 giugno dello scorso anno durante un incontro al ministero
dello Sviluppo Economico. Da allora un anno e mezzo è stato bruciato tra
malintesi e incomprensioni. Non è stata creata nemmeno la "newco", cioè la nuova
società Spinoglio-Burgo-Friulia, che avrebbe dovuto essere il legale contenitore
della riconversione dal patinatino al cartoncino per anime da bobina. Le
rappresentanze sindacali di fabbrica segnalano una forte, comprensibile tensione
all'interno dello stabilimento, dove circa un terzo dell'organico (340 addetti
in tutto) rischia seriamente il posto. E chiedono chiarezza alla Regione e alla
coppia Spinoglio-Burgo. Le dichiarazioni rese dai sindacalisti dello
stabilimento non possono essere all'insegna dell'ottimismo. Giuseppe Berardi
(Cisl) ricorda i sacrifici sopportati in busta paga dai lavoratori, sacrifici
vanificati dalle lungaggini burocratiche e «all'improvvisazione della Burgo e
della Cartiera di Ferrara». «I permessi per l'impianto di pirogassificazione -
incalza Maurizio Goat (Cgil) - sono ancora al vaglio degli uffici competenti e
la soluzione appare quantomeno lontana». Luca Mian (Uil) insiste sul ruolo della
mano pubblica, nelle autorizzazioni come nel sostegno economico alla
riconversione.Burgo ha acceso due procedure di licenziamento, una riguarda la
Cartiera del Timavo, l'altra lo stabilimento piemontese di Verzuolo per 62
esuberi.
Massimo Greco
Il pirogassificatore - Quell'impianto che mette in
allerta gli ambientalisti
Il dibattito sulle ricadute ambientali del pirogassificatore rappresenta un
problema nel problema. Il gruppo "Salute e Ambiente" ha sollevato la questione
sulla compatibilità tra impianto e territorio, organizzando alcuni pubblici
eventi. Non è infatti casuale che all'odierno incontro in Regione partecipi
l'assessore all'Ambiente Scoccimarro: il tema è delicato, perchè l'imprenditore
Giulio Spinoglio, senza l'impianto, non darà luogo alla riconversione.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 novembre 2018
Ferriera, ultimatum romano per la copertura dei parchi
Il ministero dell'Ambiente fissa al 10 dicembre il termine ultimo per il
progetto - Se l'azienda dovesse rinunciare alla realizzazione, stop all'Aia e
alla produzione
Meno di due settimane a disposizione per presentare il progetto esecutivo
riguardante la copertura dei parchi minerari della Ferriera di Servola. Il 10
dicembre è la data ultimativa che il ministero dell'Ambiente ha dato a
Siderurgica Triestina per definire almeno sulla carta le modalità di
realizzazione dei giganteschi capannoni pensati per contenere carbone e minerali
necessari alla produzione di coke, che oggi sono causa degli spolveramenti che
avvengono nelle giornate di vento forte. L'indicazione del governo è arrivata la
settimana scorsa durante il primo dei tavoli tecnici richiesti dall'assessore
regionale all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, per aumentare le occasioni di
incontro tra le parti fra una convocazione e l'altra della Conferenza dei
servizi. Per i funzionari del ministero, il Gruppo Arvedi dovrà dunque
consegnare tutta la documentazione mancante o ammettere la volontà di rinunciare
alla costruzione dei parchi. E se si verificasse una simile ipotesi, scatterebbe
la sospensione dell'Aia e dunque la possibilità per la Ferriera di continuare a
produrre, perché l'Autorizzazione integrata ambientale obbliga Siderurgica
Triestina a presentare un progetto esecutivo per la costruzione dei capannoni.
L'ultimatum arriva dopo la Conferenza dei servizi tenutasi a Roma il 17 luglio.
In quella sede l'azienda ha dovuto incassare non poche osservazioni al proprio
progetto provvisorio da Regione, Azienda sanitaria e Inail. Le parti avevano
deciso di riaggiornarsi affinché la società potesse far proprie le richieste di
chiarimento e presentare appunto il progetto definitivo. Da quel momento
l'azienda non ha tuttavia più dato segnali, se non l'assicurazione che avrebbe
fornito la documentazione richiesta. Il nuovo incontro nella capitale è servito
appunto al ministero per sollecitare la proprietà, cui il pressing non fa certo
piacere. Siderurgica vuole infatti prendere tempo, dopo aver manifestato la
disponibilità a trattare la cessione dell'area a caldo, qualora l'Autorità
portuale si dimostri capace di mettere sul tavolo un'offerta giudicata
interessante dal cavalier Giovanni Arvedi. Nel frattempo, l'azienda cerca dunque
di rallentare l'iter di realizzazione della copertura dei parchi: l'operazione
costerebbe infatti 35 milioni, un investimento motivato soltanto dalla
possibilità di proseguire la produzione di ghisa. La volontà dilatoria spinge la
società ad attendere l'arrivo di possibili proposte e a prospettare nel contempo
a Regione e governo la stipula di un nuovo Accordo di programma che possa
prevedere proprio il superamento della copertura. L'assessore Scoccimarro vede
tuttavia un'azienda con margini di manovra ormai ridotti: «In pochi mesi di
lavoro abbiamo raggiunto un obiettivo importante, mettendo Siderurgica Triestina
davanti a una scelta, mettere in atto importanti investimenti per abbattere
l'impatto ambientale come previsto dagli accordi stipulati dalla precedente
giunta e governo oppure, come auspicato dai triestini, programmare da subito la
dismissione dell'area a caldo. Questa seconda opzione ci vede estremamente
favorevoli e disponibili a collaborare, assieme agli altri soggetti
istituzionali, per la salvaguardia dell'interesse dei cittadini, dei lavoratori
e dell'azienda stessa».
Diego D'Amelio
L'antica tecnica rurale dei muretti a secco diventa con
l'Unesco patrimonio dell'umanità
La proclamazione arriva alla luce della candidatura lanciata da otto
Paesi europei fra i quali Italia, Slovenia e Croazia
Custodisce il Dna del nostro paesaggio rurale. È uno dei primi esempi di
manifattura umana, presente in quasi tutte le regioni italiane, sia per fini
abitativi che agricoli, sempre realizzata in perfetta armonia con l'ambiente
circostante, e per questo simbolo di una relazione armoniosa fra uomo e natura.
Diversi concetti, ma che possono essere ricompresi in un'unica parola: "arte".
Ed è proprio come forma di arte che l'Unesco ha iscritto la pratica rurale dei
muretti a secco - quelli che conosciamo bene in questi territori, dal Carso alla
Croazia - nella lista degli elementi immateriali dichiarati Patrimonio
dell'umanità. L'Organizzazione dell'Onu per l'educazione, la scienza e la
cultura si è congratulata, tramite il proprio profilo Twitter, con gli otto
Paesi europei che tempo fa avevano presentato la candidatura: oltre all'Italia
ci sono Cipro - Paese capofila - Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e
Svizzera.Il riconoscimento, ha commentato il ministro delle Politiche agricole e
del turismo Gian Marco Centinaio, conferma «ancora una volta» come i valori
dell'agricoltura siano «riconosciuti come parte integrante del patrimonio
culturale dei popoli». E premia al tempo stesso, secondo la Coldiretti, «il
lavoro di generazioni di agricoltori impegnati nella lotta al dissesto
idrogeologico provocato da frane, alluvioni o valanghe». È un bene che
«valorizza ancora di più l'unicità del nostro territorio», ha commentato Michele
Emiliano, il presidente della Regione Puglia, che si era fatta promotrice di
questa candidatura assieme ad altre regioni. In Italia infatti i muretti a secco
sono ben presenti in Friuli Venezia Giulia così come in varie altre aree, tra
cui Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia, Campania, Lombardia, Piemonte, Valle
d'Aosta, Liguria, Trentino Alto-Adige, Veneto, Toscana, Lazio.«L'arte del "Dry
stone walling" riguarda tutte le conoscenze collegate alla costruzione di
strutture di pietra ammassando le pietre una sull'altra, non usando alcun altro
elemento tranne, a volte, terra secca», spiega l'Unesco nella motivazione del
provvedimento. I muretti a secco «sono sempre fatti in perfetta armonia con
l'ambiente, e la tecnica esemplifica una relazione armoniosa fra l'uomo e la
natura». E inoltre «svolgono un ruolo vitale nella prevenzione delle slavine,
delle alluvioni, delle valanghe, nel combattere l'erosione e la desertificazione
delle terre, migliorando la biodiversità e creando le migliori condizioni
microclimatiche per l'agricoltura». È una antica pratica che tuttavia sta
scomparendo, a causa della mancanza di manodopera specializzata. Per questo sono
nate diverse scuole sul territorio nazionale che cercano di preservarne la
millenaria cultura artigiana. Un esempio si trova in Trentino. La Scuola
trentina della pietra a secco, istituita nel 2013 all'interno dell'Accademia
della Montagna, è composta da un gruppo di lavoro che include diverse figure
professionali - dal maestro artigiano al geometra, dall'architetto
all'ingegnere. Ma la tecnica del muretto a secco sta scomparendo anche per la
sempre più diffusa "professione" dei cosiddetti "ladri di pietre" che
sottraggono i pezzi che costituiscono i muretti e li rivendono poi per usi
edilizi privati.La candidatura dell'arte dei muretti a secco per quanto riguarda
l'Italia è stata portata avanti dal ministero delle Politiche agricole e del
Turismo, in sinergia con il ministero degli Esteri e la Commissione nazionale
Unesco.
Mini-centrali idroelettriche - Belgrado verso lo stop
In Serbia una legge vieterà la costruzione di nuove dighe sui corsi
d'acqua che attraversano parchi e zone naturali: prima vittoria degli
ambientalisti
BELGRADO - A volte alzare la voce serve e la forza di argomenti scientifici,
a difesa dell'ambiente, può essere più dirompente del tintinnio delle monete. Lo
sta scoprendo la Serbia, primo Paese dei Balcani che metterà presto un freno
alle mini-centrali idroelettriche sorte come funghi negli scorsi anni su fiumi e
torrenti: un fenomeno che ha preoccupato e ancora preoccupa ecologisti e
popolazioni locali. La svolta è stata annunciata, a sorpresa, dal segretario di
Stato all'Ambiente, Ivan Karic, che ha annunciato che Belgrado ha già approntato
una bozza di legge per mettere al bando la costruzione di nuove mini-dighe e
centrali idroelettriche sui corsi d'acqua che attraversino parchi naturali e
zone protette, da approvare a inizio del prossimo anno. Non solo: le future
norme prevedono anche che gli impianti per la produzione di energia già
realizzati in passato, senza però rispettare le procedure per il rispetto
dell'ambiente, perdano il diritto di accedere ai sussidi pubblici per la
fornitura d'elettricità. Norme draconiane che sono necessarie, ha assicurato
Karic alla Reuters. Il boom di mini-sbarramenti, non solo in Serbia, è un
fenomeno pericoloso e «se questa tendenza non-ecologica» andrà avanti «perderemo
allora migliaia di chilometri di fiumi, per sempre», ha detto Karic. Non sono
esagerazioni, quelle del giovane politico serbo. Lo ha confermato un paio di
giorni fa un nuovo studio delle Ong Riverwatch ed Euronatur, da anni in campo
per difendere il «Cuore blu» d'Europa, i fiumi balcanici, e per spingere su
eolico e solare. Lo studio ha preso in considerazione attraverso nuove analisi
scientifiche «una rete idrografica di oltre 80 mila chilometri» in tutti i
Balcani e in Grecia, hanno specificato le due organizzazioni. Balcani dove,
malgrado l'assalto ai corsi d'acqua da parte degli investitori negli ultimi
anni, sono oggi «circa 61 mila i chilometri ad alta qualità ecologica»,
«moderatamente» o per nulla «modificati» dalla mano dell'uomo, paradiso a
rischio perché «sono tremila le centrali idroelettriche in progetto o in
costruzione tra Slovenia e Grecia», di cui «mille circa in aree protette». La
soluzione, «zone no-go», off-limits per le ruspe e le centrali, ha specificato
Ulrich Eichelmann, numero uno di Riverwatch.Zone come quelle che dovrebbero
nascere in Serbia a partire dal 2019, non facendo sicuramente contente le
aziende - oltre 800 milioni di euro investiti solo da banche internazionali
nell'idroelettrico balcanico tra il 2005 e il 2015, secondo stime di Bankwatch.
Zone che potrebbero essere copiate anche in altri Paesi dell'area - in testa
Montenegro e Albania, fra i più interessati dallo "tsunami" di sbarramenti - la
speranza di ambientalisti e delle popolazioni investite dall'onda delle
mini-dighe. Popolazioni che, nell'ultimo periodo, hanno deciso di farsi sentire.
Come ad esempio a Rakita, un villaggio in Serbia dove i residenti, in testa gli
anziani del posto, stanno da mesi opponendo resistenza passiva a bulldozer e
polizia per difendere il torrente che attraversa il Paese. Altre proteste sono
state registrate nei mesi scorsi sempre nell'area di Stara Planina al grido di
«non vi diamo una goccia della nostra acqua». Scenari speculari anche in Bosnia,
dove le «Donne coraggiose di Kruscica», in una lotta tutta in rosa, hanno
ingaggiato e vinto una battaglia di piazza e legale. Contro un'altra, l'ennesima
mini-centrale.
Stefano Giantin
Pronta la risoluzione all'Europarlamento anche per
Podgorica
Il tema delle mini-centrali idroelettriche è stato ieri al centro anche del
dibattito al Parlamento europeo, dove sono in discussione emendamenti alle
risoluzioni su Serbia e Montenegro redatte della commissione Esteri
dell'Europarlamento, in votazione oggi.Nel caso di entrambi i Paesi, si segnala
preoccupazione per il via libera a impianti che possono mettere a rischio
l'ambiente, rappresentano un «pericolo ecologico» e non sono in linea con le
convenzioni internazionali e gli standard Ue, con progetti da rivedere in
particolare per quanto riguarda Podgorica.
Gli alberi del Carso da salvare tra clima che cambia e
incendi
Stasera nella Piccola Fenice un focus del Rotary sulle strategie
ambientali e le attuali carenze normative in materia di tutela dei boschi
TRIESTE. Dalla California al Carso. I cambiamenti climatici riguardano ormai
da vicino anche i boschi di casa nostra. L'invasione da parte di specie vegetali
"aliene" e l'aumento del rischio incendi sono solo alcuni dei problemi che
affliggono l'altipiano. E nel frattempo, a livello nazionale, manca una
risposta, culturale e legislativa, alle esigenze dei territori. Di questo si
parlerà stasera, al convegno del Rotary Club Trieste "Vento, fiamme e acqua: la
strage degli alberi nel 2018. Come evitare le catastrofi anche sul Carso".
L'appuntamento è alle 18.30 nella Sala Piccola Fenice di via san Francesco 5.
L'ingresso è gratuito. Il 2018 è stato appunto l'anno della strage degli alberi.
Nulla di cui stupirsi, se si pensa che di recente gli scienziati Onu hanno
lanciato l'allarme secondo cui la specie umana ha 12 anni per cambiare il suo
attuale paradigma di consumi, pena la catastrofe globale. Tuttavia c'è molto
che, nel proprio piccolo, ciascun Paese e, soprattutto, ciascun cittadino
possono fare. Mentre la California è devastata dagli incendi, in Italia sono
stati 14 milioni gli esemplari di alberi abbattuti dalla recente ondata di
maltempo, dal Trentino all'Alto Adige, dal Veneto al Fvg, e ci vorrà almeno un
secolo per tornare alla normalità. Lo dice una stima della Coldiretti, che
imputa il disastro non solo alle eccezionali condizioni meteo ma anche
all'incuria. «Basta guardare i boschi del Carso per rendersi conto della
mancanza di una cultura ambientale in Italia», afferma uno dei relatori di
stasera, Diego Masiello, ispettore forestale e coordinatore del Centro didattico
naturalistico di Basovizza: «C'è il problema dell'invasione da parte di specie
"aliene" come l'ailanto, che di recente proprio a Basovizza ha cancellato un
pascolo. Ma anche il pericolo incendiosità, per le case costruite a ridosso dei
boschi». «Abbattimento della Co2, conservazione dei suoli e sostentamento della
biodiversità continuano a essere temi non ancora abbastanza dibattuti a livello
pubblico», aggiunge l'altro ospite della serata, Livio Poldini, professore
emerito di Ecologia vegetale. Introdurrà Paolo Battaglini, già presidente del
Rotary club Trieste, oltre che docente universitario. Modererà il giornalista
Maurizio Lozei.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 novembre 2018
Manutenzioni nelle scuole - Entro fine anno la chiusura
della lista da 2,5 milioni
L'elementare Duca D'Aosta e il ricreatorio Brunner sono le due principali
"criticità" rimaste aperte nel progetto che comprendeva 23 edifici
Rifacimento e consolidamento dei solai, sostituzione dei serramenti,
bonifiche per l'amianto, manutenzione di palestre e opere fognarie: sono questi
gli interventi di edilizia scolastica predisposti dal Comune che hanno
interessato 23 realtà, fra scuole e ricreatori. Si tratta - è stato spiegato
ieri in Comune in una conferenza stampa di "riepilogo" - di lavori di
manutenzione straordinaria, per una spesa totale di due milioni e 500 mila euro,
eseguiti quest'estate per non interferire con le attività didattiche ed evitare
di creare disagi alle famiglie. In alcune situazioni, però, gli interventi non
sono ancora terminati: durante i sopralluoghi nei vari "lotti", in alcuni casi
sono infatti emerse determinate problematiche, che verranno comunque "liquidate"
nel periodo delle vacanze natalizie. Ne è un esempio la scuola Duca d'Aosta,
dove, nell'ambito dei lavori di rifacimento del tetto, è stato scoperto che
parte della travatura era marcia. Il rischio di crollo ha portato alla chiusura
di alcune aule e perciò, nei prossimi giorni, si assisterà al trasferimento di
una parte degli alunni nella ex Timeus di via dell'Istria. Fuori programma anche
le operazioni al ricreatorio Brunner, che ospita i Servizi scolastici integrati
della Manna e della Tarabocchia. In loco erano previsti solo lavori al
muraglione di contenimento, ma un sondaggio dei solai, che sarebbero stati
sollecitati dalle vibrazioni delle opere esterne, ha evidenziato il rischio di
crolli. Durante tale ristrutturazione sono stati scoperti anche due piccoli
affreschi, che la Soprintendenza ha preso in analisi. I lavori nel ricreatorio
saranno conclusi entro l'anno, con una variazione sulla previsione di spesa. Il
patrimonio di edilizia scolastica, che comprende nel Triestino 150 edifici,
supera il secolo: «Abbiamo messo mano a una programmazione che parte dai nidi e
arriva alle scuole secondarie, comprendendo ricreatori e palestre - così
l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi - e questo perché è un patrimonio
essenziale e immenso per la città, ma anche vetusto, che necessita di
mantenimento, manutenzione e aggiornamento alle normative». Il progetto,
sviluppato anche da Angela Brandi, assessore alla Scuola, ha vistobuona parte
della copertura finanziaria attraverso la vendita di azioni Hera.
Stefano Cerri
All'Area protetta del Wwf con i Giardinieri del mare
TRIESTE - L'Area marina protetta di Miramare, gestita dal Wwf - dove
nelle scorse settimane piccoli spettatori si sono trasformati in esploratori e
hanno avuto la possibilità di visitare il BioMa - organizza un nuovo incontro
con la community Noi Il Piccolo il prossimo sabato 1 dicembre. S'intitola i
"Giardinieri del mare". Di che si tratta? È presto detto. Premettendo che
foreste e praterie sottomarine sono a rischio quanto quelle terrestri, ma sono
in pochi a conoscerle e a curarsene, "giardinieri" specializzati racconteranno
lo stato di salute di questi ambienti poco noti ma diffusi anche alle nostre
latitudini: luoghi ricchi di biodiversità vegetale e animale, in grado di
offrire molteplici servizi all'ecosistema, dalla possibilità di rifugio, alla
protezione dei fondali e delle coste dall'erosione marina. Quando questa
ricchezza viene compromessa, è possibile intervenire e saranno proprio i
"giardinieri del mare" a raccontarci le tecniche più innovative ed efficaci per
tutelarla ed eventualmente ripristinarla. Parallelamente alla conferenza sarà
allestito (sempre all'interno del BioMa), un laboratorio indicato in particolare
per bambini tra i 6 e i 10 anni. Ogni adulto che si iscrive all'evento potrà
portare con sè un bambino senza necessità di iscrizione preventiva. La durata è
di un'ora circa. Massimo 30 partecipanti. Evento questo, come gli altri, cui
possono partecipare solo i lettori iscritti alla community del Piccolo. Per
rimanere nella zona prossimamente il quotidiano avvierà una collaborazione con
il Museo storico e il Parco del castello di Miramare, i cui contenuti verranno
svelati a breve. Torna a grande richiesta l'ultimo appuntamento per visitare
l'Immaginario scientifico il 2 dicembre. I posti in questo caso sono esauriti ma
si può sempre sperare in qualche rinuncia: controllare il sito alla pagina
Eventi fino all'ultimo!
Benedetta Moro
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 novembre 2018
Svolta verde con addio all'acqua nel futuro di piazza
Sant'Antonio
Incarico affidato dal Comune all'architetto Bradaschia. Niente riapertura
del Canale davanti alla chiesa
Tanto per cominciare, il Canal grande non bagnerà i piedi della chiesa di
Sant'Antonio. Troppo costoso, a principiare dallo scavo per finire alla
manutenzione. Inutile riaprire la via d'acqua che era stata interrata negli anni
Trenta: se non c'è destinazione d'uso, ovvero la navigabilità, che bisogno c'è
di ripristinare il Canale? Quindi, esclusa l'ipotesi idrica che era piaciuta
alla precedente era Cosolini, «la piazza dovrà essere piazza»: l'asserzione,
volutamente tautologica, è da attribuirsi a Maurizio Bradaschia, 56enne
architetto e docente all'Università di Trieste. Ha ricevuto l'incarico dal
Comune, di cui fu assessore all'Urbanistica nel primo Dipiazza. L'affidamento,
retribuito con poco meno di 50 mila euro Iva compresa, rientra nel quadro delle
rotazioni professionali per i lavori sotto-soglia: il compito è di sottrarre
dall'attuale mestizia uno degli scorci "nobili" della cartolina e
dell'architettura cittadine. Il progetto è quasi pronto e potrebbe esaurire la
parte cartacea addirittura entro l'anno. «Non ricerca scalpore o trasgressioni
gratuite - chiarisce la relazione alla fattibilità tecnica e economica - ricerca
compostezza». Bradaschia spiega che il lavoro si basa essenzialmente su tre
elementi «senza forzature»: la fruibilità quotidiana, il verde, l'arte
contemporanea. Fruibilità quotidiana, nel senso che una piazza deve essere
vissuta, «i bambini ci giocano, gli anziani ci leggono il giornale». E deve
essere vissuta 365 giorni all'anno, in qualsiasi stagione. Essendo in condizione
di ospitare qualsiasi tipo di manifestazione. Se oggi questo non accade - a
giudizio del progettista - è perché l'aiuola (dove tra l'altro si tiene il
mercato una volta in Ponterosso) è inguardabile e la fontana raramente idratata
fa tristezza. Si provvederà con un «arredo sobrio e minimale». Il verde
rammenterà gli alberi in via dell'Orologio, il breve tratto di strada dove
s'affacciano l'entrata di servizio della Regione, gli hotel Duchi e Vis à vis.
La pavimentazione seguirà il sedime del canale, "scortata" dai fanali della
pubblica illuminazione, che asseconderanno «le qualità prospettiche del luogo».
Perché Bradaschia e il suo staff, Massimiliano Modena e Alessandro Fuchs, non
dimenticano evidentemente la connessione con la parte dove il Canale continua a
scorrere: tra le suggestioni urbanistico-architettoniche-paesaggistiche
preferite, un posto di rilievo va alla possente mole neoclassica della Gran
Madre torinese. La planimetria riprende - argomenta ancora la relazione - «il
ritmo del colonnato che disegna ... geometrie conosciute e in continuità con
l'immagine della città».Il riferimento all'arte contemporanea è forse il
capitolo più nuovo dell'impostazione progettuale, condivisa passo per passo con
il sindaco Roberto Dipiazza e con il direttore dei Lavori pubblici, Enrico
Conte. Bradaschia pensa di collocare un'opera all'angolo nord della piazza
all'intersezione con via Filzi, più o meno dove adesso ci sono i bidoni della
spazzatura. In deliberato fuori-asse rispetto al centro della piazza, per dare
tono a un corner che sarà liberato dal pattume, in parola di essere spostato
dall'altra parte della stessa via Filzi. Niente auto nello spazio urbano
rinnovato. In via Rossini e in via Bellini ipotizzata una zona di
carico/scarico. L'inserzione di scultura contemporanea, quasi a "ringiovanire"
l'assetto neoclassico della piazza, è frequente in molti risultati dell'odierna
urbanistica: Bradaschia cita esempi illustri, Anish Kapoor a Versailles e a
Chicago, Arnaldo Pomodoro ai Musei Vaticani, Massimo Scolari alle Zattere
veneziane. Bradaschia non cela la soddisfazione per questo incarico. Da tempo la
committenza pubblica triestina non rientrava nel curriculum. «Ho vinto il German
design award 2018, sto riprogettando l'area check-in dell'aeroporto di Bologna,
l'ospedale Torrette ad Ancona, il centro storico di Praia a mare in Calabria:
francamente mi rattristava essere ignorato nella mia città».
Massimo Greco
Il destino segnato dei pioppi vicino al park del Despar
«Vanno abbattuti subito»
L'analisi degli esperti non lascia alternative alla giunta Marzi - «Sono
malati e pericolosi». Intervento al via fra ventiquattr'ore
«Abbattimento immediato di due alberi». Questa la sorte dei due pioppi
situati all'entrata del parcheggio del supermercato Despar all'incrocio tra
strada per Lazzaretto e strada della Luna. Dalle 7 di domani fino a fine lavori
verranno istituiti il divieto di sosta in strada per Lazzaretto nel tratto
compreso dal civico 11 al civico 1 di strada della Luna, nonché il senso unico
alternato regolamentato da operai nel medesimo tratto, oltre al divieto di
transito in strada della Luna dalle 7 alle 17, sempre fino al termine delle
operazioni. «Fin dall'analisi visiva, i due alberi hanno fatto riscontrare tutta
una serie di rilevanti problematiche», racconta l'assessore all'Ambiente del
Comune di Muggia Laura Litteri. Della famiglia "Populus Nigra", o Pioppo Nero, i
due alberi stanno crescendo a bordo strada su una base di asfalto con una
porzione di terreno non adeguata. Sul piano fitosanitario, entrambe le piante
risultano avere delle alterazioni derivanti dalla presenza di funghi che hanno
portato a dei sintomi definiti «gravissimi» e a delle ferite «profonde» a radici
e fusto. I tecnici hanno poi proceduto con l'analisi strumentale delle due
piante, che sono state riconosciute in classe di «rischio D - Estremo»,
considerata l'evidente «gravità di certe sintomatologie».«Abbattere degli alberi
è un dispiacere enorme sempre e comunque, ma lo è ancora di più quando fanno
parte della memoria collettiva di una città - commenta amareggiata Litteri - ma
prima di tutto è nostro compito garantire la sicurezza dei cittadini». Il
contesto in cui si presentano gli alberi all'entrata, in strada per Lazzaretto,
con il parcheggio Despar adiacente e la strada sottostante che rientrano nel
raggio di caduta, ha acuito l'ottica della «primaria salvaguardia
dell'incolumità di tutte le persone che vi transitano». Litteri non lascia
troppo spazio alle interpretazioni: «È stata una decisione purtroppo guidata da
una precisa necessità, supportata dagli studi commissionati ai professionisti
incaricati, che oltre alle analisi visive hanno effettuato una serie di indagini
geotecniche riguardanti il terreno».
Riccardo Tosques
Riconvertire a idrogeno l'Ilva di Taranto: ma Arcelor
non ci sta - LA PROPOSTA DELLA REGIONE PUGLIA
MILANO. Riconvertire quella che sino a fine ottobre è stata l'Ilva e che
dall'1 novembre è Arcelor Mittal Italia, in una acciaieria tutta nuova. Ibrida.
Dove ci sarà il progressivo abbandono degli altiforni a carbone e di tutte le
aree a caldo per arrivare, in un futuro prossimo, all'idrogeno passando
attraverso il gas e il Dri (un semilavorato siderurgico fatto di ferro, un
preridotto) nella fase di transizione. È la sostanza della proposta della
regione Puglia. L'obiettivo, spiega la Regione, è sviluppare a Taranto la
ricerca europea nel settore dell'acciaio di qualità, che sta puntando
sull'utilizzo di tecnologie Dri, alimentate da idrogeno, e di cui gli esempi più
avanzati sono in Svezia e in Germania. La Regione ritiene che anche per Taranto
sia prevedibile nel medio termine un approdo finale a tecnologie basate
sull'idrogeno e su un approccio produttivo di tipo qualitativo (piccole quantità
di elevato valore economico, acciai speciali e intelligenti, nanotecnologie),
tale da minimizzarne gli impatti nell'ottica «zero emissioni». Ma il clima a
Taranto resta teso. Arcelor Mittal Italia ribatte attraverso l'ad Matthieu Jehl
che «non c'è sostenibilità se non si lavora sul carbone», intendendo per
sostenibilità un'azienda che punta a produrre 6 milioni di tonnellate già l'anno
prossimo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 novembre 2018
«In Porto vecchio un archivio sulla storia dei circoli
nautici»
Il presidente della Fondazione Pietas Julia, Tommasi, chiama a raccolta
le società: «Documenti, fotografie e trofei. Patrimonio che racconta una
tradizione antica»
Creare un museo che raccolga il patrimonio storico di tutti i circoli
nautici della Venezia Giulia, valorizzando i materiali che tante società
conservano nelle proprie sedi e allo stesso tempo rendendoli fruibili a tutti,
trovando poi una collocazione strategica, come quella del Porto vecchio. È
l'idea lanciata dalla Fondazione Pietas Julia e annunciata in parte anche in un
convegno, promosso nei giorni scorsi in collaborazione con la Lega Navale. «Tra
società di canottaggio e vela, ci sono tantissimi oggetti conservati, che hanno
un grande valore, tra documenti, fotografie e trofei - spiega Antonio Tommasi,
presidente della Fondazione Pietas Julia -. Anche i riconoscimenti hanno
un'importanza che spesso va al di là della dimostrazione del risultato
conquistato, costruiti con materiali pregiati e particolari. Capita che tutto
questo sia mantenuto all'interno delle sedi, spesso solo come arredamento. In
pochissimi casi sono state effettuate catalogazioni attente o una conservazione
realizzata con criteri tali da rendere gli oggetti consultabili dal pubblico. Ed
è un peccato. È noto - prosegue - che quella degli sport nautici nel nostro
golfo è una tradizione ultracentenaria, rappresentata da un numero considerevole
di documenti in possesso dei più di trenta circoli situati lungo la costa, che
va da Grado a Muggia. Di questi, ben sette hanno superato il secolo di vita -
sottolinea -: una rarità a livello italiano, altri raggiungeranno questo
prestigioso traguardo tra breve, altri ancora hanno già festeggiato i 50 anni o
più, è chiaro che hanno al loro interno tantissimi ricordi, di una storia
sportiva molto lunga. E anche le associazioni di più recente formazione sono
testimoni attive e preziose del profondo legame delle nostre genti con il mare e
lo sport». La prima fase dell'iniziativa prevede che tutte le varie società
siano avvisate, per cercare il massimo coinvolgimento di ogni singola realtà.
Poi sarà il momento di valutare il patrimonio esistente, prima di cercare un
aiuto concreto per dare il via ufficiale al progetto, e trovare la location più
adatta. «Il primo messaggio, che rivolgiamo a tutti i circoli - annuncia Tommasi
-, è che inizino a catalogare il materiale che possiedono, e magari che
comincino a costruire archivi nelle singole sedi. Possono comunicarci ciò che
hanno, inviando una mail a fondazione@pietasjulia.it. In una seconda fase verrà
esaminato tutto, da parte del gruppo di lavoro che si è costituito per
l'occasione. Sarà quindi il momento di preparare il progetto vero e proprio,
considerando la quantità e la qualità dei materiali che ci verranno segnalati.
L'ultimo passo da intraprendere è quello di rivolgerci alle istituzioni, perché
ci diano una mano a concretizzare la volontà di creare uno spazio espositivo».
Tommasi parla di un'ipotesi che potrebbe raccogliere il consenso di molti. «In
realtà non ne abbiamo ancora discusso nel dettaglio - precisa -, credo comunque
che una soluzione ideale potrebbe essere quella di un museo all'interno del
Porto vecchio, programmandolo in un momento in cui tutta l'area è destinata a
cambiare. Penso sarebbe una collocazione giusta, facilmente raggiungibile dalla
gente, con edifici che ben si prestano a questa destinazione». La fondazione
quindi invita in primis tutti i circoli a collaborare. «Per ora - conclude
Tommasi - ci concentriamo sul coinvolgimento delle varie realtà, nella speranza
di ricevere una risposta positiva dai circoli del territorio».
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 novembre 2018
ASSOCIAZIONE LUOGHI COMUNI - L'antico scalo e le linee
per il futuro "star" al Cral
Una serie di incontri per porre al centro dell'attenzione tre tematiche
fondamentali per il rilancio del Porto vecchio: la visione generale d'insieme
dell'area, la partecipazione e il rapporto tra pubblico e privato.
L'associazione "Luoghi comuni", di Roberto Cosolini, prosegue con gli incontri
sul tema: ieri alla Stazione marittima, in una sala del Cral molto affollata per
essere un sabato mattina, l'ingegner Giulio Bernetti, direttore dell'area
Urbanistica del Comune, su mandato del sindaco Roberto Dipiazza, ha illustrato i
principi della delibera di giunta che di fatto ha dato il via allo sblocco della
situazione nell'antico scalo. Sotto il profilo politico, Cosolini ha comunque
annunciato un incontro a gennaio proprio con Dipiazza. L'ex sindaco ha poi
ricordato «che con l'arrivo di Mario Sommariva e del presidente Zeno D'Agostino
all'Autorità portuale, finalmente si è concretizzato un gioco di squadra molto
forte. Ricordo inoltre le barricate fatte dalla Lega e da una parte di Forza
Italia quando abbiamo parlato di residenziale, eppure oggi si va in quella
direzione».
IL PICCOLO - SABATO, 24 novembre 2018
FERRIERA - Il ministero porta a Roma Arvedi, Regione e
Porto - E i sindacati alzano la voce
Convocato il primo tavolo tecnico che affiancherà la conferenza dei
servizi - Cgil, Cisl e Uil vogliono risposte sulle trattative con i cinesi
Istituzioni e azienda a Roma, nella sede del ministero dell'Ambiente.
Sindacati a Servola, davanti ai cancelli dello stabilimento. Doppio appuntamento
dedicato al futuro della Ferriera nella giornata di ieri. Nella capitale, come
detto, è andato in scena il primo incontro del tavolo tecnico sollecitato dalla
Regione e chiamato ad affiancare la Conferenza dei servizi nell'esame di partite
come la copertura dei parchi minerari o il piano rumori. Nessuna comunicazione,
a fine giornata, sull'esito del confronto, che ha visti impegnati i
rappresentanti di ministero, giunta regionale, gruppo Arvedi e Autorità
portuale. Contemporaneamente, a Trieste, i sindacati hanno lanciato un messaggio
forte e chiaro alle stesse istituzioni: o verrà convocato entro una settimana il
richiesto incontro con i rappresentanti dei lavoratori, o scatterà la
mobilitazione che potrebbe sfociare anche in sciopero. Un avvertimento contenuto
nella lettera consegnata ieri all'azienda e illustrata alla stampa dai
rappresentanti di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, Marco Relli, Umberto
Salvaneschi e Antonio Rodà. Nella lettera si precisa che «alla luce del
profilarsi di notizie sempre più insistenti, in relazione all'interessamento da
parte di gruppi internazionali sull'area dello stabilimento di Servola, o parte
di essa, si chiede un incontro urgente con il presidente del gruppo di Cremona,
Giovanni Arvedi». «Si sente parlare da tempo di processi di acquisizione a
livello industriale che interesserebbero anche la Ferriera di Servola. E
sappiamo bene che, quando iniziano a circolare queste voci, un pezzo di strada è
già stato portato a termine». Il riferimento è al dialogo avviato con il gruppo
China Merchants, interessato all'acquisizione di alcune aree del comprensorio
siderurgico, e confermato anche dal presidente del Porto, Zeno D'Agostino. «È
inaccettabile che si tengano i rappresentanti dei lavoratori all'oscuro di
tutto. Per questo - continuano i sindacalisti - presentiamo una richiesta
scritta formale, affinché si possa arrivare a un incontro. Se non saremo
convocati entro un termine accettabile, e non esiteremo a convocare l'assemblea
dei lavoratori di Servola per decidere, tutti assieme, quali forme di protesta
attuare nel prossimo futuro».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 23 novembre 2018
La "cricca" degli appalti - Così hanno danneggiato
letti dei fiumi e ambiente
Le imprese accusate di aver truccato le gare avrebbero prelevato enormi
quantità di ghiaia da Isonzo e Tagliamento. Sotto tiro anche il business dei
materiali di serie B
TRIESTE - Vere e proprie estrazioni clandestine. Dal fiume Isonzo e dal
Tagliamento. Ghiaia che veniva prelevata dal greto dei corsi d'acqua in quantità
molto maggiori rispetto a quelle per cui le imprese avevano le concessioni. Un
rischio per l'equilibrio idrogeologico enorme. Un danno, in termini di disastro
ambientale, elevatissimo. È proprio per questo motivo che le Fiamme Gialle
mercoledì, nell'ambito della maxi-inchiesta sugli appalti truccati coordinata
dalla Procura di Gorizia, si sono presentate anche al Dipartimento Ambiente
della Regione Friuli Venezia Giulia per acquisire tutta la documentazione
relativa alle concessioni di estrazione della ghiaia. C'è il sospetto, infatti,
che le imprese siano state autorizzate per una quantità di metri cubi di molto
inferiore rispetto a quelli poi effettivamente estratti. Il tutto senza che
nessuno abbia controllato. Estrazioni clandestine, appunto. Ma c'è di più.
Secondo l'ipotesi investigativa, le imprese coinvolte avrebbero utilizzato come
base per le strade e le autostrade rifiuti che invece avrebbero dovuto smaltire
come speciali. Molte delle fresature d'asfalto, secondo quanto sostengono gli
inquirenti, sono state smaltite illecitamente e riutilizzate come se fosse
asfalto nuovo: una bella ripassata di un leggero strato di asfalto fresco sopra
e nessuno si sarebbe accorto di niente. Per questo è probabile che il passo
successivo all'acquisizione dei documenti possa essere l'analisi specifica dei
materiali. Nel ribadire che l'inchiesta è vasta e complessa e che i tempi per
analizzare tutto il materiale non sarà brevissimo, sugli aspetti ambientali il
procuratore capo della Repubblica di Gorizia, Massimo Lia, conferma: «Per
verificare se vengono rispettate le prescrizioni di legge, stiamo verificando le
modalità con cui vengono smaltiti i materiali via via scartati nel corso delle
lavorazioni. Quando si deve levare un manto stradale va smaltito secondo
determinate regole, altrimenti ci sono violazioni di tipo ambientale. Altre
problematiche di questo tipo possono riguardare i prelevamenti di ghiaia
utilizzati poi per le varie lavorazioni. Sono questi tutti aspetti in corso di
valutazione che si aggiungono al filone principale dell'indagine sulle modalità
di aggiudicazione delle gare». Non solo quindi gli appalti truccati, gli accordi
a tavolino presi dalle imprese per spartirsi questo o quel lotto o per prendersi
i subappalti, ma «la cosa che indigna - come ha detto in conferenza stampa
mercoledì il generale Giuseppe Bottillo, comandante regionale della Guardia di
Finanza del Fvg - sono le frodi delle pubbliche forniture, il che significa che
il materiale che viene utilizzato non corrisponde a quello dei capitolati».
Materiali inferiori, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, che
provocano una serie di danni incredibili e di costi doppi. Soprattutto per i
cittadini. «Il cittadino non paga solo le tasse con cui vengono poi finanziate
le gare pubbliche, ma paga anche dopo: in termini di pedaggi, di incolumità, di
danni e disastri ambientali. E quindi quando poi interviene di nuovo lo Stato (o
gli enti pubblici, regionali e comunali) si rimette mano alle loro tasche: il
cittadino ripaga nuovamente per alimentare questo sistema». Intanto dai decreti
di perquisizione firmati dal sostituto procuratore di Gorizia Valentina Bossi
emergono nuovi nomi illustri tra gli indagati. Il principale è Cristian Scarsini,
udinese, amministratore della Spiga srl, con sede a Tolmezzo. Un nome, quello
dell'imprenditore friulano, molto noto. In Carnia la famiglia Scarsini è
conosciutissima: un vero e proprio impero nel settore delle costruzioni. Anche
lui - come gli altri di cui abbiamo dato conto ieri - è indagato per concorso in
turbativa d'asta. La sua azienda aveva partecipato nel 2017 alla gara d'appalto
dei lotti 2 e 3 indetta da Autovie Venete per la manutenzione delle
pavimentazioni stradali a destra e a sinistra del Tagliamento e sull'autostrada
A28. Manutenzione triennale per un importo superiore agli 8 milioni di euro: il
lotto 1 se lo aggiudicò la Brussi Costruzioni srl (che in questa storia, come
vedremo, ritornerà), il 2 e il 3 la Adriastrade srl con la Ecovie Soc. Coop. Un
accordo, quindi, in concorso «a rendersi reciprocamente note le rispettive
intenzioni di partecipare ad un lotto piuttosto che ad un altro, a scambi
"reciproci" di favori (. . .) circa l'entità e/o il contenuto dell'offerta da
formulare» per permettere all'impresa di volta in volta individuata e che faceva
parte della «cordata» di aggiudicarsi l'appalto alle condizioni più favorevoli,
come riportano gli inquirenti nelle carte. La Brussi Costruzioni dicevamo. Il
nome della società compare anche nel decreto di perquisizione a carico di
Roberto Grigolin (indagato per concorso in turbativa d'asta e subappalto
illecito per i lavori di ampliamento nel lotto 2 della terza corsia dell'A4).
Proprio il Gruppo Grigolin, colosso trevigiano, aveva partecipato ai lavori
(aggiudicati alla Pizzarotti, la Saicam e la Rizzani de Eccher) tramite la
Brussi Costruzioni (una partecipata) ma essendo stato escluso e quindi
impossibilitato a eseguire l'opera come subappaltatore, è riuscito a rientrare
in partita tramite altre società del suo stesso gruppo: la Ghiaie Ponte Rosso e
la Superbeton spa (la cui sede è stata perquisita). Insomma, uscire dalla porta
per rientrare dalla finestra. Tra gli oltre cento indagati dell'inchiesta
goriziana ci finiscono anche i funzionari di Autovie della commissione
giudicatrice per il secondo lotto della terza corsia (Renzo Pavan, Flavio
Drigani e Michele Zadro) e Marco Perizzolo, amministratore con delega della Cgs
spa, coinvolta in una gara per la manutenzione della pavimentazione di tratti di
A23 e A27.
Stefano Bizzi e Gianluca Modolo
South Stream resuscita - scelta la via dei Balcani
MOSCA. South Stream si è reincarnato in TurkStream. Il gasdotto, infatti,
arriverà in Europa passando da Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovacchia, seguendo
così il tracciato previsto (grosso modo) quando nel progetto della rotta sud era
coinvolta Eni. Gazprom - rivela l'analisi delle informazioni pubblicate dagli
operatori nazionali dei paesi sopraccitati - ha dunque scelto su quale cavallo
puntare, benché senza annunciarlo pubblicamente: sui Balcani. La rivelazione
arriva dal quotidiano russo Kommersant. Stando alla testata sarebbero già in
corso le aste per prenotare le future capacità di transito in base alla
legislazione europea: il gas arriverà in Bulgaria e in Serbia dal 2020, in
Ungheria dal 2021 e in Slovacchia nella seconda metà del 2022. La Bulgartransgaz
intende tenere un'asta a dicembre sulle future capacità della rete bulgara in
ingresso dalla Turchia e in uscita verso la Serbia per un totale, a partire dal
primo gennaio 2020 e per i successivi 20 anni, di 15,8 miliardi di metri cubi
annui (il che corrisponde pienamente alla portata di una linea del TurkStream)
con un uscita iniziale di 4 miliardi di metri cubi, in crescita dal 1 gennaio
2021 a 11 miliardi. Intanto, tutti i paesi coinvolti hanno utilizzato o
utilizzeranno lo stesso metodo e Gazprom - che non ha voluto commentare -
prenoterà l'intera capacità cumulata. --
Trasporti - Antieconomica l'Alta velocità
E' bastato l'annuncio dell'abbandono del progetto Alta velocità su Trieste per scatenare le lamentele e le grida di dolore per voler togliere una chicca a Trieste. Forse esaminando la cosa con nuovi elementi si può arrivare ad altra conclusione. L'Alta velocità richiede una linea ferroviaria dedicata con una tensione elettrica per la trazione diversa da quella normalmente in uso sulla rete, armamento (leggasi binari) diversi, raggi di curvatura molto ampi per supportare le altissime velocità, locomotive politensione, carrozze dedicate. I costi sono notevoli, ma soprattutto richiedono bacini di utenza grandi per riempire con percentuali appetibili i treni, treni che devono avere frequenze elevate per ripagare dell'investimento. Ecco che la tratta Roma - Milano è la migliore, la più redditizia e vede in competizione addirittura due player. Trieste, spiace dirlo, non è altro che un rione e neppure il più popoloso di Roma o di Milano. Dei 148 km che separano Trieste a Mestre potrebbero essere percorsi ad alta velocità solo 120 a meno di un'impensabile galleria di 28 km fino a Monfalcone per superare la pendenza che penalizza le prestazioni fino a Bivio d'Aurisina. Poi dopo Trieste Airport quante fermate potremmo accettare, perché è impensabile garantire le altre 10 fermate su un trasporto ad Av ? Ottenere invece un adeguamento della linea a velocità prossime ai 200 km/h porterebbe ad un abbassamento delle percorrenze interessante sempreché l'utenza accetti la riduzione delle fermate a poche stazioni. Perché una cosa è transitare in una stazione un'altra rallentare, fermarsi, far accedere la clientela e ripartire con perditempo notevoli. I costi in questo caso saranno ridotti, i tempi di costruzione minori, l'impatto ambientale pure: sono tutti argomenti più che interessanti in periodi di risorse economiche finite, finite intese come limitate, l'opposto di infinite. Il panorama europeo prevede un incremento del traffico su rotaia, gli investimenti in ogni caso saranno notevoli e vanno spalmati su decenni, ma devono essere mirati e tarati su una prospettiva che seppur a lungo termine abbia una ratio economica.
Fulvio Zonta
Luoghi comuni - Porto vecchio - Domani il dibattito
"alternativo"
Un punto di vista "alternativo" rispetto a quello ufficiale appena
presentato dalla giunta Dipiazza. Dopo un lavoro preliminare durato alcune
settimane e articolato su quattro temi (piano strategico, spazi a mare, polo
culturale, mobilità e servizi) l'Associazione Luoghi Comuni, presieduta dall'ex
sindaco Roberto Cosolini, organizza domani alla sala del Cral della Stazione
marittima, dalle 9.30, un incontro «per proporre alcune idee sulla
trasformazione di Porto vecchio», come si legge in una nota di presentazione
dell'evento, in cui si fa anche riferimento al fatto che «nel frattempo la
giunta comunale ha presentato una delibera che contiene alcuni orientamenti
dell'amministrazione per procedere nella trasformazione dell'area».
L'appuntamento, aggiunge la nota di presentazione, «diventa un momento ancor più
significativo per proporre la partecipazione dei cittadini al confronto di idee
e alle scelte su un progetto di così grande potenziale impatto sul futuro di
Trieste.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 novembre 2018
Poesie e riflessioni tra le foglie nel giardino di
piazza Hortis
Legambiente e Bioest hanno promosso un'altra manifestazione puntando
sugli errori del passato in materia di verde pubblico
Il 21 novembre è un giorno come un altro, eppure speciale, per ascoltare
poesie all'ombra degli alberi di piazza Hortis. È stato infatti di questo tenore
l'evento organizzato ieri da Legambiente Trieste e Bioest in occasione della
Giornata nazionale degli alberi. Per iniziare una riflessione dell'architetto
Roberto Barocchi sugli errori che le diverse amministrazioni comunali hanno
compiuto nella gestione della vegetazione. A seguire una serie di letture a tema
botanico, ad opera delle signore dell'associazione "L'una e l'altra". «Polveri
sottili, anidride carbonica, effetto serra e caldo estivo. Questi sono solo
alcuni dei problemi che la presenza di piante, e soprattutto piante sane, in
città, può ridimensionare». Così ha iniziato la sua panoramica l'architetto
Roberto Barocchi, durante la manifestazione promossa in piazza Hortis. «Le
amministrazioni comunali della nostra città - ha proseguito - hanno fatto molti
errori, che danneggiano i nostri alberi, anche dal punto di vista estetico. La
mancanza di un cemento drenante come in questa piazza toglie acqua alle piante,
e riempie le nostre fogne. Inoltre, l'eccessiva vicinanza tra gli alberi non
permette un adeguato sviluppo delle chiome e delle radici. Infine il danno più
grave lo fa un'errata potatura dei rami, che rende meno belli gli alberi e li
espone ad un maggiore rischio di malattie. Per fortuna, almeno su questo punto,
siamo riusciti a trovare collaborazione da parte del Comune». A seguire una
decina di poesie, sia di origine nostrana che d'oltreoceano, ha accompagnato la
breve passeggiata attraverso il giardino di piazza Hortis.
Lorenzo Klun
I bimbi piantano gli alberi - E la città diventa più
green
Rioni protagonisti dell'iniziativa: i nuovi fusti hanno trovato casa al
Verde nido di via Commerciale, nell'area giochi di Giarizzole e alla Slataper di
via della Bastia
Qualche nuovo "bel fusto" è apparso ieri nei rioni di Trieste - città che
peraltro già risulta ai primi posti nella classifica del verde urbano in Italia
- in occasione della Giornata nazionale degli alberi, con lo scopo di
sensibilizzare l'opinione pubblica e i giovani sull'importanza del patrimonio
boschivo comunale. Per celebrare tale ricorrenza, nel corso della mattinata,
nelle scuole di alcune circoscrizioni della città, sono stati infatti piantati
nuovi alberi a coppie: al Verde nido di via Commerciale (Terza circoscrizione),
nell'area giochi di piazzale Giarizzole (Settima) con la partecipazione dei
bimbi della scuola dell'infanzia Kamillo Kromo e alla scuola primaria Scipio
Slataper di via della Bastia (Quinta). A quest'ultima cerimonia ha partecipato
anche l'assessore all'Educazione Angela Brandi: «Questa bellissima giornata di
festa degli alberi s'intreccia con quella internazionale di ieri (martedì, ndr)
per i diritti dei bambini, così oggi festeggiamo entrambe le cose». «Gli alberi
sono vitali per la nostra esistenza e fanno anche parte della riqualificazione
generale di questo piazzale», ha aggiunto l'assessore riferendosi ai lavori
svolti nello spazio antistante alla scuola, dove gli alberi finora abbattuti
verranno sostituiti con dieci nuovi, compresi i due piantati ieri mattina, e
dove sono state allestite anche due aiuole con piante donate dai genitori degli
alunni, che dovrebbero venir curate dal Comitato genitori.Inoltre è stata anche
l'occasione per inaugurare l'arcobaleno all'ingresso della scuola, realizzato
sempre dalle famiglie del Comitato genitori grazie al bando comunale SpaziAmo
2017. Al termine della cerimonia, gli alunni di prime, quarte e quinte hanno
intonato dei canti dedicati all'arcobaleno e alla festa degli alberi. Secondo il
rapporto Istat 2016 sul verde urbano, Trieste si classifica al sesto posto per
verde pro capite (32,6 metri quadrati per cittadino), emergendo pure come
l'unico grande centro urbano del Nordest ad avere una media di aree verdi
protette superiore alla media nazionale. L'amministrazione comunale di Trieste,
recitano le statistiche, investe ogni anno un milione di euro per la tutela e la
salvaguardia del suo patrimonio verde, costituito da oltre 120 mila alberi lungo
57 chilometri di viali alberati e 42 giardini pubblici. Tra questi ultimi, il
Parco Farneto (Boschetto) è una delle gemme più preziose del verde pubblico
cittadino e, con i suoi 900 mila metri quadrati aperti al pubblico, costituisce
uno dei rarissimi esempi di bosco urbano presente in Europa. Proprio quest'anno,
inoltre, si sono concretizzati i risultati di una collaborazione tra il Comune
di Trieste e il Dipartimento di Scienze della Vita inerente il beneficio
economico reso alla cittadinanza dagli alberi in termini di miglioramento della
qualità dell'aria, di "sequestro" di anidride carbonica, di riduzione delle
temperature estreme e, in generale, di miglioramento della qualità di vita. Per
la prima volta, viene spiegato, in Italia sono stati applicati dei modelli
sperimentali in scala di una grande città, che hanno tradotto i benefici di cui
sopra in un valore economico di circa 41 milioni con un beneficio annuo di 750
mila euro.
Simone Modugno
DAL 9 DICEMBRE - Trasporto pubblico in Fvg - via ai
nuovi collegamenti
Trieste - Oltre 200 mila chilometri in più per i servizi Trenitalia; treni
veloci da Trieste a Venezia Mestre in tempo per la corrispondenza con la prima
"Freccia" del mattino verso Roma e ritorno serale; un nuovo treno
Trieste-Portogruaro con partenza alle 5.45 così da raggiungere Trieste Airport
in tempo per i primi voli del mattino. Sono alcune fra le novità dell'orario
invernale del servizio di trasporto pubblico regionale annunciate dall'assessore
ai Trasporti Graziano Pizzimenti: «Novità e conferme nel 2019 dei servizi
sperimentali già attivati testimoniano l'impegno della Regione». Il nuovo orario
sarà in vigore il 9 dicembre. Confermati il collegamento ferroviario
transfrontaliero di Udine e Trieste con Lubiana e i treni veloci tra Trieste e
Venezia Mestre del primo mattino, sono previsti due nuovi treni: da Udine e
Trieste via Cervignano, in partenza alle 7;e sulla tratta Trieste-Portogruaro,
con partenza alle 5.45 e fermata al Trieste Airport. Sempre dal 9 dicembre
partirà anche una corsa dell'Apt da Udine a Trieste via autostrada (partenza
alle 9.15), che collegherà anche l'Aeroporto (alle 9.59). Oltre alla conferma
anche per il 2019 delle intensificazioni dei servizi treno + bici (nei weekend
dal 31 marzo al 26 ottobre) a favore dei cicloturisti sulle rotte
Trieste-Tarvisio e Sacile-Tarvisio lungo la Ciclovia Alpe Adria, per Trenitalia
fra le novità anche il regionale Udine-Trieste via Cervignano con partenza alle
7. Sarà attivato anche il Trieste-Portogruaro delle 5.45.
I cinesi sbarcano a Segna per costruire il parco eolico
Zagabria sceglie la Norinco International per la realizzazione della
struttura - Investimento da 180 milioni di euro, previste 39 "torri" sul Velebit
FIUME - Nuova apertura della Croazia nei riguardi della Cina. Dopo avere
affidato l'appalto per la costruzione del ponte di Sabbioncello, in Dalmazia,
alla China Road and Bridge Corporation - è il più grande progetto
infrastrutturale di questi ultimi anni in Croazia -, Zagabria ha scelto la
cinese Norinco International per la realizzazione del grande parco eolico di
Segna e Brinje, situato sulle pendici delle Alpi Bebie (Velebit). È un
investimento di circa 180 milioni di euro: l'impianto occuperà una superficie di
44,8 chilometri quadrati e toccherà i comuni delle due citate località. A Segna
si sono incontrati il premier croato Andrej Plenkovic e il direttore generale
della Norinco International - azienda di proprietà dello Stato cinese - Wang
Yitong. Il loro colloquio, hanno detto, ha segnato l'inizio dei lavori di
realizzazione di questa "fattoria del vento" che avrà 39 torri eoliche e
produrrà annualmente sui 530 milioni di chilovattora. «Poche settimane fa, nel
corso della mia visita ufficiale in Cina - ha detto il primo ministro croato -
ho avuto modo di incontrare il signor Yitong, al quale ho espresso
l'apprezzamento per i lavori preliminari relativi alla struttura che sorgerà
alle spalle di Segna e di Brinje, aree sicuramente non avare in fatto di vento,
in primo luogo bora e scirocco. La nostra collaborazione con Pechino ha avuto
quale primo, grande passo i lavori di edificazione del gigantesco ponte di
Sabbioncello e ora prosegue con il parco eolico abbarbicato sui fianchi della
catena velebitana. Tempo due anni e l'impianto sarà inaugurato, con ricadute
positive per le due municipalità interessate e per il nostro fabbisogno
energetico. Non è un mistero poi - ha aggiunto Plenkovic - che la Croazia punti
sempre più sulle fonti di energie rinnovabili, che al nostro Paese non mancano
proprio». Durante l'incontro a Segna è stato ribadito che il progetto verrà
portato a termine nel 2020 o al massimo agli inizi del 2021. Oltre alla
costruzione dell'esteso impianto, si provvederà pure alla ricostruzione del
locale elettrodotto a 220 kV, al riadattamento della rete elettrodistributiva e
alla ristrutturazione della sottostazione di Brinje. Oltre ai cinesi, ci sarà
pertanto molto lavoro anche le maestranze croate: è stato calcolato che il
progetto vedrà impegnati un totale di almeno 100 occupati. L'attività della
centrale azionata dal vento porterà ogni anno nelle casse di Segna, città una
sessantina di chilometri a sud-est di Fiume, sui 12 milioni di kune, pari a 1
milione e 615 mila euro, sottoforma di utilizzo delle turbine eoliche e quale
tassa fondiaria. Plenkovic ha inoltre fatto sapere che questa settimana a
giungere in visita in Croazia saranno la vice presidente del governo cinese e
due ministri.
Andrea Marsanich
"Mai nemmeno con un fiore" - Donne e violenza un triste
binomio
Fitto programma di eventi per tenere alto il livello di attenzione sui
maltrattamenti
Trieste non è immune dalla catena di violenze fisiche, abusi domestici e
omicidi di cui sono vittime le donne. Mariti, fidanzati, ex compagni, fratelli:
le statistiche evidenziano come la stragrande maggioranza dei femminicidi
avvenga infatti per mano di un uomo di famiglia. Ma è quantomeno di conforto
sapere che a Trieste le donne si fidano delle istituzioni, fanno outing e
denunciano i panni sporchi. Come hanno confermato l'assessore alle Pari
opportunità Serena Tonel e Adriana Luciani del Goap, il Centro antiviolenza
cittadino, partner della rassegna promossa assieme al Comune, in collaborazione
con Casa internazionale delle donne. Articolato il programma di eventi per
sensibilizzare l'opinione pubblica sulle violenze di genere tra mostre
fotografiche, pièce teatrali, tavole rotonde e stipula di convenzioni. Questa in
sintesi la scaletta degli appuntamenti che si snoderanno tra oggi e il 28
novembre con l'obiettivo di tenere alto il livello d'attenzione sulle violenze e
i maltrattamenti. Oggi alle 17.30, alla Casa internazionale delle donne di via
Pisoni 3, Anna Riondino esporrà il suo lavoro di ricerca "La tratta delle donne
dalla Nigeria. Una ricerca etnografica nel servizio anti tratta a Trieste", per
un focus sulla definizione di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Seguito
venerdì alle 10, nella sala del Consiglio comunale, dal tavolo tecnico
(riservato agli addetti ai lavori) per gli interventi a contrasto alla violenza
di genere, tra Goap, Comune e associazioni: tema 2018 la violenza "assistita",
ovvero i minori che loro malgrado assistono ai maltrattamenti. Due gli
spettacoli all'auditorium del Revoltella: lunedì 26, alle 17, adattamento
drammaturgico di "La carta da parati gialla" tratto dall'omonimo racconto di
Charlotte Gilman per la regia di Silvia Lorusso, mentre mercoledì 28 - alle
17.30 - on stage il racconto scenico "È oro quello che hai fra le dita..." del
Teatro degli Intoppi, seguito da una performance di danza. Due anche le
iniziative collaterali di "Mai! Nemmeno con un fiore" 2018: la rassegna
fotografica di Elisa Biagi e Francesco Chiot "R come Relazione" visitabile alla
Casa delle donne fino al 21 dicembre i martedì e venerdì dalle 16 alle 19. E -
scadenza per la presentazione il 31 gennaio - la seconda edizione del contest
artistico letterario promosso dal Goap "Parole, suoni e colori contro la
violenza sulle donne" per ragazzi e ragazze tra i 15 e i 19 anni.-
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 novembre 2018
Piante abbattute, la Festa dell'albero ha il sapore del
suo funerale - la lettera del giorno di Tiziana Cimolino
Oggi celebriamo la consueta Festa dell'albero, ormai arrivata alla sua
24esima edizione, ma invece dovremmo celebrare il funerale dell'albero urbano.
Dieci piante storiche, ormai monumenti verdi della nostra città, sono state
abbattute senza preavviso. L'operazione si è chiamata riqualificazione di piazza
Libertà. Ma il progetto, che da anni stava nel cassetto, di colpo è stato messo
in atto, volutamente senza consultare nessuno vista la precedente mobilitazione
cittadina contro l'abbattimento degli alberi siti nel centro della piazza alcuni
anni fa. Gli alberi, altissimi e dalla folta chioma, sono stati l'arredo della
piazza e del parcheggio per molti anni e ne hanno condizionato il paesaggio,
arricchendolo. L'Alberata, con elementi anche di cinquanta centimetri di
diametro e chiome di una decina di metri, conferiva una nota di colore a un'area
laterale alla Stazione dove ci si poteva mettere all'ombra ed era intimamente
connessa alla storia delle persone e della città, costituendo dunque un
patrimonio da salvaguardare. Spesso si rende necessaria la sostituzione di un
albero per ragioni derivanti da cattive condizioni fitosanitarie delle pianta e
per la sicurezza pubblica, ma questa volta no: le piante erano belle e sane. Si
è voluto toglierle di mezzo e basta per far posto agli autobus, che forse non ne
avevano bisogno. Una pianificazione sbagliata, una riqualificazione non
azzeccata. Questo però ci mette in allarme: quale altra riqualificazione sta
ancora nel cassetto? Avremo altre sorprese ? Non è che riparleremo nello stesso
modo di Viale XX Settembre o Piazza Hortis o via Pindemonte o o o...? Forse ad
abbattere tanti alberi ci ha già pensato il cambiamento climatico. All'uomo, di
questi tempi, andrebbe il compito di tutelarli. Buona Festa dell'albero a tutti
Per la giornata nazionale. Letture e storie in piazza Hortis. Anche gli alberi vanno festeggiati.
E all'Universita' della Terza Eta' mostra e conferenza sul Ginkgo biloba
Anche Legambiente e Bioest, oltre all'Università della Terza età, partecipano alla Festa dell'albero. Legambiente e Bioest vi aspettano oggi alle 16, in piazza Hortis. L'architetto Roberto Barocchi parlerà di paesaggio urbano e alberi. E poi letture sotto l'albero a cura dell'associazione L'Una e l'Altra per raccontare la storia degli alberi di piazza Hortis."Per contrastare il riscaldamento globale, per difendere il nostro futuro, l'albero è il più potente alleato che abbiamo. Quest'anno - scrivono Legambiente e Bioest - dedichiamo la Festa dell'albero nella nostra città al ricordo degli alberi abbattuti in piazza Libertà nei giorni scorsi nel nome della riqualificazione urbana ma che rappresenta uno scempio per quel luogo. Gli alberi costituiscono una risorsa naturale contro il riscaldamento globale, la loro presenza garantisce una risposta sicura ed efficace ai danni causati dalle attività umane. Vogliamo diffondere una cultura di rispetto e gratitudine verso questi infaticabili polmoni verdi della nostra città. Raccontiamo con una foto il significato degli alberi nella nostra vita. Intervenite e partecipate". Ma c'è anche l'Università della Terza età, di via Corti, che organizza due eventi: alle 15.30, verranno promossi una mostra e un incontro per presentare le attività svolte dal Gruppo Ginkgo Trieste sugli aspetti botanici, storici, culturali, nel verde urbano di Trieste dell'albero di Ginkgo biloba. Il più antico albero a seme oggi esistente, per secoli coltivato dai monaci cinesi nei giardini dei templi buddisti garantendone la sopravvivenza, è un autentico fossile vivente e risale al Giurassico.
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 novembre 2018
Lifting sull'ex Intendenza "ingabbiata" da anni
aspettando un albergo
Restauro esterno per il palazzo di largo Panfili. Cronoprogramma da 275
giorni - Trattative per cederlo a un investitore austriaco. Ipotesi ricettiva
all'orizzonte
Anni di ponteggio inscurito a coprire le scrostate facciate fine Ottocento,
dalle quali ogni tanto qualcosa cascava in basso. L'ex Intendenza di finanza,
"gemella" delle Poste affacciate su piazza Vittorio Veneto, stona obiettivamente
in quella piazzetta intitolata all'ufficiale medico caduto in Africa Orientale
Odorico Panfili, dove l'ex squero liftato ospita l'Agenzia delle dogane, la
succursale del Carducci si presenta ringiovanita, la fresca pavimentazione dello
slargo davanti alla chiesa evangelica aiuta a conferire all'insieme una certa
distinzione. Il tutto addirittura servito da una ciclabile apprezzata in
particolare dai pedoni. Ma dal 22 ottobre scorso anche l'ex Intendenza ha deciso
di sottrarsi a un impietoso declino: più correttamente, la proprietaria del
grande stabile, Cdp Immobiliare srl (controllata di Cassa depositi e prestiti),
ha imboccato la strada del restyling esterno. Il progetto - comunica un piccolo
cartello comunale - è a cura di Mario Bucher, della consulenza storico-artistica
si occupa Pietro Cordara, il restauro è affidato alla gallaratese Gasparoli. Il
cronoprogramma dei lavori suggerisce una durata di 275 giorni, che dovrebbero
assicurare il completamento dell'opera entro la fine dell'estate 2019.Dagli
ambienti immobiliari triestini si vocifera che sia in corso una trattativa per
cedere l'immobile a un possibile acquirente austriaco, con interessi a Grado,
intenzionato a un investimento alberghiero. La cifra di acquisto - sempre
secondo l'ufficiosità della fonte - oscillerebbe tra i 5 e i 6 milioni di euro.
Se fosse confermata tale quotazione, essa risentirebbe delle cattive condizioni
degli interni, antica sede di uffici ma da molti anni inutilizzata. Tra l'altro
il palazzo ha cambiato varie volte proprietà, restando essa comunque sempre
pubblica: si ricordano Fintecna, Italia Turismo, da un anno Cdp. In realtà
l'edificio è in vendita da tempo, ma, come per altre illustri testimonianze
della Trieste-che-fu, al mercato la storia interessa fino a un certo punto. Per
renderlo più appetibile, ecco la cosmesi delle facciate voluta da una proprietà
«sensibile - dice Mario Bucher - alle necessità di decoro». Lo stesso Bucher
racconta caratteristiche e dimensioni (notevoli): a partire da una superficie
superiore ai 13 mila metri quadrati, per proseguire con i cinque piani fuori
terra, l'ultimo dei quali composto da interessanti soffitte che si estendono
sotto lignee trabeazioni. Tre gruppi di scale, con una scalea d'onore. Tre
cortili interni. Il tetto è stato provvisoriamente sistemato. Certo, gli interni
- come s'è detto - sono completamente da ripensare e da rifare. Bucher è
convinto che la schematica disposizione ereditata dall'originaria destinazione a
ufficio renda possibile una vasta gamma di trasformazioni, tra cui il
residenziale e l'alberghiero potrebbero essere le più gettonate. L'isolato,
formato dalle Poste e dalle ex Finanze, venne progettato nell'ultima parte del
XIX secolo da Friedrich Setz, architetto-ingegnere specializzato nella
realizzazione di sedi postali. Ne disegnò più di venti, comprese quelle di
Trento e di Bolzano.
Massimo Greco
Nel 2019 una fioritura di strutture dal Viale fino alla Costiera - Incognite su tre fronti
Interrogativi aperti su palazzo Carciotti, ex Borsa
vecchia e magazzini Greensisam
I prossimi anni vedranno un fiorire di nuovi alberghi in città. Per
l'ottobre 2019, infatti, è prevista in primis l'attesa inaugurazione del nuovo "Hilton
double tree Trieste" di piazza della Repubblica. L'antica sede della Ras,
assorbita dal gruppo Allianz, si sta trasformando in un hotel a quattro stelle,
dotato di 125 stanze. Il 2019 sarà l'anno di apertura anche di un albergo in
corso Italia, dove al civico 12 la Golden Hotel & Resort srl, che già gestisce a
Trieste i quattro stelle Hotel Continentale di via San Nicolò e Palace Suite di
via Dante, si appresta a fare un tris con un nuovo tre stelle, da 55 stanze. Per
la riqualificazione del palazzo e per la sua trasformazione in albergo, inclusi
gli arredi, verranno investiti quattro milioni e mezzo di euro. Una spesa che
verrà sostenuta in parte dalla Golden Hotel & Resorts e in parte dalla
Fondazione Ananian che è proprietaria dell'immobile. La Golden Hotel & Resorts
farà presto partire i lavori per trasformare in una struttura ricettiva anche
Casa Romano, il palazzo all'angolo tra piazza della Borsa e via Roma. C'è poi
l'ambizioso progetto che ruota attorno a Villa Hausbrandt che entro un anno
diventerà un relais di lusso: a investire è la Magesta spa, già proprietaria del
Grand Hotel Duchi d'Aosta, del Vis à Vis e del Riviera & Maximilian's Hotel. È
già stata fissata per la prossima primavera invece l'inaugurazione della nuova
struttura a vocazione turistica che verrà realizzata al numero 25 di viale XX
Settembre, la prima di questo genere ad affacciarsi sul viale alberato. La
ristrutturazione del palazzo è a carico della proprietà, mentre la società
Novecentotre, che vede tra i soci l'ex assessore ai Lavori pubblici Franco
Bandelli, provvederà agli interni, agli arredi e alla successiva gestione.
Imprenditori macedoni realizzeranno poi un nuovo albergo a quattro piani al
civico 16 di via Milano, in una palazzina rimasta per decenni in stato di
abbandono. Ci sono poi due incognite che potrebbero regalare a Trieste due nuovi
alberghi di altissimo livello: palazzo Carciotti ed ex Borsa vecchia. Se i
tentativi di vendita dovessero andare a buon fine, sembra scontata la vocazione
ricettiva. E poi ci sono i magazzini oggi in concessione a Greensisam in Porto
vecchio: la vendita è in via di definizione e, dalle anticipazioni, in quegli
spazi è prevista la realizzazione di due grandi hotel sul fronte mare.
Svelata la prima delle facciate del futuro "Hilton
double tree"
Prosegue il cantiere dell'ex palazzo Ras in piazza Repubblica: ultimato
il restauro del versante che dà su via Dante
Giù le impalcature da una delle facciate del futuro "Hilton double tree
Trieste", l'ex palazzo Ras in piazza Repubblica, che svela nuovamente parte
della splendida architettura. Nei giorni scorsi sono state infatti eliminate
poco alla volta le strutture in ferro che avvolgevano l'edificio, necessarie per
gli interventi di pulizia e sistemazione, in particolare la parete rivolta verso
via San Nicolò, il cui restauro è stato da poco concluso. E sono molti i
triestini che si sono accorti della novità, passeggiando su via Dante e alzando
gli occhi, per ammirare un primo tassello ultimato dell'albergo a quattro
stelle, che sarà inaugurato tra un anno, con 150 stanze, pronto ad accogliere
più di 250 clienti. Restano "coperte" le altre facciate, in particolare quella
su via Santa Caterina, dove è situato l'ingresso del cantiere, al sicuro dietro
a divisori di ferro e legno, attraverso i quali ogni tanto la gente più curiosa
sbircia. Dentro infatti continuano senza sosta i lavori, in una superficie
complessiva da 17 mila metri quadrati, dove è in atto la completa trasformazione
degli interni, salvaguardando alcune parti storiche e di pregio, e ammodernando
tutti gli spazi che serviranno a realizzare un hotel dotato di ogni comfort. La
metratura delle camere varia dagli 80 metri quadrati dell'"historical suite" ai
23 della tipologia "standard". Gli ambienti, come già annunciato, saranno a
disposizione non solo dei clienti che pernotteranno nell'hotel: ci saranno anche
il bar, il ristorante, la biblioteca e la sala convegni per il pubblico. "Hilton
double tree Trieste" darà lavoro a 50-60 persone, ora nel cantiere ne sono
impiegate un'ottantina, destinate ad aumentare nei prossimi mesi.
Micol Brusaferro
I 5 Stelle diffidano il sindaco sulla rumorosità della
Ferriera
L'offensiva di Bertoni: «Il livello dell'inquinamento acustico è ben
superiore ai limiti consentiti dalla legge - Rischi concreti per la salute»
Una diffida al sindaco, Roberto Dipiazza, affinché intervenga urgentemente
«con un'ordinanza, sull'inquinamento acustico provocato dalla Ferriera di
Servola». Scatta l'offensiva del Movimento 5 Stelle «su uno dei problemi
originati dallo stabilimento su cui finora ci è soffermati meno - spiegato la
portavoce dei 5S, Cristina Bertoni - e che invece causa ai cittadini che abitano
nei dintorni dell'impianto seri problemi di salute». «Il livello di inquinamento
acustico - spiega la consigliera grillina - è infatti ben superiore ai limiti
consentiti dalla legge, come certificano i dati raccolti dall'Arpa regionale.
L'Organizzazione mondiale della sanità documenta in questi casi problemi legati
al mancato riposo notturno, ad alterazioni del funzionamento del sistema
nervoso, a un aumento dei problemi cardiaci». Bertoni, a sostegno
dell'iniziativa del suo gruppo, ha presentato un'ottantina di firme «raccolte in
sole quattro ore - sottolinea - nei banchetti che abbiamo allestito». I Cinque
Stelle si erano già attivati in più occasioni su questo fronte. «Per richiamare
il sindaco alle sue responsabilità di tutore della salute dei cittadini - ha
continuato Bertoni -abbiamo depositato, tra settembre e ottobre, ben tre mozioni
urgenti, con le quali gli si chiedeva di intervenire emettendo un'ordinanza
sindacale per sospendere temporaneamente le attività rumorose. La maggioranza ha
sempre risposto dicendo che la questione non è urgente, quando invece gli
sforamenti dei limiti di inquinamento acustico sono quotidiani» .Dalla data
della notifica, Dipiazza avrà 30 giorni di tempo per ottemperare alla diffida.
«Trascorsi i quali - insiste Bertoni - senza azione pratica, il sindaco avrà
mancato ai suoi doveri d'ufficio, con ciò rendendosi responsabile per non aver
tutelato la salute dei cittadini, il che aprirà la porta a denunce di carattere
penale che, come M5S, supporteremo con convinzione» . «Anche a livello regionale
- ricorda il portavoce regionale, Andrea Ussai - abbiamo sollecitato la giunta a
intervenire, ma nulla ci è stato detto sulla promesse revisioni
dell'Autorizzazione integrata ambientale e dell'Accordo di programma. Nello
scorso gennaio la Regione aveva inviato una diffida all'azienda, imponendo
interventi di mitigazione del rumore da eseguire entro il 31 dicembre
2018».«Oggi - prosegue Ussai - non è più tollerabile l'immobilismo della
politica davanti ai poteri economici. Se il sindaco rimarrà inattivo, saremo
costretti a chiedere un intervento della Regione». L'avvocato Fulvio Vida ha
osservato che «il termine di 30 giorni può essere considerato addirittura
pleonastico, in quanto, davanti a un problema di salute il sindaco dovrebbe
intervenire immediatamente».
Ugo Salvini
Infrastrutture - Fedriga rilancia l'alta velocità
ferroviaria
Trieste - «Sono un convinto sostenitore delle grandi infrastrutture e credo
che la linea ferroviaria Trieste-Venezia vada potenziata il più possibile». L'ha
detto ieri Massimiliano Fedriga, intervenendo a Milano insieme al ministro
dell'Interno, Matteo Salvini, e al governatore della Lombardia, Attilio Fontana,
al confronto dedicato all'Europa nell'ambito del forum Italia Destinazione Nord.
Prendendo la parola, il governatore ha espresso forte rammarico per scelte
precedenti che hanno allontanato l'alta velocità dalla linea ferroviaria
Trieste-Venezia. «Faremo comunque il possibile per potenziarla così come ci
attiveremo per valorizzare il complesso intermodale del territorio - ha
assicurato - perché non collegare al resto d'Italia il porto di Trieste, ormai
il principale scalo nazionale, in grado di attrarre investimenti da Cina, Stati
Uniti, Ungheria e tante altre realtà equivale a paralizzare il Paese intero e
provocare pesanti aumenti di costi per le aziende». Nel corso dell'incontro
milanese Fedriga ha poi parlato di debito pubblico «sano e giusto se produce
investimenti», ribadendo che la Regione accenderà nuovi mutui "per investire in
infrastrutture, anche energetiche, e mettere nelle migliori condizioni possibili
le imprese per favorirne la competitività. Dobbiamo internazionalizzare ed
esportare - ha aggiunto poi il presidente -, ma anche creare le condizioni per
fare crescere il consumo interno». A questo tema il governatore ha collegato la
propria difesa di quota 100 per i pensionamenti, «puntando anzi a quota 41 anni
di contributi per concludere un percorso, favorire il rilancio generazionale e
la capacità di spesa. Quota 100 - ha precisato - non produce tagli in quanto è
un semplice calcolo contributivo, il resto sono fake news».Infine una promessa
agli amici lombardi e veneti in vista dell'importante sfida all'orizzonte. «Per
quanto riguarda le Olimpiadi della neve 2026, proveremo ad essere al fianco di
Milano-Cortina quale sede di gara aggiunta di una disciplina nell'ottica di
proporre la montagna al completo, includendo nel progetto anche Trentino Alto
Adige e Friuli Venezia Giulia».
Gas dagli Emirati, così Roma sfida Parigi
L'Eni sbarca per la prima volta nel Golfo. Ripercussioni sull'Egitto e
sulla Libia: dove l'Italia gioca la partita con la Francia
Beirut - La strada per la Libia passa per gli Emirati Arabi. L'Eni sbarca in
modo massiccio nel Golfo, per la prima volta nella sua storia, e gli accordi
strategici con Abu Dhabi si allargano subito all'Egitto e in prospettiva anche
al Fezzan, dove l'Italia deve fronteggiare la concorrenza francese. In un Medio
Oriente fatto a vasi comunicanti a volte le vie più lunghe sono le più sicure.
Il 13 novembre il Cane a sei zampe ha firmato un accordo con la compagnia di Abu
Dhabi, l'Adnoc, uno dei giganti mondiali del settore. L'intesa prevede una quota
del 25 per cento in una mega concessione offshore, la Ghasha, che comprende tre
giacimenti e riserve per «trilioni di metri cubi di gas». A regime i pozzi
potranno produrre fino a 1,5 miliardi di piedi cubi di gas al giorno e 120 mila
barili di condensati ad alto valore. È un colpo notevole, in una regione che è
stata finora territorio di caccia per le compagnie britanniche e americane. E
arriva anche a compensare il ritiro forzato dal mercato iraniano, per via delle
nuove sanzioni imposte da Donald Trump. Per l'amministratore delegato di Eni,
Claudio Descalzi, è la conferma «della fiducia nel nostro modello upstream,
basato sull'integrazione dell'esplorazione e dello sviluppo». Tradotto,
significa che Abu Dhabi ha scelto l'azienda italiana perché gli garantiva, prove
alla mano, un passaggio rapido dall'esplorazione alla produzione. Tutto nasce
dall'exploit in Egitto, dove in meno di due anni è stato messo a regime il più
grande giacimento di gas del Mediterraneo orientale, lo Zohr. Un record
mondiale: il Cairo è passato da importatore a esportatore di gas in pochissimo
tempo e lo stesso vogliono fare gli Emirati Arabi. Energia, sicurezza e
geopolitica sono però un tutt'uno in questa regione, ed ecco che il domino si è
subito allargato. Negli stessi giorni Eni ha firmato un accordo con un'altra
compagnia emiratina, la Mubadala, per la cessione del 20 per cento della quota
Eni nella concessione Nour, al largo del Delta del Nilo in Egitto. L'Eni ha ora
una quota dell'85%, il restante 15 è dell'egiziana Egas. Si formerà così un trio
per sfruttare un giacimento più piccolo dello Zohr ma molto promettente, mentre
Egitto e Israele hanno firmato un accordo per portare il gas israeliano sulla
costa egiziana, dove, a Damietta, c'è un grande impianto di liquefazione
dell'Eni che potrebbe diventare un hub per il trasporto verso tutta l'Europa. I
nuovi contratti quindi s'iscrivono, secondo Theodore Karasik, senior advisor al
Gulf State Analytics di Washington, «in un'intesa strategica che unisce energia
e sicurezza, e che l'Italia sta perseguendo da almeno cinque anni». La sfida nei
prossimi decenni, sia nel Golfo che nel Mediterraneo, «sarà quella di proteggere
le enormi scoperte fatte di recente». È una partita che ha visto irrompere la
Russia su uno scacchiere «sempre più affollato», «sia come player energetico che
militare» mentre in questo momento gli Stati Uniti sono «meno presenti di
Mosca». Putin si sta aprendo la strada per installare una base militare in
Egitto «e forse anche a Tobruk». Di qui la necessità per l'Italia di una
alleanza con gli Emirati Arabi, che possono integrare gli investimenti in
Egitto, dove hanno un rapporto di ferro con il presidente al-Sisi, mentre in
Libia sono fra i principali sponsor del generale Haftar, padrone della Cirenaica
e di un fetta del Fezzan. Con l'appoggio di Abu Dhabi l'Eni e l'Italia possono
riequilibrare i loro rapporti nello scacchiere libico, e contrastare
l'espansione francese dal Sud, dove esistono, puntualizza Karasik «giganteschi
giacimenti di gas ancora da esplorare». Gli accordi firmati ad Abu Dhani hanno
preceduto di pochi giorni la visita del premier italiano Conte, reduce dalla
conferenza di Palermo che ha visto un riavvicinamento fra Haftar e al-Sarraj. Le
tensioni interne ai Paesi del Golfo favoriscono paradossalmente questo processo.
Il reciproco interesse è confermato anche da al-Ubaydli, direttore degli
Economics and Energy Studies al Centro Derasat, in Bahrein: «I Paesi del Golfo
stanno da tempo cercando nuovi partner internazionali, si è parlato tanto di
Asia ma c'è spazio per una cooperazione con l'Italia in tutta la regione». L'Eni
ha firmato accordi minori in Bahrein ed è in trattative con il Qatar. Nel nome
dell'energia e non solo.
Giordano Stabile
E ad Est arriva il Turkstream - Ecco l'asse
Putin-Erdogan
L'ambizione di Mosca è quella di bypassare l'Ucraina con l'impianto
sottomarino per Ankara - L'alternativa è la Tap, che porta il metano
dall'Azerbaigian passando per la Grecia fino in Puglia
Mosca - Il TurkStream è quasi pronto. Erdogan e Putin hanno celebrato a
Istanbul il completamento del tratto sottomarino del gasdotto che presto porterà
in Turchia 31,5 miliardi di metri cubi di metano russo attraversando i fondali
del Mar Nero per 930 chilometri. Le mire di Mosca non si fermano però ad Ankara.
Il TurkStream, che inizierà le prime forniture il prossimo anno, ha infatti un
enorme valore strategico e il Cremlino vuole prolungarlo fino all'Europa
meridionale in modo da aumentare la dipendenza energetica dell'Ue dalla Russia e
bypassare l'Ucraina, con cui è in pessimi rapporti. Ci riuscirà? Tutto dipende
dalla sfida in corso tra Usa, Russia e Ue per il futuro economico e politico del
Vecchio Continente. Putin ha promesso che il TurkStream «diverrà un elemento
importante della sicurezza energetica europea». Ma Mosca in realtà usa il gas
come arma di influenza politica. L'anno scorso, il 37% del metano importato
dall'Europa veniva dalla Russia. Il Sud Europa ha però una valida alternativa al
TurkStream: si tratta della Tap (Trans Adriatic Pipeline), che potrebbe far
sbarcare in Puglia il metano azero estratto nel Caspio conducendolo dal confine
greco-turco fino alle nostre coste. La Tap è la parte finale del Corridoio
Meridionale del Gas, con cui l'Ue punta a importare entro il 2020 circa 16
miliardi di metri cubi di metano l'anno diversificando così le proprie fonti di
approvvigionamento. Gli Usa ovviamente preferiscono la Tap al Turkish Stream.
Washington tenta di bloccare i progetti energetici di Mosca per motivi
geopolitici. Ma Trump è mosso anche da interessi economici e dalla volontà di
promuovere le esportazioni di gas liquido americano in Europa. Per questo il
Cremlino non esclude che il TurkStream finisca sotto sanzioni. «Gli Usa - ha
dichiarato il portavoce di Putin - hanno applicato tali misure in modo così
ampio che nessuno è al sicuro». Il TurkStream potrebbe rappresentare la rotta
meridionale del gas russo che scalda l'Europa. La Gazprom studia due possibili
vie. Una attraversa la Grecia e raggiunge l'Italia, l'altra passa da Paesi
"amici" del Cremlino: Bulgaria, Serbia, Ungheria e infine Austria. La rotta
settentrionale invece esiste già: è il Nord Stream, che sbocca in Germania
passando sotto le acque del Baltico e a cui presto si aggiungerà il Nord Stream
2. Il nuovo metanodotto raddoppierà fino a 110 miliardi di metri cubi l'anno il
flusso di gas russo verso Berlino ed è subito finito nel mirino degli Stati
Uniti, pronti ad affondare il progetto con nuove sanzioni. E' forse anche per
evitare uno scenario del genere che un mese fa Angela Merkel ha offerto il
sostegno del governo tedesco per co-finanziare un terminal da 500 milioni di
euro per l'import di gas liquido americano nel nord della Germania. La
cancelliera chiede inoltre garanzie perché Kiev non perda il suo ruolo chiave
nel transito del gas e le preziose entrate che questo comporta. È proprio
l'Ucraina il Paese più a rischio. L'anno scorso è passata dai suoi gasdotti
circa metà delle esportazioni russe di metano al di fuori dell'ex Urss. Circa 94
miliardi di metri cubi di gas russo sono arrivati in Europa attraverso
l'Ucraina. Nord Stream 2 e TurkStream consentirebbero però alla Russia di
aggirare Kiev con una manovra a tenaglia. Con il nuovo metanodotto Mosca mira
anche ad aumentare la propria quota nel mercato turco dell'energia, dove nel
2017 vendeva già 29 miliardi di metri cubi di gas. La Turchia, che spera di
diventare un hub del gas verso l'Europa, viene così spinta ad allontanarsi
gradualmente dalla Nato avvicinandosi a Mosca, con cui i rapporti sono in
continuo miglioramento nonostante alcuni attriti su Siria e Libia.
Giuseppe Agliastro
Smaltimento dei rifiuti, Vienna dà l'esempio - Lo dico
al Piccolo
Perché a Napoli non lo vogliono?Esempio di eccellenza e monumento della
contemporaneità. È il termovalorizzatore di Vienna, straordinario impianto di
smaltimento dei rifiuti nel pieno centro della città, vicino alla Cattedrale di
Santo Stefano, diventato meta dei turisti. Nel 1987 in seguito a un incendio che
distrusse gran parte del vecchio impianto, l'allora sindaco Walter Zilk affidò a
Friedrich Hundertwasser, noto architetto viennese, la realizzazione del nuovo
impianto. Venne fuori una struttura colorata, interrotta da miriadi di finestre,
ognuna divisa dall'altra da cespugli e alberi che si arrampicano sulla facciata
dell'impianto e che termina con una cupola dorata che svetta altissima sulla
città con lo stile variopinto e visionario tipico dell'artista. Oltre
all'incenerimento dei rifiuti, il termovalorizzatore di Spittelau provvede al
riscaldamento di oltre un terzo delle case viennesi e produce aria condizionata
nei mesi estivi. I fumi sono depurati da moderni impianti di filtraggio per la
rimozione di polveri sottili, metalli pesanti e acidi inquinanti e le ceneri di
scarto vengono vendute alle industrie del cemento. L'impianto desta particolare
interesse proprio in rapporto al suo inserimento nel cuore della città. La sua
ubicazione denota un atteggiamento di fiducia dei cittadini verso le politiche
di gestione dei servizi e dell'ambiente. Anche la realizzazione di un impianto
di termovalorizzazione, in grado di alimentare buona parte della città e
produrre energia elettrica, può essere visto dalla cittadinanza come una risorsa
e non come una minaccia per la propria salute.
Pietro Valente
(leggi anche l'inchiesta sugli inceneritori sul Fatto Quotidiano del 23 agosto 2016)
Bonifica dei siti inquinati progetto coordinato da Area
I due prototipi da testare sul campo sono la zona industriale di Trieste
e la penisola Zorrozaurre a Bilbao. Soluzioni innovative
Secondo una recente relazione del JRC - Joint Research Centre, una direzione
generale della Commissione europea che dispone di sette istituti di ricerca, dal
2011 in oltre 5000 nuovi siti inquinati in Europa sono in corso attività di
decontaminazione o misure di riduzione del rischio. Il rapporto rileva inoltre
la presenza di più di 650mila siti contaminati registrati ufficialmente in tutta
Europa. Più di 170mila siti sono ancora da investigare, 68mila sono attualmente
sotto analisi e più di 125mila siti hanno bisogno o potrebbero aver bisogno di
rimedi, mentre 65.500 siti sono già stati sottoposti a misure correttive o sono
sottoposti a misure post-intervento. Posidon PCP (Pre-Commercial Public
Procurement) è un progetto internazionale, finanziato dal programma Horizon 2020
per un totale di 5 milioni, coordinato da Area Science Park con l'obiettivo di
pubblicare e assegnare a livello europeo un appalto di ricerca pre-commerciale
PCP in grado di fornire soluzioni innovative non ancora presenti sul mercato
relative alla decontaminazione di suoli inquinati di aree industriali dismesse o
parzialmente abbandonate. In pratica diverse imprese saranno chiamate a
sviluppare, in modo parallelo e concorrente, soluzioni innovative idonee a
fronteggiare esigenze e sfide che arrivano dal settore pubblico, il lancio del
bando di gara europeo è previsto entro la prima settimana di gennaio 2019. Il
carattere competitivo della procedura di appalto pre-commerciale presenta, per
la pubblica amministrazione, un vantaggio che consiste nel filtrare i rischi
tecnologici prima di impegnarsi nell'acquisto di una fornitura di massa,
anteponendo una fase di sperimentazione in cui valutare i costi e benefici. Il
progetto punta allo sviluppo originale di almeno due prototipi da testare sul
campo in due diversi siti inquinati con caratteristiche simili: la zona
industriale di Trieste e la penisola di Zorrozaurre a Bilbao, con progetti
urbanistici che prevedono diversi usi futuri dei suoli.Spiega l'ingegnere
Martina Terconi responsabile del progetto per Area Science Park: «Il progetto fa
leva sulla domanda pubblica per individuare soluzioni innovative e sostenibili,
non riguarda e non finanzia l'intervento di decontaminazione né l'acquisto della
tecnologia, vuole bensì promuovere un avanzamento tecnologico ulteriore,
lanciando un appalto di servizi di ricerca e sviluppo. Il bisogno comune del
gruppo di committenti (proprietari/gestori dei siti inquinati) riguarda
l'identificazione di una nuova tecnologia di trattamento del suolo ed
eventualmente delle falde acquifere in grado di decontaminare terreni antropici
eterogenei in zone industriali dismesse, composti da una miscela di rifiuti
industriali (come terreni di risulta inquinati da idrocarburi del petrolio e
metalli pesanti) e terreni costituiti da argille e sabbie, altamente inquinati
da idrocarburi del petrolio (TPH e IPA) e metalli pesanti».
Lorenza Masè
SABATO A MUGGIA - Segrè chiude le "eco-mostre" alla
Sala Millo
Sabato alle 18, alla Sala Convegni "Gastone Millo" di piazza della
Repubblica 4 a Muggia, andrà in scena "Il gusto per le cose giuste: lo spreco
come risorsa", l'incontro con Andrea Segrè, presidente della Fondazione Fico e
fondatore del Last Minute Market, la campagna "Spreco Zero". L'appuntamento
coincide con la conclusione delle mostre con laboratori didattici "Tutti su per
terra" ed "Energeticamente" organizzate da Comune di Muggia e Arapa Fvg - Larea
in collaborazione con Eupolis. Info: Comune di Muggia - Assessorato alla
Cultura, telefono 040 3360340, mail ufficio.cultura@comunedimuggia.ts.it, web
www. benvenutiamuggia.eu.
Conferenza Tam
Alle 18, nella sede della XXX Ottobre in via Battisti 22, l'ornitologo Paolo Utmar terrà la conferenza "Dalla conservazione alla gestione delle zone umide" con successiva escursione guidata domenica nella Riserva naturale Isola della Cona e Val Cavanata.
VOCEARANCIO.ING.it- LUNEDI', 19 novembre 2018
RAEE - Rifiuti elettronici: ecco le nuove regole
Anche cavi elettrici e pennette USB sono RAEE e devono essere smaltiti a norma di legge. Una guida pratica per voi
Avete un frigorifero da smaltire? Un vecchio lettore Cd di
cui non sapete più cosa fare? In questo caso vi state confrontando con un
problema sempre più importante e frequente per i consumatori, le città e il
pianeta: cosa fare con i RAEE, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche. Si tratta di un dilemma che nasconde opportunità. Secondo una
ricerca dell’Università Bocconi, il corretto trattamento dei RAEE farebbe
diminuire le emissioni di CO2 di 2,2-2,5 milioni di tonnellate. Inoltre i vecchi
apparecchi elettrici ed elettronici sono delle vere e proprie miniere per il
recupero di vetro, plastica, rame, acciaio, con un risparmio di quasi 390
milioni di euro nel prossimo decennio. Infine, la creazione di un ciclo
integrato e virtuoso di smaltimento dei RAEE porterebbe alla creazione di
13-15mila nuovi posti di lavoro da qui al 2030. Come potete contribuire alla
creazione di questo valore ambientale ed economico? Seguendo le regole. Oggi un
consumatore italiano produce 12 kg di RAEE all’anno, ma solo 4,7 vengono
raccolti. Tutti gli altri escono dal corretto ciclo dei rifiuti elettronici,
inquinando e disperdendo risorse. La nuova interpretazione «aperta».
Innanzitutto, cosa sono di preciso i RAEE? Secondo gli ultimi aggiornamenti
legislativi italiani entrati in vigore il 15 agosto 2018 per essere in linea con
le direttive europee, l’ambito dei RAEE si è allargato e la definizione è
diventata molto più aperta. Si parla infatti di open scope, un criterio secondo
il quale sono RAEE tutte le apparecchiature che dipendono da correnti elettriche
o da campi elettromagnetici. Non solo il frigorifero o lo stereo, ma anche i
cavi elettrici, le prolunghe, le caldaie, le e-bike, le chiavette USB sono da
considerare rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Rimangono
invece uguali le regole per lo smaltimento dei RAEE, che non possono essere mai
gettati nella raccolta indifferenziata, né lasciati per strada o in casa dopo il
trasloco, ma vanno gestiti in modo adeguato. I luoghi predisposti si chiamano
isole ecologiche, oppure piazzole ecologiche, centri di raccolta, riciclerie,
eco-stazioni: si tratta di strutture gestite dagli enti locali e attrezzate a
riciclare i RAEE. Ce ne sono 4076 su tutto il territorio italiano, molti comuni
offrono anche il servizio gratuito di ritiro dei RAEE ingombranti. Ma le isole
ecologiche non sono le uniche opzioni per smaltire i RAEE, ci sono altre due
strade ed entrambe chiamano in gioco i negozi di elettrodomestici.
Uno contro uno o Uno contro zero? La prima possibilità si chiama Uno contro Uno:
quando acquistate un elettrodomestico di grandi dimensioni (il frigorifero, la
lavatrice, la lavastoviglie e così via), il venditore ha il dovere di ritirare
il suo predecessore a casa vostra a costo zero, per poi provvedere a smaltirlo
nell’isola ecologica. La seconda possibilità si chiama Uno contro zero, e
prevede la possibilità di smaltire i piccoli RAEE anche quando non state
comprando niente, semplicemente consegnandoli in negozio. Le condizioni sono
due: sono obbligati ad accettare il vostro Uno contro zero solo i negozi di
elettronica ed elettrodomestici la cui superficie sia superiore a 400 metri
quadrati. Inoltre l’oggetto da consegnare deve essere di dimensioni non
superiori a 25 centimetri. Uno dei problemi dello smaltimento del RAEE in Italia
è la mancanza di corrette informazioni sui propri diritti. Secondo Altraeconomia
solo il 18% degli italiani è al corrente della possibilità di fare Uno contro
zero e il 44% ancora non sa nemmeno dell’Uno contro uno. Un’app con tutte le
risposte. Se avete ancora qualche dubbio, ci sono anche diverse app che vi
possono dare una mano. Una delle più interessanti in materia di riciclo si
chiama Junker, è stata creata dalla startup italiana Giunko ed è il modo più
immediato per districarsi nella complessità della raccolta differenziata. Basta
fare una scansione del barcode sul prodotto per avere informazioni su tutti i
materiali di cui è composto e sul modo migliore per smaltirlo. Junker funziona
per tutta la differenziata, ma per i RAEE svolge anche un servizio in più: in
collaborazione con il consorzio Ecolamp geolocalizza i centri di smistamento più
vicini, vi fa sapere se potete usufruire dell’Uno contro zero e vi indirizza
agli eventuali contenitori dedicati (come ad esempio nel caso delle lampadine).
Avete mai avuto problemi con lo smaltimento di un RAEE? Come avete risolto?
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 novembre 2018
Il Comune investe un milione di euro per la protezione
del verde pubblico
È la somma annuale prevista dall'amministrazione per la riqualificazione
del patrimonio arboreo in collaborazione con l'ateneo
Circa un milione di euro investiti annualmente. È la somma prevista
dall'amministrazione comunale a favore del patrimonio arboreo e per la costante
riqualificazione del Verde Pubblico cittadino, tema che sulla base di un
rapporto Istat redatto nel 2016 individua Trieste ai primi posti in Italia sul
fronte delle ricchezze agresti urbane, classificandola al sesto posto per la
quota di verde pro capite - equivalente a 32, 6 metri quadrati per cittadino - e
al quorum di aree protette, leggi parchi e giardini, in grado di disegnare
l'isola felice dell'intero nord - est. A pochi giorni dal varo della settimana
legata alla "Giornata Nazionale degli Alberi", in programma da oggi al 26 di
novembre, l'assessorato ai Lavori Pubblici e al Verde del Comune di Trieste
espone le sue carte e ribadisce in cifre e prospettive l'impegno in chiave di
tutela ambientale. Processo a cui contribuirà la collaborazione con il corso di
Laurea di Scienze e Tecnologie per l'Ambiente e la Natura dell'ateneo locale,
realtà con la quale maturano da tempo ricerche volte all'individuazione del
beneficio alla cittadinanza (anche di ordine economico) frutto della tutela
naturalistica. In primo piano quindi gli investimenti economici. Il milione di
euro stanziato dal Comune nell'arco dell'anno riguarda anche il tema della
sicurezza: «Trieste vive una situazione particolare e sempre delicata per via
della Bora - ha sottolineato l'assessore Elisa Lodi - e parlando di alberi
disposti nell'area urbana è fondamentale pensare anche all'incolumità del
cittadino con interventi mirati in fatto di messa in sicurezza». Tra i primati
nazionali di Trieste in materia spunta anche la dotazione di un speciale
Regolamento sul Verde e l'istituzione di un Catasto del patrimonio arboreo
comunale, ufficio che dal 2000 regola il censimento ad oggi di 21 mila alberi,
di cui una trentina forniti di "caratteristiche di monumentalità". Lo scrigno
verde cittadino si compone inoltre di 42 giardini, di cui 13 storici, e di tre
parchi distribuiti in circa 1.700.000 metri quadri di estensione, come Villa
Giulia, Parco Strada Vicentina e soprattutto Parco Farneto, quest'ultimo
disegnato in 900.000 metri quadri, altra dote ma qui di respiro persino europeo.
Da queste cifre (ri)parte il piano dell'amministrazione rivolto al rinnovo del
patrimonio arboreo, ideato dal Direttore di Servizio, Enrico Cortese, e dal
Funzionario Forestale, Francesco Panepinto, con la previsione di piantumare
altri 250 alberi nell'arco del 2019.
Francesco Cardella
Natura - Da oggi al 26 novembre è la Festa degli alberi
Ha origini nell'antica Grecia, vanta celebrazioni nella Roma imperiale e
rinasce in Italia alla fine dell'Ottocento, prima dell'ufficializzazione
avvenuta nel 2010. Da oggi al 26 novembre Trieste celebra la Festa degli alberi,
giornata nazionale legata al 21 novembre ma accolta e sviluppata dal Comune
nell'arco di una settimana di appuntamenti sul tema tra cerimonie, mostre e
seminari. Vernice oggi alle 15.30, alla scuola primaria Lona dell'Istituto
comprensivo Altipiano di via San Mauro a Opicina, teatro di una messa a dimora
di due alberi donati dall'amministrazione comunale. Domani si approda al
Farneto, qui sede dalle 9 di una giornata di studio incentrata sul tema "Il
valore ecologico delle specie arboree", rivolta agli studenti di Scienze e
tecnologie per l'ambiente. Mercoledì, alle 10, si fa scalo all'asilo Verde Nido
di via Commerciale per salutare due nuovi alberi, stesso tema alle 11 sia alla
primaria Slataper di via della Bastia che all'Area giochi di Piazzale
Giarizzole, dove sono attesi nuovi alberi e altri respiri verdi tradotti in
aiuole. Giornata di gala il 23 novembre al giardino Bazzoni di via Navali, che
dalle 11.30 si svela nella sua nuova veste tra fiori, arbusti e attività firmate
dall'Istituto Nordio e Istituto Sacro Cuore di Montuzza.Sino al 24 novembre è
inoltre visitabile la mostra "Gli alberi di San Giacomo" ospitata nella
biblioteca Gambini di via delle Lodole 7, caratterizzata dagli scatti di Bruna
Zazinovich.
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 novembre 2018
Raccolta differenziata e riciclo - Trieste nel club dei
virtuosi
Il tasso di recupero cresce di sette punti rispetto al 2017 e raggiunge
quota 47% - Sempre più vicina la soglia del 55% fissata dalla Ue
Passi in avanti per Trieste sul fronte della raccolta differenziata. Lo
conferma il report sullo stato di recupero dei rifiuti in città e nelle zone
gestite da AcegasApsAmga presentato ieri a Campo San Giacomo. I dati evidenziano
come nel capoluogo regionale il tasso di riciclo si assesti attorno al 47%, un
valore salito di sette punti rispetto allo scorso anno. Manca poco, quindi, al
raggiungimento di quota 55%, obiettivo imposto dall'Unione Europea e che a
partire dal 2025 costituirà la percentuale annua complessiva da riciclare. Per
quanto i territori serviti dalla multiutility, nel 2017 sono stati raccolte 108
tonnellate di rifiuti da differenziare, con un recupero pari al 95% delle
immondizie complessive, percentuale che a Trieste città sale al 96,8%.
Riciclaggio che si avvicinano al 100% nel caso dei rifiuti organici, sfalci
d'erba, legno, ferro e plastica, mentre per quanto riguarda la carta il recupero
arriva fino al 97%. Performance un po' meno brillante per quanto riguarda i
metalli e il vetro, del quale viene recuperato l'87%. I dati sul riciclo sono
stati presentati nell'ambito dell'iniziativa "Rifiuti in piazza", promossa dalla
stessa AcegasApsAmga assieme all'Arpa i cui operatori, attraverso l'analisi del
contenuto dei cassonetti, hanno offerto spunti importanti per insegnare alla
cittadinanza ad eseguire la raccolta differenziata in modo corretto. Presenti
all'iniziativa l'assessore comunale all'Ambiente, Luisa Polli, che «ha
ringraziato Arpa e AcegasApsAmga per l'azione meritoria tesa a far conoscere ai
cittadini quanto e come si possa differenziare». Presente anche l'assessore
regionale all'Ambiente Fabio Scoccimarro,che ha annunciato che a breve la giunta
Fedriga proporrà incentivi per il recupero dei rifiuti marini. «Avvieremo una
serie di iniziative per incrementare il riciclo dei rifiuti. Tra queste -
annuncia Scoccimarro - porteremo a breve in Consiglio una legge che incentivi
economicamente i pescatori del Friuli Venezia Giulia alla raccolta della
plastica recuperata in mare».
Lorenzo Degrassi
ITALIA NOSTRA - «Un progetto parallelo al Parco del
mare»
Un progetto parallelo che non va contro il Parco del mare, ma che punta a
esserne un'integrazione. Antonella Caroli, presidente di "Italia Nostra -
Trieste", ha lanciato una proposta, già inoltrata al presidente camerale Antonio
Paoletti, per creare a Porto Lido uno spazio dedicato ai giovani e alle
imbarcazioni d'epoca. «In due anni - ha spiegato Caroli - e con un investimento
di 15 milioni possiamo valorizzare un'area che oggi è in stato di abbandono e
dove c'è un vincolo che risale al 1961. Porto Lido non è un luogo adatto a
ospitare un acquario, ma penso che il Parco del mare non sia solo quello, per
questo si potrebbe creare un'area ricettiva ed economica a Campo Marzio e
qualcosa di diverso nel punto dove invece vorrebbero edificare le strutture».
Italia Nostra ha rimarcato più volte che non si tratta di una proposta "contro",
ma di collaborazione. «Si possono creare tante cose molto belle - così Caroli -,
abbiamo contatti con tutta Europa».
Centrale di Krsko - Croazia, i rifiuti nucleari
stoccati al confine bosniaco
Decisa protesta degli abitanti dei comuni interessati i quali non sono
stati neppure interpellati e l'opera colpirebbe il parco naturale del fiume Una
ZAGABRIA - A partire dal 2023, i rifiuti nucleari croati della centrale di
Krsko saranno depositati a Trgovska Gora, a ridosso del confine tra Croazia e
Bosnia-Erzegovina. La recente decisione del governo di Zagabria - che a inizio
novembre ha adottato un piano di stoccaggio per gli scarti della centrale
nucleare croato-slovena di Krsko - ha scatenato le ire delle autorità bosniache
così come la preoccupazione degli abitanti di Novi Grad (Bosnia) e di Dvor
(Croazia), che vivono nell'area interessata. Stando alle intenzioni
dell'esecutivo croato, il luogo che accoglierà i rifiuti è la base militare di
Cerkezovac nei pressi di Dvor. Lì verranno costruite le infrastrutture
necessarie, da mantenersi almeno fino al 2043 quando è previsto lo
smantellamento dell'impianto di Krsko (una centrale che risale al 1981 e che
dopo lo smembramento della Jugoslavia è stata ereditata in parti uguali da
Croazia e Slovenia). «È una decisione scandalosa». «Nessuno ha chiesto il parere
della gente». Intervistati questa settimana dalla televisione regionale N1, i
cittadini bosniaci di Novi Grad e quelli croati di Dvor sono arrabbiati. Non
soltanto perché è stata scelta la loro regione, ma anche perché si tratta di
un'area attraversata da un fiume (Una) popolare per il rafting estivo e
considerato "parco naturale" in Bosnia. «È incredibile che si possa fare una
cosa del genere vicino ad uno dei fiumi più belli (della regione)», ha
dichiarato un abitante di Novi Grad ai microfoni di N1. Il sindaco del comune
bosniaco va ancora più in là spiegando di avere sul proprio territorio «una
fonte d'acqua» e che per questo «località con queste peculiarità non dovrebbero
essere selezionate». Mentre il governo bosniaco ha protestato a Vienna presso
l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, gli ambientalisti bosniaci hanno
annunciato che faranno ricorso alla giustizia internazionale. Secondo loro,
Zagabria vorrebbe sistemare il materiale radioattivo «in magazzini pensati per
armi e munizioni».
Giovanni Vale
Orban abbandona Capodistria «Accordi col Porto di
Trieste»
L'Ungheria non parteciperà con i previsti 300 milioni di euro alla
realizzazione del raddoppio della linea ferroviaria tra lo scalo del Litorale
sloveno e Divaccia
LUBIANA - Clamoroso "colpo basso" al governo della Slovenia. A mollare il
pesante ko è il premier ungherese Viktor Orban il quale venerdì scorso durante
l'incontro della diaspora magiara ha affermato che Budapest non darà un euro
alla Slovenia per la realizzazione del raddoppio della traccia ferroviaria tra
Capodistria e Divaccia, infrastruttura considerata strategica e imprescindibile
per lo sviluppo dello scalo del Litorale da parte dell'esecutivo. Nel piano
finanziario di realizzazione del raddoppio, peraltro molto lacunoso e oggetto
del referendum sull'opera poi bocciato dal corpo elettorale per mancato quorum,
la Slovenia aveva da anni dato quasi per certo e dopo molti abboccamenti con
l'esecutivo di Budapest, l'arrivo di 300 milioni di euro. Certo non risolutivi
ma comunque una fetta importante per portare a termine un'infrastruttura da
quasi due miliardi di euro. Orban è stato chiarissimo e il ko ha messo al
tappeto Lubiana perché il premier magiaro ha giustificato la decisione del suo
governo in quanto l'Ungheria è interessata al dialogo con il porto di Trieste. E
proprio domani il presidente della Port Authority del capoluogo del Friuli
Venezia Giulia e vicepresidente dei porti europei Zeno D'Agostino sarà proprio a
Budapest. Non si dovrebbe parlare di accordi ma è fin troppo chiaro che i "fuori
onda" non mancheranno di toccare questo argomento. Orban ha affermato che le
trattative partiranno con il Porto di Trieste, che dà in concessione a lungo
termine alla logistica le proprie infrastrutture, e riguarderanno proprio la
possibilità di collaborare nel settore logistico con i necessari investimenti da
parte delle aziende ungheresi.Il ministro delle Infrastrutture della Slovenia
Alenka Bratusek ha comunque più volte sostenuto che il Paese è in grado di
portare a termine l'opera di raddoppio della linea ferroviaria
Capodistria-Divaccia anche da sola, anche se non sarebbe contraria alla
cooperazione dei Paesi contermini se questa dimostrerà di portare al progetto un
valore aggiunto. Proprio di recente Lubiana ha tolto la qualifica di segreto
alla documentazione esistente sui contatti avuti tra la Slovenia e l'Ungheria
relativamente proprio alla cooperazione nel realizzare l'infrastruttura.«Non
abbiamo ancora messo il punto nella collaborazione con l'Ungheria - ha detto di
recente Bratusek - ma saremo noi che porremo i termini a Budapest o a chiunque
altro per la cooperazione stessa». Il ministro ha aggiunto di essere pronta a
sondare l'interesse di altri Paesi contermini che in una lettera avevano
espresso un certo interesse. A tale riguardo, ha concluso sempre Bratusek, sarà
presa una decisione ufficiale del governo entro la fine dell'anno. I media
sloveni si "consolano" scrivendo che Orban non andrà a investire al Porto di
Fiume nella "poco amica Croazia". Insomma, è ko tecnico.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - SABATO, 17 novembre 2018
Salvi i budget per auto green e carburanti a prezzo
scontato
Contributi in arrivo anche per l'acquisto di veicoli ecologici usati e a
"km zero" - Stanziati 35 milioni per coprire la riduzione contestata dall'Unione
europea
Trieste - Incentivare la rottamazione dell'auto vecchia e l'acquisto di
quella ecologica, anche se questa non è nuova ma usata. È quanto l'assessore
all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, conta di fare all'interno della manovra di
bilancio, che rinnoverà lo stanziamento da 1,4 milioni destinato dalla giunta
precedente all'acquisto di veicoli a trazione ibrida o elettrica, estendendo la
misura anche all'acquisto di mezzi usati. Pur riguardando tipologie di vetture
ancora poco diffuse in Friuli Venezia Giulia, la misura introdotta dal
centrosinistra sta riscontrando il gradimento degli utenti, che possono
rottamare la propria auto classificata da Euro 0 a Euro 3, ricevendo un
incentivo differente a seconda della trazione: tremila euro per un'auto
benzina-metano, quattromila per un veicolo ibrido benzina-elettricità,
cinquemila per un mezzo elettrico. Ma se finora il bonus era riconosciuto solo
per le auto nuove, Scoccimarro lo introdurrà adesso anche in caso di auto "km 0"
e usate: l'incentivo varrà in tal caso il 50% e sarà erogato qualora il veicolo
sia almeno Euro 6 e non immatricolato da più di due anni. «Ho voluto estendere
il contributo - spiega l'assessore - a vetture "km 0" e usate, ovviamente di
ultima generazione, per venire incontro alle famiglie meno abbienti e dare una
scossa al mercato dell'auto regionale». Ed è proprio il supporto ai nuclei meno
abbienti la motivazione con cui Scoccimarro spiega anche un'altra decisione, in
contraddizione con la linea ecologica, legata alla scelta di non dimezzare lo
sconto carburante per i veicoli da Euro 0 a Euro 4, come pure stabilirebbe la
mai applicata norma regionale. Una decisione diversa significherebbe per
l'assessore «mettere in difficoltà le famiglie che non possono permettersi un
mezzo di ultima generazione e ci sarebbe inoltre maggiore inquinamento, perché
questi cittadini andrebbero ad approvvigionarsi in Slovenia e Austria». Anche
per il 2019, i proprietari di mezzi datati potranno dunque contare sulla
riduzione piena del carburante. La finanziaria stanzia intanto 35 milioni sul
bonus carburanti, con l'impegno della giunta a mettere il resto in assestamento.
La misura costa annualmente poco meno di 43 milioni e sarà dunque confermata
anche per il 2019, nonostante la procedura avviata dall'Unione europea contro un
provvedimento che Bruxelles considera un indebito aiuto di Stato ai benzinai e
che potrebbe perciò provocare una condanna per la Regione. «Sappiamo di essere
sotto la lente, ma dobbiamo continuare a tutelare i nostri imprenditori dalla
concorrenza dei Paesi limitrofi. Siamo pronti a difendere la norma dalle
eventuali contestazioni dell'Europa dei burocrati», dice il sovranista
Scoccimarro. L'assessore vorrebbe però diminuire l'esborso per la benzina
agevolata e reinvestire almeno una piccola parte in politiche ambientali. Da qui
l'incontro fissato con i vertici nazionali di Assopetroli nella prima settimana
di dicembre. L'obiettivo è strappare uno sconto di un centesimo sul prezzo alla
pompa, facendo leva sul fatto che «in Veneto il costo per l'utente è mediamente
di due centesimi più basso», dice Scoccimarro. Considerando che la tessera
regionale copre ogni anno circa 270 milioni di litri di carburante, si tratta di
2,7 milioni di euro che la Regione potrebbe spendere altrimenti.
Diego D'Amelio
STUDIO DELL'ACI - In Italia circolano 7.560 auto
elettriche
ROMA - In Italia sono in circolazione 7.560 auto elettriche, +31,6% rispetto
al 2016 quando erano appena 5.743 unità. In ben 14 province sono addirittura più
di cento le auto a zero emissioni in circolazione. È questo il quadro che emerge
da un'analisi condotta Centro Studi Continental su dati Aci relativi al 2017.
Dall'elaborazione emerge anche che in Italia sono 14 le province in cui le auto
elettriche in circolazione superano quota cento. Si tratta di Roma (dove le auto
elettriche in circolazione sono 1.014), Trento (823), Milano (811), Bolzano
(546), Firenze (528), Torino (290), Brescia (186), Bologna (168), Reggio Emilia
(144), Vicenza (141), Treviso (133), Bergamo e Padova (119) ed infine Verona
(118). Tutte le altre province italiane hanno un parco circolante di auto
elettriche composto da meno di cento unità.
Ucciso dai bracconieri Perun il grifone salvato a
Cherso
L'esemplare aveva prima stazionato nei pressi di Caisole e
successivamente aveva fatto rotta a sud verso il Montenegro dove gli hanno
sparato
FIUME - La notizia è di quelle tristi, specie per chi ama la natura e i suoi
abitanti. Il grifone Perun, rimesso in libertà due mesi fa dal Centro recupero
avvoltoi dalla testa bianca, che si trova a Caisole (Beli), sull'isola di
Cherso, è stato quasi certamente ucciso in Montenegro da un cacciatore di frodo.Le
penne del maestoso rapace, specie severamente protetta in Croazia, sono state
rinvenute nell'area delle saline in località Dulcigno (Ulcinj). Accanto trovato
il bossolo di un fucile a pallettoni, utilizzato nella caccia ai volatili.
Purtroppo la sua esistenza è stata tragicamente stroncata dal balordo di turno,
che ha voluto uccidere il grifone per trasformarlo probabilmente in trofeo.
Perun era stato per un certo periodo curato nella struttura assistenziale
isolana, nota per la qualità delle operazioni di recupero degli avvoltoi, da
decenni il simbolo dell'isola quarnerina, dove non è raro, anzi, vederli
volteggiare in aria alla ricerca di cibo, ossia di carogne di animali.Il giovane
esemplare era stato rinvenuto ferito e bisognoso di cure, che infatti aveva
avuto a Caisole, piccola località sull'estremità settentrionale dell'isola. Lo
scorso settembre c'era stato il rilascio, per la gran gioia dei responsabili e
collaboratori del centro chersino, che avevano dotato Perun di localizzatore Gps
per seguirne i movimenti. Il nostro volatile aveva sorvolato nelle prime
settimane le isole altoadriatiche di Cherso, Lussino, Veglia, Plauno (Plavnik),
Pervicchio (Prvic), San Gregorio e Arbe, soffermandosi spesso nelle zone dove
gli avvoltoi nidificano e che si trovano sulle pareti di roccia a strapiombo sul
mare.Ad un certo punto, Perun aveva deciso di puntare il becco a sud, partendo
in compagnia del grifone di nome Jadran. Una coppia affiatata che dapprima era
passata sopra l'isola di Pago e quindi volato lungo le coste della Dalmazia,
senza mai abbandonare con la vista la distesa marina adriatica. Dopo giornate di
volo, il nostro avvoltoio aveva deciso di fare tappa nelle saline di Dulcigno,
fermata che aveva preoccupato gli ornitologi e biologi di Caisole. È un
territorio dove la caccia di frodo è un'attività molto praticata, a cui le
locali autorità tentano inutilmente di porre freno. Proprio per tale motivo,
l'associazione ambientalista croata Biom, che collabora con il centro chersino,
si era messa in contatto con l'organizzazione montenegrina che si occupa di
tutela e studio degli uccelli, nell'ambito delle iniziative di partenariato
Birdlife. Gli ambientalisti di Biom avevano chiesto ai colleghi montenegrini di
stabilire il luogo dove si trovava Perun e bisogna dire che non c'era voluto
molto per avvistare il grifone. E la sua tragica fine.
Andrea Marsanich
A Cattuni - Sciacalli in azione sgozzano 12 pecore
PISINO - Gli sciacalli sono tornati a colpire nel centro dell'Istria, per la
precisione nel villaggio di Brajkovici vicino a Cattuni di Treviso dove hanno
sgozzato 12 pecore gravide. Alla strage ne sono sopravvissute due, per le quali
il veterinario ha suggerito l'abbattimento visto che non si sarebbero mai
riprese. Della vicenda scrive abbondantemente il Glas Istre che cita il verbale
del veterinario Goran Hrvatin: «Le carcasse degli animali erano dilaniate e
presentavano segni di morso dappertutto, soprattutto nella zona del collo. Su
sei pecore il torace e la cavità addominale erano completamente lacerati e non
presentavano gli organi interni,mangiati dagli animali predatori». Gli ovini
sono stati aggrediti di notte nell'ovile di Milan Medica che si trova a pochi
chilometri da Cattuni di Treviso in un'area recintata della superficie pari a 2
ettari.
Questo è l'anno più caldo dal 1961 - Ecco come il clima
è fuori norma
L'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ha fatto
il punto sul tempo in Italia - Eventi meteo estremi hanno accompagnato impennate
innaturali della colonnina di mercurio
ROMA - Sul cambiamento climatico, la sfera dei negazionisti non fa passi
indietro. Le prove tuttavia appaiono schiaccianti e continuano a essere
supportate da nuovi dati ormai pubblicati con grande frequenza dai principali
centri di ricerca. L' Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale ha fatto il punto sul clima in Italia. 1 - L'anno più caldo dal
1961Secondo Ispra, il 2018 è stato l'anno più caldo degli ultimi cinquantasette.
Era infatti dal 1961 che le temperature non si assestavano su medie così miti,
con poco meno di 2 gradi centigradi - 1,77°C per l'esattezza - in più rispetto
al normale valore di riferimento rilevato tra il 1961 e il 1990.
Indicativamente, l'anno che sta per concludersi ha fatto registrare le
temperature medie più alte degli ultimi duecento anni nel nostro Paese. 2 -
Gennaio e aprile anomali - Sui dieci mesi del 2018 presi in considerazione dallo
studio - i dati arrivano fino ad ottobre compreso - otto hanno avuto temperature
superiori alla media del periodo, con le sole due eccezioni rappresentate da
febbraio e marzo. Gennaio e aprile sono stati invece i mesi più anomali, con
temperature superiori alla media addirittura di più di 2,5°C. 3 - Clima
impazzito - Insieme all'innaturale aumento delle temperature non sono mancati
altri eventi meteorologici estremi, che in più di un'occasione hanno messo in
ginocchio il Paese. Ottobre è stato il mese peggiore sotto questo punto di
vista, con i forti temporali che hanno investito la Sicilia orientale e le frane
nel Bellunese e nell'area delle Dolomiti. In generale tutta Italia, da nord a
sud, è stata colpita sul finire del mese da ondate di maltempo che hanno causato
gravi danni alla popolazione e all'ambiente. 4 - Vento incontrollabile - Il
vento, nell'ultimo week-end del mese di ottobre, ha soffiato con forte
intensità, facendo rilevare in molte stazioni meteorologiche della rete
nazionale velocità medie di 100 chilometri orari, con punte di 180 km/h in
montagna (sul Monte Cimone, in Emilia-Romagna al confine con la Toscana), e di
150 km/h sul mare (Capo Mele in Liguria e Capo Carbonara in Sardegna). Le piogge
invece sono cadute abbondantemente e con uniformità un po' dappertutto, con i
valori più alti registrati nelle zone prealpine, oltre 400 mm in Friuli-Venezia
Giulia, e oltre 300 mm in Liguria, Lombardia e Veneto. 5 - Nuova sfida dalla
Polonia - Ispra ha trasmesso una sintesi di questi dati all'Organizzazione
Meteorologica Mondiale (Wmo), che sta curando la redazione del "Wmo Annual
Statement on the Status of the Global Climate in 2018", a riprova del fatto che
l'emergenza cambiamento climatico è universale, al di là di ciò che pensano
molti, soprattutto oltreoceano alla dipendenze del presidente americano Trump.
Dovunque, infatti, il problema è percepito come serio, e da COP21, la Conferenza
Internazionale sul clima che si tenne a Parigi nel 2015, tutti gli Stati del
mondo sono a loro modo impegnati nella lotta al cambiamento climatico. A breve
la palla passerà a COP24, in programma nella città polacca di Katowice dal 3 al
14 dicembre. Si riparte da COP23, che a Bonn lo scorso anno ha mantenuto
l'accordo di Parigi, ratificato il 4 novembre 2016, e che entrerà in vigore nel
2020. Ancora, dal punto di vista tecnico e politico, rimane molto da fare. Il
tempo continua a scorrere e i tragici eventi meteorologici, purtroppo, a
susseguirsi, dunque bisogna accelerare l'assunzione delle responsabilità e degli
impegni in agenda per applicare gli obiettivi definiti a Parigi e confermati poi
a Marrakech nel 2016 e a Bonn nel 2017.
Alfredo De Girolamo
Piccola fiera dell'economia solidale
Dalle 9.30 alle 12.30, al Posto delle fragole nel Parco San Giovanni, Piccola fiera dell'economia solidale a cura del Gas Trieste. In vendita prodotti alimentari bio e abiti, scarpe e accessori fatti con lana e cotone biologici e tessuti riciclati.
IL PICCOLO - VENERDI', 16 novembre 2018
Arvedi apre all'Authority sul post-Ferriera - Ma i
sindacati blindano i posti di lavoro
L'industriale manifesta interesse a D'Agostino ad avviare una trattativa
per dedicare alcune aree di Servola alla logistica
«Una sostanziale apertura al confronto». È stato questo l'atteggiamento
manifestato ieri da Giovanni Arvedi, fondatore e presidente del gruppo
proprietario della Ferriera di Servola, alla richiesta, formulata formalmente
dal presidente dell'Autorità portuale Zeno D'Agostino, di poter «disporre di
alcune aree del comprensorio siderurgico da dedicare allo sviluppo della
logistica». È stato lo stesso D'Agostino, al suo rientro dallo scambio di vedute
con Arvedi, a riferire del colloquio ai rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e
Uil, che avevano convocato per ieri, proprio davanti alla sede dell'Autorità
portuale, la Torre del Lloyd, una conferenza stampa. Un incontro casuale che si
è trasformato così in un fitto dialogo tra sindacati e numero uno del Porto, nel
corso del quale D'Agostino ha delineato le prospettive alla luce del "summit"
con Arvedi, dal suo punto di vista, riconfermando che «la priorità assoluta, per
qualsiasi utilizzo dell'area di Servola diverso dalla siderurgia, deve essere
riservata alla tutela degli attuali livelli occupazionali». Il ragionamento si è
articolato in questa direzione, sulla scia anche delle recenti notizie che
arrivano da Hong Kong, sede del gruppo China Merchants, che avrebbe manifestato
l'interesse per alcune aree della Ferriera, sempre in chiave logistica. In
sostanza, il colosso cinese potrebbe trasformare una parte dell'area che oggi
ospita l'impianto siderurgico in un terminal per il trasporto ferroviario dei
container. Un'ipotesi che le organizzazioni sindacali non respingono a priori,
ma sulla quale vogliono vederci chiaro fin dall'inizio: «Non possiamo accettare
che si creino scambi sulla testa dei lavoratori - ha detto Antonio Rodà della
Uilm - perché qui ci sono in ballo centinaia di posti di lavoro che riguardano
addetti che non potrebbero essere facilmente ricollocati, nel caso di chiusura
dell'area a caldo. Anche per questa ragione le rappresentanze sindacali devono
essere coinvolte da subito». Marco Relli della Fiom, ha posto l'accento sulla
«necessità di capire quale potrebbe essere il valore aggiunto che arriverebbe
alla città da una trasformazione come quella di cui si sta iniziando a parlare
e, soprattutto, di verificare l'eventuale correlazione con uno sviluppo di tipo
manufatturiero, perché è in questa direzione che, a nostro avviso, bisogna
guardare». Umberto Salvaneschi della Fim ha ricordato che «finora le
organizzazioni sindacali non sono mai state convocate. Siamo aperti al dialogo
su qualsiasi tema ma riteniamo necessario essere coinvolti da subito, perché qui
è in gioco il futuro di centinaia di persone». Ai sindacalisti, D'Agostino ha
confermato che «l'Autorità portuale non prenderà decisioni senza aver sentito le
organizzazioni di categoria e anzi, in ogni caso, presterà la massima attenzione
alla tutela dei livelli occupazionali, sia per quanto concerne la situazione
attuale sia per il futuro». Il presidente ha infine ribadito «l'interesse
dell'Autorità portuale per alcune aree della zona della Ferriera, che sono
adatte a utilizzi di tipo diverso da quelle odierno». In serata Cgil, Cisl e Uil
hanno anche diffuso un comunicato congiunto, in cui ribadiscono che «l'intento è
quello di portare all'attenzione di tutti gli interlocutori la forte
preoccupazione rispetto al futuro dei lavoratori della Ferriera e al destino
della fabbrica. L'ipotesi dell'utilizzo logistico dell'area non può essere
l'unica. Riteniamo invece necessario un giusto equilibrio fra logistica e
industria, utile a garantire gli attuali livelli occupazionali».
Ugo Salvini
La Camera di commercio snobba il dibattito sul Parco del mare - L'incontro promosso da ambientalisti e comitati
"Parco del mare" sulla griglia ieri nella Sala Vittoria del Cral, a lato della Stazione marittima. Il dibattito "Fermiamoci a riflettere" era un confronto pubblico voluto da Legambiente Trieste, Trieste-bella e Comitato La Lanterna, per discutere sul "progetto fantasma del Parco del mare". L'incontro, per il quale è stata richiesta la partecipazione delle istituzioni, ha tuttavia registrato un'assenza non di poco conto, perchè la Camera di Commercio, protagonista e finanziatrice di quello che è stato definito «cubo zoo per pesci», non c'era e ha voluto giustificare il forfait con il seguente messaggio «si ritiene che la presenza della Camera di Commercio all'evento non abbia senso allo stato attuale, in quanto non ci sono nuovi elementi di rilievo da illustrare». Il Parco del mare, come noto, è un'iniziativa promossa e finanziata dall'ente camerale e dalla Regione, sarà inoltre gestita da una società privata. Si tratta di un ambizioso progetto i cui primi passi risalgono al 2004, per il quale è stato stimato un costo di 40 milioni: intenderebbe riqualificare l'area del Molo Fratelli Bandiera e della Lanterna, edificando ex novo un mega acquario in cemento armato. Un boccone indigesto per le associazioni ambientaliste dunque, oltre che per i tanti cittadini che si sono impegnati (nel corso di 14 anni) a presentare petizioni contro questo progetto. Una zona che è per altro vincolata da un decreto legge del 1961 e che con «carattere di assolutezza», vieterebbe ulteriori edificazioni «nel raggio di 130 metri dalla Lanterna». Perciò, per smuovere l'attenzione dell'opinione pubblica, i promotori hanno organizzato l'incontro, nella speranza di comunicare ad un maggior numero di cittadini le ragioni per cui l'acquario «non s'ha da fare». Tre le tematiche principali affrontate: l'urbanistica, i costi e il modello dell'ipotizzato manufatto. Rispetto al primo punto, l'architetto William Starc ha insistito sul concetto di "salvaguardia" dell'area portuale, «estremamente delicata e di grande valore architettonico e paesaggistico». Anche per la preziosa contiguità al mare, infatti, ulteriori costruzioni potrebbero compromettere la fruibilità dell'area stessa. Sono state ipotizzate anche delle soluzioni: «Questa vicenda è nata in un contesto temporale in cui l'ipotesi di sdemanializzazione del Porto Vecchio non c'era - ha affermato Starc - quindi la proposta cercava una location senza sapere che questa possibilità un domani si sarebbe rivelata». Sul tema dei costi invece (e anche sul progetto in sé), come sottolineato da tutte le associazioni, non vi sarebbe alcuna chiarezza. Riguardo le previsioni di spesa, ci sarebbero solamente 11 milioni disponibili, 9 provenienti dal Fondo Benzina gestito dalla Camera di Commercio e 2 di provenienza regionale. Da ciò la domanda di Andrea Wehrenfennig (Legambiente): «Ma i restanti 29 milioni? Da dove vengono tirati fuori? La Fondazione si è defilata. I soldi pubblici dovrebbero essere usati per il beneficio della città, non per dare profitto ad una società privata che non pagherebbe alcun debito eventuale». E' stato infine discusso il modello di acquario tradizionale: il suggerimento è quello di un "Parco del mare" virtuale, più innovativo e ambientalista. Presenti 130 persone, ampia la partecipazione alla discussione.
Stefano Cerri
Il futuro sostenibile delle città visto da architetti e
agronomi
L'evento, patrocinato da Esof2020, intende riflettere su crescita delle
comunità e benessere psicofisico e culturale
Il rapporto fra scienza, città, architettura, verde e benessere. Questo il
tema del convegno multidisciplinare, in programma oggi nella sala Tessitori di
piazza Oberdan dalle 14 alle 19, dal titolo "La Natura delle Scienze e delle
Cose", organizzato dall'Associazione italiana donne ingegneri e architetti (Aidia)
di cui è presidente l'architetto triestino Lucia Krasovec Lucas, che sarà la
moderatrice dell'evento, patrocinato da Esof 2020. «In particolare - spiega
Krasovec Lucas - ho invitato rappresentanti del Comune di Pisa, che hanno
adottato un piano infrastrutturale basato in primis sulla piantumazione di
alberi, considerando la natura uno degli elementi cardine del disegno di città e
percorso irrinunciabile per raggiungere livelli significativi di sostenibilità».
Al convegno parteciperanno anche rappresentanti dell'Ordine nazionale dei
dottori agronomi e forestali e dell'Alleanza italiana per lo sviluppo
sostenibile. «Come Aidia - aggiunge la presidente - ci stiamo occupando in modo
sistematico delle "Conscious Cities", al fine di ritrovare nuovamente
opportunità e occasioni di crescita della comunità che ha recuperato il
benessere psicofisico e economico culturale. Bisogna ripensare - continua
Krasovec Lucas - alla dimensione umana prima ancora di quella metrica e
geometrica dello spazio, in una naturale e necessaria contaminazione tra le
scienze e i saperi. Avviare nuove alleanze interdisciplinari, per raggiungere
obiettivi comuni e condivisi, significa lavorare insieme per raggiungere quegli
obiettivi che la comunità mondiale si prefigge, dal 2030 2050, con la
convinzione che nulla può valere se non è dedicato esclusivamente agli esseri
umani».
In vendita a metà 2019 quaranta magazzini dentro Porto
vecchio
Il Comune accelera sull'ingresso dei privati. Sul mercato strutture
vincolate e non tra la cittadella Greensisam e il 26. Potranno ospitare
residenze, negozi e alberghi
Una quarantina di magazzini in Porto vecchio saranno messi sul mercato
dall'estate del prossimo anno. Il cronoprogramma, esposto nell'ormai
semi-quotidiano report del sindaco Dipiazza, è partito con la delibera di
indirizzo sul futuro assetto dei 65 ettari di Porto vecchio approvata ieri dalla
giunta comunale, delibera che adesso transiterà all'esame del Consiglio. Dopo il
sì dell'assise municipale, Dipiazza sarà legittimato a firmare un accordo di
programma con Regione Fvg, con l'Autorità portuale, con la Soprintendenza:
questa intesa all'insegna della co-pianificazione sarà contestuale all'adozione
di una variante urbanistica, sulla quale si impernierà il governo dell'area.
L'accordo di programma definirà non solo i quattro sotto-sistemi del Porto
vecchio (misto, moli, museale-congressuale, ludico-sportivo), ma anche le
procedure di vendita immobiliare. Dipiazza e l'assessore Luisa Polli contano su
una sottoscrizione piuttosto celere, tra fine 2018 e inizio 2019, perchè poi si
dovrà attraversare una Valutazione ambientale strategica (Vas) e un nuovo
passaggio consiliare. Insomma, senza intoppi e con buona volontà, a giugno 2019
si potranno bandire le gare per gli edifici che il Comune ha classificato come
vendibili e che si concentrano soprattutto nella zona "mista" estesa tra le
concessioni Greensisam e il Magazzino 26. Per quanto il criterio vada manovrato
con le pinze, si tratta di una trentina di ettari, un po' meno della metà del
Porto vecchio. Giulio Bernetti, capo-area territorio & ambiente, ritiene
impossibile stimare quanto si incasserà dalle cessioni, poichè dipenderà dalle
offerte e dagli umori di mercato. È bene ribadire che non tutti gli stabili
vendibili sono in zona "mista", in quanto, per esempio, i Magazzini 24-25
sorgono sul bacino 0 davanti al Magazzino 26, nel sotto-sistema detto "dei
moli", perchè raccoglie la parte a mare (Molo IV, III, Adria Terminal, Molo II,
Molo 0). Luisa Polli ha chiarito alcuni capitoli importanti dell'operazione.
Innanzitutto sarà ammessa una percentuale di residenzialità, tale da non
superare il 10% dell'edificabilità: le abitazioni saranno ospitate nel
sotto-sistema "misto" e in quello ludico-sportivo. E sulle ristrutturazioni
edilizie si potrà pensare a un regime agevolato di Iva. Per gli stabili privi di
valore storico-architettonico, quindi non vincolati, si valuta il ricorso alla
demolizione: il materiale non manca, perchè gran parte di quanto costruito dagli
anni '60 a oggi è passibile di ruspa. Disponibile inoltre il Comune a negoziare
con l'Autorità - ha aggiunto la Polli - aree in punto franco dove svolgere
attività di carattere economico: Dipiazza ha portato un esempio suggestivo,
quello di un imprenditore intenzionato a realizzare un caveau dove depositare
preziosi. Invece ancora punto di domanda sulla struttura societaria che sarà
chiamata a trasformare/valorizzare/gestire nel lungo periodo Porto vecchio:
Dipiazza, Polli, Bernetti, testo della delibera si sono mantenuti sulle
generiche.
Massimo Greco
Il terminal crociere al posto dei metalli sperando che
a Msc non basti la Marittima
I 65 ettari sono stati divisi in quattro sistemi a vocazione ludica,
museale, mista e "marina"
"I sistemi" s'intitola l'attività di pianificazione svolta dall'urbanistica
comunale. Sono quattro. Il poker, procedendo dal centro verso Barcola, prevede
innanzitutto il "misto", destinato - in termini ancora di deliberata
flessibilità - a ospitare attività commerciali, alberghiere, residenziali.
Sembra ci sia una lettera anche di Kempinski, la celebre catena di hotel che
gestisce un cinque stelle a Portorose. Già evidenziati nel recente passato i due
poli musealescientifico-congressuale e ludico-sportivo: il primo ha gli asset
principali nel Magazzino 26, nella centrale idrodinamica, nella sottostazione
elettrica, nei Magazzini 27 e 28. Il secondo si organizzerà nel terrapieno di
Barcola, previa bonifica (5,5 milioni). Il sistema, dal punto di vista
pianificatorio più interessante, è quello "dei moli", cioè quello che definisce
la zona a mare. E' quello anche più delicato, dal punto di vista della
"governance", in quanto implica una necessaria collaborazione con l'Autorità:
Giulio Bernetti, responsabile dell'urbanistica comunale, sta studiando con il
segretario dell'Autorità portuale Mario Sommariva uno strumento coordinato che
consenta al compratore dei beni comunali di avere la conseguente concessione
demaniale. Un esempio: i Magazzini 24-25 appartengono al Comune, il quale
gradirebbe se ad acquistarli fosse Fincantieri. I due grandi stabili si
affacciano sul Bacino 0, è di tutta evidenza che il loro compratore voglia avere
la possibilità di gestire lo specchio acqueo (refitting? nautica? Finora
Fincantieri non ha manifestato un interesse/indirizzo precisi). Un
aspetto-chiave del "sistema dei moli" riguarda l'esplicito riferimento a un
sogno da tempo accarezzato da Dipiazza: il terminal crociere, da realizzarsi
dove fino al 2022 opererà Adria Terminal in concessione a Gmt. Un terminal che
si appoggerebbe al contiguo Molo III, lasciato libero da Seleco. Il sindaco
vorrebbe che in Porto vecchio arrivasse Msc Cruise, organizzando un proprio
scalo e guarda a un riutilizzo nautico della parte interna della Diga foranea.
Ma Pierfrancesco Vago, un mese fa proprio a Trieste, ha dichiarato che la
compagnia punta sulla Marittima, dove sembra abbia già acquistato la quota
detenuta da Unicredit nella società gerente Ttp. E comunque anche in questo caso
s'impone, a livello decisionale, una convergenza con l'Autorità.
AMBIENTE - ACEGAS presenta il report "Sulle tracce dei riufiuti"
Domani alle 10.30 a Campo San Giacomo AcegasApsAmga presenta il nuovo report "Sulle tracce dei rifiuti" alla presenza dell'assessore regionale Fabio Scoccimarro, di quello comunale Luisa Polli e di Giovanni Piccoli, responsabile Servizi ambientali AcegasApsAmga. Presente anche l'Arpa con l'iniziativa "Rifiuti in piazza", durante la quale, con la collaborazione della multitutility, verrà effettuata un'analisi merceologica dei rifiuti che i cittadini conferiscono ogni giorno.
Domani - Piccola fiera dell'economia solidale
Piccola fiera dell'economia solidale dalle 9.30 alle 12.30 al Posto delle fragole al parco di San Giovanni a cura del Gas Trieste.
MUGGIA - Visitatori da Guinness per le eco-mostre - E
scatta l'Open Day
MUGGIA - È un successo senza "ma" quello registrato dalla doppia esposizione
muggesana "Tutti su per Terra" e "EnergEticamente". Oltre 500, infatti, i
ragazzi che non solo da Muggia, ma anche da Trieste, da San Dorligo della Valle
e dalla vicina Slovenia si sono iscritti per poter partecipare, durante tutto il
periodo di apertura delle esposizioni, ai laboratori didattici mattutini
gratuiti condotti dai divulgatori dello studio Eupolis. Inaugurata il 24 ottobre
scorso, la doppia esposizione muggesana è stata ideata per sensibilizzare
soprattutto i più giovani sullo sviluppo sostenibile e sulle fonti rinnovabili
di energia. La mostra, pensata da Arpa Fvg - Larea (Laboratorio regionale di
educazione ambientale) in collaborazione con lo studio Eupolis per affrontare
diverse tematiche inerenti proprio l'educazione ambientale, è stata proposta
dagli assessorati all'Ambiente e alla Cultura di Muggia. A ingresso libero, la
doppia esposizione sarà ancora visitabile venerdì, oggi, dalle 17 alle 19,
sabato, domani, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, e domenica dalle 10 alle
12. «Dato, però, il significativo e positivo riscontro registrato sino ad ora,
si è pensato di proporre per sabato 17 novembre (domani, ndr) una sorta di Open
Day - ha fatto sapere l'assessore all'Ambiente Laura Litteri - con attività a
ciclo continuo, in cui una persona possa essere libera di scegliere quanto tempo
trascorrere in sala Negrisin e a quanti laboratori partecipare. Il tutto,
ovviamente, dentro l'orario di apertura, dalle 10 alle 12.30 e poi dalle 15.30
alle 19». Nello specifico, la mostra "Tutti su per Terra" è un'esposizione
costituita da una serie di pannelli autoportanti che propongono testi
divulgativi, dati significativi, poesie, illustrazioni e vignette di noti autori
italiani a sostegno dello sviluppo sostenibile, mentre la mostra
"EnergEticaMente" si compone di 21 laboratori didattici e interattivi che
consentono di osservare, verificare e comprendere, attraverso esperienze
dirette, fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno.
Riccardo Tosques
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 15 novembre 2018
Pesca nell’Adriatico: no UE a criteri più restrittivi, è polemica
Il Parlamento UE ha votato contro la nuova strategia per arginare il sovrasfruttamento della pesca nell’Adriatico.
A premere contro la “Escapement Strategy” promossa da Socialisti e Verdi è stata soprattutto la Croazia, il cui relatore (Ruža Tomašić, Ecr – Conservatori e riformisti) ha sostenuto la necessità di mantenere le attuali normative e permettere anzi un superamento del 4% annuo dei limiti di cattura nel periodo 2020-2022. La proposta di Verdi e Socialisti prevedeva quote di pesca più elevate quando lo stock ittico è maggiore, salvo tagliare in maniera drastica tali limiti di cattura quando risulta ridotto. L’obiettivo di tale emendamento era quello di mantenere una “alta probabilità di riserva riproduttiva”, soprattutto per sardine e acciughe; un metodo utilizzato con esiti positivi nel Mare del Nord e nel golfo di Biskay (Spagna-Paesi Baschi). “Escapement Strategy” respinta per appena 3 voti (329 contrari, 326 favorevoli) e segna secondo Verdi e Socialisti una vittoria per l’industria ittica, che mira a un allentamento dei vincoli di pesca. La parola passerà ora alla Commissione UE, che però difficilmente avrà tempo di intervenire prima delle ormai prossime elezioni europee (23-26 maggio 2019). Decisivi per la bocciatura secondo Marco Affronte, eurodeputato italiano dei Verdi, i voti contrari di 5 Stelle e Forza Italia: Il voto della plenaria di Strasburgo ha visto due grandi vincitori, i croati e la pesca industriale, e due grandi sconfitti: il Mare Adriatico e i piccoli pescatori. Ci siamo battuti per l’escapement strategy ma i conservatori, Forza Italia e il Movimento 5 Stelle hanno scelto di portarci a fare un salto nel buio lungo almeno 3 anni durante i quali il rischio di un collasso dello stock delle acciughe potrebbe arrivare anche al 60% (dati GFCM) e quello delle sardine al (40%).
Claudio Schirru
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 novembre 2018
«Alt al Parco del mare» - Il Wwf gioca la carta del
decreto datato 1961
L'associazione ambientalista: «Non si può fare in quell'area - Sotto
tutela la Lanterna e anche tutto ciò che c'è attorno»
Anche Wwf Trieste scende in campo come associazione per esprimere la sua
contrarietà verso il «famoso ma ignoto Parco del Mare», soprattutto nei
confronti della sua collocazione, nell'area del Molo Fratelli Bandiera e della
Lanterna. Lo ha ribadito abbondantemente ieri Alessandro Giadrossi, avvocato,
presidente della Camera penale di Trieste e del Wwf giuliano, in una conferenza
stampa convocata ad hoc sulla questione. L'avvocato Giadrossi ha rimarcato la
sua presa di posizione su acquari e parchi del mare, non solo dal punto di vista
dell'eco-sostenibilità, ma in particolar modo rispetto ai complessi aspetti di
sostenibilità economica, ricordando le difficoltà di mantenimento di realtà ben
differenti da quella triestina (Genova e Barcellona per esempio). Tuttavia, il
corpo centrale della sua argomentazione «contro l'edificazione di tale
manufatto», oltre alla spiegazione di un documento sottoscritto dalla comitato
scientifico del Wwf Trieste (di cui fanno parte il professor Livio Poldini, il
Rettore dell'università di Trieste Maurizio Fermeglia ed altri), consegnato
circa un anno e mezzo fa, è proprio un decreto emanato dal ministero della
Pubblica Istruzione il 13 giugno 1961: firmato dal sottosegretario di allora,
Maria Maddaloni, su sollecitazioni della Soprintendenza di Trieste (retta in
quell'anno dall'architetto Civiletti), fu messa sotto tutela «non soltanto la
Lanterna ma anche tutto ciò che fosse intorno ad essa». «Questa fu
un'applicazione del principio già esistente della legge Bottai del 1939, che
voleva tutelare gli edifici barocchi italiani assiepati da altre case, quindi di
fatto volendoli isolare e facendo emergere solo quei beni come monumenti -
spiega Giadrossi-. In questa rivisitazione, l'idea del provvedimento era quella
di sancire la Lanterna come di interesse pubblico, controllando tutto quello che
fosse al suo intorno, soprattutto per evitare si costruisse altro». Su tutta
quell'area pende un vincolo paesaggistico indiretto (dove il diretto sta sulla
Lanterna stessa). Camera di Commercio e Regione Fvg ne sono al corrente? Per
quello che concerne invece gli immobili esistenti in loco, che non possono
essere demoliti, il ministero ha posto un «divieto di sopraelevazione». Ma la
cosa che stupisce è quello che interessa proprio il Molo Fratelli Bandiera e i
Piazzali (cioè tutto il resto di quello che non è edificato): «Entro il raggio
di 130 metri dal centro della Lanterna, vengono inibiti qualsiasi ulteriore
frazionamento e qualsiasi edificazione anche con carattere di precarietà; tali
aree dovranno essere decorosamente sistemate, pavimentate e mantenute sgombere
da materiali di qualsiasi genere». L'area, che si estende circa fino al
"Pedocin", è quindi protetta, «in assoluto», da divieto di edificabilità. Che si
può fare quindi? «Nulla, di fatto. Si può solo delocalizzare e ristrutturare le
strutture presenti». Non si tratta più di giudizio discrezionale estetico,
poiché un provvedimento - revocabile solo dal ministro- lega a vincolo un'area
che non potrà mai essere oggetto di edificazione per la soprintendenza.
Alternative? «Si possono trovare nel Porto Vecchio. Ma una cosa è certa:
l'acquario lì non può stare».
Stefano Cerri
Polizia locale - Rifiuti abbandonati in via Carbonara
Raffica di multe
Novantatré multe da 600 euro per abbandono di rifiuti sul suolo pubblico. È
il bilancio degli appostamenti e delle indagini della Polizia locale da aprile a
oggi, contro lo "scarico" improprio degli ingombranti, concentrati nelle ore
notturne all'esterno del centro di raccolta di via Carbonara, dove negli ultimi
anni di primo mattino non era raro imbattersi proprio in cumuli di rifiuti
mollati nottetempo davanti all'ingresso della "discarica". Di recente gli agenti
sono riusciti a raccogliere prove sufficienti a identificare diversi
responsabili.«La Polizia locale - si legge in un comunicato diffuso ieri dal
Comune - continua a prestare particolare attenzione alla cosiddetta attività
antidegrado urbano, monitorizzando costantemente le isole ecologiche e i centri
di raccolta rifiuti». E qui il personale del Distretto di via Locchi ha nel
mirino proprio ciò che accade intorno al centro di via Carbonara. Il Comune
ricorda che Acegas assicura la raccolta a domicilio, su appuntamento, al numero
verde 800955988.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 novembre 2018
La guerra degli ambientalisti: «Parco del mare
immorale»
Legambiente, Triestebella e Comitato La Lanterna chiamano la cittadinanza
a un confronto pubblico domani sul progetto
È fissato per domani il confronto pubblico voluto da Legambiente Trieste,
Triestebella e Comitato La Lanterna per «fermarsi a riflettere» e informare i
cittadini sul «fantomatico progetto del Parco del mare».La zona interessata a
tale trasformazione, sulla quale, per l'appunto, le istituzioni puntano a far
sorgere un nuovo acquario, si colloca in un'area di fatto strategica per le
Rive, in prossimità del molo Fratelli Bandiera e della Lanterna. «Consapevoli
dell'importanza di questi spazi pubblici», i promotori del dibattito incitano ad
una «grande partecipazione civica» all'incontro, poiché «l'assunzione di
determinate decisioni potrebbero condizionare sia la funzionalità dell'accesso
al porto che la vivibilità di un'area cittadina già intensamente vissuta». Sono
tre le tematiche principali che si intendono affrontare all'incontro di domani:
l'urbanistica, i costi e il contenuto culturale e «pseudoscientifico»
dell'acquario. Rispetto al primo punto, in particolare, sarà oggetto di
discussione la salvaguardia della zona portuale, «estremamente delicata e di
grande valore architettonico e paesaggistico per le Rive». Anche per la preziosa
contiguità al mare infatti, non è vista dagli ambientalisti come necessaria la
costruzione di ulteriori manufatti che possano compromettere la fruibilità
dell'area oltre a, per certi aspetti, «danneggiare anche la sostenibilità
ambientale». Sulla tematica dei costi invece (e anche sul progetto in sé), come
ampiamente sottolineato ieri da tutte la associazioni nel corso della conferenza
stampa di presentazione del confronto di domani, «non vi è alcuna chiarezza». Il
Parco del mare è stato prospettato come un'iniziativa promossa e finanziata da
Camera di Commercio e Regione e poi gestita da una società: «Perché dunque non
si stimano pubblicamente le ricadute attese sul territorio di un'iniziativa
finanziata da risorse regionali e da quelle della Camera di commercio,
provenienti dal Fondo benzina e dalle quote degli associati? I contributi
pubblici dovrebbero essere stanziati e profusi per la città». Infine, si intende
discutere il modello, da molti ritenuto immorale, di allestire uno classico «zoo
per pesci»: nessun Parco quindi, secondo gli ambientalisti, ma «solamente spazi
stretti e crudeli nei quali rinchiudere pesci». A questo dibattito sono state
invitate tutte le istituzioni (Camera di Commercio inclusa, per la seconda
volta). Appuntamento alle 16.30 nella Sala Vittoria del Cral, a lato della
Stazione marittima. In caso di maltempo, invece, il focus andrà in scena in via
del Collegio, nella sala a fianco alla Chiesa di Santa Maria Maggiore.
Stefano Cerri
I gufi colonizzano Turriaco - Una betulla è il loro
regno
Hanno scelto l'albero di una villetta in pieno centro proprio a ridosso
della strada - La famiglia: «Puntuali come sempre, restano un mese». Stavolta
otto esemplari
TURRIACO - Puntuali, come accade ormai da quattro anni a questa parte,
alcuni gufi comuni sono atterrati sulla betulla nel giardino di una villetta
all'incrocio tra via Cosani e via Marconi, nel pieno centro di Turriaco, a
ridosso della via forse più trafficata. Né il transito delle automobili né
l'andirivieni nell'abitazione sembrano scomporre gli esemplari mimetizzati tra
le fronde dell'albero, ancora ricco di foglie e che, a inizio settimana, erano
otto. L'immobilità però non è totale quando ci si avvicina per osservarli
meglio: il capo si muove, in modo impercettibile, gli occhi seguono i
visitatori. I gufi, con il loro piumaggio grigio bruno e i caratteristici
ciuffi, stazionano in pieno giorno sui rami più alti, confusi contro la
corteccia maculata dell'albero, tra le foglie non ancora spazzate via
dall'autunno. Bisogna sapere quello che si cerca per distinguerli contro la
corteccia grigia e le ombre del fogliame: grazie alla livrea di colore bruno
macchiettato la mimetizzazione è pressoché perfetta. Idelba Berarnardi, che
abita nella villetta, e il figlio Andrea Cosma hanno accolto con gioia il
ritorno della famiglia di gufi. «Di solito arrivano a inizio novembre e si
fermano almeno un mese», spiega la proprietaria dell'abitazione. «Sì, ci fanno
questa sorpresa davvero inusuale e noi cerchiamo di non disturbarli», aggiunge
Cosma, guardando tra le foglie l'unico esemplare che ieri mattina faceva
capolino sull'albero.Nei giardini delle case attorno le betulle non mancano, ma
non pare finora siano state prescelte come dormitorio autunnale, mentre sembra
che in pieno inverno qualche gufo comunque stazionasse nella via, ma utilizzando
una magnolia. Un albero sempreverde e, soprattutto, dalle dimensioni tali da
garantire ai volatili di sentirsi al sicuro, ma in ogni caso vicino alla
campagna e ad altre aree di caccia, esclusivamente notturna, di una grande
varietà di piccoli animali: topi, toporagni, talpe, scoiattoli, ratti, insetti e
uccelli. Quelli che hanno deciso di prendere casa in questi giorni tra le
betulle di via Cosani sono sempre degli esemplari di gufo comune, distinguibili
da quelli di gufo reale per le dimensioni ben più ridotte, anche se di tutto
rispetto, visto che gli esemplari adulti misurano 35 centimetri ed hanno
un'apertura alare di poco meno di un metro. La presenza di questa specie è ormai
stabile nella zona, come quella di altri rapaci di piccole e medie dimensioni,
tra cui civette e barbagianni, oltre che, durante il periodo estivo, degli
assioli, migratori e che quindi lasciano la zona tra settembre e ottobre. Non è
infrequente che i gufi si riuniscano in dormitori sociali durante il periodo
autunnale-invernale, mentre d'estate ogni coppia ha il suo territorio, come
aveva spiegato l'ornitologo Paolo Utmar, che segue il monitoraggio dell'avifauna
per l'Area marina protetta di Miramare, quando i gufi erano comparsi nel pieno
centro di Turriaco nell'autunno del 2016. Il gufo comune è comunque una specie
che nidifica ed è presente tutto l'anno nel territorio, essendo in prevalenza
stanziale. Può capitare che qualche esemplare giovane si sposti in questo
periodo dall'alta pianura o dalla montagna, ma niente di più distante
Laura Blasich
LA CURIOSITA' - Scoperta fatta da un consigliere
comunale
Anche quest'anno tra i primi ad accorgersi dell'arrivo dei gufi nel giardino
della famiglia Cosma in via Cosani è stato il consigliere comunale Fabio
Bergamasco, amante della fotografia e del territorio in cui vive. «Nel
pomeriggio di lunedì ne ho contati otto tra piccoli e grandi, ben mimetizzati
tra le fronde dell'albero», spiega Bergamasco, che anche questa volta è riuscito
a immortalare gli esemplari presenti in via Cosani con una serie di immagini.
«Di solito rimangono sulle betulle fino a quando c'è del fogliame - afferma
Bergamasco - e quindi riescono a mimetizzarsi, ma poi si spostano. Ho visto i
gufi però anche a febbraio, rintanati in una magnolia, quindi un sempreverde,
sempre in via Cosani, poco distante da dove si trovano ora».-
FOCSIV - Gruppo Facebook - MARTEDI', 13 novembre 2018
FOCSIV è la più grande Federazione di Organismi di Volontariato Internazionale di ispirazione cristiana presente in Italia.
Sulla scomparsa di Alan Burns
Giorno 39 del pellegrinaggio: con grande dolore apprendiamo della perdita del caro amico e pellegrino Alan Burns.
E’ stato un onore camminare con Alan, uno degli esseri umani più meravigliosi che abbiamo mai avuto il privilegio di conoscere, e la sua memoria continuerà a vivere nei nostri cuori, e in ogni passo che facciamo. Se ne è andato durante il pellegrinaggio sul clima testimoniando fino alla fine la sua passione e dedizione per la causa della creazione di un mondo più giusto e sicuro. Offriamo le nostre preghiere, i nostri pensieri e mandiamo il nostro amore alla famiglia di Alan, alla sua comunità del North Carolina, alla comunità del Pellegrinaggio, al movimento Fast For The Climate e al più grande movimento climatico globale, e a tutti coloro la cui vita è stata toccata dalla gentilezza, dalla passione e dal coraggio di Alan.
#TheClimatePilgrimage #InCamminoxIlClima
Day 39th of the pilgrimage: with great sorrow we learn of the loss of our dear friend and pilgrim Alan Burns. It was an honor to walk with Alan, an outstanding human being we have ever met. His memory will continue to live in our hearts, and in every step we take. He departed while participating in the climate pilgrimage, witnessing to the end his passion and dedication to the cause of the creation of a more just and safe world. We offer our prayers, our thoughts and send our love to the family of Alan, to his community in North Carolina, to the Pilgrimage community, to the Fast For The Climate movement and to the greatest global climate movement, and to all those whose lives have been touched by Alan's kindness, passion and courage.
#TheClimatePilgrimage #InCamminoxIlClima
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 novembre 2018
Summit tra Authority e Arvedi - In ballo il destino della Ferriera
Incontro giovedì tra il presidente del Porto D'Agostino
e il magnate dell'acciaio - Sul tavolo il possibile avvio di una trattativa per
la vendita dell'area siderurgica
L'Autorità portuale scende in campo nella partita della Ferriera e si
propone per offrire una cabina di regia che possa condurre alla cessione
parziale o totale dell'area in uso a Siderurgica Triestina. Il presidente Zeno
D'Agostino e l'imprenditore Giovanni Arvedi si incontreranno giovedì per
confrontarsi sul futuro dello stabilimento di Servola. Sui contenuti del faccia
a faccia vige il più assoluto riserbo, ma è facile ipotizzare che D'Agostino
metterà sul tavolo del Cavaliere la disponibilità dell'Autorità portuale a farsi
mediatrice nelle possibili trattative fra azienda e gruppi privati interessati
all'area. Una prospettiva divenuta concreta, dopo l'emergere dell'interesse del
colosso asiatico China Merchants a entrare nella compagine azionaria della
Piattaforma logistica con un'operazione che potrebbe concludersi già entro
l'anno. Il presidente dell'Authority domanderà al magnate dell'acciaio quali
sono le condizioni ritenute indispensabili per valutare la vendita dell'area: e
dunque se esiste un interesse a trattare e a partire da quale somma. Arvedi è un
osso duro e conosce alla perfezione il modo di alzare la posta: non a caso
Siderurgica Triestina ripete pubblicamente in ogni occasione di voler scrivere
un nuovo Accordo di programma, essendo prossimo alla scadenza quello attuale.
D'Agostino non ha a sua volta mai fatto misero di considerare la zona strategica
per lo sviluppo della logistica a prescindere dall'arrivo di capitali stranieri,
tanto più che già esiste un piano per ricavare sui terreni oggi occupati
dall'area a caldo uno snodo ferroviario di ultima generazione, in grado di
consentire la creazione di convogli da 750 metri. Dalle parti di via von Bruck
ritengono che i tempi per il cambio di passo siano maturi. L'arrivo di
investitori stranieri, l'Accordo di programma agli sgoccioli, il varo del Porto
franco rappresentano per D'Agostino elementi su cui costruire alternative alla
produzione di ghisa. Nel suo ruolo di soggetto pubblico neutrale, l'Autorità
intende tuttavia legare a ogni progetto futuro la salvaguardia dei lavoratori.
Si tratta del punto più delicato ed è per questo che il Porto intende giocare la
sua funzione di facilitatore, chiedendo alla struttura commissariale di avviare
nei prossimi mesi una mappatura completa della manodopera dello stabilimento:
numero di persone, mansioni, professionalità, stipendi, distanza dal
pensionamento e dunque possibilità di valutare alcuni scivoli. Un passo
necessario per capire quali e quanti lavoratori potranno essere utilizzati nel
resto delle operazioni logistiche e manifatturiere legate allo scalo in caso di
effettiva chiusura dello stabilimento.
Diego D'Amelio
L'Arpa adegua le centraline nell'area di Servola -
qualità dell'aria
L'Arpa ha avviato degli interventi di adeguamento alla rete regionale di
monitoraggio della qualità dell'aria. Lo ha reso noto ieri la Regione,
precisando che i lavori riguardano in particolare le stazioni collocate in via
San Lorenzo in Selva (Rfi) a Trieste e in via Duca d'Aosta a Monfalcone. In
corso d'opera, le due stazioni continueranno a monitorare il livello di
inquinamento atmosferico e non sono previste interruzioni del servizio. A
Trieste il cantiere è stato aperto ieri con l'obiettivo di spostare la stazione
di pochi metri, senza interferire quindi nella rappresentatività e continuità
delle misure e delle relative serie storiche. Tali interventi sono motivati
dalla necessità di consolidare la struttura dell'attuale manufatto, garantendo
l'operatività del personale in sicurezza.
«In Comune non esistono progetti sul Parco del mare»
Bertoni del M5s incalza sul futuro dell'area della Lanterna ed esprime
«perplessità sul patto che consente costruzioni oltre i 10 metri»
Un progetto vero e proprio per la realizzazione del Parco del mare «in
Comune non è mai arrivato». Questa la notizia emersa ieri, nel corso della
seduta che la Commissione Trasparenza ha dedicato alla discussione sul futuro
dell'area che circonda la vecchia Lanterna, a pochi passi dalla Sacchetta, e
ribadita dalla presidente della commissione stessa Cristina Bertoni del M5s. «Ho
fatto personalmente una puntuale ricognizione della documentazione in possesso
del Comune - ha precisato, evidenziando due grossi raccoglitori di incartamenti
- e sono arrivata a questa conclusione è cioè che non esiste un piano per quella
zona che preveda la realizzazione del Parco del mare. Uno stato di fatto - ha
sottolineato - che ha evidentemente immediati riflessi sul futuro di
quell'area». Un concetto ripreso subito dopo dal dirigente del Comune Giulio
Bernetti: «L'unico progetto per quell'area in possesso dell'amministrazione è
quello che riguarda il cosiddetto Portolido, quindi una visione del tutto
diversa della zona. Si tratta di un piano piuttosto vecchio - ha continuato -
risalente al 2007 e riconfermato nel 2016». Bertoni ha poi ricordato che
«titolare del progetto è la società Trieste navigando, che versa in pessime
condizioni finanziarie e che potrebbe essere rilevata, come annunciato, dalla
Confcommercio». Un quadro che ha preoccupato i rappresentanti delle numerose
associazioni ambientaliste presenti alla seduta e che hanno annunciato per
dopodomani (alla Stazione marittima alle 16.30) un convegno in cui si dibatterà
proprio del futuro dell'area della Lanterna «nel corso del quale - hanno
annunciato - esprimeremo tutte le nostre perplessità al riguardo». «Dalle carte
- ha ripreso Bertoni - si scopre poi che c'è un piano economico finanziario che
prevede un investimento totale di 11 milioni che, con l'aggiunta dell'Iva,
salgono a 13 e che andrebbe aggiornato». La presidente della commissione ha poi
espresso «notevoli perplessità sul fatto che l'Autorità portuale ha proposto al
Comune un'intesa finalizzata a permettere che, nella zona demaniale, si possa
superare l'iniziale limite di 10 metri di altezza per le costruzioni da
realizzare, accordo che l'amministrazione ha sottoscritto». Bernetti ha
ricordato quindi che «esiste la possibilità di presentare progetti alternativi
che, nel caso, dovranno però essere soggetti alla procedura cosiddetta di
"Valutazione ambientale strategica" nell'ambito di un piano particolareggiato.
L'esponente della lista Insieme per Trieste Maria Teresa Bassa Poropat ha
osservato che «a questo punto solo il progetto di Portolido potrebbe iniziare
subito». Bertoni ha infine proposto di invitare a una prossima seduta l'Autorità
portuale per «chiarire le prospettive sull'area».
Ugo Salvini
Demolizione della Tripcovich - Le opposizioni frenano
Secondo Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Giannini (Cinque stelle)
«abbatterla costerebbe quasi quanto una ristrutturazione»
La sala Tripcovich potrebbe diventare proprietà del Comune, frutto di una
permuta che vedrebbe andare in cambio al teatro Verdi alcuni capannoni delle
Noghere, destinati in tal caso a diventare sede dei laboratori scenografici.
Questa la proposta della giunta Dipiazza, che è stata annunciata nei giorni
scorsi ed è stata presentata ufficialmente ieri, nel corso della seduta che la
Quinta commissione, presieduta da Manuela Declich di Forza Italia, ha dedicato
al futuro della struttura di largo Santos. «È già pronta una delibera consiliare
che va in tale direzione», ha assicurato l'assessore ai Teatri in quota Lega
Serena Tonel. Il Verdi attualmente non può utilizzare la sala per prove o altro
«salvo adeguamenti molto costosi», ha precisato Declich, perciò la soluzione
dell'esecutivo cittadino sembra essere l'unica percorribile. Prima di arrivare
in aula, la delibera sarà sottoposta anche all'esame della Quarta commissione.
Rimarrebbe poi in ogni caso da definire il concreto destino della sala
Tripcovich. A questo proposito, molti consiglieri hanno proposto di valutare le
prospettive alla luce di ciò che sarà realizzato in piazza della Libertà. Dalle
file del centrosinistra e dei Cinque stelle è stata fatta anche una valutazione
di opportunità di utilizzo destinato ai giovani. «Impianti di quella capienza -
hanno osservato Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) e Gianrossano
Giannini (M5s) - in città non ce ne sono. E poi va ricordato che abbatterla
costerebbe quasi quanto una buona ristrutturazione».
Per il super restyling di aiuole e giardini si
aspettano nel 2019 i 4 milioni dello Stato
La radicale sistemazione delle aree verdi è attesa a partire dalla
prossima primavera
IL PIANO - Sono interventi ordinari quelli che si stanno effettuando in
questi giorni a Miramare, e per questi la direzione continua, di conseguenza, ad
attingere al budget ordinario. Opere di manutenzione che, per l'anno in corso,
hanno comportato una spesa che ha superato di poco i 180 mila euro per il verde
del parco, ai quali devono però sommarsi altri 170 mila circa destinati alla
conservazione del castello. Si tratta di investimenti difficili da prevedere a
tavolino a causa della difficile misurabilità dei cosiddetti interventi in
conservazione preventiva. L'obiettivo di questi lavori di conservazione
preventiva è anche quello di incidere in misura relativa, in futuro, sul budget
ordinario, permettendo in tal modo a Miramare di crescere dal punto di vista del
virtuosismo finanziario. Morale: spendere meno in lavori straordinari mantenendo
alta l'allerta per quanto riguarda le opere di manutenzione ordinaria e
continua. Ma proprio in un prossimo futuro Miramare subirà una profonda opera di
restyling che riguarderà, in primo luogo, il polmone verde che fa da cornice al
maniero di Massimiliano e Carlotta. Opere che avranno un costo che andrà ben
oltre quanto utilizzato finora per i lavori ordinari e che partiranno solamente
ad anno nuovo inoltrato. Come ricordato dalla direttrice Contessa, infatti, il
finanziamento per la realizzazione dei grandi progetti che gravitano sul parco
di Miramare si concretizzerà solo a partire da gennaio 2019, così come da
cronoprogramma. I soldi infatti, arriveranno dal finanziamento da quattro
milioni promesso dal governo al termine della Conferenza unificata Stato -
Regioni dello scorso settembre 2017 e dal Consiglio superiore dei Beni culturali
presieduto, all'epoca, dall'allora ministro Dario Franceschini. Quest'erogazione
pubblica consentirà di rimettere interamente a nuovo il parco di Miramare, area
che nel passato è stata più volte criticata dall'opinione pubblica per la sua
incuria. I lavori, stando alle previsioni, cominceranno a primavera 2019 e
saranno finalizzati a ridisegnare e a ristrutturare tutto il comprensorio del
parco. Oltre a risolvere in maniera definitiva i problemi vivaistici del sito,
tale finanziamento permetterà di ripiantare quelle essenze e quei fiori
utilizzati dai giardinieri di Miramare ai tempi della costruzione del maniero e
che furono voluti fortemente dagli stessi Massimiliano e Carlotta.
Le amministrazioni abbattono gli alberi con troppa
facilità - la lettera del giorno di Linda Vuk
Lo scrittore e giardiniere Marco Martella qualche tempo fa ha scritto che si
dovrebbe promulgare una Carta dei diritti degli alberi, come si è fatto per gli
animali. E come non essere d'accordo, quando si vede con quanta facilità i
nostri amministratori pubblici buttano giù alberi secolari, di una bellezza
commovente, senza soffermarsi nemmeno un attimo a pensare che quelle piante sono
degli esseri viventi, che ci hanno messo centinaia di anni a crescere, che ci
hanno dato refrigerio nelle calure estive e ci hanno dato l'ossigeno necessario
alla nostra vita, filtrando l'aria inquinata che gli abbiamo propinato. Hanno
visto passare la storia delle nostre città ai loro piedi, testimoni silenziosi
che hanno avuto il difetto di trovarsi nel posto dove l'amministrazione di turno
ha deciso che al loro posto stava meglio una bella distesa di cemento o una
bella strada iper trafficata... e zac, un giro di sega e niente più foglie da
pulire, niente manutenzione: ma non vi preoccupate. Gli imponenti fusti verranno
sostituiti con altrettanti alberelli di un metro e mezzo, che prima di crescere
verranno capitozzati annualmente in maniera da non dare "fastidio". Forse
sarebbe ora di cominciare a fare una sana educazione al rispetto della natura e
del verde, a partire dalla scuola dell'infanzia, per fare capire alle persone
quanto si sbaglia a trattare la natura come una cosa di nostra proprietà, da
usare a nostro piacimento. Siamo tutti dentro un sistema in equilibrio carente
per colpa nostra. Il maltempo di questi giorni ci ha dato un messaggio che deve
essere uno schiaffo in faccia per toglierci il delirio di onnipotenza che
abbiamo nei confronti della natura, a cominciare dal rispetto degli alberi.
Piangiamo per gli alberi buttati giù da vento in montagna, ma poi distruggiamo
tutti gli esemplari più importanti che abbiamo in città...
Nuovi collegamenti transfrontalieri e cabinovie per il
Carso - il progetto Inter-Connect all'INCE
Collegamenti intermodali e transfrontalieri, strategie di comunicazione
integrata e, soprattutto, efficace: questi gli ingredienti dell'incontro, presso
l'Ince, in occasione della presentazione del progetto Inter-Connect.
«L'obiettivo del progetto - spiega Paolo Dileno, project manager di Cei - è
quello di rafforzare le capacità di trasporto integrato e i servizi di mobilità
e multimodalità dell'area Adriatico-Ionica, con Trieste che gioca un ruolo
fondamentale: non a caso è sul miglioramento delle connessioni intermodali di
trasporto pubblico locale con i servizi marittimi in territorio di Trieste che è
si focalizzata una delle otto case history del progetto». Studio che analizza
anche le potenzialità di un futuro collegamento transfrontaliero marittimo tra
Trieste/Muggia e Capodistria, utile in particolar modo per Muggia, non toccata
dal servizio automobilistico gestito da Arriva che invece collega Trieste.
«Intermodalità - spiega Lorenzo Bandelli, dell'area innovazione, turismo e
sviluppo economico del Comune di Trieste - significa anche riuscire a non
saturare una città complicata come la nostra attraverso la creazione di
parcheggi scambiatori, come Park Bovedo lato mare, già operativo o il
potenziamento, a sud, del park di via Carli». Per il futuro Bandelli ha
illustrato un avveniristico progetto: una linea di cabinovie che colleghino
porto vecchio a un parcheggio scambiatore sull'altipiano carsico. Come a
Barcellona per intenderci. Per Michele Scozzai, responsabile comunicazione di
Trieste Trasporti, il problema è che «le aziende di trasporto italiane hanno
mediamente una pessima cultura comunicativa, e Trieste Trasporti non fa
eccezione. Cercheremo di far meglio. Alcuni esempi ci sono: il servizio di
hop-on hop-off, che consente al turista di visitare la città a bordo di mezzi da
25 posti, ha avuto un buon successo». «Infrastrutture di interscambio ai sensi
dell'obiettivo - dice Massimiliano Angelotti, della direzione delle
infrastrutture e del territorio della Regione - è dare un seguito e rafforzare
quanto realizzato nelle precedenti esperienze, vedi Mi. Co. Tra. e Adria A». Si
è parlato anche del biglietto unico integrato autobus-treno, frutto di un
accordo tra Trieste Trasporti e Slovenske Zeleznice, per la connessione
ferroviaria Villa Opicina-Lubiana, che in una prima fase sarà operativo da
gennaio a giugno 2019, e che sarà disponibile in formato elettronico sul sito
delle ferrovie slovene.
Luigi Putignano
Generali, stop ai rischi climatici - Niente più polizze
sul carbone
Il plauso di Greenpeace protagonista di una spettacolare protesta
nell'ultima assemblea: «Scelta coraggiosa»
TRIESTE - Generali, stop al carbone. In aprile un gruppo di attivisti di
Greenpeace si calò dal tetto della Stazione Marittima a Trieste, dov'era in
corso l'assemblea delle Generali, con uno striscione di protesta contro gli
investimenti in carbone e il global warming. Una protesta spettacolare che in
realtà non faceva che accelerare una strategia già avviata dal gruppo triestino
sul tema ambiente, cambiamenti climatici e investimenti nel carbone. Il gruppo
infatti aveva già annunciato il 21 febbraio il graduale disinvestimento per
circa 2 miliardi dell'equity impegnato nelle attività carbonifere entro l'aprile
del 2019. Inoltre il Leone avrebbe investito 3,5 miliardi entro il 2020 in
attività legate all'economia green. STOP AL CARBONE - In queste ore l'annuncio
che completa la linea delle Generali in un passaggio della nota tecnica alla
strategia sul cambiamento climatico: le Generali non forniranno più coperture
assicurative per la costruzione di nuove miniere centrali elettriche a carbone,
senza alcun tipo di eccezione. Nei Paesi in cui l'economia dipende ancora in
modo stretto dal carbone per la produzione di energia e per il riscaldamento
delle case (valgono lo 0,02% degli investimenti di questo tipo) la compagnia
cercherà di garantire una «transizione giusta» coinvolgendo le controparti. Le
Generali parleranno con aziende e istituzioni per cercare di convincerli a
sostituire i prodotti fossili con quelli rinnovabili: «Non si può forzare la
chiusura degli stabilimenti a discapito dell'economia», aveva detto
nell'assemblea di aprile il presidente Gabriele Galateri. Ma intanto lo stop è
definitivo e comincia l'era degli investimenti del Leone nell'economia verde.
INVESTIMENTI GREEN - Come detto, il Gruppo aumenterà di 3,5 miliardi entro il
2020 gli investimenti nei settori green e della sostenibilità. Le organizzazioni
ambientaliste, Greenpeace e Re:Common, fanno sapere di apprezzare molto questa
decisione che elimina «il più inquinante fra i combustibili fossili». Le
Generali -sottolineano- hanno deciso di compiere «un passo importante in difesa
dei cittadini» con una mossa che definiscono «coraggiosa» perchè «mette un
limite all'esposizione del gruppo verso l'industria più dannosa per il clima e
la salute delle persone». Lucia Silva, responsabile per la Sostenibilità e la
responsabilità sociale del gruppo triestino, spiega che il gruppo di Donnet ha
voluto dare «un segnale chiaro sull'importanza delle filiere verdi e
sostenibili». Tutto ciò è linea con i principali accordi sul clima come il
Global Compact e la Paris Pledge for Action cui il Gruppo ha aderito nel 2015.
IL CLIMA ESTREMO - Luca Iacoboni, responsabile campagna Energia e Clima di
Greenpeace Italia, chiarisce all'Ansa che «i fenomeni meteorologici estremi sono
la diretta conseguenza del clima che cambia, e sono purtroppo una drammatica
realtà già oggi in tutta Italia. È dunque un'ottima notizia che Generali stia
decidendo di anteporre le persone e il clima ai propri interessi economici a
breve termine. Ora monitoreremo che alle parole seguano i fatti, e che il Leone
di Trieste abbandoni presto tutte le attività carbonifere anche in Polonia e
Repubblica Ceca».
Piercarlo Fiumanò
Conferenza sulle meduse
Alle 18, allo spazio Trieste Città della conoscenza (all'interno della stazione ferroviaria), conferenza sulle meduse dal titolo "Creature dalla bellezza sinuosa e ipnotica o scocciante seccatura estiva (quando non un vero e proprio pericolo)?". Con Massimo Avian, professore di Zoologia, e Valentina Tirelli, ricercatrice all'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale. Modera Eleonora Degano
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 novembre 2018
Parcheggi e pullman frenano il cantiere Silos per la
quarta volta
Inghippi burocratico-amministrativi causano il rinvio dei lavori a
primavera 2019 - Regione e Comune chiamati a sciogliere gli ultimi nodi. L'iter
in piedi da 15 anni
Questione di parking. Sarebbe uno spunto per Mina e Riccardo Cocciante.
Questione di parking ma anche di pullman. Una coppia che incarta ancora una
volta il Silos, questo intramontabile classico della progettualità triestina, il
cui iter amministrativo dura dal 2003. Forse siamo alla conclusione di
un'avventura avvincente lunga tre lustri abbondanti, ma nel caso del Silos
meglio toccare ferro, essendo l'ex magazzino di cereali a fianco della stazione
centrale giunto ormai al quarto stop burocratico. Regione e Comune sono
all'opera per sciogliere i nodi, consentire che l'accordo di programma vada
avanti, permettere che a primavera 2019 si insedi il cantiere. Cosicché il fondo
internazionale d'investimento, interessato all'acquisto del grande immobile,
apra il portafoglio. L'operazione, gestita di fatto da Immobiliare Nordest (Coop
Alleanza 3.0) dopo il fallimento di Unieco, richiede un investimento di oltre
100 milioni di euro. Albergo a 4 stelle, centro congressi con una sala da mille
posti e sale più piccole per 300-400 persone, spazi commerciali, ristoranti, 800
parcheggi: tutto fermo.Perché? Il rapporto tra parcheggi/superfici commerciali e
l'organizzazione del terminal-pullman sono gli ostacoli che adesso zavorrano il
decollo del Silos. Il primo posto di blocco è un esempio di quanto possa essere
complicata la pubblica amministrazione. Districhiamoci nel roveto. Premessa: il
Silos non è considerato centro storico, per cui il rapporto stalli/superfici di
vendita è di 200 metri quadrati, come si trovasse in periferia o in campagna.
Cioè: per ogni metro quadrato di vendita, due metri quadrati sono riservati a
parcheggio. Un paio di anni fa la Regione accettò di ridimensionare il rapporto
stalli/commercio a un ragionevole 1:1, un metro quadrato per un metro quadrato.
Ma, quando la proprietà decise di aumentare la superficie commerciale da 12 mila
a 14 mila mq, la Regione eccepì sull'ampliamento riportando il rapporto a
200/100. Ora, per rimettere tutto a posto, occorre un passaggio in Consiglio
regionale.Il secondo posto di blocco riguarda il futuro assetto della stazione
corriere all'interno del Silos. Qui è invece il Comune in primo piano, perché
insiste su un terminal decoroso. Il progetto, elaborato dallo studio Archea di
Latisana sulla base di un complesso calcolo degli orari di partenza/arrivo,
prevede 6 banchine dedicate a partenza/arrivo dei passeggeri, un numero che gli
uffici comunali dell'urbanistica desiderano accrescere verso quota 10. Nessun
problema, invece, per l'area di deposito mezzi dove potranno sostare una ventina
di corriere.«Nessun parli», parodiando la romanza della Turandot. C'è prudenza
da parte degli interlocutori, che, in una fase auspicabilmente decisiva
dell'itinerario amministrativo, non vogliono commettere passi falsi. Il progetto
Silos era stato rilanciato con una certa enfasi nel gennaio 2015 durante l'era
Cosolini: allora proprietà e tecnici dichiararono che il centro congressi
sarebbe stato ultimato nel 2017. Ma i rallentamenti, qui sommariamente
riportati, non hanno permesso il raggiungimento dell'obiettivo. Intanto il
Comune aspetta le modifiche progettuali.
Massimo Greco
Il triste declino del magazzino costruito per le
granaglie
Ospitò gli esuli istriano-dalmati che avevano lasciato le loro terre. Nel
1971 fu devastato da uno spaventoso incendio - Il progetto Semerani-Tamaro -
Purtroppo la storia novecentesca e quella attuale del Silos non sono
luminose. Da deposito di cereali passò a ospitare gli esuli istriani e dalmati,
che nel secondo dopoguerra avevano abbandonato le loro terre occupate dagli
jugoslavi. Nel 1971 il magazzino venne devastato da uno spaventoso incendio.
Oggi vi albergano migranti, che si acquartierano negli antri ottocenteschi lungo
i 250 metri del grande edificio. Il Comune comprò dalle Fs nel 1982 l'edificio
"di testata" in piazza Libertà e le prime sette campate dei due corpi laterali,
con l'intenzione di realizzare un'autorimessa, un terminal autocorriere
sostitutivo di quello risalente agli anni Trenta co-firmato da Baldi&Nordio,
un'area commerciale dove sistemare le bancarelle con cui i jeansinari facevano
allora buoni affari. Nello stesso anno il Municipio bandì un appalto-concorso,
che tre anni più tardi vide vincitore il progetto presentato da Luciano Semerani
e Gigetta Tamaro. Ma il recupero, rispetto all'ampiezza complessiva
dell'edificio, fu parziale e lasciò irredenta buona parte della superficie. In
questa situazione precaria si inserì qualche anno dopo l'acquisto e la proposta
del mondo cooperativo, interessato a trasformare radicalmente il Silos ricavando
al suo interno un hotel, un centro congressi e altre attività. Con una
previsione di investimento superiore ai 100 milioni di euro. Ma su quella parte
della città, in quel primo decennio Duemila, scese quella che gli studiosi
definiscono "sindrome tergestina", ovvero l'impantanamento progettuale. Perché,
più o meno coevo al tema Silos, correva anche la riqualificazione di piazza
Libertà, sulla quale governo centrale (c'era Berlusconi) e regionale (c'era
Illy) puntarono oltre 4 milioni, che rimasero di fatto congelati fino a
quest'anno, quando, con un ritardo di quasi quindici anni, si apre il cantiere
per rimettere en forme un capitolo urbano carente e scadente. Interessante
constatare che l'itinerario-lumaca del Silos sembra vedere la luce proprio
quando parte il lifting della piazza: forse l'accesso nord di Trieste, che era
rimasto molto indietro rispetto ad altre zone cittadine decisamente meglio
"coltivate", racconterà una nuova pagina di decoro, di vivibilità, di pulizia.
Verrà parzialmente riscritta la viabilità attorno alla piazza, verranno
concentrati i bus in un apposito hub di fianco al Silos, saranno rifatti i
marciapiedi. Il cantiere dovrebbe durare un anno. Silos + piazza Libertà,
dunque. Manca ancora qualcosa: quel qualcosa che ha annunciato l'altro giorno
Dipiazza, ovvero l'abbattimento della sala Tripcovich, per dare "aria" a quello
spicchio di piazza, dietro al quale si profila l'antico ingresso in Porto
vecchio. Non a caso il sindaco ha detto che, dal momento che ci sarà una nuova
sala nel Silos, non ci sarà più bisogno della stazione di Baldi&Nordio.
Da tempo ormai è rifugio di profughi in arrivo via
Carso dalla rotta balcanica
Un giro attorno alle centinaia di metri del perimetro dell'ex granaio
la vista. Un perimetro lungo alcune centinaia di metri, la bicicletta viene
comoda. Si passa la sbarra di via Gioia costeggiando Centrale, si prosegue fino
alla fine della carreggiata quando la strada volge a sinistra e offre un potente
scorcio del complesso Silos: due lunghi edifici paralleli separati da un ampio
spazio vuoto. Il colpo d'occhio potrebbe richiamare un vasto compendio
bombardato, dove nella parte centrale si allarga una navata scoperchiata. Poi la
strada, divenuta sterrata, riprende verso sinistra, per sfociare di fianco
all'ingresso di Porto vecchio. In apparenza non c'è anima viva, non c'è un fuoco
acceso, pochi e remoti i rumori. I "residenti" sono andati in mensa oppure si
celano sotto le grandi arcate dell'immenso stabile ottocentesco, perché non
hanno particolari ragioni per mostrarsi. Evidente la cesura tra la porzione
restaurata - dove si raccolgono il terminal corriere, i negozi, il parking Saba
- e i 250 metri da vent'anni in fervida attesa di un cantiere. «Una pelle di
vetro lascerà in evidenza le arcate monumentali», aveva detto il progettista
Aldo Pavoni, ripresentando il progetto insieme al manager Attilio Grazioli, il
16 gennaio 2015.L'estrema prossimità del rudere alla stazione centrale non è
certo quello che si possa definire un elegante biglietto da visita cittadino.
L'atrio del terminal pullman è quello che è, dall'antro delle corriere non c'è
da attendersi granché, negozietti e posti auto non hanno bisogno di accuratezza
descrittiva. Proseguendo nella parte in attesa della malta risanatrice,
l'effetto è naturalmente ancora peggiore e la facilità di accesso (reti
scavalcabili o strappate) attrae una particolare utenza. L'ultima segnalazione
pubblica di profughi ospitati sotto le volte dell'ex granaio risale a metà
settembre, quando una bella mattina Gianpaolo Sarti, cronista del "Piccolo", s'imbattè
in una trentina di migranti, molti dei quali provenienti dall'Afghanistan,
contraddistinti da un'anagrafe molto giovane. Erano entrati in Italia seguendo
la cosiddetta "rotta balcanica", viaggiando nascosti in auto e camion. Poi
avevano camminato nei boschi fino al confine italo-sloveno e, con il favore
delle tenebre, erano scesi dai boschi carsici in città.
Rigassificatore, nave metaniera dalla Norvegia
Lng Croazia sceglie l'offerta di Golar Power Limited, ma è da vagliare
l'interesse del mercato: l'impianto resta in bilico
FIUME - La notizia è ora ufficiale, diramata dall'azienda statale Lng
Croazia alla quale Zagabria ha affidato la realizzazione del progetto del
rigassificatore nordadriatico. Lng Croazia ha dunque deciso di accettare
l'offerta della norvegese Golar Power Limited per l'acquisto della nave
metaniera che - dopo lavori di refitting - dovrebbe essere trasformata in
rigassificatore offshore, da sistemare nelle acque di fronte alla località di
Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia. I norvegesi sono riusciti a
imporsi nella gara internazionale che vedeva ancora presenti la giapponese
Mitsui Osk Lines e la greca Gas Maritime Inc. A finire nelle acque del golfo di
Fiume dovrebbe essere la nave cisterna Golar Viking, che ha una capacità di 140
mila metri cubi di gas e verrà a costare 159,6 milioni di euro. Ma prima di
concludere il contratto di acquisto, lo Stato dovrà varare la delibera di
investimento. Un atto che dipende dall'effettivo mercato per la locazione del
gas di Veglia. Entro il prossimo 20 dicembre, Lng Croazia analizzerà infatti se
vi siano sufficienti interessi nei riguardi della movimentazione annua destinata
a toccare i 2,6 miliardi di metri cubi di gas. Se entro quella data si
constaterà che l'interesse è sufficiente a sostenere l'operazione, allora Lng
Croazia e Golar Power Limited procederanno alla firma del contratto di
compravendita dell'unità, varata nel 2005. In caso contrario il progetto del
rigassificatore galleggiante sarà accantonato. L'azienda croata ha comunque
precisato che, in caso di acquisto della Golar Viking, questa sarà sottoposta a
ristrutturazione a Singapore oppure a Seul, nei cantieri abilitati a trasformare
i tanker in terminal metaniferi. Dopo il refitting, l'arrivo dell'unità nelle
acque dell'Adriatico settentrionale dovrebbe avvenire tra settembre e ottobre
del 2020. Il rigassificatore potrebbe entrare così in funzione all'inizio del
2021. Quello del rigassificatore è un progetto molto caro agli Stati Uniti e
all'Unione europea, che intendono così contrastare il dominio russo in questa
porzione del Vecchio Continente: non per niente l'Ue ha destinato a fondo
perduto 101 milioni di euro per la realizzazione dell'impianto offshore
quarnerino, coprendo in questo modo all'incirca un terzo del costo del progetto.
«Posso confermare che se lo Stato croato non varerà il documento» che dà il via
libera all'investimento «non ci sarà alcun contratto tra la nostra impresa e
l'armatrice scandinava - ha confermato Barbara Doric, direttrice di Lng Croazia
- nulla è ancora vincolante in quanto dobbiamo prima capire se vi sia
l'interesse nei confronti del gas: confidiamo molto nella collaborazione con
l'Ungheria, che potrebbe assorbire un miliardo e mezzo di gas all'anno. Senza i
partner magiari, il rigassificatore galleggiante di Castelmuschio non si farà».
Va rilevato infine che la compagnia norvegese ha offerto una nave per la cui
manutenzione non sarà utilizzato il cloro, una buona notizia per il mare del
Quarnero, ma in un contesto in cui le autorità locali e non hanno opposto più
volte la propria contrarietà all'impianto.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 novembre 2018
La decrescita "felice" non porta sviluppo - Il Fvg
vuole più servizi e qualità della vita -
L'INDAGINE
Il rapporto di Community Media Research analizza l'orientamento
dell'opinione pubblica dopo i no del governo alle grandi infrastrutture
Crescere o decrescere? Meglio crescere, dando più attenzione alle nuove
dimensioni dello sviluppo come la sostenibilità e l'attenzione all'ambiente.
Insomma, dobbiamo proseguire a produrre e lavorare ponendo al centro la qualità
del progresso. La prospettiva di una decrescita non rientra nell'orizzonte di
vita delle persone. Di fronte al dilemma, è netto l'indirizzo che emerge dai
nordestini interpellati nell'ultima ricerca di Community Media Research, in
collaborazione con Intesa Sanpaolo. Ed è un'indicazione in controtendenza
rispetto a quanto stiamo assistendo in questi mesi, dove il motivo di fondo - in
particolare dell'esecutivo lega-stellato, pur con alcuni distinguo interni - è
marcato da un sentiment di negatività nei confronti di qualsiasi opera di
rilievo e verso i ceti produttivi. Dietro l'ormai reiterata e stereotipata
richiesta di voler valutare il rapporto costi-benefici per ogni opera, si
prospetta l'intenzione (si passi la metafora) di tirare il freno a mano di
un'auto che peraltro già procede troppo lentamente. E la stima ultima della
non-crescita del Pil nel terzo trimestre di quest'anno è lì a ricordarlo. Prima
l'Ilva e poi la Tap, cui invece hanno dovuto obtorto collo dare il via libera.
Ma il no ai Giochi Olimpici a Roma, quello pronunciato dal Comune di Torino
sulla Tav e l'addio ai Giochi invernali con Milano e Cortina, i dubbi
pronunciati su Tav a Nord Est, il tunnel del Brennero, la superstrada
Pedemontana, e sicuramente scordiamo altre opere, sottendono una visione
negativa dello sviluppo.Ora, non c'è dubbio che un insieme di scelte operate da
amministratori locali e nazionali, da imprese, ma anche da privati cittadini (si
veda il caso degli abusi edilizi) non abbiano saputo salvaguardare una crescita
ordinata e lungimirante delle nostre città, del territorio. Dagli effetti dei
cambiamenti climatici sul nostro ambiente, all'inquinamento; dalla carenza delle
infrastrutture, alla cementificazione del territorio: gli esempi negativi non
mancano. Tuttavia, l'interrogativo è se per re-indirizzare lo sviluppo si debba
buttare via il bambino con l'acqua sporca oppure distinguere attentamente i pro
e i contro, e con la dovuta progressione spostare le politiche su uno sviluppo
legato all'innovazione e alla sostenibilità. Ed è proprio questa l'indicazione
che emerge dalla grande maggioranza degli intervistati. Due terzi dei nordestini
(69,7%), considera necessario continuare a produrre e lavorare per poter
crescere, ma sottolineando la necessità di prestare una maggiore attenzione alla
qualità dello sviluppo, proprio per evitare gli errori del passato. A questa
visione, si affianca una prospettiva di tipo conservatrice della crescita,
legata al timore di perdere la ricchezza acquisita (9,0%) e quindi di proseguire
lungo la strada fin qui percorsa. Dunque, pur con sfumature diverse,
complessivamente i quattro quinti (78,7%) della popolazione - un po' più fra i
veneti (80,0%) che fra i friul-giuliani (75,0%) - guarda al futuro con
l'aspettativa di continuare a progredire. Una visione vicina all'idea di
decrescita, invece, accarezza una quota largamente minoritaria, benché non
marginale, degli intervistati: in generale, poco più di un quinto (21,3%)
ritiene che una maggiore qualità dello sviluppo deve avvenire riducendo il ritmo
della crescita (16,8%, in particolare in Friuli Venezia Giulia: 23,1%) e il 4,5%
pensa che il benessere accumulato sia più che sufficiente: la strategia è quella
di difenderlo.Così, possiamo identificare tre visioni dello sviluppo. Quella più
consistente e che abbraccia la grande maggioranza della popolazione (70,0%)
disegna uno "sviluppo qualitativo": è necessario continuare a crescere, ma
diversamente dal passato. È una prospettiva condivisa soprattutto dalle giovani
generazioni e dagli studenti, dagli imprenditori, da chi ha un titolo di studio
più elevato e vive in Veneto. La prospettiva di una "crescita tradizionale", in
linea col passato, coinvolge il 9,1% degli interpellati, in particolare fra chi
ha un basso titolo di studio, le casalinghe e i pensionati. La visione della
"decrescita" (20,9%) interessa maggiormente chi ha raggiunto già posizioni
lavorative di rilievo (come i dirigenti) e, per converso, i disoccupati che
plausibilmente in questo modo avvertirebbero di meno la perdita di status. Ma è
a Nord Est (20,9%, rispetto al 15,6% in Italia), e soprattutto in Friuli Venezia
Giulia (25,0%), che la decrescita fa proporzionalmente maggiori adepti:
territorio ricco economicamente, frutto di una crescita avvenuta in modo
effervescente, ma anche disordinata che non pochi disastri ha realizzato sul
territorio.Che ci sia bisogno di immaginare uno sviluppo ulteriore del nostro
paese non è soltanto un'ideale astratto, ma è ancorato a reali necessità. È
sufficiente osservare la valutazione dei nordestini verso una serie di servizi,
rispetto alla media europea, per comprenderlo. L'unico servizio che ritengono
analogo o migliore su scala europea è il sistema sanitario (63,8%). Sebbene con
grandi differenze territoriali: largamente promosso a Nord Est (83,6%) e a Nord
Ovest (75,8%), ampiamente bocciato nel Mezzogiorno (46,0%). Per il resto della
classifica, i servizi proposti si collocano ben al di sotto della media
continentale. Nell'ordine troviamo il sistema scolastico (42,3%), la
connettività (wi-fi/internet/banda larga: 37,5%), il sistema infrastrutturale
(strade, autostrade, aeroporti: 33,1%) e delle ferrovie (30,1%), il fisco
(15,0%). Ciascuna di queste voci conosce divari territoriali significativi, ma
in generale tutti prefigurano un grave ritardo rispetto alla media europea.Di
qui, l'idea del futuro del paese, fondata su esigenze reali, non può essere
segnata da un generale "fermiamo le macchine" o da cesure nette (irrealistiche)
col passato. Perché viviamo in un sistema di relazioni nazionali e
internazionali complesso e che va gestito adeguatamente: con capacità di
mediazione, interlocuzione e prospettive chiare sullo sviluppo. La misura del
Pil non contiene (ancora) la felicità delle persone, ma per ridare loro felicità
è necessario costruire il Pil. No Pil? No party.
DANIELE MARINI
IL PICCOLO - SABATO, 10 novembre 2018
Patto tra Comune e Autorità portuale - Via alla super
bonifica del terrapieno
Il Comune utilizzerà 5,5 milioni destinati dalla Regione all'Uti per
rivitalizzare il tratto di costa con parco giochi e foresteria
Parco giochi per bambini, foresteria per giovani atleti, spiaggia per le
famiglie: Roberto Dipiazza lo aveva anticipato poco prima di Ferragosto e lo ha
confermato, insieme all'assessore all'Urbanistica Luisa Polli, ieri pomeriggio
in "salotto azzurro". "Dipiazza beach" o "playa del Alcalde" o "Bürgmeisterstrand",
a seconda dei gusti e delle inclinazioni etno-linguistiche. E' questo il
programma per risanare e riqualificare il terrapieno di Barcola. Il sindaco lo
vede come un'area di tempo libero vocato alla balneazione, al diporto, alla
ristorazione. D'altronde nella zona o non lontano da essa insistono la velica
Barcola-Grignano, il Saturnia, il Sirena, il club del Gommone, la scuola di
windsurf. E adesso c'è anche il parcheggio.Per trasformare l'ex discarica in
momento ricreativo il Comune potrà contare su una base di 5,5 milioni, che
provengono da uno stanziamento regionale di 20 milioni deciso per finanziare il
Patto territoriale sottoscritto in primavera, prima delle elezioni, da Debora
Serracchiani e dallo stesso Dipiazza in qualità di presidente dell'Uti. Ma la
bonifica assorbirà una bella fetta di risorsa, per cui è presumibile che la
cifra disponibile dovrà essere vitaminizzata. Dipiazza ha preferito non essere
troppo cogente in tema di tempistica: se tutto andrà bene - spiegheremo cosa
intende il primo cittadino - la fase A, cioè la bonifica, potrebbe venir
completata entro la fine del 2020. Il resto, come l'intendenza secondo Napoleone
e de Gaulle, seguirà. Questo supplemento di "barcolanità" è stato reso possibile
da uno scambio intervenuto con l'Autorità portuale, suggellato dalla reciprocità
degli atti (delibere di giunta e di comitato) e dall'imminenza di un protocollo
d'intesa, sul quale saranno apposti gli autografi di Dipiazza e di Zeno
D'Agostino. Così l'Autorità provvederà a bonificare l'ex discarica di via
Errera, che avrebbe dovuto essere di competenza comunale, mentre il Municipio si
occuperà del terrapieno barcolano, che in origine avrebbe dovuto rientrare nei
doveri portuali. In effetti sembra tutto più logico, perchè il Comune,
neo-proprietario di Porto vecchio e adiacenze, avrà modo di pianificare in
termini turistico-sportivi il terrapieno, quando da parte sua l'Autorità potrà
pensare a investimenti consoni a un tratto di costa attiguo al
termovalorizzatore. Comprensibile la prudenza di Dipiazza sui tempi di bonifica:
il Comune ha già una campionatura di cosa è stato sepolto in passato nel
terrapieno, ma dovrà procedere a un'ulteriore verifica con specifico affidamento
di incarico. Sul quadro generale delle risultanze, il Municipio si confronterà
con la Regione e, se non ci saranno complicazioni, bandirà finalmente le gare
per lo svolgimento della bonifica. Visto l'importo, si tratterà con molte
probabilità di gare europee.
Massimo Greco
E alla Torre del Lloyd ora viene demandato il recupero
di via Errera
Il protocollo d'intesa Comune-Porto affronta una complessa questione
ambientale, che riguarda due delle più fetenti toilettes cittadine: il
terrapieno di Barcola e via Errera, due discariche che vennero autorizzate per
accogliere rifiuti inerti ma nelle quali solo Dio sa cosa sia stato rovesciato.
Entrambe le aree sono finite all'attenzione dell'autorità giudiziaria e delle
forze dell'ordine: nel novembre 2005 toccò a un chilometro e mezzo di costa
barcolana essere posto sotto sequestro dai Noe dei Carabinieri causa la presenza
di sostanze inquinanti, mentre all'inizio del 2017 un dossier della Provincia
(non ancora dissolta) dedicato a via Errera venne portato all'attenzione degli
stessi Noe. Entrambe sono questioni ambientali dalla durata pluridecennale: i 90
mila metri quadrati del terrapieno barcolano funsero da discarica gestita dal
Comune per smaltire rifiuti tossico-nocivi tra la fine degli anni '70 e l'inizio
del decennio successivo, finirono in riva al mare le ceneri dell'ex
termovalorizzatore di San Pantaleone e gli inerti provenienti dai lavori
eseguiti al Centro di fisica e alla Sissa. L'area di via Errera venne
autorizzata dalla Regione dal 1983 all'87, con la prescrizione al Comune di
realizzare una barriera tale da frenare l'avanzamento dei rifiuti verso il mare.
Barriera che nessuna amministrazione costruì. L'Autorità aveva calcolato che la
bonifica di via Errera sarebbe costata 27 milioni di euro.
Ferriera - Parco minerali a Servola - Competenze
ambientali da Roma alla Regione
La Direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque del
ministero dell'Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare ha decretato
che sarà la Regione a rilasciare la Valutazione di impatto ambientale (Via) sul
progetto del parco fossili e del parco minerali dello stabilimento siderurgico
di Servola. A renderlo noto è l'assessore regionale all'Ambiente e Energia Fabio
Scoccimarro. L'esponente della giunta Fedriga in quota Fratelli d'Italia ricorda
come «nella conferenza dei servizi del 17 luglio era stato chiesto un parere
sulla competenza in materia di Via sul progetto, viste le dimensioni delle
coperture presentate dalla società».«Se la competenza fosse stata del ministero
i tempi dell'approvazione definitiva si sarebbero potuti dilatare notevolmente:
basti pensare che, senza voler puntare il dito contro alcuno, dalla conferenza
del 17 luglio - fa notare Scoccimarro - il verbale è stato definitivamente
approvato dopo quasi 60 giorni».«Oggi invece - spiega l'assessore, che ieri per
la cronaca ha dichiarato di essere all'ultimo giorno da segretario regionale di
Fdi - il Ministero ha stabilito che il progetto non rientri nella categoria
"stoccaggio", bensì in quella "lavorazione dei metalli e dei prodotti
minerali"». Infatti, insiste Scoccimarro a questo proposito, «nella nota viene
specificato che "la valutazione degli effetti ambientali sia effettuata nel suo
complesso, ivi incluse le opere connesse quando queste rappresentano una parte
integrante dell'opera principale"».«Questa novità rappresenta dunque un
"alleggerimento" burocratico - conclude Scoccimarro -. Quindi, nell'interesse di
tutti, si ridurranno le tempistiche deputate a portare all'attuazione
dell'accordo di programma in merito alla realizzazione delle coperture dei
parchi minerali e fossili che risolveranno una volta per tutte gli episodi degli
spolveramenti e contribuiranno al sistema di trattamento delle acque».
IL PICCOLO - VENERDI', 9 novembre 2018
Dieci alberi storici abbattuti per i lavori in piazza
Libertà
Italia Nostra e Legambiente protestano: «Si poteva trovare un'altra
soluzione» - L'assessore Lodi: «Intervento annunciato. Ne arriveranno 16 nuovi
su due file»
Le foto sono rimbalzate rapidamente su Facebook, creando polemiche e
malumori. I grandi alberi davanti alla stazione delle corriere in piazza Libertà
sono stati tagliati di netto. Dieci in tutto. Sui social qualcuno definisce
l'operazione «uno scempio», altri si domandano come mai piante considerate
storiche siano state eliminate, e Italia Nostra sottolinea come la rimozione dei
grandi tronchi si poteva evitare, considerazione simile anche per Legambiente.
C'è chi ha lanciato online anche l'idea di una petizione, ma ormai l'intervento
è stato portato a termine. Il Comune spiega che l'abbattimento rientra nel piano
della riqualificazione di tutta la piazza, e che il nuovo progetto prevede di
piantare 16 alberi nuovi. «Quando i lavori sono stati pianificati, dovevano fare
in modo di non doverli togliere - commenta Giulia Giacomich di Italia Nostra -.
Il progetto doveva essere diverso, cambiato, in modo da salvarli: si tratta di
alberi grandi, dal tronco grosso, sono un pregio, un patrimonio storico, come un
monumento. Non si possono buttare via senza troppi pensieri. Se non ne hanno
minimamente tenuto conto, dispiace davvero. Tanto più se erano piante sane». In
chi è passato in zona nei giorni scorsi, la novità ha destato stupore e in
alcuni casi dispiacere. Tanti si sono fermati per scattare foto, pubblicate poi
sul web. Degli imponenti alberi resta soltanto la base, nelle aiuole sul
marciapiede, protette da alcune transenne a delimitarle. Anche la base rimasta
successivamente sarà tolta. «Si parla da tempo della sistemazione della piazza
ma il progetto si era fermato più volte in passato, questa mossa ci ha colti un
po' di sorpresa - dice Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente - anche se
sapevamo che era nell'intenzione del Comune effettuare degli interventi. Anche
se verranno inserite nuove piante - sottolinea - quando un albero storico viene
tolto dispiace sempre. Peccato per questi in particolare, perché avevano un
valore estetico e ambientale notevole. Qualche giorno fa mi ha avvertito un
tassista che era proprio lì vicino e che si è lamentato per cosa stava
accadendo. Ormai però stavano procedendo con i lavori e poco si poteva fare.
Certo immagino ci sia una logica nel progetto del Comune, che dispone di
reperire un'asse più libera in quel tratto, però sicuramente si poteva trovare
un modo per creare i nuovi spazi necessari ai mezzi pubblici senza far fuori gli
alberi. Erano storici, di una certa dimensione, andavano tutelati e si poteva
fare una valutazione più ragionevole e più cauta». A chiarire la decisione presa
e l'iter in atto è l'assessore comunale ai Lavori pubblici Elisa Lodi. «Il
progetto originale di risistemazione della piazza prevede che in quella zona gli
alberi vengano eliminati - spiega l'assessore - perché in quel punto ci saranno
le fermate e il nuovo snodo dei bus, che verrà trasferito lì dal punto attuale.
Ricordo - sottolinea - che si tratta di un progetto visto e rivisto più volte e
già annunciato da tempo. Togliere gli alberi quindi è importante alla luce
dell'intervento che riguarderà tutta la zona. Voglio precisare però - aggiunge -
che ne saranno piantati 16 nuovi, in due file, e che in generale abbiamo
investito molto nel verde, in tutta la città, tanto che entro fine 2018 verranno
inseriti in diverse aree di Trieste 130 nuovi alberi».
Micol Brusaferro
A Fiume parte il risanamento della discarica tossica di
Sovjak
Il pozzo nero è una bomba ecologica con le sue 250 mila tonnellate
tossiche - L'opera costerà 51 milioni di euro per l'85% cofinanziati dall'Unione
europea
FIUME - Tempo un paio di settimane al massimo e sarà bandita la gara
d'appalto per il risanamento del pozzo nero di Sovjak, pochi chilometri alle
spalle di Fiume, considerato a ragione una bomba ecologica con le sue 250 mila
tonnellate di sostanze tossiche, scaricate in quest'area (circa 2 campi di
calcio) dal 1956 al 1990. La notizia del concorso è stata confermata dal
ministero croato dell'Ambiente e dal Fondo nazionale per la tutela dell'ambiente
che - assieme al comune quarnerino di Viskovo - hanno varato il progetto di
risanamento di questa pericolosissima discarica, situata a poche decine di metri
da alcune abitazioni. Da Zagabria è giunta pure la precisazione che questo
"laghetto nero" sarà risanato in capo a cinque anni, con i primi lavori che
dovrebbero cominciare nel 2019. Si tratta di un'opera di non facile attuazione,
che comporterà spese per circa 377 milioni di kune (sui 51 milioni di euro).
Come avviene da cinque anni a questa parte, ovvero dall'entrata della Croazia
nell'Unione europea, Bruxelles ha voluto venire in soccorso alla giovane
repubblica, coprendo stavolta l'85 per cento - circa 43 milioni e 400 mila euro
- delle spese di risanamento. Il restante 15 per cento spetterà invece al
predetto Fondo croato per la salvaguardia ambientale. «Grazie all'Europa
comunitaria - ha dichiarato dal direttore del Fondo, Dubravko Ponos - i lavori
di bonifica faranno sparire per sempre questo pozzo nero, che si trova su un
terreno carsico e pertanto non impermeabile. Per fortuna in tutti questi decenni
non abbiamo registrato inquinamenti delle sottostanti falde imbrifere». Per ben
34 anni, e senza alcun controllo o limitazione, Sovjak ha assorbito migliaia di
tonnellate di rifiuti solidi e liquidi, scaricate dalla Raffineria dell'Ina a
Fiume, dalla cokeria (defunta dal 1994) di Buccari, dal cantiere navale fiumano
Tre Maggio e anche da alcuni stabilimenti della vicina Slovenia. Nel 1990, le
autorità vietarono in via definitiva che la discarica accogliesse ulteriore
materiale tossico di provenienza industriale. L'appaltatore avrà un compito
delicato e anche parecchio pericoloso: nel rispetto delle competenti leggi
croate e comunitarie, avrà il compito di prelevare le 250 mila tonnellate,
trattare il catrame nero con la calce e depurare le acque di scolo nelle
vicinanze del pozzo. Tutto il catrame e i residui di idrocarburi dovranno essere
trasportati all'estero e qui bruciati, mentre Sovjak sarà coperto da materiale
naturale inerte, per uno spessore di circa due metri. Si farà sì che la zona si
confonda con l'ambiente circostante, dando l'impressione che il pozzo non sia
mai esistito. Nei cinque anni di risanamento, si dovrà venire incontro alle
esigenze della popolazione locale, tutelandola nel modo più appropriato.
Andrea Marsanich
Cane aggredito da un cinghiale salvato in extremis dal
cacciatore
Il fatto vicino alla pista ciclabile Versa-Judrio. Il bracco se l'è
cavata con ferite ad una zampa
Moraro - Un cinghiale ha attaccato un cane da caccia e lo ha ferito, per
fortuna, in modo non grave. L'animale, un bel esemplare di bracco, se l'è cavata
con alcuni punti di sutura e tanto spavento. È successo a Moraro, in una zona di
campagna a pochi metri dalla pista ciclabile Versa-Judrio. Un cacciatore
morarese si è recato con i suoi due cani per una battuta di fagiani e beccacce
nella zona. Uno dei due segugi, Full, ad un certo punto si è allontanato e dopo
pochi minuti il padrone l'ha sentito guaire e lamentarsi. Quando è accorso, ha
trovato il cane che stava lottando con un grosso cinghiale, cercando di
difendersi. Il cacciatore aveva con sé il fucile da caccia, ma non ha avuto modo
di sparare per difendere Full, perché è rimasto un po' sorpreso dalla scena che
aveva di fronte e forse anche per il timore di colpire il suo bracco. Ad ogni
modo è stata una frazione di secondo, perché il cinghiale - che probabilmente si
era accorto dell'arrivo dell'uomo - ha improvvisamente colpito e scaraventato
via il cane ed è scappato. Il bracco è stato immediatamente soccorso dal padrone
che lo ha trasportato in uno studio veterinario di Capriva del Friuli. Qui il
cane ha ricevuto le cure ed è stato medicato tempestivamente: gli sono stati
applicati alcuni punti di sutura ad una zampa per un profondo taglio. Ma poteva
andargli molto peggio. Il proprietario è poi tornato sul luogo dell'accaduto a
perlustrare la zona con un altro amico cacciatore, per vedere se il cinghiale
fosse rimasto ancora nella zona. Il cinghiale non c'era più ed è stata rinvenuta
solo la sua rimessa: il giaciglio dove riposa e che lui stesso solitamente scava
con il muso. Il cinghiale probabilmente è stato disturbato dall'arrivo
inconsapevole del cane e per questo lo ha assalito. Si tratta di un episodio del
tutto nuovo, visto che solitamente, durante il giorno, i cinghiali sono animali
schivi ed evitano il contatto dell'uomo. In questo caso la presenza del cane lo
ha però spaventato e disturbato e gli ha fatto assumere un atteggiamento molto
aggressivo. Al di là della disavventura, il cacciatore ha voluto segnalare
questo caso anche perché avvenuto in prossimità della pista ciclabile, in una
zona che è frequentata da ciclisti e residenti che portano a spasso il loro
cane. Occorre quindi fare attenzione per la presenza dei cinghiali. La presenza
della fauna nel territorio si lega anche ad un'altra emergenza. È un vero e
proprio allarme che non riguarda solo il territorio morarese, perché in queste
settimane stanno continuando i casi di investimenti mortali di caprioli che
attraversano improvvisamente le strade urbane, mettendo in pericolo l'incolumità
degli automobilisti. Anche in questo caso occorre avere la massima cautela e
prestare attenzione, perché c'è sempre il rischio di collisioni.
Marco Silvetri
Prc ironizza su Serracchiani versione No Tav - la
polemica
«Serracchiani prende ora le distanze dall'ex parlamentare Pd Sonego e si
schiera contro la Tav? Strano, visto che pochi anni fa, quand'era deputata
europea, difendeva strenuamente la necessità di realizzare l'opera». Così il
segretario triestino di Rifondazione comunista e uno dei promotori del comitato
No Tav di Trieste, Peter Beherens, commenta la posizione espressa dall' ex
governatrice. «Oggi si scopre contraria a una trincea di ferro e cemento che
sconvolgerebbe la tratta Trieste-Venezia. Benvenuta tra i ragionevoli».
Consiglio comunale "Trasparenza", focus sul Parco del mare
La presidente della Commissione Trasparenza Cristina Bertoni del M5s ha convocato per lunedì prossimo alle 17 in Sala giunta una seduta sul progetto del Parco del mare in zona Lanterna.
Il ritorno dell'aquila di mare
Alle 18.30, al Cai Alpina delle Giulie in via Donota 2, Fabio Perco terrà una conferenza su "Un progetto preliminare per il ritorno dell'aquila di mare".
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 novembre 2018
Raccolta dei rifiuti "tradita" - Oltre 260 sanzioni in
un anno
L'abbandono e il conferimento errato di spazzatura nel mirino della
polizia locale - Il vicesindaco Polidori: «Pesano le quantità portate da
residenti di comuni vicini»
Furgoni che scaricano mobili davanti all'isola ecologica, gente che si
libera di sacchi neri senza buttarli dentro ai bidoni scatenando nuvole di
gabbiani, gente che abbandona pure le stufe elettriche. Sono esempi delle
violazioni al regolamento sui rifiuti che la polizia locale di Trieste ha
fronteggiato nell'ultimo anno. Non sono certo crimini contro l'umanità, ma il
loro impatto combinato un peso sull'ambiente ce l'ha. E pure sulle tasche dei
triestini, che pagano attraverso le tasse tutta la filiera dello smaltimento dei
rifiuti. I dati aggiornati a metà ottobre parlano di 169 sanzioni per violazioni
disciplinate all'articolo 16 del regolamento sulla gestione dei rifiuti (errato
conferimento dei rifiuti) e 95 sanzioni per articolo 23, ovvero abbandono di
rifiuti. La polizia locale di Trieste fa sapere che le sanzioni sono sia frutto
di intercettazioni casuali che di operazioni appositamente predisposte. «Può
capitare che gli agenti si accorgano di un'infrazione mentre sorvegliano la
città, ma molto spesso operiamo in seguito a segnalazioni», fa sapere il comando
dei vigili. Per questo motivo gli agenti della pl arrivano a condurre anche
degli appostamenti pur di cogliere con le mani nel sacco (della spazzatura) i
furbetti. Commenta il vicesindaco Paolo Polidori, che tra le sue deleghe ha
proprio quella alla polizia locale: «I nuovi dati sono in linea con quelli dei
mesi scorsi. Si tratta di una delle tante e importanti attività dei nostri
agenti». Uno dei problemi principali, spiega ancora il numero due della giunta
Dipiazza, è l'importazione di rifiuti da fuori comune. «Il conferimento di
spazzatura da fuori Trieste aveva e continua ad avere un peso considerevole -
afferma Polidori -. Resta infatti il discorso della differenziata a Muggia, che
tanti continuano a trovare difficoltosa e quindi aspettano di arrivare a Trieste
per usare i cassonetti». Un atteggiamento che costituisce una violazione delle
regole del proprio Comune e va a pesare sulle tasche dei cittadini di Trieste:
«Come amministratore di questa città, pur essendo solidale con chi si trova in
difficoltà, devo fare l'interesse dei miei concittadini. L'imposta sui rifiuti
va infatti suddivisa sul numero di abitanti, e un aumento della quantità di
rifiuti si riflette inevitabilmente sulla cifra che i triestini dovranno pagare
l'anno prossimo». Conclude il vicesindaco: «Anche le telecamere, come quella di
via Carbonara, danno un contributo notevole. Passo spesso di là e vedo sempre
meno conferimenti inappropriati fuori dal centro di raccolta. Nel complesso la
nostra polizia locale sta conducendo un'ottima attività a salvaguardia, in
primis, dell'ambiente». Nei mesi scorsi i vigili hanno reso noti diversi
interventi di questo genere. C'era, ad esempio, un furgone che scaricava rifiuti
ingombranti (principalmente mobili) davanti a un'isola ecologica. Grazie a una
segnalazione avvenuta via Rete i vigili urbani sono riusciti a identificare il
responsabile e a coglierlo sul fatto: per lui una sanzione da 600 euro. In
giugno erano state fatte invece sette multe a persone che lasciavano i sacchi
della spazzatura fuori dal bidone in piazza Sant'Antonio, di cui stormi di
gabbiani facevano poi strame. Solo alcuni esempi del lavoro che i guardiani dei
"bottini", per dirla in triestino, devono fare quotidianamente.
Giovanni Tomasin
Il regolamento - Multe molto salate fino a 1.500 euro
per i trasgressori
Il regolamento rifiuti del Comune di Trieste prevede un'articolata serie di
sanzioni per chi ne viola le disposizioni. Le violazioni all'articolo 16, quello
sul conferimento dei rifiuti, vanno dai 25 ai 1.500 euro di multa. Quest'ultima
cifra è la sanzione massima prevista per chi butta nei bidoni rifiuti
pericolosi, ingombranti, apparecchiature elettriche o elettroniche, avanzi di
cantiere o cose che possano danneggiare i mezzi di AcegasApsAmga. Anche
l'abbandono dei rifiuti costa caro: lasciarne sul suolo pubblico di ingombranti
o pericolosi può portare fino a 600 euro di multa per il trasgressore.
Da viale Miramare fino a Crosada - Scatta il piano
restyling delle aiuole
Il Comune censisce 45 aree verdi malandate. Giardinieri in azione anche
in piazza Vico e in Barriera
A Trieste calpestare le aiuole significa mettere i piedi su «siti
strategici». L'amministrazione comunale di Trieste dal "pollice verde" ha
elaborato un progetto di manutenzione ordinaria di aiuole e fioriere dei «siti
cosiddetti strategici» con una impegno di spesa pari a quasi 140 mila euro per
un anno di cura del verde (365 giorni). Le aree verdi censite sono 45: si va
dalle aiuole di piazza Venezia a quelle di piazza Perugino, dalle fioriere del
centro cittadino alla aiuole spartitraffico del bivio di Miramare, dalla Rotonda
del Boschetto al Quadrivio di Opicina. Lo scopo è quello «di mantenere in uno
stato decoroso e in adeguate condizione igieniche e di sicurezza queste aree
verdi strategiche». Tutte di proprietà comunale o in concessione. Tra le
motivazioni, si legge nella determina, c'è anche quella di «meglio ottemperare
alle richieste di intervento dei cittadini». Per «siti strategici» si intendono
quelli «di vocazione turistica per il loro posizionamento sui principali assi
viari o pedonali nonché punti di accesso alla città lungo percorsi di interesse
turistico, nelle piazze fulcro di attività collettive e luoghi di aggregazione
per i cittadini». In pratica sono il biglietto da visita della Trieste turistica.Il
servizio «di manutenzione ordinaria dei siti strategici» sarà affidato a una
ditta esterna ed esperta scelta tra una rosa ci cinque dopo una procedura
negoziata. Gli interventi previsti vanno dallo sfalcio alle potature, dal
diserbo selettivo alla gestione degli impianti di irrigazione, dagli interventi
di derattizzazione alla piantumazione per mandare inalterato il paesaggio verde.
Un'attenzione particolare è rivolta alle potature lungo la pista ciclabile di
viale Miramare come pure alle aiuole che vanno dal nuovo parcheggio di via
Boveto alla Stazione centrale dei treni. Nella lista c'è anche l'aiuola della
Sala Tripcovich che il Comune vorrebbe abbattere e che attualmente risulta
transennata. E c'è anche piazza Vittorio Veneto con le piante rampicanti nei
vasi di arredo che non crescono e che, a distanza di 13 anni, non riescono
ancora a produrre un po' d'ombra. Nella lista compare piazzale dei marinai
davanti alla Stazione Marittima, dove fa bella mostra la statua di Nazario
Sauro. Ci sono le aiuole attorno alla fontana della pineta di Barcola. C'è poi
l'area Urban con piazzetta Trauner e via Crosada. Tra i «siti strategici»
ovviamente compaiono le aree archeologiche (Teatro Romano, via Chiuchiara e Tor
Cucherna), diverse piazze cittadine (Venezia, Perugino, Sant'Antonio, Vico,
Puecher, Foro Ulpiano, Campo San Giacomo, tra i Rivi, piazzale Resistenza), le
rotatorie (Boschetto, Largo Giardino, via Nazionale, Quadrivio di Opicina, via
dell'Istria), gli spartitraffico (via Murat con Campi Elisi, Obelisco, via
Forlanini, corso Cavour, Bivio di Miramare), le chiese (San Silvestro e scala,
San Vincenzo in via Petronio). Tra le aiuole strategiche si segnalano anche
quelle di largo Irneri, largo Barriera, via Capodistria, parcheggio vi a
Costalunga, via Maestri del Lavoro, via Locchi, via Ponzanino, via del Vento,
Largo Petazzi (area Stock). In tutto 45 siti da mantenere decorosi.
Fabio Dorigo
"Ronde di chiusura" per il Giardino Basevi e la
Campagna Prandi
Tremila euro in più di spesa per i servizi di vigilanza privata -
Nell'elenco entrano anche tre edifici del Porto vecchio tra cui il Magazzino 26
Nuovi giardini, nuove ronde. E altri costi. La Campagna Prandi è l'ultima
arrivata tra le nuove aree verdi del Comune di Trieste. E così l'amministrazione
comunale, associandola al Giardino Basevi, ha dovuto allargare il servizio di
vigilanza degli immobili comunali che fa capo a Italpol Group di Udine in
associazione d'impresa con lo Stabilimento triestino di sorveglianza e chiusura,
aggiungendo altri 3 mila euro al contratto di appalto. La società dovrà fornire
il servizio di apertura e chiusura immobili con ronda (proprio così) di chiusura
fino al 14 febbraio 2020 (data in cui scade l'appalto). Nel caso del Giardino
Basevi (situato nel quartiere di San Giacomo) il servizio è iniziato il 16
aprile scorso, mentre per la Campagna Prandi è partito il 13 settembre, giorno
dell'inaugurazione del percorso pedonale che collega il giardino di via San
Michele a San Giusto. L'attività di sorveglianza dovrebbe migliorare la
sicurezza delle due aree verdi. Il Giardino Basevi, in particolare, è stato al
centro di spiacevoli episodi di cronaca tanto da costringere la scorsa primavera
l'amministrazione comunale a emanare un provvedimento di chiusura nelle ore
serali.Il servizio di vigilanza privata della Italpol Group è stato inoltre
esteso fino al 14 febbraio 2020 ai sabati non festivi anche al Mercato
ortofrutticolo di Campo Marzio, in attesa del suo trasloco nell'area ex Duke di
San Dorligo della Valle. Il servizio aggiuntivo (comprendente anche lo
spegnimento delle luci della sala aste) era stato richiesto dall'ufficio Mercati
del Comune di Trieste la scorsa estate. Alle casse comunali costerà altri 708
euro.Ma non basta. L'amministrazione comunale ha dovuto allargare i cordoni
della borsa, impegnando altri 1.621 euro, per estendere il servizio di
collegamento ai sistemi d'allarme a tre immobili di Porto vecchio. L'appalto, in
scadenza il 14 febbraio 2020, è sempre quello che fa capo a Italpol Group di
Udine. Gli immobili in questione sono quelli del polo museale: Magazzino 26,
Sottostazione elettrica e Centrale idrodinamica. I tre edifici, restaurati e
dotati di sistema di allarme, verranno così collegati alla centrale operativa e
al servizio di pronto intervento della Itapol.
Cherso e Lussino apripista nell'uso dell'energia pulita
L'arcipelago è stato incluso in un progetto pilota comunitario
finalizzato a facilitare il passaggio alle fonti rinnovabili: aperti i bandi di
concorso
LUSSINPICCOLO - L'arcipelago di Cherso e Lussino, che comprende anche le
isole di Sansego, Unie e Sanpiero, è stato prescelto per far parte del progetto
pilota di transizione energetica, che vedeva candidate a parteciparvi duemila
isole dell'Europa comunitaria. L'arcipelago nordadriatico è riuscito a spuntarla
assieme alla greca Sifnos (arcipelago delle Cicladi) e alle isole irlandesi di
Aran. La scelta è stata resa nota nel corso del secondo Forum per l'energia
pulita delle isole dell'Unione europea, che si è tenuto nell'isola spagnola di
Lanzarote. Il progetto, gestito dagli organismi della Commissione europea, è
nato nell'ambito del piano mirato a fornire supporto a quelle isole comunitarie
interessate a concretizzare il passaggio dall'utilizzo di fonti energetiche non
rinnovabili a quelle rinnovabili. Cherso, Lussino e le loro isole satellite
hanno deciso di spingere l'acceleratore sul cambiamento presentando un progetto
che ha ottenuto il via libera delle istituzioni europee. A seguire la redazione
del piano per la regione insulare è stato l'europarlamentare croato Tonino
Picula, che ha rilevato come «grazie a questo progetto pilota, destinato a
facilitare il passaggio a fonti rinnovabili, i residenti dell'arcipelago
quarnerino potranno in futuro contare sull'energia autosostenibile, con ricadute
più che positive sull'ambiente e su vari aspetti della quotidianità nelle
isole». Picula - che fa parte dell'Intergruppo Isole e Aree costiere del
Parlamento Ue - ha inoltre confermato che nell'ultimo trimestre dell'anno
prossimo verranno assegnati dieci milioni di euro destinati all'attuazione di
programmi di transizione energetica: i relativi bandi di concorso resteranno
aperti fino al 15 gennaio del 2019.L'inserimento di Cherso nel progetto pilota
comunitario arriva nell'ambito di una politica già attenta alle fonti
rinnovabili, sulla quale le amministrazioni si sono indirizzate da tempo. Lo
dimostrano, tra l'altro, la costruzione in programma ad Aquilonia (Orlez) di
quella che sarà la più grande centrale fotovoltaica in Croazia: l'impianto,
frutto di un accordo tra il fornitore pubblico di elettricità Hep e la regione,
è attualmente in fase di realizzazione su un terreno di 17 ettari, e comporterà
un investimento pari a circa sei milioni di euro voluto dall'Azienda elettrica
croata. La centrale produrrà all'incirca 8,5 milioni di kilowatt all'anno, e
andrà così a coprire le esigenze di approvvigionamento elettrico per circa
duemila famiglie garantendo inoltre regolari forniture a Cherso e Lussino anche
nel periodo più difficile, ovvero durante l'alta stagione turistica. Sempre
sull'isola di Cherso, inoltre, si sta procedendo a rinnovare la vecchia
illuminazione con corpi Led, operazione che coinvolge anche l'isoletta di Unie,
dove si va approntando un'ulteriore piccola centrale a pannelli solari.
L'inclusione dell'arcipelago nel progetto pilota comunitario è stata salutata
con soddisfazione dai sindaci di Lussino, Ana Kucic, e di Cherso Kristijan
Jurjako.
Andrea Marsanich
Serracchiani e la Tav "affossata"
Pubblichiamo questa lettera-nota della deputata Pd ed ex presidente della
Giunta regionale Debora Serracchiani in risposta all'intervento di Ludovico
Sonego sul tema della Tav pubblicato sul nostro giornale nell'edizione di
lunedì: «Dal porto ai passeggeri: l'addio alla Tav condanna Trieste». Si torna a
parlare di Alta velocità Venezia-Trieste che, udite udite, non si farà. Prima è
accaduto con la non-notizia sbandierata dai parlamentari 5Stelle, che hanno
provato a rivendersi quello che hanno trovato già fatto, cioè no al megatreno ma
sì a 1,8 miliardi per la velocizzazione della linea. Poi ci si mette l'ex
senatore ed ex assessore regionale alle infrastrutture Lodovico Sonego, ancora
nostalgico della trincea di ferro e cemento che avrebbe dovuto spaccare le
spiagge venete e la Bassa friulana, per poi arrivare a traforare il carso
triestino. Se ne faccia una ragione: anche se le ragioni ambientali non lo
toccano, gli oltre 7 miliardi necessari all'infrastruttura non ci sono. E il
porto continuerà a crescere. Infine c'è la ciliegina del presidente Fedriga, che
in un'intervista dice che "la Tav l'ha affossata la Serracchiani e questo va
sottolineato".È vero: la Tav l'ho affossata assieme al governatore Zaia, quando
siamo andati dall'allora ministro Lupi e gli abbiamo detto che non volevamo la
Tav ma collegare rapidamente Venezia e Trieste. Se poi Fedriga alla Tav ci
teneva tanto, posto che non lo abbiamo mai sentito proferir verbo in tema,
doveva andare dal suo Governo e dirgli di fare ciò in cui si proclama esperto:
cambiare. In questo caso deve cambiare lo schema di Contratto di Programma
2017-2021 tra il ministero delle Infrastrutture e Rfi, che invece è stato votato
poche settimane fa in Commissione Trasporti dalla maggioranza M5S-Lega,
confermando quanto indicato dal centrosinistra. *Deputata del Pd
INSIEME VOLONTARIAMENTE - MERCOLEDI', 7 novembre 2018
Quando non c'erano i frigoriferi: le jazere di Draga
Come si produceva e consumava il ghiaccio a Trieste ? Sfruttando una particolare porzione del Carso
di Paolo Privitera e Tiziana Cimolino
Secondo l'ISTAT in Italia ci sono oltre 6 milioni di volontari. La loro importanza durante le emergenze.
di Oscar García Murga
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 novembre 2018
Via libera a Muggia alla variante al Prg «Paletti per
evitare ulteriore cemento»
Varate in Consiglio comunale le nuove regole. Aumentano le zone agricole.
Ristabilite le dimensioni dei magazzini per attrezzature da campo
MUGGIA - È stata approvata nell'ultimo Consiglio la variante 36 al Prgc del
Comune di Muggia, con lo scopo di correggere alcune anomalie riguardanti le
norme tecniche di attuazione della variante 31. Così l'assessore ai Lavori
pubblici Francesco Bussani: «Non solo non vi saranno modifiche "al rialzo" in
fatto di consumo di suolo, ma i manufatti per il ricovero di piccole
attrezzature rimarranno tali». Nello specifico, come si evince dal documento, la
superficie di tali manufatti sarà rapportata alle dimensioni del terreno in tre
macro scaglioni, l'altezza sarà limitata a 2,40 metri e sarà permessa la
realizzazione di un unico piano fuori terra con la possibilità di realizzare un
piano interrato, che ne dovrà ricalcare la superficie. In caso di presenza di
pastini sarà consentita la realizzazione di ambienti completamente interrati. Il
tutto - insiste Bussani - è stato deliberato «rimanendo all'interno dei limiti
dati dalla variante 31 in termini di consumo di suolo». «Crediamo che con questa
variante si sia andati incontro alle necessità dei concittadini consentendo di
vivere il territorio senza deturparlo».«In passato normative poco chiare e
condoni edilizi troppo frequenti hanno consentito il crearsi di situazioni
tutt'altro che virtuose di cui si ha prova visitando alcune zone di Muggia, ma
proprio a questo è servita la variante 31 ora integrata dalla 36», aggiunge il
vicesindaco. Le zone agricole, già previste nel precedente piano, sono state
incrementate attraverso la cancellazione di alcune zone di espansione, previste
e non realizzate, ripristinandole agli usi agricoli. «Per quanto concerne le
zone E, ossia le parti di territorio destinate a uso agricolo, il Prgc ha
previsto un aumento di 30 ettari: il computo proviene dalla conferma del
precedente piano, la variante 15, cui, ricorda il sindaco Laura Marzi, «si sono
andate ad aggiungere le zone C, inedificate, destinate a nuovi complessi
insediativi non realizzati nel corso degli ultimi 10 anni, le zone previste a
servizio dell'autoporto mai realizzato in zona Noghere e le zone G, prodotto
della riduzione del 48% di questa amministrazione delle zone turistiche». Da qui
la stoccata di Bussani: «Erano altri gli amministratori che hanno voluto la
cementificazione selvaggia. Per fortuna i nostri concittadini hanno sufficiente
memoria. Risulta strano che alcune forze politiche facciano riferimento a questo
tipo di maestri e da essi si facciano consigliare, forse per mancanza di idee
proprie». -
Riccardo Tosques
Il Consiglio regionale - Geologi: sulla prevenzione
bisogna accelerare
La natura del territorio, la notevole piovosità, i cambiamenti climatici e
le conseguenze delle azioni dell'uomo, come la cementificazione e l'abbandono
delle aree montane, e la mancanza di manutenzione dei versanti e delle aree
golenali dei corsi d'acqua e di molte opere di difesa esistenti. Sono queste
alcune dei fattori di rischio idrogeologico indicati dal Consiglio dell'Ordine
dei geologi del Fvg, che esprimendo «vicinanza alle popolazioni colpite»
sottolinea come la politica della gestione del rischio vada fatta «con approccio
di tipo preventivo. La prevenzione, infatti, rappresenta la forma più
sostenibile di gestione del territorio, sia dal punto di vista ambientale che
economico, sottolinea l'Ordine. Riparare i danni costa alla società molto di più
che prevenire e, in caso di vittime, non si può porre alcun rimedio. Ma per
prevenire è necessario conoscere il territorio, quindi pianificare e investire
in opere ed interventi mirati». La Regione, scrivono i Geologi, ha già attuato
dei piani, ma è evidente che quanto fatto «appaia perfettibile». I Geologi
ribadiscono l'importanza di alcuni punti: potenziare «tutti i Servizi competenti
della Regione, con risorse sia economiche che di personale esperto, per renderli
ancor più protagonisti nella gestione» della situazione; implementare il sistema
di monitoraggio dei dati meteoclimatici e di allerta preventiva. I Geologi poi
chiedono che le Uti «dispongano»in organico «della figura professionale del
geologo con funzione di supporto alla conoscenza delle problematiche geologiche
locali e di indirizzo tecnico alle decisioni degli organismi amministrativi
periferici». Fra le altre richieste, sostenere «gli aggiornamenti degli studi
sulla pericolosità e sul rischio» e predisporre un "Piano dei dissesti franosi".
Da svolgere poi un'opera «di sensibilizzazione, riconversione delle aree
montane, di riforestazione e delocalizzazione degli insediamenti a maggior
rischio qualora necessario»; prevedere la manutenzione costante del reticolo
idrografico e effettuare costante monitoraggio del consumo di suolo.
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 novembre 2018
Trieste Navigando alla svolta Cciaa - Il Parco del mare
sempre più vicino
La Camera di commercio approva l'acquisto delle quote della società che
ha in concessione l'area della Lanterna
In gran silenzio il presidente della Camera di commercio della Venezia
Giulia Antonio Paoletti continua a lavorare al suo Parco del mare. Ora la Cciaa
sta mettendo a punto l'acquisizione di Trieste Navigando, la società che ha in
concessione l'area della Lanterna e che in origine doveva venir comprata assieme
alla Fondazione CRTrieste. Le ultime notizie sull'avanzamento dell'acquario
risalgono a qualche mese fa, quando il piano regolatore del Comune è stato
modificato per fare spazio al progetto alla Lanterna. Da allora non se n'è
saputo più nulla, ma il Parco del mare, ossessione della politica triestina
ormai da più di un decennio, non è sprofondato negli abissi. Il suo ideatore e
principale sostenitore, Paoletti appunto, ha continuato a cesellare sottotraccia
l'operazione, gestendola in prima persona. L'acquisizione di Trieste Navigando è
uno snodo fondamentale: il controllo dell'area che apre il fronte mare triestino
è propedeutico a lanciare il project financing che dovrebbe portare alla
realizzazione del progetto. La Cciaa non diffonde particolari sulla
contrattazione in corso, ma fa sapere che l'importo in ballo per il passaggio di
mano non sarebbe molto significativo nell'economia complessiva di un progetto da
40 milioni di euro. Certo è che dovrà essere coperto interamente dalla Camera di
commercio, perché la Fondazione, che doveva occupare il 51% dell'operazione, si
è sfilata nel corso dell'anno. Il divorzio è avvenuto senza strappi tra i due
soggetti interessati, tanto la Cciaa quanto la Fondazione, allora guidata da
Massimo Paniccia, hanno evitato ogni accenno di polemica. Una linea che la
Camera mantiene anche adesso, nel commento rilasciato alla stampa sull'acquisto
della società della Lanterna: «Prosegue l'iter per la realizzazione del progetto
Parco del Mare - dichiara la Cciaa -. In particolare, in questi ultimi mesi si è
proceduto a predisporre la bozza di contratto definitivo di acquisizione della
piena proprietà della partecipazione sociale detenuta da Invitalia Spa alla
società Trieste Navigando Srl». L'ente spiega poi come l'operazione abbia avuto
di recente un via libera importante. Si legge nel comunicato: «La delibera di
autorizzazione all'acquisto è stata approvata dalla Giunta camerale nella seduta
del 22 ottobre scorso e dopo la necessaria acquisizione dei pareri del Collegio
dei revisori e del Ministero dello sviluppo economico diventerà esecutiva». Una
volta ottenuto il controllo dell'area, la Camera potrà avviare il procedimento
che dovrebbe portare al cantiere. L'ente spiega: «Nel frattempo la Cciaa si sta
attrezzando nella selezione degli esperti che andranno a costituire la stazione
appaltante, che una volta ultimato l'iter di acquisizione della società, potrà
ricevere le proposte di project financing che arriveranno dai proponenti a
seguito di un regolare bando di evidenza pubblica». Il candidato principale per
il ruolo di costruttore è l'azienda friulana Icop, quella che sta realizzando la
piattaforma logistica in Porto nuovo. Nei mesi scorsi la Icop aveva manifestato
il suo interessamento a costruire il Parco del mare. Come confermato anche dal
dirigente di Icop Vittorio Petrucco, l'azienda sta mettendo a punto una proposta
dettagliata. Sembra che la Cciaa speri di ricavarne un risparmio sul costo
complessivo dell'opera. È da vedere, però, se Paoletti riuscirà a rispettare la
data ideale che si era dato per l'avvio dei lavori. La primavera scorsa, durante
una visita sul sito della Lanterna assieme al presidente della Regione
Massimiliano Fedriga, il presidente della Cciaa aveva annunciato: «Ci piacerebbe
inaugurare il cantiere il 16 dicembre 2018, 14 anni esatti dal lancio
dell'idea». Si tratta di meno di un mese e mezzo, ed è difficile che questa
tempistica possa venire rispettata. D'altra parte il passo indietro della
Fondazione ha costretto a diverse revisioni di rotta. La Cciaa assicura di poter
colmare con le proprie forze i nove milioni di euro venuti meno con la rinuncia
dell'ente di CRTrieste: i prossimi mesi saranno il banco di prova definitivo per
tutte le rassicurazioni.
Giovanni Tomasin
La delibera fantasma sul "waterfront" Il Pd la vuole
vedere ma non è mai esistita
L'amministrazione comunale di Dipiazza: «Nessun indirizzo sulla linea di
costa»
IL RETROSCENA - Dietrofront sul waterfront. «Vogliamo vedere la delibera
d'indirizzo sulla riqualificazione del waterfront di Trieste. Il Pd presenterà
una mozione in proposito», tuonava il 24 ottobre in conferenza stampa la
consigliera comunale del Pd ed ex assessore Antonella Grim esprimendo
«preoccupazione per la mancanza di una strategia complessiva negli interventi
sulla fascia di città che va da Barcola alla Lanterna, incluso ovviamente Porto
vecchio». Tutto condivisibile o quasi, se non fosse che la delibera di indirizzo
evocata dalla Grim non esiste. Non è mai esistita. Neppure nelle intenzioni. È
una delibera di indirizzo fantasma. «Waterfront che? Non mi risulta proprio»,
spiega il capo di gabinetto del sindaco Roberto Dipiazza che sulla questione
rimanda all'assessore competente Luisa Polli. E così il mistero aumenta. «Quella
è la parte di Trieste che trainerà lo sviluppo di un territorio molto esteso per
i prossimi 50 anni: è impensabile affidarsi a interventi spot, slegati e senza
un progetto d'insieme. Esponenti della maggioranza hanno dichiarato che questo
documento c'è, allora lo si faccia conoscere e discutere», declamava la Grim
nella conferenza stampa di ottobre. «Indirizzi del waterfront? Non so di cosa
parla. Forse si riferiva alla variante al Prg per il Porto vecchio», spiega
l'assessore all'Urbanistica appena rientrata dalla Terra Santa. Ma c'è perlomeno
l'intenzione di dare alla luce una delibera di indirizzo sulla fascia di città
che va da Barcola alla Lanterna? «Assolutamente no», afferma l'assessore in un
modo che non ammette repliche. Il motivo? Il waterfront, compreso quello dello
sdemanializzato Porto vecchio, è di competenza dell'Autorità di Sistema Portuale
del Mare Adriatico Orientale. Insomma, non si muove ormeggio che Zeno D'Agostino
non voglia. Più che delibere di indirizzo servono accordi di programma. «I
nostri uffici stanno lavorando per la variante al Prg per il Porto vecchio che è
ancora area portuale e deve diventare zona urbana. La variante, però, non
riguarda la linea di costa», spiega Polli. Il waterfront, insomma, non c'entra
neanche in questo caso. Resta da capire quale sarà la natura dell'annunciata
mozione del Pd sulla delibera di indirizzo del waterfont. È più probabile, a
questo punto, che si arrivi a una rimozione.
Fabio Dorigo
Barcola, Campo Marzio, Rive - Un "tour" a tappe di 14 anni
La prima idea nel 2004 dopo la sconfitta subita a Parigi sulla candidatura dell'Expo - Interessati anche i magazzini Greensisam in Porto vecchio
Dal punto di vista storico il Parco del mare ricorda un po' la vicenda recentemente capitata alla Seleco, contraddistinta dal continuo rimbalzo da un sito all'altro, da Porto vecchio al Carso. Dal punto di vista letterario richiama l'albero di Bertoldo. Dal punto di vista scaramantico l'idea del Parco nasce da una sconfitta, quella subita nell'autunno 2004 a Parigi sulla candidatura all'Expo tematico in onda nel 2008: a lanciare la revanche è il presidente camerale Antonio Paoletti, che in seguito avrebbe continuato a essere il più convinto assertore del progetto. Dalla metà del primo decennio Duemila parte il rally tra le possibili sedi del Parco, ben presto incarnatosi in un Acquario di dimensioni continentali. Prima scelta è il terrapieno di Barcola, oggi trasformato in parcheggio, ma allora viene coinvolto in un'inchiesta ambientale, quindi è abbandonato come ipotesi progettuale per ospitare una grande attrattiva turistica.Il progetto si sposta da Barcola a Campo Marzio, dove l'Acquario sembra candidato a prendere il posto del Mercato ortofrutticolo: siamo nel 2006, questa prospettiva dura un biennio. Poi evapora perché liberare l'area di Campo Marzio non è così agevole come in un primo tempo pareva. Giungiamo così alla terza casella topografica. Questa volta il Parco non deve fare molta strada, perché viene trasferito in un punto indistinto tra l'ex Magazzino Vini (non ancora redento), l'area ex piscina Bianchi, l'ex Pescheria. Corre l'anno 2009 e il compianto assessore al Bilancio comunale, Gianni Ravidà, fa un po' di conti, dai quali rileva che, per stare economicamente in piedi, il Parco ha bisogno di 900 mila visitatori all'anno e di 2.500 tickets al giorno. L'anno successivo Dipiazza taglia il nodo gordiano: cifre di quel tipo non sono digeribili per Trieste, i costi di manutenzione non sopportabili, ergo al massimo è possibile realizzare qualche vasca per pesci all'interno dell'ex Pescheria.Il Parco del mare viene così messo in congelatore fino al 2012, quando il nuovo sindaco di centrosinistra Roberto Cosolini rilancia il progetto tornando a individuare Campo Marzio quale possibile ospite. Ma la resilienza del Mercato ortofrutticolo stoppa ancora l'Acquario paolettiano, che non si rassegna: nel 2013 attraversa la Sacchetta, supera la Diga foranea, approda in Porto vecchio dove sogna di accasarsi nei magazzini 3-4 in concessione alla Greensisam di Pierluigi Maneschi. Il vicepresidente della Regione a guida Serracchiani, Sergio Bolzonello, sentenzia: «Neanche un euro, progetto inattuabile». Nel 2014 il Parco del mare riattraversa lo specchio d'acqua davanti alle Rive e sbarca sotto la Lanterna all'ex Cartubi, che avrebbe dovuto essere trasformata in scalo nautico dalla società pubblica Porto Lido. Il resto è storia odierna.
Commissione Regionale - Fedriga interviene sul
futuro della Ferriera
Occhi puntati sulla Ferriera oggi in Consiglio regionale. Dopo la riunione
dell'assemblea di piazza Oberdan - chiamata a votare sul disegno di legge che
introduce modifiche a leggi regionali riguardanti il sistema integrato del
pubblico impiego regionale e locale e disposizioni in materia di funzione
pubblica della Regione -, è in programma una seduta della IV commissione
permanente, che ascolterà in audizione il presidente della Regione, Massimiliano
Fedriga. Il governatore interverrà in qualità di commissario straordinario per
l'attuazione dell'accordo di programma per l'area della Ferriera di Servola, e
riferirà sulla situazione dell'impianto, con particolare riguardo alla bonifica,
alla dismissione e alla riconversione dell'area. La stessa commissione è
convocata anche il giorno successivo, alle 10, per l'audizione con l'assessore
alle Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti e dei sindaci dei Comuni
della Destra Tagliamento in merito allo studio realizzato dalla Regione sulla
riqualificazione della strada statale 13 «Pontebbana».
Il primo treno merci va sull'alta velocità: sostituirà
diciotto Tir - domani parte da Bologna
ROMA - L'esordio è in programma domani sera. Partenza dal terminale
casertano di Maddaloni-Marcianise verso le 20.30 e arrivo all'Interporto di
Bologna. Sarà molto più di un ordinario viaggio in treno risalendo lo Stivale,
perché il primo trasporto merci ad alta velocità in Italia è destinato a
rappresentare una vera e propria rivoluzione nel settore. Il servizio,
presentato nel capoluogo emiliano-romagnolo, si chiama Mercitalia Fast ed è
stato messo a punto in pochi mesi da Mercitalia, la controllata del gruppo
Ferrovie che si occupa di logistica: i vantaggi sono economici (le merci
potranno essere spostate in appena tre ore e mezzo) e ambientali, perché secondo
le prime stime ogni viaggio farà risparmiare l'utilizzo di 18 tir con una
riduzione dell'80% delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera. I
collegamenti saranno quotidiani, in entrambe le direzioni, e utilizzeranno la
linea ad alta velocità passeggeri, realizzando l'ultimo viaggio della notte e il
primo della mattina. La merce sarà trasportata su un treno riadattato per
l'occasione: svuotato dei sedili, all'interno delle 12 carrozze trovano spazio
uno dopo l'altro i roll container, ovvero i contenitori su ruote che
velocizzeranno il carico e lo scarico dei pacchi. Negli scompartimenti sono
previste carrucole e cinture per assicurare la merce, prese alla corrente in
caso di trasporto di frigo e telecamere visionate da remoto.
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 novembre 2018
Affitti in Porto vecchio - Raffica di mini-eredità per
le casse del Comune
Dalla Tripmare alla Ttp: con la sdemanializzazione i canoni cambiano
"padrone" - In tutto è una partita da 100 mila euro l'anno: ecco quanto valgono
i singoli casi
Poco più di 100 mila euro per 60 ettari. É quanto frutta annualmente alle
casse comunale, carte alla mano, la sdemanializzazione del Porto vecchio a quasi
due anni dalla sua entrata in vigore. Si tratta, praticamente, dei canoni delle
concessioni rilasciate dall'Autorità portuale ed ereditate dal Comune a partire
dal primo gennaio 2017. In tutto, dunque, saranno 200 mila euro incassati in 24
mesi. La situazione contabile non cambierà di molto neppure con la vendita di
qualche magazzino visto che il ricavato, come previsto dall'emendamento del
senatore Francesco Russo, dovrà essere girato all'Autorità portuale (fatte salve
le commissioni da agenzia immobiliare come nel caso dell'area Greensisam).In
realtà l'incasso è destinato a ridimensionarsi ulteriormente, visto che
comprende i 40.224 mila euro della palazzina di corso Cavour 2, destinata a
trasformarsi a breve in un "Urban Center" per le imprese, specie di vetrina
della ricerca tecnologico-scientifica, ora concentrata in Carso (il progetto è
stato finanziato con cinque milioni di fondi europei). La delibera
dell'amministrazione comunale che determina i corrispettivi delle concessioni
per l'anno in corso fotografa quella del 2017 con piccoli ritocchi all'insù e
qualche ritocco all'ingiù proprio per quanto riguarda la palazzina di corso
Cavour (l'Unionquadri, per esempio, passa da 359 a 354 euro). Dal conteggio sono
esclusi il famoso Magazzino 18 (1267 metri quadrati) che ospita le masserizie
degli esuli, dato in comodato gratuito all'Istituto regionale per la Cultura
istriano-fiumano-dalmata (Irci) e una parte del Magazzino 10 (240 metri
quadrati) concessa gratuitamente all'Associazione solidarietà nazionale
presieduta dal pediatra Marino Andolina. La concessione più rilevante è quella
della Tripmare che paga 25.418 euro per i 449 metri quadrati dell'officina al
Magazzino 8 e 15.693 euro per i 383 metri quadrati della base operativa al
Magazzino 7. C'è poi la Trieste Terminal Passeggeri (Ttp) che paga 17.715 euro
per 3.003 metri quadrati di area parcheggio (Molo IV) più un prefabbricato da
sette metri quadrati e un servizio igienico da due. È anche vero che è in corso
un contenzioso al Tar Fvg con il Comune proprio sull'entità del canone di
concessioni. Altri 24.703 mila euro (erano 25.066 nel 2017) vengono elargiti
dalla società informatica M-Cube spa di Manlio Romanelli per i 477 metri
quadrati occupati nella palazzina di corso Cavour 2. Una concessione destinata a
decadere con il progetto "Urban center", come quella della Coop Triestina Lavori
Facchinaggi, che versa 8.490 euro per 89 metri quadrati di uffici. Stessa fine
faranno gli uffici di Marko Ferluga, Uil Trasporti e Intermodale Trieste, che
pagano più di duemila euro per un ufficio da 23 metri quadrati, differenza
dell'Unionquadri, che sborsa solo 354 euro per la stessa metratura. Uno dei
tanti "misteri" delle ex concessioni portuali. Ci sono poi i 5.109 euro pagati
dalla Tertrans srl per l'ex pesa del Magazzino 6 con area scoperta, i 1.043 euro
della turca Ada logistica di Ledi Cika subentrata a Agim Cika per i 12 metri
quadrati dell'ex pesa dell'edificio 5, i 521 euro dell'Economist settore nautico
per un ufficio da sei metri quadrati nel vecchio edificio collocato nei pressi
del varco 5/6.
Fabio Dorigo
Dal porto ai passeggeri, l'addio alla Tav condanna Trieste - La lettera di Ludovico Sonego, ex assessore regionale ai Trasporti ed ex senatore Pd poi Mdp
Appena qualche giorno fa una deputata grillina e una dell'opposizione hanno fatto a gara nel rivendicare la primogenitura della soppressione del progetto di nuova linea ferroviaria AV-AC Venezia Trieste e Trieste Divaca. La palma va a entrambe ma si tratta di capire se di merito si tratta. Prendendo come primo riferimento la crescita del Porto di Trieste, nella programmazione statale lo scalo è stato indicato, con Genova, come cardine della portualità nazionale nel contesto euromediterraneo. Scelta motivata: Trieste è già il principale attracco italiano per tonnellaggio. La programmazione a medio termine della Port Authority prevede di passare dagli attuali 1,3 milioni di Teu (contenitori+Ro-Ro) a 3,5 milioni; prospettiva realistica, cui si è aggiunta l'archiviazione del porto off-shore di Venezia. Ma il positivo scenario triestino si misurerà fra alcuni anni con una capacità ferroviaria insufficiente. La rete attuale anche debitamente ammodernata non sarà in grado di inoltrare 3,5 milioni di Teu, la scelta di cui le due deputate hanno rivendicato la primogenitura impedirà di conseguire quell'obiettivo e Trieste si ritroverà nella condizione di Genova che soffre la mancanza del terzo valico. L'upgrading tecnologico della rete ci offre qualche anno di capacità, ma il margine va sfruttato per organizzare oggi le condizioni per essere porto da 3,5 milioni di Teu domani. Aver abbandonato il progetto di una nuova linea Venezia Trieste Divaca è anche problema di politica estera: l'Italia rinuncia alla leva trasportistica per esercitare la sua influenza economica e politica nell'area di Mitteleuropa e Asia Centrale. Il vuoto lasciato dall'Italia allorché rinuncia alla strategia del Corridoio Mediterraneo viene riempito da altri, a partire dalla Slovenia con Capodistria. Lo scalo sloveno ha giuste e motivate ambizioni ma mi pare discutibile che Trieste e l'Italia scelgano di lasciare a quell'attracco la quasi esclusiva delle relazioni col Centro Est Europa in virtù di scelte ferroviarie sbagliate. L'up-grading della Venezia Trieste Divaca è essenziale ma insufficiente soprattutto se si considera che la strategia del porto sloveno è fondata sulla costruzione di una nuova infrastruttura ferroviaria sostenuta finanziariamente dalla Commissione Ue. Tempo fa ho chiesto a Violeta Bulc se non fosse necessario maggiore impegno per un adeguato collegamento ferroviario Italia Slovenia e la Commissaria mi ha risposto che l'Ue ritiene sufficiente l'ammodernamento della linea attuale. Le evidenze tecniche dicono il contrario. L'abbandono del progetto AV-AC Venezia Trieste Divaca condanna pure i passeggeri: Trieste e l'aeroporto non potranno avere collegamenti ferroviari veloci perché le frecce saranno costrette sugli stessi binari e negli stessi orari di pendolari e delle merci che viaggiano a velocità ridotte. --*
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 novembre 2018
DALMAZIA - Il proliferare delle manguste stravolge
l'ecosistema insulare
L'animale fu introdotto nel 1910 in Dalmazia per contrastare la presenza
delle vipere I cacciatori non Io hanno malmesso nel mirino
SPALATO - Stanno creando da oltre un secolo danni ambientali che potrebbero
risultare irreparabili. Le manguste, presenti in Dalmazia dal 1910, vi furono
introdotte dalle autorità austroungariche per contrastare la presenza delle
vipere, presenti numerosissime all'epoca sulle isole della costa. A Meleda
furono portati 11 esemplari, la cui proliferazione in modo esponenziale li portò
nel 1923 a Curzola, nel 1926 a Brazza, negli anni Trenta a Solta e quindi nel
1970 nell'isola di Lesina. Da allora, i serpenti velenosi hanno avuto vita
durissima, con forte riduzione del loro numero, fenomeno però che ha riguardato
e sta riguardando anche insetti, rane, ratti, piccoli roditori, lucertole,
uccelli, polli, le loro uova, lepri e fagiani. Se non trovano della carne in
giro, le manguste non disdegnano uva, fichi e anche altra frutta. Con un impatto
ambientale rilevante al quale prossimamente la Croazia dovrebbe porre rimedio.
Il governo ha infatti approvato il disegno di legge sulla Caccia, con l'ultima
parola che spetta al Sabor (Parlamento). Quando il provvedimento sarà varato,
questo piccolo e vorace carnivoro potrà essere oggetto di caccia senza
restrizioni. Ricordiamo che le manguste erano tutelate nell'allora Jugoslavia
dalla legge fino al 1949, ma a partire da quell'anno non furono mai intraprese
battute di caccia per cancellarne o quantomeno ridurne la presenza. Inoltre i
cacciatori dalmati - rispettando una tradizione mai scritta - hanno sempre
preferito non puntare le armi contro l'animaletto. Un altro fattore che ha
consentito alle manguste di riprodursi a centinaia di migliaia nelle isole
meridionali della Dalmazia e nelle vicine Erzegovina e Montenegro. A spiegare il
perché è Roko Baréié, presidente della societa' venatoria Lumbarda, isola di
Curzola: «Durante le battute di caccia non è raro imbattersi nelle manguste. Ma
non le mettiamo nel mirino, pure sapendo che sono dannose. A proteggerle dai
nostri fucili sono le frasi, i racconti dei nostri genitori e nonni, secondo cui
le manguste eliminano le vipere e dunque non vanno uccise. Il nostro
comportamento magari è sbagliato, ma è così». Fra gli addetti ai lavori c'è
intanto chi vorrebbe prendere esempio da quanto attuato anni fa sull'isola
giapponese di Amami, tre volte più grande di Curzola e do-ve le esche avvelenate
hanno fatto sparire quasi tutta la popolazione di manguste. Da quel momento in
poi le specie decimate dal carnivoro sono ricomparse numerose.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - SABATO, 3 novembre 2018
Il progetto del Molo VIII e le ricadute sul futuro
della Ferriera di Servola
La Piattaforma logistica è solo il primo passo. Il secondo potrebbe essere
l'area a caldo della Ferriera di Servola. Che si verifichi l'ingresso di un
partner straniero o che la Docks San Servolo continui da sola, la vicinanza tra
il nuovo terminal portuale e lo stabilimento siderurgico inserisce la zona
comprendente cokeria e altoforno nella rivoluzione logistica che sta per
cominciare nell'area. L'interesse cinese sulla Piattaforma va di pari passo a
quello sulla possibilità di impegnarsi nella realizzazione del Molo VIII. Un
terminale tutto nuovo e di grandi dimensioni, che avrebbe bisogno di servizi
ferroviari che l'assetto attuale non permette di immaginare. L'attuale area a
caldo garantirebbe lo spazio necessario per la costruzione di un nuovo terminal
ferroviario, che permetterebbe di creare convogli da 750 metri: lo standard più
alto oggi esistente per i trasporti su ferro. Con la possibilità di vedere ogni
giorno 25 treni in entrata e altrettanti in uscita. L'Autorità portuale spera in
un simile sviluppo e fonti politiche raccontano di un lavoro di mediazione
svolto da Zeno d'Agostino tra possibili investitori e il cavalier Giovanni
Arvedi. Trattative concrete per ora non si registrano sul piano locale né sono
conosciute ai vertici di Federacciai, ma nel mondo economico regionale si dice
che l'imprenditore cremonese sia stanco delle pressioni del centrodestra. Al
governatore Massimiliano Fedriga Arvedi avrebbe detto di essere pronto a
valutare offerte, sottolineando tuttavia che l'intenzione è continuare a
produrre ghisa. Nella giunta c'è tuttavia chi ritiene che China Merchants
avrebbe già fatto pervenire una proposta da 45 milioni per l'area a caldo,
sentendosene chiedere 200 per tutta l'area. Se Arvedi si siederà davvero al
tavolo della trattativa, sono due gli scenari possibili. Il meno probabile è la
cessione di tutta la zona dello stabilimento, il secondo riguarda invece la sola
area a caldo, che è quanto più importa per realizzare la nuova stazione di
Servola. Se si seguisse la via della cessione parziale, Siderurgica Triestina
potrebbe limitarsi all'utilizzo del laminatoio a freddo o costruire un altoforno
di nuova generazione nella parte rimanente, acquistando il coke invece di
produrlo in proprio. La sola cosa certa è che Arvedi non intende partecipare
alla partita della logistica e vorrebbe anzi rivedere l'Accordo di programma per
ridurre gli impegni di spesa che lo aspettano e che, assieme all'arrivo di un
investitore, sono quelli che la Regione spera possano convincerlo a chiudere
bottega. Sia quel che sia, i tempi saranno comunque lunghi. Da un accordo
all'eventuale chiusura dell'area a caldo non passeranno meno di quattro anni e
chi subentrerà dovrà inoltre sobbarcarsi le opere di bonifica e i costi
conseguenti. Ecco allora Francesco Parisi chiarire che «il nostro progetto non
prevede per forza l'ingresso di soci: siamo pronti a partire anche da soli».
Senza escludere un interessamento diretto per l'area a caldo, magari in
allineamento con Rete ferroviaria italiana e Autorità portuale. La prima
potenzialmente interessata alla costruzione e messa a reddito della nuova
stazione di Servola, la seconda allo sviluppo in chiave logistica dell'area.
La guerra della plastica monouso incombe sul Consiglio
Europeo
La direttiva approvata in Parlamento Ue intende bandire piatti, posate e
altri prodotti dal 2021 L'industria ritiene la norma punitiva, ma le tonnellate
di rifiuti sulla Terra sono ormai 240 milioni
Roma - Il problema legato alla dispersione della plastica nell'ambiente è
ormai dilagante: nei giorni scorsi, il Parlamento Europeo ha approvato
attraverso una risoluzione, il divieto alla commercializzazione di numerosi
prodotti usa e getta, che sono tra le principali cause di inquinamento.
1 - 240 milioni di tonnellate Il recente Rapporto della Banca Mondiale sui
rifiuti nel mondo ci dice che nel 2016, sulla Terra, sono state prodotte 242
milioni di tonnellate di rifiuti plastici (il 12% del totale dei rifiuti
generati). Un terzo di questi rifiuti non viene gestito in alcun modo: finisce
per terra, nei fiumi, nei laghi, nei mari, sugli alberi. Generiamo rifiuti
plastici dagli anni '50, e la quantità dispersa nell'ambiente è enorme. Non c’è
da stupirsi se ne sono pieni i fondali marini, con circa 8 milioni di tonnellate
di rifiuti all’anno. Considerati i lunghi tempi di degradazione di molti
polimeri, ed i loro danni sull'ambiente (non solo inquinamento, ma anche
alterazione delle catene alimentari), il tema “rifiuti plastici” e’ diventato
scottante. Nel frattempo le “bioplastiche” (quelle biodegradabili) non hanno
raggiunto quote di mercato importanti, arriveranno a 12 milioni di tonnellate di
prodotto nel 2020 su un totale di 235 milioni, nel mondo.
2 - Banditi piatti e posate – Cosi’ il Parlamento Europeo ha votato a stragrande
maggioranza (571 voti favorevoli, solo 53 contrari) un primo provvedimento per
la messa al bando della plastica monouso, dei prodotti usa e getta che
rappresentano il 50/70% della plastica che si accumula nei mari e negli oceani.
Una decisione che dà il via all'approvazione della Direttiva sui rifiuti
plastici, ora all'esame del Consiglio Europeo, per poi diventare esecutiva. Il
testo approvato dal Parlamento (ma che potrà essere corretto dal Consiglio)
prevede il divieto di utilizzo dal 2021 di prodotti usa e getta come posate,
piatti, bastoncini cotonati, mescolatori per bevande, aste dei palloncini,
sacchetti ultraleggeri, contenitori da asporto per fast food, filtri per
sigarette, carte per caramelle. 3 - Bottiglie, riciclo al 90% - Introduce anche
un contenuto minimo di plastica riciclata nelle bottiglie (almeno il 35% entro
il 2025). Altre misure riguardano i materiali plastici usati dai pescatori. Dal
2025 il 90% delle bottiglie in plastica dovranno essere raccolte separatamente e
riciclate in tutta l'Unione Europea. Lotta anche alle microplastiche nei
cosmetici e nuove regole per i rifiuti nelle imbarcazioni e nei porti. 4 -
L'impatto sull’industria - La decisione è frutto di un lungo braccio di ferro
fra l'approccio ambientalista e gli interessi di una fiorente industria dei
polimeri plastici. Le preoccupazioni dell'industria plastica e di quella
agroalimentare si sono fatte sentire, lamentando un provvedimento punitivo, che
non guarda ad una strategia globale di riduzione dell'inquinamento, ma solo a
penalizzare un comparto industriale solido che produce prodotti a basso costo.
La sostituzione di questi prodotti con altri di diversi materiali rischia,
secondo i produttori, di fare aumentare il costo di molti beni di consumo.
Preoccupazioni che il Consiglio Europeo terrà in considerazione, visti gli
interessi di molti paesi europei. 5 - Le conseguenze sull’Italia - L'impatto
sull'Italia potrebbe essere importante, anche considerata la scadenza molto
ravvicinata del divieto. Molte industrie nostrane producono posate, piatti di
plastica e prodotti usa e getta. Il tempo dato perla conversione è risicato (due
anni), e su questo punto la battaglia nel Consiglio Europeo potrebbe essere
violenta. Non a caso il Presidente di Confindustria Boccia ha ritenuto
"punitivo" il testo della nuova direttiva varato dal Parlamento, sottolineando i
rischi per le imprese italiane (3 miliardi di fatturato l'anno) e per i 3.000
dipendenti del settore.
Alfredo De Girolamo
A Trieste gli "eco-pellegrini" diretti in Polonia a
piedi
Sono partiti da Roma il 4 ottobre e arriveranno a Katowice, in Polonia, dove
si terrà la conferenza Onu sul clima. Sono un gruppo di pellegrini che ieri
hanno fatto tappa a Trieste, dove si fermeranno per alcuni giorni. Giunti a
piedi, dopo una lunga marcia sotto la pioggia, sono attualmente ospitati in
città dalla parrocchia Immacolata Cuore. «Il pellegrinaggio - spiegano - vuole
essere, a partire dai territori, dalle comunità locali, il veicolo per esprimere
un messaggio pacifico di preoccupazione verso gli effetti dei cambiamenti
climatici. I partecipanti arrivano da tutto il mondo: siamo italiani, inglesi,
francesi, filippini, americani, che hanno percorso in toto, o in parte,
l'itinerario. A Trieste siamo arrivati percorrendo il sentiero della Salvia,
nonostante il maltempo. Il nostro umore è sempre positivo».Il gruppetto ha
continuato la sua strada lungo Grignano, Barcola e viale Miramare. Oggi
partiranno dalla parrocchia di via Ruggero Manna per raggiungere, sempre
rigorosamente a piedi, la cattedrale di San Giusto per la Santa Messa. Alle
17.30 spazio a un incontro aperto a tutti, all'oratorio parrocchiale San Marco
Evangelista di strada di Fiume 181, per condividere le loro storie e per parlare
dell'esperienza promossa insieme ad Accri, Greenpeace e Legambiente Trieste.
L'appuntamento è a ingresso libero. Domani tutti ripartiranno, con l'obiettivo
di arrivare in Polonia entro il 14 dicembre.
IL PICCOLO - VENERDI', 2 novembre 2018
Domani - Conferenza sul clima
Accri, Greenpeace Trieste e Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste accolgono i pellegrini partiti da Roma il 4 ottobre e diretti a Katowice, dove si terrà la 24esima Conferenza Onu sul clima, organizzando incontri con la cittadinanza. Domani, alle 9, ritrovo alla Parrocchia immacolato Cuore per marciare con i pellegrini fino alla cattedrale di San Giusto. Info: www.accri.it, biblio@accri.it, 3248093208 (Paola).
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 novembre 2018
Sviluppo e fonti rinnovabili: imparare divertendosi
Boom di visitatori, soprattutto tra i più giovani, per la mostra
"Energeticamente-Tutti su per Terra" allestita fino al 18 novembre in sala
Negrisin
MUGGIA Scaldare l'acqua pedalando, studiare un motore a idrogeno,
confrontare l'efficienza di alcune lampadine. Queste sono solo alcuni degli
esperimenti in cui ci si può cimentare in "Energeticamente - Tutti su per
Terra", la mostra allestita in sala Negrisin a Muggia. La doppia esposizione sta
registrando numeri importanti in termini di apprezzamento, specie tra i più
giovani. Ed è proprio per sensibilizzare soprattutto i più giovani sullo
sviluppo sostenibile e sulle fonti rinnovabili di energia che è stata
strutturata questa mostra pensata da Arpa Fvg - Larea (Laboratorio regionale di
educazione ambientale) in collaborazione con lo studio Eupolis, proposta dagli
assessorati all'Ambiente e alla Cultura in occasione della "Settimana per
l'Educazione allo Sviluppo Sostenibile". In "Tutti su per Terra" una serie di
pannelli propongono testi divulgativi, dati significativi, poesie, illustrazioni
e vignette di noti autori italiani a sostegno dello sviluppo sostenibile.
"EnergEticaMente" si compone di 21 laboratori che consentono di osservare,
verificare e comprendere, fenomeni naturali e fisici della vita di ogni giorno.
Una buona parte del materiale è dedicata alle fonti rinnovabili e offre
un'opportunità per riflettere sugli stili di vita. «Questa doppia esposizione
vuole sensibilizzare le persone riguardo ad alcuni temi importanti per il futuro
della Terra», ha spiegato Paolo Antoniazzi, referente di Eupolis. La mostra, a
ingresso libero, sarà visitabile fino a domenica 18 novembre da martedì a
venerdì dalle 17 alle 19, sabato dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, domenica e
festivi dalle 10 alle 12, lunedì chiuso.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 ottobre 2018
«Troppi rumori dalla Ferriera» - Dal M5s una diffida al sindaco
Sarà l'avvocato Vida a preparare l'atto da consegnare a
Dipiazza. La consigliera Bertoni: «Serve un'ordinanza per tutelare la zona di
Servola»
Una diffida che - secondo i proponenti - obbligherà il sindaco Roberto
Dipiazza a intervenire entro 30 giorni per ridurre l'inquinamento acustico della
Ferriera di Servola. Il Movimento 5 Stelle ha avviato la raccolta delle adesioni
per preparare il documento che sarà spedito dall'avvocato Fulvio Vida. Per la
consigliera comunale pentastellata Cristina Bertoni, «il sindaco deve adempiere
ai suoi doveri di tutore della salute pubblica rispetto alla situazione
accertata a Servola da anni. La legge prevede che il primo cittadino possa
emettere una ordinanza per sospendere temporaneamente le attività che causano il
disagio, fino a quando non verranno adottati interventi atti a ridurre le
emissioni entro i limiti di legge». Secondo Bertoni «questo è un atto che va
nella direzione della chiusura dell'impianto e si coniuga con il nostro
programma elettorale che prevedeva il superamento dell'area a caldo». A
preparare la diffida sarà l'avvocato Fulvio Vida che nel suo discorso ai circa
30 partecipanti al meet up di Trieste, ieri, ha evidenziato che «non sarà un
intervento che risolverà la questione. Esiste una precisa legge che fissa i
limiti che si possono sopportare. Risulta da tutti gli accertamenti dell'Azienda
sanitaria universitaria integrata di Trieste e dell'Arpa che ci sono degli
sforamenti e questo comporta che vi sia una responsabilità penale e civile in
capo al sindaco che non provvede al riguardo». Il M5s ha anche annunciato
l'organizzazione di una prossima manifestazione pubblica, chi volesse
sottoscrivere la diffida può rivolgersi allo studio legale Vida o ai
rappresentanti pentastellati. -
Andrea Pierini
"Baratto" Comune-Verdi - Le ruspe a un passo dalla Sala
Tripcovich
Pronta la permuta che consentirà al Municipio di riavere dalla Fondazione
teatrale la vecchia stazione dei bus in cambio di un deposito per scenografie
alle Noghere
Il Comune si appresta a rientrare in possesso della Sala Tripcovich, con il
fermo proposito di abbatterla. Per farlo darà in permuta alla Fondazione del
Verdi un magazzino di proprietà comunale a Muggia, che al teatro serve come
deposito per scenografie e attrezzature di scena. A provarlo c'è una delibera
che modifica il Piano delle alienazioni dell'ente locale proprio a questo scopo.
Il testo è passato in giunta nei giorni scorsi. L'assessore comunale ai Teatri
Serena Tonel spiega che il testo che sancirà poi l'effettivo passaggio di mano
dell'edificio è ancora provvisorio: parlerà attraverso le carte quando saranno
pronte. Il sindaco Roberto Dipiazza, che dell'abbattimento della sala fa da
tempo una delle sue missioni, entra nei particolari: «Sarà in sostanza
un'operazione inversa a quella che il Comune ha fatto dando la Tripcovich al
Verdi per consentire al teatro stesso di capitalizzare. Adesso consegniamo i
magazzini di via del Canneto a Muggia e in cambio otteniamo la Tripcovich».
Questo permetterà dunque al Comune, salvo prese di posizioni contrarie da parte
della Soprintendenza, di avviare il procedimento per raderla al suolo.
«Altrimenti potrei metterci un supermercato di mia proprietà, o una casa di
risposo per politici...», scherza il primo cittadino. La delibera parte dal
dicembre del 2012, quando il Comune dona alla Fondazione del Verdi la sala di
piazza Libertà «quale conferimento patrimoniale». Passa poi a un'ulteriore
delibera del 2016, che dava mandato agli uffici di procedere «alle istruttorie
necessarie al conferimento alla Fondazione del Verdi della proprietà
dell'immobile sito in via del Canneto 16, alle Noghere, utilizzato dalla stessa
Fondazione per le attività di laboratorio scenografico». Gli uffici hanno
concordato sul fatto che il passaggio di mano può agevolmente avvenire
attraverso la permuta della Tripcovich in cambio del deposito configurando così
una "restituzione" da parte del Verdi della vecchia stazione dei bus. Ne
ricaverà un edificio di cui il teatro sente vivo bisogno. Tanto più che il
Comune, prosegue ancora la delibera, deve provvedere ai bisogni della Fondazione
di cui è socio fondatore: «Ha l'obbligo di mettere a disposizione (...) i beni
immobili necessari al perseguimento dei fini statutari, per le attività di
laboratorio scenografico». La delibera dettaglia ulteriormente lo scopo per cui
il magazzino viene dato al Verdi, e si tratta principalmente di «azioni
strategiche previste dal piano di risanamento», «per le opportunità
socio-educative e di conservazione del patrimonio storico-culturale che tale
operazione potrebbe offrire, nonché per la messa in sicurezza della situazione
economico-finanziaria della Fondazione stessa». Nei giorni scorsi il futuro
della Tripcovich era stato oggetto di una richiesta di commissione del
consigliere forzista Bruno Marini, che assieme alla collega Manuela Declich era
l'unico "oppositore" all'abbattimento della sala del centrodestra. Ora ha
cambiato idea: «Mi opponevo soltanto perché conosco la carenza di grandi sale a
Trieste. Ora che è avviato il centro congressi nell'ambito di Esof 2020, non c'è
più ragione di dire di no. Da parte mia e di Declich, nulla osta».
Giovanni Tomasin
Attesa del verdetto e possibili ricadute sul
cantiere di piazza Libertà
L'eventuale addio alla struttura aprirebbe la vista sui portali
d'ingresso al Porto vecchio, modificando le coordinate del progetto
L'attuale intervento di riqualificazione di piazza Libertà potrebbe non
essere definitivo vista la volontà del sindaco di abbattere la Sala Tripcovich.
In altre parole l'addio all'ex stazione delle corriere, che consentirebbe di
aprire la vista sui portali dell'ingresso del Porto vecchio, renderebbe il
cantiere nella piazza, iniziato da poco e destinato a proseguire per i prossimi
per i 295 giorni, un semplice maquillage iniziale. Attualmente i lavori sono
iniziati nell'area che sta proprio tra la Tripcovich e la stazione delle
corriere, anche con l'eliminazione degli stalli dei motorini che al momento non
sono stati sostituiti. Di qui una prima criticità, visto che in via Flavio Gioia
è stata di fatto presa d'assalto l'area pedonale che costeggia il Silos,
diventata ormai un parcheggio dedicato ai mezzi a due ruote. Il secondo problema
è legato invece a chi magari mette male il motorino e blocca l'uscita delle
corriere, causando ritardi e bloccando anche le auto di chi accompagna qualcuno
in stazione. «Al momento la strada non è del Comune - evidenzia l'assessore
all'Urbanistica, Luisa Polli - stiamo però lavorando con Ferrovie italiane per
acquisirne il primo tratto, questo per dare una serie di risposte collegate
anche al rifacimento di piazza Libertà». La volontà dell'amministrazione è
quella di creare il parcheggio dei taxi proprio sul lato della stazione, andando
a modificare il traffico visto che finalmente potrebbe sbloccarsi anche il
cantiere del Silos. Per quanto riguarda invece gli scooter, ci saranno parecchie
novità visto che nell'area verranno creati solo stalli in linea nella zona della
farmacia. «Grazie al lavoro del personale dell'ufficio Mobilità e traffico -
aggiunge Polli - quando la "bretella" che passa dietro al teatro Miela non sarà
più necessaria per il cantiere, creeremo altri parcheggi in linea. Più avanti
andremo anche a spostare l'area di sosta che c'è ora davanti al teatro,
mettendola al fianco del park del Molo IV». Una sorta di work in progress che
cercherà di adattarsi alle necessità e alle nuove dinamiche del traffico
cittadino. «Dalla data dell'insediamento - rimarca Polli - abbiamo creato 500
posti per i motorini, l'obiettivo è arrivare a 800». Un'altra novità riguarderà
poi il tratto di via Filzi davanti alla chiesta Serbo Ortodossa, dove il
marciapiede verrà allargato anche per andare incontro alle richieste della
comunità, «i parcheggi che sono stati creati di recente verranno quindi
trasferiti senza andare a ridurne il numero», ha concluso Polli.
LA STORIA DEL DISCUSSO IMMOBILE - Dai torpedoni
agli spettacoli post restyling - Le due vite dell'edificio nato negli anni '30
L'edificio tra Silos e ingresso del Porto vecchio, progettato a metà anni
Trenta da Giovanni Baldi e Umberto Nordio, ha vissuto due esistenze. La prima è
strettamente correlata ai motivi per cui venne costruito in cemento armato, cioè
funse per circa mezzo secolo da stazione delle autocorriere, andando di fatto a
formare un polo logistico del trasporto passeggeri con la quasi finitima
stazione ferroviaria centrale. La seconda esistenza della sala Tripcovich è
radicalmente diversa dalla precedente, in quanto riguarda un utilizzo musicale e
teatrale, che venne ricavato all'inizio degli anni '90 del secolo scorso,
allorquando il Teatro Verdi, necessitato di lavori restaurativi, vi trasferì la
sua attività. La prima vita terminò quando verso la fine del decennio Ottanta il
terminal dei pullman traslocò nel vicino Silos. La resurrezione artistica seguì
da lì a poco e il recupero venne curato da Dino Tamburini, mentre del progetto
artistico si occupò Andrea Viotti. L'edificio originario prevedeva una parte
dedicata al transito e alla sosta dei torpedoni, un'altra parte pensata per il
supporto ai passeggeri. Dalla ristrutturazione nacquero il palcoscenico, una
platea dotata di oltre 900 posti, un'area-servizi che comprende foyer, bar,
biglietteria. La genesi autotrasportistica non influenzò l'acustica, ritenuta
ottima, e la visibilità, buona da ogni ordine di posto. Il rombo dei motori e i
fumi delle marmitte lasciarono spazio a discipline meno invasive. La nuova vita
fu resa possibile dal contributo della Regione, del Comune, del gruppo
Tripcovich, il cui intervento fu fortemente voluto e sollecitato da Raffaello de
Banfield (nella foto un suo sopralluogo sul posto). Il maestro era compositore,
musicista, per un quarto di secolo direttore artistico del Verdi. I lavori si
svolsero, con invidiabile solerzia, in un semestre tra il giugno e il dicembre
1992: il giorno 16, poco prima di Natale, l'inaugurazione della sala. La
provvidenziale "riedizione" della vecchia stazione-corriere in sede per
esecuzioni concertistiche, teatrali, solistiche, cameristiche ha consentito al
Verdi, impossibilitato a fruire del teatro progettato da Giannatonio Selva, di
garantire il cartellone fino al maggio 1997. Da Gianandrea Gavazzeni a Lü Jia,
da Carla Fracci a Juliette Greco molte prestigiose espressioni artistiche hanno
potuto contare su questo ingegnoso "ripiego". Dell'abbattimento della sala si
cominciò a parlare fin dai primi anni Duemila. La Tripcovich non è mai piaciuta
a Dipiazza, che ancora a maggio aveva preannunciato la volontà di radere al
suolo l'ottantenne architettura di Nordio: «La Tripcovich è brutta e l'ingresso
alla mia città è brutto», aveva detto il primo cittadino. «Come ho abbattuto la
piscina Bianchi, che era orrenda, così farò con quella stazione delle corriere,
perché questo era prima di essere utilizzata come teatro».
Massimo Greco
IL PROFESSOR TAMINO A DUINO - «Troppo inquinamento - No
al pirogassificatore»
DUINO AURISINA - «Ogni nuovo insediamento è pericoloso, se non si tiene
conto dell'inquinamento atmosferico già esistente sul territorio. Sconsiglio
perciò la costruzione di un pirogassificatore a San Giovanni di Duino». Con
queste parole Gianni Tamino, docente di Biologia e Diritto ambientale
all'Università di Padova, con un passato da senatore ed eurodeputato, ha
concluso la sua lectio magistralis al castello di Duino, nell'ambito di un
incontro organizzato dal Gruppo Salute e Ambiente per analizzare il progetto
Burgo. Dopo aver ricordato che, in Italia, ogni anno «ci sono 70 mila morti a
causa dell'inquinamento atmosferico, certificati dall'Agenzia europea
dell'Ambiente», Tamino ha sottolineato che «nell'area che circonda la Cartiera
della Burgo, cioè quella in cui dovrebbe sorgere il pirogassificatore, siamo già
ai livelli limite per quanto concerne la concentrazione di sostanze inquinanti.
Va ricordato - ha aggiunto il docente - che la Cartiera fu costruita quando
intorno non c'erano gli insediamenti presenti oggi, perciò ritengo
indispensabile una valutazione complessiva dello stato delle cose, prima di
assumere qualsiasi decisione».
Piano sicurezza per la rete dei sentieri a Sgonico
L'operazione servirà ad ampliare e ripulire le piste forestali in modo da
consentire il passaggio dei mezzi di soccorso
SGONICO - Ampliate, ripulite, con i muretti a secco che le delimitano
rimessi a nuovo. Parte l'intervento di ristrutturazione delle piste forestali di
Sgonico. Una rete di circa 15 chilometri e mezzo, la cui funzionalità è
indispensabile per garantire una rapida possibilità di intervento ai mezzi della
Protezione civile in caso di incendio o, comunque, nelle situazioni di
emergenza. Il piano è stato presentato nel corso di un incontro al quale hanno
partecipato il sindaco di Sgonico Monica Hrovatin, l'assessore comunale David
Pupulin, Adriano Morettin e Alfonso Tomè della Protezione civile regionale e
Claudio Berra, in qualità di rappresentante della Bemoter, l'impresa edile di
Tarcento alla quale saranno affidati i lavori, che saranno eseguiti in
collaborazione con l'Ispettorato per le foreste. L'operazione, che sarà
completata entro febbraio, comporterà un costo di 294 mila euro, stanziati
dall'amministrazione Serracchiani nel 2017. «È fondamentale procedere al
ripristino della viabilità forestale per prevenire gli incendi - ha detto
Hrovatin - in quanto l'adeguamento funzionale della rete delle piste è il
presupposto per qualsiasi piano di sicurezza. In sostanza - ha aggiunto - si
tratta di fare la manutenzione delle strade, per consentire l'accesso dei mezzi
di soccorso in caso di necessità. In questo modo, si favorisce anche
l'accessibilità ai terreni privati, perciò ne beneficeranno pure gli agricoltori
dell'altipiano». L'intervento consisterà nel taglio della vegetazione cresciuta
ai bordi delle piste, con un metro di ulteriore margine per ogni lato, rispetto
alla larghezza del tracciato. «Tutto il legname tagliato - ha precisato Hrovatin
- sarà sistemato ai lati delle piste e resterà a disposizione dei rispettivi
proprietari. Inoltre, nell'occasione, si procederà con la sistemazione del fondo
stradale - ha continuato - creando canalette che garantiranno il regolare
deflusso delle acque». Di rilievo, sotto il profilo paesaggistico e della
fruizione di chi ama il Carso, il ripristino dei muretti a secco, classica
realizzazione le cui origini sono secolari. «In questo modo - ha concluso il
sindaco - l'intera area sarà abbellita». La mappa delle piste sulle quali si
interverrà è reperibile all'Ufficio tecnico del Comune ed è visibile anche
all'Albo pretorio. Saranno poi apposti avvisi all'inizio di ogni pista.
Ugo Salvini /
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 ottobre 2018
Fish market e ristorante - Decolla il polo del pesce
dentro il Porto vecchio
Il Comune accelera sul project financing per trovare privati pronti a
investire - Nuovo mercato ittico con locale "panoramico" e musica jazz al
Magazzino 30
Il polo museale di Porto vecchio si trasformerà in polo ittico-culturale.
Sardoni e reperti. Alla fine Roberto Dipiazza l'ha spuntata, avendolo proclamato
fin dall'inizio del mandato nell'estate 2016: il sindaco voleva spostare il
mercato del pesce, da anni precariamente collocato all'ex Gaslini nello Scalo
Legnami, in Porto vecchio. E così sarà. O meglio: il Comune è in procinto di
lanciare un avviso per verificare se vi siano operatori privati disposti a
investire mezzi propri al fine di realizzare un nuovo mercato del pesce, con
annesso ristorante "panoramico", nel Magazzino 30, una struttura curiosamente
dipinta di rosa, che s'affaccia sul bacino "0", lo stesso dove si specchiano i
Magazzini 24 e 25. A pochi passi sorgono il Magazzino 26 e la Centrale
idrodinamica. L'avviso richiede che, attiguo al ristorante, vi sia uno spazio
per il jazz: motivo di una così esplicita previsione è l'assenza a Trieste di un
luogo vocato a questa forma musicale. Ne hanno parlato ieri mattina, a margine
di un'iniziativa sui "rup", l'assessore Elisa Lodi e il direttore dei Lavori
pubblici Enrico Conte.In particolare, il "30" è posizionato sulla sponda
settentrionale del bacino, dove è possibile ormeggiare, opportunità che ha
ulteriormente convinto gli uffici competenti a decidere per il trasferimento in
questo sito. L'avviso è di imminente pubblicazione e configura, dal punto di
vista contrattuale, un project financing, nel quale il Municipio conferisce
l'area e il privato/privati mette i soldi. Questo significa che
l'amministrazione Dipiazza punta a delegare all'esterno la gestione mercatale,
argomento peraltro ribadito a più riprese dall'assessore al Commercio Lorenzo
Giorgi. Lo spazio riservato al mercato ittico è di circa 2 mila metri quadrati,
uffici compresi. Attenzione a un passaggio importante: il Magazzino 30 non è
soggetto a vincolo della Soprintendenza, quindi è abbattibile e al suo posto è
edificabile un nuovo stabile. Nuovo stabile che però deve essere dotato di un
ristorante "panoramico", per cui nella visione comunale al pianterreno si
estenderà il mercato del pesce e a quello/quelli superiori si andrà a mangiare,
ascoltando jazz. Il Golfo evocherà il Mississippi, Trieste richiamerà New
Orleans. Suggestivo. L'avviso è alle ultime correzioni e conterrà il termine per
la presentazione delle offerte, che probabilmente scoccherà nei mesi invernali
del 2019. Non ci saranno indicazioni finanziarie, perché quantità e qualità
dell'investimento dipenderanno dal progetto del privato proponente. Altro
passaggio essenziale: questo avviso non è un bando, dunque non porta a
un'automatica assegnazione di spazi e compiti. Serve al Comune per capire se ci
siano operatori commerciali ed esercenti pronti a finanziare e a gestire un tipo
di intervento finora inedito. Un metodo simile (ma non uguale) a quello adottato
per rigenerare il campo "Giorgio Ferrini" a Ponziana. Sui tempi di realizzazione
i vertici comunali non entrano nel dettaglio, ma fanno comprendere che
l'orizzonte è quella primavera 2021 quando il terzo mandato Dipiazza sarà
terminato. In definitiva, calcolando il 2019 come blocco di partenza, resteranno
due anni per concretizzare molti sogni.
Massimo Greco
Il futuro Museo del mare va in giunta per il primo sì
L'elaborazione frutto di un lavoro di équipe tra i Servizi culturali e i
Lavori pubblici. Una spesa prevista di 33 milioni
Elisa Lodi ed Enrico Conte concordano: il primo progetto ufficiale del
futuro Museo del mare approderà in giunta nei prossimi giorni. Sarà il frutto di
un lavoro d'équipe tra i servizi culturali e l'area dei Lavori Pubblici. Il
Museo del mare assorbirà 33 dei 50 milioni stanziati dal ministero dei Beni
Culturali per "rigenerare" il Porto vecchio: saranno le vaste dimensioni del
Magazzino 26, la più grande struttura emporiale del punto franco
sdemanializzato, ad accogliere l'allestimento. Il progetto, secondo le
anticipazioni, ricalcherà le linee del documento trasmesso in estate alla
Regione Fvg per chiedere la riformulazione delle previsioni di spesa riguardo
allo stanziamento ministeriale: ricordiamo che in un primo tempo si riteneva che
una porzione assai consistente del "26" avrebbe dovuto essere riservata
all'Icgeb, l'istituto scientifico diretto da Mauro Giacca. A giugno il
ripensamento, il Museo del mare avrebbe "sfrattato" Icgeb: 20 milioni di lavori,
7 milioni di allestimenti, 2 milioni di spese tecniche, solo per citare i
capitoli più significativi. Sei temi sui quali impostare il progetto culturale,
sul modello di Genova, Valencia, Lisbona, Barcellona: pesca, navi e cantieri,
navigazione e arti marinaresche, sport, esplorazioni ed ecosistemi. Saranno 16
gli ambienti-funzioni che articoleranno la narrazione museale all'interno di un
edificio lungo 250 metri, con una superficie di oltre 35 mila metri quadrati.
Entreranno anche l'Immaginario scientifico e il Museo dell'Antartide. Da
chiarire gli spazi per altri soggetti ed esigenze, da Its alle masserizie degli
esuli.
Ferriera - Raccolta firme M5s contro l'area a caldo
Oggi alle 18 nella sala dell'Università Unicusano di Fabio Severo 14, il M5s lancerà la raccolta firme per proporre una diffida al sindaco di Trieste Dipiazza per l'inquinamento acustico provocato dalla Ferriera di Servola. L'obiettivo dell'iniziativa legale è quello di far chiudere l'area a caldo della Ferriera.
Città "green", in Fvg - Pordenone la più virtuosa ma è
Trieste a fare il balzo -
La classifica dell'ecosostenibilita'
Il capoluogo regionale scala dieci posizioni. Giù Gorizia e Udine.
Stabile la qualità dell'aria a eccezione dei livelli dell'ozono
Udine - Pordenone è la sesta città "green" d'Italia dietro a Mantova, Parma,
Bolzano, Trento e Cosenza. Ma anche gli altri capoluoghi Fvg, parola di
Legambiente regionale, non se la cavano male: Udine è diciannovesima, Trieste
ventinovesima, Gorizia trentesima. L'AVANZATA DI TRIESTE - Tra alti e bassi
proprio il risultato di Trieste appare significativo, giacché per la prima
volta, superando Gorizia, non risulta il fanalino di coda della classifica Fvg.
L'Italia del buon ecosistema urbano, spiega l'associazione nel presentare il 25°
Rapporto sulle prestazioni ambientali (redatto a livello nazionale con
l'istituto di ricerca Ambiente Italia e con la collaborazione de Il Sole 24 Ore,
che lo ha pubblicato ieri) «è principalmente l'Italia che spende bene le sue
risorse, si evolve e pianifica le trasformazioni future, non s'accontenta dello
scenario contemporaneo, che in uno o più ambiti produce ottime performance o
raggiunge l'eccellenza». Gli indicatori in campo - Mettendo assieme 16
indicatori, ciascuno dei quali con un punteggio da 0 a 100 - dalla mobilità alla
qualità dell'aria, dalla produzione e gestione di rifiuti ai consumi idrici,
dall'energia al consumo di suolo - Legambiente costruisce così una classifica
2017 in cui Pordenone perde una posizione rispetto al 2016, Trieste ne guadagna
10, Gorizia ne perde 5 e Udine 7. «Non per demerito - spiega però il presidente
regionale Sandro Cargnelutti -, ma perché qualche altro comune ha scalato più in
fretta i parametri dell'eccellenza». Analizzando i dati regionali, la qualità
dell'aria viene descritta come «stabile», ad eccezione dell'ozono (40 giorni di
superamento soglia a Trieste, 50 a Pordenone e Udine), mentre il biossido di
azoto, in un trend in miglioramento, fa segnare la maggiore decrescita proprio a
Trieste. Ed è ancora Trieste, al pari di Gorizia, a registrare livelli pari al
valore obiettivo per la salute (20 mg/m3) indicato dall'Oms. I FOCUS - Tra gli
altri parametri illustrati dal Rapporto, la media Fvg di consumi idrici resta
superiore del 9% rispetto al dato medio italiano (153 litri al giorno pro
capite), la dispersione della rete resta stabile, con Trieste che vede una
riduzione delle perdite (41%), la capacità di depurazione è superiore al 90% per
Gorizia, Trieste e Udine, con Pordenone al 76%. Torna a crescere la produzione
di rifiuti urbani, in particolare nel capoluogo regionale (465 kg annui per
abitante), con una media regionale di 533 che supera il valore obiettivo di 365
(un kg al giorno). È inarrestabile peraltro la raccolta differenziata; Pordenone
si conferma eccellenza (è tra i tre comuni del Nord che superano la soglia
dell'80%), Gorizia e Udine superano l'obiettivo del 65% e Trieste fa un
ulteriore balzo in avanti raggiungendo il 40%. Non manca il focus sulla
disponibilità di alberi in aree di proprietà pubblica. I primi dati raccolti
evidenziano una sostanziale omogeneità: Pordenone conta 29 alberi ogni 100
abitanti, Gorizia segue con 26 davanti Udine con 24; Trieste, che non aveva
fornito il dato lo scorso anno, arranca con 10 alberi, con la precisazione però
che il censimento non ha tenuto conto dei parchi comunali del Boschetto, di
Villa Giulia e della Napoleonica. Il valore medio italiano è 19 alberi ogni 100
abitanti.
Marco Ballico
L'inaspettato ospite texano che spunta nel parco
Farneto
Nella parte alta del giardino si trova un esemplare di "Moro degli Osagi",
pianta originaria del Texas portata a Trieste dagli alleati
C'è un "ospite" insolito nella parte superiore del parco Farneto, vicina
alla scuola "Codermatz". È un esemplare di Maclura pomifera, noto anche come
"Moro degli Osagi": una pianta esotica che gli specialisti del Governo militare
alleato piantarono lì nel bosco dopo il 1945. Con i suoi rami, quasi lunghe
braccia, forma una sorta di verde galleria che sovrasta un intero sentiero e
che, nel 2015, ha richiesto un intervento di consolidamento da parte del settore
del Verde pubblico comunale. «Quest'albero lo meritava - spiega il responsabile
del Servizio spazi aperti Verde pubblico Francesco Panepinto - per il suo
elegante portamento, l'ampia copertura, l'appartenenza alla parte rimboschita
dagli Alleati, che è un pezzo di storia del Farneto. Il nome rimanda alla tribù
indiana degli Osage, che utilizzavano le radici color arancione della pianta per
ricavarne una polvere con cui tingersi il volto durante i loro rituali. Il Moro
degli Osage è originario del Texas. E nell'anno in cui si celebra il
settantesimo compleanno di Tex Willer è curioso pensare che, a due passi dal
viale XX Settembre, si possono ammirare delle piante che gli indiani
utilizzavano in particolare per costruirsi gli archi. Ma attenzione: come spiega
il responsabile del Verde Pubblico, questo albero americano è difficile da
tagliare. E dunque meglio osservarlo, non toccare le sue spinose fronde e
ammirarlo, forestiero d'oltre oceano accasatosi brillantemente in uno storico,
grande bosco europeo.
Maurizio Lozei
Vive nel Nord Italia il 95% degli europei a rischio per
lo smog - Emergenza inquinamento
Copenaghen - Il Nord Italia si conferma l'area più inquinata d'Europa. A
segnalare il primato è l'Agenzia europea per l'Ambiente: secondo la relazione,
nel nostro Paese l'inquinamento atmosferico è causa di circa 84.300 morti
premature ogni anno. L'Agenzia con sede a Copenaghen ha analizzato in
particolare i valori di tre indicatori: polveri sottili (Pm 2.5), biossido di
azoto e ozono. Oltre 47 milioni di europei (l'8,9% del totale) vive in zone a
rischio, nelle quali almeno due di questi parametri vengono superati. Ma circa
3,9 milioni di cittadini abitano in zone a «super rischio», dove cioè i valori
limite vengono sforati per tutti e tre i parametri. E dove vivono, esattamente?
Ben 3,7 milioni (ossia il 95% del totale) si trova nel Nord Italia, in
particolare «nelle aree urbane» lungo la Pianura Padana. «Il trasporto su strada
- sottolinea il rapporto - è una delle principali fonti di inquinamento
atmosferico». Ma l'Aea punta il dito anche contro «agricoltura, produzione di
energia, industria e abitazioni». L'Italia è il secondo Paese europeo per
decessi prematuri legati all'inquinamento da polveri sottili (60.600 morti nel
2015), seconda soltanto alla Germania (62.300 decessi annui, anche se la
popolazione tedesca è maggiore). Resta invece al primo posto per le morti
premature connesse all'inquinamento da biossido di azoto (20.500) e da ozono
(3.200). Sempre ieri è stato diffuso un rapporto dell'Organizzazione mondiale
della Sanità che definisce lo smog «il nuovo tabacco». A livello globale si
contano 7 milioni di decessi ogni anno, tra cui 543 mila bambini sotto i cinque
anni. A maggio la Commissione europea aveva deferito l'Italia alla Corte di
Giustizia dell'Unione europea per aver sforato i valori limiti del particolato
(Pm10) e per non aver presentato adeguati piani anti-smog (le analisi hanno
rilevato che in 28 zone - tra Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto - i valori
limite giornalieri sono stati costantemente superati, arrivando nel 2016 fino a
89 giorni). Per lo stesso motivo sono finite davanti ai giudici di Lussemburgo
la Romania e l'Ungheria. L'Ue ha rinviato alla Corte anche Germania, Francia e
Regno Unito, anche se loro sono finiti sul banco degli imputati per non aver
rispettato i valori-limite relativi al biossido di azoto.
Marco Bresolin
Il tonno da record pescato a Cherso - Pesa 317
chilogrammi
È stato stabilito il nuovo record del tonno più grande pescato
nell'Adriatico. Pesa 317 kg l'esemplare catturato nelle acque dell'isola di
Cherso da Zoran Srdarev Mure, di Vodice presso Sebenico: è il più famoso
pescatore di tonni in Croazia, e non ha avuto difficoltà a piazzare l'esemplare
da record sul mercato italiano. A lui apparteneva anche il record precedente: un
tonno di 303 kg pescato nel 2004.
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 ottobre 2018
I ragazzi riprogettano il Volta nel nome della
sostenibilità
Oltre 200 studenti di quarta e quinta hanno partecipato al contest "Sustainable
School" con il supporto di professori e tecnici di Siram by Veolia
Si è concluso con le premiazioni delle idee migliori elaborate dai ragazzi
il concorso "Sustainable School" che a fine settembre ha coinvolto oltre 200
studenti di quarte e quinte del Volta. Ogni gruppo, ciascuno nell'ambito del
proprio indirizzo tecnico, con il supporto dei professori e di uno staff di
esperti Siram by Veolia, ha avuto il compito di realizzare un progetto di
performance energetica, di riqualificazione tecnologica o edile dell'istituto.
Gli studenti hanno sviluppato alcune soluzioni ritenute adatte a progettare una
"scuola modello", innovativa e sostenibile. Siram, sponsor Barcolana50, ha
promosso l'iniziativa nel quadro degli eventi correlati alla regata. L'azienda,
che opera in Italia da oltre 100 anni, si occupa di soluzioni all'avanguardia
nell'ambito dell'efficienza energetica, della gestione ottimizzata del
trattamento delle acque e dell'intermediazione e dello smaltimento di rifiuti
speciali. Con il concorso ha garantito la possibilità ai giovani di lavorare in
team, mettendo a frutto le competenze apprese a scuola e con le informazioni
fornite direttamente dai tecnici a disposizione dei ragazzi. Le premiazioni
della competizione rivolta agli studenti si sono tenute al Villaggio Barcolana
con la consegna dei riconoscimenti alle tre classi che hanno presentato i
migliori progetti di performance energetica, che hanno conquistato assegni da
tremila, 1.250 e 750 euro. Primo gradino del podio ottenuto dai "Meccatronici"
della V I, con il progetto sull'Impianto di cogenerazione a servizio
dell'Istituto. La IV A dell'indirizzo "Costruzione Ambiente Territorio" ha
guadagnato il secondo piazzamento con il progetto di Revamping energetico
dell'aula laboratorio del Dipartimento di costruzioni, mentre gli "Informatici"
della V E si sono classificati terzi con il progetto Pocket smart Room, relativo
a un sistema di controllo dell'illuminazione e del riscaldamento di un'aula tipo.Sei
studenti delle classi vincitrici avranno inoltre l'occasione di prendere parte a
un percorso di alternanza scuola-lavoro in una delle sedi Siram dell'Unità di
business Nord Est, per un'esperienza aziendale a fianco dei tecnici.
«Ringraziamo tutti gli studenti, i docenti e i dirigenti scolastici del Volta
per l'impegno e il lavoro fatto insieme», ha dichiarato Paolo Maltese, direttore
Unità di business Nord Est Siram by Veolia: «L'Istituto Volta per Trieste è un
riferimento nella formazione di tecnici sul territorio, un vivaio da cui negli
anni abbiamo attinto con grande soddisfazione e orgoglio». «Quest'iniziativa è
stata accolta da ragazzi con entusiasmo e senso di responsabilità», così la
preside del Volta Clementina Frescura: «L'Istituto da sempre è impegnato a
creare tecnici di talento e questo progetto ci ha dato l'opportunità di far
vivere ai ragazzi un'esperienza che è andata oltre le mura scolastiche».-
La concessionaria Autovie Venete "green" - ridotti i
costi energetici
Con misure che vanno dal parco fotovoltaico che consente di illuminare
un'intera galleria, alla sostituzione del 70% dei punti luce in illuminazione a
led, Autovie Venete fra il 2015 e 2017 ha ridotto i costi totali per energia
elettrica, gpl e gasolio per riscaldamento, metano e gasolio e benzina per
autotrazione di 628 mila euro fino giungendo a poco oltre 2,5 milioni. Il
vettore energetico col maggior risparmio - precisa la Concessionaria - è
l'energia elettrica.
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 ottobre 2018
San Luigi - Parco Farneto Inaugurata la nuova area per
il fitness
È stata inaugurata ieri, presente anche l'assessore ai Lavori pubblici Elisa
Lodi, la nuova area fitness realizzata dal Comune nell'immediata prossimità
dell'accesso al Parco Farneto, a San Luigi, cioè nell'area di parcheggio di via
Marchesetti antistante i civici 18-20-22. Installati attrezzi e un fondo "smorzacadute".
IL PICCOLO - SABATO, 27 ottobre 2018
DOMANI - Alla scoperta del Rilke con le guide Gemina
Il Comune di Duino Aurisina e la Cooperativa Gemina organizzano la visita guidata sul Sentiero Rilke che si svolgerà domani con inizio alle ore 14.30. La partecipazione è gratuita, ma è necessaria la prenotazione. Per informazioni e prenotazioni: Cooperativa Gemina, telefono 334 7463432 . Rimasto a lungo in abbandono, il sentiero Rilke è stato ripristinato nel 1987 dopo un lungo lavoro di recupero .
VOCEARANCIO.ing.it - VENERDI', 26 ottobre 2018
Elettrosmog e smartphone: tutto quello che dovete sapere
Le (poche) certezze della scienza in materia, le linee guida ufficiali e come scoprire quante onde elettromagnetiche emette il vostro telefono
Gli smartphone fanno male? Se parliamo di inquinamento
elettromagnetico, non esiste una risposta semplice. Gli effetti a lungo termine
sono ancora da studiare in modo chiaro: i telefoni sono entrati nelle abitudini
globali in modo così pervasivo da troppo poco tempo per avere un quadro chiaro
delle conseguenze sul corpo umano. Come sempre, il punto di partenza migliore
per provare a capire un argomento sono le fonti ufficiali, in questo caso
l’Organizzazione Mondiale della Sanità che, sul suo sito, ha una sintesi di
tutto quello che possiamo dare per scientificamente accurato sull’argomento.
Un’altra informazione importante è che l’IARC, l’Agenzia internazionale per la
ricerca sul cancro, ha condotto la ricerca epidemiologica su questo tema
(partecipanti da tredici paesi, studiati nell’arco di dieci anni) e ha stabilito
che l’uso di smartphone è «possibilmente cancerogeno», mettendo i telefonini
nella lista 2B, un lungo elenco di sostanze la cui associazione con determinati
tumori è considerata credibile ma non può essere ancora data per certa.
Il dato da conoscere sul vostro smartphone si chiama SAR. I fatti: gli
smartphone emettono onde elettromagnetiche. A differenza di quelle dei raggi X o
gamma, quelle del telefono non sono in grado di spezzare legami chimici o
ionizzare il corpo umano e sono per questo motivo infinitamente meno nocive. La
pericolosità delle emissioni si misura in SAR, che sta per «Specific Absorption
Rate», Tasso di Assorbimento Specifico, un valore che misura l’energia
elettromagnetica assorbita dal corpo umano per unità di massa. È uno strumento
di indagine che si applica a tanti dispositivi (compresi i router Wi-fi) ma per
gli smartphone è particolarmente importante perché l’uso che ne facciamo prevede
che siano per ore a stretto contatto con il nostro corpo. In Europa il limite di
sicurezza per il valore SAR è 2,0 Watt per Kg. Ogni telefono ha un suo valore
SAR, che per legge quindi non può mai superare questa soglia, al di sotto della
quale però i valori oscillano molto. L’Ufficio Federale tedesco per la
protezione delle radiazioni ha una lista completa delle radiazioni che il sito
Statista ha sintetizzato in un’efficace infografica che racchiude i dispositivi
con valore più alto (quindi più vicino alla soglia critica) e quelli virtuosi,
con le emissioni elettromagnetiche più basse.
I migliori e i peggiori del momento. Non è detto che questo dato debba essere
preso in considerazione tra quelli decisivi prima di comprare uno smartphone, ma
sono valori che è bene conoscere per fare le proprie scelte in modo informato.
Nell’ultimo aggiornamento dell’Ufficio Federale Tedesco, l’Mi A1 di Xiaomi fa
riscontrare i valori di emissioni più alti, con un SAR di 1,75, segue al secondo
posto One Plus 5T, con 1,68, e poi cinque modelli Huawei (Mate 9, P9 Plus, GX8,
P9 e Nova Plus), con un dato SAR che oscilla tra 1,64 e 1,41. Nella lista dei
quindici con più emissioni elettromagnetiche ci sono anche l’iPhone 7 (SAR 138)
e l’iPhone 8 (SAR 1,32). Nella lista dei telefoni con minori livelli di
emissioni spiccano invece il Samsung Galaxy Note 8 e ZTE Axon Elite, a pari
merito al primo posto con il valore più basso di tutto il parco smartphone
mondiale, un eccellente 0,17. Si comportano molto bene anche LG G7 (0,24),
Google Pixel XL (0,25), i Samsung Galaxy S8+ (0,26) e S7 Edge (0,26).
I consigli per tenere l’elettrosmog sotto controllo. L’informazione più
importante da tenere a mente è che l’esposizione alle onde elettromagnetiche
degli smartphone crolla con la distanza dal dispositivo: bastano 30-40
centimetri per essere in una situazione di totale sicurezza. La principale
interazione tra la radiofrequenza e il corpo umano è il surriscaldamento dei
tessuti: la maggior parte dell’energia viene assorbita dalla pelle e dagli altri
tessuti superficiali, prima di arrivare al cervello o ad altri organi. Il
momento più critico, dal punto di vista delle emissioni elettromagnetiche, sono
le telefonate, quindi tenete sotto controllo la durata e la lunghezza e, quando
possibile, usate degli auricolari. Inoltre. migliore è la ricezione telefonica e
minori sono le emissioni, che invece aumentano quando «non c’è campo» e provate
ugualmente a telefonare. Altri consigli utili arrivano dalla Società Italiana di
Medicina Ambientale: evitate di dormire tenendo lo smartphone e radiosveglie sul
comodino, limitatene l’uso da parte dei bambini e in generale all’interno di
un’auto in movimento.
(leggi
l'articolo originale)
IL PICCOLO - VENERDI', 26 ottobre 2018
Da Roma pietra tombale sull'Alta velocità fra Venezia e
Trieste
Approvato il contratto fra ministero dei Trasporti e Rete ferroviaria
italiana che prescrive il ritiro dei progetti abbandonati per potenziare le
tratte esistenti
Trieste - La commissione Lavori pubblici del Senato dà il via libera allo
schema di contratto di programma 2017/21 tra il ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti e Rete ferroviaria italiana, un documento che prevede un
incremento di risorse per gli investimenti ferroviari pari a 13,2 miliardi di
euro. Secondo il Movimento 5 Stelle, il via libera contiene però anche l'altolà
all'Alta velocità in Friuli Venezia Giulia. La «pietra tombale» dei progetti Tav
da Venezia a Trieste, sottolinea Stefano Patuanelli, capogruppo grillino a
Palazzo Madama. Nel contratto, sostiene il movimento di governo, compaiono un
paio di prescrizioni che richiamano alla memoria l'ipotesi che aveva spaventato
per anni il Carso. Per gli interventi 0291 Linea Av/Ac Venezia-Trieste tratta
Venezia-Ronchi dei Legionari e 0262 Linea Ac/Ac Venezia-Trieste tratta Ronchi
dei Legionari-Trieste, si legge, «si proceda con il ritiro dei progetti in
quanto definitivamente abbandonati nel 2014, dopo aver concluso le procedure di
Via con esiti negativi». I fondi risparmiati? Da utilizzare, come da progetto
0365 da 1,8 miliardi di euro, per ammodernare e potenziare la linea esistente.
Un secondo ritiro di progetto è previsto pure per l'intervento 1604B Nuova linea
Trieste-Divaccia, attualmente in fase di progettazione preliminare, con utilizzo
dei relativi fondi per l'intervento 1604A di potenziamento della linea attuale.
Nel dossier, accanto alle prescrizioni, compaiono anche alcune osservazioni,
informa ancora il M5s. Per la "variante Ronchi-Bivio Aurisina", lì dove il
progetto di potenziamento attualmente dispone la realizzazione di una nuova
linea tra Ronchi Aeroporto e Aurisina con contestuale adeguamento della fermata
di Ronchi Aeroporto, si suggerisce di «valutare l'immediato ritiro del
preliminare e lo studio di nuove soluzioni di efficientamento». Mentre per la
"variante di Latisana" si chiede di «valutare attentamente l'opportunità di
costruire un nuovo ponte sul fiume Tagliamento, viste le numerose esondazioni
registrate negli ultimi anni che hanno costretto la Regione a ripetuti
interventi di adeguamento e messa in sicurezza, e la funzionalità di costruire
la nuova stazione di Latisana in una zona al di fuori del centro abitato». Un
quadro complessivo che Patuanelli legge come «una grande vittoria M5s che da
sempre si batte contro le opere inutili». Con la Lega c'è stato sostanzialmente
un "do ut des". I pentastellati hanno dato parere favorevole, ma hanno preteso
alcune condizioni. La Tav sembrava essere peraltro già in archivio visti i
pareri negativi Via per l'impatto di un'opera ciclopica nella Bassa friulana e
nel Carso, ma anche per i costi esorbitanti: 7 miliardi di euro per le sole
spese in Fvg. E invece, dopo aver letto nel testo "nuova linea", i grillini
hanno sentito puzza di bruciato all'interno di un contratto Mit-Rfi che avrebbe
dovuto essere ratificato dallo scorso Parlamento e invece è rientrato all'ordine
del giorno di questo avvio di legislatura. «Il governo Gentiloni, che pure aveva
fatto nascere quell'accordo, non se ne era poi occupato - ricostruisce
Patuanelli -, a conferma di quanto fosse interessato ai temi della sicurezza
infrastrutturale e ferroviaria. Alla nostra lettura, in due passaggi del
documento si rimetteva mano ai 28 chilometri di galleria che devasterebbero il
Carso con risparmi complessivi in termini di tempo, tra Mestre e Trieste, di non
più di 11 minuti. Con questo definitivo stop si procederà finalmente al
potenziamento della linea esistente». Il voto in commissione viene commentato
con soddisfazione dal ministero dei Trasporti. «Siamo orgogliosi - si legge in
una nota - di un incremento di risorse superiore ai 13 miliardi, soldi che
serviranno per potenziare tratte, metterne in sicurezza altre e, in generale,
per garantire a tutti coloro che usano il treno per viaggiare un servizio
eccellente, degno di un Paese civile». Tra le opere sovraregionali viene citata
anche la linea Venezia-Mestre-Udine, con un'assegnazione di 220 milioni, metà
dei quali riguardano però il ripristino della linea dei Bivi di Venezia Mestre.
Dopo il via libera da parte delle Camere, ora il contratto sarà sottoscritto dal
Mit e da Rfi e, successivamente a un Decreto di approvazione e alla sua
registrazione da parte della Corte dei conti, entrerà in vigore.
Marco Ballico
Serracchiani contro i pentastellati «Colpo di freno già
dato nel 2016»
Razeto di Confindustria: «Ciò che conta è far viaggiare i treni a 200
all'ora e intervenire sui binari attuali lo consentirà» Il Wwf: «Una buona
notizia»
TRIESTE - Il M5s che stoppa la Tav? Una lettura che Debora Serracchiani
incenerisce. «Il loro modo di governare è nauseante», dichiara l'ex governatrice
ricostruendo la storia del progetto. I 5 Stelle, prosegue la deputata dem,
«erano e restano dei venditori di bufale un tanto al chilo: il progetto
dell'alta velocità Venezia-Trieste non esiste più da anni, eppure la vendono
come se fosse la grande rivoluzione di questa legislatura. Ovviamente si sono
inventati loro anche la "Cura del ferro", che ha portato in giro per l'Italia il
ministro Delrio». Serracchiani risponde alle dichiarazioni di Arianna Spessotto,
portavoce del M5s alla Camera e relatrice del provvedimento in commissione, che
ha rivendicato, come poi anche il capogruppo Stefano Patuanelli, l'eliminazione
dell'Alta velocità Venezia-Trieste. «Già nel 2016 Delrio aveva dato il colpo di
freno decisivo - ricorda Serracchiani - e la Tav nel 2017 era uscita
dall'allegato Infrastrutture che ha accompagnato il varo del Def. C'era invece,
e rimane, la velocizzazione della Venezia-Trieste a carico di Rfi per 1,8
miliardi. Ed è scritto anche nel documento attuale che "la nuova struttura del
contratto di programma dipende dalle richieste formulate dal Cipe in sede di
approvazione dell'aggiornamento 2015, dell'aggiornamento 2016 del contratto
oltre che dal parere reso sullo schema il 7 agosto 2017». I grillini? Per
Serracchiani, «oltre a essere incompetenti, danno la chiara sensazione che a
loro non importa la sostanza delle cose: pensano solo a quando correranno a
farne comunicazione e propaganda». Nemmeno industriali e ambientalisti credono
che il voto in commissione abbia cambiato la storia, nella convinzione che il
progetto dell'Alta velocità, soprattutto causa costi, non fosse più praticabile.
«Pareva realmente un'opera irrealizzabile - osserva Sergio Razeto, presidente di
Confindustria Trieste e Gorizia -. Quello che conta è che i treni possano
viaggiare a 200 chilometri all'ora e credo che il potenziamento dell'esistente
possa consentire di centrare questo obiettivo. Di infrastrutture, tuttavia, c'è
assolutamente bisogno e a me fa paura che per principio si bocci qualsiasi
proposta». Non troppo diverso il ragionamento di Antonio Paoletti, presidente
camerale: «Il treno si è perso per i tentennamenti sul tracciato che hanno
riguardato molto più il Veneto del Fvg. La crisi economica ha fatto il resto e
si è optato per un riammodernamento che speriamo si possa concretizzare. Ma
Trieste, in una fase di esplosione del turismo, dell'economia, della logistica e
del porto, rimane nel cul-de-sac. Non dimentichiamo che la terza corsia si
fermerà a Villesse, quando invece dovrebbe arrivare fino alla congiunzione con
la superstrada che porta in Slovenia». Il delegato regionale del Wwf Alessandro
Giadrossi si limita invece alla «buona notizia». L'associazione si è del resto
più volte espressa negativamente sulla Tav: «Riammodernando l'esistente, si
raggiungeranno gli stessi risultati».
Contovello dice stop alle auto «Velocità e smog
inaccettabili»
Residenti esasperati dagli attraversamenti del paese da parte di chi non
ci vive - «Violano pure il divieto di transito a caccia di scorciatoie pensando
di fare prima»
TRIESTE - Un paese dalle dimensioni lillipuziane che i forestieri, ma anche alcuni residenti, scambiano per Montecarlo in tempo di gran premio, transitandovi a velocità folli. Con grave pericolo per quei pedoni sempre più spauriti di fronte a un traffico veicolare in continuo aumento. Di viabilità, traffico e parcheggi a Contovello si è parlato in un'assemblea pubblica organizzata dalla Circoscrizione Altipiano Ovest presieduta dalla numero uno del parlamentino Maja Tenze. Tante le questioni, su tutte la necessità di riportare l'ordine nella borgata.«Nel centro storico si corre troppo - afferma il residente Roberto Cattaruzza, già presidente del parlamentino nella scorsa consiliatura - e non pare azzardata la richiesta di riservare il passaggio ai frontisti. C'è chi chiede una colonnina a scomparsa, io mi accontenterei di dissuasori di velocità. Ricordo che il Comune era contrario a quest'indicazione, eppure potrebbe essere una buona soluzione, se pensiamo che sulla dorsale che percorre il cuore di Contovello non ci sono marciapiedi e molti usci di casa si affacciano sulla strada. Sarebbe poi importante provvedere alla manutenzione del selciato corroso, pieno di buche e con i tombini non livellati, continuo pericolo per gli scooteristi e gli stessi pedoni». Nella parte meridionale del paese c'è un'altra criticità che attende risposta. Nel tratto di strada del Friuli che porta alla doppia curva che introduce al paese, una bretella di circa 200 metri dalla forte pendenza rappresenta una scorciatoia utilizzata quotidianamente da decine di automezzi. «I loro conducenti puntualmente eludono il segnale di divieto di transito ben visibile - spiega Dusan Krizman, uno dei frontisti - e passano di fronte alle nostre case, dando ulteriore gas ai propri mezzi per evitare di restare al passo degli autobus di linea. Il traffico diventa intenso nelle ore di punta e al mattino, quando la gente si reca al lavoro e a scuola. La cosa più assurda è che il passaggio sulla scoscesa bretella consente loro un risparmio di tempo effimero. In cambio ci mettono costantemente in pericolo e ci sottopongono all'inquinamento dei loro scarichi». Sempre in tema di sicurezza, si chiede inoltre l'installazione di una telecamera in prossimità del vecchio laghetto di Contovello. La via che vi corre a fianco, a collegare strada del Friuli con il borgo di Santo Stefano, è un altra piccola arteria dove spesso si pigia l'acceleratore con troppa facilità e dove mancano gli attraversamenti pedonali tra area giochi e specchio d'acqua.
Maurizio Lozei
LE ISTANZE - "Barriere" e dissuasori per difendere il
borgo
Nell'assemblea si è fatta largo persino l'idea di riservare il transito nel
centro di Contovello ai frontisti con una colonnina a scomparsa e dissuasori
utili a contenere le alte velocità praticate da diversi imprudenti
automobilisti. L'intento è di ristabilire un minimo di sicurezza in un borgo
dalle caratteristiche quasi venete, con viuzze e androne talmente anguste e
strette da assomigliare a calli e vicoli.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 ottobre 2018
Fitorimedio in partenza in piazzale Rosmini via Giulia
e a Servola
Regione, Comune e Arpa hanno presentato l'avvio dei lavori di bonifica
ambientale legati al piano pilota di monitoraggio costante
Per far fronte all'emergenza dell'inquinamento diffuso emerso nel 2016 dalle
indagini "top soil", partirà a giorni l'adozione dell'innovativo metodo di
fitorisanamento. Ieri, Comune di Trieste, Regione e Arpa Fvg hanno infatti
annunciato l'avvio dei lavori di bonifica ambientale attraverso questo rimedio
sperimentale da applicare nelle aree verdi di piazzale Rosmini, Giardino
pubblico di via Giulia e pineta di Servola. Ma in che cosa consiste il
"fitorimedio"? «La terra inquinata - spiega il direttore dell'Arpa, Luca
Marchesi - verrà piantumata con un certo tipo di vegetale che innanzitutto
interdice il passeggio diretto su queste zone. Nel tempo andremo a verificare
l'effettiva capacità di queste essenze di assorbire e depurare naturalmente il
terreno». Grazie a dei deposimetri, l'Università di Trieste e l'Arpa
svilupperanno studi e simulazioni per individuare le sorgenti inquinanti,
permettendo dunque all'amministrazione comunale - ieri presente con l'assessore
Elisa Lodi, affiancata dal consigliere di FdI Salvatore Porro - di capire se sia
necessaria la modifica della viabilità e del traffico o se installare manti di
erba sintetica, più facilmente pulibili, in zone scolastiche. Questo piano di
gestione si configura inoltre come "pilota": per la prima volta infatti, viene
adottato in una città italiana e sperimentato nel contesto di vita reale urbana
di piazzale Rosmini, ponendosi come obiettivo quello di «trasformare l'emergenza
in gestione ordinaria» ed eventualmente di diventare una misura da includere
ordinariamente nell'azione anche di altre regioni. Per quanto riguarda le opere
pubbliche, il fitorisanamento costituisce una seconda trance di lavori: con il
contributo regionale di 350 mila euro è stato effettuato infatti un primo lotto
di interventi nelle scuole di via Svevo, mentre in piazzale Rosmini è già stata
individuato un appalto per la piantumazione. «Con la collaborazione
dell'Istituto superiore di sanità e del ministero dell'Ambiente, intendiamo
attuare un monitoraggio ordinario di quelli che sono questi siti inquinati,
andando, con questo studio, a capire quali sono i rimedi. Stiamo cercando di
immaginare degli strumenti di gestione del problema»: così l'assessore regionale
all'Ambiente, Fabio Scoccimarro.
Stefano Cerri
Muggia, decolla la differenziata - Dal 46% al 72% in
quattro mesi
L'impennata si è registrata in seguito all'avvio del regime del "porta a
porta" - Marzi: «Merito dei cittadini». L'assessore Litteri: «E ora la tariffa
puntuale»
MUGGIA«La percentuale di differenziata a Muggia è passata dal 46% del
gennaio 2018 al 72% dello scorso agosto». A comunicare le cifre che testimoniano
l'impennata della raccolta dei rifiuti in questi ultimi mesi è Massimo Fuccaro,
il direttore generale di Net, l'azienda partecipata che si occupa della gestione
del "porta a porta". Non va trascurato il fatto che la media dell'anno,
calcolata fino ad agosto, sia aumentata già da gennaio nonostante solo nella
metà dei mesi considerati ci sia stata una raccolta differenziata "integrale",
per la precisione da maggio ad agosto, dato che nel mese di aprile era ancora in
vigore una raccolta "mista". Per questo il sindaco Laura Marzi osserva che «26
punti percentuali in quattro mesi costituiscono un dato davvero importante.
Siamo davanti al segno tangibile del grande impulso che l'impegno dei muggesani
sta dando a questo sistema di raccolta. Di certo c'è ancora molto da fare, anche
in termini di perfezionamento del sistema, ma i numeri ci confortano». Secondo i
dati Arpa riferiti alla fine del 2017 e riportati da Legambiente, Muggia -
affiancata al 46% anche da Duino Aurisina - superava dunque di ben poco la
percentuale del 40% del Comune di Trieste. Meglio Monrupino con il 50%, ma
decisamente più distanti i comuni in cui era già in vigore la differenziata,
ossia San Dorligo della Valle con il 65% e Sgonico con il 69%. I numeri
risultano ancora più significativi considerando, poi, la produzione di rifiuti
urbani pro capite. Sempre secondo i dati Arpa riferiti alla fine del 2017,
Muggia seguiva solo Monrupino (727 chili) e Duino (637) nel quantitativo di
rifiuti che ciascun cittadino aveva prodotto quell'anno. In media, l'anno scorso
ogni muggesano aveva infatti prodotto ben 577 chili di immondizie contro i 465
di un triestino e i 292 di un abitante di San Dorligo. I dati, discussi a Muggia
in occasione dell'incontro pubblico "Economia circolare: necessità e
opportunità", hanno dato il via alla comunicazione di una serie di dati molto
interessanti. A un aumento della percentuale della differenziata, che in un
caso, lo scorso maggio, ha superato addirittura il 77%, coincide infatti un calo
del rifiuto indifferenziato, passato dalle quasi 320 tonnellate di gennaio alle
149 di settembre. Di pari passo, l'organico è cresciuto dalle 23 tonnellate al
mese a una media di quasi 70. Soddisfatta Laura Litteri, assessore all'Igiene
urbana: «Muggia sta andando nella direzione giusta. Ora il nostro impegno va nel
voler premiare i comportamenti virtuosi ed è per questo che il mese scorso ho
convocato un tavolo di lavoro in modo da verificare le modalità di applicazione
della cosiddetta "tariffa puntuale" al fine di incentivare il contenimento della
produzione dei rifiuti e potenziare la pratica della raccolta differenziata per
dare al cittadino la sicurezza di pagare in proporzione alla quantità di rifiuto
indifferenziato prodotta, vedendo cosi premiati i propri sforzi».
Riccardo Tosques
Pirogassificatore - Super esperto ambientale
ospite sabato a Duino
DUINO AURISINA - Si tornerà a parlare di pirogassificatore sabato a Duino.
Sarà un illustre ospite, Gianni Tamino, docente di Biologia e Diritto ambientale
all'Università di Padova, con un passato da senatore ed eurodeputato, a tenere
una lectio magistralis sul tema delle nanoparticelle e delle conseguenze che può
provocare sulla salute delle persone la realizzazione di un impianto come quello
che intende costruire a San Giovanni di Duino il Gruppo Burgo. Tamino, autore di
numerosi scritti in tema di ambiente e biotecnologie, parlerà al Centro
congressi del Castello dei Torre e Tasso, alle 10.30. L'incontro è organizzato
dal Gruppo Salute e Ambiente e rappresenta il completamento di un percorso
iniziato ad agosto, con le prime riunioni spontanee tra cittadini, venuti a
conoscenza del progetto, durante il quale si sono svolte due pubbliche
assemblee, una a Medeazza e una al Villaggio del Pescatore, entrambe molto
partecipate.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 ottobre 2018
La Lega dribbla i Comuni e apre ai maxi aumenti delle
cubature degli hotel
Previste crescite fino al 60% in deroga ai Piani regolatori. Ampliamenti
in vista anche per le abitazioni private. Il Pd grida allo scandalo: «Vogliono
ecomostri»
Trieste - Ampliare alberghi, attività economiche e abitazioni in deroga a
quanto previsto dai piani regolatori comunali. È questa la ricetta della Lega
per rilanciare il settore edilizio, secondo i contenuti della legge "omnibus"
firmata dai consiglieri regionali del Carroccio. Dopo il bastone per gli hotel
che ospitano richiedenti asilo, arriva la carota per tutti gli altri e per i
costruttori, perché la proposta di legge attua una deregolamentazione che
consente di allargare fino al 60% superficie o cubatura attuale. Il
provvedimento è pensato per il restauro di tutte le strutture ricettive
alberghiere, che potranno estendere volume o metri quadrati del 40%, senza che i
Comuni possano opporsi come stabilito invece dalle norme attuali. Le vecchie
regole prevedevano ampliamenti fino al 35%, ma il centrosinistra li aveva
limitati a 200 metri cubi complessivi. Oggi si torna a salire e, nel caso degli
alberghi, il 40% può ottenere un altro 20% di bonus: nel caso di interventi di
efficientamento energetico, nel caso in cui i lavori consentano di aumentare le
stelle della struttura e nel caso di un 60% del capitolato acquistato da imprese
con sedi in Friuli Venezia Giulia. Sulla carta la quota può tuttavia finire per
essere anche più consistente: per le realtà che detengono quattro stelle o che
possono ottenerle grazie al restauro, la creazione di piscine, aree relax e zone
fitness non finirà nel conteggio della cubatura. La "omnibus" toglie inoltre il
limite alla sopraelevazione e lo fa per tutte le attività economiche e per le
abitazioni private. In questi casi la possibilità di crescita in altezza o in
superficie vale il 50% della superficie esistente, ma non oltre i mille metri
quadrati: il limite fissato dal centrosinistra era di 200 metri cubi. Per
procedere con i lavori sarà sufficiente ottenere autorizzazione rispettivamente
allo sportello unico per le imprese o a quello per l'edilizia. Con la norma
leghista una villetta di 200 metri quadrati potrà arrivare a 300, mentre con il
centrosinistra si sarebbe fermata a 270. Ampliamenti fino all'80% e non oltre i
cinquemila metri quadrati sono possibili invece solo per le attività produttive,
ma serve il via libera dei consigli comunali. A incentivare le ristrutturazioni
c'è infine la prevista esenzione dalla cosiddetta tassa Bucalossi, che può
pesare anche il 20% sul valore di un restauro, fra percentuale sul costo di
costruzione e quota forfettaria a copertura delle spese dei servizi da parte
dell'ente locale. Un modo per convincere al recupero piuttosto che a una nuova
costruzione. La Lega presenta infatti la legge come un «no chiaro e forte a
ulteriore consumo di suolo». Il ragionamento è che un terreno è riconosciuto
edificabile per intero e dunque poco conta l'ampliamento di una struttura al suo
interno: ed è in questa logica che rientra il divieto ad ampliare le zone
commerciali e a ridurre quelle agricole. La norma divide la politica. Per i
leghisti Mauro Bordin e Lorenzo Tosolini, «sono misure di sviluppo che
riguardano aree già utilizzate, dunque già considerate suolo consumato. Il
nostro obiettivo è concentrare gli interventi sul patrimonio esistente e
sviluppare l'economia: meglio ampliare la casa posta sul proprio terreno
edificabile che costruirne una ex novo. Per questo promuoviamo gli investimenti
per migliorare la qualità della ricettività alberghiera, perché il turismo è una
risorsa importante del Fvg e servono strutture all'altezza. Con questa misura si
recupereranno tante strutture abbandonate». Per il segretario del Pd Fvg,
Salvatore Spitaleri, «siamo tornati allo stile speculativo anni '90. Mentre i
comuni turistici puntano sulla qualità ambientale degli insediamenti, la
proposta guarda alla quantità, come se non esistesse una pianificazione
complessiva. La Lega non ha mai badato troppo quando si è trovata a decidere sul
consumo di suolo, ma queste sono deroghe esorbitanti. Non possiamo più accettare
ecomostri costruiti in deroga ai piani regolatori, calpestando cittadini e
territorio».
Diego D'Amelio
Lo sdegno ambientalista e l'apprezzamento di
costruttori e artigiani
Wwf e Legambiente parlano di mossa «ingiustificabile che rischia di
alimentare speculazioni»
Pieno appoggio invece dall'Ance che invita ora a condividere l'operazione con le
Soprintendenze
Trieste - Da una parte i costruttori, dall'altra gli ambientalisti.
Inevitabilmente divisi dall'annuncio del provvedimento che può fare aumentare
fino al 60% il volume delle strutture alberghiere e incide pure sulle
possibilità di ampliamento delle case private. Operazioni in deroga che non
piacciono per nulla a Legambiente. «Non c'è un solo presupposto che le
giustifichi - commenta il presidente regionale Sandro Cargnelutti -. Anzi, i
dati sul consumo del suolo suggeriscono esattamente la direzione opposta».
Mentre Ance Fvg, con il presidente Andrea Comar, non ha dubbi: «Non posso che
esprimere apprezzamento per le misure normative che si prefiggono l'introduzione
di diverse semplificazioni procedurali funzionali tra l'altro a garantire tempi
certi». Comar non dimentica tuttavia un suggerimento: «Mi auguro che queste
modalità siano anche condivise con i Comuni e la Soprintendenza per giungere a
definire regole che trovino poi applicazione su tutto il territorio regionale in
modo omogeneo, non consentendo deroghe ai territori che vanificherebbero la
visione strategica della Regione». Dall'Ance arriva pure un rilievo ambientale:
«Come ribadito in occasione delle recente audizione in quarta commissione, va
anche colta l'occasione di questa proposta per fornire alle stazioni appaltanti
precise e univoche indicazioni sull'utilizzo del riciclato nei rilevati stradali
nel rispetto dei principi dell'economia circolare, di cui tutti condividono lo
spirito e le finalità ma solo nei convegni. Le imprese gradirebbero invece
attuare la sostenibilità ambientale anche nella loro quotidianità di cantiere».
A promuovere il ddl del centrodestra è anche Graziano Tilatti. Il presidente
regionale di Confartigianato parla di «buona notizia, in particolare per le zone
balneari che avranno il permesso di ampliare e riqualificare strutture ricettive
spesso non al passo con i tempi. Siamo sulla strada giusta - prosegue- per
fornire migliori servizi ai cittadini, recuperando edifici esistenti, e per dare
una mano a un comparto ancora in difficoltà». Da parte di Legambiente c'è invece
totale contrarietà. A conforto della tesi, secondo il presidente Cargnelutti,
arrivano i numeri: «L'Ispra certifica che il Fvg è la quinta regione per consumo
di suolo: 8,9% contro il 7,7% della media italiana. Anche in anni in cui la
crisi delle costruzioni ha prodotto un rallentamento del fenomeno, il problema
rimane irrisolto, alimentando speculazioni e abusivismo a danno del territorio».
E dunque, di fronte a un segnale «certamente non buono» dalla maggioranza,
«chiederemo un incontro alla Regione, in particolare agli assessori a
Infrastrutture, Risorse agricole e Ambiente per capire e presentare le nostre
proposte alternative». Sulla stessa linea il delegato regionale del Wwf
Alessandro Giadrossi: «Tra piani casa e piani alberghi non si capisce a cosa
servono i piani regolatori». Ricordando pure lui l'audizione in commissione,
l'avvocato triestino si stupisce che sia tra l'altro stato predisposto «un
provvedimento ad hoc quando invece in quell'occasione si è parlato di riforma
della legge urbanistica. È un controsenso come anche aumentare i volumi degli
alberghi, che rischiano di trasformarsi in strutture semiresidenziali, in una
fase in cui funziona ovunque la ricettività diffusa».
Marco Ballico
Sentenza negli USA - Condanna per glifosato - Bayer
crolla in borsa
Milano - Bayer crolla in Borsa a Francoforte dopo la condanna negli Usa per
gli effetti di un diserbante a base di glifosato che avrebbe causato la grave
malattia di un giardiniere in California, Dewayne Lee Johnson. A fronte di un
danno quantificato in 78,6 milioni di dollari (68,38 milioni di euro) dal
Tribunale di San Francisco, il titolo lascia sul campo oltre l'8% a 70,53 euro.
Il Tribunale Usa ha rigettato le osservazioni del Gruppo tedesco, che sosteneva
non ci fossero prove per affermare che il diserbante sarebbe la causa del
tumore. Bayer ha annunciato di voler ricorrere in appello per la sentenza,
nonostante lo sconto della multa rispetto ai 289 milioni di dollari iniziali
richiesti dalla giuria lo scorso 10 agosto. Il Gruppo tedesco ha tempo fino al
prossimo 7 dicembre per accettare l'ammenda totale di 78,6 milioni di dollari,
ha affermato il giudice Suzanne Ramos Bolanos, ma se Johnson non accetta il
risarcimento Bayer dovrà affrontare un nuovo processo.
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 ottobre 2018
Punta Grossa, no al progetto di un centro vacanze Nato
L'idea proposta già nel 2009 dall'allora governo Bratusek. Cittadini
contrari - Il sindaco Strmcnik: «Contrario al piano ambientale, si edifichi a
Santa Caterina»
LUBIANA - Il Comune di Ancarano scopre la propria vocazione ecologista e
così, se da una parte pone le basi con lo Stato per diventare la prima città del
Paese senza sacchetti di plastica, dall'altra vuole tutelare a denti stretti il
Parco naturale di Punta Grossa (Debeli Rtic) opponendo il rifiuto al progetto
del governo che vuole ubicare proprio nella penisola verde un centro vacanze per
i soldati della Nato. Il sindaco di Ancarano Gregor Strmcnik ha proposto quale
ubicazione alternativa quella di Santa Caterina.Dopo essere riusciti a far
dichiarare Punta Grossa Parco naturale regionale ad Ancarano si oppongono con
tutte le forze ai progetti dell'esecutivo che vorrebbe far costruire nelle aree
agricole della piccola penisola un centro di riposo e vacanze per i militari
dell'Alleanza Atlantica e le loro famiglie, centro formato da numerose
palazzine, da una piscina e da parcheggi che costituirebbero una vera e propria
colata di cemento nel cuore di un'area verde. Al progetto ci aveva lavorato nel
2009 già il governo sloveno allora guidato da Alenka Bratusek. Questo prevedeva
la costruzione di un complesso ricreativo su 2,3 ettari di terreno con 175 posti
letto per una spesa complessiva di 15 milioni di euro. Se lo Stato volesse
portare a termine il progetto il ministero della Difesa sloveno dovrebbe
acquistare circa 10 mila metri quadrati di terreno agricolo. Ferma, come detto,
l'opposizione all'opera del sindaco di Ancarano Gregor Strmcnik il quale ha
offerto al governo quale sito alternativo quello di Santa Caterina dove già
esiste una caserma della Marina slovena. «Non sono d'accordo con questo scenario
visto poi che il Piano d sviluppo ambientale del Comune di Ancarano non permette
simili edificazioni nel Parco naturale di Punta grossa».Dalla parte del sindaco
c'è anche la proclamata volontà ecologista dei suoi concittadini fortemente
contrari a una urbanizzazione selvaggia della cittadina e che anzi hanno
espresso la volontà di dare vita a un progetto pilota, il primo in Slovenia, in
base al quale, con la collaborazione del ministero dell'Ambiente e delle
organizzazioni ambientaliste, che porterà Ancarano ad essere totalmente libera
dai sacchetti di plastica. L'iniziativa mira così a una concreta tutela
dell'ambiente marino già fortemente inquinato da materiale plastico.«Gli
abitanti di Ancarano - spiega ancora il primo cittadino - vedono in questo
progetto la possibilità per il proprio comune e il proprio Paese di dare vita a
uno sviluppo duraturo e a lungo termine del rispetto ambientale, rispettando
così anche quelli che sono i dettami dell'Unione europea».Quindi la parola
d'ordine in queste ore ad Ancarano è: «Giù le mani dal Parco naturale di Punta
Grossa».
Mauro Manzin
Energia prodotta al casello dalle vetture in frenata:
al via il progetto di Autovie
Il piano Lybra consente di trasformare il traffico in risorsa: sarà
installato prima a Cordignano (Treviso) per approdare anche al Lisert
TRIESTE - Produrre energia elettrica pulita attraverso - è questo il
paradosso - uno degli oggetti più inquinanti, ovvero le auto. Sarà possibile con
Lybra, un dispositivo atto a recuperare energia dal traffico, nato e sviluppato
da un'idea completamente italiana. Come funziona? «Si tratta - ha spiegato
Andrea Pirisi, Ceo e fondatore della startup Underground Powers - di un sistema
di dinamo ricoperte da uno strato di gomma vulcanizzata compressa, che vengono
stimolate durante il passaggio veicolare a velocità ridotta, sfruttando, quindi,
l'energia cinetica del veicolo e dissuadendolo, nel frattempo, a superare un
certo limite di velocità». Si tratta di un progetto innovativo a livello
mondiale, anche se «ci sono stati tentativi - ha sottolineato Pirisi - ma tra
questi nessuno ha superato la fase extra laboratoriale. Siamo stati noi, nel
2014, a implementarlo per primo, all'interno di un centro commerciale. Si tratta
di un dispositivo che, se ben manutenuto, ha un ciclo di vita infinito». Autovie
Venete ha fiutato l'affare sposando il progetto e diventando, così, pioniera tra
le infrastrutture italiane in questi ambiti: «si tratta - ha illustrato Maurizio
Castagna, presidente di Autovie Venete - di un sistema capace di convertire
l'energia cinetica dei veicoli in transito ed in rallentamento, assorbendo di
fatto la loro decelerazione e convertendola in energia elettrica. Abbiamo
individuato, come prima area d'installazione, la pista Telepass del casello di
Cordignano (TV) sulla A28, che conta un passaggio giornaliero di circa 6.000
veicoli al giorno che rappresentano un potenziale di 16.000 kWh/anno di energia
prodotta, pari al fabbisogno di 5 abitazione abitate da quattro persone.
L'installazione di Cordignano abbisognerà di circa 15 giorni per installare il
dispositivo». Con un occhio all'ambiente perchè, sempre a detta di Castagna «la
vera sfida è quella di riuscire a trasformare il traffico in produttore di
energia, obiettivo ambizioso ma adesso potenzialmente perseguibile, specie se si
pensa che sulla rete da noi gestita circolano 50 milioni di veicoli all'anno.
D'altro canto è nota la particolare attenzione che Autovie Venete pone nei
confronti della tutela ambientale: basti pensare ai sistemi di monitoraggio del
traffico e delle merci pericolose, oppure agli impianti di filtraggio e pulizia
delle acque attraverso l'utilizzo di sistemi di fitodepurazione. Abbiamo ridotto
- ha concluso Castagna - del 5% l'utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili,
ovvero 3 mila tonnellate di petrolio equivalente». Intanto si parla anche di un
prossimo installazione che potrebbe riguardare la barriera di Trieste Lisert.
Partner commerciale di Undergorund Power è Intermatica, che si è posta la
mission di ricercare e sviluppare nuove tecnologie: «abbiamo intuito - ha
esordito Marco Orsini, vice presidente di Intermatica - le grandi potenzialità
di Lybra nel settore del recupero dell'energia, proprio come venti anni fa
abbiamo, per primi, creduto nella tecnologia delle comunicazioni satellitari.
Abbiamo ottimizzato le funzionalità del sistema integrandolo con la nostra
conoscenza e la nostra esperienza nella gestione e trasmissione dei dati».
Luigi Putignano
Giorgi: non basta la carbon tax per ridurre l'emissione
di gas
Per il climatologo dell'Itcp, non bastano le misure proposte
dall'economista Nordhaus, premiato con il Nobel per le sue preziose ricerche
L'economista William Nordhaus è stato recentemente premiato con il Nobel per
le sue ricerche che uniscono mercato e ambiente, mostrando come il rimedio più
efficace per risolvere i problemi causati dalle emissioni di gas serra sia una
carbon tax globale uniformemente imposta a tutti i Paesi. In questo modo, dice
lo scienziato, si condiziona il mercato e si spingono imprese e consumatori ad
adottare soluzioni a basso impatto e più convenienti. Il premio è arrivato quasi
in contemporanea all'ultimo rapporto dell'Ipcc, il più autorevole organismo
internazionale dedicato al cambiamento climatico premiato col Nobel nel 2007,
che ha lanciato un allarme sulla necessità di intervenire al più presto
possibile per evitare una catastrofe dai confini difficili da prevedere. Ne
abbiamo discusso con Filippo Giorgi, climatologo dell'Ictp, membro dell'Ipcc e
autore del recente libro "L'uomo e la farfalla". Nel libro, che affronta la
questione del riscaldamento globale sotto diversi aspetti, Giorgi si sofferma
anche sulla questione della sostenibilità economica dell'energia green. Questa
energia secondo lo scienziato è sempre più competitiva, sempre più conveniente e
autentica alternativa per ridurre i danni sull'ambiente e anche i conseguenti
danni economici in settori chiave come quello agricolo e quello delle risorse
idriche. «Nordhaus è stato il primo a combinare modelli economici e modelli
climatici - commenta Giorgi -. Ma anche se la carbon tax è un modo per limitare
le emissioni io non credo che siano possibili imposizioni di questo tipo a
livello globale. L'abbiamo già visto con il protocollo di Kyoto, l'unico accordo
mondiale vincolante: se nazioni come gli Stati Uniti, che da soli producono più
del 20% dei gas serra a livello mondiale, decidono di non adeguarsi alla
normativa la sua efficacia viene fortemente compromessa. Ritengo piuttosto che
la spinta verso l'economia green debba venire dal basso, dalla società civile e
dalle imprese. Già oggi l'uso di energie da alcune fonti rinnovabili, come
l'idroelettrico e l'eolico, è conveniente, considerando il rapporto tra
l'energia prodotta e quella utilizzata per produrla. Diminuisce invece la
convenienza dei fossili, perché, per esempio, è sempre più difficile estrarre
petrolio e trasportarlo. L'Italia, evidenzia Giorgi, è abbastanza virtuosa da
questo punto di vista: già oggi il 20% dell'energia elettrica viene da fonti
rinnovabili ed è in crescita. Anche nei paesi emergenti, come Cina e India, ci
si è resi conto dei gravi danni alla salute prodotti dall'inquinamento e ci si
muove in direzione delle rinnovabili: con l'iniziativa Solar Mission, per
esempio, l'India mira all'installazione di pannelli solari in tutte le
abitazioni entro il 2030. Lo scenario "business as usual", dice Giorgi, non è
comunque praticabile, perché produrrebbe uno sconvolgimento climatico
disastroso, che potrebbe compromettere lo sviluppo sostenibile della società
come oggi la conosciamo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 ottobre 2018
Muggia ritrova Acquario: tre aree di nuovo accessibili
Via libera di Arpa e Regione: approvate le bonifiche
del primo lotto del terrapieno - Riaperti due punti parcheggio e la passeggiata
da 900 metri collegata al mare
MUGGIA - Una forma quasi sinuosa, con sezioni di larghezza variabile dai 14
ai circa 50 metri, distribuite su una superficie di quasi 30 mila metri
quadrati. Il terrapieno Acquario, dichiarato inquinato dai Noe del comando dei
Carabinieri per la tutela dell'ambiente nel lontano 2003, finalmente sta
rivivendo. Dopo quindici anni di attesa il Decreto regionale numero 3676/Amb del
10 ottobre 2018 ha ufficialmente certificato che gli interventi di bonifica
hanno raggiunto gli obiettivi previsti, nonché la conformità degli interventi
stessi agli obiettivi di bonifica approvati. Il nulla osta da parte di Arpa e
Regione si riferisce al cosiddetto primo lotto del terrapieno. La decisione di
frazionare l'intervento per accelerare le tempistiche era stata concordata a
seguito della proposta avanzata dal Comune nella Conferenza dei servizi del 17
settembre 2016. Tre, dunque, le aree accessibili riconsegnate alla cittadinanza.
La prima è la passeggiata con accesso al mare, una lingua di terra lunga circa
900 metri e larga due metri e mezzo. Una zona strategica non solo per i ciclisti
o per i runner, essendo l'area una pista ciclopedonale a tutti gli effetti. Ma
soprattutto per i bagnanti, che finalmente potranno prendere il sole sulla
scogliera e potranno recarsi in acqua senza più lo spettro del divieto di
balneazione. Alle estremità del terrapieno, invece, sono state realizzate due
ampie aree adibite a parcheggio (a pagamento durante la stagione balneare),
proprio all'inizio e alla fine di Acquario, per un totale di circa 180
parcheggi. «La proposta di variante del Comune prevedeva di mettere in sicurezza
parte del terrapieno con tecniche innovative e rispettose dell'ambiente, ma
anche economiche, rispetto alla soletta in calcestruzzo prevista nel progetto
definitivo generale. Certo è che avremmo sperato si potesse usufruire dell'area
dall'inizio dell'estate dato che avevamo consegnato tutta la documentazione
richiesta il 10 giugno scorso, ma siamo consci che problematiche quali quelle
che interessavano il terrapieno, possano richiedere e abbiano richiesto
valutazioni e tempi più consistenti da parte degli altri enti preposti»,
racconta ora tirando quasi un sospiro di sollievo il sindaco di Muggia Laura
Marzi. Ma la restituzione del terrapieno è appena arrivata al giro di boa. C'è
un'intera area, attualmente recintata, ancora chiusa al pubblico. I progetti già
ci sono: aree verdi, zone destinate alla balneazione, ma anche spazi
ludico-ricreativi e chioschi. Ed è di inizio ottobre la determina con la quale è
stata affidata l'esecuzione del rilievo topografico di dettaglio aggiornato del
sito costiero con acquisizione di un modello Dtm3D: un passaggio necessario alla
corretta progettazione degli interventi di bonifica tramite messa in sicurezza
permanente del secondo lotto funzionale di completamento del terrapieno.
L'ordinanza sindacale del 3 novembre 2008, che disponeva «il divieto di accesso
e l'interdizione del sito del tratto costiero compreso fra punta Olmi e punta
Sottile, della località denominata "Boa" nel comune di Muggia», è dunque ora un
ricordo. I primi cancelli di Acquario sono stati finalmente riaperti.
Riccardo Tosques
IL MUNICIPIO - Bussani promette: «Obiettivo rivalersi
su chi ha inquinato»
«Il Comune di Muggia si rivarrà su chi ha causato l'inquinamento del
terrapieno». Il vicesindaco muggesano Francesco Bussani promette di proseguire
la battaglia iniziata quando il primo cittadino rivierasco era Nerio Nesladek,
su uno dei casi giudiziari più complessi che abbiano coinvolto negli ultimi anni
l'amministrazione municipale della cittadina istroveneta. «Al momento il Comune
si sta sostituendo a chi ha causato l'inquinamento del terrapieno - aggiunge
Bussani -, esattamente come previsto dal Codice dell'ambiente, procedendo nelle
bonifiche, con grande fatica e impegno finanziario, proprio per poter restituire
alla città il prima possibile - conclude Bussani - ciò di cui è stata privata
per troppi anni».
Palazzo dei filtri a Santa Croce "casa" per rondoni con
12 nidi
AcegasApsAmga, che gestisce l'immobile, ha accolto la richiesta
dell'associazione "Liberi di volare": strutture provvisorie e poi definitive
Trieste - Sono degli habituée del grande palazzo dei filtri di Santa Croce
che un tempo veniva usato quale impianto di filtrazione delle acque e oggi è
stazione di sollevamento dell'acqua potabile con tanto di serbatoio. Si tratta
di alcune famiglie di rondoni che qui giungono puntualmente di primavera in
primavera, anno dopo anno, dopo aver affrontato una lunga migrazione. Da ora in
poi questi uccelli potranno contare su ben 12 nidi artificiali che sono stati da
poco collocati sotto la linda del tetto del palazzone. A seguito della richiesta
dell'associazione "Liberi di volare" che si occupa di preservare i siti di
nidificazione naturale dei volatili migratori, AcegasApsAmga, che gestisce la
struttura di proprietà comunale, ha pensato di aiutare i rondoni che da tempo
giungono a Santa Croce e cercano rifugio nella grande costruzione. Durante i
lavori di ristrutturazione del palazzo iniziati la scorsa primavera, la ditta
Edili Bi Zeta ha predisposto inizialmente una serie di rifugi provvisori per i
rondoni. Le impalcature montate per eseguire i lavori infatti avrebbero potuto
creare dei grossi problemi agli uccelli, sfiniti dopo un lungo volo e abituati a
insinuarsi nel sottotetto perché abitudinari del luogo. I rondoni, oltre a non
nidificare sugli alberi, si trovano a mal partito con gli edifici moderni privi
di interstizi, intercapedini e fori. A fine intervento sono stati collocati i
nidi artificiali definitivi con il fondamentale benestare della Soprintendenza.
«Attenderemo i nostri migratori di ritorno nella prossima primavera - afferma la
referente per "Liberi di volare" Silvana Demauro -. Siamo fiduciosi che
apprezzeranno le loro nuove residenze».
Maurizio Lozei
Zlarino, la scommessa "green" diventa un'isola senza
plastica
Iniziativa lanciata da tre donne originarie del luogo che hanno vinto i
10 mila euro del premio "Adriatic plastic challenge". Saranno sensibilizzati
tutti i turisti
ZAGABRIA - A partire dalla prossima estate, la piccola isola di Zlarino (Zlarin),
al largo di Sebenico, vieterà completamente gli oggetti di plastica usa e getta.
L'iniziativa, lanciata da tre donne originarie di Zlarino e sposata con
entusiasmo dalle autorità locali, prevede infatti che dal prossimo mese di
giugno questa piccola località di appena 280 abitanti diventi la prima isola
"plastic-free", ergendosi a modello per tutta la costa adriatica. Il progetto è
nato all'interno dell'Adriatic Plastic Challenge (Apc), un programma lanciato a
maggio scorso da due associazioni croate, Terra Hub di Zagabria e Zona di
Parenzo, in collaborazione con l'ambasciata svedese e il costruttore
automobilistico Volvo. L'obiettivo era quello di «raccogliere delle idee per una
riduzione dell'inquinamento causato dalla plastica», come spiega Petra Pocanic,
presidente di Zona. Oltre a sensibilizzare il pubblico su questo tema di grande
attualità e a mobilizzare i tanti attori coinvolti, l'Apc voleva dunque produrre
un risultato concreto e così è stato. Tra le 42 candidature ricevuti, sette
progetti sono stati selezionati e sviluppati a Zagabria. Tra questi,
l'iniziativa di Zlarino ha vinto il primo premio (10mila euro), marcando così un
primo passo verso la sua effettiva implementazione. «Fin dall'inizio abbiamo
preso contatto con l'ufficio turistico di Zlarino e con il comune che sono più
che contenti di quest'iniziativa», racconta Ana Robb, all'origine del progetto.
«Sacchetti, cannucce, piatti e bicchieri di plastica... sono questi i prodotti
che vogliamo eliminare o sostituire con delle alternative più ecologiche»,
prosegue Robb. Zlarino, che conta appena una decina di commercianti (un
supermercato, un rivenditore al dettaglio e qualche bar e ristorante) diventa
così il laboratorio perfetto per sperimentare una cura ecologia radicale ma
necessaria, a pochi giorni dalla pubblicazione dell'ultimo rapporto Onu
sull'ambiente che dà ai governanti 12 anni di tempo per evitare una catastrofe
irreversibile. E se l'obiettivo di lungo termine è arrivare «a produrre zero
rifiuti», aggiunge Ana Robb, il percorso inizierà già nei prossimi giorni con
obiettivi più contenuti e raggiungibili. Tra una decina di giorni, commercianti,
autorità locali, ufficio turistico e promotori dell'iniziativa anti-plastica si
riuniranno per un primo incontro. Si tratterà di verificare nel dettaglio quali
saranno i costi dell'eliminazione o della sostituzione di certi prodotti e in
che modo questa transizione verde potrà essere effettuata. Ana Robb non esclude
che una parte del premio da 10 mila euro ricevuto nell'ambito dell'Adriatic
Plastic Challenge possa servire proprio a venire incontro ai commercianti. «Il
resto del budget ricevuto sarà sicuramente usato per stampare delle locandine da
appendere in bar e ristoranti affinché i turisti capiscano il perché
dell'assenza di cannucce, sacchetti di plastica e quant'altro», conclude Robb.
Giovanni Vale
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 ottobre 2018
Il tour casa-lavoro dei 35mila ciclisti - Fvg al quarto
posto per l'uso della bici
Sono i dati di Legambiente sull'economia delle due ruote - In regione il
settore genera 140 milioni di euro all'anno
Lavoratori e studenti - Sono 28 mila i lavoratori e 7
mila gli studenti in Friuli Venezia Giulia che ogni giorno scelgono la
bicicletta come mezzo di trasporto per recarsi in ufficio o a lezione - Il
piazzamento - Con il 5,5% della popolazione interessata, il Fvg si piazza quarto
tra le regioni italiane per uso della bici nel tragitto casa-lavoro. Sul podio
ci sono Provincia di Bolzano (13,2%), Emilia Romagna (7,8%) e Veneto (7,7%) - Il
"Prodotto interno bici"La somma di veicoli e accessori e delle "esternalità
positive" come ad esempio il risparmio del carburante e la riduzione di
emissioni nocive, vale 6,2 miliardi all'anno a livello nazionale. In Fvg si
sfiorano i 140 milioni di euro
TRIESTE - Ogni giorno in Friuli Venezia Giulia si muovono in bicicletta 28
mila lavoratori e 7 mila studenti, una popolazione di 35 mila persone sulle due
ruote per recarsi in ufficio o in aula. Il dato emerge da "L'A Bi Ci", il
secondo rapporto di Legambiente sull'economia della bici in Italia, realizzato
in collaborazione con VeloLove e Grab+. I dati regionali collocano il Fvg al
quarto posto per utilizzo di un mezzo che rimane cenerentola, dato che è usato
sistematicamente per gli spostamenti solo dal 3,6% dei cittadini, ma che genera
un "Prodotto interno bici" di 6,2 miliardi, somma della produzione di veicoli e
accessori, delle ciclovalenze e dell'insieme delle «esternalità positive», così
le definisce l'associazione ambientalista, tra cui risparmio di carburante,
benefit sanitari e riduzione di emissioni nocive. Per un confronto gli oltre 6
miliardi del Pib superano i ricavi dell'export del vino e doppiano il fatturato
della Ferrari. A coprire il tragitto casa-lavoro sono dunque 743 mila italiani,
con percentuali elevate nella Provincia di Bolzano (il 13,2%, 8,4% nell'intero
Trentino Alto Adige), in Emilia Romagna (7,8%) e in Veneto (7,7%). Al quarto
posto c'è il Fvg, con il 5,5%, davanti a Lombardia (4,7%) e Toscana (4,1%). Le
altre regioni sono invece distantissime non solo dalla frequenza con cui si
ricorre alla bici in Olanda e Danimarca (dove pedala ogni giorno una quota di
persone compresa tra un terzo e un quarto della popolazione totale), ma anche
dal più abbordabile "modal share" della Ue, attestato all'8%. Nel focus sulle
città, 12 sono quelle che raggiungono performance qualitativamente analoghe ad
altre realtà europee. In quattro in particolare, Bolzano, Pesaro, Ferrara e
Treviso, più di un quarto degli abitanti pedala per i propri spostamenti
quotidiani per motivi di studio, lavoro e svago. Quarto posto Fvg anche nell'uso
della bicicletta tra gli studenti (dall'asilo fino all'università), con una
quota del 4%, dietro a Emilia Romagna (9,3%), Veneto (7,3%) e Trentino Alto
Adige (6%). Come già fatto nel precedente rapporto a livello nazionale,
Legambiente calcola in questo secondo focus il bonus ambientale delle regioni,
vale a dire il valore aggiunto dovuto alla riduzione di gas serra, smog e
rumore. Si scopre così che tutti gli abitanti del Veneto, grazie ai "frequent
biker", beneficiano ogni anno di un bonus ambientale e sanitario pro capite pari
a 179,5 euro, che diventano 190 euro in Trentino Alto Adige e sfiorano i 200
euro in Emilia Romagna. Questo bonus virtuale è superiore ai 100 euro anche in
Fvg, mentre in Lombardia, Toscana, Marche e Piemonte è compreso tra 50 e 100
euro e scende sotto i 15 euro a testa in Campania, Sardegna, Lazio, Sicilia e
Calabria. Quanto al Pib, il valore economico prodotto dalle due ruote, si arriva
a 977 milioni in Lombardia, si superano gli 800 milioni in Emilia Romagna e
Veneto e nel piccolo Fvg si sfiorano comunque i 140 milioni. Legambiente avverte
inoltre che questo patrimonio economico della ciclabilità del territorio è
sottostimato perché andrebbe aggiunto il giro d'affari di oltre due miliardi di
euro del cicloturismo che, a causa della penuria di informazioni statistiche sul
settore, è però impossibile dividere tra i le regioni. Numeri che l'associazione
assicura essere in un trend positivo visto che Roma ha inserito nella legge di
bilancio le risorse necessarie a realizzare complessivamente 5.690 km di nuovi
itinerari per il cicloturismo. Tra i progetti vengono anche citate la Ciclovia
Adriatica di 820 chilometri da Lignano Sabbiadoro al Gargano e la
Trieste-Lignano-Venezia di 150 chilometri.
Marco Ballico
Carenza di impianti e leggi critiche - Così fiorisce
l'illegalità nei rifiuti
Esportiamo 3,1 milioni di tonnellate tra Nord Europa e Usa perché mancano
le strutture
L'Italia con 135 milioni di rifiuti speciali gestiti ha termovalorizzatori per 9 milioni scarsi (il 7%)
Roma - Non si sono ancora placate le preoccupazioni di molti cittadini dopo l'incendio che nei giorni scorsi nella periferia Nord di Milano ha distrutto un deposito di materiali plastici. Sta capitando sempre più spesso di vedere cumuli di rifiuti, spesso sono depositi abusivi, nelle periferie di grandi e piccole città. Ma per capire perché siamo in presenza di illegalità e opacità nella gestione dei rifiuti occorre partire dai dati. 1 Carenza di impianti - L'Italia non ha impianti sufficienti per gestire i rifiuti prodotti (urbani e speciali), specie nel Mezzogiorno. Ha poche discariche (un centinaio per speciali, molte di queste in via di esaurimento e piccole), non ha impianti di termovalorizzazione, non ha impianti per frazione organica e fanghi, non ha impianti per l'amianto, non ha impianti per rifiuti pericolosi. Esportiamo 3,1 milioni di tonnellate di rifiuti, non in Nigeria, ma in Germania, Austria, Danimarca, Usa, dove gli impianti ci sono, moderni e costosi. Se non ci dotiamo di impianti non combatteremo gli smaltimenti illegali, che proprio in un sistema senza impianti e con molte intermediazioni proliferano inevitabilmente. I prezzi degli impianti di recupero e smaltimento in Europa inoltre stanno aumentando (circa il 40% in più dall'inizio dell'anno). Esportare oggi rifiuti non è più conveniente come prima, ma è una necessità sempre più costosa. Ma se non vogliamo più esportare, senza impianti i rifiuti restano negli stoccaggi e l'illegalità ha gioco facile. 2 Lo stop dalla Cina - Da mesi la Cina ha fermato l'importazione di rifiuti e materiali riciclabili dal resto del mondo, inclusa l'Italia, che ne esportava varie tonnellate, fra rifiuti e sottoprodotti. Ciò significa che molti materiali da avviare a riciclo rimangono fermi negli stoccaggi o prendono altre strade. Il mercato del riciclo non è garantito per legge e servirebbe una strategia di incentivi e impianti. 3 Italia terra dei "No" - Fare un nuovo impianto di recupero o smaltimento in Italia è impossibile. L'iter procedurale è lungo (5/6 anni ) e incerto: rinvii immotivati, stop politici ed elettorali, comitati contro, sindrome Nimby (Not in my backyard, cioè non nelle mie vicinanze). Non fare impianti è una manna per la criminalità organizzata. Ma è anche l'anticamera di reati "di carta", errori e interpretazioni errate di gestori in buona fede, di fronte a normative spesso impossibili da applicare. 4 Gli esempi europei - Giustissimo fare inchieste e inasprire le pene per chi commette ecoreati. Però la guerra all'illegalità deve iniziare prima. Dobbiamo fare come i Paesi del Nord Europa, che si sono dotati di impianti adeguati, senza conflitti con la popolazione, e che oggi vivono con bassi tassi di illegalità, permettendosi il lusso anche di smaltire i nostri rifiuti. Qualche esempio lo troviamo nell'ultimo Rapporto sui rifiuti di Ispra. La Germania (che produce 387 milioni di tonnellate di rifiuti speciali) ha inceneritori e recuperi energetici per 50 milioni circa (il 14%), l'Italia con 135 milioni di rifiuti speciali gestiti ha termovalorizzatori per 9 milioni scarsi (il 7%). Sempre la Germania ha discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi per 71 milioni di tonnellate (18%) e l'Italia per 10 milioni (7%). Il gap è grande, basti pensare che abbiamo discariche per rifiuti contenenti amianto (eternit) per 227.000 tonnellate e si stima di dover rimuovere 35 milioni di tonnellate di tali rifiuti nei prossimi anni da case, scuole, ospedali e fabbriche. 5 Forze dell'ordine - L'Italia non è una grande terra dei fuochi. Chi dipinge questo quadro non dice la verità. La stragrande maggioranza delle imprese in Italia gestisce 165 milioni di tonnellate all'anno di rifiuti speciali e urbani, garantendo i tassi di riciclaggio più alti in Europa e nel mondo in un quadro difficile di leggi e impianti. Esiste però un fenomeno illegale che va combattuto.
Alfredo De Girolamo
Ex Sadoch - Inaugurati gli 83 alloggi di housing
sociale
Al posto dell'ex fabbrica cartotecnica Saul Sadoch in viale Ippodromo sono
stati inaugurati gli 83 alloggi dell'iniziativa immobiliare Casa ad Hoc del
Fondo housing sociale Fvg e un nuovo spazio commerciale da destinare alla
locazione attraverso l'housing sociale, soluzioni abitative a canone contenuto.
Foto Bruni
Le comunelle "riconquistano" dopo un secolo i terreni
storici
Termina in Cassazione il contenzioso infinito con Comune di Trieste e
Regione - Blindata la tradizionale destinazione agrosilvopastorale di 460 ettari
del Carso
TRIESTE - Ora non ci sono più dubbi. Sui terreni ubicati nei comuni censuari
di Opicina, Rupingrande e Gabrovizza, di proprietà delle locali comunelle
dell'altipiano carsico, «non esistono usi civici a loro carico». Quei 460 ettari
di territorio del Carso, da secoli curati da quelle comunioni familiari cui
partecipano solo coloro che «li coltivano in forma diretta, promiscua e
solidale, sulla base di regole consuetudinarie o di antichi statuti», rimarranno
a esclusiva destinazione agrosilvopastorale. C'è voluto un secolo ma, alla fine,
è stata emessa in questi giorni una sentenza - della Corte di Cassazione, il
supremo organo dell'ordinamento giuridico italiano, che assicura l'uniforme
interpretazione delle norme di diritto - che l'ha dunque stabilito. E così ieri,
in via del Ricreatorio, a Opicina, al termine dell'incontro nel corso del quale
è stato illustrato il provvedimento della Cassazione, è stata gran festa. «Si
tratta di una decisione storica - ha commentato Carlo Grgic, vicepresidente
della Consulta nazionale della proprietà collettiva - in quanto ci sono voluti
cent'anni per vedere riconosciute le ragioni delle comunelle».Il contenzioso con
lo Stato italiano iniziò infatti con la fine della Prima guerra mondiale. «La
legge sulle proprietà collettive - ha ricordato l'avvocato Peter Mocnik, che ha
difeso le comunelle nella lunga vertenza davanti alla Corte di Cassazione - in
Italia non esisteva, mentre è sempre stata presente nel diritto germanico. Prova
ne sia - ha aggiunto - che esse erano previste nell'ambito del sistema giuridico
dell'impero asburgico». Per arrivare a tempi più recenti, va spiegato che, nel
1955, era stato emesso un bando commissariale il quale accertava che, sui beni
immobili delle comunelle, possono gravare usi civici a favore del Comune di
Trieste. Il tutto facendo riferimento a una legge nazionale del 1927, che
stabiliva l'assoggettamento alle norme sugli usi civici dei terreni di proprietà
delle comunelle. In altre parole, il Comune avrebbe potuto modificare la
destinazione dei terreni. Contro tale bando, nel 2008, la Comunella di Opicina
aveva presentato ricorso davanti al Commissario regionale per gli usi civici. Il
Comune si era opposto, vedendosi affiancato dalla Regione. La domanda della
Comunella era stata respinta, in quanto il Commissario aveva ritenuto legittimo
il bando del 1955. La Comunella si era allora rivolta alla Corte d'Appello di
Roma, sezione Usi civici, ma anche in tale occasione la decisione le era stata
avversa. Inevitabile a quel punto rivolgersi alla Cassazione. Con la sentenza
illustrata ieri, la Cassazione innanzitutto riconosce alle comunelle la
caratteristica di soggetti di «dominio collettivo, che esprimono la comunione di
un unico e complesso diritto, definito "jus", iscrivibile nei libri fondiari,
comune ai discendenti degli autoctoni e dei proprietari collettivi dei terreni,
ivi insidiatisi ab immemorabile». Nel testo la Cassazione ribadisce, come detto,
anche che «i terreni delle comunelle non sono assoggettabili alle norme sugli
usi civici, in quanto proprietà collettive preesistenti alle leggi emanate dallo
Stato italiano in materia». Per quanto concerne il famoso bando commissariale,
esso «non può produrre effetti per carenza del corrispondente potere
amministrativo». In sostanza, esso si baserebbe su una norma, quella del 1927,
successiva a quella secolare, istitutiva delle comunelle. Una situazione
improponibile per l'ordinamento giuridico italiano.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 20 ottobre 2018
In piazza Hortis tornano le inferriate dell'Ottocento
Ok al progetto da 90 mila euro per la recinzione del giardino sopra il
muretto - Ai varchi cancelli con pilastri in pietra d'Aurisina. Cantiere chiuso
entro sette mesi
Un ritorno al passato. A distanza di quasi mezzo secolo torneranno le
inferriate in piazza Hortis, già piazza Lipsia, il cuore del Borgo Giuseppino.
La decisione era stata annunciata nove anni fa (seconda giunta Dipiazza) ma
verrà realizzata nei primi mesi del prossimo anno. L'amministrazione comunale ha
approvato il progetto esecutivo che ha avuto il via libera dalla Soprintendenza
e che costerà 90 mila euro. Il progetto era stato annunciato un anno fa e
l'opera inserita nel Piano triennale. Lo scopo dell'intervento, si fa sapere, «è
quello di ripristinare la vecchia recinzione del giardino al fine di consentirne
la chiusura notturna e preservare l'area recentemente riqualificata da atti
vandalici». C'è, infatti, anche da tutelare da un uso improprio la nuova area
gioco per i bambini. Il giardino è spesso usato dai frequentatori della movida
della vicina via Torino. La nuova recinzione metallica , alta un metro e 20
centimetri, sarà collocata sopra l'esistente muretto in pietra che delimita il
giardino e riprenderà lo stile dell'inferriata preesistente. Saranno installati
quindi quattro cancelli da un metro e 70 centimetri di altezza in corrispondenza
di quattro varchi pedonali. Nell'occasione saranno restaurate e ripristinate le
parti mancanti del muretto perimetrale in via dell'Annunziata e via San Giorgio
e ai lati dei quattro cancelli saranno realizzati anche dei pilastri di un metro
e 90 centimetri rivestiti in pietra bianca d'Aurisina. La nuova inferriata
metallica sarà in acciaio verniciato color grigio scuro. «L'introduzione di una
recinzione attorno al giardino di piazza Hortis è una spesa di cui il Comune
intende farsi carico - aveva annunciato lo scorso novembre l'assessore Lodi -.
Nelle nostre intenzioni la ringhiera serve a limitare gli accessi notturni al
parco e a prevenirne così il degrado». E così sarà. La cancellata di recinzione
preesistente risaliva alla prima metà dell'Ottocento. Da un verbale del
Consiglio comunale si apprende che fu sottoposta a riparazioni nel 1868 assieme
a quella del Giardino pubblico "Muzio de Tommasini" di via Giulia. La recinzione
di piazza Hortis venne rimossa per tre lati nel 1970, mentre il lato rimasto
davanti all'Istituto nautico venne tolto nel 1990. Oggi è presente solo il
vecchio muretto in pietra sopra il quale nel giro di sette mesi dovrebbe
rispuntare come detto la recinzione. Dall'approvazione del progetto esecutivo si
prevedono 90 giorni per il bando di gara, l'affidamento e il contratto di
appalto. I lavori, invece, dovranno essere portati a termine in 120 giorni.
Sette mesi in tutto. E così piazza Hortis, che sorge su un antico sito
cimiteriale dell'epoca paleocristiana, tornerà ad assumere un aspetto
ottocentesco. La piazza venne creata a seguito della demolizione del convento
dei padri minoriti annesso alla chiesa di Sant'Antonio Vecchio, oggi Beata
Vergine del Soccorso. L'amministrazione francese intitolò la nuova piazza alla
vittoria di Lutzen, mentre il governo austriaco la ribattezzò piazza Lipsia per
celebrare la sconfitta napoleonica. Corsi e ricorsi storici. Il giardino occupa
la quasi totalità della piazza (2.100 metri quadrati) e presenta alberi d'altro
fusto provenienti anche da paesi esotici. Al centro del giardino c'è la statua
di Attilio Hortis. E all'esterno della futura recinzione quella più recente di
Italo Svevo.
Fabio Dorigo
La retromarcia sullo spazio aperto nel giro di tre anni
«Abbiamo riqualificato l'area per dare un ulteriore spazio alle mamme e ai
bambini. Non abbiamo voluto la recinzione, perché preferiamo che sia uno spazio
aperto, fruibile anche d'estate». Nel 2006 Giorgio Rossi, allora assessore ai
Lavori pubblici, annuncia la linea della prima giunta Dipiazza tagliando il
nastro dei lavori di restauro di piazza Hortis costati 250 mila euro.«Quanto più
si fanno cose belle tanto è più facile rispettarle», dice nell'occasione il
vescovo Eugenio Ravignani. Ma l'illusione dura tre anni. Nel febbraio del 2009
il sindaco Roberto Dipiazza (al secondo mandato) e l'assessore Franco Bandelli
annunciano la scelta di ripristinare la recinzione in ferro per proteggere il
giardino dai vandali. I lavori previsti per settembre partiranno 10 anni dopo.
Muggia - Due mostre ecologiche alla Sala Negrisin
Mercoledì alle 18, nella Sala Negrisin di piazza Marconi a Muggia, saranno inaugurate le mostre "Tutti su per terra" e "Energeticamente", organizzate da assessorato alla Cultura e Larea-Arpa, in collaborazione con Eupolis. Visite a ingresso libero fino al 18 novembre, dal martedì al venerdì dalle 17 alle 19, il sabato dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, la domenica e nei festivi dalle 10 alle 12.
ESCURSIONI - Natura, storia e leggenda a Duino - Si parte dalla Grotta Fioravante
Inizia oggi il ciclo di escursioni organizzato dal Comune di Duino Aurisina, in collaborazione con la Cooperativa Gemina, nell'ambito del progetto "Tra natura, storia e leggenda" finanziato dalla Regione. Il progetto ha l'obiettivo di promuove il territorio dal punto di vista turistico e naturalistico, puntando soprattutto sulle formule che sottolineano il rispetto per l'ambiente e un utilizzo rispettoso del territorio. Tutte le escursioni sono gratuite, però per partecipare è necessaria la prenotazione. Il primo appuntamento, fissato oggi, alle 15, e prevede le puntate alla grotta Fioravante e al bosco della Cernizza (ritrovo qualche minuto prima del via all'Infopoint di Sistiana). La durata della passeggiata sarà di circa un paio d'ore. Secondo appuntamento domenica 28 ottobre, con destinazione il sentiero Rilke, nell'ambito di un percorso naturalistico e storico. Anche in questo caso ritrovo all'Infopoint di Sistiana qualche minuto prima delle 14.30, ora fissata per il via. Anche sul Rilke la durata dell'escursione sarà di circa due ore. Domenica 4 novembre quelli della Cooperativa Gemina condurranno i partecipanti a visitare le risorgive del Timavo, di cui racconteranno storia, miti e leggende. Ritrovo come di consueto all'Infopoint di Sistiana, alle 14.30. Durata prevista due ore. Sabato 10 novembre infine, i responsabili della Cooperativa giocheranno in casa, in quanto la destinazione dell'escursione sarà il Sito paleontologico del Villaggio del pescatore, gestito dalla Gemina. Ritrovo alle 14.30 all'Infopoint per una visita che anche in questo caso durerà un paio d'ore. Per informazioni e prenotazioni telefonare al 3347463432 o inviare una mail a cooperativagemina@gmail.com.
Ugo Salvini
"A Percedol e dintorni" con Curiosi di natura
Nell'ambito della manifestazione gastronomica "Sapori del Carso", domenica Curiosi di natura propone l'escursione "A Percedol e dintorni": dalle 9.30 alle 13 visita a una delle doline più profonde e caratteristiche del Carso triestino. Al termine possibilità di gustare i "Sapori del Carso" nei ristoratori convenzionati (sconto del 10%). Ritrovo alle 9.10 all'ingresso della dolina di Percedol. Info: www.curiosidinatura.it e cell. 3405569374.
IL PICCOLO - VENERDI', 19 ottobre 2018
Dietrofront sul Piano periferie - In regione sbloccati
80 milioni
L'esecutivo raggiunge l'intesa con i sindaci e rimette a disposizione
risorse complessive per un miliardo e 600 milioni
TRIESTE - Il governo "ricuce" lo strappo con i Comuni sui fondi del bando
delle periferie e rimette a disposizione un miliardo e 600 milioni in precedenza
eliminati in sede di decreto milleproroghe. La notizia è arrivata al termine del
confronto tra i sindaci e i rappresentanti dell'esecutivo nella Conferenza
unificata di ieri. L'intesa raggiunta ora dovrà essere tramutata in norma di
bilancio. «Abbiamo riattivato le relazioni con il governo perché - ha spiegato
il presidente dell'Anci Antonio Decaro - abbiamo vinto una battaglia che non era
dei sindaci, ma per i diritti dei cittadini. Abbiamo convinto il governo a
tornare indietro, a mettere nuovamente a disposizione le risorse». Divergente
l'interpretazione del ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Erika
Stefani: «Come diciamo dall'inizio di questa vicenda - ha puntualizzato - il
governo avrebbe trovato una soluzione e così è stato». La notizia dello sblocco
del Piano periferie è stata accolta con grande soddisfazione anche dai sindaci
del Fvg, regione che rischiava di perdere complessivamente risorse per circa 80
milioni di euro tra progetti di riqualificazione del comprensorio di Rozzol
Melara a Trieste (18 milioni), il rilancio dell'ex Collegio Filzi e delle Case
del rione a Campagnuzza a Gorizia (altri 18 milioni), il recupero dell'ex
caserma Osoppo e interventi nella zona Est di Udine (circa 30 milioni) e altri
interventi a Pordenone per una ventina di milioni. Soddisfatta la leghista di
Sacile Vannia Gava, sottosegretario all'Ambiente. «Promessa mantenuta.
Finalmente - commenta - i Comuni potranno tornare a spendere per i loro
cittadini. Grazie al lavoro della Lega si è risolta una situazione ingarbugliata
che impediva agli enti locali di investire e di non utilizzare gli avanzi di
bilancio. L'intesa raggiunta con l'Anci per ripristinare i fondi del bando
Periferie conferma come la Lega e questo governo abbiano a cuore i territori del
nostro Paese».«L'intesa che è stata raggiunta dopo il passo indietro del governo
è un risultato positivo ottenuto con una mobilitazione istituzionale e politica
senza precedenti, ma bisogna tenere ancora la guardia alta, perché vogliamo
vedere le risorse scritte nella Legge di Bilancio. Non vorremmo che si
materializzasse un'altra "manina" - afferma la deputata del Pd Debora
Serracchiani -. «Siamo soddisfatti per il risultato ottenuto anche se, ancora
una volta, si manifestano le contraddizioni di questo governo, che nei vari
passaggi in Parlamento ha rigettato emendamenti e mozioni del Pd intese a
raggiungere questo stesso obiettivo. Si poteva fare prima ed evitare una
contrapposizione inutile e dannosa».
Restyling di Rozzol Melara - In arrivo da Roma 18
milioni
Cifra sbloccata dopo l'intesa sul Piano periferie trovata dal governo con
i Comuni - Ma il Pd invita a non abbassare la guardia
La notizia dello sblocco del Piano periferie da parte del governo, arrivata
nel pomeriggio, ha preceduto di poco l'incontro pubblico del Pd dedicato ieri
proprio al progetto di riqualificazione di Rozzol-Melara, tenutosi ieri nel
Circolo Auser di via Pasteur 41. Oltre agli inquilini del quadrilatero, hanno
preso parte il direttore dell'Ater di Trieste Antonio Ius, la segretaria
provinciale del Pd Laura Famulari, la consigliera comunale Antonella Grim e il
capogruppo in Sesta circoscrizione Luca Salvati. «Oggi si potrebbe festeggiare
il risultato degli accordi con l'Anci per rimettere in manovra i soldi per la
realizzazione (circa 18 milioni di euro, ndr), ma si tratta di impegni che erano
già stati presi e poi traditi dal governo - ha commentato Famulari -. Noi ci
auguriamo di vedere risultati quanto prima e vigiliamo affinché la parola data
sia mantenuta. Siamo venuti anche per rivendicare il frutto dell'azione di molti
sindaci, parlamentari e consiglieri del Pd».«Non c'è da mettere bandierine sul
progetto e tutti trasversalmente lo dobbiamo appoggiare», ha aggiunto la
consigliera comunale Grim, che ha poi lamentato la mancata disponibilità da
parte della giunta comunale di discutere la questione. «Non siamo venuti solo
per comunicare questa buona notizia - ha affermato Salvati -. La nostra presenza
serve anche per capire quali interventi l'Ater ha comunque intenzione di
compiere nel comprensorio di Melara». «Abbiamo chiesto al sindaco Dipiazza e
all'assessore regionale alle Infrastrutture Pizzimenti di sedersi attorno a un
tavolo per capire se possiamo anticipare dei soldi per gli interventi - ha
affermato Ius -. Ci basterebbe avere la garanzia che quei soldi poi ci venissero
restituiti, perché vogliamo portare a compimento ciò che è stato progettato per
Rozzol-Melara». A proposito degli interventi previsti, nel corso dell'incontro
gli inquilini di Melara hanno posto una particolare enfasi sulla necessità di
sostituire i vecchi infissi, soprattutto nel lato sottovento.
Simone Modugno
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 ottobre 2018
IL DIBATTITO SULLA FERRIERA - «Per Servola un futuro
tra logistica e industria»
Inquadrare il caso della Ferriera nel contesto nazionale della siderurgia a
caldo. È stato questo lo scopo dell'incontro avvenuto l'altra sera al Circolo
della Stampa al quale hanno preso parte Maria Maranò, delegata della segreteria
nazionale di Legambiente, Mario Sommariva, segretario generale dell'Autorità di
Sistema portuale del Mare Adriatico orientale, i sindacati dei lavoratori e i
comitati degli abitanti di Servola. La rappresentante di Legambiente ha ribadito
che l'Italia deve iniziare a impostare una seria politica industriale che tenga
in considerazione il settore manifatturiero, «che è pur sempre il secondo più
importante in Europa dopo quello tedesco». Ciò significa che «di acciaio, in
Europa, c'è forte bisogno» e che lo stesso «è una grande risorsa per l'Italia,
ma non può più essere gestito con una tecnologia risalente sostanzialmente al
primo Novecento». A gravare sul dibattito, però, sono state le voci riguardanti
la trattativa in atto con un gruppo cinese che opera nell'ambito della logistica
intenzionato a investire nell'area della Ferriera. Trattativa confermata dallo
stesso Sommariva che, però, tiene a sottolineare come, «al di là dell'operazione
legata ai cinesi, il porto può essere uno strumento per trasformare la zona
della Ferriera in un asset d'integrazione fra logistica e industria». I
sindacati e i comitati di quartiere, infine, hanno posto l'accento sull'atavico
problema della vicinanza fra il sito industriale e le abitazioni. Al di là di
quello che sarà fatto nel medio-lungo termine, la percezione è che «la salute
dei residenti - a detta degli stessi - pare rimanere un problema marginale».
Lorenzo Degrassi
La Sala Tripcovich "recintata" per il restyling di
piazza Libertà
L'assessore Lodi: «In questa fase previsti anche il recupero del
sottopassaggio e la creazione di nuove strisce pedonali». Il futuro del
manufatto resta un rebus
Un recinto metallico attorno alla sala Tripcovich sorto nei giorni scorsi ha
fatto nascere spontanea la domanda se fosse finalmente iniziata la fase attiva
di riqualificazione di piazza Libertà. Fasi propedeutiche all'inizio dei lavori
di ristrutturazione veri e propri che avverranno nei prossimi giorni, come
confermato dall'assessore con delega ai Lavori pubblici Elisa Lodi: «Il cantiere
è stato consegnato a metà settembre e "l'ingabbiatura" della sala Tripcovich fa
in effetti parte della prima di 13 fasi che porteranno a capovolgere l'aspetto
dell'area». La prima fase, infatti, secondo la sequenza di microlotti prevista
dal progetto, riguarderà la parte dietro l'ex stazione delle autocorriere, dove
verranno risistemati i capolinea di quasi tutti gli autobus urbani ora attorno
al rettangolo verde al centro della piazza. «Abbiamo iniziato un iter di
riqualificazione molto importante per la città - continua l'assessore Lodi - che
in questa prima fase riguarderà anche il recupero del sottopassaggio e la
creazione di nuovi attraversamenti pedonali a raso di fronte all'uscita della
stazione ferroviaria, mentre successivamente passeremo alla risistemazione dei
marciapiedi per migliorare il passaggio dei pedoni e alla modifica della
viabilità, senza trascurare la realizzazione di un nuovo percorso ciclabile tra
la città e il polo d'interscambio formato dalle stazioni ferroviaria e delle
corriere. Ovviamente confidiamo nella pazienza dei cittadini per le situazioni
di disagio che si potranno creare nei prossimi mesi». Già, perché i lavori che
cambieranno il volto della piazza così come lo conosciamo oggi avranno una
durata (come da contratto) di 290 giorni, salvo proroghe dovute a imprevisti o
all'acuirsi della brutta stagione. Dieci mesi che metteranno a dura prova la
pazienza dei cittadini e non solo. «Il nostro obiettivo è quello di migliorare
la fruibilità dell'area non solo per i triestini ma anche per i turisti cercando
di rendere maggiormente accattivante quello che è il biglietto da visita della
città». E che ne sarà della sala Tripcovich, il cui abbattimento è uno degli
obiettivi della giunta Dipiazza? Caustico a riguardo il commento dell'assessore
competente Serena Tonel: «Che la sala Tripcovich sia l'unica parte della piazza
a non rientrare nel recupero dell'area, restando lì in mezzo, è un segnale che
dovrebbe dire qualcosa a chi è scettico sulla possibilità del suo abbattimento».
L'appalto per la realizzazione dei lavori è stato affidato al raggruppamento
d'imprese Mari & Mazzaroli spa, Rosso srl ed Ennio Riccesi Holding srl di
Trieste per una partita che sfiora i 5 milioni di euro.
Lorenzo Degrassi
Inquinamento - L'onda nera raggiunge la spiagge di St.Tropez - Marea nera a Saint-Tropez.
L'onda scura di petrolio che avrebbe già colpito circa 16 chilometri del celebre litorale francese, spiega la Préfecture Marittime de Méditerrannée, «sembrerebbe provenire» dalle due navi entrate in collisione il 7 ottobre scorso al largo della Corsica. In quei giorni, gran parte del petrolio riversatosi in mare venne aspirato da soccorsi italiani e francesi, ma una parte residuale sarebbe giunta in Costa Azzurra spinta dal vento forte degli ultimi giorni. La prefettura del dipartimento di Saint-Tropez ha annunciato l'attivazione di una cellula di crisi e del Plan Polmar contro l'inquinamento in mare. Chiuse al pubblico, per ora, le spiagge di l'Escalet et Pampelonne, Ramatuelle, Salins e la Moutte tra Saint-Tropez e dintorni e quelle di La Nartelle- Saint Barth à Sainte-Maxime.
Navigazione "green", nasce a Trieste l'Hybrid Centre
targato Wärtsilä
La prima struttura al mondo costruita in scala reale per
l'implementazione dei nuovi sistemi
TRIESTE - Parte dagli stabilimenti Wärtsilä di Bagnoli della Rosandra il
futuro della «navigazione sostenibile». È stato inaugurato ieri il nuovo Hybrid
Centre, con un motore in scala reale che consente lo sviluppo e
l'implementazione del modulo di potenza ibrido "Wärtsilä HY". Un impianto che,
oltre a garantire a Wärtsilä una notevole serie di sperimentazioni in loco,
offrirà ai potenziali clienti - oggi è previsto l'arrivo di un primo gruppo di
140 operatori del settore - la possibilità di verificarne i benefici dal vivo.
L'Hybrid Centre sarà anche usato per formare equipaggi, fornendo l'esperienza
pratica ai propri tecnici. È il primo centro al mondo costruito in scala reale e
comprende un motore, un pacco di batterie, gli azionamenti elettrici, un
simulatore di carico elica che utilizza a sua volta un motore elettrico, un
motogeneratore e il sistema di gestione dei flussi di energia, il "cervello" del
Wärtsilä HY. Il Centro potrà poi simulare i dati operativi in arrivo dal campo,
che consentiranno di ottimizzare i sistemi ibridi per raggiungere prestazioni
senza precedenti. L'investimento, offrendo a proprietari e operatori la
possibilità di sperimentare e conoscere il Wärtsilä HY, accelererà
l'introduzione delle tecnologie ibride nel mercato marino, aumentando la
sostenibilità ambientale della navigazione. I test sono già stati effettuati con
successo sulla procedura di avviamento elettrico brevettata da Wärtsilä, tramite
l'uso della potenza fornita dalle batterie, per fornire l'avviamento del motore
principale senza fumo visibile.«Questo nuovo Centro - ha detto Guido Barbazza,
presidente e ad di Wärtsilä Italia - consentirà di migliorare l'efficienza dei
motori e ridurre sensibilmente le emissioni, curando perciò l'ambiente
marittimo». «Con l'Hybrid Centre - aveva già annotato Stefan Wiik, vice
presidente della Marine Power Solutions di Wärtsilä - ancora una volta si
dimostra la volontà della nostra azienda di dare vita a un approccio "smart
marine", mirato a offrire migliore efficienza e maggiore sicurezza e di proporre
un notevole passo in avanti sulla strada della sostenibilità. Questo concetto
mostra l'impegno nel guidare il settore marino verso un futuro più pulito e più
efficiente in termini di costi». Principio ripreso ieri da Giulio Tirelli,
responsabile del progetto Hybrid Center e direttore alle vendite della Marine
Solutions di Wärtsilä: «Si aprono nuovi campi di sviluppo. Le navi saranno più
sicure e genereranno emissioni molto ridotte anche sotto il profilo dei rumori,
il particolato sarà ridotto a zero». Oltre all'uso per la validazione di
tecnologie ibride, il Centro consentirà ai clienti di verificare i vantaggi che
Wärtsilä HY offre come valore aggiunto.
Ugo Salvini
Sull'Alta Velocità si viaggia lenti - Un treno su due
arriva in ritardo
L'Autorità dei Trasporti indaga sul calo della puntualità dei convogli.
Aumentano le conciliazioni
Il caso della rete Roma-Firenze: tra Frecce, Intercity e regionali la tratta è
sovraccarica di mezzi
Nei primi sei mesi del 2018 solo un treno ad alta velocità su due è riuscito
ad arrivare a destinazione con un ritardo compreso nei 5 minuti. In tutto il
2017 la percentuale di puntualità era del 61,8%. Il peggioramento ha spinto
l'Autorità di regolazione dei Trasporti ad accendere un faro per capire i motivi
di questa performance negativa e «per l'eventuale adozione delle prescrizioni
regolatorie» per migliorare la puntualità. 1 Aumentano le conciliazioni -
L'aumento dei disservizi ha avuto come conseguenza l'aumento delle procedure di
conciliazione con Trenitalia, come confermano da Federconsumatori che con altre
associazioni ha firmato un protocollo di collaborazione con la società del
gruppo Fs. L'intervento dell'Autorità, per altro, è stato sollecitato dalla
Regione Toscana. Sulla direttissima Roma-Firenze, infatti, circolano anche i
regionali veloci e la preoccupazione dell'assessore ai Trasporti, Vincenzo
Ceccarelli, è che a «pagare il prezzo dei disagi siano soprattutto i pendolari».
Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Ntv, proprietaria degli Italo, a fine
settembre presentando i risultati di esercizio, ha spiegato: «L'incidenza dei
ritardi è in fortissima crescita, siamo costretti a fermarci continuamente per
il traffico». Ceccarelli fa un passo in più, convinto che i problemi siano
strutturali «perché «si sta andando verso la saturazione delle Direttissima». 2
Traffico sulla direttissima - Il motivo? «Sulla tratta Roma-Firenze viaggiano
tra i 180 e i 200 treni ad alta velocità al giorno più 112 regionali veloci» e
anche qualche Intercity. E aggiunge: «Per quanto riguarda la puntualità tutto è
andato bene fino all'anno scorso quando con il cambio d'orario sono stati
aggiunti nuovi treni Av. La percentuale di puntualità, prima al 90%, si è
abbassata e lo farà ulteriormente con il nuovo orario che prevede l'aumento del
numero dei convogli Av» 3 La possibile soluzione - Dal suo punto di vista la
soluzione per risolvere i «costanti disservizi non solo per i pendolari ma anche
per i viaggiatori dell'alta velocità è il raddoppio della Direttissima tra
Valdarno e Firenze». Costo stimato: da 900 milioni a 1,3 miliardi. Si spiega
così perché la Toscana abbia richiesto all'Art non solo di monitorare la
situazione ma anche di sospendere ulteriori ampliamenti del servizio dell'alta
velocità. L'Autorità che si muove per garantire condizioni eque di accesso eque
e non discriminatorie all'infrastruttura ferroviaria tanto da essere presa ad
esempio della imprese private europee, ha scelto, invece, di proseguire
nell'attività di monitoraggio e vigilanza iniziata a febbraio. 4 Le cause dei
disagi - Lo ha fatto sulla base delle risposte arrivate da Rete ferroviaria
italiana, società di Fs che gestisce l'infrastruttura. Rfi, infatti, ha
giustificato il calo della performance con l'incidente del Pioltello e il
maltempo che tra febbraio e marzo ha provocato gravi disagi sui nodi di Roma e
Napoli. E poi ci sono i guasti. Sei particolarmente significativi: ai deviatoi
di Roma Termini, alla linea di alimentazione tra Firenze e Bologna, ad un treno
veloce sulla Direttissima e due disconnessioni di bivio a Settebagni. Sulla base
di queste considerazioni l'Autorità ha informato la Regione Toscana che il faro
resterà accesso anche perché c'è un «margine di ottimizzazione dei processi di
gestione». Andrea Giudicin, docente di Economia dei Trasporti alla Bicocca, non
entra nel merito delle decisioni dell'Art ma spiega: «I ritardi non sono solo
legati alla Direttissima, ma anche alla gestione dei nodi urbani. Sulla
Roma-Firenze i problemi nascono dall'uso promiscuo della rete dove viaggiano
treni a 250 chilometri e le carrozze dei pendolari che arrivano a 140 chilometri
orari». 5 Le priorità - Che fare, allora? «Io credo - risponde il professore -
che vadano separate le due offerte di servizio potenziando la linea storica dove
far viaggiare i treni regionali e rendendo più efficiente la rete anche nei nodi
urbani. Rfi ha messo in campo un piano di investimenti sulla segnaletica per
garantire sicurezza ma anche maggior velocità». Rfi, infatti, sta investendo
milioni per migliorare la segnalazione con i sistemi di ultima generazione che
permettono di far viaggiare i convogli ad alta velocità a distanza di 5 minuti
uno dall'altro. Un simile sistema permetterebbe di poter correre a 300
chilometri orari sulla Roma Firenze rispetto agli attuali 250. Resterebbe da
risolvere il problema dei regionali.
Maurizio Tropeano
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 ottobre 2018
Doppio appello sulla Ferriera - I sindacati reclamano
spazio
Le sigle chiedono «un nuovo accordo di programma che coinvolga tutti gli
attori» e sottolineano «i progressi» registrati in chiave ambientale
Un appello all'azienda e uno alle istituzioni «per non restare isolati ed
essere lasciati nell'incertezza su quanto potrà accadere in futuro alla Ferriera
di Servola». Li hanno formulati Marco Relli (Fiom Cgil), Umberto Salvaneschi
(Fim Cisl) e Thomas Trost (Fiom Cgil) chiamando la proprietà e il presidente
della Regione Massimiliano Fedriga, al «rispetto dei ruoli e alla necessità di
dialogare con le parti sociali». «L'accordo di programma iniziale, che ha
portato Arvedi a Trieste - ha detto Salvaneschi -, ha permesso di conservare i
livelli occupazionali in una città dove l'industria è in difficoltà. Insistiamo
anche sul discorso ambientale, per ottenere un miglioramento costante su questo
fronte - ha aggiunto - ma ricordiamo a Fedriga che, qualsiasi sia la
prospettiva, le organizzazioni sindacali non possono essere escluse dal tavolo
di confronto. Oggi la Ferriera ha quasi 600 dipendenti diretti, di età media fra
i 40 e i 50 anni, perciò difficilmente ricollocabili, ai quali si aggiunge un
centinaio di lavoratori dell'indotto. Vogliamo sapere - ha concluso - cosa ci
porterà il futuro». Anche Relli ha ribadito che «gli interventi per
l'abbattimento delle polveri e per ridurre l'impatto della cokeria, oltre che
l'inquinamento sonoro, hanno comportato risultati positivi. Questo però non può
bastare. Abbiamo chiesto da tempo un piano industriale - ha continuato il
segretario provinciale della Fiom - ma non abbiamo avuto risposte. Chiediamo
perciò alla Regione un nuovo accordo di programma che coinvolga tutti i
soggetti. Siamo preoccupati - ha concluso - anche perché si sentono voci di
possibili acquisizioni di cui non abbiamo sufficienti notizie». Trost ha
ricordato che «nel 2014 la Ferriera era virtualmente chiusa, poi è arrivato
Arvedi e da 434 lavoratori dell'epoca siamo a quasi 600. Certo lo stabilimento
non è una farmacia, produce polveri, fumo e rumore, però nell'ultimo periodo è
stato fatto abbastanza sul piano degli abbattimenti. Dover soffrire
quotidianamente il rischio di trovarsi un giorno con i cancelli chiusi è molto
difficile».
Ugo Salvini
L'accusa dei duinesi: «I cacciatori esagerano - Spari
vicino alle case»
Residenti allarmati: «Non si va più a passeggio nei boschi» - La replica:
«Rispettiamo sempre regole e limiti territoriali»
DUINO AURISINA - Residenti che lamentano il rumore degli spari fin dalle
prime ore del mattino. Cani domestici che abbaiano in continuazione, perché
eccitati dal rumore dei fucili che fanno fuoco. Famiglie che rinunciano alle
passeggiate sul Carso per il timore di essere colpite da pallottole vaganti. Si
riaccende puntuale a Duino Aurisina, con l'avvio della stagione venatoria, la
polemica fra la popolazione e i cacciatori. Una disputa che si ripropone ogni
anno, con l'arrivo dell'autunno, e mette a confronto le ragioni dei due fronti.
«I miei cani sono terrorizzati - protesta Rossella Tognazzolo, che abita a Duino
a pochi passi dal tracciato della ferrovia - perché gli spari si sentono
vicinissimi alle nostre case. Dobbiamo poi rinunciare a portarli lungo i
sentieri della zona per il timore di vederli spaventati - aggiunge - e in ogni
caso c'è un diffuso disagio fra tutti coloro che vivono nei paraggi». Anche
Vladimiro Mervic, consigliere comunale che abita a Duino, conosce bene la
situazione: «I cacciatori stanno esagerando - è la sua opinione - perché in
alcuni frangenti sembra che sparino proprio a pochi passi dalle case. Io stesso
- evidenzia - rinuncio a passeggiare nei boschi, perché temo per la mia
incolumità». Le notizie di incidenti provocati dai cacciatori negli anni,
sull'intero territorio nazionale, hanno evidentemente lasciato il segno e nella
memoria collettiva il rischio sembra incombente. Di tutt'altro parere Domenico
Ruggero, direttore della Riserva di Duino e lui stesso cacciatore: «Abbiamo
sempre rispettato le regole e i limiti territoriali stabiliti - afferma - e
seguiamo quello che è il Piano regionale di abbattimento, che tiene conto della
necessità di contenere la crescita numerica di determinate specie. È inutile che
poi la gente si lamenti se nota cinghiali che si avvicinano pericolosamente alle
case - prosegue - se non accetta la nostra presenza, peraltro limitata a un
preciso periodo dell'anno». Ruggero ricorda infine che «le postazioni che alcuni
denunciano sono perfettamente legittime, prova ne sia che la Guardia forestale
non ha nulla da ridire». -
Ugo Salvini
NATURA - "Quaderni di geologia" al Centro di Basovizza
Venerdì alle 11.30, al Centro didattico naturalistico di Basovizza, verranno presentati due nuovi libretti della serie "Quaderni di geologia" redatti in collaborazione con Divulgando: "Geovagando In Friuli Venezia Giulia-Un viaggio geologico alla scoperta dei geositi delle Alpi Giulie Meridionali e Prealpi Giulie" e "Geopedalando In Friuli Venezia Giulia-Una pedalata geologica alla scoperta dei geositi dalla foce del Tagliamento a quella dell'Isonzo".
MUSEI - "I nuovi carsolini" a Storia Naturale
Con la conferenza di Nicola Bressi "I nuovi carsolini: novità più o meno positive tra la fauna carsica", avrà inizio la seconda parte del ciclo di incontri culturali "Gli ambienti naturali del Carso tra passato, presente e futuro", presentato da Italia Nostra in coorganizzazione con il Comune di Trieste e il Museo di Storia Naturale. Le conferenze saranno tenute sempre nella sala del museo di via Tominz 4, alle 17.30.
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 ottobre 2018
Sempre più incidenti da Muggia al Lisert: 15 morti e
1.262 feriti nell'ultimo anno
Persone e mezzi coinvolti in forte crescita rispetto al 2016 - Costiera e
Gvt tra le criticità. «Occhio a velocità e telefonini»
TRIESTE - Dai nove morti per incidente stradale registrati nel 2016 ai 15
dello scorso anno. I feriti? Nello stesso lasso di tempo sono passati da 1.190 a
1.262, con un aumento del 6%. Il numero degli incidenti, in parallelo, segna una
crescita dell'8%: erano stati 952 due anni fa, sono stati 1027 lo scorso anno.
Tutti dati, questi, che testimoniano come sia sempre più pericoloso viaggiare
sulle strade della provincia.La statistica, appena resa nota dalla delegazione
di Trieste dell'Aci, diretta da Maura Lenhardt, lo evidenzia in maniera
indiscutibile. E risulta altrettanto chiaro un altro elemento che spiega, almeno
in parte, il moltiplicarsi esponenziale degli incidenti sulle strade che vanno
da Muggia al Lisert: la continua crescita del numero dei mezzi in circolazione.
In provincia ce n'erano 190.387 nel 2016, lo scorso anno sono già saliti a più
di 192 mila. «Se si escludono i minori che non possono guidare e gli anziani che
non possono più mettersi al volante per motivi oggettivamente legati all'età -
precisa Lenhardt - siamo quasi in un rapporto parità, di un mezzo per residente.
È evidente che i problemi aumentano». Nella stragrande maggioranza dei casi si
tratta di mezzi a quattro ruote: secondo l'Associazione nazionale ciclo,
motociclo e accessori (Ancma) solo il 5% dei mezzi che quotidianamente si
muovono sulle strade della provincia di Trieste sono a due ruote, comprendendo
all'interno della categoria sia i ciclomotori che le moto di grossa cilindrata.
Entrando nel dettaglio dei singoli comuni, emerge in tutta la sua chiarezza un
dato che era già comparso nelle statistiche anni fa, sempre sulla base delle
rilevazioni dell'Aci locale: sono le strade del Comune di Duino Aurisina quelle
dove si registra il maggior contributo di sangue dovuto a incidenti stradali. In
quel territorio comunale c'erano stati un morto e 65 feriti nel 2016, lo scorso
anno i morti sono saliti a quattro e i feriti a 71. In parallelo pure l'aumento
degli incidenti: 44 nel 2016, 54 nel 2017. In sostanza, a Duino Aurisina è più
facile essere coinvolti in un incidente rispetto agli altri comuni del
territorio provinciale, Trieste compresa. I freddi numeri dicono che, all'ombra
del castello dei Torre e Tasso, nell'arco di un anno, ogni 138 mezzi che
transitano su quelle strade, almeno uno viene coinvolto in un incidente. Tanto
per fare un parallelo, tale rapporto diventa uno ogni 180 a Trieste, nonostante
sulle strade del capoluogo il traffico sia costantemente congestionato, perché
le vetture e i mezzi a due ruote che lo attraversano sono quasi 163 mila. Ma il
poco invidiabile primato di Duino Aurisina non può essere ascritto meramente a
un cattivo modo di guidare dei residenti e a problematiche di gestione delle
strade: semplicemente - all'interno dei confini comunali di Duino Aurisina -
corrono un bel pezzo della Grande viabilità e circa la metà della Costiera,
strade cioè dove la velocità e di conseguenza la pericolosità crescono a
dismisura.«Dalle nostre rilevazioni - riprende Lenhardt - risulta che le
principali cause di incidente sono l'eccessiva velocità e la colpevole
disinvoltura con la quale sia gli automobilisti sia i pedoni utilizzano gli
smartphone. Le due categorie vanno accomunate - aggiunge la direttrice dell'Aci
di Trieste - perché, se è molto pericoloso distrarsi con il cellulare quando si
guida, anche attraversare la strada mentre si parla al telefono diventa un
fattore che accresce il rischio. Dovremmo tutti stare molto più attenti -
ammonisce Lenhardt - e invece assistiamo al fenomeno contrario, purtroppo
dilagante, cioè a un'accentuata leggerezza di chi guida».
Ugo Salvini
Il trend
Secondo i dati 2017 si è registrato un aumento pesante degli incidenti, che hanno sfondato quota mille, e di conseguenza dei feriti e, purtroppo, delle persone decedute.
Il "concentrato" di auto
Il fenomeno può essere ricondotto, per lo meno in parte, alla crescita costante dei mezzi circolanti: erano 190.387 nel 2016, nel 2017 sono diventati 192.076 su una popolazione di 234.638 residenti. Siamo di fatto a un rapporto di un veicolo per abitante, lasciando fuori i minorenni e gli anziani che non guidano.
Il monito degli esperti
Per la direttrice dell'Aci di Trieste Lenhardt «le principali cause sono l'eccessiva velocità e la colpevole disinvoltura con cui automobilisti e pedoni usano gli smartphone».
Milano, raffica di roghi in aziende di rifiuti - Si
segue la pista dolosa
Legambiente: 33 incendi in Lombardia fra 2015 e 2018 - L'assessore
regionale: «Noi non siamo la terra dei fuochi»
Una serie di incendi in capannoni di stoccaggio di rifiuti nella zona di
Milano che procura valuta come non casuali. Per questo la pm di Milano Donata
Costa ha aperto un fascicolo per incendio doloso per il rogo divampato l'altra
notte in un impianto di smaltimento dei rifiuti in via Dante Chiasserini, in
zona Bovisasca a Milano. Il maxi incendio, l'ennesimo negli ultimi mesi in
Lombardia, ha mandato in cenere un capannone dell'azienda Ipb. Il fascicolo al
momento è ancora a carico di ignoti. I vigili del fuoco e la polizia sono al
lavoro per chiarire come sia divampato. Solo la scorsa settimana nell'ambito di
un'inchiesta della Dda di Milano e dei carabinieri sono state arrestate 6
persone per un traffico illecito di rifiuti in provincia di Pavia e nel resto
della Lombardia, responsabili dell'incendio del capannone abbandonato a
Corteolona, in Lomellina (Pavia). Gli incendi scoppiati fra domenica e ieri a
Milano e a Novate, a pochi chilometri di distanza, in due aziende di smaltimento
rifiuti sono gli ultimi di una lunga serie negli ultimi tempi: 33 in Lombardia,
secondo Legambiente, fra il 2015 e il 2018. «Non parlerei di un'emergenza come
la intendete voi - ha detto il direttore generale dei vigili del fuoco
Lombardia, Dante Pellicano - Sono casi ancora sporadici, ma deve esserci grande
attenzione da tutti».Fra i principali, il 23 maggio del 2017 a destare allarme
fu l'incendio in un'azienda di rifiuti speciali, la Aboneco Recycling, di Parona,
nel Pavese. Con una nube di fumo visibile a chilometri. Poi toccò a Milano: il 7
luglio accadde a Senago, mentre il 24 luglio il rogo fu in città. Le fiamme
avvolsero un sito di stoccaggio nel quartiere milanese di Bruzzano, con come
conseguenza livelli di diossina 270 volte superiori al valore normale. Due
giorni dopo un incendio scoppiò ad Arese nel deposito della Rmi. Ci vollero 8
giorni, invece, per spegnere le fiamme al sito della Eredi Bertè di Mortara nel
pavese, dove un rogo si sprigionò il 6 settembre 2018, nel giorno in cui era
previsto un controllo dell'Arpa. E il sito tornò a bruciare il 22 giugno 2018,
nonostante non ci fosse più nessuna attività. A novembre 2017 le fiamme si
alzarono al termodistruttore di Parona, nel pavese. A Cologno Monzese, un vasto
incendio si sviluppò alla Alfa Maceri, deposito di carta, plastica e legno, l'11
marzo, fra le case. «Non siamo la Terra dei fuochi e qui l'attività
amministrativa è attenta e fa il proprio dovere», dice l'assessore all'Ambiente
di Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo. Ma il livello d'allarme è alto.
Il Carso spiegato dagli esperti in sei tappe con Italia
Nostra
Conferenze al via domani alle 17.30 in via Tominz 4: Nicola Bressi
parlerà delle novità a livello di fauna nel territorio in esame
Domani, con la conferenza di Nicola Bressi, avrà inizio al Museo di Storia
naturale la seconda parte del ciclo di incontri culturali "Gli ambienti naturali
del Carso tra passato, presente e futuro". L'iniziativa è realizzata in
coorganizzazione tra l'associazione Italia Nostra, il Comune di Trieste e il
Museo di Storia naturale ed è dedicata ai cittadini e, in particolare, agli
studenti. La prima parte del ciclo, con le sette conferenze della scorsa
primavera, aveva preso in esame la morfologia carsica, la landa, i boschi
carsici, le acque superficiali e la "citizen science".La seconda parte del
ciclo, di sei conferenze, completerà il programma con nuovi temi: la fauna
carsica, i cambiamenti climatici, la biodiversità, il Carso sotterraneo e la Val
Rosandra. I relatori sono docenti e studiosi dell'Università di Trieste, del
Museo di Storia naturale e del Comune di Trieste. Le conferenze saranno tenute
sempre nella sala del Museo di Storia naturale, in via Tominz 4, di mercoledì,
alle 17.30. In occasione della VI edizione (20-28 ottobre 2018) della Campagna
nazionale di Italia Nostra sui paesaggi sensibili, la sezione di Trieste intende
sostenere, con queste conferenze, il programma nazionale. Il calendario: domani
"I nuovi carsolini: novità più o meno positive tra la fauna carsica" con Nicola
Bressi, il 24 ottobre "Gli insetti del Carso, una fauna meno nota" con Andrea
Colla, il 31 "Cambiamenti climatici nell'area carsica: quali evidenze?" con
Renato R. Colucci, il 7 novembre "Cambiamenti climatici e biodiversità vegetale:
l'invasione degli alieni" con Giovanni Bacaro, il 14 "La situazione sotto il
Carso" con Sergio Dolce e infine il 21 novembre "Chiacchierata sulla Val
Rosandra" con Nicola Bressi e Sergio Dolce.
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 ottobre 2018
Porto vecchio, nove milioni per viabilità e servizi a
rete
Definita la tabella di marcia del secondo lotto di lavori di
infrastrutturazione - Previsto il nuovo collegamento stradale tra Magazzino 26 e
largo Santos
Nove milioni di euro destinati a realizzare viabilità e servizi a rete nei
65 ettari di Porto vecchio: avanti con il secondo lotto. Le risorse fanno parte
del pacchetto da 50 milioni stanziate dal ministero dei Beni culturali e
finanziano i lavori di infrastrutturazione indispensabili per garantire lo
sviluppo della zona sdemanializzata. L'amministrazione ha messo nero su bianco
con la delibera 488, portata personalmente dal sindaco Roberto Dipiazza e
seguita sotto il profilo tecnico dal responsabile dell'area territorio-ambiente
Giulio Bernetti. Nella raffica di documenti e allegati, di scorta alla delibera,
spicca il cronoprogramma, che prevede il completamento dei lavori - dalla gara
ai collaudi - nel giugno 2021, una data non distante dalle elezioni comunali.
Secondo questa griglia temporale, le gare si terranno nell'autunno 2019, i
lavori si protrarranno dal gennaio 2020 al marzo 2021, tra aprile e giugno 2021
è fissata la stagione dei collaudi. Sette milioni saranno impiegati nel 2020,
due milioni nel 2021.Viabilità, drenaggio urbano, reti gas, reti fognarie, rete
idrica, rete energia, servizi tecnologici, illuminazione pubblica: è come
intervenire in una piccola città "di fondazione", dove bisogna fare tutto. Dal
punto di vista della viabilità, il secondo lotto provvederà a collegare il polo
fieristico-museale (centrale idrodinamica, magazzini 26, 28, 29) con la città in
corrispondenza di largo Santos, in coerenza con quanto avviato nel primo lotto
(viale Miramare-polo fieristico-museale). Sarà così costruita una carreggiata a
due corsie di marcia e una corsia ciclabile che si svilupperà lungo il muro di
confine con il sedime ferroviario. Quindi - come rileva la relazione tecnico
illustrativa - il tracciato si sovrapporrà in buona parte al percorso esistente
con «la possibilità di un'espansione della viabilità principale e secondaria,
anche in relazione a futuri insediamenti all'interno dell'area». I binari del
vecchio raccordo ferroviario saranno parzialmente mantenuti, piante e aiuole
coloreranno di verde l'area.Una buona notizia: il Porto vecchio è stato
sottoposto a indagine geofisica «finalizzata a valutare il rischio bellico» e
sembra non vi siano «anomalie riconducibili a masse belliche di medie e grosse
dimensioni». Insomma nell'area non sarebbero cadute bombe e non sarebbero state
piazzate mine.La decisione di spostare il museo del Mare dai Magazzini 24-25 al
retrostante 26 consente al Comune di mettere a reddito i 24-25, che si
affacciano sul Bacino 0. Dipiazza aveva dichiarato che in questo modo potrà
andare avanti l'operazione Fincantieri. Fincantieri non smentisce
l'interessamento ma dice che al momento non esiste al riguardo alcuna
progettualità.
Massimo Greco
Muggia vara il piano per rendere sicuri i corsi d'acqua
a rischio
Interessati dai lavori undici torrenti e rii. Prevista la pulizia degli
alvei e l'abbattimento della vegetazione in eccesso
MUGGIA - Torrente San Bartolomeo, Almerigotti, Fugnan, del Diavolo e della
Luna e rii Ronchi, San Sebastiano, Pisciolon, Farnei, Rabuiese e Menariolo.
Questi sono gli undici corsi d'acqua indicati dal Comune di Muggia che saranno
interessati dai lavori di manutenzione ordinaria che verranno realizzati entro
l'anno. I lavori si realizzeranno grazie ai 48 mila euro messi a disposizione
dalla Regione. Con la Legge regionale 11/2015, infatti, la Regione Fvg ha
riclassificato i corsi d'acqua presenti sul territorio e organizzato le
competenze dei vari Enti sulla materia, affidando ai Comuni la manutenzione dei
corsi d'acqua di classe 5, classe a cui appartengono i torrenti o i rii
protagonisti della lista. Su questa compaiono anche altri due corsi d'acqua su
cui l'Amministrazione ha espresso la volontà di intervenire: il rio Boeri e il
corso d'acqua - ancora senza nome - che sfocia all'altezza del lungomare
Venezia. «È un intervento utile per gestire un aspetto spesso sottovalutato, ma
in realtà estremamente importante ovvero la vegetazione che cresce lungo gli
argini dei torrenti, che può al contempo fungere da elemento di contenimento di
una piena oppure causare un'esondazione», ha evidenziato l'assessore
all'Ambiente Laura Litteri. Sui corsi d'acqua verranno effettuate la pulizia
delle ramaglie e l'abbattimento delle eventuali piante e degli arbusti in alveo.
La situazione di degrado è più evidente lungo gli alvei dei corsi d'acqua a
regime torrentizio, dove la vegetazione cresce spontaneamente e ogni evento
atmosferico importante trova materiale da trasportare a valle con il conseguente
interramento e ostruzione delle sezioni idrauliche. L'assessore Litteri: «Spesso
si sottovaluta su quanti piani diversi sia necessario monitorare e agire sul
territorio comunale. È sbagliato considerare i corsi d'acqua come angoli di
natura incontaminata da lasciare alla loro evoluzione. È fondamentale un
monitoraggio e una gestione di queste risorse boschive che sono un elemento
importante dell'ecosistema, ma che possono ridurre o aggravare gli effetti di un
evento alluvionale che, con interventi come questo, si possono prevenire».
Riccardo Tosques
Montenegro come l'Eldorado inizia la caccia all'oro
nero
I colossi stranieri, compreso il consorzio italo-russo Eni-Novatek,
pronti a estrarre dal fondo al mare miliardi di barili. Ma gli ambientalisti
affilano le armi
BELGRADO - La data d'inizio della competizione ora è fissata. I concorrenti
sono pronti ai nastri di partenza. Il premio finale è assai ambito: gas e
miliardi di barili di petrolio da estrarre dal fondo del mare. Ma la gara non
piace a tutti, con gli ambientalisti che già affilano i coltelli. La gara è
quella per il gas e l'oro nero che si nasconderebbero nei fondali adriatici: non
quelli croati, dove la corsa è in parziale stallo, ma quelli di pertinenza del
Montenegro, nel mirino di colossi stranieri pronti dopo anni di attesa a
verificare l'esistenza dei giacimenti e a estrarre preziosi idrocarburi. Fra
questi, il consorzio italo-russo Eni-Novatek, che dal primo novembre spedirà una
nave nelle acque territoriali montenegrine per 45 intense giornate di
esplorazioni e studi sismologici del fondale. «Siamo qui perché abbiamo
analizzato» i dati esistenti e «crediamo che esista un potenziale», ha spiegato
ai media locali il dirigente Eni, Agostino Maccagni.Il Montenegro - o meglio,
chi ne regge le sorti - attende con estrema impazienza l'esito delle nuove
indagini. La speranza è che portino in futuro all'estrazione di tanto gas e
petrolio, i cui proventi finiranno «per il 62-68%» nelle casse pubbliche, ha
assicurato la Direzione nazionale per gli idrocarburi. Prima però bisogna
compiere nuove esplorazioni, con la nave equipaggiata con cannoni ad aria che
"spareranno" contro il fondo marino, per leggere le onde di ritorno attraverso
super computer. E non c'è solo Eni-Novatek. Le ricerche «della nostra compagnia
saranno avviate alla fine di quest'anno oppure all'inizio dell'anno prossimo»,
ha detto da parte sua Antonios Nikolopulos, rappresentante del colosso greco
Energean Oil&Gas, vincitore negli anni scorsi di una concessione come
Eni-Novatek. E «se avremo fortuna, le prime trivellazioni» saranno in agenda già
«nel 2020», anche se il governo si augura che l'anno buono sia il 2019. Ma non
tutti guardano con speranza al futuro. Lo slogan del Montenegro, Paese che vive
di turismo, è «bellezza selvaggia». E di certo «piattaforme petrolifere» nel
mare cozzano con questa filosofia, ha attaccato l'Ong Green Home, da sempre in
prima linea contro le ricerche in Adriatico, dannose «per la biodiversità». E
possibile causa di «terremoti indotti», in un'area molto sismica, ha sostenuto
l'attivista Natasa Kovacevic, ammonendo che «i cittadini forse non si rendono
veramente conto di che impatto queste ricerche hanno sul nostro mare, piccolo e
chiuso». Il Montenegro possiede abbastanza «potenziale energetico dalle
rinnovabili», è rischioso puntare sul petrolio mettendo «a rischio l'ecosistema»
marino, ha rincarato il direttore del movimento ecologista Ozon, Aleksandar
Perovic.Meno pessimista l'ingegnere geofisico Branislav Glavatovic, che ha
sottolineato che non è possibile escludere fuoriuscite di greggio durante le
perforazioni, ma sono incidenti «molto rari». Preoccupazioni simili erano state
espresse anche negli anni scorsi e difficilmente le rassicurazioni dei colossi
in corsa, che hanno specificato che le ricerche sono sicure e che ci sono tutti
gli strumenti per reagire in caso di problemi, placheranno i timori. Destinati a
crescere, con i primi tuoni degli "airgun" in Adriatico.
Stefano Giantin
I giacimenti si spingono fino al confine albanese
Secondo stime di Energean - interessata a ricerche anche nei mari albanesi - sarebbero oltre 1,4 i miliardi i metri cubi di gas celati nei fondali montenegrini, una «riserva vergine» nell'Adriatico dal grande potenziale. Per quanto riguarda il petrolio, ammonterebbero a circa sette miliardi di barili di greggio le riserve ancora da sfruttare in Montenegro. Le prime ricerche di idrocarburi nel Paese furono lanciate nel lontano 1914 dal re Nikola, mentre nel 1922 fu scavato il primo pozzo d'estrazione, a terra, nei pressi del lago di Scutari, senza che dalle profondità uscisse il prezioso oro nero. Le ricerche "offshore", approvate nel 2012 dal governo, riguardano per ora due blocchi nelle acque al confine con l'Albania.
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 ottobre 2018
Vino e caffè a rischio estinzione - Così il clima
minaccia l'agricoltura
Il rapporto Fao: i Paesi che si trovano a basse latitudini sono quelli
che risentono di più dei disagi
Una soluzione è ricorrere al commercio internazionale di cibo per contrastare le
disuguaglianze
Roma - Il cambiamento climatico ed i suoi effetti sulla quotidianità stanno
imperversando nel dibattito pubblico mondiale da quasi tre anni, da quando
Cop21, la Conferenza Internazionale sul clima di Parigi, vi ha acceso i
riflettori. Tra gli argomenti correlati al clima c'è il cibo, essendo colture e
allevamenti legati alle condizioni meteorologiche. Un punto della situazione lo
ha fatto la Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e
l'agricoltura, con il suo recente rapporto "Stato dei mercati dei prodotti
agricoli di base". 1 Chi vince e chi perde - I cambiamenti climatici comportano
influenze diverse, naturalmente, nelle varie zone del Mondo, a seconda di dove
la temperatura si alza o si abbassa, dove pioverà sempre meno e dove invece
piogge e neve saranno sempre più frequenti, magari in periodi dell'anno
insoliti. Stando al rapporto FAO, a rimetterci sarà la produzione alimentare nei
Paesi che si trovano a più basse latitudini, ovvero quelli dove, purtroppo,
regnano già povertà e malnutrizione. Laddove invece il clima è già più temperato
e i gradi destinati a salire, l'impatto sulla produzione agricola, che
aumenterebbe, sarebbe più positivo. 2 Il commercio - Dal rapporto, così come da
ogni altro studio sul clima, è difficile prevedere quali saranno veramente gli
effetti futuri, anche alla luce dei metodi di coltura e allevamento destinati
anch'essi a subire mutamenti in base non solo alle esigenze ma anche alle nuove
tecnologie. Certamente la FAO sottolinea come con i cambiamenti climatici
destinati ad alterare significativamente la capacità di produrre cibo in
determinati paesi, il commercio internazionale di prodotti agricoli avrà un
ruolo sempre più importante per soddisfare il fabbisogno alimentare del pianeta
e contrastare così la fame laddove questa aumenterà. 3 I cibi a rischio - Sono
tanti i cibi che potrebbero risentire dei mutamenti climatici, come ha spiegato
anche il World Economic Forum 2018. Albicocche, pesche e fragole per crescere e
maturare hanno bisogno di temperature costanti, tra i 25 e i 30 gradi, sempre
più difficili da trovare, e il risultato è che sono frutti spesso troppo
costosi. L'85% della produzione di vino da qui ai prossimi 50 anni potrebbe
sparire per l'innalzamento delle temperature nelle principali regioni
produttive. Inoltre i cambiamenti climatici stanno minacciando le coltivazione
delle piante da caffè, mettendo così a rischio estinzione la specie attualmente
utilizzata per produrre il 20-25% dei chicchi oggi utilizzati. 4 La principale
soluzione Molti Paesi si affidano già ai mercati internazionali per
approvvigionarsi e risparmiare i costi elevati della produzione agricola (come
ad esempio negli stati con risorse limitate di terra e acqua) o costretti dai
disastri naturali che colpiscono le loro colture. Il Bangladesh ad esempio lo
scorso anno ha tagliato i dazi doganali sul riso per aumentare le importazioni e
stabilizzare il mercato interno dopo le gravi inondazioni che hanno visto i
prezzi aumentare del 30%, mentre il Sudafrica quest'anno ha incrementato le
importazioni di mais, di cui è storicamente grande esportatore, per contrastare
la siccità. 5 Pensare al futuro - Ricorrere al commercio internazionale di cibo
per contrastare le disuguaglianze prodotte o accentuate dai cambiamenti
climatici non significa tuttavia spostare l'attenzione dal clima e come
preservare il nostro ambiente per il futuro. Da Cop21 infatti la strada è
tracciata, ma va percorsa tutta, nella direzione dei no ai combustibili fossili,
nella difesa e protezione delle foreste e degli oceani con decisioni che
dimostrino di aver compreso l'urgenza della situazione. Significa anche ridurre
il consumo di carne e latticini e cambiare il modo in cui produciamo il nostro
cibo. Una nuova visione a 360 gradi che deve vedere il Mondo intero unito.
Alfredo De Girolamo
IL PICCOLO - SABATO, 13 ottobre 2018
Dopo 10 anni riapre il terrapieno Acquario
MUGGIA - Dopo dieci anni di attesa i cancelli del terrapieno Acquario sono
stati riaperti. Ieri la Regione ha comunicato ufficialmente l'apertura del primo
lotto bonificato dell'area. Una notizia attesa dall'amministrazione, come ha
spiegato Laura Marzi: «Abbiamo preso un impegno con i cittadini e poterne vedere
finalmente il risultato non può che renderci fieri, specie alla luce
dell'interminabile iter che ha portato a questo traguardo, che appena qualche
anno fa appariva inarrivabile». Domani, in occasione della Barcolana in bici
organizzata sul percorso ciclopedonale costiero i partecipanti potranno
utilizzare gli spazi interni del primo lotto di Acquario che dalla prossima
estate sarà a disposizione dei bagnanti.
IL PICCOLO - VENERDI', 12 ottobre 2018
ARPA - Radon, in Fvg livelli fra i più alti d'Italia
TRIESTE - Il Fvg è una delle regioni italiane con le più alte concentrazioni
medie di radon: le zone più interessate - si conferma - sono quelle con suoli
molto permeabili dell'alta pianura friulana, delle vallate montane e del Carso
triestino e goriziano. Questo emerge dai primi risultati del "Progetto radon,
misure per 1.000 famiglie", avviato dall'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente (Arpa). Per Arpa il problema è spesso sottovalutato: un'indagine
ha rilevato che solo il 24% della popolazione del Fvg sa che il radon è la
seconda causa di tumore al polmone dopo la sigaretta. La campagna di
monitoraggio ha consentito di misurare il radon in 1775 famiglie, stimando una
concentrazione media annuale di 153 Bequerel al metro cubo, valore alto ma
atteso e in linea con i risultati delle precedenti campagne. Gli edifici più
datati hanno concentrazione maggiore di radon, segno di miglioramento delle
tecniche edilizie. Un aumento di radon è osservato pure in costruzioni dove sono
stati effettuati opere di impermeabilizzazione o di isolamento, o rifacimento di
contatto col suolo.
Via al piano di rilancio di 20 ettari incolti sul Carso
triestino
Pubblicato il bando che prevede una serie di fondi regionali per il
recupero di terreni improduttivi tramite il consorzio Gal
DUINO AURISINA - Inserire nel ciclo produttivo 20 ettari di terra tra
l'altopiano carsico e i territori di Muggia e San Dorligo della Valle, oggi
inutilizzati. Questo l'obiettivo del bando pubblicato in questi giorni sul Bur,
il Bollettino ufficiale della Regione, e dedicato al recupero di terreni
agricoli attualmente improduttivi. L'amministrazione regionale, infatti, ha
messo a disposizione complessivamente 400 mila euro, che andranno distribuiti,
nella misura di 20 mila euro a testa, fra coloro che dimostreranno interesse a
coltivare un terreno incolto, di proprietà o in affitto. L'investimento
richiesto nel bando potrà essere composto per il 50% da fondi pubblici, mentre
il restante andrà coperto con denaro o il lavoro in proprio dell'agricoltore
intenzionato a rimettere in produzione la terra. Il bando è il risultato di una
consultazione condotta fra le aziende del territorio già nel 2016 dal Gal, il
Consorzio di promozione e sviluppo del territorio rurale che va da Muggia fino a
Savogna d'Isonzo. «Il nostro scopo - spiega in proposito il presidente del Gal
David Pizziga - è iniziare a recuperare quel 70% di superficie agricola persa in
Carso negli ultimi 60 anni. Purtroppo - aggiunge - questi fondi si rendono
disponibili dopo molto tempo, a causa delle gravi lentezze del sistema
burocratico. Questo è il primo bando della nostra Strategia di sviluppo locale
convalidata dalla Regione nel dicembre del 2016 e rappresenta solo una fetta dei
tre milioni di investimenti pubblici a favore di Carso che abbiamo programmato e
stiamo aspettando». Per accogliere le domande e chiarire i contenuti del bando
lunedì prossimo, dalle 17 alle 19, nella sala consigliare del Comune di San
Dorligo della Valle (Dolina 270), si svolgerà una riunione organizzata dai
tecnici dello stesso Gal, con i quali i presenti potranno confrontarsi. Per
informazioni si può in ogni caso scrivere al consorzio all'indirizzo di posta
elettronica info@galcarso.eu oppure consultare il sito www.galcarso.eu. Il
regolamento del bando è, ovviamente, pubblicato sul Bur.
Ugo Salvini
Elettrico e gas naturale liquido - Ecco la nuova
mobilità sostenibile
Esperti da tutto il mondo per World Energy Week di Milano: sostituire i
veicoli tradizionali
Nascono modelli di mezzi a più basse emissioni e motori ecologici. Italia
fanalino di coda
MILANO - Elettrica ma non solo: la mobilità sostenibile del prossimo futuro
dovrà basarsi infatti anche sulla sostituzione dei veicoli tradizionali con
nuovi modelli a più basse emissioni, e sull'uso di motori alimentati a gas
naturale liquido per i mezzi pesanti che viaggiano su percorsi lunghi. È questa
l'indicazione che arriva dagli esperti del Consiglio mondiale dell'Energia (WEC),
riuniti in questi giorni a Milano per la World Energy Week, il cui scopo è
rendere l'industria energetica più sostenibile e inclusiva. 1 Crescono le auto
elettriche - Secondo i dati diffusi durante i lavori, nel 2017 le auto
elettriche nuove vendute a livello globale sono state oltre un milione, con una
crescita del 54% rispetto al 2016. In totale, le vetture elettriche in
circolazione sono più di tre milioni in tutto il mondo, il 40% dei quali solo in
Cina. In Europa, a trainare il mercato è la Norvegia, dove l'anno scorso sono
state immatricolate 62mila macchine elettriche, seguita dalla Germania con
55mila e dal Regno Unito con 47mila, mentre l'Italia si è invece fermata a 5500
unità. 2 Il nodo dei trasporti lunghi - I motori elettrici - ha spiegato il
presidente di WEC Italia, Marco Marghieri - hanno «un ruolo chiave nel trasporto
urbano, ma il gas naturale e il biogas offrono soluzioni sostenibili già
disponibili per le aree in cui la mobilità elettrica non è naturalmente adatta»:
il trasporto su tir e via nave, e gli usi industriali: ambiti che rappresentano
l'11% del consumo energetico in Italia e in cui oggi domina, oltre ai
combustibili tradizionali, l'uso del metano liquido. 3 La blockchain? Oltre che
di mobilità, a Milano si è discusso anche dei nuovi scenari per la produzione e
la distribuzione dell'energia. A partire dalla possibilità che in futuro ogni
utente possa diventare produttore e venditore di corrente, grazie alle
possibilità offerte dalla blockchain: cioè della tecnologia che ha reso
possibile la nascita delle criptovalute come i Bitcoin, e che si fonda su un
database decentralizzato dove tutte le transazioni digitali vengono registrate
in modo immutabile. Nonostante le potenzialità interessanti, secondo un'indagine
di WEC realizzata con le società di consulenza PwC, l'applicazione della
blockchain al mercato energetico non sarà realizzata in tempi brevi: le cause
principali sono la mancanza di un quadro normativo chiaro e di un modello di
business efficace. 4 I consumatori sono pigri - A questi fattori si aggiunge poi
la "pigrizia" degli utenti. Infatti, secondo la ricerca la preoccupazione
principale è solo quella di pagare la bolletta a fine mese. Gli utenti sono
restii ad assumere un ruolo più attivo e tendono a restare fedeli alle proprie
abitudini, anche a scapito del risparmio. In Gran Bretagna, ad esempio, il 60%
dei consumatori ha preferito rimanere con il proprio fornitore, anche se
cambiando avrebbe potuto risparmiare in media 300 sterline l'anno (342 euro).
Nonostante ciò, l'Italia si sta impegnando sul versante della blockchain grazie
a un bando del ministero dello Sviluppo, che punta a reclutare 30 esperti per
studiare la strategia nazionale sulle applicazioni di questa tecnologia. 5 Di M
aio e la sostenibilità - In più, come ha spiegato il ministro dello Sviluppo
Luigi Di Maio in un videomessaggio, il nostro Paese «ha deciso di puntare su un
futuro energetico completamente sostenibile», basato «sull'efficienza
energetica, sul consumo razionale dell'energia, sulla promozione della
produzione da fonti rinnovabili e sull'aumento del vettore elettrico per
soddisfare la penetrazione nel settore dei trasporti». In particolare, ha
concluso Di Maio, «nella prossima legge di bilancio è previsto il potenziamento
del programma di riqualificazione degli edifici della pubblica amministrazione,
ed è massimo l'impegno del governo a rendere operativo il fondo nazionale per
l'efficienza energetica».
Daniele Lettig
Il trenino verso il ritorno per il parcheggio Bovedo - E i volontari polemizzano con il sindaco.
«Migliaia di persone, più di 14 mila in pochi weekend, più di 4.000 firme non sono scoiattoli Roberto Dipiazza! Sono concittadini e turisti che meritano rispetto da parte di un rappresentante delle pubbliche istituzioni». Non l'hanno presa bene, i volontari del Tramway Porto vecchio di Trieste, l'ironia del primo cittadino sul trenino tagliato dell'era Cosolini che in futuro potrebbe tornare a servire il parcheggio Bovedo realizzato sopra le vecchie rotaie dell'antico scalo. «Io sono favorevole al trenino. Solo che questi l'hanno fatto tre anni fa quando c'era la tundra. Chi portava allora? Qualche scoiattolo forse, perché neanche i caprioli ci sono. Era chiaramente un trenino elettorale», ha dichiarato Dipiazza nel giorno dell'inaugurazione del park da 400 posti auto. La buona notizia è che il sindaco ha ritrovato la voglia di giocare con i trenini. Solo che era meglio non disturbare gli scoiattoli.
C'è il Pedibus, auto "proibite" in via Lucano - Ma
strada di Rozzol resta un cantiere aperto
Traffico bloccato per dieci minuti al mattino per consentire il passaggio
a piedi degli studenti diretti all'Istituto Weiss
Il Comitato genitori dell'Istituto comprensivo Tiziana Weiss ha ottenuto la
riattivazione del Pedibus. Ciò comporta la chiusura al traffico di via Lucano
dalle 7.55 alle ore 8.05 a seguito di un'ordinanza del Comune. Il progetto
Pedibus nacque nel 2008, nel momento in cui la scuola primaria Virgilio Giotti
aderì a un progetto pilota proposto dall'Uisp finalizzato alla creazione
partecipata di un percorso sicuro casa-scuola. Il Pedibus funziona analogamente
a una linea di trasporto pubblico. Ha un capolinea e delle fermate intermedie a
orario fisso dove aggregarsi al gruppo di genitori, bambini e insegnanti che
raggiungono la scuola a piedi. L'attivazione del Pedibus con il contestuale
"blocco" del traffico in via Lucano si inserisce tuttavia in un contesto che
parla di disagi. Doveva infatti concludersi entro l'inizio di quest'anno
scolastico e invece sta ancora proseguendo, creando non pochi disagi tra i
residenti e le famiglie degli allievi dello stesso Istituto Weiss, il cantiere
in strada di Rozzol avviato ancora a giugno da AcegasApsAmga nell'ambito di una
serie di lavori programmati alla rete del gas. Inizialmente l'intervento si
sarebbe dovuto svolgere nel periodo estivo e quindi in tempo per la ripresa
delle lezioni, cioè entro l'8 settembre. In accordo con il Comune, era stato
realizzato anche un progetto per la contestuale riqualificazione delle reti
idrica ed elettrica, così evitare nuovi successivi scavi, e anche per quella
delle canalette di scolo, al fine di scongiurare eventuali allagamenti in zona.
Come poi spesso accade quando i progetti incontrano la realtà, la stima iniziale
che prevedeva la conclusione dei lavori entro l'8 settembre è stata disattesa,
perché al momento dell'apertura dello scavo si è notato che, a causa della
vetustà dei sottoservizi, alcune parti della condotta fognaria risultavano
ammalorate e bisognose di operazioni più radicali. Così, allo stato attuale, il
periodo d'attività del cantiere è stato prolungato fino al 31 ottobre. Nel
frattempo, i residenti della zona segnalano una situazione di disagio
"infinito", dovuto al fatto che strada di Rozzol è interdetta al traffico
veicolare dall'incrocio di via Beda per circa mezzo chilometro e così le persone
che vi abitano non possono da circa cinque mesi parcheggiare nei loro garage
oppure nelle vie adiacenti (anche queste interessate talvolta da lavori), con
appunto tutti i relativi disagi che ciò può comportare. La situazione risulta
ancora più scomoda per le famiglie che portano i propri figli all'Istituto
Weiss. Col cantiere in opera, il passaggio è reso poco agevole e soprattutto
pericoloso da restringimenti, passerelle e buche e soprattutto dai mezzi che
lavorano in una strada già di per sé stretta. Un'inquilina del condominio al
civico 12 ha riferito inoltre che Acegas avrebbe autonomamente deciso di
cambiare i contatori e che l'erogazione del gas sarebbe stata interrotta per
quasi una settimana senza alcun preavviso: «Nessuno di noi ha chiesto i lavori
in strada, nessuno di noi ha chiesto di cambiare i contatori. Viviamo in una
situazione che è ormai intollerabile», si sfoga l'inquilina di strada di Rozzol.
AcegasApsAmga, da parte sua, risponde che la chiusura del gas è stata comunicata
con alcuni giorni di preavviso come da normativa e che la stessa ha avuto una
durata, per ogni singolo edificio di massimo quattro ore.«Nel caso del
condominio al civico 12 di strada di Rozzol - scrive Acegas in una nota - è
stato riscontrato che la valvola di intercettazione gas era posta all'interno
dello stabile: la normativa prevede, per ragioni di sicurezza, che la valvola
debba essere posizionata esternamente all'edificio ed essere facilmente
individuabile ed immediatamente accessibile per poter essere prontamente chiusa
in caso di emergenza. Si è quindi provveduto a contattare l'amministrazione
stabili perché procedesse all'adeguamento normativo».
Simone Modugno
Mappe per i cicloturisti con il logo di Bucci
Il logo "We are Triesteing" comparirà sulle piantine che verranno
distribuite ai cicloturisti, realizzate in collaborazione con la Pro loco.
«Quello di oggi è un primo step che porterà entro l'avvio della prossima
stagione alla creazione di percorsi per e-bike che andranno a coprire tutto il
territorio di Trieste», ha spiegato il presidente della Pro Loco Michele Ciak.
Soddisfatto l'assessore al Turismo, Maurizio Bucci, che ritrova il "suo" logo:
«Come Comune ci siamo attivati da tempo con la Pro loco per valorizzare un
settore che potrà dare risultati importanti. Non possiamo però pensare
d'improvvisare, per questo abbiamo deciso di investire sulle qualifiche
professionali al fine di garantire al fruitore il miglior servizio possibile.
Possiamo dire che l'Italia è tutta bella, ma la nostra città ha qualcosa in
più». Bernardo Zerqueni, fondatore di Ones Bike, è l'imprenditore che ha chiesto
la concessione del marchio: «Abbiamo lanciato la prima mappa con il supporto
degli imprenditori locali. Mi ha fatto piacere che l'assessore ci abbia concesso
il "We are in Triesteing" per il nostro progetto». Oltre alla piantina la Pro
loco sta predisponendo un servizio di guida cicloturistica grazie al socio Alex
Korfeind, che ha ottenuto l'abilitazione dalla Federazione ciclistica
internazionale: «Il mare ed il Carso sono i punti d'interesse principali che
possono andare ad intercettare i circa 13 mila cicloturisti che scelgono la
Venezia Giulia ogni anno, con un trend in costante crescita».
Economia circolare a Muggia
Il Comune di Muggia, il Comune di San Dorligo e Legambiente Trieste vi invitano all'incontro pubblico "Economia circolare: necessità e opportunità" con Laura Brambilla, responsabile nazionale Comuni Ricicloni di Legambiente: alle 17.30, alla sala Millo in piazza della Repubblica 4, a Muggia. Modera l'incontro Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente Trieste.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 ottobre 2018
MUGGIA - Mandracchio nuova meta delle nutrie del
rio Ospo
Dal rio Ospo al Mandracchio. Le nutrie muggesane si "allargano", spingendosi
fino al cuore della cittadina rivierasca. Lo testimonia la foto - di Lucia
Sussel - che pubblichiamo, con uno dei "castorini" piazzato su uno dei gradini
che dal molo portano in mare.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 ottobre 2018
FERRIERA - «Rumori oltre i limiti di legge - Il sindaco
deve intervenire»
La presidente pentastellata della "Trasparenza" non molla dopo la seduta
speciale da lei convocata vicino alla Ferriera alla presenza dei tecnici Arpa
«Convocherò un'altra seduta della commissione invitando a partecipare anche
l'AsuiTs». Annunciando tale intenzione Cristina Bertoni, presidente
pentastellata della Commissione Trasparenza, ha terminato ieri la seduta
convocata accanto alla stazione fonometrica dell'Arpa, utile a monitorare il
"clima" acustico nei pressi della Ferriera di Servola. Nell'occasione Franco
Sturzi, direttore tecnico-scientifico dell'Arpa, ha spiegato ai "commissari" che
il sistema fonometrico in funzione da inizio anno, rileva in continuazione, 24
ore su 24, il rumore prodotto dallo stabilimento: «La legge prevede il limite di
60 decibel per il giorno e di 50 per la notte - hanno precisato per l'appunto i
referenti Arpa - mente il rumore rilevato dalla centralina di rilevazione
fonometrica nei pressi della Ferriera segnala in media 57 decibel. Nelle
abitazioni più vicine allo stabilimento si può arrivare anche a decibel in più».
Le due principali fonti di rumore sono l'altoforno e la cokeria. Ma è stato
anche specificato che «nel periodo di sospensione dell'attività dell'altoforno i
limiti si sono ridotti di uno, due decibel, restando dunque comunque sopra i
limiti». «Ad oggi i dati sono stati forniti alla Procura, all'AsuiTs e alle
istituzioni coinvolte mentre dal primo novembre - così Sturzi - verranno
inseriti sul nostro sito con elaborati e interpretazioni». «Siamo massacrati non
solo dai fumi e dalle polveri ma anche da un rumore costante», ha dichiarato
Alda Sancin, presidente dell'Associazione Nosmog che ha preso parte alla
commissione assieme ad altri residenti di quella zona: «Chi segnala un locale
che fa musica oltre i limiti riceve risposte e l'attività viene sanzionata, idem
per altre attività che causano inquinamento acustico, per noi invece non ci sono
risposte, siamo cittadini di serie C, questo è un ghetto, la nostra salute non
merita la tutela di quella garantita ad altri residenti». Bertoni, non
escludendo di estendere l'invito della prossima commissione anche alla Procura,
ha ribadito la necessità di un «urgente intervento del sindaco».
Laura Tonero
L'alga killer minaccia l'isola dell'amore nel canale di
Pasman
La scoperta dei sub guidati da Gianni Iglic. Situazione grave - La
Caulerpa racemosa ha una crescita molto rapida
ZARA - La Caulerpa racemosa, definita l'alga killer, si è impossessata di
gran parte dei fondali di Galesno (Galesnjak), l'isola dell'amore o degli
innamorati, come viene chiamata per essere a forma di cuore e resa celebre da
Google Earth. Galesno è situata in Dalmazia, lungo il canale di Pasman che
separa l'omonima isola e la dirimpettaia terraferma. È diventata uno dei simboli
turistici di questa regione adriatica, magari abbruttita negli ultimi anni da
due "ferite", due campi che tagliano in modo obliquo l'isola, appezzamenti di
terreno in cui si coltivano olivi e vigne. A scoprire la presenza di questo
vegetale invasivo, proveniente da acque tropicali e che impedisce agli altri
vegetali di continuare a vivere e svilupparsi, è stata scoperta da un gruppo di
subacquei, guidati da Gianni Iglic. Egli ha informato le competenti istituzioni
sulla massiccia invasione della Caulerpa racemosa, specie quasi simile all'altra
alga killer, la Caulerpa taxifolia, che una quindicina d'anni fa aveva
attecchito su diverse porzioni di fondale dell' Adriatico settentrionale. Oltre
ad avere attaccato l'habitat marino intorno a Galesno, così Iglic, il vegetale
si è riprodotto anche lungo il canale di Pasman, occupando un'estesa area.
«Parliamo di un'alga micidiale, contro la quale è difficile, per non dire
impossibile combattere - ha dichiarato Iglic - ha una crescita estremamente
rapida e non ci sono praticamente metodi per neutralizzarla». Qualcuno ha
proposto che la racemosa venga coperta con teli di nylon, ma in quel modo si
distruggono tutte le creature viventi fino ad un metro nel sottosuolo.
Nonostante la sua temibile presenza, che causa la rarefazione o la scomparsa
degli altri vegetali, come pure di pesci e molluschi bivalvi, questa specie di
Caulerpa ha il suo tallone d'Achille. Dopo un certo periodo di tempo, l'alga
scompare come se non fosse mai esistita in quel luogo. Secondo la biologa marina
croata, Ivana Zubak Cizmek, ci sono delle determinate ragioni - che per ora
sfuggono agli esperti - che bloccano la crescita della racemosa e ne determinano
il ritiro dalla zona aggredita.
Andrea Marsanich
Violetta riconquista la profondità del mare dopo due
settimane chiusa nel Canal grande
Il trigone recuperato dagli esperti dell'Area marina protetta e del Corpo
forestale. L'esemplare è stato poi portato nella zona di Miramare
Il trigone Violetta, magnifico esemplare di pastinaca rimasto intrappolato
da un paio di settimane all'interno del canale di Ponterosso, è stato liberato
all'alba di ieri. Grazie all'intervento congiunto operato da Wwf Italia - Area
Protetta di Miramare e dal Corpo regionale Forestale il trigone viola,
conosciuto anche come pastinaca violacea o pelagica, è tornato a nuotare in
libertà nelle acque del golfo. L'animale nei giorni scorsi aveva suscitato
parecchia curiosità e ansia nei triestini che, vedendolo nuotare negli spazi
angusti del canale, si erano preoccupati per la sua integrità. Si tratta di un
animale pelagico abituato alle acque profonde ma, come spiega il direttore della
Riserva marina di Miramare Maurizio Spoto, «decisamente a suo agio alle nostre
latitudini. Ed è per questo che, dopo due settimane di monotono girovagare
all'interno del canale, abbiamo convenuto che fosse giunta l'ora di rimetterlo
in libertà». L'esemplare, una femmina adulta della larghezza di 60 centimetri,
presentava delle ferite dovute alla ristrettezza in cui era costretta a nuotare,
ma non solo: a detta di Spoto molto probabilmente Violetta in precedenza era già
stata pescata in quanto quasi priva di coda, un aculeo dalla lunghezza
solitamente vicina ai 90 centimetri, ridotta nel suo caso a un moncherino lungo
più di due terzi in meno. Prelevata di buon mattino dagli esperti del Wwf e
della Forestale è stata portata nei pressi del molo Sticco, attiguo alla Riserva
Marina di Miramare, dov'è stata rimessa in libertà. Qui, in breve tempo, come
documentato da un video presente sul sito e sulla pagina Facebook de Il Piccolo,
ha riconquistato la profondità. Il recupero di questo esemplare di trigone viola
(dal nome scientifico Pteroplatytrygon violacea) è il frutto di due settimane di
monitoraggio dell'animale da parte dei ricercatori che ne hanno seguito
costantemente gli spostamenti. «Non era un problema per l'esemplare il suo
girovagare limitato nelle anguste acque di Ponterosso - continua Spoto - ma a
lungo andare il suo nuotare "in tondo" avrebbe potuto provocargli delle
ulteriori ferite. Era perciò giunta l'ora di fargli riconquistare acque
maggiormente consone al suo habitat». Pur assomigliando a una piccola manta, la
pastinaca rimane una specie molto comune nell'Adriatico, la sua presenza perciò
non ha niente a che vedere con eventuali cambiamenti della fauna marina. È però
molto difficile incontrarla in quanto gli esemplari come Violetta sono soliti
spaziare in acque decisamente più profonde rispetto a quelle di un lungomare.
«Molto probabilmente - conclude Spoto - Violetta è stata spinta nel "cul de sac"
del Canal grande dalla propria voracità, in quanto quello spazio pur essendo
chiuso è ricco di pesci». Gli esemplari maschi adulti di pastinaca violacea
possono raggiungere anche i 160 centimetri di lunghezza (compresa la coda) e gli
80 di larghezza. La coda, lunga e simile a una frusta, è dotata di uno o due
aculei veleniferi.
Lorenzo Degrassi
Specie abituata a vivere in acque subtropicali
Abituato alle acque temperate e subtropicali, il trigone viola o pastinaca
violacea predilige un habitat pelagico (in mare aperto) ed è solito vivere
esclusivamente al largo della piattaforma continentale, fatto che rende ancora
più originale la sua presenza nelle acque chiuse di un catino come quello di un
canale cittadino. La specie venne classificata dal biologo francese Charles
Bonaparte nel 1832 come Trygon violacea. Il nome deriva dal colore dorsale che
varia dall'azzurro al violaceo. È caratterizzato da un corpo di forma discoidale
molto affusolato e dotato di larghe pinne pettorali che usa per nutrirsi di
piccoli pesci, calamari, meduse e crostacei.
Slitta il piano di sterilizzazione dei "castorini" del
rio Ospo
Dopo tre mesi di attesa è arrivata la risposta dell'Ispra che però chiede
una mappa più dettagliata dell'area d'intervento per dare il via libera
Ennesima falsa partenza per il piano di sterilizzazione delle nutrie
muggesane. Dopo quasi tre mesi di attesa, l'Istituto superiore per la protezione
e la ricerca ambientale si è pronunciato sul caso delle nutrie del rio Ospo
chiedendo ulteriori integrazioni. Una decisione che ha spiazzato sia
l'amministrazione comunale che gli animalisti come racconta Cristian Bacci,
responsabile dell'associazione Mujaveg: «Le richieste giunte non cambiano la
natura del progetto, risponderemo e andremo avanti su questa strada sperando che
sia la volta buona per iniziare, ovviamente spiace che i tempi si allunghino».
Nello specifico l'Ispra ha chiesto una mappatura più dettagliata dei confini
dell'area in cui si andrà ad intervenire e una rendicontazione semestrale del
numero dei soggetti sterilizzati e non da inoltrare poi all'Ispra stesso.
«Faremo quanto richiesto: speriamo però che poi sia la volta buona», il commento
dell'assessore all'Ambiente di Muggia Laura Litteri. La decisione di
sterilizzare i castorini, evitando così loro una morte cruenta, è stata
fortemente voluta dall'amministrazione Marzi. La pratica prevista si baserà
sulla cattura degli animali e successiva sterilizzazione, analogamente a quanto
viene già fatto con le colonie di gatti randagi. Anche i costi dell'atto
chirurgico saranno gli stessi: 32 euro per i maschi, 60 per gli esemplari
femmina. Il Comune di Muggia ha detto dunque no ai metodi di soppressione
cruenti come previsto dalla normativa regionale, quali "armi comuni da sparo"
oppure "trappolaggio e successivo abbattimento con metodo eutanasico
dell'animale mediante narcotici, armi ad aria compressa o da sparo».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 ottobre 2018
Stoccolma - Impatti economici del clima impazzito -
Nobel ai ricercatori
Premio Nobel all'economia agli studiosi dei cambiamenti climatici e
dell'innovazione. L'accademia svedese delle Scienze ha infatti assegnato il
prestigioso riconoscimento per il 2018 agli economisti statunitensi William
Nordhaus e Paul Romer. Al primo per gli studi sull'effetto del cambiamento
climatico sull'economia e al secondo per gli studi sulla crescita endogena e le
ricerche sulle politiche che incoraggiano innovazione e crescita. «Nordhaus e
Romer hanno disegnato metodi per indirizzare alcune delle nostre domande sul
come ricreare e tenere in piedi una crescita economica sostenibile», ha detto il
comitato: nuovi modelli «che hanno allargato lo spettro delle possibilità
dell'analisi economica mettendo in opera soluzioni che spiegano come l'economia
di mercato interagisca con la natura e la scienza».
Pirogassificatore: la Regione invia alla Burgo le sue
richieste
Dalla verifica della coerenza dell'opera alle possibili soluzioni
alternative i punti principali. L'azienda ha 45 giorni per rispondere
DUINO AURISINA - Dalla verifica della «coerenza del progetto con il Piano
regionale di gestione dei rifiuti», alla richiesta di una approfondita
descrizione degli interventi previsti sulla linea "2" della Cartiera, di
chiarimenti in merito al materiale trattato nel futuro impianto e di
approfondimenti sul bilancio energetico dello stabilimento. Sono queste solo
alcune delle numerose richieste che la Regione ha inviato in questi giorni alla
Burgo Group spa, informandone contestualmente anche i Comuni di Duino Aurisina,
Monfalcone e Trieste, l'Uti giuliana e l'Arpa, in relazione alla richiesta,
formulata dalla stessa Burgo, di assoggettabilità alla procedura di Valutazione
di impatto ambientale (Via) del progetto per la realizzazione, all'interno dello
stabilimento di San Giovanni di Duino, di un Pirogassificatore. La Regione ha
effettuato un accurato lavoro di analisi, prendendo spunto anche dalle numerose
osservazioni presentate da associazioni di residenti e tecnici, per arrivare a
una conclusione molto articolata. Alla Burgo infatti si chiede anche di
approfondire l'aspetto relativo a «possibili soluzioni progettuali alternative»,
di implementare lo studio di impatto atmosferico, di valutare l'impatto
potenziale complessivo, di attuare una campagna di misure «che consenta di
effettuare il confronto con i valori stimati dal modello». È chiamato in causa
anche il gruppo "Salute e ambiente", sorto fra i cittadini, che ha sottoposto
alla Regione osservazioni sugli aspetti tecnici inerenti la combustione. Non
mancano infine riferimenti alla necessità di chiarire le conseguenze sul piano
del rumore e della diffusione di cattivi odori. La Burgo ha ora 45 giorni per
soddisfare tutte le richieste, termine che potrà essere prorogato, per una sola
volta, di 90 giorni su richiesta.
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 ottobre 2018
Due piante infestanti minaccia per il pascolo sotto il
monte Cocusso
Chiesto un aiuto alla Regione Fvg contro Ailanto e Senecio - Sopralluogo
dell'assessore Zannier con il sindaco Dipiazza
TRIESTE - Allarme dai pascoli dell'altipiano. L'sos arriva dalla Cooperativa
Pascolo Sociale di Basovizza che, curando l'allevamento di bovini allo stato
brado e lavorando per la conservazione della landa carsica nel pascolo
sottostante il monte Cocusso, chiede aiuto e lumi alla Regione per debellare
Ailanto e Senecio, due piante maligne che stanno invadendo un po' tutti i boschi
e le campagne triestine. Il problema è diffuso ormai a livello mondiale.
L'albero del Paradiso o Ailanto, in particolare, si diffonde incontrastato
ovunque, affondando le proprie radici su qualsiasi terreno e defenestrando
progressivamente le piante autoctone. Della sua invadenza e della difficoltà di
eliminarlo, la cooperativa ha avuto modo di informare il sindaco. Roberto
Dipiazza ha segnalato la criticità all'assessore regionale alle Risorse
agroalimentari, forestali e ittiche Stefano Zannier, con il quale il primo
cittadino ha effettuato un sopralluogo nel pascolo della cooperativa
basovizzana. L'ente cura una quarantina di bovini da carne che pascolano nei
circa 40 ettari di landa non lontani dal confine lipizzano, sul versante
meridionale del monte Cocusso. «Siamo nati attorno al 1980 - spiega il
presidente della cooperativa Alessandro Zagar - con un progetto volto al
recupero della landa carsica e dell'antica attività di allevamento. Dopo il
secondo dopoguerra la maggior parte della popolazione ha cercato il pane nelle
fabbriche e in altre attività, ora stiamo cercando di recuperare le attività
abbandonate ma profondamente legate al territorio». Utilizzando parte dei
proventi versati per compensare l'insediamento del Sincrotrone, la cooperativa
ha impostato sotto al Cocusso un allevamento bovino allo stato brado. Niente
mangimi o animali in batteria, solo mucche che pascolano, placide, brucando erba
e mangiando fieno sfalciato sul Carso. Fondi erogati dalla Regione Friuli
Venezia Giulia hanno permesso di realizzare recinzioni speciali (il pastore
elettrico) e un ricovero per gli animali. Due tecnici sono impiegati a tempo
pieno per la cura degli stessi, "Limousine", "Chevrolet" e pezzate dalla carne
particolarmente apprezzata. «Oltre all'allevamento - riprende il presidente - ci
siamo dedicati al recupero della landa carsica e dei vecchi sentieri».
Maurizio Lozei
Due piante infestanti minaccia per il pascolo sotto il
monte Cocusso
Chiesto un aiuto alla Regione Fvg contro Ailanto e Senecio - Sopralluogo
dell'assessore Zannier con il sindaco Dipiazza
«Veniamo visitati anche da scuole e altre istituzioni e l'allevamento va
visto anche in prospettiva turistica - sottolinea il presidente della
Cooperativa Pascolo Sociale di Basovizza, Alessandro Zagar -. All'assessore
Zannier abbiamo chiesto un aiuto per realizzare una struttura per custodire
attrezzi e macchinari. Soprattutto una consulenza urgente per contenere
l'avanzata di ailanti e senecione. Se per il secondo, erbaggio che con i suoi
fiori velenosi può entrare nella catena alimentare tramite le api, l'espianto è
più semplice, l'Ailanto è veramente difficile da estirpare. Il taglio non serve
a nulla perché ributta ancora più copioso, stesso discorso per l'espianto. La
lotta chimica funziona ma siamo nell'area di tutela comunitaria per cui non
possiamo praticarla». Dall'assessorato regionale c'è l'impegno a trovare una
soluzione anche perché il lavoro della cooperativa appare prioritario e
meritorio.
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 ottobre 2018
Al BioMa per vedere come sta il nostro Golfo
Delfini e tartarughe, si sa, sono i beniamini di tutti i bagnanti e sono
anche indicatori biologici del "benessere ecologico" del nostro Golfo, ma non
sono gli unici "rilevatori" della salute del mare. Diverse specie animali e
vegetali, meno appariscenti ma non meno importanti, possono inviarci segnali
sull'evoluzione e sullo stato del mare. Se ne parlerà oggi al BioMa nel corso di
una chiacchierata scientifica dal titolo "Come sta il Golfo? Monitorare per
tutelare specie e habitat".
A spasso tra boschi e l'omaggio a Kugy - Centro di
Basovizza oggi in festa
La struttura didattica compie dieci anni - Apertura straordinaria dello
Speleovivarium
A spasso tra i boschi o visitando i musei. La natura e le risorse della
Terra si contemplano anche così, temi alla ribalta nel ventaglio di proposte
fruibili oggi, giornata che regala "Saperi, sapori e colori dalle Alpi Giulie
all'isola di Cherso", iniziativa a cura del Centro didattico naturalistico di
Basovizza ideato per celebrare i dieci anni di attività. Il progetto si colora
di due fasi, quella del mattino (9-13) da vivere nei boschi e pascoli di
Basovizza, con partenza dal piazzale del Sentiero Ressel ed escursione tra
anfratti verdi, aziende agricole e vestigia a uso agropastorale, un percorso
ideato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
dell'Università di Trieste. Nel pomeriggio, a partire dalle 15.30, si gioca in
casa, al Centro di Basovizza, teatro prima di un omaggio a Julius Kugy curato da
Caterina Depetris e Francesca Mereu, e poi della vernice della mostra
fotografica "Colori", firmata dalle opere di Lucio Ulian e Alessandra Tribusson
(informazioni al 3358459035).L'altra porzione naturalistica si vive
all'Immaginario scientifico di Grignano, per "Una multivisione per scoprire il
Carso" e che propone alle 10 "Carso, paesaggio a Oriente", opera di Sonia
Fattori e Pier Paolo Mazzon, progetto esplorativo a base di immagini, video,
testi e musica in grado di condurre il visitatore alla scoperta della Grotta
delle Torri di Slivia, cavità di una profondità di oltre 100 metri che per
l'occasione consente un viaggio interattivo colorato da spunti di speleologia,
carsismo e personaggi storici.Il terzo possibile scalo domenicale si gioca allo
Speleovivarium di via Reni 2/C dove l'apertura straordinaria, prevista dalle 10,
intende omaggiare la 50° Barcolana e porre l'accento su un tema gemello, quello
del vento che proviene dalla terra, ideato per la Giornata nazionale della
speleologia (info al 3491357631).
Francesco Cardella
Laboratori all'Enpa e unità cinofile in acqua
Oggi dalle 10 alle 16, ecco le Giornate degli animali all'Enpa. Due i
laboratori per i ragazzi: alle 11, laboratorio "Forme e colori delle penne: so
chi sei" e alle 16 "Osserva il mio becco: dimmi cosa mangio" (iscrizione alla
mail a info@enpa-trieste.it). Invece alla Scala reale (davanti piazza Unità),
alle 15, dimostrazione dei cani da soccorso in acqua da parte dell'associazione
Lifeguard academy con la partecipazione della Capitaneria di porto.
IL PICCOLO - SABATO, 6 ottobre 2018
Taglio del nastro a Barcola per il maxipark da 400
posti
Inaugurato il nuovo piazzale per la sosta gratuita all'interno del
terrapieno - Fermata del bus ad hoc nelle vicinanze. E in futuro si punta sul
bike sharing
Più di 400 posti per auto, una ventina per camper e una cinquantina di
stalli per moto e scooter, per un investimento complessivo di 530 mila euro, di
cui 330 mila a carico del Comune e 200 mila dell'Uti Giuliana. Sono i numeri del
nuovo parcheggio del terrapieno di Barcola, inaugurato ufficialmente ieri e
presentato come «il più grande polo intermodale gratuito della città», con
interconnessione già avviata alla rete bus, grazie a una nuova fermata della
Trieste Trasporti in zona. In futuro sarà completato anche con un servizio di
biciclette, con l'auspicato bike sharing, e un percorso pedonale. A illustrare
l'opera, realizzata all'interno di una superficie di 10 mila metri quadrati, il
sindaco Roberto Dipiazza, insieme ad assessori, consiglieri comunali,
rappresentanti istituzionali e i vertici delle vicine realtà nautiche. «Questo
spazio nasce dalla volontà di dare risposte alle esigenze delle società che
avevano bisogno di posti auto, in particolare per i tanti giovani che le
frequentano. Avevo promesso di inaugurare il parcheggio prima della Barcolana e
così è stato. Sarebbe bello - ha aggiunto il primo cittadino - che in futuro
ogni società nautica si occupasse di una parte del parcheggio, sul fronte della
manutenzione e del verde, magari proprio i ragazzi che qui si allenano.
L'inaugurazione di oggi è un momento importante per la città - ha sottolineato -
perché questo è anche l'inizio del Porto vecchio. Da qua si va avanti in un
percorso che contiene il Centro Congressi, il Magazzino 26, oggetto di una
determinante delibera appena approvata (quella che ufficializza il trasferimento
al 26 stesso del Museo del mare, inizialmente previsto al 24 e 25, ndr) e la
nuova rotatoria, mentre dall'altra parte si arriverà al centro dell'area
passando per corso Cavour e l'area Greensisam. Il prossimo passo in zona Porto
vecchio poi, sarà la bonifica del terrapieno inquinato lato mare, grazie ai
5milioni e mezzo di euro a disposizione delle Uti. Speriamo di avviare anche
questo cantiere in tempi brevi. Nel frattempo - ha proseguito Dipiazza - grazie
a tutti i soggetti che hanno collaborato finora, e che hanno permesso di finire
il tutto molto presto». Inserite sul piazzale una serie di luci a risparmio
energetico e la predisposizione per un impianto di videosorveglianza, costituito
da sette telecamere. Nei prossimi mesi il nuovo impianto di illuminazione
pubblica verrà configurato in modo da interfacciarsi con le telecamere, e al
passaggio di pedoni o di automezzi provvederà all'aumento della luminosità
all'interno del parcheggio. Auto e furgoncini delle società nautiche hanno già
impegnato ieri gli stalli, in aggiunta a quelle dei residenti, esclusivamente
per lo spazio più vicino alle sedi sportive. Inserito nell'ambito del progetto
europeo Portis, il park è stato realizzato dalla ditta Innocente & Stipanovich
su progetto degli ingegneri Giulio Bernetti e Silvia Fonzari del Comune, con il
geometra comunale Edgardo Reggente. Un lavoro in sinergia anche con
Soprintendenza, Autorità Portuale, Porto Trieste Servizi, AcegasApsAmga con
HeraLuce, Trieste Trasporti, Area Lavori Pubblici, Servizi Informativi,
Commissione Paesaggio, Regione Fvg. E con CP Costruzioni Srl, che ha curato il
ripristino della recinzione lungo viale Miramare.
Micol Brusaferro
Raccolta di grandi rifiuti cresciuta dell'8 per cento
grazie ai Sabati ecologici - iniziativa acegasapsamga
Bilancio positivo per l'iniziativa dei Sabati ecologici promossa da
AcegasApsAmga e Comune: grazie al centro di raccolta mobile è stato possibile
raccogliere oltre 90 tonnellate di rifiuti nel corso delle 12 tappe, organizzate
da aprile a settembre del 2018, con un incremento dell'8% rispetto al 2017. «Fin
dal suo avvio, sottolinea l'ex municipalizzata, l'iniziativa ha continuato a
riscuotere ogni sabato grande entusiasmo da parte dei cittadini, che dispongono
di una soluzione in più per il corretto smaltimento degli ingombranti, oltre -
ricorda ancora la nota di Acegas, ai quattro centri di raccolta territoriali e
al servizio di ritiro domiciliare gratuito».Anche quest'anno l'iniziativa è
andata di pari passo con il progetto di recupero creativo RiCREAzione - Nuova
vita ai tuoi rifiuti, della onlus Oltre quella sedia, iniziativa nata dal
desiderio di realizzare delle attività dedicate all'ambiente e al riuso. Nello
specifico il progetto permette di dare nuova vita ad oggetti di scarto grazie al
loro recupero creativo da parte dei ragazzi diversamente abili che collaborano
con l'associazione, oltre a contribuire a sostenere le loro attività. Per
sostenere il progetto RiCREAzione, i triestini si sono recati alle tappe dei
Sabati ecologici, dove Oltre Quella Sedia era presente, per ritirare gli oggetti
che i cittadini hanno donato. Inoltre, a fronte di un'offerta libera, sarà
possibile ricevere un oggetto "ricreato".AcegasApsAmga, infine, ricorda a tutti
i cittadini che è sempre possibile conferire i rifiuti ingombranti, elettronici,
insoliti e pericolosi all'interno dei quattro centri di raccolta cittadini
gestiti da AcegasApsAmga, oppure prenotando al numero verde 800.955.988 il
servizio gratuito per il ritiro a domicilio dei rifiuti ingombranti. Ecco gli
indirizzi e gli orari dei centri di raccolta. San Giacomo: via Carbonara 3 -
aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19, domenica dalle 9 alle 13. Roiano:
via Valmartinaga 10 - aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19. E ancora
Opicina: Strada per Vienna 84/a - aperto dal lunedì al sabato 9 alle 19. Infine
il centro raccolta nella zona di Campo Marzio: via Giulio Cesare 10 - aperto dal
lunedì al sabato dalle 6 alle 11 e, al pomeriggio, dalle 14 alle 19.
Sostenibilità Decrescita felice - Dibattito a Muggia
Mercoledì alle 18 al Caffè Teatro Verdi di Muggia il fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, Maurizio Pallante, terrà un incontro-dibattito sui temi del suo ultimo libro "Sostenibilità, equità, solidarietà".
Commissione Trasparenza in tour nel rione di Servola
Martedì alle 12 la Commissione Trasparenza farà un sopralluogo alla centralina dell'Arpa in via San Lorenzo in Selva. Obiettivo del sopralluogo fare il punto sui procedimenti amministrativi relativi all'inquinamento acustico.
IL PICCOLO - VENERDI', 5 ottobre 2018
RAPPORTO ASVIS - Sviluppo sostenibile obiettivi lontani
in Italia
ROMA - L'Italia resta lontana dagli obiettivi di sviluppo sostenibile. È
quanto emerge dal Rapporto sullo sviluppo sostenibile presentato dall'Asvis,
secondo il quale «nonostante il miglioramento» in tanti indicatori globali, «non
si è ancora determinata quella discontinuità culturale e di scelte strategiche
necessaria per raggiungere, entro il 2030, i 17 Obiettivi di sviluppo
sostenibile» dell'Agenda 2030 sottoscritta dall'Italia in sede Onu nel 2015. Il
Paese mostra «segni di miglioramento in otto aree tra cui alimentazione, salute,
educazione, uguaglianza di genere, innovazione, modelli sostenibili di
produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico. La situazione «peggiora
sensibilmente per povertà, condizione economica e occupazionale, disuguaglianze,
condizioni delle città».
Ambasciatori "ecologici" in azione durante la kermesse
Studenti del Petrarca aiuteranno gli operatori AcegasApsAmga nella
promozione della raccolta differenziata sulle Rive
A scuola per una Barcolana "green", con l'obiettivo di aiutare pubblico e
operatori del villaggio a conferire in modo corretto i rifiuti, durante la
manifestazione. Nei giorni scorsi si è svolta la formazione dei ragazzi in
alternanza scuola-lavoro al liceo Petrarca che, grazie alla collaborazione tra
Barcolana e AcegasApsAmga, sulle Rive si faranno portatori del messaggio
ecologico di quest'edizione: "Chi ama il mare ama la terra". Per conoscere gli
strumenti necessari all'impegno che affronteranno, i 16 studenti hanno
incontrato lo staff dei Servizi ambientali di AcegasApsAmga, per un corso di
formazione di alcune ore. I ragazzi hanno così potuto approfondire il tema della
raccolta differenziata in generale, l'importanza di non disperdere i rifiuti e
le iniziative specifiche messe in campo durante la kermesse. Definiti gli
"ambasciatori della raccolta differenziata", i giovani ieri hanno anche ricevuto
la t-shirt ufficiale dell'iniziativa e tra i vari compiti avranno anche quello
di veicolare l'utilizzo del rifiutologo, l'app gratuita del Gruppo Hera, per
eliminare in modo corretto qualsiasi oggetto. «AcegasApsAmga si impegnerà per la
riduzione dell'impatto ambientale della manifestazione, come evidenziato dal
marchio ZeroImpactEvent, ma è importante ricordare che strade più pulite
dipendono anche dalla responsabilità di ciascuno - è stato sottolineato durante
l'incontro - ed è quindi fondamentale che tutti i partecipanti all'evento
contribuiscano alla sua riuscita effettuando una corretta differenziata ed
evitando di disperdere rifiuti».
Il giardino nascosto di via Cereria attende da ben sette anni - la lettera del giorno di Adriana Panzera - consigliere IV Circoscrizione Movimento 5 Stelle
A luglio, durante il sopralluogo convocato il 10 luglio 2018 dalla IV Commissione consiliare, in piazza Cornelia Romana e zone limitrofe, sono stata fermata da alcuni rappresentanti del Comitato genitori della Scuola Nazario Sauro, per avere delle delucidazioni in merito alla domanda presentata dal Comitato del Giardino di via Cereria con entrata via Tigor numero 8, al Comune di Trieste in data 31 maggio 2018. Nei giorni successivi mi sono incontrata più volte con alcuni rappresentanti del Comitato, i quali mi hanno raccontato la lunga odissea di richiesta di incontri con i vari assessori, le promesse parzialmente mantenute ed anche le segnalazioni recapitate al giornale locale Il Piccolo. Il Comitato a suo tempo aveva fornito al Comune uno schema di progetto di realizzazione del nuovo Giardino pubblico, allegando anche le planimetrie. Il Comitato chiedeva l'affidamento in concessione di questa piccola area verde, in forma di volontariato, ossia chiedeva di poterlo usare per lo svolgimento di attività ludiche e a fini ricreativi socioculturali e hobbistici. A fronte di tale concessione data in affidamento, si rendevano disponibili a curare la manutenzione ordinaria. A distanza di ben tre anni dalla richiesta ufficiale, depositata in Comune, ma da ben sette anni dalla raccolta firme e dalla formazione del Comitato, nulla a tutt'oggi è stato ancora definito. Come rappresentante della IV Circoscrizione, ad agosto ho scritto un'interrogazione agli uffici competenti, all'assessore di riferimento ed al sindaco, affinché venga data una risposta e si spera in tempi brevi se non brevissimi, per poter usufruire di questo piccolo polmone verde in centro città.
Trieste - "Agricoltura per senza terra"
Legambiente Circolo Verdeazzurro e Associazione "Tina Modotti" organizzano alle 18.30, alla Casa del popolo di via Ponziana 14, un incontro con Elisa Cozzarini che presenta il libro di Sarah Waring, "Agricoltura per senza terra", ed. Pentagora. Sarà presente l'autrice. Il libro è un'indagine sulla scomparsa delle api, ma anche un bellissimo viaggio europeo. Le api stanno subendo perdite devastanti e gli apiari si riducono drasticamente. Cosa c'è dietro questa distruzione?
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 ottobre 2018
Legambiente: inaccettabili le parole di Fabio Perco.
Così contribuisce allo smembramento della Riserva Naturale Foce Isonzo
In merito all’articolo del 25 settembre dal titolo “Perco: I diportisti
non vanno sfrattati dal sito dei Caregoni”, al di là del dispiacere di vedere
quanto in basso si possa scendere dal punto di vista tecnico-scientifico e
culturale pur di non ammettere i propri limiti e pur di continuare a replicare
sé stessi, ci preme sfatare alcune inesattezze che corrono il rischio di essere
fuorvianti nel dibattito in questione.
In riferimento all’affermazione del dott. Perco “Anche da noi, in certi
periodi dell’anno ci sono consistenti flussi di visitatori, e non del tutto
senza conseguenze, ma questi non scorrazzano ovunque liberamente, bensì sono
costretti a compiere dei sentieri ‘forzati’, peraltro schermati”, ricordiamo al
dott. Perco che gran parte dei Caregoni sono compresi entro i confini della
Riserva naturale da lui gestita e che dovrebbe difendere con le unghie e con i
denti, invece di genuflettersi alle volontà dei politici e dei diportisti che
scorrazzano ovunque liberamente.
In riferimento all’affermazione del dott. Perco “... Stando ad alcuni andrebbe
fatta una norma per vietare la balneazione…” ricordiamo che in base al
Regolamento della Riserva, attualmente in vigore (Art. 10 - comma 9), la
balneazione è consentita nelle zone classificate come RG e RP dal Piano di
Conservazione e Sviluppo, mentre la zona dei Caregoni (per la quota parte che
rientra nei confini della Riserva) e la zona intorno alle isole della foce
frequentate dai diportisti, ricadono nella zona RN che, per gli elevati valori
naturalistici presenti, gode di un grado di tutela giustamente diverso e
maggiormente restrittivo. Proprio la famigerata zonizzazione di cui si parla
nell’articolo. L’importante poi è applicarla!
In merito all’affermazione “Gli uccelli non nidificano sulle onde, quindi il
disturbo in quel punto è relativo”, senza entrare nel merito della tutela delle
zone di nidificazione nella zona di foce, ben lungi dall’essere effettiva anche
a causa del disturbo antropico (come peraltro si può leggere nei documenti
prodotti dalla Riserva), vogliamo ricordare al dott. Perco che una Riserva
naturale, tanto più un Sito Natura 2000, non tutela solo gli uccelli o solo la
loro nidificazione. Sarebbe decisamente restrittivo e riduttivo!
Infatti, non a caso, secondo la Legge Regionale 42/1996 (Art. 2 - comma B) la
Riserva naturale regionale è “un territorio caratterizzato da elevati contenuti
naturali ed in cui le finalità di conservazione dei predetti contenuti sono
prevalenti rispetto alle altre finalità indicate alla lettera a)”. Ricordiamo,
inoltre, che in base alla Legge Regionale 7 – 21 luglio 2008 (Art. 6) “La Rete
Natura 2000 costituisce un sistema coordinato e coerente di aree destinate alla
conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione
europea e, in particolare, alla tutela di habitat, di specie animali e vegetali
indicati negli allegati I e II della direttiva 92/43/CEE, nonché delle specie di
cui all'allegato I della direttiva 79/409/CEE, e delle altre specie migratrici
che tornano regolarmente sul territorio dell'Unione europea”.
E Guarda caso, nella zona della foce, il primo habitat prioritario di tutela per
estensione è proprio il 1110 “Banchi di sabbia a debole copertura permanente di
acqua marina”. Importantissimo per il ruolo ecologico che svolge, in un
approccio ecosistemico e non solo settariamente ornitologico.
Infine, riteniamo aberrante affermare che tanto “…la riserva si estende per
2.400 ettari e per 15 chilometri di fiume”, visto che la parte a mare con le sue
problematiche e pressioni riguarda per estensione la metà della Riserva stessa e
del Sito natura 2000. Diciamo piuttosto che ciò che avviene fuori dall’Isola
della Cona ha un peso e un’attenzione a dir poco più relativa, anche a causa dei
problemi presenti che si sarebbero dovuti affrontare da tempo e non ignorarli
come si è fatto.
Insomma, crediamo non sia accettabile che il futuro della Riserva e della tutela
della natura nella nostra Regione debba passare per così tanto cinismo. Sarebbe
una sconfitta profondissima per tutti, anche per il dott. Perco.
Legambiente circolo “Ignazio Zanutto” Monfalcone
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 ottobre 2018
Dossier Ferriera, Scoccimarro: «Resta impianto
impattante»
L'assessore all'Ambiente afferma che i valori «seppur nei limiti, non
corrispondono a un miglioramento della vita reale dei cittadini»
«C'è differenza tra l'affermare "non inquina" e dire "ci sono dei
miglioramenti" che, per onestà intellettuale, mi sento di confermare come,
d'altronde, ho ribadito vadano riconosciuti gli investimenti della società in
questo senso». Ad affermarlo è l'assessore all'Ambiente del Friuli Venezia
Giulia, Fabio Scoccimarro, che ha sottolineato anche quanto «ciò non tolga che
quello di Servola, come altri stabilimenti in regione, siano fortemente
impattanti sull'ambiente circostante e, soprattutto, va riconosciuto il diritto
dei cittadini alla salute. «Rispetto agli anni precedenti - evidenzia
l'assessore - ai miei uffici sono state date linee guida precise: non concedere
più proroghe di alcun tipo, predisporre tavoli interni per aggiornare i valori
obiettivo di benzene e polveri dell'Aia perché quelli attuali, seppur entro i
limiti, chiaramente non corrispondono a un miglioramento reale della vita dei
cittadini che ogni giorno continuano a inviarmi video della raccolta polveri
sulle loro terrazze. Sono inoltre state introdotte - spiega l'esponente della
giunta Fedriga - nuove prescrizioni Aia per evitare gli spolveramenti dopo due
anni di lassismo e abbiamo recentemente rinnovato la collaborazione con
l'Università di Trieste, per introdurre nuove misure contro le molestie
olfattive e per limitare l'impatto acustico». «Un lavoro lungo e complesso, che
è stato portato avanti con determinazione tra molti ostacoli e che ha aperto la
strada a risultati tangibili, cioè a qualcosa di radicalmente diverso dagli
annunci», ha affermato invece la deputata Pd Debora Serracchiani, commentando i
dati emersi dal monitoraggio. Che ha aggiunto: «Non è affatto il momento di far
festa, ma anzi bisogna che la Giunta regionale in carica si rimbocchi le maniche
e prosegua su questo percorso di bonifica ambientale e di completo abbattimento
delle polveri, del benzene e del rumore, tenendo conto della percezione degli
abitanti che non sono tenuti a reagire come le centraline». Anche la segretaria
provinciale del Partito democratico Laura Famulari ha sottolineato come questi
siano «dati che confermano la correttezza del percorso avviato nella scorsa
legislatura con il rilascio di un'Aia di nuova concezione, che fanno sperare in
un trend di costante miglioramento». «Per quanto sembra essere sotto i livelli
previsti per legge sempre di inquinamento si tratta - commenta Giorgio Cecco,
responsabile regionale di FareAmbiente - e ne risente comunque tutta la città,
oltre a mantenere pessima la qualità della vita di chi vive a Servola. Restiamo
convinti che lo sviluppo e il futuro di Trieste, la tutela della salute e dei
posti di lavoro non passi dal proseguimento di attività come l'area a caldo, ma
dall'incremento della portualità, del turismo e dell'industria».
Industria e ambiente - Confronto al Villaggio sul
pirogassificatore
DUINO AURISINA - Primo incontro pubblico sul pirogassificatore, promosso e
organizzato dal Gruppo "Ambiente e salute", stasera al Villaggio del Pescatore.
L'appuntamento è fissato alle 18 nella sede della Biblioteca comunale.
Interverranno la consulente ambientale Elena Rojac, l'architetto Danilo Antoni,
il presidente della Commissione Ambiente del Comune di Monfalcone Walter Pin, il
compositore e direttore d'orchestra Stefano Sacher e il geologo Yannick Julliot.
Si parlerà in particolare dell'impatto che un impianto di tale tipologia può
comportare in un contesto antropizzato come quello dell'area di San Giovanni di
Duino, tra impianti produttivi, abitazioni, zone agricole, attività di
maricoltura, aree naturali protette e impianti ricreativi e sportivi.
Ugo Salvini
«Incroci sulla ciclabile - Precedenza alle bici»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - «I ciclisti hanno ragione, sugli incroci lungo la
Cottur hanno loro la precedenza, è la segnaletica orizzontale a stabilirlo». Sul
problema dei pericoli che si possono originale nei pressi di San Giuseppe, nel
punto in cui la ciclopedonale incrocia l'ex Provinciale 20, va registrato
l'intervento del presidente dell'Associazione ciclisti e cicloturisti urbani
Luca Mastropasqua. «L'attraversamento ciclabile - spiega - è contraddistinto
dalla presenza di una fila di quadrati bianchi, affiancati alle strisce. Lo
spazio tra quadrati e strisce è destinato al passaggio dei ciclisti e serve,
come afferma il Codice, a garantire la continuità delle ciclabili e il diritto
di precedenza dei ciclisti che si trovino a impegnare un'intersezione».
Mini fortezze, chiese e palazzi del potere tra i 28
tesori segreti svelati dal Fai in Fvg
Tornano sabato 13 e domenica 14 le Giornate d'autunno - A Trieste visite
guidate all'interno del Faro della Vittoria
Trieste - Tornano sabato 13 e domenica 14 ottobre le Giornate Fai d'autunno,
diventate oramai un appuntamento tradizionale e imperdibile per andare alla
scoperta del nostro Paese «attraverso occhi nuovi e prospettive insolite». Il
Fondo per l'ambiente italiano ha infatti allestito su tutto il territorio
nazionale itinerari tematici e aperture speciali in 250 città, per permettere a
residenti e turisti di ammirare da vicino bellezze inesplorate e talvolta poco
accessibili del Belpaese. L'evento, curato dai volontari dei Gruppi Fai giovani,
sostiene la campagna di raccolta fondi "Ricordati di salvare l'Italia, e si
propone dunque di richiedere ai suoi partecipanti un piccolo contributo
facoltativo destinato al sostegno delle attività della Fondazione. A guidare gli
italiani sui 150 tragitti creati per l'occasione, saranno i 3800 giovani ed
entusiasti volontari, che hanno scoperchiato e messo a disposizione in tutte le
regioni 660 spazi solitamente non visitabili o poco valorizzati, concedendo ai
più affascinati di percorrere ed esplorare liberamente palazzi, chiese, giardini
e musei. In Friuli Venezia Giulia quest'anno il programma prevede visite guidate
a 28 "perle" presenti in sette località: Cormons, Gemona del Friuli, Montereale
Valcellina, Ovaro, Povoletto, Spilimbergo e Trieste. Si tratta di luoghi che
rappresentano le tante vocazioni della regione: dall'arte all'industria, dalla
vita sociale al paesaggio. Tutti luoghi resi fruibili grazie all'impegno e alla
disponibilità dei volontari, delle istituzioni e di realtà private che saranno
coadiuvate dagli apprendisti Ciceroni, studenti appositamente formati che
offriranno ai partecipanti spiegazioni sui luoghi visitati. A Trieste, vista la
concomitanza con la cinquantesima edizione della Barcolana, i due siti
interessati all'apertura saranno ispirati al percorso "Trieste e il mare",
pensato per sottolineare il fondamentale sviluppo che la risorsa Adriatico ha
rappresentato per capoluogo. Si tratta dell'ex Palazzo del Lloyd Triestino, ora
sede della Regione in piazza Unità d'Italia (visite sabato e domenica dalle 10
alle 17 con ultimo ingresso alle ore 16.30) e il Faro della Vittoria (sabato e
domenica, orario 9.30 - 17.30 con ultimo ingresso alle 17). All'ex Palazzo del
Lloyd Triestino saranno possibili anche visite in lingua straniera - inglese e
sloveno - sia sabato sia domenica dalle 10 alle ore 12, su prenotazione via mail
a trieste@faigiovani.fondoambiente.it. «Condivido pienamente la scelta degli
organizzatori di proporre la Giornata Fai di autunno in concomitanza alla
Barcolana 2018 perché, in tale modo, sarà possibile presentare il grande
patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia all'enorme flusso di turisti
atteso in città per l'occasione», ha affermato ieri l'assessore regionale alla
Cultura, Tiziana Gibelli, intervenendo alla presentazione delle Giornate Fai
d'Autunno. In provincia di Gorizia, le visite guidate si concentreranno a
Cormons, lungo il percorso "Echi dal Medioevo" dedicato a Cormons e alle sue
cente, piccole strutture difensive, con un itinerario che connetterà sei luoghi:
la centa di San Lorenzo; la centa di Sant'Adalberto e Casa Neuhaus; il Castello
di Cormons; la Centa e la Chiesa di San Giorgio; la Centa di Santa Maria /
Sant'Apollonia; la Centa di San Giovanni. Le aperture sono previste nella
giornata di domenica dalle 10 alle 18, tranne che per la Centa di San Giorgio,
che prevede tre visite con partenza dalla chiesa di San Lorenzo alle 11, alle 14
e alle 16.
Stefano Cerri
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 ottobre 2018
La Procura svela il dossier Ferriera - Benzene e Pm10
in diminuzione
Monitorate per un anno le concentrazioni di agenti inquinanti - Accertato
anche un calo sensibile di inquinamento acustico
La Ferriera inquina sempre meno, almeno per quanto riguarda il benzene e le
polveri sottili. Le sostanze emesse dallo stabilimento della Siderurgica
triestina sono nei limiti previsti dalla legge. È la Procura a dirlo, in un
dossier che raccoglie i dati prodotti dall'Arpa su richiesta della stessa
magistratura. Il palazzo di giustizia si è avvalso di una consulenza tecnica
della professoressa Sabina Licen, peraltro docente del Dipartimento di Scienze
chimiche dell'Università di Trieste. Negli ultimi mesi i valori dimostrano un
trend in progressivo miglioramento, fino a raggiungere un numero di sforamenti
sia giornalieri che orari «pressoché nullo». Così annota il documento. È quanto
emerge innanzitutto dalla centralina di via San Lorenzo in Selva, la più vicina
alla cokeria, fatta posizionare in passato dal pm Federico Frezza. Ma anche in
quelle dell'Arpa: la Rfi di Servola (una stazione di servizio delle ferrovie che
si trova nei pressi dello stabilimento e installata nel 2007 dalla Procura), di
via Pitacco, via del Ponticello e via Carpineto.La Procura, che per decenni ha
tallonato le diverse proprietà con inchieste sull'inquinamento della fabbrica di
Servola, sta tenendo d'occhio anche il rumore. Pure su questo versante i segnali
positivi non mancano. Benzene Il calo appare evidente già con il monitoraggio in
via San Lorenzo in Selva: se nel settembre di un anno fa il numero di sforamenti
giornalieri della concentrazione di 5 microgrammi per metro cubo d'aria si
attestava a 6, nell'agosto di quest'anno siamo a zero. Così pure a luglio,
mentre a giugno erano 2. Nella stazione Rfi si passa invece dai 2 superamenti
documentati a settembre 2017, allo zero di agosto di quest'anno. Valori sempre
nella norma sia in via Ponticello che in via Carpineto. Un andamento imboccato
pure in via Pitacco a partire da maggio. Discorso simile, sempre per quanto
riguarda il benzene, anche per i superamenti orari della concentrazione di 20
microgrammi per metro cubo. I 36 sforamenti avvertiti a settembre 2017, si sono
ridotti a 1 nell'agosto 2018. Nello stesso mese i 20 di Rfi si sono azzerati.
Nessuna criticità in via Ponticello e in via Carpineto. In via Pitacco si passa
dai 10 di un anno fa allo zero registrato a fine estate. Tirando le somme
«risulta una netta diminuzione degli episodi in San Lorenzo in Selva e in Rfi
(proprio le stazioni accanto alla Ferriera, ndr)a partire da maggio - precisa il
documento della consulente della Procura - fino a raggiungere un numero di
episodi pressoché nullo da giugno 2018, come rilevato anche negli altri siti
monitorati». POLVERI SOTTILI - Un quadro che traspare pure dai dati delle Pm10.
In questo caso il superamento giornaliero della concentrazione di 50 microgrammi
per metro cubo d'aria risulta solo nella stazione Rfi a luglio e agosto
(rispettivamente 4 e 5 sforamenti). Il resto delle centraline (via Pitacco, via
Ponticello e via Carpineto) è a zero, con un'unica eccezione documentata ad
agosto nella centralina di San Lorenzo in Selva. L'INTERNO DELLA FABBRICA - Gli
accertamenti si sono estesi anche all'interno della fabbrica. Secondo le
misurazioni, il deposimetro della "Portineria operai" a luglio 2017 segnava una
presenza di circa 50 grammi di polvere per metro quadro. Nello stesso periodo di
quest'anno il dato è sceso sotto i 40. Nella "Palazzina qualità" il valore è più
che dimezzato (da 80 a sotto i 40). IL RUMORE - Dallo studio della Procura,
affidato oltre un anno fa all'ingegner Marco Boscolo del Dipartimento di
Ingegneria dell'Università di Trieste, era scattata una diffida della Regione
con la quale si indicava alla proprietà di provvedere con una serie di strutture
insonorizzanti e di "barramento acustico" sugli impianti della fabbrica. Gli
interventi su estrattori, sbocchi, cappe di aspirazione e condotte hanno
comportato finora a un abbattimento di 5 decibel, portando il valore attuale tra
i 57 e i 58 dB, laddove il limite notturno è di 50 per le aree abitate e 55 per
le zone industriali. Il piano di risanamento acustico continua.
Gianpaolo Sarti
La giunta Fedriga sceglie la linea del no comment
Nessun commento nel merito da parte dell'assessore all'Ambiente
Scoccimarro In silenzio anche l'azienda - I dubbi del grillino Ussai
Di fronte ai dati che certificano il miglioramento dei parametri ambientali
a Servola, in Regione, c'è da scommetterci, non hanno fatto i salti di gioia.
Per un'amministrazione che ha avviato un'offensiva a tutto campo contro
l'azienda, non nascondendo una certa sintonia con chi invoca la chiusura
dell'area a caldo dello stabilimento, la diminuzione dei livelli di idrocarburi
nell'aria arriva infatti come una sorta di doccia fredda. Non stupisce più di
tanto, quindi, il silenzio dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che
appunto ha preferito non commentare nel merito il trend positivo. Nessuna
dichiarazione, per ora, nemmeno da Siderurgica Triestina. Il caso Servola,
peraltro, ieri è approdato anche in Consiglio regionale su iniziativa del
grillino Andrea Ussai, autore di un'interrogazione sull'accordo tra Regione e
Istituto Superiore di Sanità (Iss) sull'impatto sanitario della Ferriera.
«L'assessore Scoccimarro - spiega Ussai - ha ricordato che si sono tenuto
incontri con gli ispettori dell'Iss ad aprile 2018 , e a luglio 2018 con Arpa e
Iss, con cui si è approfondita la documentazione trasmessa dalla Regione sui
dati sanitari e ambientali. A più di un anno di distanza, però, nonostante
l'aver sbandierato questo protocollo, nulla di concreto è stato fatto». Per
Ussai «gli esperti dell'Iss hanno evidenziato come, dai dati ricevuti, emerga
che nonostante il sistema di abbattimento e contenimento delle emissioni diffuse
provenienti dall'impianto industriale abbiano un'efficacia pari al 70%, le
concentrazioni di benzene e idrocarburi policiclici aromatici risultano comunque
pericolose per chi vi è esposto».
Lorenzo Degrassi
Azione legale al Tar contro i ritardi del piano rumori
- Il Comune "resiste"
Deliberata dalla giunta la costituzione in giudizio per difendersi dalle
accuse lanciate dalla proprietà anche alla Regione
Arvedi ricorre al Tar sollevando la questione dell'inquinamento acustico
della Ferriera? Il Comune tira dritto e sceglie di costituirsi in giudizio
nell'azione legale avviata dall'azienda contro l'amministrazione municipale,
appunto, oltre che contro Regione, Arpa. Azione finalizzata ad ottenere
l'annullamento del decreto della Direzione centrale Ambiente ed Energia della
Regione del 30 gennaio 2018 che contiene la diffida ad adempiere e eseguire
interventi di mitigazione acustica a carico di Arvedi, oltre che della nota
della Regione del 21 marzo 2018 sul "Piano di risanamento acustico aziendale".
Al centro dell'azione legale c'è dunque il piano dei rumori, questione spinosa
che vede la proprietà dell'impianto siderurgico insistere affinché il municipio
provveda ad una zonizzazione acustica che finirebbe per assegnare all'area che
circonda lo stabilimento un livello di rumorosità piuttosto ampio cui
conformarsi. Una sorta di favore nei confronti dell'azienda, che il Municipio
non intende concedere e per questo, forse, cerca di prendere tempo. Il ricorso
al Tar coinvolge anche la Regione perché, se il Comune continuasse a non
provvedere alla zonizzazione acustica, toccherebbe all'ente guidato da
Massimiliano Fedriga commissariare il Municipio e procedere al suo posto. Arvedi
ha presentato a suo tempo un piano di risanamento acustico, ma i risultati
ottenuti fino al 2017 sono stati ritenuta insufficiente dall'Arpa. Dopo una
diffida della Regione, la proprietà ha realizzato la bonifica acustica
dell'altoforno e si è impegnata nell'autunno scorso a predisporre gli ulteriori
interventi, subordinandoli però alla presentazione del Piano di zonizzazione
acustica del Comune. «Sussiste l'interesse del Comune a costituirsi in giudizio
per far valere legittimità e regolarità degli atti impugnati e del proprio
operato, in particolare contestando le asserzioni di Arvedi sia sotto il profilo
formale sia sotto il profilo sostanziale, in quanto esse risultano inammissibili
oltre che infondate in fatto ed in diritto», si legge nella delibera di giunta
che indica anche come nel costituirsi a giudizio, il Comune affiancherà ai
legali dell'Avvocatura comunale, gli avvocati Fabio Gusso di Padova e Sebastiano
Tonon di Venezia. Gli stessi ai quali, da gennaio a giugno scorso, aveva
affidato anche l'incarico per «la promozione di atti volti a risolvere criticità
sanitarie ed ambientali lamentate dai cittadini derivanti dall'area a caldo».
Laura Tonero
«Ma la gente continua a trovare polveri ferrose nelle
terrazze»
No Smog mette l'accento sulla discrepanza tra dati ufficiali ed
esperienze dei residenti. Legambiente ricorda l'assenza di test sanitari
Non si stupiscono più di tanto i comitati di cittadini "in guerra" con la
Ferriera davanti agli esiti delle rivelazioni della Procura. Non ne è sorpresa
Alda Sancin, del comitato "No Smog" che sottolinea lo scarto esistente fra i
dati in possesso del Tribunale e le criticità vissute ogni giorno sulla propria
pelle dai servolani. «Prendiamo atto del fatto che le strumentazioni ufficiali
dicono che la situazione sia migliorata, ma se la gente continua a raccogliere
polveri ferrose sulle proprie terrazze, forse c'è ancora qualcosa che non
va. Esiste una discrepanza - continua Sancin - fra quello che dicono i dati e
quello che subisce la popolazione, perchè questi limiti non sono congrui per uno
stabilimento addossato a un rione. Forse questi parametri andrebbero ridiscussi,
tenendo conto anche del cosiddetto effetto sinergico moltiplicativo il quale fa
sì che una serie di agenti inquinanti, pur rimanendo al di sotto del limite
stabilito dalla legge, se sommati creano un aumento dell'effetto inquinante
sull'essere umano». Sulla stessa lunghezza d'onda anche il presidente locale di
Legambiente, Andrea Wehrenfennig: «Non è una novità che i dati riguardanti
l'inquinamento della Ferriera siano a posto perché gli stessi non tengono conto
delle valutazioni sulla situazione sanitaria degli abitanti della zona, così
com'è stato fatto a Monfalcone in passato sia per quanto riguarda la centrale a
carbone che per i molti stabilimenti di lavorazione del ferro lì presenti.
Ricordiamoci infine - conclude - che questi limiti in vigore oggi saranno
presumibilmente abbassati nei prossimi anni dall'Unione Europea e di ciò le
istituzioni dovrebbero iniziare a tenerne conto fin d'ora».
Clima, il mondo appeso a 2 gradi - Missione: evitare il
riscaldamento
Il rapporto dell'Onu: altissimo il rischio del global warming, vanno
ridotte le emissioni di carbonio
Occorre un impegno comune per non superare la soglia. Così le barriere coralline
morirebbero
Roma - Il mondo è sulla buona strada per toccare se non addirittura superare
la soglia di aumento di un grado centigrado e mezzo di riscaldamento, a meno che
gli Stati non si adoperino rapidamente a mettere in atto azioni decisive per
ridurre le emissioni di carbonio e contrastare il global warming, il
surriscaldamento terrestre. Tutto questo stando ad un rapporto delle Nazioni
Unite che è stato pubblicato in questi giorni e del quale un'anticipazione è
stata svelata dall'agenzia di stampa britannica Reuters. 1 Incontro in Sud Corea
Il progetto di relazione finale del gruppo intergovernativo dell'Onu sui
cambiamenti climatici (Ipcc, acronimo di Intergovernmental Panel on Climate
Change) è stato presentato durante la 48esima Session Ipcc in programma a
Incheon, in corso in Corea del Sud. Si tratta del documento scientifico con al
suo interno le linee guida su ciò che i Paesi devono fare per combattere il
cambiamento climatico. 2 Il rischio entro il 2040 Nel rapporto si constata che
il riscaldamento indotto dall'uomo rischia di superare la soglia del grado e
mezzo entro il 2040 se le emissioni dovessero continuare al ritmo attuale, con
buona pace del limite dei 2 gradi sbandierato a Cop21 (conferenza sui
cambiamenti climatici) a Parigi nel 2015 e che ormai sembra sempre più vicino.
Tuttavia i Paesi potrebbero mantenere il riscaldamento al di sotto di tale
livello se apportassero cambiamenti rapidi alle loro abitudini. Secondo però
Bill Hare, scienziato esperto in cambiamenti climatici e direttore di Climate
Analytics - organizzazione non profit di scienza e politiche del clima con base
europea a Berlino e uffici in quasi tutti i continenti (New York in America,
Lomè nel Togo in Africa e Perth in Australia) - il rapporto Ipcc mostra con
chiarezza quanto i Paesi debbano muoversi rapidamente verso la decarbonizzazione
per limitare il global warming ai famosi 2 gradi centigradi previsti
dall'accordo siglato ormai tre anni fa in Francia nel corso della Conferenza
internazionale sul clima. 3 Energia rinnovabile - Tra le azioni necessarie
perché si concretizzino quegli obiettivi figurano la transizione verso l'energia
rinnovabile, l'alimentazione del settore dei trasporti con elettricità a zero
emissioni di carbonio, il miglioramento della gestione agricola e l'arresto
della deforestazione. Conditio sine qua non per raggiungere gli obiettivi
prefissati. 4 Il surriscaldamento - Sempre stando a Bill Hare, lo studio Ipcc
dimostra chiaramente quanto grande sia la differenza tra 1,5 e 2 gradi di
riscaldamento sia nei sistemi naturali che in quelli umani: «Se il global
warming aumentasse di 2 gradi centigradi, le barriere coralline tropicali non
avrebbero praticamente alcuna possibilità di sopravvivere, mentre limitandoci a
1,5 gradi esiste una modesta possibilità di sopravvivenza» sentenzia Hare, per
il quale la situazione attuale è drammatica. Se si continua su questa strada
infatti, per lui il problema sarà addirittura restare sotto i 3 gradi di
surriscaldamento, e non sotto agli ormai tristemente famosi 2 gradi. 5 Il
momento della verità - Al direttore di Climate Analytics fa eco l'executive
director di Greenpeace International, Jennifer Morgan, che ha recentemente
dichiarato come il momento della verità sia ormai arrivato per i leader dei
Paesi che sottoscrissero l'Accordo di Parigi. Un'intesa politica guidata da un
obbligo morale comune, e attraverso la cooperazione internazionale e l'impegno
di tutti si possono ancora rispettare gli impegni presi. La strada è tracciata,
ma va percorsa tutta, nella direzione dei no ai combustibili fossili, nella
difesa e protezione di foreste e oceani con decisioni che dimostrino di aver
compreso l'urgenza della situazione. Significa anche ridurre il consumo di carne
e latticini e cambiare il modo in cui produciamo il nostro cibo.
Alfredo De Girolamo
Mamme, papà e bimbi uniti - Così il piazzale cambia
volto
Operazione di pulizia in particolare delle fioriere davanti alla scuola
Bergamas - Il Comitato dei genitori degli studenti: «Serve più rispetto per la
cosa pubblica»
Un pomeriggio di festa nel piazzale davanti alla scuola media "Antonio
Bergamas" in via dell'Istria, sede dell'omonimo istituto comprensivo. Armati di
rastrelli, sacchi, zappe e vanghe si sono dati appuntamento ieri alle 15 alcuni
genitori degli iscritti alla scuola "accompagnati" proprio dai ragazzini, con un
obiettivo: restituire alla comunità scolastica e al popoloso rione di San
Giacomo uno spazio verde pulito e decoroso. L'intervento ha interessato le
fioriere antistanti l'entrata principale dell'istituto: «Originariamente -
spiega Martina Boniciolli, presidente del Comitato genitori del comprensivo
Bergamas - l'intervento dei volontari si sarebbe dovuto limitare alla pulizia
della fioriera a sinistra dell'ingresso, in prossimità dello scivolo, dopo
l'intervento di potatura delle aiuole da parte del Comune; poi, vista la
partecipazione di molti volontari - oltre quindici adulti, tra cui alcuni ex
docenti, e altrettanti ragazzi - abbiamo deciso di intervenire anche sulla
vicina fioriera. E credo che abbiamo fatto davvero un bel lavoro, adesso la
scuola è più bella e possiamo mantenerla tale imparando e insegnando ai
cittadini a non sporcare». Intervento che ha beneficiato della collaborazione di
Nuova Edilcolor, attiva nel rione, e del Comune di Trieste: «Il nostro
ringraziamento - ci tiene a precisare Boniciolli - va all'assessore Elisa Lodi
che, oltre a permetterci di intervenire nell'estirpazione e nel ripascimento del
terreno con terra fresca, ha autorizzato tempestivamente anche la piantumazione
di nuove piantine». Nelle fioriere rinate sono state piantumate numerose
tipologie di piante, dal rosmarino alla lavanda, dal timo all'origano, dai
ciclamini all'erica. Tra le criticità, a detta della presidente del comitato, va
evidenziata «la presenza, all'interno dell'edifico della Bergamas, del Cpia 1
(Centro Provinciale per l'Istruzione degli Adulti), i cui allievi non sentono la
struttura come un luogo che gli appartiene, che sentono loro, e non ne hanno
cura». Questa iniziativa nasce dall'adesione al progetto SpaziAmo, «anche se -
sottolinea Boniciolli -, a differenza dello scorso anno, non siamo rientrati tra
i comitati destinatari del contributo economico, ci siamo classificati primi tra
gli esclusi, ma abbiamo deciso di andare comunque avanti perché ci crediamo
fortemente». Occorre ricordare che il piazzale antistante l'istituto scolastico
presenta varie aree piantumate che, quotidianamente, si riempiono di deiezioni
canine. Grande attenzione è stata posta anche al problema del tabagismo
giovanile: «Lo scorso anno - spiega Maria Debora Bianco, referente per la media
inferiore Bergamas dell'omonimo Comitato genitori - alcuni genitori ci hanno
segnalato la presenza di numerosi allievi della scuola che fumavano e sporcavano
lanciando nelle fioriere i mozziconi. Penso che sia importante far passare il
messaggio che la scuola e tutto quello che è di sua pertinenza appartiene a
tutti, va tutelato e non vandalizzato. Occorre una maggiore sensibilizzazione
all'amore per se stessi e per le cose di tutti. E penso che due belle fioriere
curate poste in un piazzale pulito e decoroso possano aiutare a capire quanto
sia importante un ambiente bello e, soprattutto, sano».
Luigi Putignano
IL DETTAGLIO - Da Alessio a Elisa i giovani
entusiasti dell'intervento
Il borino di ieri pomeriggio non è riuscito a fermare i volontari che si
sono adoperati per rimettere in sesto il piazzale della scuola Bergamas. Al
lavoro con sacchi e rastrelli anche due mamme, Tatiana Bertaglia e Barbara
Cartolara, per le quali «questi interventi rappresentano davvero un bel modo per
alzare l'attenzione di chi dovrebbe avere maggiore cura della cosa pubblica. Ben
vengano iniziative come queste». Ma i veri protagonisti sono loro, i ragazzi.
Per Alessio, della I A della Bergamas, «questi momenti dovrebbero esserci più
spesso»; la pensa così anche il suo compagno di classe Jacopo, secondo cui «sono
molto utili per la natura e per l'ambiente che ci circonda». Per Elisa, della
III C, «è importante abbellire sperando che i proprietari dei cani e i bidelli,
con i loro mozziconi, non sporchino più».
Trieste Trasporti - Prosegue il servizio in bici a bordo del bus
Prosegue il servizio sperimentale BiciBus di Trieste Trasporti. L'iniziativa consente di viaggiare in autobus fra il centro città e Basovizza con le biciclette a bordo. Il servizio sarà attivo tutti i sabati e le domeniche fino al 16 dicembre. Le partenze da piazza della Libertà, dal marciapiede antistante la stazione ferroviaria (e non più da via Ghega, com'era stato durante la prima settimana), dalle 9 alle 17. Il punto di arrivo è il capolinea della linea 39 nel comprensorio di Basovizza di Area Science Park.
In giunta comunale approda il caso della pista Cottur
Sull'incrocio tra la ciclopedonale e la ex strada provinciale che sta
alimentando l'allarme dei residenti, Gombac presenta un documento
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Approderà in giunta, a San Dorligo della Valle, il
problema dell'incrocio fra la ciclopedonale "Cottur" e la ex strada provinciale
20, nei pressi della frazione di San Giuseppe, che sta alimentando l'allarme dei
residenti. Com'è noto, l'eccessiva velocità con la quale sembra che numerosi
ciclisti attraversino l'incrocio, situato all'altezza di una curva che rende
molto difficile la visibilità da parte di chi lo affronta alla guida di
un'automobile o dei mezzi pubblici della linea 41, potrebbe provocare gravi
incidenti, a detta di chi abita nella zona. A coinvolgere il Comune sul tema
sarà il consigliere Boris Gombac, della lista di opposizione "Uniti nelle
tradizioni", il quale ha predisposto un documento da sottoporre all'esame
dell'aula, dopo che sarà stato visionato dalla Commissione Ambiente, di cui lo
stesso Gombac è componente. «In passato - scrive Gombac - sul tracciato che
adesso ospita la ciclopedonale correvano i binari della ferrovia e i treni
ovviamente avevano la precedenza, perché all'altezza dell'incrocio c'era un
casello ferroviario con tanto di sbarre che si abbassavano all'arrivo dei
convogli. Oggi le sbarre non ci sono più e sull'asfalto, all'altezza
dell'incrocio, sono state disegnate le zebre che danno la precedenza ai pedoni,
ma non ai ciclisti, come conferma il Codice della strada. Questi ultimi però
continuano a sfrecciare, come se la precedenza fosse a loro favore e creano una
situazione di estrema pericolosità per tutti. La soluzione ideale - conclude -
consiste, a mio parere, nel sistemare una segnaletica che dia la precedenza a
vetture e bus anche rispetto ai pedoni, fissando al contempo la velocità massima
sulla strada a 40 o a 30 all'ora».
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 ottobre 2018
San Dorligo dice "stop" ai ciclisti indisciplinati sulla pista Cottur
«Due ruote troppo veloci. E all'incrocio di San
Giuseppe si rischia l'incidente: per auto e bus la visibilità è limitata»
Scoppia la polemica fra i ciclisti che utilizzano la ciclopedonale Cottur e
i residenti nel territorio del Comune di San Dorligo della Valle.Sotto accusa
l'eccessiva velocità di molti di coloro che pedalano lungo la pista - destinata
a ospitare, è bene ricordarlo, non solo le biciclette ma anche i pedoni -
soprattutto in corrispondenza dell'incrocio con l'ex Provinciale 11, sulla quale
transitano i bus della Trieste Trasporti che collegano Bagnoli della Rosandra al
centro di Trieste. «Prima che succeda qualche grave incidente - spiegano gli
abitanti della zona - vogliamo segnalare la grande disinvoltura con la quale i
ciclisti percorrono la Cottur sia in salita sia in discesa, dimostrando totale
disinteresse per la segnaletica stradale, per le regole del Codice e per quelle
dettate dal buon senso. Il pericolo - aggiungono - incombe soprattutto vicino
alla frazione di San Giuseppe della Chiusa, in un punto dove c'è una stretta
curva. Per gli automobilisti e per i conducenti dei mezzi della Trieste
Trasporti è impossibile, proprio per la particolare conformazione della strada
in quel tratto, scorgere i ciclisti che stanno arrivando. Se chi è sul sellino
della propria bici, invece di affrontare quell'incrocio moderando la velocità,
lo attraversa di botto - concludono - ecco che cresce notevolmente la
probabilità che, prima o poi, si verifichi qualche incidente. Chi usa la
bicicletta dovrebbe essere consapevole di essere molto vulnerabile e agire di
conseguenza». In effetti, in quel punto, automobili e autobus di linea sono
costretti a effettuare quasi una curva a U e gli alberi sistemati lungo il bordo
della strada limitano ulteriormente la visibilità riguardo ciò che accade sulla
ciclopedonale. Adesso che la stagione estiva è terminata e le giornate si
accorciano, il rischio crescerà ulteriormente perché la visibilità sarà
condizionata anche dal buio, che, per l'appunto, cala presto. I residenti
auspicano che questo loro appello sia recepito dagli utilizzatori della Cottur.La
ciclopedonale è già stata al centro di polemiche, alimentate da chi la frequenta
per fare delle semplici passeggiate e si è trovato, in più di qualche occasione,
a incrociare ciclisti che, volendo emulare Vincenzo Nibali, scambiano la Cottur
per le strade del Giro e del Tour.
Ugo Salvini
IL PARERE DELL'ESPERTO - «Lì una bici deve dare la
precedenza ai veicoli sulla strada principale»
«Sono i ciclisti a essere in torto, il Codice della strada parla chiaro».
Giorgio Cappel, uno dei maggiori esperti triestini in materia di regole che
disciplinano la circolazione sulle strade, non ha dubbi e mette proprio i
ciclisti sul banco degli imputati in relazione alla polemica sull'utilizzo della
ciclopedonale Cottur.«Le famose zebrate - spiega - garantiscono la precedenza
esclusivamente ai pedoni. Chi è in bicicletta, quando si sta approssimando a un
incrocio, deve rispettare le regole. In questo caso - aggiunge - è evidente che
chi sta pedalando sulla Cottur deve dare la precedenza a chi sta utilizzando la
strada principale, nello specifico le automobili e i mezzi pubblici della
Trieste Trasporti. Le zebrate - ribadisce Cappel - non riguardano chi sta
guidando un veicolo, e la bicicletta rientra in questa categoria».
(u.sa.)
Il giardino di via Cereria continua la sua odissea in
attesa di una svolta - L'INCONTRO tra Lodi e comitati
L'odissea del giardino di via Cereria - piccolo polmone di verde pubblico di
città vecchia, alle spalle della palestra comunale di via della Valle,
inutilizzato da moltissimi anni ma con grandi potenzialità - continua. Ma, si
sbilancia l'amministrazione Dipiazza, potrebbe anche terminare, con l'area
"restituita" alla città. Sul tema si è tenuto un incontro, organizzato dalla
consigliera della Quarta circoscrizione Adriana Panzera, tra l'assessore ai
Lavori pubblici Elisa Lodi, il Comitato per il giardino e quello dei genitori
della scuola primaria Nazario Sauro. La vicenda risale addirittura ai primi anni
Duemila e vale la pena che sia riassunta per capire come si sia arrivati a oggi.
La giunta Illy aveva deliberato la costruzione di un parcheggio proprio lì,
costruzione poi fermata nel 2006 anche grazie a una raccolta firme di
Legambiente. Ma nel 2011 l'allora assessore Elena Marchigiani aveva dichiarato
l'impossibilità a fermare i lavori e così erano iniziati i primi scavi. Il
Comitato per il giardino, però, aveva continuato a opporsi alla realizzazione
del park insistendo sui benefici di un'area verde e raccogliendo ben 1400 firme.
Poi, nel 2015, il Comitato aveva chiesto e ottenuto l'affidamento in concessione
di questa piccola area verde, fornendo al Comune uno schema di progetto per la
realizzazione del nuovo giardino pubblico e allegando anche le planimetrie.
Infine, nel 2016, l'allora assessore Andrea Dapretto aveva dichiarato che in
brevissimo tempo sarebbero partiti i lavori di manutenzione del giardino. E così
si arriva alla situazione attuale, in cui l'unica persona a poter accedere al
giardino è la gattara, che gestisce la casetta dei gatti all'interno di esso.
Invece, come insistono da tempo i due comitati, il giardino di via Cereria
potrebbe divenire un luogo d'aggregazione sia per il quartiere, sul modello
dell'associazione "AnDanDes" di via San Michele, sia per la scuola Nazario
Sauro, che potrebbe così prevedere delle lezioni "outdoor" e delle attività
extrascolastiche. Gli interventi da operare sul giardino sono però numerosi e
comprendono il rifacimento del muro di contenimento e delle recinzioni, la
potatura e l'abbattimento degli alberi pericolanti, il livellamento delle
pendenze e altro ancora. Al termine dell'incontro, l'assessore Lodi ha promesso
che entro un paio di settimane dovrebbe essere effettuata una bonifica del verde
e che, successivamente, si terrà un sopralluogo tecnico per valutare
l'inserimento dei lavori per il giardino nel piano delle opere del prossimo
anno.
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 ottobre 2018
Futuro Museo del mare ai box - Il ministero si fa
attendere
A due mesi dall'atto con cui la Regione ha recepito il progetto per il
Magazzino 26 nessuna notizia da Roma sull'approvazione della destinazione dei 33
milioni
Magazzino 26, il Mibact tace. Dei 50 milioni, con i quali il ministero deve
finanziare la prima fase di riqualificazione del Porto vecchio, al momento non
c'è traccia. Più esattamente: dopo due mesi, Roma non ha ancora riscontrato la
delibera 1380, approvata dalla giunta Fedriga nella seduta del 23 luglio, con
cui la Regione recepiva le modifiche sollecitate dal Comune nella destinazione
delle risorse. L'antefatto. Tra giugno e luglio Dipiazza aveva chiesto al
governatore che i 50 milioni, di derivazione centrale ma di "filtraggio"
regionale, fossero così ripartiti: 14 milioni di euro per le opere di
urbanizzazione, 33 milioni per la realizzazione del Museo del mare, 3 milioni
per il restauro del pontone Ursus. Rispetto alla precedente "edizione", c'era
una variazione molto importante: il Museo del mare sarebbe sorto nel Magazzino
26, non più nei Magazzini 24-25. Il cambio di programma avrebbe però avuto una
vittima illustre, ovvero la sede dell'Icgeb (Istituto di ingegneria genetica e
biotecnologie), l'organismo scientifico internazionale presieduto da Mauro
Giacca, che in un primo tempo avrebbe dovuto traslocare da Padriciano in Porto
vecchio. Era prevista una spesa di 10 milioni, insufficiente per coprire
l'intera operazione, che avrebbe avuto occorrenza di altri 6-7 milioni. Giacca
aveva appreso della mesta notizia, mentre era in vacanza tra North e South
Dakota: «Non ci avevano avvertito, una grave perdita per la città», era stato il
laconico commento. Il piatto forte della tavolata Mibact diventa chiaramente un
Museo del mare a tutto Magazzino 26, sul quale si concentrano i due terzi della
posta ministeriale. I Lavori pubblici hanno già impostato il progetto, che
prevede di allestire i cinque livelli del più grande hangar di Porto vecchio
(circa 35 mila metri quadrati) su sei temi portanti: storia e mitologia, pesca,
navi&cantieri, navigazione e arti marinaresche, sport, esplorazioni ed
ecosistemi. Il documento, mandato in Regione e allegato alla delibera giuntale,
prevede che solo due realtà saranno "ammesse" nel 26, ovvero l'Immaginario
scientifico (che può contare su un proprio finanziamento di 2,5 milioni) e il
Museo dell'Antartide. Però l'assessore Giorgio Rossi non ha escluso, che, in una
chiave progettuale ampliata, anche altri contributi possano partecipare alla
grande "matrioska" del Porto vecchio, a cominciare dalle masserizie degli esuli
istro-dalmati, ospitati precariamente nel Magazzino 18, dove piove dentro e dove
non è garantibile la pubblica fruizione. Comunque, queste intenzioni rischiano
di essere mera accademia se il ministero per i Beni culturali non dà l'assenso
alle modifiche relative all'accordo operativo intervenuto il 9 ottobre 2017 tra
il dicastero, la Regione Fvg, il Comune, l'Autorità portuale, accordo che a sua
volta dava attuazione alla delibera-madre del Cipe, la 3/2016. La risposta
ministeriale deve arrivare in Regione e la Regione informerà il Comune. A ieri
non c'erano novità. È vero che in mezzo c'era agosto, mai stato un acceleratore
della patria burocrazia. Però il tempo passa. E qualcuno comincia a pensare a
uno strumento amministrativo per sbloccare l'impasse: l'accordo di programma
Regione-Comune-Autorità.
Massimo Greco
Biciclette, batterie d'auto e panettoni spartitraffico
ripescati dal mare - Sui fondali due relitti
Iniziativa targata Sistiana '89 nella baia con sommozzatori e volontari -
Irrecuperabili per il momento un paio di carcasse di barche affondate
SISTIANA - Biciclette arrugginite, batterie esauste di automobili, panettoni
spartitraffico, bottiglie di vetro e di plastica. Sono questi gli esempi più
clamorosi del vasto campionario di immondizie che ieri sono state individuate e
portate a riva dai quattro operatori volontari del Centro pordenonese
sommozzatori, impegnati nell'operazione "Fondali puliti", promossa e organizzata
nella baia di Sistiana dall'associazione sportiva dilettantistica Sistiana '89.
Per l'intera mattinata, i sub sono scesi e risaliti più volte per mettere nelle
mani di coloro che operavano a terra, una sessantina di volontari della stessa
Sistiana '89, ma anche dei club che hanno collaborato, i Lions di Duino Aurisina
e il Trieste host, della Protezione civile, della Croce rossa italiana, quanto
trovavano sul fondale. Un'operazione sperimentale «che sarà certamente ripetuta
nei prossimi anni, visto il successo che ha avuto - ha garantito il presidente
del Sistiana '89, Riccardo Stokelj - e che speriamo possa servire anche a
stimolare l'attenzione e il senso di responsabilità dei frequentatori della
baia, perché ciò che abbiamo trovato fa riflettere». È evidente che abbandonare
in fondo al mare batterie di automobili significa inquinare l'ambiente, nel
quale tutti si tuffano e vanno a nuotare, con acidi e scorie dannosi e
pericolosi. Ma anche gettare nello specchio d'acqua della baia di Sistiana
biciclette che arrugginiscono e bottiglie di plastica che impiegano tempi
biblici per consumarsi è un gesto che si traduce in un delitto ambientale che va
a discapito dell'intera comunità. Per non parlare dei panettoni di cemento,
forse frutto di scorrerie notturne di chi ha bevuto un po' troppo o di chi vuole
liberare spazio in baia, per conquistare qualche parcheggio in più. La bella
giornata ha favorito l'iniziativa del Sistiana '89, svoltasi con
l'autorizzazione della Capitaneria di Porto e con il patrocinio del Comune di
Duino Aurisina, rappresentato dall'assessore Massimo Romita, ieri in un doppio
ruolo, in quanto anche past president del locale Lions club. Attorno ai
sommozzatori del Centro di Pordenone, guidati dal presidente Roberto Battiston,
si è presto creata una piccola folla di curiosi, che hanno seguito passo dopo
passo le operazioni di recupero. «Sul fondale della baia sono state individuate
anche due carcasse di vecchie imbarcazioni, evidentemente affondate sul posto da
chi non si è preoccupato di portarle a riva per seguire il giusto iter di
eliminazione - ha spiegato Luciano Burla, dirigente del Sistiana '89 - ma non
abbiamo potuto recuperarle, perché ci sarebbe stata la necessità di disporre di
attrezzature che non abbiamo, ma contiamo di poterlo fare in futuro. Per ora -
ha continuato - siamo soddisfatti per questa prima operazione che abbiamo
portato a termine. Oltre al risultato pratico - ha concluso Burla - è
fondamentale il messaggio che abbiamo lanciato. Un richiamo a tutti, affinché il
mare non sia poi considerato una discarica».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 settembre 2018
La lunga "guerra" Riccesi-Comune arriva in Tribunale
L'impresa chiede 3,5 milioni come risarcimento danni per la mancata
costruzione dell'opera e delle alternative Ponterosso Park
Niente da fare, non c'è stato verso di chiuderla con una cordiale stretta di
mano. Il mancato parcheggio di Ponterosso ha attraversato cinque giunte e tre
sindaci (Illy, Dipiazza, Cosolini) senza trovare pace. Riccesi-contro-Comune, un
lungometraggio che dura da quasi vent'anni, avrà come palcoscenico della recita
finale il Tribunale di Trieste, al quale Costruzioni generali giuliane (Cogg,
già Riccesi spa) si è rivolto per strappare al Municipio 3 milioni 523 mila
euro, a doppio titolo di danno emergente e lucro cessante. Il Comune, con la
recente delibera 456 proposta dall'assessore Elisa Lodi, ha risposto picche e si
è costituito in giudizio, dove sarà patrocinato dall'avvocato udinese Antonio
Sette, dal ricco curriculum di manager pubblico alle spalle (Comuni di Udine,
Crema, Pistoia, Provincia di Firenze), arruolato con 41.236 euro Iva compresa.
La somma, richiesta dai Riccesi, risale a una nota unilaterale del 22 febbraio
2006, una pretesa che la delibera ritiene «del tutto apodittica e infondata».
Per comprendere le remote e complicate cause di questa "guerra dei 19 anni",
bisogna però ingranare la retromarcia e guidare fino al 27 dicembre 1999, quando
la seconda giunta Illy approvò il parcheggio privato di Ponterosso, di cui
sarebbe stata realizzatrice la Società edile adriatica. A tale società subentrò
ben presto Riccesi, che però fece poca strada in quanto il neo-sindaco Roberto
Dipiazza, a fronte di numerose resistenze (circoscrizione, residenti), bloccò il
progetto.Il primo cittadino non potè però evitare di trovare un aggiustamento
con l'azienda rimasta a bocca asciutta, così nel marzo 2006 i 689 posti previsti
in Ponterosso furono scambiati con 476 stalli diluiti tra Teatro Romano (250),
via Tigor-Cereria (106), largo Roiano (120). Dal punto di vista tecnico si
trattò di una transazione novativa. Ma anche questo secondo capitolo non ebbe
felice esito. Tra ostacoli archeologici e scarsa appetibilità dei siti,
l'agreement restò sulla carta. Ancora verifiche, sopralluoghi, indagini per
approdare nella primavera 2015 alla terza parte della narrazione, cioè il
"tentativo Dapretto", dal nome dell'assessore ai Lavori Pubblici di era
cosoliniana che cercò l'ennesimo accordo tra le parti. La soluzione sembrò
trovarsi in piazza Foraggi, con 132 posti-auto coperti/scoperti, ai quali il
Comune avrebbe aggiunto una somma pari a 2 milioni 571 mila euro a titolo di
indennizzo, da pagarsi entro il 30 giugno 2015. In verità questa proposta
piacque subito poco: non piacque all'allora opposizione, non piacque a una parte
della dirigenza, non piacque ai consiglieri comunali che trovarono varie
spiegazioni per evitare il voto. Allora Cosolini ritirò la delibera, nominò una
commissione tecnica formata dall'allora segretario generale Falabella, dai
dirigenti Enrico Conte e Giovanni Svara (non più in organico), da un funzionario
dell'ufficio legale, con l'obiettivo di fare chiarezza su quei 3,5 milioni
originariamente chiesti da Riccesi. La pretesa si sgonfiò a 523 mila euro,
perché i tecnici del Municipio ritennero documentabile un danno emergente di 523
mila euro ma non altrettanto plausibile un lucro cessante da 3 milioni. Siamo
nell'autunno 2015 e da allora, perlomeno per le vie ufficiali, del dossier
Ponterosso-parking non si seppe più alcunché. Dopo quasi un triennio il caso
riesplode. Come in premessa, il 7 giugno 2018 la Cogg, con sede in piazza San
Giovanni, notifica al Comune un atto di citazione con cui pretende dallo stesso
quegli antichi 3,5 milioni indicati fin dal febbraio 2006 quale propria
spettanza. Pochi giorni prima, con decreto del 18 maggio comunicato il 22
successivo, la sezione fallimentare del Tribunale triestino aveva ammesso la
Cogg alla procedura di concordato preventivo, avendo nominato giudice delegato
Riccardo Merluzzi e commissario giudiziale l'avvocato Enrico Guglielmucci.
Massimo Greco
Open day speciale a Draga Sant'Elia
Escursioni e passeggiate, mostre di prodotti e artigianato locale, incontri e conferenze, laboratori di pittura, giochi per bambini. Ma anche karate, musica e tiro con l'arco. Oggi torna "Draga in festa-Porte aperte", giornata "open day" che prevede che dalle 10 alle 18 gli abitanti aprano i cortili delle loro case offrendo i frutti e i prodotti della propria creatività. Ad allietare i presenti, alle 16 è previsto un intermezzo musicale con i Twenty Years After Acoustic.
Muggia - Api, pipistrelli e rondini: "sentinelle" da
proteggere al World Animal Day
Le api come sentinelle del nostro ambiente, l'importanza e la lotta contro i
pregiudizi nei confronti dei pipistrelli, ma anche le dimostrazioni pratiche
delle unità cinofile di Vigili del fuoco e Guardia di finanza. Questo e molto
altro farà parte dell'Animal Day Trieste, la kermesse dedicata alle specie a
rischio estinzione in programma oggi, dalle 10, al Montedoro Shopping Center di
Muggia. Giunta alla sua quarta edizione, la manifestazione si svolgerà per la
prima volta a Muggia dopo essere stata ospitata per tre anni di fila a San
Giacomo (il rione triestino manterrà comunque la benedizione degli animali e
altre attività dimostrative in programma giovedì 4 ottobre). Questo il
programma: alle 10 (al piano superiore del centro) si inaugurerà il Wad 2018 con
tanto di saluto del sindaco di Muggia Laura Marzi e lettura del messaggio
dell'onorevole animalista Michela Brambilla. Alle 11, dimostrazione del Reparto
cinofilo dei Vigili del fuoco Fvg. La prima conferenza della giornata si
svolgerà alle 12. Il tema sarà "Rondini, rondoni e balestrucci" con relatrice
Silvana Dimauro, presidente dell'associazione Liberi di volare. Dopo la pausa
pranzo, alle 15, sarà la volta di affrontare il tema "Le api e l'ambiente",
relatore Livio Dorigo, storico apicoltore e veterinario impegnato nella tutela
della biodiversità. Alle 16 toccherà al Gruppo cinofilo della Guardia di finanza
effettuare una dimostrazione. La giornata si chiuderà alle 17 con la relazione
di Sergio Dolce, biologo e già direttore del Museo di Storia naturale, sul tema
"Il fascino dei pipistrelli". Gli eventi saranno aperti gratuitamente al
pubblico. -
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 29 settembre 2018
Cortili aperti, escursioni e creatività - Domani la
festa è a Draga Sant'Elia
Escursioni e passeggiate, mostre di prodotti e artigianato locale, incontri
e conferenze, laboratori di pittura, giochi per bambini. Ma anche karate, musica
e tiro con l'arco. Domenica (o in caso di maltempo, quella successiva) torna
"Draga in festa-Porte aperte", giornata "open day" che prevede che dalle 10 alle
18 gli abitanti aprano i cortili delle loro case offrendo i frutti e i prodotti
della propria creatività.Si parte alle 10.30 con la passeggiata "A tu per tu con
il paesaggio" a cura dell'associazione La Cordata a cui seguirà alle 11.30 una
raccolta delle erbe. Ricco il programma di conferenze: alle 12 sulla Val
Rosandra con Sergio Dolce e Guido Bottini e alle 14, a cura di Pino Sfregola, su
le "jazere di Draga" (che alle 15 si potranno osservare dal vivo grazie a
un'escursione guidata). Alle 15.30 sono programmate visite a pollaio e apiario e
uscita sui campi bio. Non mancheranno le discipline sportive: alle 16 karate per
tutti a cura di Shinryu Karate Trieste e sarà possibile praticare anche il tiro
con l'arco. Ad allietare i presenti, alle 16 è previsto un intermezzo musicale
con i Twenty Years After Acoustic. Spazio anche per l'animazione per bambini a
cura di Terrasophia (alle 11 e alle 14), per incontri con enti, gruppi e
associazioni e letture sui prati alla presenza degli autori. Previsti infine un
incontro coi disegnatori di Trieste Sketchers, un'esposizione d'arte
contemporanea, l'ex tempore Draga e una mostra di quadri carsici.«L'obiettivo di
questa festa - spiega Tiziana Cimolino a nome delle associazioni organizzatrici
- è quello di avvicinare le persone di tutte le età alla realtà di Draga S.
Elia». L'evento, gratuito, si svolge in collaborazione con le realtà associative
del territorio.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - VENERDI', 28 settembre 2018
Gli sloveni del Carso in guerra contro il Piano
paesaggistico
Un pool di associazioni della minoranza impugna il provvedimento
regionale con un ricorso straordinario al presidente della Repubblica: «Mai
stati coinvolti»
TRIESTE - Le principali associazioni slovene del territorio reclamano la
sospensiva e l'annullamento del Piano paesaggistico regionale Fvg e imboccano la
strada del ricorso straordinario al presidente della Repubblica. Lo firmano
l'Associazione agricoltori, l'Unione regionale economica slovena, la Comunanza
delle comunelle, l'Unione culturale economica slovena e la Confederazione delle
organizzazioni slovene, rappresentate rispettivamente da Edi Bukavec, Andrej Sik,
Iztok Sancin, Marino Marsich e Walter Bandelj.Il ricorso è stato presentato
contro la Regione e il Comune di Trieste in qualità di capoluogo regionale.
«Sono almeno due - spiega il segretario dell'Associazione agricoltori Edi
Bukavec - i motivi che hanno portato alla promozione del ricorso. Sono legati a
vario titolo al mancato coinvolgimento delle nostre associazioni nella stesura
del Piano paesaggistico. A tal proposito facciamo riferimento a due leggi.
Quella che si riferisce alla gestione delle aree montane, la 97 del '94, dove
chiaramente si afferma che nei diversi piani di sviluppo sociali e culturali
deve verificarsi il coinvolgimento delle popolazioni interessate, e quella di
tutela dell'unità linguistica slovena in Italia, la 38 del 2001, che ai commi
uno e due dell'articolo 21 prevede il coinvolgimento di questa comunità in tutti
gli atti che riguardano l'uso del territorio. Negli organi consultivi inoltre
devono essere garantiti dei rappresentanti della medesima comunità.
L'assessorato competente - continua Bukavec - ci ha spiegato che sono stati
fatti ben 140 incontri di presentazione del Piano, non rendendosi conto che alle
nostre comunità non è sufficiente la sola informazione, ma serve quel
coinvolgimento che avrebbe portato alla concertazione e infine alla condivisione
dei contenuti». Secondo i rappresentati delle cinque associazioni nel nuovo
Piano paesaggistico vi sono evidenti lacune a svantaggio dei territori dove
risiede la comunità dei cittadini italiani di etnia slovena. A iniziare dalla
mancanza dei piani di gestione per le Zone di protezione speciale (Zps) e i Siti
d'importanza comunitaria (Sic) di Natura 2000, che riguardano la maggior parte
della provincia triestina e, soprattutto, del Carso. Piani di gestione che la
comunità attende da 12 anni e nei quali dovrebbero esserci delle norme chiare
per l'esercizio dell'agricoltura e di quei cambiamenti necessari all'evoluzione
e alla crescita di chi vi risiede.In seconda battuta, spiegano ancora i
rappresentanti delle associazioni, con il nuovo Piano risultano entrate in
vigore automaticamente le norme di salvaguardia. In parole povere, risultano
bloccati i piani regolatori e le varianti dei comuni sinché non vi sarà un
adeguamento al nuovo strumento varato dalla Regione. In definitiva, qui sarebbe
oscurato a sua volta quel principio che prevede la partecipazione delle comunità
locali: senza il loro coinvolgimento si rischia di bloccare lo sviluppo d'intere
aree. Per tutte queste ragioni il "pool" di associazioni ha indirizzato
l'istanza di sospensiva del Piano al presidente della Repubblica, perché il
provvedimento regionale, secondo i firmatari, vìola il diritto della comunità
slovena a mantenere la propria identità storica, linguistica e culturale.
Maurizio Lozei
Il Consiglio conferma il "no" al progetto del
metanodotto
Stop per ragioni tecniche. Polli: «Abbiamo dimostrato che le regole sono
uguali per tutti» - Discusse mozioni sul bilancio partecipato e le bestemmie
Il Comune di Trieste ha espresso formalmente il suo "no" al progetto di
ammodernamento del metanodotto presentato da Snam. Una bocciatura motivata dalla
mancanza di dettagli progettuali sul possibile impatto di un sito di interesse
comunitario carsico collocato sulla traiettoria del gasdotto. Il Consiglio
comunale l'ha votato all'unanimità in una seduta straordinaria ieri mattina.Ha
commentato l'assessore all'urbanistica Luisa Polli: «Il progetto è articolato su
più parti del territorio e solamente una ha ottenuto il parere negativo, anche
se questo comporta automaticamente un "no" complessivo. Abbiamo voluto applicare
il principio di precauzione, e sono molto contenta dell'unanimità del voto
perché significa che abbiamo colto il sentire del territorio».Ha spiegato ancora
Polli: «Ora siamo in attesa di risposte dal Ministero, con il quale mi attiverò
da subito, ci sono diversi modi in cui possono recepire le nostre prescrizioni».
Questa la conclusione dell'assessore: «Anche il voto delle circoscrizioni
competenti ha mostrato quanta sensibilità ambientale ci sia sul tema. Alle volte
le istituzioni ostacolano i piccoli progetti magari di aziende agricole, ma poi
sorvolano quando si tratta di grandi opere. Ecco, noi abbiamo voluto dare un
segnale di senso contrario».Il Consiglio si è occupato poi di una serie di
mozioni rimaste in arretrato da tempo. È approdata in aula, ad esempio, la
mozione di Fabio Tuiach (Misto-Forza Nuova) contro le bestemmie. La proposta si
basa sul regolamento esistente, che già vieta le espressioni blasfeme, invitando
la polizia locale ad applicarlo. La mozione, ha spiegato Tuiach, gli è stata
ispirata da «un suonatore di strada che imprecava verso il nostro Dio». Il
vicesindaco Paolo Polidori l'ha fatta propria, dicendo che sarà più facile
applicarla quando la polizia locale sarà dotata di telecamere personali.
Approvata poi una mozione del M5S per il bilancio partecipato e una proposta
della Lista Dipiazza per un centro dedicato agli sport marini in Porto vecchio.
Giovanni Tomasin
In Dalmazia e' emergenza per l'arrivo degli sciacalli - Danni all'ambiente
SPALATO - Sciacalli, tanti, a centinaia e sbucati mesi fa dal nulla. Hanno preso possesso di una vasta porzione della regione adriatica, spingendosi - assieme ai lupi - fino a non più di 10 chilometri in linea d' aria dal nucleo storico di Spalato. Gli sciacalli sono apparsi nello Spalatino all' indomani del gigantesco rogo dell' anno scorso che aveva ridotto in cenere migliaia di ettari. Nessuno sa spiegarsi il fenomeno, né la provenienza di questi animali alloctoni che stanno sterminando gli esemplari minori di selvaggina, come lepri, fagiani, cinghialetti e anche cuccioli di muflone, I loro ululati notturni hanno fatto fuggire nei mesi estivi decine di turisti che avevano cercato rifugio fuori dai grandi e caotici centri di villeggiatura. L'area in questione è quella nel triangolo composto dagli abitati di Zrnovnica, Tugare e Naklic, a est del capoluogo dalmata. A.M.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 27 settembre 2018
Riciclo della plastica, Edo Ronchi: l’Italia è
un’eccellenza europea
Il riciclo della plastica continua a crescere in Italia portando al Paese
benefici economici notevoli, che consentono alla penisola di posizionarsi tra le
prime grandi economie nel territorio europeo, dopo Germania e Spagna. È quanto
rivela il nuovo Green Economy Report stilato da Corepla, il Consorzio nazionale
per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, in
collaborazione con la Fondazione per lo sviluppo sostenibile.
Notevoli i progressi effettuati negli ultimi due decenni dove, come
sottolineato da Edo Ronchi della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in
Italia si è passati da un sistema di gestione dei rifiuti basato principalmente
sulla discarica, a uno fortemente orientato al recupero e riciclo. Ecco dunque
dati incoraggianti per il Bel Paese: nel corso dello scorso anno sono stati
avviati a riciclo il 43,4% degli imballaggi raccolti mentre tra il 2005 e il
2017. Secondo il rapporto: Gli imballaggi avviati al recupero sono cresciuti in
modo esponenziale con un più 64%, recando al Paese un beneficio economico di
oltre 2 miliardi di euro per la materia prima non consumata, per la produzione
di energia e per il risparmio di emissioni di CO2. Inoltre per gli imballaggi in
plastica nel 2017 in Italia è stato avviato a recupero di materia ed energia
l’82% dell’immesso al consumo, in particolare è stato riciclato oltre il 43%
degli imballaggi totali. Dati, quelli appena diramati, che sottolineano come in
tema di riciclo dei rifiuti l’Italia sia riuscita a diventare una eccellenza
europea, con obiettivi futuri ancora maggiori: vi è ad esempio una proposta
fatta ascoltando i pescatori che pescano ad oggi la metà della plastica dal
mare. Vi è una prima bozza di governo che vuole supportarli creando lì un
sistema che possa riciclare sul posto.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 settembre 2018
«Barriere antirumore - I lavori ci lasciano senza bosco
né vista»
I residenti: «Alberi giù senza preavviso e pannelli opachi» - La replica:
«Tutte le azioni compiute nel rispetto delle leggi»
DUINO AURISINA - Boscaglia abbattuta senza preavviso. E pannelli
fonoassorbenti, opachi nella loro parte bassa e trasparenti in quella alta,
«tali da impedire la vista del Carso a coloro che vivono nei paraggi». Inizia in
mezzo a vivaci polemiche uno degli interventi più attesi dai residenti della
parte dell'abitato di Sistiana più vicina alla bretella autostradale che porta
al casello del Lisert. A farsi portavoce di coloro che protestano è Maurizio
Dossi: «Lunedì scorso, senza alcun preavviso, è comparso dalla boscaglia che si
trova accanto al condominio in frazione Sistiana 59/Q un caterpillar che ha
iniziato ad abbattere, una ad una, tutta la linea di conifere che si ritiene
risalenti alla costruzione del tratto autostradale sottostante. Conifere -
precisa il portavoce dei residenti che protestano - site all'interno della
cadente rete delimitante il territorio di competenza dell'Anas. Contestiamo
l'assoluta assenza di preavviso agli abitanti, di un cartello di avviso lavori e
di segnali stradali di mezzi in movimento, di tutori dell'ordine e del pannello
di cantiere con un programma lavori. Siamo stati lasciati privi di qualsiasi
indicazione anche in caso di eventuali emergenze». Ma non basta. «Il primo
tratto verticale da terra dei pannelli già posizionati, per un'altezza di
quattro metri, è completamente opaco, costruito in acciaio e laterizio, e
impedisce la visuale delle colline carsiche - aggiunge Dossi - ora visibili
dagli abitanti delle case più vicine e da chiunque voglia recarsi fino alla
trincea autostradale».Il portavoce dei residenti aggiunge anche che «sarebbe
stata opportuna la presenza della Guardia forestale, per assicurare che gli
alberi abbattuti non fossero malati e perciò in grado di disseminare eventuali
parassiti». Dossi conclude auspicando che «si garantiscano il paesaggio e la
vivibilità degli inquilini delle abitazioni che guardano verso la trincea
autostradale, che si troveranno un muro di quattro metri davanti agli occhi,
senza alcun vantaggio dal fonoisolamento delle abitazioni. Chiedo infine che si
abbassi l'altezza della componente opaca dei pannelli e la si sostituisca con
quella trasparente». Dall'Anas ieri sono arrivate subito le prime precisazioni:
«I lavori sono a carico di Autovie Venete - la precisazione dall'Ufficio stampa
- che opera sulla base di un accordo con Anas, che ha messo a disposizione
alcune aree di propria competenza a ridosso del tracciato autostradale.
L'utilizzo di pannelli fonoassorbenti opachi nella parte bassa deriva dalle
disposizioni della normativa in essere - aggiunge Anas - e l'abbattimento degli
alberi si può effettuare solo dopo la perizia completata dalla Guardia
forestale, che è stata regolarmente stilata anche in quest'occasione».
Ugo Salvini
Un corso di formazione per donare tempo e relazioni con
Trieste Altruista
A scuola di altruismo, per apprendere i passi e le regole per saper aiutare
e dare maggiore respiro alle relazioni. Si chiama "Il dono in rete-Donare
relazioni per diventare artefice del cambiamento sociale", ed è un'iniziativa a
cura di Trieste Altruista, sigla sorta nel 2012 e impegnata nell'attuazione dei
percorsi all'insegna del "volontariato flessibile", formula con cui puntare a un
coinvolgimento concreto della cittadinanza nelle problematiche sociali. Un
progetto che ora promuove un corso (gratuito) strutturato in due moduli e
quattro incontri, previsti nella sede di via Donizetti 5/A (circoscrizione
locale dei soci di Banca Etica). Si parte domani, dalle 16 alle 19.30 e la prima
porzione di "istruzioni per l'uso" nel campo del volontariato si intitola
"Donare relazioni - Perché, cosa, come", approccio basato anche sulla relazione
della psicoterapeuta Franca Amione.Il secondo incontro è programmato sabato,
dalle 10 alle 12, e si configura sotto la voce "Dona relazioni e sii il
cambiamento che vuoi vedere nel mondo", spunto che annovera le analisi di alcuni
problemi sociali, gli obiettivi di Sviluppo sostenibile e Agenda 2030, e come
diventare "capo progetto" all'interno di Trieste Altruista.Il secondo modulo
parte il 5 ottobre, sempre dalle 16.30 alle 19.30, e propone "Il progetto
sociale: tecniche e dono relazionale", mentre sabato 6 (10-12.30) si naviga tra
"Le nuove frontiere del dono relazionale".L'iscrizione al corso si realizza
tramite il sito www.triestealtruista.org, ulteriori informazioni scrivendo alla
mail triestealtruista@triestealtruista.org o al 3355945470.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 settembre 2018
Le rinnovabili oggi convengono - Energie fossili vicine
al tramonto
Negli ultimi otto anni la potenza delle verdi è quasi raddoppiata: è una
vera rivoluzione
Città e aziende diventano ecologiche. C'è ancora molto da fare ma il processo è
innescato
ROMA - La transizione energetica ha ritmi inarrestabili a scala globale,
nonostante gli sforzi di Donald Trump di tornare all'età del carbone. La
produzione di energia da fotovoltaico vola, sostenuta dalla riduzione dei costi
di produzione e dalla maggiore efficienza degli impianti. Quest'anno si
installeranno 90 gigawatt (gw) nel mondo, forse 100, il doppio che nel 2015. La
potenza solare che era complessivamente installata solo cinque anni fa.
L'accelerazione è attribuibile alla Cina che, per il secondo anno consecutivo,
ha connesso in rete metà della potenza fotovoltaica globale. E dietro l'angolo
c'è l'India. Anche l'eolico continua ad espandersi. La potenza complessiva ha
raggiunto 489 gw e quest'anno potrebbe arrivare a 540 gw. 1Gli investimenti -
Una spinta sostenuta da investimenti ingenti. Dal 2010 gli investimenti mondiali
annui nella generazione elettrica verde sono stati di 300 miliardi di dollari e
la potenza installata in questo arco temporale è quasi raddoppiata. I progetti
eolici e fotovoltaici sono in grado di fornire energia a basso costo. Una
rivoluzione nel mondo dell'energia. Solo fino a cinque anni fa queste tecnologie
erano caratterizzate da costi molto elevati. In molti Paesi del mondo sole e
vento ormai battono i combustibili fossili per quantità di energia generata e
per il prezzo, preferibile a quello della produzione fossile o nucleare anche
senza incentivi e tasse sulle emissioni. Molto però resta ancora da fare. Irena,
l'agenzia internazionale per le energie rinnovabili, stima in 120 trilioni di
dollari gli investimenti necessari entro il 2050. 2Il quadro americano - Anche
negli Usa le cose non vanno male. La California che già si era impegnata a
garantire il 50% della produzione elettrica da fonti rinnovabili entro il 2030,
dopo il dietrofront di Trump sul clima, ha voluto alzare il tiro: obiettivo del
nuovo piano generare con le rinnovabili il 100% dell'elettricità entro il 2045 e
ridurre per la fine del prossimo decennio del 40% le emissioni climalteranti
rispetto ai livelli del 1990. La corsa alle rinnovabili sarà accelerata dalle
innovazioni tecnologiche e dagli investimenti sui sistemi di accumuli. 3Città
100% rinnovabili - Cresce il numero delle città che puntano ad essere 100%
rinnovabili. Uno degli esempi più convincenti viene da Francoforte, da più di
trent'anni impegnata in politiche climatiche e che ha ridotto le emissioni di
CO2 del 15% e quelle degli edifici pubblici del 30%. Francoforte vuole dimezzare
i consumi energetici al 2050 e fornire questo fabbisogno per la metà con energia
rinnovabile prodotta nella città e per l'altra metà nel territorio circostante.
Malmö, terza città della Svezia, ha deciso di procedere lungo lo stesso percorso
entro il 2030. Anche Barcellona vuole seguire una strategia che la porti al 2050
al target 100% rinnovabile. 4Le aziende si convertono - Venendo alle aziende
invece, molte utility elettriche hanno compiuto una rapida conversione in questi
anni e adesso le rinnovabili rappresentano il cuore delle loro strategie. Con
più lentezza questa trasformazione di business riguarda anche i grandi gruppi
Oil and Gas. Un recente rapporto di Wood Mackenzie valuta che se le Major
petrolifere vorranno mantenere una quota di mercato nelle rinnovabili analoga a
quel 12% che ora hanno nei mercati dei fossili dovranno investire 350 miliardi
di dollari entro il 2035. 5Il processo è innescato - Siamo ancora lontani dagli
obiettivi e la maggior parte dell'energia nel mondo è ancora prodotta da fonti
non rinnovabili. Le emissioni di C02 hanno ripreso a salire dopo la fine della
crisi. Ma questi dati ci dicono che ormai il processo è innescato e partito e
procede veloce nel senso della transizione energetica, grazie ad incentivi e
politiche globali, ma presto capace di sostenersi con le sue gambe. -
Alfredo De Girolamo
IL PICCOLO - MARTEDI', 25 settembre 2018
Bocche di Cattaro, Sos ambiente «Troppe le navi da
crociera»
Quest'anno sono 415 le unità in arrivo nell'area patrimonio Unesco - Si
moltiplicano gli allarmi sulla tenuta del delicato ecosistema
IL CASO - Belgrado - Portano visitatori dal ricco portafoglio e dunque
moneta sonante, un toccasana per un Paese lanciato verso l'Ue ma che ancora non
naviga nell'oro, e dove il turismo rimane uno dei comparti di punta
dell'economia (il 7-8% del Pil). Ma le grandi navi da crociera stanno diventando
sempre più fonte di polemica, in Montenegro. E in particolare nelle Bocche di
Cattaro, splendide baie patrimonio mondiale dell'Unesco. I "fiordi" montenegrini
sarebbero a rischio a causa dei troppi passaggi delle grandi navi da crociera
che portano migliaia di turisti ad ammirare le Bocche. Mesi fa sono apparse foto
di navi che avrebbero «riversato residui fecali nel golfo», aveva lanciato
l'allarme in aprile un locale portale. «Da giorni non possiamo fare il bagno a
Peluzica» per lo stesso problema, ha denunciato a inizio settembre
un'ascoltatrice di Radio Kotor. Non sono denunce isolate. E c'è anche un altro
nodo irrisolto. A parlarne è stata di recente la rivista Monitor, che in un
ampio reportage ha posto l'accento sul problema «inquinamento» prodotto dai
colossi del mare in un ecosistema così piccolo e delicato. «Non esistono dati su
quanto le "fortezze galleggianti" inquinino l'ambiente» causa combustibili
sporchi usati nei motori, ha ammesso Monitor, che ha però poi fornito alcune
cifre inquietanti: quelle dell'Organizzazione per il Turismo di Cattaro, che ha
calcolato in «415 le navi da crociera» attese solo quest'anno nelle Bocche, con
«519.660 turisti» trasportati, un numero che va messo in rapporto con i «22 mila
residenti della municipalità di Cattaro». Si sta preparando «uno studio
sull'impatto ambientale» delle navi, ha assicurato un funzionario del Comune,
promettendo risultati nei prossimi mesi per indicare quali misure prendere: se
ridurre il numero di navi in arrivo; oppure obbligarle a rispettare standard
ecologici più alti, come accade nella vicina Dubrovnik (l'antica Ragusa), dove
le preoccupazioni sono state simili. La scelta da fare è quella «tra ambiente e
soldi», ha scritto il Monitor. Ricordando però che, troppo spesso, il dilemma
«qui si risolve a favore dei soldi».
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 settembre 2018
Italia, il centro-nord è sempre più caldo - Il
record a Belluno: +2 gradi in un secolo
Mappa del cambiamento climatico nel Vecchio continente - La nostra
inchiesta anche online con il database completo
ROMA - Il ghiaccio delle Alpi che si sta sciogliendo è una delle spie del
cambiamento climatico. Il nostro Paese è più caldo rispetto a un secolo fa, con
un +0, 98° di media, ma è dalla Toscana in su che si registra l'aumento maggiore
di temperatura. Il record è nella zona di Belluno: ai piedi delle Dolomiti, da
un secolo all'altro, c'è stata un'impennata di 2 gradi. Numero che va ben oltre
quell'1,5° stabilito dall'accordo di Parigi come soglia da non superare rispetto
ai livelli pre-industriali. E in Europa ci sono altre 42 città che hanno già
sforato l'obiettivo. A dirlo è l'inchiesta realizzata dall'European Data
Journalism Network (Edjnet) sui dati dello European Centre for Medium-Range
Weather Forecasts (ECMWF). Il RECORD DEL NORD - Il lavoro, pubblicato oggi in
esclusiva su questo giornale con i dati disponibili online sul nostro sito, ha
preso in esame oltre 100 milioni di informazioni meteorologiche dal 1900 al
2017, su 558 aree europee. L'indagine ha suddiviso l'Italia in 54 quadrati di
circa 80 chilometri per lato rilevando che ben 36 di questi territori sono stati
interessati da incrementi di circa un grado e oltre. Le aree più surriscaldate
sono vicine fra loro, quasi a formare un blocco unico che a ovest parte dalla
zona di Livorno e a est da Ancona per salire fino a Bergamo e Belluno. In mezzo
c'è la Pianura Padana sempre più a secco, dove aumenta il numero di coltivazioni
abbandonate dai contadini a causa della siccità. Edjnet ha stilato una
classifica dei 54 territori italiani dove la temperatura tra il 2000 e il 2017 è
cresciuta di più rispetto al secolo passato. Tra i primi venti nomi ci sono solo
città del Centro Nord. Il podio è occupato da Belluno, Piombino e Pavia. Milano,
con un +1,19°, è tredicesima. Roma? Con un +1, 03° è 32esima. Ultima è Cagliari
con un +0,3°. Si stanno drasticamente riducendo le giornate fredde e stanno
aumentando significativamente quelle calde, avvisa la ricerca. Per esempio a
Piombino i giorni in cui la temperatura media ha raggiunto i 27 ° sono passati
da 5 all'anno nel XX secolo a 21 all'anno dal 2000. A Pescara da 3 sono
diventati 11. Quali sono le città che hanno perso più ore di gelo? Belluno,
Aosta, Bergamo. La tendenza del Nord che diventa sempre più caldo si ripete
anche su scala Europea. A Kiruna, cittadina settentrionale della Svezia - 20
mila abitanti e un'aurora boreale fra le più belle al mondo secondo la Lonely
Planet - la temperatura è schizzata a un più 3,5 gradi. Il posto che si è
surriscaldato meno è Ponta Delgada, in Portogallo, con più 0,1°C, a riprova che
le città della costa atlantica hanno il minor aumento delle temperature. Un
caldo che uccide - Gli effetti del riscaldamento si ripercuotono a cascata su
tutto l'ecosistema. Dall'agricoltura che boccheggia ai fenomeni atmosferici
estremi come uragani, inondazioni, fino all'aumento delle malattie: tutto è
collegato. Mentre il Monte Bianco si sgretola, in Veneto, Friuli Venezia Giulia
e Emilia Romagna prolificano le zanzare e i ricoveri per il virus West Nile.
L'aumento di temperatura - si legge nella ricerca - ci rende meno produttivi: fa
perdere giorni di scuola ai nostri figli, deforma il metallo delle rotaie
causando ritardi dei treni, ammorbidisce l'asfalto tanto da impedire la
circolazione sulle strade. Soprattutto ci uccide. Basta guardare la cronaca
recente: i 400 morti per inondazioni in Kerala o le tremila vittime dell'uragano
Maria a Puerto Rico. Un dato per tutti sono quei 70mila decessi in più in Europa
occidentale sotto l'ondata di calore del 2003. «Il cambiamento climatico può
essere mantenuto sotto controllo solo mantenendo gli idrocarburi e catturando
carbonio dall'atmosfera», scrive Edjnet. Sperando che non sia troppo tardi.
Tecla Biancolatte
IL NETWORK - Team di giornali europei - Al centro i
dati dal 1900
#Europe1CWarmer, #Ungradoinpiù: sono questi gli hashtag lanciati
dall'inchiesta sul cambiamento climatico dell'European Data Journalism Network
che il nostro giornale oggi è in grado di pubblicare in anteprima. Edjnet ha
analizzato due serie di dati dello European Centre for Medium-Range Weather
Forecasts, ERA-20C per il periodo che va dal 1900 al 1979 ed ERA-interim per il
periodo di 38 anni compreso tra il 1979 e il 2017. Le stime non tengono conto
dei microclimi o delle isole di calore; perciò è probabile che le vere
temperature nelle singole città siano in realtà di uno o due gradi superiori. Ma
la tendenza complessiva - e dunque il significato dei dati - non cambia.
L'indagine sul cambiamento climatico che potete leggere in questa pagina viene
pubblicata oggi da diversi giornali europei, tra cui: Spiegel online (Germania),
Gazeta Wyborcza (Polonia), Capital (Bulgaria), Beta (Serbia), AthensLive
(Grecia), ElConfidencial (Spagna), Publico (Portogallo), OBCT (paesi balcanici).
In meno di 20 anni da Trieste a Gorizia salita di 1
grado la temperatura media -
Tendenze del clima dal 1900 a Trieste
Brusco aumento dal 2000 a oggi rispetto ai valori dell'intero secolo
precedente. Su fino a quota 13.6°, crollati i giorni di gelo
TRIESTE - Un grado in più in nemmeno vent'anni. Il riscaldamento globale
sceglie il 2000 come anno di svolta per produrre le sue conseguenze sui
territori di Trieste, Gorizia e Udine. La svolta del nuovo millennio segna un
costante innalzamento delle temperature che, nel pur breve periodo tra 2000 e
2017, ha causato la crescita di 1°C nella media delle temperature rispetto a
quella registrata in tutto il secolo precedente. Secondo i dati raccolti dallo
European Centre for Medium-Range Weather Forecasts, infatti, oggi la temperatura
annuale media registrata nella provincia giuliana, isontina e friulana ammonta a
13,6°C contro i 12,6°C riscontrati nella serie storica compresa tra 1900 e 2000.
I numeri emergono dall'elaborazione realizzata da Edjnet, consorzio di testate
denominato European data journalism network, che ha usato le informazioni di uno
dei più grandi archivi mondiali sui dati meteorologici. Lo studio riguarda oltre
500 territori europei, fra cui la zona che include Trieste, Gorizia e la parte
meridionale della provincia di Udine. Un affresco globale sull'evoluzione del
riscaldamento globale, da cui non è immune l'estremo nordest italiano. Il cambio
di passo arriva nei Duemila, se si considera che tra 1900 e 2017 le temperature
medie più alte si registrano nel 2014, 2015, 2017, 1994 (unica eccezione) e
2011. Aumenta anche l'intensità del caldo: lo si desume dall'analisi sulle
giornate in cui la temperatura media è rimasta per tutte le 24 ore sopra i 27°C.
Uno schiacciamento verso l'alto delle minime, che dal 2000 al 2017 si è
verificato per 5,4 giorni all'anno. Risultato solo apparentemente di ridotte
dimensioni, posto che per tutto il Ventesimo secolo questo genere di situazioni
si è verificato solo per 0,3 giorni all'anno: dal 1900 al 1990 condizioni simili
si sono avute d'altronde in tutto in 9 giornate, concentrate in tre sole annate.
I grafici mostrano come la tendenza si modifichi poi e dopo il 2000 quasi non ci
sia anno senza almeno un episodio simile, con picchi particolari nel 2015 e
2004, quando le giornate con media costante sopra i 27°C sono state
rispettivamente 19 e 17.Invertito è il trend dei giorni di gelo. Secondo i dati
relativi ai cent'anni fra 1900 e 2000, le giornate con temperatura costante
sotto -1°C sono state in media 8,9 all'anno. Con l'ingresso nel nuovo millennio
le cose mutano, se si considera che la media del periodo 2000-2017 si attesta su
2,2 giornate all'anno, con anni come 2007, 2008, 2011, 2013, 2014, 2015 e 2016
in cui il fenomeno non si è registrato nemmeno una volta. Ben diversa la
situazione nel 20.o secolo, in cui si contano anni record come il 1929, 1940,
1942, 1964, quando interi giorni sotto lo zero termico si sono registrati per
oltre 35 giornate in un solo anno. Questi fenomeni pongono Trieste e il Fvg a
metà classifica delle 558 aree considerate. Il territorio è in posizione 247,
nella graduatoria guidata dalla svedese Kiruna (+3,4°C dal 2000 a oggi rispetto
alla media del Ventesimo secolo). Il trend è simile a quello delle aree
limitrofe: Pordenone segna un +1,2°C, Venezia +1,1°C, Lubiana +1,2°C, Fiume +1°C
e Pola + 0,9°C. Lo scenario peggiora in montagna e il trend ha permesso a
Filippo Giorgi, direttore della sezione Fisica della Terra del Centro
internazionale di fisica teorica di Trieste e climatologo di fama
internazionale, di dire che «sulle Alpi lo zero termico si registra ormai a
1.400 metri e fino a 1.700 si è in fase di transizione. Oggi a tali quote la
neve è in pericolo anche d'inverno e, se l'effetto serra continuerà a
dispiegarsi al ritmo attuale, la soglia dello zero climatico si innalzerà: i
1.700 metri diventeranno 1.800 e così avanti». Il Fvg pagherà un alto prezzo
all'effetto serra: nei suoi 5 comprensori si scia quasi sempre sotto i 2.000
metri. Giorgi annota che «l'industria del turismo invernale si sta preoccupando
moltissimo in tutto l'arco alpino: l'innevamento artificiale sarà sempre più
costoso perché si dovranno coprire superfici più estese, l'acqua sarà sempre più
cara e le temperature sempre più alte». Non solo turismo invernale. Il
climatologo di Osmer Fvg Andrea Cicogna spiega che «impatti» si avranno anche
«su agricoltura, uso dell'acqua, livello del mare: tutte cose per le quali
dovremo attrezzarci nel giro di un secolo. Un periodo che pare lungo ma dal
punto di vista climatico è relativamente breve». «I dati medi in oggetto -
precisa Cicogna - sono più simili all'andamento della pianura udinese che a
quelli di Trieste, dove c'è la mitigazione prodotta dal mare e l'altimetria
variabile crea zone con diverse tipologie di temperatura. Il fenomeno è globale
e si riscontra ovunque, inclusa casa nostra, dove dagli anni Ottanta c'è stata
quella stessa accelerazione dei cambiamenti climatici che registriamo ovunque».-
Diego D'Amelio
Una coperta chimica sul cielo, ecco il riscaldamento
globale
Il meteorologo Mercalli spiega come si stia danneggiando il pianeta «Se
non riduciamo l'effetto serra la vita dei nostri figli peggiorerà»
L'INTERVISTA - «Una coperta chimica invisibile con cui stiamo coprendo il
cielo e che, con il nostro inquinamento, stiamo rendendo sempre più spessa». Il
meteorologo Luca Mercalli sceglie questa immagine per spiegare cos'è il
riscaldamento globale. «Veniamo dalla quinta estate italiana più calda degli
ultimi duecento anni. Le stime dell'Edjnet sull'aumento delle temperature in
Europa ribadiscono ciò che sappiamo da tempo: se non riduciamo l'emissione di
CO2 e l'effetto serra, entro la fine del secolo la vita per i nostri figli e i
nostri nipoti sarà sempre più difficile». A un negazionista cosa direbbe? «Di
andarsi a leggere la migliore letteratura internazionale sulla relazione tra
riscaldamento ed emissioni di gas. La scienza internazionale ha appurato che è
così. O i negazionisti difendono il mercato del carbon fossile oppure sono
ignoranti». La defezione di Trump dagli accordi di Parigi cosa comporta? «Un
grave danno perché gli Usa sono il secondo Paese che inquina di più al mondo.
Però va detto che tanti Paesi che non sono usciti dall'accordo non stanno
facendo molto». A che punto sono le energie rinnovabili? «Non stiamo facendo
abbastanza. Siamo lentissimi nel cambiamento, mentre il riscaldamento è
velocissimo. Il segretario dell'Onu António Guterres, che è un ingegnere
elettronico, lo ha detto nel discorso del 10 settembre scorso: gli impegni presi
sull'accordo di Parigi rappresentano solo un terzo di quanto serve». Come
corriamo ai ripari? «La politica deve fare la sua parte con leggi per il
risparmio globale a favore delle energie rinnovabili. Poi c'è quello che possono
fare i cittadini: mangiare meno carne perché la produzione di carne libera
metano che è pericoloso; riciclare i rifiuti e produrne meno, visto che ogni
rifiuto ha dietro energia ed emissioni; passare ai pannelli solari e isolare la
casa per evitare dispersione di energia; volare di meno; viaggiare in auto
elettrica, come me». Non tutti possono permettersi un'auto elettrica. «Ci
pensino i politici a renderla più accessibile. Il ministro Sergio Costa ha sul
tavolo un progetto sulle auto elettriche: lo renda realtà».
La strage silenziosa di ricci lungo le strade - Curati
100 all'anno, molti di più schiacciati
Autunno e primavera i periodi più delicati. Baradel (Centro faunistico di
Terranova): qui anche i cuccioli rimasti senza madre
GORIZIA - L'ultima vittima, che fortunatamente ha trovato un'anima gentile
pronta a soccorrerla e portarla al sicuro, è dell'altro ieri. Un piccolo riccio
ferito che è stato raccolto da Vanessa Profumi, come racconta lei stessa in un
post pubblicato sulla pagina Facebook "Sei di Gorizia se...", e portato per
tutte le cure del caso al Centro faunistico di Terranova gestito da Damiano
Baradel. Qui, ogni anno, di ricci grandi e piccoli rimasti feriti nella maggior
parte dei casi dopo essere stati investiti dalle automobili ne arrivano oltre un
centinaio, e molti di loro riescono a recuperare salute ed energie per poi
tornare in libertà nei campi e nei boschi. Purtroppo però molti altri,
probabilmente molti di più, non sono altrettanto fortunati, e finiscono la loro
vita sull'asfalto delle nostre strade, quella del Vallone o quelle che salgono
da Gorizia verso San Floriano e verso il Collio soprattutto. Ma anche nelle
altre realtà del territorio. È una piccola grande strage silenziosa, infatti,
quella dei ricci che vengono investiti e schiacciati dalle automobili e dai
camion, trovandosi improvvisamente in mezzo alla carreggiata e, immobilizzati
dal terrore, incapaci di evitare i mezzi in transito. Capita più o meno durante
tutto il corso dell'anno, e i nostri occhi distratti spesso sono fin troppo
abituati a scorgere i resti dei piccoli animali lungo le strade per lasciarsi
davvero colpire da quest'immagine, ma nelle ultime settimane alcuni tratti di
strada - e viene da pensare appunto in particolare alla strada del Vallone -
assomigliano a veri e propri campi di battagli con i loro caduti. Così come sono
senz'altro aumentate le segnalazioni e i soccorsi agli animali feriti. «Il
fenomeno dell'investimento dei ricci purtroppo non è circoscritto a un periodo
preciso, capita spesso e durante tutto l'anno - dice Damiano Baradel, del Centro
faunistico di Terranova -. Qui arrivano ogni anno un centinaio di ricci feriti,
o magari anche cuccioli che non hanno più trovato la loro mamma, rimasta
schiacciata dalle auto. Però va detto che l'autunno, così come la primavera,
sono periodi particolarmente delicati per questi animali, perché sono quelli che
anticipano o seguono direttamente il letargo. I ricci lo avvertono e ora sono un
po' meno lucidi e reattivi, e dunque il rischio di finire in mezzo alla strada
proprio mentre passano le automobili è maggiore». Baradel spiega anche che i
cuccioli del riccio sono particolarmente delicati, e, se non raggiungono i 400
grammi di penso prima del letargo, rischiano di non superare l'inverno. «Nella
maggior parte dei casi quando ci arrivano dei piccoli, trattandoli nel modo
corretto riusciamo a salvarli - dice l'anima del centro faunistico -, mentre per
ciò che riguarda gli animali feriti ovviamente tutto dipende dalla gravità delle
loro condizioni. Certo è che se tutti rispettassero i limiti di velocità
potrebbe essere molto più facile evitare un riccio o un altro animale che si
trova sulla strada». Oltre ai ricci al centro di Terranova arrivano anche
diversi altri animali investiti, come ad esempio tassi, caprioli, lepri e,
sempre più spesso soprattutto nei pressi di zone umide, nutrie. Tornando ai
piccoli e placidi ricci, l'ideale sarebbe (se le condizioni del traffico lo
permettono) fermarsi e spostare gli animali nell'erba lontano dalla strada,
mentre qualora ci si dovesse imbattere in un riccio già ferito, ma ancora in
vita, bisogna subito rivolgersi al Centro faunistico di Terranova (per le
emergenze sono disponibili i numeri 348.4056523, 338.4786312 o 0481.711574)
accreditato proprio per intervenire in casi simili.
Marco Bisiach
Un tunnel del diametro di un metro in località Bonetti
per farli passare - la proposta
Una possibile soluzione per tutelare i ricci (e non solo loro) potrebbe
essere la realizzazione di sottopassaggi protetti che permettano agli animali di
attraversare la strada senza rischiare di essere investiti. L'associazione
Eugenio Rosmann di Monfalcone da tempo ha presentato un progetto simile (un
piccolo tunnel del diametro di un metro) da realizzare lungo la strada del
Vallone nei pressi dell'abitato di Bonetti per permettere il passaggio dei
rospi, altre vittime frequenti degli automobilisti. «È evidente che simili
passaggi potrebbero essere utilizzati anche da ricci e altri piccoli animali,
comprese le volpi - dice Claudio Siniscalchi, dell'associazione -. Soluzioni
simili sono state adottate in regioni come Toscana o Trentino Alto Adige, ma
anche in Slovenia. Qui noi non abbiamo ancora avuto grandi riscontri alle nostre
proposte».
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 settembre 2018
Carso invaso da sciacalli dorati - «Divorati i cuccioli
di capriolo»
Aumentati a dismisura gli avvistamenti degli esemplari, particolarmente
voraci - Si cibano in particolare di "bambi". «Stanno modificando gli equilibri
della fauna»
DUINO AURISINA - È allarme sciacalli sul Carso triestino. Negli ultimi mesi
sono infatti aumentati a dismisura gli avvistamenti, soprattutto quelli
riguardanti la cosiddetta specie dello "sciacallo dorato", sostanzialmente
onnivora, capace di nutrirsi di insetti come di caprioli, a seconda delle
esigenze e di ciò che può trovare nel territorio nel quale va a insediarsi.
Normalmente un esemplare non è molto grande, pesa mediamente all'incirca una
quindicina di chili e non è pericoloso per l'uomo, nel senso che non si ha mai
avuto notizia di attacchi alle persone. È però capace di modificare gli
equilibri naturali di un territorio. Come sta avvenendo per l'appunto sul Carso
triestino, su quello isontino e su quello sloveno. «Abbiamo registrato - precisa
Antonio Pilosio, direttore della Riserva di San Michele del Carso - una drastica
diminuzione del numero dei caprioli, un tempo molto diffusi sul Carso,
nell'ordine del 60,70 per cento degli esemplari. Preoccupa soprattutto il fatto
che stanno calando i caprioli giovani, quelli entro il primo anno di vita -
aggiunge - che, evidentemente, sono preda della voracità dello sciacallo dorato.
Le nostre fototrappole evidenziano soprattutto la presenza di femmine di
capriolo adulte e senza prole, evento in passato molto raro. Indice questo
dell'arrivo di numerosi esemplari di sciacallo dorato, fattore confermato anche
dal rinvenimento di molte carcasse di caprioli completamente spolpate,
caratteristica tipica della predazione dei canidi, famiglia di cui fanno parte
proprio gli sciacalli dorati».«Certo anche i cinghiali e i cervi contribuiscono
alla diminuzione della presenza dei caprioli - ancora Pilosio - ma non c'è
dubbio che sta cambiando qualcosa di importante sul nostro Carso con l'arrivo di
questa nuova specie». Anche osservando le cartine redatte dalle competenti
autorità della Slovenia, che evidenziano l'evoluzione della presenza delle varie
specie animali sul territorio, viene rimarcata con chiarezza la massiccia
presenza di sciacalli dorati lungo tutta la fascia confinaria con l'Italia, da
Muggia all'Isontino, senza soluzione di continuità. Normalmente gli sciacalli
dorati si muovono in nuclei familiari: due adulti, il maschio e la femmina, e i
piccoli, che possono essere in genere più d'uno. La migrazione dello sciacallo
dorato verso il Carso sembra essere frutto di una colonizzazione spontanea
proveniente da Sud-Est. «Dapprima si sono diffusi nei Balcani - conclude Pilosio
- e poi in Croazia e in Slovenia. Adesso si stanno moltiplicando qui da noi.
Certamente non sono stati immessi in natura, non ci sono infatti documenti o
testimonianze in tal senso». -
Ugo Salvini /
A udine - Il monitoraggio è affidato a uno dei massimi
esperti
Sono l'Università e il Museo di Storia naturale di Udine a essersi fatti
carico di monitorare la presenza dello sciacallo dorato in Friuli Venezia
Giulia, le cui tracce sono sempre più frequenti tra il Carso triestino, quello
isontino e quello sloveno. È proprio nel capoluogo friulano che opera infatti lo
zoologo Luca Lapini, tra i maggiori esperti della materia.
IL PICCOLO - SABATO, 22 settembre 2018
Parte il piano Enel per l'auto elettrica: «Anche in Fvg
addio al carbone»
Entro l'anno 2.500 colonnine in Italia: una ventina in regione ma entro
il 2022 dovrebbero salire a 400
ROMA - Entro il 2018 saranno una novantina le colonnine per il
"rifornimento" elettrico di Enel X a Nordest. L'area è partita a rilento
rispetto ad altri territori, ma ora sembra pronta a crederci. Finora, dicono i
dati di Enel X presentati all'Autodromo di Vallelunga, nel Veneto sono state
installate 29 colonnine, altre 13 se ne aggiungeranno entro fine anno. Circa 20
in Friuli Venezia Giulia nel complesso (tra già installate e da installare) e
altrettante sono previste per il Trentino Alto Adige. «La pipeline - spiega
Alberto Piglia, responsabile di e-mobility di Enel X - però è molto più elevata.
L'anno scorso in questi territori avevamo dati bassissimi, ma oggi vediamo che
si sta partendo. Qui si è registrato un ritardo rispetto ad altre regioni, ma
ora abbiamo di fronte una situazione totalmente diversa. Il parcheggio San Marco
a Venezia installerà nostre colonnine e anche per la città di Venezia abbiamo
dei progetti». E sempre nel Veneto, a Chioggia, è stato annunciato oggi
l'accordo con il Comune per sei nuove colonnine. PIANO DA 300 MILIONI - Il Piano
Italia di Enel per la mobilità sostenibile, 14mila colonnine entro il 2022 (400
in Fvg) e 300 milioni di investimento complessivo, prosegue a ritmo serrato. In
questo momento ha spiegato il responsabile di Enel X Francesco Venturini «stiamo
installando tra le 60 e la settanta colonnine alla settimana. Novecento
colonnine entro fine anno che si aggiungono alle circa 1600 già presenti. Quindi
l'utente Enel avrà accesso a circa 2500 colonnine in Italia entro fine anno».
L'Italia è fanalino di coda nelle immatricolazioni di auto elettriche, circa 16
mila in tutto, ma nell'ultimo anno il tasso di crescita è stato del 110%. Segno
che l'interesse attorno a questo settore è sempre più elevato sono gli
investimenti delle case automobilistiche, la stessa Fca a giugno ha annunciato
investimenti in questo comparto per 9 miliardi. «La nostra sfida è quella di
guidare la transizione energetica: l'elettricità sarà il principale vettore per
realizzare una profonda decarbonizzazione di tutti i settori, primo fra tutti
quello dei trasporti», spiega l'amministratore delegato di Enel, Francesco
Starace. Sottolineando che «Quella della mobilità elettrica è una rivoluzione in
corso» e l'Italia parte (sulla carta) «da una posizione di vantaggio avendo una
rete già completamente digitalizzata». Andando nel dettaglio dell'intervento di
Enel, Starace ha spiegato che «per la realizzazione del nostro Piano nazionale
di infrastrutture di ricarica abbiamo già siglato accordi per circa 4.300
infrastrutture di ricarica con le amministrazioni pubbliche ma anche con realtà
industriali e commerciali, che ci permetteranno di proseguire speditamente per
far sì che l'auto elettrica diventi un mezzo alla portata di tutti». STRATEGIA
NAZIONALE - Ma perché il progetto di decarbonizzare la mobilità funzione, spiega
Venturini, è «necessario un piano nazionale strategico, regole certe ai comuni
che devono andare ad installare, e poi la PA deve dare l'esempio. Un terzo della
flotta Enel sarà elettrico proprio per questo. Dobbiamo dimostrare che ci
crediamo e allo stesso modo devono farlo le pubbliche amministrazione. Poi serve
fiscalità e semplificazione tariffaria. Non sto chiedendo incentivi, ma esistono
molti modi per spingere». A partire dice Venturini da una serie di regole che
siano simili».
Roberta Paolini
Lampioni intelligenti per la nuova mobilità:
Starace: 300 milioni di investimento
Enel X prosegue nella realizzazione del Piano nazionale per le
infrastrutture di ricarica e lancia soluzioni modulari e scalabili studiate per
privati, aziende e amministrazioni pubbliche. Fra queste, il "lampione
intelligente" a led che illumina e ricarica i veicoli elettrici. L'ad Starace
(foto) ha presentato un piano da 300 milioni di investimento.
ACEGASAPSAmga e vetture elettriche - Largo Granatieri
record per ricariche ecologiche e sfida fra auto "green"
La colonnina per il rifornimento "green" delle auto elettriche in largo
Granatieri ha sfondato, da inizio 2018, quota 300 ricariche. Ne dà notizia
AcegasApsAmga in un comunicato in cui la multiutility fa il punto dei propri
distributori di energia per auto non inquinanti in occasione della Settimana
europea della mobilità. Il piano AcegasApsAmga per le "ecovetture", si legge nel
comunicato, è iniziato nel 2015 con l'installazione di 10 colonnine di ricarica
elettrica a Trieste, seguita poi da Gorizia e Udine. Acegas, dati alla mano, fa
sapere così che dall'inizio di quest'anno in Fvg sono state effettuate più di
duemila ricariche nei punti di distribuzione allestiti da AcegasApsAmga, con
un'erogazione di circa 16 mila kWh. La colonnina più utilizzata, per l'appunto,
risulta essere quella posizionata in largo Granatieri. «L'installazione delle
colonnine di AcegasApsAmga - recita il comunicato - è il primo capitolo nel
campo della mobilità sostenibile di Trieste, che anche quest'anno aderisce alla
Settimana europea della mobilità». E sempre in occasione della Settimana europea
della mobilità, a Trieste si è svolta la Civitas Portis e-cars race, evento
dedicato alle auto elettriche e test-drive al fine di promuovere la mobilità
elettrica. All'evento hanno partecipato auto esclusivamente ad alimentazione
elettrica che si sono sfidate su un percorso urbano/extraurbano di circa 50
chilometri totali, con partenza e arrivo alla Centrale Idrodinamica di Porto
vecchio. AcegasApsAmga ha partecipato alla sfida grazie a un dipendente che ha
rappresentato l'azienda correndo la gara con una Renault Zoe 100% elettrica,
aggiudicandosi il primo posto in classifica.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 settembre 2018
Centro congressi ai nastri di partenza ed Esof affronta il primo test europeo.
Il Comune chiude la gara e aggiudica l'opera a TCC. Bravar «Il via entro gennaio». I commissari di Euroscence in citta'.
La Trieste Convention Center si è aggiudicata in via definitiva la realizzazione in project financing del futuro centro congressi del Porto vecchio, magazzini 27 e 28. A comunicarlo è il presidente di Tcc Diego Bravar, che ora annuncia: «Spero che potremo aprire il cantiere entro il gennaio dell'anno prossimo». Nel frattempo anche Esof2020 avanza, e affronterà a breve un nuovo esame da parte della fondazione europea che organizza la manifestazione. La gara - Il Comune ha concluso di recente la procedura di gara europea per l'assegnazione della progettazione attuativa e la realizzazione dell'opera. E ha comunicato lo scorso 17 settembre l'aggiudicazione a Tcc, unica a presentarsi al concorso. La società nel frattempo ha raggiunto quota 55 soci e sta continuando a raccogliere fondi da privati e banche per coprire la sua percentuale sul costo dell'opera, nel complesso 11,5 milioni di euro. Una cifra imponente, che il Comune copre al 45% vista l'utilità pubblica del centro congressi. Gli incontri fra tecnici sono iniziati, il secondo si terrà la settimana prossima fa sapere l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi. Le tappe - Il presidente di Tcc sintetizza come segue le prossime tappe: «Ora si va verso la firma della concessione con il Comune, dopodiché provvederemo a realizzare il progetto esecutivo. Una volta completo, il Comune, la Sovrintendenza ai beni culturali e tutti gli altri enti coinvolti dovranno dare la loro valutazione. A quel punto l'ente locale potrà dare il via ai lavori». Un momento che Bravar si augura arrivi il prima possibile: «Spero si possa partire entro gennaio dell'anno prossimo, se non prima». I tre cantieri - «A quel punto ci saranno tre cantieri in Porto vecchio», conclude il presidente della cordata imprenditoriale. «Ci sarà il Comune impegnato nelle opere di urbanizzazione dell'area con i 50 milioni del governo, ci sarà la Fit che farà i lavori propedeutici all'Esof, e ci saremo noi impegnati nel centro congressi. Di fatto saremo il primo privato a operare nel "nuovo" vecchio scalo cittadino, e penso ci si possa considerare un modello». Il test di Esof - Nel frattempo EuroScience approda al capoluogo giuliano. Da lunedì a mercoledì si riunirà per la prima volta ufficialmente nella Sottostazione Elettrica la Steering Commitee, ovvero il board che ha il compito di supervisionare il lavoro di organizzazione dell'EuroScience Open Forum del 2020. Contenuti del programma scientifico, ospiti previsti, organizzazione dei team di lavoro, strutture per lo svolgimento degli eventi e molti altri dettagli tecnici e organizzativi verranno affrontati durante i tre giorni incentrati sulla valutazione del lavoro svolto fino a oggi e sui prossimi passi da compiere verso il Forum della ricerca che si svolgerà a Trieste dal 4 al 10 luglio 2020.
Giovanni Tomasin
Il testimone di Ferrante al figlio Paco e a di Pretoro
Il primo assume l'incarico per la struttura congressuale - Il secondo
imbarcato per il coordinamento della manifestazione
Il mondo che ruota attorno ad Esof, dagli organizzatori dell'evento fino al
centro congressi, deve fare i conti con un'assenza pesante. È quella
dell'ingegner Pierpaolo Ferrante, prematuramente scomparso nei mesi scorsi. In
sostanza l'uomo che per primo ha avuto l'idea, assieme alla moglie e presidente
di Ogs Cristina Pedicchio, di portare Esof a Trieste. E che dal punto di vista
organizzativo e progettuale aveva impegnato tutto sé stesso per l'evento. La
morte di Ferrante ha imposto a diverse realtà di trovare figure che almeno in
parte potessero colmare il vuoto venutosi a creare. Ferrante aveva un ruolo
importante nel coordinamento dei lavori in vista di Esof 2020. A questo scopo la
ciurma dell'evento imbarcherà ora l'architetto Tazio di Pretoro, come confermano
i collaboratori del champion di Esof Stefano Fantoni. Quanto al Trieste
convention center, spiega il presidente Diego Bravar: «Quando Pierpaolo è
scomparso tutti noi abbiamo capito che avremmo dovuto fare la nostra parte per
superare un evento così traumatico. Lui è stato il primo ad avere l'idea di
portare Esof a Trieste, e quando il professor Fantoni ha suggerito a
Confindustria di organizzarsi per fare un centro congressi stabile in Porto
vecchio, è stato ancora Ferrante a proporsi da subito per la progettazione».
Sostituirlo, quindi, è un'impresa ardua: «Ancora con Pierpaolo ci eravamo
affidati all'ingegner Tommaso Tassi per la sorveglianza complessiva, e questo ha
aiutato. Ora poi Paco Ferrante, che lavorava fianco a fianco con il padre al
progetto, ha preso in mano la parte di direzione e coordinamento».
Trasporti, gli studenti promuovono Trieste
Ogni giorno si sposta una popolazione universitaria di
20 mila persone, i più usano il bus o vanno a piedi. In treno da fuori
Mobilità e accessibilità sono temi che incidono profondamente nella vita di
ciascuno di noi e nel nostro utilizzo del tempo. La voce trasporti ha un peso
importante nel valutare la qualità di vita di chi frequenta l'università, per
studio o per lavoro, e la mobilità universitaria incide significativamente nel
complesso degli spostamenti che avvengono in città e per raggiungerla: sono poco
meno di 20mila le persone che quotidianamente si muovono per recarsi in una
delle sedi dell'ateneo giuliano e in determinate fasce orarie, tipicamente
intorno alle 9 del mattino per arrivare in università e in serata per
raggiungere i luoghi di svago, rappresentano la maggior parte degli individui
che si spostano nel perimetro urbano. NUOVA INDAGINE - «Presto avremo dei dati
più precisi sul fenomeno, perché abbiamo sottoposto un questionario focalizzato
anche su questo tema a un'ampissima fascia della popolazione universitaria -
commenta Giovanni Longo, docente di Trasporti al Dipartimento di Ingegneria e
Mobility Manager d'ateneo -. Ma dalle indagini precedenti sappiamo che l'utenza
universitaria è orientata verso il trasporto pubblico: circa la metà delle
persone utilizza il bus e molti si spostano a piedi. I fuorisede prediligono
alloggi vicini alle sedi universitarie che frequentano e anche i residenti, per
motivi legati anche a costi e difficoltà di parcheggio, preferiscono i mezzi
pubblici. E' una pratica virtuosa». UTENTI VIRTUOSI - Gli studenti si
suddividono in residenti, fuorisede e pendolari: i primi si muovono all'interno
della città, i secondi ci aggiungono gli spostamenti per tornare a casa nel fine
settimana, i terzi si affidano quotidianamente a treni e autobus per raggiungere
le sedi universitarie e ritornare al proprio luogo di residenza. Quanto a chi
lavora in università le tipologie di mobilità sono almeno due: il personale
tecnico-amministrativo, con orari d'ufficio, e docenti e ricercatori, con una
mobilità meno sistematica. «Trieste ha un buon sistema di trasporti pubblici -
commenta Nicola Gerotto, studente fuorisede all'ultimo anno di Farmacia che si
sposta con mezzi pubblici e risiede in una delle Case dello Studente di Piazzale
Europa -, che durante il giorno copre in maniera uniforme tutte le sedi
universitarie. Ma la sera, dopo le 24, non c'è più un bus e per chi vuole
passare una serata in centro città, l'unica soluzione è un'auto propria o il
taxi, che però è molto costoso». Il mezzo più utilizzato dagli studenti
pendolari per raggiungere Trieste quotidianamente è il treno, seguito dalle
linee extraurbane degli autobus. «Uno dei punti critici è l'interfacciamento tra
ferro e gomma in Stazione Centrale: ci sono in particolare picchi di richiesta
per gli autobus prima delle 9, quando iniziano le lezioni. Non è facile fornire
una risposta adeguata, ma l'Università intrattiene un rapporto positivo con
Trieste Trasporti e la Regione», evidenzia Longo.
Giulia Basso
VAL ROSANDRA - Lotta alla trota vorace - Oggi il piano
a Bagnoli
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Sarà presentato oggi al Centro visite della
Riserva naturale della Val Rosandra, a Bagnoli, alle 20.30, il progetto per
l'eradicazione della trota fario dal torrente Rosandra. Si tratta di un
salmonide non autoctono introdotto nel torrente per la pesca sportiva negli anni
'80. Essendo un vorace predatore, ha un impatto molto significativo sul delicato
ecosistema fluviale del Rosandra. L'organo gestore della Riserva, in
collaborazione col Dipartimento di Scienze della vita dell'Università e l'Ente
tutela patrimonio ittico, ha promosso un progetto che punta all'eradicazione
della trota. Stasera parleranno gli esperti Elisabetta Pizzul, Filippo Franz e
Massimo Zanetti, che presenteranno i dati finora raccolti.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 settembre 2018
Distributori per auto elettriche in arrivo a Duino
Aurisina
Patto tra Comune e Enel per la realizzazione di una rete di impianti
"verdi" - Previsti cinque punti di ricarica, uno dei quali in prossimità del
Municipio
DUINO AURISINA - Il Comune di Duino Aurisina diventa capofila nella corsa
per la realizzazione di una rete pubblica per la ricarica elettrica per veicoli.
È di questi giorni, infatti, la delibera di giunta con la quale l'esecutivo
locale guidato dal sindaco Daniela Pallotta ha approvato la bozza di protocollo
che vede come controparte l'Enel, che sarà il fornitore degli impianti. Cinque
le colonnine che verranno collocate sul territorio comunale: saranno distribuite
in modo da rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze di quanti
utilizzano le vetture di ultima generazione che montano appunto il nuovo tipo di
motore "verde".«Stiamo individuando le aree - spiega l'assessore Lorenzo Pipan -
e finora abbiamo scelto la zona della pesa vecchia ad Aurisina, la piazza di San
Pelagio e un punto vicino al Municipio, perché contiamo di acquistare in futuro
un'automobile elettrica anche per l'amministrazione. Una colonnina la
sistemeremo anche a Duino, ma non abbiamo ancora deciso l'esatta collocazione e
per l'ultima valuteremo a breve».«In ogni caso - precisa Pipan - si tratterà di
proposte da sottoporre alla valutazione dell'Enel, in quanto sarà la Spa a
sopportare il costo della realizzazione degli impianti, perciò dovremo decidere
di comune accordo. È evidente - sottolinea l'assessore - che l'Enel terrà in
considerazione la vicinanza con la rete elettrica già esistente per contenere i
costi dei collegamenti da eseguire. Da parte nostra - continua lo stesso Pipan -
dovremo tener conto delle difficoltà di parcheggio che esistono in alcuni punti
del territorio, perciò nell'individuazione delle aree per gli impianti dovremo
cercare di far coesistere le diverse esigenze, evitando di occupare spazi oggi
utili per il parcheggio libero. Per questi motivi - osserva l'assessore - prima
di arrivare alla decisione finale sulla collocazione effettueremo alcuni
sopralluoghi assieme ai tecnici dell'Enel». La società sta operando su scala
nazionale per dotare l'intero territorio nazionale di colonnine di rifornimento
di questo tipo e il Comune di Duino Aurisina ha voluto rispondere con
sollecitudine alla proposta: «È nostro interesse visto che siamo un Comune che
si basa molto sul turismo - riprende Pipan - mettere i visitatori, sia italiani
che soprattutto stranieri, perché in molti paesi europei le auto elettriche sono
più diffuse che in Italia, nella condizione di poter effettuare un rifornimento.
Naturalmente provvederemo anche all'installazione della segnaletica verticale e
alla pitturazione di quella orizzontale». Tutti gli impianti saranno realizzati
in modo da poter garantire agli utilizzatori la possibilità di provvedere in
totale autonomia al rifornimento, la cui durata dovrebbe aggirarsi in circa
un'ora. «Ritengo che la mobilità elettrica sarà un'opportunità per migliorare la
qualità dell'aria e diminuire l'inquinamento - commenta Pallotta - e nel futuro
si dovrà andare in tal senso». Per il Comune l'intera operazione sarà come detto
a costo zero, in quanto l'installazione e la messa in opera delle colonnine sarà
a carico dell'Enel. «Questo è un mercato che si sta aprendo - chiude Pipan - e
sappiamo che presto si proporranno anche altre aziende fornitrici di energia».
Ugo Salvini
Una decina le "stazioni" già attivate a Trieste
Nel territorio comunale di Trieste sono già una decina i distributori di
energia. Il numero uno, per ricariche, è quello di largo Granatieri. Gli altri
si trovano fra Basovizza, Opicina, Prosecco, Roiano, Barcola, San Giovanni,
Servola e il centro, e segnatamente in piazzale Straulino e via Slataper.
Spiagge e mari invasi dalle reti delle cozze - Sui
litorali 47 buste ogni cento metri
Il progetto "Clean Sea Life" dell'Ue denuncia i rischi - La portavoce:
«Danni ai pescatori e alla fauna acquatica»
27 - Le spiagge italiane diffuse su nove regioni passate al setaccio
dai ricercatori e volontari del progetto europeo Clean Sea Life. 47 - Le retine
che contenevano cozze trovate dai ricercatori di Clean Sea Life sulle spiagge,
in media, ogni 100 metri di lungomare. 301 - Il picco di retine di plastica
trovate da Clean Sea Life sulla spiaggia di Riccione. 1534I chili di rifiuti
raccolti nel corso dei monitoraggi di Clean Sea Life in 4 porti italiani. 73% -
La percentuale di retine trovate nel porto di Manfredonia, in mare, sul totale
di rifiuti ripescati. 36 - I pescherecci utilizzati per il controllo dei fondali
nei quattro porti monitorati. 4 - Gli anni di durata totale del progetto, in
scadenza nel 2020.
Torino - Al guazzetto, al vapore, al tramonto, sugli spaghetti... Le cozze sono uno degli alimenti più amati dagli appassionati di cucina marinara. Ma dietro agli allevamenti dei gustosi mitili disseminati nei nostri mari si possono celare problematiche ambientali. Le retine di plastica usate per contenere le cozze messe "all'ingrasso" in acqua sono uno dei rifiuti che maggiormente inquinano non solo l'Adriatico (il più soggetto per la presenza massiccia di questo tipo di coltivazione) e il Tirreno, ma anche le spiagge. Le correnti portano a riva le plastiche, inquinando i litorali, ma se ne trovano tante anche sui fondali o aggrappate agli scogli. Lo dimostra uno studio di Clean Sea Life, progetto cofinanziato dall'Unione Europea, che ha lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica alla pulizia marina. Il lavoro dei ricercatori, che sarà presentato domani al Salone del Gusto di Torino nello stand della Commissione europea, si è concentrato sul monitoraggio di 27 spiagge di nove regioni - Sardegna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Basilicata, Puglia, Marche ed Emilia Romagna - e quattro porti (Rimini, San Benedetto del Tronto, Manfredonia e Porto Torres) passati al setaccio con 36 pescherecci. In azione un centinaio di persone che ha riscontrato la presenza in media di 47 retine ogni 100 metri di lungomare, con un picco di 301 retine a Riccione. Rispetto al totale dei rifiuti, il 30% è risultata plastica legata all'allevamento di cozze. Tra le spiagge più inquinate anche Fiumicino e San Rossore, a causa delle foci dei fiumi e delle correnti. Quanto ai controlli in mare nei fondali, su un totale di 1534 chili di rifiuti raccolti nel corso dei monitoraggi di Clean Sea Life, 424 chili erano retine (il 28%). Il picco a Manfredonia, con il 73% (San Benedetto del Tronto 9%; Rimini 15% e Porto Torres nessuna). Responsabilità - Lungo le nostre coste annualmente si prelevano circa 120.000 tonnellate di cozze. Gli allevamenti marini consistono in file di "sacchetti" immersi a pochi centimetri dalla superficie dove i mitili restano per circa un anno, tempo del proprio ciclo di vita, come spiegano gli esperti. «Durante questo lasso di tempo può accadere che correnti e mareggiate determinino la dispersione in mare delle retine - spiega Eleonora de Sabata, presidente dell'associazione MedSharks, partner nello studio, e portavoce del progetto Clean Sea Life - Il sospetto è che qualche allevatore ci metta del suo c'è, ma è chiaro che occorrono prove prima di puntare il dito su qualcuno. Quello su cui stiamo lavorando è la sensibilizzazione di chi lavora nel settore. La Guardia costiera ha già inviato lettere ai coltivatori per spingerli a fare più attenzione». rischi e sviluppi del progetto - I pescatori sono i primi ad essere penalizzati: durante l'attività di pesca, incrociano sistematicamente plastiche che peraltro, in base alla legge italiana, non possono essere portate a riva. «Un'anomalia burocratica - spiega de Sabata - di cui si sta interessando il ministro dell'Ambiente Sergio Costa e la stessa Commissione Europea. Avere la possibilità di portare le plastiche a riva vuole dire non solo ripulire il mare, ma anche poter sfruttare il materiale, magari per il riciclo, e quindi metterlo a profitto». Così facendo si eviterebbero anche danni alla fauna marina: sono molti gli animali che rischiano di restare impigliati nelle reti, primi fra tutti gli uccelli marini "sula".
Lara Loreti
Coop e Conad: «I sacchetti bio? Sono una perdita,
clienti tutelati» - La replica
Federdistribuzione, Coop e Conad replicano così all'articolo dedicato ieri
alle buste della spesa. «I sacchetti biodegradabili e biocompostabili destinati
al contatto diretto con gli alimenti, ad esempio per l'ortofrutta, sono fatti
pagare al cliente, per obbligo di legge, tra 1 e 2 centesimi. Non quindi 8, 10 o
15 cent. Questi sacchetti sono acquistati dalle imprese distributive a cifre
superiori a quelle richieste ai clienti. Rappresentano una fonte di perdite, non
di guadagno». La Gdo ha proposto di distribuirli gratis, sopportandone il costo.
«I sacchetti biocompostabili che hanno un costo di 10 centesimi sono invece
quelli acquistabili alle casse. Non si può e non si deve fare confusione tra i
due tipi». La Gdo precisa di tutelare i clienti.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 settembre 2018
Un milione per tre ciclovie: c'è la Bovedo-Porto
vecchio
Il Comune invia le richieste di finanziamento alla Regione. Prioritaria
la sicurezza - Nell'elenco l'adeguamento in passeggio Sant'Andrea e anche la
Trieste-Muggia
Il Comune ha impostato un programma di 1,1 milioni per avviare/migliorare la
rete di ciclabili urbane. Nell'auspicio che tali interventi la rendano più utile
e più frequentata. Tre le opere in programma: ampliare la ciclovia "del mare
Adriatico" e partire con primi tracciati sulla Trieste-Muggia e sulla Park
Bovedo-Porto vecchio. Finora l'amministrazione ha messo da parte 330 mila euro,
circa un terzo del fabbisogno, ma conta di alimentare le risorse con il supporto
della Regione Fvg, riservandosi poi di completare il co-finanziamento. Per
questo gli assessori Elisa Lodi e Luisa Polli hanno firmato la delibera 411, che
ha raccolto l'unanime consenso giuntale, a cominciare da quello del primo
cittadino. L'importo più consistente riguarda la ciclovia "del mare Adriatico",
che assorbe un preventivo di 460 mila euro; è seguita dai 392 mila euro
necessari alla Trieste-Muggia; chiude il podio il percorso tra Bovedo e Porto
vecchio che richiede 280 mila euro. La Regione attendeva la documentazione già
il 5 settembre, per cui c'era urgenza nell'approvazione della delibera. Tema
portante per i progetti è la sicurezza ciclistica cittadina. Ecco il merito
delle proposte comunali. La ciclovia "del mare Adriatico" ha un vecchio e
irrisolto problema: l'attraversamento alla base della rampa di accesso alla
Grande Viabilità, al termine di passeggio Sant'Andrea. In passato ci furono
polemiche proprio sulla sicurezza, che il Comune vuole superare realizzando -
riporta la scheda descrittiva - un bypass a lato della viabilità veicolare,
lungo 260 metri fino al tratto di pista in viale Campi Elisi. I tecnici pensano
a un viadotto che tenga conto della morfologia del terreno, delle infrastrutture
stradali, del parco ferroviario situato nove metri più in basso. Sempre nel
quadro di questa ciclovia, ci sarà da collegare le piste di via Orlandini e la
"Giordano Cottur", separate da un dislivello di 4 metri, allo stato attuale
attenuato da una scalinata. Gli uffici ritengono che queste opere possano essere
realizzate in otto mesi. La Trieste-Muggia, «attualmente inesistente» come
rimarca la scheda, dovrebbe estendersi per 5,5 chilometri tra piazza Foraggi e
il confine comunale di Aquilinia. Poiché comanda il tema sicurezza, rileva il
dato dell'incidentalità: sull'asse viario, preso in considerazione nel periodo
2013-17, si sono verificati 11 sinistri che hanno riguardato e ferito ciclisti.
Il Comune la considera una valida alternativa negli spostamenti casa/lavoro e la
ritiene naturale collegamento tra la "Cottur" e la "Parenzana", che - rammenta
il documento - connette Muggia a Porec (nella toponomastica italiana più nota
come Parenzo). Solo sulla carta sono per ora anche i 260 metri che i
pianificatori municipali desiderano costruire tra il realizzando Park Bovedo,
sul terrapieno di Barcola, e gli ingressi agli stabilimenti balneari: si
tratterebbe di una prima tranche del ben più ambizioso collegamento tra il
parcheggio e Porto vecchio, oggi impossibile da cantierare causa vegetazione
lussureggiante, edifici fatiscenti, riqualificazione da definire. Ma una tranche
importante - sostiene il Comune - perché non esiste un'alternativa agevole per
congiungere park e litorale.
Massimo Greco
Il "bike sharing" municipale slitta all'inizio
dell'anno nuovo
Si sperava di iniziare entro settembre ma prudenza procedurale ha
consigliato di spostare l'esordio del sistema Bicincittà
Entro settembre il previsto decollo si è rivelato impossibile e allora
l'avvio dell'iniziativa slitterà all'inizio del prossimo anno: il "bike sharing"
in salsa comunale, a base di 9 ciclostazioni e 130 velocipedi, esordirà nel
2019. Gli auspici sembrano, nonostante il ritardo, positivi: la ragione
principale dello slittamento - spiegano fonti municipali - va ricondotta alla
verifica che non vi fossero ricorsi contro l'affidamento del servizio alla
torinese Bicincittà. Questo pericolo pare scongiurato e quindi la macchina
amministrativa si è messa in moto: sopralluoghi, autorizzazioni della
Soprintendenza - che nel 2016 aveva bloccato un primo progetto -, valutazione
dell'interferenza dei lavori che in alcuni siti - soprattutto piazza Libertà -
ostacolerebbero l'allestimento degli stalli. La vicenda "bike sharing" naviga da
due anni e mezzo nei meandri comunali, perché Bicincittà prevalse in sede di
procedura ristretta all'inizio del 2016, poi, causa il progetto stoppato da
palazzo Economo, la ditta torinese fu esclusa dall'appalto ma ricorse al Tar,
dove ottenne soddisfazione. La matassa degli atti venne così riavvolta per
ripartire da Bicincittà, che ha visto il suo progetto approvato in giugno da una
determina siglata dall'allora mobility manager Giulio Bernetti.La vincitrice può
disporre di 390 mila euro, due terzi abbondanti provenienti dalla Regione (Pisus
A1)e il restante terzo rinvenente dalle casse comunali. saranno realizzate 9
stazioni in punti strategici per collegamenti e attrazione turistica: piazza
Libertà (centrale Fs), piazza Oberdan (tram Opicina), Teatro Romano, Riva del
Mandracchio, piazza Hortis (biblioteca civica), Campo Marzio (ciclovia di
passeggio Sant'Andrea), Barcola (pineta), viale XX settembre (teatro Rossetti),
via Cumano (musei ed ex fiera riqualificata). Una flottiglia di 130 biciclette,
di cui 36 a pedalata assistita, sarà a disposizione dell'utenza. Le dimensioni
del posteggio sono 175x175x930 millimetri, materiale utilizzato l'acciaio inox.
Ancora da definire il dettaglio organizzativo,a cominciare dalle tariffe. Tutto
principierà da una tessera personale, sulla quale sarà caricato un abbonamento.
Il ciclista potrà prendere un mezzo in una stazione e lasciarla in un'altra.
L'accesso al servizio - riportava la relazione - avverrà tramite il portale web
e le stazioni saranno dotate di un sistema di trasmissione dati Umts. La
modalità Bicincittà è già stata rodata in un centinaio di comuni, dove è
frequentata da circa 75 mila utenti. Quando la notizia uscì all'inizio
dell'estate, venne favorevolmente accolta da politici e da esponenti del mondo
culturale. Perplessità vennero espresse da associazioni ciclistiche per la
carenza di ciclovie in città.
Prima risposta alle richieste di 1.580 cittadini - la
petizione FIAB
Una prima risposta ai pedalori urbani. Perché una ventina di giorni fa il
presidente di Fiab Trieste Luca Mastropasqua aveva consegnato al sindaco Roberto
Dipiazza la petizione "ciclabile nel Porto vecchio" firmata da 1.580 cittadini,
per chiedere «una ciclabile lineare, veloce, sicura e senza promiscuità con i
pedoni da piazza Libertà a via del Boveto». Fiab chiede «un'infrastruttura
ciclistica moderna che connetta il centro città con Barcola e la Costiera.
Un'infrastruttura utile per andare al mare, per raggiungere il posto di lavoro,
per promuovere il cicloturismo e che sarebbe un importante volano per la
promozione di stili di vita sani». Nell'occasione Dipiazza aveva illustrato il
progetto di massima della viabilità interna del Porto vecchio che prevede anche
una ciclabile.
Industria e ambiente - La Regione attiva i tavoli
tematici sul futuro della Ferriera
La Regione attiverà quanto prima tavoli di confronto ristretti, coordinati
dagli assessori a Lavoro, Attività produttive e Ambiente, per affrontare il
futuro della Ferriera di Servola a Trieste. Lo ha annunciato ieri Massimiliano
Fedriga, intervenendo ieri a Trieste al tavolo allargato sul nodo Servola, alla
presenza di Comune, Prefettura, Authority, Arpa, struttura commissariale,
proprietà e sindacati. «Da questo tavolo - ha riferito Fedriga al termine
dell'incontro - sono emerse le diverse posizioni delle parti coinvolte, da
quella sindacale all'azienda e all'Autorità di sistema portuale. La scelta di
attivare dei tavoli ristretti deriva dalla consapevolezza che la nostra priorità
è la tutela della salute dei cittadini. Noi - ha precisato il governatore -
vogliamo prendere in considerazione le necessità di tutti, ben consci che l'area
portuale è strategica per lo sviluppo della città e, su queste basi, può
allargare i suoi orizzonti in funzione di uno sviluppo commerciale che riteniamo
fondamentale per Trieste». A questo proposito, sia dalla proprietà sia
dall'Autorità portuale è giunta la disponibilità a costruire un percorso
operativo comune che, sotto il cappello istituzionale, possa soddisfare le
priorità ambientali e occupazionali, vagliando in questo modo possibili scenari
diversi da quello attuale in vista di alternative quali riconversione e
re-industrializzazione del sito».
La tassa occulta dei sacchetti "bio" costa 90 euro
l'anno
Le buste biodegradabili dovevano costare 1-2 centesimi - Ma nella grande
distribuzione il prezzo oggi è decuplicato
Roma - Avevano promesso: non sarà una stangata. Aggiungendo, per indorare la
pillola, che l'innovazione costa, ed è giusto che a pagare il conto siano anche
i consumatori. Ma a distanza di quasi nove mesi dall'entrata in vigore della
legge che impone l'acquisto dei bioshopper viene fuori tutta un'altra verità. Il
conto è molto più salato di quanto annunciato, considerando i due estremi della
forchetta di previsioni, la più bassa firmata da Gfk Eurisko (circa 12 euro
all'anno) e la più alta di Codacons (non meno di 20 euro). E pagano solo i
consumatori, mentre per le aziende, innanzitutto i produttori dei sacchetti e le
catene della grande distribuzione, il bioshopper obbligatorio si sta rilevando
un gigantesco affare. Con una bella torta da dividere: in Europa circolano ogni
anno 100 miliardi di buste per la spesa usa-e-getta, e l'Italia è ai primi posti
della classifica per consumo pro-capite. Che cosa sta accadendo? Si stanno
verificando diverse anomalie, a partire dall'enorme differenza delle tariffe
applicate dalle varie catene di supermercati. Il costo medio del bioshopper
ritirato alla cassa è di 10 centesimi, l'importo addizionale applicato per
esempio da Esselunga e Auchan, mentre i due colossi delle cooperative oscillano
da 8 centesimi di Coop ai 15 di Conad. Siamo già a valori infinitamente
superiori agli annunci iniziali, quando si parlava di un extra tra 1 e 3
centesimi, solo per le buste per frutta, ortaggi e verdure. In pratica, il
consumatore paga a caro prezzo due contenitori biodegradabili, e la conferma di
questa ingiustificata stangata nel settore alimentare arriva dal costo del
bioshopper in altre categorie commerciali. Qui davvero non si va oltre 1
centesimo a sacchetto, pur trattandosi di contenitori consistenti, come nel caso
delle catena Cisalfa (abbigliamento per sport e tempo libero) e Euronics
(elettronica di consumo). Come mai tanta differenza tra il bioshopper per una
confezione di yogurt e quello per un cellulare o per un paio di scarpe da
ginnastica? D'altra parte, su Amazon, che certo non vende senza margini, una
confezione di 500 bioshopper si paga, senza spese di spedizione, 10.41 euro,
pari a 2 centesimi a sacchetto. La sensazione che si ricava è chiara: la grande
distribuzione nel settore alimentare sta cavalcando una legge scritta male, e
molto favorevole agli interessi delle catene dei supermercati, per creare un
nuovo rubinetto di ricavi e di profitti, laddove la curva dei consumi resta
piatta, o negativa, e i margini di guadagno sono diventati molto stretti. Una
precisa strategia di mercato in tempi duri, infiocchettata da stentorei proclami
a favore dell'ambiente, al limite del greenwashing. Il caso della Conad è da
manuale. Il suo bioshopper da 15 centesimi si presenta con una serie di scritte
che dovrebbero giustificare il prezzo così alto. Si parla di «un sacchetto
ideato e prodotto in Italia», come se il marchio made in Italy fosse un sinonimo
di aumento dei prezzi per il consumatore. Si certifica che il prodotto è
«completamente biodegradabile e compostabile»: ci mancherebbe, in caso contrario
sarebbe fuori legge. E si espone, come se fosse una certificazione di genuina
sostenibilità, il logo di Legambiente, la più potente associazione ambientalista
italiana: un tutoraggio retribuito o a titolo gratuito? La conclusione, tornando
alle nostre tasche, è che questi bioshopper nell'alimentare si traducono in una
spesa annua attorno ai 50 euro, se poi aggiungete il costo delle buste per
frutta, verdura e ortaggi, e il prezzo pagato per altri acquisti (anche nelle
farmacie ormai è frequente il «pedaggio» del sacchetto biodegradabile), si
arriva a un conto annuo di circa 90 euro. L'equivalente del canone Rai, ovvero
una tassa bella e buona. Infine, poiché il consumatore non è stupido, la febbre
dei bioshopper si sta trasformando in vero boomerang per lo Stato e per gli
interessi generali dei cittadini, e il rischio inquinamento da plastica per
contenitori di prodotti alimentari invece di diminuire sta aumentando.
Dall'entrata in vigore della legge, infatti, gli acquisti di ortaggi, frutta e
verdura sfusi sono crollati del 7,8 per cento, mentre quelli degli stessi
prodotti in vaschette di plastica sono aumentati dell'11 per cento. Peccato che
si tratti di confezioni di plastica pura, non biodegradabile e non compostabile.
Antonio Galdo
La scienza in piazza con Trieste Next fra biotecnologie
e super ospiti
L'edizione 2018 dal 28 al 30 settembre. Il virologo Burioni, l'ex
ministro Carrozza e la senatrice Cattaneo fra i relatori
È "NatureTECH: il sottile confine fra biologico e biotecnologico" il titolo
della settima edizione di Trieste Next, che dal 28 al 30 settembre prossimi
esplorerà il confine fra natura e tecnologia. La presentazione ufficiale ieri in
Municipio, con tutti i soggetti coinvolti. Tra gli argomenti principali, che
animeranno il festival della Ricerca scientifica, figurano medicina
personalizzata, terapia genica, intelligenza artificiale, protesi bioniche e
cibernetiche, varietà agricole high tech, controllo del clima, economia
circolare e anche una riflessione sulla questione delle fake news scientifiche.
Ospiti speciali saranno la senatrice ed esperta di cellule staminali Elena
Cattaneo, l'ex ministra dell'Istruzione e ingegnere cibernetico Maria Chiara
Carrozza e il medico virologo attivo nella lotta alla disinformazione medica
Roberto Burioni. Trieste Next si propone come "vetrina dell'innovazione" e della
ricerca applicata, dove i ricercatori e gli imprenditori possono raccontare le
rispettive esperienze, con esempi concreti di soluzioni che hanno portato
benefici al mondo produttivo e alla comunità in generale. Il calendario completo
della manifestazione è disponibile sul web, insieme alla lista completa dei
relatori e a tutti gli appuntamenti che caratterizzeranno le varie giornate. Il
sito di riferimento è www.triestenext.it. Tra i vari eventi in programma, da
segnalare l'incontro con Andrea Segrè, l'ideatore del Last Minute Market. Alla
presentazione ufficiale, aperta da Angela Brandi, assessore all'Educazione,
scuola, università e ricerca del Comune di Trieste, sono intervenuti Maurizio
Fermeglia, rettore dell'Università degli Studi di Trieste, Antonio Maconi,
direttore di Trieste Next e senior partner di ItalyPost, Sergio Paoletti,
presidente di Area Science Park, Tiziana Gibelli, assessore alla Cultura della
Regione Fvg, Tiziana Benussi, vicepresidente del cda di Fondazione CRTrieste,
Guido Perelli Rocco, presidente Airc Comitato Friuli Venezia Giulia, e
Massimiliano Kropf, amministratore delegato di Eurospital. «Il Comune di Trieste
è particolarmente orgoglioso di presentare l'edizione 2018, che si arricchisce
della collaborazione della Commissione europea - ha evidenziato Brandi -, che ha
selezionato il nostro evento come punto di riferimento italiano per le
manifestazioni di divulgazione scientifica». L'assessore ha puntato l'attenzione
anche sulle tante attività riservate ai più giovani. «In questi sette anni, a
Trieste - ha ricordato poi Antonio Maconi, Italypost, direttore di Trieste Next
2018 - si è costruita, attorno a quella che è diventata forse la più importante
manifestazione nazionale sulla ricerca scientifica, una comunità di intenti tra
soggetti diversi che però hanno sempre avuto chiare due questioni di fondo: la
prima è che mondo dell'impresa e ricerca scientifica devono dialogare
costantemente per accrescere la competitività del Paese. La seconda è che il
"sistema Trieste" deve dialogare con il mondo ed essere parte di un contesto
europeo. L'edizione 2018 è costruita proprio per perseguire questo obiettivo:
presentare un festival che sia luogo di divulgazione e inclusione scientifica,
di dibattito aperto, informazione e conoscenza, di incontro tra mondo della
ricerca e dell'impresa, di promozione e valorizzazione, a livello
internazionale, del patrimonio scientifico della città di Trieste». Presente a
Next anche l'Airc, l'Associazione italiana per la ricerca sul cancro, che
porterà a Trieste molti dei suoi ricercatori di punta.
Micol Brusaferro
Ex tempore senza confini per un mondo equo e solidale
Sabato tra piazza Sant'Antonio, Canal Grande e Ponterosso aperto ai
creativi di ogni età
L'apertura agli altri attraverso i colori. "Aperture a colori" è il tema del
I ex tempore di pittura, promosso dall'associazione Senza Confini-Brez Meja in
occasione dei 25 anni di impegno per la costruzione di un mondo più equo e
solidale, che si terrà sabato (o in caso di maltempo quello successivo) nel
centro cittadino. Aperto ai creativi di ogni età e provenienza (è prevista anche
una sezione per bambini e ragazzi fino a 14 anni), l'evento, progettato in
collaborazione con Ramatou - art networking, rappresenta una festa della
creatività che, negli intendimenti degli organizzatori, ha lo scopo di
"valorizzare, promuovere e rappresentare l'idea di un mondo interconnesso,
aperto e colorato, vario e accogliente". Un mondo insomma da "ri-dipingere a
colori". «La nostra - spiega la presidente, Marija Besednjak - è un'associazione
che, oltre a proporre modalità di commercializzazione di prodotti che
riconoscano i diritti fondamentali a ogni soggetto della filiera, è interessata
da sempre anche a conoscere le culture e le tradizioni dei produttori.
Promuovendo un mondo dove la diversità di origine, cultura e lingua rappresenti
una ricchezza, abbiamo pensato che questi valori si potessero promuovere anche
in modo gioioso, chiamando a immaginare un mondo a colori, simbolo della
diversità umana. Così abbiamo promosso un concorso en plein air che si terrà tra
piazza S. Antonio, Canal Grande, Ponterosso, Rive e piazza Cavana». «Sarà -
prosegue - un momento di festa: inizieremo alle 8.30 e ogni iscritto dovrà
presentarsi con l'attrezzatura necessaria; la tela o tavola verrà timbrata e i
partecipanti avranno tempo fino alle 18.30 per completare e consegnare le opere.
La giuria, composta dalle artiste Vesna Benedetic ed Elisa Vladilo e da una
rappresentante dell'associazione, vaglierà i lavori che verranno premiati alle
20 nella sede di via Torrebianca 29/b durante una cerimonia a cui seguiranno un
momento conviviale e un brindisi». Le opere selezionate resteranno in mostra
fino a sabato 29. Le iscrizioni, che per i ragazzi sono gratuite, sono aperte
presso la Bottega del Mondo di via Torrebianca 29/b, ma ci si potrà iscrivere
anche sul posto entro le 13. Saranno selezionate 6 opere, tre delle quali
verranno premiate con ceste artigianali di prodotti. Per i bambini e ragazzi
sono previste menzioni speciali e un piccolo omaggio.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 settembre 2018
Il battesimo del fronte del "no" al pirogassificatore
nell'assemblea di Aurisina
Il confronto pubblico sul tema segna la nascita di un movimento che
coinvolge residenti e rappresentanti della comunità scientifica
DUINO AURISINA - Si apre il "caso" pirogassificatore. Con la pubblica
assemblea svoltasi ieri pomeriggio ad Aurisina - dove, per la prima volta, le
proprietà della Burgo e della Cartiera di Ferrara si sono confrontate a viso
aperto con la popolazione, grazie all'iniziativa del Comune di Duino Aurisina,
che ha indetto l'incontro moderato da Chiara Puntar - ha preso forma quel
movimento del "no" di cui finora si era avuta solo una percezione. Per ora si
tratta di voci isolate, espressione da un lato del territorio e dall'altro della
comunità scientifica. Davide Peric, ad esempio, residente a San Giovanni di
Duino, la frazione dove sorge lo stabilimento della Cartiera, ha spiegato così
il suo netto no al pirogassificatore: «Il nostro è un piccolo territorio già
gravato dalla quotidiana presenza di mezzi pesanti. Adesso si vorrebbe
aggiungere questo impianto. Io sono un agricoltore e tutto ciò che abbiamo fatto
per migliorare i nostri prodotti sarà messo in discussione. Il valore del
territorio calerà di schianto, alla pari degli immobili in cui viviamo. E tutto
questo senza avere la garanzia della continuità del lavoro per gli operai della
Cartiera». Dettagliati quindi gli interventi della geobiologa Elena Rojac e
dell'ex dirigente dell'Iri Aldevis Tibaldi, noto in Regione nell'ambito del
Comitato del Friuli rurale. «Il problema principale è rappresentato dalla
diffusione nell'aria delle nanoparticelle che sono pericolose», ha detto la
prima. «Vorrei sapere perché, questo impianto, la Cartiera di Ferrara lo viene a
fare qui», si è chiesto il secondo. «Forse perché da noi è più facile ottenere
le autorizzazioni», ha aggiunto. Danilo Mervic, del Comitato "Salute e
Territorio", ha ricordato che «le nanoparticelle possono insinuarsi nelle
porosità del Carso e trasferirsi nei corsi sotterranei di quell'acqua che poi
beviamo». Danilo Antoni, anche lui del Comitato, ha definito il progetto «troppo
vago», annunciando che «saranno organizzati nuovi pubblici incontri, invitando
anche i rappresentanti sindacali della Burgo». Le ragioni della Cartiera di
Ferrara le ha illustrate il direttore dell'impianto Alessandro Castelletti:
«Abbiamo predisposto un business plan che tiene conto di tutte le esigenze
ambientali, col parere di esperti internazionali che hanno garantito la
compatibilità del pirogassificatore, grazie a uno specifico brevetto. Il
pirogassificatore è indispensabile nel processo produttivo che darà lavoro a una
novantina di persone». All'incontro, molto partecipato, erano presenti anche
lavoratori della Burgo, che hanno esposto uno striscione di protesta. -
Trieste si svela esempio di mobilità sostenibile - Il
52% utilizza l'autobus - Il convegno al MIB
Parlare di mobilità sostenibile ai giovani, a 360 gradi, attraverso la voce
di persone attive in diversi settori. È ' l'obiettivo del convegno organizzato
ieri al Mib per la Settimana europea della mobilità, promosso da Trieste
Trasporti e Comune. Ricco il programma di interventi, con relatori conosciuti in
vari settori, tra sport, moda, università, ricerca, imprenditoria. Tutti pronti
a spiegare, a loro modo, il concetto di movimento, che punti sempre più a
tutelare l'ambiente, con lo sfruttamento di nuove energie o un uso più frequente
dei mezzi pubblici. «Ma la mobilità non è solo tecnologia - così il rettore
Maurizio Fermeglia - è anche muovere persone, culture, e parlo dell'Erasmus,
progetto che ha portato i ragazzi a spostarsi in tutta Europa e dove l'Italia,
in particolare il nostro ateneo, ha avuto un ruolo importante fin dall'inizio».
E ancora mobilità come spinta a trovare la propria strada nella vita. «Non è
stato semplice parlare davanti a così tante persone - ha detto Daniele Cavaliero,
giocatore dell'Alma - ma sono ragazzi come me, anch'io ero così e ho voluto
raccontare loro il mio percorso, ho puntato su alcune parole chiave, come
coraggio o esperienza, perché è necessario darsi da fare, dal più piccolo gesto
alla più grande avventura». Trieste Trasporti ha diffuso alcuni dati, che
mostrano come i triestini siano cittadini virtuosi rispetto al resto
dell'Italia: il 52% dei residenti dichiara di viaggiare abitualmente in bus,
contro una media nazionale del 24%. Trieste è la quarta città, dopo Venezia,
Milano e Roma, per numero di passeggeri sui mezzi pubblici in rapporto alla
popolazione.
Il Delfino Verde per Grado conquista il +20% in un anno
A bordo nel corso della stagione quasi 35 mila passeggeri - Cresciuto
rispetto al 2017 anche il numero delle biciclette trasportate
Trieste-Grado sulle onde: 34.541 i passeggeri imbarcati nel corso
dell'estate dal Delfino Verde, il battello che effettua il servizio marittimo
per conto dell a goriziana Apt. Nel 2017 i passeggeri erano stati 27.872, per
cui l'aumento totale registrato quest'anno è di 6.669, quasi il 20% in più.
Quest'anno c'è stato quasi un mese di servizio in più in bassa stagione, cioè a
maggio e a settembre, ma con sole due, anziché tre, corse giornaliere di andata
e ritorno. Ed è pure aumentato il numero delle biciclette trasportate: 1.505
l'anno scorso, 1.896 durante il servizio che si è concluso ieri l'altro.
«Un'altra stagione positiva - afferma il presidente dell'Apt Sara Cumar - anche
con l'incremento delle giornate di servizio. Più passeggeri e anche un maggior
numero di bici trasportate, anche a seguito dell'entrata in servizio del Delfino
Verde Deluxe che è più grande e capiente». L'entrata in servizio del nuovo
scafo, come precisa la stessa Sara Cumar, consente di eliminare alcune criticità
che si sono riscontrate durante la stagione. In qualche occasione è capitato,
infatti, che il numero di passeggeri da trasportare al rientro da/per Trieste
fosse superiore alla capienza del precedente e più piccolo Delfino Verde, tanto
da rendere necessario l'utilizzo di un bus suppletivo. La capacità della nuova
motonave risolve ora anche questo problema. L'armatore del Delfino Verde,
Silvano Peric, aggiorna sui gusti dei passeggeri: da Trieste si va a Grado per
trascorrere una giornata al mare, da Grado in genere si va a visitare il
capoluogo regionale. Fra questi ci sono italiani ma soprattutto turisti
stranieri, con prevalenza di austriaci e tedeschi, ma anche con una buona
presenza di vacanzieri provenienti dai Paesi nordici e dai Paesi dell'Est. Ma
parliamo dei triestini, che hanno raggiunto Grado via mare, facendo così
registrare circa seimila viaggi in macchina in meno da Trieste all'Isola del
sole, se calcoliamo due persone per ogni auto. Un dato empirico che si ricava
dal fatto che sono stati circa 12.500 passeggeri che sono partiti dal capoluogo
giuliano per raggiungere l'isola per trascorrere la giornata in spiaggia o per
visitare Grado utilizzando la via marittima.
Sahara sempre più piovoso a causa degli impianti eolici
Il climatologo Fred Kucharski ha compiuto lo studio coordinato
dall'università del Maryland e condotta in Italia, Stati Uniti e Cina
L'installazione di impianti per la produzione di energia eolica e solare
potrebbe trasformare il deserto del Sahara in un'oasi sempre più verde,
aumentando del 50% la quantità di piogge e del 20% la superficie occupata dalla
vegetazione. Da un ricerca recentemente pubblicata su Science, coordinata
dall'Università' del Maryland e condotta tra Stati Uniti, Cina e Italia, con la
partecipazione di Fred Kucharski, climatologo dell'Ictp, risulta come proprio la
presenza di impianti di energie rinnovabili abbia reso il Sahara più piovoso
rispetto ai tempi in cui il deserto era soltanto un'immensa distesa di dune di
sabbia, altopiani rocciosi, pianure ghiaiose e valli aride e distese. A sostegno
della tesi dei ricercatori ci sono i promettenti risultati di un esperimento
effettuato su piccola scala, condotto nella regione semi-arida del Sahel, nel
Sahara meridionale, dove sono stati installati impianti solari ed eolici che
hanno incrementato le precipitazioni di 1,12 millimetri al giorno. Mentre
aumentano le piogge, nel deserto sta lentamente avanzando anche la vegetazione,
e la produzione di CO2 resta decisamente inferiore rispetto a quella delle aree
in cui ci si affida ancora al carbone per la produzione di energia. Le centrali
solari ed eoliche hanno come effetto primario la riduzione delle emissioni di
gas serra antropogenico e di conseguenza l'attenuazione dei cambiamenti
climatici. Il modello elaborato dai ricercatori, coordinati dal professor Yan
Li, indica in modo chiaro che gli impianti per le energia rinnovabili possono
produrre cambiamenti rilevanti non solo su scala locale: con impianti eolici e
solari disseminati sui 9 milioni di chilometri quadrati del Sahara, sostengono i
ricercatori, si potrebbero produrre cambiamenti a livello continentale. Il
modello pubblicato su Science indica che gli impianti eolici modificano
l'ambiente, spostando le masse d'aria e favorendo in questo modo una maggiore
evaporazione e di conseguenza la generazione di pioggia. I pannelli solari
agiscono, invece, riducendo l'albedo, ossia la capacità della superficie di
riflettere la luce, generando un effetto positivo su temperature, aria, piogge e
vegetazione. "Nel Sahara, Sahel e in Medio Oriente si trovano alcune delle
regioni più secche del mondo, dove la crescita demografica e la povertà
aumentano in modo significativo. Questo studio ha implicazioni importanti perché
unisce le sfide della sostenibilità ambientale e della produzione di energia,
acqua e cibo, cruciali in quest'area. I benefici possono essere enormi sia
sull'ecosistema che nella vita quotidiana" concludono gli autori della ricerca,
auspicando decisioni politiche significative e massicci investimenti sulle
energie rinnovabili. -
Giulia Basso
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 settembre 2018
Restyling di piazza Libertà - In vista divieti e sensi unici
Cinque fasi di intervento Si parte da via Flavio Gioia
e si prosegue su corso Cavour, via Ghega, via Cellini e infine via Pauliana
Imminente l'avvio dei lavori per risistemare finalmente piazza Libertà,
necessario allora provvedere a ripensare traffico e soste sui tre lati (il
quarto è quello occupato dalla stazione centrale) del grande spazio. Sarà un
autunno di sacrificio e gli automobilisti sono avvertiti, anche perchè piazza
Libertà è uno snodo nevralgico della circolazione e serve lo scalo ferroviario
cittadino. L'arco temporale degli interventi, secondo le due determine firmate
dal capo dell'Urbanistica Giulio Bernetti, andrà a conclusione, a seconda dei
siti, tra l'inizio di gennaio e la metà febbraio del prossimo anno. Prima
tornata, un po' più leggera con scadenza 4 gennaio, tra via Flavio Gioia e Largo
Città di Santos, cioè per intenderci sul lato Silos-Tripcovich-bretella verso
corso Cavour. Scatterà il divieto di sosta e fermata, con rimozione, e si
procederà a restringere in tre punti la carreggiata: da via Gioia a Città di
Santos, tra piazza Libertà e Città di Santos, sulla bretella con senso unico
alternato. Saranno spostati tre posti per taxi e due per disabili. Decisamente
più complessa la seconda tornata, che, per limitare l'impatto sul traffico, sarà
articolata su quattro fasi, tutte con lo stesso menu: divieto di sosta e
fermata, restringimento di carreggiata. Ogni fase implica un periodo di lavoro
calcolato in 30 giorni. Termine previsto l'11 febbraio, 90° dei Patti
Lateranensi. Si comincia nel tratto della piazza che si estende tra le
intersezioni con corso Cavour e via Ghega. Interessanti per gli automobilisti i
restringimenti sia in piazza Libertà verso Sant'Anastasio/Miramare che in via
Ghega. La fase B procederà in piazza Libertà tra via Ghega e via Cellini, con
divieti di stata/fermata e con restringimenti previsti ancora in piazza e in via
Ghega. La fase C galopperà nella stessa direzione, coinvolgendo piazza, via
Cellini, fino a via Tivarnella. Con quattro impegnativi restringimenti di
carreggiata: piazza, via Cellini, via Sant'Anastasio, via Tivarnella. Gran
finale con fase D: da via Tivarnella a via Pauliana, con tre restringimenti. E
un sincero in bocca al lupo.
Auto elettriche a Trieste e "dialogo" con il porto per
la mobilità sostenibile
"Cambia e vai!" è lo slogan della settimana della mobilità sostenibile.
Domani evento aperto al pubblico a cura di Area Science Park: "Trieste verso una
nuova mobilità: le pubbliche amministrazioni e le grandi imprese si raccontano",
di interesse per quanti vogliano acquisire informazioni sulle più comuni
tecnologie per veicoli elettrici attualmente presenti sul mercato, lo stato
dell'arte, le caratteristiche distintive, i vantaggi (anche economici), le
limitazioni. L'appuntamento è dalle 15.30 alle 17.30 in Sala Tergeste, piazza
dell'Unità d'Italia 4d. Anche AcegasApsAmga parteciperà con un intervento del
Responsabile dei Servizi Corporate di AcegasApsAmga, Enrico Altran, dal titolo
"Iniziative di mobilità sostenibile e attenzione all'ambiente in AcegasApsAmga".
Un'iniziativa in linea con le varie attività messe in campo dall'Azienda
nell'ambito dell'energia sostenibile, anche nell'ottica del miglioramento della
qualità della vita nelle città. La multiutility sostiene lo sviluppo di una
mobilità urbana a favore della sostenibilità ambientale, unita alla crescita
economica locale e alla qualità della vita cittadina. Dal 2015 la multiutility,
in linea con la mission della Capogruppo, ha installato 12 colonnine per la
ricarica delle auto elettriche a Trieste, Gorizia e Udine. Da gennaio 2018 ad
oggi sono state registrate oltre 2.000 ricariche, effettuate sia da utenti
locali che stranieri, corrispondenti a circa 16.000 kWh erogati. Ad oggi la
colonnina utilizzata maggiormente risulta essere quella installata a Trieste, in
Largo dei Granatieri, dietro Piazza dell'Unità, che solamente quest'anno ha
registrato oltre 300 ricariche. Mercoledì invece si terrà il convegno "Cultura,
esperienze e prospettive per uno sviluppo integrato e sostenibile tra mare e
città" durante il quale verranno illustrati i potenziali sviluppi e le
esperienze dell'integrazione porto-città. Dalle 14- alle 18 alla Centrale
Idrodinamica, Porto Vecchio. Ingresso su prenotazione per gli iscritti agli
ordini professionali; ingresso libero per il pubblico.
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 settembre 2018
Dalla raccolta dei tappi due carrozzine.
Un piccolo gesto, anzi tanti piccoli gesti riescono a concretizzare, a rendere reale, ciò che per molti è una "leggenda metropolitana" cioè la raccolta dei tappi di plastica a scopo benefico. Molte persone (uffici, scuole, asili, negozi, ecc.) raccolgono i tappi per poi donarli all'Unitalsi, chi con grandi raccolte (posti di lavoro), chi con piccole borse che portano direttamente alla nostra sede: ebbene con tale iniziativa siamo riusciti ad acquistare due preziose carrozzine per disabili. Ringraziamo tutti i donatori.
Cavaliero testimonial di mobilità sostenibile -
Incontro al MIB
Studenti a lezione di mobilità domani al Mib. A partire dalle 9.30 un panel
di relatori d'eccezione racconterà a 200 ragazzi delle scuole superiori
triestine la propria idea, la propria storia di mobilità: non solo mobilità su
strada, ma con la mente, nello sport, nella salute o sul mare. Mobilità della
conoscenza e della creatività, dunque, mobilità di autobus e biciclette. Con gli
assessori comunali Luisa Polli e Maurizio Bucci e il presidente e
l'amministratore delegato di Trieste Trasporti, Pier Giorgio Luccarini e Aniello
Semplice, interverranno il rettore dell'Università di Trieste Maurizio Fermeglia,
la fondatrice e direttrice di ITS Barbara Franchin, Daniele Cavaliero dell'Alma
Pallacanestro Trieste, il pallanuotista Luca Giustolisi, il cardiologo Andrea Di
Lenarda e molti altri. L'evento di lunedì è promosso e organizzato dal Comune di
Trieste insieme con Trieste Trasporti.
Ambiente - Incontro pubblico sul pirogassificatore
Si svolgerà domani alla Casa della Pietra "Ivo Gruden" di Aurisina, con inizio alle 16.30, l' incontro pubblico fra Comune di Duino Aurisina e la proprietà della Cartiera Burgo di San Giovanni di Duino, per discutere del progetto di realizzazione di un pirogassificatore all'interno dello stabilimento.
In Val Rosandra alla scoperta delle abitudini del lupo
e dell'orso - grande gioco di società
Come ti racconto la vita del lupo, le abitudini dell'orso e di altri animali
attraverso giochi e facili quiz. È quanto propone l'appuntamento di oggi targato
Cooperativa Rogos e ambientato nell'area della Riserva Naturale della Val
Rosandra, evento dal titolo "Alla scoperta dei grandi carnivori", organizzato in
collaborazione con l'Associazione Il Villaggio degli Orsi e dedicato
prevalentemente ai bambini. Come si muove abitualmente la lince? Quali sono i
ritmi quotidiani dello sciacallo dorato, animale che tra l'altro sembra gradire
sempre più frequentemente l'habitat carsico? Sono alcuni dei quesiti che
caratterizzano il clima ludico atteso all'interno dell'appuntamento di domenica,
strutturato sulla falsa riga di un grande gioco di società, simile alle modalità
del noto "Gioco dell'oca". Nello specifico, si gareggia muniti di tessere,
rispondendo a domande legate a quattro tipologie di argomento, alla caccia dei
punti "Ambiente" da completare sulla base delle risposte per ogni specie
trattata. Il gioco tratta quindi la biologia dell'ambiente carsico, la vita dei
suoi abitanti e soprattutto dei più temuti, anzi, probabilmente non ancora
abbastanza conosciuti, come soprattutto l'orso, l'animale destinato alla maggior
trattazione durante l'intrattenimento a suon di quiz sull'ambiente circostante.
Il progetto "Villaggio degli Orsi" è nato nel 2005 all'interno dell'Università
di Udine e si lega a percorsi all'insegna del turismo sostenibile e
all'ecoturismo. "Alla scoperta dei grandi carnivori" si svolgerà dalle 10, nella
sede del Centro Visite della Riserva Naturale della Val Rosandra, a Bagnoli
della Rosandra 507. Partecipazione gratuita e senza obbligo di prenotazione.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 15 settembre 2018
Via ai lavori "anti rumore" a San Dorligo
Dopo le proteste dei residenti per il traffico pesante sulla 202 che si
sente fino alle case scatta l'intervento da 3,5 milioni
SAN DORLIGO - Parte l'operazione "anti rumore" originato dal traffico
pesante sulla "202" nel territorio comunale di San Dorligo della Valle. Dopo
mesi di ripetute proteste dei residenti, in particolare di quelli delle frazioni
di San Giuseppe della Chiusa e di Log, l'Anas ha dato il via all'intervento che
prevede la ricostruzione dei giunti di dilatazione e la realizzazione della
soletta stradale, lungo la statale "Triestina", in direzione Rozzol, nel tratto
compreso tra il chilometro 8,700, all'altezza di Bagnoli della Rosandra, e il
chilometro 10,100. I lavori, che comporteranno un costo complessivo di 3,5
milioni di euro, saranno completati entro il 12 ottobre. L'apertura del cantiere
determinerà la deviazione del traffico lungo la carreggiata, in direzione
Trieste, appositamente allestita a doppio senso di circolazione. La polemica
provocata dal costante rumore che arriva alle case dalla "202" è oramai datata:
in Consiglio comunale si è discusso più volte dell'argomento. Ora finalmente
sembra si sia giunti a un punto fermo, anche se non è certo che il risultato
sarà ottimale e che i rumori possano scomparire del tutto. Come hanno più volte
ricordato negli ultimi mesi l'assessore per la Viabilità, Franco Crevatin, e il
presidente della Commissione consiliare Ambiente, Roberto Potocco: «La
sostituzione dei giunti rappresenta il primo passo verso la soluzione del
problema». «Una volta completato l'intervento - hanno aggiunto in questa
occasione - saranno nuovamente effettuati controlli per misurare il rumore
provocato dal transito dei mezzi pesanti. A quel punto valuteremo se sarà
necessario procedere o meno con altri interventi». Sempre per consentire di
intervenire sui giunti e sulla pavimentazione, la medesima modifica della
viabilità sarà istituita, fino al 12 ottobre, lungo il raccordo autostradale 13
"A/4 - Trieste", nel tratto compreso tra il chilometro 2 e il 4, all'altezza
della località di Aurisina, nel comune di Duino Aurisina. Anche in questo caso
il traffico in direzione di Trieste sarà indirizzato lungo la carreggiata
opposta allestita a doppio senso di marcia. Sulle tratte oggetto del
provvedimento saranno inoltre istituiti il limite di velocità a 40 chilometri
all'ora e il divieto di sorpasso per tutti gli autoveicoli. L'Anas raccomanda
prudenza nella guida e ricorda che l'evoluzione della situazione del traffico in
tempo reale è consultabile sul sito web www.stradeanas.it oppure su tutti gli
smartphone e i tablet, grazie all'applicazione "VAI" di Anas, disponibile
gratuitamente in "App store" e in "Play store". L'Anas ricorda anche che il
servizio clienti "Pronto Anas" è raggiungibile, chiamando il numero verde
gratuito 800841148.
Ugo Salvini
Tentano di pescare delle nutrie nel rio Ospo - Stretta
alla vigilanza nella zona dei "castorini"
Un video che circola sul web ha innescato l'allarme: in azione due uomini
con corde, un grande sacco e un paio di zaini in riva al corso d'acqua
MUGGIA - «Ma che topi e topi. Per favore, ragionier Fantozzi, non ci si
metta anche lei. Esiste il pescecane, il pescegatto e il "pesce ratto". Possono
piacere o non piacere, e su questo io non discuto. Ad ogni modo a me la
grigliata di pesce ratto piace da morire». Scappa quasi un sorriso citando la
battuta cinematografica dell'immortale ragionier Filini nella classica scena
della battuta di pesca effettuata sul molo di un'improbabile località di mare.
Ora, però, sembra ci sia meno da ridere nella storia (vera) immortalata dal
telefonino di una cittadina triestina, che ha filmato due uomini appostati sul
rio Ospo intenti a "pescare" alcune... nutrie. Il video, postato sui social, ha
fatto il giro del web. Dalle immagini non è chiaro se la pesca sia andata a buon
fine, certo è che l'atteggiamento degli uomini appare piuttosto inequivocabile.
«Da circa una settimana avevo notato delle persone aggirarsi nella zona del
ponticello di via Flavia di Stramare, vicino il Garden Center. C'erano anche
donne e bambini. All'inizio pensavo volessero andare a vedere le nutrie, che lì
sono di casa», racconta M.B., cittadina triestina, frequentatrice di Muggia e
grande appassionata dei castorini rivieraschi. La scena è però cambiata
radicalmente due giorni fa. «Come al solito ho percorso quel tratto di strada e
ho notato che c'erano solamente due persone, due uomini. Ma questa volta con
loro avevano delle corde, delle specie di lenze. Nel corso d'acqua ho contato
almeno quattro nutrie che seguivano quella che immagino fosse l'esca attaccata
alla corda. Accanto a loro avevano anche una grande sacca bianca e due grandi
zaini. Non appena accortisi che li stavo filmando se la sono data a gambe
levate», aggiunge la donna. Le immagini della pesca alla nutria sono arrivate
agli occhi dell'assessore alla Polizia locale di Muggia, Stefano Decolle, quasi
incredulo: «In effetti c'è quasi da non crederci. Sicuramente posso dire che
siamo di fronte ad un comportamento scorretto ed incivile che va assolutamente
condannato e che personalmente mi lascia davvero perplesso. Ho già parlato con
il comandante della Polizia locale muggesana e abbiamo deciso che sorveglieremo
la zona affinché un simile gesto non si ripeta più». Ma a cosa era finalizzata
la pesca delle nutrie? Al recupero della pelliccia o a un cibo alternativo? Il
caso muggesano fa seguito a un altro episodio avvenuto lungo un canale adiacente
il Po, ad Adria, dove alcuni ragazzini del posto avevano deciso di pescare i
grossi roditori con delle canne da pesca. Pure in quel caso i pescatori, una
volta scoperti, erano fuggiti via. Tornando a Muggia, in molti si sono chiesti
se si può effettivamente pescare (pesci) nel rio Ospo dopo l'ordinanza
dell'estate 2016 che aveva istituito il divieto di pesca (e caccia) in seguito
alla presenza di botulino che aveva fatto stragi di anatidi. Chi è in possesso
della licenza di pesca per acque interne può pescare nel rio Ospo. Pesci però.
Riccardo Tosques
IL PROGETTO DEL COMUNE DI MUGGIA - Piano di
sterilizzazione: l'ok da parte dell'Ispra atteso ormai da due mesi
«Condanno in toto questo atto deplorevole contro le nutrie e mi auguro che
arrivi presto dall'Ispra l'ok per iniziare la sterilizzazione dei castorini del
rio Ospo». Laura Litteri, assessore all'Ambiente del Comune di Muggia,
stigmatizzando la pesca delle nutrie, racconta del silenzio assunto
dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale sul caso
nutrie. «Abbiamo avuto l'assenso della Regione per evitare la morte cruenta
delle nutrie. È da due mesi che stiamo attendendo che l'Ispra ci dia l'ultimo e
definitivo ok per procedere al piano di contenimento dei roditori tramite il
progetto di sterilizzazione. Continuiamo ad attendere fiduciosi», aggiunge
Litteri. Le immagini del video girato sull'Ospo non hanno naturalmente lasciato
indifferente Cristian Bacci, responsabile dell'associazione animalista Mujaveg,
realtà da sempre vicina alle nutrie: «Adulti con tanto di figli che cercano di
catturare le nutrie muggesane. Riteniamo questo un gesto da biasimare per più
ragioni: non solo manca di rispetto al diritto alla libertà ed alla vita degli
animali, ma educa i bimbi ad accettare e replicare comportamenti di
ingiustificabile violenza». Litteri e Bacci hanno infine ricordato la normativa
attuale e i prossimi passi da percorrere assieme, anche in collaborazione con
l'Enpa: «Ad oggi è assolutamente vietato catturare le nutrie. In futuro
solamente i volontari di Mujaveg e di Enpa, muniti di tesserino di
riconoscimento, saranno autorizzati a prendere e a liberare i castorini dopo che
gli stessi siano stati sterilizzati».
Trieste Trasporti - Nuovo servizio bici a bordo degli
autobus
Parte domani, in occasione della Settimana Europea della Mobilità, il nuovo
servizio sperimentale BiciBus di Trieste Trasporti. L'iniziativa, che rientra
fra quelle del progetto europeo Civitas Portis, di cui l'azienda è partner,
consentirà di viaggiare in autobus fra il centro città e Basovizza con le
biciclette a bordo. Il servizio sarà attivo tutti i giorni da domani a domenica
23 settembre e, dal 29 settembre, tutti i sabati e le domeniche fino al 16
dicembre.
INCONTRO PUBBLICO CON LA BURGO - Lunedì il faccia a
faccia sul pirogassificatore
Si svolgerà lunedì alla Casa della Pietra "Igo Gruden" di Aurisina, con
inizio alle 16.30, l'atteso incontro pubblico fra l'amministrazione comunale di
Duino Aurisina e la proprietà della Cartiera Burgo di San Giovanni di Duino, per
discutere del progetto di realizzazione di un pirogassificatore all'interno
dello stabilimento. Dopo le audizioni delle organizzazioni sindacali e del
Comitato "Salute e Territorio", avvenute in Municipio, stavolta tutti gli
interessati potranno partecipare. «Abbiamo formulato questo invito alla
proprietà della Cartiera Burgo - ha detto Daniela Pallotta, sindaco di Duino
Aurisina - proprio perché vogliamo che i cittadini possano ascoltare dalla viva
voce dei rappresentanti della proprietà le caratteristiche del progetto. La
costruzione di un pirogassificatore - ha aggiunto - riguarda evidentemente
l'intera collettività ed è giusto che tutti siano informati per tempo». Negli
incontri finora avuti, tutti indistintamente hanno parlato di «necessità di
approfondire tutti gli aspetti del progetto».
Scienza - Trieste Next 2018 svela le sue carte
Martedì alle 11 nella Sala Tergeste del Municipio verrà presentata la nuova
edizione di Trieste Next 2018, il festival della ricerca scientifica di Trieste
che si terrà dal 28 al 30 settembre 2018. Titolo e argomento della settima
edizione di Trieste Next è NatureTECH: la scienza al confine fra tecnologico e
biotecnologico. Grandi ospiti di questa manifestazione sono: Maria Chiara
Carrozza, Elena Cattaneo e Roberto Burioni.
GREENSTYLE.it - VENERDI', 14 settembre 2018
Microplastiche, Parlamento europeo: vietate entro il
2020
L’Unione europea vuole che tutti gli imballaggi di plastica siano
riciclabili entro il 2020, e vuole imporre un divieto all’utilizzo delle
microplastiche in alcuni prodotti e quello a una serie di materiali plastici
monouso. Della nuova strategia per raggiungere tali obiettivi se n’è discusso in
Europarlamento in seguito alla necessità di tutelare l’ambiente.
Le materie plastiche economiche e durevoli sono ampiamente utilizzate, ma la
loro crescente popolarità è stata accompagnata da una incredibile quantità di
rifiuti di plastica che colpiscono l’ambiente e la salute delle persone. Basta
considerare che ogni anno nell’UE vengono generate circa 26 milioni di
tonnellate di questi rifiuti e che meno del 30% viene riciclato, mentre parte
della restante percentuale viene esportata in Paesi al di fuori dell’Unione
europea per il trattamento. Il resto va nelle discariche, viene incenerito o
finisce nella natura, ad esempio sulle spiagge, nelle foreste, nei fiumi e nei
mari, inquinando l’ambiente. Nel tentativo di contrastare l’inquinamento
plastico la Commissione europea ha proposto una strategia sulle materie
plastiche con l’obiettivo di garantire che entro il 2020 ogni confezione di
plastica possa essere riutilizzata o riciclata, oltre a ridurre il consumo di
materie plastiche monouso e vietare l’uso di microplastica nei cosmetici e nei
prodotti per la pulizia, insieme allo stop totale alle plastiche oxo-degradabili
che si frammentano con luce e caldo. In Parlamento sono stati 597 i voti
favorevoli alla proposta, 15 i contrari e 25 si sono invece astenuti. C’è anche
stato un invito agli Stati membri dell’UE a considerare la possibilità di
ridurre l’IVA sui prodotti contenenti materiali riciclati, in modo tale da
favorirli per l’impiego. Infine vi è anche l’ipotesi di incentivare i pescatori
che raccolgono i rifiuti plastici dai mari per riportarli in porto e aiutare
così a ripulire le acque.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - VENERDI', 14 settembre 2018
«Ferriera, si pronuncino Arpa e AsuiTs»
Comitati e centrodestra contestano i toni usati dall'azienda. «Non basta
il rispetto dei parametri per rendere il rione sano»
«Vorremmo capire se all'improvviso la Ferriera è diventata l'ente che può
certificare il benessere di Servola. Solo l'Arpa può farlo. E ci aspettiamo che
lo faccia, magari assieme alle altre istituzioni come l'Azienda sanitaria». Così
il comitato No Smog, per voce di Alda Sancin, ribatte a Siderurgica triestina
all'indomani della presentazione da parte dell'azienda del rapporto sulla
qualità dell'aria che, sulla base di dati Arpa e dati interni, evidenzia i
risultati raggiunti sul fronte ambientale. Risultati che però il comitato
contesta apertamente, al pari dell'assessore regionale all'Ambiente Fabio
Scoccimarro e degli esponenti del centrodestra.«L'azienda parla di alcuni
parametri che sarebbero scesi - prosegue Sancin -, ma l'ambiente di un
territorio consiste in un insieme di fattori. Non ci pare che in fatto di odori,
rumori e spolveramenti ci siano stati questi grandi miglioramenti». Inoltre,
ragiona ancora Sancin, «l'azienda può anche annunciare trionfalmente di aver
rispettato alcuni parametri, ma questo non significa che la vita del quartiere
sia diventata compatibile con quello stabilimento: anche perché non si tiene mai
conto dell'effetto sinergico dei vari parametri». Cosa intende con «effetto
sinergico»? Spiega Sancin: «Io posso anche restare subito sotto al limite di
legge per una sostanza nociva, ma se nell'aria ci sono dieci sostanze subito
sotto il limite, le persone se le respirano tutte assieme. E tutte assieme
agiscono in un cocktail certo non piacevole. Le valutazioni su questo non le
deve fare l'azienda, che fa invece il ferro, bensì le istituzioni preposte come
l'Azienda sanitaria». Critico anche il consigliere regionale leghista Danilo
Slokar: «Oggi scopriamo che i nostri occhi, i nostri nasi, le nostre gole, i
nostri polmoni, i nostri reni, mentono. Siderurgica Triestina ha infatti
illustrato come, grazie ai suoi sforzi, l'aria di Servola sia in regola con la
legge e noi dovremmo anche ringraziarla. Per fortuna - conclude Slokar,
ricordando come dal report emerga peraltro una concentrazione di benzene doppia
rispetto al resto della città - il governatore Fedriga e l'assessore Scoccimarro
hanno impresso un cambio di marcia». Lo stesso rivendicato proprio
dall'assessore all'Ambiente che, pur non entrando nel merito del report e dei
miglioramenti accertati dall'Arpa, annuncia le prossime mosse: «Come concordato
con Francesco Rosato di Siderurgica triestina, dopo l'incontro del 18 settembre
convocato da Fedriga, apriremo un tavolo di confronto». La linea programmatica,
prosegue, «è sempre la stessa rispetto alle industrie fortemente impattanti sul
territorio regionale. La stella polare è la salute dei cittadini e la seguiremo
nel percorso che individueremo per salvaguardare anche i posti di lavoro».
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 settembre 2018
Pm 10 e benzoapirene sotto i limiti di legge - La
Ferriera centra il traguardo ambientale
Report sulla qualità dell'aria a Servola. L'azienda: «Rispettati i
parametri fissati dall'Aia. In autunno lavoratori a quota 600»
Siderurgica triestina va alla "controffensiva". L'azienda che gestisce
l'attività della Ferriera di Servola si prepara a inviare alle istituzioni un
rapporto, basato sui dati raccolti dall'Arpa, in cui tira le fila dei risultati
raggiunti nel periodo Arvedi dell'impianto. Lo stesso rapporto è stato
presentato ieri alla stampa. Il dirigente del gruppo Arvedi Renato Crotti ha
sintetizzato così la posizione dell'azienda: «In questi anni abbiamo portato i
posti di lavoro da 350 ai 600, numero che raggiungeremo entro l'autunno grazie
al laminatoio. I dati ambientali, rilevati da soggetti terzi, confermano il
rispetto pieno dei parametri. L'Aia richiedeva dei miglioramenti che si sono
verificati. Confermiamo la disponibilità al confronto, ma chiediamo rispetto per
il lavoro nostro e per chi lavora qui».Il rapporto dell'azienda si basa su «dati
ufficiali di Arpa» nonché dati dell'azienda stessa. Questa la posizione
sull'ambiente: «Nel periodo 2015-2018, grazie agli interventi effettuati e alle
attività messe in atto, i valori di polveri fini (PM10) misurate nelle varie
centraline poste intorno all'impianto hanno registrato riduzioni significative
che vanno dal 15 al 30%». I valori, prosegue l'azienda, «sono ampiamente
inferiori ai valori normativi a autorizzativi». Quanto al benzoapirene: «Allo
stato attuale i valori al perimetro dello stabilimento risultato ampiamente
inferiori al valore obiettivo normativo (1ng/m3) essendosi portati dal dato
medio annuale di 1.22 registrato nel 2015 al dato medio annuale di 0,82 del
2017, con una ulteriore diminuzione nella media del 2018, che ad oggi si attesta
a 0,69». L'azienda assicura inoltre che «grazie all'installazione di un nuovo
impianto di trattamento delle emissioni della cokeria risultano pressoché
dimezzati i valori delle concentrazioni di benzene». Per quanto riguarda le
polveri, Siderurgica triestina afferma che «alcune stazioni deposimetriche dal
2015 al 2017 hanno fatto registrare riduzioni pari circa al 40%».L'azienda si è
avvalsa di due consulenti tecnici, Alessandra Barocci e Alessandro Casula, per
illustrare i miglioramenti apportati all'impianto. Ha spiegato Barocci:
«L'azienda ha sottoscritto un accordo che prevedeva la realizzazione di tre
punti. Il primo era la bonifica del sito intesa come messa in sicurezza
operativa. Ciò comportava la realizzazione delle pavimentazioni, il contenimento
e la sistemazione dei 19 piezometri contaminati nel 2014. Il secondo erano tutti
gli interventi destinati al proseguimento delle attività, destinati agli
impianti. Il terzo riguardava invece lo sviluppo economico, ovvero la cosiddetta
area a freddo». Tutti e tre i punti, ha proseguito Barocci, sono stati
perseguiti: «Ogni intervento è soggetto all'Autorizzazione integrata ambientale,
che prevede un piano di monitoraggio estremamente serrato. Solo quest'anno ci
sono state 75 verifiche ispettive. Nessun'altra acciaieria ha un sistema di
controllo di questo tipo». Ha aggiunto Casula: «A volte sembra passare il
messaggio che i parametri che ci sono stati imposti sarebbero un trattamento "di
favore" da parte delle istituzioni che hanno sottoscritto l'accordo di
programma. Ma non è così. L'Aia a cui la Ferriera è soggetta fa riferimento ai
parametri europei entro i quali bisogna rimanere per non nuocere alla salute e
all'ambiente. E quei parametri sono rispettati. Abbiamo anzi accettato di
sottoporci alle interpretazioni più restrittive».
Giovanni Tomasin
Trieste Next, le frontiere della scienza oltre le fake
news
Tre giorni di confronti e dibattiti - Le biotecnologie, le protesi, la
robotica e la "Notte europea dei Ricercatori"
Trieste - Esplorare le più avanzate frontiere delle terapie mediche contro
il cancro e promuovere la salute cardiovascolare, aprendo anche una riflessione
sulla questione delle false notizie (le cosiddette "fake news") in campo
scientifico, con un approfondimento su questioni etiche e giuridiche. È
l'obiettivo del Festival della ricerca scientifica "Trieste Next", appuntamento
autunnale triestino in programma dal 28 al 30 settembre in piazza dell'Unità
d'Italia e non solo, capace di calamitare nelle precedenti edizioni non solo
l'attenzione di ricercatori e studiosi, ma anche del pubblico delle grandi
occasioni, per la sua dimensione internazionale e di assoluto valore
scientifico. Nell'ampio calendario di conferenze e appuntamenti, si parlerà
anche di geoingegneria e controllo del clima, di intelligenza artificiale e
protesi ad alta tecnologia, di economia circolare che rigenera se stessa.
Intitolato "NatureTECH: il sottile confine fra biologico e biotecnologico" il
Festival, alla settima edizione, rappresenta l'occasione per incontrare
scienziati ed esperti di rilievo, chiamati dagli istituti che fanno capo al polo
triestino della ricerca, noto a livello internazionale ed è organizzato da
Comune, Università, ItalyPost, Area Science Park e Centro internazionale di
Ingegneria genetica e Biotecnologie (Icgeb), quest'anno capofila. Importante
novità, la collaborazione con la Commissione europea e il patrocinio
dell'European research Council. Copromotore la Regione, partner l'Associazione
Italiana per la ricerca sul cancro (Airc). La sera del 28 settembre, in
concomitanza con il Festival, si svolgerà inoltre la "Notte europea dei
Ricercatori".Al centro della manifestazione ci saranno inoltre tutte le attività
nella tensostruttura di piazza dell'Unità d'Italia e l'ampia offerta di
laboratori, mostre, animazioni per bambini e adulti, proposte da tutti gli
istituti che fanno capo al protocollo "Trieste città della Conoscenza", nucleo
fondante della manifestazione. Tra i relatori, molti ospiti di spicco.
L'intelligenza artificiale - Un appuntamento sarà dedicato all'intelligenza
artificiale, ai robot e alle protesi artificiali, sempre più sofisticate e ad
alta tecnologia, che stanno cambiando la vita e la percezione pubblica delle
persone con traumi spinali o amputazioni. Protagonista sarà Maria Chiara
Carrozza, ingegnere esperta di neurorobotica e protetica, già ministro
dell'Istruzione che, assieme a Maurizio Fermeglia, Rettore dell'Università di
Trieste, terrà la conferenza "Il futuro della Robotica". La senatrice a vita
Elena Cattaneo, con Mauro Giacca, direttore di Icgeb, parlerà di Scienza, etica
e società, in un intervento dedicato al rapporto fra l'opinione pubblica e i più
recenti e futuri avanzamenti in campo biomedico. L'esperto antibufale - Roberto
Burioni, medico e docente di Microbiologia e Virologia dell'Università San
Raffaele di Milano, attivo nell'informazione antibufala e spesso al centro di
polemiche con i cosiddetti "no-vax", parteciperà, con Mauro Giacca, alla
conferenza "Le bufale della scienza". Spazio alla ricerca d'avanguardia contro
il cancro, e una tavola rotonda, organizzata dall'Airc, con scienziati di
spicco: Anna Bagnato, dell'Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma,
Andrea Biondi, docente di Pediatria all'Università Milano Bicocca, Francesca
Demichelis, docente al Centro di Biologia integrata di Trento, Michele Maio,
direttore del Centro di Oncologia medica e Immunoterapia dell'Ospedale
universitario di Siena e Francesco Perrone, direttore Unità sperimentazioni
cliniche dell'Istituto nazionale tumori di Napoli.
Ugo Salvini /
Settimana della mobilità tra pedalate e letture "green"
Confronti, dibattiti e incontri in programma da domani - Nell'occasione
presentata anche la nuova auto ecologica in dotazione al Comune
Dal 16 al 23 settembre andrà in scena la Settimana europea della mobilità
sostenibile - il cui slogan è "cambia e vai!" -, per sensibilizzare i cittadini
sul tema della multimodalità. Il Comune, anche per questa 17° edizione, conferma
l'appoggio all'iniziativa promossa dalla Commissione Europea e propone una ricca
agenda di eventi per incentivare la comunità ad adottare soluzioni di mobilità
sostenibile. «I programmi - spiega l'assessore all'Ambiente, Luisa Polli -
rientrano nell'ambito delle attività che il Comune sta sviluppando insieme agli
altri partner (Autorità portuale, Area Science Park e Trieste Trasporti)
nell'ambito dei progetti europei Civitas Portis (Horizon 2020) e Locations
(Interreg MED 2014-2020) per l'integrazione urbanistica in chiave sostenibile
tra aree portuali e centri urbani». Ecco dunque alcuni eventi in menu: per i più
piccoli, "Nati per Leggere" sarà domenica 16 sul Delfino Verde e venerdì 21
sull'autobus tra Trieste e Muggia; lunedì e domenica 23 invece, tutti al
"Pedocin" per sperimentare in gruppo l'equilibrio sulle tavole da surf. Agli
amanti delle due ruote è dedicata la pedalata enogastronomica sul Carso, sabato
15. Martedì 18 l'evento curato da Area Science Park "Trieste verso una nuova
mobilità: le P.A. e le grandi imprese si raccontano" e mercoledì il convegno
"Cultura, esperienze e prospettive per uno sviluppo integrato e sostenibile tra
mare e città"; nel pomeriggio di giovedì appuntamento con "Civitas Portis e-cars
race". Nell'occasione Polli ha anche presentato la quattro ruote ecologica del
Comune: una smart elettrica, acquistata con i fondi del progetto Portis.
Stefano Cerri
Trieste - Comitatopace e solidarietà
Preoccupazione per il razzismo che contagia l'Europa. Il Comitato Pace Convivenza solidarietà Danilo Dolci invita quanti desiderano collaborare, cittadini ed associazioni, ad una quarta pubblica riunione informativa ed organizzativa che si svolgerà venerdì 14 settembre alle ore 17 e 30 accanto alla targa delle leggi razziali anti ebraiche oppure sotto il porticato del Comune in piazza Unità. Alla riunione verranno anche annunciate le varie iniziative in programma per il 15, 16 e18 settembre in piazza Unità in occasione dei 80 anni dall'annuncio delle leggi razziali.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 settembre 2018
Scatta il restyling di piazza Libertà
Il cantiere durerà quasi dieci mesi. Modifiche alla
viabilità - Novità per le due ruote: pista ciclabile fuori della stazione
Per vedere il nuovo assetto di piazza Libertà ci vorranno 295 giorni di
cantiere. Nulla di clamoroso rispetto ai primissimi progetti, anche perché
nell'area c'è la sala Tripcovich, su cui pesa il vincolo della soprintendenza,
ed è la vera croce per il sindaco che più volte ha ribadito il desiderio di
demolirla. Nel frattempo si accontenterà di "nasconderla" con 16 nuovi alberi
che saranno piantati tutto intorno. Oltre ad alcune modifiche della viabilità,
gli interventi più importanti riguarderanno la messa in sicurezza ed il rinnovo
delle tante condutture e tubature: il costo complessivo è di 4, 9 milioni di
euro già finanziati. Il cantiere partirà dall'area della stazione delle corriere
da dove verranno tolti i parcheggi dei motorini (spostati davanti alla farmacia
e davanti alla Tripcovich) e dove alla fine troveranno collocazione i capolinea
delle linee 1, 3, 19, 20, 21, 22, 24. Contemporaneamente ci saranno degli
interventi sul lato opposto alla stazione e oltre all'area verde, dove alla fine
ci saranno le fermate delle linee 8, 24, 40 e 41. L'assessore ai Lavori
pubblici, Elisa Lodi, chiede un minimo di pazienza ai cittadini «vista la
complessità dell'intervento. Ci potrebbero essere delle chiusure di alcune
corsie, ma non verranno mai bloccate delle strade». Del resto, potendo contare
su diverse vie di fuga, c'è la possibilità di deviare il traffico su largo città
di Santos quando si interverrà nella zona del monumento dell'esodo e nell'area
degli attuali capolinea che diventeranno poi cinque corsie per chi vuole
dirigersi al silos o tornare verso piazza Unità provenendo da via Ghega dove
sarà invertito il senso di marcia. Chi sceglierà via Cellini invece dovrà
proseguire diritto visto che la svolta al semaforo con via Pauliana sarà
consentita solo agli autobus della linea 17/ e 39 che avranno il capolinea poco
prima. Questo sarà l'ultimo intervento che verrà effettuato in ordine di tempo.
Spariranno i parcheggi all'inizio di via Sant'Anastasio e verranno create delle
aree di sosta nella strada tra la stazione e il silos, ma si tratta di una via
non di competenza comunale. Un'altra novità saranno gli attraversamenti a raso
davanti alla stazione e verso il supermercato. Novità anche per le biciclette.
Una pista passerà davanti all'uscita della stazione attraversando la piazza. Poi
ci saranno due possibilità: o proseguire sulle Rive o via Ghega e via Trento.
Andrea Pierini
Le ultime "jazere" di Draga a rischio estinzione
Le radici stanno invadendo le due antiche ghiacciaie rimaste. La
questione approda persino in Consiglio regionale
SAN DORLIGO - È sos jazere a Draga Sant'Elia. Le storiche ghiacciaie della
frazione del comune di San Dorligo stanno rischiando infatti di scomparire a
causa di alberi e piante, che stanno letteralmente ingoiando gli storici pozzi
in muratura. Ora la questione è finita anche all'attenzione della giunta
regionale. Gli albori delle jazere risalgono al Settecento. Non esistendo altre
fonti per produrre ghiaccio, i residenti di Draga decisero di sfruttare al
meglio il territorio. "Semplice" la procedura. Approfittando degli stagni
ghiacciati, venivano tagliate per mano di alcune asce speciali delle barre di
ghiaccio di circa un metro, spesse circa 20 centimetri. I blocchi venivano poi
calati all'interno dei pozzi costruiti ad arte lì vicino. Le strutture erano
realizzate in pietra e poi accuratamente coperte con foglie secche e tavole,
riuscendo a creare un isolamento funzionante anche nei mesi più caldi. Quello
della conservazione del ghiaccio non era solamente una necessità per le
famiglie, ma era un vero e proprio business, pure piuttosto redditizio: in
alcuni periodi un chilo di ghiaccio poteva avere lo stesso valore sul mercato di
un chilo di carne. È appurato poi che all'inizio del Novecento il ghiaccio
carsolino venisse imbarcato sulle navi dirette verso l'Egitto. A livello
prettamente locale, invece, gli ospedali e la birreria Dreher erano i clienti
più importanti. La storia mutò repentinamente nel secondo dopoguerra: con
l'arrivo degli angloamericani le jazere caddero rapidamente in disuso,
soppiantate dal più comodo frigorifero. Questa la storia, dunque. Ma cosa resta
oggi di quei tecnologici pozzi carsolini? Sempre meno. Delle quattro jazere
attualmente ancora esistenti a Draga, due sono oramai distrutte e le altre due
sono a rischio crollo a causa degli alberi che hanno messo le proprie radici
all'interno del muro di perimetrazione. La questione è finita anche sui banchi
del Consiglio regionale, con il forzista Piero Camber che con un'interrogazione
ha chiesto alla giunta di attivarsi per conservare le testimonianze dell'antico
sistema carsico di produzione del ghiaccio. Dal Comune di San Dorligo
l'assessore all'Ambiente Franco Crevatin conferma il problema: «A brevissimo
organizzeremo un sopralluogo con la Comunella di Draga, ente proprietario dei
terreni su cui sorgono le jazere, dopodiché mi impegno a trovare una soluzione
anche grazie ai fondi della Riserva naturale della Val Rosandra. Parliamo di un
patrimonio storico che non può più essere trascurato».
Riccardo Tosques
Scoccimarro perlustra l'Abisso, la Grotta nera e una
caverna inquinata - IL SOPRALLUOGO DELL'ASSESSORE
TRIESTE - "Speleomissione" ieri per l'assessore all'Ambiente e all'Energia
della giunta regionale guidata da Massimiliano Fedriga, il triestino Fabio
Scoccimarro di Fratelli d'Italia. Scoccimarro, si legge in una nota stampa della
Regione, «ha voluto valutare di persona lo stato di salute delle grotte carsiche
ed ha effettuato dei sopralluoghi all'Abisso di Trebiciano, alla Grotta nera di
Basovizza, nonché in una delle numerose caverne inquinate dell'area triestina».
L'assessore, a fine sopralluoghi, ha poi spiegato che «visitando le grotte
regionali ci si rende conto dell'importanza del lavoro svolto dai gruppi
speleologici attivi in Friuli Venezia Giulia, ed in particolare dalla
Federazione speleologica regionale, sia per l'attività di ricerca, sia per
quella sportiva» Guidato da Furio Premiani, presidente della Federazione
speleologica regionale, da Mauro Kraus, numero uno del Gruppo speleologico San
Giusto, e da Sergio D'Ambrosi, della Società Adriatica Speleologia, Scoccimarro
ha dunque confermato «l'attenzione» della Regione, che ha ereditato dalla
Provincia e dalla Federazione speleologica regionale la gestione del Catasto
grotte, e ha fatto notare che «rispetto al passato la sensibilità ecologica è
assolutamente cambiata, come dimostra il fatto che negli anni Settanta il
petrolio residuale dell'attentato compiuto dal gruppo terroristico Settembre
nero sia stato riversato all'interno di una caverna nell'area di Basovizza».
«Ora - ha aggiunto l'assessore regionale - dobbiamo quindi bonificare e porre
rimedio ai danni causati in passato, per evitare che una parte importante
dell'ecosistema regionale sia irrimediabilmente danneggiato». Visitando la
Grotta nera, nei pressi della quale è stato ricavato anche uno spazio didattico
che ricostruisce la vita degli uomini nell'era preistorica, Scoccimarro ha
rimarcato che «si tratta di una risorsa importante per il turismo scolastico,
che consente ai bambini di scoprire come vivevano i nostri lontani antenati».
Turismo naturalistico nella Riserva di Miramare
Domani e il 17 settembre "Te lo racconto io, Miramare!", workshop sul turismo naturalistico e scolastico sopra e sotto il mare per insegnanti, educatori, tour operator e guide turistiche a cura di Wwf Oasi- Amp Miramare con la collaborazione del Museo Storico del Castello e il Parco di Miramare, il supporto della Regione Friuli Venezia Giulia e il patrocinio di PromoTurismoFVG . Iscrizioni info@riservamarinamiramare.it, 040 224147 interno 3.
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 settembre 2018
Ipotesi pirogassificatore - Le 5 richieste bipartisan - LE OSSERVAZIONI DI DUINO AURISINA
DUINO AURISINA - L'attivazione di centraline di rilevamento, utili a controllare la qualità dell'aria, da posizionare fra San Giovanni di Duino, Medeazza, Villaggio del Pescatore, Duino e Monfalcone oltre che nei comuni sloveni più vicini alla Cartiera Burgo. L'apertura di un sito web sempre in funzione, che metta in condizione i cittadini di poter verificare il livello di inquinanti emessi nell'aria. L'utilizzo di teli per la copertura dei residui di lavorazione. La redazione, da parte della proprietà, di un Piano industriale che preveda, fra l'altro, le opere di compensazione a favore del territorio e dei residenti. La predisposizione di una fidejussione, che garantisca bonifica e smontaggio a norma, in caso di futura dismissione dell'impianto. Sono questi i punti salienti del documento unitario firmato dai rappresentanti di tutti i gruppi presenti in Consiglio comunale che comprende le osservazioni dell'amministrazione di Duino Aurisina sul progetto del pirogassificatore in area Burgo. Il testo è stato definito nel corso di una seduta comune della Seconda commissione consiliare e della Conferenza dei capigruppo, svoltasi ieri, che ha concluso una serie di confronti, dei quali erano stati protagonisti, nelle ultime settimane, il sindaco Daniela Pallotta, la giunta e i consiglieri comunali da un lato, la proprietà della Burgo, i rappresentanti sindacali e del neocostituito Comitato per la salute e il territorio dall'altro.«Nel documento - ha spiegato Chiara Puntar, presidente della Commissione e della Conferenza - siamo riusciti a inserire tutte le richieste pervenute sia dai lavoratori sia dagli ambientalisti, oltre ovviamente alle nostre». Il documento sarà ora inviato alla Regione. -
Ugo Salvini
Giardino chiuso
A partire da oggi, il giardino pubblico De Tommasini sarà chiuso per un intervento di manutenzione e pulizia generale della durata prevista di tre giorni. Pertanto l'incontro della rassegna "Nati per Leggere" di oggi è annullato.
Nel Goriziano tante farfalle quante in tutta la Gran Bretagna
Lo rileva il Progetto Calvario del Museo "Alvise Comel" - Censite 56 specie diverse nel monte Calvario e nel Preval.
Gorizia - Dopo il Calvario, il Preval. La ricerca sulle farfalle del Museo di Scienze naturali "Alvise Comel" di Gorizia raddoppia: per la sua seconda edizione, il "Progetto Calvario-Monitoraggio lepidotteri" della sezione Entomologica non solo si è allargato dalla zona di Lucinico a quella della vicina oasi, ha anche esteso il campo di ricerca alle libellule e ad altri insetti. E le sorprese non sono mancate. Nei due anni di lavoro, i ricercatori goriziani hanno individuato e fotografato 54 specie diverse di farfalle. Per capire meglio il risultato, il presidente dell'associazione "Comel", Giuliano Spangher, ricorda che in tutta la Gran Bretagna ne sono state registrate meno di 60. A questo progetto sono state dedicate nella sala principale del museo anche alcune bacheche illustrative e dei pannelli illuminati per le foto oltre alla grande bacheca centrale dell'aula di entomologia. Nell'ampia sala della sede di via Brigata Avellino si può ammirare il panorama entomologico dell'Isontino, ma chi vuole approfondire lo studio può utilizzare anche due microscopi, uno dei quali è stato acquistato di recente grazie al contributo della Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia. I monitoraggi di farfalle si eseguono in tutto il mondo con una procedura codificata da Geo Bon (Group on Earth Observations - Biodiversity Observation Network) e sono quindi facilmente confrontabili fra loro. Gorizia (con Calvario e Preval) è l'unico sito in Italia aggiunto alla rete internazionale.Il monitoraggio del Calvario e del Preval è stato esteso alle libellule e ad altri insetti. «Abbiamo fotografato più di una dozzina di specie di libellule e damigelle», ricordano dall'associazione "Comel" sottolineando che grazie alla segnalazione della socia Emma Bonato, a Gorizia, in prossimità del viale 20 Settembre, è stata ritrovata morta «la preziosa e rara libellula Cordulegaster heros, sino ad ora segnalata in Italia solo nel rio Smiardar di Cormons e sotto le falde dello stesso Monte Calvario». La sezione entomologica, per quanto riguarda i coleotteri, è curata da Fabio Nicoli mentre quella dedicata al "Progetto Calvario" è scientificamente coordinata dall'entomologo di Liverpool Peter McGrath, coadiuvato da Giuliano Spangher (che si occupa delle correlazioni con la geologia del territorio e la logistica delle ricerche), Dusan Cernic (correlazioni con la botanica), Giorgio Santoro (libellule e altro), Livio Poldini (botanica, ambiente, ecologia), Graziella Bressan, Marina Cernic e Jurko Lapania (ricerche sul campo). Un rapporto pubblico sull'andamento dell'iniziativa sarà illustrato in ottobre da Peter McGrath e alla fine la ricerca verrà pubblicata sulla rivista "Natura goriziana". «I nostri dati - fa sapere Spangher - saranno condivisi con l'European Butterfly Monitoring Programme, il Programma europeo di monitoraggio delle farfalle». -
Stefano Bizzi
Dai rifiuti energia elettrica e acqua calda
Progetto da 8 milioni per alimentare con l'umido piccoli impianti di
smaltimento sotto casa. La tecnologia Stirling
Da rifiuti a risorse: un progetto che vale 8 milioni di euro per trasformare
i rifiuti organici in energia rinnovabile prodotta a km zero da utilizzare per
scaldare le nostre case oppure come compost di alta qualità da utilizzare in
agricoltura, promuovendo a livello europeo una gestione locale dei rifiuti verso
la cosiddetta economia circolare, un modello che pone al centro la sostenibilità
del sistema, in cui non ci sono materiali di scarto e le materie vengono
costantemente riutilizzate. IL RECUPERO - Finanziato dal programma Horizon 2020
dell'Unione Europea DECISIVE, (a Decentralized management scheme for innovative
valorization of urban biowaste), punta a recuperare e valorizzare i rifiuti
organici urbani, ovvero l'umido, in piccoli impianti di smaltimento a livello di
quartiere, ospedali, mense, e università, trasformando il rifiuto in una
risorsa, ovvero in energia elettrica e energia termica (acqua calda) da
utilizzare direttamente sul luogo di produzione. Tra i partner del progetto c'è
Its (Innovative Technological Systems Srl), azienda isontina (unico partner
italiano) coinvolta nello sviluppo e nella messa in opera del processo di
valorizzazione del biogas per produrre simultaneamente energia elettrica ed
energia termica attraverso la tecnologia stirling, brevettata dall'azienda.LA
TRASFORMAZIONE«Con l'utilizzo del nostro motore - spiega Claudio Fontana,
co-fondatore di Its - il progetto prevede di valorizzare il biogas prodotto
dall'impianto di compostaggio dei rifiuti organici su piccola taglia per creare
energia elettrica e acqua calda. «Lo Stirling - prosegue - è un motore a
combustione esterna, inventato da Robert Stirling nel 1816, ma reinventato dal
mio socio Davide Gentile, ingegnere meccanico, con una configurazione inedita
più performante dei nostri competitors da noi brevettata a livello mondiale. Il
vantaggio di questo motore - conclude Fontana - è che la combustione avviene
all'esterno del motore e non importa quale sia il tipo di fonte termica che
viene utilizzata per produrre energia; lo stesso motore infatti può funzionare
con combustibili fossili quali gas, gasolio, ecc, ma soprattutto con fonti
rinnovabili quali energia solare, biomasse e come in questo caso con biogas
prodotto dai rifiuti organici». DUE IMPIANTI - Verranno inoltre realizzati due
impianti pilota rispettivamente a Lione, dove il sistema sarà implementato sul
sito di una fattoria per testare l'accoppiamento della gestione dei rifiuti
organici con l'agricoltura urbana e a Barcellona, dove sarà testato all'interno
di un campus universitario, per valutare la sua funzionalità in un contesto
prettamente urbano.
Lorenza Masè
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 settembre 2018
Nasce il polo da 7 milioni per riciclare gli oli usati
Avviati dall'azienda ReOil i lavori per un impianto senza uguali
nell'Alto Adriatico: 50 mila metri quadrati da recuperare sul Canale navigabile
per 30 posti di lavoro
È uno spicchio della città che passa facilmente inosservato. In fondo al
Canale Navigabile, incastrato tra due impianti ambientali di AcegasApsAmga, il
termovalorizzatore e il depuratore. Fino all'anno scorso apparteneva a
Italcementi, che lo utilizzava come "retroporto" per la banchina che il gruppo
cementiero ha avuto in concessione dal 1959 al 2017.Da qualche giorno, ottenuta
il 7 agosto l'autorizzazione della Forestale, sono partiti i lavori che
trasformeranno quest'area dimenticata e degradata della periferia urbana. Il
progetto è della ReOil, un'azienda che ha sede nell'Area di ricerca. Se ne era
parlato nel dicembre dello scorso anno, ma ora le carte hanno finalmente
lasciato posto alle gru che compiono i lavori preparatori di pulizia. A pochi
metri dalla banchina ex Italcementi, di cui hanno chiesto la concessione
all'Autorità portuale, Angelo Boatto e Giovanni Rocelli, azionisti della
società, entrambi veneti, confermano cosa vogliono fare: un impianto per il
trattamento delle acque inquinate da idrocarburi. Investimento di 7 milioni di
euro, occupati a pieno regime 30 addetti, primo step realizzativo nell'estate
2019. Non si esclude di chiedere l'applicazione del regime di punto franco.
Acque di sentina, acque di lavaggio, acque industriali: gli olii vengono
recuperati, resi riciclabili, consegnati al Consorzio (Cou) di riferimento. Le
acque da ripulire possono affluire via-mare - utilizzando il terminal - o via
terra mediante autocarri cisterna. Si tratterà dell'unico impianto di questo
tipo e con questa "missione" presente nell'Adriatico settentrionale. Per
l'attività via-mare Boatto e Rocelli intendono avvalersi di operatori locali.
Dal punto di vista geografico, l'idea è di coprire un raggio di 50-60
chilometri, proponendo un servizio ad aziende altrimenti costrette a recarsi in
Veneto e in Austria. E comunque in giro per l'Italia non ce ne sono molti,
perchè l'unico a conoscenza lavora nella siciliana Milazzo: quello triestino
sarà un macchinario - dicono i due imprenditori - «ultra-moderno». Ad
accompagnare Boatto e Rocelli è il responsabile dell'operazione "sul sito",
Alessandro Zerbo. E c'è un insolito via-vai di tecnici e imprenditori in un
luogo altrimenti deserto. Con un messaggio al territorio: l'area è piuttosto
vasta, perché comprende 50 mila metri quadrati, che si estendono all'interno del
Sin (sito di interesse nazionale), dove le pratiche di carattere ambientale
vengono svolte dal ministero e non dalla Regione Fvg. L'impianto di trattamento
avrà bisogno "solo" di 10 mila metri quadrati, quindi - spiegano Boatto e
Rocelli - 40 mila metri quadrati si rendono disponibili per nuove iniziative,
avviabili da altri imprenditori. Sarà risistemato il capannone di 3 mila metri
quadrati, che fungeva da magazzino per la logistica di Italcementi. Saranno
riattati i 200 metri quadrati di una palazzina-uffici, che sorge subito dopo
l'ingresso nell'area. Per chiudere il capitolo amministrativo, ReOil aspetta
altre due autorizzazioni, una attiene il vincolo paesaggistico avendo quali
interlocutori Comune e Soprintendenza, l'altra riguarda le costruzioni edilizie
dove l'interfaccia è comunale.
Massimo Greco
Così viene rilanciata una vecchia area che fu di
Italcementi
ReOil, la società che ha rilevato i 50 mila metri quadrati di Italcementi
sul Canale Navigabile, ha chiesto in concessione all'Autorità portuale la
banchina che per quasi 60 anni era stata utilizzata dal gruppo cementiero. Sono
ancora visibili gli impianti che servivano per movimentare i materiali da/per lo
stabilimento di via Caboto. Verranno smantellati perchè - dicono Angelo Boatto e
Giovanni Rocelli - al progetto di trattamento olii serve solo una tubatura che
colleghi il piccolo terminal all'impianto. Il molo ha una lunghezza di 200 metri
e un pescaggio di 10 metri. Negli anni migliori di Italcementi ormeggiava una
nave alla settimana. Piaceva anche a Wärtsilä, che aveva ottenuto
un'autorizzazione temporanea ma che aveva poi preferito accordarsi con Frigomar
sull'altra riva del Canale. -
L'attacco del M5S sulla ferriera «Sui problemi di
Servola Dipiazza resta assente»
Il M5s, «da sempre contrario all'area a caldo della Ferriera», polemizza con
il sindaco Roberto Dipiazza, definito «inottemperante». «Abbiamo organizzato -
si legge in una nota della consigliera comunale Cristina Bertoni - un convegno
che ha portato esperti del settore ad analizzare l'insostenibile situazione
ambientale degli impianti di Servola e abbiamo formulato proposte per il
reimpiego dei lavoratori una volta che l'area a caldo sia dismessa. Siamo
riusciti anche a fare approvare da tutto il Consiglio una mozione urgente, a
luglio 2017, che impegnava il sindaco a emettere un'ordinanza per sospendere la
produzione dell'area a caldo in funzione delle inottemperanze di Arvedi, ma ad
oggi è il sindaco a essere inottemperante».«Polveri e gas non sono le uniche
emissioni inquinanti: anche la situazione acustica è da tempo insostenibile»,
conclude la portavoce pentastellata, che ha convocato per domani alle 9, da
presidente di turno della Commissione Trasparenza, una seduta sul tema: «I
cittadini che vogliono farmi pervenire segnalazioni in merito possono
contattarmi all'indirizzo email cristina.bertoni@comune.trieste.it».
Inaugurato il collegamento Trieste Lubiana - Due
partenze al giorno, una da Udine - A bordo anche 30 posti per le bici
Oltre alla mobilità delle persone nell'accezione classica e delle idee
imprenditoriali, il treno transfrontaliero dedica attenzione anche alla mobilità
dei cicloturisti, in quanto è dotato di spazi per il trasporto di 30 bici. Sono
due i collegamenti giornalieri previsti lungo l'intero arco della settimana, di
cui uno sulla direttrice Udine-Trieste-Lubiana (con sosta anche a Trieste
Airport) e un altro nella sola tratta tra il capoluogo regionale e la capitale.
Più nel dettaglio da Trieste per Lubiana si parte il mattino alle 9.01 e la sera
alle 19.09. Da Udine per la capitale slovena partenza prevista alle 17.54, con
il convoglio che va a intercettare per l'appunto Trieste. Le partenze da Lubiana
sono previste alle 5.57, con destinazione Trieste centrale e Udine, e alle
16.10, con stazione di arrivo Trieste centrale. Il nuovo collegamento
ferroviario è inserito nel progetto strategico CrossMoby, nell'ambito del
programma di cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Slovenia.
Lissa vuole il Geoparco per il turismo sostenibile
Dai percorsi storici alla valorizzazione delle tradizioni e delle colture
tipiche - L'arcipelago si candida al riconoscimento da parte dell'Unesco: atteso
il verdetto
LISSA - Come evitare che la propria isola venga stravolta dal turismo di
massa? Come rendere l'arrivo dei visitatori più sostenibile sul lungo termine?
L'isola di Lissa (Vis), a due ore di traghetto da Spalato, ha deciso di
rispondere a queste domande costituendo un Geoparco. Lanciata dall'Unesco appena
tre anni fa, la rete mondiale dei geoparchi raggruppa quei territori che - oltre
a possedere un patrimonio geologico specifico - hanno sviluppato una strategia
di sviluppo sostenibile. A oggi l'Organizzazione delle Nazioni Unite per
l'educazione, la scienza e la cultura conta 140 siti di questo tipo e potrebbe a
breve includerne un altro: il "Geoparco dell'arcipelago di Vis".«Rientrare nella
rete dei geoparchi ci permetterebbe di promuovere un nuovo tipo di turismo, più
in armonia con la natura», spiega Jaksa Bozanic, geologo e direttore della Ong
"Geoparco arcipelago di Vis", associazione creata allo scopo di portare avanti
la candidatura dell'isola. Dietro l'iniziativa ci sono i Comuni delle due
principali località isolane, Lissa (Vis) e Comisa (Komiza), oltre che due
aziende comunali: il Centro nautico di Comisa e Gradina Vis. La candidatura è
stata sottoscritta a fine 2017 e inviata all'Unesco dal ministero croato
dell'Ambiente. L'esito dovrebbe essere noto entro pochi mesi. Per Lissa la
questione si è fatta urgente. L'isola è infatti rimasta per anni ai margini del
turismo di massa (ai tempi della Jugoslavia era una base militare), ma ha
recentemente conosciuto una fama internazionale con le riprese del film "Mamma
Mia 2", la cui troupe ha girato proprio di recente a Lissa. Se l'anno scorso
l'isola aveva registrato appena 45 mila visitatori (contro i quasi 800 mila
dell'isola di Veglia e i 150 mila di Curzola), d'ora in poi la situazione
potrebbe cambiare. Ecco che per evitare un impatto troppo forte sull'ecosistema
dell'isola, la comunità locale si è inventata la soluzione del geoparco,
inglobando anche altre isole dell'arcipelago, tra le quali anche le più lontane
dalla terraferma: Pelagosa (Palagruza) e l'Isolotto Pomo (Jabuka).L'iniziativa
del geoparco ha inoltre dato il via a molti altri progetti legati alla
sostenibilità. Tra i più interessanti vi è l'attività dell'associazione Pomalo,
che sta ristrutturando i muri in pietra a secco tipici della Dalmazia e
piantando degli alberi da frutto con l'obiettivo di sviluppare una nuova
economia sull'isola. «A Lissa cresce praticamente qualunque cosa», spiega Igor
Mataic di Pomalo, «per cui abbiamo pensato di piantare non soltanto olivi e
limoni, tipici della zona, ma anche avocado, un prodotto generalmente caro e che
potrebbe apportare molto all'isola». La pesca, la produzione di carrube e altre
attività tradizionali tipiche di Lissa sono anch'esse ripensate all'interno del
geoparco e in un nuovo rapporto con i visitatori. Al centro di tutte queste
iniziative, il centro informativo di Comisa - ristrutturato qualche anno fa -
racconta tutti gli aspetti interessanti dell'isola, dalla geologia vulcanica al
ruolo svolto durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1944 l'isola divenne
infatti la base operativa della resistenza jugoslava, quando Tito, sfuggito a un
attentato nazista, si nascose in una delle grotte di Lissa.
Giovanni Vale
Nel mondo sono 140 le aree incluse nella rete
L'arcipelago di Lissa è stato dichiarato già nel 2003 dal Wwf come una delle
dieci "ultime oasi del Mediterraneo". Il Wwf ha inoltre incluso l'arcipelago,
assieme alle isole di Mljet (Meleda) e Lastovo (Lagosta) nell'ambito
dell'«Adriatic Blue Corridor", il Corridoio blu adriatico che delimita la zona
di massima biodiversità nel Mediterraneo. A ricordarlo è il sito geopark-vis.com,
che illustra fra l'altro il progetto del Geoparco per Lissa. Se approvato
dall'Unesco, il Geoparco dell'arcipelago di Lissa andrà ad aggiungersi agli
altri 140 geoparchi presenti nel mondo, dieci dei quali fra l'altro si trovano
in Italia, da quello dell'Adamello Brenta al Parco minerario toscano e al Parco
geominerario della Sardegna.
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 settembre 2018
GIARDINI INQUINATI - arrivano le piante "antiveleni" da
via Giulia fino a Servola
A breve la purificazione di altri parchi inquinati. Coinvolto pure
piazzale Rosmini. Da martedì Giardino pubblico chiuso per tre giorni per
interventi preliminari
Tre giorni di chiusura, come annunciato dal Comune. A partire da martedì 11
settembre il giardino pubblico De Tommasini di via Giulia sarà interessato da un
intervento di manutenzione e pulizia generale durante il quale non sarà
possibile accedere al parco. È un'operazione propedeutica al secondo lotto della
"purificazione" dei giardini inquinati. Nei prossimi giorni infatti, dopo aver
scelto la tipologia di piante, verrà distribuito il fitorimedio proprio nel
giardino De Tommasini e anche in quello di piazzale Rosmini. L'appalto è stato
aggiudicato all'Agricola cooperativa sociale Monte San Pantalone, come hanno
confermato il direttore dei Lavori pubblico Enrico Conte e l'assessore Elisa
Lodi. È il secondo metodo individuato per eliminare le sostanze inquinanti e
potenzialmente cancerogene individuate ancora nel 2016 dall'Arpa nelle fasi
finali del mandato dell'ex sindaco Cosolini. Si tratta delle "super piante"
capaci di assorbire i veleni. Entro un anno le superfici dovrebbero risultare
bonificate. Nella lista dei punti destinatari degli interventi di piantumazione
di queste "super piante" compaiono anche il Miniussi di Servola e, nello stesso
quartiere, i cortili della chiesa San Lorenzo e dell'Associazione amici del
presepio in via dei Giardini. Il giardino della scuola don Chalvien di via Svevo
e quello della Biagio Marin di via Marco Praga, invece, sono stati già oggetto
di pulizia attraverso la rizollatura di 20 centimetri di manto erboso.
L'indagine compiuta due anni fa dall'Arpa aveva individuato sette giardini
inquinati su dodici. Si era scoperto, in particolare, che erano presenti
concentrazioni elevate di benzopirene, benzoantracene e benzofluorantene nonché
altre sostanze potenzialmente cancerogene. Tutti i lavori di bonifica rientrano
in un progetto approvato dall'Istituto superiore di sanità preparato da Comune,
Regione, Arpa, AsuiTs ed ex Provincia e finanziato con 350 mila euro. I tre enti
"tecnici" - Istituto superiore di sanità, AsuiTs e Arpa - avevano inoltre
chiesto già a suo tempo al Comune un piano di monitoraggio delle varie aree
interessate. -
Benedetta Moro
«L'antenna di Santa Barbara sarà spostata prima
possibile»
L'assessore di Muggia Litteri replica all'interrogazione del deputato di
Fdi Rizzetto «A breve gli scavi in un'altra zona per accertare l'assenza di
reperti archeologici»
MUGGIA - «Ci fa piacere che il deputato Walter Rizzetto si occupi della
situazione delle antenne sul territorio di Muggia, anche se consideriamo tardivo
questo interessamento poiché, dopo un duro lavoro durato anni, il Comune ha
risolto il problema dell'inquinamento elettromagnetico sul suo territorio».
Laura Litteri, assessore all'Ambiente, replica piccata alle dichiarazioni del
parlamentare friulano di Fdi che ha chiesto formalmente, tramite
un'interrogazione al governo, la rimozione dell'antenna installata sul monte
Castellier a Santa Barbara anche a causa della vicina presenza di reperti
archeologici. Una rimozione - specifica Litteri - che è già nei progetti del
Comune, che sta lavorando, assieme alla Soprintendenza, per individuare una zona
priva di reperti, nella quale spostare il traliccio: «È una cosa non semplice -
puntualizza Litteri - in quanto la zona deve anche essere idonea alla
trasmissione dei segnali radioelettrici. A tale scopo è stato commissionato uno
studio all'Università di Udine, studio che si è appena concluso e che ha
individuato una zona adeguata nella quale inizieranno a breve gli scavi per
verificare la presenza o meno di reperti». Litteri evidenzia comunque i
"benefici" del manufatto: «Il traliccio installato a Santa Barbara ha permesso
di abbattere ben sei tralicci abusivi presenti nella zona di Chiampore e anche
grazie a questo abbiamo potuto azzerare i punti di sforamento dei limiti di
legge delle emissioni elettromagnetiche presenti in quell'area, potenzialmente
dannosi per la salute dei cittadini: prima i valori erano a 43, ora a zero.
Evidentemente - ironizza Litteri - il deputato Rizzetto ha a cuore i cittadini
di Santa Barbara, ma un po' meno quelli di Chiampore». Puntualizzando che «il
traliccio di Santa Barbara non inquina», o, meglio, che le sue emissioni sono
ben al di sotto dei limiti di legge, il Comune ricorda di aver installato nella
zona una centralina «che registra le emissioni in continuo, proprio per
monitorare costantemente che non ci sia inquinamento elettromagnetico». Rizzetto
aveva anche evidenziato come il traliccio sia collocato vicino ad alcuni reperti
archeologici. Anche qui Litteri risponde a tono: «Certamente anche a noi stanno
a cuore i reperti archeologici, ma la salute dei cittadini viene per prima».
Litteri infine ricorda la motivazione per cui il traliccio non può essere
smantellato immediatamente: «Non possiamo far abbattere tout court il manufatto
di Santa Barbara perché, in mancanza di emissioni inquinanti oltre i limiti di
legge, incorreremmo nella condizione di interrompere un pubblico servizio, così
come sottolineato dal ministero dello Sviluppo economico. Rizzetto comunque
avrebbe avuto tutte queste informazioni se avesse chiesto al suo compagno di
partito consigliere a Muggia (Nicola Delconte, ndr) un accesso agli atti negli
uffici comunali sulla situazione dell'antenna di Santa Barbara, prima di fare
un'interrogazione chiedendo l'intervento del governo».
Riccardo Tosques
Il sindaco di San Dorligo guida i politici-volontari
nella pulizia dei boschi sulla "rotta balcanica"
Vestiti, avanzi di cibo, coperte termiche, rasoi e pomate per i piedi
gonfi - Raccolte pure le voci dei residenti. Parte la richiesta d'aiuto alla
Regione
L'immigrazione clandestina attraversa i boschi e i sentieri che circondano
San Dorligo della Valle. Un Comune diventato oramai tappa strategica del cammino
che compiono, ogni notte, decine di disperati. È un fenomeno consolidato quello
di cui sono stati testimoni, ieri, una ventina di volontari guidati dal sindaco
del Comune di San Dorligo della Valle Sandy Klun, nell'ambito della prima
puntata dell'operazione "Sentieri puliti". In poche ore, hanno riempito un
centinaio di sacchi neri, di formato gigante, colmi di indumenti, di avanzi di
cibo e bevande, di scarpe, coperte termiche per la notte, rasoi, contenitori di
prodotti utili per l'igiene personale. E una quarantina di zaini. In qualche
caso vuoti, ma più spesso pieni degli stessi materiali rinvenuti pure a terra.
Tutti oggetti diventati prove inconfutabili del fatto che la cosiddetta "via
balcanica" dell'immigrazione senza regole rasenta quotidianamente Trieste. Un
fenomeno che sta assumendo contorni drammatici, anche perché è chiaro che,
proprio analizzando ciò che è stato rinvenuto, il transito di queste persone,
provenienti da chissà quanto lontano, non può che essere frutto di
un'organizzazione attenta e articolata. Altrimenti non si potrebbe spiegare il
perché della presenza di flaconi vuoti di sapone liquido e di contenitori di
acqua, di rasoi, addirittura di creme per i piedi, da far utilizzare a chi ha
percorso chilometri a piedi lungo gli sterrati. «Nei nostri boschi si lavano, si
cambiano, si fanno la barba - così Klun - e si rifocillano. Poi abbandonano i
vestiti utilizzati lungo il loro cammino per indossarne altri. Evidentemente
devono presentarsi in buone condizioni alle tappe successive. È chiaro che c'è
una regia - deduce il sindaco di San Dorligo - perché non si può pensare ad
altro, adesso che abbiamo visto con i nostri occhi ciò che lasciano nel nostro
territorio». A essere coinvolte in questo problema sono tante frazioni del
territorio di San Dorligo della Valle: Crogole, Caresana, Prebenico, Dolina,
Draga Sant'Elia, Grozzana, i cui abitanti hanno raccontato ai volontari che
spesso, di mattina, raccolgono nei sentieri vicini alle loro case ogni sorta di
indumenti e contenitori per alimenti e bevande. Allarmato, Klun ieri pomeriggio
si è subito rivolto alla Regione, per evidenziare la dimensione del fenomeno. Ha
risposto Pierpaolo Roberti, assessore alla Sicurezza, che ha promesso a breve
una visita sul posto che, con ogni probabilità, si concluderà con un sopralluogo
nelle zone calde del passaggio dei clandestini. La giornata dei volontari è
iniziata presto, alle 8.30, nel piazzale del Centro visite - Teatro Preseren.
Sono stati divisi in due squadre, a loro volta articolate in gruppi di due o
tre. A guidarli coloro che conoscono meglio il territorio, dal sindaco Klun al
suo vice Goran Cuk, dall'assessore Franca Zerjal al presidente della Commissione
Ambiente Roberto Potocco, fino al consigliere d'opposizione Boris Gombac e ad
alcuni volontari della Protezione civile. A tutti sono stati distribuiti guanti
e sacchi neri. Al rientro l'incredibile bilancio, una massa di sacchi e zaini.
«Li abbiamo portati nel nostro deposito - ha detto a fine operazione Klun - e
lunedì li porteremo all'inceneritore». Una spesa imprevista; l'amministrazione
comunale confida in un sostegno della Regione per affrontarla. "Fra un mese o
poco più - ancora Klun - pensiamo di ripetere l'operazione».
Ugo Salvini
Acque di Grignano ripulite da 8 quintali di rifiuti
Venti sub del Circolo sommozzatori in azione al porticciolo con altri
volontari. Per il 70% immondizie di plastica e derivati
Più di otto quintali di rifiuti sono stati portati in superficie ieri nelle
acque al porticciolo di Grignano, il 70% plastica e derivati, un inquinamento
che, se non sanato con regolarità, rischia di arrivare sulla tavola insieme al
cibo, ma che parte proprio da comportamenti maleducati delle persone.
L'intervento è stato realizzato grazie al Circolo sommozzatori Trieste, insieme
a tanti volontari, in un'ampia operazione promossa dalla Società Nautica
Grignano. Il ritrovo per tutti è stato fissato alle 9, poi spazio alla partenza
delle squadre, venti sub che hanno lavorato in coppia tutta la mattinata,
assieme ad altri esperti scesi in acqua e a chi a terra ha smistato i materiali,
raccolti da AcegasApsAmga e differenziati già sul posto. Tantissime le
bottiglie, recuperate in quantità anche batterie, di voluminoso poi un
frigorifero, un motore elettrico e diverse ancore particolarmente datate, oltre
a vetro e metalli vari. «L'ultima pulizia risale a una ventina di anni fa -
spiega Enrico Torlo, presidente del Circolo sommozzatori -, l'esigenza era
sentita quindi e l'idea è di proseguire con un'altra parte del porticciolo anche
il prossimo anno. L'obiettivo, come per altre iniziative simili che abbiamo
avviato ad esempio davanti piazza Unità, è quello di sensibilizzare la gente
sulle conseguenze del mancato conferimento delle immondizie in modo corretto.
Che qui a Grignano ha causato anche un problema legato alla presenza dei topi».
Le squadre hanno lavorato senza sosta, sotto gli occhi curiosi di chi passava
per osservare se dal mare sbucasse qualche oggetto insolito. «Niente di strano -
rileva Torlo -, non come accanto al Molo Audace, quando avevamo trovato
dentiere, carrelli della spesa, telefonini e pure un gabinetto antico scaricato
da qualche nave». Tra i volontari anche una bambina, Estela, di 9 anni. «Ho
raccolto due sacchi pieni, tra gli scogli, tante lattine e plastica e un po' di
tutto». A motivare la sporcizia generale è il presidente della Società Nautica
Grignano Daniel Zorn: «Deriva molto spesso dai pescatori, che arrivano anche da
lontano, per posizionarsi proprio sugli scogli o alla fine della diga
frangiflutti - racconta - nelle ore serali o notturne. Buttano di tutto in acqua
e non solo». Ma un monito anche ai proprietari delle imbarcazioni arriva da
Maurizio Spoto, direttore dell'Area Marina Protetta di Miramare, che ha
esaminato i vari materiali raccolti e che nei prossimi giorni concluderà le
analisi. «Anche tra le barche sono stati trovati centinaia di bicchieri e
bottiglie. Invito chi va per mare a portare oggetti che si possano riutilizzare.
E poi ci sono centinaia di rocchetti da pesca, reti di miticoltori, sempre tutto
di plastica, scarti, in questo caso, di chi pesca. Ricordo che plastica e
derivati, se restano sui fondali a lungo, si biodegradano in microplastica, che
poi viene mangiata da pesci e molluschi, sostanze che quindi rischiano di finire
nella catena alimentare, che ha al suo apice l'uomo».
Micol Brusaferro
Debutta questa mattina il treno Trieste-Lubiana - il
nuovo servizio ferroviario
Si inaugura oggi il nuovo collegamento ferroviario tra il Fvg e Lubiana. Il
servizio transfrontaliero, che prevede due collegamenti giornalieri, sarà
inaugurato alla Stazione di Trieste oggi, alle 8.30, in occasione dell'arrivo e
della successiva partenza del primo convoglio da e per la capitale slovena. Alla
cerimonia sono attesi, oltre al governatore Massimiliano Fedriga, la commissaria
europea ai Trasporti Violeta Bulc, il ministro alle Infrastrutture della
Repubblica di Slovenia, Peter Gaspersic, il sottosegretario ai Trasporti Armando
Siri, l'assessore Fvg a Infrastrutture e Territorio Graziano Pizzimenti e il
sindaco Roberto Dipiazza. I dettagli saranno presentati da Bostjan Koren,
direttore Divisione passeggeri della compagnia ferroviaria statale della
Slovenia, e Elisa Nannetti, responsabile della Divisione passeggeri Fvg di
Trenitalia.
Tornano i bus diretti alla stazione ferroviaria di
Villa Opicina - da domani con l'orario invernale
Con l'orario invernale di Trieste Trasporti, in vigore come noto da domani,
tornano anche i collegamenti in autobus fra il centro città e la stazione
ferroviaria di Villa Opicina, collegamenti che da alcuni anni erano stati
sospesi a causa delle cattive condizioni della strada e del piazzale di accesso
allo scalo. Tutti i giorni della settimana, nove corse della linea 2/ e cinque
corse della linea 4 faranno quindi sosta di fronte alla stazione, in
corrispondenza degli arrivi e delle partenze dei treni da e per Lubiana, operati
dalle Ferrovie slovene. In particolare, la linea 2/ toccherà la stazione di
Villa Opicina nei seguenti orari: 7.51, 8.11, 10.31, 16.51, 17.31, 18.11 e 19.31
e, solo dal lunedì al venerdì, anche alle 12.51 e alle 13.11. La linea 4 andrà
invece a Villa Opicina ogni giorno alle 6.50 e alle 21.07 e, dal lunedì al
venerdì, anche alle 6.35 e alle 22.07.La riattivazione della tratta è stata
possibile grazie a una collaborazione fra Regione, Trieste Trasporti, Ferrovie
slovene, Rfi, Cei e Comune di Trieste, nell'ambito del progetto comunitario
Connect2Ce di cui Trieste Trasporti è partner. Dalla prossima settimana, sul
sito di Trieste Trasporti, saranno disponibili anche gli orari dei treni per
Lubiana. Il progetto prevede anche che da gennaio 2019, in via sperimentale,
venga attivato un biglietto elettronico integrato fra le Ferrovie slovene e la
rete di Trieste Trasporti, per consentire a chi acquisterà un biglietto del
treno da o per Lubiana di viaggiare anche sui bus in città. Gli orari invernali
di Trieste Trasporti sono scaricabili in pdf, sia in formato libretto sia per
singola linea, all'indirizzo www.triestetrasporti.it. Trieste Trasporti ricorda
nel contempo che sempre da domani non sarà più in servizio la linea 36 estiva
per Miramare mentre la linea 9 non farà più tappa all'Ausonia in riva Traiana.
SEGNALAZIONI - Promuovere il territorio - Cicloturismo da valorizzare
In questo periodo estivo mi è capitato di incrociare sulle strade di Trieste moltissimi turisti in bici. Alcuni da soli, altri in coppia, famiglie intere e gruppi anche di venti-trenta persone con biciclette piene di borse e borsoni: da molti anni in Europa si parla di cicloturismo, ma da noi non si era mai evidenziato tale fenomeno e, se il numero di visitatori all'estero continua a crescere, ultimamente anche gli italiani stanno scoprendo il cicloturismo. Lo dicono i numeri (più 15% nel 2017 rispetto all'anno precedente) e se n'è accorto anche il mondo fieristico. A Padova e a Milano le tradizionali fiere del settore turistico da qualche anno hanno iniziato a invitare anche le società che propongono bike tour. E lo spazio dedicato loro continua ad aumentare, segno di un interesse crescente per il settore. Credo quindi che, invece che restare a osservare, le autorità competenti in materia di promozione turistica del nostro territorio dovrebbero cercare di attivarsi offrendo servizi ai ciclisti come accade in molte altre città. Servizi di informazione dedicata, noleggio di biciclette o piccoli attrezzi, banchi pubblici forniti con piccola attrezzatura per la manutenzione ordinaria ( pompa, qualche chiave, cacciaviti...).Il cicloturismo è in forte crescita e, se non vogliamo non perdere il treno (o, in questo caso, sarebbe meglio dire la bici) sarebbe meglio prepararsi per tempo.
Tiziana Cimolino
Tutti "Invasati" all'Orto Botanico il mondo dei fiori
fra scienza e poesia
Mercatino, letture, passeggiate guidate dalle 10 alle 19 è il festival
del pollice verde
Oggi, con una domenica settembrina che si prospetta climaticamente perfetta,
quarto e ultimo appuntamento all'Orto Botanico con "Invasati, tutti pazzi per i
fiori", la consolidata rassegna verde per appassionati di "gardening" e dintorni
promossa dal Servizio musei scientifici e biblioteche del Comune di Trieste. La
giornata - con il consueto orario dalle 10 alle 19 e con ingresso gratuito - sul
colle di San Luigi dedicata al giardinaggio, all'orticultura e a tutto ciò che
ruota attorno al verde, chiude l'edizione 2018 con uno sfizioso carnet di
iniziative per pollici verdi di lungo corso o aspiranti futuri giardinieri. Non
una mostra mercato per addetti ai lavori, bensì un mercatino per lo scambio
amatoriale di semi, rizomi, bulbi, piante rare, attrezzature, riviste di
giardinaggio, libri ma anche opinioni e consigli. Questo, in sintesi, il nutrito
programma degli eventi collaterali di oggi: alle 10 Odilla Celli
dell'associazione Cittaviva farà da guida a "Una passeggiata tra i fiori e la
storia dell'Orto", percorso verde tra le diverse sezioni botaniche dell'orto di
via de Marchesetti. Mentre alle 11 il gruppo Le Voci - Luna e l'Altra proporrà
"Letture al femminile di poesia e prosa. Alle 15 in scaletta il mondo delle
fibre e delle tinture con la conversazione a cura dell'artigiana creativa Lucia
Valenzin "Il piacere del diritto e del rovescio: cotoni, fibre vegetali e
tinture naturali". Tra un appuntamento e l'altro durante la giornata (come
accennato, dalle 10 alle 19) non mancheranno gli irrinunciabili fiori
all'occhiello della rassegna verde, vale a dire, il flowercrossing, ovvero lo
scambio e il dono di piante, semi e talee, il bookcrossing botanico con il
seminalibro e il semebaratto. Nel pomeriggio (dalle 16 alle 17) "Incontriamoci
#a bassa voce nel parco", letture per bambini (e loro accompagnatori) dai 3 anni
proposte dalle ambasciatrici di Nati per leggere. E sempre alle 16 la
conservatrice del civico orto, Deborah Arbulla, indosserà i panni di cicerone
per "Il percorso geopaleontologico dell'orto Botanico", seguito alle 17 dal
laboratorio per bambini "Le erbe aromatiche" a cura di Coop Alleanza 3.0,
percorso sensoriale per avvicinare i più piccoli ai sapori e profumi delle erbe
delle nostre cucine. Musica live dopo le 17 con Tommaso Bisiac al flauto della
Scuola di Musica 55.
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - SABATO, 8 settembre 2018
Cantieri in Porto vecchio al via entro marzo 2019
Chiuso l'accordo tra Regione e Comune sulle opere di urbanizzazione -
Prevista una spesa di 14 milioni in due lotti. Fine lavori nel dicembre 2023
L'arrivo di fognature, corrente elettrica e illuminazione stradale in Porto
vecchio ha ormai una data massima di inizio e fine lavori: il 31 marzo 2019 e il
31 dicembre 2023. Lo si evince dalla delibera seguita all'Accordo esecutivo per
la realizzazione delle opere di urbanizzazione stretto fra Regione Fvg e Comune
di Trieste. Verrà così investita una parte importante degli ormai leggendari 50
milioni stanziati da Roma per l'antico scalo triestino. L'operazione - Di che
tipo di interventi stiamo parlando? Si tratta degli interventi primari come le
reti idriche, di alimentazione e distribuzione elettrica, del gas e dell'acqua,
le fognature, la pubblica illuminazione, la cablatura nonché la viabilità.
Lavori significativi. La spesa complessiva sarà di 14 milioni di euro. L'opera
di urbanizzazione sarà realizzata in due lotti funzionali, «anche al fine -
assicurano fonti regionali - di consentire e non compromettere il corretto
svolgimento della manifestazione Esof 2020». I due lotti - Il primo lotto
comprende la realizzazione della rotatoria di accesso al Porto vecchio da viale
Miramare, la viabilità interna al compendio di collegamento dei di collegamento
dei magazzini portuali che si collocano tra la Sottostazione elettrica e la
linea di costa (inclusi i magazzini 28 e 28, ovvero la zona Esof) con relativo
impianto di illuminazione pubblica e sotto servizi per tutte le aree coinvolte
dalla nuova viabilità. Sarà compresa la quota parte relativa alle reti di
distribuzione elettrica funzionali a garantire il fabbisogno di energia
elettrica anche al di fuori delle aree appena citate. La spesa complessiva per
questo lotto sarà di cinque milioni di euro. Il secondo lotto comprende invece
il completamento della viabilità fino a pizza Libertà e la realizzazione dei
sotto servizi nelle aree rimanenti. Le tutele - Gli interventi dovranno tenere
conto di una duplice esigenza: da un lato la tutela del valore storico e
architettonico dell'area, imposta dalla Soprintendenza, dall'altro le necessità
dell'Autorità di sistema portuale per la parte di demanio marittimo contigua
alle aree oggetto dell'intervento. Per questo motivo, recita l'accordo, la
progettazione sarà sviluppata salvaguardando e valorizzando gli elementi
architettonici esistenti, tenendo conto delle nuove tecnologie impiantistiche a
basse emissioni e a bassi consumi e dell'utilizzo di fonti rinnovabili. I
vincoli - Il Comune assumerà il ruolo di soggetto attuatore e di Responsabile
unico del procedimento per entrambi i lotti di intervento. Nel caso del secondo
lotto il Comune fungerà anche da stazione appaltante. L'ente locale si impegnerà
quindi a trasmettere entro un anno dalla stipula dell'accordo il progetto di
fattibilità tecnica ed economica dell'intervento di urbanizzazione, completo di
quadro economico, corredato di tutta la documentazione prevista dal codice dei
contratti e il cronoprogramma degli interventi, iter autorizzativo incluso.
Giovanni Tomasin
L'amministrazione Fedriga chiamata a "regolare" i fondi
La Regione avrà un compito da cassa e da censore nell'operazione. L'accordo
con il Comune specifica che l'ente del Friuli Venezia Giulia, in qualità di
beneficiario del contributo e di coordinatore azioni necessarie per l'attuazione
dell'accordo operativo, attuerà tutti gli interventi di natura finanziaria
previsti. In particolare garantirà al municipio il flusso delle risorse
finanziarie di competenza; assumerà i necessari impegni contabili in relazione
all'avanzamento progettuale e realizzativo dell'intervento. Infine la Regione ha
il compito di individuare nel decreto di impegno tempi, modalità e obblighi del
Comune.
Due nuovi treni veloci tra Trieste e Venezia
Una nuova coppia di treni regionali veloci sulla direttrice Trieste-Venezia,
l'affinamento dell'offerta sulla Pedemontana nella tratta Sacile-Maniago e il
nuovo collegamento transfrontaliero tra il Friuli Venezia Giulia e la Slovenia.
Sono queste le novità dell'orario invernale disegnato da Trenitalia che entrerà
in vigore domani.«Si tratta di un'ulteriore evoluzione del servizio ferroviario
regionale, che già a partire dal cambio orario estivo del 10 giugno scorso ha
potuto beneficiare di diverse migliorie e potenziamenti dell'offerta», ha fatto
notare in proposito l'assessore regionale al Territorio, Graziano Pizzimenti.
Più nel dettaglio, da domani verranno attivati due nuovi convogli tra Trieste e
Venezia Santa Lucia. Il primo in partenza dal capoluogo regionale alle 4.25
(arrivo 6.20), l'altro in partenza da Venezia alle 20.50 e, quindi, da Mestre
alle 21.04 (con arrivo a Trieste alle 22.50). Per Pizzimenti sono «novità
significative, perché vanno a migliorare il collegamento fra Trieste, il
Monfalconese e la Bassa Friulana con Roma». Infatti, sfruttando l'interscambio a
Mestre con un Frecciarossa, si può arrivare nella capitale già alle 9.30, mentre
per il viaggio in direzione opposta si può utilizzare l'alta velocità in
partenza da Termini alle 17.30, con tempi di viaggio complessivi, per ciascuna
direzione di marcia, di poco superiori alle cinque ore da Trieste e tra le
quattro e le quattro ore e trenta per la Bassa Friulana: i due nuovi treni
regionali avranno tempi di percorrenza ridotti rispetto al resto dell'offerta in
quanto fermano esclusivamente nell'ambito del Friuli Venezia Giulia (Latisana,
San Giorgio di Nogaro, Cervignano, Trieste Airport e Monfalcone).
IL PICCOLO - VENERDI', 7 settembre 2018
Arvedi alla Regione: «Pronti alle vie legali» - Poi è
cortocircuito sul tavolo per la Ferriera
Mentre il centrodestra Fvg accoglie la petizione di No Smog sulla
chiusura dell'area a caldo, non decolla il dialogo fra le parti
Nella giornata in cui la maggioranza del centrodestra regionale accoglie la
petizione del comitato No Smog e chiede formalmente alla giunta Fedriga di
attivarsi per la chiusura dell'area a caldo, Regione e Siderurgica Triestina
danno vita al tavolo di confronto dei sordi. In un susseguirsi schizofrenico di
batti e ribatti, l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro e il consulente
aziendale Francesco Rosato si incontrano brevemente nel primo pomeriggio e
stabiliscono di aprire un tavolo di confronto, che però ha una particolare
caratteristica: le parti dichiarano di non avere alcuna intenzione di
confrontarsi. Tutto comincia in mattinata, quando Scoccimarro rende nota una
lettera inviatagli da Siderurgica Triestina, in cui la società minaccia azioni
legali contro le dichiarazioni dell'assessore sulla chiusura dell'area a caldo.
Frasi che per il Gruppo Arvedi si scontrano «con la legittimità dell'iniziativa
imprenditoriale sancita dalla Costituzione, ampiamente avvalorata
dall'Autorizzazione integrata ambientale le cui prescrizioni vengono
puntualmente ottemperate». Per Siderurgica, «non altrettanto si può dire della
realizzazione degli interventi da parte pubblica: realizzazione del
barrieramento a mare e dell'impianto di trattamento delle acque di falda». La
chiusura è tagliente: «Questa situazione comporta ingenti danni all'immagine
aziendale e al suo valore patrimoniale, oltre a mettere a rischio il lavoro di
tante persone e aprire possibili contenziosi legali». Nel pomeriggio si tiene il
confronto tra Scoccimarro e Rosato, dopo il quale l'assessore annuncia
l'apertura di un tavolo di confronto con la società: «Ho apprezzato la cortesia
della visita che ho ricevuto e che ci ha permesso di convenire sull'opportunità
di passare a una fase di incontri e comunicazioni ufficiali di trattativa». Con
una precisazione: «Noi abbiamo - dice l'esponente di Fdi - comunque un obiettivo
chiaro e stiamo facendo il possibile per mantenere la linea più volte dichiarata
della chiusura dell'area a caldo, con un percorso condiviso al fine di tutelare
anche i lavoratori. Serve un accordo, da chiudere entro mesi e non entro anni».
Esattamente l'opposto di quanto rende noto il portavoce della Ferriera pochi
minuti dopo: «Il tavolo c'è e ci sarà soltanto se verte sui punti dettati nella
lettera all'assessore Scoccimarro, che l'azienda ribadisce con fermezza». Arvedi
non pare avere insomma alcuna intenzione anche solo di prendere in rassegna la
questione dell'area a caldo e vuole parlare soltanto delle sue critiche ai
comportamenti e alla lentezza della pubblica amministrazione. Il tavolo dei
sordi è servito. Il tutto va in scena mentre la commissione Ambiente della
Regione vede la maggioranza di centrodestra fare propria la petizione di No
Smog: 1.276 firme (la seconda delle quali apposta da Massimiliano Fedriga) per
«impegnare il presidente della Regione affinché vengano messe immediatamente in
atto le procedure per la dismissione dell'area a caldo». Le motivazioni del
comitato sono note: vicinanza dello stabilimento alle case, polveri, fumate,
inquinamento delle acque, rumori, odori e calo del valore degli immobili, cui ha
fatto da contraltare una risposta ritenuta insufficiente da parte delle
istituzioni. La petizione viene accolta dai consiglieri del centrodestra e
diventa dunque una richiesta di impegno formale per l'esecutivo. Sulla decisione
della maggioranza si appuntano le critiche dell'opposizione: prima di assumere
una decisione sulla questione, centrosinistra, M5s e Patto per l'autonomia
domandavano di sentire in audizione il governatore e commissario Fedriga, la
proprietà e i sindacati, per capire le prospettive alternative che la Via della
Seta può aprire per l'area. Al momento, infatti, il rispetto dell'Aia da parte
di Siderurgica Triestina impedisce di ordinare la chiusura dello stabilimento
per il mancato rispetto delle prescrizioni. -
Diego D'Amelio
L'impegno - Camber promette: «Presto Fedriga in
audizione»
«Chiederò a Fedriga di venire in audizione», assicura il presidente della
commissione Piero Camber. Intanto il gruppo della Lega evidenzia come
«l'esecutivo si sta dimostrando estremamente attento. Inoltrare alla giunta la
petizione è un atto doveroso di responsabilità nei confronti di chi è costretto
a convivere con le conseguenze di un'attività a forte impatto come la Ferriera».
Le opposizioni - Il Pd: «Politica di slogan» - M5s:
«Non c'è coraggio»
«Sulla Ferriera la maggioranza prosegue a colpi di ingannevoli slogan,
dimenticando che l'Aia permette a Siderurgica triestina di produrre a
determinate condizioni», denunciano i dem Diego Moretti e Mariagrazia Santoro,
secondo cui la mancata convocazione di audizioni «lascia all'oscuro di un pezzo
fondamentale della vicenda, ossia l'incontro riservato avvenuto tra Fedriga e il
cavalier Arvedi». Per il grillino Andrea Ussai, «la precedente giunta non voleva
chiudere lo stabilimento e anche questa non ha ancora fatto nulla di concreto:
c'è una politica comunale e regionale pavida».
Istituzioni, sindacati e cittadini: «Risposte sul
pirogassificatore»
Fronte compatto nella seduta di commissione convocata ieri in Comune a
Duino Aurisina - «Garanzie occupazionali importanti come l'ambiente»
Tutti d'accordo. L'obiettivo comune è approfondire ogni aspetto della
presenza di un pirogassificatore sul territorio «perché tutela dell'ambiente e
garanzie occupazionali sono importanti nella stessa maniera». Questo l'esito
della seduta di ieri della Commissione Ambiente del Comune di Duino Aurisina,
presieduta da Chiara Puntar, convocata per ascoltare le forze sindacali e il neo
costituito Comitato "Salute e Territorio", alla presenza del sindaco Daniela
Pallotta e della giunta quasi al completo. Pallotta, dopo aver ribadito che «il
lato occupazionale è fondamentale tanto quanto quello della tutela ambientale»,
ha rimarcato che «manca, da parte della proprietà della Cartiera, la
presentazione di un piano industriale, chiesto anche dalla Regione. A breve - ha
annunciato - ci sarà un pubblico incontro con la Burgo per chiarire anche questo
aspetto». I sindacalisti hanno evidenziato «l'assoluta importanza di portare a
termine, prestando totale attenzione all'ambiente, l'unico progetto in grado di
garantire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali». «A febbraio - ha
ricordato Maurizio Goat (Cgil) - scadrà il contratto di solidarietà per un
centinaio di persone. Al pirogassificatore non ci sono alternative se vogliamo
garantire loro il posto di lavoro». Per Massimo Albanesi (Cisl) «ci sono le
condizioni per assicurare i livelli occupazionali e al contempo difendere
l'ambiente». Luca Mian (Uil) ha tracciato il percorso ideale: «Ottenuta la Via
dalla Regione - ha spiegato - si costituirebbe la nuova impresa alla quale la
Regione potrebbe concedere 24 mesi di cassa integrazione, utili per la
realizzazione del pirogassificatore. Poi si riprenderebbe a lavorare a pieno
regime». «Bisogna evitare - hanno detto all'unisono - di mettere i cittadini e i
lavoratori gli uni contro gli altri». Danilo Antoni del Comitato ha posto una
serie di interrogativi: «Chi controllerà i depositi di carta all'aperto, cosa
conterranno le ceneri, chi verificherà se i camion, che arriveranno a una media
di 80 al giorno, saranno coperti per evitare che la bora disperda i materiali?
Il nostro obiettivo - ha proseguito - non è di fermare il progetto, ma di
aiutare a svilupparlo nel modo giusto». Gualtiero Pin ha osservato che «bi sogna
anche pensare a cosa si farà quando il sito sarà abbandonato». Stefano Sacher ha
criticato la Burgo «che sta dando vita a una sorta di ricatto morale, o
pirogassificatore o licenziamenti». Elena Rojac ha detto che «è impossibile
prevedere oggi gli effetti a lungo periodo della presenza sul territorio di un
pirogassificatore, che di certo peggiora la qualità dell'aria».
Ugo Salvini
Parte domenica la linea ferroviaria che collega Trieste
e Udine a Lubiana
Il servizio transfrontaliero prevede due viaggi al giorno Il primo
convoglio partirà alle 8.30 del mattino dal capoluogo regionale
TRIESTE - Nuovo collegamento ferroviario tra il Friuli Venezia Giulia e
Lubiana. Il servizio transfrontaliero, che prevede due collegamenti giornalieri,
sarà inaugurato alla stazione centrale di Trieste domenica, a partire dalle
8.30, in occasione dell'arrivo e della successiva partenza del primo convoglio
da e per la capitale slovena. Lo rende noto la Regione Fvg. «L'obiettivo -
afferma il presidente Massimiliano Fedriga - è che questi nuovi servizi
ferroviari, che danno corpo al nuovo significato della mobilità ferroviaria,
quella transfrontaliera, contribuiscano ad avvicinare i nostri territori,
valorizzandoli e favorendo lo sviluppo delle comunità». Alla cerimonia di
inaugurazione sono attesi, oltre a Fedriga, la commissaria europea ai Trasporti,
Violeta Bulc; il ministro alle Infrastrutture della Repubblica di Slovenia,
Peter Gaspersic; il sottosegretario per le Infrastrutture e i Trasporti, Armando
Siri; l'assessore regionale a Infrastrutture e Territorio, Graziano Pizzimenti,
e il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. I dettagli del nuovo servizio saranno
presentati da Bostjan Koren, direttore divisione passeggeri di Slovenske
zelenice, la compagnia ferroviaria statale della Slovenia, e da Elisa Nannetti,
responsabile della divisione passeggeri regionale di Trenitalia. Uno dei due
collegamenti giornalieri partirà da Udine, raggiungerà Trieste e successivamente
Lubiana (con sosta anche a Trieste Airport); l'altro coprirà la sola tratta tra
il capoluogo regionale e la capitale slovena. Da Trieste per Lubiana - spiega la
Regione - si parte il mattino alle 9.01 e la sera alle 19.09. Da Udine per la
capitale slovena partenza prevista alle 17.54. Le partenze da Lubiana sono
previste alle 5.57, con destinazione Trieste centrale e Udine, e alle 16.10, con
stazione di arrivo Trieste centrale. I treni sono attrezzati anche per il
trasporto di 30 posti bici. Il nuovo collegamento ferroviario - conclude la
Regione Fvg - è inserito nel progetto strategico CrossMoby, nell'ambito del
programma di cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Slovenia, programma
coordinato dalla Regione in veste di autorità di gestione e che garantisce il
cofinanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr).
Nelle acque della Lega Navale il cestino
acchiapparifiuti
Donato da Wärtsilä il cosiddetto "Seabin": è un bidone galleggiante che
trattiene nel suo filtro plastiche e oli inquinanti
Wärtsilä ha donato alla Lega Navale uno speciale "bidone galleggiante" in
grado di raccogliere fino a 1,5 chilogrammi di rifiuti al giorno, corrispondenti
a quasi 20 mila bottiglie o 83 mila sacchi di plastica in un anno.Il "Seabin" è
un cestino della spazzatura che viene collocato in acqua nei porticcioli, sui
moli, negli yacht club e nei porti commerciali. Mentre l'acqua viene risucchiata
dalla superficie e passa attraverso il filtro a rete che si trova all'interno
del cestino galleggiante, i rifiuti come plastiche e oli inquinanti, invece,
restano intrappolati nella rete e possono così essere successivamente smaltiti.
Nel corso della conferenza stampa di presentazione del progetto, tenutasi ieri,
il presidente della Lega Navale Pierpaolo Scubini, ha dichiarato: «Ringrazio
Wärtsilä Italia per questa donazione, in perfetta sintonia con le nostre
finalità, cioè la tutela dell'ambiente marino e delle acque interne. Oggi non si
festeggia solo l'installazione del "Seabin", ma si inizia ufficialmente il
programma di pulizia dello specchio d'acqua antistante la palazzina servizi».
Dal 2017 la finlandese Wärtsilä è divenuta uno dei partner del progetto "Seabin"
e ha dislocato in giro per il mondo molti di questi "bidoni galleggianti", tra
cui uno a Genova e un altro, da ieri, proprio a Trieste.«La nostra azienda ha un
rapporto particolare con la tutela dell'ambiente: siamo stati i primi a
introdurre dei motori navali che funzionano a gas, e poi a biocombustibili, e un
sistema di trattamento delle acque di zavorra», ha spiegato Guido Barbazza,
presidente di Wärtsilä Italia.L'iniziativa è supportata anche dal Trofeo Cral
Insiel.
Simone Modugno
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 settembre 2018
Pirogassificatore alla Burgo - nasce il comitato per la
salute
Oggi i rappresentanti verranno ricevuti dal sindaco di Duino Aurisina
Pallotta - Dentro anche gli sloveni di Comeno. «Informeremo i ministri del
nostro Paese»
DUINO AURISINA - Adesso ha un nome, si chiama "Comitato per la salute e il
territorio", un carattere internazionale, perché ne fa parte anche Stojan
Kosmina, consigliere comunale di Comeno, piccolo centro sloveno a ridosso del
confine, e oggi vivrà già il suo primo atto ufficiale, in quanto i suoi
rappresentanti saranno ricevuti dal sindaco di Duino Aurisina, Daniela Pallotta,
per uno scambio di opinioni sul tema del pirogassificatore che dovrebbe sorgere
all'interno dello stabilimento della Burgo, a San Giovanni di Duino. Prende
corpo, come annunciato, l'attività di questo nuovo comitato, nato per
approfondire le problematiche ambientali che potrebbero conseguire all'impiego
di un impianto come il pirogassificatore e che, non più tardi di martedì, ha
visto per la prima volta riunirsi, in un'assemblea molto partecipata, tutti
coloro che intendono farne parte. «Siamo innanzitutto apartitici - hanno voluto
subito precisare i portavoce del comitato - e non ci schieriamo per un no
pregiudiziale. Ci batteremo invece perché siano formulate proposte oneste dal
punto di vista tecnico, che abbiano come obiettivo la riconversione
dell'impianto - hanno aggiunto - per garantire sì il mantenimento degli attuali
livelli occupazionali, ma in un contesto di tutela dell'ambiente e del
territorio». Non a caso, la delegazione che oggi incontrerà Daniela Pallotta
sarà formata da esperti come l'architetto urbanista Danilo Antoni, la geobiologa
Elena Rojac, il presidente della Commissione Ambiente del Comune di Monfalcone,
Gualtiero Pin e il compositore e direttore d'orchestra Stefano Sacher, esponente
del mondo della cultura di Duino. Nel corso dell'assemblea, il programma di
riconversione è stato definito «non sufficientemente chiaro, stando ai dati noti
a tutt'oggi», mentre la proposta della realizzazione del pirogassificatore è
stata giudicata «basata su scelte obsolete e decontestualizzate». Preoccupazione
è stata espressa per quanto riguarda «le scelte relative al trasporto dei
materiali e allo smaltimento delle scorie». Stojan Kosmina ha parlato a nome «di
tutti quegli sloveni che vivono nel territorio di Comeno, le cui abitazioni sono
collocate a poche centinaia di metri, in linea d'aria, dal sito nel quale si
vorrebbe costruire l'impianto. Informeremo - ha aggiunto - anche i ministeri
dell'Ambiente e degli Esteri del nostro Paese». In parallelo, Pin ha spiegato la
sua presenza, «in qualità di semplice cittadino», dicendo che «anche il
territorio di Monfalcone è vicino alla Burgo e le emissioni del
pirogassificatore potrebbero raggiungere l'abitato. Qui - ha continuato - si
vuole rianimare uno stabilimento figlio di scelte superate dal tempo,
impiantando nuovi macchinari senza pensare alle conseguenze».
Ugo Salvini
WäRTSILä E LEGA NAVALE - Raccolta rifiuti in mare col
bidone galleggiante
In arrivo anche a Trieste, nella giornata di oggi, il nuovo bidone
dell'immondizia galleggiante. Ottava edizione del Trofeo Cral Insiel che
quest'anno "is green" e si tinge di verde per incentivare e sensibilizzare il
popolo del mare a un maggior rispetto dell'ambiente. Nell'ambito del Trofeo si
vuole dare risalto all'importanza della salvaguardia del mare e la novità di
quest'anno sarà proprio la presentazione del "Seabin Project" di cui Wärtsilä
Corporation è partner globale dal 2017. Il "Seabin", l'innovativo bidone
dell'immondizia galleggiante, in questa occasione verrà presentato e donato da
Wärtsilä Italia alla Lega Navale Italiana, e sarà installato proprio nella
giornata di oggi al termine dell'evento in programma alla sede del circolo
velico in molo Fratelli Bandiera 9 alle 11.30.I contenuti del bando di gara del
Trofeo Cral Insiel e le modalità di iscrizione alla regata stessa verranno
invece illustrati dall'organizzazione in un'altra sede e in un'altra data.
Con sacchi neri e guanti i bimbi puliscono Zindis
Accompagnati dai genitori, nella microarea rionale hanno raccolto foglie
secche, rifiuti abbandonati e rimosso delle scritte. A fine giornata un
rinfresco multietnico
MUGGIA «Ancora una volta le attività della Microarea di Zindis dimostrano
che quando le istituzioni si impegnano e il terzo settore e i cittadini non sono
da meno, i risultati sono importanti». Luca Gandini, assessore alle Politiche
sociali del Comune di Muggia, è particolarmente soddisfatto per la "pulizia
partecipata", l'annuale evento pensato e realizzato dal progetto Habitat
Microarea Zindis grazie al supporto della cooperativa sociale La Collina e alla
fondamentale collaborazione di Cai Muggia, Ics Onlus, Ricremattina del Progetto
Giovani e Servizio Ambiente del Comune di Muggia. Tutti questi soggetti, assieme
al fondamentale supporto degli abitanti del rione, sono scesi in campo
occupandosi della raccolta di foglie secche, della pulizia di alcune scritte e
della raccolta di rifiuti abbandonati rinvenuti sul retro e nei dintorni della
scuola elementare "Zamola". La giornata di pulizia partecipata si è quindi
conclusa, nella sede della microarea, con un "rinfresco multietnico" aperto a
tutti offerto dalla microarea Zindis e, in gran parte, preparato dai ragazzi
dell'Ics che hanno offerto piatti e bevande pakistane. Alla pulizia hanno
partecipato tanti bambini, accompagnati da genitori o nonni. Circa una
quarantina le persone scese in campo con sacchi neri e guanti per pulire il
proprio amato rione. «Anche quest'anno la cura del rione si è rivelata
un'occasione di condivisione e scambio reciproco tra abitanti - ha commentato
l'assessore alle Politiche sociali di Muggia Luca Gandini - evidentemente eventi
come questi dimostrano e confermano che coinvolgendo diverse realtà del terzo
settore e le istituzioni si pongono le basi per creare inclusione». Il giorno
seguente, nella cornice del piazzale principale di Borgo Zindis si è svolto
l'incontro musicale intitolato "Zindis in musica". La serata è stata realizzata,
in sinergia con l'Associazione Made in Zindis, a conclusione di un tirocinio
svolto da due studenti di musicoterapia nel contesto della microarea. A luglio e
agosto, infatti, gli studenti hanno svolto il loro tirocinio proponendo dei
corsi musicali rivolti ad adulti e bambini. Il risultato? Il coro "Zindi's
Voice" e il laboratorio musicale per bambini "Zindi's Junior". La serata si è
svolta con il contributo della Banda cittadina "Amici della musica" ed è stato
il momento in cui si sono esibiti i gruppi creati dai corsi musicali assieme a
cantautori locali. «L'idea di organizzare sia i corsi che la serata è stata di
alcuni abitanti molto attivi sia nel rione che nell'associazione Made in Zindis,
l'organizzazione stessa degli incontri musicali è avvenuta attraverso riunioni
di co-progettazione tra la Microarea, i musicisti e gli abitanti del rione», ha
spiegato Anna Demarchi, educatrice della cooperativa La Collina. «Questa è la
conferma che ascoltando e coinvolgendo tutti i soggetti - realtà del terzo
settore, associazioni e abitanti - nella progettazione e realizzazione delle
attività, queste risultano arricchite, dando un significato in più al rione in
cui si vive», ha aggiunto Gandini. Entrambi gli appuntamenti sono stati
un'occasione di aggregazione e socializzazione per gli abitanti del borgo, che
hanno avuto modo di avere cura e di vivere il proprio rione in maniera
differente e propositiva al tempo stesso.
Riccardo Tosques
il sindaco - «Modello vincente da esportare in altre
zone»
L'esperienza della Microarea a Zindis è un modello vincente da esportare in
altre zone similari del nostro territorio. Parola del sindaco di Muggia Laura
Marzi che prendendo spunto dalla pulizia partecipata dei residenti ha messo in
evidenza il progetto realizzato in questi anni nel rione popolare. «L'attività
della Microarea ha influito fortemente in maniera positiva sulla crescita della
socialità all'interno di un rione che negli anni ha visto progressivamente
comparire una serie di luoghi in cui potersi ritrovare che sono diventati un
vero e proprio punto di riferimento», spiega Marzi. Il rione, caratterizzato
dalla presenza di quasi un migliaio di residenti in media over 60, è diventato
un modello da imitare? «Sì. Penso ad esempio al rione di Fonderia - conclude
Marzi - dove vi sono connotazioni simili a Zindis».
Operazione "Sentieri puliti" sabato in Val Rosandra
A promuoverla l'Associazione dei Vigili del fuoco volontari del "Breg" e
la Protezione civile - Il ritrovo per i cittadini è fissato alle 8.30
SAN DORLIGO - Scatta l'operazione "Sentieri puliti" nel territorio comunale
di San Dorligo della Valle. Ne sono promotrici l'Associazione dei Vigili del
fuoco volontari del "Breg" e la squadra della Protezione civile del Comune di
San Dorligo della Valle che hanno organizzato, per sabato, un intervento di
pulizia del territorio. Facendo seguito alle numerose segnalazioni di vestiario
abbandonato lungo i sentieri che caratterizzano l'intera zona, il Comune, di
concerto con l'associazione "Breg", ha deciso dunque di passare alla
controffensiva, coinvolgendo stavolta anche i cittadini e i visitatori
volonterosi in un'iniziativa che ha l'obiettivo di ripulire i sentieri della Val
Rosandra e quelli dislocati lungo il confine con la Slovenia, dove si verificano
spesso episodi di abbandono, oltre che di vestiario, anche di scarpe, imballaggi
alimentari, documenti. In sostanza, chiunque sia animato dalla buona volontà
potrà aderire alla proposta e partecipare all'operazione. Come si ricorderà, un
paio di settimane fa erano stati i volontari di Sos Carso a lanciare per primi
l'allarme, dopo una perlustrazione lungo il sentiero che porta da San Dorligo
della Valle a Crogole. Nel corso dell'intervento, al quale avevano partecipato
una decina di persone che fanno parte dell'associazione ambientalista fondata da
Cristian Bencich, erano stati trovati indumenti, tende, materassi, testimonianze
inequivocabili del passaggio di centinaia di migranti provenienti da Est, sulla
cosiddetta rotta balcanica. Sabato il ritrovo è fissato alle 8.30, nel piazzale
del Centro Visite della Val Rosandra. I coordinatori provvederanno a formare i
gruppi, ai quali saranno forniti materiali e informazioni: guanti da lavoro e
sacchi per la raccolta dei rifiuti, e a definire le aree di intervento. I
sacchi, una volta riempiti, saranno poi raccolti da due automezzi che faranno la
spola tra la parte carsica e la parte bassa del territorio comunale. A quanti
interverranno gli organizzatori raccomandano di vestirsi adeguatamente e calzare
scarpe adatte, perché l'operazione "Sentieri puliti" si effettuerà anche in caso
di pioggia e le previsioni per il fine settimana non sono delle migliori. Il
Comune di San Dorligo della Valle ha fatto anche sapere che «l'iniziativa sarà
ripetuta periodicamente in futuro, in considerazione del fatto che il fenomeno
di abbandono lungo i sentieri di vestiario e altri materiali non accenna a
diminuire».
Ugo Salvini
GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 5 settembre 2018
Plastica: rifiuti diventeranno carburante per le auto a idrogeno
In un futuro forse non troppo lontano i rifiuti di plastica potrebbero diventare carburante per le auto a idrogeno. Questo grazie alla tecnica del reforming solare delle materie plastiche, che offre un mezzo semplice e a basso consumo energetico per trasformare la spazzatura plastica in utili molecole.
Non si tratta di fantascienza, ma di una tecnologia che esiste già grazie al lavoro svolto dai chimici dell’Università di Swansea nel Regno Unito, i quali hanno creato un processo semplice e a bassa energia capace di convertire tre comuni polimeri in gas idrogeno puro: acido polilattico, PET e poliuretano sono stati convertiti impiegando sole, una soluzione acquosa alcalina ed economici punti quantici (nanostrutture di un semiconduttore) in solfuro di Cadmio. Un processo che quindi produce gas idrogeno, che converte gli scarti in prodotti organici e soprattutto che non richiede che i rifiuti di plastica vengano puliti prima di essere trattati. Come spiegato dal dott. Moritz Kuehnel: Abbiamo moltissima plastica usata ogni anno, miliardi di tonnellate, e solo una minima parte viene riciclata. Devi lavarla e ciò richiede una spesa, e anche se fai tutto questo, la plastica che ottieni non è come il materiale vergine. La bellezza di questo processo è che non è molto esigente, può degradare ogni tipo di spreco. Anche se c’è dell’unto, ad esempio, la reazione non si ferma, anzi migliora. Di conseguenza, questa tecnica potrebbe consentire di ottenere combustibile a idrogeno per alimentare le auto future e una sostanza chimica che sarebbe peraltro possibile usare per produrre nuova plastica.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 settembre 2018
Scatta fra le polemiche il cantiere antirumore sul
raccordo di Duino
I residenti: «Opere iniziate tardi. Pochi operai e troppi disagi» -
Pallotta: «Meno lavoro in estate ma i tempi non varieranno»
DUINO AURISINA - I lavori sono iniziati, ma la polemica non si placa.
Continua infatti a suscitare proteste il cantiere aperto da Autovie Venete sulla
bretella della A4, fra l'uscita per Sistiana e la stazione di servizio di Duino,
per il posizionamento dei pannelli fonoassorbenti, desinati a difendere dal
rumore del traffico i residenti che vivono nelle vicinanze dell'autostrada. Se
da un lato Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina, Comune che ospita il
cantiere, plaude all'avvio dell'atteso intervento, assicurando che «il
posizionamento dei pannelli sarà completato entro i tempi previsti», dall'altro
c'è chi, come Paolo Zanon, portavoce dei residenti, critica con severità sia il
ritardo nella partenza dei lavori sia le modalità di esecuzione. «Ai primi di
maggio - sottolinea lo stesso Zanon - il presidente di Autovie Venete Maurizio
Castagna aveva annunciato con enfasi la partenza di un intervento che in realtà
si attendeva da parecchi anni. Poi - aggiunge il portavoce degli abitanti della
zona vicina alla bretella - durante l'estate gli operai visti all'interno del
cantiere sono stati pochissimi e soltanto ora si comincia a procedere con un po'
di maggior ritmo». Chiara la replica di Pallotta: «Durante l'estate, con il
notevole aumento del traffico sulla bretella, dovuto alla presenza dei turisti -
precisa il sindaco di Duino Aurisina - si è dovuto necessariamente rallentare il
lavoro all'interno del cantiere. Ora si riparte con grande impegno da parte di
tutti - conclude Pallotta - e ribadisco che i tempi di consegna, che sono di
circa 500 giorni partendo da maggio, saranno rispettati». Affermazioni che,
comunque, non soddisfano Zanon: «C'è stato un immediato ritardo già alla
partenza, perché il cantiere è stato allestito una quindicina di giorni dopo
l'annuncio di Castagna, ma, in ogni caso, durante l'estate, chi come me deve
attraversare quel tratto di bretella con frequenza - osserva - ha affrontato
rischi che si potevano evitare. Che durante il periodo delle ferie ci sia un
sensibile aumento della circolazione è un fatto notorio - aggiunge - perciò si
poteva cominciare direttamente in questi giorni, evitando inutili disagi a
fronte di un'operatività modesta».«Ma ciò che sconcerta - insiste Zanon - è il
fatto che gli operai sono pochi anche in questa fase, e che alle 17, pure
adesso, il cantiere si vuota».
Ugo Salvini
LA NATURA DELL'INTERVENTO - Una partita da sei milioni e mezzo - La chiusura attesa entro il 2019
I pannelli fonoassorbenti copriranno poco meno di quattromila metri lineari e sono tutti di ultima generazione. La loro altezza varierà fra i quattro e i sei metri. Il costo complessivo per il loro posizionamento è di sei milioni e 526 mila euro, di cui cinque milioni e 30 mila per l'esecuzione dei lavori e un milione e 496 mila da destinare agli oneri per la sicurezza e agli espropri (450 mila euro circa). Si prevede l'ultimazione dell'intervento in circa 500 giorni, a partire dal 7 maggio. Entro la fine del prossimo anno, dunque, la partita dovrebbe essere abbondantemente chiusa. L'operazione di Autovie Venete ha lo scopo di difendere dal rumore del traffico autostradale le abitazioni di centinaia di famiglie che vivono lungo il raccordo della A4, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, e segnatamente nel tratto fra l'uscita per Sistiana e la stazione di servizio di Duino.
(u.s.)
L'INTERROGAZIONE DEL DEPUTATO RIZZETTO - «Antenna sul
Castellier da demolire subito»
Muggia - «L'antenna installata presso il Monte Castellier a Santa Barbara va
rimossa, non sono accettabili ulteriori ritardi». È quanto afferma il deputato
Walter Rizzetto, di Fdi, che con un'interrogazione chiede l'intervento del
governo per la risoluzione definitiva della questione. «Già nel 2014 - spiega -
i lavori di costruzione erano stati bloccati per il rinvenimento di reperti
archeologici. È quindi assurdo che l'opera sia stata successivamente completata
e che esista ancora a distanza di anni. A ciò si aggiunge l'attuale situazione
di stallo, poiché ad oggi non è stata individuata la zona di delocalizzazione.
Bisogna riparare all'ingiusto pregiudizio cagionato ai cittadini di Santa
Barbara», conclude Rizzetto: «Il traliccio va urgentemente smantellato e
installato al di fuori di tale territorio».
Contro lo spreco di risorse nasce il punto PonzianaLAB
Inaugurato il nuovo infopoint in un locale di proprietà dell'Ater - Uno
spazio per coinvolgere gli abitanti del quartiere sui temi dell'energia e non
solo
In un locale di proprietà dell'Ater finora in disuso di via Zorutti 2/1 è
stato inaugurato il PonzianaLAB, un nuovo infopoint che rappresenta un'ulteriore
tappa raggiunta dal progetto Energycare. È stato finanziato con fondi europei
nell'ambito del Programma Interreg V-A Italia-Slovenia 2014-2020 per 1 milione e
400 mila euro e ha come obiettivo quello di ridurre la produzione di Co2,
l'utilizzo di energia e la povertà energetica. Trieste rientra nelle aree
pilota, assieme a San Donà e Capodistria. PonzianaLAB sarà aperto due giorni
alla settimana, cioè il lunedì e il mercoledì dalle 9 alle 13, e sarà il punto
di riferimento per informare e coinvolgere gli abitanti del quartiere di
Ponziana nelle attività del suddetto progetto, aggiornarli sulle trasformazioni
in corso nel rione e, più in generale, fornire indicazioni su come modificare i
propri stili di vita per limitare l'eccessivo consumo di risorse. Il direttore
dell'Ater di Trieste, Antonio Ius, ha spiegato nel corso dell'inaugurazione che
questo tipo di progetti mirano a incidere principalmente sul capitale umano, con
l'obiettivo di concorrere a migliorare i comportamenti rispetto alla tutela
dell'ambiente. Oltre a ciò, andrà anche ad agire sulla parte strutturale del
quartiere. Infatti, 100 mila euro verranno impiegati per installare degli
impianti fotovoltaici in 27 stabili di via san Giovanni Bosco e per ammodernare
l'illuminazione della strada. «La tutela dell'ambiente non è né di sinistra né
di destra», ha dichiarato Ius. Il progetto Energycare è messo in pratica sul
territorio dall'associazione Kallipolis e reso possibile anche grazie alla
collaborazione dell'Habitat Microarea di Ponziana.
Simone Modugno
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 settembre 2018
Tassa rifiuti più leggera ai muggesani virtuosi -
Tavolo nel vivo domani - IN ARRIVO LA "TARIFFA PUNTUALE"
MUGGIA - Trovare la metodologia migliore per applicare il concetto del "più
differenzi, meno paghi". È questo l'importante obiettivo del Tavolo di lavoro
sulla cosiddetta "tariffa puntuale" che domani alle 18.30 vedrà riunirsi i
consiglieri capigruppo del Comune di Muggia. L'incontro, indetto dall'assessore
delegato all'Igiene urbana Laura Litteri, verterà quindi su uno dei temi più
caldi dell'agenda dell'amministrazione Marzi. Fiduciosa Litteri: «Attraverso la
"tariffa puntuale", i muggesani non solo saranno incentivati a separare meglio i
loro rifiuti, ma potranno ricevere il giusto riconoscimento con una
quantificazione della tassa in proporzione alla quantità dei materiali
differenziati». Il tema della premialità per i cittadini muggesani più virtuosi,
ossia quelli più bravi a gestire la differenziazione dei rifiuti, era stato già
affrontato in Consiglio comunale nel marzo del 2017 con un mozione presentata da
M5s, Obiettivo per Muggia e Meio Muja, ma bocciato allora dalla maggioranza e da
parte dell'opposizione. L'argomento è stato ripreso il 19 marzo da Emanuele
Romano (M5S), con una mozione emendata da Simonetta Medos (Pd) e poi votata
all'unanimità dal Consiglio comunale. «L'intento è quello, in primis, di
verificare le modalità di applicazione della "tariffa puntuale" al fine di
incentivare il contenimento della produzione dei rifiuti e potenziare la pratica
della raccolta differenziata - chiarisce Litteri - e, non di meno, dare al
cittadino la sicurezza di pagare in proporzione alla quantità di rifiuto
indifferenziato prodotta, vedendo cosi premiati i propri sforzi per aumentare la
differenziazione». Per ora assolutamente top secret le modalità con cui verrà
applicata la "tariffa puntuale". Di sicuro il tavolo si avvarrà anche delle
esperienze pregresse di tutti quegli enti che ben prima del Comune di Muggia
hanno abbracciato il "porta a porta" come modello, a cominciare dal Comune di
San Dorligo: «È basilare conoscere e studiare quanto già realizzato in altre
realtà, in particolare laddove sono stati conseguiti risultati significativi.
Facendo tesoro delle esperienze di chi già prima di noi ha percorso questa
strada, si può essere facilitati nell'adottare le tecniche più adeguate e le
soluzioni più innovative per rafforzare la sensibilità e il senso di
responsabilità, in modo da migliorare la qualità della raccolta dei rifiuti e,
di conseguenza, diminuirne la quantità prodotta, a tutto vantaggio dell'ambiente
che ci circonda».
Riccardo Tosques
Nasce la super alleanza politica per valutare il
pirogassificatore
Maggioranza e opposizione hanno concordato che le osservazioni del Comune
sull'impianto esprimeranno una visione unitaria. Giovedì l'appuntamento chiave
DUINO AURISINA - Una super alleanza fra maggioranza e opposizione, per
«esprimere osservazioni unitarie, pertinenti e basate su precisi connotati
tecnici». Sull'ipotesi pirogassificatore, l'impianto utile per bruciare le
scorie della lavorazione che la Burgo intende costruire nello stabilimento di
Duino, i partiti di centrodestra che governano il Comune di Duino Aurisina e
quelli di centrosinistra che stanno all'opposizione hanno deciso infatti di
procedere di comune accordo. In sostanza, le osservazioni che il Comune è
chiamato a esprimere saranno discusse e individuate nell'ambito di un confronto
interno alle forze che siedono in Consiglio comunale ed esprimeranno una visione
unitaria. È questa la decisione presa ieri in seno alla Conferenza dei
capigruppo che ha avuto proprio il pirogassificatore come tema all'ordine del
giorno, argomento che sarà riproposto giovedì mattina, quando sarà la
Commissione consiliare per l'Ambiente, nel contesto di una seduta stavolta
aperta a tutti, che affronterà la problematica.«Abbiamo invitato all'incontro di
giovedì le organizzazioni sindacali e gli esponenti del Comitato dei cittadini -
dice Chiara Puntar, capogruppo di Forza Duino Aurisina - perché vogliamo che su
questo delicato tema si possano esprimere tutti. Poi - aggiunge - tireremo le
conclusioni e formuleremo le osservazioni come Comune, decidendo i contenuti
assieme all'opposizione». I temi sui quali le osservazioni verteranno sono già
stati individuati: «Ci interessano approfondire - riprende Puntar - gli aspetti
delle emissioni in atmosfera della sicurezza, della viabilità e del rumore. Per
quanto concerne l'occupazione, esprimeremo auspici». «È indispensabile prima di
manifestare opinioni - sottolinea Elena Legisa, capogruppo di Rifondazione
comunista - conoscere bene l'argomento e valutarne tutti gli aspetti. Tutela dei
posti di lavoro e tutela dell'ambiente sono sullo stesso piano - continua -
perciò la cautela nell'esprimere pareri e l'impegno nell'approfondire
l'argomento devono essere massimi». Ieri Daniela Pallotta, sindaco di Duino
Aurisina, ha fatto pervenire alla Burgo un invito ufficiale per «illustrare il
progetto in un contesto pubblico, in modo che tutti possano farsi un'idea di ciò
che la proprietà della Cartiera intende realizzare». Oggi intanto è in programma
il primo incontro dei promotori del Comitato di cittadini che si sta dedicando
al tema. Sarà deciso anche il nome da assumere. «Non siamo per un no
pregiudiziale - precisano gli stessi promotori - ma chiediamo siano formulate
proposte oneste tecnicamente, che abbiano come obiettivo la riconversione
dell'impianto».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 settembre 2018
Prodotti bio nel carrello di 6,5 milioni di famiglie -
I DATI IN VISTA DEL "SANA" A BOLOGNA
ROMA - Sempre più italiani scelgono prodotti bio, tanto che ogni settimana
il biologico entra nel carrello della spesa di 6,5 milioni di famiglie, il 26%
del totale. Lo indicano i dati presentati in vista del Salone internazionale del
biologico e del naturale (Sana), a Bologna dal 7 al 10 settembre e organizzata
da BolognaFiere in collaborazione con FederBio e con il patrocinio dei ministeri
dell'Ambiente e delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo.
Secondo i dati, nei primi 5 mesi del 2018 le vendite di prodotti biologici sono
salite del 10,5%, contro il +2,8% registrato nel settore alimentare nel
complesso. Da rilevazioni Nielsen emerge che il comparto bio ha superato per la
prima volta il miliardo e mezzo di vendite nella Grande distribuzione
organizzata e aumentato in un anno del 18% le referenze presenti a scaffale.
IL PICCOLO - DOMENICA, 2 settembre 2018
Rischi idrogeologici, Italia fragile - Ecco la mappa di
pericoli e ferite
Frane, alluvioni e allagamenti incombono su tre milioni di famiglie e
quasi 83mila aziende
Il dossier di Confcooperative che lancia l'allarme: dal 1960 danni costati 240
miliardi di euro
Roma - Un Paese che perde i pezzi e rischia sempre più di scivolare sul
bagnato mettendo a repentaglio l'esistenza di persone, aziende e opere d'arte.
Ecco l'allarme lanciato da Confcooperative, che ha rielaborato i dati
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)
contenuti nell'ultimo rapporto "Dissesto idrogeologico in Italia". 1Sette
milioni senz'ombrello - Tre milioni di famiglie, in oltre nove Comuni su 10, il
91% per l'esattezza, si trovano in aree a rischio idrogeologico. In pratica, il
nostro Paese si scopre con un suolo sempre più fragile e sotto la minaccia
frane, alluvioni, allagamenti e fenomeni meteo estremi. E nelle zone rosse, che
in alcune Regioni raggiungono il 100% del territorio, vivono e lavorano circa 7
milioni di persone. I valori più elevati di popolazione a rischio si trovano in
Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto e Liguria. In nove Regioni
ci sono il 100% dei Comuni a rischio idrogeologico (Valle D'Aosta, Liguria,
Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria), mentre
l'Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia e la Provincia di
Trento hanno percentuali di Comuni a rischio tra il 90% e il 100%. Ancora: oltre
un milione di persone vive in aree a pericolosità da frana elevata e molto
elevata e più di 6 milioni in zone a pericolosità idraulica in caso di
alluvioni. Secondo l'indagine, aumenta la superficie potenzialmente soggetta a
frane (più 2,9% rispetto al 2015) e quella che potrebbe allagarsi nello scenario
medio (+ 4%). 2I rischi delle aziende Le industrie e i servizi posizionati in
aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono quasi 83mila, con
oltre 217mila addetti esposti a rischio. Il numero maggiore di edifici a rischio
si trova in Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio. Al pericolo inondazione,
sempre nello scenario medio, si trovano invece esposte 600mila unità locali di
impresa (12,4% del totale) con oltre 2 milioni di addetti ai lavori, nelle
regioni Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria dove il rischio è
maggiore. 3 Opere d'arte in pericolo A forte rischio anche il patrimonio
culturale italiano. I dati dell'indagine individuano nelle aree franabili quasi
38mila beni culturali, dei quali oltre 11mila posizionati in zone a pericolosità
da frana elevata e molto elevata, mentre sfiorano i 40mila i monumenti a rischio
inondazione nello scenario a scarsa probabilità di accadimento o relativo a
eventi estremi. Tra questi più di 31mila si trovano in zone potenzialmente
allagabili anche nello scenario a media probabilità. Per la salvaguardia dei
Beni Culturali, è importante stimare il rischio anche per lo scenario meno
probabile, tenuto conto che, in caso di evento, i danni prodotti al patrimonio
culturale sarebbero inestimabili e irreversibili. 4 Il conto dei disastri Il
ministero dell'Ambiente calcola che dal 1960 a oggi i disastri idrogeologici
hanno provocato al Paese danni per 240 miliardi di euro. Sempre per il
dicastero, per mettere in sicurezza l'intero territorio nazionale occorrerebbero
investimenti per 40 miliardi. «Nei primi 5 punti che il governo vuole mettere
all'ordine del giorno sull'ambiente c'è di sicuro quello di fermare il consumo
di suolo, rigenerare il patrimonio edilizio esistente, e introdurre bilancio
ecologico comunale», spiega il sottosegretario all'Ambiente, Salvatore Micillo.
5 Le ferite in agricoltura - Coldiretti stima in 500 milioni di euro i danni
provocati all'agricoltura dal maltempo nel 2018. Le anomalie climatiche che
hanno decimato i raccolti, distrutto coltivazioni, abbattuto alberi e allagato
aziende, denuncia l'ente, sono la conseguenza di uno sviluppo sbagliato che
negli ultimi 25 anni ha ridotto a meno di 13 milioni di ettari le aree agricole
a vantaggio di abbandono e cementificazione.
Michele Di Branco
IL PICCOLO - SABATO, 1 settembre 2018
Lo studio-pilota su Servola che scatena la polemica dei
comitati anti-Ferriera
Commissionato dalla giunta Serracchiani, è costato 250 mila euro - Gli
ambientalisti: «Campione troppo limitato. Una spesa inutile»
La consegna dello studio pilota di monitoraggio sulla Ferriera alle
associazioni ambientaliste, avvenuta ieri in Regione, ha creato forte malumore
nei comitati che chiedono la chiusura dell'area a caldo. «Lo studio - dicono No
Smog e 5 Dicembre - non serve a nulla, in compenso è costato 250 mila euro ai
contribuenti». A presentare lo studio è stato l'assessore all'Ambiente Fabio
Scoccimarro, che l'ha ereditato dalla precedente amministrazione a guida
centrosinistra. Lo studio, realizzato da un team di 23 persone guidato dal
medico del Cro di Aviano Diego Serraino, si intitola "Studio pilota di
monitoraggio biologico umano tra i cittadini residenti in prossimità delle aree
industriali Ferriera di Servola e Centrale termoelettrica A2A". Lo studio prende
in considerazione 153 persone, un campione comunque troppo limitato per
un'analisi completa. L'obiettivo stesso dello studio, vi si legge, era valutare
«l'adesione dei cittadini» e la «fattibilità dell'indagine stessa». Pertanto:
«La dimensione campionaria di questo studio pilota non è stata disegnata per
testare con adeguato potere statistico eventuali differenze nelle concentrazioni
degli analizzati soggetto di studio». Un descrizione che incontra la perplessità
quando non la rabbia dei comitati. Per Andrea Wehrenfennig di Legambiente lo
studio «è solo un primo passo, ma ci vorrebbe un campione di mille abitanti per
avere un riscontro reale. E a quel punto quale sarebbe il costo?». Per Alda
Sancin di No Smog «non ha senso spendere 250 mila euro di fondi pubblici per uno
studio che non serve a nulla. A quel punto tanto vale non farlo». Sulla stessa
linea Andrea Rodriguez del 5 Dicembre: «Inutile, una presa in giro assoluta». Da
parte sua Scoccimarro tiene basso il livello della polemica e coglie l'occasione
per rivendicare quanto fatto finora: «Quest'amministrazione regionale ha
cambiato rotta a 180 gradi sul tema della Ferriera con l'obiettivo giungere in
tempi brevi alla chiusura dell'area a caldo: in questo contesto chiaro a tutti
il confronto di oggi con le associazioni attive sul tema della salute dei
cittadini di Trieste è stato costruttivo e aperto». Durante l'incontro
Scoccimarro ha ricordato che «per la prima volta dopo due anni si è provveduto a
redigere, in soli undici giorni, Ferragosto compreso, prescrizioni che, se non
ottemperate, genereranno diffide. Queste ultime possono portare, in caso di
violazioni reiterate, anche alla sospensione dell'Aia, che avrebbe peraltro
effetto anche sul laminatoio». Altro aspetto evidenziato dall'assessore, «l'aver
ottenuto da Roma che le riunioni nell'ambito della conferenza dei servizi si
tengano a cadenza più serrata, quindi mensile, nella capitale stessa e a
Trieste».
Giovanni Tomasin
Val Rosandra by night - Tre ore a "caccia" di rapaci e
sciacalli
A spasso per la Val Rosandra ma stavolta al chiaro di luna. Un appuntamento
targato cooperativa Rogos, con raduno alle 19.30 nell'area del parcheggio della
Locanda Maria a Draga Sant'Elia, punto di partenza di una passeggiata di circa
tre ore.La mappa? Il percorso prevede il passaggio sulla pista ciclopedonale
Cottur posta sul tracciato della vecchia ferrovia; da qui gli organizzatori
meditano una prima visione su alcune delle bellezze naturalistiche della zona ma
soprattutto puntano a una cornice di effetti (quasi) speciali, quelli utilizzati
per il monitoraggio di parte delle specie faunistiche che prediligono la
"seconda serata" o dopo il tramonto. La gita infatti comporta, grazie alle guide
del faunista Saimon Ferfolja e dell'ornitologo Paolo Utmar, la proposta delle
tecniche sonore in "playback" in chiave di richiamo animale, emissioni
preregistrate di versi in grado di "catturare" virtualmente rapaci notturni e
sciacalli dorati. L'escursione è gratuita. Indossate calzature robuste e
portatevi lampade frontali e torce (da utilizzare solo in caso di effettivo
bisogno). L'uscita richiede una preadesione scrivendo a info@rogos.it.
Da Basovizza al Cocusso con Curiosi di natura
Per "Piacevolmente Carso", domani la cooperativa Curiosi di natura propone un'escursione panoramica, dalle 9.30 alle 17, tra i boschi di Basovizza fino al Monte Cocusso, con sosta in rifugio. Durante l'uscita la guida di Curiosi di natura illustrerà le caratteristiche dell'ambiente. Al termine possibilità di visita guidata gratuita al Centro didattico naturalistico di Basovizza con le guardie forestali regionali, e di degustazioni dai ristoratori di "Sapori del Carso", con un buono sconto del 10%.Punto di ritrovo alle 9.10, al parcheggio all'inizio del Sentiero Ressel, a Basovizza. L'escursione sarà su sentieri facili e ombreggiati, e con più soste per riposare. Altre informazioni e prenotazioni: curiosidinatura@gmail.com al cell. 3405569374 e sul sito www.curiosidinatura.it.
Parco San Giovanni - Degustazione cibi indiani
Dalle 19 alle 22, al Padiglione V del parco di San Giovanni, degustazione di cibi indiana realizzata da Susheela Ramaiah Cignola: le donazioni della serata andranno alla Born Foundation, che opera in India da oltre vent'anni. Prenotazione obbligatoria: 3408461096, 3287908116.
IL PICCOLO - VENERDI', 31 agosto 2018
Pirogassificatore alla Burgo - Il doppio impegno della giunta
L'esecutivo di Duino Aurisina ha assicurato la volontà di difendere l'occupazione e tutelare allo stesso tempo l'ambiente
DUINO AURISINA - Garantire un futuro ai lavoratori della Cartiera Burgo e, al contempo, prestare la massima attenzione ai temi dell'ambiente. Questo il doppio impegno che si è assunta ieri la giunta comunale di Duino Aurisina, al termine dell'incontro a porte chiuse, che ha visto il neo direttore dello stabilimento delle foci del Timavo, Dario Mendolia, e il direttore del personale, Marco Dal Zotto, illustrare ai componenti della conferenza dei capigruppo e della commissione Ambiente del Comune il progetto per la realizzazione di un pirogassificatore all'interno della cartiera. Nel corso dell'appuntamento, i rappresentanti della Burgo hanno ribadito che «non esiste un piano B, in alternativa al pirogassificatore. Solo con la sua realizzazione e con il suo successivo impiego, peraltro destinato alle sole sostanze prodotte all'interno dello stabilimento, si potranno salvare gli attuali livelli occupazionali». «L'incontro - ha sottolineato Massimo Romita, assessore all'Ambiente - ha chiarito i dubbi sul controllo e sul monitoraggio dei materiali che entrano oggi in Cartiera e sui campionamenti futuri. Prima di formulare le nostre osservazioni - ha aggiunto - ascolteremo la cittadinanza, le associazioni, i comitati, le maestranze». «A questo proposito - ha precisato Chiara Puntar - capogruppo di Forza Duino Aurisina e presidente della capigruppo e della commissione Ambiente - abbiamo riconvocato la capigruppo per lunedì e giovedì, giornata in cui si svolgerà in contemporanea anche una commissione Ambiente a porte aperte, al fine di poter preparare un documento utile alla Regione. Avremo tempo fino al 15 settembre per esprimere le nostre opinioni - ha proseguito Puntar - perciò lavoreremo con impegno, perché la salvaguardia dei posti di lavoro è fondamentale. È comunque rilevante - ha concluso - la promessa della Burgo di impiegare nel pirogassificatore solo materiale lavorato in loco». «Stanno per scadere i contratti di solidarietà - ha ricordato Elena Legisa, di Rifondazione comunista - perciò bisognerà tenere alta l'attenzione. Riteniamo basilare che si tutelino in parallelo la salute dei cittadini e dei lavoratori e i livelli occupazionali». Lorenzo Celic, consigliere del M5S, chimico di professione, ha giudicato «valide le proposte della Burgo in tema di tutela ambientale, per quanto limitate a proiezioni su modelli». Va intanto registrata la nascita, che sarà ufficializzata martedì prossimo, del Comitato, per ora senza nome, formato da cittadini contrari al pirogassificatore. Ne fanno parte i componenti del movimento ambientalista "Cittadini per il golfo".
Ugo Salvini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 agosto 2018
«Danni provocati dai cinghiali - Servono risarcimenti
più veloci»
Il consigliere della Slovenska Skupnost Gabrovec scrive alla Regione -
Sollecitata un'attenzione tempestiva anche per agricoltori e viticoltori
«La proliferazione della selvaggina va controllata e contenuta a livelli
sostenibili, così come ce lo chiedono da anni soprattutto gli
agricoltori-viticoltori. Quando invece il danno è conclamato, deve scattare un
risarcimento equo e veloce». Così il consigliere regionale della Slovenska
skupnost Igor Gabrovec interviene, in una lettera scritta all'assessore
regionale Stefano Zannier, sul problema della crescita incontrollata della fauna
selvatica. Problema tornato d'attualità dopo la causa contro la Regione vinta da
una cittadina rimasta ferita dopo un "incontro ravvicinato" con un cinghiale.
Negli ultimi anni quasi non c'era legge in materia, o Finanziaria o Assestamento
in cui il consigliere regionale della SSk non abbia sollevato il problema
determinato dall'eccessivo aumento della popolazione della fauna selvatica,
specialmente ungulati, che si avvicina sempre più ai centri abitati solcandone
sovente i confini. Moltissime sono anche le interrogazioni e gli ordini del
giorno depositati ma il problema permane grave. Questo lo sanno bene gli
agricoltori, viticoltori per primi, che si vedono ridurre sensibilmente i frutti
del proprio lavoro. Parallelamente c'è poi la questione legata alla sicurezza
ovvero agli incidenti stradali causati dagli animali. «Sollecito quindi
l'Amministrazione regionale - scrive Gabrovec - affinché si discuta quanto prima
sulle modifiche normative necessarie per rendere più efficace l'operato
dell'attività venatoria. Nel frattempo chiedo che venga aumentato il livello di
risarcimento dei danni arrecati alle persone ai loro beni affinché sia adeguato
ai danni subiti. Se è vero, com'è vero, che la fauna è patrimonio pubblico,
l'amministrazione pubblica competente deve anche prendersene cura, gestendo e
occupandosi pure dei danni procurati. L'iter burocratico per questo tipo di
indennizzi deve essere il più facile e snello possibile, veloce e non certamente
conseguente a un iter legale», conclude il consigliere regionale ».
I pesci rossi invadono il laghetto di Basovizza
Il prezioso ecosistema carsico in pericolo a causa del proliferare della
specie - Il naturalista Bressi: «Abbandonati da qualcuno, un disastro per la
fauna locale»
TRIESTE - Lo stagno di Basovizza è stato invaso da decine e decine di...
pesci rossi. Amara sorpresa in questi giorni per gli amanti del Carso, che
recatisi in uno dei più antichi stagni presenti nell'altipiano triestino si sono
imbattuti in una presenza quanto meno bizzarra. Rimesso completamente a nuovo
nel 2015 grazie al fondamentale lavoro dell'associazione Tutori stagni e zone
umide del Friuli Venezia Giulia sotto la supervisione del comitato degli Usi
civici di Basovizza, l'ente che con una spesa pari a 30mila euro aveva
finanziato il progetto, lo stagno carsico di Basovizza è uno dei più pregiati
del territorio. E proprio tre anni fa l'esperto Maurizio Bobini aveva da subito
lanciato un appello-monito: «Raccomandiamo ai cittadini di non introdurvi alcun
animale o pianta e, nel contempo, di evitare il lancio di pietre o legna che
possono rompere il nuovo telo di bentonite collocato sul fondo del laghetto».
Tra gli animali in questione, il principale indiziato, accanto alla tartaruga,
era proprio lui: il pesce rosso. «Pare innocuo, ma in realtà provoca dei danni
all'ecosistema enormi. Forse anche peggio rispetto alla trota fario presente nel
Rosandra». Nicola Bressi, naturalista triestino, racconta che la presenza del
Carassius auratus auratus negli stagni del Carso non è assolutamente da
sottovalutare. Tutt'altro. E purtroppo non si tratta di un paio di esemplari,
come registrato anche in altri stagni, ma di circa un centinaio di pesci
domestici che stanno nuotando in un'area che non è assolutamente l'habitat
naturale di questa specie. Ma quali sono i danni che possono arrecare i pesci
rossi negli stagni? Basta chiedere alle rane, ai tritoni crestati, alle
raganelle e alle libellule. Tutte queste specie, autoctone, sono in pericolo.
«Solamente il rospo comune e la rana verde resistono ai pesci. Tutte le altre
specie sono vittima del pesce rosso che all'interno di uno stagno carsico non ha
nemici naturali poiché non vi sono lontre, aironi, martin pescatori o bisce
tessellate in grado di mangiare questo pesce. Un paragone? Mettere un pesce
rosso in uno stagno è come mettere una tigre all'interno del parco dei mobili
Elio di Prosecco...», spiega con efficace metafora Bressi. Anche i numeri nella
gestazione dei piccoli non hanno paragoni: se ad esempio le rane producono
300-400 uova, una femmina di pesce rosso rilascia, all'anno, qualcosa come
300mila uova. Molti si sono chiesti come ci sia potuta essere una proliferazione
così grande in poco tempo. In realtà questo è il periodo giusto per iniziare a
vedere molto bene a occhio nudo questi animali evidentemente cresciuti dopo la
deposizione delle uova di qualche mese addietro. C'è ancora un aspetto
importante da sottolineare come confessa Bressi: «Non vorrei che le persone
avessero raccolto il suggerimento di acquistare dei pesci rossi da inserire
nelle vasche ornamentali per diminuire il numero di larve delle zanzare. È
verissimo, questi pesci aiutano ad abbassare il numero delle zanzare, ma non
lasciandoli liberi di nuotare negli stagni a distruggere un ecosistema».
Riccardo Tosques
«Nessun danno all'habitat marino dalla gara di pesca» -
LA POLEMICA A MUGGIA
«Nelle gare giovanili il pescato è mantenuto obbligatoriamente vivo e a fine
competizione reimmesso in acqua: nessun danno viene commesso nei confronti del
mare». Lorenzo Pedone, presidente dei Diportisti Muggia, replica così alle varie
sigle di associazioni animaliste che hanno criticato il sodalizio per la
realizzazione del primo Trofeo di pesca sportiva "Città di Muggia" in programma
sabato nella Base logistica di Lazzaretto. «Le associazioni di pesca sportiva
sono affiliate alla Federazione italiana pesca sportiva attività subacquee,
riconosciuta dal Coni, e rispettano tutte le regole prescritte. Noi
rivendichiamo con orgoglio il grande lavoro per la divulgazione della pesca a
Muggia e in tutta la provincia». Insomma, nonostante le polemiche la gara,
patrocinata dal Comune di Muggia, si farà.
(ri.to.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 agosto 2018
Regione e Comune disertano l'incontro sull'aria in
Ferriera
La conferenza era organizzata da Siderurgica Triestina La risposta delle
istituzioni: «Inappropriata. Non mandiamo né consulenti né funzionari»
Siderurgica Triestina convoca un incontro alla Ferriera di Servola per
parlare di «qualità dell'aria a Trieste». Ma Regione e Comune rispondono
negativamente all'invito, chiedendo all'azienda di inviare eventuali dati
attraverso i canali ufficiali. E il presidente Massimiliano Fedriga e
l'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro richiamano al rispetto dall'Aia. È lo
scambio di battute svoltosi in questi giorni fra le istituzioni locali e la
società della Ferriera. L'incontro, che si è svolto ieri nello stabilimento, è
stato tenuto dal professor Alessandro Casula del politecnico di Milano e dalla
biologa Alessandra Barocci. Due consulenti dell'azienda per le questioni
ambientali. Siderurgica triestina fa sapere che la conferenza, alla quale hanno
partecipato anche le maestranze, verteva sull'analisi di un assieme di dati,
«già disponibili online» e delle normative vigenti. Alla luce di tutto questo,
comunica ancora l'azienda, «bisogna sottolineare che le emissioni della Ferriera
rimangono sensibilmente al di sotto dei limiti di legge, mentre i fattori che
influiscono sulla qualità dell'aria a Trieste sono anche altri, rispetto
all'impianto di Servola». All'incontro erano state invitate anche le
istituzioni: Regione, Comune, Arpa. Che però hanno ritenuto opportuno non
partecipare. L'ha reso noto con un comunicato nel pomeriggio di ieri
l'assessorato all'Ambiente di Fabio Scoccimarro: «Fortunatamente a Trieste ed in
Fvg abbiamo organi preposti e competenti per quanto riguarda il monitoraggio
dell'aria sia sul territorio regionale sia relativamente ad aree complesse come
quella della Ferriera di Servola. Questa condizione di terzietà e di garanzia
permette alle istituzioni di avere un quadro oggettivo delle situazioni, senza
doversi affidare a studi di parte». La Regione e il Comune aggiungono d'aver
trovato «inappropriata» la richiesta da parte di Siderurgica Triestina di
partecipare all'incontro, sottolineando che «né funzionari né consulenti dei due
enti» vi han preso parte. Prosegue ancora la nota della Regione: «Lo studio di
Siderurgica, se inviato, verrà sicuramente iscritto agli atti e analizzato dai
tecnici competenti che nei tavoli istituzionali ed attraverso documenti
ufficiali potranno eventualmente avanzare i necessari chiarimenti». Questa la
conclusione di Fedriga e Scoccimarro: «Nel mentre si invita la Siderurgica
Triestina all'ottemperanza delle prescrizioni degli accordi di programma e
dell'Aia proprio a garanzia della qualità dell'aria a Trieste. La miglior azione
di relazioni pubbliche, tanto nei confronti delle istituzioni quanto soprattutto
dei cittadini, è il rispetto degli impegni assunti».
Giovanni Tomasin
Appoggio di Patuanelli alla legge sull'amianto proposta
dalla CGIL
Piena disponibilità a portare all'attenzione del governo la proposta
elaborata dalla Cgil di Trieste sui pensionamenti anticipati per i lavoratori
esposti all'amianto. L'ha ribadita ieri il capogruppo al Senato del M5s, Stefano
Patuanelli. «Ho incontrato negli scorsi giorni Michele Piga e Stefano Borini
della Cgil Trieste, per affrontare il tema, già toccato in campagna elettorale,
degli esposti all'amianto - commenta -. A 25 anni dalla legge 257 c'è ancora
ampia presenza di amianto nei nostri edifici e molti esposti continuano ad
ammalarsi. Per molti anni i lavoratori che hanno dovuto sopportare esposizione
conclamata all'amianto hanno potuto usufruire di benefici pensionistici. La
legge però ha posto un limite temporale alle domande, limite che oggi crea una
ingiustizia sociale forte: lavoratori che hanno sopportato il medesimo pericolo
hanno un trattamento diverso. Ho dato quindi la mia piena disponibilità -
conclude il parlamentare pentastellato - a portare all'attenzione del governo il
tema, con la convinzione che già dalla prossima legge di bilancio si debba e si
possa intervenire». Come noto sto motivo la Cgil ha elaborato una proposta di
emendamento che da anni presenta ai parlamentari in estate, in vista della legge
di bilancio: «L'idea - aveva spiegato l'altro giorno lo stesso Piga - è riaprire
i termini per il pensionamento anticipato nelle otto province in cui il numero
di malattie è in aumento. Dal 1990 al 2017 nella provincia di Trieste si sono
registrati 1780 casi di malattie asbesto-correlate certificate dalla Medicina
del lavoro. Soltanto nell'ultimo anno abbiamo avuto 111 casi».
Ferita da un cinghiale nel giardino di casa - Il
Tribunale condanna la Regione a pagare
L'animale aveva squarciato la gamba di una donna. Riconosciuta la
responsabilità dell'ente che sborserà circa 40 mila euro
La prima battaglia l'ha vinta in ospedale, con le cure e la chirurgia
plastica. La seconda in tribunale, dopo anni di udienze. Alla fine il giudice ha
dato ragione a lei, la quarantunenne che nel 2012 è stata aggredita da un
cinghiale nel giardino di casa: la Regione, a cui la vittima aveva chiesto i
danni, è stata condannata in primo grado al risarcimento. Quarantamila euro, da
quanto risulta. Una sentenza pilota che, in effetti, potrebbe fare
giurisprudenza per altri casi analoghi. La vicenda risale all'estate 2012. È
sera. La padrona di casa (A.D. le sue iniziali), allora trentacinquenne, si
trova nella propria abitazione di via Timignano, a San Giovanni. A un certo
punto sente i cani che abbaiano nervosamente in giardino. Si insospettisce ed
esce per capire il motivo. Ma non si accorge di nulla. È in quell'istante che,
all'improvviso, un grosso cinghiale sbuca dai cespugli e si scaglia sulla donna.
L'aggressione è da paura. La trentacinquenne viene travolta e azzannata.
L'animale poi fugge. La ferita è grave: un taglio di venti centimetri
all'interno della coscia sinistra. La lacerazione è profonda. A. D. si farà
quasi un mese di ospedale. Tre le operazioni chirurgiche subite, oltre agli
interventi di chirurgia plastica ed estetica. La donna, dopo il calvario
sanitario, ha deciso si ingaggiare un braccio di ferro con le istituzioni
preposte al controllo della fauna selvatica. All'epoca si trattava della Regione
e della Provincia, ma con l'abolizione di quest'ultima la pratica è passata
interamente all'altro ente. La signora si è fatta difendere dall'avvocato Chiara
Ferri: in prima battuta la legale ha proposto una soluzione stragiudiziale, ma
il tentativo non è andato a buon fine. La questione è quindi approdata in
tribunale. La causa è stata assegnata al giudice civile Mauro Sonego. Chiare le
richieste della vittima: un indennizzo sia per le spese mediche che per i danni
fisici ed estetici permanenti appurati con una perizia medico-legale. Ma per
averla vinta bisognava dimostrare le presunte responsabilità della Provincia e
della Regione. Non è mancato il palleggiamento tra le due istituzioni su chi
doveva fare cosa. Gli enti avevano sorvegliato adeguatamente sulla popolazione
di ungolati? E quali iniziative erano state attuate, all'epoca dei fatti, per
evitare che gli esemplari si spingessero nelle zone abitate in certa di cibo. Le
misure, come noto, sono annuali e spaziano dai piani venatori (l'abbattimento di
un determinato numero di capi per limitare la presenza della specie), alle
campagne di sterilizzazione. Ma anche la pulizia dei boschi, la recinzione di
alcune aree, fino ai progetti di sensibilizzazione (con annesse sanzioni) per
chi dà cibo agli animali selvatici.«Il controllo della fauna selvatica fa capo
agli enti locali - rileva l'avvocato Chiara Ferri - ma non erano state poste in
essere adeguati strumenti per evitare l'avvicinamento degli animali alle zone
abitate e il loro proliferare . Ovviamente nessuno vuole lo sterminio dei
cinghiali, ma il controllo è necessario. Le campagne di sterilizzazione, come
quelle in Toscana e in Umbria, hanno un'importanza notevole. Così facendo si
argina il problema a monte: c'è un'ampia letteratura su questo. Ma in provincia
di Trieste - annota ancora l'avvocato - ciò non era stato fatto». La sentenza di
primo grado del giudice si riferisce proprio a questo aspetto: l'ente preposto
non aveva attuato interventi adeguati per arginare la sovrabbondanza di
cinghiali. I piani venatori invece esistevano, ma non erano stati rispettati
completamente.
Gianpaolo Sarti
Il Pd chiede al Comune più severità per chi li richiama
con scarti di cibo - la mozione di Barbo
«Il Comune avvii una campagna di sensibilizzazione per invitare i cittadini
a non alimentare i cinghiali e a non abbandonare cibo o rifiuti, che di fatto
attirano gli animali sempre più vicino al centro della città». Lo chiede il
consigliere comunale del Pd Giovanni Barbo, con una mozione presentata al
Consiglio e rivolta alla giunta Dipiazza. Barbo evidenzia nella mozione che «in
alcune zone della città l'habitat dei cinghiali è prossimo a scuole, asili,
fermate dell'autobus e in generale a luoghi frequentati da bambini e persone
anziane, nei cui confronti, in particolare, possono assumere comportamenti
aggressivi e pericolosi». «L'aumento impressionante della presenza dei cinghiali
nella cinta cittadina - prosegue il dem - è dovuto a fattori diversi ma il
comportamento degli esseri umani è senz'altro un potente incentivo, e su questo
il Comune ha il potere e direi il dovere di intervenire».
Animalisti muggesani in rivolta contro la gara di pesca
sportiva
MujaVeg, Ricomincio da Cane, Naica e Lav reclamano l'annullamento del
trofeo di sabato alla base militare di Lazzaretto. Ma la giunta, che lo
patrocina, tira dritto
MUGGIA - Annullare la manifestazione e ritirare il patrocinio del Comune di
Muggia. Non è ancora andata in scena ma sta già facendo ampiamente discutere la
prima edizione del Trofeo di pesca sportiva "Città di Muggia", la kermesse in
programma sabato primo settembre nella Base logistica addestrativa di
Lazzaretto. La notizia della realizzazione del trofeo non è passata inosservata
agli occhi delle associazioni animaliste, che hanno preso una posizione
nettamente contraria all'evento. Le associazioni MujaVeg, Ricomincio da Cane,
Naica e Lav hanno chiesto infatti agli organizzatori di annullare la
manifestazione ed al Comune di Muggia il ritiro del patrocinio. «La pesca -
sostengono - viene fatta passare come un momento educativo o di divertimento per
i ragazzi: nulla di più sbagliato. Sottrarre i pesci dal mare, cagionando
inutile sofferenza, è un maltrattamento degli animali, atroce quanto l'abbandono
dei cani nelle auto roventi o in autostrada. Riteniamo la pesca fortemente
antipedagogica perché antiempatica, in quanto non educa i giovani ad entrare in
relazione con l'altro, non insegna a comprendere ciò che l'altro prova.
Mettetevi nei panni di un pesce: immaginate l'acciaio che entra nel palato e vi
lascia delle ferite che, se non sono letali, probabilmente vi impediranno
l'alimentazione portandovi ad una morte di stenti». Roberto Rosca, assessore
allo Sport del Comune di Muggia, cerca di smorzare i torni: «La pesca sportiva è
una disciplina riconosciuta dal Coni e, in quanto tale, come le altre attività
sportive, ha alle spalle delle realtà che raggruppano sportivi che vi si
dedicano con disciplina e passione. Le realtà ambientaliste scese ora in campo
presentano delle rimostranze evidentemente proprio su questo aspetto, non
riconoscendola come sport: una questione sul merito che sarebbe da affrontare a
livello nazionale più che locale, dove si trasformerebbe invece nella
penalizzazione di questi sportivi rispetto ad altri della nostra città». La
manifestazione, come detto, ha ricevuto il patrocinio da parte della giunta
Marzi per due motivi. In primis «la rilevanza internazionale del trofeo», in
quanto è previsto l'arrivo di partecipanti da Slovenia e Croazia. Ma anche
perché l'evento si svolgerà nella Base logistica addestrativa di Lazzaretto, un
«luogo rilevante per la storia della città che attualmente è preclusa alla
cittadinanza essendo riservata a militari ed affini». Secondo l'amministrazione
comunale, dunque, l'assistere al trofeo potrà essere per i muggesani
«l'occasione per visitare il comprensorio».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 agosto 2018
Oltre all'ex Sadoch andrebbero recuperati anche gli
edifici attigui - la lettera del giorno di Nicola Zuffi
Finalmente si sta procedendo al recupero del grande edificio in viale
Ippodromo che è stato sede dello stabilimento cartotecnico Sadoch, in abbandono
da innumerevoli anni. A quanto pare, verranno realizzati 94 alloggi, destinati
prevalentemente alla locazione a canone agevolato. Un ottimo intervento che
permette di risparmiare quel tanto prezioso suolo che altrimenti sarebbe
occupato da nuove edificazioni per soddisfare la continua richiesta di
abitazioni. Per quanto defilato, alle sue spalle si intravede attraverso la via
Pollaiuolo un complesso di edifici abbandonati in fase di avanzato degrado, se
non prossimi al crollo. A quando l'abbattimento di quelle catapecchie e la
valorizzazione di quell'area, non priva di un certo pregio e sicuramente
appetibile anche per l'iniziativa privata? Ne guadagnerebbe anche il decoro
della città, che è disseminata qua e là di situazioni analoghe, inspiegabilmente
bloccate da decenni. Senza andare tanto lontano, l'ex sede Aci di via Cumano.
Cosa ne pensano negli Uffici regionali ( o comunali) di emanare una disposizione
che imponga ai proprietari di ruderi abbandonati in centro urbano di provvedere
entro un dato termine (2-3 anni pena l'esproprio) al risanamento degli immobili
o alla loro riedificazione, restituendone l'abitabilità? A Cuba funziona così !
IL SOLE 24 ORE - LUNEDI', 27 agosto 2018
Sull’isola artificiale dove il metano arriva in Italia
Il rigassificatore Adriatic Lng (Exxon Mobil al 71% con Qatar Petroleum al 22% e con l’azionista Snam) è un dado colossale di calcestruzzo, 180 metri di lunghezza e 80 di larghezza, alto 47 metri di cui 30 sott’acqua di opera viva e 15 metri fuori acqua. Dal 2008 è piazzato in mezzo all’Adriatico di fronte al Delta del Po.
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 agosto 2018
I SEMAFORI PEDONALI - NOI E L'AUTO di Giorgio Cappel
Sono favorevole all'installazione, che ho notato in questi giorni, di
semafori pedonali in corrispondenza degli attraversamenti zebrati in alcune vie
del centro, quali via Milano. È un intervento analogo a quello fatto a suo tempo
all'uscita di via Cassa di Risparmio verso Piazza della Borsa, che ha risolto
molti problemi. Sono favorevole perché aumenta la sicurezza dei pedoni e
fluidifica significativamente il traffico, consentendo agli automobilisti di
usufruire con continuità dell'onda verde semaforica. Tale argomento mi fa ancora
una volta ricordare il problema dei pedoni che possiamo criticare liberamente
perché pedoni siamo tutti. Per prima cosa ricordo che il pericolo di guidare
utilizzando lo smartphone può essere esteso a chi, camminando, attraversa la
strada guardando il telefonino, magari digitando sullo stesso. È un
comportamento illecito perché il Nuovo Codice della Strada impone a tutti di
comportarsi in modo da evitare incidenti e quindi anche chi è a piedi deve stare
attento. Non si possono impegnare gli attraversamenti pedonali immettendosi
negli stessi di corsa: bisogna guardare se arrivano dei veicoli e solo poi
pretendere la precedenza. Ci sono altre prescrizioni, dedicate ai pedoni, poco
conosciute. È vietato attraversare la strada passando davanti agli autobus in
sosta alle fermate. È vietato sostare in gruppo sui marciapiedi causando
intralcio al transito normale di altri pedoni. È obbligatorio utilizzare gli
attraversamenti pedonali quando distino meno di cento metri. Questa è una norma
che non capisco perché è ben difficile misurare la distanza e capire se è
inferiore o maggiore ai cento metri, anche avendo un metro con sé. In definitiva
vale sempre il concetto di prudenza in modo di non creare pericolo a sé ed agli
altri.
SEGNALAZIONI - Città pulita - L'esempio di Rimini
Di ritorno dall'ennesima vacanza a Rimini vorrei esporre alcune considerazioni e paragoni su quella città e Trieste. Ambedue sono molto belle, eleganti, piacevoli e ben tenute dal punto di vista architettonico. Certo non è possibile né logico paragonarle per numero dei visitatori. Ma sono due realtà differenti. Val la pena invece, di soffermarsi su due aspetti importanti per il godimento della città. Rimini, nonostante il massiccio afflusso di turisti (si parla di 600.000), è incredibilmente pulita. La società deputata alla pulizia urbana, la Hera, inizia le operazioni all'alba, in modo capillare: raccolta delle immondizie porta a porta, disinfezione dei tombini (per le zanzare) ed amenità del genere che rendono la città vivibile al 100%. Non si può dire lo stesso di Trieste, a mio avviso la meno pulita città del Triveneto, per non parlare, poi, delle vicine repubbliche. Ciò dipende anzitutto da una ben nota indifferenza dei triestini a certe norme comportamentali ma anche al fatto che la società che dovrebbe effettuare le pulizie, la Hera, e quindi la stessa di Rimini, non fa secondo me appieno il suo dovere. Interessante, infine, segnalare la quasi totale assenza, a Rimini, di piccioni (non ne ho mai visti più di 10 in un giorno) e totale di gabbiani. Mi è stato spiegato che il Comune di Rimini ha individuato, alla periferia della città, alcune zone in cui sparge parecchio mangime, condito con anticoncezionali. Il sistema funziona; vedere per credere!
Boris Morelli
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 agosto 2018
Ferriera, arrivano le norme anti-spolveramenti
Iniziativa dell'assessore all'Ambiente: «Nuove integrazioni all'Aia per
evitare ulteriori episodi». L'azienda prende atto
La Regione Fvg corre ai ripari contro gli spolveramenti della Ferriera di
Servola. L'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro ha diramato ieri un
"vademecum" che l'azienda dovrà seguire per evitare nuovi episodi: «Solo due
settimane fa si è verificato un importante episodio di spolveramento dai parchi
fossili e minerali e oggi (ieri ndr) i miei uffici hanno inviato nuove
prescrizioni che vanno a integrare l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia)
per prevenire questi eventi"».Con queste parole Scoccimarro introduce agli
aggiornamenti dell'Aia. «Avevo preannunciato misure urgenti - ricorda - e così è
stato: due giorni dopo l'episodio ho convocato i vertici della Direzione
centrale Ambiente e di Arpa Fvg che si sono messi al lavoro per redigerle con
celerità, soprattutto in previsione di nuove allerte meteo della Protezione
civile. Ciò - precisa l'assessore - fintantoché non verrà realizzata la
copertura dei parchi prevista dall'Accordo di programma o la società deciderà di
chiudere l'area a caldo».La nota Arpa Fvg del 22 agosto, sulla quale si basa
l'integrazione dell'Aia del 24 agosto della Direzione centrale Ambiente e
Energia, richiede di attuare subito l'intervento migliorativo. «In presenza di
eventuali allerte meteo, il sistema di irrorazione deve - dispone la nota -
essere mantenuto attivo senza le pause attualmente previste e devono essere
assicurate le attività di bagnatura e pulizia del manto delle strade e dei
piazzali pavimentati, estendendo l'attività a quelle aree dove è evidente la
presenza di polveri sul suolo».Entro 45 giorni dalla ricezione delle
prescrizioni, la società dovrà poi «ampliare con l'aggiunta di idonei agenti
aggreganti e il sistema di irrogazione» e limitare e regolare «la presenza di
coke, carbone e minerali nell'area di retrobanchina dedicata alla logistica».
Infine, entro 120 giorni l'integrazione della Regione chiede che venga «definita
una regolamentazione dell'utilizzazione dei parchi minerali e fossili nel
periodo estivo, quando sono più probabili i fenomeni del vento di caduta,
finalizzata alla riduzione della superficie di esposizione dei cumuli; va
realizzata inoltre la pavimentazione delle aree attualmente ancora a terra
battuta dove si verificano depositi di polvere di carbone e/o minerali» .Da
parte sua l'azienda si limita a far sapere di aver preso nota degli
aggiornamenti.
Giovanni Tomasin
L'ultimo caso risale all'11 agosto scorso - A causarlo
è il vento
L'ultimo spolveramento si è verificato l'11 agosto scorso, quando in
corrispondenza di un forte vento una nube scura si è levata sul golfo.
Numerosissimi triestini e muggesani hanno fotografato e filmato il fenomeno. Si
tratta di un evento che si ripete ormai con regolarità quando si verificano le
condizioni climatiche adatte.
I cinghiali all'attacco del Bosco Farneto - «Rubano il cibo anche agli scoiattoli»
Mettono a rischio querce, farnie, roveri e roverelle. A breve il Comune chiedera' di inserire due olmi nell'elenco nazionale degli alberi monumentali.
Forse non molti se ne rendono conto, ma poter passeggiare in un bosco a qualche metro dal centro è privilegio di pochi cittadini, del Vecchio continente e non solo. Al pari di Parigi e Palermo, con i loro Bois de Boulogne e Favorita, Trieste può contare su un ambiente semi naturale, il bosco Farneto, dove piante superbe e animali vivono a stretto contatto con l'uomo regalandogli bellezza, tranquillità, ossigeno. Questo impressionante polmone verde di circa 100 ettari, che si estende da San Luigi a Melara sino al rio Grande che scorre nella valle di Longera, venne donato nel 1844 dall'Imperatore Ferdinando I al Comune con due clausole ben precise: che il comprensorio risultasse inalienabile e sempre destinato al bosco, proteggendolo da abbattimenti e danneggiamenti. Ma attenzione: i cambiamenti climatici in atto stanno innescando una serie di criticità sulle quali è necessario allertarsi. Le querce del grande parco urbano triestino presentano inequivocabili sintomi di sofferenza e vanno dunque gradatamente rinnovate. Di conseguenza pure alcuni animaletti risentono dei mutamenti in atto. «A provocare l'allarme è proprio il cambiamento del clima», spiega Francesco Panepinto, responsabile dell'ufficio tecnico alberature e parchi-servizio spazi aperti, verde pubblico e strade del Comune di Trieste. «Le querce soffrono gli sbalzi estremi delle temperature, le forti calure, le conseguenti siccità. Condizioni che favoriscono il loro deperimento sino a seccarle. E, va sottolineato, è proprio la quercia, nel "Boschetto", la pianta prevalente». Non per niente il più grande parco urbano triestino prende il nome dalla Farnia che, assieme ad altre consorelle querce, ha garantito alla città aria salubre e protezione dalla bora sin dal lontano Medioevo. Accanto alle temperature tropicali, un ulteriore elemento mette a repentaglio farnie, roveri e roverelle: l'inarrestabile ascesa del cinghiale, che nel parco Farneto e in tutta la provincia è ormai di casa. «Questo animale selvatico che si riproduce con estrema frequenza - afferma Panepinto - divora tuberi, insetti e, naturalmente, le ghiande. Per questa ragione le querce del boschetto trovano oggi difficoltà a crescere, favorendo l'espansione del frassino e del carpino. L'avvento del cinghiale nei nostri boschi va a detrimento pure di altre specie. Il numero degli scoiattoli del Boschetto infatti va diminuendo, un altro problema da non sottovalutare». I piccoli roditori non trovano rifugio facilmente nei tronchi del giovane "Boschetto", frutto del rimboschimento avvenuto dopo il secondo conflitto mondiale. Per tale ragione scavano delle buche nel terreno dove tengono i propri rifornimenti di ghiande. Fatalità vuole però che i cinghiali siano validi "scavatori" perennemente alla ricerca delle scorte accantonate nel sottosuolo dagli scoiattoli. A incrementare la criticità del momento, l'incongruo foraggiamento che alcune persone continuano garantire loro, sempre meno diffidenti nei confronti dell'uomo. «La situazione è seria - ribadisce il funzionario - ed è per questa ragione che nei prossimi giorni incontreremo alcuni esponenti dell'Ispettorato Foreste di Gorizia e Trieste per vagliare la possibilità, in futuro, di porre a dimora del parco Farneto nuovi esemplari di querce nell'ottica di rinnovamento di questo patrimonio verde». Per fortuna il Boschetto non vive di sole criticità. Tante le note positive che lo rendono ancora più prezioso e attraente. A breve il Comune chiederà di inserire nell'elenco nazionale degli alberi monumentali due stupendi giganti del Farneto: un olmo nero, non lontano dall'Orto Botanico, e un olmo bianco, situato nel cuore del bosco. Vicino a questo maestoso esemplare, inizia il sentiero escursionistico "Baca Rubra" inaugurato nel giugno del 2017 per volontà del Comune, della sesta circoscrizione, del Corpo Forestale regionale e della scuola secondaria Codermatz dell'istituto comprensivo San Giovanni. «Il Baca Rubra è un piccolo compendio di quello che è oggi il Farneto - sostiene l'ispettore forestale del Centro Didattico Naturalistico regionale Diego Masiello - con la sua grande varietà di piante, le sue antiche "briglie", opere in murature predisposte per la captazione e regimentazione delle acque interne del Boschetto. Un espediente per obbligare le acque a compiere "salti" diminuendo la loro forza erosiva». «Il nome del sentiero, "bacca rossa", si ispira al pungitopo che qui cresce rigoglioso - continua Nadia Milievich, insegnante della Codermatz -. «I nostri alunni hanno preso cura del percorso, imparando a capire il territorio, a orientarsi nel bosco, a creare tabelle e segnali che, nonostante qualche vandalo, continueremo a aggiornare e posizionare». Collegato attraverso un ponticello, è altrettanto emozionante il fresco e ombroso percorso che costeggia il Rio Grande e la scarpata di via del Farnetello. Un altro gioiello di un Farneto sempre più suggestivo e fondamentale per la Trieste del terzo millennio.
La riserva - Il Bosco Farneto è una grande riserva naturale percorsa da sentieri attrezzati e segnalati, donata a Trieste nel 1844 dall'imperatore Ferdinando I.
Il polmone verde - Grande circa 100 ettari, si estende da San Luigi a Melara fino al rio Grande che scorre nella valle di Longera.
Le pubblicazioni - "Bosco Farneto" - Storia Natura e Sentieri del Boschetto di Trieste. Il testo può essere ritirato presso il Centro Didattico Naturalistico di Basovizza della Forestale.
Maurizio Lozei
Pascolo sociale e usi civici per bonificare la landa
carsica
Problemi per l'alimentazione del bestiame perché l'area è invasa da
piante dannose e non commestibili tipo ailanto e senecio inaequidens
TRIESTE - Valutare se procedere all'ulteriore trasformazione del bosco in
landa carsica per intensificare l'allevamento di bestiame. Intervenire con
attività di bonifica nella superficie di pascolo invasa da piante non
commestibili e talvolta dannose per gli animali. Verificare se ancora persista
l'interesse pubblico su quello che la definizione ufficiale descrive come
"progetto di recupero ambientale della landa carsica in località Basovizza". In
una delle ultime sedute della giunta comunale triestina, Lorenzo Giorgi, che
detiene la delega al Patrimonio, ha spiegato il perchè di un protocollo d'intesa
pensato per organizzare la prospettiva di questa porzione di Carso.
Sottoscrittori del documento saranno, oltre al Comune. l'Uti giuliana con il
dirigente Fulvio della Vedova, il Pascolo Sociale di Basovizza con il presidente
Alessandro Zagar, il Comitato per l'amministrazione separata dei beni civici di
Basovizza con il responsabile Marco Arduini. Obiettivo principale del protocollo
è quello di bonificare l'area interessata dalle indesiderate piante come
l'ailanto e il senecio inaequidens, piante non commestibili e dannose se
ingerite dal bestiame al pascolo. Pascolo che, stante l'invasione vegetale, vede
compromessa la sua utilizzabilità, ragion per cui bonificare significa - secondo
il testo del protocollo - non vanificare gli investimenti eseguiti con le
risorse della disciolta Provincia. Ricordiamo che nel 2007 il Pascolo Sociale
aveva ottenuto in affitto per 9 anni alcuni fondi rustici dal Comitato per gli
usi civici per apportare migliorie agricolo-forestali, per il ripristino della
landa carsica, per lo sfalcio dell'erba. Nel dicembre 2017 i due contraenti
hanno firmato un nuovo contratto d'affitto per altri 9 anni, a scadenza alla
fine del 2026. Nel 2010 è stata inoltre completata la struttura per la
stabulazione dei bovini. La Provincia aveva finanziato con 800 mila euro il
ricovero per gli animali, il ripristino della landa, le recinzioni di una
cinquantina di ettari destinati a riprendere l'aspetto che avevano un secolo fa.
Un lavoro che il Pascolo Sociale ha portato a compimento con la consulenza delle
Università di Trieste, Udine, Padova. L'area interessata è compresa tra la
strada Basovizza-Lipizza e le prime rampe che salgono verso il monte Concusso.
Il diradamento della boscaglia ha ricreato l'antica landa, con funzione di
pascolo. Erano previste alcune decine di bovini da carne di alta qualità. Ma
l'invasione di ailanto e di senecio rischia di compromettere lo spazio di
pascolo e con esso l'attività di allevamento. Urgono allora interventi e
investimenti perchè i bovini possano alimentarsi in un habitat adeguato.
A Muggia nasce "Laura" contro lo spreco alimentare
Ogni sabato i volontari recuperano dal mercato ortofrutticolo di Trieste
- prodotti scartati perché vicini alla scadenza portandoli alla parrocchia di
Zindis
MUGGIA - «Abbiamo iniziato in 7 famiglie, ora siamo oltre 30». Erica Flego,
43 anni, è un'insegnante precaria della scuola materna. Ogni sabato assieme ad
altri sei volontari si reca al mercato ortofrutticolo di Trieste. Qui riempie
decine di borse di prodotti, scartati dalla catena agroalimentare per ragioni
commerciali o estetiche o perché prossimi alla data di scadenza. Sono prodotti
buoni, commestibili, ma che non possono essere più venduti e che quindi
avrebbero un unico destino: finire al macero. «Per noi è del tutto
inaccettabile. Abbiamo deciso di muoverci per contrastare quello che è un vero e
proprio spreco alimentare. Da lì abbiamo creato una rete di sostegno in cui
aiutiamo diverse famiglie e più di qualche anziano», racconta Erica Flego,
coordinatrice della sezione muggesana dell'associazione "Laura", acronimo di "Le
azioni utili recuperano Amore". Le borse della spesa vengono caricate sulle
automobili dei singoli volontari (senza nessun rimborso della benzina) e portate
sino alla parrocchia di Zindis, fulcro della rete di solidarietà in cui è
inglobata attivamente anche la Microarea di Zindis. «Abbiamo avuto la
possibilità di iniziare tutto ciò grazie alla bontà e generosità di don Alex (Cogliati,
ndr) il padre della chiesa di San Matteo Apostolo di Zindis, il quale ci offre
il posto per la distribuzione e la sala magazzino nonché il frigo dove poter
riporre le merci che ci arriveranno dal banco alimentare», racconta Flego. Se al
mercato ortofrutticolo si prelevano ogni sabato frutta e verdura, i volontari si
recano una volta al mese sino a Udine nella sede dell'associazione onlus Banco
alimentare del Friuli Venezia Giulia per "recuperare" cibi a lunga scadenza,
come pasta e latte. La catena solidale che sorge attorno alla parrocchia di
Zindis sta coinvolgendo anche alcuni privati che hanno deciso di cedere a titolo
completamente gratuito diversi prodotti. Tra questi operano attivamente
l'Albergo Porto San Rocco, il gruppo Principe di Trieste e il panificio Elzeri
di Muggia. A breve "Laura Muggia" si accorperà con altre due associazioni, la
"Casa di solidarietà" di Ambra Arena e l'associazione "Made in Zindis" di
Giuliana Balbi: l'unione fa la forza, dunque. Ma i volontari muggesani sono ora
alla ricerca di un sostegno logistico per quanto riguarda gli spostamenti
diventati sempre più complicati da gestire con 5-6 automobili. «Lanciamo un
appello da parte della nostra associazione perché necessitiamo di un furgone da
utilizzare sia tutti i sabati mattina per il mercato ortofrutticolo di Trieste,
sia una volta al mese, a chiamata, per recuperare in blocco gli alimenti
donatici dal banco alimentare di Udine», spiega Flego. La filosofia con cui
"Laura Muggia" - nata come costola di "Laura Trieste" - opera è piuttosto
semplice. «Il nostro scopo è opporre a un cieco individualismo, imposto dal
sistema economico dominante, una pratica di aiuto reciproco. La solidarietà può
permettere di uscire dal nostro guscio e dai nostri disagi personali. Insieme,
si può».
Riccardo Tosques
Piano Enel per l'auto elettrica: in Fvg 400 centraline
nel 2022
Il gruppo punta a investire fra i 100 e i 300 milioni per coprire tutto
il Paese - In regione annunciate 150 stazioni di ricarica in più rispetto alle
previsioni iniziali
TRIESTE - Sembrava dovesse essere un Piano da 250 centraline e invece, in
Friuli Venezia Giulia, di centraline elettriche di ricarica, infrastruttura
chiave per l'auto elettrica, se ne realizzeranno 400 entro il 2022. La conferma
arriva dalla società per l'energia, che ha riaggiornato i numeri resi noti a
fine 2017. Ritocco all'insù a parte, non ci sono informazioni aggiuntive
rispetto ad allora, ma il Fvg, a quanto pare, viene considerata una regione in
cui sbarcare in forze con il progetto. Un'operazione simbolo, quella di un'auto
elettrica da non considerare più una «bufala per ricchi» come l'ha definita
l'economista Giulio Sapelli. Enel punta a investire tra i 100 e i 300 milioni
nel quinquennio per mettere in fila 7mila centraline entro il 2020, fino al
traguardo possibile delle 14mila due anni dopo. Il Piano prevede una copertura
capillare in tutte le regioni italiane, isole incluse, e contribuirà alla
crescita del numero dei veicoli elettrici e ibridi circolanti.«Non vedremo più
la copertina di un giornale tedesco con l'immagine di un'auto bloccata per
strada e l'invito ad andare in vacanza altrove, non in Italia», il commento del
direttore generale Francesco Starace a spiegare che i possessori di auto
elettrica non dovranno più preoccuparsi di restare a secco di energia. Non
dovrebbe accadere nemmeno in Fvg. Nella previsione iniziale ce ne sarebbero
dovuti essere 44 a Trieste e 30 a Gorizia, più che probabile che, con 400
impianti distribuiti in tutte le province, si superi quota cento nella Venezia
Giulia. Nel dettaglio, la rete sarà composta da colonnine Quick (con potenze
fino a 22 kW) nelle aree urbane e Fast (50 kW) e Ultra Fast (150 kW), per la
ricarica veloce, in quelle extraurbane. Circa l'80% dei punti di ricarica verrà
installato nelle zone cittadine, di cui il 21% nelle grandi aree metropolitane e
il 57% nelle altre città; il restante 20% andrà a copertura nazionale per
garantire gli spostamenti di medio e lungo raggio nelle strade extraurbane e
nelle autostrade. Il Piano è già partito, ma Enel al momento non informa sulla
prima fase dei lavori. Come da agenda, comunque, si è lavorato nelle aree urbane
e nelle principali direttrici extraurbane con la copertura di circa 250 comuni
in Italia. I problemi non mancano. A sentire la società, dipendono quasi
esclusivamente dalla burocrazia, giacché le amministrazioni hanno norme diverse
e i punti di installazione vengono decisi non da Enel, ma dai funzionari
comunali. Con modalità e tempi non uniformi. Un Piano complesso dunque, con
molti attori in campo. Ma Enel tira dritto, aggregando istituti di ricerca e
startup che operano nel settore e puntando ad assecondare l'evoluzione di un
sistema di mobilità sostenibile con auspicati benefici per l'ambiente, il
sistema economico, le imprese e i cittadini. Dati alla mano, in Italia si stima
che vi siano attualmente 5.000 autovetture 100% elettriche in circolazione; nel
2017, i nuovi acquisti sul territorio nazionale sono stati 2.600 (su un totale
di 2 milioni di autovetture vendute). Numeri ancora piccoli, ma secondo una
recente analisi pubblicata da Bloomberg New Energy Finance entro il 2040 le
vendite di auto elettriche sul totale delle nuove immatricolazioni potrebbero
incidere per il 55%.
Marco Ballico
Una mentalità "verde" per arginare la cementificazione
della città - la lettera del giorno di Maria Visconti
La nostra città è priva di verde. Piazze, vie sono coperte da
un'interminabile distesa di pietra, che rende la nostra città un vero deserto,
caldissimo d'estate e spazzato dalla bora d'inverno. Attraversare durante queste
estati bollenti la città nel centro, da piazza Unità, a piazza della Borsa e poi
via via il Canal Grande, piazza Ponterosso e tutto il Borgo Teresiano è come
avventurarsi in un forno. Durante gli ultimi lavori di sistemazione del selciato
in queste zone si sarebbe potuto approfittare per dotare di alberi e fontane,
che, oltre a mitigare il caldo, avrebbero contribuito ad abbellirle. Ora ci sono
due altre zone importanti: la Lanterna e il Porto vecchio. Anche qui, se
l'attuale amministrazione non cambia mentalità, ci sarà l'assalto alla
cementificazione. Altri supermercati inutili, come quelli di via Giulia e delle
Torri, oggi deserti di clientela, o l'obbrobrio del supermercato di Muggia, che
ha sfregiato un'intera collina. Poi alberghi, che si potrebbero ricavare, come
per altro si sta già facendo, da antichi palazzi in centro, oggi inutilizzati e
non valorizzati. Temo che il Porto vecchio e la Lanterna diventeranno le
ennesime cattedrali nel deserto, senza alcun beneficio per la città ma solo per
chi si mangerà una fetta dei miliardi messi a disposizione (Unione europea,
governo centrale?). Quanto ne guadagnerebbero invece i nostri concittadini se
costruissimo grandi parchi vicini al mare, fruibili sia d'estate che d'inverno,
magari con una bella piscina di acqua di mare, una bella passeggiata nel verde
per tutto il percorso del Porto vecchio. Tutto ciò porterebbe anche lavoro, non
solo durante i lavori ma anche dopo, per la manutenzione del verde. La nostra è
una bella città, ora apprezzata anche da molti turisti, sarebbe un peccato non
approfittare di un'occasione come questa, di rilancio turistico ma anche,
speriamo, del porto come crescita commerciale, per usare i soldi di tutti per
andare incontro ai bisogni dell'intera città e non solo per soddisfare gli
appetiti di pochi. Sarebbe un delitto non usare questi soldi per creare una
grande oasi di cui tutti potrebbero usufruire perché vicina al centro e per
accrescere la bellezza della nostra città: perché la bellezza non è un lusso ma
necessaria al nostro vivere quotidiano come l'aria che respiriamo. Mi appello a
lei, signor sindaco, affinché non lasci perdere questa opportunità unica.
IL PICCOLO - SABATO, 25 agosto 2018
CONSIGLIO COMUNALE A MUGGIA - «A Porto San Rocco
centralina per l'aria ok ma dati non validati»
MUGGIA - «La centralina di Porto San Rocco è regolarmente in funzione, ma i
dati non vengono pubblicati sul sito dell'Arpa in quanto non sono validati
dall'Arpa stessa». L'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia torna a parlare
della centralina di monitoraggio dell'aria situata nel territorio comunale, in
località Porto San Rocco. Nella risposta fornita durante l'ultima riunione del
Consiglio comunale all'interrogazione formulata da Roberta Vlahov (Ocpm),
Litteri ha fornito alcune spiegazioni anche riguardo le polveri che dalla
Ferriera, via mare, arrivano sino alle case sul litorale muggesano. «La
centralina di rilevamento della qualità dell'aria in funzione a Porto San Rocco
è di proprietà di Arvedi. La sua acquisizione da parte di Arpa Fvg e la
riprogrammazione con possibile estensione del monitoraggio, anche mediante
l'utilizzo dei deposimetri, rientra nella revisione in corso del piano di
monitoraggio e controllo della Ferriera di Servola, cui sono preposti gli Enti
competenti: con ciò Arpa potrà utilizzare al meglio le attrezzature e gli
strumenti necessari al monitoraggio delle emissioni derivanti dall'impianto», ha
spiegato l'assessore muggesano all'Ambiente. A seguito del forte "spolveramento"
verificatosi l'11 agosto scorso, Litteri ha rassicurato i muggesani: «Gli enti
competenti, ossia Regione ed Arpa, si sono attivati al fine di effettuare le
verifiche necessarie e definire eventuali ulteriori misure di contenimento per
evitare il fenomeno». «Il Comune di Muggia - ha proseguito l'assessore Litteri -
non ha alcuna giurisdizione sulla Ferriera e può soltanto chiedere di essere
informato sulle azioni intraprese e di intensificare i controlli sul nostro
territorio, come già fatto in passato incontrando l'assessore regionale
all'ambiente ed il governatore della regione, nonché Commissario della Ferriera,
cosa che sicuramente ripeteremo con il nuovo Commissario». In attesa dunque
dell'acquisizione e della gestione della centralina di monitoraggio dell'aria da
parte dell'Arpa (l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente), la
centralina opera regolarmente, producendo dei dati che però non vengono
pubblicati sul sito dell'Arpa in quanto non validati dall'ente stesso.
Riccardo Tosques
La trota del Rosandra minaccia l'ecosistema - Scatta il
"trasloco"
Altri pesci, gamberi, rane del torrente vittime di questa specie - Verrà
spostata nello Slizza a Tarvisio. L'operazione in due fasi
«La trota Fario non ha nulla a che vedere con la Val Rosandra, quindi la sua
eradicazione è una cosa giusta da fare». L'intervento dell'esperto naturalista
triestino Nicola Bressi conferma la bontà della filosofia del progetto
fortemente voluto dal Comune di San Dorligo. Un progetto che di riflesso
interessa anche gli essere umani: «Se mai dovesse esistere una trota nel
Rosandra, questa dovrebbe essere la "marmorata", presente nelle Alpi e nelle
Prealpi Giulie, ma in realtà la trota in valle non ci azzecca proprio. Basti
pensare ai danni che può fare, essendo sì un pesce piccolo ma comunque più
grande rispetto al sanguinerola, il classico pesce del Rosandra, ma anche nei
confronti dei gamberi e degli anfibi. E le conseguenze per l'uomo sono
facilmente intuibili: meno anfibi equivale ad avere più zanzare».
Addio alle lampadine alogene - È tempo di Led: ecco le regole - Il primo settembre entrerà in vigore la direttiva Ue: meno 75 milioni di barili di petrolio l'anno
Per Confindustria il passaggio permetterà di
risparmiare circa 115 euro a famiglia in 12 mesi
Roma - Il tempo delle lampadine alogene sta per spegnersi. Dal 1 settembre,
non potranno più essere vendute per l'entrata in vigore della direttiva Ue del
2009 che mette al bando le lampade ad alto consumo energetico. I negozianti
potranno solo vendere gli avanzi di magazzino. Ecco una breve guida alla
riforma: sarebbe dovuta scattare 2 anni fa ma che Bruxelles ha voluto
posticipare per consentire a tutti i Paesi di mettersi in regola. 1 Alogene,
stop ma non tutte La Direttiva Ue mira al risparmio energetico: le lampade
alogene consumano molto di più rispetto alle Led e, di conseguenza, la classe
energetica delle lampadine alogene è ben peggiore. In diverse applicazioni le
lampade alogene sono uno spreco di energia. Ma attenzione: non tutte le alogene
saranno messe al bando. Il divieto di vendita riguarda quelle con attacco a vite
E14 ed E27, conosciute come "lampadine attacco piccolo" e "lampadine attacco
grande", le più usate e note. Stop anche a quelle con attacco G4 e GY6.35. Nei
negozi, si potrà continuare a rifornirsi di quelle con attacco R7, ma soltanto
se sono almeno di classe energetica C (vietate quelle D e E). Ok anche a quelle
con attacco G9 ma soltanto se sono di classe energetica C e a quelle con attacco
GU10/GZ10. 2 L'impatto ambientale La decisione di passare dall'alogeno al Led è
stata presa soprattutto per una questione di carattere ambientale. Una lampada a
Led permette un risparmio di energia fino a 5 volte superiore rispetto a una
lampada alogena: si calcola un risparmio di circa 93 teraWatts annuo per il
2020, equivalente al consumo annuo di un Paese come il Portogallo. Secondo le
stime della portavoce della Comunità Europea per l'energia e il clima,
Anna-Kaisa Itkonen, quando sarà completato il passaggio alle lampade a Led si
potrebbe arrivare a una riduzione di circa 15 milioni di tonnellate di emissioni
di CO2 entro il 2025. Un'altra questione riguarda i consumi di petrolio: il
passaggio al Led permetterà a regime di risparmiare 75 milioni di barili di
petrolio l'anno. 3 I risparmi Secondo i calcoli di Confindustria, il passaggio
da una lampada alogena di media potenza ad un Led ad alta efficienza energetica
permetterà di risparmiare circa 115 euro a famiglia l'anno, considerato il ciclo
di vita del Led di circa 20 anni contro i 3-4 di una alogena, e di recuperare il
suo costo entro un anno. I risparmi, poi, aumenteranno dal 2019, con i prezzi
più bassi e migliori performance dei Led. 4 Una riforma "misteriosa" L'Italia
sembra arrivare piuttosto impreparata all'appuntamento con questa piccola
rivoluzione energetica. Il 41% dei cittadini non ha mai sentito parlare della
Direttiva. E se a questo si aggiunge la quota di coloro i quali non hanno chiare
le conseguenze della norma, la cifra aumenta del 16%, fino a raggiungere il 57%.
Tra coloro che non sono a conoscenza del divieto, quasi la metà (47%) ha un'età
compresa tra i 50 e i 60 anni e, ben più sorprendente, il 67% considera la
propria conoscenza dei sistemi di illuminazione buona o almeno adeguata. Eppure
le tecnologie di illuminazione tradizionali compaiono ancora nella lista della
spesa degli italiani. Poco meno di un terzo dei consumatori, infatti, sceglie
ancora lampadine alogene. 5 Led, come riconoscerle Per familiarizzare con i
nuovi prodotti, basta verificare le informazioni presenti sulla confezione. La
presenza della dicitura Led, ovviamente, ma anche le informazioni sul wattaggio,
che includono sia il "vecchio" wattaggio della lampadina a incandescenza sia il
"nuovo" wattaggio della lampadina Led; la diffusione della luce: non
direzionale. E poi, la durata: espressa in ore e anni, considerevolmente più
lunga di quella delle alogene e infine la tonalità di luce, che può variare dal
bianco caldo al bianco freddo.
Michele Di Branco
IL PICCOLO - VENERDI', 24 agosto 2018
«Farò chiudere il de Tommasini per consentire il taglio
dell'erba»
L'annuncio del sindaco dopo le segnalazioni di degrado. «Interventi di
pulizia finora ostacolati da Arpa e Azienda sanitaria»
«La prossima settimana farò chiudere per alcuni giorni il Giardino Pubblico
perché ho già dato disposizioni di far tagliare l'erba». Il sindaco interviene
sulla questione relativa alla trascuratezza del de Tommasini. «È bene che i
triestini ricordino che, a suo tempo,- spiega il primo cittadino - l'ex
assessore della giunta Cosolini, Umberto Laureni, aveva deciso di avviare le
analisi sui terreni di alcune zone verdi cittadine e da quel momento sono
iniziate le disgrazie. Siamo andati a cercarci le "rogne", mi chiedo se quella
decisone sia stata opportuna». Quell'indagine, eseguita dall'Arpa all'interno di
12 aree verdi, rivelò che 7 di queste presentano concentrazioni di idrocarburi
policiclici aromatici superiori ai limiti. La situazione più grave è proprio
quella del Giardino pubblico. Da lì l'ordinanza che vieta l'accesso nelle aree
verdi. «Arpa e Azienda sanitaria - dichiara Dipiazza - mi vietano di mandare gli
operai liberamente a tagliare l'erba, quelle parti verdi sono considerate aree
inquinante e dunque la polvere che si solleva dallo sfalcio dell'erba risulta
nociva. Gli operai dovranno adottare i dispositivi indicati, indossare le
mascherine. Il consiglio che mi è stato dato è quello di tenere l'erba alta
anche per disincentivare chiunque, ma soprattutto i bambini, ad accedere a
quegli spazi». «Siamo andati più volte al ministero dell'Ambiente per affrontare
questa questione - aggiunge - e si sono interrogati sul perché si sia stato
deciso, allora, di fare quelle ispezioni visto che in ogni città, effettuando le
medesime analisi, emerge qualcosa». Comunque viste le lamentele di alcuni
cittadini, il sindaco ha disposto la falciatura dell'erba. Visto il sollevamento
di polveri, nelle giornate di lavoro il giardino sarà interdetto al pubblico. La
pulizia dei busti verrà invece pianificata nei prossimi mesi dagli assessori
Lodi e Rossi.
Porto vecchio "per bici" - Al sindaco 1.580 firme -
PETIZIONE CONSEGNATA DA FIAB
Il presidente di Fiab Trieste Luca Mastropasqua ha consegnato al sindaco
Roberto Dipiazza la petizione "#ciclabile nel Porto vecchio" firmata da 1.580
cittadini, per chiedere «una ciclabile lineare, veloce, sicura e senza
promiscuità con i pedoni da piazza Libertà a via del Boveto». Secondo Fiab serve
«un'infrastruttura ciclistica moderna che connetta il centro città con Barcola e
la Costiera. Un'infrastruttura utile per andare al mare, per raggiungere il
posto di lavoro, per promuovere il cicloturismo e che sarebbe un importante
volano per la promozione di stili di vita sani». Durante l'incontro, il sindaco
ha illustrato il progetto di massima della viabilità interna del Porto vecchio
che prevede anche una ciclabile. Fiab ha chiesto «maggiori dettagli in
particolare su attraversamenti e rotonda, i punti più critici per chi si muove
in bicicletta».
«Il pirogassificatore sia a impatto zero» -
l'intervento dell'assessore Scoccimarro
DUINO AURISINA - «L'obiettivo dei posti di lavoro è auspicabile ma è
necessario che sia a impatto zero sull'ambiente». Lo afferma l'assessore ad
Ambiente ed Energia del Fvg, Fabio Scoccimarro, evidenziando la «massima
attenzione della Regione al progetto appena presentato da Burgo Spa per
l'impianto di pirogassificazione, destinato allo smaltimento di rifiuti speciali
non pericolosi provenienti dalla fabbrica Burgo di Duino, rispetto al quale,
evidenzia Scoccimarro, «è in corso una valutazione ambientale di primo livello
in cui intervengono gli enti locali interessati e le strutture con competenza
tecnica». «L'iter - aggiunge l'assessore - comprende l'ulteriore valutazione di
incidenza in quanto l'area interessata rientra nella rete Natura 2000. Saranno
poi necessari anche l'autorizzazione paesaggistica trattandosi di area vincolate
e l'autorizzazione integrata ambientale». «Ho già preso contatto con l'assessore
all'Ambiente di Duino Aurisina, Massimo Romita - continua Scoccimarro - con il
quale avrò un canale diretto al fine di monitorare questo progetto dal punto di
vista della tutela ambientale. Al tempo stesso, assieme agli altri colleghi, ci
faremo garanti del mantenimento del livello occupazionale». L'impianto avrà una
potenza termica nominale di circa 10 MW. L'altezza del camino dei fumi prodotti
è di 25 metri con diametro di 750 millimetri. -
Avvistata tartaruga al largo di Duino
È stata avvistata una testuggine nel golfo triestino. Si tratta di una
specie comune, la cui riproduzione tuttavia avviene in acque più calde del
Mediterraneo. Potrebbe essersi quindi staccata da un gruppo di tartarughe e aver
seguito delle correnti per arrivare fino a qui. L'esemplare è stato immortalato
dal sentiero Rilke dal naturalista Paolo Utmar.
MIRAMARE - Gabbiani e marangoni tra dipinti e onde
A cura del Museo del castello di Miramare e del Wwf-Area marina protetta di Miramare, "Birdwatching tra natura e arte", passeggiata naturalistica guidata nel parco e nel castello. Ritrovo alle 18, al castelletto. A partire dagli 8 anni in su. L'ingresso al museo è gratuito e pure l'attività didattica è gratuita. È gradita l'iscrizione: tel. 040-224147 interno 3 (dalle 10 alle 13) o scrivere una mail a info@riservamarinamirmare.it. Portate il binocolo.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 agosto 2018
GIARDINI INQUINATI - Dall'erba alta ai busti feriti - I dolori del "de Tommasini"
Il giardino pubblico di via Giulia deve fare i conti anche con piante infestanti e aree off-limits causa inquinamento. Una sola offerta nella gara sul fitorimedio
Erba alta, piante infestanti, un letto di foglie secche a coprire gran parte delle aree verdi. E poi transenne abbandonate tra gli alberi, monumenti presi di mira dai vandali e lordati dai gabbiani, il laghetto con l'acqua putrida invaso da decine di tartarughe, che hanno mangiato tutti i pesci. Il giardino pubblico "de Tommasini" è un'area non governata, dove il verde, gli arbusti e le erbacce hanno preso il sopravvento. Se da un lato grava su quel parco pubblico un divieto di accesso alle aree verdi causa l'inquinamento rilevato, dall'altro anche la poca civiltà di chi lo frequenta fa la sua parte. Eppure resta uno spazio molto gettonato: da genitori e nonni con bambini, anziani che chiacchierano o prendono il fresco, squadre che si sfidano sui tavoli da ping-pong, appassionati del cinema all'aperto, ma anche da sbandati che trasformano le panchine in giacigli dove dormire e mangiare, utilizzando le fontanelle per lavarsi. L'ordinanza che limita l'accesso alle aree verdi è stata emessa nel maggio del 2016 dopo che da un'indagine partita nel 2014 l'Arpa aveva rilevato, come in altre 7 aree verdi cittadine, un'elevata concentrazione di sostanze tossiche. Accanto all'area giochi per i più piccoli una transenna limitava l'accesso all'area verde circostante ma ora è abbandonata in un angolo. Alcuni dei 31 busti commemorativi sono lordati da guano o dagli scarabocchi di qualche vandalo. La struttura destinata a pubblico esercizio è chiusa. Il giardino trasmette così uno sconsolante senso di trascuratezza. A denunciare in una mozione lo stato di degrado e a chiedere al sindaco Roberto Dipiazza e all'assessore competente di programmare una serie di interventi urgenti sono anche i consiglieri comunali di Fi Piero Camber, Michele Babuder e Alberto Polacco. I forzisti richiedono la programmazione della pulizia dei monumenti e dei busti, che venga predisposta la manutenzione del verde al fine di garantire in tempi brevi la fruibilità di quegli spazi e poi, per il futuro, interventi più frequenti. Proprio ieri, peraltro, è scaduto il termine della gara d'appalto per l'intervento di fitorimedio, ovvero la semina di "super piante" capaci di assorbire i veleni. È stata registrata un'unica offerta, quella dell'Agricola Monte San Pantaleone. «Verificata la documentazione pervenuta - spiega il dirigente del Comune, Enrico Conte -, ora si attiverà la commissione giudicatrice che valuterà la parte tecnica dell'offerta. Successivamente si procederà con la valutazione dell'offerta economica per poi arrivare all'affidamento dell'appalto». Se tutto fila liscio, tra meno di un mese, l'incarico da 130 mila euro verrà aggiudicato e l'intervento sulle aree verdi risultate inquinate, come il giardino de Tommasini, quello di piazzale Rosmini e il Miniussi di Servola, potrà iniziare. Riguardo ai monumenti e ai busti del giardino pubblico, l'assessore ai Lavori pubblici con delega al Verde, Elisa Lodi, assicura che a bilancio è già stata inserita una posta specifica proprio per la pulizia dei monumenti. «Sarà un'operazione che concorderò anche con l'assessore alla Cultura - precisa - e che intendiamo rinnovare di anno in anno proprio a garanzia del decoro».
Laura Tonero
GIARDINI INQUINATI - «Un luogo per anni gradevole
tradito dalla trascuratezza»
Ermanno: «La mancata manutenzione induce la gente a non rispettare questi
spazi» Alcuni ragazzi su una panchina: «I divieti non sono chiari»
«Un tempo era un luogo gradevole dove passare qualche ora al fresco, ora con
la questione del verde non curato causa l'inquinamento, sembra che la
trascuratezza sia lecita sotto ogni punto di vista». Ermanno Visintin ha 85
anni. Ora al giardino pubblico ci passeggia da solo, con il giornale sotto il
braccio, alla ricerca di una panchina all'ombra, ma in passato tra quegli alberi
secolari ha portato a passeggio figli e nipotini. «Capisco bene la questione
dell'inquinamento che vincola il Comune sotto certi punti di vista - osserva -
ma credo sia diventata una scusa per approfittare e non fare manutenzione su
nulla. E la trascuratezza induce anche i frequentatori a trascurare le regole
del vivere civile». A fare due chiacchiere su una panchina sono anche alcuni
adolescenti in attesa dell'arrivo di alcuni amici. «Quei divieti di andare nelle
aree verdi non li rispetta più nessuno, noi non sappiamo nemmeno perché siano
stati messi. Ci sono zecche? Se uno arriva da fuori non capisce perché non può
andare sull'erba». Infatti sull'erba qualcuno pure ci dorme, beve birra o gioca
con il cane. L'area giochi, seppur trascurata, è frequentata. E i bimbi
noncuranti si rincorrono pure in mezzo al verde. «Se fosse tanto pericoloso ci
sarebbero limitazioni diverse», fa notare Igor, padre di una bimba scatenata tra
le piante infestanti. «Malgrado la presenza del distretto della polizia locale
all'interno del giardino, non ci sono controlli - fa notare Gianna Benedetti -.
Un tempo c'era il guardiano al quale si potevano anche segnalare disguidi o
comportamenti poco consoni».
SAN VITO - In piazzale Rosmini sfalcio nei punti più
vicini ai viottoli
Il divieto di accesso alle aree verdi di piazzale Rosmini, firmato dal
Comune, risale all'aprile del 2016. Da allora, talvolta, l'erba viene falciata
alla meno peggio solo nei punti più vicini ai viottoli che attraversano il
giardino. Un'infinità di piante spontanee la fa da padrone. Chi si siede ai
tavolini di un bar, ci ha fatto quasi l'abitudine a quello stato di abbandono.
L'area giochi per i più piccoli è in condizioni decenti anche se attorno regna
la trascuratezza. Lo stato di quel giardino fa sì che alcuni proprietari di cani
si sentano autorizzati a lasciare liberi i propri quattro zampe. Senza
guinzaglio, nelle prime ore del mattino e in tarda serata, corrono liberi. E
molto spesso non vengono raccolte le loro deiezioni.
Duino manda in pensione il vecchio depuratore - LA
CERIMONIA
Duino Aurisina - Conto alla rovescia per la cerimonia di "pensionamento" del
vecchio depuratore di Duino. L'impianto verrà infatti definitivamente dismesso
mercoledì prossimo alle 10.30 nel corso di un incontro a cui prenderanno parte
il sindaco Daniela Pallotta, gli assessori al Turismo e ai Lavori pubblici
Massimo Romita e Lorenzo Pipan, il direttore generale di AcegasApsAmga e il
responsabile impianti di depurazione Paolo Jerkic. La dismissione rappresenta
l'ultimo atto di un progetto immaginato nel 2003, avviato operativamente nel
2006 e portato a termine negli ultimi 3 anni e mezzo dopo una serie di complessi
interventi, svolti in piena collaborazione tra tutti i soggetti del territorio.
Una sinergia che ha permesso, alla fine, di arrivare alla chiusura degli
obsoleti depuratori di Duino Aurisina e Villaggio del Pescatore, le cui acque
reflue d'ora in poi confluiranno al depuratore di Sistiana.
Il pirogassificatore alla Burgo allarma politici e
ambientalisti
La giunta Pallotta, tenuta all'oscuro dell'operazione, chiede un incontro
urgente - «La proprietà dello stabilimento venga a illustrare l'impianto in
Municipio»
DUINO AURISINA - «Abbiamo subito scritto una lettera ai vertici della Burgo,
per chiedere che il progetto per la realizzazione del pirogassificatore
nell'impianto di Duino sia illustrato in Municipio, in modo che
l'amministrazione ne possa conoscere i dettagli». Walter Pertot, vicesindaco del
Comune di Duino Aurisina, non ha perso tempo e, appena appresa la notizia
dell'iniziativa della società di Altavilla vicentina, che già qualche settimana
fa aveva inviato alla Regione la richiesta formale per avviare la procedura per
la Valutazione d'impatto ambientale (più nota come Via), ha subito alzato la
voce. Anche perché, nelle stanze del Municipio di Aurisina, avrebbero preferito
essere coinvolti in prima battuta e direttamente dalla proprietà della Cartiera
dell'avvio dell'iter, anzichè venire a conoscenza del progetto solo dalla
lettera inviata dalla Regione "per conoscenza" agli enti interessati. Un piccolo
incidente diplomatico, insomma, che però evidenzia la tensione che si è creata
sul territorio in relazione alla possibile realizzazione del pirogassificatore
all'interno dello stabilimento. «Ho scritto alla Burgo anche a nome dei colleghi
di giunta Lorenzo Pipan e Massimo Romita - ha precisato Pertot - ora attendiamo
la risposta. È giusto che sia la commissione consiliare competente - ha concluso
il vicesindaco - ad approfondire i dettagli del progetto». Sull'argomento è
intervenuta, pur essendo in ferie, anche Daniela Pallotta, sindaco di Duino
Aurisina: «Da quando ci siamo insediati - ha sottolineato - abbiamo sempre
seguito con attenzione tutte le problematiche della cartiera Burgo, dove sono da
tempo a rischio un centinaio di posti di lavoro, chiedendo di partecipare ai
tavoli della Regione. Qualsiasi scelta - ha aggiunto Pallotta - dovrà essere in
ogni caso rispettosa dell'ambiente». Molto drastica la posizione degli
ambientalisti. «Il pirogassificatore tratta termicamente gli scarti della
lavorazione della cartiera - hanno scritto in un comunicato "Lista per il Golfo"
e "Verdi" - evitando così gli insostenibili costi di uno smaltimento esterno. Il
pirogassificatore è equiparato a un inceneritore. Inoltre anche il processo di
rottura termica, cioè la scissione pirolitica del materiale di partenza porta
non solo a una dissociazione molecolare, ma anche a una riassociazione di nuovi
composti chimici, con caratteristiche imprevedibili. La Cartiera - hanno
concluso i portavoce delle due realtà ambientaliste attive sul territorio - è al
centro di un sistema ambientale che comprende il Carso, le Terme Romane e il
Timavo, il cui equilibrio deve essere attentamente salvaguardato».
Ugo Salvini
I danni della plastica spiegati ai più piccoli -
Iniziativa di FAI e OGS
In Italia, Spagna e Francia galleggiano 500mila tonnellate di oggetti in
plastica, pari al 70% dei rifiuti marini. Un'emergenza ambientale che la
delegazione del Fai di Trieste in collaborazione con Ogs e "Trieste senza
sprechi", ha portato ieri all'attenzione dei piccoli bagnanti dello stabilimento
"Sirena" di Grignano, spiegando loro come ridurre l'utilizzo di plastica. «Non è
ancora troppo tardi per salvare la terra, però bisogna muoversi ora - spiega la
ricercatrice dell'Ogs, Federica Nasi -. La plastica che finisce in mare disperde
i "ftalati", delle sostanze chimiche che inibiscono l'apparato riproduttivo
degli animali e degli uomini. Devono essere i più grandi ad educare le nuove
generazioni». Esiste poi il problema delle microplastiche, che possono essere
prodotte direttamente dall'uomo (cosmetica, abbigliamento e processi
industriali), o essere il risultato della frammentazione di rifiuti più grandi.
Gli animali le scambiano per cibo e le ingoiano, poi l'uomo mangia quei pesce e
quindi le assimila con la catena alimentare. «Le isole che formano questi
rifiuti - aggiunge Nasi, facendo riferimento ad esempio a quella nell'oceano
Pacifico - impediscono poi la fotosintesi nelle alghe, indispensabile per la
produzione dell'ossigeno». A spiegare i "trucchi" per evitare l'abuso della
plastica è stata Valentina Delconte, del sito "Trieste senza sprechi", «arrivare
a zero è impossibile però con piccoli accorgimenti possiamo ridurne l'impiego
quotidiano, ad esempio utilizzando bottiglie in vetro che andiamo a riempire,
oppure con borse di tela e acquistando prodotti sfusi. Trieste era indietro, ma
nell'ultimo anno ho visto un cambio di mentalità importante nelle persone» .
IL BLOG DI BEPPE GRILLO - MERCOLEDI', 22 agosto 2018
Il collasso dei mari: non ci sono più pesci
Il 12 agosto 2018, è successo qualcosa di terribile. Ad
Hout Bay, alla periferia di Città del Capo, in Sud Africa, un sospetto
bracconiere è stato ucciso da funzionari anti-bracconaggio. L’azione di protesta
ha portato all’esplosione di diversi edifici e al saccheggio di altri.
Che cosa ha spinto la pacifica comunità a spingersi fino a questi gesti
estremi?
Città del Capo è la patria dei discendenti di alcune delle prime nazioni del
mondo, le culture Khoi e San. Le popolazioni indigene praticano da millenni la
pesca sostenibile lungo le coste dell’Africa australe. Non è un fatto di
permessi o diritti, è più un fattore culturale.
Ma ad un tratto c’è stata l’esclusione dei pescatori locali che praticano la
pesca di sussistenza. Con l’aumento della domanda mondiale di frutti di mare, il
governo sudafricano ha visto l’opportunità di generare ricavi
“professionalizzando” il settore. Quindi ha pensato di dare in concessione le
licenze alle grandi aziende che offrono garanzie di conformità. Essi sostengono
che il processo è stato un’assegnazione equa e aperta delle quote. Tuttavia,
sembra ridicolo pensare che dei semplici pescatori potessero gareggiare con
delle multinazionali. Tra l’altro gruppi come la Black Empowerment ha ottenuto
alcune licenze e storicamente l’azienda non si è mai occupata di pesca.
I pescatori con le loro piccole imbarcazioni, guadagnavano dai 500 agli 800
dollari a turno, sostenendo più famiglie. Ora si trovavano senza lavoro. Le
aziende si sono mosse rapidamente e hanno offerto loro dei posti di lavoro. Un
salario di appena 300 dollari al mese e solo durante la stagione di pesca.
Così i millenni di tradizioni e diritti di pesca sono stati spazzati. Il
bracconaggio è diventato l’unico modo di sopravvivenza per queste famiglie.
La disperata ricerca della sopravvivenza economica, combinata con un mercato
nero fiorente, soprattutto per i prodotti raccolti fuori stagione, hanno portato
alla decimazione degli stock ittici, lasciando un ecosistema incapace di
sostenere la domanda. Nel frattempo, il mercato locale è invaso da gamberi
argentini surgelati e dal salmone norvegese, mentre il pescato locale (legale e
illegale) viene esportato.
Pochi si rendono conto di come la globalizzazione abbia creato un prezzo
trasparente sul mercato nero. Ciò sta portando al totale annientamento del
tonno, dell’abalone e dell’aragosta nel Capo occidentale. Man mano che le fonti
diventano più scarse, i prezzi aumentano, il che spinge la popolazione locale ad
accelerare la sovra-raccolta, il che inevitabilmente porterà ad un crollo
totale.
Abbiamo visto questo modello altrove. Agli europei piace ricordare che un tempo
il Mare del Nord ospitava 20.000 chilometri quadrati di ostriche fino a quando
questa risorsa naturale non è stata sfruttata fino al punto in cui gli stock
hanno cessato di esistere. Nessuno allora o ora si preoccupa di rigenerare
quell’ecosistema e tutti hanno imparato a vivere in acque torbide.
La Fondazione ZERI, che raggruppa migliaia di scienziati e si è concentrata
sull’implementazione di modelli di business innovativi che costruiscono capitale
sociale e riportano la natura sul suo percorso evolutivo, ha osservato queste
crisi sociali ed ecologiche. Non esiste un’unica soluzione a breve termine, ma
esistono opzioni a lungo termine che funzionano.
I passi richiedono disciplina e un approccio intergenerazionale, poiché
invertire la distruzione richiede tempo.
Il primo passo consiste nel dichiarare zone no-pesca, i luoghi in cui i pesci
possano riprodursi in condizioni di sicurezza. In secondo luogo, si dovrebbe
vietare la pesca di femmine di grandi dimensioni in età riproduttiva. Un tonno
pinna gialla ha bisogno di 10 anni per diventare fertile, e una femmina di 20
anni produce milioni di uova. Vuoi davvero ucciderla e mangiarla?
In terzo luogo, le reti sono sostituite da lenze, che consente una pesca
selettiva. In quarto luogo, ogni pesce, aragosta e abalone catturato viene
etichettato (una tecnica facile ed economica) quando emerge dal mare e viene
rintracciato lungo la catena di approvvigionamento. Ciò controlla gli
intermediari che troppo spesso imbrogliano l’intero sistema (sia le grandi
imprese che i pescatori tradizionali).
Un programma analogo è stato implementato a El Hierro (Canarie, Spagna) negli
anni ’90, e oggi la densità di pesce è dieci volte superiore alla media della
Spagna. Un’inversione è infatti possibile, a patto che si permetta alla natura
di riprendersi, da un punto di collasso catastrofico quasi totale, e che si sia
pronti a costruire sulla saggezza delle culture locali.
Gunter Pauli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 agosto 2018
Un pirogassificatore nella Cartiera di Duino
Chiesta la Via alla Regione. Impianto da 6 milioni al posto della Linea
Due: trasformerà in energia gli scarti di lavorazione
DUINO AURISINA - Si chiama impianto di pirogassificazione, produce gas ed
energia, attraverso la combustione di residui di lavorazione, ed è destinato,
nelle intenzioni del gruppo Burgo, a risollevare le sorti dello stabilimento di
Duino, garantendo il mantenimento dei livelli occupazionali della Linea Due, da
tempo a rischio. Si apre una nuova fase per la struttura industriale duinese. È
dello scorso 1° agosto la presa in carico, da parte dell'amministrazione
regionale, e più precisamente della Direzione centrale Ambiente ed Energia,
della richiesta formale, formulata dal gruppo che ha sede ad Altavilla
Vicentina, di avviare la procedura di assoggettabilità del progetto alla
Valutazione d'impatto ambientale (più nota come Via). Il Gruppo Burgo, da mesi
impegnato nella complessa trattativa per risolvere la crisi della Linea Due,
intende installare, nel comprensorio dello stabilimento di Duino, un impianto di
pirogassificazione, destinato in questo caso a bruciare il cosiddetto "pulper",
in sostanza lo scarto prodotto dall'industria cartaria, cioè il materiale
risultante dal processo di recupero della cellulosa da carta e cartone da
riciclo, una miscela di materiali plastici (circa due terzi del totale), legno,
residui di carta, ma anche materiale metallico e frammenti di vetro.
L'installazione avverrebbe nel quadro della riconversione della Linea Due di
produzione, un passaggio che la Burgo ritiene «obbligatorio per mantenere la
competitività dello stabilimento», ma anche, secondo i sindacati «per rilanciare
il sito sotto il profilo occupazionale». Attualmente la cartiera di Duino
produce circa 21 mila tonnellate all'anno di residui di lavorazione, il cui
smaltimento costa 3 milioni di euro l'anno. Il pirogassificatore, la cui
realizzazione implica un investimento di circa 6 milioni, verrebbe ammortizzato
in un paio di anni e consentirebbe di produrre 150 mila tonnellate di vapore,
utili per generare energia da riutilizzare nell'ambito del ciclo produttivo.
L'impianto prevede anche l'utilizzo di una ciminiera alta 25 metri. La notizia
ha subito messo in allarme la popolazione. «Il nostro territorio in termini di
ambiente ha dato e sta dando molto - ha detto il neo consigliere comunale di Per
il golfo e Verdi, Vladimiro Mervic - e dal punto di vista legale e normativo il
pirogassificatore è equiparato da qualcuno a un inceneritore. Ogni iniziativa
volta a salvare posti di lavoro - ha aggiunto - ci troverà d'accordo, ma
vorremmo fosse accompagnata da una chiara trasposizione dei progetti e dei
fatti». Luca Mian, rappresentante delle Rsu della Burgo e della Uil regionale,
ha precisato che «la pirogassificazione non produce inquinanti e non comporta
emissioni. Inoltre - ha proseguito - la strada intrapresa dovrebbe portare a
salvaguardare sia l'ambiente, sia il centinaio di posti di lavoro oggi a
rischio. Attualmente - ha concluso - siamo in contratto di solidarietà. La
riconversione della Linea Due dovrebbe porre fine a questo stato di incertezza».
Ugo Salvini
SEGNALAZIONI - Ponte di Genova /1Lento il passaggio da gomma a rotaia
E' interessante notare come dopo un evento catastrofico il comune sentire cambi umore. Crolla il ponte a Genova, oberato da una mole di traffico enorme e tutti parlano di trasferire il traffico su ferrovia. Come fosse una cosa facile. Samuelson, Nobel per l'economia, nel suo manuale parla delle difficoltà per passare dalla produzione di carri armati a una equivalente di burro. Portare il traffico su ferrovia ha medesime criticità ma soprattutto non avviene immediatamente. Attualmente il traffico su ferro rappresenta circa un decimo del totale, è scomparso il traffico diffuso perché antieconomico, improduttivo e fuori mercato. Solo un Paese in Europa ne ha,per sostenere l'industria del legno, ma sopporta costi altissimi che possono essere sopportati perché la percentuale del trasportato supera il 40%. Per aumentare la percentuale servono infrastrutture, risorse, mezzi e tempo. Molte linee sono quasi sature, ma c'è ancora chi è contro la Variante di Valico a Genova, il raddoppio del Brennero, il Frejus. Sul Frejus, il "maestro del pensiero" Grillo, dice che è un progetto datato, dimenticando che sostituirebbe una infrastruttura costruita nel 1857. Nel frattempo i lavori proseguono con il controllo manu militari della polizia che protegge i cantieri... La ferrovia richiede grandi investimenti che si ripagano nei decenni , con lavori che proseguono per anni, ma soprattutto che non tollerano stop e go quasi fossero traffico cittadino. E da noi? Ci ricordiamo di quel ministro che all'ultimo voleva cambiare il tracciato del Passante di Mestre, o delle grida per il trasporto di merci pericolose dopo Viareggio ? Preferiamo il Tir che tampona una cisterna a Casalecchio o dobbiamo affidarci al solito stellone italiano?Ogni giorno centinaia di tonnellate di merci pericolose viaggiano su ferro dove un sistema di controllo della circolazione che non ha uguali al mondo regola il traffico. Grossi incidenti non si sono più avuti, ma le Cassandre e i no a prescindere pontificano. Dimenticano che il progettista dell'Autostrada del Sole voleva tre corsie, ma mancavano i fondi, fatta la Variante di valico per sostenere il forte traffico ha avuto i detrattori. Ora ci si lamenta per i lavori sulla terza corsia della Trieste-Venezia, ma tra 10 anni da dove passerebbero i Tir?Attualmente vi passano ogni giorno circa 10.500 camion. Mettendo i camion su 20 treni, con uno sforzo economico, logistico, strutturale enorme si toglierebbe dalla strada il 4% del traffico: ogni 25 sorpassi ne risparmiereste uno. Ecco perché investimenti, progetti , cambiamenti vanno visti in un' ottica almeno ventennale ma il politico attuale vive di feeling, like, vuole provare tutto e subito. E' la differenza tra il demagogo e lo statista. La programmazione richiede idee, conoscenze, pazienza e visione del futuro.
Fulvio Zonta
Se l'Oceano e' un mare di plastica - A grignano inizia la battaglia.
L'inquinamento marino, le cause e il dovere di intervenire Sono le tracce che caratterizzano l'incontro di oggi, alle 15, allo stabilimento Sirena di Grignano, teatro di "Plastica: Fai il punto con l'Ogs e Trieste Senza Sprechi-Come bambini e adulti possono tutelare il mare e ridurre l'inquinamento". Sono tre le sigle che scendono in campo - dalla delegazione del Fai all'Ogs, l'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, e Trieste Senza Sprechi, progetto dalle chiare prerogative socio-ambientalistiche - qui riunite per (ri)dare respiro a una missione antica ma sempre in debito di soluzioni e sensibilizzazione. Il tema dell'inquinamento del mare a opera della plastica appare infatti in costante crescita, alla luce intanto dei dati di produzione del materiale su scala planetaria, circa 280 tonnellate all'anno, destinate a diventare circa 400 nel 2050. Il dato preoccupante non si lega tanto alla mole produttiva della plastica quanto alla sua quasi inevitabile destinazione nei mari e negli oceani, divenuta, secondo le previsioni delle Nazioni Unite, l'abitazione nefasta di circa 8 milioni di tonnellate di materiale plastico. Cifre che interessano da vicino anche Adriatico e Mediterraneo, dove la plastica pare costituisca circa l'80% dei rifiuti. In tale ottica, in Europa si medita la strada del riciclo totale. Di questo piano programmatico se ne parlerà oggi con Mirella Pipani, vicecapo delegazione Fai di Trieste, Valentina Delconte, esponente di Trieste Senza Sprechi, e di Valentina Nasi, ricercatrice Ogs. Un incontro aperto a tutti e dedicato in modo particolare ai bambini, a cui verranno offerti dei gelati al termine della conferenza.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 agosto 2018
L'ailanto senza freni tiene sotto assedio i muri di via
Belpoggio
La pianta infestante cresce e ormai erode i marciapiedi - Il Comune:
«Conosciamo il problema. Verificheremo»
La Cina è vicina. Non parliamo della Via della Seta, ma della piccola
giungla verticale che sta crescendo in via Belpoggio. I residenti della zona
guardano con preoccupazione alla colonizzazione che gli ailanti, pianta
infestante proveniente dall'Estremo oriente, stanno facendo del grande muro di
sostegno che sorge alle spalle della sede universitaria di androna Campo Marzio.
Scrive un lettore: «Siccome qua l'Italia crolla per incuria, a Trieste, a poca
distanza dal Piccolo, abbiamo un esempio clamoroso. Il muro di contenimento di
via Belpoggio completamente invaso di piante di ailanto che stanno diventando
alberi e penetrano fin sul marciapiede (totalmente abbandonato), dopo aver
deformato il parapetto in pietra e aperto crepe un po' dappertutto. Se domani la
strada franasse su quei quindici metri di precipizio, mettendo a rischio le case
intorno, non mi meraviglierei affatto». In effetti lo spettacolo che si può
osservare da via Belpoggio colpisce l'occhio: una vegetazione lussureggiante si
leva dalla vecchia parete verticale, spuntando qua e là dall'asfalto del
marciapiede. L'assessore comunale Elisa Lodi assicura che l'ente locale correrà
presto ai ripari: «Verificheremo se sono arrivate segnalazioni agli uffici, e in
ogni caso andremo a controllare la situazione», spiega l'esponente della giunta
Dipiazza. Il problema degli ailanti, in ogni caso, non è nuovo al Comune: sono
anni che il territorio italiano deve affrontare l'espandersi di questa
vegetazione. Dichiara Lodi: «Il fenomeno è complicato. Abbiamo un perito
forestale che sta studiando la questione e sta cercando di capire come fare ad
arginare il diffondersi degli alianti a danno della vegetazione locale». Il
problema ha conquistato l'attenzione del Comune quando alcuni alberelli sono
spuntati in uno dei templi vegetali cittadini, il Giardino pubblico di via
Battisti. Gli ultimi interventi puntuali in ordine di tempo, ricorda
l'assessore, sono stati condotti in zona Ezit, del Boschetto, villa Engelmann,
via Pindemonte.
Giovanni Tomasin
L'albero "puzzone" dell'Oriente che molti trattano da
«clandestino»
L'ailanto, con il suo caratteristico cattivo odore, è una pianta proveniente
dall'Estremo oriente. Può raggiungere anche i 25 metri di altezza e da decenni
ormai si sta diffondendo in Europa. Il suo ruolo sul nostro territorio è
duplice: da un lato si diffonde in ecosistemi, come quello del Carso, in cui va
a scapito della vegetazione locale. Dall'altro ha la capacità di crescere in
zone urbane abbandonate dall'incuria degli uomini, creando delle zone verdi nei
luoghi più impensati. Negli anni scorsi il tema dell'ailanto, da molti esperti
riconosciuta come pianta infestante, è stato raccolto dal collettivo
alpinistico-letterario "Alpinismo Molotov" (costola della Wu Ming Foundation),
che ha rilevato come i discorsi ricorrenti sull'ailanto riecheggino quelli della
politica nei confronti dell'immigrazione.
Da Campo Marzio a Erpelle e oltre nuovi binari per lo sviluppo - la lettera del giorno di Stojan Spetic
Letta la bellissima pagina sulla Stazione di Draga Sant'Elia, mi si affollano pensieri che possono apparire sogni, ma potrebbero diventare realtà. Ho visto in giro per il mondo prosperare turisticamente città che vantano ferrovie panoramiche. Perché allora non rimettere i binari (ci vollero 20 mesi, allora) sul tragitto da Campo Marzio a Erpelle lungo la Val Rosandra, proponendo una gita che potrebbe continuare sul treno che prosegue verso Pinguente, Pisino e Pola, attraversando l'Istria interna dai panorami mozzafiato? Il viaggio completo durerebbe meno di tre ore. Il treno Cosina Erpelle - Pola esiste già. La nostra regione e la Slovenia si sono accordate per il treno Trieste - Lubiana: si faccia un accordo anche con la Croazia sfruttando questa bellissima possibilità finora ignorata. Trieste è nota nel mondo anche per il tram di Opcina, sempre trascurato. Ma perché non ricordare che le città europee più moderne usano tram per il traffico urbano? Comodo ed ecologico. Basti pensare al tram per la riviera di Barcola, ora che non vi si può parcheggiare. Il compianto ingegner Spaccini, elaborò un piano che prevedeva due grandi linee tranviarie, con vetture da cento passeggeri, da Muggia a Miramare e da San Giovanni a Servola, con al centro piazza Goldoni come luogo di scambio e stazioni collegate con la circonvallazione ferroviaria sotterranea e autobus circolari di quartiere. Progetto cassato e Spaccini costretto a nasconderlo. Credo si trovi nell'archivio dell'Università di Fiume, dove l'aveva potuto illustrare. Insomma, ci sono idee che potrebbero fare di Trieste una città più brillante. Perché non ripescarle? Forse si potrebbe attingere anche a qualche fondo europeo.
Muggia - Le forze di minoranza chiedono chiarimenti su
Tari e Ferriera
Tari e Ferriera. Saranno questi gli argomenti clou del Consiglio comunale di
Muggia che si riunirà domani alle 19 in seduta straordinaria. Si inizierà, come
da prassi oramai, con il question time che prevede due distinte interrogazioni.
La prima riguarda la Tari ed è stata presentata dalle consigliere d'opposizione
Roberta Tarlao (Meio Muja) e Roberta Vlahov (Obiettivo comune per Muggia). Le
due esponenti delle liste civiche chiedono, in particolar modo, «i motivi
dell'aumento della Tari» e se è previsto un aumento della Tari nel 2019.
L'interrogazione nasce in seguito anche alla comunicazione da parte del Comune
sul costo del rifornimento dei sacchetti per effettuare la differenziata, che
non sarà a carico del Comune stesso, come annunciato lo scorso maggio, ma sarà a
carico dei cittadini come spiegato successivamente nell'aula del Consiglio
comunale da parte del sindaco di Muggia Laura Marzi. Sull'aumento della Tari, il
Comune ha dichiarato pochi giorni fa che la tassa non è aumentata poiché «le
aliquote sono le stesse dell'anno scorso e identico all'anno passato è anche il
gettito prodotto da questa voce nel bilancio comunale». Vero anche che se
qualche muggesano si è trovato una bolletta meno cara rispetto all'anno scorso,
diversi sono stati i casi di rincari sino al 20%, dettati, secondo il sindaco
Marzi, «da aumenti non dettati dalla volontà del Comune», ma da parametri
esterni. L'altra interrogazione, confezionata da Vlahov, Tarlao e dal capogruppo
del Movimento 5 Stelle Emanuele Romano, riguarda invece la Ferriera di Servola.
In seguito «alla estesa nube di materiali ferrosi e minerali dai cumuli della
Ferriera che l'11 agosto scorso ha raggiunto in pochissimi minuti anche il
lungomare e le zone costiere di Muggia, costringendo molti cittadini a lasciare
repentinamente le aree interessate a causa dell'aria divenuta irrespirabile», i
tre consiglieri chiedono se sia stato risolto il problema di funzionamento della
centralina di monitoraggio della qualità dell'aria presente, ma guasta, a porto
San Rocco. Nell'interrogazione è stato chiesto anche quali azioni intenda
mettere in atto la Giunta per rassicurare la cittadinanza affinché episodi come
quelli dell'11 agosto non si verifichino più. All'ordine del giorno è previsto
anche un aggiornamento del Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari
allegato al Bilancio preventivo 2018.
SEGNALAZIONI - Rifiuti - Tasse e parole
Presumo, che l'articolo "La Tari "altalenante" che infastidisce i cittadini - Ma non ci sono aumenti" pubblicato il 14 agosto scorso sia il risultato di una precedente segnalazione. Non avevo alcun "dubbio" sull'esattezza e correttezza da parte di chi di competenza. A questa persona, chiedo se il significato della parola invariato è il medesimo che io conosco ed è tratto dai dizionari: "non variato; che non ha subìto, non subisce o non subirà variazioni". Le cartelle del 2015 e 2016 confermavano tale definizione. Nel 2017, con l'avvio del porta a porta la cui validità qui riconfermo, la parola variazioni, diventa aumenti. In chiusura dell'articolo, si legge la seguente affermazione: "E per chi invece si è visto aumentare la bolletta non avendo fatto cambiamenti? In questo caso vi sono dei parametri non determinati dal Comune che possono aver portato ad un incremento." La parola parametri ha molteplici significati; consapevole che sto "usufruendo" della sua pazienza le chiedo di essere più precisa sul termine. La cittadinanza sicuramente apprezzerà questa sua puntualizzazione.
Michele Marolla
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 agosto 2018
Sale, parking, impianti - La logistica di Next sulle
spalle del Comune - LA RASSEGNA SCIENTIFICO DIVULGATIVA
Cominciano a muoversi le leve organizzative di Next, la tre giorni di
divulgazione scientifica che si terrà a Trieste da venerdì 28 a domenica 30
settembre. Primo ad armare la prora il Comune, che ha in carico una serie di
incombenze organizzative supportate da quasi 80 mila euro. La delibera è firmata
dall'assessore a Educazione-Ricerca ecc., la forzista Angela Brandi.
L'allestimento delle tensostrutture in piazza Unità, la messa a disposizione di
sale (Revoltella, palazzo Costanzi, palazzo Gopcevich, ex Pescheria),
l'impiantistica audio/video, parte del servizio di trasporto, la promozione
dell'evento, i parcheggi (piazzale Straulino, piazza Piccola, largo Granatieri,
via Muda Vecchia): una rilevante porzione della logistica collegata alla
realizzazione di Next dipende dalla macchina comunale. La manifestazione è
giunta alla settima edizione, essendo decollata nel 2012 su iniziativa
dell'allora sindaco Roberto Cosolini. L'amministrazione Dipiazza ha confermato
l'impegno del Municipio, soprattutto nell'ottica di consolidare il rapporto tra
città, istituzioni scientifiche, imprenditoria innovativa. Tra l'altro - scrive
la Brandi - Trieste sarà nel 2020 capitale europea della scienza (Esof),
testimone consegnatole a metà luglio dalla francese Tolosa, quindi a maggior
ragione il Comune è interessato a intensificare le attività divulgative del
comparto. Tra le iniziative previste da Next, è la "Notte dei ricercatori"
quella che più interessa l'amministrazione: si svolgerà venerdì 28 settembre
dalle 16 alle 23, in contemporanea con analoghi eventi ad Ancona, Cagliari,
Catania, L'Aquila, Macerata, Napoli, Nuoro, Palermo, Pavia, Perugia.
L'evento scalda i motori -"Nature Tech" decolla alla
fine di settembre
Si intitola "Nature Tech" la VII edizione di Next, ambientata nella
tradizionale cornice di piazza Unità a fine settembre (vedi articolo a fianco).
Stavolta iniziative e riflessioni saranno orientate - come anticipato nella
conferenza stampa di martedì 10 luglio - sul «sottile confine tra biologico e
biotecnologico». Tema che suscita vivaci dibattiti su ambiti centrali nella vita
pubblica ed economica del pianeta: agricoltura, salute, invecchiamento della
popolazione, nutrizione, vaccini sono alcuni degli spunti che appariranno nel
cartellone settembrino. Parteciperanno alla "tre giorni" triestina la
farmacologa senatore a vita Elena Cattaneo e l'ex ministro del governo Letta
Maria Chiara Carrozza. Uno spazio particolare sarà dedicato alla ricerca
oncologica. Lo scorso anno - secondo gli organizzatori - furono 45 mila i
visitatori.
L'emergenza plastica spiegata da FAI e OGS - mercoledi' 22 agosto alle 15.00
La delegazione Fai di Trieste in collaborazione con Ogs e Trieste Senza Sprechi incontrano bambini e adulti per spiegare come possono tutelare il mare e ridurre l'inquinamento. Mercoledì alle 15 allo Stabilimento balneare "Sirena", Riva Massimiliano e Carlotta - Grignano . Negli ultimi decenni la plastica è stata sempre più utilizzata dall'uomo: ogni anno nel mondo ne vengono prodotte 280 milioni di tonnellate e si prevede che nel 2050 diventeranno 400. Per approfondire il tema, la Delegazione Fai di Trieste insieme all'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - Ogs e in collaborazione con Trieste Senza Sprechi, organizzano l'incontro per bambini e adulti: "Plastica: Fai il punto con l'Ogs e Trieste Senza Sprechi", allo Stabilimento balneare Sirena per mostrare anche come ogni giorno, con semplici scelte, possiamo proteggere il nostro mare e ridurre l'inquinamento.
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 agosto 2018
Binario Campo Marzio-Opicina riaperto nei primi sei
mesi 2019
I quindici chilometri tra mare e Carso sono fuori esercizio da quattro
anni a causa di cedimenti nelle gallerie. Futuro con treni merci e carrozze
"storiche"
Rfi (Rete ferroviaria Italia, gruppo Fs) conta di rimettere in esercizio la
tratta ferroviaria Campo Marzio-Rozzol-Opicina entro il primo semestre del 2019.
La comunicazione è ancora ufficiosa ma affidabile: anzi, secondo altre fonti, ci
sarebbe la possibilità che il cantiere si concluda addirittura prima, tra la
fine del corrente anno e lo scorcio iniziale del prossimo. Il recente incidente
- verificatosi sulla linea nella mattinata di giovedì 26 luglio quando due
carrelli si sono scontrati vicino alla stazione Rozzol-Montebello provocando il
ferimento di tre operai - ha rallentato un po' i lavori ma non ha pregiudicato
l'intervento di ripristino dello storico binario che si snoda per una quindicina
di chilometri, dai 3 metri slm di Campo Marzio e i 310 metri di Opicina.
L'utilizzo della tratta era stato sospeso nel giugno 2014 a causa di alcuni
cedimenti delle gallerie: Rfi ha deciso di riattivarla sia per il trasporto dei
passeggeri che delle merci. Un servizio - diciamo - ausiliario rispetto alla
galleria di circonvallazione che collega Campo Marzio a Trieste Centrale: l'idea
è di fruire della linea per la manovra di locomotori o di convogli "leggeri",
che possano affrontare senza grandi problemi la forte pendenza del 25 per mille.
A questa "missione" logistica si accompagna invece la volontà di rilanciare i
treni "storici" da/per Campo Marzio, di cui la Fondazione Fs sta curando il
refitting: giusto a un mese fa risale la presentazione dell'operazione alla
presenza del governatore Massimiliano Fedriga e del direttore dell'istituzione
ferroviaria Luigi Francesco Cantamessa. Tra le iniziative programmate il "rondò"
triestino, una passeggiata in treno toccando alcuni storici reperti ferroviari:
in uscita da Campo Marzio il binario supera la galleria di San Giacomo, si
accosta alla stazione di Rozzol-Montebello, solca la galleria Revoltella, arriva
alla stazione di Guardiella, si inerpica verso la galleria di Pischianzi per
raggiungere la meta di Villa Opicina. Bene: Campo Marzio è destinata a diventare
uno splendore, Guardiella è ancora in piedi, Opicina più o meno funziona, ma
pensare a una gita ferroviaria con romantica fermata a Rozzol-Montebello implica
un titanico esercizio di fantasia. Questo è un problema che Rfi non può non
considerare: la graziosa stazione dei primi Novecento, situata tra l'ippodromo e
Cattinara, giace in condizioni disastrose, preda dell'incuria, della sporcizia,
del vandalismo. La gentile pensilina, che ancora nella seconda metà del decennio
Duemila si poteva dilettevolmente visitare, è avvicinabile da passeggeri
ferroviari solo se equipaggiati con machete. L'attuale proprietario,
l'impresario edile Claudio De Carli, la acquistò una decina di anni fa nel
quadro di un progetto immobiliare andato a rotoli. Adesso è disposto a rivendere
la stazione e il terreno adiacente per 800 mila euro.
Massimo Greco
Tratto iniziale della ferrovia che portava a Jesenice -
La storia
La Campo Marzio-Opicina, che Rfi sta riattivando dopo uno stop di quattro
anni, è il tratto iniziale - partendo da sud - della Trieste-Jesenice, che a sua
volta era una delle componenti della rete Transalpina realizzata nei primi anni
del Novecento. La linea venne inaugurata dall'arciduca Francesco Ferdinando nel
luglio 1906 ed era stata concepita come un'alternativa statale alla privata
Südbahn. La Trieste-Jesenice è lunga 144 chilometri, opera a binario semplice a
trazione termica e rappresenta un'interessante prova di ingegneria: stacca
subito da Campo Marzio fino a Opicina, attraversa l'alto Isonzo sul ponte di
Salcano, corre per oltre 6 chilometri lungo il traforo di Piedicolle. Tocca San
Daniele, Montespino, San Pietro prima di giungere a Nova Gorica. Ebbe una vita
movimentata: costruita interamente in territorio asburgico, le due guerre
mondiali ne hanno frammentato la proprietà e l'esercizio.
Colpevole abbandonare a se stessa la stazione di Rozzol
- la lettera del giorno di Davide Raseni
Ho appena terminato di leggere l'articolo sul degrado della stazione di
Rozzol e mi sorgono spontanee alcune domande da porre a bruciapelo a chi di
dovere. La stazione era un gioiello architettonico delle Imperial-Regie Ferrovie
Statali Asburgiche (k.k.StB) risalente al 1906; al suo interno e sotto la bella
pensilina in legno e ghisa c'erano ancora dei manufatti originali di pregio
(bellissime indicazioni in tedesco su ceramica, infissi e decori in legno,
stucchi, pavimentazioni ...tutto d'epoca), insomma, robe da museo. Mi chiedo:
che fine hanno fatto? Ma la domanda principale che mi preme fare al Comune di
Trieste e in special modo alla Sovrintendenza è: nessuno vigilava? Si tratta
delle stesse figure che, nel caso in cui un semplice cittadino debba ridipingere
la facciata di una casa o cambiare gli infissi di un appartamento in centro,
obbligano giustamente quest'ultimo a trafile molto rigorose. In questo caso
invece come mai si è permesso un simile scempio senza che nessuno dica
nulla?Vorrei inoltre proporre un' idea finale: la ex-stazione di Rozzol, ora
ridotta a semplice fermata utilizzata per il traffico viaggiatori l'ultima volta
nel lontano 2004 durante l'Adunata nazionale degli Alpini, posta sulla linea
Villa Opicina - Trieste Campo Marzio, è situata vicinissimo ai musei De
Henriquez e di Scienze Naturali. Con la riapertura della linea in questione e
del Museo Ferroviario di Trieste Campo Marzio non sarebbe un'eresia pensare ad
un servizio con treni storici abbinato anche alla visita dei suddetti musei,
magari utilizzando questo ex gioiello architettonico riportato allo stato di
origine proprio come fermata intermedia di un giro turistico attorno a Trieste.
Dentro di esso si potrebbero inoltre creare un albergo o dei bed & breakfast,
magari in stile ferroviario asburgico (sarebbe una vera chicca con pochi
uguali!), inoltre la vecchia stazione potrebbe diventare in parte essa stessa un
museo per i turisti. Così ripristinata la gloriosa stazione della ferrovia
Transalpina potrebbe ridare anche un po' di vita a una parte del rione di Rozzol
piuttosto brutta e degradata.
IL PICCOLO - SABATO, 18 agosto 2018
Hera, la strategia del riciclo: così si rigenera la
plastica
Il gruppo dell'energia che controlla AcegasAps punta sulle fonti
rinnovabili riducendo i rifiuti da portare in discarica: l'acquisizione della
trevigiana Aliplast
MILANO - Fosse rimasta nell'alveo dell'etica e della responsabilità sociale,
l'economia circolare sarebbe rimasta una realtà di nicchia, certo buona per le
campagne di comunicazione delle aziende, ma senza particolare rilievo economico.
Invece comincia a emergere come fattore positivo per il business e questo aiuta
la sua diffusione. L'espressione è utilizzata per indicare tutti quei casi in
cui i rifiuti di qualcuno diventano risorse per altri, per cui gli oggetti non
arrivano a fine vita, ma "rinascono" per altri utilizzi. IL RICICLO - Un
concetto elaborato da Ellen MacArthur, 42enne ex-velista, che ancora in età
verde ha deciso di lasciare lo sport per creare una fondazione che porta il suo
nome, con la mission di sensibilizzare aziende e istituzioni sull'importanza di
limitare il consumo di materie prime e ridurre l'impatto inquinante
sull'ambiente. Non a caso il superamento dell'economia lineare passa in primo
luogo per un ricorso massiccio alle fonti rinnovabili per la produzione di
energia elettrica. Anche se da sole non bastano, visto che sono fondamentali
anche una condivisione di conoscenze tra i produttori e i distributori sulle
tecnologie che consentono di abbattere le emissioni nocive nell'ambiente e uno
sforzo di progettazione dei prodotti affinché possano essere un domani riciclati
e diventare altro di utile per la società e i consumatori. In questa direzione
si muove tra gli altri Hera, multiutility presente in buona parte del Nord-Est
(tra le altre, controlla la triestina Acegas-Aps), che di recente ha completato
la circolarità della propria offerta acquisendo Aliplast, gruppo trevigiano che
si occupa di raccolta e riciclo di rifiuti di matrice plastica, per poi
procedere alla rigenerazione del materiale. Un approccio che le ha permesso di
essere la prima azienda italiana a raggiungere la piena integrazione lungo tutto
il ciclo di vita della plastica, producendo così materiali disponibili al
riutilizzo. I PIANI DI HERA - Il percorso parte con il ritiro e recupero dei
rifiuti plastici derivanti dagli scarti e dagli sfridi di produzione e arriva
fino alla rigenerazione di nuovi prodotti plastici, di qualità pari al prodotto
vergine. Nella consapevolezza che mantenere le materie prime nel ciclo economico
il più a lungo possibile è il solo modo per ridurre al minimo i rifiuti
destinati alla discarica e lo spreco di materie prime. Una direzione sostenuta
dall'Unione europea, che ha messo a punto un pacchetto di interventi a sostegno
dell'economia circolare in cui definisce alcune misure ambiziose riguardo
all'intero ciclo di vita dei prodotti, da produzione e consumo fino alla
gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie. In questo
campo si distingue anche Intesa Sanpaolo, che è l'unico partner globale della
Fondazione Ellen MacArthur nei servizi finanziari, che offre soluzioni ad hoc
per il sostegno alle aziende impegnate sul fronte dell'economia rigenerativa.
Nella consapevolezza che una maggiore attenzione alle risorse naturali è indice
di un'impresa orientata a una crescita sostenibile nel tempo.
Luigi Dell'Olio
Case e giardini invasi da vespe - Super lavoro per i
pompieri
Decine di richieste di intervento in ogni zona della città per rimuovere
favi e nidi - Monito degli esperti: «In questo periodo gli insetti sono più
aggressivi del solito»
Aggressive, temibili e pericolose. Le vespe in questo periodo dell'anno sono
così, tanto che gli esperti, per descriverne le caratteristiche, le paragonano a
tossicodipendenti in crisi di astinenza. Lo sanno bene anche i vigili del fuoco
che, in queste settimane, ricevono in media una decina di chiamate al giorno per
rimuovere i favi degli insetti. Ma perchè a metà agosto le vespe diventano
particolarmente pericolose? Il motivo lo spiega Nicola Bressi, zoologo e
naturalista della Società italiana di scienza naturale. «Le vespe sono carnivore
e, attraverso la carne, alimentano le larve che producono un liquido che è il
loro vero nutrimento. In questo periodo dell'anno le larve stanno concludendo il
loro sviluppo e quindi non producono nulla, generando quindi negli adulti
comportamenti che sono paragonabili a delle crisi di astinenza». Le api invece
non sono aggressive e pungono esclusivamente se si sentono in pericolo. Per
capire la differenza tra le due tipologie di insetti basta avere un po' di colpo
d'occhio: le api sono marroncine, pelose e più grosse; le vespe invece sono
gialle e nere con colori brillanti e hanno un corpo più lungo. «Ci sono
chiaramente specie diverse - spiega Bressi -. Le api da miele sono quelle che
incontriamo più spesso. Poi ci sono esemplari che vivono in coppia e non pungono
mai. Di base tendono ad attaccare di rado e solamente vicino all'alveare perché
con il pungiglione perdono anche una parte dell'intestino e quindi muoiono. Le
vespe sono più aggressive in quanto carnivore e dopo la puntura in genere
continuano a vivere». Cosa fare in caso di punture? Intanto bisogna sapere che
lo choc anafilattico si manifesta nel giro di 20 minuti. È essenziale quindi
chiamare per tempo il 112. Chi è allergico, poi, farà bene a tenere sempre a
portata di mano la siringa di adrenalina. Esistono poi precise istruzioni da
seguire per quanto riguarda la presenza di favi. Per eliminare le "tane" delle
api, la legge non ammette l'uso del veleno: le api infatti sono specie protette,
per cui è necessario rivolgersi ad un apicoltore che provvederà alla rimozione
del favo in totale sicurezza. Per le vespe invece il consiglio dell'esperto è di
evitare il "fai da te", «Senza chiamare sempre i vigili del fuoco - aggiunge
Bressi - ci si può rivolgere ai disinfestatori. Tra poco comunque le vespe
moriranno per l'arrivo del freddo quindi se il favo è piccolo, e cioè non supera
le dimensioni di una mela, e in una zona non di passaggio, possiamo anche
pensare di lasciarlo stare e poi rimuoverlo in inverno. Attenzione invece ai
favi più grandi, solitamente nei buchi del muro: contengono numerosi animali che
potrebbero anche aggredire a sciami, in quel caso bisogna far intervenire degli
specialisti». Per ogni dubbio il Comune ha attivato lo "sportello natura":
all'indirizzo sportellonatura@comune.trieste.it è possibile anche mandare foto
per far identificare la specie e ricevere consigli.
Andrea Pierini
ISTRIA - Ambiente e natura: uccelli rapaci da tutelare - A Draga di Moschiena salvato grifone in difficoltà - la storia
FIUME - Nei giorni scorsi alcuni abitanti della localita' liburnica di Draga di Moschiena (Istria orientale) hanno avvistato un grifone o avvoltoio dalla testa bianca in chiare difficoltà che si muoveva a malapena sulle pendici del Monte Maggiore. Non hanno perso un attimo, compiendo la cosa più logica: avvertire del ritrovamento l'istituto regionale per la tutela dell'ambiente Priroda (Natura in italiano). A quel punto è scattata l'"operazione salvezza", che ha visto impegnate in prima fila la direttrice di Priroda, Sonja Sisic, e la sua stretta collaboratrice, Irena Juric. Si sono recate alle spalle di Draga di Moschiena, hanno preso in consegna l'esemplare - pesante 5 chili e 9 etti - fornendogli le prime cure del caso. Gli hanno anche dato un nome e non poteva che essere Draga, in ricordo della località in cui è avvenuto il recupero di questo volatile che in Croazia è protetto da leggi e regolamenti molto severi. «Abbiamo avuto il nostro daffare come ornitologhe - ha dichiarato la Sisic, da anni alla guida di Priroda - ma crediamo di aver fatto un buon lavoro. Il nostro grifone, un esemplare abbastanza giovane, si trova gia' al Centro per l'assistenza degli avvoltoi dalla testa bianca, dislocato nell'abitato di Caisole o Beli, nell'isola di Cherso. Ci hanno informato che Draga mangia e si muove normalmente nell'apposita voliera. Quando avrà recuperato le sue forze, sarà rimesso in libertà».Il ritrovamento di questo maestoso uccello, simbolo dell'isola di Cherso, non deve stupire in quanto le rotte dei grifoni comprendono anche il Monte Maggiore, l'altura istroquarnerina dove vedere volteggiare un avvoltoio non è proprio raro e rappresenta uno spettacolo bellissimo. Questo volatile vive e nidifica sia a Cherso, sia nelle vicine Plavnik, Veglia, Pervicchio ed A rbe. Si presume che la colonia presente su queste isole quarnerine conti circa 250 coppie.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - VENERDI', 17 agosto 2018
Roma spiana la strada alla centrale a gas nel sito di
Gorizia - via libera del ministero
GORIZIA - Niente Via. Cioè strada spianata. Il ministero dell'Ambiente ha
deciso che il progetto della nuova centrale termoelettrica a gas naturale di
Gorizia della potenza complessiva di circa 148 MWt, a Sant'Andrea, proposto
dalla "Tai energy spa", non deve essere sottoposto a procedura di Valutazione di
impatto ambientale. A darne notizia il comitato Nobiomasse che non si dà per
vinto. «In estrema sintesi, si ricorda che la procedura tecnico-amministrativa
di Via ha lo scopo di individuare, descrivere e valutare gli effetti
sull'ambiente e sulla salute di un'opera, al fine di identificare tutte le
opzioni alternative al progetto, compresa la sua non realizzazione. La normativa
vigente, per questa tipologia di impianti, fissa in 150 Mwt il limite che
obbliga la procedura di Via: non è, dunque, un caso che sia stato proposto un
impianto di 148 Mwt». Pertanto, la decisione del Ministero pare coerente con
quella analoga della attuale giunta regionale, «ma ci lascia preoccupati e
indignati. Le centrali termoelettriche, ai sensi del Dm 5 settembre 1994, sono
classificate tra le industrie insalubri di prima classe. Il testo unico delle
leggi sanitarie prevede che debbano essere "isolate nelle campagne e tenute
lontane dalle abitazioni". I costi che a Gorizia e in Fvg stiamo pagando in
termini di devastazione ambientale, di impoverimento di risorse e di
abbassamento della qualità della vita sono già abbastanza alti». Dura la nota
del comitato che si è formato a difesa del territorio nella convinzione che tali
insediamenti «siano assai poco sostenibili» rispetto la tutela ambientale: «In
un Paese dove il pericolo è in agguato nell'aria inquinata, nelle acque potabili
avvelenate, nei fiumi che muoiono, nei boschi che bruciano, nelle frane che
travolgono strade e case, nei ponti che crollano, i monitoraggi e i controlli a
posteriori lasciano il tempo che trovano e solo la severa e precisa procedura di
Via può dare garanzie e manifestare in via preventiva i rischi ed i problemi.
Nel caso specifico, l'effettivo impatto ambientale della centrale termoelettrica
a gas sul territorio circostante e sull'area residenziale limitrofa, i reali
dell'inquinamento della centrale sommato con quelli già esistenti o attesi nel
futuro da progetti già autorizzati».
FrancescoFain
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 16 agosto 2018
Goletta Verde 2018 - Critico il bilancio finale del viaggio lungo le coste italiane del veliero ambientalista.
Inquinato e fortemente inquinato il 48% dei punti
campionati: un punto ogni 59 km. Mala depurazione e rifiuti in testa ai nemici
del mare -
comunicato
Bilancio critico per la Goletta Verde 2018 rientrata in porto dopo un
viaggio iniziato dalla Liguria e terminato in Friuli Venezia Giulia. Solo il 52%
dei 261 punti campionati dai tecnici nelle 15 regioni costiere italiane,
infatti, è risultato entro i limiti di legge; il restante 48% è invece
“fortemente inquinato” (39%) e “inquinato” (9%) e la causa di questi risultati è
sicuramente da attribuire alla mala depurazione di cui ancora soffrono vaste
aree del nostro Paese e per la quale l’Unione europea ci ha presentato un conto
salatissimo.
Leggi tutto
Legambiente FVG
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 agosto 2018
Il terrapieno di Acquario ostaggio della burocrazia
Area balneare riqualificata da due mesi ma manca ancora
il via libera al pubblico - Il vicesindaco Bussani: «Aspettiamo la Regione e
l'Arpa. Ritardo ingiustificato»
MUGGIA - «Ad oggi, purtroppo, non è ancora chiaro quando finalmente si potrà
aprire il primo lotto del terrapieno di Acquario». Francesco Bussani,
vicesindaco di Muggia, è tra i tanti cittadini del comune istroveneto che si
chiedono perché l'area balneare sita sul lungomare muggesano sia ancora
interdetto al pubblico. «Pur comprendendo le difficoltà di una procedura
amministrativa complessa come quella che ha portato alla messa in sicurezza del
primo lotto del terrapieno, crediamo sia giusto ricordare che i lavori sono
stati ultimati più di due mesi fa e che il Comune di Muggia ha consegnato tutta
la documentazione richiesta il 10 di giugno», puntualizza Bussani. Dopo la
riqualificazione del primo stralcio funzionale dal molo a "T" a punta Olmi,
un'altra area sta attendendo di essere resa di nuovo accessibile ai cittadini
dopo quasi vent'anni in cui era stata loro preclusa. Ma cosa sta bloccando
l'iter di riapertura di Acquario? «Siamo in attesa di Arpa e Regione, a cui
spetta la verifica che i lavori siano stati realizzati in linea con i dettami
della Conferenza dei Servizi del 2016. Crediamo che due mesi per ultimare questa
pratica siano un tempo abbondantemente sufficiente ed è per noi difficile
accettare ulteriori dilazioni, soprattutto se non giustificate. Abbiamo preso un
impegno con i nostri concittadini», spiega l'assessore ai Lavori pubblici di
Muggia. Oramai l'estate ha già fatto il suo giro di boa ed è grande il
dispiacere (e la rabbia) da parte dei muggesani per non aver potuto usufruire di
una area riqualificata che era pronta dall'inizio dell'estate. Un'area che
consta di un percorso ciclopedonale che si estende su una lunghezza di quasi un
chilometro ed ha una larghezza di 2 metri e mezzo, come da prescrizioni degli
Enti partecipanti alla Conferenza dei servizi. Una lunga passeggiata con accesso
al mare dove i bagnanti potranno comunque già godere della scogliera con rocce
che per la loro conformità ed il posizionamento permettono e ampliano ovviamente
di molto anche la capacità di fruizione balneare. Il terrapieno ha una forma con
sezioni di larghezza variabile dai 14 ai circa 50 metri su una superficie di
quasi 30mila metri quadri. «Il suo riutilizzo a fini turistico balneari
rappresenta un incremento importante sia del fronte mare disponibile sia,
soprattutto, delle aree a disposizione dei bagnanti - ha aggiunto ancora Bussani
- proprio perché in genere la fascia costiera muggesana risulta compressa tra il
mare e le alture retrostanti ed occupata per buona parte dalla viabilità dell'ex
provinciale mentre Acquario, nella sua estensione, permette di godere di spazi
ben più ampi rispetto a quanto si è ad oggi abituati». Progetti interessanti per
un'area già (almeno a metà) pronta, ma inutilizzabile
Riccardo Tosques
L'ok doveva arrivare entro la fine di giugno - La
promessa
A giugno la sindaco Laura Marzi lasciava intendere che la Regione l'aveva
rassicurata sui tempi del procedimento. Dichiarava al Piccolo: «È stato promesso
che entro l'estate si potrà tornare ad utilizzare l'area e confermo che entro
fino giugno i muggesani e non solo potranno tornare ad andare in acqua nella
parte bonificata di Acquario». Evidentemente qualcosa si è inceppato.
ISTRIA - Abbazia, spunta un divieto di balneazione
Si tratta di un ampio tratto dello stabilimento di Slatina, vicino a un
grande albergo: nel mirino la rete delle fognature
Abbazia - In un periodo in cui Abbazia è invasa da migliaia di villeggianti,
un'ampia ampia porzione dello stabilimento balneare di Slatina, sotto l'albergo
Milenij, è stato vietata alla balneazione per inquinamento. La tabella con il
divieto è stata collocata sul lungomare, a poche decine di metri dal prestigioso
hotel, sorprendendo non poco i turisti ma specialmente gli abbaziani che da
decenni amano fare una nuotata nelle vicinanze della statua simbolo della Perla
del Quarnero che raffigura la ragazza con il gabbiano. Nonostante il divieto,
ribadito sulla pagina web della Città di Abbazia, non sono state poche le
persone che hanno continuato ad immergersi nella zona inquinata. Peraltro l'area
orientale del bagno Slatina è frequentata in primo luogo dai giovanissimi grazie
a un fondale sabbioso e poco profondo. Per ora non ci sono state multe anche
perchè molti bagnanti non hanno notato il divieto e si attende qualche giorno
prima di adottare misure più rigida. La decisione è scattata dopo l'ultimo
campionamento delle acque di mare, compiuto ogni quindici giorni in numerosi
punti della regione quarnerina e delle sue isole, da parte degli esperti
dell'Istituto regionale per la Salute pubblica, con sede a Fiume. In questo
momento non è ancora chiara l'origine dell' inquinamento, anche se da voci
ufficiose si apprende che potrebbe trattarsi di acque fognarie riversatesi in
mare. A confermarlo o meno saranno le analisi. Gli accertamenti saranno
indispensabili per capire la natura dell'inquinamento, adottare le misure del
caso ed eventualmente revocare il divieto. Negli altri siti di Abbazia, il
controllo della qualità delle acque di mare ha dato invece risultati ottimi e
dunque abbaziani e vacanzieri possono nuotare tranquilli, senza alcun rischio
per la loro salute. Questo angolo di Slatina è il luogo preferito per la
balneazione da parte di chi è nativo di Abbazia e non ama altre spiagge. Va
ricordato come negli anni passati il problema dell' inquinamento del mare avesse
riguardato la parte occidentale dello Slatina, in zona Panciera, con frequenti
divieti provocati dalla presenza di un corso d'acqua che raccoglieva i liquami
di un vasto territorio cittadino. Grazie al rifacimento dell'impianto per le
acque reflue, l' intoppo è stato superato e non sono più apparsi divieti.
Altrove nel Quarnero e nella sua regione insulare, la qualità delle acque marine
è molto buona e non si registrano problemi. Qualche problema lo si registra ogni
tanto nel tratto di mare di fronte al quartiere fiumano occidentale di Cantrida,
dove comunque il bagno è permesso, senza conseguenze per la salute delle
persone.
Andrea Marsanich
Riscaldamento globale - Anche l'economia soffre
Nel lontano 1961, parlando al Palazzo di Vetro dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite, il presidente Usa John Fitzgerald Kennedy disse che «... gli
abitanti del nostro pianeta dovranno rendersi conto che in futuro lo stesso non
sarà più abitabile». Si riferiva alla bomba all'idrogeno. Oggi quella frase è
stata riesumata da un gruppo di qualificati economisti americani con riferimento
ai mutamenti climatici, anche se le loro previsioni non portano a conclusioni
così drammatiche. Secondo i loro calcoli, infatti il riscaldamento del nostro
pianeta accrescerà le diseguaglianze tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Poca
agricoltura, molti servizi - La teoria sostiene questo: l'aumento a livello
globale dei gradi di riscaldamento dovrebbe agevolare e non danneggiare troppo
le nazioni ricche del Nord, che generalmente hanno un'economia centrata sui
servizi e hanno invece pochissima agricoltura, mentre le nazioni povere più
vicine alla fascia equatoriale sarebbero pesantemente colpite. In alcune di
queste i guadagni medi - già molto bassi - potrebbero scendere addirittura di
quasi tre quarti. Secondo i ricercatori statunitensi, che nella loro ricerca
hanno analizzato ben 166 nazioni, esiste una temperatura ottimale per rendere
gli esseri umani e anche quelli animali particolarmente produttivi. Del resto
tutti abbiamo sperimentato come il troppo caldo oppure il troppo freddo rendano
più arduo concentrarsi, lavorare e portare a termine gli impegni del momento.
Dalle analisi dei suddetti studiosi emerge che una temperatura media giornaliera
di 13 gradi è collegata ai maggiori livelli di produttività. Non è senza
significato che Stati Uniti e Cina, al presente situati nella fascia
climaticamente positiva, se davvero il riscaldamento globale continuerà a
progredire, potrebbero essere molto danneggiati. Per non parlare, ovviamente,
degli Stati africani e sudamericani che lo sarebbero in misura ancor più
accentuata. In complesso circa il 40 per cento delle nazioni di tutta la Terra
sarebbero danneggiate. Pur in presenza di molti dati, non tutti concordano con
le analisi riferite. Particolarmente interessanti sono le osservazioni di quanti
ritengono che, se il mutamento climatico va ancora avanti, le moderne
tecnologie, con i loro imprevedibili sviluppi, saranno in grado di mantenere e
migliorare quella produttività che ha consentito di raggiungere i livelli di
ricchezza, se pur mal distribuita, attuali. È sufficiente pensare ai recenti
sviluppi della produzione di elettricità che ha raggiunto costi competitivi con
fonti alternative rispetto a quelle tradizionali. Dalla prima rivoluzione
industriale a quelle ora in corso i tenori medi di vita - anche dei più poveri,
almeno nei Paesi avanzati - sono certamente migliori di quelli del passato. Il
problema, di conseguenza, è che tra le molte decisioni da prendere che già
abbiamo di fronte non vanno trascurate quelle relative al clima. Variabili
impazzite - Gli accordi di Parigi erano una scelta nella giusta direzione, ma
Donald Trump, tra le sue tante follie, li sta rinnegando, anche se molti Stati
degli Usa, primo tra questi la California, si apprestano a predisporre e
approvare norme interne per rispettarli. Anche su questo tema così delicato in
Italia siamo notevolmente divisi. Gli incendi scoppiati in zone geografiche
diverse dovrebbero stimolarci a pensare che non è sufficiente esprimere
solidarietà alle vittime. Occorre evitare ce ne siano altre in un futuro che
potrebbe anche essere molto vicino. In altri termini o ricominciamo a superare
il passato ripartendo tutti da zero, oppure il futuro non pare troppo brillante.
Franco A. Grassini
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 14 agosto 2018
Goletta Verde: il mare italiano è sempre più inquinato
Il bilancio di Goletta Verde che riguarda
l’inquinamento del mare basandosi sui risultati per quest’anno è veramente
negativo. Il 48% dei campioni di acqua che sono stati analizzati relativamente
ai mari italiani risulta fuori dai limiti stabiliti dalla legge.
Goletta Verde è rientrata in porto dopo aver iniziato un viaggio che l’ha
portata dalla Liguria al Friuli Venezia Giulia. I dati che sono stati raccolti
parlano di un mare fortemente inquinato, una situazione che sarebbe peggiorata
dell’8% rispetto a quanto era stato registrato nel 2017. In particolare i mari
italiani appaiono fortemente inquinati nel 39% dei casi e inquinati nel 9%.
Secondo Legambiente, risultati così negativi si possono spiegare sulla base
della cattiva depurazione che è attribuita a molte aree e a diverse regioni
costiere dell’Italia. I responsabili di Legambiente hanno sottolineato come
anche l’Unione Europea sia intervenuta sulle difficoltà che l’Italia sta
incontrando da questo punto di vista. Proprio l’UE avrebbe applicato delle multe
alte al nostro Paese per la mancata depurazione delle acque. I punti più critici
che emergono dall’analisi che riguarda il 2018 sono le foci dei fiumi, dei
canali e dei corsi d’acqua in generale. Goletta Verde ha messo in evidenza che
su 149 foci il 71% risulta fortemente inquinato. Il problema è da rintracciare
in questo caso nella rete fognaria non adeguata. In generale la regione che
l’anno scorso è risultata più inquinata era il Lazio. Si è visto che proprio le
spiagge del Lazio, della Calabria, della Campania e della Sicilia non sono
riuscite a migliorare il loro stato di inquinamento, nonostante nel corso di
cinque anni la nota associazione ambientalista abbia fatto numerose
segnalazioni. Un altro problema riguarda i punti balneabili. Da alcuni anni per
i Comuni è obbligatorio segnalare questi punti critici mediante cartelli
informativi. Tuttavia spesso le norme non vengono rispettate e i cartelli non
vengono appositamente predisposti. Proprio per questo motivo si riscontra anche
un’alta presenza di bagnanti dove non sarebbe possibile immergersi nelle acque a
causa dell’inquinamento. Il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti,
ha voluto evidenziare: "Con la Goletta Verde 2018 noi chiediamo al ministro Di
Maio di fermare la deriva petrolifera nel mare italiano dicendo stop a tutte le
nuove attività di ricerca e alle nuove richieste per estrarre petrolio dal mare
italiano".
Gianluca Rini
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 agosto 2018
Una nuova spiaggia sul terrapieno di Barcola - Bonifica
da 5,5 milioni
La Regione ha destinato all'Uti giuliana un finanziamento per recuperare
l'area - Nel piano del Comune è la zona per attività ludico-sportive. Iter non
agevole
Sogno di un sindaco a mezza estate. Porto vecchio avrebbe ispirato anche
Shakespeare. Ma non è onirismo agostano, perché il sogno è alimentato da 5,5
tangibilissimi milioni di euro. Roberto Dipiazza ci appoggia più di un
pensierino: fare del terrapieno Barcola-Bovedo, per anni uno dei simboli del
degrado ambientale triestino, un luogo destinato alla ricreazione. Un posto che,
sottratto al pluridecennale rio destino di discarica, verrebbe attrezzato a mo'
di spiaggia, nella parte terminale del Porto vecchio, di fianco al parcheggio in
via di costruzione. «Un posto bellissimo - dice il sindaco - adatto a fare
sport». Ai primi di aprile, poco prima che si votasse, la Regione a guida
Serracchiani aveva siglato con l'Uti giuliana, presieduta dallo stesso Dipiazza,
il Patto territoriale 2018-20, che stanziava su Trieste 20 milioni di euro: ecco
da dove provengono quei 5,5 milioni in viaggio verso la bonifica di
Barcola-Bovedo, cifra un po' superiore a quella prevista per l'analogo recupero
dell'Acquario muggesano. Ma il sindaco si mantiene prudente, sa che il sentiero
verso "Dipiazza beach" non è rapido e agevole: bisogna affidare un incarico per
studiare l'intervento, bisogna capire bene cosa è stato buttato lì negli anni
Settanta e Ottanta, bisogna effettuare materialmente la bonifica.
Caratterizzazione, carotaggi ... sono termini che l'irrisolta esperienza del Sin
ha reso noti alla platea triestina. Giulio Bernetti, neo-direttore
dell'urbanistica comunale e responsabile del planning di Porto vecchio,
scandisce il cronoprogramma di massima: «Primo atto la convenzione con
l'Autorità portuale, che dovrebbe essere approntata nel giro di un mese. Secondo
atto l'incarico per l'analisi del terreno, che potrebbe essere affidato entro la
fine dell'anno. Terzo atto la gara per l'esecuzione dei lavori, che andrebbe in
onda nel 2019. L'operazione andrebbe così a compimento verso il 2021». La
delicatezza del dossier implica la mobilitazione di più competenze dirigenziali,
da quelle ambientali di Gianfranco Caputi a quelle amministrative di Andrea de
Walderstein. Lo stesso Bernetti ricorda che la "playa de l'alcalde" non è
incoerente al riparto delle vocazioni che il Comune sta programmando per Porto
vecchio. Se il primo blocco (quello più vicino al centro) è "occupato" dalle
concessioni novantanovennali alla Greensisam di Pierluigi Maneschi, se il
secondo blocco - fino al 2022 condizionato dall'operatività di Adria terminal -
è pensato per crociere e diporto, se il terzo blocco è dedicato a
cultura-congressi-fieristica, il quarto polo dei 65 ettari, che compongono
l'enorme area di Porto vecchio, concentra le attività ludico-sportive. Non va
dimenticato che già ora ospita il Bagno Ferroviario. E nella zona Barcola-Bovedo
operano la società velica Barcola-Grignano, il club Saturnia, il club Sirena, il
club del Gommone, la scuola di windsurf. Per cui l'idea del sindaco non è
utopistica, ma andrà coniugata con le risorse disponibili (probabilmente i 5,5
milioni stanziati non saranno sufficienti e andranno implementati) e con quello
che verrà trovato nel corso della bonifica.
Massimo Greco
Prima di costruire strade e fogne bisogna verificare
l'assenza di bombe
Sarà la padovana Snb service a effettuare il controllo preliminare sugli
scavi - Ha prevalso su tre preventivi offrendo 41.500 euro
Occhio alla bomba. Nel sincero auspicio si tratti solo di uno scrupolo.
Premessa: per strade, sottoservizi di gas, acqua, fognatura, energia elettrica,
pubblica illuminazione il Comune ha programmato quasi 5 milioni di opere allo
scopo di infrastrutturare Porto vecchio. Ma, prima di iniziare i lavori, deve
sottostare a una particolare procedura: poiché gli scavi comportano profondità
elevate, si rende necessaria - scrive una determina firmata dal pianificatore di
Porto vecchio Giulio Bernetti - un'indagine preliminare per valutare i rischi
legati al rinvenimento di ordigni bellici inesplosi, in gergo tecnico "Vob".
Serve un'analisi storica, documentale, geofisica «con evidenza di eventuali
campagne di sminamento effettuate nel secondo dopoguerra». Non è facile reperire
aziende specializzate in questo tipo di doppia ricerca, dove libri e archivi si
incrociano con la rilevazione strumentale "sul campo". Infatti stavolta il MePa,
il mercato digitale dove le Pubbliche amministrazioni trovano i fornitori
scremati dai bandi Consip, non è stato d'aiuto a Bernetti, che ha rispolverato
l'antica procedura comparativa richiedendo 5 preventivi ad altrettante imprese
specializzate nella valutazione del rischio bellico e ricevendone 3.L'offerta
economicamente più vantaggiosa è stata formulata dalla padovana Snb Service, che
si è aggiudicata il delicato appalto per circa 41.500 euro, Iva compresa. Questa
procedura di sicurezza è particolare ma non insolita. Se ne è fatta menzione
anche nel recente bando per la progettazione degli interventi nell'ex caserma
Polstrada a Roiano.Invece un capitolo ancora aperto, in tema di inesplosi,
riguarda il rione di Servola, dove in un campo potrebbero essere sepolti ordigni
risalenti al bombardamento alleato del 10 giugno 1944. Il testimone oculare
Duilio Gurian, oggi scomparso, asserì che un paio di bombe erano finite, senza
esplodere, in un prato di via del Pane bianco. Rilevazioni a cura
dell'Università di Trieste evidenziarono anomalie radiometriche compatibili con
la presenza di ordigni. Il Comune si accollò l'intervento di bonifica, che vede
protagonista un'altra impresa padovana, la Sos Diving di Teolo. Ha vinto un
appalto da 10 mila euro.
Il destino dei magazzini 24-25 al vaglio con l'Autorità
portuale
La proprietà delle ex stalle è comunale ma gli stabili si affacciano sul
Bacino 1 - Rive e acque restano competenze demaniali
Una serie di importanti decisioni sul futuro di Porto vecchio è legata alle
intese normative e pianificatorie che il Comune sta tessendo con l'Autorità
portuale. Una di queste scelte strategiche riguarda la destinazione dei
Magazzini 24 e 25, proprietà comunali che sorgono davanti al Magazzino 26. Con
una piccola differenza: il "26", che ospiterà il Museo del Mare con un
investimento di 33 milioni di euro, è stato già restaurato e i lavori di
allestimento riguarderanno i cinque livelli interni che lo compongono. Al "24" e
"25", che in passato raccoglievano il bestiame esportato dalla Prioglio nel
Medio Oriente, l'opera è invece tutta da impostare: poiché entrambi i grandi
edifici si affacciano sullo specchio d'acqua del Bacino 1, mare e linea di costa
rientrano nella competenza demaniale gestita dall'Autorità attraverso lo
strumento concessorio. Quindi la stessa Autorità diventa interlocutore
ineludibile per il Comune nel pianificare il "che fare? " riguardante le
strutture "a mare". Fino a pochi giorni fa, cioè fino alla richiesta di modifica
del Comune recepita dalla Regione (ma la palla passa ora al ministero dei Beni
culturali che eroga i 50 milioni per la riqualificazione di Porto vecchio), il
"24" e il "25" erano avviati a diventare il Museo del Mare. Poi il Comune ci ha
ripensato, ha tolto l'Icgeb dai "condomini" del Magazzino 26, destinando
l'intero stabile a finalità museale. A eccezione di uno spazio che sarà occupato
dall'Immaginario Scientifico, che porta in dote 2, 5 milioni di pubblici
finanziamenti per il trasferimento. In passato si era pensato di recuperare il
sommergibile "Fecia di Cossato" e di ormeggiarlo nel bacino. Ma, nel momento in
cui i due magazzini non saranno più Museo del mare, avrà ancora senso questa
operazione? Nel risiko dell'antica logistica il Magazzino 20 - secondo fonti
municipali - sarà destinato a un progetto di collaborazione tra lo stesso Comune
e la soprintendenza. Tutto da valutare il futuro del Magazzino 18, reso celebre
dall'opera musicale di Simone Cristicchi: la struttura conserva le masserizie
degli esuli giuliano-dalmati. Ma ci piove dentro, va ristrutturato e comunque è
difficile pensare che il "18" possa mantenere in prospettiva l'attuale funzione.
Infine, uno sguardo all'attività di infrastrutturazione. Prima di andarsene,
l'ex direttore dell'urbanistica Ave Furlan ha lasciato un lavoro intitolato
"ricognizione dello stato di reti e impianti afferenti al Servizio idrico
integrato" all'interno di Porto vecchio. Siram Acqua ha analizzato la situazione
per conto di Trieste porto servizi, nel report si sottolineano le forti perdite
pari al 70% su tutta la linea lunga oltre 5 mila metri, decisamente superiori a
quelle della rete comunale.
La Regione ad Arvedi: «Intervenga sui parchi» - Dopo lo
spolveramento
«Nuovi e immediati provvedimenti relativi alla gestione dei parchi minerali
e fossili» della Ferriera di Servola. Li annuncia la Regione dopo il nuovo
episodio di spolveramento verificatosi sabato, a causa dell'innalzamento del
vento e del conseguente spargimento di polveri dall'area occupata dallo
stabilimento. «Abbiamo avuto l'ennesima dimostrazione che l'area a caldo non è
compatibile con il tessuto urbano e marino circostante», attacca l'assessore
all'Ambiente Fabio Scoccimarro, che parla di «polveri sollevate e trasportate a
oltre due chilometri, che testimoniano che l'inquinamento non è circoscritto
solo al rione di Servola, bensì a tutta la provincia di Trieste». Domenica
Scoccimarro ha convocato d'urgenza un tavolo tecnico riunitosi ieri, cui hanno
preso parte anche i vertici dell'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente (Arpa). Come spiega una nota emessa dalla Regione, la riunione è
servita a pianificare la verifica e l'aggiornamento dei valori obiettivo
prescritti dall'Autorizzazione integrata ambientale. «Gli uffici procederanno a
predisporre gli atti formali nei prossimi giorni», assicura l'assessore, secondo
cui «situazioni come quelle di sabato non devono ripetersi: c'era un'allerta
meteo diramata da giorni e l'azienda ha dimostrato ancora una volta di non
essere in grado di gestire questa problematica». Scoccimarro sottolinea che
«qualora il sopralluogo immediato di Arpa confermasse l'attuazione dei rimedi
già prescritti, questi risulterebbero insufficienti e quindi si renderanno
necessarie nuove misure più efficaci fino a che non verrà realizzata la
copertura dei parchi o non si procederà alla chiusura dell'area a caldo».
Diego D'Amelio
Allarme inquinamento nella metà di porti e foci -
Mancano i depuratori - Le rilevazioni costiere di Goletta Verde
Roma - In molte zone d'Italia mancano ancora i depuratori, e la mancata
depurazione delle acque di scarico è una delle minacce principali al nostro
mare. Quasi metà dei tratti di mare più a rischio, quelli in prossimità di foci,
canali, scarichi, porti e centri abitati, risulta inquinato o molto inquinato. È
quanto emerge dalla campagna 2018 di Goletta Verde, la barca a vela di
Legambiente che ogni estate naviga lungo i 7.500 km delle coste italiane per
monitorare la salute del Mediterraneo. Goletta Verde è partita il 22 giugno
dalla Liguria ed è arrivata nei giorni scorsi in Friuli Venezia Giulia. Durante
il viaggio ha prelevato acque nei tratti di mare segnalati a rischio
inquinamento dalle sezioni locali della ong o dai cittadini. Gli esami hanno
controllato la presenza di contaminazione batterica, da enterococchi intestinali
ed Escherichia coli. Solo il 52% dei 261 punti campionati dai tecnici nelle 15
regioni costiere italiane è risultato entro i limiti di legge. Il restante 48% è
«fortemente inquinato» (39%) e «inquinato» (9%). Su 149 foci, 106 (il 71%) sono
risultate «fortemente inquinate» (il 61%) e «inquinate» (il 10%). La causa di
questi risultati secondo Legambiente «è sicuramente da attribuire alla mala
depurazione, di cui ancora soffrono vaste aree del nostro Paese». L'Unione
europea ha condannato due volte il nostro paese per l'assenza di depuratori, e
una terza procedura di infrazione è in corso.
Cambiamento epocale in vista per il mondo dei Raee - Cellulari, tablet e carte di credito - Smaltiremo così i rifiuti elettronici
Da domani il nuovo regolamento: tra gli scarti elettrici incluse biciclette, tende e stufe a pellet
Lo scorso anno l'Italia ha raccolto e riciclato il 41.2%, l'obiettivo europeo è il 65% nel 2019
Roma - Cambiamento epocale in vista per il mondo dei Raee, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche ormai parte integrante della nostra vita quotidiana. Sono in continuo aumento, spesso molto utili, altrettanto spesso veri e propri vezzi rivedibili. Un mondo, quello dei Raee, tanto conosciuto quanto al tempo stesso sconosciuto, visto che non di rado emergono difficoltà quando gli apparecchi elettronici, sia quelli piccoli (cellulari, tablet, riproduttori musicali, computer, spazzolini elettrici, cuffie, torce e calcolatrici da tavolo) sia quelli grandi (frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, ferri da stiro, aspirapolvere, tostapane, forni elettrici e forni a microonde, frullatori, radio e hi-fi) devono essere smaltiti. 1. Regole per lo smaltimento - Le nuove regole sono però dietro l'angolo, dal momento che proprio a Ferragosto entrerà in vigore una legge inclusiva, che allarga e non di poco l'orizzonte dei Raee, visto che all'elenco si aggiungeranno - e dunque saranno considerati rifiuti elettronici - carte di credito munite di chip, biciclette elettriche, serrande e tende automatiche, stufe a pellet, persino le serrature elettriche. L'obiettivo è semplice: l'aumento dei rifiuti da apparecchiature elettriche andrà di pari passo con l'aumento dei centri di raccolta e con un risparmio di circa 1,2 miliardi di euro nell'acquisto di materie prime. 2. Rifiuti pericolosi - Sì perché se qualcuno ancora non lo sa, all'interno dei rifiuti elettronici ci sono non solo sostanze pericolose, come gli acidi e molti metalli pesanti, tra cui mercurio, cadmio e cromo, che rendono complicato lo smaltimento, ma nei Raee vi sono anche materiali preziosi come oro, argento e terre rare (gruppo di 17 elementi chimici) che si trovano soprattutto nelle schede elettroniche, che potrebbero quindi rivelarsi nuove risorse se correttamente smaltiti. 3. Consumatori e incertezze - Quando questi prodotti si rompono, molti consumatori li accumulano in garage e cantine (si stima che siano 400 milioni di pezzi), quelli piccoli finiscono nel "sacco nero". Non tutti sanno bene in quale raccolta differenziata farli confluire. Spesso i rifiuti grandi li diamo a chi ci porta il prodotto nuovo, se ce lo facciamo portare, altrimenti chiamiamo il servizio ritiro ingombranti del gestore dei rifiuti locali. Intanto però la normativa esiste e va avanti, anche se pochi lo sanno. Già da due anni, ad esempio, è possibile conferire i Raee più piccoli (cellulari, lettori musicali, cuffie, telecomandi, calcolatrici) nei negozi la cui grandezza è superiore ai 400 metri quadrati, senza per questo dover acquistare niente di nuovo. Sono sempre pochi poi coloro che conoscono la norma cosiddetta "uno contro uno" (ho diritto a riconsegnare l'elettrodomestico vecchio quando compro il nuovo senza costi). 4. Consorzi di riciclaggio - Molto resta da fare per informare consumatori e cittadini su come gestire correttamente questo tipo di rifiuto, destinato a diventare una componente importante del flusso di rifiuti urbani (fra il 3 e il 5%). Un sistema ancora poco chiaro ai consumatori, nonostante leggi e consorzi che operano da almeno 10 anni. Tra questi Ecodom, consorzio italiano tra i più grandi per recupero e riciclaggio di elettrodomestici e che si occupa anche della gestione di pile e accumulatori, che in una sua recente indagine ha stimato in 7 italiani su 10 quelli che non conoscono la legge "uno contro zero" (quella dei piccoli Raee smaltibili nei negozi senza comprarne di nuovi). In Italia si stimano 12 chili abitanti/anno di Raee a persona e se ne raccolgono solo cinque. 5. Norme europee - L'obiettivo della direttiva comunitaria è raccogliere e riciclare il 65% dei Raee al 2019, mentre nel 2017 l'Italia si è fermata al 41, 2%. Una strada ancora lunga da percorrere, perché aumentando i Raee aumenta anche la forbice con la percentuale europea, dunque l'Italia non può che raccogliere questa importante sfida. La nuova direttiva rifiuti europea includerà i Raee negli obiettivi di riciclaggio generale che gli Stati membri dovranno perseguire: lo scopo è 65% dei rifiuti urbani al 2035. Occorrerà quindi definire con chiarezza modi e costi di questa specifica raccolta differenziata, consentendo così ai cittadini di gestire in modo consapevole questo tipo di rifiuto in costante aumento e con complessità tecnologia crescente.
Alfredo De Girolamo
La Tari "altalenante" che infastidisce i cittadini «Ma non ci sono aumenti» - il caso a Muggia
Aumenti sino al 20% per qualcuno, sensibili riduzioni per altri. Stanno facendo discutere gli avvisi di pagamento per la Tari 2018 in arrivo in questi giorni nelle cassette delle lettere dei muggesani. Sull'argomento è arrivato l'intervento del Comune. «La Tari non è aumentata. Le aliquote sono le stesse dell'anno scorso e identico all'anno passato è anche il gettito prodotto da questa voce nel bilancio comunale - spiega in una nota il Comune -. L'entrata tributaria della Tari nel 2018 conferma quella del 2017 e non comporta, pertanto, alcun aumento di costi da spalmare sulle tariffe dei cittadini. La nostra tariffa resta, pertanto, allineata e in alcuni casi anche più favorevole a quella degli altri comuni dell'area giuliana». Eppure diverse singole utenze lamentano un aumento. «Sì, possono essersi verificati aumenti per alcuni contribuenti che sono di fatto compensati da una minore spesa in capo ad altri soggetti. Concretamente, quindi, alcune utenze possono aver registrato degli aumenti della propria Tari, controbilanciate però dalle diminuzioni che hanno potuto riscontrare altre utenze». Ma come è possibile che la tassa sui rifiuti cambi, aumentando o diminuendo, se la posizione del contribuente non ha subito modifiche rispetto all'anno precedente? «Contrariamente agli altri tributi comunali, la Tari è costruita su elementi variabili. In primo luogo il costo del servizio che l'entrata tributaria dovrà andare a coprire è distinto in due diverse voci, "quota variabile" e "quota fissa". Quindi se un nucleo familiare si è spostato in una nuova casa la "quota fissa" (collegata alla superficie dell'immobile) è cambiata. Oppure se una famiglia si è allargata la "quota variabile" (collegata o al numero di persone del nucleo familiare o al tipo di attività produttiva che si svolge nell'immobile) può aver comportato delle modifiche. E per chi invece si è visto aumentare la bolletta non avendo fatto cambiamenti? In questo caso vi sono dei parametri non determinati dal Comune che possono aver portato ad un incremento.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 13 agosto 2018
«Tra un mese il Fugnan non sarà più inquinato»
Muggia lancia la sfida a Goletta Verde che ieri ha presentato le analisi
sullo stato di salute delle acque dell'intera regione
MUGGIA - Un mese ancora e poi il Comune di Muggia lancia la sfida a
verificare nuovamente l'inquinamento alla foce del rio Fugnan vicino al
Caliterna. Il sindaco Laura Marzi, durante la presentazione delle analisi di
Goletta Verde, ha ricordato «i 260 mila euro di lavori che AcegasApsAmga sta
completando per garantire finalmente la risoluzione di un problema decennale con
degli scarichi diretti che oggi non ci sono più». Secondo i tecnici di
Legambiente sono infatti due le zone in Friuli Venezia Giulia che vengono
indicate come "fortemente inquinate": la foce del Fugnan e quella del fiume
Stella nella Laguna di Marano. «Sono criticità arcinote - rimarca Katiuscia
Eroe, portavoce della Goletta - e per le quali auspichiamo un cambio di rotta.
Il nostro obiettivo non è di sostituirci ai controlli ufficiali, ma di sollevare
problematiche che se non vengono risolte presentiamo poi alle autorità
competenti». Le verifiche di legge vengono svolte da Arpa che monitora 66 punti
di cui 57 a mare e ben 30 nella provincia di Trieste. Si tratta di zone dove
ovviamente la balneazione è consentita e vengono verificate eventuali
contaminazioni da Enterococchi ed Escherichia coli. I controlli vengono fatti
una volta al mese da aprile a settembre e la classificazione è datata 4 anni in
modo da avere un trend che possa consentire un'analisi concreta. Qualora ci
fossero problemi verrebbero immediatamente informati i sindaci che potrebbero
procedere al divieto di balneazione. Goletta Verde ha campionato otto zone,
oltre alle due fuori norma dove in ogni caso la balneazione non è consentita, ci
sono: Barcola, Sistiana Castelreggio, Marina Julia, Grado, e a Lignano
Sabbiadoro la foce del Tagliamento e la spiaggia sul lungomare Trieste.
«Scegliamo le aree sulla base delle indicazioni dei circoli locali o sulla base
delle segnalazioni dei cittadini», ha evidenziato Eroe. «Abbiamo solamente due
zone a mare, su 57, dove l'acqua è classificata come buona e non come
eccellente», ha invece sottolineato Luca Marchesi, direttore di Arpa, che ha poi
rimarcato la criticità legata ai rifiuti: «Si tratta di un tema nazionale ed
internazionale e dipende dal comportamento dei singoli che magari gettano la
plastica in modo scorretto o che usano con troppa leggerezza gli scarichi
domestici». «Stiamo facendo le analisi anche per la micro alga Ostreopsis ovata
- ha aggiunto Claudia Orlandi, responsabile Arpa della qualità del mare - che
sta creando grossi problemi nel Tirreno, al momento la situazione è decisamente
sotto controllo». I lavori sono stati introdotti dal presidente della provincia
di Trieste di Legambiente, Andrea Wehrenfennig, mentre le conclusioni sono state
fatte da Sandro Cargnelutti, presidente regionale, che ha evidenziato come «il
tema della depurazione è troppo importante perché rimanga irrisolto. Sono
soddisfatto che sia stato approvato anche il piano di tutela delle acque mentre
è positivo che Arpa abbia pubblicato la prima fase sullo studio del cambiamento
climatico che dimostra il grave impatto sul sistema, siamo molto interessati a
vedere come procederà». -
Andrea Pierini
Quei batteri che vivono in mare dannosi per l'uomo
Gli Enterococchi ed Escherichia coli, sono batteri che possono provocare
febbre, brividi, ipotensione, dolori addominali, vomito e dissenteria. La
Ostreopsis ovata causa invece febbre e problemi alle mucose respiratorie.
L'esposizione avviene per inalazione di microparticelle acquose.
Via al bando per il progetto nell'ex caserma Polstrada
Una gara di quasi mezzo milione per definire i tre interventi che
comporteranno una spesa di oltre 5 milioni: asilo nido, autorimessa, "bosco
urbano"
La riqualificazione di una rilevante porzione di Roiano muove i primi passi.
Con un importante avviso agli studi professionali di architetti & ingegneri,
anche se in realtà è un avviso che interessa i cittadini del popoloso rione: c'è
in palio quasi mezzo milione di euro per progettare le opere all'interno dell'ex
caserma Polstrada delimitata dalle vie dei Moreri, Villan de Bachino,
Montorsino. Si tratta di un asilo nido (di cui la zona non è fornita), di
un'autorimessa interrata, di un cosiddetto "bosco urbano". Il totale dei lavori
"cuba" 5,1 milioni, 3 dei quali assorbiti dalla realizzazione dell'asilo. Per
quanto riguarda il bando per l'affidamento della progettazione, 350 mila euro
vanno direttamente su questo capitolo, mentre circa 150 mila euro sono riservati
a prestazioni opzionali in tema di sicurezza e di direzione lavori per le
strutture. La durata dell'appalto si estende per 120 giorni, le proposte vanno
presentate entro le 12.30 di lunedì 17 settembre e le buste saranno aperte il
giorno dopo alle 10 nella stanza 11 dell'ammezzato della residenza municipale.
Il bando, come al solito, è frutto della collaborazione tra Lavori Pubblici - la
determina a monte è firmata da Lucia Iammarino - e servizio Appalti & Contratti,
diretto da Riccardo Vatta. A dir il vero, la prima fase dei lavori, appaltati
all'Impresit di Palestrina, è stata ultimata un anno e mezzo fa. La "redenzione"
dell'ex caserma Polstrada rientra nel programma Prusst, complessivamente
finanziato da 7,8 milioni, per tre quarti coperti dalla Regione, per il resto
dallo Stato e dal Comune.Il progetto preliminare è stato uno degli ultimi atti
votati dalla giunta Cosolini. L'obiettivo era/è «recuperare e riqualificare»
l'area, aprendola all'uso pubblico, con percorsi ciclo-pedonali, spazi di
aggregazione per il quartiere e le realizzazioni già citate. La progettazione,
secondo le indicazioni suggerite dalla relazione di Lucia Iammarino, dovrà tener
conto di criteri di sostenibilità energetica e ambientale. L'opera principale è
l'asilo-nido, che dovrà funzionare 12 mesi all'anno. È caratterizzato da una
piastra seminterrata, contenente soprattutto i locali di servizi. Il corpo
centrale dell'edificio avrà una copertura a due falde rivestita in alluminio
colorato. L'autorimessa interrata avrà una disponibilità di settanta posti-auto.
Il cosiddetto "bosco urbano" prevederà la sistemazione del verde, stalli per
biciclette, marciapiedi e carreggiata in via Montorsino. I tecnici del Comune
richiedono una garanzia di attecchimento del 100% per le piante a dimora.
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 agosto 2018
Muggia - L'ultima tappa di Goletta Verde
Rifiuti in mare: questo il tema del convegno organizzato ieri a Muggia in
occasione dell'ultima tappa del viaggio di Goletta Verde. Al centro del
dibattito, le emergenze legate allo stato di salute dei nostri mari, a partire
dalle plastiche presenti. Ieri, intanto, dalle 18 alle 20.30 i cittadini hanno
potuto visitare la Goletta al molo Caliterna. Oggi alle 11 la presentazione dei
dati del monitoraggio delle acque realizzato lungo le coste del Fvg.
IL PICCOLO - SABATO, 11 agosto 2018
Partono i treni Udine-Trieste-Lubiana - Dal 9 settembre
i servizi transfrontalieri
Sette fermate in regione e otto in Slovenia. Due coppie di corse al
giorno di cui una prolungata fino al capoluogo friulano. Soddisfatto Pizzimenti
TRIESTE - La Giunta regionale, su proposta dell'assessore a Infrastrutture e
Territorio, Graziano Pizzimenti, ha approvato la proposta tariffaria per i
servizi ferroviari transfrontalieri Udine-Trieste-Lubiana tra la Regione Fvg e
la Repubblica di Slovenia, che saranno attivati dal 9 settembre 2018, a cura di
una partnership tra le società ferroviarie l'italiana Trenitalia (Fs) e la
slovena SZ. I collegamenti ferroviari saranno garantiti con cadenza giornaliera
con due coppie di corse di cui una prolungata fino a Udine, con l'utilizzo dei
nuovi elettrotreni Etr 563 di proprietà regionale e affidati in uso a
Trenitalia. I treni, attrezzati e certificati anche per la circolazione su rete
slovena, dispongono di 272 posti a sedere e 30 posti bici su appositi supporti.
Le fermate sono 7 in Friuli Venezia Giulia e 8 in Slovenia. In regione il treno
fermerà a Udine, Palmanova, Cervignano-Aquileia-Grado, Trieste Airport,
Monfalcone, Trieste Centrale e Villa Opicina. In Slovenia a Sesana, Divaccia,
San Pietro del Carso, Postumia, Radura, Longatico, Borovenizza e infine Lubiana.
Per quanto riguarda il costo dei biglietti, frutto di una condivisione tra
Trenitalia e SZ, si è fatta la somma tra le tariffe applicate in Fvg e quelle in
Slovenia. Per la prima, tra Trieste e il confine, si è definita una tariffa
convenzionale di 1,20 euro (prima fascia tariffaria da 0 a 4 km) applicata ai
servizi ferroviari regionali (1,25 euro) arrotondata a 1,20 euro per motivi
legati al sistema di vendita Trenitalia. «I nuovi servizi ferroviari tra Friuli
Venezia Giulia e Slovenia aprono una nuova stagione di integrazione dei
trasporti e di promozione della mobilità ferroviaria e quindi sostenibile. Le
tariffe - ha concluso Pizzimenti - sono pensate per promuovere un servizio che
accresce le capacità di connessione anche in chiave multimodale, considerando la
fermata strategica all'aeroporto regionale Trieste-Airport».
Dal faggio del Cocusso al cerro della Rosandra. Patriarchi del Carso piu' vecchi di Maria Teresa. Gli alberi eterni di Trieste.
Viaggio tra i "fusti" della natura nascosti nei boschi attorno alla citta'. Quelli piu' vicini al centro si trovano fra Miramare, Longera e l'Universita'. IL REPORTAGE
In giro, con simili caratteristiche, non se ne contano mica tanti. Alcuni di quelli che ci sono ancora, però, possono vantare addirittura d'esser vissuti nella stessa epoca di Francesco Giuseppe o di Mozart, di Napoleone o di Maria Teresa d'Austria. Qualcuno li definisce "monumenti naturali", o "archivi della memoria", per altri (pochi, fortunatamente) sono solo una curiosità o, peggio, in prospettiva, tanta legna da poter, in un futuro più o meno prossimo, ardere. Al di là della loro bellezza e della loro vetustà, i rari alberi ultrasecolari che vivono, spesso nascosti, nei nostri boschi rappresentano l'intero territorio, testimoni di un bagaglio di storia in cui affondiamo, più o meno consciamente, pure le nostre radici. Gelo, tempeste, fulmini, siccità e calure implacabili, seghe e accette non hanno avuto ragione su di loro. E la loro suprema bellezza sta anche nella loro lunga vita, raccontata attraverso tronchi, cortecce, rami e pendici. Con Diego Masiello, ispettore forestale del Centro didattico naturalistico di Basovizza, si sale dal versante meridionale del Cocusso, lasciata alle spalle Grozzana, per raggiungere uno dei più antichi e meravigliosi patriarchi del bosco. Difficile incunearsi da soli quel particolare solco vallivo, un tempo rifugio e zona di sosta e ristoro per i pastori dove, circondato da alte querce e da carpini bianchi, la fa da padrone uno stupendo faggio. È una pianta magnifica, regale, oltre 20 metri per un diametro di circa 90 centimetri. L'età? Fanno tre secoli e mezzo, su per giù. «È un esemplare ragguardevole - commenta Masiello - in un contesto che cambia in continuazione, nel classico disordine di piante che per l'entità bosco è invece ... ordine. Vive solitario con un solo compagno della sua specie, circondato dalle querce e dai carpini, nato da un seme solitario proveniente dalla lontana faggeta di Grozzana». Il suo destino, come quello della maggior parte degli alberi triestini, è di trarre sostentamento da un terra potente, dove però è la pietra a dominare. È difficile immaginare la forza di quelle radici che devono fare i conti con il duro calcare, spaccarlo, sminuzzarlo, alla ricerca di nutrimento e acqua. La vita è più facile, si fa per dire, per gli alti cerri della nobile famiglia delle querce, che sono nati su quello che i naturalisti definiscono flysh, terra marnosa e arenacea che, quasi per incanto, appare quale oasi in Val Rosandra, a pochi passi dall'antico castelliere del Monte Carso dove domina, aspra e tagliente, la pietra calcarea. Qui, in questa minuscola enclave a cavallo del confine sloveno, dominano il sottobosco diversi grandi cerri, uno dei quali supera i 20 metri ed è di età superiore ai 400 anni. Uno dei superstiti, si suppone, dei massicci tagli avvenuti lungo il Carso durante il XVII secolo. Vale la pena di raggiungere questa oasi di pace dove confluiscono, non a caso, i sentieri 45, 39 e 25 segnati dal Club alpino italiano e quello che giunge dalla vicina Beka, in Slovenia. Anche la maestosa roverella di via Antoni, inurbata in una appartata traversa di Strada per Longera, è superstite di un tempo dove il bosco Farneto (che prende il nome dalla Farnia, un'altra specie di quercia) si estendeva ben oltre gli attuali confini. Qualche centinaio di metri più in alto, la via del Farnetello è ulteriore conferma di come le querce erano "il territorio" dell'areale longerino. Oggi la monumentale roverella, alta una ventina di metri e con circonferenza di oltre quattro metri, è vecchia di duecento anni e deve convivere con i vicini condomini. «Ricordiamo che anche questi patriarchi naturali dovranno lasciarci», interviene Masiello che, da buon sociologo del territorio, osserva: «Nessuno è eterno, tutto intorno cambia più velocemente di quel che appare. Impariamo ad apprezzare finché siamo in tempo questi grandi e possenti alberi, i boschi dove vivono, i nostri territori. Amare l'ambiente dà un senso alla nostra esistenza». Spesso i capolavori della Natura ci appaiono nei contesti più strani. È ancora una stupenda roverella a stupirci in piena cittadella universitaria, non distante da via Fabio Severo, a due passi da quello strano edificio che gli studenti, da tempo, hanno battezzato "Tutankamen". È un albero speciale, abbarbicato su di una scarpata, alto più di 20 metri e dalla circonferenza di quasi cinque. Sta lì da oltre 200 anni. Ogni giorno gli studenti ci passano vicino e forse nemmeno badano alla sua intrigante bellezza. Nel parco di Miramare non mancano eminenti esponenti del mondo vegetale. Cipressi americani, sequoie, querce secolari. Ma a colpire tutti è certo il gigantesco leccio cresciuto a pochi metri dal ponticello che conduce al giardino all'italiana. L'esemplare, alto 16 metri, vive lì da oltre 150 anni. I redattori forestali del libro "Grandi alberi e monumenti naturali del Fvg" osservano: «Per raggiungere queste dimensioni, il leccio ha impiegato più di un secolo, un periodo dieci volte superiore a quello servito per costruire il castello di Miramar con tutte le sue strutture».
Maurizio Lozei
La ricchezza botanica del parco di Miramare -
pomeriggio
La campagna del ministero dell'Ambiente #iosonoambiente sbarca a Miramare. È
partita infatti domenica 5 agosto la campagna estiva del ministero per
sensibilizzare contro l'abbandono della plastica sulle spiagge e per promuovere
il bando della plastica monouso. Ora la campagna tocca Miramare: dalle 16 alle
19, un presidio del nucleo Carabinieri forestali di Tarvisio e della Capitaneria
di porto sarà presente al piazzale del castello di Miramare per sensibilizzare
verso la tutela ambientale e la prevenzione agli ambienti boschivi, mentre alle
17.30 un naturalista del Wwf accompagnerà una visita guidata gratuita, a tema
principalmente botanico, attraverso il parco di Miramare (luogo d'incontro al
piazzale, nella postazione allestita dai carabinieri per l'occasione). E il
BioMa, il Museo immersivo dell'Amp Miramare, chiuderà alle 17 anziché alle 18.
IL PICCOLO - VENERDI', 10 agosto 2018
In treno a Venezia in un'ora sola - Ma bisognerà
attendere 10 anni
Prevista entro inizio 2019 la prima parte del piano di velocizzazione -
Si inizierà dalle innovazioni tecnologiche, poi le modifiche al tracciato
TRIESTE - Sarà pronto tra fine 2018 e inizio 2019 il progetto relativo alla prima fase di interventi per la velocizzazione della linea ferroviaria Trieste-Venezia. L'avvio dei lavori è previsto nel 2020, quando Rete ferroviaria italiana comincerà il percorso che ridurrà a circa un'ora il tempo di percorrenza dei treni che oggi collegano il capoluogo giuliano con lo snodo di Mestre. L'operazione si preannuncia dai tempi lunghi e potrebbe concludersi non prima del 2030, quando dovrebbero essere completate le varianti del tracciato che saranno realizzate dopo una prima fase di misure riguardanti gli aspetti tecnologici. Il piano nasce dal protocollo d'intesa firmato nel novembre 2016 e mirante al miglioramento delle prestazioni del traffico passeggeri e merci, con l'obiettivo di accelerare un percorso che oggi dura circa due ore, ridotte a una e mezza nel caso dei pochi treni più veloci che limitano al minimo le fermate intermedie. Non si tratta della Tav, il cui progetto è stato definitivamente abortito e che prevedeva la realizzazione di un binario nuovo dall'inizio alla fine. L'opera avrebbe consentito ai treni di raggiungere i 300 chilometri all'ora ma richiesto esborsi ben maggiori e interventi impattanti a livello ambientale e infrastrutturale. Rfi ha così optato per la cosiddetta velocizzazione, che permetterà ai convogli di passare dai 150 chilometri orari attuali ai 200, nei punti di picco massimo di una linea che nelle parti più difficili rallenta al momento anche sotto i 100 all'ora, come nel tratto di Latisana. Il protocollo prevede una spesa complessiva di 1,8 miliardi, ma risultano per ora stanziati solo i 200 milioni necessari per la fase progettuale e i primi interventi. Il piano è studiato in due tempi e il progetto che arriverà nei prossimi mesi riguarderà la prima fase, che dovrebbe concludersi entro il 2024. Quest'ultima si basa sull'introduzione di un nuovo sistema di distanziamento, ovvero di tecnologie innovative riguardanti la circolazione, pensate per far viaggiare più treni contemporaneamente e ad andatura più veloce. A ciò si aggiungeranno l'eliminazione di una serie di passaggi a livello e alcuni minimi interventi sull'infrastruttura, rimanendo comunque sul sedime attuale. Per la Direzione centrale Infrastrutture ciò dovrebbe permettere a regime di far guadagnare una dozzina di minuti alle Frecce che non fanno fermate intermedie. Minimo l'effetto per i treni regionali. I lavori più radicali sono previsti nella seconda parte del piano, il cui studio di fattibilità dovrebbe essere pronto entro il 2019. In questo caso si tratta di modifiche più profonde sul tracciato attuale, con varianti nella zona di Monfalcone e Latisana, oltre a rettifiche per quanto riguarda a Portogruaro e sul ponte sull'Isonzo. Interventi che potranno provocare in futuro più di qualche disagio, con limitazione al traffico a causa della necessità di rallentare la percorrenza oppure di viaggiare con binario unico.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 agosto 2018
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Entro fine anno i lavori per
la sostituzione dei giunti sulla Gvt
Cominceranno entro fine anno i lavori per la sostituzione dei giunti della
soprelevata che attraversa il territorio di San Dorligo. Un intervento che
dovrebbe ridurre la rumorosità della strada, avvertita soprattutto nei pressi di
San Giuseppe e di Log. Ad annunciarlo è il presidente della Commissione Ambiente
Roberto Potocco. «Il tema è da tempo all'ordine del giorno della Commissione e i
commissari lo sanno», spiega Potocco, riferendosi ad alcune recenti polemiche
sul tema: «Esistono infatti verbali degli incontri cui abbiamo partecipato nella
sede dell'Anas di Trieste, a uno dei quali era presente anche il consigliere
(Boris Gombac, ndr) che ora sembra non ricordare. L'Anas promette da anni la
sostituzione dei giunti e, in occasione di un recente incontro, il responsabile
dell'Area dipartimentale ha garantito che sono già state espletate le fasi
d'appalto. La ragione dell'inaccettabile ritardo dell'inizio dei lavori sembra
sia dovuta al fatto che la gestione dell'appalto dipende dalla sede Anas di
Roma. La questione però dovrebbe essere finalmente in fase di definizione».In
base a quanto specificato dall'Anas, le risorse disponibili saranno destinate
appunto alla sostituzione dei giunti e al completamento dei lavori di
rifacimento del manto stradale. «Per identificare chiaramente le maggiori fonti
d'inquinamento acustico - riprende Potocco - si è deciso di provvedere a
ulteriori misurazioni fonometriche, che saranno attuate nella fase successiva
alla posa in opera dei nuovi giunti, tanto da capire se l'origine del problema
sia lo stato disastroso degli stessi, il rotolamento degli pneumatici o, com'è
probabile, entrambi i fattori». Sembra invece non si possa dare corso alla
proposta fatta dal Comune di procedere all'abbassamento, in quel tratto della
sopraelevata, del limite di velocità da 80 a 50 all'ora.«L'Anas ha risposto che
tale soluzione non è percorribile - ancora Potocco - a causa degli ingorghi di
automezzi pesanti che si creerebbero, peggiorando l'inquinamento dovuto agli
scarichi».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 agosto 2018
Arriva il no definitivo al trasloco dell'Icgeb dentro
al Magazzino 26
Pietra tombale messa da Comune Regione sul trasferimento del centro di
ricerca - L'amarezza di Giacca: «Non ci avevano avvertito. Una grave perdita per
la città»
Il patto originario - Nel primo accordo tra Comune, Autorità portuale,
governo e Regione era previsto il trasloco dell'Icgeb dall'Area Science Park al
Porto vecchio. Il trasferimento sarebbe costato tra i 16 e i 17 milioni, in
parte coperti dal finanziamento governativo su Porto vecchio. Le richieste -
Mauro Giacca, storico direttore dell'istituto, aveva chiesto prima quattro piani
e poi tre per riallestire la struttura che oggi è ospitata a Padriciano. La
selezione - Il Comune ha però fatto piazza pulita di tutte le
proposte-candidature per il Magazzino 26, dal Museo della bora all'archivio di
Its. Gli unici a entrare saranno dunque l'Immaginario scientifico e il Museo
dell'Antartide.
«Non ci avevano avvertito. Mi spiace, credo che Trieste abbia perso una straordinaria occasione per organizzare nel centro della città un istituto scientifico di caratura internazionale». Mauro Giacca, che ancora per un anno dirigerà l'Icgeb (l'Istituto di ingegneria genetica e biotecnologie), è in vacanza nel South Dakota e da oltre Atlantico accoglie con laconica amarezza la notizia che il suo centro non traslocherà dall'Area Science Park al Magazzino 26 di Porto vecchio. L'accordo originario tra ministero dei Beni culturali (MiBac), Regione, Comune, Autorità portuale prevedeva che Icgeb scendesse da Padriciano al mare, una decina di milioni di euro avrebbe parzialmente coperto il costo del trasferimento e del riallestimento, un budget che avrebbe avuto comunque bisogno di essere rimpolpato da altri 6-7 milioni. Secondo una prima ipotesi progettuale Icgeb avrebbe impegnato quattro livelli del "26", una successiva ipotesi riduceva a tre i piani interessati. Giacca non ne fa un dramma e soprattutto non vuole fare polemiche: «Siamo nati in Area di ricerca e continueremo a operare in Area, non ci metteremo a cercare altre sedi». Il problema in prospettiva potrebbe invece riguardare il destino della direzione generale.Ma perché Icgeb non va più in Porto vecchio? Perché il Comune di Trieste, come anticipato un paio di settimane fa, ha deciso di tenere per sé il "26" allo scopo di realizzare al suo interno il nuovo museo del Mare, in precedenza programmato nei Magazzini 24-25 che in passato ospitavano le stalle della Prioglio e che si affacciano sul cosiddetto Bacino 1. Dipiazza & Terranova hanno quindi inoltrato la richiesta di modifica alla Regione, interlocutore istituzionale del governo per i 50 milioni stanziati sulla riqualificazione del Porto vecchio. La risposta della giunta regionale è stata favorevole e si è concretizzata nella delibera 1380 discussa il 23 luglio, che ha "ratificato" la scelta del Municipio: parere unanime, assente l'assessore Rosolen. Attenzione: manca un ultimo, non irrilevante tassello, cioè il via libera dal ministero competente ed erogante (MiBac). Perché la riedizione della proposta da parte comunale reimposta il quadro economico dei 50 milioni, che vengono destinati su tre direttrici di spesa: 14 milioni per interventi di urbanizzazione (viabilità, rotatoria di viale Miramare, servizi minimi fondamentali), 3 milioni per rimettere in sesto la gru galleggiante Ursus, ben 33 milioni destinati alla riconversione museale del Magazzino 26.Si salvano dall'annessione del croupier comunale l'Immaginario Scientifico e il Museo dell'Antartide. L'arrivo dell'Immaginario era stato codificato da una delibera primaverile portata da Giorgio Rossi, che dava in concessione al laboratorio uno spazio di oltre 3500 metri quadrati articolati su due livelli. Allora non venne fissato alcun canone. L'Immaginario porta in dote, tra le risorse del ministero Istruzione-università-ricerca e il contributo della Regione, uno stanziamento di 2,5 milioni. L'Antartide, come si legge nell'articolo a fianco, sarà parte integrante del Museo del Mare.
Massimo Greco
Pesca, mitologia e cantieri per il maxi Museo del mare
- IL PROGETTO
Lo storico edificio sarà quasi interamente usato come polo espositivo -
Previsto un investimento complessivo da 33 milioni di euro
Il «nuovo grande Museo del mare», come intitola il documento trasmesso dal
Comune per informare la giunta regionale sui perchè delle modifiche richieste,
sarà dunque ospitato nel Magazzino 26, il re delle antiche strutture logistiche
del Porto vecchio per le sue ragguardevoli caratteristiche dimensionali. Una
lunghezza di 250 metri, una profondità di 35 metri, un volume di 180 mila metri
cubi sviluppati su cinque livelli, una superficie di 42.500 metri quadrati.
"Solo" 40 mila mq in più rispetto all'attuale sede del Museo in Campo Marzio,
che ha riconvertito l'antico Lazzaretto nel sito culturale che raccoglie le
collezioni di argomento marinaro . Ma l'obiettivo del Comune prescinde dal
semplice trasloco dei materiali attualmente allestiti in Campo Marzio,
d'altronde non avrebbe senso investire qualcosa come 33 milioni per spostare
qualche modellino. La relazione, a cura del servizio di edilizia pubblica
diretto da Lucia Iammarino, precisa gli importi dell'intervento: oltre 20
milioni di lavori, 7 milioni per gli allestimenti, 2 milioni di spese tecniche
sono i capitoli di spesa più significativi inseriti nel preventivo, sul quale
l'ultima parola spetta al ministero erogante, quello per i Beni e le attività
culturali. L'idea comunale si basa su una doppia ispirazione, cultura&turismo
per fungere da volano economico-sociale: modelli espliciti sono il Porto Antico
genovese, le aree recuperate a Valencia, Lisbona, Barcellona. Sei i temi sui
quali s'impernia il progetto culturale: storia e mitologia della città, la
pesca, navi e cantieri, navigazione e arti marinaresche, gli sport, le
esplorazioni e gli ecosistemi (dove convergeranno le specifiche collezioni del
museo di Storia naturale e il Museo dell'Antartide). Chi più ne ha, più ne
metta: Giasone e il vello d'oro, Tergeste romana, tonnare, gastronomia, maestri
d'ascia, Carlo Sciarrelli, Lloyd Triestino, Fincantieri, Wärtsilä, distretto del
caffè, yacht club Adriaco, discipline veliche e canottaggio ...Ben 16 gli
ambienti-funzioni che costituiranno il museo. L'area dell'accoglienza, l'area
dell'oggettistica in vendita, l'esposizione permanente, lo spazio per i bambini,
le mostre temporanee, l'archivio e la biblioteca, la foresteria con residenze e
ateliers per artisti e ricercatori, il laboratorio di restauro, bar e ristorante
con relativi servizi. Un museo di moderna impostazione - spiega la relazione
comunale - che vorrebbe dialogare con il Ferroviario, con il de Henriquez,
persino con il Gasometro oltre che con il risorgente Ursus. Si ricorda infine
che il Magazzino 26 è già stato rodato da alcune iniziative espositive, tra cui
il padiglione Fvg della Biennale veneziana del 2011 (curatore Vittorio Sgarbi) e
la mostra su Nereo Rocco nel 2012.
Dai sottopassi ai lampioni - Sei milioni in due anni
per i cantieri nelle strade
La "road map" dei lavori annunciata da Dipiazza e Lodi - Promessa
un'accelerazione sul restyling di piazza Foraggi
«Avranno l'alabarda bianca le inferriate della recinzione di Porto vecchio
che sarà riverniciata a breve, dopo avere effettuato alcune prove colore
autorizzate dalla Soprintendenza, da cui il manufatto è tutelato. L'obiettivo è
quello che per la Barcolana sia tutto pronto, parcheggio sul terrapieno, che
partirà a fine agosto, compreso». Così ieri in mattinata il sindaco Dipiazza in
occasione della presentazione - all'interno del cantiere del nuovo parcheggio di
via della Bastia, affianco alla primaria Slataper - dei lavori realizzati e in
fase di realizzazione relativamente alla manutenzione di alcune importanti
arterie, per un totale di 3 milioni di euro messi in campo dall'amministrazione
comunale dal bilancio 2017. Altrettanti sono previsti per l'anno prossimo. Gli
interventi più consistenti, a detta dell'assessore ai lavori pubblici Elisa Lodi
«riguardano strada vecchia dell'Istria, via Commerciale, via Revoltella e via
Panorama. Inoltre verranno svolti lavori di potenziamento dell'illuminazione
pubblica su tutto il territorio». Dipiazza ha voluto ricordare anche la
riasfaltatura di via dell'Istria, non completata anche a causa dell'ormai
decennale cantiere-palude della Maddalena che, ha detta del primo cittadino,
«dovrebbe ripartire a breve con un'area commerciale e probabilmente una ludica».
Sull'identità della società che riattiverà il cantiere il sindaco non ha voluto
fare nomi. Lodi ha sottolineato, inoltre, come «molti dei cantieri sono attivi
nel mese di agosto proprio per agevolare il lavoro degli operai e per creare
meno disagio possibile alla cittadinanza». Relativamente alla questione via
Carducci - torrente Chiave, Il sindaco ha voluto sottolineare come si «stiano
terminando i lavori degli scarichi del torrente. L'obiettivo è quello di farlo
in questo mese, prima della riapertura delle scuole». Altro tassello importante
quello dei sottopassaggi: «Abbiamo messo in cantiere - ha proseguito Lodi -
degli interventi di manutenzione straordinaria dei sottopassaggi. A maggio
abbiamo terminato quello vicino a cimiteri». Per quello di Piazza della Libertà
- pessimo biglietto da visita per chi giunge in città in treno - Dipiazza ha poi
detto che «i turisti mi rimproverano lo stato attuale del sottopassaggio: verrà
realizzato in acciaio corten per evitare che i writers lo sporchino. I lavori
partiranno il 10 settembre, dopo 14 anni». Infine la galleria di piazza Foraggi,
per la quale l'assessore Lodi ha specificato che i lavori partiranno a breve:
«dopo la gara esperita lo scorso giugno per un ammontare di 800 mila euro, una
società di professionisti elaborerà il progetto esecutivo per poi indire subito
dopo la gara europea - da circa 12 milioni di euro - per la realizzazione dei
lavori». Dipiazza ha ribadito che «in occasione dei lavori alla galleria forse
riusciremo anche a non chiuderla o forse lo faremo solo per qualche settimana,
onde evitare di spaccare in due la città».
Luigi Putignano
La storica Lanterna non merita di finire dietro il Parco del mare - la lettera del giorno dell'architetto Alvaro Colonna, ex funzionario Soprintendenza
Il Parco del mare. Sul fatto che sia giusto o meno farlo si potrebbe investire un comitato di saggi. Il solo intento di insediarlo comporterebbe altre infinite discussioni. Sarebbe la mossa diabolica per affossare il progetto. Personalmente non sono favorevole a quanto viene proposto sia come concetto che, ancora più convintamente, come proposta di ultima localizzazione. Dopo il primo progetto, curato nella forma e nella presentazione, pensato sull'area dell'attuale mercato ortofrutticolo di Campo Marzio, Antonio Paoletti a nome della Cciaa di Trieste e con i contributi non volontari degli iscritti, anche se è chiaro che il progetto abbia come unico fine il tramandarne la memoria, ha disinvoltamente spostato la localizzazione in altri siti senza badare a logiche urbanistiche e programmatorie e senza pubblicizzarne i progetti. Si è arrivati ora al sito contiguo all'antica Lanterna: il Faro storico e lo stabilimento balneare caro ai triestini che ne intasano l'area prospiciente. Area piena di valori che avrebbe bisogno di riqualificazione e ripulitura da tutto quanto disordinatamente edificato nel tempo e non di ulteriori edificazioni di "più o meno di dieci metri di altezza" come si discute ora. Ai tanti validi contributi portati nel tempo, per ultimi quelli degli architetti Starc e Barocchi, pubblicati il 26 luglio, vorrei aggiungerne un ulteriore. Importante aspetto per la fattibilità del progetto è la sostenibilità economica: sarebbe veramente peccato spendere tante preziose risorse per poi vedere decadere il tutto. Con il passare del tempo la quantità di visitatori necessari a garantirla è stata abbassata e di moltissimo rispetto le prime roboanti stime: con l'ultima proposta viene fissata a 900 mila visitatori all'anno. Bellissima prospettiva turistica per Trieste, ma ce l'immaginiamo 2.465 visitatori al giorno, ogni giorno per 365 giorni all'anno, che si recano nei pressi dell'antica Lanterna? E come, con automobili, con navette, con 35 autobus? Andiamo a fare una passeggiata in quella zona e poi riflettiamoci su. Anzi ci vadano e ci riflettano i favorevoli a prescindere. Non fare questo Parco del Mare non sarebbe un dramma, ma una prova di maturità. Il passo indietro della Fondazione CrTrieste a finanziare il progetto, Fondazione a cui la città deve moltissimo e che per la città fa gli interessi, forse è una di queste.
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 7 agosto 2018
Cambiamenti climatici: la Terra rischia di diventare una serra
I cambiamenti climatici stanno determinando delle conseguenze incredibili per il nostro pianeta. Ecco perché, secondo i ricercatori del Resilience Centre di Stoccolma, dell’Università di Copenaghen, del Potsdam Institute e dell’Università Nazionale Australiana, non sarebbe sufficiente provvedere al taglio delle emissioni di anidride carbonica.
La Terra potrebbe diventare una vera e propria serra. Gli
accordi di Parigi sul clima potrebbero non bastare a limitare questo aumento di
temperatura del nostro pianeta. I risultati che derivano dallo studio e che sono
stati pubblicati sulla rivista PNAS sono molto chiari in questo senso. La
temperatura del pianeta è destinata a crescere e a stabilizzarsi intorno a 4-5
gradi in più rispetto al livello preindustriale. I livelli del mare tendono ad
arrivare tra i 10 e i 60 metri. Will Steffen, l’autore principale della ricerca,
ha specificato: Le emissioni umane di gas a effetto serra non sono l’unico
fattore determinante della temperatura sulla Terra. Il nostro studio suggerisce
che il riscaldamento globale di 2 gradi centigradi indotto dall’uomo potrebbe
innescare altri processi del sistema terrestre, chiamati ‘feedback’, che possono
causare ulteriore riscaldamento anche se smettiamo di emettere gas serra. I
ricercatori hanno preso in considerazione diversi elementi, per comprendere
quali sono quei cambiamenti climatici che vanno oltre il limite e dai quali è
impossibile tornare indietro. In particolare hanno individuato alcuni fattori
che potrebbero svolgere un ruolo decisivo, fra i quali la morte della foresta
pluviale, la riduzione del manto nevoso nell’emisfero settentrionale,
l’indebolimento dei pozzi di carbonio terrestri e oceanici. Per questo alla fine
hanno sottolineato la necessità che bisogna intervenire in maniera significativa
per traghettare l’economia mondiale in un sistema sostenibile che possa lottare
contro i cambiamenti climatici. Secondo gli esperti internazionali, il rischio
che corriamo è davvero grande. Come ha sottolineato un’altra autrice dello
studio, Katherine Richardson: Il clima e altri cambiamenti globali ci dimostrano
che noi esseri umani stiamo influenzando il sistema terrestre a livello globale,
il che significa che noi come comunità globale possiamo anche gestire la nostra
relazione con il sistema per influenzare le condizioni planetarie del futuro.
Gianluca Rini
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 agosto 2018
Scarichi delle acque piovane irregolari - Dalla Regione
diffida per la Ferriera
Le analisi dell'Arpa rilevano concentrazioni eccessive di metalli. La
replica dell'azienda: «Problema in via di risoluzione»
Dopo la falda intrisa di idrocarburi oltre i limiti, Arpa Fvg e Regione
mettono nel mirino gli scarichi delle acque piovane della Ferriera. Il sistema
di raccolta e trattamento delle acque reflue dovrebbe essere ultimato in
autunno, ma l'Agenzia per la protezione dell'ambiente richiama intanto l'azienda
per gli sforamenti di solidi sospesi, alluminio e ferro, in quantità tali da
convincere la Regione ad avviare un procedimento di diffida nei confronti di
Siderurgica Triestina. È la stessa Arpa a riconoscere che il problema dovrebbe
essere risolto entro qualche mese, nell'ambito del rifacimento della
pavimentazione delle aree scoperte dello stabilimento, ma l'Agenzia preferisce
tutelarsi ed evidenziare come la pioggia che dilava edifici e terreni trascini
con sé sostanze che finiscono in mare con concentrazioni oltre il consentito.
Nella lettera del 27 luglio dalla Direzione centrale Ambiente, la Regione
comunica di aver riscontrato alcune non conformità rispetto a quanto previsto
dall'Autorizzazione integrata ambientale. Il cartellino giallo più pesante
riguarda appunto il «superamento di limiti di accettabilità allo scarico di
acque reflue industriali». Le misurazioni dell'Agenzia evidenziano valori che
nel caso dei solidi sospesi superano di dieci volte il limite e che in quello
del ferro sono venti volte il consentito. Nello specifico, si parla di solidi
sospesi totali per 810 mg per litro (contro un limite di 80 mg), ferro per 38,7
mg/l (contro un limite di 2 mg) e alluminio per 4,2 mg/l (contro un limite di
1). Siderurgica Triestina precisa che «al momento del campionamento, effettuato
il 15 febbraio, non erano completate le attività di raccolta e trattamento delle
acque meteoriche. Il completamento è avvenuto solo il 25 luglio. Non risultava
inoltre completato il sistema di raccolta delle acque nelle aree di messa a
parco minerale, tuttora in corso di completamento». La Regione chiede alla
proprietà di far fronte anche ad altre criticità. L'ispezione ha infatti
ritenuto inadeguato il sistema di rilievo della presenza di idrocarburi nelle
polveri da parte dei deposimetri e riscontrato la necessità di migliorie nel
sistema di misurazione delle emissioni sulle bocche dei camini dello
stabilimento. Per una diffida che parte, un'altra viene ritirata. La Regione
aveva infatti intimato a Siderurgica Triestina di consegnare il progetto
esecutivo previsto dall'Aia per la copertura dei parchi minerari. Nel corso
della recente Conferenza dei servizi il Gruppo Arvedi si è giustificato dicendo
di non aver mai ricevuto un giudizio sul progetto definitivo, step preliminare
al livello esecutivo. Nel corso della Conferenza il progetto è stato vagliato da
Azienda sanitaria e Inail, con la proprietà chiamata a fornire i chiarimenti
richiesti nel corso del tavolo tecnico convocato a settembre.
Diego D'Amelio
Altoforno fuori uso a giugno - Bonus dimezzato agli
operai
Giù il premio di produzione che l'azienda eroga ogni tre mesi in
quanto l'impianto era in manutenzione e la produttività è calata
Spira forte la delusione tra gli operai dell'area a caldo della Ferriera,
che nella prossima busta paga non troveranno il premio di risultato da 454 euro
lordi che ogni trimestre Siderurgica Triestina assicura solitamente ai propri
dipendenti. Questa volta il bonus varrà la metà, perché la chiusura
dell'altoforno nel mese di giugno ha ridotto la produttività dello stabilimento
e spinto dunque la proprietà a diminuire il premio di risultato. La questione ha
creato malumore tra le maestranze, tanto più che il personale dell'area a freddo
ha ricevuto la gratifica per intero. A giugno l'altoforno era stato arrestato
per consentire il rafforzamento del crogiolo, ovvero la parte più bassa del
macchinario, al cui interno la colata di ghisa permane per il maggior tempo
prima della fuoriuscita. La manutenzione straordinaria ha comportato dunque il
dimezzamento del premio di produzione. L'applicazione alla lettera degli accordi
sindacali avrebbe in realtà permesso alla proprietà di azzerare del tutto
l'erogazione per il trimestre, ma il Gruppo Arvedi ha deciso ugualmente di
riconoscere un bonus, anche se parziale, venendo così incontro alla richiesta
dei sindacati.Il gesto dell'azienda non ha tuttavia smussato il malcontento dei
dipendenti, che si aspettavano il riconoscimento di tutti i 454 euro. Il
ragionamento degli operai si basa sul fatto che la riduzione della produzione
non è dovuta a negligenza, ma a ragioni tecniche che hanno richiesto lo
spegnimento dell'altoforno. I sindacati spiegano inoltre che la fermata e il
riavvio dell'impianto sottopongono a forte stress le tute blu, costrette a ritmi
intensi e numerose ore di straordinario. Sono le stesse rappresentanze dei
lavoratori a cercare tuttavia di rasserenare gli animi: il premio trimestrale da
454 euro lordi ammonta a circa 1.800 euro annui e i sindacati sperano che con il
conguaglio di fine anno la cifra persa possa oggi in qualche modo essere
recuperata. Per il rappresentante della Rsu Franco Palman (Uilm) «al netto della
volontà del cavalier Arvedi di mettere delle economie a favore del premio,
sottolineo che la riduzione della produttività non è dovuta alla volontà dei
lavoratori. Ci aspettavamo di più, perché abbiamo dato il massimo come
straordinari e professionalità, per sistemare l'altoforno nei tempi giusti. Ora
che siamo tornati alla piena operatività, confidiamo di poter recuperare entro
l'anno quanto perso in questa occasione». Il segretario provinciale della Fiom
Cgil, Marco Relli, evidenzia come «la produzione si è interrotta per
manutenzioni straordinarie non dipendenti dagli operai, che hanno anzi dovuto
sostenere un lavoro aggiuntivo per fermare e riavviare l'altoforno. Un vero
massacro. Ci aspettavamo che l'imprenditore lo riconoscesse, ma Arvedi si è
limitato a un contentino».
E Arvedi ricorre al Tar per sbloccare l'impasse sul
piano dei rumori tollerabili a Servola
Sotto accusa l'assenza del Piano di zonizzazione acustica della città -
Il Comune nicchia per non dover concedere limiti più permissivi
Giunge all'ennesimo rimpallo di responsabilità la questione
dell'inquinamento acustico della Ferriera. La nuova puntata è offerta dal
ricorso che Acciaieria Arvedi ha depositato davanti al Tar Fvg contro Comune di
Trieste e Regione: il primo per non aver ancora provveduto alla realizzazione
del Piano di classificazione acustica della città, la seconda per non averlo
fatto in sua vece. La questione è annosa e intricata. Da una parte Siderurgica
Triestina insiste affinché il municipio appresti una zonizzazione che finirebbe
per assegnare all'area che circonda lo stabilimento un livello di rumorosità
piuttosto largo cui conformarsi. Dall'altra il Comune continua a prendere tempo
proprio per questa ragione: in municipio ben sanno che, in assenza del Piano,
l'azienda dovrà permanere sotto i livelli più stringenti previsti dalle norme
nazionali transitorie, che fissano una tolleranza notturna di 50 decibel,
innalzata a 60 in orario diurno. Lo stesso assessore comunale Luisa Polli non
aveva d'altronde fatto mistero di aver bloccato il Piano di zonizzazione
approntato dalla giunta Cosolini, per non fare favori ad Arvedi. Con il ricorso
al Tar, la proprietà chiede allora che il Comune sia obbligato a realizzare il
Piano, perché la zonizzazione distinguerebbe in modo chiaro dove comincia la
zona industriale e dove quella residenziale. Il ricorso al Tar coinvolge anche
la Regione perché, se il Comune continuasse a non provvedere, la prima dovrebbe
commissariare l'ente e procedere al suo posto. Era d'altronde quanto intimato al
sindaco Dipiazza dalla giunta Serracchiani, sostituita tuttavia da una
maggioranza di centrodestra che ora rema nella stessa direzione del municipio
sulla volontà di chiudere l'area a caldo. Arvedi deve intanto attuare tutta una
serie di interventi di diminuzione della rumorosità entro fine anno, data più
volte ribadita dalla Regione (sia sotto la gestione Serracchiani che sotto
quella Fedriga) per rispettare gli impegni contenuti nell'Aia. L'impresa ha
presentato a suo tempo un piano di risanamento acustico, ma la mitigazione
realizzata fino al 2017 è stata ritenuta insufficiente da Arpa Fvg. Dopo una
diffida della Regione e una serie di schermaglie a suon di carte bollate, la
proprietà ha realizzato la bonifica acustica dell'altoforno e si è impegnata
nell'autunno scorso a predisporre gli ulteriori interventi, subordinandoli però
alla presentazione del Piano del Comune. Tanto Serracchiani quanto Fedriga hanno
tuttavia sempre considerato le due questioni slegate e indicato il 31 dicembre
come data ultima per provvedere a tutti gli interventi previsti dall'Aia. Dal
canto suo, Siderurgica Triestina ha continuato nella sua strategia, diffidando
il Comune a concludere il Piano. Il ricorso di Arvedi al Tar fa parte della
linea scelta dallo stabilimento, ma si scontra con la scadenza fissata e più
volte ribadita con atti formali dalla Regione. Se la proprietà non rispetterà la
data del 31 dicembre, l'inadempienza potrebbe anche condurre alla sospensione
dell'autorizzazione a produrre. Lo dice con i toni della burocrazia anche
l'assessore Fabio Scoccimarro: «La società non si aspetti proroghe: il 31
dicembre dovrà aver concluso i lavori per l'abbattimento del rumore o gli uffici
provvederanno a redigere gli atti previsti dalle norme, accordo di programma e
Aia».
Ecco i risultati del monitoraggio di Goletta Verde -
l'appuntamento
Goletta Verde e il Comune di Muggia organizzano sabato 11 agosto, alle 10,
nella Sala Millo, un convegno dal titolo "Emergenza mare: conoscere per agire".
Domenica alle 11, invece, presso la loggia comunale conferenza stampa di
presentazione dei risultati del monitoraggio di Goletta Verde. Si potrà visitare
la Goletta al molo Caliterna sabato dalle 18 alle 20.30.
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 agosto 2018
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Klun e il Pd difendono la
raccolta differenziata «Bollette meno care»
«Negli ultimi dieci anni, da quando c'è la differenziata, a San Dorligo
abbiamo visto ridursi il costo delle bollette per la raccolta rifiuti del 40%.
Inoltre, il livello complessivo del servizio è nettamente migliorato». Questo il
bilancio tracciato da Emilio Coretti, capogruppo del Pd in Consiglio comunale a
San Dorligo della Valle, nel corso dell'ultima seduta in aula, in risposta a una
domanda di Boris Gombac, capogruppo di Uniti nelle tradizioni, partito che siede
sui banchi d'opposizione. Gombac aveva anche sollevato il tema dei sacchetti per
la differenziata lasciati davanti alle case perché contenenti materiali
inadeguati. Sull'argomento è intervenuto anche il sindaco Sandy Klun, che ha
ricordato a sua volta che «i sacchetti lasciati sul posto dall'impresa
responsabile del servizio, perché contengono materiali inadatti, è bassissima.
Siamo al 2% - ha precisato - perciò possiamo essere più che soddisfatti». Klun
ha sottolineato inoltre che «si è registrato un netto miglioramento nella
raccolta differenziata della plastica, dove siamo passati dal 50% di errore al
6,1. Si tratta di un calo significativo, che conferma che la cittadinanza ha
preso coscienza dell'importanza della differenziata». Il sindaco di San Dorligo
ha infine concluso, parlando della decisione della giunta di non procedere con
le multe per chi non riempie i sacchetti della differenziata seguendo i criteri
previsti. «Dobbiamo essere elastici - ha ribadito - almeno in questa fase».
Roberto Massi, della Lega Nord, ha infine rilevato che «bisognerà prestare
maggiore attenzione ai rifiuti verdi».
Fare Ambiente - Pulizie lungo i sentieri percorsi dai
migranti
La barca per crociere extra lusso Sea Cloud torna a far tappa a Trieste. Il
veliero bianco da quattro alberi, con il suo "carico" di passeggeri danarosi,
attraccherà domani alla Stazione Marittima, per la prima volta in questo 2018.
L'ultimo passaggio risale all'ottobre dello scorso anno: quella volta, però,
aveva ormeggiato non davanti a piazza Unità bensì al Molo IV. Costruita nel
1931, all'epoca la Sea Cloud era il più grande yacht privato a vela al mondo.
Lunga quasi 110 metri, è di proprietà della Sea Cloud Cruises di Amburgo.
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 agosto 2018
Salvini: «Per Tav e terzo valico i costi sono superiori
ai benefici»
l vicepremier e ministro dell'Interno rivela i risultati dei primi studi
sulle infrastrutture
«Per la Torino-Lione bisogna calcolare fino all'ultimo centesimo, come per le
pedemontane»
Governo del cambiamento? Nella comunicazione, sì. Matteo Salvini riceve i
giornalisti in costume sotto l'ombrellone. E il ministro dell'Interno parla
soprattutto di economia. Pare che il vertice per varare la Finanziaria, cui lei
non ha partecipato, non sia andato granché bene.«Ho parlato con Conte e Di Maio,
mi sembrano soddisfatti. È chiaro che non si può fare tutto subito. I miracoli
non li chiedono neanche i miei vicini di ombrellone. Però si chiama governo del
cambiamento e non può fare le stesse finanziarie punitive di quelli precedenti.
Alcune novità me le aspetto». Quali?«Primo: una riduzione della pressione
fiscale. Poi decidiamo se per le imprese, per le famiglie, sull'Iva, ma intanto
partiamo. Secondo: via le accise sulla benzina, almeno alcune. Basta pagare per
la guerra d'Etiopia o il Vajont. Terzo: stralcio delle cartelle Equitalia, che è
la richiesta che qui in spiaggia la gente fa di più. Quarto: flat tax e reddito
di cittadinanza. Nel contratto di governo ci sono, forse non si potranno fare
subito, però impostiamole. Quinto: abolizione della Fornero e quota cento». I
soldi non ci sono. Allargherete ulteriormente il debito?«Faremo di tutto per non
aumentarlo. Ma se si tratta di aiutare imprese e famiglie i vincoli europei si
possono superare. La regola del 3% non è la Bibbia». Conte sta più con Tria o
con Di Maio? E lei?«Conte è un mediatore. È il suo mestiere, lo sa far bene».
Intanto si annuncia un autunno caldissimo, fra lo spread che sale, la fine del
quantitative easing e gli attacchi degli speculatori.«E infatti dobbiamo
prepararci. A qualcuno fanno gola le nostre aziende, ma l'Italia non è in
svendita. Stiamo studiando le contromosse. Il fatto che al governo ci sia il
professor Savona mi dà fiducia». Se aumenterà il debito il Paese sarà ancora più
fragile.«Il debito che abbiamo ereditato non è un problema se l'economia tira.
L'economia italiana è solida, a parte gli attacchi dei Soros di turno. Altro che
i troll russi, che due volte su tre sono bufale: è la grande finanza a
condizionare le economie e le vite. Glielo impediremo». Però è in corso una fuga
di capitali.«Operazioni finanziarie che non condizionano l'attività del governo.
Sono contattato da molti Ceo di grandi aziende internazionali. L'Italia può
attrarre investimenti. Ancora di più, se riusciremo a ridurre la pressione
fiscale e accelerare i tempi della giustizia». Capitolo grandi opere. Da Puerto
Escondido, Alessandro Di Battista dice che la Tav non s'ha da fare.«Auguri a
Dibba con un po' di invidia: io più modestamente mi accontento di Milano
Marittima. Ci sono fior di tecnici e di docenti che stanno valutando il rapporto
costi-benefici. Dai nostri dati, sembra che i benefici superino i costi nel caso
delle pedemontane, del terzo valico e del Tap, che ridurrebbe del 10% il costo
dell'energia per tutti gli italiani». E la Tav?«Lì il discorso è più lungo.
Bisogna calcolare fino all'ultimo centesimo. Aspetto i risultati degli studi. In
linea di massima, culturalmente sono più per fare che per disfare. Se non fare
la Tav ci costasse due, tre o quattro miliardi, è chiaro che andrebbe fatta».
Del decreto dignità è soddisfatto?«Mi sembra che sia arrivato meglio di com'era
partito. Del resto, abbiamo ascoltato tutte le categorie. Un governo che
ascolta: anche questo è cambiamento». Come spiega agli elettori del Nord
liberista la nazionalizzazione di Alitalia e il ritorno ai carrozzoni
pubblici?«Non ripeteremo i molti errori commessi da qualche commissario che
dovrebbe rispondere in sede civile e penale. Se vuoi portare turisti in Italia,
devi avere una compagnia di bandiera. È un asset strategico, come l'acciaio. Non
possiamo chiudere l'Ilva, così non possiamo vendere o svendere Alitalia, intera
o a pezzi». Battaglia Rai. Il consigliere Laganà dice che gli atti del cda sono
illegittimi se continua a presiederlo Foa come consigliere anziano.«Con tutto il
rispetto, valuto con più attenzione i pareri legali. Noi andiamo avanti con Foa,
la persona giusta al posto giusto. Su di lui non ho sentito obiezioni di merito,
ma solo di metodo. Le regole, fatte peraltro da Renzi, dicono questo. Poi,
certo, rimane l'obiettivo di avere un presidente eletto. Non mi stupisce che il
Pd strepiti: gli abbiamo tolto il giocattolo. Mi stupisce il no di altri». Torni
a fare il ministro dell'Interno. A Ferragosto dove sarà?«A presiedere un
Comitato per l'ordine pubblico a San Luca, sull'Aspromonte».
Alberto Mattioli - INVIATO A CERVIA (Ravenna)
Grandi opere - E "Dibba" sprona i 5S «Diciamo No a Tav
e Tap»
ROMA - Nelle acque già increspate del Movimento 5 Stelle irrompe, nel giorno
del suo 40esimo compleanno, Alessandro Di Battista. Parlando in video da Puerto
Escondido il «Dibba» non risparmia (quasi) nessuno: né la Lega, né il M5S, al
quale chiede di restare se stesso nelle sue battaglie simbolo, a cominciare da
quelle contro il Tav e il Tap. Non è la prima volta che il punto di riferimento
del movimentismo pentastellato interviene da oltreoceano per esortare i suoi
colleghi a «mantenere la barra dritta». Questa volta, però, Di Battista tocca
due temi caldi del dibattito interno: la Torino-Lione e il gasdotto che porta il
gas dal Caucaso fino in Puglia, in merito al quale, solo due giorni fa, il
premier Giuseppe Conte ha incontrato il sindaco di Melendugno Marco Potì.
«Ribadiamo i nostri» no «sani perché ci abbiamo preso i voti su quella roba là»,
è l'affondo di Di Battista che bolla come «opere inutili» sia il Tav sia il Tap.
Parole che sembrano destinate a rinfocolare la trincea degli ortodossi su due
opere che rischiano di dividere anche il governo. Non è un caso che il ministro
(pugliese) per il Sud Barbara Lezzi, nel pomeriggio condivida il post di Di
Battista, ribadendo, implicitamente, la sua contrarietà al Tap. Sulla Tav,
invece, la Lega ha già manifestato la sua volontà: andare avanti. L'impressione,
tuttavia, è che se da un lato la realizzazione della Tav vacilli dall'altro, sul
gasdotto, il governo non ha troppe scelte: troppo forte la pressione degli Usa e
troppo salate, secondo una prima stima, le sanzioni da pagare per lo stop ai
cantieri.
IL PICCOLO - SABATO, 4 agosto 2018
La rivoluzione di piazza Libertà parte dopo 14 anni di
impasse
La riqualificazione dell'area della Stazione al via il 10 settembre:
durerà un anno - Fino a gennaio nessuna ricaduta sul traffico, che poi muterà
profondamente
Il sindaco Dipiazza è notoriamente scaramantico e ha voluto che il cantiere
di piazza Libertà, di proverbiale inconcludenza, partisse il prossimo lunedì 10
settembre, distinto dalle giornate dell'8 e dall'11, date - a differente titolo
- ritenute non di favorevole auspicio. Signore & signori, tenetevi forte: un
progetto, il cui protocollo d'intesa originario risale appena al 30 giugno 2004,
emette il primo vagito. Avanti allora con i lavori per la "riqualificazione di
Trieste nord", che interesseranno la piazza della Stazione Centrale, con
rilevanti ricadute sulla circolazione pubblica e privata. L'appalto era stato
aggiudicato in aprile a un'associazione temporanea d'imprese (ati) tutta
triestina formata dalla capogruppo Mari&Mazzaroli, dalla Riccesi e dalla Rosso:
il valore è di 2,3 milioni ma s'inserisce in un quadro economico da 4,5 milioni
di euro frutto della somma di 2,3 milioni statali, 1,5 regionali, 600 mila euro
conferiti da AcegasApsAmga. I contributi giacevano inutilizzati da anni ed erano
stati scongelati nell'inverno 2017, per far partire un progetto esecutivo
approvato nel febbraio 2015.L'intervento è complesso, durerà un anno (quindi
avvolgerà l'estate del prossimo anno) e si articola su più fasi: marciapiedi,
giardini, bus, circolazione. Nei primi mesi, a scavalcare l'anno vecchio, non
sono comunque previste ricadute preoccupanti per il traffico, in quanto le opere
dovrebbero concentrarsi nel corner Tripcovich-Silos, dove è programmata la
realizzazione dell'«hub» tpl (trasporto pubblico locale) per i bus di Trieste
Trasporti, che "confineranno" con l'hangar dei pullman. A parte la "17" tutte le
altre fermate, ora disperse su tre lati della piazza, saranno riorganizzate in
questo spicchio. Il futuro della Tripcovich era stato considerato ininfluente
per il progetto. Il gong di un inizio atteso da ben 14 anni è stato suonato ieri
mattina nell'ufficio del sindaco: erano presenti Dipiazza, gli assessori Elisa
Lodi e Luisa Polli, i dirigenti Giulio Bernetti e Enrico Cortese, i
rappresentanti delle tre aziende coinvolte nell'operazione. Il sindaco ci tiene,
un po' perchè vuole concludere un progetto iniziato sotto il suo primo mandato,
un po' perchè piazza Libertà diventa il "biglietto da visita" della città da
nord e l'accesso al Porto vecchio. Le indicazioni portanti sono quelle
presentate in IV commissione nel febbraio '17, con le tre principali innovazioni
riguardanti il riassetto viario. Da piazza Libertà non si potrà più girare a
sinistra verso la stazione ma sarà obbligatorio imboccare viale Miramare; per
raggiungere la Stazione Centrale si utilizzerà via Ghega, che nella parte finale
vedrà invertire l'attuale senso unico; la "bretella" a senso unico collegherà
largo città di Santos a corso Cavour.
Massimo Greco
IL PICCOLO - VENERDI', 3 agosto 2018
Afa da record in tutta l'Europa - 50 gradi in Spagna e
Portogallo
Temperature anomale nel Nord Europa: 32.5 gradi a Kvikkjokk, vicino al
Circolo polare artico
In Danimarca il luglio più caldo dal 1920, in Svezia le rotaie fondono;
agricoltura ko in Germania
Berlino - L'afa travolge tutta l'Europa. Caldo record non solo in Italia e
in Grecia, dove nei giorni scorsi gli incendi hanno devastato la costa est della
penisola, a Mati. Nel nord e centro Europa sono state registrate temperature ben
superiori alle medie stagionali. La massima prevista a Londra oggi, per esempio,
è di 33 gradi. La canicola ha coinvolto anche Spagna e Portogallo dove il
termometro si prepara a sfiorare i 50 gradi. 1 Svezia - Dopo gli incendi che
hanno raso al suolo oltre 20mila ettari di bosco e che per lo spegnimento hanno
richiesto anche l'intervento di due canadair italiani, la Svezia continua ad
affrontare l'emergenza caldo. Nel luglio più bollente degli ultimi 260 anni,
quello in cui a Kvikkjokk, vicino al circolo polare artico, il 17 il termometro
ha segnato 32.5 gradi, il Paese scandinavo si è trovato a dover chiudere alcune
linee ferroviarie: le rotaie sotto il sole cocente si deformavano. 2 Norvegia e
Danimarca - La settimana scorsa sono state registrate temperature record in
tutto il nord della Norvegia, con punte anche di 33 gradi, 15 gradi in più del
normale, secondo l'Istituto Norvegese di Meteorologia. A Makkaur, sul Mare di
Barents, parte del Mare glaciale artico, il 18 luglio la colonnina di mercurio
non è mai scesa sotto i 25 gradi. Il livello di laghi e fiumi è basso in maniera
allarmante. Il governo norvegese ha imposto severe restrizioni per il consumo
dell'acqua ed è già previsto un significativo aumento dei costi per
l'elettricità, data la preponderanza di produzione da idroelettrico. In
Danimarca, dove il servizio meteorologico nazionale ha rilevato che luglio è
stato il mese più soleggiato da quando è iniziata la raccolta dei dati, nel
1920, la vendita di bevande alcoliche è diminuita a favore di analcolici, acque
minerali e vino bianco. 3 Germania - Ieri è stata, forse, la giornata più calda
dell'anno e dell'estate in Germania, con punte di oltre 40 gradi. Se nelle città
come Berlino, Amburgo e Monaco c'è l'assalto alle spiagge lungo i corsi d'acqua
e ai supermercati per portare a casa cocomeri e bibite, e se nei fiumi come
l'Elba e il Reno è allarme per i pesci che iniziano a soffocare per le
temperature troppo alte e la diminuzione di ossigeno, la crisi da bollino rosso
ha colpito soprattutto gli agricoltori. La loro associazione nazionale ha
chiesto al governo un miliardo di euro per coprire le perdite del raccolto.
Nelle aree vinicole, la vendemmia inizierà in anticipo, nella regione di Magoza,
per esempio, il via è previsto il 6 agosto. 4 Austria e Svizzera Caldo record
anche in Austria. La settimana scorsa l'azienda dei trasporti di Vienna, dopo
numerose proteste, ha offerto in regalo 14mila deodoranti spray ai viaggiatori
della linea U6, la più vecchiotta e ancora con treni senza aria condizionata,
dove è stata rilevata una temperatura di 35 gradi, 5 oltre quanto ammesso dalle
normative europee per quanto riguarda i mezzi pubblici. L'ondata di caldo
dell'estate 2018 non ha risparmiato neppure la Confederazione elvetica. Mentre i
cani della polizia di Zurigo da qualche giorno sono stati dotati di apposite
calzature per poter affrontare l'asfalto rovente durante le loro missioni, la
Federazione svizzera della pesca ha lanciato un grido d'allarme per alcuni pesci
che rischiano la morte per le temperature anomale dell'acqua. Gli svizzeri sono
stati invitati a non prelevare acqua da fiumi e torrenti per l'irrigazione
agricola. 5 Penisola iberica Le temperature nella Penisola Iberica potrebbero
sfiorare i 50 gradi nel prossimo fine settimana, battendo ogni record di caldo
finora registrato in Europa. L'allarme è stato lanciato dai meteorologi, che
hanno messo in guardia per il rischio di incendi, oltre che per la salute della
gente, soprattutto anziani e bimbi. Si tratterebbe della più alta temperatura
registrata in Europa negli ultimi 41 anni.
Jeanne Perego
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 agosto 2018
La mossa romana di Fedriga per blindare le casse del
Fvg
Chiesto il modello trentino che evita ogni prelievo dello Stato senza
un'intesa - Trattative al via il 4 settembre. Ottenuta la pietra tombale sul
metanodotto Snam
TRIESTE - Mai più assalti non preventivati alle tasche del Friuli Venezia
Giulia. È il modello trentino il primo paletto nella trattativa sui rapporti
finanziari con lo Stato, che il governatore Massimiliano Fedriga ha piantato
ieri a Roma, in una giornata di incontri servita per fissare a settembre la
prima riunione del tavolo che discuterà di compartecipazioni, decimi e
competenze. Un tour che ha visto la delegazione della Regione ottenere anche il
definitivo veto sul gasdotto Snam, che avrebbe dovuto allacciarsi all'ormai
cancellato rigassificatore di Zaule a Trieste. Modello trentino - La prima
questione che Fedriga ha messo sulla scrivania del ministro agli Affari
Regionali, Erika Stefani, è l'estensione al Fvg della clausola di salvaguardia
che dal 2014 consente alle Province autonome di Trento e Bolzano di opporsi a
ogni prelievo ulteriore a quanto pattuito con lo Stato in materia di
trasferimenti. Le due Province devono cioè dare il proprio assenso a ogni
richiesta aggiuntiva di partecipazione al risanamento della finanza pubblica e
lo stesso intende ottenere Fedriga, prima ancora di mettersi a parlare delle
cifre da cedere a Roma in linea di continuità con i patti Tondo-Tremonti e
Serracchiani-Padoan.Il primo confronto ufficiale è fissato per il 4 settembre,
quando Regione e governo si siederanno a discutere di rapporti finanziari, spesa
sanitaria, extragettito Imu e competenze. In una nota, il governatore spiega di
voler ottenere «una piena valorizzazione dell'autonomia sancita dallo Statuto
Fvg» e parla di «volontà di proseguire lungo un percorso di piena
collaborazione». L'auspicio è di addivenire quanto prima a una soluzione
condivisa, che garantisca risposte alla volontà del Fvg di disporre di maggiori
competenze», a cominciare da quelle sulla scuola. Buone e cattive notizie - C'è
da giurare tuttavia che i sorrisi agostani si faranno tirati, quando le parti
dovranno confrontarsi sui numeri e non ci sarà governo amico che tenga davanti
alla necessità di salvaguardare i conti pubblici. La buona notizia per il Fvg è
la possibilità di far pesare il gettito Imu che lo Stato deve ai Comuni della
regione in quanto compartecipazione alla tassa sulla casa. Una voce che vale 94
milioni di pregresso più altri 22 milioni all'anno. La cattiva nuova arriva dai
conti della sanità: la Regione vorrebbe infatti schivare gli effetti della
recente sentenza della Corte costituzionale che ha spinto il governo a domandare
20 milioni per il 2018 e 62 per il 2019, in quanto concorso alla spesa sanitaria
nazionale. E la giunta è ancor più preoccupata dagli assalti da centinaia di
milioni che a ogni finanziaria lo Stato compie nei confronti delle Regioni per
sostenere i costi della sanità pubblica.
Rigassificatore - Nel corso di un confronto al ministero dell'Ambiente, l'assessore Fabio Scoccimarro ha intanto appreso dell'archiviazione da parte del ministero dello Sviluppo economico del procedimento di autorizzazione alla costruzione del gasdotto Trieste-Villesse. Per Scoccimarro, «si conclude dopo anni di opposizione l'iter di un progetto che ha sempre visto la contrarietà di cittadini, istituzioni e politica locale. Le perplessità per il rigassificatore erano sia di natura ambientale sia legate allo sviluppo portuale della città di Trieste». Soddisfazione è stata espressa anche dalla deputata Debora Serracchiani (Pd): «Caso virtuoso in cui, al di là dei colori politici, le istituzioni hanno lavorato in sintonia».
Diego D'Amelio
Clima, allarme per il C02 - Mai così in 800mila anni -
Dossier americano sull'anidride carbonica
Roma - L'uomo non ha mai respirato un'aria così satura di anidride
carbonica. Da quando 200mila anni fa ha fatto la sua comparsa l'Homo sapiens,
fino a tempi relativamente recenti, la concentrazione di CO2 in atmosfera ha
oscillato tra le 170 e le 280 parti per milione. Negli ultimi decenni, però, il
livello è schizzato in alto, fino a raggiungere il record del 2017: 405 parti
per milione, la cifra più alta degli ultimi 800mila anni. A incoronare il
primato è il rapporto internazionale "State of the Climate", dove si conferma
anche che il 2017 è stato il terzo anno più caldo nella storia recente del
Pianeta. Il rapporto, pubblicato dall'American Meteorological Society e redatto
dall'Agenzia Usa per la meteorologia (Noaa) con il contributo di 500 scienziati
in 65 Paesi, mette in evidenza la crescita dei gas a effetto serra (CO2, metano,
azoto). Il tasso di crescita della CO2, si legge, è più che quadruplicato
rispetto agli anni Sessanta. Il 2017 è stato il terzo anno più caldo - dopo il
2016 e il 2015 - dal 1880, da quando sono disponibili i dati. Ed è stato l'anno
più rovente in assoluto se si considerano solo gli anni non contraddistinti
dalla presenza di El Nino, il fenomeno periodico che riscalda gli oceani.
Dall'Argentina all'Uruguay, dalla Spagna alla Bulgaria, si sono riportate
temperature da primato. Nell'Artico la temperatura media annuale è stata di 1,6
gradi superiore alla media. E il fenomeno non ha interessato solo i Poli: dati
preliminari indicano che i ghiacciai in tutto il mondo hanno perso volume per il
38mo anno consecutivo. Anche negli oceani gli ultimi tre anni sono stati i più
caldi in assoluto, causando uno sbiancamento dei coralli senza precedenti.
L'altra faccia del cambiamento climatico sono gli uragani e le piogge abbondanti
che hanno caratterizzato Stati come la Russia e la Norvegia. In India temporali
e inondazioni hanno causato 800 vittime. La stagione degli incendi non è stata
particolarmente drammatica, ma in alcuni Stati - Italia, Spagna e Portogallo -
in estate le fiamme hanno divorato ettari su ettari di terreno.
Due giorni al Caliterna per la Goletta Verde - L'11 e
il 12 agosto
Muggia - Anche nel 2018 arriverà nella nostra regione la storica campagna di
Legambiente per informare e sensibilizzare i cittadini sull'importanza di
salvaguardare questo prezioso ecosistema e le sue bellezze. L'imbarcazione
ambientalista concluderà il suo viaggio a Muggia, dove resterà attraccata l'11 e
12 agosto presso il molo Caliterna. Quest'anno la Goletta ha tra le priorità
anche quella di affermare il ruolo centrale del Mediterraneo nelle politiche di
accoglienza e integrazione, affinché recuperi il suo ruolo di cerniera tra
culture e mondi che cooperano. Al centro della tappa di Goletta Verde il beach
litter e marine litter, che continuano a invadere le spiagge e a finire in mare.
Sabato 11 ag osto, alle 10, sala Millo, Piazza della Repubblica 4, si terrà il
convegno "Emergenza mare: conoscere per agire". Domenica 12 agosto ci sarà
invece la conferenza stampa di presentazione dei risultati del monitoraggio di
Goletta Verde.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 agosto 2018
Trote morte nel Rosandra e cinghiali assetati in giro
negli orti
Aumentati in modo esponenziale anche i caprioli sorpresi all'interno dei
giardini delle case in cerca di qualcosa da bere
Le trote, rimaste senza un rivolo d'acqua, muoiono nel torrente Rosandra. I
cinghiali e i caprioli invadono i giardini, gli orti, le vigne alla ricerca di
verdura o frutta per dissertarsi. E anche i volatili si spostano in zone più
impervie alla disperata ricerca di qualcosa da bere. In questi giorni di afa e
caldo torrido a soffrire sono anche gli animali. Quelli selvatici, in particolar
modo. Capita così, in genere all'ora del tramonto, di avvistare con maggiore
frequenza rispetto al solito ungulati in prossimità delle zone residenziali, nei
giardini annaffiati ma soprattutto negli orti: zucchine, cetrioli o pomodori
diventano per loro, come per gli uccelli, un ricco banchetto rinfrescante. Le
seppur abbondanti piogge di questa estate, si stanno rivelando insufficienti a
garantire a questi animali le necessarie quantità d'acqua generalmente
disponibili in Carso e nei boschi. Perché di pioggia ne è caduta tanta sì, ma
concentrata in poche giornata. E questo non ha consentito al terreno di
assorbire l'acqua e creare pozze utili anche agli animali per dissetarsi. C'è
poi un altro triste fenomeno in questi giorni. Passeggiando in Val Rosandra,
alcuni triestini hanno notato diverse trote morte. A decimarle, così come
avvenne nella caldissima esatte del 2003 ma anche quella del 2012, e il
prosciugamento, in certi punti, del torrente stesso. L'Enpa invita ad aiutare
gli animali in sofferenza mettendo sui balconi o sui terrazzi vasi o semplici
sottovasi, meglio se in terracotta, con acqua fresca per far dissetare gli
uccelli e, in giardino, contenitori d'acqua più grandi per permettere anche ai
piccoli mammiferi, come i ricci, di rinfrescarsi. L'acqua, per evitare il
proliferare di zanzare, va cambiata con una certa frequenza. «Nella nostra oasi
del Farneto abbiamo uno stagno e delle pozze d'acqua dove, soprattutto in queste
giornate afose, all'imbrunire, ungulati e rapaci arrivano ad abbeverarsi e
rinfrescarsi», racconta Patrizia Bufo, presidente Enpa. «Anche agli animali
ricoverati cambiamo l'acqua ogni due ore - assicura -. Bevono molto e
risentono quanto noi di queste temperature torride». Che si tratti di un momento
critico lo confermano anche le tante segnalazioni di cornacchie, corvi e
gabbiani pizzicati a beccare frutta e verdura per dissetarsi. Gli animali
traggono gran parte dei liquidi dalla loro alimentazione. E con il caldo anche i
carnivori, come le volpi, non disdegnano la frutta.
Laura Tonero
Lo sfratto dei nidi di gabbiano costa al Comune 6.700
euro
Prevenzione su scuole e musei: si rimuove una "casa" non appena viene
costruita «Non si parla assolutamente di foratura delle uova»
Nel Borgo Teresiano, nelle zone attorno all'ospedale Maggiore e a piazza
Garibaldi. Ma anche a San Giacomo e San Giusto. Sono queste le zone dove a
Trieste i gabbiani reali preferiscono fare il nido e mettere al mondo i loro
cuccioli. Ad essere presi di mira sono anche diversi edifici comunali e così
l'amministrazione ha deciso di affidare alla ditta "Immagine Natura"
dell'ornitologo Enrico Benussi la salvaguardia dei tetti di quegli immobili. «Si
tratta di un programma di prevenzione con il quale il Comune mira ad intervenire
soprattutto su edifici scolastici e museali», spiega Benussi che studia e si
occupa della popolazione dei gabbiani nella nostra città dagli anni Ottanta.
«L'affidamento dell'incarico - specifica - prevede un monitoraggio costante
delle abitudini dei gabbiani impedendo la costruzione dei nidi su quegli
edifici. Non si parla assolutamente di foratura delle uova». In pratica, non
appena Benussi avverte che una coppia sta per iniziare a costruire il nido su un
tetto, rimuove il materiale impedendo ai volatili di stabilirsi lì. «Lo andranno
a fare altrove - valuta - infatti non è un intervento di contenimento della
popolazione dei gabbiani ma di tutela di quello specifico edificio». Il
programma, che di fatto inizia ora con il monitoraggio e si conclude il prossimo
anno con la rimozione dei nidi, prevede per l'amministrazione una spesa
complessiva di 6.710 euro. Oggi a Trieste vivono oltre 4 mila gabbiani reali.
Sono circa 600 le coppie nidificanti. Vivono e nidificano prevalentemente in
centro città ma pure a Servola, Gretta e Opicina.
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 LUGLIO 2018
Dalla Marinella al Bivio 150 posti gratis - I 132
stalli della Costiera in 14 piazzole
I posteggi tra la parte finale di viale Miramare e l'ingresso di Sistiana
salgono a 427 per le auto più 43 per gli scooter
Saranno complessivamente 282 i parcheggi gratuiti che verranno istituiti
dalla Marinella fino al bivio di Sistiana: i 132 annunciati lungo la Costiera e
pronti entro una settimana più i 150 nuovi di zecca che compariranno da domani
tra la Marinella e il bivio di Miramare. E a questi vanno aggiunti i 65 posti
auto del park di via Beirut e gli 80 della Costa dei Barbari, a pagamento. Per
un totale di 427 stalli per le auto, oltre ai 43 nuovi posti per i mezzi a due
ruote annunciati insieme ai 132 per le auto in Costiera. I lavori di rifacimento
della segnaletica orizzontale e verticale sono partiti ieri sera nel tratto
dalla Marinella al bivio di Miramare e si concluderanno appunto domani. Entro
l'inizio della prossima settimana si completeranno anche quelli in Costiera, che
saranno eseguiti sempre di notte. Non verranno creati invece, almeno in questa
fase, i bordi a terra nelle 14 piazzole della Costiera stessa dove sarà
consentita la sosta, visto che non tutte sono asfaltate: verrà lasciato
all'intelligenza e al buon senso degli automobilisti il parcheggiare in modo
corretto. Non sarà più tollerata invece alcuna sosta selvaggia dal bivio di
Miramare a quello di Grignano: gli unici posti gratuiti saranno proprio nella
piazzola vicino all'incrocio con via Beirut, lato monte, e subito dopo le due
gallerie nello spiazzo sopra Grignano, lato mare. Le 14 aree di sosta saranno
contraddistinte dal cartello con la "P" bianca su sfondo blu, nei cui pressi
sarà possibile parcheggiare fino al segnale di divieto di sosta. Il punto della
situazione è stato fatto ieri in Municipio dal vicesindaco con delega alla
Sicurezza Paolo Polidori, che ha voluto ringraziare il Comune di Duino Aurisina
e l'assessore regionale alle Infrastrutture Graziano Pizzimenti, ma anche Fvg
Strade verso cui era stato duro nelle settimane scorse. «La mia impostazione è
quella privatistica - ha rimarcato il vicesindaco - e quindi volevo accelerare i
tempi». L'amministratore unico di Fvg Strade Giorgio Damiani ha comunque
replicato che «i tempi sono stati rispettati, diciamo che il vicesindaco voleva
pungolarci perché non ci conosceva bene». «Abbiamo lavorato in tre fasi», ha
spiegato Polidori: «La prima per risolvere la questione del parcheggio di via
Beirut con il costo giornaliero abbassato. Ora abbiamo chiesto a Esatto di
anticipare anche l'orario di apertura dalle 10.30 alle 8.30. La seconda fase è
stata dedicata al lavoro con Apt, che gestisce la linea 51 che percorre la
Costiera, dove sono state aggiunte due fermate per tratta, ed è stato aumentato
il numero delle corse nei festivi. La terza fase, invece, è stata quella di
lavorare con Fvg Strade per creare gli stalli in Costiera e regolarizzare quelli
dalla Marinella al Bivio. Devo dire che sono soddisfatto visto che ne verranno
realizzati in numero maggiore rispetto a quanto avevo previsto. Per quanto
riguarda il futuro con il completamento del parcheggio al terrapieno potremo
anche valutare la creazione di un bus navetta dedicato da Barcola a Sistiana». A
ricordare che tutto è nato «non per la volontà dei comuni di fare cassa, ma per
precisi motivi di sicurezza» è stato l'assessore al Turismo di Duino Aurisina
Massimo Romita, che ha confermato anche «l'aumento della vendita dei biglietti
dell'Apt». Damiani ha ricordato poi quanto la Costiera sia «un'arteria
strategica per Fvg Strade». Un po' di freddezza invece sul «sogno» del
vicesindaco di renderla una strada turistica con il limite di 50 e la creazione
di una pista ciclabile. «Sono valutazioni - ha spiegato Damiani - che vanno
fatte nel modo corretto anche se durante i lavori, con la chiusura dell'arteria,
abbiamo visto che tutto sommato vi sono alternative per ridurre il carico di
traffico sulla Costiera». L'ingegner Sandro Didoné di Fvg Strade non ha escluso
che «potrebbero esserci ulteriori posti, però è una valutazione che potremo fare
solo nel momento della realizzazione della nuova segnaletica».
Andrea Pierini
Tornano in azione i ladri di biciclette - In città ne
scompare una ogni due giorni
Da gennaio a oggi già 106 le denunce per furti. Giorno o notte non fa
differenza. Rubate perfino nei giardini condominiali
Magari l'avete appena comprata. Un bel telaio di un colore fiammante, il
manubrio cromato, la sella comoda. Oppure avete deciso di restaurare finalmente
quella vecchia che tenevate in garage: avete cambiato i freni, messo a posto i
parafanghi, le luci. Pronta per essere usata, con quel tocco un po' vintage che
oggi va tanto di moda. O, più semplicemente, è la vostra fidata compagna di ogni
giorno per andare al lavoro. Attenti, però: un buon lucchetto può non bastare. I
ladri di biciclette, in città, non vanno mai in vacanza. A Trieste ogni due
giorni, infatti, ne sparisce una. Dal primo gennaio a oggi, cioè in questi primi
sette mesi dell'anno, sono già 106 le denunce (70 alla Polizia e 36 ai
Carabinieri) di furti di biciclette. Il che, facendo due conti vuol dire 15 bici
rubate al mese. O, se preferite, appunto, una bicicletta che sparisce ogni due
giorni. E se è vero che a Trieste i ciclisti abituali sono 3.500 - come è emerso
qualche tempo fa da un sondaggio Swg in collaborazione con la Fiab -
divertendosi ancora un po' a giocare con la matematica il tutto si traduce in
una denuncia ogni 33 appassionati delle due ruote. Le rubano di giorno o di
notte, non fa differenza. Le rubano per strada o dai garage, dalle cantine o dai
cortili condominiali. Numeri, quelli accennati sopra, però, che spesso sono per
difetto: non tutti quelli che subiscono il furto di una bicicletta sporgono
regolare denuncia alle forze dell'ordine. Solo il 40%, secondo le associazioni
dei ciclisti, lo fa. Spesso, infatti, la segnalazione corre solo sui social. Due
i gruppi Facebook attivi in città: "Furti di biciclette a Trieste" e "Bici
rubate a Trieste", seguito da 156 persone il primo, da 222 il secondo. L'ultimo
post proprio qualche giorno fa: «Rubata dal portone di casa la notte tra il 27 e
il 28 luglio», scrive Elina. «Grande valore affettivo», segue foto di mountain
bike arancio e nera.«Mi chiamo Marlon, ho 14 anni. Scrivo per avvisare che mi è
stata rubata una bici mountain bike in zona Largo Barriera», scriveva invece il
ragazzo sulla bacheca di uno dei due gruppi l'8 luglio. «Questa mattina hanno
rubato una bicicletta nel vano scale del mio condominio (zona Il Giulia): era
fissata al muro con un antifurto meccanico e aveva un allarme elettronico.
Nessuno in casa l'ha sentito suonare quindi i ladri devono essere dei veri
esperti», metteva in guardia Maurizio il 26 giugno. «Rubata a mia figlia, alle
20.30, in via Petronio (zona piazza del Perugino)», postava Roberta una
settimana fa, con tanto di foto della bella mountain bike nera. «Chi la vedesse
mi contatti - scrive ancora - mia figlia ha faticato per metter via i soldini
per comprarla». Scorrendo le bacheche dei gruppi Fb ci si imbatte in altre
storie di furti: uno a Barcola, un altro in zona Ginestre. E poi ancora via San
Nicolò, zona Campi Elisi, Servola, via di Cavana. Insomma, la lista è lunga. «A
volte, quando ne recuperiamo qualcuna, riusciamo a restituirle», spiega la
Polizia, che dall'inizio dell'anno ha già ricevuto 70 denunce. «Al momento però
in questura abbiamo ancora otto bici di cui non riusciamo a risalire ai
proprietari». «Dall'inizio dell'anno siamo a quota 36 denunce per biciclette
rubate - fanno sapere invece i Carabinieri - e tre erano elettriche».
Normalmente si tratta di biciclette di valore: da corsa o mountain bike di un
certo livello. E una buona fetta di quelle rubate spesso finisce all'estero.
Gianluca Modolo
L'indagine della FIAB - In Italia 320 mila furti
all'anno e un business da 150 milioni
Secondo la prima indagine nazionale realizzata dalla Fiab - Federazione
italiana amici della bicicletta - qualche anno fa sui furti di biciclette, ogni
anno nel nostro Paese ne vengono rubate 320 mila. «Il fenomeno - come si legge
nel report - ha pesanti ripercussioni sull'economia, generando ogni anno un
danno pari a 150 milioni di euro composto dai mancati introiti per l'industria
nazionale della bicicletta, incluso l'indotto, e dalle transazioni in nero. A
questo si aggiungono i danni legati alla sicurezza: chi ha subito un furto è più
incline ad acquistare una bici a basso costo, oppure a rivolgersi al mercato
dell'usato, spesso di dubbia provenienza». In quell'occasione la Fiab proponeva
l'adozione, da parte delle amministrazioni, di un sistema di punzonatura
pubblico del parco bici circolante, come avviene già in altri paesi europei.
La svolta "azzurra" delle acque di Duino Aurisina
Dopo la chiusura dei vecchi depuratori e l'ammodernamento di quello
rimasto
DUINO AURISINA - Svolta per la qualità della balneazione nel mare di
Sistiana e, più in generale, in tutto il litorale su cui si specchia il
territorio comunale di Duino Aurisina. Sono stati chiusi infatti, a cura di
AcegasApsAmga, i depuratori di Duino e del Villaggio del Pescatore. D'ora in
poi, le acque reflue dei due impianti, oramai obsoleti, finiranno al depuratore
di Sistiana, recentemente riqualificato, grazie a una nuova rete di fognature di
quattro chilometri con cinque stazioni di pompaggio. Il complesso degli
interventi, inizialmente progettato nell'ambito del piano generale delle
fognature del Comune di Duino Aurisina nel 2003 e poi ribadito nel corso dello
stesso mandato con il recupero dei fondi per iniziare le opere al Villaggio del
Pescatore nel 2006, si è quindi completato. Il depuratore di Sistiana garantisce
un abbattimento degli inquinanti molto più efficace rispetto ai due impianti
dismessi, ora trasformati in stazioni di pompaggio. Quello di Sistiana, in
effetti, a differenza degli ex depuratori di Duino e del Villaggio del
Pescatore, è dotato di una condotta sottomarina che immette le acque depurate in
mare a una distanza di 1,7 chilometri dalla costa, a garanzia di un ancor minore
impatto ambientale. Con questo intervento, si completa pertanto il più ampio
progetto di razionalizzazione della depurazione del Golfo di Trieste. Il sindaco
di Duino Aurisina, Daniela Pallotta, e l'assessore Lorenzo Pipan hanno
commentato così la novità: «La collaborazione fra istituzioni e il lavoro in
collaborazione hanno portato grandi risultati per il bene dei cittadini».
Economia Blu, Ogs custode del mare
La direttrice della sezione oceanografica Paola Del Negro: «Bisogna avere
ben chiari i rischi ambientali cui si va incontro»
Una crescita costante, con l'Italia tra i cinque Paesi che la trainano.
L'economia blu non conosce crisi e, stando alla relazione annuale sul settore
dell'Ue, ha un giro d'affari di 566 miliardi di euro e ne genera 174 di valore
aggiunto. Rappresenta l'1,3% del Pil europeo e dà lavoro a quasi tre milioni e
mezzo di persone. L'Italia è, insieme a Regno Unito, Spagna, Francia e Grecia,
tra i cinque stati con le economie blu più importanti. In Italia sono circa
390mila i posti di lavoro legati a questo settore, che genera circa 19,7
miliardi di euro di valore aggiunto. A fare la parte del leone nel nostro Paese
sono ancora le attività tradizionali, il turismo costiero e i trasporti
marittimi. Ma oltre a questi comparti storici, tra cui ci sono anche la pesca e
l'acquacoltura, sotto l'etichetta di economia del mare sono incluse anche
industrie emergenti, come le biotecnologie marittime, l'energia oceanica,
l'eolica offshore. L'OGS MONITORA - «Ma se la crescita può essere illimitata le
risorse non lo sono - dice Paola del Negro, direttrice della sezione di
Oceanografia dell'Ogs -. Bisogna avere ben chiari i rischi ambientali che questo
sviluppo economico comporta e lavorare per minimizzarli: un obiettivo che si può
raggiungere solo con un'attenta pianificazione». La biologa marina porta
l'esempio delle plastiche: «Oggi rappresentano il principale problema per
l'ambiente marino, eppure nel 1963 erano valse il premio Nobel al loro
inventore: non dobbiamo fare lo stesso errore». All'Ogs Del Negro si occupa
proprio di studiare l'impatto della attività tradizionali, dalla pesca ai
trasporti, e la sua possibile mitigazione in direzione di un'economia blu
sostenibile. «La pesca, per esempio, è una risorsa alimentare preziosissima, ma
bisogna fare in modo che non si tramuti in un boomerang: c'è il rischio che
sottraendo un certo tipo di risorse si sviluppino specie inattese, perché magari
ho distrutto i loro predatori. Ma il cambiamento dev'essere anche culturale: va
ampliata la varietà di pescato che consumiamo e vanno prediletti i pesci di
stagione, nel rispetto del loro ciclo biologico», spiega del Negro. Il mare
offre una varietà di risorse biologiche spesso ancora inesplorate. Come le
meduse, che stanno proliferando per varie ragioni, per cui si stanno studiando
sia il possibile consumo alimentare che l'opportunità di sfruttarne il contenuto
di sostanze biologicamente attive, come il collagene di cui sono ricche.
NORMATIVE CONDIVISE - Nel caso della pesca, ma in generale per le attività
marittime, servono normative condivise, che superino le barriere nazionali,
perché il mare non ne ha. «Bisognerebbe considerare il mare come una città e
lavorare da urbanisti: fissare i corridoi per il passaggio delle navi, le aree
di rispetto per i turisti, quelle dove si può pescare, quelle dove si possono
installare impianti di perforazione. Solo una conoscenza approfondita
dell'ambiente marino può aiutare a preservarlo e a sviluppare un'economia
sostenibile».
Giulia Basso
Trovata plastica nelle meduse - Fotografati i frammenti
La ricerca è stata eseguita al largo di Ponza su esemplari di pelagia
Noctiluca. Individuato vernice a base di zinco e altri elementi
Uno studio recentemente pubblicato su Nature Scientific Reports - "Episodic
records of jellyfish ingestion of plastic items reveal a novel pathway for
trophic transference of marine litter" - ha fornito per la prima volta evidenza
della presenza di rifiuti marini in esemplari di medusa della specie Pelagia
noctiluca, ampiamente diffusa nel Mar Mediterraneo. Lo studio, coordinato da
Armando Macali (Università della Tuscia) ed Elisa Bergami (Università di Siena),
in collaborazione con Alexander Semenov dell'Università statale Lomonosov di
Mosca e con il contributo di Ilaria Corsi (Università di Siena), dimostra, in
particolare, che le meduse costituiscono un target "inaspettato" della plastica
in mare. La ricerca è stata condotta su esemplari di P. noctiluca prelevati in
uno specchio d'acqua limitrofo all'isola di Ponza, caratterizzato da un plastic
vortex, ovvero da un'area di accumulo di rifiuti marini formata dalla
convergenza di correnti superficiali. L'osservazione risale al settembre 2016,
nell'ambito della spedizione Aquatilis, ad opera di un team internazionale di
ricercatori il cui scopo era descrivere la biodiversità marina mediterranea.
Durante le attività subacquee, i ricercatori hanno osservato diverse meduse che
interagivano con i rifiuti marini presenti in sospensione . La raccolta e
analisi di alcuni esemplari di P. noctiluca ha confermato la presenza di
frammenti di natura sintetica all'interno delle loro cavità gastrovascolari.
Tale evidenza ha permesso di ipotizzare la capacità delle meduse di ingerire
rifiuti plastici marini, probabilmente riconoscendoli come prede a causa delle
proprietà chimico-fisiche intrinseche delle plastiche. La caratterizzazione dei
frammenti plastici trovati nel corpo dalle meduse è stata effettuata mediante
spettroscopia Atr-Ftir da Valentina Venuti e Vincenza Crupi presso l'Università
di Messina e spettroscopia Uv-Raman da parte di Francesco D'Amico e Barbara
Rossi presso Elettra Sincrotrone Trieste dell'Area Science Park. Queste tecniche
hanno permesso l'identificazione univoca di due frammenti di plastica,
costituiti da polietilene ad alta densità e polietilene contenente un ritardante
di fiamma, oltre ad un terzo frammento di vernice a base di zinco. Fondamentale
per le analisi dei frammenti plastici è stata la potenza e versatilità della
spettroscopia UV Raman con luce di sincrotrone effettuata sulla linea di luce
IUVS (Inelastic Ultraviolet scattering) ad Elettra, grazie alla quale è stato
possibile individuare con precisione la composizione chimica dei materiali
rinvenuti nelle meduse. L'accumulo dei rifiuti marini, in particolare delle
plastiche, nei mari e negli oceani di tutto il mondo è stato documentato dagli
anni '70 e recentemente identificato come una delle più gravi forme di
inquinamento a livello globale. In mare, i grandi frammenti di plastica, noti
come macroplastiche, possono rappresentare un pericolo per molti animali marini.
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 LUGLIO 2018
Delfino Verde sold out, passeggeri in bus
Per l'ultimo rientro a Trieste da Grado parte dei gitanti dirottata sul
mezzo alternativo. Capienza di 190 posti non sufficiente
Grado - Niente viaggio a bordo del Delfino Verde. Diversi passeggeri ieri
hanno dovuto rientrare con il pullman a Trieste da Grado. La soluzione
alternativa è stata messa in atto dall'Azienda provinciale trasporti. Capita
piuttosto frequentemente durante le giornate di punta, quando la capienza
dell'imbarcazione si rivela insufficiente. E pensare che il nuovo Delfino Verde,
dalla capacità di imbarco notevolmente superiore, è ormeggiato in banchina a
Trieste e non può ancora entrare in servizio essendo in attesa delle
autorizzazioni. Ieri al primo viaggio della giornata il Delfino Verde ha
trasportato 168 passeggeri. Un altro centinaio con il viaggio delle 13. Per
inciso, al primo viaggio da Grado a Trieste c'erano a bordo cinquanta passeggeri
per la quasi totalità stranieri che hanno deciso di trascorrere una giornata nel
capoluogo giuliano. Numerosi, quindi, sono stati i passeggeri arrivati a Grado.
E tutti pensavano di effettuare anche il viaggio di ritorno con l'ultima corsa,
partenza alle 18.35 da Grado e arrivo a Trieste alle 19.50.Ma il Delfino Verde
ha una capienza massima di 190 passeggeri, che non è risultata sufficiente. Già
ieri mattina, infatti, l'armatore-comandante Silvano Peric ha dovuto richiedere
all'Apt il supporto di un pullman per trasportare in serata a Trieste parte dei
passeggeri che non si sono potuti imbarcare. Intanto in Porto Vecchio è pronto a
entrare in servizio il nuovo Delfino Verde, che ieri avrebbe trasportato
comodamente tutti. La capienza di questo splendido e stabile scafo in legno è
infatti di trecento passeggeri.Il mezzo deve però rimanere agli ormeggi in
attesa di quelle autorizzazioni che per una serie di motivi, ferie di qualche
incaricato comprese, tardano ad arrivare. Un vero peccato davvero per un
servizio che funziona e che andrebbe sicuramente ancora meglio.
Antonio Boemo
I flussi - Triestini diretti sull'isola e stranieri al capoluogo con rientro in serata
Dal capoluogo regionale si dirigono a Grado perlopiù triestini, da Grado invece partono soprattutto stranieri che vogliono visitare Trieste e rientrano a Grado con l'ultimo viaggio di giornata.
Su gasdotto e Tav serve via d'uscita per i grillini
ROMA - Spezzare il nesso tra Tav e Tap, assicurare ogni interlocutore,
locale e internazionale, che ci sarà una riflessione approfondita e soprattutto
prendere tempo, per cercare quanto prima una soluzione, la meno traumatica
possibile. Luigi Di Maio è alla ricerca di una exit strategy sul tema, quello
delle grandi opere, che fa registrare posizioni divergenti all'interno della
maggioranza sin dalla sua formazione. Il movimento Cinque Stelle ha sempre fatto
di tre no, (no Muos, no Tav e no Tap) una parte importante del proprio programma
elettorale. Di contro la Lega di Salvini non intende mollare un centimetro
sostenendo la validità di portare a termine questi cantieri, così come sostenuto
dalla comunità imprenditoriale del nord. Ma al momento, quello che Di Maio vuole
evitare è dare l'idea al proprio elettorato che i Cinque Stelle siano
disponibili ad una sorta di scambio, un baratto che l'elettorato non capirebbe.
Quindi ribadisce che Tav e Tap sono «opere non in correlazione». «La Tav - dice
il vicepremier - è nel contratto di governo; c'è scritto che va ridiscussa e il
ministro Toninelli a breve incontrerà il suo omologo francese proprio per
ripensare un progetto ideato 30 anni fa e non ci sono penali in caso di
revisione. Mentre sul Tap bisogna ascoltare le comunità». Sul gasdotto in
Puglia, conclude Di Maio «bisogna parlare con il sindaco di Melendugno e con i
cittadini». Ma oggi sarà difficile per Conte opporre a Trump le obiezioni dei
sindaci salentini o le alchimie politiche all'interno della maggioranza e dei 5
stelle sul futuro di un'opera cruciale per lo scacchiere internazionale delle
forniture di gas in Europa.
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 LUGLIO 2018
A rischio l'Alta velocità Brescia-Padova
A settembre il dossier sul tavolo di Toninelli, progetto in fase
avanzata. Il sottosegretario Dell'Orco: «Valuteremo se è utile»
Roma - Sulla lista pentastellata dei cantieri da fermare «non c'è solo la
Tav in Valsusa», avverte il sottosegretario alle Infrastrutture Michele
Dell'Orco. «Nel nostro programma di governo del M5S avevamo individuato 13
grandi opere da bloccare e dubito che rimarremo con le mani in mano». Un
avvertimento, questo, che va ben oltre la Torino-Lione e che, dopo la pausa
estiva, andrà a toccare subito, concretamente, i piani di investimento per
l'Alta velocità in Lombardia e in Veneto. La Torino-Lione è dunque una guerra
che dovrà attendere. Almeno fino a novembre, quando i tecnici del ministero
delle Infrastrutture completeranno il super-dossier con l'analisi dei costi e
dei benefici dell'opera. E allora, solo allora, si potranno mettere in atto
alcune «furbizie tecniche» - come le chiamano i parlamentari piemontesi del
Movimento 5 stelle - che riescano a stravolgere il progetto iniziale. Servono
però delle prove generali per il «ragionato assalto» dei Cinque stelle alla Tav
in Valsusa. E la prima occasione buona si presenterà già a settembre, quando un
altro dossier, quello sulla Tav tra Brescia e Padova, finirà sul tavolo del
ministro Danilo Toninelli. Pronto per essere discusso. E forse smembrato. La
partita sulla Tav lombardo-veneta non è slegata dalla Torino-Lione. Rientra,
infatti, nel più vasto e ambizioso piano europeo chiamato «Corridoio 5». Nato
nel 2003, il progetto comunitario prevede la costruzione di un'unica grande
tratta ferroviaria ad alta velocità che unisca il Sud della Spagna fino
all'Ucraina, passando dalla Francia e, appunto, dall'Italia. Taglierebbe il
Nord, da Torino a Venezia e molto, sul versante italiano, è già stato fatto.
Deve invece ancora essere conclusa la tratta tra Brescia e Padova, ed è lì che
il Movimento vuole intervenire. La partita, però, potrebbe essere più complicata
di quella aperta in Valsusa, perché il progetto è già in fase avanzata.
Soprattutto tra Brescia e Verona, dove nei primi giorni di giugno, all'alba
della formazione del nuovo governo, la Rete ferroviaria italiana e il consorzio
Cepav 2 hanno firmato un contratto da 1, 645 miliardi di euro per il primo lotto
di ferrovia da costruire. «Ma ci lascia comunque ampi spazi di manovra»,
sottolinea Dell'Orco. «Quando a settembre il dossier sarà pronto, saremo ancora
in tempo per discutere e valutare se quest'opera è davvero utile alla comunità».
Margini di manovra fondamentali, però, anche per testare le resistenze leghiste.
Soprattutto lì, in due regioni guidate dagli uomini di Salvini. I governatori di
Lombardia e Veneto, Fontana e Zaia, hanno già promesso battaglia a chi dovesse
pensare di fare un passo indietro sulla Tav in Valsusa. Figurarsi per quella
che, passando da Brescia e da Padova, unisce Milano a Venezia. Per questo gli
uomini del Movimento predicano prudenza. «Non dobbiamo mai usare la parola
"bloccare"», dicono. «Puntiamo a impostare la discussione su numeri e dati del
dossier». Un modo elegante di apparecchiare la tavola, prima di provare ad
aggredire le grandi opere.
Federico Capurso
Fedriga: Lega e M5s sanno che la Tav è opera strategica
Il presidente: alla fine si troverà una sintesi, i collegamenti sono
fondamentali per creare sviluppo e posti di lavoro
TRIESTE - Sul dossier Tav «credo che si troverà una sintesi». Nel giorno in
cui il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino si dice «pronto a convocare un
referendum popolare» se il governo bloccherà la Torino-Lione, mentre dalla
Liguria il collega Giovanni Toti lancia l'allarme sulla penalizzazione dei
porti, Massimiliano Fedriga si inserisce nel dibattito con toni pacati ma parole
nette, mostrandosi più che fiducioso sul fatto che la quadra nella partita che
divide M5s e Lega si troverà. E che l'alta velocità Torino-Lione andrà avanti.
Di più: «La Lega, ovviamente, e anche i Cinque Stelle si rendono conto che le
infrastrutture sono strategiche» per questo Paese, dice il governatore del Fvg,
ritenendo i collegamenti «fondamentali per creare sviluppo e posti di lavoro».
In Italia, aggiunge, «bisogna investire non solo nelle reti ferroviarie ma anche
viarie. Altrimenti si limita tutto alle grandi vie di comunicazione senza
collegare tutto il territorio». Posizione che del resto Fedriga ha già espresso,
anche quando in Aula presentando le linee programmatiche a fine maggio aveva
parlato di «alta velocità a rappresentare un tassello fondamentale» di
infrastrutture utili a sistema portuale e turismo in crescita. La presa di
posizione arriva mentre fra governatori del Nord, rimostranze degli imprenditori
a un eventuale stop, divisioni fra Lega e 5S e anche all'interno dello stesso
movimento grillino, si fa più complessa la partita sulla Torino-Lione, parte del
corridoio Lisbona-Kiev grazie al quale il Nord, coi porti di Genova e Trieste
diverrebbe anche una delle più grandi piattaforme logistiche d'Europa.
Infrastrutture strategiche, dunque, anche per i Cinque stelle, come dice
Fedriga? In Fvg, a oggi, il progetto Tav originario è stato accantonato a favore
della velocizzazione (fino a 200 km/h) della Venezia-Trieste. Di qui la
distinzione che fa il capogruppo M5S al Senato, il triestino Stefano Patuanelli:
«Sulla Torino-Lione non posso che ribadire come un'analisi approfondita del
rapporto costi-benefici spetti al ministro Danilo Toninelli - e non ad altri: la
sintesi verrà poi fatta dal governo», dice. E per quanto riguarda il territorio
regionale, annota il capogruppo pentastellato, si è fatto un «percorso corretto:
dalla Tav al potenziamento della linea esistente, con una spesa dieci volte
inferiore e risultati uguali». Certo, «quando avremo un progetto esecutivo sulla
tratta che interessa il Fvg lo approfondiremo, ma nessuno ha mai detto che non
si tocca nulla», aggiunge Patuanelli. Intanto l'eurodeputata Pd Isabella De
Monte con le colleghe Patrizia Toia e Mercedes Bresso attacca il «balletto del
ministro Toninelli» sulla Tav, «opera chiave nel quadro dei corridoi Ue» da cui
«l'Italia non può venire tagliata fuori. I danni causati dall'infantilismo
grillino rischiano di devastare la nostra economia».
IL PICCOLO - SABATO, 28 LUGLIO 2018
La maggioranza ripesca in extremis il tetto dei 10 metri al Parco del mare - IL PROGETTO ALLA LANTERNA
Approvato in aula insieme alla variante al Piano regolatore un ordine del giorno che impegna a ripristinare il vincolo.
Il Parco del mare è passato in Consiglio comunale sotto il falso nome di Porto Lido. Il limite dei 10 metri di altezza uscito dalla porta (con la variante numero 3 del Prg) e rientrato dalla finestra (con un ordine del giorno della maggioranza). Nella variante di assestamento approvata ieri in Consiglio comunale non si fa cenno progetto di Antonio Paoletti. Il riferimento riguarda il progetto di "Porto Lido" approvato il 13 marzo 2007. Un progetto destinato a non vedere la luce. Eppure, la deroga ai 10 metri di altezza, richiesta dall'Autorità portuale in cambio della variazione della linea di costa della Piattaforma logistica, è stata attribuita all'unanimità al progetto del Parco del mare che, nelle intenzione di Antonio Paoletti, dovrebbe subentrare a Porto Lido nell'area della Lanterna. Non si è quasi parlato di pastini del ciglione carsico, piattaforma logistica, spogliatoi del Teatro romano che pure erano i contenuti della variante numero 3 di assestamento al Piano regolatore comunale. Ma di questo non si è quasi parlato in otto ore di Consiglio comunale convocato d'urgenza alla due del pomeriggio di un venerdì di fine luglio. Si è parlato quasi esclusivamente del Parco del mare di cui non si fa neppure cenno nella variante. I 10 metri che spariscono e ritornano sono il compromesso democristiano per rimediare al pasticcio combinato dall'assessore leghista Luisa Polli. Fu lei a fare proprio il 30 maggio scorso l'emendamento di Fabiana Martini (Pd) che all'articolo 80 del Prg introduceva la frase: «L'altezza massima di future costruzioni nell'area cosiddetta di Porto Lido non deve superare i 10 metri». Ma sempre l'assessore due mesi dopo si rimangia la frase accettando lo stralcio chiesto per conto terzi dall'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale. «L'emendamento sull'altezza dei 10 metri non è stato votato dall'aula, ma lo ho fatto proprio io - spiega Polli -. Quell'area inoltre non è un'area di competenza urbanistico comunale». In palese contraddizione con quanto affermato da Zeno D'Agostino: «Quell'area è città e quindi decide il sindaco». A mettere una pezza, per evitare che l'intesa con l'Authority saltasse (e con essa la piattaforma logistica), è arrivata la maggioranza con un ordine del giorno proposto da Piero Camber. «Al fine di non pregiudicare la visuale della Lanterna si invita la giunta comunale a farsi parte attiva affinché nel piano attuativo della zona Porto Lido, l'altezza consentiva alle nuove edificazioni non superi i 10 metri». La Polli, tanto per cambiare, era pronta a farla propria a nome della giunta. Ma questo deve essere parso troppo anche alla maggioranza, che ha preferito metterla ai voti (il forzista Bruno Marini ha chiesto pure, senza successo il voto dell'opposizione). E così alla fine la variante numero 3 è passata con 20 voti a favore e 8 contrari con l'ordine del giorno che ripristina il limite dei 10 metri.-
Fabio Dorigo
La differenziata vicina ai 200 chili per ogni abitante
L'obiettivo entro fine 2018 è di raggiungere quota 42% - Sta pagando la
politica di puntare su verde e organico
Rotta verso i 200 chili di rifiuto differenziato per ogni cittadino-utente
triestino. AcegasApsamga ritiene di aver fatto un buon lavoro dal 2013 a oggi
per incrementare questo tipo di raccolta, ma ritiene anche che vi sia un
significativo margine di miglioramento in una performance nella quale convergono
efficienza del servizio, mentalità ed educazione civica della clientela. Nel
corso del 2017 si è superata - spiegano fonti aziendali - la "barriera" del 40%
complessivo di differenziata, che in valori assoluti vuol dire una produzione di
190 chili/anno pro capite su una media di rifiuti urbani per abitante pari a 469
kg. I 200 chili non sono quindi un obiettivo lontano, anzi: nel cronoprogramma
di AcegasApsAmga il prossimo gradino è arrivare a fine 2018 con una percentuale
del 42%, che, tradotta sulla bilancia, pesa sul borderò dell'utility
triestino-padovano-udinese per 196 kg pro capite. Un po' di giorni fa gli uffici
AcegasApsamga avevano scorso una dichiarazione rilasciata dal presidente
regionale di Legambiente Fvg Sandro Cargnelutti, secondo cui la raccolta
differenziata triestina si sarebbe collocata tra il 30 e il 34%. Dati attempati
fermi al 2014, replicano - senza desiderio di polemizzare - dall'azienda, che
snocciola a dimostrazione la sequenza dell'andamento relativo alla raccolta in
oggetto: nel 2013 la percentuale di differenziata era al 27,9%; l'anno
successivo era salita al 31,4%; nel 2015 era sensibilmente cresciuta al 37,3%;
nel 2016 ulteriore miglioramento al 39,4%; nel 2017 il già accennato
"sfondamento" di quota 40%, quota comunque suscettibile di essere rafforzata. È
ben vero che Trieste era partita attardata nel gran premio del differenziato.
Nella campagna per rilanciare questa tipologia di raccolta/servizio,
AcegasApsAmga punta soprattutto sul rifiuto verde e organico, che a Trieste
costituisce un capitolo molto importante, stimato attorno al 15% del totale. E
così dal 2016 vengono collocati contenitori nelle zone dove maggiormente si
concentrano spazi verdi e giardini: sono circa 150 i recipienti finora piazzati,
a integrare il porta a porta per il conferimento delle potature. Infine un tema
correlato e ricorrente nelle lamentele di AcegasApsAmga è quello dei rifiuti
ingombranti abbandonati lungo le vie, abitudine «ancora molto diffusa»:
l'azienda ha lanciato a questo proposito l'iniziativa dei "sabati ecologici" per
contrastare il fenomeno, la fase estiva ha consentito di raccogliere 56
tonnellate.
Massimo Greco
Muggia ribatte alle accuse sui "pendolari" dei rifiuti. - LA REPLICA DEL PD
«La soglia del 65% di differenziata? Per Muggia un traguardo in vista, per Trieste un miraggio». Il segretario del Pd di Muggia Massimiliano Micor non ha proprio digerito la dura presa di posizione dell'amministrazione Dipiazza sul caso dei rifiuti conferiti a Trieste dai cittadini muggesani: «Alla luce della indeterminatezza del contesto denunciato e dell'assenza di analisi qualitative e quantitative fornite, le dichiarazioni dell'amministrazione di Trieste risultano essere un puro e semplice mezzo di distrazione di massa. La legge richiede sin dal 2012 il raggiungimento di specifiche percentuali di differenziazione. Non si capisce come possa essere un successo un aumento dal 39 al 41% a fronte di costi per i triestini altissimi, non solo in termini economici». La soglia del 65% imposta dall'Ue è quindi, secondo Micor, «una soglia che Muggia verosimilmente ha ampiamente raggiunto e che Trieste invece vede esclusivamente come un miraggio». Micor rimarca con forza la scelta fatta con il porta a porta: «Noi proseguiamo convintamente e con orgoglio verso un mondo più pulito, loro (Trieste, ndr) attaccano il nemico di turno per mascherare il proprio immobilismo, siano i comuni limitrofi o gli immigrati. Plaudiamo al dialogo avviato dai sindaci Marzi e Dipiazza per contrastare preventivamente qualunque fenomeno di mancato rispetto delle norme, ma questo non significa usare Muggia come capro espiatorio per le proprie mancanze gestionali sul tema».
Riccardo Tosques
Stangata sulla tassa rifiuti per gli abitanti di Duino
Aumenti stimati dai 21 euro per chi vive da solo ai 138 per i nuclei di 6
persone - Pertot: «Tariffe bloccate da tre anni. Paghiamo le scelte fatte in
epoca Kukanja»
DUINO AURISINA - Si va dai 21 euro di aumento stimato per chi vive da solo
ai 52 per le coppie, ai 73 per le famiglie con tre componenti, per arrivare
gradualmente fino ai 138 per i nuclei familiari con sei persone. In ogni caso, a
prescindere dalle oscillazioni in base alle diverse tipologie abitative prese in
considerazione, la Tari 2018 - la tassa sui rifiuti per l'anno in corso - sarà
una mazzata per i residenti del Comune di Duino Aurisina. Un esempio: una
famiglia di tre persone, che vive in un appartamento di 135 metri quadrati,
passerà da una tariffa di 230 euro a una nuova di 303. L'annuncio lo ha dato
ieri, in sede di commissione, il vicesindaco di Duino Aurisina nonché assessore
ai Tributi Walter Pertot, che ha giustificato così il provvedimento: «È stata
una decisione obbligata la nostra - ha spiegato - perché le tariffe sul servizio
di asporto dei rifiuti non venivano aggiornate da tre anni. Com'è noto - ha
precisato Pertot - la Tari è una tassa che va suddivisa fra tutti i residenti,
fino al completo pagamento del costo del servizio svolto. Se l'esecutivo che ci
ha preceduto - ha aggiunto il vicesindaco - avesse spalmato il costo in maniera
graduale, oggi la popolazione non si troverebbe davanti a una batosta di questa
dimensione».«Ci sono costi fissi di impianto - ha osservato l'assessore al
Bilancio Stefano Battista - e costi variabili che dipendono dai volumi raccolti.
Inoltre, la precedente giunta è passata da AcegasApsAmga a Isontina ambiente,
azienda che ha operato innovazioni che comportano costi. Sappiamo - ha ammesso
Battista - che i coefficienti penalizzano le famiglie più numerose, ma abbiamo
già previsto correttivi per quelle più bisognose». Spiegazioni che non hanno
convinto del tutto Igor Gabrovec, della lista di opposizione Insieme: «Giusto
sarebbe - ha osservato - andare invece incontro proprio alle esigenze delle
famiglie più numerose e magari migliorare la percentuale della differenziata».
Un appello condiviso anche da Lorenzo Celic (M5S). «Metteremo a disposizione
delle famiglie in difficoltà una serie di provvedimenti - ha annunciato Annalisa
D'Errico, consigliere di maggioranza - per i casi più complicati». Poi ha
ripreso la parola Pertot, denunciando il fatto che «non appena la precedente
giunta ha firmato la convenzione con Isontina ambiente i costi sono lievitati,
passando da circa un milione a una cifra di 300 mila euro più alta. Infine - ha
concluso il vicesindaco - la convenzione firmata dalla giunta Kukanja vale per
10 anni, perciò siamo legati ancora per otto anni». Dai banchi della maggioranza
è stata quindi formulata la richiesta al centrosinistra di votare a favore della
proposta di aumento «perché Isontina ambiente è stata scelta dalla precedente
maggioranza».
Ugo Salvini
Il verde di Ponziana rinasce grazie ai volontari
Scatta l'iter di pulizia e riutilizzo del giardino di via Orlandini in
base a una convenzione fra Trieste Altruista e il Comune
Si sono rimboccati le maniche e hanno iniziato a pulire l'area verde di via
Orlandini, accanto ai condomini Ater colorati di Ponziana, con l'obiettivo di
avviare la rinascita del giardino, di proprietà del Comune, ma di fatto
abbandonato al suo destino da tempo. Sono i volontari di Trieste Altruista, che
da ieri hanno cominciato appunto un intervento di sistemazione che punta a
migliorare gli oltre mille metri quadrati a ridosso degli edifici.«In base alla
legge che permette di adottare spazi verdi pubblici, come già abbiamo fatto in
via Donota, abbiamo chiesto di poterci occupare anche di questa zona», spiega
Andino Castellano, presidente di Trieste Altruista: «Il progetto prevede in
primis la rimozione di erbacce, foglie secche, rifiuti e altri detriti, quindi
il coinvolgimento dei residenti in momenti e iniziative di aggregazione. La
convenzione ha una durata di cinque anni e intendiamo sfruttarla al meglio per
restituire questa parte del rione ai cittadini, in modo che sia fruibile da
tutti». E il lavoro inizialmente non è stato facile. Il pezzo di terreno è
famoso per le abbondanti deiezioni canine, lasciate un po' ovunque, in aggiunta
a immondizie gettate qua e là e, spesso, anche a rifiuti ingombranti, scaricati
negli angoli più laterali.«Certo siamo consapevoli che non si tratta di
un'operazione semplice, c'è e ci sarà parecchio da fare - prosegue Castellano -
ma insieme alla Microarea e all'Ater vogliamo dare una svolta. Il primo
passaggio sarà quello di pulire. Il Comune ha tagliato l'erba ma resta ancora
tantissimo da fare, con i volontari abbiamo già cominciato da qualche giorno e i
risultati si notano subito. Poi il 30 agosto ci presenteremo agli abitanti e il
3 settembre si svolgerà un incontro pubblico. In quell'occasione chiederemo di
condividere le idee che le persone vorrebbero promuovere qui. Sarà poi
fondamentale conservare ciò che è stato fatto, affinché non si ritorni allo
stato di degrado di prima. Noi saremo presenti per curare quest'area, e alcuni
inquilini hanno già manifestato la volontà di proporsi per vigilare, dai loro
appartamenti, che tutto venga mantenuto in ordine». Tra gli impegni dei
volontari anche quello di arricchire il verde, visto che finora sono presenti,
oltre al manto erboso, solo alcuni arbusti accanto a qualche panchina. «Grazie
alla cooperativa Monte San Pantaleone, che opera nel parco di San Giovanni,
realizzeremo un piccolo roseto - racconta ancora Castellano - e poi chiederemo
al Comune di installare un contenitore per le deiezioni canine. Cerchiamo anche
un partner che ci possa dare una mano, sempre per rendere più ricco il verde».
Alla rinascita del giardino collaborano anche le associazioni Oltre quella sedia
e Kallipolis, la Cooperativa La Quercia e il Consorzio Italiano di Solidarietà.
Ma chiunque può offrire disponibilità e competenze contattando Trieste
Altruista.
Micol Brusaferro
Delfini, maxi branco nel mare delle Incoronate - UNA
CINQUANTINA DI ESEMPLARI
A due miglia al largo dell'isoletta di Mana (Incoronate) i ricercatori di
Mondo blu (Plavi svijet) hanno avvistato una cinquantina di esemplari di delfino
comune: è il branco più numeroso intercettato da anni a questa parte
nell'Adriatico croato. I mammiferi hanno nuotato a lungo nelle vicinanze della
barca degli esperti dell'istituto di Lussingrande che si occupa di ricerche e
tutela dell'ambiente marino, lasciandosi fotografare e riprendere.
Tav, Nord in rivolta contro i 5 Stelle - Salvini non
vuole saperne dello stop
Il progetto di bloccare la Torino-Lione scatena l'ira di imprese e
sindacati: sarebbe una disgrazia. Chiamparino: «Insorgete»
ROMA - È una vera rivolta quella partita contro il governo sulla Tav. L'idea
di abbandonare la Torino-Lione lascia perplessi gli stessi alleati della Lega e
provoca un coro di proteste che unisce praticamente tutti i partiti, i sindacati
e gli imprenditori. Non basta la mezza frenata di palazzo Chigi, che fa
trapelare che il dossier non è ancora sul tavolo del premier Giuseppe Conte e
che ogni decisione sarà «condivisa» e «in linea con il contratto di governo». È
proprio il leader della Lega il primo a farsi sentire. A Radio 24, il
vice-premier afferma che «dal punto di vista personale secondo me occorre andare
avanti e non tornare indietro. Poi c'è l'analisi costi-benefici: se c'è una
penale di 10 miliardi, ragazzi miei. Non è che faccio pagare agli italiani una
penale di 10 miliardi». Il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari aggiunge:
«Per noi resta un'importante opera strategica, il ministro Toninelli non ha mai
parlato di stop, ha detto che avrebbe commissionato uno studio per verificare i
costi. La dichiarazione di Conte ci sembra una fuga in avanti». Le pressioni
sulla Lega sono fortissime. Un portavoce della Commissione Ue ricorda che «è
importante che tutte le parti mantengano gli impegni» e sottolinea che bloccare
l'opera significherebbe anche perdere la quota di cofinanziamento europeo. Fonti
della Commissione fanno però sapere che l'Italia non rischierebbe una penale né
l'esclusione dai finanziamenti per ulteriori progetti infrastrutturali, ma
potrebbe dover rimborsare le somme già stanziate. Stephane Guggino, delegato
generale del comitato della Transalpine che promuove l'alta velocità, si dice
«desolato» e avverte che «abbandonare il progetto costerà all'Italia tanti,
tanti soldi». È il commissario di governo per la Tav, Paolo Foietta, a dare
cifre significative: «L'interscambio tra Italia e Europa dell'Est supera i 173
miliardi. Ho chiesto un incontro con Toninelli, ma non ho ricevuto risposta».
Imprenditori sulle barricate - Sulle barricate anche gli imprenditori. Gli
industriali di Torino, con il presidente Dario Gallina, si dicono «allibiti»
perché «bloccare la Tav sarebbe un gesto autolesionistico, una disgrazia». Per
il presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli «le contraddittorie e
irrituali dichiarazioni sul futuro della nuova linea Torino Lione sorprendono e
creano estrema inquietudine». Il presidente di Api Torino, Corrado Alberto
definisce «assurda, inaccettabile e demenziale» l'ipotesi dello stop ai
cantieri. Contrari anche Cisl e Uil, che si schierano con i segretari Annamaria
Furlan («Sarebbe una sciagura») e Carmelo Barbagallo («Non possiamo
rinunciare»). Tace Susanna Camusso, ma si schierano contro il blocco dei
cantieri gli edili di Fillea-Cgil. In campo Chiamparino - Il presidente del
Piemonte Sergio Chiamparino chiede ai leghisti «di insorgere e bloccare questa
deriva anti-piemontese, contraria agli interessi del Nord-Ovest e dell'intero
Paese». Il segretario Pd Maurizio Martina parla di «follia che pagherà il Paese
intero», Fi con Mara Carfagna accusa M5S di «buttare i soldi degli italiani» e
per Giorgia Meloni di Fdi sarebbe «un passo indietro». Ma Luigi Di Maio si dice
«tranquillissimo» perché «nel contratto di governo c'è scritto tutto. Il
ministro Toninelli deciderà quando andare a parlare con l'omologo francese per
avviare le contrattazioni».
Alessandro Di Matteo
«Al Paese servono infrastrutture - I grillini siano più
responsabili»
In allarme il governatore ligure Toti: i nostri porti verrebbero
penalizzati - Cabina di regia con Piemonte e Lombardia per avviare un confronto
GENOVA - Se la Torino-Lione finisce sul binario morto, un danno potrebbe
certo subirlo anche la Liguria. «Noi abbiamo il Terzo valico che non è in
discussione, ma la Tav è importante per la strategia generale della logistica di
quest'area, la cui ricchezza nasce proprio dall'incrocio dei due corridoi».
Giovanni Toti risponde «presente» alla chiamata del collega Sergio Chiamparino
che aveva avvisato i governatori di Liguria e Lombardia: il prezzo dello stop
sarà pagato anche da Milano e Genova. È preoccupato?«Certo, perché si parla di
intervenire sul sistema logistico più importante del Paese, non solo del Nord
Ovest. I nostri costi già sono tra i più alti d'Europa, senza le grandi opere
perderemo ancora competitività». E i porti liguri che prezzo pagheranno?«In
termini strategici potenzialmente alto, soprattutto nell'organizzazione dei
retroporti. Dalle nostre banchine passa il 60% delle merci in import ed export
del Paese. Cresciamo a doppia cifra: se danneggiamo il sistema e gli impediamo
di crescere, cade un pezzo dell'economia italiana». Il Piemonte si sente
minacciato dal governo. La Liguria?«Non credo esista una strategia del terrore.
Da noi il Terzo valico è in fase avanzata e la gronda autostradale è blindata,
non mi sento minacciato». Però i 5Stelle sulle grandi opere hanno le idee chiare
e opposte alle sue.«In fondo li capisco: devono tenere buona la base
dell'elettorato. Solo che ora serve responsabilità, sono un partito di Governo e
devono rendersi conto che l'Italia ha bisogno di infrastrutture. Si occupassero
piuttosto di togliere i vincoli ai finanziamenti alle opere e di semplificare il
codice appalti». Punta sulle garanzie che offre la Lega. «In Liguria abbiamo
sempre portato avanti la stessa visione. Il sottosegretario Rixi lo ha
confermato, le grandi opere sono strategiche». Con Piemonte e Lombardia avete
una cabina di regia. «Mi pare la strategia più giusta. C'è un'alleanza sul tema
della logistica e da lì partiremo per un confronto. Non credo serva legarsi ad
un binario per protesta contro le decisioni del governo».
Simone Gallotti
IL PICCOLO - VENERDI', 27 LUGLIO 2018
Confronto Fedriga-Arvedi - Sindacati sul piede di
guerra
Primo faccia a faccia fra governatore e proprietario della Ferriera in
piazza Unità - E i lavoratori intanto proclamano lo stato di agitazione:
«Nessuno ci coinvolge»
Il governatore Massimiliano Fedriga e il cavalier Giovanni Arvedi si
incontrano per la prima volta, scegliendo come campo neutro un tavolo del
ristorante dell'hotel Duchi d'Aosta. Negli stessi minuti le tute blu della
Ferriera di Servola si riuniscono nell'assemblea convocata dalle Rsu e dalle
segreterie provinciali dei sindacati metalmeccanici, dichiarando lo stato di
agitazione, che potrebbe essere preludio di un autunno che i rappresentanti dei
lavoratori già preannunciano caldo. Succede ieri, attorno all'ora di pranzo. E
succede per puro caso, perché l'assemblea sindacale era convocata da tempo,
mentre la venuta dell'imprenditore cremonese è stata decisa e tenuta in gran
segreto fino all'ultimo momento. Regione e Siderurgica Triestina calano il
massimo riserbo sui contenuti della prima volta tra Fedriga e Arvedi. Un pranzo
di un'ora, a cui il presidente della giunta si è presentato con il direttore
generale Franco Milan, mentre l'imprenditore si è fatto accompagnare dall'ex
direttore di stabilimento e oggi consulente Francesco Rosato. Da quanto trapela,
il dialogo sarebbe stato cordiale, nonostante le tensioni verificatesi
nell'avvicinamento alla recente Conferenza dei servizi, dopo la relazione con
cui Arpa ha dato un ultimatum all'azienda per verificare l'effettiva consistenza
dell'inquinamento della falda intrisa di benzene. Dalla giunta filtra comunque
cauto ottimismo rispetto al possibile interesse di Arvedi a considerare
l'ipotesi di una trattativa con eventuali investitori intenzionati a rilevare
l'area o parte di essa, per trasformarla in zona deputata alla logistica.
Fedriga avrebbe ribadito di non voler cercare lo scontro frontale, ma di puntare
comunque a ottenere l'obiettivo promesso in campagna elettorale, ovvero la
chiusura dell'area a caldo. I sindacati proclamano intanto lo stato di
agitazione a causa della mancata convocazione che le parti sociali hanno
domandato alla Regione. Per Marco Relli (Fiom), «non è accettabile che Regione e
proprietà ci lascino fuori dall'interlocuzione, in una fase di attacchi della
politica e ambiguità industriale dell'imprenditore. Sta accadendo quando
successo a Piombino, dove hanno mandato 2.100 persone in cassa integrazione. Non
si fermerà l'impianto finché non ci sarà copertura totale per tutti i
lavoratori». Umberto Salvaneschi (Fim) nota che «la Regione non ci ha ancora
ricevuti, ma si sbagliano di grosso se stanno perseguendo altre soluzioni senza
coinvolgere i lavoratori. Vogliamo il mantenimento dei livelli occupazionali, in
primis dell'area a caldo: ci convochi anche Zeno D'Agostino per dire quale idea
del futuro ha l'Autorità portuale». Christian Prella (Failms) dice che «oltre
cinquecento famiglie dipendono dallo stabilimento: non abbiamo alternative, sarà
un autunno caldo». Secondo Antonio Rodà (Uilm), «la Regione fa affermazioni
preoccupanti e non convoca il tavolo, mentre l'imprenditore non dà riscontro
alla nostra richiesta di convocazione. Oggi si vedono intanto Fedriga e Arvedi:
c'è il rischio di decisioni prese sulla testa dei lavoratori, senza
coinvolgimento delle parti sociali». Per le Rsu parla Franco Palman (Uilm): «Non
faremo sconti a Regione e società. La proprietà tiri fuori investimenti seri e
un piano industriale, invece di incontrare la politica mettendo all'angolo i
lavoratori».
Diego D'Amelio
Scoccimarro sferza l'azienda: «Adempimenti non
ultimati»
Il delegato di giunta in aula: «Se la società vuole continuare a produrre
ghisa costruisca la copertura dei parchi minerari investendo 35 milioni di euro»
Volontà politica contro documenti formali. È stretta la via su cui cammina
la giunta regionale, che sa bene che non si può chiudere d'imperio uno
stabilimento e come l'Aia in vigore permetta a Siderurgica Triestina di
continuare a produrre coke e ghisa, se la Ferriera saprà rimanere nei limiti
fissati dall'Autorizzazione. Ecco allora che l'assessore all'Ambiente, Fabio
Scoccimarro, ribadisce «la volontà di aggiornare l'Aia abbassando i limiti dei
deposimetri e integrando la centralina di San Lorenzo in Selva». L'assessore
parla durante il question time in Consiglio regionale, sollecitato da
un'interrogazione del Movimento 5 stelle sui tempi della chiusura dell'area a
caldo. Scoccimarro precisa che «né io né il presidente Fedriga abbiamo mai
annunciato tempistiche o cronoprogrammi, ma dal primo giorno di nomina, ho dato
comunicazione ai miei funzionari e ai tecnici di Arpa Fvg sulla nuova linea
della giunta, che non prevede stabilimenti impattanti a pochi metri dalle
abitazioni. Ripeto che si deve giungere nel più breve tempo possibile alla
chiusura dell'area a caldo». Per l'assessore, «se la società vorrà continuare
l'attività di produzione della ghisa a Trieste dovrà rispettare l'Accordo di
programma e costruire i capannoni per la copertura dei parchi minerari,
investendo circa 35 milioni di euro». L'assessore ha d'altronde dato mandato ai
suoi uffici di rispondere alla lettera con cui i legali di Siderurgica Triestina
erano intervenuti alla vigilia dell'ultima Conferenza dei servizi, per
rivendicare l'adempimento di tutto quanto previsto dall'Accordo di programma.
Affermazioni che Scoccimarro rispedisce formalmente al mittente, evidenziando
che «le attività di bonifica e messa in sicurezza operativa della Ferriera, a
differenza di quanto indicato, non sono a tutt'oggi concluse. Si rimane in
attesa dei risultati delle indagini integrative nell'area interessata dalla
presenza di materiali intrisi da sostanze idrocarburiche e delle relative
soluzioni tecniche», che Arvedi dovrà presentare entro sei mesi, secondo quando
chiesto dall'Arpa e fatto proprio dal ministero dell'Ambiente. L'azione è
tuttavia giudicata insufficiente da Andrea Ussai (M5s), secondo cui «l'assessore
ha smentito le proprie dichiarazioni sui tempi di chiusura dell'area a caldo,
limitandosi ai soliti proclami da campagna elettorale e annunciando futuri
provvedimenti senza dare tempistiche certe. La linea politica e il programma
sono chiari, ma una volta di più, sono i fatti che mancano all'appello. Non
pretendevo una data certa, né i cento giorni pubblicamente dichiarati (e poi
smentiti) del sindaco Dipiazza, ma tempi ben definiti e atti concreti e
verificabili. I cittadini non possono più tollerare le polveri, la puzza e i
rumori incessanti: vogliono sapere come si arriverà alla chiusura dell'area a
caldo». -
IL CONSIGLIERE DEM - Russo: «Alternative all'area a
caldo da trovare insieme»
«L'area a caldo si chiuderà quando saremo in grado di portare sviluppo tanto
nelle attività portuali, quanto nella riqualificazione di Porto vecchio. Se la
politica triestina lavora congiuntamente, la chiusura dell'area a caldo può
diventare raggiungibile». Lo afferma il consigliere regionale Francesco Russo
(Pd), commentando l'incontro tra Massimiliano Fedriga e Giovanni Arvedi. «Non
dobbiamo prendere in giro i cittadini - continua Russo - che chiedono più
qualità ambientale, né i lavoratori. In questo momento le istituzioni hanno
l'obbligo di un dialogo trasparente con i lavoratori e in particolare la
Regione, anche alla luce del colloquio odierno, deve farsi garante
dell'opportunità di dare risposte tanto sul piano ambientale, quanto sulla
creazione di nuovi posti di lavoro».
PIANO REGOLATORE - Il Parco del Mare sbarca in consiglio. M5S e Pd contrari.
La variante al piano regolatore che dovrebbe consentire la realizzazione del Parco del Mare alla Lanterna approderà oggi in Consiglio comunale, dove troverà la contrarietà di Pd e M5S. Tra le altre cose, la norma consentirà anche di derogare al limite di 10 metri di altezza per la realizzazione di nuovi manufatti sul sito. Una novità che ha suscitato le proteste di comitati locali e ambientalisti. Nel frattempo il Movimento 5 Stelle prende posizione contraria alla misura: «Questo è un no ponderato, in primis il rispetto per gli animali che vengono rinchiusi in vasche più o meno grandi, ma sempre costretti al di fuori del loro ambiente naturale - scrivono i consiglieri comunali e circoscrizionali in una nota -. La modifica della Sacchetta, con una struttura impattante che ne cambierebbe totalmente il racconto storico della città con la sua Lanterna è un altro degli argomenti che ci fa urlare la nostra contrarietà». I pentastellati definiscono la variante al piano un «continuare a costruire e modificare angoli cittadini senza in realtà programmare una visione d'insieme moderna fatta di fluidità pedonale, traffico limitato, verde urbano, miglioramento della vivibilità». Scrive invece la capogruppo del Partito democratico Fabiana Martini: «Se il sindaco Dipiazza pensa che il Consiglio di domani sarà una formalità, si sbaglia di grosso: ci opporremo con tutti i mezzi possibili a una proposta che consente che edificazioni future nella zona così detta di Porto Lido, quella in cui il presidente Paoletti vorrebbe realizzare (in che modo e con quali risorse non è dato di sapere) un anacronistico acquario, superino i 10 metri d'altezza». Aggiunge ancora: «Meno di due mesi fa un nostro emendamento in tal senso è stato fatto proprio dall'assessore Polli: ora ci spieghino perché è stato cancellato senza uno straccio di motivazione». Conclude Martini: «Vogliamo sapere quando e perché l'Autorità portuale avrebbe posto a sentire il Comune questa condizione: che ragioni e interessi avrebbe per volere in quell'area edifici più alti di 10 metri». Commenta il presidente dell'Adsp Zeno D'Agostino: «Il nostro punto di vista al riguardo è semplice. Quell'area è città, e quindi decide il Comune. Di fronte al piano regolatore comunale noi ci limitiamo a recepire. È un accordo che c'è sempre stato, anche con il sindaco precedente».
Giovanni Tomasin
«La Tav non si fa» Va in porto il piano dei
Cinquestelle - Via libera da Conte
Torino-Lione sacrificata per accontentare gli elettori grillini - Il
premier invece blinda il gasdotto in Puglia voluto dagli Usa
ROMA - Sulla scrivania di Giuseppe Conte, c'è un dossier che il premier ha
letto e riletto negli ultimi giorni, prima di caricarsi anche pubblicamente una
decisione che ormai è presa: la Tav non si farà più. È una scelta quasi
obbligata per il M5S che vive con disagio le proteste degli attivisti locali che
fino alle elezioni del 4 marzo erano l'avanguardia territoriale dei grillini
contro le grandi opere e che ora si sentono traditi, travolti dalle voci di un
ripensamento nel M5S di governo. E siccome nulla succede a caso, secondo un
sondaggio piovuto sul tavolo dei vertici e degli strateghi del M5S, l'Ilva, il
Tav e la Tap potrebbero costare una buona fetta di consenso. Così, l'alta
velocità Torino-Lione verrebbe sacrificata anche per indorare l'ok al Tap, il
gasdotto che dovrebbe adagiarsi sulle spiagge pugliesi che è già costato dolenti
ferite alla ministra del Sud, la grillina Barbara Lezzi per le forti
contestazioni subite. Anche dalla Val di Susa si è alzata la protesta che ha
investito il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, appena ha solo accennato
alla volontà di «migliorare» la Tav invece di confermare la chiusura del tunnel
promesso alle valli diventate bacino di voti del M5S. Luigi Di Maio non può
permettersi di liquidare entrambe le promesse elettorali, figlie di campagne
identitarie per i grillini. Il post in cui tre giorni fa Toninelli annunciava un
veto su qualsiasi ulteriore firma «ai fini dell'avanzamento dell'opera» è stato
un avvertimento e un primo segnale. Rivolto anche all'alleato di governo, la
Lega, che invece è una grande sostenitrice della Tav e che sembra all'oscuro
delle intenzioni dei ministri grillini maturate nel corso di colloqui con il
presidente del Consiglio. Conte è pronto ad abbracciare il piano di Di Maio e
Toninelli che ha un obiettivo chiaro, la chiusura della tratta piemontese
dell'alta velocità, nascosto dietro a una dichiarazione di intenti più fumosa
che parla di «ridiscutere integralmente l'infrastruttura», esattamente quello
che c'è scritto nel contratto di governo, e che per i grillini può essere
interpretato anche in maniera radicale. Il viaggio a Washington Ma c'è anche una
ragione più pragmatica e opportunistica dietro la decisione condivisa tra
Palazzo Chigi e i vertici del M5S. Ci sono contratti internazionali che rendono
impossibile o quasi bloccare il Tap. Vincoli che invece non peserebbero sulla
Tav. Conte, da buon avvocato, esperto di arbitrati, ha capito che sul gasdotto
c'è poco da fare, se non qualche modifica, spostando magari l'approdo su un
altro sito come chiede il governatore pugliese Michele Emiliano. D'accordo con
Di Maio, il premier ne parlerà a Donald Trump, lunedì, durante la visita alla
Casa Bianca, rassicurando così l'amministrazione americana che ha chiesto di
garantire il proseguimento dell'opera, sulla quale si sono esposti anche il
presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il ministro degli Esteri Enzo
Moavero Milanesi. L'accordo con la Francia La Tav invece è protetta da un
accordo con la Francia ratificato dal Parlamento che, secondo Palazzo Chigi e il
ministero dei Trasporti, può essere stracciato attraverso una legge e un altro
voto alle Camere, sempre che la maggioranza regga e la Lega non si sfili.
L'uscita improvvisa di Toninelli era stata interpretata dal Carroccio solo come
la volontà di alzare la posta con i francesi e strappare un maggiore risparmio
sul fronte italiano. A oggi i finanziamenti sono così divisi: 40% dall'Europa,
35% a carico dell'Italia e 25% dalla Francia, nonostante il grosso della tratta
internazionale sia sul loro territorio dove i lavori sono più avanzati. Dalla
parte italiana siamo ancora fermi al foro pilota e secondo i ministri grillini
si tratterebbe "solo" di restituire i fondi all'Europa (800 milioni di euro)
senza penali. I contatti con i francesi sono continui, ma la parte grillina del
governo è decisa ad andare avanti anche a costo di scontri diplomatici con
Parigi con conseguente richiesta di risarcimenti. Il no definitivo è previsto
per il prossimo autunno, tra ottobre e novembre, quando si concluderà l'analisi
costi-benefici, inclusi quelli ambientali. Ma il destino dell'Alta velocità
piemontese si incrocia anche con la partita delle nomine in corso in queste ore.
Telt, la società responsabile della realizzazione della Torino-Lione, è per il
50% in mano allo Stato francese e per il restante 50% controllata da Ferrovie, i
cui vertici sono stati azzerati da Toninelli l'altro ieri.
Ilario Lombardo
Scontro sui binari ferroviari in via Cumano - Feriti
tre operai. La Procura avvia indagini
Uno degli addetti è stato sbalzato a terra dopo un volo di quattro metri.
L'incidente durante un intervento di manutenzione
Forse un errore di comunicazione o una manovra sbagliata. Le responsabilità
non sono ancora chiare. Quel che è certo è che lo scontro tra carrelli avvenuto
ieri mattina lungo la linea Campo Marzio-Villa Opicina, a Montebello, è stato
violento. Devastante, a vedere come sono ridotti ora i musi dei mezzi, anche se
la vettura che è andata addosso all'altra viaggiava a non più di trenta
chilometri orari. Tre gli operai feriti nell'incidente ferroviario. Uno è in
condizioni serie: l'impatto lo ha fatto sbalzare dall'elevatrice mobile su cui
stava lavorando assieme ai colleghi. L'uomo è precipitato da un'altezza di circa
quattro metri sbattendo a terra. Il tratto è in disuso ma gli addetti, tutti
dipendenti di una ditta che ha in appalto la manutenzione, stavano operando
sull'impianto elettrico dei treni. La dinamica dell'episodio, ancora al vaglio
degli inquirenti, è apparsa chiara fin dall'arrivo dei soccorritori: la vettura
di servizio che proveniva da Opicina, impiegata dai tecnici per raggiungere i
cantieri ferroviari e per trasportare il materiale, si è schiantata sull'altra
ferma sulle rotaie. Proprio quella posizionata all'altezza della linea
elettrica. L'urto, considerata la portata delle carrozze (attorno alle tredici
tonnellate), ha causato danni consistenti alle motrici. La segnalazione
dell'incidente è partita alle 9 e 40. Sul posto si sono precipitate tre
ambulanze e un'auto medica, oltre alle squadre dei vigili del fuoco che hanno
messo in sicurezza l'area. I tre operai feriti sono stati stabilizzati e poi
portati al Pronto soccorso di Cattinara, due in codice giallo e uno in verde.
Tutti e tre sono stati però "spinalizzati", cioè fissati in via precauzionale
con un'asse in modo da proteggere la colonna vertebrale. L'addetto che è caduto
al suolo potrebbe aver subìto una lesione al dorso: quando sono giunti i
soccorritori l'uomo era cosciente ma lamentava dolori e una serie di formicolii
agli arti; non rischia la vita, ma un colpo del genere può determinare
potenziali ripercussioni neurologiche. L'AsuiTs ha comunque reso noto che gli
accertamenti clinici e diagnostici non sono ancora conclusi e che le condizioni
del paziente restano stabili. L'altro collega si è fatto male all'addome, ma la
contusione è avvenuta all'interno dell'elevatore: l'urto, fortunatamente, non lo
ha scagliato a terra. Il terzo si è ferito in forma lieve, ma è stato comunque
trattenuto in Pronto soccorso sotto osservazione per alcune ore. I motivi dello
scontro non sono del tutto chiari. Il tratto, che in passato veniva usato come
linea secondaria di servizio soprattutto per il trasporto di locomotive e
macchinisti, è "sospesa" da più di un anno; ma non dismessa e quindi sottoposta
alle manutenzioni ordinarie anche perché è in futuro è prevista la riapertura.
Ma perché il manovratore del carrello proveniente da Opicina non si è accorto
che davanti aveva un altro mezzo all'opera? E perché non è riuscito a frenare in
tempo? Tutti interrogativi su cui cercherà di fare chiarezza la Procura con gli
elementi forniti dalla Polfer, dalla polizia di Stato, dai carabinieri, dall'Asuits
e dal personale di Rete ferroviaria italiana. Le organizzazioni sindacali di
Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil Trasporti, Ugl Trasporti, SML FAST Confsal del Friuli
Venezia Giulia, richiamando l'attenzione al tema della sicurezza sui posti di
lavoro, hanno sottoscritto una nota ufficiale per esprimere la loro vicinanza ai
tre lavoratori coinvolti nell'incidente e alle loro famiglie.
Gianpaolo Sarti
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 LUGLIO 2018
«Via il vincolo d'altezza per il Parco del mare? Si
scelga un altro posto: la Lanterna va protetta»
Il Comitato di Giorgetta Dorfles pronto a ricorrere alla Soprintendenza -
Legambiente e Triestebella inviano un'osservazione al Comune
La discussione - Il Parco del mare non chiude per ferie. E così i comitati,
di fronte a un progetto che sta per essere liberato dal limite dei 10 metri di
altezza (domani in Consiglio comunale va in discussione la variante al Prgc),
tornano sul piede di guerra. «Qui si approfitta delle vacanze. Questa storia dei
10 metri è un disastro. Noi pensavamo che l'Autorità portuale ponesse altri
limiti, non che stralciasse quei pochi esistenti. Ora ci rivolgeremo alla
Soprintendenza», attacca Giorgetta Dorfles, portavoce del Comitato La Lanterna
che ha raccolto 1.400 firme contro il progetto del Parco del mare sul Molo
Fratelli Bandiera. Il 2 giugno scorso, festa della Repubblica, hanno inviato un
dossier al neopresidente della Regione, Massimiliano Fedriga. «Altrove i
manufatti sul mare si abbattono e noi vogliamo costruirli? - si legge nella
lettera - Abbiamo un lungomare invidiabile, investiamo per valorizzarlo
liberando l'area della Lanterna, invece di soffocare la linea costiera con un
colosso di vetro cemento». Andrea Wehrenfennig, presidente di Legambiente, e
Roberto Barocchi, presidente di Triestebella, hanno presentato un'osservazione
alla contestata variante di assestamento che stralcia la prescrizione
sull'altezza facendo riferimento al defunto progetto definitivo di Porto Lido
(approvato il 13 marzo 2007). «La presenza di un manufatto storico quale la
Lanterna richiede che sia accertata puntualmente la compatibilità paesaggistica
di qualsiasi nuovo intervento in loco». La variante posta sarebbe "impropria"
visto che non parla del Parco del mare, ma fa riferimento a un progetto morto e
sepolto. «Non è tanto l'altezza che preoccupa. Lo dico da urbanista - aggiunge
l'architetto Barocchi -. Il posto scelto è sbagliato. Inoltre nel 2018 gli zoo
per i pesci non si dovrebbero fare più. La cosa migliore sarebbe quella di
realizzare un acquario virtuale in Porto vecchio. Per la Lanterna si potrebbe
invece ripescare il bellissimo progetto di Joan Busquests del 2002, che faceva
parte del concorso per la riqualificazione delle Rive di Franco Zagari».«Non
vedo una costruzione più alta di 10 metri in quell'area -spiega l'architetto
Antonella Caroli, eletto da poco nel consiglio nazionale di Italia Nostra -. In
ogni caso bisogna rivolgersi alla Soprintendenza. Quell'area ha parecchi
vincoli, a partire dalla Lanterna. È una zona delicata, di alto valore storico.
Non si può imporre a una città un progetto su un luogo del genere, il molo dello
zucco. È il posto più sacro che abbiamo». Intanto Antonio Paoletti, presidente
della Camera di Commercio, ringrazia tutti anche se nell'intesa sulla variante
al Piano regolatore comunale non si fa mai cenno al Parco del mare. «Ringrazio
il Comune di Trieste, il sindaco Roberto Dipiazza, l'Autorità di Sistema
Portuale del Mare Adriatico Orientale con il presidente Zeno D'Agostino, per
aver creato le condizioni per la definitiva realizzazione del Parco del mare di
Trieste, ponendo ora in essere la possibilità per i tecnici di produrre un
progetto che possa definitivamente valorizzare l'area di Porto Lido - spiega il
presidente della Camera di commercio che dal 2003 sogna il Parco del mare -. La
Lanterna stessa, che venne realizzata proprio dalla allora Deputazione di Borsa,
verrà valorizzata attraverso la realizzazione del Parco del mare». Da oltre 10
metri di altezza si potrà ammirare meglio il faro realizzato nel 1833 da Matteo
Pertsch.
L'architetto Starc - «Una variante ambigua che fa
riferimento a un progetto già morto»
«Francamente è una cosa molto strana. Non vedo come all'Autorità portuale
possa interessare se un edificio è alto 10, 12 o 9 metri. Visto che si parla di
un progetto che non esiste e che nessuno ha mai visto. Tanto più che nell'intesa
tra Comune e Authority si fa riferimento ancora a Porto Lido, un progetto morto
e sepolto, che risale al lontano 2007. Come si fa a richiamare in normativa la
determina dirigenziale di un progetto definitivo di 11 anni fa. Una cosa
ambigua». A William Starc, architetto della defunta Provincia di Trieste, viene
da pensare male. Si fa peccato ma ci si azzecca come ricordava Giulio Andreotti.
«Mi pare che il Comune con questa variante forzi un po' la mano per aggirare,
con la scusa della piattaforma logistica, lo strumento preventivo a favore dello
strumento diretto legato al progetto di Porto Lido. Questa variante elude tutta
una serie di valutazioni di carattere ambientale, paesaggistico e non pone la
questione alla mobilità visto che si parla di 900 mila visitatori all'anno.
Quello che non capisco è perché tutti forzano sull'area del molo Fratelli
Bandiera, dove c'è la Lanterna, che andrebbe piuttosto liberata da tutta una
serie di manufatti mostruosi e riconsegnata alla piena fruizione pubblica come
prevedeva il concorso di idee del 2002 che era bellissimo. Pedonalizzare,
ampliare le aree balneabili, creare delle zone verdi. Con le debite proporzioni
potrebbe essere come stare sulla promenade di Brooklyn e guardare Manhattan. Uno
si siede lì e guarda le Rive. Non capisco perché Paoletti si sia incaponito. Il
fatto che la Fondazione CRTrieste si sia tirata fuori la dice già lunga. Abbiamo
il Porto vecchio che può contenere tutto. Posto che gli acquari non li progetta
più nessuno. Al massimo virtuali».
Una sola busta per il Centro congressi - La sfida di
Esof 2020 può già iniziare
La cordata triestina di Bravar è l'unica ad aver presentato una proposta
di project financing. E l'iter "risparmia" due mesi
Nessuna sorpresa. Non ci sarà bisogno di aprile le buste per il futuro
Centro congressi di Porto vecchio. La gara d'appalto europea ha un solo
partecipante. È la società locale Trieste Convention Center srl, nata
appositamente negli scorsi mesi per mano di una cordata di imprenditori giuliani
proprio con il fine di realizzare il progetto del Centro congressi in Porto
vecchio, da consegnare pronto nel 2020 in occasione della manifestazione di
Esof, che non ha dunque concorrenti. È rimasta la sola ad aver presentato alla
scadenza delle 12.30 di martedì una proposta di project financing. Un esito
tutto sommato annunciato, visto che nelle scorse settimane non era pervenuta
agli uffici comunali alcuna richiesta, da parte di altri soggetti, di un
sopralluogo tra i magazzini 27 e 28, dove è prevista appunto la costruzione del
Centro congressi. La struttura dovrebbe servire in prima battuta a ospitare Esof
2020, per poi rimanere in dote alla città. Prima dell'avvio della procedura
della gara d'appalto (europea, dato che l'importo supera i cinque milioni di
euro) un'impresa veneta aveva bussato alla porte del Comune per chiedere
informazioni. Ma poi non è arrivata alcuna proposta. E così resta l'offerta
della Trieste Convention Center srl - presieduta da Diego Bravar, che è anche
vicepresidente della Fondazione internazionale Trieste che organizza Esof 2020 -
che nella proposta di project financing si configura come "promotore". E proprio
dal progetto di fattibilità redatto dalla stessa Trieste Convention Center ha
preso avvio la gara. Nel caso infatti fosse stato scelto un soggetto diverso
dalla cordata guidata da Bravar, quest'ultima avrebbe avuto il diritto di
prelazione e avrebbe potuto rivedere la propria offerta entro 15 giorni.
Un'eventualità che non si è verificata e che fa risparmiare alla procedura due
mesi netti. Con la Trieste Convention Center unica partecipante al bando (quindi
vincitrice della gara) non serve attendere il periodo per eventuali ricorsi
prima dell'aggiudicazione definitiva. Ora si può procedere quindi alla stipula
del contratto. Il valore della concessione è stimato in quasi 64 milioni e 400
mila euro. L'importo dell'investimento è di 10 milioni e 600 mila euro. Di
questi, cinque milioni e mezzo verranno versati dal Comune. La durata della
concessione è di 21 anni e sette mesi. Le spese previste per la realizzazione
dell'opera includono circa quattro milioni per gli interventi sugli edifici,
oltre due milioni per gli impianti termici e di condizionamento, e più di un
milione per i sistemi elettrici, telefonici e video. Si tratta di una struttura
capace di tremila posti che si sviluppa su novemila metri quadrati. I tempi?
Serviranno 130 giorni per la progettazione. I lavori potrebbero iniziare a
gennaio e concludersi in 15 mesi, ovvero a inizio 2020. Giusto in tempo per
Esof.
Fabio Dorigo
Tassa rifiuti, aumenti in tutti i Comuni ma servizi
scadenti
Il rapporto di Confcommercio: +70% in 10 anni - «La Tari crea iniquità
tra le stesse categorie»
ROMA - Sempre più costosa, a fronte di un servizio sempre più scadente.
Confcommercio denuncia il decollo della Tari. Nel 2017 la tassa sui rifiuti ha
drenato dalle tasche di cittadini e imprese italiane 9,3 miliardi di euro, con
una crescita del 70% negli ultimi 10 anni. I conti sono contenuti sul sito
www.osservatoriotasselocali.it. Ecco la situazione. 1 - Una tassa iniqua - Uno
degli elementi messi in evidenza dall'indagine è che la Tari, concepita per
ridurre le iniquità, «sta creando evidenti distorsioni di costo tra medesime
categorie economiche a parità di condizioni e nella stessa provincia». Ad
esempio, un albergo con ristorante di 1.000 mq paga 4.210 euro l'anno a San
Cesario (Le) mentre ne paga 7.770 euro a Lecce. Per la stessa attività, in
provincia di Padova, si passa da 4.189 euro annue di Abano Terme a 5.901 euro
del capoluogo. Il tutto, denuncia Confcommercio, «va rapportato all'inefficienza
delle amministrazioni locali (in media, il 62% dei Comuni capoluogo di provincia
registra una spesa superiore rispetto ai propri fabbisogni) che costa a
cittadini e imprese un miliardo l'anno, a causa del mancato raggiungimento degli
obiettivi comunitari di raccolta differenziata (siamo al 52% contro il 65%
fissato a livello europeo)». 2 - Pagare senza ricevere - n molti casi le imprese
pagano costi per un servizio mai erogato (con aggravi di oltre l'80%) o per il
mancato riconoscimento della stagionalità delle attività. Ad esempio, nel primo
caso, a Roma, un distributore di carburante di 300 mq paga 2.667 euro mentre
l'importo corretto dovrebbe essere di 446 euro. Nel secondo caso, un campeggio
di 5 mila mq nel Comune di Fiumicino paga 13.136 euro quando per i soli 5 mesi
di attività dovrebbe pagare 5.473, oppure uno stabilimento balneare di 600 mq,
nello stesso Comune, paga 1.037 euro a fronte dei 432 che dovrebbe pagare. 3
Carissima Venezia - Asti e Potenza sono le città italiane gravate dalla Tari più
salata, ma tra le città d'arte nessuna batte Venezia. Se ristoranti, trattorie,
osterie e pub pagano in Veneto 1,18 euro in più per metro quadro rispetto alla
media nazionale, in provincia di Venezia l'aggravio di costo raggiunge gli 11,4
euro per metro quadro. Bar e pasticcerie pagano invece in Veneto 1,61 euro in
più per metro quadro, che a Venezia diventano 6,96 euro per metro quadro. 4 -
Bar, stangata Capitale - Le statistiche fanno emergere che, per un ristorante di
Roma, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti ha un costo di 19,27 euro al
metro quadrato. Il costo è del 29% più alto del valore medio regionale e del 40%
del valore medio nazionale per la stessa tipologia di attività. Nel caso di un
bar, il costo a Roma è di 15,16 euro al mq, mentre la media regionale è
inferiore del 25% e quella nazionale addirittura del 42%. «Su bar e ristoranti -
spiega Confcommercio - pesano tariffe che non hanno riscontro nella quasi
totalità delle attività economiche e produttive della città. Occorre inoltre
considerare che solo in sei regioni su venti i costi medi sono superiori a
quelli del Lazio». 5 - «Più inquini, più paghi» - «È sempre più urgente -
avverte Patrizia Di Dio, dirigente Confcommercio con delega all'ambiente - una
profonda riforma della Tari che rispetti il principio europeo "chi inquina paga"
e tenga conto delle specificità di determinate attività economiche delle imprese
del terziario, al fine di prevedere esenzioni o agevolazioni. In due parole,
meno costi e meno burocrazia».
Michele Di Branco
A SPERIMENTAZIONE - "Minidiscarica" per
elettrodomestici in arrivo davanti a Villa Revoltella
Sono 13.300 i casi di abbandono di rifiuti in strada da gennaio, di cui
5.200 riguardanti mobili e duemila elettrodomestici di vario tipo. Il loro
rastrellamento comporta un costo per la collettività stimato in mezzo milione
l'anno. A questi dati, sempre da inizio 2018, hanno fatto da contraltare 200
multe. Sono queste le statistiche snocciolate di recente da AcegasApsAmga e
Comune, che hanno annunciato che è in fase di allestimento un nuovo centro di
raccolta per piccoli elettrodomestici, senza personale e controllato da
telecamere, nel quale poter conferire gratuitamente, e in qualsiasi ora del
giorno e della notte, televisori, microonde, impianti hi-fi, tablet e telefonini
di cui ci si vuole liberare. L'area individuata dovrebbe essere, come è stato
precisato dal Municipio, una porzione del parcheggio di fronte a Villa
Revoltella.
Battuta d'arresto per il rigassificatore sull'isola di
Veglia
Annullata la gara per l'acquisto della mega-nave metaniera - Ancora
scontro con gli ambientalisti contrari all'impianto
FIUME - Il progetto di rigassificatore galleggiante di fronte a
Castelmuschio (Omisalj in croato) sembra lontano dal realizzarsi. La Lng
Croazia, azienda cui è stata affidata la costruzione e gestione, ha annullato la
gara per l'acquisto della nave Fsru. «Un atto dovuto per motivi formali», ha
precisato il direttore, Barbara Doric. La cancellazione è stata infatti causata
-ha precisato- perchè la documentazione è stata ritenuta incompleta. «Il
processo di acquisto della nave metaniera si allungherà di circa un mese - ha
detto Doric. Posso confermare che abbiamo esaminato tre offerte, arrivate entro
il termine ultimo previsto, lo scorso 15 giugno». Stiamo parlando di una nave
lunga 300 metri, larga 100, alta come un grattacielo di 17 piani e che dovrebbe
venire posizionata nelle acque dell'isola di Veglia. La nuova battuta d'arresto
arriva in un clima che resta poco favorevole verso il terminal offshore. Ci
sarebbe interesse da parte dell'Ungheria per acquistare un miliardo di metri
cubi, a cui si aggiungono i 300 milioni l'anno della compagnia petrolifera
croata Ina. La nave di Castelmuschio avrebbe la capacità di movimentare
annualmente sui 2 miliardi e 600 milioni di metri cubi, che è il quantitativo
massimo assorbibile dal gasdotto sulla terraferma. C'è poi anche la questione
legata alla proprietà del lotto in cui passerebbe la rete del gas, terreno
intavolato quale proprietà dell'impresa lussemburghese Gasfin, interessata a
riavviare la produzione nella defunta petrolchimica Dina. Gasfin ha fatto sapere
che vedrebbe con favore un rigassificatore di piccole dimensioni ma sulla
terraferma. Intanto nella sede dell'amministrazione comunale a Castelmuschio,
nelle altre municipalità dell'isola di Veglia e a palazzo regionale a Fiume si
guarda alle mosse future di Lng Croazia. I veglioti sono assolutamente contrari
al terminal offshore, progetto avversato anche dalla regione, da ambientalisti,
partiti politici locali e opinione pubblica. La rinuncia al progetto sarebbe ben
vista anche da tutto quanto il settore turistico altoadriatico per i rischi
ambientali connessi all'enorme struttura metaniera.
Andrea Marsanich
Scope e rastrelli - Tutti a pulire il giardino di via
Orlandini
L'area verde rischia l'abbandono e il degrado - Trieste Altruista
organizza la "missione"
Scope, guanti e rastrelli sono già a disposizione, ora serve la manodopera e
una dose di altruismo da mettere in campo. Il giardino di via Orlandini, a
Ponziana, rischia l'abbandono e il degrado e necessita di un primo piano
d'intervento da compiere almeno nel segno della buona volontà popolare. È su
questa traccia che parte l'appello da parte di Trieste Altruista, organizzazione
di puro volontariato fondata da privati, da anni alle prese con diverse
tipologie di supporti in campo sociale. Ora è il momento del verde pubblico,
nello specifico il giardino di via Orlandini, uno spazio da (ri)consegnare alla
cittadinanza nel segno della pulizia e dare vita così a una conseguente
possibile fonte di socializzazione. I volontari di Trieste Altruista ne sono
convinti e chiedono rinforzi, al più presto. Come? Domani, alle 16, inizia la
missione, e nella maniera più semplice e immediata, ovvero dandoci di olio di
gomito tra piccole sterpaglie e rifiuti da sistemare. Si tratta soltanto della
prima tappa, quasi un segnale da offrire all'ambiente, inaugurando un percorso
che vede coinvolte anche altre sigle, vedi l'associazione Oltre quella sedia,
l'associazione Kallipolis, la cooperativa sociale La Quercia, il Consorzio
italiano di solidarietà, il programma Habitat-Microaree di Ponziana, AsuiTs e
naturalmente il Comune e l'Ater di Trieste, da cui deriva la convenzione
stipulata con Trieste Altruista. Dopo la vernice di domani, il progetto propone
una sorta di incontro pubblico sul luogo, fissato il 30 luglio alle 17, quasi
una assemblea popolare per decidere gli ulteriori passi da compiere, le
strategie di intervento e l'individualizzazione delle priorità che attanagliano
lo spazio verde da rigenerare nel cuore di Ponziana. Per aderire o per ulteriori
informazioni è attivo il numero 3355945470 (www.triestealtruista.org).
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 LUGLIO 2018
Il Parco del mare torna libero dal tetto dei 10 metri
d'altezza
Decade il vincolo oggetto di un emendamento del Pd fatto proprio dalla
giunta - Pronta anche la variazione della linea di costa per la Piattaforma
logistica
Non bastano 10 metri di altezza sul livello del mare. Il Parco del mare
richiede altre altitudini. L'unica cosa finora certa del progetto di Antonio
Paoletti è emersa ieri mattina nel corso della riunione della Sesta commissione
consiliare, presieduta da Salvatore Porro, convocata d'urgenza per esaminare la
variante numero 3 al Piano regolatore comunale con i due protocolli d'intesa
collegati (Autorità di sistema portuale dell'Adriatico orientale e Agenzia del
demanio) approvata lunedì e che andrà in dibattito in Consiglio comunale venerdì.In
realtà la vera urgenza riguarda la variazione di costa della Piattaforma
logistica in area Scalo Legnami. Ma già che c'era l'amministrazione comunale si
è impegnata a stralciare la frase «l'altezza massima di future costruzioni
nell'area cosiddetta "Porto Lido" non deve superare i 10 metri». Una specie di
"baratto" tra Comune e Porto con la Camera di commercio convitato di pietra. La
richiesta arriva in effetti dall'Autorità portuale, in quanto titolare
dell'area, che ha fatto propria un'osservazione della stessa Camera di commercio
che punta a realizzare il Parco del mare. Che si trattasse di una variante di un
certo peso lo si è capito dalla presenza in commissione alle 9 di mattina del
sindaco in persona. Roberto Dipiazza ha voluto assicurarsi che a nessuno venisse
in mente di avanzare qualche emendamento alla variante semplificata. «L'intesa a
due non si può toccare. Altrimenti salta tutto», ha spiegato Dipiazza ai
consiglieri. Decade così persino un emendamento di Fabiana Martini (Pd) che
poneva l'altezza massima nell'area di Porto Lido a 10 metri («Per consentire
alla Lanterna di mantenere la sua funzione architettonica») che pure era stato
fatto proprio, a nome della giunta, dall'assessore Luisa Polli a fine maggio. I
dubbi sull'altezza non mancano. A sollevarli c'è l'opposizione, ma anche il
consigliere di maggioranza Bruno Marini. «A fianco della Lanterna ci sono
edifici di quattro piani, come quello della Finanza, roba da 15 metri di altezza
- spiega Dipiazza -. Non possiamo poi impedire ai progettisti di fare magari una
cupola di cristallo perché devono fermarsi a 10 metri. Sicuramente non faremo il
grattacielo come hanno fatto gli americani in Campo Marzio». Certo che l'impatto
di un cubone alto più di 10 metri al fianco della Lanterna (che è alta 33 metri)
spaventa molti. «Io sono favorevole al Parco del mare. È dal 2003 che Paoletti
lo vuole fare», ancora il sindaco. E 15 anni di attesa, meritano un attestato di
perseveranza. E oltre 10 metri di altezza. A margine c'è anche un'intesa con
l'Agenzia del Demanio per "radere al suolo" «l'obbrobrio» (definizione
dell'architetto Ave Furlan) costruito a lato del Teatro romano (i vecchi
spogliatoi altri due metri e mezzo). «Andrà giù come la Tripcovich» assicura il
sindaco. Una demolizione che, a differenza del Parco del Mare, mette d'accordo
tutti.
Fabio Dorigo
A Palazzo oltre 1.200 firme per ridimensionare la
Ferriera
Chiesta dai rappresentanti degli abitanti del rione di Servola la
chiusura dell'area a caldo dello stabilimento siderurgico
Trieste - Il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, ha
ricevuto ieri una petizione sottoscritta da oltre 1200 cittadini, prima
firmataria Alda Sancin, presidente dell'Associazione Nosmog, con la quale si
chiede all'aula di impegnare il presidente della Regione e commissario
straordinario per il Sito inquinato di interesse nazionale di Trieste a mettere
immediatamente in atto le procedure per la dismissione dell'area a caldo della
Ferriera di Servola e per la sua riconversione in attività compatibili con il
limitrofo tessuto urbano, densamente antropizzato. Un'azione giudicata
improrogabile dai firmatari, alla luce delle continue e irrisolte problematiche
ambientali provocate dalla presenza dello stabilimento siderurgico. Presenti
alla consegna, assieme al presidente, i consiglieri Danilo Slokar e Andrea
Ussai. La raccolta di firme era iniziata lo scorso anno, ha ricordato Alda
Sancin, ricevuta insieme a una delegazione dei firmatari, illustrando la
situazione, i grandi disagi per gli abitanti, le numerose iniziative messe in
atto per evidenziare le conseguenze sanitarie psicologiche, economiche,
ambientali dell'attività di questa parte dello stabilimento. Il presidente del
Consiglio ha assicurato la trasmissione della petizione alla competente
Commissione consiliare affinchè possa approfondire ogni elemento sollevato ed ha
sottolineato la personale attenzione alle tematiche ambientali e l'impegno
dell'istituzione a essere sempre disponibile ad ascoltare con rispetto e
interesse le istanze del territorio: una funzione indispensabile - ha ribadito -
per assumere consapevoli e congrue decisioni.
Ambientalisti all'attacco: salviamo gli animali
"liberati" a Trebiciano - oltre 70 fra polli e caprette
UDINE - Dal sequestro preventivo, finalizzato a sottrarre un'ottantina di
animali ai presunti maltrattamenti cui il proprietario è accusato di averli
sottoposti, nella sua fattoria di Trebiciano, sul Carso triestino,
all'autorizzazione alla loro vendita a un commerciante di carni e bestiame. È il
beffardo destino toccato alla parte degli animali - tutti da cortile - che, dopo
il blitz eseguito lo scorso gennaio dagli uomini del Nucleo operativo per
l'attività di vigilanza ambientale della Regione, erano stati assegnati in
custodia all'azienda agricola "Molin Novacco" di Aiello del Friuli. Nel disporre
la revoca del sequestro, il gip del tribunale di Trieste, Luigi Dainotti, ha
infatti autorizzato Igor Sartorelli, ossia il fattore sotto inchiesta, a vendere
capre, caprette e pecora (del Camerun), galli, galline, tacchini e lattonzoli,
scrofa e maialini (vietnamiti), anatre e oche, per un totale di 73 capi, a
Silvio Braida, titolare dell'omonima ditta di via Veneto, a Cussignacco. Una
restituzione «condizionata» alla cessione degli animali da cortile, quindi, così
come richiesto dai suoi difensori, avvocati Cristiana Crevatin e Sara Vermigli,
di Trieste, onde «evitare ulteriori costi di gestione, cura e mantenimento degli
animali». Apriti cielo. Appresa la notizia l'associazione "Amici della Terra" di
Udine ha preso carta e penna e inviato un esposto in Regione. «Un fulmine a ciel
sereno, almeno per gli animalisti che a suo tempo avevano gioito per il tanto
sperato sequestro», scrive la presidente Gabriella Giaquinta. Nulla quaestio
rispetto all'acquisto concordato con Damiano Baradel, gestore del centro
faunistico di Terranova, a San Canzian d'Isonzo, cui una parte degli animali era
stata smistata, e con Gianni Rainone, a capo dell'associazione "Asinando" di
Lusevera, a su volta assegnatario di un'altra quota. A determinare scompiglio è
stata la scelta del terzo acquirente (che con i legali di Sartorelli aveva
stabilito in 877 euro il costo della compravendita).
Capriolo e falco salvati dai pompieri e dall'Enpa - il
soccorso
Grazie ai vigili del fuoco e all'Enpa ieri sono stati salvati due animali.
In salita Muggia Vecchia un capriolo si era incastrato in una ringhiera. Ad
attirarlo le viti selvatiche, che in questo periodo sono ricche di germogli. Sul
confine di Pese invece è stato raccolto un giovane falco affamato poiché ancora
non avvezzo a cacciare.
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 LUGLIO 2018
Intesa Porto-Municipio sul via al Parco del mare
nell'area della Lanterna
Approvata dalla giunta la modifica al Piano regolatore dopo l'ok
dell'Authority - Venerdì il definitivo disco verde da parte del Consiglio. Iter
verso la conclusione
L'Autorità portuale ha detto sì. La modifica al Piano regolatore comunale,
che consente la realizzazione del Parco del Mare alla Lanterna, ha incassato il
via libera dei vertici dello scalo. Un disco verde seguito subito dopo
dall'approvazione da parte della giunta municipale (arrivata già ieri), e dalla
convocazione del dibattito in Consiglio venerdì prossimo. Piatto forte della
discussione sarà proprio l'allegato 1 alla delibera: un'intesa con cui
l'Authority recepisce la modifica del piano comunale, dando il suo benestare.
L'ok era nell'aria da tempo: si sapeva infatti che l'Autorità guarda con
benevola cautela all'idea di realizzare un acquario in un'area di nessuna
utilità ai fini del porto. Al contempo, però, era un passaggio fondamentale e
non proprio scontato: un ripensamento dell'ultimo minuti dell'Adsp avrebbe
potuto ostacolare il progetto. Con il suo via libera invece il Parco può
considerarsi a un passo dall'esser messo in cassaforte, perlomeno dal punto di
vista normativo (l'effettiva realizzazione è tutt'altro paio di maniche). Manca
ora soltanto l'approvazione del Consiglio comunale, ma in aula un rovesciamento
delle posizioni della maggioranza appare improbabile. L'assessore
all'Urbanistica Luisa Polli è soddisfatta dell'esito, che accompagna le altre
modifiche al piano regolatore contenute nella delibera. «L'iter si avvicina alla
conclusione, dopo la chiusura della finestra di tempo data per la presentazione
delle osservazioni». Le proposte di modifica arrivate al Comune, spiega
l'esponente della giunta Dipiazza, sono minimali «e non incidono sul contenuto
né sulle linee guida del provvedimento. Questione di punti e virgole». Tutte le
modifiche, una corposa raccolta di carte, arriveranno questa mattina alla
commissione competente del Consiglio, in cui si svolgerà il lavoro preparatorio
all'approdo in aula. Anche Polli sottolinea l'importanza dell'intesa con
l'Autorità portuale: «La Lanterna è area demaniale e la potestà urbanistica
appartiene all'Adsp - spiega -, che con il suo via libera ci consente di portare
la misura all'approvazione definitiva in Consiglio. Senza il loro "ok" non
sarebbe stato possibile farlo». Il testo dell'intesa Porto-Comune non è ancora
stato diffuso dall'ente cittadino, poiché «per questioni di sensibilità
istituzionale» l'assessore Polli preferisce che i primi a vederla ufficialmente
siano i commissari del Consiglio durante la riunione di oggi. Si sa però che il
testo comprende anche l'ampliamento del profilo di costa della piattaforma
logistica (opera peraltro affidata alla stessa società friulana, Icop, in corsa
per realizzare il Parco del mare), indispensabile per consentire il miglior
funzionamento di quella struttura. L'esito è quindi di mutuo beneficio per i
sottoscriventi, che non possono procedere a modifiche del proprio piano
regolatore senza il rispettivo via libera.In ogni caso già nei mesi scorsi
l'Autorità faceva sapere di voler recepire la modifica comunale con una
sostanziale presa d'atto, senza vincolarla a una contemporanea modifica del
proprio piano regolatore. L'iter del Piano portuale richiede infatti di passare
attraverso molti passaggi, non ultimo l'ok del ministero, che avrebbe rischiato
di far slittare il via ai cantieri dell'acquario ben oltre il termine di fine
anno annunciato dalla Camera di commercio.
Giovanni Tomasin
Ora si può premere l'acceleratore ma il budget resta da
quantificare
L'attenzione si sposta subito sui tempi e soprattutto sugli investimenti
- Il costo originario di 40 milioni può calare. L'incognita project financing
Il progetto - La Camera di commercio della Venezia Giulia guarda con
ottimismo al Consiglio comunale di venerdì, che dovrebbe sancire la modifica al
Piano regolatore. E pensa ormai alla realizzazione concreta dell'opera, dopo
l'addio della Fondazione CRTrieste, che nei mesi scorsi aveva ritirato i suoi
nove milioni dal budget. Commenta il presidente della Cciaa Antonio Paoletti:
«L'approvazione in giunta è un passo molto importante, del quale ringrazio
l'amministrazione Dipiazza. Venerdì spero di poter ringraziare il Consiglio
all'unanimità e non soltanto la maggioranza. Il Parco del mare è infatti
un'opera di interesse generale per Trieste e per l'intero Friuli Venezia
Giulia». Concluso l'iter burocratico, si tratterà dunque di passare ai fatti.
Paoletti ha promesso di avviare il cantiere entro il 2018 durante la sua visita
ufficiale al sito di PortoLido assieme a Massimiliano Fedriga, spinto anche
dall'insistenza sui tempi del governatore. «Dal punto di vista burocratico la
strada è spianata e cercheremo di anticipare e rispettare i tempi, per quanto
possibile», dice oggi il numero uno camerale. Quanto al venir meno dei fondi
della Fondazione, per Paoletti questo non rappresenta un problema, poiché «la
Camera ha le risorse necessarie per ovviare», come sostiene da tempo. Ma «per il
momento - aggiunge ora - è un tema su cui non possiamo ancora parlare, visto che
l'opera si realizzerà in project financing. Quando avremo in mano la proposta
ufficiale si potrà ragionare dei fondi». Il presidente camerale conferma
comunque che la Icop, l'azienda friulana che sta realizzando la Piattaforma
logistica, è ancora interessata alla possibilità di partecipare al project
financing. Va detto che lo strumento scelto per costruire il Parco del mare apre
anche alla possibilità di una revisione dei costi, fanno sapere gli addetti ai
lavori: il budget previsto di 40 milioni per la realizzazione dell'acquario
proviene infatti da una stima fatta dalla Fondazione diversi anni fa, ancora sul
primo progetto dell'architetto Peter Chermayeff. È chiaro che una proposta di
progetto differente, basata in modo parziale o meno sulle idee dello stesso
Chermayeff, potrebbe portare a una compressione dei costi complessivi.
La grande avanzata di asfalto e cemento spariti in un
anno 291 ettari di suolo -
le cifre
Il Fvg seconda regione in Italia per incremento di consumo - Ispra:
effetto ripresa a Nordest. Il peso delle infrastrutture
TRIESTE - Aumenta in Friuli Venezia Giulia il consumo di suolo, con 291
ettari di terreno "mangiato" nel 2017 che portano il suolo intaccato del
territorio a un totale di 70.571 ettari contro i 70.280 dell'anno precedente. I
numeri sono quelli del nuovo rapporto dell'Istituto superiore per la protezione
e la ricerca ambientale (Ispra). In regione è l'incremento del consumo il dato
più eclatante: l'Ispra conteggia un +0,41% sul 2016, che quasi doppia la media
nazionale dello 0,23 e proietta la regione al secondo posto in Italia dopo il
solo Veneto e prima del Trentino Alto Adige. I maggiori incrementi di consumo si
sono verificati nelle regioni del Nord e nello specifico del Nordest: cifre che
l'Ispra mette «facilmente in relazione con la ripresa economica», dato
confermato dagli indicatori e propedeutico a una accelerazione delle
infrastrutture. Più che di consumo del suolo per uso residenziale o produttivo
si denota un incremento degli spazi destinati alle infrastrutture legate a
trasporti e logistica, come la terza corsia autostradale che occupa 114 ettari,
il polo intermodale di Trieste Airport, con circa 8 ettari, o il parco
fotovoltaico di Monfalcone, affiancate da interventi importanti anche in ambito
commerciale. Percentualmente, nel 2017 il consumo di suolo risulta più elevato a
Trieste (23,1%) e Gorizia (14,3), mentre Udine è prima per consumo pro capite e
- decisamente - per incremento di consumo in ettari: 182 contro i 10 di Trieste,
i 16 di Gorizia e gli 83 di Pordenone. Da rilevare anche che il Fvg è la regione
con il maggiore incremento di consumo nella fascia costiera (fra 1 e 10 km dalla
linea di costa). Naturalmente diverse le interpretazioni. Per il presidente
regionale di Ance Andrea Comar «non va demonizzato il concetto di consumo del
suolo: sappiamo tutti quanto sia prezioso, ma ciò non ci deve impedire di
crescere e svilupparci. Certo occorre farlo in maniera coscienziosa. Basti
vedere i dati del rapporto per comprendere come siano le infrastrutture a
"consumare" suolo, indice di una ripresa economica che non può prescindere da
realtà infrastrutturali moderne e all'avanguardia. L'obiettivo primario è il
riuso di strutture in loco e il loro miglioramento estetico e funzionale.
Abbiamo proposto l'abbattimento di strutture ex militari degradate per farne
parchi che, oltre a migliorare la qualità della vita degli abitanti e a
restituire aree non cementificate al territorio, aumentano il valore del
costruito. Basti vedere Cormons e il parco realizzato al posto di una vecchia
struttura degradata agli inizi del centro abitato che ha rivalutato l'impatto
visivo dell'ingresso cittadino», chiude Comar. Secondo Luca Cadez, responsabile
territorio e paesaggio Legambiente Fvg, «non si tratta di essere favorevoli o
contrari allo sviluppo economico: il nodo è che non si può continuare a
costruire nelle campagne e le nostre sono piene di capannoni dismessi affiancati
da nuove strutture. E non è solo un problema di quantità, ma anche di dove
queste strutture sono realizzate, con tutti i problemi di funzionalità
ecosistemica che ne derivano. Va attuato un processo di rigenerazione e recupero
di strutture dismesse esistenti: ci sono tutte le ex caserme che andrebbero
rigenerate e riutilizzate per scopi civili». Sul fronte politico l'assessore
regionale a Infrastrutture e territorio, Graziano Pizzimenti, ricorda che
«abbiamo appena approvato una delibera sullo stanziamento di 12,2 milioni di
euro per l'edilizia agevolata, perché puntiamo a rigenerazione e riuso del
patrimonio abitativo esistente. Quanto a nuovi capannoni in Friuli non vedo in
verità tante gru in giro». Dall'assessorato all'Ambiente fanno sapere che è
stato avviato un iter sul Prae - strumento programmatorio mirato a assicurare lo
sfruttamento sostenibile delle risorse minerarie - atto a regolamentare e
evitare la proliferazione incontrollata di cave sul territorio, con consumo di
suolo.
Luigi Putignano
Dall'Estremo Oriente alla periferia di Trieste - La
lunga marcia dell'ape cinese gigante
Avvistato nel rione di Gretta il primo esemplare di questa specie aliena
caratterizzata da grandi dimensioni e tendenza a condurre vite solitarie
Trieste - È grande il doppio rispetto a quella normale, non nidifica in
sciami e fortunatamente non è aggressiva. Ha queste caratteristiche la nuova ape
avvistata ufficialmente a Trieste. È l'ape resinosa gigante (Megachile
sculpturalis), detta anche "ape cinese", il cui primo esemplare è stato trovato
in un giardino del rione di Gretta il 12 luglio scorso. La conferma è arrivata
dall'esperto naturalista Nicola Bressi: «La grossa ape proviene dalla Cina, ma
ora sta girando il mondo grazie ai pallet. In natura infatti scava piccoli fori
nel legno morto di pini e altre piante resinose, dove costruisce una culla di
foglie per le larve crescono a base di nettare. Capita così che il legno venga
usato per i pallet imbarcati poi sui container e le giovani api escano fuori in
altre parti del mondo». Si tratta di un'ape solitaria piuttosto grande per la
sua famiglia, con dimensioni comprese fra 13 e 25 mm. L'insetto è di colore
nero, con peluria gialla sul torace. È originario come detto dell'Estremo
Oriente (Cina e Giappone), ma negli ultimi anni ha iniziato a colonizzare la
costa est degli Stati uniti, ed è presente anche in Canada, nell'Ontario.
Ultimamente si sta diffondendo anche in Europa, Italia compresa. Nel nostro
Paese il primo esemplare è stato segnalato in Piemonte nel 2009. Quest'anno gli
esperti del Museo civico di Storia naturale di Trieste l'hanno trovata anche in
un'altra località del Fvg: sui colli di Nimis, sopra Udine. «Le specie aliene
invasive creano molti problemi agli ecosistemi in cui sono introdotte, ma
quest'ape non è aggressiva e al momento non sembra competere con le specie
autoctone di api del legno, come le nostre famose Xilocope o api viola. Potrebbe
quindi forse essere un solo impollinatore in più per i nostri fiori.
Auguriamocelo», puntualizza Bressi. Come detto l'ape non appare pericolosa
(almeno che non si decida di stringerla dentro la mano), e non desta quindi
timore rispetto invece alla "vespa mandarinia", l'insetto che venne avvistato
due anni fa nel giardino di casa da un cittadino di Muggia. La vespa mandarinia
non solo è il calabrone più grande del mondo, ma ha un pungiglione di circa 6 mm
e può iniettare un potente veleno. Come se non bastasse questo insetto è molto
aggressivo e tende a proteggere strenuamente i propri nidi. Questo esemplare,
avvistato ufficialmente già in Liguria e Piemonte oltre che in Francia, è
originario dell'Estremo Oriente e più precisamente di paesi quali Corea del
Nord, Russia orientale, Cina, Taiwan, Nepal, India, Sri Lanka e soprattutto
Giappone. «La vespa mandarinia è molto aggressiva nei confronti delle api -
spiega Bressi - e rappresenta un problema per l'apicoltura, mentre non ho mai
sentito di attacchi all'uomo. Detto questo, quell'avvistamento non venne mai
confermato. L'ape resinosa gigante vista pochi giorni fa nel rione triestino di
Gretta è invece un dato scientificamente certo»
Riccardo Tosques
I precedenti - Gamberoni "killer" e tartarughe rosse
nella lista dei cattivi
Il gambero rosso della Louisiana, la tartaruga dalle orecchie rosse, il
pesce siluro. O ancora le temibili noci di mare. Sono sempre più numerose le
specie aliene approdate in regione dopo aver ricevuto i "passaggi" più diversi.
Le mucillagini avvistate di recente nel golfo, per esempio, potrebbero essere
arrivate sfruttando le acque di sentina delle grandi navi. Le api cinesi, come
detto, girano il mondo nei pallet. In qualche caso, però, l'introduzione di
questi animali "stranieri", si deve alla mano dell'uomo. È il caso del gambero
rosso della Louisiana, introdotto a scopo di allevamento, e poi sfuggito di mano
e diventando un pericolo per gli ecosistemi nostrani.
Soccorso notturno agli animali selvatici. Tocca alla Forestale ma il servizio non c'e'. Il caso dopo il passaggio delle competenze.
Il personale dedicato dal 1° luglio non e' reperibile dopo le 20. Sull'orario diurno proroga regionale all'Enpa fino a settembre.
Il soccorso agli animali selvatici durante la sera e la notte a Trieste non c'è. Da mesi, da quando il 30 aprile scorso la Protezione Animali-Associazione zoofila triestina (Azt) e l'Enpa hanno alzato bandiera bianca per carenza di volontari, non garantendo più il recupero della fauna selvatica, dalle 20 in poi per caprioli, cinghiali, volpi, ricci, lepri o rapaci in gravi difficoltà la morte è oramai quasi certa. La Forestale, indicata dalla Regione come la realtà che avrebbe dovuto sostituire i volontari di via Marchesetti, non fa servizio di reperibilità notturna. A malapena si riesce a ottenere che polizia, carabinieri, polizia locale o vigili del fuoco, in caso di un animale investito, provvedano a spostarlo a bordo strada per ragioni di sicurezza. Come è successo la scorsa domenica, quando sulla Statale tra il quadrivio di Opicina e Prosecco, alle 22 un mezzo ha investito un capriolo, lasciandolo agonizzante sulla carreggiata. Chi ha assistito alla scena ha chiamato il 112, che in tutti i modi ha tentato di inviare la Forestale. Ma nulla da fare. Dopo un'ora l'animale è deceduto e a intervenire, a quel punto, sono stati i vigili del fuoco e la polizia che non hanno potuto fare altro che spostare la bestiola a bordo strada. La carcassa è stata recuperata ieri mattina. A riprova del fatto che qualcosa non funziona, basti considerare che al Centro recupero animali selvatici di via Marchesetti, dal 30 aprile in poi la notte non è più arrivato alcun animale da curare, salvare. Quando in precedenza accadeva invece che ne arrivassero almeno 30 al mese, recuperati in situazioni di emergenza dopo le 20 grazie all'intervento del veterinario reperibile h24. Che il recupero della fauna selvatica dalle 20 in poi sia un servizio fantasma, lo confermano le parole di Massimo Stroppa, il direttore dell'area Forestale e Territorio della Regione. «In questo momento il servizio non è organizzato - ammette -, non c'è una reperibilità in tal senso delle guardie forestali dopo quell'ora. Il soccorso diurno invece è garantito da una proroga della convenzione con l'Enpa. L'intenzione è di esternalizzare il servizio ed è stata appena pubblicata un'indagine di mercato per raccogliere manifestazioni di interesse». Per comprendere come mai Trieste, città che si è sempre distinta per il suo spirito animalista, si ritrovi in questa situazione, è bene fare un passo indietro. Mesi fa Enpa e Azt avevano informato la Regione di non essere più in grado di svolgere il servizio diurno e notturno di recupero degli animali selvatici, causa mancanza di volontari. La Regione aveva preso atto fissando la fine della convenzione al 1° luglio. Così in quella data Enpa ha staccato i cellulari di emergenza h24 e in città si sono moltiplicate le segnalazioni di gabbiani, rapaci, caprioli non soccorsi. Poi, per le ore diurne la Regione, rendendosi conto di non essere pronta a subentrare nel servizio, ha chiesto all'Enpa una proroga dell'attività fino al 18 settembre, dalle 8 alle 20. -
Laura Tonero
Cinghiali o lepri da assistere - Bando da 51.600 euro
all'anno
Avviata un'indagine di mercato - Per la zona di Trieste viene richiesta
un'attività senza alcun giorno di stop - Ammesse solo offerte al ribasso
La Regione è alla ricerca di una realtà a cui affidare "il servizio di
soccorso, assistenza e recupero della fauna selvatica ferita, in difficoltà o
morta rinvenuta sul territorio regionale". Per reperire manifestazioni di
interesse, il 19 luglio scorso è stato pubblicato un avviso di indagine di
mercato, dove vengono indicati le modalità del servizio da svolgere e i
requisiti richiesti ai soggetti che intenderanno manifestare interesse. Il
territorio regionale del Friuli Venezia Giulia viene suddiviso in cinque aree
comprendenti nove lotti, corrispondenti ad ambiti territoriali e divisi per
peculiarità del servizio. Per la zona della provincia di Trieste, dove viene
richiesto un servizio per 365 giorni all'anno, 24 ore su 24, sono stati
individuati tre lotti: uno per il soccorso dalle 8 alle 20, un secondo per
quello dalle 20 alle 8 e un terzo per il recupero degli animali morti. Per i tre
lotti, in totale, è prevista una base di gara di 51.600 euro annui. La migliore
offerta sarà selezionata con il criterio del minor prezzo e saranno ammesse
soltanto offerte in ribasso, mentre saranno escluse offerte alla pari e in
aumento. Per decenni questo servizio a Trieste è stato svolto dall'Enpa e dalla
Protezione Animali-Associazione zoofila triestina (Azt). «Convocheremo con
urgenza un direttivo per valutare se è nelle nostre possibilità partecipare a
questa gara garantendo l'efficienza che ci ha sempre contraddistinto», anticipa
Patrizia Bufo, presidente di Enpa Trieste. Per i triestini sarebbe certamente
anomalo doversi confrontare per il soccorso e il recupero di un animale
selvatico con una realtà diversa da queste. Perché nella provincia caprioli,
cinghiali, colombi, gabbiani, assioli o lepri fanno rima con Enpa, così come per
i mici c'è il Gattile, e per cani e felini l'Astad. Sono istituzioni, le
elargizioni dei cittadini che premiano il loro lavoro lo dimostrano. E se
Trieste si è sempre distinta a livello nazionale per tutela del benessere degli
animali, lo si deve anche a queste realtà. «Leggendo quell'avviso della Regione
- commenta Gianfranco Urso, presidente regionale dell'Enpa - siamo rimasti
sconvolti, perché il soccorso ai selvatici viene trattato come se fosse un
lavoro imprenditoriale da offrire a qualche imprenditore agricolo». «Sorprende -
aggiunge ancora Urso - che il benessere della fauna selvatica sia di competenza
dell'assessorato con delega alla Caccia e alla Pesca e non, come per gli animali
domestici o d'allevamento, dell'assessorato che ha la delega alla Sanità
veterinaria che impone rigide normative sanitarie».
Il capriolo messo in salvo da un automobilista sta
meglio dopo le cure - L'EPISODIO DELLA SCORSA SETTIMANA
Nelle ultime settimane, non trovando altra risposta, sono stati decine i
triestini che di fronte ad un animale selvatico in difficoltà, l'hanno raccolto
e con i propri mezzi portato all'Enpa. La settimana passata, un uomo che ha
soccorso un capriolo investito da un'automobilista in clivo Artemisio, non
trovando risposte alle sue richieste di aiuto, ha caricato l'animale in macchina
portandolo appunto all'Enpa. L'esemplare, un maschio, aveva riportato un trauma
cranico e diverse ferite. Molti triestini, letta la notizia, nei giorni
successivi si sono informati delle condizioni di salute dell'animale che,
fortunatamente, e a riprova che un soccorso celere può salvare la vita di queste
bestiole, è in via di recupero in uno dei recinti di via Marchesetti. Ad oggi,
dunque, chi si trovasse di fronte a un animale selvatico in difficoltà, dalle 8
alle 20 può chiamare l'Enpa allo 040- 910600 (dalle 14 alle 20) o per emergenze
al 339-1996881. Dopo le 20 bisogna affidarsi al 112 che tenterà di trovare una
soluzione. «Il soccorso alla fauna selvatica da parte dei volontari dovrebbe
essere a sussidio del servizio pubblico, non in sostituzione: il benessere di
queste bestiole non può reggersi sulla buona volontà di amanti degli animali»,
sostiene Gianfranco Urso, coordinatore regionale Enpa che a 74 anni alcune
domeniche fa, da solo, ha soccorso 24 animali. Lo scorso giugno in via
Marchesetti per reperire volontari per il soccorso su strada sono stati
organizzati anche dei corsi ma dei 15 partecipanti, solo due hanno poi
manifestato la volontà di operare.
Duino Aurisina - «Pannelli fotovoltaici sulle barriere
anti rumore»
Sfruttare le superfici delle barriere fonoassorbenti per ricoprirle con
panelli fotovoltaici. Questa la proposta del consigliere comunale e regionale
Igor Gabrovec (Insieme-SSk), lanciata per attenuare i rumori provocati dalla
circolazione sul raccordo della A4, ora che sono iniziati i lavori sul tratto
autostradale nel territorio di Duino Aurisina. «Quest'intervento - spiega
Gabrovec - è già stato adottato a Bolzano, per cui non vedo perché non si possa
fare anche da noi visto che il tratto autostradale, quanto meno da Prosecco al
Lisert, si trova esposto al sole per tutta la giornata. Ne deriverebbe una
centrale fotovoltaica di decine di chilometri - conclude l'esponente di Insieme
-, in grado di sommare i benefici della mitigazione ambientale alla produzione
di energia pulita, con la possibilità di intercettare anche fondi specifici
comunitari». Gabrovec porterà la proposta all'attenzione del Consiglio
regionale.
Gasdotto in Puglia - Di Maio verso il "sì" dopo il
pressing Usa
La ministra del Sud, Lezzi: «È Luigi che deve decidere» - Poi litiga con
Emiliano e dice: «Vogliamo bloccare l'opera»
Roma - Chi raccoglie i suoi sfoghi da settimane, la descrive infuriata,
stanca di tutte queste pressioni, nervosa per una storia che sembra
perseguitarla, come se tutto dipendesse da lei: «Cosa fa Luigi (Di Maio, ndr)?
Vengono tutti a chiedere a me del Tap, come se fossi io la responsabile. E
invece è lui che deve prendere una decisione, è lui il ministro competente». La
ministra del Sud Barbara Lezzi non ne può più. E lo si è visto ieri che è
arrivata al limite, nella sceneggiata (termine che prendiamo in prestito da lei)
tutta pugliese con il governatore della Regione, Michele Emiliano. Già ferita
dalle contestazioni che, tre giorni fa, le hanno rivolto i vecchi compagni
pugliesi di lotta "No Tap", non le è andato giù che il presidente Dem l'abbia
scavalcata e si sia rivolto ad Alessandro Di Battista, un ex deputato,
ricordandogli i comizi in cui prometteva che il Tap «mai e poi mai» si sarebbe
completato e che se fosse andato al governo il Movimento Cinque Stelle lo
avrebbe «bloccato in due settimane». Promesse da campagna elettorale, perché a
quanto pare il ministro competente, ossia Luigi Di Maio, titolare dello Sviluppo
economico, si è convinto invece che il Trans Adriatic Pipeline vada fatto. Per
un semplice motivo: perché non si può più fermare, perché ci sono contratti e il
progetto e in piena fase di avanzamento. È quello che ieri hanno ribadito fonti
del Dipartimento di Stato Usa all'Ansa, confermando la notizia de "La Stampa"
sull'appello rivolto dagli americani al governo italiano a pochi giorni dalla
visita del premier Giuseppe Conte alla Casa Bianca. Ma per capire come la crisi
di nervi che attanaglia il Movimento Cinque Stelle e l'esecutivo sul Tap
potrebbe aprire un baratro politico e diplomatico, bisogna andare con ordine.
Mettere in fila i fatti e le dichiarazioni contraddittorie delle ultime
settimane. Lezzi, 14 giugno: «Il Tap un'opera inutile, può essere anche dannosa,
e soprattutto è un'opera già vecchia». Lezzi, tre giorni dopo tempera le
certezze: «Personalmente la ritengo un'opera inutile. Ma c'è un trattato
ratificato da 5 anni». 18 luglio, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi
accompagnando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Baku,
Azerbaijan: «L'Italia conferma gli impegni sul gasdotto, compatibilmente,
chiaro, con i vincoli ambientali». Intercettata alla Camera, Lezzi tace
imbarazzata. Due giorni dopo, Università di Lecce: la ministra viene accolta
così: «Traditrice. Sei peggio della Bellanova, (ex viceministro allo Sviluppo
del Pd, ndr)». Gli occhi tradiscono la delusione: per lei, salentina doc,
attivista tutto pane e Movimento Cinque Stelle, il Trans Adriatic Pipeline era
stato il battesimo di fuoco e con quei contestatori fino a qualche mese fa
conduceva una battaglia spalla a spalla in difesa della spiaggia di San Foca, a
pochi chilometri da casa sua. L'appello del governatore della Puglia, Michele
Emiliano, ad Alessandro Di Battista è stata l'ultima goccia. Lezzi l'ha presa
come una provocazione, la lite è degenerata e i video hanno immortalato tutto.
Anche quando la ministra si lascia scappare: «Noi stiamo lavorando per bloccare
l'opera», in contraddizione con quello che aveva detto Moavero Milanesi. Luigi
Di Maio sa che il Movimento Cinque Stelle affonda le sue radici nelle campagne
contro le grandi opere che non possono essere snobbate, soprattutto se il
governo non avrà lunga durata. E, alla fine, stretto tra le richieste dei
militanti e le esigenze del Quirinale e degli americani, se la cava girandoci
attorno: «Il vero grande errore del Trans Adriatic Pipeline è che, prima di
tutto, non si è dialogato con le comunità». Anche Alessandro Di Battista,
chiamato in causa dal Messico, dov'è in viaggio con la famiglia, risponde a
Emiliano con un video: «Fai un po' il paraculo. Ci sono ministri che si occupano
di questo. Mi fido di loro. Vedrete che queste opere "stupide" verranno
affrontate nel modo giusto». Sì, ma come le affronteranno i ministri?
Ilario Lombardo
L'Ilva di Taranto - Cielo rosso di polveri. I 5S: «Il
mostro va chiuso»
Per il vicepremier Di Maio è «un paesaggio industriale di fine 800,
inquietante, con queste nubi di polveri rosse che si spostano. Vi sembra normale
vivere in condizioni del genere?». Ma in attesa del nuovo piano ambientale degli
investitori è stato ieri il deputato tarantino dei 5Stelle Giovanni Vianello il
primo a postare una foto delle polveri in arrivo dal parco minerario. «Non
saranno le prescrizioni ad impedire gli eventi di malattia e morte. Il mostro va
chiuso» ha scritto.
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 LUGLIO 2018
Da discarica a palestra in grotta «Tv, mobili, auto:
c'era di tutto»
L'intervento dell'associazione Sos Carso, il gruppo di ambientalisti
triestini che già in passato aveva riqualificato alcune doline e le vedette
Slataper e Italia
BASOVIZZA - Da discarica a piccola palestra in grotta. È la storia a
lieto fine del Pozzo 331 Est Sud Est di Basovizza, la cavità carsica situata
sull'altipiano carsico nel comune di Trieste a ridosso del territorio comunale
di San Dorligo della Valle, posta poco sotto le pendici del monte Cocusso. Oltre
400 sacchi neri di rifiuti vari, più di 200 pneumatici, un camion pieno di
bidoni e ferraglia arrugginita di tutti i tipi. E ancora televisori, mobili, un
forno, pezzi di automobile e materiale edile a volontà. Una vera e propria
discarica, utilizzata dal secondo dopoguerra sino agli anni '80, già bonificata
nel 1996 dal Gruppo Speleologico San Giusto, è stato oggetto del nuovo
intervento dell'associazione Sos Carso, il gruppo di ambientalisti triestini
passato agli onori delle cronache sia per la pulizia di diverse doline e grotte
che per la riqualificazione delle vedette Slataper e Italia. «Visto lo stato di
degrado di questa bella cavità abbiamo deciso di finire il lavoro iniziato una
ventina d'anni fa dalla San Giusto: onestamente neanche nelle nostre peggiori
previsioni pensavamo di trovare una simile quantità di rifiuti, soprattutto
sotto terra», racconta il fondatore di Sos Carso Cristian Bencich. Dopo 24
uscite ecologiche, che da inizio febbraio hanno coinvolto una decina di persone
costrette a lavorare in condizioni difficili con tanto di corde per issare i
rifiuti più pesanti, si è svolta l'ultima opera di pulizia dell'area. «Per noi è
stato il lavoro più grosso sin qui fatto. Già in passato la San Giusto aveva
rinvenuto all'interno della cavità un motocarro, due autovetture, oltre a
diversi residuati bellici. Come sempre non ci sono parole appropriate per
etichettare le persone che hanno abusato o abusano ancora oggi delle nostre
bellezze naturali», ha aggiunto Bencich. La particolarità del pozzo 331 è che
gode di due entrate. La prima è a strapiombo, area dove sono stati messi fix e
corde. L'altra invece permette ai visitatori di scendere serenamente a piedi
senza difficoltà di sorta, rendendo così la cavità facilmente visitabile.
L'oggetto più curioso rinvenuto nel pozzo? Una lattina di Coca Cola, anzi, di
Koka Kola, risalente al periodo delle Olimpiadi di Mosca del 1980. Un'altra
(triste) particolarità di questa cavità è che alcuni rifiuti ferrosi sono stati
abbandonati volontariamente incastrandoli tra le concrezioni delle pareti,
rendendo il loro recupero ancora più difficoltoso. Ma la nuova vita del Pozzo
331 è passata anche per l'intervento della Società Adriatica di speleologia.
Alcuni soci hanno armato la grotta ricavando una vera e propria mini palestra di
roccia. Molto soddisfatto il segretario dell'Adriatica Marco Restaino: «La
cavità è stata armata con fix e corde. È un'area più modesta rispetto ad altre
cavità presenti in Carso, ma credo che il segnale che abbiamo voluto lanciare
grazie anche al fondamentale grande lavoro di Sos Carso sia molto importante:
trasformare una discarica in un piccolo centro di aggregazione sportiva in mezzo
alla natura nel nostro amato Carso».
Riccardo Tosques
Muggia - Caso rifiuti mercoledì Consiglio straordinario
Il sindaco di Muggia Laura Marzi ha convocato per mercoledì 25 luglio un
consiglio comunale straordinario alle ore 19.La seduta si articolerà in un
question time alle 19 con i seguenti temi: interrogazione in merito alle
problematiche della raccolta rifiuti; interrogazione in merito a raccolta e
smaltimento rifiuti, pulizia bidoni nelle piazzole ecologiche, mancati ritiri
presso esercizi pubblici, difficoltà di contatto numero verde Net, rifornimento
sacchi differenziata; interrogazione in merito alle azioni e eventuali strumenti
di dissuasione per la sicurezza del parco giochi di Zindis. Alle 19.30, invece,
incontro con la Protezione civile - sezione di Muggia - in occasione del 25esimo
anniversario dall'istituzione. Seguirà la presentazione del Piano esecutivo di
gestione 2018-2020 dell'Unione territoriale intercomunale giuliana.
Gasdotto in Puglia, pressing Usa sull'Italia
Nei prossimi giorni incontri per sbloccare il Tap: mossa per smarcarsi
dalla Russia. Danni fino a 70 miliardi in caso di stop
«Sollecitiamo gli italiani a continuare la realizzazione del gasdotto Tap,
in quanto rappresenta un passaggio chiave per portare il gas del Mar Caspio in
Europa». Questa considerazione di un portavoce del Dipartimento di Stato
americano arriva alla vigilia di una settimana che potrebbe risultare decisiva
per le sorti della Trans Adriatic Pipeline. Il tutto sullo sfondo del recente
viaggio del presidente Mattarella a Baku, e delle riserve espresse da Trump su
Nord Stream 2, in relazione alla sicurezza energetica del Vecchio Continente
rispetto alle forniture russe. Il Tap è un gasdotto di 878 chilometri, pensato
per collegare la Trans Anatolian Pipepline all'Italia. Lo scopo è aprire il
Southern Gas Corridor, cioè il corridoio che porta le riserve del Mar Caspio in
Europa. Si tratta potenzialmente di oltre 20 miliardi di metri cubici all'anno,
che offrirebbero un'alternativa a quelli forniti a nord dalla Russia. Il
progetto è gestito da un consorzio di sei aziende, Socar, Bp, Fluxys, Enagas,
Axpo, e l'italiana Snam. Il punto di arrivo nel nostro paese è previsto nella
zona di Melendugno, in Puglia, dove però ci sono da tempo proteste per l'impatto
ambientale.«La sicurezza energetica - spiega il dipartimento di Stato - è un
obiettivo strategico essenziale per gli Usa e l'Europa. Tale garanzia è
fondamentale per la sicurezza nazionale dei nostri alleati e partner europei, e
quindi per la nostra capacità di affrontare le comuni sfide globali». In questo
quadro «il fermo sostegno degli Usa per il Southern Gas Corridor da oltre 40
miliardi di dollari, disegnato per portare il primo flusso di gas del Caspio in
Europa, passa attraverso molteplici amministrazioni e continua, nonostante non
ci sia un investimento diretto americano in questo progetto. Per i consumatori
europei, il Corridoio significa una maggior sicurezza energetica di lungo
termine, e la competizione all'interno dei mercati, perché il gasdotto ridurrà
la dipendenza dell'Europa da una singola fonte di gas». Queste sono le ragioni
di fondo per cui Washington invita Roma a completare la sua parte essenziale:
«Il Southern Gas Corridor sta progredendo bene. Ci sono stati ritardi per la
Trans-Adriatic Pipeline, ultimo tratto del SGC, ma sappiamo che ora la Tap ha
tutti i permessi richiesti. Sollecitiamo dunque gli italiani a continuare la
realizzazione del gasdotto, in quanto rappresenta un passaggio chiave per
portare il gas del Mar Caspio in Europa». Le stime dei danni, in caso di stop,
oscillano tra 43 e 70 miliardi di dollari, che graverebbero su Roma. Durante il
vertice Nato di metà luglio Trump aveva criticato il progetto Nord Stream 2, che
dovrebbe collegare la Russia alla Germania, saltando i paesi baltici e
l'Ucraina. Lo aveva fatto per le divergenze con la Merkel riguardo gli
investimenti nella difesa, ma anche perché questo gasdotto aumenterebbe il
potenziale potere di ricatto di Mosca su tutti. Il Southern Gas Corridor
rappresenta invece una delle alternative, insieme al gas liquido americano che
può arrivare attraverso il rigassificatore croato di Krk, e quindi Washington lo
sostiene. Naturalmente ci sono le questioni ambientali da tener presenti, ma
anche quelle economiche e geopolitiche sono di grande portata. La visita di
Mattarella a Baku, rinviata per un certo periodo in attesa di chiarimenti nel
nuovo governo, è stata interpretata dagli Usa come il rafforzamento del consenso
a concludere l'opera. Questa settimana sono in programma contatti diretti, che
potrebbero portare alla soluzione definitiva.
Paolo Mastrolilli
Il governatore Emiliano a Di Battista «M5S mantenga la
parola - Progetto da rivedere»
E sul gasdotto Michele Emiliano, governatore della Puglia del Pd, chiede
aiuto all'ex deputato del M5S Alessandro Di Battista che, un anno fa, aveva
assicurato in un comizio che con i grillini al governo il Tap sarebbe stato
bloccato in 15 giorni. «Ho bisogno dell'aiuto di Di Battista. Vorrei
incontrarlo. Parlargli. Trovare una strategia comune. Abbiamo idee diverse, è
vero, ma tra lasciare il mondo come sta e trovare un posto dove il gasdotto fa
meno danni, secondo me è meglio unire gli sforzi per spostarlo più a nord»
scrive Emiliano su Facebook.
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 LUGLIO 2018
Cinque milioni in Porto vecchio per prepararsi a Esof
2020
Il Comune dà il via libera al primo progetto per la viabilità e
l'infrastrutturazione - Definita la rotatoria su viale Miramare. La rete di
servizi deve partire da zero
Una rotonda per il Porto vecchio. E poi acqua, gas, fognature, energia
elettrica e banda larga. L'amministrazione comunale, in vista di Esof 2020, ha
approvato un primo lotto di lavori per il restyling della viabilità e
infrastrutturazione dell'area del polo museale del Porto vecchio. La cifra
impegnata è pari a quasi 5 milioni di euro (4 milioni e 991 mila euro per la
precisione) che rientrano nel pacchetto da 50 milioni messo a disposizione per
la riqualificazione del Porto vecchio dal Cipe per conto del Ministero dei beni
e delle attività culturali. Il soldi arriveranno attraverso la Regione: 991 mila
euro quest'anno e 4 milioni nel 2019. Il cronoprogramma delle opere prevede un
anno esatto di cantiere (praticamente l'anno prossimo). I mesi che restano del
2018 serviranno per la progettazione esecutiva e le gare di appalto. «Il
progetto dell'infrastrutturazione del Porto vecchio - si legge nella relazione -
è stato suddiviso in due lotti funzionali in modo da garantire l'esercizio dei
servizi primari nell'area interessata dalla manifestazione Esof 2020 in
programma nella primavera del 2020». Il primo lotto prevede la realizzazione dei
servizi a rete primari nell'area compresa tra il Magazzino 26 e i Magazzini 27 e
28 per i quali è in programma la trasformazione in un centro congressi.
L'intervento relativo alle opere di viabilità prevede la sistemazione del
collegamento tra viale Miramare e il polo museale (Centrale idrodinamica,
Sottostazione elettrica e Magazzino 26) attraverso la realizzazione di una
rotatoria all'altezza dell'attuale varco di regolazione dei flussi tra viale
Miramare e la viabilità interna al Porto vecchio. La rotatoria avrà un'isola
centrale con una parte allestita a verde, oltre ad alcune isole spartitraffico
perimetrali. Il progetto prevede un allargamento dell'attuale varco di accesso
al Porto vecchio mediante la rimozione di alcune campate della storica
recinzione tutelata dalla Soprintendenza (che saranno smontate e conservate nei
depositi comunali). La costruzione della nuova sede stradale prevede la
rimozione dei masegni presenti sotto l'attuale pavimentazione al fine di
consentire un loro recupero e riutilizzo all'interno delle aree del Porto
vecchio. Il costo dell'opera viaria è stato quantificato in un milione e 914
mila euro. Nel caso dell'infrastrutturazione si parte da zero. È praticamente
tutto da rifare. «Lo stato di fatto delle infrastrutture a rete dell'area ex
portuale è caratterizzato da condotte vetuste che necessitano un totale
rifacimento: dai servizi idrico-elettrici al sistema fognario (che risulta "per
lo più sconosciuto") per finire alle condotte del gas da inventarsi di sana
pianta (anche se, si fa presente nel progetto, "non risulta pervenuta ancora
alcuna richiesta di fornitura"). Tutti i servizi saranno posti sotto il nuovo
tratto di viabilità con l'eccezione della rete elettrica che, per soddisfare le
richieste degli organizzatori di Esof 2020, dovrà collegare la cabina esistente
in area ex portuale all'impianto cittadino in modo da garantire un'adeguata
sicurezza di fornitura durante il periodo della manifestazione». I soli
fabbisogni espressi dagli organizzatori di Esof 2020 e dai progettisti del
Palacongressi hanno superato la potenza disponibile delle rete esistente.
Ovviamente, visti proprio Esof 202 e il Palacongressi, ci sarà bisogno di porre
in opera dei cavi condotti finalizzati al posizionamento della fibra ottica per
la connessione a banda larga. Il costo di questa infrastrutturazione parziale
del Porto vecchio è di 3 milioni e 77 mila euro.-
Fabio Dorigo
Gli storici binari della ferrovia in spazi pedonali -
piano rivisitato
Non saranno toccati per ora gli storici binari del Porto vecchio che
"verranno mantenuti all'interno degli spazi pedonali e delle aree attrezzate a
verde". «In ogni caso quei pochi binari e gli altri dispositivi ferroviari - si
fa sapere - che saranno rimossi per far posto alla nuova carreggiata stradale
saranno conservati per una loro eventuale ricollocazione nel comprensorio del
Porto vecchio». Nel progetto iniziale, invece, era prevista una bretella
stradale che doveva passare dietro la Centrale idrodinamica e la Sottostazione
elettrica e quindi sopra i binari utilizzati per un breve periodo dal Tramway.
Nel nuovo progetto si parla, invece, di "nuovo spazio pedonale" e di
"mantenimento dei binari storici".
Tradizioni. A Canfanaro per la festa contadina.
Gita a Canfanaro sabato 28 luglio per partecipare alla Festa di San Giacomo. Partenza ore 16, ritorno alle 24. Prenotazioni al 3287908116.
Dalla sede Icgeb all'archivio Its - I troppi inquilini
del Magazzino 26
Un lungo elenco di potenziali "ingressi" è cresciuto nei mesi - Ma ora in
pole musei del mare, dell'Antartide e Immaginario
E se alla fine della fiera ne rimanessero in vita solo tre? Al momento il
Museo del mare, il Museo dell'Antartide, l'Immaginario Scientifico sembrano i
candidati più accreditati per insediarsi all'interno delle ampie volute del
Magazzino 26, ambitissimo traguardo di numerose istituzioni culturali e non. Se
così fosse, la straordinaria matrioska, che a un certo punto era giunta a
stivare nella sua massima capacità contenitiva non meno di dieci iniziative,
dimagrirebbe di un buon terzo. Cosa è successo di così importante da aver
sforbiciato tanti pretendenti in un batter di giorni? Pare, in via ufficiosa,
che il Comune abbia trasmesso alla Regione Fvg, tramite istituzionale dei 50
milioni governativi destinati a un primo intervento riqualificativo del Porto
vecchio, un programma aggiornato di spesa, per cui 33 milioni di euro verrebbero
investiti nella musealità ospitata nel "26", 14 milioni nel riassetto
viario-urbanistico dei 65 ettari, infine 3 milioni finanzierebbero il restauro
del pontone Ursus. La "kultur" sarebbe così concentrata nel "26", consentendo al
Comune di destinare i magazzini 24-25 a scopi differenti rispetto all'originaria
ispirazione museale. Ricordiamo che meno di due mesi fa la giunta regionale,
dappoco nominata dal neo-governatore Fedriga, aveva deliberato sul punto: il
sindaco Dipiazza avrebbe però chiesto al presidente leghista di riformare la
recente decisione, assumendo gli orientamenti sopra-esposti. È bene rammentare
che gli indirizzi così novellati dovranno ottenere il nulla-osta del ministero
competente, quello dei Beni culturali. Per questo sul fascicolo vige grande
prudenza. Occorre inoltre chiarire che il nascituro Museo del mare non sarà il
semplice trasloco delle umili bacheche oggi esposte in Campo Marzio. Sarà un
istituto "multidisciplinare", in qualche modo proiezione dei contenuti della
manifestazione scientifica Esof 2020, che avrà uno dei siti di svolgimento
proprio appresso il Polo culturale del Porto vecchio. Insomma, si potrà dire che
la scienza ammara. Alle tre realtà assodate (Mare, Antartide, Immaginario) si
sommerebbero inoltre spazi per sale ed esposizioni. Se le cose stanno
effettivamente in questi termini, ancora allo stadio ufficioso, a un primo colpo
d'occhio sarebbero esclusi dai 30 mila metri quadrati del Magazzino 26 alcuni
nomi importanti. Mezze promesse, mezzi impegni, mezzi sogni, pour parler:
qualche lingua lunga in Comune malignava che ormai al "26" sarebbe mancato solo
l'Orto botanico. Tanto per cominciare, dall'elenco mancherebbe l'Icgeb (Centro
internazionale per l'ingegneria genetica e le biotecnologie): non molto tempo fa
Mauro Giacca, responsabile dell'istituto ma in procinto di trasferirsi a Londra,
aveva ricordato che avrebbe avuto bisogno di tre livelli, per riallestire
l'organismo scientifico. Poi l'assessore alla Cultura Giorgio Rossi, "titolare"
del Magazzino, aveva comunicato alla V commissione consiliare la volontà di
traslocare al "26" il Museo di storia naturale, oggi ospitato - insieme al de
Henriquez - nell'ex caserma di via Cumano, in quanto «troppo lontano dal
centro». In quella stessa riunione di commissione era balenata l'ipotesi che il
Museo della bora, attualmente in via Belpoggio 9, potesse a sua volta fare i
bagagli diretto all'onnicapiente magazzino. In occasione della manifestazione di
moda Its, a fine giugno, Dipiazza aveva detto che l'archivio avrebbe anch'esso
trovato collocazione nell'inesauribile struttura emporiale. Il sindaco aveva
inoltre fatto capire al presidente camerale Paoletti che, qualora palazzo Dreher
fosse andato venduto, il Museo commerciale avrebbe potuto "riparare" negli antri
del "26". Nel medesimo magazzino era previsto anche il riallestimento della
mostra sul Lloyd Triestino, ospitata nel 2016 nella Centrale Idrodinamica: già
deliberati 56 mila euro alla bisogna, con incarico alla ditta Tosetto di Jesolo.
In passato anche un vago accenno alle masserizie degli esuli accatastate al
Magazzino 18, dove purtroppo piove dentro. Sfiorite le illusioni, dove si
accaseranno gli sfrattati di moda e scienza?
Massimo Greco
IL PICCOLO - VENERDI', 20 LUGLIO 2018
L'equazione del vicesindaco «Più stranieri, più
rifiuti»
Polidori: «L'area con il più alto numero di immondizie abbandonate in
strada è quella del rione di San Giacomo. Guarda caso dove vivono più immigrati»
Più stranieri, più immondizie abbandonate in strada. Parte da questa
equazione, per lui perfetta «e confermata dai dati in nostro possesso», la
riflessione del vice sindaco, Paolo Polidori, su un fenomeno che sta crescendo
in maniera esponenziale in città. Quello dei rifiuti lasciati un po' ovunque. Se
n'è parlato ieri, nel corso di una conferenza stampa dedicata alla gravità del
problema, alla quale ha partecipato anche l'assessore comunale per l'ambiente,
Luisa Polli. Dopo aver analizzato le cifre presentate, frutto del lavoro di
AcegasApsAmga, che evidenziano 13.300 abbandoni in strada dall'inizio dell'anno,
di cui 5.200 relativi a mobili di vario tipo e 2 mila che riguardano gli
elettrodomestici, 200 multe comminate, un costo per la collettività pari a mezzo
milione di euro, Polidori si è soffermato sulla distribuzione sul territorio.
«Dai dati in nostro possesso - ha sottolineato - risulta chiaro che la
Circoscrizione nella quale il numero di abbandoni è di gran lunga il più alto,
sfiorando quota 3 mila, è quella del rione di San Giacomo e di Barriera Vecchia.
Guarda caso - ha aggiunto - le aree nelle quali registriamo la maggior
concentrazione di stranieri. Evidentemente - ha osservato il vice sindaco -
siamo al cospetto di un problema di natura culturale e di conoscenza». Ma non è
stata questa l'unica accusa formulata da Polidori nel corso dell'incontro con la
stampa. Dopo aver annunciato che «le sanzioni per chi trasgredisce le norme sul
deposito dei rifiuti ci sono e saranno ancor più frequenti» e che «sarà
necessario implementare il numero delle telecamere sia fisse sia mobili per
monitorare la situazione, potenziando al contempo il servizio delle guardie
ambientali», il vice sindaco ha definito «scellerate le scelte in materia
attuate nel Comune di Muggia che, di fatto, stanno costringendo i muggesani a
portare i loro rifiuti a Trieste. Un input del tutto ingiustificato - ha
proseguito Polidori - dato dal sindaco Laura Marzi. In via Flavia, la gente che
arriva da Muggia abbandona fuori dai cassonetti le immondizie, perché i
contenitori sono già pieni. Comunque - ha concluso - è facile individuarli,
perché molti usano i sacchetti in distribuzione a Muggia». «Questo fenomeno - ha
sottolineato Polli - comporta uno sbilanciamento nel rapporto fra raccolta
differenziata e indifferenziata a Trieste, con la conseguenza che a pagare di
più per l'asporto delle immondizie sono i triestini». Polli ha anche posto
l'accento sull'aumento «dell'abbandono del materiale residuo dal lavoro
nell'edilizia, con ogni probabilità eseguito in nero. Se la differenziata di
Muggia arriva a Trieste, ne risultano sballate anche la statistiche. Abbiamo
perciò deciso di avviare una campagna - ha continuato - che prevede di collocare
nei portoni gli avvisi sui giusti comportamenti da tenere, arricchiti con
disegni in modo da favorire gli stranieri». I tecnici dell'AcegasApsAmga hanno
infine fatto rilevare che «i materiali abbandonati sono spesso pericolosi per la
salute e, se opportunamente riciclati, assumono un valore economico. Richiamiamo
i cittadini - hanno aggiunto - a un maggiore rispetto delle regole in materia».
Ugo Salvini
Televisori e radio nel sito controllato dalle
telecamere - la novità
Un centro di raccolta per piccoli elettrodomestici, senza personale e
controllato da telecamere, nel quale poter conferire gratuitamente, e in
qualsiasi ora del giorno e della notte, televisori, forni a microonde, radio,
impianti hi fi, dei quali ci si vuole liberare. Questa l'iniziativa che sarà
avviata a breve dall'assessore per l'Ambiente, Luisa Polli. «Abbiamo
individuato, per la fase sperimentale una piccola parte del parcheggio di fronte
all'ingresso del parco di Villa Revoltella. Destineremo un'area, alla quale si
accederà con la carta dei servizi a questa speciale raccolta che, in
prospettiva, potrebbe anche essere simbolicamente remunerata».
LA SPERIMENTAZIONE - Testato il progetto con container
per rimuovere rifiuti ingombranti
C'è un progetto specifico, sperimentato quest'anno dall'Ater e da
AcegasApsAmga, per contrastare l'abbandono massivo di rifiuti ingombranti. Il
progetto è stato testato con successo nei complessi Ater di Melara, Valmaura e
via Grego a Borgo San Sergio. «In specifiche giornate - illustra il direttore
dell'Ater, Antonio Ius - viene sistemato all'esterno del complesso residenziale,
con un addetto accanto, un container utile a raccogliere proprio i rifiuti
ingombranti». Un servizio di raccolta programmata che va ad affiancare, in quei
contesti e in determinate date, il ritiro concordato telefonicamente con
AcegasApsAmga. In proposito Ius, in accordo con la multiutility e il Comune,
vorrebbe che il servizio con container diventasse sistematico, con apposito
calendario, senza costi aggiuntivi per gli utenti.
La nuova vita dell'infopoint con le bici elettriche -
l'inaugurazione
«Da qui riparte ufficialmente il rilancio di Muggia dal punto di vista
turistico». Con queste parole il sindaco Laura Marzi ha inaugurato ieri sera il
nuovo infopoint di piazzale Caliterna gestito da Viaggiare Slow - Viaggiare Free
in sinergia con Gal Carso, PromoTurismo Fvg e Comune. L'infopoint, operativo
ogni giorno sino al 22 ottobre (orari 10-14 e 17-19), fungerà anche da
bikepoint, per il noleggio di 20 bici elettriche.
La mobilità elettrica sbarca nei porti italiani:
accordo Enel-Assoporti - D'Agostino firma il protocollo
ROMA - Favorire lo sviluppo della mobilità elettrica attraverso la
realizzazione di una infrastruttura di ricarica capillare e moderna che si
adatti alle esigenze dei clienti. Con questo obiettivo è stato firmato il
Protocollo d'intesa tra Enel X, la divisione del gruppo elettrico dedicata a
prodotti innovativi e soluzioni digitali, l'Associazione Porti Italiani
(Assoporti) e l'Autorità di Sistema Portuale Mar Adriatico Orientale (Trieste).
L'accordo prevede l'istallazione di circa 300 punti di ricarica presso i porti
di rilievo nazionale. Le colonnine saranno ad uso pubblico e offriranno un
servizio di ricarica permettendo l'utilizzo ai clienti di qualsiasi operatore.
Enel X procederà alla richiesta di concessioni in aree idonee che saranno
individuate insieme alle Authority. Successivamente si occuperà
dell'installazione, l'attivazione e la manutenzione delle colonnine per i
veicoli elettrici. Si tratta di un altro importante passo per la realizzazione
del Piano per l'installazione delle infrastrutture di ricarica dei veicoli
elettrici di Enel che prevede la posa di circa 7mila colonnine entro il 2020 per
arrivare a 14mila nel 2022, con un investimento tra i 100 e i 300 milioni di
euro. Nel 2018 verranno installate oltre 2500 infrastrutture di ricarica
distribuite su tutto il territorio nazionale. «Con questo accordo sarà possibile
ricaricare il proprio veicolo prima di imbarcarlo per una destinazione turistica
o al ritorno per tornare verso casa» ha chiarito Alessio Torelli, responsabile
Enel X Italia. Siamo quindi soddisfatti di questa partnership che ci permette di
portare la nostra tecnologia anche sulle banchine dei principali porti
d'Italia», ha aggiunto. «L'Associazione sta puntando molto sulla sostenibilità
in ambito portuale, promuovendo studi e approfondimenti. Questo Protocollo
d'Intesa entra nel vivo con azioni mirate nei porti al fine di incentivare l'uso
di auto elettriche al loro interno. Bene questo protocollo, perchè farà partire
un processo di rinnovamento ambientale», ha detto il presidente Assoporti Zeno
D'Agostino.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 19 LUGLIO 2018
Plastica nei fiumi, dighe galleggianti per catturarla
Inaugurato a Ferrara il progetto “Il Po d’Amare“, che
cerca di porre un rimedio all’inquinamento marino dovuto alle tonnellate di
plastica che finiscono ogni giorno solo nel Mediterraneo. Il progetto pilota
impiegherà tecniche innovative per il contenimento e la raccolta della plastica
nei fiumi, cosicché non possa arrivare a mare: barriere e imbarcazioni a
pescaggio ridotto, che galleggeranno sulle acque.
L’80% dei rifiuti di plastica arriva in mare proprio dai fiumi, oltre che
dagli scarichi urbani, e il fiume Po, il fiume italiano più lungo in assoluto –
con i suoi 652 km che toccano ben 4 Regioni d’Italia – rappresenta il canale
principale del materiale plastico che finisce nell’Adriatico. Così, per cercare
di combattere questo fenomeno dannoso per l’ambiente intero, la Fondazione per
lo Sviluppo Sostenibile, Corepla e Castalia hanno dato il via a questa
iniziativa. Lo scopo è quello di intercettare la plastica che naviga nelle
acque, raccoglierla e destinarla al trattamento e al riciclo. Per riuscire
nell’impresa, si utilizzerà il “Seasweeper” di Castalia, ovvero un sistema di
barriere e imbarcazioni a pescaggio ridotto: dighe galleggianti, che non
interferiscono né con la flora né con la fauna dato che la raccolta viene
effettuata solo nella parte superficiale delle acque.
Floriana Giambarresi
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 LUGLIO 2018
Servola - Salta un quadro elettrico Rumori in zona
Ferriera - Oggi il dibattito dell'Usb
L'accensione delle fiaccole e i sibili percepiti nel quartiere di Servola
nella notte tra martedì 17 e ieri mercoledì 18 sono stati causati da un
disservizio ad un quadro elettrico di alta tensione. Lo ha accertato l'Agenzia
regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa), allertata dalla Polizia
locale. I tecnici di Arpa - riporta una nota della Regione - hanno verificato
che il disservizio al quadro elettrico di alta tensione aveva portato alla
fermata dell'estrattore del gas di cokeria, con la conseguente entrata in
funzione delle fiaccole di sfiato del gas per il tempo tecnico necessario al
ripristino della tensione e alla ripartenza degli estrattori. Il sibilo
prolungato è stato invece causato dalla perdita di vapore da un giunto di
dilatazione di una tubazione, che a causa della sovrappressione conseguente
all'interruzione dell'alimentazione elettrica ne ha causato la rottura. Le
verifiche di Arpa - prosegue la nota - sono proseguite con un ulteriore
sopralluogo ieri mattina, accertando l'assenza di rumore, l'interruzione della
linea vapore interessata ed il regolare funzionamento della linea di vapore
alternativa. Erano altresì in corso di esecuzione tutte le prove previste per la
risoluzione del problema elettrico occorso. Cause ed azioni poste in essere
dall'Azienda siderurgica al fine di mitigare tale tipologia di eventi
accidentali saranno opportunamente valutate da Arpa durante la visita ispettiva
Aia in corso. Infine sempre sul tema, dal titolo "Un'alternativa sindacale in
azienda è possibile" oggi pomeriggio alle 17 presso il circolo Ferriera, Usb
illustrerà la propria posizione con Sergio Bellavita, coordinatore nazionale per
la siderurgia, e con Francesco Rizzo, responsabile Usb all'Ilva di Taranto.
SAN DORLIGO / DOLINA - Tutela ambientale e sicurezza,
ecco i progetti
Inquinamento acustico, pubblica illuminazione, autovelox, telecamere e
area giochi nei piani di Crevatin e Potocco
San Dorligo - Scatta l'operazione tutela ambientale e sicurezza a San
Dorligo della Valle. L'assessore per Ambiente, territorio e Viabilità, Franco
Crevatin, e il presidente della Commissione Ambiente, Roberto Potocco, hanno
reso noti i progetti dell'esecutivo per intervenire sui due fronti, sui quali
c'è molta attesa da parte della popolazione. RUMORI MOLESTI «Da tempo riceviamo
sollecitazioni a intervenire con l'Anas - hanno spiegato - perché gli abitanti
delle zone di San Giuseppe della Chiusa e Sant'Antonio in Bosco sono sottoposti
a un costante inquinamento acustico, determinato dal traffico pesante sulla
sopraelevata che, in linea d'aria, dista poche decine di metri dalle loro case.
Sembra che la causa sia un precario stato dei giunti perciò abbiamo
ufficialmente chiesto all'Anas di intervenire, e la società ha promesso una loro
rapida sostituzione in base a un appalto già definito». Più difficile sembra il
percorso per il posizionamento di pannelli fonoassorbenti. «È un problema di
costi che sarà pressoché impossibile superare». PUBBLICA ILLUMINAZIONE La
nascita del Polo logistico di Bagnoli della Rosandra, un lotto di terreno di
circa 26 ettari, con 70 mila metri quadrati di magazzini e 250 mila di piazzali,
all'interno della zona Wartsila, origina problematiche di sicurezza. «Stiamo
progettando un piano di potenziamento della pubblica illuminazione in quell'area
- hanno annunciato Crevatin e Potocco- in quanto è presumibile che aumenteranno
progressivamente il traffico pesante e la presenza di operai, autisti, addetti.
Indispensabile perciò migliorare la visibilità notturna. Fra l'altro la strada
di accesso al Polo sarà data in gestione al Comune, perciò a maggior ragione
dovremo intervenire». TOLLERANZA ZERO «Stiamo lavorando a un progetto che
prevede a breve l'installazione sul territorio comunale di una serie di
Autovelox - hanno detto Crevatin e Potocco - perché sulle nostre strade si corre
troppo e questa pessima abitudine si sta diffondendo. In prospettiva prevediamo
anche l'adozione di telecamere e il posizionamento di dissuasori mobili nei
punti nevralgici della circolazione. In ogni caso, ci sarà tolleranza zero nei
confronti dei trasgressori, anche attraverso un impiego articolato e puntuale
dei vigili urbani». AREA PARCO GIOCHI Sarà migliorata l'area adiacente al Parco
giochi realizzato dal Comune due anni fa nella parte alta di Aquilinia. «Si
tratta di un piazzale in terra battuta di circa 200 metri quadrati - ha spiegato
Crevatin - che è stato interdetto al traffico, con il posizionamento di
transenne fisse, perché col tempo secco si alzava la polvere e con la pioggia
diventava un mare di fango. Prevediamo di dotarlo di panchine e alberi, facendo
crescere l'erba su tutta la superficie - ha promesso - a beneficio della
collettività».
Ugo Salvini
Le reazioni - Crevatin «Chi critica le scelte lo fa in
modo strumentale»
Chi critica queste scelte - spiega Crevatin, replicando ai firmatari, un
centinaio in tutto, di una petizione che chiedeva la riapertura alle automobili
del transito - lo fa in maniera strumentale. Prova ne sia che la raccolta firme
si è realizzata due anni dopo l'inaugurazione del Parco giochi e, guarda caso,
in vista delle elezioni della prossima primavera».
Muggia "lancia" stasera il nuovo infopoint con le bici
elettriche - in piazzale Caliterna
MUGGIA - Bikepoint per il nolo di bici elettriche, punto vendita di
prodotti locali, punto d'arrivo dell'Alpe Adria Trail, punto di partenza della
Parenzana. Il nuovo infopoint di Muggia di piazzale Caliterna si presenta come
il nuovo crocevia del turismo rivierasco. Seppur operativa da due settimane, la
struttura verrà inaugurata ufficialmente oggi alle 19 con una cerimonia
pubblica. Il progetto, sviluppato grazie alla collaborazione tra l'associazione
Viaggiare Slow / Viaggiare Free, PromoTurismo Fvg e il Gal Carso, quest'ultimo
su espresso mandato del Comune, avrà un costo di 16.995 euro annui (questa la
cifra esatta della liquidità conferita dal Comune al Gal) con un contratto per
ora triennale. «Per noi l'infopoint-bikepoint è la concretizzazione della nostra
teoria per il territorio. Non basta il lavoro egregio degli enti pubblici per la
promozione territoriale, abbiamo bisogno di veder crescere le iniziative
imprenditoriali e di sostenerle. Avere un punto noleggio di bici elettriche
significa lavorare per intercettare turisti e quindi aumentare il fatturato e
l'indotto per la nostra economia locale», spiega David Pizziga, presidente del
Gal. L'infopoint, dunque, non effettuerà solo il servizio di informazione
pubblica, ma anche quello di fornitura bici elettriche a noleggio nonché di
vendita di tour in bici o a piedi. L'infopoint, che ha a disposizione un parco
di una ventina di bici elettriche, sarà aperto ogni giorno dalle 10 alle 14 e
dalle 17 alle 19 sino al 22 ottobre. Fiducioso l'assessore Stefano Decolle:
«Dopo la riapertura dell'infopoint, dovremo lavorare per una sinergia unica dal
molo Balota al Lazzaretto».
Riccardo Tosques
Ci aspettano vent'anni di caldo - Ecco perché l'estate è anomala
Nature pubblica studio sulla circolazione Atlantica. Da
noi stagione con piogge ogni 3-4 giorni
Parla il colonnello Mocio dell'Aeronautica: «Fino a domani stabile, poi nuova
perturbazione»
Roma - Un'estate fa... si moriva di caldo, i contadini erano in pena per i
raccolti e i viticoltori preoccupati per la vendemmia. Oggi questo quadro sembra
lontano anni luce: l'estate 2018 la ricorderemo per il tempo variabile. Pioggia,
sole, poi di nuovo il temporale. E persino grandinate e trombe d'aria a luglio.
Con disagi forti in Trentino e Val di Susa, per citare due tra i territori più
provati. I motivi ce li illustra il colonnello Daniele Mocio, meteorologo
dell'Aeronautica militare (AM), volto noto della Rai. 1 Tutta colpa
dell'Anticiclone - La configurazione che garantisce l'estate sul Mediterraneo, e
quindi sull'Italia, è l'Anticiclone delle Azzorre, un'area di alta pressione
semi-permanente di origine oceanica. «Quest'anno l'Anticiclone, che di solito
d'estate ci ripara dalle correnti fredde del Nord Europa, non è arrivato sul
nostro Paese, si trova ancora sull'Atlantico - spiega Mocio - La sua assenza
determina instabilità e fenomeni a cui assistiamo raramente: piogge con
conseguenti allagamenti, grandinate, temperature più basse, colpi di vento e
trombe d'aria che hanno interessato il nostro Paese da Nord a Sud».
L'Anticiclone ora si trova verso Canada e Usa. «Solo una minima parte sfiora
l'Africa, e così si spiegano le giornate più calde che ci sono state finora»,
aggiunge l'esperto. 2 Previsioni - Questa incertezza andrà avanti almeno per un
altro mese. Poi da Ferragosto la situazione potrebbe migliorare. «Fino al 15
agosto non ci sarà stabilità - chiarisce Mocio - Dopo si andrà verso la
normalità, quindi meno piogge ma anche temperature più basse, come accade sempre
nella seconda metà dell'estate». Del resto finora afa non c'è stata: nelle città
più calde, Firenze, Bologna e Roma, la colonnina di Mercurio non ha mai superato
i 35 gradi. Per quanto riguarda le previsioni a breve tempo, attenzione perché
sta arrivando una nuova perturbazione. «Fino a domani il tempo sarà abbastanza
soleggiato - dice Mocio - Sabato pomeriggio, invece, peggioramenti al Nord, alto
Adriatico compreso, domenica mattina al Centro e tra domenica sera e lunedì al
Sud». 3 La mappa delle vacanze - Ma allora dove conviene andare in vacanza? La
premessa è che la variabilità ha cadenze di 3-4 giorni, quindi tranquilli:
difficilmente chi andrà in ferie una settimana o più in Italia incapperà nel
maltempo per tutto il periodo. Detto questo, come spiega l'esperto dell'AM, chi
va al mare cadrà in piedi perché sulla costa le temperature sono più miti. Più
soggetto al brutto tempo il versante Adriatico perché meno protetto dalle
montagne; clima più favorevole sul Tirreno dove le correnti fredde del Nord
trovano la barriera delle Alpi. Meno fortunati coloro che scelgono città o
montagna, dove il tempo è più piovoso. Le mete ideali? Scandinavia e centro
Europa; Nord Africa e Grecia per chi ama il mare. 4 Statistiche - Non è la prima
volta che d'estate si verifica un'anomalia climatica e non c'è un motivo, spiega
Mocio: «La variabilità è legata alla stagionalità del flusso: lo scorso anno
abbiamo avuto l'Anticiclone per molto tempo, quest'anno fatica ad arrivare, in
meteorologia esistono le eccezioni». Il colonnello sottolinea che fenomeni del
genere si verificano ogni 5-6 anni. In Italia un'estate simile c'è stata nel
2011. 5 Venti anni di caldo? - La circolazione Atlantica meridionale, che
trasporta l'acqua calda verso Nord e quella fredda verso Sud, sta rallentando, e
questo può provocare un deciso riscaldamento del clima nei prossimi 20 anni. Lo
dice una ricerca pubblicata su Nature da un gruppo dell'università di Washington
coordinato da Ka-Kit Tung. È proprio così? «Ci sono studiosi che approfondiscono
questi temi - risponde Mocio - All'AM facciamo previsioni a breve raggio. C'è da
dire comunque che queste ricerche di solito riguardano delle specifiche aree e
non tutto il pianeta».
Lara Loreti
BIBLIOTECA GAMBINI - "Mari e monti", il bello della biodiversita'
Dalle 17 alle 18.30, alla biblioteca Quarantotti Gambini di via delle Lodole 7/A, appuntamento del ciclo "Giovedi bibliotechiamoci!", programma di letture e laboratori per bambini (dai 4 anni), ragazzi e adulti. "Mari e monti", questo il titolo dell'incontro dedicato alla biodiversità degli ecosistemi. Il laboratorio aiuterà grandi e piccoli, attraverso letture e giochi, a comprendere il valore della conservazione della biodiversità. Ingresso libero.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 LUGLIO 2018
Ratificato a Roma l'addio al progetto del
rigassificatore nella baia di Zaule
Nota ministeriale agli enti coinvolti: partita chiusa dopo che il 22
maggio scorso Gas Natural aveva comunicato la rinuncia
«Questa amministrazione dichiara l'archiviazione del procedimento di
autorizzazione alla costruzione del terminale di rigassificazione ubicato nel
porto di Trieste-località Zaule». La parola fine alla vicenda rigassificatore è
stata posta in maniera tombale da Gilberto Dialuce, direttore generale per la
sicurezza e le infrastrutture energetiche del Ministero dello sviluppo
economico. Con una lettera inviata - tra gli altri - a Regione Fvg e Comune di
Trieste, Dialuce ha sancito nero su bianco la chiusura di una partita
lunghissima, iniziata 14 anni or sono. L'epilogo era sostanzialmente arrivato
dopo la decisione di Gas Natural Rigassificazione Italia di rinunciare
formalmente al progetto, una rinuncia comunicata lo scorso 22 maggio al
Ministero dello sviluppo economico attraverso un documento firmato dal
presidente del consiglio d'amministrazione della Gas Natural Javier Hernández
Sinde. Ora l'atto finale, con cui il Ministero ha ratificato l'archiviazione di
un progetto che per quasi tre lustri ha tenuto col fiato sospeso cittadini
triestini e muggesani, cancellando così lo spauracchio della presenza di enormi
gasiere nel golfo di Trieste, uno scenario fortemente contestato soprattutto
dalle diverse associazioni ambientaliste. Sino al 2016 il ministero
dell'Ambiente e della tutela del territorio aveva espresso alla Regione il
proprio giudizio favorevole di compatibilità ambientale sul progetto. Un
importante cambio di rotta a inizio 2017, quando l'allora ministro Carlo Calenda
definì invece «non strategico» il progetto. Parole che comunque non fecero
desistere Andrea Wehrenfennig (Legambiente), Carlo Franzosini (Wwf), Giorgio
Cecco (FareAmbiente), Alda Sancin (NoSmog) e Giorgio Jercog (Amici del Golfo)
dal continuare, sino all'ultimo, la battaglia per il no al rigassificatore, una
battaglia che ha visto tra i maggiori protagonisti istituzionali il Comune di
Muggia, da subito contrario al progetto (il «no» era arrivato poi anche dal
Municipio di Trieste, dalla Regione e dall'Autorità portuale), con tanto di
ricorsi al Tar e sit-in, come ricorda l'assessore all'Ambiente muggesano Laura
Litteri: «Muggia ha segnalato da subito che, accanto ai rischi ambientali e di
sicurezza, il rigassificatore avrebbe creato ostacoli insormontabili allo
sviluppo delle attività portuali. Auspichiamo che in futuro non vengano più
proposti progetti del genere, ma si investa nelle energie rinnovabili». -
Riccardo Tosques
"Congelata" la copertura dei parchi della Ferriera
Tensione Arvedi-Regione
Il progetto di Siderurgica giudicato incompleto dalla Conferenza dei
servizi - Rinvio a ottobre. Scoccimarro contesta una lettera del legale della
proprietà
Si conclude con un rinvio all'autunno, in un clima di diffidenza reciproca
tra Regione e Siderurgica Triestina, la Conferenza dei servizi convocata a Roma
per discutere il progetto di copertura dei parchi minerali della Ferriera di
Servola. Da una parte, l'azienda subordina l'impegno alla costruzione dei
giganteschi e costosi capannoni alla chiarezza sul destino dell'area,
presentando intanto un progetto giudicato incompleto da Regione, Azienda
sanitaria e Inail, tanto da richiedere un aggiornamento della Conferenza a
ottobre. Dall'altra, la Regione partecipa ai lavori irrigidita da una lettera
che il legale della proprietà ha recapitato nei giorni precedenti, dichiarando
di ritenere «l'Accordo di programma positivamente portato a termine». Missiva
interpretata dalla giunta come uno sgradito tentativo di influenzare l'incontro.
La giornata si apre con la pubblicazione della comunicazione spedita dallo
studio legale Borgna di Trieste, sulla pagina Facebook dell'assessore
all'Ambiente, Fabio Scoccimarro. La lettera segnala che «gli impegni assunti
dall'imprenditore sono stati onorati, in ottemperanza a quanto previsto
dall'Accordo di programma, e sono in corso collaudi in attesa del decreto di
avvenuta bonifica». Borgna sottolinea infine che «non risulta che interventi di
tale portata siano mai stati realizzati nel Paese». Parole che Scoccimarro non
digerisce: «Curiosa la lettera fatta pervenire alla vigilia della Conferenza dei
servizi. La "curiosità", chiamiamola così, sta nel fatto che la lettera non
provenga come tutte le precedenti dalla società, bensì a scriverla è uno studio
legale». L'assessore contesta le affermazioni sull'Accordo di programma portato
a termine: «Peccato dimentichino che nell'Accordo sono compresi sia la copertura
dei parchi minerari che la bonifica dell'hot spot rivelatosi essere una sorgente
di contaminazione primaria (presso la falda inquinata, ndr). Siamo disposti alla
riapertura dell'Accordo venendo incontro alle esigenze dell'imprenditore, purché
sia fissata la data di chiusura dell'area a caldo». La Conferenza si dedica
intanto all'analisi del progetto di copertura dei parchi presentato da Arvedi
con diversi mesi di ritardo, ma respinto nella forma attuale a causa della
necessità di approfondimenti. Per l'Azienda sanitaria mancano indicazioni sui
sistemi di ventilazione e illuminazione, per l'Inail servono maggiori
riferimenti ai dispositivi di sicurezza per impedire la contaminazione dei
lavoratori in una zona ricca di sostanze cancerogene e la Regione chiede
prescrizioni sul trattamento delle acque reflue. Informazioni che Siderurgica
Triestina si è impegnata a fornire a ottobre. La Conferenza decide nel frattempo
che, data l'imponenza del progetto, la concessione della Valutazione di impatto
ambientale spetterà al ministero dell'Ambiente e non più alla Regione. Sarà Roma
ad analizzare il piano e mettere in luce costi e benefici delle coperture, che
dovrebbero costare non più 28 ma oltre 35 milioni (secondo la nuova stima del
ministero) e che gli esperti ritengono tuttavia poter risolvere solo in piccola
parte la questione della dispersione di polveri. Se ne parlerà a ottobre e poi
con maggiore frequenza, grazie alla creazione di un tavolo tecnico che la
Conferenza ha attivato, su richiesta della Regione, per permettere agli attori
di confrontarsi mensilmente sui molti temi aperti.
Diego D'Amelio
L'ALTRA PARTITA - Idrocarburi nella falda - Sei
mesi per la "mappa" e il piano di contrasto
Siderurgica Triestina accetta la scadenza di sei mesi fissata da Arpa Fvg
per dare risposte sulle dimensioni dell'area costiera inquinata dal benzene e
per realizzare un'ipotesi progettuale di rimozione o tombamento della porzione
di falda intrisa da idrocarburi centinaia di volte sopra i limiti. La questione
sollevata dall'Agenzia, nota dal 2016 ma mai misurata finora nella sua
estensione, è stata inserita all'ordine del giorno della Conferenza dei servizi
su richiesta del Comune di Trieste. Sul punto, il ministero dell'Ambiente
recepisce la prescrizione, che fissa una tempistica di tre mesi per i
supplementi d'indagine sulla zona inquinata e di altri tre per la proposta
progettuale mirante a evitarne una propagazione che va avanti da decenni, con un
rischio potenziale di danno ambientale, come evidenziato nella relazione di
Arpa. Da qui la decisione di assegnare un termine perentorio al Gruppo Arvedi.In
una nota, l'azienda precisa comunque di essersi messa a disposizione per buona
volontà e non per obbligo, dal momento che «nessuna richiesta (prescrittiva,
ndr) è giunta da Arpa con riferimento alla questione relativa alla presenza nel
sottosuolo di un inquinamento da idrocarburi». Siderurgica Triestina evidenzia
inoltre di aver trovato e segnalato nel 2017 «un deposito di benzolo che non
deriva dall'attività degli attuali gestori e trova origine in un tempo
ampiamente precedente a quello dell'insediamento di Siderurgica Triestina e di
Acciaieria Arvedi, le quali, in ogni caso, hanno sempre provveduto a porre in
essere quanto dovuto, in adempimento all'Accordo di programma».A Roma, i tecnici
della Struttura commissariale sottolineano a propria volta l'urgenza dell'azione
di arginamento della falda inquinata e precisano di aver già appaltato i lavori
di indagine e progettazione del barrieramento a mare, senza attendere le mosse
dell'azienda. La realizzazione della barriera fisica spetta d'altronde allo
Stato, che dovrà caricarsi di una spesa di circa 40 milioni, attraverso il
soggetto attuatore Invitalia.
Il M5s incalza Dipiazza sulla questione rumori - il
dibattito politico
Una convocazione urgente del sindaco Roberto Dipiazza per parlare del piano
di zonizzazione acustica del rione di Servola. La chiede il Movimento 5 stelle,
accusando la giunta comunale di «fare melina». I pentastellati criticano in
particolare l'assessore Luisa Polli, per aver rinviato di due mesi
l'interrogazione a risposta immediata che il M5s aveva depositato sulla
questione dei rumori dello stabilimento. «Questa tattica di rinvio verso l'oblio
viene sistematicamente portata avanti anche su temi come la Ferriera, la cui
area a caldo il sindaco aveva detto di voler avviare a chiusura entro cento
giorni da inizio consiliatura. Peccato che siano passati ormai due anni, mentre
i triestini si trovano a vivere con un'industria residuato del secolo scorso»,
commenta la consigliera M5S Cristina Bertoni.
San Giacomo - Dal deserto alla barriera corallina -
"Mari e monti" domani in biblioteca
Nonostante sia l'unico habitat che lo ospita, l'essere umano pare ben
determinato ad autosabotare il pianeta con una sistematica e masochistica
politica di distruzione dell'ecosistema e della biodiversità. Frammentazione
dell'habitat, distruzione del territorio, colture intensive, deforestazione,
sono solo alcune delle cause dello stillicidio di specie animali e vegetali.
Ogni anno per fare spazio, ad esempio, alle coltivazioni intensive di soia,
canna da zucchero o palma da olio, si distruggono milioni di ettari di foresta
tropicale. Ma alla lista vanno aggiunti anche i cambiamenti climatici,
l'inquinamento, la caccia e la pesca selvaggi.Le parole magiche per cercare di
invertire la pericolosa china sono sviluppo sostenibile e consapevolezza. In
altre parole, trovare la strada giusta per far fronte alle esigenze dell'essere
umano senza compromettere il delicato equilibrio di madre terra e, dunque,
preservare al meglio il pianeta per le future generazioni. L'attuale tema sarà
al centro domani alle 17, alla biblioteca Quarantotti Gambini, del nuovo
appuntamento di "Bibliotechiamoci" - gli incontri mensili promossi dalla
biblioteca in collaborazione con Coop Alleanza 3.0 - per un rendez-vous tra
letture e laboratori per bambini (dai 4 anni), ragazzi e adulti in compagnia
delle animatrici della Coop Alleanza. Durante l'incontro "Mari e monti" (con
ingresso libero e senza prenotazione) stimolato dalla lettura di un brano ad
hoc, si parlerà di foreste, barriere coralline, deserti, torbiere e territori
sotterranei, tutti habitat messi in sofferenza dalla scarsa attenzione alla loro
salvaguardia da parte dell'uomo. Il calendario di "Bibliotechiamoci" è
pubblicato sul sito www.bibliotecaquarantottigambini.it.
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 LUGLIO 2018
Campo Marzio futuro "hub" per il turismo via rotaia
Il patto con Rfi e Fondazione Fs riconosce la gestione al team storico di
volontari - Sulla stazione-museo faranno rotta treni di visitatori da Fvg,
Slovenia e Austria
La stazione di Campo Marzio sta finalmente per rinascere. A sancirlo è la
collaborazione rafforzata ieri tra Regione e Fondazione Ferrovie dello Stato,
con lo scopo di ristrutturare l'intero scalo e trasformarlo in un polo di
respiro internazionale. In tale ottica sempre ieri è stata firmata una
convenzione tra Rete ferroviaria italiana, Fondazione Fs e i volontari che negli
anni hanno gestito lo spazio espositivo: questi ultimi si sono così visti
riconoscere ufficialmente il loro lavoro. Per la rinascita di Campo Marzio i
primi contatti tra Fondazione Fs, Regione Fvg e Comune risalgono al 2016, dopo
che per una decina d'anni le sorti dell'ex capolinea Sud della linea Transalpina
austroungarica erano rimaste incerte. Inaugurato nel 1906, il terminale di
origine asburgica aveva chiuso i battenti nel 1958. Nel 1984 fu adibito a museo,
gestito su base volontaria da una sezione del Dopolavoro ferroviario. Nel 2012
fu sollevato dalle cronache nazionali il caso del rischiato sfratto dei
volontari, da parte di Trenitalia. Oggi è finalmente noto il progetto di
riqualificazione dell'area: diventerà, negli intenti della Fondazione Fs, un
vero e proprio «hub ferroviario», che metterà in comunicazione Trieste con
l'intera regione da un lato e l'Europa centro-orientale dall'altro, in testa
Slovenia e Austria, tramite una rete di treni turistici. L'opera di
ristrutturazione comprenderà il ripristino della copertura vetrata dei binari,
nonché l'apertura di un ristorante, di un albergo e di altri esercizi a servizio
del turismo. Il completamento dei lavori della prima ala della stazione - quella
che si affaccia su via Giulio Cesare - è previsto entro il 2019. Contestualmente
sarà riattivato lo storico treno Rondò di Trieste, un «unicum in Europa, che
toccherà le due stazioni della città con un giro tra Carso e Miramare», ha detto
il direttore della Fondazione Luigi Francesco Cantamessa in occasione della
firma della convenzione con i volontari. Quando terminerà il restauro del Museo
ferroviario di Campo Marzio, avviato esattamente un anno fa, a gestirlo saranno
pertanto i volontari che «in tempi non sospetti - ha detto Cantamessa - hanno
saputo tenere in vita questo tesoro grazie al loro lavoro». Proprio in funzione
della futura gestione del museo ieri, nel Palazzo della Regione è stata così
siglata la convenzione tra Rete ferroviaria italiana, Fondazione Fs e
l'associazione che sarà ribattezzata "dei volontari della stazione-museo". Le
firme sono state apposte alla presenza del governatore Massimiliano Fedriga, che
ha fatto da garante. L'investimento complessivo su Campo Marzio ammonta a «18
milioni di euro - ha dichiarato Fedriga - di cui cinque sono già stanziati dalla
Regione, cinque sono a carico dei privati. Altri otto dovranno essere finanziati
dalle istituzioni europee, dal governo e dalle stesse Fs per quella che sarà la
prima stazione-museo d'Italia». Fedriga ha evidenziato la portata internazionale
del progetto, in virtù della quale si cercherà «un coinvolgimento a livello
nazionale ed europeo». Trieste peraltro non è l'unico destinatario degli
investimenti in Friuli Venezia Giulia: di recente, per iniziativa della stessa
Fondazione Fs, è stata riattivata la storica linea "Pedemontana del Friuli" tra
Sacile e Gemona.
Lilli Goriup
Cantamessa «Chi ama esplorare lontano dalla massa è il
nostro target»
«Il target cui ci rivolgiamo è quello del turista colto che alimenta le
agroeconomie locali e visita i musei». Lo ha affermato il direttore della
Fondazione Fs Luigi Francesco Cantamessa: «L'obiettivo è quello di valorizzare i
luoghi non toccati dal turismo di massa, attraverso modalità rispettose
dell'ambiente e dei sapori. Il territorio ne riceve in cambio ricchezza, non
solo economica ma anche di permeazione tra la visita e la bella provincia
italiana, ancora troppo poco conosciuta. Quando la nostra Fondazione ha rilevato
l'attività, quattro anni fa, in Italia i turisti su rotaia erano settemila:
quest'anno siamo arrivati a 70 mila e ci prefiggiamo di giungere a quota 100
mila. In Fvg i primi treni della rinnovata Gemona-Sacile sono andati subito in
overbooking, con numeri vicini solo a quelli nella Valle dei templi di
Agrigento».
Aumentano cemento e asfalto - Così cambia il volto
dell'Italia
Dossier dell'Ispra: il consumo di suolo cresce in 15 regioni del 5%, in
Lombardia e Veneto +13%
I ricercatori: scoraggiare la trasformazione di interventi di costruzione
provvisori in definitivi
IN 5 PUNTI - Alfredo De Girolamo Il Rapporto di Ispra - l'Istituto Superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale del ministero dell'Ambiente - sul
consumo di suolo (dati 2017) contiene una novità importante: i ricercatori da
quest'anno valutano il saldo fra superfici "consumate" con nuova edificazione e
superfici "naturalizzate", cioè aree temporaneamente impermeabilizzate ma poi
restituite alla condizione naturale. Risultato: 54 chilometri quadrati di nuovo
asfalto e cemento, 2 chilometri quadrati rinaturalizzati, per un consumo medio
di 52 chilometri quadrati nel 2017. Si tratta di una novità importante per due
motivi. Primo perché la riduzione totale di suolo consumato in Italia sarà
raggiungibile solo se si riduce il costruito. Impossibile, infatti, pensare che
non si costruisca più niente. Secondo perché una parte importante del consumo di
suolo già oggi è "provvisorio" (cantieri, aree di servizio per opere) e queste
superfici possono essere riportate a condizioni naturali una volta svolta la
loro funzione, invece di "approfittarne" per una edificazione definitiva.1 Più
asfalto e cemento Nel complesso il Rapporto indica per il 2017 un ulteriore
aumento del suolo consumato, se pur di poco: 5.400 ettari in più, (23.010 km
quadrati nel 2016, 23.062 nel 2017) pari a un aumento del suolo nazionale totale
dello 0,23% in un anno. Ormai la media nazionale si attesta sul 7,75% di suolo
consumato sul totale del territorio (era 7,73% nel 2016). Il dato storico più
significativo che colpisce maggiormente è l'aumento del 180% di consumo di suolo
dagli anni '50 a oggi. 2 Record in Lombardia Per quanto concerne le regioni, il
consumo del suolo cresce in ben 15 regioni italiane di oltre il 5%, con punte
del 13% in Lombardia e del 12,35% in Veneto mentre la Campania con il 10,36% è
la prima regione del Mezzogiorno. I maggiori incrementi si verificano invece in
Veneto (1.134 ettari consumati in più), Lombardia (603 ettari) ed Emilia-Romagna
(456 ettari), con la Puglia (409 ettari) quale regione del Sud del Paese dove si
sono consumati nell'ultimo anno più ettari di suolo. 3Le aree a rischio Su scala
locale, l'aumento è particolarmente concentrato nella Pianura Padana e nelle
regioni del Nord-Est, inclusa la provincia di Bolzano, ma riguarda anche aree
del Lazio. Fortunatamente modesto il contributo degli aumenti di consumo di
suolo sulle aree a rischio idrogeologico e sismico. Un aumento sicuramente
legato alla ripresa del ciclo economico a indicare la mancanza del famoso
disaccoppiamento fra Pil e cementificazione. Ma il dato alla fine non è troppo
negativo: l'incremento è modesto (difficile pensare a incrementi 0) e
prevalentemente composto da opere "transitorie" pari al 62,8% della nuova
cementificazione. In assoluto, la provincia di Roma oltrepassa la soglia dei
70.000 ettari di suolo consumato, seguita da Torino (60.000 ettari). Tra i 40 e
i 45.000 ettari si attestano le province di Verona, Treviso, Padova e Lecce. Tra
i capoluoghi, guidano la classifica di superficie consumata Roma, Milano e
Torino. 4 Cosa si deve fare L'indicazione che viene dai ricercatori quindi è
quella di scoraggiare la trasformazione di interventi provvisori in definitivi,
offrendo così una prospettiva puntuale più corrispondente alla realtà grazie a
una legenda di ben 20 voci anziché le sole due (suolo consumato e non consumato)
utilizzate fino al 2016. 5 Quanto costa Il Rapporto infine ci consegna anche due
stime economiche sui danni provocati dal consumo di suolo, ovvero la perdita di
capitale naturale (valore compreso fra 0,9 e 1,7 miliardi di euro) e la
riduzione dei servizi ecosistemici che il capitale naturale garantisce (valore
fra 1,656 e 2,128 miliardi di euro).
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 LUGLIO 2018
Fiume, sarà risanato il pozzo nero a Sovjak
Discarica di rifiuti industriali tossici attiva fino al 1990. La bonifica
costerà 51 milioni di euro: l'85% dei fondi erogati dall'Ue
FIUME - Il pozzo nero di Sovjak, bomba ecologica a pochi chilometri di
distanza da Fiume, diventerà finalmente uno sgradito ricordo. Per essere
definito tale serviranno però alcuni anni: il progetto di risanamento sarà
portato a compimento nel 2023. Intanto nel comune di Viskovo, di cui fa parte
questa specie di "laghetto artificiale", sono stati firmati tre contratti che
daranno il via ai lavori di neutralizzazione del pozzo nero: i documenti sono
stati sottoscritti dal ministro croato dell'Ambiente Tomislav Coric, dai
responsabili del Fondo nazionale per la Salvaguardia dell'ambiente e
l'efficienza energetica e dalla sindaca di Viskovo, Sanja Udovic. L'opera di
risanamento - attesa da decenni - permetterà la fruizione a fondo perduto di
mezzi assegnati dall'Unione europea per far fronte al pericolo scaturito dalla
presenza della discarica su un terreno carsico e dunque poroso. Progetto oneroso
- Il progetto di risanamento comporterà investimenti per un totale di 377
milioni e 168 mila kune, circa 51 milioni di euro. Da Bruxelles arriveranno a
fondo perduto 320 milioni e 593 mila kune (43,4 milioni di euro). In pratica
l'Europa comunitaria coprirà l'85% del costo, mentre il resto arriverà dal
citato Fondo nazionale. In questo momento si sta predisponendo la gara
d'appalto: all'esecutore del risanamento spetterà anche provvedere alla stesura
del progetto. «I lavori di bonifica - ha affermato il ministro Coric -
dovrebbero cominciare alla fine del 2019 o al più tardi agli inizi del 2020.
L'intera opera di risanamento durerà circa 56 mesi, di cui 22 saranno dedicati
alla rimozione dei rifiuti dal pozzo. Entro la fine del 2023 il risanamento di
questa zona un paio di chilometri a nordovest di Fiume dovrebbe diventare
realtà». La sindaca Udovic ha sottolineato come la bonifica del pozzo non sarà
un'operazione facile (a meno di 100 metri dal pozzo vive un'ottantina di
persone) e durerà anni, ma alla fine disinnescherà una bomba ambientale che solo
per puro caso non ha sinora inquinato gravemente le falde imbrifere. Il pozzo
contiene circa 150 mila metri cubi di residui di idrocarburi e catrame tenero,
che furono scaricati nei pressi di Viskovo per decenni. Discarica nata nel 1956
- Per la precisione, questa pericolosa discarica nacque nel 1956, e i rifiuti
che vi vennero scaricati fino al 1990, anno in cui entrò in vigore il divieto di
ulteriore versamento di materiale tossico industriale. Per 34 anni a Sovjak
furono gettate migliaia di tonnellate di rifiuti liquidi e solidi, arrivate
dalla Raffineria dell'Ina di Fiume, dall'allora cokeria di Buccari e dal
cantiere navale fiumano Tre Maggio.
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 LUGLIO 2018
Yacht affonda, 200 litri di gasolio in mare
Monfalcone: Protezione civile e vigili del fuoco in azione per contenere
la dispersione di inquinanti dalla barca di uno sloveno
MONFALCONE - Stava serenamente cenando con la famiglia, ancorato con lo
yacht al marina Lepanto. A un certo punto, gettando lo sguardo oltre il piatto,
lo sloveno N. J. s'è accorto che lo scafo - uno yacht di 11 metri modello
Excalibur - stava imbarcando acqua. Lì per lì ha pensato si trattasse di un
piccolo inconveniente. Ma quando, armato di secchio, il 41enne s'è persuaso di
non riuscire a contenere l'invasione ha in fretta e furia fatto scendere moglie
e figlia, allertando il personale del marina, in cerca d'aiuto. È così scattata
un'imponente operazione di messa in sicurezza delle acque interne, sulle quali
si è riversata un'ingente mole di idrocarburi: circa 200 litri (la capacità del
serbatoio) stando alle prime stime. Regia affidata alla competente Polizia
locale. Una maratona che si è protratta da venerdì alle 21, quando cioè è stato
lanciato l'allarme, fino a ieri sera, con in prima linea i volontari della
Protezione civile, distintisi per professionalità, assieme ai vigili del fuoco
di Monfalcone e ai colleghi del nucleo sommozzatori giunto da Trieste. Sul campo
anche Arpa, che ha svolto le indagini assieme ai vigili e Guardia costiera, per
le verifiche su eventuali danni riportati nelle aree marittime demaniali, anche
se al termine della giornata di ieri la Capitaneria ha escluso «presenza di
iridescenze» e dunque sversamenti di gasolio in mare. Una buona notizia: salvo
il prossimo allevamento di orate sul canale Est-Ovest. Fortunatamente gli
idrocarburi, infatti, sono rimasti circoscritti alle acque interne, di
competenza comunale. Merito soprattutto della tempestiva stesura di una miriade
di panne galleggianti assorbenti sugli specchi acquei, che ha contenuto a pelo
d'acqua il gasolio, evitando così l'ulteriore dispersione di prodotto
inquinante. La chiazza è stata dunque subito circoscritta e assorbita, in
seguito raccolta in una cisterna, mentre lo yacht stava ancora colando a picco.
Anche il recupero della barca - lo scafo è stato sollevato nel pomeriggio con
degli speciali palloni galleggianti - è stato impegnativo e ha richiesto diverse
ore. Circostanza che farà lievitare le spese a carico del proprietario
dell'undici metri, lo sloveno N. J. : oltre agli oneri per la pulizia e
smaltimento delle barriere apposte e in dotazione della Protezione civile (il
sindaco Anna Cisint ieri ha espresso «lodi per l'apparato messo in campo dai
volontari, rimasti tutta la notte a presidiare»), anche il conto dell'estrazione
dell'imbarcazione dall'acqua. Lo yacht è stato quindi sottoposto a sequestro
penale al marina Lepanto, a disposizione del sostituto procuratore Valentina
Bossi per le indagini atte a individuare eventuali responsabilità. Tutta ancora
da chiarire, infatti, la causa dello sversamento. L'ultima operazione compiuta
venerdì dal timoniere è stata il caricamento dell'acqua ai fini dell'utilizzo
interno. -
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - SABATO, 14 LUGLIO 2018
Torna il servizio di "Park&Bus" - Sosta gratuita e poi la navetta - IL SERVIZIO PER I 3 CONCERTI
Oltre all'area di Porto vecchio i parcheggi a
disposizione saranno in piazzale Cagni, a Opicina, in via Carli e infine
piazzale delle Puglie
Trieste Trasporti, in collaborazione con il Comune ed Esatto, ripropone il
servizio di Park&Bus, che nelle tre giornate dei grandi concerti consentirà di
parcheggiare l'automobile in alcune aree riservate all'iniziativa, e di
raggiungere gratuitamente il centro con i mezzi pubblici. Un invito sottolineato
anche nei giorni scorsi dal vicesindaco Paolo Polidori, per evitare code e
intasamenti nella zona di piazza Unità d'Italia, che vedrà arrivare molti
appassionati da fuori città e dall'estero. Tanti saranno in auto e il
suggerimento fornito dal Comune è di fermarsi nei siti consigliati, per giungere
nella zona del concerto con il bus. Sarà possibile quindi lasciare il proprio
mezzo nei parcheggi di via Flavia (piazzale Cagni), quadrivio di Opicina (lato
Banne), piazzale 11 settembre a Barcola, park Sant'Andrea di via Carli e
piazzale delle Puglie a Chiarbola. Agli utenti sarà consegnato il ticket che
potrà essere utilizzato fino alla mezzanotte, sulle linee 1, 2/, 4, 6, 8, 9, 19,
20, 21, 29, 30, 36, A, B e C. il prezzo del biglietto sarà a carico di Trieste
Trasporti. Nella giornata del concerto degli Iron Maiden, si potrà anche
lasciare l'auto in Porto Vecchio, come annunciato ieri nel corso della
conferenza stampa dedicata alle manifestazioni. Sara un'area gratuita per la
sosta, ma probabilmente si riempirà in tempi molto rapidi, meglio quindi
utilizzare le altre soluzioni indicate dalla Trieste Trasporti. Sempre il 17
luglio, alla luce del massiccio afflusso di fan in arrivo da tutta Italia e da
altri Paesi, saranno aggiunti anche treni speciali, per permettere a tutti di
rientrare in sicurezza al termine dell'evento. Quattro saranno le corse speciali
notturne, che partiranno dalla Stazione Centrale di Trieste con due treni sulla
tratta Trieste - Portogruaro (via Cervignano-Aquileia-Grado alle 00.40 e all'1),
uno sulla tratta Trieste - Sacile (via Udine alle 00.50) e uno sulla tratta
Trieste - Udine (con partenza all'1.10). L'elenco di tutte le fermate e degli
orari di arrivo è disponibile su www.azalea.it, nella sezione dedicata al
concerto degli Iron Maiden. I biglietti per i treni straordinari, istituiti
grazie alla collaborazione con Trenitalia Spa, sono regolarmente in vendita sui
circuiti di Trenitalia. Sempre sul sito di Azalea è possibile anche scorrere nel
dettaglio l'elenco di tutti gli oggetti che sono vietati all'interno del
perimetro destinato al pubblico durante gli eventi, da leggere con attenzione,
per evitare che zaini, borse, macchine fotografiche o altri strumenti possano
essere ritirati all'ingresso. È possibile scaricare dalla home page il
regolamento completo che disciplina "norme e comportamento sulla sicurezza".
MI. B. BY NC ND
IL PICCOLO - VENERDI', 13 LUGLIO 2018
Tolleranza zero verso i camion in transito nei centri
abitati
Giunta Fvg a fianco dei Comuni con l'assessore Pizzimenti: «Con le buone
o con le cattive i mezzi pesanti dovranno rispettare il Codice della strada»
TRIESTE - Pugno duro nei confronti degli autisti dei Tir che non rispettano
le regole, mettendo a repentaglio la sicurezza dei residenti e creando,
soprattutto d'estate, notevoli problematiche al traffico. Scatta la fase della
"tolleranza zero" nella zona a cavallo fra i Comuni di Monfalcone e Duino
Aurisina. È questo l'esito del primo incontro ufficiale allargato a tutte le
parti interessate, svoltosi ieri, sul tema del traffico pesante nell'area del
monfalconese, di San Giovanni del Timavo e di Sistiana, indetto dal Prefetto di
Trieste, Annapaola Porzio. A partecipare sono stati i rappresentanti della
Regione e delle amministrazioni comunali di Gorizia, Monfalcone, Doberdò e Duino
Aurisina, oltre agli esponenti della Prefettura di Gorizia. A dettare le linee
della risposta a questo comportamento «esasperante e inaccettabile», come lo ha
definito aprendo il suo intervento Daniela Pallotta, sindaco di Duino Aurisina,
è stato l'assessore regionale per le Infrastrutture e il territorio, Graziano
Pizzimenti. «Con le buone o con le cattive - ha detto con decisione - gli
autisti dei Tir e di tutti i mezzi pesanti che percorrono l'autostrada A4 o
comunque raggiungono la parte orientale del Friuli Venezia Giulia, dovranno
rispettare il Codice della strada. Non è possibile continuare con una situazione
che vede questi mezzi transitare negli abitati, violare le norme e mettere in
pericolo la vita dei residenti».Il primo provvedimento consisterà dunque nel
massiccio impiego delle forze dell'ordine nei punti nevralgici. Il problema,
com'è noto da tempo, è determinato dal fatto che per vari motivi questi "bisonti
della strada" non utilizzano l'autostrada e i suoi raccordi, soprattutto
all'altezza del Lisert. Molti, arrivando dalla valle del Vipacco e dovendo
entrare in Italia, invece di utilizzare l'autostrada, per risparmiare tempo e
chilometri imboccano la strada del "Vallone" e, all'altezza di San Giovanni di
Duino, trascurando una serie di regole, svoltano verso Sistiana e attraversano
l'abitato. «Abbiamo fatto uno studio molto accurato - ha precisato a questo
proposito Pallotta - e abbiamo registrato il passaggio di un centinaio di mezzi
pesanti al giorno. Una situazione che non siamo disposti a tollerare». Uno dei
primi accorgimenti sarà quello di coinvolgere le autorità slovene, affinché le
forze dell'ordine di oltre confine facciano rispettare le regole, impedendo ai
mezzi pesanti di imboccare la strada del Vallone. In una prospettiva più
lontana, i sindaci spingono anche per un'ulteriore provvedimento: spostare il
casello di fine autostrada dal Lisert all'area di San Pier d'Isonzo. Il Lisert è
considerato una sorta di imbuto. Posizionare il casello in un'area pianeggiante
permetterebbe di ampliare il numero delle uscite e invoglierebbe gli autisti a
rimanere sul raccordo.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 LUGLIO 2018
Falda inquinata dal benzene - Tensione fra Arvedi e
Regione
Siderurgica: «Fatto noto dal 2016». E chiede un sostegno economico al
pubblico - L'assessore all'Ambiente Scoccimarro: «Accordo solo se chiude l'area
a caldo»
Si preannuncia un braccio di ferro tra Gruppo Arvedi e Regione sulla
porzione di sottosuolo della Ferriera di Servola pesantemente contaminata da
benzene e altri idrocarburi. Area che una recente relazione dell'Arpa ha
invitato la proprietà a perimetrare entro tre mesi, per poter poi presentare in
altri tre mesi lo studio di progettazione del costoso intervento necessario ad
arginare un problema noto dal 2016 ma dalle dimensioni mai del tutto accertate.
L'azienda spiega in un comunicato che il «fatto è noto sin dal 2016 e segnalato
dalla stessa Siderurgica Triestina agli enti competenti». Arvedi ritiene
«singolare che vengano considerati "nuovi" fatti in realtà acclamati», che
l'impresa attribuisce alla presenza di «un vecchio serbatoio risalente alle
gestioni precedenti». Fatti che anche Arpa riconosce, ritenendo tuttavia che,
nei due anni trascorsi dal ritrovamento del cosiddetto hot spot, troppo poco sia
stato fatto dall'azienda per stimare le dimensioni del problema, inizialmente
sottovalutato nella sua estensione sotterranea. Da qui la decisione dell'Agenzia
di dare un ultimatum di sei mesi a Siderurgica Triestina per procedere alla fase
di progettazione. Questione di non poco conto, perché il materiale sotterraneo -
dove si misurano livelli di benzene cinquecento volte superiori a quelli di aree
non inquinate - dovrà essere rimosso e trasportato in appositi inceneritori
all'estero oppure "tombato", cioè lasciato dov'è ma all'interno di un
invalicabile sarcofago di cemento, che arresti quanto accade da decenni, ovvero
il contatto tra l'hot spot e il terreno circostante, in un'area prossima al
mare. Siderurgica Triestina spiega di aver «provveduto ad attivare in quel punto
della falda un sistema di pompaggio con barriera idraulica che impedisce il
rilascio a mare di sostanze, grazie al quale oggi non vi è alcun danno
ambientale», che l'Arpa tuttavia non esclude a priori nella relazione. Arvedi
cerca ora di trovare un accomodamento e il nodo è anzitutto economico. Nella sua
nota, l'azienda afferma che «al completamento delle ulteriori attività di
indagine tecnica, si rende disponibile per la realizzazione di eventuali
ulteriori attività di messa in sicurezza operativa (leggasi asportazione o
tombamento, ndr) da effettuarsi in collaborazione, anche economica, con la parte
pubblica deputata alla realizzazione del progetto di barrieramento fisico» a
mare, che riguarda il tratto di costa davanti allo stabilimento e che costerà
alle casse statali 40 milioni. La Regione replica tuttavia ad Arvedi spiegando
che l'unico modo di trovare una soluzione congiunta, anche e soprattutto sul
piano dell'impegno finanziario, è giungere a una revisione dell'accordo di
programma che porti alla chiusura dell'area a caldo. La risposta a Siderurgica
Triestina arriva dall'assessore all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, secondo cui «se
la proprietà è disposta a modificare l'accordo di programma, troverà la Regione
assolutamente disponibile a concordare una soluzione che accontenti le parti in
causa. Non credo che la soluzione sia quella di trasferire il problema sulla
parte pubblica: ricordo alla società che la rimozione della sorgente primaria di
contaminazione secondo l'accordo di programma del 2016 spetta proprio
all'imprenditore, che si è reso conto che la qualità e la quantità
dell'inquinante sono più estesi del previsto». Scoccimarro aggiunge che «se
dallo studio risulterà un intervento a carico della società, noi fin da ora
affermiamo di essere disposti a rivedere l'accordo di programma, ovviamente in
previsione della chiusura dell'area a caldo».
Diego D'Amelio
Cinque stelle - Ussai: «Su Servola solo inutili
proclami dal centrodestra»
Il centrodestra è uguale al centrosinistra. Il Movimento 5 stelle va
all'attacco della giunta Fedriga sul nodo Ferriera, accusandola di proseguire le
politiche del Pd. «Siamo stupiti - denuncia il consigliere regionale Andrea
Ussai - perché il Documento di economia e finanzia regionale parla di
"proseguire nell'attuazione degli accordi di programma già stipulati"». Ussai si
domanda «dov'è la discontinuità proclamata sia alla popolazione sia a mezzo
stampa. È finito il tempo dei proclami ed è iniziata l'ora di compiere atti
concreti per la revisione dell'accordo di programma e dell'Aia, per arrivare nel
più breve tempo possibile alla chiusura dell'area a caldo, come la giunta si è
impegnata a fare».
Il laminatoio "assume" - Altri ingressi in organico -
otto posti entro agosto
Oltre venti assunti nelle ultime settimane. È questo il bilancio
occupazionale parziale dell'area a freddo della Ferriera di Servola, come
comunicato ieri in una nota dal Gruppo Arvedi. «A oggi nel nuovo reparto
propedeutico alla rilaminazione a freddo - comunica la società - sono state
assunte nelle ultime settimane oltre venti persone ed è previsto l'inserimento
di ulteriori otto operativi entro inizio agosto». Reclutamenti sono già
stabiliti anche per il prossimo futuro: «Sono previste inoltre ulteriori risorse
tecniche dedicate al controllo processo in cokeria», precisa il comunicato,
aggiungendo l'annuncio di ulteriori ingressi in azienda finalizzati al controllo
qualità della laminazione. In merito al nuovo reparto a freddo, il Gruppo Arvedi
sta al momento ultimando l'installazione dell'impianto di decapaggio, deputato
alle operazioni chimiche che servono a rimuovere lo strato di ossido, ruggine o
altri contaminanti presenti nella parte superficiale del metallo, rendendone la
superficie porosa e dunque pronta a legarsi saldamente a un secondo strato
metallico. La proprietà spiega che «sono iniziate da alcuni giorni le operazioni
di avviamento impianto che comprendono i test sulle sequenze automatiche e
l'ottimizzazione del sistema di alimentazione delle vasche di trattamento».
Partita inoltre la formazione del personale neoassunto, che sarà addestrato per
alcune settimane presso un analogo impianto già al lavoro presso lo stabilimento
che Arvedi possiede a Cremona, dove i dipendenti apprenderanno le competenze
necessarie da utilizzare poi a Trieste.
Prosegue il processo sulla nuova struttura - prossima
udienza a novembre
Continua con procedimento ordinario la vicenda giudiziaria relativa alla
costruzione del laminatoio della Ferriera, scaturita da un esposto del 2015
dell'ex senatore Lorenzo Battista. Il quale contesta la validità delle procedure
e delle autorizzazioni per la realizzazione della struttura. Cinque le persone
chiamate in causa dal pm Antonio Miggiani: Francesco Rosato, ex ad dello
stabilimento, Giovanni Arvedi, proprietario di Siderurgica Triestina, Andrea
Landini, già ad e presidente dell'azienda, Umberto Facchinetti, rappresentante
della ditta esecutrice dei lavori del capannone, la Ferretti International srl
di Dalmine, e Daniele Agapito, consulente non diretto dell'azienda. Ieri il
giudice Camillo Poillucci ha rigettato la richiesta da parte dei difensori che
sostenevano la mancanza di procedibilità. Poillucci infatti necessita ancora dei
documenti sulla conformità del laminatoio da presentare nella prossima udienza
che si terrà il 28 novembre. In questo processo parti offese sono Regione,
Comune, Provincia e i ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti e
dell'Ambiente. Nessuno di questi risulta essersi costituito parte civile e i
termini per procedere ormai sono scaduti.
Benedetta Moro
Fauna ittica, mare sempre più povero
Su base annua il pescato ha subito una flessione del 2%. In diminuzione
anche il numero delle imbarcazioni
FIUME - Meno pesci in Croazia. E anche meno pescatori. Il continuo calo dei
prodotti ittici prelevati dalle acque croate dell'Adriatico, già segnalato da
qualche anno, è stato confermato anche per il 2017.L'impoverimento, a seguito di
una pesca praticata per troppo tempo in maniera non sostenibile, è stato
registrato dall'Ufficio statistico nazionale: l'anno scorso sono state pescate
infatti 83.318 tonnellate di pesci, molluschi e crostacei, per un calo su base
annua del 2%. Nella cifra sono compresi anche i pesci d'allevamento. Scendendo
nei dettagli, lo scorso anno la gran parte del pescato ha riguardato come sempre
l'azzurro, con 63.173 tonnellate, alle quali vanno aggiunte le 2.162 tonnellate
di azzurro allevato (tonni). Rispetto all'azzurro pescato nel 2016, la flessione
è del 4,4%, a causa soprattutto della minore presenza di sardelle. I pescatori
"pro" sono riusciti a prenderne 48.420 tonnellate, quantitativo pari al 10,2% in
meno su paragone annuo. Vengono dunque confermate le valutazioni degli esperti,
secondo i quali la biomassa di questa specie si è ridotta drasticamente nei
confronti di qualche decennio fa. Ed è probabile a questo punto che il ministero
croato dell'Agricoltura e pesca introduca almeno un fermo biologico in più
rispetto ai due praticati ogni anno, in inverno e primavera. Ci sono però delle
specie che hanno dimostrato di non risentire del calo generale di risorse fin
qui illustrato. Parliamo ad esempio delle acciughe, pescate nella misura di
10.883 tonnellate, pari a un +33,9% rispetto al 2016. In aumento anche i
prelievi di naselli, triglie e sogliole. L'aumento del pescato, pari a 17,3
punti e per un totale di 1.083 tonnellate, ha riguardato anche i crostacei.
Citiamo le 200 tonnellate di scampi, le 876 tonnellate di gamberi e le 7
tonnellate di aragoste. Dall'altra parte, il 2017 ha registrato meno cefali,
calamari e totani. A raddrizzare parzialmente la situazione è stato il pesce
proveniente da impianti di maricoltura: in questo settore si è toccata quota
14.499 tonnellate, per un incremento di 10,7 punti su base annua in cui spicca
l'aumento di branzini. A non conosce crisi la pesca delle orate (+16,9%), sia
d'allevamento che non. Va segnalato che grazie al programma di rinuncia
permanente all'attività di pesca, supportato con fondi dell'Unione europea, è
diminuito del 15,2% rispetto al 2016 il numero di pescatori croati
professionisti, che nel 2017 erano 6.565. Di pari passo è stata registrata una
flessione del 2,4% per quanto riguarda il numero delle imbarcazioni da pesca.-
Andrea Marsanich
Dopo la grande puzza arrivano i rumori molesti - E c'è
chi accusa le navi - la lettera di protesta alle istituzioni
Prima, a più riprese, gli odori, e ora pure i rumori. Chi vive vicino, o per
lo meno non lontano in linea d'aria dal Porto, di questi tempi lamenta, in
determinati casi, un cosiddetto fastidiosissimo «inquinamento acustico». Un
fenomeno che, stando alle ricostruzioni di alcune delle persone che ne stanno
rimanendo vittima, sarebbe riconducibile ai generatori delle navi accese pure la
notte. «Inquinamento acustico notturno», che si presume appunto possa derivare
dalle navi del Porto, è in effetti il titolo di una lettera che un cittadino,
Alessandro Sancin, ha inviato a più autorità in questi giorni, facendosi
portavoce di un'inedita protesta: «Ho più volte segnalato nel corso delle scorse
settimane, a diverse autorità, insieme ad altri cittadini, la presenza di navi
con generatore acceso durante tutte le ore notturne, ormai la situazione si
protrae da almeno due settimane». Nelle scorse notti, in particolare, incalza
Sancin, «si è ripetuta la stessa situazione» e «alcuni amici e conoscenti nelle
diverse località della città mi confermano che si può trovare riscontro anche a
distanza. Da quello che mi riferiscono miei conoscenti, si riesce a sentire il
rumore del motore proveniente dal Molo VII fino in via Capodistria, in zona
Campanelle, a Rozzol, per non parlare di chi abita vicino alle Torri d'Europa».Il
portavoce delle lagnanze preme «affinché qualcuno si mobiliti per risolvere la
grave situazione di inquinamento acustico», restando in attesa di una risposta
da parte delle istituzioni. In quel di Venezia, per la cronaca, già alcuni anni
fa era stata emanata un'ordinanza della locale Autorità portuale per impedire,
in quel caso specifico, l'uso di amplificatori sonori esterni a bordo delle navi
da crociera dalle 24 alle 7 del mattina. Stesso orario che limita pure le
esercitazioni di sicurezza, che non si possono svolgere nelle fasce orarie
dedicate al riposo dei residenti, e cioè non solo di notte, ma anche dalle 13
alle 15. Analogo "vincolo" hanno le segnalazioni acustiche legate a problemi di
sicurezza o emergenza.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 LUGLIO 2018
I viticoltori tornano in pressing per rilanciare il
costone carsico
L'associazione dei produttori locali ricorda i crediti del territorio nel
caso Prosecco «Serve un piano con strade collegate a cremagliere per i mezzi da
coltivazione»
TRIESTE - Finché c'è Prosecco c'è speranza, titola un film dello scorso anno
nel quale il protagonista, interpretato da Giuseppe Battiston, tra filari e
bollicine, tenta goffamente di portare avanti difficili indagini tra dubbi e
questioni irrisolte. Parodia di quello che succede anche dalle nostre parti
dove, al celeberrimo vino con le bollicine abbiamo dato il nome in cambio, a
sentire i diretti interessati, di tante promesse rimaste sulla carta. Che a
inventarsi il Prosecco siano stati i veneti, i quali tra l'altro producono ben
500 milioni di bottiglie l'anno e sulla cui qualità si è discusso parecchio,
sono disposti ad ammetterlo anche all'Associazione viticoltori del Carso. È,
però, una verità oggettiva anche il fatto che l'operazione del Consorzio unico
(Veneto, Friuli e Trieste) abbia rappresentato un vantaggio, al momento, per i
primi due. E così ora i viticoltori "nostrani" tornano in pressing con Regione e
ministero per reclamare anzitutto, come "royalty", l'avvio di un vero piano di
recupero del costone carsico a fini produttivi. Ci sono alcuni motivi fondanti
per il recupero del costone carsico. Il primo è certamente il rilancio della
zona dal punto di vista vitivinicolo e quindi economico, basti pensare che prima
dello sviluppo del Porto franco, che dirottò gli interessi dei coltivatori verso
le attività marittime, tutta la zona era agricola, coltivata a terrazzamenti.
Poi c'è l'interesse turistico e paesaggistico, dato che ben il 67% dei turisti
di oggi dichiara di scegliere la zona di vacanza in base alle attrattive
enogastronomiche e, non da ultimo, l'interesse a preservare la zona, che oggi è
prevalentemente boschiva, dal punto di vista idrogeologico. «Il Consorzio del
Prosecco - dice Edi Bukavec, segretario della Kmecka Svesa, l'Associazione
viticoltori del Carso - è frutto di un protocollo firmato a Verona nel 2010 al
quale ci siamo subito opposti nel tentativo di spuntare le migliori condizioni
possibili per il nostro territorio, il Carso e il costone triestino. Di fatto,
però, le condizioni che abbiamo posto sono rimaste inascoltate, il protocollo è
scaduto nel 2016 e a trarne profitto sono stati da una parte i veneti che hanno
potuto circoscrivere la zona di produzione in cambio della concessione della
denominazione geografica Prosecco e dall'altra i friulani che hanno potuto
piantare oltre 3.500 nuovi viti di Glera». «Arrivati a questo punto - ancora il
segretario - pretendiamo che si studi un piano organico di recupero del costone,
che preveda la costruzione di strade, a monte e a valle, che potranno essere
collegate da cremagliere, per consentire la coltivazione con piccoli mezzi
meccanici. Nel contempo, vanno ripristinati i muretti a secco di contenimento.
Per agire con snellezza dal punto di vista burocratico, il Consorzio per la
bonifica giuliana è l'ente che potrebbe farsi carico dell'operazione».
Isabella Franco
Il consigliere regionale "Accordi da rispettare, ma ora la via migliore e' il dialogo coi veneti"
TRIESTE - Le condizioni che erano state poste all'epoca per la cessione del nome "Prosecco" erano la ristrutturazione del costone carsico, il finanziamento di un masterplan per lo sviluppo dell'area, la revisione dei vincoli idrogeologici, ambientali e urbanistici, lo sviluppo di iniziative promozionali e la creazione di un centro di riferimento, in Carso, del Prosecco. A che punto siamo? È stata costruita una delle due strade utili al recupero del costone ed è stata realizzata la Casa del prosecco, attualmente in comodato d'uso alla Camera di commercio. Recentemente la struttura ha beneficiato di 100 mila euro per gli arredi, oltre ai 400 mila precedenti, ma non è ben chiaro da chi e come saranno utilizzati. Briciole rispetto alle aspettative? Non ne è convinto Danilo Slokar, consigliere regionale della Lega e interlocutore "di peso" nei rapporti tra gli agricoltori del Carso, la giunta di Fedriga e quella di Zaia: «Quello che è certo è che gli accordi vanno rispettati. Se i nostri viticoltori si aspettavano di ricevere solo un tornaconto economico dall'operazione del Consorzio unico, tant'è che a un certo punto volevano una percentuale per ogni bottiglia venduta, sono fuori strada. La minoranza ha sempre vissuto di sussidi ma è anacronistico pensare che possa continuare così. Con i veneti che hanno costruito il prodotto Prosecco, l'unica via da percorrere è il dialogo, su cui, con buonsenso, si sta avviando l'assessore regionale Zannier, per trovare le soluzioni migliori che valorizzino l'area e il comparto».
L'ADDETTO AI LAVORI - Skerk: risorse da usare per
piantare altre vigne
TRIESTE - Voce fuori dal coro, pur facendo parte dell'Assoviticoltori, Sandi
Skerk ha investito fatica ed energie per realizzare un Prosecco che non ha
paragoni con quello dei i cugini veneti: «Di certo, fare una strada e un'enoteca
a Prosecco non erano priorità. Per competere sul mercato dobbiamo usare le
risorse per piantare vigne». Ha piantato dieci anni fa mezzo ettaro di Glera sul
costone proprio a Prosecco e ora può stappare le bottiglie delle prime due
annate. Al primo assaggio né il gusto né il colore farebbero pensare allo stesso
che viene usato anche per un banale aperitivo. Ne è diverso a partire dal colore
aranciato che deriva dal fatto che l'uva è raccolta, come prescrivono i vecchi
disciplinari, solo quando è ben matura («non a metà agosto come in Veneto»).
Dopo la macerazione, il vino viene invecchiato nel legno e la fermentazione è
compiuta con mosto dell'annata nuova.
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 LUGLIO 2018
Rapporto di Legambiente - Ecomafie, il fatturato tocca
quota 14 miliardi - Stretta sul bracconaggio
Roma - Il bracconaggio è un reato «odioso» che andrebbe «inserito nel codice
penale», entrando a «far parte dei reati contro l'ambiente». Il ministro
dell'Ambiente Sergio Costa non fa sconti e, parlando della volontà di fare un
«tagliando» alla legge sugli ecoreati, conferma la sua linea sul tema,
intervenendo alla presentazione del nuovo rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente.
Una fotografia dell'illegalità ambientale del nostro Paese da cui emerge che nel
2017 gli illeciti sono stati quasi 31 mila (30.692), in aumento del 18,6%
rispetto all'anno precedente. E il senso del messaggio del presidente della
Repubblica Sergio Mattarella punta alla difesa dell'ambiente per salvaguardare
il futuro: «Lo sfruttamento dei beni comuni, lo squilibrio, l'inquinamento sono
veri e propri delitti compiuti contro le generazioni di domani, e costituiscono
nell'oggi una violenza che comprime i diritti della persona. Il domani
eco-sostenibile, con una affermazione piena della legalità, è una grande impresa
civile. Laddove si attiva un circolo virtuoso di recupero, là vengono avversate
e sconfitte le mafie». Quello di Legambiente è uno spaccato dei veleni che
inquinano l'Italia al ritmo di 84 reati al giorno, 3,5 ogni ora: l'affaire
ecomafia riesce a far segnare un fatturato da 14,1 miliardi, in crescita del
9,4%, soprattutto grazie a illegalità nei rifiuti, nelle filiere agroalimentari
(37 mila reati; oltre un miliardo il valore dei sequestri) e nel racket animale.
Nell'anno passato viene registrato anche il record di arresti per crimini contro
l'ambiente e di inchieste sui traffici illegali di rifiuti. In testa per numero
di reati si conferma la Campania (4.382, il 14,6% del totale); seguono Sicilia
(3.178), Puglia (3.119), Calabria (2.809) e Lazio (2.684). In generale il 44%
degli eco-crimini è concentrato nelle Regioni a tradizionale presenza mafiosa.
Il settore dei rifiuti detiene la percentuale più alta di illeciti (24%): le
tonnellate di rifiuti sequestrate nell'ultimo anno e mezzo (1 gennaio 2017 - 31
maggio 2018) sono state più di 4,5 milioni, pari a una fila di 181 287 camion
per 2. 500 chilometri. I clan censiti da Legambiente che si spartiscono la torta
criminale sono 331. Preoccupano l'abusivismo edilizio (la media delle infrazioni
è di 10, 7 al giorno, 17 mila sono le nuove costruzioni illegali) e gli incendi,
inclusi quelli ai siti di stoccaggio per i quali Costa rilancia la volontà di
inserirli nel Piano di monitoraggio delle prefetture dedicato alle aree
sensibili.
FVG: DISPOSIZIONE DEL MINISTERO - La Forestale abbatte
le piante di mais Ogm di Giorgio Fidenato
PORDENONE - Otto anni dopo è tutto da rifare. Giorgio Fidenato sfida di
nuovo le istituzioni e semina piante mais Ogm, che, su disposizione del
ministero delle Politiche agricole, ieri sono state abbattute con l'invio degli
agenti del Corpo forestale regionale Fvg nei suoi poderi di Vivaro (Pordenone) e
Colloredo di Monte Albano (Udine), per circa 6mila metri quadrati. È però
cambiato l'obiettivo della crociata dell'imprenditore agricolo friulano,
considerato paladino nazionale degli organismi geneticamente modificati.
All'inizio era la normativa italiana, ora quella comunitaria, recentemente
riformata.«Ripartiamo con la semina e lo scopo è quello di avere la possibilità
di dimostrare come la direttiva europea che concede flessibilità agli Stati
membri sulla possibilità di coltivare Ogm non sia conforme ai trattati europei -
ha spiegato Fidenato - non riesco a capire perché il mio collega spagnolo può
seminare Ogm e io no, visto che facciamo tutti parte della Comunità europea». E
«visto quanto sta accadendo a nostro parere non ci son gli elementi per parlare
di un mercato comune e quindi sosteniamo che questa direttiva non sia legittima
dal punto di vista della Comunità europea». L'imprenditore agricolo in aprile
aveva inviato comunicazione anche al ministero sulle sue azioni e l'avvenuta
semina. Ma giorni fa è arrivato il decreto che stoppa l'ennesima battaglia pro
Ogm: trascorsi i 5 giorni concessi al proprietario dei terreni per abbattere le
piante in autonomia, ecco l'abbattimento. Fidenato è impegnato dal 2010 in una
guerra che lo ha visto protagonista su vari fronti giudiziari: di recente ha
anche ottenuto il riconoscimento dei propri diritti, ma relativamente alla
normativa nazionale precedente.
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 LUGLIO 2018
«Barcolana, un evento della città intera tutti nella
stessa barca per tutelare il mare»
Il presidente della Svbg Gialuz: «Stupito dalle polemiche sul manifesto -
Niente politica ma spirito comunitario di quello che è un vero festival»
Trieste - «La Barcolana è di tutta la città, non si schiera a destra o
sinistra. E con il 50esimo anniversario diverrà sempre più un evento a 360
gradi». Il presidente della Società velica Barcola Grignano Mitja Gialuz tira
dritto sulle polemiche sul manifesto di Marina Abramovich - «quando si coinvolge
un'artista della sua statura bisogna aspettarsi una dose di provocazione e
ironia» - e delinea lo spirito con cui verrà festeggiato il mezzo secolo di vita
della regata più grande al mondo. Gialuz, per Barcolana 50 avete organizzato una
duplice presentazione in grande stile. La prima si è svolta a Milano, in una
sede prestigiosa in via Monte Napoleone. La seconda in una sede istituzionale
ancor più pregnante: l'ambasciata d'Italia a Londra, presente l'ambasciatore.
Abbiamo parlato della Barcolana e tramite essa abbiamo promosso il territorio e
la città di Trieste. Il pubblico di Barcolana si è ampliato. Come crescere
ancora?Da anni lavoriamo per farne un evento a 360 gradi. Ormai è un vero
festival dedicato al mare, elemento che ha fondato lo sviluppo di Trieste nei
secoli. Usiamo tantissimi linguaggi: musica, teatro, letteratura, solidarietà.
Ma anche gli altri sport, come il nuoto. Sarebbe sbagliato ridurre la Barcolana
alla sola vela. Non a caso in questi giorni abbiamo lanciato un bando rivolto a
privati, enti e associazioni che vogliano proporre iniziative da mettere in
calendario. Arrivano proposte straordinarie. Quali sono le linee guida per il
50esimo?Seguiamo due filoni principali. Il primo, il posizionamento
internazionale. Nel 2017 siamo divenuti la regata più grande al mondo e ciò
comporta delle responsabilità. Anche il manifesto aveva questo scopo, dare un
messaggio semplice in una lingua internazionale. Poi ci torniamo. L'altra linea
guida?La celebrazione di 50 anni di storie di Barcolana, al plurale. Ci sarà la
Storia con la "s" maiuscola, quella dei vincitori e dei presidenti, ma anche le
storie dei tantissimi che hanno scritto pagine straordinarie della
manifestazione. C'è poi un sito, "C'ero anch'io", in cui tutti possono inviarci
foto delle loro Barcolane, non necessariamente in barca. Come siete arrivati al
manifesto di Abramovich? L'idea nasce da una proposta di Carlo Bach, direttore
creativo di Illy con cui lavoriamo da anni per portare il linguaggio dell'arte
nel contesto di Barcolana. Quest'anno volevamo dare un messaggio universale, per
il 50esimo: non potevamo limitarci all'autocelebrazione. Abbiamo pensato alla
tutela del mare e dell'ambiente. E quando Bach ha suggerito che fosse Abramovich
a realizzarlo sono saltato sulla sedia: una delle più note artiste del mondo, un
vero onore."Siamo tutti nella stessa barca" si riferiva all'ambiente, quindi?
Sì, abbiamo iniziato a lavorare a gennaio con quest'idea. Poi è pur sempre
Marina Abramovich: ha un suo simbolismo, un suo linguaggio provocatorio e una
sua ironia. Io l'ho interpretato come richiamo alla necessità di farci tutti
carico della salvaguardia del mare. La seconda linea interpretativa è legata
alla Barcolana e al suo spirito comunitario: tutti assieme alla linea di
partenza. Nessun riferimento alle scelte del governo, quindi? Allora eravamo
lontani dalle emergenze attuali. Sono stupito la si butti in politica. Il
messaggio è alto e universale. Non è di destra o sinistra perché la Barcolana
non si fa fazione, è l'evento di tutta la città. È in fondo pure il senso del
manifesto: prendere la bandiera che nel Novecento fu il simbolo della parte e
metterci un segnale universale, rivolto a tutti. Le reazioni dei cittadini?A
tanti piace, ad altri no. Moltissimi ci hanno scritto per acquistarlo, cosa mai
vista. Altri l'hanno preso come spunto per rielaborarlo, in modo critico o
ironico. Pubblicheremo le migliori elaborazioni. Nel futuro di Mitja Gialuz,
invece, cosa c'è? Il mio futuro lo vedo nell'organizzare Barcolana 50.
Garantisco che è una mole d'impegno più che sufficiente.
Giovanni Tomasin
GIÀ APERTE LE ISCRIZIONI - Dieci giorni di festa e il
14 ottobre lo start
TRIESTE - Scatterà domenica 14 ottobre lo start alla Barcolana edizione
2018, cinquant'anni dopo quell'ottobre del 1969 in cui poche decine di barche a
vela mollarono gli ormeggi in una giornata di vento da Sud per dare vita a una
regata fuori dagli schemi, aperta a tutti, organizzata a fine stagione la
seconda domenica di ottobre. Una regata nata in controtendenza alle regole dello
yachting per dare voce all'allora neonata Società Velica di Barcola e Grignano,
piccolo circolo nato pochi mesi prima, nel dicembre del '68. Da allora la
Barcolana è cresciuta: e quella del 14 ottobre sarà la conclusione di un
programma che partirà venerdì 5 ottobre per proporre dieci giorni di festa a
terra e in mare. Sono previsti infatti oltre 300 eventi tra vela, sport
acquatici, cultura, arte, attività sociali ed educative, tutte a tema mare.
Numerosi gli sfidanti già accreditati per la vittoria finale, con la presenza di
velisti da tutto il mondo, e immutato il campo di regata: 13 miglia lungo un
quadrilatero con partenza tra Barcola e Miramare e arrivo di fronte alla piazza
dell'Unità, il cuore di Trieste. Le iscrizioni online, sul sito
www.barcolana.it, sono già aperte. A disegnare la linea di partenza, arriverà in
occasione del cinquantenario la Pattuglia acrobatica dell'Aeronautica Militare:
mentre oltre duemila barche si prepareranno per la regata, la linea di partenza
si materializzerà in cielo, tra Barcola e Miramare, con un tricolore lungo oltre
tre chilometri. Per celebrare l'evento, Poste italiane emetterà invece un
francobollo. -
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 LUGLIO 2018
Porto vecchio stile Amburgo - Italia Nostra vara il
masterplan
Aggiornato il lavoro svolto nel 2013, frutto dell'ascolto di tecnici e
professionisti - Per la riqualificazione una spesa di 3 miliardi di euro e
cinque anni di lavori
Un ritorno al futuro per il Porto vecchio di Trieste, cioè a quel 1860 in
cui si sperimentavano nuove tecnologie e materiali costruttivi, così come oggi
dovrà coniugare cultura e scienza assieme a progettazioni ecocompatibili. Questa
la filosofia dietro al masterplan presentato ieri mattina nella sede di "Italia
Nostra", associazione di salvaguardia dei beni culturali, artistici e naturali,
il quale si concentra su un'impostazione scientifica, culturale e turistica, con
un fulcro sui giovani. Ispirato al modello del porto di Amburgo, esso si propone
come uno strumento direttorio proposto alle istituzioni, volto a accelerare
l'iter di riqualificazione e a offrire un percorso condiviso dalla società
civile e da associazioni attive nel distretto storico portuale. Si tratta di un
aggiornamento del masterplan del 2013, grazie al quale fu assegnato un fondo
ministeriale da 50 milioni, che tiene conto degli sviluppi più recenti del
contesto normativo, istituzionale ed economico-finanziario, ed è stato
sviluppato attraverso incontri tecnici pubblici e incontri settimanali di
approfondimento con professionisti ed esperti, membri dell'amministrazione
comunale e con la sezione di Italia Nostra di Bolzano. Secondo quanto previsto
dal masterplan, per i lavori sarà necessaria una spesa massima di 3 miliardi di
euro e una tempistica di 5 anni, se si lavorasse contemporaneamente su più
lotti, all'interno della quale uno degli interventi prioritari sarà la
realizzazione del centro congressi in vista di Esof 2020. Il piano prevede poi
che nella fase realizzativa i progettisti vengano affiancati da un team di
giovani professionisti, i quali quindi lavoreranno e abiteranno nel nuovo
distretto storico portuale, mentre per il futuro due magazzini verrebbero
destinati all'Harbour college, una foresteria per gli studenti universitari. Per
garantire la vitalità ventiquattr'ore su ventiquattro dell'area, sono stati
pensati degli spazi dedicati alla creazione di attività commerciali,
appartamenti per artisti e professionisti, un mercato del pesce e punti di
ristoro. E ancora, aree pedonali e verdi, una pista ciclabile e un percorso
ferro-tramviario per una mobilità sostenibile tra i magazzini. In merito a ciò,
l'assessore al Bilancio Giorgio Rossi ha dichiarato: «Sarà necessario azzeccare
l'intervento per non trasformare il porto in un cattedrale nel deserto».
«Progetti precisi che da domani saremmo pronti a realizzare», ha dichiarato
Antonella Caroli, presidente di Italia Nostra Trieste, definita dall'assessore
Rossi la «sacerdotessa del tempio del Porto vecchio», per l'impegno e la
passione sempre dimostrati nei confronti di questa tematica. «Non si arriva
dall'esterno della città con un piano - ha aggiunto Caroli, riferendosi ai
progetti della precedente amministrazione -, ma, come è stato fatto, serve una
consultazione costante coi professionisti locali». Un piano che, come precisa
sempre la presidente di Italia Nostra, potrà essere modificato per adattarsi
alle esigenze degli investitori e che, nel rispetto della dividente demaniale,
riguarda esclusivamente le aree di competenza comunale, che dovranno dialogare
con gli interventi e le destinazioni d'uso nell'ambito di pertinenza
dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico Orientale.
Simone Modugno
A Borruso il coordinamento scientifico
Il coordinamento scientifico del Masterplan 2018 è stato affidato a Giacomo Borruso, presidente dell'Interporto di Trieste, a Dirk Schubert dell'Hafencity University di Amburgo e al manager amburghese Thomas Kuhlmann. Al Masterplan ha lavorato un pool di esperti, tecnici e professionisti: Giovanni e Francesco Cervesi, Barbara Fornasir, Corrado Delben, Denis Zadnik e Claudio Visintini. Il documento è inoltre corredato da 42 tavole descrittive che sono state realizzate da Pierpaolo Ferrante, Marco Sette, Isabella Artioli, Sergio Fasano, Gianguido Salvi, Alessandro Tronchin.
Spunta la soluzione dell'ex Meccanografico per la sede
di Esatto
Sopralluogo di Dipiazza nell'edificio di fianco alla stazione di Campo
Marzio - Ma per ospitare gli uffici della società serve un investimento di
alcuni milioni
Uno dei più apprezzati feuilleton della letteratura amministrativa triestina
riguarda sicuramente il destino domiciliare di Esatto, la società comunale di
esazione temuta dall'intera cittadinanza in quanto sistematica produttrice di
bollette. Da tempo Esatto vorrebbe andarsene dalle sedi di piazza Sansovino e di
via d'Alviano, per risparmiare sugli affitti (ammontanti a circa 150 mila euro)
e per agevolare il mesto pellegrinaggio dell'utenza. Davanti alle diverse
gestioni societarie, legate alle varie coloriture giuntali, sono sfilate
numerose ipotesi, finora evaporate: a grande richiesta ricordiamo casa Francol,
il palazzo della Cassa di risparmio, lo stabile di via Fiamme Gialle (passeggio
Sant'Andrea), il pianterreno dell'edificio di corso Cavour dove sorgerà la
filiale urbana dell'Area di ricerca, il palazzo Galatti indimenticabile ospite
della dissolta Provincia. Adesso un sesta candidatura va a disegnare l'esagono
dei sogni: scende in campo l'ex Meccanografico, un'altra insigne testimonianza
dell'incompiutezza triestina. Una sorta di grande bunker malconcio, che, di
fianco alla stazione di Campo Marzio in via di restauro, fa un po' Beirut.
L'altro giorno una delegacja composta dal sindaco Roberto Dipiazza,
dall'assessore Maurizio Bucci, dal presidente di Esatto Andrea Polacco si è
recata in visita al manufatto che sorge davanti alla piscina terapeutica e al
Pedocìn. Lo stabile ha alle spalle una vasta collezione di amori mai
trasformatisi in unioni durature: ancora negli anni '90 le Ferrovie dello Stato
pensavano - appunto - a farne un centro meccanografico, a metà del primo
decennio Duemila il Comune lo comprò per renderlo un contenitore culturale
vocato alla divulgazione scientifica, i tentativi di Era non approdarono ad
alcunchè, Alinari venne dirottata al Bastione Fiorito, l'Immaginario Scientifico
è stato spostato al Magazzino 26 in Porto Vecchio. La giunta Dipiazza,
nell'elenco controfirmato dall'assessore Lorenzo Giorgi, inserì in un primo
tempo l'ex Meccanografico tra gli asset da vendere per fare cassa, salvo poi
rivedere la posizione e toglierlo dal piano delle alienazioni. La stima è
consistente a 4,6 milioni di euro, basata più sulle prospettive del sito che
sull'oggettivo valore dell'esistente: la trasformazione dell'area oggi occupata
dal Mercato ortofrutticolo, la costruzione del Parco del mare, la
riqualificazione della stazione di Campo Marzio aumentano - a giudizio del
Municipio proprietario - le quotazioni dell'ex Meccanografico. La zona è ambita,
la struttura si presta a una pluralità di destinazioni. Ma, se mai dovesse
ospitare Esatto che porta in dote quasi quaranta dipendenti e la necessità di
far accomodare la clientela, l'ex Meccanografico ha assoluta occorrenza di
essere risistemato con un investimento di alcuni milioni di euro. Il contratto
d'affitto, che consente a Esatto l'utilizzo dell'ex concessionaria auto di
piazza Sansovino, scadrà nel 2021, quindi il problema del trasloco non è
imminente. Però tempus ruit e, qualora ci sia da trasferirsi in sedi da
riconvertire, la preoccupazione di Esatto è di non arrivare all'appuntamento con
l'acqua alla gola. -
Massimo Greco
Restyling da mezzo milione sulla pista del Draghicchio
Ristrutturazione dello spazio dedicato all'atletica - Al momento è
disponibile un contributo straordinario della Regione Fvg
A Gregorio Draghicchio il Comune triestino glielo deve proprio: il campo in
via Amendola a Cologna, che porta il nome del ginnasta patriota, ha bisogno di
un'energica ripassata. L'idea della giunta, di cui si ebbe prima testimonianza
nel febbraio dello scorso anno in occasione di una manifestazione Fidal, è
quella di una riqualificazione generale del sito sportivo, ma, poiché i denari
non sono sufficienti, si partirà con l'intervento ritenuto prioritario, ovvero
il rifacimento della pista di atletica. Su questa impostazione convergono la
delibera, presentata dall'assessore ai Lavori Pubblici Elisa Lodi, e la
conseguente determina, firmata dalla dirigente Marina Cassin. L'atto giuntale
ricorda che la "redenzione" dell'impianto è stata inserita nei documenti di
bilancio con la previsione di spesa pari a 500 mila euro. L'opera è finanziata
con un contributo straordinario erogato dalla Regione Fvg, contributo che non
basta alla ristrutturazione complessiva. Va infatti ricordato che l'impianto -
gestito per una ventina d'anni dall'Uisp - consta anche di tre campi da tennis
coperti e di un percorso campestre, oltre ai servizi e al bar. Ragion per cui
330 mila euro verranno intanto concentrati sulla pista di atletica: via il
vecchio stato gommoso, fresatura del sottofondo con stesura di un nuovo stato
superficiale onde adeguare le pendenze di scolo provocate dalla pioggia, infine
posa a freddo del nuovo manto gommoso. Il tutto dovrà essere ri-omologato dalla
Federazione di atletica leggera (Fidal). Saranno inoltre rimesse a posto le
pedane per il lancio del giavellotto, la cordonatura perimetrale interna mobile
in alluminio. Il progetto ha ottenuto il "nulla osta" federale, con la specifica
che l'omologazione - come sopra riferito - riguarderà la pista. A stretto giro
di posta è arrivata la determina, che entra un po' più nel dettaglio operativo.
Verrà indetta una procedura negoziata, alla quale saranno invitate non meno di
15 imprese «qualificate». Gli uffici comunali si riservano di pescare anche
fuori dall'elenco delle aziende: evidentemente, stante la particolarità tecnica
dell'intervento, l'amministrazione preferisce ampliare quanto possibile il
novero dei realizzatori. Criterio per l'aggiudicazione sarà quello del minor
prezzo mediante il ribasso sull'importo a base di gara. L'intervento sul "Draghicchio"
è stato menzionato dall'assessore allo Sport Giorgio Rossi, in occasione della
presentazione dei lavori allo stadio Rocco. In quella circostanza l'esponente di
giuntale ha svolto una rapida rassegna dei principali progetti
dell'amministrazione in ambito sportivo, sottolineando in particolare lo sforzo
per chiudere il lungo cantiere del "Grezar" e metterlo finalmente a disposizione
dell'atletica triestina. Il recupero del "Draghicchio" consentirà di contare su
un'altra pista per l'agonismo.
Il Piano paesaggio della Regione taglia le gambe a casa
Francol
Non consente di edificare nella cosiddetta Umi 13 che è uno spazio libero
di fianco alla struttura - La verifica del Comune
Sembrava tutto bello, tutto possibile, poi all'improvviso il sinistro
balenìo della scure regionale rischia di immalinconire Comune e cordate
imprenditoriali affascinate dalla redenzione di casa Francol, l'antico edificio
che sorge in zona Urban alle spalle della cittadella amministrativa municipale.
Una consultazione preliminare di mercato, lanciata in febbraio dai Lavori
pubblici comunali, aveva raccolto cinque proposte per un progetto di
riqualificazione integrato che comprende casa Francol, l'ex parcheggio, via di
Crosada. La modalità avrebbe dovuto essere un project financing
pubblico-privato, dove il Comune appoggia 1,4 milioni di euro ancora rimontanti
dal vecchio eurofinanziamento Urban. Invece una novità, proveniente dalla
Regione autonoma Fvg, potrebbe spettinare la messa in piega: lo ricorda il
direttore Enrico Conte proprio nelle conclusioni pubblicate dal sito comunale,
laddove richiama l'entrata in vigore del Piano paesaggistico regionale dal 15
maggio. Piano che disciplina gli interventi edilizi e soprattutto incide su Umi
13.Ma cos'è Umi 13? Umi 13 è uno spazio libero a fianco di casa Francol, spazio
che per la disciplina urbanistica comunale è edificabile. Ma per il Piano
paesaggistico regionale probabilmente no, perlomeno per una buona parte. E tra
la pianificazione regionale e quella comunale prevale la prima. Quando il Comune
aveva deciso di monitorare il mercato alla cerca di alleati, il Piano
paesaggistico - cantierato durante l'esecutivo Serracchiani - era di là da
venire, quindi le cordate proponenti avevano tenuto conto della ghiotta
possibilità di costruire in zona Urban. Così l'Ati composta da Massimo Iesu,
Evelina Bette, Mauro Trani, Andrea Monticolo, Luca Foti, Gabriella Kropf. Così
Omnia costruzione (6-8 appartamenti più attività commerciali al pianoterra).
Così Calembour. Così Rosso (casa-ferie). Così l'hotel Urban (unità abitative
ammobiliate a uso turistico, dipendenza alberghiera).Ad accorgersi del "golpe"
regionale è stato, per competenza tematica, il prossimo direttore
dell'Urbanistica, Giulio Bernetti, che ha allertato il collega Conte. Adesso
bisogna verificare due cose: quanto il Piano limita la possibilità edificativa
di fianco a casa Francol e quanto la non lieta novella condiziona le cinque
proposte. Primo passo l'esame normativo: quindici giorni di tempo.
Ambientalisti di destra - La costola verde di Fdi approda in città
Approda a Trieste "Fare verde", associazione ambientalista fondata nel 1986 a Roma, sulla scia emotiva della tragedia nucleare di Chernobyl. Il sodalizio viene definito «costola di Fratelli d'Italia» dall'assessore regionale, Fabio Scoccimarro. Nel corso della conferenza di presentazione tenutasi ieri, il responsabile nazionale Francesco Greco ha evidenziato che «l'uomo non è al centro della natura, ma un elemento di essa. Siamo stati la prima associazione in Italia - ha aggiunto a titolo di esempio - a denunciare già vent'anni anni fa lo scempio della plastica abbandonata nel mare». Greco ha precisato che l'intenzione è «collaborare con le altre associazioni ambientaliste, per tutelare l'ambiente ma anche le tradizioni». Chiaro il riferimento a "Fare ambiente", realtà vicina a Forza Italia. All'appuntamento, cui hanno presenziato il coordinatore provinciale e consigliere regionale di Fdi, Claudio Giacomelli, e la sua vice Nicole Matteoni, è stato presentato Sergio Bisiani, ex esponente di Alleanza nazionale, che ricoprirà il ruolo di rappresentante locale di "Fare verde". «Siamo al palo - ha sottolineato Bisiani - per quanto riguarda la Ferriera, le discariche sul Carso e molte altre situazioni critiche. Dobbiamo recuperare un corretto rapporto col territorio, formando e informando i cittadini, portando i giovani a vivere un giusto rispetto nei confronti della natura. Io ho un'età e intendo mettere a disposizione la mia esperienza, perché dobbiamo cercare di salvare un mondo sfruttato e rovinato».
IL PICCOLO - SABATO, 7 LUGLIO 2018
«Rischi per il mare dalla Ferriera» - Arpa chiede
risposte entro sei mesi
Dossier rileva un'area inquinata di estensione imprevista - Nelle falde
benzene centinaia di volte oltre i limiti di legge
La caratterizzazione - L'intervento di bonifica previsto dall'Accordo di
programma si basa sul piano di caratterizzazione svolto quindici anni fa. Tutte
le misure successive poggiano sull'impegno finanziario congiunto del Gruppo
Arvedi e dello Stato. Gli interventi - La bonifica ha previsto, tra l'altro,
l'asportazione di grandi quantità di residui di produzione, la posa di
pavimentazioni per evitare nuovi contatti tra inquinanti e falda, la
realizzazione (allo studio) di una barriera tra terra e mare, in attesa della
quale un sistema di pompe lavora per ridurre l'inquinamento a mare. I piezometri
- Si tratta di sistemi per analizzare l'inquinamento del sottosuolo. Molti
carotaggi hanno riguardato "hot spot" di dimensioni limitate, ma l'Arpa denuncia
ora che uno di questi punti, individuato nel 2016, ha in realtà volumi molto
superiori al previsto, tanto da diventare "sorgente primaria di contaminazione".
Saranno necessari altri carotaggi per valutare le dimensioni esatte della zona.
Decine e decine di camion di terra impastata con catrame e idrocarburi. Sarà quanto il Gruppo Arvedi potrebbe dover scavare e rimuovere dal sottosuolo della Ferriera, per risolvere quanto lasciato in eredità dalle precedenti gestioni. L'allarme è lanciato da una relazione prodotta nei giorni scorsi dall'Arpa, in cui si solleva il caso di «un potenziale danno ambientale» riguardante «lo specchio acqueo portuale antistante lo stabilimento». Le analisi allegate al report individuano alte concentrazioni di inquinante in una zona compresa tra il parco fossile, la banchina e gli impianti di trattamento delle acque reflue dell'altoforno. Si tratta di catrame e idrocarburi, residui di produzione della cockeria, stivati decine di anni fa e per decine di anni riversatisi nel mare che si infiltra nel terreno. Un processo noto, che l'accordo di programma punta a interrompere realizzando una barriera fisica che costerà 40 milioni, interamente a carico dello Stato. La novità non è appunto l'esistenza di inquinanti nelle falde, nota dal 2006 e risolta da Arvedi in molti punti, ma il fatto che l'area è risultata essere molto più estesa di quanto previsto da Arpa: un volume largo e lungo alcune decine di metri, con un'altezza di tre, dunque non asportabile facilmente. Arpa fissa in sei mesi il tempo concesso all'azienda per procedere con le operazioni necessarie a perimetrare la zona e studiare le contromisure, che potrebbero andare dall'escavo alla scelta di "murare" i materiali dove sono ora. Questione delicata, considerato che le analisi sul punto più inquinato parlano di livelli di benzene cinquecento volte superiori al consentito e di idrocarburi policiclici aromatici trentacinque volte oltre le soglie limite. E l'inquinamento arriva in prossimità delle acque, dove i livelli di benzene sono da 8 a 250 volte il limite e quelli degli altri idrocarburi fino a venticinque volte sopra i tetti di guardia, a seconda del punto esaminato. Su richiesta del Comune, il nodo è stato inserito d'urgenza nell'ordine del giorno della conferenza dei servizi programmata il 17 a Roma e avente per argomento principale la copertura dei parchi minerali. E proprio su quest'ultimo aspetto, la Regione ha appena inviato una diffida ad Acciaierie Arvedi per non avere ancora provveduto a inviare il progetto esecutivo riguardante la realizzazione dei capannoni. L'assessore all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, spiega intanto di voler «richiedere che venga implementata la barriera idraulica», che grazie a sistemi di pompaggio limita il passaggio di inquinanti a mare in attesa dei barrieramenti fisici. Il governatore Massimiliano Fedriga rassicura: «Il dialogo con la proprietà e tutti gli altri soggetti può produrre risultati importanti. Occorre però che ognuno si faccia carico della propria quota di responsabilità, nei confronti di una comunità il cui credito di pazienza è agli sgoccioli». Da quanto trapela, tuttavia, i rapporti con la società sono freddi, perché Arvedi non ha gradito la scelta della Regione di incontrare prioritariamente i comitati anti Ferriera e ribadire a ruota l'intenzione di arrivare alla chiusura dell'area a caldo.
Diego D'Amelio
RIPRESA LA PRODUZIONE DI GHISA - Manutenzioni
archiviate e altoforno riacceso dopo lo stop di un mese
Mentre si avvicina la conferenza dei servizi convocata per trattare del
contenimento degli spolveramenti dai parchi minerali e dell'inquinamento delle
falde, la Ferriera riparte a produrre a pieno ritmo. Risale infatti all'inizio
della settimana la ripresa della produzione di ghisa, dopo l'annunciata fermata
di circa un mese. L'azienda comunica di aver «portato a termine la manutenzione
straordinaria dell'altoforno», che ha riguardato il rivestimento refrattario del
crogiolo del forno, arrivato ormai a fine vita. La fermata, spiega una nota
dell'azienda, «è stata utile anche per apportare significative migliorie alla
strumentazione di monitoraggio e automazione del processo produttivo, oltreché
di controllo dello stato termico. Oltre a ciò, sono stati sottoposti a revisione
gli impianti di aspirazione e depolverazione del processo ghisa e
agglomerazione». Poi la riaccensione del forno, «eseguita con modalità
innovative tali da minimizzare l'impatto ambientale e contenuta in tempi molto
brevi (meno di 48 ore), cosa che ha rappresentato un vero record a livello
internazionale».Il Gruppo Arvedi comunica inoltre di aver portato «in fase di
completamento i lavori di pavimentazione delle aree scoperte, con i relativi
impianti di raccolta e trattamento delle acque. A seguire, il piano di collaudo
certificherà il percorso di messa in sicurezza permanente del sito e di fatto la
bonifica dell'area di stabilimento che ricade nel perimetro del Sin», anche se
la nuova scoperta dell'Arpa riguardante l'inquinamento delle falde potrebbe
cambiare lo scenario.
Le prime quattro guide "a pedali" per visitare la città
in sella alla bici
Già in progetto attività e itinerari ad hoc come il tour "Sulle orme di
Cottur" - Percorso di abilitazione al traguardo in autunno
Scoprire le bellezze di Trieste e del territorio regionale pedalando
accompagnati da una guida. Quattro guide ciclo turistiche sportive saranno
operative a Trieste a partire dal prossimo anno. Mauro Merlach e Jessica Merlach
del Club 320 Mtb, e Massimiliano Zambiasi e Alex Kornfeind della Cottur, assieme
ad altri 10 appassionati di due ruote dal resto della regione, hanno da poco
terminato il corso di formazione, il settimo a livello nazionale, istituito
dalla Federazione ciclistica italiana. A settembre presenteranno un project work
e, a ruota, grazie ad un accordo tra la Regione e la Fci, attraverso una
commissione esaminatrice riceveranno l'abilitazione ad operare come guida ciclo
turistica. Ma chi è la guida ciclo turistica? Una figura in grado di orientare e
proporre attività ed itinerari ciclistici in relazione alle effettive capacità
individuali delle persone che accompagnerà. «I cicloturisti che arrivano a
Trieste lasciano poca economia sul nostro territorio, sono per lo più di
passaggio, così ho pensato che offrire un servizio in più può diventare un
valore aggiunto per trattenerli in città», spiega Kornfeind, destination
manager, che ha già messo a punto assieme a Zambiasi una delle proposte che dal
prossimo anno potrebbero attrarre appassionati delle due ruote. Si tratta del
tour "Sulle orme di Giordano Cottur", un giro in bici da corsa rivolto agli over
50, sia esperti sia neofiti, che intendono scoprire il Fvg percorrendo le strade
battute un tempo dal campione triestino e dai corridori del Giro d'Italia in
regione. Mare, Carso e il Collio come punti d'interesse principali con i
cicloturisti sempre accompagnati dalle guide. Partenza da Trieste, con una media
fra i 25 e i 35 chilometri orari. I dati di PromoTurismo Fvg raccontano di circa
13 mila cicloturisti all'anno a Trieste con un aumento complessivo nel 2017
intorno al 12-15% rispetto al 2016. Ci sono tre tipologie di cicloturisti.
«Quelli che arrivano in città e poi noleggiano la bici per scoprire il
territorio sulla due ruote - spiega Kornfeind -, quelli che invece arrivano con
la bici e altri che possono arrivare attratti proprio da un pacchetto turistico
studiato ad hoc: l'obiettivo è quello di gestire il cicloturismo come processo
di incoming». Uno spunto che potrebbe stimolare la nascita a Trieste di servizi
di noleggio di biciclette da corsa o mountain bike, da non confondere con quello
di bike sharing che ha in progetto il Comune e che invece propone bici da
passeggio.
Nutrie da eliminare senza esche o fucili - Muggia
"ammessa" alla sterilizzazione
Approvato dal Comune il piano richiesto dalle associazioni - Ok della
Regione ma solamente per la cittadina rivierasca
La declassificazione - Nel 2014 la legislazione nazionale ha declassato la
nutria da specie selvatica ad «animale infestante». Il piano regionale - Secondo
il dettato della legge regionale 20 dello scorso giugno, la giunta Fvg
interviene via delibera con un obiettivo chiaro: sterminare la specie con un
piano di durata triennale che autorizza l'eliminazione purché non avvenga
tramite il veleno. Il personale - Possono intervenire gli uomini del Corpo
forestale regionale, le guardie comunali con licenza di caccia, operatori anche
non cacciatori ma selezionati e addestrati dalle ex Province. Via libera anche
all'agricoltore proprietario o conduttore, «purché adeguatamente formato».
MUGGIA - Un nuovo e meno cruento metodo di eradicazione delle nutrie del Friuli Venezia Giulia sarà sperimentato a Muggia, con l'avallo della Regione.Il passo in avanti è stato compiuto ieri con la firma da parte dell'assessore all'Ambiente muggesano Laura Litteri del piano di eradicazione nonviolenta delle nutrie attraverso la sterilizzazione. Richiesto dall'associazione ambientalista Mujaveg e dall'Enpa e supportato anche da una petizione con oltre 600 firme consegnata lo scorso settembre all'ex presidente del Consiglio regionale Franco Iacop, il piano ha ricevuto a sorpresa anche l'ok da parte della stessa Regione, l'ente che inizialmente aveva invece progettato la cancellazione sistematica dei castorini. «Siamo contenti che la Regione abbia dato il proprio consenso a rivedere la metodologia da utilizzare per eradicare le nutrie. Ora siamo in attesa di un ultimo decisivo parere: personalmente sono ottimista», racconta il responsabile di Mujaveg Cristian Bacci. La proposta del piano era stata inviata inizialmente all'Ispra - l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - che di fatto si era dichiarato disponibile a valutare la congruità di un piano di gestione delle nutrie che contempli il ricorso alla sterilizzazione. La palla era poi passata alla Regione che ha dato il proprio parere positivo, fermo restando due condizioni: un nuovo ok dell'Ispra e l'assenso del Comune di Muggia. Per quanto concerne il Comune di Muggia il parere favorevole è arrivato proprio ieri. L'assessore Litteri si è sempre dichiarata favorevole ad una soluzione non cruenta. Diverse le motivazioni addotte dall'esponente del Partito democratico rivierasco, tra queste anche la caratteristica geografica del territorio muggesano: «Le nutrie della zona delle Noghere nascono in Slovenia e si spostano attraverso il rio Ospo. Si tratta quindi di un nucleo non isolato: anche riuscendo a rimuovere tutti gli animali della valle delle Noghere, questi verrebbero molto probabilmente rimpiazzati da quelli sloveni attraverso il corso d'acqua che mette in connessione i due nuclei. È praticamente impossibile riuscire ad eradicare le nutrie dal nostro territorio». L'ultimo (e decisivo) ok dovrà arrivare dall'Ispra: anche qui, almeno sulla carta, difficile ipotizzare una bocciatura del nuovo piano. «Entro il 2018, se non ci saranno brutte sorprese, credo che avremo tutte le carte in regola per iniziare la sterilizzazione delle nutrie muggesane. In questo contesto sarà poi estremamente importante il contributo e l'esperienza dell'Enpa», ha aggiunto Bacci. Da Muggia l'assessore Litteri ha spiegato l'iter: «Se tutto va bene inizieremo con il censimento, la successiva cattura degli animali, la sterilizzazione e il reinserimento in natura». Costo dell'operazione per la sterilizzazione? Gli stessi utilizzati per le colonie di gatti randagi: 32 euro per l'intervento sugli esemplari maschi, 60 per le femmine. Insomma, le nutrie muggesane, circa una trentina, paiono sì avere il destino segnato, ma l'estinzione dei castorini, animali storicamente estranei al Fvg ed importati dal Sud America, avverrà come richiesto da diverse associazioni ambientaliste, ossia «rispettando dei diritti che dovrebbero essere inviolabili, per tutti gli animali». Questo, almeno per quanto concerne l'area del Muggesano. Almeno per il momento non vi sono invece cambi di rotta per quanto concerne le diverse centinaia di nutrie presenti a Fossalon e dintorni. Esche alimentari come mele e granoturco e conseguente trappolaggio, seguito da metodo eutanasico, colpo di fucile oppure inserimento in contenitori ermetici con biossido di carbonio ad alta concentrazione il destino dei roditori gradesi.
Riccardo Tosques
«Interventi anche in Slovenia - Altrimenti operazione
inutile» - l'intervista
Le opinioni dell'esperto su come fronteggiare una specie alloctona che
arreca danni all'ecosistema, all'uomo e crea rischio idrogeologico
Muggia - «Fare la sterilizzazione delle nutrie muggesane? Eticamente una
barbarie, ma soprattutto un'azione inutile se questa non verrà applicata anche
agli animali nella vicina Slovenia». Il naturalista triestino Nicola Bressi
prende posizione sulla questione delle nutrie. È giusto preferire la
sterilizzazione alla morte cruenta? Lo scopo degli animali selvatici non è
invecchiare, ma diventare adulti per riuscire a riprodursi e vivere nel branco.
Quindi un animale selvatico sterilizzato viene violentemente privato per sempre
del suo unico scopo di vita. E gli individui sterilizzati vengono totalmente
emarginati dal branco. Le nutrie sono davvero un problema in Fvg? C'è qualche
negazionista in giro, ma i dati scientifici dicono che le nutrie recano danno
all'ecosistema, all'uomo e provocano rischio idrogeologico. Che danni compiono?
Lasciamo stare il problema degli argini dei corsi d'acqua. Pensiamo allo
sterminio che compiono ai danni delle uova degli uccelli acquatici, o ai canneti
in cui non vivono più diverse specie, come le libellule. Le nutrie sono degli
animali alloctoni che non appartengono al nostro ecosistema. Ma dopo tanti anni
che sono qui è corretto definire le nutrie una specie alloctona? Tutte le specie
portate dall'uomo sono alloctone. La nutria lo è, perdipiù di quelle dannose.
Esiste un censimento? È praticamente impossibile. Sono molto difficili da
contare, si muovono di notte, si rifugiano nelle tane. A Fossalon, Grado e
dintorni una sterilizzazione sarebbe comunque impossibile: sono centinaia e
centinaia. La sterilizzazione dunque non servirà a contenerne il numero? La
sterilizzazione a Muggia ha qualche probabilità di successo perché quello del
rio Ospo è un ambiente isolato e contenuto. Ma se non verrà fatta anche agli
animali nella parte slovena il lavoro sarà inutile. La nutria può essere
considerato un animale affettivo? Qualsiasi animale può diventare affettivo. In
Francia viene invece servita a tavola. Basta ricordare che non appartengono al
nostro ecosistema.
IL PICCOLO - VENERDI', 6 LUGLIO 2018
"Pendolari" dei rifiuti da Muggia a Trieste - Una
raffica di sanzioni
Tolleranza zero nei confronti di chi getta immondizia fuori dal proprio
comune per dribblare gli obblighi della differenziata. Già un centinaio di multe
da 200 euro
Telecamere mobili ed appostamenti ad hoc dei vigili urbani. Sono gli
strumenti messi in campo dal Comune di Trieste per inchiodare i sempre più
numerosi "pendolari" della spazzatura, cittadini residenti nei vicini territori
di Muggia e San Dorligo (realtà in cui come noto è partita la raccolta
differenziata porta a porta), che appunto, per semplificarsi la vita, evitano di
differenziare e buttano tutto nei cassonetti generici del capoluogo. Uno
scherzetto costato caro a molti di loro: un centinaio solo quelli "pizzicati" a
Borgo San Sergio, chiamati ora a sborsare la bella cifra di 200 euro di multa. A
far scattare la tolleranza zero nei confronti dei furbetti dell'immondizia sono
state le segnalazioni di alcuni addetti AcegasApsAmga. Gli operatori hanno
lamentato «un aumento esponenziale e anomalo della quantità di rifiuti nella
fascia di Borgo San Sergio». In via Edgardo Morpurgo e via Francesco Carletti i
cassonetti più gettonati. Peccato che portare i sacchetti con gli avanzi della
cena fuori dai propri confini comunali sia un illecito amministrativo. Chi si
comporta così, infatti, viola l'articolo 16 comma 18 del regolamento comunale di
Trieste per la gestione dei rifiuti urbani che recita testualmente: «È vietato
il conferimento al servizio pubblico di raccolta istituito dal Comune di Trieste
di rifiuti prodotti al di fuori del suo territorio e/o la cui gestione ricada
nella competenza di altri soggetti». «Ci siamo mossi perché è vietato conferire
rifiuti nel nostro Comune se non si è residenti qui. Esiste un regolamento da
rispettare perché l'aumento del numero dei rifiuti va poi ad influire sulla
bolletta dei cittadini triestini. La maggior parte dei casi delle sanzioni
elevate riguarda i cittadini muggesani, in misura minore a San Dorligo»,
racconta l'assessore alla Polizia Locale di Trieste Paolo Polidori. Sandy Klun,
sindaco di San Dorligo, ha accolto di buon grado le sanzioni: «Basta un po' di
buona volontà per fare la differenziata. Chi non lo fa, e per fortuna nel nostro
Comune è una piccolissima percentuale, non può farla franca portando i rifiuti
in altri comuni: giusta la sanzione comminata da Trieste». Severo il commento di
Piero Camber, capogruppo consigliare di Forza Italia, che si era mosso in
Consiglio per fare luce sulla questione: «Questi dati sono la dimostrazione del
fallimento della raccolta porta a porta che si sta facendo a Muggia e che si
riverbera sui loro vicini: auspico davvero che l'amministrazione comunale faccia
un passo indietro per il bene di tutti». Da Muggia arriva la replica
dell'assessore all'Igiene urbana Laura Litteri: «Quando si passa al sistema del
porta a porta, capita spesso di assistere ad episodi di trasfertismo dei
rifiuti. Si tratta di un fenomeno purtroppo consolidato, ma assolutamente di
transizione. Nonostante va sia l'obbligo per legge di arrivare al 65% di
raccolta di rifiuti differenziata, il Comune di Trieste non sta aderendo e non
aderirà nemmeno avendo l'inceneritore. Muggia ha scelto invece una soluzione
ambientalista. La grande maggioranza dei miei concittadini - conclude Litteri -
sta effettuando con successo la raccolta differenziata. Questo è il futuro.
Nessun passo indietro».
Riccardo Tosques
LA TESTIMONIANZA «Ma che senso ha essere punito se usi
un apposito cassonetto?»
Parla una delle "vittime" della stretta della polizia locale «Quella non
era la spazzatura della mia casa di Francovec Era di mio padre che sta in città»
«Nonostante non sia residente a Trieste, il 6 maggio, alle 18.35, è stata
filmata accanto alla sua automobile mentre conferiva una borsa di media, piccola
dimensione all'interno di un bidone della spazzatura in via Morpurgo davanti al
civico numero 2». Questo il contenuto della telefonata con cui la Polizia locale
di Trieste ha anticipato la sanzione a cui è stata sottoposta Cinzia Cavalli,
residente a Francovez, frazione del Comune di San Dorligo della Valle, una delle
cento persone multate dal Municipio triestino. «Quando mi hanno chiamata
inizialmente non ci potevo credere, perché io sono solita fare la raccolta
differenziata nel mio Comune. Poi in effetti ho ricordato che quel giorno avevo
gettato nell'immondizia un sacchetto di spazzatura appartenente a mio padre,
residente ad Altura, quindi a Trieste: direi che sono stata proprio sfortunata»,
racconta Cavalli, titolare del bed and breakfast Mikeze Jakeze, inserito proprio
nella bifamiliare dove Cinzia vive. «Seppur con mille problemi, mi sono adeguata
alla raccolta differenziata dei rifiuti in vigore già da qualche anno nel
territorio di San Dorligo della Valle. Mi chiedo però se ha senso multare una
persona che ha gettato la spazzatura in un bidone apposito, non certo
abbandonandole per strada», aggiunge perplessa Cavalli. Ad oggi la cittadina di
San Dorligo non ha ancora pagato la sanzione giuntale poi per posta: «Duecento
euro non sono proprio pochi. Una volta arrivata la notifica a casa mi sono
informata. C'è la possibilità anche che si possa fare ricorso. Valuterò come
muovermi. Sicuramente è una beffa essere stati sanzionati per la spazzatura del
proprio genitore. Eppoi ho saputo che il problema dei controlli riguardava non
tanto San Dorligo della Valle quanto Muggia. Vedremo come muoverci, insomma». Ma
l'altra questione fondamentale, per lei, riguarda la raccolta differenziata
proprio a San Dorligo. Cavalli non ha dubbi in merito: «Il nostro territorio non
si presta al "porta a porta" come è stato inteso. Soprattutto con la bora i
problemi sono molteplici. E poi c'è una questione di decoro. Basta camminare per
il paese e si vedono i sacchetti della spazzatura appesi in attesa di essere
raccolti».«Ancora adesso dopo diversi anni dal suo avvio - chiude Cavalli - c'è
chi continua a "sbagliare" nel fare la differenziata. Il sacchetto quindi non
viene raccolto dagli addetti. Ed essendo comunque sostanzialmente anonimo, senza
un proprietario, quel sacchetto può rimanere anche lì. Per giorni e giorni».
Isole ecologiche troppo vecchie e stracolme - Altura si
ribella
Per alcuni dei residenti questa situazione costituisce la punta
dell'iceberg dello stato di abbandono in cui versa il quartiere
Un odore nauseabondo si diffonde nelle vie del rione di Altura, in
particolare lungo via Alpi Giulie. Soprattutto nella stagione estiva, a causa
dei sacchi di rifiuti abbandonati all'esterno dei cassonetti. Non tanto a causa
dell'inciviltà dei residenti, ma di una carenza nei servizi di smaltimento.
Questo è quanto segnalano diversi cittadini di Altura, che lamentano sempre di
più lo stato di degrado di alcune isole ecologiche, che sarebbe causato per
l'appunto dal passaggio non frequente dei mezzi dedicati allo svuotamento dei
rifiuti e talvolta anche dall'inadeguatezza dei cassonetti stessi, che in parte
risultano difficili da aprire, il che spinge gli abitanti più anziani a
abbandonare i sacchi al di fuori.Tale situazione diviene, come detto, ancora più
fastidiosa nella stagione calda a causa dei cattivi odori che si diffondono
inevitabilmente dalle isole ecologiche che, oltre ad appestare le vie, rischiano
anche di contribuire alla proliferazione di ratti e insetti. La questione è
divenuta oggetto di una mozione dei consiglieri Lorenzo Giachin, Daniele Villa,
Massimo Delise e Barbara Campana, della Settima circoscrizione, ed è stata
approvata all'unanimità dal relativo "parlamentino", venendo così trasmessa agli
uffici competenti del Comune. «I cassonetti sono stravecchi, rotti e puzzolenti,
non vengono lavati. Ci abito sopra e quando in estate inizia il caldo l'odore
diventa tremendo, soprattutto quello dell'umido, e sale fino alle finestre delle
case», spiega Antonio Tiberi, un residente di Altura. «Una volta davanti all'ex
supercoop - racconta - il cassonetto del vetro non è stato svuotato per quattro
giorni e durante il brutto tempo sono volate fuori le bottiglie, che ho dovuto
raccogliere io perché sennò in mezzo alla strada potevano bucare le ruote delle
macchine e causare incidenti. Poi, solo dopo essermi lamentato su Facebook, il
giorno dopo sono passati a pulire». Come altri abitanti di Altura, anche Tiberi
si dice arrabbiato perché ritiene che il rione sia ormai stato «abbandonato a se
stesso», dove proprio negli ultimi tempi anche l'ultima edicola della zona ha
dovuto chiudere i battenti. «Da 15 anni ad Altura non mettono "un chiodo",
nessuno fa alcun lavoro, nemmeno il tagliare le piante. Non c'è più niente,
nemmeno un'edicola per comprare un giornale o i biglietti per il bus. Si vedono
i politici solo quando vengono a elemosinare i voti. Un rione abbandonato a se
stesso...».
Simone Modugno
Oltre 56 tonnellate di materiali ingombranti nei sabati
"green"
Al di là dell'iniziativa Sabati Ecologici, è comunque sempre possibile
conferire i rifiuti ingombranti, elettronici, insoliti e pericolosi presso i
quattro centri di raccolta cittadini gestiti da AcegasApsAmga, oppure prenotando
al numero verde 800.955.988 il servizio gratuito per il ritiro a domicilio dei
rifiuti ingombranti. Di seguito indirizzi e orari dei centri di raccolta:San
Giacomo: via Carbonara 3 - aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19, domenica
dalle 9 alle 13;Roiano: via Valmartinaga 10 - aperto dal lunedì al sabato dalle
9 alle 19;Opicina: Strada per Vienna 84/a - aperto dal lunedì al sabato 9 alle
19;Campo Marzio: via Giulio Cesare 10 - aperto dal lunedì al sabato dalle ore 6.
alle 11 e dalle ore 14 alle 19. --Grande successo per le prime due fasi dei
sabati ecologici 2018 svoltasi dal 14 aprile al 30 giugno, durante i quali sono
state raccolte oltre 56 tonnellate di materiale, di cui, oltre 17, sono state
conferite integralmente alla tappa di Prosecco del 21 maggio, che si riconferma
la tappa più frequentata e che ha stabilito finora il record di conferimenti per
singola tappa.Anche in queste prime due fasi gli ingombranti sono stati tra i
più conferiti, quasi 30 tonnellate nel corso delle 4 tappe, andando così a
richiamare la natura stessa dell'iniziativa itinerante promossa da AcegasApsAmga
e dal Comune di Trieste, nata appunto per contrastare il fenomeno dell'abbandono
dei rifiuti ingombranti in strada. Sulla scia del successo delle prime fasi, i
sabati ecologici tornano per l'edizione autunnale a partire dall'8 settembre
presso l'area parcheggio "Mandria" a Prosecco della prima circoscrizione con
orario continuato dalle 10 alle 18. Qui i cittadini troveranno come sempre
un'area allestita per il centro di raccolta mobile per consegnare quelle
tipologie di rifiuti che non possono essere conferiti nei contenitori stradali
dedicati alla raccolta differenziata come ingombranti,sfalci e ramaglie. A
settembre proseguirà inoltre il progetto di recupero creativo "RiCREAzione"
(nuova vita ai tuoi rifiuti), della onlus "Oltre Quella Sedia", iniziativa nata
dal desiderio di realizzare delle attività dedicate all'ambiente e al riuso.Oltre
l'appuntamento di Prosecco in calendario ci sono i sabati ecologici del 5
settembre, seconda circoscrizione (Località Basovizza ) , del 22 settembre,
sesta circoscrizione (Rotonda del Boschetto) e del29 settembre, settima
circoscrizione (Piazzale XXV Aprile). --
Un baby esemplare di orso bruno a spasso nei boschi del
Carso sloveno
Avvistato poco lontano da Doberdò un cucciolo di due anni - E per gli
esperti avrebbe fatto gite anche in territorio isontino
Un simpatico orsetto bruno si aggira tra i boschi del Carso goriziano. Si
tratta di un maschio dell'età di circa 2 anni, e dal peso indicativo di 60-80
kg, immortalato da un amante della montagna, Denis Cebron. Grazie ad una
fototrappola posizionata in territorio sloveno, a pochissimi metri dal confine
con l'Italia, ha raccolto una serie di scatti suggestivi rendendo subito l'orso
una star del web. «Pare un esemplare molto curioso, quindi fate attenzione,
soprattutto se avete cani al seguito», spiega Cebron. Gli avvistamenti però,
spiegano dal pool di esperti dell'Università di Udine specializzati nello studio
di questi animali, non si sono limitati al Carso sloveno. Un orso è stato notato
negli ultimi giorni a San Michele, a San Martino del Carso e sulla strada del
Vallone, tra Devetachi e Gabria. E bel po' di pelo sempre appartenente ad un
orso è stato rinvenuto in zona San Michele. Sottoposto subito ad accurate
indagini genetiche, il pelo consentirà ora agli esperti di tracciare un accurato
identikit del mammifero che si aggira sull'altipiano. Stando alla testimonianza
di Denis Cebron l'orso si sposta da circa due settimane nel Carso sloveno e nei
boschi che coprono un'area che va da Merna a Comeno, concedendosi però come
detto anche delle capatine nel territorio isontino, due volte a San Martino del
Carso e una a San Michele. La presenza dell'orso bruno nel Carso, peraltro,è
diventato un fenomeno oramai piuttosto frequente. Più difficili, invece, gli
avvistamenti (almeno quelli giudicati attendibili). Ancora più difficile
fotografare questi animali abituati a muoversi con circospezione lontano da
sguardi indiscreti. L'ultimo avvistamento di rilievo, anche perchè testimoniato
da splendide foto, risale esattamente un anno fa. Allora il 61enne cacciatore
goriziano Maurizio Zulian, grazie alla sua fototrappola, catturò le immagini di
un orso di poco più di due anni, quasi sicuramente maschio, del peso non
inferiore ai 100 chilogrammi. Il grosso mammifero venne fotografato nei boschi
vicini all'oleodotto, tra le frazioni di Medeazza e Jamiano, tra Doberdò del
Lago e Gorizia. Pochi mesi prima la Forestale trovò gli escrementi di un orso su
un sentiero dell'altipiano carsico Ovest che collega le frazioni di Aurisina e
Slivia. Ma l'orso è decisamente di casa anche nell'altipiano carsico della
provincia triestina. Nel 2016, in maggio, nel territorio di San Dorligo della
Valle l'ex cacciatore David Fonda, che assieme alla madre stava percorrendo
l'arteria stradale che collega San Lorenzo a Draga in direzione Pesek, vide che
l'auto davanti a loro toccare inavvertitamente un cucciolo d'orso, un simpatico
plantigrado del peso di circa 50 chilogrammi. Per fortuna, l'incidente non causò
danni a nessun, creando solo parecchio spavento all'animale che corse via
allontanandosi nei boschi. Le incursioni più "classiche" sono in realtà quelle
che accadono con una certa regolarità a Grozzana, sempre a San Dorligo, con gli
orsi che dalla Slovenia attraversano il Cocusso arrivando in territorio italiano
in un'area dove vi sono diversi arnie. Nel Goriziano suscitò invece grande
interesse il caso dell'orso Madi che nella primavera del 2015 venne sorpreso
dalle telecamere di sorveglianza del centro commerciale Ikea mentre passeggiava
di notte nel parcheggio del Tiare Shopping. In quel caso il soggetto era un
esemplare di circa 150, già noto ai ricercatori dell'Università di Udine che nel
maggio del 2013 lo avevano dotato di collare satellitare. E pare che proprio dai
massimi studiosi di questo mammifero, tramite le analisi genetiche del pelo
rinvenuto a San Michele, arriverà presto qualche notizia in più riguardante
l'orsetto curioso del Vallone. -
Riccardo Tosques
«In genere sono animali innocui ma guai a farli sentire
in pericolo» - l'intervista
I consigli dell'esperto per non rischiare conseguenze drammatiche in caso
di incontri ravvicinati. Essenziale non gridare e non correre
TRIESTE - «Sono animali solitamente innocui, che tendono a scappare: guai
però a farli sentire in pericolo». Nicola Bressi, naturalista triestino,
racconta caratteristiche e precauzioni da adottare in caso di incontri con
l'orso. Bressi, c'è da avere paura dell'orso?No. Questo mammifero è un animale
che non ha alcun interesse ad attaccare l'uomo. Ma, come tutti gli animali, se
si sente inseguito o in pericolo, di norma è solito scappare, ma può anche
decidere di reagire. Dobbiamo abituarci alla presenza di tale mammifero?A
differenza del lupo e dello sciacallo dorato che stanno occupando tutti i
territori in modo più o meno omogeneo, l'orso è presente stanzialmente in
Trentino e nella Slovenia sudorientale. Noi siamo un territorio di passaggio.
Cosa cercano gli orsi di passaggio nel nostro Carso? Si tratta di giovani maschi
che noi chiamiamo "in dispersione": si spostano dal Trentino per andare "a
caccia" di femmine in Slovenia. Quindi gli orsi sloveni tendono a rimanere a
"casa" loro?Sì. È raro che i maschi sloveni si addentrino nel nostro territorio
per poi spostarsi a Ovest verso le altre regioni italiane della fascia alpina.
Da quando sono così frequenti questi passaggi? Da circa 20 anni, quando il
Trentino iniziò ad importare orsi dalla Slovenia per evitare l'estinzione di
quelli locali. Oggi è sempre meno raro imbattersi in qualche traccia lasciata
dagli orsi. Come dobbiamo comportarci in caso di un incontro inaspettato?In
Slovenia si pagano le guide per vedere orsi in natura, quindi vederlo gratis è
indubbiamente un grande fortuna. Detto questo basta non avvicinarsi e parlare a
voce alta, ma senza gridare perché potrebbe temere un agguato. Subito dopo,
lentamente, arretrare e cambiare strada. Non abbassarsi a terra? Questo è il
protocollo sviluppato nei grandi parchi americani con i grizzly. Nel caso in cui
un orso dovesse correre per sferrare un attacco, allora sì: meglio abbassarsi a
terra a pancia in giù con le mani sopra la testa. E attendere che o vada via.
ISTRIA - IL DISASTRO ECOLOGICO - Gasolio in Canal
d'Arsa, salgono a sei le denunce per inquinamento
ALBONA - Si estende l'inchiesta sulle cause dell'incidente ecologico nel
Canal d'Arsa del 22 giugno scorso, che oltre all'importante danno ambientale
rappresenta una mazzata per gli affittacamere privati e per i ristoratori della
zona. Ebbene, dopo la denuncia a carico di tre cittadini siriani membri
dell'equipaggio del mercantile libanese Fidelity ormeggiato nel porto di
Valpidocchio (in croato Brsica) dal quale è fuoriuscito in mare il gasolio, la
Procura comunale di Pola ha aperto un fascicolo d'inchiesta nei confronti di tre
cittadini croati, tutti dell'area fiumana. La notizia viene riportata da diversi
portali. Si tratta di addetti al travaso del combustibile e di autisti del
camion cisterna. Per loro il reato ipotizzato è quello di inquinamento
ambientale. Secondo l'accusa, i tre avrebbero iniziato l'operazione di travaso
del gasolio dal camion al serbatoio della nave senza avere instaurato la dovuta
comunicazione con i massimi responsabili della nave, e di conseguenza senza aver
ricevuto il disco verde per procedere. È in seguito a questa manchevolezza,
sostiene la Procura, che il combustibile ha continuato ad affluire anche una
volta colmo il serbatoio finendo in mare finendo per provocare la vasta chiazza
oleosa che si estende sul territorio dei Comuni di Barbana, Arsia e Marzana.Come
si diceva, in precedenza la polizia istriana ha denunciato per lo stesso reato
tre cittadini siriani: il comandante della nave, l'ufficiale di macchina e il
suo sostituto. I tre non avrebbero controllato il travaso del carburante dal
camion cisterna al serbatoio della nave, non avrebbero attivato il canale radio
Vhf tra la nave e il camion e non avrebbero issato la bandiera Bravo (che indica
l'imbarco, lo sbarco e il trasporto di merci pericolose). La Procura comunale di
Pola ha subito adottato nei loro confronti dei provvedimenti cautelari: ritiro
dei documenti, divieto di lasciare il luogo di residenza e obbligo di
presentarsi alla polizia. Se giudicati colpevoli rischiano fino a 10 anni di
carcere, mentre la pena minima per questo tipo di reato di inquinamento
ambientale è di 6 mesi di detenzione. Prosegue l'opera di bonifica delle aree
intaccate, in cui sono impegnate oltre 200 persone tra esperti di inquinamento
del mare, pompieri e protezione civile.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 LUGLIO 2018
La danza dei delfini nelle acque del golfo tra Trieste
e Grado
Una ventina di esemplari avvistati dagli studenti del Galilei - I cetacei
stavano "pescando" seguendo un rituale di caccia
Il golfo di Trieste ha regalato uno splendido spettacolo ai 6 ragazzi delle
terze classi del liceo scientifico Galilei, imbarcati sul Delfino Verde
Grado-Trieste per svolgere le ore di alternanza scuola-lavoro: durante la
traversata, a circa tre miglia dalla costa, hanno avuto la fortuna di avvistare
una ventina di delfini. Gli animali erano intenti a "pescare" secondo il rituale
di caccia, in gruppo e nuoto circolare, come ha evidenziato il biologo marino
Francesco Zuppa dell'associazione DelTa (Delfini e tartarughe in Adriatico),
presente a bordo con la collega Karin Schlappa, impegnata nello scattare foto
"segnaletiche" della pinna dorsale che serve a identificare i singoli individui.
Quelli avvistati sono delfini della specie Tursiops truncatus.Gli studenti fanno
parte del progetto di alternanza scuola-lavoro nato dalla collaborazione tra la
DelTa e l'Apt, l'Azienda trasporti di Gorizia che gestisce il servizio
marittimo. Il progetto si svolge nell'arco di tre giornate alla settimana per
tutto il periodo di navigazione della linea marittima Trieste-Grado e vi
partecipano gli studenti del Galilei, Oberdan e Deledda di Trieste e del
D'Annunzio di Gorizia. I ragazzi sperimentano il lavoro del biologo marino, con
l'opportunità di osservare il mare dal Delfino Verde e di raccogliere dati sia
sulla presenza di specie di grandi vertebrati marini sia sui possibili pericoli
rappresentati dal traffico marittimo e dai macrorifiuti galleggianti. Nello
stesso giorno dell'incontro con i delfini, i ragazzi hanno anche avuto la
fortuna, nel viaggio di ritorno, di avvistare una tartaruga marina della specie
Caretta caretta, che usciva per respirare per poi riprendere a nuotare in
direzione di Grado. «Sono proprio i fondali bassi e sabbiosi con acque calde e
ricchi di cibo antistanti a Grado - precisano dalla DelTa - ad essere habitat
elettivo per le Carette».Dato che questi incontri li possono effettuare
casualmente anche i diportisti, questi ultimi sono invitati a non avvicinare i
cetacei e le tartarughe, ma di osservarli a debita distanza per non disturbarli.
L'invito è anche quello di documentare l'avvistamento con video e foto
segnalandolo via mail a delta.adriatico@gmail.com o via Facebook e Twitter
indicando luogo, data e ora.
Antonio Boemo
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 LUGLIO 2018
I sindacati sfidano la Regione «In piazza per la
Ferriera»
Fiom, Fim, Uilm e Failms non digeriscono la volontà di far chiudere
l'area a caldo - «Slogan da propaganda elettorale dalla giunta Fedriga. Pronti
alla mobilitazione»
Comune, Regione, governo e comitati anti-Ferriera da una parte. Proprietà e
sindacati dall'altra, con le rappresentanze dei lavoratori già pronte a
mobilitarsi contro la nuova giunta regionale. Si preannuncia diviso in due poli
ben distinti il futuro dibattito sull'area a caldo della Ferriera di Servola,
dopo elezioni politiche e regionali che hanno posto gli enti locali nelle mani
del centrodestra e portato alla nascita del governo gialloverde, con un
complessivo allineamento sulla volontà di superare la produzione di ghisa a
Trieste. Sull'altro versante, si schiereranno invece il Gruppo Arvedi e le
rappresentanze dei lavoratori, preoccupati ciascuno dalla propria prospettiva di
ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi attorno allo stabilimento. A
muoversi per primi in difesa dell'impianto sono i sindacati, che hanno emesso
ieri una nota unitaria per chiedere di essere immediatamente convocati dalla
Regione e per rispondere alle recenti dichiarazioni con cui Fedriga e
l'assessore all'Ambiente, Fabio Scoccimarro, hanno annunciato ai comitati
anti-Ferriera di voler «cercare una soluzione condivisa con la proprietà, con il
concorso dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale, per
giungere alla chiusura dell'area a caldo». Le organizzazioni dei lavoratori si
annunciano già pronte alla mobilitazione: «Data la gravità delle affermazioni
della Regione, se non verremo convocati in tempi brevissimi, ci autoconvocheremo
anche attraverso il supporto della piazza». Le rappresentanze provinciali dei
metalmeccanici di Cgil, Cisl, Uil e Cisal, oltre ovviamente alle Rsu dello
stabilimento, sono dunque entrate in fibrillazione dopo l'esordio della giunta
regionale. Fiom, Fim, Uilm e Failms hanno allora diffuso un comunicato per dirsi
«contrari all'impostazione assunta dal neo eletto presidente della Regione sulla
Ferriera. La volontà di chiudere l'area a caldo appare come un pericoloso slogan
da propaganda elettorale. Oggi chi propone un simile percorso sottovaluta il
problema sociale che questa determinazione rischia di generare. Da parte nostra,
respingiamo e respingeremo qualsiasi soluzione che non dia piene tutele
occupazionali e salariali a tutti i lavoratori della Ferriera». I sindacati non
si fidano delle alternative occupazionali che la politica vorrebbe mettere sul
tavolo, a cominciare dal passaggio di una parte delle maestranze all'ambito
portuale: «Da troppo tempo si promettono "fantomatici" posti di lavoro
disponibili a riassorbire i lavoratori della Ferriera. Il sindaco li ha resi
disponibili in Comune, ora anche l'Autorità portuale. In verità, ad oggi nella
realtà delle cose questi lavoratori resterebbero disoccupati». Le cifre parlano
di circa quattrocento dipendenti dello stabilimento, oltre ai lavoratori
dell'indotto. Per i sindacati, la chiusura dell'area a caldo creerebbe allora
un'«emergenza» occupazionale e «non ci sono, in base alle normative vigenti,
ammortizzatori sociali sufficienti a gestirla», denunciano Cgil, Cisl, Uil e
Cisal, secondo cui il presidente della Regione non ha finora mostrato un
atteggiamento equidistante sulla partita. «Avremmo voluto - continua il
comunicato stampa - che il presidente, oltre a ricevere legittimamente i
comitati ambientali, avesse avuto la sensibilità di sentire le parti sociali,
che rappresentano i lavoratori, anch'essi cittadini del Fvg».
Diego D'Amelio
La strategia - Nel mirino il piano per la copertura dei
parchi minerari
La giunta Fedriga conta di usare lo strumento di pressione rappresentato dal
costoso progetto di copertura dei parchi minerari della Ferriera, per convincere
il Gruppo Arvedi ad avviare la trattativa sulla chiusura dell'area a caldo. La
realizzazione dei due giganteschi capannoni per ridurre il fenomeno degli
spolveramenti nelle giornate di forte vento costerebbe infatti all'azienda 28
milioni e non risolverebbe del tutto il problema della dispersione di minerali
nell'aria. Da qui il tentativo dell'esecutivo regionale di convincere Arvedi a
rinunciare al piano e, con esso, alla produzione di ghisa a Trieste.
Una rotatoria pensiona l'incrocio "storto"
Rivoluzionata la convergenza fra via Marchesetti e via Forlanini.
Ventimila i passaggi al giorno tra Gvt, Cattinara e Melara
Forse quella che negli uffici comunali era ufficiosamente nota come "rotonda
Madaro", dal nome del professionista progettista, cambierà denominazione.
Urbanisti, ingegneri, Polizia locale erano d'accordo nel giudicare sbagliato il
modo in cui era stata affrontata la convergenza tra via Marchesetti e via
Forlanini in uno degli snodi strategici del traffico urbano. Una sorta di
incrocio atipico tra due semiparallele, dove la statistica dell'incidentalità si
era mantenuta per fortuna modesta, ma l'errore d'impostazione andava modificato.
Adesso, dopo parecchi anni, una rotatoria di stampo classico, ancora provvisoria
segnata con jersey, ha corretto la circolazione, per cui chi gira attorno
all'aiuola ha la precedenza. Il Comune ha provveduto alla pulizia del piccolo
spazio verde, la segnaletica orizzontale è stata fresata e sostituita da quella
nuova. Ancora ieri pomeriggio la rotatoria era presidiata dalla Polizia locale,
per far sì che gli automobilisti si abituino al nuovo regime. Può sembrare
eccessivo insistere su un intervento in una zona periferica, in realtà - come
informano fonti del Municipio - l'incrocio Forlanini-Marchesetti è uno dei più
battuti della città, registrando circa 2000 passaggi all'ora nelle fasi di
punta, che a fine giornata diventano più o meno 20 mila. Per comprenderne la
rilevanza basta guardare dove portano e da dove arrivano gli assi viari che
s'intersecano: lo svincolo della Grande viabilità serve tutto il Carso e
rappresenta la principale uscita da/per il centro, il complesso ospedaliero di
Cattinara sorge a poche centinaia di metri, il polo scolastico di via Forlanini
è un riferimento per l'intera zona, nel "quadrilatero" di Rozzol Melara abitano
oltre 1.500 persone, il centro commerciale Zazzeron insiste nelle immediate
vicinanze. La rotatoria "ex Madaro" - precisa il mobility manager municipale
Giulio Bernetti - è la prima e più importante di un triplete di interventi che
si susseguono procedendo in direzione dell'ospedale di Cattinara, laddove via
Forlanini diventa strada di Fiume. Verranno infatti allestite due ulteriori
piccole rotatorie per regolare il traffico, una all'altezza della trattoria
Gelmo e una all'altezza di via Pietro Valdoni, la strada che conduce al polo
cardiologico. Va infine ricordato che una ventina di giorni fa la giunta aveva
deliberato sul progetto definitivo per la rotatoria Forlanini-Marchesetti, allo
scopo di avviare una procedura espropriativa di 20 mila euro. L'amministrazione
ha a disposizione quasi 450 mila euro per organizzare lo snodo, compresi poco
meno di 50 mila euro destinati alla pubblica illuminazione. Sarà Enrico Cortese,
dirigente del servizio strade, a fungere da responsabile del procedimento, con
l'obiettivo di abbellire e di efficientare il vecchio sbaglio.
Massimo Greco
Allarme mucillagini da Trieste a Marano - Barche dei
pescatori costrette allo stop
Fondali invasi dai banchi di alghe. Impossibile gettare le reti - A
rischio l'attività di un settore che conta oltre mille addetti
TRIESTE - Pescherecci che rimangono ancorati ai moli, pescatori costretti a
incrociare le braccia, un intero ciclo alimentare e produttivo bloccato. È
allarme mucillagini nelle acque del Friuli Venezia Giulia. Da Trieste a Grado e
fino a Marano lagunare la preoccupazione è notevole, anche perché una situazione
di questa gravità, a detta degli addetti ai lavori, non si verificava da
parecchi anni. «Da qualche giorno - spiega guido Doz, esponente della categoria
dei pescatori e presidente della cooperativa C.o.l.m.i. del Villaggio del
Pescatore - molti dei nostri colleghi sono costretti a rinunciare alla loro
attività di pescatori professionisti, perché sui fondali del golfo si è formato
un considerevole strato di mucillagini. In sostanza - precisa - sono
impossibilitati a lavorare quanti operano con il sistema delle reti da posta,
cioè quelle che rientrano fra gli attrezzi di pesca passivi. E questo perché il
pesce non viene catturato da un movimento attivo della rete operato dall'uomo,
ma attraverso la calata sul fondo marino delle reti, che rimangono nella stessa
posizione fino al successivo recupero. Attualmente è impossibile calarle perchè
diventerebbe poi proibitivo riportarle in superficie, visto che appunto si
riempirebbero di mucillagini. Chi opera con questo metodo deve rinunciare». Sono
circa 420 i pescherecci in attività in Friuli Venezia Giulia, e danno
complessivamente lavoro a più di un migliaio di persone. A Trieste i pescherecci
sono un'ottantina e circa 200 gli addetti che li utilizzano. «Si salvano solo
coloro che lavorano con il sistema della lampara - osserva Guido Degrassi,
storico pescatore triestino, noto col soprannome di "Ragno" - cioè con quella
lampada molto grossa e potente, montata sulla barca, che viene usata di notte
per illuminare la superficie del mare, al fine di attrarre i pesci verso il pelo
dell'acqua per poi intrappolarli nella rete o catturarli con la fiocina. Il
problema - prosegue "Ragno" - è che, in base alle normative dettate dall'Unione
europea, per ogni tipologia di pesca serve una specifica licenza. Perciò succede
che chi possiede soltanto quella per il sistema "da posta" non può lavorare con
la lampara. Il risultato - conclude - è che molti dei nostri colleghi in questo
momento non possono lavorare, con le drammatiche conseguenze di natura economica
che è facile immaginare». Anche Salvatore Pugliese è un noto pescatore di
Trieste: «Il problema è gravissimo - sostiene - perché le mucillagini si muovono
sul fondale, perciò diventa impossibile calare le reti e lavorare. In tantissimi
sono costretti a rinunciare all'attività e, di riflesso, al guadagno». E
l'immediato futuro si presenta oltremodo incerto: «Non esistono soluzioni che si
possano adottare da parte dell'uomo - riprende Degrassi -. Si può soltanto
aspettare che le mucillagini fioriscano, salgano di conseguenza in superficie,
si secchino e siano disgregate da qualche giornata di maltempo, caratterizzata
da bora molto forte che si protrae per qualche giorno. È un processo naturale -
continua il pescatore triestino - che dobbiamo sperare si verifichi quanto
prima, altrimenti non ci sono soluzioni alternative che si possano adottare. In
sostanza - conclude - siamo in balia della natura». Naturalmente, fra le
conseguenze di una massiccia presenza di mucillagini nelle acque del golfo, c'è
anche quella che riguarda i bagnanti. Le decine di migliaia di triestini che
cercano di resistere al caldo incombente di questi giorni andando al mare,
dovranno rinunciare ai tuffi e alle nuotate non appena le mucillagini saliranno
in superficie. Dopo le multe in Costiera, dunque, un'altra iattura si profila
all'orizzonte per chi ama il mare. L'estate 2018 non sarà da incorniciare sotto
questo profilo.
Ugo Salvini
«Speriamo non siano noci di mare altrimenti il danno
sarà enorme» - l'intervista
L'analisi della direttrice del Dipartimento di Oceanografia dell'Ogs - In
pericolo l'equilibrio dell'ecosistema minacciato da specie aliene
TRIESTE - «Fossero mucillagini, il danno sarebbe notevole, ma avrebbe
conseguenze solo sul settore della pesca. Il rischio è che invece siano noci di
mare. In tal caso, oltre ai problemi per i pescatori, comunque rilevanti, i
riflessi sarebbero gravissimi anche sulla catena alimentare, in quanto le noci
di mare sono voraci e si nutrono di larve e uova di pesce. In sostanza
toglierebbero risorse». Questa l'opinione di Paola Del Negro, direttrice del
Dipartimento di Oceanografia all'Osservatorio geofisico di Trieste, in risposta
all'allarme lanciato dai pescatori del Fvg, preoccupati dalla presenza,
accertata da qualche giorno, di masse gelatinose nelle loro reti. «Non abbiamo
ancora elementi sufficienti per poter stabilire con certezza di cosa si tratti -
spiega Del Negro - perché non abbiamo informazioni dettagliate. Abbiamo avuto
segnalazioni della presenza di noci di mare, ma dobbiamo aspettare di avere i
risultati dei rilievi che effettueremo nei prossimi giorni per poter esprimere
un parere definitivo. Di certo - sottolinea - la situazione è comunque
complicata, perché si tratta in ogni caso di sostanze che limitano di molto
l'attività dei pescatori. Sia le mucillagini sia le noci di mare per coloro che
operano sui fondali, cioè con le reti "da posta", rappresentano un ostacolo
insormontabile, perché nelle reti entrambe collassano, formando una massa
lattiginosa che impedisce l'attività. Fossero noci di mare - ribadisce - il
problema si accentuerebbe, perché la loro voracità metterebbe a rischio
l'equilibrio nel mare. Sparirebbero cioè notevoli risorse, con conseguenze di
notevole entità».Del Negro spiega poi che «le noci di mare sono specie aliene
per i nostri mari. Con ogni probabilità - evidenzia - sono arrivate qui
trasportate dalle acque di sentina delle navi che raggiungono i nostri porti».
Per quanto concerne la durata del fenomeno, che si tratti di mucillagini o di
noci di mare, l'estate ne sarà comunque condizionata. Le mucillagini, una volta
fiorite e raggiunta la superficie del mare, sono spazzate via solo da una bora
insistente, le noci di mare scompaiono quando l'acqua si raffredda, perciò
appena in autunno.
ISTRIA - Gasolio in Canal d'Arsa, partite tre denunce - il disastro ecologico
ALBONA - La polizia istriana ha spiccato le prime denunce per il disastro ecologico nel Canal d'Arsa. Nei guai tre siriani dell'equipaggio della nave libanese Fidelity: il comandante, l'ufficiale di macchina e il suo sostituto, ritenuti i responsabili diretti del disastro provocato dalla fuoriuscita in mare del gasolio. «Il 21 giugno dalle 22.45 alle 8 del mattino successivo», si legge nella denuncia, i tre «non hanno controllato il travaso del carburante dal camion cisterna al serbatoio del mercantile libanese Fidelity, ormeggiato al molo di Brsica. Non hanno attivato il canale radio Vhf nave-camion, non hanno issato la bandiera Bravo né hanno adottato le misure di sicurezza e protezione previste in operazioni simili». Colmo il serbatoio, il gasolio è finito in mare.
"Trieste on sight" una tre giorni a Sgonico tra arte
dibattiti e sport
All'Ostello Alpe Adria il menù di attività prevede anche cucina serba e
peruviana
Dialogo e confronti all'aria aperta, dibattendo spunti, problematiche e
profili della sfera sociale. Copione immutato per "Trieste on sight", la
manifestazione targata Arci Servizio Civile organizzata in collaborazione con il
Comune di Trieste - Progetto Area Giovani, in programma da venerdì 6 a domenica
8 luglio all'Ostello Alpe Adria di Campo Sacro, a Sgonico. Edizione numero sei,
corroborata da qualche novità e accompagnata da un titolo come "Ritorno al
Futuro", citazione cinematografica che porterà la tre - giorni a esplorare parte
dei possibili scenari all'orizzonte, quelli che avvolgono i canali politici,
ambientali, economici e soprattutto del lavoro. La parola d'ordine permane
dunque "Cittadinanza Attiva", lo slogan dell'Arci Servizio Civile da far
emergere nel classico concetto di comunità in un villaggio abitato da dibattiti,
arte, sport e tavole rotonde, dove poter coinvolgere giovani, volontari del
servizio civile e associazioni del terzo settore."Trieste on sight" aprirà
ufficialmente i battenti alle 15 del 6 luglio e alle 15.30 inaugurerà il filone
degli eventi con il primo laboratorio, denominato "Coloriamo Trieste on Sight",
basato sulla pittura con materiale di recupero, mentre alle 17 entrano in ballo
sia il teatro, con il workshop curato dall'attore Maurizio Zacchigna ("L'Io che
sta nel noi") che è il primo degli appuntamenti targati Focus, con una analisi
del mondo del lavoro, affrontato tra cambiamenti, crisi, sviluppi tecnologici e
fonti di precarietà.In chiusura, verso le 19, "Al tramonto......un libro",
letture di testi sulla non-violenza, e la musica, qui affidata alla band "3
Porcellini". Piuttosto intenso il palinsesto di sabato, con apertura dei lavori
attorno alle 10 grazie alla novità dell'edizione 2018, quella che punta sullo
sport, nello specifico un torneo di calcetto a 3. Poi ancora laboratori, musica,
la seconda tornata del workshop teatrale di Maurizio Zacchigna, dibattiti,
l'angolo del Focus (sul tema della trasformazione urbana) la musica e dintorni.
Il tutto senza dimenticare la cucina e la convivialità, che quest'anno portano
in tavola le pietanze peruviane e serbe.Stesso schema per domenica 8 luglio, a
partire dalle 10 sino al concerto delle 20. Informazioni:
www.arciserviziocivilefvg.org e ai numeri 3355279319 e 040761683.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 LUGLIO 2018
Bonifica dell'amianto alla "De Marchesetti". Interventi in partenza. La scuola media di Sistiana
DUINO AURISINA Partono i lavori di rimozione dell'amianto alla scuola media "De Marchesetti" di Sistiana, sede dell'Istituto comprensivo "Rilke". L'annuncio arriva dall'assessore comunale per i Lavori pubblici, Lorenzo Pipan. «Sono stati predisposti quattro cantieri all'interno della scuola, che vedono impegnate contemporaneamente due imprese - precisa -. Una si occupa della bonifica dei pavimenti, l'altra della posa dei nuovi». Entrando nel dettaglio, l'assessore spiega che «dapprima sarà effettuata la bonifica del primo piano, poi, avuto il via libera dall'Azienda sanitaria, presumibilmente entro la metà di questo mese, si inizierà in tale sede la posa del nuovo pavimento, mentre il cantiere per la bonifica - prosegue Pipan - si sposterà al piano terra e alla palestra, dove i lavori dovrebbero concludersi prima di Ferragosto, per lasciare il campo alla posa dei nuovi pavimenti». La scuola di Sistiana potrà dunque essere pronta per accogliere le classi in tempo per l'inizio delle attività didattiche. «La sicurezza e la salute dei nostri ragazzi - commenta il sindaco Daniela Pallotta - ci stanno particolarmente a cuore e risolvere il problema dell'amianto alla scuola "De Marchesetti" era un'urgenza. Inoltre - aggiunge il primo cittadino del Comune di Duino Aurisina -, con non poche difficoltà, siamo riusciti a dare continuità in questo periodo estivo alla segreteria della direzione didattica, che resterà operativa nell'ex alloggio del custode, attrezzato con lo spostamento delle linee telefoniche». «Purtroppo - sottolinea nuovamente Pipan - non potremo intervenire, in questa fase, con il ripristino delle pareti. La sigillatura necessaria per la bonifica dell'amianto, che prevede che tutti gli ambienti siano tenuti a pressione inferiore rispetto all'esterno, per scongiurare ogni possibile fuga di materiale o polvere, lascerà su di esse segni evidenti. Sarà indispensabile procedere poi con una stuccatura e una nuova tinteggiatura. Tali operazioni - conclude l'assessore delegato in giunta alla partita dei Lavori pubblici - non è stato possibile includerle in questi cantieri, ma ci si propone di programmarle nel periodo di sospensione delle attività scolastiche di dicembre».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 LUGLIO 2018
Mobilità sostenibile - «Prima del bike sharing servono
piste ciclabili» - La Fiab gela il progetto
Il bike sharing non è la priorità. La pensa così la Fiab Trieste,
associazione di cicloturisti e ciclisti urbani, in merito alla prossima
realizzazione in città di un servizio di noleggi bici che potrebbe vedere la
luce già entro l'estate. Un'opportunità che la Fiab giudica positivamente,
esprimendo tuttavia allo stesso tempo una serie di preoccupazioni sulle
insufficienti condizioni del contesto in cui il bike sharing andrebbe a
collocarsi. La Fiab evidenzia infatti in una nota che «Trieste per diventare una
città più ciclabile ha bisogno di molti altri interventi prioritari e il bike
sharing in questo senso rappresenterebbe semmai la ciliegina sulla torta. Ai
ciclisti, siano essi turisti in visita alla città o residenti e pendolari che
usano la bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano, servono molti altri
ingredienti: la sicurezza innanzitutto, la velocità di spostamento, la qualità
dei percorsi e la possibilità di avvalersi dell'intermodalità». La notizia
riguardante il nuovo servizio è di pochi giorni fa e riguarda un progetto da
390mila euro ( 280 mila di provenienza euro-regionale (fondi Pisus) e i restanti
stanziati dal Comune. L'iniziativa creerà 9 ciclostazioni in altrettante zone
strategiche della città, dotate in tutto di 130 biciclette, di cui 36 a pedalata
assistita. Secondo l'associazione dei ciclisti, però, un servizio di bike
sharing necessita in primo luogo di un contesto urbano favorevole. Fiab Trieste
«ritiene necessario che l'amministrazione debba intervenire con altri
provvedimenti quali ad esempio la moderazione della velocità (zone 30 km/h,
rotonde compatte e platee rialzate), incentivi, ciclo-parcheggi, lotta al furto,
diffusione di una cultura della bicicletta e della mobilità sostenibile». Ma più
di tutto i ciclisti richiedono «una rete di piste ciclabili continua e di
qualità, a partire da Porto Vecchio e dal percorso Trieste-Muggia. Solo così il
bike sharing avrà la sua dignità di servizio al cittadino», conclude la Fiab.
Mobilità - FareAmbiente reclama fondi per bici elettriche
FareAmbiente valuta «positivamente» in una nota il fatto «che l'amministrazione regionale con specifici incentivi si renda parte attiva per incrementare il quasi inesistente utilizzo di macchine ecologiche». «Auspichiamo però - prosegue la nota di Giorgio Cecco, del coordinamento regionale dell'associazione ambientalista - che intervenga anche verso i mezzi a due ruote elettrici, ma poi soprattutto per dotare il territorio di un'indispensabile rete per l'approvvigionamento energetico dei mezzi».
ISTRIA - A Valovine lo ski-lift marino rischia di fare scempio delle pinne nobili.
POLA - La costruzione dello Ski-lift nell'incantevole baia di Valovine, una delle poche spiagge naturali non ancora intaccate dalla cementificazione rappresenterà uno scempio delle pinne nobili, una specie protetta di cui il bacino di mare è biotipo. Questa l'argomentazione della denuncia che l'Associazione ambientalista Zelena Istra-Istria verde ha spiccato all'indirizzo dell'Ispezione per la tutela della natura nei confronti dell'investitore, la società Warm Up di Zagabria. Ne danno notizia diversi portali croati. Nel testo della denuncia si richiama l'attenzione sul fatto che la società fiumana Dls, autore dello studio di impatto ambientale del progetto, ha ignorato l'esistenza in loco delle pinne nobili e di conseguenza ha tralasciato di soffermarsi sui possibili effetti negativi dello ski-lift sulla specie. E non si fa cenno neanche della costruzione di un locale per la ristorazione sulla piattaforma che invece viene indicato nel contratto di concessione di 20 anni che l'amministrazione cittadina ha assegnato all'investitore. «Non è un locale che opererebbe solo durante la stagione turistica come scrive nel contratto - afferma Zelena Istra-Istria Verde - ma una struttura destinata a rimanere in funzione tutto l'anno considerato il tipo di costruzione con fondamenta sul fondo marino». La presenza delle pinne nobili sul fondo marino della Baia di Valovine viene documentata da un video inequivocabilmente girato sul posto, che gli ambientalisti hanno postato sulle reti sociali.
P.R.
A Muggia la raccolta dei rifiuti ha reso migliori le
periferie - la lettera del giorno di Walter Lantier
Net, il servizio di nettezza urbana del Comune di Muggia sta svolgendo un
lavoro. E, per noi che abitiamo in periferia, è un lavoro a dir poco ottimo.
C'erano dei dubbi che si sono poi rivelati infondati sulla capillarità
nell'asporto di tutti i sacchetti e sullo svuotamento di tutti i contenitori
esposti sulla via nei giorni stabiliti. Invece tutto è meglio di prima. Non ci
sono più quegli insiemi di cassonetti variopinti su tutte le strade che erano
fatalmente maleodoranti e il cui svuotamento provocava rumore e blocchi
temporanei ma inevitabili del traffico. Non ci sono più grandi mezzi che con il
loro peso potevano danneggiare strade secondarie non adatte a sopportarne il
peso. Non c'è più la fastidiosa incombenza di mettere nel bagagliaio dell'auto i
contenitori, acquistati e da pulire frequentemente, per arrivare ai cassonetti
pubblici da aprire, con i guanti da lavoro, muniti di coperchi pesanti e sporchi
e che non si potevano aprire a sufficienza per scaricare il contenuto dei nostri
bidoncini. Adesso, per esempio, non occorre mettere ad uno ad uno i barattoli di
alluminio e ferro e le bottiglie in vetro nelle campane che avevano di buchi
piccolini. Inoltre c'è un servizio di isola ecologica pulito e funzionale e,
dulcis in fondo, una gentile persona, Marco Botosso, che contattato per email,
si è premurato di attivare il prelievo di quanto i soliti ignoti avevano
abbandonato sulla pubblica via, i sacchetti per risparmiarsi il viaggio sino
alla Strada per i Laghetti dove c'è l'isola ecologica. Insomma, Muggia è
diventata una cittadina più pulita e più bella senza migliaia di cassonetti.
Proprio un bel servizio quella della raccolta dei rifiuti. Un grazie a Net e al
Comune di Muggia.
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 luglio 2018
Legambiente boccia PromoTurismo Fvg «Lancia attività
dannose per il territorio»
Bandiera nera all'agenzia giudicata non in linea con la filosofia slow.
Sotto tiro discese fuoripista con elicotteri e motoraduni
Trieste - Due bandiere nere: a PromoTurismo Fvg e al Comune di Cavazzo. E
altrettante verdi: a un'associazione e a due allevatori della Carnia.
Legambiente Fvg, in conferenza stampa a Udine con il presidente regionale Sandro
Cargnelutti e il responsabile carnico e della montagna Fvg Marco Lepre, consegna
premi e bocciature legate alla campagna d'informazione "La Carovana delle Alpi"
che dal 2002 punta a difendere e promuovere il territorio alpino. Il colore nero
se lo ritrova appiccicato dunque anche l'Agenzia regionale per la promozione
turistica del Friuli Venezia Giulia. Secondo gli ambientalisti, PromoTurismo Fvg
avrebbe peccato di «incoerenza». «Dobbiamo diventare una destinazione turistica
slow» - ricorda Lepre -. Una frase che non abbiamo detto noi, ma la stessa
Regione nel suo Piano del turismo 2014-18. Date queste premesse, c'era da
attendersi finalmente una svolta nella politica turistica». E invece, è la
sottolineatura di Legambiente regionale, «a Sella Nevea e nel Tarvisiano
l'Agenzia organizza e promuove le discese fuoripista con l'utilizzo degli
elicotteri: una pratica, oltre che pericolosa, inaccettabile dal punto di vista
ambientale. E poi, con quello della Regione, piazza il marchio pure sulla
Motocavalcata delle Alpi Carniche e sul MulaTrial delle Valli del Natisone».
Dura la conclusione: «Non si possono esaltare le "bellezze incontaminate" e
promuovere nello stesso tempo tutto quello che le nega: inquinamento, rumore,
maleducazione. Altro che slow, siamo al mordi, fuggi e distruggi. Alla fine i
turisti se ne accorgono e vanno giustamente altrove». La bandiera nera a Cavazzo
viene invece motivata con la contrarietà di Legambiente alle posizioni assunte
dall'amministrazione in merito alla rinaturazione del lago. «L'ipotesi di un
by-pass per lo scarico della centrale di Somplago è sostenuta pure dalla
Regione, ma incredibilmente sindaco e vicesindaco sostengono che non se ne deve
nemmeno parlare». Bandiera verde, al contrario, per l'associazione amici di
Osais di Prato Carnico «per la preziosa attività di manutenzione e cura del
territorio e per la vittoriosa battaglia condotta in difesa delle acque della
Val Pesarina», e per i coniugi Roberto De Prato e Edda De Crignis, allevatori,
«per aver pagato di persona la segnalazione di illeciti alle autorità». Lo
scorso agosto De Prato, disabile, è stato aggredito per aver fotografato un
gruppo di motociclisti che scendevano da una cima. «Nel confermare a lui e alla
moglie la nostra piena solidarietà - scrive Legambiente -, vogliamo
testimoniargli l'apprezzamento per l'impegno nel denunciare chi devasta il
territorio».
Marco Ballico
Comuni "ricicloni" - Trieste fa ancora fatica Pordenone
virtuosa - la classifica
TRIESTE - Trieste continua a faticare nella raccolta differenziata.
«Viaggiamo tra il 30 e il 34% - fa sapere il presidente di Legambiente Fvg
Sandro Cargnelutti -. Anche se si riscontrano miglioramenti, non può bastare
rispetto allo standard del 65%». Il rilievo sul capoluogo regionale è
conseguenza della diffusione del XXV Rapporto Comuni ricicloni da parte
dell'associazione. «I margini di crescita di Trieste sono importanti - insiste
Cargnelutti -, ma la situazione rimane zavorrata dalla presenza di un
termovalorizzatore che ha "fame" di rifiuti, con conseguente perdurante
pressione negativa su una progettazione di gestione e raccolta più virtuosa
nell'ottica dell'economia circolare». Nella classifica dei Comuni promossi il
Fvg conta 54 amministrazioni "rifiuti free", vale a dire con oltre il 65% di
differenziata ma anche con cittadini che producono al massimo 75 kg di secco
residuo all'anno, ovvero di rifiuti indifferenziati avviati a smaltimento. La
regione rimane in testa alla classifica assieme a Veneto e Trentino Alto Adige,
con Pordenone (70,4 kg/abitante di secco residuo) che svetta con Treviso e
Trento. Guardando ai Comuni minori, Legambiente applaude San Vito di Fagagna,
Basiliano, Sesto al Reghena, Chions e Pasian di Prato. In Italia i Comuni
"rifiuti free" sono 505, per un totale di 3, 4 milioni di cittadini, circa 200
in più del 2017.
Imballaggi e discariche, nuove regole - direttive ue
Entrano in vigore il 4 luglio le quattro direttive Ue del Pacchetto Economia
Circolare, a modificare altre sei direttive su rifiuti, imballaggi, discariche,
rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile. Tra i nuovi
obiettivi, il riciclo di almeno il 55% dei rifiuti urbani entro il 2025, la
limitazione al 10% dello smaltimento in discarica entro il 2035, il riciclo del
70% degli imballaggi entro il 2030.
Dai bus ai treni storici - La giunta semplifica il
quadro delle tariffe
Stop alle maggiorazioni per i biglietti del trasporto urbano acquistati
online - Sconti sui parcheggi dell'aeroporto di Ronchi per gli abbonati ai mezzi
pubblici
Trieste - Nell'attesa che si chiarisca il rebus del gestore unico del Tpl
regionale, la giunta Fedriga ritocca e semplifica il quadro tariffario del
servizio. Nella delibera approvata venerdì, su proposta di Graziano Pizzimenti,
compare in particolare l'unificazione del costo del biglietto di corsa semplice
urbano acquistato da dispositivi mobili alla tariffa ordinaria applicata dalla
rivendita a terra. La novità vale per Trieste, Udine e Pordenone, le province in
cui le aziende prevedono modalità di acquisto via tablet e smartphone.
Concretamente, dal 1 luglio il biglietto orario per una tratta e quello per
l'intera rete da 60 minuti del servizio urbano di Trieste costerà 1,25 euro (e
non più 1,50 euro) se acquistato tramite App (modalità usata da Saf Udine e da
Trieste Trasporti), mentre dal 1 agosto si applicherà analoga riduzione nel caso
di acquisto sul credito telefonico (modalità utilizzata da Atap di Pordenone e
sempre da Trieste Trasporti). Lo stesso, e con uguali tempistiche, accadrà per i
servizi extraurbani per il biglietto di corsa semplice di prima fascia (per le
altre fasce il costo è già equiparato). «Il nuovo regime tariffario - commenta
Pizzimenti - si prefigge di favorire l'utenza attraverso la riduzione delle
tariffe, la semplificazione delle procedure e la possibilità di raccordare gli
spostamenti in treno, autobus, bicicletta». Tra le altre modifiche alla delibera
di fine dicembre 2017 della giunta Serracchiani c'è così l'estensione della
gratuità dei servizi bici+bus (già attivi sulle tratte Udine-Grado e
Grado-Monfalcone-Cormons) attivati a luglio sulla base di un tavolo tecnico con
PromoTurismo Fvg e le aziende del Tpl. Trasporto gratuito promozionale delle due
ruote anche sulla tratta ferroviaria Sacile-Maniago, che vedrà pure una tariffa
ridotta al 50% (con una soglia minima di 1,25 euro) su ogni destinazione. Non
mancano le azioni in prospettiva. La giunta avvia un percorso di definizione di
ulteriori agevolazioni previste per l'accesso ai parcheggi dell'aeroporto di
Ronchi a favore degli abbonati del Tpl, visto il sotto utilizzo delle nuove aree
di sosta presenti nel centro intermodale. Attualmente Trieste Airport garantisce
ai pendolari in possesso di abbonamento bus Apt Gorizia o Trenitalia
l'opportunità di acquistare un abbonamento per il Park 8 con tariffe agevolate
(con sosta massima consentita con abbonamento di 14 ore al giorno), anziché
l'accesso allo stesso parcheggio alla tariffa base di 7 euro. Il "pacchetto"
costa 19 euro per 15 giorni, 28 (con abbonamento Apt) e 29 euro (con abbonamento
Trenitalia) per 30 giorni, 200 euro per un anno. Sono inoltre applicate tariffe
scontate per i viaggiatori di Trenitalia in possesso di biglietto da Trieste
Airport per una destinazione fuori regione. Viene poi consentito l'utilizzo del
titolo di viaggio avente come origine o destinazione Trieste Airport o Ronchi
dei Legionari Nord indifferentemente da o per una delle due fermate che servono
il comune di Ronchi sulle relazioni da e per Trieste senza necessità di munirsi
di due titoli di viaggio. La decisione accoglie la richiesta di alcuni
viaggiatori ed è finalizzata a rendere maggiormente flessibile il sistema. La
delibera di venerdì dispone quindi l'attivazione dell'integrazione tariffaria
sperimentale per le relazioni tra Udine e Cividale, comprese le località
intermedie e i comuni delle valli del Natisone. Tra l'altro, gli studenti che si
recano nel capoluogo friulano non dovranno pagare l'accesso alle navette dalla
stazione alle scuole in quanto già comprese nell'abbonamento. Nel documento
entrano infine misure per favorire la fruizione dei treni storici (biglietto
anche di sola andata), la presa d'atto delle tariffe relative al servizio
marittimo di linea tra i porti Fvg e quelli di Slovenia e di Croazia e il
mandato alla direzione Infrastrutture per la definizione delle tariffe
transfrontaliere sulla direttrice Udine/Trieste-Lubiana.
Marco Ballico
Il mondo dell'esodo reclama le riduzioni promesse in passato e rimaste sulla carta
I bonus, a detta dei diretti interessati, sono contemplati dall'articolo 34 della legge 23 del 2007 e richiamati anche dal bando per il gestore unico
Trieste - «Sono sempre di meno, ma mi fermano per strada. E ci sperano ancora». Bruno Marini incassa il nuovo rinvio, ma non si arrende. E sposta l'appello rivolto con successo a Debora Serracchiani alla nuova giunta Fedriga: «Non si dimentichi dell'agevolazione per gli esuli sull'abbonamento dell'autobus». La battaglia aperta dal consigliere di Forza Italia nella sua ultima legislatura rimane vinta solo sulla carta. A impedire il lieto fine è l'ennesimo ricorso di Bus Italia, la società Fs che non ne vuol sapere di perdere la gara per il controllo decennale del Tpl Fvg. Nel 2015 Marini aveva portato alla luce una norma regionale, la 23 del 2007, lì dove all'articolo 34 si prevede un beneficio taglia-abbonamento a favore di invalidi, ciechi e sordomuti, ma anche per gli istriani, i fiumani e i dalmati «risultanti tali da certificazioni emesse dalle rispettive associazioni». L'effetto della comunicazione fu immediato, tanto che agli sportelli dell'allora Provincia di Trieste ci fu l'assalto di chi chiedeva di vedersi riconosciuto lo sconto. Non da poco, tra l'altro, giacché, prendendo alla lettera le leggi regionali in materia, un anno di bus costerebbe agli esuli (con un imponibile lordo Irpef inferiore ai 30 mila euro) 5 euro e 15 centesimi anziché i 343,50 euro della tariffa base. Niente da fare, tuttavia. Non dopo che l'assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia definì «inapplicabile» la sforbiciata, salvo un ulteriore contributo della Regione. Di qui il pressing di Marini che, sollevato il caso, riuscì infine a portare a casa il risultato. Nel bando per la gestione unica del Tpl è stato infatti inserito un passaggio proprio a favore degli esuli. I maggiori oneri? «Compresi nell'appalto per il servizio».Una quantificazione precisa, in realtà, non c'è. Anche se, dopo le prime stime che parlavano di migliaia di interessati, è verosimile che la questione riguardi non più di qualche centinaio di persone. «Il tema non è nemmeno più economico, ma solo morale - osserva l'ex consigliere regionale -. Speravo che la partita si chiudesse lo scorso mandato, contiamo ora che si possano superare le ennesime complicazioni giuridico-burocratiche e si riconosca un diritto a una platea, purtroppo, sempre più ridotta».
Contributi fino a cinquemila euro per comprare vetture ecologiche
Il budget complessivo è di 1,5 milioni. In partenza convenzioni con le Camere di commercio per gestire le pratiche di rottamazione
UDINE - La giunta regionale su proposta dell'assessore all'Ambiente ed Energia, Fabio Scoccimarro, ha approvato lo schema di convenzione da sottoscrivere con le Camere di commercio di Pordenone, Udine e della Venezia Giulia con cui disciplina la concessione di contributi a privati per la rottamazione di veicoli a benzina Euro 0 o Euro 1 o di veicoli a gasolio da Euro 0 a Euro 3 e per il conseguente acquisto di veicoli nuovi ecologici. «Si tratta di una misura con cui si vuole contribuire a ridurre l'inquinamento atmosferico e migliorare la qualità dell'aria», ha spiegato Scoccimarro, ricordando come le risorse complessivamente a disposizione per favorire la sostituzione delle vecchie auto ammontano a 1.512.000 euro. «Il Friuli Venezia Giulia - ha precisato l'assessore - erogherà un contributo tra i 3mila e i 5mila euro a quanti decideranno di rottamare il proprio veicolo a benzina Euro 0 o Euro 1 oppure a gasolio da Euro 0 a Euro 3 a fronte di un acquisto più verde». L'entità del contributo è legato alla tipologia della nuova vettura acquistata: ammonterà a 3 mila euro per l'acquisto di auto benzina-metano, 4 mila euro per l'acquisto di un'auto ibrida (benzina-elettrico), 5 mila nel caso di acquisto di un veicolo elettrico. Nel dettaglio, attraverso la stipula della convenzione, la Regione provvede a ripartire gli importi per gli incentivi alle Camere. Ciascuna Camera di Commercio pubblicherà sul proprio sito internet i termini iniziali e finali per la presentazione delle domande da parte dei cittadini, lo schema di domanda e l'altra modulistica necessaria. La ricezione delle domande di contributo presentate secondo le modalità indicate nel regolamento, l'istruttoria di tutte le fasi procedimentali, l'adozione dei provvedimenti così come l'adozione degli atti di concessione e la liquidazione dei contributi e la predisposizione e trasmissione delle comunicazioni ai soggetti richiedenti è in carico alle Cciaa che, per lo svolgimento di queste attività, costituiranno un'apposita struttura organizzativa.
La fusione Thyssen-Tata: nasce il colosso dell'acciaio
Il gruppo indiano e quello tedesco mettono assieme le rispettive attività
in Europa - Prende forma il secondo gruppo europeo dopo ArcelorMIttal: tagli in
vista
MILANO - La tedesca Thyssenkrupp e l'indiana Tata hanno definito l'accordo
per la fusione in una joint venture 50/50, con sede nella regione olandese di
Amsterdam, delle rispettive attività europee nell'acciaio. Una intesa definitiva
che concretizza il memorandum d'intesa siglato a settembre 2017 «per creare un
campione europeo dell'acciaio», il secondo gruppo del settore dopo
ArcelorMittal. Avrà la spinta di sinergie per 400/500 milioni, è una risposta
alle «sfide dell'industria siderurgica europea» che mette in campo una
«soluzione per creare un valore aggiunto significativo di circa 5 miliardi di
euro» - come sottolinea il ceo di Thyssenkrupp, anche se «fruttare le sinergie
di costo richiederà una razionalizzazione della forza lavoro nei prossimi anni
fino a 4.000 posti», circa la metà in Germania, in un gruppo che avrà circa
48mila dipendenti (soprattutto in Germania, Regno Unito e Olanda): è un impatto
che sarà «condiviso equamente tra le due parti». I NEGOZIATI - I due gruppi
spiegano di aver intanto «completato con successo» i negoziati con i sindacati e
le relative consultazioni. Non dovrebbero rientrare nell'accordo le acciaierie
Ast di Terni: per Thyssenkrupp, che lo ha annunciato lo scorso novembre, è un
asset da cedere. Thyssenkrupp Tata Steel (è il nome che avrà la nuova società)
nasce già guardando ad una possibile Ipo, ed anche come strumento per
riequilibrare «con un adeguato risarcimento» la differenza di valore delle
attività conferite dai due gruppi, emersa dalla due diligence successiva alla
pre-intesa dello scorso settembre: per farlo l'accordo finale assegna
esclusivamente a ThyssenKrupp la possibilità di decidere sui tempi per una
eventuale Ipo della nuova joint venture, e prevede che il gruppo tedesco
riceverà una quota maggiore del ricavato del collocamento («riflettendo un
rapporto economico di 55/45»). PLAYER EUROPEO - Così, commenta il ceo di
ThyssenKrupp, Heinrich Hiesinger, «creiamo un player europeo altamente
competitivo, basato su una forte logica industriale ed una logica strategica.
Contribuirà a garantire posti di lavoro e catene di valore nel «cuore
dell'industria europea«; punta su «sinergie comuni che non potrebbero essere
realizzate in uno scenario indipendente», e «per entrambi i partner la
partecipazione nella joint venture rappresenta un significativo aumento di
valore». Mentre il manager indiano Natarajan Chandrasekaran, presidente di Tata
Steel, sottolinea che «la joint venture creerà una solida società siderurgica
paneuropea, strutturalmente solida e competitiva. È una pietra miliare
significativa per Tata Steel», dice, sottolineando l'impegno «a lungo termine»
in una società che «creerà valore per tutte le parti interessate». ANTITRUST -
L'operazione deve ora attendere il via libera antitrust, attesi entro l'anno.
All'acciaieria di Terni, che fa parte di Thyssenkrupp, si attendono
comunicazioni ufficiali dalla Germania dopo l'annuncio della firma. A novembre,
il ceo di Tk Heinrich Hiesinger aveva annunciato che l'acciaieria italiana è
l'unico asset del gruppo attualmente in vendita non essendo più strategico.
Una maxi centrale solare sorgerà a Cherso
Sarà la più grande della Croazia. Investimento di 6 milioni di euro.
Sorgerà a Orlec. Produrrà 8,5 milioni di kilowatt all'anno
ZAGABRIA - Sarà costruita sull'isola di Cherso (Cres) la più grande centrale
elettrica a pannelli solari della Croazia. Il presidente della Regione
litoraneo-montana, Zlatko Komadina, ha presentato questa settimana il progetto,
annunciando la conclusione di un accordo tra il fornitore pubblico di
elettricità Hep e la regione. Un accordo che prevede appunto la creazione di un
impianto solare ad un paio di km a nord di Aquilonia (Orlec) e dal valore di 45
milioni di kune, circa 6 milioni di euro. Oltre alla regione e a Hep, che
forniranno rispettivamente i permessi di costruzione e i fondi per
l'investimento, il progetto coinvolge anche il monastero francescano di Cherso,
che concederà a Hep l'affitto per 25 anni (rinnovabili) del terreno su cui
sorgerà il campo di pannelli solari, esteso per ben 17 ettari. Stando a quanto
riportato dal quotidiano Novi List, i lavori di costruzione dovrebbero
cominciare già entro la prima metà del 2019. La strategia energetica«Questo
progetto è un altro passo verso il completamento della nostra strategia
energetica e verso l'uso di fonti rinnovabili. È importante per noi usare ciò
che abbiamo a disposizione, in questo caso, l'energia solare», ha dichiarato
Zlatko Komadina. La nuova centrale, che avrà una capacità da 6,5 megawatt,
produrrà in un anno una media di 8,5 milioni di kilowatt assicurando i bisogni
di corrente di 2mila famiglie e permettendo di evitare i blackout causati dai
picchi di consumo durante la stagione estiva.«Durante i mesi invernali,
l'impianto coprirà i bisogni di elettricità di due terzi dei residenti
dell'isola di Cherso», ha affermato Darko Jardas, il direttore dell'Agenzia
regionale per l'energia (Rea) nel Quarnero, precisando che l'elettricità
prodotta ad Aquilonia sarà utilizzata esclusivamente sulle isole di Cherso e
Lussino. Per il fornitore croato di energia Hep, inoltre, quella di Aquilonia
sarà la prima centrale solare non integrata. Hep, infatti, controlla già nove
impianti fotovoltaici integrati ad altrettanti edifici in diverse località del
paese, tra cui Abbazia, Zara, Spalato e Ragusa. Per Hep, il progetto di Cherso
s'iscrive all'interno della propria strategia di conversione energetica. L'uso
di fonti rinnovabili. Il presidente del consiglio di amministrazione di Hep,
Frane Barbaric, ha dichiarato infatti che il proprio obiettivo è quello produrre
almeno il 50% della propria offerta elettrica tramite fonti rinnovabili entro il
2030 e di raggiungere quota 70% entro il 2050. «In questo modo, avremo un ruolo
da leader nella transizione energetica della Croazia», ha sottolineato
Barbaric.A fine 2017, in occasione della conferenza «il ruolo del turismo nella
transizione energetica», organizzata da Greenpeace Croatia, il direttore locale
dell'Ong ambientalista, Zoran Tomic, aveva spronato il Paese ad investire nelle
rinnovabili e nel solare in particolare.
Giovanni Vale