IL FATTO QUOTIDIANO - MERCOLEDI', 5 ottobre 2016

 

Clima, l’Italia e il doppio gioco sull’accordo Cop21: “Ha lavorato per avere obiettivi più soft sulle emissioni”

Il governo ha sempre rivendicato un ruolo da leader in green economy e rinnovabili, ma durante le trattative ha fatto resistenza, insieme alla Polonia, ritardando anche la ratifica dell'intesa all'Europarlamento. Galletti lo chiama "principio d'equità". Il risultato è che vuole compiti a casa meno pesanti

Il gatto e la volpe. Nel lavorio di trattative che ha preceduto la ratifica dell’accordo di Parigi sul clima al Parlamento europeo, due Paesi in particolare hanno remato contro. Uno è la Polonia, l’altro l’Italia. Resistenze che hanno fatto dilatare i tempi di ratifica comunitaria fino all’ultimo momento utile, oltre il quale per l’Unione Europea non sarebbe più stato possibile partecipare alle prossime trattative sul clima. Ma se da una parte Varsavia è da sempre nota per le sue posizioni a favore delle fonti fossili e le sue frenate sui temi ambientali, dall’altra sorprendente è stato l’atteggiamento del governo italiano.
L’esecutivo pubblicamente ha sempre rivendicato la portata storica dell’intesa di Parigi e, anzi, il ruolo di leader dell’Italia nella green economy e nelle rinnovabili. Lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel 2015, partecipando agli incontri della Cop21 a Parigi, aveva detto: “L’Italia ha la leadership in alcuni settori della green economy. Noi stiamo andando nella giusta direzione e stiamo facendo tutti quegli sforzi che ci portano a essere una delle nazioni guida in questo settore. Sono ottimista, ma è ancora lunga. Spero che l’accordo sia il più vincolante possibile, altrimenti si rischia un impegno scritto sulla sabbia”. Anzi, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti aveva rivendicato pochi giorni prima della ratifica che “noi rendiamo più facile l’accordo a livello europeo – continua Galletti – perché abbiamo contribuito già fortemente, anche negli anni scorsi, alla riduzione della Co2 in Europa”.

Eppure nel frattempo l’Italia cercava di frenare. Nelle stanze dei negoziati europei ha lavorato per ottenere impegni più blandi di riduzione delle emissioni. Come? Portando avanti ufficialmente una battaglia per “l’equità” nella spartizione degli impegni tra i Paesi, che nei fatti dovrebbe risolversi in compiti a casa meno pesanti per l’Italia. Se infatti le trattative prima della Conferenza sul clima del 2015 hanno riguardato l’impegno che l’Europa avrebbe dovuto assumersi (fissato a una riduzione del 40% delle emissioni entro il 2030 rispetto al 1990), adesso si negozia su cosa questo obiettivo vorrà dire per i diversi Stati membri. E qui viene il bello.
Un lavoro sotto traccia
La Polonia ha difeso apertamente il diritto del proprio Paese a uno sviluppo basato sul carbone, mentre persino Ungheria e Slovacchia, “alleati” dei polacchi nel gruppo di Visegrad (non proprio dei progressisti sui temi ambientali) hanno preso una posizione opposta. “Hanno già ratificato l’accordo a livello nazionale. Sanno bene che dopo potranno battersi per target più morbidi, ma intanto non conviene mettersi contro il trattato di Parigi”. Quello dell’Italia, nel frattemo, come spiega il responsabile dell’ufficio di Bruxelles di Legambiente Mauro Albrizio, “è stato un lavoro condotto dietro le quinte. Nessuno è così politicamente stupido da dire apertamente di non volere questo accordo”. Così la battaglia si è combattuta ai tavoli tecnici, dove i negoziatori italiani hanno creato non pochi problemi.
Un atteggiamento che per il responsabile Clima ed energia di Greenpeace Italia Luca Iacoboni non è neanche giustificato dalle caratteristiche del nostro Paese: “L’Italia, al contrario della Polonia, è un Paese povero di materie prime, che anche per questo dovrebbe puntare sulle rinnovabili più che sul carbone. Inoltre, anche l’Enel sta dismettendo 23 centrali a carbone”.
Galletti: “Principio di equità”
Pubblicamente il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti la chiama “principio di equità” nella spartizione dei target tra i diversi Paesi, ma in concreto è una battaglia al ribasso per ottenere dall’Ue obiettivi nazionali più morbidi. “Secondo l’ipotesi fatta dalla Commissione – dice Albizio – l’Italia dovrebbe ridurre le emissioni del 33% al 2030, rispetto al 2005. Un impegno per due terzi già assolto, visto che dal 2005 al 2014 grazie al forte sviluppo delle rinnovabili le emissioni sono calate del 22%. E ora l’Italia giudica troppo stringente dover tagliare di un altro 11% in ben 16 anni”.

Dal ministero dell’Ambiente negano e rilanciano spiegando che “l’Italia non vuole un indebolimento degli impegni, ma anzi è disposta a fare anche di più. L’importante è che ci sia equità nella spartizione degli sforzi tra i Paesi”. Posizione a sua volta smentita dal presidente della commissione Ambiente del Parlamento europeo, Giovanni La Via che è del Nuovo Centrodestra, cioè il partito con l’Udc, il partito del ministro Galletti. La Via ammette che il target presente nelle bozze è “uno sforzo che vede l’Italia un po’ penalizzata. Sarà una proposta che potremmo modificare, ci sarà il tempo per farlo. Bisogna considerare gli sforzi già fatti: un Paese che ha già ottenuto risultati in passato non può essere messo sullo stesso piano di chi non ha fatto sforzi pregressi”.
A pesare però è anche la mancata ratifica nel nostro Paese dell’accordo di Parigi, che dopo il via libera del consiglio dei ministri, dovrà passare alle Camere. “L’Italia si deve sbrigare a ratificare – taglia corto la responsabile Clima del Wwf Mariagrazia Midulla – Così spazzerà via il sospetto che per contrattare i target si creino strane alleanze e strani ricatti.
Ratifica all’ultimo momento
Le resistenze di alcuni Paesi ad assumersi degli impegni significativi ha fatto allungare i tempi della ratifica dell’accordo a livello europeo, che infatti è arrivata all’ultimo momento, alla presenza del segretario dell’Onu Ban Ki-Moon che non doveva nemmeno essere a Strasburgo, ma ha fatto una deviazione su invito del presidente del Parlamento Martin Schulz. Altrimenti non si poteva fare: per sedersi al tavolo delle trattative della Cop 22 che si terrà a novembre a Marrakech, la procedura di ratifica doveva essere chiusa entro il 7 ottobre. Quelli di novembre saranno negoziati importanti: perché se l’anno scorso alla Cop 21 si è discusso degli impegni di riduzione, quest’anno si dovrà decidere come mantenere le promesse fatte. La Via assicura che “in un mesetto la procedura di ratifica italiana sarà completata”. L’obiettivo sarebbe quello di avere il pezzo di carta pronto per il 7 novembre: così Galletti potrà evitare di presentarsi a Marrakech a mani vuote.

Veronica Ulivieri

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 ottobre 2016

 

 

Intesa con le Ferrovie per “raddrizzare” la pista di Campi Elisi - Definito un tracciato alternativo per la ciclabile della discordia
Prevista una bretella davanti alla Bianchi per bypassare la Gvt
Una variante “ferroviaria” per risolvere il rebus della ciclabile dei Campi Elisi. L’amministrazione comunale ha trovato un accordo con le Ferrovie per superare il nodo critico della rampa autostradale. «Il percorso alternativo è stato definito. Sarà sistemata la bretella ferroviaria di fronte alla piscina Bianchi in modo da bypassare la rampa di ingresso alla Grande Viabilità» spiega Everest Bertoli, il consigliere comunale di Forza Italia che a fine luglio aveva presentato un mozione per verificare «la possibilità di trovare un percorso alternativo, anche parziale, alla pista ciclabile dei Campi Elisi e contemporaneamente di ripristinare i parcheggi già esistenti». La mozione, integrata da un emendamento firmato anche dall’altro forzista Bruno Marini, è stata fatta propria dalla giunta il 19 settembre. «Nell’operazione sarà recuperata una dozzina di parcheggi - assicura Bertoli -. In questo modo si metterà la parola fine a una vicenda che ha colpito e danneggiato residenti e commercianti della zona Campi Elisi». Il nuovo percorso della ciclabile sarà presto presentato alla circoscrizione. Si tratta di una soluzione già suggerita alla precedente amministrazione da associazioni di ciclisti urbani come Fiab Ulisse, ma mai presa in considerazione. Ancora nel giugno scorso era stata illustrata una soluzione per il passaggio della ciclabile davanti alla rampa autostradale all’altezza della piscina Bianchi. Di interventi migliorativi alla pista di Campi Elisi si parla da mesi. Il 13 settembre scorso i tecnici comunali hanno illustrato un progetto di massima che risolverà il problema passando a destra della rampa parallelamente alla ferrovia alla Quarta Circoscrizione presieduta da Riccardo Ledi. All’incontro erano presenti gli gli assessori all’Urbanistica Luisa Polli e ai Lavori Pubblici Elisa Lodi. «I lavori non dovrebbe richiedere tanto tempo» aggiunge Bertoli. Nei primi mesi del 2017, insomma, si dovrebbe veder concluso il percorso alternativo. «La ciclabile dei Campi Elisi, attualmente in costruzione, congiunge le Rive di Trieste alla ciclabile Cottur e costituisce una direttrice importante sia per i triestini che vorrebbero spostarsi in città in bicicletta (i 35.000 certificati dal recente sondaggio swg) o che intendono raggiungere la ciclabile della Val Rosandra sia per i circa 20mila cicloturisti, prevalentemente stranieri, che visitano e pernottano ogni anno a Trieste nei mesi estivi (con numeri in costante e forte crescita)», fa sapere Ulisse Fiab. È una parte importante dell’itinerario numero 8 del progetto europeo Eurovelo, che punta a realizzare in Europa una rete di percorsi ciclabili a lunga percorrenza destinati ai cicloturisti. La ciclabile triestina è un itinerario di 4,4 chilometri lungo il percorso via Giulio Cesare, Passeggio Sant’Andrea, viale Campi Elisi, via D’Alviano, via Lorenzetti e via Orlandini fino all’inizio della ciclabile Cottur. Il progetto è finanziato con risorse pubbliche (500mila euro) da Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Trieste. Ai primi di luglio i primi interventi per mettere in sicurezza la ciclabile “demenziale” (com’era stata definita dal sindaco Roberto Dipiazza) e ovviare ad alcun difetti progettuali. E ora al via la variante ferroviaria. Poi si potrà finalmente pedalare.

Fabio Dorigo

 

Torna il bus elettrico dalle Rive a Barcola
Dopo l’esperienza pilota dello scorso mese, quando fu sperimentato un collegamento fra le rive e il polo museale di via Cumano, tornano gli autobus elettrici in concomitanza con la Barcolana. Trieste Trasporti ha attivato una nuova linea a emissioni zero tra Campo Marzio e Barcola che sarà in funzione fino al 9 ottobre. Il servizio è operativo da ieri ed è reso possibile grazie al contributo della Regione. Il collegamento è garantito da due vetture a trazione elettrica con 23 posti a sedere e 71 posti complessivi: i capolinea sono collocati in via di Campo Marzio n° 2 (fermata provvisoria davanti al “grattacielo”) e a Barcola in piazzale 11 settembre 2001. L’itinerario prevede la percorrenza delle rive e di viale Miramare in entrambe le direzioni. Per usufruire del servizio è necessario dotarsi di un regolare titolo di viaggio. Le corse da Campo Marzio partono ogni 25/30 minuti tra le 7 e le 9.55 e tra le 16 e le 20 mentre da Barcola partono tra le 7.30 e le 9.30 e tra le 16.30 e le 20.00.

 

 

Porto Vecchio - Italia Nostra scrive al ministro «No all’Icgeb nel Magazzino 26»
Dirottare l’Istituto di ingegneria genetica e biotecnologia (Icgeb) dal Magazzino 26 che è destinato a funzioni museali e trasferirvi qui la mostra sulle navi del Lloyd subito dopo la Barcolana per rendere l’ex Centrale idrodinamica nuovamente fruibile per le visite agli impianti. Con questi obiettivi, sull’argomento triestino del secolo cioé Porto vecchio è scesa in campo a spada tratta ieri anche Italia Nostra che ha in gestione l’embrione di Polo museale già esistente all’interno dell’antico scalo.

La referente per il Polo Antonella Caroli e la vicepresidente provinciale Giulia Giacomich hanno fortemente criticato la scelta della nuova sede dell’Icgeb confermata nella riunione d’insediamento del Tavolo romano su Porto vecchio a cui hanno preso parte Regione, Comune, Autorità portuale e governo (rappresentato dal segretario generale del ministero per i Beni e le attività culturali, cui si deve il contributo di 50 milioni, Antonia Pasqua Recchia, e dal capo dipartimento per gli Affari regionali della presidenza del Consiglio Antonio Naddeo). «A una nostra prima valutazione - hanno commentato le rappresentanti di Italia Nostra - la struttura specialistica dell’Icgeb potrebbe andare a stravolgere le parti interne dell’edificio in quanto la realizzazione di laboratori, attrezzature tecniche, controsoffittature, pavimentazioni galleggianti, aree di rispetto, potrebbero presentare notevoli problematiche dal punto di vista autorizzativo dato che l’edificio è vincolato anche dall’interno». Ma non è solo questa l’obiezione che muove Italia Nostra che insiste sul fatto che il Magazzino 26 «viene individuato anche dalle linee guida dell’advisor Ernst&Young come area museale ed espositiva», mentre ospitando l’Icgeb «verrebbe interdetto all’accesso pubblico». Per l’Istituto di ingegneria genetica e biotecnologia secondo Italia Nostra «si potrebbe individuare un’area idonea, all’interno del Porto vecchio, per una nuova costruzione che risponda a tutte le esigenze del Centro internazionale». L’associazione ricorda anche che il 9 ottobre scade l’accordo tra Comune e Autorità portuale per la Mostra sulle navi del Lloyd ospitata temporaneamente alla Centrale idrodinamica. «È indispensabile - è stato affermato - riportare gli spazi allo stato originario in quanto la mostra sacrifica la visione completa per cui le va trovata una nuova collocazione definitiva che era stata già individuata nello stesso Magazzino 26». «Ora chiederemo ufficialmente - ha annunciato Caroli - di partecipare al Tavolo sul Porto vecchio in qualità di esperti. Se non saremo accolti scriveremo al ministro Franceschini». E ieri intanto il sindaco Roberto Dipiazza ha reso noto di aver «iniziato con gli ingegneri del Comune la progettazione della nuova viabilità in Porto vecchio, caratterizzata da viali alberati con ampi marciapiedi, piste ciclabili e un sistema di illuminazione con lampioni a pastorale in armonia con quelli che ci sono in città. È iniziata anche la progettazione - ha aggiunto - per la realizzazione delle infrastrutture tecnologiche di tutti i servizi secondo uno schema a pettine composto da una direttrice centrale che attraverserà tutta l’area e da dove partiranno gli allacciamenti necessari man mano che saranno completati e ristrutturati gli edifici».

(s.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 ottobre 2016

 

 

Prodani incalza il Comune sulla Ferriera - Il deputato sollecita il sindaco a porre un limite alla produzione. FareAmbiente critica Serracchiani
«Più di qualcuno si è domandato del perché il Comune abbia richiesto la revisione dell’Aia solo sul rumore. La risposta è semplice. Perché, attualmente, è il vero punto debole, documentato e certificato».

Il deputato Aris Prodani decostruisce la strategia dei cento giorni messa in campo dall’amministrazione comunale per la chiusura dell’area a caldo della Ferriera. «Dopo la risposta scontata della Regione a quella richiesta incompleta e affrettata (l’opinione pubblica chiedeva un gesto “forte” che marcasse quella differenza tanto sbandierata verso il passato) tutto si è sgonfiato. Con gli elementi in possesso e con i chiari poteri del sindaco, quanto bisognerà ancora aspettare un ordinanza di limitazione della produzione?», si chiede il parlamentare. Una lettura non diversa da quella del Circolo Miani. «La strada imboccata dalla nuova amministrazione non ha portato nei famosi cento giorni ad impostare alcuna soluzione concreta, e non poteva farlo ed incauto chi ha consigliato male il sindaco sui dieci punti - denuncia Maurizio Fogar -. Così come la consulenza di Barbieri, sostanzialmente un chimico, che dovrà di necessità lavorare ed analizzare sui dati forniti dall’Arpa, non cambierà di una virgola la situazione, come di fatto ha evidenziato soddisfatta pure la Serracchiani. Gli atti ed i percorsi, a partire dalla richiesta di revisione dell’attuale Aia: inesatta nella forma e nella sostanza e pertanto respinta dalla Regione, fin qui compiuti dal sindaco e dai suoi “fidati consiglieri” non servono assolutamente a nulla se l’obbiettivo è quello di una rapida chiusura della produzione siderurgica (ghisa e carbon coke) della Ferriera. Né in cento né in centomila giorni». Resta pessimista anche FareAmbiente dopo l’intervista ala governatrice Debora Serracchiani. «Certo è auspicabile una collaborazione tra Regione e amministrazione comunale, ciò però implica un obbiettivo comune e questo sembra proprio non ci sia - dichiara Giorgio Cecco, coordinatore regionale - la Presidente Serracchiani vada a trovare i residenti di Servola e chieda a loro se è migliorata la qualità della vita. Fermo restando i dubbi per il sistema di misurazione e l’efficacia delle norme crediamo che sulla salute, sulla qualità dell’aria e della vita dei cittadini non ci si può basare solo su dati, considerazioni tecniche e su documenti discutibili come l’Aia concessa. Intanto oltre ai disagi dovuti alle polveri i cittadini continuano a non dormire la notte per i rumori provocati».

(fa.do.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 ottobre 2016

 

 

Ferriera «La qualità dell’aria sta migliorando Il Comune collabori»

Serracchiani annuncia l’esito dell’ultima ispezione invitando Dipiazza ad abbassare i toni e lavorare assieme
TRIESTE «Sulla Ferriera un linguaggio sopra le righe («Faremo il culo ad Arvedi», ha detto l’altra sera il sindaco, ndr) non aiuta i buoni rapporti che devono esserci tra soggetti impegnati in compiti così delicati, ma anche alcune decisioni del Comune vanno nella direzione giusta. Su tutte le scelta di farsi affiancare da un consulente del calibro di Pierluigi Barbieri». Debora Serracchiani, che non è solo la governatrice del Friuli Venezia Giulia, ma anche il commissario per l’area di crisi industriale complessa di Trieste, decide di intervenire sulla delicata questione di Servola. A sentire l’amministrazione comunale, ma anche alcune associazioni di cittadini, la situazione dell’inquinamento non è migliorata, anzi. Com’è possibile? Sulla Ferriera si sta facendo un lavoro enorme. È il primo caso in Italia di attuazione dell’articolo 252 bis del Testo unico ambientale: il risanamento contestualmente alla continuazione dell’attività industriale con il presupposto che questa può avvenire solo se si opera efficamente sull’impatto ambientale. È una novità assoluta anche nella storia del diritto: per la prima volta si coniugano lavoro e salute evidenziando come le due cose non siano incompatibili. Siamo però anche consapevoli che operiamo su uno stabilimento attorno al quale è cresciuta la città per cui l’operazione è impegnativa e complessa. Il controllo dei cittadini su quanto avviene all’interno, in realtà, è fortemente limitato. Siamo dinanzi allo stabilimento siderurgico più controllato d’Italia. Ha 120 anni, ma per la prima volta l’ente pubblico ha facoltà di pieno controllo di quanto succede all’interno. Pur essendo questa un’iniziativa privata, il pubblico vi entra con tutti e due i piedi, per effettuare i controlli con un’attività ispettiva eccezionalmente intensa. Ogni quanto avvengono le ispezioni? Nel 2016 gli accessi di Arpa sono stati praticamente quotidiani, nel 2015 oltre 30, in tutti gli anni precedenti 6 o 7 complessivamente. Per legge Arpa dovrebbe fare un’ispezione all’anno, ma noi abbiamo previsto nell’Aia quattro ispezioni ordinarie a cui si aggiungono quelle straordinarie che vengono fatte su iniziativa della stessa Arpa o dei cittadini. Qual è stato l’esito? Si è appena conclusa la terza ispezione ed è emerso che a tutte le prescrizioni fatte nelle due verifiche precedenti è stato adempiuto. Sono state risolte anche le criticità che si erano palesate a luglio e agosto con gli sbuffi fotografati dai cittadini. Per la prima volta l’interlocuzione tra azienda e Arpa è pressoché quotidiana e permette di individuare i problemi e risolverli in tempo reale. C’è dell’altro: Arpa ha preteso e ottenuto una postazione di accesso ai dati sensibili di Siderurgica Triestina dall’interno dello stabilimento. Il Comune però sembra intenzionato ad acquistare e posizionare una propria centralina. La legge prevede che i controlli siano in capo ad Arpa. Detto questo, può farli chiunque e se li paga. Certo nel caso di soldi pubblici sono indispensabili cautele maggiori. È stato verificato che in alcune giornate i limiti vengono superati. L’esito della terza ispezione rileva infatti alcuni sforamenti quotidiani che sono stati oggetto di una nuova prescrizione. La media mensile però non è superata. Anche questa terza ispezione ha però confermato un notevole miglioramento nella qualità dell’aria e i valori di benzopirene sono un settimo di cinque anni fa. Ora il problema principale è il rumore, l’azienda ha presentato un piano di risanamento acustico che prevede trenta mesi nel corso del quale devono essere adottati tutti gli interventi, ma Arpa ha già costituito un tavolo tecnico per capire se questi interventi si possono fare prima. Infine c’è la questione degli odori che provengono soprattutto dalla cokeria: Arpa ha fatto una convenzione con l’università per venire a capo anche di questo problema. Ma oltre che per i rumori e gli odori, i cittadini continuano a lamentarsi anche delle polveri. Non dico che tutto vada bene, ma ci sono notevoli miglioramenti obiettivi. Bisogna lavorare per risolvere anche il resto, si può fare di più e meglio. I toni da ogni versante però sembrano sempre più aspri. Abbiamo contatti costanti con le organizzazioni sindacali perché tutto ciò che viene fatto deve essere noto ai lavoratori. L’azienda ha riassorbito tutta la manodopera Lucchini e ha assunto altri dipendenti che già oggi sono 535 rispetto ai 410 iniziali; si potrà arrivare a quota 700 quando sarà a regime il laminatoio a freddo e sarà concluso l’intervento sulla logistica che proprio per non inquinare si sta spostando dai camion ai treni e alle chiatte. Il sindaco non utilizza parole eleganti con Arvedi. Un linguaggio troppo sopra le righe non aiuta i buoni rapporti che devono esserci tra soggetti impegnati in compiti così delicati quali il risanamento ambientale e la creazioni di posti di lavoro. Questi buoni rapporti devono essere determinati dal principio di autonomia: il pubblico deve fare il proprio mestiere che è di vigilanza, controllo. monitoraggio e risanamento per la propria parte. Il privato che si è impegnato a metterci le risorse ha la facoltà di continuare l’attività industriale ma solo se fa manutenzione ordinaria e straordinaria, attua l’Accordo di programma e segue le prescrizioni dell’Aia. Se non lo fa ne subisce le conseguenze. Il Comune ha anche arruolato un proprio consulente. Alcune decisioni del Comune vanno nella direzione giusta già tracciata da Cosolini, penso ad esempio alla scelta di Pierluigi Barbieri quale consulente. Barbieri è membro del comitato scientifico di Arpa, ha lavorato sulla Ferriera con Arpa e anche sui giardini inquinati di Trieste. Collabora da anni sulla questione degli odori a Servola. Ben venga un consulente terzo che puù aiutare le parti a lavorare meglio su tema che deve vedere impegnati tutti per arrivare al risanamento ambientale e alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Silvio Maranzana

 

I PROTAGONISTI - Dagli investimenti dell’imprenditore alla battaglia per la chiusura del primo cittadino
Il sindaco Roberto Dipiazza ha a più riprese definito la Ferriera di Servola un cancro in mezzo alla città e si batte per la chiusura di altoforno, cokeria e macchina a colare.

Il Comune ha anche ufficialmente richiesto la revisione dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) rilasciata allo stabilimento, ma i tecnici della Regione hanno rilevato l’assenza degli elementi necessari a procedere.Giovanni Arvedi, proprietario del gruppo industriale di cui Siderurgica Triestina fa parte, ha sempre sostenuto che intende far poggiare lo stabilimento triestino su tre gambe: l’area a caldo, il laminatoio a freddo in cui si stanno già svolgendo le prime lavorazioni e la logistica (banchina e treni). «In questo modo - ha affermato Arvedi - l’occupazione potrà crescere fino a 700-800 dipendenti»

 

La disillusione abita a Servola - Chi vive nel rione non vede segnali di cambiamento e teme l’ennesima fregatura

Qualcosa si muove - C’è stato un miglioramento ma del tutto insufficiente
TRIESTE Bentornati a Servola, il rione degli sfiancati, dei disillusi e dei vinti. Nessuno, in questo quartiere dove abbondano case sfitte e serrande abbassate, è contento di abitare qua. Oggi come prima. Non c’è anima viva pronta a giurare che qualcosa, effettivamente, sia cambiato. Non nella vita di ogni giorno, non nella semplice quotidianità. Tradotto: la polvere nera, quella che si infila dappertutto, quella che sporca i piedini dei bimbi, continua a lordare i balconi e gli appartamenti dei residenti. L’odore acre, in via Pitacco e dintorni, prende sempre la gola. Ma per alcuni si sta un pochino meglio. Che per pochino si intende che non vien più voglia di rigettare la colazione quando si passeggia nel rione. Così, ad esempio, nella parte alta di Servola. Ma poi basta svoltare un angolo, fermare qualcuno in via San Lorenzo in Selva, la stradina che porta dritti alla fabbrica, per sentirsi obiettare che oggi è «addirittura peggio». La Ferriera è sempre là, a sputare fumo e un frastuono di metalli e sirene. Tra la gente c’è poca voglia di parlare, commentare e protestare. Sembrano così lontani, ormai, i tempi delle proteste in piazza. La gente è rassegnata. Legge sul giornale che Arvedi si dà un gran da fare per sistemare la fabbrica e risanarla. Ma cosa sono milioni di euro a palate, programmi e promesse se poi apri la finestra e ti devi turare il naso? Anche la verve del nuovo vecchio sindaco Roberto Dipiazza, così contagiosa, pare aver perso la presa da queste parti. «Non è cambiato niente», dicono un po’ tutti. Al bar e alle fermate dell’autobus. Tutti a chiedesi se quei famosi “cento giorni” per l’avvio delle procedure per lo stop dell’area a caldo, annunciati dal primo cittadino e già scivolati via, porteranno mai a qualcosa. «Se devo pensare cos’era qui fino a un paio di anni fa - osserva Renzo Pozzari, titolare del supermercato “Servola più” di via Pitacco - posso dire che l’aria adesso non è così male. Anche la polvere è diminuita, ma non a un livello tale da migliorare la qualità della vita di chi abita in queste case. Il sindaco sembra si stia impegnando e la proprietà dello stabilimento, come mi raccontano gli operai, sta intervenendo. Forse va meglio, ma non ancora bene. Purtroppo no». Anche i più giovani allargano le braccia. «La gente si lamenta - spiega il ventiseienne Stefano Cotile - e io vedo mia nonna... Ha la povere nera fin dentro gli armadi. Ma stiamo attenti a promettere la chiusura, perché ci sono in ballo centinaia di posti di lavoro». Linda Tagliapietra, nonna di due nipotine, sta in via di Servola. Ha trascorso un’estate infernale: «Aprire le finestre era impossibile. Per il momento direi che qui la situazione è sempre uguale». Gabriele Ardetti, ventisette anni, cuoco di professione, è scoraggiato: «Spesso l’odore è micidiale. I nostri politici vanno avanti a promesse. Siamo stufi». Marco ed Elisa Bandel abitano in via San Lorenzo in Selva in una casetta graziosa e con un cortiletto che nemmeno possono godersi. «Siamo schiavi in casa - dice Elisa, la moglie - quest’anno era un disastro. Peggio di prima». Neanche loro credono a un rione senza Ferriera: «Sarà sempre così». Pure Angela, che vive in via dei Giardini, è pessimista: «Negli ultimi sei mesi si respira un po’ meglio ma non va ancora bene. E poi le case sono deprezzate e ci pare di vivere in un ghetto. Dipiazza? Staremo a vedere, anche se in passato non ha mantenuto le promesse». E i negozi, in rione, continuano a chiudere. In via di Servola, il cuore del quartiere, negli ultimi anni si sono arresi in dieci. Sopravvive, non si sa come, l’azienda agricola di Alessandro Muzina in via Pitacco. Vende “verdure e aromi”.

Gianpaolo Sarti

 

Il tavolo interforze si riunirà a novembre - L’Arpa tara i “nasi”
TRIESTE - Sulla Ferriera di Servola non sono previsti faccia a faccia tra la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e il sindaco Roberto Dipiazza, portatori di visioni opposte sul futuro dell’area a caldo (deve continuare a funzionare se rispetterà le prescrizioni secondo la prima, va chiusa senza se e senza ma a detta del secondo).

L’incontro avverrà però fatalmente al Tavolo sulla Ferriera che Serracchiani, anche nella sua veste di commissario dell’area di crisi industriale complessa, conta di convocare presumibilmente a novembre e comunque, sottolinea, sicuramente prima della fine dell’anno. «Lo farò certamente anche perché da parte mia c’è la più ampia disponibilità al dialogo con tutti - annuncia Serracchiani - non appena saranno disponibili le ultime novità per quanto riguarda l’attuazione dell’Accordo di programma. Oltre alle operazioni di risanamento ambientale a carico dell’azienda c’è infatti la parte che spetta al pubblico e nella fattispecie a Invitalia e che riguarda soprattutto le acque e il barrieramento a mare. La fase burocratica è superata e ora si tratta di dare il via alla progettazione». In questo periodo Arpa sta anche tarando i “nasi elettronici” che ha appena acquistato e che poi posizionerà per il controllo degli odori. È il frutto di una convenzione che l’Agenzia per l’ambiente ha stretto con l’università di Trieste e con il Comune e per la quale ha collaborato anche lo stesso neoconsulente dell’amministrazione comunale Pierluigi Barbieri. E anche all’interno dello stabilimento le acque sono tutt’altro che calme. Da tempo le rsu hanno chiesto un incontro con lo stesso cavalier Giovanni Arvedi per esternargli la preoccupazione per il clima ostile alla prosecuzione dell’attività siderurgica da parte di forze politiche che ora governano il Comune. «Ma non abbiamo ancora ottenuto risposta - afferma Thomas Trost di Fiom-Cgil - mentre ci attende un periodo di trattative serrate dal momento che sono già state calendarizzate quattro giornate di confronto sull’applicazione del contratto integrativo con la rimappatura di tutte le mansioni». Nell’ambito della crisi complessa c’è anche il secondo capitolo che riguarda i nuovi insediamenti industriali nell’area ex Ezit. «Le manifestazioni di interesse che sono giunte e che sono 29, presuppongono investimenti per 98 milioni di euro e 380 nuovi posti di lavoro - spiega Serracchiani - stanno per essere vagliate, dopo di che se gli imprenditori confermeranno l’interesse saranno avviate le procedure per l’insediamento. È stato cruciale aver ottenuto la dichiarazione di crisi complessa e sottoscrivere l’Accordo quadro per poter intercettare aziende tecnologicamente evolute che in parte potranno usufruire anche del regime di Punto franco».

(s.m.)

 

L’iniziativa - Al via la petizione sui giardini inquinati
Sei mesi di tempo per «effettuare un preciso monitoraggio che individui le cause dell'inquinamento atmosferico in città».

Questa la scadenza che Marino Sossi, candidato in Consiglio comunale alle ultime elezioni con Sinistra per Trieste, pone al Comune «per porre fine - spiega l'ex consigliere comunale di Sel - a un’incertezza che non può continuare, perché la salute dei cittadini è fondamentale e deve essere in testa alle priorità di qualsiasi esecutivo, indipendentemente dal colore politico». E per dare forza alla sua richiesta, Sossi l’ha inserita nel contesto di una petizione presentata nei giorni scorsi e per la redazione della quale si è impegnato anche Stefano Bertuzzi, ricercatore del Dipartimento di Scienze dell'Università. Un pressing dal quale però Sinistra italiana ha subito preso le distanze, bollandolo come «iniziativa personale» di Sossi. «Nei mesi passati, analisi effettuate dall'Arpa sui terreni di diverse aree verdi della città, tra cui giardini di scuole e aree frequentate da bambini - ha ricordato Bertuzzi - hanno evidenziato la presenza di idrocarburi policiclici aromatici, i cosiddetti Ipa, che sono sostanze altamente nocive e cancerogene, in concentrazioni molto al di sopra dei limiti di legge, tali da spingere l'amministrazione comunale a interdire le suddette aree ai cittadini. Il cronoprogramma delle future analisi dei terreni prevede campionamenti per due anni a ciclo semestrale, utili senz’altro, ma decisamente insufficienti per chiarire l’origine degli inquinamenti, che potrebbero derivare da episodi di sversamento singoli o prolungati nel tempo, dal traffico veicolare, dal riscaldamento domestico e da attività industriali, come quelle connesse alla Ferriera». «Chiediamo perciò con forza che il sindaco - ha ribadito Sossi - si impegnino a concordare con l'Arpa e con l’amministrazione regionale un piano di monitoraggio atto a individuare l’origine di tali sostanze in tempi non superiori ai sei mesi. Tale piano dovrà basarsi sull’analisi comparata delle concentrazioni delle diverse molecole di Ipa presenti nei suoli, in funzione delle possibili fonti emissive, su ulteriori analisi delle concentrazioni di elementi utilizzabili come traccianti, su appositi studi di monitoraggio e biomonitoraggio».

(u.s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 ottobre 2016

 

 

«Il consulente sulla Ferriera ha carta bianca» - Presentato ufficialmente il professor Barbieri. Contratto di nove mesi per un compenso di 17.730 euro
«Credo si possa dare un contributo per portare una situazione di normalità in città. Dobbiamo mettere assieme le informazioni: dicono tanto. E bisognerà fare chiarezza su tutte le segnalazioni, per capire se dietro vi sia qualcosa di significativo».

Queste le prime parole di Pierluigi Barbieri, al suo “esordio” a Palazzo da esperto schierato al fianco del Comune per aiutare l’amministrazione Dipiazza a leggere e interpretare nella maniera più puntuale possibile i dati sulle emissioni relative all’attività della Ferriera di Servola. La presentazione ufficiale di ieri mattina ha confermato dunque quanto anticipato dal Piccolo sul nome dell’esperto chiamato a valutare il monitoraggio della qualità ambientale nel rione di Servola, con riferimento in primis all’impatto dello stabilimento siderurgico. Docente di Chimica al Dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche dell’Università di Trieste, Barbieri è stato incaricato a conclusione delle procedure del relativo Avviso pubblico di selezione. Durata del contratto: nove mesi, prorogabili a giugno, per un compenso di 17.730 euro. La selezione, basata su valutazione e punteggio per titoli, curriculum professionale e formativo, ha visto presentate in tutto nove candidature da varie regioni. Due sono state cassate subito dalla commissione, perché arrivate fuori termine. Fra le altre, quella di Barbieri è riuscita a spiccare. Così il professore universitario che Roberto Cosolini avrebbe voluto assessore all’Ambiente in caso di affermazione elettorale del centrosinistra, sarà al servizio del municipio con in sella una giunta politicamente di un altro colore. «Avevamo bisogno di dati e, per leggerli, di certezze - le parole del sindaco Roberto Dipiazza -. Da oggi Barbieri ha carta bianca. Proprio ieri mi hanno telefonato dei cittadini di Servola dicendomi come la situazione dell’aria fosse invivibile. Vedremo dai dati se sarà tutto a posto come dice l’azienda, io penso non sarà così...». Il primo cittadino ha guardato poi verso i rappresentanti delle associazioni presenti nel Salotto azzurro e con cui oltre due mesi or sono ha aperto il tavolo di lavoro sulla Ferriera: «Sono molto competenti. Ho imparato di più da loro in questi cento giorni che in dieci anni da sindaco in precedenza. Ora abbiamo una task force importante, mi sento protetto. Il sindaco deve occuparsi innanzitutto della salute dei cittadini. Barbieri vedrà adesso uno studio del dottor Valentino Patussi, di cui a me interessano i dati chimici fra chi vive ad esempio a Barcola e chi a Servola. Oggi - ha concluso Dipiazza - con una punta d’orgoglio posso dire di aver mantenuto i punti firmati in tv in campagna elettorale». Alda Sancin e Adriano Tasso di NoSmog, Fabio Catalan e Andrea Rodriguez del Comitato 5 dicembre e Giorgio Cecco di FareAmbiente hanno espresso favore per l’incarico affidato a Barbieri, parlando di «nuovo inizio» e di come vi sia «una squadra» all’opera nella «battaglia per la salute pubblica, anche dei lavoratori».

(m.u.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 settembre 2016

 

 

Arriva il consulente sulla Ferriera - Alla vigilia dell’annuncio tutti scommettono sul docente Barbieri già assessore in pectore di Cosolini
Amici e nemici scommettono che sarà lui, Pierluigi Barbieri, il nuovo consulente del Comune sulla scottante questione Ferriera.

Non resta che attendere poche ore per avere l’ufficializzazione perché il sindaco Roberto Dipiazza, oggi alle 9.30, svelerà l’arcano in una conferenza stampa dal titolo inequivocabile: “Punto della situazione della Ferriera di Trieste e presentazione del nuovo esperto che affiancherà il Comune nel monitoraggio della qualità ambientale del rione di Servola”. Il tam tam della vigilia è frenetico anche per la scelta di Dipiazza: Barbieri, docente di Chimica all’univesrità di Trieste, professionista stimato dalle associazioni ambientaliste, è stato infatti presentato in campagna elettorale come nuovo assessore all’Ambiente dall’ex sindaco Roberto Cosolini. In caso di vittoria del centrosinistra il docente universitario avrebbe dovuto sostituire l’ex assessore all’Ambiente Umberto Laureni in una giunta di centrosinistra. In era Dipiazza, se le indiscrezioni saranno confermate, vestirà invece i panni del consulente di un sindaco di centrodestra. L’incarico previsto consiste nello «svolgimento dell’attività di supporto tecnico al sindaco per la lettura e il controllo dei dati relativi a fumi e inquinamento relativi allo stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola a Trieste». Il fine è quello di «monitorare le emissioni ambientali della Ferriera in relazione ai rischi dell’area a caldo». La durata complessiva dell’incarico è di nove mesi, a partire dal primo ottobre di quest’anno fino al 30 giugno del 2017. E il corrispettivo stabilito è di 17.730 euro. Il primo compito del consulente sarà quello di «assumersi l’onere di responsabilità dell’istruttoria tecnica per i procedimenti» a lui affidati dal sindaco o da un suo incaricato. Lo stesso vale per il coordinamento dell’attività da svolgere assieme al direttore del Servizio ambiente ed energia del Comune. Il cuore della prestazione professionale sarà «un supporto di natura tecnica» agli uffici nell’elaborazione dei procedimenti in vista dell’obiettivo finale. Ovvero «porre in essere l’iter complesso che consente al Comune di Trieste l’esercizio della propria attività istituzionale (istruttoria, sanzionatoria, di controllo, eccetera) tramite l’acquisizione dei risultati di un’attività professionale». Non solo: «Per l’attuazione è necessaria la disponibilità di persona particolarmente qualificata in grado di assicurare una prestazione professionale adeguata che sia capace di lavorare in completa autonomia e che abbia sviluppato attività specifiche in tali ambiti». Il consulente dovrà rendere poi conto al Comune del suo operato: «L’incaricato dovrà presentare una relazione scritta trimestrale sul lavoro effettuato e sui risultati conseguiti completa di tutti gli elementi atti a consentire la valutazione sull’incarico svolto». Il documento sarà accompagnato da una nota spese. La giunta non esclude un eventuale prolungamento del contratto: «L’amministrazione si riserva la facoltà di rinnovare l’incarico per ulteriori sei mesi». Identikit e compiti, giurano i bene informati, «si adattano perfettamente a Barbieri». Oggi alle 9.30 l’annuncio “a sorpresa” del sindaco.

 

 

Parcheggi, asilo nido e aree verdi - La “rivoluzione lenta” di Roiano - IL NUOVO CRONOPROGRAMMA
La fase di demolizione dei vecchi edifici inizierà entro il mese di maggio del prossimo anno, pena la perdita dei finanziamenti, mentre l’intervento di riqualificazione sarà concluso non prima del giugno del 2021. Sono i nuovi termini del cronoprogramma della “piazza” di Roiano che sorgerà all’interno dell’area che ospitava la caserma della Polstrada Emanuele Filiberto ora dismessa.

La nuova calendarizzazione dell’intervento è stata annunciata nel corso della seduta della Quarta commissione consiliare presieduta da Michele Babuder (Fi), alla presenza degli assessori ai Lavori Pubblici Elisa Lodi e al Commercio Lorenzo Giorgi e dei tecnici comunali. Un intervento atteso da molti anni nel quartiere, passato attraverso un iter complicato e tormentato, che ha subito dei ritocchi in corso d’opera, e che adesso finalmente si accinge a partire, anche se ci vorrà ancora parecchio tempo per vederlo completato. Complice una serie di inghippi tecnici e burocratici, tanto che appena tra qualche giorno il Comune sarà a tutti gli effetti proprietario dell’area, tuttora in capo al Demanio. L’intervento si svilupperà in più fasi. Si partirà come detto dalla demolizione degli edifici, dalla bonifica e l’asporto delle cisterne, per proseguire con i progetti antisismici, fino ad arrivare alla costruzione del nuovo sito. Un’opera che si inserisce all’interno del programma di riqualificazione urbana Prusst e che prevede un investimento complessivo di circa otto milioni di euro, derivanti in gran parte da finanziamenti regionali (quasi sei milioni), statali (un milione e 300mila euro) e comunali (600mila). Nel progetto è prevista la realizzazione di una settantina di parcheggi seminterrati, un asilo nido da 60 posti, aree verdi e un bosco urbano, spazi ludici e di aggregazione ed una piazza che potrà ospitare eventi e manifestazioni, il tutto distribuito su una superficie complessiva di ottomila metri quadrati. «Un progetto che arriva dopo un iter lungo e complicato», ha affermato non senza un velo di tristezza Giorgi: «Un’opera bella per il rione, ma che viene ridotta nelle proporzioni rispetto a quelle che erano le aspettative a causa di ristrettezze economiche. In passato sono state perse troppe occasioni. Adesso dobbiamo correre». Concetti ripresi anche da Alberto Polacco (Fi). Tanto per fare un esempio i parcheggi previsti in origine erano quasi 400, poi ridotti - hanno spiegato gli uffici comunali - per dare più spazio alle aree verdi, ma che saranno comunque integrati da una trentina di aree di sosta ricavate lungo il perimetro. Tra le preoccupazioni dei residenti c’è quella che vengano abbattute anche alcune alberature secolari, tanto che i bambini del rione hanno appeso un disegno significativo in tal senso sul cancello. «È questa la nota dolente. Verranno piantate piccole alberature, ma non è la stessa cosa», ha affermato Manuela Declic (Fi), mentre per Salvatore Porro (Fdi) «questa operazione di recupero andrebbe fatta anche per la sede dell’ex Ispettorato di Pubblica sicurezza attualmente abbandonato e non utilizzato». Infine Antonella Grim (Pd) ha evidenziato che «finalmente l’opera può partire anche grazie al progetto preliminare siglato lo scorso maggio dalla precedente amministrazione. Spetta ora a questa giunta portarlo a compimento, per non perdere una occasione fondamentale del rione».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 settembre 2016

 

 

Vertice su Porto vecchio - La Regione tiene la regia - Istituito nella capitale il tavolo per la destinazione dei 50 milioni dello Stato
Confermata la linea tracciata in primavera: l’Icgeb resta nella pianificazione

I 50 milioni di euro statali per Porto vecchio vanno nella direzione indicata dalla Regione. Serviranno per il Polo museale, lo spostamento del Centro internazionale di Ingegneria genetica e Biotecnologia (Icgeb), il recupero del pontone galleggiante Ursus, l’infrastrutturazione interna. Opere, queste ultime, da 15 milioni di euro, la cui progettazione è a carico dell’amministrazione comunale ma con successiva verifica degli uffici regionali. Tutto come previsto dal giorno dell’approvazione da parte del Cipe, lo scorso primo maggio. E pazienza se la giunta Dipiazza avrebbe voluto qualche destinazione diversa. Ieri a Roma, nel giorno dell’istituzione formale del tavolo dedicato al Porto vecchio, Regione, Comune, Autorità portuale e governo (rappresentato dal segretario generale del ministero per i Beni e le attività culturali, cui si deve il contributo, Antonia Pasqua Recchia, e dal capo dipartimento per gli Affariregionali della presidenza del Consiglio Antonio Naddeo) condividono la strada. E, a fine lavori, promuovono l’unione di intenti. L’amministrazione Serracchiani parla di «incontro proficuo», il sindaco Dipiazza di «grande collaborazione, clima costruttivo e forte volontà da parte di tutte le istituzioni nel procedere speditamente sulla riqualificazione e restituzione dell’area alla città, a prescindere dalle appartenenze politiche». Zeno D’Agostino, il commissario che diventerà presidente dell’Authority, è altrettanto esplicito: «C’è stata una totale armonia istituzionale, il ragionamento di tutti è di portare avanti il progetto complessivo, senza guardare le singole posizioni». Ma, a interpretare il non detto, a un primo cittadino che nella sua ormai consueta comunicazione video su Facebook annuncia ai triestini il viaggio a Roma per «portare a casa il finanziamento da 50 milioni», il governo regionale risponde via comunicato piazzando i paletti: i contenuti del dossier Porto vecchio sono quelli emersi dalla concertazione avvenuta nella precedente legislatura. Del resto, spiega la presidente Serracchiani, «la delibera del Cipe prevedeva una pianificazione degli interventi non modificabile». Fermo restando, si legge in una nota, che l’investimento «è nella disponibilità della Regione, il soggetto istituzionale individuato per coordinare in sede locale le azioni necessarie per l’intervento». Eppure Dipiazza, stando al dibattito settembrino, avrebbe voluto fare di testa sua, almeno su alcuni passaggi. A partire dall’«asse portante» per il rilancio dello scalo: un grande Museo della città ricavato nel Magazzino 26, in cui far confluire anche le collezioni dei piccoli, e poco frequentati dai turisti, musei cittadini, in modo da creare un super “attrattore culturale” in Porto vecchio. Ma nelle convinzioni del sindaco, “tradotte” dall'assessore alla Cultura Giorgio Rossi, trovavano spazio anche l’inserimento nel masterplan del mercato ittico e, al contrario, la cancellazione di Icgeb, Ursus e Museo del mare. Un ribaltone di cui ieri a Roma non si è però vista alcuna traccia. Non almeno stando a quanto rende noto la Regione che conferma in toto quanto anticipato la scorsa primavera dopo l’ok del Cipe, occasione usata da Serracchiani per ringraziare «il lavoro congiunto della Regione e del Comune» (allora a guida Cosolini) e «l’azione puntuale di Francesco Russo al Senato e Ettore Rosato alla Camera». Anticamera della firma del protocollo d’intesa firmato a Trieste, il 28 maggio, presenti il premier Matteo Renzi, che sollecitò l’impegno a spendere le risorse entro il 2017, e il ministro Dario Franceschini. Da allora nulla è cambiato perché, come appunto puntualizza Serracchiani, nulla poteva cambiare nelle linee principali. E dunque, ribadito l’utilizzo dei magazzini 23, 24 e 25 per il Museo del mare, così come le risorse destinate alla ristrutturazione in chiave turistica del’Ursus, ci potrebbe essere spazio solo per una delle indicazioni forti della giunta Dipiazza: l’ingresso in Porto vecchio dell’Immaginario scientifico (collocazione approvata dalla direttrice Serena Mizza). Ipotesi non esclusa, fa sapere Serracchiani, «nel caso all’Icgeb non servissero tutti i 27mila metri quadri del Magazzino 26. In quel caso si potrebbe considerare la presenza dell'Is che occuperebbe non più di tremila metri».

Marco Ballico

 

 

Il sindaco, la Ferriera e il “bianchetto” sui tempi  - IL CONFRONTO
«Relativamente alla Ferriera di Trieste sono stato sempre molto chiaro sulle azioni che avrei intrapreso nei primi cento giorni per poter avviare un percorso che porti alla chiusura dell’area a caldo, e su questa linea sto procedendo con i fatti. Manipolare giornalisticamente queste cose offende le intelligenze di tutti».

Roberto Dipiazza, alla terza promessa da sindaco di Trieste sulla chiusura dell’impianto siderurgico di Servola, non vuole fare la figura da marinaio: otto punti programmatici su dieci dei primi cento giorni sono stati effettuati. «A seguire il video del documento sottoscritto relativo alle azioni che avrei intrapreso ed il punto su quanto è stato fatto in questi primi cento giorni. Ed è solo l’inizio...», assicura il sindaco del fare. Un inizio che non promette nulla di buono per chi ha creduto alla promessa elettorale perché il punto più importante (il numero 2) dei dieci punti è stato mutilato. “La stesura del crono-programma (attività-tempi)” per la chiusura dell’area a caldo è infatti sparito nel video “rimontato” della firma del contratto con i triestini. Resta solo la “verifica della procedura per la chiusura dell’area a caldo”. Il cronoprogramma è stato “sbianchettato”. Ad accorgersene in rete sono stati in molti. La pagina Facebook “Ferriera Countdown”, che ha tenuto il conto alla rovescia dei cento giorni, ha subito rilevato la differenza «pacchiana»: da una parte «i dieci punti del contratto di Dipiazza con i triestini» (quello firmato “alla Berlusconi” a Tele4) e dall’altra «la revisione senza accenni al cronoprogramma di chiusura dell’area a caldo alla scadenza dei cento giorni». Una sparizione che difficilmente poteva passare inosservata. «Il sindaco, anzichè dirci che il cronoprogramma per la chiusura della Ferriera (promesso nei primi cento giorni di mandato) non si è potuto realizzare per un’imprevista rigidità e chiusura al dialogo da parte di Arvedi, tentando di sostenere che il programma dei cento giorni è stato rispettato, ha manomesso il programma medesimo ed ha tagliato uno spezzone del video in cui dichiarava un tanto» rileva l’avvocato Alberto Kostoris. L’ironia (anche se non c’è molto da ridere) si spreca. Dalla vignetta di Igor Domancic (“Comunque mi intendevo cento giorni lavorativi”) alla “festaza” (Ferriera Closing Party) di Diego Manna. «L’evento più cool de tuti! Par che se festegi el cronoprogramma per la chiusura del’area a caldo» viene annunciato prima del «pacco dell’ultima ora»: «Ebbene sì, per cause che esulano dalla volontà degli organizzatori, la festa è rimandata al 27 settembre 2021». Il motivo? «I primi cento giorni non decorrono da queste elezioni ma si riferiscono al prossimo mandato del sindaco». Cento di questi giorni.

Fabio Dorigo

 

 

Cento giorni di caos per il contacalore

Conto alla rovescia per i condomini dotati di riscaldamento centralizzato tra grandi corse all’acquisto e incertezze
Migliaia di edifici Le caldaie sono quasi 2700 e la gran parte di esse servono più complessi Tra 600 e mille euro la spesa per alloggio

Mancano cento giorni ma stavolta speriamo che il count-down non termini a Waterloo. Anche se qualche avvisaglia di caos non manca. Siamo al serra-serra finale per montare sui radiatori degli appartamenti valvole e contabilizzatori per la misurazione termica: la scadenza resta fissata al 31 dicembre e sembra difficile che intervenga una classica, italianissima proroga, perchè un paio di anni fa la materia è già stata oggetto di procedura d’infrazione da parte della Ue. Bruxelles chiede risparmio energetico, consumi più razionali e meno sprechi. E intanto si avvicina anche il 15 ottobre, tradizionale spartiacque tra buona e brutta stagione con l’accensione dei termosifoni. L’adozione della termoregolazione riguarda l’impiantistica condominiale centralizzata: secondo Esatto, per Trieste parliamo di circa 2700 caldaie superiori ai 35 kwAtt. Ma 2700 caldaie non significano altrettanti condomini, poichè una caldaia può servire più edifici: nessuno sa il numero preciso dei condomini interessati, però una molto prudente moltiplicazione per 2 o per 3 dà il senso di una questione di ampio impatto sociale. Se poi azzardiamo un ragionamento sul numero di appartamenti e di relativi residenti coinvolti nell’operazione conta-calore, non ci si sbaglia nel ritenere che alcune decine di migliaia di triestini siano toccati dal problema. E sono toccati nelle tasche. Il decreto legislativo 102/2014, cui ha fatto seguito il dlgs 141/2016, ha recepito l’ammonimento comunitario e ha previsto una sorta di “diarchia” nell’installazione, nel senso che la responsabilità è in capo al proprietario dell’appartamento, ma è l’assemblea condominiale a deliberare sull’intervento che pertanto è definibile “unitario”. L’impegno economico non è indifferente: dipende ovviamente dal numero di radiatori, si può comunque stimare che in media la forbice varia tra i 600 e i mille euro per appartamento. Nel caso in cui l’obbligo di legge non dovesse essere assolto, le sanzioni oscilleranno tra i 500 e i 2500 euro: in teoria i controlli potrebbero scattare già dal 2 gennaio,considerando che il primo coincide con una festività. Ma ecco una delle numerose incongruenze normative: non è chiaro a chi il legislatore demandi la sorveglianza. Alla Regione, come pare probabile? E la Regione tramite chi eserciterebbe le verifiche? Per Trieste la risposta apparentemente più logica riguarderebbe Esatto, la società 100% comunale che già censisce le caldaie condominiali. Al momento, però, Esatto non è stata mobilitata. Non c’è alcun dato che certifichi a che punto siamo a Trieste nell’installazione delle valvole. Dario Bruni, presidente di Confartigianato ed egli stesso imprenditore impiantista, afferma che i 75 condomini seguiti dalla sua azienda saranno messi in regola addirittura entro il 31 ottobre, senza dover attendere l’ultimo termine di San Silvestro. «I 170-180 colleghi - precisa Bruni - hanno da tempo avvertito gli amministratori condominiali affinchè convocassero le assemblee e predisponessero i percorsi deliberativi. Non ci sono alibi e penso che non ci saranno proroghe». Valutazioni divergenti tra gli amministratori condominiali, sentiti ieri mattina in occasione del convegno organizzato da Econdominio alla Camera di commercio. II presidente dell’Anaci triestina Silvio Spagnul, pur premettendoche è difficile fare una stima complessiva, ritiene che oltre la metà dei condomini si sia già messo in moto, ma un’altra buona porzione - forse sperando in una proroga - non abbia ancora attivato i motori decisionali. Decisamente più pessimista il presidente regionale dell’Anaci, Gaetano Oliva: pensa che solo il 10% abbia già deliberato e che sarà difficile farcela entro il 31 dicembre, anche perchè è partita la caccia alle apparecchiature e l’approvvigionamento non è scontato.

Massimo Greco

 

La ricetta di Ecocondominio per risparmiare

Non basta installare valvole per risparmiare, occorre un intervento più articolato. Con un risparmio in bolletta del 38% sono 393 le tonnellate di anidride carbonica già abbattute a seguito di interventi di efficientamento su condomini in Fvg sottoposti a diagnosi energetica.

2183 le famiglie informate sui problemi del proprio condominio. Tra 10.000 e 11.000 euro il risparmio medio annuo possibile a seguito di un intervento di efficientamento. 100 nuove diagnosi energetiche a disposizione di Trieste e Gorizia con la “campagna di diagnosi energetica gratuita edizione 2016”. Sono i numeri usciti dal convegno organizzato dalla società modenese Ecocondominio ieri mattina alla Camera di commercio. Società che ritiene possibile riqualificare il proprio condominio attraverso un’operazione complessa che si compone di un’analisi della struttura, una progettazione esecutiva, gli interventi di riqualificazione energetica (coibentazione termica, regolazione del calore), monitoraggio decennale. E’il contratto di rendimento energetico, finanziabile con le banche e con il credito fiscale. Al convegno hanno presenziato tra gli altri il presidente camerale Antonio Paoletti e l’area manager di Unicredit Mirko De Mario.

 

il presidente regionale Oliva: «Risparmio energetico modesto»
«Un condominio può spendere fino a 40 mila euro per ottenere un modesto risparmio energetico del 5%»: Gaetano Oliva, presidente degli amministratori condominiali del Friuli Venezia Giulia, non è troppo convinto della favorevole ricaduta legata alla installazione dei contabilizzatori individuali. Perchè ci siano risparmi effettivi, dice Oliva, occorre effettuare interventi complessivi a livello di edificio. «Si metta nei panni di un piccolo proprietario immobiliare costretto dalla legge a comprare le valvole per 3-4 appartamenti - prosegue - deve metter mano a 4-5mila euro per un intervento di cui si gioveranno gli inquilini». «Arriveremo al punto - conclude Oliva - che i proprietari torneranno alle stufe e smonteranno i radiatori. Gli stili di vita stanno cambiando».

(magr)

 

Il presidente triestino Spagnul: «Ci saranno liti sulle bollette»
Gli amministratori di stabili sono a dir poco perplessi sui “contacalore”. Anche il presidente di Anaci Trieste, Silvio Spagnul, ha molte ragioni di dubbio. Una in particolare riguarda la ripartizione delle spese per la quale è stato adottato il criterio Uni 10200. Criterio che non contempla correttivi per equilibrare le sperequazioni nei consumi e nelle spese. Esempio: gli appartamenti al primo o all’ultimo piano rischiano bollette molto più pesanti rispetto a quelli posizionati nei piani di mezzo. La norma prevede la possibilità, qualora le differenze superino il 50%, di demandare all’assemblea la quota da suddividere tra i condomini per limitare gli squilibri. Figurarsi! «Non mi stupirei se aumentasse il volume di lavoro per gli avvocati», celia Spagnul.

(magr)

 

 

Inquinamento, settembre nero - Superata in maniera permanente la “soglia simbolo” di CO2
ROMA Settembre 2016 segna un record «nero» per il clima: l’anidride carbonica (CO2) ha superato la soglia «simbolo» di 400 parti per milione (ppm) in modo permanente. Indietro, dicono gli scienziati, non si torna. Almeno per la nostra generazione e con un impatto irreversibile sul clima. Il dato, che conferma le previsioni del Met Office, l’agenzia meteorologica britannica, arriva dalle rilevazioni dell’Osservatorio di Mauna Loa, alle Hawaii, elaborate da scienziati dell’Agenzia Usa per l’atmosfera e gli oceani Noaa e dell’istituto oceanografico Scripps. La soglia di 400 ppm era stata superata per la prima volta come valore medio annuale lo scorso anno, segnando la concentrazione più alta in 58 anni di misurazioni. Ora diventa il «nuovo minimo», considerando che storicamente settembre è il mese in cui la concentrazione del gas serra raggiunge i livelli minimi. Questo infatti è il periodo in cui l’estate cede il passo all’autunno e l’assorbimento della CO2 dalla vegetazione rallenta, mentre aumenta il rilascio di anidride carbonica dal terreno. Ralph Keeling, a capo del programma di monitoraggio della CO2 allo Scripps Institute for Oceanography, non ha dubbi: «è possibile che ottobre scenda sotto i 400 ppm? Quasi impossibile», scrive sul sito dell’istituto.

 

 

Non più solo treni: Ferrovie dello Stato investe anche sui bus - Piano da 94 miliardi in 10 anni, assalto al trasporto su strada
Fusione con Anas e acquisizione delle aziende tpl nelle città
ROMA - Non più solo treni e binari. Nel futuro delle Ferrovie dello Stato ci sono anche autobus e strade. A tratteggiare il nuovo volto del gruppo ferroviario pubblico con 111 anni di storia è il Piano industriale 2017-2026, che prevede 94 miliardi di investimenti in 10 anni per trasformare l’azienda ferroviaria in un gruppo che fornisce servizi di mobilità integrata. E fissa anche i contorni dello sbarco in Borsa, che avverrà nel 2017, con la quotazione di almeno il 30% di una nuova società in cui confluiranno Frecce e Intercity. «Le Ferrovie dovranno cambiare molto e anche le nostre controparti: è una grande rivoluzione», ha sintetizzato la presidente del Gruppo, Gioia Ghezzi, aprendo i lavori della presentazione del Piano cui hanno partecipato anche il premier Matteo Renzi («molto bello perché guarda al futuro») e il ministro dei trasporti Graziano Delrio (soddisfatto che la rete ferroviaria resti pubblica). Evento che non poteva non toccare anche il tema caldo del Ponte sullo Stretto: Renzi l’ha citato come progetto naturale dopo aver fatto tutto il resto e l’a.d. di Fs Renato Mazzoncini ha evidenziato che il costo dell’infrastruttura sarebbe di 3,9 miliardi. Il piano decennale di Fs poggia su cinque pilastri strategici (mobilità integrata, logistica integrata, integrazione fra infrastrutture ferroviarie e stradali, sviluppo internazionale e digitalizzazione) e prevede 94 miliardi di investimenti (73 per le infrastrutture, 14 per il materiale rotabile e 7 per le tecnologie), di cui più della metà già disponibili. Con questo Piano le Fs puntano a raddoppiare in 10 anni ricavi ed Ebitda: a dimostrazione della trasformazione del Gruppo, c’è il fatto che più del 70% di questa crescita avverrà con azioni fuori dal perimetro attuale. Inoltre i dipendenti passeranno da 69mila a circa 100mila. Il cambiamento per i passeggeri si tradurrà nell’avere un’azienda che punta ad accompagnarli dalla porta di casa fino a destinazione. «Vogliamo essere l’accesso ad un sistema integrato di mobilità per i passeggeri», ha spiegato l’ad Renato Mazzoncini, che ha in mente una «mobilità door to door con l’obiettivo di coprire la massima percorrenza sul treno e l’ultimo miglio su gomma». Per la media e lunga percorrenza, quindi, si punta a mantenere gli alti livelli qualitativi attuali («avremo la più importante e bella flotta di treni a lunga percorrenza d’Europa») e si lavora non solo a ridurre i tempi di percorrenza (l’omologazione del Frecciarossa100 a 350 km/h è confermata entro l’anno) ma anche a garantire la puntualità. Sul fronte del trasporto pendolare, dopo l’accordo da 4 miliardi per 450 nuovi treni regionali, l’obiettivo è aumentare i posti/km dell’8-10% in 10 anni. Sulla gomma, infine, dove Fs punta a crescere portando la propria quota di mercato dal 6 al 25%, sono in arrivo 3.000 nuovi bus per Busitalia, che sarà attiva anche sulla lunga distanza. Sulle possibili operazioni con altre aziende (da Atac alle Ferrovie Sud Est), inoltre, la linea resta «la disponibilità a collaborare, ma il come va visto di volta in volta». Nel capitolo infrastrutture integrate il banco di prova è la fusione con Anas. La società stradale verrà conferita a Fs e sarà “sorella” di Rfi: i tempi sono legati al meccanismo per far uscire Anas dal perimetro della p.a. su cui si sta lavorando (archiviata l’ipotesi delle accise). Indipendentemente da questo, le sinergie permetteranno 400 milioni di risparmi e gli investimenti congiunti (78 miliardi) permetteranno di generare oltre 21 mila nuovi posti di lavoro. Infine, ruolo strategico per le merci, con 1,5 miliardi di investimenti e la creazione di un polo unico della logistica; e grande importanza alla crescita all’estero, dove si punta a quadruplicare il fatturato con 4,2 miliardi di ricavi al 2026.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 settembre 2016

 

 

Tumori: mille casi al giorno in Italia - I numeri del Fvg
Mille nuovi casi al giorno e sempre di più tra le donne, con 485 morti ogni 24 ore. Sono i numeri del cancro in Italia, bilanciati però da una buona notizia: la mortalità cala e si allungano i tempi di vita. Sono oltre 3 milioni oggi gli italiani “sopravvissuti” di cui 27% è totalmente guarito: il cancro sempre più «malattia cronica», ricorda il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Lo dice il censimento “I numeri del cancro in Italia 2016”, fatto in collaborazione tra Associazione italiane di oncologia medica (Aiom) e Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum) e presentato al ministero della Salute. Due le tendenze: salgono i nuovi casi di tumore fra le donne e calano fra gli uomini. Nel 2016 le italiane colpite dalla malattia sono 176.200 (erano 168.900 nel 2015): in particolare, quest'anno sono stimati 50.000 nuovi casi di tumore del seno (48.000 nel 2015), da ricondurre anche all'ampliamento della fascia di screening mammografico in alcune Regioni, che ha prodotto un aumento dell'incidenza tra i 45 e i 49 anni. Per gli uomini invece si assiste a un fenomeno opposto, con 189.600 nuove diagnosi e un calo del 2,5% ogni 12 mesi (erano 194.400 nel 2015). Un aumento di casi fra le donne, avvertono gli oncologi, dovuto anche alla crescente abitudine al fumo. Nel Friuli Venezia Giulia, stando al rapporto, nel 2015 erano 77.186 le persone in vita con pregressa diagnosi di tumore; per il 2016 sono stimati 4700 nuovi casi fra i maschi e 4200 fra le femmine.

 

La Rossetti adotta rondini e rondoni - Collocate sul tetto dell’istituto dodici casette di legno per accogliere i volatili
Rondini, rondoni e balestrucci sono sempre più di casa a Trieste. Lo testimonia anche l'associazione “Liberi di volare”, una onlus nata nel 2012 per compiere delle attività di ricerca, tutela, cura, riabilitazione e reintroduzione in natura di queste specie migratorie.

Nonostante in queste settimane si stiano spostando verso la parte meridionale del Sahara, dove potranno trascorrere al caldo i lunghi mesi invernali, questi piccoli uccelli faranno ritorno in città verso la fine del mese di marzo, giusto in tempo per annunciare, come vuole la tradizione popolare, l'arrivo della primavera. Ad attenderli vi saranno dodici nuovi nidi che sono stati costruiti e posizionati dai volontari dell'associazione, grazie all'intervento dei vigili del fuoco e alla collaborazione del Comune di Trieste. I manufatti in legno hanno trovato posto sulle facciate della scuola elementare Rossetti, in via Zandonai, laddove una colonia di questi animali aveva già fatto notare la propria presenza. Prosegue in questa maniera un’opera che vuole favorire la biodiversità urbana e che, coinvolgendo i plessi scolastici, e si propone anche di aumentare le occasioni di divulgazione scientifica da offrire alle generazioni più giovani. Era toccato all'istituto Dante, lo scorso marzo, ospitare ben 54 nidi artificiali. La loro installazione, favorita dalla contemporanea ristrutturazione dell'immobile, aveva attirato le attenzioni di alcune classi di studenti, intervenute per osservare da vicino ciò che fino a quel momento avevano potuto riscontrare solamente sulle pagine dei libri di scienza. Eppure le ristrutturazioni degli edifici, in linea generale, hanno drasticamente ridotto gli spazi per la nidificazione di questi uccelli, abituati a colonizzare piccoli buchi e crepe presenti sulle facciate o nel sottotetto degli stabili. Il nido artificiale, quindi, rappresenta uno spazio alternativo per una specie, il rondone, che oltre a essere tutelata dalla legge ha il merito di contribuire a ripulire il cielo dagli insetti dannosi per l'uomo e per l'agricoltura. «A Trieste abbiamo posizionato circa un centinaio di nidi artificiali - spiega il veterinario dell'associazione Liberi di volare Stefano Pesaro - . Questa iniziativa si sta rivelando particolarmente efficace e anche all'estero viene vista con una certa attenzione. A novembre, infatti, voleremo addirittura a Londra per raccontare l'esperienza triestina, in attesa che questa buona prassi venga contemplata anche dal regolamento edilizio. La speranza, cioè, è che esperienze di questo tipo non rappresentino più un’eccezione ma diventino una pratica diffusa e consolidata».

Luca Saviano

 

 

Da Ponterosso a Servola in arrivo le nuove luci.

L’amministrazione recupera le risorse per riqualificare l’illuminazione pubblica - Interessate più di ottocento postazioni sparse tra centro città e periferia
La giunta ha stanziato 1,6 milioni per il maxi intervento di riqualificazione
Il Comune ha trovato i soldi nei meandri del bilancio e li ha potuti finalmente girare ad AcegasApsAmga, che a sua volta li trasformerà in nuova pubblica illuminazione. L’interruttore del “fiat lux” municipale s’accende in seguito a una determina firmata dal responsabile del servizio finanziario, Vincenzo Di Maggio, che, in coerenza con le novellate regole di contabilità pubblica, ha “applicato” al bilancio 2016 una quota di avanzo vincolato pari a 1.731.502 euro. In buona sostanza, il ragioniere-capo ha recuperato la copertura finanziaria per alcune poste, la più consistente delle quali riguarda proprio l’opera 13017 relativa all’illuminazione pubblica, che avrà a disposizione 1 milione 600 mila euro. Lo sblocco delle risorse interviene sul 2015 e si ricollega al contratto di servizio con AcegasApsAmga, in scadenza nel 2019. Un’operazione con una duplice finalità, strutturale ed energetica, in quanto - spiega il direttore dell’Area lavori pubblici Enrico Conte - riguarderà sia le armature che le nuove apparecchiature Led. Con un grado di efficientamento che dovrebbe recare un risparmio pari al 50%: se finora il consumo annuo ammontava a 207 mila kwh, il “new deal” - comunica AcegasApsAmga - consentirà un abbattimento a 95 mila kwh, la qualcosa eviterà che 70 tonnellate di anidride carbonica si spargano nell’atmosfera. Ampie porzioni della topografia urbana saranno interessate a questa luminosa riqualificazione con 800-900 punti luce: le scelte perimetrano viale XX Settembre, Servola, Chiadino, San Giovanni. Ma, dopo i lavori recentemente conclusi, anche Canal Grande e Ponterosso avranno diritto alla loro parte di nuova ed economica illuminazione. Sarà la zona di viale XX Settembre ad assorbire la maggior quota di investimento con 564 mila euro, circa un terzo del totale. AcegasApsAmga chiarisce che in pratica i quattrini sono appena arrivati dal Comune, quindi occorrerà qualche mese per mettere a punto i progetti esecutivi. Progetti che tra l’altro elimineranno i vecchi pali di cemento armato. Ma ogni ulteriore passaggio che implichi aspetti di pubblico arredo - precisa l’utility - verrà preventivamente valutato sia con il Comune che con la Soprintendenza competente, in modo da giungere alla Conferenza dei servizi, che chiuderà la fase preparatoria dell’intervento, con un quadro progettuale condiviso. Questa rilevante opera di riqualificazione risponde a una serie di esigenze avvertite sia a livello di amministrazione che di popolazione. Motivi di maggiore economicità del servizio e ragioni di estetica urbana si sommano alla diffusa richiesta di sicurezza. Non sfugge che una rilevante parte dell’intervento programmato riguarda aree periferiche come Servola, Chiadino, San Giovanni. O zone centrali alberate come l’Acquedotto, con relative adiacenze: quando si parla della zona di viale XX settembre, si comprende una ramificazione viaria piuttosto ampia che raggiunge l’Ospedale maggiore e che serve il Rossetti e la gran parte delle sale cinematografiche cittadine.

Massimo Greco

 

 

L’autobus verde low cost alla conquista dell’Istria
Da domani FlixBus inaugura un nuovo collegamento che costerà da 5 a 14 euro e unirà Trieste a Capodistria, Buie, Rovigno, Valle, Dignano e Pola
Tra le mete più gettonate in ambito nazionale, alle spalle di Venezia, si piazzano Roma e Napoli. Al quarto posto c’è Bologna e al quinto Padova.Venezia è la destinazione nazionale più gettonata dai triestini. Ci sono sino a quattro partenze al giorno. C’è anche un collegamento con l’aeroporto Marco PoloSul fronte delle mete estere spopola Lubiana. FlixBus, anche per questo, ha deciso di rilanciare su Trieste «crocevia sempre più cruciale» per i collegamenti internazionali

FlixBus, la linea di bus low cost che collega città italiane ed estere, investe ulteriormente su Trieste. E lo fa inaugurando, da domani, nuove tratte con la Slovenia e la Croazia a un costo tra i 5 e i 14 euro. Il servizio continua infatti a registrare un ampio gradimento tra triestini e turisti e conquista passeggeri di tutte le età, dai giovani pendolari ai turisti che scelgono il pullman per vacanze lunghe o brevi. Lubiana resta, al momento, la destinazione più gettonata: FlixBus, in un anno, ha trasportato circa 70mila passeggeri da e per la capitale slovena. Anche da qui la scelta aziendale di rilanciare: «Trieste è un crocevia sempre più cruciale per i collegamenti internazionali operati da FlixBus. La start up degli autobus verdi che, da circa un anno consente di raggiungere dal capoluogo giuliano 26 destinazioni in quattro Paesi europei senza cambi e con una formula di mobilità sostenibile, collega ora la città con le mete oltreconfine, istituendo corse dirette verso sei destinazioni in Slovenia e Croazia» spiega una nota. Nel dettaglio, da domani, l’autobus verde collegherà Trieste a Capodistria, Buie, Rovigno, Valle, Dignano e Pola: Capodistria sarà raggiungibile in meno di mezz’ora e Pola in due ore e cinquanta minuti. L’istituzione dei nuovi collegamenti rappresenta, come spiega ancora la start up, un ulteriore passo verso la costruzione di un network internazionale che mira a collegare Trieste e il Friuli Venezia Giulia con il resto dell’Europa. Attualmente sono infatti disponibili corse giornaliere per Lubiana e collegamenti con Vienna, Graz, Maribor e Zagabria. Le tratte verso l’estero si aggiungono alle 16 destinazioni italiane, tra le quali Venezia, Milano, Torino, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e l’aeroporto Marco Polo. Per quanto riguarda le mete preferite dai triestini, a livello nazionale la più richiesta è Venezia, con partenze fino a quattro volte al giorno, mentre Roma e Napoli completano il podio. A seguire Bologna e Padova. Sul fronte delle destinazioni estere, la classifica vede al primo posto Lubiana, raggiungibile fino a tre volte al giorno, seguita da Vienna, Graz, Zagabria e Maribor. I bus si fermano alla stazione delle corriere di piazza Libertà e i biglietti si possono acquistare anche sul sito www.flixbus.it o attraverso la app dedicata. Speciali tariffe a prezzi stracciati vengono promosse spesso online, come accade per le compagnie aeree, mentre i ritardatari possono comprare il ticket direttamente a bordo, dall’austista, poco prima della partenza. La scelta del FlixBus viene effettuata dai passeggeri soprattutto per i bassi costi e per i servizi offerti: ogni pullman è dotato di toilette, wi-fi gratuito e prese di corrente e c’è la possibilità di portare a bordo due bagagli oltre a quello a mano. Nata nel 2013 la società internazionale attualmente vanta 100mila collegamenti al giorno verso 900 destinazioni in 20 Paesi. Fondata e avviata in Germania, ha le sedi principali a Berlino, Monaco di Baviera, Milano, Parigi e Zagabria. Molti impiegati sono giovani e le destinazioni sono in continuo aumento.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 settembre 2016

 

 

La villetta di Crogole assediata dai cinghiali
Luisa Fuoco esce con il cane ma durante la passeggiata nel bosco attorno a casa si imbatte in un gruppo di ungulati. In passato l’orto era stato più volte devastato
SAN DORLIGO DELLA VALLE Un forte spavento, una corsa per guadagnare l’ingresso di casa, una caduta dovuta alla concitazione del momento, poi il ricovero a Cattinara per le prime cure. E adesso per tutti i residenti di San Dorligo della Valle è allarme cinghiali. È stata una terribile avventura quella capitata l’altra sera a Luisa Fuoco, che abita nella frazione di Crogole, a meno di un centinaio di metri dalla strada, peraltro molto trafficata, che porta dal centro di Bagnoli della Rosandra allo stabilimento della Wärtsilä. È lei stessa a raccontarla: «Come faccio spesso - spiega, seduta nel giardino della casetta dove vive assieme al marito David Cok, che a Crogole è nato, e ai due figli, Martin di 18 e Mirjam di 15 anni - domenica sera, verso l’ora di cena, ho preso il guinzaglio per portare il nostro cane Jim a fare un giretto nel verde che circonda la nostra abitazione. Ho intrapreso la salita che porta alla vedetta di Crogole - aggiunge - un punto che spesso, in passato, ho raggiunto di corsa, perché mi è sempre piaciuto muovermi e tenermi in forma. L’altra sera però, fatti pochi metri - precisa - mi sono trovata davanti a un gruppo di cinghiali, saranno stati quattro o cinque, tutti adulti, perciò grandi e grossi. Lo spavento è stato notevole, anche perché mi sono sentita del tutto indifesa. Ho cercato di allontanarli gridando, come mi hanno insegnato a fare - sottolinea, rivivendo quei momenti - ma i cinghiali, invece di scappare, sono rimasti a guardarmi, minacciosi. A quel punto - aggiunge - ho pensato soltanto a scappare e mi sono gettata di corsa lungo la discesa, al termine della quale si trova il terreno che circonda la nostra casa. C’è però in quel punto una forte pendenza e sono caduta rovinosamente a terra. Per fortuna, sono riuscita a rialzarmi e a guadagnare l’ingresso di casa». A quel punto però è iniziata la seconda fase dell’avventura capitata alla signora Luisa. «Istintivamente - riprende - ho pensato di chiamare la Polizia, ma la risposta è stata ridicola, se non fosse che in quel momento c’era proprio poco da stare allegri. Mi hanno detto di chiamare la Protezione animali, come se ci fosse da salvare un gattino. Allora ho chiamato di mia iniziativa il numero dei guardiacaccia. Oltre a scoprire che ce ne sono solo quattro per l’intero territorio provinciale - continua - sono venuta a sapere che alla domenica sera non lavorano. A quel punto ho rinunciato, rinviando la denuncia dell’accaduto al mattino successivo e mi sono fatta portare a Cattinara, perché cominciavo ad avvertire dolori dappertutto». Al pronto soccorso le cure sono state immediate, la diagnosi: trauma cranico, seppur non grave, una distorsione alla caviglia, escoriazioni in numerose parti del corpo. «Mi hanno dato dieci giorni di riposo assoluto - conclude la signora Fuoco - ma il ricordo dell’episodio mi rimarrà per sempre nella mente». Arrabbiatissimo il marito: «I cinghiali che scorazzano nel nostro comune sono in considerevole aumento - dice - abbiamo denunciato il problema più volte a tutti i livelli, ma nessuno sembra preoccuparsi. Eppure i cinghiali entrano in tutti i giardini e negli orti del circondario, soprattutto di sera e al mattino presto, prima che sorga il sole. Sono aggressivi e non temono le reti e le barriere che noi e i nostri vicini abbiamo sistemato da tempo, perché scavano il terreno e passano sotto le reti. Sono animali forti - prosegue David Cok - capaci di superare qualsiasi ostacolo. Nel nostro orto hanno già sostato più volte, devastando il terreno e mangiando tutto quello che hanno trovato. Il problema è grave - continua - e rischia di diventarlo sempre di più, se non si adotteranno le necessarie contromisure». David, la cui famiglia vive a Crogole da generazioni, conclude: «Nella vicina Slovenia i cinghiali sono poco numerosi perché i cacciatori sono considerati responsabili dei danni che questi animali provocano. Se si applicasse la stessa regola anche in Italia, il problema sarebbe in gran parte risolto, perché i nostri cacciatori avrebbero un interesse diretto a ucciderli».

Ugo Salvini

 

Dolenc: «La situazione è fuori controllo» - Il vicepresidente della Provincia: «La Regione intervenga». ll sindaco Klun: «Sono animali aggressivi»
SAN DORLIGO DELLA VALLE - Nel 2011 si abbattevano una decina di esemplari all’anno. E ciò bastava a evitare problemi. Adesso si è arrivati a un centinaio di abbattimenti, sempre nell’arco dei 12 mesi, ma il numero dei cinghiali in circolazione, in particolare nel territorio fra San Dorligo della Valle e Zaule, è comunque in costante e vertiginoso aumento.

Il problema è notevole, allarma la popolazione residente, e fa dire al vicepresidente della Provincia, Igor Dolenc che, fino a pochi mesi fa, prima che la competenza in materia fosse trasferita alla Regione, si occupava in prima persona dell’argomento, che «il fenomeno della proliferazione dei cinghiali è oramai fuori controllo. Avevamo quattro guardie forestali - ricorda Dolenc -, oggi credo non ce ne siano di più. È la Regione che dovrebbe occuparsi dell’incontrollato moltiplicarsi dei cinghiali nel nostro territorio provinciale. Il fatto che questi animali abbiano trovato, a cavallo del confine fra i Comuni di San Dorligo della Valle e Muggia, un territorio favorevole alla riproduzione e alla crescita dei piccoli - aggiunge - è un elemento noto a tutti. Una soluzione dovrà essere trovata e a breve - conclude Dolenc - perché le lamentele sono all’ordine del giorno». Prima che accada qualcosa di grave, le autorità sono dunque chiamate a focalizzare l’attenzione sull’esplosione del numero di cinghiali. «Sono animali voraci e aggressivi - sottolinea il sindaco di San Dorligo della Valle, Sandy Klun - e lo posso testimoniare personalmente, perché ho anch’io una casetta con un terreno che la circonda e le visite dei cinghiali sono purtroppo molto frequenti. Quando se ne vanno - precisa - lasciano il deserto, perché mangiano di tutto e danneggiano il terreno sul quale sostano, anche se per poche ore». Ecco perché nella popolazione di San Dorligo della Valle e di Zaule la preoccupazione cresce: i bambini e i ragazzi vanno a scuola al mattino e quelli che svolgono attività sportive e ricreative al pomeriggio rientrano verso sera. Il pericolo per loro è dietro l’angolo e i genitori ne sono consapevoli. Ma in zona vivono anche molti anziani, alcuni abitano da soli, e non sarebbero in grado di scappare se costretti ad affrontare i cinghiali adulti, che molto spesso si muovono in gruppo.

(u.s.)

 

Giornata della trasparenza nelle sedi e stazioni dell’Arpa
Porte aperte nelle sedi dell’Arpa. Venerdì l’Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente si presenterà al pubblico con due nuove proposte: «TraspaEente» e «Ambientarti, che spettacolo di scienza! atomi, particelle e sogni».

La prima iniziativa, «TrasparEente», è promossa dalla direzione di Arpa per far conoscere alla popolazione, alle associazioni dei consumatori e alle rappresentanze delle categorie economiche e produttive della regione, l'operato dell'Agenzia, tramite l'illustrazione degli strumenti operativi o la visita di laboratori e attrezzature. L'appuntamento, ad ingresso libero, è fissato per il pomeriggio di venerdì nelle diverse sedi e strutture periferiche di Arpa. Il programma dettagliato è illustrato sul sito www.arpa.fvg.it, da cui è possibile anche iscriversi alla presentazione di proprio interesse. «TrasparEente - sottolineano in una nota i vertici Arpa - è un momento importante, perché si gettano le basi per un’ amministrazione aperta e responsabile e dà attuazione a quanto previsto dalle norme sulla trasparenza degli enti pubblici. Ciò avviene soprattutto attraverso il coinvolgimento di un pubblico più ampio, interessato a confrontarsi sui temi ambientali di maggior impatto. A Trieste, nella sede di via Lamarmora 13, dalle 16 alle 17.30, si parlerà di “Monitoraggio e analisi di particolato atmosferico, sedimenti marini, acque marino-costiere, amianto aerodisperso e pollini allergenici”. Nella stazione di monitoraggio dell’aria di via Carpineto invece, sempre a partire dalle 16, verranno illustrati tecniche e strumenti impiegati per stimare l’inquinamento atmosferico. Altri incontri, come detto, si terranno nelle altre sedi Arpa sparse in tutto il Fvg. La seconda iniziativa, che si terrà a Palmanova nel Teatro G. Modena, ore 20.45, prevede invece la presentazione della pièce teatrale «Ambientarti, Che spettacolo di scienza! Atomi, particelle e sogni»: uno spettacolo dove il personale di Arpa si rende protagonista, per misurarsi con la complessità della scienza e dell'ambiente.

 

 

CONVEGNO - Focus su diagnosi energetica e immobili

Parte la campagna istituzionale di diagnosi energetica 2016 dei condomini. L’appuntamento è per domani alle 9.45. L’occasione è il convegno “Condomini esistenti: è possibile riqualificare a norma grazie al contratto di rendimento energetico (Epc) e al Finanziamento tramite terzi di Unicredit”. Presenti: Gaetano Oliva, presidente regionale dell’Anaci; Silvio Spagnul, presidente Anaci Trieste e Antonio Paoletti, commissario della Camera di commercio. Nell’occasione sarà avviata la nuova campagna di diagnosi energetica gratuita degli immobili.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 settembre 2016

 

 

I fondali della Sacchetta ripuliti dai sub
Foto di gruppo al termine della recente operazione di pulizia dei fondali in Sacchetta, a cura del Circolo sommozzatori Trieste in collaborazione con il Circolo Ghisleri e il patrocinio federale della Fipsas. Una novantina circa i partecipanti all'evento ecologico, intitolato per l'occasione "Lascia il nostro mare come desideri trovarlo", intervento di raccolta differenziata che ha visto il supporto anche di Capitaneria di porto, Autorità portuale, Crismani Group, Questura di Trieste, Squadra nautica e i sub dell'Opsa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 settembre 2016

 

 

Auto elettrica e connessa al Salone di Parigi - Inizia una nuova era: tutte le novità dei grossi marchi in vista dell’appuntamento di fine settembre
PARIGI - Conto alla rovescia per il Salone dell'auto di Parigi che aprirà alla stampa il 29 e 30 settembre e al pubblico dal primo al 16 ottobre. Anche se saranno assenti molte Case, soprattutto premium e del lusso - come Rolls-Royce, Bentley, Lamborghini e Aston Martin, ma anche Mini, Ford, Volvo e Mazda - anche quest'anno si i profila il pieno di presenze sia di novità che di top manager pronti a utilizzare la tradizionale vetrina di Porte de Versailles per annunciare nuove strategie e obiettivi per il 2017. Il momento, da questo punto di vista, è favorevole perché il mercato europeo, con l'unica eccezione di luglio, non conosce trend negativi da 35 mesi. Due temi chiave del Salone saranno quelli della digitalizzazione e dell'elettrificazione delle auto, una rivoluzione che sta proseguendo su vetture di ogni segmento e di ogni prezzo. In particolare le auto 100% elettriche, sempre più numerose, vedranno a Parigi l'alba di una nuova era con la presentazione di modelli che superano la soglia psicologica dei 400 km di autonomia. Tra questi spiccano una nuova e attesissima concept Volkswagen, definita Nuv-e (New Urban Vhicle Electric), madre di tutte le future elettriche del brand tedesco, e la nuova Opel Ampera-e (oltre alla Opel Mokka X), versione europea della Chrevrolet Bolt EV americana. Anche Audi espone una concept che anticipa l'arrivo del Suv elettrico Q6, (oltre alle ristilizzate Q5, A5 e S5 Sportback) mentre Mercedes svela a Parigi un suv-crossover primo dei cinque modelli della sua gamma elettrica (oltre alla AMG GT nella nuova versione Roadster e alla Classe E All-Terrain). Bmw, nell'anno del suo centenario, espone accanto alla X2, una concept che anticipa il modello sportivo elettrico che arriverà a fine decennio. Elettrificazione, ma in chiave ibrida plug-in, in Casa Porsche con una nuova variante della Panamera. Spazio alle emozioni e alla tradizione invece con la nuova variante 'Velocè dell'Alfa Romeo Giulia, che al salone di Parigi verrà svelata in anteprima mondiale. Sarà disponibile in due versioni entrambe con cambio automatico ad 8 rapporti, una equipaggiata con il nuovo duemila turbo a benzina da 280 Cv, l'altra con il 2.2 turbodiesel da 210 Cv. Ma la regina della passerella sarà la nuova Ferrari GTC4Lusso T, la prima vettura a quattro posti con un motore V8 turbo nella storia del Cavallino. Tra le novità mondiali più attese del Salone c'è il nuovo Discovery Land Rover.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 settembre 2016

 

 

Ecobonus al 65% anche nel 2017 - Annuncio del governo. La nota di aggiornamento al Def confermerà le stime al ribasso del Pil
ROMA - Crescita più lenta e deficit che si spingerà, inevitabilmente, un po’ più verso l’alto. Lunedì, con la nota di aggiornamento al Def che sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri, il governo certificherà un andamento del Pil meno soddisfacente delle attese, seppure in continuo lieve aumento: la forchetta a questo punto, dopo la revisione del Pil 2014 e 2015 dell’Istat, è ristretta tra +0,8% e +0,9%, tre o forse quattro decimali sotto l’indicazione di aprile quando si prevedeva una ripresa finalmente sopra lo zero virgola (+1,2%). Le risorse per il prossimo anno, ha sottolineato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, saranno «scarse» ma il governo resta intenzionato a concentrarle sugli investimenti, per spingere «crescita e occupazione». Il ritmo dell’economia, però, si rifletterà sul rapporto con l’indebitamento, che dovrebbe attestarsi tra il 2,4% e (più probabile) il 2,5%, in questo caso in rialzo rispetto al 2,3% concordato con l’Europa per il 2016. In ogni caso l’esecutivo resta fiducioso di ottenere il via libera, anche all’esclusione dal patto di stabilità delle spese per i migranti e il post-terremoto. Per sostenere il piano Casa Italia, che a breve dovrebbe vedere l’ufficializzazione della cabina di regia, saranno prorogati anche il prossimo anno i vari bonus per i lavori di casa. «L’ecobonus al 65% sarà rinnovato anche nel 2017» ha assicurato il premier, invitando i cittadini a fare interventi di adeguamento antisismico. Questo ultimo bonus, introdotto con l’ultima legge di Stabilità, potrebbe rimanere invece al 50%, nonostante il pressing per elevare lo sconto. Sul fronte delle agevolazioni per i lavori in casa tra le ipotesi sembrava avere maggiore forza quella di mantenere tutti e tre gli attuali sconti, per ristrutturazioni, riqualificazione energetica e messa in sicurezza antisismica, ma senza aumenti. Anche il bonus antisismico, insomma, rimarrebbe all’attuale 50% e non salirebbe al 65% come l’ecobonus. Per renderlo più appetibile si starebbe però ragionando sia sulla possibilità di alzare lo sconto quando i lavori per l’efficienza energetica siano abbinati a quelli per l’antisismica sia sulla possibilità di accorciare i tempi di recupero di questo ultimo sconto da 10 anni magari a 7 o 8, ma ancora è da verificare la compatibilità finanziaria della misura. Le novità potrebbero invece riguardare i condomini, con un nuovo meccanismo per agevolare gli interventi di recupero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 settembre 2016

 

 

«Serracchiani dribbla la Ferriera» - Dipiazza attacca dopo il “no” alla modifica dell’Aia: «La butta sul tecnico. Ma la scelta è politica»
Il “niet” della Regione alla modifica dell’Aia della Ferriera, chiesta con forza dal Comune per ridurre l’inquinamento acustico della fabbrica, non scoraggia Roberto Dipiazza.

È il rumore l’attuale battaglia del sindaco, peraltro ormai agli sgoccioli dei famosi “cento giorni” limite, promessi in campagna elettorale, per l’avvio delle procedura di chiusura dell’area a caldo. Dipiazza ieri pomeriggio ha vergato un duro comunicato contro l’ente guidato da Debora Serracchiani, commissario della Ferriera, il cui atteggiamento viene definito «pilatesco». La presidente, attacca il sindaco, «sembra voler allontanare il più possibile dalla sua persona la vicenda cercando di relegarla solo ad una questione tecnica, quando l’Aia ha, invece, tutta un’impronta politica». Ma il sindaco non molla: «Andremo sicuramente avanti con la richiesta di riaprire l’Aia, con la questione rumore, con polveri e altro, valutando il da farsi con i nostri uffici in ogni sede che riterremo opportuna». Dipiazza cita quindi i superamenti acustici accertati nel novembre 2015 e nell’aprile 2016 oltre alle affermazioni della stessa Azienda sanitaria che, a gennaio, ha lamentato rischi per la salute. Un botta e riposta che surriscalda anche il Comitato 5 dicembre, promotore delle proteste in piazza, che interviene con un ulteriore comunicato. «Nonostante gli enti (Regione, Comune, Provincia, Arpa e e Azienda Sanitaria) che dovevano decidere la concessione dell'Aia fossero a conoscenza del superamento dei valori limite in materia di rumore, sono stati gli stessi enti a ritenere congrua e realistica la tempistica concessa all’azienda per risolvere il problema, cioè due anni e mezzo. Grazie quindi ex sindaco Roberto Cosolini per il magnifico regalino: trenta mesi nei quali i triestini possono tranquillamente subire muti. Grazie Serracchiani, grazie Arpa». Mentre l’associazione FareAmbiente si dice «perplessa» della decisione della Regione, il fronte politico si agita. «La faccenda puzza, puzza e puzza», sillaba il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale Piero Camber. Gli dà man forte Bruno Marini: «Gli elettori hanno scelto di votare Dipiazza anche perché tra i punti fondamentali del suo programma c’era la chiusura dell’area a caldo della Ferriera. Rispondere alla sensibilità popolare con un muro di gomma non porta da nessuna parte». Il capogruppo della Lega Paolo Polidori è convinto di trovarsi davanti a una «mera strumentalizzazione» politica da parte della Regione «sulla salute dei triestini» ma la capogruppo del Pd Fabiana Martini ricorda che «il percorso verso il risanamento acustico era stato già intrapreso dalla giunta Cosolini, e non è un caso che due contravvenzioni allo stabilimento, relativamente al rumore, erano partite durante la nostra amministrazione». Martini va oltre: «Questa insistenza della giunta Dipiazza sul tema nasconde l’inconsistenza del suo intervento sulle emissioni, questione ben più complessa su cui non si prendono in giro i triestini». Sulla stessa linea Franco Palman (Rsu-Uilm): «Il sindaco spara sulla Ferriera, lo invitiamo a non fare demagogia».

Gianpaolo Sarti

 

 

Tre nuovi semafori per sfruttare l’onda verde - Impianti davanti a piazza Borsa e tra via San Nicolò, via Roma e via San Spiridione
L’assessore Polli: «Lo shopping di dicembre avverrà con un traffico più fluido»

L’onda verde non va interrotta. Per perseguire questo obiettivo il Comune ha deciso di installare altri tre semafori in punti cruciali del traffico cittadino rimpinguando così il già fitto parco semaforico triestino. I tre incroci su cui si sta per intervenire sono l’intersezione tra via Canalpiccolo e via Cassa di risparmio davanti piazza della Borsa e poi i punti in cui la via San Nicolò, pedonale, viene attraversata rispettivamente dalle vie Roma e San Spiridione. «Il permanente passaggio “a spizzico magnifico” dei pedoni in questi tre tratti - spiega l’assessore a urbanistica e ambiente Luisa Polli - attualmente blocca in continuazione il traffico veicolare vanificando il sincronismo dei semafori che è sistematizzato lungo gli assi principali di scorrimento quali appunto corso Italia, via Roma, via Carducci». Auto, motocicli e furgoni non trovano così l’infilata di “verdi” e sono costretti a continui “stop and go”. «Regolando i flussi con questi nuovi tre impianti - aggiunge Polli - abbasseremo anche l’emissione dei gas di scarico riducendo l’inquinamento del traffico in centrocittà. Infine, terremo un occhio di riguardo anche sui pedoni che potranno attraversare la strada in sicurezza». Ma tutti e tre gli impianti saranno anche dotati di sensori rumorosi per salvaguardare l’attraversamento anche dei non vedenti. L’ok al progetto dei tre impianti, predisposto da AcegasApsAmga ma su dettagliato input dell’amministrazione comunale, è stato dato all’unanimità dalla giunta nella riunione del 15 settembre. L’intervento prevede una spesa di 74.800 euro. «I lavori partiranno a giorni - aggiunge l’assessore - e si concluderanno nel giro di un mese, un mese e mezzo senza comportare alcun blocco del traffico per la loro esecuzione. In occasione dello shopping che ha il suo momento clou nel mese di dicembre, i triestini si troveranno alle prese con un traffico più scorrevole. La decisione presa - specifica - è anche conseguenza di uno studio dei flussi che abbiamo fatto nel corso dell’estate, in particolare in concomitanza con qualche evento o chiusura che rendeva la mole del traffico assimilabile a quanto accade d’inverno quando logicamente è più intenso». In periodo immediatamente successivo però verrà attuato anche un quarto intervento che prevede la realizzazione di un attraversamento pedonale luminoso con i display che invitano gli automobilisti a moderare la velocità e a prestare attenzione in Passeggio Sant’Andrea di fronte all’ingresso del Polo natatorio con l’intento di incrementare il passaggio in sicurezza dei pedoni. AcegasApsAmga sta predisponendo anche questo progetto che verrà approvato successivamente, ma comunque in tempi rapidi. La cifra complessiva salirà così a 131.526 euro di cui 92.068 derivanti da un contributo statale. Il Comune interviene direttamente invece con 39.457 euro dei quali 12.931 derivanti da oneri di urbanizzazione del 2016 a carico del capitolo “Manutenzione straordinaria degli immobili adibiti a uso pubblico” e due avanzi vincolati di bilancio rispettivamente di 8.084 euro già finanziato con contributo statale di premialità per il 2008 e di 18.441 euro finanziato con oneri di urbanizzazione anch’essi dell’anno 2008.

Silvio Maranzana

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 settembre 2016

 

 

Rumore a Servola, "no" a Dipiazza

La Regione respinge la richiesta di revisione dell’Aia legata all’inquinamento acustico avanzata dal sindaco in agosto
I motivi addotti - Incoerente il Comune che aveva firmato l’Autorizzazione
Come rapidamente mutano le cose nella vita e, a maggior ragione, in politica. L’altro giorno Debora Serracchiani e Roberto Dipiazza parlavano di unità d’intenti istituzionale durante l’inaugurazione del piazzale maxi-yacht alla Cartubi, ma ieri l’unità d’intenti si è già incrinata. E si è incrinata a ridosso del saliente che più di ogni altra sporgenza divide gli interessi della Regione e del Comune: la Ferriera. Perchè la Regione Fvg ha detto no alla richiesta, inoltrata lo scorso 26 agosto dal sindaco triestino, di rivedere l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), concessa a Siderurgica Triestina, in tema di inquinamento acustico. Alla richiesta formulata dal primo cittadino, quindi dalla figura politico-istituzionale apicale del Municipio, ha replicato in sede tecnica (quindi non la Presidenza, non l’assessore competente) la Direzione regionale Ambiente che ha ritenuto non accoglibile l’istanza di riesame, motivando il diniego - secondo quanto si arguisce da una nota diffusa ieri sera poco prima delle 19 - su due argomenti portanti. Innanzitutto, la questione dell’inquinamento acustico non è nuova in quanto «il superamento dei valori limite in materia di rumore era già noto durante i lavori della Conferenza dei servizi convocata per il rilascio dell’Aia». Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, tant’è che le richieste formulate dal Comune in quella sede sul tema-rumori - spiega il comunicato regionale - sono divenute parte integrante dei verbali e sono confluite nella relazione istruttoria allegata all’Aia stessa. Regione, Comune, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria - è la tesi riportata nella nota - convennero sulla congruità della tempistica concessa a Siderurgica Triestina, ovvero presentazione di un piano entro sei mesi dal rilascio dell’Aia e realizzazione del piano medesimo nei successivi 30 mesi. In altri termini - eccepisce la Regione - con quale coerenza il Comune contesta un percorso che esso stesso ha provveduto a condividere e a sottoscrivere? A supporto di questo ragionamento la Regione cita il comma 4 del decreto legislativo 152/2006, secondo cui il riesame dell’Aia è predisponibile in alcune ipotesi: quando l’inquinamento rende necessaria la revisione dei valori-limiti fissati dall’Autorizzazione, quando si accerta che le prescrizioni dell’Aia non sono in grado di rispettare gli obiettivi di qualità ambientale indicati dagli strumenti pianificatori di settore. Inoltre - prosegue la posizione regionale - l’Aia è ridiscutibile se le tecnologie disponibili vengano radicalmente modificate, se viene meno la sicurezza dell’attività produttiva, se subentrano novità legislative. L’assessore Sara Vito aveva preannunciato, in occasione della missiva agostana di Dipiazza, che la risposta della Regione sarebbe stata preparata «dagli organismi tecnici». E così è stato. Va ricordato che lo scorso 13 settembre Arpa e Siderurgica Triestina si erano confrontate proprio sulle misure anti-inquinamento acustico: il cronoprogramma di massima - recitava una nota aziendale - avrebbe consentito a St di fornire una scadenza a titolo indicativo pari a sei mesi, ovvero al marzo ’17, per concludere i primi sei interventi di “mitigazione acustica”, concentrati sugli impianti vicini alle aree residenziali. Ieri il Comune non ha replicato al “no” preparato dagli uffici di via Giulia. Nella lettera mandata alla Serracchiani, alla Vito, al responsabile del servizio tutela da inquinamento Agapito, Dipiazza insisteva sul fatto che la situazione acclarata di inquinamento acustico avrebbe potuto generare «possibili effetti sulla salute» e che quindi la tempistica di trenta mesi per l’entrata in funzione del Piano aziendale era troppo diluita a fronte di un pericolo presente. Infattio chiedeva che fosse disposto il riesame dell’Aia «con l’urgenza sanitaria del caso».

Massimo Greco

 

 

Un’acqua da primato nei rubinetti dei triestini - La percentuale di conformità alla legge ha raggiunto la cifra record del 99,99%
AcegasApsAmga informa che nel 2015 la media è stata di 39 controlli al giorno

L’acqua bevuta a Trieste merita la “bandiera blu” della potabilità italica: le sue caratteristiche di salubrità la classificano senza dubbio tra le «eccellenze idriche nazionali», come la definisce Stefano Piselli, responsabile del laboratorio chimico di AcegasApsAmga. Un comunicato diffuso dalla società informa infatti che nel corso del 2015 sono state svolte, dalla stessa multiutility e dall’Azienda sanitaria-universitaria integrata, 14.358 controlli a un ritmo di quasi 40 verifiche al giorno: nel 99,99% dei casi questi controlli si sono rivelati - racconta la nota - conformi alla legge. La griglia delle concentrazioni esaminate riguarda alcalinità da bicarbonati, calcio, cloruro, ioni idrogeno, fluoruro, magnesio, nitrato, nitrito, potassio, sodio, solfato. Il grafico a fianco documenta gli importanti numeri dell’approvvigionamento idrico triestino: 236 mila abitanti, quasi 45 milioni di metri cubi immessi in rete provenienti in massima parte da 13 fonti di prelievo, poco meno di 1100 chilometri di infrastrutture di trasporto acqueo. Oligominerale, microbiologicamente pura, di media durezza per quel che riguarda la presenza di carbonato di calcio: «Un acqua che non va trattata e che è bevibile già alla fonte di captazione», spiega Piselli. «L’equilibrio delle sue componenti - aggiunge - ne consente l’ampia flessibilità dell’utilizzo, dalla potabilità all’igiene personale. E anche le lavatrici riescono a salvarsi dall’eccesso calcareo». E’ lo stesso Piselli a illustrare il viaggio compiuto dall’acqua che disseta e pulisce Trieste. Da circa 35 anni l’80% della risorsa proviene dai 13 pozzi disseminati nel basso corso dell’Isonzo: per esattezza 12 sono situati nella zona di San Pier, uno funziona a Dobbia nel territorio comunale di Staranzano. L’acqua di falda esce a una rispettabile profondità che varia tra i 150 e i 190 metri: profondità che le permette di compiere un ampio percorso ipogeo, lungo il quale avviene un filtraggio naturale che la rende così già potabile alla fonte. Le due linee nord-sud, provenienti da San Pier e Dobbia, convergono un po’ prima di Lisert nella cosiddetta vasca delle mucille, dove una condotta, dotata di un diametro di 2 metri, accompagna l’acqua ricevuta dal basso Isonzo verso la storica struttura dell’acquedotto realizzato nel 1929 e dedicato a Giovanni Randaccio. Da quando entrò in servizio fino ai primi anni ’80 il “Randaccio” utilizzava le risorgive del Timavo e le sorgenti Sardos: Piselli ricorda che l’acqua del fiume sotterraneo è da tempo inutilizzata, mentre quella del Sardos può arrivare in alcuni periodi a rappresentare fino al 20% del totale immesso in rete. Quando basso Isonzo e Sardos si miscelano, si interviene a disinfettare con una lievissima clorazione: «Non siamo tenuti a farlo - precisa Piselli - ma preferiamo farlo, in considerazione della distanza tra il Randaccio e la città, tenendo conto dell’orografia triestina che obbliga all’utilizzo di stazioni di sollevamento».Sono due ulteriori condotte a spingere ancora l’acqua verso la città: una costeggia la Costiera, l’altra s’immerge nell’Adriatico. La temporanea divaricazione si ricompone all’altezza del cavalcavia ferroviario di Barcola, dove avviene il ricongiungimento che alimenta poi la distribuzione fino a San Dorligo e a Lazzaretto.

Massimo Greco

 

Trieste - La Provincia “cede” i compiti sull’ambiente

È stato convocato per lunedì 26 alle 16.30 il Consiglio provinciale. All’ordine del giorno la proposta del piano di subentro per il trasferimento delle funzioni in materia di ambiente. Previste poi domande di attualità al presidente della provincia o agli assessori su aspetti inerenti all’amministrazione, e le comunicazioni del presidente.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 settembre 2016

 

 

E Porto vecchio finisce sotto osservazione - L’Anac, presieduta da Raffaele Cantone, chiede alle amministrazioni di indicare i contesti “a rischio”
Novità e priorità. Anac, l’authority deputata alla lotta contro la corruzione che è presieduta da Raffaele Cantone, ha chiesto alle amministrazioni di introdurre i piani di prevenzione con un rapido esame dei cosiddetti “contesti esterni ed interni”.

E il Comune triestino ha segnalato come fattore di particolare novità il processo di sdemanializzazione di Porto vecchio. Processo che, riporta a pagina 4 il testo del Piano comunale triestino, «consegnerà al territorio cittadino una consistente area ... un elemento strategico che potrà portare, nel breve periodo, interessi di gruppi di investitori a livello internazionale, con conseguente attrattiva di interesse anche per gli investimenti dell’economia illegale di stampo mafioso». Finora comunque - racconta il Piano - non sono state evidenziate infiltrazioni di stampo mafioso organizzate in strutture associative tradizionali, tali da influire sul tessuto socio-economico del territorio. Anche se Trieste è un crocevia «di notevoli flussi di traffico merci...che possono rendere appetibile e remunerativa la gestione del controllo di tali merci da parte di organizzazioni criminose». Va premesso che l’Amministrazione comunale non ha preso ancora in carico l’area di Porto vecchio, quindi la criticità in termini di corruzione e relativa “mala gestio” è soltanto potenziale e riferita al futuro. Per quanto invece riguarda il contesto “interno”, l’osservazione sulla struttura comunale - precisa il Piano - «ha rilevato come punto di possibile criticità il controllo delle presenze/assenze sotto l’aspetto della corrispondenza tra le timbrature in uscita e le relative autorizzazioni». Analoga attenzione meritano - scrive il Piano - «le procedure selettive per il reclutamento sia dei dipendenti che dei collaboratori con riguardo al conflitto di interessi e alla regolarità delle procedure seguite». Mentre nella gestione delle casse, che costituivano un ambito di rischio, si persegue - continua il Piano - il miglioramento del sistema, che ha comportato la riduzione delle casse stesse e negli istituti museali l’introduzione di un sistema di automatizzazione. Infine, a coadiuvare il responsabile anti-corruzione (alias segretario generale) sono il dirigente del personale, il responsabile della Rete civica, l’Organismo indipendente di valutazione, l’Ufficio procedimenti disciplinari.

magr

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 settembre 2016

 

 

Il grande ritorno dei cigni reali nel laghetto di Miramare - Il gruppo Nimdvm, promotore dell’iniziativa, ha già trovato la coppia perfetta
L’allevatore: «Si vogliono molto bene. A primavera, se tutto va bene, figlieranno»
Una coppia di cigni reali che, se la natura farà il suo corso, metterà al mondo una nidiata di eredi già in primavera. Il laghetto di Miramare si appresta ad accogliere un ritorno tanto gradito quanto inatteso: quello dei cigni che mancavano da almeno dieci anni nella dimora di Massimiliano e Carlotta. Il d-day è già fissato: il 23 ottobre la coppia reale arriverà a Trieste. E ci arriverà grazie alla generosità dei triestini che, con una raccolta di fondi e un formale atto di donazione, regaleranno i due cigni bianchi al museo di Miramare. A promuovere l’iniziativa è stato l’iperattivo gruppo facebook Nimdvm che ha già individuato la coppia perfetta per il parco del Castello nell’allevamento amatoriale Fornasier di Iesolo. E che adesso avvia una raccolta popolare di fondi con l’aiuto dei gruppi “Te Son del Trieste se”, “Semo Triestini e po bon”, “Volontari per Trieste pulita”. Chi vorrà potrà contribuire donando un euro. Un euro per far rivivere la magia dei cigni ai tanti visitatori di Miramare. I salvadanai per la raccolta si trovano nel bar pasticceria La Perla di via Santa Caterina, nella gelateria Semola di Piazza Cavana e nel negozio Arriba Arriba di via Nazionale a Opicina. «L’idea è nata in concomitanza con la donazione delle begonie a Miramare» spiega Alberto Kostoris, amministratore del gruppo Nimdvm e presidente dell’omonima onlus. E aggiunge: «Abbiamo trovato un allevamento serio, ci siamo fatti consigliare dal gestore e ora che i cigni hanno l’età idonea al trasferimento siamo pronti a donarli. Pensavamo di prenderne già due coppie ma facciamo un passo alla volta. Vediamo come reagiscono, come si ambientano, e poi decidiamo se portare loro ulteriore compagnia». Il ritorno dei cigni sarà celebrato con una festa. La data è già fissata: il 28 ottobre alle 11 nel parterre storico del parco di Miramare. «La coppia che porterò a Trieste è nata nella primavera del 2015 e ora ha raggiunto un bel piumaggio - racconta l’allevatore di Iesolo Sergio Fornasier - ed è molto affiatata. Questo maschio e questa femmina si vogliono molto bene e sono certo che, se troveranno un ambiente idoneo, la prossima primavera figlieranno, regalando a Trieste una meravigliosa sorpresa». L’allevatore, spiegando che la covata dei cigni reali dura in media 28 giorni e dà alla luce due o tre cuccioli, raccomanda di adottare alcuni accorgimenti: «Ai cigni non vanno dati da mangiare pane, grissini o biscotti: i lieviti danneggiano il loro intestino. Sono animali che si cibano di granaglie e quindi sarebbe il caso di apporre idonei cartelli che raccomandino ai visitatori di non gettare pezzi di pane nel laghetto». L’allevatore non nasconde qualche perplessità sull’eventuale introduzione di altre coppie nel laghetto: «Tra i cigni bianchi e neri c’è forte rivalità e comunque per due coppie servono spazi sufficienti a garantire ad entrambe il loro territorio». Rivalità a parte, di sicuro, la coppia predestinata troverà un habitat completamente risistemato: «Il laghetto è stato bonificato - riferisce Maurzio Anselmi, l’architetto responsabile del Parco di Miramare - . È stato tolto il limo sul fondo, piantato un salice piangente e restaurato il ponticello in legno. Non solo. È stata anche sistemata la pavimentazione attorno al laghetto utilizzando del materiale drenante». Anselmi sottolinea l’importanza di un programma in grado di curare i cigni in modo idoneo: «Chiederemo aiuto all’Enpa che ci ha sempre affiancato con grande professionalità e disponibilità quando c’è stata la necessità di soccorrere animali e risolvere problemi». Un solo esempio: le decine di pesci rossi e tartarughe che i triestini abbandonano nel laghetto di Miramare creando non pochi problemi all’equilibrio di quello specchio d’acqua. L’Enpa ha recuperato tutti e ora li ospita nelle vasche della sua struttura di via Marchesetti.

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 settembre 2016

 

 

Rivoluzione parcheggi allo studio del Comune
L’assessore Polli: «Tariffe riviste per rendere più attrattivi i contenitori mentre a metà ottobre saranno pronti i 150 nuovi stalli per motorini»
La revisione dell’offerta dei parcheggi a pagamento, con novità principalmente per quelli al coperto, in struttura, con il benestare dei gestori. L’incremento di opzioni attorno al centro, grazie all’intervento di privati su spazi in abbandono. L’individuazione di nuovi stalli nelle aree meno centrali e in periferia. E, oltre alle riflessioni sulle quattro ruote, il via a interventi per creare velocemente 150 nuovi posti dove lasciare regolarmente in sosta ciclomotori e motocicli, fra via Genova e la bretella che collega piazza Duca degli Abruzzi a largo Santos. Sono questi i punti su cui si sta articolando il ragionamento complessivo della giunta Dipiazza sull’organizzazione dei parcheggi in città. «Ci sto lavorando», ammette l’assessore all’Urbanistica, Luisa Polli. Le prime linee di indirizzo «In generale - spiega in primis l’esponente dell’esecutivo -, per valorizzare sempre di più le pedonalizzazioni del centro cittadino, vanno trovati nuovi parcheggi tutto attorno, possibilmente non in superficie». Dove, quindi? «Molti privati - approfondisce Polli -, di cui per ragioni di privacy non posso svelare il nome, si stanno dirigendo, come investimento, verso edifici con spazi parcheggio esistenti ma oggi abbandonati». Non solo. Nel discorso complessivo infatti può entrare poi quel Park Audace in progetto - a firma Interparking - nel sottosuolo indicativamente fra palazzo Carciotti e il teatro Verdi: «Se l’iter va avanti - osserva Polli - con tutti gli atti amministrativi che servono, penso non ci sia alcuna preclusione da parte nostra». Arriva a ruota un’altra indicazione in termini di indirizzo strategico: «Vanno individuate le zone in cui è maggiore la necessità di parcheggi nei punti limitrofi al centro e nei rioni, realizzandovi in questi casi sì degli stalli in superficie». I contenitori attivi Polli parla poi dell’obiettivo di arrivare ad avere numeri «sufficienti» in tutti i parcheggi al coperto in struttura, quanto al loro utilizzo. Si tratta di quelli gestiti oggi da Saba Italia (Foro Ulpiano, Silos, Il Giulia, Campo San Giacomo e Ospedale Maggiore), Park San Giusto (la spa ha lo stesso nome della sua “creatura”), Esatto (che ha in carico stalli a rotazione in struttura nel Park Sant’Andrea in via Carli e nel Park San Giovanni in viale Sanzio, oltre a quelli assegnati solo con abbonamento nelle altre strutture di propria competenza) e Ttp - Trieste terminal passeggeri (Molo Quarto in area del Demanio marittimo). In particolare l’assessore cita l’esempio del parcheggio di via Giulia: «Sui cinque piani gestiti da Saba Italia, in pratica ne viene usato uno solo. Con la carenza di posti nell’area, vanno evidentemente trovate delle nuove modalità per dare dei posti in affitto ai residenti». Guardando al tema globale, Polli ritiene «vadano cercate modalità più accattivanti tali da incentivare l’uso di queste strutture. Una parte del lavoro - prosegue - resta al momento in stand by, in attesa della chiusura dell’iter del bando per il trasporto pubblico locale: per il parcheggio di via Carli, infatti, si potrebbe pensare a un bus di collegamento con il centro città per gli utenti. Ma Trieste Trasporti sta lavorando in proroga del contratto. Quindi della questione si parlerà con l’interlocutore definito dalla gara». Stalli per motorini Polli conferma inoltre che «dopo la Barcolana, a metà ottobre, verrà completata lungo la bretella dietro il teatro Miela, che va da piazza Duca degli Abruzzi a largo Santos, una serie di nuovi stalli per motorini. Che, sommati a quelli in più già ultimati in via Genova, fanno un totale di 150, al servizio anche dei numerosi uffici della zona. Dalla bretella verranno rimossi i panettoni in cemento e sarà completata pure la sistemazione del manto stradale, prima della definizione della segnaletica orizzontale». Progetto Civitas Portis Nel discorso entra infine, illustra la delegata comunale all’Urbanistica, «il progetto europeo Civitas Portis, partito il 6 settembre scorso per il piano urbano della mobilità sostenibile finalizzato a organizzare i collegamenti tra Porto nuovo, Porto vecchio e il centro urbano. In quest’ambito vi saranno sicuramente infrastrutturazioni e parcheggi. Il primo step lo avremo fra sei mesi e nel giro di due-tre anni - conclude Polli -, fra parcheggi già esistenti adesso e nuovi, Trieste sarà attrezzata anche in modo da supportare le realtà ricettive locali».

Matteo Unterweger

 

La ciclabile della discordia torna a Palazzo - In programma nella seduta di oggi la discussione della mozione presentata dal forzista Bertoli
Proprio oggi, nella seduta convocata a partire dalle 18 per domande d’attualità e interrogazioni e dalle 19 per la parte deliberativa, approda di nuovo in Consiglio comunale la questione dei parcheggi in viale Campi Elisi, tema collegato alla realizzazione della contestata pista ciclopedonale.

In programma, infatti, c’è anche la discussione della mozione sulla questione presentata dal consigliere di Forza Italia Everest Bertoli, che chiede a sindaco e assessori unitamente ai loro uffici di «addivenire a una rapida soluzione della problematica segnalata, ripristinando i parcheggi già esistenti». Il tutto - recita il documento - «tenuto conto delle richieste e delle necessità degli esercenti di zona e dei cittadini residenti riguardo le rimostranze sul progetto» della ciclabile appunto, e considerate la «mancanza di parcheggi per residenti, di posti per diversamente abili nonché di spazi dedicati allo scarico merci per le attività limitrofe» e «la tipologia di attività in essere della zona di viale Campi Elisi e l’alta densità abitativa» della stessa. Naturalmente, non è detto (dipenderà dall’andamento dei lavori d’aula) che si arrivi sino al voto della mozione, peraltro emendata da Bruno Marini, a sua volta eletto con Fi, con la richiesta di istituire posti auto dedicati alle persone diversamente abili e aree da riservare al carico e scarico merci per gli esercizi pubblici e commerciali operativi in zona. In Consiglio era già comparsa nelle scorse settimane un’altra mozione forzista (depositata dai consiglieri Michele Babuder, Piero Camber e Alberto Polacco), che invitava la giunta a valutare «un percorso alternativo», per cercare di risolvere «le plurime criticità» emerse dopo la realizzazione del primo tratto della ciclabile. Dall’opposizione, l’ex vicesindaco Fabiana Martini, capogruppo del Pd, aveva rilevato come la perdita di parcheggi su tutto il tracciato si limiterebbe a soli due stalli mentre ne verrebbero recuperati trenta nell’area dell’ex distributore di benzina. Così Bertoli sulla propria mozione: «La pista ciclabile di Campi Elisi, progettata e realizzata dalla precedente amministrazione appare sempre di più una scelta incomprensibile. Inutile se non dannosa per residenti e commercianti. È arrivato il momento di decisioni anche drastiche per tenere conto delle richieste di cittadini sempre più in difficoltà. La mozione vuole essere uno stimolo nella strada, già intrapresa dagli assessori Polli e Lodi, per una soluzione definitiva del problema».

(m.u.)
 

La “dura” caccia al posto a colpi di smarthpone -
In giro per la città seguendo le indicazioni dell’applicazione “Tspark” di Esatto tra posteggi liberi che in realtà sono pieni e posteggi “fantasma” per disabili
Un sabato mattina di settembre. La pioggia, il traffico che in alcune strade va in tilt, la necessità di spostarsi in centro utilizzando un’automobile. In mano una lista di commissioni da effettuare e uno smartphone di ultima generazione. In tasca alcune banconote, ma nemmeno l’ombra di una moneta. Sono le premesse che ci spingono a utilizzare e a valutare la funzionalità di “Tspark”, l’applicazione creata da Esatto per facilitare la mobilità urbana. “Tspark”, infatti, si propone come un moderno filo di Arianna per gli automobilisti che hanno scelto di avventurarsi nel labirinto cittadino, indicando la disponibilità di parcheggi, sia di quelli in struttura che di quelli in superficie, l’eventuale presenza di parcheggi riservati ai disabili e di aree di sosta operativa, il cosiddetto carico-scarico, e il posizionamento delle colonnine per la ricarica delle auto elettriche. Un pacchetto di informazioni, quello veicolato dalla società per la gestione delle entrate comunali, che di recente è stato aggiornato con nuove funzioni, fra le quali il calendario di appuntamenti della “Settimana europea della Mobilità”, in programma fino al 22 settembre, l’individuazione delle piazzole per il servizio taxi e delle fermate effettuate dall’autobus elettrico sperimentale nel tragitto compreso tra Campo Marzio e via Cumano. Questo programma di infomobilità colpisce subito per due aspetti positivi: per utilizzarlo non è necessario scaricare alcuna applicazione dal proprio cellulare, ma è sufficiente digitare app.tspark.it sulla barra degli indirizzi del proprio browser. La seconda nota lieta è rappresentata dal fatto che la Esatto Spa non si è limitata a individuare la presenza dei parcheggi di cui ha il controllo diretto, ma ha scelto di indicare anche le aree di sosta amministrate da altri gestori. Dovendo recarci in via Felice Venezian, prima di accendere il motore dell’auto, verifichiamo su “Tspark” la disponibilità di parcheggi nella zona, che viene calcolata in base alle statistiche elaborate in funzione delle giornate e delle fasce orarie. Nonostante questo dato risulti quindi puramente indicativo, decidiamo di fidarci. L’icona corrispondente ai parcheggi di via Cadorna e di via Mercato Vecchio è di colore rosso: «Ritenta, sarai più fortunato», sembra volerci suggerire. Dirigiamo l’auto verso piazzale Straulino e Rode, anche se sta per iniziare a piovere e la destinazione si trova a qualche centinaio di metri di distanza. L’icona, in corrispondenza dell’area dove sorgeva la piscina Bianchi, è arancione e questo significa che ci sono ancora pochi posti disponibili. Raggiunto il piazzale, di stalli liberi non ne troviamo nemmeno uno: è l’effetto Costa Mediterranea, il cui arrivo limita di molto il serbatoio di parcheggi rappresentato dalle Rive. Abbiamo più fortuna nel transitare davanti al Teatro Romano, dove un Suv austriaco ci lascia il suo posto. Prima di arrivare davanti alla Questura, abbiamo provato senza successo ad attivare il navigatore direttamente da “Tspark”: «Impossibile aprire la pagina, l’indirizzo non è valido», sentenzia lo smartphone. Da triestino il disguido non produce danni. Ma se un turista si fosse affidato all’applicazione per raggiungere l’area di sosta? Ci diciamo che forse è un problema del nostro cellulare e con questo dubbio ci apprestiamo a pagare il parcheggio. “Tspark” suggerisce di attivare la sosta mediante l’applicazione “EasyPark”. Dopo averla scaricata, registriamo i nostri dati, inseriamo la targa dell’auto e, una volta geolocalizzato il parcheggio e la tariffa dell’area, impostiamo il tempo di sosta necessario, utilizzando la carta di credito per il pagamento. Ci avviamo così verso l’appuntamento in città vecchia passando accanto a un parcheggio per disabili che non è indicato da “Tspark” e sul quale sosta un’automobile che non espone il contrassegno invalidi. Il programma di infomobilità può ancora migliorare, al pari del senso civico di alcuni automobilisti.

Luca Saviano

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 settembre 2016

 

 

Mare Adriatico - Montenegro, via alle trivellazioni - Area in concessione a un consorzio formato da Eni e Novatek

Caccia a gas e petrolio - Il contratto con le compagnie ha una validità di trent’anni
BELGRADO Un'area di 1.228 chilometri quadrati di mare Adriatico è stata data in concessione per 30 anni dal governo del Montenegro a un consorzio formato da Eni e dall'impresa russa Novatek. Le due compagnie, che avevano partecipato al bando di gara lanciato nel 2014 per l'esplorazione offshore di idrocarburi, hanno ottenuto quattro blocchi su un totale di tremila chilometri quadrati inizialmente presi in considerazione. «È un grande evento per il paese», ha dichiarato il primo ministro di Podgorica Milo Djukanovi„, che a breve (il 16 ottobre) sarà sottoposto al giudizio degli elettori in occasione delle elezioni legislative. «La firma del contratto apre la strada all'inizio dell'esplorazione di petrolio e gas» in Montenegro», ha aggiunto Djukanovi„. Il contratto di concessione divide a metà le licenze esplorative tra i due membri del consorzio: il 50% a Eni, il 50% a Novatek. Il Montenegro, ha precisato il ministero dell'economia alla Reuters, si aspetta invece di dividere le attività di esplorazione in due fasi, valutate rispettivamente 85 e 12 milioni di euro, mentre l'inizio delle trivellazioni è atteso già per quest'anno. Anche se per il momento Podgorica non produce petrolio, «i dati iniziali» indicano che il Paese «potrebbe avere risorse a sufficienza per coprire la propria domanda di petrolio e gas», prosegue Reuters. Per costruire la propria strategia energetica offshore, ha affermato inoltre il premier Djukanovi„, il governo si è avvalso della consulenza legale della Norvegia, diventata un modello nella regione. Poco più di un anno fa l'allora ministro dell'Energia croato Ivan Vrdoljak assicurava di voler trasformare il suo paese in una "piccola Norvegia", proprio grazie all'esplorazione degli idrocarburi lungo tutto il litorale dalmato. L'opposizione interna degli ecologisti e di alcune autorità locali costiere, preoccupate dall'impatto sul turismo, così come il cambio di governo e la crisi politica hanno di fatto portato all'arresto del progetto. In Montenegro, dove vivono appena 600mila persone, il numero di turisti è passato da 270mila nel 2005 a 1,3 milioni nel 2014 e le trivelle in Adriatico potrebbero suscitare qualche malumore.

Giovanni Vale

 

 

Il bus elettrico “perde” la giunta Dipiazza - Sindaco e assessori danno forfait all’ultimo causa pioggia. In sessanta alla pedalata della Fiab
Niente gita sul bus elettrico ieri per sindaco e giunta. Il maltempo che si è abbattuto su Trieste a cavallo dell'ora di pranzo ha comportato il rinvio di quello che avrebbe dovuto essere un incontro fra i componenti dell'esecutivo e i cittadini a bordo dei bus elettrici.

L’obiettivo dell’iniziativa, inserita nel contesto della Settimana dedicata alla mobilità sostenibile - evento promosso dalla Commissione europea per sottolineare l'utilità di adottare abitudini meno inquinanti quando ci muoviamo, soprattutto nell'ambito dei centri urbani, e fissata per le 16 - era quello di favorire uno scambio di opinioni sull'opportunità di introdurre a Trieste un buon numero di questi moderni mezzi di locomozione. Il Comune aveva annunciato che sarebbero stati della partita il sindaco, Roberto Dipiazza, e alcuni componenti della giunta. «Viste le avverse condizioni atmosferiche - ha spiegato invece Luisa Polli, assessore per l'ambiente, poco prima dell'orario previsto per la partenza - abbiamo pensato fosse opportuno cambiare il programma e spostare a un giorno della settimana entrante il previsto incontro con la popolazione a bordo dei bus elettrici». In realtà, nel primo pomeriggio, le nubi si sono allontanate e su piazza dell'Unità d'Italia è tornato a splendere il sole. Al punto che le scolaresche che erano state invitate a trovarsi alle 16 nel punto di salita sugli autobus si sono regolarmente presentate all'appuntamento. Peccato che sindaco e giunta avessero ormai deciso diversamente. Non hanno rinunciato alla loro pedalata invece gli appassionati di bicicletta che, puntuali, alle 9 del mattino, si sono ritrovati per percorrere la ciclabile e raggiungere Muggia. La partecipazione non è stata quella che auspicavano gli organizzatori, in quanto le minacciose nubi alte sul cielo di Trieste hanno fatto desistere parecchi di coloro che avrebbero voluto essere presenti. Una sessantina di ciclisti però hanno sfidato il maltempo e sono saliti sul sellino. «Siamo ugualmente soddisfatti - ha commentato Federico Zadnich, del Fiab Ulisse, l’associazione che ha promosso l’iniziativa - perché per la prima volta la Regione e i Comuni di Trieste e Muggia si sono dichiarati concordi sull’opportunità di completare la ciclabile anche nel tratto ancora mancante, da via d’Alviano a Muggia, e di ricongiungersi con la rete slovena delle ciclabili».

Ugo Salvini

 

 

RISTRUTTURAZIONI - Ecobonus, ora si lavora a una proroga biennale
ROMA - Bonus più lunghi, e probabilmente anche rafforzati, per convincere le famiglie a investire i propri risparmi nella modernizzazione delle abitazioni, comprese quelle che abitano in condominio. È uno degli obiettivi che il governo si pone per la prossima manovra con una serie di misure, ancora da definire nel dettaglio.

Provvedimenti che saranno anche il braccio operativo del piano Casa Italia, che l’esecutivo, come ha ribadito nei giorni scorsi Pier Carlo Padoan, punta a concretizzare nel più breve tempo possibile. Una delle ipotesi allo studio, come ha spiegato il viceministro dell’Economia Enrico Morando, è quella di dare un orizzonte temporale che superi il solo anno a una nuova proroga per le agevolazioni sulle ristrutturazioni edilizie e sulla riqualificazione energetica degli edifici. I bonus per le ristrutturazioni, che finora hanno avuto grande successo, non devono diventare «strutturali», per evitare, ha puntualizzato l’esponente dell’esecutivo, che perdano di efficacia. Ciò non toglie che si possa pensare di «stabilizzarli» con un «allungamento dei tempi» perché la «scansione annua è troppo limitata». Se invece di un solo anno si garantisse ad esempio una proroga per due o tre anni, ha spiegato alla platea di Confedilizia, nel corso di un convegno a Piacenza, questa potrebbe continuare a spingere la ripresa dell’edilizia, settore che più ha sofferto negli anni della crisi, permettendo di mettere in campo anche interventi più complessi, come ad esempio quelli per l’efficienza energetica e per la messa in sicurezza antisismica. Per invogliare le famiglie a operare in questa direzione il governo sta quindi valutando se elevare gli incentivi in caso di doppi lavori fatti aprendo lo stesso cantiere. In questo modo, ha spiegato Morando, ci sarebbe un risparmio sui lavori stessi (un solo cantiere abbatte infatti tutta una serie di costi fissi, come il montaggio delle impalcature) ed il risparmio energetico potrebbe arrivare, soprattutto per i vecchi edifici, anche al 60%; e un maggiore rientro della spesa attraverso la più elevata agevolazione fiscale. Non solo. Per dare maggiore impulso possibile all’edilizia, ma anche puntare sul recupero delle periferie urbane, si sta ragionando, ha confermato il viceministro, per trovare «una procedura non fondata sulla detrazione Irpef che consenta anche agli incapienti di partecipare» alla ristrutturazione dei condomini «recuperando il vantaggio sul versante degli oneri da riscaldamento». Proprio i palazzoni degli anni 60-70 sono tra quelli che meno hanno aperto cantieri in questi anni, e sarebbero invece, quelli che trarrebbero i maggiori vantaggi in termini di risparmio sulla bolletta.

 

 

Ambiente - Le energie rinnovabili in piazza della Borsa

I volontari del gruppo Greenpeace di Trieste ricorda la giornata di mobilitazione nazionale organizzata ieri da parte di Greenpeace Italia in tema di energie rinnovabili.

«In piazza della Borsa abbiamo distribuito volantini ed informato i cittadini sulle possibilità del solare. Questa giornata si colloca all'interno della campagna “Accendiamo il sole”».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 settembre 2016

 

 

ALL’ALPE ADRIA L’OSCAR DELLE CICLOVIE
TRIESTE - Con una «scelta unanime, e senza dubbi», come annunciato dalla stessa giuria, l’edizione 2016 dell’Italian Green Road Award è stata assegnata alla Ciclovia Alpe Adria Radweg, che con i suoi 183 chilometri attraversa l’intero Friuli Venezia Giulia toccando i luoghi della memoria della Grande Guerra e collega il valico di Coccau a Grado.

La parte meridionale (denominata nelle mappe Fvg1) del percorso completo Alpe Adria che va da Salisburgo, attraverso la Carinzia, fino all’Isola del Sole, per un totale di 425 chilometri, ha vinto dunque l’Oscar delle ciclovie italiane. È la ciclabile più bella, e pure la più suggestiva, evidentemente, per ciò che evoca. «Alpe Adria ci collega all’Europa», ha osservato infatti il sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani consegnando a Verona il riconoscimento alla presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani. «Un percorso lungo una ferrovia dismessa di così tanto pregio», come l’ha definito ancora la rappresentante del governo, «che quest’anno - ha poi proseguito Serracchiani - sarà completato e che rappresenta una parte tra le più importanti del Sistema Fvg per la Mobilità ciclistica (la rete delle ciclovie d’interesse regionale / Recir, ndr) con i suoi dieci percorsi che si svilupperanno per più 1.300 chilometri». Nata nell’ambito della collaborazione transfrontaliera Italia-Austria 2007-2013, ha ricordato quindi la presidente della Regione, «vogliamo che la Ciclovia Alpe Adria e Recir si coniughino con la rete ciclabile centroeuropea e dunque con il network europeo EuroVelo e con il vicino Veneto». Un mondo della bicicletta che si traduce dunque oggi in «sport, turismo, economia, innovazione e salute», come ha voluto aggiungere allargando il discorso lo stesso sottosegretario Degani, e che fa «girare» un fatturato della bike-economy nazionale - è stato fatto notare constetualmente ieri all’inaugurazione della seconda edizione veronese di CosmoBike Show (che ha accolto per l’appunto le premiazioni dell’Italian Green Road) - attorno al miliardo e mezzo di euro. Ogni anno - è stato ricordato nell’occasione - sono circa 500mila i turisti, con capacità di spesa medio-alta, che scelgono di muoversi in Italia sulle due ruote a pedali. Sul fronte delle ciclabili vocate al turismo, inoltre, viene stimato che ogni chilometro di tracciato generi annualmente un indotto che può arrivare ai 350 mila euro. «Occorre, quindi, che anche la Ciclovia Alpe Adria, in via di definizione in alcuni tratti, venga migliorata nei suoi servizi destinati proprio al cicloturista», ha detto inoltre Serracchiani, segnalando come ad esempio nel 2017 si porrà mano ad alcune attenuazioni delle pendenze della stessa Fvg1 nell’area di Pontebba. E non si può non ricordare, nel contempo, il servizio offerto al turista su due ruote dal treno Micotra, affidato alle Ferrovie Udine-Cividale, che si sposta da Udine a Villaco.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 settembre 2016

 

 

AL VIA LE CORSE GRATUITE SU AUTOBUS ELETTRICI
Corse gratuite, nelle vie del centro, a bordo di autobus elettrici. Taxi che trasporteranno biciclette senza applicare il relativo supplemento di costo. Passeggiate a piedi e in bicicletta, in città e in periferia, «per riappropriarsi degli spazi». E ancora convegni, proiezioni cinematografiche e approfondimenti a tema.

Inizia oggi, anche a Trieste come in tutto il resto d’Europa, la “Settimana della mobilità sostenibile”, evento promosso dalla Commissione europea per ricordare a tutti l’utilità di adottare abitudini meno inquinanti quando ci muoviamo da una città all’altra o all’interno di uno stesso nucleo urbano, o addirittura dentro lo stesso quartiere. Una proposta di riflessione che il Comune ha subito accolto concordando, con una serie di partner come la Trieste trasporti ed Esatto, appuntamenti e manifestazioni di vario tipo, «accomunati dall’obiettivo - ha detto ieri Luisa Polli, assessore all’Ambiente - di favorire l’utilizzo dei mezzi pubblici, attraverso una serie di interventi e di proposte che quest’anno saranno indirizzati in particolare ai bambini e ai ragazzi, cioè agli utilizzatori del mondo del domani. Il prossimo anno - ha aggiunto - intensificheremo le politiche che puntano a sviluppare una mobilità sostenibile e alternativa che preservi l’ambiente». Si inizierà oggi con le corse gratuite sui bus elettrici, da Campo Marzio a via Cumano, lungo un tragitto che toccherà i principali musei e che vedranno a bordo, nel pomeriggio, anche il sindaco Roberto Dipiazza e alcuni esponenti della giunta. L’iniziativa continuerà fino a giovedì prossimo. Negli stessi giorni i tassisti non applicheranno supplementi per trasportare bici. Stamattina, alle 9, con partenza da Roiano e arrivo in piazza dell’Unità d’Italia, camminata a cura del Coped CamminaTrieste. Domani, sempre con partenza alle 9, ma da piazza dell’Unità d’Italia, pedalata fino a Muggia lungo la ciclabile. Ritorno con partenza alle 13. Il tutto a cura di Fiab-Ulisse. Sempre domani, alle 12, inaugurazione del Villaggio della Rampigada Santa all’Obelisco di Opicina, su iniziativa dell’associazione Spiz, che domenica curerà lo svolgimento della corsa in salita, con partenza alle 10. Nel pomeriggio di domenica, gite letterarie per i più piccoli a bordo del Delfino Verde. Martedì incontro su “La città che vorrei” (sala matrimoni alle 10, a cura del Coped CamminaTrieste), seguito dalla presentazione del libro “Le Alpi viste dal Carso”. Al pomeriggio (16.30 all’Ariston), proiezione del film “Microbo & Gasolina”. Mercoledì sera (20.30), sempre all’Ariston, “Bikes vs cars”. A chiusura della “Settimana”, giovedì alla Cappella underground di via Roma 19, invito alla lettura. In sede di presentazione del programma, il vicesindaco Pierpaolo Roberti ha parlato di «impegno a ridurre il traffico», mentre l’assessore Maurizio Bucci ha anticipato i contenuti della nuova app “Tspark”, che aiuterà i turisti «nell’individuazione dei vari posteggi della città».

Ugo Salvini

 

 

CINGHIALI, TRA COLTURE E AUTO I DANNI SFIORANO I 170MILA EURO
Cinquecentosette abbattimenti nell’ultima stagione venatoria. Danni alle coltivazioni procurati dagli ungulati per quasi 123mila euro. Danni alle auto per 38mila. Pochi numeri ma che inquadrano alla perfezione l’allarme cinghiali a Gorizia e che la dicono lunga sulla gravità della situazione (zone Piedimonte, Piuma, Lucinico, San Mauro) e nel Collio. Quindici anni fa veniva abbattuto un centinaio di cinghiali. Nella stagione venatoria 2014/2014 sono stati 507 i cinghiali oggetto di abbattimento.

Basterebbe questo dato statistico desunto da una relazione della Provincia per capire come «negli ultimi anni - spiega l'assessore provinciale all'Ambiente, Mara Cernic - si è assistito ad un aumento generalizzato della specie cinghiale nel territorio isontino ed in particolar modo nell'area a forte vocazione vitivinicola quale il Collio goriziano. Da un'analisi dei censimenti ed una più realistica analisi degli abbattimenti, l'aumento medio della specie degli ultimi 15 anni si attesta intorno al 14%». Le leggi regionali 6/2008 e 14/2007 attribuiscono alle Province varie competenze legate in parte alla gestione della specie cinghiale. In particolare esse sono chiamate ad intervenire nell'indennizzo dei danni, nonché nell'attuazione dei provvedimenti di prelievo in deroga. Oggi, tutte queste impellenze sono passate alla Regione. «Noi abbiamo sempre messo in atto una stretta collaborazione con il mondo venatorio per la gestione della specie, impegnandoci anche nella promozione di studi di popolazione volti alla corretta modulazione degli abbattimenti per contenere o perlomeno gestire con una visione tecnico-scientifica di alto profilo, le alte densità presenti nelle aree a coltura pregiata del Collio goriziano - spiega l’assessore all’ambiente Mara Cernic -. Dall'analisi della piramide delle età dei cinghiali abbattuti nel distretto Collio, risulta evidente come lo squilibrio del prelievo a favore dei maschi sia accompagnato da una mancata distribuzione dello stesso nelle diverse classi d'età sia nei maschi che nelle femmine, con il risultato che gli abbattimenti effettuati non sortiscono l'effetto di contenimento della popolazione». La Provincia l’anno scorso aveva preso anche un consulente, un esperto in grado di studiare il fenomeno e trovare qualche rimedio. Oltre ad una stretta collaborazione con i cacciatori per una sempre più attenta gestione venatoria della specie cinghiale ed una promozione dei mezzi ecologici di contenimento del danno (37.823 euro investiti dalla Provincia) senza tener conto delle iniziative private, sono state messe in atto delle autorizzazioni di prelievo in deroga alla specie. «Tali provvedimenti negli anni precedenti hanno visto il coinvolgimento degli esperti formati e provenienti dal mondo venatorio, permettendo il prelievo di circa una cinquantina di capi/anno per risolvere come extrema ratio alcune problematiche legate a danni all'agricoltura ed a pubblica sicurezza». Il quadro è completato dai danni alle coltivazioni che raggiungono i 122.666,44 euro. Il tutto nell'arco di 12 mesi. «I danni all'agricoltura denunciati e quantificati sono importanti, e nonostante le misure di prevenzione messe in opera grazie al contributo provinciale o in forma autonoma dalle imprese agricole, essi non sono facilmente azzerabili vista l'alta densità della specie sul territorio provinciale, ed in particolar modo nell'area Collio di cui la situazione è stata negli anni oggetto di un più attento monitoraggio», conclude l'assessore provinciale. E anche di feroci polemiche e dibattiti nel Cormonese proprio negli ultimi giorni quando i viticoltori del Collio si sono sentiti sotto accusa e si sono fatti prontamente sentire.

Francesco Fain

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 settembre 2016

 

 

I RIFIUTI ROMANI BRUCIATI NELL’INCENERITORE
La crisi dei rifiuti di Roma alleggerisce le bollette dei triestini. Una percentuale compresa fra l’8 e il 9% dei rifiuti speciali bruciati nell’inceneritore cittadino, infatti, vengono dalla regione Lazio. Parliamo di circa 5mila 800 tonnellate l’anno, al costo di 80, 90 euro l’una.

La macchina dei rifiuti romana, come riportano i quotidiani nazionali, è inceppata da tempo. Lo smaltimento ha costi molto superiori alle medie europee e finisce per essere assorbito dalle strutture presenti in altre regioni. Trieste è lontana: è difficile che la spazzatura della capitale diventi una fonte di approvvigionamento primaria per l’inceneritore, poiché i trasporti aumentano i costi in misura eccessiva. Ciononostante è proprio laziale l’unica quota di rifiuti utilizzata proveniente da fuori Triveneto. La provenienza Secondo le stime di Nestambiente, la società del gruppo Hera che gestisce i due inceneritori di Trieste e Padova, la struttura triestina brucia circa 164mila tonnellate di rifiuti in un anno. Di queste 106mila sono costituite da rifiuti urbani, di provenienza intraregionale, mentre circa 58mila sono rifiuti speciali. I rifiuti urbani provengono in maggior parte dalla Provincia di Trieste: il 60%, pari a circa 65mila tonnellate. Seguono le masse provenienti da Gorizia (20%) e Udine (14%). Assente nella lista Pordenone: la provincia sulle sponde del Tagliamento è da anni in cima alla classifica regionale per il trattamento dei rifiuti e non ricorre quindi ai servigi dell’inceneritore triestino. I rifiuti speciali Arrivano per il 40% circa dal Friuli Venezia Giulia, per il 50% dal Veneto e in quota minoritaria dal Lazio, appunto 8-9%. Ma di che tipo di spazzatura stiamo parlando? In Italia vengono prodotti in media 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani annui, mentre quelli speciali sono tra i 120 e i 130 milioni di tonnellate. Gli speciali che di norma vengono utilizzati negli inceneritori provengono dal trattamento di altre tipologie di rifiuto. Quelli che Trieste “importa” dal Lazio provengono da impianti di Trattamento meccanico-biologico (Tmb), nei quali il rifiuto urbano indifferenziato viene trattato e diviso in due ulteriori tipologie: un materiale più secco, privato dell’umido, che viene impiegato appunto per la «valorizzazione energetica» e una parte umida che può essere utilizzata, ad esempio, come copertura nelle discariche. A Trieste si utilizza quindi la versione “secca” del prodotto dei Tmb. La funzione Spiega l’amministratore delegato di Nestambiente Paolo Cecchin: «Nella gestione di impianti come quello di Trieste è indispensabile siano inclusi anche i rifiuti speciali - afferma -. Ogni termovalorizzatore è sovradimensionato rispetto alla taglia di rifiuti urbani che impiega: ad esempio quello di Trieste ha tre linee, alcune delle quali vengono impiegate quando le altre sono ferme per manutenzione o per un guasto». In questo contesto il rifiuto speciale viene impiegato per mantenere la continuità di funzionamento dell’impianto. L’aspetto economico Aggiunge Cecchin: «Esiste ovviamente un aspetto economico, che però non può essere scisso da quello ambientale: importare rifiuti dal Lazio comporta un trasporto di lunga percorrenza che incide sia sui costi che sull’impatto complessivo. Ecco perché il nostro ricorso agli speciali del Lazio è limitato». La tariffa applicata è quella standard per questo genere di trattamento, fra gli 80 e i 90 euro, e porta quindi a un guadagno di circa 500mila euro. Questo importo viene utilizzato, dice l’amministratore delegato di Nestambiente, per ammortizzare i costi dello smaltimento dei rifiuti urbani prodotti sul territorio: «Utilizziamo gli speciali in luogo di quelli urbani e questo ci permette di ridurre la tariffa dei secondi. Se non lo facessimo i costi dell’impianto si applicherebbero soltanto ai rifiuti prodotti in Friuli Venezia Giulia».

 

 

«LE FAVOLE DI DIPIAZZA SULLA FERRIERA E I GIARDINI»
«Ferriera, giardini, Biancaneve e i 7 nani». S’intitola così il post di ieri del’ex sindaco Roberto Cosolini affidato alla rete.

«Rivendico il diritto e dovere a dire schiettamente la verità anche se so bene che in politica questo può costare, ed è stato così anche nelle elezioni per il sindaco - scrive Cosolini -. Il mio avversario è stato premiato da una campagna in cui, ad esempio sul tema Ferriera, ha fatto promesse che certo non poteva mantenere. Non è lui il problema, quanto piuttosto chi gli ha creduto nonostante l'evidenza e chi magari per altri fini ha finto di credergli, strumentalizzando così la protesta». Fiabe, insomma. «Oggi, quando mancano più o meno due settimane alla scadenza dei fatidici 100 giorni, è evidente che non ci saranno novita esplosive, nè dopo 100 nè dopo 500 giorni! - continua l’ex sindaco -. Anzi l'amministrazione comunale, nel richiedere una revisione dell’Aia esclusivamente per l'impatto acustico, finisce implicitamente con il confermare che i progressivi miglioramenti sulle emissioni nell'aria ci sono e che perciò la strada intrapresa da noi sta portando a dei risultati. Sul rumore l'azienda annuncia un'accelerazione degli interventi. Se manterrà questo impegno il Comune non potrà che prenderne atto, e farà ciò che è giusto fare: mantenere attenzione e severità nel monitoraggio e nei controlli, che poi è la strada che noi abbiamo intrapreso». Ovvia e retorica arriva la domanda. «E la chiusura tanto strombazzata? - si chiede Cosolini -. Chissà che non torni d'attualità alla prossima campagna elettorale, almeno per quelli che credono a Biancaneve e i 7 nani magari. Il sindaco Dipiazza aggiunge poi alla televisione che è stata una stupidaggine fare le analisi sui giardini: lo dica ai cittadini di Servola che avevano chiesto anche loro di conoscere lo stato dell'inquinamento delle aree verdi nel rione! Ma si sa: era meglio parlarne in campagna senza dover poi prendere atto che l'inquinamento urbano ha più cause (via Giulia è lontanuccia dalla Ferriera)e che per mitigarlo ed affrontarlo serve una strategia di sostenibilità di lungo periodo».

(fa.do.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 settembre 2016

 

 

La Ferriera abbatte i tempi previsti dall’Aia per il piano acustico. Ma Dipiazza è scettico: «Da vent’anni sento le stesse cose»
L’incontro in regione Il presidente di Siderurgica Triestina ha assicurato la riduzione dei disagi per gli abitanti entro marzo anziché entro tre anni
La presidente regionale Debora Serracchiani sarà oggi in visita a Monaco di Baviera dove incontrerà il ministro bavarese per gli Affari europei e i Rapporti regionali Beate Merk, con cui prenderà parte alla presentazione del porto di Trieste che si terrà al Gasteig, il centro congressuale per la Cultura e l’istruzione di Monaco. La visita di Serracchiani fa seguito alla venuta a Trieste del presidente della Baviera Horst Seehofer dello scorso 4 maggio, nel corso della quale è stato sottoscritto con la Regione Friuli Venezia Giulia un accordo di collaborazione sul traffico merci, la cooperazione, lo sviluppo sostenibile e l’innovazione. L’incontro, intitolato «Il Porto di Trieste e la sua rilevanza per l’economia della Germania del Sud», vedrà anche la presenza dell’ambasciatore d’Italia in Germania Pietro Benassi. La presentazione dello scalo regionale nella capitale bavarese sarà curata dal commissario straordinario dell’Autorità portuale di Trieste Zeno D’Agostino e a essa seguiranno interventi di alcuni operatori. Le conclusioni saranno tratte dalla direttrice dell’Associazione spedizionieri della Baviera (Lbs) Edina Brenner e dal vicepresidente dei trasportatori della Baviera (Lbt) Wolfgang Anwander.di Silvio Maranzana Sul Piano di risanamento acustico della Ferriera di Servola continua il dialogo tra sordi con Siderurgica Triestina da una parte e il sindaco Roberto Dipiazza dall’altra. È stato così anche nell’incontro di ieri in Regione dove la società del Gruppo Arvedi che gestisce lo stabilimento ha illustrato il piano di insonorizzazioni presentato già a luglio «arricchito - specifica una nota - dal cronoprogramma degli 11 interventi previsti. Le prime 6 insonorizzazioni sugli impianti più vicini alle aree residenziali saranno realizzate entro 6 mesi, cioé marzo 2017, in netto anticipo rispetto alla scadenza imposta dall’Aia che è gennaio 2019». Ciò non è bastato a tranquillizzare il sindaco. «Sono molto scettico in merito a quanto discusso circa il Piano di risanamento acustico presentato da Siderurgica Triestina - ha commentato Dipiazza - . Sono ormai vent’anni che sento le stesse cose. Come amministrazione comunale abbiamo quindi presentato formalmente le nostre osservazioni al documento presentato». La nota di osservazioni è stata consegnata al direttore del Servizio tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico della Regione rimarcando che «rimane confermata la richiesta di riesame dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale)». «Il tecnico acustico incaricato da Siderurgica Triestina - riferisce invece l’azienda - ha illustrato il contenuto delle due corpose relazioni tecniche depositate a fine luglio, evidenziando come gli interventi previsti rispettino tutte le indicazioni europee (Bat - migliori tecnologie disponibili) relative al rumore delle aziende siderurgiche. Insieme al dettaglio degli 11 interventi previsti nel piano - si fa rilevare - è stato presentato un cronoprogramma di massima per la realizzazione. Il cronoprogramma di massima (suscettibile di lievi aggiustamenti) consente all’azienda di fornire una scadenza a titolo indicativo pari a 6 mesi (marzo 2017) per concludere i primi 6 interventi di mitigazione acustica». Il presidente e ad di Siderurgica Triestina, Antonio Lupoli, ha affermato che «pur in assenza del Piano di zonizzazione acustica comunale, l’azienda ha progettato gli interventi di mitigazione in modo tale da adeguarsi alle norme generali della legislazione nazionale grazie alle migliori tecnologie disponibili, impostando volontariamente un cronoprogramma che prevede di realizzare entro 6 mesi i 6 interventi che ridurranno i disagi percepiti dalla popolazione, con significativo anticipo rispetto ai 30 mesi concessi dall’Aia. E confermando la nostra attenzione alle persone - ha aggiunto - ci impegneremo per anticipare la scadenza prevista dall’Aia anche per gli altri 5 interventi del piano, che hanno tempistiche più lunghe perché la loro realizzazione impone la fermata degli impianti». Il Comune, di rimando, ha annotato nella nota che «si ritiene che un Piano di risanamento acusctico debba indicare necessariamente la stima dei benefici attesi anche a livello dei ricettori», per cui «si chiede di produrre, nel più breve tempo possibile, una stima dei benefici attesi presso l’abitato di Servola mediante analisi del campo acustico, in quanto l’assenza di tale analisi non permette di verificare il rispetto normativo e pertanto una valutazione favorevole degli interventi proposti». Siderurgica Triestina riferisce intanto che in mattinata si è svolto nello stabilimento un sopralluogo congiunto che ha «permesso la verifica degli interventi strutturali di risanamento previsti sull’altoforno». «Gli enti preposti - conclude St - hanno potuto così verificare direttamente l’effettuazione dei lavori previsti già accertata dall’Arpa nel corso di quattro sopralluoghi ispettivi fatti dopo la comunicazione di fine lavori». Chiudendo l’incontro la Regione presente con l’assessore Sara Vito «ha ribadito la massima attenzione sull’iter procedurale e sui controlli attraverso l’Arpa e ha riconosciuto all’azienda gli interventi fatti finora che - chiude una nota - hanno portato significativi effetti per quanto riguarda le emissioni in atmosfera».

 

Giardini inquinati, Forza Italia chiede «decoro»- Mozione firmata da Camber, Babuder e Polacco: «Bisogna evitare il proliferare di ratti e insetti»
I due anni di divieto di accesso alle aree verdi inquinate, necessari alle analisi e alle bonifiche, non devono trasformare i giardini in luoghi abbandonati e degradati. È Forza Italia a sollecitare la giunta Dipiazza a procedere immediatamente con la sfalciatura e la pulizia delle aiuole dei siti contaminati.

La richiesta è contenuta in un’interrogazione che porta la firma del capogruppo Piero Camber, del vice Alberto Polacco e del presidente della Commissione Lavori pubblici Michele Babuder. Il documento preparato dai tre consiglieri invita a intervenire soprattutto nel giardino pubblico di via Giulia e in quello di piazzale Rosmini dove i cittadini hanno lamentato erba alta e sporcizia. «Dobbiamo garantire la salubrità di questi spazi - scrivono - in modo da evitare il proliferare di insetti, ratti e quant’altro». I tre consiglieri, peraltro, hanno appena fatto rimuovere una lavatrice che era stata scaricata al centro del giardino di Piazzale Rosmini. «Provocazione o ignoranza?», incalzano i forzisti. «È evidente che per il problema bonifiche è necessario attendere la determinazione del tavolo tecnico insediato - rilevano - mentre risulta quanto meno improcrastinabile, fermo il divieto di accesso agli spazi inquinati, garantire il decoro degli stessi». Sulla vicenda si fa sentire anche FareAmbiente Fvg. «Il Comune di Trieste sta giustamente tutelando la salute pubblica con l’interdizione delle aree contaminate - annota il coordinatore Giorgio Cecco - ma auspichiamo si prendano e valutino della soluzioni diverse nelle tempistiche, perché due anni di chiusura sono tanti. L’inquinamento - aggiunge il rappresentante dell’associazione - è provocato da vari fattori e probabilmente diversi nelle varie zone, per questo è fondamentale rilevarne la provenienza per intervenire alla fonte. Ora non serve creare allarmismi, bisogna trovare le soluzioni. Noi non crediamo che Trieste sia un caso nazionale per l’inquinamento in sé nelle aree verdi e nei giardini - conclude Cecco - ma per il fatto che qui si ha il coraggio di evidenziarlo». I due anni di stop serviranno per attivare ulteriori verifiche sull’origine delle sostanze rinvenute. Nelle aree più sensibili, come gli spazi giochi per bambini e i cortili delle due scuole di Servola ritenuti contaminati dalle analisi dell'Arpa, si procederà con la recinzione e la copertura in ghiaia del terreno.

Gianpaolo Sarti

 

 

Mare malato - Si allarga l’emergenza molluschi - Scatta l’altolà da Muggia a Panzano

L’Azienda sanitaria vieta la raccolta e la commercializzazione nel golfo di Trieste dopo le nuove analisi che hanno evidenziato una presenza di biotossina algale ampiamente superiore ai limiti di legge - La sospensione, limitata all’inizio a Punta Sottile, Lazzaretto e Canovella, ora colpisce tutte le zone diproduzione della regione

TRIESTE - È ufficialmente disco rosso totale per la raccolta di molluschi nel golfo di Trieste. Da Muggia sino a Monfalcone l’emergenza “pedoci”, scoppiata una decina di giorni fa in una zona limitata, si è drasticamente estesa. Sono dieci i siti dichiarati off limits dall’Azienda sanitaria: Lazzaretto, Punta Sottile, Grignano, Santa Croce, Filtri, Canovella, Sistiana, Duino, Villaggio del Pescatore e Panzano. «Sono sospese temporaneamente e cautelativamente raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque di tutte le zone di produzione del golfo di Trieste, fino a quando non risultino ripristinate le condizioni di idoneità biologica», recita l’ordinanza dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste. Il commercio dei molluschi triestini, dunque, risulta completamente stoppato. In base ai riscontri analitici relativi al monitoraggio del fitoplancton e dei molluschi presenti nelle acque marine regionali - trasmessi dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie con i rapporti di prova di venerdì 9 settembre - è stata nuovamente evidenziata la positività per la presenza di biotossina algale liposolubile con eccesso di acido okadaico in molluschi bivalvi vivi. Dall’Azienda sanitaria è stato evidenziato che il limite massimo previsto dalla legge è di 160 microgrammi per un kg di prodotto; i risultati delle analisi hanno riscontrato come il limite sia stato ampiamente sforato, arrivando sino a 350 microgrammi per kg, ossia più del doppio di quanto consentito dalla norma. Se inizialmente lo stop preventivo era scattato per le aree di Punta Sottile, Canovella e Lazzaretto, ora la sospensione temporanea coinvolge tutte le zone di produzione dell’arco costiero della regione, che vanno dal territorio muggesano sino alle acque di Panzano, nel Monfalconese. Ma cosa sta accadendo esattamente nelle acque del golfo di Trieste? Negli ultimi quindici anni circa nel mare Adriatico - tanto a sud quanto a nord - si è registrata un’intensificazione del cosiddetto fenomeno delle fioriture algali, legato a due principali fattori: da una parte la progressiva diffusione di fitoplancton in nuove aree geografiche, dall’altra l’eutrofizzazione ossia, in parole semplici, le mutazioni che si vengono a creare a causa dell’immissione nelle acque di prodotti inquinanti da parte dell’uomo. Il fenomeno dell’aumento delle fioriture algali è in continua evoluzione, ma ha avuto un’aspra recrudescenza, con effetti drastici per il settore della mitilicoltura. Alcune alghe unicellulari microscopiche - in particolar modo le alghe appartenenti alle classi dei Dinoflagellati e delle Diatomee - che vivono in sospensione nelle acque producono delle sostanze tossiche, le cosiddette “biotossine algali”. Come ricorda l’Arpa Fvg «la presenza di biotossina algale liposolubile è un fenomeno che si presenta ciclicamente». Tanto è vero che è stato necessario impostare una continua vigilanza delle acque e dei molluschi. Ma qual è la relazione tra le alghe ed i molluschi? La risposta è piuttosto semplice: essendo degli organismi filtratori, i molluschi bivalvi, al momento del filtraggio dell’acqua inquinata, accumulano la tossina all’interno del loro organismo ingerendo parte delle microalghe: se dunque l’essere umano dovesse a sua volta ingerire i molluschi inquinati, ciò comporterebbe dei problemi quali nausea, vomito e altri effetti indesiderati. Considerato dunque che la mancata adozione di provvedimenti cautelativi può risultare pregiudizievole per la salute pubblica, l’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste ha disposto la sospensione cautelativa e temporanea di raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi nelle zone di produzione che vanno da Lazzaretto a Panzano. La novità assoluta a quello che purtroppo è diventato un fenomeno ciclico è il coinvolgimento di Panzano, fino a qualche anno fa esente dalle tossine, essendo le alghe abituate a giacere sul fondo del mare a basse profondità e quindi non in laguna. A questo punto resta da capire quando la situazione potrà rientrare alla normalità. «Approssimativamente l’idoneità biologica delle acque marine sarà rivalutata da due esami consecutivi dell'Arpa Fvg che dovranno essere effettuati a 24 ore di distanza, esami che indicativamente saranno effettuati tra i 15 e i 20 giorni», fa sapere l'Azienda sanitaria. A meno di sorprese, dunque, i molluschi rimarranno off-limits per tutto il mese di settembre.

Riccardo Tosques

 

Sostanze tossiche si accumulano nei filtri dei bivalvi

Le biotossine algali, spiega Arpa Fvg, sono sostanze tossiche prodotte da alcuni tipi di alghe unicellulari microscopiche che vivono in sospensione nelle acque (fitoplancton). Nel mare Adriatico si è assistito a un'aumento del fenomeno delle fioriture algali, spiega l’ente.

Infatti i molluschi bivalvi, in quanto organismi filtratori, sono gli alimenti più a rischio, perché ingerendo le microalghe accumulano la tossina nel loro organismo. E non basta cucinare il prodotto per liberarsene: «Le biotossine sono composti termostabili, quindi la cottura dei molluschi non risolve il problema - spiega Arpa -; è importante invece controllare l'etichettatura del prodotto che si acquista per essere certi che provenga da aree controllate».

 

L'esperto - Dalla diarrea alla febbre - Il medico Cocevari: «Effetti già mezz’ora dopo l’ingestione»

TRIESTE - Nausea, vomito, diarrea. Ma anche febbre, faringite, congiuntivite e irritazione della pelle. Sono molteplici le conseguenze che le fioriture algali possono comportare alla salute dell’uomo.

La conferma arriva dal dottor Maurizio Cocevari, il responsabile della Struttura semplice Tutela igienico sanitaria degli Alimenti di origine animale dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste che ha suggellato con la propria firma l’ordinanza in vigore per la sospensione per i molluschi bivalvi. «L’ingerimento di molluschi bivalvi contaminati dalla tossina può provocare Dsp, la Diarrethic Shellfish Poisoning, ossia un avvelenamento da alghe. I sintomi? Perlopiù gastrointestinali, in primis la diarrea. Tra gli altri effetti registrati vi sono nausea, vomito e forti dolori all'addome. Problematiche che si registrano già mezz’ora dopo l’ingerimento dei molluschi», racconta Cocevari. Una volta che l’uomo ingerisce l’organismo contaminato, la tossina entra in circolo. Casi diversi si sono registrati già in altre parte d’Italia: bagnanti che avevano frequentato alcune spiagge interessate da fioriture algali sono stati colpiti da faringite, congiuntivite e febbre. Ma possibile che cucinando i molluschi le tossine non vengano debellate? «Purtroppo anche effettuando la cottura dei molluschi non si risolve il problema perché le tossine non muoiono», puntualizza Cocevari. «Il proliferare di queste alghe è determinato da alte temperature, alta pressione atmosferica, condizioni di irraggiamento favorevoli, mare calmo per un periodo di tempo superiore a 10-15 giorni», aggiunge il medico. Ingenti, ovviamente, i danni provocati al settore della mitilicoltura: «Lo sappiamo perfettamente, anche perché quello di settembre è un mese chiave per il commercio di questi prodotti. Una ventina di anni fa il problema delle alghe si riscontrava in giugno, in agosto o addirittura in novembre. Da dieci anni circa, invece, le biotossine sono presenti oltre i livelli consentiti proprio nel mese di settembre. E purtroppo i tempi di contaminazione si allungano sempre di più, di anno in anno». Il problema legato alla presenza di alghe tossiche non riguarda solamente la nostra area. Un mese fa in Puglia è stata registrata dall’Arpa locale la presenza della Ostreopsis Ovata, un’alga unicellulare appartenente al gruppo delle Dinoflagellate, lo stesso gruppo presente nel Golfo di Trieste.

 

«Abbiamo “pedoci” fermi per circa 700mila euro»

I coltivatori sperano che ivalori tornino nella norma quanto prima per non buttare all’aria unpatrimonio

TRIESTE «Attualmente la quantità di “pedoci” che abbiamo bloccata sott’acqua ha un valore commerciale di almeno 700mila euro». Walter De Walderstein, il responsabile tecnico-scientifico del Consorzio giuliano maricolture Cogiumar, allarga le braccia. Non può fare altro. L’azienda del Villaggio del Pescatore, in comune di Duino Aurisina, si trova a dover affrontare una situazione di stallo pesantissima. «Purtroppo siamo completamente impotenti perché quest’alga non si può debellare. Dobbiamo solo sperare che i valori dell’acqua rientrino al più presto nei parametri previsti dalla legge, altrimenti rischiamo di buttare all’aria un patrimonio che ha un valore di mercato altissimo, superiore alla metà della nostra produzione annuale» racconta De Walderstein. La situazione, dunque, è fortemente critica. Anche perché la concorrenza estera non è rimasta certo a guardare le disgrazie dei mitilicoltori italiani. Al contrario. «I prodotti spagnoli sono praticamente già entrati sul mercato - conferma il responsabile Cogiumar - ed è chiaro che, se noi non riusciremo a superare in tempo questo blocco, rischiamo di essere tagliati fuori». La sospensione temporanea e cautelativa di raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque delle zone del golfo di Trieste è l’effetto solo parzialmente naturale di una criticità ambientale che lo stesso De Walderstein prova a spiegare: «L’aumento delle biotossine prodotte da alcuni tipi di alghe unicellulari microscopiche che vivono in sospensione nelle acque è legato al cambiamento delle correnti marine. Basta chiedere a chi va in mare con la barca per avere conferma di come la corrente istrodalmata sia cambiata radicalmente. Questa corrente, che un tempo attraversava lentamente e per bene tutta la nostra costa, da circa cinque anni scorre sempre più rapidamente. La conseguenza è che in questo modo le alghe si accumulano con meno ostacoli producendo più facilmente biotossine che vengono assorbite dai mitili». La situazione è ben nota ai mitilicoltori, che dal 2011 affrontano l’emergenza in maniera puntigliosa e scientifica, per tutelare sia la propria professionalità che la salute pubblica. «Sino a cinque anni fa c’era il mouse test che faceva emergere troppi falsi positivi. Ora, con un sistema chimico molto più puntuale e preciso, grazie alla nostra attività di autocontrollo, possiamo anticipare i risultati emessi dall’Arpa» afferma De Walderstein. La riprova è che già dopo la prima ordinanza dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste che aveva bloccato tre zone di produzione - Lazzaretto, Punta Sottile e Canovella - Cogiumar aveva messo un disco rosso anche per le restanti zone. «Oltre ad attenerci doverosamente alle ordinanze, cerchiamo di muoverci il prima possibile perché la salute pubblica viene prima di tutto» sottolinea con forza De Walderstein. Purtroppo da fine agosto le acque del golfo triestino hanno iniziato progressivamente a sviluppare un incremento di acido okadaico. Da qui lo stop forzato che rischia di provocare un danno immane ai mitilicoltori giuliani.

(r.tos.)

 

 

Polli: «Il bike sharing partirà entro sei mesi» - L’assessore all’Urbanistica fa il punto su piste ciclabili e progetti con l’associazione Fiab Trieste Ulisse
«Un confronto costruttivo», dicono i partecipanti. Ieri si è svolto un incontro tra l’assessore all’Urbanistica Luisa Polli e l’associazione di cicloturisti e ciclisti urbani Fiab Trieste Ulisse.

Alla presenza anche di alcuni tecnici comunali si è fatto il punto sulle iniziative che la giunta Dipiazza metterà in campo a breve e medio termine per promuovere l'uso della bicicletta a Trieste. Il confronto si è aperto discutendo il tema della mobilità ciclabile e, in particolare, di quella nel futuro assetto del Porto Vecchio. L’assessore Polli ha rammentato la previsione per la realizzazione di un percorso ciclabile lungo la bretella stradale nell’area i cui tempi di realizzazione sono legati ai fondi Cipe (50 milioni di euro una parte dei quali destinati alle infrastrutture) e alla loro destinazione e disponibilità in capo al Comune. Rispetto alle caratteristiche tecniche dei percorsi ciclabili c’è l'impegno al confronto con i portatori d’interesse al fine di coniugare le molteplici esigenze della cittadinanza in direzione di una mobilità sostenibile. È stato inoltre ricordato che il 6 settembre ha preso avvio il progetto europeo Civitas Portis: vi si prevede la realizzazione di un piano urbano della mobilità sostenibile per organizzare i collegamenti tra Porto Nuovo, Porto Vecchio e il centro urbano. Rispetto al progetto del Bike sharing è ancora in corso la gara per l’affidamento del servizio. Ad avvenuta aggiudicazione si procederà con l’installazione delle 9 ciclostazioni previste che comprendono 148 ciclostalli e 92 biciclette pubbliche. I lavori per la posa dovranno concludersi entro 6 mesi. Rispetto al tema della ciclabile di via Giulia, nell’ambito della condivisione dei progetti da attuarsi sul territorio, l’assessore ha comunicato che avvierà a breve un confronto con la Circoscrizione prima di passare alla successiva fase di progettazione esecutiva. L’attuale progetto di massima prevede una ciclabile bidirezionale da piazza Volontari Giuliani alla rotonda del Boschetto. Per quanto concerne eventuali fondi a disposizione per i lavori pubblici per la sicurezza di pedoni e ciclisti il dato sarà disponibile in sede di programmazione del bilancio 2017 e in tale momento saranno programmabili gli interventi ritenuti prioritari. Per approfondire alcuni temi rimasti aperti ci sarà un secondo confronto tra Comune e Fiab entro la fine di ottobre.

 

 

Sviluppo - Grim: «No a spezzatini in Porto Vecchio»

«Su Porto Vecchio mi auguro che la Giunta Dipiazza non ceda all’ipotesi “spezzatino” e porti avanti un progetto strategico con una visione d’insieme. L'indecisione che emerge in queste ore non è un buon segnale».

Lo afferma Antonella Grim, consigliere comunale del Pd a Trieste e segretaria regionale del partito. Secondo Grim «la riqualificazione di Porto Vecchio è una delle opportunità più importanti non solo per la nostra città, ma anche per il Friuli Venezia Giulia, ed è un’occasione anche a livello nazionale: questo è il senso del finanziamento ministeriale».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 settembre 2016

 

 

I sette giardini “avvelenati” off limits per almeno due anni

Da Servola a piazzale Rosmini il Comune quantifica per la prima volta i tempi necessari per le nuove analisi dei terreni
La vicenda dei giardini inquinati si rivela ben più seria del previsto. Un vero e proprio bubbone con tutte le conseguenze del caso. Perché, rivela il Comune di Trieste, ci vorranno almeno due anni per risolvere la questione. Due anni per rifare daccapo le analisi in tutti i siti dove l'Arpa nei mesi scorsi ha rinvenuto sostanze cancerogene ben al di sopra dei limiti di legge. I campionamenti seguiranno un ciclo semestrale e nel frattempo le aiuole resteranno vietate. Il piano predisposto dal Municipio prende le mosse dal recente tavolo istituzionale cui fanno parte anche Regione, Arpa, Azienda sanitaria e Provincia. L’obiettivo è verificare se la città è nel bel mezzo di un “inquinamento diffuso”, usando il termine tecnico adoperato dagli addetti ai lavori, e se i veleni rintracciati qua e là sono dovuti a uno sversamento di idrocarburi sul terreno o, piuttosto, da altre e molteplici cause come il traffico veicolare, il riscaldamento domestico, l’attività industriale o quella portuale. Un rebus a tutti gli effetti. I luoghi contaminati sono molti: ben sette sui dodici presi a campione dall’ex giunta Cosolini quando la passata amministrazione aveva deciso di vederci chiaro sui veleni prodotti dalla Ferriera. Si tratta, come ormai noto, di piazzale Rosmini, del Miniussi di Servola e del de Tommasini di via Giulia, il polmone verde della città. E, ancora, di due scuole dell’infanzia ed elementari che si trovano a Servola e dintorni: il don Chalvien di via Svevo e la Biagio Marin di via Praga. All’elenco vanno aggiunti, sempre nello stesso rione, pure i cortili della chiesa San Lorenzo e dell’Associazione amici del presepio in via dei Giardini. In queste aree verdi sono spuntate contaminazioni piuttosto elevate: benzo(a)pirene, ad esempio, ma anche benzoantracene e benzofluorantene. Sostanze cancerogene che sulla carta presentano un rischio più «potenziale» che effettivo, come precisava a fine aprire il direttore generale dell’Azienda sanitaria Nicola Delli Quadri, ma che per legge richiedono interventi seri. Curiosamente il più tossico di tutti appare il giardino pubblico di via Giulia, in pieno centro e quindi evidentemente più esposto all’inquinamento: il benzo(a)pirene, è stato accertato dall’Arpa, lì è presente con una media di 2,8 milligrammi per kg di sostanza secca, quando le normative indicano una soglia di 0,1. Quasi trenta volte tanto. Per fare un altro esempio, Piazzale Rosmini, già off limits, è a 0,84 mg/kg. Lì, a San Vito, la gente protesta per il degrado e l’erba alta: la giunta Dipiazza ha risposto che per il momento non può intervenire proprio perché il terreno è avvelenato. Dovrebbero mandare i giardinieri con tute bianche e mascherine, al caso. Con i bambini che, a pochi passi, continuano a giocare. Scene da film. Dunque ci vogliono due anni per archiviare la faccenda. «Stando alle previsioni dei documenti ufficiali - precisa il direttore dell’assessorato ai Lavori pubblici, Enrico Conte - prima che si possa accertare che Trieste è in una situazione di inquinamento diffuso, bisogna fare monitoraggi semestrali e ripetuti per almeno due anni. Ma un discorso è quello dell’inquinamento diffuso, gestito dalla Regione con il tavolo tecnico, un altro conto sono le misure di interdizione che stiamo già gestendo con le ordinanze del sindaco dell’aprile scorso». Sul piano operativo il Municipio intende usare i fondi regionali (350 mila euro) per attivare ulteriori misure di precauzione. Ciò significa, piaccia o meno ai residenti, far crescere l’erba il più possibile in modo da rendere difficile il contatto con il terreno avvelenato e cospargere di ghiaia o altro materiale i punti ritenuti più “sensibili” ovvero quelli più facilmente accessibili ai bambini, come le aiuole delle due scuole prese in esame (che saranno anche recintate), e le aree giochi di tutti i giardini contaminati. «Questo è stato deciso dal tavolo tecnico», precisa il direttore. Sopra il bubbone, insomma, ci va messa una pezza.

Gianpaolo Sarti

 

«L’erba alta per precauzione» Il dirigente Conte: «Seguiamo le norme. Contaminazioni possibili anche altrove»
Un problema da gestire - L’importante è non nascondere la polvere sotto il tappeto - L’incognita ferriera - L’impianto non è l’unica possibile fonte di benzo(a)pirene
Enrico Conte è direttore dei Lavori pubblici del Comune di Trieste. La questione dei giardini inquinati porta via buona parte del suo tempo in ufficio. «Tema delicato», ammette. Due anni per sistemare tutto: «Così dice la legge». Conte, perché ci vorranno addirittura due anni per risolvere il problema? Le linee guida dettate dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr), che definiscono i criteri nel settore, ci dicono che per accertare che si tratta di una situazione di inquinamento diffuso si devono fare monitoraggi ogni sei mesi per un periodo non inferiore ai due anni. Perché evidentemente è necessario verificare se questa contaminazione persiste o meno. Ma nel frattempo fate crescere l’erba ancora di più? Così la gente s'arrabbia. È una misura consigliata dall’Azienda sanitaria e dall'Arpa in quanto il vero punto di criticità è dato dal contatto con il terreno. Per cui, trattandosi di misure di precauzione, è stato suggerito ciò. Ovunque sia possibile faremo crescere l'erba. I cittadini però sono preoccupati: questo inquinamento è rischioso o no per la salute? Penso che la differenza con prima, con pochi mesi fa, non ci sia. Che Trieste fosse una città con un possibile inquinamento diffuso era abbastanza noto. La differenza è che adesso ci stiamo attivando per intervenire dove risulta una contaminazione. Per il giardino pubblico di via Giulia si ritiene che la causa possibile sia lo smog, ma il resto? Si è puntato il dito anche sulla Ferriera. Si deve tenere presente che nei documenti ufficiali questa contaminazione non deriva necessariamente dalla Ferriera. Può derivare dalla fabbrica ma anche dall’inquinamento delle auto, degli impianti di riscaldamento e dalle navi. Perché si tratta di benzopirene e quindi di inquinamento dell’aria. Al termine di questi due anni necessari alle verifiche per accertare le cause, si potrebbero ipotizzare delle bonifiche in tutti i giardini avvelenati? Questo ce lo dirà il piano regionale che delinea gli obiettivi. Non si sa, comunque noi ci muoviamo sulle linee guida dell’Ispra. Se 7 su 12 siti sono inquinati, si procederà con verifiche in altri punti della città? La decisioni spettano al tavolo tecnico della Regione, però non è previsto per ora che il Comune si attivi per domandare ulteriori analisi. È un po’ una rogna questa per il Comune, no? Non so se definirla così, diciamo che è un tema che è stato affrontato. La differenza sta tra chi mette sotto il tappeto un problema e chi invece lo affronta. Ovviamente ciò implica delle complessità da gestire. Ma se i giardini pubblici sono inquinati, lo potrebbero essere anche quelli privati delle abitazioni circostanti? E pure i giardini delle scuole e degli asili? Ragionevolmente sì.

(g.s.)

 

Residenti combattuti fra paura e fatalismo - La richiesta: «Si eliminino le fonti delle sostanze» - Ma c’è chi alza le spalle: «Tanto anche l’aria è ridotta così»
Chi passeggia, chi prende un po’ di fresco su una panchina. Chi è alle prese con la corsetta serale, chi legge un libro o un giornale. Con i bambini davanti che giocano spensierati e pazienza se la palla finisce in mezzo all’erba o le siepi. Al giardino pubblico di via Giulia hanno imparato a convivere con i veleni.

Quei cartelli con cui il Comune ha disseminato il parco, il vero polmone verde della città, sono quasi un nuovo arredo. Nessuno ci fa più caso, regna l’indifferenza. Anzi, li scambiano addirittura per semplici avvisi a non calpestare le aiuole. Invece no, segnalano sostanze nel terreno ben trenta volte superiori ai limiti consentiti dalla legge. Sapere che ci vorranno altri due anni per risolvere il problema, non stupisce più di tanto chi frequenta abitualmente questi spazi. La signora Luciana Sossich, settantasettenne, sarebbe più contenta che si affrontasse piuttosto il problema dei cani. «Io sono stufa di tutta la gente che porta le bestie a fare i loro bisogni, altro che inquinamento», esclama. «Poi beh, certo, non è piacevole sapere che per i bambini è pericoloso toccare per terra. Ma per affrontare questo aspetto si dovrebbe intervenire sul traffico, altrimenti saremo punto a capo». La pensa così pure il quarantenne Daniele venuto a fare due passi per rilassarsi. «Bisogna affrontare la questione alla radice - osserva - e comunque chiudere il giardino non avrebbe senso perché i residenti non saprebbero dove andare». Serena e Giuliano, qui con la nipotina Aurora, concordano. «Già, vietare completamente l’accesso come proposto da qualcuno non sarebbe corretto perché i triestini non possono privarsi di un posto così - spiegano - è uno sfogo per la città. Anche se è un po’ come una spugna che assorbe tutto lo smog». Intervenire sull’inquinamento prodotto dalle auto e dal riscaldamento domestico rientra peraltro nei piani comunali non appena saranno concluse tutte le indagini sulle cause che determinano le contaminazioni. Ma se ne riparla, appunto, tra due anni. «In città si respirano schifezze - interviene Annamaria, anche lei a spasso con il cane al guinzaglio - comunque io non poterei mai mio figlio a giocare dopo aver saputo che le aiuole sono piene di veleni». La signora Rosa Lucia non ha risposte: «Non saprei davvero cosa suggerire al sindaco, anche perché non so quanto senso avrebbe chiudere tutto per bonificare - rileva - visto che l'aria che respiriamo è altrettanto inquinata». Il Comune, intanto, ha tempo fino all’11 ottobre per correre ai ripari e impiegare quei 350 mila euro stanziati dalla Regione. Soldi che saranno utilizzati in prima battuta per ulteriori misure precauzionali, tra cui il completamento delle recinzioni e la copertura in ghiaia per la scuola d'infanzia Don Chalvien e per la scuola elementare Biagio Marin. «L’iniziativa della Regione di costituire un tavolo tecnico si rivela giusta e coraggiosa - aveva commentato nei giorni scorsi l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito - è capace di riunire e attivare sinergicamente le competenze dei vari soggetti istituzionali».

(g.s.)

 

Il caso triestino approda su Rai Uno - la curiosita'
I giardini inquinati di Trieste hanno avuto un’eco nazionale. Proprio ieri mattina Rai Uno, con il programma “Tempo & Denaro”, si è infatti occupata del caso esploso negli scorsi mesi e non ancora risolto.

La conduttrice Elisa Isoardi si è collegata in diretta, tra le undici e le undici e mezza, con una troupe che si trovava nel giardino pubblico di via Giulia. Una “finestra” di dieci minuti circa è servita a raccontare l’accaduto e a spiegare i motivi che hanno spinto il Comune a vietare l’accesso alle aiuole nel polmone verde della città. Sempre in tema di ambiente, ma stavolta sul fronte della Ferriera, oggi inizieranno i lavori di adeguamento della stazione di monitoraggio della qualità dell’aria con il mezzo mobile a San Lorenzo in Selva. A renderlo noto è l’Arpa precisando che l’intervento, programmato da tempo, prevede l’installazione di un ponteggio esterno. Tale operazione, come ha specificato la stessa Agenzia, si è resa necessaria per garantire ai tecnici di Arpa l’accesso in sicurezza alle strumentazioni installate nella stazione di monitoraggio che dal 2007 verifica le emissioni diffuse dello stabilimento siderurgico di Servola. L’installazione, ha precisato una nota dell’amministrazione regionale, non influenzerà in alcun modo la funzionalità delle strumentazioni, che continueranno ad operare con le consolidate tempistiche e modalità. L’adeguamento, come specificato nella stessa nota, viene realizzato in attesa della realizzazione della nuova postazione di misura prevista dal Decreto di autorizzazione integrata ambientale (Aia).

(g.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 settembre 2016

 

 

PORTO VECCHIO - TIRATE FUORI IL MASTERPLAN
Prima viene l’idea, poi il progetto, quindi le realizzazioni. Se si procede al contrario, qualsiasi piano di recupero urbano rischia di generare un obbrobrio, o ben che vada un’accozzaglia d’insediamenti.

Prima viene l’idea, poi il progetto, quindi le realizzazioni concrete. Se si procede al contrario, qualsiasi piano di recupero urbano rischia di generare un obbrobrio, o nella migliore delle ipotesi un’accozzaglia d’insediamenti senza filo conduttore. È quel che rischia di accadere al Porto vecchio di Trieste: un museo qui, un ente lì, magari domani un ente diverso se per quello previsto ieri non ci sono i finanziamenti, qualche ufficio laggiù, un cantiere navale visto che qualcuno l’ha chiesto. Il disegno d’assieme? Ignoto. La logica non è di ridisegnare un'area, bensì d'impiegare i finanziamenti di volta in volta disponibili (oggi 50 milioni, una goccia nell’oceano) così come si possono impiegare. Il risultato sarebbe un’arlecchinata priva di fascino, d’interesse, di capacità d’attrazione. Se vogliamo un buon esempio, c’è: l’ex Opp, diventato non si sa cosa (cos’è, chi ci va, se non chi ci lavora?) a forza di assegnazioni, progetti, scelte estemporanee prese di volta in volta sulla base dell’evenienza ma senza il coraggio di una visione d’insieme. Sarebbe diventato un magnifico campus universitario, è uno splendido luogo senza identità. Intendiamoci: non è un punto politico, né di bontà delle singole scelte. La giunta Cosolini aveva saggiamente nominato un advisor (Ernst&Young), ovvero un coordinatore generale del progetto, affidandogli tuttavia un mandato astruso e indefinito, e ipotizzando diversi insediamenti prima ancora che il masterplan venisse presentato. La giunta Dipiazza ha messo a bagnomaria l’advisor (che ha consegnato il suo lavoro, rimasto sconosciuto) e propone ora insediamenti diversi: un mercato del pesce, un Museo della città, probabilmente l’Immaginario scientifico dove prima si pensava all’Icgeb. Il disegno complessivo non c’era prima e non c’è ora, o quantomeno nessuno lo capisce. Non c’è nulla di male a pensare al Magazzino 26 come a un polo museale. È anzi un’ottima idea, poiché potrà raggruppare in un Museo della città (come anche Cosolini aveva in mente per Palazzo Carciotti) la miriade di sedi cittadine che staccano quando va bene quattro biglietti a giornata, disseminate da San Giusto alla zona ippodromo. Non c’è nulla di sbagliato, ed è anzi indispensabile, far conoscere il dossier a potenziali investitori internazionali e coinvolgere le città vicine come Lubiana e Venezia, ciò che sta facendo Dipiazza. Ma cosa mai ci metteremo vicino al museo e cosa scriveremo nel dossier, visto che non abbiamo ancora deciso che farne, di questi 60 ettari di pregio nel cuore della città? Anche le ottime idee possono diventare pessime, se scollegate fra loro e incapaci di restituire un’idea coesa a cittadini, turisti, imprenditori. Continuiamo a muoverci secondo la logica imperitura e distorta della mano pubblica: usare a spizzichi i finanziamenti che arrivano per fare qualcosa pur che sia, ma senza aver deciso cosa vogliamo diventi. Ovvero, mettere il carro davanti ai buoi. Uno spazio così incantevole in cima all’Adriatico si presta mirabilmente a esprimere, raccontare e modernizzare il rapporto tra la città e il mare, e ancor più la cultura dello scambio - il movimento di merci, persone e, oggi, conoscenza - che il mare rappresenta. Se è questa un’idea di fondo condivisibile, a essa va improntato il progetto generale, dandogli un disegno architettonico, di spazi e d’insediamenti coerente, dall’uso dei vecchi magazzini fino al marketing e finanche alla segnaletica interna. L’ultima cosa da fare è giocare a casaccio spazi, rattoppi ed esigenze momentanee, sistemando le iniziative così come capitano. Vogliamo guardare alla parte mezza piena del bicchiere. Sul recupero del Porto vecchio non si torna più indietro, ed è un merito condiviso tra Cosolini e Dipiazza (che già nel primo mandato trascinò il centrodestra da iniziali posizioni opposte) e reso possibile dal famoso blitz parlamentare di Francesco Russo. Ci sarà un altro tabù da sconfiggere, e sarà l’apertura all’edilizia residenziale, senza la quale nessun progetto imprenditoriale starà mai in piedi, come il sindaco ha osservato. Non gettiamo via il buono ch’è stato fatto. Si sveli ora (se c’è) o si completi un masterplan e si cominci in fretta a lavorare alle infrastrutture - acqua, luce, gas. Quando le idee sono chiare e il progetto è steso, tutto procede più veloce. E gli investitori arrivano, e una nuova Trieste può prendere forma

ROBERTO MORELLI

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 settembre 2016

 

 

CASALE MONFERRATO - Un parco dove c’era Eternit - Finalmente liberi dall’amianto
TORINO È un parco che ricorda una grande tragedia che ancora si sta consumando e una sete di giustizia ancora da soddisfare, ma allo stesso tempo simboleggia la voglia di rinascita. Laddove una volta c’era l’Eternit, la fabbrica che ha seminato morte disperdendo le micidiali fibre di amianto, da oggi c’è Eternot, 24mila quadrati di prati, alberi, fiori, panchine, stradine, piste ciclabili. Casale Monferrato, la città piemontese che ha pagato un tributo altissimo di vite umane al minerale killer - e tanti sono ancora i malati -, cerca di mettersi alle spalle l’epoca più dolorosa, senza mai dimenticare. Eternot, realizzata dopo 30 anni di bonifiche e inaugurata ieri alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando, «è - ha sottolineato il sindaco di Casale, Titti Palazzetti - un parco diverso da tutti gli altri giardini. È un monumento al lavoro, al dolore, alla dignità e al coraggio, alla giustizia e alla speranza dei casalesi. Il nostro obiettivo è di essere i primi in Europa amianto-free, i primi per la ricerca contro il mesotelioma». C’è ancora «un debito di giustizia da estinguere - ha ricordato il ministro Orlando - la sentenza della Corte Costituzionale del luglio scorso ha detto che l’Eternit bis si farà e lo Stato si è costituito parte civile». La battaglia contro l’amianto continua anche altrove nel mondo, dove l’utilizzo di questo minerale non è stato ancora messo al bando: «Ricordare - ha aggiunto il Guardasigilli - è anche inaugurare nuove battaglie per immaginare un modello di sviluppo diverso». Parte civile al processo Eternit bis, al via a fine ottobre a Torino, sarà anche la Regione Piemonte. «Eternot - è intervenuto il presidente Sergio Chiamparino - è simbolo di speranza per una lotta che deve essere portata avanti. Una lotta che parla di futuro, soprattutto giudiziario». Tra i tantissimi che ieri hanno vissuto con emozione il taglio del nastro di Eternot c’era Romana Blasotti Pavesi, presidente onorario di Afeva (Associazione familiari e vittime amianto): «Quest’inaugurazione - ha osservato - fa tornare alla mente ricordi che fanno male ma anche la soddisfazione per le lotte vinte. La nostra battaglia è stata e continua a essere dura ma, questa è una tappa concreta e simbolica verso il nuovo processo contro i responsabili della tragedia Eternit. Speriamo si faccia finalmente giustizia; speriamo vinca davvero la verità».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 settembre 2016

 

 

Un maximuseo della città dentro al Magazzino 26

L’annuncio di Dipiazza e Rossi. Il nuovo contenitore assorbirà le collezioni degli spazi culturali minori. Stop al trasloco dell’Icgeb. Immaginario in pole
Un grande Museo della città ricavato nel Magazzino 26, in cui far confluire anche le collezione dei piccoli, e poco frequentati dai turisti, musei cittadini, in modo da creare un super “attrattore culturale” in Porto vecchio. È questo l’asse portante del Dipiazza-pensiero per il rilancio dell’antico scalo. Un progetto illustrato dal sindaco in risposta a chi, come il senatore Pd Francesco Russo, lo accusa di immobilismo e incapacità di prendere decisioni essenziali al riuso di quella straordinaria area della città. «Altro che fermi: siamo sul cratere di un vulcano che bolle e che si chiama Porto vecchio», afferma Dipiazza. E l’assessore alla Cultura Giorgio Rossi aggiunge: «È il protocollo firmato a Trieste tra il premier Renzi, la Regione, il Comune e l’Autorità portuale a darci la linea. E quel protocollo afferma che i famosi 50 milioni stanziati da Roma devono essere utilizzati per un grande attrattore culturale transfrontaliero». Da qui appunto è ripartito il Comune dopo il cambio di amministrazione, ma nel frattempo, e lo rimarca Rossi, sono avvenute tre novità: nel futuro masterplan è stato inserito il Mercato ittico, che sempre più dovrebbe attirare commercianti da Slovenia e Croazia e che il sindaco vede affiancato da un fish market attrazione per triestini e turisti e da ristoranti di pesce; a Greensisam (concessionaria dei primi cinque Magazzini e spazi annessi, ndr.) è stato revocato il permesso a costruire «perché - afferma Rossi - non ha mai “ritirato” la concessione»; infine il ministero dei Beni culturali ha rivisto lo schema dei finanziamenti così come richiesti dalla precedente amministrazione e in particolare ha depennato i 12 milioni per l’Icgeb, «perché gli stanziamenti a suo favore dovrebbero venire dal Miur». Gli ultimi due punti, peraltro, sono già contestati: Pierluigi Maneschi titolare di Greensisam afferma di non aver intenzione di rinunciare alla concessione, mentre Mauro Giacca, direttore generale dell’Istituto di ingegneria genetica e biotecnologia, come si legge nell’altra pagina, resta convinto della collocazione in Porto vecchio. «Prima si pensava a 25 milioni per le infrastrutture e altrettanti per Museo del mare, Icgeb e Ursus - spiega l’assessore - ora invece ragioniamo su 16,5 milioni per le infrastrutture e 33,5 per il grande attrattore culturale transfrontaliero». Spariscono dunque Icgeb, Ursus e Museo del mare, si palesa un grande Museo della città che coinvolgerà parte del Magazzino 26, la Centrale idrodinamica e la Sottostazione elettrica. Come detto sarà ottenuto, oltre che esponendo materiali inediti, anche accorpando alcuni piccoli musei cittadini che oggi secondo lo stesso Dipiazza accolgono un numero irrisorio di visitatori, e per cui Rossi annuncia che «abbiamo avviato uno studio di revisione della rete dei musei civici». Una soluzione vista con favore da chi quei musei, oggi, è chiamato a gestirli. «È un’ottima idea - afferma Nicola Bressi, direttore dei Civici Musei - non si sopprime nulla, si accorpa. In questo modo non solo si risparmia su sorveglianza, pulizia, eccetera, ma si fa crescere il numero di visitatori». Già definite, a grandi linee, le “pedine” da spostare all’interno del conteniore in Porto vecchio: Museo del mare di Campo Marzio, Museo di arte orientale di via San Sebastiano, il Museo Morpurgo e di Storia patria in via Imbriani e Museo del Risorgimento di piazza Oberdan, dove rimarrebbe soltanto il Sacrario di Guglielmo Oberdan. «Lo studio è appena agli inizi e contiamo di concluderlo prima della fine dell’anno - spiega Bressi - bisogna comunque sempre confrontarsi con i soldi disponibili a bilancio per i trasferimenti e i nuovi allestimenti». «Il Polo museale del Porto vecchio, però, non conterrà solo questo - aggiunge il Comune -. Qui ci sarà un grande “visitor centre” dove saranno convogliati i turisti che arrivano in provincia grazie anche a un ampio piazzale dove potranno sostare numerosi pullman. Da qui li smisteremo bene - spiega Rossi - perché non è possibile che Miramare (dove in futuro si potrà andare anche in “vaporetto”) abbia un milione e centomila visitatori all’anno e San Giusto solo 50mila». Nono solo collezioni museali, però. Il 26 però con i suoi 30mila metri quadrati di superficie e 244 metri di lunghezza è il secondo più grande magazzino portuale storico di tutta Europa. «Tremila metri quadrati - annuncia Dipiazza - saranno occupati da un’istituzione scientifica e non intendo farne il nome perché l’annuncio lo darà giovedì prossimo un ispettore del Miur che sarà a Trieste». Gli indizi, però, portano dritti all’Immaginario scientifico. «La collocazione in Porto vecchio - afferma Serena Mizza, direttrice dell’Immaginario - è un’ipotesi allo studio che non ci dispiace affatto».

Silvio Maranzana

 

A gennaio il Comune avrà le chiavi dell’area - «Ma i cittadini dovranno accettare un po’ di residenzialità perché di notte non si crei un deserto»
«A gennaio avremo le chiavi del Porto vecchio - dice il sindaco Dipiazza - in due mesi e dieci giorni non potevamo fare di più. L’iter è lungo e complicato: ricognizione, intavolazione, libro fondiario. Forse a gennaio avremo il decreto finale di intavolazione dei Beni al Comune. Si sa come vanno le cose in Italia. Avevo chiamato quell’area città proibita e mai definizione è stata più azzeccata. Ma adesso il “no se pol” è definitivamente sconfitto, non si torna più indietro. Abbiamo inviato il dossier a Dubai e ad altri possibili investitori, ne ho parlato con i sindaci di Venezia, Brugnaro e di Capodistria, Popovic: i cinesi stanno arrivando e sono interessati a forti investimenti in tutta l’area dell’Alto Adriatico. Oltre al Polo museale e al Mercato ittico, vi saranno i megayacht di Fincantieri, spazi per la ricerca, l’università, i giovani. Quanto al Parco del mare - sostiene il sindaco - è un progetto di Antonio Paoletti. Sta a lui adesso scegliere se ubicarlo a Portolido o in Porto vecchio. Certamente la nostra amministrazione è favorevole, perché favorevoli sono gli albergatori e i commercianti che a gran voce chiedono alcuni attrattori che consentano alla città di richiamare turisti non solo in estate, ma durante tutto l’anno». Arrivano però anche i punti contestati: «Un po’ di residenzialità - sostiene Dipiazza - è indispensabile perché non possiamo pensare a un’area di 600mila metri quadrati che di notte diventa il deserto dei Tartari. Ma qui si apre la questione di non contravvenire a quanto avevo promesso nel mio programma elettorale, cioé il confronto con la cittadinanza. Dovremo arrivare a un accordo con i cittadini perché non salti fuori il discorso della speculazione edilizia che non fa certo bene al progredire del progetto». Si sono susseguiti dunque in questi ultimi mesi i confronti con l’advisor Ernst&Young per la ricalibratura delle linee generali che a breve saranno esposte a costruttori, commercianti, esercenti e alle altre categorie prima di essere formalmente approvate dalla giunta, ma anche con l’Acegas. «A breve - hanno spiegato il sindaco e l’assessore Rossi - partirà l’intervento di riqualificazione anche di piazza Libertà. Stiamo facendo uno studio sugli oneri di urbanizzazione. Per gli allacciamenti in Porto vecchio non si faranno tanti singoli scavi, come può avvenire in centrocittà, ma verrà scavato un unico lungo tunnel dentro il quale correranno i cavi e le conduttore necessari a tutti gli impianti, anche quelli tecnologici. Con i 16 milioni e mezzo del Ministero, oltre alle bonifiche, realizzeremo una strada dorsale di collegamento tra gli attuali ingressi di largo Santos e di viale Miramare e le rotatorie per poter invertire la marcia. Porteremo l’illuminazione che rischiarerà anche la facciata del Magazzino 26, ricaveremo i parcheggi. Già a questo punto il Porto vecchio sarà un borgo della nuova città di Trieste».

(s.m.)

 

il centrosinistra «Va bene collaborare, però non si cancelli quanto fatto finora»
«Basta polemiche e lavoriamo tutti assieme per la riqualificazione del Porto vecchio», è l’invito arrivato dal sindaco Dipiazza che ha sottolineato la collaborazione già in atto con Debora Serracchiani, Gianni Torrenti e Zeno D’Agostino e richiesto quella di Roberto Cosolini e Francesco Russo.

«Sono disponibile nell'interesse di Trieste - afferma l’ex sindaco Cosolini - è però necessario mantenere i punti fermi di un lavoro di squadra portato avanti da dicembre 2014: un progetto complessivo che può trarre spunto dal lavoro affidato ad Ernst and Young, valorizzazione del grande patrimonio storico e culturale legato al rapporto tra Trieste e il mare per farne un polo museale unico a livello europeo, l'intesa con l'Autorità per strutture quali terminal passeggeri e polo per megayacht, spazi per ricerca , innovazione e turismo e spazi a disposizione dei cittadini. Se la strada che avevamo intrapreso, che vuole farne una Porta d'Europa sul mare, verrà confermata allora varrà la pena di lavorare insieme. Se dovesse ritornare la logica dello spezzatino e delle assurde cancellazioni di quanto fatto dai predecessori in nome di furori ideologici (penso ad esempio alla volontà di eliminare il tram urbano in PV) collaborare sarebbe impossibile». È lo stesso tasto su cui batte Adele Pino, segretario provinciale Pd: «Cogliamo l’invito perché i triestini sono stanchi dell’immobilismo e perché per far avanzare il progetto serve una forte azione di lobby, a patto però che si proceda in continuità con quanto già fatto dall’amministrazione precedente». «Confermo la mia disponibilità a dare una mano - aggiunge il senatore Russo - si è affrontato però solo il capitolo relativo all’investimento dei 50 milioni che il Governo Renzi ha stanziato per l’area. Sappiamo che serviranno 5 miliardi. Sono pronto con spirito di massima collaborazione ad aiutareDipiazza e Rossi per il restante 99%».

 

«Trieste rischia di perdere una straordinaria occasione» L’amarezza del direttore dell’Istituto di ingegneria genetica e biotecnologia
«Il Miur non può stoppare l’operazione. Se c’è la volontà politica, la sede si fa»
«Se la città intende perdere ancora una volta una grande occasione, faccia pure». Non ha preso bene Mauro Giacca, triestino, direttore generale dell’International centre for genetic engineering and biotechnology (Icgeb) di Trieste, New Delhi e Cape Town, la notizia secondo cui sarebbero stati depennati i 12 milioni necessari per la nuova sede dell’Istituto al Magazzino 26 del Porto vecchio con trasferimento da quella attuale, ormai insufficiente, all’Area science park di Padriciano. «Non ho ricevuto alcuna comunicazione, tantomeno ufficiale sul dietrofront - spiega Giacca - mentre nel riparto dei fondi noi compariamo con nome e cognome. Ridicola quell’affermazione sul Miur perché non ha nulla a che fare con noi che semmai dipendiamo dal ministero degli Affari esteri. Per il nostro inserimento in Porto vecchio è sufficiente la volontà politica e non tanto a Roma, quanto qui a Trieste». In Porto vecchio, l’Icgeb potrebbe raddoppiare gli spazi e far salire da 200 a 300 i ricercatori che operano nell'Istituto. «Avevamo subito messo gli occhi sul Magazzino 26 - aveva recentemente spiegato il direttore - perché è quello già parzialmente ristrutturato, considerato che la superficie più ampia non ci servirà soltanto per trasferire i laboratori e per aumentare i nostri gruppi di ricerca che già adesso sono 18, ma anche per permettere l'insediamento di iniziative spin-off e di aziende start-up in grado di mettere a punto progetti specializzati che poi verranno prodotti dalle grandi case farmaceutiche». Il progetto è ancora più ampio perché nei magazzini di fronte, un tempo utilizzati in parte addirittura come stalle dalla ditta Prioglio che commerciava animali vivi, potrebbe essere creata la foresteria di cui l'Icgeb, attorno al quale solitamente gravitano dottorandi e post-dottorandi di 27 o 28 nazionalità diverse, ha estremo bisogno. Ma la filosofia alla base dell’operazione è più ampia ancora. «L’Icgeb si è anche messo a disposizione - spiega Giacca - per portare la scienza e la ricerca in città, per un’integrazione finalmente anche fisica (l’Istituto svolge attività a favore delle scuole anche con la manifestazione “Science and the city” e organizza ogni anno una ventina tra meeting e workshop) con un settore sempre più importante dell’economia locale. L’operazione è ancora possibile e rinunciarci sarebbe una grave perdita per Trieste, non per l’Icgeb».

(s.m.)

 

 

Bonus energia, “tesoretto” bis da 8,7 milioni - Regione» giunta

Nuova tranche di fondi per coprire 932 domande relative alle prime case. Iter più rapidi per le assunzioni in sanità
Via libera all’adesione a un raffica di progetti Ue su ambiente mobilità e trasporti
TRIESTE Un altro passo avanti nella messa a norma degli impianti e nel conseguimento del risparmio energetico nelle prime abitazioni. Ieri la giunta regionale ha stanziato più di 8,6 milioni per dare copertura ad altre 932 domande inserite nella graduatoria per le manutenzioni edilizie straordinarie. Bonus energia La mano pubblica sosterrà interventi che prevedono 14 milioni di costi complessivi, andando così ad abbattere parte delle spese altrimenti totalmente a carico ai proprietari degli immobili. L'assessore al Territorio, Mariagrazia Santoro, sottolinea che negli ultimi due anni «sono stati stanziati 18,7 milioni, assegnati a 4.150 domande: in questo modo abbiamo contribuito a muovere l'economia del settore edile, garantendo alle famiglie un'abitazione più efficiente e meno inquinante». Scuole L'impegno sul fronte dell'efficienza energetica continua anche nell'ambito scolastico: in questo caso sono 6,8 i milioni finalizzati all'abbattimento dei consumi energetici in sei istituti delle province di Udine e Pordenone: interessati i comuni di Majano, Basiliano, Spilimbergo, Montereale Valcellina, San Daniele e Faedis. Con quest'ultima delibera, la dotazione complessiva supera i 18 milioni, con cui si dà copertura a 13 interventi sui 17 ammessi nella graduatoria approvata a giugno. Tutte le scuole che beneficeranno dei contributi sono già adeguate dal punto di vista sismico o lo saranno entro il termine dell'intervento di efficientamento energetico. Sanità La giunta è inoltre intervenuta per velocizzare le procedure d'assunzione nel Sistema sanitario regionale, eliminando la preventiva richiesta di autorizzazione da parte dell'amministrazione regionale alle aziende e agli enti interessati da nuovi innesti nel campo dell'assistenza primaria e del piano di emergenza, dell'abbattimento delle liste di attesa e dell'odontoiatria sociale. Progetti Davanti alla prossima scadenza dei relativi bandi di concorso, l'esecutivo ha autorizzato l'adesione della Regione a diverse proposte progettuali che, in caso di approvazione, consentirebbero la realizzazione di iniziative di vario tenore. Il Fvg parteciperà ad esempio al progetto Interreg Italia-Slovenia per la realizzazione di una ciclovia lungo il confine dell'ex Cortina di ferro: una proposta avanzata assieme a partner sloveni per valorizzare il patrimonio naturalistico e storico-culturale lungo la frontiera che un tempo divideva l'Occidente dalla Jugoslavia socialista. L'obiettivo è appunto quello di creare una pista ciclabile che dia risalto ai siti ereditati dalla Guerra fredda, sfruttando i percorsi ciclabili esistenti o in fase di realizzazione. Il Fvg prenderà inoltre parte ad alcuni progetti europei sul miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici pubblici e sulla mobilità intelligente e a basso impatto, nonché sulla difesa del suolo montano e sulla tutela della biodiversità delle aree lacustri e carsiche. Agricoltura La giunta ha stabilito in 50 litri per ettaro il contingente straordinario di gasolio agevolato che le aziende agricole potranno richiedere a titolo di supplemento per l'irrigazione di colture. L'assegnazione è stata stabilita a causa degli interventi irrigui straordinari dovuti a precipitazioni sotto la media nel corso dell'estate. Enti locali È stata infine fissata per il 6 novembre la data dei referendum consultivi riguardanti le fusioni del comune di Manzano con San Giovanni al Natisone e del comune di Gemona con Montenars. Commissariato inoltre il Comune di Taipana, dopo le recenti dimissioni del sindaco, del vicesindaco e di alcuni componenti della giunta.

Diego D’Amelio

 

 

Mavia, la medusa “aliena” che vive in Alto Adriatico

Il nome di un’antica regina guerriera per il nuovo genere classificato da un team di Trieste e Pirano. Ma restano dei misteri, come quello delle femmine “scomparse”
ORIGINE DA DECIFRARE - Altri esemplari sono stati raccolti sulle spiagge del Senegal
TRIESTE «Ma ci pensate? Una nuova medusa nell'Alto Adriatico. E non una nuova specie, ma addirittura un nuovo genere... In mezzo al Pacifico sarebbe ordinaria amministrazione. Ma trovare qualcosa di nuovo qui da noi, dove gli studi di biologia marina risalgono all'Impero asburgico, ha quasi dell'incredibile». Non nasconde la sua emozione Massimo Avian, docente di zoologia al Dipartimento di scienze della vita dell'Università di Trieste. E insieme la sua soddisfazione, ora che la ricerca sulla nuova medusa condotta con quattro colleghe di Trieste e Pirano è finalmente pronta per la pubblicazione sulla rivista australiana "Invertebrate Systematics". C'è più di un mistero dietro a questa nuova medusa. Ad esempio: tutti gli esemplari finora trovati sono maschi, a eccezione di una sola femmina. Sappiamo che le meduse alternano una fase sessuale a una fase asessuale (polipo). Ma dove sono finite le femmine? In più, nessuno ha ancora capito da dove è saltata fuori questa medusa. È stata trovata nell'Alto Adriatico, in particolare nel Delta del Po e nella Laguna di Venezia, ma anche lungo le coste istriane e nel Golfo di Trieste. Altri esemplari sono stati raccolti sulle spiagge africane del Senegal. Allora potrebbe essere arrivata nel Mediterraneo dai mari tropicali con l'acqua di zavorra di navi mercantili. Alcune caratteristiche fanno pensare a un organismo che vive a centinaia di metri di profondità, portato in superficie dal gioco delle correnti. Racconta Avian: «Tutto è cominciato nel settembre 2013, quando Valentina Tirelli e Isabella D'Ambra, biologhe marine dell'Ogs, campionando il pesce durante una crociera di ricerca nel Delta del Po trovarono un gran numero di piccole meduse con ombrello giallo-rossastro del diametro di 5-7 centimetri. Non riuscendo a capire di cosa si trattasse, hanno contattato due colleghe del Laboratorio di biologia marina di Pirano, Alenka Malej e Andreja Ramsak, e poi si sono rivolte a me. Quella medusa assomigliava alla nota Pelagia noctiluca. Ma era qualcosa di diverso: “medusa Frankenstein”, la definimmo». Intanto un gruppo di esperti dell'Università del Salento di Lecce si era messo al lavoro su esemplari della stessa medusa trovati dalle parti di Chioggia. A metà 2014 pubblicano la loro ricerca, descrivendo la medusa come nuova specie del genere Pelagia. La chiamano Pelagia benovici, in omaggio a Adam Benovic, biologo marino croato da poco scomparso. Partita chiusa? «No - prosegue Avian - perché le differenze morfologiche e genetiche da noi individuate ci avevano fatto pensare di avere in mano qualcosa di più grosso: non una nuova specie di medusa, ma un nuovo genere. Così ci siamo dedicati alle caratteristiche genetiche della medusa, ricuperando i dati sulle altre meduse appartenenti alla stessa famiglia, quella dei Pelagiidae. Mese dopo mese la nostra ipotesi è andata rafforzandosi. Ma ci siamo trovati di fronte a critiche e obiezioni. Alla fine abbiamo spedito il paper a un'importante rivista australiana. È il giugno 2015. Un paio di mesi dopo ecco il verdetto: un referee è favorevole alla pubblicazione, l'altro trova dei punti deboli. Nel gennaio di quest'anno rispediamo il lavoro corretto secondo le indicazioni del referee “cattivo” e di nuovo ci arrivano dallo stesso referee critiche chiaramente speciose. Stavolta protestiamo con l'editor della rivista, che alla fine ci dà ragione e a maggio dà luce verde per la pubblicazione». Ma chi era il referee "cattivo"? Massimo Avian lo scopre qualche mese fa partecipando a Barcellona all'International Jellyfish Bloom Symposium. «Al convegno presento il nostro lavoro, con grande successo. Dopo di noi parla un collega americano, che espone anche le ricerche su un esemplare di medusa trovato nel Senegal, le cui analisi genetiche sono identiche alle nostre. E allora abbiamo capito che il referee “cattivo” era uno dei colleghi-avversari americani, che cercava di ritardare la pubblicazione del nostro lavoro». E il nome della nuova medusa? «L'abbiamo battezzata Mavia benovici. Mavia era il nome latino di una regina guerriera vissuta nell'odierna regione tra Siria e Iraq a cavallo tra il quarto e il quinto secolo. Ma poi ci siamo accorti che Mavia è anche l'acronimo delle iniziali dei nostri nomi: Massimo, Andreja, Valentina, Isabella, Alenka. Che si vuole di più?».

Fabio Pagan

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 settembre 2016

 

 

Sesta commissione - Gestione dei rifiuti sistema da ripensare

Il tema della raccolta differenziata e dello smaltimento rifiuti finisce sotto la lente d’ingrandimento della Sesta commissione consiliare.

In particolare, la mozione presentata dal Movimento 5 Stelle (licenziata con discussione), che impegna sindaco e giunta “ad avviare un percorso partecipativo per progettare un nuovo sistema di gestione, raccolta e smaltimento rifiuti nell’ottica della strategia rifiuti-zero”. «Una proposta presentata già alla scorsa amministrazione, ma che poi non ha avuto un seguito - ha spiegato il capogruppo Paolo Menis -. L’idea è di coinvolgere i cittadini in un progetto che vada a ripensare l’intera filiera, attraverso un più efficiente sistema di raccolta dei rifiuti, ma anche in un’ottica di superamento dell’inceneritore, con una diminuzione di costi e impatto ambientale». Un’idea, quella dei “rifiuti zero”, che per il presidente di commissione Salvatore Porro (Fratelli d’Italia) è «un sogno irrealizzabile». Concetti ripresi da Vincenzo Rescigno (Lista Dipiazza) e Michele Claudio (Lega Nord), mentre per il capogruppo Paolo Polidori «Il problema del termovalorizzatore non è ambientale ma economico. È giusto coinvolgere i cittadini, ma in questi termini il progetto è inapplicabile». C’è anche chi punta il dito sulla gestione passata. Come Francesco Bettio (Lista Dipiazza), per il quale «l’introduzione dell’umido ha comportato grosse problematiche per i cittadini, non informati della rivoluzione nelle isole ecologiche», ed Everest Bertoli (Fi) secondo cui «il servizio va riprogettato perché com’è non funziona: i cittadini pagano ogni anno 3 milioni in più per un servizio che di fatto è peggiorato». La risposta del centrosinistra arriva dalla capogruppo Pd, Fabiana Martini: «Un ragionamento condivisibile in una logica di razionalizzazione, ma è irreale pensare a breve a un’alternativa alla termovalorizzazione. La raccolta differenziata è prima di tutto una questione culturale, che prevede il coinvolgimento dei cittadini per una nuova visione della città». Per Maria Teresa Bassa Poropat (Insieme per Trieste) «C’è una certa resistenza dei cittadini nel conferire i rifiuti in modo adeguato. Sarebbero necessarie sanzioni per contrastare il problema delle immondizie lasciate in strada». Infine Roberto De Gioia (Psi): «Sul fronte della differenziata Trieste è ancora molto indietro. Serve una riflessione seria».

(p.pit.).

 

Le grotte inquinate del Carso ripulite dai profughi speleologi - L’iniziativa

Una quindicina di migranti ospitati dall’Ics al lavoro assieme agli esperti del Club alpinistico - L’ideatore del progetto Gasparo: «Un modo per socializzare e rendersi utili per la collettività» - Il gruppo è composto da ragazzidai 25 ai 32 anni, per metà provenienti da Nigeria, Kosovo e Camerun e per metà di etnia pashtun

Per le tante cavità naturali che ospita, il Carso è come una forma di groviera, ma i suoi tanti buchi, soprattutto negli anni ’60 e ’70, sono stati usati per scaricarvi immondizia e rifiuti di ogni genere: sono almeno 320 le grotte del Carso triestino in uno stato di degrado allarmante. A ripulirle ci pensa ora una squadra speleologica molto speciale, composta da una quindicina di migranti ospitati dall’Ics, coinvolti su base volontaria, assicurati e adeguatamente formati, e alcuni esperti del Cat (Club alpinistico triestino). È la soluzione triestina all’appello lanciato nelle scorse settimane dal prefetto Morcone, capo del Dipartimento immigrazione del Viminale, che in un’intervista al Corriere della Sera raccomandava ai Comuni: «Affidiamo ai profughi lavori utili alla collettività». Una soluzione meditata a lungo per non dare adito ad alcuna polemica: «Siamo abituati a sentirci dire che i migranti non fanno nulla vivendo a nostre spese, ma se poi gli si trova un’occupazione è facile che si rivolti la frittata lamentando che rubano il lavoro agli italiani. E le beghe sindacali sono dietro l’angolo. Così abbiamo pensato di coinvolgerli in un’attività che non svolge nessuno se non i volontari dei gruppi speleologici, ma che è decisamente preziosa per la tutela ambientale del nostro territorio» racconta l’ideatore del progetto, Dario Gasparo, che ha deciso di portarlo avanti con la sua associazione di volontariato MiTi, nata in ricordo del figlio Mitja per aiutare i giovani e per trasmettere loro la passione per lo sport e l’ambiente. «Per i migranti - spiega Gasparo - sarà un modo per riempire le lunghe giornate in attesa di conoscere il proprio futuro, con un lavoro che consentirà loro di socializzare e rendersi utili alla comunità». La scorsa settimana si è svolta la prima uscita esplorativa di questa specialissima squadra di speleologi che, accompagnati anche da una quindicina di Scout dell’Agesci di Viterbo, coinvolti tramite le Acli, si sono cimentati con la discesa nella Grotta di Boriano, conosciuta anche come Grotta dell’Acqua: una cavità posta sul confine italo-sloveno che raggiunge una profondità di 24 metri, con uno sviluppo di 188 e una temperatura interna di 12 gradi. Adeguatamente attrezzati con l’apposito caschetto con luce, scout e migranti sono stati guidati e istruiti dagli esperti del Cat nella discesa e nella risalita. «Questa prima uscita è servita per conoscerci reciprocamente, testare le capacità di questi ragazzi e prepararli a dovere - racconta Sergio Vianello del Cat -, perché addentrarsi in grotta non è mai una passeggiata. Richiede molta attenzione e significa fare i conti con il buio, il freddo e l’eventuale claustrofobia». L’uscita è stata preceduta da una riunione introduttiva nella sede del Cat, durante la quale ai migranti è stato esposto il contenuto del progetto. «A fronte di qualche piccolo tentennamento per le condizioni peculiari di una discesa in grotta abbiamo ricevuto adesioni entusiastiche - racconta Giulio Zeriali dell’Ics -. Al progetto partecipano su base volontaria ragazzi dai 25 ai 32 anni: per una metà sono nigeriani, camerunensi e kosovari, per l’altra sono giovani di etnia pashtun, che vengono dalle altissime montagne ai confini tra Afghanistan e Pakistan. Alcuni di loro già conoscono il mondo delle grotte nel loro Paese di provenienza». Il Carso infatti, con la sua conformazione a groviera, presenta un ambiente simile, anche se decisamente meno impervio, ai monti in cui questi ragazzi sono cresciuti, ricchi di rocce calcaree in cui l’acqua ha ricavato chilometri di tunnel, antri e grotte. «Tra le tante cavità del Carso che in passato sono state usate come immondezzaio - sottolinea Sergio Vianello - con i volontari del Cat in alcuni anni ne abbiamo ripulite alcune. Grazie a questa collaborazione potremo fare di più: abbiamo individuato finora tre grotte a cielo aperto e una dolina che non necessitano di particolari attrezzature e su cui si concentreranno i nostri interventi di pulizia, che a partire da settembre diventeranno sistematici». Le cavità, che presentano tutte problemi di rifiuti, sono la Benedetto Lonza, vicino a Rupingrande, il Burrone a Nord Ovest di Trebiciano, il Pozzo a Precenicco e una dolina vicino a Fernetti che nel tempo si è trasformata in un lago di bottiglie di plastica.

di Giulia Basso

 

Tutela geologica, via libera al ddl - Verrà finalmente aggiornato anche il Catasto delle cavità, che risale al 1966
La vicenda della gestione delle grotte e cavità del Carso con problemi di abbandono di rifiuti o, peggio, d’inquinamento è, come il titolo del più celebre romanzo di Michael Ende, una storia infinita. Di prese in carico e rimpalli di responsabilità tra gli enti coinvolti, di lavori iniziati e mai finiti.

Esemplare è il caso del Pozzo dei Colombi a Basovizza, ripulito solo parzialmente dai rifiuti sversati dopo l’incendio della Siot del 1972, che l’hanno trasformato in un grande serbatoio di materiali oleosi e catrami. I lavori per la bonifica sono partiti negli anni ’90 grazie ai fondi di un progetto Interreg, che però sono finiti quando la grotta era stata ripulita soltanto per metà. Più di recente, l’anno scorso, il Comune di Trieste aveva stanziato 30mila euro per svolgere indagini conoscitive sulle dimensioni del fenomeno d’inquinamento e rifiuti nelle grotte del Carso, ma l'Arpa aveva dichiarato di non essere in grado di effettuare i prelievi e tutto era caduto nel dimenticatoio. In questi ultimi anni sono stati i gruppi di speleologi ad attivarsi con interventi volontari per liberare le grotte: oltre 50 cavità sono state ripulite così. Ma un segnale positivo arriva dalla Regione, che ieri ha approvato il ddl 150 per la tutela e la valorizzazione della geodiversità, del patrimonio geologico e speleologico e delle aree carsiche, che porterà anche a un aggiornamento del Catasto regionale Grotte, che risale al 1966. Con i suoi 24 articoli e due regolamenti attuativi, il provvedimento sostiene le attività di censimento, studio, ricerca, tutela e valorizzazione del patrimonio geologico e speleologico; istituisce il primo Catasto regionale dei geositi e dei geoparchi e aggiorna il Catasto speleologico delle grotte naturali, delle cavità artificiali e delle cavità turistiche. Il ddl prevede anche sanzioni per tutelare le aree carsiche dai crescenti rischi di danno ambientale e contaminazione della risorsa idrica sotterranea. Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica del Fvg, è piuttosto soddisfatto: «Il ddl conferma la buona volontà dell’assessore Sara Vito, che vuole conoscere i dati: tutti i gruppi speleologici della regione sono impegnati in una mappatura dei siti che hanno problemi di abbandono di rifiuti». Sono circa 320 le grotte sul Carso triestino, dice Premiani, in situazione di degrado: molte sono state riempite di rifiuti e ostruite completamente. Senz’altro ci sono almeno tre casi particolarmente problematici perché le cavità contengono rifiuti pericolosi. Il già citato Pozzo dei Colombi, ripulito per metà e che presenta sotto i 30 metri di profondità un lago d’olio e catrame. E ancora la “Caverna presso la 17 VG”, vicino all’ex discarica di Trebiciano, una bellissima caverna preistorica invasa da sostanze oleose. Dai livelli tracciati sulle pareti sembra che gli agenti inquinanti s’insinuino nel sottosuolo, fino a raggiungere la sottostante falda acquifera del fiume Timavo. Infine c’è il Pozzo del Cristo a Basovizza, dove negli anni ’60-’70 venivano con le autobotti a scaricare i resti delle caldaie delle navi, nafta e altri residui che stanno penetrando sempre più in profondità.

(g.b.)

 

 

«Ciclovie, inserire il Fvg nella rete nazionale»

La Fiab: regione esclusa dagli investimenti sui percorsi turistici. E Serracchiani scrive a Delrio

La tratta dimenticata e' quella da Lignano a Trieste: fondi solo per la Torino-Venezia
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia resta escluso dagli oltre 90 milioni di investimenti previsti dal governo per la creazione di quattro ciclovie turistiche di interesse nazionale. E la giunta regionale protesta. In vista della nuova legge di stabilità, la presidente Debora Serracchiani chiede al ministro Graziano Delrio di inserire anche il Fvg nella programmazione triennale annunciata dall'esecutivo per la realizzazione della ciclovia del Sole Verona-Firenze, della Torino-Venezia, di quella dell'Acquedotto pugliese e del Grab di Roma. È la seconda volta in un anno che Serracchiani segnala la questione a Roma, domandando un ripensamento «in considerazione del fatto che il Fvg ha investito diversi milioni per la rete delle proprie ciclovie». La presa di posizione è stimolata anche dalla protesta della Fiab Fvg, secondo cui è incomprensibile la scelta di non sostenere l'esecuzione della ciclovia Lignano-Grado-Trieste, parte di quella dorsale del cicloturismo europeo che va da Cadice ad Atene, passando per Ventimiglia, costeggiando il Po e giungendo fino a Muggia, per poi agganciarsi alla Parenzana e procedere lungo la costa adriatica dei Balcani. Come per gli altri 14 corridoi cicloturistici europei previsti, il percorso è un obiettivo ancora da raggiungere, data la difficoltà a creare itinerari di migliaia di chilometri composti da piste ciclabili e strade a bassa percorrenza: alcune parti già esistono, altre vanno raccordate, altre realizzate da zero. In quest'ultima fattispecie ricade il tratto Monfalcone-Muggia, mentre lavori ulteriori sarebbero necessari fra Lignano e Cervignano: «Si tratterebbe di una decisione importante - spiega il coordinatore regionale di Fiab, Federico Zadnich - perché il Fvg sta avendo un vero boom: nei primi 8 mesi del 2016 la ciclovia Alpe Adria ha visto 30mila passaggi di cicloturisti con un +40% sul 2015». Ciò che non va giù alla Fiab e alla giunta regionale è che il governo ha annunciato di voler finanziare le ciclovie turistiche nazionali basandosi sulle dorsali europee e che la tratta Lignano-Trieste fa parte dell'Eurovelo 8, ma la realizzazione del tratto italiano è finanziata solo fra Torino e Venezia: una riedizione su due ruote di quanto avviene a livello ferroviario. E così a luglio i ministri Delrio e Franceschini hanno firmato la nascita del sistema delle ciclovie nazionali senza coinvolgere il Fvg, nonostante il cicloturismo sia un settore in forte espansione in Austria e Slovenia: mercati di cui la regione potrebbe rappresentare la porta d'ingresso, con ricadute per tutti i territori italiani toccati da Eurovelo 8. Come sottolinea l'assessore alle Infrastrutture Maria Grazia Santoro, «una delle più importanti vie di accesso dei cicloturisti europei è la già realizzata ciclovia Alpe Adria, che a Grado si collega con la ciclovia Trieste-Venezia: l'inserimento del Fvg nella rete nazionale rappresenterebbe la quadratura del cerchio».

Diego D’Amelio

 

 

Tossine oltre i limiti in mare - Alt alla raccolta di molluschi

«Sono sospese temporaneamente e cautelativamente raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque delle zone di produzione 02Ts-Muggia, 08Ts-Canovella e 01Ts-Lazzaretto fino a quando non risulteranno ripristinate le condizioni di idoneità biologica». L’ordinanza dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste recita chiaro: cozze, vongole, capesante di gran parte del Golfo sono off-limits.

E in base alle notizie che stanno giungendo il rischio è che il divieto possa essere ampliato ulteriormente, a tutta la fascia costiera triestina. A determinare lo stop e il conseguente allarme sono i riscontri analitici relativi al monitoraggio del fitoplancton e dei molluschi presenti nelle acque marine del Friuli Venezia Giulia trasmessi dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie con rapporti di prova stilati su un campione di acque del 29 agosto scorso. Le analisi hanno di fatto evidenziato positività per la presenza di biotossina algale liposolubile in molluschi bivalvi vivi (Mytilus species) estratti dalle acque dell’arco costiero regionale corrispondenti alle stazioni di monitoraggio di Muggia e Canovella. Come si evince dai rapporti dell’Arpa Fvg le biotossine algali sono sostanze tossiche prodotte da alcuni tipi di alghe unicellulari microscopiche che vivono in sospensione nelle acque (fitoplancton). Alcune di queste alghe - principalmente appartenenti alle classi dei Dinoflagellati e delle Diatomee - hanno la capacità di produrre tossine dannose per l’uomo. Nel mare Adriatico, da tempo si è assistito ad un’intensificazione del fenomeno delle fioriture algali, dovuto da un lato all’eutrofizzazione (mutazioni da prodotti inquinanti) nelle aree marine costiere e dall’altro alla progressiva diffusione di fitoplancton in nuove aree geografiche. Il fenomeno è in continua evoluzione. Ma quali danni possono provocare all’uomo? Nel 2005 si sono avuti in Liguria casi di ricoveri ospedalieri per malesseri (faringite, febbre, congiuntivite) di bagnanti che avevano frequentato spiagge interessate da fioriture algali. Come ricorda il responsabile della Struttura semplice Tutela igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale Maurizio Cocevari, firmatario dell’ordinanza, l’ingerimento di molluschi bivalvi contaminati dalla tossina può provocare Dsp, la Diarrethic Shellfish Poisoning, ossia un avvelenamento da alghe che porta a sintomi gastrointestinali quali la diarrea. Tra gli altri effetti registrati vi sono nausea, vomito e forti dolori all’addome. Problematiche che si registrano già mezz’ora dopo l’ingerimento dei molluschi contaminati. La presenza di biotossina algale liposolubile è un fenomeno che si presenta ciclicamente, tanto è vero che è stato necessario impostare una continua vigilanza delle acque e dei molluschi. Infatti i molluschi bivalvi, in quanto organismi filtratori, sono gli alimenti più a rischio, perché ingerendo le microalghe accumulano la tossina nel loro organismo. «Le biotossine sono composti termostabili, quindi la cottura dei molluschi non risolve il problema: è importante invece controllare l’etichettatura del prodotto che si acquista per essere certi che provenga da aree controllate», puntualizza Cocevari. Considerato dunque che la mancata adozione di provvedimenti cautelativi può risultare pregiudizievole per la salute pubblica è stata disposta la sospensione temporanea di raccolta, commercializzazione, trasformazione, conservazione e immissione al consumo dei molluschi bivalvi vivi nelle zone di produzione di Muggia e Canovella, e in via del tutto precauzionale la sospensione è stata applicata anche alla zona di produzione di Lazzaretto. Nella giornata di ieri è stato confermato che l’ordinanza è ancora in vigore e che sono state effettuate ulteriori analisi. «A breve avremo i risultati delle nuove analisi sviluppate dall’Arpa - conclude Cocevari - e non è affatto escluso che vi possa essere a breve una sospensione totale da applicare a tutta la costa triestina». E intanto dai mitilicoltori arriva la conferma della sospensione come spiega Walter de Walderstein, responsabile tecnico-scientifico di Cogiumar: «Attendiamo i dati da parte dell’Arpa sulle ultime analisi, fermo restando che i campioni fatti in autocontrollo qualche giorno fa hanno fornito dati contrastanti. Se tutto va bene i nuovi risultati arriveranno entro venerdì. Per ora - conclude de Walderstein - ci atteniamo doverosamente all’ordinanza perché la salute pubblica viene prima di tutto».

Riccardo Tosques

 

 

Il colosso Q8 mette gli occhi sul porto
Il gruppo del Kuwait ha chiesto una concessione di 10 anni per potenziare il terminal e distribuire carburanti in tutto il Fvg
Attraverso il porto di Trieste il Kuwait intende rafforzare l’approvvigionamento dei distributori di carburante di Friuli Venezia Giulia e Veneto. Nello scalo triestino che sta complessivamente vivendo una buona stagione di crescita si rafforza così anche il porto petroli. La Kri spa ha infatti presentato un progetto di potenziamento, ammodernamento e razionalizzazione dei propri impianti nell’area dell’ex raffineria Aquila, chiedendo di conseguenza all’Autorità portuale una concessione di dieci anni in sostituzione di quella attuale che, rilasciata il 27 gennaio 2014, scadrebbe già il 31 dicembre 2017. Lo scopo è «mantenere il deposito costiero di oli minerali», facendo crescere «i volumi movimentati». La Kri è l’ex Shell Italia, acquisita nel giugno 2014 dalla Kuwait petroleum Italia spa del Gruppo Q8 che a distanza di trent’anni dal suo sbarco in Italia divenne così il secondo operatore del mercato petrolifero italiano dopo l’Eni. La rete punti vendita Q8 passò da 2.700 a 3.500 stazioni di servizio. Il deposito triestino è costituito da un pontile dedicato allo scarico dalle navi dove arrivano piccole navi cisterna fino a 30mila tonnellate che portano benzina e gasolio per autotrazione, da un parco serbatoi nelle zona delle Noghere dove vengono stoccate queste due categorie di prodotti petroliferi oltre che da un parco serbatoi nella zona Darsena per lo stoccaggio di prodotti petroliferi di categoria C (paraffine, eccetera). Attraverso tubazioni fisse i prodotti scaricati dalle navi vengono introdotti nei serbatoi di stoccaggio e da questi vengono trasferiti, sempre attraverso tubazioni fisse, alla stazione di pompaggio delle due piccole pipeline che con un percorso di 60 chilometri arrivano fino a Visco, in provincia di Udine. Da qui, tramite autobotti, il carburante viene portato alle stazioni di servizio. Il terminal di Trieste è ritenuto strategico dalla capogruppo kuwaitiana per servire questa zona dell’Italia così come il piccolo oleodotto che raggiunge Visco e che già nel 1980 cominciò a essere usato dall’ex raffineria Aquila che però soltanto cinque anni più tardi sospese la propria attività. Non saranno solo le stazioni di servizio Q8 a essere servite per questa via, ma tramite accordi tra società, anche quelle di alcune altre compagnie. Il segretario generale dell’Autorità portuale Mario Sommariva si dimostra particolarmente soddisfatto del progetto di Kri ribadendo che «in un prossimo futuro è previsto l’allaccio anche alla rete ferroviaria di quell’area dove l’insediamento di punta dovrebbe essere il terminal traghetti della Teseco», società dalla quale però ammette di non aver ricevuto notizie recenti. Il porto petroli di Trieste è il primo del Mediterraneo e la sua punta di diamante è costituita dal terminal della Siot dell’oleodotto transalpino dove arriva il greggio per Austria, Germania e Repubblica Ceca. Il terzo terminalista è la Depositi costieri Trieste, meno di un anno fa acquisita nella sua totalità dalla famiglia Napp, storica proprietaria di Giuliana Bunkeraggi. La Depositi costieri tratta perlopiù oli combustibili, oltre a olio di palma per la centrale elettrica di Gorizia.

Silvio Maranzana

 

 

Uno sportello per informare sui rischi dell’amianto
È stato inaugurato ieri mattina, al primo piano dell'edificio dell'ospedale Maggiore (ingresso da via della Pietà 2/1), lo sportello informativo sull'amianto.

Voluto dall'Associazione europea rischi amianto e realizzato in collaborazione con l'Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste e con il sindacato Ali-Confsal, questo nuovo punto informativo «servirà - ha spiegato Paolo Tomatis, presidente dell'Eara di Trieste - a dare assistenza a quanti non conoscono pienamente le normative in materia e magari abbisognano di consigli e indirizzi. Siamo tutti volontari - ha aggiunto - e presteremo la nostra opera come abbiamo sempre fatto finora, cioè con il massimo impegno, perché sono troppe le famiglie che, a causa dell'amianto, hanno visto la loro vita stravolta». Fra gli obiettivi, anche l'organizzazione di corsi per le giovani generazioni, per poter approfondire l'argomento. Tomatis ha poi ricordato che «il problema è molto grave soprattutto in Slovenia e in Croazia, dove le opere di bonifica non sono sempre eseguite alla perfezione. In Croazia - ha concluso - ci sono migliaia di manufatti in cemento amianto». Lo sportello sarà aperto dalle 9 alle 12 nei primi due martedì di ogni mese (tel. 040.3992262 o 040 2602203). Il segretario dell'Eara, Renato Milazzi, ha osservato che «l’apertura odierna dello sportello deriva dalla richiesta di tante persone che non hanno un punto di riferimento. Intendiamo dare assistenza per l'iscrizione al registro esposti amianto - ha proseguito - per quanto concerne le norme di legge in materia, le visite mediche. Il problema dell'amianto - ha continuato - i medici di base non lo possono risolvere da soli. Qui potremo avvalerci anche della collaborazione dei colleghi di Monfalcone, in particolare dell'assistenza di Paolo Barbina». La regista Sabrina Morena ha poi ricordato di aver scritto un testo per uno spettacolo leggero sul tema dell'amianto «che si potrà portare nelle scuole e nelle associazioni, per raccontare le storie basate su testimonianze». (u. s.)

 

 

DA DOMANI - Dalle meduse fino ai terremoti “Caffè” aromatizzati alla scienza
Una tazzina di caffè aromatizzata al profumo della scienza, da sorseggiare in un locale storico in compagnia di esperti e docenti.

Nuovi spunti e altri dibattiti all’interno del ciclo di incontri targati “Il caffè delle scienze”, rassegna a cura dell’Università di Trieste in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della vita e l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, percorso che apre i battenti del suo secondo semestre domani, alle 17.30, nella sede del Caffè Tommaseo (ingresso libero). Dalle problematiche del clima agli orizzonti della medicina, passando per la zoologia e gli intrecci della matematica. Secondo copione i temi non mancano, serviti caldi in un cartellone di cinque tappe programmato sino al mese di dicembre. Singolari gli spunti del primo incontro. In cattedra Massimo Avian e Renzo Mosetti, rispettivamente docente di Zoologia all’Università di Trieste e ricercatore all’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale. Avian porterà alla ribalta i risultati di una recente ricerca durata quasi tre anni e incentrata sullo studio di una nuova medusa rilevata nel golfo di Trieste: «Nuova in tutto, anche nel genere - ha premesso il docente - non sappiamo ancora come sia potuta arrivare nel nostro golfo, abbiamo soltanto delle ipotesi, ma l’incontro sarà utile per comunicare i dati della ricerca e le conseguenti problematiche riscontrate per analizzare questa assoluta novità». L’altra porzione della serata scientifica al Tommaseo si lega alla esposizione di Renzo Mosetti, atteso sulla relazione dal titolo “Bruschi cambiamenti climatici”, spunto basato sulle conseguenze effettive riscontrate sull’intero pianeta dopo un evento di oltre 10.000 anni fa, con “postumi” destinati a caratterizzare il transito dal Neolitico all’avvento dell’agricoltura. Il secondo appuntamento è programmato il 29 settembre, alle 18.30, con una serata dedicata ai “Licheni in Italia”, tema affidato a Pier Luigi Nimis, docente di Botanica all’ateneo giuliano, con Sonia Ravera, presidente della Società lichenologica italiana, in veste di moderatrice. Due i capitoli e altrettanti i relatori del primo scalo di ottobre, nella serata di giovedì 13 (alle 17.30). In primo piano un tema purtroppo attuale, quello dei terremoti, a cura di Francesco Grigoli (dell’Ogs di Trieste) alle prese con “Man made quakes-I terremoti causati dall’uomo”. A seguire un focus su una delle possibili conseguenze dell’anagrafe, ovvero “Età avanzata e sordità”, relazione firmata da Giancarlo Tirelli, direttore della Clinica odontoiatrica dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste. Lo scalo del mese di novembre è datato per giovedì 10 (17.30) e racchiude due incontri quasi opposti: prima lo spunto matematico intitolato “Cosa nasconde un rompicapo?”, fornito dal docente Alessandro Logar dell’ateneo di Trieste, e poi l’analisi di Francesca Larese Filon, docente di Medicina del lavoro, impegnata per l’occasione su “Allergie respiratorie agli animali... pelosi (domestici)”. Ultimo incontro giovedì 8 dicembre (alle 17.30), epilogo tradotto prima con “Dalla medicina tradizionale ai farmaci del futuro” a cura della docente Vanessa Nicolin, e quindi parlando di “Crittografia e arte”, con il docente universitario Andrea Sgarro. Tutto il programma sul sito www.caffèdellescienze.eu.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 settembre 2016

 

 

Dipiazza a caccia di tecnici “anti-Ferriera”

Bando per individuare un esperto che affianchi il sindaco nella lettura dei dati sull’inquinamento. Compenso da 18mila euro
La durata dell’incarico Il mandato del consulente prenderà il via il primo ottobre e terminerà il 30 giugno 2017. Possibile un rinnovo di altri sei mesi
Un super-esperto per affiancare il sindaco nella lettura dei dati e nella preparazione di tutte le carte che il Comune produrrà nel corso del suo duello burocratico con la Ferriera di Siderurgica triestina. Un faccia a faccia iniziato subito dopo l’elezione di Roberto Dipiazza e che vede il suo nuovo capitolo nell’avviso pubblicato dagli uffici comunali per l’individuazione di un «esperto in inquinamento e chimica dell’ambiente». L’incarico consiste sommariamente nello «svolgimento dell’attività di supporto tecnico al sindaco per la lettura e il controllo dei dati relativi a fumi e inquinamento relativi allo stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola a Trieste». Il fine è quello di «monitorare le emissioni ambientali della Ferriera in relazione ai rischi dell’area a caldo» così come stabilito dal programma del primo cittadino. La durata complessiva dell’incarico è di nove mesi, a partire dal primo ottobre di quest’anno fino al 30 giugno del 2017. Il corrispettivo stabilito è di 17mila 730 euro . Entrando nel merito dei compiti del consulente, il primo sarà «assumersi l’onere di responsabilità dell’istruttoria tecnica per i procedimenti» a lui affidati dal sindaco o da un suo incaricato. Lo stesso vale per il coordinamento dell’attività da svolgere assieme al direttore del Servizio ambiente ed energia del Comune. Ciò detto, il cuore della prestazione professionale dell’esperto sarà «un supporto di natura tecnica» agli uffici nell’elaborazione dei procedimenti in vista dell’obiettivo finale. Ovvero: «Porre in essere l’iter complesso che consente al Comune di Trieste l’esercizio della propria attività istituzionale (istruttoria, sanzionatoria, di controllo, eccetera), tramite l’acquisizione dei risultati di un’attività professionale resa da persona fisica mediante l’impiego prevalente delle proprie energie senza vincolo di subordinazione». Certo è che non si tratta di un compito di poco conto. «Per l’attuazione di quanto sopra descritto - prosegue il documento -, è necessaria la disponibilità di persona particolarmente qualificata in grado di assicurare una prestazione professionale adeguata, che sia capace di lavorare in completa autonomia e che abbia sviluppato attività specifiche in tali ambiti». Una sorta di guerrigliero burocratico dell’antinquinamento. Che dovrà rendere poi conto al Comune del suo operato. «L’incaricato dovrà presentare all’area Città territorio e ambiente - Servizio ambiente ed energia una relazione scritta trimestrale sul lavoro effettuato e sui risultati conseguiti, completa di tutti gli elementi atti a consentire la valutazione sull'incarico svolto». La stesura della relazione sarà necessaria alla liquidazione del compenso per ogni trimestre, e dovrà essere completata entro trenta giorni dalla conclusione dei tre mesi appena trascorsi. Il documento sarà accompagnato da una nota spese: «Detta relazione dovrà essere consegnata al Comune di Trieste - si legge nel documento - contestualmente all’emissione della nota competenze cartacea o della fattura elettronica relativa al compenso trimestrale di cui sopra. La presentazione della relazione costituisce elemento indispensabile per la successiva liquidazione del compenso maturato». La giunta non esclude un eventuale prolungamento del contratto: «L’amministrazione si riserva la facoltà di rinnovare l’incarico per ulteriori sei mesi, avuto riguardo alla disponibilità finanziaria, tenuto conto dell’andamento della situazione e del grado di soddisfazione dell’amministrazione comunale per l’attività sino a quel momento svolta dall’incaricato». Il termine ultimo per la presentazione della domanda è fissato al 17 settembre. I candidati verranno giudicati da un’apposita commissione, nominata per l’occasione.

Giovanni Tomasin

 

Giardini inquinati, indaga l’Istituto di sanità - Il coinvolgimento dell’organo tecnico-scientifico deciso dal Tavolo tecnico convocato in Regione
Si è tenuta la seconda riunione del Tavolo tecnico istituito dalla Regione per l'esame della situazione dei giardini inquinanti di Trieste.

Tra i compiti del Tavolo tecnico, composto da rappresentanti di Regione, Provincia e Comune, Arpa e Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste, vi è quello di verificare se si è in presenza di un'ipotesi di “inquinamento diffuso” che secondo la normativa si verifica quando il terreno risulta inquinato non in conseguenza di un singolo episodio (ad esempio uno sversamento di idrocarburi sul terreno) ma per l'operare di numerose e distinte cause, quali, sempre a titolo di esempio, il traffico veicolare, il riscaldamento domestico, l'attività industriale. Arpa ha presentato ulteriori dati analitici, riferiti ai siti oggetto di indagine; il Tavolo tecnico ha incaricato Arpa stessa di completare le indagini e procedere alla valutazione dei dati raccolti, al fine di confermare o escludere la ricorrenza di un'ipotesi di “inquinamento diffuso”. Il Tavolo ha deciso di coinvolgere l'Istituto superiore di Sanità, al fine di verificare se la situazione di inquinamento riscontrata nei terreni possa costituire un eventuale rischio per la salute dei cittadini. Sono state infine approvate le misure di precauzione proposte dal Comune. La delibera della giunta regionale che ha istituito il Tavolo tecnico, infatti, ha considerato che i tempi per giungere alla redazione di un Piano di gestione dell'inquinamento diffuso saranno inevitabilmente lunghi: nel frattempo devono essere adottate tutte le misure precauzionali. Il Comune ha proposto alcuni interventi che il Tavolo ha ritenuto idonei. Si parla, più nel dettaglio, del completamento di recinzioni e di un'ulteriore copertura in ghiaia per la scuola d'infanzia Don Chalvien e per la scuola elementare Biagio Marin, nonchè dell’estensione delle misure già previste da precedenti ordinanze del sindaco ad altri cinque giardini inquinati tra cui piazzale Rosmini e Servola. A proposito di tale interventi, la Regione ha previsto, nella recente legge di assestamento, la somma di 350mila euro di cui il Comune potrà avvalersi per l'adozione di misure mitigative delle conseguenze dell'inquinamento accertato. Il termine per il Comune per presentare alla Regione la richiesta di finanziamento scadrà l’11 ottobre. «L'iniziativa della Regione di costituire un tavolo tecnico specificamente dedicato all'inquinamento dei suoli si rivela giusta e coraggiosa, capace di riunire e attivare sinergicamente le competenze dei vari soggetti istituzionali - ha affermato l'assessore all’Ambiente Sara Vito -. Giunti alla seconda riunione - ha concluso Vito - possiamo già parlare di apprezzabili risultati di questo strumento operativo».

 

 

Russo: «Porto vecchio ha segnato il fallimento di destra e sinistra» - la controreplica del senatore
Mentre il sindaco Roberto Dipiazza annuncia finalmente la rottura del silenzio con una conferenza stampa ad hoc convocata per domani, assume la forma del “tutti contro tutti” la polemica sul deserto perenne di Porto vecchio. Francesco Russo controreplica violentemente e ne ha per tutti.

«Devo aver proprio toccato più di qualche nervo scoperto - afferma - per suscitare una somma di attacchi personali senza una sola dichiarazione di contenuto sul futuro di Porto Vecchio». Si riferisce in particolare alla coordinatrice regionale e parlamentare di Forza Italia Sandra Savino, ma anche all’ex sindaco e suo collega di partito nel Pd, Roberto Cosolini. «Da Savino - afferma - mi sarebbe piaciuta una risposta nel merito e non una sfilza di invettive volte a screditare il mio lavoro da parlamentare. Curioso, però, che il centrodestra, su questo tema, scelga come portavoce proprio chi alla Camera, pochi giorni dopo il mio emendamento, cercò di bloccare la sdemanializzazione dell’area con un contro emendamento. Da parte mia voglio intanto rassicurare tutti gli operatori e i triestini: l’offshore a Venezia non si farà. Esiste una relazione tecnica del Ministero dei Trasporti inviata al Cipe, contestuale alla lettera del Ministro Delrio, che esprime parere negativo sul progetto non solo per gli elevati costi ma anche perché non in linea con il Piano strategico nazionale della Portualità e della Logistica. È il risultato di tre anni di dichiarazioni pubbliche e di lavoro e confronto costante da parte nostra con il Governo e il Ministero dei Trasporti. Anni in cui il centrodestra triestino, prima di oggi, non si era mai speso, malgrado i miei ripetuti appelli, nemmeno con una singola dichiarazione, a difesa della portualità triestina appoggiando invece, a spada tratta, l’operato dell’ex presidente Monassi sempre piuttosto benevola nei confronti dei progetti veneziani». Quanto alla spiaggia di Barcola, Russo insiste nel sostenerla: «Spero di non essere ricordato come quello che l’ha proposta, ma che, piuttosto, è riuscito a realizzarla. Perché si basa un progetto serio curato dal professor Antonio Brambati dell’Università degli Studi di Trieste - uno dei più importanti geologi in Europa - e finanziato, all’epoca, dalla Regione Fvg presieduta da Roberto Antonione. Appoggiato e sostenuto da una coalizione di cui faceva parte anche l’onorevole Savino». E qui si arriva anche ai contrattacchi personali: «Savino dal canto suo passerà alla storia di questa legislatura innanzitutto per aver cercato – senza successo - di bloccare la sdemanializzazione di Porto Vecchio. E poi per aver consolidato il pregiudizio di molti italiani nei confronti della classe politica. Dimostrando in diretta televisiva di non conoscere i contenuti delle riforme costituzionali e nemmeno le basi della nostra Costituzione». In cauda venenum anche sull’ex avversario alle primarie del Pd: «Voglio ricordare a Cosolini e a tutti che feci per primo la proposta di chiedere il contributo di un advisor per definire il percorso di costituzione della società di gestione così come concordato anche con Raffaele Cantone. Peccato che si trattava del mese di maggio 2015 e che da quel momento ben poco è stato fatto. Ha ragione - continua ironicamente - quando dice che non ho esperienze da amministratore perché questo è il mio primo mandato da senatore e prima ho vissuto del mio lavoro. Del resto non avevo esperienze pregresse nemmeno in Parlamento, eppure la sdemanializzazione di Porto Vecchio è avvenuta grazie a me. Non grazie a tutti quei parlamentari di lungo corso, di destra e sinistra, che nel corso degli anni ci avevano provato ripetutamente. Ma senza successo».

(s.m.)
 

 

Sgonico “svolta” verso la differenziata - Ingaggiata Isontina ambiente come ad Aurisina. Via i cassonetti generici, in arrivo nuove isole ecologiche in pietra
SGONICO - La raccolta differenziata dei rifiuti arriva anche a Sgonico. Sarà la Isontina ambiente, società che già opera per conto di numerosi comuni del Friuli Venezia Giulia, fra i quali Duino Aurisina, a gestire d’ora in poi l’intero sistema di raccolta dei rifiuti nel territorio del Comune carsico.

È Monica Hrovatin, sindaco di Sgonico, a illustrare la novità: «Abbiamo deciso - spiega - di fare questa scelta, dopo il pensionamento di molti dipendenti che si occupavano della raccolta rifiuti e che, in base alla normativa in essere, non possiamo sostituire. Abbiamo fatto uno studio, esaminando varie possibilità, e alla fine abbiamo optato per la Isontina ambiente, che fra l’altro è anche una nostra partecipata, perciò potremo modulare il servizio in base alle esigenze della popolazione. Vogliamo aumentare la differenziata - annuncia Hrovatin come obiettivo primario - e toglieremo i cassonetti della indifferenziata, in modo che si migliori anche l’aspetto del nostro Comune, a beneficio del turismo. Abbiamo già alcune isole ecologiche costruite in pietra del Carso - prosegue il sindaco - e ne costruiremo di nuove a Borgo Grotta Gigante e a Gabrovizza. Tutte le frazioni le avranno. Saranno dotate di cassonetti specifici per plastica, carta e vetro e, in alcune, di altri anche per pile e fermaci. A breve faremo quattro incontri sul territorio, per sensibilizzare le persone sulla necessità di puntare sulla differenziata». «Il 3 ottobre - spiega ancora Hrovatin - partirà anche la raccolta del secco residuo, col sistema del porta a porta. Se la raccolta differenziata si fa nel modo giusto di secco residuo ne resta pochissimo. Infine - continua il sindaco - la raccolta del verde andrà fatta utilizzando gli appositi contenitori che saranno distribuiti dalla prossima primavera. Ho piacere di rendere noto che la decisione di cambiare radicalmente il sistema della raccolta rifiuti è stato condivisa anche con i capigruppo dell’opposizione». Gli incontri pubblici (tutti con inizio alle 20) sono in programma giovedì a Sgonico, nella palestra comunale, il 12 a Borgo Grotta Gigante, al Circolo Dom Brisciki, il 14 a Sales, al Circolo Rdeca Zvezda, e il 16 nuovamente a Sgonico. «Il nostro scopo - precisa Luciano Zanotto, amministratore unico della Isontina ambiente - è quello di mantenere le tariffe basse e non di fare utili. Finora, a partire dal gennaio 2011, quando siamo nati come società, abbiamo sempre progressivamente ridotto i costi delle tariffe. Vetro, carta e plastica - prosegue Zanotto - sono una ricchezza per i comuni che la raccolgono, perché sono materiali vendibili e sono soldi che vengono restituiti ai comuni l'anno successivo. La differenziata perciò - conclude il manager - è un risparmio per i cittadini». La Isontina ambiente si doterà a breve anche di strumenti che potranno verificare il carico rifiuti depositati in ciascun cassonetto.

Ugo Salvini

 

 

«Sul Regolamento per le Falesie Kukanja fa melina» - LA POLEMICA
DUINO AURISINA - Non c’è pace per le Falesie di Duino. Il recente avvistamento del gufo reale sulle rocce della Riserva continua a provocare reazioni.

Dopo i “Cittadini per il golfo”, che hanno accusato il Comune di «aver utilizzato la notizia della comparsa del volatile a scopo elettorale», è il capogruppo del Pdl in Consiglio comunale Massimo Romita a rivolgersi al sindaco, all'assessore competente e alla giunta per sapere «quali difficoltà ha l’amministrazione nel convocare una commissione per analizzare il Regolamento delle Falesie e la sua attuazione». Com’è noto, l’ingresso alla Riserva è disciplinato da una precisa normativa, oggetto di severe osservazioni provenienti da molti residenti, partiti politici e associazioni di cittadini. «Si sono riscontrate difficoltà operative - specifica Romita - in particolare da parte di chi vuole effettuare immersioni nel mare di Sistiana, ma l’esecutivo continua a non spiegare». Romita vuole anche conoscere anche «le intenzioni della giunta in relazione al non più procrastinabile ripristino della scalinata che porta in Baia e del relativo impianto di illuminazione. Sull’argomento abbiamo preso atto delle numerose segnalazioni e, considerando che l’amministrazione dovrebbe garantire la sicurezza e il decoro del territorio, vorremmo avere i necessari chiarimenti».

(u.s.)

 

 

DUINO AURISINA - Come lavorare la terra senza farsi male

L’Azienda sanitaria universitaria integrata, in collaborazione con l’Associazione Bioest e la Cooperativa Basaglia presenta “La terra è bassa: ergonomia nell’orto”, che si terrà domani alle 17.30 all’ex Centro diurno di Aurisina Cave. Saranno illustrati, si legge in una nota, metodi e strumenti per praticare un’agricoltura amatoriale in sicurezza: «Per poter avere un bel giardino o un orto con un minimo sforzo bisogna conoscere gli attrezzi giusti e saperli impugnare, usare e curare, conoscere i movimenti giusti per prevenire i danni da posizioni sbagliate e da spostamenti non adeguati». Seguiranno discussione e bicchierata.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 settembre 2016

 

 

«Il Pd pensi ai suoi flop e lasci lavorare Dipiazza» - Forza Italia ribatte alle accuse di immobilismo mosse dal democratico Russo
Cosolini: «Le critiche di Francesco? Non ha esperienza come amministratore»
A oltre 20 mesi dalla ratifica della sua legge il senatore ha denunciato i ritardi che tengono ancora paralizzata l’intera area
«Come si può dar credito sul Porto vecchio a un senatore come Francesco Russo che voleva portare la sabbia a Barcola per creare una megaspiaggia o a un partito di governo come il Pd che non ha ancora bocciato il porto offshore di Venezia che sarebbe la morte di Trieste e che non ha nemmeno messo la parola fine al rigassificatore di Zaule?». Il centrodestra affida alla coordinatrice regionale di Forza Italia Sandra Savino, persona che mai si sottrae al confronto, la replica alle dure accuse di Russo che dopo aver rilevato che a oltre 20 mesi dalla sua legge l’immobilismo regna sovrano ha concluso che se entro un anno Porto vecchio non sarà alla svolta, Dipiazza dovrà dimettersi. Lo stesso sindaco non risponde alle telefonate che vorrebbero chiedergli una replica e così nemmeno il suo portavoce. «Una polemica strumentale che non merita nemmeno la lettura dell’intervista», la bolla il vicesindaco Pierpaolo Roberti. «Il Porto Vecchio non è una partita che si risolve in due minuti come vuol far credere il senatore Russo - sottolinea Savino - serve lungimiranza e visione di insieme, dato che è una sfida a lungo termine e non uno sprint da campagna elettorale. L’attuale giunta, che è al lavoro da neanche due mesi, ha ereditato una situazione difficile con problemi da risolvere nell’immediato, penso alla pulizia della città, al mercato ittico e all’occupazione, questioni che hanno la priorità assoluta». Secondo la parlamentare forzista anche la questione Porto vecchio «sarà influenzata dalle scelte del governo sul progetto dell’offshore di Venezia. Mi chiedo cosa stia facendo Russo all’interno del Pd - afferma - visto che rischiamo di azzerare lo scalo giuliano con ripercussioni drammatiche. Chieda conto a Delrio di qual è la strategia del governo per l’alto Adriatico, ovvero se proseguirà questo dualismo o se una volta per tutte si punterà su Trieste, che richiede pochissimi investimenti, come hub principale». Anziché addentrarsi nell’argomento, Savino ricorda «il tema del rigassificatore sul quale il Pd ha fatto cadere un velo di silenzio dopo le parole del Ministro Calenda, casualmente in campagna elettorale, alle quali non sono seguiti atti ufficiali. Invece di parlare di Dipiazza - prosegue - Russo farebbe bene a parlare delle politiche drammatiche della presidente Serracchiani, più interessata a fare la vicesegretaria dei democratici che gli interessi dei cittadini. I 50 milioni di Franceschini - sostiene - erano una mossa elettorale esattamente come le promesse di aumenti nel pubblico impiego, quest’ultima questione arenatasi dopo la sconfitta elettorale e davanti alle indisponibilità economiche. Russo, che ricorderemo perché voleva portare la sabbia a Barcola, farebbe bene a chiedere conto alla sua presidente. Ricordiamo - aggiunge la parlamentare azzurra - che i 50 milioni annunciati dal Governo con la sfilata del premier sempre in campagna elettorale, servono a ben poco considerato che 5 sono già impegnati per l’Ursus, che con il massimo rispetto sembra una cifra completamente fuori da ogni logica». A detta dell’esponente berlusconiana, bisogna infine considerare «anche la quantità di lavori che richiede l’area dove non ci sono le opere infrastrutturali che in ogni caso graverebbero sulle casse comunali. Come centrodestra abbiamo presentato un programma chiaro per il rilancio della città e sulla base di questo i cittadini ci hanno premiato. Ora sul Porto Vecchio - conclude - serve la giusta cura nella ricerca degli investitori che devono dimostrarsi affidabili e che potranno arrivare grazie alle mosse dell’attuale amministrazione comunale, dopo 5 anni di buio Pd come ha ammesso lo stesso senatore durante le primarie». Ma Russo aveva dato una bacchettata anche all’ex amministrazione di centrosinistra che non aveva dato vita a una società pubblica per gestire la questione come indicato dal commissario dell’Anticorruzione Cantone. «Russo non ha esperienza di amministrazione locale - controbatte l’ex sindaco Roberto Cosolini - e forse non sa che era l’advisor nell’ultima fase del suo lavoro a dover suggerire lo strumento operativo. Detto questo, condivido la sua preoccupazione per i due mesi di silenzio dell’attuale giunta dato che già a fine giugno Ernst&Young ha consegnato il proprio rapporto. L’intavolazione dei Magazzini al Comune era prevista tra settembre e ottobre, ma non credo che questa giunta la stia sollecitando come mi pare insostenibile la collocazione del Mercato ittico nei Magazzini identificati, accanto ai megayacht di Fincantieri».

Silvio Maranzana

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 settembre 2016

 

 

«Se Porto vecchio non decolla Dipiazza se ne dovrà andare» - Francesco Russo ad alzo zero contro l’immobilismo che continua a imperare
«Anche il centrosinistra colpevole per non aver creato la società di gestione»
La rivoluzione Russo è ancora pura teoria e a oltre venti mesi dall’approvazione della legge del senatore triestino del Pd il Porto vecchio rimane un deserto abbandonato dove nulla è cambiato, nemmeno il previsto passaggio di proprietà dell’area al patrimonio del Comune. Senatore, non le sembra che il Comune non abbia tanta fretta di prendersi in carico i Magazzini del Porto vecchio? Porto Vecchio può segnare il rinascimento di una città straordinaria ma che non può permettersi di sprecare nessuna occasione. La nuova amministrazione comunale ha una grandissima responsabilità: se c'è la volontà politica entro un anno si può arrivare a un grande investitore internazionale e al decollo dell'intera operazione. Sta ai nuovi amministratori la scelta: scrivere una pagina indelebile nella storia di Trieste o farla sprofondare definitivamente nell'immobilismo. All'Autorità portuale va riconosciuta la disponibilità a velocizzare i tempi a partire dall’offerta fatta al Comune di continuare a finanziare i costi di gestione ordinaria fintantoché le aree non saranno vendute o concesse a investitori privati. Risulta che la Corte dei conti abbia fatto qualche rilievo sulla destinazione dei 50 milioni stanziati dal Cipe? Ad esempio sulla parte a favore dell’Ursus? È un problema che si può risolvere. Se partono gli investimenti ci saranno anche le risorse per una realtà unica come l'Ursus, però mi pare che al momento il Comune non abbia fatto nulla per mettersi in condizione di ricevere i 50 milioni che il Governo Renzi ha stanziato. Ribadisco, come ho già fatto ai diretti interessati, che sono a disposizione, ma servono progetti precisi e puntali che al momento Roma non ha ancora ricevuto. Qualche ritardo può essere addebitato anche all'amministrazione precedente di centrosinistra? L'amministrazione precedente ha avuto il merito di iniziare un lavoro difficile: ad esempio lo spostamento dei Punti franchi. Qualcosa in più però poteva essere fatto. Già a novembre 2015 portai a Trieste il Commissario nazionale dell'Anticorruzione Cantone il quale, sul modello Expo, ci indicò la strada da seguire: creare al più presto una società snella con un management capace di operare a livello internazionale e preparato per gestire l'area. Purtroppo non se ne è ancora fatto nulla. Che fine ha fatto il lavoro dell'advisor la cui parte fondamentale doveva essere conclusa già a giugno-luglio? Ernst&Young ha completato i primi due step. Manca la conclusione: ma per finire il lavoro mi risulta che l'advisor aspetti ancora le indicazioni da parte del Comune. Credo che il sindaco Dipiazza dovrebbe insistere per ottenere da loro non tanto il masterplan quanto il modello di gestione dell'area. Ovvero chi, con quali risorse e in che modo gestirà la riqualificazione dei Magazzini. Immagino che il primo passaggio sia la creazione di una società pubblica in cui la maggioranza sia detenuta dal Comune ma preveda la partecipazione di Regione, Autorità Portuale e Invitalia. Questi tre soggetti, insieme al Comune, potrebbero contribuire inizialmente con risorse necessarie alla fase di start-up. L'attuale amministrazione, oltre a mandare la documentazione a Dubai, avrebbe dovuto già coltivare altri potenziali investitori? Prima di contattare gli investitori vanno completati i passaggi intermedi: serve il dossier completo da parte dell'advisor e, come accennavo, la creazione di una società gestita da un management preparato. Una volta completato l'iter va selezionata, sulla piazza internazionale, una banca d'affari che aiuti il Comune a individuare i grandi investitori internazionali. In un periodo in cui le rendite finanziarie garantiscono ritorni molto bassi, un investimento come quello in Porto Vecchio, un'area pregiata frontemare in una delle città più belle d'Europa, può rappresentate un'ottima opportunità di investimento per molti fondi internazionali. Loro, a differenza degli investitori italiani (e ancor più delle amministrazioni pubbliche), 5 miliardi di euro li hanno a disposizione. Può essere verosimile che il Comune non sappia da che parte incominciare per occuparsi, facendo quadrare i conti, di messa in sicurezza, illuminazione, sorveglianza, assicurazione, tassazione del patrimonio immenso che sta per piovergli addosso? Capisco le difficoltà di prendere in mano un dossier così difficile e su cui c'è grande aspettativa da parte dell'opinione pubblica. Ma se il centrodestra, nei prossimi mesi, si rendesse conto di non essere in grado di progettare il futuro della nostra città gestendo al meglio un progetto ambizioso come questo, farebbe meglio a dirlo apertamente. E a chiedere aiuto perché su questo punto c'è la disponibilità di tutti, senza distinzione di casacca politica. Se invece tra un anno nulla sarà cambiato sarò io il primo a chiedere che Dipiazza e la sua giunta si facciano da parte. Concretamente si rischia di vedere il panorama immutato anche per i prossimi due anni finché non sarà aperto in Porto vecchio il nuovo Mercato ittico? Farò tutto quanto è in mio potere affinché non accada. E spero che Dipiazza non cada nella tentazione di riproporre il progetto dell'ex presidente Monassi: uno spezzatino in cui, per far contenti alcuni interessi particolari, le aree venivano affidate, senza un disegno complessivo, a una miriade di soggetti. Sarebbe la pietra tombale sull’area. Serve, invece, un progetto complessivo e un grande investitore che, in accordo con le indicazioni fornite dal Comune (la percentuale della superficie adibita al verde pubblico, alle attività commerciali e industriali, a quelle culturali e di ricerca, al rimessaggio dei grandi yacht, al turismo, al residenziale) si prenda l'onere di riqualificare tutta l'area. Se questo accadrà sono certo che gli imprenditori non solo triestini, ma anche internazionali faranno la fila per uno spazio in Porto Vecchio.

Silvio Maranzana

 

 

Serracchiani: «Sull’Aia non decido mica io» - Ferriera, la governatrice risponde al sindaco: «Saranno i tecnici a esaminare la richiesta di revisione»
In merito alla richiesta di riesame dell'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) recentemente indirizzata dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza in primis alla presidente della Regione, e commissario straordinario per l'attuazione dell'Accordo di programma sulla Ferriera di Servola, Debora Serracchiani, la stessa presidente del Friuli Venezia Giulia ha inviato al primo cittadino del capoluogo giuliano una comunicazione nella quale viene evidenziato che «non vi è alcuna competenza specifica del presidente della Regione, nemmeno nella sua qualità di commissario straordinario». La governatrice ha ribadito quanto già replicato allo stesso Dipiazza in prima battuta dall’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito. Serracchiani ha quindi segnalato a Dipiazza che a fronte dell'Aia rilasciata a Siderurgica Triestina nel gennaio di quest'anno, dal punto di vista tecnico ogni valutazione spetta al Servizio regionale per la Tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico. Sarà quindi questo Servizio della Regione, ha scritto la presidente al sindaco, a dover valutare la richiesta del Comune e ad assumere le conseguenti determinazioni di competenza. Il sindaco di Trieste nei giorni scorsi aveva scritto direttamente a Serracchiani oltre che, per conoscenza, all'assessore Vito e al dirigente regionale dell'Ambiente Luciano Agapito, responsabile della tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico. Il Municipio triestino aveva eccepito che i residenti servolani non possono aspettare 30 mesi prima che la situazione migliori. Tra l'altro nell'incontro del 21 luglio l'azienda - aveva puntualizzato il sindaco nella nota che accompagnava la missiva trasmessa alla Regione - si era impegnata a contenere in sei mesi i tempi di intervento per risolvere il problema del rumore. A questo punto - aveva scritto Dipiazza - la situazione «acclarata» di inquinamento acustico può comportare «possibili effetti sulla salute così come indicato dall'Azienda sanitaria». «La Regione valuterà con attenzione l'istanza di riesame dell'Aia presentata dal Comune di Trieste», aveva replicato come detto in prima istanza l’assessore Vito. «La valutazione sarà condotta - aveva però specificato - dagli organismi tecnici nel dovuto rispetto di tutte le normative». In precedenza, la stessa Vito aveva riferito che «nell'ambito delle attività di controllo esercitate da Arpa, sono state riscontrate delle irregolarità, per le quali procedimenti sanzionatori si trovano a livelli di avanzamento differenti». «Sono state espletate le prime quattro fasi del processo sanzionatorio - aveva specificato - ed è in corso la quinta fase. Quest'ultima è in capo all'Amministrazione regionale, che sta valutando la sanzione da irrogare o, qualora ne sussistessero i presupposti, l'eventuale archiviazione».

 

 

È svolta sul clima la Cina e gli Usa tagliano i gas serra - Ratificato l’accordo di Parigi. Ban (Onu): «Siamo fiduciosi»
Il presidente Barack Obama: «Iniziamo a salvare il pianeta»
HANGZHOU (CINA) La Cina e gli Stati Uniti ratificano l’accordo “Cop 21” di Parigi sulla riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra e gettano le basi perché possa diventare efficace entro la fine dell’anno. Un annuncio storico, quello maturato ad Hangzhou alla vigilia del summit del G20, che spinge il presidente americano Barack Obama, prossimo a chiudere il suo secondo e ultimo mandato, a identificarlo come «il momento in cui abbiamo finalmente deciso di salvare il nostro pianeta», durante la cerimonia di consegna dei documenti insieme all’omologo cinese (e padrone di casa) Xi Jinping, direttamente nelle mani del segretario generale dell’ Onu Ban Ki-moon che non nasconde il suo entusiasmo. È la migliore risposta a tutti quanti pensavano impossibile centrare un target tanto strategico e ambizioso, aggiunge Obama, esprimendo apprezzamento per la «leadership» mostrata da Usa e Cina, ricambiato in questo dalle parole di Xi. Per entrambi, molti altri Paesi «devono ratificare formalmente l’accordo» perché non ci siano più ritardi e perché gli impegni diventino realtà. In base allo schema definito, l’accordo di Parigi fissa i target sulla riduzione delle emissioni responsabili dell’effetto serra per ogni singolo Paese. «Non si tratta di una battaglia che ogni singolo Paese, per quanto potente, può fare da solo - ha aggiunto Obama -. Un giorno potremo vedere tutto ciò nel momento in cui finalmente decideremo di salvare il pianeta». E «nonostante le nostre differenze su altri temi, spero che il nostro desiderio di lavorare insieme su questo argomento possa inspirare più grandi ambizioni e più grandi azioni intorno al mondo», osserva Obama. La Cina è un Paese «in via di sviluppo responsabile ed è partecipante attiva alla governance globale sul clima», ribatte Xi. La soddisfazione delle parti è presto spiegata: i due Paesi producono il 38% di anidride carbonica a livello mondiale legata ad attività umane, con la Cina al vertice seguita dagli Usa. L’accordo necessita della ratifica di almeno 55 Paesi dei quasi 200 firmatari per la sua piena operatività, in rappresentanza del 55% delle emissioni mondiali. Facile, per Ban, dire a questo punto di «essere fiducioso». Il segretario generale dell’Onu ringrazia Washington e Pechino «per aver lavorato insieme a un risultato che nessuno avrebbe mai potuto centrare da solo». Altri principali Paesi che generano gas serra, sono India, Giappone e Russia, tutti impegnati nel processo di ratifica che potrebbe, con ottimistiche e ragionevoli previsioni, essere completato nell’arco di pochi mesi. L’accordo, il «post Kyoto», punta a tagliare le emissioni nocive nel periodo dopo il 2020 tenendo il rialzo medio stimato delle temperature globali sotto i 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali, malgrado il target non sia obbligatorio. In più, richiede che i Paesi comunichino all’Onu ogni cinque anni l’evoluzione delle misure, con potenziali correzioni. Il protocollo di Kyoto, adottato nel 1997, il primo e l’unico con impegni obbligatori, esentava Paesi in via di sviluppo come Cina e India.

 

Il governo italiano «A settembre via a nostra adesione»
L’Italia è al lavoro per ratificare la sua adesione all’Accordo di Parigi.

Lo rendono noto in un comunicato congiunto i ministri degli Esteri, Paolo Gentiloni, e dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. «Nella cornice dell’ambizioso impegno europeo - si legge nella nota - l’Italia è a lavoro per definire la sua legge di ratifica, con l’obiettivo di trasmetterla entro settembre alle Camere e di poter completare l’iter parlamentare nel più breve tempo possibile». Quanto all’adesione di Usa e Cina agli accordi di Parigi Gentiloni e Galletti dicono che «la ratifica segna un passaggio storico nell’azione di contrasto ai cambiamenti climatici e verso la trasformazione in senso sostenibile del modello economico globale».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 settembre 2016

 

 

I “guru” del clima sbarcano a Trieste - Per cinque giorni la città diventerà capitale europea del surriscaldamento globale. Attese decine di esperti
Trieste sta per ospitare la Conferenza annuale della Societa meteorologica europea (Ems). Il prestigioso appuntamento internazionale, che quest’anno vedrà la città diventare per cinque giorni la capitale europea del dibattito sul cambiamento climatico globale, prenderà il via al Centro congressi della Stazione marittima lunedi 12 settembre con un breve momento istituzionale che anticiperà la ricca agenda di eventi in programma. Il tema portante di questa edizione è il rapporto tra la ricerca scientifica (le evidenze di un riscaldamento globale del clima sono ormai conclamate) e l’impatto di questo mutamento sensibile e rapido rispetto ai tempi evolutivi del pianeta, sulle societa' umane. In particolare si esploreranno i possibili modi tramite i quali la scienza possa dare un supporto fondamentale a tutti coloro che sono chiamati a prendere decisioni responsabili, in campo politico, economico e sociale, alle figure professionali di vario tipo. Lo scopo principale dell’evento sta dunque nel comprendere come la scienza, con le sue ricerche e applicazioni abbinate a una buona capacita comunicativa, possa ricoprire un ruolo decisivo di aiuto per mitigare oggi e in futuro gli effetti del cambiamento ambientale sulla vita e sulle attività dell’uomo. In questo senso diventa di primario interesse lo sviluppo di strategie di adattamento mettendo in primo piano la resilienza piuttosto che la resistenza ai mutamenti ambientali. Trieste, in questo contesto, assume a pieno titolo il ruolo di testimone, di simbolo, in quanto citta costiera. Storicamente, infatti, il maggiore sviluppo delle attività economiche e culturali si è verificato in prossimità delle aree costiere. Oggi il 40 percento della popolazione europea vive e prospera entro cinquanta chilometri dai litorali. Ed è noto quanto siano proprio le zone costiere le piu sensibili ai cambiamenti globali del clima a causa dell’innalzamento del livello degli oceani e dei mari. La conferenza sarà caratterizzata da un fitto programma di sessioni con interventi che spazieranno in tutti i campi connessi al tema principale. Tra lunedi 12 e venerdi 16 settembre si alterneranno nelle varie sale scienziati di tutta Europa per esporre le emergenze della ricerca scientifica sull’interazione tra i diversi elementi della Terra (atmosfera, mari, ghiacciai, ecc.), per proporre scenari futuri, metodi d'indagine, strumenti di misurazione e strumenti di calcolo. Tante le sessioni ricche di giovani scienziati che potranno spiegare i contenuti delle loro ricerche specifiche e confrontarsi direttamente con i presenti. In programma anche una sessione dedicata alla premiazione di attività originali e meritorie nei campi della ricerca, della comunicazione e delle realizzazioni tecnologiche. Nel complesso vi saranno settecento contributi e unità partecipanti. A Trieste converranno per l’occasione i rappresentanti dei piu importanti Istituti di ricerca e sviluppo europei e nazionali negli ambiti collegati agli scopi della Conferenza. Interverrà inoltre Petteri Taalas, segretario generale dell’Organizzazione mondiale della meteorologia. L?Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia ha organizzato anche un concorso tra cortometraggi sul tema ”Le peculiarita' meteorologiche e climatiche di Trieste, tra la costa del Nord Adriatico e l’altopiano carsico”.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 settembre 2016

 

 

Escursioni - Con Legambiente tutti a passeggio per il Carso in mezzo a “10 sfumature di verde”
A passeggio per il Carso, i boschi e gli anfratti naturali della regione, conoscendone le caratteristiche, apprezzandone magari anche i prodotti e trovando il modo anche per contribuire alla raccolta fondi a favore dei terremotati del Centro Italia.

Tutto questo all’interno della seconda parte del cartellone di “10 sfumature di verde”, seconda edizione, ciclo di escursioni naturalistiche a cura di Legambiente, alle prese con le proposte che riguardano le ultime tre uscite estive, tutte ambientate nell’arco del mese di settembre. La prossima tappa è in programma questa domenica e lo scalo per l’occasione è la Val Rosandra, piccolo viaggio tra l’ecosistema della landa carsica, visitando boscaglie e pinete, respirando poi da vicino un panorama che coniuga le tinte del verde con la visuale del mare. Il primo percorso settembrino è articolato lungo una decina abbondante di chilometri e stando alle indicazioni degli organizzatori non presenta particolari difficoltà, da vivere in circa sei ore di escursione (pause e pranzo compreso) a circa duecento e cinquanta metri complessivi di dislivello. Il ritrovo è fissato la mattina, alle 9.30, all’Agriturismo al “Selvadigo”, posto sulla strada che collega Basovizza e Pese, ma per ulteriori informazioni ci si può rivolgere alla guida naturalista di turno, Sara Alzetta, scrivendo a alzettasara@gmail.com o telefonando al cellulare 3333487130. Istruzioni per l’uso? Niente di particolare, solo un abbigliamento consono da aspiranti scout, corredato possibilmente da scarponcini da trekking, borraccia dell’acqua e cappellino per il sole. L’appuntamento del 4 settembre, al di là della sua valenza in chiave di panorama, propone inoltre di devolvere parte delle iscrizioni a favore dei soccorsi per le zone colpite in questi giorni dal sisma (partecipazione gratuita ai minori di dodici anni). Uno sguardo anche alla tappa del 18 settembre, denominata “Caccia al tesoro nel bosco”, ancor più agile escursione dedicata soprattutto ai bimbi, disegnata in chiave ludica dallo stagno di Trebiciano a Gropada e ritorno, con ritrovo alle 9.30 nella piazzetta di Trebiciano, nell’area della chiesa di Sant’Andrea. L’ultima proposta estiva di “10 sfumature di verde” è programmata domenica 25 settembre, con direzioni Friuli: titolo dell’escursione, “Giro del Monte Cum”. Le iscrizioni si accedono scaricando il modulo dal sito di Legambiente Friuli Venezia Giulia. Ulteriori informazioni e calendario dettagliato anche della fase autunnale sul sito Internet www.legambientefvg.it. Francesco Cardella

 

 

Raffica di divieti nell’Ospo contro il Botulino killer - No a balneazione, caccia e pesca e obbligo di tenere i cani al guinzaglio
Il Comune inviterà l’Arpa a effettuare le analisi per monitorare il corso d’acqua
MUGGIA Divieto di balneazione, caccia e pesca, obbligo di guinzaglio per i cani. Ma anche analisi e controllo delle acque e pulizia dell'alveo. Queste le misure prese ieri dal Comune di Muggia in seguito alla moria di uccelli acquatici che ha coinvolto nell'ultimo mese una quarantina di esemplari alla foce del rio Ospo. L'emergenza che ha portato alla morte di oltre 30 germani reali e di almeno cinque cigni non è infatti ancora terminata. Motivo per cui l'amministrazione Marzi, una volta arrivata l'ufficialità della causa delle strage di pennuti, legata al botulino C, ha deciso di prendere dei provvedimenti. In base all'ordinanza sindacale vige da ieri il divieto di cacciare, pescare e comunque raccogliere animali nelle aree corrispondenti al letto del rio Ospo, dei relativi argini e nelle aree immediatamente adiacenti utilizzate a scopi diportistici fino alla foce, comprendendo dunque anche le aree del parco urbano pubblico denominato “Rio Ospo” e quelle interrate del “Molo Balota”. È inoltre vietato destinare all'alimentazione qualsiasi animale (compresi i molluschi) proveniente dalla zona e utilizzare, per l'alimentazione di animali d'allevamento, foraggi o alimenti provenienti dalla zona interessata. A tale proposito gli animali d'allevamento presenti nella zona dovranno essere alimentati esclusivamente con mangimi di provenienza certa. Vietata, ovviamente, anche la balneazione di persone e animali e rigoroso l'obbligo di condurre i cani al guinzaglio per evitare che possano nutrirsi di carogne di animali eventualmente presenti sulle rive o in acqua. «Fino a quando le condizioni climatiche - le temperature elevate e lo scarso ricambio delle acque nel rio Ospo - manterranno elevato il rischio di sviluppo di Clostridium Botulinum (la tossina del Botulino C, ndr) con conseguente presenza di neurotossine botuliniche negli animali acquatici ed in quelli che su di essi basano il loro ciclo alimentare, il provvedimento non potrà essere revocato», fa sapere il Comune muggesano. Ad occuparsi della rimozione di eventuali carcasse di animali morti che dovranno essere smaltiti in idoneo impianto di incenerimento sarà la Polizia ambientale del Corpo Forestale regionale. In caso di avvistamento di animali vivi in difficoltà sarà necessario invece contattare la Protezione animali per un immediato soccorso. Il Comune di Muggia, invece, provvederà con personale della Polizia locale a effettuare periodiche verifiche sui tratti interessati per intensificare il controllo e il monitoraggio delle aree coinvolte. Un'altra notizia importante riguarda le future analisi delle acque del rio Ospo. «L'Ente muggesano, si attiverà inoltre affinché l'Arpa provveda a effettuare le analisi necessarie a monitorare il corso d'acqua», conferma il Municipio. Anche l'Enpa, da subito attiva nell'arginare la moria di uccelli acquatici, ha evidenziato alcune azioni. «Il Servizio Sanità pubblica veterinaria della Regione, da noi interpellato, ha indicato l'opportunità di provvedere a un intervento di pulizia dell'alveo con rimozione delle masse algali presenti al fine di ridurre il materiale organico e la persistenza della tossina botulinica», spiega la presidente della Enpa Trieste Patrizia Bufo. La struttura di via Marchesetti ha infine evidenziato come la criticità legata alla moria di uccelli acquatici è apparsa localizzata tra la seconda metà dell'Ospo e la foce del rio, quella cioè urbanizzata e industriale.

Riccardo Tosques

 

 

Lo stop al Delfino verde scatena le proteste
Il collegamento marittimo con Grado interrotto nonostante il pienone di turisti. Operatori in rivolta
Il Delfino Verde non c’è più. Nonostante le condizioni climatiche favorevoli e la continua richiesta e affluenza di passeggeri, con numeri mai raggiunti prima, ha chiuso la stagione del collegamento marittimo Grado-Trieste. L’accordo con l’Azienda provinciale trasporti dell’isola, che ha commissionato il servizio, stabiliva lo stop il 31 agosto e così è stato. Ma far cessare questo collegamento a metà settimana, di mercoledì, davanti ancora a una nutrita presenza di turisti appare incredibile. «Bastava almeno arrivare a domenica e magari pensare di prolungare la stagione fino a metà settembre», ripetono a Grado davanti non solo ai turisti alloggiati sull’isola, che si recano a visitare Trieste, ma anche per la costante presenza di residenti del capoluogo giuliano che vengono a trascorrere la giornata a Grado. E per far capire quale sia la richiesta di questa linea marittima - che collega tre volte al giorno Grado e Trieste - basta dare un’occhiata ai numeri. Solo mercoledì, ultimo giorno del servizio, l’ultima corsa della giornata, quella da Grado a Trieste aveva fatto registrare 117 passeggeri. Il giorno prima, complessivamente, erano a bordo del Delfino Verde 602 persone. Martedì alla prima corsa del mattino, da Grado a Trieste, non sono nemmeno potuti salire tutti. Tutto occupato. Nell’arco della stagione il Delfino Verde ha imbarcato complessivamente 21.112 passeggeri, ben 3.093 in più rispetto al 2015 quando si era toccata quota 18.019. Un incremento superiore al 17 per cento. Da due anni a questa parte a bordo del Delfino Verde si possono anche portare diverse biciclette. E anche questo servizio è risultato benefico al sensibile aumento dei passeggeri. Nel 2015, infatti, erano state imbarcate 964 biciclette contro le 1.217 di quest’anno. Insomma una stagione d’oro che potrebbe proseguire ancora. Tutto dipende dalle condizioni meteorologiche. In passato ci sono state stagioni proseguite oltre la fine di settembre - con una specifica deroga comunale per le attività stagionali - e dunque un breve prolungamento di qualche giorno del servizio marittimo appariva davvero poca cosa. Nonostante i costi, con cui enti pubblici a iniziare da PromoTurismo Fvg e dalla Regione per arrivare al Comune, sono chiamati a fare ovviamente i conti.

Antonio Boemo

 

 

A Trieste Next 2016 è di scena la tecnologia
Dal 23 al 25 settembre si svolgerà la quinta edizione della manifestazione con parecchi ospiti italiani e internazionali
Torna “Trieste Next”. Dal 23 al 25 settembre, riflettori accesi sulla città simbolo della ricerca scientifica: tre giorni di dibattiti, incontri, laboratori, performance artistiche per discutere con scienziati, filosofi, antropologi, designer e imprenditori la coesistenza e l'interazione tra genere umano e macchine. La tecnologia è ormai parte della nostra vita quotidiana: non è solo un prodotto dell'uomo, ma fa parte del suo stesso processo di evoluzione. Evoluzione biologica, socio-culturale e tecnologica coesistono e interagiscono, modificando il modo stesso di essere, pensare e vivere: siamo ormai nell'era dell'homo technologicus. Come influiranno la scienza e la tecnologia nei prossimi trent'anni sull'evoluzione di questo "umano artificiale"? Quali sono le più recenti scoperte scientifiche? Qual è e quale sarà il loro impatto anche dal punto di vista filosofico, religioso, antropologico e sociologico? Sarà quindi la coesistenza e l'interazione tra genere umano e macchine il tema centrale della quinta edizione di Trieste Next - intitolata “Umano Post-Umano: verso l'homo technologicus?” -, con un programma di 100 eventi, dibattiti, approfondimenti, laboratori, presentazioni e performance con oltre 150 ospiti, tra ricercatori e scienziati internazionali, imprenditori, filosofi, giornalisti. Centrali i “Dialoghi tra Scienza e Filosofia”, ciclo di tre appuntamenti curati dal filosofo Luca Illetterati, che vedrà scienziati e filosofi di fama internazionale - l'epistemologa Gloria Origgi (Ecole Normale Supérieure di Parigi), il filosofo del linguaggio Felice Cimatti (Università della Calabria), i neuroscienziati Raffaella Rumiati (Sissa), Alessandro Treves (Sissa) e Giorgio Vallortigara (Università di Trento), Marcello Monaldi docente di Estetica (Università di Trieste) e Maurizio Ferraris, docente di Filosofia teoretica (Università di Torino) - confrontarsi su tre questioni chiave: parlare, conoscere, riconoscersi. Sempre nel segno del dialogo tra filosofia e scienza, Trieste Next ospiterà lo psicoterapeuta e filosofo Miguel Benasayag, che proporrà una riflessione sul "naturalmente artificiale", tra tecnofobia e fiducia in un futuro transumano assieme a Fulvio Longato, Alessandra Cislaghi e Fabio Polidori dell'Università di Trieste. Il rapporto uomo-macchina chiama in causa il tema dell'etica, dell'identità e dello sviluppo emotivo ai tempi delle macchine "a nostra immagine e somiglianza". Sarà questo il tema dell'intervento di Kathleen Richardson, uno dei massimi esperti internazionali di Etica della robotica nonché fondatrice della celebre "Campaign Against Sex Robots" di cui si sono occupate già le più importanti testate nazionali e internazionali, dal Financial Times a Wired Uk, da La Stampa a Il Foglio. L'applicazione delle nuove scoperte tecnologiche è destinata ad "amplificare" le potenzialità dell'esistenza e delle attività umane. A partire dalla scienza dei trapianti, con un focus sugli organi in provetta con tre grandi nomi internazionali, come Thierry Pedrazzini dell'Université de Lausanne, Giuseppe Remuzzi direttore della ricerca all'Istituto Mario Negri di Bergamo e il chirurgo cardiovascolare Piergiorgio Tozzi; fino alla nutrigenomica e alla nutrigenetica, di cui parleranno Eliana Liotta, giornalista e autrice del caso editoriale dell'anno - La dieta Smartfood - con la coautrice Lucilla Titta, coordinatrice Progetto Smartfood Istituto Europeo di Oncologia, e Mauro Giacca, direttore generale Icgeb. Nuovi orizzonti si stanno aprendo anche nell'ambito dell'oncologia, dove nuovi modelli di ricerca di base e traslazionale, investimenti, politiche sanitarie e partecipazione dei cittadini sono necessari per realizzare appieno questo potenziale: ne discuteranno Giannino Del Sal (Università di Trieste e Laboratorio Nazionale Cib di Area Science Park) Mattia Andreoletti (Ieo di Milano), Maurizio D'Incalci (Istituto Negri di Milano), Pier Giuseppe Torrani e Guido Perelli Rocco, presidente nazionale e regionale dell'Airc, tra i maggiori finanziatori privati italiani della ricerca scientifica. Di "tecnologie indossabili" e di tutte le loro possibili applicazioni, anche in un'ottica di design inclusivo, parlerà invece Rama Gheerawo, direttore dell'Helen Hamlyn Centre for Design, Royal College of Art di Londra, nel talk conclusivo di Trieste Next realizzato in collaborazione con Venice Design Week. Si incontreranno a Trieste Next anche due delle massime esperte mondiali di robotica bioispirata, tra le 25 più importanti donne del settore secondo la "bibbia" della robotica Robohub: Barbara Mazzolai e Cecilia Laschi. Quest'ultima discuterà di soft robotics con Marco Bettiol, (Università di Padova) e Bernardo Balboni (Università di Trieste). Anche quest'anno piazza Unità sarà il cuore pulsante della manifestazione con le aree curate da Università di Trieste, Area Science Park, Sissa, Ictp, Ogs, Icgeb, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Trieste, Elettra Sincrotrone Trieste, che saranno aperte al pubblico di ogni età nei tre giorni della manifestazione con un ricco programma di attività, giochi, esperimenti, laboratori e conferenze. Programma completo su www.triestenext.it

Laura Strano

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 settembre 2016

 

Giardini inquinati, “udienza” romana per il sindaco
Ieri a Roma il sindaco Roberto Dipiazza e il direttore generale Santi Terranova hanno avuto un incontro sui temi dell’inquinamento con i dirigenti del Ministero dell'ambiente.

Lo scambio con il Ministero ha avuto origine a seguito di un recente approfondimento giuridico interno, in relazione a una contraddizione che parrebbe emergere nella deliberazione della giunta del Friuli Venezia Giulia del giugno di quest'anno, in relazione al richiamo ai "Criteri per la elaborazione di piani di gestione dell'inquinamento diffuso" individuati dal Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Ispra), ad alcune prescrizioni che sono formulate nel Protocollo operativo allegato alla deliberazione stessa, e in considerazione del fatto che tra i giardini cosiddetti contaminati, ve ne è uno che in parte rientra in area attenzionata dal Ministero dell’ambiente, in quanto zona Sin (Sito d'interesse nazionale) di Trieste. Nei prossimi giorni pertanto il Comune formulerà alcune osservazioni circostanziate con riferimento a quanto espresso dalla Regione Fvg nella deliberazione e in alcuni lavori tecnici. D’altra parte a Trieste è stata approvata all’unanimità in IV Circoscrizione una mozione del Movimento 5 Stelle che impegna il sindaco Dipiazza a dare in tempi strettissimi risposte esaurienti sui valori delle analisi e sugli interventi che il Comune intende effettuare in piazzale Rosmini. La mozione del M5S, sottoscritta dai consiglieri Dania Bianco, Adriana Panzera, Gianluca Pischianz e Arianna Zebochin, ha preso spunto dalla chiusura di piazzale Rosmini, effettuata con ordinanza del sindaco Cosolini il 27 aprile scorso, dopo la scoperta nelle aree verdi di pesanti agenti inquinanti. «Le campionature avevano rilevato un’alta concentrazione di cloruri e floruri come il benzo(B)fluorantene e il benzi(K)fluorantene che sono riconducibili ad attività produttive» ha spiegato Gianluca Pischianz.

 

 

È il Botulino il killer di uccelli nel rio Ospo
Scoperta la causa della strage di volatili. Sono rimasti vittima di avvelenamento naturale. Tramonta l’ipotesi del “maniaco”
MUGGIA Un’infezione da Botulino C. Questa la causa della moria di uccelli acquatici che da oltre due settimane sta caratterizzando macabramente lo scenario del rio Ospo. Ieri mattina è arrivato l’atteso responso delle analisi svolte dalla sede trevigiana dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Ad uccidere oltre trenta germani reali e almeno cinque cigni è stato il botulismo aviare, un’intossicazione che colpisce gli uccelli, causata dall’ingestione di una tossina prodotta da un batterio, il Clostridium botulinum. Parrebbe dunque completamente tramontare la pista dell’avvelenamento causato dall’uomo: a tutti gli effetti il botulino è un batterio della putrefazione ed è diffuso in natura in tutti i terreni. La tossina detta di tipo C è estremamente tossica in particolar modo per le anatre, oltre che per le oche e i limicoli. «Di fatto il botulismo è un avvelenamento, non una malattia trasmissibile, e rappresenta uno dei tre principali problemi sanitari che causano mortalità negli uccelli acquatici, assieme all’avvelenamento da piombo e al colera aviare», spiega l'esperto nazionale di ornitologia Roberto Garavaglia. I sintomi del botulismo di tipo C sono la paralisi progressiva dei muscoli con l’indebolimento delle ali che impediscono all’uccello di volare, e la successiva paralisi delle zampe, che rendono il volatile incapace di reggersi e “camminare”. A questo stadio dell'intossicazione gli uccelli, se avvicinati, tentano di sfuggire “pagaiando” con le ali sulla superficie dell’acqua o sul fango. E proprio in questo il botulismo si distingue dal saturnismo, ossia dall’avvelenamento da piombo: quest’ultimo infatti non interferisce sulla possibilità di muoversi. La paralisi arriva all'ultimo stadio interessando il collo del volatile, fino a che l’animale non è più in grado di tenere la testa sollevata: in acqua la conseguenza naturale è l’annegamento. Gli individui che riescono a trascinarsi all’asciutto difficilmente hanno sorte migliore. «Poiché gli uccelli sono molto resistenti alla tossina, la dose che serve a uccidere un anatra è sufficiente per ben cinquemila topi di laboratorio, pochi sono quelli che muoiono per suo effetto diretto, quando anche i muscoli respiratori rimangono paralizzati. Tutti gli altri, se non interviene prima un predatore, agonizzano sotto il sole fino a che soccombono per disidratazione, ipertermia o sbilancio elettrolitico», racconta Garavaglia. La certezza di una diagnosi di botulismo si può avere solo con analisi di laboratorio condotte su esemplari intossicati ma ancora vivi. A tale proposito è stato fondamentale il contributo offerto dal Corpo forestale che ha consegnato il sangue di alcuni esemplari vivi all’Istituto zooprofilattico. Che le morie per botulismo siano sostenute dal ciclo “cadaveri in decomposizione - produzione di tossina - accumulo nelle larve di mosca” è chiaro e accertato. C’è molta meno certezza riguardo a quali siano le reali cause all’origine della moria: «È pur vero che non ogni animale che muore nella palude scatena un episodio di botulismo, ma sono necessarie anche altre condizioni favorevoli, che sono numerose e collegate tra loro. Solitamente un episodio di botulismo aviare risulta essere associato con temperature dell’acqua superiori a 25 °C, eccessivo carico di nutrienti, nell’acqua o nel sedimento scarso o nullo ricambio dell’acqua, intense fioriture algali, mancanza di ossigeno, brusche variazioni del livello dell’acqua e abbondanza di mosche». Ilario Zuppani, coordinatore della Struttura stabile della Vigilanza faunistica e venatoria di Trieste appartenente al Corpo forestale regionale (l'ex Polizia ambientale della Provincia), uno dei primi ad intervenire per arginare la moria degli uccelli acquatici del rio Ospo, è stupefatto: «È la prima volta che vedo con i miei occhi una moria dovuta al botulismo, ne avevo sentito parlare in Liguria e in Lombardia, ma qui non era mai capitato prima. Ad ogni modo invito chi dovesse vedere delle carcasse a non toccarle e a contattare subito il Corpo forestale».

Riccardo Tosques

 

LA NOVITA' - E in cura a Trieste  è arrivato anche  il martin pescatore  ferito nella zona
MUGGIA - E intanto gli uccelli del rio Ospo continuano a bussare alla porta dell’Enpa di Trieste. Nella struttura di via Marchesetti è arrivato nella tarda mattinata di ieri uno splendido esemplare di martin pescatore.

Il variopinto uccello coraciforme è stato recuperato da Davorin Gropajc, che, dopo aver contattato la Lipu ed essere stato indirizzato all’Enpa, ha prontamente consegnato il piccolo volatile ai volontari triestini dell’Ente nazionale protezione animali. Si tratta di un maschio, notato in notevole difficoltà: nel tentativo di volare l’alcione non riusciva a librarsi. Da qui il recupero e il salvataggio da parte di Gropajc che per l’appunto ha affidato il martin pescatore alle cure dell’Enpa. «Per ora possiamo dire che non sta malissimo, ma di sicuro non sta nemmeno bene: è stato posto dal nostro veterinario sotto fluidoterapia», ha spiegato la presidente dell’Enpa Trieste Patrizia Bufo. La possibilità che il volatile sia stato intossicato dal Botulino C è comunque esclusa. «Inizialmente non era chiaro cosa fosse accaduto, ma poi gli è stato diagnosticato solo un impatto probabilmente con un vetro», ha aggiunto Bufo. Nella sede di via Marchesetti sono in trattamento complessivamente cinque uccelli provenienti dal rio Ospo: due germani reali, il martin pescatore, ma anche - notizia appresa ieri - una ghiandaia e un gabbiano.(tosq.)

 

 

Dall’Istria fino a Grado e Lignano - Alto Adriatico “tana” di meduse - Centinaia di segnalazioni lungo tutta la costa. Ecco la fotografia dell’estate
Gli addetti ai lavori: «Numeri importanti». Assente la temibile Pelagia noctiluca
La Rhizostoma, Aurelia aurita, vista già in primavera nelle acque di Muggia, appartiene alle scifomeduse, non particolarmente urticanti: non sono un "nemico"

La Carybdea marsupialis è molto piccola (ombrello di 4-5 centimetri), trasparente, con quattro lunghi tentacoli: si sposta molto velocemente ma non crea fastidi

La medusa più dermotossica che usa frequentare i mari del Friuli Venezia Giulia è la Pelagia noctiluca ma fortunatamente quest anno non è stata avvistata

La Cotylorhiza tuberculata, nota come Cassiopea mediterranea, è una medusa urticante. Ne sono state recuperate durante questa stagione alcune di diametro fino a 35 centimetri

TRIESTE «Meduse? Tantissime. E in più di una costa». A Pola segnalano una vera invasione. A Duino hanno la stessa impressione pescatori e diportisti. Anche a Lignano e a Grado, dicono i villeggianti, se ne vedono «a centinaia». Gli esperti, più prudentemente, confermano che sì, la presenza è senz’altro numerosa ma non da record. Piuttosto, sottolinea Paola Del Negro, ricercatrice dell’Ogs di Trieste, «va evidenziato che il trend, da qualche anno, rimane costante: le meduse hanno iniziato ad aumentare anche nel Nord Adriatico e, pure quest’anno, non sono venute meno». Difficile dire se la quantità è superiore a quella del 2015. «La quantificazione è compito improbo - spiega la ricercatrice -. Si tratta infatti di organismi sufficientemente grandi per essere avvistati da un'imbarcazione, ma al tempo stesso sono animali in grado di muoversi lungo la colonna d'acqua, di scendere in profondità e di risultare dunque non visibili. Inoltre, proprio per la loro grandezza, spesso escono dalle reti normalmente usate per il plancton». Ci si basa dunque soprattutto sulle segnalazioni. Istria In Istria Meridionale, a Stoia, Valcane, del Bianco, Valsaline e Saccorgiana, da giorni si parla di una varietà inedita, la Cotylorhiza tuberculata, nota come Cassiopea mediterranea, medusa urticante. Ne sono state raccolte alcune di diametro fino a 35 centimetri. Ma pure nel Golfo di Trieste ha colpito quest’estate la quantità. Duino Chi frequenta le acque sotto il Castello di Duino ma anche di Sistiana, ne vede una dopo l'altra. È la Rhizostoma pulmo, che i triestini chiamano "botta marina": non urticante, una specie presente nell'Adriatico e nello Jonio, lungo le coste della Puglia jonica e adriatica, nell’Alto Tirreno e appunto in Fvg e Veneto. Il diametro dell'ombrello può arrivare a 60 centimetri, il peso ai 10 chili. Al là del disagio che può arrecare sfiorarle o toccarle, non sembra possano creare grossi problemi per nuotatori e bagnanti. «Sono pressoché innocue - fa sapere Massimo Avian, docente di Zoologia al Dipartimento di Scienze dell'Università di Trieste - perché non creano reazioni sulla pelle in caso di contatto. Qualche rischio in più lo possono forse correre i bambini se, inavvertitamente o per gioco, le prendono in mano o ci si siedono sopra. Ma al massimo si può avvertire un leggero bruciore, che si assorbe da solo in poco tempo». Grado La quantità di quest’anno? «Sappiamo dell'esistenza di un'area di riproduzione, nelle vicinanze della spiaggia di Grado - prosegue Avian -, dove questa specie trova un habitat particolarmente favorevole. Le correnti le possono portare un po' ovunque, non stupisce dunque la loro presenza vicino a Duino». Del Negro, confermando la tesi del sito di riproduzione, «in particolare per il fatto che di Rhizostoma se ne vedono di dimensioni diverse in Golfo», aggiunge motivazioni più generali: «La presenza di quelli che in termini tecnici chiamiamo "jelly", vale a dire organismi gelatinosi composti per il 98% di acqua, sta aumentando nell'intero bacino del Mediterraneo, un fenomeno dovuto in primis alla riduzione delle specie ittiche di grossa taglia che possono nutrirsi di meduse, conseguenza di forme indiscriminate di pesca. Nello stesso contesto è pure diminuita la competizione sulla risorsa alimentare plancton. Dopo di che può avere influito anche il riscaldamento delle acque». Muggia Pure nel resto della regione, dunque, non sono mancate le chiome bianche. Già in primavera, nelle acque del Mandracchio a Muggia, si vedeva, con Rhizostoma, Aurelia aurita, medusa dai piccoli tentacoli e dall’ombrello su cui si nota una sorta di quadrifoglio. La ricercatrice dell'Ogs tranquillizza in ogni caso residenti e turisti. La maggior parte degli avvistamenti riguarda scifomeduse non particolarmente urticanti che non rappresentano un "nemico". Lignano Di cubomeduse, così si chiama il secondo grande raggruppamento, si può probabilmente sospettare la presenza a Lignano. In particolare si può pensare alla Carybdea marsupialis, molto piccola (ombrello di 4-5 centimetri), trasparente, con quattro lunghi tentacoli e capacità di spostarsi assai velocemente. Nel Mediterraneo non esistono le meduse killer delle coste australiane ma la Carybdea può creare qualche fastidio con un contatto doloroso ma dal rapido effetto. «A vedere alcune ustioni sul nostro litorale - dice Del Negro - sembravano corrispondenti all’incontro con quella varietà. Nessun allarme comunque: non ci sono particolari pericoli e non si contano neanche troppi casi. Non ci metterei le mani sopra ma si può nuotare serenamente senza alcun tipo di precauzione. Più che sufficiente il buon senso». La medusa più dermotossica in regione? «Pelagia noctiluca. Ma fortunatamente, quest’anno, non si è vista». ha collaborato Ugo Salvini

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 agosto 2016

 

 

Una petizione on line per lo stop definitivo alle trivelle in Adriatico - L’iniziativa è stata lanciata dalla Clean Adriatic Sea Alliance
Croazia scettica sullo sfruttamento. Il Montenegro va avanti
POLA - La CASA, acronimo di Clean Adriatic Sea Alliance ha lanciato una petizione on line per il divieto totale e definitivo delle esplorazioni e delle trivellazioni dei giacimenti di idrocarburi nell'Adriatico. In precedenza aveva influito sulla decisione del governo di Zagabria di rinviare la firma dei contratti per le concessioni, rinvio che comunque qualcuno giustamente o erroneamente interpreta come dietro front nell'ambizioso progetto. Nel testo della petizione «si invitano i Paesi della regione adriatica e cioè Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro ed Albania a collegarsi reciprocamente e a introdurre il divieto permanente delle esplorazioni e sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio nel bacino Adriatico che è un mare chiuso». Per il momento la petizione ha incontrato l'appoggio di una quindicina tra organizzazioni e imprese e si può firmare digitando www.cleanadriatic.org. Gli attivisti della CASA affermano che il divieto di estrarre combustibili fossili in sintonia con l'approvazione del piano per il passaggio accelerato alle fonti energetiche rinnovabili, rappresenta un passo determinante per il rallentamento dei cambiamenti climatici e il degrado ambientale dell' Adriatico. Inoltre dai governi dei Paesi adriatici si chiedono precise garanzie sulla tutela delle risorse naturali e sull'impiego più intenso delle fonti energetiche rinnovabili in questa parte d'Europa. Ricordiamo che l'alleanza è stata fondata alcuni anni fa, subito dopo che il governo del premier Zoran Milanovi„ aveva annunciato le ricerche degli idrocarburi nell'Adriatico ai fini dello sfruttamento. La sua campagna contro le trivellazioni aveva subito fatto grande presa sull'opinione pubblica internazionale. Come scrive il Glas Istre, la Croazia sembrerebbe aver rinunciato al progetto, fatto sta che diversi potenziali concessionari si sono ritirati per cui la CASA sta concentrando i suoi sforzi sul Montenegro che è ancora interessato allo sfruttamento dei giacimenti all'interno delle sue acque territoriali. Qualora la petizione dovesse fare centro, dice ancora il Glas Istre, a subire i danni maggiori sarà l'Italia che nel suo mare ha numerose piattaforme di petrolio e gas.

(p.r.)

 

 

Piano amianto e Ferriera tra le sfide dell’Arpa
Serracchiani in visita alla sede di Palmanova fissa le priorità dell’Agenzia. «Struttura preziosa e autonoma»
PALMANOVA Piano dell'amianto e Ferriera di Servola rappresentano gli indicatori principali che la strada intrapresa è quella giusta. Ma vi sono ancora fondamentali temi che devono trovare pieno sviluppo a breve e medio termine. Con queste considerazioni Debora Serracchiani ha esordito alla sede regionale dell'Arpa di Palmanova, dove ha fatto tappa per un monitoraggio sull'attività e le prospettive dell'Agenzia per l'Ambiente. Il punto della situazione è stato esposto dal direttore dell’Arpa Luca Marchesi e dalla direttrice amministrativa Anna Toro che, dopo un summit a porte chiuse con Serracchiani e il sindaco della Fortezza Francesco Martines, ha esposto agli operatori della sede palmarina il programma triennale dell'Agenzia. Dunque i nuovi fronti di intervento si focalizzano sulla piattaforma logistica di Trieste, la Ferriera di Servola e la terza corsia dell' A4. Rimane lontano dalla meda invece, secondo la governatrice, la questione legata a Torviscosa per la quale dovrà intervenire direttamente il ministero dell’Ambiente. «La reimpostazione dell’Agenzia con nuove modalità operative ha determinato che l’Arpa abbia trovato un suo ruolo, più autorevole ed efficace- ha sottolineato la Serracchiani -. Ora l’agenzia è chiamata a conquistare quel ruolo di indispensabilità che le possa consentire di giungere ad una leadership nazionale che possa garantire la sua sopravvivenza e la piena autonomia». È stato toccato anche lo spinoso tasto del laboratorio unico dell'Arpa ma, a parere della Serracchiani le priorità ora sono altre, in primis l'adeguamento dell'Agenzia alle legge 1272016 di Bratti sull'ambiente. Sul fronte dell'attività generale dell'Arpa, il direttore Luca Marchesi ha puntualizzato che il riordino organizzativo dell'intera struttura ha determinato un notevole salto di qualità tanto da porre l'Agenzia all'avanguardia sia in Italia, sia all'estero tant'è che è stata rafforzata in quest'ottica anche la cooperazione internazionale dell'intera struttura. Debora Serracchiani ha sottolineato anche l'autonomia dell'Arpa e a tal proposito il direttore Marchesi ha precisato: «Siamo una comunità tecnico scientifica di grandi professionisti al servizio dei cittadini e del territorio, non certo l'Agenzia della Giunta pro tempore che si insedia al governo». Dopo la tappa all'Arpa la governatrice ha visitato una delle maggiori aziende della città stellata, la Art.Co, realtà diretta da Ferruccio De Lorenzi, che opera sul fronte dei servizi in tutta Italia con 700 dipendenti fissi ai quali si aggiungono numerosi interinali. La Art.Co rappresenta una realtà indubbiamente importante per l'intera Regione in quanto opera, a livello di servizi, in settori strategici, a parere della Serracchiani e assume un connotato ancor più importante in quanto tra i suoi quadri inserisce continuamente un gran numero di persone per i lavori socialmente utili.

Alfredo Moretti

 

 

A scuola di natura con i forestali al Centro didattico di Basovizza - IL “RITORNO”
BASOVIZZA Alla scoperta della natura a Basovizza con il Corpo forestale regionale: torna anche quest’anno il progetto “ScopriNatura”, proposto a tutte le scuole del Fvg. Come ha spiegato l’assessore Cristiano Shaurli, «si tratta di un supporto che il personale forestale specializzato del Centro didattico naturalistico di Basovizza, coadiuvato dalle stazioni forestali e da altri esperti dell’amministrazione regionale, offre a progetti didattici di carattere naturalistico e ambientale già impostati dagli insegnanti nella normale programmazione. L’invito è quello di scoprire i boschi e gli ambienti naturali del Friuli Venezia Giulia visitando le mostre permanenti realizzate al Centro didattico naturalistico e con uscite nelle aree naturali circostanti». Con gli esperti si potranno approfondire argomenti come vegetazione, fauna, ecologia, biodiversità, tutela dell’ambiente, aree naturali protette, rete Natura 2000 e lotta agli incendi boschivi. «L’attività didattica - ancora Shaurli - vuole promuovere lo sviluppo del concetto di ambiente naturale come bene comune, favorendo la crescita del senso civico e quindi del rispetto delle specifiche norme di comportamento». Gli insegnanti interessati dovranno compilare un modulo di adesione, anche scaricabile dal sito della Regione. Info: cdn@regione.fvg.it.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 agosto 2016

 

 

Il Frecciarossa debutta sui binari della regione

Dall’11 settembre la tratta Trieste-Milano sarà coperta per la prima volta da convogli in grado di toccare i 300 km/h. Il viaggio durerà meno di 4 ore
TRIESTE Sarà il primo Frecciarossa a viaggiare in Friuli Venezia Giulia. Partirà da Trieste direzione Milano alle 6.08 di domenica 11 settembre, “regalo” di fine estate a sostituire, alla stessa ora, il Frecciabianca attualmente in servizio. Un upgrade reso possibile dalla disponibilità degli Etr 500 in via di sostituzione, sulle tratte ad alta velocità da Milano a Napoli, da 50 nuovi Frecciarossa 1000. La conferma arriva dalla compagnia nazionale. A partire dalla seconda domenica di settembre, Trieste arricchirà la sua offerta quotidiana con un mezzo capace di toccare i 300 chilometri all'ora. Non in regione, dove l'alta velocità non è ancora arrivata (e, a quanto pare, non arriverà ancora per molto tempo), ma tra Mestre e Padova e, entro fine anno, pure tra Treviglio e Brescia (a connettersi con quella già esistente tra Treviglio e Milano), lì dove i cantieri sono in fase di chiusura. Per raggiungere il capoluogo lombardo ci si metterà meno di 4 ore. Precisamente 3 ore e 52 minuti, con fermate intermedie a Monfalcone, Cervignano, Mestre, Verona e arrivo a Milano alle 10. Al ritorno la partenza è prevista alle 19.35 e l'arrivo, con le stesse tappe dell'andata, è fissato alle 23.28. Non migliorerà di molto il tempo di percorrenza (anche con il Frecciabianca si partiva alle 6.08 e si arrivava a Milano alle 10), ma crescerà la qualità del prodotto. Il Frecciarossa non prevede infatti prima o seconda classe, ma mette a disposizione del passeggero quattro livelli «all'insegna del massimo comfort», assicura Trenitalia. Si tratta delle classi executive, business, premium e standard. La executive, in particolare, è composta da otto poltrone singole in pelle e con poggiagambe, mentre le carrozze business prevedono poltrone ergonomiche, sempre in pelle (come pure nelle premium, ma non nelle standard), e poggiatesta reclinabile. Tra i servizi a bordo sin dall'area standard è disponibile il portale Frecce accessibile tramite rete wi-fi con servizi di intrattenimento e connessione internet 3G. In carrozza anche sei monitor di bordo con informazioni e news di viaggio in continuo aggiornamento. Per chi scegli la executive ecco anche una sala meeting con tavolo riunioni, sei poltrone e un monitor ad alta definizione 32 pollici collegabile al computer personale per videoproiezioni. E, sempre per i clienti top, il servizio ristorazione del Frecciarossa distribuisce bevande durante tutto il viaggio, caffè iperespresso Illy, spremute d'arancia e pasti gourmet con piatti caldi o freddi, serviti al posto a colazione, pranzo, aperitivo e cena. Non manca nemmeno l'edicola con quotidiani e riviste. I prezzi, naturalmente, sono conseguenti al servizio. Se il Frecciabianca prevede due tariffe (55 e 75 euro, ma con la economy, che non consente cambi di data e rimborsi, si scende a 29,90), il Frecciarossa ha costi più differenziati. Come da verifica nel sito della società nazionale (è sin d'ora possibile prenotare i viaggi dall'11 settembre in poi) si parte dalla tariffa supereconomy (dai 24,90 euro delle carrozze standard agli 89,90 delle executive), quindi la economy (da 49,90 a 110,90) e la base (da 64 a 144). Come mai questa novità non in coincidenza di un cambio d'orario (quello invernale scatterà a metà dicembre)? Trenitalia fa sapere che alcuni aggiustamenti “work in progress” fanno parte della strategia aziendale. Ma, più di tutto, si vuole essere pronti nel momento in cui, tra qualche mese, verrà inaugurato il nuovo tratto ad alta velocità in Lombardia. L'Etr 500, da dicembre, potrà sfrecciare a 300 all'ora nei 40 chilometri tra Treviglio e Brescia. La promessa, della scorsa primavera, è targata Graziano Delrio. Il ministro dei Trasporti, in occasione di una visita istituzionale nella città bresciana, ha parlato di taglio del nastro a dicembre. Una rivoluzione che anche in regione aprirà spazio per gli Etr 500, i primi treni ad alta velocità a cassa non oscillante costruiti in Italia, su rotaia a partire dagli anni Novanta. Su un piano qualitativo ancora superiore sono però i Frecciarossa 1000, oggi in servizio sulla rete ad alta velocità che collega Torino, Milano, Reggio Emilia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Salerno.

Marco Ballico

 

In arrivo i 200 milioni per la “Tav” del Nordest - La cifra servirà a potenziare e velocizzare la linea esistente tra Venezia e Trieste
Via libera del Cipe a tre mesi di distanza dall’annuncio del ministro Delrio
TRIESTE Alla vigilia di Ferragosto, attutito dal clima delle vacanze, il Cipe avrebbe dato il via libera - il condizionale è imposto dalla prudenza della Regione che attende la conferma delle carte - ai 150 milioni (50 erano già stanziati) alla velocizzazione della linea ferroviaria Trieste-Venezia. Il totale, 200 milioni, corrisponde allo stanziamento annunciato nel maggio scorso da Graziano Delrio, a Trieste in occasione di un vertice Italia-Cina. In quell'occasione il ministro dei Trasporti precisò che l'aggiornamento di programma Rfi per i lavori di velocizzazione sull'esistente era stato approvato e che di conseguenza sarebbe stato dato mandato al Cipe. Tre mesi dopo, filtra da Roma, il comitato ha espresso a sua volta parere favorevole al contratto di programma delle Ferrovie e contestualmente stanziato nuove risorse pari a 8,9 miliardi di euro, di cui 648 milioni per la sicurezza e 343 milioni per tecnologie finalizzate alla circolazione e all'efficientamento della rete. In quell'insieme di fondi troverebbe spazio anche il “tesoretto” utile alle fasi di sviluppo progettuale, autorizzativo e all'avvio del potenziamento della Venezia-Trieste. Ai 50 milioni già inseriti nell'aggiornamento del Contratto di Programma 2015, si aggiungerebbero dunque i 150 milioni del 2016, “ossigeno” per portare avanti la velocizzazione della tratta, un progetto da complessivi 1,8 miliardi, un terzo in meno rispetto alle iniziali ipotesi di alta velocità/alta capacità a collegare Veneto e Fvg. Del resto, sempre nella primavera 2016, rispetto alla Tav (Ronchi-Trieste), si era già espressa in maniera chiara, e con una solenne bocciatura, la commissione di verifica dell'impatto ambientale del ministero Galletti, chiarendo di non potere dare parere di compatibilità sul progetto preliminare. Nelle 150 pagine di relazione sul dossier Italferr, chiuse con il parere negativo del presidente della commissione Via Guido Monteforte Specchi e di altri sette componenti, si precisava che, a non essere state risolte dopo lo stop del marzo 2005, erano in particolare le criticità relative all'ipotesi di gallerie in Carso. «L'analisi degli impatti - hanno scritto i tecnici del ministero -, sia in fase di costruzione che di esercizio, non è sufficientemente supportata». Lo stop romano considerava inoltre insufficienti gli approfondimenti sul viadotto sopra l'autostrada in zona Lisert, sul pozzo nella stazione di Aurisina e sulle dinamiche idrogeologiche dell'area. Non ben definita nemmeno la prospettiva dell'interconnessione con la linea Capodistria-Divaccia. Una pietra tombale, dunque, su quanto era stato messo in agenda una decina di anni fa quando il Nord Est, alla luce dello sviluppo dell'asse Milano-Torino (grazie anche ai fondi delle Olimpiadi invernali del 2006), spingeva per inserirsi nel puzzle infrastrutturale del terzo millennio. Quando si parlava ancora di Corridoio 5 (prima dell'attuale denominazione "Mediterraneo"), si prospettavano investimenti fino a 7,4 miliardi per la Venezia-Ronchi e la Ronchi-Trieste. Risorse che avrebbe consentito, secondo Rfi, di far viaggiare i treni da Portogruaro a Ronchi (con 10 viadotti) a una media di 200 km/h. Mentre da Ronchi Sud a Trieste i convogli passeggeri avrebbero toccato i 250 km/h per raggiungere il capoluogo in 11 minuti e quelli merci dimezzato il tempo di percorrenza passando da 60 a 120 km/h medi. Nello stesso scrigno europeo dei sogni il porto di Trieste avrebbe assicurato, assieme a Capodistria, flussi di merci tali da ammortizzare i costi dell'opera. Troppo ottimismo e troppi soldi, evidentemente, se nel 2014, già in sella i governatori del Fvg Debora Serracchiani e del Veneto Luca Zaia, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, l'ad di Rfi Michele Mario Elia con il capo della struttura tecnica di missione Ercole Incalza e il commissario straordinario per la Tav Venezia-Trieste Bortolo Mainardi concordavano sulle modifiche del tracciato 2010 (quello che, in Veneto, puntava sui treni ad alta velocità in prossimità delle spiagge) optando per la valorizzazione della tratta esistente, con un impegno finanziario di 1,8 miliardi (tra gli interventi in regione, sdoppiamento e scavalco del bivio San Polo a Monfalcone). Una soluzione al risparmio che il via libera del Cipe dovrebbe servire a far decollare.

(m.b.)
 

Migliora la puntualita' delle corse - Verdetto del Comitato pendolari. Domani a Udine vertice operativo con la giunta

I temi sul tappeto - Ritocchi all’orario invernale e ipotesi gara -

TRIESTE Il clima, tra Rfi, Regione e pendolari, rimane tendente al bello. Questione di promesse mantenute e miglioramento del servizio, al top in Italia a livello regionale nel primo semestre di quest'anno. All'ordine del giorno della prossima riunione, prevista per domani nella sede regionale in via Sabadini a Udine, oltre alla valutazione dell'andamento del servizio, entrano così altre questioni, al momento forse più “calde” visto che sul fronte della puntualità non sembrano esserci criticità. Evidenziando che il tavolo di lavoro viene convocato a dieci mesi di distanza dall'ultimo confronto, e chiedendo «una collocazione stabile e non a spot», il Comitato pendolari Alto Friuli anticipa nel suo spazio web i due argomenti da approfondire: «Da un lato non sappiamo se la Regione intenderà, come più volte anticipato dall'assessore Santoro, andare a gara, ovvero procedere a un affidamento diretto del servizio, così come sta facendo la gran parte delle altre regioni, dall'altro attendiamo notizie sull'omologazione dei quattro nuovi Etr 564 Civity, treni politensione in grado di viaggiare sia in Italia che sulle reti austriache e slovene». E ancora, aggiungono i pendolari, «resta da capire se ci saranno spazi per un miglioramento ulteriore dell'orario a dicembre e in particolare per una progressiva riduzione dei tempi di percorrenza, viste le buone performance dei Civity, e quale sarà la politica tariffaria 2017. Temi importanti - incalzano gli utenti - che sicuramente non possono essere analizzati seriamente in un unico incontro annuale, ma necessitano di una specifica trattazione». Parole che l'assessorato ai Trasporti non legge però come polemiche. Non dopo i risultati emersi sul servizio. Il report reso pubblico da Trenitalia e Regione sulla base dei riscontri dei pendolari nel periodo 1 gennaio 2015-30 giugno 2016 sulla Trieste-Tarvisio mostra una puntualità via via migliorata fino a punte del 96-98% entro i 5 e i 10 minuti, frutto di diversi fattori: la flotta degli elettrotreni 563 acquistati dalla giunta Tondo ed entrati in esercizio in era Serracchiani nel giugno dell'anno scorso, una nuova organizzazione del lavoro con una direzione autonoma in Fvg affidata a Simone Gorini e un conseguente incremento della qualità. «Quello del Friuli Venezia Giulia - parole ancora dei pendolari - si può definire un vero e proprio “laboratorio”, che vede i rappresentanti dei pendolari affiancare i funzionari di Trenitalia e la Regione in un percorso virtuoso».

(m.b.)

 

 

Le fotografie al gufo reale scatenano un putiferio - Critiche al “blitz” compiuto da un ornitologo sulle Falesie per riprendere il volatile
«Gli scatti sono una mossa elettorale di Kukanja». La replica del primo cittadino

DUINO AURISINA Una mossa pre elettorale, per «nascondere l’oramai palese incompetenza dell’amministrazione comunale in carica nel gestire gli spazi e il mare delle Falesie». Così i “Cittadini per il golfo”, formazione sorta per difendere il territorio, definiscono la notizia relativa alla recente apparizione del gufo reale sulle Falesie di Duino. Una presa di posizione durissima quella dei “Cittadini”, che cozza con l’originale entusiasmo espresso da più parti, dopo che l'ornitologo Paolo Utmar, qualche giorno fa, aveva annunciato la presenza del super predatore sulle rocce di Duino, corredando la notizia con tanto di fotografie. «Gli esperti faunistici che hanno appoggiato, con la loro collaborazione, la redazione del progetto del Rigassificatore della Smart Gas - dicono in un comunicato - sono gli stessi che vengono oggi a sostenere l’operato dell'esecutivo guidato dal sindaco, Vladimir Kukanja, spiegando che le misure adottate della giunta, e cioè il divieto di salire sulle Falesie e di navigare nelle acque che le bagnano alla base, hanno prodotto l’effetto di favorire la nidificazione del gufo reale». E aggiungono: «Ci chiediamo perché questa notizia del gufo sia uscita proprio adesso. Sarebbe interessante invece sapere per quale motivo sia stata omessa la notizia che il gufo reale, già apparso nel 1992, abbia fatto strage del falco pellegrino, come testimoniato sui social da un ex professore del Collegio del Mondo unito, esperto ornitologo, Paul Tout». Si tratta do stesso volatile che, stando alla previsioni dell'amministrazione. sottolineano ironicamente i “Cittadini”, «sarebbe tanto disturbato da nuotatori e canoisti, ai quali è fatto divieto di accesso, ora finirà in pasto al gufo reale, un rapace molto più grosso del piccolo pellegrino. Naturalmente siamo ancora in trepida attesa di vedere i molti turisti nazionali e stranieri promessi da qualche politico locale ad ammirare le evoluzioni del povero falchetto - continuano - ma l’unica cosa certa sui turisti è che molti se ne sono andati, a causa degli incomprensibili divieti stabiliti dalla giunta, che evidentemente per gli ornitologi non valgono, per non ritornare mai più». Il 2016 per le Falesie è stato di nuovo «un anno perso», concludono i “Cittadini” «da quando l’amministrazione Kukanja ha cominciato a gestire solo a suon di ordinanze». Insomma una bagarre con sfumature politiche, a conferma che la corsa per il rinnovo del consiglio comunale di Duino Aurisina è già iniziata. Ma il Comune replica. Dalla giunta si conferma che «la scoperta della presenza del gufo reale deriva da monitoraggi che rientrano nell’ambito della collaborazione definita da molto tempo fra le Riserve di Miramare e di Duino, entrambe partner di un protocollo firmato già nel 2010 (all’epoca della giunta Ret, ndr) fra il Comune di Duino Aurisina, soggetto gestore delle Falesie, e il Wwf, che ha pari ruolo all'interno dell'Area protetta marina di Miramare». Ma ai “Cittadini” non basta: «Proponiamo un’azione destinata a creare un nuovo soggetto, nell’ambito delle istituzioni di ricerca sul territorio, con il fine di eliminare il monopolio attualmente presente nella produzione di dati ambientali, e specificatamente in campo faunistico e naturalistico, ormai in mano ad alcuni singoli personaggi, diventati anche abili nella gestione mediatica dei dati da loro stessi prodotti e solo da loro verificabili».

Ugo Salvini

 

 

L’Istria meridionale invasa da meduse - Appartengono alla specie Cassiopea mediterranea e sono innocue per l’uomo. Gli esperti dicono di non toccarle
POLA - Le spiagge più gettonate dell'Istria meridionale sono invase da diversi giorni da una varietà di meduse inedita almeno per quel che riguarda gli ultimi anni e fortunatamente non urticante, come affermano gli studiosi. La conferma della loro innocuità arriva dai bagnanti stessi, nessuno dei quali si è lamentato anche se su qualche spiaggia c'è stato il fuggi fuggi generale alla loro vista. Come dicono i biologi, al contatto con le meduse unicamente le persone più sensibili possono avvertire lievissime scottature alle braccia. La medusa in questione è la Cassiopea mediterranea: ne sono state viste anche di dimensioni gigantesche fino al diametro di 35 centimetri, variopinte che muovendosi nell'acqua danno origine a uno spettacolo della natura veramente indescrivibile. Spinte dai venti e dalle correnti hanno popolato le spiagge di Stoia, Valcane, del Bianco, Valsaline e Saccorgiana. Il giovane biologo Neven Ivesa consiglia comunque ai bagnanti di evitare il contatto con le meduse e assolutamente di non estrarle dal mare perché svolgono un ruolo ben preciso nell'ecosistema. Alen Soldo del Centro oceanografico di Spalato afferma che solitamente le meduse fanno la loro comparsa in primavera e in autunno quando non ci sono i bagnanti e perciò passano quasi inosservate e gli unici a lamentarsi sono i pescatori in quanto finiscono nelle loro reti. «È chiaro - spiega Soldo - che la bora degli ultimi giorni e il raffreddamento del mare hanno favorito l'avvicinamento delle meduse alla costa». Facendo un bilancio degli ultimi 10-15 anni si può comunque affermare che aumenta la presenza di questi animali lungo la costa istriana e sicuramente c'è di mezzo la coincidenza di vari fattori, come i cambiamenti climatici, l'inquinamento marino, la pesca intensiva e l'impoverimento delle specie ittiche che si nutrono di plancton. Pertanto le meduse si vedono ridurre la concorrenza in mare nella lotta per il cibo. Sempre a proposito delle presenze estive in mare, non si hanno più notizie dei tre capodogli avvistati 6 giorni fa nel mare di Rovigno, per i quali si temeva lo spiaggiamento. Secondo i biologi avrebbero per fortuna trovato la via del ritorno in direzione del Mediterraneo che è il loro ambiente naturale. Tutto sommato l’ecosistema dell’Adriatico sembra, dunque, godere di buona salute e i bagnanti siano contenti di immergersi in acque pulite.

(p.r.)
 

 

Energia da fonti rinnovabili - storico sorpasso sul fossile - l’intervento di  N. Cusumano, F. Pontoni e A. Sileo (www.lavoce. info)
Nel mese di giugno si è toccato un traguardo simbolico: la produzione mensile di elettricità è stata coperta per il 50,5% da fonti di energia rinnovabile.

Era dagli anni Sessanta che non accadeva, ma rispetto ad allora il quadro è radicalmente cambiato. All’epoca era l’idroelettrico a farla da padrone e la produzione annua totale di energia elettrica era circa un terzo di quella attuale. Nei primi sei mesi del 2016, l’idroelettrico ha rappresentato il 39% della produzione rinnovabile, seguito da fotovoltaico (21%), eolico (19%), biomasse (16%) e il 5% da geotermia. Questa rivoluzione certifica il successo della politica d’incentivi che ha fatto aumentare del 137% la produzione elettrica da fonti di energia rinnovabile rispetto al 2000 e che ha consentito all’Italia di raggiungere l’obiettivo europeo al 2020 in anticipo di sei anni. È, tuttavia, inevitabile chiedersi se lo storico sorpasso sulle fonti fossili sia il frutto della congiuntura oppure di cambiamenti strutturali. Sicuramente hanno contribuito la buona performance dell’idroelettrico, grazie a un mese di giugno relativamente piovoso (+22% rispetto alla media 1971-2000), e la domanda elettrica ai minimi storici dopo il sesto calo consecutivo dall’inizio dell’anno. Congiuntura o cambio di struttura? In ottica strutturale, occorre distinguere le dinamiche lato offerta da quelle lato domanda. Sulle prime, dopo anni di copiosi investimenti in tecnologie il sistema paese ha raggiunto una sovraccapacità di generazione. Nei prossimi anni gli investimenti si limiteranno a sostituire impianti obsoleti. Grazie anche alle politiche di sostegno messe in atto nel recente passato, le rinnovabili sono ormai tecnologie relativamente mature, in grado di competere liberamente sul mercato con le fonti tradizionali. Dal lato domanda, invece, c’è da chiedersi se sia ragionevole pensare che i consumi elettrici si manterranno sui livelli attuali e cioè se le politiche di promozione dell’efficienza energetica saranno effettivamente in grado di stabilizzare la richiesta. Oggi le cifre messe in campo sono meno della metà di quelle destinate alle rinnovabili: 1,3 miliardi annui per le detrazioni per la riqualificazione energetica e 900 milioni di certificati bianchi. Risorse comunque in grado di stimolare notevoli investimenti. Secondo i dati dell’Enea, dal 2007 sono stati effettuati interventi di riqualificazione energetica negli immobili di privati per 21,9 miliardi. E la politica energetica? Le politiche di efficienza tendenzialmente dovrebbero avere ricadute positive sull’occupazione, in virtù di un moltiplicatore più elevato in termini di valore aggiunto e posti di lavoro del settore edilizio. Qualche dubbio sorge invece sulla loro efficacia rispetto al risparmio energetico. Le politiche si sono concentrate per lo più sulla riqualificazione di edifici privati, nonostante il settore domestico abbia contribuito in modo limitato rispetto al terziario alla crescita dei consumi. Concentrarsi sul settore edilizio significa agire sui consumi termici, oggi coperti prevalentemente dal gas naturale. Tuttavia, le cose potrebbero presto cambiare. Finora, infatti, la progressività della tariffa elettrica domestica e il contenimento della potenza contrattualmente impegnata hanno compresso artificialmente il ricorso all’energia elettrica. La recente riforma della tariffa elettrica, rimuovendo le distorsioni tariffarie e rendendo più trasparenti i segnali di prezzo, pone le basi per una maggiore penetrazione del vettore elettrico anche per soddisfare i consumi termici, a discapito del gas naturale (su cui l’Italia ha investito molto, anche negli ultimi anni). La sostituzione, quindi, dovrebbe permettere un aumento dei consumi elettrici anche in una complessiva riduzione dei consumi energetici. In questo contesto è particolarmente evidente la mancanza di una visione sistemica. Le politiche energetiche, climatiche, ambientali (e industriali?) non possono più essere affrontate in modo settoriale e con soluzioni di breve periodo. Risulta difficile definire “politica energetica” la continua successione di pezze normative approvate di volta in volta per coprire emergenze e contingenze. Non bastano di certo i tanti annunci di una nuova “Strategia energetica nazionale” o del “Green act”. Una legge, quest’ultima, che avrebbe dovuto mettere l’Italia all’avanguardia in campo ecologico, energetico e climatico. L’annuncio fu dato il 2 gennaio 2015 dal presidente del Consiglio. Sono passati diciannove mesi, un nuovo accordo climatico è stato siglato a Parigi, ma della legge ancora nessuna traccia.

 

 

 

 

SLOWFOOD.it - LUNEDI', 29 agosto 2016

 

 

Ttip, cala il sipario sull’accordo ?
Questo Trattato transatlantico non s’ha da fare: stavolta il “niet” arriva da un peso massimo della politica continentale, il ministro dell’Economia e vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel.

Pur precisando di parlare a titolo personale, il leader dei socialdemocratici ha rilasciato una dichiarazione che non lascia spazio a fraintendimenti: «Secondo me, i negoziati con gli USA sono di fatto falliti, anche se nessuno lo ammette. E questo perché dopo 14 round di colloqui ancora non si è trovato l’accordo neanche per uno dei 27 capitoli sul tavolo. Noi europei non dobbiamo soccombere alle richieste americane. In Europa abbiamo già il nostro modo di vivere insieme».
Come abbiamo già ricordato più volte nel corso degli ultimi mesi, il Ttip (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) è un mega accordo commerciale, in discussione dal 2013, che mira a creare uno spazio di libero scambio tra Stati Uniti e Unione Europea. Non si parla solo di tariffe e dazi doganali: il vero oggetto del contendere sono infatti le cosiddette “barriere non tariffarie”, specie quelle che regolamentano l’accesso al mercato comunitario di molti prodotti alimentari statunitensi. Bovini allevati con ormoni, polli lavati con la clorina, frutta e verdura con alti residui di pesticidi, alimenti Ogm destinati al consumo umano e altro ancora, su cui la normativa europea diverge in modo significativo da quella Usa.
Milioni di cittadini europei si sono schierati contro la concreta eventualità che una trattativa condotta in segreto tra Bruxelles e Washington portasse a un abbassamento generale dei nostri standard sull’alimentazione e l’agricoltura, raccogliendo oltre tre milioni di firme e organizzando proteste in tutto il continente: anche in Italia, dove lo scorso 7 maggio la campagna Stop Ttip ha promosso una manifestazione nazionale a Roma a cui Slow Food Italia ha aderito insieme a decine di associazioni dei consumatori, sindacati e movimenti ecologisti.
«La nostra opposizione non è rivolta agli accordi commerciali in generale – precisa il presidente di Slow Food Italia, Gaetano Pascale – ma a questa modalità di trattato. Siamo soddisfatti, ma non parliamo di una vittoria: la vittoria arriverà quando politica, economia, finanza e società civile ribalteranno la prospettiva attuale, ponendosi obiettivi legati al benessere dei cittadini e alla qualità dell’ambiente prima che agli aspetti puramente di mercato».
Nel febbraio scorso Obama ha incassato la firma del Partenariato transpacifico (Tpp), l’accordo “gemello” di quello negoziato con gli europei che coinvolge dodici Paesi tra Asia, America latina e Oceania. Il presidente uscente contava di far approvare il Ttip entro la fine del suo mandato, obiettivo che a questo punto appare davvero utopistico. Per il futuro, le prospettive vanno in direzione tutt’altro che favorevole a quella auspicata dai tecnocrati e dalle multinazionali: pesano l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, le elezioni in Francia e in Germania nel 2017 e la contrarietà già espressa, con toni diversi (più netti quelli di Trump, più sfumati quelli della Clinton), da entrambi i candidati alle presidenziali Usa di novembre.
Sul tavolo rimane però la questione aperta del Ceta, il trattato negoziato con il Canada che i critici considerano un “cavallo di Troia” del Ttip: oltre alle scarse garanzie offerte all’agroalimentare italiano (nomi come “mozzarella”, “mortadella” e “gorgonzola” potranno essere utilizzati sui prodotti canadesi, a patto che non compaia sulla confezione la bandiera italiana), c’è il rischio che le multinazionali statunitensi attive sul territorio canadese si avvalgano della possibilità di intentare cause legali davanti a tribunali internazionali privati contro le decisioni ritenute “lesive” da parte dei governi europei. La clausola, chiamata Investment court system (Ics), è analoga all’Isds previsto nella prima versione del Ttip.
Di tutto questo si tornerà a parlare a settembre, al Consiglio Europeo di Bratislava. L’attenzione pubblica su questi temi ha contribuito a far sì che l’eventuale ratifica del Ceta spetti anche ai parlamenti nazionali degli Stati membri. Ora sono di nuovo i cittadini a essere chiamati in causa, perché nessuna decisione di questa rilevanza venga presa ignorando o contrastando la volontà di milioni di europei.
Andrea Cascioli (a.cascioli@slowfood.it)
 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 29 agosto 2016

 

 

L'altra faccia del Sisma, 1000 allevamenti nell'area: è emergenza animali
Primo bilancio della Coldiretti nelle zone colpite dal terremoto del 24 agosto. Ronde di volontari per evitare episodi di sciacallaggio nelle aziende agricole isolate
ROMA - Decine di animali morti sotto le macerie, greggi abbandonati, stalle, fienili e casolari lesionati, distrutti o inagibili, sistemi di mungitura inutilizzabili, ma anche frane e smottamenti sulle strade rurali che impediscono la necessaria consegna quotidiana di latte che è andato perduto. E' il primo bilancio della Coldiretti sulla situazione nelle campagne terremotate in un territorio a prevalente economia agricola con una significativa presenza di allevamenti di bovini e pecore. Circa mille aziende agricole operano nell'area interessata dal sisma dove sono c'è bisogno, tra l'altro, foraggi, mangimi, generatori di corrente, carrelli per la mungitura, pali e filo elettrificato per le recinzioni ma - sottolinea la Coldiretti - ci sono difficoltà per accudire gli animali dove le persone sono state costrette ad allontanarsi e si temono azioni di sciacallaggio nelle aziende agricole isolate.
Per questo in azione ronde realizzate dai giovani della Coldiretti che di sera vigilano sulle aziende agricole lontane dai centri abitati e più vulnerabili a furti e abigeato, mentre sulla base delle esigenze si sta procedendo alla consegna di carrelli per la mungitura e generatori di corrente alle aziende colpite con la collaborazione dell'Associazione Italiana Allevatori (AIA) ma anche mezzi tecnici e mangimi per garantire l'alimentazione degli animali con l'aiuto dei Consorzi Agrari d'Italia (CAI). Una necessità riguarda l'esigenza di garantire l'alloggio in tende, camper o roulotte agli allevatori con le abitazioni inagibili che non vogliono abbandonare i propri animali ai quali va garantita quotidianamente l'alimentazione e la mungitura.
E' scattata prontamente la solidarietà degli agricoltori che sono impegnati in operazioni di soccorso e sistemazione con l'uso di mezzi agricoli, ruspe e trattori ma anche di vigilanza nelle aree più isolate e per coordinare gli aiuti alle imprese agricole la Coldiretti sta organizzando incontri con gli agricoltori della zona. E' stato aperto ad Amatrice un "ufficio", perché anche i locali dell'organizzazione sono stati distrutti dal terremoto. "Una specifica Unità di crisi lavora per affrontare l'emergenza nelle aree colpite, che sono a forte vocazione agricola e allevatoriale, con sostegni che arrivano da tutto il territorio nazionale anche per le famiglie coltivatrici colpite da lutti dolorosi", ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo che lunedi 29 agosto sarà nella zone del sisma. Agricoltori,
cittadini, strutture economiche e cooperative lungo tutta la Penisola possono contribuire a questa azione di solidarietà donando su uno specifico conto corrente denominato "COLDIRETTI PRO-TERREMOTATI" (IBAN: IT 74 N 05704 03200 000000127000)

Roberto Moncalvo

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 agosto 2016

 

 

Cigni e germani morti, dossier in Procura

Il caso della moria di volatili nel rio Ospo approda in Tribunale su input della Forestale. Ipotesi di avvelenamento animali
MUGGIA «Abbiamo avviato le procedure previste nei casi di sospetto avvelenamento di animali informando l'autorità giudiziaria su quanto sta accadendo a Muggia». Ilario Zuppani, coordinatore della Struttura stabile della Vigilanza faunistica e venatoria di Trieste appartenente al Corpo forestale regionale (l'ex Polizia ambientale della Provincia), annuncia ufficialmente un passo molto importante in merito alla moria di uccelli acquatici - nello specifico germani reali e cigni - che da due settimane sta affliggendo le acque del rio Ospo. Un “giallo” ben lontano dall’essere risolto. La situazione, infatti, rimane tuttora altamente critica. Zuppani ha recuperato un campione di sangue da un esemplare vivo di germano reale con l'aiuto dell'esperto veterinario di fauna selvatica Stefano Pesaro. «L'uccello era ammalato, ma vivo. Abbiamo raccolto e messo in una borsa frigo il sangue, e l’abbiamo poi consegnato all'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie recandoci nella sede udinese», racconta Zuppani. Il materiale è stato poi portato alla sede di Treviso dell'Istituto zooprofilattico. Il germano reale, invece, in base alla convenzione vigente tra Regione ed Enpa, è stato consegnato alle cure della sede triestina dell'ente nazionale che si occupa della cura di animali. «Stiamo tutti aspettando di capire cosa stia accadendo nel rio Ospo - aggiunge il coordinatore della Struttura stabile della Vigilanza faunistica e venatoria di Trieste -. Per ora le ipotesi sono tante, che potrebbe essere data sia da causa umane sia naturali. Ad ogni modo, vista la situazione, abbiamo applicato le procedure di sospetto avvelenamento di animali informando la Procura». E tra le possibili cause della scomparsa degli uccelli acquatici, si è ipotizzato anche un tentativo di debellare le nutrie attraverso lo sfalcio delle piante infestanti con tanto di utilizzo di diserbante. A tale proposito, in difesa dei grossi roditori, si è schierata la sede triestina della Lav. «La nutria è stata spesso accusata di provocare gravi danni all'agricoltura, ma in realtà è provato che questi sono solo marginali, perché la specie non pascola mai lontano dall'acqua e quindi non si addentra quindi per molti metri nei coltivi», spiega il Consiglio direttivo della Lav. Secondo gli ambientalisti «le tane scavate negli argini vengono incentivate dalla rimozione della vegetazione arborea e arbustiva ripariale. Le radici di alberi e cespugli che crescono sulle rive di canali e corpi acquatici, disturbano lo scavo del roditore, che predilige le sponde spoglie». Da qui la constatazione che la consuetudine di tagliare a raso le siepi e la vegetazione naturale «ha favorito la diffusione delle nutrie». Tra l’altro, come son bastasse, la sera scorsa sono comparsi davanti al parcheggio Caliterna due ratti di grosse dimensioni. Le “pantegane” galleggiavano a pancia in su, oramai morte. Purtroppo per parte della fauna di Muggia un'estate decisamente nera.

Riccardo Tosques

 

 

Slitta l’apertura del parco urbano - Rinviato l’avvio dei lavori nell’area verde di Villa Bazzoni che dovrebbe essere intitolata a Margherita Hack
Trieste avrà finalmente il parco urbano che sogna dal 1998. Ma senza fretta. La riqualificazione del parco di Villa Bazzoni, opera da 540mila euro messa a punto dalla giunta Cosolini, si è dovuto fermare ai box per una revisione dopo l’ entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti.

Un passaggio obbligato, ratificato a fine giugno dagli uffici comunali, per riavviare la procedura di gara per l’affidamento dei lavori con le nuove regole, ovvero la “procedura negoziata”. Il progetto definitivo ed esecutivo è stato già approvato e l’impegno di spesa prenotato nell’aprile scorso. Questo cambio in corsa delle regole comporterà sicuramente uno slittamento sull’avvio dei lavori di riqualificazione del parco di Villa Bazzoni, previsto inizialmente per il novembre di quest’anno. Sono previsti 240 giorni di lavori e altrettanti di manutenzione del parco. La responsabile è l’architetto Antonia Merizzi del Comune. L’opera prevede - come si legge nella scheda tecnica - «il recupero di un parco privato per renderlo fruibile al pubblico”. L’area verde, in comodato trentennale all’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica), è di 5.655 metri quadrati e sarà uno spazio importante per gli abitanti del rione di San Vito. Si va dalla messa in sicurezza delle alberature al restauro delle murature perimetrali, dal restauro delle opere in ferro al ripristino delle panchine in pietra e delle statue esistenti, dalla installazione di due fontanelle alla messa a dimora di nuove piante, dal rifacimento dell’impianto di illuminazione all’installazione di videocamere di sorveglianza. Saranno anche messe in opera nuove recinzioni per delimitare l’area a uso pubblico da quella dell’Inaf, che ha sede nella Villa Bazzoni. Il parco Bazzoni nasce con la villa attorno al 1837. E un giardino “impervio” e storico. «È un parco bellissimo - decretava l’architetto Andrea Dapretto, l’ex assessore che ha seguito passo passo il progetto per la giunta precedente - in una zona scarsamente dotata di aree verdi pubbliche». Il 26 ottobre 2012 il consiglio di amministrazione dell’Inaf firmava la delibera con cui cedeva al Comune l’uso gratuito trentennale (rinnovabile) del parco di villa Bazzoni. «Se tutto andrà secondo la rigida scaletta che ci siamo imposti - assicurò all’epoca a Dapretto - entro l'autunno 2013 il nuovo giardino sarà completato e aperto al pubblico». Un parco che, una volta completato, dovrebbe intitolato all’astronoma Margherita Hack scomparsa nel 2013. Così aveva promesso il vicesindaco Fabiana Martini. Ma la riqualificazione del parco, che come detto avrebbe dovuto essere inaugurato entro il 2013, non è stata mai neanche iniziata. Sarà probabilmente l’assessore Elisa Lodi a tagliare il nastro, forse entro il 2017. L’idea del parco urbano arriva ancora più da lontano: fu annunciata dall’Osservatorio astronomico già nel 1998, subito dopo l’acquisto della villa dagli eredi delle famiglie Bazzoni e Basevi. Sono passati diciotto anni e del parco “Margherita Hack” neppure l’ombra.

Fabio Dorigo

 

 

Un nuovo gasdotto da Spalato all’Albania

Firmato a Ragusa un memorandum d’intesa per la realizzazione dell’opera. Ruolo centrale del rigassificatore a Veglia
ZAGABRIA Un gasdotto lungo 516 km che da Spalato scenderà fino a Fier in Albania e che collegherà la Trans-adriatic pipeline (Tap) alla rete energetica dell'Europa centrale. È questo il risultato concreto più importante del "Croatia Forum 2016", il vertice che si è tenuto questa settimana a Dubrovnik (25-26 agosto) riunendo una ventina di stati membri dell'Unione europea o della penisola balcanica. A margine del forum, le autorità di Croazia, Albania, Bosnia-Erzegovina e Montenegro hanno sottoscritto con la compagnia petrolifera di stato azera Socar un memorandum d'intesa riguardante la costruzione del cosiddetto Gasdotto adriatico-ionico (Iap). Si tratta di una ramificazione del Tap (la pipeline che attraverserà la Grecia settentrionale, l'Albania e l'Adriatico, arrivando in Salento), che avrà come obiettivo quello di portare 5 miliardi di metri cubi di gas azero all'anno nel sud-est europeo. «Il gasdotto adriatico-ionico farà in modo che tutti questi mercati siano approvvigionati in gas», ha dichiarato il ministro dell'Economia croato Tomislav Paneni„, augurandosi che la nuova rotta rappresenti «una connessione tra il nord e il sud» e possa «aprire la strada verso la completa liberalizzazione dei rifornimenti al mercato del gas europeo». Il governo di Zagabria, all'origine del forum di Dobruvnik intitolato proprio "Rafforzare l'Europa: connettere il Nord e il Sud", investirà 265 milioni di euro nel progetto, mentre il costo totale dell'opera - stimato dal gruppo di consulenza danese COWI A/S - si aggira attorno ai 620 milioni di euro. Proprio in Croazia sarà situato il tratto più lungo del gasdotto (circa 250 km), mentre 167 km e 94 km attraverseranno rispettivamente l'Albania e il Montenegro. La Bosnia-Erzegovina sarà coinvolta nel progetto per il solo corridoio di Neum (l'unico porto bosniaco sull'Adriatico, tra Spalato e Dubrovnik). Oltre al memorandum sullo Iap, il forum di Dubrovnik ha portato anche alla firma di una dichiarazione sull'Iniziativa "dei tre mari", ovvero riguardante i Paesi che si affacciano sul mar Nero, sull'Adriatico o sul Baltico (detti Babs). Dodici stati membri dell'Ue hanno preso parte al piano che prevede di collegare i settori energetici, dei trasporti e delle telecomunicazioni attraverso l'Europa centrale e orientale. Austria, Bulgaria, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria hanno assicurato il proprio sostegno a questa "piattaforma informale" il cui compito è quello di assicurare il sostegno politico e facilitare le azioni «in specifici progetti trans-frontalieri o macro-regionali», riporta l'agenzia croata Hina. La "regione dei tre mari" rappresenta il 28% del territorio dell'Ue e il 22% della sua popolazione, ma ha precisato la presidente croata Kolinda Grabar Kitarovi„ «partecipa con il solo 10% al Pil dell'Ue». E per sviluppare correttamente quella che Grabar Kitarovi„ ha definito «la vena giugulare dell'Europa», serviranno 50 miliardi di euro di investimenti. Uno dei progetti chiave per il futuro dell'asse nord-sud immaginato a Dubrovnik sarà ancora una volta l'energia e, nel dettaglio, il collegamento del terminal Lng in Polonia con il rigassificatore previsto sull'isola di Veglia (Krk) in Croazia.

Giovanni Vale

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 agosto 2016

 

 

Dipiazza “sfida” Serracchiani e invoca la revisione dell’Aia
Nella lettera inviata alla governatrice il primo cittadino ricostruisce quanto accaduto nel rione di Servola negli ultimi dieci mesi
Nel serrato duello istituzionale provocato dalla Ferriera il Comune ha ripreso l’iniziativa, come prevede e richiede il ruolo di sfidante della Regione. Il sindaco Roberto Dipiazza ha inviato una richiesta formale al governatore Debora Serracchiani, affinchè venga riesaminata l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata in gennaio a Siderurgica Triestina. Il casus belli è l’inquinamento acustico: il Municipio triestino eccepisce che i residenti servolani non possono aspettare 30 mesi prima che la situazione migliori. Tra l’altro nell’incontro del 21 luglio l’azienda - puntualizza il sindaco nella nota che accompagna la missiva trasmessa alla Regione - si era impegnata a contenere in sei mesi i tempi di intervento per risolvere il problema del rumore. A questo punto - scrive Dipiazza - la situazione «acclarata» di inquinamento acustico può comportare «possibili effetti sulla salute così come indicato dall’Azienda sanitaria»: l’analisi dei fatti, le ultime risposte fornite dall’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito, la «situazione contingente» ha spinto il sindaco a un’ulteriore accelerazione nella prova di forza con la Regione e con il gruppo Arvedi. Dipiazza scrive direttamente alla Serracchiani, per conoscenza all’assessore Vito e al dirigente regionale dell’Ambiente Luciano Agapito, responsabile della tutela da inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico. La lettera giunge alla richiesta di riesame previa ricostruzione “storica” di quanto avvenuto negli ultimi dieci mesi. Tutto è partito dalle segnalazioni di alcuni residenti, in seguito alle quali nell’ottobre dello scorso anno l’Arpa effettuava rilievi acustici in un’abitazione di Servola, accertando il superamento dei limiti di legge. Nel gennaio 2016 il Comune provvedeva a comminare la sanzione prevista, mentre l’Azienda sanitaria annotava «possibili effetti sulla salute per quanto riguarda l’esposizione a rumore misurata da Arpa regionale». Arriviamo così - sempre seguendo la traccia della missiva di Dipiazza - alla primavera di quest’anno, quando Arpa, risollecitata dal Comune, rifaceva rilievi acustici, che ancora una volta superavano i limiti di legge. La documentazione inerente veniva inoltrata alla Regione nel dossier riguardante la seconda visita ispettiva effettuata dall’Agenzia in Ferriera. Il 26 luglio scorso - prosegue l’epistola - Siderurgica Triestina ha presentato il Piano di risanamento acustico, con interventi mitigativi da attuarsi «entro i tempi previsti dall’Aia», cioè entro i successivi 30 mesi. Allora, obietta il Dipiazza-pensiero, i residenti di Servola debbono aspettare che la situazione migliori soltanto tra due anni e mezzo con i «possibili effetti sulla salute», di cui parla l’Azienda sanitaria in una nota del 2 febbraio 2016? Domanda evidentemente retorica, alla quale il sindaco replica, in chiusura della lettera, chiedendo a Debora Serracchiani di avviare il riesame dell’Aia. Tra parentesi, con un filo di studiata malizia, Dipiazza scrive «con l’urgenza sanitaria del caso». L’inquinamento acustico è solo uno dei “fascicoli” aperti dal Comune in pressing sulla Ferriera, dopo la vittoria di Dipiazza alle recenti amministrative. L’intenzione del municipio di installare proprie centraline per misurare i livello di inquinamento atmosferico aveva creato le premesse di un confronto piuttosto aspro con i vertici dell’Arpa. Nell’incontro Comune/azienda di giovedì 21 luglio, al quale aveva partecipato lo stesso cavalier Arvedi con un inaspettato coup de scene, tra le richieste dell’amministrazione, riferite dall’assessore Giorgio Rossi causa l’assenza di Dipiazza, c’era quella di un nuovo piano che riuscisse a ridurre i rumori in un lasso di tempo contenuto e non protratto per 30 mesi. Nella stessa circostanza il Comune aveva preannunciato che avrebbe chiesto la revisione dell’Aia. Detto e fatto: a distanza di un mese Dipiazza si è fatto vivo con la Serracchiani.

Massimo Greco

 

Il plauso dei comitati dei residenti: «Le regole valgono anche per il signor Arvedi»

la linea di NO SMOG: Ora bisogna tirare dritto senza farsi intimidire dall’azienda
È unanime il plauso dei comitati di Servola all’iniziativa del sindaco Roberto Dipiazza. La portavoce del comitato No Smog Alda Sancin è chiara: «Non si può che dir “bravo. Ora speriamo che vadano avanti di questo passo e non si facciano intimidire dall’industriale». L’esponente del comitato valuta come inevitabile la mossa del Comune: «Non si può pensare che questo inquinamento acustico vada avanti per tempi tanto lunghi - dice Sancin -. Quando un comune cittadino disturba viene zittito e sanzionato. Se questo vale per tutti noi non vedo perché dovrebbe esserne esonerato il signor Arvedi: non si possono avere due pesi e due misure per il cittadino normale e per l’industriale riccastro». Il No Smog auspica altre sanzioni: «Se il rumore continua, provvedano a multarli. Non si può pensare che vadano avanti per trenta mesi solo perché hanno l’ombrello dell’Aia. Qui c’è gente che non può dormire per giorni». Per Sancin, comunque, è solo l’inizio: «Il rumore è un fronte. Poi ci sono le polveri, i gas. Speriamo proseguano su questa onda». Esulta anche il comitato 5 Dicembre: «La richiesta di riesame è un atto che consideriamo molto importante - scrivono in un comunicato -. Il Comune di Trieste non avrebbe nemmeno dovuto approvare l'Aia». Il comitato attacca poi il partito di governo nazionale: «Visto che la precedente amministrazione comunale era dello stesso partito che governa la Regione e l'Italia, il Pd di Renzi, e agiva secondo noi seguendo logiche partitiche e non nell'interesse dei cittadini, da loro non ci si poteva aspettare altro». Diverso, secondo il 5 Dicembre, è il discorso con il nuovo governo cittadino: «Oggi che il Pd non amministra più la città, vediamo che finalmente il Comune si muove concretamente mettendo giustamente in discussione l'Aia», scrivono. Scatta poi un attacco all’ente di sorveglianza ambientale: «Cogliamo inoltre l’occasione per ribadire la nostra sfiducia nei confronti dell’Arpa Fvg in quanto ente che agisce seguendo gli indirizzi tracciati dalla Regione, che vigila sulla sua attività. È nostra opinione siano indirizzi partitici del Pd». La valutazione del comitato si sposta quindi sul piano nazionale: «Secondo noi il Pd vuole fare in modo che Arvedi possa dire che, siccome ha risanato Servola, allora è in grado di fare siderurgia pulita non solo a Trieste ma anche a Taranto. Lasciamo a vi giudicare se oggi a Trieste si stia facendo siderurgia pulita e se sia il caso di esportare questo esempio anche a Taranto su scala molto più grande». Per il gruppo «l’Area a caldo di Servola va progressivamente chiusa nel minor tempo possibile. A nostro avviso è incompatibile con la salute della popolazione e riconvertita in area logistica retroportuale come scritto nel piano industriale del 2014».

(g.tom.)

 

I sindacati - Fim-Cisl all’attacco: «Mossa post-elettorale»
«Siamo agli strascichi di campagna elettorale». È il commento del sindacalista di Fim-Cisl Umberto Salvaneschi alla richiesta di revisione dell’Aia per la Ferriera, avanzata ieri dal Comune.

«Come in tutte le ultime elezioni, anche questa campagna si è basata molto sulla questione Ferriera, facendone una questione di vita o di morte per la città - afferma -. Si è trascurato però quel che di buono si è fatto nello stabilimento per risanare la questione ambientale». Per Salvaneschi «i risultati sulle emissioni ci sono»: «Per quanto riguarda il rumore, invece, come Rsu sappiamo che si sta lavorando a dei progetti che risolveranno il problema, anche se ci vorrà del tempo. Bisognerebbe appunto entrare nei contenuti, evitando polemiche che sfociano nel personalismo». Analoghi i dubbi di Franco Palman della Uilm: «Ci sono dei criteri che l’azienda ha il dovere da rispettare, ma bisogna aspettare i tempi previsti. C’è un monitoraggio degli enti preposti, alla luce del quale iniziative come quella del Comune rischiano solo di fare del male». Il parere della Uilm è quindi il seguente: «Sono stati avviati procedimenti di risanamento ambientale e al contempo, realtà unica in città, si sono avviate assunzioni di nuovi giovani, tutti locali. In una situazione simile serve serenità e non spot pubblicitari da bassa politica che non considerano l’interesse di tutti». Più cauto invece Cristian Prella di Failms: «La posizione del nostro sindacato in questi casi è di aspettare il responso delle strutture istituzionali. Non assumiamo pareri aprioristici: ci interessa la tutela dei lavoratori sia sul fronte della salute che su quello del lavoro. Aspetteremo quindi che vengano emessi i giudizi».

(g.tom.)
 

La Regione apre al confronto e assicura collaborazione «Pronti a valutare l’istanza del Comune» - Siderurgica Triestina sceglie la linea del silenzio
«La Regione valuterà con attenzione l’istanza di riesame dell’Aia presentata dal Comune di Trieste. La valutazione sarà condotta dagli organismi tecnici nel dovuto rispetto di tutte le normative». Firmato l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito.

Una risposta - giunta ieri sera - laconica, asciutta, mantenuta su un deliberato livello di asetticità: insomma, niente polemiche con il Comune sulla Ferriera. Non a caso la replica della Vito puntualizza il fatto che saranno gli «organismi tecnici» a valutare la richiesta avanzata dal municipio triestino, con esplicito riferimento all’inquinamento acustico, a fronte del quale i 30 mesi della “terapia” aziendale vengono ritenuti fuori tempo massimo. La mancata specifica degli «organismi tecnici», che saranno coinvolti, fa sorgere le prime domande: sarà necessario riconvocare la Conferenza dei servizi, che a gennaio aveva varato l’Autorizzazione integrata ambientale, ma alla quale avevano partecipato anche Comune e Provincia? Oppure sarà sufficiente una verifica condotta dagli uffici della Regione, dall’Arpa, dall’Azienda sanitaria? E qualcuno dovrà pur sentire le “parti”, ovvero Comune e Siderurgica Triestina. E quanto tempo occorrerà per decidere sulla richiesta comunale? A sua volta Siderurgica Triestina, la società del gruppo Arvedi costituita per gestire la Ferriera, non ingaggia il combattimento e sulla lettera di Dipiazza dichiara un prevedibile “no comment”. La posizione dell’azienda - si fa comunque intendere - è quella già espressa nel comunicato diffuso il 27 luglio scorso, quando Siderurgica trasmise il Piano di risanamento acustico alla Regione Fvg, all’Arpa, alla Provincia, al Comune, all’Azienda sanitaria. Due relazioni tecniche, un modello matematico attualizzato con la proposta di 11 progetti di intervento su altrettante “macrosorgenti” di rumore, tre tipi di intervento suddivisi in “attivo”, “passivo” (incapsulaggi), “passivo sull’ambiente” (tamponamenti, schermature): questi erano i principali passaggi sui quali si articolava la risposta aziendale alla questione-rumori. Riguardo il cronoprogramma necessario per la realizzazione degli interventi, il comunicato della Siderurgica insinuava con un filo di malizia la doverosa coerenza con il «piano di zonizzazione acustica del Comune di Trieste, ossia l’atto tecnico-politico che pianifica gli obiettivi ambientali del territorio comunale in relazione alle sorgenti sonore per le quali vengono fissati dei limiti». Piano di zonizzazione acustica - aggiungeva la nota - «di cui oggi il Comune è sprovvisto». Ovvero: come può il Comune contestare coerentemente le nostre presunte inottemperanze, dal momento che esso stesso è inottemperante in quanto non ha provveduto a dotarsi dello strumento pianificatorio «determinante per assicurare credibilmente il raggiungimento dei risultati attesi dai cittadini». Si tenga presente che il Piano aziendale seguiva di alcuni giorni l’incontro Comune/azienda del 21 luglio, al quale partecipò Arvedi ma al quale dovette dare forfait Dipiazza. Sembrava avesse avuto inizio un percorso negoziale, invece gli esiti sono al momento molto diversi.

magr

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 agosto 2016

 

 

I giardini dei veleni abbandonati al degrado

I bambini e i cani sono tornati a giocare infischiandosene dei divieti ma i residenti protestano per le erbacce, i rifiuti e l’assenza di manutenzione
I giardini inquinati, ora, si scoprono pure degradati. Sporchi e semiabbandonati. Sono passati quattro mesi dalla fine di aprile quando l’allora giunta Cosolini, di fronte ai dati sulle sostanze rintracciate nel terreno, decide di mettere le transenne alle aiuole di piazzale Rosmini. Stessa sorte per la Pineta “Miniussi” di Servola. La rivolta dei residenti, a San Vito, è immediata. Passa un mese e lo stop si estende a due scuole dell’infanzia ed elementari di Servola: la don Chalvien di via Svevo e la Biagio Marin di via Praga. Off limits, sempre nello stesso rione, pure i cortili della chiesa San Lorenzo e dell’Associazione amici del presepio in via dei Giardini. In tutti vengono rilevati valori di benzopirene, benzoantracene e benzofluorantene sopra i limiti di legge. Un analogo divieto scatta clamorosamente anche per il giardino pubblico di via Giulia, il polmone verde della città, dove l’Arpa si accorge di contaminazioni addirittura superiori. Oggi, a distanza di quattro mesi, i cartelli sono sempre là, magari un po’ malconci e bersagliati da scritte irridenti. Nel frattempo si sono susseguiti interminabili polemiche, tavoli tecnici tra istituzioni, accuse e controaccuse tra centrodestra e centrosinistra sfociate fino in campagna elettorale. Le elezioni si sa come sono andate. Ma in piazzale Rosmini, ad esempio, la situazione ora è visibilmente peggiorata. E nel mirino dei cittadini finiscono il sindaco Roberto Dipiazza e il nuovo assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi. Su quei veleni è cresciuta erba in abbondanza che evidentemente nessuno si sta preoccupando di tagliare. Niente manutenzione, fa notare chi abita nei dintorni. C’è spazzatura. Le panchine sono sempre più lordate dalle scritte. C’è un albero pericolante piegato dal vento, numerato con il codice 004D0150, che inquieta chi frequenta abitualmente questi spazi. Su quei veleni i bambini hanno ripreso a giocare perché ormai mamme, papà e nonni, dopo quattro mesi di chiacchiere terminate nel silenzio, non sanno più se prendere sul serio la storia dell’inquinamento. Su quei veleni chiunque porta i cani, senza preoccuparsi, se infilano il naso nel terriccio cancerogeno. In piazzale Rosmini la gente è inferocita. «È uno scandalo, il giardino è totalmente abbandonato, è tutto sporco, nessuno se ne sta interessando più» protesta la signora Liliana Saetti, seduta con altre amiche su una panchina. Vittorina Supp annuisce: «Malissimo. Io ho visto nascere questo posto. Qualche mese fa sono venuti a fissare su pali e alberi i cartelli con il divieto di andare sulle aiuole. Ma poi il nulla e intanto qui è tutto dimenticato». Liliana Casali segue il filo del discorso: «Purtroppo è vero. Io abito qui da sessant’anni, non ho mai visto una cosa così indecente. Non ce l’ho con Dipiazza ma ha promesso molte cose e non sappiamo cosa saprà veramente mantenere. Penso alla Ferriera: ha garantito che la chiuderà, ma io non ci credo. Voglio vedere cosa riuscirà a fare per i giardini, intanto sono mesi che il Comune non viene a sistemare l’erba e a pulire. Perché?». La signora Nirvea Pezzoli viene spesso a fare due passi e a ritrovarsi con le amiche. Lei, come tanti genitori e nonni, è su tutte le furie: «Dov’è il sindaco? Veniamo a prenderlo noi in municipio!». In via Giulia non si può parlare di vero e proprio degrado. L’erba, certo, in alcuni punti non appare particolarmente curata, così come nella Pineta “Miniussi” di Servola. Ma anche qui, in via Giulia, chiedono risposte, tanto più che pochi si accorgono dei cartelli di divieto per inquinamento. La maggior parte li scambia per semplici avvisi a non calpestare le aiuole. «Benzopirene? - osserva la signora Kristina che ha portato i figli a giocare - . Non ne sapevo nulla. Porto subito via i bambini». Il signor Cristiano scuote il capo: «Hanno disseminato il giardino di cartelli ma senza far nulla...».

Gianpaolo Sarti

 

La centralina fantasma dell’Arpa e l’inutile piazzola transennata - il cantiere
Non solo erbacce, sporcizia, graffiti sulle panchine e sui giochi per i bambini. I residenti protestano pure per la piazzola che avrebbe dovuto ospitare, all’interno del giardino, la centralina dell’Arpa per le misurazioni dell’inquinamento dell’aria.

La struttura è completamente abbandonata. L’installazione del dispositivo fantasma, per il quale è stata asfaltata una parte del terreno, è stata bloccata dagli stessi cittadini alcuni mesi fa e il cantiere, oggi, è sempre là. Ancora transennato da una rete rossa che doveva fare da protezione per i lavori, mai portati a termine. Ormai è distrutta e si confonde tra le erbacce. Dal pavimento spuntano pezzi di ferro arrugginiti, un pericolo per i bambini che vengono a giocare. I cartelli esterni del cantiere portano una data, quella del 16 dicembre 2015. È da quel giorno che è tutto lasciato così. E la gente, inascoltata, continua a lamentarsi con il Comune. Non funziona neppure la fontana al centro del giardino.

(g.s.)

 

Dalle cicche all’aiuola di padre Pio - scatta la pulizia “fai da te” - l’autogestione
Chi abita a San Vito e dintorni, e frequenta abitualmente il giardino di piazzale Rosmini, si è arrangiato da sé.

Alcuni residenti si sono organizzati per pulire le aiuole da cartacce, mozziconi di sigarette, bottiglie di plastica... Alcuni si sono messi anche a riordinare la piccola aiuola che circonda la statua dedicata a Padre Pio. Qui ormai non aspettano più gli addetti comunali. «Purtroppo, dopo che hanno messo i cartelli di divieto, non viene veramente più nessuno qua a fare manutenzione - spiega un passante - ma soltanto a prelevare la spazzatura dai bottini. Troppo poco. La gente, stufa, ha deciso di arrangiarsi. Siamo stati abbandonati». Non tutto fila liscio: tra gli habitué di piazzale Rosmini non mancano le polemiche tra chi ritiene giusto portare i cani a fare i bisogni e chi no. C’è chi invoca addirittura una “tassa” speciale per tutti i proprietari di animali domestici della città con cui coprire le spese per la pulizia dei giardini.

(g.s.)

 

Ambiente - Nuova ispezione dell'ARPA in Ferriera

Tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Arpa Fvg e della Regione hanno compiuto ieri un ulteriore accesso allo stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola, nell'ambito della visita ispettiva in corso per la verifica del rispetto delle condizioni previste dall'Autorizzazione integrata ambientale.

Comunica la Regione: «Una particolare attenzione è stata posta alle misure che l'azienda ha illustrato per ridurre la possibilità che si ripetano gli episodi di dispersione di polveri dalle aree scoperte dello stabilimento, che si sono verificati in particolare nel corso del mese di agosto». L'Arpa conta di predisporre il rapporto conclusivo sugli esiti della visita ispettiva entro i primi giorni del mese di settembre.

 

 

Il caso - Non solo l’allarme germani reali - Cinque cigni morti nel rio Ospo

Dopo i germani reali, ora è la volta dei cigni. Prosegue senza sosta la terribile moria di uccelli acquatici del rio Ospo. La denuncia arriva direttamente dalla sezione triestina dell’Enpa: «Cinque giovani cigni reali muggesani sono deceduti».

Ma c’è anche una notizia buona: alcuni germani, in cura proprio all’Enpa, si stanno rimettendo. Ancora ignote le cause però di una moria senza precedenti. Anche se alcuni indizi fanno pensare sempre più all’avvelenamento dovuto alla vegetazione inquinata, forse dai diserbanti. Patrizia Bufo, presidente dell’Enpa di Trieste, racconta come la strage di pennuti acquatici stia interessando anche la sede di via De Marchesetti: «Abbiamo voluto mantenere un profilo basso operando e cercando di capire cosa sta accadendo, ma è dal 12 agosto che stiamo affrontando l’emergenza dei germani reali del rio Ospo». Arrivata la segnalazione da Muggia, i volontari hanno recuperato due esemplari incidentati portati subito nella struttura dell’ente che si dedica alla cura degli animali. Successivamente è arrivata un’altra segnalazione dal rio Ospo: diversi anatroccoli sono stati rinvenuti morti. A quel punto, nel caso di animali già deceduti, come prevede la norma, è intervenuta la Polizia ambientale, visto anche l’alto numero di soggetti coinvolti. «Attualmente i germani reali ospitati nella nostra struttura sono sei. Un soggetto è completamente guarito. Un altro, invece, è morto. Gli altri sono tutti in fase di miglioramento», racconta Bufo. Fondamentale per il recupero dei pennuti l’intervento del dottor Marco Lapia, esperto veterinario che con dedizione si sta dedicando ai volatili applicando una fluidoterapia - essendo gli animali molto deboli - e una alimentazione assistita, abbinata a una terapia antibiotica. «Premettendo che non siamo nuovi alle emergenze con la fauna selvatica stiamo osservando che le cure offerte ai germani stanno dando i loro frutti. Ovviamente, però, dobbiamo realmente capire cosa sta accadendo al rio Ospo». Anche perché oltre alle anatre nelle acque del corso muggesano stanno morendo pure i cigni reali. «Cinque cigni sono morti, uno è ammalato», conferma Bufo. Ma qual è dunque la causa di questa moria? Nella zona sono stati avvistati uccelli (non acquatici), nutrie, pesci e anfibi, tutti in apparente buona salute. Ed è proprio questo che potrebbe far restringere il cerchio. Una delle caratteristiche che accomuna germani e cigni reali è il “cibo verde”, ossia alghe, piante e resti vegetali in genere. «Anche se sono la prima a dire che solamente il risultato delle analisi in corso al laboratorio dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie offrirà la risposta oggettiva, fare delle ipotesi è lecito - spiega Bufo - quindi mi chiedo se non sia il caso di fare delle analisi delle acque del rio Ospo». Il sospetto, in particolare, si sposta sulle piante sull’Ospo, piante che potrebbero essere state avvelenate dall’utilizzo di diserbante e ingerite dai pennuti acquatici. Questo spiegherebbe di fatto perché tutti gli altri animali - che non si nutrono di piante acquatiche - non siano stati coinvolti dalla moria. Intanto si iniziano a fare sempre più i conti. Circa una trentina di germani reali e almeno cinque cigni sono morti. La popolazione delle anatre muggesane si è quasi dimezzata come racconta l’esperto faunista triestino specializzato in ornitologia Enrico Benussi: «Complessivamente i germani reali presenti nell’area del rio Ospo sono attorno alle ottanta unità. La particolarità di questi uccelli è che non sono animali prettamente selvatici, ma semidomestici o comunque misti. Da qui anche i particolari piumaggi che a volte non ricalcano il classico piumaggio dei germani reali selvatici». Se l’ipotesi dell’avvelenamento dovesse essere confermata, verrebbe allontanato definitivamente lo spauracchio del virus del Nilo occidentale, malattia che infetta soprattutto gli uccelli acquatici (oltre ai cavalli) e può comportare delle conseguenze mortali per l’uomo.

Riccardo Tosques

 

Il gufo reale nidifica sulle Falesie - Scoperto grazie al verso dei piccoli
Sono arrivati alle Falesie di Duino fra la fine di luglio e l’inizio di agosto, e la modalità con la quale la loro presenza è stata accertata, il verso dei piccoli che dal nido chiamano i genitori perché hanno fame, ha destato viva emozione in chi è stato testimone di questo inedito e raro evento, l’ornitologo Paolo Utmar.

Il dato è certo: il gufo reale è approdato sulle rocce di Duino per nidificare. Si tratta del più grande rapace notturno conosciuto, una specie protetta dalle normative nazionali e comunitarie, che ha scelto la Riserva di Rilke per riprodursi. Silenzioso quanto letale, questo strigiforme è un super predatore, dall’apertura alare che supera il metro e mezzo, che caccia in spazi aperti e la cui alimentazione è costituita da piccoli mammiferi, che possono essere anche predatori come faine, e giovani volpi e altri uccelli, pure rapaci. La specie era solamente una presenza occasionale a Duino: la precedente segnalazione risale al 1992. La scoperta non è arrivata del tutto inaspettata: già a metà marzo erano stati osservati i resti della predazione di un riccio, attribuibili solitamente al gufo reale, mentre a metà luglio un’altra isolata segnalazione della specie su Ornitho.it, la piattaforma nazionale di osservazioni dell’avifauna, aveva messo in allerta gli ornitologi. È stato a fine luglio però che Luigino Felcher, forestale del Corpo regionale di Duino Aurisina e appassionato ornitologo, ha segnalato i primi richiami, e la campagna di monitoraggio in atto lungo le Falesie, grazie alla collaborazione tra le due riserve di Duino e di Miramare, partner di un protocollo firmato già nel 2010 tra il Comune di Duino Aurisina, soggetto gestore delle Falesie, e il Wwf, che ha pari ruolo nell’Area marina protetta di Miramare, si è focalizzata sulla verifica di questa nuova specie potenzialmente nidificante. Il 22 agosto, finalmente, l’osservazione diretta da parte di Paolo Utmar: «Dopo numerosi e infruttuosi appostamenti lungo il sentiero Rilke - racconta - l’altra sera il richiamo del giovane strigiforme mi ha indicato il luogo da cui chiamava e mi è stato possibile vederlo e fotografarlo». La specie risulta a oggi presente sul Carso triestino, con poche coppie nidificanti tra gli ambienti rupestri della Val Rosandra e alcune cave di pietra. «Nell’ultimo anno, approvato e reso vigente il Regolamento della Riserva che disciplina la fruizione delle varie aree, il sito naturalistico offre evidentemente maggior tranquillità anche alle specie più esigenti - spiega l’assessore del Comune di Duino Aurisina, Andrej Cunja - e questa è una prima testimonianza che anche piccoli spazi, se ben gestiti, possono permettere la coesistenza di progetti di conservazione naturalistica e di obiettivi di sviluppo turistico del territorio». «Con questa osservazione - precisa Maurizio Spoto, direttore dell’Area marina di Miramare - la riserva delle Falesie offre un esempio di come una zona di limitata estensione, pari a circa 100 ettari, sita in un contesto geografico antropizzato, possa ospitare specie rare ed esigenti e nel contempo essere fruita da residenti e visitatori».

Ugo Salvini

 

«Ho visto un orso». La Forestale si mobilita - Segnalazione da parte di un cittadino a Trebiciano. I guardiacaccia: «Per ora nessuna impronta»
Per ora si tratta solo di una segnalazione fatta da un privato, per puro caso in transito sul posto, cioè nei campi di Trebiciano, e peraltro non confermata dagli uomini del Corpo forestale regionale.

Ma già da oggi le ricerche continueranno «anche perché i soggetti più giovani - spiegano Ilario Zuppani e Maurizio Rozza, del Corpo forestale - sono soliti errare senza meta nei boschi, soprattutto quando fa caldo e la sete è maggiore». Ci riferiamo alla presunta presenza di un orso sull’altipiano, in particolare nei boschi che costeggiano il campo carri di Trebiciano. L’avvistamento sarebbe avvenuto all’imbrunire, l’altro ieri, da parte di un uomo che stava portando il proprio cane a un corso di addestramento. Avendo visto qualcosa muoversi fra i rami del bosco, l’uomo ha pensato a un orso. «Potrebbe anche trattarsi di un grosso cinghiale - spiega Rozza - specie la cui presenza, nella zona, è piuttosto frequente. Non escludiamo in ogni caso che si possa essere trattato anche di un orso, magari proveniente dalla vicina Slovenia, dove la specie è diffusa. Esiste comunque una netta differenza di comportamento fra orsi e cinghiali - precisa la guardia forestale - perché, quando sono incuriositi, i primi si alzano sui posteriori, cosa che i cinghiali non possono certo fare». Di sicuro, l’uomo che ha lanciato l’allarme non si è soffermato a fare questa verifica, ma ha abbandonato il più rapidamente possibile la zona, per evitare qualsiasi possibile e pericoloso incontro. «In questa stagione - riprendono Zuppani e Rozza - con i terreni resi aridi e duri dal caldo e dalla prolungata mancanza di piogge, le uniche impronte che gli orsi possono lasciare sono nelle vicinanze degli stagni e dei corsi d’acqua, dove vanno ad abbeverarsi. Quest’anno - continuano - non abbiamo ancora registrato testimonianze di questo tipo che possano avere un qualche significato. In Slovenia - sottolineano le due guardie forestali - gli orsi sono piuttosto numerosi, sul nostro altopiano invece la loro presenza rappresenta una rarità». Di certo, gli uomini del Corpo delle guardie forestali del Friuli Venezia Giulia proseguiranno nelle loro quotidiane perlustrazioni del territorio e, se dovessero riscontrare elementi capaci di rendere certa o almeno probabile la presenza di un orso, non esiteranno a fare le necessarie segnalazioni.

(u.s.)
 

 

Tre capodogli avvistati nel mare di Rovigno - L’Istituto per la tutela e le ricerche marine lancia l’allarme: «Acque poco profonde, rischiano lo spiaggiamento»
Tre capodogli adulti lunghi 12 metri sono stati avvistati mercoledì sera nel mare di Rovigno, non lontano dall'Isola Rossa (Sant'Andrea). Gli esperti mettono in guardia dal rischio spiaggiamento: si tratta di animali abituati a profondità fino a mille metri, e per loro l'Adriatico settentrionale potrebbe rappresentare una trappola.

Testimone dello straordinario avvistamento una turista, Tatjana Ban Bastijancic, che stava navigavando assieme ad alcuni amici con la sua barca in prossimità dell'Isola di Santa Caterina: «In un primo momento-spiega- ho pensato fossero tre delfini ma poi mi sono avvicinata e ho riconosciuto i tre capodogli di circa 15 metri di lunghezza che ballavano allegramente sulla superficie del mare: l’emozione è stata molto forte». La notizia è stata subito rilanciata dai siti di news croati e sul posto si è immediatamente recata una troupe della Radiotelevisione croata per effettuare qualche ripresa. Dell'avvistamento è stato informato il Centro per la tutela e le ricerche marine Plavi Svijet di Lussinpiccolo. Lo studioso Drasko Holcer sostiene trattarsi probabilmente di 3 maschi adulti, sfiancati dalla stanchezza e disorientati. Subito si è fatta strada una certa preoccupazione sulla sorte dei tre animali. Holcer ha lanciato un appello a non avvicinarsi ai capodogli segnalando all'istituto tutti i loro movimenti: «Il nostro intento -chiarisce- è quello di indirizzare i capodogli verso il Canale di Otranto per farli entrare nel Mare Mediterraneo perchè in Adriatico rischiano seriamente lo spiaggiamento che per loro sarebbe la fine. Tale pericolo è reale perchè da queste parti il mare è poco profondo mentre i capodogli hanno bisogno di almeno mille metri di profondità per poter sopravvivere». Lo studioso chiarisce meglio le caratteristiche di questi animali e i rischi che corrono se non trovano una via di fuga in mare aperto: «I capodogli maschi di colore grigio-nero, possono raggiungere la lunghezza di 20 metri e il peso di oltre 60 tonnellate. Le dimensioni delle femmine invece sono un po' più ridotte. Le femmine e i cuccioli generalmente vivono in gruppi di 5-15 esemplari mentre i maschi fanno vita separata. Purtroppo è una specie a forte rischio di estinzione a causa soprattutto dell'impigliamento nelle reti dei pescatori. Corrono anche il rischio di essere investiti da grosse navi. Un altro pericolo per la loro esistenza è rappresentato dalle ricerche sismografiche e dai sonar a basse frequenze usati dall'esercito». Si calcola che nel Mediterraneo ne vivano circa 2500 esemplari. I capodogli sono già apparsi vicino al Canale di Otranto con qualche avvistamento negli anni scorsi anche nell' Alto Adriatico. Nella maggioranza dei casi questi sconfinamenti finiscono con lo spiaggiamento sulla costa italiana.

p.r.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 agosto 2016

 

 

Morti altri 17 germani reali - Nell’Ospo resta il mistero - Individuate nuove carcasse. Uccelli di specie diverse, nutrie e pesci stanno bene

Entro dieci giorni gli esiti degli esami dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie
MUGGIA «Nella giornata odierna abbiamo recuperato 17 carcasse di germani reali: non riusciamo a capire cosa stia succedendo». Ilario Zuppani, coordinatore della Struttura stabile della Vigilanza faunistica e venatoria di Trieste appartenente al corpo forestale regionale (l’ex Polizia ambientale della Provincia), conferma il mistero della morte delle anatre sul rio Ospo. Durante un altro sopralluogo effettuato nella mattinata di ieri sono stati rinvenuti 17 pennuti privi di vita. Il computo totale sale dunque a circa 30 esemplari. Uno di questi - come già accaduto due giorni fa - verrà analizzato dal laboratorio dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie. «Abbiamo chiesto delucidazioni sulle tempistiche previste per avere dei risultati: se tutto va bene dovremmo avere un riscontro entro dieci giorni al massimo», aggiunge Zuppani. Entro la fine della prossima settimana, dunque, il mistero potrebbe essere risolto. Quello che è sicuro è che altri animali che popolano il rio Ospo godono di ottima salute: pesci, nutrie, ma anche altri uccelli continuano a popolare l’area serenamente. La problematica, dunque, parrebbe riguardare esclusivamente i germani reali. «Il fatto che altre specie di animali stiano bene è un buon segno - ammette Zuppani - però ora è da capire cosa stia uccidendo i germani reali». Intanto è intervenuta anche l’Azienda sanitaria per voce del dottore Massimo Erario, responsabile della Struttura semplice Sanità animale, Igiene degli allevamenti e delle Produzioni zootecniche che ha posto l’attenzione sul West Nile Disease, ossia il virus del Nilo occidentale, una delle possibile cause della moria di anatre, virus che peraltro può colpire anche altri animali quali i cavalli: «Posto che il caso specifico non è di nostra competenza, trattandosi di fauna selvatica, per la provincia di Trieste non è previsto un piano di monitoraggio sierologico negli equidi, essendo considerata zona non a rischio elevato, fermo restando l’obbligo di segnalare eventuali casi di carattere neurologico negli equidi e di attuare la sorveglianza in tal senso, casi peraltro non verificatisi nel nostro territorio». «Una volta ottenuti i risultati auspichiamo che si prendano provvedimenti per tutelare la colonia di anatre ancora in vita», commentano Patrizia Asefrid di Naica e Cristian Bacci di MujaVeg. La vicenda ha assunto anche un carattere politico con l’intervento del capogruppo consigliare muggesano di Obiettivo comune per Muggia Roberta Vlahov: «Da rappresentante di una lista civica ma anche di FareAmbiente, sono molto preoccupata dalla moria avvenuta nel rio Ospo. È di pochi giorni fa l’assegnazione della maglia nera regionale per l’inquinamento a livelli molto gravi, segnalato da Legambiente, per la zona della foce del Fugnan. Ora capita questo». Secondo Vlahov «è evidente che si sia verificata qualche anomalia o sversamento di sostanze nocive agli animali: chiediamo che l’Azienda sanitaria, unitamente al Comune, si faccia carico degli accertamenti necessari affinché eventi del genere non si verifichino più, anche per escludere che ci siano possibili rischi per la salute di tutti». La giunta Marzi esprime amarezza per l’accaduto: «Sorvolando sul fatto che paragonare il Fugnan all’Ospo è come assimilare la situazione dell’America a quella dell’Asia forzando il fatto che entrambi sono due continenti, non possiamo che esprimere invece la nostra amarezza rispetto alla ventilata possibilità che gli esemplari muggesani possano essere stati avvelenati». Il vicesindaco Francesco Bussani auspica che «se ciò dovesse trovare riscontro, non vi sia a monte una precisa volontà umana perché è terrificante e inaccettabile pensare che qualcuno si possa essere scagliato contro degli animali indifesi. Non ci resta che attendere che gli organi competenti, una volta accertata la natura del decesso, ce ne diano comunicazione in modo che possano essere adottate tutte le misure del caso».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

LA VOCE.info - MERCOLEDI', 24 agosto 2016

 

 

Energia da fonti rinnovabili: il sorpasso è storico
A giugno l’energia elettrica generata in Italia da fonti rinnovabili, idroelettrico incluso, ha superato quella da fossili. Un sorpasso ottenuto anche grazie ai bassi consumi, ma che potrebbe segnare l’inizio di una nuova epoca. Riusciremo a governare il cambiamento? E che fine ha fatto il Green act?
Rinnovabile batte fossile
Nel mese di giugno si è toccato un traguardo simbolico: la produzione mensile di elettricità è stata coperta per il 50,5 per cento da fonti di energia rinnovabile. Era dagli anni Sessanta che non accadeva, ma rispetto ad allora il quadro è radicalmente cambiato. All’epoca era l’idroelettrico a farla da padrone e la produzione annua totale di energia elettrica era circa un terzo di quella attuale. Nei primi sei mesi del 2016, l’idroelettrico ha rappresentato il 39 per cento della produzione rinnovabile, seguito da fotovoltaico (21 per cento), eolico (19 per cento), biomasse (16 per cento) e il 5 per cento da geotermia.
Questa rivoluzione certifica il successo della politica d’incentivi che ha fatto aumentare del 137 per cento la produzione elettrica da fonti di energia rinnovabile rispetto al 2000 e che ha consentito all’Italia di raggiungere l’obiettivo europeo al 2020 in anticipo di sei anni.
È, tuttavia, inevitabile chiedersi se lo storico sorpasso sia il frutto della congiuntura oppure di cambiamenti strutturali. Sicuramente hanno contribuito la buona performance dell’idroelettrico, grazie a un mese di giugno relativamente piovoso (+22 per cento rispetto alla media 1971-2000), e la domanda elettrica ai minimi storici dopo il sesto calo consecutivo dall’inizio dell’anno.
Congiuntura o cambio di struttura?
In ottica strutturale, occorre distinguere le dinamiche lato offerta da quelle lato domanda. Sulle prime, dopo anni di copiosi investimenti (in tecnologie sia tradizionali sia rinnovabili), il sistema paese ha raggiunto una sovraccapacità di generazione. Nei prossimi anni gli investimenti si limiteranno a sostituire impianti obsoleti. Grazie anche alle politiche di sostegno messe in atto nel recente passato, le rinnovabili sono ormai tecnologie relativamente mature, in grado di competere liberamente sul mercato con le fonti tradizionali. Questo porta a pensare che la sostituzione di quelli obsoleti, tenuto conto degli impegni in materia di cambiamento climatico, dovrebbe favorire nuovi impianti di generazione da fonti di energia rinnovabile, anche in assenza di incentivi.
Dal lato domanda, invece, c’è da chiedersi se sia ragionevole pensare che i consumi elettrici si manterranno in futuro sui livelli attuali e cioè se le politiche di promozione dell’efficienza energetica saranno effettivamente in grado di stabilizzare la richiesta. Oggi, le cifre messe in campo sono meno della metà di quelle destinate alle rinnovabili: 1,3 miliardi annui circa per le detrazioni per la riqualificazione energetica e 900 milioni di certificati bianchi. Risorse comunque in grado di stimolare notevoli investimenti. Secondo i dati dell’Enea, dal 2007 sono stati effettuati interventi di riqualificazione energetica negli immobili di privati per 21,9 miliardi di euro.
E la politica energetica?
Le politiche di efficienza tendenzialmente dovrebbero avere ricadute positive sull’occupazione, in virtù di un moltiplicatore più elevato in termini di valore aggiunto e posti di lavoro del settore edilizio. Qualche dubbio sorge invece sulla loro efficacia rispetto al risparmio energetico. Le politiche si sono concentrate per lo più sulla riqualificazione di edifici privati, nonostante il settore domestico abbia contribuito in modo limitato rispetto al terziario alla crescita dei consumi. Concentrarsi sul settore edilizio significa agire sui consumi termici, oggi coperti prevalentemente dal gas naturale. Tuttavia, le cose potrebbero presto cambiare. Finora, infatti, la progressività della tariffa elettrica domestica e il contenimento della potenza contrattualmente impegnata hanno compresso artificialmente il ricorso all’energia elettrica. La recente riforma della tariffa elettrica, rimuovendo le distorsioni tariffarie e rendendo più trasparenti i segnali di prezzo, pone le basi per una maggiore penetrazione del vettore elettrico anche per soddisfare i consumi termici, a discapito del gas naturale (su cui l’Italia ha investito molto, anche negli ultimi anni). La sostituzione, quindi, dovrebbe permettere un aumento dei consumi elettrici anche in una complessiva riduzione dei consumi energetici.
In questo contesto in continua evoluzione è particolarmente evidente la mancanza di una visione sistemica. Le politiche energetiche, climatiche, ambientali (e industriali?) non possono più essere affrontate in modo settoriale e con soluzioni di breve periodo.
Risulta difficile definire “politica energetica” la continua successione di pezze normative approvate di volta in volta per coprire emergenze e contingenze. Non bastano di certo i tanti annunci di una nuova “Strategia energetica nazionale” o del “Green act”. Una legge, quest’ultima, analoga al Climate Change Act inglese o alla Energiewiende tedesca, che avrebbe dovuto mettere l’Italia all’avanguardia in campo ecologico, energetico e climatico. L’annuncio fu dato il 2 gennaio 2015 dal presidente del Consiglio; sono passati diciannove mesi, un nuovo accordo climatico è stato siglato a Parigi, ma della legge ancora nessuna traccia.
Niccolò Cusumano, Federico Pontoni e Antonio Sileo
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 agosto 2016

 

 

Il mistero dei germani reali morti alle foci del rio Ospo - I guardiacaccia non escludono possa trattarsi del virus del Nilo occidentale
Le carcasse avvistate sono una ventina sul totale di ottanta volatili nella zona
MUGGIA - Moria di germani reali alle foci del rio Ospo. La voce che circolava da qualche giorno tra i muggesani riguardo la scomparsa di gran parte dei bei pennuti che popolano le acque rivierasche è stata confermata ieri dal comandante della Polizia ambientale provinciale di Trieste Ilario Zuppani: «Dobbiamo attendere le analisi per capire cosa stia succedendo, sicuramente le segnalazioni sono tante e purtroppo attendibili. Qualcosa sta uccidendo questi uccelli». E sulla misteriosa scomparsa degli animali aleggia anche lo spettro del virus del Nilo occidentale. Per ora il numero degli animali morti nel corso d’acqua muggesano si attesta attorno alle 20 unità rispetto agli 80 esemplari che popolano da anni la zona. Il numero dei volatili coinvolti, però, potrebbe essere molto maggiore. L’allarme sulla moria è stato lanciato pubblicamente sul web dal chiosco del Molo Balota. «Ci sono giunte notizie che le amate anatre, che da sempre gironzolavano per la zona del molo, sono state uccise. Non serve nemmeno dire quanto questo ci rattristi e faccia infuriare». La segnalazione è arrivata ben presto anche ai guardiacaccia della Provincia. «C’è chi parla di dieci esemplari, chi di venti, chi di più: noi, facendo un sopralluogo, abbiamo rinvenuto un paio di esemplari effettivamente morti», racconta Zuppani. Uno di questi germani reali, morto da pochissimo, è stato consegnato all’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Analizzare il campione di una carcassa è molto importante ovviamente per cercare di capire cosa stia effettivamente uccidendo le anatre muggesane. Per ora ci sono solamente delle ipotesi, da prendere evidentemente con le pinze. C’è chi parla di un possibile avvelenamento (volontario? involontario?) di massa. C’è chi sostiene di aver visto in questi giorni una sostanza simile alla nafta galleggiare nell’Ospo. Tra le ipotesi anche il tentativo di qualcuno di avvelenare nutrie o topi, andato invece a sterminare le anatre: in questo caso vi è l’auspicio che le telecamere di videosorveglianza posizionate in zona rio Ospo possano aver immortalato l’artefice o gli artefici di tale scelleratezza. Per ora, dunque, solo ipotesi. Ma quando ci potrà essere un riscontro oggettivo sull’accaduto? Una parte delle analisi verrà effettuata dalla sede udinese dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie: i relativi risultati dovrebbero arrivare quasi sicuramente entro la fine di questa settimana. Un’altra parte di analisi, quelle più complesse, dovrà essere compiuta nella sede centrale dell’Istituto che si trova a Padova: per l’esito potrebbero servire diverse settimane. «Onestamente non so davvero dire cosa possa essere successo - ammette il guardiacaccia Zuppani -, le possibilità sono varie. C’è anche da dire, premettendo che comunque le percentuali sono basse, che si potrebbe trattare del virus del West Nile». Il virus del Nilo occidentale, provocato dalle zanzare che sono il primo vettore, infetta gli animali acquatici, tra cui soprattutto gli uccelli. Ma la malattia può anche interessare l’essere umano. In questi anni Veneto, Emilia Romagna e Lombardia sono state le regioni interessate da questa problematica sanitaria. Anche con conseguenze mortali per l’uomo. Ed è notizia proprio di ieri che nel Ferrarese è stato attestato il quinto caso di West Nile in poche settimane. Tenendo conto poi, che di norma, la fase più delicata e a maggior rischio di contagio va proprio da Ferragosto sino all’inizio dell’autunno la prevenzione per evitare il proliferarsi delle zanzare è estremamente consigliata. Rimane comunque aperta la pista dell’avvelenamento - volontario o involontario - provocato dall’uomo. In attesa di risolvere il mistero della moria delle anatre muggesane del rio Ospo, dal chiosco di Molo Balota il messaggio è chiaro: «Vi preghiamo di tenere gli occhi aperti e di informare chi di dovere nel caso notiate qualcosa di strano».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - MARTEDI', 23 agosto 2016

 

 

Diritto alla salute, quali verità dietro gli inceneritori di nuova generazione?

L’antivigilia di ferragosto dall’agenzia Adnkronos è stato diffuso un comunicato della SItI (Società Italiana Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica) con 7 “verità” a supporto della presunta utilità e innocuità degli inceneritori di nuova generazione, posizione che sarebbe condivisa anche dall’Istituto Superiore di Sanità. Purtroppo sul sito ufficiale della SItI non è reperibile il comunicato originale e quindi ci si deve limitare a quanto diffuso da Adnkronos e ampiamente ripreso dai media. C’è da rimanere profondamente sconcertati davanti alle “7 verità” perché non solo nessuna di esse è scientificamente supportata, ma addirittura alcune affermazioni sono in netto contrasto con ciò che emerge dalla letteratura scientifica. Non sono mancate pronte repliche sia da parte dell’Isde (l’Associazione dei Medici per l’Ambiente) che di Medicina Democratica, ma alcune considerazioni della SItI meritano di essere prese in esame. Si afferma ad esempio che gli inceneritori “non provocano rischi sanitari acuti e cronici per chi vive in prossimità degli impianti” e che dallo studio epidemiologico Moniter “una delle più sofisticate ricerche al mondo sul rischio connesso alle emissioni di inceneritori […] si evidenzia chiaramente la assenza di rilevanti rischi sanitari acuti e cronici per chi vive in prossimità degli impianti”. Come già tante volte ho avuto modo di scrivere sono viceversa numerosi gli studi scientifici (anche recentissimi) che dimostrano esattamente il contrario e descrivono effetti sia a breve (esiti riproduttivi, malformazioni, esiti cardiovascolari, respiratori) che a lungo termine (soprattutto tumori). E’ vero che per la gran parte (ma non per la totalità) si tratta di studi che riguardano impianti di “vecchia generazione”, ma dove sono studi epidemiologici che valutano gli effetti a lungo termine degli inceneritori di “nuova” generazione? Quanto poi al Moniter – condotto dopo gli allarmanti risultati per la salute femminile emersi dall’indagine sugli inceneritori di Forlì, e costato ben 3 milioni e 400.000 euro di soldi pubblici – si fa presente che sono solo 2 gli studi usciti da questo immane lavoro che sono stati pubblicati su riviste internazionali. Tali studi segnalano un incremento statisticamente significativo del rischio di nascite pre-termine e di abortività spontanea in relazione alle emissioni degli impianti. Abortività spontanea e prematurità sono quindi per la SItI inquadrabili come “assenza di rilevanti rischi sanitari”? Ancora si afferma che le discariche inquinano più degli inceneritori, dimenticando che gli inceneritori (anche di terza generazione) necessitano di discariche speciali per le ceneri leggere, quelle che residuano dai filtri e dai processi di lavaggio dei fumi, residui tossici che non ci sarebbero senza la combustione. Ancora si parla di “un bilancio energetico complessivo positivo, con produzione di energia e sistemi di teleriscaldamento come accade virtuosamente da anni in città come Brescia, Lecco e Bolzano”. In realtà dal punto di vista energetico, anche con le migliori tecnologie disponibili, si raggiunge un rendimento pari al 40% dell’energia associata ai rifiuti in ingresso, risultato che si può ottenere solo attraverso un uso efficiente del teleriscaldamento e di fatto realizzato solo nelle 3 città citate. In realtà secondo i dati della Epa a parità di materiale l’energia risparmiata con il riciclo è da due a sei volte superiore a quella recuperata con l’incenerimento! E’ davvero deprimente constatare che si ridicolizza il concetto di “rifiuti zero”, non si conosce il concetto di “economia circolare” e si dipinge l’incenerimento come soluzione del problema rifiuti. Sono invece proprio questi impianti che ostacolano la soluzione dell’“emergenza rifiuti” perché – una volta costruiti – devono essere alimentati per decine di anni con grandissime quantità di rifiuti, impedendo riduzione, riuso e riciclo dei materiali. C’è quindi una “caccia” ai rifiuti per ogni dove – con ovvio aggravio del traffico pesante – o addirittura si assimilano i rifiuti speciali non pericolosi (prodotti da utenze commerciali e produttive) ai rifiuti urbani (gli unici di cui dovrebbe farsi carico l’amministrazione pubblica) pur di avere quantità adeguate da bruciare. La pratica della assimilazione è ampiamente diffusa in Emilia Romagna e Toscana e questo anche se la normativa comunitaria prevede che i rifiuti speciali siano gestiti a mercato libero, in quanto per la massima parte facilmente riciclabili. Si dimentica che gli inceneritori sono finanziati ogni anno con 500 milioni di euro pagati da tutti noi con la bolletta elettrica e questo trasforma l’incenerimento in un ottimo investimento per i gestori, ma non certo per la salute e l’occupazione. Non è certo da oggi che andiamo ribadendo questi concetti: se fossimo stati ascoltati e le risorse spese a favore degli inceneritori fossero state impiegate per raccolta domiciliare e centri di riciclo, quanti problemi avremmo risolto? Quanti ricoveri ospedalieri, sofferenze e morti avremmo risparmiato? Davanti ad argomentazioni così banali e superficiali della SItI c’è solo da arrossire: come si può pretendere che i cittadini abbiano fiducia nella classe medica se una parte qualificata di essa si dimostra quanto meno così poco informata? Personalmente voglio ancora credere nel ruolo dei medici e della sanità pubblica e non rassegnarmi davanti a quella che vorrei fosse solo superficialità e incompetenza, ma non vorrei nascondesse intrecci con interessi che nulla hanno a che fare con la tutela della salute.

Patrizia Gentilini

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 agosto 2016

 

 

Ambiente - La Regione a Dipiazza «La Ferriera è controllata»
Il sindaco Roberto Dipiazza chiede alla Regione lumi sulle inottemperanze dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) e la Regione risponde con l’assessore Sara Vito, la quale chiarisce che «gli uffici dell’Arpa e della Regione hanno fatto e stanno tuttora svolgendo ispezioni e controlli quali mai in precedenza erano stati fatti con tale frequenza».

«Nell’ambito delle attività di controllo esercitate da Arpa, sono state riscontrate delle irregolarità, per le quali - rileva l’assessore regionale all’Ambiente - i procedimenti sanzionatori si trovano a livelli di avanzamento differenti». Per quanto riguarda gli interventi di mitigazione sulle emissioni di rumore relativi a una componente dell’impianto su complessivi quattro interventi di mitigazione acustica che Siderurgica Triestina doveva eseguire entro il termine del 28 febbraio 2016 fissato dall’Aia, sono state espletate le prime quattro fasi del processo sanzionatorio ed è in corso la quinta fase. Quest’ultima è «in capo all’Amministrazione regionale, che sta valutando la sanzione da irrogare o, qualora ne sussistessero i presupposti, l’eventuale archiviazione». Per quanto riguarda «le irregolarità riscontrate a seguito della seconda verifica ispettiva ordinaria, è stata espletata la fase di accertamento, è in corso la fase b, che si concluderà con la notifica della contestazione al gestore dello stabilimento». Inoltre, rende noto l’assessore regionale, «è attualmente in atto una terza visita ispettiva». «Arpa e Regione - così Vito - devono attenersi scrupolosamente alla procedura sanzionatoria prevista dalla norma, che si sviluppa attraverso passaggi obbligati, non discrezionali e non eludibili, i quali comportano tempi che possono apparire lunghi ma che sono stabiliti dalla legge e che vanno rispettati».
 

 

Discarica abusiva di amianto all’ex Motel Agip - Coperture pericolose buttate da ignoti nell’area abbandonata
Il Comune di Duino transenna la zona per motivi di sicurezza
DUINO AURISINA Ennesimo inqualificabile episodio nell’area abbandonata e incustodita dell’ex Motel Agip di Duino. Stavolta il fatto ha superato i limiti del degrado, per assumere i contorni del reato: ignoti, nella notte fra sabato e domenica, hanno abbandonato nel prato vicino al parcheggio, un tempo destinato ai clienti del Motel, parecchi metri lineari di coperture ondulari in amianto, con ogni probabilità tolti da baracche che si trovano nella zona. I primi passanti del mattino hanno subito avvisato le competenti autorità locali e le forze dell’ordine. Il sindaco di Duino Aurisina, Vladimir Kukanja, dopo aver sentito la pattuglia di vigili urbani inviata sul posto per i rilievi, ha predisposto la delimitazione della zona, che è stata transennata per evitare il possibile contatto con l’amianto, materiale notoriamente pericoloso, soprattutto se logorato come quello abbandonato vicino al Motel. L’edificio che ospitava l’albergo, dotato di doppio ingresso, uno sul lato che guarda l’autostrada e l’altro sulla provinciale che porta da Sistiana a Monfalcone, per anni funzionò come semplice motel, dedicato soprattutto ai viaggiatori di passaggio. Secondo alcune voci, erano i tempi in cui veniva utilizzato anche da coppie clandestine, vista la posizione un po’ defilata. Divenne poi Holiday inn e infine hotel Idea, prima della definitiva chiusura circa 4 anni fa. Da quel momento, la costruzione e l’area che la circonda sono state periodicamente teatro di deprecabili eventi. Si sono registrati abbandoni di immondizie di vario genere, i residenti della zona hanno poi più volte denunciato il comportamento poco ortodosso dei camionisti che utilizzano il parcheggio al sabato e alla domenica, quando i camion non possono transitare sulle autostrade, pronti a trasformare la zona in un wc all’aperto. Sull’episodio di due giorni fa si registra anche la protesta dei Cittadini per il Golfo, l’associazione che si occupa della salvaguardia del territorio di Duino Aurisina. «Denunciamo l’ennesimo abbandono abusivo di rifiuti nella zona attigua all’ex Motel Agip - scrivono in un comunicato - ma questa volta si è superato ogni limite, in quanto il materiale abbandonato è il pericoloso amianto. Dopo anni di incuria da parte dei proprietari - aggiungono - è l’ora che si prendano seri provvedimenti nei confronti dei possessori dell’ex parcheggio, diventato nel frattempo un mini terminal abusivo per i camionisti in sosta nei fine settimana. Camion gratuitamente parcheggiati - precisano i Cittadini per il Golfo - con gli autisti che bivaccano e le aiuole circostanti divenute ormai ampi wc. Bisogna dire basta a questa vergogna e a questo perpetuo vandalismo - insistono - considerando che Duino è una località turistica a tutti gli effetti, con due bellissimi castelli, locali pubblici sempre affollati di visitatori, lo stupendo sentiero Rilke e altre bellezze naturali. Il Comune dovrebbe impegnarsi di più a contrastare tutto questo - continuano - invece di preoccuparsi di qualche nuotatore o canoista che disturberebbero il falco pellegrino, che comunque ha continuato a nidificare, nonostante le due guerre mondiali e nonostante i vari rumorosissimi botti sia ferragostani sia di altra natura. Sarebbe opportuno - concludono - che l’amministrazione cominci a prendere in considerazione la possibilità di dotarsi di un luogo per lo scarico di materiali pericolosi in accordo con gli altri Comuni vicini. Si potrebbe anche impostare un ragionamento sull’utilizzo del sito in totale abbandono in collaborazione con i proprietari e i cittadini, trasformandolo per esempio in un parcheggio per camper o in un parco giochi».

Ugo Salvini

 

 

SEGNALAZIONI - Ambiente - Merci pericolose e rigassificatori

La vicenda del camion cisterna carico di metano liquido, confinato per qualche giorno all’aeroporto di Gorizia, ci ripropone la questione della sicurezza dei traffici di merci pericolose e un inquietante interrogativo: è possibile – come si legge oggi – che in un porto europeo qualcuno possa sovraccaricare un'autocisterna oltre i limiti di sicurezza, per poi metterla in circolazione sulle autostrade? I criteri applicati nella progettazione degli impianti per la ricezione, stoccaggio e rigassificazione del GNL – sono due i progetti pendenti in regione – avranno tenuto conto di questi comportamenti anomali, per non dire criminali ? Il Comitato tecnico regionale, che ha dato il suo nulla-osta in entrambi i casi, ha spinto le sue analisi oltre al perimetro dell'impianto e ha tenuto conto del “fattore umano”? Oggi plaudiamo all'ipotesi del trasferimento a Monfalcone del terminal della linea di traghetti per la Grecia, nell'ambito di una gestione unitaria dei nostri due maggiori porti regionali. Le due tipologie di traffico sono compatibili? Dal momento in cui entrambi i progetti furono presentati al pubblico (Trieste nel 2006, Monfalcone nel gennaio 2014) è venuta meno l'urgenza che motivava il proliferare di progetti per queste infrastrutture : i consumi si sono stabilizzati, il costo dei combustibili fossili è crollato e l'analogo impianto di Livorno (entrato in funzione nel 2013) rigassifica poco o niente mentre quello di Porto Viro a stento gira a mezzo regime. Il fatto di cronaca ricordato poc'anzi può essere lo spunto per rimettere in discussione in primis la sicurezza, ma anche la strategicità, dei nostri rigassificatori. Analogamente a quanto fatto dalla Provincia di Trieste e dal Comune di Muggia, riteniamo che sia giunto il momento per cui la giunta regionale e quella nuova del Comune di Trieste si attivino a livello ministeriale per l’azzeramento delle attuali proposte.

Wwf Trieste - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste - Legambiente Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 agosto 2016

 

 

Glifosato, scattano le restrizioni - In vigore da oggi il decreto che limita uso e commercio dell’erbicida
ROMA - Scattano in Italia le restrizioni al commercio e le modifiche all’impiego del Glifosato, con il decreto del Ministero della Salute che entra in vigore oggi.

L’erbicida più potente al mondo brevettato dalla Monsanto nel 1974 e sospettato di essere cancerogeno, non si potrà più usare in alcune aree frequentate da bambini e anziani e in pre-raccolta in agricoltura per ottimizzare i raccolti o la trebbiatura, e vengono revocate le autorizzazioni all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari che lo contengono. In particolare, è vietato l’uso di prodotti fitosanitari con glifosato nelle aree «frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie». Il glifosato è al centro di una querelle che ha diviso il mondo scientifico sulla sua sicurezza entrata nel vivo l’anno scorso dopo la sua classificazione come sostanza «probabilmente cancerogena per l’uomo» da parte dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) e in attesa della proroga da parte della Commissione europea per l’autorizzazione al commercio nella Ue. L’Agenzia della sicurezza alimentare europea (Efsa) aveva però detto nel novembre scorso che era «improbabile» che la sostanza attiva dell’erbicida fosse cancerogena. Parere ribadito dalla Fao e dall’Oms quattro mesi fa. Solo a fine giugno la Commissione europea ha messo la parola fine alla vicenda prorogando l’autorizzazione alla messa in commercio, però solo fino alla fine dell’anno prossimo e in attesa di un parere definitivo dell’Agenzia chimica europea sui rischi per la salute. Parere atteso centro la fine 2017. La Commissione Ue ha deciso anche di proporre la limitazione dell’uso dell’erbicida in parchi pubblici e di «rafforzare l’esame minuzioso del suo uso pre-raccolto». Tutti elementi ripresi nel decreto.

 

Cibi senza più plastica entro tre anni

Presto le confezioni di plastica per gli alimenti potrebbero diventare un ricordo, sostituite dalle pellicole ottenute con le proteine del latte, che non inquinano e che si possono perfino mangiare.

E se oggi il sapore non è un proprio un granché, potranno diventare appetitosi con l’aggiunta di qualche additivo e più nutrienti, una volta arricchiti con vitamine. Gli imballaggi di nuova generazione e decisamente “green” sono stati messi a punto presso il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e presentati a Philadelphia, nel congresso della Società Americana di Chimica. La fase di produzione è già cominciata, anche se è appena agli inizi, con una prima linea di produzione. I ricercatori prevedono che le prime pellicole al latte - fino a 500 volte più efficaci nella protezione dei cibi - arriveranno sul mercato nell’arco dei prossimi tre anni.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 agosto 2016

 

 

Campo ornitologico, si parte - Gli uccelli di passaggio inanellati per studiarne le migrazioni
PISINO - Nel Parco naturale del Monte Maggiore - per la precisione nella zona dello stagno di Rovozna - ha aperto i battenti il dodicesimo campo ornitologico allestito per studiare la migrazione degli uccelli che si preparano a partire verso il sud.

È un progetto avviato dalla direzione del parco stesso in collaborazione con l'Associazione per le ricerche biologiche Biom di Zagabria. I biologi-ornitologi piazzano 14 reti verticali lunghe 12 metri e alte 3 da issare due volte al giorno: dall'alba alle 11 e poi dalle 16 a mezzanotte. Vengono così catturati provvisoriamente gli uccelli di passaggio, per i quali comunque non vengono usati richiami, trappole o esche di vario genere. Lo scopo è quello di agganciare ai volatili un anello in alluminio, di cui peraltro numerosi uccelli risultano già provvisti. I dati che si possono ricavare contribuiscono a delineare il quadro sui tempi e le rotte della migrazione e quindi a confrontare la situazione di anno in anno, come spiega Egon Vasili„, direttore del Parco naturale. Subito dopo l'operazione - che dura pochi minuti - gli uccelli vengono rimessi in libertà. Tra i volatili finiti sinora nelle reti figura il gufo reale, il più grande in Europa, la cui apertura alare raggiunge i 180 centimetri. L'anno scorso è stato catturato un esemplare molto raro di piviere tortolino o piviere tortolino eurasiatico, più conosciuto nel nord Europa, Asia e sugli altipiani alpini. Un altro uccello raro finito nella rete è il picchio verde. Più numerosi gli esemplari di pettirosso, capinera, merlo, canarino, aquila e grifone. «Nel campo ornitologico che rimane aperto fino agli inizi di ottobre - spiega Vasili„ - sono graditi i volontari che possono farsi avanti chiamando la direzione del parco oppure tramite il sito web dell'Associazione per le ricerche biologiche di Zagabria. Oltre che a lavorare volontariamente - aggiunge il direttore - si può liberamente entrare nel parco». A parte il campo ornitologico, tutto il Parco naturale del Monte Maggiore merita di essere visitato in quanto offre alla vista uno spettacolo incantevole: alte vette, canyon, magnifici prati erbosi, 40 stagni, 200 grotte, sorgenti d'acqua e vegetazione rigogliosa. A proposito della fauna, questo è l'habitat di 160 specie di uccelli, 250 specie di farfalle, 20 specie di anfibi e rettili e 18 di pipistrelli.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 agosto 2016

 

 

Nel Boschetto crescono rifiuti e baracche

Il degrado e l’inciviltà stanno trasformando il parco comunale donato dall’imperatore asburgico ai triestini in una discarica
Dai materassi alle bottiglie Tra gli alberi si trova un po’ di tutto C’è chi scarica di notte materiali edilizi e chi si costruisce persino una capannuccia
Immondizie e inerti dispersi tra gli alberi e lungo il torrente di fondo valle. Giacigli improvvisati e baracche in disfacimento nel folto della boscaglia. Una porzione della carreggiata di viale al Cacciatore franata mesi orsono in una scarpata sottostante e in attesa di ripristino. Solo solo alcuni dei problemi che avviliscono il parco comunale del Farneto, quel prezioso impianto verde che nel 1844 Francesco I d’Austria donò ai triestini, un bosco urbano di circa 915.400 metri quadri che rappresenta un raro esempio di area boscata a ridosso del centro. Il Boschetto, come amano chiamarlo i triestini, è un lusso per una comunità che dovrebbe prendere maggiore coscienza di quanta ricchezza è a sua disposizione dietro l’uscio di casa. Un piccolo Eden ricco di comodi sentieri, aree di sosta e antiche opere di contenimento in arenaria che richiede però una manutenzione costosa. È per questa ragione che sta innanzitutto a chi lo frequenta la responsabilità di mantenerlo pulito e di adoperarsi per evitarne il degrado. Purtroppo oggi il Farneto, almeno per alcune sue parti, presenta delle evidenti criticità. Per rendersene conto, basta recarsi nel parcheggio prospiciente l’entrata del parco di Villa Revoltella. Accanto ai numerosi camper che qui sostano in modo improprio, sottostante l’area, si apre all’occhio del visitatore un immondezzaio a cielo aperto: plastica, materassi, pneumatici, mucchi di calcinacci e altri inerti provenienti da siti o case in ristrutturazione, vengono versati nottetempo nella scarpata. «È una situazione di degrado che è facile riscontrare anche nelle adiacenze della vicina casa Bartoli» spiega Gianfranco Urso per l’Enpa, che ha sede nella vicina via Marchesetti e che oltre a ricoverare e custodire tanti animaletti gestisce l’Oasi del Farneto, otto ettari di bosco disposti a cavallo della collina che guarda verso l’abitato di Longera. «È noto che diverse persone che lavorano in nero nelle ristrutturazioni edilizie non scaricano i materiali di risulta nelle depositerie comunali. Non iscritti ad alcun registro, questi soggetti approfittano delle tenebre per disfarsene lungo le scarpate che costeggiano la via Battigelli che porta a Longera e, ultimamente, pure nelle fratte che circondano viale al Cacciatore appena superiori la Rotonda del Boschetto. I nostri volontari - continua Urso - hanno ripulito completamente la nostra oasi che rimane aperta alle visite su prenotazione. Ma i problemi di inquinamento e sporcizia rimangono a valle, per tacere di quanto si continua a disperdere lungo la scarpata del rio principale del Farneto». Bottiglie di vetro e lattine come le indistruttibili sporte di plastica sono purtroppo di casa anche a fianco dei viali più frequentati del parco. Ma la sorpresa più grande si trova addentrandosi lungo il rettilineo della parte centrale del Boschetto. Non lontano dai ruderi dell’ex casa del guardiacaccia, abilmente celata in una gola circondata da alte querce, ecco i resti di una capannuccia. Quel che ne rimane sono coperte, teli, legna e metalli e altri materiali di risulta dispersi tutt’attorno. Tornando al sottostante viale, una cinquantina di metri a monte, è facile notare come la carreggiata sia letteralmente franata nella scarpata sottostante. Da mesi alcune transenne, rimosse dagli escursionisti, giacciono a lato mal ridotte. Sarebbe forse il caso che l’ente preposto verificasse velocemente la stabilità del sito: non è la prima volta infatti che una voragine si apre sull’asfalto di questa direttrice boschiva che, unica, collega San Giovanni al Cacciatore, e viene utilizzata quotidianamente dalle ambulanze che vanno e vengono dall’Ospedale di Cattinara. Nel cuore del parco, lungo un viale, un gentile e sensibile cittadino ha ristrutturato qualche anno fa uno stupendo gazebo. L’unico rimasto parzialmente in piedi di una serie collocata qualche anno fa con i soldi della Comunità europea e distrutta da vandali ignoti. Non è il caso di parlarne troppo: c’è il rischio, e è necessario rifletterci sopra, che i furbetti ci riprovino.

Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 agosto 2016

 

 

ANIMALI - La Lav chiede verifiche sul Circo di Vienna

La Lav Lega Anti Vivisezione di Trieste chiede chiarezza sul Circo di Vienna e sull’esposizione faunistica nell’area di via Trieste a Muggia (da ieri al 28 agosto).

«Tale struttura - rileva una nota della Lav - deterrebbe specie animali inserite nell’elenco di animali pericolosi per la salute e l’incolumità del pubblico». Da qui la richiesta «assieme all’Associazione Muja Veg e Naica, alle autorità competenti in materia di salute e incolumità pubblica», di una verifica delle autorizzazioni amministrative richieste per l’esercizio dell’attività e dei documenti sugli animali presenti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 agosto 2016

 

 

Dipiazza incalza Serracchiani sulla Ferriera

Il sindaco chiede in una lettera quali azioni siano state intraprese sulle «inottemperanze dell’Aia»
Il sindaco Roberto Dipiazza scrive al governatore Debora Serracchiani per chiederle quali azioni siano state intraprese riguardo le «inottemperanze» dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), rilevate nel Rapporto conclusivo delle attività controllo del 27 giugno scorso. «Inottemperanze” a più riprese segnalate dal deputato del gruppo Misto, Aris Prodani. Il sindaco chiede inoltre al governatore di essere informato in merito all’applicazione di eventuali sanzioni, che, per chi non osserva le prescrizioni dell’Aia, variano tra i 1500 e i 15 mila euro, come riporta il comma 2 dell’art. 29 quattuordecies del decreto legislativo 152/06. Siamo di fronte all’ennesimo atto dell’aspro confronto inter-istituzionale sulla Ferriera. Dipiazza ha evidentemente deciso di non lasciar perdere alcuna possibilità di pressing nei confronti di Arvedi e della Regione. Stavolta gli argomenti sono quelli che anche l’altro giorno Prodani ha trasmesso all’attenzione delle autorità vigilanti e della Procura: riguardano il punto di emissione E42, la messa a regime del camino E46, l’utilizzo del filtro Daneco, la “non conformità” per la tematica relativa al rumore. «Inottemperanze» sulle quali Prodani aveva chiesto riscontro agli organismi preposti al controllo dello stabilimento gestito dalla Siderurgica Triestina. Con un’ulteriore “provocazione” la lettera di Dipiazza ricorda alla Serracchiani anche gli importi sanzionatori che vanno comminati a chi non ottempera alle prescrizioni dell’Aia. Ieri mattina, come preannunciato, il responsabile dei controlli Arpa, Franco Sturzi, è andato a vedere cosa era successo domenica scorsa, quando si erano verificate un paio di fumate “fuori-ordinanza” collegate alla cokeria e all’altoforno. Arpa ha trasmesso una nota nella quale spiega che l’evento anomalo in cokeria, ovvero la mancata apertura automatica di uno sportello di un forno, è stato quello più ampiamente discusso «e quello sul quale l’azienda si è già attivata per ricercare soluzioni tecniche» idonee a ridurre la possibilità di ripetizioni. Più lieve è considerato l’evento legato all’altoforno, in quanto l’emissione sarebbe tipica della fermata dell’impianto. L’avaria ha riguardato il nastro di caricamento, lacerato «da un corpo estraneo».

magr

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 agosto 2016

 

 

L’Arpa indaga sulle fumate “sospette”

Domenica due emissioni “fuori ordinanza” per problemi legati a cokeria e altoforno. Oggi nuovo sopralluogo dell’Agenzia

La Ferriera non conosce le buone abitudini del Ferragosto. E nella giornata di domenica 14 ha emesso due fumate “fuori-ordinanza”, che il dì seguente, cioè lunedì 15, hanno consigliato un sopralluogo da parte dell’Arpa, che ha mandato sul posto un paio di addetti operanti nel servizio pronta-disponibilità. Stamane sarà lo stesso dirigente dei controlli Arpa, Franco Sturzi, a fare un salto nello stabilimento, allo scopo di valutare le cause della duplice emissione, insieme al responsabile dell’area “a caldo” Vincenzo Dimastromatteo. Le fumate si sono manifestate in due momenti distinti di domenica per ragioni - spiega lo stesso Sturzi - «non connesse». Il primo problema, tra la tarda mattinata e il primo pomeriggio, si è verificato in cokeria: la mancata apertura automatica dello sportello situato sulle porte della batteria lato macchina - scrive Siderurgica Triestina alle istituzioni vigilanti - ha reso necessario l’intervento dell’addetto. Nel frattempo si era creata - informa la società del gruppo Arvedi - «una pressione anomala nella cella» che ha determinato l’emissione. Il forno 56, per capire la dinamica del fatto, è stato lasciato vuoto. Il secondo problema si è registrato attorno alle 19.30 della stessa domenica 14: su questo abbiamo solo fonti Arpa perchè Siderurgica si è limitata a segnalare che si è trattato di una procedura di fermata dell’altoforno. Allora la parola a Sturzi: «Ci risulta un’avaria al nastro di caricamento che ha determinato la fermata dell’impianto, quindi è stata aperta la parte alta con relativa fumata». «Tra i due eventi - commenta Sturzi - quello che ha riguardato la cokeria è il più impattante. Comunque entrambi gli accadimenti sono legati a quel problema di gestione impiantistica, che abbiamo avuto già modo di sottolineare». Perchè Sturzi lo aveva detto nella conferenza stampa di sabato 6 agosto, quando aveva spiegato che non basta installare impianti, bisogna che essi funzionino. «Questi fatti non sono di per sè gravi - argomenta il dirigente dell’Arpa delegato all’attività di controllo - a patto che se ne riducano le probabilità di accadimento». «L’azienda - riprende Sturzi - deve rispondere, nel quadro delle relazioni con Arpa e con le pubbliche istituzioni, a due domande: quale l’adeguatezza degli impianti e quali le soluzioni per evitare quello che abbiamo visto domenica scorsa. E’un processo faticosissimo di miglioramento delle performance delle dotazioni tecniche». Così entrambe le fumate saranno inserite nel report della visita ispettiva, che proprio in questi giorni i tecnici dell’Arpa stanno svolgendo nella fabbrica servolana. «Vorrei che fosse notato - aggiunge infine Sturzi - come Arpa segua con estrema attenzione la Ferriera anche in giornate festive come quelle ferragostane». Un passaggio non esplicito ma sufficientemente chiaro, che va riallacciato alle recenti polemiche con il Comune di Trieste, intenzionato ad attivare propri canali di controllo sulla Ferriera. Arpa aveva sostenuto di essere l’unico organismo competente e autorizzato per la raccolta e l’analisi dei dati: ma anche in un recente incontro tra Dipiazza e la dirigenza dell’Agenzia il sindaco aveva ribadito il progetto dell’Amministrazione. Da segnalare inoltre una nuova missiva e-mail trasmessa dal deputato Aris Prodani (ex grillino ora Misto) a dirigenti, a rappresentanti istituzionali, al procuratore della Repubblica Carlo Mastelloni in merito ad alcune inottemperanze, da parte di Siderurgica Triestina, di prescrizioni contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale. Riguardano il punto di emissione E42, il camino E46, il filtro Daneco, l’inquinamento acustico.

Massimo Greco

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 16 agosto 2016

 

 

Spostarsi in maniera sostenibile: nasce il club delle città ''30 e lode''
A settembre l'alleanza bipartisan fra 15 Comuni per "pensare più alle persone e meno alle auto". E dialogare con Anci e governo per andare più piano e con meno macchine
PENSARE alle persone e non alle auto. E come in una squadra, indipendentemente dal colore del partito a cui si appartiene, giocare per un obiettivo comune: cambiare la mobilità italiana, trasformala in qualcosa di sostenibile, più adatto a un futuro con meno macchine e più ciclisti e pedoni. Con questo scopo nascerà a settembre il "Club delle Città 30 e Lode", ovvero un'alleanza bipartisan di 15 comuni medio-piccoli italiani per provare a sperimentare nuovi modelli di mobilità: riduzione della velocità in alcune zone, nuove politiche di spostamento nelle aree delle scuole o degli asili, aumento delle ciclabili e via dicendo. Si parte da questi semplici obiettivi.
All'iniziativa che verrà presentata al CosmoBike di Verona il 14 settembre hanno già aderito 15 città pronte a sedersi intorno a un tavolo per ragionare insieme: Pavia, Siena, Monza, Crema, Pomezia, Fano, Cremona, Como, Mantova, Varese, Lodi, Udine, Ferrara, Pistoia e Pisa saranno dei veri e propri laboratori per il futuro.
"Vogliamo sperimentare - racconta Beppe Piras, uno dei coordinatori di Città 30 e Lode - e per farlo i comuni medio-piccoli sono l'ideale. A seconda delle varie esigenze proporremo soluzioni, idee, il tutto per dare vita a un modello diverso rispetto a quello del traffico motorizzato che oggi conosciamo. Vorremmo poter diventare un punto di dialogo anche per Anci e governo".
Il principio da cui parte il club è che in Italia "con 61 auto ogni 100 abitanti, ci collochiamo ai vertici europei per tasso di motorizzazione, congestione e inquinamento. Si stima che per il traffico ogni anno vengano mandati in fumo 5 miliardi di euro, pari al 1.5% del Pil nazionale". Da qui l'idea di mettersi insieme per ripensare "le attuali politiche della mobilità - spiega ancora Piras - oggi basate troppo sulle auto e con un codice della strada fermo al palo. Prenderemo ispirazione dai paesi Nordici, terremo incontri, meeting e faremo il punto sulla legislazione". Una delle prerogative del Club sarà la "formazione di tecnici e personale che vada nella direzione di una nuova mobilità".
Prima "tappa" in questa direzione sarà la realizzazione di campagne di comunicazione per sensibilizzare cittadini e genitori a ridurre la velocità in prossimità delle scuole. L'approccio sarà "scientifico" ricorda Davide Lazzari, assessore di Pavia fra i promotori dell'iniziativa. "Occorre un quadro di riferimento nazionale per introdurre provvedimenti che sono spesso osteggiati da tutti coloro ai quali si limita la possibilità di muoversi inquinando", gli fa eco Stefano Maggi, collega di Siena; mentre Alessia Manfredini assessore di Cremona chiama a raccolta altre città.
Il primo giorno in cui i Comuni faranno rete, durante la grande expo-conference europea di Verona dedicata alla ciclabilità urbana, uno dei temi focus sarà il pensiero alla "città dei bambini". Perché è da lì che si comincia per "costruire un nuovo futuro del 'muoversi' in Italia".

GIACOMO TALIGNANI
 

 

Clima: colonie di api diminuite del 12% in Europa

Secondo uno studio internazionale, i Paesi più colpiti dal calo sono Regno Unito e Spagna. Tra le cause, le temperature rigide dell'inverno
ROMA - Le popolazioni di api mellifere sono messe sempre più a dura prova, non solo dai pesticidi ma anche dalle alterazioni del clima. Lo scorso inverno le colonie di api sono diminuite del 12%, in particolare nel Regno Unito e in Spagna, forse anche a causa di temperature più basse in primavera ed estate.
Il dato arriva dai risultati preliminari di uno studio internazionale dell'associazione Coloss, con base all'Università di Berna, condotto in 29 Paesi europei e del bacino del Mediterraneo su circa 400 mila colonie. Gli apicoltori hanno dichiarato che l'11,9% di queste colonie non è sopravvissuta all'inverno.
Il declino è variato rispetto all'anno scorso, osserva uno dei ricercatori, quando la mortalità più alta si era registrata nell'Europa centrale e nei Paesi orientali. Quest'anno invece le perdite maggiori si concentrano nei Pesi occidentali e settentrionali, con la Spagna che comunque primeggia, come l'anno scorso. Le perdite sono dovute principalmente a problemi con l'ape regina, ma i motivi possono essere molteplici. ricercatori evidenziano ad esempio che il periodo tra marzo e luglio dello scorso anno è stato più freddo in Norvegia, Scozia, Svezia, Danimarca, Irlanda, con temperature media tra i 12,8 e i 14,4 gradi. Questo potrebbe aver avuto effetti negativi sullo sviluppo delle colonie. Gli Sos per le api si moltiplicano. Un altro recente studio ha messo in luce che dei pesticidi (neonicotinoidi) largamente usati in alcune colture agiscono involontariamente da "contraccettivo" per questi insetti perché uccidono quasi il 40% dello sperma dei fuchi.
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 15 agosto 2016

 

 

Ambiente: Goletta Verde, un punto inquinato ogni 54 chilometri di coste. La mappa e i dati

Sardegna e Puglia le più virtuose, in alto Adriatico la situazione migliore si registra in Veneto. Il 25% degli italiani non è servito da depuratori. Non rispettato dai comuni l'obbligo di esporre i cartelli sulla qualità dell'acqua nelle spiagge

ROMA - Ogni 54 chilometri di coste italiane c'è un punto inquinato. Lo dice Goletta Verde 2016, la storica campagna estiva di Legambiente, realizzata grazie al sostegno del Consorzio obbligatorio degli oli usati (Coou) e dei partner tecnici Nau e Novamont, i cui risultati sono stati presentati oggi a Roma. Dei 265 punti monitorati dal laboratorio mobile, uno ogni 28 chilometri di costa, il 52% è risultato inquinato o fortemente inquinato. L'88% di queste criticità è in corrispondenza di foci di fiumi, fossi, canali o scarichi, che costituiscono i principali veicoli dell'inquinamento da batteri fecali in mare, dove sussiste il "maggior rischio" di contaminazione. Più della metà sono in prossimità di spiagge e stabilimenti e quindi frequentati da bagnanti. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, escherichia coli) e vengono considerati come "inquinati" i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto del ministero della Salute del 30 marzo 2010) e "fortemente inquinati" quelli che superano di più del doppio tali valori.
Si distinguono positivamente la Sardegna e la Puglia, con poche criticità riscontrate solo in corrispondenza di foci di corsi d'acqua o canali. Mentre in alto Adriatico la situazione migliore si registra in Veneto. Le situazioni più critiche si trovano, invece, nelle Marche e in Abruzzo, regioni penalizzate anche dall'elevato numero di corsi d'acqua, canali e fossi che sfociano in mare, e in Calabria.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 agosto 2016

 

 

Dal turismo verde all’hi-tech - Fondi per il rilancio del Carso

In arrivo dalla Regione 20 milioni di euro legati al Programma di sviluppo rurale
A fine mese il bando. In “concorso” progetti nei settori agricoltura e accoglienza
TRIESTE Un’opportunità per andarsi a prendere perlomeno 3 milioni di euro. E’un’opportunità che la Regione, nel contesto del Programma di sviluppo rurale (Psr) 2014-20, mette in palio con la cosiddetta “Misura 19”, sulla quale la giunta ha deliberato (n.1518) nell’ultima seduta tenutasi giovedì scorso. L’obiettivo è finanziare lo sviluppo di aree svantaggiate, attraverso progetti di sviluppo pluriennali e pluritematici. Tra le zone esplicitamente interessate a questo tipo di pubblico contributo c’è anche il Carso triestino e goriziano. Il bando sarà pubblicato attorno al 25 agosto, comunque un giorno dopo l’uscita del Bollettino ufficiale (Bur), e conterrà una ghiotta capienza pari a 20,44 milioni di euro: per accedere a questa risorsa il minimo progettuale ammonta a 3 milioni. Ecco perchè si parla di un’opportunità di perlomeno 3 milioni per il Carso triestino e goriziano. Ovviamente, per concorrere al riparto della ricca posta appoggiata sul tavolo verde regionale, occorre preparare e presentare fino a un massimo di tre progetti, entro una novantina di giorni dalla pubblicazione sul Bur. Progetti che potranno spaziare su sei nuclei tematici, sostanziamente afferenti a due grandi ambiti, l’agricoltura e il turismo. Parliamo di sviluppo e innovazione delle filiere relative ai sistemi produttivi locali; di turismo sostenibile, evitando la creazione di nuovi posti letto; di cura e tutela del paesaggio; di valorizzazione dei beni culturali e del patrimonio artistico legato al territorio; di accesso ai servizi pubblici essenziali, con particolare riguardo al comparto socio-sanitario e agli anziani; di reti e comunità “intelligenti”, con riguardo soprattutto a informatica e “innovation technology”. Qualora i proponenti volessero allestire più proposte progettuali, queste - spiegano negli uffici regionali - avranno da essere coerenti tra loro. Il proponente progettuale ha un nome “obbligato”, che è quello di Gruppi di azione locale (Gal). Una soluzione pubblico-privata di origine Ue che ha già esordito nel programma Psr 2007-13. Nella regione giulio-friulana ne vennero costituiti cinque: quello che ci riguarda da vicino è il Gal Carso. Raccoglie tutti i Comuni dell’area triestino-goriziana interessata (Trieste, Muggia, San Dorligo, Monrupino, Sgonico, Duino Aurisina, Monfalcone, Doberdò, Savogna, Sagrado, Fogliano, Redipuglia, Ronchi dei Legionari), le due Province (o ex Province) di Trieste e Gorizia, la Bcc del Carso (Zkb), le associazioni degli agricoltori (Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Dkz), il Consorzio per la tutela dei vini Carso-Collio, il Comitato per la valorizzazione dei prodotti lattiero-caseari, il Comitato promotore dell’olio extravergine di Trieste, la Comunanza agraria. A Sistiana c’è la sede legale, invece presso la liquidanda Provincia di Trieste c’è la sede operativa. Requisiti costitutivi sono la formula pubblico-privata, la non prevalenza della parte pubblica e un unico socio non deve esercitare un’influenza dominante sulle decisioni del Gal. Il sito riporta le operazioni realizzate fino al 15 maggio 2015 per un totale di circa 1,35 milioni: 114 nuovi posti letto per 7 agriturismi e 6 b&b (358 mila euro), 5 aree boschive rinnovate (242 mila euro), 23 progetti culturali (595 mila euro), 3 mercatini locali (30 mila euro). Sono sempre fonti regionali a ricordare che nell’ultimo assestamento di bilancio, su proposta dell’assessore Cristiano Shaurli, il Consiglio ha inserito, a supporto dell’agricoltura carsica, altri 400 mila euro che, dopo il via libera di Bruxelles, saranno destinati ai fondi Leader e quindi alla dotazione del Gal zonale. Nello scorso marzo Gal Carso si era mosso anche su un altro versante, mettendo a punto una forma di collaborazione per lo sviluppo delle aziende dell’altipiano insieme all’Area Science Park.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 agosto 2016

 

 

Depurazione carente, il Fvg rischia 66 milioni di multa Ue

Il report di Goletta Verde: il mare della nostra regione è fra i più puliti d’Italia ma i risultati dei campionamenti restano critici alle foci di fiumi e canali

I risultati delle analisi di Goletta Verde del mare in Friuli Venezia Giulia
GRADO Una sanzione comunitaria da 66 milioni di euro. È quella che pesa sulla testa degli abitanti del Friuli Venezia Giulia per le carenze in materia di depurazione e di trattamento delle acque reflue urbane. A denunciare la situazione è Legambiente. Ieri a Grado per presentare il dossier “Mare Monstrum 2016”, l’associazione ambientalista ha ricordato che il problema non riguarda solo i comuni costieri. Riguarda anche l’entroterra. Non è un caso, infatti, che le analisi eseguite dai tecnici di Goletta Verde in otto località della regione abbiano evidenziato criticità solo allo sbocco del canale di via Battisti a Muggia e alle foci dei fiumi Isonzo e Stella. Nel primo caso il sito è stato considerato per il terzo anno consecutivo «fortemente inquinato», nei rimanenti due è solo «inquinato». Il monitoraggio prende in considerazione il campionamento dei punti critici scelti in base a un «maggior rischio» presunto di inquinamento. Per questo vengono prese in esame le foci dei fiumi, i torrenti, gli scarichi e i piccoli canali. «Queste situazioni – scrive Legambiente - sono i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare. Si tratta di un monitoraggio puntuale che non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, né pretende di assegnare patenti di balneabilità, ma restituisce comunque un'istantanea utile per individuare i problemi e ragionare sulle soluzioni». A parte i tre campionamenti citati, gli altri prelievi hanno registrato valori di inquinanti entro i limiti di legge. A Trieste hanno riguardato Barcola e lo stabilimento Alla Lanterna; a Duino Aurisina la spiaggia di Castelreggio; a Monfalcone la spiaggia di Marina Julia e a Lignano la foce del Tagliamento. «Purtroppo i risultati deludenti in prossimità di foci e canali non ci sorprendono - dichiara Katiuscia Eroe, portavoce di Goletta Verde -. Nonostante siano passati 11 anni dalle scadenze previste dalla direttiva europea sulla depurazione, l’Italia, infatti, è ancora in fortissimo ritardo. Circa il 25% della popolazione non è coperta da un adeguato servizio di depurazione e un terzo degli agglomerati urbani a livello nazionale è coinvolto da provvedimenti della Commissione europea. Sul nostro Paese pesano già due condanne e una terza procedura d’infrazione. Oltre i costi ambientali, ci sono quelli economici a carico della collettività: a partire dal 2016, il nostro Paese dovrà pagare 480 milioni di euro all’anno, fino al completamento degli interventi di adeguamento». In Friuli Venezia Giulia l’ultima procedura d’infrazione dell’Ue coinvolge otto agglomerati urbani che si aggiungono ai 12 già condannati tra il 2010 e il 2013. Quanto a sanzioni, peggio di noi stanno solo Sicilia e Lombardia che fino al completamento degli interventi di adeguamento alle norme comunitarie potrebbero essere chiamate a pagare rispettivamente 185 e 74 milioni di euro all’anno. Ma il paradosso è che a dispetto della medaglia di bronzo conquistata in questa non invidiabile classifica, alla fine, il mare targato Fvg risulta il meno inquinato d’Italia. «Dopo le tante denunce qualcosa inizia a muoversi - sottolinea Gloria Catto, componente della segreteria regionale di Legambiente -. La provincia di Gorizia sta lavorando, ad esempio, al potenziamento dell'impianto di depurazione di Staranzano per la realizzazione di un’opera alla quale saranno collettati gran parte dei comuni del territorio e che eviterà così di portare reflui nell’Isonzo. A dicembre dello scorso anno si è poi concluso il progetto per la realizzazione di un impianto di depurazione che serve i comuni sloveni di Nova Gorica, Sempeter-Vrtojba e Miren-Kostanjevica i quali sversano anch'essi le acque nere nell’Isonzo».

Stefano Bizzi

 

Sulla balneabilità il bollino dell’eccellenza - Arpa: ottimo il responso sul 92% dei punti di prelievo, nessuna insufficienza negli altri casi
GRADO - Le acque di balneazione del Friuli Venezia Giulia godono di buona, anzi di ottima salute. Lo hanno detto quelli della Goletta Verde che si sono dedicati anche quest'anno a campionare principalmente le foci dei fiumi, ma lo evidenziano soprattutto i dati dell'Arpa.

Analisi queste che finiscono nel "librone" dei dati della qualità delle acque del ministero e che sono presi da riferimento dalla Fee anche per l'assegnazione della Bandiera Blu. E Grado e Lignano - la prima con il record italiano in fatto di Bandiere Blu ricevute con le sue 28, l’altra che segue a ruota con 27 - ne sono gli esempi. Ebbene, secondo l'Arpa il 92% delle acque regionali destinate alla balneazione (il riferimento è ovviamente per quelle che interessano direttamente i bagnanti) è stato classificato «eccellente», in base ai dati elaborati dal 2012 al 2015: in particolare i prelievi che riguardano Grado e Lignano. Il 92% dei punti di prelievo corrisponde a 53 siti di campionamento sui 57 totali che interessano le acque marine. Solo tre siti sono stati classificati «buoni», uno «sufficiente». Tutti a ogni modo sono balneabili. Gli unici «buoni» sono Duino Dama Bianca, Monfalcone Marina Nova e Staranzano; mentre il «sufficiente» si riferisce a Marina Julia. «Merito - dice il direttore dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia, Luca Marchesi - del potenziamento e miglioramento degli impianti di depurazione come quello di Grado che proprio recentemente è stato totalmente rinnovato». A questo ha fatto riferimento anche il sindaco di Grado, Dario Raugna, che ha citato l'intervento di rinnovamento fatto da Irisacqua oltre a quanto ha finanziato la Provincia di Gorizia (aspetti, questi ultimi, messa in luce anche dalla vice presidente della Provincia Mara Cernic) sottolineando l'importanza di quanto fanno gli esperti della Goletta Verde e dell'Arpa per sensibilizzare maggiormente tutti a puntare a continue migliorie. Un lavoro importante, molto scrupoloso, dettagliato e continuo, quello dell'Arpa che tra maggio e settembre effettua numerosi campionamenti. Nell'arco di un anno vengono eseguite in media da 800 a 900 analisi degli indicatori di contaminazione fecale, ma per arrivare alla classificazione ci vogliono 4 anni di monitoraggio. Tuttavia, come spiegato da Goletta Verde - con la portavoce Katiuscia Eroe - resta molto da fare sul fronte dell'informazione ai bagnanti. La cartellonistica in spiaggia è stata considerata infatti «ancora troppo scarsa, nonostante da due anni sia scattato l'obbligo per i Comuni di apporre pannelli informativi, secondo uno specifico format europeo, dove siano riportate tutte le informazioni circa la qualità delle acque». I tecnici di Goletta Verde non hanno riscontrato, infatti, la presenza di cartelli in nessuno dei punti campionati e dichiarati balneabili.

Antonio Boemo

 

REGIONE - «Tre accordi  di programma  investimenti  importanti»
TRIESTE - Tre accordi di programma per un valore complessivo delle opere di 96 milioni di euro. È la ricetta della Regione per contrastare il rischio di sanzioni da parte dell’Ue. La replica dell’assessore all’Ambiente Sara Vito all’allarme lanciato da Legambiente arriva a stretto giro di posta.

«Sulla depurazione delle acque l'amministrazione regionale non è mai stata così fortemente determinata a fronteggiare le procedure di infrazione comunitarie», sottolinea l’esponente della giunta Serracchiani. L'investimento maggiore, del valore di 52,5 milioni di euro, riguarda la realizzazione del nuovo depuratore di Servola. Grazie all'Accordo di programma tra Regione, ministero dello Sviluppo economico e ministero dell'Ambiente l'entrata in funzione del nuovo impianto triestino è prevista per l'inizio del 2017 e, evidenzia Vito, «permetterà di superare la procedura di infrazione comunitaria più datata». Le altre due questioni riguardano il mancato trattamento supplementare dei reflui che scaricano nell'Adriatico settentrionale. In due diversi filoni sono coinvolti gli agglomerati di oltre 10mila e 2mila abitanti. «Quanto alla prima questione - sottolinea l'assessore - è stato firmato l'anno scorso un Accordo di programma per il potenziamento dell'impianto di depurazione di Staranzano, che servirà la provincia di Gorizia, per un costo complessivo di oltre 18 milioni». Nel secondo caso invece la Regione già nel 2014 ha sottoscritto un accordo per potenziare la capacità di collettamento e di depurazione dei reflui urbani in diversi centri del Fvg, quali Cervignano, Rivignano, Pordenone, Porcia, Cordenons, Roveredo in Piano e Grado. L'ammontare di questo investimento è di quasi 25,5 milioni. «Legambiente forse non ricordava questi dati», nota Vito che aggiunge: «L’Ue dovrebbe riconoscere i grandi sforzi che la Regione sta facendo per rimediare a situazioni disattese in passato. Purtroppo non si era capito quanto fossero importanti questi interventi. Ora però tutti si sono rimboccati le maniche. C’è ancora da lavorare, ma con questi tre accordi si affrontano le situazioni più vecchie e urgenti».

(s.b.)
 

«C’è uno squalo davanti ai Topolini» - Tuffi vietati da Barcola alle Ginestre
Superlavoro per i bagnini costretti a richiamare le tante persone che, non credendo alla presenza del pericoloso pesce, entravano incuranti in mare
È quasi l'una quando Ezio Di Francesco e Nella Esposito, marito e moglie di 49 e 45 anni in vacanza a Trieste, notano qualcosa di strano nello specchio di mare davanti a loro. Sono al sesto Topolino di Barcola, seduti a prendere il sole. «Era scuro, ho visto la pinna e il dorso che affioravano...sarà stato grande un metro e mezzo o due», dice il signor Ezio indicando la scogliera di fronte. Sono meno di venti metri da riva. La moglie annuisce: «La marea era un po' più bassa e ho visto la stessa cosa...». Qualche minuto prima il quarantaquattrenne Alessandro Cralli, di mestiere pescatore, sta nuotando nelle vicinanze della stessa scogliera all'altezza del secondo Topolino. Sul fondo, poco distante da lui, scorge una sagoma della stessa grandezza che gli passa accanto. L'allarme squalo si diffonde pochi istanti dopo quando sia la coppia sia il pescatore allertano i bagnini in servizio. È il giovane Luis Petracci che decide di salire sul pattino rosso ormeggiato sul molo per raggiungere un'imbarcazione della Guardia costiera che staziona nei paraggi. «Li ho avvisati e mi hanno detto di far uscire subito dall'acqua la gente». Lui e i colleghi eseguono aiutandosi col fischietto e fanno issare la bandiera rossa. Significa pericolo generico. I bagnanti, allibiti, obbediscono. Un analogo ordine partirà attorno alle quattro alcuni chilometri più avanti, alle Ginestre. Ma non è chiaro se si sia trattato di un ulteriore avvistamento o di una misura precauzionale partita dalla stessa Capitaneria di porto. E se così fosse, perché? Anche i militari si sono accorti di qualcosa? Nessuna conferma. Sta di fatto che pure lì, alle Ginestre, la gente viene fatta rientrare in fretta e furia a riva. Pure lì compare la bandiera. La voce di un possibile pescecane a Barcola e dintorni comunque si diffonde rapidamente. Ma mentre ai Topolini scatta il divieto di balneazione, nel resto del lungomare non accade nulla. Al Molo "G", il porticciolo che confina proprio con l'ultimo Topolino, la gente si tuffa spensierata. Più in là ancora, dal California in poi, c'è chi si spinge a largo. Il motivo? Non ci sono bagnini e quindi nessuno si preoccupa di avvisare le persone. Ma da Sticco, dove invece gli addetti al salvamento sono presenti, non passa alcun divieto. Invece alle Ginestre sì. Possibile? La Capitaneria non spiega più di tanto. «Abbiamo mandato un gommone e stiamo monitorando la zona - afferma la Guardia marina Michele Silva - non abbiamo emesso particolari ordinanze, ma abbiamo dato solo indicazione ai bagnini di mantenere un comportamento prudente». Non è semplice ai Topolini. «Questa storia è ridicola», urla una donna di mezza età mentre un bagnino cerca di convincerla a uscire dal mare. «Abbiamo ricevuto un ordine, venga subito fuori!», ribatte lui. Ma come il guardaspiaggia si gira, ecco un giovane sulla trentina che sguazza all'altezza degli scogli. «Ehi tu, vieni fuori!», grida Luis. Ma niente. «Quello là merita di essere rosicchiato per bene», commenta chi segue la scena da riva. A Barcola in realtà non sanno quanto prendere sul serio l'allarme squalo. Per alcuni è una bufala, ma le tre testimonianze dell'avvistamento quasi contemporaneo coincidono nella descrizione. «Scuro, lungo un metro e mezzo o forse due», conferma William Picinich, il bagnino che ha raccolto la prima segnalazione, quella del quarantaquattrenne che si sarebbe trovato il pescecane lì della scogliera. «Quel signore era spaventato - riferisce l'addetto - mi ha raccontato che stava nuotando con le pinne davanti ai Topolini e a un certo punto, guardando sotto, si è accorto del pescecane. Era certo che fosse proprio uno squalo perché lui, da pescatore, se ne intende e sa distinguerlo da un delfino». Quelli di ieri non sono stati probabilmente gli unici avvistamenti. Anche giovedì sarebbe stato notato qualcosa di analogo. «Erano le quattro del pomeriggio - ricorda il signor Ezio Gasperini - a circa cento metri dalla riva, qua a Barcola, mi sono reso conto di una strana figura che si muoveva nell'acqua. Gli amici mi hanno preso per matto e io non ci ho dato peso...».

Gianpaolo Sarti

 

Il ritorno dei delfini alla Riserva - Nove esemplari divisi in due gruppetti intercettati a un miglio e mezzo dalla costa
A volte ritornano. A poco più di dieci giorni di distanza dall'avvistamento di una trentina di delfini nel golfo, le acque antistanti la Riserva di Miramare sono state nuovamente il teatro di uno spettacolare danza.

Questa volta gli eleganti e simpatici mammiferi marini si sono mossi in due piccoli gruppetti, composti rispettivamente da tre e da sei esemplari di tursiopi ciascuno. Le loro inconfondibili sagome sono balzate fuori dall'acqua a circa un miglio e mezzo di distanza dalla dimora di Massimiliano e Carlotta, verso il Monfalconese. La loro presenza è stata notata da Carlo Franzosini e Paolo Utmar, due ricercatori dell'Area marina protetta di Miramare, impegnati nelle consuete uscite in mare che sono finalizzate al monitoraggio della fauna marina e di quella avicola. I due studiosi hanno seguito con particolare interesse alcuni esemplari di berte minori, di beccapesci, di gabbiani corallini e di marangoni dal ciuffo, fino a quando la loro attenzione è stata completamente catturata dalle evoluzioni dei nove delfini, tutti adulti, e da una tartaruga caretta-caretta di circa 80 centimetri di lunghezza, impegnata a nuotare placidamente poco sotto il pelo dell'acqua. Franzosini e Utmar non sono riusciti a seguire i due gruppetti di tursiopi, dovendo affrontare un problema tecnico all'alimentazione della barca, ma si sono limitati a fotografare le loro rincorse e i loro balzi. «Questi esemplari - spiega Saul Ciriaco, ricercatore della Riserva marina di Miramare - si sono infatti dimostrati particolarmente vivaci, compiendo dei salti molto alti». L'avvistamento di delfini nelle acque che bagnano Trieste è un'eventualità tutt'altro che rara. Eppure il richiamo che esercita la loro presenza è troppo forte, sia per i grandi che per i bambini. Quando poi il delfino decide di dare sfogo a tutta la sua agilità, producendosi in evoluzioni che ne esaltano la sagoma al di fuori del mare, non si può fare altro che rimanere a bocca aperta davanti al manifestarsi di tanta forza e di altrettanta grazia. Il loro girovagare a queste latitudini non deve trarre in inganno. Non c'è alcuna evidenza scientifica che metta in correlazione la loro presenza con una particolare qualità del mare. Non è detto, inoltre, che questi mammiferi siano stanziali. È necessario avvistarli con maggiore frequenza per stabilire con certezza che la loro residenza sia stata spostata definitivamente nelle acque del golfo di Trieste. In ogni caso la raccomandazione degli esperti è sempre la stessa: guardare ma non toccare. In nessun caso questi mammiferi devono venire avvicinati. Qualsiasi interferenza con l'uomo, infatti, può arrecare loro danno, anche in considerazione dell'innata curiosità che spesso li spinge a nuotare verso le imbarcazioni. «La loro natura - conclude Ciriaco - è selvatica e priva di vincoli. E tale deve restare».

(lu.sa.)
 

Un’aquila di mare segnalata a Sistiana - Vicino a riva l’esemplare imparentato con razze e pescecani

L’Ogs: «La progressiva tropicalizzazione apre nuovi scenari»
Una barriera corallina poco distante dalla riva e numerosi diving center sparsi da Muggia a Barcola. La temperatura del Mare Nostrum è sempre più elevata e quella che oggi può apparire come un’immagine surreale, con la riviera triestina trasformata in un esotico resort, fra qualche decennio potrebbe non esserlo più. Gli avvistamenti di alcune specie marine tropicali nelle acque del golfo di Trieste potrebbero confermare questa deriva apocalittica, almeno agli occhi dei non esperti. È di qualche giorno fa il ritrovamento a Porto Buso, a Grado, di un pesce balestra, specie diffusa nelle acque tropicali e subtropicali dell’Oceano Atlantico, dell’Indo-Pacifico, del Mar Rosso e del Mediterraneo, mentre risale a ieri l’avvistamento a Sistiana di un’aquila di mare, la cosiddetta Myliobatis aquila, un pesce cartilagineo imparentato con le razze e con i pescecani. Una bagnante l’ha immortalata a pochi passi dalla battigia mentre nuotava in pochi centimetri di acqua. L’aquila di mare vive nei mari temperati, in Atlantico e nel Mediterraneo. Predilige i fondali sabbiosi, anche se evidentemente non disdegna di spingersi a nuotare a pelo d’acqua, alla ricerca di cibo. La sua presenza, ancor più di quella del pesce balestra, non può considerarsi rara. Numerosi, infatti, sono stati negli anni passati gli avvistamenti di questi esemplari nel golfo di Trieste. Tuttavia, anche a queste latitudini, non mancano le incursioni di specie aliene. La tropicalizzazione del Mediterraneo, del resto, è un fenomeno universalmente riconosciuto, che ha come principale causa il riscaldamento globale. Marlin e barracuda sono comparsi con una certa frequenza in delle acque dove non avevano mai messo pinna prima. Alcune alghe tossiche, tipiche delle acque tropicali, negli anni scorsi hanno tenuto in apprensione i bagnanti della riviera ligure. «È in atto un cambiamento - spiega Paola Del Negro, direttrice della sezione di Oceanografia dell’Ogs di Trieste - che in futuro potrebbe aprire scenari molto diversi. Dobbiamo stare attenti e vigilare, anche perché alcune trasformazioni potrebbero essere più rapide del previsto». Le continue variazioni delle condizioni climatiche sono fondamentali e se dovessimo andare incontro a degli inverni sempre più miti, come avvenuto in passato, anche le acque del mare ne risentirebbero, con un innalzamento della temperatura che favorirebbe l’adattamento di specie marine tropicali. Il recente raddoppio del canale di Suez, inoltre, ha aiutato ulteriormente l’insediamento e la proliferazione nel Mediterraneo di specie che fino ad ora avevano trovato nel Mar Rosso il proprio habitat ideale. Attualmente si possono contare circa 700 specie tropicali che si stanno adattando a vivere soprattutto nel bacino orientale del Mare Nostrum. Negli anni Settanta, per fare un esempio, venne introdotta in Adriatico, a fini sperimentali, la specie Crassostrea gigas, l’ostrica portoghese, che negli ultimi decenni ha soppiantato l’Ostrea edulis, l’ostrica autoctona. «Questi cambiamenti non sono facilmente prevedibili - conclude Del Negro -, per cui è fondamentale un attento e continuo monitoraggio delle acque».

Luca Saviano

 

 

Il Comune in piazza Libertà «Ci sono alberi da abbattere»

Altri tre o quattro ippocastani di grosse dimensioni saranno presto abbattuti in piazza Libertà.

La decisione è stata presa ieri mattina dopo il sopralluogo dell’assessore ai Lavori pubblici Elisa Lodi, sul posto assieme agli esperti del Comune, che ha verificato personalmente il crollo dell’albero avvenuto mercoledì sera a pochi metri dalla statua di Sissi, fortunatamente senza conseguenze. Ieri gli operai e gli addetti mandati dal municipio hanno segato i resti del fusto e tolto i rami sparsi sul pavimento in modo da poter ripristinare l’area transennata il prima possibile. Stessa sorte toccherà agli esemplari ritenuti più pericolosi, conferma Antonia Merizzi, direttrice del servizio Verde pubblico del Comune. «Si tratta di alberi vecchi, quasi centenari, un rinnovo è necessario per la sicurezza pubblica - evidenzia la dirigente - sono piante colpite da funghi e microrganismi che si mangiano il legno e che quindi ormai non resistono più. Va comunque detto che alberi del genere che vivono in città hanno un’esistenza quasi dimezzata - spiega ancora - ciò è causato dallo smog o dall’ampiezza limitata delle radici che sono come “chiuse” nel perimetro della piazza». Stando a quanto si apprende dal Comune, la pianta che è caduta improvvisamente l’altra sera, quando a Trieste soffiava forte vento, rientrerebbe tra quelle valutate ad aprile come «ad alta propensione al rischio» nell’ambito delle ordinarie verifiche dell’assessorato sulla stabilità degli alberi che si trovano in città. Non è chiaro perché, nonostante ciò, non sia stata tagliata. Era in programma? Doveva essere già tolta? Microrganismi, dunque, e forse anche insetti, la causa del cedimento. «Il legno vivo non è intaccato da parassiti, non certamente a Trieste - sottolinea Nicola Bressi, naturalista e direttore dell’Orto botanico - ma possono aggredire il legno marcio e questo potrebbe essere il caso». La bora ha fatto il resto, tanto più con le foglie che d’estate contribuiscono a creare quell’effetto “vela” sugli arbusti. Era presente anche FareAmbiente al sopralluogo di ieri mattina in piazza Libertà. «Ho voluto rendermi conto della situazione ed avere notizie in merito», fa sapere il coordinatore regionale dell’associazione, Giorgio Cecco. «È chiaro che si tratta ora di mettere in sicurezza l’area e non ci sono alternative all’abbattimento di altri alberi», ha affermato ancora il responsabile, in accordo con l’assessore Lodi. «Comunque è importante cambiare sistema e incrementare le attività di controllo e manutenzione, perché è sempre una sconfitta quando crollano o si tagliano alberi. Ringraziamo l’assessore per le pronte risposte e auspichiamo ora da parte della nuova amministrazione un cambio di passo rispetto al passato, riservando al verde pubblico più attenzione». Cecco ricorda il piano di abbattimento di trecento alberi di qualche anno fa: «Un taglio dovuto in gran parte probabilmente proprio alla mancata manutenzione». L’assessore, rimarca lo stesso coordinatore di FareAmbiente, «ha manifestato l’intenzione di voler lavorare per avere più risorse ed eventualmente incrementare gli addetti al servizio, confermando che l’attenzione per la tutela del verde pubblico, dell’ambiente e della qualità della vita dei triestini è molto alta da parte di questa amministrazione».

Gianpaolo Sarti

 

Le battaglie dei comitati a difesa di rami e fusti - I precedenti
Non è un'impresa facile abbattere alberi a Trieste. Ne sa qualcosa Franco Bandelli, ex assessore ai Lavori pubblici della precedente giunta Dipiazza. Un vecchio progetto di riqualificazione di piazza Libertà, che risale al 2008, ma mai attuato, prevedeva infatti anche il taglio di alcuni esemplari.

Ma ben due comitati si erano opposti. «Il fusto che è caduto l'altra sera - spiega Bandelli - credo sia il quinto o il sesto degli ultimi anni, a dimostrazione che quelli marci andavano tolti. Invece all'epoca, quando ci eravamo occupati delle perizie, due comitati agguerriti ci accusavano di non essere sensibili alle piante. Ci davano addirittura degli “Attila” - ricorda - dicendo che volevamo distruggere tutto». Il piano indicava un completo rifacimento della zona: in sostanza la parte pedonale della piazza sarebbe stata allungata fino all'ingresso della Stazione ferroviaria. Sull'altro lato si sarebbero create tre corsie di scorrimento viario. «Nel programma c'era la possibilità di piantare nuovi alberi al posto di quelli vecchi e l'avremmo fatto - annota l'ex assessore - a fronte del taglio di cinque o sei, ne avremmo messi una trentina. L'intero progetto - puntualizza - aveva anche il via libera della Sovrintendenza, eravamo quindi a buon punto e si poteva mettere in atto la riqualificazione. Ma Dipiazza alla fine si era arreso ai comitati, non ha avuto coraggio - annota l'ex assessore - e oggi ci troviamo con gli alberi malati e pericolosi. Così ha fatto con piazza Foraggi, anche in quel caso si era fermato. Ma per un altro motivo: le elezioni. Comunque - conclude Bandelli - in piazza Libertà era prevista anche la realizzazione di un nuovo ingresso per il Porto Vecchio, oltre all'eliminazione di quei container che stanno a fianco e dietro la Sala Tripcovich. Roba che accumula soltanto sporcizia, ma dopo anni sono ancora là. Né Dipiazza, né Cosolini hanno saputo fare alcunché, tutto si è fermato. E ora si vedono gli effetti. Questo - ripete - non è buon governo, ma soltanto immobilismo, spero che i triestini se ne accorgano presto».

(g.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 agosto 2016

 

 

Goletta Verde dà i voti a mari e fiumi del Fvg - Oggi a Grado la presentazione del report dell’associazione ambientalista sulla qualità delle acque
TRIESTE - La “grande attesa” sta per finire. Oggi alle 11 nella sala del Consiglio comunale di Grado verranno resi noti i risultati dei monitoraggi eseguiti da Goletta Verde di Legambiente per valutare lo stato di salute dei mari e dei fiumi del Friuli Venezia Giulia.

Un report che vede come “osservati speciali”, in particolare, l’Isonzo e il Tagliamento, autori di performance non proprio brillantissime, negli ultimi tempi, dal punto di vista della qualità delle acque. «Lo scopo di Legambiente -spiega Luigi Colombo dell'ufficio stampa dell’associazione ambientalista - è individuare e punti più critici che rappresentano i maggiori rischi». Parteciperanno all'incontro odierno Katiuscia Eroe e Gloria Catto, rispettivamente portavoce di Goletta Verde e segretaria di Legambiente Fvg; il sindaco di Grado, Dario Raugna, il vice presidente della Provincia di Gorizia, Mara Cernic e Luca Marchesi, direttore generale dell'Arpa del Friuli Venezia Giulia. La presentazione dei risultati avviene, come di consueto, in concomitanza con la presenza a Grado della Goletta Verde che sarà ormeggiata in porto fino a domenica. Tra l'altro sarà anche possibile visitarla domani dalle 18 alle 20 e domenica dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 16 alle 18. I dati di Goletta Verde riferiti allo stato di salute degli specchi acquei destinati alla balneazione, sono tra gli elementi che orientano ogni anno le scelte della Fee nell’attribuzione della Bandiera Blu per le coste e le spiagge più pulite. Bandiera che, va ricordato, Grado ha ricevuto, unica in Italia, per ben 28 volte. L'ultimo appuntamento del viaggio dello staff di Goletta Verde in Friuli Venezia Giulia è strettamente legato a Grado. Domenica, alle 18 nell'area del Velarium del Giardino del Gazebo della spiaggia principale, nel corso di una tavola rotonda, si discuterà, infatti, di turismo sostenibile e nuove sfide per l’isola del sole. Titolo della tavola rotonda: “Un nuovo sviluppo per Grado? Dopo la corsa alla cementificazione degli ultimi anni, Grado cambia verso?”. È prevista la partecipazione del presidente della Git, Alessandro Lovato, del sindaco Dario Raugna, del presidente regionale Fvg di Legambiente Sandro Cargnelutti e della portavoce di Goletta Verde,Katiuscia Eroe.

(a.b.)

 

 

Messa in sicurezza dei siti inquinati - Cartelli e ghiaia: attuate le azioni indicate dall’Azienda sanitaria
Il Comune di Trieste, al fine di tutelare i cittadini, ha dato avvio ad interventi programmati finalizzati alla messa in sicurezza dei siti che presentano condizioni di inquinamento a seguito dei campionamenti dello strato superficiale dei suoli (top-soil) ed effettuati in forza di un protocollo operativo, richiesto dal Comune e in coordinamento con Regione e Provincia, realizzato da Arpa e Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste.

In continuità con la precedente Amministrazione comunale - riporta una nota - , si sta procedendo con le azioni indicate dall'Azienda sanitaria universitaria triestina che, ritiene «per principio precauzionale, vengano adottate misure di prevenzione e mitigazione del potenziale rischio» (come indicato nella relazione del 27 maggio scorso). Tali misure sono, inoltre, conformi al documento trasmesso dall'Arpa Fvg circa i "Criteri per la elaborazione di piani di gestione dell'inquinamento diffuso". A tal fine, relativamente alle aree interessate dai campionamenti, l'accesso come indicato nelle misure di prevenzione è stato interdetto solo sul terreno, ed è stata apposta «un'opportuna cartellonistica» così come indicato nel documento dell'Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste. Le aree ricoperte da ghiaia, pur non essendo soggette ad alcuna limitazione, saranno comunque coperte da un ulteriore substrato come misura di ulteriore mitigazione. Per questi interventi - conclude la nota - il Comune di Trieste utilizzerà le risorse messe a disposizione dalla Regione Friuli Venezia Giulia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 agosto 2016

 

 

La Ferriera a Dipiazza: «Basta minacce» - L’ad Lupoli scrive di nuovo al sindaco: «Il suo atteggiamento aggressivo non fa che causare ingenti danni a tutti»
Non ha fine il ping-pong crescente di accuse tra il sindaco Roberto Dipiazza e Siderurgica Triestina (St), la società del Gruppo Arvedi che gestisce la Ferriera di Servola che sta rendendo incandescente l’estate triestina sul fronte politico, ambientale, sociale e sindacale.

Ieri il “turno di battuta” è spettato nuovamente a Antonio Lupoli, amministratore delegato di St che ha inviato un’altra lettera a Dipiazza in cui tra l’altro afferma che «la prolungata e costante minaccia indirizzata unicamente contro il lavoro della Ferriera non è corretta e non accetteremo mai questo atteggiamento aggressivo che causa solo, come già avvenuto, ingenti danni a tutti». Nella precedente missiva, giudicando irricevibili tre richieste di Dipiazza, Lupoli, evidentemente in linea con il pensiero dello stesso Giovanni Arvedi, aveva prospettato addirittura l’abbandono dello stabilimento di Servola in caso di iniziative che tendessero a modificare gli accordi già raggiunti tra le parti e minacciato richieste di risarcimento danni e azioni legali in relazione ad affermazioni del sindaco stesso. «Si è trattato di una mancanza di rispetto nei confronti del sindaco che potrebbe costargli cara», ha attaccato con parole durissime Dipiazza ai microfoni di Raitre. Ieri Lupoli ha contrattaccato: «Riscontro con stupore le sue parole secondo le quali Siderurgica Triestina, nella lettera inviata alla sua attenzione, le avrebbe mancato di rispetto e fa seguire l’affermazione “ciò potrebbe costarle caro», esordisce l’amministratore delegato di St nella sua replica. «Il Gruppo Arvedi - illustra poi - ha costruito i suoi oltre cinquant’anni di storia industriale operando sempre nel massimo rispetto delle istituzioni e tale intende essere anche la sua condotta a Trieste dove è impegnato in una difficile ed entusiasmante intrapresa di sviluppo imprenditoriale che punta a coniugare produzione, lavoro e tutela dell’ambiente. Siamo a Trieste - ribadisce Lupoli con una certa enfasi - per lavorare e lavorare onestamente nel rispetto della legge. Siamo a Trieste per difendere il diritto al lavoro e portare a termine un progetto approvato e sottoscritto dalle istituzioni. Siamo a Trieste e assistiamo da alcuni mesi a un attacco pregiudiziale, indirizzato unicamente contro la Ferriera, come se la Ferriera non operasse nel pieno rispetto di tutti i parametri e gli obblighi contrattuali previsti dagli accordi». Quindi il riferimento alla «scorrettezza» della prolungata e costante minaccia e dell’atteggiamento aggressivo, per finire con un tentativo di dialogo: «Siamo invece disponibili ad ogni forma di collaborazione per la soluzione dei problemi in tutti i loro aspetti: sociali, umani, ambientali e industriali». Ma la possibilità di collaborazione appare ancora infinitamente lontana.

Silvio Maranzana

 

Il movimento Possibile contesta il Comune «Non agevola la ricerca di una soluzione»

«La Ferriera sta diventando un campo tra opposte tifoserie dove la teatralità del sindaco sta occupando lo spazio della politica. Una logica che non agevola la ricerca di un'equa soluzione tra gli interessi in campo».

L’accusa arriva dal movimento “Possibile” che sottolinea che «il centrosinistra ha vinto le elezioni del 2011, facendo della riconversione produttiva dell'area a caldo uno dei punti salienti del programma. Dopo un decennio di prese in giro da parte di Dipiazza (che sembrano replicarsi in questi giorni), la cittadinanza credette al centrosinistra, ma la Giunta Cosolini decise di rinnegare la sua promessa». “Possibile” afferma di «non ritenere compatibile l'area a caldo con un nuovo sviluppo industriale» ma ritiene che «il vero interlocutore sia la Presidenza della Regione e che in quella sera vada aperto un tavolo sulla situazione occupazionale e sul rispetto ai diritti costituzionali alla salute e alla tutela ambientale».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 agosto 2016

 

 

Traffico di merci pericolose, servono controlli migliori

LA LETTERA DEL GIORNO  - Wwf Trieste - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste - Legambiente Trieste
La recente vicenda del camion cisterna (stra)carico di metano liquido, ora confinato presso l’aeroporto di Gorizia, ci ripropone la questione della sicurezza dei traffici di merci pericolose, ed un inquietante interrogativo : è possibile - come si legge oggi - che in un porto europeo qualcuno possa sovraccaricare un’autocisterna oltre i limiti di sicurezza, per poi metterla in circolazione sulle autostrade ? I criteri applicati nella progettazione degli impianti per la ricezione, stoccaggio e rigassificazione del GNL - sono due i progetti pendenti in regione - avranno tenuto conto di questi comportamenti anomali, per non dire criminali ? Il Comitato tecnico regionale, che ha dato il suo nulla-osta in entrambi i casi, ha spinto le sue analisi oltre al perimetro dell’impianto ed ha tenuto conto del " fattore umano " ? Oggi plaudiamo all’ipotesi del trasferimento a Monfalcone del terminal della linea di traghetti per la Grecia, nell’ambito di una gestione unitaria dei nostri due maggiori porti regionali. Le due tipologie di traffico sono compatibili ? Dal momento in cui entrambi i progetti furono presentati al pubblico (Trieste nel 2006, Monfalcone nel gennaio 2014) è venuta meno l’urgenza che motivava il proliferare di progetti per queste infrastrutture : i consumi si sono stabilizzati, il costo dei combustibili fossili è crollato e l’analogo impianto di Livorno (entrato in funzione nel 2013) rigassifica poco o niente mentre quello di Porto Viro a stento gira a mezzo regime. Il fatto di cronaca ricordato poc’anzi può essere lo spunto per rimettere in discussione in primis la sicurezza, ma anche la strategicità, dei nostri rigassificatori. Analogamente a quanto fatto dalla Provincia di Trieste e dal Comune di Muggia, riteniamo che sia giunto il momento per cui la giunta regionale e quella nuova del Comune di Trieste si attivino a livello ministeriale per l’azzeramento delle attuali proposte.

 

 

Urbanistica - la città futura - La “caccia” agli emiri per Porto vecchio

Dipiazza ha inviato a Dubai il Piano strategico per la riqualificazione «Intendiamo tastare immediatamente il polso dei potenziali investitori»

Il Piano strategico per la riqualificazione del Porto vecchio di Trieste è ancora incompleto, ma è già a Dubai all’esame di potenziali investitori. È questa la prima mossa che ha fatto il sindaco Roberto Dipiazza che fin dalla campagna elettorale su quello che può essere considerato il primo settore di sviluppo strategico della città ha indicato la necessità oltre che del recupero dei possibili investitori che nel passato avevano inviato manifestazioni di interesse all’Autorità portuale, anche del recupero degli investitori internazionali che avevano partecipato alla gara per l’advisor e tra gli esempi fatti, prima di Reag real estate advisory group e di Prelios ha indicato proprio la sezione di Dubai del gruppo Rnmjm architecture e masterplanning. La Rmjm Fz Llc di Dubai si era proposta assieme al Gabinete de projetacao arquitetonica di San Paolo del Brasile a sostegno della Tecnic consulting engineers di Roma, nella gara poi vinta da Ernst&Young. «Per i potenziali investitori - annuncia ora Dipiazza - sarà valutata, insieme all’advisor, la direzione da seguire. Proprio perchè crediamo nell’area del Porto vecchio quale volano strategico di sviluppo della città - aggiunge - abbiamo già spedito l’impostazione non ancora conclusa del Piano strategico a Dubai per tastare il polso di potenziali finanziatori». Rmjm ha progettato tra l’altro il Capital gate di Abu Dhabi (nella foto grande) che ha un’inclinazione di 18 gradi, quasi quattro volte superiore alla Torre di Pisa, ed è appena stato nominato dal Guinness world record “l’edificio più pendente al mondo”. É proprietà dell’Adnec (Abu Dhabi national exhibitions company), il cui primato va ad aggiungersi a quello conseguito dal Burj Khalifa come edificio più alto del mondo. La torre è alta 160 metri e ha in tutto 35 piani destinati ad accogliere uffici e un hotel a cinque stelle, lo Hyatt capital gate, con ristoranti, meeting rooms, reception, tea lounge, spa, centro fitness, piscina e terrazza esterna per un totale di 53.100 mq. Quanto a Ernst&Young, che ha vinto la gara per la redazione delle linee guida del Piano strategico indetta dalla giunta Cosolini, i contatti con la nuova amministrazione comunale a quanto riferisce il sindaco si stanno facendo stretti. «Abbiamo già incontrato i referenti di E&Y che si sono detti molto soddisfatti per aver finalmente trovato sul piano politico un interlocutore concreto e preparato anche dal punto di vista tecnico», afferma Dipiazza con vena evidentemente polemica rispetto al suo predecessore e aggiunge anche che «il lavoro è sicuramente importante e interessante», mentre una semplice fotografia dell’esistente «aveva caratterizzato - afferma - la prima presentazione dello studio al Magazzino 26 del Porto Vecchio che credo lo stesso advisor avrebbe evitato volentieri, dal momento che era evidente si trattava di una raccolta di informazioni ad uso interno da sviluppare in un'idea successiva. È probabile che quella presentazione - continua il sindaco dando un’altra punzecchiata all’ex Cosolini - sia stata imposta e anticipata per esigenze di visibilità di una parte politica in campagna elettorale». Il contratto con Ernst&Young dunque non verrà certamente modificato e la collaborazione prosegue. «Non se ne è più saputo nulla - ha accusato nei giorni scorsi Cosolini nella sua veste di consigliere di opposizione - mentre già il 25 giugno l’advisor deve aver consegnato le linee guida e per luglio noi avevamo previsto il confronto con i cittadini». «Crediamo che la comunicazione ai cittadini - afferma ora Dipiazza - non debba essere solo un passaggio previsto, ma un atto doveroso. Certo è, come ha convenuto anche l'advisor, che ci sono ancora dei passaggi che nel percorso di lavoro che si sta compiendo devono essere conclusi, tra questi anche il confronto conoscitivo dello studio con gli stakeholders». Ma con un trenino sull’orlo dell’eliminazione («Chi ha voluto il trenino è libero di gestirlo, farà le sue valutazioni, l’importante è che al Comune non costi un euro», ha ribadito Dipiazza) e la sola isolata mostra sulle navi del Lloyd che langue all’ex Centrale idrodinamica, il Porto vecchio sta intanto vivendo un’altra triste estate abbandonato a se stesso.

Silvio Maranzana

 

Stop a Greensisam - Permesso revocato - Il Comune ritira la “licenza” per i primi cinque magazzini

La concessione risale al 2001 ma i lavori non sono mai partiti
Nell’eterno gioco dell’oca che sta vivendo Porto vecchio, anche la cittadella Greensisam è tornata alla casella di partenza. L’area che comprende i primi cinque magazzini storici dal lato della città e gli annessi viali e piazzali, che la società di Pierluigi Maneschi ha avuto in concessione per novant’anni dall’Autorità portuale ancora nel lontanissimo 2001, doveva essere il grimaldello per la riqualificazione dell’intero scalo antico. L’ex sindaco Roberto Cosolini e il segretario generale dell’Autorità portuale Mario Sommariva avevano immaginato una sorta di consegna anticipata al Comune per permettere a Greensisam di passare dalla concessione all’acquisto e dare finalmente il via al progetto. A fine luglio invece l’amministrazione Dipiazza ha inviato alla società di Pierluigi Maneschi la revoca del permesso a costruire. Ciò secondo fonti Greensisam sarebbe avvenuto pochi giorni prima della scadenza della validità di due anni di quel permesso che era stato emesso dal Comune il 31 luglio 2014 poiché non è stato messo in moto alcun atto preparatorio dell’avvio effettivo dei lavori. La società dal canto suo sostiene di non averlo potuto fare dal momento che non esiste nemmeno un progetto di infrastrutturazione dell’area, compito che fino a poco più di un anno fa sembrava dovesse spettare all’Autorità portuale, ma che negli ultimi mesi pareva essere divenuto competenza del Comune. Tanto che in base al dossier predisposto dal municipio, dei 50 milioni di euro stanziati dal ministro Dario Franceschini per il Porto vecchio, 9 milioni e mezzo erano stati destinati per le nuove reti di sottoservizi nell’area Greensisam. Da allora però (fine aprile) nulla si è mosso. La società ritiene di essere rimasta vittima di un rimpallo di responsabilità tra Comune e Autorità portuale e i suoi legali starebbero valutando la possibilità di ricorrere nuovamente al Tar. Anche perché è rimasta scottata da una sentenza del gennaio scorso del Consiglio di Stato che le ha dato torto nei confronti dell’Autorità portuale sulla stessa vicenda, ormai ultrakafkiana del permesso a costruire. In ballo dovrebbe esserci comunque un’altra richiesta di risarcimento danni dal momento che i nuovi soci che Maneschi aveva trovato ai quali vendere la maggioranza di Greensisam e cioé un fondo svizzero che è rappresentato da un commercialista di Genova ora potrebbero già essere in fuga e un incontro chiarificatorio tra Maneschi e lo stesso commercialista sarebbe stato messo in agenda a Trieste per subito dopo Ferragosto. Nella prima causa, centrata sulla mancata emissione del permesso a costruire, Greensisam aveva chiesto all’Autorità portuale un risarcimento danni di 11 milioni. Il Tar a novembre 2014 aveva stabilito che la cifra dovesse fermarsi a un milione 700mila euro. Il Consiglio di Stato nel gennaio scorso ha sentenziato invece che l’Authority non deve a Greensisam nemmeno un cent. Già i giudici di primo grado avevano scagionato il Comune, il Consiglio di Stato ha sollevato da qualsiasi responsabilità anche l'Autorità portuale ordinando soltanto che vengano compensate tra le parti le spese di giudizio. La sentenza aveva rilevato che «va ascritto invece a scelta della società odierna appellata (Greensisam, ndr) l'aver seguitato a insistere con l'Autorità portuale affinché ponesse in essere attività ulteriori non previste dalla convenzione, intese all'acquisizione del titolo ad aedificandum e dei connessi pareri di compatibilità, piuttosto che attivarsi presso le autorità all'uopo preposte (Comune di Trieste, Regione Friuli Venezia Giulia e Soprintendenza per i Beni culturali e paesaggistici) perché esercitassero le rispettive competenze». La concessione rilasciata a Greensisam prevedeva per i primi cinque anni un canone provvisorio di 60mila euro all'anno più un canone ricognitorio di 296 euro all'anno. A far data dal sesto anno viene invece stabilito un canone ordinario di 427mila 934,63 euro all'anno. Il progetto Greensisam prevede la creazione di una passeggiata frontemare con una copertura a navate trasparenti di due viali, la creazione di una piscina di acqua di mare, un percorso per il jogging e di un'area wellness. Nel magazzino più arretrato rispetto al mare doveva essere creato un parcheggio multipiano, negli altri negozi, botteghe, studi professionali, uffici, forse alberghi.

(Silvio Maranzana)

 

«La nuova casa dei traghetti greci» - Secondo Bucci potranno ormeggiare accanto ai megayacht di Fincantieri
Nonostante tutto, Roberto Dipiazza, rilevando che «i 50 milioni del Ministero delle attività culturali sono importanti, ma costituiscono solo una prima parte dell’investimento totale», si dimostra particolarmente ottimista su Porto vecchio.

«In considerazione del peso che questa operazione ha per lo sviluppo economico della città e il rilancio dell'intera regione, ed alla luce di quella che è l'ampiezza dell'area e delle sue potenzialità urbanistiche - afferma - credo proprio che il mercato internazionale guarderà con molto interesse al Porto vecchio di Trieste». L’assessore allo Sviluppo economico e al Turismo Maurizio Bucci sostiene che «in autunno vedremo comparire sull’orizzonte di Porto vecchio player di prestigio internazionale». E su quei 50 milioni ieri è tornato l’assessore regionale del Pd Gianni Torrenti sottolineando che «l'attenzione del Governo per i beni culturali del Friuli Venezia Giulia è stata finora molto rilevante in termini di risorse». La nuova amministrazione comunale non annuncia ancora come intende procedere. «Relativamente ai potenziali investitori - spiega il sindaco - sarà valutata insieme all’advisor la direzione da seguire. È ancora prematura la formalizzazione delle procedure per la verifica delle manifestazioni di interesse». Nessun dubbio invece su quello che sarà il primo insediamento produttivo, ma è presumibile che si tratterà di attendere almeno un anno e mezzo: «Il Mercato ittico, data l’immediata intesa trovata con l’Autorità portuale, la forte volontà di questa amministrazione di puntare sui fatti e la tempistica relativamente breve per la realizzazione potrà essere il primo insediamento produttivo in Porto vecchio». Sulla cittadella Greensisam Dipiazza sostiene che «potrebbe avanzare in modo autonomo, ma ciò dipende dalla volontà degli investitori». Non si fa più trovare al telefono poi al momento di chiedergli un chiarimento sulla revoca del permesso a costruire che il Comune ha inviato alla stessa Greensisam. Ma per Porto vecchio è già stato avanzato anche qualche altro progetto di prestigiosa valenza economica come quello di Fincantieri interessata al bacino tra Molo Zero e Molo Primo. La richiesta riguarda anche i capannoni 24 e 25 per la durata di 35 anni allo scopo di creare un porto per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi vari a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti. «Riguardo a questo progetto stiamo raccogliendo elementi e informazioni», precisa il sindaco. E un uso anche futuro di portualità più o meno allargata dell’antico scalo non si ferma certamente a questo. L’Autorità portuale sta valutando la possibilità di realizzare un terminal passeggeri all’Adriaterminal, quello oggi ancora contraddistinto dalle gru blu e gialle, che dovrebbe prevedere anche la realizzazione di una stazione marittima. Situazione questa caldeggiata anche da Bucci. «I traghetti greci ad esempio - afferma l’assessore - per ora non devono muoversi e non si muoveranno dall’attuale ormeggio del Molo Settimo. Quando verranno risolti i problemi legati alla loro movimentazione, che riguardano in particolare la presenza della diga, il loro più naturale nuovo ormeggio non potrà che essere quello di Porto vecchio». Resta ancora estremamente fumosa la questione del Polo museale dopo i restauri dell’ex Centrale idrodinamica, dell’ex Sottostazione elettrica e quello particolarmente costoso eppure parziale del Magazzino 26. Dipiazza non affronta direttamente la questione, ma si limita ad affermare che «sarà da vedere quali saranno le scelte definitive per la realizzazione del Parco del mare che dovrà integrarsi in un contesto unico di offerta turistica con il Museo del mare». Secondo Bucci, «se il Parco del mare verrà realizzato nell’area di Portolido, lì potrebbe essere spostato anche l’Ursus».

(s.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 agosto 2016

 

 

Il sindaco non molla e sfida l’Arpa «Sarò io a monitorare Servola»
Tensione ancora alle stelle nell’incontro con l’Agenzia dell’ambiente in Municipio alla presenza di ambientalisti e cittadini
«Dobbiamo chiudere questo cancro al centro della città e stiamo facendo di tutto perché ciò accada». È ormai battaglia senza esclusione di colpi tra Roberto Dipiazza e Giovanni Arvedi. Il sindaco ha risposto ieri con un manrovescio alle due sberle ricevute nel giro di due giorni prima da Siderurgica Triestina (St) sulle richieste inviate alla società che gestisce la Ferriera di Servola e che non hanno avuto risposta e poi dall’Arpa sull’intenzione annunciata dal Comune di voler effettuare controlli in proprio sulle emissioni. L’amministratore delegato di St, Antonio Lupoli in una lettera evidentemente condivisa con Arvedi aveva prospettato addirittura l’abbandono dello stabilimento di Servola in caso di iniziative che tendessero a modificare gli accordi già raggiunti tra le parti e minacciato richieste di risarcimento danni e azioni legali in relazione ad affermazioni del sindaco stesso. «Si è trattato di una mancanza di rispetto nei confronti del sindaco che gli potrebbe costare cara», ha contrattaccato con parole durissime ieri Dipiazza ai microfoni di Raitre. Nel corso dell’incontro che si è svolto ieri mattina in municipio con i vertici dell’Arpa e cioé il direttore Luca Marchesi e il dirigente Franco Sturzi e i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e dei comitati di cittadini (erano presenti Alda Sancin di NoSmog, Barabara Belluzzo e Fabio Catalan del Comitato 5 dicembre e Giorgio Cecco di FareAmbiente), Dipiazza ha confermato la propria intenzione di acquistare centraline per monitorare direttamente le emissioni (in realtà si tratterebbe di un’unica centralina mobile) e di farsi affiancare da un tecnico che gli permetta di raccogliere e interpretare i dati raccolti. «Non mi fido più di nessuno - ha affermato stizzito - adesso le rilevazioni le faremo noi e le esamineremo noi. Perché oltretutto - ha aggiunto - fino a poco più di un mese fa i dati li verificava la stessa Siderurgica Triestina, cioè il controllato era il controllore». L’intento di delegittimazione dell’Arpa in questo modo è risultato totale. L'incontro era stato fissato «per chiarire alcuni punti relativi alla rilevazione di dati sugli sforamenti non adeguatamente comunicati, e per fornire delucidazioni su altri aspetti inerenti all'inquinamento acustico, alle procedure di segnalazione e agli iter sanzionatori», ha riportato un post su Facebook del sindaco. Ma le risposte date dall’Arpa su queste questioni non sarebbero state considerate esaurienti. «Vogliamo tutelare i cittadini di Servola - ha ribadito ieri Dipiazza - abbiamo idea di chiudere questo cancro al centro della città. È indispensabile arrivare a una data definitiva di chiusura dell’area a caldo». «Visto che la tensione sociale in città sulla questione Ferriera è molto forte - hanno ribadito ieri dallo staff del primo cittadino - il sindaco ritiene opportuno avere dati diretti. Ad essere acquistata - è stato però specificato - sarà soltanto una centralina mobile. Se anche questa confermerà i dati rilevati dall’Arpa, logicamente se ne prenderà atto». L'Arpa ha ribadito che «la legge attribuisce in via esclusiva proprio ad Arpa il ruolo di validatore indipendente del dato ambientale nei processi di governance pubblica. Ciò proprio per garantire la terzietà delle misure rispetto a quanto viene prodotto dalle parti in causa. Autorevolezza e terzietà dell'Agenzia si fondano sull'elevato livello di competenza tecnico-scientifica dei suoi operatori, su tecnologie sofisticate ed evolute, su sistemi di gestione certificati e accreditati e sul continuo confronto con la comunità scientifica nazionale e internazionale. Altri dati ambientali, diversamente prodotti - ha ammonito il direttore Marchesi - possono completare il quadro conoscitivo ma, configurandosi necessariamente come dati di parte non possono presentare requisiti di ufficialità a sensi di legge, né essere posti a base di prescrizioni o altre decisioni. L'Agenzia - ha concluso la nota - prosegue nel proprio lavoro con il consueto impegno, a supporto del Comune e di tutti i soggetti coinvolti, e a garanzia di cittadini e Istituzioni, nella certezza di aver avviato sull'area di Servola un opera di monitoraggio e controllo all'avanguardia e allineata ai più avanzati standard tecnico scientifici».

Silvio Maranzana

 

Il Comune arruola un ispettore tecnico - Annunciato l’arrivo di un esperto per la raccolta dei dati - Ma la Regione fa partire la scomunica e la conflittualità sale
Il Comune si doterà di un esperto, un tecnico cioé altamente qualificato che avrà il compito di raccogliere i dati sulle emissioni della Ferriera, in particolare quelli che la stessa amministrazione acquisirà direttamente con la nuova centralina mobile, e di interpretarli.

È la principale novità annunciata del sindaco Dipiazza nel corso dell’incontro di ieri mattina. «Si procederà con l’individuazione di una figura tecnica in modo da poter arrivare ad un quadro più oggettivo della situazione, a garanzia di tutti», ha annunciato Dipiazza. E l’amministrazione ha specificato che «il professionista affiancherà il Comune e i cittadini nella delicata questione dello stabilimento servolano anche avvalendosi dei dati che si renderanno disponibili con l’acquisto della centralina mobile da parte del Comune stesso. Dovrebbe essere operativo in tempi estremamente rapidi, presumiblmente già dall’inizio di settembre». Una figura professionale che dopo l’Arpa, è stata “scomunicata” ieri anche dalla Regione facendo giungere in primo piano anche lo scontro, dopo quelli inscenati con Siderurgica Triestina e con l’Arpa appunto, che mette in rotta di forte collisione il Comune anche con la stessa amministrazione regionale. «La legge regionale numero 6 del 1998, istitutiva dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa) - ha rilevato ieri la Regione con una nota - indica in essa un ente di diritto pubblico che svolge attività di consulenza, di supporto tecnico-scientifico ed analitico per la Regione e anche per gli enti locali. Relativamente ai rapporti con gli enti istituzionali, è altresì specificato dalla legge che, nelle materie di competenza, la Regione, gli enti locali e le Aziende per i servizi sanitari si avvalgono obbligatoriamente dell'Arpa per l'esercizio delle funzioni di rispettiva competenza. Anche la legge nazionale 132 del 2016 prescrive che i dati forniti dall’Arpa costituiscano riferimento ufficiale e vincolante per le attività di competenza delle pubbliche amministrazioni. La Regione a tanto si attiene - conclude la nota - e non può che auspicare analogo scrupolo da parte di tutti gli altri soggetti istituzionali». E la stessa Arpa rileva che «l'incontro ha consentito ad Arpa di rappresentare nuovamente il proprio ruolo istituzionale di supporto tecnico scientifico al Comune e agli altri livelli istituzionali competenti nei processi di decisione pubblica in materia ambientale» e riferisce inoltre che «Arpa ha preliminarmente illustrato al sindaco la complessa situazione determinatasi in città per effetto del ritrovamento di inquinanti nei suoli cittadini, fornendo al Comune alcune importanti indicazioni sull'attività in corso e sulle prossime fasi del percorso avviato con il Tavolo tecnico regionale dedicato». Nella conferenza stampa di sabato scorso il direttore dell’Arpa, Marchesi aveva definito l’Arpa «validatore indipendente con 200 professionisti. Raccolta e valutazione dati - aveva sottolineato - possono essere svolte solo dall'organismo regionale. Arpa viene “vigilata” da enti europei e si avvale di un comitato scientifico al quale partecipano Sissa e le università di Trieste e di Udine». (s.m.)

 

I residenti mettono in dubbio l'AIA - i problemi restano Fumi, odori, rumori e polveri imperversano ancora

«Non si sfora perché lo stabilimento va al 65%. Eppure le anomalie rimangono»
Secondo i rappresentanti dei cittadini e degli ambientalisti che hanno partecipato alla seconda parte del confronto tra il sindaco e i vertici dell’Arpa ieri è stato svelato l’arcano del perché in questo periodo le centraline registrano valori che sembrano mantenersi al di sotto dei limiti dei parametri ammessi, per il semplice fatto che lo stabilimento servolano e nella fattispecie la cokeria e l’altoforno oggi non stanno affatto funzionando a pieno regime, bensì semplicemente al 65%. «Per gentile interessamento del sindaco - afferma in una nota Alda Sancin di NoSmog - i rappresentanti delle associazioni Nosmog e Fare Ambiente e del Comitato 5 dicembre hanno avuto l’opportunità di incontrare i dirigenti dell’Arpa Fvg Marchesi e Sturzi. Finalmente si è appreso che lo stabilimento sta producendo solamente al 65% delle proprie potenzialità, per cui le associazioni hanno avanzato il dubbio: le migliorie ambientali ampiamente illustrate da Arpa nella conferenza stampa di sabato sono da attribuirsi a miglioramenti degli impianti o non più probabilmente alla ridotta produttività dello stabilimento? Sono stati illustrati per l’ennesima volta dalle associazioni - riferisce ancora Sancin - i fenomeni visivi, odorosi e rumorosi lamentati dai residenti avanzando dubbi sull’efficacia dell’Aia. Si è anche osservato che le tempistiche concesse dall’Aia per gli adeguamenti ambientali sono eccessivamente lunghe, una per tutte quella che prevede la riduzione della rumorosità, che Arpa stessa ha certificato essere al di sopra dei limiti di legge. Arpa - riporta ancora NoSmog - ha ribadito che l’Aia conferita allo stabilimento è una delle più avanzate del Paese e la quantità e qualità dei controlli che vengono effettuati sullo stabilimento non hanno precedenti. Ma si è osservato che nonostante ciò, le “anomalie” lamentate dai residenti continuano a tutt’oggi. Dal colloquio è emerso chiaramente che i controlli Arpa e le prescrizioni Aia - conclude Sancin - non sono affatto sufficienti a garantire le condizioni di vivibilità dell’abitato circostante allo stabilimento». È il concetto su cui insiste Giorgio Cecco di FareAmbiente: «Dalla stessa Arpa apprendiamo che la situazione della Ferriera di Servola è quella che noi stiamo sostenendo essere, ovvero che l'aria non è salubre né compatibile con chi ci vive. Perciò è chiaro che l'attenzione resta alta e la preoccupazione per la salute pubblica anche. Si conferma che l'Arpa ha vietato un aumento della produzione ritenendo che le condizioni non siano ancora adeguate, per cui ci domandiamo cosa potrebbe succedere a regime. È positivo quindi - conclude Cecco - che il Comune sia attivo e al fianco delle associazioni e comitati come garante della salute dei cittadini e della tutela ambientale». Il Comitato 5 dicembre si è riservato una replica successivamente.

(s.m.)

 

Il pd - «In campagna elettorale vendute fiabe»
«Sulla Ferriera di Servola il sindaco Roberto Dipiazza ha venduto tante illusioni in campagna elettorale, e ora i nodi vengono inevitabilmente al pettine». Lo afferma la neosegretaria provinciale del Partito Democratico di Trieste Adele Pino, sottolineando che «su un tema simile sarebbe stato invece opportuno non raccontare fiabe alle gente, come già fatto per dieci anni dallo stesso Dipiazza, ma essere responsabili».

«Noi abbiamo proposto un progetto serio e concreto - prosegue Pino - forse meno accattivante dal punto di vista elettorale, ma l' unico realistico: coniugare sviluppo, lavoro,tutela ambientale. Questo è stato l'unico faro, per Regione, Governo e enti locali, e per il Pd.Le accuse di inciucio le lascio a chi ama retroscena fantasiosi e speculazione politica». «Illudere i triestini - dice ancora la segretaria Pino - che lo stabilimento di Servola si potesse chiudere con una bacchetta magica, senza conseguenze, problemi o costi, o pesanti incognite sulla bonifica dell'impianto, è stato grave. E sono bastate poche settimane per far venire a galla la verità». Con queste affermazioni Pino non intende affermare che il Gruppo Arvedi debba avere a Servola mani libera o che debbano essere sottovalutate le questioni ambientali. «È indispensabile verificare costantemente che Siderurgica triestina rispetti tutti i vincoli e i parametri previsti dalla legge e dagli accordi - conclude Pino - ma questo è bene che lo facciano gli organismi competenti, come l'Arpa».

 

 

La ciclabile della discordia “approda” in Regione - Approvata la mozione che si pone l’obiettivo di eliminare le criticità del tracciato
Entro il mese le amministrazioni cercheranno la soluzione a un tavolo tecnico
Non c’era molta gente ieri mattina a pedalare lungo Passeggio Sant’Andrea: forse il caldo, forse le ferie, forse le polemiche sulla sicurezza. Allora entro la fine del mese Regione Fvg e Comune di Trieste incroceranno opinioni e possibili soluzioni nell’ambito di un tavolo tecnico dedicato alla pista ciclabile che collega la zona di Campo Marzio a via Orlandini, dove - una volta completata - si connetterà con la “collega” intitolata a Giordano Cottur. Le due amministrazioni verificheranno il da farsi, in termini esecutivi e finanziari, riguardo un’opera che, perlomeno in sede realizzativa, ha determinato molte reazioni negative. La questione è delicata: l’infrastruttura ciclabile è co-finanziata con pubbliche risorse da Regione e Comune (500 mila euro), eventuali modifiche e nuovi interventi debbono essere convenientemente illustrati alla magistratura contabile. È quanto comunicato dall’assessore ai Lavori Pubblici, Elisa Lodi, alle commissioni consiliari IV e VI, riunite congiuntamente sotto la duplice presidenza di Michele Babuder (Fi) e di Salvatore Porro (FdI). E nella serata di ieri in Consiglio è approdata una mozione, approvata dalle stesse commissioni previo emendamento, che invita a valutare la fattibilità di «un percorso alternativo», per cercare di risolvere «le plurime criticità» emerse in seguito alla realizzazione del primo tratto della ciclabile. Nella stessa mozione si chiede agli assessori Lodi e Polli il miglioramento della segnaletica orizzontale, in particolare nei pressi delle fermate bus, nei tratti vicini alla “sopraelevata”, in prossimità dell’incrocio con via Carli. A presentare la mozione erano stati, oltre a Babuder, i consiglieri forzisti Piero Camber e Alberto Polacco. Un altro rappresentante forzista, Everest Bertoli, aveva provveduto a stendere un’ulteriore mozione. Il testo a triplice firma Camber-Babuder-Polacco trae spunto dalle maggiori problematicità rilevate a proposito della ciclabile anche nel sopralluogo del 27 luglio. A cominciare dall’interferenza della viabilità con quella veicolare in più tratti, con particolare evidenza all’attraversamento in corrispondenza della rampa autostradale all’altezza del polo natatorio. A seguire con la riduzione degli spazi di sosta nell’area di via Campi Elisi, all’eliminazione degli spazi carico/scarico relativi agli esercizi commerciali, alla «progressiva desertificazione» di Campi Elisi dove la pista renderebbe difficile l’accesso ad alcuni locali pubblici. Insomma, residenti e commercianti non gradirebbero le due ruote a pedali. Alla luce di queste premesse trafficato il dibattito in commissione, dove sono intervenuti Giannini e Bertoni (M5s), Bassa Poropat (Insieme per Trieste), Lippolis (Ln), Martini (Pd), Declich (Fi). Sulla questione il capogruppo “dem” Fabiana Martini ha assunto, insieme ad alcuni colleghi (Svab, Grim, Poropat), un’articolata posizione attraverso un comunicato. Comunicato nel quale tre sono i punti portanti: innanzitutto soddisfazione per le risposte dei tecnici comunali (era presente la responsabile della pianificazione urbana Ave Furlan), che hanno confermato come le maggiori criticità «siano frutto di errori di esecuzione del progetto da parte dell’impresa». Inoltre l’ex vicesindaco della giunta Cosolini rileva che la perdita di parcheggi su tutto il tracciato si limiterebbe a a solo due stalli, mentre ne verrebbero recuperati trenta nell’area del distributore dismesso in viale Campi Elisi. Spazi carico/scarico - secondo la Martini - non ce ne sono, quindi non vanno perduti. Infine le spiegazioni dei tecnici hanno convinto il centrosinistra a non opporsi in commissione, ma in aula sarà tutto diverso.

Massimo Greco

 

 

Ambiente - «Pulizia antincendi al Parco Farneto»

«Bisogna pulire urgentemente il sottobosco del Parco Farneto. Le alte temperature e il vento di questi giorni rappresentano infatti le condizioni, purtroppo, ottimali per gli incendi boschivi». A chiederlo è la presidente della VI Circoscrizione del Comune di Trieste Alessandra Richetti (M5S). «Venerdì scorso, insieme ai volontari dell’associazione Trieste Pulita, abbiamo fatto un sopralluogo. La situazione per quanto riguarda il sottobosco è decisamente critica - spiega la grillina -. Per questo riteniamo si debba intervenire quanto prima per evitare rischi».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 agosto 2016

 

 

La stangata del contacalorie colpisce 5mila condomini - Tutti gli edifici con riscaldamento centralizzato devono adeguarsi entro dicembre
La spesa media oscilla sui mille euro escluso il costo dell’intervento sulla caldaia
Il decreto impone che entro il 31 dicembre 2016 tutti gli edifici dotati di riscaldamento centralizzato adeguino gli impianti con la contabilizzazione del calore.

L’installazione dei contabilizzatori di calore è obbligatoria ai sensi del decreto legislativo 141/2016 varato dal governo su pressing dell’Unione europea.

I vantaggi dovrebbero compensare, almeno in parte, l’esborso: oltre alla detrazione fiscale del 50%, a fine intervento, il risparmio in bolletta dovrebbe aggirarsi attorno al 20%.

I costi che ogni condomino dovrà sostenere non sono banali: 120 euro a termosifone. Senza contare il costo dell’intervento sulla caldaia. La spesa sarà detraibile al 50%.

C’è tempo fino al 31 dicembre prossimo venturo perchè i condomini dotati di riscaldamento centralizzato provvedano ad aggiornare i loro impianti con la cosiddetta “contabilizzazione del calore”. Cioè, dietro forte pressione della Commissione Ue che nel febbraio 2015 aveva aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia, si dovrà misurare l’effettivo consumo di ciascuna unità immobiliare e si dovranno suddividere le spese in base ai consumi effettivi: obiettivi sono il risparmio energetico, una maggiore razionalità dei consumi, la riduzione degli sprechi. L’installazione dei nuovi dispositivi è imposta dal decreto legislativo 141/2016, recentemente varato dal governo che ha modificato un precedente provvedimento (dl 102/2014). Stavolta Bruxelles dovrebbe essere stata soddisfatta. Su Trieste l’impatto di questa decisione è notevole: Confartigianato, in prima linea sull’argomento con i 160 impiantisti iscritti all’associazione e con lo stesso presidente Dario Bruni mobilitato come imprenditore del settore, ha censito 2350 impianti superiori ai 35 kw, ovvero superiori alla potenza di una caldaia domestica. Attenzione: capita con una certa frequenza che una caldaia serva più condomini, quindi il numero degli stabili interessato alle nuove disposizioni di legge è sicuramente più elevato. «Dalle 2 alle 3 volte rispetto al numero degli impianti», ipotizza Bruni. Quindi nel territorio comunale triestino, a tenersi molto prudenti, saremo ben oltre i 5 mila edifici suscettibili di nuova termoregolazione. Ne consegue che decine di migliaia di cittadini-condomini sono all’erta. D’altronde, solo negli ultimi anni l’edilizia più innovativa ha pensato di inserire meccanismi di maggiore efficienza energetica: ma una consistentissima porzione delle costruzioni triestine, di anagrafe non freschissima, avrà bisogno di mettersi in regola. I costi, che il singolo condomino dovrà affrontare, non sono banali: lo stesso Bruni stima un esborso di 120 euro a termosifone, la qualcosa significa, calcolando una media di 8 termosifoni per appartamento, poco meno di mille euro. Mille euro ai quali si aggiunge il costo dell’intervento sulla centrale termica, difficilmente valutabile - spiega Bruni - perchè lo “spalmo” della spesa dipende dal numero dei condomini. Ad ammorbidire il colpo due attenuanti: il risparmio sulla bolletta dovrebbe consentire un rapido ammortamento dell’investimento (peraltro obbligatorio) e la spesa sostenuta è detraibile al 50% nella dichiarazione dei redditi. In tema di risparmio energetico, Bruni ritiene che il minor aggravio in bolletta potrebbe aggirarsi attorno al 20%, graduando la temperatura sui 21°. Ma - avverte il presidente di Confartigianato Trieste - è opportuno che il condomino committente scelga un’azienda seria, perchè punto-chiave dell’operazione è la rendicontazione dei consumi, che viene eseguita a cura dell’installatore. Perchè gli artigiani impiantisti non sono gli unici operatori che guardano con comprensibile interesse a una ghiotta occasione di business. Anche multiutilites come Hera, controllante di AcegasApsAmga, scrutano il mercato. Giorgio Golinetti, direttore dei servizi energetici del gruppo emiliano-romagnolo-veneto-triestino-friulano, monitora la piazza triestina, dove, secondo una sua valutazione, gli impianti su cui intervenire sono 1700, 1300 dei quali a gas e i restanti a gasolio. Nel combinare consumi “volontari” e “involontari” (dovuti, per esempio, al passaggio delle tubazioni o alla collocazione dell’appartamento) il risparmio energetico è quotabile nell’ordine del 15%. Anche nel quartier generale bolognese si ritiene che il pressing comunitario, con il conseguente e faticoso recepimento italiano, sia improntato a un principio ampiamente condivisibile, ovvero pagare quello che in effetti si consuma. Golinelli pensa inoltre che, per dare un senso completo all’inserimento dei “contabilizzatori”, sia opportuno attivare anche i “cronotermostati” negli appartamenti, per quanto non siano resi obbligatori dalla normativa. «Con solo 150 euro - osserva il manager Hera - il condomino non è più semplice utente, ma diviene responsabile della gestione-calore nella sua casa». Per gli inadempienti, ovvero per coloro che non procederanno all’installazione dei dispositivi di verifica dei consumi energetici effettivi, scatteranno multe variabili dai 500 ai 2500 euro per unità immobiliare.

Massimo Greco

 

E Confedilizia solleva il caso detrazioni - Il presidente De Angelis avverte: «Sono previste ma talvolta il rimborso potrebbe essere impossibile»
Ci sono aspetti del decreto legislativo 141/2016 che, secondo Confedilizia, non sono del tutto convincenti in tema di termoregolazione.

Il provvedimento sull’efficienza energetica impone a tutti i condomini con un impianto di riscaldamento centralizzato di adeguare entro il 31 dicembre gli impianti prevedendo la contabilizzazione dei consumi di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi. «Tale norma non è obbligatoria in maniera assoluta ma solo quando sia efficiente in termini di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali - afferma il presidente della Confedilizia triestina Maurizio De Angelis - In questi casi, al fine di non incorrere nelle sanzioni previste, sarà necessario far predisporre da un tecnico abilitato un’apposita relazione attestante l’impossibilità o l’inefficienza delle nuove opere». Non solo. «Nella valutazione dei costi delle opere ai fini della determinazione dell’ammortamento e dell’efficienza del risparmio - prosegue De Angelis - non si dovrebbe tener conto delle agevolazioni dettate dalla normativa fiscale, in quanto non applicabile alla genericità dei condomini ma dipendente dalle condizioni di reddito del singolo che potrebbe non riuscire a portare in detrazione gli esborsi che comunque devono essere anticipati. La riforma con il D.Lgs 141/16 ha sicuramente risolto molti aspetti incerti della precedente formulazione della norma ma altrettanto sicuramente permangono ulteriori criticità che la futura applicazione potrà evidenziare». Una nota di Confedilizia nazionale spiega inoltre che il nuovo provvedimento «interviene, in particolare, sulle modalità di suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni nonchè per l’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico. Secondo il provvedimento originario, l’importo complessivo doveva essere suddiviso tra gli utenti finali in base alla norma tecnica UNI 10200. Ma per risolvere i problemi scaturenti da tale unica modalità di suddivisione, rilevati in particolare nelle estremità degli edifici, il decreto correttivo consente ora di suddividere l’importo complessivo attribuendo una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso, gli importi rimanenti potranno essere ripartiti secondo millesimi, metri quadri o metri cubi utili oppure potenze installate».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 agosto 2016

 

 

Controlli sulla Ferriera. L'ARPA diffida il Comune

Il direttore Marchesi respinge l'acquisto di centraline da parte del Municipio "Ho qualche dubbio sulla legittimita' e i dati non avrebbero valore ufficiale".

A mezzogiorno di un sabato agostano l’Arpa, acronimo di Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, ha chiamato caffè sull’intero, spigoloso dossier Ferriera. Per la prima volta davanti a microfoni e telecamere. Anzi, di caffè il direttore Luca Marchesi, accompagnato dai dirigenti Franco Sturzi e Fulvio Stel, ne ha chiamati addirittura sette, offrendoli in un clima reso effervescente dalla vivace presenza di esponenti delle associazioni “No smog” e “Comitato 5 dicembre”. Il primo caffè per ribadire la “terzietà” nei confronti degli enti territoriali, la competenza professionale e tecnica nelle misurazioni e nell’adozione degli standard operativi e scientifici. Il secondo, a seguire immediatamente il primo, per avvertire il Comune di Trieste che non è necessario installare nuove strumentazioni, perchè Arpa è l’unico soggetto abilitato a raccogliere e a verificare i dati ambientali. Il terzo per ricordare che la qualità dell’aria, in termini di benzo(a)pirene e di Pm10 (polveri sottili), è migliorata in seguito agli interventi realizzati da Siderurgica Triestina, società del gruppo Arvedi. Il quarto per chiarire che l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) non è un testo sacro, ma che è suscettibile di nuove e ulteriori prescrizioni, a seconda di come evolveranno situazioni e controlli. Un documento «dinamico», uno dei più avanzati in Italia, lo ha definito Franco Sturzi, documento che sarà sottoposto a verifica al termine del primo anno. Il quinto per sottolineare come la Ferriera non sia mai stata sottoposta a tanti controlli come in questa fase: per il 2016 sono previste 4 visite annue, un numero decisamente superiore a quello in genere programmato per realtà industriali. Due sono già state compiute, una è in corso. I funzionari dell’Arpa hanno effettuato oltre 30 accessi nello stabilimento. Il sesto per spiegare che la Ferriera produce a regime ridotto, perchè la stessa Arpa non ritiene ancora sufficienti le performance degli interventi ambientali effettuati dall’azienda sulla cokeria e sull’altoforno. Esige una migliore qualità gestionale degli impianti, prima di autorizzare livelli più elevati di produzione. Il settimo per evidenziare che un conto è il rispetto degli indicatori previsti dall’Aia, un altro conto sono l’effettiva vivibilità di Servola e la percezione dei residenti. Sono cose distinte, sulle quali però bisogna lavorare per cercare di renderle, quanto più possibile, reciprocamente compatibili. L’architetto Marchesi, che dirige l’Arpa Fvg dal 1° gennaio 2015 dopo oltre vent’anni trascorsi tra Regione e Arpa Lombardia, si è diviso i compiti dell’inedita comunicazione con Sturzi e Stel. Nella sua introduzione ha esposto il medagliere del battaglione: la missione di «validatore indipendente» dell’Arpa, i 200 professionisti operanti nell’Agenzia, il fatto che raccolta e valutazione dati possono essere svolte solo dall’organismo regionale, come di recente ha confermato la legge 132/2016. Arpa viene “vigilata” da enti europei e si avvale di un comitato scientifico al quale partecipano Sissa e le Università triestina e udinese. Marchesi ha inteso così replicare all’intenzione del Comune triestino di acquistare centraline “in proprio” per acquisire un’autonoma capacità statistica: il direttore ha espresso dubbi sulla legittimità di una decisione di questo tipo, contestando l’ipotesi di un “affiancamento”. «I dati eventualmente raccolti dal Comune - ha precisato - avrebbero un valore conoscitivo, ma non ufficiale». L’illustrazione di alcuni grafici, da parte di Fulvio Stel, ha rappresentato il momento di maggiore tensione con i rappresentanti dei comitati. Che contestano l’effettività dei miglioramenti relativi ai valori ambientali: contestano, per esempio, che vengano assunti, come “asticella” quantitativa, i 70 microgrammi per la misurazione delle “polveri sottili”. Asticella ritenuta troppo clemente per l’azienda. Stel ha annunciato, in materia di trasparenza comunicativa, che da ieri i dati sull’inquinamento sono stati inseriti nel sito “on line” dell’Arpa. E Marchesi ha assicurato i comitati che saranno predisposte specifiche occasioni di confronto.

Massimo Greco

 

«Siderurgica rispetti il volere dei triestini» - Il Comitato 5 dicembre dà man forte al primo cittadino - «No agli accordi tra Arvedi e Pd. L’area a caldo va chiusa»
Il Comitato 5 dicembre non accusa il colpo. Per il movimento anti Ferriera, che negli ultimi mesi è riuscito a portare in piazza migliaia di cittadini, la reazione di Arvedi è solo il primo round: «Siderurgica Triestina - annota il comitato in un comunicato - scriva quello che vuole. A Trieste decidono i cittadini e non le aziende.

Questa verità l’abbiamo ribadita più volte sul campo in piazza creando quelle fondamenta popolari solide sulle quali oggi può basarsi l’amministrazione comunale con cui condividiamo l’obiettivo finale: la chiusura dell’area a caldo della Ferriera di Servola». La battaglia dunque continua e i toni tra i due fronti si fanno sempre più duri. Il Comitato 5 dicembre garantisce pieno appoggio all’attuale sindaco e alla sua sfida ad Arvedi. «Roberto Dipiazza - spiega la portavoce Barbara Belluzzo - ha la forza del sostegno popolare, i triestini sono dalla sua parte». La risposta di Arvedi, che ha detto no a tutte le richieste della giunta, «è la dimostrazione che l’amministrazione precedente aveva sottoscritto un'Aia interamente favorevole alla proprietà». Nel comunicato diramato ieri pomeriggio il Comitato 5 dicembre boccia categoricamente la presa di posizione di Siderurgica Triestina: «Un atteggiamento che ha il suo fondamento in accordi politici precedenti, quando l’amministrazione comunale, quella regionale e il governo nazionale erano tutte in mano al Pd. Ora che il Pd ha perso Trieste - avverte il movimento - la situazione per Arvedi è drasticamente cambiata e lo si capisce dalla sua lettera». La nota entra innanzitutto nel merito delle scadenze temporali prefissate dall’Aia per gli interventi di risanamento dell’impianto «che riteniamo esageratamente favorevoli all’imprenditore». Un documento, insiste il comitato, «frutto di un accordo politico tra Arvedi e il Pd di Renzi che lo supporta nell’operazione di acquisizione dell’Ilva di Taranto e a cui la giunta Cosolini si era adeguata obbedendo a questa linea politica senza realmente agire a tutela della salute cittadini». L’attuale amministrazione «ha avviato da subito un percorso di reale trasparenza per verificare in modo autonomo la situazione Ferriera e area a caldo». Nessuna fiducia, infine, nei confronti di Arpa: È un ente la cui direzione è a nomina politica in mano al Pd». Polemico anche il capogruppo del M5S Paolo Menis: «Dalle elezioni di giugno è emerso che la maggioranza dei triestini che hanno votato è favorevole alla chiusura dell’area a caldo della Ferriera di Servola - sottolinea il consigliere comunale - . Siderurgica triestina deve rispettare questa volontà. Sono quindi inaccettabili le minacce di richiesta di risarcimento danni rivolte all’amministrazione comunale».

Gianpaolo Sarti

 

I sindacati temono un autunno caldo - «Con queste premesse agostane a settembre le tensioni saranno inevitabili»
Ai sindacati non piace come si sta mettendo la faccenda Ferriera. L’improvvisa accensione dei toni in un periodo solitamente delegato alle ferie agostane crea preoccupazione tra le organizzazioni: si teme un avvitamento dei cattivi umori, con conseguente difficoltà a innestare una salubre retromarcia.

La preoccupazione è un collante forte che salda le reazioni di Cgil, Cisl, Uil. Franco Palman, leader dei metalmeccanici Uilm in una storica rocaforte per la Camera del lavoro come la Ferriera, non è ottimista: «A settembre, quando torneremo dalle ferie, ne vedremo delle belle, le tensioni saranno inevitabili». L’esponente della Uil pensa che una soluzione ci sia per evitare il corpo-a-corpo: «Tutti gli attori devono fare un passo in senso collaborativo. Il cavalier Arvedi deve capire che Trieste non è Cremona, che la città va capita, che serve un approccio comunicativo diverso. Anche nei confronti dei sindacati: vorremmo sapere di più sugli investimenti programmati». Ma Palman ne ha pure per Dipiazza: «Il sindaco ha snobbato la richiesta di incontro presentata dai segretari confederali e non si rende conto che 1200 persone hanno chiesto di essere assunte in Ferriera. Moltissimi sono giovani». «E Dipiazza - argomenta Palman - dovrebbe ricordarsi che Arvedi ha parzialmente recuperato i lavoratori ex Sertubi». «Se il sindaco vuole capire la complessità della situazione bene - conclude - altrimenti gliela faremo capire». «Abbassare i toni», chiede Fabio Kanidisek, responsabile dell’industria nella segreteria triestina della Cisl ed esponente di punta della Fim alla Wärtsilä. «Dipiazza esprime le preooccupazione di una parte importante della città e va ascoltato. Però esistono strumenti da utilizzare e accordi da rispettare: se i parametri previsti dalle intese sono rispettati, allora bisogna dire al sindaco che la campagna elettorale è terminata». «Sono convinto - chiude Kanidisek - che salute e lavoro siano conciliabili». «Ghiaccio, quando la temperatura sale pericolosamente, occorre ghiaccio» consiglia tra il serio e il faceto Adriano Sincovich, segretario generale della Cgil. Anche lui comincia dal sindaco che «non ha nemmeno risposto alla richiesta d’incontro avanzata dai tre confederali». «Se ci avesse convocato - dice Sincovich - gli avremmo parlato della Ferriera. Perchè mi pare che il confronto tra Comune e azienda sia partito decisamente male». «L’atteggiamento di Siderurgica Triestina è molto netto e prepara tutti a un settembre difficile. L’escalation polemica degli ultimi giorni ci preoccupa». «Il sindacato - riprende Sincovich - è pronto a discutere sull’ambiente e sulla riqualificazione produttiva della Ferriera. Ma vorrebbe sapere cosa pensa e cosa propone il Comune in tema di occupazione». Prevale insomma il timore che, con le premesse bellicose gettate in agosto, settembre possa diventare un test all’insegna del nervosismo. «Ma quello che è successo in questi giorni era inevitabile»: Palman è fatalista, in Ferriera ha visto passare sei gestioni in trent’anni. La conosce bene.

magr

 

 

I caprioli affamati attaccano le campagne muggesane - Sono arrivati in anticipo rivelandosi più numerosi e aggressivi che in passato
«Mordono tutto quello che trovano e sono capaci di sfondare reti e protezioni»
MUGGIA È allarme caprioli nelle campagne attorno a Muggia. Anticipando di molto quello che è il naturale periodo nel quale si avvicinano alle coltivazioni per cibarsi, quest’anno, vista la prolungata mancanza di piogge che ha reso arida la terra, i caprioli hanno già cominciato ad aggredire gli orti nei dintorni della cittadina istroveneta. Di questa situazione, del tutto inedita per la provincia di Trieste, è testimone Lauro Postogna. Risiede a Santa Barbara. Ed è figlio di quel Giovanni Postogna che gli storici e i muggesani ricordano bene come fervente antifascista, dirigente politico, carcerato e infine deportato nel campo di concentramento di Dachau. «Ho iniziato già da qualche settimana a trovare tracce della presenza di caprioli nei miei terreni - spiega Postogna - e ho visto danni che lasciano capire come siano alla disperata ricerca di cibo e acqua. Negli altri anni questo fenomeno di avvicinamento alle mie coltivazioni avveniva molto più in là nel tempo. L’anticipazione nel cuore dell’estate fa capire che la necessità di rifocillarsi sta cambiando le abitudini di questi animali». Lauro Postogna ha anche scattato una serie di fotografie che documentano le conseguenze della presenza dei caprioli pronti ad addentare tutto quello che di commestibile possono trovare nelle coltivazioni. Dopo i cinghiali, moltiplicatisi negli ultimi anni nell’intero territorio provinciale e pronti ad avvicinarsi alla periferia di Trieste, pur di trovare cibo e acqua, ecco dunque un’altra prova dei profondi cambiamenti che stanno caratterizzando il comportamento di molte specie animali, costrette dai mutamenti climatici e dal loro moltiplicare a cercare il cibo un po’ dovunque. «Solitamente i caprioli si accontentavano della vegetazione che trovavano alla base degli alberi da frutta ma - riprende Postogna - ora mordono tutto quello che trovano sulla loro strada e sono capaci di sfondare reti e protezioni». I caprioli fino a pochi anni fa in Italia vivevano soprattutto sui monti, Alpi e Appennini, poi è iniziata una lenta colonizzazione dei boschi della pianura Padana, in particolare nel parco del Ticino e lungo il fiume Po. Esiste anche un progetto europeo per la difesa di questa specie. Il capriolo preferisce i boschi aperti in cui il sottobosco sia fitto, possibilmente inframmezzato da radure e zone cespugliose, dove trova di che soddisfarsi. Ma ama anche la pianura, soprattutto quella coltivata, purché vicino ci siano boscaglie dove potersi rifugiare. L’area di Santa Barbara risponde perfettamente a questa tipologia di ambiente. Fino al 2010, in Italia, si contavano circa 460mila esemplari di caprioli. Ora il loro numero è aumentato. «A Santa Barbara - continua Postogna - sta accadendo proprio questo. Le unità presenti sul territorio stanno crescendo. Ho cercato di avvisare la Regione, in particolare gli uffici competenti per il controllo del territorio rurale, ma finora non ho avuto risposte soddisfacenti. Insisterò, ma, nell’attesa di un qualche intervento, i danni potrebbero aggravarsi». Più difficile che possa occuparsi del problema il Comune di Muggia in quanto non ha strutture adeguate. «Va anche detto - conclude Postogna - che i caprioli, notoriamente poco aggressivi, possiedono una dentatura notevole. Non vorrei dover scoprire che, provati dalla fame e dalla sete, hanno imparato a usarle anche per altri scopi...».

Ugo Salvini

 

 

Grotta dei colombi, niente “beach bar” ambientalisti in festa
POLA - Gli ambientalisti di Istria Verde e di altre associazioni hanno vinto la battaglia contro lo scempio ambientale che si prospettava alle Grotte dei colombi, chiamate così dal nome dei volatili di cui sono la casa e il rifugio.

Per la precisione un ristoratore si era fatto assegnare dal municipio la concessione per poter aprire un beach bar e offrire cosi ristoro e refrigerio ai bagnanti sulla spiaggia selvaggia sottostante, ovviamente guadagnandoci sopra. Fortunatamente non se ne farà niente. Infatti l'ufficio del sindaco Boris Mileti„ ha comunicato alla stampa di aver raggiunto l'accordo con il concessionario sullo scioglimento del relativo contratto e di aver avviato la procedura per l'ulteriore tutela della Baia di Musil nella quale si trovano le grotte in parola. Che il pericolo si stato sventato all'ultimo momento lo confermano gli effetti del grande lavoro già eseguito dalle ruspe su un terreno tappezzato dalla tipica vegetazione marina ora asportata. Il lavoro dei mezzi meccanici aveva immediatamente scatenato la reazione degli ambientalisti che sul posto hanno dato vita a diversi comizi di protesta. La più energica era stata Dušica Radoj›i„ presidente di Istria Verde rinfacciando al sindaco Mileti„ di aver consentito l'avvio dei lavori senza un documento valido. Inoltre aveva inoltrato al competente ispettorato un esposto nel quale si precisa che l'intervento delle ruspe non è stato preceduto da alcuna valutazione di impatto ambientale. Era intervenuto anche il presidente dell'Associazione nazionale per le fortificazioni Zlatko Devedzi„ che a sua volta aveva inviato una lettera all'indirizzo del ministero croato della Cultura in quanto le Grotte sono incluse nel patrimonio architettonico austro ungarico visto che si trovano vicino alle fortificazioni di Musil e Stoia. Una terza associazione che aveva aderito alla protesta è quella per la salvaguardia delle Foche monache nell'Adriatico, considerato che il luogo è l'habitat naturale anche di questo mammifero marino. Inoltre su Facebook era nato il gruppo d'opinione “Grotte dei colombi” per la loro tutela ed era stata avviata una sottoscrizione di firme. C'è da credere che dopo tanta pressione, da Zagabria sia arrivata la raccomandazione a non intervenire sull'ambiente.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 agosto 2016

 

 

SERVOLA»MURO CONTRO MURO - La Ferriera respinge le richieste di Dipiazza

L’ad di Siderurgica Triestina Lupoli risponde picche a tutte e tre le istanze e avverte l’amministrazione sui rischi di modifiche unilaterali degli accordi

È muro contro muro tra Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedi che gestisce la Ferriera di Servola, e il sindaco Roberto Dipiazza. Ieri l’amministratore delegato di St, Antonio Lupoli non solo ha risposto picche a tutte e tre le richieste (dati di produzione mensile di ghisa e coke, attuazione degli interventi di risanamento acustico, costituzione di un organismo misto di verifica) che erano contenute nelle lettera inviata dal sindaco il 28 luglio, ma ha addirittura drammaticamente prospettato, come ipotesi limite, «la risoluzione degli impegni convenzionali in essere per la sopravvenuta insostenibilità finanziaria dell’iniziativa». Ciò potrebbe avvenire a seguito di un’iniziativa «unilateralmente modificativa degli accordi tra le parti» che determinerebbe la «modifica dei presupposti originari delle condizioni convenzionali pattuite». Tutto questo potrebbe anche essere letto nel modo seguente: se il Comune non sosterrà gli Accordi di programma e l’Autorizzazione integrata ambientale che l’amministrazione precedente ha firmato, e farà ciò in particolare per arrivare alla chiusura dell’area a caldo obiettivo pluridichiarato da Dipiazza, Giovanni Arvedi potrebbe chiudere l’intero stabilimento. Non solo, la stessa iniziativa «unilateralmente modificativa degli accordi tra le parti - sottolinea l’ingegner Lupoli - esporrebbe l’amministrazione che ne fosse autrice a una responsabilità risarcitoria». Il Comune verrebbe dunque chiamato a rispondere anche “in solido”. Ma Siderurgica Triestina nei riguardi di Dipiazza prende di mira anche «recenti Sue dichiarazioni contenute negli organi di stampa», tanto che la lettera si chiude in modo perentoriamente minaccioso: «Non esiteremo a ricorrere a tutte le opportune azioni di tutela per i danni, anche all’immagine, che venissero ingiustamente provocati alla nostra attività e ai nostri dipendenti, riservandoci altresì di agire per i pregiudizi che già sono stati determinati dalle dichiarazioni rese alla stampa, ferma restando la nostra piena disponibilità al confronto collaborativo». Richiesta di un chiarimento a quali dichiarazioni si facesse specifico riferimento, l’azienda ha specificato che si tratta in particolare di «quelle dichiarazioni in cui Dipiazza sostiene che l’area a caldo della Ferriera nuoce gravemente alla salute senza accostare a questa affermazione alcun dato di sforamento dei parametri delle emissioni». Le richieste del sindaco erano le seguenti: invio entro 10 giorni dei dati di produzione mensile della ghisa a partire dal mese di novembre 2015 a oggi, oltre al numero degli sforamenti (o sfornamenti?, ndr.) della cokeria; disponibilità ad attuare gli interventi di risanamento acustico entro i prossimi sei mesi ovvero entro il 31 gennaio 2017 nel rispetto della normativa acustica vigente rinunciando alla ben più lunga tempistica di 3 mesi prevista dall’Aia rilasciata dalla Regione; nucleo operativo con amministrazione comunale,, un referente per comitati e associazioni ambientaliste, un tecnico referente per la proprietà preposto alla verifica in contraddittorio e in tempo reale dei fenomeni di inquinamento segnalati dalla cittadinanza. Siderurgica Triestina il 26 luglio ha depositato il Piano di risanamento acustico. Nella lettera di ieri, Lupoli riguardo alle tre richiesta afferma che «la società non può che evidenziare che l’attività produttiva di Siderurgica Triestina è svolta sul presupposto sia dell’Accordo di programma del 30/1/2014 sia dell’Accordo di programma del 21/11/2014» e che «sul presupposto degli impegni previsti da tali accordi è stato poi rilasciato a Siderurgica Triestina il rinnovo con valenza di riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale che prevede a sua volta limiti e prescrizioni all’attività produttiva e specifiche modalità di monitoraggio e controllo. La società dunque - afferma l’amministratore delegato - è vincolata da precisi obblighi convenzionali con le amministrazioni ed è altresì assoggettata ad attività di monitoraggio e controllo che sono dettagliatamente definitive dagli atti sopradescritti. Da ciò consegue quindi l’impossibilità ad aderire alla richiesta formulata poiché quanto richiesto verrebbe necessariamente a interferire con un impianto convenzionale e autorizzatorio cogente e dettagliatamente delineato».

Silvio Maranzana

 

Il sindaco: «Stupito da tanto livore» - «Si trattava soltanto di una semplice richiesta di chiarimenti dopo il tavolo convocato dal Comune lo scorso 21 luglio»
«Strano tutto questo livore alla semplice richiesta di chiarimenti e su punti discussi con la proprietà dello stabilimento siderurgico di Trieste al Tavolo convocato lo scorso 21 luglio dall’Amministrazione comunale alla presenza dei comitati dei cittadini e delle associazioni ambientaliste».

Questo lo stringato commento fatto ieri pomeriggio dal sindaco Roberto Dipiazza, che si è riservato una più approfondita e ragionata controreplica, all’infuocata lettera di risposta alle sue richieste ricevuta poco prima da parte dell’amministratore delegato di Siderurgica Triestina, Antonio Lupoli. Il 21 luglio, impossibilitato a intervenire a seguito del ricovero ospedaliero per la ricaduta della broncopolmonite, al Tavolo svoltosi con la presenza di Giovanni Arvedi, Dipiazza aveva delegato a partecipare il vicesindaco Pierpaolo Roberti, l’assessore Giorgio Rossi e il segretario generale del Comune Santi Terranova. Si erano presentati anche alcuni componenti del Comitato 5 dicembre e delle associazioni ambientaliste No smog e FareAmbiente. Secondo Rossi, Arvedi avrebbe manifestato apertura su due delle tre richieste subito prospettate dal Comune, e cioé il Piano antirumore e i dati della produzione. In serata dall’ospedale, il sindaco aveva commentato: «Innanzitutto mi ha fatto piacere che Arvedi sia venuto di persona: è un uomo d'onore», aggiungendo: «Abbiamo cominciato un percorso di confronto, ma è bene ribadire che il nostro punto di caduta resta sempre la chiusura dell'area a caldo. Compreremo centraline e altre attrezzature - aveva concluso - che ci consentiranno di avere dati nostri da confrontare con quelli aziendali e dell'Arpa». Una settimana dopo lo stesso Dipiazza aveva inviato a Arvedi e a Lupoli la lettera in cui si fa riferimento alla riunione «in cui, presenti alcuni comitati di cittadini e associazioni ambientaliste sono state illustrate le linee di questa amministrazione sul tema Ferriera e meglio esplicitate le azioni concrete che si intende porre in essere per avere un controllo più diretto possibile della situazione esistente al fine di tutelare, come previsto dalla normativa, la salute dei cittadini. In quell’occasione - era stato ribadito - questa amministrazione oltre a ribadire l’intenzione di voler rivedere l’Autorizzazione integrata ambientale e la volontà di procedere all’acquisto di strumenti tecnici per poter direttamente monitorare la qualità dell’aria e dell’inquinamento acustico, ha formulato alla proprietà dello stabilimento siderurgico tre richieste necessarie per avere un quadro più oggettivo della situazione». Il 26 luglio Siderurgica Triestina ha depositato il Piano di risanamento acustico, ma Dipiazza aveva subito fatto sapere che «nulla è cambiato rispetto alle richieste avanzate alla società». (s.m.)

 

Il commissario straordinario Nardi ha depositato il riepilogo della procedura - Arvedi, il rivale cinese e l’acquisto
Solo pochi giorni fa, per l’esattezza il 27 luglio, il commissario straordinario Piero Nardi, depositando l’allegato all’ottava relazione trimestrale di Lucchini spa in amministrazione straordinaria sulla Servola spa in amministrazione straordinaria, ha fatto il “riepilogo dell’esecuzione del programma di natura liquidatoria integrativo di quello approvato per la procedura madre Lucchini spa ai sensi del dl 347/2003”.

Il commissario ha ricordato di aver pubblicato sulla stampa tra il 28 marzo e il 3 aprile 2014 l’invito a manifestare interesse per l’acquisto del ramo Lucchini Trieste e dei beni, delle autorizzazioni e dei crediti facenti capo a Servola. Aggiunge che il termine per la presentazione delle domande fu fissato al 21 aprile e che pervennero due manifestazioni di interesse da parte rispettivamente di Enertech Lcc e di Siderurgica Triestina del Gruppo Arvedi. «La società Enertech Lcc che dalle visure risultava avere qualche migliaio di dollari di capitale si è presentata attraverso il managing director Hamied Keiarishi nato in Olanda nel 1974. Enertech sosteneva di agire per nome e per conto della società cinese Cntic Corp. Solo successivamente alla manifestazione di interesse, arrivata incompleta, sono arrivati i bilanci degli ultimi tre esercizi di Cntic Corp redatti in lingua cinese e una lettera del rappresentante a Mosca di Cntic nella quale si dava conto di un legame generico con Enertech. La società è stata esclusa dalla procedura di vendita. È rimasto un unico pretendente in possesso dei requisiti richiesti: la Siderurgica Triestina» scrive, ancora, il commissario. Questi gli impegni di Siderurgica Triestina secondo quanto relaziona Nardi: «Trasferire alle proprie dipendenze 380 lavoratori dipendenti del ramo Lucchini Trieste a fronte di un organico di circa 440; corrispondere a Lucchini e Servola all’atto della stipula dei contratti definitivi un corrispettivo complessivo pari a 200mila euro di cui 146.200 per il ramo Lucchini Trieste e 53.800 euro per i beni, autorizzazioni e crediti Servola. L’efficacia dell’offerta fu subordinata da Siderurgica Triestina al verificarsi di una serie di condizioni modificative di quelle contenute nel contratto preliminare di cessione. La procedura ha respinto le modifiche in particolare quelle attinenti i rapporti con Elettra e sull’esigibilità dei crediti verso Elettra». Quanto alla congruità del prezzo offerto, Nardi sottolinea che «il prezzo offerto da Siderurgica Triestina (200mila euro) ricadeva nell’intervallo di valori indicato nella perizia depositata presso il Mise in data 9/7/2014 secondo la quale il valore del ramo Lucchini e dei beni, autorizzazioni e crediti Servola al 31 dicembre 2013 è compreso nell’intervallo tra 1,5 e 3,6 milioni di euro». All’importo di 200.000 euro doveva aggiungersi il corrispettivo per l’acquisto dei beni compresi nei magazzini indicati nella consistenza risultante alla data della stipula dei contratti definitivi. E ancora: «Si anticipa che per materie prime e altri beni nei magazzini trasferiti e per attività svolte da Lucchini e Servola per conto di Arvedi e St e viceversa, l’importo da corrispondere all’atto dell’incasso dei 22 milioni di euro risulterà di circa 11 milioni di euro per cui il netto da corrispondere a St si ridusse a 11 milioni di euro». Nardi scrive quindi di aver ritenuto opportuno dare seguito «all’offerta che avrebbe consentito di salvaguardare 380 posti di lavoro su un organico di circa 440 persone; assicurare al sito industriale di Trieste una prospettiva industriale ed evitare gli ingenti costi sociali e ambientali che sarebbero derivati dalla chiusura dello stabilimento; incassare i crediti Arvedi per 11 milioni, incassare 29 milioni da Elettra che al netto dei 22 milioni portano a un introito di 5 milioni per Lucchini e 2 per Servola; incassare i crediti correnti di Servola verso Elettra produzione e i crediti cui Servola ha rinunciato (13 milioni) affinché Elettra potesse avere l’omologazione del suo piano di ristrutturazione del debito».

 

Gli sbuffi prodotti dalla manutenzione “rimbalzano” sui social network - il caso
L’ufficio stampa di Siderurgica Triestina in una nota inviata già giovedì scorso ha anticipato tutti annunciando «ordinarie attività di manutenzione degli impianti programmate per giovedì e per ieri presso lo stabilimento di Servola».

Non solo: ha aggiunto che le attività avrebbero interessato «la macchina caricatrice della cokeria e l’altoforno» e, a fronte dell’ipersensibilità in materia, ha specificato nero su bianco che «lo svolgimento delle attività secondo le procedure di manutenzione consuete potrebbe comportare brevi ed episodici sbuffi visibili in particolare dalla cokeria». Eppure, nonostante l’informazione preventiva, anche ieri non sono mancati post e foto sui social network a commento degli sbuffi che si sono alzati dallo stabilimento. Non sono mancate nemmeno le reazioni al muro contro muro che si è innescato a seguito delle richieste del Comune e della risposta di Siderurgica Triestina. «Non ci piace la risposta al sindaco con la quale si evidenzia una chiusura al dialogo, che secondo noi, ma soprattutto per i residenti e i lavoratori, è invece molto importante», ha affermato ad esempio il coordinatore di Fareambiente Giorgio Cecco. «La risposta di Siderurgica Triestina - ha aggiunto su Facebook - è una chiusura al dialogo. Sia chiaro che l’intenzione dei cittadini e del Comune non è certo quella di creare danni all’impresa, ma di tutelare la salute pubblica».
 

 

Trenino in porto e metropolitana leggera idee da salvare - LA LETTERA DEL GIORNO di Sergio Tremul (Comitato Direttivo di Camminatrieste)
Assistiamo in questi giorni ad interventi e proposte con circolari per dare la caccia ai diversi settori dei cittadini, che non sono immigrati soltanto per rimuoverli da comportamenti "indecorosi" e rendere più vivibile la città? Argomenti questi che vanno a toccare più parti di cittadini residenti, in quanto un dispositivo non può essere applicato per singole persone, ma visto in un quadro generale di mantenimento decoroso della città che vale per noi e per tutte le città italiane e nel mondo. I pedoni fino a poco tempo fa non avevano diritto di cittadinanza, mentre la viabilità veniva e viene ancora adesso occupata da molti mezzi di trasporto, creando difficoltà a tutti, e in modo particolare ai diversamente abili, che si ripercuotono nella regola, nel modo di vivere di una città. Ormai il dado è tratto, che significa l'attuazione di Piani Urbani del Traffico in tutte le città italiane, Trieste compresa e semmai in corso d'opera difetti o problemi relativi alla circolazione possono essere modificati. Paradossale l'annullamento del trenino in Porto Vecchio, mentre da molte parti è stato richiesto il prolungamento in direzione di Barcola e qui noi poniamo un'altra considerazione: il Piano Urbano dei Trasporti, collegato al Piano Regionale integrato dei Trasporti e all'attuazione di una Metropolitana leggera e con i collegamenti ferroviari via mare e via terra , possono essere l'occasione per un risveglio della città, volto a dare benessere ai cittadini residenti, ed in particolare al turismo dove la notevole partecipazione da qualche anno sta realizzando notevoli attività collegate per le quali si tratta solo di aumentare la potenzialità dei servizi e del Trasporto pubblico locale. Se le "buone"intenzioni avranno un percorso lineare, la nostra Associazione è disponibile a dare una mano, tenendo conto che abbiamo operato in tutte le direzioni in questi anni e con tutte le amministrazioni comunali, provinciali e regionali che ne sono seguite, ottenendo dei consistenti risultati. Il punto dolente per la nostra città è quello di una viabilità superiore alla tenuta del territorio, all'occupazione dei marciapiedi, alle fermate degli autobus, creando notevole difficoltà per pedoni e utenti del servizio pubblico. In merito alla città vivibile, non è giusto condannare i barboni con un provvedimento che poi dovrebbe essere seguito nella sua totale applicazione, in tutte le parti della città, non esclusa la riviera barcolana. Il Coped-Camminatrieste propone di lavorare insieme per migliorare le condizioni della città, sviluppando più idee e momenti democratici di intervento che sembrano perdersi per strada.

 

 

SEGNALAZIONI - Incanti - Diventi la piazza coperta della città

Plaudo alla decisione del sindaco Di Piazza di non realizzare la ipotizzata biblioteca - mediateca nell'ex pescheria. Quell'edificio deve diventare "la piazza coperta della città ". Uno spazio coperto così ampio , prestigioso e centrale dovrebbe ospitare al suo interno, protetti da vento e intemperie (con un piccolo intervento sull'acustica), concerti, manifestazioni, eventi culturali, feste ed incontri sia pubblici che privati come felice alternativa a Piazza della Borsa o Piazza Unità, evitando così di montare e smontare palchi e disturbare acusticamente chi abita nei dintorni. Penso ad uno spazio "in divenire "adattabile di volta in volta alle esigenze più diverse: concerti, presentazioni di libri, sfilate di moda, piccoli mercati selezionati a tema e perchè no, feste e magari anche banchetti matrimoniali, ricavando così le entrate necessarie al suo mantenimento. Sottolineo che l'edificio male si adatta a mostre d’arte costose da allestire in quanto troppo esposto alla luce naturale che deteriora i dipinti e poco funzionale alla esposizione di grandi sculture a causa della altezza limitata degli accessi. Si potrebbe pensare eventualmente ad una specie di avancorpo del Revoltella dove,di volta in volta far convivere qualche particolare opera artistica con altre attività . La "piazza coperta" consentirebbe in un certo senso di ripristinare la vecchia funzione di ritrovo ed incontro dei cittadini come avveniva un tempo in pescheria , non richiederebbe costose trasformazioni, si automanterrebbe ed eliminerebbe i problemi creati alle manifestazioni dal cattivo tempo ,consentendo di programmare eventi tutto l'anno . Ho ritenuto doveroso come cittadina e architetto dare un contributo al dibattito che, fortunatamente, si è riaperto sull'utilizzo del Salone degli Incanti.

Barbara Fornasir
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 agosto 2016

 

 

Performance record a Duino per la raccolta differenziata - Nel mese di giugno la percentuale di rifiuti riciclati è passata dal 19,2 al 36,6%
Quaranta nuovi cestini posizionati da Isontina Ambiente lungo la Costiera
DUINO AURISINA Un netto aumento della raccolta differenziata dal 19,20 per cento di marzo al 36,77 di giugno, ultimo mese rilevato in ordine di tempo. Poco meno di un raddoppio. In ogni caso un successo. Sono stati sufficienti pochi mesi all'Isontina ambiente, azienda che da marzo svolge il servizio di gestione della raccolta delle immondizie nel territorio comunale di Duino Aurisina, per dare una svolta al comportamento di residenti e turisti, per quanto riguarda l'approccio al tema rifiuti, in particolare con riferimento all'attenzione per la differenziata. L'annuncio è stato dato ieri da Stefano Russo, responsabile per le pubbliche relazioni dell'azienda che ha sede a Ronchi dei Legionari, nel corso dell'incontro che avrebbe dovuto precedere la seduta della Commissione Trasparenza, di cui è presidente il capogruppo del Pdl, Massimo Romita, convocata proprio per discutere del tema rifiuti e poi rinviata per mancanza del numero legale. L'appuntamento, trasformatosi in uno scambio di idee, alla presenza dell'assessore Andrej Cunja e dei consiglieri di opposizione Giorgio Ret e Silvia Iurman, è stato comunque utile, perché Russo ha potuto dare i dettagli di questo miglioramento per quanto riguarda la differenziata: «Già ad aprile, dopo un solo mese - ha spiegato - siamo passati dal 19,20 per cento al 25,10, a maggio siamo arrivati a quota 29,92, per finire a giugno con il 36,77. Auspichiamo - ha aggiunto - che, alle prossime rilevazioni, i numeri possano essere ancor più significativi». Certo, il panorama complessivo presenta anche zone d'ombra. Romita, facendosi portavoce delle lamentele di alcuni cittadini, dopo aver criticato «l'assenza dei consiglieri di maggioranza», ha parlato di «scarsa pulizia dei contenitori, soprattutto di quelli per l'umido, dello spostamento di alcuni di essi dalla loro sede originaria, fatto direttamente dai residenti a proprio piacimento, della necessità di aumentarne il numero, di bisogno di migliorare il servizio d'estate, nelle zone turistiche, e dell'opportunità di organizzare incontri nelle scuole per informare i bambini, in modo che possano diventare ambasciatori delle buone pratiche nelle loro famiglie». Silvia Iurman ha proposto che i pubblici esercizi possano essere dotati di lucchetti per chiudere i contenitori di pertinenza: «per evitare - ha precisato - che i passanti li possano usare senza criterio». Russo, rispondendo, ha spiegato che «la novità rappresentata dal nostro arrivo nella gestione della raccolta rifiuti non poteva non comportare qualche disagio iniziale, in quanto la gente non era abituata alle nuove regole e al sistema che adottiamo, caratterizzato dalla presenza delle isole ecologiche. La maggioranza dei residenti però - ha proseguito - ci risulta essere soddisfatta del servizio». Il responsabile delle pubbliche relazioni della Isontina servizi ha poi ricordato che «sono stati messi una quarantina di cestini lungo la Costiera, per favorire la pulizia di luoghi di interesse turistico. A breve - ha annunciato - collocheremo i primi cassonetti per il verde, poi la struttura sarà completa. Servirà però comunque la buona educazione dei residenti. Basta ricordare tutti che carta, vetro e plastica possono essere riciclati». Ret ha invitato tutti i residenti a «non vuotare il verde nei contenitori che non sono destinati a questo scop - o». Cunja, unico esponente della maggioranza presente, ha espresso «viva soddisfazione per i risultati ottenuti».

Ugo Salvini

 

SPRECHI - Trieste dichiara guerra al cibo nei cassonetti

Coro di sì alla norma che combatte a suon di premi l’enorme quantità di frutta, carne, pesce, latte gettata al vento
TRIESTE Roma approva la legge contro gli sprechi alimentari. E Trieste risponde: ristoratori e titolari di supermercati si dicono pronti a ingaggiare una battaglia (meritoria) che nella sola città capoluogo del Friuli Venezia Giulia vale quasi 10mila tonnellate di cibo all’anno. Quelle che oggi finiscono in un cassonetto. “Aprire” per credere. Cassette intere di frutta e verdura, cespi di insalata, confezioni di yogurt scadute o ancora cartoni di latte fresco, piatti pieni di cibo avanzato, dalla carne al pesce passando per pasta o riso, si trova di tutto di più in un cassonetto della spazzatura. Un monumento allo spreco che, in tempi difficili, fa ancora più impressione. Un monumento che, adesso, si tenta di abbattere a suon di incentivi e premi. Da Trieste a Palermo. La legge contro gli sprechi alimentari, infatti, è realtà anche nel nostro Paese. Dopo il primo sì della Camera a marzo ora è arrivato il via libero definitivo e a larghissima maggioranza da parte del Senato. La posta in palio, ovviamente non solo a Trieste, è altissima: le stime di Coldiretti evidenziano come gli sprechi alimentari costino all’Italia una cifra che ogni anno supera i 12 miliardi di euro. Ognuno di noi in media getta nella spazzatura nell’arco dei 12 mesi una settantina di chilogrammi di cibo. La legge arriva a pochi mesi di distanza da una analoga norma approvata in Francia ma si differenzia nella visione d’insieme. Il focus non è infatti orientato sulle sanzioni per chi non si attiene alla normativa, che Oltralpe prevedono multe salatissime e fino a due anni di carcere, ma si punta al contrario sugli incentivi, vale a dire su una serie di premialità fiscali per gli esercenti virtuosi chi non sprecano gli alimenti e li donano ai più bisognosi, oltre ad una serie di semplificazioni di carattere burocratico, legate in particolare alle date di scadenza dei prodotti. Lo spreco di risorse tocca un po’ tutta la filiera alimentare: la maggior parte vengono perse al consumo (54%), poi nella ristorazione (21%), seguita dalla distribuzione commerciale (15%), dall’agricoltura (8%) e dalla trasformazione (2%). La nuova legge si pone un obiettivo importante e cioè quello di riuscire a dimezzare gli sprechi alimentari nell’arco di una decina d’anni. Il provvedimento, a Trieste, viene accolto in modo favorevole da esercenti, titolari di supermercati e negozi di alimentari locali, che parlano di «una svolta positiva ed intelligente che va nella direzione del buon senso e della creazione di una cultura antispreco». Non sono i soli ad applaudire. Esiste anche l’altra faccia della medaglia del recupero alimentare. Ed è quella delle diverse associazioni di volontariato e degli enti assistenziali che distribuiscono ai poveri il materiale raccolto. Trieste si conferma in questo caso una città molto attenta. Sono quasi 150 mila i pasti già erogati in città ogni anno. A fare la parte del leone la mensa della Caritas con circa 130 mila pasti, il che significa una media di 360 pasti al giorno, ma con punte che hanno toccato e superato quota 500. A questi si aggiungono quelli della mensa dei Frati di Montuzza (circa una quarantina al giorno), oltre ai panini distribuiti sul campo dalle Comunità di Sant’Egidio e San Martino al Campo. Senza dimenticare le decine di tonnellate di prodotti raccolti tra freschi e a lunga conservazione. Ma, come spiega la Caritas, questa legge è estremamente importante perché regolamenta quello che sinora era spontaneismo. Le linee guida della nuova legge sono quelle della semplificazione burocratica, cui si aggiungono un Fondo ministeriale di 2 milioni di euro per l’acquisto di alimenti da destinare agli indigenti e un Fondo triennale di 3 milioni per il finanziamento di progetti innovativi finalizzati alla limitazione degli sprechi e all’impiego delle eccedenze. Non manca poi la possibilità per i Comuni di incentivare i commercianti che donano il cibo, attraverso uno sconto da praticare sulla Tari, mentre il ministero della Salute potrà prevedere delle direttive per gli enti gestori di mense scolastiche, aziendali e ospedaliere, al fine di prevenire e ridurre gli sprechi. Tra le novità anche la family bag per portarsi a casa gli avanzi e ritirare i cibi freschi invenduti.

Pierpaolo Pitich

 

SEGNALAZIONI - COMUNE - Addio raccolta differenziata

Un buon amministratore ascolta i bisogni dei suoi concittadini, separa le richieste plausibili e più stringenti per il benessere di tutti da quelle meno determinanti e poi decide in base anche ad una visione di futuro che si vuole realizzare. Guai all'amministratore che vuole solo compiacere la parte più retriva e aggressiva di una città. O di uno Stato. E' lo stesso. Deve avere cultura e competenza per fare anche scelte impopolari, se queste rispondono ad un bene superiore. Così è stato quando la giunta Cosolini ha voluto dare un'accelerazione alla raccolta differenziata dei rifiuti a Trieste. Sollevando mugugni e proteste, ma poi riuscendo quasi a raddoppiare la quantità di rifiuti differenziati raccolti. Sappiamo tutti che quello dei rifiuti è uno dei più grossi problemi della nostra società del consumo e spesso dello spreco e una raccolta e uno smaltimento razionali possono dare la cifra della civiltà di una città. In molti luoghi in Italia questo risultato si è raggiunto o si sta raggiungendo e il disordine regna dove non si è seguita con rigore questa strada. Oggi a Trieste il nuovo sindaco e l'assessore all'ambiente comunicano con soddisfazione che saranno ricollocati in giro per la città i grandi cassonetti della raccolta indifferenziata. Tanto abbiamo un termovalorizzatore. Spero che i cittadini intelligenti di Trieste si mobiliteranno per impedire un ulteriore passo indietro per la loro, la nostra, civiltà.

Marisa Zoppolato

 

 

Petrolio, come riutilizzare i rifiuti inquinanti - Importante cooperazione avviata dal dipartimento di Ingegneria e dal Gruppo Crismani con la Tunisia e la Libia
Lo sfruttamento delle risorse petrolifere e di idrocarburi presenti nel sottosuolo ha inevitabilmente un grosso impatto a livello ambientale: minimizzarlo, recuperando ciò che viene ritenuto un rifiuto (acque contaminate, fondami derivanti dagli sversamenti) per convertirlo in materia riutilizzabile, è il fondamento dell'economia circolare e lo scopo primario dell'alleanza tra il Dipartimento di Ingegneria e Architettura e il Gruppo Crismani.

Avviata nel 2013 la cooperazione tra le due realtà, relativa a ricerche applicate e innovative su tematiche ambientali, proseguirà anche nel prossimo triennio - grazie al recente rinnovo di un accordo di collaborazione - e si allargherà, dopo la Tunisia, anche alla Libia. Grazie al lavoro congiunto dei tecnici della Crismani Group e del team universitario di ricerca coordinato dal professor Paolo Bevilacqua, in questi tre anni sono state individuate tecnologie e componenti di processo per la gestione e la riconversione delle acque contaminate estratte dai pozzi petroliferi e il riutilizzo dei fondami derivanti dagli sversamenti. «Nel primo caso abbiamo trasformato un problema ambientale gravante sull'industria estrattiva mondiale del petrolio – spiega il prof. Bevilacqua - in un'opportunità di generazione di “oro blu”, utilizzabile per diversi scopi industriali e civili». Mentre per quanto riguarda il trattamento dei fondami e dei suoli contaminati «è in corso una sperimentazione – racconta Bevilacqua - per recuperare il petrolio e trasformare la parte solida dei fondami dei serbatoi e dei laghi di petrolio, derivanti dagli sversamenti dei pozzi petroliferi e dei Centri Trattamento Olii, in manufatti per il settore delle costruzioni o delle strade». Di recente il Gruppo Crismani ha anche sottoscritto un contratto con la Libia, il primo siglato dal Paese con imprese straniere dopo la guerra civile, per bonificare migliaia di tonnellate di fanghi di perforazione, partendo da un’area costiera prossima alla raffineria di Zawiya, nella Libia nord-occidentale. I dettagli di questa fruttuosa collaborazione tra pubblico e privato ci sono stati raccontati dal prof. Bevilacqua e da Alessandro Bullo, referente per il Gruppo Crismani. Professor Bevilacqua, com'è nata questa collaborazione? «Nei primi giorni del suo mandato il rettore fu contattato da un suo amico di liceo, ora dirigente del Gruppo Crismani, per fissare un incontro atto a valutare un'eventuale collaborazione tra l'Università e il Centro R&S del Gruppo. Durante quell’incontro ci fu sottoposto un problema da risolvere per Eni Tunisia: il trattamento delle acque di produzione per la loro espulsione nell’ambiente circostante». Com'è composto il vostro gruppo di ricerca e dove opera? «Siamo due professori e due tecnici, cui si aggiungono alcuni studenti prossimi alla laurea. Nel primo triennio abbiamo lavorato nei laboratori dell'Università, ma ora il Gruppo Crismani sta allestendo un’area ad hoc nella sua sede operativa. Il Gruppo inoltre fornisce i suoi tecnici ed ingegneri per le sperimentazioni su larga scala e l'applicazione operativa dei risultati della ricerca. Per il nostro team la maggior soddisfazione in questi tre anni è stata proprio quella di riuscire ad applicare la ricerca, troppo spesso rinchiusa in un laboratorio, alla realtà operativa». In quali ambiti si è finora sviluppata la collaborazione e in che Paesi avete operato? «La collaborazione riguarda tecnologie di antinquinamento su matrici liquide e solide. Il frutto del lavoro di questi tre anni è stato applicato in Tunisia, per la bonifica di un grande lago artificiale nel deserto. La tecnologia applicata ha permesso alla Sitep, proprietaria del Centro Olii, che aveva creato quella situazione spaventosa, di finanziare totalmente la bonifica con la vendita del petrolio ottenuto dall'impianto di trattamento. Ora ci aspetta la sfida della Libia, ma ci sono in corso trattative anche con Algeria e Arabia Saudita». Grazie alla collaborazione delle autorità locali, dalla Libia lavorerete anche per il trasferimento scientifico con le università dei Paesi del Nord Africa... «L'esperienza acquisita in Italia e in Europa deve servire per non commettere più errori che si ripercuotono sull'ambiente. E' quindi nostro compito esportare, condividere e affinare le conoscenze scientifiche, attraverso una stretta collaborazione con gli enti di ricerca di quei Paesi». Dottor Bullo, la collaborazione con l'Università quali vantaggi porta alla sua impresa? «Assemblare un impianto e creare un protocollo tecnico d'intervento, sapendo che lo stai facendo a fronte di una ricerca scientifica professionale, dà quelle certezze che ti portano sul mercato in una posizione dominante, di consulente del cliente più che di fornitore di servizi. Ma in questo genere d'accordi è fondamentale abbattere due rischiose visioni di categoria: quella dell’utile, da parte dell’impresa privata, e quella della teoria, da parte del pubblico. Che tutto andasse per il verso giusto emerse sin dalle prime riunioni: l'Università si focalizzò subito sulla quotidianità del lavoro, segno che si lavorava sul reale e non sul teorico, e ai nostri tecnici, che relazionavano sull’avanzamento del progetto, nessuno chiese “Quando lo finite?”...».

Giulia Basso

 

«Nessun rifiuto scaricato dal traghetto ma acque inquinate portate dalle correnti»

«I responsabili della Samer & Co. Shipping, agente generale per l’Italia della U.N. Ro-Ro, hanno immediatamente contattato il comandate della nave, per controllare se si fosse verificata qualche avaria. Nulla di tutto questo. Il traghetto infatti non ha scaricato alcun rifiuto in mare».

È quanto comunica la Samer & Co. Shipping Spa riguardo la schiuma maleodorante avvicinatasi mercoledì allo stabilimento “Ausonia” in coincidenza con le manovre di un traghetto (nella foto). «Scaricare rifiuti in mare - si legge nella nota della Samer - è un reato ambientale molto grave. Un reato che il traghetto della U.N. Ro-Ro non ha assolutamente commesso. La schiuma bianca potrebbe essere derivata da altri fattori. Il mare molto calmo e le correnti provenienti da Sud hanno probabilmente trasportato in Alto Adriatico delle acque inquinate, che forse la cavitazione dell’elica a passo variabile del traghetto hanno fatto risalire a galla».

Piero Rauber

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 agosto 2016

 

 

Nave scarica rifiuti, fuggi fuggi all’Ausonia - Un traghetto turco in via di attracco ha rilasciato sostanze maleodoranti davanti allo stabilimento
Talvolta le navi, in entrata o in uscita dal porto, per salutare la città, ci danno di sirena, ed è usanza che crea allegria. Altre volte, nella medesima manovra, decidono magari di scaricare sostanze innominabili, coprendo subito il mare di una schiuma che fa scappare i bagnanti.

È in pratica quello che è successo ieri all’altezza dello stabilimento Ausonia. Erano più o meno le 14.30, quando un traghetto turco della Un ro-ro, che stava attraccando a Riva Traiana ha improvvisamente scaricato delle sostanze maleodoranti. Tra i bagnanti (molte le persone in acqua vista la giornata più che afosa) è stato quasi il fuggi fuggi generale. «Mi hanno detto, racconta un testimone, Luca Pauluzzi, autore anche delle foto che testimoniano l’incidente - che l’odore era insostenibile, e poi venire a contatto con quella “sbrumatura” indecente non deve essere proprio il massimo. Non ci sono poi dubbi su chi abbia propiziato l’inquinamento: la macchia è comparsa pochi secondi dopo il transito del traghetto, che ho anche fotografato ». Pauluzzi non si è limitato a raccogliere testimonianze tra i presenti, ma ha anche investito della questione gli unici due uomini in divisa presenti al momento del fattaccio. «Erano due giovani della Guardia Costiera - aggiunge - ai quali ho subito chiesto cosa si potesse fare per segnalare l’accaduto ai massimi livelli. Hanno detto che si sarebbero informati. Ma a questo punto io mi chiedo: ci saranno adeguate normative che sanzionano tali comportamenti da parte delle navi cargo straniere che ormeggiano vicino agli stabilimenti balneari? ». Quello degli scarichi “allegri” è fenomeno relativamente noto, anche se in passato aveva interessato prevalentemente le petroliere. Per anni, anzi, la città era stata interessata da una quasi psicosi legata alla “grande puzza” , odori insostenibili che si diffondevano nell’aria a ore impensabili. Qualcuno, nel frangente, aveva poi individuato nel “vezzo” di alcuni comandanti di lavare le cisterne al largo la causa di tali emissioni. L’episodio di ieri, invece, sembra relativamente isolato e con ben pochi precedenti. Di sicuro ha rovinato la giornata a molti triestini. Sugli sviluppi, si vedrà.

 

 

Clima, febbre record del pianeta - Il rapporto Noaa conferma il 2015 come l’anno più caldo di sempre
ROMA - Ondate di calore sempre più frequenti, casi di forte siccità in aumento, ghiacciai che si sciolgono sempre più velocemente, oceani più caldi e concentrazioni mai registrate di gas serra: i record climatici infranti nel 2015 sono tanti e puntano tutti nella stessa direzione.

La “febbre” del pianeta non fa che aumentare e il 2016 è già sulla buona strada per non essere in controtendenza. A tracciare il quadro del clima globale è un corposo rapporto della Noaa, l’agenzia Usa che monitora atmosfera e oceani, cui hanno contribuito oltre 450 scienziati di 62 Paesi di tutto il mondo. Il dossier è relativo al 2015 e conferma che l’anno passato è stato quello più caldo di sempre per la Terra, anche grazie a un intenso El Nino - il fenomeno ciclico di riscaldamento della superficie del Pacifico - che ha amplificato i trend di riscaldamento globale di lungo periodo. Tra i record del 2015 evidenziati dalla Noaa spicca quello della maggiore concentrazione di gas serra di sempre, compresi anidride carbonica, metano e ossido nitroso. Il valore medio annuale della CO2 registrato alle Hawaii ha superato per la prima volta le 400 parti per milione, la concentrazione più alta in 58 anni di misurazioni. Ma non solo. Anche la temperatura della superficie globale si è superata per il secondo anno di fila: oltre un grado rispetto ai livelli preindustriali. Idem la superficie degli oceani, la più calda di sempre, mentre il livello dei mari ora è di 70 millimetri più alto della media del ’93, nuovo record. Pure i cicloni tropicali hanno sforato quota 100 (sono stati 101), ben al di sopra della media di 82 del periodo 1981-2010. Si annoverano pure la maxi riduzione dei ghiacciai di tutto il mondo e l’amplificazione degli eventi di forte siccità, aumentati dall’8% del 2014 al 14% del 2015. Tutti eventi estremi che hanno avuto, e continuano ad avere, ripercussioni sugli ecosistemi del globo. Ne sono una prova il maxi fenomeno di sbiancamento dei coralli, con la Grande Barriera Corallina che sta morendo, o la fioritura record di alghe al largo del Nord America che ha danneggiato non poco la vita marina e le attività economiche dell’uomo. E a giudicare dai bollettini arrivati nella prima metà dell’anno il 2016 non porterà sollievo alla “febbre” del pianeta. Secondo i dati del Goddard Institute per gli studi sullo spazio della Nasa i primi sei mesi dell’anno sono stati ognuno e indipendentemente il più caldo mai registrato dal 1880. E cinque dei sei mesi tra gennaio e giugno hanno registrato la superficie di ghiacci sul globo più piccola mai esistita.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 3 agosto 2016

 

 

RIGASSIFICATORI E SICUREZZA

La recente vicenda del camion cisterna (stra)carico di metano liquido, ora confinato presso l'aeroporto di Gorizia, ci ripropone la questione della sicurezza dei traffici di merci pericolose, ed un inquietante interrogativo : è possibile – come si legge oggi – che in un porto europeo qualcuno possa sovraccaricare un'autocisterna oltre i limiti di sicurezza, per poi metterla in circolazione sulle autostrade ?
I criteri applicati nella progettazione degli impianti per la ricezione, stoccaggio e rigassificazione del GNL – sono due i progetti pendenti in regione – avranno tenuto conto di questi comportamenti anomali, per non dire criminali ? Il Comitato tecnico regionale, che ha dato il suo nulla-osta in entrambi i casi, ha spinto le sue analisi oltre al perimetro dell'impianto ed ha tenuto conto del « fattore umano » ? Oggi plaudiamo all'ipotesi del trasferimento a Monfalcone del terminal della linea di traghetti per la Grecia, nell'ambito di una gestione unitaria dei nostri due maggiori porti regionali. Le due tipologie di traffico sono compatibili ?
Dal momento in cui entrambi i progetti furono presentati al pubblico (Trieste nel 2006, Monfalcone nel gennaio 2014) è venuta meno l'urgenza che motivava il proliferare di progetti per queste infrastrutture : i consumi si sono stabilizzati, il costo dei combustibili fossili è crollato e l'analogo impianto di Livorno (entrato in funzione nel 2013) rigassifica poco o niente mentre quello di Porto Viro a stento gira a mezzo regime. Il fatto di cronaca ricordato poc'anzi può essere lo spunto per rimettere in discussione in primis la sicurezza, ma anche la strategicità, dei nostri rigassificatori.
Analogamente a quanto fatto dalla Provincia di Trieste e dal Comune di Muggia, riteniamo che sia giunto il momento per cui la giunta regionale e quella nuova del Comune di Trieste si attivino a livello ministeriale per l’azzeramento delle attuali proposte.
WWF Trieste
Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste
Legambiente Trieste
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 agosto 2016

 

 

Stop agli scarichi a mare del depuratore di Barcola - Alt alla condotta che portava le acque reflue a 800 metri dai Topolini
Attivato un percorso di 11 chilometri fino al nuovo impianto di Servola
“Pompa uno: spenta. Pompa due: spenta. W Barcola pulita!». Applausi. Stavolta la cerimonia, che vede protagonista Roberto Dipiazza, non riguarda un’inaugurazione o un’apertura, ma uno spegnimento: il depuratore di Barcola, dopo 36 anni di onorato servizio, passa a miglior vita. O più correttamente, transita a diverso utilizzo, al termine di un iter durato una decina di anni. Così il sindaco, il direttore generale di AcegasApsAmga Roberto Gasparetto, lo staff dei tecnici che segue le infrastrutture di depurazione si sono dati convegno per l’ammainabandiera ieri mattina davanti a un piccolo edificio al civico 275 di viale Miramare, più o meno di fronte al primo Topolino. Quel piccolo edificio ha funzionato per oltre sette lustri come impianto di trattamento delle acque reflue, che venivano poi scaricate, per mezzo di una condotta lunga 800 metri, al largo dei Topolini. Piccolo edificio al servizio di un’area popolata da oltre 5 mila residenti, da via Vitalba al cavalcavia ferroviario di via Miramare, insomma la costiera barcolana. Alla quale s’aggiungeva Contovello. Per 36 anni, ogni santo giorno 3500 metri cubi di acque reflue venivano trattate, pompate, decantate, smaltite nell’Amarissimo. Da ieri mattina radicale cambio di marcia. La costiera barcolana continuerà ad affluire in quel piccolo edificio, ma l’esito non avverrà più davanti ai Topolini ma in direzione sud, a Servola. Previo itinerario negli abissi triestini. Da viale Miramare 275 partono 5 chilometri di tubature dirette verso piazza Belvedere, dove finisce via Udine e inizia strada del Friuli. Un balzo di venti metri agevolato dalla stazione “19 Tb” neo-realizzata in Porto vecchio. In piazza Belvedere ecco la fondamentale connessione con il collettore “zona alta”, a sua volta lungo circa 6 chilometri. Via Battisti, via XX Settembre, Barriera Vecchia, San Giacomo, Ponziana, poi la destinazione finale, ovvero il nuovo depuratore di Servola, in via di realizzazione. Correlate allo stop del depuratore barcolano, molte le ragioni di interesse spiegate da Paolo Jerkic, responsabile degli impianti di depurazione AcegasApsAmga. La prima: toglie argomenti alla procedura d’infrazione Ue, che coinvolgeva il vecchio impianto di Servola ma toccava anche Barcola. Dunque, miglioramento della situazione ambientale. La seconda: i lavori, partiti nel novembre 2013 e conclusisi nel giugno scorso articolati su 5 stralci, sono stati realizzati con una combinazione di innovazione tecnologica e di recupero di vecchie strutture (no dig, micro-tunneling), che ha consentito il dimezzamento dei costi inizialmente previsti. Quindi, dai 7 milioni preventivati si è scesi a 3,6. La terza: la realizzazione dell’impianto non è stata comunque banale, in quanto ha dovuto confrontarsi con la triplice alleanza formata da collegamenti ferroviari, ritrovamenti archeologici, grandi eventi (con “Barcolana” e “Bavisela” alt ai lavori). Sul versante archeologico AcegasApsAmga si è imbattuta in un vasto campionario di reperti: banchina romana vicino alla Canottieri Saturnia, porto ottocentesco a Barcola, Lazzaretto di metà ’700 a Roiano. Dipiazza, dopo aver spento le pompe, ha tolto il cartello “depuratore”, sostituendolo con quello attualizzato di “stazione di sollevamento”. «Adesso non sentiremo più quegli odori sgradevoli che certo non giovavano a una zona balneare come questa», ha commentato il primo cittadino, desideroso di ricordare che il viaggio progettuale di chiusura dell’impianto era iniziato durante i primi suoi mandati. Sospiro (e respiro) di sollievo anche per Gasparetto, in quanto c’è un argomento in più da opporre a Bruxelles. A Servola le cose sembrano camminare secondo programmi. Bonifica finita, si è passati ai lavori di fondazione. Ci si confronta con Rfi onde ottenere le necessarie autorizzazioni per l’attraversamento ferroviario.

Massimo Greco

 

 

Transalpina operativa entro la fine del 2017 - Il ministero dei Beni e delle attività culturali risponde così a un’interrogazione di Prodani. Resta però il nodo fondi
La rete ferroviaria Campo Marzio - Villa Opicina - Trieste centrale dovrebbe tornare operativa entro il 2017, finanziamenti permettendo.

Mentre per la stazione di Campo Marzio è pronto un piano di recupero in chiave turistica e culturale da 12,5 milioni di euro, la cui realizzazione si era fermata per le elezioni ma per la quale il Ministero dei beni e delle attività culturali conta di trovare un’intesa con enti locali e ferroviari. Queste le novità emerse nei giorni scorsi dalla risposta che il ministero ha fornito a due interrogazioni del deputato triestino Aris Prodani. Spiega il parlamentare: «Nel febbraio scorso Comune e Fondazione Ferrovie dello Stato avevano discusso d’un protocollo per il recupero della stazione - dice -. Poi era seguito un silenzio totale. Pertanto ho presentato alla commissione Decima della Camera due interrogazioni in cui chiedevo al ministero notizie sia su quel procedimento che sulla linea ferroviaria Transalpina». Il ministero ha risposto ricordando che il Museo Trieste Campo Marzio è proprietà della società Fs Italiane mentre Rete Ferroviaria Italiana è l’ente proprietario e gestore della linea ferroviaria. Parte del patrimonio del museo, invece, è della Fondazione Fs. Roma ha toccato per primo il futuro della Transalpina: «La linea ferroviaria è attualmente interrotta a causa dell’esecuzione di alcuni lavori urgenti, relativi alle gallerie e al binario, la cui realizzazione è a cura della stessa Rfi e - riferisce l’ente responsabile - sarà ripristinata, compatibilmente con la disponibilità finanziaria, entro e non oltre la fine del 2017». Il ministero prosegue assicurando che la linea tra Campo Marzio e Trieste centrale si presta ottimamente «a un traffico ferroviario turistico, che è di interesse tanto del Mibact quanto della Fondazione Fs promuovere e sostenere, anche attraverso l’utilizzo di treni storici». La risposta ricorda poi come la linea possa concorrere alla promozione del castello di Miramare, «il quale è dotato di un’apposita stazione di pregio storico e architettonico». Si passa poi alla stazione: «Per quanto riguarda la auspicata riqualificazione del museo, la Fondazione Fs ha già redatto un progetto da cui si evince la fattibilità e l’onere, il cui costo è stato quantificato in 12,5 milioni di euro, somma che nel suo totale ammontare esula dalle disponibilità della sola fondazione». Il ministero ritiene necessario il «convergere di più enti e istituzioni verso tale obiettivo» in modo da ripartire la spesa. «Proprio al fine di verificare fattibilità e compatibilità finanziarie - prosegue la risposta - è stato avviato lo studio di un protocollo di intesa, che potrebbe essere sottoscritto dalla Regione, dal Comune di Trieste, dal gruppo Fs italiane e dalla Fondazione Fs, cui potrebbe aggiungersi il Mibact». I lavori per il protocollo sono stati sospesi in concomitanza con le elezioni, ma il ministero assicura a Prodani di essere disponibile «a partecipare al confronto e a concorrere al buon esito dell’iniziativa per quanto di competenza, pur dovendo chiarire che al momento non è prevista l’assegnazione di fondi per tale finalità». Non si esclude però che il progetto possa rientrare nei futuri atti di programmazione finanziaria.

Giovanni Tomasin

 

 

La danza “record” dei delfini - In trenta davanti a Miramare - Decine di esemplari avvistati a circa un chilometro di distanza dalla Riserva marina
È la presenza sotto costa più significativa dell’anno e tra le più numerose in assoluto
Dicono fossero una trentina. Dopo averne scrutato la danza di gruppo in mezzo al “mare nostrum” non lontano dalla magia del castello di Massimiliano e Carlotta - una danza cadenzata a gruppetti che andavano e venivano rispetto al colpo d’occhio offerto dal punto d’osservazione assicurato dalla barca degli esperti partiti immediatamente per poterli ammirare - gli addetti ai lavori non escludono però che il numero possa anche essere stato sensibilmente più alto. Ipotesi e sensazioni a parte, quello di ieri è stato di certo uno degli avvistamenti di delfini più significativi riscontrati sotto costa da queste parti, e in assoluto il più “corposo” di quest’anno. I simpatici cetacei si sono palesati ieri di primo mattino a non più di un chilometro dalle coste triestine verso il centro del Golfo, e segnatamente - per onor di precisione - a novanta gradi rispetto a quelle della Riserva di Miramare, da dove è ben presto partita, per l’appunto, un’imbarcazione “carica” di ricercatori della Riserva stessa che a quel punto hanno potuto “immortalare” per almeno un’ora quest’incontro ravvicinato con una serie di foto e pure di filmati finiti subito sul web. La presenza dei delfini è stata intercettata per caso, ovvero nel corso di un monitoraggio “mirato” a registrare voli e spostamenti degli uccelli sotto costa. La vera “scoperta” di giornata, alla fine, non l’ha offerta l’aria bensì, appunto, l’acqua. «Non appena ne abbiamo avuto segnalazione - racconta a questo proposito proposito Saul Ciriaco, ricercatore dela Riserva marina di Miramare in prima linea in casi come questi - siamo partiti alla ricerca di questi delfini finché li abbiamo potuti incontrare a circa un miglio e mezzo dalla costa». Due chilometri, metro più metro meno. Si erano dunque spostati verso il mare più aperto, ma erano rimasti relativamente vicini, e gli uccelli, che qualche metro più sopra ne accompagnavano naturalmente la rotta, si sono rivelati nella circostanza degli ottimi “segnalatori”. «Erano suddivisi in piccoli banchi da cinque, sei esemplari ciascuno non facilmente avvicinabili - aggiunge il naturalista che ne ha testimoniato la presenza - e proprio per questo motivo non era particolarmente semplice arrivare a una stima precisa di quanti potessero essere precisamente». L’ipotesi che fossero una trentina, fa capire Ciriaco, è stata elaborata per difetto: «Erano tranquillissimi, non eccessivamente vivaci eppure comunque giocherelloni. Non sappiamo se si tratti degli stessi esemplari che appartengono alla popolazione rilevata al largo di Piriano, capaci di spingersi dalle nostre parti in cerca di cibo, certo è che da un po’ di tempo in qua, magari non sempre in queste dimensioni così rilevanti, li si comincia a vedere con una certa frequenza, grosso modo lungo la rotta marina per Grado». Una possibile ulteriore attrazione turistica, insomma, dentro un’altra attrazione turistica. Che di nome fa, guarda caso, Delfino Verde. Per la cronaca riferisce ancora Ciriaco, i trenta (e probabilmente più) delfini avvistati e ammirati da vicino dagli addetti ai lavori ieri al largo di Miramare erano davvero di tutte le “taglie”: «C’erano almeno quattro, cinque esemplari più giovani, sotto il metro di lunghezza, il resto erano adulti di varia dimensione, alcuni dei quali anche al di sopra dei due metri».

Piero Rauber

 

 

L’EX PESCHERIA SAREBBE IDEALE QUALE “TERGESTEO ALL’APERTO” - la lettera del giorno dell'arch. Roberto Barocchi, presidente di Triestebella
L’ex Pescheria dopo il restauro ha rivelato una splendida unità di spazio interno e appare un po’ sprecata come sola sede di costose mostre.

L’uso come biblioteca, proposto a suo tempo dall’assessore Tassinari, sarebbe stato incongruo perché avrebbe, con gli arredi necessari, ridotto tale unità di spazio oltre a limitare l’uso di un così bel edificio per una funzione che può essere collocata da un’altra parte, né sembra il caso di spendere milioni di euro per trasformarla in uno spazio polifunzionale. Noi riteniamo che l’ex Pescheria potrebbe essere usata come piazza interna, riparata dal freddo in inverno e dal sole estivo, munendola nello spazio ora adibito a biglietteria di un bar e magari di una libreria – edicola, come era la Galleria del Tergesteo. In questo splendido Tergesteo sul mare si potrebbero allestire mostre sia ad accesso gratuito, sia, recintandone provvisoriamente una parte, a pagamento. La strana balconata costruita nei lavori di restauro potrebbe diventare, acustica permettendo, un palco per concerti, rinnovando la tradizione ottocentesca della musica in piazza. La saletta per conferenze al primo piano, che oggi pare praticamente inutilizzata, potrebbe essere data a titolo gratuito ad associazioni per conferenze. Il Comune non dovrebbe fare spese per la trasformazione dell’edificio e ricaverebbe qualcosa dall’affitto del bar e della libreria. Un vecchio capannone portuale trasformato in piazza coperta, di minor valore architettonico, esiste a Valencia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 agosto 2016

 

 

Sos di naturalisti e habituè per il laghetto di Percedol - Lo specchio d’acqua all’interno della più famosa dolina del Carso rischia di sparire
In pericolo il prezioso ecosistema in cui abita anche la rarissima Rana di Lessona
Lo specchio d'acqua custodito dalla conosciutissima e unica dolina di Percedol rischia di sparire per una lenta ma inesorabile emorragia d'acqua, con conseguenze irreparabili per tutto l'ecosistema della conca. L'allarme arriva dall’Amministrazione separata dei beni civici di Opicina, un sos lanciato alle istituzioni e in particolare al Gruppo di azione locale (Gal) per scongiurare il pericolo di disseccamento e per risistemare la pregiata area verde. Preoccupazioni totalmente condivise dal direttore dei Civici Musei triestini Nicola Bressi che, sulla situazione di pericolo che affligge stagno e dolina, ha stilato una corposa e circostanziata relazione. Percedol è uno dei più grandi, antichi e peculiari stagni del Carso. Di sicuro è il più importante dal punto di vista paesaggistico, estetico e turistico, nonché il più legato a usi e costumi dell'economia rurale della comunità locale. Percedol si trova sulla parte destra della strada che collega Opicina al comune di Monrupino. Una dolina piuttosto profonda rispetto alle altre disseminate lungo l'Altopiano, caratterizzata da un fenomeno, quella dell'inversione termica, per il quale più si scende e più la temperatura si abbassa, determinando un microclima simile a quello continentale. Questa caratteristica favorisce una presenza vegetativa che è possibile osservare in aree di alta collina, con piante e arbusti tipici della bassa montagna. La conca di Percedol “cattura” il freddo: per tale ragione, almeno sino a qualche anno fa, quando non erano ancora evidenti i cambiamenti climatici attualmente in atto, lo specchio del laghetto veniva addirittura utilizzato da diversi buontemponi per praticarvi l'hockey su ghiacco “en plein air”. Freddo a parte, oggi lo stagno soffre per delle precise ragioni. «Lo specchio d'acqua necessita di urgenti interventi manutentivi - spiega Nicola Bressi -. Le cause del suo declino sono due. Innanzitutto la riapertura di un sifone carsico sulla riva nord provoca il drenaggio dell'acqua. In seconda battuta, l'accumulo di sedimento che marcisce e la proliferazione di vegetazione impaludante sono ulteriori fattori per la contrazione dell'area lacustre». Tuttavia, secondo Bressi, le soluzioni per il ripristino sarebbero a portata di mano, economiche, e con garanzia di lungo mantenimento dei risultati. L’operazioe da eseguire con la massima priorità è l'occlusione del sifone, intervento risolvibile con un getto in cemento armato impermeabile di circa un metro quadrato dallo spessore di 30 cm, una sorta di coperchio da occultare successivamente con semplice fango. Completata l'operazione che consentirà di eliminare la forte perdita d'acqua, deve seguire la rimozione e l'asporto di 50 centimetri di sedimento e la riduzione della vegetazione impaludante. «Sono operazioni da pianificare in un lasso di tempo di quattro anni, per dividere lo stagno in quattro settori liberandone uno all'anno. Una precauzione - secondo il Direttore - utile a evitare danni ed estinzioni al delicato ecosistema. Il bacino ospita infatti almeno quattro specie tutelate per la Direttiva Habitat dell'Unione europea di cui una, la rarissima Rana di Lessona, presente solamente in due comunità in tutto il Friuli Venezia Giulia. Per minimizzare l'impatto sulla fauna della dolina, le manutenzioni andrebbero effettuate necessariamente tra il 20 novembre e il 10 febbraio.

Maurizio Lozei

 

Ambiente - Incontro sullo stop al depuratore di Barcola

È in programma oggi alle 11, in viale Miramare un incontro sul spegnimento ufficiale dell'impianto di depurazione di Barcola, che cesserà così lo scarico a mare al largo dei Topolini, uscendo conseguentemente dalla procedura d'infrazione comunitaria. Interverranno il sindaco Roberto Dipiazza eil dg di Acegas Roberto Gasparetto.

 

 

Il trenino di Porto vecchio approda in aula - Forza Italia interroga per conoscere i costi sostenuti e capire se in futuro sia ipotizzabile riattivarlo
Informazioni precise sul trenino di Porto vecchio, da ieri soppresso per decisione della giunta Dipiazza. Le chiede il capogruppo di Forza Italia in Consiglio comunale, Piero Camber, con un’interrogazione rivolta proprio al primo cittadino e all’assessore con delega al Turismo e alle Società partecipate Maurizio Bucci.

Camber vuole sapere, nel dettaglio, il «costo del ripristino della linea ferroviaria», posto che da un’intervista recente dell’ex sindaco Roberto Cosolini «sembra 150mila euro a carico della Autorità portuale», e ancora viene richiesto il «numero di passeggeri che ne hanno fruito in queste 8 settimane, divisi tra la prima settimana (la novità) e le rimanenti», il «costo totale di gestione», quello «risultante a tratta per passeggero», il «numero di visitatori alla Centrale idrodinamica, se possibile rapportati a quelli dello stesso periodo dello scorso anno» e inoltre «se si intenda definitivamente cassata detta movimentazione oppure se la si potrebbe riprendere in occasione di grandi eventi come la Barcolana». Non è tutto, perché nell’atto depositato in municipio, il capogruppo forzista rileva come «si gradirebbe conoscere la lunghezza del percorso ferroviario e quale sia la ulteriore distanza da coprire, si presume a piedi, per raggiungere piazzale 11 settembre, considerato che la linea è stata pubblicizzata come Trieste-Barcola, col fine di far diminuire il traffico, in particolare quello dei bagnanti nella stagione estiva». Lo stop stabilito dall’amministrazione comunale si è attirato anche delle critiche, in primis da esponenti del centrosinistra. Ma anche l’associazione Ferstoria, ad esempio, ha espresso delle perplessità in merito alla decisione. Ad attivare il collegamento all’interno del Porto vecchio era stata la precedente amministrazione comunale guidata da Roberto Cosolini, in accordo con Autorità Portuale e con la controllata Trieste Trasporti. La linea collegava il Molo Quarto alla Centrale idrodinamica e l’allora esecutivo municipale aveva l’obiettivo di tenerla attiva gratuitamente sino alla Barcolana, ossia fino alla seconda domenica di ottobre. Con la postilla di allungare il tragitto, arrivando a Barcola, a partire dalla fine di settembre. Ma le elezioni di giugno hanno determinato il cambiamento del colore politico al timone di palazzo Cheba e il centrodestra appunto ha sancito l’alt al tramway. L’assessore Maurizio Bucci, in quanto titolare delle deleghe di competenza sul tema, risponderà in aula, per iscritto o a voce, ai quesiti posti dal consigliere Camber, con il quale peraltro condivide il partito di appartenenza: Forza Italia.
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 1 agosto 2016

 

 

Spiagge pulite, via alla campagna "Ma il mare non vale una cicca?"
L'iniziativa dell'associazione Marevivo col supporto della Japan Tobacco International: dal 2009 ad oggi distribuiti oltre 660.000 posacenere tascabili
IN SPIAGGIA per difendere l'ambiente. Come? Ripulendole dai mozziconi abbandonati, ma anche facendo capire quanto sia importante evitare che finiscano in mare. E' infatti questo l'obiettivo della campagna "Ma il mare non vale una cicca?", che torna sulle spiagge italiane con la sua ottava edizione. Sabato 30 luglio, centinaia di volontari saranno impegnati nella pulizia di circa 50 spiagge, lungo gli 8mila km di coste italiane, dalla scogliera "Acqua di Cristo" a Manfredonia alla Scala dei Turchi, da Agrigento all'isola di Sant'Erasmo a Venezia. Sempre dal 30 luglio, grazie al supporto di JTI (Japan Tobacco International), saranno inoltre distribuiti 650 posacenere da esterno, detti "Cenerino", in 350 stabilimenti balneari in Italia e centri visita delle Aree Marine Protette, insieme a poster informativi sui tempi di smaltimento di diverse tipologie di rifiuti, tra cui i mozziconi.
"Ma il mare non vale una cicca?", nata nel 2009, promossa dall'associazione Marevivo e realizzata in collaborazione con JTI, è la prima campagna di informazione e sensibilizzazione dall'entrata in vigore, lo scorso febbraio, del "Collegato ambientale": la legge contiene disposizioni volte a promuovere misure di green economy e il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali. Tra le novita', l'introduzione di sanzioni amministrative che vanno da 30 a 150 euro per tutti i piccoli rifiuti individuati dalla nuova normativa (quali gomme da masticare o scontrini), ma che aumentano fino al doppio proprio in caso di abbandono di mozziconi, con multe che, in questo caso, possono arrivare fino a 300 euro.
Anche quest'anno, la campagna è patrocinata dal Ministero dell'Ambiente, con il supporto del Sindacato Italiano Balneari e il sostegno del Corpo delle Capitanerie di Porto. Quest'anno in primo piano la collaborazione con
le Aree Marine Protette, che ricevono "Cenerino" da posizionare nei propri centri visite e sono coinvolte nelle operazioni di pulizia ricadenti nel loro territorio. Testimonial della campagna 2016 l'attore della fiction "Squadra Antimafia", Giulio Berruti.

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 luglio 2016

 

 

Un coro di contrari al taglio del trenino - Ferstoria: «Si potrebbe attivare solo per momenti specifici» - Sommariva: «E proporlo a pagamento per la Barcolana?»
Pensavano di essere tornati a rivivere, come un anziano in pensione che improvvisamente si sente di nuovo utile. Ma in realtà da domani probabilmente riprenderanno a sonnecchiare tra le ferraglie ferroviarie abbandonate.

La locomotiva e le carrozze del trenino “Tpv - TramWay Trieste Porto Vecchio” hanno ritrovato gioventù e vigore per appena un mese e qualcosa. Dopo di che la giunta Dipiazza appena insediata ha scelto di fermare le corse, ma un coro omogeneo si è messo sugli scudi a loro difesa. Diversi Robin Hood della situazione si sono schierati e a darne l’annuncio anche il sito Ferrovie.it: dal popolo del web alla politica, passando per il mondo dei professionisti agli operatori portuali, in questi giorni tanti sono i difensori a spada tratta del treno che aveva sottratto Porto vecchio all’isolamento. Atterriti, arrabbiati, alcuni speranzosi, gli utenti di alcune pagine inerenti al mondo delle rotaie si ribellano. «Mi sorprende che persone intelligenti e colte non comprendano il valore di un piccolo ma significativo seme che in futuro dovrà germogliare» si espone, tra i tanti, Mauro Galgaro sul gruppo Facebook “Museo ferroviario Trieste Campo Marzio”. Sulla pagina omonima del social network o su quella dello stesso tramway: tutti contro. E molteplici sono le foto pubblicate dell’incontro dell’altro ieri, avvenuto proprio non a caso sul trenino, “luogo del futuro” del Porto vecchio, e organizzato da Ferstoria, l’associazione per la storia ferroviaria del Fvg alla presenza del segretario generale dell’Autorità portuale, Mario Sommariva. Oltre a raccontare ancora una volta “il legame inscindibile” tra la Trieste ferroviaria e la portualità, nello stesso giorno in cui si è aperto il quarto varco del Molo settimo, sono state presentate alcune iniziative del Museo ferroviario relative al 110° anniversario della Transalpina e al 114° del tram di Opicina. «Noi non abbiamo ancora avuto comunicazioni ufficiali, le attendiamo - ha sottolineato Sommariva riguardo alla chiusura delle corse del tramway -, il treno comunque è gestito da Trieste trasporti: se decide che non va più, noi non possiamo e non dobbiamo fare nulla. Noi abbiamo contribuito alla gestione dell’infrastruttura e quest’iniziativa non ha assolutamente un carattere propagandistico, ma s’inquadra nello sviluppo di Porto vecchio, perché tutti i porti dismessi, che hanno avuto una riqualificazione urbana, non avevano queste infrastrutture ferroviarie, quindi il fatto di avercele è una carta in più». E il segretario dell’Apt lancia una proposta: «Perché non chiedere ad esempio un euro a corsa durante l’evento Barcolana, quando ci sarà un sacco di gente?». «Siamo molto perplessi per questa decisione - dice Leandro Steffè, presidente Ferstoria -, forse non si sono prese in considerazione tutte le possibilità che questa iniziativa offre. Si può anche pensare di rimodulare il servizio mirandolo ai momenti più opportuni, senza farlo in maniera banalizzata tutta la settimana». E anche lui lancia un’ulteriore iniziativa sul bus elettrico proposto invece dall’assessore Maurizio Bucci in sostituzione del tramway e su cui Steffé dice sia «come tirare via la Gioconda e mettere Topolino»: il bus sarebbe più utile «per chi ha difficoltà di deambulazione nel parco di Miramare». E dal Museo ferroviario smentiscono la grande spesa poiché, affermano, «si spendono solo cinque litri di gasolio per ogni corsa». A esporsi anche i consiglieri Pd Valentina Repini, Antonella Grim, Fabiana Martini, Laura Famulari, Giovanni Barbo, Marco Toncelli e Igor Svab. Il tram «come il più amato tra i mezzi cittadini, a Trieste avrebbe potuto raccontare anche la storia del Porto vecchio - dicono i dem - soprattutto in previsione del suo rilancio. Viene da chiederci come mai l’assessore al Turismo non si impegni a promuovere una possibile attrazione turistica cittadina piuttosto di eliminarla?». Ma forse, quello che è mancato, sottolineano in molti, e per cui ora il trenino non viene utilizzato da tante persone, è la pubblicità. «Senza pubblicità qualcuno sarebbe andato sul lago d’Iseo - si chiede l’architetto Barbara Fornasir - per vedere la passerella di Christo, nonostante il luogo poco agevole da raggiungere?».

Benedetta Moro

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 luglio 2016

 

 

Via Mazzini pedonale approda al capolinea - Oggi l’ultimo sabato di chiusura al traffico veicolare così come in via Imbriani
Dal prossimo, stop al provvedimento cosoliniano. Polli: «Futuro da valutare» Dopo oggi, la pedonalizzazione per il momento non sarà riproposta. L’assessore Luisa Polli vuole prima elaborare un Piano della mobilità.I weekend pedonali in via Mazzini e in via Imbriani erano stati promossi dalla giunta Cosolini, con l’allora assessore Elena Marchigiani, da luglio 2014.Il vicepresidente di Confcommercio Trieste e titolare di un negozio in via Mazzini, Franco Sterpin Rigutti, auspica che lo stop sia provvisorio, di breve periodo.

Quello di oggi è l’ultimo sabato con via Mazzini e via Imbriani pedonali. Dal prossimo fine settimana si ritorna alla normalità. Almeno per ora. «Le decisioni da oggi non verranno più calate dall’alto - sottolinea Luisa Polli, assessore comunale all’Urbanistica -, non verranno adottati provvedimenti senza una condivisione e valutando gli interessi di tutti: commercianti, residenti, pedoni, persone con disabilità». Dal prossimo sabato anche i mezzi della Trieste Trasporti non effettueranno più variazioni di percorso. Così come i taxi, i mezzi autorizzati e quelli per il carico e scarico della merce. Così aveva deciso il sindaco Dipiazza già nei primi giorni del suo nuovo mandato. «Ho già fatto una chiacchierata con alcuni negozianti e ho anticipato - spiega Polli - che in questo come in altri casi, prima di prendere una decisione andrà fatta la sintesi tra gli interessi di tutti, anche contrapposti. Andranno messe sul tappeto tutte le posizioni e disposto un processo di accompagnamento». In questo modo, secondo l’assessore, qualcuno inevitabilmente resterà meno contento ma nessuno ne uscirà scontentissimo. Polli assieme ai suoi uffici avvierà lo studio di un piano della Mobilità. «Il futuro di via Mazzini non va disegnato guardando unicamente a quell’asse tanto discusso che collega piazza Goldoni e Riva 3 Novembre - precisa - ma prendendo in esame la viabilità, le esigenze dei cittadini, le abitudini, le realtà commerciali, di tutto il centro storico». Per questo il neoassessore preferisce parlare di un piano della mobilità e non di un piano del traffico. «Va trovata la giusta misura per vivere bene insieme la città - aggiunge - io sono una sostenitrice dei centri pedonali ma Trieste ha un’orografia che rende difficile importare in toto modelli messi a punto in altre città». Dal prossimo sabato spariranno dunque i limiti di accesso e i grandi vasi sistemati nei punti strategici per evidenziare la possibilità per i pedoni di circolare liberamente. «Speriamo sia uno stop provvisorio, di breve periodo - valuta Franco Sterpin Rigutti, vicepresidente provinciale di Confcommercio e titolare di uno degli storici esercizi commerciali che si affacciano su via Mazzini -. Alla fine al consumatore le isole pedonali piacciono e dai dati raccolti tra i commercianti nei giorni di chiusura al traffico sono stati riscontrati degli incrementi di fatturato e clientela». La controversa sperimentazione su via Mazzini e su via Imbriani era iniziata nel luglio del 2014 con i P-Days, i weekend pedonali. Dal 16 maggio 2015 era invece stata avviata la pedonalizzazione 7 su 7. E in quei giorni via Mazzini era diventata un fronte di guerra. I difensori della decisone dell’allora assessore comunale all’Urbanistica, Elena Marchigiani, di chiudere la via da una parte e un nutrito gruppo di oppositori dall’altra. Sul fronte del no si erano schierati anche i conducenti della Trieste Trasporti e i tassisti che evidenziavano rischi per la sicurezza e disagi. Petizioni, raccolte di firme. In un sondaggio proposto da Il Piccolo i voti contrari erano stati 8mila, circa il 60 per cento dei votanti. Poi il dietrofront della giunta Cosolini che a luglio 2015 aveva portato, dopo due soli mesi di chiusura totale, alla riapertura delle vie Mazzini e Imbriani ripristinando il 18 luglio dello stesso anno i P-Days nella versione ridotta solo al sabato. Dal prossimo sabato invece stop alla pedonalizzazione.

Laura Tonero

 

 

La Provincia ribadisce il no al rigassificatore
«Assoluta contrarietà alla realizzazione di un impianto Gnl nel Porto di Trieste, in località Zaule»

Con invito alla Presidente della Provincia e all’assessore delegato a trasmettere la mozione al Presidente del consiglio dei ministri, ai ministri competenti, alla Regione Fvg, all’Autorità portuale di Trieste ed ai Comuni comunque interessati, nonché al ministero dell’Ambiente della Slovenia, facendosi altresì carico dell’assunzione in ogni sede di qualsiasi iniziativa sia essa amministrativa che giudiziaria, volta a confermare la ribadita contrarietà. E’l’essenza di una mozione presentata dal dal capogruppo del Pdl Claudio Grizon in Consiglio provinciale e approvata all’unanimità : «Questo documento vuole essere anche una sorta di verbale per il passaggio delle consegne che avverrà a fine anno al Comune di Trieste anche in merito alle competenze ambientali, con l'auspicio che la nuova amministrazione Dipiazza abbia la stessa determinazione».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 luglio 2016

 

 

Vertice sul piano acustico a Servola - Incontro con Regione e Comune il 23 agosto. Dipiazza scrive a Siderurgica Triestina
Nel giorno in cui la Regione rende noto «di aver ricevuto da Siderurgica Triestina il piano di risanamento acustico per la Ferriera, reso disponibile in via telematica, e di aver concordato un incontro ad hoc con tutti i soggetti istituzionali per il prossimo 23 agosto», Roberto Dipizza va in pressing sui vertici dell’azienda.

Ieri infatti il sindaco ha inviato una lettera al cavalier Giovanni Arvedi e all’amministratore delegato e presidente di Siderurgica Triestina, Antonio Lupoli, per far arrivare un messaggio forte e chiaro. Messaggio che fa seguito alla riunione ospitata in Comune lo scorso 21 luglio e che ha visto seduti insieme giunta comunale, rappresentanti dell’azienda, comitati dei cittadini e associazioni ambientaliste. Nella lettera, Dipiazza ricorda come nel corso di quel vertice il Comune «oltre a ribadire l'intenzione di voler rivedere l'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) e procedere all'acquisto di strumenti tecnici per poter direttamente monitorare la qualità dell'aria e dell'inquinamento acustico, ha formulato alla proprietà dello stabilimento siderurgico tre richieste, necessarie per avere un quadro più oggettivo della situazione». Richieste appunto messe nero su bianco nella lettera spedita ieri. Il Comune, in primo luogo, sollecita «l’invio, entro dieci giorni dal ricevimento del messaggio, dei dati di produzione mensile della ghisa a partire dal mese di novembre 2015 ad oggi, oltre al numero degli sforamenti giornalieri della cokeria». Sollecitato inoltre un documento da parte della società per formalizzare «la disponibilità ad attuare gli interventi di risanamento acustico dello stabilimento entro i prossimi 6 mesi, ovvero entro il 31 gennaio 2017, nel rispetto della normativa acustica vigente, rinunciando alla ben più lunga tempistica di trenta mesi prevista dalla Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla Regione. Dipiazza infine, come più volte annunciato, ha ribadito l’invito a «costituire un Nucleo operativo composto dall'amministrazione comunale, un referente per i Comitati e associazioni mbientaliste, un “tecnico referente” per la proprietà dello Stabilimento siderurgico preposto alla verifica in contraddittorio e in tempo reale dei fenomeni di inquinamento segnalati dalla cittadinanza».

 

 

La ciclabile della discordia sfora i conti e spacca il rione - Lievitano le spese per completare e mettere in sicurezza la pista di Campi Elisi
Abitanti in rivolta: «Quest’opera è un disastro». Sopralluogo di giunta e consiglieri
Residenti e commercianti scendono sul piede di guerra contro la nuova pista ciclabile di Campi Elisi. Nel mirino finisce «la pericolosità del nuovo tracciato e i conseguenti problemi di sicurezza che coinvolgono gli utenti della strada». Cui si aggiunge la perdita dei parcheggi in zona che per i gestori dei locali si traduce in «un netto calo degli introiti». Ieri sul posto un sopralluogo della doppia commissione consiliare IV e VI alla presenza degli assessori comunali all'Urbanistica Luisa Polli e ai Lavori Pubblici Elisa Lodi. Una pista ciclabile già finita nella bufera politica e che adesso deve fare i conti con la rivolta degli abitanti. E intanto i costi dell'intervento lievitano. Ai quasi 350 mila euro iniziali, con fondi in gran parte regionali, si aggiungono le spese previste per il completamento dell'opera e quelle necessarie per risolvere le criticità sollevate dai cittadini, che riguardano la messa in sicurezza di tutta una serie di incroci e attraversamenti pedonali (circa 500mila euro in totale). Il che significa che il costo complessivo sfiorerà il milione di euro. «Abbiamo un incontro con l'assessore regionale Santoro per chiedere un ulteriore finanziamento», conferma Polli. E intanto scoppia la rabbia dei residenti. «Siamo alla follia. Questa pista ciclabile è un disastro - afferma in coro un gruppo di residenti -. I ciclisti sfrecciano a tutta velocità e rischiano di investire i pedoni. Mentre gli automobilisti hanno poca visibilità e c'è il rischio che si verifichino incidenti gravi. Una pista inutile e pericolosa». Come detto, all'attacco anche i commercianti. «La pista ciclabile ha portato via numerosi parcheggi. Adesso qui non si ferma più nessuno - spiega il titolare dello storico Buffet Tony da Mariano -. Questo per noi significa un pesante calo negli introiti che in questo periodo si sono quasi dimezzati». Va controcorrente Federico Zadnich, di Fiab Ulisse Trieste, secondo cui «il giudizio sulla pista è positivo, perchè la sicurezza dei ciclisti nel medesimo tratto di strada, anche se ci sono ancora un paio di punti critici». Nello specifico, un bypass da realizzare all'altezza della rampa autostradale ed il collegamento con la ciclabile Cottur. Esattamente le priorità negli interventi, cui si aggiungerà la risoluzione dei punti critici delineati dai residenti. «La pista è un'eredità della giunta precedente - ha riassunto Polli -. Siamo qui per ascoltare i cittadini e risolvere le criticità emerse, oltre che per condividere il progetto con le circoscrizioni, cosa non accaduta in passato. Spiace che non si sia pensato al riuso dei sedimi ferroviari dismessi come prevede la legge regionale specifica». Pensieri condivisi dalla collega Lodi, secondo cui «é un cantiere aperto di un progetto che ha molte problematiche cui metteremo mano di volta in volta». Una questione che ha animato anche il dibattito politico in aula. «È una scelta folle ed incomprensibile - ha attaccato Everest Bertoli (Fi), che ha presentato una mozione sul problema parcheggi in zona -. Una scelta inutile e dannosa che non tiene conto degli interessi di cittadini ed esercenti che vanno messi a confronto e tutelati. Esistono delle criticità sia dal punto di vista pratico che sociale». La risposta del Pd arriva dal vicecapogruppo Giovanni Barbo: «La questione è stata strumentalizzata, perchè parliamo di un intervento non ancora completato. Gli assessori hanno in qualche modo confermato la congruità di un progetto che prima era stato definito scellerato. Durante il sopralluogo la gestione della commissione è stata più orientata alla propaganda che non all'approfondimento degli argomenti».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - GIOVEDI', 28 luglio 2016

 

 

Trivelle, Tar respinge ricorso dei comuni abruzzesi. Via libera a prospezione (con air gun) in 30mila chilometri di Adriatico
"Non è attività di ricerca". Con questa motivazione i giudici amministrativi regionali del Lazio hanno detto no all'istanza della Provincia di Teramo, di 7 Comuni della costa teramana e di altri 2 Comuni marchigiani contro il decreto di Via rilasciato in favore della compagnia inglese Spectrum Geo Limited. Che quindi potrà cercare gas e petrolio in una zona che va da Rimini al Salento
La Spectrum Geo Limited potrà cercare petrolio e gas in un’area dell’Adriatico vasta 30mila chilometri quadrati. Proprio mentre in Adriatico si smantella il pozzo esplorativo di Ombrina Mare - entrato in funzione nel 2008 al largo di San Vito, davanti alle coste abruzzesi -, con una sentenza il Tar del Lazio va in direzione opposta. È stato bocciato, infatti, il ricorso presentato dalla Provincia di Teramo, da sette Comuni della costa teramana e da altri due Comuni marchigiani contro il decreto di Via (valutazione di impatto ambientale) rilasciato in favore della compagnia inglese. L’attività è quella di prospezione descritta da due istanze presentate il 26 gennaio 2011 per altrettante aree dell’Adriatico, la d1 BP SP (per 13.700 chilometri quadrati, da Rimini a Termoli) e la d1 FP SP (per 16.210 chilometri quadrati, da Rodi Garganico a Santa Cesarea Terme). Gli enti locali contestavano la procedura seguita dai ministeri competenti e che ha portato al decreto di Via: dal limite dell’area interessata, fino alla mancata Valutazione ambientale stragetica.
Per il Tar, invece, la Via è legittima, soprattutto perché non si tratta di attività di ricerca, ma di prospezione. Che vuol dire air-gun. Ora però il ministero non avrà nessuno ostacolo per il rilascio del permesso di ricerca. “Parlare di una nuova strategia energetica nazionale, come fa il governo, è l’ennesima presa in giro nei confronti dei quasi 14 milioni di italiani che il 17 aprile hanno chiesto di voltare pagina. Faremo pressioni su Regioni, Province e Comuni perché facciano ricorso al Consiglio di Stato” dice a ilfattoquotidiano.it Enrico Gagliano del Coordinamento nazionale No Triv.
L’AREA INTERESSATA - L’area complessiva, originariamente, era ancora più vasta (tant’è che nel ricorso si fa riferimento a 30.810 chilometri quadrati) ma alla luce del limite delle 12 miglia introdotto con la legge di Stabilità (e dopo la diffida presentata dagli enti che hanno fatto ricorso), il Ministero dello Sviluppo Economico ha riperimetrato l’area, come pubblicato sul Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi di gennaio scorso. Cinque le regioni interessate dalle attività di prospezione: Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia. E proprio da quest’ultima regione era partito un altro ricorso ancora pendente, il cui esito a questo punto potrebbe andare nella stessa direzione di quello appena pronunciato dai giudici amministrativi del Lazio. A proporre ricorso oltre alla Provincia di Teramo, sono stati i Comuni di Alba Adriatica, Cupra Marittima, Giulianova, Martinsicuro, Pedaso, Pineto, Roseto degli Abruzzi, Silvi e Tortoreto. Le amministrazioni chiedevano la sospensione, previo annullamento, del decreto del ministro dell’Ambiente, emanato di concerto con il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, del 3 giugno 2015, con il quale si certificava “la compatibilità ambientale relativa al programma dei lavori”.
IL VERDETTO DEL TAR - Per il Tar “il giudizio positivo di compatibilità ambientale è stato rilasciato in esito ad una adeguata istruttoria, atta a rivelare non solo una compiuta valutazione dei cosiddetti ‘effetti cumulativi’, ma anche ad assoggettare l’attività di cui si discute a misure di mitigazione e a continui controlli”. Si tratta di una sentenza che non convince neppure Enzo Di Salvatore, costituzionalista e autore dei quesiti del referendum sulle trivelle del 17 aprile: “I ricorrenti avevano denunciato il fatto che il provvedimento Via riguardasse aree poste entro le 12 miglia marine – spiega a ilfattoquotidiano.it – che gli enti locali non fossero stati coinvolti, che non fosse stata effettuata la Vas (Valutazione ambientale strategica) e che la richiesta di rilascio del permesso riguardi due aree di ben 30mila chilometri quadrati”. Se il Mise è intervenuto sul limite delle 12 miglia, era rimasto infatti il problema dell’estensione delle zone interessate dalle due istanze. La legge 625 del 1996 prevede che la zona del permesso di ricerca non possa superare l’estensione di 750 chilometri quadrati. Ed è proprio questo il fulcro del verdetto dei giudici amministrativi, secondo cui “l’attività di ricerca – scrivono nella sentenza – è connotata da ricadute sul territorio chiaramente più gravose ed invasive di quella di mera prospezione”. Così il Tar esclude quel limite imposto per legge, ritenendo che la normativa non disciplini anche l’attività oggetto delle istanze della Spectrum Geo, che non riguardano “il rilascio di un permesso di ricerca”.
IL COSTITUZIONALISTA: “SENTENZA CONTRADDITTORIA” - Per Enzo Di Salvatore si tratta di “un divieto che, invece, non può che riguardare anche le attività di prospezione”. Il Tar ritiene che il limite dell’estensione dell’area sia da collegare al minore o maggiore impatto delle attività di ricerca, e cioè che debba valere solo per la ricerca effettuata con il pozzo esplorativo e non per quella eseguita con altre tecniche. La pensa diversamente Di Salvatore secondo cui “se il legislatore avesse voluto, avrebbe potuto limitare il divieto di ricerca solo all’utilizzo del pozzo esplorativo, cosa che invece non ha fatto”. Di più: “Il ragionamento del Tar è contraddittorio, perché se la ratio del divieto fosse quella di contenere gli impatti particolarmente invasivi di una data tecnica di ricerca, il divieto dovrebbe riguardare a maggior ragione (se non esclusivamente) le attività di prospezione”. Questo perché, secondo il costituzionalista “un conto è un pozzo esplorativo che ha sì un impatto, ma limitato a un’area geografica, un conto è una tecnica di prospezione come quella dell’air-gun”, che consiste in scariche violente di aria compressa verso i fondali. “Una tecnica – conclude Di Salvatore – non solo invasiva, ma che viene effettuata a tappeto e che, in questo caso, riguarderebbe un’area molto vasta, con impatto su cinque regioni”.
Luisiana Gaita

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 luglio 2016

 

 

Scatta in Ferriera il piano antirumori - Elaborate da Siderurgica Triestina le strategie per la  bonifica acustica
Tra gli interventi previsti schermature e misure per contenere le onde
Era una delle richieste della giunta di Roberto Dipiazza. E Siderurgica Triestina risponde a stretto giro nel rispetto della scadenza di sei mesi imposta dall’Autorizzazione integrata ambientale. La società che controlla la Ferriera di Servola, richiamando contestualmente il Comune all’approvazione del piano di zonizzazione acustica, ha trasmesso ieri il suo piano di risanamento acustico dello stabilimento a Regione, Arpa, Provincia, Comune e Azienda integrata adempiendo, si legge in una nota, alla prescrizione 5.1.1 dell’allegato B dell’Aia. Il contenuto del piano di Siderurgica? Due corpose relazioni messe a punto da un tecnico abilitato, fa sapere la società, che riportano la caratterizzazione delle sorgenti e la ricostruzione, tramite modello matematico, del campo acustico nell’assetto attuale e in quello previsto dallo sviluppo del piano di reindustrializzazione previsto per lo stabilimento all’interno dell’accordo di programma. Il modello viene inoltre attualizzato con la proposta di 11 progetti di intervento su altrettante macrosorgenti di rumore, alcune delle quali somma di sorgenti ravvicinate, localizzate nelle aree della cokeria, dell’altoforno e dell’agglomerato. Una volta realizzato il risanamento sarà possibile verificare il beneficio stimato per ora sulla carta. I principi fondamentali delle bonifiche acustiche hanno dettato il piano. Si prevedono infatti tre tipologie di azioni: interventi attivi sulle sorgenti che hanno comportato scelte impiantistiche dal punto di vista tecnico e funzionale; interventi passivi sulle sorgenti, i cosiddetti incapsulaggi, intesi come intercettazione e contenimento dell’onda acustica; interventi ancora passivi, ma sull’ambiente, vale a dire tamponamenti/schermature per l’intercettazione e il contenimento delle onde acustiche. Dopo di che si pone il problema dei tempi, con il sindaco Dipiazza che insiste per la tempestività. Come precisato nella lettera di accompagnamento del piano, informa Siderurgica Triestina, «la realizzazione degli interventi per il risanamento acustico previsti, visti i considerevoli investimenti necessari, non può prescindere da un’adeguata tempistica di realizzazione». La società, fermo restando il termine prescritto dall’Aia, «si è resa fin da subito disponibile alla definizione di un cronoprogramma che richiederà accorgimenti operativi complessi poiché avverrà con gli impianti in funzione». Un cronoprogramma per la cui realizzazione, evidenzia ancora l’azienda, si renderà necessario «uno specifico coordinamento tecnico con gli enti, Regione, Arpa, Provincia, Comune e Azienda sanitaria, per individuare una corretta tempistica che sia coerente anche con l’attività di elaborazione del piano di zonizzazione acustica del Comune di Trieste». Un passaggio rivolto all’amministrazione comunale, oggi sprovvista di quello che è l’atto tecnico-politico che pianifica gli obiettivi ambientali del territorio comunale in relazione alle sorgenti sonore esistenti per le quali vengono fissati dei limiti. È dunque indispensabile, prosegue l’azienda «l’avvio di un percorso coordinato e condiviso che veda da un lato l’esecuzione da parte di Siderurgica Triestina degli interventi previsti e dall’altra l’approvazione del piano comunale di zonizzazione acustica, previsto dall’articolo 20 della legge regionale 16 del 2007, i cui obiettivi e classificazioni sono determinanti per assicurare credibilmente il raggiungimento dei risultati attesi dai cittadini». Con queste premesse, Siderurgica Triestina, che a fine febbraio aveva già relazionato sugli interventi di breve periodo (mitigazione acustica dell’aspiratore della cokeria, dell’aspiratore dell’altoforno, dello scarico della condensa e di un soffiante dell’aria calda dell’altoforno), si dice «pienamente disponibile» ad avviare fin da subito il confronto per poter dare avvio, «in un contesto di regole definite», agli interventi pianificati. Non manca la precisazione sul rispetto di altri paletti. In parallelo al deposito del piano di risanamento acustico, ST ha infatti ottemperato a ulteriori prescrizioni cui l’Aia imponeva scadenza sei mesi. Nel dettaglio, sono stati attivati i sistemi Sme (Sistema misura emissioni) di monitoraggio in continuo dei camini, che permetteranno ad Arpa Fvg di avere anche un videomonitoraggio con un fotogramma ogni 15 secondi, come appunto prescritto dall’Autorizzazione integrata ambientale, e sono state consegnate le nuove stazioni di monitoraggio qualità dell’aria in via Pitacco e via Ponticello.

Marco Ballico

 

Il Comune non si sbilancia «Nessun assegno in bianco» - Sollecitato un confronto entro sei mesi per valutare i risultati degli interventi
Pressing per costituire un comitato misto in grado di prevenire anomalie
Siderurgica Triestina deposita il piano di risanamento acustico, ne spiega i dettagli, si dice a disposizione per un confronto con i soggetti istituzionali interessati. Ma Roberto Dipiazza, nel giorno in cui esce da Cattinara dopo il risposo forzato causa broncopolmonite, trasmette il messaggio che nulla è cambiato dallo scorso 21 luglio, il giorno in cui delegò l'assessore Giorgio Rossi all'incontro con il cavalier Giovanni Arvedi, presenti anche il vicesindaco Pierpaolo Roberti, il segretario generale del Comune Santi Terranova, alcuni dirigenti della Ferriera di Servola e i rappresentanti del comitato 5 Dicembre, dall'associazione ambientalista No Smog e di FareAmbiente. Nulla è cambiato, fa sapere Dipiazza comunicando anche la sua ripresa fisica, rispetto alle richieste trasmesse alla proprietà dello stabilimento in quell'occasione. Tre, nel dettaglio, su altrettanti fronti: servono dati chiari sulla produzione, risultati entro sei mesi in merito alla riduzione dell'inquinamento acustico, il tema su cui Siderurgica Triestina ieri ha dato il segnalo imposto dalla scadenza Aia, e la costituzione di un comitato “interforze” che metta insieme le parti per verificare in tempi rapidi i motivi di eventuali anomalie. Richieste che Dipiazza, proprio in queste ore, e sempre come annunciato il 21 luglio, sta formalizzando in una lettera ormai pronta per l'invio. Nella convinzione di avere trovato un interlocutore disposto ad accettare quel tipo di agenda. Del resto, come si legge nella nota stampa del Comune, quello della scorsa settimana è stato un incontro «costruttivo» pur in assenza del sindaco. Nel testo che Dipiazza sta ora per firmare e spedire vengono ribaditi i paletti. Il Comune, in prima battuta, chiede che vengano forniti i dati relativi all'attività di produzione dello stabilimento siderurgico in modo da poterli confrontare con le risultanze ambientali, «così da avere una quadro più oggettivo». In sostanza, l'obiettivo è capire se i valori migliorano effettivamente o solo in corrispondenza di un calo della produzione. In questa direzione, assicurò l'amministrazione comunale, «i dirigenti della Ferriera si sono impegnati a fornire una risposta in tempi brevi». Il secondo punto sollevato fu proprio quello di un inquinamento acustico considerato «intollerabile». Ora il piano è arrivato ma il Comune insiste comunque sul fatto «che non si possono attendere 30 mesi, come previsto dagli accordi, per ottenere dei risultati, ma che questi devono arrivare al massimo in un semestre». Infine, altra richiesta comunale, si dovrà costituire un comitato formato dall'amministrazione, dai rappresentanti dei comitati e associazioni, da un rappresentante della proprietà «in modo da intervenire in contraddittorio per verificare, in tempo reale, la causa delle anomalie che si andranno a verificare». In presenza di sforamenti dei valori inquinanti, avverte però il Comune, «si procederà, a fronte degli obblighi istituzionali, a presentare denunce alle autorità competenti». Rimane pure confermato che Dipiazza non si fida più di tanto dell'Arpa. Il sindaco non ha cambiato infatti idea sulla richiesta di rivedere l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e di procedere all'acquisto di strumentazione tecnica per il monitoraggio della qualità dell'aria e dell'inquinamento acustico. Un annuncio che aveva visto Debora Serracchiani, nella veste di commissario della Ferriera, richiamare i contenuti dell'accordo di programma siglata dalle parti e invitare tutti gli attori «a svolgere il loro ruolo nei termini più costruttivi». Mentre Tamara Blazina, deputata dem, ribatteva a sua volta: «Sorprende che Dipiazza lanci l'acquisto di nuove centraline per raccogliere dati sulle emissioni della Ferriera di Servola: forse non si fida dell'operato e della competenza di un organismo terzo come l'Arpa?». Altra intenzione di Dipiazza, pochi dubbi, quella di procedere verso la chiusura dall'Area a caldo, ritenuta la principale fonte inquinante.

(m.b.)

 

I sindacati invocano strategie più definite - Il ruolo del laminatoio e le prospettive della logistica nell’incontro con la presidente Serracchiani
L’esigenza di una maggiore definizione delle strategie industriali che riguardano lo stabilimento di Servola, anche per ciò che concerne il nuovo ruolo del laminatoio a freddo e le prospettive della logistica.

A manifestarla sono state le organizzazioni sindacali confederali e le Rsu di Siderurgica Triestina nel corso dell’incontro con la presidente della Regione Debora Serracchiani, svoltosi ieri nel palazzo di piazza dell’Unità. In questo senso, sempre da parte sindacale, è stato anche auspicato un incontro con il cavalier Giovanni Arvedi, fondatore e proprietario del gruppo che detiene lo stabilimento. Più in generale, durante il confronto, richiesto dalle stessa organizzazioni sindacali, è stato affrontato il tema delle prospettive dello stabilimento di Servola, anche alla luce della precisazione, da parte della proprietà, sul ruolo imprescindibile dell’area a caldo per la sostenibilità industriale del sito, e del conseguente impegno di Siderurgica Triestina a mantenere attiva l’area stessa finché continuano a essere rispettati i parametri ambientali fissati dall’Autorizzazione integrata ambientale. I rappresentanti sindacali hanno ricordato inoltre che la Ferriera occupa 510 lavoratori diretti, ma che sono ben 1.200 le domande di assunzione fatte pervenire a Siderurgica Triestina, sintomo - è stato rilevato - di un interesse occupazionale che va sempre tenuto ben presente insieme ai temi ambientali. La presidente Serracchiani ha reso noto che, nel quadro degli impegni previsti dall’Accordo di programma firmato nel gennaio 2014, proseguono a ritmo spedito gli interventi previsti sia sull’Asse 1, con l’avvio delle operazioni di risanamento delle acque di falda che insistono sul sito della Ferriera, sia sull’Asse 2, che riguarda l’intera area industriale triestina, la cosiddetta “Area di riconversione complessa” (di cui la stessa Serracchiani è commissario straordinario), con l’imminente definizione dell’accordo con Invitalia relativo agli interventi di riconversione produttiva. In questo senso l’obiettivo è di mettere a disposizione delle iniziative imprenditoriali 25 milioni complessivi, 15 di fondi nazionali e 10 stanziati dalla Regione e gestiti dalla Camera di commercio.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 luglio 2016

 

 

Bocciato il trenino in Porto vecchio - Bucci annuncia la cancellazione: domenica le ultime corse «Ora ragioniamo sull’ipotesi del bus elettrico fino a Barcola»

Non c’è futuro per il trenino di Porto vecchio

‘‘LE RAGIONI DELL’ALT - Pochi utenti, costi elevati e macchine che consumano troppo ‘‘il progetto cassato Cosolini aveva programmato il servizio fino alla Barcolana

Lo spoils system colpisce anche i trenini. Per il collegamento interno al Porto vecchio, dal Molo Quarto alla Centrale idrodinamica, attivato a giugno dall’amministrazione Cosolini quale bandiera dell’avvio della trasformazione dell’area, è arrivato infatti il momento del benservito. Cancellato dalla giunta Dipiazza. Il cambio del vento politico a palazzo Cheba, insomma, segna una nuova inversione di rotta, l’ennesimo punto di discontinuità rispetto a chi ha governato per cinque anni sino a poco più di un mese fa. Tramway, addio: quelle di venerdì, sabato e domenica saranno le ultime giornate di servizio a Trieste delle carrozze Schlieren, costruite in Svizzera e messe in campo dal 1960 sulla rete ferroviaria regionale austriaca. Lo conferma l’assessore comunale con delega anche al Turismo e alle Società partecipate, Maurizio Bucci, riassumendo così i tre motivi alla base della decisione: «L’ormai scarso utilizzo da parte dei cittadini, i costi eccessivi in rapporto appunto alla fruizione e infine il fatto che queste sono macchine vecchie che consumano e inquinano». L’esecutivo Cosolini aveva annunciato che il trenino sarebbe stato attivo con corse gratuite sino alla Barcolana 2016, fino cioè alla seconda domenica del prossimo ottobre. Il progetto della passata amministrazione, inoltre, prevedeva l’allungamento del percorso sino a Barcola a partire dal 30 settembre con quattro fermate definite: presso Adriaterminal, davanti al Polo museale dell’antico scalo, al Bagno Ferroviario e infine nelle vicinanze delle sedi delle società di vela e di canottaggio. Ma le elezioni di giugno hanno sancito il passaggio del municipio dal centrosinistra al centrodestra e le strategie evidentemente sono cambiate pure per la partita del trenino: programma depennato. Bucci approfondisce: «Il primo weekend erano salite a bordo delle carrozze, tra le varie corse, 1.500 persone ma ora ce ne sono solamente settanta alla settimana. Troppo poche». Per un investimento da oltre 200mila euro, per le risorse che ci sta mettendo Trieste trasporti. «Sono macchine folcloristiche - prosegue l’assessore -, potevano andare bene come attività di propaganda in un periodo particolare... Periodo che è stato però superato». Chiaro il riferimento alle settimane di campagna elettorale prima del voto che ha visto alla fine prevalere Dipiazza su Cosolini. Lo stesso Bucci incontrerà venerdì Pier Giorgio Luccarini e Aniello Semplice, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Trieste trasporti, per valutare la nuova soluzione pensata dal Comune. «L’indirizzo politico - spiega l’esponente della giunta - è quello di ragionare sull’attivazione di un servizio con bus elettrico, uno di quelli nuovi acquistati da Tt, sempre passando all’interno di Porto vecchio ma continuando anche oltre, arrivando cioè sino a Barcola». C’è un aspetto, al netto delle valutazioni da fare sui costi, che Bucci riconosce subito essere «molto delicato»: «Va creata una soluzione sicura per l’uscita in viale Miramare (arteria come noto ad alto scorrimento, ndr) con direzione Barcola. L’ipotesi è di piazzare un sistema con un semaforo “intelligente”, di quelli con i sensori che rilevano l’arrivo del mezzo per poi attivarsi. Un’opzione fattibile, contando che quella del bus elettrico non sarebbe una linea in transito ogni tre minuti (adesso le partenze del trenino avvengono alternativamente ogni mezz’ora, prima dal Molo Quarto e trenta minuti dopo dalla Centrale idrodinamica, e così via, ndr) e che entrerebbe in funzione solo nel periodo estivo e in concomitanza con mostre o eventi in Porto vecchio». Due condizioni che Bucci pone come imprescindibili. Di tutto questo, «compresi i ragionamenti sul chilometraggio», i delegati del Comune e i vertici di Trieste trasporti parleranno dopodomani. Partendo da un dato certo: quelle di venerdì dalle 14 alle 19.30, e di sabato e domenica dalle 11 alle 19.30 saranno le ultime tre giornate del Tramway dentro Porto vecchio.

Matteo Unterweger

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 luglio 2016

 

 

Biogas, produzione migliore con le biotecnologie - Progetto Area e Icgeb per valorizzare gli scarti vegetali oggi poco utilizzati
Le biotecnologie possono migliorare l’efficienza degli impianti di biogas che producono energia elettrica. È quello che dimostra l’esperienza di Biovalene, startup pordenonese che ha messo a punto un metodo brevettato di attivazione di consorzi di batteri più idonei a produrre metano.

Il risultato è una sensibile diminuzione del carico di biomassa utilizzata per la produzione di energia elettrica da parte di cogeneratori alimentati dal biogas. In termini quantitativi, in una centrale da 1mw è stato possibile ridurre di circa 4 tonnellate la quantità giornaliera di silomais equivalente in ingresso. Su base annua (365 giorni di funzionamento del cogeneratore) ciò si traduce in 1500 tonnellate circa di materia prima risparmiata e 30 ettari in meno di terreno coltivabile dedicato. Bioreval - questo il nome della tecnologia - agisce sul consorzio batterico presente nei digestori, stimolandone la crescita e la funzionalità, soprattutto dei ceppi metanigeni (Archea). In sostanza, attraverso bioreattori dedicati, si procede all’arricchimento di piccole quantità di biomassa in fermentazione, avviandole quindi nei digestori dell’impianto per la produzione di biogas che si ritroverà così ad operare in breve con una flora batterica progressivamente potenziata. Il procedimento consente il raggiungimento e la conservazione di un equilibrio biologico ottimale dei processi in atto nei digestori consentendo di fatto anche risparmi energetici aggiuntivi. «In dodici mesi le scelte innovative adottate e le collaborazioni avviate con il Consorzio Italiano Biogas e il Centro Ricerche Produzioni Animali ci hanno consentito di arrivare sul mercato con la nostra prima applicazione tecnica, Bioreval, destinata a costituire lo strumento base di una nuova strategia di approccio ai problemi di gestione di molti impianti per la produzione di biogas – spiegano Fabio Messinese, amministratore delegato di Biovalene, e Gianluca Randi, biologo della società. Il nostro è un sistema di dimensioni contenute e di facile applicazione ad ogni tipo di impianto basato sul processo di digestione anaerobica. Gestisce e controlla le varie fasi della fermentazione batterica attraverso una piattaforma informatica d’avanguardia, in grado di controllare tutti gli andamenti dei processi in atto nei fermentatori, facilitandone la gestione». I positivi risultati raggiunti dall’azienda costituiscono la base per un ulteriore sviluppo della tecnologia attraverso le ricerche condotte con il supporto di Innovation Factory, l’incubatore certificato di Area Science Park, grazie al quale è stata avviata una collaborazione scientifica con il Gruppo di Batteriologia del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie – Icgeb. «Puntiamo, in particolare, a valorizzare gli scarti lignocellulosici agroindustriali che attualmente non vengono utilizzati nella produzione di biogas a causa della loro resa molto bassa, dovuta all’effetto protettivo della lignina sulle fibre di cellulosa», spiega Vittorio Venturi, batteriologo dell’Icgeb. Ciò permetterebbe di inserire nella filiera del biogas scarti vegetali oggi poco utilizzati (sfalci, stoppie, pula, pulizia dei boschi, paglia, scarti mercati ortofrutticoli, sottoprodotti vinificazione e distillazione, sottoprodotti agricoli) e di incrementare le rese delle biomasse vegetali già in uso (ad esempio insilati di mais, di sorgo, ecc.), con benefici ambientali ed economici.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 luglio 2016

 

 

Seduta dedicata alla ciclabile - Commissioni
Il tema della pista ciclopedonale di viale dei Campi Elisi sbarcherà nell’aula del Consiglio comunale giovedì. Con inizio alle 9 è infatti in programma una seduta congiunta delle commissioni Quarta (Lavori pubblici) e Sesta (Urbanistica), presiedute la prima dal forzista Michele Babuder e la seconda dal consigliere di Fdi-An Salvatore Porro. Parteciperanno alla riunione gli assessori Elisa Lodi e Luisa Polli. Verranno affrontate le «segnalazioni riportate ai consiglieri, in particolare ai colleghi Camber e Polacco, capogruppo e vicecapogruppo di Forza Italia - spiega Babuder -, nonché le principali problematiche di aspetto tecnico e normativo». Seguiranno un sopralluogo lungo il tratto della pista e l’incontro con gli esercenti, i residenti e i loro rappresentanti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 luglio 2016

 

 

Comune contro Ferriera, un duello che potrebbe lasciare solo macerie

Comunque vada a finire, rischia di finir male. Il muro contro muro che già si prefigura tra il Comune e la Ferriera, con il sindaco Dipiazza intenzionato a premere per la chiusura dell'area a caldo e l'azienda a difendere le sue ragioni, potrebbe lasciare sul terreno solo macerie.

Giocato sullo scontro, è un problema senza soluzione: se il nodo delle emissioni non venisse risolto, la città non potrebbe permettersi di tenere un'azienda che inquina a ridosso delle case, ma neppure uno stabilimento arrugginito e abbandonato per decenni, con i lavoratori in strada e l'indotto che chiude i battenti. Non è una partita tra i residenti e gli operai, che hanno entrambi i loro diritti sacrosanti, né un duello tra Dipiazza e Arvedi che farebbe solo sconfitti. Per quanto assurdo possa sembrare, è una partita da giocare insieme. Se per un attimo sgombriamo il campo da ardori e livori, risultano alcuni punti fermi semplici e chiari. Il primo è che le aziende le aprono e le chiudono gli imprenditori, non i presidenti di Regione e i sindaci. Un provvedimento d'imperio è possibile solo in presenza di gravi ragioni di salute pubblica, che è ciò di cui si discute. Esiste un accordo istituzionale, sottoscritto da Regione, Comune e Arvedi, che prevede per la Ferriera l'obbligo di rientrare entro precisi e misurabili parametri di emissioni entro date certe. Delle due, l'una. O l'azienda lo fa, e allora le case di Valmaura non saranno più infestate dalle polveri che si raccolgono con un dito sulla ringhiera, e nessun amministratore al mondo potrà farla chiudere (con quali motivazioni?). O l'azienda non lo fa, e allora tutti - a cominciare dall'azienda stessa - dovranno prendere atto dell'inadempienza, e la chiusura dell'area a caldo sarà ineluttabile, come peraltro a suo tempo promesso dallo stesso Arvedi. Senza giochini, senza rinvii, senza balletto di numeri, la cui obiettività - nella misurazione delle centraline - è garantita dall'Agenzia regionale per l'ambiente e ora anche dallo stesso Comune, che ne acquisterà di ulteriori. Sarebbe scellerato forzare la mano rispetto a questo scenario verificabile e alla luce del sole. Se lo facesse il Comune, spingendo Arvedi a chiudere baracca (ma non vediamo con quali strumenti), innescherebbe un'ulteriore crisi occupazionale e industriale con il prevedibile ribollire delle maestranze e degli artigiani dell'indotto sotto l'ufficio del sindaco. Ci sbaglieremo, ma non crediamo che il senso praticone e accorto di Dipiazza, che è egli stesso imprenditore, lo spingerà a un tanto, a dispetto del pressing degli alleati e del debito elettorale verso i rioni della Ferriera che lo hanno riportato alla poltrona su cui siede. Se un domani a forzare la mano fosse Arvedi, dicendo che in ogni caso (quindi anche se perdurasse l'inquinamento) la chiusura dell'area a caldo porterebbe alla cessazione dello stabilimento, così contraddicendo gli impegni da lui stesso presi, sarebbe altrettanto grave, traducendosi in una sorta di ricatto istituzionale: o mi lasciate fare, o chiudo tutto e vi rimando la gente in piazza. L'imprenditore potrebbe chiamare in causa la sostenibilità economica dell'iniziativa, ma è la stessa che ben conosceva quando assunse l'impegno. Anche questo ci rifiutiamo di credere: Arvedi è imprenditore serio e rigoroso, parla per lui la sua storia personale che è l'opposto di quella di un qualche avventuriero russo che, ahinoi, la Ferriera ha pure conosciuto. Quindi? La questione va affrontata con grande serietà e senza smargiassate: è la vita quotidiana di almeno diecimila persone tra residenti e lavoratori. Vorremmo che a giocare questa partita fossero proprio Dipiazza e Arvedi in persona, senza troppi consiglieri attorno. Il sindaco capirà che espellere l'impresa senza alcuna concreta alternativa di riconversione sarebbe irresponsabile: per fare cosa dopo, con quali proposte di utilizzo e quali soldi, considerati anche solo gli inimmaginabili costi di bonifica? Avremmo un fantasma d'acciaio sul golfo da esibire fino al 2030, se basta. L'imprenditore capirà che gli investimenti di risanamento - molto ben supportati dalla Regione - vanno fatti senza sconti, fino in fondo e con benefici misurabili dalle centraline e dalle famiglie sulle ringhiere dei balconi, che farebbe bene a visitare, poiché anche la città fa sul serio. E' l'unica vera parola d'ordine di questa vicenda, diventata una tale polveriera che solo una grande e reciproca serietà può sbrogliare.

ROBERTO MORELLI

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 luglio 2016

 

 

Il “rebus” delle centraline bis di Servola

Il Pd avanza dubbi sull’acquisto da parte del Comune: «Perché Dipiazza spende soldi per un doppione? Non si fida di Arpa?»
Il monito di Serracchiani - L’accordo di programma siglato fra pubblico e privato prescrive un percorso chiaro per tutte le parti - Se ne tenga conto

L’offensiva Dem - Blazina ricorda al primo cittadino che la legge stabilisce chi sono gli enti preposti a misurare e controllare i livelli delle emissioni
Il giorno dopo l’avvio del pressing della nuova giunta comunale sul cavaliere Giovanni Arvedi, Debora Serracchiani invita tutti gli attori, in primis quelli istituzionali, «a svolgere il loro ruolo nei termini più costruttivi». Una dichiarazione non da avversario politico, perché la presidente della Regione è anche commissario della Ferriera. E parla in quella veste. Ma, in ogni caso, un richiamo forte a non dimenticare i contenuti dell’accordo di programma siglato dalle parti. Il riferimento non è diretto, ma arriva il giorno dopo l’accelerata di Roberto Dipiazza sul dossier Servola. Con tanto di annuncio di acquisto di nuove centraline per il monitoraggio della qualità dell’aria. Un’uscita «sorprendente», ribatte polemicamente la deputata del Pd Tamara Blazina. Come previsto, visto che Dipiazza non ha perso troppo tempo a ritornaci sopra, uno dei temi cruciali della campagna elettorale si conferma terreno di scontro politico. Con Serracchiani che, con funzioni anche di commissario, ricorda la necessità del rispetto delle intese precedenti. «L’accordo di programma che è stato sottoscritto dai soggetti istituzionali e dall’investitore privato - ribadisce la presidente della Regione - prescrive a tutte le parti un percorso chiaro, temporalmente definito e verificabile». E ancora: «I progressi obbligati nel risanamento ambientale hanno scadenze precise e non sono eludibili. Questo dovrebbe rassicurare tutti gli attori, in primo luogo quelli istituzionali, e indurli a svolgere il loro ruolo nei termini più costruttivi». Il dibattito politico, è l’ultimo avvertimento, «tenga conto della cornice normativa e degli aspetti concreti entro cui si collocano le opzioni possibili». Sull’argomento specifico delle centraline, Blazina affonda invece direttamente sul sindaco. Nel mirino le dichiarazioni che sembrano sfiduciare il controllo “nemico”, quello affidato all’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente. «Compreremo nuove centraline - ha detto Dipiazza - e altre attrezzature che ci consentiranno di avere dati nostri da confrontare con quelli aziendali e dell’Arpa». «Sorprende che Dipiazza lanci l’acquisto di nuove centraline per raccogliere dati sulle emissioni della Ferriera di Servola: forse non si fida dell’operato e della competenza di un organismo terzo come l’Arpa?», è il contrattacco della deputata del Pd che, rivolta ancora al sindaco, insiste: «Non crede piuttosto che moltiplicare strumenti di controllo già esistenti e perfettamente funzionanti, creando così dei costosi doppioni, sia una scelta inutile, se non dannosa, per una pubblica amministrazione?». Dubbi anche sulle modalità di controllo di eventuali apparecchi in capo al Comune. «Non sappiamo a chi verrebbe affidata la gestione e il controllo di queste nuove centraline - sottolinea Blazina -. Appare infatti corretto che siano gli organi preposti a vigilare sui livelli delle emissioni, anziché un’amministrazione comunale che più volte e chiaramente si è espressa per la chiusura dell’impianto. Chi è attore politico - conclude l’onorevole dem - non può essere giudice imparziale». Sullo sfondo anche le ultime novità proprio sulle centraline, cui Dipiazza non ha però fatto cenno. È infatti del maggio scorso l’accordo tra Siderurgica Triestina e Arpa per la gestione delle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria prescritte dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Concretamente, a firma dell’ad Andrea Landini e del dg dell’Agenzia Luca Marchesi, si è affidata all’Arpa la gestione di tre nuove centraline (via Pitacco, via del Ponticello e Porto San Rocco a Muggia) inserite nella rete di rilevamento regionale per la qualità dell’aria. La conferma, parole di Landini, «della serietà e del mantenimento degli impegni» da parte dell’azienda. Tra l’altro con il riconoscimento ad Arpa dei maggiori costi sostenuti per la gestione del monitoraggio. Arpa, però, di cui Dipiazza pare non fidarsi.

Marco Ballico

 

Il senatore Battista punzecchia Arvedi

Lorenzo Battista, senatore triestino del gruppo parlamentare Per le Autonomie, interviene in tema Ferriera: «Con grande rispetto verso la religiosità di Giovanni Arvedi che sempre ci viene ricordata nei consessi istituzionali, rammento che tra i dieci comandamenti c’è anche il precetto di non pronunciare falsa testimonianza. Davvero l’accordo di programma non contempla un’ipotetica chiusura dell’area a caldo, quando dice “In una seconda fase la competitività del costo ghisa, rapportato ai prezzi delle importazioni dall’estero, definirà la convenienza o meno della produzione di ghisa e della cokeria con l’eventuale ipotesi di sostituire la produzione di coke approvigionandolo dall’estero. Al termine dell’eventuale dismissione della cokeria si renderà disponibile un’area di circa 50.000 mq che sarà riconvertita ad area retroportuale”?». Così, invece, il consigliere regionale di M5S Andrea Ussai assieme al collega comunale Paolo Menis: «Altro che “rispetto di tutti gli stringenti parametri ambientali disposti dall’Aia vigente”. Lo stabilimento di Servola sta continuando a produrre senza rispettare i limiti emissivi di legge per l’inquinamento acustico. Prova ne sono le rilevazione dell’Arpa e le sanzioni comminate alla proprietà».

 

 

La regressione delle Ferrovie imposta da Tremonti - LA LETTERA DEL GIORNO di Luigi Bianchi, presidente di CamminaTrieste

Tremonti e Moretti, Matteoli e Castelli, non Delrio, devono rispondere al Paese per precise responsabilità. Chi ha separato l’Alta velocità (1.000 km dei 16.500 della rete nazionale) dalle 21 ferrovie regionali ?

Chi ha rotto i rapporti con le ferrovie estere, considerate “concorrenti”, e non preziosi partner per il servizio integrato europeo, come erano sempre state? Chi ha concentrato tutte le risorse disponibili sulla sola Alta velocità, mettendo in crisi il resto della rete, non solo sul piano commerciale, ma anche in quello della sicurezza? Chi ha costretto le Fs a fare cassa anche con gli impianti ferroviari utili all’esercizio, e a risparmiare addirittura sulla manutenzione ordinaria (Rfi è giunta a dare in comodato stazioni per sottrarsi all’onere della manutenzione)? Chi ha limitato la promozione commerciale alla sola Alta velocità, scaricando sulle Regioni tutto il trasporto locale passeggeri in una logica assistenziale e non imprenditoriale? Chi, per il servizio merci, ha ridotto Trenitalia Cargo a pura trazione? Non può definirsi impresa di trasporto chi pretende di limitare la sua attività ai soli treni completi; da sempre l’impresa offre un servizio globale, informato all’intermodalità, se vuole stare nel mercato e non vivere di assistenza. Non è certo Delrio, ma il ministero dei trasporti dei governi Berlusconi a dover rispondere al Paese per aver ridotto le Fs da impresa di trasporto orientata al mercato europeo ad holding-mostro, ostaggio della finanza e del capitale privato. Grandi e medie stazioni sono state assegnate per lo sfruttamento commerciale a Benetton, Caltagirone, Pirelli e Aeroporti di Venezia. Alta velocità e Trasporto locale in tutte le reti europee hanno sempre operato in sinergia rendendo competitivi tutti i servizi nell’intera rete. Solo l’Italia è riuscita a contrapporre Av e Tl, grazie alla finanza creativa imposta da Tremonti alle Fs, gettando nel discredito l’Alta velocità, che rappresenta l’adeguamento delle reti europee alle acquisizioni tecnologiche del terzo millennio, come contributo allo sviluppo dei corridoi plurimodali europei, seminando così confusione nell’opinione pubblica, sfruttata dai guerriglieri metropolitani NoTav/SìTir. L’Av del 21° secolo sta alla ferrovia ottocentesca come l’autostrada sta alla strada ordinaria, nata per la trazione animale, in tutta Europa. L’avversione italiana è una vera e propria regressione culturale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 luglio 2016

 

 

Guerra ai rumori e nuove centraline - Il Comune apre il dossier Servola
A sorpresa il Municipio invita i comitati - Dall’ospedale il primo cittadino conferma l’obiettivo della chiusura dell’area a caldo
Ci sono tre cose che il Comune di Trieste, a guida Dipiazza, chiede subito al cavaliere Giovanni Arvedi, inaugurando il dossier Ferriera della nuova amministrazione. «Siamo all’inizio di un percorso», commenterà il primo cittadino. Il Municipio domanda i dati della produzione, perché intende incrociarli con quelli ambientali, al fine di capire fino a che punto la qualità dei valori migliora effettivamente o migliora semplicemente se la produzione scende. Insiste sulla definizione di un nuovo piano aziendale allo scopo di ridurre l’inquinamento acustico entro il febbraio 2017, anticipando sensibilmente i tempi rispetto ai preventivati 30 mesi. Propone la costituzione di un gruppo di lavoro “interforze” formato da dirigenti comunali, aziendali ed esponenti dei comitati ambientalisti per quello che viene descritto «controllo in contrasto». Tre mosse d’apertura che in realtà non cambiano l’obiettivo strategico dell’azione comunale, ovvero la chiusura dell’area “a caldo”: non a caso il Municipio acquisterà gli impianti necessari per misurare “in proprio” i valori ambientali, in parallelo alle analisi dell’Arpa, e per procedere così, a fronte di eventuali sforamenti, alle «denunce alle autorità competenti». E chiederà alla Regione Fvg la revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Le tre mosse vengono a loro volta preparate da un triplo colpo di scena ieri allo scoccare del mezzogiorno, orario fissato per il primo round Comune/Ferriera. Il ring è allestito al primo piano della residenza municipale in Piazza Unità. Non c’è Roberto Dipiazza, ricoverato la sera prima per il riacutizzarsi della broncopolmonite che lo aveva colpito già in campagna elettorale: ha delegato in sua vece il polifunzionale Giorgio Rossi. Ma in compenso arriva da Cremona Giovanni Arvedi in persona: si pensava che a rappresentare Siderurgica Triestina giungesse il nuovo amministratore delegato Antonio Lupoli, invece - a testimoniare la rilevanza che la leaderhip del gruppo accredita al progetto triestino - nella stanza del sindaco si siede il cavaliere medesimo. Novità: partecipano al confronto i rappresentanti dell’associazionismo ambientale, “Comitato 5 dicembre”, “No Smog” e “Fare Ambiente”. Arvedi, nella sua nota, parlerà di «dialogo inconsuetamente allargato». Incontro «costruttivo» in un clima «civile», riepiloga Rossi, coadiuvato dal vicesindaco Pierpaolo Roberti e dal segretario generale Santi Terranova. L’assessore riferisce che Arvedi avrebbe riscontrato positivamente due delle tre questioni prospettate - dati produttivi e piano rumori anticipato - restando sul vago riguardo il varo del gruppo “interforze”. Ma, via etere da Cattinara, vuole essere lo stesso Dipiazza, nonostante la forzata assenza, a inquadrare logiche e ricadute dell’incontro. «Innanzitutto - dice al cellulare - mi ha fatto piacere che Arvedi sia venuto di persona: è un uomo d’onore». «Abbiamo cominciato un percorso di confronto - prosegue - ma è bene ribadire che il nostro punto di caduta resta sempre la chiusura dell’area “a caldo”. Compreremo centraline e altre attrezzature che ci consentiranno di avere dati nostri da confrontare con quelli aziendali e dell’Arpa». Su fumi e rumori Dipiazza si è impegnato personalmente con i comitati, un passaggio politico che al primo cittadino preme evidenziare: «Alla riunione con Arvedi per la prima volta c’erano gli esponenti delle associazioni ambientaliste, che erano riuscite a mobilitare manifestazioni con migliaia di persone. Persone che per me contano moltissimo». A Dipiazza è stata inoltre riferita dai presenti la sorpresa che Arvedi avrebbe mostrato scorrendo le foto dei fumi documentate dai comitati. La riunione a tre di ieri mattina si è chiusa senza aggiornamenti su nuove convocazioni. La parola passa ai fatti: cifre della produzione e nuovo piano-rumori. Mentre il Comune prepara lo shopping per dotarsi della strumentazione necessaria per “misurare” la Ferriera, dal punto di vista ambientale.

Massimo Greco

 

«La Ferriera chiude senza l’area a caldo» - Arvedi avvisa chiunque «ipotizzi una cessazione arbitraria»:«Dovrà rispondere di 200 milioni di euro e 600 lavoratori»
Raccontano di un presidente “sorpreso” di trovarsi davanti non solo i colonnelli della giunta Dipiazza, ma pure gli ambientalisti.

L’imbarazzo, nel primo faccia a faccia post-elezioni, deve essere durato ben poco se Giovanni Arvedi, senza troppi giri di parole, torna a ripetere la sua posizione: lo stabilimento sta osservando la legge e chiudere l’area a caldo, come vorrebbe il sindaco a cui Arvedi augura «pronta guarigione», significherebbe fermare tutta la Ferriera. In altri termini, mettere in strada seicento persone e causare un danno economico per la proprietà di 200 milioni di euro. Con tutti i contraccolpi legali del caso: qualcuno dovrà pur rispondere. Insomma, è su questo terreno minato che si sta giocando la scommessa anti-Ferriera del Dipiazza ter. Al tavolo di ieri mattina sedevano, assieme al numero uno di Arvedi, il presidente e ad di Siderurgica Triestina, Antonio Lupoli, il vicesindaco Pierpaolo Roberti e l'assessore allo Sport, Cultura e Bilancio Giorgio Rossi, il braccio destro del primo cittadino. La società, in una nota, evidenzia la propria apertura al confronto considerando che si è resa «disponibile» a trasformare il tavolo istituzionale, «pur senza averne avuto preavviso», «in un dialogo inconsuetamente allargato» anche ai comitati di cittadini. Il presidente, da parte sua, sottolinea come «lo stabilimento sta producendo nel pieno rispetto di tutti gli stringenti parametri ambientali disposti dall’Aia vigente». Un risultato raggiunto grazie «all’ingente investimento del gruppo per realizzare tutti gli interventi di risanamento impiantistico» disposti dalla Procura, previsti dall’Accordo di Programma e «altri ancora che volontariamente abbiamo scelto di compiere per migliorare le performance ambientali dell'area a caldo, mostrando attenzione anche alle segnalazioni dei disagi percepiti della popolazione servolana». Proprio l’area a caldo resta l’oggetto del contendere. E Arvedi va dritto al cuore della questione: «Sono pronto a chiuderla qualora emergesse che i valori ritenuti inquinanti superino i limiti emissivi di legge perché si tratterebbe di un crimine non solo amministrativo ma anche ambientale e umano. Ma deve essere chiaro a tutti che ciò significa la chiusura dell’intero stabilimento che senza l'area a caldo non si sostiene economicamente nel piano industriale». E subito dopo il presidente è ancor più esplicito: «Chiunque ipotizzi perciò di chiudere la Ferriera in modo arbitrario dovrà risponderne economicamente rispetto a un investimento privato di 200 milioni di euro, e umanamente a 600 persone che si ritroverebbero senza lavoro». Infine l’invito rivolto ai comitati a visitare nuovamente la fabbrica. La società, dal canto suo, depositerà la prossima settimana, come disposto dall'Aia, il piano di risanamento acustico con l'elenco degli interventi da attuare entro i tempi imposti dal decreto.

Gianpaolo Sarti

 

E i sindacati attaccano Dipiazza

«Paga il conto elettorale, ma non affronta i veri problemi. Così crea solo conflitti» pretese impossibili Il sindaco non può bloccare un’azienda
Da una parte i comitati di cittadini, che attendono lo stop dell’area a caldo promesso da Roberto Dipiazza in campagna elettorale. Dall’altra il muro dei sindacalisti, preoccupati dei costi sociali che un fermo produttivo potrebbe causare a Trieste. Il nuovo capitolo sul futuro della Ferriera ripropone i vecchi schemi dell’annosa disputa che si consuma attorno al destino della fabbrica. Con una particolarità: l’attuale giunta comunale, diversamente da quella precedente, può contare sul pieno sostegno degli ambientalisti. Proprio perché si è impegnata a garantire lo stop dell’impianto ritenuto più inquinante. Il Comitato 5 dicembre, il gruppo che aveva promosso le due proteste anti-Ferriera, era presente ieri al tavolo tra la società e il Comune con altre due associazioni, Fareambiente e No Smog. «Arvedi non si aspettava di trovarci - spiega Andrea Rodriguez, uno dei portavoce del Comitato - comunque quando la proprietà sostiene che fermare l’area a caldo vuol dire bloccare l’intera produzione, dice una cosa smentita dall’Accordo di programma. L’incontro è stato surreale, perché è veramente surreale sentire uno che afferma che va tutto bene, anche davanti a decine di foto sull’inquinamento. Ma ora questa giunta sta dicendo molto chiaramente che è necessaria la chiusura dell’area a caldo, fonte di inquinamento». D’accordo Giorgio Cecco, coordinatore regionale di Fareambiente. «Il Comune sta dando un segnale importante, anche perché - rileva - è la prima volta che le associazioni di cittadini possono dialogare direttamente con Arvedi. Per noi l’obiettivo è tutelare la salute dei residenti e degli operai. Finora Siderurgica Triestina non ha dato risposte soddisfacenti, vogliamo interventi più rapidi. E puntiamo a una revisione dell’Aia». Ma il fronte sindacale alza gli scudi. «Dipiazza non può bloccare un’azienda - avverte Umberto Salvaneschi, segretario provinciale Fim-Cisl - e Arvedi ha ragione a opporsi portando la questione occupazionale perché la gente resterebbe senza lavoro. A ciò si aggiunge la questione economica, conseguente alla richiesta di danni». Cristian Prella, segretario provinciale della Failms ed esponente Rsu dello stabilimento, è sul piede di guerra: «No a fregature per i lavoratori. Non si possono lasciare in strada centinaia di persone. Se questi sono i termini del confronto - puntualizza - la gente dovrà beneficiare delle tutele speciali che spettano alle maestranze escluse dall’occupazione a causa dell’inquinamento, perché significa che sono loro le vittime. Attenzione - conclude il sindacalista - si devono considerare anche i trenta lavoratori dell’ex Lucchini». Sulla stessa linea Franco Palman, Rsu Ferriera della Uilm. «Sono settimane che discutiamo con l’azienda sugli equilibri produttivi basati proprio sull’area a caldo. Senza quella cade tutto. Non esistono altre economie che possono sopperire alla tenuta industriale, compresi gli investimenti per il laminatoio. Mi sembra che l’operazione messa in atto dalla giunta Dipiazza sia molto improvvisata - commenta Palman - messa in piedi solo per dimostrare impegno nei confronti dell’elettorato. Ma non sta affrontando davvero il problema della fabbrica, cioè la tenuta produttiva con gli obblighi previsti dalle prescrizioni Aia. Inutile creare conflitti con chi lavora - aggiunge - il Comune dovrebbe concentrarsi su quanto sta facendo l’azienda con monitoraggio e tavoli ai quali devono essere presente la presidente Serracchiani e gli organi di controllo».

(g.s.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 luglio 2016

 

 

Riduzione di emissioni, accordo firmato da sei città istriane
POLA - Sei delle dieci città istriane hanno firmato l'accordo sulla riduzione del monossido di carbonio di almeno il 40% sui rispettivi territori entro il 2030. Il documento - il primo del genere in Croazia - rientra nel progetto comunitario Life Sec Adapt il cui valore complessivo è di 3,15 milioni di euro. Le città in questione sono Pola, Rovigno, Pinguente, Pisino, Albona e Parenzo che beneficeranno di 920mila euro.

Come saranno impiegati tali mezzi? «A Pola sono già in atto diversi progetti finalizzati all'efficienza energetica e al maggiore uso di fonti rinnovabili», ha detto il sindaco Boris Mileti„, che si è soffermato sull'imminente passaggio all'illuminazione pubblica ecologica e al trasporto pubblico verde. «Ossia - come ha spiegato - dai motori a gasolio passeremo a quelli a gas naturale per la trazione dei mezzi dei trasporti pubblici e dei veicoli impiegati nei servizi comunali». Il sindaco di Albona Tulio Demetlika ha sottolineato che l'ex centro minerario è al primo posto in Croazia per il numero di condomini energeticamente efficienti in rapporto al numero di abitanti. «Siamo stati tra i primi - ha spiegato - ad avere introdotto l'illuminazione pubblica ecologica e la stazione di ricarica per automobili elettriche». «Prossimamente entreranno in funzione - così ancora Demetlika - due centrali elettriche a pannelli solari». Alla firma è intervenuto il direttore dell'Agenzia istriana di sviluppo Ida, Boris Sabatti ricordando che gli stessi sindaci tre anni fa a Bruxelles avevano firmato l'accordo sull'attuazione del pacchetto comunitario clima-energia 20, 20, 20 finalizzato alla riduzione entro il 2020 del 20% delle emissioni di gas a effetto serra, l'elevamento al 20% del risparmio energetico e l'aumento al 20% del consumo di fonti rinnovabili. Il pacchetto comprende inoltre una serie di provvedimenti sul sistema di scambio di quote di emissione e sui limiti alle emissioni delle automobili. «Ora - così ancora Sabatti - si va avanti su questa stradas con il Life Sec Adapt». «Ma non ci fermiamo qui - ha concluso - in quanto Bruxelles ha dato disco verde al progetto dell'Ida sull'elevamento dell'efficienza energetica nelle rimanenti quattro città istriane, vale a dire Dignano, Cittanova, Buie e Umago.

(p.r.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 luglio 2016

 

 

Ambiente - La Regione pronta a convocare il tavolo sui giardini inquinati
Conto alla rovescia sui giardini inquinati di Trieste.

Sara Vito, assessore regionale all’Ambiente, rispondendo al deputato Ariis Prodani che chiedeva lumi sul Giardino Pubblico e su piazzale Rosmini, annuncia infatti che «entro il mese verrà convocato il tavolo dedicato all’inquinamento diffuso che, come noto, è stato preceduto dalla concessione di un contributo regionale di 350 mila euro al Comune di Trieste per affrontare il problema». Vito ricorda anche che allo stato attuale si è dinnanzi a una «mera ipotesi di inquinamento diffuso». E aggiunge che, dopo l’approvazione in giunta regionale di un “Protocollo operativo per l’elaborazione dei piani di gestione dell’inquinamento diffuso”, si procede ora con la riunione del tavolo tecnico cui partecipano Regione, Comune, Provincia, Arpa e Azienda sanitaria. «Spetterà poi al Comune presentare alla Regione un piano per la messa in sicurezza dei due giardini pubblici mentre il tavolo - conclude l’assessore - verificherà la ricorrenza di un’ipotesi di inquinamento diffuso e la sua eventuale estensione».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 luglio 2016

 

 

Arvedi rilancia: laminazione a freddo presto al via a Trieste - Impegno confermato: «Fondamentale l’importanza di Servola»
Approvato il bilancio del Gruppo, ok le previsioni per il 2016
TRIESTE Giovanni Arvedi conferma e rilancia l’impegno su Trieste. Commentando i risultati del bilancio 2015 approvati dall’assemblea di Finarvedi, l’industriale siderurgico cremonese ha dichiarato: «Di fondamentale importanza sarà poi Trieste dove siamo in fase di completamento del Piano industriale e presto faremo partire il nuovo impianto di laminazione a freddo, che verticalizzerà la produzione dell’acciaieria di Cremona». «Produrremo - ha detto ancora Arvedi - acciai speciali, ad alto valore aggiunto, che contribuiranno ulteriormente le nostre performance». La realizzazione dell’area “a caldo”, per quanto non esplicitamente citata, è considerata implicita nella strategia degli investimenti elaborata dal gruppo. Non ci sono inoltre riferimenti all’interesse per Ilva, per la quale Arvedi “corre” insieme a Cdp e Del Vecchio contro il duo Arcelor-Marcegaglia, in quanto ogni considerazione sull’operazione è ritenuta prematura. Giusto ieri il commissario del l’Ilva, Piero Gnudi, ha chiarito che sarà difficile chiudere la vendita entro ottobre, «l’obiettivo potrebbe essere quello dei primi mesi del 2017». La duplice criticità economica e ambientale allunga inevitabilmente la soluzione del caso-Taranto. Tornando alle cifre del 2015, il bilancio del gruppo Arvedi viene valutato favorevolmente in considerazione di un mercato nazionale sempre debole e del dumping praticato dagli acciaieri cinesi ed extra-Ue. I ricavi ammontano a 2077 milioni di euro, in lievissima flessione rispetto ai 2090 milioni del 2014. Migliora invece il margine operativo lordo da 203 a 222 milioni, con un’incidenza sul fatturato pari al 10,7%. Scende l’utile da 15,9 a 11,8 milioni, avendo eseguito ammortamenti per 93 milioni. La produzione è salita del 22% a 4 milioni di tonnellate, oltre la metà delle vendite è destinata oltre i confini nazionali. In sensibile crescita l’indebitamento da 628,4 a 745,8 milioni. Crescita che la nota del gruppo spiega adducendo tre ragioni: la ricostituzione del circolante a causa del fermo produttivo provocato da un incendio; gli investimenti realizzati per completare il piano industriale; l’avvio di Siderurgica Triestina, società gerente la Ferriera di Servola. Sempre a proposito di investimenti, il dato complessivo di gruppo supera i 150 milioni. A supportare questo impegno, è intervenuto un finanziamento bancario a medio termine di 240 milioni. Lo stesso Arvedi precisa che, una volta terminata la fase degli investimenti, l’azienda si concentrerà sulla riduzione dell’indebitamento, destinando fin dal 2017 i flussi “freschi” di cassa all’alleggerimento della leva finanziaria. Le previsioni riguardanti il 2016, riportate nel comunicato, accreditano un tendenziale ottimismo sull’andamento gestionale, che vedrebbe il margine rafforzarsi a 244 milioni, con un’incidenza dell’11,6%, mentre l’utile netto addirittura triplicherà a oltre 33 milioni.

Massimo Greco

 

 

Dalle lavatrici ai mobili: guerra ai rifiuti di strada

Sono piu' di duemila al mese le segnalazioni di ingombranti abbandonati. AcegasApsAgma si prepara a lanciare una nuova offensiva contro l'incivilta'.

Una vera e propria battaglia contro la piaga dei rifiuti ingombranti abbandonati sul territorio. AcegasApsAmga è pronta a lanciare una nuova offensiva per fronteggiare i gesti di inciviltà e il conseguente degrado che va a colpire indistintamente numerose zona della città, dal centro alla periferia. Una battaglia combattuta con il potenziamento dei servizi di raccolta, ma anche con una nuova campagna di sensibilizzazione rivolta alla cittadinanza. Le cifre I numeri degli ingombranti abbandonati parlano di una media di segnalazioni che vanno dalle 2000 alle 2500 ogni mese. All’incirca 70-80 al giorno. Nella maggioranza dei casi si tratta di autosegnalazioni, nel senso che gli addetti AcegasApsAmga individuano il problema prima degli stessi cittadini. A questo vanno aggiunte altre 400 segnalazioni ogni mese riguardanti i sacchi neri della spazzatura lasciati fuori dai cassonetti. La classifica Nella speciale classifica degli ingombranti abbandonati a primeggiare ci sono gli elettrodomestici, con in testa lavatrici e televisori, seguiti dai mobili, mentre sul terzo gradino del podio si accomodano i cartoni. Più distanziati i materassi, seguiti a ruota da sanitari e serramenti. La mappa La mappa del degrado non risparmia nessuna zona della città. Prendendo in considerazione il periodo che va dal primo gennaio a oggi, il maggior numero di segnalazioni di rifiuti ingombranti abbandonati arriva dalla parte alta di Strada per Longera che raggiunge quota 174. Alle sue spalle si piazza il rione di San Giacomo che registra 144 segnalazioni. A seguire ci sono via Molino a Vento e via Gambini con 129. “Buona” classifica anche per via del Bosco (74), via Ponziana (67), via Raffineria (64) e via della Pietà (50). I costi La piaga dei rifiuti ingombranti abbandonati comporta una serie di costi per AcegasApsAmga quantificabili in 500mila euro all’anno peraltro sottolineati attraverso un adesivo esposto sugli stessi rifiuti prima del loro recupero. «Si tratta di costi che vanno a ripercuotersi sull’intera collettività - spiega Paolo Dal Maso, direttore servizi ambientali AcegasApsAmga -. E si riferiscono alle due squadre di addetti che si occupano ogni giorno di questo servizio specifico. La maggior parte della popolazione si comporta in modo corretto, ma noi dobbiamo concentrarci su quella minoranza di cittadini che evidentemente non è dotata di senso civico e lavorare per isolare e ridurre sempre di più questa sacca di degrado». I servizi Sono quattro i centri di raccolta di rifiuti ingombranti sparsi sul territorio: Campo Marzio, Opicina, Roiano e San Giacomo, tutti aperti con orario continuato dal lunedì al sabato (quello di San Giacomo anche la domenica mattina), che contano su circa 100 mila accessi complessivi ogni anno (una media di 8mila al mese). A questi si aggiunge il servizio di raccolta a domicilio gratuito e su prenotazione contattando il numero verde 800-955-988. (600 le richieste ogni mese). Infine l’iniziativa itinerante dei sabati ecologici che si sviluppa in tre tranche annuali (primavera, estate e autunno) e che vede al momento un incremento nella raccolta superiore del 70%. La campagna Pronta a partire infine anche una corposa campagna pubblicitaria di sensibilizzazione sul fenomeno dell’abbandono dei rifiuti ingombranti. Una campagna costruita attraverso focus group mirati, con il coinvolgimento e i suggerimenti degli stessi cittadini, che saranno protagonisti dell'iniziativa.

Pierpaolo Pitich

 

Ogni mese cento richieste di “trasloco” dei cassonetti - il caso
Quella dell’abbandono degli ingombranti non è l’unica criticità sul fronte dei rifiuti. Ormai due anni fa, nell’estate del 2014, è partita quella che è stata definita la “rivoluzione dei cassonetti”. Vale a dire la diversa redistribuzione delle isole ecologiche, che sono state posizionate e raggruppate in modo diverso, per far posto agli oltre tremila nuovi contenitori dell’umido.

Una rivoluzione che ha comportato proteste e segnalazioni da parte dei cittadini, soprattutto quelli più anziani, costretti ad allungare il percorso per conferire i rispettivi rifiuti. Ogni mese continuano infatti ad arrivare ad AcegasApsAmga quasi un centinaio di richieste che chiedono lo spostamento di alcuni cassonetti. «Come tutte le novità, anche in questo caso ci sono stati dei sacrifici per i cittadini, ma anche dei risultati importanti - chiarisce Paolo Dal Maso, direttore Ambiente AcegasApsAmga -. L’obiettivo era quello di completare e rendere omogenee le varie isole ecologiche. Con questa operazione la percentuale di raccolta differenziata è salita intorno al 40% ma sono aumentate anche le altre singole frazioni di rifiuti». Accade però che ci si imbatta anche in vere e proprie situazioni limite. È il caso di un negozio di fotografia e grafica situato all’inizio di via Pietà, il cui ingresso si presenta letteralmente circondato da una serie di cassonetti dell’immondizia, oltre che da rifiuti ingombranti abbandonati. Insomma, oltre al danno, la beffa. «È un problema che accade anche altrove. Nel caso specifico - rileva Dal Maso - i cassonetti prima erano posizionati sotto le finestre di una abitazione, poi sono stati spostati davanti ad un foro vuoto che poi è stato aperto e nuovamente davanti ad un altro foro chiuso che a sua volta ha aperto i battenti. In sostanza, noi cerchiamo di mediare sul fronte delle diverse esigenze, ascoltando i suggerimenti di cittadini e circoscrizioni. È chiaro però che anche noi dobbiamo rispettare equilibri delicati, oltre che dover sottostare a dei vincoli precisi».

(p.pit.).

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 luglio 2016

 

 

Un super tonno pescato nel golfo - Pesa 130 chili ed è stato catturato dopo quaranta minuti di “combattimento”
Non è certo come beccare qualche oradela o un calamaro che si è perduto. Perchè quando all’amo ti abbocca un tonno da 130 chilogrammi è tutto un altro paio di maniche. È roba da professionisti o quasi, perchè un pesce del genere non lo prendi di certo con la togna.

Lo conferma Vittorio Ramella, capitano della “AL Custom Malefica”, uscita ieri per una battuta di pesca in drifting al tonno nel golfo. «Pescare in drifting - racconta - significa in pratica rimanere fermi all’ancora e pasturare con le sardelle, aspettando che il tonno venga a mangiare sotto la barca. Siamo stati anche fortunati, perchè è arrivato verso le 15 e si è attaccato subito». L’impresa non è stata facile, nonostante la presenza a bordo di veri esperti della materia, come Luigi Fillini, oltrechè di Marco Dodich e Oliviero Petz. «Le cosiddette quote - racconta ancora Ramella - erano ancora aperte, e dunque si poteva pescarlo. Del resto è intervenuta anche la Capitaneria e ha confermato la regolarità della pesca». Tecnicamente parlando, racconta ancora il team, il pesce è stato tirato su con una canna da pesca di 50 libbre e dopo 40 minuti di “combattimento”, per fiaccare la resistenza del tonno. La pesca è avvenuta nel mezzo del golfo, all’altezza della Paloma, una boa di rilevamento posizionata cinque miglia al largo di Miramare. «Le catture di tonni qui da noi sono tutt’altro che rare - aggiunge Ramella - ma di solito sono più piccoli, quindi stavolta la soddisfazione è stata doppia» . Non sono lontanissimi, in effetti, i tempi in cui il nostro golfo pullulava letteralmente di questi pesci (la tonnara di Santa Croce è stata chiusa nel 1938) ma adesso, pur presenti, necessitano di pescatori più che esperti per essere catturati. E tavolta non basta neanche quello. «Proprio l’altro ieri - sottolinea ancora Ramella - c’era stata una gara di pesca al tonno ma gli equipaggi non erano riusciti a catturarne neanche uno!». Adesso, debitamente tagliata in tranci, la pregiata carne rossa farà la gioia dei quattro amici e dei loro conoscenti.

(f.b.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 luglio 2016

 

 

Pronti 15 milioni da Roma per le bonifiche

Entro il mese verrà varato l’accordo di programma tra la Regione e Invitalia: via libera al Piano di riconversione e ai bandi
Un pacchetto da 26 milioni Sull’area ex Ezit si concentreranno ingenti risorse pubbliche: agli aiuti via Stato si aggiungono i 10,7 milioni gestiti dalla Camera di commercio
 Si tratta di una interessante posta da 15 milioni di euro. Posta che comunque necessita, per essere attivata mediante appositi bandi di gara, di un preventivo accordo di programma tra Invitalia, agenzia del ministero dello Sviluppo Economico, e la Regione Fvg. Per la fine di luglio la Giunta regionale conta di approvare la delibera che finalmente autorizzerà la firma dell’intesa istituzionale centro-periferia. Parliamo di fondi destinati a finanziare iniziative di carattere ambientale (vedi bonifiche) nell’ambito della cosiddetta “riconversione e riqualificazione industriale (Prri) dell’area di crisi complessa di Trieste”, codificata nell’accordo di programma sottoscritto a Roma il 30 gennaio 2014 e inserita nell’art. 33 della legge regionale “Rilancimpresa” del febbraio 2015. Si tratta di una ricca doppia all’asso, sulla quale la Regione Fvg ha già puntato 10,7 milioni, gestiti dalla Camera di commercio. Ma per completare l’operazione di rilancio delle aree ex Ezit mancano i 15 milioni romani. Invitalia ha già trasmesso la documentazione (compreso il materiale pubblicitario), la Regione la sta verificando in vista di un secondo accordo di programma, che completerà e integrerà quello dell’inverno 2014. Alla bozza spedita da Roma è allegato il Prri - ovvero il Piano di riconversione e riqualificazione dell’area complessa triestina - , che è stato elaborato da Invitalia con il supporto degli uffici regionali e che è già stato “timbrato” dal gruppo di coordinamento-controllo lo scorso 17 giugno. Insomma, prima che l’estate 2016 svanisca, la struttura finanziaria per riqualificare e riconvertire la superficie Ezit avrà a disposizione l’intero pacchetto ammontante a circa 26 milioni (15 Invitalia + 10,7 Regione). Alcuni mesi fa si parlava della possibilità di uno sportello unico Invitalia-Regione, per agevolare il percorso amministrativo degli imprenditori intenzionati a investire nell’area ex Ezit. Si diceva dei 10,7 milioni regionali, che nell’autunno scorso la giunta Serracchiani aveva deciso di “girare” all’ente camerale triestino, stante l’impossibilità operativa del liquidando Ezit. Nella regìa dell’operazione Regione e Invitalia si sono divise il compito: la prima si occupa delle iniziative industriali, la seconda di quelle ambientali. La parte di competenza regionale è a buon punto: come già reso noto, sono arrivate agli sportelli camerali ben 97 domande di contributo. Interessanti i dettagli per capire chi e perchè gareggia allo scopo di ottenere l’aiuto pubblico. Sulle 97 richieste presentate al 15 giugno, per una spesa prevista di quasi 60 milioni (sei volte maggiore dello stanziamento), i progetti di “ricerca&sviluppo” e quelli di innovazione sono 76, per un totale di 49,5 milioni, contro i 21 progetti sotto la voce “riconversione”, per i quali sono stati chiesti 10,5 milioni. In gran parte si tratta di piccole imprese domiciliate a Trieste. Le domande “r&s” e innovazione, a loro volta, si articolano in 50 richieste “ricerca&sviluppo”, 11 ricerca, 12 sviluppo, 3 innovazione. In questo caso il contributo erogabile, a seconda della tipologia progettuale e della dimensione aziendale, varierà in una forbice molto ampia tra il 15 e l’80%. Le proposte relative a operazioni di riconversione saranno invece finanziabili in una misura variabile tra il 10 e il 40%, anche in questo caso tenendo presente tipologia progettuale e dimensioni dell’impresa. La “corsa” all’aiuto pubblico potrebbe stimolare la Regione ad aprire i cordoni della borsa per consentire un più ampio soddisfacimento della platea di richiedenti.

Massimo Greco

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 16 luglio 2016

 

 

FERRIERA - «Nomina a Servola Arvedi preoccupato»

«La nomina alla guida dell’impianto siderurgico di Servola di un esperto dirigente dell’Ilva di Taranto spiega quanta sia la preoccupazione di Arvedi nella corsa, in lizza con Marcegaglia, per acquisire le acciaierie tarantine» lo afferma la deputata di Si Serena Pellegrino.

E aggiunge: «Alla luce del decreto Ilva è evidente la gravità della situazione della produzione dell’acciaio: ci ritroviamo in fatti che la più grossa impresa siderurgica italiana per potersi mantenere in vita deve garantire ai prossimi proprietari l’immunità sui temi ambientali».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 luglio 2016

 

La “vetrofania” di Casa Bartoli - Ciò che non va
Un movimento politico deturpa con un’enorme insegna casa Bartoli in piazza della Borsa, edificio progettato da Max Fabiani. Nel giugno 2014 scrivemmo alla Soprintendenza e all’assessore all’Urbanistica del Comune nell’ipotesi che ciò fosse in contrasto con l’art. 49 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e con l’art. 64 del Regolamento edilizio comunale. La Soprintendenza non rispose. L’assessore Marchigiani rispose che tale insegna rientrava nel novero delle vetrofanie non sottoposte al regolamento. A nulla valse poi il parere dell’avv. Perna, presidente di Italia Nostra, che come noi riteneva non rientrare tale scritta fra le vetrofanie. A seguito di tale parere l’assessore rispose ritenendo necessario rivedere l’art. 64. Ciò da allora non è avvenuto. Chi sa se il sindaco Dipiazza o il nuovo soprintendente riusciranno ad eliminare tale sconcio? Attendiamo con fiducia.

arch. Roberto Barocchi presidente di Triestebella

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 luglio 2016

 

 

Il circo sbarca a Muggia, animalisti in rivolta - Sit-in, volantinaggi e striscioni di protesta da domani sera contro i «soprusi» su leoni e alligatori
MUGGIA - Leoni berberi, alligatori e altri rettili, cavalli e altri animali esotici. È per la presenza di questa ricca fauna all’interno del circo internazionale Miranda Orfei che da domani alcune sigle animaliste protesteranno pacificamente davanti all’ingresso del tendone collocato nel piazzale ex Alto Adriatico. A dare l’annuncio del sit-in Cristian Bacci, presidente dell’Associazione vegetariani e vegani Muja: «Muggia ospita una scuola che forma acrobati, giocolieri e contorsionisti. È questo il circo che vogliamo vedere, pieno di gioco, sport e divertimento, non la sofferenza di creature recluse in ambienti che non tengono minimamente conto delle necessità etologiche degli animali». Bacci non ha dubbi: «Chi acquista il biglietto di un simile circo, anche se talvolta inconsapevolmente, contribuisce a finanziare un mondo di soprusi sugli animali». Sulla stessa lunghezza d’onda il pensiero di Patrizia Coga Asefrid, presidente dell’Associazione culturale Naica: «Saremo presenti al sit-in per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che quegli animale sono in prigione. Un circo senza animali è un bel momento di spettacolo per tutti. I circhi che sfruttano gli animali non ci piacciono e non vanno incentivati». La protesta, a cui aderisce anche la Lega antivivisezione di Trieste, si attuerà un’ora prima dello spettacolo serale in programma ogni giorno alle 21 da domani sino a domenica 24 luglio. Nello specifico sarà attivo un volantinaggio oltre all’esposizione di striscioni. Ma cosa ne pensa il Comune di Muggia della presenza del circo con animali? «Personalmente non ci andrò perché sono contraria all’utilizzo di animali all’interno di spettacoli come il circo», racconta senza troppe misure il sindaco Laura Marzi. Ma perché allora il Comune dà la disponibilità del suo pubblico per poter ospitare tali spettacoli? Marzi replica allargando le braccia: «Può sembrare assurdo ma i comuni, di fatto, non hanno diritto di poter esprimere la propria preferenza su tali argomenti. I circhi sono tutelati da un legge nazionale». È la Legge 337 del 18 marzo 1968. A cui dà ancora maggiore forza la Legge 163 del 1985, che attribuisce al circo una quota percentuale fissa del Fondo unico per lo spettacolo. In pratica la Legge del 1968 sostiene «il valore educativo, culturale e sociale del circo», presupposto grazie al quale la legge del 1985 permette a questi enti di ottenere finanziamenti pubblici statali. In base al programma proposto dal sito internet di Miranda Orfei, il circo internazionale proporrà, accanto a clown e acrobati, anche alcuni numeri con la presenza di animali tra cui «i leoni berberi presentati nella grande gabbia da una domatrice» e «rettili da cinque continenti». "La nostra sarà una protesta civile ma ferma - concludono all’unisono Bacci e Coga Asefrid - perché i genitori devono capire che portando i propri bimbi a questi spettacoli lo sfruttamento degli animali non terminerà mai».

Riccardo Tosques

 

 

Vodice, l’orso banchetta a pochi metri dalle case - Si è sfamato in pieno giorno con una delle pecore di un allevatore.
Spariti anche quattro agnellini. In Cicciaria stimata la presenza di oltre 10 esemplari
PINGUENTE Si è spinto fino a giungere a una cinquantina di metri soltanto dalle case, in pieno giorno, e lì si è sfamato con una delle pecore di un allevatore. Si tratta di un orso che ha agito a Vodice, piccola località nel comune di Lanischie a pochi chilometri dal confine con la Slovenia. Lo stesso animale che pochi giorni prima era stato notato nelle vicinanze da un cacciatore. A raccontare l’episodio è stato il proprietario della pecora in questione, Milan Ribari„, 75 anni. I residenti della piccola frazione di Vodice sono solo una dozzina, ai quali d’estate se ne aggiungono altrettanti: persone che tornano nel luogo d’origine per trascorrere un periodo di vacanza. «Di notte metto il gregge nell'ovile, mentre di giorno lo lascio in libertà a pascolare» ha raccontato Milan Ribaric al Glas Istre: «Ebbene all'ombra di un albero, a soli 50 metri dalle case - ha precisato - ho trovato i resti di una pecora sbranata». Ma all’appello mancano anche quattro agnellini. E mentre Ribaric si dice sconsolato - un attacco dei lupi tre anni gli aveva decimato il gregge - che la pecora sbranata sia opera dell'orso lo ha confermato il guardacaccia della società venatoria “Ci›arija” Renato Sverko, che ha effettuato il sopralluogo e steso il verbale. Secondo varie stime, sul territorio della Cicciaria vivrebbero da 10 a 15 orsi che si spostano in continuazione percorrendo anche grandi distanze, alla ricerca del cibo. Si tratta di animali rigorosamente tutelati dalla legge, ma alla società “Cicarija” viene concesso di abbatterne uno all'anno per limitare il proliferare della specie. «L'anno scorso non abbiamo sfruttato la quota - racconta il presidente della società Ivan Vratovic - mentre per il 2016 non ci è stata ancora assegnata in quanto il contratto sul prolungamento della concessione di caccia l'abbiamo firmato soltanto un mese fa». Pecora a parte, non si registrano grossi danni dovuti agli orsi in questa zona. E molto rari sono anche gli incontri ravvicinati tra persone e animali. L'ultimo risale al 2010, quando un cacciatore mentre saliva sul pendio del Monte Maggiore venne a trovarsi d'improvviso dinanzi a una caverna nella quale c'era un'orsa con i suoi cucciolotti. Nel tentativo di difenderli da quella che considerava una minaccia si era lanciata sul cacciatore che all'ultimo momento era riuscito a scansarsi mentre l’animale era scivolato dal pendio.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 luglio 2016

 

 

Veglia, arriva la “taglia” sugli sciacalli da abbattere - Società venatorie in pista, stanziati 670 euro per ogni esemplare ucciso
Fra i due e i cinque gli ovini attaccati al giorno, il sindaco lancia l’allarme
VEGLIA È di nuovo emergenza sciacalli a Veglia. Apparsi sull’isola quarnerina un anno fa, questi canidi si sono ambientati molto bene, soprattutto nell’are adi Bescanuova (Baska) e finora hanno fatto gravemente circa 500 fra pecore e agnelli. A detta degli esperti, gli animali hanno raggiunto Veglia lo scorso autunno a nuoto dopo essersi lanciati in acqua dai dintorni di Crikvenica e Novi Vinodolski. In queste ultime zone gli sciacalli si sono insediati già da alcuni anni, causando non pochi danni per la voracità che li porta ad attaccare e sbranare in primo luogo gli animali domestici. La loro presenza è stata segnalata in diverse isole, a Puntadura, Pago, Arbe, Giuppana, Curzola e anche sulla penisola di Sabbioncello, in Dalmazia. Quanto a Veglia, in principio gli allevatori di ovini - dopo anni di lotta contro orsi e cinghiali - non vi avevano prestato molta attenzione. Lo scorso marzo poi, dopo l’abbattimento di alcuni esemplari, sembrava che la loro presenza fosse stata debellata. Invece, cessato con l’azione dei cacciatori locali l’allarme di orsi e cinghiali, gli sciacalli sono tornati a dare problemi. Tanto che le autorità comunali ora hanno deciso di correre ai ripari, e già varie riunioni sono state promosse con gli allevatori che lamentano danni alle greggi e le doppiette isolane. Quotidianamente infatti arrivano notizie di pecore e agnelli presi di mira: in media da due a cinque ovini al giorno finiscono nelle fauci degli sciacalli. «Chi si occupa di ovini sta attraversando un brutto momento - ha dichiarato il sindaco di Bescanuova, Toni Jurani„ - non parliamo di allevatori ridotti alla fame, però sono sempre più numerosi quelli che si chiedono se abbia senso continuare con questa attività, presente da secoli a Veglia e radicata nella storia e nelle abitudini locali. Purtroppo gli sciacalli non fanno solo stragi di ovini, ma attaccano anche la selvaggina, decimandola». Juranic ha annunciato che nei prossimi giorni si metteranno in moto i cacciatori delle società venatorie Orebica di Veglia città e Kamenjarka di Bescanuova, promuovendo battute che si terranno in modo coordinato, 24 ore su 24. «Le autonomie locali dell'isola hanno voluto stimolare finanziariamente le due società venatorie - ha specificato ancora il sindaco - stanziando 5mila kune (circa 670 euro) per ogni animale abbattuto».

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 luglio 2016

 

 

ALLA CAMERA - Dipiazza a Roma conferma «Via la Ferriera dal centro città»
«Relativamente alla Ferriera di Servola questa amministrazione comunale ritiene che uno stabilimento così impattante per la salute dei cittadini non può restare al centro della città».

Così Roberto Dipiazza nel suo intervento di ieri a Roma nel corso dei lavori della Commissione d’inchiesta della Camera presieduta dall’onorevole Alessandro Bratti, per un approfondimento sulla situazione della Ferriera di Servola e sul Sito d’interesse nazionale di Trieste. «Stiamo avviando una serie di azioni - ha aggiunto il sindaco - per poter valutare direttamente sia l’opportunità della nuova Aia concessa, che relativamente ai controlli sulle emissioni appare ad una prima analisi meno restrittiva della precedente, sia che le prescrizioni indicate nel documento si stiano rispettando da parte della proprietà. Ad oggi stiamo ancora attendendo da parte della Regione Friuli Venezia Giulia una riposta formale alla nostra richiesta formale di partecipare, come Comune, al tavolo sul piano di risanamento acustico che dovrebbe essere presentato a fine mese. L’inquinamento acustico attualmente non è tollerabile e necessita di soluzioni in tempi brevi. Sempre come Comune inoltreremo la richiesta di conoscere la tabella di marcia relativa alla capacità produttiva almeno degli ultimi sei mesi. Tale dato è importante se messo in relazione alle emissioni dello stabilimento per determinare se ci sono stati miglioramenti della qualità dell’aria». «Per quanto riguarda il Sito d’interesse nazionale - ha chiuso Dipiazza - l’Accordo di programma vigente porta la data del 25 maggio 2012 e prevede che la Regione Fvg dia avvio all’attività di caratterizzazione generale del Sito attraverso una gara europea, sottoscrivendo apposite convenzioni con i soggetti attuatori degli interventi. Alla data odierna per il Sin di Trieste, il ministero dell’Ambiente ha comunicato che le risorse totali stanziate risultano pari a 58.618.663,41 euro di cui 15.016.644,71 stanziati da parte dello stesso ministero».

 

 

Italia sempre più calda, il 2015 anno record - Rapporto Ispra: la temperatura media segna +1.58 gradi, meno pioggia e aumento delle notti tropicali
ROMA - Il 2015 è stato l’anno più caldo dal 1880. Lo dice l’undicesimo rapporto della serie “Gli indicatori del clima in Italia”, ricerca realizzata dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. La temperatura è cresciuta anche di 1.23°C, l’aumento più alto rispetto al periodo di riferimento 1961-1990.

Anche in Italia, nel 2015, la temperatura media è stata la più alta rispetto al periodo di riferimento 1961-90: è stato registrato un aumento medio di 1.58°C con il picco più alto in estate (+2.53°C). Ma gli studi hanno messo in evidenza che, considerando l’ultimo mezzo secolo, all’inizio degli anni ’80 è iniziato il periodo di riscaldamento più elevato. L’aumento di temperatura annuale ha colpito prevalentemente il Nord (+2.07°C), seguito dal Centro (+1.70°C) dal Sud e Isole (+1.28°C). Tutti i mesi del 2015 sono stati più caldi della norma, ad eccezione di settembre al Nord e febbraio al Sud e sulle Isole; al Centro le anomalie sono state positive in tutti i mesi del 2015. Ovunque il mese più caldo rispetto alla norma è stato luglio, con un’anomalia media di +4.31°C al Nord, +4.27°C al Centro e +2.88°C al Sud e sulle Isole. Il mese meno caldo rispetto alla norma è stato settembre al Nord (-0.11°C), febbraio al Centro (+0.36°C) e al Sud e sulle Isole (-0.55°C). Il 2015 ha fatto registrare il record della temperatura media annuale della superficie dei mari italiani. Con un aumento di 1.28°C il 2015 si colloca infatti al primo posto dell’intera serie dal 1961, superando i precedenti record del 2014 e del 2012. Ma ci sono anche altri indicatori come ad esempio il numero medio di notti tropicali, cioè quelle con una temperatura minima maggiore di 20°C: nel 2015 hanno raggiunto il secondo valore più alto del periodo 1961-1990 (il valore più alto è stato raggiunto nel 2003) con 26 notti in più rispetto alla norma. Le precipitazioni cumulate del 2015 in Italia sono state complessivamente inferiori alla media climatologica del 13% circa. Al Nord e al Centro il 2015 è stato meno piovoso rispetto alla norma (rispettivamente -21% e -17%), mentre i valori del Sud e delle Isole sono vicini alla media nazionale. Dal punto di vista climatico, il 2015 si è piazzato al terzo posto nella classifica degli anni più secchi a partire dal 1961. Al Nord e al Centro le precipitazioni sono state inferiori alla norma soprattutto nei mesi di luglio, novembre e dicembre. Nel mese di dicembre, in particolare, è stata registrata una quasi totale assenza di precipitazioni praticamente su tutto il territorio nazionale. Al Sud e sulle Isole il clima è stato più piovoso della norma da gennaio a marzo, a giugno e da agosto ad ottobre.

Jacopo Salvadori

 

Clima e surriscaldamento globale - come tentare d'evitare la catastrofe

Il 2015 in Italia si conferma l’anno più caldo di sempre. Sono calate le precipitazioni nelle regioni del Nord e del Centro e si sono registrate gravi situazioni di siccità in particolare nell’Italia settentrionale.

Sono passati pochi mesi da Cop21, la firma a Parigi dell’accordo mondiale sul clima siglato da quasi tutti i paesi del mondo, e i cambiamenti climatici e tutto ciò che ne consegue restano un tema al centro del dibattito pubblico, e ancora di più quando un’estate come quella che stiamo vivendo, inverosimilmente calda sin dai suoi primi giorni, arriva a seguito di una primavera piovosa e con temperature quasi autunnali. Un contributo al dibattito sul clima arriva con tutta la sua autorevolezza da Ispra, l’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale del Ministero dell’Ambiente, che ha pubblicato il rapporto “Gli indicatori del clima in Italia nel 2015”, fotografia analitica e frutto di approfondimenti scientifici delle dinamiche climatiche nel nostro Paese. I dati che ne emergono sono interessanti e allarmanti, e testimoniano ancora una volta di quanto siano fondate le preoccupazioni che hanno portato quasi tutti i Paesi del Mondo ad approvare l’accordo di Parigi, che punta a contenere nei prossimi anni l’aumento medio della temperatura del pianeta fra 1,5 e 2 gradi centigradi, in modo da prevenire e contenere effetti catastrofici delle modifiche climatiche sulla natura, gli ecosistemi e le economie della Terra. In Italia si registra nel 2015 un ulteriore incremento della temperatura media rispetto al 2014. Un trend di aumento che ne fa l’anno più caldo in Italia dal 1880 ad oggi. Sulla terraferma la temperatura media è aumentata di 1,23 gradi dal 1961 a oggi, e dal 1986 si sono sempre e solo registrati aumenti di temperatura rispetto all’anno precedente. Gli anni dal 2000 a oggi sono stati in assoluto i più caldi in Italia da quando si effettuano misurazioni. Un dato chiaro e incontrovertibile, che segnala quanto sia difficile e problematico contenere l’aumento da qui al 2030, entro la soglia di 1,5 gradi rispetto al 1990. Anche la temperatura dei mari cresce, di conseguenza, inesorabilmente: il 2015 è stato l’anno con la temperatura media massima mai registrata dal 1961. I fenomeni piovosi stanno anch’essi cambiando in modo inesorabile. Nel complesso - a livello globale - le piogge si riducono (13% in meno nel 2015 rispetto alla media degli ultimi anni), generando siccità, ma al tempo stesso aumentano i fenomeni di picco di intensità della pioggia, con eventi di precipitazioni molto intense e concentrate in poche ore, e che spesso hanno determinato effetti distruttivi e catastrofici nelle località interessate, con morti, feriti e danni economici ingenti. È evidente che occorre una reazione forte di politica nazionale e internazionale, per rallentare il fenomeno e controllarlo, evitando così di esporre il nostro Paese a rischi seri di stabilità nel breve e medio periodo. Serve ridurre le emissioni di gas serra e aumentare la capacità di assorbimento dell’anidride carbonica da parte della biomassa. Per fare questo occorre incentivare ed aumentare le politiche di efficienza energetica e di uso di fondi rinnovabili, ben oltre gli ottimi risultati ottenuti in questi ultimi anni. Bisogna fare di più, superando anche qualche sensibilità che non possiamo più permetterci in termini di accettazione sociale o di vincoli ambientali di opere quali impianti fotovoltaici ed eolici oppure centrali geotermiche. Tuttavia, dobbiamo imparare a convivere con gli effetti dei cambiamenti climatici, aumentando la resilienza dei territori e delle città. Si tratta di una sfida enorme, fatta di politiche pubbliche, infrastrutture e sistemi di partecipazione dei cittadini, che riguarda la gestione delle acque ma anche le politiche urbanistiche, di mobilità e della gestione del territorio. Sono questi i due livelli delle politiche pubbliche che devono procedere affiancati per essere efficaci, ma per i quali serve una strategia globale unica che per adesso non appare chiara nel nostro Paese, reduce in questi anni da un’irresponsabile riduzione degli incentivi tariffari alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico. @degirolamoa

ALFREDO DE GIROLAMO

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 luglio 2016

 

 

MUGGIA - In vigore la variante al Piano regolatore

Il Comune di Muggia avvisa che a seguito della pubblicazione sul Bollettino ufficiale regionale del relativo avviso di promulgazione è entrata in vigore la Variante 31 al Piano regolatore dello stesso Comune di Muggia.

Tutti i certificati di destinazione urbanistica rilasciati nell’ultimo anno, successivamente al 30 giugno 2015, perdono efficacia. A breve saranno disponibili nelle sezioni dedicate del sito web del Comune di Muggia gli elaborati aggiornati con le modifiche introdotte dalla Regione in fase di conferma dell’esecutività della delibera di approvazione.

 

 

 

 

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IL PICCOLO - DOMENICA, 10 luglio 2016

 

 

Un fotosafari marino a bordo del Delfino - Biologi e ricercatori sull’imbarcazione che unisce Trieste e Grado per avvistare cetacei e tartarughe
Un viaggio con vista mare. E non solo. Lungo la traversata a bordo del Delfino verde, sulla linea marittima Grado-Trieste dell’Apt di Gorizia, ormai ci si imbatte sempre di più in delfini e tartarughe. Non è un’escursione naturalistica specifica per gli avvistamenti, ma potrebbe diventarlo.

Una volta alla settimana, in linea di massima il mercoledì, saliranno a bordo biologi marini, ricercatori e studenti universitari. Non saranno solo disponibili a fornire informazioni, ma osserveranno il mare e chiederanno “aiuto” ai passeggeri negli avvistamenti di delfini e tartarughe. Portarsi un binocolo, dunque, potrebbe essere l’ideale. La linea di trasporto marittimo Grado-Trieste e viceversa, a disposizione tre volte al giorno, si arricchisce quindi di un nuovo “servizio a bordo”. Le partenze da Trieste sono previste alle 8.15, 12.45 e 16.45 mentre le partenze da Grado 9.45, 14.15 e 16.15 ogni giorno escluso il lunedì. Dunque, grazie alla collaborazione con l’associazione DelTa che si occupa già da tempo di censimenti di cetacei e tartarughe nel golfo di Trieste, ricercatori e studenti universitari saranno imbarcati un giorno a settimana per effettuare il monitoraggio delle specie marine ritenute in pericolo e quindi protette da convenzioni internazionali. I biologi di DelTa saranno equipaggiati di binocolo e macchina fotografica in modo da “catturare” e censire l’eventuale presenza di cetacei e tartarughe lungo la rotta seguita dal Delfino Verde nel suo tragitto ma soprattutto saranno disponibili a fornire informazioni ai passeggeri sul lavoro svolto e sulla presenza e caratteristiche delle specie oggetto di studio. I passeggeri saranno coinvolti direttamente: chi volesse aiutare nelle osservazioni e nella fotoidentificazione sarà ovviamente più che ben accetto. La prima uscita di mercoledì scorso è già stata un successo in quanto sono stati avvistati due delfini durante il percorso da Grado a Trieste e una tartaruga tornando verso Grado. «Una sorpresa - precisa l’Apt - molto gradita dai passeggeriche, incuriositi, hanno chiesto informazioni all’operatore di DelTa che in quel momento era a bordo». In caso di avvistamenti di cetacei e tartarughe marine, va ricordato, è bene fare la segnalazione alla locale Capitaneria di Porto oppure direttamente a DelTa ai numeri telefonici 3208238959 o 3336150121.

Antonio Boemo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 luglio 2016

 

Lo denunciano perché nutre i cinghiali- Stretta dei forestali in via Commerciale:l’uomo è stato sorpreso a dare da mangiare agli animali a pochi metri dalla strada
È stato sorpreso dagli uomini della Forestale mentre dava da mangiare ai cinghiali e si è beccato una denuncia alla Procura.

L’uomo è stato “pizzicato” mercoledì proprio nei pressi di via Commerciale, nella zona dove da alcuni anni sono stati segnalati branchi di cinghiali che vanno ad alimentarsi di pane e frutta lasciati da ignoti vicino a una casa. Il luogo si trova a pochi metri dalla strada, particolarmente frequentata, per cui in passato si sono verificati numerosi incidenti causati proprio dall’attraversamento di cinghiali. Che quello sia un posto a rischio cinghiali è emerso dai controlli dei forestali, che hanno contato fino a 27 cinghiali contemporaneamente presenti sul luogo dove potevano trovare quotidianamente il cibo messo a loro disposizione. Infatti, a seguito dell’aggravarsi della situazione e dell’aumento del rischio di incidenti o di danni anche alle persone, gli stessi uomini del Corpo forestale regionale hanno messo in atto una serie di servizi dedicati e organizzato vari appostamenti specifici, che mercoledì sera hanno permesso l’identificazione dell’autore del “fatto”. «L’aumento della presenza di cinghiali in aree urbane e periurbane è fortemente incentivato dalle offerte di cibo da parte di cittadini - si legge in una nota del Corpo forestale regionale -. I gravi rischi insorti a seguito di questi comportamenti sconsiderati in varie città d’Italia, tra cui anche Trieste, dove si contano alcune decine di siti con presenza di cinghiali in zone urbane, hanno spinto il legislatore a introdurre, una norma che preveda il divieto di foraggiamento dei cinghiali: la pena per chi viola le nuove regole è l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 2.065 euro». In effetti sono numerose, troppe, le segnalazioni di cittadini che si trovano con terreni devastati e recinzioni divelte. Non solo in Carso, ma anche nelle zone periferiche della città. Molti, peraltro, anche gli incontri ravvicinati e gli incidenti. L’ultimo, in ordine di tempo, il caso del 34enne triestino travolto in scooter da due cinghiali che attraversavano la strada in zona Università. Per lui un braccio rotto. Lo scorso anno il fatto più eclatante: l’aggressione a Longera di un settantenne, assalito nel giardino di casa. Per questo motivo il Corpo forestale regionale, assieme alla Provincia, ha messo in atto una campagna d’informazione per spiegare ai cittadini non solo che i cinghiali non hanno bisogno di offerte di cibo, ma soprattutto che questi comportamenti inducono gli animali a frequentare, con più intensità, i centri abitati e a perdere anche la naturale diffidenza verso l’uomo, con un inevitabile aumento dei rischi di incidenti e della conflittualità tra gli uomini e questi “ingombranti” animali selvatici. L’operazione effettuata nei giorni scorsi rappresenta uno dei primi risultati conseguiti dopo il passaggio del personale delle ex vigilanze provinciali al Corpo forestale regionale e dimostra - si legge ancora in una nota - come l’unione delle forze in campo ed una più stretta sinergia nella catena di comando permettano di ottenere risultati concreti nell’interesse dei cittadini e anche dell’ambiente naturale.

Corrado Barbacini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 luglio 2016

 

 

Serracchiani: «Incertezza sulla bonifica dell’area ex Caffaro
TRIESTE - Un invito a intervenire più puntualmente sul tema dell'inquinamento diffuso, in particolar modo nell'area triestina, e la necessità di un'attenzione sull'area ex Caffaro di Torviscosa e sui risultati conseguiti dalla gestione commissariale, sono i temi che la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha sottoposto in audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle Ecomafie.

È stata affrontata la situazione relativa allo stabilimento della Ferriera di Servola che, ha detto Serracchiani, pur con tutti i problemi presenta un percorso di soluzione avviato con l'Accordo di programma, grazie al quale la proprietà ha investito risorse per un sistema di aspirazione che sta già portando un significativo miglioramento sul fronte delle emissioni. Per la parte inerente ai controlli, ha ricordato che la gestione delle centraline per il rilevamento è passata all'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, garantendo così un costante, efficace e oggettivo monitoraggio dell'aria. Serracchiani si è inoltre impegnata a trasmettere alla Commissione il Piano di risanamento acustico. In questo regime di sostanziale vuoto giuridico abbiamo comunque costituito il tavolo tecnico e finanziato i primi interventi con 350 mila euro». Sul fronte dell'area ex Caffaro, inserita nel Sito di interesse nazionale della Laguna di Grado e Marano, la strada appare segnata ancora da una «sostanziale incertezza» nonostante l'intervento dall'Amministrazione regionale per lo smaltimento delle peci benzoiche. Serracchiani ha manifestato la propria preoccupazione, condivisa dalla Commissione, su un quadro in cui, oltre a constatare una mancanza di risorse, non è ancora chiara la strategia del commissario straordinario di Caffaro. «Stiamo parlando - ha concluso - di un polo chimico industrialmente appetibile, che una volta bonificato potrebbe trovare degli acquirenti in grado di rilanciare la produzione e il lavoro».

 

 

«Ciclabile di Campi Elisi messa in sicurezza» L’annuncio di Polli e Lodi apre la polemica
«Al fine di evitare che i ciclisti vengano investiti da qualche auto a causa dello scellerato progetto di pista ciclabile di Campi Elisi messo in cantiere dalla precedente amministrazione, all’inizio di questa settimana abbiamo fatto partire alcuni lavori di messa in sicurezza».

Lo affermano i neoassessori all’Urbanistica Luisa Polli e ai Lavori pubblici Elisa Lodi, «costrette a misure straordinarie per tamponare difetti progettuali: a tal fine abbiamo predisposto deviazioni con cordoli di sicurezza e un attraversamento delle biciclette opportunamente segnalato sia da luci lampeggianti che da apposita segnaletica». Ribatte l’ex assessore Elena Marchigiani: «Nonostante i toni usati dalle due nuove assessore, il progetto di fatto procederà come era stato pensato. Nessun cambiamento quindi, solo il banale completamento del lotto dei lavori già avviati. Doveva andare così già all’origine, come io e l’assessore Dapretto avevamo chiesto espressamente, poi però i lavori sono andati avanti per fasi incomplete».

 

 

Passa la nuova legge sulle cave “ecologiche”
TRIESTE - Ridurre l'impatto delle attività estrattive contemperando esigenze ecologiche e interessi economici. Sono questi gli obiettivi di fondo della nuova legge in materia del centrosinistra, approvata ieri dal consiglio regionale con astensione di Fi, Ar, Ncd e voto contrario di M5s, Lega, Fdi.

Sul versante ambientale, il testo dà priorità allo sghiaiamento dei corsi d'acqua e al riciclo dei materiali inerti ottenuti da demolizioni, che in Italia vengono sfruttati solo al 20% contro i tassi fino al 70% del resto d'Europa. La norma punta infatti a ridurre le autorizzazioni per nuovi escavi di ghiaia in pianura, consentendo inoltre l'utilizzo delle cave abbandonate laddove l'impresa si impegni poi alla loro messa in sicurezza ambientale. L'apertura di nuovi fronti di estrazione resta insomma l'ultima ratio, ma per il M5s non basta: «Serviva una norma più restrittiva e non un delitto ambientale che consente nuove autorizzazioni e ampliamenti». Dal punto di vista economico, la novità più rilevante riguarda la definizione delle tempistiche del procedimento di autorizzazione, che va concluso entro un anno. Per il relatore Vittorino Boem (Pd), «le attività produttive non sapevano quando la procedura terminava, mentre ora ci saranno tempi certi». La legge differenzia inoltre tra materiali poveri e di pregio, come i marmi e la pietra piasentina, che potranno basarsi su una regolamentazione diversa da quella utilizzata per ghiaie e sabbie, «anche in considerazione di una domanda di mercato che può rappresentare un elemento di plus economico per la nostra regione», continua Boem. La norma tocca poi il punto delle attività estrattive esistenti, le cui licenze potranno essere prorogate fino al raggiungimento del quantitativo di materiale autorizzato: l'utilizzo delle cave non sarà dunque più subordinato a limiti temporali ma di quantità. Per l'assessore all'Ambiente, Sara Vito, «la legge è una tappa importante di un lavoro coraggioso di ascolto e partecipazione: una disciplina organica per creare un modello di sviluppo sostenibile». Secondo Giulio Lauri (Sel), si tratta di «un vero passo avanti per il sistema: un percorso di cambiamento profondo che richiede una vera collaborazione con le imprese del settore, cui si chiede maggiore attenzione alla tutela dell'ambiente». Dall'opposizione Roberto Revelant (Ar) sottolinea che «il nostro intervento ha permesso di migliorare la legge, anche se rimane la contrarietà verso lo strumento pianificatorio scelto».

d.d’a.

 

Sull’isola di Cherso riapre il centro che ospita i grifoni
CHERSO - Chiuso da anni, il centro recupero grifoni di Caisole (Beli), nell'isola di Cherso, è nuovamente a disposizione di esperti, visitatori.

La cerimonia di inaugurazione della struttura, sistemata nell'edificio che un tempo ospitava la scuola elementare, si è tenuta alla presenza di abitanti del posto, turisti, del presidente della Regione quarnerino - montana, Zlatko Komadina, del vice ministro croato dell' Ambiente, Irina Zupan e del sindaco di Cherso, Kristijan Jurjako. Grazie all'investimento di 2 milioni e mezzo di kune (335 mila euro), è stata portata a termina la prima fase del progetto, che ha compreso la ristrutturazione del vecchio edificio, ammodernato grazie ai mezzi stanziati da regione, Città di Cherso, istituto pubblico Priroda, Giardino zoologico di Zagabria, associazioni Biom e Tramontana e facoltà zagabrese di Scienze naturali e matematiche. É stata pure costruita una nuova voliera in cui i grifoni, simbolo dell'isola di Cherso, verranno curati perchè feriti e malati e quindi rilasciati in natura. É stato confermato che in diversi punti dell'isola saranno collocate mangiatoie, grazie ai quali gli interessati potranno avere degli stupendi appostamenti per il bird-watching e per fotosafari. In tutto il rifacimento della struttura di Caisole verrà a costare sui 4 milioni e mezzo di kune, circa 605 mila euro. Ricordiamo che Caisole e la sua area, situate nella parte settentrionale dell' isola, sono a ragione considerate il simbolo della biodiversità della Regione quarnerino-montana. Non per nulla l'80 per cento del suo territorio è in regime di tutela attuata dall'istituto pubblico regionale Priroda. Tornando ai grifoni, sono una specie rigorosamente protetta in Croazia e ferirli o ucciderli comporta pene pecuniarie fino a 40 mila kune, circa 5 mila e 370 euro. Per quanto riguarda il Quarnero, vivono e nidificano a Cherso e nelle vicine Veglia e Plavnik.

a.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 luglio 2016

 

 

I ciclisti di Ulisse in pressing sul neosindaco - Sollecitato un confronto a breve su mobilità sostenibile e sicurezza per il popolo delle due ruote
Un confronto con l’amministrazione comunale per mettere a fuoco le future politiche municipali sulla mobilità sostenibile. È l’iniziativa annunciata dall’associazione Fiab Ulisse, già partita con il pressing in tal senso su Roberto Dipiazza e sugli assessori ad Urbanistica e Lavori pubblici, Luisa Polli e Elisa Lodi.

L’obiettivo della Fiab, infatti, è vigilare sugli impegni assunti in campagna elettorale da Dipiazza. «Il candidato di centrodestra - affermano in una nota i vertici dell’associazione - aveva giustamente colto il cambiamento in atto datempo tra i cittadini, tanto da inserire una serie di punti ad hoc nel suo programma elettorale». In particolare, ricorda la Fiab, nella “piattaforma programmatica”, Dipiazza scriveva questo: «Va dato atto che lo sviluppo della mobilità ciclabile, avendo come obiettivo a medio termine un 10% degli spostamenti urbani, può portare numerose ricadute positive alla nostra città: meno smog, meno traffico, più facilità di parcheggio per chi si muove in auto, un economia più forte grazie al rilancio del commercio locale e del turismo e più a misura di persona». Oltre a queste affermazioni di principio Dipiazza ha anche sottoscritto i 10 punti della campagna di FIAB Ulisse "Il #Futuro va in #Bici" impegnandosi a realizzare nei prossimi 5 anni specifici interventi per rendere il muoversi in bici nel capoluogo giuliano più comodo e sicuro. Dipiazza si è impegnato a realizzare nei primi 100 giorni del suo mandato «un programma di sviluppo della mobilità ciclabile e del traffico pedonale attraverso l'utilizzo del 10% delle risorse destinate alla manutenzione stradale», a emanare entro il 2016 un bando pubblico per la «realizzazione del Piano quadro per la mobilità ciclabile» ed entro il 2017 «un piano straordinario per la sicurezza dei percorsi casa-scuola». Rispetto alle infrastrutture c’è l'impegno a realizzare due corsie ciclabili monodirezionali in via Flavia e attraverso il Porto vecchio. In programma anche la realizzazione di una ciclabile che connetta il viale XX Settembre a via Mazzini di cui, va detto, c'è già un progetto negli uffici comunali. Un altro impegno a costo zero è l'apertura al transito delle biciclette le corsie bus sull'asse via Conti-via D'Azeglio-piazza Ospedale-via Tarabocchia. Partendo da queste premesse Fia Ulisse, come detto, chiederà nei prossimi giorni al sindaco Dipiazza e agli Assessori all'Urbanistica Luisa Polli e ai Lavori Pubblici Elisa Lodi di poter avere un confronto per un aggiornamento sui tempi e i modi in cui la nuova giunta intende attivarsi per mettere in campo le azioni annunciate e per proporre un intervento migliorativo per il tanto dibattuto problema del passaggio della ciclabile di Campi Elisi davanti alla rampa della grande viabilità.

 

 

Vito ribatte al Comune sul rumore a Servola «Percorso preciso disciplinato dall’Aia»
«Sull’impatto acustico della Ferriera, come per gli interventi prioritari la cui messa in atto è stata verificata lo scorso 3 maggio a seguito della diffida della Regione, è sempre l'Autorizzazione integrata ambientale a prescrivere all’azienda precise scadenze di mitigazione che garantiscono risposte a cittadini e lavoratori».

Lo ha affermato ieri in Consiglio regionaòe l’assessore all’Ambiente Sara Vito. «Il decreto di Autorizzazione - ha ricordato - prescrive il raggiungimento del rispetto dei termini di legge sui valori di emissione acustica entro fine gennaio 2019, vale a dire entro 36 mesi dal rilascio dell'Aia. Il prossimo step, dettato dalla stessa Aia, è la presentazione entro fine di luglio dello studio di mitigazione acustica, che verrà valutato dalla Regione e dagli altri enti locali che fanno parete della Conferenza dei servizi, a partire dal Comune di Trieste».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 luglio 2016

 

 

Ricorso bis al Tar contro Gas Natural - Iniziativa della Regione per ottenere lo stop al rigassificatore e “neutralizzare” il via libera della Commissione ministeriale
TRIESTE - Ricorso bis della Regione al Tar contro il rigassificatore. Nonostante le rassicurazioni fornite il 10 giugno dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda alla presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e all’ex sindaco Roberto Cosolini: «Non è un’opera strategica e la sua realizzazione esce dall’agenda del Governo», l’amministrazione regionale, dopo quello dell’aprile 2015, ha presentato venerdì un altro ricorso “per motivi aggiunti”, contro la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale - Via Vas, il ministero dell'Ambiente, il ministero per i Beni e le attività culturali, nonché nei confronti della società Gas Natural Rigassificazione Italia spa. Era successo infatti che pochi giorni prima dell’esternazione di Calenda, il ministero dell’Ambiente, acquisito il parere della stessa Commissione Via-Vas, aveva emesso il decreto con cui si ritengono ottemperate da parte di Gas Natural una serie di prescrizioni che erano annesse al Decreto favorevole di compatibilità ambientale emesso il 17 luglio 2009 allorché era ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. «I “motivi aggiunti” che hanno indotto la Regione a ricorrere nuovamente all'organo di giurisdizione amministrativa - si legge in una nota - consistono in un nuovo parere della Commissione tecnica per la Valutazione d'impatto ambientale, di fatto favorevole alla realizzazione del rigassificatore, parere che è stato notificato alla direzione regionale Ambiente dal ministero dell'Ambiente lo scorso 1 giugno. La Regione ritiene illegittime e fondate su presupposti errati le valutazioni della Commissione, che al termine della propria istruttoria ha accertato l'avvenuta ottemperanza alle prescrizioni contenute nella pronuncia di compatibilità ambientale del 2009. In sostanza - viene ulteriormente specificato - la proposizione di motivi aggiunti evidenzia ancora una volta la volontà della Regione di opporsi alla realizzazione del progettato rigassificatore di Zaule», cosicché l'ulteriore ricorso presentato ieri «è da ritenersi un atto dovuto e necessario per fermare l'iter amministrativo del procedimento autorizzativo». Secondo la Regione stessa comunque non esiste alcun pericolo che questo Governo intenda comunque procedere contro l’espressione compatta del territorio. «La decisione di non procedere alla realizzazione dell'impianto è infatti già stata assunta dal Governo - ha ricordato ieri la stessa presidente Serracchiani che aveva appunto ricevuto dal ministro Calenda la conferma che l’impianto di Zaule non è nell’agenda dell’Esecutivo. «Abbiamo sempre nutrito la convinzione - ha spiegato la governatrice - che non ci siano le condizioni per realizzare un rigassificatore nel porto di Trieste sia per ragioni di precauzione, in quanto si tratta di un'attività che comporta rischi potenziali, sia in quanto il movimento di navi gasiere andrebbe a confliggere con le legittime ambizioni di sviluppo dello scalo commerciale, attualmente in pieno rilancio». Prima del pronunciamento ufficiale di Calenda, l’ex assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, dinanzi all’ultima pronuncia della Commissione Via-Vas aveva affermato senza mezzi termini che «non vi è più alcuna possibilità di opposizione tecnica al rigassificatore: può essere fermato solo se viene ritenuto incompatibile con le strategie di sviluppo della città». Il 14 giugno si erano trovati nell’ufficio di Laureni l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito, quello provinciale Vittorio Zollia, il segretario generale dell’Autorità portuale Mario Sommariva, il sindaco di Muggia Laura Marzi e quello di San Dorligo Sandy Klun e le conclusioni tratte erano stato sostanzialmente le seguenti: bene le rassicurazioni del ministro Calenda sul fatto che il rigassificatore di Zaule non s'ha da fare, in quanto non è opera strategica nella pianificazione energetica governativa. Ma, per chiudere e archiviare il dossier, è necessario un passaggio tecnico-amministrativo formale, definitivo. Ed è fondamentale che i due percorsi finora paralleli, battuti dai ministeri dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente, trovino un luogo decisionale all'insegna della convergenza e della chiarezza. La Conferenza dei servizi presso lo Sviluppo economico, che era stata congelata e rinviata l’11 giugno 2015 è la sede adeguata per porre una pietra sepolcrale sopra i 12 anni dell'iter, che ha accompagnato il progetto di Gas Natural.

Silvio Maranzana

 

Dipiazza si schiera con Serracchiani per il no definitivo
Polemico il neoassessore allo Sviluppo economico Bucci «Tocca alla vicesegretaria Pd fermare l’esecutivo amico»
TRIESTE «Tutto l’appoggio alla presidente Debora Serracchiani affinché una volta di più sia chiaro il no compatto di Trieste al rigassificatore», è il commento del sindaco Roberto Dipiazza dopo il nuovo ricorso al Tar contro l’impianto di Zaule. «Siamo tutti concordi nel non volerlo - aggiunge - ma se la Regione si è sentita in dovere di ricorrere nuovamente al Tar, temo che qualche pericolo esista ancora. Sta alla Regione ottenere dal Governo un atto che lo cancelli definitivamente». In termini più crudi si esprime il neoassessore allo Sviluppo economico Maurizio Bucci che fa capire come siano passati i tempi in cui Regione e Comune filavano d’amore e d’accordo anche nella forma, oltre che nella sostanza. «A questo punto è un problema della signora Serracchiani, deve risolverlo da sola», sono le prime parole da assessore di Bucci secondo il quale l’amministrazione comunale di centrodestra non ha alcuna intenzione di accodarsi nella causa al Tar, convocare una riunione o emanare una nota. «La nostra opposizione al rigassificatore di Zaule è chiara e conclamata - ribadisce Bucci - il sindaco Dipiazza l’ha spiegata e rispiegata in campagna elettorale e per ben due volte il Consiglio comunale si è espresso in modo fermamente contrario. Spetta al vicesegretario nazionale del Pd (cioé Serracchiani, ndr.) fermare le intenzioni maldestre del suo governo, spetta al governatore della Regione andare a Roma e ottenere un no che sia realmente definitivo». Oltre ai pericoli ambientali e all’incompatibilità con il traffico portuale già oggi in atto e comunque in crescita rispetto al passato, c’è un motivo in più secondo Bucci che rende assurda la sola ipotesi del rigassificatore. «Finalmente anche la Regione - afferma - ha scoperto il valore dei Punti franchi, cosa che noi del centrodestra predicavamo da anni: con la loro valorizzazione, con la diffusione dei vantaggi che assicurano, nuove aziende potranno insediarsi in provincia di Trieste e il traffico, soprattutto quello marittimo, subirà un’ulteriore crescita rendendo, se mai ce n’era bisogno, ancora più improponibile la coesistenza con l’impianto di rigassificazione e con le navi gasiere». E se il Governo volesse procedere lo stesso? «Non posso credere che un Governo nazionale e un’amministrazione regionali allineati in modo talmente plateale non ascoltino le istanze del territorio e cioé non ascoltino le obiezioni di Serracchiani. Ma se questo dovesse succedere - conclude Bucci - allora sì che entreremmo in azione noi, il Comune e le forze di centrodestra: faremmo le barricate e metteremmo i cavalli di frisia e comunque sia il rigassificatore non passerà». La questione aveva già innescato una battaglia senza esclusione di colpi in campagna elettorale. «Il no del Governo al rigassificatore è una straordinaria vittoria per la nostra città e una sconfitta per Dipiazza, da sempre favorevole al progetto» avevano scritto in una nota il segretario regionale del Pd Antonella Grim e il segretario provinciale “dem” Nerio Nesladek. Immediata la reazione dell’attuale sindaco: «Le delibere che danno il via all'iter del rigassificatore - aveva sostenuto Dipiazza - sono tutte da ricondurre all'amministrazione regionale, con Riccardo Illy presidente e Roberto Cosolini assessore».

(s.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 luglio 2016

 

 

Per la Festa delle Oasi Wwf Miramare svela i suoi segreti - L’INIZIATIVA»DALLE 10
La Festa delle Oasi fa il bis. Domani a Miramare si replica con l’apertura gratuita del centro visite dell’Area marina protetta, ma la consuetudine proseguirà fino a ottobre. Ogni prima domenica del mese, infatti, il centro visite dell’Amp si aprirà gratuitamente al pubblico per delle visite libere. Per celebrare i 50 anni, il WWF ha voluto replicare la Giornata delle Oasi, cioè, l’apertura gratuita delle oltre cento strutture italiane. «Abbiamo deciso di fare un regalo a chi ama la natura e vuole conoscerla e proteggerla per garantire un futuro migliore alle generazioni future» ha commentato la presidente nazionale, Donatella Bianchi. Anche il centro di Miramare aprirà quindi gratuitamente ai visitatori domani e nelle domeniche 7 agosto, 4 settembre e 2 ottobre dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. Per la riserva di Miramare, che nel 2016 celebra il trentennale, sarà un’opportunità in più per far conoscere le numerose attività che animeranno l’estate all’ombra del castello. Non si ripeteranno i laboratori del 29 maggio scorso, ma lo staff sarà a disposizione per illustrare la ricca offerta tra centri estivi per bambini, uscite di sea watching, immersioni ed escursioni. «In trent’anni - rileva il direttore Maurizio Spoto - dal centro visite sono passate 600mila persone con una media di 20mila visitatori l’anno. Siamo la prima e la più piccola riserva, ma siamo riusciti a creare una rete con le istituzioni e le scuole e la nostra proposta in qualche modo valorizza e completa l'offerta e l'attrattiva del parco. Anche una piccola esperienza come la nostra può rappresentare un modello di turismo scientifico e culturale capace di promuovere al meglio il territorio. L’auspicio è che, in uno sviluppo sinergico del comparto turistico cittadino, si possa dare vita a un polo che coordini tutte le attività legate al mare generando un interessante indotto. Nel nostro piccolo e nel momento critico per l’incertezza sul futuro della nostra sede che stiamo vivendo, speriamo di poter essere un valido esempio in questo senso».

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 luglio 2016

 

 

Rumore a Servola, il caso in Parlamento

La Commissione bicamerale sui rifiuti accende i riflettori sulle criticità della Ferriera. Sotto esame anche Sito inquinato e porto
«L’attuale proprietà della Ferriera di Servola e gli enti di controllo stanno ponendo sulle questioni ambientali un’attenzione che prima non c’era. Vi è stato certamente un cambio di passo su questo versante. Ciò non significa che non vi siano preoccupazioni. L’azienda ci dice che il problema più importante ora è il rumore e che si sta studiando come abbatterlo». È il giudizio espresso ieri da Alessandro Brautti (Pd) presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali. Gli altri componenti presenti in Prefettura alla conferenza stampa che ha chiuso la visita in regione, e cioé Miriam Cominelli e Giovanna Palma entrambe del Partito democratico, Alberto Zolezzi del M5S, Giuseppe Compagnone (Alleanza liberalpopolare)e Bartolomeo Pepe (Grandi autonomie e libertà) non hanno avuto nulla da eccepire, mentre Renata Polverini (Forza Italia) aveva lasciato la Commissione poco prima. «Abbiamo cercato di capire - ha spiegato Brautti - se le prescrizioni dell’Aia sono in corso di attuazione e per far questo ci siamo rivolti all’Arpa e alla Procura venendo tra l’altro a sapere che nessuna indagine è attualmente in atto. Quanto alle emissioni, abbiamo visto le cappe di aspirazione che captano un tonnellata di polveri al giorno, cioè il 98% di quelle prodotte. Le problematiche sull’altoforno e la cokeria vanno monitorate. Dall’Arpa abbiamo appreso che è in corso il riammodernamento del sistema di monitoraggio, mentre si sta lavorando anche per quel che riguarda il trattamento delle acque meteoriche. Sull’applicazione della bonifiche, abbiamo notato anche la nuova pavimentazione e la messa in sicurezza di alcune zone. D’altro canto ci hanno indicato un pozzo particolarmente inquinato. Sul tema dei rifiuti, l’azienda ci ha detto di aver trovato stratificazioni nel tempo e dovuto smaltire una quantità superiore al previsto. L’Azienda sanitaria ci ha messo in evidenza l’esposizione delle persone che lavorano nello stabilimento. L’Aia però prevede che se si i sforano parametri, la produzione deve calare: sono elementi di novità che non esistono in altre parti d’Italia. Dentro la cokeria e l’altoforno non ci siamo andati - ha concluso Brautti rispondendo a una domanda - anche perché non siamo tecnici esperti di siderurgia». Il presidente della Commissione ha anche specificato che «il Sito inquinato di Trieste è stato costruito su materiale di risulta e nel tempo la linea di costa si è spostata utilizzando materiali che oggi non potrebbe venir usati: una situazione simile a quella che abbiamo trovato a Marghera. La reindustrializzazione dell’area - ha aggiunto - è un problema sollevato dal sindaco di Muggia. Rispetto al concetto di chi inquina deve pagare non ci sono indagini aperte e se c’era qualcuna è andata in prescrizione. Del resto la legge che eleva al rango di delitto con pene particolarmente severe le contravvenzioni per omessa bonifica è appena del maggio 2015 dopo 21 anni che si tentava di farla approvare». Un altro sito messo sotto osservazione è stato il porto «dove c’è forte transito di merci che arrivano via mare e viaggiano verso il Centro Europa perché ci era stato segnalato il problema - ha sottolineato Brautti - dei trasporti di materie plastiche che in realtà è un traffico di rifiuti: una delle indicazioni era che questo tipo di traffico si sta spostando dai porti italiani verso quello di Capodistria. È il motivo che ci ha indotti ad andare a Lubiana e poi a Capodistria per verificare se vengono messi in atto gli opportuni sistemi di controllo su cascami ferrosi, carta e soprattutto, come detto, sulle materie plastiche. Nel confronto avuto a livello istituzionale abbiamo avuto indicazioni precise dall’Agenzia slovena delle Dogane, molte meno indicazioni da parte dello stesso porto di Capodistria».

Silvio Maranzana

 

 

«Nell’area compresa tra Trieste e Gorizia i danni dell’amianto sono impressionanti»
«Sulla questione amianto - ha anche affermato il presidente della Commissione Alessandro Brautti (foto) - i dati sono impressionanti tanto da paragonare l’area Gorizia-Trieste a quella di Casale Monferrato. Vi sono in corso indagini giudiziarie della Procura di Gorizia perché il 98% delle esposizioni avveniva dentro lo stabilimento Fincantieri.

A Trieste la vicenda è più complicata perché c’erano più sorgenti distribuite in più aree dove si era in contatto con l’amianto. La situazione più drammatica risulta però quella di Grado-Marano. «Al di là dell'indagine giudiziaria che avrà il suo corso - ha spiegato Brautti - è stata fatta una deperimetrazione significativa del sito e le due aree rimaste sono: la discarica di servizio della Caffaro e a Torviscosa l'hot spot per la cui messa in sicurezza viene quantificata una spesa attorno ai 30-32 milioni di euro. Oggi il problema è che l'amministratore straordinario ci ha spiegato che non si trovano le risorse nemmeno per mantenere lo status quo, cioé un minimo di barriera idraulica per impedire che escano gli inquinanti».

 

 

 

 

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