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RASSEGNA STAMPA  luglio - dicembre 2014

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 dicembre 2014

 

 

Longo: «Chiediamo i fondi per bonificare le grotte»
Nel Consiglio provinciale è stata approvata la mozione del consigliere del Gruppo misto Fabio Longo sull'inquinamento delle grotte del Carso, tra l’altro «interessate dalla presenza di residuati bellici, rifiuti ingombranti, veicoli, residui di idrocarburi e scarichi idrici. Risulta necessario intraprendere un'azione permanente di concerto col Catasto regionale grotte e la Regione Fvg - scrive Longo - per reperire le risorse necessarie alla bonifica da fondi regionali, nazionali e comunitari, auspicando nel contempo la realizzazione di iniziative tese alla sorveglianza, al coordinamento e al finanziamento degli interventi anche da parte di organi governativi». Era stata considerata l'audizione dei rappresentanti della Federazione speleologica triestina e delle associazioni degli speleologi di Trieste: ne era emerso che 128 cavità risulterebbero inquinate su una superficie di soli 212 km quadri. Un rapporto impressionante: una grotta inquinata ogni 1,65 km quadrati». Il Consiglio all'unanimità dei presenti ha quindi impegnato presidente e giunta affinché sollecitino gli uffici competenti della Regione per reperire le risorse per la bonifica; si continuino a sostenere le associazioni degli speleologi e si facciano promotori di una campagna informativa.

 

 

Muggia - Emergenza rifiuti all’ex Alto Adriatico
Da mesi è preso di mira da ignoti che lo utilizzano come vera e propria discarica. È il piazzale ex Alto Adriatico, uno dei biglietti da visita prima di entrare a Muggia. Nonostante la capillare diffusione sul territorio di contenitori per i rifiuti, differenziati e non, si continuano a riscontrare abbandoni di materiali vari sia in prossimità della cittadina che nelle località più periferiche. Il quadro è critico specie nel piazzale ex Alto Adriatico, dove stazionano spesso rifiuti di vario genere, oltre a materiale in abbandono e altri residui edili temporaneamente depositati. Per questo motivo il Comune pochi giorni fa ha dovuto procedere con urgenza all'asporto dei rifiuti e attuare poi lo smaltimento a impianti autorizzati mediante ditta competente, per mantenere il giusto decoro urbano e poter procedere alla concessione dell’area alla società organizzatrice di eventi che ne ha fatto richiesta, l'Associazione Playground. Un lavoro che alla collettività è costato 4mila 960 euro. Da tempo sul social network Facebook il Comune ha attivato la pagina “Gesti di ordinaria inciviltà” per denunciare, anche con foto, gli abusi. «Muggia non vuole subire in silenzio questi episodi incivili – racconta la giunta Nesladek -. Anche i più piccoli gesti, all'apparenza innocui, rappresentano egoismo e maleducazione verso l’intera comunità. Se insieme riusciamo a fare sentire la nostra condanna morale a chi compie questi gesti, forse non sarà più così frequente trovare deiezioni canine in strada, interi sacchi d’immondizie nei piccoli cestini, mozziconi di sigarette a terra o nei tombini». Perciò il Comune ha invitato ciascun muggesano «a far sentire la propria disapprovazione verso chi non ha senso civico perché un cattivo esempio può e deve essere messo in risalto da tutti i cittadini virtuosi». Ricordando come sia in funzione un servizio a domicilio e che, chiamando il numero verde 800 329669, è possibile veder ritirato il proprio rifiuto ingombrante gratis, l'altra soluzione è il Centro di raccolta di Vignano, che segue questi orari di apertura: dal lunedì al giovedì 8.30-14.30, venerdì e sabato 10-16, la prima domenica del mese 8-12.

Riccardo Tosques

 

 

Monte Analogo - Hells Bells e Scabiosa, il concorso
Scabiosa Trenta e Hells Bells Speleo Award Info su www.monteanalogo.netIn parallelo alla venticinquesima edizione della rassegna internazionale Alpi Giulie Cinema organizzata dall’associazione Monte Analogo, si terranno come di consueto a Trieste i due concorsi Premio La Scabiosa Trenta e Hells Bells Speleo Award. Il termine ultimo per la presentazione dei lavori è oggi: il materiale dovrà pervenire alla sede organizzativa. Per l’iscrizione scaricare i bandi di concorso e le schede di partecipazione dal sito www.monteanalogo.net. Hells Bells è dedicato specificamente a documentari, reportage e fiction di speleologia. Le produzioni premiate verranno proiettate al teatro Miela il 26 febbrai. Il Premio la Scabiosa Trenta, riservato alle produzioni cinematografiche di autori originari delle regioni alpine del Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Carinzia dedicate alla montagna (sport, cultura e ambiente) verrà consegnato invece il 5 marzo al Knulp.

 

 

Vespro con Crepaldi e Marcia per la pace

Domani nella Giornata mondiale il corteo alle 15 da via Cumano. Le celebrazioni presiedute dal vescovo
Parte dal Comitato pace e convivenza Danilo Dolci l'ultimo invito alla cittadinanza per partecipare all'annuale Marcia cittadina per la pace, convocata dal Comitato stesso con l'adesione del Comune «rideclinando - come scrivono gli organizzatori - il messaggio di Papa Francesco: "Non più schiavi né schiave ma fratelli e sorelle». Nella ricorrenza della Giornata mondiale della pace, il Comitato Dolci per questa edizione della Marcia ha voluto sostenere l'impegno del Comune che ha aperto il Museo della Guerra per la Pace fondato da Diego de Henriquez, fissando in quel luogo il ritrovo e la partenza della manifestazione, alle 15 di domani. Il ritrovo è fissato dunque in via Cumano 22 a partire dalle 14; dalle 15 si snoderà il percorso previsto lungo viale D'Annunzio e via Carducci fino al Conservatorio di via Ghega, dove si sosterà per un minuto di silenzio dinanzi alla lapide che ricorda i morti uccisi dai nazisti alla fine della Seconda guerra mondiale. Da lì si proseguirà per via Roma, corso Italia e via san Spiridione, «per testimoniare la volontà di costruire a Trieste un Laboratorio di pace. Alle 17 circa i marciatori giungeranno in piazza sant'Antonio, dove avranno luogo gli interventi finali prima della conclusione». Previste le testimonianze di don Mario Vatta, che anche questo anno ha firmato con 10 sacerdoti del Triveneto la Lettera di Natale intitolata "Giustizia, pace, accoglienza, salvaguardia dell'ambiente”, di Fabiana Martini, assessore comunale alla Pace, di Lidija Radovanovic vicepresidente della Consulta immigrati del Comune e di Martina Furlan in rappresentanza degli studenti sloveni triestini. «Nella speranza che le manifestazioni della Giornata mondiale della Pace realizzate in vari Paesi del mondo portino a concreti risultati, gli organizzatori invitano la cittadinanza a cogliere questa occasione per scambiare un sincero augurio di Pace, religioso o laico, nelle prime ore del 2015» prosegue il Comitato. Fra oggi e domani anche gli appuntamenti della Chiesa cattolica presieduti dal vescovo Gianpaolo Crepaldi. Stasera alle 18 Crepaldi presiederà nella cattedrale di San Giusto il Vespro, nel corso del quale verrà cantato dalla Cappella civica il tradizionale inno “Te Deum” a conclusione dell’anno civile. Domani invece, alle 10.30, il vescovo nella Cattedrale, presiederà la celebrazione eucaristica della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio nell’Ottava del Natale. Al termine impartirà la benedizione papale cui è legata l’indulgenza plenaria. Alle 18 nella chiesa di Sant’ Antonio Taumaturgo il vescovo presieederà la celebrazione eucaristica per la Giornata mondiale della pace.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 dicembre 2014

 

 

Nuove isole ecologiche e giro di vite sulle multe - le nuove isole

Installate 5 batterie di cassonetti nelle zone più scoperte, 9 in arrivo e 32 esistenti in via di potenziamento.

Laureni: immondizie a terra, problema anche culturale

Volete un computer con tanto di modem? Potete raccattare l’uno e l’altro in via Broletto, là dove sono stati abbandonati, a due passi dal centro di raccolta di San Giacomo. Vi appassionano le vecchie macchine da cucire? Eccone una gettata in via dei Giardini. Tre sedie da cucina? In via Cumano. E che dire allora di via della Tesa, dove in un colpo solo vi portate via tv, lavatrice e divano? Più o meno lo stesso affare lo fate pure in piazza Perugino, mentre per i materassi di seconda mano l’indirizzo buono è via Pondares. Nella conferenza stampa che i vertici di Municipio e AcegasApsAmga convocano nell’ultimo lunedì dell’anno, con all’ordine del giorno consuntivo 2014 e prospettive 2015 della raccolta dei rifiuti, l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni s’improvvisa piazzista d’arredi ed elettrodomestici a costo zero. Una provocazione documentata a colpi di foto, scattate puntualmente “sul campo” e sparate dal videoproiettore. Per comunicare che il Comune - come rincarerà poi la dose il sindaco Roberto Cosolini - ne ha piene le tasche della raffica di immagini postate sui “social” in cui le immondizie che straripano per strada vengono puntualmente associate all’incapacità di regolarne lo smaltimento quando invece, talvolta, la causa è l’inciviltà. Morale: per l’anno che verrà, l’amministrazione cittadina promette insieme ad Acegas 14 nuove isole ecologiche (ve ne sono cinque appena installate e nove in arrivo da qui a qualche mese) e il potenziamento (in corso o già terminato) di 32 esistenti per correggere i cosiddetti «errori di sistema», riscontrati appunto nei rioni rimasti più “scoperti” in seguito alla rivoluzione della mappa dei cassonetti della passata estate, finalizzata a stimolare la differenziata. Un “mea culpa” che sottintende la voglia di levare gli alibi ai concittadini che lasciano il sacchetto delle “scovazze” fuori dagli appositi contenitori anche se questi sono mezzi vuoti o che ne sommergono di pieni invadendo di immondizie il marciapiedi quando però a soli 20, 30 metri, ce ne sono altri ancora da riempire. E infatti si preannuncia - l’assicurazione, più che la minaccia, venuta in conferenza stampa - un giro di vite in fatto di multe. Gli uffici del Municipio sono al lavoro per un provvedimento “ad hoc” ma la base di partenza già c’è: è la delibera di Giunta approvata l’11 dicembre sulla «Rideterminazione del pagamento delle sanzioni amministrative per le violazioni del Regolamento di polizia urbana, gestione rifiuti e pulizia del territorio». La stessa che ha fatto rumore per i 1.000 euro comminabili a chi viene pescato a verniciare i muri di case, palazzi e monumenti, ma che prevede pure 350 euro di multa per chi viene pizzicato ad abbandonare rifiuti su suolo pubblico. «Stiamo gestendo un sistema in evoluzione - così Laureni - che prende atto dei propri errori dopo i confronti con i cittadini e sta portando nuove isole ecologiche là dove ce n’è obiettivamente bisogno». L’assessore però invita, senza troppi complimenti, a «differenziare» non solo i rifiuti, ma pure «le foto su Facebook. Non è difficile scattarle non appena si trova una situazione di degrado, ma bisogna anche capire se esse descrivono un problema di sistema o un livello culturale da migliorare. Accettiamo le critiche, se le meritiamo, ma non il qualunquismo. Via Crispi per dirne una - incalza Laureni proiettando le sue, di foto - è emblematica. Un’isola ecologica è travolta dalle immondizie, da cartoni con tanto di nome e cognome dell’esercizio commerciale che sta di fronte, e per il quale la sanzione è a quel punto inevitabile, mentre a neanche 50 metri i cassonetti sono vuoti. Non siamo mai stati teneri con Acegas ma, per certe cose, che colpa ne ha?».

Piero Rauber

 

I RISULTATI - Umido ok: raccolte in tre mesi 264 tonnellate
Oltre 164 tonnellate di carta, 40 e mezzo di plastica e 27 abbondanti di vetro in più sono finite nei rispettivi cassonetti tra giugno e novembre. AcegasApsAmga elenca il “bottino” della differenziata da quando, dallo scorso giugno appunto, è stato dato il via alla campagna per la raccolta dell’umido organico, che con le sue 264 tonnellate conferite proprio tra giugno e novembre nei nuovi contenitori stradali ha evidentemente trascinato - come anticipato nella precedente conferenza stampa del 9 dicembre - ogni “differenziazione” d’immondizia domestica, facendo finalmente decollare le percentuali complessive della differenziata: da neanche il 30% a oltre il 36% di media mensile. «2014: l’anno del Big Bang della differenziata a Trieste», recita in proposito il comunicato della multiutility diffuso ieri a margine della conferenza stampa. «E non è una boutade», giura Roberto Gasparetto, direttore generale AcegasApsAmga: «La frazione umida ha innescato una maggiore sensibilità verso tutte le frazioni della raccolta differenziata». «In questa città - aggiunge Gasparetto - il recupero è stato clamoroso, migliore rispetto alle nostre migliori aspettative, e ci consente di lavorare puntando alla lunga il 65%, obiettivo di legge e di piano industriale Hera». Quanto al 2015 che sta per cominciare, il manager - che ricorda anche l’entrata a regime all’inizio di questo mese del nucleo di pronto intervento 7 su 7 Rao (Rinforzo operativo ambiente, ndr) per spazzamento e rimozioni d’ingombranti - annuncia «un rafforzamento della comunicazione, mobilitando le associazioni di categoria. Il nemico, quello che lascia le “scovazze” fuori posto, si chiama «pigrizia», o «sottovalutazione della differenziata. E invece noi vorremmo che tutti fossero consci di quanto essa sia importante».

(pi.ra.)

 

Secchielli per l’organico “a ruba”: distribuiti oltre 20mila pezzi
Sarà che un omaggio non si rifiuta, specie in pieno clima natalizio, sarà che adesso la cultura della differenziata si sta incuneando nelle teste dei triestini, fatto sta che i famosi secchielli per la raccolta dell’umido - che AcegasApsAmga aveva deciso di distribuire gratuitamente nello stand di EstEnergy in mezzo ai Mercatini di Natale di Sant’Antonio - hanno fatto registrare numeri che la stessa multiutility ammette di non aver immaginato. A fronte di una previsione iniziale di poche migliaia di unità - si legge nel comunicato- nelle due settimane di apertura sono stati consegnati complessivamente oltre 20mila secchielli. «Questa positiva esperienza - così Gasparetto - indurrà certamente a ripetere, nel corso del 2015, la distribuzione di supporti per la differenziata alle famiglie».

(pi.ra.)

 

«Non facciamo cassa, tuteliamo i cittadini»
Il sindaco: invariato il costo del servizio di igiene urbana, ma tutti devono fare la loro parte
«L’aumento delle misure sanzionatorie non è un modo per far cassa ma per tutelare la maggioranza dei cittadini. È in atto una sorta di guerra che una minoranza incivile ha dichiarato non tanto al Comune, piuttosto che ad Acegas, bensì alla maggioranza civile di questa città. Noi ora, come amministrazione e come Acegas, ci mettiamo in gioco, apportando dei correttivi sotto forma di isole ecologiche nuove o dotate di più cassonetti, però mettiamoci in gioco tutti». Roberto Cosolini preconizza evidentemente un 2015 più da bastone, che da carota, per chi verrà sorpreso a mollare i suoi rifiuti per strada. «Per il terzo anno consecutivo - ribadisce il sindaco - il costo complessivo del servizio di igiene urbana rimane invariato, per volontà politica del Consiglio comunale e in base agli accordi tra Acegas e Giunta. Non è facile di questi tempi. Io so che nel passaggio prima da Tarsu a Tares e poi da Tares a Tari molti hanno avuto la sorpresa di dover pagare di più, ma altri hanno avuto quella di dover pagare meno. Oggi probabilmente siamo in presenza di un maggior equilibrio, tra diverse categorie, nel pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti. Le regole del gioco comunque non le abbiamo cambiate noi, ma sono figlie di provvedimenti nazionali. In futuro, vedremo di apportare dei correttivi, là dove dovessero servire, se il legislatore nazionale ovviamente ce lo consentirà». «Costo totale invariato» dunque, insiste Cosolini, a fronte di «un incremento del servizio: a regime, quando tutte le nuove isole ecologiche saranno state posizionate, avremo a disposizione in città contenitori per i rifiuti per complessivi 470mila litri in più rispetto alla scorsa estate. Checché ne dica qualcuno, a casa mia più volume a disposizione significa più servizio». Il tutto, romba il sindaco, collegato a «determinate scelte politiche, mirate per l’appunto all’aumento della percentuale di differenziata a livello locale (470mila litri in più sono il saldo tra i 640mila in meno per l’indifferenziata e i 1.100 in più per la differenziata, ndr) che sono irreversibili e di cui siamo orgogliosi. Peraltro, il report del Gruppo Hera certificato da un ente terzo che a inizio dicembre ha reso noto come a Trieste il 99% dei rifiuti differenziati finisca nella filiera del riciclo, ha anche testimoniato come non ci sia alcuna incompatibilità tra la cultura della raccolta differenziata e l’attività industriale di un termovalorizzatore in casa».

(pi.ra.)

 

 

«Spostare il Punto franco? Ora diventa più agevole»

Il prefetto Garufi saluta con favore l’emendamento: «È di grande aiuto per risolvere una questione rimasta ferma da decenni, finisce un immobilismo»
la nuova collocazione - Regime relativo alla frontiera, sia marittima che terrestre
E il punto franco dove lo metto? Sarà per Trieste il tormentone di inizio 2015. Lo spostamento spetta al commissario di governo per il Friuli Venezia Giulia. Così prevede l’emendamento alla legge di Stabilità del senatore Pd Francesco Russo che avvia la sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste. Il prefetto Francesca Adelaide Garuti è pronto e preparato. «È un passo avanti che mette un punto fermo su alcuni aspetti giuridici. Davvero di grande aiuto. È un provvedimento che sicuramente agevola un processo decisionale sullo spostamento del punto franco con tutte le conseguenze a venire a partire dalla successiva sdemanializzazione», assicura il prefetto. «Non è che non si potesse fare prima» aggiunge Garufi che da tempo chiede alla politica e alle istituzioni locali di decidersi una volta per tutte sul Porto Vecchio. «Questo emendamento - spiega il commissario di governo - offre una copertura normativa ulteriore rispetto a quella che era data dalle previsioni del Trattato di pace di Parigi il cui Allegato VIII contemplava queste cose. Chiaramente era una norma che poi andava interpretata perché era funzionale al Territorio Libero di Trieste che poi non ha avuto luogo. Da allora sono passati più 60 anni. L’emendamento di oggi è una norma nuova, fresca, che aiuta sicuramente, perché rende chiaro il processo che può essere fatto. Senza ombre o dubbi interpretativi». Nei giorni scorsi Francesca Adelaide Garufi ha messo la sua firma sull’ennesima sospensione del Punto Franco Nord legato al collegamento di viale Miramare con il polo museale del Porto Vecchio, come chiesto dall’Autorità portuale di Trieste. «Si tratta del solito provvedimento temporaneo che riguarda la bretella, quindi un’area limitata del Porto Vecchio. L’abbiamo fatta come l’anno scorso e due anni fa. Ora si può fare un ragionamento più ampio e compiuto». Ma perché spetta proprio al commissario di governo lo spostamento del punto franco? «Il commissario di governo ha ereditato i vecchi poteri amministrativi e normativo del vecchio commissario generale delle potenze militari alleate - spiega il prefetto -. La norma nuova chiarisce questo e sblocca uno stallo. Finisce un immobilismo. L’allargamento del Punto Franco è sempre possibile, come lo spostamento. Non è una cosa una tantum. Il Punto franco si può spostare, soprattutto se non è operoso come nel caso del Porto vecchio di Trieste dove mancano le attrezzature per fare una portualità moderna». Ma dove mettere il Punto Franco Nord? Garufi non si sbilancia: «La norma è appena entrata in vigore. Con l’inizio dell’anno si possono vedere quali sono i passaggi da fare assieme alla Regione e al Comune. C’è da capire la destinazione d’uso dei luoghi a partire dal piano regolatore. Il percorso è indicato, ma i passaggi amministrativi sono da definire». Ma può essere spostato anche lontano dal mare (tipo a Fernetti)? «Il regime di punto franco non deve stare necessariamente presso il porto. È un regime di agevolazioni doganali che riguarda la frontiera, che può essere sia marittima che terrestre. Diciamo che se ne può discutere. Le soluzioni da adottare possono essere molteplici». C’è l’imbarazzo della scelta. Ancora una volta.

Fabio Dorigo

 

Cosa dice la norma

Ecco il testo dell'emendamento del senatore Francesco Russo nella legge di Stabilità: «(272-bis). Il Commissario di Governo per il Friuli-Venezia Giulia, previa intesa con il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia e con il Sindaco di Trieste, adotta, d’intesa con le istituzioni competenti, i provvedimenti necessari per spostare il regime giuridico internazionale di Punto Franco dal Porto vecchio di Trieste ad altre zone opportunamente individuate, funzionalmente e logisticamente legate alle attività portuali». «(272-ter) In conseguenza dei sopracitati provvedimenti, le aree, le costruzioni e le altre opere appartenenti al demanio marittimo compresi nel confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l’Adriaterminal e la fascia costiera del Porto Vecchio di Trieste , sono sdemanializzate ed assegnate al patrimonio disponibile del Comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici».

 

Quando illustrammo il futuro a Palazzo Chigi - di PIERPAOLO FERRANTE
A 12 anni da quell’incontro per la candidatura all’Expo, oggi la sfida è fare. E presto
«...E cosa pensate di farne?» ci chiese, dopo averci spiegato il motivo della sua maggiore insoddisfazione costituito dall'insormontabile debito pubblico. Attorno a Berlusconi, nel salottino di Palazzo Chigi, eravamo in cinque. A quella domanda seguirono due o tre secondi durante i quali tutti ci guardammo: il sottosegretario agli esteri (Antonione), il presidente della Regione (Tondo), il sindaco (Dipiazza), il presidente della Provincia (Scoccimarro) e io a rappresentare l'associazione Triestexpo. La tensione era palpabile, tanto che ad uno dei presenti scesero alcune gocce di sangue dal naso. Roberto Antonione, che aveva organizzato l'incontro per convincere il presidente del Consiglio a candidare l'Italia con Trieste per l'Expo universale del 2008, snocciolò, con sicurezza, la visione di un Porto Vecchio rinato, campus di studi universitari e centri di ricerca, polo museale e luogo di svago e intrattenimento, centro per i rapporti con la nuova Europa allargata, sede del nuovo trionfale accesso alla città e di una delle passeggiate più belle del mondo colleganti la Lanterna al castello di Miramare. Da quell'ottobre 2002 sono passati più di dodici anni, abbiamo visto trasformarsi l'allineamento dei pianeti (il governo delle istituzioni dallo Stato fino al Comune) dal centrodestra al centrosinistra. Non abbiamo avuto l'Expo, ma abbiamo raggiunto l'obiettivo finale di tanto sforzo: la sdemanializzazione del Porto Vecchio, primo passo della rinascita di Trieste. Non a caso un obiettivo così importante è stato ottenuto grazie alla coincidenza di volontà tra i due opposti schieramenti politici. La candidatura all'Expo ci ha lasciato fondamentali insegnamenti che non dobbiamo dimenticare. Il primo e più importante è che la città non può essere divisa, occorre far sentire la forza delle idee e non farsi assordare e opprimere da pochi ostili. La sfida ora è: fare! E fare presto! Il mondo corre e Trieste ha già aspettato troppo. Chi ha la responsabilità di gestire la trasformazione della città dovrà avere il coraggio di proporre un progetto industriale, condiviso dalla popolazione e dagli organi rappresentativi, che porti a realizzare, senza ritardo alcuno, una città che possa competere con le più belle città del mondo. Siamo nati con un confine stretto, la cortina di ferro, e non siamo nuovi a vedere profondi cambiamenti del nostro territorio. Abbiamo appena archiviato il poter accedere a Slovenia e Croazia senza barriere. Nel 2015 vedremo finalmente liberare anche l'accesso al Porto Vecchio, e dopo pochi anni dovremo guardare vecchie foto per ricordare com'era ridotta una zona così importante della città che tutto il mondo ci invidierà. Vorrei poter alzare il calice del capodanno 2020 brindando al nuovo Porto Vecchio, e alla salute di tutti i nostri politici per aver dimenticato divisioni e stupide diatribe, e aver lottato assieme per il nostro futuro, per dare un po' di speranza al futuro dei nostri giovani.

 

 

Si scioglie il consorzio South Stream
Gazprom annuncia il riacquisto delle quote dagli altri soci: Eni, i francesi di Edf e Wintershall
MILANO Gazprom ha annunciato l'acquisto delle quote detenute dai soci di minoranza del gasdotto South Stream ponendo ufficialmente così fine al maxi progetto già bocciato a inizio dicembre da Vladimir Putin. Il colosso russo (a cui fa capo il 50% della South Stream Bv, attiva sulla parte offshore dell'infrastruttura) riacquisterà le partecipazioni degli altri azionisti, Eni (20%), Edf (15%) e Wintershall (15%). Il prezzo è al momento coperto da stretto riserbo, ma Gazprom dovrebbe garantire la restituzione dell'equity fin qui investita remunerata a un buon tasso d'interesse. Sia la tedesca Wintershall che l’utility francese Edf hanno confermato ieri sera di avere ceduto la propria quota del 15% a Gazprom. Basf, casa madre di Wintershall, in una nota ha fatto sapere di essere rientrata del capitale investito, anche se le parti hanno convenuto di non divulgare il prezzo finale dell’operazione. In base ai contratti stipulati nel giugno 2007 Eni dovrebbe incassare la restituzione del capitale investito, più una remunerazione a un tasso d'interesse di circa il 10%. L'equity investita dall'Eni nel progetto era di circa 300 milioni. Il gasdotto South Stream era un faraonico progetto destinato a creare una nuova rotta del gas, che partiva dalla Russia, in particolare dal Mar Nero, e arrivava all'Europa centro-meridionale senza transitare dall'Ucraina ed eliminando così un forte elemento di criticità emerso negli ultimi anni. Ma è stata la stessa Russia, a inizio dicembre, al culmine delle tensioni con l'Unione europea ad annunciare lo stop del progetto, che con il riacquisto delle quote da parte di Gazprom diventa davvero definitivo. Se il percorso di uscita del gruppo guidato da Claudio Descalzi da South Stream appare chiaro, rimarrà da capire quello di Saipem, controllata al 43% dal Cane a sei zampe e che del gasdotto russo in fieri è il primo costruttore. Ieri il titolo Saipem ha guadagnato il 4,64% dopo un report favorevole di Goldman Sachs. A posare una sorta di pietra tombale sul gasdotto che avrebbe dovuto portare il metano russo in Europa attraverso il Mar Nero ci ha comunque pensato il numero uno di Gazprom Alexey Miller che ha parlato di «capitolo chiuso». Il «nuovo partner strategico» della Russia nel settore del gas sembra essere la Turchia, alla quale è destinato un nuovo gasdotto per la cui realizzazione Putin ha già annunciato un accordo preliminare con la turca Botas.

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 dicembre 2014

 

 

«Ferriera, elementi contraddittori»

M5S: nell’Accordo di programma profili potenzialmente illegittimi
Il consigliere regionale del M5S Andrea Ussai con i consiglieri comunali Paolo Menis e Stefano Patuanelli ha sottoscritto una segnalazione presentata alla Procura della Repubblica su «alcuni profili contraddittori e potenzialmente illegittimi riguardanti l’Accordo di programma per la Ferriera sottoscritto il 21 novembre dalla presidente del Fvg Debora Serracchiani, dai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, oltre che dall’Autorità portuale di Trieste e da Siderurgica Triestina, la società controllata dal gruppo Arvedi che ha acquisito» lo stabilimento. Lo annuncia Ussai in una nota. «Abbiamo segnalato il conflitto di interessi rispetto al ruolo assunto dell’ingegnere Francesco Rosato. L’ex direttore della Ferriera sotto la precedente gestione Lucchini, ex consulente del Comune e oggi amministratore di Siderurgica Triestina (insieme a Giovanni Amedeo Arvedi e a Mario Carlo Caldonazzo), nel 2013 è stato rinviato a giudizio, presso il tribunale di Grosseto, per smaltimento illecito di rifiuti - ricorda Ussai -. Secondo l’accusa si tratta di un’attività legata alla sua precedente direzione della Ferriera». E per la normativa in materia «i soggetti interessati non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica». Ovviamente eventuali responsabilità da parte di Rosato restano tutte da dimostrare. «È vero - così Ussai - che la normativa prevede eccezioni, ma solo nel caso in cui sussistano precise condizioni. Tra le altre, un piano finanziario che garantisca la sostenibilità economica degli interventi “in misura non inferiore a dieci anni”. Quello presentato da St invece, riguarda il solo triennio 2014-2016», sottolinea Ussai.

 

 

«Cinghiali, specie ormai fuori controllo»
Dolenc: siamo in emergenza, serve una strategia su più fronti. Panontin: previsto un aumento della pressione venatoria
«Siamo di fronte a una vera e propria emergenza: quella dei cinghiali è ormai da considerarsi una specie fuori controllo». Non usa troppi giri di parole, il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, per tratteggiare un problema che sul territorio ha assunto contorni preoccupanti. Sono sempre più numerose le segnalazioni di cittadini che lamentano situazioni di disagio, ma anche di pericolo. In molti rioni periferici della città, da Altura a Contovello passando per Barcola e Gretta, i residenti continuano a imbattersi in gruppi di cinghiali: si tratta spesso di mamme con i propri cuccioli, che stazionano a ridosso delle abitazioni, tanto che in alcune circostanze diventa problematico addirittura uscire di casa. «Il problema è che i cinghiali hanno ormai fatto delle zone periferiche della città una dimora abituale» - spiega Dolenc -. «Quello che dobbiamo fare è lavorare tutti insieme per modificare le loro condizioni ambientali di vita: provvedere cioè a riallontanarli dalla città e riportarli nel loro territorio naturale». Un'operazione che secondo Dolenc va condotta in sinergia. «La soluzione non è né facile né immediata» - precisa il numero due di palazzo Galatti -. «Affinché la gestione dell'emergenza risulti efficace serve una strategia multisettoriale. In particolare un'opera di prevenzione che si basi su strumenti appropriati ed una corretta gestione del territorio: da una radicale pulizia dei boschi fino a una puntuale gestione dei rifiuti, umido in particolare. Non nascondo che come ente provinciale siamo in difficoltà e che le forze della nostra Polizia ambientale sono ai minimi termini: proprio per questo contiamo su una rapida approvazione del nuovo Piano faunistico regionale che aspettiamo da oltre vent'anni». Gli ultimi censimenti parlano di 7-800 esemplari di cinghiali attualmente presenti sul territorio provinciale, mentre sono in continuo aumento anche gli incidenti stradali provocati da investimenti di specie selvatiche: non solo cinghiali, ma anche caprioli. L'ultimo in ordine di tempo appena qualche giorno fa in via Bonomea. «Siamo consapevoli che la situazione sta provocando situazioni di allarme, soprattutto nella provincia di Trieste dove i cinghiali hanno raggiunto i centri abitati» - afferma Paolo Panontin, assessore regionale alla caccia -. «La questione è al contempo banale e complessa: da un lato va considerato l'altissimo tasso di riproduzione dei cinghiali e dall'altro il fatto che gli obiettivi prefissati di abbattimento della specie non vengono raggiunti a causa del periodo limitato della caccia al cinghiale». E c’è un altro fattore che Panontin ricorda: «In ambito urbano c'è chi continua a dar loro da mangiare. Nel nuovo Piano faunistico regionale - prosegue l’assessore - abbiamo previsto una serie di soluzioni e accorgimenti: in particolare un aumento della pressione venatoria che, nel caso non venissero raggiunti gli obiettivi di abbattimento, prevede il ricorso a cacciatori fuori riserva. Quanto al riordino degli enti locali, la linea, recepita a livello nazionale, è quella che prevede l'accorpamento delle polizie ambientali provinciali all'interno del Corpo forestale regionale».

Pierpaolo Pitich

 

L’assessore: l’obiettivo reale è il contenimento
Un documento atteso da oltre vent'anni. Per la precisione dal 1992 (Legge 157). Il nuovo Piano faunistico regionale incarna uno strumento strategico nella gestione faunistico-venatoria del Fvg. Un percorso lungo, passato attraverso il parere favorevole del Comitato faunistico e che ora è atteso dalla procedura della Valutazione ambientale strategica. «I tempi previsti sono di circa tre mesi e dunque contiamo di approvare il testo definitivo in Giunta a marzo» - spiega l’assessore Panontin. «È un risultato importante, atteso da molti anni: un documento condiviso con gli enti locali e con le diverse categorie, in primis gli agricoltori, quelli che stanno pagando più di tutti l'emergenza cinghiali. Parlare di soluzione del problema è impossibile, perché vorrebbe dire che non esistono più i cinghiali: l'obiettivo reale è invece quello di arrivare a un forte contenimento della specie in questione».

(p.pit.)

 

 

Raccolta rifiuti - Si fa il punto - OGGI
“Il sistema rifiuti: facciamo il punto”. A parlarne in un incontro stampa indetto per questa mattina alle 11 nella sala giunta del Comune saranno il sindaco Roberto Cosolini, l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e i vertici di AcegasApsAmga. Si parlerà del bilancio complessivo delle attività e dei risultati sul 2014; sarà fatto il punto sul potenziamento dei contenitori della raccolta stradale a seguito del confronto diretto con i cittadini e le circoscrizioni; infine, il punto sul prossimo riavvio del confronto con i commercianti per quanto riguarda la raccolta differenziata, anche con la distribuzione di kit appositi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 28 dicembre 2014

 

 

«Porto Vecchio è il futuro - Serve un’alleanza forte» - Antonione: su questo tema una convergenza politica oltre destra e sinistra

Tante le aree in cui spostare il Punto franco. Parco del mare nello scalo antico
Sdemanializzazione, basta la parola! Roberto Antonione, come Tino Scotti del vecchio Carosello, è stato il primo a pronunciare la parolaccia. E a metterla per iscritto in un programma elettorale nel 2008. Gli effetti collaterali ancora non si sono visti del tutto, ma finalmente dopo quasi sette anni la “sdemanializzazione” del Porto Vecchio si è materializzata grazie a un emendamento presentato alle sei di mattina alla Legge di Stabilità dal senatore del Pd Francesco Russo. «Il Porto Vecchio è sempre stato oggetto di grandi discussioni all’interno della città - spiega Antonione - . E molti progetti come tutti sanno sono stati purtroppo cassati perché c’era un’incertezza giuridica sull’area». Dalle Generali all’Expo, da Evergreen a Portocittà. È davvero impossibile tornare a fare attività portuale nel Porto Vecchio? Un portualità moderna è impossibile dopo la dismissione delle rete ferroviaria. Qualcuno pensa che si possa ripristinare il treno sulle rive? Oppure riesumare il progetto del collegamento sottomarino? Inoltre fondali e banchine sono inadeguati. I magazzini poi sono intoccabili dopo il vincolo monumentale posto da Sgarbi. Cosa vedrebbe bene in quell’area di 60 ettari? Una cittadella degli studi, superiori e universitari, a partire dalla ricerca scientifica. Ma anche l’idea di Paoletti... Il Parco del Mare? L’idea che non va scartata a priori. L’industria del turismo vive sui parchi tematici. Da Mirabilandia a Gardaland. Un Parco tematico sull’acqua sarebbe una rarità capace di fare grandi numeri. Cosa significa sdemanializzazione? Significa semplicemente il passaggio della proprietà da un ente pubblico a un altro ente pubblico: dal demanio marittimo al Comune. Ma quando nasce l’idea della sdemanializzazione... Penso di essere stato il primo a parlarne nel 2008 quando si discuteva del programma elettorale di Renzo Tondo. Con Roberto Menia (all’epoca con An) e Roberto Dipiazza (sindaco di Trieste) abbiamo chiesto a Tondo di inserire nel suo programma elettorale la sdemanializzazione del Porto Vecchio. Ma non se ne fece nulla... Purtroppo no. Era una conseguenza della candidatura mancata all’Expo... Era ancora vivo il ricordo di quelli che avevano lavorato sotto banco perché non ci fosse l’Expo. Ma la sdemanializzazione è rimasta anche nel mio programma da sindaco... Non in quello di Cosolini... Lui non aveva questo nel suo programma. Tuttavia nei dibattiti c’è sempre stata una condivisione della mia proposta. Una proposta forte ma indispensabile... In realtà ci aveva anche provato in Parlamento. Prima del senatore Russo? È vero. Con Menia e Ettore Rosato (Pd) presentai un emendamento alla Finanziaria (quella che oggi si chiama legge di Stabilità, ndr) per sdemanializzare il Porto Vecchio. Il governo ci diede parere favorevole. Furono gli uffici della Camera a bloccare l’emendamento... In ogni caso, come ha dimostrato Russo, bastava un emendamento presentato alle sei di mattina per liberare il Porto Vecchio... Io sono anni che ripeto che questa cosa si poteva fare con un emendamento. Il porto di Genova è stato sdemanializzato con un emendamento alla Finanziaria. Profeta inascoltato fino a oggi... Mi fa molto piacere che Francesco Russo, stimolato da Ettore Rosato, sia riuscito nell’impresa. Russo è stato bravo o solo fortunato? Bravo. Come in tutte le cose delle vita serve anche una componente di fortuna. Non conosco i retroscena, ma immagino che dietro le quinte ci sia stato anche il lavoro della presidente della Regione Debora Serracchiani e del sindaco Roberto Cosolini. Nessuna invidia? Io sono molto contento che questo risultato sia stato ottenuto. Molto soddisfatto. E riconosco il merito ai parlamentari del Pd. Russo Santo subito. Si dovrebbe fare il monumento a lui in Porto Vecchio invece che al vescovo Santin... Ovviamente per chi ritiene che la sdemanializzazione sia una cosa positiva. Non tutti lo pensano... Molti continuano a sostenere cose che non stanno né in cielo né in terra. L’ex sindaco Dipiazza da che parte sta? Lui si è sempre schierato per la sdemanializzazione. Mi auguro che Dipiazza, che in passato ha dimostrato grandi capacità amministrative, abbia il coraggio di confermare questa scelta fino in fondo. È possibile ricostruire una proposta politica di centrodestra a partire dalla sdemanializzazione del Porto Vecchio? L’unica forza politica di centrodestra che ha preso posizione a favore della sdemanializzazione è Un’Altra Trieste. L’aveva messo anche nel programma regionale. Ma credo che bisogna andare oltre il centrodestra. Oggi ci si deve confrontare su politiche concrete. È pensabile una convergenza politica su questo tema che superi la divisione tra destra e sinistra? È auspicabile. La città, compresi i suoi rappresentanti politici, deve dire da che parte sta. Un’alleanza per un Cosolini bis? Penso si possa fare un’alleanza con tutti quelli che su questo si trovano in sintonia. Nessuno escluso. Questo è il futuro della nostra città. Dobbiamo dissotterrare il tesoro di Porto Vecchio. Altrimenti significa condannare Trieste a una morte lenta. Tra i contrari ci sono quelli che rivendicano il Territorio Libero di Trieste? Non si può cadere dal letto dopo 50 anni e sostenere di non essere in Italia. Dopo che hanno avuto un titolo di studio, una patente, un lavoro e una pensione. Tra i contrari c’è anche la Lega Nord? Si lamenta che non è stato fatto nulla dopo che è stata al governo e che ha avuto un ministro come Giulio Tremonti. Mi sembra fuori luogo. Il problema è il mitico Punto Franco... Che nessuno cancella. La norma approvata consente di spostarlo da un’altra parte. E dove per esempio? C’è tutta l’area di Montedoro con i terreni da bonificare dell’Ex Aquila. C’è Fernetti, Prosecco... In un’intervista del 2009 aveva dichiarato che avrebbe fatto volentieri il presidente del Porto... Roba vecchia. Come valuta la presidenza di Marina Monassi? Il mio giudizio è molto negativo. La presidente Monassi si è opposta in tutti i modi alla sdemanializzazione. I risultati dei traffici che sbandiera li ha ottenuti grazie alla chiusura del teminal petrolifero di Marsiglia. Chi vede bene come prossimo presidente? Visto che non si dovrà occupare di Porto Vecchio, basta un bravo tecnico. Un nome della terna? Non li conosco. O meglio conosco quello (Gurrieri, ndr) che sarebbe bene non mettessero a fare il presidente dell’Autorità portuale. Il motivo? Purtroppo è legato a una presidenza e a un passato che spero passino presto. Nulla di personale. E la nomina di Pier Giorgio Luccarini a Trieste Terminal Passeggeri? Mi sembra una cosa che viene dalle catacombe. Luccarini non è neppure uomo della seconda Repubblica che è già finita. E un uomo finito sepolto dalla prima Repubblica. Un minimo di decenza. Anche lui dovrebbe aver il buon gusto di non proporsi per questi incarichi... Ma esiste o no questo patto della jota stipulato da Suban... Oggi possiamo svelare che a quell’incontro (presenti Antonione, Saro, Colautti, Bandelli, Rosolen Rosato e Cosolini, ndr) non abbiamo parlato solo di città metropolitana, ma anche del futuro del Porto Vecchio. E se i risultati sono questi... altro che jota. Viva Suban, insomma. Se fa crollare i muri, un monumento anche a Suban. (...che si aggiunge a quello del vescovo Santin e del senatore Russo...).

Fabio Dorigo

 

«Ora un gioco di squadra per il rilancio di Trieste»
Il deputato democratico Rosato brinda all’emendamento alla Legge di Stabilità - «Dobbiamo fare quadrato attorno al sindaco e rompere con l’immobilismo»
L’hashtag non mente mai. #lavoltabuona è quello che appare sull’invito al Caffè Tommaseo. Ettore Rosato, renziano prima ancora di Renzi, non ha dubbi sulla “volta buona” per Trieste e il Porto Vecchio. Poco importa se l’emendamento ”buono” alla Legge di Stabilità è stato quello del collega senatore Francesco Russo. Ettore ci aveva provato senza fortuna qualche anno fa assieme ai parlamentari di centrodestra Roberto Menia e Roberto Antonione. Ora la sdemanializzazione è legge. E così Rosato ha dato appuntamento a tutti ieri per «un brindisi nel quale scambiarci gli auguri e qualche opinione sull'anno che andiamo a chiudere e su quello che andiamo ad aprire». Non mancavano il senatore Russo, la deputata Tamara Blazina, i sindaci Roberto Cosolini e Nerio Nesladek. «È una fase in cui sono molto più spesso a Roma di quanto pensassi e di quanto volevo» si giustifica con gli amici Rosato. «Stiamo vivendo una stagione straordinaria per il Paese. Chiudiamo questo anno con l’approvazione di una Legge di Stabilità che ha tutte le carte in regola per cambiare totalmente l’aspetto del prossimo 2015», dice il deputato prima di aprire il capitolo Trieste con “la riga straordinaria” tirata su Porto Vecchio e la soluzione della Ferriera. «Mai in nessun anno abbiamo ottenuto risultati così importanti per la città come negli ultimi due mesi grazie al lavoro di squadra con il sindaco Cosolini e la governatrice Serracchiani. A cui si aggiunge l’emendamento di Francesco (non il Papa, ovviamente, ndr)» tesse il bilancio Rosato che prima della conferenza stampa ha persino incrociato in piazza Unità lo sparuto corteo indipendendista che, in maniera bonaria, l’ha apostrofato come “basabanchi e mangnapane a tradimento”. «Quando vedo Giorgio Marchesich sfilare con manifesti in inglese mi fa quasi tenerezza» sorride Rosato pensando alla pronuncia anglosassone di Jure. «Dopo l’emendamento di Russo c’è un percorso lungo da fare tutti assieme. Sul Porto Vecchio si gioca il futuro di Trieste» spiega l’onorevole che ormai traduce in simultanea il verbo renziano. «Solo cambiando si può cambiare e dare un futuro. Noi non crediamo nell’immobilismo. Dobbiamo lavorare in maniera stretta attorno al sindaco. Fare il sindaco oggi è molto più difficile di dieci anni fa» spiega il sindaco mancato. «Trieste è la tredicesima città italiana. Non dobbiamo dimenticarcelo». Magari porta fortuna. Cosolini, seduto in prima fila, si gode la seconda investitura per un bis dopo quella di Russo. Fosse mai #lavoltabuona.

Fabio Dorigo

 

«In Comune una commissione bipartisan di controllo sull’operazione» - FORZA ITALIA ANNUNCIA UNA MOZIONE
Sulla sdemanializzazione del Porto Vecchio di Trieste spunta ora una commissione bipartisan (senza alcuno costo) a prova di corruzione e speculazione. A proporla è Forza Italia che annuncia di voler depositare in Comune una mozione. «Visti gli ultimi scandali che hanno coinvolto altre grandi opere a livello nazionale - si legge nella mozione - si impegna la giunta a istituire una commissione di soggetti di comprovata competenza ed esperienza in materia amministrativa, urbanistica, trasportistica, e imprenditoriale rappresentativa di tutte le forze presenti in Consiglio comunale con funzioni di consulenza, controllo e vigilanza». Il motivo? «Forza Italia intende con questa mozione - spiega il deputato forzista Sandra Savino - scoprire se veramente qualche esponente del centrosinistra ha espresso un auspicio sincero quando, sulla questione di Porto Vecchio, ha lanciato un appello al coinvolgimento anche delle forze politiche di opposizione. Credo che questa nostra proposta della commissione di esperti, senza alcun costo per le casse pubbliche, possa essere una soluzione convincente per spianare il campo dai sospetti che aleggiano attorno a questo blitz del Pd sul Porto vecchio. Blitz compiuto sotto forma di emendamento che per altro non prevede alcun progetto, neanche di massima, per l'area in oggetto». Un tentativo di rientrare in gioco dopo che a livello romano la deputata si era accodata al contro emendamento del leghista Massimiliano Fedriga. «Faccio inoltre presente - aggiunge Savino - che su temi strategici di questa portata, attraverso i quali si delinea il futuro della città, le necessità di garanzia democratica che attengono alla trasparenza e alla conoscenza degli atti non possono essere ignorate: soprattutto se siamo di fronte ad un allineamento dei pianeti in base al quale ci ritroviamo con una stessa forza politica che è al governo del Paese e che amministra tutti gli enti locali del nostro territorio». Una linea condivisa, ovviamente, anche dal capogruppo comunale di Forza Italia Everest Bertoli: «Il Comune di fatto, oltre ad essere l'istituzione più vicina ai cittadini, è l'ente locale che in questo provvedimento afferente al Porto vecchio assume un ruolo di protagonista primario. Ritengo quindi più che opportuno che il Consiglio comunale venga concretamente coinvolto attraverso questa commissione che si occupi di affiancare il Consiglio stesso attraverso il coinvolgimento di una serie di figure la cui competenza e la cui esperienza possano offrire un significativo contributo».

 

Provincia, il Magazzino delle Idee rischia di tornare all’Authority
Il taglio dell’80% delle spese imposto a Palazzo Galatti comprende anche i 104mila euro annui di affitto dell’edificio di corso Cavour. Bassa Poropat: difficile continuare senza uno sponsor generoso
Un Magazzino che rischia di rimanere senza idee. A causa della spending review chiesta dal governo centrale nel 2010 e recepita in ritardo dalla Regione Friuli Venezia Giulia. La mostra “L’Europa in guerra. Tracce del secolo breve” (rassegna di opere d’arte e documenti sulla Grande Guerra allestita per il centenario che chiuderà a fine febbraio) potrebbe essere l’ultima tra quelle ospitate dal Magazzino delle Idee della Provincia di Trieste che in questi due anni (è stato inaugurato il 20 settembre 2012) ha visto passare il Carso di Scipio Slataper, l’opera di Bogdam Grom, lo swing di Lelio Luttazzi, la collezione Malabotta e il restaurato squalo bianco dei Civici musei (tutte a ingresso libero). Il Magazzino di corso Cavour, a corto di idee, rischia di dover essere restituito nel giro di un semestre all’Autorità portuale che ne è la proprietaria e che ha sostenuto gli ingenti costi di ristrutturazione. Si tratta, infatti, di un magazzino portuale riconvertito in polo culturale e spazio espositivo che la Provincia ha preso in locazione per 105mila euro all’anno. «Entro gennaio dobbiamo prendere una decisione» spiega Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia da tempo in via di liquidazione con delega alla Cultura. «Stiamo facendo le valutazione rispetto alle risorse che possiamo utilizzare per il mantenimento del Magazzino delle Idee. Il decreto legge del maggio 2010, il numero 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), recepito in ritardo dalla nostra Regione, prevede un taglio pari all’80% per quando riguarda spese di convegni, mostre, pubblicità e comunicazione. Si parte purtroppo dal 2009, anno in cui noi non avevamo il Magazzino delle Idee. Il problema è che in queste spese da tagliare ci viene computato anche il canone di affitto del Magazzino. E non solo gli eventi culturali. Impossibile in questo modo far quadrare i conti», spiega la presidente. «Per ora siamo a posto, ma dobbiamo capire cosa fare per il 2015. Stiamo valutando i costi del Magazzino delle Idee dove, tra l’altro, abbiamo dislocato parte degli uffici della Cultura. Dobbiamo fare una serie di conti per capire se rientriamo nei limiti della norma, o se invece dobbiamo con sei mesi di anticipo restituirlo all’Autorità portuale. Dobbiamo decidere entro gennaio. L’Autorità ci ha riconosciuto una serie di lavori di miglioramento della struttura per circa 17mila euro che andrebbero a ridurre l’oneroso canone di affitto». La Provincia nel Magazzino delle Idee ha speso circa 60 mila euro: dall’impianto di traduzione simultanea al sistema di allarme (indispensabile per le mostre). Che ne sarà quindi del Magazzino delle Idee? Per il 2015 non è previsto nulla per ora. «Non è che noi non abbiamo una programmazione in testa, ma dobbiamo prima risolvere alcuni problemi finanziari legati al tagli dell’80% delle spese». Il problema è il computo dell’affitto che mette fuori gioco il Magazzino delle Idee. «Le mostre hanno un costo relativo visto che gli allestimenti li facciamo con la nostra struttura e poi utilizziamo risorse degli sponsor - spiega Bassa Poropat - Sarebbe un peccato perdere questa struttura per la città, che è stata apprezzata non solo per le mostre. È uno spazio che ormai ha la sua identità, con un auditorium perfetto per i convegni. Abbiamo ancora un mese di tempo per valutare il da farsi. Non sarà facile, a meno di non trovare uno sponsor generoso». E le altre istituzioni locali? Il Comune non sembra molto interessato neppure in prospettiva ad accollarsi la gestione dello spazio e soprattutto l’onere dell’affitto. C’è anche un investimento di 60mila euro della Provincia da tutelare. «È chiaro che l’impianto di traduzione simultaneo può essere smontato e spostato» spiega la presidente. Il sistema di traduzione simultanea potrebbe tornare utile al Comune se magari decide, come vorrebbe il presidente Iztok Furlanic, di introdurre la lingua slovena in Consiglio comunale. Un’idea, appunto, presa dal Magazzino delle Idee.

Fabio Dorigo

 

 

Opicina, giù l’ex caserma: via al nuovo edificio
Da gennaio i lavori per il centro polifunzionale: tra le ipotesi info-point e vetrina di prodotti tipici
Diventerà quasi certamente un centro polifunzionale nel cuore di Opicina, e fra le ipotesi c’è quella che ospiti una vetrina dei prodotti tipici della zona. Ma sui dettagli i vertici della Nova srl, controllata della cooperativa Rivendita Sociale e proprietaria dell’ex caserma della Guardia di Finanza, di via Nazionale, non si sbottonano. Intanto, fatta salva la pausa natalizia, proseguono i lavori per la conversione dell’ex sito militare che, degradato e chiuso da diversi anni, si appresta a una metamorfosi che secondo quanto dichiarato dai nuovi proprietari sarà a beneficio della comunità opicinese. Di recente è stata completata la demolizione della vecchia caserma: l’edificio da tempo sprangato non esiste più e da gennaio l’impresa Debelis getterà le prime fondamenta al grezzo del futuro centro polifunzionale. «Su quel che il nuovo immobile ospiterà cerchiamo di non sbilanciarci – afferma Paolo Calzi, presidente di Rivendita Sociale e Nova srl – procediamo con attenzione e valuteremo strada facendo cosa sarà più conveniente installare. Quel che è certo è che si tratterà di strutture utili alla comunità. In questo periodo inoltre intensificheremo i contatti con la cittadinanza, perché è importante recepire i suggerimenti e le indicazioni di chi a Opicina vive ogni giorno. Noi siamo al loro servizio». L’ex stabile della Guardia di Finanza si trovava a pochi metri dalla rotatoria centrale del paese ed è stato rilevato dalla Rivendita sociale circa sette anni fa per una cifra non lontana dal milione di euro. Nei propositi dei nuovi proprietari, la costruzione di un centro polifunzionale - per un investimento di circa due milioni di euro - capace di garantire alla frazione un salto di qualità sotto il profilo turistico. È un dato di fatto che al momento attuale la frazione opicinese abbia necessità di dare al flusso di turisti servizi e informazioni più puntuali e esaustive. È anche vero che il passaggio di turisti sia notevolmente aumentato da quando finalmente il Tram di Opicina garantisce un servizio puntuale. Per queste ragioni nel futuro centro polifunzionale potrebbero sorgere, oltre a un info - point sulle potenzialità turistiche del Carso, anche un punto di ristoro e una vetrina con i prodotti tipici dell’Altipiano e dell’intero comprensorio triestino. «Staremo attenti a fare le valutazioni giuste», aggiungono dalla Rivendita Sociale. Ma è evidente che se il centro diventerà realtà, vi saranno anche importanti ricadute sotto il profilo occupazionale. Ci sono comunque a oggi tutte le condizioni per potenziare l’offerta di servizi e esercizi nel centro di Opicina, con grande soddisfazione della locale circoscrizione che su questa iniziativa si trova pienamente al fianco dei suoi protagonisti.

Maurizio Lozei

 

 

Duino: raccolta differenziata ma con un sistema “misto”
Il sindaco Kukanja anticipa le linee della giunta in materia di “porta a porta” che sarà attuata parzialmente. E a Romita replica: «Non ce ne andiamo»

DUINO AURISINA «Stia tranquillo Romita, perché dovrà buttar giù ancora qualche panettone e se non gli piace proprio, possiamo provvedere anche con un presnitz...»” Alla stoccata di ieri dell'opposizione, che prospettava scenari politici di crisi nel 2015, per una giunta a suo dire ai ferri corti, Vladimir Kukanja replica con una battuta. Come a dire: noi dal municipio non ci muoviamo. Il sindaco infatti archivia le frecciate e la maretta con gli alleati del Partito democratico come semplici “diversità di opinioni, che rappresentano una ricchezza e il cammino verso la costruzione di soluzioni che possano soddisfare tutti”. «Da noi, nel centrosinistra intendo, non c'è uno comanda e su chi tutti si appiattiscono, come probabilmente avviene nel partito di Romita – sottolinea Kukanja –: fosse così, ce ne staremmo a casa. E poi non mi pare vi siano scontri o guerre in atto, bensì una dialettica tra compagini politiche differenti: uno scambio di vedute che porta a crescere, dunque una cosa buona». Insomma, il primo cittadino traccia una linea di demarcazione tra destra e sinistra e a quella riconduce, per minimizzarli, gli screzi che negli ultimi mesi si sono segnalati in aula. «A volte si stempera il clima di pesantezza per una situazione quotidiana certamente non facile – prosegue Kukanja – con una battuta, tesa a sdrammatizzare, ma spesso questa non viene colta e interpretata per ciò che è». Sarà, ma battute che assimilano il piddino Roberto Gotter a un “Brunetta ai tempi d'oro”, così come riferito qualche settimana fa dal sindaco, paiono difficilmente digeribili, almeno ai diretti interessati. «Può essere – replica il primo cittadino - ma anche un Gotter potrebbe accettarle, ripeto: una battuta sdrammatizza un problema». Quanto alle divergenze di vedute, per Kukanja si tratta di situazioni fisiologiche: «A questa negatività che ci circonda si reagisce col confronto, per cercare di individuare le soluzioni più adatte a tutti». Vedi anche la questione dei rifiuti, che però viene negativamente ricordata dal consigliere Massimo Romita, che ha già confezionato un dossier fotografico sulle recenti festività, con immagini di cassonetti straripanti in diversi punti del Comune. «La scarsa adesione all'incontro indetto a cavallo delle ricorrenze natalizie da Gotter – asserisce il sindaco – è dovuta solo alla concomitanza di eventi, certo non allo scarso interesse delle persone, anzi il tema è molto importante e sentito da tutti». Quanto alla decadenza della commissione (“rilevata non dagli alleati, bensì dagli uffici”, precisa Kukanja) «Gotter ha sbagliato a convocarla come Paes, meglio sarebbe stato indirla come incontro di partito, di centrosinistra o in qualsivoglia altra forma». A questo punto il sindaco si sbilancia anche sul sistema di raccolta porta a porta: «Ha certamente i suoi pro, ma anche i suoi contro: in un territorio, come il nostro sferzato dalla bora, se lasciamo il sacchetto fuori casa dove lo andiamo a recuperare?». Il sindaco ben vedrebbe, invece, «un sistema integrato o misto», comunque una soluzione tarata sulle esigenze precipue di Duino Aurisina. Quanto alle divisioni, che per il centrodestra potrebbe essere foriere di elezioni prima del previsto, Kukanja esclude votazioni anticipate e rimpasti di giunta: tutto resta così com'è.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 dicembre 2014

 

 

«Sul Polo museale dell’Icmp pronti ad andare in Procura»

Porto Vecchio, Italia Nostra attacca l’Authority: restauri costati milioni di euro, nessuna risposta sulla gestione futura. In caso di chiusura adiremo le vie legali
A tenere in vita l’Istituto di Cultura marittimo portuale, attualmente in liquidazione, sembra essere solo l’erezione della statua di monsignor Antonio Santin. «Altrimenti devono restituire i soldi ottenuti dalla Regione» spiega l’avvocato Marcello Perna. Si tratta di 110 mila euro affidati nel 2012, a fine legislatura, all’Istituto di cultura marittimo portuale per realizzare un monumento al vescovo Santin in testa al Molo IV (foto). La statua, assegnata nel novembre 2013 allo scultore trentino Bruno Lucchi (per 80mila euro), attende ora la fusione bronzea. La parte burocratica (compresa l'autorizzazione della Soprintendenza dopo il taglio da 7 a 2,5 metri del basamento), è stata portata a termine. A seguire il procedimento è l’architetto Antonella Caroli, direttore dell’Icmp, sotto contratto fino al prossimo aprile. (fa.do.)di Fabio Dorigo «Siamo pronti ad agire legalmente e a presentare un esposto alla Procura». L’avvocato Marcello Perna, presidente della sezione di Trieste di Italia Nostra, manda un avviso all’Autorità portuale di Trieste sulla liquidazione in corso dell’Istituto di cultura marittimo portuale (Icmp) che mette a rischio il futuro del polo museale del Porto Vecchio. «Se la stazione idrodinamica verrà chiusa al pubblico e ai volontari verrà impedito l’ingresso noi agiremo di conseguenza. La cosa non finirà qui» spiega Perna. Il tempo è scaduto: il 31 dicembre si avvicina e lo smobilizzo è nell’aria. L’associazione Aldebaran ha già smantellato le mostre allestite alla centrale idrodinamica. Un polo museale lasciato alla deriva dall’Autorità portuale in mano a Marina Monassi. «In relazione alla convenzione esistente tra l'Icmp di Trieste e Italia Nostra nazionale, per la collaborazione nel Polo museale, ancora in atto fino a giugno 2015, e dell'articolo 11 di questa che precisa che qualsiasi modifica o integrazione debba essere motivata e concordata per iscritto tra le parti - spiega Perna - Italia Nostra ritiene che, fino a quando non verrà formalmente revocata o scadrà la suddetta convenzione, ha il dovere di continuare ad assicurare l'apertura al pubblico del polo museale». Tra l'altro Italia Nostra ha chiesto ufficialmente il subentro nella gestione del Polo museale senza ricevere alcuna comunicazione in merito. «Non ci hanno degnato neanche una risposta - aggiunge l’avvocato di Italia Nostra - Grazie ai nostri volontari la Centrale idrodinamica è rimasta ininterrottamente aperta al pubblico dal giugno 2012, e ha potuto essere utilizzata, con la loro sorveglianza, anche in orari serali. Altre associazioni hanno contribuito, a titolo gratuito, ad allestire mostre che hanno dato vita ad appuntamenti importanti». Ma non è tutto. «La Sottostazione elettrica resta l'altro punto dolente di tutta la vicenda del Polo museale, essendone stata impedita la fruizione pubblica da moltissimi mesi e senza alcuna motivazione, nonostante i finanziamenti pubblici conseguiti per questo: quanto meno, sempre grazie alla disponibilità di Italia Nostra, si sarebbe potuto permettere l'apertura della sala, un gioiello che tutti vorrebbero conoscere» continua Perna. Il restauro e recupero della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica sono costati la bellezza di 12 milioni di euro di fondi pubblici. «Considerati gli alti costi sostenuti per la costituzione del Polo museale, il cui scopo appare vanificato, si interesseranno gli organi di vigilanza per chiarire responsabilità e decisioni inesplicabili che hanno ridotto senza ragione il godimento dei beni pubblici tutelati: non è più possibile conoscere con chiarezza né orari di apertura, né le giornate, né un programma di attività future, che ben difficilmente appare direttamente gestibile dall'Autorità portuale». Italia Nostra avanza «dubbi sulla legittimità delle scelte che hanno portato, a pochi giorni dalla scadenza dei vertici dall'Authority, alla liquidazione dell'Icmp». Spiega Perna: «Da nostre fonti risulterebbe infatti che il rilievo della Sezione del Controllo sugli Enti della Corte dei conti (n. 119/2013) abbia riguardato in particolare enti o fondazioni in concorrenza con altri interventi delle Autorità portuali, comportanti l'utilizzo di risorse finanziarie di natura pubblica: ma dovrebbero restarne escluse, in base all'articolo 4 del dl 95/012, le fondazioni istituite per promuovere i beni e le attività culturali. Non sappiamo se l'Autorità portuale abbia fatto presente agli organi di vigilanza la particolarità della fondazione, almeno per il settore museale, la Convenzione con Italia Nostra nazionale». Italia Nostra intanto continuerà ad assicurare il proprio servizio per garantire l'apertura continua al pubblico del polo museale, «riservandosi di valutare sotto l'aspetto legale di danno pubblico e d'immagine, l'eventuale interdizione ai propri volontari dell'accesso alla centrale idrodinamica, quanto meno sino a che non avrà ricevuto comunicazione ufficiale dell'estinzione dell’Icmp».

 

 

Presentazione Marcia della Pace a Capodanno

Oggi alle 11.30 al Caffè San Marco conferenza stampa con l'Intergruppo "consiglieri per la Pace" di Comune e Provincia, per presentare la Marcia di Pace e Convivenza a Trieste, in agenda il 1° gennaio 2015. L’iniziativa è organizzata dal Comitato pace e convivenza Danilo Dolci, in base al messaggio di papa Francesco: «Non più schiavi, ma fratelli».

 

 

 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - MERCOLEDI', 24 dicembre 2014

 

 

Ferriera di Trieste, “crisi risolta ma nell’accordo non è prevista la bonifica”
L'entusiasmo per la risoluzione della crisi industriale non ha però contagiato tutti: “Abbiamo segnalato alla Procura della Repubblica alcune incongruenze”, ha dichiarato Andrea Ussai, consigliere regionale del M5S e anche gli ambientalisti puntano il dito sull'inquinamento: "La situazione non è migliorata"
La Ferriera di Trieste, impianto siderurgico noto alle cronache per le emissioni inquinanti e l’alta incidenza di tumori registrati fra la popolazione della città sembra aver superato – con l’acquisto da parte del gruppo Arvedi – la fase di crisi industriale complessa. Ma a quale prezzo? Se a Roma il premier Matteo Renzi esulta in seguito alla firma dell’Accordo di Programma per il passaggio di proprietà, per il M5s l’accordo non rispetta la legge a causa della presenza – nella nuova amministrazione – di un indagato per smaltimento illecito di rifiuti. E gli ambientalisti rincarano la dose: “Nell’accordo non si parla di bonifiche, né si prendono in considerazione le sostanze inquinanti emesse nell’aria”, denunciano, puntando il dito contro Stato e Regione. La Procura triestina ha aperto un nuovo fascicolo sui “recenti episodi di inquinamento”.
L’aria di festa che si è respirata a Roma durante la firma dell’Accordo di programma, lontano dalle ciminiere della Ferriera, non è durata a lungo. Il presidente del Consiglio ci ha voluto mettere la faccia, vedendo nella risoluzione della crisi un esempio della sua politica del fare: “Oggi accordo con Regione FVG e Arvedi per la Ferriera di Trieste. Salvati 410 posti di lavoro diretti + oltre 1000 in indotto #bastainsulti”, aveva twittato.
L’entusiasmo per la stipula dell’accordo, sottoscritto lo scorso 21 novembre dalla Presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, dai ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, oltre che dall’Autorità Portuale di Trieste e dall’acquirente, non ha però contagiato tutti: “Abbiamo segnalato alla Procura della Repubblica alcune incongruenze”, ha dichiarato Andrea Ussai, consigliere regionale del M5S. Nel mirino c’è Francesco Rosato, già direttore dello stabilimento siderurgico sotto la precedente gestione Lucchini, oggi amministratore di Siderurgica Triestina, la società interamente controllata dal gruppo Arvedi, che ha acquisito l’impianto industriale. Rosato nel 2013 è stato rinviato a giudizio, presso il tribunale di Grosseto, per smaltimento illecito di rifiuti, un’attività legata – secondo l’accusa – alla sua precedente direzione della Ferriera. Un problema. Per la normativa in materia, infatti, “i soggetti interessati […] non devono essere responsabili della contaminazione del sito oggetto degli interventi di messa in sicurezza e bonifica”, recita infatti l’art. 252-bis, comma 4, della L. 9/2014. La normativa prevede delle eccezioni, è vero, ma unicamente nel caso in cui sussistano ulteriori, precise condizioni. Tra le altre, un piano finanziario che garantisca la sostenibilità economica degli interventi “in misura non inferiore a dieci anni”. Quello presentato da Siderurgica Triestina e allegato all’Accordo, invece, riguarda il solo triennio 2014-2016. Le conseguenze non sono da poco: “Nell’Accordo è stato espressamente dichiarato, a firma dell’amministratore Mario Caldonazzo, che sussistono i requisiti richiesti dall’articolo 252-bis: si tratta di un falso, il che renderebbe di fatto nullo l’Accordo sottoscritto”, ha dichiarato al fattoquotidiano.it il legale del M5s Gabriele Paoletti.
All’azione dei pentastellati si aggiunge la critica degli ambientalisti locali. L’associazione NoSmog, per bocca della sua presidente Alda Sancin, punta il dito sullo stato attuale dell’impianto: “La situazione dopo l’arrivo di Arvedi non è migliorata affatto, i primi giorni dalla messa in moto dell’altoforno c’è stato un delirio, delle nuvole sulfuree simili a nebbia hanno ricoperto Servola, il quartiere a ridosso della Ferriera”. L’aspettativa, va detto, non era delle migliori: “Nell’intero Accordo di programma la parola ‘bonifiche’ è completamente scomparsa. Si parla solo di ‘messa in sicurezza’ degli impianti: una differenza sostanziale”. Nessun cenno anche alle emissioni inquinamenti disperse nell’aria, l’aspetto più preoccupante per chi vive in quartieri che hanno spesso superato l’emergenza registrata nei pressi dell’Ilva di Taranto. “Si rimanda tutto alla futura Aia (Autorizzazione integrata ambientale, nda), mentre al momento è ancora in vigore quella precedente in regime di prorogatio, e scaduta lo scorso febbraio”. Un’Aia che il pm Federico Frezza, in una conferenza stampa di ormai un anno fa, aveva definito “vaga e generica, talmente generica da non essere violabile”.
Eppure, nonostante la vaghezza e genericità dell’Aia, sembrerebbe che si sia riusciti a violarla. “Otto recenti episodi di inquinamento” hanno infatti spinto la Procura di Trieste ad aprire un nuovo fascicolo: sotto indagine è finito, ancora una volta, Francesco Rosato, stavolta per vicende successive al recente cambio di proprietà. L’amministratore di Siderurgica Triestina è accusato, oltre che di non aver rispettato l’Aia, anche di una serie di violazioni relative all’omesso controllo del ciclo produttivo, della mancata adozione dei migliori apparati anti-inquinamento e della carente manutenzione della cokeria, la quale avrebbe dovuto permettere una riduzione degli inquinanti emessi dallo stabilimento siderurgico.
Stefano Tieri

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 dicembre 2014

 

 

«Porto Vecchio e città: li unirà il Cosolini-bis»

Il senatore Russo: «L’operazione sarà concretizzata nel secondo mandato dell’attuale sindaco. Serviranno atti amministrativi e decreti attuativi»
«Il conglobamento nella città del Porto Vecchio si concretizzerà nel corso del secondo mandato del sindaco Roberto Cosolini, anzi sarà la sua priorità assoluta per la quale avrà bisogno della collaborazione anche del centrodestra, del Movimento 5 Stelle e di tutte le altre forze ed espressioni politiche locali». Il senatore del Pd Francesco Russo gusta ancora il successo del suo emendamento inserito nella Legge di stabilità, passato lunedì anche alla Camera, che prevede il passaggio del Porto Vecchio dal Demanio marittimo a quello comunale e permette lo spostamento del Punto franco. Senatore Russo, ma era proprio necessario un blitz per riuscirci? È stato un blitz come modalità tecnica grazie all’emendamento alla Legge di stabilità, ma ci stavo lavorando da tempo e lo avevo dichiarato anche al Piccolo due settimane prima. Una procedura parlamentare normale e regolare, è bastata un po’ di buona volontà, quella che era mancata negli anni precedenti. Se qualcuno si fosse mosso prima, Fiat e Generali non sarebbero scappate. Mi dispiace che un pezzo di politica triestina - e penso a Sandra Savino, alla Lega e ai Cinquestelle - sia in completa distonia rispetto all’elettorato: in migliaia mi hanno mandato messaggi in tutti modi per complimentarsi. Mi hanno colpito coloro che hanno commentato: così avete ridato a Trieste una grande speranza per il futuro. Certe prese di posizione di Fedriga e Prodani mi fanno temere che il conservatorismo non finisca con l’uscita di scena di Marina Monassi. C’è stata però anche la contestazione e continua la forte opposizione dei movimenti indipendentisti. Dovrebbero ringraziarmi perché proprio grazie a questo emendamento, sul Porto Vecchio, a differenza di ciò che avviene adesso, sventolerà la bandiera rossoalabardata: è la loro stessa bandiera. Sarà la municipalità ad avere in mano propria la riconversione, non più l’Autorità portuale che è autoreferenziale. Il processo sarà controllato e toglierà di mezzo i poteri forti. Quanto al Punto franco, dove si rivelerà utile non verrà toccato. Forse però sarà importante sfruttare i suoi vantaggi che nessuno disconosce là dove serviranno di più, penso ad esempio al terminal traghetti della Teseco o a quello intermodale di Fernetti. Ma per portare concretamente a termine la “sdemanializzazione” servirà un’ulteriore legge? Questa legge è sufficiente, è un passaggio di non ritorno. Serviranno indubbiamente atti amministrativi e decreti attuativi. Il Governo dovrà convocare Autorità portuale e Comune per il passaggio di aree e strutture. Atti formali serviranno anche per l’urbanizzazione e per lo spostamento di porzioni del Punto franco. È stato insinuato addirittura il dubbio di possibili fenomeni criminosi nelle gare che ci saranno e nelle lottizzazioni dell’area. All’inizio di gennaio andrò a trovare il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone per invitarlo a sorvegliare le procedure di passaggio in Porto Vecchio affinché tutto si svolga nella massima trasparenza e correttezza. Invito anche tutti i politici, di Sinistra, di Centro e di Destra a lavorare tutti assieme per riqualificare questo territorio che sarà un terzo della nuova Trieste. Non si temono tempi troppo lunghi per portare a termine l’operazione? La sfida più grande sarà proprio quella di ridurre al minimo la tempistica. Questa credo che sarà la grande avventura del secondo mandato del sindaco Cosolini che sono convinto verrà rieletto anche perché con il passaggio del Porto Vecchio alla città il centrosinistra ha dimostrato di saper vincere le battaglie più importanti per Trieste. Riqualificazione e saldatura alla città potrebbero essere concluse entro il prossimo mandato. L’accelerazione potrebbe essere favorita anche dall’insediamento di un nuovo presidente al vertice dell’Autorità portuale? Certamente. Mi auguro possa avvenire il prima possibile e spero che la governatrice Debora Serracchiani metta in campo tutta la propria autorevolezza perché ci sia finalmente la nomina. Non mi piacciono affatto nemmeno gli ultimi segnali che arrivano dalla gestione Monassi con le concessioni fatte in quel modo e che adesso rischiano di rallentare gli investimenti di Arvedi a Servola e con la nomina a presidente di Trieste terminal passeggeri di Pier Giorgio Luccarini, persona onesta, ma fortemente legata a personaggi come Giulio Camber che da decenni bloccano lo sviluppo della città.

Silvio Maranzana

 

Porto Vecchio sdemanializzato, occasione per il futuro - LA LETTERA DEL GIORNO di Pino Podgornik

È accaduto quello che (quasi) tutti desideravano : la sdemanializzazione del Porto Franco Vecchio. Finalmente una bella notizia per una città dormiente e radicata nel passato come la nostra. Ora la fantasia dei politici, proprio quelli che lo blindavano (il Porto Vecchio), viene a galla e le congetture e le idee si sprecano, allo scopo di arrivare primi. Quella che maggiormente mi ha lasciato basito è stata la proposta della deputata Savino, militante in Forza Italia: trasferire l'ospedale di Cattinara in Porto Vecchio. Una cosa sorprendente per uno come me che ci ha lavorato per più di venticinque anni. Vedere trasformato il Porto Vecchio in un ospedale era l'ultima cosa che mi sarei aspettato e su cui avrei scommesso. Dopo aver visto passare ogni tipo di merce quali arance, banane, cotone ,datteri, erbe, filati, ghisa, humus, impiantistica, lino, macchinari, eccetera e dopo aver visto scorazzare buoi, cavalli e pecore, non desidererei vedere ammalati e dottori sulle banchine, sarebbe triste ed antiestetico trasformare il Porto Vecchio in un virtuale Lazzaretto. E chi si accollerebbe le spese per la costruzione del nuovo nosocomio e per l'abbattimento dell'ecomostro (così lo definisce la Savino)di Cattinara? Ulteriori spese e quindi ulteriori sforbiciate per la nostra salute, altri tagli di letti, sia come numero che come tipo, con conseguente ricovero di meno pazienti e su poco confortevoli … brande o lettini da campo. Questo ci potrebbe capitare! «I soldi ci sono, li ha stanziati Tondo», questa l'affermazione della Savino, per avvalorare la sua proposta. «Ci dica dove» rispondo io. Essere vicini ad un tesoro e non aver le chiavi per aprire la cassaforte in cui è custodito, è molto deprimente . Voleva forse la deputata, con la sua idea creativa , approfittare anche della vicinanza del mare per aprire nuovi reparti di talassoterapia, copiando un po' dalla vicina Ancarano? L'unica cosa da fare, secondo me, è agire immediatamente per cambiare le regole restrittive che fanno capo alle Belle Arti ed alla Soprintendenza, affinché i magazzini obsoleti, senza toccare la centrale idrodinamica che rimane l'unica costruzione degna di considerazione, possano essere abbattuti e riciclati (con le stesse pietre centenarie) , e progettati dei nuovi, da architetti che guardino al ventunesimo secolo e non al diciottesimo. I tempi di Maria Teresa sono ormai lontani e il Porto Vecchio non è il Colosseo o la Valle dei Templi, e quindi non si tratterebbe di un delitto l'abbattimento dei vecchi ed inutilizzabili capannoni . E poi bisogna guardare al futuro , in tutti i sensi e con grande ottimismo. Ancora è tutto in alto mare e qualcuno parla già di speculazioni edilizie. L'unica cosa certa, a questo punto, è che queste affermazioni sono speculazioni politiche.

Pino Podgornik

 

 

Gli Usa appoggiano il rigassificatore a Veglia
Il progetto di costruzione di un rigassificatore sull'isola di Veglia, vicino alla città portuale di Fiume, ha «il pieno appoggio dell'amministrazione americana». Lo ha detto in un'intervista al giornale bosniaco Dnevni Avaz, Robin Dunningan, vice sottosegretario di Stato americano, incaricata delle questione energetiche. «Con il rigassificatore la Croazia potrebbe diventare uno snodo energetico regionale e il terminal su Veglia si trova sulla lista dei progetti prioritari dell'Ue che godono del pieno appoggio degli Stati uniti», ha spiegato. Dunningan ha aggiunto che l'obbiettivo di tutti è diversificare le fonti di gas nell'Europa centrale, affermando che in gioco non c'è solo il fattore energetico, ma che la sua realizzazione avrà anche un grande impatto sulla sicurezza della regione. «Questa è anche una delle ragioni per l'appoggio di Washington alla costruzione del gasdotto Transadriatico (Tap) che dovrebbe collegare il sud-est Europeo con il Mar Caspio», ha aggiunto.

(m. man.)

 

 

Festività, ecco dove smaltire i rifiuti
Alberi di Natale , imballaggi e regali tecnologici: tutto si può riciclare
Buone pratiche per un Natale green. Le consiglia AcegasApsAmga che dà alcuni suggerimenti per trascorrere le festività natalizie all’insegna della sostenibilità ambientale. Ovvero, come e dove smaltire i rifiuti. Laddove possibile, prestate attenzione anche al packaging dei regali, preferendo oggetti con imballaggi poco voluminosi e in materiali riciclabili. Per quel che riguarda invece i regali, una volta scartati è bene sapere come separare gli scarti. Gli imballaggi voluminosi in cartone devono essere ridotti di volume e conferiti insieme alla carta; la carta da regalo, se dorata o argentata, deve essere conferita nell’indifferenziato così come i nastri e i fiocchi colorati. Gli imballaggi in plastica o polistirolo vanno invece inseriti nei contenitori della plastica; se di grandi dimensioni, la loro destinazione sono i centri di raccolta. Se sporchi, vanno nell’indifferenziato. Il vetro: dopo il brindisi, le bottiglie vuote vanno conferite nei contenitori appositi. E le vecchie luci di Natale? Se non sono più utilizzabili, devono essere consegnate ai centri di raccolta. Gli alberi, invece? Quelli senza radici possono essere trasformati in fertilizzante, perciò vanno consegnati ai centri di raccolta. Anche gli alberi di Natale sintetici, vanno conferiti ai centri. Stesso destino per telefoni cellulari, pc, palmari e televisori non più funzionanti. E ora ricordiamo gli orari di apertura dei centri di raccolta: San Giacomo (via Carbonara 3), da lu a sa 9-19, do 9-13; Roiano (via Valmartinaga 10) da lu a sa 9-18; Opicina (strada per Vienna 84/a) da lu a sa 9-18; Campo Marzio (via Giulio Cesare 10) da lu a sa 6-16. I centri di raccolta chiuderanno domani, l’1 e 6 gennaio; il 26 aperto solo San Giacomo.

 

 

 

 

GREEENSTYLE.it - MARTEDI', 23 dicembre 2014

 

 

Natale: riciclo del vetro, i consigli per non sbagliare
A Natale i consumi aumentano, soprattutto di carattere alimentare, e con essi l’uso di bottiglie e barattoli in vetro che diventano rifiuto assieme a qualche bicchiere rotto durante un brindisi “vigoroso”. La produzione di rifiuti in questo periodo aumenta di un terzo e si stima che solo le bottiglie di vino, spumante e champagne utilizzate per i festeggiamenti, quest’anno saranno circa 90 milioni. Per realizzare una corretta raccolta differenziata anche in questo periodo dell’anno ci chiediamo: cosa realmente va conferito nel bidone del vetro e cosa no?
Ce lo dice CoReVe, il Consorzio Recupero Vetro, che fornisce alcuni consigli per una corretta raccolta del vetro, così da riuscire a riciclare il più possibile senza incorrere in gravi errori che possano contaminare il processo del riciclo.
Sì a bottiglie, vasetti, barattoli di marmellate, conserve, salse, ma no a piatti, tazzine o statuette del presepe in ceramica o porcellana, perché anche piccoli frammenti di esse in un intero carico sono responsabili di un’estrema fragilità del prodotto che ne inficia l’inserimento nel mercato.
Stessa cosa per la vetroceramica come il pyrex, che spesso risulta difficile distinguere dal vetro. Divieto assoluto anche per il cristallo, che contiene piombo e come tale va ad inquinare il processo di produzione del vetro, spesso utilizzato anche per la conservazione di alimenti.
Tornando poi al periodo natalizio, più volte ci si è chiesti se le palline in vetro, alcune decorazioni di Natale colorate, le lampadine o le luci, sono da considerare “vetro da riciclare”. La risposta è no: come la ceramica e il cristallo, questi materiali sono da considerare “falsi amici” del vetro e quindi sono destinati all’indifferenziato.
Se pensavamo di essere green proprio perché utilizzavamo decorazioni realizzate con un materiale che può essere riciclato, ci sbagliavamo. Forse ci conviene dirigerci verso tipi di materiali più naturali, magari anche utilizzando materiali di riciclo.
Rossana Andreato

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 dicembre 2014

 

 

Inquinamento - Polveri sottili in “agguato” - Per ora nessuna restrizione

È - quasi - allarme polveri sottili. Lo rende noto il Comune: in una nota, infatti, il municipio avverte che a seguito del protrarsi di condizioni climatiche caratterizzate da aria stagnante per la totale assenza di vento, sono prevedibili nei prossimi giorni concentrazioni elevate di polveri sottili con un massimo proprio a Natale e Santo Stefano. “Anche se non si dovrebbe arrivare alla chiusura del centro - annota ancora il Comune - si segnala un tanto perché la cittadinanza adotti comportamenti idonei a ridurre al minimo l’esposizione. Eventuali evoluzioni nelle condizioni climatiche che rendano necessaria l’adozione di provvedimenti restrittivi verranno tempestivamente comunicate”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 dicembre 2014

 

 

«Nuova intesa Authority-Comune per saldare Porto Vecchio alla città»

Dopo l’emendamento Russo aggiornato lo studio di un gruppo di lavoro guidato da Borruso

Il sindaco: «Nessuno discute l’utilità del Punto franco. Per questo lo metteremo dove serve»
«Alla luce delle novità portate dall'emendamento del senatore Francesco Russo si paleserà la necessità di predisporre una nuova intesa tra Porto e Comune: sarà indispensabile aggiornare i contenuti della pianificazione del porto e del suo rapporto con la città sulla base delle trasformazioni e dei cambiamenti funzionali che si verranno a definire nel corso del tempo. Si tratterà di rivedere il rapporto fra ambiti d’interesse urbano e ambiti d’interesse portuale alla luce delle evoluzioni in atto. Cio comporterà che il Piano regolatore urbano dovrà tener conto di tutti quegli ambiti che il Piano regolatore portuale riconoscerà come ambiti di interesse urbano, in quanto costituiscono parte effettiva della città». Sono gli aggiornamenti delle ultime ore a uno studio sul Porto Vecchio redatto da un gruppo di lavoro guidato dal professor Giacomo Borruso, docente di architettura e attualmente presidente del Terminal di Fernetti e del’Istituto per lo studio dei trasporti nell’integrazione economica europea. Riguardo al Punto franco, lo studio sottolinea che «il Governo ha attribuito al prefetto la competenza all’individuazione delle aree. Si tratta di una delega e come tale il prefetto, sebbene previa concertazione con la Regione e il Comune, avrà il compito di individuare nuove aree in cui poter ospitare il regime di franchigia doganale delle merci. Sia chiaro che resta il regime di franchigia internazionale previsto dall’Allegato VIII non trovando applicazione le norme del codice doganale comunitario. Lo spostamento non comporta l’eliminazione delle prerogative internazionali - sottolinea Borruso - ma appunto solo l’individuazione di nuovi spazi fisici dove le stesse troveranno la loro massima applicazione. All’individuazione delle aree seguirà un provvedimento normativo ad hoc (legge, decreto legislativo o ministeriale) che ne consacrerà lo spostamento». Un concetto questo sul quale è tornato ieri lo stesso sindaco Roberto Cosolini. «Nessuno mette in discussione l’utilità del Punto franco - ha specificato - ma proprio per questo è opportuno metterlo proprio là dove risulta più utile. Al di là di quanto prevede specificatamente l’emendamento che dopo il passaggio alla Camera di martedì sarà legge, spero di confrontarmi il prima possibile su questo punto proprio con il nuovo presidente e il segretario generale dell’Autorità portuale». Ancora tutta da approfondire invece anche secondo il sindaco la questione legata ai nuovi strumenti urbanistici che dovranno venir adottati anche se Cosolini stesso afferma che la futura acquisizione dell’area del Porto Vecchio «non comporterà ritardi nell’approvazione del Piano regolatore del Comune». «Lo Stato non ha soldi, ma il porto di Trieste necessita di infrastrutturazioni che richiedono investimenti corposi se vuole diventare competitivo - prosegue lo studio Borruso - Il vincolo al Demanio marittimo si giustifica in ragione dell’esistenza di un uso pubblico del mare. E che l’interesse pubblico allo svolgimento della funzione primaria del traffico portuale nel Porto Vecchio, non ci sia più, è evidente: non attraccano navi, non vi sono merci nei magazzini, non vi sono attività industriali di alcun tipo (Adriaterminal escluso). È evidente che il Porto Vecchio non ha più alcun legame con gli usi pubblici del mare che giustifichi il suo vincolo al regime del Demanio marittimo. Il Governo ha voluto offrire una nuova visione del Porto Vecchio restituendolo alla città. Molte risorse da reperire dovranno essere concentrate su iniziative volte al recupero a funzioni urbane, culturali, turistiche e di tempo libero dell’area con il fine di creare una nuova polarità urbana e un nuovo legame fisico e funzionale con il centro storico».

Silvio Maranzana

 

 

Duino, nuova “mappa” per i cassonetti
L’amministrazione studia modalità ottimali per la raccolta differenziata. In dirittura il bando di gara per il servizio rifiuti
DUINO AURISINA Allo studio una nuova “mappa geografica” per il posizionamento dei cassonetti a Duino Aurisina, abbinata a una raccolta differenziata che porterà il cittadino a una cernita casalinga almeno per quanto riguarda i rifiuti cosiddetti “umido”, più deperibile, e “verde”. Emergono nuovi particolari sull'indirizzo che l'amministrazione Kukanja intende a breve attuare (l'obiettivo era stato posto per il 2015, ormai in dirittura di arrivo) per risolvere la “grana” dell'immondizia: due chili pro capite prodotti giornalmente, la maggior parte dei quali finisce all'inceneritore di Trieste, dal momento che la differenziata qui detiene la maglia nera, con una differenziata che nei mesi in cui funziona al meglio arriva a quota 30%. A parlare, a margine della commissione speciale Paes, indetta da Roberto Gotter giovedì all'ex Aiat di Sistiana, è l'assessore ai Servizi sul territorio Andrej Cunja. «Il Comune sta affinando il bando di gara per l'affidamento del servizio di gestione della raccolta a smaltimento rifiuti – sottolinea -, valutando anche delle soluzioni interne. In primis va completamente ridisegnata la disposizione dei cassonetti sul territorio, dove ci sono vaste aree servite solo da cassonetti dell'indifferenziata, il che rappresenta un disincentivo alla differenziazione dei rifiuti». «Contestualmente – prosegue l'assessore - si raccoglieranno separatamente anche l'umido e il verde, frazioni che pesano notevolmente nel bilancio della differenziazione. Si sta invece studiando una raccolta di tipo domiciliare per particolari utenze, come a esempio i ristoratori, le scuole e i pubblici uffici, con un calendario di raccolta concordato direttamente con ogni utente servito. Queste categorie, infatti, hanno esigenze particolari, sulle quali si può costruire un servizio su misura. Non solo: funzionano a orari già definiti e mediamente dispongono di spazi per la dislocazione dei contenitori, al contrario dell'utenza privata». Quanto all'esposizione dei tecnici chiamati da Gotter, Cunja rileva: «La presentazione in sede di Commissione Paes mi è sembrata ben fatta e con una corretta esposizione dei dati, primo tra tutti il costo del porta a porta, mediamente superiore del 20-30% rispetto a quello della classica raccolta stradale. Vero è che il porta a porta consente in linea puramente teorica e statistica di raggiungere percentuali molto alte di raccolta differenziata, ma solo se applicato in contesti adatti, nei quali secondo me il Comune di Duino Aurisina non rientra. Altrettanto incontrovertibile che i cassonetti stradali possono risultare deturpanti in taluni spiazzi architettonici, come dichiarato da Morganti, d'altro canto l'onnipresenza dei piccoli contenitori o peggio dei nudi sacchetti depositati davanti a ogni abitazione deturpa l'intero territorio. E la bora, che sul Carso certo non manca di spirare, rappresenta un fattore critico assolutamente da non sottovalutare». Indicazioni, pare di capire, che non depongono a favore del porta a porta, almeno stando al “Cunja-pensiero”. Si vedrà, comunque, cosa emergerà allorquando le disposizioni del nuovo bando verranno illustrate in Seconda commissione: passaggio su cui si era impegnato il presidente Maurizio Rozza, anche su sollecito dell'opposizione, che certamente vorrà dire la sua su un argomento così delicato.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 21 dicembre 2014

 

 

«Con il Porto Vecchio ridisegniamo Trieste» - Sindaco e giunta plaudono al primo passo per la sdemanializzazione

«Spazio a servizi per la collettività, attività pubbliche e private, residenze»
Un progetto di crescita - Secondo Cosolini con 600mila metri quadrati in più la città deve attrarre idee, investimenti ma anche nuovi abitanti
«E adesso ridisegniamo la città». Poche ore soltanto dopo l’approvazione da parte del Senato dell’emendamento proposto da Francesco Russo (Pd) che assegna al patrimonio del Comune gran parte del Porto Vecchio, il sindaco Roberto Cosolini affiancato dagli assessori alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani e al Patrimonio, Andrea Dapretto ha tratteggiato dinanzi ai media una nuova, grande Trieste. «Una nuova area di 600mila metri quadrati - ha specificato il sindaco - richiede un nuovo disegno complessivo della città, richiede un grande progetto di crescita in grado di attrarre idee, investimenti, persone. Tutto avrà un senso compiuto se lavoreremo anche per un incremento demografico perché gli attuali 208mila abitanti saranno pochi per la nuova Trieste. Da subito dovremo far arrivare grandi “intelligenze” per creare le condizioni che ci consentano di presentarci sulla piazza internazionale per attrarre gli investitori». Secondo Dapretto la città è a una svolta storica e deve confrontarsi anche con un’opposizione minoritaria. «Come quando Maria Teresa fece costruire il Borgo Teresiano - ha ricordato - e i rappresentanti delle 13 storiche casade triestine si ritirarono per protesta sul colle di San Giusto». «L’area è enorme - ha aggiunto Marchigiani - e la variante oggi in vigore già permette un ventaglio estremamente ampio di funzioni. I casi di riqualificazione di waterfront riaperti alla città in Europa sono numerosi, penso soprattutto a Lione, ma approfondiremo anche tante altre situazioni». Ma è stato fatto solo il primo passo e il sindaco e i due assessori hanno ammesso che «bisogna appena comprendere se è necessario un nuovo strumento urbanistico». Il che è estremamente probabile dal momento che si tratta di capire come una sorta di Trieste 2 potrà connettersi alla Trieste 1 con l’estensione di infrastrutture, reti energetiche, viabilità, trasporti, servizi. «Non permetteremo, come strumentalmente accusa qualcuno dei nostri detrattori - ha concluso il sindaco - che vengano costruite ville, residence con antistante ormeggio per lo yacht a disposizione di nababbi. Il Porto Vecchio sarà un pezzo di città con attività lavorative, servizi per la collettività, funzioni pubbliche e private e anche una quota di residenze. Le città sono fatte così, basta aver visto una città per capirlo». «Abbiamo dovuto fare un piccolo blitz per risolvere una situazione che si trascinava da decenni», ha commentato Russo nella conferenza stampa al San Marco in mezzo alle contestazioni. «Adesso - ha aggiunto - si potrà aprire un grande concorso di idee per riqualificare l’area e sono convinto che siano d’accordo i triestini sia di Sinistra che di Destra. Credo di aver fatto qualcosa per far svoltare la città, gli investitori sono certo che li troveremo, chiederò al presidente dell’Anticorruzione Cantone di vigilare sulla gara che sarà fatta. Basta “pantigane” e erbacce, basta guardare agli anni Cinquanta, finalmente anche Trieste pensa al proprio futuro».

Silvio Maranzana

 

 

«Tavolo tecnico con il Demanio già da gennaio»
«Il primo passo che faremo ora - ha annunciato il sindaco - è chiedere l’attivazione di un Tavolo tecnico sul Porto Vecchio al direttore dell’Agenzia del Demanio, Roberto Reggi. Pochi giorni fa a Piacenza abbiamo firmato l’Accordo di programma per l’acquisizione dell’area di via Rossetti e avevamo già pensato a un incontro sulla questione del Porto Vecchio. Vista l’approvazione dell’emendamento (che in pochi giorni dovrebbe avere il via libera anche dalla Camera, ndr.) il Tavolo potrebbe teoricamente aprirsi già il 2 gennaio». Cosolini ha ribadito che Porto Vecchio non si privatizza, ma passa dal Demanio dello Stato a quello del Comune.

 

 

«Lì case popolari e il nuovo Cattinara»Savino: no all’arricchimento di qualche speculatore. Battista: occasione di rilancio dei punti franchi -
Va pesante Sandra Savino. La sdemanializzazione di Porto Vecchio ha forme e contenuti «del tutto incerti»; e alle spalle c’è «una recente esperienza di concessioni i cui protagonisti sono stati per altro coinvolti in inchieste giudiziarie nazionali». Allora - giacché al bene dei cittadini e non all’«arricchimento di qualche speculatore» occorre puntare - allora perché non costruire in Porto Vecchio belle case popolari vista mare? E perché non metterci lì il nuovo ospedale di Cattinara? Non necessariamente, stuzzica Savino, chi ha pochi soldi deve abitare in «ecomostri» di periferia. Quanto all’anch’esso periferico Cattinara, a chi le fa notare come dopo anni di lavoro e di soldi spesi il progetto di riqualificazione sia ormai vicino alla fase di cantiere, «beh - annota l’ex assessore regionale alle finanze - sono stati spesi 6 milioni per la progettazione del nuovo nosocomio di Pordenone, poi l’attuale giunta regionale ha cambiato idea». Case e ospedali, dunque. Perché quando ad «altre strade di destinazione» di Porto Vecchio, Savino cita «le allarmanti denunce del procuratore capo Mastelloni sul rischio concreto di malavita e malaffare in regione». Dunque «pesanti dubbi e punti di domanda su risorse e finalità dell’operazione. Cosa si vorrà fare? Una Disneyland o una Montecarlo per i nuovi ricchi dell’Est? Una piattaforma turistica con Ferriera e petroliere a fianco? C’è già qualcuno dietro pronto a intervenire attraverso un investimento economico configurabile come una speculazione?» Savino evoca lo spettro di un’operazione «in stile Acegas Hera o Latterie friulano Granarolo, in cui la geopolitica del Pd ha trasferito importanti realtà della nostra economia al sistema di potere emiliano romagnolo». Intanto il senatore Lorenzo Battista osserva che «la questione dei punti franchi viene da sempre bistrattata o affrontata con continui taglia e cuci e l’assenza di provvedimenti organici ha prodotto incertezza e inabilità nello sfruttare una delle risorse della portualità triestina». Battista dunque spera che la sdemanializzazione «sia un'occasione per affrontare in modo organico la materia». E auspica che il provvedimento sia «una svolta per la città e per il Fvg», ma ammonisce: «Il passato recente» di Porto Vecchio, «un pizzico di “nosepolismo” triestino e uno scenario politico nazionale corroso da legami sinistri tra amministratori e affaristi, impongono grandissima severità e trasparenza in ogni successivo passaggio che riguarderà» l’area. Nel Pd Antonella Grim, segretario regionale, e Stefan Cok, segretario provinciale, parlano di «una svolta storica per Trieste, che la città attendeva da troppo tempo e che dà speranza soprattutto alle nuove generazioni. Il ruolo del Pd, a ogni livello, è stato fondamentale: si è fatto un lavoro coeso e incessante per raggiungere un grande risultato», aggiungono i due ringraziando in primo luogo i parlamentari Francesco Russo ed Ettore Rosato. «Ora - chiudono - dobbiamo procedere con la stessa forza, determinazione e compattezza».

 

 

Cgil: inopportuna l’iniziativa di Sel sulla Ferriera

Dopo che le Rsu di Fim, Fiom e Uilm hanno definito «assurda» la raccolta di firme lanciata da Sel per la chiusura dell’area a caldo della Ferriera, i segretari regionale e provinciale di Cgil, Franco Belci e Adriano Sincovich parlano di iniziativa «inopportuna». I due sindacalisti ricordano il percorso che ha portato all’accordo di programma. «Pur rispettando tutte le opinioni, riteniamo da questo punto di vista inopportuna l'iniziativa» per «raccogliere firme su una petizione popolare per la chiusura dell'area a caldo dello stabilimento, senza la quale l'equilibrio economico dell'azienda» rilevata da Arvedi «risulterebbe compromesso e i livelli occupazionali scenderebbero in modo verticale». Belci e Sincovich annotano come l'accordo «già definisce gli strumenti di monitoraggio e controllo delle emissioni e ad esso ci si deve richiamare, sollecitando una verifica puntuale degli impegni assunti dalle parti. Riteniamo che questo dovrebbe essere per le forze politiche della maggioranza, Sel compresa, l'impegno su cui concentrarsi. In vicende delicate come questa» secondo i due sindacalisti è «più che mai necessario rispettare i ruoli e le competenze istituzionali».

 

 

Arrivato in Adriatico il pesce palla argenteo - Rischio di morte ingerendone le carni

L'allarme è stato lanciato giorni fa da una voce autorevole in materia, l’Istituto spalatino di oceanografia e pesca. Sulla sua pagina Internet ha messo in guardia dalmati, quarnerini e istriani (e naturalmente il resto della popolazione in Croazia) sull’avvenuto arrivo in acque adriatiche di una specie molto pericolosa, il pesce palla argenteo (Lagocephalus sceleratus). «Questo pesce è stato preso in diversi punti e fin qui non vi è nulla che possa mettere a repentaglio la salute del pescatore. È importantissimo invece non consumare la carne del pesce palla argenteo perché contiene una tossina che può rivelarsi mortale. Si tratta della tetradotossina, una potentissima neurotossina, che può portare alla paralisi del sistema respiratorio e al collasso di quello circolatorio, provocando la morte del consumatore. Parliamo di una specie tra le più invasive nel Mediterraneo, che pian piano sta conquistando anche il mare Adriatico».

(a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 dicembre 2014

 

 

Via il Demanio da Porto Vecchio - LA SVOLTA »UNA MOSSA STORICA PER IL FUTURO DELLA CITTÀ

Approvato al Senato il testo presentato da Francesco Russo. La governatrice: «Stiamo abbattendo un muro»
Punto franco da spostare Può farlo per metterlo in altre zone il Commissario di governo d’intesa con il presidente della Regione e con il sindaco
Un passo improvviso e decisivo per la sdemanializzazione del Porto Vecchio è stata fatta ieri sera allorché il Senato, nell’ambito della Legge di Stabilità, ha approvato un emendamento del senatore triestino del Pd Francesco Russo. Tre commi sono stati aggiunti all’articolo 272. Il primo afferma: «Il Commissario di Governo previa intesa con il presidente della Regione e con il sindaco di Trieste, adotta, d'intesa con le istituzioni competenti, i provvedimenti necessari per spostare il regime giuridico internazionale di Punto Franco dal Porto Vecchio ad altre zone opportunamente individuate, funzionalmente e logisticamente legate alle attività portuali». Il secondo aggiunge: «In conseguenza dei sopracitati provvedimenti, le aree, le costruzioni e le altre opere appartenenti al Demanio marittimo compresi nel confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l'Adriaterminal e la fascia costiera del Porto Vecchio, sono sdemanializzate e assegnate al patrimonio disponibile del Comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici. Il Comune di Trieste aliena, nel rispetto della legislazione nazionale ed europea in materia, le aree e gli immobili sdemanializzati e i relativi introiti sono trasferiti all'Autorità portuale per gli interventi di infrastrutturazione del Porto Nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di Punto Franco. Sono fatti salvi i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti di concessione di durata superiore a quattro anni in vigore, che sono convertiti, per la porzione di aree relative, in diritto di uso in favore del concessionario per la durata residua della concessione. Il presidente dell'Autorità portuale, d'intesa con il presidente della Regione e con il sindaco delimita le aree che restano vincolate al Demanio marittimo». Grande soddisfazione anche da parte di Debora Serracchiani: «Dopo decenni di stasi il Governo sta offrendo a Trieste gli strumenti per abbattere il muro del Porto Vecchio e per potenziare le infrastrutture portuali: è un fatto di enorme importanza che conferma l’attenzione alla città e il ruolo strategico dello scalo. La legge di Stabilità – continua – ci offre la possibilità di integrare nella città e di valorizzare un’area enorme ormai da troppo tempo in abbandono e questa è una grande occasione per cui la Regione è pronta a impegnarsi a fianco del Comune di Trieste e degli altri soggetti competenti». Per Serracchiani, «è in gioco non solo la restituzione alla città di una larga parte del suo affaccio al mare, ma anche la riprova della vocazione portuale ed emporiale di Trieste a servizio dell’intera regione e dei quadranti economici di riferimento». La legge dovrà ora superare anche lo scoglio della Camera, dopodiché dovrà essere varato il provvedimento vero e proprio d’intesa tra le varie istituzioni, ma è indubbio che il passaggio fondamentale preannunciato dallo stesso Russo assieme al collega deputato Ettore Rosato una decina di giorni fa sia stato compiuto e proprio nell’ultimo mese di presidenza dell’Autorità portuale da parte di Marina Monassi che non ha mai inteso avallare questa procedura. «Oggi – ha commentato Russo - si apre una nuova pagina piena di opportunità per Trieste. L'emendamento che ho presentato e che compare nella Legge di Stabilità libera una volta per tutte il Porto Vecchio da quella morsa di immobilismo che, negli ultimi trent’anni, ha schiacciato qualunque proposta di cambiamento. Pur essendo un risultato straordinario, è solo un punto di partenza, un mezzo per raggiungere un risultato, non un fine: l’emendamento consegna, infatti, al Comune tutta l’area e affida al Commissario di Governo la possibilità di spostare il Punto franco. Da oggi, ed è questo il messaggio che questa scelta lancia alla classe dirigente non solo cittadina ma di tutta la regione - ha continuato - il destino dell’area è nelle nostre mani, non ci sono più alibi: serve ambizione, coraggio. Ringrazio il Governo che a partire dal presidente Renzi ha appoggiato convintamente la mia proposta permettendo alla nostra città di guardare con rinnovata fiducia al futuro: sognare per Trieste ciò che già è stato fatto a Lisbona, Barcellona, Anversa, Rotterdam o Buenos Aires non è più un’utopia. Oggi – ha concluso Russo - abbiamo posato la prima pietra di un grande progetto che dopo tante chiacchiere e fallimenti, ha possibilità concrete di trasformarsi in realtà».

Silvio Maranzana

 

Cosolini: «Porteremo funzioni e servizi per i cittadini»

«Era una richiesta alla quale lavoravamo da molto tempo, e adesso arrivano i risultati di un gioco di squadra città-Regione-Parlamento-Governo. Per questo ringrazio il senatore Francesco Russo e l’onorevole Ettore Rosato, come il presidente Fvg Debora Serracchiani e ovviamente Matteo Renzi come Presidente del consiglio». Il sindaco Cosolini non dimentica le buone maniere, ma aldilà dell’etichetta è veramente compiaciuto «perché - spiega - questo provvedimento riconosce finalmente che l’interesse pubblico del luogo non deriva più dall’essere un sito portuale ma dell’intera comunità cittadina». Tradotto: le competenze sul Porto Vecchio passano dall’Autorità Portuale al Comune. Il che, ovviamente, significa - sempre secondo il sindaco- «a una prospettiva di svolta per la città». Ritorna insomma di attualità quel progetto - a lui caro - di portare sulle aree del Porto Vecchio funzioni e servizi cittadini. «Una scelta chiara e forte, squisitamente politica, che non si realizzava mentre da oggi ci sono le condizioni per questo grande passo».

 

 

Ferriera, logistica e macroarea a caldo: settori riorganizzati
E il sindacato autonomo Failms ha scritto a Serracchiani: «Ancora in “cassa” i lavoratori affetti da menomazioni»
È partita la riorganizzazione del lavoro all’interno della Ferriera di Servola. In attesa che sia pronta la terza macroarea, quella che farà riferimento al laminatoio a freddo che dovrebbe essere pronto tra un anno grazie a un maxistanziamento di 111 milioni da parte del Gruppo Arvedi, sono stati rimodellati l’asset logistico di cui fanno parte una settantina di dipendenti e la macroarea a caldo che comprende la cokeria, l’altoforno al quale è stato conglobato anche il settore energia, l’agglomerato e all’interno della quale sono inseriti tutti gli altri lavoratori. Presunte carenze di personale in alcuni settori (agglomerato, macchina a colare, logistica, ferroviario) sono stati argomento di discussione in un confronto tra le Rsu e la direzione e successivamente in un’assemblea animata anche se non molto partecipata. Attualmente i lavoratori inseriti in azienda sono 422, ma di questi soltanto 387 sono gli ex dipendenti della Lucchini mentre secondo l’accordo firmato al momento dell’acquisto dello stabilimento avrebbero dovuto essere 410. È il punto su cui si incentra la lettera aperta che il sindacato autonomo Failms ha inviato alla presidente della Regione Debora Serracchiani. «È giustificata la rabbia del personale ancora in forza alla Lucchini (e attualmente in cassa integrazione, ndr.) - sottolinea la Failms - per non aver ancora sottoscritto il verbale di conciliazione previsto nell'accordo sindacale che permette di programmare il trasferimento come pure raggiungere i requisiti per l'accesso al recupero del tfr attraverso il fondo di garanzia Inps. All'incontro in Consiglio regionale - ricorda il sindacato autonomo - avevamo evidenziato come la maggior parte dei lavoratori non ancora trasferiti risultino affetti da menomazioni o con prescrizioni mediche derivanti da infortuni e malattie professionali invalidanti per cui non trovano un immediato inserimento nel ciclo produttivo. La scelta unilaterale negli inserimenti della Siderurgica triestina risulta discriminante nell'escludere questi lavoratori meno fortunati, certamente non per colpe proprie». La Failms di conseguenza auspica che vengano attivati «corsi di formazione e di riqualificazione con l’adozione di progetti del Mise e cofinanziati dalla Regione per un immediato rientro». Frattanto stanno continuando i lavori preparatori nell’area dell’ex acciaieria dove dovrà essere collocato il laminatoio a freddo e anche nel retrobanchina dove sono state eseguite una serie di asfaltature. Già dal prossimo mese è previsto infatti un notevole incremento del traffico nave-rotaia. Arvedi intende utilizzare la banchina di Servola come polo intermodale sia per l’approvvigionamento di materie prime che per la spedizione dei prodotti finiti nell’area mediterranea e in Medio Oriente.

Silvio Maranzana

 

Il laminatoio a freddo sarà il terzo asset
La spesa più ingente, ben 111 milioni 400mila euro, sarà sostenuta dal Gruppo Arvedi per la riconversione industriale con la creazione del laminatoio a freddo che sarà quasi completamente portata a termine entro la fine del 2015. Qui il Piano industriale prevede che «al totale di 230 addetti per le linee di produzione andranno ad aggiungersi 50 addetti alla manutenzione e altri 60 alle funzioni di programmazione per un totale complessivo di 340 persone».

 

 

In arrivo il piano finanziario della Capodistria-Divaccia
TRIESTE La strategia della Slovenia relativa allo sviluppo delle infrastrutture dei trasporti conta su 130 progetti e sarà ultimata entro al fine di gennaio prossimo. Lo ha annunciato il ministro dei Trasporti, Peter Gašperši› il quale ha puntualizzato come il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia rappresenta un’assoluta priorità in quest’ambito. Per il progetto, del valore di 1,4 miliardi di euro, si sta già predisponendo il piano dei finanziamenti mentre, secondo il ministro, la concessione per i lavori potrebbe essere ottenuta alla fine del prossimo anno dando così il via alla realizzazione nei primi mesi del 2016. L’opera inizierà con l’ampliamento dello scalo ferroviario merci del porto di Capodistria per un importo di 27 milioni di euro. I lavori partiranno nella seconda metà del 2015. Manca ancora il completamento della documentazione relativa al progetto mentre gli espropri sono già stati portati a termine. L’opera complessivamente comprende 1,2 chilometri di liena ferroviaria e a ultimazione dovrebbe garantire al porto di Capodistria una più celere movimentazioni delle merci su rotaia sempre in attesa del fondamentale raddoppio della Capodistria-Divaccia. Un altro progetto in via di definizione è quello relativo al cosiddetto “biglietto unico” che potrebbe partire a metà del 2016. Il bando di concorso per la fornitura del sistema integrato che renderà possibile la gestione del “biglietto unico” è già stato aperto. Se non ci saranno intoppi si può prevedere che il tutto venga ultimato, come detto, entro il 2016. Per quanto riguarda le strade la Slovenia è intenzionata innanzitutto a valutare l’economicità di una ristrutturazione e ammodernamento dell’esistente prima di decidere la costruzione di nuovi assi autostradali.

(m. man.) @ManzinMauro

 

 

«O differenziata o tasse» - Duino: questo il dilemma secondo Gotter, presidente della commissione Paes
DUINO AURISINA Pesa due chilogrammi, al giorno, il quantitativo di rifiuti prodotto da un cittadino di Duino Aurisina, comune tra i meno “ricicloni” in regione con un cumulo di spazzatura che annualmente oscilla tra i 600 e 700 chili pro capite. Se al dato già di per sé negativo si aggiunge il fatto che la differenziata è drammaticamente al palo con una percentuale appena al 25-30% il quadro diventa fosco. Eppure c'è almeno un terzo elemento, se proprio si vogliono ignorare i benefici impliciti all'ambiente, che dovrebbe suscitare un giro di vite all'andazzo: il carico tributario. Infatti, finché le spese di gestione del servizio venivano assicurate anche dal Comune, al cittadino veniva “risparmiata” parte dei costi ingenti e complessivamente pari a 1,2-1,3 milioni di euro all'anno. Da quando però il legislatore ha imposto che la raccolta e smaltimento dei rifiuti trovino copertura nei corrispondenti tributi ecco i salassi, in particolare per talune categorie. Già, perché fino a qualche tempo fa, al milione abbondante di spesa contribuivano i cittadini per 800mila euro, attraverso la relativa imposta; mentre i restanti 300-400mila euro venivano posti dall'ente locale. Ora non è più così e tutti i denari devono provenire dalle tasche dei cittadini. Di qui la necessità di una virata. I costi elevati del servizio, infatti, sono perlopiù determinati dal quantitativo di rifiuto che finisce al termovalorizzatore di Trieste, ovvero a incenerimento (70%, per un onere economico di 600mila euro). Aumentando la differenziata, questa fetta di spazzatura cala. A spiegare la questione, a introduzione della commissione Paes, giovedì in seduta pubblica all'ex Aiat di Sistiana e a gettone zero, il presidente Roberto Gotter, che oltre a ricordare il virtuoso esempio di Ponte nelle Alpi ha chiamato due esperti: Federico De Filippi di Sogesca srl e Riccardo Moranti della Idecom di Bolzano, società che ha avviato la differenziata, nelle sue diverse modalità, in numerosi comuni italiani. Proprio quest'ultimo si è addentrato nell'illustrazione delle metodologie possibili: dal porta a porta integrale alla raccolta “stradale” articolata su cassonetti diversificati, passando per un sistema misto. Ne ha esaminato quindi relativi pro e contro, soffermandosi anche sui costi (si va dai 50-55 euro pro capite della raccolta stradale agli 82 del porta a porta “soft”). Inoltre ha proposto le diverse tipologie sulla base della natura del territorio, ovverosia centro urbano, comune turistico balneare e comunità montano-collinari. Ma in maniera lampante è emerso che una raccolta articolata su cassonetti differenziati, non supererà mai la quota del 50-55% di differenziata. Per percentuali superiori si deve necessariamente ricorrere al porta a porta, che può essere attuato anche con metodologie, ritmi di raccolta e accorgimenti diversi da quelli studiati nel Monfalconese, dove a detta di numerosi consiglieri di Duino Aurisina il metodo non funziona a dovere. L'obiettivo posto dal Paes (Piano d'azione per l'energia sostenibile), approvato dal consiglio e attualmente in attesa di placet dalla Commissione europea, è quello di una raccolta differenziata al 65% entro il 2016. Traguardo certamente ambizioso. Edvin Forcic, consigliere dell'Unione slovena, nel suo intervento ha spiegato come il porta a porta mal si presti sul questo territorio, per la presenza dei cinghiali e della bora. Meglio potenziare i cassonetti differenziati e il compostaggio domestico, diminuendo i giri dei mezzi deputati alla raccolta. Alla commissione Paes hanno inoltre preso parte l'assessore ai Servizi sul territorio Andrej Cunja e i consiglieri Giorgio Ret (Lista Ret), Michele Moro (Pd) e Mitja Tercon (Unione slovena). Scarsa invece l'adesione dei cittadini.

Tiziana carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 dicembre 2014

 

 

Muggia più illuminata con le lampade a led

Nuovo sistema dal castello ad Aquilinia: il Comune stanzia 79mila euro per sostituire i vecchi punti luce risparmiando sulla bolletta
MUGGIA Sostituzioni e nuove implementazioni della rete d'illuminazione pubblica. È l'obbiettivo del Comune di Muggia che ha deciso d’impegnare 79mila euro per gli interventi manutentivi urgenti da effettuarsi sul territorio. Nello specifico s’interverrà in alcune frazioni e in vie centrali: ad Aquilinia, Vignano, via Battisti, via XXV Aprile, nelle vicinanze del castello di Muggia, via di Trieste, via Garibaldi e riva Nazario Sauro. «Molti degli interventi sono stati chiesti proprio dai residenti», racconta l’assessore all'Ambiente Fabio Longo. «S’interviene per ampliare la rete della pubblica illuminazione e provvedere nel contempo alle modifiche e sostituzioni impiantistiche che di volta in volta si rendono necessarie, in modo da assicurare un servizio pienamente efficiente a tutta la cittadinanza - aggiunge Longo -. Un’ulteriore dimostrazione dell’attenzione costante che su più fronti si rivolge a tutto il territorio comunale». Il Comune di Muggia ha affidato all'AcegasApsAmga la gestione degli impianti d’illuminazione pubblica di sua proprietà fino al 2020. Era l’agosto 2013, infatti, quando venne approvata la revisione del contratto e, sulla base di tale rinegoziazione, era stato stabilito il canone dovuto al gestore per la manutenzione straordinaria degli impianti d’illuminazione pubblica: una somma annua pari a 40mila euro. L’importo fisso, come da contratto, copre quota parte delle operazioni d’intervento straordinario di cui necessita il territorio comunale al fine di garantire l’immediata eseguibilità di taluni interventi che poi di volta in volta sulla base delle decisioni assunte dal Comune trovano totale copertura su appositi capitoli del bilancio corrente. Ciò va di pari passo con l’efficientamento energetico e la cosiddetta “rivoluzione dei Led” promossa dal Comune che, iniziata più di tre anni fa, ha prodotto la realizzazione di 1.187 punti luce, sui 2.747 complessivi esistenti: oltre il 43% dunque è fondato sul risparmio energetico e ogni nuovo punto luce che ci si accinge a realizzare, come si può constatare, ha naturalmente tecnologia led. Si ricorda, infatti, che era il mese scorso quando si era intervenuti nella realizzazione di nuovi punti luce e nella sostituzione dei sostegni corrosi di quelli esistenti, per un importo totale pari a 33mila 955 euro. Di qualche mese fa, poi, era anche l’intervento consistito, per la parte del servizio d’illuminazione pubblica in gestione a Enel Sole, nella predisposizione e posa in opera di 58 nuovi contatori per la fornitura di energia elettrica agli impianti esistenti, con separazione elettrica nei punti di promiscuità con la rete elettrica del distributore, nella programmazione di tutti gli apparecchi a Led esistenti e nella fornitura e posa in opera di 61 orologi astronomici a fronte di una spesa complessiva di circa 84mila euro.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 dicembre 2014

 

 

Shopping con bus gratis e park agevolati - il provvedimento
Sabato niente biglietto sui mezzi pubblici, fino a mercoledì tariffe scontate o forfettarie in alcune strutture e stalli blu
Bus gratis dopodomani, sabato, per tutto il giorno e su tutta la rete, con un possibile ma non scontato “replay” nel pomeriggio di vigilia di mercoledì (se ne saprà di più nelle prossime ore). E parcheggi low-cost, se non talvolta a costo zero, proprio da questo week-end alla vigilia, lungo la “cintura” del centro ma non al suo interno, per evitare la presumibile calata di macchine private a caccia d’un posto straconveniente sin nel cuore della città, con l’ovvia conseguenza d’un ingolfamento del traffico. Dopo le non meglio precisate intenzioni venute a galla la scorsa settimana in scia alla mozione di Un’altra Trieste tese a rendere più o meno gratuiti gli stalli a pagamento cittadini sotto le feste - cui ha fatto seguito domenica la strage di auto lasciate in divieto a ridosso dei negozi, a suon di multe - l’amministrazione comunale raddrizza e stabilizza il tiro delle agevolazioni alla viabilità e alla sosta per incentivare lo shopping di Natale in centro. La lista dei regimi “speciali” è stata presentata ieri, in una conferenza stampa in Municipio, da Roberto Cosolini insieme al suo assessore Elena Marchigiani, cui hanno preso parte i rappresentanti delle categorie economiche oltre all’assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia, al presidente di Trieste Trasporti Giovanni Longo, al direttore di Esatto (che gestisce gli stalli in superficie) Davide Fermo e al responsabile territoriale di Saba Italia (per i park coperti) Giulio Torres. Ne è venuto fuori un elenco ragionato, lungi dal libro dei sogni abbozzato inizialmente, costruito evidentemente per scongiurare effetti collaterali sul campo (strade in tilt e furbetti pronti ad abbandonare la macchina per giorni e giorni sugli stalli blu, senza dover pagare un centesimo) e poi sulla stampa (sotto forma di polemiche). La novità che più impressiona non riguarda però i parcheggi: sabato si potrà viaggiare gratis sui bus al fine di stimolare la discesa in centro della gente senza che tutti (questo almeno è l’obiettivo) lo facciano con l’auto. «È il nostro regalo alla città, che va ad aggiungersi a ciò che è già stato introdotto la domenica, col biglietto della corsa singola che dura quattro ore, non è possibile però estenderlo nei giorni feriali, sarebbe impensabile un rinforzo di mezzi e personale», la precisazione di Longo, che ha lasciato aperto uno spiraglio per il pomeriggio della vigilia (dopo una serie di proiezioni tecniche) e ha ringraziato con Cosolini Zollia, per il “nulla osta” della Regione ottenuto dalla Provincia per il regime gratuito di Trieste Trasporti. «In Italia le più belle idee spesso non si realizzano per vincoli burocratici», ha ironizzato il sindaco. Il resto delle agevolazioni invece (già consultabile la mappa all’indirizzo http://documenti.comune.trieste.it/foto-comunicati/Mappa-parcheggi-agevolati-natale-2014.pdf, e su www.ilpiccolo.it) riguarderà i parcheggi e durerà da sabato a mercoledì, con l’intermezzo della domenica, quando gli stalli blu a cielo aperto son di per sé già gratuiti. Lasciate fuori le aree più centrali per il “timore” che la caccia al “posto fisso” crei ingorghi, gli incentivi riguarderanno piazzale Straulino, piazza Libertà e via Capitolina, 150 posti abbondanti in tutto. Qui non è che chi prima arriverà meglio alloggerà. Le prime due ore saranno gratis, poi saranno applicate le tariffe normali: 80 centesimi l’ora all’ex Bianchi, un’euro tra stazione e San Giusto. Sui parcometri saranno caricate le apposite opzioni. A ciò si aggiungerà il centinaio di posti a rotazione sul lastrico del park di San Giovanni, gratis più a lungo - tra le 16 e le 21 - per consentire gli spostamenti in bus. Al Molo IV, invece, Ttp prospetta la possibilità di lasciare la macchina per tutto il giorno (12 ore) al costo massimo forfettario di 4 ore, dunque 4 euro in tutto. Stesso forfait da 4 euro (si pagano al massimo quattro ore in un “range” tra le 13 e le 21) anche nei park coperti di Silos, Foro Ulpiano, via Pietà e San Giacomo.

Piero Rauber

 

E Cosolini bacchetta i vigili «Meglio 50-60 multe al giorno che 250 oggi e zero domani...»
Non risparmia gli automobilisti-cittadini-elettori, quelli indisciplinati: «Le macchine in divieto di sosta - ha tuonato infatti ieri Cosolini nella conferenza stampa - rappresentano un malcostume che non ha ragione di esistere, una tendenza piuttosto generalizzata che va a detrimento della comunità. La sosta selvaggia sottrae spazi di visibilità e fruibilità a turisti e cittadini, e costituisce un elemento d’ostacolo alla circolazione dei mezzi sia privati che pubblici, oltre che alla funzionalità di quelli deputati alla raccolta dei rifiuti. Su internet vengono fuori solo le foto dei “scovazoni” pieni di immondizie, mica le immagini, magari degli stessi luoghi, in cui Acegas in precedenza non ha potuto svuotare i cassonetti poiché c’era qualche auto che l’impediva». Il sindaco, però, non assolve nemmeno i “suoi” poliziotti municipali, che nel week-end hanno totalizzato 249 multe: «Parcheggi agevolati, incentivi all’utilizzo dei bus e alla passeggiata senza auto - ha aggiunto alla presentazione delle novità di Natale pro-commercio del centro - ritengo ci potranno consentire di vivacizzare nel modo giusto lo shopping delle feste facendo evitare nel contempo a molti cittadini il rischio di incappare nelle multe. Sono d’accordo, a proposito delle multe, sul fatto che vada tenuta una tolleranza molto bassa nei confronti della sosta selvaggia. Ma va tenuta molto bassa in modo omogeneo. Ritengo migliore una media di 50, 60 multe al giorno piuttosto che 250 in un giorno e zero, o quasi, il giorno dopo». Cosolini, infine, dalla polemica al sorriso, ha dichiarato di voler «rinnovare l’apprezzamento per il lavoro rapido di tutti dopo una mozione. Ci si è mossi di squadra, riuscendo a dare un buon servizio alla città e a lanciare una sperimentazione che ci potrà tornare magari utile in futuro, in altre occasioni, dalla Barcolana alle “notti bianche”. Certo non bastano un giorno di bus gratis e qualche giorno di parcheggi a basso costo per spingere in maniera determinante i consumi, ma quest’iniziativa è il segnale di uno sforzo che le istituzioni e gli enti di Trieste hanno inteso dare, compatibilmente ai tempi che corrono».

(pi.ra.)

 

 

«Montedoro, gallerie da bonificare»

Una interrogazione dell’onorevole Prodani (M5S) sui vecchi sotterranei militari ancora pieni di carburanti
MUGGIA I muggesani continuano a sedere su una bomba ecologica. Tutti sanno che c’è, pochi se ne preoccupano. Fra questi il deputato Aris Prodani (M5S), che porta la vicenda in Parlamento presentando un’interrogazione ai ministri dell’Ambiente e della Difesa. «A Montedoro - scrive Prodani - c’è una bomba ambientale: bisogna bonificare le strutture militari sotterranee dismesse. Vanno messe in sicurezza le strutture presenti nelle colline che separano i Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle e che si trovano a qualche chilometro di distanza da Trieste. Va fatto un monitoraggio delle cisterne interrate e delle altre infrastrutture, attivando, nel minor tempo possibile, l’iter per bonificare l’intera area. I rischi per le persone, le cose e l’ambiente sembrano essere gravissimi in caso di incendio o di esplosione dei carburanti ancora presenti». «Non possiamo dimenticare che in questa zona, ora classificata come agricola - scrive nell’interrogazione il parlamentare del Movimento 5 Stelle - è presente nel sottosuolo una parte dell’acquedotto comunale di Muggia». «Si tratta di una circostanza che rende ancora più evidente la necessità di procedere a una bonifica» sottolinea Prodani, anche nella sua qualità di segretario della commissione Attività produttive. «Nel sottosuolo le colline nascondono, infatti, un sistema di depositi militari, realizzati nel 1941, legati prima alla seconda guerra mondiale e successivamente alla guerra fredda e infine utilizzati quali depositi per rifiuti industriali, che comprendono una ventina di cisterne da almeno 30 milioni di litri di combustibili, a cui si aggiungono gallerie blindate, condutture interrate e mimetizzate in superficie». «Si tratta di una vera e propria “bomba ambientale” che va messa in sicurezza quanto prima anche perché - conclude Prodani - la zona non è mai stata oggetto di manutenzione: i pozzetti e le gallerie sono facilmente accessibili, emergono tubature e strutture dal terreno e da alcuni pozzetti continuano a fuoruscire vapori da idrocarburi». Partendo da queste premesse dunque il deputato interroga il ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello della Difesa, per sapere «quali e quante siano nello specifico le strutture militari sotterranee dismesse, da mettere in sicurezza e bonificare, presenti nelle colline del Montedoro; e se i ministri interrogati, in necessario raccordo con gli enti locali, intendano promuovere un monitoraggio delle cisterne interrate a Montedoro e delle altre infrastrutture militari dismesse, attivandosi per favorire nel minor tempo possibile, e nel rispetto delle proprie competenze, le necessarie bonifiche» Secondo quanto denunciato dall’associazione Greenaction Transnational già nel 2011 (denuncia riportata dal Piccolo il 22 maggio 2011) queste infrastrutture militari ormai dismesse e di cui nessuno rivendica la proprietà - conclude il deputato - non sono state mai soggette a procedure di bonifica, circostanza che le renderebbe delle vere e proprie “bombe ambientali”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 dicembre 2014

 

 

Tentano di vendere i secchielli gratuiti dell’umido
Il monito di AcegasApsAmga: «Chi ha notizie di tale attività del tutto illegittima le segnali»
Avete presente i secchielli per la raccolta differenziata dei rifiuti umidi organici che Acegas sta distribuendo gratuitamente ai Mercatini di Sant’Antonio, o che si possono ritirare, altrettanto gratuitamente, proprio in Acegas? Bene. Qualcuno, in queste ultime ore, ha pensato bene di provare a venderli alla gente. La denuncia arriva per nota stampa dalla stessa AcegasApsAmga, che mette in guardia i triestini da possibili tentativi di truffa. «Come noto - recita un comunicato della multiutility - AcegasApsAmga sta curando la distribuzione di secchielli per la raccolta differenziata del rifiuto organico domestico presso la postazione allestita al Mercatino di Natale Confcommercio. Sono stati segnalati all’azienda i casi di alcuni individui che, nella giornata di oggi (ieri, ndr), hanno tentato di vendere secchielli precedentemente ritirati presso il punto AcegasApsAmga. Si coglie l’occasione per ricordare che la distribuzione è assolutamente gratuita e che, nei limiti delle disponibilità, proseguirà tutti i giorni del Mercatino, sino al 24 dicembre. In considerazione dell’elevatissima richiesta si ricorda inoltre che potrà essere consegnato un solo secchiello per persona. Qualsiasi tentativo di vendita è dunque da considerarsi del tutto illegittimo e scollegato da qualsiasi attività aziendale. Si invitano i cittadini che avessero ulteriori notizie di tale tentativo di segnalarlo al personale presente nel punto AcegasApsAmga presso il Mercatino».

 

Domani a Sistiana pubblico dibattito sul “porta a porta”
DUINO AURISINA Comincia la riflessione pubblica, a Duino Aurisina, sul sistema di raccolta delle immondizie “porta a porta”. Il presidente della terza commissione, Roberto Gotter (Pd), nell'intenzione di estendere il più possibile il ragionamento tra le utenze e soprattutto tra i cittadini, ha convocato per domani alle 18.45 un incontro all'ex sede dell'Aiat di Sistiana, oggi Centro di promozione territoriale. Obiettivo: affrontare lo spinoso problema della raccolta differenziata, che nel Comune tocca quote percentuali drammaticamente basse. Nello specifico la commissione speciale Paes-Piano d’azione per l’energia sostenibile, istituita un anno fa con deliberazione consiliare, si riunirà col seguente ordine del giorno: “Informazione e sensibilizzazione sulla raccolta differenziata dei rifiuti”. Il presidente Gotter, che per l'occasione ha chiamato anche un pool di esperti (dal Veneto e Trentino Alto Adige), intende ascoltare i suggerimenti e le esigenze dei cittadini, così da arrivare alla messa a punto di un sistema ottimale, in grado nello stesso tempo di aumentare la cernita “intelligente” della spazzatura e abbattere i costi elevati del servizio. «Gli esperti – ha chiarito Gotter – ci spiegheranno come avviare una buona raccolta differenziata, con una dovuta attenzione al porta a porta e alle azioni di sensibilizzazione dei cittadini». Anche per questo è auspicabile che i residenti partecipino numerosi all'appuntamento della commissione, così da esprimere i propri contributi al termine della seduta pubblica. Ricordiamo che a favore del porta a porta, oltre a Gotter, si sono già espressi il vicesindaco Massimo Veronese – che ne ha sollecitato una sperimentazione nei primi mesi del 2015 per alcune utenze e frazioni - e il presidente della seconda commissione consiliare, Maurizio Rozza, da sempre sostenitore di una raccolta “spinta”. Invece, tra gli scettici, figura l'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja, restìo a introdurre una tale metodologia a Duino Aurisina, preferendo piuttosto un potenziamento del sistema attualmente in uso, articolato su cassonetti stradali e isole ecologiche. Posizione peraltro sostenuta anche dal centrodestra col Pdl.

(ti.ca.)

 

 

Muggia più illuminata con le lampade a led dal castello ad Aquilinia

Il Comune stanzia 79 mila euro per sostituire i vecchi punti luce risparmiando sulla bolletta. Operazione arrivata quasi a metà
MUGGIA Sostituzioni e nuove implementazioni della rete d'illuminazione pubblica. Questo l'obbiettivo del Comune di Muggia che ha deciso di impegnare la cifra di 79 mila euro per gli interventi manutentivi urgenti da effettuarsi sul territorio comunale. Nello specifico si interverrà in alcune frazioni e in vie centrali. Nello specifico ad Aquilinia, Vignano, via Battisti, via XXV Aprile, nelle vicinanze del castello di Muggia, via di Trieste, via Garibaldi e riva Nazario Sauro. «Molti di questi interventi sono stati chiesti proprio dai cittadini residenti», racconta l’assessore all'Ambiente Fabio Longo. «Si interverrà per ampliare la rete della pubblica illuminazione territoriale e provvedere nel contempo alle modifiche e sostituzioni impiantistiche che di volta in volta si rendono necessarie in modo da assicurare un servizio pienamente efficiente ed efficace a tutta la cittadinanza - aggiunge Longo -. Un ulteriore dimostrazione dell’attenzione costante che su più fronti si rivolge a tutto il territorio comunale». Come noto il Comune di Muggia ha affidato all'Acegas Aps Amga la gestione degli impianti di illuminazione pubblica di sua proprietà fino all’anno 2020. Era l’agosto del 2013, infatti, quando venne approvata la revisione del contratto e, sulla base di tale rinegoziazione, era stato stabilito il canone dovuto al gestore per la manutenzione straordinaria degli impianti di illuminazione pubblica definendo per lo stesso una somma annua pari a 40 mila euro. L’importo fisso, come contrattualmente stabilito, copre quota parte delle operazioni d’intervento straordinario di cui necessita il territorio comunale al fine di garantire l’immediata eseguibilità di taluni interventi che poi di volta in volta sulla base delle decisioni assunte dal Comune trovano totale copertura su appositi capitoli del bilancio corrente. Ciò va di pari passo con l’efficientamento energetico e la cosiddetta “rivoluzione dei Led” promossa dal Comune che, iniziata più di tre anni fa, ha prodotto la realizzazione di 1187 punti luce, sui 2747 complessivi esistenti: oltre il 43% dunque è fondato sul risparmio energetico e ogni nuovo punto luce che ci si accinge a realizzare, come si può constatare, ha naturalmente tecnologia Led. Si ricorda, infatti, che era il mese scorso quando si era intervenuti nella realizzazione di nuovi punti luce e nella sostituzione dei sostegni corrosi di quelli esistenti, per un importo totale pari a 33 mila 955 euro. Di qualche mese fa, poi, era anche l’intervento consistito, per la parte del servizio di illuminazione pubblica in gestione ad Enel Sole, nella predisposizione e posa in opera di 58 nuovi contatori per la fornitura di energia elettrica agli impianti esistenti, con separazione elettrica nei punti di promiscuità con la rete elettrica del distributore, nella programmazione di tutti gli apparecchi a Led esistenti e nella fornitura e posa in opera di 61 orologi astronomici a fronte di una spesa complessiva di circa 84 mila euro.

Riccardo Tosques

 

 

Le piante infestanti

Alle 17.30, al Centro servizi volontariato di via Besenghi 16, (al seminario vescovile), sarà tenuta l’ultima conferenza del ciclo di incontri culturali “La cultura del verde” organizzato dalle associazione Italia Nostra, Triestebella, Legambiente e Tra fiori e piante. Livio Poldini parlerà ancora sul tema “Le piante infestanti: conoscerle per difendersi - seconda parte”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 dicembre 2014

 

 

«Gas Natural blocca il Prg di un porto ormai depauperato»
«La società spagnola Gas Natural ha chiuso l’ufficio di Trieste ma non lo studio legale: è pronta a scatenare una causa (a Brindisi ne ha intentata una da 250 milioni di euro) se le sarà negata la concessione e il Piano regolatore del porto verrà licenziato dal ministero dell’Ambiente con la eliminazione formale di un sito per servizi energetici». Ecco perché quel piano, strumento giuridico indispensabile per attuare molte delle principali previsioni di sviluppo dello scalo triestino, non vede mai la luce. Lo annuncia Fabrizio Zerbini, il presidente della principale società concessionaria, Tmt (Molo settimo), descrivendo «un porto in forte depauperamento, con investimenti privati bloccati dalle procedure di pre-infrazione avviate dalla Ue, su richiesta di qualcuno...». E ci sarebbero nuovi pericoli in arrivo: dopo il trasferimento della direzione delle Dogane a Venezia, sarebbe in fase di dislocazione a Venezia pure il vertice circoscrizionale, con grave pregiudizio delle attività e dei flussi delle merci. Vivace e denso di sottolineature e notizie pesanti è stato il dibattito organizzato ieri nella sala Zodiaco dell’hotel Savoia Excelsior dalla lista Trieste cambia con unico tema: che cosa dovrà fare la prossima Autorità portuale. Ferrovie, doppie manovre, pericolo di concorrenza da parte dell’eventuale impianto “off shore” di Venezia, i rapporti tesi con Capodistria e naturalmente l’eterno Porto vecchio, il Punto franco, con ampie aperture sulla situazione di altri porti, di altre nazioni. A confrontarsi, sollecitati dal giornalista Silvio Maranzana, Sergio Bologna, già docente e tuttora consulente in Europa e in Italia per la logistica di cui è uno dei massimi esperti, e il sindaco Roberto Cosolini. Secondo Bologna l’unica novità in Italia è lo sviluppo dello scalo di Savona ampliato con ampia parte di fondi pubblici ma con intervento dei privati: «Trieste però è un porto molto avvantaggiato sia per accesso nautico e sia per know how». Secondo Zerbini «i nodi sono il piano regolatore, il blocco degli investimenti (mentre le concessioni sono state prolungate di certo a norma di legge), e la grave mancanza di spazi...». E le manovre ferroviarie doppie, che ci mettono fuori mercato? Bologna: «Ad Amburgo i grandi terminal hanno la propria rete, che collabora con un operatore controllato da Trenitalia. In Italia? Ci facciamo del male». Per l’ex presidente dell’Ap Claudio Boniciolli «il caso è politico, Trieste per il governo non conta nulla». Ma Bologna non vede pericolo per Trieste dall’”off shore” di Venezia, progetto che ritiene «non economicamente sostenibile». Il messaggio di Cosolini: «Compito del Comune e della prossima Autorità portuale è tenere le porte spalancate agli investitori, ma l’Ap dovrà dialogare con tutti, e fare da subito un’intesa con tutti gli enti sul destino di Porto vecchio». Il deputato 5 Stelle Lorenzo Battista ha invocato infine «un decreto del governo per spostare il Punto franco, altrimenti - ha detto - non se ne esce mai più».

 

 

Val Rosandra, nuova perizia limitata al “rischio idraulico” - PROCESSO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO
Arrivederci al 2015. Riprende il 12 gennaio - quando sarà chiamato a testimoniare il geometra Mitja Lovriha (il caposervizio dell’area ambiente e lavori pubblici del Comune di San Dorligo la cui posizione è già stata archiviata) e verrà nominato un esperto per una perizia sul rischio idraulico - il processo sulla Val Rosandra, in cui sono imputati per presunto disastro ambientale in concorso (dopo lo sfalcio della primavera 2012) l’ex vicegovernatore della Regione Luca Ciriani, il capo, la funzionaria e il dipendente della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, Cristina Trocca e Adriano Morettin. Ieri il giudice Marco Casavecchia ha ammesso l’istanza di una perizia del pm Antonio Miggiani e delle parti civili, disponendo la valutazione di un esperto limitata al rischio idraulico e non comprensiva, più in generale, dell’aspetto naturalistico. «Sull’esistenza del rischio idraulico anche se non ne ravvisava l’urgenza si era espresso già il professor Todini, esperto del pm, la cui perizia non era stata ammessa precedentemente agli atti del processo», così l’avvocato di Ciriani Caterina Belletti.

(pi.ra.)

 

Ogm, questione economica e anche sanitaria
Gli Ogm sono utili, sicuri o persino indispensabili? Questo il tema affrontato lo scorso 3 dicembre a New York da un dibattito organizzato da Intelligence Squared US, che dal 2007 si occupa di portare al grande pubblico le problematiche di più pressante attualità. Prima dell'inizio, il moderatore aveva chiesto agli spettatori di esprimere la propria posizione nei confronti del problema. Il 32% era risultato a favore degli Ogm, il 30% contrario e il 38% era rimasto indeciso. Il dibattito poi, condotto da quattro esperti, due favorevoli e due contrari, ha affrontato temi come la sicurezza alimentare, le nuove tecnologie per produrre piante geneticamente modificate che resistono alla siccità e alle concentrazioni troppo alte di sale nel terreno, il possibile impatto ambientale degli Ogm, i vantaggi economici. Alla fine, agli spettatori era stato di nuovo chiesto un parere. Stavolta, il 60% si era espresso a favore, il 31% contrario e soltanto il 9% era rimasto indeciso. L'informazione portata dal dibattito, cioè, aveva influenzato l'opinione degli indecisi in senso positivo, ma non aveva scalfito lo zoccolo duro di chi decideva in maniera irrazionale. È probabilmente in questa prospettiva che va valutato l'accordo raggiunto, proprio il 3 dicembre scorso, da Consiglio, Commissione e Parlamento dell'Unione Europea, accordo che prevede che i singoli Stati dell'Unione possano vietare le colture Ogm anche se queste siano state approvate a livello pan-europeo. Di fatto, nonostante la maggior parte del mondo (America del Nord e del Sud, la maggior parte dell'Asia e Australia) continui a piantare piante Ogm e a goderne dei benefici economici, con un aumento progressivo dall'inizio degli anni '90, diversi Paesi europei, marcatamente Francia e Italia, continuano a rimanere ostinatamente contrari. La risoluzione presa dieci giorni fa di fatto garantirà anche a chi rifiuta gli Ogm, anche se in maniera del tutto irrazionale e senza supporto scientifico, la possibilità peraltro democraticamente rispettabile di far valere la propria posizione. La solomonica decisione dell'Unione Europea lascia peraltro scontenta da un lato l'industria biotecnologica, che si troverà ad aver a che fare con un mercato frammentato in Europa, e dall'altro i gruppi ambientalisti. Ma sembra di fatto rappresentare un progresso dal punto di vista culturale, perché pone l'accento sugli aspetti di opportunità economica e ambientale delle colture Ogm, spostando l'attenzione da quelli sanitari. La possibilità di avere sulla tavola di molti Paesi europei cibi Ogm ribadisce in maniera sperabilmente definitiva che non esiste nessuna evidenza scientifica che gli Ogm possano fare male alla salute.

MAURO GIACCA

 

 

Park San Giusto: corsa contro il tempo - Lavori finiti ad aprile

Il presidente Franco Sergas: «C’è un ritardo di 170 giorni ma recuperiamo. Su 376 posti ancora 40 da vendere»
ULTIMI DETTAGLI L’impresa sta sistemando gli impianti elettrici, idraulici e antincendio. Ma si lavora anche la completamento dei tre ascensori
Un ritardo nel cronoprogramma dei lavori di quasi sei mesi. Per la precisione di 170 giorni. E' quanto si sono visti recapitare via raccomandata coloro che hanno già acquistato buona parte degli oltre 370 posti macchina destinati al mercato privato del Park San Giusto, il mega parcheggio in fase di costruzione nella pancia del colle a due passi dal cuore della città. Una precisazione che ovviamente ha messo in allarme gli stessi proprietari dei parcheggi, parte integrante di un intervento mastodontico e particolarmente complesso, iniziato alla fine del 2011, e che nel corso di questi anni ha dovuto affrontare e superare una serie di problematiche in corso d'opera. Intervento il cui traguardo è stato ufficialmente fissato per la primavera del prossimo anno. «Confermo che quella dell'aprile 2015 rimane la data stabilita per la conclusione dei lavori», precisa Franco Sergas, presidente della Park San Giusto, società titolare del project financing. «Il tutto nasce da un equivoco e cioè dal fatto che ai proprietari era stata fornita a suo tempo una data di consegna diversa, che poi è stata corretta in corsa e che corrisponde a quella già annunciata della primavera del prossimo anno: non esiste dunque nessun contrattempo dell'ultimo minuto». Un ruolino di marcia che quindi prosegue nei tempi prestabiliti. «Abbiamo completato la parte delle strutture e adesso ci stiamo concentrando su quella degli impianti elettrici, idraulici e antincendio - continua Sergas. «Stiamo discutendo con i tecnici comunali gli ultimi dettagli, tra i quali c'è anche un progetto di decorazione degli spazi interni del parcheggio, in cui troverà posto una teca che conterrà i reperti archeologici rinvenuti nel corso degli scavi». Un intervento che comporta un investimento complessivo che raggiunge i 41 milioni di euro: il numero di parcheggi previsto era di 718, ma attraverso una programmazione più dettagliata ne sono stati ricavati altri 14, il che fa salire il totale a quota 732. Di questi, oltre 376 sono stati destinati al mercato privato e quasi tutti venduti (ne rimangono solo una quarantina), 308 diventeranno parcheggi a rotazione a pagamento, mentre 34 saranno quelli riservati al Comune. In questo momento sono un centinaio gli operai che lavorano su più turni all'interno delle gallerie: cinque i livelli del parcheggio, in quanto l'idea di aggiungerne un sesto, che avrebbe portato a ricavare altri 72 posti macchina ed un ulteriore introito di 3 milioni di euro, alla fine è stata scartata proprio perché le maglie della burocrazia avrebbero allungato i tempi di realizzazione. Nel frattempo si lavora anche sui tre ascensori che completeranno la struttura, due interni (uno già montato) ed uno di collegamento con il Colle di San Giusto. «Si tratta in questo momento dell'opera più importante che si sta realizzando in città» - conclude Sergas -. «Al di là del comprensibile disagio creato ai residenti che peraltro sono stati molto pazienti, c'è da parte nostra una grande soddisfazione per un traguardo che si avvicina e che porterà notevoli benefici al territorio».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - LUNEDI', 15 dicembre 2014

 

 

Pesca insostenibile: azione di Greenpeace a Bruxelles
Greenpeace torna in azione contro la pesca insostenibile. A Bruxelles alcuni suoi attivisti hanno messo in campo uno striscione blu di 9 metri (a simboleggiare il mare ormai vuoto) e palloncini per manifestare contro lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche dell’Atlantico e del Mare del Nord. In programma oggi presso il Consiglio dei Ministri UE la definizione delle quote di pesca per il 2015.
Garantire la preservazione di un patrimonio ittico ora a rischio è l’obiettivo dichiarato di Greenpeace, che chiede inoltre l’adozione esclusiva nell’UE di metodologie di pesca sostenibili a ridotto impatto ambientale. Come ha affermato Serena Maso, responsabile campagna mare di Greenpeace Italia:
È ora che i Ministri europei risolvano definitivamente il problema della pesca eccessiva. Gli stock ittici hanno possibilità di recupero solo se le quote di pesca vengono fissate in base alle raccomandazioni scientifiche. Per garantire un futuro alla pesca e alle comunità che da essa dipendono, si devono sviluppare azioni concrete a favore dei pescatori che operano con un basso impatto sull’ambiente.
Necessario inoltre favorire, spiega Maso, le piccole imbarcazioni a norma, scoraggiando al contempo l’utilizzo di quei 20 “mostri del mare” presentati da Greenpeace nel suo ultimo rapporto sulla pesca insostenibile. Mega pescherecci che risultano appartenere all’UE per “proprietà, gestione o bandiera”:
I piccoli pescatori artigianali sono costretti ad abbandonare il proprio lavoro perché i governi hanno deciso di mettere le quote di pesca nelle mani sbagliate, favorendo le grandi flotte industriali che impoveriscono e distruggono i nostri mari. Per il 2015 Greenpeace chiede che la maggior parte delle quote di pesca venga concessa ai piccoli pescatori che hanno un basso impatto ambientale e che sono più sostenibili.
Sovrasfruttamento che riguarda, conclude Greenpeace, circa il 40% delle risorse ittiche del Nord Est Atlantico e addirittura oltre il 90% del Mediterraneo. Attenzione quindi rivolta alle nuove quote pesca per il 2015, con un taglio netto chiesto dagli scienziati per consentire l’indispensabile ripopolamento delle specie.
Claudio Schirru

 

 

Nuova etichettatura UE per gli alimenti al via, cosa cambia
Il 13 dicembre è entrata in vigore la nuova etichettatura per gli alimenti, in accordo con il Regolamento UE 1169 del 2011, relativa alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori.
Importanti le novità, nella direzione di un aumento della trasparenza e dell’informazione al consumatore. Coldiretti, tramite il suo presidente Roberto Moncalvo, ha così commentato: In un momento difficile per l’economia in Europa e in Italia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza per combattere la concorrenza sleale a danno delle nostre imprese e per garantire la possibilità di fare scelte consapevoli al consumatore.
Vediamo più in dettaglio cosa cambia:
◦Etichette più chiare e leggibili – si parte da qui per un’informazione che salti all’occhio del consumatore. Le indicazioni obbligatorie dovranno essere scritte in modo chiaro e con caratteri più grandi: 1,2 mm per le etichette più grandi, 0,9 per quelle più piccole.
◦Evidenza del responsabile dell’alimento – dovrà essere indicato chiaramente l’indirizzo del responsabile dell’alimento, cioè l’operatore il cui nome o la cui ragione sociale sono utilizzati per commercializzare il prodotto. Un’informazione che non va confusa con quella relativa allo stabilimento di produzione, ora in Italia facoltativa per non confondere il consumatore.
◦Allergeni in risalto – una delle importanti novità è l’obbligo di indicare in modo più evidente rispetto alle altre informazioni, la presenza di allergeni, come derivati del grano e cereali contenenti glutine, sedano, crostacei, anidride solforosa o latticini contenenti lattosio. Questo varrà anche per i ristoranti e per le attività di somministrazione di alimenti e bevande in genere, che dovranno trovare il modo di rendere ben visibile per i clienti, tale comunicazione.
◦Più trasparenza sugli oli e grassi utilizzati – altra specifica di notevole rilievo è quella che deve essere fatta, per grassi e oli vegetali, presenti tra gli ingredienti. In pratica non potrà più esserci la dicitura “oli vegetali” o “grassi vegetali”, che spesso nasconde l’utilizzo di grassi poco nobili come l’olio di palma, di colza o di cotone, ma dovrà essere specificato il tipo di grasso o olio, mentre se si tratta di grassi idrogenati l’etichetta dovrà riportare la scritta “totalmente idrogenato” o “parzialmente idrogenato”.
◦Stato fisico del prodotto – d’ora in poi dovranno essere indicati i trattamenti subiti da un prodotto o da un ingrediente. Ad esempio non si potrà scrivere “latte” tra gli ingredienti, se sono state usate proteine del latte o latte in polvere.
◦Congelamento e scongelamento – per carne e pesce congelati e preparazioni di carne e pesce congelati non lavorati, dovrà essere indicata la data di congelamento. Per gli alimenti congelati prima della vendita e venduti decongelati si dovrà accompagnare invece la denominazione del prodotto con la designazione “decongelato”. Un discorso in più va fatto per il pesce, per il quale si aggiunge la normativa relativa all’etichettatura per la messa in commercio dei prodotti ittici (Reg. UE n. 1379/2013), secondo la quale andrà specificato il metodo di produzione, il tipo di attrezzo utilizzato per la cattura e la zona di cattura o di produzione, anche tramite indicazione con disegno o mappa.
◦Provenienza delle carni suine, ovi-caprine e di pollame – altra novità a lungo caldeggiata, che sarà in vigore da aprile 2015, è l’estensione dell’indicazione del luogo di allevamento e di macellazione anche alle carni suine e ovi-caprine, dopo che per quelle bovine era stata applicata in conseguenza delle infezioni diffuse, da morbo della “mucca pazza”.
◦Indicazione di ingredienti sostitutivi – i surrogati dovranno essere specificati accanto al nome del prodotto, con dimensioni pari almeno al 75% dello stesso.
◦Alimenti contenenti caffeina – per tutelare la salute delle donne in gravidanza e in allattamento dovrà essere specificata la presenza di caffeina.
◦Scadenza ripetuta sulle monoporzioni – infine la scadenza nei prodotti monoconfezionati, dovrà essere indicata su ogni singola porzione. Aspetto questo che oltre ad essere a favore della salute del consumatore, va nella direzione anche di una riduzione degli sprechi alimentari.
Un buon risultato quindi per la tutela del consumatore e del prodotto Made in Italy, una buona strada sulla quale bisogna proseguire, infatti Coldiretti sottolinea:
l’esigenza di accelerare il percorso per rendere obbligatoria l’indicazione di origine in tutti i prodotti alimentari.
Rossana Andreato

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 dicembre 2014

 

 

Sessanta milioni per salvare Palmanova

La proposta del sindaco Martines ai parlamentari e alle istituzioni del territorio: «Serve l’intervento di Stato e Regione»
I fondi della ue - Il “progetto Unesco” coordina le richieste di altre realtà italiane ed europee per finanziare un progetto di recupero delle mura
PALMANOVA Servono 60 milioni di euro per fermare il degrado di Palmanova, fortezza veneziana, dal 1960 Monumento nazionale e candidata a diventare sito Unesco. La proposta è stata lanciata dal sindaco della città, Francesco Martines, in un incontro con i parlamentari europei e nazionali espressi dal Fvg unitamente ai capigruppo regionali e alla Regione rappresentata dall'assessore alla Cultura, Gianni Torrenti. La fortezza è stata più volte colpita da crolli negli ultimi mesi, anche a seguito del maltempo. «È finito il tempo delle ipocrisie - ha detto Martines - e su Palmanova non ci possono più essere ritardi. Serve uno sforzo collettivo dello Stato e della Regione per un piano di tutela e salvaguardia. Nella finanziaria regionale si sono trovati fondi per il castello di Colloredo (28 mln), per le Terme di Grado (20 mln) e per Villa Manin: è giunto il tempo per trovare i fondi anche per Palmanova. Su questo terrò duro e mi farò sentire». Aprire una finestra sull'Europa: questo è stato l'obiettivo del summit che si è tenuto a Palmanova e che ha visto la partecipazione dei sindaci del territorio e di tutte le rappresentanze politiche a livello provinciale, regionale, l'europarlamentare Isabella De Monte (Pd), il deputato Gianna Malisani (Pd) ed il presidente della Commissione paritetica Stato-Regione Ivano Strizzolo (Pd). Tutti hanno garantito il proprio impegno allo scopo di trovare strategie d'intervento, progetti e programmi manutentivi ma, soprattutto, fondi per poter mettere mano alle strutture storico-architettoniche. Per il sindaco di Bagnaria Arsa Cristiano Tiussi, promotore di un documento sottoscritto dai primi cittadini dell'hinterland palmarino, la valorizzazione di Palmanova va a vantaggio di un vasto territorio che ne trarrebbe beneficio sia in termini d'immagine, sia dal punto di vista economico. «Oggi già possiamo dare una risposta sul fronte del sostegno» ha dichiarato la parlamentare europea Isabella De Monte. «La collaborazione tra Comuni è fondamentale come l'impegno di Provincia e Regione verso questa città che rappresenta uno spaccato del dominio veneziano, che non rappresenta certamente solo un fatto locale». De Monte ha precisato che la strada per arrivare ai fondi europei, al fine di elaborare un progetto di recupero, è tracciata ma non può che avere i connotati della trasversalità e su questo Palmanova sta lavorando con le altre entità italiane e straniere nel "progetto Unesco". Per l'assessore regionale Gianni Torrenti diventa indispensabile avere un piano ben specifico per intervenire sulla città stellata. L'esponente regionale, che nei giorni scorsi ha incontrato il ministro Franceschini proprio per prendere in esame la questione dei beni storico-artistici inclusa Palmanova, ha detto che la Regione si assume le responsabilità per un progetto di recupero della fortezza e per questo ha preso in considerazione anche un eventuale accordo di programma per accedere a un finanziamento annuo costante. Critico sul ritardo degli interventi regionali Cristian Sergo. Il presidente provinciale Pietro Fontanini, Ivano Strizzolo, Riccardo Riccardi, Silvia Cremaschi, Alessandro Colautti, i sindaci e i capigruppo del Consiglio comunale di Palmanova hanno ribadito come questa città debba essere riconosciuta come un bene non solo regionale da salvaguardare e proteggere.

(a.m.)

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 14 dicembre 2014

 

 

Servola, laminatoio a freddo da 111 milioni entro un anno
Nel progetto di Siderurgica Triestina il dettaglio degli interventi previsti: altri 20 milioni serviranno per nuovi capannoni, 5 per attrezzare la banchina
A seguito della firma a Roma dell’Accordo di programma per l’area della Ferriera di Servola, Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedi che ha acquistato lo stabilimento, ha presentato il Progetto integrato di messa in sicurezza ambientale e reindustrializzazione. La strategia d’intervento si articola in tre macroazioni: caratterizzazione e smaltimento del cumulo storico di rifiuti presenti e di altri hot spot che si dovessero rinvenire; messa in sicurezza operativa dei terreni di proprietà e in concessione; collaborazione al marginamento previsto dal progetto per l’intero Sin (Sito inquinato di interesse nazionale) e provvisorio trattamento delle acque di falda emunte in attesa dell’attivazione dell’impianto pubblico di trattamento. Il Piano industriale finanziario conferma un impegno di risorse complessivamente pari a 174 milioni di euro dei quali 20 entro la fine di quest’anno, 120 nel 2015 e 34 nel 2016 e fornisce per la prima volta pubblicamente il dettaglio dei singoli investimenti. Dieci milioni verranno utilizzati entro la fine del 2016 per lo smaltimento del cumulo e la pavimentazione dei suoli e 20 milioni entro metà 2015 per il risanamento degli impianti che producono ghisa. Siderurgica Triestina sta già finendo di spendere (solo in questo caso il termine previsto è già la fine 2014) 7 milioni e 600mila euro per il risanamento dei capannoni dell’ex acciaieria e le rispettive attrezzature di cui 2 milioni e 700mila euro per il ripristino dei capannoni esistenti che hanno un’area complessiva di 27mila 500 metri quadrati, 2 milioni e 50mila euro per l’impiantistica (luce, anticendio, ecc.) e 2 milioni 850mila euro per i carriponte (8 gru da 40 tonnellate e una gru da 70). Altri 20 milioni e 200mila euro serviranno l’anno prossimo per nuovi capannoni per 37mila metri quadrati e relativi impianti, di cui 13 milioni e 300mila euro per la loro costruzione, 4 milioni e 50mila euro per gli impianti e 2 milioni 850 mila euro per altre nove gru. La spesa più ingente, ben 111 milioni 400mila euro sarà sostenuta per la riconversione industriale con la creazione del laminatoio a freddo che sarà quasi completamente portata a termine entro la fine del 2015. Qui la tabella con le voci specifiche dell’investimento usa termini squisitamente tecnici: 33 milioni per il tandem mill, 10 per i forni a campana, 6 milioni e 400mila per lo skin pass, 50 milioni per la linea ricotture magnetico da 200mila tonnellate all’anno, 5 milioni per lo slitter, un milione per strumentazione qualità e 6 milioni per la messa a punto produzione Vod. Infine, 5 milioni verranno spesi per l’attrezzamento della banchina portuale e il pontone di scarico. Il Progetto di St riporta anche l’analisi di rischio eseguita nel 2012, riferendo che «si evidenzia nelle simulazioni effettuate con il software Giuditta l’assenza di rischio sanitario cancerogeno (prendendo a riferimento come bersaglio i lavoratori del sito) per tutti i parametri e per tutti i percorsi di esposizione considerati, ad eccezione del rischio associato ai percorsi per contatto dermico e per ingestione di suolo superficiale (legato ad alcuni composti della famiglia degli Ipa, al Pcb e all’arsenico) e al percorso per inalazione di vapori del suolo che risulterebbe non accettabile per benzene e pcb».

Silvio Maranzana

 

Per ottenere l'AIA - Revamping di altoforno e cokeria

L’Accordo di programma prevede anche una serie di interventi da effettuare da parte di Siderurgica Triestina per chiedere e ottenere la nuova Autorizzazione integrata ambientale. Si citano in particolare il revamping completo della cokeria tra l’altro con automazione delle operazioni di carica dei forni, captazione localizzata delle polveri nei punti di trasferimento del coke e captazione completa delle emissioni diffuse; revamping completo dell’altoforno con captazione completa delle emissioni diffuse; potenziamento del sistema di aspirazione nell’agglomerato; pavimentazione di tutte le aree di messa a parco e delle strade interne; confinamento e copertura delle aree di messa a parco; adozione di sistemi di contenimento delle polveri durante le fasi di scarico navi.

 

Con soldi pubblici il barrieramento a mare
Invitalia ha presentato il piano di fattibilità: realizzerà anche l’impianto di depurazione delle acque
A disposizione 41 milioni Ventisei vengono da risorse della Regione, mentre altri 15 sono statali ma devono ancora essere oggetto di una delibera del Cipe

Allegato all’Accordo di programma anche lo studio di fattibilità di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, delegata a effettuare gli interventi di bonifica per quanto riguarda la parte pubblica. In esso si specifica come gli interventi di messa in sicurezza finanziati con risorse pubbliche siano innanzitutto la realizzazione del marginamento fisico frontemare dell’intera area demaniale in concessione con annessa barriera idraulica in continuità con le opere previste nel secondo stralcio della Piattaforma logistica e poi la realizzazione dell’impianto di depurazione per il trattamento delle acque di falda contaminate. A questo proposito si specifica che «gli oneri di gestione dell’impianto di trattamento sono a carico del concessionario». L’ipotesi progettuale sviluppata prevede in concreto la realizzazione di un sistema di marginamento, costituito da un barrieramento impermeabile fisico accoppiato a un sistema di drenaggio e collettamento subsuperficiale delle acque di falda intercettate da sviluppare lungo l’intera linea di costa dell’area demaniale, suddiviso in tre ambiti di intervento: la banchina di Servola (lunghezza 400 metri), l’ex parco ghisa (750 metri), il secondo stralcio della Piattaforma logistica (850 metri). L’ipotesi di progetto prevede inoltre, al fine di impedire l’erosione delle sponde, la rimozione dei materiali vari potenzialmente contaminati che costituiscono l’argine frontemare lungo l’ex parco ghisa e la sistemazione ambientale del relativo tratto di sponda. Inoltre la realizzazione di un impianto Taf, dimensionato per trattare le acque di falda drenate dal sistema di marginamento della Servola nonché per accogliere eventuali apporti da altre aree contaminate del Sin di Trieste. La stima dei costi degli interventi - sottolinea Invitalia - è stata quantificata in via preliminare per un importo delle opere pari a 29 milioni 588mila euro e per somme a disposizione pari a 11 milioni 912mila euro. Al finanziamento degli interventi concorrono risorse assegnate alla Regione Friuli Venezia Giulia per 26,1 milioni e risorse statali per i restanti 15 milioni che dovranno essere oggetto di delibera Cipe. A questi vanno aggiunti, sempre sul fronte ambientale, gli interventi a carico del soggetto privato non responsabile. Siderurgica Triestina si impegnerà nelle seguenti azioni: rimozione e smaltimento del cumulo di rifiuti presente nell’area demaniale; rimozione di altri eventuali depositi incontrollati di rifiuti rinvenuti nelle aree di proprietà della Servola o in quelle in concessione; misure di messa in sicurezza operativa del suolo, quali rimozione di hot spot e coperture idonee a mitigare o interrompere i percorsi di esposizione, con relativa analisi di rischio; compartecipazione alla realizzazione del progetto pubblico di messa in sicurezza della falda. La terza linea d’azione in questo ambito riguarda gli interventi di massima necessari al rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione. «La progettazione e l’esecuzione di questi interventi - chiude Invitalia - sono di competenza di Siderurgica Triestina».

(s.m.)

 

 

Porto Vecchio, il prefetto firma l’apertura per il 2015
Francesca Adelaide Garufi: «Attendo i pareri tecnici, poi darò il via libera - Per spostare il Punto franco servono un progetto e concordanza tra enti»
«Entro il 31 dicembre firmerò il decreto che prevede la sospensione per un altro anno, cioé tutto il 2015, del regime di Punto franco sull’area di Porto Vecchio che comprende il Polo museale, il Magazzino 26 e la bretella stradale di collegamento». Lo ha confermato ieri il prefetto Francesca Adelaide Garufi dopo che venerdì in Comitato portuale, rispondendo a una domanda del sindaco Roberto Cosolini, la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi aveva annunciato che la domanda era stata inoltrata. «L’ho vista - ha detto ieri il prefetto - e l’ho già inviata agli enti tecnici per gli obbligatori pareri che ritengo non riserveranno sorprese. Prima della fine dell’anno, quindi perfettamente in tempo, il provvedimento sarà operativo». Ancora una volta però, per il quinto o sesto anno di fila, si tratterà di un provvedimento temporaneo e provvisorio. «Se una richiesta c’è, come in questo caso - spiega Garufi - non c’è motivo per non accoglierla. Non siamo certo di fronte a un’area contesa, non vi sono interessi diversi da comparare prima di decidere. L’ex Centrale idrodinamica fa parte del Polo museale ed è aperta al pubblico. Mi riservo invece di verificare la situazione dell’area in cui si trovano Magazzini 27 e 28 dove recentemente si è svolta la rassegna TriestEspresso Expo». Sono gli stessi per i quali la Camera di commercio ha chiesto una concessione di 15 anni per adibirli a Polo espositivo, ma fanno parte di una delle pochissime manifestazioni di interesse avanzate per rivitalizzare Porto Vecchio delle quali la più importante è di Fincantieri per una cittadella nautica con ormeggi per megayacht, albergo, foresteria, uffici e magazzini. L’Istituto di cultura marittima portuale che doveva gestire il Polo museale è stato messo in liquidazione e solo venerdì Monassi ha annunciato la creazione per gestirlo di un presidio coordinato da un dirigente ApT. La Sottostazione elettrica però è chiusa e il Magazzino 26 è deserto se si escludono le sedute del Comitato portuale. Il rilievo che gli enti elettivi hanno fatto all’Authority è di non avere un progetto complessivo per Porto Vecchio. Ma anche secondo il prefetto serve una progettualità totale e definita anche per poter finalmente arrivare a una soluzione di tipo strutturale per l’area, quella soluzione permanente, in un senso o nell’altro, che la stessa Garufi caldeggia già da un paio d’anni a questa parte. «Una progettualità definita e una concordanza di vedute tra gli enti territoriali - specifica il prefetto - poi si può rapidamente capire e adottare il provvedimento che serve anche per arrivare a un’eliminazione del Punto franco sull’intero Porto Vecchio». È quanto potrebbe accadere già tra pochi mesi con il nuovo presidente dell’Autorità portuale. «Qui c’è tutto un retaggio storico che incide - afferma Garufi - Trieste diventata grande proprio con il Porto franco, le agevolazioni poi previste dal Trattato di pace, il Territorio libero di Trieste che però non si è mai formalmente costituito. Alcuni triestini dunque hanno paura di perdere una prerogativa. Ma posso assicurare che non solo l’area franca si può restringere e allargare, ma anche trasferire in un’altra zona dove risulta più utile proprio ai commerci. Di più, una porzione può essere tolta oggi e ripristinata addirittura tra qualche anno, recuperata cioé in un secondo momento».

Silvio Maranzana

 

 

«Forniture gas: l’Italia non corre rischi»
Secondo gli analisti del Monte Paschi la recessione ha influito sui consumi crollati del 20 per cento
MILANO «Il gas russo riveste un ruolo estremamente importante nelle nostre forniture con il 30,5 per cento del quantitativo complessivamente importato, ma dalla sola Algeria arriva in Italia un quantitativo assai maggiore, pari al 33,8 per cento. Il nostro Paese sembra in un'ottima posizione dalla quale potrebbe forse sopportare con minore difficoltà un'eventuale situazione di contingentamento delle forniture russe»: lo afferma un report di Banca Mps dedicato al gas, dal quale emerge anche che la produzione e il trasporto del gas naturale dai Paesi di origine ai Paesi consumatori sono cresciuti nel corso dell'ultimo decennio di oltre il 28 per cento. La produzione e il consumo a livello mondiale sono superiori a 3 trilioni di metri cubi annui con riserve, tuttora piuttosto abbondanti, di poco meno di 190 trilioni di metri cubi. Il gas - si legge in un comunicato - ha certamente un ruolo centrale tra i combustibili fossili (ancora oggi questi soddisfano il 90 per cento del fabbisogno energetico mondiale) grazie al contenuto molto minore di gas serra e alla possibilità di essere trasportato mediante gasdotti e via mare dopo il processo di liquefazione a bassa temperatura. La rete complessiva dei gasdotti mondiali si estende ormai per quasi 900 mila chilometri ed il commercio di Gnl a livello mondiale è ormai pari a 250 milioni di tonnellate, circa raddoppiato rispetto a 10 anni fa. Per quanto riguarda l'Italia, l'importanza relativa del consumo di gas naturale rispetto alle altre fonti di energia è ancora più rilevante perchè ammonta al 34 per cento del totale ovvero a circa 70 miliardi di metri cubi. Tuttavia, dal 2008 ad oggi, la crisi ha influito pesantemente determinando un deciso calo dei consumi di energia e quindi anche del gas naturale che ha subito una diminuzione di circa il 20% rispetto al picco di 86 miliardi di metri cubi del 2005.

 

 

La Val Rosandra cambia Da giardino della città a vera riserva naturale
Dal convegno di Bagnoli la conferma che il piano di conservazione è finalmente in arrivo: così si saprà cosa si può fare e cosa no
SAN DORLIGO DELLA VALLE Tutela, conoscenza e valorizzazione. È questo il trinomio di valori su cui si deve basare il futuro della Val Rosandra emerso più che mai ieri mattina in occasione del convegno "1984-2014, 30 anni di Val Rosandra - Dall'istituzione del Parco ad una Riserva naturale al passo con i tempi". L'incontro, promosso dal comune di San Dorligo della Valle, ente gestore della Riserva, ha visto al teatro comunale France Prešeren di Bagnoli la partecipazione di tante persone interessate a capire l'evoluzione della riserva, da anni al centro di una costante querelle tra i vari attori interessati. Sotto la lente d'ingrandimento rimane sempre il fatidico Pcs, ossia il Piano di conservazione e sviluppo della riserva, una riserva le cui dimensioni scelte per tutelare l'area hanno creato da tempo un conflitto tra i proprietari delle particelle inserite al suo interno, costretti sostanzialmente a non poter effettuare le proprie attività, perlopiù agricole. La riperimetrazione dell'area rimane uno degli scogli più ardui da affrontare. «La situazione non è semplice, lo sappiamo tutti, ma è giunto il tempo della riappacificazione degli animi e del pensare propositivamente verso la nostra valle», ha spiegato l'assessore all'Ambiente del Comune di San Dorligo Franco Crevatin. Nella giornata di ieri è emerso che il Pcs verrà approvato entro tempi brevi da parte dalla Regione. Entro la fine del 2015 dovrà essere ribadito sostanzialmente cosa si potrà fare e cosa no all'interno della riserva. La tutela massimalista dell'ambiente sarà quindi rivista in modo da non cozzare più con gli interessi degli agricoltori? «In questi trent’anni tante cose sono state fatte e tante, purtroppo, sono mancate – ha spiegato Crevatin -. La coscienza ambientale ha fatto passi da gigante e, fortunatamente, si è consolidata su un numero sempre più alto di persone che qui vivono o che qui arrivano magari solo per una breve visita. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare, tanti pensano che la Val Rosandra debba essere obbligatoriamente il “giardino di città” a disposizione incondizionata a qualsiasi costo ed a qualsiasi condizione, una specie di contenitore in cui poter fare qualsiasi cosa tanto poi a mettere a posto ci penserà qualcun altro...» Crevatin invece è dell'idea che “il livello di guardia verso la maleducazione ambientale va tenuto alto, che i trasgressori delle anche più elementari regole di comportamento vadano redarguiti e puniti, nell’interesse comune”. Tra i relatori di ieri Alessandro Capuzzo, ex consigliere comunale di San Dorligo, xhw ha evidenziato “la necessità di partire col Piano di ripristino dell'area dopo la deforestazione effettuata nel 2012 da attuare nell'interesse di tutti, le cui linee essenziali si basano su cinque punti proposti dai professori Poldini e Nimis e condivisi dal Comune: monitoraggio, prevenzione, coltivazione, progetti formativi, e inserimento nei progetti Interreg”. Lo scempio della Val Rosandra è stato affrontato anche dall'attuale assessore all'Ambiente: «L’incontro di oggi (ieri, ndr) avviene in presenza della ferita ancora aperta per quello che è successo due anni fa. Gli avvenimenti del marzo del 2012 hanno infatti lasciato un brutto ricordo a tutte le componenti attive locali e provinciali e gli strascichi giudiziari sono ancora in corso. E proprio per questo abbiamo voluto incontrarci con voi qui al fine di chiudere idealmente questo triste capitolo ed iniziare una nuova fase che sia veramente più attenta e condivisa a favore primario dell’ambiente, in tutti i sensi». Il prossimo step sarà un incontro pubblico per analizzare nuovamente il Piano di conservazione e sviluppo. Uno step nel quale sarà davvero interessante se alle belle parole seguiranno anche i fatti.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 dicembre 2014

 

 

Authority, chiesta la proroga dell’apertura di Porto Vecchio - Monassi in Comitato ha annunciato che ha presentato la domanda al Prefetto
L’advisor dà il via alle procedure per la cessione delle tre società partecipate
L’Autorità portuale ha presentato al Commissario del governo la richiesta per il prolungamento di un altro anno della sospensione del regime di Punto franco lungo la bretella del Porto Vecchio. In questo modo la presidente dell’Authority Marina Monassi ha rassicurato il sindaco Roberto Cosolini che aveva manifestato la propria preoccupazione nell’ambito del Comitato portuale di ieri pomeriggio. Rassicurazioni sono stati fornite anche, come rileva una nota della Torre del Lloyd, «sulla continuità dell’attività del Polo museale del porto. A tal fine - è stato annunciato - è stato istituito un apposito presidio coordinato da un dirigente ApT». Il “presidio” sostituirà la Fondazione Istituto marittimo di cultura portuale che, su stesso invito del ministero, è stata invece messa in liquidazione. Del Polo museale, al quale si accede attraverso la bretella, è comunque attualmente aperta soltanto la ex Centrale idrodinamca. Per quanto riguarda le società tuttora partecipate dall’ApT, sono state illustrate, da parte dell’advisor, cioè la società Kpmg, le procedure per la vendita di Adriafer, Porto di Trieste servizi e Trieste terminal passeggeri, che saranno bandite a breve. «Il presidente Monassi ha recepito a questo proposito - rileva l’Authority - le indicazioni della Presidente Serracchiani, la quale ha sottolineato la necessità che le procedure di gara siano quanto più possibile pubblicizzate, prevedendo, per quanto riguarda Adriafer, la partecipazione di enti pubblici, operatori portuali e imprese ferroviarie al fine di conseguire l’obiettivo dell’eliminazione dell’annoso problema della doppia manovra. L’advisor è stato pertanto incaricato di confrontarsi su questi temi anche con gli uffici della Regione». «La cessione delle quote di Adriafer dovrà avere come obiettivo l'abbassamento del costo della manovra ferroviaria all'interno del porto e di rendere nello stesso tempo questa manovra unica, in modo da accrescere la competitività del porto», ha specificato al termine Serracchiani, aggiungendo che «sulla procedura di cessione si è registrata una volontà comune e il Comitato ha dato all'Autorità un indirizzo preciso». Il Comitato ha anche approvato l’atto di indirizzo in materia di tasse portuali: ad avvenuta approvazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2015 da parte dei ministeri vigilanti, l’Autorità portuale valuterà le iniziative in materia di riduzione delle tasse portuali e di ancoraggio per garantire la competitività del porto nel contesto dei porti nazionali e nel confronto concorrenziale con i vicini porti esteri. Misure concrete già adottate consistono nella riduzione straordinaria del 20% dei canoni per i magazzini adibiti a deposito di caffè crudo e nella riduzione straordinaria del 30% dei canoni per le aree utilizzate esclusivamente per il deposito di legname. Via libera infine alla variazione di due concessioni. Alla Emt di Francesco Parisi è stato concesso di procedere all’abbattimento dell’ultimo magazzino ancora in piedi sull’area in concessione sul Molo Sesto. È quello contrassegnato dal numero 64 e la sua sparizione permetterà l’ampliamento degli spazi per la movimentazione delle merci e consentirà la posa di un nuovo fascio di binari. Alla Samer Seaports & Terminals invece è stato dato il via libera per ampliarsi nella zona di Riva Traiana su aree che erano da anni inutilizzate, un tempo a disposizione di Coopsette. Le aree saranno riqualificate con investimenti a carico del privato e serviranno a implementare l’attività del terminal e sviluppare ulteriormente il traffico».

Silvio Maranzana

 

Polo museale in Porto vecchio una realtà da salvaguardare
L’INTERVENTO DI  Tea Giorgi (presidente Casa internazionale delle donne di Trieste) e Gabriella Taddeo (consigliera di parità della Provincia di Trieste)
Vigili e attente alle azioni delle istituzioni e del mondo associativo, le volontarie della Casa internazionale delle donne di Trieste si sono felicitate, a suo tempo, dell’apertura della bretella portuale che ha permesso di conoscere e visitare parte del Porto vecchio e – in essa - il polo museale, la centrale idrodinamica e la sottostazione elettrica, un patrimonio cittadino di alto valore. Riteniamo positiva, oggi, la notizia delle migliaia di croceristi che sosteranno a Trieste grazie agli attracchi delle grandi navi bianche e si auspica che diano impulso all’economia e, ci piace pensare, all’occupazione, soprattutto giovanile, anche in ambito turistico e culturale, spesso affollato di attitudini e competenze femminili tuttora scarsamente impiegate. Abbiamo riservato pronta attenzione al progetto della Biennale femminile di arte applicata, da realizzarsi in Porto vecchio, convinte che potesse costituire un’occasione unica di collaborazione tra donne artiste di vari Paesi e di rafforzamento delle partnership che la Casa internazionale già coltiva con numerose associazioni transfrontaliere e del Mediterraneo attraverso i progetti europei di “long life learning”. Abbiamo apprezzato le attività che sono gravitate attorno al polo museale del porto vecchio: eventi, convegni e iniziative di altissimo livello e desideriamo esprimere il nostro riconoscimento al lavoro dei volontari di Italia Nostra, che sappiamo quotidianamente impegnati in quel sito, che rischiano di veder vanificato l’impegno di questi anni. Ma, sopra ogni considerazione, il nostro pensiero forte va alle competenze, alla tenacia e alla determinazione di Antonella Caroli, attuale direttore dei beni e delle attività culturali dell’Istituto di cultura marittimo portuale, la cui professionalità e autorevolezza accademica è riconosciuta a livello internazionale. Una donna che, con passione e competenza, si è resa protagonista di un percorso che ha portato alla concretezza un’idea progettuale sfidante, coordinando istituzioni e individuando gli iter amministrativi per il reperimento dei fondi pubblici: Regione, ministero Beni culturali, Autorità portuale e Fondi europei. Una risorsa formidabile per Trieste, avendo dimostrato in più occasioni di saper dialogare con le istituzioni, di ricercare con ostinazione intenti comuni e di rendere visibile sullo scenario mondiale, valorizzandolo, il patrimonio insito nel porto vecchio della nostra città, parte del quale ci è stata, principalmente grazie al suo operato, restituita nella sua bellezza. Una parte preziosa che ora rischia di essere “preclusa”, senza valutare che la mancata apertura costante e la fruizione pubblica dei beni, potrebbe comportare l’obbligo di restituzione immediata dei fondi pubblici. Come donne impegnate quotidianamente nel lavoro volontario facciamo quindi un appello alle Autorità tutte di non interrompere lo sviluppo del polo museale, di non togliere ad Antonella Caroli, a Italia Nostra e a noi tutti/e l’opportunità di evoluzione di un progetto foriero di benefici economici e culturali, valorizzando le capacità, le competenze e le disponibilità personali messe a disposizione del “bene comune”, superando perdenti logiche di potere e di interessi individuali. Chiediamo inoltre con forza che sia indetta in tempi brevissimi la conferenza di servizi necessaria per definire il futuro di tutta l'area del Porto vecchio. Come evidenziato dal prefetto Francesca Adelaide Garufi, in mancanza di una decisione concorde a livello locale il varco si chiuderà definitivamente e al suo interno prospereranno il degrado e gli interessi di pochi. Non vogliamo un futuro in cui sia necessario prendere un appuntamento per visitare il polo museale, previa esibizione di un documento per valicare un confine interno alla città. Diamo gambe alle competenze, alla voglia di fare e di impegnarsi, senza svilire chi riesce ad esprimere professionalità ed entusiasmo, dando spazio e tempo al futuro e alla visibilità della nostra città. Non si parli di chiusure, preclusioni e confini ma di opportunità, crescita e collaborazione.

 

 

Sequestrate 2 discariche gestite dai rom
Si trovano ambedue nella zona di Valmaura, sette indagati: smaltivano rifiuti nocivi di alcuni artigiani a basso prezzo
La data è quella del 25 ottobre scorso. Il luogo è via Rio Primario, non lontano dalla Risiera. La scena - fotografata dagli agenti della polizia locale - è quella di una persona che maneggia dei rifiuti pericolosi, verosimilmente amianto. Per farlo utilizza la mascherina davanti al naso. Ma quella non è una discarica regolare. E chi in quel momento ci stava lavorando non è un addetto di una ditta specializzata. Tutto abusivo. Il sequestro preventivo è scattato ieri mattina su ordine del pm Cristina Bacer, il magistrato titolare delle indagini. Ha riguardato sia l’area di via Rio Primario che quella di via San Sabba 13. Nelle ordinanze dei gip Laura Barresi e Giorgio Nicoli (ognuna è riferita a una specifica area) vengono ipotizzate gravi accuse nei confronti dei sette “gestori” delle due discariche abusive. Si tratta di Gianluca, Andrea e Claudio Caris, i primi due di 29 anni e il terzo di 63 anni. E poi di Romeo Lidio e Claudio Suffer, il primo di 65 e l’altro di 39 anni. E di Alex e Francesca Lamonaca, il primo di 18 e la seconda di 38 anni. Per tutti le accuse sono a vario titolo di raccolta e gestione di rifiuti anche pericolosi. Ma anche, nel caso di via San Sabba, di aver occupato abusivamente un terreno del Comune. L’ipotesi degli investigatori è che i sette, tutti appartenenti ai gruppi rom stanziali in città, abbiano “smaltito” per conto di un buon numero di artigiani i loro rifiuti a un prezzo decisamente basso rispetto al mercato. Questo perché in quelle discariche i rifiuti non sono mai stati trattati ma semmai sotterrati. Esattamente come è successo nell’hinterland delle province di Napoli e Caserta in quella che è stata definita la Terra dei fuochi dallo scrittore e giornalista Roberto Saviano. Le indagini relative alla discarica di via Rio Primario sono iniziate nello scorso mese di gennaio. Gli agenti della polizia locale hanno trovato nell’area tre container e una grossa cisterna. Vicino c’era un autocarro di proprietà di Daniel Caris. Successivamente sono stati trovati altri due mezzi e un veicolo da lavoro. Gli agenti hanno visto che Gianluca Caris raccoglieva con il suo mezzo i rifiuti ferrosi che poi venivano stoccati nei container e in terra per poi essere caricati su autocarri di una ditta esterna. In questa attività, secondo gli accertamenti, Gianluca Caris è stato aiutato dal padre Claudio. Nell’altra discarica abusiva di via San Sabba sono stati trovati non solo rottami ferrosi, ma anche rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e anche materiali edili come piastrelle, mattoni e sanitari. Lì come detto lavoravano i due Suffer e i due Lamonaca. Nella circostanza gli agenti hanno sequestrato anche tre autocarri, alcuni furgoni e anche alcune vetture.

Corrado Barbacini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 dicembre 2014

 

 

Wartsila produrrà 54 motori per metaniere
Prodotti in Sud Corea per equipaggiare navi rompighiaccio. Altra spedizione via mare da Trieste a Monfalcone
TRIESTE Il settore energetico è uno dei più interessanti datori di lavoro per la navalmeccanica e per la motoristica navale, come attestano le commesse ottenute da Vard (Fincantieri) e da Wartsila. Stavolta è proprio il produttore di motori finlandese, che a Bagnoli della Rosandra possiede uno dei suoi stabilimenti di punta, a fare notizia: sarà Wartsila Hyundai (Whec), la joint venture creata in Sud Corea, a fabbricare 54 motori “dual fuel” (diesel/metano) destinati ad equipaggiare le metaniere rompighiaccio che trasportano gas naturale liquefatto (Gnl) attraverso le rotte dell’Artico. L’attività di estrazione e di movimentazione avviene nel quadro del progetto Yamal Lng, che si sviluppa nell’omonima penisola situata nel nord della Russia. La committenza si articola in due società: l’una costituita da Teekay Lng Partners e China Lng Shipping; l’altra formata da China Shipping Lng Investment e la giapponese Mitsui. Il prodotto richiesto a Wartsila è un motore 50DF da 12 o 9 cilindri, con una potenza erogata pari a 64350 kW per nave, chiamato a operare in condizione ambientali molto particolari: le metaniere viaggiano tra ghiacci spessi oltre due metri, dove le temperature scendono a -50° Celsius. Il motore Wartsila - dettaglia una nota aziendale - funziona a gas naturale liquefatto, a olio combustibile pesante oppure a diesel marino a bassa viscosità. Lars Anderson, vicepresidente di Wartsila Ship Power, commentando la rilevanza dell’ordine ottenuto, ha ricordato come il 65% delle nuove navi, dalle prime installazioni sulle rompighiaccio risalenti al 2006, utilizzino proprio le produzioni del gruppo finnico. In cifra tonda, sono oltre 160 le unità che montano questi “dual fuel” messi a punto da Wartsila, un successo - secondo Anderson - motivato da efficienza e vantaggi ambientali. Ricordiamo che nei primi nove mesi del 2014 Wartsila segnala un miglioramento delle commesse del 2% a 3,5 miliardi, una crescita dei ricavi dell’1% a 3,2 miliardi; il margine operativo lordo è salito all’11,5% e il portafoglio-ordini è lievitato del 5% a 4,6 miliardi. Sempre sul fronte Wartsila, ma stavolta in tema logistico, la notizia di una importante spedizione via-mare effettuata con un’operazione basata fra Trieste e Monfalcone, coordinata da Geodis Wilson Italia. Due motori marini da 110 t ciascuno e una “gearbox” da 55 t verso Shanghai sono stati trasportati con un’apposita chiatta da Trieste a Monfalcone, dove sono stati caricati sulla “Leopold Staff” che ha poi imboccato la rotta estremo-orientale via Suez.

di Massimo Greco w

 

 

Welfare - Sì alle nuove regole per il volontariato

La sesta commissione del Consiglio regionale, presieduta da Franco Codega, ha espresso parere positivo a maggioranza al nuovo regolamento per la concessione di contributi a favore delle organizzazioni di volontariato. Non sono mancate le osservazioni che saranno trasmesse alla giunta affinché le valuti prima dell’approvazione definitiva. Il nuovo regolamento si compone di 30 articoli che spaziano dai contributi per il rimborso delle spese assicurative alla formazione e all’aggiornamento dei volontari sino ai progetti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 dicembre 2014

 

 

AMBIENTE - Le acque di balneazione superano l’esame

«Le acque di balneazione del Fvg presentano una buona qualità. In particolare quelle marino-costiere lungo tutto il litorale, eccetto una parte del Golfo di Panzano, sono da anni classificate come eccellenti». Lo afferma Maria Sandra Telesca commendando il provvedimento di giunta che individua e classifica le acque destinate alla balneazione nel 2015.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 dicembre 2014

 

 

Decolla la differenziata: dal 29 al 36% in sei mesi - Il lancio della raccolta dell’umido avvicina il traguardo del 40% entro il 2015
Decoro urbano, AcegasApsAmga vara una nuova task-force per le “criticità”
“Dall’umido nascono i fiori”, recitava lo slogan di Comune e Acegas che l’estate passata, parafrasando liberamente De Andrè, lanciava la nuova campagna per incentivare la raccolta differenziata dei rifiuti urbani organici. E a fiorire adesso (per il sollievo dell’amministrazione cittadina e della multiutility) sono proprio le percentuali, finora deprimenti, della differenziata nel suo complesso: dal 29% di maggio al 36% di novembre. L’introduzione dei contenitori per l’umido avviata a giugno nelle isole ecologiche delle periferie e prossima al completamento sotto Natale nel cuore del centro città (accompagnata dalla contestuale e progressiva eliminazione di una quota di cassonetti per l’indifferenziata, che ha generato in alcuni rioni le lagnanze di parte dei residenti) pare insomma aver dato alla differenziata “totale” (plastica, vetro, carta e così via) quell’abbrivio che in passato, in una città così “conservatrice” come la nostra, era mancato. Il salto, per certi versi sorprendente, è stato comunicato ieri nel corso della presentazione dei risultati locali del report del Gruppo Hera, inedito dalle nostre parti, intitolato “Sulle tracce dei rifiuti”. È un’analisi delle cosiddette filiere del riciclo, validata dalla primaria società di certificazione “terza” Dnv-Gl, che attesta in misura altrettanto sorprendente come a Trieste ben il 99,8% della differenziata sia avviata a recupero, contrapponendosi così per le vie ufficiali alla leggenda secondo la quale “tanto finisce tutto lo stesso nell’inceneritore”. Ma torniamo per intanto ai livelli generali della differenziata di casa. «Da quando abbiamo iniziato la posa dei contenitori per l’umido avviandone la raccolta - ha dichiarato durante la conferenza stampa Roberto Gasparetto, direttore generale di AcegasApsAmga - abbiamo riscontrato un incremento della differenziata complessiva di oltre un punto percentuale al mese. Siamo così passati in soli sei mesi dal 29% al 36% di media mensile. Si sta invertendo un trend di stagnazione di un parametro che identifica, e classifica a suo modo, una città e il suo grado di attenzione all’ambiente». Giusto per rendere l’idea, il 2013 si era concluso con un 29,7% da cui la prima parte del 2014 non era riuscita a schiodarsi. Tanto che, proprio a giugno, mentre scattava l’introduzione della raccolta dell’umido, Comune e Acegas si erano date, come obiettivo per la fine di quest’anno, il 31,6%. L’escalation di questo semestre invece consentirà di chiudere il 2014 a una media annuale attorno al 33-34%, base di partenza incoraggiante per il traguardo dichiarato del 40% entro il 2015, una percentuale da città più o meno “normale”. Gasparetto, che ha promesso anche un «costante perseguimento nella qualità» rivolta al pubblico, nella stessa occasione ha fatto anche sapere che, dalla scorsa domenica, è inoltre partito il potenziamento del cosiddetto Servizio di igiene urbana con l’obiettivo di prevenire, ed eventualmente fronteggiare, le situazioni di criticità legate alla raccolta rifiuti e al decoro. In particolare, è stata attivata un’unità operativa in aggiunta ai normali turni di servizio, denominata Rao (Rinforzo operativo ambiente). L’unità, attiva sia nei giorni feriali che nei festivi, sarà chiamata ad intervenire in tempo reale per affrontare le criticità legate sia alla pulizia che allo stato delle batterie di contenitori per i rifiuti. Una speciale task-force supplementare per il “lavoro sporco”, insomma, sia per spazzare le strade là dove dovesse servire sia per raccogliere in maniera più puntuale le immondizie abbandonate ai piedi dei cassonetti.

Piero Rauber

 

Da oggi ai Mercatini di Natale i “bidoncini” domestici per l’organico

L’incontro stampa di ieri è stato convocato a Palazzo Marenzi, dietro il Municipio, quartier generale di EstEnergy. Una “location” non casuale. Proprio la controllata del gas sarà presente da oggi con uno stand ai Mercatini di Natale di Sant’Antonio. Qui verranno distribuiti sia il report sulla tracciabilità del riciclo dei rifiuti sia un secchiello per la raccolta domestica del rifiuto umido, polipropilene riciclabile al 100%, per una capienza di dieci litri, altro strumento con cui Acegas si propone di incentivare la cultura della differenziata in città. Allo stand EstEnergy proporrà quindi la nuova formula del “gas a rata costante” per evitare agli utenti che ne facessero richiesta i proverbiali sbalzi delle bollette a seconda delle stagioni. «La competitività aziendale è importante - così l’amministratore delegato di EstEnergy Albino Belli - ma per noi lo è pure la sostenibilità del servizio per le famiglie».

(pi.ra.)

 

E il report Hera dice che il 99% passa alla filiera del riciclo - l’indagine
Fine della leggenda. Il sindaco Cosolini, l’assessore Laureni e il management di AcegasApsAmga ieri hanno celebrato così il report sulla tracciabilità della differenziata. L’indagine costruita sui dati del 2013 (disponibile on-line su www.acegasapsamga.it e www.gruppohera.it/sulletraccedeirifiuti) è alla quinta edizione per il Gruppo Hera e alla prima per Acegas e, dunque, per Trieste. Trieste dove, anche in ragione di una quantità a più bassa di differenziata rispetto allo standard, la percentuale di recupero supera la media Hera del 93,8% per toccare il 99,8%. «Il report toglie il dibattito da un limbo di sospetti e interpretazioni», la soddisfazione di Laureni. «Dobbiamo giustamente relazionare alla comunità - così Cosolini - dove vanno a finire i rifiuti differenziati, anche perché la gente non pensi “faccio fatica a differenziare, non vorrei poi che tutto quanto finisse lo stesso nel termovalorizzatore”. I dati però sono inequivocabili, testimoni di un processo virtuoso». Pure in termini economici, come ha tenuto a sottolineare Gasparetto: «Recuperare materia è di certo un approccio etico ma non solo, e si traduce in benefici economici, anche per le famiglie. La legge prevede che dai costi di servizio della differenziata, che vanno a comporre le tariffe, vengano detratti sia i contributi che gestori e comuni ricevono dal Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, sia i ricavi derivanti dalla vendita del materiale». E a proposito di tariffe, Cosolini ha insistito sul fatto che «il Pef, il Piano economico-finanziario che AcegasApsAmga presenta al Comune in sede di quantificazione delle tariffe, nel 2014 ha mantenuto il valore del 2013 e lo manterrà anche nel 2015. Il fatto è che il passaggio Tares-Tari ha comportato una variazione nelle modalità di calcolo, ma la media dell’imposta resta quella».

(pi.ra.)

 

«I rifiuti abbandonati? Un atto d’inciviltà»
Cosolini: «Chi protesta così fa un torto non al Comune o al gestore del servizio bensì alla collettività»
La spinta alla differenziata ha un prezzo: critiche e polemiche. Che in parte sono figlie di disagi veri, cui il Comune e il Gruppo AcegasApsAmga-Hera si professano “pronti” a far fronte, riposizionando al caso qualche cassonetto, in scia ai confronti nelle circoscrizioni. E in parte sono però la conseguenza di schemi culturali da superare, anche a costo di inciampare in qualche sacca d’impopolarità, politicamente poi cavalcabile. «Stiamo cercando di capire quanto sia semplice resistenza al cambiamento e quanto sia invece disagio aggiunto reale, al quale va posto evidentemente rimedio», ha osservato con un pelo di diplomazia ieri a Palazzo Marenzi l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni. «Non nascondiamo - ha aggiunto Gasparetto - che esistono dei disagi provocati da questa rivoluzione, da un’impostazione tesa a far diventare residua, e minima, l’indifferenziata. A volte i disagi sfociano in proteste verbali, a volte in abbandoni volontari di rifiuti al di fuori degli appositi contenitori. Sono comportamenti che, per esperienze pregresse, vanno a esaurirsi col tempo. E che non possiamo neanche risolvere sempre in tempo reale, sennò legittimeremmo la cultura dell’abbandono». E durissimo, su questo punto, è stato Roberto Cosolini: «Siamo in una fase di transizione faticosa, difficile, non esente da qualche polemica. Ci sono sicuramente degli aggiustamenti da fare. Con l’abbandono dei rifiuti una percentuale largamente minoritaria ha deciso di rispondere con una forma di protesta poco civile che finisce per rappresentare un torto non tanto nei confronti del Comune piuttosto che dell’Acegas, bensì verso la maggioranza della collettività che tiene invece comportamenti corretti e rispettosi, poiché incide sul decoro urbano e diventa pure un costo sociale». «La maggior parte degli abbandoni - ha chiosato il sindaco - riguarda i cosiddetti rifiuti ingombranti, che si dovrebbero conferire nei centri di raccolta e che, in alternativa, Acegas può passare a prendere a casa gratis. Dunque, per certe cose che si vedono in giro o sul web, non c’è giustificazione alcuna. Sono atti di vandalismo verso la città, la cui rimozione è quantificabile in 500mila euro l’anno. Invitiamo i cittadini a rivolgersi anzitutto al numero verde di AcegasAps, prima ancora che al sindaco o sui siti». Per una quota d’inciviltà c’è comunque tanta asburgicità: ben diecimila infatti sono gli accessi mensili nei centri di raccolta da parte dei triestini.

(pi.ra.)

 

 

Edifici “smilitarizzati” - Siglato l’accordo, pronti per il riuso - A Piacenza l’intesa nazionale tra Difesa e Demanio
Dapretto: l’ex caserma di via Rossetti ha già un futuro
Venerdì alle 11 al Consiglio comunale, alla presenza di autorità civili, militari e religiose, sarà conferito all'attrice Ariella Reggio il 48° San Giusto d’Oro, riconoscimento che dal 1967 i giornalisti triestini attribuiscono a personaggi o realtà distintisi per aver portato alto il nome e dato lustro alla città. Promossa da Comune e Assostampa Fvg, con la Fondazione CrTrieste, la cerimonia sarà aperta con i saluti del presidente del Consiglio Iztok Furlanic. Poi gli interventi del sindaco Roberto Cosolini, del vicepresidente del Cda della Fondazione CrTs Renzo Piccini, del presidente dell'Assostampa Fvg Carlo Muscatello e del critico teatrale Roberto Canziani. Riconoscimento speciale alla giornalista triestina Bianca Maria Piccinino prima “mezzobusto” in Italia, esempio di professionalità.di Pier Paolo Garofalo La Caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti, la Caserma Monte Cimone a Banne, le caserme dei Carabinieri e della Guardia di finanza all’ex valico di Basovizza, oltre l’”edificio di controllo” nella stessa località, la caserma della Benemerita all’ex valico di Gropada, l’ex Cinema Belvedere a Opicina, l’area di pertinenza del Commissariato di Polizia di Opicina, la Caserma Emanuele Filiberto della Polizia di Stato (è parte del comprensorio di Roiano, sede della Polmare), l’ex Iutificio di via Svevo (l’edificio industriale in rovina vicino il Centro commerciale Torri d’Europa): tutti questi edifici sono stati ieri “smilitarizzati” con la sigla di un accordo di livello nazionale, e comunque “sdemanializzati”. Potranno così, crisi economica che colpisce sia il settore pubblico che quello privato permettendo, essere valorizzati anche venendo posti sul mercato per acquirenti privati. La firma che riguarda Trieste si è tenuta a Piacenza, la sigla in calce agli accordi di valorizzazione di parecchi beni immobili di proprietà del Ministero della difesa nei comuni di Piacenza, Torino, appunto Trieste e Padova, è avvenuta nella Sala degli affreschi di Palazzo Farnese, edificio rinascimentale che potrebbe essere un simbolo di questo tipo d’interventi, trattandosi di un bene demaniale che sta per essere ceduto al Comune (in questo caso già lo gestisce). Per il Comune di Trieste è intervenuto l’assessore ai Lavori pubblici, Demanio e Patrimonio Andrea Dapretto. «Mentre l’iter che riguarda gli altri edifici è meno avanzato - ha commentato Dapretto - e la loro destinazione d’uso finale è legata al nuovo Piano regolatore che verrà varato nei primi mesi del 2015, quello della “Vittorio Emanuele III” è diverso. È in una fase più progredita e certa. Il 27 dicembre vi sarà il passaggio di consegne dal Demanio alla Cassa depositi e prestiti, che è una Spa pubblica con il compito di valorizzare e, se del caso, vendere ai privati gli immobili dati in gestione». Non è tuttavia ancora chiaro come verranno sfruttati tutti gli edifici e le aree del comprensorio di via Rossetti.In ogni caso, per la Caserma Vittorio Emanuele III, spiega l’assessore Dapretto, «il Comune sarà proprietario dell’edificio più prossimo ai contigui licei Galilei e Petrarca, che potrebbe venire a questo punto utilizzato per edilizia scolastica; il piazzale d’armi sarà un’area pubblica mentre ci daremo da fare per valorizzare il resto, anche per raggiungere il massimo guadagno, quel 15% del valore dell’urbanizzazione che è il “premio” previsto dalla sigla di oggi». «Quello di cui ci occupiamo oggi è un tema fondamentale perché riguarda aree urbane che fino ad oggi sono state considerate dei buchi neri - ha detto ieri a Piacenza Dapretto -finalmente siamo ad atti concreti che finora non si erano visti». «L'accordo - ha detto ancora l’assessore - permetterà finalmente di avviare una programmazione vera su strutture che avevano muri considerati in passato invalicabili. È un punto di arrivo, ma anche di partenza e infatti già domani faremo un altro passo avanti con l'accordo di programma con la Regione».

 

 

«Ferriera, Sel vuole distruggere il lavoro fatto»
Bandelli e Decarli all’attacco sulla raccolta di firme per la chiusura dell’area a caldo
Arriva da Franco Bandelli e Roberto Decarli l’attacco a tenaglia a Sel sul tema della Ferriera. I due capigruppo di Un’Altra Trieste e Trieste cambia con Cosolini non hanno gradito l’avvio della raccolta di firme annunciato dal capogruppo di Sel Marino Sossi per chiedere che in Consiglio comunale si torni a discutere dell’opportunità di arrivare alla chiusura dell’area a caldo della Ferriera, dopo che una mozione sullo stesso tema è stata bocciata in aula. Una mozione presentata, dice Bandelli, «in maniera a dir poco provocatoria a pochi giorni dall'accordo di programma» che ha portato Arvedi a Servola. «Sinceramente - aggiunge Bandelli - appare strano che davanti a una sonora bocciatura lo stesso gruppo consiliare - con in testa l'assessore all'ambiente Laureni e il direttivo provinciale - comunichi a mezzo stampa di aver dato avvio a una raccolta di firme. Ma non erano questi signori a tacciare il centrodestra di sfruttare in ogni occasione utile l'argomento Ferriera per mettere l'un contro l'altro lavoratori e cittadini in un caso o cittadini contro lavoratori nell'altro? Ma non erano questi signori i paladini della difesa dei posti di lavoro su tutto? O forse l'avere all'interno del simbolo di partito la parola ecologia li fa improvvisamente difensori solo dell'ambiente?» Il leader di Un’Altra Trieste stuzzica: «Mi chiedo come si possa pensare di continuare un percorso a favore della città laddove l'attuale maggioranza in Comune un giorno fa e l'altro disfa». «Per Sossi - attacca invece Roberto Decarli ripercorrendo le varie tappe che hanno portato all’accordo di programma - tutto quello che è stato fatto non serve a niente, lui e i suoi compagni sono rimasti al 201, son rimasti indietro. Fino a un anno fa non c’erano alternative alla chiusura» della Ferriera, «e quando si parla di chiusura si parla inevitabilmente della chiusura dell'area a caldo» e «quindi di tutto». Il capogruppo di Trieste cambia ricorda che «ora esiste un progetto industriale, ci sono impegni economici sottoscritti dai ministeri competenti, l'elemento ambiente è uno dei protagonisti dell'accordo, i lavoratori sono ritornati a lavorare, con le nuove attività inizierà la riconversione. Ma pare che neanche questo basti. Non sono neanche andati a regime gli impianti fermi da mesi che adesso Sossi vuole che ci si impegni a chiudere l'area a caldo. E se non bastano le mozioni bisogna arrivarci con la raccolta di firme». Da parte di Decarli l’ammonimento finale: «Forse sbaglierò, ma penso che per un partito come Sel l’andare continuamente e spasmodicamente alla ricerca del consenso con atti di questo genere, ai quali siamo purtroppo abituati, senza porsi con serietà e responsabilità nei confronti degli interessi veri della città, che sono l' ambiente, il lavoro e lo sviluppo dell'intero territorio, non avrà un futuro roseo».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 dicembre 2014

 

 

Altri 6 mesi di “P days” - E da giugno via Mazzini pedonale ogni giorno

“Sotto osservazione” almeno fino a Natale resta invece via Imbriani, riaperta sabato per l’ingorgo in Corso Italia
Week-end pedonali in via Mazzini non più soltanto fino alla fine dell’anno, bensì per altri sei mesi. I “P days” sbarcano dunque nel 2015 e vengono prolungati fino a giugno, mese entro il quale la pedonalizzazione della stessa via Mazzini diverrà integrale, definitiva, sette giorni su sette e non solo il sabato e la domenica. Il destino di via Imbriani, che dovrebbe comunque viaggiare in parallelo con quello di via Mazzini, resta invece “sub judice”, sotto stretta osservazione, per una verifica supplementare sulla tenuta del traffico privato, in particolare nei prossimi due week-end "caldi" prenatalizi. Avanti tutta o quasi, insomma, con le procedure d’attuazione previste dal Piano del traffico dell’amministrazione Cosolini, ma con un occhio attento (già previsto in tempi non sospetti e ora ancora di più) proprio su via Imbriani, l’arteria che il Comune ha deciso di riaprire per emergenza, in deroga ai “P days”, nel pomeriggio di sabato scorso, giorno di San Nicolò, quando, complici pioggia e iniziative pubbliche in centro, Corso Italia ha finito per ingolfarsi. L’annuncio del rilancio dei “P days” viene dall’assessore alla Mobilità Elena Marchigiani, che anticipa che entro i botti di San Silvestro Roberto Cosolini firmerà una nuova ordinanza sindacale che rilancerà un analogo provvedimento varato nel luglio scorso e in scadenza il 31 dicembre. L’obiettivo è di rendere poi via Mazzini definitivamente riservata ai soli pedoni, appunto, entro giugno: «Non si torna indietro, andiamo avanti. E confidiamo di metterci al lavoro su via Mazzini da febbraio per concludere l’operazione entro la scadenza della proroga», chiarisce subito Marchigiani. Su questo aspetto Municipio, Provincia (cui spetta la competenza sul Tpl, il trasporto pubblico locale) e Trieste Trasporti attiveranno proprio da febbraio un tavolo tecnico specifico, come le parti hanno concordato in un incontro avvenuto nei giorni scorsi. Il mese di partenza non è casuale: «Trieste Trasporti - prosegue l’esponente dell’esecutivo municipale - è impegnata nel procedimento relativo alla gara europea per il trasporto pubblico locale e deve consegnare la documentazione a gennaio». «Per quanto riguarda via Mazzini - ancora Marchigiani - in linea generale la sperimentazione ha tenuto, quindi si procederà verso la pedonalizzazione definitiva. Per via Imbriani, invece, va fatto un ragionamento sulla tenuta della viabilità privata e quindi siamo più cauti. Necessita prima della revisione dei nodi semaforici di piazza Oberdan e via Carducci, che per un tratto diventerà a doppio senso. Solo in seguito, nell’ultima fase di attuazione del nuovo Piano del traffico, ci occuperemo di Corso Italia». L’assessore snocciola un esempio: alcune linee dei bus, una volta spostate da via Mazzini su Corso Italia da un lato e via Valdirivo dall’altro, dovranno almeno inizialmente servirsi dal lunedì al venerdì di via Imbriani per raggiungere via Carducci appunto da corso Italia. Pensando al 2015, oltre al consolidamento di via Mazzini, il Comune punta a quello di tutto «il centro - traccia la strada Marchigiani - con la versione definitiva della segnaletica nelle nuove aree pedonalizzate e con la definizione delle zone 30, e con la messa in sicurezza dei tracciati vicini alle scuole anche nelle periferie». L’assessore provinciale Vittorio Zollia ricorda a sua volta che al momento «la gara europea in corso non permette di assumere una decisione definitiva» sulle variazioni al traffico cittadino. Il perché è chiaro, contenuto in una semplice domanda: sarà ancora Trieste Trasporti a gestire il servizio del Tpl a gara conclusa? Va ricordato, spiega Zollia, che «è prevista comunque una proroga tecnica sino a quando l’eventuale nuovo aggiudicatario sarà pronto a subentrare. Proroga che la Regione ha stabilito in un anno, salvo un anticipo nel subentro». L’assessore di Palazzo Galatti ritorna infine sulla fase sperimentale: «È andata bene. Ma prima di dare attuazione definitiva al tutto, serviranno ulteriori sperimentazioni durante l’anno». Per via Mazzini, si prospetta però un’accelerazione. Con uno striscione d’arrivo lontano poco più di sei mesi.

Matteo Unterweger e Piero Rauber

 

I COMMERCIANTI «Speriamo che il Comune possa farcela già a primavera»
«Prendiamo atto della decisione, la auspicavamo così come auspichiamo che l’assetto definitivo di via Mazzini pedonale sia anticipato a primavera del prossimo anno. Speriamo che giugno, insomma, “diventi” aprile...». Così Franco Sterpin Rigutti, vicepresidente vicario di Confcommercio Trieste, sulla proroga di sei mesi nel nuovo anno - annunciata dall’assessore comunale Elena Marchigiani (come riferiamo a fianco) - dei “P Days” in via Mazzini e via Imbriani e sulle intenzioni del Comune per il 2015 sul fronte della viabilità cittadina. «Per via Imbriani vediamo, meglio sarebbe anche in questo caso la pedonalizzazione definitiva ma la prosecuzione della sperimentazione nei week-end va bene. Quanto nuovamente a via Mazzini - prosegue Rigutti, il cui negozio storico si affaccia proprio su via Mazzini - come operatori della zona potremo inventarci qualche iniziativa simpatica quando sarà pedonalizzata anche durante la settimana. Ci sono stati imprenditori che hanno investito in quest’area pensando proprio a tale prospettiva, e nuovi investimenti si prospettano. C’è stato anche chi ha chiuso qui, ma altri - conclude il vicepresidente della Confcommercio triestina - apriranno».

(m.u.)

 

Il Pedibus vuole arrivare alla “Filzi” e alla “Mauro” - A scuola a piedi
L’amministrazione comunale vuole potenziare il Pedibus, la rete di percorsi “protetti” usati dagli scolari per recarsi a scuola. «Come dal 2007 - rileva un comunicato - alcuni bambini della scuola elementare Giotti di strada di Rozzol fanno: invece di recarsi a scuola con la macchina di mamma e papà o col mezzo pubblico, salgono sul Pedibus e arrivano giusto in tempo per l'inizio delle lezioni». Il Pedibus, definito come «progetto per educare i bambini alla mobilità e all'autonomia, quindi risponde in modo concreto alle preoccupazioni dei genitori e favorisce una piccola ma importante conquista della crescita». Cioè andare a scuola da soli. Tre percorsi colorati sul marciapiede con delle vere fermate, collegano la scuola a tre punti del rione (via Rossetti, verso via Revoltella; piazzale De Gasperi, verso via Cumano; via SanPasquale/viaForlanini, verso via Revoltella). Al capolinea (con qualunque tempo) si trovano tre genitori a turno nel ruolo di conduttori del Pedibus; i primi bambini arrivano e salgono mettendosi in fila; come un vero bus, partono puntuali a piedi e si dirigono alla successiva fermata dove sono attesi (in orario) da altri bambini. «Un modo divertente - recita la nota - per raggiungere la scuola (e quali benefici effetti sul traffico, se tutti vi aderissero!)». Tutti gli “attori” si sono trovati con le 13 classi che partecipano al progetto (203 bambini di cui 107 fuitori del Pedibus) per festeggiare e fare il punto. I bambini sono stati lodati per il comportamento ricevendo in premio un gioco da tavolo. Mentre gli adulti hanno fissato gli obiettivi futuri: migliorare il Pedibus esistente, attivarsi con più forza per rilanciarlo stabilmente alla scuola Filzi-Grego (strada di Guardiella) e allargare la progettualità alla Mauro (via dei Cunicoli).

 

 

«Lavoriamo per liberare Porto Vecchio»
I parlamentari Pd Russo e Rosato stanno redigendo una norma per sdemanializzare l’area
«Ci stiamo lavorando», affermano in coro i parlamentari triestini del Partito democratico Francesco Russo e Ettore Rosato intendendo che sono impegnati a redigere una norma di legge da far approvare al Parlamento che porti alla sdemanializzazione del Porto Vecchio. Un’iniziativa caldeggiata da Roberto Morelli nell’editoriale sul Piccolo di ieri. «Non è un lavoro facile - specifica il senatore Russo - nel corso dei decenni si sono sovrapposte sull’area normative diverse alle quali è arduo dare un’interpretazione univoca per poi redigere un provvedimento. Stiamo però lavorando per risolvere questa situazione. In passato - aggiunge Russo - sono già stati fatti alcuni tentativi che però sono stati bocciati, bisogna dunque trovare lo strumento legislativo adatto». «Sarà una norma di legge - specifica il deputato Ettore Rosato - stiamo lavorando sodo e sono convinto che stavolta l’iniziativa avrà successo. Dobbiamo soltanto attendere - conclude Rosato - che si insedi un nuovo presidente dell’Autorità portuale che condivida la nostra iniziativa». «Stiamo attenti - mette in guardia il sindaco Roberto Cosolini - perché i pochi detrattori che esistono vogliono far intendere che sdemanializzare significhi privatizzare il che vuole screditare tutta l’operazione, ma è pura falsità. Sdemanializzare significa semplicemente compiere il passaggio dell’area da demanio portuale a demanio comunque di interesse pubblico, ad esempio comunale. Oltretutto con la clausola che la maggior parte degli introiti provenienti dall’opera di sdemanializzazione vengano destinati allo sviluppo delle infrastrutture portuali nell’area naturale di espansione dello scalo, quella a Sud-Est». Indispensabile dunque anche secondo il sindaco l’iniziativa che i parlamentari triestini del Pd hanno fatto silenziosamente ripartire, «ma ancor prima - aggiunge Cosolini - è necessario un patto per spostare il Punto franco dalla zona del Porto Vecchio ad altre aree portuali o di interesse del porto. Un patto che dovrebbe venir siglato tra Comune, Regione e Autorità portuale non appena si insedierà il nuovo presidente. Il candidato indicato dai Comuni si è già dichiarato favorevole a questo patto in base al quale verrà poi chiesto formalmente a Governo e Parlamento di procedere finalmente alla sdemanializzazione dell’area».

(s.m.)

 

 

I rifiuti abbandonati finiscono su Facebook
Conseguenza di cassonetti spostati e inciviltà: “Scovazoni de Trieste” segnala il tutto
Raccolta differenziata, questa sconosciuta. Tra lo smarrimento per gli spostamenti dei contenitori dei rifiuti, dovuto alla razionalizzazione del sistema di raccolta dopo l’introduzione dell’umido, e soprattutto a causa di episodi di inciviltà, alcune zone della città vivono un degrado sempre più forte. Motivo? Immondizie di ogni tipo abbandonate ovunque. Ma il problema maggiore riguarda gli ingombranti, che invadono sempre più marciapiedi e aree pedonali e vanno invece conferiti, come gli altri, seguendo apposite regole. Per segnalare il fenomeno è nata una pagina Facebook, “Scovazoni de Trieste”, con quasi 2500 utenti, cui ogni giorno i triestini inviano foto eloquenti: un wc in via Gambini, pneumatici in viale XX settembre, sedie e sacchi neri in via Cologna, un vecchio scaldabagno in via Battisti e addirittura padelle sanitarie per malati lasciate in via Luciani, dove non c’erano i bidoni. Molti cittadini infatti, non trovando più i consueti cassonetti, spostati per la riorganizzazione generale del servizio, lasciano un po’ di tutto dove una volta c’erano i contenitori. A ideare e amministrare la pagina sul social il consigliere della Quinta circoscrizione Roberto Dubs (Pdl): «Ma la forza della pagina sono i cittadini - dice - che ogni giorno possono pubblicare liberamente foto e segnalazioni. Vediamo con piacere che spesso il Comune risponde e recepisce le lamentele. Le zone più critiche? Sono quelle dove il criterio del cassonetto entro 300 metri non tiene conto di altri due fattori importanti: il dislivello e la densità di popolazione, per esempio in via della Tesa sono stati eliminati i cassonetti e ci sono tutte palazzine con un minimo di otto piani». Molti comportamenti però sono dovuti alla scarsa educazione e senso civico, soprattutto nel caso di rifiuti ingombranti, considerando che AcegasApsAmga non solo conta su centri raccolta ad hoc, ma ha messo in campo da tempo anche un servizio di ritiro a domicilio. «Conosciamo la pagina Facebook e la seguiamo – spiega l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni – di sicuro c’è qualche difficoltà legata alla messa a regime dell’umido e al riposizionamento di alcune isole ecologiche, ma su questo fronte il monitoraggio è continuo per adeguarsi alle esigenze segnalate. Preoccupa invece il fronte dei rifiuti ingombranti perché dimostra l’insensibilità di molti triestini. Su questo argomento siamo molto ben organizzati a Trieste, con numeri verdi e servizi che fanno capo a Comune e AcegasApsAmga. Speriamo che cresca quel senso di attenzione che è fondamentale e che magari le stesse persone che scattano le foto segnalino direttamente ai numeri esistenti le criticità presenti».

Micol Brusaferro

 

 

Val Rosandra, convegno dedicato ai 30 anni della Riserva
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il comune di San Dorligo della Valle, come ente gestore della Riserva naturale della Val Rosandra, in occasione del 30° anniversario dell'istituzione dell'area protetta in Val Rosandra (prima Parco e poi Riserva naturale) organizza il convegno "1984 - 2014 - 30 anni di Val Rosandra - Dall'istituzione del Parco ad una Riserva naturale al passo con i tempi" che si terrà sabato 13 dicembre dalle 9 alle 13 al teatro comunale France Prešeren a Bagnoli della Rosandra. Durante il convegno si ripercorreranno i passaggi più importanti per la Val Rosandra degli ultimi 30 anni e ci si concentrerà sulle nuove emergenze naturalistiche e le possibilità future dal punto sia della conservazione che dello sviluppo, sempre nell'ottica di un area protetta intesa come un'enorme risorsa per il territorio del Comune di San Dorligo della Valle. Al convegno saranno presenti relatori italiani e sloveni del mondo scientifico naturalistico, storico e architettonico nonché alcuni tra gli attori locali che vivono e lavorano nella Val Rosandra e grazie alla Val Rosandra. In occasione verrà inaugurata la mostra fotografica di Roberto Valenti "Carso". Per informazioni sul programma dettagliato si può visitare il sito www.riservavalrosandra-glinscica.it, mentre per confermare la partecipazione: info@riservavalrosandra-glinscica.it 040 8329237.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 dicembre 2014

 

 

Ferrovie dello Stato verso la privatizzazione

Mercoledì si riunirà la task force del Tesoro: il governo punta a mettere sul mercato il 40 per cento
MILANO Nuovo round dell'iter per la privatizzazione di Ferrovie dello Stato. Il Tesoro punterebbe a incassare 5 miliardi di euro mettendo sul mercato il 40 per cento entro la fine del prossimo anno. Per velocizzare l’iter, viste anche le necessità di bilancio, i ministri delle Infrastrutture Lupi e dell’Economia Padoan hanno istituito a novembre un’apposita task force. Mercoledì la task force,e costituita nelle settimane scorse con l'azionista Tesoro, tornerà a riunirsi per predisporre tutte le misure necessarie per aprire il capitale del gruppo ferroviario. Al momento tutte le ipotesi sono sul tavolo, con in pole position quella della quotazione dell'intera holding, e l'orizzonte temporale per la privatizzazione ormai viene considerato dagli addetti ai lavori il 2016, e non più la seconda metà del 2015. Il gruppo di lavoro costituito il 19 novembre scorso è costituito dal ministero dell'economia (azionista al 100% di Fs), il ministero delle infrastrutture e trasporti e i vertici del gruppo. La riunione, secondo quanto si apprende, servirà ad iniziare il lavoro sul quadro regolatorio (contratto Rfi, contratti regioni) e per discutere sulla chiusura delle procedure comunitarie (ce ne sono due aperte in materia di aiuti di stato). In particolare, sul fronte del quadro regolatorio, restano aperti i nodi dell'incertezza dei pedaggi sull'alta velocità e le modalità di gestione delle gare del trasporto regionale. Sulla privatizzazione di Fs il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha confermato qualche giorno fa che al momento l'opinione prevalente è seguire la strada della quotazione in Borsa, così come avvenuto per altri grandi Gruppi come Eni ed Enel. L'obiettivo indicato da Lupi è avere entro il primo semestre 2015 le modalità dell'operazione: sul tavolo ci sono varie ipotesi, oltre alla quotazione dell'intera holding, anche la cessione di parti del Gruppo (la rete o aziende di servizi), o la collocazione sul mercato di una quota di minoranza della holding (indiscrezioni parlano del 40%, che varrebbe circa 8 miliardi). Intanto le Ferrovie dello Stato stanno trattando con Terna per la cessione della rete di alta tensione. L'a.d. del Gruppo Michele Elia ha spiegato nelle settimane scorse che si sta lavorando insieme al Mef e all'Autorità dell'energia e si punta ad arrivare ad un accordo entro fine anno e definire l'operazione entro il primo semestre del 2015. L'a.d. di Terna Matteo Del Fante ha confermato che la trattativa è in corso e che la società che gestisce la rete elettrica sta analizzando le efficienze che possono derivare dall'acquisto della rete di 9 mila chilometri di Fs.

 

 

Lo stop a South Stream: i mercati guardano a Saipem
MILANO - Cda di fine anno con il budget 2015 per Saipem mercoledì, mentre il tema dello stop al gasdotto South Stream continua a focalizzare l'attenzione del mercato dopo che il titolo ha sofferto sull'annuncio della Russia di voler interrompere il progetto. La società ha chiarito giovedì scorso solo di aver ricevuto una notifica di sospensione del progetto, relativa a tutti i mezzi navali impegnati nella posa delle tubazioni. Ha precisato però di non poter quantificare gli impatti economici non sapendo la durata della sospensione o quale sarà la decisione finale del cliente. L'ad di Gazprom Alexiei Miller è parso però metterci una pietra tombale dichiarando che il progetto è «assolutamente chiuso in maniera definitiva». Si dovrà dunque vedere come tale posizione verrà formalizzata alla società e a questo punto già mercoledì Saipem potrebbe dare un aggiornamento sulla vicenda. Dopo che lunedì scorso il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato l'intenzione di ritirarsi dal gasdotto che dovrebbe o, meglio, avrebbe dovuto connettere la Russia direttamente all'Europa il titolo Saipem ha segnato un tonfo martedì del 10,84%, senza più recuperare terreno (-17,2% le perdite nei pochi giorni dall'annuncio). Saipem a marzo aveva acquisito il contratto da 2 miliardi per la costruzione della prima linea del gasdotto sottomarino attraverso il Mar Nero dalla Russia alla Bulgaria. Ad aprile si era aggiunto poi un contratto da 400 milioni per i lavori di supporto alla costruzione della seconda linea del gasdotto. Nei giorni scorsi gli analisti hanno parlato di minori ricavi per 1-1,8 miliardi l'anno prossimo con lo stop al progetto, stimando tra i 200 e i 270 milioni l'impatto sul risultato operativo. Valutazioni nel dettaglio sull'entità delle penali non sono però circolate. Il 28 ottobre alla presentazione dei conti nei nove mesi il ceo di Saipem Umberto Vergine, interpellato sulle prospettive di South Stream, aveva comunque parlato di «buoni elementi di protezione» rispetto a una «davvero inattesa interruzione» del contratto. «Quel che posso dire - aveva spiegato - , e che è particolarmente valido per questo progetto, è che tutti i nostri contratti contengono delle clausole risolutive a protezione del business».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 7 dicembre 2014

 

 

Caserma di via Rossetti: martedì si firma la cessione - il sindaco Cosolini "una risposta a chi sostiene che il Comune non realizza nulla"
Accelerazione sull’Accordo di programma tra Demanio, Regione e Comune - Un ampio spazio pubblico destinato a sorgere in quella che fu la piazza d’armi
La notizia è arrivata a ridosso del giorno di San Nicolò. Un “dono” di valore che dà avvio a una nuova fase della trasformazione urbanistica di una delle aree della città lasciate abbandonate da tempo. Come appunto è l’ex caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti. Martedì a Palazzo Farnese di Piacenza verrà firmato l’accordo di programma tra Regione, Comune e Demanio per la cessione e la futura trasformazione della vasta area dell’ex caserma dismessa. Alla firma saranno presenti il direttore dell’Agenzia del Demanio, Roberto Reggi, l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto accompagnato dal responsabile del Servizio Demanio del Comune Walter Cossutta e dai rappresentanti della Regione. Parteciperà il sottosegretario al ministero della Difesa, Gioacchino Alfano. Ora, anche se oggi è molto difficile prevederne i tempi, inizia la trasformazione di quella zona, e alcune soluzioni sono già state previste. La Cassa depositi e prestiti acquisterà l’area dal Demanio e cederà poi a titolo gratuito al Comune di Trieste una palazzina da 6500 metri quadri, quella vicina ai licei Petrarca e Galilei. Nelle casse comunali arriveranno anche 5 milioni circa, il 15% del valore di quell’area. La zona sarà sganciata dal Piano regolatore che non è stato ancora approvato. La Cassa depositi e prestiti potrà così mettere sul mercato un’ampia superficie con varie destinazioni d’uso, dal residenziale al commerciale o ai servizi. Nel documento urbanistico ci sarà sicuramente, lo dice l’assessore all'Urbanistica e alla Pianificazione Elena Marchigiani, un ampio spazio pubblico all’interno dell’ex caserma, in quella che fu la piazza d’Armi, dove verrà realizzato un’area verde. Inoltre l’ampio edificio di 6500 metri quadri, con i due licei, farà parte di un futuro polo scolastico. «Nella parte alta - sottolinea ancora Marchigiani - sarà possibile edificare nuove strutture. In pratica ci saranno spazi pubblici di collegamento con la città». E l’uso di quei 5 milioni? «Ci stiamo pensando - aggiunge l’assessore - quello di Campo Marzio è uno dei progetti che abbiamo in mente». Soddisfatto per la piega veloce che ha preso l’accordo di programma è il sindaco Roberto Cosolini: «Abbiamo lavorato molto bene ottenendo quanto avevamo chiesto a tempo di record. La firma di martedì è un passo fondamentale per il recupero di un’area della città lasciata per troppo tempo nel degrado. Siamo molto soddisfatti. Da tutta questa storia il Comune di Trieste otterrà la palazzina nei pressi dei due licei. In più 5 milioni di euro che saranno investiti in opere pubbliche o nel recupero di un’altra zona che ci sta particolarmente a cuore e dove i tre quarti dell’area è del Comune. Mi riferisco alla trasformazione della zona che comprende il mercato Ortofrutticolo e il Museo del mare. Voglio infine dire due cose a chi va blaterando che questa amministrazione non realizza nulla: in poco tempo abbiamo presentato il maxi progetto di riqualificazione del Silos e negli ultimi 7 giorni ci sono state la decisione dello spostamento delle antenne da Conconello e la trasformazione dell’ex caserma di via Rossetti».

Ferdinando Viola

 

Inaugurata nel 1926 dal re

La caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti sede del 1º Reggimento "S. Giusto" ha una storia del tutto particolare. La sua costruzione fu iniziata nel 1912 sotto l'impero asburgico e sospesa successivamente a causa della Prima guerra mondiale. Dopo l'annessione di Trieste all'Italia i lavori furono ripresi dal 1920 fino al 1925. L'inaugurazione avvenne nel 1926 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III da cui deriva la denominazione della caserma. L’ex caserma è stata dismessa nell'aprile del 2008, e comprende quasi 55 mila metri quadrati che in breve tempo sono finiti nel più desolante degrado. Più volte è stata al centro di polemiche politiche e in varie occasioni è stata al centro di occupazioni da parte di associazioni o gruppi studenteschi che reclamavano spazi abitativi o di incontro. Ora, con l’accordo di programma che sarà firmato martedì, sembra che una soluzione sia più vicina anche se i tempi di trasformazione di tutta quella vasta area non saranno brevi.

 

 

Sel: va prevista la chiusura dell’area a caldo della Ferriera
RACCOLTA DI FIRME PER DISCUTERNE IN CONSIGLIO COMUNALE
L’arrivo di Arvedi alla Ferriera, «in una situazione in cui la sola alternativa è la chiusura, rappresenta un fatto importante anche alla luce delle linee di sviluppo su cui si articolerà la nuova attività, che ha un aspetto centrale nella realizzazione di un polo logistico intermodale marittimo-ferroviario, con annessa banchina portuale in totale autonomia funzionale, al servizio della filiera produttiva che fa capo a Cremona». Ma visto che «sono previste nuove attività metallurgiche a freddo e la realizzazione di un laminatoio», Sel continua a chiedere che «fatti salvi i tempi necessari per realizzare la nuova attività industriale e logistico-portuale, con la messa a regime delle nuove linee di sviluppo, vada prevista sin d'ora la chiusura dell'area a caldo come indirizzo programmatico coerente con gli impegni assunti nei confronti dei cittadini in campagna elettorale» che ha portato all’elezione di Roberto Cosolini sindaco. Questo il concetto-chiave ribadito in una conferenza stampa cui ha partecipato anche il responsabile nazionale Ambiente per Sel Marco Furfaro. La chiusura dell’area a caldo secondo Sel «non contrasta con gli obiettivi che motivano l'arrivo di Arvedi a Servola, né con i contenuti del piano industriale, né con livelli occupazionali previsti». Sul tema la stessa Sel, con Marino Sossi, aveva presentato qualche settimana una mozione in Consiglio comunale che era stata bocciata. Sossi nell’incontro ha annunciato l’avvio di una raccolta di firme finalizzata a riportare la discussione nell’aula municipale.

 

 

«Milano avrà l’Expo grazie a Trieste» - Antonione: risultato ottenuto dopo il nostro lavoro per il 2008

Ma un pezzo di città dietro le quinte agì in senso opposto
Il 30 maggio 2011, giorno della batosta al ballottaggio contro Cosolini? Pure quello gli brucia ancora. Basta però parlarci senza fretta, davanti a un caffè, per intuire come per Roberto Antonione la vera data del rimpianto, da politico, resti il 16 dicembre 2004. Quella in cui, a Parigi, da sottosegretario agli Esteri, da triestino che più di tutti s’era giocato la faccia nella candidatura della città all’Expo tematica del 2008, dovette ingoiare l’amarissimo scrutinio del voto dei delegati del Bie: nella corsa a tre con Salonicco, fatta fuori al primo turno, alla fine Saragozza superò Trieste 57 a 37. Nel decennale di quella serata da depressione collettiva, l’ex uomo forte di Forza Italia ripiglia i ricordi, ne racconta di inediti e sentenzia a bocce ferme. Per Antonione, ad esempio, Milano si è presa l’Expo universale del 2015 anche grazie alla sconfitta di Trieste per l’Expo specializzata del 2008, mentre Trieste non ha saputo più rialzarsi da quel ko. Un ko, rimugina Antonione, cui contribuì il lavoro ai fianchi fatto nell’ombra da quel pezzo di città che non voleva che Porto Vecchio diventasse il fulcro dell’operazione: «Un pezzo di città che, di facciata, si mostrava in sintonia con la candidatura, come quando tutti saltarono sul carro della delegazione diretta a Parigi per il voto. Ma che, dietro le quinte, vigliaccamente, lavorava in senso opposto. È un fatto tragicamente risaputo. L’anno dopo quella serata il segretario generale del Bie Loscertales mi confermò che nel suo ufficio, a Parigi, c’era un armadio pieno di lettere anonime arrivate proprio da Trieste che dicevano che Porto Vecchio non era nelle disponibilità del Governo italiano e che un suo utilizzo nel caso in cui ci fossimo aggiudicati l’Expo avrebbe innescato un vortice di cause senza fine». Partiamo da quella sera a Parigi. Quali ricordi? Tristi. Le aspettative erano alte. L’emozione di una città in attesa, collegata in diretta tv, col maxischermo in una piazza Unità piena, era fortissima. Il fatto che si fosse venuta a creare una sintonia così ampia, in un territorio che non è solito manifestarla, aveva amplificato l’entusiasmo. La sconfitta fu molto dolorosa. Ma lei ci credeva per davvero? Saragozza era alla seconda candidatura. Ci credevo eccome. Ci credevamo tutti. Sennò non si sarebbe potuto spiegare il convinto coinvolgimento del premier Berlusconi e del presidente Ciampi. Io stesso, accompagnando all’estero il presidente, mi resi conto di quanto si spendesse per noi nei suoi dialoghi con gli altri capi di Stato. E a mente fredda? A mente fredda va riconosciuto che Saragozza, alla fine, seppe giocare meglio le sue carte. Lavorando nel sottobosco diplomatico? No, no. Ha rapporti storicamente privilegiati con l’America latina e le monarchie. Eppoi, semplicemente, era alla seconda candidatura. Successi al primo colpo sono rarissimi, nella storia. Prendete Milano 2015. Milano mica era alla prima candidatura. Era alla seconda. La prima era stata quella di Trieste. Non è una città che si propone, ma un paese. Milano ha ottenuto questo risultato grazie al nostro lavoro mentre a Trieste la sconfitta di dieci anni fa, anziché stimolare le istituzioni locali a rilanciare una nuova sfida, le ha smontate del tutto. In fin dei conti non erano esagerate, le aspettative? No, assolutamente. Anche chi non ci ha votato ci ha riconosciuto un’ottima campagna, di alto livello. Era da quella base che si sarebbe dovuti ripartire. È vero che Fini, allora vicepremier e ministro degli Esteri, che venne a Parigi per spendersi in prima persona, dopo il voto se la prese con lei perché l’aveva convinto a metterci la faccia? È totalmente falso. Ci credeva come me. Forse il capo funzionario della Farnesina, l’ambasciatore Claudio Moreno, non seppe interpretare in modo preciso certi segnali diplomatici creando aspettative più alte rispetto alla realtà. Anzi, Fini diede molto sostegno a me e alla città. E fu il primo che tentò di risollevarmi. Disse: “Roberto, tu hai fatto quello che potevi fare, ad impossibilia nemo tenetur”. Anche lui riconobbe che in città in tanti mi avevano remato contro. Gliel’avrà raccontato Menia. Menia mi diede allora una grande mano. Quando si trattava di avviare la candidatura io convinsi Berlusconi, ma era Tremonti l’osso più duro. Parlai con Menia, Menia parlò con Fini e Fini fu uno di quelli che parlarono con Tremonti. Quanto spese lo Stato per la candidatura? Difficile quantificare. Spese certamente. La Farnesina mise su una struttura, ci furono missioni, incontri, eventi diplomatici. Un investimento, ripeto, raccolto da Milano. E Trieste quanto spese? Questo bisognerebbe chiederlo ai reggitori di allora. Anche la città però spese, trainata dalla Farnesina. Alla luce delle esperienze altrui, tipo quella della stessa Saragozza, che si ritrova ora con grandi contenitori vuoti e grandi debiti, meglio così? Ma no. Come si fa a dire una cosa del genere. Dipiazza l’ha detto. Sappiamo com’è fatto, è un istintivo. Andiamo solo a vedere Porto Vecchio così com’è. È meglio così? Io dico di no. Se avessimo vinto l’Expo avremmo avuto infrastrutture più moderne, più veloci. L’aeroporto sarebbe stato potenziato, i collegamenti con la città pure. Immagino più parcheggi, una viabilità migliore. Immagino più occupazione, una Trieste più attrattiva. Tutto questo sarebbe stato figlio di un debito o di un investimento? Eppoi l’esempio con Saragozza non sta in piedi. Saragozza è fuori dal mondo. Trieste è al centro dell’Europa. A proposito di Dipiazza. Promise: se perdiamo me ne vado. È un uomo passionale, fa parte del personaggio, non lo scopro mica io. Ma ritiene che Porto Vecchio, in tre anni e poco più, sarebbe riuscito a rinascere? Certo sarebbe stata una sfida contro il tempo. Però pare che a Milano debbano fare tutto in un anno solo... Era pronta, in caso di vittoria, una bozza di legge per la sdemanializzazione di Porto Vecchio. Che fine fece? Non esisteva, in realtà. Io, Menia e Rosato ci provammo con un emendamento, successivamente. Non fu accolto. Il porto di Genova è stato sdemanializzato con un emendamento alla Finanziaria. Non è complicato tecnicamente. Lo è politicamente. Chi non voleva l’Expo si appellò al Trattato di Pace. Lo Stato italiano ha nell’Ufficio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Esteri l’organismo col compito di dare la più alta interpretazione in materia internazionale. Interpellato, ha sempre detto che quello è territorio italiano a tutti gli effetti. Servirebbe che gli altri paesi firmatari del Trattato, o gli eredi, se ne opponessero. Non credo che nessuno si metterebbe oggi a farci la guerra per questo. Che peso ebbero le lettere in chiave anti-Expo fatte girare per il mondo, che facevano riferimento proprio al Trattato di Pace e al regime di franchigia internazionale di Porto Vecchio? Non lo so. Difficile dirlo. Ma chi le spedì? Lo sapessi, se avessi avuto elementi certi, l’avrei denunciato. Ma sono solo congetture. Al di là delle lettere anonime spuntarono però anche citazioni al Tribunale, benché poi sospese. Quelle sì firmate, dalla Tripmare se non ricordo male. Sicuramente quella fu un’iniziativa dirompente. Una delle cause della sconfitta. Se li immagina i messi giudiziari alle ambasciate portatori di notizie di un contenzioso italiano sulla candidatura italiana all’Expo? A sconfitta incassata, rivelò di aver ricevuto minacce politiche. Da chi? Ho come rimosso. Non è reticenza, mi creda. Ricordo solo che a un certo punto mi piovvero addosso minacce pesantissime. Una sensazione bruttissima. Di quali politici conserva un ricordo positivo all’epoca della candidatura all’Expo? Come ho detto anzitutto di Menia. Poi di Illy e pure di Rosato, anche se era dalla parte politica opposta. E di Dipiazza, pur con i suoi limiti. Caratteriali? No, limiti di vincolo dalla politica. Le faccio un esempio: Dipiazza il Piano regolatore, da sindaco, l’avrebbe voluto portare a casa. Non ce l’ha fatta, ma non per colpa sua. Di quali politici conserva invece i ricordi più negativi dell’esperienza Expo? Sono caduti nell’oblio. Non vale neanche la pena citarli.

Piero Rauber

 

«Chi fu messo a capo di TriesteChallenge non ne aveva le capacità»
Una delle spine nel fianco dell’ex sottosegretario agli Esteri all’epoca della candidatura si chiama TriesteExpo Challenge, dove dagli enti locali fu messo a comandare il camberiano Assanti al posto dell’antonioniano Ferrante: «Chi venne messo lì - rimarca oggi Antonione - non aveva le capacità per gestire la cosa e nessun tipo di relazione internazionale. Fu il motivo di una frizione violenta tra il Ministero e gli enti locali. Mi ricordo che alla serata decisiva a Parigi non volevano che per Trieste parlasse Illy, perché di centrosinistra. Non tenevano conto del fatto che portasse il nome del caffè più importante del mondo». Lo stesso Illy poi disse ciò che tanti pensavano e pochi osavano dire: che a lavorare per la sconfitta fosse stato Camber. «Non ho mai avuto veri scontri con Camber - mette le mani avanti Antonione - se n’è sempre fantasticato. L’unica volta è stata quando, da presidente della Regione, non volli Monassi alla guida del Porto. Fu forse quello l’inizio della leggenda. Il tempo però mi ha dato ragione».

(pi.ra.)

 

 

South Stream, progetto chiuso
Annuncio ufficiale di Gazprom: niente gasdotto dalla Russia all’Europa
MOSCA Il South Stream non si farà. A smentire le voci secondo cui la realizzazione del gasdotto sarebbe stata accantonata da Mosca solo temporaneamente è il numero uno della Gazprom, Alexiei Miller, che in un’intervista tv ha dichiarato il capitolo «assolutamente chiuso in maniera definitiva». Una sentenza che appare inappellabile e che è stata pronunciata proprio a ridosso dell’incontro di ieri pomeriggio a Mosca tra il presidente francese Francois Hollande e il leader del Cremlino Vladimir Putin in quella che è stata la prima visita di un leader occidentale in Russia da quando è iniziata la crisi ucraina. L’intervento di Miller conferma (ancora una volta) le parole pronunciate lunedì scorso ad Ankara dallo zar di Mosca: «Se l’Unione europea non vuole che si faccia, allora non lo faremo», aveva detto serafico Putin. Le tensioni tra Ue e Mosca avevano comunque da tempo ridotto le probabilità che si arrivasse a una «legalizzazione» dei metanodotti nel rispetto del Terzo pacchetto Energia. E così non è chiaro fino a che punto quello del presidente russo sia stato uno schiaffo a Bruxelles e quanto invece si sia trattato di una scelta obbligata. A posare una sorta di pietra tombale sul gasdotto che avrebbe dovuto portare il metano russo in Europa attraverso il Mar Nero ci ha comunque pensato Miller, poco prima dell’incontro tra Putin e Hollande all’aeroporto moscovita di Vnukovo annunciato da Parigi solo all’ultimo momento.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 dicembre 2014

 

 

Italia Nostra: non chiudete Porto Vecchio

Appello al prefetto: «Interessati a subentrare all’Icmp nella Centrale idrodinamica»
Italia nostra, con il presidente nazionale Marco Parini, ha manifestato ufficialmente al liquidatore l’interesse a subentrare all’Istituto di cultura marittimo portuale in liquidazione nella gestione della Centrale idrodinamica, «sostenendo un progetto internazionale per Porto Vecchio». E ha chiesto al prefetto Francesca Adelaida Garufi di non chiudere l’accesso al Porto Vecchio. Lo annuncia la stessa associazione con il presidente provinciale Marcello Perna, «con il sostegno del Comitato scientifico internazionale del Porto vecchio e di 55 studiosi di tutto il mondo» che nei giorni scorsi hanno firmato a questo scopo. «La decisione dell'Authority di liquidare l'Istituto, che gestiva anche il museo, le attività e le mostre con i nostri volontari, ha messo in forse l'attività del Polo museale nella Centrale idrodinamica e nella Sottostazione elettrica, edifici restaurati a fini didattici e museali con consistenti fondi pubblici ed europei e con l'azione coordinata delle istituzioni». Ma se «finora alle nostre richieste e appelli non è giunta risposta né dall'Autorità portuale né dalle istituzioni, con estrema celerità si è mobilitato il mondo culturale internazionale»: l’appello per la difesa di Porto Vecchio lanciato da Amburgo da Dirk Schubert dell'Hafencity University del Comitato Scientifico Internazionale per il Porto vecchio di Trieste (fondato da Italia Nostra nel 2010 e che ha continuato a lavorare sul recupero dell'area storica portuale in questi anni) ha raccolto 55 adesioni. E visto appunto che il prefetto Garufi ha dichiarato l'intenzione di chiudere l'accesso al Porto vecchio se entro la fine dell'anno non ci saranno progetti e richieste per tenerlo aperto, almeno nelle aree che attualmente vengono utilizzate, «abbiamo subito comunicato al prefetto l'intenzione di tenere aperta la Centrale idrodinamica con i volontari di Italia Nostra, per consentire le visite agli antichi impianti di movimentazione e il completamento dell'allestimento del museo, e abbiamo chiesto di rinnovare la sospensione del punto franco dato che il progetto del Polo museale c'è e non può essere annullato». «Malgrado le difficoltà, i nostri volontari stanno tenendo aperta la Centrale e si occupano del bookshop con grande determinazione e spirito di sacrificio, anche al freddo per risparmiarne i consumi». Italia Nostra - si legge in una nota - «ha una convenzione con l'Icmp che sancisce la collaborazione e gli impegni reciproci», chiude Italia Nostra ricordando di perseguire «il percorso di recupero e valorizzazione di Porto Vecchio».

 

 

Regione, sì al trasloco delle radio - Via libera alla stipula dell’accordo per spostare dall’abitato i tralicci
Come annunciato nell’incontro con i cittadini svoltosi nel borgo tre giorni fa, la giunta regionale ha dato ieri il via libera, su proposta dell'assessore all'Ambiente Sara Vito, alla stipula del Protocollo d'intesa con il Comune, Radio Punto Zero, Gestione Postazioni Nord-Est e Monte Barbaria per il risanamento da inquinamento elettromagnetico derivante dagli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva, che verranno delocalizzati fuori dall'abitato di Conconello. «L'accordo rappresenta una grande vittoria per la Regione: in pochi mesi - ha commentato l'assessore Vito - siamo riusciti a risolvere una vicenda che si trascinava da anni, nonostante gli abitanti del borgo avessero ripetutamente segnalato alle autorità il grave disagio in termini di rischio per la loro salute». Si è giunti all'intesa dopo che l'amministrazione regionale ha incontrato più volte i residenti di Conconello e i principali gestori delle emittenti radiofoniche, anche essi desiderosi di traslocare in siti più adatti. In seguito agli esiti della verifica dei livelli del campo elettromagnetico (realizzata dall'Agenzia regionale per l’ambiente Arpa in contraddittorio con i gestori delle emittenti e unitamente al Ministero dello sviluppo economico), da cui risultava uno sforamento notevole degli impianti operanti, la Regione ha richiesto al Mise il trasferimento di alcune emittenti fuori dal borgo. L'intesa prevede la delocalizzazione di tutte le emittenti su un massimo di due tralicci che verranno posizionati sul Monte Belvedere, su un terreno di proprietà del Comune di Trieste «nel rispetto dell'ambiente e limitando al minimo indispensabile le opere di urbanizzazione». Vito ha espresso soddisfazione anche per la cooperazione con l’ente locale, i cittadini e le emittenti.

 

 

“Balmas” per combattere le acque di zavorra
Presentato da Ogs e da altri istituti un progetto di ricerca contro l’inquinamento
Lo sviluppo sociale ed economico delle aree costiere di Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia e Herzegovina, Montenegro e Albania è da sempre legato ai traffici marittimi del Mare Adriatico. Ma le acque di zavorra delle imbarcazioni (Ballast waters), caricate per stabilizzare le navi, a causa degli organismi che contengono possono avere un forte impatto sull'ecosistema: si stima che le 10 milioni di tonnellate annue di acque di zavorra scaricate in Adriatico contengano 70 specie non indigene, 12 delle quali figurano nella lista delle 100 più dannose. Per questo è nato così il progetto Balmas (Ballast water management system for Adriatic sea Protection), che è stato presentato ieri da Maria Cristina Pedicchio, presidente dell’Ogs, con Paola Del Negro, direttore della Sezione oceanografia dell’Istituto e altri esperti: Marina Cabrini di Ogs, Elisa Baldrighi dell’Ismar-Cnr di Ancona, Cecilia Silvestri dell’Ispra di Roma; Elena Riccardi della Fondazione Centro Ricerche Marine e Cosmo Forte del Comando generale della Guardia costiera di Roma, nella sede della Capitaneria di porto. Si tratta di una iniziativa transfrontaliera, finanziata dall'Unione europea attraverso il programma di cooperazione Ipa, che ha l'obiettivo di proteggere l'area adriatica dall'inquinamento causato dalle acque di zavorra e di migliorare la qualità dell'ambiente attraverso un protocollo di controllo e di gestione delle acque di zavorra che tiene conto sia delle esigenze ambientali che di quelle economiche, comune e integrato tra Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia e Herzegovina, Montenegro e Albania. Diciassette i partner principali e sette gli associati tra mondo della ricerca ed autorità nazionali tra cui la Guardia costiera nazionale. Il progetto, avviato a novembre 2013 e che proseguirà fino a marzo 2016, ha avuto inizio con la raccolta dei dati sulla presenza di specie nocive e di patogeni nei 12 principali porti adriatici (Ancona, Trieste, Venezia, Bari, Koper, Rijeka, Pula, Ibenik, Split, Ploe, Bar e Durrs) cui sono seguiti e seguiranno i campionamenti delle acque di zavorra di navi in transito. È inoltre iniziata e si prolungherà fino a fine progetto l’attività di monitoraggio per valutare la presenza di specie planctoniche e bentoniche non indigene. Verrà quindi strutturato un sistema di prevenzione e di allerta che sarà attivato in caso di rilevazione di specie Haop nei porti. Una procedura di gestione della crisi “ad hoc” per garantire la salvaguardia ambientale, la protezione degli utenti del mare e la riduzione al minimo del trasferimento di organismi nocivi e patogeni.

 

 

Muggia si promuove: prodotti del territorio a chilometro zero
MUGGIA La valorizzazione e la riscoperta dei gusti e sapori dei prodotti locali. Questo il fine ultimo della nuova iniziativa proposta dalla Pro Loco Muggia. In occasione delle feste natalizie al supermercato Tuttopepe di via Battisti sarà infatti possibile acquistare o prenotare i prodotti tipici del Muggesano. Grazie alla disponibilità di laboratori, esercenti e aziende agricole locali si potrà scegliere tra i dolci prodotti artigianalmente della pasticceria triestina Ulcigrai (fave, marzapane, panettoni, presnitz, putizze), il vino delle aziende agricole Lenardon, Kaucic, Nicolini e Urizio (malvasia, terrano, refosco, piccola nera, borgogna, sauvignon), l'olio dell'azienda agricola Scheriani, il miele di marasca dell'azienda agricola Kaucic, i salumi artigianali della macelleria Al Ristoro e le birre artigianali Campagnolo. «Con questi prodotti potranno venir confezionati cesti in base ai desideri di chi avesse piacere di aderire a questa iniziativa, regalando o regalandosi l'eccellenza alimentare della nostra terra e sostenendo al contempo la meritoria attività di chi, con il suo lavoro di ogni giorno, conserva la memoria gastronomica della nostra tradizione», racconta il presidente della Pro Loco Muggia Andrea Spagnoletto. Con lo slogan "Per rendere speciale il tuo Natale, regala un prodotto locale", l'associazione muggesana ha dunque dato vita ad un programma di rilancio dell'economia muggesana che ha entusiasmato l'assessore al Commercio, Stefano Decolle. «Siamo di fronte ad una delle iniziative che possono cambiare il volto di Muggia. Per il cambiamento spesso la gente si aspetta grandi rivoluzioni, in realtà sono queste le mosse che servono per cambiare passo e permettere a Muggia di valorizzarsi come è giusto che sia», ha spiegato Decolle. Ricordando l'affidamento dei locali di Caliterna alla Pro Loco e quindi la possibilità “per la prima volta alle nostre aziende di potersi esporre”, Decolle ha poi aggiunto che queste iniziative “servono a rinsaldare la comunità con la speranza che questo sia un punto di partenza per altre realtà che prenderanno parte all’idea promossa dalla Pro Loco”.

(ri. to.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 dicembre 2014

 

 

Visintin: «Il Porto Vecchio può finanziare tutto lo scalo»
Secondo il presidente degli spedizionieri l’area va sdemanializzata e venduta - I guadagni da vincolare all’utilizzo mirato a realizzare nuove infrastrutture
COMMISSARIO DA EVITARE Servono un presidente e un segretario generale
Non si ferma il dibattito sul porto alla vigilia del cambio di governance alla Torre del Lloyd. Il mandato di Marina Monassi scade il 19 gennaio e per il suo successore il ministro Maurizio Lupi che dovrà scegliere in accordo con la governatrice Debora Serracchiani ha a dispozione una terna di nomi: Zeno D’Agostino manager dell’interporto Quadrante Europa di Verona, Nereo Marcucci presidente nazionale di Confetra e Antonio Gurrieri dirigente della stessa Authority. Il direttore del Piccolo, Paolo Possamai in una lettera aperta alla presidente Serracchiani ha sollecitato decisioni rapide sulla scelta del nuovo vertice, la governatrice nell’ampia risposta ha indicato come accanto a quella del presidente rimanga in piedi anche l’ipotesi commissario. Nel dibattito sono già intervenuti il sindaco Roberto Cosolini, il senatore Francesco Russo, il sindacalista Gianfranco Belci, il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto, l’ex segretario generale dell’Authority Martino Conticelli e l’imprenditore Federico Pacorini.di Silvio Maranzana La necessità di unificare e privatizzare la manovra ferroviaria e quella di sdemanializzare Porto Vecchio dovranno essere due obiettivi prioritari per il prossimo vertice della Torre del Lloyd secondo il presidente degli spedizionieri del porto, Stefano Visintin. Presidente Visintin, che giudizio dà di quattro anni di gestione Monassi? L’aumento dei traffici è un risultato incontrovertibile certamente dovuto al lavoro degli operatori portuali, ma favorito dall’azione di un’Authority fortemente orientata a una interlocuzione costruttiva con i terminalisti e gli spedizionieri. Ciò non significa che non si possa fare di più e meglio. L’ipotesi di un commissario la vede come una minaccia? È un’ipotesi che va scongiurata. Il porto di Trieste ha un bisogno di un presidente in possesso dei pieni poteri e finalmente anche di un segretario generale di ruolo oltre che del Comitato portuale. Credo che tutti e tre i candidati siano in possesso delle prerogative richieste dalla legge, per cui è nell’ambito di questa terna che il ministro Lupi dovrebbe scegliere in accordo con Serracchiani. Cosa manca allo scalo per fare un salto di qualità? Bisogna lavorare tutti assieme e molto di più, a partire da noi spedizionieri. Come ha ben sottolineato la governatrice Serracchiani dobbiamo essere più presenti sui nostri mercati esteri naturali rinforzando, a volte ricreando, quel rapporto di fiducia nella clientela centroeuropea che in passato ha determinato la fortuna del nostro porto. Allo stesso modo dobbiamo essere in grado di attrarre nuove linee di navigazione. Vi sono ostacoli da rimuovere in via prioritaria? È indispensabile superare la doppia manovra ferroviaria che determina un costo insostenibile per il mercato e un servizio non all’altezza delle aspettative della clientela. Il servizio di manovra va privatizzato ma bisognerà prestare attenzione affinché il gestore del servizio garantisca, oltre a costi e servizi adeguati, la assoluta imparzialità nei confronti delle imprese ferroviarie di trazione in modo da favorire la libera concorrenza. Concorrenza che è forte dai porti vicini, come batterla? Sosteniamo l’azione politica del senatore Russo che più volte si è dichiarato apertamente contrario al terminal offshore di Venezia e lo facciamo non per becero campanilismo ma perché sono gli operatori logistici mondiali e i principali armatori ad averlo bocciato ritenendo troppo costosa la sua gestione. Dove trovare le risorse per crescere in tempi di spending review? Bisogna sfruttare tutto quello che c’è. In questo senso ben venga la possibilità di riutilizzare le aree del Porto Vecchio anche per finalità diverse da quella portuale-commerciale. Serve però un progetto non generico che finora è mancato. Nella parte più vicina alla città potrebbe anche essere creato un nuovo terminal passeggeri che si aggiunga alla Stazione marittima. Noi spedizionieri siamo favorevoli perfino alla sdemanializzazione del Porto Vecchio purché i proventi derivanti da questa operazione vadano a vantaggio dello scalo, per nuove infrastrutture in Porto Nuovo, allo Scalo Legnami e sul Canale navigabile.

 

 

Guerra del gas, decolla il terminal di Veglia

Lo stop russo a South Stream spinge Zagabria ad accelerare la costruzione del rigassificatore con la benedizione di Usa e Ue
BELGRADO Mentre il gasdotto sponsorizzato dal Cremlino sembra ormai un relitto del passato, nei Balcani ci si industria nel trovare alternative per le forniture di gas alla regione. South Stream è morto, viva le alternative, il motto di questi giorni. Alternative come quella offerta dal futuro rigassificatore di Veglia (Krk), che pare ora essere sul punto di ricevere una potente accelerazione nella sua realizzazione. Conferme in questo senso arrivano dalle autorità di Zagabria. Il vicepremier croato, Grcic, ha specificato che lo stop di Putin a South Stream rappresenta «un impulso per costruire ancora più rapidamente il terminal» metanifero, «fonte alternativa di gas» per l’Europa sudorientale e i Balcani. Ancor più ottimista il ministro dell’Economia, Vrdoljak, che ha aggiunto che i progetti di sfruttamento di petrolio e gas in Adriatico, sommati al rigassificatore, diventano dopo il ripiegamento di Mosca «la via migliore» per assicurare le forniture energetiche ai Balcani, ma anche all’Europa centrale, in testa Ungheria, Cechia e Slovacchia. E che a Zagabria si possa essere fiduciosi è stato attestato anche da una nota del Dipartimento di Stato americano, emessa dopo il sesto vertice dello “Usa-Eu Energy Council” di Bruxelles. Nota molto lunga in cui si menziona anche il terminale metanifero di Krk, che Bruxelles e Washington auspicano venga realizzato. Ue e Usa «incoraggiano il suo completamento». Una frase che fa intuire che anche Bruxelles, che ha già finanziato con cinque milioni di euro i lavori preliminari di ricerca e progettazione, punta su Veglia forse quanto Zagabria – che ha inserito il rigassificatore tra i 68 progetti prioritari che potrebbero essere finanziati attraverso il “piano Juncker”, assieme al gasdotto Adriatico-Ionico (Iap). Rigassificatore che dovrebbe avere la capacità di riportare allo stato gassoso da quello liquido 4-6 miliardi di metri cubi di metano ogni anno. Investimento stimato per la sua costruzione, 630 milioni di euro. Zagabria è pronta a metterne nel piatto un quarto, ma serve ancora un investitore che garantisca il resto. Magari con la bandiera blu a dodici stelle. Ma la morte dello “Juzni Tok” può veramente imprimere una spinta al rigassificatore? «Parlando in generale, gli sviluppi recenti relativi al progetto South Stream potranno soffiare sulle vele del terminal» metanifero, «sulla sua attuazione», specifica conversando con “Il Piccolo” Igor Dekanic, professore alla Facoltà di Miniere, Geologia e Ingegneria petrolifera dell’Università di Zagabria e fra i più autorevoli esperti croati del settore energia. Ma «se sarà realizzato o meno», aggiunge subito dopo Dekanic, «dipende dalla posizione dell’Unione europea e forse anche dalla trasformazione del sostegno politico degli Usa» al progetto in «aiuto concreto». Progetto, tuttavia, complicato e soprattutto a lungo termine, non un’iniziativa che può sostanziarsi «dall’oggi al domani», bensì fra 4-5 anni. Nondimeno, la Croazia vuole puntare sul gas in arrivo via nave. Senza trascurare naturalmente il petrolio dell’Adriatico. Anche su quel fronte, assai promettente secondo la maggioranza degli esperti, moltissimo dipende «dall’evoluzione dei prezzi del petrolio», prevede sempre Dekanic. «Se i prezzi» del greggio «continueranno a scendere, allora metteranno a rischio» o quantomeno «posticiperanno gli sforzi» di ricerca ed estrazione nello “Jadran” croato. «Quindi sì», chiosa il professore, anche in questo settore le chance della Croazia «migliorano, ma bisogna tener conto dei prezzi». E anche dei risultati dei negoziati tra governo e aziende interessate. Fra queste, hanno rivelato ieri i media croati, anche l’Eni, in pole assieme all’americana Marathon Oil e a Ina per vincere la battaglia delle concessioni.

Stefano Giantin

 

 

Petrolio in Adriatico - L’Eni vince la gara - Corsa ai giacimenti sottomarini
TRIESTE Il governo croato ha scelto. Saranno tre le compagnie petrolifere che si divideranno l’Adriatico alla ricerca dell’oro nero e del gas. Secondo fonti ben informate in seno ai Banski dvori (sede dell’esecutivo della Croazia a Zagabria) del Jutarnji list di Zagabria i tre gruppi che si sono aggiudicati la gara internazionale per lo sfruttamento dei potenziali giacimenti sottomarini sono l’italiana Eni, la statunitense Marthon Oil e la croata Ina. Un affare, per le casse croate, che si aggira sui 2 miliardi di euro. Grande soddisfazione in Croazia per il progetto dell’Eni, la quarta compagnia petrolifera del mondo e profonda conoscitrice dell’Adriatico dove già da decenni opera assieme alla croata Ina per l’estrazione del gas la quale viene gestita in joint venture da parte della società Inagip. Così come appare strategicamente fondamentale la presenza di Marathon Oil, una società molto esperta nelle perforazioni e nell’estrazione tramite piattaforme . Fondata nel lontano 1887 è presente sia negli Stati Uniti, che in Africa e in Europa. È strettamente focalizzata sul settore della ricerca e dello sfruttamento e ha grande esperienza nello sfruttamento degli idrocarburi in Norvegia, Guinea equatoriale e Stati Uniti. Ben il 55% della sua produzione totale deriva da giacimenti off-shore e la sua presenza in Adriatico assume una valenza geo-strategica di grande rilievo soprattutto dopo che il vicepresidente degli Usa, Joe Biden a affermato in un meeting a Istanbul che la Croazia ha le potenzialità per diventare un Paese strategico per l’approvvigionamento di idrocarburi nella regione e ha garantito pieno appoggio alla costruzione del rigassificatore di Veglia ancor più importante dopo la rinuncia russa di costruire il gasdotto South Stream. Le aziende petrolifere hanno presentato le proprie offerte per 15 dei complessivi 29 campi di indagine messi a disposizione dalla Croazia in Adriatico. Quelli situati a Nord sarebbero più ricchi di gas mentre quelli nella parte meridionale offrirebbero maggiori quantità di petrolio. Secondo le stime della Us Energy Information Administration la Croazia ha dimostrato di avere una buona potenzialità pari a 70 milioni di barili di greggio e a 2,6 miliardi di metri cubi di gas. I contratti di concessione, che durerà 25 anni, saranno firmati il prossimo marzo. Il governo croato si aspetta nei primi cinque anni investimenti pari a 2,5 miliardi di dollari con pesantissime ricadute sulle aziende croate, leggi soprattutto cantieri per la realizzazione delle piattaforme.

Mauro Manzin

 

 

AMBIENTE - Smaltimento dell’amianto, contributi in arrivo -

La Provincia avvia il sesto bando, finanziamenti estesi ai condomini per le parti comuni

La Provincia ha avviato il sesto bando per ottenere contributi per asporto e smaltimento dell’amianto dalle abitazioni private. «A fronte delle numerose richieste e del buon esito delle precedenti esperienze - afferma l’assessore Vittorio Zollia - la giunta ha autorizzato un ulteriore bando che, oltre a prevedere interventi per le private abitazioni, ammette per la prima volta a finanziamento anche i condomini per le esigenze relative alle parti comuni, con un tetto contributivo massimo che passa dai 2mila euro previsti per i singoli privati ai 6mila euro per i condomini». La spesa ammissibile varia, come per il passato, tra il 30% e il 50% dell’importo di progetto, seconda il numero delle istanze pervenute. Sinora, si legge in una nota della Provincia, si è riusciti a liquidare sempre sino al 50% delle spese sostenute. Ulteriore elemento di novità, la Provincia ha chiesto e ottenuto che le ditte inserite nell’elenco riducano del 10% il tetto massimo del prezziario in vigore. Visto che l’ampliamento dei contributi alle parti comuni dei condomini comporterà maggiore spesa, la Provincia ha destinato a questa partita un ulteriore importo complessivo di 172mila euro (rispetto ai 40mila che avevano formato copertura dei precedenti bandi). «Scelta - conclude Zollia - che evidenzia ancora una volta, peraltro in un momento di difficoltà di bilancio, la sensibilità e l’attenzione della Provincia nei confronti della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini». Il bando sarà pubblicato a breve, le domande potranno essere presentate (proprio perché munite dei puntuali preventivi da predisporsi da parte delle ditte autorizzate) entro il 31 gennaio. Complessivamente finora sono stati attuati più di 160 interventi, con una contribuzione complessivamente pari a 130mila euro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 dicembre 2014

 

 

Conconello libero dalle antenne

Accordo tra Comune, tre radio e Regione per traslocare su due nuovi tralicci gli impianti ora tra le case
«Non possiamo ancora fornire una data certa ma le antenne spariranno dal centro abitato di Conconello: ormai c’è una scaletta della tempistica ben precisa, che è iniziata dalla firma della convenzione ed è legata a passaggi burocratrici certi e già avviati» spiega Roberto Cosolini. Il sindaco parla nella sala riunioni della frazione, a due passi dalla chiesa, davanti al Comitato contro le antenne. Dopo quasi 40 anni di battaglie civili, proteste, paradossi e legacci burocratici è così avviata a soluzione l’annosa questione dei ripetitori, la cui presenza dà origine a un accertato inquinamento elettromagnetico potenzialmente (secondo alcuni invece sicuro) dannoso per la salute. Il Protocollo d'intesa è stato firmato tra la Regione Fvg, il Comune di Trieste e le emittenti Radio Punto Zero Srl, Gestione postazioni Nordest Srl, riconducibile a Radio Radicale, e Monte Barbaria Srl: così «sarà risanato l’inquinamento elettromagnetico dell'abitato di Conconello, provocato dai 40 impianti di radiodiffusione sonora e televisiva». In pratica sarà smantellata la manciata di “piloni” a cui nel tempo si sono “attaccate” le varie emittenti con i propri ripetitori. In un terreno di proprietà comunale in zona Monte Belvedere, fuori dall’abitato, sorgeranno due nuovi pilonbi, alti al massimo 60 metri. Uno di Radio Punto Zero, l’altro delle due altre società che sgombereranno dai vecchi siti. «Siamo contenti noi, che avevamo idea di traslocare già 16 anni fa - spiega Filippo Busolini, “patron” di Punto Zero - e ovviamente gli abitanti. Costruiremo un nostro sito, e poi gli operatori decideranno a chi rivolgersi per l’affitto: o noi o la cordata delle altre due società». Anche gli operatori, che hanno dovuto firmare una fideiussione bancaria di 150mila euro a garanzia dell’esecuzione dei lavori, hanno infatti convenienza a spostarsi. «Nella nuova location - continua Busolini - vi saranno spazi adeguati. Si eviterà così il sovraffollamento che nel sito attuale d’estate dava origine a surriscaldamenti responsabili di rotture e danni. Ma per noi il vantaggio maggiore sarà di offrire un segnale di ricezione migliore in città. Abbiamo ora un anno e mezzo di tempo per realizzare i lavori». A Conconello, sullo stesso Monte Belvedere, comunque, resteranno i grandi tralicci di Rai Way, Mediaset e Telecom Spa, a cui si possono agganciare le emittenti Tv. Si tratta della cima di una collina che sovrasta le case, in posizione più defilata e quindi meno pericolosa delle strutture da trasferire. La zona è attigua al nuovo sito individuato per le emittenti radio. Le misurazioni, anche in contraddittorio, effettuate pure dall’Agenzia regionale per l’ambiente Arpa, avevano confermato il cosiddetto l’elettrosmog, con lo sforamento dei limiti delle emissioni elettromagnetiche consentiti: anche il triplo dei 6 volt a metro.

(p.p.g.)

 

Laureni: «Controlli ambientali sul procedimento»
«Tutto il procedimento di smantellamento e di costruzione - ha precisato all’incontro l’assesore all’Ambiente Umberto Laureni (foto) - sarà monitorato dall’Arpa e nella Convenzione sono previsti e imposti tutti gli accorgimenti atti a limitare ogni tipo d’inquinamento o dispersione di risorse, come l’utilizzo di cavi sotterranei già presenti e altro». Cosolini ha evidenziato «lo spirito di grande collaborazione con cui è stata condotta la trattativa e il grande coordinamento tra uffici e tecnici della Regione e del Comune».

 

 

“Non rifiutiamoci”, via lo spreco - Università della terza età
“Non rifiutiamoci” alle 17.30 Via Lazzaretto Vecchio 10.

L’Ufficio Europe direct del Servizio comunicazione del Comune di Trieste, in collaborazione con la Coop Consumatori Nordest e Slow Food, promuove un incontro dal titolo “Non rifiutiamoci” che si terrà all’aula magna dell’Università della Terza Età dalle 17.30 alle 19.30. L’incontro prende spunto dalla campagna di sensibilizzazione sui temi dello spreco (come si vede nella foto) lanciata da Andrea Segrè fondatore di Last Minute Market in partnership con il Parlamento europeo al fine di incrementare le buone pratiche da parte dei cittadini, con l’obiettivo di modificare i comportamenti che causano tanto spreco. Nel corso della conferenza, verranno declinate le forme di spreco nelle loro varie manifestazioni: dallo spreco alimentare al problema del riciclaggio dei rifiuti fino ad arrivare al problema inerente alle varie forme di povertà ed inclusione sociale.

 

 

 

 

GREENSYTLE.it - MERCOLEDI', 3 dicembre 2014

 

 

E.ON passa alle rinnovabili e chiude con le fonti fossili

E.ON, il più grande colosso energetico tedesco, ha stupito il mondo intero con un annuncio destinato a cambiare gli assetti del mercato elettrico globale. L’azienda ha infatti deciso di abbandonare il gas naturale, il carbone e il nucleare per puntuare tutto sulle energie rinnovabili.
Questa operazione si compierà attraverso una ristrutturazione societaria che separerà il settore dei fossili dagli investimenti nelle fonti pulite, creando una nuova azienda che si occuperà esclusivamente di efficienza energetica, smart grid e produzione di energia rinnovabile. La scissione, secondo quanto riferito dall’azienda, avverrà nel 2016 e non comporterà tagli occupazionali. Quaranta mila dipendenti resteranno nella società attuale, mentre altri 20 mila confluiranno nella nuova azienda.
La decisione della E.ON nasce dall’esigenza di restare competitivi sul mercato, in un momento storico decisivo per la transizione energetica della Germania verso le fonti rinnovabili. Il Governo tedesco ha infatti pianificato di abbandonare il nucleare entro il 2022, portando la fetta di energia coperta dalle rinnovabili al 35-40% entro il 2025.
Gli obiettivi a lungo termine della Germania sono ancora più ambiziosi: entro il 2035 le rinnovabili dovrebbero coprire il 55-60% della produzione totale di energia elettrica, percentuale destinata a salire ulteriormente entro il 2050 fissandosi a oltre l’80%. La Germania è la nazione europea in cui la transizione energetica verso le rinnovabili sta avendo vita più facile. Basti pensare che oggi ben un quarto dell’elettricità generata nel Paese è coperta dalle fonti pulite. In Francia la percentuale è di appena il 4,8%.
La decisione della E.ON sarà seguita da molti altri colossi energetici. La RWE e la EnBW hanno già annunciato piani simili. Maria van der Hoeven, direttrice esecutiva dell’International Energy Agency, ha spiegato che la decisione della E.ON è un segno tangibile della rivoluzione energetica che rimodellerà i mercati nei prossimi anni:
Penso che sia molto incoraggiante che una così grande compagnia stia cambiando direzione perché quando guardiamo la quota di energia elettrica prodotta non osserviamo alcuna crescita. La domanda non sta aumentando in Europa e se le aziende vogliono rimanere in attività devono fare qualcosa al riguardo. Credo che la decisione di E.ON sia una mossa molto interessante.
Marco Mancini

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 dicembre 2014

 

 

«Porto Vecchio affossato» - L’ex segretario Conticelli accusa l’attuale presidenza: «Noi ce l’avremmo fatta»
«Diverse cose che stavamo realizzando non sono state portate a termine, ma di una soprattutto mi dispiace enormemente perché sono convinto che noi alla fine ce l’avremmo fatta, ma invece si è voluto affossarla: avrebbe portato finanziamenti e benefici inestimabili sia al porto che alla città». Quella cosa è il Porto Vecchio e a rimpiangerla è Martino Conticelli, braccio destro di Claudio Boniciolli e segretario generale dell’Autorità portuale di Trieste da gennaio 2007 a gennaio 2011. Da allora Conticelli è tornato a fare il dirigente all’Authority di Venezia e l’”evoluzione” della situazione triestina, al cui vertice c’è stato un autentico ribaltone, ha potuto seguirla solo da 150 chilometri, o meglio da 58 miglia marine di distanza. Alcune cose obiettivamente non può saperle, altre non può dirle, ma quanto afferma punge già abbastanza. «Porto Vecchio - afferma Conticelli - stava per diventare una formidabile cerniera tra lo scalo e la città con attività di portualità allargata e anche no. Il Punto franco forse ce l’avremmo fatta a spostarlo, anche se a questo punto dico che ancora meglio sarebbe sdemanializzare. Poi si è remato contro, l’attuale presidente non si presentava nemmeno agli incontri con Portocittà, la rinuncia è arrivata prima dello scandalo che ha coinvolto Maltauro, l’azione di riconversione poteva partire comunque». C’è un altro argomento che infastidisce Conticelli: «Che dopo di me non sia stato nominato un segretario generale di ruolo - afferma - è un’autentica assurdità, un fatto che credo possa accadere soltanto a Trieste. Sarebbe dovuto intervenire qualcuno più in alto per mettere le cose a posto, il ministero stesso avrebbe dovuto dare una solenne tirata d’orecchi». Ma ora la situazione si rovescia ancora e la Torre del Lloyd attende un nuovo presidente anche se la governatrice Debora Serracchiani ha fatto intendere che rimane in piedi anche l’ìpotesi del commissario. «Per il bene di Trieste, mi auguro non sia così - afferma Conticelli - le gestioni commissariali non mi sono mai piaciute. Se poi sono motivate per il fatto che presto ci sarà la nuova legge sui porti, le trovo ancora meno convincenti. La nuova legge non può essere un alibi e soprattutto non credo affatto che sia dietro l’angolo perché vi sono ancora troppi interessi contrapposti. Secondo me - prosegue il dirigente dello scalo di Venezia - le Autorità portuali vanno certamente ridotte di numero, ma la soluzione per un primo passaggio è estremamente semplice e dribbla tutte le dispute ideologiche: basterebbe costituire le Autorità portuali regionali e si dimezzerebbero automaticamente. Oggi siamo in una situazione assurda: la Sicilia ha 4 Authority, la Liguria e la Puglia 3». Impossibile non arrivare alla questione clou oggi della contrapposizione tra i due scali: il porto off shore di Venezia, cavallo di battaglia del presidente Paolo Costa, osteggiato da tutta Trieste, ma mai apertamente dalla presidente Monassi. «É da quarant’anni che lavoro nei porti - risponde Conticelli - e sempre più mi sto rendendo conto che il rapporto costi/benefici è una questione fondamentale. Di più non posso dire». Impossibile sconfessare il proprio presidente, ma l’opinione su un progetto onerosissimo sembra chiara così come quella sulla collaborazione tra i due scali: «Dinanzi alle stime su un aumento dei flussi di merci in Adriatico e all’avvento del gigantismo navale giusta la collaborazione a livello politico istituzionale tra i due scali e la fondazione del Napa, ma è logico che non potranno mai esserci accordi a livello commerciale». Possibile un ritorno a Trieste da segretario generale con il nuovo presidente? «Mah, conosco tutti e tre i candidati in particolare Marcucci. Ma no, fu un’esperienza possibile solo per il rapporto di stima che mi lega a Boniciolli».

Silvio Maranzana

 

Il dibattito dopo la lettera a Serracchiani
Il dibattito sul futuro del porto di Trieste è stato innescato dalla lettera aperta scritta dal direttore del Piccolo Paolo Possamai alla governatrice Debora Serracchiani per invitarla a procedere rapidamente alla nomina del nuovo presidente. Vi sono tre candidati: Zeno D’Agostino dirigente Interporto Quadrante Europa di Verona, Nereo Marcucci presidente nazionale di Confetra e Antonio Gurrieri dirigente della stessa Authority triestina. Serracchiani ha fatto intendere che oltre all’ipotesi del presidente resta in ballo anche quella del commissario. Nel dibattito sono già intervenuti il sindaco Roberto Cosolini, il senatore Francesco Russo, il sindacalista Gianfranco Belci e il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto. Oggi tocca all’ex segretario generale dell’Authority Martino Conticelli.

 

Sgabuzzini e depositi tra erbacce e degrado
Una serie di associazioni e società mantengono piccoli uffici e magazzini- Adriaterminal e Saipem gli unici insediamenti produttivi di rilievo
L’Adriaterminal, di cui è impossibile avere informazioni sull’andamento dei traffici ma dove l’arrivo di navi è un’autentica rarità, un Polo museale che, esclusa la Centrale idrodinamica che saltuariamente ospita piccole mostre, rimane un oggetto misterioso se non inesistente, il Magazzino 26, secondo hangar storico più grande d’Europa il cui restauro è costato un’enormità e che attualmente serve unicamente per ospitare una volta ogni paio di mesi il Comitato portuale. Questa è il Porto Vecchio oggi conosciuto dai triestini. In realtà è una vera e propria Trieste 2, «un’area di 67 ettari con oltre un milione di metri cubi di hangar spesso di grande pregio - si legge in un volume redatto dalla stessa Autorità portuale - tra gli ambiti di archeologia industriale marittima più rilevanti del Mediterraneo». Scenograficamente, si potrebbe aggiungere, uno dei più prestigiosi waterfront, nella realtà il più grande deserto con l’acqua d’Europa. Si nasconde qualcos’altro tra erbacce e ratti, immondezzai e giacigli di barboni? L’insediamento più rilevante è quello della Saipem (montaggio di macchinari per l’industria petrolifera off shore) che ha in concessione fino al 24 gennaio 2020 un’area di quasi 27mila metri quadrati al magazzino 23 con aree e piazzali e la parte Nord dell’Adriaterminal. Un’area di 3mila metri quadrati compresa tra il Magazzino 4 e l’ex Locanda compresi i servizi igienici dell’edificio 5 è in gestione a Trieste terminal passeggeri. La Tripmare che gestisce i rimorchiatori nel golfo ha un deposito nel Magazzino 7 e uffici, magazzini, officina e spogliatoi nel Magazzino 8 per complessivi 800 metri quadrati. La lettura dell’elenco dei concessionari, scaricabile dal sito dell’Autorità portuale, riserva però tutta una sfilza di altre piccole sorprese. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di licenze rinnovabili ogni sei mesi o di anno in anno che scadranno il 31 dicembre. Nel Magazzino 10 l’Associazione solidarietà internazionale Trieste ha a disposizione 240 metri quadrati. Una doppia licenza è stata rilasciata a AcegasApsAmga spa per permettere l’accesso dei tecnici all’acquedotto sottomarino e allo scarico acque meteoriche di viale Miramare. Nell’ex pesa dell’edificio 5 ha un ufficio di 12 metri quadrati la società di autotrasporti Agim Cika. Genoa metal terminal, società che appartiene al gruppo Steinweg di Rotterdam ha in concessione fino al 15 febbraio 2022 l’Adriaterminal cioé un’area di 74mila metri quadrati che comprende oltre al terminal marittimo anche aree, tettoie, capannoni. La Gmt è però anche titolare di licenze per la pesa a ponte dell’area antistante il Magazzino 26, un contenitore presente nella zona in concessione e un’area scoperta di oltre 2mila 500 metri quadrati adiacente il Magazzino 16. Per il controllo di un cavo sottomarino il Comune detiene una licenza di un settore della testata della diga foranea. La società Economist, settore nautico, ha un ufficio di ben 6 metri quadrati nell’edificio dei varchi d’ingresso al Porto Vecchio. A Rosanna Fiasconara è invece intestato un contenitore di 25 metri quadrati nei pressi del Magazzino 19 utilizzato come deposito di attrezzi. Si arriva al Magazzino 18, l’unico hangar noto in tutta Italia grazie al cantautore Simone Cristicchi che, com’è noto contiene le masserizie degli esuli e si estende su 1.287 metri quadrati. La licenza all’Irci, Istituto regionale per la cultura istriano fiumano dalmata, anche in questo caso scadrà il 31 dicembre. All’Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste, che è stato messo in liquidazione, risultano essere stati dati in gestione fino al 31 dicembre 2015 l’ex Centrale idrodinamica con l’area scoperta e fino al 30 aprile 2015 la palazzina ex Demanio. Ma in Porto Vecchio è presente anche l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, cioé l’Ogs con un deposito di 232 metri quadrati al Magazzino 10 per apparecchiature e strumenti. La società nautica e pescasportiva dilettantistica Athena occupa un’altra parte del Magazzino 18 e due contenitori per uso ufficio. La Tertrans che si occupa di noleggio autogru, trasporti eccezionali e traslochi all’ex palazzina 6 ha un deposito di 408 metri quadrati di merci varie. Infine la società La Diga - L’isola di Trieste risulta concessionaria degli oltre 15mila metri quadrati dello stabilimento balneare sulla Diga foranea fino al 31 dicembre 2045.

Silvio Maranzana

 

La lunga attesa ha infine stancato anche Maneschi

Nell’ambito del Porto Vecchio quasi una cittadella a parte è Greensisam, ma anche in questo caso una serie di responsabilità pesano sull’attuale Autorità portuale. Così hanno recentemente sentenziato i giudici del Tar che hanno condannato, se i lavori verranno fatti, l’Autorità portuale a risarcire Greensisam con 1,7 milioni di euro. Spettava infatti all’Authority rilasciare l’Autorizzazione unica ma ciò non è stato fatto. Il permesso a costruire è stato infine dato dal Comune nei confronti del quale i giudici non hanno ravvisato responsabilità. La concessione novantennale dei primi cinque Magazzini sul versante città a Greensisam era stata rilasciata nel 2001. In uno di questi doveva venir realizzata la sede di Evergreen per il Mediterraneo, ma il procrastinarsi dei tempi ha indotto il gruppo di Taiwan, di cui fa parte anche Italia Marittima, a rinunciare concentrando le sedi europee a Londra. Pierluigi Maneschi (foto) presidente di Italia Marittima, ma titolare anche di Greensisam e della concessione, ha poi presentato il progetto per realizzare nei primi due un’autorimessa e negozi e uffici. I tempi infiniti però hanno stancato anche lui e sono ora in corso trattative per la vendita di Greensisam a un gruppo finanziario europeo.

(s.m.)

 

È di Fincantieri il progetto più ambizioso
Ma le nuove richieste di concessione sono soltanto 7 tra cui quella per una chiesa
Si stanno ulteriormente assottigliando intanto anche le sparute richieste di concessione per il Porto Vecchio che sono state avanzate in base all’ultimo bando dell’Autorità portuale scaduto nel giugno scorso. La Provincia infatti ha annunciato che rinuncia alla richiesta che aveva presentato per insediare l’Istituto Nautico al Magazzino 19. Grazie a finanziamento ottenuti dalla Regione e dall’ex Fondo Trieste una stazione a mare, i cui lavori sono già partiti, verrà infatti realizzata sul molo Fratelli Bandiera, mentre altri spazi a disposizione della scuola saranno ottenuti nel sottotetto del palazzo di piazza Hortis. Delle altre richieste, la più ambiziosa è quella avanzata da Fincantieri. Riguarda i capannoni 24 e 25, Molo Zero e bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo e corpi annessi per la durata di 35 anni allo scopo di creare un ormeggio per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi vari a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti. Fincantieri però non ha mai voluto fornire altri dettagli. La Camera di commercio punta invece ai Magazzini 27 e 28, quelli dove si è recentemente svolta la rassegna TriestEspresso Expo per realizzarvi un Centro espositivo permanente, ma l’operazione non ha avuto l’avvallo delle amministrazioni locali, mentre la Regione ha già espresso la propria contrarietà il che esclude la possibilita' di accesso a fondi regionali. Sul Molo Terzo hanno puntano sia Greensisam per ampliare la propria “cittadella” che comprende i primi cinque magazzini e le aree attigue che Michael Hatzakis, triestino d'adozione e vicepresidente di Minoan lines, che punta a fare del Molo Terzo il terminal di una linea di aliscafi per collegamenti veloci con Venezia, Ravenna, l'Istria e la Dalmazia. Polemiche ha suscitato anche l’intenzione della Curia di trasformare l’ex torre di compensazione in una chiesetta, mentre le ultime due richieste di concessione fanno riferimento all’associazione Porto arte e alle Officine Belletti.

(s.m.)

 

 

Monfalcone - Inchiesta della Procura sulla centrale A2A
TRIESTE C’è un’inchiesta della Procura della Repubblica di Gorizia sulla Centrale elettrica A2A di Monfalcone, le indagini sono tuttora in corso e sulla questione delle centrali a carbone si è aperto un fronte nazionale. La stessa Procura di Gorizia infatti, assieme a quella di Brindisi (anche lì c’è una centrale a carbone), si è recata a Savona per confrontarsi con i magistrati che hanno lavorato sul caso di Vado Ligure dove sono sotto accusa cinque dirigenti della Tirreno Power. La centrale ligure è stata fermata, i dipendenti sono in cassintegrazione e soprattutto le autorità locali e regionali hanno bloccato la nuova autorizzazione ambientale integrata (Aia). Lo stesso presidente della Liguria, Claudio Burlando e i sindacati hanno lanciato un appello perchè la questione diventi un caso nazionale . A darne notizia nei giorni scorsi il giornale Secolo XIX in un articolo di Giovanni Ciolina, che ha rivelato alcuni particolari della missione dei pm di Brindisi e Gorizia che si sono recati a Savona oltre al fatto che le tre Procure stanno avvalendosi degli stessi consulenti esperti in materia. La conferma dell’inchiesta, che in realtà è aperta già da mesi, è arrivata anche dalla stessa Procura di Gorizia in particolare dalla Pm, Valentina Bossi. «Sì, c’è un’inchiesta in corso e stiamo facendo delle indagini - spiega - ci siamo confrontati con la Procura di Savona, anche se l’ipotesi di reato (nel caso di Vado Ligure si parla di disastro ambientale ndr) non è la stessa». La Pm Bossi invita alla cautela, spiega che le indagini sono ovviamente coperte dal segreto istruttorio e aggiunge soltanto che: «All’esame c’è una vasta gamma di ipotesi di reato, al momento non posso dire altro. A Savona sono andati ad individuare alcuni reati gravi. Per Monfalcone è tutto da capire, anche se le centrali a carbone funzionano tutte nella stessa maniera. Monfalcone però è una centrale più piccolina». Confermata da Gorizia anche la scelta comune di alcuni consulenti esperti sui quali si mantiene totale riservatezza. Questa indagine, come è avvenuto a Vado Ligure, potrebbe dare una svolta alla spinosa querelle che coinvolge la centrale A2A di Monfalcone facendo “piazza pulita” di indagini, esami e pareri portati ad esempio da chi sostiene che inquina e chi dice di no. A Savona infatti, per la centrale di Vado secondo la Procura le stesse prescrizioni previste dalle Bat (le best advanced technology) a cui si devono adeguare gli impianti per ridurre le emissioni, anche ben sotto i limiti di legge, non sarebbero sufficienti a tutelare la popolazione. Sulla vicenda delle indagini è intervenuta anche la stessa A2A. «La società, che è garante della gestione dell’impianto - spiega l’azienda - ribadisce ancora una volta che la centrale ha sempre operato nel rispetto delle prescrizioni e ben di sotto dei limiti di legge ».

Giulio Garau

 

 

Arriva la maximulta Ue sui rifiuti
Il ministro Galletti: «Non pagheremo un euro». M5S: «Vive in un mondo magico»
STRASBURGO L’Italia tarda a mettersi in regola rispetto alla sentenza del 2007 sui rifiuti e la Corte di giustizia Ue le infligge una sanzione record: 40 milioni di euro a forfait e 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo. È quanto prevede la sentenza del Tribunale europeo nei confronti del nostro Paese per non essersi ancora adeguato alla direttiva sulle discariche recepita nel 2003. Una stangata milionaria respinta con vigore dal ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti, che annuncia che non verrà pagato «nemmeno un euro». La sanzione, sottolinea il ministro, è «riferita al passato. Le discariche abusive in Italia sono già in sicurezza». E il ministro fornisce i numeri dei siti messi in regola dal 2007 a oggi. «Siamo passati da 4.866 discariche abusive contestate - spiega Galletti - a 218, nell’aprile 2013. Una cifra che a oggi si è ulteriormente ridotta a 45 discariche. Con la legge di stabilità 2014 sono stati stanziati 60 milioni di euro per un programma straordinario che consentirà di bonificare 30 delle 45 discariche rimaste, anche attraverso accordi di programma sottoscritti in questi giorni con Abruzzo, Veneto, Puglia e Sicilia». Mentre «le restanti 15 discariche abusive saranno bonificate con un ulteriore impegno di 60 milioni di euro». Parole che non convincono la Commissione europea. «Ci sono stati chiaramente alcuni miglioramenti da parte dell’Italia ma non abbastanza» in quanto «non sono state adottate tutte le misure necessarie per adeguarsi alle norme Ue», spiega il portavoce della Commissione Ue per l’Ambiente Enrico Brivio. Durissimo contro Galletti, il movimento Cinque Stelle. «Oggi dice che non pagheremo un euro. Non sappiamo come faccia ad affermarlo. Forse - attaccano i deputati pentastellati della commissione Ambiente - vive in un mondo magico, senza discariche abusive nè illegali. Con bonifiche realizzate a norma. Poi però si sveglierà e prenderà atto della realtà. Peccato che nel frattempo a pagare saremo tutti noi cittadini». Per il M5S la condanna «era purtroppo annunciata. Abbiamo più volte, con atti di indirizzo e interrogazioni, chiesto al governo di affrontare la questione ma evidentemente c’erano sempre altre cose più importanti». Critico anche il co-portavoce dei Verdi Angelo Bonelli: «Le politiche del ministro Galletti sui rifiuti porteranno ad altre inflazioni europee, perché si sta puntando tutto su inceneritori e discariche».

 

 

Stop a South Stream, Saipem affonda
La controllata Eni perde il 10,8% in Borsa. Renzi minimizza: «Gasdotto non fondamentale». Ma è allarme nell’Est Europa
BELGRADO Bruxelles “vince” la battaglia contro il Cremlino, South Stream è sospeso. Oppure è proprio «finito», soffocato dalle pressioni e dalle sanzioni Ue, come ha ammesso lo stesso numero uno di Gazprom, Alexei Miller, rafforzando le dichiarazioni di Putin ad Ankara. Ma se la Russia non ride, anche un’ampia parte dell’Europa non ha motivo di rallegrarsi. Chi piange è la controllata dell’Eni, Saipem, che a marzo si era aggiudicata un appalto da 2,4 miliardi di euro per la realizzazione della prima linea del tratto offshore di South Stream e che ieri ha ceduto a Piazza Affari il 10,8%. Eni – che detiene una quota del 20% nel progetto South Stream, Gazprom il 50%, Edf e Wintershall il 15% - invece ha tenuto e ha chiuso a +0,70%, mentre il premier Matteo Renzi ha affermato che lo stop al gasdotto non è «motivo di preoccupazione immediata» per Roma. L’Italia non considera l’opera «fondamentale», almeno in questo momento. Ma l’atmosfera è tetra soprattutto a Est, negli Stati che più avevano puntato sul progetto da 16 miliardi di euro, Ungheria e Serbia in testa. Serbia che è sempre stata «leale al progetto» del gasdotto, ha tenuto a sottolineare il premier Aleksandar Vucic. «Abbiamo investito» su South Stream per sette anni e ora soffriamo a causa dello scontro» tra grandi potenze, ha aggiunto il leader del Paese balcanico, in cui il 56% del fabbisogno di gas è soddisfatto dalla Russia. Poche speranze in una rinascita del progetto pure a Budapest, che si era posta in rotta di collisione con Ue e Usa anche per il suo franco sostegno a South Stream. «La Russia ha il diritto di prendere quella decisione» e «l’Ungheria», dove il 49% del fabbisogno di gas è soddisfatto da Mosca, «ha accettato la mossa» di Putin, ha sottolineato il ministro degli Esteri magiaro Szijjarto, aggiungendo che a Budapest non rimane che cercare altre vie per garantire «la sicurezza delle forniture». Altre vie come quella del gas azero, del rigassificatore di Veglia o come quella del progetto slovacco “Eastring”. Più cauta l’Austria - terminal di uno dei due bracci di South Stream, l’altro è Tarvisio - dove il vicepremier Mitterlehner e il numero uno di Omv, Roiss, hanno assicurato di non credere che il progetto sia da considerare archiviato. E ricordato, parola di Roiss, che l’Europa ha ancora «bisogno di autostrade del gas transconfinarie». Più complesso il caso della Bulgaria, primo Paese Ue che doveva essere attraversato dal futuro gasdotto dopo il passaggio sotto il Mar Nero, prima della decisione dell’ex premier Oresharski di lasciare tutto in stand-by. La Bulgaria ora perderà 400 milioni di euro all’anno di incassi per il transito del gas, l’1,5% del Pil. E soprattutto nazione dipendente al 100% dal metano russo, un problema concreto per Sofia, come anche per Bosnia e Macedonia. Sofia dove in molti temono la reazione russa. I Paesi «che hanno mandato all’aria» South Stream, riferimento alla Bulgaria, dovranno «fare i conti con le conseguenze», ha minacciato il portavoce del ministero degli Esteri russo, Lukashevich. Mosca «non abbandonerà il progetto», è solo «una mossa tattica», ha controbattuto il numero due della Commissione parlamentare sull’energia di Sofia, Dimitrov. Più realistico, come sempre, il presidente Plevneliev: «Mosca non ha voluto rispettare le regole europee». Posizione che ha trovato conforto nella dichiarazione di Federica Mogherini, che ha specificato che l’Europa guarderà ora con maggior vigore alla diversificazione delle fonti di energia. E ricordato che «tutto quanto avviene nel territorio dell’Ue» così come «il comportamento dei partner» di Bruxelles devono essere in linea con le regole dell’Unione. Chi sorride? Forse solo la Turchia, che potrebbe ora diventare il terminale del gas di “South Stream 2”. E il gran bazar del metano per l’Europa sudorientale.

Stefano Giantin

 

 

DOMANI - Furfaro parla di Servola, ambiente, lavoro e salute

Domani alle 18 nella sede di Sinistra ecologia libertà di Trieste (via Martiri della Libertà 18) si terrà un incontro dal tema “Coerenza del Patto per Servola con le politiche nazionali di Sel rispetto al rapporto lavoro, salute e ambiente”. Ospite principale della giornata sarà Marco Furfaro, responsabile nazionale ambiente Sel, candidato alle europee nella lista “L’Altra Europa con Tsipras”.

 

 

 

 

Primorski Dnevnik - MARTEDI', 2 dicembre 2014

 

 

I Russi hanno aperto la strada al rigassificatore di Trieste ?

In Slovenia, qualcuno è convinto che l'Italia prenderà nuovamente in esame la costruzione del rigassificatore nel Golfo di Trieste  e che i Croati faranno pressioni per costruire il terminale di Krk (isola di Veglia)
Secondo l'opinione di molti esperti in Slovenia la rinuncia russa al gasdotto South Stream rappresenta un passo verso il terminal gasiero nel Golfo di Trieste. "Il terminale gasiero è una realtà, l'unica domanda è dove: o a Krk, o nel Golfo di Trieste. Molto probabilmente lo avremo nel Golfo di Trieste, in quanto l'Italia farà forti pressioni sulla Commissione europea, che dovrà accettarlo", ha sottolineato l'analista politico Klemen Grošelj sul sito web della RTV Slovena. Egli sottolinea che il gas proveniente dai gasdotti è quello più economico. Secondo lui, in Polonia e negli Stati baltici, hanno già percepito la realtà dei prezzi elevati delle importazioni di gas liquefatto. Il gas liquefatto deve essere raffreddato e poi riscaldato, le navi gasiere costano diverse centinaia di milioni di euro. Anche Vojko Bernard dell'organizzazione ambientalista Alpe-Adria Green che, insieme con gli ambientalisti dei paesi vicini, da molti anni combatte contro il terminale gasiero nel Golfo di Trieste, sottolinea che gli italiani cercheranno di rilanciare anche il progetto del rigassificatore di Zaule vicino al confine sloveno-italiano, perché secondo lui questa storia è tutt'altro che finita. Bernard ritiene tuttavia che se fosse necessario un terminale gasiero nel nord Adriatico, questo potrebbe essere costruito su una piattaforma petrolifera abbandonata, che si trova a circa 30 chilometri da Pola verso l'Italia.

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 dicembre 2014

 

 

La Soprintendenza boccia SmartGas

La relazione sul progetto di Monfalcone evidenzia «carenza di analisi e inaccettabili trasformazioni del territorio»
MONFALCONE Sul percorso autorizzativo per la realizzazione da parte di SmartGas di un terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del Gnl in zona Lisert ora pesa anche il “no” della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Fvg. Un parere contrario che non è vincolante ma è richiesto nel procedimento di Valutazione d’impatto ambientale ed è certo in grado di avere il suo peso sull’iter del progetto. È una bocciatura severa quella della soprintendente Maria Giulia Picchione che rispolvera nell’occasione un altro “no” pronunciato dalla Soprintendenza nell’aprile del ’96 quando Snam sbarcò a Monfalcone per realizzare il suo terminal, sperimentando per la prima (e ultima) volta un percorso partecipativo della cittadinanza. E allora del terminal non se ne fece nulla. Nel parere sul progetto di SmartGas, che porta la data del 21 ottobre, la Soprintendenza definisce «assolutamente insufficiente» la relazione paesaggistica «laddove si cita che “le opere a mare del terminale, seppure di notevoli dimensioni e visibili da distanze significative, si inseriranno in un ambiente già caratterizzato da strutture e infrastrutture analoghe non comportando pertanto un impatto significativo». Un tanto - rileva la Soprintendenza - senza alcun riferimento alle caratteristiche bellezze panoramiche della zona e senza esporre studi accurati sull’ambiente naturale», rilevando pure «una carenza nell’analisi dei valori culturali presenti sul territorio sia paesaggistici che monumentali». La Soprintendenza entra anche nella questione compensazioni che definisce «in pieno contrasto con gli obiettivi del Codice dei beni culturali e del paesaggio che si prefigge di definire le trasformazioni in rapporto ai valori paesaggistici nonchè le azioni di recupero e riqualificazione in rapporto alle prospettive di sviluppo sostenibile». Non incontrano il favore della Soprintendenza nemmeno «le proposte di rinaturalizzazione e di creazione di centri visita perché l’obiettivo della tutela dovrebbe essere principalmente quello della conservazione e non della trasformazione di un territorio. Nè appare sostenibile - rileva ancora la Soprintendenza - la considerazione espressa nei documenti a riscontro secondo cui la componente paesaggistica è già antropizzata con elementi e infrastrutture e che quindi i nuovi inserimenti non comportano ulteriore effetto». Al contrario la Soprintendenza ritiene che «l’inserimento di ulteriori elementi in un paesaggio debba essere considerato sull’ampia scala di valutazione del contesto e l’elemento da valutare del complesso paesaggistico è la capacità di assorbimento visivo, quindi la vulnerabilità di tutto il contesto».

(f.m.)

 

Ma il parere contrario nasce già nel 1996 quando fu presentato il primo studio

Il parere contrario della Soprintendenza in realtà nasce da lontano. Si richiama, infatti, al medesimo parere (negativo) espresso dalla stessa Soprintendenza il 16 aprile del 1996 quando fu chiamata a valutare il progetto di un terminale di gas naturale liquefatto della Snam. Nel tempo, sono cambiati i progetti, le location ma le perplessità, evidentemente, sono rimaste le stesse. Forse addirittura implementate. «Le importanti considerazioni relative all’ambiente e al paesaggio circostante inducono alla riflessione - precisa la Soprintendenza - che, seppure il nuovo progetto risulti ridotto nelle dimensioni tecniche, la caratteristica progettuale rimane sostanzialmente immutata sotto il profilo del forte e negativo impatto paesaggistico». Come dire: in quest’area, si tratti indifferentemente di Trieste o Monfalcone, progetti simili vengono vissuti come un “vulnus” al territorio.

 

Putin blocca il progetto South Stream
La minaccia: «Europa non costruttiva, potremmo riorientare le forniture di gas»
ROMA La posizione dell’Ue sul gasdotto South Stream «non è costruttiva» e la Russia potrebbe decidere di «riorientare le forniture di gas». Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin in visita Turchia nel corso di una conferenza stampa con Recep Tayyp Erdogan. Mosca ha intanto già offerto uno sconto del 6% sulle forniture ad Ankara a partire dal 2015. La Russia, ha detto il presidente russo, per il momento «è costretta a ritirarsi dal progetto South Stream a causa della mancanza di volontà dell’Unione europea di sostenere il gasdotto e il gas verrà riorientato verso altri consumatori», ha detto Putin, citato da “Russia Today” ad Ankara. Il presidente russo ha precisato che Mosca «a tutt’oggi non ha ancora ricevuto il permesso della Bulgaria» a far passare il gasdotto sul proprio territorio. South Stream è un progetto da 16 miliardi di euro che vede l’Italia in prima fila, con Eni primo partner di Gazprom, accanto ai francesi di Edf e ai tedeschi di Wintershall. Putin, quasi a dimostrare la volontà di rafforzare mercati alternativi all’Europa, ha quindi annunciato d’intesa con Erdogan un aumento delle forniture alla Turchia pari a 3 miliardi di metri cubici, attraverso il gasdotto Blue Stream. Ha inoltre delineato l’intenzione di sviluppare un nuovo gasdotto lungo il confine greco-turco destinato ai soli «consumatori del sud Europa». Il tracciato dovrebbe partire dal porto russo di Beregovaya, attraversare il Mar Nero per circa 900 chilometri e toccare terra in Bulgaria a Varna. Il tratto continentale non è stato ancora scelto. Probabilmente una linea attraverserà i Balcani verso l’Austria, mentre l’altra verso l’Italia passando per la Grecia e il canale di Otranto. I lavori per la realizzazione della prima delle 4 linee dovrebbero finire entro il prossimo anno.

 

 

Qualità della vita, flop Trieste
La città perde 16 posizioni e precipita al 28.o posto, sorpassata da Udine
Vince l’argento per livello medio d’istruzione. Si aggiudica il bronzo per i tempi veloci della giustizia. Strappa la medaglia di legno per valore aggiunto pro capite. E l’importo medio mensile delle pensioni le vale un comodo 13.o posto. Precipita però in coda all’Italia per spirito d’iniziativa imprenditoriale, fermandosi appena di un soffio più in su sul versante dell’imprenditoria giovanile. E fra truffe e microcriminalità cade a precipizio nel capitolo ordine pubblico, quello in cui registra la peggiore performance in assoluto. Il risultato finale è che Trieste, nel report sulla Qualità della vita 2014 pubblicato dal Sole 24 ore, perde 16 posizioni, si colloca 28.a sulle 107 province e si fa superare da Udine. Che con il suo 21.o posto a livello regionale diventa la città in cui si vive meglio, salendo di 8 posizioni rispetto al report precedente. Dopo Trieste c’è Pordenone, giù al 31.o posto mentre 42.a è Gorizia: una delle poche città in Italia - assieme a Arezzo, Cremona, Terni e Oristano - che perde più posizioni di Trieste. I numeri del report dicono di un tonfo per il capoluogo giuliano che risultò terzo in Italia nel 1994 e nel 2001, e nel 2005 si vide assegnata la palma di territorio felice con Trieste al primo posto seguita a ruota da Gorizia. Nel 2009 ancora un oro; e da quell’anno una china costantemente discendente a fronte invece dell’ottovolante di numeri che hanno visto gli altri tre capoluoghi di provincia del Fvg salire e scendere da un anno all’altro. Con il risultato comunque che oggi nessuno è nella top-ten. Il Sole 24 Ore elabora una serie di dati suddividendoli in sei settori: in tutti Trieste perde posizioni, tranne - consolazione quasi beffarda - in quello del “tempo libero”. Va detto che in questa edizione sono stati modificati alcuni indicatori. Tenore di vita Qui Trieste peggiora ma resta prima in regione. Se il valore aggiunto pro capite supera i 31mila euro distanziando di sole tre posizioni Trieste da Milano, in vetta con i suoi 43mila euro, anche il tasso di inflazione morde poco, meno che in tutto il Friuli Venezia Giulia, e posiziona Trieste al quinto posto. Bene anche l’importo medio per pensione mensile, pari a 1.130 euro, che colloca Trieste più in su rispetto agli altre tre capoluoghi anche se staccata rispetto a Roma, dove la media mensile - la più alta in Italia - supera i 1.400 euro. All’opposto, nel capoluogo regionale le famiglie contano su un patrimonio medio inferiore a quelli di Udine e Pordenone (in coda Gorizia), e Trieste è ultima in regione per consumi familiari sui beni durevoli. Affari e lavoro Accanto alla sicurezza, il capitolo più doloroso con Trieste al 49.o posto contro il 32.o di Udine (più indietro ancora le altre due province). Al già citato pallidissimo spirito d’iniziativa imprenditoriale (Udine è 68.a, Trieste ultima) si affianca una propensione a investire pari a quelle di Campobasso ed Enna (99.o posto): bassissima la quota di risparmi che viene utilizzata. Di converso, Trieste primeggia in Italia nell’onorare i debiti, misurati come sofferenze in rapporto agli impieghi. E se la città è ultima in regione per quota delle esportazioni, si situa 31.a - preceduta in regione solo da Pordenone - per tasso di occupazione totale: siamo al 62,95%, laddove Bolzano è in vetta col 71,5% e Caltanissetta in coda col 35%. Servizi ambiente e salute È il settore in cui Trieste con il 10.o posto ottiene il migliore posizionamento, dietro a Gorizia ma davanti agli altri due capoluoghi. Confermati gli ottimi tempi della giustizia cittadina che collocano Trieste terza in Italia, la performance peggiore arriva dalla speranza di vita media in cui Trieste risulta ultima in regione. Al 16.o posto per asili nido - secondo in regione dopo Gorizia - il capoluogo regionale risulta il migliore in Fvg per tasso di emigrazione ospedaliera: pochi i pazienti che si ricoverano fuori città.

Paola Bolis

 

 

Riduzione Tari, termine prorogato al 30 dicembre
Il Comune informa che è stato prorogato fino al 30 dicembre il termine per presentare le domande di riduzione della Tari 2015 per chi avvia il compostaggio domestico. La richiesta di riduzione va presentata ad Esatto Spa in piazza Sansovino in carta semplice, allegando lo scontrino d'acquisto della compostiera o una foto circostanziata. Nella Rete civica del Comune, nella sezione dedicata ai tributi (Tari - Moduli), è pubblicato e disponibile un fac-simile di richiesta.

 

Pannolini riciclabili gratis - Oggi l’incontro informativo
Nell'ambito del Progetto 3 R, in collaborazione con la Provincia, l'Agenzia regionale Arpa e l'Area educazione del Comune, inizierà la sperimentazione delle pannolinoteche. Il primo incontro informativo avrà luogo oggi alle 17 al Dsm di via Weiss, 5 (Parco di San Giovanni). Per capire il funzionamento della pannolinoteca si può usare - secondo il comunicato del Comune- la similitudine con la biblioteca. «Solo che al posto del libro - afferma la nota - c'è un bel pannolino lavabile; niente a che fare con i vecchi ciripà di cotone (rendevano un po' schiave le mamme). Si tratta d’indumenti con tessuti naturali ma di rapidissimo lavaggio e asciugatura. Il vantaggio? Minore costo, nessun rifiuto, pochissimi arrossamenti sulla pelle, l'anticipo dell'autonomia sul vasino. Parola di Azienda per i servizi sanitari, partner del test». La prova è gratis. Il servizio sperimentale parte da gennaio (il calendario sarà diffuso in Rete sul sito www.retecivica.trieste.it a fine dicembre) nei nidi comunali Acquerello (via Puccini) e Aziendale (via Tigor), oltre che nel nido aziendale della Regione Fvg La Bacchetta Magica (via Cantù, 10). Il servizio è gratuito e gestito da educatrici e genitori volontari, con il supporto dell'associazione Non Solo Ciripà di Udine.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 dicembre 2014

 

 

Progetto mini-rigassificatore: nasce “Cittadini per il Golfo”
Il comitato opererà nella scia del Gruppo di lavoro che aveva raccolto 9 mila firme sulle 26 osservazioni inviate al ministero dell’Ambiente relative al piano Smart
DUINO AURISINA Nasce “Cittadini per il Golfo”, la nuova realtà associativa con probabile sede ad Aurisina che sorgerà sulla scia dell'operato del Gruppo di lavoro, promotore di 26 osservazioni, corredate da 9 mila firme, indirizzate al ministero dell'Ambiente per fronteggiare il progetto Smart gas, vale a dire il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone. L'associazione, che avrà un presidente, un segretario e ogni figura prevista da statuto (ancora tutti da individuare e nominare), in sostanza si prefigge il compito di cercare alternative alla proposta formulata dal privato, studiarla e informare la popolazione su ciò che si intende realizzare in golfo. Ne faranno parte singoli cittadini, sodalizi e organizzazioni di vario tipo, dalle società nautiche ai miticoltori, passando per Comunelle, albergatori e operatori turistici. La notizia è emersa a seguito di una riunione avvenuta sabato al Centro congressi del Castello, presente il principe, dove si sono dati appuntamento i componenti dell'ormai noto Gruppo di lavoro per l'analisi e la redazione delle osservazioni e opposizioni allo Studio di impatto ambientale presentato da Smart Gas. L'iniziativa, organizzata in composizione allargata e assieme ad alcuni rappresentanti di realtà associative delle aree goriziana, monfalconese e triestina, ha avuto come ordine del giorno appunto la decisione di istituire l'associazione “Cittadini per il Golfo”, che d'ora in avanti, come spiega l'architetto Danilo Antoni per il Gruppo di lavoro, “seguirà e organizzerà tutte le attività connesse alla problematica ambientale e culturale dei golfi di Trieste e Panzano e della costa e altipiano carsici”. Nella mission del sodalizio l'istituzione di un sistema informativo adeguato. Come detto vi prenderanno parte, secondo quanto annunciato, “cittadini, istituzioni e organizzazioni provenienti da tutta la regione e anche da fuori”. «È stato proposto – sottolinea Antoni, storico consulente del principe - un tipo di organizzazione che renda possibile l'acquisizione di finanziamenti e aiuti per le attività di informazione e ricerca, teso a promuovere proposte alternative ai continui tentativi di forzare idee palesemente contrastanti con contenuti e caratteristiche della zona costiera carsica». Nella seconda parte della riunione sono state comunicate notizie sull'attività svolta dal Gruppo, riferendo del parere espresso, e recentemente acquisito, dalla Soprintendenza ai beni paesaggistici, culturali ed architettonici del Fvg, comunicata ai Ministeri. «Durante la riunione - così Antoni - si è constatato che le integrazioni e gli aggiustamenti del progetto annunciati in qualche intervista dal rappresentante Smart Gas, con costi descritti e ammessi in 500 mila euro per il solo ambito della cassa di colmata, non potranno superare i contenuti del parere contrario citato o degli altri pareri già presenti nel procedimento. Si è preso atto inoltre delle affermazioni del proponente che, in caso di impossibilità a poter offrire un prezzo scontato del 10% del gas, abbandonerà il procedimento e progetto. Ciò conferma tutte le perplessità (e osservazioni) legate al fatto che lo Studio dovrebbe, vista la particolare valenza commerciale della proposta, essere composto anche da un congruo elaborato con contenuti e argomentazioni di carattere economico». La denominazione, i programmi e il logo dell'associazione verranno comunicate in una conferenza stampa che sarà indetta a giorni.

Tiziana Carpinelli

 

 

Santoro accelera sulla metropolitana leggera

«Pressing sull’Europa per finanziare il collegamento veloce Gorizia-Monfalcone-Trieste-Capodistria»
TRIESTE La ferrovia leggera per lo snodo transfrontaliero sull’asse Gorizia-Monfalcone-Trieste- Capodistria si farà. Ne è certa l’assessore regionale ai Trasporti Mariagrazia Santoro che ha inserito il progetto Adria-A tra le priorità infrastrutturali da realizzare. La richiesta di finanziamenti europei, rende noto l’esponente della giunta, sarà formalizzata in modo congiunto da Italia e Slovenia all’inizio del prossimo anno, tra gennaio e febbraio. «Confermo - afferma Santoro - lo faremo in quel periodo. Si tratta di un collegamento importante in cui vanno realizzato i pezzetti mancanti tra i due Paesi in modo da consentire il trasporto passeggeri». La progettazione, precisa sempre l’assessore entrando nel merito dello stato dell’arte, è di fatto pronta per i tratti in cui mancano le integrazioni intermodali, come la linea Nova Gorica-Gorizia- Vrtojba. O, ancora, per l’elettrificazione e l’adeguamento della rete ferroviaria tra Nova Gorica-Sesana e il collegamento Trieste-Capodistria, che necessita di interventi specifici nel tunnel esistente sul lato italiano e il nuovo tratta fino alla stazione in Slovenia. «Siamo a uno stadio di fattibilità avanzata - garantisce Santoro -, sia dal punto di vista prettamente tecnico sia per ciò che riguarda la parte economica per il recupero dei fondi necessari». Un’analisi che prende in considerazione anche le verifiche sui costi-benefici dell’intera opera. «Pure da questo punto di vista - prosegue l’assessore - possiamo dire che abbiamo un quadro completo, in modo da capire esattamente le opportunità e i benefici che ne deriverebbero dal punto di vista del collegamento transfrontaliero. La progettazione c’è - rimarca - e entro pochi giorni potremmo disporre di tutti i dati completi oltre che, come detto delle possibili fonti di finanziamento per l’infrastruttura». Non mancherà, da quanto si è saputo, pure una valutazione adeguata sull’impatto con il Polo intermodale di Ronchi, «soprattutto – precisa l’esponente della giunta Serracchiani - per quanto riguarda i collegamenti con il turismo nel settore crocieristico. Entro pochi giorni - ribadisce potremmo disporre effettivamente di tutto». L’opera dunque può reggersi utilizzando prevalentemente le infrastrutture già esistenti e in parte dovrà prevedere nuovi passaggi, tra cui appunto la galleria a Rabuiese per il collegamento Trieste-Capodistria. Il piano, come noto, rientra nell’ambito del progetto Adria A che vede come partner l’Ince. Per la realizzazione partecipano i governi di Roma e Lubiana, assieme alla Regione Friuli Venezia Giulia e le amministrazioni locali. La parte progettuale, da quanto risulta, è costata finora una somma parti a 2,8 milioni di euro. Le istituzioni puntano ad accedere ai finanziamenti Ue della programmazione 2014-2020, i cui bandi dovrebbero uscire tra il 2015 e il 2020.

Gianpaolo Sarti

 

 

Caserma di via Rossetti, cessione più vicina
Conferenza dei servizi per il passaggio da Demanio a Cassa depositi e prestiti: una palazzina al Comune
È una corsa contro il tempo che il sindaco Roberto Cosolini confida «ragionevolmente» di vincere. Entro il termine obbligato del 31 dicembre deve essere cosa fatta l’accordo di programma tra Regione, Comune e Demanio che se portato a buon fine vedrà il Demanio stesso cedere l’enorme area dismessa dell’ex caserma di via Rossetti alla Cassa depositi e prestiti, che contestualmente ne destinerà una parte al Comune. La parte in questione è la palazzina più prossima ai licei Petrarca e Galilei. L’operazione si tradurrebbe finalmente - dopo anni di stallo - in uno snodo importante per la logistica delle scuole cittadine, aprendo a ruota altre partite importanti. Oggi si compie un altro passo avanti verso l’obiettivo. In Municipio è convocata la Conferenza dei servizi con Regione e Agenzia del Demanio in cui si definirà il testo dell’accordo di programma che andrà poi approvato dalla giunta regionale e, per quanto riguarda il Comune, da giunta, circoscrizioni e infine Consiglio. La Regione nelle scorse settimane ha già manifestato il proprio interesse alla stipula dell’accordo. La cui valenza sta anche nel fatto che il documento varrà come variante urbanistica, sganciando di fatto l’area di via Rossetti dal Piano regolatore non ancora approvato e dunque consentendo a Cassa depositi e prestiti di avere un’area passibile di varie destinazioni d’uso, dal residenziale al direzionale. Con l’acquisizione della palazzina più prossima a Petrarca e Galilei il Comune potrà iniziare a pianificare lì il trasloco delle varie succursali dei due licei, visto che tra l’altro con la riforma degli enti locali al Comune - ricorda Cosolini - passerà la competenza sulle scuole superiori oggi della Provincia: «I tempi non saranno brevi perché per il 2015 c’è già un corposo piano delle opere, ma potremo iniziare la progettazione di massima», dice il sindaco. In base alla premialità prevista dalla legge sull’alienazione di beni del Demanio, inoltre, al Comune - fermo l’ok all’accordo - dovrebbe arrivare anche una cifra importante, intorno ai 5 milioni, che il Municipio è però orientato a tradurre nell’acquisizione di un altro immobile, quello che ospita il Museo del mare a Campo Marzio, aprendo un’altra rilevante partita per la trasformazione dell’area dell’Ortofrutticolo. Dopo la conferenza dei servizi, oggi stesso Cosolini incontrerà a Roma il direttore generale dell’Agenzia del Demanio Roberto Reggi. Tema dell’incontro: «Vedere quali altre collaborazioni si possono instaurare nella stessa ottica di recupero di aree demaniali oggi in abbandono».

 

Silos, giù i posteggi obbligatori: un piano sotterraneo in meno

La Finanziaria regionale consente di ridurre il numero di stalli: per Coop Nordest e Unieco risparmio sull’investimento complessivo.

Peroni: un’opportunità di recupero per un progetto fermo

La Regione prova a dare una mano al Silos. E al suo maxi-progetto di riqualificazione, in stand-by da tempo ma che proprio di recente ha visto i vertici di Coop Nordest e Unieco (i soci uniti nella Silos Spa) presentarsi in Municipio a Trieste assicurando un nuovo impulso al cantiere. E prospettando una fine dei lavori nel 2018. Anche le istituzioni sono pronte a fare la loro parte. Nella Finanziaria 2015 elaborata dalla giunta Serracchiani e che dovrà approdare in Consiglio regionale spunta infatti una modifica all’articolo 18 della legge regionale 29 del 5 dicembre 2005 (la normativa organica su commercio e attività di somministrazione), una variazione dagli effetti diretti sull’operazione di riuso del Silos appunto. Un provvedimento su misura, tramite l’aggiunta del comma 6.bis: «Per gli esercizi di vendita al dettaglio previsti dall’Accordo di programma tra la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste, il Comune di Trieste, la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali del Friuli Venezia Giulia, l’Autorità portuale di Trieste, la Silos Spa e Rete Ferroviaria Italiana Spa per il recupero e il riuso del complesso “Magazzino Silos” di Trieste, approvato con decreto del Presidente della Regione 4 maggio 2010 n. 089 Pres., gli standard di cui al comma 1 possono essere ridotti fino a un massimo del 60 per cento». Di cosa si tratta? Della possibilità di ridurre il numero di parcheggi previsti dal progetto iniziale, passando da un rapporto del 200% fra superficie destinata ad attività di vendita nel rinnovato complesso e numero di posti auto al servizio della stessa fino al 60%. E se in origine gli stalli per il Silos dovevano essere - da progetto - in tutto 2.100 (nel conteggio erano stati inclusi quelli già esistenti nel park di Saba Italia e gli altri all’aperto di via Flavio Gioia), è chiaro che - ammettendo che la proposta della giunta regionale passi l’esame dell’aula - quel numero alla fine scenderà in maniera importante. Sebbene i 2.100 posti non fossero legati solo all’estensione della parte commerciale, ma anche alle altre funzioni previste per il nuovo Silos (inclusa chiaramente quella congressuale, con la sala grande da un migliaio di posti più altri 400 circa distribuiti in tre sale minori). Aspettando quindi numeri aggiornati certi, trapela come la Silos Spa abbia in mente di rinunciare a uno dei due piani interrati che in partenza avrebbe voluto scavare per trarre 659 nuovi posti auto (di cui 338 al livello più basso). Un cambiamento che consentirebbe un risparmio non da poco. In attesa che la Finanziaria arrivi in Consiglio regionale e sia approvata, e che poi l’Accordo di programma sul Silos venga modificato e nuovamente ratificato dalle parti, l’assessore alle Finanze della giunta Serracchiani, Francesco Peroni, spiega: «Quella del Silos è una vicenda di cui siamo al corrente da tempo. Per oneri di bonifica, ubicazione e storia dell’immobile la situazione è tale da rendere anti-economico l’intervento ai parametri vigenti. Diamo un’opportunità di recupero a un progetto in stallo, altrimenti il rischio è di perdita degli investimenti. Abbiamo ripiegato su una norma puntuale che dia risposte a un’emergenza ma torneremo sull’argomento in maniera generale, come già detto in commissione». Il capogruppo di Forza Italia in piazza Oberdan, Riccardo Riccardi, pur sposando il principio e le ragioni dell’intervento invita proprio l’amministrazione Serracchiani a definire una norma generale di questo tenore: «È evidente che di fronte a condizioni modificate rispetto al passato bisogna trovare come far ripartire gli investimenti. Ma lo si deve fare per tutti - sottolinea - al fine di consentire ai privati di investire, anche su palazzi esistenti da riqualificare. Si tratta di una delle misure più importanti, quella della revisione di questi parametri, per muovere l’economia». In Comune attendono l’iter in Regione: l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani ricorda sul Silos come «con il passare degli anni l’assetto del mercato e quindi il mix di funzioni previste siano cambiati. Il complesso si trova al di fuori del perimetro del centro storico ma di fatto ci è dentro, la zona è centralissima e servita: l’attuale standard applicato per il rapporto fra parcheggi e superficie di vendita è sovradimensionato. Chiaramente - conclude Marchigiani - dalla Silos Spa è giunta una richiesta di cambiamento al progetto più che legittima».

Matteo Unerweger

 

 

SLOVENIA - Mozione in Fvg: «Tecnici italiani vadano a Krško»
TRIESTE «Da trent’anni la vita della centrale nucleare di Krško è costellata di incidenti, più o meno gravi, mentre il governo sloveno rimane sempre reticente sulle sue reali condizioni di rischio. Ultimi, ma solo in ordine di tempo, sono i non meglio precisati “danni“ di natura meccanica ad alcune “barre di carburante“ nucleare contenute in tre elementi di combustibile del reattore, durante i lavori di manutenzione nell’ottobre dello scorso anno, considerato da John H. Large, fra i massimi esperti mondiali di tecnologia nucleare, un “problema molto serio”». È la denuncia del consigliere regionale Rodolfo Ziberna (Forza Italia) accompagnata da una mozione “a firma lunga” assieme ad altri colleghi di opposizione del Friuli Venezia Giulia (Riccardi, Novelli, De Anna, Marini, Ciriani, Piccin, Violino, Zilli, Tondo, Santarossa, Dipiazza, Sibau, Revelant, Colautti, Cargnelutti). «Non posso che rappresentare la preoccupazione per la vicinanza della centrale di Krško (139 km da Trieste e km 146 da Gorizia), anche perché uno studio svolto dall’Istituto francese sulla sicurezza nucleare, commissionato e subito “secretato” proprio dalla società che gestisce la centrale, in funzione del progetto di raddoppio della medesima, avrebbe evidenziato - scrive Ziberna - un elevato rischio sismico nella zona di Krško, perciò con parere contrario all’insediamento di una nuova centrale adiacente». Nella mozione consiliare si impegna la giunta Serracchiani a farsi parte attiva, nei confronti delle autorità nazionali e slovene, al fine di «pretendere una presenza qualificata anche di esperti italiani nel Comitato scientifico (o soggetto analogo) della centrale di Krško, in grado di valutare il rischio della centrale, attraverso l’acquisizione, presso l’ente gestore e presso istituti scientifici, di ogni informazione utile».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 novembre 2014

 

 

«Vittime d’amianto sepolte negli archivi»

Il procuratore Guariniello: «Scoprirli è una battaglia di giustizia sociale». Le similitudini di Monfalcone con Casale Monferrato
GORIZIA «Oltre a quelli accertati, in Italia ci sono stati migliaia di morti causate dall’esposizione all’amianto, ma fino a quando non si faranno accurate ricerche nei registri dei Comuni e delle aziende sanitarie si continuerà a perpetuare un’ingiustizia nei confronti di queste vittime». È l’opinione del pm della Procura di Torino, Raffaelle Guariniello, considerato il magistrato che più di altri si batte per rendere giustizia alle vittime dell’amianto. Il Piccolo ha intervistato Guariniello sull’onda della vicenda che riguarda il primo maxi-processo per 81 ex cantieri di Monfalcone morti a causa dell’esposizione al killer bianco. Dopo un anno dalla sentenza il giudice Matteo Trotta non ha ancora depositato la motivazione, bloccando il corso della giustizia. Guariniello, qual è la sua opinione su questo caso? «Preferisco non entrare nel merito. Posso però ricordare la tempistica del processo per disastro doloso ai danni dei proprietari degli stabilimenti Eternit». Dunque, in quale arco di tempo si sono sviluppati i tre gradi del processo? «La sentenza di condanna di primo grado è stata emessa il 13 febbraio del 2012. Il 14 febbraio dell’anno successivo c’è stata la sentenza della Corte d’Appello, il 19 ottobre di quest’anno è iniziato il processo in Cassazione, che ha sancito la prescrizione lo scorso 19 novembre». Questa invece la tempistica del primo maxi-processo per amianto al Tribunale di Gorizia: nel 2009 chiusura dell’indagine e richiesta di rinvio a giudizio, nei primi mesi del 2010 inizio del processo, il 15 ottobre del 2013 la sentenza di primo grado, poi il nulla. Nel frattempo è iniziato il secondo maxi-processo. Riassumendo: a Torino il procedimento per disastro doloso è giunto a termine in poco più di due anni; a Gorizia dopo quattro anni deve ancora essere completato il primo grado. Ma il pm Guariniello muove un’osservazione. «Il nostro procedimento è suddiviso di due tronconi: il primo riguarda il disastro doloso, il secondo l’omicidio colposo. Abbiamo concluso le indagini del primo troncone che riguarda la morte di 256 persone. Ora stiamo per chiudere le indagini della seconda trance. Ma uomini e donne continuano a morire e altre indagini si apriranno». Perché avete cominciato dall’indagare per disastro doloso? «Ci siamo mossi sulla scia della giurisprudenza relativa alle catastrofi industriali. Sostanzialmente abbiamo prima dimostrato che nella zona di Casale Monferrato tutta la comunità è stata vittima della produzione di eternit. L’indagine per omicidio colposo è più complessa. Bisogna avvalersi di esperti, di consulenti, ricostruire la storia sanitaria e lavorativa delle vittime, incrociare i dati». Qual è il punto di forza della Procura di Torino rispetto alle altre? «Da oltre vent’anni al Tribunale di Torino è operativo l’osservatorio sui tumori professionali. Abbiamo esaminato e archiviato quasi 30mila casi. Significa aver ricostruito le tappe professionali di ciascun malato e individuato le ditte presso le quali ha lavorato». Senza uno strumento del genere è impossibile identificare il nesso causa effetto per tanti casi sospetti di letale esposizione all’amianto? «Significa che ci sono un’infinità di lavoratori morti a causa dell’amianto senza averlo saputo. Per questo ritengo che una battaglia di giustizia sociale vada affrontata scavando negli archivi».

Roberto Covaz

 

Una Fondazione per la ricerca medica
La sentenza della Cassazione sul processo all’Eternit di Casale Monferrato, che ha portato all’assoluzione per avvenuta prescrizione del reato, riapre ferite e ripropone di nuovo l’urgenza di un intervento a vari livelli sulla rilevanza sociale del tema amianto. Una questione politica e sociale prima che giudiziaria. «Siamo d’accordo come circolo Sel - si legge in un comunicato - di fare l’impossibile perché il grave e misterioso ritardo nel deposito delle motivazioni della sentenza del Tribunale di Gorizia sia subito rimediato». Ma accanto all’aspetto delle motivazione aggiunge: «Innegabile è poi l’urgenza di potenziare la ricerca medica per la prevenzione e la cura, perciò ribadiamo la necessità di una Fondazione per la ricerca medica con il contributo necessario, in nome della responsabilità sociale di impresa, di grandi aziende già coinvolte come Fincantieri. E chiediamo - conclude il comunicato - che la Riforma sanitaria dia subito il Centro pubblico esposti amianto a Monfalcone. Occorrono subito atti, impegni di spesa, procedure. Proponiamo di costituire un Comitato popolare per questi obiettivi ad adesione individuale per uscire dalla politica dei continui rinvii».

 

Sulla pericolosità dell’amianto c’è una sentenza del 1906

Intervento di Francesco Lorusso (presidente dell’Associazione nazionale finanzieri esposti all’amianto)
Il procuratore generale presso la Corte di Cassazione, nei giorni scorsi, ha chiesto e ottenuto il non luogo a procedere per avvenuta prescrizione dei reati ascritti a carico del miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, unico imputato per disastro ambientale dopo la morte del barone belga Louis De Cartier. La Corte, presieduta da Arturo Cortese, ha annullato senza rinvio, dichiarando prescritto il reato, la sentenza di condanna per il magnate svizzero nel maxiprocesso Eternit. Con la sentenza, a quanto pare, sarebbero stati annullati anche i risarcimenti per le vittime, in quanto la prescrizione sarebbe maturata al termine del giudizio di primo grado. A nostro parere il reato da ipotizzare subito e non a giochi fatti sarebbe stato quello di strage, previsto dall’articolo 422 del codice penale. Nell’ambito della fattispecie amianto è impensabile che i datori di lavoro di fabbriche dotate di personale ingegneristico e di uffici legali non siano al corrente dei danni mortali che provoca l’amianto. Stessa cosa dicasi per i dirigenti della pubblica amministrazione e per gli alti ufficiali delle Forze Armate e dei Corpi militari o civili dello Stato. Siamo certi di quanto stiamo affermando poiché, della pericolosità dell’amianto, vi è traccia proprio in una sentenza del tribunale di Torino risalente al 1906, ovvero a ben oltre un secolo fa. Questo è quanto si legge nel testo di una sentenza pronunciata «in nome di sua Maestà Vittorio Emanuele III» al termine di una causa civile promossa dalla società inglese British asbestos company limited contro un giornale piemontese, «Il Progresso del Cavanese e delle Valli Stura», per un articolo che parlava dei problemi di una fabbrica amiantifera di Nole (Torino). I giudici respinsero le richieste della società certificando che la lavorazione era dannosa per la salute. La prima legge delega, che delimitava i pericoli dell’amianto, è, invece, del 12 febbraio 1955 e portava il nr. 51. Ma, per tagliare la testa al toro una volta per sempre, la legge nr. 257 del 1992 mette definitivamente al bando l’amianto, vietandone non solo la produzione ma anche l’uso e la manipolazione se non a scopo di bonifica, che deve essere obbligatoriamente ed esclusivamente effettuata da ditte altamente specializzate e con cautele particolari. Quindi nessuna scusa può essere avanzata, anche in virtù del principio che la legge non ammette ignoranza. Solo alcuni mesi fa, invece, il colonnello in congedo della Guardia di Finanza, Giuseppe Fortuna, all’epoca dei fatti responsabile di una associazione parasindacale del Corpo, denunciava pubblicamente la presenza di personale delle Fiamme Gialle nelle discariche di amianto, inviatovi per servizio ma senza le tutele previste dalla legge: tute speciali, guanti e mascherine. In sostanza il personale della Guardia di Finanza operava a mani nude, e questo era ampiamente dimostrato dalle centinaia di fotografie pubblicate dai giornali e dalle decine di filmati postati su You Tube da comuni cittadini o dagli stessi finanzieri. Come mai, allora, non ci risulta che la magistratura abbia aperto dei fascicoli a carico di chi aveva una responsabilità oggettiva di comando ed ha consentito delle operazioni che appaiono – almeno ai nostri occhi – in violazione del combinato disposto della legge 257/1992 e della legge 626/1994? È stata garantita a questi finanzieri, a questo personale operante, ogni sicurezza nell’ambiente di lavoro? Analogo comportamento è stato adottato dal Comando Generale del Corpo, e da alcuni Comandi da esso dipendenti, quando abbiamo chiesto spiegazioni riguardo alle morti per mesotelioma della pleura e per altre patologie asbesto correlate verificatesi tra il personale dipendente. Nel solo Friuli Venezia Giulia ci sono oltre 50 finanzieri, o ex tali, iscritti nel Registro degli Esposti, unitamente a due loro consorti che, lavando le divise intrise di fibre di amianto, hanno anche loro ottenuto il riconoscimento dell’avvenuta esposizione. Tutto ciò premesso chiediamo, sia all’opinione pubblica sia alla magistratura, perché ai finanzieri esposti – tra i quali anche un colonnello in congedo – non è stato neppure rilasciato il previsto curriculum lavorativo, necessario per iniziare l’iter procedurale riguardante il risarcimento previsto? È come se un ospedale si rifiutasse di rilasciare la cartella clinica a un paziente perché con questa potrebbe ottenere il riconoscimento di una invalidità. Ci chiediamo: nella fattispecie, la Guardia di Finanza non ha travalicato i suoi compiti?

 

 

L’appello del sindaco: salviamo la città stellata
Dopo i crolli, Martines convoca un tavolo con parlamentari e capigruppo regionali

«Sbrighiamoci prima che la fortezza entri nell’elenco nazionale dei beni perduti»
PALMANOVA Il sindaco annuncia la convocazione, entro i primi dieci giorni di dicembre, di un tavolo per salvare la fortezza. «Lunedì inviterò a partecipare ad una riunione sull’emergenza-Palmanova – precisa Francesco Martines - tutti i capigruppo regionali, i parlamentari e gli eurodeputati eletti in Fvg, una convocazione estesa anche ai presidenti di Regione e Provincia per condividere un programma di azioni politiche che esprima unità d’intenti per il recupero della città stellata». È un appello a fare qualcosa per Palmanova, i cui continui crolli stanno evidenziando una situazione di grande fragilità e ponendo in primo piano il problema della sua salvaguardia, ma è anche un appello all’unità politica. «È il momento – spiega - di condividere un programma di unità d’intenti per la fortezza. Ora che la città stellata ha l’attenzione che le è dovuta, in quanto patrimonio culturale inestimabile per l’Italia intera, la politica locale non può fermarsi a guardare al passato. Il momento di agire è adesso e dobbiamo farlo con il sostegno di tutti». Martines sottolinea come Palmanova debba guardare al futuro sviluppo che può derivare dal recupero e dal rilancio culturale e turistico, uno sviluppo che non coinvolge lei sola, ma può trascinare con sé anche buona parte del territorio. «Se da un lato i crolli di quest’anno mettono a nudo la fragilità del bene - commenta - dall’altro possono mostrare la forza della politica e della buona amministrazione quando gli intenti sono rivolti al bene comune». E, a titolo di esempio, ricorda il voto unanime del consiglio provinciale per destinare 15.000 euro alla realizzazione del museo della Resistenza nella caserma Piave, un voto che rispecchia l’unanimità di posizioni su quest’argomento espressa anche dal consiglio regionale. «Per questo – prosegue Martines - ringrazio i consiglieri, così come la deputata Malisani e i senatori Sonego e Pegorer per le iniziative intraprese a livello parlamentare. E ringrazio le aziende, come la Camera di commercio e la Danieli, che stanno mostrando attenzione, assieme ai media, a Palmanova». Infine il sindaco si rivolge agli amministratori locali per invitarli all’unità di intenti. «Finalmente – precisa - ci sono le condizioni per fare qualcosa di concreto per la fortezza rinascimentale che cade a pezzi, prima che entri nell’elenco nazionale dei beni perduti. Abbiamo una Regione che, grazie alla sua presidente, è ascoltata dal governo e inserita in una rete importante di relazioni internazionali. Il momento di agire è adesso, mostrando compattezza anche in consiglio comunale quando si tratta di votare per risorse aggiuntive che, pur nelle ristrettezze economiche del periodo, ci giungono dalla Regione o da altri enti. Mi attendo di non restare solo in questa battaglia».

Monica Del Mondo

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 novembre 2014

 

 

Ferriera, l’Accordo che sblocca 41 milioni - presentato in regione
Sblocca 41 milioni di investimenti pubblici per la bonifica e la reindustrializzazione dell’area, il secondo Accordo di programma sulla Ferriera di Servola firmato la settimana scorsa a Palazzo Chigi: le linee generali sono state illustrate ieri nell’aula del Consiglio regionale dalla governatrice Debora Serracchiani ai rappresentanti delle istituzioni (tra cui il sindaco Roberto Cosolini e la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat), ai rappresentanti dei lavoratori (segreterie provinciali, dei metalmeccanici e rappresentanti di fabbrica) e di Confindustria Trieste, presente anche Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la società (100% Finarvedi) oggi proprietaria dello stabilimento. La presidente ha parlato di «un’intesa che definisce l’utilizzo delle risorse, in parte pubbliche ed in gran parte private, che devono essere utilizzate sul sito per ottenere da un lato tutti gli interventi di messa in sicurezza del risanamento ambientale e dall’altro la continuazione dell’attività industriale. Bisogna ora passare - ha aggiunto - all’Accordo di programma quadro che riguarda il piano di sviluppo dell’area di cui la Ferriera fa parte» ricordando che ad Invitalia è stato affidato l’incarico di affrontare il progetto di riqualificazione dell’intera area Ezit con tutta la parte di recupero delle zone inquinate. Invitalia impiegherà i 41 milioni in particolare per realizzare il barrieramento a mare e l'impianto di depurazione delle acque secondo un cronoprogramma di 18 mesi. Altri 25 milioni saranno investiti direttamente da Arvedi e saranno utilizzati per il risanamento degli impianti e la messa in sicurezza dei suoli, compreso l'asporto del cumulo di rifiuti che si trova all'interno dello stabilimento. La presidente ha quindi confermato il riassorbimento di 400 lavoratori e la possibilità in prospettiva di arrivare ad altre assunzioni. «Abbiamo scelto la partita più difficile e non abbiamo intenzione di mollare», ha detto il sindaco Cosolini che ha quindi chiesto a Siderurgica triestina «una grande attenzione alla questione dell’indotto», confermando l’intenzione di fissare «un momento di verifica con le associazioni di cittadini e ambientali per smentire la loro preoccupazione che nulla cambi». «Trieste ha messo a frutto alcuni dei suoi tanti punti di forza naturali (in questo caso l’affaccio al mare e i fondali profondi) - ha commentato Umberto Brusciano, segretario provinciale della Cisl - per risultare attrattiva per un formidabile investimento. Fortunatamente Arvedi ha voluto a tutti i costi portare a termine l’operazione anche se c’era chi gli ha remato costantemente contro e le ha tentate di tutte perché l’affare sfumasse». Giulio Frisari della Failms (il segretario provinciale Cristian Prella era assente perchè ammalato) ha chiesto che nei tempi più brevi possibile vengano riassorbiti tutti e 438 gli ex dipendenti della Lucchini a Trieste (ad oggi sono rientrati circa 400) paventando in caso minacciando un ricorso alla Corte di giustizia europea.

(s.m.)

 

 

EVENTI - Festa dei GAS a San Giovanni

Si terranno dalle 11 alle 18 in sala Rosa (ex Opp, parco di San Giovanni) la festa e il mercatino dei Gas in collaborazione con Agricoltura sociale. Incontri e degustazioni sono a ingresso libero. Il programma: alle 11 l’incontro “Api e rose nel parco”, a seguire degustazione del miele con Livio Dorigo. Alle 12 la conferenza “Fare Gas: gruppi d’acquisto”. Alle 13 degustazione vini e alle 14 degustazione formaggi e animazione per i bimbi. Alle 15 Urbi et Horti e Associazione Bioest presentano “In orto. Passeggiata nell’orto di S. Giovanni con i contadini e piccola mostra dei prodotti”. Alle 15.30 videosfilata di abbigliamento ecosolidale e alle 16 degustazione tè e un po’ di musica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 novembre 2014

 

 

Porto Vecchio, spauracchio finanziamenti da restituire

Il Polo museale è stato realizzato con 12 milioni di investimenti pubblici ma in parte è chiuso e senza bretella potrebbe essere irraggiungibile
Ha suscitato un’altra levata di scudi la notizia che l’Autorità portuale non ha ancora avanzato la richiesta di proroga anche per il 2015 di sospensione del regime di Punto franco in parte del Porto Vecchio con conseguente annuncio del prefetto Francesca Adelaide Garufi che se la richiesta non arriverà la bretella d’accesso rimarrà chiusa. Qui vi è anche il Polo museale, ma la Fondazione che lo gestiva è stata messa in liquidazione dall’Autorità portuale e se la Centrale idrodinamica risulta ancora accessibile, la Sottostazione elettrica è chiusa da marzo. Entrambe sono state ristrutturate con 12 milioni di fondi pubblici, comunitari per quanto riguarda gli allestimenti interni. «I finanziamenti europei - spiega l’europarlamentare del Pd Isabella De Monte - vengono erogati in base a progetti specifici che prevedono clausole e vincoli che però variano da caso a caso. Non conosco le regole alle quali doveva attenersi questo progetto, ma è chiaro che se non vengono rispettate le clausole i fondi devono essere restituiti». Una regola che potrebbe valere anche per i fondi statali e regionali per cui sembra improcrastinabile una decisione da parte dell’Authority che però tra un mese e mezzo si troverà alle prese con un cambio di presidente. «Tutto questo immobilismo crea spaesamento, rabbia e incertezza - afferma il senatore del Pd Francesco Russo - E non invoglia di certo gli imprenditori a investire. Indignarsi non basta più. Servono scelte forti, concrete. E serve soprattutto che la politica cui spetta il compito di prendere le decisioni risponda “presente”. C’è un dato preoccupante in questa città: non sembra essere possibile fare gioco di squadra, su nulla. Sbloccare questioni annose e burocraticamente complesse ma decisive per il futuro della città come la eventuale sdemanializzazione del Porto Vecchio diventa molto più difficile. Ma se ancora una volta un pezzo della classe dirigente di questa città continuerà a fare ostruzionismo - conclude Russo - noi del Partito Democratico siamo pronti a partire da soli per offrire alla città risposte concrete». «La Regione, con il Comune e la Provincia - afferma l’assessore regionale Francesco Peroni - è convinta della necessità che non si torni indietro rispetto alla sospensione del Punto Franco. Intendiamo proporre in Comitato Portuale una linea d'indirizzo che impegni in questo senso. Con la legge 111/2004, contenente le norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilità e trasporti - continua Peroni - si prevedeva la possibilità entro sei mesi di addivenire a un'intesa tra Stato e Regione per identificare aree dei porti internazionali e nazionali da trasferire sostanzialmente alla Regione: questo dovrebbe essere l’obiettivo da perseguire con una azione coordinata tra Regione, Provincia, Comune e Autorità Portuale nei confronti del Governo per uscire da questa situazione di stallo». Sergio Razeto, presidente di Confindustria Trieste ha ribadito ieri che Porto Vecchio «potrebbe costituire un'opportunità importante per l'economia del tessuto locale. Il blocco della sospensione del Punto Franco potrebbe quindi costituire un'ulteriore rallentamento nell'auspicato processo di restituzione degli spazi a nuovi usi: sia agli imprenditori che vogliono investirvi, ma anche alla città per l'insediamento di nuove attività e il futuro dei giovani. L'Associazione auspica - ha concluso - che tutte le istituzioni possano trovare una soluzione condivisa affinchè si possa mantenere intanto l'apertura delle aree grazie al regime di sospensione, in attesa di aprire poi un tavolo per la definizione conclusiva del futuro utilizzo degli spazi».

Silvio Maranzana

 

La Provincia rinuncia alla concessione per il Nautico - Stazione a mare dirottata sul molo fratelli bandiera
Frattanto delle sparute richieste di concessione avanzate con l’ultimo bando per il Porto Vecchio tra le quali quelle contestate di una chiesa da parte della Curia e di un Centro espositivo da parte della Camera di commercio, una viene a già a decadere: quella della Provincia che puntava sul Magazzino 19 per insediarvi l’Istituto Nautico. Evidentemente la situazione è talmente mummificata che anche gli enti pubblici riescono a trovare alternative prima che si sblocchi. «Per il Nautico su istanza stessa dell’istituto abbiamo trovato un’altra soluzione», annuncia la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. E l’assessore Mariella De Francesco illustra i dettagli: «Il Nautico avrà la sua stazione a mare sul Molo Fratelli Bandiera dove in una palazzina ricostruita ex novo troveranno spazio il simulatore navale, aule tecniche e altro ancora. I lavori, appaltati dal Genio civile, sono già partiti e saranno conclusi all’inizio del 2016. Sono stati resi possibili da un finanziamento di un milione 550mila euro da parte della Regione e da 650 mila euro che risultano da un vecchio accantonamento del Fondo Trieste. Inoltre - continua l’assessore - sono partiti i lavori di restauro del tetto della sede di piazza Hortis e altri spazi saranno creati nel sottotetto. Infine l’unificazione tra Galvani e Nautico permetterà agli allievi di quest’ultimo istituto di utilizzare spazi in via Campanelle, a partire dalla palestra. Dato tutto questo - conclude De Francesco - è chiaro che in questa fase rinunciamo al Magazzino 19 per il Nautico. Non è detto però che sia per sempre: in futuro se l’area di Porto Vecchio verrà completamente liberalizzata, lì potrebbe trovare collocazione qualsiasi tipo di scuola». A prescindere da questo però, la presidente Bassa Poropat afferma di condividere la forte preoccupazione per la possibile chiusura l’anno prossimo della bretella d’accesso, «anche perché - afferma - nonostante la liquidazione della Fondazione, il Polo museale esiste, ma non si comprende come possa venir gestito. Qui però più che la Conferenza di servizi invocata dal prefetto - conclude la presidente - ci vorebbe una conferenza politica che riesca a mettere d’accordo Regione, Provincia e Comune con l’Autorità portuale. Ma temo che per convocarla bisognerà attendere la nomina del nuovo presidente dell’Authority».

(s.m.)

 

 

Ilva di Taranto: torna in pista Arvedi
l gruppo di Crema ha ribadito interesse a patto che nasca un’alleanza industriale. L’offerta di Arcelor-Mittal e Marcegaglia
ROMA Ore cruciali per le sorti dell’Ilva di Taranto. ArcelorMittal, la più grande società siderurgica mondiale, e il gruppo Marcegaglia, il maggior operatore italiano nella trasformazione di acciai, hanno confermato di aver presentato un’offerta non vincolante congiunta per gli impianti dell’Ilva di Taranto. Fonti vicine alla trattativa riferiscono inoltre che l’offerta di ArcelorMittal e Marcegaglia, che ha una validità di 30 giorni, garantirà la salvaguardia della piena occupazione degli stabilimenti ed è l’unica, finora, ad essere stata presentata formalmente, facendo seguito alla manifestazione d’interesse del mese scorso e ai successivi colloqui con il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e il commissario dell’Ilva, Piero Gnudi. Intanto anche il gruppo Arvedi ha ribadito interesse per il gruppo siderurgico. Il gruppo di Crema non porrebbe condizioni di carattere ambientale ma ha ancora una volta ribadito che il suo interesse è subordinato alla costruzione di un’alleanza industriale e finanziaria con nuovi partner. Secondo il Sole 24 Ore ci sarebbero contatti con i Riva, attuali proprietari dell’Ilva. Arvedi, che ha siglato un accordo di programma da 211 milioni per il risanamento della Ferriera di Servola, sarebbe così disponibile a raccogliere altri partner italiani. La cordata potrebbe essere sostenuta da Cassa depositi Prestiti, un'ipotesi che sta andato rafforzandosi da quando l'amministratore delegato dell'istituto pubblico Giovanni Gorno Tempini ha dichiarato di considerare «strategico» il settore dell'acciaio e di essere disponibile ad intervenire entro i limiti concessigli dallo statuto. L’Ilva di Taranto, per quanto riguarda qualità delle tecnologie utilizzate e prodotti finali, può giocare un ruolo di primo piano anche con la concorrenza più qualificata. Certo -si fa osservare- sono necessari investimenti per ridurre l'inquinamento ambientale ma gli impianti garantiscono rifornimenti adeguati all'industria manifatturiera italiana e, di conseguenza, hanno valenza strategica per il Paese. Intanto il negoziato sulla vertenza Ast prosegue ad oltranza dopo gli ulteriori significativi passi in avanti registrati nel tavolo tra governo, azienda e sindacati, terminato nelle prime ore della mattina. Nel corso della riunione, presieduta dal ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi e alla quale ha partecipato il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova, si è deciso di riaggiornare il tavolo del negoziato a oggi. Acciai Speciali Terni sottolinea che «si sta lavorando intensamente per raggiungere un accordo». La discussione è concentrata sulla mobilità volontaria che interesserebbe ancora circa ottanta lavoratori. Oltre a quello degli esuberi ci sarà poi da affrontare il tema delle garanzie per le aziende terze, uno scoglio che non è stato ancora superato.

pcf

 

La Cdp entra nella partita dell’acciaio
Il Fondo Strategico ha raccolto 4,4 miliardi. Il coinvolgimento nel piano Juncker per la crescita
MILANO «Non siamo la nuova Iri e non abbiamo intenzione di diventarlo». Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti, lo ha detto a più riprese negli ultimi mesi, rispondendo a quanti gli facevano notare le somiglianze nel modo di operare con l'istituto creato da Mussolini per salvare dal crollo l'economia italiana dopo la crisi mondiale del 1929. Eppure l'interventismo che caratterizza la Cdp, che abbraccia trasversalmente i settori in difficoltà e quelli strategici dell'economia nazionale, riportano indietro nel tempo. Per usare ancora le parole di Bassanini, si tratta di "un'istituzione finanziaria privata, ancorché con missione pubblica", anche se la seconda parte è indubbiamente prevalente, considerato che la società si muove più per sostenere il sistema Paese, che per far cassa. Del resto l'azionariato fa capo per l'80,1% al ministero dell'Economia e solo per il 18,4% alle Fondazioni private, con il restante 1,6% di azioni proprie. L'ultima partita nella quale la Cassa è stata chiamata in causa riguarda il coinvolgimento nel piano Juncker per la crescita: insieme con l'omologa tedesca Kfw, Cdp a breve annuncerà un piano di finanziamenti per 500 milioni di euro all'economia reale. Sul fronte interno, invece, è entrata in gioco per il salvataggio dell'Ilva, azienda siderurgica travolta dai problemi finanziari della famiglia imprenditoriale Riva e finita nel mirino del colosso franco-indiano Arcelor Mittal. In ballo non c'è solo il rischio di perdere l'italianità dell'azienda, ma soprattutto le conseguenze che questo comporterebbe a livello occupazionale (come si sta vedendo a proposito dall'Ast di Terni) e di potere strategico nello scacchiere internazionale. Il braccio operativo è il Fondo Strategico Italiano (l'80% del capitale fa capo a Cdp, l'altro 20% alla Banca d'Italia), che finora ha raccolto 4,4 miliardi di euro tra investitori italiani e internazionali (soprattutto fondi sovrani). Nei giorni scorsi il Fondo ha annunciato l'ingresso nel il gruppo Rocco Forte Hotels (acquisito il 23%, con un esborso di 75 milioni di euro), per un piano di sviluppo incentrato sull'Italia. L'obiettivo del Governo è di superare la frammentazione degli hotel nella Penisola, e per questa strada rafforzare l'appeal turistico, che negli ultimi anni è calato progressivamente e fatica soprattutto sul fronte dei viaggiatori dei mercati emergenti. Con i consumi interni che continuano a essere stagnanti e l'Expo di Milano che si avvicina, si è deciso così di iniziare un percorso di cui in realtà di parlava già da anni. Cassa Depositi e Prestiti è attiva anche in altre partite di sistema: in qusta lunga stagione di crisi di crisi ha continuato a erogare mutui agli enti locali, proprio mentre gli istituti di crediti chiudevano i cordoni della borsa e negli ultimi tre anni ha finanziamento le pmi italiane per 83 miliardi di euro. Inoltre ha consentito ai vari governi che si sono succeduti di dare un po' di respiro alle casse pubbliche acquisendo quote azionarie di diverse grandi aziende. Nel suo portafoglio figurano, tra gli altri, il 25,76% dell'Eni, il 29,85% di Terna, oltre al 100% di Sace, di di Simest e di Fintecna, quest'ultima azionista di riferimento di Fincantieri. Il gruppo della cantieristica che ha sede a Monfalcone è stato quotato in Borsa nei mesi scorsi, ma la controllante ha mantenuto ben saldo il timone con il 77,2% del capitale. Da dove arrivano tutti questi capitali? L'attivo consolidato del gruppo alla fine del primo semestre ammontava a 342 miliardi di euro, il 16% in più rispetto a due anni fa. Di questi, solo 18,5 miliardi sono suoi (il patrimonio netto), tutto il resto arriva dal risparmio postale: infatti Cdp è l'emittente dei prodotti del risparmio postale (libretti e buoni fruttiferi), collocati da Poste Italiane attraverso i 14 mila sportelli dislocati su tutto il territorio nazionale. Risparmi degli italiani, che hanno sollevato qualche critica sulle destinazioni degli investimenti attuati dalla società. Che, in ogni caso, non si ferma e presto potrebbe essere coinvolta nel consolidamento atteso sul fronte delle utility, con l'obiettivo di accorpare le società presenti nel Nord della Penisola, e per questa strada puntare a generare efficienza.

Luigi Dell’Olio

 

 

Giardini e spazi verdi, una gestione condivisa
La proposta di coinvolgere i privati nell’amministrazione pubblica finirà in Municipio
Partecipare all'abbellimento di un giardino, curare un parco giochi per bambini, contribuire alle piccole manutenzioni di una scuola, di un asilo nido, di un centro per anziani. Il tutto in stretta collaborazione con il Comune. Si chiama tecnicamente “gestione condivisa dei beni comuni urbani” e si esplicita in un'intesa fra cittadini animati da buona volontà e amministrazione. Per introdurne l'utilizzo a Trieste e regolamentarla in maniera dettagliata e puntuale, il Pd triestino ha prodotto un documento che sarà sottoposto quanto prima all'esame del consiglio comunale sotto forma di mozione. A illustrarlo ieri sono intervenuti Stefan Cok, segretario provinciale del Pd, Marco Toncelli, capogruppo in consiglio comunale e Maurizio Covacich, segretario del sesto Circolo del partito in città. «Presentiamo oggi una proposta di cui siamo orgogliosi – ha detto Cok - perché la paternità e' del Pd. In Italia già una decina di Comuni, per primo quello di Bologna, hanno sperimentato questa soluzione con ottimi risultati e un'altra cinquantina stanno predisponendo i documenti necessari. In questa direzione – ha aggiunto – andiamo anche noi del Pd di Trieste e confidiamo nella pronta e positiva risposta dell'assemblea». «Non si tratta di una semplice mozione – ha sottolineato Toncelli - ma del risultato di un lavoro fatto con notevole impegno da tante persone all'interno del partito. Va rilevato – ha proseguito Toncelli - ancora una volta che il Pd si conferma struttura innovativa e moderna, capace di leggere i tempi». Nel dettaglio operativo è entrato Covacich, animatore del gruppo che si è dedicato allo studio della proposta: «Con questo regolamento si permette ai cittadini di agire di concerto coi pubblici amministratori nella gestione dei beni comuni. Si tratta – ha continuato - di attuare la cosiddetta amministrazione condivisa, tenendo in considerazione le esigenze e le richieste dei cittadini. Per esempio si può operare nell'ambito di un giardino, di una scuola, di un tratto del litorale. Due devono essere i principi ai quali sia cittadini sia amministrazione dovranno ispirarsi: partecipazione e responsabilità». Ovviamente per il Comune si tratterebbe anche di beneficiare di una riduzione di costi per tutta una serie di opere, perché i cittadini opererebbero in forma di puro volontariato «ma questa – ha osservato Cok – è una conseguenza, non certo il motivo principale della proposta, che speriamo possa riguardare in futuro anche la progettazione di interventi».

Ugo Salvini

 

 

SEGNALAZIONI - RIFIUTI Comunicazione potenziata

La lettera pubblicata il 26 novembre (“Rifiuti, paghiamo per avere una vita sempre più complicata”), mi dà l’occasione per alcune riflessioni di ordine generale sull’ampio progetto di potenziamento della raccolta differenziata che sta coinvolgendo la città, grazie allo sforzo congiunto di AcegasApsAmga e Comune di Trieste. Trieste è oggi fra i fanalini di coda nella raccolta differenziata in Italia. A inizio anno la percentuale era inferiore al 30%, valore non solo lontanissimo dagli standard europei, ma anche della media italiana (c.a. 39%) e di diversi capoluoghi della regione (es. Pordenone 79%, Udine, 65,8%). Incrementare sensibilmente la quota di rifiuti avviati a recupero è un traguardo di sostenibilità ambientale a cui una città che ha fatto dell’attitudine all’innovazione una delle sue guide non può non ambire. Ciò comporta naturalmente un cambiamento non solo nelle modalità di organizzazione del servizio, ma anche nelle abitudini dei cittadini, chiamati in prima persona a rendersi protagonisti di una sfida che riguarda soprattutto il futuro dei propri figli e nipoti. Certamente un processo di tale portata, che vuole portare la città a superare il 50% di raccolta differenziata entro il 2016, necessita di un’informazione capillare ed efficace. Proprio in questa logica AcegasApsAmga e Comune stanno mettendo a punto un potenziamento delle attività di comunicazione lungo tutto l’arco del prossimo anno. Rispetto, infine, al citato servizio che Report ha riservato alla Capogruppo Hera, non è certo questa la sede per analizzare l’infondatezza, le palesi omissioni e le strumentalizzazioni che lo hanno caratterizzato e a cui la Società avrà modo di rispondere nelle sedi opportune. Rilevo però che la situazione finanziaria di Hera, è in assoluto la più solida fra le multiutility italiane, come certificato dalle principali società di rating internazionali e anche questo ha contribuito, nel 2013, alla distribuzione sul territorio (dunque anche a Trieste) di una ricchezza economica complessiva pari a 2 miliardi di euro. Inoltre, per ritornare al tema della raccolta rifiuti, è utile evidenziare che nei territori serviti da Hera (3,3 milioni di cittadini), la raccolta differenziata è passata, mediamente, dal 28,2% del 2004 al 54%, a testimonianza del costante impegno sulla sostenibilità dell’intero Gruppo.

Riccardo Finelli - Responsabile Relazioni Esterne AcegasApsAmga

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 novembre 2014

 

 

«Senza nuovi progetti richiuderò Porto vecchio»

Il Prefetto Adelaide Garufi: «Finora non mi sono arrivate richieste per firmare un’altra sospensione del punto franco. Serve un indirizzo definitivo, basta proroghe»
Di proroga in proroga. Il Porto vecchio rischia di tornare a essere extraterritoriale. Dopo 5 anni il varco aperto dalla bretella di viale Miramare potrebbe chiudersi il 31 dicembre. «Al momento nulla. Nessuna richiesta. Abbiamo un mese di tempo: entro la fine dell’anno vedremo se ci saranno i presupposti oppure no. Altrimenti non sarà prorogata la sospensione e torna in vigore il regime di Punto franco». Francesa Adelaide Garufi, commissario di governo e Prefetto di Trieste, è lapidaria. Non ama le proroghe e neppure la precarietà dei provvedimento: «Anche se non si dovesse giungere a un sì o un no definitivo sarebbe auspicabile che entro quest'anno si arrivi a tracciare in modo netto la strada che la città vorrà seguire, perché spero proprio che la proroga che sto per firmare sia l'ultima», aveva detto a inizio gennaio. Ma i tempi della politica triestina sono quelli del rinvio sine die. E così arrivati a dicembre siamo punto a capo. «L’anno scorso, seppure in extremis, era stata richiesta la sospensione del punto Franco. Ancora non è stato presentato nulla. Se non ci saranno i presupposti la deroga non sarà concessa. Mi pare ovvio. Il provvedimento è di anno in anno. Dipende dalle progettualità che verranno messe in campo», spiega il prefetto. Le progettuale legate a Porto Vecchio piuttosto latitano. L’Istituto di cultura marittimo portuale, che avrebbe dovuto gestire il polo museale (Centrale idrodinamica e Sottostazione elettrica) è in liquidazione. La Camera di commercio, che ha da poco tenuto la fiera biennale TriestEspresso Expo, non ha in programma attività. Il Magazzino 26, oltre a ospitare qualche raro Comitato portuale, giace inutilizzato da due anni. Un contenitore vuoto. «Da quanto leggo - aggiunge il commissario di governo - non sembrano ad oggi motivi sufficienti per prorogare la deroga. In ogni caso finora non ho ricevuto nessuna domanda. C’è ancora un mese di tempo...». Quella per il 2015 sarebbe la quinta sospensione temporanea di fila del regime di Punto franco: la bretella di collegamento di viale Miramare verso Porto Vecchio è stata aperta nel 2011 in occasione della Biennale d'arte diffusa curata da Vittorio Sgarbi e ospitata al Magazzino 26. La richiesta all'epoca fu fatta dal concessionario Portocittà, il rinnovo avvenne poi su un programma di attività legate al Magazzino 26 (compresa la mostra "fantasma" dell'Hermitage) che si fermò al calcio d’inizio su Nereo Rocco. «Se non c’è nessuna progettualità la chiusura dell’accesso al Porto Vecchia è ovvia. Alla scadenza di fine anno non viene rinnovata la sospensione e torna il regime di Punto franco», spiega Adelaide Garufi. Elementare. L’amarezza è di un altro anno passato invano. Soprattutto dopo la sentenza del Tar su Portocittà che aveva offerto la possibilità di “ripensare il regime dei punti franchi». E così ora si aspetta che spunti dal nulla qualche progetto e una domanda per poter tenere aperto il varco di viale Miramare. «In ogni caso la chiusura non sarebbe definitiva. Se nel corso dell’anno, 2015, qualcosa dovesse saltare fuori qualcosa si può sempre riaprire il discorso. Ho letto sul giornale che la Fincantieri vuole fare qualcosa, la Camera di commercio ha in programma qualche fiera - fa sapere il prefetto -. Se salta fuori qualcosa la questione si può riaprire. Ma se non c’è nessuna progettualità in Porto vecchio vige un regime di Punto franco. Questa è la realtà. Non si può eliminare il Punto regime partendo dall’alto, ma dal basso».

Fabio Dorigo

 

Basterebbe una “conferenza dei servizi”, ma non si è mai tenuta

Neppure quest’anno è stata la volta buona. «La Regione o il Comune, oppure la stessa Autorità portuale dovrebbero farsi promotori della Conferenza dei servizi da cui far emergere una volontà comune, poi il Ministero potrebbe essere interpellato. Se si opterà per l'abolizione del regime di Punto franco che in molte situazioni è effettivamente un ostacolo più che un incentivo, non servirà una legge dello Stato» dichiarò Francesca Adelaide Garufi, prefetto di Trieste, il 2 gennaio scorso. Ma la conferenza dei servizi non ha mai avuto luogo. «Nell'ambito di una questione annosa - spiegò il prefetto - questa volta c'è una novità che può segnare la svolta ed è la sentenza del Tar sul ricorso promosso da Portocittà e che traccia il quadro si cui giuridicamente ci si può muovere. Si evince, tra l'altro, che non è indipensabile trovare un'area alternativa su cui trasferire la porzione di Punto Franco che si va a togliere».

 

Il sindaco Cosolini «È un passo indietro. Non deve accadere»
«Non dovrebbe chiudere in ogni caso. Sarebbe un peccato. Un passo indietro rispetto al riutilizzo del Porto Vecchio per il quale ci stiamo battendo da anni». Roberto Cosolini, sindaco di Trieste, è preoccupato. L’inerzia della politica e dell’Autorità portuale in scadenza rischia di richiudere il varco aperto nel 2011 al Porto Vecchio di Trieste. «Esiste un provvedimento di sospensione del Punto franco che il prefetto è disponibile a riemettere se gli arriva richiesta motivata dall’Autorità portuale», aggiunge il primo cittadino. E questo è il punto: la presidente in carica dell’Authority si chiama Marina Monassi e non è nuova a sorprese. «L’Autorità portuale ha sempre detto che la liquidazione della Fondazione Icmp non vuol dire la chiusura del polo museale, Quindi se la presidente Marina Monassi è coerente con l’affermazione fatta in comitato portuale dovrebbe chiedere il mantenimento dell’apertura del Porto Vecchio», assicura Cosolini. Il problema vero è che in un anno non è stato affrontato il tema dell’eliminazione del punto franco come proposto un anno fa dallo stesso prefetto. «Alla luce della sentenza del Tar in relazione alla vertenza di Portocittà - ripete Francesca Adelaide Garufi - l’allargamento è sempre possibile in base alle disposizioni degli allegati al trattato di pace. L’eventuale eliminazione del regime di porto Franco potrebbe avvenire per l’impossibilità tecnica di fare una moderna portualità in quella area. Il Punto franco si può superare spostandolo: quello che si perde da una parte, deve essere guadagnato da un’altra. La norma parla chiaro». Ma perché non è stato fatto? «Siamo rimasti fermi - conclude il prefetto - perché finora nessuno ha prodotto delle progettualità per cui valesse la pena spostare il Punto franco». Un punto fermo, più che franco.

(fa.do.)

 

 

Ex Maddalena, ripartito il cantiere - Entro l’anno all’Ater 53 alloggi
Dopo il rogito fra Riccesi e Azienda territoriale potranno così essere assegnati nei primi mesi del 2015
Ok della giunta comunale alla delibera che recepisce le modifiche al piano di riqualificazione dell’area
Una variante al piano previsto, in linea con il vigente Prg, che consentirà nei primi mesi del 2015 di poter procedere all’assegnazione da parte dell’Ater di 53 nuovi alloggi realizzati nel comprensorio dell’ex Maddalena. Una notizia che arriva proprio in un periodo nel quale l’emergenza abitativa è sempre più d’attualità nell’intero Paese. L’impresa Riccesi, che si è occupata degli specifici interventi, procederà a effettuare con l’Ater il rogito per il passaggio della proprietà di queste abitazioni all’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale di Trieste entro la fine di quest’anno. Va avanti dunque una parte del grande cantiere che prevede la riqualificazione complessiva di 22.796 metri quadrati compresi nel perimetro fra le vie dell’Istria, Marenzi, Molino a vento e Costalunga. A spiegare in cosa consista la variante al piano attuativo approvato è l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Elena Marchigiani, che ha portato la delibera all’attenzione della giunta Cosolini proprio nella giornata di ieri: «Si tratta di alcune modifiche alla viabilità e alla circolazione stradale. Sostanzialmente - continua Marchigiani, riprendendo i contenuti del documento - di cambiamenti dei sensi di marcia nelle strade interne per adeguare alle nuove prescrizioni regionali la modifica del progetto definitivo del parcheggio di relazione, ora posizionato su un unico livello (inizialmente era previsto su due, ndr), corrispondente all’ultimo piano interrato a quota 61,70 metri sopra il livello del mare, e la diversa collocazione della rampa di accesso ai parcheggi». Vengono inoltre razionalizzate la disposizione interna dei parcheggi e le connesse opere di urbanizzazione. È, aggiunge Marchigiani, «il cambiamento di più diretta attinenza con la questione degli alloggi per Ater. Essi rientravano originariamente nel quarto lotto - rileva l’assessore - e sarebbero stati quindi consegnabili all’Ater solo al termine di tutto l’intervento». Incluse nel provvedimento anche delle modifiche ad aree verdi a uso pubblico. Donato Riccesi, presidente del cda di Riccesi Spa e numero uno dell’Ance Trieste, riassume: «Il trasferimento della proprietà all’Ater deve avvenire nel 2014. I 53 alloggi sono pronti da due mesi - prosegue - e ora stiamo finendo un paio di opere di urbanizzazione stradale, le concluderemo nel giro di due-tre settimane consegnandole al Comune. L’Ater entro fine anno prenderà possesso degli alloggi e successivamente li assegnerà». La proposta di Riccesi era stata proprio di invertire l’ordine dei lotti, completando per primo lo step che in origine doveva essere quello conclusivo, considerato che il committente - l’Ater appunto - i soldi li ha pronti per portare a compimento l’operazione di “housing sociale”. L’iter burocratico, per il quale non è risultata necessaria una Vas (Valutazione ambientale strategica) non determinando la modifica impatti significativi sull’ambiente, si è concluso. Ora si può procedere con il rogito. Mette in evidenza l’importanza dell’atto amministrativo, il sindaco Roberto Cosolini: «Il Comune crea in questo modo, nonostante la crisi generale, le condizioni per dare continuità a un cantiere che era in fase di stallo e ha vissuto stop e peripezie». L’opera di riqualificazione dell’ex Maddalena - su aree di proprietà oggi delle società di costruzione Generalgiulia 2 e Riccesi, ma anche una parte dell’Azienda sanitaria - affonda le proprie radici in un percorso avviato poco meno di quindici anni fa. Il 16 marzo del 2001 Comune, Regione e Azienda sanitaria firmarono l’Accordo di programma finalizzato alla dismissione dell’uso ospedaliero del comprensorio e alla sua riconversione (poi definita in residenze, attività commerciali e appunto “housing sociale”). Risale all’agosto 2013 la notizia della rinuncia del colosso della grande distribuzione Carrefour a insediarsi nell’area.

Matteo Unterweger

 

 

SEGNALAZIONI - Rigassificatori - La situazione a Livorno e Monfalcone

In relazione all’articolo sul rigassificatore Adriatic Lng di Porto Viro, credo sia utile precisare due punti, resi forse equivoci ai vostri lettori per esigenza editoriale di sintesi: nella conversazione circa lo stato dell’arte degli impianti esistenti in Italia, ho citato l’impianto di Livorno, non definendolo “obsoleto”, ma piuttosto “senza una capacità effettivamente allocata”. Infatti, seppur inaugurato commercialmente il 20 dicembre 2013 dopo 10 anni dall’avvio dell’iter per l’autorizzazione, in questi primi 11 mesi di esercizio non ha potuto utilizzare la propria capacità di rigassificazione (3.75 miliardi di metri cubi all’anno) a causa dell’assenza di contratti commerciali. Per quanto concerne Monfalcone, il mio commento che definiva non indispensabile realizzare un terminale si riferiva ai servizi di rigassificazione del Gnl, non a eventuali progetti cosiddetti “small cade” (uso del Gnl per servizi marittimi e trasporti pesanti).

Corrado Papa Direttore Commerciale Adriatic Lng italia

 

 

Parenzana, tanti percorsi su misura
La pista ciclabile può essere affrontata a tratti, anche con i bimbi
Storica, affascinante, addirittura di moda: la Parenzana è divenuta una delle ciclabili più frequentate. Bella e impegnativa: con i suoi 130 chilometri e dislivelli di oltre 300 metri non è una pista per famiglie. Eppure, la sua bellezza sta nell’essere “modificabile” su misura, grazie ai tanti sentieri che la raggiungono e che si dipartono: molte possibili “partenze” e tanti “arrivi” adatti a tutte le gambe e a tutte le età. Basta saper scegliere. Quindi, eccoci una mattina d’autunno pronti per la “nostra” Mini Parenzana, con bambini dai 4 ai 10 anni. Per alcuni, è la prima “vera” gita in bicicletta. Il ritrovo è alle 10 a Crassiza presso il B&B Al Merlo Olivo. No, di qua la Parenzana non passava, ma per noi è un buon punto di partenza: merenda per i piccoli ciclisti, noleggio bici per chi non ce l’ha (o ritiro delle biciclette già noleggiate online) e controllo di freni e ruote. Pronti per la partenza… in 4x4! A pedalare da qui i più piccoli arriverebbero già stanchi all’incrocio con la Parenzana: quindi, bici nel carrello e bambini sulle panche del fuoristrada. Ed è già avventura. Pochi chilometri dopo ecco il sentiero: i più grandi sfrecciano via senza aspettarci mentre i piccolini affrontano la prima discesa portando le biciclette a mano. Prudenza in quel primo sterrato che, dalla strada asfaltata, permette di raggiungere la ciclabile vera e propria. Che finalmente si apre e promette una pedalata leggera, senza quei sassi che nei primi metri avevano preoccupato qualche bimbo (e qualche genitore). Uno sterrato come si deve, sassoso in giusta misura, con tanto di pozzanghere: i bambini han fatto avanti-indietro per rifare gli schizzi ancora più alti, una scarpa è volata dentro una pozza e la capogita – sì, la sottoscritta giornalista – da tempo non si divertiva così! La meraviglia di pedalare insieme ai bambini. Che a momenti di gioia sfrenata hanno alternato impegno quasi agonistico, disperazione da stanchezza risolta con un una bevuta dalla borraccia, e serio impegno nel riparare una bicicletta cui era uscita la catena. Pochi chilometri, e sembrava il Giro d’Italia! Il rintocco delle campane avvisa che è ora di pranzo, si intravvede la strada: ad aspettarci il 4x4 su cui salgono solo i più stanchi. Gli altri, dritti verso Buie: ritrovo previsto presso quella che fu la stazione della sentinella d’Istria, detta così perché i suoi campanili sono due. Pranzo meritato: nel pomeriggio ci aspetta il trenino turistico per ammirare il panorama e il percorso che fu della leggendaria ferrovia a scartamento ridotto. Giusto il tempo per raccontare ai bambini la storia di quel treno a vapore che oltre cent’anni fa sferragliava tra Trieste e Parenzo, per collegare 33 cittadine che oggi si trovano in tre stati diversi. Chiara Meriani

 

 

Oggi alla marittima Unesco e ambiente: azioni a confronto

Per la chiusura del “decennio Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile», l'Ass1 organizza oggi dalle 16 alle 20 nella sala Oceania della Stazione marittima (col Comune e l’Azienda ospedaliera) una giornata di confronto. Verranno presentati i risultati di corsi, studi e progetti, per capire la percezione della tematica. In mostra opere d’arte con materiali riciclati (Associazione Melarte). Interventi degli assessori regionali Sara Vito (Ambiente), Sandra Telesca (Sanità), del sindaco Cosolini, del direttore dell'Ass1 Nicola Delli Quadri, di Sandro Scandolo del Centro internazionale di fisica teorica.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 novembre 2014

 

 

Dal compost alla riduzione sulla Tari: ecco come fare - Richieste a Esatto
Una buona pratica che fa risparmiare. Fare compostaggio domestico, in giardino o sul balcone, da gennaio potrà permettere a una famiglia media di risparmiare anche 60 euro l'anno di Tari. Il regolamento per l'applicazione dell'imposta comunale prevede un -20% per chi lo avvia. Per un single che vive in 50 metri quadri il risparmio è di circa 21 euro, una coppia in 60 mq. risparmia 38,13 euro, una famiglia di 4 persone in 80 metri quadrati potrà godere di una riduzione di 60,63 euro. Le modalità di presentazione della domanda e preziosi suggerimenti sono arrivati ieri in un incontro promosso da Legambiente e associazione Bioest. «Il 30% dei rifiuti urbani domestici è organico», ha riferito Francesca Dragani, Energy manager dell'Ass1 Triestina, illustrando il corretto conferimento dei rifiuti, come realizzare il compost e costruirsi una compostiera. Se realizzata correttamente è inodore e il compost (il terriccio che si forma dalla decomposizione e umidificazione delle materie organiche) può essere usato dopo 8-12 mesi. Tra i consigli utili, non inserire prodotti unti e di origine animale, e mescolarlo ogni 15 giorni. La compostiera va tenuta in luogo coperto, aerato e con un po' di sole durante l'inverno. «Per ottenere la riduzione - ha spiegato Tiziana Cimolino di Bioest - occorre disporre di una compostiera e presentare entro il 31 dicembre a Esatto Spa una richiesta in carta semplice dichiarando di avere avviato il compostaggio domestico per il riuso in sito dei rifiuti organici». Per agevolare gli interessati è attivo lo Sportello ambiente al Multicultura center di via XXX Ottobre 8/a il lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 16.30 alle 19, e il mercoledì e sabato dalle 11 alle 13. «Con il compostaggio domestico si possono gestire meglio i rifiuti di casa producendone di meno, fare del bene al proprio orto e ai fiori producendo un ottimo compost e anche - così Cimolino - ridursi la Tari».

 

 

Rifiuti, paghiamo per avere una vita sempre più complicata - la lettera del giorno di Vinicio Prodani

A seguito di vari articoli comparsi sulla stampa e visto il nuovo piano delle isole ecologiche per quanto riguarda la città, volevo porre qualche quesito alla nostra amministrazione comunale: in considerazione che la maggior parte dei vari cassonetti che si trova in città è maleodorante, scassato (con buona parte delle coperture che non funzionano), oppure addirittura con i coperchi incastrati (e quindi con l’impossibilità di depositare all’interno le immondizie), non sarebbe stato meglio migliorare il servizio (tipo sistemare i cassonetti esistenti, lavaggio e pulizia degli stessi...) prima di iniziare questo nuovo piano e la raccolta dell’umido? Non vedo perché, per non infettarsi, bisognerebbe utilizzare i guanti per buttar via l’immondizia (ultimamente ho notato che viene abolita più di qualche isola ecologica e sostituita con delle nuove, in misura inferiore ovviamente), ma il problema è che viene diminuito anche il numero dei cassonetti che, se anche aumentati di capacità, non riescono a coprire la quantità necessaria (basta vedere quanti sacchetti rimangono fuori dai contenitori). A proposito: aumentando le dimensioni dei vari cassonetti, si rende sempre più difficile inserire le immondizie, sia per gli anziani che per i ragazzini. E per quanto riguarda la raccolta dell’umido, visti i cassonetti più piccoli e leggeri, siamo consapevoli che per i vari gabbiani e colombi sarà estremamente più facile aprire i coperchi e procurarsi il cibo, ovviamente seminando il contenuto degli stessi sulla strada/marciapiede? Ancora: si sta sollevando il problema della raccolta di rifiuti speciali vari quali televisori, frigoriferi, materassi, mobili, ma siamo sicuri che i tutti i cittadini sanno che esiste la possibilità di concordare la raccolta o che esistono i vari punti di raccolta? Forse creando una campagna conoscitiva dei vari servizi tramite volantinaggio nei vari condomini (magari scritti in varie lingue) si potrebbero risolvere vari problemi, in quanto sono convinto che tantissime persone, anche perché straniere, sono all’oscuro dei vari servizi. Ma la cosa che decisamente fa arrabbiare più di tutto è che le tariffe delle tasse comunali aumentano e i servizi peggiorano, sempre di più Si vuole aumentare la raccolta differenziata e questo dovrebbe, oltre a migliorare la vita, portare a una diminuzione delle tasse, e invece siamo al contrario. In una autorimessa la raccolta delle immondizie costa circa 35 euro al chilo! Diminuiscono i classici cassonetti, e vengono sostituiti con contenitori in misura inferiore e le tasse aumentano, tanto per cambiare. Decisamente c’è qualcosa nel meccanismo che non funziona. Ultimamente, poi, c’è stata una polemica sulla pulizia della città e sinceramente devo concordare con chi si lamenta della scarsa pulizia, in quanto Trieste era una città pulita. Era! Quando mai si vede qualcuno che scopa i marciapiedi o che pulisce le strade attorno e vicino le isole ecologiche? Per non parlare, poi, delle varie cicche o gomme da masticare che sono per terra. E non si parli sempre di spending review. Per chiudere, con la speranza che parecchi triestini abbiano visto Report il 16 novembre, volevo segnalare che finalmente adesso si sa con quale “strana” azienda collabora l’Acegas: la supervalutata Hera, che ha acquistato terreni da persone non propriamente “pulite” e che fa lavorare i propri dipendenti in edifici costruiti su terreni altamente inquinati e che ha dei debiti astronomici. Complimenti per la scelta!

 

 

Infestanti: quelle piante da estirpare - Si chiude nel pomeriggio la rassegna sul verde con relatore Poldini
A sentirne parlare, si direbbe siano solo una seccatura dal punto di vista estetico e per la fatica di doverle eliminare. E invece, come spiegherà alle 17.30 al Circolo Generali (ingresso libero) il botanico Livio Poldini nell’incontro “Le piante infestanti: conoscerle per difendersi”, alcune specie di “alloctone”, questo il termine scientifico, sono molto pericolose. Chiude con un approfondimento su alcune infestanti potenzialmente molto nocive sia per l’ambiente che per l’uomo, la rassegna “La cultura del verde”, il ciclo di appuntamenti “green” curato da Italia nostra, Legambiente, associazione orticola Fvg Tra fiori e piante e Triestebella. Sotto la lente d’ingrandimento del docente di Scienze matematiche e appassionato botanico, l’Ailanto, pianta originaria della Cina, il Senecio inaequidens e l’Ambrosia artemisiifolia, tre veri nemici pubblici dell’ambiente, a dispetto degli esotici nomi. In primis il “Senecio” a causa dell’alcaloide epatossico - ovvero nocivo per il fegato - che contiene, soprattutto per i bambini. Chi è però che mangia il Senecio? Nessuno. Ma siccome l’infestante ha un periodo di fioritura lungo e l’alcaloide si trova nel polline, il rischio è che finisca nel miele delle api. Ecco, quindi, la convenienza a estirparlo prima della fioritura, per evitare di mangiare miele corretto al Senecio. Nemmeno l’Ambrosia artemisiifolia scherza, poiché contiene un potente allergenico, in grado di scatenare importanti reazioni allergiche. Mentre, invece, tra le caratteristiche infide dell’ailanto, la crescita rapidissima sia in altezza sia nel sottosuolo.

(pat picc)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 novembre 2014

 

 

Legambiente spiega il compostaggio Tari - incontro su come risparmiare
Fare compostaggio domestico può essere un modo per risparmiare fino al 20% della Tari per il 2015. Grazie al compostaggio dei rifiuti (in giardino ma anche sul balcone di casa) una famiglia media può risparmiare anche 60 euro. Per ottenere le informazioni e ritirare i modelli della domanda, oggi alle 17 nella sede di Legambiente in via Donizetti 5 si terrà un incontro pubblico promosso da Legambiente e Associazione Bioest su "Come risparmiare sulla Tari facendo compost". C'è tempo fino al 31 dicembre 2014 per presentare la domanda di riduzione. Inquinare di meno. Col compostaggio si fa bene al proprio orto e ai fiori producendo un ottimo compost, inquinando di meno.

 

Riciclo dei rifiuti, una lezione dal carcere con figure e video - presentazione domani
«Nasce con lo scopo di provare ad abbattere il muro ideologico che separa il mondo carcerario dalla società civile». Con queste parole Sergio Serra descrive le basi sulle quali è nata la terza edizione di “Città viola”, un progetto ideato da Duemilauno Agenzia Sociale e realizzato da Head Made Lab in collaborazione con i detenuti della casa circondariale di Trieste e con quelli della sezione “Alta sicurezza” di Tolmezzo, finanziato dal Comune di Trieste, dall’Ambito 3.2 della Carnia e grazie ai Fondi devianza della Regione Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un lavoro che ha coinvolto negli ultimi mesi una quindicina di detenuti di Trieste e una decina di Tolmezzo, impegnati nella ideazione e nella realizzazione di materiale cartaceo e multimediale di comunicazione sociale che verrà presentato domani, a partire dalle 17.30, presso la sala del Centro Servizi Volontariato, all’interno del Seminario vescovile di via Besenghi 16. «Partiamo dal concetto che le strutture carcerarie – continua il dirigente della cooperativa triestina – possono essere descritte attraverso la metafora del silos. Cosa vi stiviamo al suo interno? Oltre alle persone, dentro le carceri troviamo una quantità smisurata di tempo». Ogni detenuto, soprattutto quando è costretto a scontare una lunga pena, si trova a ingaggiare un’estenuante battaglia contro il tempo, che spesso appare immobile. «Vogliamo dare un senso alla permanenza in carcere di queste persone – spiega Serra - . Vogliamo usufruire della loro enorme disponibilità per provare a restituire qualcosa di positivo alla collettività». Le tematiche sulle quali si è deciso di lavorare sono due: a Tolmezzo ci si è concentrati sul tema dello spreco alimentare, mentre a Trieste si è affrontato il discorso del riuso e del riciclo dei rifiuti. Il team di lavoro, oltre che dai detenuti, è stato formato dagli esperti educatori Teresa Donaggio e Massimo Serli ed è stato coadiuvato da Cecilia Donaggio, l’anima artistica del gruppo. A Tolmezzo sono stati prodotti sei video con la tecnica “stop motion”, mentre a Trieste si è lavorato su due video e sulla stampa di un libretto, che è stato titolato con lo stesso nome con il quale i detenuti hanno scelto di chiamarsi: “Ir-recuperabili”. Si tratta di una raccolta di suggestioni e suggerimenti per immagini che racconta la storia degli oggetti che utilizziamo quotidianamente e il loro ciclo di vita. «Crediamo che gli oggetti – continua Serra – , così come le persone, non siano mai irrecuperabili. Ecco il perché di quel trattino nel nostro logo. “Ir-recuperabili”, infatti, rappresenta un gruppo di persone e l’idea che le accomuna, ovvero la volontà di collaborare al fine di rendere il nostro ambiente più pulito e la nostra mente più aperta e consapevole». La dimensione tecnica, rappresentata dalla parte video e grafica, non è stata però l’unica chiave di questo lavoro, che è partito con la ricerca di un’idea forte, sulla quale operatori e detenuti si sono confrontati e hanno discusso a lungo, prima di arrivare alla progettazione e alla costruzione di un supporto che sia in grado di veicolare un messaggio con una chiara valenza collettiva. Alcuni dei video prodotti sono già stati pubblicati sul sito di Expo 2015, alla sezione Short Food Movies.

Luca Saviano

 

 

Ciriani: «Messo in sicurezza il Rosandra»
L’ex assessore regionale ha deposto al processo sostenendo che in quel periodo era necessario un intervento sul torrente
«Ho sempre difeso l'operato della Protezione Civile e dei suoi volontari sui quali non ho mai avuto nessun dubbio di serietà e professionalità. Era necessario intervenire per la messa in sicurezza dell'alveo del torrente Rosandra ed è per questo che ho dato il mio consenso politico all'operazione». Così l'ex assessore regionale Luca Ciriani nel corso dell'udienza al Tribunale di Trieste nell'ambito del processo per quello che è conosciuto come “lo scempio” della Val Rosandra, avvenuto ormai quasi tre anni fa, esattamente tra il 24 e 25 marzo del 2012. Ciriani, assistito dall'avvocato Caterina Belletti, è stato chiamato a deporre davanti al giudice Marco Casavecchia, insieme a Guglielmo Berlasso e Cristina Trocca, rispettivamente direttore generale e funzionario della Protezione Civile, tutti accusati a vario titolo di «distruzione dell'habitat di un sito protetto». «L'operazione riguardava un intervento complesso realizzato in 13 diversi comuni e nasceva in un contesto generale di grande preoccupazione oltre che di grande emergenza per quello che era accaduto su tutto il territorio nazionale sul fronte ambientale a causa di frane e alluvioni» - ha spiegato Ciriani -. «Eravamo dunque di fronte ad una sentita esigenza di messa in sicurezza del territorio supportata da una forte pressione da parte dei vertici istituzionali e locali di fare prevenzione e l''intervento in Val Rosandra si inseriva proprio in questo contesto. Dall'amministrazione comunale di San Dorligo era arrivata una segnalazione di grave pericolo in zona: situazione di rischio che è stata poi accertata dai sopralluoghi dei tecnici incaricati». Una operazione che è stata definita di «prevenzione» da Cristina Trocca, funzionario della Protezione Civile: «Nella richiesta del Comune di San Dorligo, corredata da una planimetria del luogo, si parlava di una vegetazione abbondante che andava ad ostruire l'alveo del torrente Rosandra e veniva previsto il taglio della stessa vegetazione, anche di alto fusto, per ragioni di pericolo per la pubblica incolumità» - ha affermato Trocca -. «Nel corso dei successivi sopralluoghi effettuati dai tecnici della Protezione Civile e del Comune di San Dorligo, è stata accertata questa situazione di pericolo ed è stato deciso di ampliare l'area dell'intervento». Niente interrogatorio ma solo dichiarazioni spontanee per il direttore della Protezione Civile Guglielmo Berlasso che ha rimarcato «l'attenzione che da sempre la Protezione Civile porta avanti per garantire l'incolumità delle persone». L'avvocato di parte civile Alessandro Giadrossi ed il pm Antonio Miggiani hanno poi presentato la richiesta di perizia per accertare se vi sia stata una compromissione ambientale e se sussistevano ragioni di somma urgenza che legittimavano l'intervento. Il giudice si è riservato di accogliere la richiesta aggiornando l'udienza del processo al 15 dicembre.

Pierpaolo Pitich

 

Gli avvocati - La difesa della Protezione civile

«Si è trattato di un intervento ad ampio raggio che ha coinvolto non solo l'area della Val Rosandra ma tutta una serie di comuni: un'operazione con la quale si è fatta prevenzione e che complessivamente ha dimostrato la sua efficacia». Queste le parole di Caterina Belletti, legale dell'ex assessore regionale Luca Ciriani, che aggiunge: «Il mio assistito ha sempre condiviso e approvato l'intervento realizzato dalla Protezione Civile: il suo compito, come peraltro accade per tutti gli amministratori pubblici, era quello di dare un'impronta politica senza scendere nei dettagli tecnici dell'operazione». Dichiarazioni che si uniscono a quelle rilasciate da Luca Ponti, avvocato di Guglielmo Berlasso e Cristina Trotta: «Mi auguro che sia stata apprezzata la trasparenza dimostrata dai due dirigenti della protezione Civile e che venga tolto qualsiasi dubbio sul loro buon operato» - ha affermato Ponti -. «Confido dunque sia stato chiarito il ruolo dell'ente, i cui interventi non vengono eseguiti per ragioni di profitto personale, bensì per garantire la piena sicurezza dei cittadini». Entrambi i legali si sono opposti alla richiesta della parte civile e del pm di eseguire una nuova perizia di accertamento dei danni per una «questione procedurale», in quanto - affermano i legali - «avevamo già avanzato tale richiesta a suo tempo e non era stata accolta. Non capiamo perché adesso debba essere accettata».

(p.p.)

 

 

Icmp in liquidazione, buio sul futuro del Polo museale
“Affondato” l’Istituto di cultura marittimo portuale, è un mistero la sorte della Centrale idrodinamica il cui restauro è costato 12 milioni di euro
Nessuna notizia nemmeno sulla statua di Santin, finanziata dalla Regione con 110mila euro
Una fondazione affondata dopo solo 5 anni di vita. Un record. L’Istituto di cultura marittimo portuale di Trieste (Icmp), fortissimamente voluto dalla presidente del Porto Marina Monassi, è in liquidazione dal primo novembre. I 5 dipendenti (due a tempo indeterminato e tre a termine) non conoscono il loro destino. L’Icmp era stato costituito come fondazione nel settembre 2009 con lo scopo di «valorizzare i beni culturali nella disponibilità dell’Autorità portuale di Trieste e consentirne la pubblica fruizione», «svolgere iniziative di formazione professionale nel settore marittimo-portuale» e «musealizzare il sommergibile "Fecia di Cossato" della classe "Nazario Sauro"». E mentre il sommergibile è rimasto “sommerso”, sono state riportate a galla la Centrale idrodinamica (dove si sono svolti già diverse mostre e convegni) e la Sottostazione elettrica di riconversione (aperta solo per le due giornate di primavera del Fai). Un recupero costato la bellezza di 12 milioni di euro di fondi pubblici (Regione Friuli Venezia Giulia, ministero Beni culturali, Autorità portuale e Fondi europei). Che fine faranno le due istituzioni museali del porto fresche di restauro? Nessuno lo sa. Alla centrale idrodinamica qualche attività espositiva (recentemente è stata usata in occasione della fiera TriestEspresso Expo) è prevista fino a fine dicembre. Poi il buio totale. Nulla si sa neppure della bretella di accesso da viale Miramare per la quale l’Authority aveva chiesto l’anno scorso alla Prefettura l’ennesima proroga della sospensione del Punto Franco per la presenza del polo museale. All’Icmp la Regione ha affidato nel 2012 anche un contributo da 110mila euro per realizzare un monumento a monsignor Antonio Santin sul Molo IV. La statua, assegnata nel novembre 2013 allo scultore trentino Bruno Lucchi, rischia ora di finire in liquidazione assieme all’Istituto. In realtà la parte burocratica (compresa l’autorizzazione della Soprintendenza dopo il taglio da 7 a 2,5 metri del basamento), sarebbe stata portata a termine. «Non sapevo nulla della liquidazione dell’Istituto. Non sento nessuno da settimane» racconta Lucchi che attende ancora il via libera per la fusione bronzea di monsignor Santin. Dall’Istituto è impossibile avere notizie. Il telefono suona a vuoto. La responsabile della segreteria, Lara Tironi, non risponde al telefonino, il direttore Antonella Caroli è irreperibile. Ha un contratto fino alla primavera prossima ma si occupa di treni storici e jazz. L’ultimo presidente, Roberto Magris, responsabile del settore personale dell’Authority, ha già seppellito l’esperienza nel suo curriculum (presidente della fondazione Icmp da luglio a ottobre 2014). «Sono stato chiamato come traghettatore verso la liquidazione. Era questo il mio compito», spiega il successore per 4 mesi di Alfonso Maria Rossi Brigante, ex magistrato romano della Corte dei conti. Dal primo novembre tutto è nelle mani di Alessandro Merlo, dottore commercialista (studio in via Roma), che dovrà liquidare la fondazione. «Sta ancora studiando le carte» spiega una segretaria. Ma c’è chi, a “cadavere ancora caldo”, si è gia fatto avanti. «L'associazione Italia Nostra, avendo avuto notizia dalla stampa della liquidazione dell'Icmp, avendo seguito l'intero iter fondativo del Polo museale del porto di Trieste e avendo continuativamente sostenuto con i volontari l'apertura della Centrale idrodinamica ha dichiarato ufficialmente la disponibilità a supportare il Polo museale insieme ai soggetti interessati e all'Autorità portuale» spiega il presidente, Marcello Perna. Con un’avvertenza: «Sono da tenere presenti i vincoli che bisogna rispettare, pena la restituzione dei fondi». Dodici milioni di euro.

Fabio Dorigo

 

 

Annuncio di Serracchiani «Dal 2016 treni più veloci da Venezia e Milano»
«Lo sviluppo della crocieristica a Trieste - ha ricordato al convegno di ieri la governatrice Debora Serracchiani - è il frutto anche del Protocollo sottoscritto dalla Regione con Costa Crociere. Grazie a un'intesa raggiunta dalla Regione con Ferrovie dello Stato entro il 2016 - ha ricordato la presidente - si dovrebbero ridurre sensibilmente i tempi di percorrenza sulla tratta Trieste-Venezia-Milano, mentre la stessa Regione è impegnata con le altre istituzioni per migliorare le infrastrutture per l'ormeggio delle grandi navi. Per lo sviluppo della crocieristica - ha aggiunto Serracchiani - sono stati attivati due tavoli tecnici: il primo sulle infrastrutture (compresi gli spostamenti all'interno della città degli ospiti delle navi) e il secondo, con le istituzioni e gli operatori, sulle opportunità per il turismo regionale».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 novembre 2014

 

 

Adriatic Lng: «Basta il nostro rigassificatore»

Risposta allo Smart Gas di Monfalcone: il terminal di Porto Viro ha 800 milioni di metri cubi disponibili

Impianti poco utilizzati La struttura opera al 60% La media europea al 22%
TRIESTE Ci sono imprenditori interessati a realizzare il mini-rigassificatore Smart Gas nella zona del Lisert e ferve il dibattito sulla fattibilità e redditività del progetto. In questa temperie Adriatic Lng ricorda che nell’Adriatico settentrionale, non lontano dal delta del Po e a 15 km dalla terraferma, un terminal per la rigassificazione funziona dal 2009 e possiede le caratteristiche per soddisfare le esigenze della potenziale clientela friulo-giuliana. Basta che il gas, una volta immesso nella rete Snam alla stazione di misura di Cavarzere, prenda la strada verso Est. Senza occorrenza di costruire nuovi impianti, in un periodo non felice per le utility che agiscono a livello europeo nel comparto energetico e che hanno compiuto importanti quanto onerosi investimenti. Argomenti questi che i managers di Adriatic Lng hanno ribadito in un recente incontro organizzato dal dipartimento di ingegneria dell’Università di Udine. Corrado Papa, responsabile commerciale della società terminalistica, scandisce tre riassuntivi “perchè” il progetto monfalconese non è indispensabile. «Innanzitutto la congiuntura non è favorevole, gli impianti sono sotto-utilizzati, noi operiamo al 60% della potenzialità ma la media europea si attesta al 22%». «Per restare in Italia, ci sono terminal, come quello di Livorno (frutto di un’alleanza tra Iren e E.On., ndr) - sottolinea Papa - che ancor prima di decollare è già obsoleto». «In seconda battuta - incalza il manager - per un terminal di ridotte dimensioni le economie di scala sono più difficili da ottenersi. Per esempio, al Lisert potrebbero approdare solo navi piccole, quando una nave gasiera trasporta fino a 260 mila metri cubi». Terzo argomento: «Il costo dell’energia è ormai allineato a quelli europei, il problema degli oneri, che gravano sulle tariffe, si porrebbe anche utilizzando un proprio rigassificatore». Anche l’ipotesi di un terminal sulla costa adriatica orientale dalle parti di Veglia - aggiunge Papa - non trova più gli iniziali entusiasmi. Allora? Allora - pensa Papa - avanti, sfruttando al meglio quanto già esiste. Ovvero Adriatic Lng. Inaugurato nel 2009, ha compiuto i cinque anni di attività in settembre, alla presenza del viceministro “dem” Claudio De Vincenti. Con complessivi 375 metri di lunghezza, 115 m. di larghezza in 30 m. di profondità, l’infrastruttura, costruita all’altezza di Porto Viro nel Polesine, è la prima al mondo in cemento armato per ricezione, stoccaggio, rigassificazione di Gnl, con una capacità di 8 miliardi di metri cubi annui, utilizzati finora solo in parte. Gli azionisti della società sono ExxonMobil (71%), Qatar Terminal Company ltd (22%), Edison (7%). Dal punto di vista commerciale Edison si è assicurata la gestione dell’80% del gas, il 10% va a Bp, il 10% è sul mercato (sarebbe questa la quota dalla quale drenare le necessità regionali). Questo 10% significa 800 milioni di metri cubi, 10 volte in più di quanto sarebbe in grado di importare l’impianto monfalconese. Adriatic Lng ha realizzato un valore della produzione pari a 220 milioni di euro, con un utile di 20 milioni; occupa 125 addetti. Nell’arco del quinquennio 2009-14 ha accolto 340 gasiere e ha immesso 28 miliardi di metri cubi nella rete nazionale di gasdotti. Il terminal copre circa il 10% delle importazioni complessive di gas in Italia (il 90% viene veicolato mediante gasdotti terrestri). Le fonti di approvvigionamento sono Qatar, Egitto, Trinidad e Tobago, Guinea Equatoriale, Norvegia. Nel nostro Paese sono finora tre i rigassificatori in funzione: Snam Panigaglia (La Spezia), Olt Livorno, Porto Viro. Il ministero dello Sviluppo Economico ne ha autorizzati altri tre a Falconara (Marche), Gioia Tauro (Calabria), Porto Empedocle (Sicilia).

Massimo Greco

 

 

Scoglio Olivi scommette sulla corsa all’oro nero - IN VISTA DELLE TRIVELLAZIONI ADRIATICHE
POLA Il cantiere navalmeccanico Scoglio Olivi il più in salute tra quelli croati sta attraversando un buon momento, però il futuro potrebbe assumere tinte addirittura rosee. Le attuali commesse garantiscono lavoro almeno per tutto il 2016 per cui dopo anni di incertezze e dubbi nell’azienda è tornato un certo ottimismo, alimentato dalla capacità dei progettisti e delle maestranze di adeguarsi in tempi brevi alle sempre più complesse richieste del mercato. Tra l'altro i cantierini istriani si accingono a costruire la più potente e complessa nave draga al mondo che potrà scavare fino alla profondità di 45 metri, commissionata dalla compagnia belga Jan De Nul. Ma veniamo alle possibili tinte rosee per un futuro molto vicino. La direzione dello stabilimento navalmeccanico segue con molto interesse l'evolversi della procedura per l'esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di gas e di petrolio nell'Adriatico. Al concorso per l'assegnazione delle concessioni in 15 giacimenti, sono arrivate 6 offerte di altrettante compagnie internazionali e il governo annuncia che entro dicembre farà le sue scelte. C'è da credere che ci sarà molto lavoro per i cantieri croati, soprattutto per quello istriano che potrebbe svolgere molteplici attività. In primo luogo come stazione di supporto, poi come struttura per la costruzione e la manutenzione delle piattaforme. Nell'Adriatico sono già in funzione decine e decine di piattaforme tra grandi e piccole e per quasi tutte l'assistenza è affidata allo Scoglio Olivi che dunque ha già acquisito notevole esperienza nel settore. Il presidente della direzione aziendale Gianni Rossanda manifesta un certo ottimismo: «L'esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti marini - dice - è un'opportunità che dobbiamo cogliere al volo». «Tale prospettiva - aggiunge - richiede tecnologie sofisticate che sono in linea con le strategie di sviluppo dello stabilimento». «L'esperienza finora acquisita con le navi draga - così ancora Rossanda - sarà sicuramente preziosa». Secondo Rossanda nelle nuove operazioni nell'Adriatico ci sarà posto anche per le piccole aziende che già lavorano nell'orbita dello Scoglio Olivi. Va ricordato che nel 2013 il cantiere ha realizzato utili per 15,5 milioni di euro, un risultato ritenuto eccellente per un anno definito di transizione visto che ha acquisito il cantiere Tre maggio di Fiume, diventando cosi una delle colonne della produzione industriale nell'area istro quarnerina.

(p.r.)

 

 

L’acqua a 49 gradi scalderà sei edifici a Grado
Lo scavo del secondo pozzo per la geotermia ha consentito di raddoppiare l’energia disponibile
GRADO Acqua a 49 gradi di temperatura. È un risultato che va oltre le previsioni, quello ottenuto con lo scavo del secondo pozzo per la geotermia, giunto fino a una profondità di 1.200 metri. Ciò consentirà di riscaldare sei edifici pubblici anziché i tre inizialmente previsti, a fronte di un risparmio annuo di circa 70mila euro. Aver trovato l’acqua calda è da considerarsi un grande successo. «Anche perché – afferma l’assessore ai Lavori pubblici, Riccardo Ronchiato - si potranno considerare pure nuovi utilizzi, come nell’ambito termale e balneoterapico». Questa importante risorsa potrà essere sfruttata tutto l’anno. Durante l’inverno come riscaldamento per gli edifici pubblici, e per il resto dell’anno mettendola a disposizione, ad esempio, dell’Ospizio Marino. I lavori per completare l’impianto sono in completamento e il protrarsi dell’intervento è stato dettato proprio dalla volontà di raggiungere risultati che, spiega Ronchiato, «in fase progettuale erano inaspettati, ma con il proseguo dei lavori sono stati ritenuti possibili». «Sicuramente – aggiunge l’assessore - il disagio recato agli abitanti dei rioni coinvolti è stato l’aspetto più difficile da risolvere. Tuttavia, grazie alla pazienza dei residenti e al loro buonsenso, oggi possiamo dire di essere uno dei pochi comuni virtuosi in Italia». Ronchiato sottolinea, infatti, che Grado è l’unico comune del Nord a vantare un impianto geotermico di questa dimensione. Il riferimento è agli edifici che si potranno riscaldare. Ai tre immobili iniziali (l’istituto alberghiero, la palestra di via Fiume e l’auditorium Biagio Marin) che usufruiranno del teleriscaldamento già a gennaio, si sono aggiunti anche la scuola media, l’ufficio tecnico e la biblioteca, per i quali il teleriscaldamento verrà attivato nell’autunno 2015. «In termini economici – evidenzia Ronchiato - per l’ente, e quindi per i nostri concittadini, si tratta di un risparmio di circa 70mila euro annui. Fondi che potranno essere utilizzati per la manutenzione del territorio, oppure per ampliare l’attuale impianto geotermico, creando nuovi pozzi in altre parti della città per arrivare ad alimentare tutti i 20 edifici pubblici, con un risparmio complessivo annuo di 300mila euro».

Antonio Boemo

 

 

Ecologisti - Fareambiente rielegge Cecco alla guida

L’assemblea regionale del movimento ecologista FareAmbiente conferma ai vertici Giorgio Cecco e rinnova per la prima volta dopo la modifica dello statuto il coordinamento in Fvg: ne fanno parte Marco Pini (Udine), Federico Villa (Gorizia), Marzia Zappetti (alto Friuli), Fulvio Tamaro (Responsabile Comitato Scientifico) e Fabio Coretti (Responsabile Eventi).

 

 

 

 

Trieste All News - DOMENICA, 23 novembre 2014

 

 

Ferriera, “Nosmog onlus”:” cambia la proprieta’ ma l’inquinamento resta.

A giugno valori di benzoapirene superiori del 60% al limite di legge. A ottobre record dell’inquinamento da benzene”

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 novembre 2014

 

 

Silos, “riesumato” il progetto per il centro congressi

Coop Nordest e Unieco tornati in Municipio per portare a compimento l’operazione di ristrutturazione entro il 2018: prevista una sala con mille posti
APPENA IN TEMPO Il via ai lavori prima che scadesse l’accordo di programma firmato nel 2009. Investimento preliminare di 10 milioni
Prima che scadessero i tempi dettati dall’accordo di programma firmato nel lontano 2009, prima che l’investimento preliminare da 10 milioni di euro andasse perduto, prima che la struttura molto abbandonata diventasse sempre più spesso “casa di cartone” per i senzatetto e i profughi in attesa di miglior ricovero, con pericolo di nuovi incendi e naturale degrado proprio a un passo dalla stazione ferroviaria, Coop Nord Est (che a Trieste ora sta facendo anche operazione di salvataggio per le Cooperative operaie) e il socio Unieco uniti nella Silos spa sono tornati in Municipio portando notizie e impegni: la ristrutturazione dei 45 mila metri quadrati del Silos si riprende e si porta a compimento. Conclusione dei lavori, stavolta, per il 2018. Gli ottimismi iniziali anni fa lo avevano dato attivo per il 2012 o 2013. Dentro troveranno posto, ed è confermato, un grande centro commerciale, residenze e parcheggi e il così atteso centro congressi da 1000 posti (più altri circa 500 suddivisi in tre sale minori), con un foyer da 1000 metri quadrati che raddoppia quello esistente alla Stazione marittima. Ci vorrà da oggi, quando gli uffici tecnici del Comune sono già al lavoro, al giorno in cui si potrà rilasciare il permesso a costruire almeno un anno per la serie di permessi, autorizzazioni, minimi aggiustamenti di progetto e amministrativi. Cantiere entro il 2015? Questo ha messo in agenda il sindaco Roberto Cosolini che promette «la massima disponibilità ad accompagnare il percorso, perché l’attività congressuale è estremamente importante per il turismo e per l’economia di Trieste». Tanto è diventato chiaro, che proprio per domani lo stesso sindaco ha convocato a una riunione gli attuali organizzatori delle attività di congresso, da tempo in lite per l’uso della sede e piuttosto scoordinati («è successo a Trieste terminal passeggeri e Promotrieste di organizzare lo stesso evento per lo stesso cliente all’insaputa l’uno dell’altro, si può capire che sconcerto hanno suscitato» ricorda Cosolini). Dunque il presidente di Ttp Antonio Paoletti, l’amministratore delegato Franco Napp, la presidente di Promotrieste Gabriella Kropf e imprenditori del settore saranno “seduti” a chiarire concreti percorsi: «Dovremo definire per il periodo che ci separa dal 2018 - illustra Cosolini - chi fa che cosa, con quali calendari e spazi, e interventi di miglioramento, quali criteri di gestione, e capire se le crociere davvero impediscono la convivenza dei congressi alla Stazione marittima, io credo sia un fatto di organizzazione». L’intervento al Silos rallentato nel 2010 da una vasta e inaspettata bonifica da amianto e macerie era calcolato in 100 milioni, lievitati poi a 120, cifra oggi probabilmente da aggiornare di nuovo. La Silos spa aveva più volte lasciato intendere che la crisi aveva compromesso gli accordi con altri partner commerciali, Cosolini si fa interprete di un’opinione contraria: «I partner li hanno sempre avuti, a noi la soddisfazione di veder ripartire un intervento così importante, e soprattutto di avere certezza sulle sale. Da cui è stato cancellato il palcoscenico, per avere più posti a sedere. Con l’assessore Kraus (Sviluppo economico, ndr) e gli uffici abbiamo lavorato tantissimo per la riapertura del cantiere, l’economia dei congressi è troppo importante».

Gabriella Ziani

 

Costruito nell’800 servì da asilo ai profughi istriani

Costruito dall’Austria a metà ’800 per servire da deposito di granaglie e con un treno merci che ci passava sopra, sostenuto da forti pilastri, il Silos è un pezzo di storia triestina: lì in una lunga e mesta emergenza vissero molti profughi istriani e la miglior testimonianza è il libro-memoria di Marisa Madieri “Verde acqua”. Dopo l’abbandono, un’ampia parte finì distrutta da un tremendo incendio, nell’ala verso città vi furono sistemati il parcheggio coperto tuttora funzionante e la stazione delle autocorriere dopo la trasformazione della precedente sede in teatro, la Sala Tripcovich. L’acquisto da parte di Coop Nord Est con l’ipotesi di un megacentro commerciale, e annessi servizi per meeting e wellness, è del 2000. Nel 2009 fu firmato l’accordo di programma che metteva d’accordo tutti gli enti. Da allora la stasi e il degrado.

 

 

Perplessità degli operatori di MarTer sul progetto del minirigassificatore

Le preoccupazioni degli operatori sul possibile impatto dell’impianto di rigassificazione di SmartGas sui traffici del porto di Monfalcone sono legittime. Lo ribadisce l’amministratore delegato di MarTer Raffaele Bortolussi al rientro da un viaggio di lavoro all’estero che lo ha tenuto lontano una decina di giorni da Monfalcone. «Esprimendo una posizione non solo personale ma a nome di Assoterminal, associazione che rappresenta le imprese portuali autorizzate dall’articolo 16 della legge 84 del 1994 - ricorda -, ho già affermato che, pur non essendo contrari al progetto Smart Gas, gli operatori sono però preoccupati dell’ipotesi di collocazione dell’impianto nell’ambito dell’area portuale, in particolare della banchina per le navi gasiere che andrebbe a creare forti limitazioni ai traffici portuali commerciali destinati alle attuali banchine di Portorosega».

(la.bl.)

 

 

Sale il livello delle maree Mediterraneo a rischio
Allarme lanciato dagli esperti dell'università spagnola di Cantabria - Dal 1989 registrato un aumento medio di un millimetro ogni anno
A detta degli studiosi, se negli ultimi 20 anni il livello del mare si è innalzato, la corrente meteorologica è invece diminuita tra il 1948 e il 1989.Al largo degli oceani la marea è di circa 1 metro, lungo le coste può arrivare a 14 metri, come a Mont Saint Michel (Francia), o superare i 19, come a Fundy in Canada.Secondo gli esperti, quando l’onda di marea giunge in prossimità della costa trova una minore quantità d’acqua, e la sua energia genera un’onda più alta.ROMA Era un’ipotesi scientifica, adesso è una certezza. Le acque del mare, almeno per le zone che ci riguardano, sono al limite dell’esondazione. Scatta infatti un nuovo allarme sull'innalzamento del livello del Mediterraneo: secondo una nuova banca dati sviluppata dall'università spagnola di Cantabria, tra il 1989 e il 2009 la marea meteorologica sarebbe aumentata ogni anno di oltre 1 millimetro in diverse aree del Mare Nostrum. Il mare si è innalzato anche nell'Atlantico, ma con un ritmo inferiore: meno di 0,5 millimetri all'anno. «La marea meteorologica - ha spiegato Alba Cid, autore principale dello studio - è la variazione del livello del mare che deriva dai cambiamenti atmosferici o, più precisamente, dai cambiamenti nella pressione atmosfera e nel vento sulla superficie marina». A confortare gli studiosi, del resto, I ricercatori hanno riportato le variazioni del livello del mare avvenute in 62 anni, dal 1948 al 2009, in una nuova banca dati, il Global Ocean Surges, utilizzando poi uno strumento di simulazione. Nello studio, pubblicato su 'Climate Dynamics', i ricercatori hanno generato due serie storiche (una a lungo termine e una ad alta risoluzione) delle maree meteorologiche nell'Atlantico e nel Mediterraneo. Secondo gli studiosi, se negli ultimi 20 anni il livello del mare si è innalzato, la corrente meteorologica è invece diminuita tra il 1948 e il 1989. In particolare, il livello del mare è sceso ogni anno di 0,35 mm sulla costa africana dell'Atlantico, la costa adriatica e il nordest del bacino orientale del Mediterraneo. Questa tendenza è ancora più debole sulla costa spagnola del nord dell'Atlantico e lungo la costa africana del bacino orientale. I ricercatori hanno riscontrato anche differenze tra l'estate e l'inverno. Nei mesi più freddi la tendenza della marea meteorologica è negativa; questa diminuzione del livello del mare è più evidente (1 mm all'anno) nel centro del Mediterraneo e nell'Adriatico. La marea meteorologica sale invece nel periodo più caldo, soprattutto nel nord Atlantico, la costa spagnola del Mediterraneo e la costa tunisina. Per corroborare i risultati di queste simulazioni numeriche, i ricercatori hanno confrontato le informazioni prodotte ogni ora dal 1948 al 2009 in 58 località sulle coste di Spagna, Portogallo, Francia, Italia, con informazioni ottenute da misuratori di maree e satellite. «I risultati - ha detto ancora Cid - ci hanno permesso di calcolare i trend di lunga data». Secondo gli esperti, quando l’onda di marea giunge in prossimità della costa trova una minore quantità d’acqua, e la sua energia viene convogliata a generare un’onda più alta. Se poi c’è un’ insenatura, l’onda, procedendo verso zone sempre più strette, aumenta ulteriormente in altezza. Così al largo degli oceani la marea è di circa 1 metro, ma lungo le coste può arrivare a 14 metri, come a Mont Saint Michel (Francia nord-occidentale), o superare addirittura i 19, come nella baia di Fundy (Canada orientale).

 

 

Parte la lotta allo spreco del cibo - Un’apposita “Carta” sarà piattaforma comune per i governi dell’Ue
ROMA La lotta allo spreco alimentare come priorità del Governo italiano e delle istituzioni europee, in un continente che spreca ogni anno oltre 100 tonnellate di cibo e in un mondo che getta via lungo tutta la filiera alimentare un terzo degli alimenti prodotti. Dall'allarme per questi dati e dalla necessità di attivare nuove buone pratiche nasce «Stop food waste. Feed the planet», convegno internazionale promosso dal ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, che si terrà domani a Bologna. Nell'occasione verrà tenuta a battesimo la «Carta di Bologna contro lo spreco alimentare», ideata nel contesto del Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti presieduto dall'agroeconomista triestino Andrea Segrè, per definire azioni comuni tra gli Stati in tema di contrasto allo spreco alimentare in Europa. «La Carta di Bologna, primo documento ufficiale del Governo italiano in tema di sprechi alimentari prodotto proprio nel semestre di Presidenza europea, - si legge in una nota - è stata condivisa nei giorni scorsi con i Governi Europei e con l'Hlpe on Food Security and Nutrition della Fao, e sarà ulteriormente portata all'attenzione, in forma partecipata, delle nazioni che hanno aderito ad Expo, così da diventare piattaforma comune di lavoro per i Governi del pianeta in tema di spreco alimentare». Il documento verrà presentato per l'adozione congiunta e rientra appunto fra le iniziative organizzate nell'ambito del semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea ed è curato con la segreteria tecnico-scientifica del Piano nazionale di prevenzione degli sprechi alimentari (Pinpas) e il Dipartimento di scienze e tecnologie agroalimentari dell'Università di Bologna. Nel mondo oggi un terzo del cibo prodotto finisce sprecato ogni anno lungo la filiera alimentare e 805 milioni di persone risultano ‘cronicamente sottonutrite’. Lo spreco annuo di cibo sul pianeta vale una volta e un terzo l’intero Pil italiano, ovvero 2060 miliardi € (Pil 2013: 1560 miliardi €) inclusi i costi sociali, ambientali ed economico-produttivi.

 

 

Un abbraccio all’albero malato prima dell’abbattimento  - alunni dell’Ic San Giovanni

Venerdì, nella giornata nazionale promossa da Legambiente “Abbracciamo un albero” i bambini di alcune classi delle scuole primarie dell’Ic San Giovanni hanno abbracciato il vecchio albero della Rotonda del Boschetto che verrà a breve tagliato poiché ammalato e da cui si ricaverà una scultura. L’albero ha ospitato per molti anni in passato la vecchia mussolera. I bambini l’hanno prima abbracciato e poi hanno lasciato dei biglietti di saluto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 novembre 2014

 

 

Accordo per la Ferriera, salvi 410 posti

Firmato a Palazzo Chigi davanti a Renzi il documento per il rilancio e il risanamento dell’area di Servola
TRIESTE C’è chi ci mette la firma. E chi la faccia. In piena mischia sul Jobs act, Matteo Renzi benedice l’Accordo di programma sulla Ferriera agganciando Trieste al treno dell’attualità nazionale. Il premier l’autografo non lo doveva fare. Ma non poteva mancare l’occasione di esserci nel momento in cui altri (in testa Debora Serracchiani, il suo braccio destro nel Pd) l’avrebbero messo su un patto che consegna a Trieste il riassorbimento di più di 400 lavoratori (380 già reimpiegati, altri 30 entro fine anno) e investimenti per 211,5 milioni, di cui 41,5 della Regione (per duemila metri di barrieramento a mare e sistemi di drenaggio e depurazione delle acque) e 170 del Gruppo Arvedi. Soldi destinati tra l’altro al promesso risanamento ambientale (in un mese la proprietà si è impegnata ad avviare interventi di prevenzione e a presentare progetti di messa in sicurezza e smaltimento rifiuti), al rilancio dell’acciaio magnetico per motori elettrici e e alla creazione di una banchina intermodale attigua alla futura Piattaforma logistica. Tutte cose annunciate, più o meno. Già note nella città della Ferriera, meno altrove. Una fumata bianca, tanto per restare in tema, attesa. Il che ha fatto della presenza del capo del Governo la vera notizia di giornata, per lo meno a Trieste. «Oggi accordo con Regione Fvg e Arvedi per la Ferriera di Trieste. Salvati 410 posti di lavoro diretti e oltre un migliaio in indotto. #bastainsulti», recitava il tweet di Renzi dopo le foto di rito a Palazzo Chigi. «Si salva il lavoro tenendo aperte le fabbriche, non facendo discussioni: si salva il lavoro risolvendo le crisi industriali e non giocando a chi urla più forte», aveva dichiarato poco prima. Accanto a lui, e al viceministro dello Sviluppo economico Claudio De Vincenti, i firmatari dell’Accordo di programma per la messa in sicurezza, la riconversione industriale e lo sviluppo economico produttivo dell’area della Ferriera di Servola: i ministri dell’Ambiente Gian Luca Galletti e dello Sviluppo economico Federica Guidi, la governatrice della Regione Serracchiani, la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi (stavolta il suo autografo è stato subitaneo) e Giovanni Arvedi in persona per la Siderurgica Triestina, la Srl controllata della FinArvedi fresca di acquisto della Ferriera. «L’Italia oggi non ha più l’acciaio elettrico, lo avremo a Trieste», ha ribadito lo stesso cavalier Arvedi. «Abbiamo fatto - così Serracchiani - un lavoro di squadra. Insieme a lavoratori, sindacati, Arvedi, istituzioni locali e Governo abbiamo trovato un punto di equilibrio che ha consentito di risolvere in poco più di un anno una crisi industriale complessa, una tra le più gravi del Paese, con la continuazione di un’attività industriale ma soprattutto, nell'interesse dei nostri cittadini, con il risanamento ambientale di un sito messo fortemente alla prova dalle produzioni». L’onorevole Ettore Rosato ha osservato poi in una nota che «l’accordo con Regione e Arvedi rappresenta un segnale concreto del Governo per la ripresa industriale di un’area che era fortemente a rischio». «Un risultato straordinario per Trieste e i triestini, per il Friuli Venezia Giulia e l’intero Paese, per il quale oggi rappresentiamo un modello e un esempio di successo», l’ecodei segretari regionale e provinciale del partito di Renzi Antonella Grim e Stefan ‹ok. L’ultima parola al sindaco Roberto Cosolini: «Si va oltre la conclusione di altre crisi complesse, gestite per minimizzare l’impatto delle chiusure aziendali in un determinato territorio. Da oggi esistono tutte le condizioni per dar corso agli investimenti tanto industriali quanto ambientali. Lo dico perché c’è una comprensibile impazienza, tra i cittadini, di vedere i risultati di questa svolta».

Piero Rauber

 

 

Greensisam, l’Authority deve pagare 1,7 milioni
La sentenza del Tar sul ricorso presentato dalla società di Maneschi: spettava alla Torre del Lloyd rilasciare l’autorizzazione a costruire
Undici milioni, che era quanto la società aveva richiesto come risarcimento, no. Ma oltre un milione e 700mila euro, che sono comunque una cifra non indifferente, sì. È quanto l’Autorità portuale dovrà restituire a Greensisam se quest’ultima effettuerà i lavori di riconversione dei primi cinque magazzini del Porto Vecchio dei quali ha ottenuto la concessione ancora nel 2001. Il Tribunale amministrativo regionale (Umberto Zuballi presidente, Enzo Di Sciascio e Alessandra Tagliasacchi) ha infatti accolto il ricorso con cui la società di proprietà di Pierluigi Maneschi e che ha Gennaro Albamonte come rappresentante legale chiedeva un maxirisarcimento per il mancato rilascio del permesso a costruire. Ricorso accolto nei confronti dell’Authority, ma non del Comune. «L’Autorità portuale - osservano i giudici nelle proprie conclusioni riassuntive - ha sottoscritto una concessione novantennale alla ditta ricorrente nell’ambito del Porto Vecchio, area demaniale e di porto franco, per realizzare e gestire alcune opere private incluse nella nozione di portualità allargata. Tra gli obblighi previsti dalla concessione vi era l’indizione di una Conferenza dei servizi decisoria. Quest’ultima peraltro si è conclusa senza il rilascio di un’Autorizzazione unica che avrebbe dovuto includere anche il permesso a costruire e i relativi pareri. Il permesso a costruire invece è stato rilasciato autonomamente dal Comune di Trieste il 31 luglio 2014. Il mancato rispetto da parte dell’Autorità portuale degli obblighi derivanti dalla concessione ha causato un danno ingiusto alla ditta ricorrente. In via equitativa questo Collegio - continua il Tar - quantifica il danno nella differenza tra i canoni ridotti stabiliti dalla concessione per i primi cinque anni e il canone intero previsto dal sesto anno, per il lasso di tempo che intercorre tra l’inizio del sesto anno e il rilascio del permesso a costruire». La concessione prevedeva per i primi cinque anni un canone provvisorio di 60mila euro all’anno più un canone ricognitorio di 296 euro all’anno. A far data dal sesto anno viene invece stabilito un canone ordinario di 427mila 934,63 euro all’anno. In base a quanto stabilito dal Tar, relativamente a un primo calcolo l’Autorità portuale dovrà ora restituire a Greensisam una somma che supera il milione e 700mila euro. Non sarà però tenuta a restituire nulla se la concessione verrà lasciata decadere o se non verranno fatti i lavori. «Per salvaguardare l’interesse pubblico all’attuazione della concessione e conformemente all’atto concessorio stesso - si legge ancora infatti nella sentenza - l’erogazione del risarcimento è condizionata al permanere in essere della concessione e viene collegata agli stati di avanzamento dei lavori». Tutte le clausole rimarranno invece logicamente in vigore nel caso del passaggio di mano della società. Pierluigi Maneschi ha recentemente confermato che le trattative per la cessione di Greensisam, sembra a un gruppo finanziario europeo, sono a buon punto, ma che la vendita non è stata ancora perfezionata. Ma la sentenza scagiona il Comune contro il quale, in seconda battuta, Greensisam aveva presentato ricorso. «Le opere da realizzarsi da parte della ditta ricorrente - affermano i giudici - non sono di interesse pubblico e nemmeno ovviamente pubbliche in quanto si tratta di attività commerciali, ad uso ufficio, diportistico e alberghiero residenziale. Si tratta di attività di carattere imprenditoriale privato». «Non può condividersi sul punto la posizione dell’Autorità portuale e della Regione, mentre appare corretta quella del Comune», sottolinea il Tar, concludendo che «spettava all’Autorità portuale emettere l’Autorizzazione unica».

Silvio Maranzana

 

Cosolini: riconosciuta la coerenza del Comune
Il sindaco sottolinea come i giudici abbiano condizionato il risarcimento all’effettuazione dei lavori
La sentenza del Tar sulla causa intentata da Greensisam che da anni intendeva partire con i lavori nei primi due magazzini del Porto Vecchio da adibire rispettivamente a garage e a spazi per uffici e negozi, scagiona completamente il Comune e su questo è intervenuto ieri sera il sindaco Roberto Cosolini. «Prendo atto con soddisfazione - ha affermato il sindaco - che il comportamento del Comune è stato riconosciuto come corretto e coerente. Mi sembra infatti che anche il Tar sottolinei come quelle progettate da Greensisam siano opere private soggette al permesso di costruire. Le diverse interpretazioni hanno invece innescato una diatriba che ha portato via parecchio tempo e che ha provocato un danno non indifferente alla società che intendeva investire. Talvolta quelle che vengono indicate come delle scorciatoie si rivelano in realtà strade più tortuose. Dispiace soltanto - continua il ragionamento Cosolini - che il ricorrente abbia messo sullo stesso piano tutte le istituzioni (il ricorso è stato fatto sia contro l’Autorità portuale che il Comune, ndr.), senza distinguere invece le posizione dei diversi enti come hanno fatto poi i giudici nella sentenza». Ma c’è anche un secondo lato positivo secondo il sindaco in questo pronunciamento del Tar . «È il fatto che il risarcimento venga condizionato all’effettiva realizzazione con avanzamento nei tempi stabiliti dei lavori il che impedisce che l’investitore rinunci una volta ottenuto quanto è stato definito. Un aspetto questo che rende oltretutto questa sentenza estremamente innovativa». Le considerazioni del sindaco, stavolta in termini meno entusiastici, si estendono anche all’altra sentenza, quella che ha portato all’accoglimento del ricorso avanzato da Europa multipurpose terminal di Francesco Parisi contro la nuova concessione alla Samer seaports&terminals, concessione, come si rileva nell’altra pagina approvata dal Comitato portuale in cui sedeva lo stesso Cosolini con i soli voti contrari dei rappresentanti delle imprese ferroviarie e della Provincia. «In Comitato avevamo invano chiesto che fossero illustrati i contenuti di una perizia ordinata per verificare che gli investimenti della Samer non ostacolassero gli altri operatori. Se così fosse stato effettivamente fatto - chiude Cosolini - probabilmente il ricorso sarebbe stato evitato».

(s.m.)

 

 

Muggia, gli abitanti chiedono di avere più aree edificabili
Conclusa la raccolta delle osservazioni e opposizioni al nuovo piano regolatore - Il Comune dovrà vagliare i 164 atti depositati. Residenzialità contingentata
MUGGIA Sono complessivamente 164 le osservazioni e opposizioni espresse dai cittadini sul nuovo Prgc di Muggia giunte all'attenzione dell'amministrazione Nesladek. Decorsi i trenta giorni dalla pubblicazione dell'avviso di deposito della Variante sostanziale n. 31 al Piano regolatore generale comunale, ora l'amministrazione comunale può iniziare a pronunciarsi specificamente sulle 85 osservazioni e sulle 79 opposizioni fornite dai residenti muggesani. «Mi sembra che alla luce della grande trasparenza che abbiamo voluto dare al percorso di Piano, attraverso la partecipazione pubblica e la pubblicazione del piano stesso prima della sua adozione, un numero di osservazioni così ridotto rispetto a quelle arrivate per la precedente variante sia una testimonianza dell'apprezzamento che il Prgc ha incontrato anche tra i cittadini», ha spiegato il vicesindaco Laura Marzi. Nella fattispecie la maggior parte delle opposizioni (una cinquantina circa) è relativa a trasformazioni di zonizzazione, con la richiesta di passare da una zona agricola B ad una E edificabile. Dato altrettanto significativo è che l'area più coinvolta è quella di Valle San Bortolo, area che forse rappresenta la parte più cospicua sulla quale è previsto lo sviluppo agricolo. «Abbiamo previsto un aumento di 30 ettari per quanto concerne le zone E - fa sapere Marzi - ma il computo totale proviene dalla conferma, da questo punto di vista, del precedente Prgc, la variante 15, al quale si vanno ad aggiungere le zone C (inedificate destinate a nuovi complessi insediativi, ndr) non realizzati nel corso degli ultimi 10 anni (il tempo, cioè, tra le due varianti, ndr), le zone previste a servizio dell’autoporto mai realizzato in zona Noghere e le zone G, ovvero il prodotto della riduzione del 48% da parte di questa amministrazione delle zone turistiche». Tra le osservazioni, invece, molte riguardano aspetti prettamente tecnici di modifica e sono state presentate da professionisti che suggeriscono altre modalità di approccio alle norme tecniche di attuazione. Un caso fra i più condivisi, ad esempio, è rappresentato dai “capanni agricoli”, ove frequentemente si richiede il ripristino dello scaglionamento in base alle proporzioni dei terreni. Individuando dei macrogruppi fra tutte, uno è senz’altro quello relativo alla zona di Monte San Giovanni e l’altro è quello dell’area di Porto San Rocco. Nel primo caso, è previsto un accordo tra pubblico e privato al fine di migliorare la dotazione di standard quali la realizzazione di una piazza, di verde pubblico, parcheggi, parco urbano, il tutto a costo zero per il Comune. Nel secondo, ci si trova di fronte a delle richieste di revisione della previsione di residenzialità per quella zona che, turistica, non prevede prime case. «Rispetto alle richieste di residenzialità - chiarisce Marzi - non solo di Porto San Rocco, ma in generale di tutto il territorio, secondo le direttive, abbiamo previsto un contingentamento della residenzialità che viene calcolato anche in base agli standard che il Piano ha previsto. Qualora quindi dovessimo aumentare quel valore, dovremmo altresì prevedere un aumento parallelo anche dei corrispettivi standard e questo renderà, come ovvio, particolarmente difficile fare qualsiasi ragionamento a riguardo». Oltre a quanto detto, non sono di certo mancati i casi puntuali e specifici dei singoli. «Sarà nostra cura valutare puntualmente tutte le osservazioni e le opposizioni pervenute, caso per caso – ha concluso il vicesindaco – e l’istruttoria prevederà il raffronto di ciascuna con la struttura sulla quale è retto il Piano Regolatore. Se sostenibili, non vedo perché non possano essere accolte»”.

Riccardo Tosques

 

Autorecupero di case sfitte: una sfida che va affrontata
L’INTERVENTO DI GIOVANNI BARBO, TIZIANA CIMOLINO, ROBERTO DECARLI (consiglieri comunali)
Il tema della casa è sempre più di attualità. La settimana scorsa è stato presentato il bilancio sociale dell'Ater e, in base ai dati presentati, ci preme evidenziare un paio di concetti: il primo è che non è vero che “gli stranieri ci rubano le case”, rappresentando loro soltanto il 6% degli assegnatari degli alloggi; il secondo è il numero di alloggi sfitti, circa 600. Discorso a parte meriterebbe la situazione di stallo riguardante Largo Niccolini, rispetto alla quale auspichiamo si trovi rapidamente una soluzione. Tornando al numero degli alloggi sfitti, questo è almeno in parte fisiologico e dovuto alla turnazione, è vero, cionondimeno non può non indurre a riflettere, o meglio a proseguire nella riflessione già avviata a livello comunale riguardante la possibilità di autorecupero degli alloggi da parte degli inquilini. Condividiamo, a questo proposito, il contenuto della segnalazione su Il Piccolo del 13 novembre di Uboni e Kneipp, del resto il consiglio comunale ha votato una mozione che andava esattamente in quel senso e, come citato nello stesso intervento, il Comune e l'Ater hanno avviato un progetto sperimentale di autorecupero di circa 40 alloggi sfitti. È possibile e necessario fare uno sforzo ulteriore, del quale devono essere protagonisti in pari misura la politica e la pubblica amministrazione. È fondamentale che nella nuova legge regionale sull'edilizia residenziale pubblica venga inserito lo strumento dell'autorecupero, ma lo è ancor di più che gli uffici preposti sappiano, poi, tradurre questo intento tenendo conto di una realtà profondamente mutata. Le risorse pubbliche non bastano per mettere a posto se non parzialmente gli alloggi sfitti, i vecchi criteri di assegnabilità vanno superati e sostituiti, idealmente, con quelli della pura e semplice messa in sicurezza. Solo così potrà tornare a disposizione un patrimonio immobiliare di cui c'è quanto mai bisogno, come si evince dal dato di 4500 nuclei familiari in lista d'attesa. Ovviamente il passo non è così semplice e vanno ripensati, a quel punto, strumenti e regolamenti per l'assegnazione, con riferimento alla mutate responsabilità, alla capacità effettiva - da parte dei potenziali inquilini – di recuperare l'alloggio e renderlo vivibile, alla loro possibilità di accedere a forme di credito agevolato. È una sfida che bisogna affrontare assieme, anche con le aggregazioni sociali più severe sul tema, e che riguarda l'orizzonte più ampio del recupero e del riuso degli spazi pubblici inutilizzati: una strada che siamo obbligatati e percorrere, ma proprio la necessità di inventare nuovi paradigmi può condurre ad un uso più virtuoso del bene pubblico.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 novembre 2014

 

 

Ferriera, oggi a Roma l’Accordo di programma

Sarà firmato dai ministri Galletti e Guidi assieme a Serracchiani, Monassi e Giovanni Arvedi
Si compie oggi il penultimo atto per l’avvio della riconversione dell’area di crisi industriale complessa di Trieste che comprende Servola e l’Ezit. Viene infatti sottoscritto oggi a Roma, a palazzo Chigi, l'Accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell'area dello stabilimento della Ferriera di Servola. Lo ha reso noto ieri sera la Giunta del Friuli Venezia Giulia con una nota in cui ha specificato che «il documento sarà firmato dal ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, dal ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, dalla presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, dalla presidente dell'Autorità portuale di Trieste, Marina Monassi, e da Giovanni Arvedi per conto della Siderurgica triestina srl, la società controllata da Finarvedi Spa, che ha recentemente rilevato da Lucchini spa la Ferriera. Compiuto anche questo passaggio che sbloccherà anche gli investimenti pubblici per i primi interventi di bonifica e di messa in sicurezza che saranno eseguiti da Invitalia, resterà da superare ancora un ultimo step, quello relativo alla concessione per trent’anni dell’area demaniale a Siderurgica Triestina che è stata chiesta all’Autorità portuale, ma che deve essere approvata anche dal Comitato, presumibilmente nella prossima seduta. Pressoché parallelamente dovrebbe insediarsi nel ruolo di commissario straordinario per l’attuazione degli Accordi di programma la presidente della Regione Debora Serracchiani. La sua nuova investitura verrà più o meno a coincidere con l’esaurirsi al vertice dell’Authority del mandato di Marina Monassi, il che dovrebbe evitare future conflittualità sull’area che, conglobando la banchina di Servola rafforzata da Arvedi con la nuova Piattaforma logistica i cui lavori sono teoricamente partiti nei giorni scorsi dovrebbe costituire un avveniristico megaterminal del futuro. Lo stesso comunicato della Regione ieri serà dava però per certa la presenza oggi a Palazzo Chigi di Monassi che in occasione del primo Accordo di programma aveva inviato a Roma il segretario generale facente funzioni Walter Sinigaglia invitandolo poi, in prima battuta, a non firmare.

 

 

Bimbi, facciamo la Festa all’albero
Giochi e laboratori dal Giardino pubblico alle biblioteche comunali
Oggi in tutta Italia si celebra la Festa dell’albero. Verranno piantati centinaia di giovani alberi lungo la Penisola per rendere le città più verdi e vivibili. Ma il protagonista dell’edizione 2014 sarà l’abbraccio all’albero. L’iniziativa promossa da Legambiente «per accendere i riflettori sul patrimonio nazionale di biodiversità e per gratitudine verso i nostri amici. Vogliamo battere il Guinness World Record per il più grande abbraccio simultaneo agli alberi». E anche Legambiente Trieste partecipa all’iniziativa: in collaborazione con Bioest, alle 16 in piazza Hortis, propone “Letture sotto l’albero” e un momento di canto con le Canterine di Trieste. Non è mica finita. Alle 9.30, nel piazzale del cinema del Giardino pubblico, sarà allestito “Il bosco del respiro” e saranno accolti i bambini delle scuole. Le iniziative proseguiranno poi (dalle 10 alle 11.30) con “Passeggiare per conoscere gli alberi cittadini” e “Girotondo attorno agli alberi” e ancora (dalle 10.15 alle 11.30) “James Vermino, ambasciatore del terriccio universale” e “Verme anch’io: il riciclo dell’umido a Trieste”. E dalle 14 alle 15, per bambini dai 9 agli 11 anni, si andrà alla scoperta degli alberi del Giardino. Ancora: dalle 9.30 alle 11.30, al Museo di Storia naturale, laboratorio didattico per bambini dai 9 agli 11 anni sulle collezioni botaniche, mentre dalle 15.15 alle 16, all’Orto botanico “Alberi in forma” e “Passeggiare alla scoperta degli alberi”. Il tributo all’albero si espande anche alla Biblioteca Gambini (9-12), alla Mattioni (9.30-10.30) e con la pennellata artistica al Miela, dalle 14.30, dove è in programma la pellicola premio Oscar del 1988 “L’uomo che piantava gli alberi”, preceduta da una lettura dell’attore Julian Sgherla.

 

 

 

 

GREENSTYLE.IT - GIOVEDI', 20 novembre 2014

 

 

Fotovoltaico: celle solari più economiche grazie alla pirite

L’industria solare conoscerà una crescita record nei prossimi anni, grazie al boom del fovoltaico nelle economie emergenti e alla forte spinta sulle fonti rinnovabili dei Paesi industrializzati, intenzionati a ridurre le emissioni di gas serra.
Per sostenere questa crescita a livello globale è essenziale trovare nuovi materiali più flessibili ed economici per la produzione delle celle solari. Al momento infatti si impiega il silicio, una materia prima costosa che va usata allo stato puro.
I ricercatori della University of Wisconsin-Madison pensano di aver individuato la soluzione, sostituendo al silicio la pirite. Questo minerale, presente in abbondanza in natura, è infatti decisamente più economico e potrebbe ridurre notevolmente il costo finale di un impianto fotovoltaico. Il problema principale dei film fotovoltaici in pirite è che hanno un’efficienza di conversione molto bassa. Gli scienziati finalmente hanno trovato un modo per migliorarne il rendimento.
Oggi i film fotovoltaici in silicio sono spessi e necessitano di materie prime pure, il che rende il processo di produzione costoso e ad alto consumo energetico. Un film in pirite di ferro e zolfo, invece, potrebbe essere 1000 volte più sottile e assorbire in modo altrettanto efficiente la luce solare.
All’interno della struttura cristallina della pirite, alcuni difetti, intrinseci alle proprietà del materiale, riducono l’efficienza delle celle solari. Ora che i ricercatori conoscono la ragione dell’inefficienza dei film fotovoltaici in pirite possono studiare soluzioni per aggirare il problema e poter finalmente produrre celle fotovoltaiche a basso costo. Come illustra uno degli autori, il professor Song Jin:
L’efficienza di una cella solare fotovoltaica può essere giudicata sulla base di tre parametri e le celle solari in pirite sono quasi totalmente carenti in uno di questi: la tensione. Senza una tensione, una cellula non può generare alcuna potenza. Tuttavia, sulla base dei parametri essenziali del materiale, la pirite di ferro potrebbe essere un’ottima materia prima per l’industria solare.
I risultati dettagliati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Journal of the American Chemical Society.
Marco Mancini

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 novembre 2014

 

 

«Krsko a rischio sisma, l’Italia si attiv

Un’interrogazione parlamentare riapre la questione dei pericoli della centrale nucleare alla luce delle ultime ricerche
Quattro esperti Mesi fa scienziati triestini hanno inviato una nota d’allarme alla governatrice Serracchiani
BELGRADO La centrale nucleare di Krsko, attiva dal 1982, è stata costruita sottostimando il rischio sismico dell’area in cui è stata eretta? Se è così, ha senso il solo pensare al “raddoppio” dell’impianto, al progetto Krsko-2, centrale tre volte più potente dell’attuale, da realizzare in futuro non lontano dalla prima? Sono domande non banali – vista anche la prossimità della centrale ai confini italiani – che circolano da tempo fra gli addetti ai lavori. Domande che sono state riprese a settembre in un’interrogazione parlamentare presentata da Aris Prodani (M5S) e ribadite nei giorni scorsi da Serena Pellegrino (Sel). Nell’interpellanza di Pellegrino al ministero italiano degli Esteri e al dicastero dell’Ambiente, la più recente, si colgono dubbi e timori. Pellegrino è partita dal celebre rapporto dell’Istituto francese di radioprotezione e sicurezza nucleare Irsn, che nel 2013 aveva giudicato «il sito di Krsko inadatto alla costruzione del nuovo impianto a causa del rischio sismico», si legge nel testo dell'interpellanza. L’Irsn – che per dissidi con l’Agenzia slovena per la sicurezza nucleare e la Gen Energija, gestore di Krsko, ha successivamente abbandonato il consorzio per lo studio di Krsko-2 - aveva ai tempi posto l’accento in particolare sui potenziali rischi della faglia di Libna, non adeguatamente studiata ai tempi della progettazione di Krsko, che potrebbero originare seri problemi all’impianto in caso di terremoto, minandone «la sicurezza». L’interrogazione cita l’approfondito studio “Valutazione sismo-tettonica e alcune considerazioni sulla pericolosità sismica dell’area della centrale nucleare di Krsko”, autori due ricercatori dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale e due docenti dell’Università di Trieste, Livio Sirovich, Peter Suhadolc, Giovanni Costa e Franco Pettenati. Studio che era partito da due presupposti preoccupanti. Il primo, le conoscenze geologiche e sismiche dell’area al tempo della costruzione della centrale: sono oggi da ritenersi «obsolete». Il secondo, Krsko sarebbe stata costruita sottovalutando «la massima magnitudo credibile» di un terremoto che si potrebbe verificare nell’area. «La centrale - scrivono i quattro esperti triestini - è l’unica in Europa a trovarsi in una zona con pericolosità sismica medio-alta», dove un futuro sisma potrebbe superare quelli registrati nel 1917 e nel 1924 e verificatisi molto vicino all’attuale centrale (magnitudo rispettivamente 5,7-6,1 e circa 5,2). E persino quelli censiti nella non distante Zagabria (M 6,2-6,3 nel 1880, M 5,6-5,8 nel 1905, M 6,2 nel 1906). Senza dimenticare il grande sisma del 1511 (M 6,9, paragonabile a quello dell’Irpinia) che provocò danni enormi in Slovenia, in Friuli e in Carinzia e che è ricordato negli annali come uno dei più forti e catastrofici nel Vecchio continente. Non è finita. Krsko, secondo le ricerche più moderne, opera in un’area in cui s’intersecano varie faglie, pressoché ignote al tempo della sua costruzione. L’interrogazione presentata da Sel sottolinea inoltre che, in un appunto inviato mesi fa a Serracchiani e citato dal mensile “Konrad”, i quattro ricercatori si erano soffermati sulle verifiche di calcolo divulgate dalle autorità slovene. Stress test ufficialmente superati con successo, che tuttavia segnalerebbero significativi rischi per Krsko. In caso di sisma distruttivo (magnitudo di circa 7-7,2, teoricamente possibile nell’area vicina o sottostante la centrale) l’impianto potrebbe infatti subire «danni gravi», incluse «lesioni alla piscina delle barre e al blocco dei sistemi di raffreddamento». Dubbi e timori che richiedono, per essere dissipati, risposte precise, scientifiche, con nuovi e più accurati test alla centrale e nell’area dove essa sorge. Insomma, la situazione di Krsko va analizzata meglio, la richiesta implicita a Lubiana, unica via per dare risposte alle crescenti preoccupazioni in Italia e nella nostra regione in particolare.

Stefano Giantin

 

 

Task force con il Tesoro per privatizzare le Ferrovie
Parte l’iter che porterà Fs a Piazza Affari entro il 2015 con la cessione del 40% - L’operazione consentirebbe allo Stato di incassare almeno 5 miliardi di euro
ROMA La privatizzazione delle Ferrovie dello Stato muove i primi passi. L’iter che la porterà verso il mercato è cominciato ieri con la nascita di una task force tra ministero dell’Economia, dei Trasporti e tecnici della stessa Fs cui spetta il compito di mettere a punto le misure necessarie ad aprire il capitale della società e alla sua quotazione in Borsa. Ancora nessuna certezza sui tempi, ma verosimilmente l’approdo sui mercati dovrebbe avvenire entro il 2015 o al massimo agli inizi del 2016, con un orientamento prevalente a cedere il 40% della holding. Il campanello di avvio del processo di privatizzazione di Fs è stato suonato nel corso di una riunione cui hanno partecipato, oltre al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, quello dei Trasporti Maurizio Lupi, i vertici delle Ferrovie, oltre che gli staff dei rispettivi ministri e gli uffici competenti. «Spero che la privatizzazione avvenga in tempi rapidi» ha auspicato il titolare di via XX Settembre sottolineando che si tratta di una «importante occasione per valorizzare un’azienda che ha dimostrato di essere motore di modernizzazione del Paese». E al ministro dell’Economia ha fatto eco Lupi secondo il quale la collocazione è un’occasione «per accentuare la missione affidata a Ferrovie, compreso il mandato sul miglioramento del trasporto pubblico locale». Al nuovo gruppo di lavoro congiunto spetterà il vaglio delle diverse possibili ipotesi di privatizzazione, sia che si scelga l’opzione più facile di offrire sul mercato il gruppo nella sua interezza, sia che si pensi di far seguito poi in un secondo momento con la cessione di parti del gruppo. La task force dei tecnici completerà le necessarie fasi di istruttoria sulla pratica di collocamento della società e sarà tenuta poi ad aggiornare via via i vertici politici. È infatti a livello politico che si prenderanno le decisioni sullo sbarco di Fs sul mercato. Secondo vecchi calcoli, l’eventuale cessione del 40% di Fs consentirebbe di incassare almeno 5-6 miliardi. Obiettivo ufficiale del governo è di recuperare dalle privatizzazioni per le proprie casse lo 0,7% del Pil all’anno, circa 10 miliardi di euro, da destinare all’abbattimento del debito. Per quest’anno, però, molto probabilmente questo obiettivo non sarà raggiu (nto, ma) l’ammanco si recupererà nel 2015, con le operazioni di privatizzazione che scavalleranno l’anno. In pista c’è sempre l’ipotesi di cessione di una quota di Enel, per la quale non sono ancora state assunte decisioni sui tempi. Ad oggi le operazioni di privatizzazioni del 2014 sono state: Fincantieri (con un incasso di circa 300 milioni di euro), Cdp Reti (2 miliardi) e Ray Way (circa 300 milioni).

 

Il ruolo della Transalpina nella nuova viabilità triestina
L’INTERVENTO DI MARIO RAVALICO e ALESSANDRO CARMI (consiglieri comunali di Trieste del Pd
Il nuovo piano regolatore generale del Comune di Trieste adottato il 16 aprile di quest’anno, al fine di riqualificare il centro cittadino e contenere l’inquinamento atmosferico, si propone di disincentivare l’uso del veicolo privato favorendo nel contempo la realizzazione di un sistema di trasporto pubblico integrato. Nell’ambito di tale prospettiva di razionalizzazione del sistema della mobilità e a ulteriore conferma degli orientamenti stabiliti dal piano generale del traffico urbano approvato nel 2013, vengono previste adeguate azioni di potenziamento del trasporto pubblico su ferro. Non è assolutamente di poco conto, anzi va sottolineato il fatto che l’amministrazione comunale si esprima chiaramente nel senso della valorizzazione del trasporto pubblico su ferro all’interno del più importante strumento di pianificazione del territorio. Valorizzazione che è resa possibile grazie alla riattivazione e al riutilizzo in modo più efficiente rispetto all’attuale delle linee ferroviarie esistenti ora in disuso o sottoutilizzate. A tale riguardo gli elaborati di piano citano espressamente la necessità di un migliore funzionamento della linea che dalla stazione di Campo Marzio raggiunge Opicina via Rozzol e Guardiella, la nostra vecchia e cara Transalpina, sia per quanto riguarda il trasporto delle persone dalla città all’altipiano e viceversa sia in funzione del trasporto delle merci da e verso il Porto Nuovo in caso di interruzione della galleria di circonvallazione. Afferma ancora il piano regolatore che questo servizio che la Transalpina può e deve garantire, bene si integra con quello metropolitano previsto dal progetto europeo Adria A che ha per tema proprio la modernizzazione, e la velocizzazione dei collegamenti ferroviari nell’anello territoriale comprendente Trieste, Monfalcone, Ronchi dei Legionari, Gorizia, Nova Gorica, Sesana, Divaccia e Capodistria. A questo punto il dialogo con Trenitalia deve farsi sì costruttivo ma allo stesso tempo serrato e deciso e soprattutto corale da parte di tutti per promuovere e concretizzare questi positivi indirizzi di sviluppo. La Transalpina in funzione e a disposizione della città non ha solamente motivazioni nostalgiche e storiche ma è una grande opportunità sia dal punto di vista del trasporto sia dal punto di vista turistico di cui potrebbe diventare un asso nella manica importante in combinato disposto con il Tram di Opicina. Trieste deve far sentire la sua voce in difesa della Transalpina e sostenere l'iniziativa del comitato "Salviamo la Transalpina" è una delle battaglie su cui merita investire energie.

 

 

Da Trieste alle isole Fiji per difendere gli squali
Studentessa di Scienze per l’Ambiente partecipa a un progetto internazionale finalizzato a tutelare una specie minacciata da inquinamento e pesca abusiva
TRIESTE Dall’Università di Trieste all’immensità dell’oceano per partecipare a un progetto internazionale di tutela degli squali del Pacifico. È la splendida avventura che sta vivendo alle isole Fiji Martina Lonati, padovana d’origine, ma friulana d’adozione. Diciannove anni compiuti appena da qualche mese, una fresca maturità scientifica conseguita al liceo “Copernico” di Udine dove vive, Martina frequenta e il corso di laurea Stan, acronimo di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e la Natura, all’ateneo triestino. Da qualche settimana, però, ha lasciato l’Italia per lavorare come volontaria in uno dei progetti della Projects Abroad (www.projects-abroad.it), un’organizzazione no profit che lavora con volontari di tutte le età nei Paesi in via di sviluppo di tutto il mondo, aiutando le popolazioni locali. Cuore del progetto scelto da Martina è la ricerca scientifica e la tutela degli squali del Pacifico. La sua attività si svolge nella zona di Pacific Harbour, sulla costa sud di Viti Levu, la principale isola dell’arcipelago delle Fiji. L’obiettivo è duplice: proteggere la popolazione degli squali, drasticamente decimata dall’inquinamento e dalla pesca abusiva, e accrescere a livello internazionale la consapevolezza della loro importanza per l’ecosistema marino e la sua salute. Lo stesso governo fijiano sostiene pienamente il lavoro di protezione degli squali. «Il mio percorso di studi all’Università di Trieste è diretto verso la biologia marina e quindi – racconta entusiasta, dalle Fiji, Martina - ho deciso di vivere questa esperienza. Amo la natura e i viaggi. Mi sono detta: “Se non ora, quando?”. E mi sono buttata». I volontari vivono assieme in una sorta di comunità e cooperano attivamente con affermati biologi marini. Il lavoro è il più vario: si passa dalle immersioni in zone densamente popolate dalla fauna ittica ai fini di monitorare la popolazione degli squali, censirla e proteggerla dall’inquinamento e dalla pesca abusiva, sino alle ricerche scientifiche e all’educazione della popolazione locale in modo che i villaggi possano diventare autonomi nella tutela della specie. «Ci sono da sfatare molti falsi miti sugli squali: sono animali molto più intelligenti e affascinanti di quanto si possa immaginare. Sono un punto di equilibrio per tutto l’ecosistema marino. Qui, in alcune culture indigene, hanno addirittura una funzione sacra» spiega Martina. E aggiunge: «Sono considerati la reincarnazione di parenti defunti che traghettano le anime dei familiari in paradiso. L’uomo, come al solito, riesce invece a rovinare tutto, per incuria o per profitto». Pochi giorni fa i volontari hanno ricevuto la visita del massimo responsabile del progetto di tutela degli squali del Wwf che si è complimentato per gli importanti risultati scientifici e di sensibilizzazione ottenuti. «Sono piccoli progressi, ma ogni passo compiuto è un passo avanti verso la guarigione e il salvataggio del sistema marino in tutto il mondo» aggiunge la studentessa. Fare la biologa marina è sempre stato il sogno di Martina: «Lo è da quando avevo sei anni. L’elemento acqua mi ha sempre affascinato. Lo Stan di Trieste è la mia strada perché, rispetto a Biologia, si occupa molto più da vicino della zoologia e dell’ecologia dell’ambiente. Ma appena potrò – confida la diciannovenne - andrò a studiare all’estero perchè in Italia, purtroppo, non vedo un futuro brillante per la ricerca. Forse noi italiani siamo penalizzati anche all’estero. Siamo mediamente più indietro ai nostri coetanei europei. Ma magari, con la dedizione al lavoro che ho appreso dai friulani, riuscirò a coronare il mio sogno».

Luigi Murciano

 

 

A ruota libera  - Da Grado a Palmanova sull’Alpe Adria - Tante sorprese lungo la ciclabile che passa per Aquileia

Ripartiamo: ripartiamo da Grado, dove la settimana scorsa vi abbiamo portato a pedalare, nel primo itinerario di questa nuova rubrica A ruota libera. E montiamo in sella di buon mattino, perché oggi ci aspettano 60 chilometri e non tutti pianeggianti: passato il lungo ponte con splendida vista sulla laguna gradese, imbocchiamo la ciclabile Fvg1 Grado - Palmanova. Prima tappa della giornata, Aquileia, dichiarata dall' Unesco Patrimonio dell'Umanità: basta deviare di pochi metri dalla pista ciclabile e la Basilica di Santa Maria Assunta è lì che ci aspetta, con i suoi famosi mosaici paleocristiani, tappa fondamentale nella storia dell'arte italiana. Talmente importante che non te la puoi perdere, nemmeno se credi di essere poco interessato alla cultura! Passate Terzo d'Aquileia e Cervignano del Friuli, la nostra terra ci stupisce ancora: tappa a sorpresa, Strassoldo, che con i suoi due castelli di Sopra e di Sotto è un raro esempio di antico borgo medievale, piccolissimo ma molto ben conservato. Certo, meno noto di Aquileia, ma ai nostri occhi altrettanto affascinante. Mi vien voglia di giocare alla principessa e fermarmi qui, almeno una notte: le stanze per gli ospiti ci sono e non hanno nemmeno prezzi inaccessibili! Ma la meta è ancora lontana e ripartiamo, di nuovo sulla ciclabile Alpe Adria, questa volta tirando dritto fino a Palmanova: varcate le Porte Monumentali della "città stellata" - così chiamata per la sua pianta a stella con 9 punte - arriviamo in Piazza Grande, che sembra quasi troppo vasta per la cittadella che la circonda. Un pranzetto veloce, mentre i turisti fotografano il Duomo e via! Magia pochi chilometri dopo, a Medeuzza, mi fermo di nuovo per una fotografia al volo ad uno dei tanti gioielli quasi sconosciuti della nostra regione: una bella chiesetta che sembra fatta di biscotto! Di nuovo in sella, verso la prossima ciclabile: passata Villanova imbocchiamo la ciclopedonale Versa - Judrio e già si vede Cormons lassù, sulla collina. Prima, l'atteso pit-stop: al Green Point di Cormons possiamo lasciare le city bike noleggiate a Trieste per scambiarle con delle MTB, più adatte alle colline che ci attendono. Da qui partiamo verso il castello di Spessa che fa spettacolo, adagiato su un verdissimo campo da golf. Entriamo in territorio sloveno: "Živijo!" ci salutano da quello che un tempo fu il confine e che ora i paesani utilizzano come sosta pic-nic. Ricambiamo e iniziamo la salita verso un altro castello- fortezza, quello di Dobrovo: e ancora più su, fino al borgo di Šmartno incastonato nelle mura e ridipinto tutto di bianco. Il poeta sloveno Gradnik lo paragona al nido di un' aquila da dove lo sguardo abbraccia un gran panorama.

Chiara Meriani

 

 

“Orto in condotta” per tutti dal nido alla scuola media
Oltre 1.500 fra adulti e bambini coinvolti nel progetto di Comune e Slow Food - I più piccoli hanno imparato a coltivare i 75 spazi verdi a regola d’arte
Insegnare ai più piccoli ad alimentarsi correttamente coinvolgendoli nella coltivazione dell’orto. Un progetto nazionale che il Comune, con la collaborazione dell’associazione Slow Food, sta portando a termine con la partecipazione di ben 75 istituti scolastici. “Orto in condotta”, questa l’iniziativa, sta impegnando oltre 1.500 tra scolari, insegnanti, educatori e parenti nella cura di 75 orti realizzati in diversi spazi cittadini. Un vero successo che ha pochi termini di paragone nel resto della penisola. Adottato a Trieste dall’assessorato all’Educazione guidato da Antonella Grim con la collaborazione della condotta locale di Slow Food, il progetto che si sta articolando in tre annate consecutive è partito nel 2012 con l’obiettivo di favorire nei bambini un approccio consapevole e appropriato con la natura e con la terra che produce e sostenta. Hanno aderito al progetto alunni di tutte le età che frequentano nidi e scuole d’infanzia, scuole primarie e secondarie di primo grado per un totale di oltre una settantina di istituti comunali iscritti. «I bambini, seguiti dagli insegnanti formati da Slow Food e aiutati pure da alcuni familiari, hanno imparato a realizzare e condurre un orto a regola d’arte. Dalla preparazione del terreno alla semina – spiega Donatella Rocco, responsabile comunale della Rete scuole statali – dalla raccolta del prodotto sino alla verifica della sua bontà attraverso l’assaggio finale. Per tutti una grande soddisfazione e un apprendimento diretto e efficace di come il prodotto dell’orto giunga sulla propria tavola a beneficio dell’intera famiglia». Tra i momenti da ricordare del progetto, la grande tavolata organizzata dal Comune nella Galleria del Tergesteo lo scorso giugno in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente. Almeno un centinaio di bimbi, seguiti dai propri insegnanti, familiari e addetti comunali, hanno pranzato allegramente assieme al sindaco Cosolini con una “zuppa del mercato” cucinata con le verdure invendute approvvigionate dal Mercato all’ingrosso. Le verdure coltivate invece negli orti delle loro scuole e in altri spazi urbani quali diversi ricreatori e il giardino dell’Itis, hanno sostanziato un mercatino allestito in piazza Verdi. I proventi delle vendite, oltre 1800 euro, serviranno ora a sostenere due orti scolastici africani grazie a un gemellaggio tra gli orti scolastici triestini e quelli delle località di Kolbisson, in Camerun, e di Orapwoyo in Uganda. «La messa a punto di Orto in condotta – informa Andrea Gobet per Slow Food - ha previsto la formazione degli insegnanti sui temi legati all’ortocoltura con testi da noi stessi forniti». «Oltre alla collaborazione della Condotta – continua Donatella Rocco – continuiamo a contare sulla preziosa consulenza del dipartimento di prevenzione dell’Azienda per i servizi sanitari, che oltre alla sicurezza alimentare dei pasti degli alunni verifica anche la qualità e la salubrità degli ortaggi prodotti nei piccoli». Giunti alla fine di quest’anno alla conclusione del progetto triennale, ci sono concrete speranze che l’iniziativa possa ripetersi negli anni a seguire, sulla scia dell’impegno che il Comune ha per la promozione generale degli orti urbani. Per informazioni, il telefono dell’Area educazione del Comune è 040/6758731, la mail della condotta è slowfoodtrieste@gmail.com.

Maurizio Lozei

 

 

Volontariato - Il servizio civile si presenta ai giovani
Infoserviziocivile Friuli Venezia Giulia e il Comune di Trieste organizzano per martedì prossimo una giornata regionale di incontro dedicata interamente ai volontari. L’iniziativa, con al centro il tema della pace, si terrà nel capoluogo all’interno degli spazi del Polo di aggregazione giovanile Enrico Toti, con la partecipazione di don Pierluigi Di Piazza, fondatore del centro di assistenza Balducci di Zugliano. Nei progetti di servizio civile avviati in tutto il Friuli Venezia Giulia sono impiegati complessivamente 218 ragazzi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 novembre 2014

 

 

Come costruire le difese contro le razzie dei cinghiali - La provincia organizza due incontri e promette contributi
TRIESTE Quali misure di prevenzione e tutela sono risultate più efficaci per prevenire e contrastare le incursioni dei cinghiali? La Provincia di Trieste insieme ai Comuni di San Dorligo della Valle e Duino Aurisina ha organizzato “Uomo e cinghiale, una sfida storica: come convivere?”, iniziativa informativa finalizzata a diffondere la conoscenza di soluzioni pratiche ed efficaci per difendersi e contrastare il fenomeno attraverso il posizionamento di adeguati sistemi antintrusione. «Da tempo l’amministrazione provinciale porta avanti una strategia di controllo e prevenzione d’intesa con i Comuni del territorio, le associazioni di categoria e la Regione – spiega il vicepresidente Igor Dolenc – con l’obiettivo di attenuare il conflitto tra operatori agricoli e fauna selvatica e al tempo stesso ad attuare una congiunta strategia di prevenzione». Le giornate di formazione, destinate in particolar modo ad agricoltori e proprietari di terreni, si svolgeranno venerdì 21 novembre, alle 14, alla Casa della Pietra “Igo Gruden” ad Aurisina, e sabato 22 novembre, alle 8, nel teatro Prešeren di Bagnoli della Rosandra. Ad illustrare e condividere le migliori pratiche sinora adottate anche in aree estremamente delicate e complesse, come il Parco nazionale delle Cinque Terre e i Parchi regionali di Portofino e del Beigua, sarà Andrea Marsan, zoologo, docente all’Università di Genova, da anni impegnato a livello nazionale nell’attuazione di strategie finalizzate al controllo dei danni provocati dalla fauna selvatica. L’esperto dopo un’introduzione dedicata al comportamento, i segni di presenza, la riproduzione e la gestione di questo animale si soffermerà proprio sugli aspetti pratici spiegando come realizzare con efficacia alcuni metodi di contrasto che hanno registrato un’alta percentuale di successo: le recinzioni sia elettrificate che allestite con rete elettrosaldata da edilizia. Si tratta di sistemi validi e adeguati infatti, ma solo se vengono realizzati con materiali e attrezzature adeguate e se vengono seguite corrette procedure nella fase di installazione. «Un non corretto posizionamento di questo tipo di recinzioni – spiega Dolenc – ha generato la convinzione anche tra gli operatori della nostra provincia che si tratti di sistemi di scarsa efficacia». Alle aziende agricole e ai privati cittadini che hanno terreni agricoli e ne fanno richiesta, l’amministrazione provinciale eroga un contributo destinato proprio alla realizzazione di opere di prevenzione di questo tipo. Ilario Zuppani, comandante della Polizia ambientale territoriale della Provincia fornirà negli incontri tutte le informazioni legate alle procedure previste per richiedere tale sostegno. Il problema dell’aumento della popolazione di cinghiali e del conseguente inurbamento necessità un sempre maggior impegno nel campo della prevenzione.

 

 

SEL - Allarme di Pellegrino sui rischi legati a Krsko

«Il governo prenda posizione nei confronti della Slovenia in ordine al rischio rappresentato dall'impianto nucleare sloveno di Krsko, costruito su un sito attraversato da una faglia attiva ed eretto proprio sulla traiettoria dei venti dominanti che soffiano verso il nostro Paese». Lo sollecita in un’interrogazione la deputata di Sel Serena Pellegrino

 

Il Giardino si colora con la Festa degli alberi - Le scuole saranno coinvolte attraverso laboratori “verdi”
Le sue origini risalgono all’antichità ma la primogenitura in Italia sembra legarsi ufficialmente al 1898 e celebrata con regolarità sin dal 1979. Per chi confida nella forza della natura e nel valore della trasmissione dei suoi valori ai giovani, crede anche nella “Festa dell'Albero”, ricorrenza che approda in tutte le piazze nazionali sotto il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e confezionata a Trieste con una speciale due giorni, datata 20 e 21 novembre, nell'ambito di un cartellone disegnato dall'Assessorato ai lavori pubblici (Servizio Spazi aperti e Verde pubblico) del Comune di Trieste in collaborazione con AcegasApsAmga e la Riserva Wwf di Miramare. Coinvolgimento delle scuole, culto dell'ambiente, sensibilizzazione attraverso laboratori, arte, creatività e partecipazione. Questo il bosco di colori scelto dalla amministrazione comunale e portato in scena quest'anno dalla coordinatrice Anna Nisi, progetto che sulla carta dovrebbe superare il numero delle 200 unità di bambini visti all'opera lo scorso anno. La data ufficiale della Festa dell'Albero permane il 21 novembre ma a Trieste dunque si raddoppia, regalando una sorta di antipasto verde nella giornata del 20, proprio in occasione di una ulteriore tappa, tra l'altro su scala internazionale, "La Giornata mondiale dell'infanzia e dell’adolescenza". L'epicentro della festa è il Giardino pubblico "De Tommasini" di via Giulia, attorno a cui graviteranno altri teatri cittadini, individuati tra biblioteche comunali, giardini e musei. Si parte di buon mattino, attorno alle 8.45 del 20 novembre nel cuore del Giardino pubblico, zona piazzale cinema e sala Arac, per il raduno dei partecipanti e la presentazione del progetto. Il piano della giornata di giovedì include poi l'incontro con il personaggio "James Vermino, l'ambasciatore del terriccio universale" (9-10.30) il primo attore reclutato per una forma di narrazione ludico sui temi silvani e naturalistici. Nella stessa giornata in programma anche "Verme anche io: il riciclo dell'umido a Trieste" (10.30-12) promosso con il Wwf della Riserva di Miramare e l'AcegasApsAmga, l'esposizione dei prodotti della mostra fotografica del concorso "L'albero del cuore", a cura del Circolo Fotografico Triestino" (9-12.30) e infine, l'appuntamento promosso dai Musei Scientifici (18-19) denominato "Umido, dove lo metto? Domande e risposte sul compostaggio". L'evento vero e proprio sarà il 21 novembre e qui le tappe sono molteplici. Il Giardino Pubblico si anima dalle 9.30 alle 17, accogliendo incontri, laboratori, giochi ed esposizioni. Il tributo all'albero e ai suoi valori si espande anche al Museo Civico di Storia Naturale di via Tominz 4, dalle 9.30 alle 11, al Civico Orto Botanico di via Marchesetti 2 (15-16) alla Biblioteca Comunale "Q.Gambini" di via delle Lodole 7/a (9-12) alla Biblioteca "Mattioni" di via Petracco 10 (9.30-10.30) e con la pennellata artistica al Teatro Miela, dalle 14.30, dove è in programma la pellicola premio Oscar del 1988, "L'uomo che piantava gli alberi" di Frederick Back, preceduta da una lettura dell'attore triestino Julian Sgherla (www.triestescuolaonline.it).

Francesco Cardella

 

 

 

Rassegna - Cultura del verde: piante e fiori - Circolo Generali - Penultimo appuntamento - Oggi alle 17.30

Penultimo appuntamento oggi alle 17.30 con "La cultura del verde", la rassegna "green" curata da Italia nostra, Legambiente "Circolo verdeazzurro Trieste", associazione orticola Fvg "Tra fiori e piante" e associazione "Triestebella". In scaletta per gli amanti di botanica la conversazione con la presidente di "Tra piante e fiori" Mariangela Barbiero, appassionata giardiniera nonché collaboratrice della rivista "Rosanova", che parlerà di "Il giardino del futuro". Barbiero, tra le colonne fondatrici della mostra-rassegna "Horti Tergestini", imperdibile appuntamento per pollici verdi, accompagnerà per mano il pubblico tra fiori e piante della sua futuristica visione di giardino. A chiudere la rassegna il 26 novembre, sempre alle 17.30 (circolo Generali), "Le piante infestanti: conoscerle per difendersi" assieme al botanico Livio Poldini.

 

I giardini del futuro
Alle 17.30, al Centro Servizi Volontariato di via Besenghi 16 (Seminario vescovile), conferenza del ciclo di incontri culturali “La cultura del verde” organizzato dalle associazioni Italia Nostra, Triestebella, Legambiente e dall’associazione orticola Fvg Tra fiori e piante. Parlerà Mariangela Barbiero sul tema “I giardini del futuro”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 novembre 2014

 

 

Parte il “piano motorini” previsti 330 posteggi in più - i nuovi parcheggi

I nuovi stalli saranno predisposti in varie zone del centro, lavori sulla segnaletica già partiti in via San Spiridione. Marchigiani: tutto pronto entro dicembre
Dica 33. Volte dieci. La dottoressa Elena Marchigiani prescrive 330 posti in più in centro per la sosta dei mezzi a due ruote, disponibili entro Natale, per tentare di lenire i dolori dei centauri triestini. I quali, già un anno fa, in dirittura d’arrivo del nuovo Piano generale del traffico urbano, attraverso i loro rappresentanti di categoria, l’ex politico Manlio Giona in testa, avevano accusato l’amministrazione Cosolini, e in particolare la stessa Marchigiani in quanto assessore alla Mobilità, di snobbare le loro “esigenze” per perseguire il chiodo fisso delle pedonalizzazioni e delle Ztl. «Non abbiamo tolto parcheggi agli scooter, forse vedendo com’era impostato il Piano del traffico a qualcuno era venuto il timore che potessimo intervenire a suo discapito, ma questo non è mai avvenuto», mette le mani avanti Marchigiani. Che annuncia per l’appunto il via all’attuazione del ribattezzato “Piano motorini”. Un Piano nel Piano (del traffico). Proprio questa settimana infatti, compatibilmente con le condizioni meteo onestamente non troppo clementi di questi tempi, sono iniziati lungo l’asse San Spiridione-Filzi i lavori per la nuova segnaletica stradale che disegneranno da qui a Natale, in determinate zone del centro, una serie di stalli riservati alla sosta delle due ruote motorizzate, di cui Trieste coi suoi saliscendi è una delle capitali: un’immatricolazione ogni cinque abitanti, stando all’ultimo report di fine 2013 dell’Aci. Più posti regolari per chi si muove in scooter, per la cronaca, equivarrà a meno posti irregolari per le auto lungo certi assi, perché è lì che gli stalli per le due ruote saranno, in larga misura, ricavati. L’obiettivo per così dire “collaterale” dell’amministrazione cittadina, infatti, è quello di mettere i bastoni - o meglio i motorini - fra le ruote delle macchine di chi suole tentare la fugace sosta fuorilegge. E, di conseguenza, poter levare di mezzo quelli che, in fin dei conti, possono diventare veri e propri ostacoli alla circolazione, specie nelle arterie chiamate a sostenere più traffico di una volta a causa della pedonalizzazione di altre arterie vicine, se non addirittura perpendicolari. Evitando così, se possibile, le figuracce clamorose registrate ad esempio sotto Natale lo scorso anno. Ogni riferimento al folle appesantimento di via San Spiridione, via Filzi, via Roma, via Milano e via Valdirivo - per la contestuale chiusura alle macchine di Corso Italia - non è purtamente casuale. I cantieri si muoveranno a mini-lotti, una strada alla volta. Non è un caso, a questo punto, che la casella di partenza dei lavori per la creazione dei nuovi stalli per motorini coincida con via San Spiridione, e la seconda sia la naturale prosecuzione di via Filzi. «Contestualmente - osserva Marchigiani - l’appalto per la segnaletica dei posteggi prevede, oltre all’avvicinamento delle strisce pedonali ai camminamenti ai bordi del Canale di Ponterosso, anche lo spostamento dei cassonetti delle immondizie e della differenziata da piazza Sant’Antonio Nuovo a via Machiavelli». E quello sì che era un vero pugno nell’occhio a metà della prospettiva verso la Chiesa, altro che - piaccia o non piaccia - il Ponte Curto. In via Filzi, in particolare, nel tratto tra la stessa via Machiavelli e via Torre Bianca, gli attuali posti per gli scooter posizionati sul lato destro saranno trasferiti a sinistra. «Quando parliamo di 330 nuovi stalli parliamo di un saldo postitivo di 330 stalli, già al netto degli stalli eventualmente tolti, che nella circostanza sono solo quelli di via Filzi proprio tra via Machiavelli e via Torre Bianca». Il “Piano motorini” proseguirà quindi, nell’ordine, coi cantieri in via Milano, via Valdirivo, via Roma, largo Riborgo, piazza Goldoni, via XXIV maggio, piazza Dalmazia e via Carducci, di fronte a Godina, per capirci. «L’obiettivo - annuncia l’assessore - è chiudere l’operazione entro il 20 dicembre».

Piero Rauber

 

 

“Salviamo la Transalpina”, si accoda Russo
Il senatore a sostegno della petizione. E l’Ande annuncia un appello alla Regione
Alla causa della petizione “Salviamo la Transalpina”, la storica linea ferroviaria, si affianca ora anche Francesco Russo. Il senatore Pd è intervenuto ieri alla conferenza indetta al Museo Ferroviario dal portavoce dei volontari, Luigi Bianchi, per parlare dei risvolti legati all’apertura straordinaria della linea in occasione dell'arrivo in regione dei presidente d'Italia e Slovenia, Napolitano e Pahor, incontro avvenuto il 7 luglio nel piazzale della Transalpina di Gorizia / Nova Gorica. Da quel giorno la Transalpina è tornata nell'anonimato, anzi, secondo lo stesso Bianchi «in realtà è sempre stata chiusa». Quanto basta per (ri)accendere il fermento della protesta, ridare corpo alla petizione e affidarsi a nuovi interlocutori: «La Fsl Trenitalia è dunque ancora interessata veramente alla commercializzazione del prodotto treno nella nostra regione? - ha sottolineato Bianchi - perché la Transalpina dovrebbe riaprire solo per la visita di autorità politiche? E soprattutto perché si individua tale realtà come un giocattolo e non come un vero nodo e punto possibili importanti sviluppi?». Così Russo: «Abbiamo l'obbligo di raccontare al meglio la vocazione del nostro territorio, soprattutto a Roma. Trieste è stata spesso strozzata dalla storia del dopoguerra e se vuole vivere un nuovo ruolo non può che ambire a un contesto transfrontaliero. Non dobbiamo avere timori in questo - ha ribadito Russo - e garantisco di farmene carico, caldeggiando la questione della Transalpina». A ribadire l'appoggio alla causa, sia pur in sede locale, c'è anche l’Ande (Associazione nazionale donne elettrici) ieri rappresentata dal vicepresidente Carla Carloni Mocavero, che annunciato un imminente appello ai vertici della Regione attraverso la formulazione di una ipotesi di progetto sostenuto da fondi europei.

Francesco Cardella

 

 

Ambiente - Vito candida il Carso a Geoparco

«La Regione riconosce l'importanza di candidare il Carso classico a Geoparco». Lo afferma l'assessore regionale all'Ambiente, Sara Vito, precisando come «stiamo coordinando le attività degli enti presenti sul territorio che operano nel settore per presentare la domanda di candidatura con il relativo dossier. Il Geoparco potrà assumere un ruolo attivo nello sviluppo economico del nostro territorio e produrre un impatto positivo sulla nostra comunità e sull'ambiente nell'ottica di uno sviluppo sostenibile».

 

 

Commercio solidale, sostegno della Regione
Una legge per promuovere le botteghe specializzate. Pd e M5S: aiuto concreto ai Paesi poveri
Sarà la Regione d'ora in poi a promuovere e sostenere il commercio equo e solidale attivo in Friuli Venezia Giulia. È questo il risultato dell'approvazione, avvenuta lo scorso 30 ottobre, della legge regionale n. 39 del 2013, intitolata “Interventi regionali per la promozione del commercio equo e solidale”. In sostanza, tutte le botteghe distribuite sul territorio del Friuli Venezia Giulia che operano in questo settore potranno ottenere dall'amministrazione guidata da Debora Serracchiani sostegno e collaborazione a livello istituzionale. Con questo provvedimento, la Regione Friuli Venezia Giulia si affianca a Puglia, Toscana, Abruzzo, Umbria, Liguria, Marche, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, oltre alla Provincia di Trento, enti che avevano già legiferato in materia. Ieri mattina, a Trieste, nella sede dell'associazione “Senza confini”, questo traguardo è stato festeggiato da alcuni esponenti del mondo del commercio equo e solidale, alla presenza di due consiglieri regionali: Franco Codega (Pd), che è stato il primo proponente del testo approvato il 30 ottobre e Andrea Ussai, del Movimento 5 stelle, anch'egli fermo sostenitore dell'iniziativa legislativa. Accanto a loro Eleonora Dal Zotto, esponente nazionale dell'Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale (Agices). «L'approvazione di questa norma – ha detto Codega – costituiva per il Pd e per i 5stelle un impegno morale. È importante – ha aggiunto – garantire collaborazione a una proposta alternativa rispetto al sistema commerciale tradizionale che è in mano alle multinazionali. Il mondo del commercio equo e solidale permette a chi cerca di aiutare i Paesi poveri di farlo con modalità più efficaci. Purtroppo è ancora un settore di nicchia – ha precisato - per questo è fondamentale che la Regione offra il suo sostegno. Il lavoro in Consiglio è stato complesso – ha concluso Codega – e va ricordato che l'intera assemblea, salvo un solo voto contrario e un paio di astenuti, ha subito accolto la proposta». Ussai ha sottolineato che «questi temi non hanno colore politico. Il settore ha numeri ridotti nel contesto del commercio generale, ma la scelta di fondo di chi lo fa ha una valenza ben superiore – ha continuato l'esponente dei 5 stelle – perciò anche negli enti collegati a quello regionale faremo acquisti nelle botteghe che operano in questo contesto». Dal Zotto ha spiegato che «questa legge ha tre meriti: il percorso trasversale, il rispetto e la tutela del consumatore che le sue norme contengono, il supporto che sarà garantito alle organizzazioni che promuovono questo tipo di commercio, sensibilizzando il territorio. Tutte le nostre strutture – ha concluso - sono senza scopo di lucro, gli utili sono interamente investiti nella promozione del settore».

Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 novembre 2014

 

 

Rifiuti abbandonati: un costo di 500mila euro

Li spende ogni anno Acegas per recuperare tv, divani e altri ingombranti in strada
Dal Maso: in 12 giorni 933 oggetti. Cosolini: soldi da usare piuttosto per pulire le vie
Pochi, ma incivili. E per colpa loro la città è costretta a pagare un prezzo altissimo: 500 mila euro all’anno. Si tratta di persone che abbandonano nei giardini pubblici o nelle strade materassi, sedie, divani, vecchi televisori e quant’altro. Preferiscono smaltirli così piuttosto che portarli direttamente nei quattro centri di raccolta in città o chiamare al numero verde l’AcegasApsAmga che, gratuitamente, arriva, carica l’oggetto ingombrante e lo porta via. Un’operazione semplice, facile da eseguire, che non comporta fatica o esborso di denaro. E neppure una cultura ambientale da apprendere in corsi universitari. Eppure i mezzi dell’Acegas raccolgono circa 2.500 pezzi al mese, abbandonati nelle varie zone di Trieste. «E nei primi 12 giorni di novembre - sottolinea Paolo Dal Maso, direttore Divisione ambiente dell’AcegasApsAmga - sono stati 933 gli oggetti di varia misura che sono stati lasciati nei pressi dei cassonetti o anche in luoghi di importanza turistica». Sono pochi, ma comunque tanti, i triestini che si comportano così: il 10 per cento secondo i dati di Acegas. Che registra invece con soddisfazione le 600 chiamate al mese di cittadini che chiedono l’intervento e i molti altri che si recano al Centro di raccolta con un divano, un televisore o una sedia da eliminare. Il mezzo milione di euro del costo dovuto all’inciviltà di alcuni potrebbe essere speso meglio. Magari per pulire le strade che, specialmente in alcune zone della città, sono sporche e tali rimangono per molto tempo. Oppure, come afferma il sindaco Roberto Cosolini, per assumere una quindicina di operatori ecologici. Con i disoccupati e precari che ci sono, questa sarebbe una idea che si potrebbe comunque realizzare lo stesso. Non sono serviti a nulla i molti appelli lanciati nei mesi scorsi dall’amministrazione comunale e da AcegasApsAmga. Neppure i controlli e le sanzioni più severe. Le segnalazioni che arrivano a ogni ora al centralino dell’azienda da parte di operatori ecologici o da privati che denunciano l’abbandono di vari oggetti, costringono AcegasApsAmga a impiegare ogni giorno due o tre mezzi per recuperarli. «L'abbandono selvaggio di rifiuti ingombranti è un grave danno alla comunità che pochi incivili fanno senza alcuna giustificazione - afferma Cosolini -. È noto infatti che i rifiuti ingombranti si possono conferire negli appositi centri di raccolta, intenzionalmente aperti con orari flessibili, oppure prenotare il loro ritiro a domicilio con una semplice chiamata ad AcegasApsAmga. Lasciare un materasso, un mobile, o ancora peggio, un elettrodomestico in strada costa complessivamente all’Acegas, e quindi indirettamente alla comunità, non meno di 500mila euro all’anno. Con questa cifra si potrebbe aumentare l’occupazione, e rafforzare i servizi di spezzamento, ottenendo una città sempre più pulita, com’è nel giusto desiderio dei cittadini e nella volontà del Comune». «Da parte nostra - sottolinea il sindaco - inaspriremo le sanzioni e aumenteremo i controlli, ma non potrà bastare, considerando che continueranno gli abbandoni in strada o in prossimità dei cassonetti nelle ore più disparate, quando di fatto non sono possibili controlli continui. Quindi non sono le sole sanzioni che possono colmare le mancanza di educazione e di senso civico da parte di alcuni che, infine, penalizzano tutti. I cittadini, giustamente, chiedono sempre migliori servizi, per questo è bene comunicare questo costo: 500mila euro sono una pesante tassa sulla collettività generata dall’inciviltà di alcuni, ma di cui tutti, alla fine, ci facciamo carico» «Le persone devono essere consapevoli - aggiunge l’assessore Umberto Laureni - che abbandonare in giardini, parchi o strade oggetti che non si possono conferire nei cassonetti ha un costo alto, non solo finanziario. E l’immagine della città che ne soffre. E perciò tutti ne devono essere coinvolti. Dobbiamo continuare a crescere con una nuova cultura della raccolta dei rifiuti».

Ferdinando Viola

 

Centri di raccolta: quattro, da Opicina a Campo Marzio

Nei quattro centri di raccolta sono posizionati 116 contenitori distinti per tipologia. Il cittadino può conferire tutti quei rifiuti che, per tipologia o dimensioni, non è possibile gestire con altre modalità di asporto. Può portarli ai centri di raccolta da solo o telefonare al numero verde 800955988: in questo caso i mezzi dell’AcegasApsAmga provvedono al trasporto gratuitamente. Questi i centri. San Giacomo (via Carbonara 3 tel.040772688), orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19 e domenica dalle 8 alle 13. Roiano (via Valmartinaga 10 tel.0404526337), orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19. Opicina (Strada per Vienna 84/a tel 040212368), orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 7 alle 19. Campo Marzo (via Giulio Cesare 10), orario di apertura dal lunedì al sabato dalle 6 alle 18.

 

 

«Il costone carsico fra i patrimoni Unesco dell’umanità» - Appello della circoscrizione ALTIPIANO OVEST
PROSECCO Il consiglio circoscrizionale di Altipiano Ovest torna alla carica per la richiesta di inserimento del costone carsico nell’elenco dei siti tutelati dall’Unesco quali patrimonio dell’umanità. Con una mozione proposta dal presidente del parlamentino Roberto Cattaruzza approvata all’unanimità, i consiglieri invitano il sindaco di Trieste a valutare l’opportunità di chiedere tale riconoscimento per gli spettacolari terrazzamenti e per le aree contigue alle località di Contovello, Prosecco e Santa Croce, e di conferire successivamente mandato agli uffici preposti per prendere i necessari contatti con l’organismo internazionale e produrre gli atti indispensabili per aderire a una iniziativa che diversi enti locali stanno portando avanti. Secondo Cattaruzza, sono sempre più numerose le amministrazioni comunali regionali, tra le quali il Comune di Duino Aurisina, che intendono chiedere per il proprio territorio il riconoscimento Unesco e l’inserimento dei siti tutelati quali patrimonio dell’umanità. «Va precisato ancora che alcuni enti che avrebbero aderito all’appello lanciato pubblicamente da alcune realtà municicipali quali Dolegna del Collio e Cormons – spiega Cattaruzza – stanno allestendo delle proposte che, superando i confini statali, coinvolgono anche alcune importanti realtà amministrative che fanno parte delle repubbliche slovena e croata». A giudizio del primo consiglio circoscrizionale, l’area del ciglione carsico possiede tutti i requisiti necessari a ambire a tale riconoscimento internazionale: da una parte l’innegabile valore paesaggistico e naturale, dall’altro la tenace opera dell’uomo che, attraverso i secoli, ha realizzato terrazzamenti e muri di contenimento che hanno permesso di far prosperare colture tipiche e pregiate. «Con le uve del costone carsico sono stati prodotti dei vini conosciuti e apprezzati da diversi secoli – afferma Cattaruzza; rappresentano un capitale di cultura enologica che merita di essere tutelato e conservato a beneficio di tutti coloro che riconoscono nei prodotti della terra un valore inestimabile per la comunità mondiale».

Maurizio Lozei

 

 

Muggia dice no alle coltivazioni e ai cibi “ogm” - DELIBERA APPROVATA IN CONSIGLIO
Impedire che sul territorio del Comune di Muggia vengano allevati, coltivati, sperimentati in campo aperto, organismi geneticamente modificati, ed invitare le aziende fornitrici di pasti e derrate nelle mense pubbliche a non utilizzare alimenti contenenti ogm e di favorire tutte le iniziative che sensibilizzino il cittadino su tale tema. Questo il contenuto della delibera passata durante l'ultimo consiglio comunale muggesana con i voti della maggioranza. A seguito del dibattito sul tema “Friuli Venezia Giulia: l'unica regione d'Europa ogm free - ragioni e compiti di una scelta strategica”, svoltosi nella sala convegni del centro culturale “G.Millo” in settembre, l’assessore Fabio Longo ha portato all’esame del consiglio comunale una delibera sull’argomento al fine di impedire la diffusione degli ogm a Muggia sulla base del principio di precauzione e della valutazione degli aspetti socio-economici, fermo restando i divieti già imposti sugli ogm dalla normativa regionale di settore e in attesa di ulteriori informazioni sugli effetti indotti a breve e lungo termine dalla diffusione di ogm. «Il quadro emerso sul tema degli ogm non risulta confortante a fronte di studi ed indagini recenti, e documentabili sia nei confronti dei test condotti su animali così alimentati che di studi tossicologici sulle persone, determinando influenze sulla genetica e sulla genetica delle persone che li assumono», ha spiegato l’assessore Longo. «Risulterebbe inoltre verificato – prosegue l'esponente ambientalista - l’incremento di specie resistenti agli erbicidi utilizzati e di insetti resistenti agli insetticidi usati, dimostrando che, contrariamente all’obiettivo primario che ha inteso introdurre gli organismi geneticamente modificati, vi è la mancata effettiva riduzione dei pesticidi in uso sul territorio agricolo, senza dimenticare o sottovalutare, inoltre, ii principali effetti negativi sull’ambiente con perdita della biodiversità e contaminazione con altre colture e dei correlati danni economici a carico dei piccoli agricoltori». Sul documento il Pdl ha deciso di astenersi. «La delibera giunta in aula giungeva da una direttiva a livello regionale che non dà alcun apporto sostanziale alla lotta agli ogm sul nostro territorio. Non ci pareva giusto votare contro perché non siamo favorevoli agli ogm, ma in questo caso un voto favorevole era assolutamente fine a se stesso».

Riccardo Tosques

 

 

Stamattina - Transalpina da salvare

Se ne parla al museo “La beffa di Gorizia: Transalpina aperta il 7 luglio solo per i Presidenti”. Ne parleranno oggi alle 11 al museo ferroviario di Campo Marzio Carla Mocavero, vicepresidente dell’Ande, Giorgio Brandolin della Commissione trasporti della Camera e il senatore Francesco Russo, della Commissione affari costtuzionali, nel rilancio della petizione “Salviamo la Transalpina”.

 

 

 

 

MESSAGGERO VENETO - DOMENICA, 16 novembre 2014

 

 

L’appello degli ambientalisti: stop agli impianti idroelettrici - COMITATI E ASSOCIAZIONI
UDINE Le associazioni ambientaliste, e i diversi Comitati a tutela dei fiumi del Fvg, chiedono alla Regione e allo Stato di sospendere il rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici, comprese quelle in fase di istruttoria. «In Italia soltanto il 10% delle acque superficiali – ha detto Emilio Gottardo della segreteria regionale di Legambiente – è ancora integro e non sottoposto alla presenza invasiva dell’idroelettrico che, cifre alla mano, rappresenta una fetta irrisoria della produzione energetica globale». Le associazioni snocciolano i numeri del 2012 spiegando come su un totale di consumi elettrici pari a 29 mila 269 Ktep in tutto il Paese la produzione idroelettrica non superi i 3 mila 600 e quella derivata dai cosiddetti impianti mini-idro (1986 sul territorio nazionale) si fermi ad appena 192 Ktep. Una situazione che non muta nemmeno in Fvg. «Stiamo continuando a svendere il patrimonio fluviale regionale – ha accusato Franceschino Barazzutti del Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento – a favore di un metodo di produzione energetico che porta risultati ridicoli. Il territorio, tra l’altro, viene sventrato non per il bene delle nostre comunità e dei nostri cittadini, ma a favore, per la stragrande maggioranza dei casi, di aziende extraregionali che non creano ricchezza e lavoro in Fvg, ma pensano soltanto al loro profitto». E se l’appello nazionale – siglato da un centinaio di associazioni dell’arco alpino e appenninico – è rivolto ai ministeri competenti e al Parlamento, su scala regionale gli ambientalisti chiamano in causa l’assessore Sara Vito. «Diamo atto alla giunta – ha continuato Gottardo – di aver ridotto il numero di concessioni, ma non basta. Sulle 110 domande, sino a questo momento, ne sono state analizzate 27 di cui 8 probabilmente otterranno il via libera. In Fvg è necessaria una chiusura dello sfruttamento delle acque superficiali, lasciando all’idroelettrico soltanto l’utilizzo dei bacini artificiali, e una normativa precisa e completa. La regione – conclude Gottardo – è ancora priva sia di linee guida generali sia del Piano di tutela delle acque fondamentale per la salvaguardia dei nostri fiumi».

Mattia Pertoldi

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 novembre 2014

 

 

Riuso di Porto Vecchio - IL SINDACO «D’Agostino dirà sì»
Cosolini: il candidato indicato dal Comune di Trieste sa bene che quell’area abbandonata ha bisogno di una trasformazione ed è una grande risorsa per la città
Ettore Rosato ha rilanciato su Porto Vecchio ponendo come «precondizione» che il futuro presidente dell’Autorità portuale, chiunque sarà, prima della nomina si sia pubblicamente impegnato a sdemanializzare l’area trasferendone la potestà al demanio di Comune o Regione? Da Pd a Pd, in scia al deputato il sindaco Roberto Cosolini coglie l’occasione: «Io con il mio candidato mi sono confrontato, so che è consapevole che quella è per la città una grande risorsa abbandonata». La «precondizione», se il nuovo presidente fosse Zeno D’Agostino, manager dell’Interporto Quadrante Europa di Verona indicato dai Comuni di Trieste e Muggia, verrebbe insomma rispettata appieno. «D’Agostino - dice Cosolini - da uomo di portualità e logistica che nel mondo ha visto già attuati processi simili, sa bene che un’area non più portuale né destinata a esserlo ha bisogno di trasformazione. Con lui abbiamo parlato di tutto ciò che consente al porto, ormai dislocato a sud-est della città, di crescere e connettersi sempre meglio ai mercati europei di riferimento, guardando e sapendo non solo di banchine ma anche di corridoi. Quella del manager da questo punto di vista è una candidatura di livello assoluto». E poi c’è Porto Vecchio, appunto. «La trasformazione di quest’area», aggiunge il sindaco, «oltre che dalla qualità di rapporti - che su questo tema sono stati difficili - tra Authority e istituzioni dipende da un principio di fondo: se un luogo non è più porto non vi è alcuna ragione per cui debba rimanere nella sovranità dell’Authority, essendo destinato a integrarsi progressivamente col territorio circostante. Se D’Agostino diverrà presidente, uno dei primi atti che gli si chiederanno e sono convinto farà sarà un patto chiaro con Regione e Comune. In attesa che si concretizzi l’iter per la sdemanializzazione, se come ha sottolineato più volte il prefetto gli enti sono concordi, si possono intanto prendere decisioni definitive sul punto franco affrontando i temi di una progettazione strategica che ha come presupposto - chiude Cosolini - il superamento del muro che separa Porto Vecchio e città».

 

 

Depuratore da adeguare, un anno di lavori

Partita la prima delle due fasi del cantiere a Servola, investimento da oltre 55 milioni
Un passo avanti verso l'adeguamento del nuovo depuratore di Servola alla normativa europea. Sono stati formalmente avviati i lavori di bonifica dell'area ex-Scalo Legnami, su cui verrà in un secondo tempo realizzato l'adeguamento vero e proprio del depuratore, attraverso l'innovativa tecnologia del trattamento a biofiltrazione. Il via è arrivato al termine di una gara d'appalto che ha visto aggiudicare i lavori a un'associazione temporanea d'imprese costituita da Consorzio Cooperative di Costruzioni (Ccc) e Cosmo Ambiente. Il Ccc, in veste di capogruppo dell'Ati, ha poi designato come impresa esecutrice Ici Coop di Ronchi dei Legionari. L'attività durerà un anno e sarà suddivisa in più fasi. Dapprima avverrà la demolizione delle piattaforme di calcestruzzo su cui un tempo venivano alloggiate le merci. A breve partiranno anche gli interventi per la bonifica delle acque di falda, seguiti dai lavori nel terreno sottostante, con l'obiettivo di bonificarlo dalla presenza di diverse sostanze nocive, fra cui idrocarburi e metalli pesanti. L'area sarà così pronta per l'adeguamento vero e proprio dell'impianto, per la cui realizzazione è attualmente in corso la gara d'appalto europea (chiusura il 7 gennaio 2015). L'adeguamento dell'impianto avverrà attraverso l'implementazione di una seconda fase di trattamento dei reflui (a valle del trattamento primario che avviene ora) basata sulla cosiddetta biofiltrazione. Questa tecnologia - vero "cuore" dell'intervento - attraverso l'attività di batteri aerobici, è in grado fra le altre cose di abbattere fosforo e azoto. A completamento del processo è prevista una fase di disinfezione delle acque con raggi ultravioletti. Intanto è in fase di ultimazione il primo stralcio di lavori previsti e sono state posate le griglie di filtraggio a monte del processo depurativo. Come ricorda in una nota il sindaco Roberto Cosolini, per il depuratore vengono investiti più di 55 milioni di euro «grazie al lavoro di squadra che il Comune ha fatto con la Regione; abbiamo lavorato insieme per lo sblocco dell'accordo di programma necessario a completare, con 30 milioni di fondi Fas, il piano finanziario».

 

 

Al via la bonifica del verde nel quartiere Fonderia

Nella macchia cresciuta come una giungla anche una discarica di motorini e lavatrici
MUGGIA «Mi sembra di poter già sentire i rumor dei finti ecologisti con le Nike ai piedi: ma vorrei che tutti facessero oggi un giretto in Fonderia per vedere lo stato dell’area». L'assessore alla Promozione della città di Muggia Stefano Decolle non le manda certo a dire. L'esponente del Pd ha effettuato in questi giorni un incontro con i residenti del rione di Fonderia accompagnato dai tecnici del Comune di Muggia. Da diversi mesi era emersa la presenza, all’interno dell’area urbanizzata, di due aree boscate naturali nelle quali la vegetazione però pare non rispondessero più a delle logiche consone al vicino abitato. «La tipologia di piante presenti, infatti, non solo dimostra di rispondere a tempi e modi di crescita decisamente intensi, ma può rappresentare un eventuale pericolo considerando la contiguità con l’area urbanizzata», spiega Decolle. Motivo per cui l'amministrazione Nesladek ha optato per rivisitazione del verde pubblico di Fonderia. Da domani, quindi, la ditta Agromecverde di San Dorligo della Valle effettuerà degli interventi di potatura, decespugliamento, sfalcio e, ove necessario, eventuale taglio. Un intervento che al Comune costerà circa 60 mila euro. «Con tutte le difficoltà che un bilancio estivo ha comportato, siamo riusciti a mantenere le promesse fatte a Fonderia: una zona che, a differenza di altri borghi della città, pur essendo vicino al centro storico risente di un’aria di periferia», racconta Decolle. «Inizieremo con l’atteso intervento sul verde, apportando tutti gli accorgimenti necessari per riqualificare quell’area e, chissà, qualcuno riuscirà anche a vedere di nuovo il sole», aggiunge l'esponente del Pd. Alcuni alloggi del borgo da tempo sono purtroppo oscurati da alberi, soprattutto pioppi e acacie, cresciuti a dismisura e senza alcuna regolamentazione. «Alla luce del fatto che un intervento di semplice manutenzione non rappresentava e non rappresenta una soluzione alla sua gestione, si è quindi realizzata l’esigenza di un intervento vero e proprio che ne permetta, in seguito, una gestione più agile e una vivibilità degli spazi da parte della comunità senza incorrere in situazioni di rischio o di non troppo celata incuria», ha concluso Decolle. Tra i ritrovamenti nel verde immondizie varie, ma anche lavatrici e vecchie carcasse di motorini vintage. Insomma, un intervento necessario. In barba anche agli ecologisti con le scarpe griffate.

Riccardo Tosques

 

 

OGGI la Lav contro la caccia e le pellicce

La sede territoriale triestina della Lav - Lega Anti vivisezione, sarà presente con un tavolo informativo contro la caccia e l'uso delle pellicce nella giornata di oggi dalle 10 alle 19 al secondo livello commerciale delle Torri d’Europa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 novembre 2014

 

 

L’Unesco porta in scena il pianeta

Al via la Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile. In regione 70 eventi tra spettacoli e convegni
TRIESTE Il tema dei rifiuti e la riduzione dei consumi, i cambiamenti climatici e le questioni energetiche. Ma anche una vicenda regionale specifica: l’abbandono di caserme e aree militari. La Settimana Unesco di Educazione allo sviluppo sostenibile, dal 24 al 30 novembre in Friuli Venezia Giulia (Regione e LaREA, il laboratorio di educazione ambientale dell’Arpa, vi aderiscono per il nono anno consecutivo), si riempie di 70 eventi tra convegni, spettacoli teatrali, film e documentari, tutti a ingresso gratuito, in scia con i numeri delle otto edizioni precedenti che hanno sommato in regione 200 soggetti proponenti e oltre 600 iniziative. Quest'anno il progetto, dal titolo “Per una buona educ-azione”, va tra l’altro a chiudere il decennio Onu dell'educazione allo sviluppo sostenibile 2005-2014, promosso da Unesco per diffondere valori, consapevolezze, stili di vita orientati al rispetto per il prossimo e per il pianeta. «Il bilancio di un percorso decennale è positivo e promettente», sottolinea l’assessore all’Ambiente Sara Vito ricordando l’entusiasmo di associazioni, scuole, Comuni, Province, parchi naturali, mediateche, cooperative, compagnie teatrali coinvolti e ribadendo il concetto della sostenibilità come «centro focale delle azioni politiche e di governo» e l’urgenza di diffondere «la cultura del rispetto e della prevenzione». In conferenza stampa è poi Sergio Sichenze, direttore del LaREA, a presentare alcuni degli eventi più significativi. Si parte con la tavola rotonda “Uno spettacolo d'ambiente” per riflettere sulla valenza del teatro nei processi di educazione alla sostenibilità. Quindi, con presentazione in anteprima nazionale a 450 studenti, lo spettacolo “Quello che resta” sul tema dei rifiuti, frutto della collaborazione tecnica e artistica con La Piccionaia/Teatro stabile di Innovazione di Vicenza. Al tema dell'energia è dedicato invece “Next! energia, ambiente, cibo, futuro”, un esperimento di teatro partecipato con i giovani spettatori protagonisti sul palco. Si parlerà di ambiente anche tramite il cinema grazie alla collaborazione con la rete regionale delle mediateche. “Food Savers” del regista tedesco Valentin Thurn, proiettato a Pordenone e a Trieste, sarà uno dei documentari di punta della Settimana Unesco e, nel percorso di avvicinamento a Expo 2015, l'occasione per riflettere sullo spreco del cibo. In calendario pure approfondimenti sull’impatto ambientale (proiezioni a Trieste nell'ambito del Festival Travelling Africa del cortometraggio “Daouda e la miniera d'oro” e del documentario “The Light Bulb Conspiracy”) e sul cambiamento del clima: a Udine il documentario "Disruption" di Kelly Nyks e Jared P. Scott sulla nascita del movimento People Climate March di New York. E ancora “Watermark”, il documentario canadese di Jennifer Baichwal e Edward Burtynsky, un'esperienza sensoriale per scoprire il mistero dell'acqua, “Un Paese di primule e caserme", documentario di Diego Clericuzio sull'abbandono delle caserme, e “Meno carta, Mangiacarta!”, albo illustrato edito da Artebambini che accompagna grandi e piccoli in una storia fantastica che racconta la scelta preziosa di ridurre i consumi. (m.b.)

 

Passeggiata Legambiente
Legambiente organizza una passeggiata da Muggia al Lazzaretto. Appuntamento alle 14 alla stazione dei bus per salire verso Muggia Vecchia. Per prenotazioni 366-5239111 o info@legambientetrieste.it.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 novembre 2014

 

 

Caserma di via Rossetti, un pezzo al Comune

Il Demanio avvia la vendita a Cassa depositi e prestiti che regala a Trieste una palazzina e l’edificio del Museo del mare
Una soluzione insperata, che potrebbe e anzi dovrebbe risolversi da qui a fine anno, dopo anni (invece) di vane attese, di infruttuosi tentativi. La ex caserma Vittorio Emanuele III di via Rossetti, dismessa nell’aprile del 2008, quasi 55 mila metri quadrati che in breve tempo sono finiti nel più desolante degrado e sono stati anche oggetto di una occupazione per reclamare spazi abitativi, starebbe per passare dal Demanio alla Cassa depositi e prestiti. Che la acquisterebbe, cedendo contestualmente al Comune, a titolo gratuito, una palazzina da 6500 metri quadrati. Dove potrebbe realizzarsi quel polo scolastico per gli istituti superiori che la Provincia progetta in quegli enormi spazi da tempo. Non basta, il vantaggio per il Comune ha un altro e non meno importante risvolto. Per la “premialità” che la legge 410 del 2001 sull’alienazione di beni del Demanio prevede in questi casi, il Comune di Trieste si vedrebbe aggiudicare, oltre a quella palazzina, anche 5 milioni di euro. Potendo però scegliere in quale modalità: o il denaro contante, oppure un altro edificio del Demanio di pari valore. Trieste ha colto l’occasione: «Abbiamo scelto di avere dal Demanio un altro edificio, e precisamente la cosiddetta “ex direzione dell’artiglieria” di Campo Marzio, in pratica il palazzo che ospita il Museo del mare» dice il sindaco Roberto Cosolini all’indomani di una delibera che la Giunta ha approvato proprio in questi termini, su proposta degli assessori Andrea Dapretto (Lavori pubblici e Patrimonio) e Elena Marchigiani (Urbanistica e Pianificazione). Accogliendo di assoluto buon grado la proposta, frettolosa, del Demanio, arrivata dopo lunghe trattative ma in nome di uno Stato che deve fare cassa al più presto. Delibera che però serve anche a ottenere un importante atto politico-burocratico senza il quale l’operazione non ha gambe. Il Comune chiede alla Regione “di valutare la proposta nel suo complesso e di comunicare l’eventuale manifestazione d’interesse regionale alla stipula dell’accordo di programma”. Accordo che ha una finalità importante: assentire alla variazione di destinazione d’uso dell’area della caserma in anticipo sul Piano regolatore non ancora approvato. Affinché Cassa depositi e prestiti compri dal Demanio una zona classificata urbanisticamente come trasformabile e commerciabile. La stessa richiesta era stata inoltrata in Regione per la ex Fiera di Montebello, al fine di valorizzare l’operazione di vendita nell’ambito della procedura di liquidazione. Alla partita del Museo del mare sono legate lunghissime trattative svolte col Demanio dell’assessore Dapretto per questo e altri siti. Il primo motivo è che il Comune paga al Demanio un affitto per ospitare il Museo, e la politica è di eliminare il peso degli affitti per l’ente pubblico. Il secondo, è che alla partita di Campo Marzio sono “storicamente” legati i destini urbanistici dell’intero comprensorio e della sua trasformazione. La stessa Giunta Cosolini ha spesso annunciato un bando per manifestazioni d’interesse sulla zona, che non si è mai concretizzato proprio perché nell’isolato c’è quel perimetro non di proprietà, ma statale, dunque inalienabile. Ultima buona notizia: il Museo del mare non vale 5, ma 4 milioni secondo le stime ufficiali su cui viene chiusa la partita. «E dunque incasseremo 1 milione» conclude il sindaco. Poiché all’improvviso il Demanio ha fretta, sarà bene che la fretta s’irradi anche su Regione e Comune. L’interesse all’operazione è esplicitato proprio in quella delibera: si riutilizza un bene abbandonato che va in degrado provocando anche circostante degrado sociale, si ottiene la palazzina per uso pubblico, si apre una speranza di sistemare le scuole superiori, specialmente radunando in una unica sede le “succursali” che gravitano nell’area di via Rossetti, si “guadagna” l’edificio di Campo Marzio che smuove una partita potenzialmente ben più sostanziosa di un singolo affitto, che pure è cosa di rilievo. Cassa depositi e prestiti, ultimamente spesso usata come cerniera finanziaria dallo Stato, a Trieste ha già concordato un’altra operazione immobiliare, l’acquisto della casa-museo di via Cologna dalla Provincia.

Gabriella Ziani

 

La cittadella rovinata dai vandali

È una vera “cittadella” la caserma di via Rossetti, costruita sotto l’Austria, e che nel 1926, qualche anno dopo il ritorno di Trieste all’Italia dopo la Prima guerra mondiale, fu inaugurata da Vittorio Emanuele III e a lui intitolata. Se i metri quadrati sono quasi 55mila, la superficie coperta è di 3.838 e il volume tocca i 20.130 metri cubi. Alla vigilia della cerimonia di dismissione, all’inizio dell’aprile 2008, che segnò anche la chiusura del 1° Reggimento San Giusto, si era tenuta una riunione in Prefettura in cui Comune e Provincia avevano ufficialmente chiesto di poter acquistare quegli spazi per farci delle scuole. Sono passati sei anni e mezzo, e siamo finiti in un’altra storia: non solo perché sindaco era Roberto Dipiazza, governatore era Riccardo Illy, vescovo Eugenio Ravignani, prefetto Giovanni Balsamo (immutato il ruolo di Maria Teresa Bassa Poropat a presidente della Provincia), ma perché oggi sarebbe impensabile per gli enti locali anche solo pronunciare la parola “acquisto”. In più allora si pensava che “mai” la caserma sarebbe finita in degrado, e non solo perché per molti mesi vi restarono ufficiali e sottufficiali a vuotarla. Proprio perché il progetto di riuso era già scritto. Invece a metà di quest’anno e dunque a sei dalla posa dei lucchetti il degrado si è mostrato, eccome: muri crollati, vandali penetrati all’interno che hanno spaccato e divelto, vetri rotti alle finestre, vegetazione selvaggia.

 

 

«Porto Vecchio, una priorità per il prossimo presidente»
Rosato: prima della nomina il candidato prescelto dovrà impegnarsi pubblicamente a lavorare per la sdemanializzazione, un’occasione che non si può più perdere
«Gli enti locali hanno fatto tutti delle scelte di ottima qualità». E certo enti locali sono Comuni e Provincia, non la Camera di commercio che è un ente pubblico economico. Ettore Rosato ovviamente lo sa bene, ma a fargli questa osservazione preferisce citare Antonio Gurrieri, il candidato camerale, come «un professionista, una persona che conosce i problemi del Porto e ha le caratteristiche richieste dalla legge per essere inserito nella terna». Il punto che il deputato del Pd, nei giorni (settimane, meglio) di attesa sul futuro vertice dell’Autorità portuale, vuole toccare è invece un altro. Lui la definisce «una precondizione». Ed è questa: «Mi aspetto che il candidato alla guida dell’Authority, quando venga individuato, abbia in precedenza concordato con la presidente della Regione il proprio impegno per il Porto Vecchio, e lo abbia dichiarato pubblicamente». Laddove l’impegno è quello di agire tenendo ben presente l’obiettivo: «Porto Vecchio va sdemanializzato e trasferito al demanio della Regione o del Comune». Nella sdemanializzazione, ricorda Rosato, Debora Serracchiani crede. Questo dunque il capitolo che il deputato rilancia nella partita per la presidenza dell’Authority. La terna entro la quale il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi dovrà nominare - d’intesa però con il presidente della Regione - il successore di Marina Monassi, il cui mandato scade a gennaio, è costituita come noto dal presidente nazionale di Confetra Nereo Marcucci, indicato dalla Provincia; da Zeno D’Agostino, manager dell’Interporto Quadrante Europa di Verona indicato dai Comuni di Trieste e Muggia; e infine appunto da Gurrieri, dirigente storico dell’Authority, indicato dalla Camera di commercio guidata da Antonio Paoletti (con un metodo che ha scatenato una diatriba frontale fra l’ente camerale e la Confindustria guidata da Sergio Razeto). Nella battaglia politica in atto da mesi sul rinnovo alla Torre del Lloyd, Rosato ribadisce quello che già disse a settembre: «Non credo ci sarà commissariamento del Porto, non ce n’è alcun motivo: quando sarà varata la nuova legge sui porti la si applicherà, per ora utilizziamo quella vigente. Sono convinto che si troveranno le intese senza eccessive difficoltà e in tempi ragionevoli». Ma se il deputato del Pd si dice «convinto che i candidati della terna abbiano tutte le caratteristiche per lavorare sull’aumento dei traffici, sui problemi relativi alle ferrovie o sulle connessioni con l’Alto Adriatico», dà innanzitutto per scontato che «chi arriverà lo farà bene e in sinergia continua con Regione e Comune». Ossia «il contrario di quanto fatto sinora», con scontri frontali che si sono susseguiti in crescendo. Così come ci sarà da lavorare per lo sviluppo della crocieristica, consentendo l’attracco delle navi alla Marittima ma con una organizzazione tale «da consentire accoglienza e vivibilità». Un’Authority insomma che lavori «con la città e per la città». E se Porto Vecchio della città deve diventare parte, ecco appunto la «precondizione»: «Mi auguro che gli enti locali e la Regione, prima di procedere alla nomina, lavorino su un impegno chiaro e diretto del candidato su Porto Vecchio». Impegno «che va dichiarato pubblicamente» in quanto «attiene non tanto alla politica quanto alla città: quella dell’Authority non è una carica elettiva, ma tiene comunque in pugno una delle chiavi di volta dello sviluppo. I triestini hanno il diritto di sapere». Accanto al lavoro sui traffici, dunque, ecco quella che per il prossimo presidente del Porto dovrà essere «una priorità. Questa da troppo tempo ormai è parte del programma del centrosinistra, e non possiamo perdere l’occasione. Tutto quanto abbiamo provato a fare finora è stato osteggiato: dopo vent’anni vorrei veder finalmente cambiare le cose. Senza ulteriori discussioni».

(p.b.)

 

 

L’invasione delle gru scandinave
Stormi diretti nelle zone più calde del Mediterraneo passano eccezionalmente in Friuli Venezia Giulia
TRIESTE Un fenomeno naturalistico di grande portata sta interessando il Friuli Venezia Giulia. La migrazione delle gru dall’Europa settentrionale (Scandinavia, Baltico, Russia) verso le zone più calde del Mediterraneo passerà anche per la nostra regione. Secondo gli esperti del sito specializzato Ornitho.it, gli stormi, di grandi dimensioni, partiti alcune settimane fa dall’area nordorientale del Vecchio Continente, stanno seguendo due rotte migratorie: una attraverso i Balcani, l’Adriatico, il Tirreno meridionale e la Sicilia con destinazione Tunisia e Marocco, l’altra li sta conducendo in Spagna e in Francia del Sud attraverso l’arco alpino e, in parte, la pianura padana. Ed è proprio quest’ultima rotta migratoria quella che sta interessando i nostri cieli e coinvolgendo i ricercatori dell’Area marina protetta di Miramare, impegnati in attività di monitoraggio che riguardano svariate specie di interesse comunitario: «Abitualmente le gru di passaggio in questo periodo autunnale - spiega l’ornitologo Paolo Utmar, collaboratore dell’Area di Miramare e responsabile per il Fvg della piattaforma Ornitho.it - scelgono la campagna e le aree magredi li per nutrirsi, mentre per dormire optano per luoghi dove ripararsi dai predatori come le zone lagunari e la riserva naturale della Foce dell’Isonzo - isola della Cona. Qui, in passato, uno stormo si è fermato a svernare e non possiamo escludere accada anche questa volta». Con un’apertura alare di 2,20 metri, il collo snello e le lunghe zampe, la gru è una specie di grande fascino e attrazione, anche per le dimensioni degli stormi, la cui presenza può essere individuata anche col semplice ascolto, grazie agli intensi richiami che li caratterizzano. «Il passaggio delle gru attraverso la nostra regione - sottolinea Utmar - conferma ancora una volta il grande valore naturalistico del Nordest italiano e in particolare delle zone umide del Friuli Venezia Giulia. Ricordo infatti che la Riserva naturale Foci dell’Isonzo - isola della Cona sono, insieme alla Cavanata e al Lisert di Monfalcone, zone fortemente attrattive per decine e decine di specie migratorie, ad elevatissimo tasso di biodiversità (tra i maggiori in Italia) e tra quelle più ricche di specie nidificanti a livello nazionale». E chi avesse in questi giorni la fortuna di vedere il passaggio delle gru può contribuire anche da “profano” agli studi su questa specie: è infatti possibile registrarsi alla piattaforma Ornitho.it, che vanta 6 milioni di dati relativi all’Italia, e inserire in tempo reale quelli della propria osservazione. Inoltre, è in fase di realizzazione anche il progetto di “citizen science” realizzato da Wwf Italia - Amp di Miramare e Fondazione Telecom Italia nell’ambito del Progetto Terre@Mare che consente, tramite internet o attraverso un app per smartphone gratuita di mappare siti, itinerari e specie naturalistiche presenti nel golfo di Trieste, integrando il monitoraggio scientifico svolto da ricercatori, naturalisti, biologi e ornitologi con le osservazioni in cui bagnanti e diportisti possono imbattersi, anche casualmente.

Roberto Urizio

 

 

Rifiuti - Gli artigiani festeggiano lo stop al Sistri

«Un ottimo risultato». Così il presidente di Confartigianato Fvg, Graziano Tilatti, commenta il via libera della Camera a a un emendamento al ddl Collegato Ambientale, che prevede di non applicare le sanzioni relative agli obblighi previsti dal Sistri fino al 31 dicembre 2015.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 novembre 2014

 

 

Taglio delle emissioni: accordo Usa-Cina ma partirà dal 2025

L’intesa raggiunta tra il presidente Obama e il cinese Xi - I repubblicani americani già promettono battaglia
NEW YORK I due Paesi che inquinano di più al mondo si sono impegnati reciprocamente a smettere di avvelenare se stessi e il resto del pianeta con emissioni record di carbonio. Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo proiettato nel tempo. Si parla del 2025 per gli Usa e del 2030 per la Cina. Si tratta comunque di un accordo di portata storica di cui hanno dato notizia i media americani ieri al seguito della missione del presidente Usa a Pechino. Obama e il primo ministro cinese Xi hanno annunciato i termini dell’accordo dietro al quale ci sono stati mesi e mesi di lavoro. Trattative segrete che avevano preso il via all’inizio del 2014 e che a un certo punto avevano avuto bisogno perfino di una lettera ai massimi livelli. Obama in persona aveva scritto a Xi per rassicurarlo delle sue intenzioni. Le due potenze non hanno firmato un trattato. Con una stretta di mano si è sancito l’impegno da parte del governo di Washington di ridurre le emissioni di CO2 di poco più di un quarto, cioè fra il 25 e il 28 per cento dei valori attuali. Questo obiettivo sarà raggiunto nel giro di un decennio. Diverso l’impegno preso da parte della Cina che si dedica invece a mettere fine entro quindici anni all’aumento di CO2 che produce. Ma alla base di questa intesa c’è anche la volontà da parte sia di Obama che di Xi di fare nuovi sforzi il prossimo anno per negoziare un trattato globale su emissioni di gas serra. Washington e Pechino intendono arrivare agli obiettivi prefissati spostando l’attenzione verso forme pulite di energia, specificamente energia solare ed eolica che in Cina nei prossimi quindici anni ha il potenziale di diventare il 20 per cento di tutto il fabbisogno energetico. Dubbi invece su cosa potranno fare a livello pratico gli Stati Uniti. A prendere l’impegno è stato Obama ma il primo gennaio le redini della Camera e del Senato saranno in mano ai repubblicani. Questi ultimi sul fronte del risparmio energetico non ci sentono. Solo dopo poche ore dall’accordo sono già emerse obiezioni. «Un accordo impraticabile», ha detto Mitch McConnell, prossimo leader dei repubblicani in Senato. L’obiezione del suo partito è che l’accordo avrà effetti negativi su occupazione e costi energetici. L’intesa comunque è destinata a diventare merce di scambio sia sul fronte interno che per quanto riguarda i rapporti bilaterali con Pechino. I repubblicani in Congresso cederanno in cambio di altre concessioni legislative mentre Xi legherà l’intesa sulle emissioni nocive ad altre questioni globali. Sul fronte dei diritti umani però il premier cinese ha già detto no.

Andrea Visconti

 

 

Muggia, approvato il “piano antirumore”
È il primo Comune della provincia ad adottare la classificazione acustica del territorio a tutela degli abitanti
Ora è ufficiale: Muggia è il primo comune della provincia triestina ad aver adottato il Piano comunale di classificazione acustica. Il documento, votato durante l'ultima riunione del Consiglio comunale, rappresenta lo schema per determinare una politica di controllo dei rumori che tutti i comuni sono tenuti ad elaborare individuando la classe acustica di tutte le aree comunali tenendo conto del loro prevalente ed effettivo utilizzo. A seguito dell'adozione, il Piano verrà pubblicato per 30 giorni effettivi al fine di consentire a tutti i cittadini di prenderne visione e presentare osservazioni che, previo parere dell’Arpa regionale, verranno poi portate all’esame del Consiglio Comunale che si pronuncerà sulle stesse modificando se del caso gli elaborati progettuali. Attualmente il Comune di Muggia si sta attivando al fine di far pubblicare la documentazione sul Bollettino Ufficiale della Regione FVG e, come da normativa, il documento verrà, inoltre, portato a conoscenza della Provincia di Trieste e dei Comuni vicini. «Ad avvenuta pubblicazione - fa sapere l’assessore Fabio Longo - si procederà con una serie di incontri pubblici al fine di raccogliere direttamente tutte le osservazioni dei cittadini interessati. Particolare attenzione varranno poste alle aree nelle quali i rumori provocano disagio ai cittadini, come ad esempio nella zona residenziale di Aquilinia, via del Serbatoio, e via della Stazione vista la vicinanza alla zona industriale». Nello specifico, nella classe prima sono ricomprese le aree particolarmente protette quali scuole, aree per lo svago e parchi pubblici, nella seconda, le aree prevalentemente residenziali con bassa densità di popolazione con traffico veicolare locale ed una bassa presenza di attività commerciali, nella terza (aree di tipo misto), le aree prevalentemente residenziali con media densità di popolazione con traffico veicolare locale o di attraversamento e con limitata presenza di attività commerciali. Nella quarta invece rientrano le aree interessate da intenso traffico veicolare, con un’alta densità abitativa, una elevata presenza di attività commerciali e la presenza di piccole industrie; nella quinta, le aree prevalentemente industriali, mentre quelle esclusivamente industriali e prive di insediamenti residenziali rientrano, infine, in classe sesta. Per ogni classe è stabilito il limite massimo di rumore consentito. Secondo il sito ufficiale dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, al 31 giugno 2014, i Comuni della regione che avevano concluso l’iter di approvazione rappresentavano solo il 28% del territorio ed il 14% della popolazione. Ad oggi, quindi, Muggia è il primo e unico Comune della provincia di Trieste che ha già adottato il Pcca. «Il Comune - conclude Longo - una volta che il piano sarà stato approvato dal consiglio comunale, avrà quindi a disposizione un ulteriore strumento per combattere l’inquinamento acustico lamentato dai cittadini». Tra i voti favorevoli anche quelli del principale partito di opposizione. «Si tratta di un piano senza infamia e senza lode in quanto, contrariamente a quanto sarebbe stato logico e ci aspettavamo, l'assessore Fabio Longo ci ha presentato un piano a metà poiché mancava il regolamento d'attuazione che sul piano operativo è la cosa più importante", hanno commentato in consiglieri del Pdl-Ncd Claudio Grizon e Christian Gretti.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 novembre 2014

 

 

Palmanova - La Fortezza cade a pezzi - Danneggiata Porta Udine
Summit tra Comune di Palmanova, Demanio e società Fvg Strade per valutare la portata dei danni e studiare le modalità di recupero di porta Udine, nella cinta fortificata che circonda la città stellata, dopo il crollo delle tavelle dello sporto di gronda avvenuto nel pomeriggio di lunedì. Un cedimento legato alle abbondanti piogge cadute nelle ultime ore, che ha dato il “colpo di grazia” a un tesoro architettonico già messo a dura prova da incuria e scarsa manutenzione. Per far fronte agli ultimi danni, sono previsti interventi radicali, assolutamente indispensabili, in primis per la sicurezza, poi per tentare di salvaguardare un manufatto storico di grande importanza che va inesorabilmente a sgretolarsi. Anche nella giornata odierna l'accesso per porta Udine sarà interdetto al traffico e pure la prossima settimana per alcuni giorni non si potrà accedere dalla monumentale porta. Dal sopralluogo del sindaco Francesco Martines con l'assessore all'urbanistica Luca Piani e la responsabile dell'Uffico tecnico comunale Michela Lorenzon con il dirigente di Fvg strade Macuglia (una presenza, quest’ultima, legata al fatto che la ss 352 che attraversa la porta è statale) e il direttore dell'Agenzia del demanio di Udine, dal momento che il bene appunto è di proprietà del Demanio civile, sono stati concordati tre tipi d'intervento. Il primo, che sarà completato probabilmente in serata e naturalmente il più urgente in ordine alla sicurezza, prevede la rimozione delle tavelle pericolanti dello sporto di gronda. Ciò consentirà di riapre la viabilità attraverso la porta. La settimana prossima poi, previo il placet della Soprintendenza regionale, saranno rimossi i giganteschi portali di legno e due grandi ruote che consentivano l'alata e l'abbassamento del ponte levatoio. Questi manufatti hanno assoluto bisogno di capillari restauri. Il terzo e conclusivo intervento invece riguarderà una radicale sistemazione dell'intero tetto della porta, ma questo verrà effettuato in base ai fondi che potrà avere a disposizione il Demanio civile. «Non basta la buona volontà ed il mirabile lavoro dei volontari per salvaguardare l'intero bene rappresentato dalla Fortezza- ha dichiarato il sindaco di Palmanova, Francesco Martines -. Manca la manutenzione ordinaria e straordinaria tanto che ogni giorno praticamente siamo alle prese con qualche problema di crolli o staticità dei manufatti storici. L’amministrazione municipale - ha concluso il primo cittadino - non è in grado di metter mano globalmente a questi beni, sia per la mancanza di fondi ma anche in quanto non è proprietario dei beni stessi».

 

 

Transalpina, una risorsa per l’economia italiana - L'intervento di Luigi Bianchi

Il 1° aprile 2014 il Piccolo di Trieste annuncia: Treni,”Transalpina” Trieste Campo Marzio-Opicina chiusa fino al 2016. Il 20 aprile i volontari del Museo Ferroviario di Trieste Campo Marzio lanciano l’allarme: binari smantellati, senza la Transalpina Trieste rischia di rimanere bloccata. Il 15 maggio lancio della petizione “Salviamo la Transalpina”, partono le firme dal Museo Ferroviario di Trieste. Il 3 luglio sul quotidiano di Trieste: Ferrovie. La linea Campo Marzio - Opicina riapre lunedì 7 Luglio. Vertice a Roma Ferrovie dello Stato-Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Il 7 luglio incontro dei Presidenti d’Italia e Slovenia, Napolitano e Pahor, nel piazzale aperto della Transalpina di Gorizia/Nova Gorica, proprio nel giorno della riapertura della linea ferroviaria Transalpina. Il 17 Settembre il Piccolo titola: Treni, dal 2009 la Regione ha sborsato a Trenitalia 185 milioni. 39 milioni solo nel 2013. Il Friuli Venezia Giulia deve pagare alle FsI anche le Frecce (una volta Rapidi), relazioni nazionali fuori dal contratto di programma del trasporto ferroviario regionale. Per il 12 ottobre FsI-Trenitalia non consente l’effettuazione del Minuetto “Binari sconosciuti” per la Barcolana, a causa dell’indisponibilità del personale e del materiale rotabile, e condiziona quello programmato per San Nicolò alla ricognizione della linea, il cui esito verrebbe comunicato due ore prima della partenza del treno. La Transalpina in realtà è ancora chiusa. A fronte della pratica assenza delle Ferrovie Italiane a Trieste, tre interrogativi sono inevitabili. FsI-Trenitalia è ancora interessata alla commercializzazione del prodotto treno nel Fvg? FsI-Rete Ferroviaria Italiana riapre la Transalpina solo in occasione della visita dei Presidenti? FsI-Ferrovie dello Stato italiane SpA è ancora concessionaria dell’intera rete ferroviaria nazionale, che comprende anche il Friuli Venezia Giulia, con la missione del 1905 “trasporto di persone e cose”, oggi servizio pubblico – passeggeri e merci – a livello europeo? Tre interrogativi che inducono a rilanciare la petizione Salviamo la Transalpina. Salvare la Transalpina significa salvare la rotaia italiana: il patrimonio ferroviario del Friuli Venezia Giulia è una risorsa essenziale della rete nazionale. La linee ferroviarie del Fvg hanno subito una pesante destrutturazione, che ha inciso sulla qualità del servizio – merci e viaggiatori - compromettendo la competitività di logistica e mobilità internazionali al Nordest del Paese. Il nodo ferroviario internazionale di Trieste, dove confluiscono le linee storiche (Meridionale, Transalpina e Pontebbana) allacciandole al Corridoio Mediterraneo, è vitale per lo sviluppo dei traffici – merci e viaggiatori – nella Mitteleuropa. Trieste, rispetto a Roma, è più vicina geograficamente a Monaco di Baviera, Praga, Vienna, Budapest, Lubiana e Zagabria, capitali attualmente prive di collegamenti ferroviari diretti con il capoluogo del Friuli Venezia Giulia, storiche relazioni esistenti prima della caduta dei confini. Il nodo ferroviario di Trieste, per l’Italia, ha la stessa valenza che Villaco ha per l’Austria, come Basilea per la Svizzera e la Germania, nodo che rappresenta una risorsa essenziale del Paese a servizio dell’economia nazionale.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - MARTEDI', 11 novembre 2014

 

OGM: Stati UE potranno decidere se vietarli
Ogni Stato membro dell’Unione Europea potrà decidere se vietare o meno la coltivazione degli OGM sul suo territorio.

Lo ha deciso il Parlamento europeo mettendo fine a una diatriba che va avanti da mesi. La Commissione Ambiente ha introdotto degli emendamenti alla legge sui bandi nazionali per la coltivazione di colture geneticamente modificate. Emendamenti che, secondo Greenpeace, hanno colmato gran parte delle lacune dell’accordo raggiunto dai leader dei vari Paesi europei.
Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia, si fa portavoce della soddisfazione dell’associazione ambientalista:
Ci complimentiamo con il nuovo Parlamento europeo che cerca di assicurare ai cittadini europei un’agricoltura e un ambiente privi di OGM. I parlamentari hanno radicalmente migliorato il testo adottato dal Consiglio che era stato fortemente influenzato dalla linea pro OGM del governo britannico.
Il voto di oggi fornisce agli Stati membri basi legali solide per bandire la coltivazione di OGM dai propri territori, rendendo difficile per l’industria biotech contrastare i bandi nazionali nei tribunali.
Il testo precedente era stato fortemente contestato dagli ambientalisti perché escludeva le motivazioni di carattere ambientale per giustificare il divieto di coltivazione degli OGM. Una decisione giudicata assurda dagli attivisti e da molte associazioni di coltivatori italiane, che erano scese in campo per chiedere un’Europa e un’Italia senza OGM. Inoltre, nella predisposizione del bando i governi concedevano troppa libertà di intervento alle multinazionali biotech, esponendosi, a causa delle lacune nel testo legislativo, al rischio di una moltitudine di ricorsi.
Le prossime settimane saranno decisive: le istituzioni europee e i Governi nazionali dovranno infatti finalizzare la legge. La speranza è che le modifiche effettuate dal Parlamento europeo non vengano sepolte in nome dei soliti compromessi pro OGM.
Per questo motivo Greenpeace chiede all’Italia di impedire qualsiasi tentativo di regressione, sfruttando il suo semestre di presidenza per far approvare in via definitiva il diritto di ogni Stato a un’agricoltura sana e sostenibile, priva di OGM.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 novembre 2014

 

 

Da Muggia via libera al terminal ro-ro - No al rigassificatore

Il Consiglio comunale contrario anche all’ampliamento del Molo VIII: «In zona il traffico è già ingente»
MUGGIA No al rigassificatore e all'ampliamento del Molo VIII, garanzie per il bypass di Aquilinia, sì al terminal ro-ro. Queste le indicazioni avanzate dal Consiglio comunale di Muggia nella delibera sul Piano del porto, votata quasi all'unanimità da parte dei partiti presenti in Municipio. Al di là infatti del voto contrario di Daniele Mosetti (Fratelli d'Italia) e dell'uscita dall'aula al momento del voto di Maurizio Coslovich (Federazione della sinistra) il documento è stato approvato da tutti gli altri schieramenti politici. Ma non sono mancate comunque le tensioni. A causa di due assenze tra i consiglieri di maggioranza e dell’incertezza del voto del consigliere di Rifondazione comunista, il sindaco Nerio Nesladek ha dovuto aggiornare il Consiglio al giorno dopo per proseguire i suoi lavori e smaltire i 15 punti all’ordine del giorno. «Non potevamo essere noi – sottolinea il consigliere del Pdl Claudio Grizon – ad assicurare la maggioranza nel numero legale necessario per votare l’immediata esecutività alla delibera sul parere sulla Procedura di Via integrata Vas relativa al Piano regolatore portuale di Trieste, pertanto il sindaco ha dovuto aggiornare la seduta al giorno dopo». Il Pdl non vuole fare «alcuna polemica, ma non possiamo non evidenziare che spesso la posizione di Rifondazione mette in sindaco in difficoltà sul numero legale e, alla luce delle critiche che Coslovich ha espresso nei confronti della sua ex maggioranza, prendiamo atto che la sinistra estrema va per conto suo e provocando evidenti imbarazzi». Oltre alle considerazioni politiche sono emersi delle discrepanze dal lato tecnico. «Abbiamo ritenuto comunque necessario correggere la delibera proposta dalla giunta – spiega poi Grizon – che si era sostanzialmente limitata a recepire i pareri degli uffici, in quanto mancavano alcuni richiami e prescrizioni che riguardano l’impatto sul nostro territorio». Pronta la replica del vicesindaco Laura Marzi: «I pareri erano già stati espressi in passato, pare quasi che il Pdl abbia scoperto l'acqua calda. Ad ogni modo l'importante è che quasi tutti abbiano poi votato il documento». Tra i punti chiave, oltre al “no” al rigassificatore, la contrarietà all'ampliamento del Molo VIII motivata, oltre che dai pareri tecnici degli uffici, anche in ragione delle «significative movimentazioni navali conseguenti che si aggiungerebbero a quelle già gravitanti sul pontile della Siot, sul Canale navigabile e in particolare sul pontile della Kri - Gruppo Kuwait Petroleum (ex Shell) posto nell’ambito delle aree dell’ex raffineria, che gestisce anche i depositi di prodotti e benzine di categoria. A». È stato poi espresso un richiamo all’esigenza che «siano realizzati il by-pass di Aquilinia e le infrastrutture ferroviarie a servizio del Terminal (in quanto si rileva che la progettazione dell’accesso Nord non le prevede), considerato che già le norme tecniche di attuazione del Piano medesimo prevedono l’impegno dell’Autorità portuale a costruire un tavolo tecnico per la progettazione di tale accesso al quale dovranno partecipare le amministrazioni interessate e in particolare i Comuni di Muggia e di Trieste e l’Ente Zona industriale che ha competenza su questo ambito retroportuale».

Riccardo Tosques

 

Mar-Ter minaccia l’addio Vescovini va all’attacco - Lo scontro sul progetto Smartgas
MONFALCONE Il porto di Monfalcone fa segnare un boom dei traffici di cellulosa ma rischia di perdere uno dei suoi operatori di punta, la Mar-Ter, che sta valutando il trasferimento di tutte le sue attività nel porto “amico” di Livorno. La ragione? Il timore, ha affermato l’ad Raffaele Bortolussi, che il progetto SmartGas «cui non siamo contrari», se realizzato in area portuale, possa creare forti limitazioni ai traffici destinati alle attuali banchine di Portorosega. Alessandro Vescovini, project leader di SmartGas, interviene a stretto giro di posta. E ribadisce che il progetto portuale che vede tra gli investitori i gruppi Vescovini e Maneschi è totalmente aperto a nuovi partner e di conseguenza anche a Mart-Ter, «come peraltro emerso durante un incontro con Scaramelli della Compagnia portuale». Vescovini trova «piuttosto singolari» le dichiarazioni di Bortolussi «sotto innumerevoli aspetti»: «In primis l’ad di Mar-Ter dimostra una malcelata ostilità nei confronti del valore aggiunto che SmartGas porta al territorio in generale e al settore carta in particolare che rappresenta la quasi totalità del suo business. Sappiamo bene tutti che almeno il 75% delle industrie cartarie servite da Mar-Ter gravitano in un raggio di 200 km rispetto al punto di scarico della cellulosa che viene scaricata a Monfalcone». Bortolussi quindi «dovrebbe essere il primo a compiacersi di quanto stiamo portando avanti sul versante gas che è una delle prime componenti della matrice di costo dell’industria cartaria». Non basta. «In secondo luogo - afferma il project leader di SmartGas - trovo assurda e ingrata la minaccia di lasciare Monfalcone per trasferirsi a Livorno, da dove appunto potrebbe servire solo il 25% dei clienti ora serviti da Monfalcone. È scontato che qualora Mar-Ter alzasse i tacchi gran parte dei suoi trenta dipendenti troverebbero subito una collocazione presso coloro che subentrerebbero alla sua assai appetibile concessione». Non manca la stilettata finale: «La città di Monfalcone, il porto della città e la Azienda speciale - dichiara, rivolgendosi direttamente a Bortolussi, Vescovini - sono sempre stati molto generosi con lei e la sua azienda, le hanno affittato aree dalla posizione invidiabile che le consentono di avere il monopolio di magazzini, aree e piazzali che lei non ha costruito ma che ha affittato dal pubblico che le ha amorevolmente realizzate e date in concessione pluriennale. Non mi aspettavo che lei, monopolista dei magazzini, facesse i salti di gioia vedendo il nuovo progetto del porto di Monfalcone, ma speravo che avesse capito che un certo mondo sta volgendo al termine e che il tempo della razza degli eletti, che senza fare investimenti ottenevano concessioni che gli garantivano loro rendite di posizione è per fortuna finito. Ora è arrivato il momento degli investitori privati che investono e rischiano nelle loro attività e nelle infrastrutture portuali».

(r.m.)

 

SEL -  Duriavig dice no al minirigassificatore

Parere nettamente contrario al progetto del cosiddetto “mini rigassificatore” di Smartgas nel porto di Monfalcone. Ad esperimerlo è il coordinatore regionale di Sel, Marco Duriavig. «Il progetto - afferma - presenta troppi elementi critici ma soprattutto ha scarsa credibilità finanziaria e gestionale visto che manca del tutto l’analisi costi/benefici».

 

 

Duino Aurisina, retromarcia sul porta a porta
L’assessore Cunja contraro alla “differenziata spinta” anche col “sì” del Pd: «Costosa e impopolare»
DUINO AURISINA Retromarcia sul porta a porta nel 2015 a Duino Aurisina. Nonostante l'annunciata (da parte di vicesindaco e presidente della Seconda commissione consiliare) sperimentazione di una tale metodologia di raccolta e smaltimento rifiuti a partire con l'anno nuovo in una frazione del Comune o per alcune utenze, sul tema interviene nuovamente l'assessore ai Servizi sul territorio Andrej Cunja, da sempre scettico, per dire che no, il porta a porta non s'ha da fare. Almeno per il momento. E ciò nonostante il Partito democratico, anche con Roberto Gotter, presidente della Terza commissione, abbia pubblicamente espresso, in aula, condivisione verso una differenziata spinta. Senz'altro esulterà invece il centrodestra, che aveva sollecitato con Massimo Romita (Pdl) un potenziamento dei raccoglitori di vetro, plastica e carta e delle isole ecologiche. Perché a quanto si apprende oggi, in una nota inviata dallo stesso Cunja, «la redazione del nuovo bando di gara si basa sul sistema attualmente in uso, che è quello dei cassonetti stradali ed isole ecologiche». Una novità fin qui mai dichiarata. Alla luce di ciò, sull'argomento non dovrebbero esserci scaramucce in Consiglio. Non tra esecutivo e centrodestra, perlomeno. Diversamente potrebbe avvenire, ma il condizionale in politica è d'obbligo, all'interno del centrosinistra, dove evidentemente vi sono anche sostenitori del porta a porta. Per esempio Maurizio Rozza (Gruppo misto), presidente della Seconda commissione, e il vicesindaco Massimo Veronese. Ma veniamo a Cunja. «Riguardo al porta a porta – sostiene - non c'è alcuna certezza né intenzione di metterlo in opera da subito sull'intero territorio comunale: la redazione del nuovo bando di gara si basa sul sistema attualmente in uso che è quello dei cassonetti stradali e delle isole ecologiche». A fronte delle richieste di alcuni esponenti della maggioranza di valutare in alternativa un sistema porta a porta, è stato dato incarico ai professionisti che stanno redigendo il capitolato d'appalto del nuovo bando di «effettuare una proiezione dei costi per un'eventuale raccolta porta a porta da applicare a titolo sperimentale a una frazione o a una tipologia di utenza, da subito o anche in un secondo tempo». «L'elaborazione di tale stima – riferisce Cunja - è attualmente in corso, non appena pronta verrà inoltrata alla maggioranza che deciderà se metterla in atto o meno. In nessun caso, comunque, si partirà "a bomba" con un porta a porta sull'intero territorio e personalmente rimango scettico anche sull'attuazione di quello sperimentale, sia a causa degli elevati costi rapportati a disagi altrettanto elevati alla popolazione e a benefici tutti da dimostrare, sia per il non gradimento da parte della popolazione di tali pratiche, cosa che registro quotidianamente, dialogando con i cittadini». Cunja conferma infine «l'interessamento degli enti di Sgonico e Monrupino, ai quali da un paio di giorni si è aggiunta anche Muggia, all'implementazione di un servizio di raccolta rifiuti comune». «Noi – conclude - siamo più che d'accordo alla condivisione, nell'ottica della razionalizzazione dei costi, ma comunque dovremo fare prima i conti con gli effetti della riforma degli enti locali, che incombe su tutte le amministrazioni, nonché con le diverse intenzioni delle singole amministrazioni: Sgonico e Monrupino intendono avvalersi di una raccolta con cassonetti stradali e isole ecologiche, Duino Aurisina pure, con un'eventuale porta a porta sperimentale molto limitato, Muggia invece propende per un sistema misto».

Tiziana Carpinelli

 

 

La pesca miracolosa di sardelle e orate
Le acque istriane consentono in queste settimane “raccolti” eccezionali e richiamano imbarcazioni da Ragusa a Curzola
POLA Non solo orate. Il mare istriano, negli ultimi mesi dell’anno, si sta rivelando particolarmente prodigo di pesce azzurro (e di sardelle formato “oversize”), tanto da richiamare motopesca provenienti dalla Dalmazia, addirittura da Ragusa-Dubrovnik, da Spalato, Sebenico e perfino dall’isola di Curzola. «In settembre - ha dichiarato al “Glas Istre” il proprietario di due motopesca Silvio Licul - abbiamo pescato 150 tonnellate di pesce e in ottobre un centinaio. Tutto il pescato è finito sul mercato interno, nei conservifici e nelle tonnare». Le sardelle sono molto grandi tanto che per un chilogrammo ce ne vogliono soltanto 38 rispetto alle abituali 42. Il prezzo d’ammasso è di 40 centesimi di euro al chilogrammo mentre nelle pescherie vengono vendute al minuto a 2,7 euro. Le “vittime collaterali” della caccia grossa al pesce azzurro sono le orate che finiscono in quantità nella rete dei pescatori. Nei giorni scorsi l’equipaggio del motopesca “Levan” di Medolino, ad esempio, ne ha issate dieci tonnellate in una volta piazzandole subito sul mercato estero, in primo luogo su quello italiano. C’erano molti esemplari di tre chilogrammi e il prezzo pagato dai commercianti era di otto euro. L’altra faccia della medaglia, però, è decisamente meno rosea. Le reti, infatti, catturano anche un’infinità di pesce minuto, al di sotto delle dimensioni commerciali, privo di mercato. La legge vieta ai pescatori di donarlo alle scuole o alle case di riposo per anziani dove sicuramente sarebbe molto gradito. E quindi l’unico modo per liberarsene è ributtarlo il mare. Un’ultima annotazione. Il porto di Pola viene indicato come il migliore per la pesca lungo l’Adriatico croato. «In ogni momento - questa la motivazione dei pescatori - c’è posto per tutti i motopesca e si evitano le snervanti attese decisamente frequente negli altri porti».

(p.r.)

 

Fermo biologico  - Posticipato al 24 dicembre - Natale “in salvo” - la decisione
FIUME Era la notizia che attendevano tutti in Croazia, specialmente gli abitanti delle regioni costiere, come pure i pescatori professionisti. Cedendo alle pressioni e proteste avutesi fin dall’inizio dell’applicazione della misura (nel 2005), il ministero croato dell’Agricoltura e Pesca ha deciso che il fermo biologico per la pesca al pesce azzurro di piccole dimensioni scatti dal 24 dicembre e non dal 15 dicembre, come verificatosi da 9 anni a questa parte. Lo ha confermato il vice ministro dell’Agricoltura e Pesca, Ante Mišura, il quale ha fatto sapere che i consumatori istriani, dalmati e quarnerini (e dell’interno del Paese) avranno alla Vigilia di Natale pesce a buon mercato, le varie sardelle, acciughe e papaline per intenderci. Per anni queste specie non costose ma molto apprezzate sono risultate assenti dalle tavole imbandite per la Vigilia, con disappunto dei cittadini meno abbienti e dei pescatori “pro”, costretti giocoforza a rinunciare a giornate di sicuro guadagno, condizioni meteo permettendo. La situazione economica nel Paese è da anni molto difficile e larghi strati della popolazione non possono permettersi l’acquisto di baccalà, stoccafisso o di pesce pregiato, da cucinare e mangiare il giorno che precede Natale. Stavolta non sarà così, con la cittadinanza che potrà nuovamente permettersi di pasteggiare a base di papaline, sardoni o mincioni (così nei dialetti istriano e fiumano) e sardelle, il cui costo supera raramente le 20 kune al chilo, sui 2 euro e 60 centesimi. Si tratta di esborsi che risultano non proibitivi anche per le fasce indigenti e qui ci mettiamo pure i pensionati. Nessun divieto invece per sgombri, palamite e lanzardi, che potranno essere tranquillamente pescati e consumati. L’astinenza forzata per acciughe e papaline sarà in vigore fino al 15 dicembre, mentre per le sardelle si andrà avanti fino al termine di gennaio. Il fermo pesca, va ricordato, viene introdotto ogni anno a dicembre per “rimpolpare” la biomassa di queste specie, ridotta negli ultimi decenni a causa di una pesca indiscriminata. Parliamo inoltre del periodo in cui le tre suddette specie vanno in frega. Ultima nota: per la prima volta dal 2005, i pescatori croati saranno risarciti a causa del fermo biologico, grazie a fondi messi a disposizione dall’Unione europea.

Andrea Marsanich

 

 

Il “pianeta tossico” ha bisogno di aiuto
Giancarlo Sturloni della Sissa presenta il 22 novembre a Trieste il libro sui veleni che distruggono la Terra
Scheletri di megalopoli, pozzanghere di veleni chimici, barre di combustibili nucleari, spiagge di granelli di plastica. Uno scenario apocalittico. È questa l’eredità che lasceremo? Le tracce del nostro passaggio sulla Terra, Giancarlo Sturloni, esperto in comunicazione ambientale, le racconta nel libro «Il pianeta tossico». Un libro, appena pubblicato da Piano B Edizioni, in cui illustra le cause della crisi ambientale e fa il punto sulla più grande sfida che l’umanità abbia mai affrontato: sopravvivere a se stessa. «Dal giorno in cui la Santa Maria s’incagliò sulla barriera corallina e Colombo affondò gli stivali nelle sabbie di Hispaniola, non c’è ecosistema terrestre che non sia stato progressivamente alterato per soddisfare la nostra insaziabile ingordigia. Era il 25 dicembre 1492. Cristoforo Colombo è, in fondo, l’eroe della globalizzazione. Con lui gli oceani hanno smesso di essere considerati un limite naturale insormontabile e il pianeta è diventato un unico immenso mercato, da spremere come un limone» spiega Sturloni, che insegna Comunicazione del rischio all’Università di Trieste e al Master della Sissa. Se l’età della vela ha trasformato i mari in autostrade transoceaniche, il vero punto di svolta è arrivato però con la rivoluzione industriale alimentata dalle macchine a vapore. «Sono stati, infatti, i combustibili fossili e il loro sfruttamento a regalarci il mondo che conosciamo: un giardino tossico più che un paradiso» commenta l’autore, che presenterà il libro sabato 22 novembre alla Libreria Minerva di Trieste. «Perché quando pensiamo a un paradiso, non immaginiamo certo un posto affollato, né tanto meno inquinato». E di fatto, ormai, siamo più di sette miliardi di persone ad affollare il pianeta, «che abbiamo inquinato e depredato fino al punto di non ritorno. Gli oceani e l’atmosfera, infatti, non riescono più ad assimilare tutti i nostri rifiuti tossici, che finiscono per compromettere interi ecosistemi, talvolta in modo irreversibile». Ed entro il 2050 raggiungeremo quota 9 miliardi. «La popolazione crescerà soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove per necessità, e non certo per ingordigia, i consumi pro capite dovranno aumentare». Ma la Terra non è infinita. E non lo sono nemmeno le sue risorse. L'ambientalismo dunque, secondo l'autore, non è grido di allarme. «È una critica radicale al modello di sviluppo che ci ha condotti sull’abisso». Con un linguaggio schietto e sulla base di dati e ricerche scientifiche, Sturloni ci mette in guardia dalla frenesia dei consumi, dallo sfruttamento illimitato delle risorse limitate, e invita a fare ciascuno la propria parte. «Perché siamo noi esseri umani, con i nostri stili di vita, ad esserci spinti fin sull’orlo del baratro. La Terra, presto o tardi, chiederà il conto. Per cui, se non impariamo in fretta a vivere nei limiti della nostra casa comune, il pianeta che continua generosamente a ospitarci ci farà avere lo sfratto». «E sopravvivere – aggiunge - sarà difficile tanto per gli orsi polari quanto per noi scimmie supersapiens. Ma il bello è che, in buona misura, dipenderà da noi». L’impegno individuale però, come si legge nelle pagine del libro, dovrà inevitabilmente intrecciarsi a un’azione collettiva in grado di incidere in modo sensibile sui processi di produzione e consumo. «Cambiare - conclude Giancarlo Sturloni - non è semplice: considerato che nella società dei combustibili fossili, consumare significa esistere. E neppure è sufficiente sostituire le vecchie lampadine con modelli a basso consumo o preferire una lavatrice ad alta efficienza. Voglio dire: è un segno d’attenzione, ma non basta a invertire la rotta del Titanic su cui ci siamo imbarcati. Servono anche politiche ambientali degne di questo nome».

Simona Regina

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 novembre 2014

 

 

Nelle città arriva il limite dei 30 chilometri orari

Nella Finanziaria regionale previsti 2 milioni di euro a disposizione dei Comuni per segnaletica stradale e dissuasori da posizionare all’interno dei centri abitati
TRIESTE L’idea di guidare a trenta all’ora non entusiasma nessuno. Ma qualche dato può aiutare a far digerire meglio quello che, nelle zone residenziali del Friuli Venezia Giulia, potrebbe presto trasformarsi in un obbligo vero e proprio: sono 84 i morti, nel 2012, causati dagli incidenti stradali; Trieste, con 682 sinistri, vanta la poco ragguardevole medaglia della terza città più pericolosa d’Italia dopo Napoli e Catania. Tutto ciò spesso accade nei centri abitati, più che in autostrada. Uno scenario davanti al quale la politica, su pressione del mondo associativo, non poteva ignorare: la giunta Serracchiani, infatti, è pronta ad assegnare per la sicurezza 2milioni di euro di fondi statali. La questione è entrata a pieno titolo nell’agenda della Regione proprio in questi giorni, nel corso di un’audizione in Quarta Commissione del Consiglio regionale a cui ha preso parte “Rete Mobilità Fvg”, un’associazione che risponde a vari gruppi di ambientalisti, medici e familiari di vittime della strada. Dunque, Fiab, Legambiente, Acp, Isde, Wwf, Aifvs e Uisp. «Domandiamo che nel prossimo bilancio della Regione siano previsti incentivi ai Comuni per la realizzazione di interventi di moderazione della velocità come indicato sia dal Piano nazionale che dal Piano regionale della sicurezza stradale», hanno esortato le associazioni nel corso dell’audizione in Consiglio. La giunta farà la sua parte, ha rimarcato l’assessore Mariagrazia Santoro, decisa ad accogliere il pressing esterno liberando i fondi nazionali. A quanto pare si comincerà proprio col ridurre la velocità, fissando cioè il limite di trenta chilometri orari nelle zone residenziali con un’adeguata segnaletica: dissuasori, restringimenti di carreggiate, rotatorie e quant’altro. Priorità ai punti maggiormente a rischio, come quelli in prossimità di scuole e asili, ad esempio, includendo percorsi appositi per i bambini. «La copertura finanziaria c’è – ha chiarito ancora Santoro – perché in realtà i fondi sono statali e rientrano nei programmi di sicurezza stradale. Noi li impiegheremo anche per questa iniziative». Rete Mobilità Fvg ha innanzitutto richiamato alla memoria i numeri da bollettino di guerra che le forze dell’ordine continuano a registrare: agli 84 morti del 2012 si aggiungono i 14.361 feriti. Oltre il 70% si verifica sulle strade urbane e provinciali, o comunque nei perimetri abitati. Incidenti che, peraltro, causano il 69,8% del totale dei feriti e il 39,8% delle morti. Le cause sono le solite: nell’11% dei casi la colpa è da attribuire al mancato rispetto della distanza di sicurezza, nel 6,2% all’eccesso di velocità. Il fattore “distrazione” tocca il 6,6% del totale. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, questo significa – intermini prettamente economici – anche una perdita di Pil pari a 636 milioni di euro per la nostra regione, soprattutto a causa delle spese sanitarie. La Rete sollecita azioni urgenti per rendere le strade del Friuli Venezia Giulia più sicure, in modo da ridurre non soltanto il tasso incidenti, ma anche la spesa sanitaria e abbassare l’inquinamento acustico ed atmosferico nelle città. La soluzione, proposta con forza in Regione, è promuovere anche la pedonalizzazione dei centri abitati e la realizzazione di una rete ciclabile “integrata con la rete delle infrastrutture”. Stando a diversi studi citati dal gruppo di associazioni, la sola introduzione del limite di 30km/h consente, di fatto, di dimezzare il numero degli incidenti mortali e gravi. «Ridurre la velocità in ambito urbano – hanno spiegato le associazioni rivolgendosi ai consiglieri presenti in Commissione – è una scelta di civiltà a vantaggio di tutti gli utenti della strada e di tutta la società in generale e non una misura punitiva nei confronti di un gruppo di utenti in particolare». L’iniziativa regionale, come è stato ricordato, è inserita fra le campagne per la mobilità urbana riconosciute dalla Commissione Europea.

Gianpaolo Sarti

 

Il M5S su “zone 30” e pedibus: «Belle parole, servono fatti» LA POLEMICA
TRIESTE «Qualità dell’aria e mobilità nuova e sostenibile. Tutti temi cari al MoVimento 5 Stelle che per primo ha portato in Consiglio regionale, anche per onorare l’impegno assunto da molti nostri candidati, tra cui la capogruppo M5S Frattolin». E ancora: Purtroppo ci siamo imbattuti con le continue promesse della giunta Serracchiani e con la scarsa attenzione verso questi temi. Si continua, infatti, a investire sul cemento e traffico su gomma. Evidentemente il binomio sostenibile-credibile non piace come quello appalto-asfalto». È la reazione del portavoce del Movimento 5 Stelle Cristian Sergo e Ilaria Dal Zovo, che puntano il dito contro le promesse su “zone 30” e percorsi pedibus. Secondo i grillini, infatti, bisogna fare in fretta: «Attendiamo con ansia che le promesse fatte dalla giunta Serracchiani si trasformino in realtà - spiegano i consiglieri del Movimento Cinque stelle -. L’assessore Santoro deve passare dalle belle parole e le promesse ai fatti concreti».

 

 

Boom cellulosa nel porto di Monfalcone
Ma la Mar-Ter ora sembra puntare su Livorno. Bortolussi: «Abbiamo dei dubbi sulla futura operatività delle banchine»
MONFALCONE Il porto di Monfalcone sembra davvero essersi lasciato alle spalle la crisi, facendo segnare un boom dei traffici di cellulosa. Però ora rischia di perdere l’operatore di punta proprio sulla cellulosa, la Mar-Ter, che sta valutando il trasferimento di tutte le sue attività nel porto “amico” di Livorno. Nei primi nove mesi dell’anno dalle banchine di Portorosega sono transitate tre milioni 96.273 tonnellate di merci (carbone per la centrale A2A incluso) con un incremento del 5,35% rispetto allo stesso periodo del 2013. Un trend positivo frutto dell’ulteriore aumento della movimentazione di prodotti metallurgici, arrivati a quasi 1,4 milioni di tonnellate nei primi tre trimestri dell'anno e a un più 9% rispetto al 2013, ma non solo. A compiere un vero balzo in avanti è il traffico di cellullosa con le sue 821.774 tonnellate complessive contro le 607.772 dello stesso periodo dello scorso anno, pari a un incremento del 35,2%. Un risultato che potrebbe apparire inspiegabile a fronte delle difficoltà del mercato della carta, perlomeno in Italia, ma che per Mar-Ter, operatore logistico che gestisce il traffico nel porto di Monfalcone, è la conseguenza, attesa, degli investimenti realizzati negli anni e «di tanta attività commerciale», come spiega l’amministratore delegato Raffaele Bortolussi. «Siamo riusciti così ad ampliare la nostra zona di influenza geografica», sottolinea. Mar-Ter da maggio del 2010 è controllata dal fondo Mid Industry Capital, che due anni fa è stato regista e promotore dell’acquisizione di un altro operatore logistico, la Neri di Livorno. Proprio nel porto toscano Mar-Ter potrebbe trasferire tutta la propria attività, abbandonando Monfalcone, dove pure movimenta circa un terzo dei tre milioni di tonnellate di merci che transitano dalle banchine dello scalo (escluso quindi il carbone). Le ragioni? La società non sembra ritenere compatibile il progetto di rigassificatore di Gnl, perlomeno nella sua formulazione attuale, con la propria attività. «Premesso che non siamo contrari al progetto di SmartGas - sottolinea l’amministratore delegato di Mar-Ter -, siamo però preoccupati dall’ipotesi di collocazione dell’impianto nell'ambito dell’area portuale, in particolare della banchina per le navi gasiere che andrebbe senza subbio a creare forti limitazioni ai traffici portuali destinati alle attuali banchine di Portorosega». La società sta quindi «seriamente pensando - continua Bortolussi - di concentrare la propria attività a Livorno, dove è presente dal 2010 avendo acquisito la società Neri, operatore portuale dello scalo labronico dall’inizio del ’900». L’impatto per Monfalcone a livello occupazionale dell’eventuale trasferimento dei traffici nel porto toscano è facilmente immaginabile, considerato che Mar-Ter movimenta attorno al milione di tonnellate di cellullosa all’anno tra sbarchi (800 mila tonnellate) e imbarchi (200 mila). L’incremento della movimentazione di cellullosa, oltre che dei prodotti metallurgici, ha permesso nel corso dell’anno di compensare il calo degli arrivi di carbone (550.207, meno 19%) alla banchina della centrale termoelettrica di A2A, ferma del resto per alcune settimane in primavera per lavori di manutenzione. A settembre i traffici nell’insieme hanno inoltre fatto segnare un più 17,37% sullo stesso mese del 2013 (311.193 tonnellate contro 265.132). Nei primi nove mesi da Portorosega sono infine transitati 74.507 automezzi, il 7% in meno rispetto allo stesso periodo del 2013, ma il traffico ha manifestato una decisa ripresa già a partire da ottobre.

Laura Blasich

 

Altran: «Non esiste alcuna prevaricazione verso l’Aussa Corno e Porto Nogaro»

Nessuna prevaricazione di Monfalcone nei confronti delle realtà industriali e portuali dell’Aussa Corno e di Porto Nogaro. Anzi, massima collaborazione e sinergie per portare vantaggio e sviluppo economico ad entrambi i territori sfruttando tutte le migliori risorse. È un coro unanime quello che si senta a Monfalcone in risposta all’accusa-grido di allarme lanciato da Giacomo Sangalli, amministratore delegato area operation dell’ omonimo gruppo che ha un’azienda nell’Aussa Corno. «Bisogna stare tutti calmi e cercare di capire quali sono i migliori per lo sviluppo di entrambi i nostri porti - conferma il sindaco Silvia Altran (foto) - non c’è alcuna prevaricazione o competizione, ogni territorio deve ottenere il massimo per realizzare opere che sono vitali per l’economia. Con tutte le competenze che possiamo mettere in comune saremo in grado di aiutarci reciprocamente».

(g.g.)

 

Burgo, “cassa” prolungata e i sindacati si dividono
Alla Cartiera del Timavo i lavoratori della Linea 2 resteranno fermi fino a domani - Luca Mian (Uilcom Fgv): «Bocciata la nostra proposta di assemblea generale»
DUINO AURISINA «Il sito di Duino terrebbe sul mercato senza problemi, però ci vuole un'azienda con uno straccio di piano industriale di rilancio, anziché di depauperamento e svendita». Dure le dichiarazioni rese ai lavoratori della Cartiera Burgo di San Giovanni di Duino dal segretario generale Uilcom Fvg, Luca Mian, in un comunicato stampa ufficiale. Il responsabile regionale di uno dei sindacati di categoria, rappresentato anche in Rsu, stigmatizza in primis l'ulteriore iniezione di cassa integrazione ordinaria, programmata fino allo scorso venerdì ed estesa ora all'11 novembre (era iniziata lo scorso 31 ottobre), per i lavoratori della Linea 2. Secondo Mian, infatti, si sarebbe potuto spalmare un ulteriore paio di giorni di Cigo su Villorba e Verzuolo, dove invece ne sono stati stabiliti cinque, e così ridurre a sette, anziché 11, le giornate di fermata produttiva a Duino. «L'impressione – afferma il segretario regionale Uilcom - è che qui si voglia far risultare che il costo di produzione è superiore, così ad arte si gestiscono altrove i volumi, si inaspriscono e condizionano da manuale i costi, danneggiando il nostro sito e preservandone altri. Il dottor Alberto Marchi è conscio di tutto ciò? La fiducia nei suoi collaboratori di divisione è sempre la stessa?», chiede Mian, secondo cui Duino sarebbe «uno stabilimento "commissariato" ad arte». «Non vorremmo – aggiunge - che i lavoratori fossero usati in giochi interni». Per l'esponente Uilcom, certamente “il calo di volumi è reale, ma non siamo al tracollo”. Ci sono ancora volumi europei di carta patinata che superano i 7,4mil/ton (fonte Cepi), di cui 1,1 mil/ton italiani (fonte Assocarta) e considerando che Burgo ne produce circa 1 mil/ton, allora “ci sono ancora margini”. «La carta sta subendo un ridimensionamento – rileva - ma non scomparirà, sarà solo destinata a condividere il mercato con gli altri mezzi di comunicazione. Sul mercato, però, bisogna saperci stare. Il problema è che questa azienda è priva di risorse e le poche prodotte vengono interamente assorbite dagli interessi e dal debito, quindi risulta di fatto incapace di intercettare o trattenere volumi o riconvertirsi». La fabbrica di Duino, logisticamente aperta al Mediterraneo e collegata alla rete ferroviaria e al Corridoio 5, abbinata a piani d'investimento (“rigassificatore, ma non solo”) e in presenza di un impianto di cogenerazione da 100 MW/h, potrebbe realizzare un ulteriore contenimento dei costi energetici e una miglior economicità. Il sito a oggi “non ha Mol negativo, quindi può essere ancora strategico nel Gruppo Burgo”. Quanto ai costi del personale e sulla produzione di materie prime “già si sono consolidati standard pari ai migliori competitor europei”. «Noi – chiarisce Mian - rispondiamo alle provocazioni gratuite dell'ad augurandoci che il gruppo resti controllato dalla famiglia Marchi, che si chiuda positivamente il negoziato con le banche sul rifinanziamento del debito, adeguandolo ai cicli economici attuali, e che si attuino, se giudicati convenienti, piani di partnership con gruppi Lect e Upm, per preservare il perimetro e allontanare macellerie sociali. Non vogliamo assistere a un'azienda intenta a gestire al meglio le sorti finanziarie e personali di pochi, ma gli interessi dei lavoratori. Per far fronte a tutto ciò – continua - è indispensabile, in questa fase, una gestione unitaria dei rapporti sindacali nelle iniziative». Si è infatti alla vigilia della nuova fase negoziale del rinnovo del Ccnl, “l'unico livello che può dare risposte eque per tutti i siti e far terminare questo odioso gioco al ribasso, che si dimostra inefficace”. A proposito del contratto, “c'è da segnalare che nel settore cartario in Italia solo Burgo è in queste condizioni: gli altri competitor se la cavano”, dunque si vigilerà “sui futuri eventi attivando tutte le iniziative necessarie al caso”. «Di tali questioni – conclude Mian - come Uilcom Fvg, avremmo voluto confrontarci con i lavoratori in un'assemblea generale, ma la rispettabile diversità di vendute all'interno della Rsu ha previsto altre forme informative. È un peccato, ma siamo sicuri che a breve ci saranno altre occasioni unitarie».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

MESSAGGERO VENETO - DOMENICA, 9 novembre 2014

 

 

«Dal rigassificatore risparmi alle aziende dell’Aussa Corno» - Vescovini replica a Sangalli
SAN GIORGIO DI NOGARO «A Monfalcone vogliono far chiudere lo scalo di Porto Nogaro: se così sarà, noi, il giorno dopo, appenderemo fuori delle nostre fabbriche il cartello con scritto “chiuso”». A lanciare l’allarme era stato Giacomo Sangalli, amministratore delegato dell’omonimo gruppo e presidente delle imprese insediate nella zona industriale Aussa Corno. Sotto accusa il piano volto a dirottare a Monfalcone le risorse destinate dalla Regione agli interventi di scavo del canale di accesso alla banchina Margreth per consentire l’approdo di navi di maggiore cabotaggio. «È follia pura - replica Alessandro Vescovini, project manager di Smartgas il progetto di rigassificatore del Lisert - utilizzare 14 milioni di euro per scavare un porto sottoutilizzato, che sarà comunque sottoutilizzato anche dopo lo scavo. Un porto che nei fatti è privato; meglio realizzare con le stesse risorse i raccordi ferroviari per le realtà della zona industriale di San Giorgio, tra cui la Sangalli». Secondo Vescovini «il progetto Smartgas porterà benefici consistenti sui costi di acquisto del gas a molte realtà industriali regionali in generale e di San Giorgio in particolare, aumentandone competitività e conservazione occupazionale. Tra i grandi consumatori la Sangalli che risparmierà 1,5 milioni di euro. Un ipotetico aggravio di costi logistici per Sangalli ammonterà a 200 mila euro, importo che non giustifica la chiusura dello stabilimento». Il progetto Smartgas, conclude Vescovini, «e i lavori nel porto di Monfalcone non necessitano dei soldi stanziati per lo scavo, bensì sono le aziende di San Giorgio che hanno bisogno di questi soldi per realizzare i raccordi ferroviari».

(f.a.)

 

 

Risorgive, l’acqua è inquinata - Legambiente: colpa delle fogne
Codroipo, la denuncia dell’associazione ambientalista riguarda la roggia “Acqua reale”
Una sostanza si è depositata lungo un chilometro e mezzo di percorso. Comune sotto accusa
CODROIPO Allarme inquinamento nella roggia di risorgiva “Acqua reale”. A lanciarlo è il circolo di Legambiente del Medio Friuli. Da giorni, del resto, il corso d’acqua è ricoperto da una sostanza biancastra per oltre un chilometro all’interno del parco delle Risorgive. «Sembra che da uno sfioratore della condotta fognaria cittadina, gestita dal Consorzio Acquedotto Friuli centrale – spiega l’associazione ambientalista - sia tracimata una notevole quantità di materiale, riversandosi nella roggia, causando così un danno biologico che, al momento, pare di difficile recupero in tempi brevi. Sul posto è intervenuto il Corpo forestale e già da quattro-cinque giorni una ditta di idro-spurghi è al lavoro per sbloccare il tratto fognario interessato, il cui intasamento pare sia all’origine dello sversamento». Da qui, dunque, la richiesta del circolo di Legambiente al Cafc e all’amministrazione comunale per capire «come mai sia stato sottovalutato un problema di semplice manutenzione e come mai non si sia attuata regolarmente una manutenzione periodica con interventi meccanici da programmare, sicuramente meno costosi di un intervento su un sito inquinato». Legambiente si rivolge, dunque, agli enti preposti per chiedere «se siano previsti e quali siano i provvedimenti che verranno presi per contenere i danni ambientali: 1,5 chilometri di canale interessato, fauna e flora del letto gravemente compromessa con conseguenti ripercussioni sulla fauna che di ciò si alimenta» e, infine, «su chi ricadrà il costo economico delle operazioni di risanamento, se su chi abbia commesso errori manchevolezze, o non venga piuttosto spalmato su tutti i contribuenti codroipesi con aumenti del canone di depurazione». La presenza della sostanza biancastra era stata segnalata anche da numerosi cittadini.

Viviana Zamarian

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 novembre 2014

 

 

Duino, prende forma la nuova variante del Piano regolatore

In commissione il documento urbanistico: tra gli interventi la riconversione di strutture (fienili ed ex stalle) nei centri storici
DUINO AURISINA L'amministrazione di Duino Aurisina intende adottare una nuova variante, la numero 28, al Piano regolatore generale comunale e dare così un volto nuovo al territorio. Il provvedimento era nell'aria da tempo e se ne era parlato già lo scorso maggio, ma da allora nessuno più ha toccato l'argomento. Questa settimana, invece, il primo significativo passo in avanti, che dunque apre formalmente l'iter per l'approvazione del nuovo strumento urbanistico: la convocazione, mercoledì prossimo, della Seconda commissione consiliare permanente (Assetto e utilizzo del territorio), presieduta da Maurizio Rozza. Ordine del giorno, appunto, “Linee guida per la formulazione degli indirizzi alla Variante urbanistica numero 28 al Prgc”. Ad anticipare per noi la questione, il vicesindaco e competente assessore Massimo Veronese: «A scanso di equivoci, non sottoporremo ai consiglieri un documento finito o in qualche modo già confezionato – esordisce -: in sede di Seconda commissione formulerò le mie prime proposte e traccerò il percorso da attuare, per arrivare alla stesura della delibera degli indirizzi, il primo step. La Variante generale di Duino Aurisina è piuttosto datata, risalendo al 2000, ed è esigenza molto sentita nella popolazione quella di andare a modificare alcune disposizioni: già nel corso della procedura che ha portato all'approvazione della 27, diventata esecutiva lo scorso 23 aprile, erano emerse criticità sul fronte dei borghi storici dei paesi, degli Ambiti e delle infrastrutture». Nel periodo estivo, riferisce Veronese, ci sono stati aggiornamenti e approfondimenti in Commissione edilizia. Quattro, comunque, i nodi principali che la 28 dovrà affrontare: la riconversione di strutture (fienili ed ex stalle) nei centri storici e uno snellimento burocratico delle norme relative, una verifica sugli Ambiti di progettazione unitaria («La maggior parte non è mai decollata e dunque un'analisi in merito va fatta», dice il vicesindaco), la semplificazione della normativa generale alla luce delle esigenze del territorio («Abbiamo, per fare un esempio, sei zone B, tutte residenziali, e ognuna con una regolamentazione specifica, diversa dalle altre: giungere a due soli modelli sarebbe già un bene») e il ragionamento sulle infrastrutture necessarie al territorio. «Credo – ha sottolineato a tal proposito Veronese – che dovremmo prima decidere sul Piano regolatore quali sono gli interventi su viabilità e collegamenti, ma non solo, anche sui servizi collettivi di cui la nostra area ha bisogno, e inserirli già nel documento: questo gioverebbe nel momento in cui vengono chiesti finanziamenti europei per opere pubbliche, in quanto farebbe risparmiare tempo ed eviterebbe il doversi pronunciare su nuove varianti per adattare lo strumento urbanistico alle progettualità». Ma veniamo alla tabella di marcia: «Dopo questa prima Commissione – sottolinea il vicesindaco – andremo alla stesura delle linee guida, che dovranno essere molto dettagliate, creando così delle salvaguardie. La delibera dovrebbe essere portata in aula nei primi mesi del 2015». Ci saranno ragionamenti e confronti coi consiglieri, ma anche e soprattutto col territorio attraverso assemblee pubbliche. Che però, come anticipa Rozza, non avranno luogo per paesi o frazioni, bensì per temi: una piccola “rivoluzione copernicana”. Uno dei ragionamenti da farsi, conclude il presidente della Seconda commissione, riguarderà anche lo spinoso problema del plesso scolastico unico e del tempo libero. Dove inserirlo? «Io lo vedrei bene nella zona della palestra di Aurisina, che però risulta un po' decentrata».

Tiziana Carpinelli

 

 

Ferriera, riassunti solo 400 e tagli all’indotto
Siderurgica Triestina ha anticipato ai sindacati i capisaldi del futuro organigramma aziendale
Siderurgica Triestina (St), la società del Gruppo Arvedi che ha acquistato la Ferriera, presenterà la settimana prossima l’organigramma ufficiale per lo stabilimento. Le linee generali sono state illustrate dal responsabile delle Risorse umane del Gruppo Arvedi Bruno Falanga e dall’amministratore unico di St Francesco Rosato ai rappresentanti di fabbrica e alle segreterie dei metalmeccanici e non hanno sollevato eccessivi entusiasmi. Da quanto trapelato, il numero di 410 dipendenti che in base all’accordo coi sindacati andrà raggiunto entro il 31 dicembre, per questioni di qualifiche professionali includerà una decina di ex contrattisti per cui in realtà non saranno più di 400, dei 438 complessivi, gli ex dipendenti Lucchini che verranno complessivamente riassorbiti già in questa prima fase. L’azienda ha poi annunciato che intende tagliare i subappalti in misura stimabile attorno al 20%, per cui se l’indotto prima si aggirava sulle 200 persone ora non dovrebbe superare le 160. In particolare il settore della sorveglianza sarà internalizzato e ne faranno parte in tutto 7 persone: 5 dipendenti della Ferriera che verranno “convertiti” a queste funzioni e 2 della ditta esterna di sorveglianza che saranno assunti direttamente da St. Lo stabilimento sarà suddiviso in tre macroaree: l’altoforno che includerà anche la macchina a colare e l’agglomerato, la cokeria, e la logistica entro cui sarà rafforzato il settore ferroviario. La nuova indagine aperta dalla Procura su 8 episodi di fuoriuscite di fumi e polveri registratesi a ottobre quando lo stabilimento era già gestito da St, ha sollevato non poche preoccupazioni tanto da far ribadire ai due rappresentanti del gruppo e dell’azienda che se la situazione e il clima non cambieranno radicalmente si andrà naturalmente verso la chiusura della cokeria (che a oggi funziona al 55% delle proprie potenzialità) il che, e qui sta la novità e secondo i dipendenti il pericolo principale, non escluderebbe l’ipotesi di una futura dismissione dell’intera area a caldo. A margine, alcuni dipendenti hanno espresso il timore che vista la celerità con cui sono stati fatti gli adeguamenti sull’altoforno, siano stati volutamente concepiti per durare solo pochi anni. Entro fine 2015 in compenso, dovrebbe esser pronto il capannone dell’ex acciaieria completo di macchinari per dare il via al nuovo complesso metallurgico a freddo. Nel Piano industriale di St si specifica che qui si produrranno laminato a freddo ricotto, laminati per stampaggio a caldo per l’industria automotive e acciaio magnetico per macchine rotanti. Almeno due questioni inoltre restano pericolosamente in sospeso. Una è la concessione trentennale per l’area demaniale chiesta all’Authority, che deve appena passare in Comitato, ma sulla cui approvazione finale non si nutrono forti paure. L’altra è il secondo Accordo di programma che sblocca fondi per il risanamento ambientale e che a doveva essere già firmato. Non è così: e nell’ultima riunione tecnica svoltasi martedì a Roma, nonostante i solleciti dei rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico sarebbero stati fatti alcuni rilievi dal dicastero dell’Ambiente il che fa sì che la bozza definitiva non sia ancora pronta.

Silvio Maranzana

 

 

La vacanza ecosostenibile si fa con la bici a noleggio
Anche a Trieste il servizio Bike rental che conta su una ventina di punti in Italia e all’estero. La due ruote si può restituire in una qualsiasi delle “stazioni”
Una cultura che ha origini lontane, radicate in modo particolare nel centro e nord Europa, e che è in continuo sviluppo. Una cultura che si ispira alla filosofia di un turismo eco-sostenibile. E le cui parole chiave sono legate al territorio, alla natura, allo sport ed al divertimento. Il tutto naturalmente in sella a una bici. Si chiama “Bike Rental”, letteralmente bici a noleggio, e incarna la nuova prospettiva di vivere una giornata all'aria aperta sulle due ruote o addirittura di programmare una vacanza in mezzo alla natura, da soli o insieme a tutta la famiglia. Il servizio è proposto anche a Trieste, nel punto noleggio aperto qualche tempo fa in viale Miramare, di fronte alla stazione ferroviaria, dall'azienda locale Mathitech, che può contare su una ventina di centri sparsi sul territorio nazionale ma non solo: dal Veneto alla Toscana, dalla Puglia alla Sicilia, oltre alle vicine Slovenia e Croazia. Il meccanismo è semplice: il turista che arriva in città può prendere una bici a noleggio per tutto il tempo necessario, decidere quale itinerario percorrere ed eventualmente programmarsi la vacanza a seconda delle proprie esigenze. E soprattutto può parcheggiare il mezzo a due ruote in uno qualsiasi dei punti noleggio collegati alla rete “Bikeways”, rientrando comodamente alla base con un transfer già predisposto. Sono molteplici gli itinerari disponibili, suddivisi a seconda delle difficoltà: si va dalla Parenzana, pista ciclabile che segue il percorso della storica ferrovia che collegava Trieste e Parenzo, passando per la Dobbiaco Lienz e la via delle Dolomiti, fino alle ciclabili del Brenta e della Drava. Ma ci sono ovviamente i percorsi più vicini per coloro che scelgono gite giornaliere alla scoperta del territorio locale. «Si tratta di un turismo conveniente e alla portata di tutti, sia dal punto di vista economico che da quello fisico» - spiega Chiara Meriani Merlo dalla rete “Bikeways” -. «La gran parte degli utenti utilizza il nostro portale in rete per la prenotazione delle bici a noleggio e per scegliere l'itinerario preferito. Ci sono molte richieste che arrivano dall'estero: provenienti sia dall'Europa, Germania e Austria in testa, ma anche da Canada, Stati Uniti e addirittura Australia. In crescita anche i turisti italiani e gli stessi triestini che scelgono il mezzo a due ruote per percorrere le piste ciclabili di casa. La grande novità è rappresentata dal fatto che si può lasciare la bici all'arrivo senza essere condizionati per forza da un itinerario circolare». Vasta anche la scelta delle biciclette disponibili (oltre duemila complessivamente nei punti noleggio della rete): dalle mountain bike più semplici fino alle bici da trekking, passando per quelle da corsa ed i tandem. Particolarmente richieste le bici elettriche a pedalata assistita che possono contare su un motore da 250 watt che agevola i meno allenati nei percorsi più impegnativi. Grazie alle sinergie sviluppate con diversi operatori del turismo, la rete Bikeways consente inoltre di realizzare veri e propri pacchetti vacanza, che comprendono il soggiorno in alberghi o bed and breakfast, oltre alla visita dei diversi territori in ambito culturale e enogastronomico.

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL FATTACCIO - VENERDI', 7 novembre 2014

 

INCIDENTE NUCLEARE - Scatta l'allerta in Europa Centrale
REPUBBLICA CECA SPENTI 3 DEI 4 REATTORI DI DUKOVANY per la perdita di liquido refrigerante destinato al nocciolo. In funzione le unità 1 e 2 dell’impianto costruito nel 1987. Allarme nucleare nel cuore dell’Europa. Nelle scorse ore due dei quattro reattori della centrale di Dukovany, in Moravia meridionale (Repubblica Ceca), sono stati fermati a causa della perdita di liquido refrigerante destinato alle unità 3 e 4 della centrale ceca. Le autorità locali hanno subito rassicurato la popolazione affermando che nessun rischio per la popolazione è stato corso e che la chiusura dei due reattori è necessaria per le operazioni messa in sicurezza dell’impianto. Al momento non è chiaro per quanto tempo le due unità rimarranno chiuse, nel frattempo i reattori 1 e 2 continueranno a produrre energia elettrica per la regione. “I reattori 3 e 4 della centrale di Dukovany sono stati chiusi inaspettatamente al fine di riparare una delle tubature che trasporta il liquido refrigerante necessario a tenere sotto controllo la temperatura dei reattori – ha affermato all’agenzia di stampa ceca Czech News Agency Petr Spilka, portavoce dell’impianto –. è impossibile al momento prevedere quando i lavori di riparazione finiranno e quindi quando le due unità riprenderanno la normale attività di produzione energetica”.
ČEZ OVVERO LA SOCIETA' ENERGETICA NAZIONALE, LA ČEZ OVVERO LA SOCIETA’ ENERGETICA NAZIONALE, ha fatto sapere attraverso un comunicato ufficiale che la chiusura di parte dell’impianto di Dukovany non causerà problemi di sorta per l’erogazione di energia elettrica alla popolazione della Moravia, questo perché la rete nazionale è in grado di ridirezionare l’elettricità da altre fonti di produzione energetica. La centrale, costruita tra il 1985 e il 1987 in cooperazione tra l’allora Cecoslovacchia e l’Unione Sovietica, copre il fabbisogno di energia elettrica di un quinto del paese e, sottolineano dalla Čez, questo è il primo incidente in circa trent’anni di attività. “La situazione è sotto costante monitoraggio da parte dell’Autorità nazionale per la sicurezza nucleare (Sújb) – ha spiegato Dana Drábová, numero uno dell’Ente di sicurezza ceco –. Sarà impossibile far riprendere l’usuale operatività dell’impianto fino a quando l’intero sistema di produzione energetica non sarà perfettamente funzionante e messo a norma. Ma mi preme sottolineare che questa specifica situazione non crea o creerà alcun problema per la sicurezza dei nostri cittadini o per l’approvvigionamento energetico”.
ČEZ OVVERO LA SOCIETA' ENERGETICA NAZIONALE, SECONDO QUANTO SPIEGATO DAI TECNICI IN SERVIZIO PRESSO LA STRUTTURA NUCLEARE CECA, il sistema di raffreddamento ad acqua dei reattori 3 e 4 è di grande importanza per la funzionalità dell’impianto e contestualmente per la sua sicurezza, questo poiché garantisce il monitoraggio delle temperature di strumentazioni e parti coinvolte nella produzione energetica che, se senza moderazione termica, potrebbero surriscaldarsi e creare problemi alla sicurezza alla struttura e all’ambiente circostante. Per questo motivo il liquido di raffreddamento utilizzato per i due reattori attualmente spenti è stato dirottato verso quelli in funzione, al fine di garantire la massima sicurezza per la centrale.“Le disposizioni in materia di sicurezza rendono impossibile ai reattori 3 e 4 di operare in queste condizioni e a pieno regime per un periodo superiore ai tre giorni – spiegano dalla centrale –. Poiché, data l’entità del guasto, non è possibile riparare la falla in 72 ore abbiamo deciso di disattivare completamente i due reattori e procedere così alle operazioni di riparazione necessarie alla ripresa delle attività”.
Il precedente
Secondo quanto spiegato dai vertici della centrale, inoltre, il malfunzionamento dell’impianto di raffreddamento è stato individuato lunedì scorso, durante i lavori di costruzione di due nuove torri di raffreddamento. I tecnici stanno valutando in queste ore se propri i lavori di ampliamento della centrale abbiano, in qualche modo, potuto contribuire al danneggiamento dell’impianto che produce, annualmente circa 15.68 Terawatt/ora (TWh) di energia elettrica. Nonostante le autorità ceche siano intervenute subito e i due reattori siano, secondo le fonti ufficiali, sotto controllo perché spenti, l’incidente avvenuto nella Moravia meridionale riaccende le polemiche relative all’utilizzo dell’energia nucleare, polemiche relative soprattutto ai costi di operatività e alla sicurezza di queste strutture. Le conseguenze drammatiche del disastro di Fukushima, l’allora scarsa reattività del personale dell’impianto giapponese, i ritardi e le gravi conseguenze per la popolazione locale e l’ambiente diedero nuova linfa alle posizioni ambientaliste in tutto il pianeta, dando forza a quei paesi che hanno deciso – come la Germania –, di rinunciare a questa fonte di produzione di energia elettrica (è opportuno ricordare che gli impianti nucleari producono esclusivamente elettricità e che in molti casi questa produzione eccede, anche di molto, il fabbisogno dei singoli paesi) per altre considerate verdi o alternative al normale ciclo di produzione basato sul carbonio o sul nucleare.
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 novembre 2014

 

 

Passeggiata con Legambiente - Muggia
MUGGIA Legambiente Trieste organizza, per sabato 15 novembre, una passeggiata da Muggia al Lazzaretto. Appuntamento alle 14 alla stazione dei bus per salire verso Muggia Vecchia e proseguire fino ad un agriturismo, situato in splendida posizione a monte del Lazzaretto, dove si arriverà verso le 17, in tempo per godere il tramonto sul golfo di Trieste. Verrà quindi servita la cena (costo 20 euro, bevande escluse). Il territorio attraversato è preziosissimo, sia dal punto di vista culturale che da quello naturalistico, ed è gravemente minacciato da progetti disastrosi (rigassificatori) e da dissesto idrogeologico (vedi la recente frana che ha fatto una vittima). Rientro in bus entro le 21. « Un’ escursione - sottolinea Legambiente - per conoscere meglio ciò che dobbiamo tutelare e per un bel momento conviviale prima dell'inverno. Un modo per stare assieme». Gli interessati sono pregati di prenotare la “passeggiata” chiamando il numero 3665239111 o inviando una mail con i nomi dei partecipanti a info@legambientetrieste.it

 

SABATO - INCONTRO CON LE API
Ritrovo alle 15 all’orto di vicolo delle Rose 44: dopo l’esperienza di un anno con il gruppo di apicoltori, assaggeremo il loro miele. Ascolteremo la loro storia e con Livio Dorigo, veterinario, impareremo qualcosa di più sulle api.

il Piccolo

 

 

Consiglio comunale in prescrizione sul Piano regolatore portuale
Prescrizioni che non cadono in prescrizione. Emendamenti subemendati e pregiudiziali che pregiudicano. In mezzo Oltre due ore di sospensione dei lavori. Il consiglio Comunale di Trieste arriva al nuovo appuntamento («Ormai annuale» sottolinea Paolo Rovis, Ndc) con il Piano regolatore del Porto di Trieste e con il “parere sullo studio ambientale integrata e sui correlati ed elaborati integrativi relativi alla procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) Valutazione ambientale strategica (Vas)». Il solito Via/Vas come viene ormai definito. «Sono le 63 le prescrizioni contenute nella delibera. La più importante è la numero 14 che raccoglie integralmente o quasi le prescrizioni comunali» introduce l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni. Una delibera a costo zero visto che, come precisa l’assessore, «non prevede nessuna entrata e nessuna spesa per il Comune di Trieste». Restano le anomalie. Stefano Patuanelli (M5S) premette: «Noi ci occupiamo della parte ambientale del Porto di Trieste. Ci hanno dato 30 giorni di tempo per giudicare un documento il cui processo è iniziato 5 anni fa» Poi corregge l’assessore: «Non sono state recepite tutte le prescrizioni. Mi riferisco all’impatto ambientale di alcune industrie». Sui corsi e ricorsi del Prg portuale si esercita Rovis: «Una delibera che ritorna a distanza di una anno. Un appuntamento annuale che va avanti dal 2009. Tra un anno di nuovo saremo di nuovo qui con altre prescrizioni». Non proprio mediche. «Ogni ufficio trova qualcosa da prescrivere. Forse per dar conto della sua esistenza - continua Rovis - Mi chiedo che senso abbia tutto questo?». Il senso delle prescrizione per il Comune. Come quella al punto c che “prescrive all’Autorità portuale AcegasAps Hera Amga. «Mi pare fuori contesto. Un eccesso di zelo? Avrei capito una raccomandazione piuttosto che una prescrizione» aggiunge Rovis. Il problema è che tutto si blocca sul primo emendamento cancellato da un subemendamento. Un corto circuito sollevato da Patuanelli che manda in paura l’aula. Oltre due ore di capigruppo prima di riprendere i lavori. Un vero peccato per il vicepresidente del consiglio comuale, Alessandro Carmi, chiamato a sostituire Itzok Furlani› (bloccato a Milano per l’Anci), fino allora impeccabile. Poteva essere l’ultimo consiglio comunale di Trieste presieduto da un “titino. Ma l’assemblea dell’Anci ci ha messo la coda. E così il comunista Furlanic, sul quale pende una mozione di sfiducia per giovedì prossimo 13 novembre, potrebbe non rivedere più la poltrona di presidente del consiglio comunale. Carmi, che Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) ha già candidato alla successione, ha già superato l’esame. «Non è detto» butta lì sibillino Roberto Decarli (Trieste Cambia). Mai dire mai. In apertura sono approvate due delibere funerarie in modo lapidario. Senza discussione e senza dibattito. E nessun voto contrario. Forse per motivi scaramantici. Si tratta di due debiti fuori bilanci (per circa 9 mila euro) a favore di due stimate imprese di pompe funebri. Nessuna pregiudiziale e nessuna prescrizione. In questo caso.

(fa.do.)

 

 

Rifiuti: dal 2015 a Duino la raccolta porta a porta
La conferma arriva dall’assessore Andrej Cunja sempre scettico verso questa soluzione: «Ma prima voglio avere a disposizione una stima dei costi»
DUINO AURISINA Sperimentazione del porta a porta a partire dal 2015? Sì, ma prima si parte dai costi. Lo sostiene l'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja, che in passato non ha risparmiato scetticismo verso questa modalità di raccolta e smaltimento rifiuti, invece indicata dal centrosinistra come soluzione da perseguire. I dati per Duino Aurisina, infatti, sono drammatici (differenziata ferma al 21,10 contro una media regionale del 60,79% e provinciale del 28,63%) ed urge un'inversione di tendenza, al punto che il vicesindaco Massimo Veronese già tempo addietro ha premuto l'acceleratore su una sperimentazione del porta a porta, magari nei paesi carsici, con l'avvento dell'anno nuovo. E la distanza dal 2015, ormai, è un battito di ciglia. Dunque a che punto è l'amministrazione Kukanja nella gestione di un fenomeno che dipinge il territorio come un grande produttore di immondizia, con 631,6 chilogrammi pro capite di spazzatura accumulata in 12 mesi? «Per poter valutare correttamente l'opportunità e la convenienza dell'implementazione di un servizio di raccolta rifiuti porta a porta, limitato a determinate frazioni o categorie di utenza, come richiesto da qualche esponente della maggioranza – esordisce l'assessore Cunja -, è necessario innanzitutto avere a disposizione una stima dei costi». Insomma, i numeri prima di tutto. «Sì – osserva -, perché è risaputo che solitamente il metodo porta a porta, che in teoria dovrebbe portare al conseguimento di percentuali di differenziazione più alte, comporta costi maggiori rispetto a una raccolta promossa attraverso isole ecologiche e cassonetti stradali». Modalità, questa delle isole ecologiche, come noto più e più volte sollecitata dal centrodestra, con Massimo Romita in testa, restìo ad avvallare, dai banchi dell'opposizione, un sistema di tipo porta a porta. «I professionisti che stanno redigendo per conto del Comune il nuovo bando di gara – spiega ancora Cunja - sono stati incaricati pertanto di sviluppare una proiezione dei costi, che verrà poi "data in pasto" alla maggioranza per trarne le opportune conclusioni». Ma non finisce qui. Alleanze anche in un'ottica di razionalizzazione delle spese sono state ricercate coi territori contermini. «Si sono avuti dei contatti – conclude l'esponente della giunta Kukanja - con le amministrazioni dei Comuni limitrofi di Sgonico e Monrupino per valutare la possibilità di indire un appalto unico, esteso ai tre enti locali in questione con la finalità di ottimizzare il servizio; una tale ipotesi, per quanto sicuramente interessante e con molti risvolti positivi, dovrà però prima fare i conti con gli effetti, al momento ancora incerti, della prossima riforma degli enti locali». Prove tecniche di Unione di Comuni, in attesa del convegno capitanato lunedì a Udine dalla presidente Debora Serracchiani? Può essere, ma intanto una raccolta differenziata decisamente “pigra”, in un territorio assai poco “riciclone”, inizia a pesare (troppo) sulle tasche dei cittadini residenti.

Tiziana Carpinelli

 

 

«Nessuna antenna a Santa Barbara»
Muggia, no dell’assessore Longo alla richiesta di una società televisiva
MUGGIA «A Muggia non sorgerà alcuna nuova antenna a Santa Barbara». Giungono quasi come una sorta di rassicurazione le parole dell'assessore all'Ambiente di Muggia Fabio Longo. In questi giorni, infatti, diversi cittadini sono stati contattati da un rappresentante di una società che opera in ambito televisivo al fine di acquistare un’area sulla quale installare una nuova antenna. «Sono stato immediatamente informato dai cittadini interessati ed ho subito incontrato sia i residenti sia i proprietari dei terreni spiegando chiaramente che la costruzione di una nuova antenna nella zona è completamente esclusa”, tuona Longo. «È una precisa scelta politica quella di escludere la realizzazione di un’antenna nelle vicinanze di Santa Barbara – spiega l’assessore- e poi non si può soprassedere alle risultanze dello studio fatto eseguire al professor Midrio dell’Università di Udine ed approvato poi con apposita delibera del Comune di Muggia». La realizzazione di un traliccio in zona non è, inoltre, prevista neppure dal Piano regolatore generale comunale vigente, né da quello adottato per il quale è in corso l’iter di approvazione. A tale riguardo la Soprintendenza archeologica ha recentemente confermato il vincolo archeologico. Continua, comunque, a esserci massima attenzione su questo scenario da parte dell’Amministrazione comunale che monitora costantemente la situazione. «La tempestività dell’intervento ha finora evitato possibili futuri contenziosi a dimostrazione del fatto che il confronto diretto e puntuale è sempre proficuo. E proprio in quest’ottica ricordo che l’antenna già realizzata sul Monte Castellier dovrà essere demolita e trasportata in altro sito come da contratto sottoscritto dal Comune di Muggia e dalla società proprietaria», ha aggiunto Longo. «Il manufatto sarà allontanato dal paese ancora di più, considerando che già l’attuale localizzazione ha non solo i requisiti di sicurezza previsti in Italia ma che addirittura non saranno tollerate emissioni superiori a quelle che l’Europa considera nel principio di precauzione e che l’accordo sullo spostamento esiste già firmato con la garanzia dell’avvocatura dello Stato», ha concluso il sindaco Nerio Nesladek.

Riccardo Tosques

 

 

Ambiente, nuovi corsi educativi a scuola
Presentati i programmi AcegasApsAmga per gli istituti primari in collaborazione con il Wwf
Consapevolezza ed educazione alla sostenibilità sono le parole d'ordine con cui «AcegasApsAmga rinnova il proprio impegno nell'ambito dell'educazione ambientale, per l'anno scolastico appena iniziato con nuove proposte didattiche dedicate ai ragazzi della scuola dell'obbligo dei Comuni serviti nei territori di Trieste e Padova. L'obiettivo, oltre che informare sulle principali attività svolte dall'azienda, è soprattutto incoraggiare i più giovani a coltivare un'attitudine responsabile nei confronti dell'ambiente e dell'uso razionale delle risorse» recita uan nota aziendale. A Trieste tutte le attività si svolgono con la preziosa collaborazione del Wwf-Area protetta marina di Miramare e riguardano sia il ciclo idrico che il mondo del recupero e trattamento rifiuti. Per quanto attiene il ciclo idri co, anche quest'anno saranno aperte le porte dell'Acquedotto di Randaccio. Durante le visite guidate gli alunni delle classi elementari, medie e superiori «scopriranno un "dietro le quinte" di grande fascino e ingegno: il lungo viaggio di una goccia d'acqua dalle fonti naturali di captazione fino ai rubinetti». L'acquedotto sorge all'interno di un parco ricco di elementi naturali e culturali di pregio, dalle numerose specie botaniche, al fenomeno inusuale delle risorgive, al ritrovamento eccezionale di una mansio romana del I sec. a. C. durante i lavori di ampliamento dell'impianto. La visita, grazie ad apposite stazioni informative, consentirà anche una riflessione sull'importanza che riveste l'uso dell'acqua nella vita quotidiana e la necessità di un suo uso consapevole e razionale. «Sempre per quanto riguarda l'idrico - continua la nota -, alle elementari e medie è offerta anche la possibilità di un'attività laboratoriale in cui si sviluppa il tema dell'inquinamento delle acque causato dalla presenza di batteri, agenti patogeni e altri microrganismi, analizzando le conseguenze dirette e indirette su determinate specie vegetali e animali». Per i più piccoli (ultimo anno della scuola dell'infanzia e I° e II° elementare) è offerto il programma "Acqua da favola". Si tratta di letture animate centrate sul risparmio idrico e la tutela della risorsa acqua. Alla lettura farà seguito un laboratorio creativo. Sul fronte rifiuti, è proposto il percorso di visita guidata all'interno del termovalorizzatore di Errera: permette di osservare da vicino le diverse fasi di trattamento e recupero, sottoforma di energia elettrica rinnovabile, dei rifiuti indifferenziati che si producono in città. La proposta formativa si articola in tre fasi distinte: informativa, visita all'impianto e laboratori. «AcegasApsAmga propone agli insegnati delle scuole elementari un ventaglio di attività in classe finalizzate a sensibilizzare gli alunni sulle problematiche legate alla produzione di rifiuti e alla loro corretta gestione attraverso la raccolta differenziata. Di grande attualità, in particolare, il laboratorio "James Vermino e la raccolta dell'umido", che prevede una prima parte teorica seguita per i più piccoli, delle scuole d'infanzia ed elementari, un laboratorio di semina utilizzando il terriccio proveniente dalla raccolta dell'umido di Trieste, guidati dalla mascotte James Vermino» spiega il comunicato. "Scelgo se conosco", invece, indaga più a fondo il vasto mondo degli imballaggi e come riciclarli. "Identikit di un Raee" è il laboratorio pensato per gli studenti di medie e superiori dedicato alla conoscenza e alla corretta modalità di recupero dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), categoria di rifiuti molto importante per lo stile di vita contemporaneo. Info: Wwf Amp Miramare 333-9339060 o anche nell'area "Per la scuola" del sito web www.acegasapsamga.it.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 6 novembre 2014

 

 

Rifiuti urbani: 89 mila posti di lavoro in Italia grazie al riciclo
Il riciclo dei rifiuti urbani può fruttare all’Italia ricadute occupazionali ed economiche considerevoli. Se ne è parlato ieri a Ecomondo nel corso degli Stati generali della Green Economy, giunti quest’anno alla terza edizione.
Il CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) ha presentato i dati di uno studio realizzato in collaborazione con Althesys, dal titolo “Ricadute occupazionali ed economiche nello sviluppo della filiera del riciclo dei rifiuti urbani”. Le cifre parlano chiaro: raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di riciclo dei rifiuti urbani, fissati al 50% entro il 2022, richiederà la creazione di 89 mila nuovi posti di lavoro.
L’Italia è ancora lontana da questo obiettivo: attualmente viene riciclato solo 1/3 dei rifiuti urbani. Il conferimento in discarica è ancora la soluzione a cui si fa più ricorso nel Meridione. Le regioni del Sud inviano in discarica mediamente il 60% dei rifiuti. Va decisamente meglio al Nord dove la fetta di rifiuti conferiti in discarica è nettamente più bassa, attestandosi al 22%.
Nel corso della presentazione dello studio è emerso che l’Italia dovrà compiere maggiori sforzi per centrare gli obiettivi comunitari nei prossimi anni. Come ha spiegato il direttore generale del CONAI, Walter Facciotto:
La normativa europea sui rifiuti ha fissato obiettivi più ambiziosi rispetto al passato che a nostro avviso solo attraverso lo sviluppo della Green Economy potranno essere raggiunti. In particolare ciò significa realizzare una più marcata industrializzazione della filiera italiana del waste management: dalle economie di scala, agli investimenti in infrastrutture, fino allo sviluppo dell’innovazione e della ricerca.
Nei prossimi anni la filiera del riciclo in Italia impiegherà migliaia di nuovi addetti, con ricadute occupazionali più marcate al Centro e al Sud grazie al decollo della raccolta differenziata. Nel Nord Italia, invece, le nuove assunzioni avverranno soprattutto nell’industria del riciclo.
Il valore aggiunto generato dalla gestione dei rifiuti urbani sfiorerà i 2,3 miliardi, attirando investimenti per 1,7 miliardi e generando un volume d’affari di 6,2 miliardi.
 

 

Pesca insostenibile, Greenpeace attacca l’UE
Per tutelare la biodiversità marina, preservare le economie costiere e proteggere l’intera catena alimentare bisogna praticare una pesca sostenibile con metodi selettivi e poco distruttivi. Purtroppo l’Europa, da sempre tra i continenti più attenti alla sostenibilità ambientale, non sta dando il buon esempio. La denuncia dei danni perpetrati dalla flotte europee ai mari di tutto il mondo arriva da Greenpeace.
Gli attivisti hanno redatto un nuovo rapporto, dal titolo che è già una denuncia: “Monster Boats, flagello dei mari”. Secondo i dati diffusi dagli ambientalisti la flotta di pescherecchi dell’Unione Europea è capace di andare oltre due o tre volte i limiti della pesca sostenibile, razziando le acque marine e oceaniche. In una sola battuta di pesca il bottino può sfiorare le 2 mila tonnellate di tonno.
I metodi impiegati dai pescherecchi non sono tra i più sostenibili. Basti pensare che molte navi impiegano il sistema di aggregazione per pesci, noto come FAD, tra le tecniche più distruttive e deleterie per gli ecosistemi marini. Il Governo europeo deve fare al più presto qualcosa per proibire l’impiego di questi mezzi. L’appello è stato lanciato da Serena Maso, attivista che cura le campagne per la tutela del mare avviate da Greenpeace Italia:
I governi europei non possono chiudere gli occhi di fronte alla pesca eccessiva e spesso illegale. Devono eliminare dalle loro flotte industriali quei mostri che stanno svuotando i nostri mari e sostenere invece i pescatori artigianali che pescano in modo sostenibile.
I “mostri dei mari” a cui si riferisce Greenpeace attualmente sono venti. Fortunatamente nessuno fa parte della flotta italiana, ma ciò non esclude che i consumatori italiani consumino prodotti ittici pescati da questi megapescherecci.
Da qui l’appello di Greenpeace alle aziende della filiera del tonno, affinché acquistino solo pesce pescato in modo sostenibile. Greenpeace nel report ricorda quali sono le terribili conseguenze della pesca eccessiva:
Recenti dati FAO indicano che il 90% degli stock ittici mondiali sono pienamente o eccessivamente sfruttati. Stessa sorte anche per il nostro Mediterraneo: il 96% delle specie di fondale è soggetto a sfruttamento eccessivo e per gli stock di acque intermedie come la sardina e l’acciuga, la percentuale è del 71%.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 novembre 2014

 

 

Sangue sulle strade, Trieste terza in Italia - gli incidenti

Secondo il rapporto Aci-Istat, per mortalità solo dietro Catania e Napoli. Nel 2013 682 incidenti, 11 decessi, 923 feriti
L’ultimo nome è quello di Marina Stocca, 59 anni, la funzionaria di Ferservizi morta pochi giorni fa per le conseguenze di un terribile schianto in sella al suo scooter lungo la provinciale 35 a Opicina. Ma gli anelli della catena del sangue - che nel 2013 hanno fatto raggiungere a Trieste il terzo posto a livello nazionale per indice di mortalità sulle strade - portano anche i nomi di Alessandro Merluzzi, 51 anni, il violinista del Verdi che si è schiantato contro un bus, di Federico Pillinini, 51 anni, il professore del Volta che è finito contro un pilone della Sopraelevata, o quello di Lucio Dambrosi, il dipendente dell’Asl che alla guida della sua auto ha carambolato allo svincolo di Padriciano, o quello di Fulvio Grison, il pensionato investito mentre stava attraversando viale Ippodromo. E ancora quello di Mitja Gasparo, studente di 24 anni, che in sella al suo scooter è precipitato nel dirupo a pochi metri dalla Costiera, di Michele Leghissa vittima in agosto di un terribile incidente lungo il raccordo, a pochi metri dallo svincolo di Sistiana, di Antonietta Gasparini, l’ispettrice della Croce rossa, investita sulle Rive davanti all’hotel Savoia e di tanti, tanti altri ancora. I numeri del rapporto Aci-Istat non lasciano spazio a dubbi o interpretazioni e proiettano Trieste ai primi posti di una classifica di cui si farebbe volentieri a meno. I comuni con il più alto indice di mortalità per incidenti stradali a livello nazionale sono Napoli e Catania. Il primo ha il record di 1,69 morti ogni 100 incidenti. Il secondo 1,57. Trieste è arrivata a 1,43, terzo posto. Questo è successo nell’anno - il 2013 - in cui si è ridotto a livello nazionale il numero di incidenti mortali di quasi il 10 per cento. Invece a Trieste i dati indicano una controtendenza. Emerge infatti che il numero di incidenti totali a livello nazionale è diminuito del 4,4 per cento. Nel 67,9 dei casi le vittime sono conducenti di veicoli, nel 15,9 per cento passeggeri trasportati e nel 16,2 per cento pedoni. L’analisi dell’Aci-Istat indica, con rigore e precisione scientifica, anche le strade più pericolose della città e della provincia. Quelle che si macchiano più spesso di sangue. La prima della lista “nera” è la Statale 202, la camionale, la strada che collega l’uscita dell'autostrada A4 alla città. In un anno lungo quel percorso si sono verificati 20 incidenti e i feriti sono stati altrettanti. Poi viene la Trieste - Opicina dove gli incidenti sono stati 13 di cui uno mortale. Undici sono stati i feriti. Il tasso di mortalità lungo questa strada è di 76,92 mentre l’indice di gravità è di 83,33. Al terzo posto c’è la Costiera con 39 incidenti di cui uno mortale. I feriti lì sono stati 54. Il tasso di mortalità ha il parametro di 25,64 e l’indice di gravità di 18,18. E poi ancora prosegue l’elenco con il raccordo Lacotisce Rabuiese con 4 incidenti e un ferito. Nel raccordo dell’A4 gli incidenti sono stati 20, due i morti e 27 i feriti. Il tasso di mortalità è 100, il più alto in assoluto. Infine: via Flavia, 7 incidenti e 5 feriti. Il report ha anche analizzato, sempre per il 2013, il numero di incidenti riferito ai singoli comuni della nostra provincia. A Duino, con una popolazione di 8mila 500 abitanti e un parco circolante di 7mila 400 mezzi, si sono verificati 27 incidenti di cui uno mortale. I feriti sono stati 44. A Muggia con una popolazione di 13mila persone e un parco circolante di 12 mila mezzi, ci sono stati 30 incidenti che hanno causato 42 feriti. A Sgonico (popolazione 2mila persone e parco circolante di 2032 mezzi) gli scontri sono stati 12 e i feriti conseguenti 16. A Trieste gli abitanti sono oltre 201mila, il parco circolante è di 162 mila mezzi. Gli incidenti sono stati 682. Undici i morti e 923 i feriti.

Corrado Barbacini

 

«Vie strette e troppi sono i motociclisti»
Il comandante dei vigili Abbate: «Numeri raccapriccianti, triplicate le vittime. Più rispetto per le norme»
«È inconcepibile che una città come Trieste abbia numeri così raccapriccianti». Non se ne fa una ragione dell’escalation di morti per incidenti stradali il comandante della polizia locale Sergio Abbate. Non riesce ad accettare il fatto, per esempio, che dei 12 mortali rilevati dai suoi uomini sette hanno riguardato pedoni anziani investiti mentre stavano attraversando la strada e 5 sono riferiti a motociclisti. A questi 12 incidenti se ne aggiunge un altro rilevato da altre forze di polizia. In totale: 13 incidenti mortali contando l’intera provincia triestina. Dice: «Al di là dei dati statistici che si possono interpretare in tutti i modi, il fatto più preoccupante è il numero assoluto di incidenti mortali. Il numero totale degli incidenti nel 2013 si è ridotto rispetto al 2012 passando da 1911 va 1563. I feriti sono passati da 665 a 491. Mentre il numero dei morti è triplicato. Da 4 siamo arrivati a 12. È inaccettabile». Continua Abate: «Già in passato ho lanciato un allarme. Dobbiamo darci una mano. Ci vuole più rispetto per le norme e un po’ più di attenzione sia da parte degli automobilisti ma anche da parte dei pedoni e dei motociclisti». Dello stesso tenore il commento di Giorgio Cappel, ex presidente dell’Aci, ingegnere consulente tecnico della Procura. Dice: «Il dato statistico mi ha molto meravigliato in quanto convinto, in generale, della bravura dei conducenti triestini. Evidentemente la causa va ricercata altrove ed in particolare nella conformazione della nostra città». Poi osserva: «È evidente che, per esempio la bellissima Trieste Opicina, forse anche a causa della omonima corsa di buona memoria, rimasta nel Dna dei conducenti locali, invita, nonostante i limiti di velocità, a premere sull’acceleratore e quindi un scontro può avere conseguenze molto pesanti. Anche il fatto della presenza di un altissimo numero di ciclomotori e motocicli, veicoli a ragione considerati "utenti deboli", contribuisce ad aumentare i danni anche a seguito di un banale urto». Infine rileva: «Bisogna considerare pure la significativa presenza di velocipedi che, a causa della mancanza di una vera cultura della bici, come in essere nelle città pianeggianti e all'estero, rende meno abili i conducenti delle due ruote e quindi ancor più materialmente esposti a gravi rischi».

(c.b.)

 

 

Si decide sul megayacht port di Fincantieri
Il 16 novembre scade la pubblicità della richiesta, poi la concessione va in Comitato
C’è tempo fino al 16 novembre per porre osservazioni o fare proposte alternative al porto per megayacht dotato anche di alberghi e foresterie che Fincantieri ha chiesto di realizzare in Porto Vecchio e in particolare nel bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo e nei magazzini 24 e 25 che sono quelli prospicienti al bacino proprio davanti al Magazzino 26 dove oggi si svolgono i Comitati portuali e la presidente Marina Monassi aveva annunciato di voler trasferire l’intera Autorità portuale. Fino a domenica 16 dovrà infatti rimanere affissa all’Albo pretorio del Comune, oltre che a disposizione di tutti gli interessati negli uffici del Servizio demanio dell’Authority la richiesta di concessione per 35 anni avanzata il 25 giugno da Fincantieri appunto a seguito del bando relativo alla riconversione dello scalo antico di cui era stato dato avviso il 12 febbraio. Parallelamente alla pubblicazione della richiesta, l’Authority avvia una preistruttoria, anche per raccogliere i pareri dei vari enti preposti che vivrà una seconda fase appunto nel momento in cui dovessero venir avanzate eventuali osservazioni. È a questo punto e quindi in un lasso di tempo che si presume relativamente breve che la richiesta di concessione arriverà al vaglio del Comitato portuale che dovrà discuterla e approvarla prima che, con eventuali integrazioni, si possa arrivare alla firma del contratto. Il progetto di Fincantieri prevede la realizzazione di «un ormeggio per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti».

(s.m.)

 

 

Premio nazionale - Regione al top  nella lotta  agli sprechi alimentari
TRIESTE Regione al top in Italia nella lotta allo spreco alimentare. Il Friuli Venezia Giulia è stato infatti selezionato tra i finalisti della seconda edizione del Premio Whirlpool “Vivere a spreco zero” sulle buone pratiche di riduzione degli sprechi, promosso da Last Minute Market nell’ambito della campagna europea di sensibilizzazione “Un anno contro lo spreco”. Li ha annunciati Andrea Segrè, coordinatore della giuria del Premio composta dai giornalisti Antonio Cianciullo di Repubblica, Marco Fratoddi direttore de La Nuova Ecologia e dal conduttore di Radio2 Caterpillar Massimo Cirri. «Le Regioni Piemonte/Valle d’Aosta e la Regione Fvg sono state selezionate nella categoria “Enti pubblici- Regioni” - ha anticipato Andrea Segrè - rispettivamente per il progetto “Una buona occasione” sui sistemi alimentari sostenibili e per il progetto di Prevenzione e riduzione dei rifiuti mediante il riutilizzo a fini sociali di prodotti invenduti. Selezionate anche le Province di Trento e Pesaro-Urbino per i progetti “Ri-gustami a casa” e “Basta sprechi”, e i Comuni di Jesi per “Tavolo della solidarietà” e di Foligno per “Ristorazione scolastica a spreco zero”. Nella categoria “Imprese” in finale ANCC - COOP con il progetto “Brutti ma buoni/Buon fine/Spreco utile” e Qui Group con “Pasto buono”. Per la categoria “Green&Young”, dedicata alla sensibilizzazione dei giovani sul tema dello spreco alimentare, sono stati selezionati i progetti di Action Aid “Io mangio tutto. No al cibo nella spazzatura” e dell’Associazione culturale Aleph “EXPOsto di gusto”». La proclamazione dei vincitori della 2^ edizione del “Premio Whirlpool Vivere a spreco zero” è in programma lunedì 24 novembre, a Bologna, nell’ambito della convention “Stop food waste, feed the planet”, promossa dal Ministero dell’Ambiente. «Un appuntamento imperdibile - ha spiegato Andrea Segrè - perché porterà alla firma della Carta di Bologna contro lo spreco alimentare, individuando obiettivi e strumenti comuni per la lotta allo spreco alimentare in Italia e in Europa».
 

 

DOMANI - Esperti Ogs su “Mare e Crescita blu”

“Mare e Crescita Blu” è il titolo dell’incontro di domani, alle 17, alla Sala Tessitori (piazza Oberdan 5), che Ogs - Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale organizza in occasione del 50° anniversario del Consiglio regionale del Fvg. Gli interventi in programma saranno a cura di Maria Cristina Pedicchio, presidente Ogs, Paola Del Negro, direttore Sezione Oceanografia di Ogs, e dei ricercatori Giuseppe Civitarese, Cosimo Solidoro e Francesca Malfatti. Per partecipare all’incontro è consigliato prenotarsi: natale.barca@regione.fvg.it. Info: 040-3773222.CECCO (FAREAMBIENTE)

 

 

Cecco (Fareambiente) «Ferriera, il futuro è preoccupante»

«La situazione ambientale non è certo migliorata e quanto emerge dalla Procura non rasserena né i residenti né i lavoratori », così Giorgio Cecco, coordinatore di FareAmbiente sull’indagine della Procura di Trieste sulla Ferriera. «Per le responsabilità passate ci sarà chi dovrà valutare e prendere provvedimenti, ma quello che conta è cosa ci prospetta il futuro - sottolinea Cecco -. Fermi i dubbi su piano industriale e bonifiche, preoccupa molto il periodo fino all’eventuale dismissione della produzione a caldo. Nel frattempo quali provvedimenti per la salute pubblica?».

 

 

A BORGO SAN SERGIO - “Le Piane”: quando gli orti ridanno vita alla periferia
Una settimana di incontri, sopralluoghi, confronti ed elaborazione dei dati raccolti. Per ridefinire un’area, quella degli orti “Le Piane” a Borgo San Sergio, in cui far convivere le caratteristiche agricole del parco ed al tempo stesso ricavare spazi pubblici aperti alla cittadinanza. È la filosofia che sta alla base del progetto “Il Parco degli Orti: paesaggi terrazzati per la città”, realizzato da una dozzina di studenti della facoltà di Architettura dell’Università, nell’ambito di un laboratorio portato avanti insieme al Comune, ed i cui risultati sono stati illustrati l’altro giorno. L’area presa in considerazione, di quasi 5 ettari, comprende il versante della collina alle spalle del complesso Ater di via Grego: l’obiettivo è quello di fornire una nuova immagine alla zona ed offrire un grande parco urbano alla città. «Si tratta di un lavoro che ha un grande valore e che consente al quartiere di uscire dalla sua perifericità - hanno sottolineato gli assessori Elena Marchigiani e Andrea Dapretto -. La nostra volontà è quella di attuare questo progetto procedendo per fasi graduali e cercando di attingere ai fondi europei». Nello specifico, il laboratorio si è soffermato su alcuni aspetti tecnici di rilettura del contesto, pur nella conservazione dell'impianto esistente con gli appezzamenti oggi coltivati (una trentina): vale a dire il ripensamento dei fronti di accesso, la lieve risagomatura delle scarpate, la riorganizzazione di viabilità e percorsi attraverso il collegamento del parco ai parcheggi esistenti, la destinazione di alcune specifiche fasce di terrazzo ad uso pubblico, l’inserimento di spazi comuni per la raccolta dell’acqua e l’individuazione dell’area boscata come zona ricreativa e didattica. «È innanzitutto un progetto di paesaggio - ha evidenziato Paola Cigalotto del Dipartimento di Ingegneria e Architettura -. L’idea è quella di riscoprire un luogo nascosto e renderlo fruibile a tutti pur mantenendone intatte le caratteristiche». Un’esperienza formativa anche per il gruppo di studenti. «Si tratta di un lavoro che contiene un messaggio chiaro: la gestione corretta di un territorio lo rende risorsa fondamentale», afferma Giorgia Tonon, mentre per Sefora Marino «lavorare sul campo ci ha permesso di analizzare le cose da una prospettiva diversa: abbiamo capito che si può arrivare ad un risultato migliore senza dover necessariamente snaturare le caratteristiche peculiari di un luogo».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

THE MEDI TELEGRAPH - MERCOLEDI', 5 novembre 2014

 

 

Lng, Zagabria rilancia il terminal di Krk
Roma - Finanziamento Ue e appoggio strategico dell’ambasciata Usa: «Sarà molto utile»
Dopo aver ricevuto un finanziamento da parte della Commissione europea e un sostanziale via libera da parte degli Stati Uniti, la Croazia ha annunciato di voler costruire un grande terminal per gas naturale liquido (lng) nell’isola di Veglia (Krk). Il terminal avrà un capacità fra 4 e 6 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ossia il doppio di quanto consuma la Croazia (2,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno). La sua funzione sarà soprattutto di rifornire i paesi dell’Europa orientale che stanno cercando di limitare la propria dipendenza dalle forniture russe. Per questo, da qui partirà un vero e proprio corridoio energetico, l’Adriatic Gas Corridor (Agc), a cui sono molto interessate nazioni come ad esempio la stessa Ucraina e l’Ungheria.
Il progetto ha in realtà una ventina d’anni, ma era stato messo nel cassetto a causa della crisi del 2008 e della diminuzione dei consumi energetici che ne era seguita. Nei giorni scorsi il ministro croato dell’Economia, Ivan Vrdoljak, ha annunciato che il governo riaprirà lo studio di fattibilità, completato già nel 2008, e di portare a termine l’opera, il cui costo sarà di 600 milioni di euro. rispetto al progetto originale, che parlava di una capacità a regime di 15 miliardi di metri cubi, quello attuale sembra essere ridimensionato, almeno stando alle cifre che sono state diffuse. «La possibilità di un terminal lng a Krk - ha detto il ministro - è stato riconosciuto dalla Commissione europea come un progetto importante per l’indipendenza energetica dell’Unione europea. Quindi abbiamo ricevuto fondi che ci aiuteranno a preparare la documentazione necessaria e la fattibilità finanziaria».
Questo ritorno di fiamma è strettamente legato al braccio di ferro in corso in Ucraina fra governo e ribelli filo-russi e, attorno a questo, fra Stati Uniti e Unione europea da un lato e Russia dall’altro. Non per nulla già lo scorso 25 giugno Oleg Mikhaliech, dirigente di Ukrtransgraz, società ucraina di trasporto del gas, aveva detto che l’Ucraina stava valutando di importare gas dalla Croazia partecipando al progetto dell’Agc in parallelo a quello di un’altra “pipeline” dall’Azerbaijan.
Ma la questione dell’approvvigionamento energetico riguarda tutta l’area dell’Europa orientale e è diventata strategica anche gli Stati Uniti. Il mese scorso l’inviato del governo americano per gli affari energetici internazionali, Amos Hochstein, ha incontrato il ministro degli esteri ungherese, Péter Szijjártó. La sicurezza energetica europea è stata al centro del colloquio. Szijjártó ha detto che il governo statunitense sostiene la costruzione più rapida possibile del terminal lng sulla costa croata ed è pronto a fornire assistenza perché venga connesso al più presto alla rete di distribuzione del gas fra Croazia e Ungheria. A sua volta l’ambasciatore statunitense in Croazia, Kenneth Merten, ha detto all’agenzia Reuters che il suo governo spera che il terminal venga costruito a Krk: «Nella nostra analisi, sarà molto utile non soltanto per la Croazia, ma per tutti i paesi vicini, dalla Polonia alla Bosnia e alla Macedonia. Pensiamo che ci sia un grande potenziale, anche per quanto riguarda l’Ucraina».
Lo scorso ottobre la Commissione europea ha stanziato un finanziamento da 322 mila euro ai porti dell’Adriatico settentrionale per l’elaborazione di progetti preliminari nel campo della fornitura di lng. Al porto croato di Rijeka (Fiume) erano andati 70 mila euro, mentre la somma restante è stata distribuita agli altri tre scali che aderiscono all’associazione Napa (North Adriatic Ports Association), ossia Venezia, Trieste e Koper-Capodistria.
Alberto Ghiara

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 novembre 2014

 

 

«Prg portuale, manca il no al rigassificatore»

Patuanelli (M5S): l’opera dichiarata irrealizzabile a Zaule, ma non anche in altre aree demaniali
Si riaccende la discussione sull'ipotesi rigassificatore. È stato Stefano Patuanelli, consigliere comunale di M5S, a riportare alla ribalta il tema ieri mattina nel corso della prima delle due sedute (la seconda è prevista per oggi) che la Sesta commissione presieduta da Mario Ravalico (Pd) ha programmato per discutere sul Piano regolatore del porto, alla presenza dell'assessore Elena Marchigiani. Analizzando le risposte che l'Autorità portuale ha dato alle richieste di precisazioni e chiarimenti sulle integrazioni al Piano giunte dal Consiglio comunale in relazione al tema dell'impatto ambientale, Patuanelli ha rilevato che «nel testo si nega la possibilità che si possa realizzare il rigassificatore di Zaule, ma non si dice - ha sottolineato con forza l'esponente dei Cinquestelle - che non lo si possa fare in assoluto, lasciando così aperta la possibilità che un impianto del genere possa essere costruito in un altro punto dell'area demaniale di competenza dell'Ap. Ma la nostra richiesta andava proprio in questa direzione». La riflessione di Patuanelli - riconosciuto tecnico in materia - ha destato l'attenzione di tutti i colleghi, trattandosi di problematica trasversale; la seduta odierna porterà a una decisione in merito, che con ogni probabilità proseguirà domani nella seduta del Consiglio. Ma il consigliere grillino ha colto anche un altro aspetto che lui stesso ha giudicato «discutibile» delle risposte che l'Authority ha fornito alle richieste del Consiglio comunale. «Nell'area limitrofa a quella demaniale di competenza dell'Autorità portuale - ha ricordato - ci sono stabilimenti a rischio incidente, in particolare la Ferriera e la Linde gas. Nel documento redatto dal Consiglio comunale si chiedeva con precisione cosa intendesse fare l'Autorità portuale al riguardo per prevenire situazioni di pericolo o comunque di disagio. La risposta - ha osservato - è stata una mera dichiarazione di incompetenza territoriale, che non può soddisfare. In caso di incidente la direttiva Seveso - ha concluso - prevede ben altro, perciò su questo specifico argomento sarà necessario ritornare». Su entrambi gli argomenti i consiglieri del Movimento 5 stelle hanno annunciato emendamenti. Il 2 dicembre dello scorso anno, il Consiglio comunale aveva dato un preventivo parere favorevole al Piano, chiedendo però una sessantina di chiarimenti, con specifico riferimento alla valutazione di impatto ambientale.

Ugo Salvini

 

 

Ferriera, Rosato indagato per 8 episodi di inquinamento
Secondo la relazione del perito Boscolo, ordinata dal pm Frezza, la cokeria non è stata sottoposta a una adeguata manutenzione. Fuoriuscite di fumi
Ferriera, cambia la proprietà ma i problemi di inquinamento restano. Otto gli episodi di fuoriuscite di fumi e polveri accertati da Marco Boscolo il consulente del pm Federico Frezza per le questioni di inquinamento dell’impianto di Servola. Nel mirino del pm è finito Francesco Rosato, attuale amministratore unico della Siderurgica Triestina e gestore dello stabilimento di cui per anni è stato direttore ai tempi della Lucchini. È accusato di una serie di violazioni commesse per colpa relative all’omesso e doveroso controllo del ciclo produttivo, della mancata adozione dei migliori apparati anti inquinamento, della carente o ritardata manutenzione di alcune parti dell’impianto della cokeria ma anche di non aver rispettato l’autorizzazione integrata ambientale. Tutto questo è accaduto dopo la cessione da parte del commissario liquidatore della Lucchini, Piero Nardi al gruppo Arvedi. Rosato ha ricevuto un invito formale ad essere interrogato dal pm Federico Frezza. Il difensore, l’avvocato Giovanni Borgna, non ha rilasciato dichiarazioni. L’ultimo fascicolo sulla situazione ambientale della Ferriera di Servola era stato aperto il 17 agosto del 2013 in assoluta sincronia con le operazioni propedeutiche all’affitto dello stabilimento da parte del gruppo Arvedi di Cremona. Lo scopo del magistrato in quella circostanza era stato quello di monitorare il livello degli sforamenti prima che subentrasse la gestione Arvedi. Questo appunto per fare chiarezza anche alla luce di eventuali responsabilità. Che, ora dopo la cessione, secondo il pm Frezza, sono comunque emerse. In particolare la Procura ha accertato che, riguardo la cokeria, non è stata effettuata una manutenzione adeguata e non sono state curate una serie di operazioni tecniche che secondo i piani avrebbero dovuto evitare o quantomeno limitare i problemi di inquinamento. Gli stessi problemi che il consulente Marco Boscolo aveva indicato in un poderoso report realizzato durante la prima fase delle indagini. Piano che aveva previsto un preventivo economico per il rientro nei limiti di legge delle emissioni di fumi, polvere e gas dalla Ferriera di Servola di 15 milioni di euro, esclusi però gli scarichi e la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Il primo accertamento tecnico relativo allo stabilimento siderurgico porta la data dello scorso 6 ottobre. Quel giorno erano state rilevate massicce fuoriuscite di fumi dal piano di caricamento del fossile, dalle colonne di sviluppo e dai portelloni della cokeria, che avevano imbrattato le zone circostanti la centralina di San Lorenzo in Selva comportando un livello orario medio di benzene fino a 10,6 microgrammi per metro cubo e pm10 di 103,4 microgrammi per metro cubo. Così è stato ogni giorno, fino al 16 ottobre. L’esperto incaricato dalla procura ha anche rilevato una serie di problematiche relative ai coperchi dei tubi alla sommità delle colonne di sviluppo della cokeria. Problemi che, secondo il pm Frezza, hanno disatteso quanto espressamente previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale che aveva indicato nell’un per cento lo sviluppo massimo delle emissioni consentite.

Corrado Barbacini

 

 

 

 

VOCE ARANCIO - MARTEDI', 4 novembre 2014

 

 

Compostaggio, guida al concime ecologico fai da te
Trasformare fondi di caffè e scarti di frutta e verdura in concime riduce la raccolta dell’umido e permette anche di risparmiare sulla Tari: in alcuni comuni lo sconto arriva al 30%
Col compostaggio il concime è fai da te. In questa infografica abbiamo parlato di come fare correttamente la raccolta differenziata. Per i più volenterosi, però, esiste una pratica ulteriore che consente di dimezzare la raccolta dell’umido, spendere meno per la tassa sui rifiuti e nutrire orto e giardino a costo zero, tutto in una mossa. Si tratta del compostaggio domestico, consente di salvare dalla pattumiera fondi di caffè e scarti di frutta e verdura trasformandoli in concime. Fare compostaggio in casa, in pratica, significa occuparsi di una piccola fabbrica biologica dove operano insetti, batteri e funghi che – attraverso un processo laborioso – trasformano le sostanze organiche in sali minerali, acqua e anidride carbonica, elementi necessari per fertilizzare il terreno in modo naturale.
Sconti fiscali per chi fa il compostaggio. In tanti comuni chi pratica il compostaggio domestico paga meno la Tari, la tassa sui rifiuti: in media, la riduzione è del 10%, con punte del 30. In più, alcune amministrazioni forniscono anche il composter o ne rimborsano l’acquisto. A Bologna, per esempio, lo sconto è del 10%: per ottenerlo bisogna presentare una richiesta a Hera, società che si occupa dei servizi ambientali, per attestare che si vuole praticare in modo continuativo il compostaggio. Il diritto allo sconto si applica dal trimestre successivo alla data di presentazione della domanda. A Roma, invece, il bonus è del 30% spetta a tutti coloro che scelgono il compostaggio come forma di smaltimento del rifiuto organico. Anche a Napoli la riduzione è del 30%: informazioni possono essere chieste all’Asìa, la società che si occupa dei servizi di igiene urbana. In generale il referente giusto è l’Ufficio ecologia del proprio Comune o, in alternativa, il consorzio che in zona gestisce la raccolta e il riciclo dei rifiuti. Per il riconoscimento dell’agevolazione è necessario essere in regola con i pagamenti degli anni precedenti.
Una compostiera per partire. Per fare compostaggio serve un po’ di spazio. A chi vive in appartamento basta un terrazzo o un balcone, chi invece abita in una casa più spaziosa può utilizzare un angolo del giardino. La selezione dei materiali compostabili inizia in cucina: resti di frutta, verdura, cibi non cotti, fiori secchi, filtri di tè e caffè, foglie secche sono tutti materiali preziosi da riutilizzare. Servirà anche una compostiera, contenitore di plastica con fori sui lati che, sul fondo, ha una griglia a maglie fitte. La compostiera si compra nei negozi per il fai da te o nei vivai (prezzi compresi tra i 50 e i 200 euro a seconda di modelli e dimensioni) o si costruisce da sé (in rete si trovano diversi tutorial come questo). Indipendentemente dal modello, è indispensabile che la compostiera permetta il passaggio di aria e luce, il mantenimento di calore ed umidità e un buon drenaggio dell’acqua. Meglio preferire i modelli quadrati o rettangolari, che permettono di mescolare il contenuto più facilmente. Altro consiglio, controllare che non manchino le prese d’aria alle pareti o la porticina sul lato: in alternativa si rischiano i cattivi odori. In giardino, la compostiera va tenuta in uno spazio libero su tutti i lati, cioè non a contatto con cespugli o arbusti. Il punto migliore è all’ombra di un albero, che ripari dal sole d’estate e dagli acquazzoni d’inverno. Chi ha un terrazzo o un piccolo cortile può sistemare la compostiera, ovviamente più piccola di quella che si userebbe in giardino, in un angolo.
Che cosa mettere nella compostiera. Nella compostiera non va tutto l’umido: sì a scarti di frutta e verdura, bucce di agrumi non trattati, fiori recisi, filtri del tè, fondi di caffè, gusci d’uovo, fazzoletti, tovaglioli e quotidiani. Niente avanzi di carne, pesce, salumi e formaggi. Evitare anche plastica, pannolini, lattine, oggetti non biodegradabili o sintetici e la carta colorata dei settimanali. Nella compostiera si possono mettere anche foglie secche e ramoscelli: prima, però, è opportuno farli a pezzetti per velocizzare la decomposizione.
Il primo compost dopo due mesi. Per fare il compost non serve adoperarsi granché, basta controllare periodicamente l’umidità del bidone che, se eccessiva, fa marcire i rifiuti (se succede lo si capisce dal cattivo odore). Per evitare il problema basta alternare uno strato di umido a tre di rifiuti secchi, aggiungere carta, coprire il terriccio e, due volte a settimana, mescolare tutto per far circolare l’aria. Dopo due o tre mesi si ottiene il primo compost. Per averne uno più maturo, che si riconosce da un colore scuro e da un intenso profumo di bosco, ne occorrono almeno otto. Il terriccio pronto si preleva attraverso lo sportellino alla base del bidone. Quello fresco va aggiunto alle aiuole dell’orto e, nei cambi di stagione, alla base degli alberi, mescolandolo al terreno. Quello più maturo si sparge sul terreno subito dopo la semina oppure, mescolato con torba o terra, si usa per i vasi dei fiori da interno e da esterno.
dal sito di VoceArancio.it

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 novembre 2014

 

 

Petrolio in Adriatico - Sei offerte a Zagabria - In prima fila la Shell ma c’è anche l’italiana Eni e i padroni di casa dell’Ina
Erano in dieci le compagnie interessate allo sfruttamento nei ventinove siti
TRIESTE Il tempo è scaduto ieri alle 14. Le buste degli offerenti sono in mano al ministero dell’Economia. Prende così forma quello che potrebbe essere per la Croazia l’affare del secolo. Stiamo parlando dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio e di gas sul fondo dell’Adriatico. Secondo fonti riprese dal quotidiano Jutarnji list sono sei i gruppi petroliferi internazionali che hanno presentato l’incartamento necessario. Tra i nomi che circolano ci sono quelli di Gazprom, Shell (di recente lo stesso vicepresidente della società, Dick Benschop ha confermato l’interesse per l’Adriatico croato), Eni, Total, Ina, Marathon Oil Company, Noble Energy, Turkish Petroleum, Hellenic Petroleum, Petroceltica e JP Nippon. La direttrice dell’Agenzia croata per il petrolio, Barbara Dori„ non ha però voluto fornire i nomi delle società concorrenti. Le richieste riguardano 15 dei 29 campi investigativi. E per il premier Zoran Milanovi„ «ora si può aprire una nuova sotria economica per la Croazia». Nel corso degli ultimi sette mesi diciotto società petrolifere hanno acquistato al ministero dell’Economia croato le documentazioni geologiche relative ai 29 siti identificati sotto il fondale marino adriatico. La spesa sostenuta va dal milione ai sei milioni di euro (a seconda dei campi investigativi che sono stati ritenuti appetibili) per cui l’Agenzia croata che si occupa delle ricerche petrolifere ha incassato circa 15 milioni di euro. Secondo indiscrezioni, inoltre, i campi investigativi più “gettonati” sono quelli dell’Adriatico centro-meridionale. Un campo investigativo (si va dai mille ai 1.600 chilometri quadrati) potrà essere messo a disposizione di una sola compagnia petrolifera o a un solo consorzio di ricerca. Le offerte che sono giunte a Zagabria saranno ora sottoposte all’esame di una speciale commissione che sarà presieduta dal ministro dell’Economia, Ivan Vrdoljak e che avrà due mesi di tempo per esaminare il tutto e decidere sull’assegnazione delle concessioni e redigere, quindi, i relativi contratti. Le prime firme potrebbero aversi attorno al maggio del 2015. Comincerà quindi il lavoro di ricerca sotto i fondali e la prima produzione estrattiva si potrebbe avere tra i tre e i sei anni successivi. Le stime parlano di un investimento annuo per ciascuna piattaforma petrolifera pari a 50 milioni di dollari all’anno con il 40% degli investimenti che andrebbero sul mercato nazionale croato. Ma quali sono le riserve di petrolio per cui si è scatenata la caccia in questi mesi? Ricordiamo che la società norvegese Spectrum ha condotto una ricerca su 36.823 chilometri quadrati dell’Adriatico e i dati raccolti dimostrano che sotto i fondali ci sono giacimenti di petrolio e di gas naturale. A dire il vero in Croazia c’è un notevole scetticismo sulla veridicità dei rilevamenti effettuati dai norvegesi e prevale il ragionamento della serie «se ci fosse stato l’avremmo già trovato». Ma lo scorso anno un articolo del Sunday Times scosse un po’ le “coscienze” degli scettici. In esso si leggeva che le riserve di greggio o di gas nei fondali dell’Adriatico croato potrebbero arrivare fino a tre miliardi di barili di greggio, il che sarebbe la seconda più grande riserva dell’Unione europea. Più contenuto ma ugualmente possibilista il Finacial Times che quest’anno ha parlato di riserve sotto i fondali dell’Adriatico che potrebbero anche rilevarsi molto significative, sia per il Paese ex jugoslavo, che per l’intera regione. Ma le sorprese per la Croazia non arrivano solo dal mare. La Ina (società petrolifera croata controllata dall’ungherese Mol) ha appena scoperto a Ivani„ Grad, un centro di 15mila abitanti nella Regione di Zagabria. L’Ina nell’area ha un centiaio di pozzi attivi che producono da 100 a 150 tonnellate di greggio al giorno. Quello appena scoperto (Hrastilnica 3) da solo potrebbe fornire la stessa quantità giornaliera di greggio. Le ispezioni terrestri sono potute riprendere in Croazia dopo che si sono conclusi gli studi in Adriatico, di cui sopra, e gli investimenti in Siria catastroficamente sepolti, questi, ultimi dalla guerra.

Mauro Manzin

 

Per ogni piattaforma investimento di 50 milioni di dollari l’anno - L’AFFARE DEL SECOLO
Il vicepresidente della Shell, Dick Benschop ha recentemente confermato l’interesse della sua società petrolifera a ottenere concessioni per lo sfruttamento dei fondali marini nell’Adriatico croato. Tra le società petrolifere interessate allo sfruttamento dei giacimenti in Adriatico c’è anche l’italiana Eni che già, in joint-venture con l’Ina croata (Inagip) sfrutta i giacimenti metaniferi al largo di Pola. La società petrolifera croata Ina, controllata però dall’ungherese Mol, ha scoperto di recente anche un nuovo pozzo petrolifero e di gas naturale a Ivani Grad nella Regione di Zagabria. I russi sono interessati ai giacimenti di terra.

 

 

Un nuovo parco urbano a Borgo San Sergio
Stamattina in Comune la presentazione del progetto elaborato dalla Facoltà di architettura
Saranno presentati stamattina in Municipio i risultati del laboratorio territoriale sugli orti “Le piane” di Borgo San Sergio. In settembre il Comune e il Dipartimento di ingegneria e Architettura dell'Università cittadina sono stati impegnati in un laboratorio mirato a sviluppare una riflessione progettuale sulla possibilità di riorganizzare i circa 4 ettari alle spalle del grande complesso Ater di via Grego in un parco agricolo, con orti sociali e spazi pubblici aperti alla cittadinanza. L'intento - come ha spiegato l'assessore ai lavori pubblici Andrea Dapretto - è quello di ridefinire questa vasta area, senza togliere nulla a nessuno e valorizzando gli orti già esistenti in zona, per cercare di renderla un vero parco, fruibile ai cittadini. Si tratta di realizzare un programma che porti a una definizione migliore di una zona che ha anche una valenza ambientale importante. L'iniziativa ha visto protagonisti 12 studenti del corso di laurea in Architettura dell’Ateneo, seguiti dalla professoressa Paola Cigalotto e dagli architetti Lorenzo Pentassuglia e Cecilia Morassi. Attraverso sopralluoghi, incontri con le associazioni e gli orticoltori già attivi nell'area, con i tecnici di Comune, Ater, Habitat-Microaree, con studiosi ed esperti che hanno inoltre tenuto conferenze aperte al pubblico, studenti e docenti hanno elaborato proposte progettuali che verranno presentate oggi agli assessori Andrea Dapretto ed Elena Marchigiani nonché ai tecnici dei diversi servizi che saranno coinvolti nella messa a punto di un concreto programma di interventi per la riqualificazione dell'area. Il progetto elaborato dall'Università si fonda su poche mosse e su un obiettivo preciso, emerso dall'ascolto e dal rilievo: fornire a Borgo San Sergio una nuova immagine che possa attirare fruitori dal resto della città e al contempo fornire alla città un nuovo grande parco urbano, su un'area già di proprietà pubblica e di grande qualità ambientale, proponendo la riscoperta e la fruizione dell'antico paesaggio a terrazzi coltivati: la città degli orti delle storiche "campagnette". Gli interventi previsti mantengono l'impianto esistente; ciò consente di procedere per fasi graduali, conservando gli appezzamenti oggi coltivati e valorizzando il sapere degli orticoltori che qui desiderano rimanere. In progetto prevede tra l’altro: il ridisegno dei fronti e degli spazi di interfaccia tra parco e quartiere; la riorganizzazione di accessi e percorsi, per collegare il parco ai parcheggi esistenti e eliminare i problemi di accessibilità per le persone disabili; la destinazione di alcune fasce di terrazzo a uso pubblico.

 

«A rischio il centro Nord Est progettato alle Noghere»
Interrogazione di Grizon al sindaco: «La struttura commerciale rischia di venire compromessa dall’operazione salvataggio Coop». Ma Nesladek minimizza
MUGGIA «L’auspicato salvataggio delle Coop di Trieste da parte di Coop Nord Est potrebbe mettere una pietra tombale sul centro commerciale delle Noghere e sul Silos». Claudio Grizon, consigliere del Pdl-Ncd, chiede chiarezza sul mega centro commerciale delle Noghere da un milione e cinquecento mila euro. È questo l’importo che le Coop Nord Est avevano anticipato al sindaco di Muggia Nerio Nesladek dopo l’approvazione del Pac-Prgc “Centro Commerciale Valle delle Noghere” e della relativa convenzione avvenuta il 13 ottobre 2009. Ma a 5 anni da quell’ok al progetto per quel pezzo della valle delle Noghere, che Coop Nord Est hanno acquistato bonificati dalla Teseco, nulla ancor si è mosso per cui, specie dopo il probabile ed auspicato intervento delle Coop Nord Est nel salvataggio delle Cooperative Operaie, è possibile che venga meno l’interesse del colosso della distribuzione per i progetti alle Noghere. Secondo l’art.5 della convezione tra Comune e la società immobiliare della Coop Nord Est “tutti gli interventi previsti dal progetto esecutivo del Pac–Prpc dovranno essere ultimati entro il termine di 10 anni”. Per quell’area di 225mila mq - dei quali 80 mila coperti e 48 mila dedicati alla vendita – ove sono previsti 675 mila metri cubi di aree commerciali, la Coop Nord Est si era impegnata “a versare un importo di 1,5 milioni di euro (quota parte dell’importo totale di 2.579.239,40 comunque coperto da fideiussione a favore del Comune nel caso di mancato realizzo del progetto) a titolo di acconto sul contributo di costruzione” già entro trenta giorni dalla stipula della convenzione ma da allora silenzio assoluto. «Purtroppo quell’importo non esiste più, ne abbiamo già denunciato a suo tempo l’uso improprio e propagandistico che ne ha fatto il sindaco Nesladek – racconta il consigliere comunale Claudio Grizon - ma ora ci chiediamo cosa ne sarà di quelle aree se il progetto del mega centro commerciale non si realizzerà, come è probabile e a questo punto logico in considerazione della pesante crisi che stiamo vivendo». In base alle analisi di Grizon sin dalla relazione al bilancio consuntivo 2010 a quello sull’esercizio 2013 “non ho mai trovato riferimenti al progetto muggesano, per cui a questo punto ritengo che la società, che è già presente a Roiano, in via della Tesa e al centro commerciale Montedoro Free Time con quattromila metri quadrati, dovrebbe assicurare trasparenza ai suoi progetti futuri e dirci se e cosa vuole fare a Muggia». Per Grizon “sarebbe grave se le Coop Nord Est congelassero ancora per cinque anni, fino alla scadenza della convenzione, i propri propositi per l’area delle Noghere. Muggia ha diritto di sapere cosa si vuol fare”. Da qui l'interrogazione al sindaco Nerio Nesladek affinché sia attivi per fare chiarezza sui rapporti con Coop Nord Est, e la sua Società Immobiliare Nord Est, a proposito del “Centro Commerciale Valle delle Noghere”. Pronta la replica del Comune. «Vi è ancora tutto il tempo per fare quello che sarà ritenuto opportuno fare considerando che molte cose sono cambiate in questi anni e ci chiediamo quale sia l’investimento migliore e più opportuno in quella zona per non creare una realtà che sia destinata ad incontrare immediate difficoltà», ha evidenziato il sindaco Nerio Nesladek. «In poche parole siamo a disposizione per fare delle riflessioni e capire, con tutti gli attori coinvolti, se l’ennesimo centro commerciale sia la soluzione più giusta come l’advisor Grizon sembra spingere perché sia e sia in tempi brevi. Tutti gli investimenti previsti sono coperti da fideiussione a favore del Comune nel caso di mancato realizzo del progetto per cui il pubblico non ci rimetterà nulla». In conclusione il sindaco ha rimarcato come “auspichiamo, compatibilmente con le condizioni del mercato e della crisi economica vigenti, di vedere definirsi il prima possibile la migliore soluzione per quell’area che consideriamo strategica non solo per Muggia ma per tutta la provincia».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 novembre 2014

 

 

Strada per Lazzaretto - Incontro coi residenti INDETTO DAL COMUNE DOPO LA FRANA
MUGGIA «Sono state settimane impegnative e continueranno a essere giorni di significativo lavoro». Stefano Decolle, assessore alla Promozione della città di Muggia, evidenzia come gli effetti del nubifragio del 14 ottobre in cui ha perso la vita Loreta Querel non si siano ancora conclusi. Anzi. Stasera alle 20.30 al teatro “Verdi, «nell’ottica dell’attenzione al proprio territorio e ai propri cittadini», l'amministrazione comunale ha indetto un appuntamento che vedrà il sindaco Nerio Nesladek e l’assessore Stefano Decolle incontrare i residenti di Strada per Lazzaretto per aggiornarli sulla situazione dell'area. All'appuntamento, riservato ai soli cittadini che abitano nell'area colpita dallo smottamento, prenderanno parte anche i tecnici comunali che forniranno tutte le risposte necessarie ai quesiti dei concittadini. L'incontro di fatto precederà il Consiglio comunale straordinario in programma il 5 novembre, nel quale lo stesso sindaco relazionerà sull’accaduto in sala del Consiglio. Come emerso chiaramente in queste settimane, il periodo post-frana killer è stato contraddistinto da verifiche in diverse aree del territorio, intese dall'amministrazione come sopralluoghi precauzionali anche per rispondere a numerose segnalazioni di cittadini giustamente allarmati. «Abbiamo costituito un gruppo di lavoro ad hoc, una squadra interassessorile che vede in azione il Servizio manutenzioni e quello Lavori pubblici in una sinergia che non potrà che dimostrarsi ancora più proficua per quanto possibile», puntualizza Decolle. I primi lavori strutturali di messa in sicurezza nella zona di strada per Lazzaretto sono stati compiuti. Con l'inizio della settimana partirà l’intervento di asporto del materiale che, anche se non presenta particolari criticità, incombe ancora sopra la casa già colpita. «Si è agito con risorse proprie dell’ente - spiega Decolle - così da permetterci di intervenire nell’immediato come è necessario che sia in casi come questi, ma siamo in costante contatto con la Regione che ci garantisce il proprio contributo sia sul piano tecnico sia su quello finanziario». Sulla vicenda è intervenuto anche il sindaco Nerio Nesladek: «Molto è stato fatto e molto faremo ancora. La situazione è costantemente sotto il nostro monitoraggio, alcuni interventi sono già stati fatti, altri partiranno a breve e altri ancora saranno pianificati al più presto. Colgo l'occasione – aggiunge Nesladek – per ringraziare tutti coloro che si sono attivati nell’emergenza a vario titolo con grande tempestività e che hanno profuso anche in seguito il loro impegno verso Muggia».

Riccardo Tosques

 

 

Allarme dell’Onu sui livelli record di gas serra nell’aria - le previsioni
Gli esperti: «Valori ai massimi da 800mila anni a questa parte - Le emissioni vanno ridotte del 70%». Ban Ki-moon: «Agire ora»
ROMA Le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto i massimi livelli da 800mila anni a questa parte e se non verranno drasticamente ridotte i cambiamenti climatici impatteranno in maniera «severa, globale e irreversibile» sul nostro Pianeta: a lanciare l’ennesimo grido d’allarme è il rapporto finale del Gruppo di esperti sui cambiamenti climatici dell’Onu (Ipcc), sintesi di tre precedenti report pubblicati quest’anno. Un documento presentato a Copenaghen che racchiude sette anni di lavoro di migliaia di scienziati di oltre 190 Paesi di tutto il mondo ed ha ottenuto l’approvazione dei governi. «Le emissioni mondiali di gas serra devono essere ridotte dal 40 al 70% tra il 2010 e il 2050 e sparire definitivamente dal 2100 - spiega l’Ipcc -. La temperatura media della superficie della Terra e degli Oceani ha acquistato 0,85C tra il 1880 e il 2012. Resta poco tempo per riuscire a mantenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi centigradi» rispetto al 1990, il limite che si è dato la comunità internazionale per evitare conseguenze tragiche per l’uomo è la natura. Per gli scienziati, la causa principale dell’aumento dei gas serra e del riscaldamento del pianeta, è dovuta alla combustione di carboni fossili e alla deforestazione. E gli effetti di questa situazione sono già visibili in tutto il mondo: aumento delle precipitazioni in alcune zone e scomparsa in altre; distribuzione alterata delle specie marine e terrestri; raccolti generalmente in calo; ondate di calore più frequenti in Europa, Asia e Australia. Se il riscaldamento del clima continua, avverte l’Ipcc, le conseguenze saranno gravi in termini di sicurezza alimentare, disponibilità di acqua potabile, inondazioni e tempeste, con un probabile aumento in alcune aree di conflitti per l’accesso alle risorse. «Dobbiamo agire ora per ridurre le emissioni di CO2, ridurre gli investimenti nel carbone ed adottare energie rinnovabili per evitare il peggioramento del clima che si riscalda ad una velocità senza precedenti» commenta il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. «Quelli che decidono di ignorare i dati di questo rapporto, mettono in pericolo noi e le generazioni future», sottolinea il segretario di Stato Usa, John Kerry. La Francia si appella ad «una mobilitazione universale e immediata», mentre per il nostro ministro per l’Ambiente, Gianluca Galletti, «il rapporto Ipcc sui gas serra è una chiamata alle responsabilità per il mondo». Il prossimo step ora, è nella conferenza mondiale sul clima a Lima, il prossimo dicembre, in vista della conferenza di Parigi a fine 2015.

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 novembre 2014

 

 

Rigassificatore, il principe non accetta la sfida. Carlo della Torre e Tasso risponde con un “no” all’invito di Vescovini a un dibattito

DUINO AURISINA «Lui vuole un incontro, un colloquio. Io dico che l'avrà sì,ma con i miei avvocati». Il principe Carlo della Torre e Tasso non raccoglie il guanto della sfida gettato da Alessandro Vescovini, project leader di Smart gas, che attraverso il social network, alcuni giorni fa, lo aveva invitato a spiegare le ragioni del “no” a Monfalcone. «Quando è troppo, è troppo – esordisce il principe: è da due mesi che ricevo offese continue, dirette alla mia persona. Insulti, diffamazioni su Facebook... È stato sollevato un mare di fango. E non solo contro di me, ma anche contro il sindaco, Romita, Rozza, Franzosini, insomma tutte le persone che hanno espresso avversità a un tale progetto e non, lo ribadisco, al gas». Non ci sarà un confronto tra il proprietario del Castello e Vescovini, che comunque si era dichiarato disponibile anche a illustrare a Duino Aurisina ogni dettaglio del terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl al Lisert, purché “ci sia la volontà di parlare in modo sereno”. «Con la stampa- prosegue il principe - lui fa il buono e parla di un sereno colloquio, ma a sentire questa frase viene da ridere, perché nelle sue parole non c'è niente di sereno, basta ricordarsi come ha trattato il dottor Franzosini. E io, a colloqui con persone maleducate, non vado: questa è la prima cosa che voglio dire». La seconda riguarda la vicenda Snam: «Ricordo quanto accaduto vent'anni fa,quando si volle proporre un impianto di rigassificazione in zona. All' epoca c'erano le tivù che venivano qui, facevano i loro servizi e spiegavano tutto... Era più obiettivo. Io fui inviato da Telequattro a discutere del progetto e con me c'erano anche Franzosini, il rappresentante di Snam e l'allora sindaco della città dei cantieri. Furono 45 minuti piacevolissimi, perché ogni persona si comportò correttamente: pur se critici, non volavano insulti. E alla fine dell'incontro il sindaco molto democraticamente disse: “Faremo un referendum: se vinco il sì si fa, se vince il no non se ne sentirà mai più parlare”. E così effettivamente è stato fino a oggi». Insomma, scenari diversi. «Questo gruppo di lavoro opera da un punto di vista tecnico – sottolinea il principe -, mentre io sono contro il progetto per motivi culturali, perché la mia famiglia è qui da non so quanto tempo... Anzi, rammento che all'epoca fu mio padre a vendere per due lire i terreni alla cartiera, di modo che la gente di Duino potesse trovare un posto di lavoro qui. E ci sono persone che ancora oggi se ne ricordano. Mio padre non ha mai fatto i soldi vendendo le sue proprietà in giro: era una persona che aveva un altro modo di fare ». Insomma, nessuna lezione sugli operai. «Io non cado di sicuro nel populismo – conclude – né accetto gli insulti continui e questo mare di porcherie che compaiono da due mesi su Facebook. D’ora in poi non lo accetterò più: devo difendere la mia famiglia, le persone che mi sono vicino e la mia cittadina». 

Tiziana Carpinelli

 

Il bluff del mercurio fa sperare Monfalcone
Le bonifiche “inutili” a Grado e Marano aprono possibili nuovi scenari sull’escavo di accesso al porto
MONFALCONE Lo scandalo delle false bonifiche nella laguna di Grado e Marano con la bufala scientifica dell’inquinamento dei fanghi con il mercurio che è “naturale”, endemico e non tossico come una sofisticata organizzazione politico-affaristica e ambientalistica voleva sostenere potrebbe avere rilevanti conseguenze anche per Monfalcone e in particolare per le opere di dragaggio del canale di accesso al porto. E come sostiene polemico in questi giorni qualche sindaco della Bassa («se non c’è inquinamento perchè non si arriva a dragare?») proprio per il progetto che è sotto la lente di ingrandimento del ministero dell’Ambiente (che valuta l’impatto ambientale) ci potrebbero essere novità. Lo stesso ministero infatti potrebbe fare a meno di dare alcune prescrizioni, sullo scavo dei fanghi, tanto e inutilmente temuto da allevatori in mare e mitilicultori. Una tesi che è stata sostenuta da numerosi studiosi e scienziati più “illuminati”, da diversi tecnici, ma che da anni è stata ignorata e a Monfalcone è costata la paralisi di oltre 10 anni dello sviluppo con sequestro di impianti di trattamento fanghi e cassa di colmata. «Come Consorzio abbiamo più volte inutilmente ribadito che la presenza del mercurio è endemica in tutto il Nord Adriatico - spiega il direttore del Csim, Giampaolo Fontana - è il mercurio che arriva dalle miniere di Idria attraverso fanghi e sedimenti dell’Isonzo. Ma si tratta di cosiddetto cinabro, mercurio naturale che in quello stato non è pericoloso. Non è il metilmercurio che entra nella catena alimentare con i pesci». Una presenza storicamente conosciuta, che veniva evidenziata dalle analisi con valori superiori alla media, ma che secondo alcuni esperti, ora smentiti dalla maxi inchiesta sulle false bonifiche (in cui è coinvolto pure un ex dirigente del ministero molto noto a Trieste e Monfalcone) doveva essere temuta. «Per questo ci avevano sequestrato l’impianto di trattamento fanghi al Lisert - continua Fontana - e ci avevano accusato di prendere il mercurio dal mare e di riversarlo in acqua nuovamente. Per prendere queste prove sono arrivati tutti, i carabinieri del Noe, l’Arpa, la Capitaneria. Non c’erano laboratori adatti in Italia sono stati costretti ad andare a fare le analisi a Lubiana. Provando che il mercurio volatile, quello pericoloso, non c’era».

Giulio Garau

 

 

Tari, sconto “da compost” Oltre tremila le domande - Tante le istanze giunte a Esatto per la riduzione del20% sulla tassa rifiuti 2015
Intanto per quest’anno bollettini in arrivo: la prima rata scade il 30 novembre

Oltre tremila richieste di riduzione della Tari in virtù dell’avvio del compostaggio domestico. Tante ne sono arrivate infatti alla sede di Esatto, in forma cartacea o via email, al pomeriggio di giovedì scorso, cioè il 30 ottobre, quando era stato fissato il termine ultimo per depositare o inviare tramite posta elettronica l’istanza. Per quanti hanno prodotto la domanda allegandovi la necessaria documentazione - scontrino dell’acquisto se trattasi di compostiera nuova oppure le fotografie del contenitore se già in uso -, una volta conclusa l’istruttoria da parte di Esatto con la verifica delle pratiche, ecco che scatterà a partire del primo gennaio del 2015 lo sconto del 20% sulla tassa dei rifiuti. Beneficio che si applicherà dunque sul tributo dovuto appunto il prossimo anno. Nessuna variazione, quindi, per il 2014 e a proposito dell’anno in corso il direttore della società incaricata della gestione delle entrate comunali, Davide Fermo, ricorda che «i bollettini della Tari arriveranno a breve nelle case dei cittadini, di tutti a meno di disguidi postali. Le rate sono due: la prima da saldare entro il 30 novembre 2014, la seconda entro il 28 febbraio 2015». Ritornando alle richieste di sconto “da compostaggio” in vista del prossimo anno, lo stesso Fermo rileva come «su un totale di oltre 100mila posizioni Tari nel Comune di Trieste, più di tremila domande (il numero preciso non era ancora disponibile, ndr) significano circa il 3%». Considerando che i cittadini che decidono di iniziare a eliminare la frazione organica dei rifiuti, per esempio scarti di cucina oppure fogliame o erbe sfalciate, direttamente a domicilio per ricavarne il compost - il terriccio che si ottiene dalla fermentazione di quanto conferito -, hanno per la gran parte abitazioni con un giardino, «è evidente che tutte le zone centrali della città non si prestano a questa operazione», spiega Fermo. Giovedì scorso, come accennato ultimo giorno utile per la presentazione delle domande, gli uffici di Esatto in piazza Sansovino si sono ritrovati di fronte a un super-lavoro sul tema: «Si è trattato comunque - osserva Fermo - di pratiche semplici, c’era solo da controllare fossero complete». Intanto, già dalle giornate precedenti erano arrivate segnalazioni di come nella provincia di Trieste le compostiere nelle agrarie fossero andate sostanzialmente esaurite. Un ulteriore dato può in qualche misura confermare questo trend: agli sportelli di Esatto sono giunte infatti anche istanze corredate da scontrini di acquisti effettuati nella vicina Slovenia, per esempio a Sesana. Probabilmente perché a Trieste, di compostiere, negli ultimi giorni prima della scadenza del 30 ottobre non era rimasta piu' neanche l'ombra.

Matteo Unterweger

 

 

Strage di olivi secolari  lungo il cantiere della Cherso-Lussino
La denuncia parte dagli ambientalisti e dagli olivocultori - Salvata solo una decina di alberi reimpiantati altrove
CHERSO La cosa non è piaciuta affatto ai chersini e ai turisti che hanno dovuto sopportare questo scempio ambientale. Nel corso dei lavori di rifacimento della statale Faresina-Lussingrande e parliamo del segmento che va dal marina di Cherso verso Lussino, le maestranze dell’edile Krk hanno segato un imprecisato ma comunque imponente numero di olivi, alberi che si trovavano ai lati della spina dorsale viaria dell’arcipelago. L’opera di ricostruzione della statale chersino–lussignana (lunga 90 chilometri) prevede l’allargamento della stessa, interventi risultati fatali a parecchi olivi, alcuni dei quali vecchi più di un secolo. Gli isolani hanno protestato tramite le loro associazioni, affermando giustamente che si poteva agire in maniera diversa, tirando fuori gli alberi con le radici e piantandoli in un altro luogo. Non si è agito purtroppo così, fatta eccezione per un paio di esemplari, tolti durante i lavori di allargamento del tratto che va da Cherso città allo scalo traghetti di Smergo. Questi olivi, di 70, 80 e più anni, sono stati reimpiantati nell’orto della scuola elementare di Cherso. Ad esprimere disappunto per l’abbattimento degli olivi è stata l’associazione locale degli olivicoltori intitolata “Ulika”, presieduta da Franko Fu›i„. «I nostri alberi non meritavano un simile destino. Siamo riusciti a salvarne una decina, donandoli alla scuola dell’obbligo, mentre gli altri hanno subito una sorte del tutto diversa. Dato che non disponiamo di mezzi finanziari per trasferire questi simboli del Mediterraneo e della nostra isola, abbiamo le mani legate». Vjeran Pirši„, presidente della più battagliera tra le associazioni ambientaliste in regione, Eko Kvarner, ha parlato di atto barbaro, che si poteva e doveva evitare. «A Stoccolma - spiega - all’atto di costruire la tangenziale, hanno trasferito 57 alberi e lo hanno fatto con coscienza e alto livello di civiltà. Ma la Svezia è un’altra cosa, mentre da noi si verificano episodi davvero vergognosi». Nessuno ha stimato a quanto ammontino i danni materiali, ma nel contesto va riferito che il costo di un olivo di 60 anni è pari a 30 mila kune, sui 4 mila euro. Si tratta dunque di danni ingenti, ai quali vanno aggiunti i danni all’ambiente, quelli sì irrecuperabili. I lavori intanto proseguono e riguardano 3,6 chilometri da Cherso città verso Lussino. L’investitore dell’opera, l’azienda pubblica Hrvatske ceste (Strade croate), ha fatto sapere che il troncone sarà rifatto entro il 15 giugno dell’anno prossimo, per una spesa di 50 milioni di kune, circa 6 milioni e mezzo di euro.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 novembre 2014

 

 

Nuovo voto sul parere ambientale per il Piano regolatore del porto

Forse all’atto finale la tortuosa procedura bloccata per anni: il documento va in aula il 6 novembre
Tra le prescrizioni del Comune un rafforzamento della viabilità se si ampliano i traffici commerciali
È stato esaminato dalle circoscrizioni, e ieri per la seconda volta dalla Giunta comunale che ne ha raccolto i pareri. La commissione urbanistica l’avrà sul tavolo il 4 novembre. E giovedì 6 il Consiglio comunale dovrà votarlo proprio al limite della scadenza tecnica che è l’8 novembre. Se ci sarà voto favorevole, il faticato parere sullo “studio ambientale integrato” che fa parte delle procedure di “Via e Vas” relative al Piano regolatore del porto tornerà in Regione per l’approvazione definitiva, se ci sarà. Lo scorso febbraio la Regione aveva clamorosamente bocciato il documento. Potrebbe dunque avviarsi davvero al capitolo finale una storia complessa se non proprio scottante, quella del nuovo Piano regolatore del porto (Prp) adottato dal Comitato portuale già nel maggio 2009 e che esattamente un anno dopo aveva avuto parere favorevole dal Consiglio superiore dei lavori pubblici. Un piano da cui dipendono tutti i previsti ampliamenti delle banchine, esclusa la piattaforma logistica. Per diventare operativo a quel Prp mancavano da anni sia la Valutazione di impatto ambientale (Via) e sia la Valutazione ambientale strategica (Vas), il cui procedimento era stato infine unificato, restando però a giacere al ministero dell’Ambiente per anni, in attesa della documentazione che l’Autorità portuale avrebbe dovuto fornire. Iter rallentato, frenato, bloccato anche, ma non solo, perché sulle aree ricomprese nel Piano regolatore del porto rientrava il Canale navigabile di Muggia dove “pendeva” la richiesta di Gas natural di realizzare un contestato rigassificatore. Progetto che, si è poi certificato, era incompatibile coi traffici portuali. L’attuale testo di parere certifica che nell’ultima versione del documento, datata 2014, «non è previsto il rigassificatore». Una versione precedente destinava invece quell’area a “insediamenti energetici”. Dopo quell’immenso stop, durato tre anni e mezzo, nel settembre 2013 l’Autorità portuale aveva ridato avvio all’iter del piano facendo istanza al ministero di Via e di Vas. Ma il tempo non passa invano, su quelle carte si era abbattuta una selva di correzioni da parte delle commissioni tecniche ministeriali, con l’aggiunta di pesanti note da parte degli uffici tecnici del Comune e di molte prescrizioni da parte della Provincia. Fra le altre cose, il documento presentava discrepanze notevoli con documenti urbanistici che nel frattempo avevano fatto il loro altrettanto faticoso percorso, come il Piano regolatore di Trieste e il Piano del traffico. La bocciatura da parte della Regione era stata un segnale pesante. Arriviamo a oggi. In sostanza le uniche prescrizioni di rilievo con cui il Comune si appresta a licenziare il proprio parere riguardano la viabilità, ovvero le previsioni di nuovo traffico commerciale che i numerosi ampliamenti delle banchine portuali potrebbero scaricare nelle aree di collegamento. «Quanto abbiamo segnalato - riassume Elena Marchigiani, assessore all’Urbanistica - riguarda essenzialmente le zone di interfacciamento porto-città, e in modo particolare l’innesto di via Caboto e di via Flavia-Aquilinia, pertanto è stata inserita una prescrizione che raccomanda per il futuro un potenziamento degli snodi o in alternativa una nuova viabilità portuale che diriga il traffico commerciale direttamente sulla Grande viabilità, senza invadere quella ordinaria, di portata insufficiente». Nell’ultimo Comitato portuale, specifica Marchigiani, sono state firmate le “intese” tra Comune e Porto per quanto riguarda tutti gli strumenti urbanistici in costruzione: il Piano regolatore generale della città e il Piano regolatore portuale. Fra le “raccomandazioni” inserite dal Comune anche un piano dei rifiuti portuali, e una previsione più esplicita circa la possibilità (cara ai piani urbanistici comunali) di realizzare una pista ciclabile sul lato mare delle Rive. Progetto a oggi impossibile causa diniego degli spazi.

 

 

Cipe, 15 milioni per la bonifica della Ferriera
Ma gli interventi sono allargati a tutta l’area del sito inquinato per la sua messa in sicurezza
Il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) presieduto dal presidente del Consiglio ha assegnato ieri 15,4 milioni di euro alla Regione, a valere sulla nuova programmazione 2014/2020 del Fondo di sviluppo e coesione, per la realizzazione di interventi, di competenza delle pubbliche amministrazioni, per la messa in sicurezza del Sin, il Sito di bonifica di interesse nazionale (Sin). «È l’atto decisivo per procedere alla sottoscrizione dell’accordo di programma che coinvolge la Ferriera di Servola», il commento della presidente della Regione Debora Serracchiani, che ha sottolineato come lo stganziamento sia «il risultato di un lavoro incessante di pressione della Regione e dell’attenzione data dalla Presidenza del Consiglio, che ha capito l’importanza di dare priorità a questa emergenza e che dunque ha convocato la riunione del Cipe in tempi congrui con le esigenze complessive dell’accordo». La decisione, rende noto un comunicato della Presidenza del Consiglio, è stata presa in attuazione dell'Accordo di programma del 30 gennaio scorso sulla riqualificazione delle attività industriali e portuali di Trieste e sul recupero ambientale delle aree coinvolte ai fini di cogliere le opportunità di reindustrializzazione dell'area con conseguente salvaguardia dei livelli occupazionali. Si completa così il quadro dei finanziamenti di parte pubblica definito nell'Accordo di programma del 30 gennaio che già contemplava un impegno di 26,1 milioni. A giorni si terrà a Roma un tavolo tecnico sul secondo Accordo di programma che prevede anche Invitalia come soggetto attuatore delle bonifiche. Sul fronte ambientale Arvedi entro la fine del 2015 investirà 25 milioni, di cui 15 per il risanamento degli impianti per ottemperare alle prescrizioni dell'Aia e 10 per la messa in sicurezza dei suoli, ai quali aggiungere ulteriori 10 per la copertura di perdite di esercizio dovute «all'iniziale inefficienza strutturale del ciclo produttivo».

 

 

Bus, è record di passeggeri La città è prima in Italia
Il capoluogo giuliano segue Venezia, Milano e Roma che “non fanno classifica”

Indagine: Trieste Trasporti gradita al 93%. Sulla trenovia già in oltre 111mila
Plausi dall’utenza e dal primo cittadino, con l’auspicio di concludere al meglio l’impegno dei prossimi mesi, quando Trieste Trasporti spa, assieme alle altre tre società regionali, sarà chiamata a partecipare alla gara per la gestione del trasporto pubblico locale per i prossimi 10 anni. L’azienda dei bus provinciali ha “incassato” nuovi bonus in occasione della recente visita di Roberto Cosolini, ha visitato la sede di Trieste Trasporti spa. Dopo il saluto dei vertici della società, il presidente Giovanni Longo e l'amministratore delegato Cosimo Paparo, il sindaco ha visitato la sede centrale del Broletto, con annessi depositi e officina, strutture di proprietà del Comune stesso, tra gli azionisti dell’azienda. Particolare apprezzamento, tra l’altro, è stato espresso per i 33 nuovi autobus appena acquisiti, equipaggiati con motorizzazioni euro 6, che vantano valori di emissioni di particolato e ossidi di azoto, cioè sostanze inquinanti, migliorativi rispetto ai veicoli Eev già in esercizio. «Tutti dotati degli elevati standard di comfort e di sicurezza presenti da anni sulla flotta aziendale» precisa un comunicato stampa. Fra gli argomenti trattati non poteva mancare la linea tranviaria Trieste-Opicina, il popolare “tram”: dalla ripresa del servizio, il 18 agosto scorso, ha già trasportato fino alla fine di settembre ben 111.489 passeggeri, «perdendo soltanto 64 corse su un totale 1.760, dimostrando così di avere superato i problemi manifestatisi subito dopo la conclusione degli importanti lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria». Nel capoluogo giuliano viaggiare sui mezzi pubblici risulta molto frequente, anzi un’abitudine da record. L’indagine "Ecosistema urbano 2014 - XXI Rapporto", appena resa nota da Legambiente, ha collocato Trieste al quarto posto in Italia per il numero, ovviamente relativo, di passeggeri trasportati annualmente: 304 passeggeri per abitante. Anche l’utenza risulta soddisfatta dai servizi offerti da Trieste Trasporti: così almeno risulta dalla più recente indagine telefonica nel settore di “customer satisfaction”, condotta da una società specializzata. «Ha riscontrato nel 2014 un gradimento degli intervistati del 93%, gratificando tutti i soggetti che a vario titolo si impegnano quotidianamente per fornire un servizio di trasporto pubblico sempre migliore» continua la nota aziendale. «La direzione di marcia è quella di un sempre miglior servizio ai cittadini. - ha dichiarato al termine della visita il indaco -: partiamo da un livello eccellente, testimoniato anche dai dati emersi dall'indagine "Ecosistema urbano 2014”. Ci pongono al quarto posto in Italia per il rapporto tra utenti del trasporto pubblico e abitanti. Considerando che le città ai primi posti sono Venezia, dove per evidenti ragioni le alternative al trasporto pubblico locale sono particolarmente esigue, e Milano e Roma, città dotate di metropolitane e realtà a sé stanti, possiamo ben dire che tra le città simili e paragonabili tra loro Trieste è prima. È un risultato di cui essere orgogliosi e uno stimolo a fare ancora meglio». Gli ha fatto eco il presidente Longo: «I dati dell'indagine di “customer satisfaction” e di Legambiente concordano e dimostrano che i cittadini di Trieste riconoscono la qualità del servizio di trasporto pubblico offerto. Essi infatti lo giudicano molto positivamente e conseguentemente lo scelgono per i propri spostamenti». «Il nostro impegno per il futuro - ha concluso - è di continuare nella direzione del miglioramento continuo della qualità del servizio a Trieste e per Trieste».

(p.p.g.)

 

Per il sondaggio interviste anche alle fermate

Dal 25 marzo 2014, per due settimane circa, è stata eseguita la verifica annuale del livello di conoscenza del servizio di Trieste Trasporti e delle aspettative dei clienti, commissionando a una società specializzata un'indagine di customer satisfaction, realizzata attraverso interviste telefoniche e di persona, alle fermate. Negli aspetti di Customer Satisfaction la rilevazione è, dal punto di vista metodologico-operativo, conforme agli orientamenti stabiliti dalle Linee guida Uni 11098 per la Customer Satisfaction Measurement (Csm) nei servizi pubblici locali. Sono stati intervistati 1.203 clienti residenti nella provincia di Trieste (803 interviste telefoniche e 400 dirette). Nello specifico eseguite 907 interviste (75,4%) nel comune di Trieste, 150 (12,5%) nei comuni di Duino-Aurisina, Sgonico e Monrupino e 146 (12,1%) a Muggia e San Dorligo della Valle, prendendo in considerazione i cittadini di almeno 15 anni d'età e che utilizzino almeno occasionalmente i mezzi pubblici. Le domande erano 31.

 

 

Austria e Bulgaria vogliono South Stream
Un’inedita alleanza, quella tra Vienna e Sofia, per far ripartire il progetto del gasdotto South Stream, congelato in Bulgaria a causa dell’opposizione di Bruxelles. Ma le cose devono cambiare. È questo l’auspicio del presidente bulgaro, Plevneliev, e del suo omologo austriaco, Heinz Fischer, in visita ufficiale a Sofia. Plevneliev e Fischer che hanno ribadito che i due Paesi mirano a «diversificare» le forniture energetiche e che South Stream, se allineato con le regole Ue sulla concorrenza, è la via migliore per sostenere la sicurezza energetica europea. Il gasdotto, dopo il passaggio sotto il Mar Nero, dovrebbe sbucare in Bulgaria, passare per Serbia, Ungheria e Slovenia e raggiungere poi Austria e Italia. Per Fischer, «bisogna trovare una soluzione ragionevole» per far ripartire il progetto. In più, l’austriaca Omv sta cercando gas nel Mar Nero, in acque territoriali bulgare. Se lo troverà, potrebbe usare South Stream per trasportarlo direttamente nel cuore dell’Europa.

(s.g.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 31 ottobre 2014

 

 

Rigassificatore: la “sfida” di Vescovini al principe
DUINO AURISINA - L’imprenditore di Smart gas invita Carlo della Torre e Tasso a un pubblico confronto

Alessandro contro Carlo Alessandro: l’imprenditore Vescovini lancia il guanto della sfida al principe della Torre e Tasso e lo invita a spiegare le ragioni del “no” alla città dei cantieri, direttamente a “quei signori con la tuta blu che si svegliano alle 6 di mattina per lavorare il ferro, per fare carta, per portare a casa la pagnotta”. Dunque non ha tardato a farsi sentire, forte anche dell'appoggio riscosso nei giorni scorsi dalla rappresentanza sindacale unitaria della Burgo di San Giovanni, il project leader di Smart gas. E immediatamente dopo l'incontro indetto al centro congressi del Castello dal Gruppo di lavoro sorto un paio di mesi fa contro il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone, Vescovini rilancia proponendo un nuovo confronto, ma su ring bisiaco. Difficile dire se il principe di Duino stavolta accetterà, dal momento che la sua assenza, dal proponente, era stata già notata alla presentazione di Smart gas avvenuta nel mese di settembre al Kinemax di via Grado, a Monfalcone. Ma ciò non impedisce, all'imprenditore della Sbe, di gettare l'amo della provocazione. E allora, smentendo quanto dichiarato al centro congressi dagli organizzatori (“Abbiamo rivolto l'invito anche al proponente”, così il moderatore Luca Marcuzzi, segretario di Carlo della Torre e Tasso), Vescovini formula la proposta. «Io – dichiara al telefono - non ho alcun problema a confrontarmi con chicchessia per spiegare il progetto Smart gas e cosa si intende realizzare. Se c'è la volontà di fare informazione corretta, io la disponibilità la offro pure. Quanto all'incontro al Castello, non ho ricevuto inviti dal principe... Ribadisco: se ho la possibilità di dire la mia, mi confronto volentieri con tutti. L'importante è che ci sia la volontà di parlare in modo sereno. Non sono io ad aver boicottato incontri, ma è la rappresentanza del Comune di Duino Aurisina, in primis il sindaco Kukanja, a non aver partecipato all'evento del Kinemax, caratterizzato dalla partecipazione di 500 persone». Vescovini ammette che l'aria, a Duino Aurisina, “ultimamente si è fatta un po' pesante”. Ciononostante, a quanto sembra di capire, il proponente sarebbe disposto a dire la sua anche in questo comune, dove, a parte un iniziale incontro in sede di Seconda commissione consiliare, un vero e proprio confronto pubblico col privato, davanti ai cittadini, non c'è stato. Almeno per ora. Fin qui, comunque, le dichiarazioni rese alla stampa. Sul social-network, invece, la “sfida” al principe, coi consueti toni cui Vescovini ha abituato i suoi follower: “Lei (si rivolge direttamente a della Torre e Tasso, ndr), per essere ascoltato, deve uscire dal suo feudo, attraversare le sacre acque del Timavo e venire nel contado monfalconese ad organizzare i suoi incontri; anzi le propongo un duello, come si faceva una volta: facciamo un dibattito io e lei nella città dei cantieri”. In quella sede, scrive Vescovini a principe ed esponenti del Gruppo di lavoro di Duino «avrete la possibilità di illustrare a tutti noi le ragioni del no, ci spiegherete i vostri progetti per il futuro dell'area e per combattere la disoccupazione, le alternative che avete in mente, rispetto a quelle dell'industria, per dare occupazione; e soprattutto come lei intende valorizzare le sue proprietà, che appaiono molto inutilizzate dal punto di vista turistico, Rilke in primis, perché se non si fa industria ci vuole qualcuno che investa sul turismo, vero? Attendo un suo cenno – scrive Vescovini in conclusione - il guanto della sfida è lanciato».

Tiziana Carpinelli

 

 

«Dal rubinetto acqua eccellente»

AcegasApsAmga rende noto il primo report su analisi fatte in casa e dall’Ass. «E costa meno della minerale»
Dallo zampillo in mezzo al mare, di fronte allo stabilimento di “Grignano 1”, accompagnato dalle parole di Mogol e dalla musica e dalla voce di Lucio Battisti, sono passati 44 anni. Il filmato in bianco e nero sulle note di “Acqua azzurra acqua chiara”, girato appunto nel ’70 ai piedi di Miramare, precursore dei videoclip musicali, fu per Trieste un vero “spottone”. Ebbene: ora lo “spottone” per Trieste, e per la sua “acqua”, si ripete. Già, perché, in questa città, dai rubinetti esce eppoi si beve proprio acqua azzurra, acqua chiara. Letteralmente: di «qualità eccellente». Non solo: buona e pure economica, dato che costa infinitamente meno della minerale in bottiglia presa al supermercato o alla bottega alimentare. Parola di Acegas, “al secolo” AcegasApsAmga del Gruppo Hera, la multiutility che, a casa nostra, fornisce il bene pubblico all’utilizzatore finale e gestisce il cosiddetto il ciclo idrico integrato. Ci mancherebbe, si potrebbe obiettare, che chi dà un servizio ne parli pure male. Obiezione respinta alla fonte, tanto per restare in tema: è sì Acegas ad annunciare i risultati dei controlli, non prima però d’aver premesso che tali controlli non sono stati effettuati tutti dal controllato medesimo. Che è stato affiancato anzi, nelle verifiche, da un soggetto pubblico “terzo”, cioè l’Azienda sanitaria. È di ieri infatti il comunicato di AcegasApsAmga Spa, che dà conto del suo primo report “In buone acque”, ovvero della sintesi delle analisi compiute nel corso del 2013 sulla rete triestina. Primo perché - come si legge nel comunicato - si «estende a Nordest una prassi di trasparenza già in essere all’interno del Gruppo Hera», il colosso emiliano-romagnolo in cui è entrata la patavin-triestina AcegasAps, agganciata pure ora alla friulana Amga. Il report, nel dettaglio, dice che «a Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle, fra azienda e Ass, sono state effettuate ben 10.259 analisi, pari a circa 28 al giorno, che sono risultate conformi alla legge nella totalità dei casi, 100%. Confrontando il rapporto fra le concentrazioni di 14 parametri (ammonio, arsenico, clorito, cloruro, conduttività, durezza totale, fluoruro, manganese, nitrato, nitrito, residuo secco, sodio, solfato, trialometani-totale) misurate da AcegasApsAmga presso i punti di rete rappresentativi dell’intero sistema di distribuzione triestino e le loro concentrazioni massime ammissibili nell’acqua potabile, emerge come l’acqua di Trieste sia di eccellente qualità. Mediamente, infatti, le concentrazioni di tali elementi sono del 90,6% inferiori ai limiti di legge consentiti». Nel report - da cui esce una sorta di “etichetta” (consultabile sul sito della società) dell’acqua del nostro rubinetto, «proveniente dai pozzi di San Pier d'Isonzo e Staranzano, dalle sorgenti Sardos e occasionalmente dalle (vicine, ndr) risorgive del Timavo» - c’è spazio, al di là di quella qualitativa, anche per un’analisi di natura squisitamente quantitativa: «Nell’area di Trieste - recita ancora il comunicato - AcegasApsAmga serve complessivamente 228.713 cittadini, attraverso una rete acquedottistica di 1.080 chilometri, in cui nel 2013 sono stati immessi 50,4 milioni di metri cubi di acqua». Ma è un’altro genere di conti che preme, ad Acegas, rendere noti. Sono i conti in tasca alle famiglie triestine: «Mille litri d’acqua minerale in bottiglia costano mediamente trecento euro, mentre la stessa quantità prelevata dall’acqua di rete costa un euro e 78 centesimi». E «la produzione di un litro di acqua del rubinetto richiede solo il 2% delle emissioni di CO2 necessarie per produrre la stessa quantità di acqua in bottiglia». Un risparmio per il portafogli, insomma, ma pure per la natura, pare di capire. Un messaggio, peraltro, in scia a quello lanciato già in occasione della presentazione in città delle prime “casette dell’acqua” , i distributori pubblici per ricaricare le bottiglie tenute a casa. Numeri e confronti del report, come si diceva, sono figli di una certa politica del Gruppo Hera, che - rileva il comunicato Acegas - investe «sul ciclo idrico cento milioni di euro all’anno. Il Gruppo, nel suo complesso, serve 243 comuni fra Emilia-Romagna e Nordest, per un totale di 3,6 milioni di cittadini, e nel 2013 ha compiuto 648.252 analisi, di cui 359.044 effettuate dai soli laboratori Hera, in cui operano 80 tecnici specializzati». «L’estensione in AcegasApsAmga di questa pratica di rendicontazione e trasparenza, è uno dei tanti risultati che sta producendo l’aggregazione dell’azienda nel Gruppo Hera», spiega l’ad Cesare Pillon, Amministratore Delegato AcegasApsAmga. «L'obiettivo - fa eco Roberto Gasparetto, attuale direttore generale AcegasApsAmga - oltre a informare puntualmente il cittadino è quello di promuovere un’autentica cultura del consumo di acqua di rete, in linea con l’impegno dell’azienda e del Gruppo Hera verso la sostenibilità e l’uso razionale delle risorse».

Piero Rauber

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 ottobre 2014

 

 

Un ring su rotaia fra Italia e Slovenia - il progetto Adria-A

Il progetto Adria-A adegua i tracciati esistenti. Uno studio per valorizzare il turismo crocieristico e collegare gli aeroporti
MONFALCONE Il Comune di Monfalcone si pone in prima linea nell’ambito dei progetti transfrontalieri dedicati allo sviluppo dei sistemi di trasporto ferroviario, della promozione dei sistemi portuali e della logistica. Il tutto sull’asse Gorizia-Monfalcone-Trieste-Capodistria, sfruttando le potenzialità dei corridoi Adriatico-Baltico e Mediterraneo attraverso i progetti Seta, Adria-A e Acrossee, che vedono la Regione Friuli Venezia Giulia partner associato e di progetto. Si tratta di progetti che recuperano e valorizzano i tracciati ferroviari esistenti per il trasporto di merci e passeggeri, a fronte di investimenti contenuti e di minore impatto ambientale. Cuore dell’operazione è rappresentato dalla realizzazione di un ring metropolitano integrato italo-sloveno. Con questi elementi è stato siglato il protocollo che porta la firma della presidente Debora Serracchiani e del sindaco Silvia Altran, assieme agli altri partner regionali, al fine di capitalizzare e dare concretezza ai progetti sui corridoi trasportistici strategici. Il protocollo costituisce una sorta di “piattaforma di lancio” al fine di accedere ai fondi europei della programmazione 2014-2020, i cui bandi a carattere transfrontaliero e transregionale usciranno tra il 2015 e il 2016. In ballo ci sono 400 milioni per i programmi che interessano il Friuli Venezia Giulia. Si tratta di mettere a frutto i progetti messi in campo e per i quali Monfalcone ha proposto un segretariato congiunto Unece-Ter e Cei (Iniziativa Centro Europea) per la gestione del partenariato Seta a livello ministeriale e la creazione di una governance tra i porti-interporti e gli enti locali italiani interessati a uno sviluppo del “Corridoio Seta”. Il progetto Seta ha consentito a Monfalcone di costruire nuove importanti relazioni con Capodistria e Fiume per far conoscere il sistema dei porti dell’Alto Adriatico agli operatori di Austria, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca. Significativa è stata la realizzazione del collegamento ferroviario tra Monfalcone e Fiume, sfruttando infrastrutture esistenti. Il progetto Adria-A quindi punta a riorganizzare accessibilità e trasporti attraverso la realizzazione di un’area metropolitana integrata. Il progetto, che si concluderà il 31 ottobre a fronte di 58 mesi di lavoro, conta la partecipazione di 27 partner (ministeri, amministrazioni comunali, provinciali, regionali, porti e aeroporti dei due Paesi). Il budget totale è di 2.838.872 euro. La finalità del “progetto metropolitano” è quella di migliorare l’accessibilità tra Divaccia, Gorizia, Capodistria, Monfalcone, Nuova Gorica, Sesana e Trieste, integrare l’area transfrontaliera e quelle metropolitane limitrofe (Lubiana e Veneto Orientale), migliorare l’interconnessione tra aree urbane e rurali nel contesto Alto-Adriatico. Adria-A è costituito da diversi pacchetti di lavoro. Si parte dalle integrazioni intermodali mancanti, come il collegamento tra Nova Gorica-Vrtojba-Gorizia, l’elettrificazione e l’adeguamento della rete ferroviaria Nuova Gorica-Sesana, il miglioramento della linea esistente bivio d’Aurisina-Opicina-Divaccia. Per Monfalcone rientra anche il miglioramento del bivio di San Polo. C’è poi il collegamento Trieste-Capodistria, con l’adeguamento del tunnel esistente sul lato italiano e il nuovo tratto fino alla stazione della città slovena. E, ancora, il ripristino delle lunette tra Gorizia e Nova Gorica per ottimizzare il trasporto merci e passeggeri lungo la linea Udine-Trieste-Slovenia e viceversa. Il progetto tiene conto degli aspetti legati allo sviluppo turistico per le città costiere e la crocieristica, le connessioni tra gli aeroporti di Venezia, Trieste e Lubiana, compreso il futuro Polo intermondale di Ronchi dei Legionari.

Laura Borsani

 

 

Bonifiche fantasma, raffica di indagati
Inchiesta bis sugli interventi ambientali a Grado e Marano. Notificati 26 avvisi di garanzia. Tra i destinatari Ciani e Moretton
UDINE «Mi sono informato dei quattrini... qualche soldo c’è ancora in giro. Ma non te li posso dare come spese di funzionamento. Diciamo: deve tirar via i fanghi perché sotto sequestro». Chi parla è Gianfranco Mascazzini, allora direttore generale del ministero dell’Ambiente. All’altro capo del telefono c’è Gianfranco Moretton, al tempo vice presidente della Regione targata centrosinistra e commissario delegato per l’emergenza socio-economico ambientale della laguna di Grado e Marano. Moretton ha ereditato un buco di 3 milioni dal suo predecessore e chiede un surplus per sanare debiti e pagare il personale. «Non mi interessa come li spendi - scandisce Mascazzini -, però la motivazione fortissima per darti 10 milioni è il Banduzzi». Parole in libertà, “catturate” dalle intercettazioni degli investigatori partenopei, ai tempi delle indagini sulle discariche di Napoli, che portò all’arresto dello stesso Mascazzini, e rimbalzate ora nelle carte della maxi inchiesta friul-capitolina. Due anni dopo lo scandalo delle bonifiche “fantasma” e la revoca del Commissario delegato della laguna di Grado e Marano decretato dall’allora premier Monti alla luce del clamoroso bluff scoperto dalla magistratura udinese, è la Procura di Roma a riproporne il teorema e tornare alla carica con una seconda tornata di avvisi di garanzia: 26 quelli notificati ieri dai carabinieri di Cividale e dalla Guardia di Finanza romana, tra Friuli, Veneto e Capitale, con nomi e contestazioni vecchi e nuovi. Sullo sfondo, lo scenario è rimasto immutato: la clamorosa invenzione di un’emergenza ambientale, al solo scopo di ottenere e spartirsi fiumi di denaro pubblico. Decine di milioni di euro, a fronte di un inquinamento inesistente, al solo scopo di riempire le tasche di amministratori e imprenditori dal Nord Est a Roma, negli uffici del ministero dell’Ambiente, dove la truffa era stata concepita. In cima all’elenco, accanto a Mascazzini, i tre ex commissari delegati Paolo Ciani (2002-2006), all’epoca vice presidente della Regione di centrodestra, Gianfranco Moretton (2006-2009) e il tecnico Gianni Menchini (2009-2012), già indagati nella precedente indagine friulana. Nei guai anche Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova e della Tethis srl di Venezia travolto dalla bufera giudiziaria sul Mose, Giampaolo Schiesaro, già avvocato dello Stato di Venezia, e i legali rappresentanti delle società ingrassate con i finanziamenti per appalti di opere considerate adesso inutili o mai realizzate: Raffaele Greco (cooperativa Nautilus, di Vibo Valentia), Alberto Altieri e Guido Zanovello (studio Altieri spa di Thiene), Vincenzo Assenza e Fausto Melli (Sogesid srl di Roma, società in house del ministero dell’Ambiente). E, ancora, Marta Plazzotta, dirigente dell’Arpa di Udine, Massimo Gabellini, alla guida della II Direzione dell’Icram (ora Ispra) e Silvestro Greco, suo direttore scientifico, e Antonella Ausili ed Elena Romano, dell’Ispra (già Icram) di Roma: tutti organi deputati a certificare lo stato di salute della laguna. Per due terzi degli indagati, il pm romano Alberto Galanti ha formulato l’ipotesi di reato dell’associazione a delinquere, finalizzata al falso e alla truffa ai danni dello Stato. Una truffa - quella sì, contestata in concorso a tutti, nei periodi di rispettiva competenza - calcolata in circa 100 milioni di euro. Mascazzini è accusato anche di tentata corruzione del commissario straordinario Caffaro, avvocato Marco Cappelletto, e, insieme a Menchini e alle due ricercatrici dell’Ispra in un caso, a tre manager di Sogesid nell’altro, anche di abuso d’ufficio, in relazione agli interventi di messa in sicurezza della Caffaro di Torviscosa e al distaccamento presso il ministero di personale della Sogesid. Nell’informazione di garanzia sono rientrati anche i nomi dei soggetti attuatori che affiancarono i commissari delegati: Dario Danese, Giorgio Verri e Vito Antonio Ardone. “Ripescato” anche Francesco Sorrentino, già ingegnere capo del Genio civile di Gorizia e responsabile del Procedimento. Avvisi pure a Simone Fassina, dipendente di Sviluppo Italia spa, distaccato al ministero dell’Ambiente, Andrea Barbanti, già responsabile di Thetis e consulente Sogesid, Franco Pasquino e Giorgia Scopece, rispettivamente già commissario e dipendente di Sogesid, Maria Brotto, ad di Thetis, Everardo Altieri, vice presidente dello studio Altieri.

Luana de Francisco

 

 

Ambiente - Nuovo piano energetico

Al via il confronto La Regione ha avviato il confronto con i soggetti pubblici e privati interessati al fine di predisporre il nuovo Piano energetico del Fvg. Lo rende noto l’assessore all’Ambiente, Sara Vito, ricordano la volontà di dar vita ad un percorso partecipato e condiviso.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 ottobre 2014

 

 

Gli operatori di Monfalcone si disegnano il porto del futuro - il rendering
Il Gruppo Maneschi vuole investire su un terminal dedicato alle merci varie da 600mila metri quadrati
Opera da realizzare accanto al mini-rigassificatore. Ieri il primo incontro con Serracchiani in Regione
MONFALCONE Il porto di Monfalcone nel 2018. Spazi dello scalo aumentati del 40% grazie al nuovo terminal multi-purpose da 600 mila metri quadrati, per il traffico di merci varie, la prima parte della nuova banchina dedicata all’attracco delle navi gasiere, in fondo nel retroporto nel cuore del Lisert l’impianto del mini rigassificatore di Smart Gas. Dall’altro lato del piazzale il dente per l’attracco delle navi ro-ro dell’autostrada del mare dedicate in particolare alle automobili. Non c’è più l’ombra del Superporto, al posto dei mega-progetti destinati a rimanere vaghi come sogni, c’è un progetto concreto e forse per la prima volta, ci sono gli stessi operatori del mercato, che “fanno i traffici” a spiegare come vorrebbero il loro porto e soprattutto sono pronti a realizzarlo con investimenti privati. Venti milioni di euro almeno per le opere a mare. Di questo si è parlato ieri in Regione in un primo incontro, a sui seguiranno gli approfondimenti tecnici, durate il quale il project leader di Smart Gas Alessandro Vescovini assieme a Pierluigi Maneschi, a capo dell’omonimo gruppo e al presidente della controllata Compagnia portuale di Monfalcone, Riccardo Scaramelli, hanno presentato il progetto alla presidente Debora Serracchiani che aveva accanto a se gli assessore regionali Mariagrazia Santoro e Sara Vito. A parlare per il progetto c’è il rendering, si tratta ancora di una bozza che dovrà essere affinata, all’incontro di ieri seguirà (nei prossimi giorni) un vertice più tecnico con l’assessore regionale alle infrastrutture Santoro che con i suoi uffici sta preparando il nuovo piano regolatore portuale di Monfalcone (l’ultimo risale al 1979). Nel disegno presentato dalla cordata di privati le novità saltano immediatamente agli occhi, soprattutto l’ampliamento della vecchia cassa di colmata. L’idea non è più quella di lavorare in quell’area che presenta notevoli problemi vista la sua realizzazione, 10 anni or sono, e l’abbandono in cui versa. Ma di realizzare una cassa di colmata tutta nuova, con i più moderni criteri tecnologici e ambientali. Serve un nuovo dragaggio ed è stato chiesto alla Regione di unificare i due progetti di escavo, quello vecchio del canale di accesso e quello nuovo che si renderà necessario per rendere agibile la banchina del nuovo terminal. Smart Gas e Gruppo Maneschi pensano di utilizzare delle speciali draghe olandesi, che lavorano in maniera più compatibile con l’ambiente, e l’obiettivo è di realizzare l’escavo in soli 9 mesi facendo risparmiare circa 5 milioni di euro alla Regione visto che il progetto potrebbe essere realizzato senza attendere i 2-3 anni necessari (come prevede l’attuale progetto di escavo) iniziando i lavori già nel 2015. Non si conoscono ancora i dettagli dell’operazione presentata alla presidente Serracchiani, ma già dalle linee guida si riescono a capire i contorni di un’operazione strategica, legata alla realizzazione dell’impianto di rigassificazione di Smart Gas, che prevede di ampliare lo scalo valorizzando la vocazione del porto, quello del traffico di merci alla rinfusa (dalla cellulosa al rottame sino ad altri materiali, tra questi il gas metano) assieme alle automobili grazie al potenziamento delle linee ro-ro dell’autostrada del mare. Molti di questi traffici, in particolare quelli del rottame, fortemente ambiti dai porti (tutta la merce lavorata dà molto più valore aggiunto rispetto a container e ro-ro) si sono trasferiti a Capodistria, si tratta di commodities che servono alle imprese siderurgiche regionali e potrebbero tornare a “casa” grazie ai nuovi piazzali. E proprio per questo tipo di sviluppo del porto ieri in Regione sembra sia stata ribadita la «totale compatibilità» del progetto Smart Gas con il decollo dello scalo. Tra i dettagli emersi c’è anche la volontà da parte della cordata di privati di fare approfondite caratterizzazioni dei sedimenti. E da quello che è è capito la situazione è piuttosto positiva, non ci sono situazioni di inquinamento tanto che una buona parte del materiale scavato (sarà uno scavo fatto a secco, non con i sistemi di aspirazione creando sospensione di fanghi in mare) si pensa di metterlo in vendita per l’infrastrutturazione di nuove aree. Smart Gas e gruppo Maneschi hanno anche dato assicurazione che il progetto di ampliamento e quello del mini-rigassificatore non avranno alcuna ripercussione paesaggistica rispetto al complesso di Porto Piccolo. Un grande progetto di sviluppo che però, lo ha ribadito il project leader di Smart Gas, Vescovini, sarà attuato solo dopo l’ottenimento delle autorizzazioni per la realizzazione del mini-rigassificatore.

Giulio Garau

 

Rigassificatore al Lisert: cinquecentotrenta firme per 26 quesiti al governo
Il documento è stato presentato l’altra sera in una riunione al Castello di Duino. Adesso nasce il “Gruppo di azione”
DUINO AURISINA Terminata la fase delle osservazioni (al Ministero dell'Ambiente ne sono state spedite 26 entro i termini dell'iter di Via nazionale, corredate da 9 mila firme in totale, perché i 530 cittadini aderenti hanno siglato più pareri), il “Gruppo di lavoro” sorto a Duino Aurisina per fronteggiare il progetto Smart gas, cioè il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone, diventa ora “Gruppo di azione”. L'intento, come spiegato all'incontro di lunedì sera al centro congressi del Castello, presente il principe Carlo della Torre e Tasso, è quello di allargare le informazioni raccolte dalla decina di residenti tra Medeazza e Duino e le analisi prodotte dai loro esperti ai territori coinvolti nel progetto, Doberdò del Lago e Monfalcone. Per “capire le criticità che questo progetto potrebbe arrecare all'area”, come spiegato dal moderatore Luca Marcuzzi, sul palco con l'architetto Danilo Antoni. La riunione, rivolta a operatori turistici, mitilicoltori e società nautiche, non a caso ha visto la partecipazione, tra gli altri, anche di esponenti politici isontini: Gualtiero Pin assessore monfalconese, Donatella Gironcoli della giunta provinciale Ghergetta e Alice Gregori del Movimento 5 stelle. Queste ultime due, in particolare, hanno espresso pubblicamente la loro contrarietà al rigassificatore. Seduti c'erano anche Vladimir Kukanja e Giorgio Ret. Tra le proposte emerse in seno al “Gruppo di azione”, l'intenzione, assieme agli ambientalisti, di compiere un “tour” nel Lisert. Così il principe: «Noi non siamo contro il gas – ha esordito -, ma contro il gas là, in quel cul-de-sac. Non siamo, come ci dipingono, i signori del “no se pol”, ma auspichiamo che la presidente Serracchiani non si rimangi la parola rispetto a quanto detto in un video nel 2013 e cioè che l'area del golfo resti protetta per sempre». Per il principe è necessario tutelare il “diportismo e i nostri mitili” e sostenere la candidatura del Carso a patrimonio Unesco. E la politica “deve dirci cosa è giusto: il contrario, cioè che siano i cittadini a pronunciarsi, è troppo facile”. «L'ambito di incidenza di questo progetto va necessariamente allargato», ha osservato Antoni, che ha polemizzato anche con l'iter di Via (“un giochetto per tener fuori la popolazione dalle decisioni”). Bisogna considerare, cioè, i “danni economici” che il territorio avrebbe, pensando alle ricadute sulle attività turistiche, dalla zona della Foci del Timavo, passando per Castello, baia, Mitreo, altipiano carsico e fino alla Cona.«Per esempio le Foci, con un rigassificatore lì vicino – ha proseguito –, vedrebbe decadere tutte le possibilità di finanziamento e funzionamento del sito, con una perdita del suo valore del 95%. Il 30% per la Cona». Quindi l'intervento di Vladimiro Mervic (Comunella Duino), per il quale “l'impianto proposto è da ritenersi di taglia convenzionale e non mini”. Marcuzzi ha illustrato i dati raccolti sulla movimentazione navi in porto (“avremmo molto da dire e pensare sulle dichiarazioni in merito all'aumento di lavoro e occupazione allo scalo”) e sui traffici su gomma e ferro-cisterna. L'architetto Paolo Giangrande si è soffermato, invece, sugli impatti visivi, mentre il maestro Stefano Sacher ha attaccato discorso con la domanda: «Cui prodest? Giova alla comunità avere un obbrobrio così impattante?. In tutto questo – ha poi osservato – c'è però una certezza positiva: al di là delle differenze, questo progetto ha costituito un senso di comunità». Quindi gli interventi dei presenti, tra cui Walter de Walderstein (“bisogna sperimentare prima cosa succede quando si mettono in sospensione i sedimenti e quale sia la possibilità che l'insieme di mitili e altre specie filtratrici trasformino il mercurio inorganico in mercurio organico”, a proposito dell'escavo) e Aldevis Tibaldi che ha stigmatizzato l'assenza di piani paesaggistici, energetici, dell'acqua e delle cave in Fvg e definito “altamente scorretta l'anticipazione di Sara Vito su Smart-gas". Quindi la politica con Gregori: «Apprezzo quanto fatto a Duino e invito a fare altrettanto a Monfalcone, un territorio che ci vede abbandonati anche dal punto di vista politico». Di diverso avviso Gironcoli che ha espresso avversità (e “politicamente mi è costato molto”) all'impianto: «In provincia non si è andati in Consiglio perché la maggioranza era spaccata. Il Pd è spaccato». Gironcoli ha dato disponibilità a promuovere incontri nell'Isontino.

Tiziana Carpinelli

 

 

Fincantieri in Porto Vecchio con alberghi e megayacht
Chiesti per 35 anni il bacino tra i Moli Zero e Primo dove creare gli ormeggi e i Magazzini 24 e 25 per insediare hotel, foresterie, uffici e servizi
Un porto per megayacht, ma dotato anche di alberghi e foresterie: si sostanzia in questo il progetto per il Porto Vecchio di Trieste di Fincantieri che evidentemente intende dare forte impulso al turismo nautico. L’area presa di mira per la realizzazione degli ormeggi è il bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo, banchine comprese e i Magazzini 24 e 25 che sono quelli prospicienti al bacino proprio davanti al Magazzino 26, fatto oggetto di un costoso restauro e attualmente pressoché deserto se si escludono le sedute del Comitato portuale. È questa la più corposa delle sole otto richieste di concessione giunte all’Autorità portuale a seguito del secondo bando relativo alla riconversione dello scalo antico e di cui la presidente Marina Monassi aveva dato avviso il 12 febbraio. I contenuti precisi della richiesta di concessione, avanzata il 25 giugno per avere la gestione dell’area per 35 anni, emergono con la pubblicazione della domanda all’Albo pretorio del Comune (oltre che presso gli uffici del Servizio demanio del’Authority) dove dovrà rimanere fino al 16 novembre affinché eventuali interessati possano presentare osservazioni. La richiesta è stata avanzata per «i capannoni 24 e 25, Molo Zero e bacino compreso tra il Molo Zero e il Molo Primo e corpi annessi per la durata di anni 35 allo scopo di creare un ormeggio per megayacht di rilevanti dimensioni fornito di tutti i servizi vari a supporto dei clienti (foresterie, alberghi, uffici e servizi) e dotato di infrastrutture per effettuare lavori di piccola manutenzione ai natanti». Fincantieri ieri non ha inteso fornire ulteriori dettagli. Nessun cantiere per la realizzazione di yacht comunque, a smentire una voce che si era diffusa nei mesi scorsi (assieme a quella di un’improbabile base per le navi nel post cantiere e prima della consegna); cantiere che comunque non era incluso nemmeno nella prima richiesta avanzata da Fincantieri, come ha confermato anche ieri Claudio Boniciolli, l’ex presidente dell’Authority che aveva bandito la prima gara per il Porto Vecchio, sottolineando che nell’ambito del marina erano previste soltanto officine per le piccole riparazioni. I Magazzini 24 e 25 sono dislocati su tre piani per un’altezza di 12 metri e la superfici coperte sono rispettivamente di 2.099 e di 1.676 metri quadrati. Entrambi sono da ristrutturare. Fincantieri ha la propria business unit che opera nella progettazione e costruzione di yacht di lunghezza superiore ai 70 metri a Muggiano, in provincia di La Spezia, dove operano 750 persone tra cui centinaia di artigiani qualificati. Lo stabilimento si estende su 60mila metri quadrati e ha un centro di progettazione estremamente qualificato che lo situa tra i leader mondiali. Recentemente è stato varato il Victory, 140 metri di lunghezza, fratello del Serene. All’Arsenale triestino di Fincantieri sono invece stati sottoposti a lavori di carenaggio l’Eclipse di Roman Abramovich, 163 metri di lunghezza e l’Al Said, 157 metri, del sultano dell’Oman. Chiaro che la rete di relazioni posseduta da Fincantieri è teoricamente in grado di convogliare un buon numero di megayacht in Porto Vecchio anche se l’offerta di ormeggi di questo tipo in provincia, pur dopo l’abbandono del progetto Portolido, rischia di essere ridondante. Solo da poche settimane infatti hanno stretto alleanza sotto la sigla di Trieste yacht berths le tre società proprietarie di ormeggi per megayacht: Marina San Giusto, Porto San Rocco e Trieste terminal passeggeri.

Silvio Maranzana

 

Sponza (Porto San Rocco): «Bene, si innescherà un effetto traino»

«Un nuovo porto per megayacht a Trieste lo vediamo positivamente e nella fattispecie ancor di più questo di Fincantieri perché dati gli agganci della società gli arrivi non mancheranno e potrebbe crearsi un effetto traino a favore degli altri marina specializzati della provincia». Roberto Sponza, direttore di Porto San Rocco ha accolto positivamente la notizia del megayacht porto di Fincantieri del cui progetto afferma di non essere stato a conoscenza. «Complessivamente noi di Trieste yacht berths - spiega - offriamo 70 ormeggi per yacht sopra i 24 metri. Quest’anno, anche se le giornate di stazionamento sono state complessivamente parecchie, non ne sono arrivati molti a Trieste, complessivamente una ventina. In Mediterraneo però quelli che circolano in un anno sono circa settemila: basterebbe portarne qui per qualche giornata meno di un decimo».

(s.m.)

 

Torre del Lloyd  - Fra le domande già istruite c’è quella per la “Fiera”
Quella del porto per megayacht di Fincantieri è la terza delle otto richieste di concessioni avanzate per le aree del Porto Vecchio che viene affissa all’Albo pretorio del Comune. Il mese scorso era stata la volta di quella della Camera di commercio che ha chiesto la concessione per 15 anni dei Magazzini 27 e 28 quelli dove recentemente si è svolta la rassegna TriestEspresso Expo. L’obiettivo del presidente camerale Antonio Paoletti è quello di insediarvi un nuovo “Centro espositivo multifunzionale”, un’iniziativa subito bocciata dalla Regione che attraverso il vicepresidente Sergio Bolzonello ha pronunciato il proprio «no a nuove fiere mascherate da centri polifunzionali». L’altra richiesta che ha già incominciato il proprio iter è dell’associazione “Porto arte” che punta a ottenere per cinquant’anni la palazzina ex refettorio per stabilire la sede delle proprie attività e sviluppare lo studio per il recupero delle zone portuali dismesse. Delle altre richieste la più ambiziosa è quella di una cordata di investitori stranieri guidata da Michael Hatzakis, triestino d’adozione e vicepresidente di Minoan lines, che punta a fare del Molo Terzo il terminal di una linea di aliscafi per collegamenti veloci con Venezia, Ravenna, l’Istria e la Dalmazia. Sempre sul Molo Terzo ha però messo gli occhi anche Greensisam la società che ha in concessione i primi cinque magazzini e della quale Pierluigi Maneschi sta perfezionando la vendita a un gruppo europeo. La Provincia ha puntato invece sul Magazzino 19 per farne un polo scolastico, l’architetto Barbara Fornasir chiede una palazzina per uno studio di architettura, un insediamento è richiesto anche dal consorzio capitanato dalle Officine Belletti, mentre la Curia vorrebbe trasformare la torre di compensazione in una chiesetta.

(s.m.)

 

 

Il no dei sindaci costieri alla corsa all’oro nero - Ricerche petrolifere in mare
LUSSINPICCOLO Tutti contro (o quasi) il progetto di ricerca e sfruttamento di idrocarburi nelle acque croate dell’Adriatico. Il prossimo 3 novembre si chiuderà il concorso internazionale promosso dal governo croato di centrosinistra che riguarderà l’opera di ricerca ed eventuale estrazione di greggio e metano nel mare Adriatico, progetto che vede la stragrande maggioranza dei sindaci costieri contrari alla presenza di piattaforme di fronte agli abitati dei loro comuni. Si sa che industria pesante da una parte, turismo e pesca dall’altra, non vanno proprio d’accordo e la conferma arriva in primo luogo da Gari Cappelli (centrodestra), sindaco di Lussinpiccolo: «Non c’è stato dibattito pubblico e nessuno ha chiesto il parere ai responsabili delle autonomie locali e regionali. Siamo di fronte ad un atteggiamento irresponsabile e non trasparente. Sappiamo che anche le compagnie petrolifere più importanti al mondo hanno compiuto sbagli, con inquinamenti che hanno danneggiato in modo gravissimo l’ambiente. Il turismo è un settore troppo importante per la Croazia in crisi ed un eventuale sversamento di idrocarburi in mare avrebbe per noi conseguenze davvero catastrofiche». Possibilista il sindaco di Rovigno, Giovanni Sponza (Dieta democratica istriana), conscio che la Croazia deve sfruttare al meglio le sue risorse energetiche, avendo però un occhio di riguardo per l’ambiente. «Tutti assieme dobbiamo chiedere al governo croato che, in presenza di giacimenti petroliferi e metaniferi, si adoperi a favore della più rigorosa tutela ambientale. Quanto guadagnato dalla concessione, dovrebbe essere anche impiegato per una difesa d’avanguardia dagli inquinamenti». Sulla stessa lunghezza d’onda il sindaco di Pola, Boris Mileti„ (Ddi), il quale ha aggiunto che turismo ed attività estrattive possono coesistere, portando l’esempio delle due piattaforme metanifere presenti al largo di Pola. Completamente contrario al progetto governativo croato è il vicesindaco della vicina Medolino, Damir Demarin (indipendente), il quale ha detto che i guadagni andranno allo Stato, mentre i rischi spetteranno ai comuni interessati. Diametralmente opposti i pareri di due colleghi socialdemocratici, il sindaco di Comisa (isola di Lissa), Tonka Iv›evi„, e quello di Valle Grande (isola di Curzola), Tonko Gugi„. «Sono preoccupata per i pericoli derivanti da una simile attività», ha detto la Iv›evi„, mentre Gugi„ ha espresso la speranza che in Adriatico si possa trovare l’oro nero. Intanto si è venuto ad apprendere che finora nessuno si è fatto vivo alla gara internazionale, come confermato da Barbara Dori„, presidente dell’Agenzia croata per gli idrocarburi.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 28 ottobre 2014

 

 

Ferriera, braccio di ferro in maggioranza
Due mozioni contrapposte di Trieste Cambia e Sel: ritirata la prima, bocciati i vendoliani
«Freddo, caldo o temperatura ambiente?» La maggioranza comunale non c’è più. A certificarlo è il sindaco Roberto Cosolini che, dopo due ore di discussione, interviene per chiedere il ritiro di una delle due mozioni presentate dal centrosinistra sul piano industriale di Siderurgica Triestina per la Ferriera di Servola. La maggioranza rischia la fusione sull’area a caldo della Ferriera di Servola. Alla fine (ore 21.45) la mozione di Sel, l’unica rimasta, ispirata al programma della coalizione di centrosinistra, viene bocciata: 14 sì e 19 contrari. In aula, invece, il dibattito è avvenuto su due mozioni contrapposte sul futuro della cokeria. Una recita a soggetto come è avvenuto di recente sul dibattito nazionale sull’articolo 18. «Va mantenuto - chiede Marino Sossi (Sel) - l'impegno assunto dal Comune, per la riconversione produttiva dell'area che a regime preveda il superamento dell'attività siderurgica e la chiusura graduale dell'area a caldo». Roberto Decarli (Trieste Cambia), non ci sta e presenta un’altra mozione in cui parla di una chiusura “progressiva” dell’altoforno. «Personalmente sono per la prosecuzione dell’area a caldo. E non mi vergogno di ringraziare il sindaco e l’amministrazione per l’operazione Arvedi» riconosce Decarli allargando ulteriormente il solco della maggioranza. Il sindaco ricambia chiedendo il ritiro preventivo della mozione «di cui condivide i contenuti» per evitare una rischiosa conta. Pronte a votare la mozione di Sel c’erano tutte, o quasi, le opposizioni. A partire dai grillini Paolo Menis e Stefano Patuanellli. Paolo Rovis (Ncd) non ha difficoltà ad ammettere: «La posizione di Sossi è quella che il centrodestra sostiene da sempre». Solo Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) evidenzia la consueta spaccatura della maggioranza e si dissocia dai giochini della politica: «È da 15 anni che si parla di Ferriera. Nessuno ha mai rispettato i programmi». Maurizio Bucci (Fi) resta coerente: «Io sono quello che gufava sulla Ferriera e continuerò a farlo, ma non si risolverà con le mozioni che sono poco più di carta straccia». Così la pensa anche il sindaco che, chiesto il ritiro di quella di Decarli se la prende col Consiglio che tira tardi per arrivare dopo mezzanotte e prendersi il doppio gettone. «Sulla Ferriera si è chiacchierato senza combinare un fico secco. Il problema non sarà risolto dagli aggettivi. La verità è che abbiamo portato un imprenditore vero nell’area di Servola» spiega Cosolini che rifiuta di far proprie le mozioni, come quella di Sel, anche se citano alla lettera il suo programma. «Ci stiamo dentro con una modalità diversa. A un imprenditore che arriva a Trieste non si può imporre la chiusura di niente. Tanto meno dell’area a caldo. Freddo, caldo o temperatura ambiente? A me non importa». La temperatura della maggioranza comunale, invece, è fredda. È quella di un cadavere.

(fa.do)

 

 

Tessere a rate e più corse nel nuovo Tpl - il nuovo bando per il Trasporto Pubblico Locale
La giunta illustra il bando sul trasporto pubblico: chi vince dovrà limitare gli aumenti al 4% e versare le tasse in regione
UDINE La Regione mette a gara i servizi automobilistici, tramviari e marittimi. Nel Palazzo della Regione di Udine Debora Serracchiani e Mariagrazia Santoro, con l’apporto tecnico della direzione centrale Infrastrutture, illustrano cifre e finalità, paletti e criteri del nuovo bando per il Trasporto pubblico locale pubblicato sabato scorso sulla Gazzetta europea. Le priorità sono flessibilità di linee e fermate, connessioni più agevoli tra i centri maggiori e i comuni di cintura, integrazione modale e risoluzione delle criticità in montagna. E un occhio particolare all’utenza in tempi di crisi: sono garantiti aumenti tariffari non superiori al 4% all’anno, abbonamenti (soprattutto scolastici) rateizzati, rimborsi in caso di disservizi. È una gara che vale poco meno di 2 miliardi, 130 milioni all’anno (in linea con gli ultimi stanziamenti e un tetto di indicizzazione fissato nel 3% massimo). Un investimento imponente a vantaggio dei cittadini (serviti per circa 42 milioni di chilometri su gomma e 51.800 miglia marittime). Ma Serracchiani non dimentica di rilevare anche il beneficio delle compartecipazioni tributarie: i concorrenti dovranno impegnarsi a pagare le tasse in regione, garantendo, secondo le prime stime, un ritorno per le casse Fvg di 13 milioni di euro all’anno. Un’altra partita di legislatura, sottolinea la governatrice a pochi giorni dalla firma del nuovo protocollo Stato-Regione: «Mettiamo un altro tassello fondamentale di questo mandato». Il Friuli Venezia Giulia parte davanti a tutti: «Siamo la prima Regione italiana a produrre il bando, a 15 anni dalla messa a gara sui bacini provinciali». E, grazie alla specialità, è in controtendenza rispetto a quanto succede per altre amministrazioni regionali, penalizzate dai tagli al Fondo nazionale Tpl. I contenuti del bando sono migliorativi dell’esistente: alla base d’asta di 41,5 milioni di km all’anno di servizio su bus e tram, si aggiungono altri 810mila km tra nuovi collegamenti extraurbani, montani e sostitutivi del treno, oltre a 370mila km in provincia di Trieste attualmente non fruibili e quindi da riprogettare integralmente. Nell’offerta compaiono anche ulteriori 950mila km di bus urbani (350mila a Trieste, 100mila a Gorizia) per un incremento complessivo del 4,3% rispetto all’esistente. Nel bando viene pure inserita la Tranvia di Trieste. Il tutto su un parco mezzi molto “giovane” e che vale, infrastrutture comprese, 206 milioni di euro (è previsto l’obbligo di acquisto per il vincitore del bando). Dall’assessore, precisato che la scadenza per le domande è il 23 gennaio 2015 (apertura delle buste il 3 febbraio), arrivano inoltre rassicurazioni sia sul fronte lavorativo per gli oltre mille interessati – a settembre si è chiuso l’accordo con i sindacati sulla stabilità dei livelli occupazionali e la possibilità di sub-affidare i servizi entro il limite del 20% - che sui criteri di valutazione (per il 25% basati sull’offerta economica e per il 75% su quella tecnica). «Tutti criteri senza oneri aggiuntivi per la Regione e mirati alla maggiore qualità», sottolinea Santoro citando tra l’altro «costante informazione, potenziamento della rete vendita, ampliamento dei titoli di viaggio, connessione con altri mezzi di trasporto, assistenza alle persone con disabilità e alle famiglie: pensiamo soprattutto agli abbonamenti rateizzati per gli studenti». Con questo bando, conclude Serracchiani, «oltre a eliminare la logica del massimo ribasso, superiamo la gestione provinciale del servizio per arrivare a un ambito unico regionale. Questo ci consentirà di rendere il modello di gestione flessibile nel tempo, in grado di rispondere ai mutamenti nella domanda di trasporto, anche grazie a un’altra novità assoluta: il monitoraggio in tempo reale attuato direttamente dalla Regione».

Marco Ballico

 

 

Il parco verde di San Giovanni  - Conferenza al Centro Servizi Volontariato in via Besenghi, oggi alle 17.30

Le associazioni Italia Nostra, Triestebella, Legambiente e l'associazione orticola Fvg "Tra fiori e piante" hanno organizzato un ciclo di 8 conferenze su "La cultura del verde" tra ottobre e novembre al Circolo delle Assicurazioni Generali di piazza Duca d'Aosta e al Centro Servizi Volontariato di via Besenghi n.16. Le conferenze inizieranno l'1 di ottobre e finiranno il 26 novembre. Oggi il quarto incontro: si parlerà del parco di San Giovanni. I relatori sono Giancarlo Carena, presidente Cooperativa agricola Monte San Pantaleone e Vladimir Vremec, ex responsabile del Servizio verde pubblico del Comune di Trieste. La conferenza si svolgerà al Centro Servizi volontariato in sala Matteucci dalle 17,30 alle 19. Altro incontro poi il 5 novembre : al centro della conferenza il Centro didattico naturalistico di Basovizza e Civico Orto botanico.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 27 ottobre 2014

 

 

Il mal Comune, presentata oggi a Torino la 21° edizione di Ecosistema Urbano - CLASSIFICA FINALE ECOSISTEMA URBANO –  XXI edizione
il rapporto di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani realizzato in collaborazione con l'Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore - Città a tre velocità: lente, lentissime, statiche A Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone i risultati migliori. Agrigento è ultima.
Inquinamento atmosferico a livelli d’emergenza e tasso di motorizzazione in crescita, gestione dei rifiuti altalenante e trasporto pubblico in crisi.
Questo il quadro che emerge dalla ventunesima edizione di Ecosistema Urbano, il rapporto di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani, realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore e presentato oggi a Torino.
Le prime cinque città in classifica sono Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone ma per capire la brutta aria che tira nei nostri centri urbani basta sbirciare le prestazioni dei comuni che dovrebbero essere al top. Trento, per intenderci, ha valori eccessivi di biossido di azoto, Verbania e Belluno perdono un terzo dell’acqua immessa in rete, Pordenone depura poco più della metà dei suoi scarichi fognari. Non è difficile, allora, immaginare qual è la situazione in fondo alla classifica, dove si collocano Agrigento e Isernia, Crotone e Messina, Catanzaro e Reggio Calabria.
Nel nostro paese, prevale un format decisionale che guarda alla città da prospettive parziali, ciascuna delle quali persegue logiche di settore spesso contraddittorie e in reciproca elisione che favoriscono un’incoerente destinazione delle risorse e una perniciosa disorganicità nelle azioni. Ma diversamente vanno le cose in numerose città europee. Barcellona, Bilbao, Londra, Malmö, Copenaghen, Vienna e Amburgo, per citarne solo alcune, mostrano ognuna a modo suo una capacità di ripensarsi: la rigenerazione passa o almeno tenta di passare attraverso piccoli e grandi interventi di trasformazione tesa a cancellare gli errori del passato e accrescere la qualità dei servizi e la vivibilità.
E il confronto con i nostri vicini europei è fondamentale per leggere correttamente le classifiche di Ecosistema Urbano, che quest’anno si concentra sulla qualità delle politiche ambientali dei nostri capoluoghi di provincia, per osservare in modo più approfondito quello che l’amministrazione locale fa, o non fa, per migliorare la mobilità, la gestione dei rifiuti e delle acque e, in generale, la qualità del proprio territorio. L’insieme dei dati ci dice, ancora una volta, che le città italiane vanno a tre velocità: sono lente, lentissime e statiche.
“Non mancano i segnali di cambiamento: il successo della raccolta differenziata a Milano e Andria, il car-sharing a Roma e Milano, le pedonalizzazioni a Bologna, la mobilità a Bolzano - dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - pochi segnali positivi in una situazione bloccata. Eppure la discussione nel paese sta ripartendo, complice il dibattito sui fondi strutturali e le questioni aperte dalla istituzione delle città metropolitane. Al suo ventunesimo anno, Ecosistema Urbano ripete con evidenza che c'è bisogno di una strategia positiva di trasformazione delle città. Quello che davvero manca è la capacità di immaginare il traguardo, il punto d’arrivo verso cui tendere, sia nel breve che nel lungo o lunghissimo periodo. In assenza di obiettivi chiari e ambiziosi - prosegue Cogliati Dezza - le nostre città non andranno da nessuna parte, schiacciate come sono da logiche parziali e settoriali, a compartimenti stagni. Eppure è proprio la crisi economica in edilizia, la pessima qualità della mobilità urbana e periurbana, le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalle nuove tecnologie energetiche che rendono possibile e necessario avviare concreti percorsi di rigenerazione urbana. Serve un piano nazionale che assegni alle città un posto di primo piano nell’agenda politica che superi la frammentazione dei singoli provvedimenti e mostri una capacità politica di pensare un modo nuovo di usare e vivere le città. Purtroppo, il decreto SbloccaItalia rappresenta solo l'ennesima occasione persa. E le città pagheranno anche questo”.
Quest’anno, sono 18 gli indicatori selezionati per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), cinque sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto e moto, modale share, indice di ciclabilità e isole pedonali), uno sull’incidentalità stradale, due sull’energia (consumi e diffusione rinnovabili). Quattro indicatori su diciotto selezionati per la classifica finale (tasso di motorizzazione auto, tasso di motorizzazione moto, incidenti stradali e consumi energetici domestici) utilizzano dati pubblicati da Istat.
Nel complesso, l’inquinamento atmosferico resta ancora a livelli di emergenza. In particolare, aumentano le situazioni critiche nei comuni più grandi. Per il biossido di azoto (NO2), Trieste, Milano, Torino e Roma fanno registrare valori oltre i 50 μg/mc. Le politiche urbane sulla mobilità, uno tra i principali fattori di pressione sulla qualità dell’aria, non sembrano ancora portare i risultati sperati.
I dati sugli spostamenti in auto e moto, supportati da un tasso di motorizzazione ancora in leggero aumento, mostrano come la diffusione sistematica della mobilità muova (piedi e bici integrati con trasporto pubblico efficiente) sia una realtà ancora lontana. Solo a Bolzano le politiche di mobilità sono riuscite a limitare gli spostamenti motorizzati privati al di sotto di un terzo degli spostamenti complessivi. Mentre sono 26 le città in cui gli spostamenti in auto e moto superano i due terzi del totale. Sul fronte del trasporto pubblico, non raggiungono la soglia dei 100 passeggeri per abitanti Bari (57 pass./ab), Napoli (56 pass/ab), Catania (47 pass/ab), Palermo (37 pass/ab). Chiudono, tra le grandi città, gli “nd” di Taranto e Messina.
Continua a risentire della congiuntura economica negativa la produzione di rifiuti. Nel 2013 la produzione pro capite scende a una media di 541 kg/abitante (-3,4% rispetto all’anno precedente), mentre la raccolta differenziata arriva al 40,8% (+3,9%). Al di là del valore medio, lo sviluppo della raccolta differenziata mostra ancora gruppi fortemente polarizzati. A fronte di un terzo dei comuni che non raggiunge nemmeno quell’obiettivo del 35% previsto per il 2006, ve ne sono altrettanti che superano abbondantemente il 50%. Otto di questi - tra cui due città campane, Benevento e Salerno - hanno praticamente raggiunto o superato l’obiettivo di legge del 65%, ponendo le basi per lo sviluppo di un’economia circolare basata sul riciclo e riuso delle risorse che è una dei pilastri fondamentali dell’agenda europea per il 2020.
Il dato sulla dispersione dell’acqua conferma un panorama molto variegato: si passa dall’8% di Foggia al 77% di Cosenza. Ancora oggi in 52 città più del 30% dell’acqua immessa nella rete viene dispersa; in 19 le perdite sono addirittura superiori al 50% (Bari, Como, Chieti, Matera, Messina, Palermo, Massa, Rieti, Gorizia, Catanzaro, Salerno, L’Aquila, Vibo Valentia, Potenza, Sassari, Latina, Ragusa, Frosinone, Cosenza).
Per la depurazione, in testa alla classifica troviamo 43 capoluoghi in grado di servire più del 95% degli abitanti, tra questi 11 raggiungono quota 100%, riuscendo a coprire la totalità della popolazione. Quattro, invece, i comuni, tutti meridionali, in cui viene servita dal depuratore solo la metà, o meno, della popolazione: Benevento (21% di capacità di depurazione), Catania (24%), Messina (48%) e Palermo (49%).
A passarsela meglio sono città medio-piccole, soprattutto del nord Italia. Anche se tra le prime 10 in classifica troviamo ben tre città del centro: Oristano, L’Aquila e Perugia. Prima in assoluto è Verbania che colleziona buone performance negli indicatori più significativi, a cominciare da quelli sull’inquinamento atmosferico. Seconda è Belluno: buoni risultati negli indici legati all’inquinamento atmosferico, ai rifiuti e a parte della mobilità. E’ seconda dietro a Oristano nella graduatoria della produzione procapite di rifiuti con 383,8 chili per abitante all’anno e si attesta al 70,6% di rifiuti raccolti in maniera differenziata. Sul podio anche Bolzano: seconda assoluta nella classifica dedicata alle polveri sottili, balza dal 46% di raccolta della scorsa edizione all’attuale 54,8%. Trento si piazza al quarto posto, grazie alle basse medie delle polveri sottili e al buon binomio totale di rifiuti raccolti-percentuale di raccolta differenziata. Per quest’indice è addirittura terza con il 70,9% di Rd, dietro solo a Pordenone e Verbania. Conquista inoltre il primo posto per consumi elettrici annui procapite: con 896 kWh/abitante è il capoluogo che consuma meno.
In coda alla graduatoria ci sono Crotone (102), Isernia (103) e Agrigento (104), che collezionano una lunga serie di “nd” negli indici più significativi della ricerca e dove rispondono evidenziano performance molto poco brillanti. A Crotone sono appena 3 i viaggi l’anno effettuati dagli abitanti sugli autobus, 0,02 i metri quadrati di superficie pedonale a disposizione di ogni residente, il 16,6% i rifiuti raccolti in modo differenziato. Isernia dichiara l’8,0% di rifiuti raccolti in maniera differenziata, 71 auto ogni 100 abitanti,
zero metri equivalenti di strada destinata ai ciclisti, zero potenza installata da solare termico e fotovoltaico su edifici comunali. Agrigento, assieme a Cosenza e Caserta, ha inviato informazioni inferiori al 50% del totale dei punti assegnabili.
L’ufficio stampa Legambiente 06 86268399 - 76 - 53

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 27 ottobre 2014

 

 

Minirigassificatore - Incontro a Duino - IL PROGETTO
Il "Gruppo di lavoro" che a Duino Aurisina si è occupato dell'analisi del progetto Smart gas, il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone, ha organizzato per questo pomeriggio con inizio alle 18 un incontro con gli operatori turistici, mitilicoltori, pescatori e le società nautiche. Sede dell’incontro, il centro congressi del Castello di Duino. Alla riunione si parlerà degli «aspetti della sicurezza per gli abitanti della zona e sugli effetti negativi del progettato rigassificatore sul turismo, nautica da diporto, pesca e mitilicoltura». Temi sui quali il dibattito negli ultimi mesi è stato molto acceso.

 

 

Siderurgia «Servola, affrontare il nodo ambientale»

«Bene il ritorno degli operai al lavoro, ma la questione ambientale?» Così Giorgio Cecco, responsabile di FareAmbiente, sulla Ferriera: «Siano chiariti tempistiche e progetti per la tutela ambientale e della salute pubblica. Non basta promettere un riduzione delle emissioni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 26 ottobre 2014

 

 

Ferriera, altoforno riacceso - Questa sera la prima colata
Sono già al lavoro 365 operai, tutta la ghisa servirà l’acciaieria di Cremona - Palman (Uilm): grande corsa contro il tempo. Prella (Failms): restano dubbi
La Ferriera intanto si rianima e a Servola riprende la produzione di ghisa. L’altoforno, spento da febbraio, è già stato messo in preriscaldamento e per questa sera è prevista la prima colata: non ancora un prodotto buono, ma solo scarti per il dovuto rodaggio dopo i lavori di adeguamento e di risanamento che sono stati compiuti in particolare da una ditta della Repubblica ceca sulla bocca dell’impianto e sulle parenti refrattarie. Presumibilmente da venerdì però la ghisa che uscirà sarà buona e verrà tutta inviata allo stabilimento di Cremona del Gruppo Arvedi. Per i primi mesi sono previste tre colate lunghe al giorno. Il piano di Siderurgica Triestina, la società che ha come amministratore unico Francesco Rosato e che è controllata al 100% da Finarvedi, prevede infatti di inserire lo stabilimento di Servola «nella filiera produttiva dell’acciaieria di Cremona con la fornitura a regime di circa 450mila tonnellate all’anno di ghisa da rifondere e garantendo così all’acciaieria lombarda una sufficiente indipendenza sul mercato degli approvvigionamenti della materia prima ghisa necessaria per produrre acciai di qualità che sono i prodotti più richiesti sul mercato europeo». «In quest’ultimo mese i lavoratori hanno fatto uno sforzo straordinario per rimettere rapidamente in modo gli impianti - sottolinea Franco Palman (Uilm) - la riaccensione dell’altoforno è il passaggio fondamentale per il rilancio dell’attività». Parallelamente alla rimessa in moto degli impianti (soltanto la cokeria non aveva mai smesso di funzionare, sebbene a mezzo servizio) continua anche il reinserimento in azienda degli ex cassintegrati. Al lavoro vi sono ora già 365 persone e rispetto all’accordo stretto tra Siderurgica Triestina e i sindacati che prevede 410 dipendenti (dei 438 complessivi prima del cambio di proprietà) entro il 31 dicembre, restano da riassorbire negli ultimi due mesi dell’anno ancora soltanto 45 lavoratori. Un’operazione che secondo i sindacati deve comunque essere portata a compimento al più presto perché, come rileva in particolare Cristian Prella, rappresentante di fabbrica e segretario provinciale Failms, i reparti che stanno rientrando in attività e cioé oltre all’altoforno, l’agglomerato, la macchina a colare, la logistica cominciano già a essere in sofferenza di personale. «Ma un grande interrogativo pesa ancora - sostiene Prella - sulla nuova organizzazione del lavoro, che non è stata mai esplicitata nel dettaglio e che certamente muterà incarichi e operazioni rispetto agli anni scorsi». Oltretutto vi è anche una parte di dipendenti che ha malattie professionali o problemi fisici e che attende con apprensione di sapere il proprio ruolo futuro. «Per dirla in modo brutale - sintetizza Prella - non è che con l’arrivo di Arvedi uno zoppo non è più zoppo, ma il suo lavoro deve essere tutelato ancora meglio di prima. Per questo come Failms abbiamo chiesto un incontro con i responsabili dell’Azienda sanitaria per capire come dobbiamo monitorare questa situazione in evoluzione».

Silvio Maranzana

 

Domani un Consiglio comunale su Servola con Cosolini e Laureni - la seduta alle 19.30
Sarà dedicato in particolare alla Ferriera di Servola il Consiglio comunale che si riunirà domani alle 19.30. Non ci sarà alcun ospite esterno, ma, come riferisce il presidente Iztok Furlanic, sono previste in particolare la relazione del sindaco Roberto Cosolini incentrata soprattutto sul piano industriale di Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedì che ha acquisito lo stabilimento dall’amministrazione straordinaria Lucchini e l’intervento del’assessore Umberto Laureni che si soffermerà sulle questioni ambientali e presumibilmente sugli interventi previsti per il risanamento degli impianti e per la riduzione delle emissioni. Il Piano di Siderurgica Triestina poggia su tre gambe: l’altoforno con la produzione di ghisa, il nuovo complesso metallurgico a freddo (da cui usciranno laminato a freddo ricotto, laminati per lo stampaggio a caldo per l’industria automotive e acciaio magnetico a grano non orientato per macchine rotanti) e la piattaforma logistica di intermodalità marittimo-ferroviaria che potrà estendersi anche sul sito della cokeria se questa in futuro sarà dismessa. Arvedi ha stanziato per il 2014 e il 2015, 15 milioni per il risanamento degli impianti per ottemperare alle prescrizioni dell’Aia e 10 milioni per la messa in sicurezza dei suoli. Ulteriori 10 milioni sono stati previsti a copertura delle perdite di esercizio dovute all’inziale inefficienza strutturale del ciclo produttivo. Parte di questi investimenti, secondo quanto prevede lo stesso piano di Siderurgica Triestina, verranno coperti dai crediti vantati da Servola spa (22 milioni) garantiti dal bando di vendita della procedura commissariale, per la parte restante si procederà con finanziamenti a breve e medio termine. Il piano di investimenti complessivo di Arvedi è stato comunque stimato in 172 milioni di euro. A completare l’operazione Ferriera mancano ancora l’Accordo di programma e la concessione trentennale.

 

 

Prg, Muggia contesta la Provincia
Il Comune: «Critiche senza valutare documenti concordati, no a limiti assurdi»
MUGGIA «Rimaniamo perplessi sulle modalità adottate dalla Provincia che ha espresso un inconsueto utilizzo delle osservazioni». Il Comune di Muggia replica così alle numerose osservazioni che la giunta Bassa Poropat aveva mosso pochi giorni nei confronti del nuovo Piano regolatore generale comunale. «La Provincia, una volta ricevuta la nota da noi inviata, non ha richiesto un incontro sulla variante Prgc pur presentando poi un’osservazione nella quale, tra l’altro, si legge che la carenza di elementi istruttori a supporto delle scelte di modifica della viabilità impediscono di comprendere e completare il ragionamento alla base delle stesse», evidenzia il Comune muggesano. Già in altre situazioni le due amministrazioni si erano confrontate a dei tavoli con questa ottica di condivisione di scelte strategiche come nel caso del Piano infraregionale dell’Ezit e nel Piano di Area vasta redatto dal Comune di Trieste e poi recepite dalla Variante n.31 al Prgc. «In quest’ottica sorprende dunque che la Provincia faccia presente che nel Prgc nulla è previsto relativamente al Progetto europeo Adria-A, perché forse è sfuggito il Piano di Area vasta approvato dalla giunta provinciale e il Piano struttura del Comune», punzecchia il Municipio. Aldilà di alcuni errori di carattere formale, «del resto commessi da ambo le parti ma che sono ininfluenti sugli obiettivi e sulle strategie del Piano», le scelte che l’amministrazione comunale ha fatto e che non sono condivise dalla Provincia come i sensi unici e le zone a 30 k/h «sono previsioni, non prescrittive, che avrebbero avuto comunque la necessità di confronto e sarebbero state quindi discusse all’attuazione», fermo restando, però, che nella maggior parte dei casi si tratta di «previsioni attentamente valutate e che il Comune di Muggia ritiene molto importanti per il suo futuro sviluppo». Per quanto riguarda i sensi unici previsti dalla tavola della viabilità del Piano, per esempio, non solo sono confortati dallo Studio di valutazione della viabilità redatto dall’ing. Novarin per conto dell’Ente ma, come rivela la Provincia stessa, sono relativi a strade poste all’interno del centro abitato e quindi di competenza comunale. La tavola della viabilità, in ogni caso, ha carattere indicativo «anche tenuto conto del suo livello di rappresentazione e l’individuazione delle “zone 30” è da considerarsi quale opportunità e futura pianificazione da estendere alla città consolidata a tutela dei propri cittadini soprattutto nei confronti delle categorie deboli». Il Comune si è congedato nella sua risposta alla Provincia evidenziato che non è certo intenzione dell'amministrazione Nesladek applicare limiti di velocità di 30 km/h su arterie extraurbane o percorsi prioritari, poiché le Zone 30 e le Zone residenziali, come definite dal Codice della strada, «sono ben altra cosa».

Riccardo Tosques

 

 

«No allo smantellamento della Transalpina»
Rilanciata dai volontari del Museo ferroviario la petizione per il salvataggio della linea
Il grido d'allarme era già stato lanciato la scorsa primavera. Adesso viene riproposto con rinnovata enfasi. Parliamo dellapetizione “Salviamo la Transalpina” promossa dai volontari del Museo ferroviario di Campo Marzio, che a maggio raccolse oltre 500 firme. Lo spettro era rappresentato dall'annunciata chiusura, fino al 2016, del tratto italiano della linea, tra Campo Marzio e Villa Opicina, a causa di interventi di manutenzione. A luglio l'inaspettato dietrofront, in occasione della visita dei Presidenti di Italia e Slovenia Napolitano e Pahor alla Transalpina di Gorizia, che portò alla conseguente riapertura della linea. Infine la nuova doccia gelata, con una ferrovia che di fatto rimane “fantasma”. «L'idea di riproporre la petizione nasce da una profonda delusione» - ha spiegato Luigi Bianchi, tra i promotori dell'iniziativa -. «La Transalpina non è un giocattolo dei volontari del Museo di Campo Marzio, ma rappresenta la spina dorsale del sistema metropolitano dell'area giuliano-carsica. Una situazione che riguarda l'intera struttura ferroviaria regionale, sottovalutata nel ruolo e nella valenza da Trenitalia che non ha contezza dell'importanza del nodo ferroviario di Trieste che è di natura internazionale». Argomentazioni riprese nel dibattito allestito al Museo di Campo Marzio. «La Transalpina ha un indubbio valore storico e una valenza turistica» - ha sottolineato Mario Goliani, già direttore compartimentale infrastrutture Fs -. «Ma non vanno dimenticate le funzioni operative: da una parte quella di proporsi come valida alternativa al trasporto cittadino in situazioni di emergenza; dall'altra di sopperire in prospettiva alle criticità che potrebbero evidenziarsi nel Porto di Trieste a fronte di un aumento del traffico merci». Prese in considerazione anche le implicazioni di carattere urbanistico. «Nel nuovo Piano regolatore comunale sono previste azioni di potenziamento del trasporto pubblico su ferro» - ha affermato Mario Ravalico, presidente della commissione urbanistica e ambiente -. «E in tal senso si inserisce la necessità di un migliore funzionamento della Transalpina: un servizio che si integra con quello metropolitano previsto dal progetto europeo Adria A. Il problema riguarda però l'atteggiamento di chiusura di Trenitalia, che di fatto blocca la funzionalità del tratto italiano della linea e dunque lo sviluppo stesso della città». In chiusura Roberto Carollo, responsabile dei volontari: «C'è un forte sospetto che dietro alle motivazioni di manutenzione della linea si nasconda in realtà la volontà di smantellamento o ridimensionamento della Transalpina, che pur essendo un fondamentale bypass di un nodo ferroviario, evidentemente non viene più considerata strategica».

Pierpaolo Pitich

 

 

INCONTRO Lav per l’abolizione di caccia e pellicce

La Lav - Lega Anti vivisezione invita i cittadini, soprattutto quelli sensibili alle questioni animaliste, all'incontro di martedì alle 20.30 nella sede di Banca Etica in via Donizetti 5/a. Verrà illustrato il prossimo tavolo informativo su pellicce e caccia, saranno presentati la nuova campagna nazionale di dicembre e gli appuntamenti dei prossimi mesi.

 

 

FAREAMBIENTE «Rifiuti ingombranti continua l’abbandono»

«Continua l’abbandono di rifiuti ingombranti, soprattutto nel semicentro e nei fine settimana, e sono aumentate le segnalazioni dei cittadini sul territorio». Lo scrive in una nota Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente: «Chiediamo un impegno di risorse per incrementare la sorveglianza, magari utilizzando borse lavoro per giovani e disoccupati, unendo il servizio alla collettività con un aiuto a situazioni di disagio».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 25 ottobre 2014

 

 

Trasporti - Metropolitana leggera, sì di Cosolini

Piena condivisione per le conclusioni del progetto AdriaA, e in particolare sull’idea della metropolitana leggera destinata a creare un ring transfrontaliero con il collegamento ferroviario tra Capodistria, Trieste, Monfalcone eRonchi. Ad esprimerla il sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, nel suo intervento al convegno conclusivo del progetto AdriaA. «Progettare e realizzare infrastrutture e sevizi di collegamento - afferma - è fondamentale per consentire l'integrazione dei servizi alla comunità spaziando nei tanti campi in cui siamo impegnati per rispondere alle domande crescenti dei cittadini».

 

 

Nuove risorse per la sicurezza dei fiumi
In arrivo fondi per la formazione dei medici. Via libera in giunta alle linee guida per la pet therapy
TRIESTE Altri 4,7 milioni di euro per le opere di manutenzione sui corsi d’acqua del Fvg. A una settimana dall’ultimo stanziamento di 4,8 milioni, deciso dall’assessorato all’Ambiente in seguito agli smottamenti causati dal maltempo in varie zone della regione, la giunta ha stanziato un'ulteriore somma per gli interventi di prevenzione idrogeologica. Le risorse, assegnate in assestamento di bilancio, serviranno a sistemare gli argini e gli alvei bloccati dalla vegetazione e dell’accumulo di sedimenti in modo da evitare le piene dei fiumi. Nel programma rientrano, in particolare, l’ultimo tratto dell’Isonzo, in modo da consentire l’accesso in sicurezza alla riserva naturale della foce, e i lavori nei Comuni di Muzzana del Turgnano, Palazzolo, Pocenia, Morsano al Tagliamento e Reana del Rojale. Nella seduta di ieri l’esecutivo ha anche stipulato due accordi di collaborazione scientifica con le Università di Trieste e Udine sui temi ambientali. Approvato, inoltre, il regolamento per gli indennizzi a chi ha subìto danni nel settore del legname, dovuti a calamità naturali e a condizioni atmosferiche. Il sostegno regionale copre l’80% del valore medio della perdita. Per l'anno in corso, saranno ammesse all'indennizzo anche le domande per i danni causati dal gelicidio nei boschi situati nei Comuni di Taipana, Attimis, Faedis, Torreano, Pulfero, Drenchia, Grimacco e Stregna. Sul fronte lavoro, la giunta ha deciso di prorogare di un ulteriore anno l’elenco dei comparti ritenuti in “grave difficoltà occupazionale”. Si tratta di settori come il manifatturiero, l’edilizia, l’autotrasporto, la logistica, il commercio nelle zone di confine, la pesca e le aree di montagna di Udine e Pordenone. Via libera, infine, alle linee guida per la “pet therapy”, le cure assistite con gli animali tutelate per legge, che prevedono l’applicazione di precise direttive per la presa in carico degli utenti, la stesura di progetti, la definizione degli obiettivi e la verifica periodica dei risultati raggiunti. «Le linee guida definiscono tutto questo - ha spiegato l’assessore alla Salute Maria Sandra Telesca - e fanno tesoro dell'esperienza maturata nel contesto del gruppo di lavoro interregionale predisposto dal ministero della Salute, in collaborazione con il Centro di referenza nazionale per gli interventi assistiti con gli animali». La Regione ha anche assegnato 500mila euro per coprire i contratti aggiuntivi di formazione specialistica destinati ai medici nell'anno accademico 2013-14. I contratti autorizzati dal ministero sono in tutto 20, di cui 10 per le scuole di specializzazione dell'ateneo di Trieste, 4 per quelle di Udine, 5 per quelle delle Università di Padova e Verona e uno per l’ateneo di Modena relativo alle malattie dell'apparato respiratorio, per cui verrà avviata una convenzione con la Regione.

Gianpaolo Sarti

 

 

Tartarughe “spia” arruolate a Salvore e liberate in mare
Quattro Caretta caretta dotate di localizzatore satellitare aiuteranno un team di ricerca a tracciare rotte e abitudini
SALVORE Una piccola folla di curiosi ha voluto assistere ieri a mezzogiorno, nei pressi del faro di Salvore, in Istria, al rilascio in mare di quattro tartarughe marine, dotate di localizzatore satellitare. È stato un team di studiosi sloveni e croati, riuniti nel progetto internazionale NETCET (Rete per la tutela delle balene e delle tartarughe marine in Adriatico), a seguire passo passo l’operazione che ha il supporto finanziario dell’Unione europea (2,7 milioni di euro) tramite il programma IPA Adriatico di collaborazione transfrontaliera. L’intento è chiaro: grazie alle moderne tecnologie, seguire gli esemplari di Caretta caretta nel corso dei mesi invernali, quando le tartarughe danno vita ad una migrazione stagionale, abbandonando le acque dell’Adriatico settentrionale per dirigersi chissà dove. Le quattro tartarughe rimesse in acqua a Salvore si sono aggiunte alle loro sei consimili, che erano state rilasciate la scorsa estate nelle acque adriatiche della Slovenia. Il progetto prevede che nei mesi a venire altri dieci esemplari, con localizzatore satellitare, riprendano il largo. Lo strumento, oltre a seguire i percorsi di questi rettili marini, invierà agli studiosi altri dati molto importanti, quali la profondità in cui si trovano, il profilo delle immersioni, la temperatura del mare, permettendo così di capire spostamenti e sfruttamento degli habitat marini. Inoltre si riuscirà finalmente a capire se le tartarughe tornino nei luoghi da cui se ne erano andate, ovvero nelle acque altoadriatiche. Una volta raccolti i dati, si potrà procedere ad una tutela migliore e più efficace delle tartarughe. Il progetto NETCET viene portato avanti da esperti dell’Istituto per la biodiversità dell’Università del Litorale (sede a Capodistria), dell’Istituto Plavi Svijet o Mondo blu di Lussingrande, del Centro educativo marino di Pola e dell’Ente statale croato per la salvaguardia della natura, in collaborazione con pescatori di Slovenia e Croazia. Non è raro infatti che esemplari di Caretta caretta si impiglino nelle reti dei pescatori, come nel caso delle quattro tartarughe che a Salvore sono “tornate a casa”, nel loro mare, dove essere state sottoposte ad un programma di recupero. Gli attivisti di Plavi svijet hanno fatto presente anche in questa località istriana che tutti, nel notare tartarughe marine in difficoltà, malate o decedute, possono rivolgersi al numero telefonico 112, oppure allo 051 604666, come pure inviare una mail a info@plavi-svijet.org.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 24 ottobre 2014

 

 

Caso Picchione: «Appalti senza gara - Va sospesa dal servizio»

Roma avvia procedimenti disciplinari contro la soprintendente ma li congela per le inchieste: «Attendiamo la magistratura»
Ci sono due procedimenti disciplinari aperti dal ministero per i Beni culturali nei confronti di Maria Giulia Picchione. Riguardano fatti per i quali la Procura della Repubblica ha aperto indagini. E proprio per questo motivo, alla soprintendente per i Beni architettonici e paesaggistici nelle scorse settimane sono stati comunicati contestualmente avvio e sospensione degli iter. Roma ha infatti deciso di attendere che si esprima la magistratura, reputando però che la soprintendente - nel caso dei lavori affidati senza gara - «abbia posto in essere una condotta disciplinarmente rilevante»: l’addebito è quello di una infrazione ai doveri d’ufficio che appare punibile con una sanzione disciplinare quantificata dalle norme in una «sospensione del servizio per un periodo compreso tra i tre giorni e i sei mesi quando alla condotta posta in essere sia derivato grave danno all’Amministrazione». Questo si legge nella prima delle due lettere partite dalla Direzione generale del ministero e firmate dalla dirigente dell’Ufficio “Contenzioso e procedimenti disciplinari relativi al personale” Luciana Guerriero. Sul tavolo, si diceva, due vicende distinte. La prima è appunto quella dei quattro restauri affidati tra il 2012 e il 2014 da Picchione alla stessa Lepsa srl di Roma in “somma urgenza”: procedura che consente di assegnare opere in via diretta senza seguire il normale iter di gare d’appalto a evidenza pubblica, e può essere usata in situazioni di particolare e immediata gravità. Ad accendere i riflettori sui cantieri - due alla cinta muraria di Palmanova, uno a Casa Bertoli di Aquileia e uno a Palazzo Clabassi a Udine - è stata la scorsa primavera l’Ance, l’Associazione regionale dei costruttori guidata da Valerio Pontarolo che ha presentato istanza di accesso agli atti per poi inoltrare, a luglio, un esposto all’Avcp, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici che ha poi aperto un’istruttoria. Già a giugno si era però mosso il ministero, inviando a Trieste e Udine l’ispettore Antonio Tarasco. La cui relazione aveva evidenziato «profili di criticità»: verbali di “somma urgenza” privi di protocollo, perizie redatte in alcuni casi oltre i termini previsti, mancata distinzione tra lavori indifferibili e non, cantieri programmati in anticipo. La Direzione regionale dei beni culturali aveva suggerito l’avvio di un procedimento, che si è poi concretizzato. Infine, un mese fa è emersa l’esistenza di un’inchiesta della Procura - titolare del fascicolo il pm Lucia Baldovin - mirata a fare luce su ipotetiche responsabilità penali e protocollata inizialmente come “atti relativi”, senza cioè alcun indagato. Sulla vicenda la Procura mantiene il riserbo, mentre il ministero, considerata anche la complessità della vicenda, ha sospeso l’iter disciplinare in attesa di conoscere le «determinazioni finali e irrevocabili dell’autorità giudiziaria». Dopo questa fase, conferma Tarasco, l’iter potrà riprendere. Le contestazioni avanzate e le controdeduzioni della soprintendente saranno vagliate da un collegio giudicante, e infine a decidere su eventuali sanzioni disciplinari - e sulla loro entità - dovrà essere il direttore generale del ministero. Va ricordato che Picchione, ieri irraggiungibile al telefono, ha sempre rivendicato totale correttezza: «L'unico mio interesse, in base al quale ho agito - ha detto - è sempre stato quello di tutelare il bene culturale». L’altra vicenda su cui Roma ha avviato un iter disciplinare è quella che vede invece indagata Picchione per i reati ipotizzati di truffa e abuso d’ufficio (si legga qui a lato): le indagini del pm Federico Frezza su questo versante si sono concluse. Anche qui il ministero ha deciso di attendere innanzitutto il pronunciamento della magistratura.

Paola Bolis

 

 

Porto Vecchio piace a Espresso Expo
Gradimento degli operatori per la collocazione della fiera nei capannoni 27 e 28
Se il buongiorno si vede dal mattino, il debutto in Porto Vecchio di TriestEspresso Expo 2014, fiera a cadenza biennale dedicata alla filiera del caffè espresso che calamita in città il gotha internazionale del coloniale, pare registrare pressoché unanime alto gradimento. Sia dal punto di vista, diciamo così, panoramico della location, sia da quello dell’abito cucito ad hoc per quella che è considerata la più importante rassegna a livello mondiale dell’espresso B2B ovvero “business to business”, ovvero la fiera dei professionisti del chicco - importatori di caffè verde, torrefattori, produttori di macchine da caffè, broker, spedizionieri, produttori di articoli da bar, associazioni di categoria ed esportatori dei paesi d’origine - rivolta ai professionisti del settore. Al taglio del nastro di questa settima edizione ospitata fino a domani per la prima volta in Porto Vecchio nei capannoni 27 e 28 e (parte congressuale) alla Centrale idrodinamica, il presidente camerale Antonio Paoletti (l’expo è realizzata da Aries con Associazione Caffè Trieste e Ico, l’international Coffè Organization) ha sottolineato come il tutto, «tradotto in numeri significa 170 espositori da 20 paesi e la presenza capillare del made in Italy legato al chicco, vale a dire circa 600 aziende». Compatta e numerosa la rete storica degli operatori triestini, da due secoli riferimento per la coffee community mondiale. Lungimirante, visto il tuffo di ieri nell’autunno, il sistema di collegamento coperto dei padiglioni, che permette ai visitatori di spostarsi lungo l’ampia tensostruttura da un capannone all’altro seguendo il fil rouge, in questo caso fucsia, colore guida della settima edizione, del percorso espositivo. Mossa tattica che cela inoltre alla vista la parte più degradata della zona alle spalle dei capannoni, e mimetizza anche i potenti generatori di energia. E se per i triestini il non utilizzo del Porto Vecchio è da decenni oggetto di poco concludente lamentatio, per chi arriva da fuori città e soprattutto per gli stranieri, è come entrare nella storia o fare un giro a Cinecittà. Noi ci vergogniamo dei magazzini fatiscenti lungo il tragitto che da piazzale Santos porta alla Centrale idrodinamica, mentre chi lo ha percorso per la prima volta lo ha definito “grandioso”. Abbandonata senza rimpianti l’agonizzante location fieristica di Montebello, i coffee men di Trieste sembrano condividere all’unanimità il pensiero per cui «sarebbe fantastico poter contare su una collocazione stabile in Porto Vecchio per le edizioni future, creando un habitat espositivo permanente, supportato da un sistema non volante di ristorazione e servizi satellite».

Patrizia Piccione

 

 

Dolenc: «Uccidere più cinghiali»
Provincia, il vicepresidente chiede alla Regione di alzare la quota oltre il 150%
«Arrivare con urgenza alla definizione di un nuovo Piano faunistico venatorio regionale che preveda per il territorio provinciale di Trieste una drastica diminuzione della presenza dei cinghiali» comunica una nota della Provincia. In pratica, fuori dal linguaggio burocratico, il massacro degli animali, in barba alle passate errate politiche venatorie e alla cattiva abitudine di certi abitanti ma anche di certi cacciatori, di rifocillare i mammiferi È quanto richiesto ieri dal vicepresidente della giunta provinciale Igor Dolenc all'assessore regionale alla Caccia e risorse ittiche Paolo Panontin, in audizione in Consiglio provinciale. «Il Piano ridefinito in tale senso è già stato approvato favorevolmente dal Comitato faunistico regionale. È necessario proseguire rapidamente con l'iter del documento e arrivare all'approvazione da parte della giunta regionale. L'attuale meccanismo sul quale si basa il censimento effettuato dalle Riserve di caccia infatti, non assicura i risultati previsti, malgrado la Regione abbia già da tempo autorizzato un prelievo venatorio superiore del 150% rispetto agli animali censiti» afferma Dolenc. All'assessore Panontin la Provincia ha inoltre richiesto di predisporre un regolamento di esenzione dal regime "de minimis" degli indennizzi dei danni accertati da fauna selvatica, ritenendo che questi ultimi non possano rientrare nella categoria delle "agevolazioni" per la produzione di prodotti agricoli così come dispone la normativa comunitaria (allegato I del trattato Ce e regolamento della Commissione Ue n. 1408/2013). «Abbiamo infine segnalato all'assessore - ha concluso Dolenc - la necessità d’inserire negli organismi di gestione faunistica oltre alle associazioni venatorie anche le organizzazioni professionali agricole e le associazioni di protezione ambientale, adeguando così l'attuale Legge regionale in vigore».

 

 

Spesa gratis in 3 minuti con la bici
La vincitrice del concorso non è caduta e ha arraffato prodotti per 78 euro
Furto senza scasso, con destrezza, ma con il beneplacito del gestore. Al Despar Masiello di via Baiamonti è andata in scena la prima edizione di “Spesa-furto in bicicletta”, iniziativa ideata e organizzata dallo Studio 4A Architetti associati, in collaborazione con l’Associazione di promozione sociale Spiz, a seguito della Rampigada Santa e della Settimana europea della mobilità sostenibile dello scorso fine settembre. Il colpo è stato messo a segno dalla trentatreenne di origini milanesi Ilaria Di Stasi, sorteggiata fra le 150 persone che hanno compilato un questionario con lo scopo di vedere valutata la propria sensibilità ecologica. In 3 minuti di tempo Di Stasi è riuscita a portarsi via un bottino del valore di 78,57 euro, pescando a piene mani dagli scaffali del supermercato, davanti agli occhi del compiaciuto gestore Stefano Masiello, degli organizzatori e dell’assessore comunale Elena Marchigiani. La fortunata vincitrice in sella a una bicicletta dotata di due cestini, si è lasciata andare a una spesa sui generis. Di Stasi si è comportata egregiamente, rischiando di cadere solamente in uscita dalla curva fra il banco dei salumi e la gastronomia. Qualche prodotto le è scivolato dalle mani e, come da regolamento, è stato escluso dalla spesa. «Mi sono molto divertita – le sue prime parole - , anche se tremavo per l’emozione e ho più volte rischiato di combinare un disastro». La sua presa, però, è apparsa decisa davanti a una bottiglia di Chianti doc, alle confezioni di caffè, al merluzzo surgelato e agli ossobuchi di vitello, i pezzi più pregiati raccolti nel cestino, nel quale hanno trovato posto anche la passata di pomodoro, il tonno, il salmone affumicato.

Luca Saviano

 

 

Farneto - Passeggiata nel boschetto - Stella Alpina Guardia Forestale - Domani alle 10

La Stella Alpina propone domani la passeggiata nel boschetto del Farneto con la Guardia Forestale per conoscere gli alberi. Un’ iniziativa di educazione ambientale rivolta ai più o meno giovani per conoscere e riconoscere gli alberi e le piante che popolano il nostro boschetto. Un’occasione per rivivere assieme l’esperienza della tradizione escursionistica dei nostri nonni che utilizzavano quest’area verde per le loro uscite domenicali. Un modo per stimolare la curiosità dei partecipanti nello scoprire, conoscere, rispettare ed adottare “il bosco Farneto”. I partecipanti potranno produrre degli elaborati artistici, letterari o di altra natura che rappresentino il bosco adottato, o documentare attraverso un supporto a scelta le attività svolte, le loro impressioni ed i risultati ottenuti/sperati nel corso del progetto. Il meglio del materiale prodotto e pervenuto all'associazione sarà raccolto in un Cd. L’appuntamento domani alle 10 alla rotanda del boschetto.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 23 ottobre 2014

 

 

CONSEGNATA LA “BANDIERA VERDE”DI LEGAMBIENTE PER LA PULIZIA IN VAL D’ARZINO
A TOLMEZZO, IN OCCASIONE DI “LEGGIMONTAGNA” Premiati Mountain Wilderness ed Econoise
Sabato scorso, in occasione del Convegno sul Paesaggio delle Dolomiti organizzato a Tolmezzo a chiusura della manifestazione “Leggimontagna”, è stata consegnata ai rappresentanti di Mountain Wilderness e dell’Associazione tolmezzina Econoise una delle due bandiere verdi che Legambiente ha assegnato nella nostra regione nell’ambito della campagna “Carovana delle Alpi”.
La semplice cerimonia è stata inserita all’interno dell’iniziativa promossa dal CAI non solo perché una delle associazioni premiate è costituita in gran parte da alpinisti ed è stata fondata da alcuni soci del Club Alpino Accademico Italiano, ma anche perché in diverse occasioni il riconoscimento assegnato dall’associazione ambientalista è andato a chi opera quotidianamente per la conservazione del paesaggio montano e della sua biodiversità.
Marco Lepre, parlando a nome della segreteria regionale di Legambiente, ha ricordato le motivazioni che hanno spinto a premiare Damiano Nonis ed i suoi amici, protagonisti nelle giornate del 6 e 19 luglio scorso di una delle più significative operazioni di bonifica mai realizzate tra le nostre montagne. Per la difficoltà dell’intervento, che ha richiesto la sistemazione di corde fisse e di una scaletta di metallo per scendere il ripido pendio che dava accesso ai due rii trasformati in discarica, l’impegno richiesto ed il risultato raggiunto (quasi 60 metri cubi di rifiuti recuperati) l’iniziativa ha richiamato alla mente l’operazione Free K2 che Mountain Wilderness aveva attuato nell’estate del 1990 al campo base e lungo la via di salita alla seconda vetta del mondo.
Quella che poteva sembrare un’idea un po’ folle, sorta nella mente di un ciclista che risaliva la Val d’Arzino osservando con attenzione i luoghi che attraversava – e cioè recuperare a forza di braccia i rifiuti ingombranti gettati da ignoti, in tempi non recenti, dalla strada provinciale nel letto di due rii - si è alla fine concretizzata grazie al lavoro disinteressato di una quarantina di volontari che hanno richiamato alla mente altri giovani, bravi cittadini, che abbiamo visto all’opera a Genova nei giorni scorsi.
Alessandro Groppo, a nome di Mountain Wilderness, ringraziando per il riconoscimento, ha colto l’occasione per ricordare il valore paesaggistico ed ambientale dell’Arzino, uno dei più bei fiumi delle Alpi ed ha chiesto all’Assessore regionale Maria Grazia Santoro, presente all’incontro, un impegno per impedire che vengano autorizzate le centrali idroelettriche che minacciano le sue meravigliose acque.
Legambiente del Friuli Venezia Giulia
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 23 ottobre 2014

Piano regolatore di Muggia. Legambiente: “Modificare le previsioni per l’area del Lazzaretto-San Bartolomeo”.
Devono essere modificate le previsioni del nuovo piano regolatore di Muggia per l’area del Lazzaretto-San Bartolomeo. Lo afferma Legambiente, nelle osservazioni inviate ieri al Comune a firma della presidente del circolo Verdeazzurro di Trieste, Lucia Sirocco.
“L’area costiera del Lazzaretto-San Bartolomeo – scrive l’associazione ambientalista – presenta un’elevata qualità ambientale, analoga (se non superiore) a quella dell’adiacente zona del Debeli rtič (Punta Grossa), in cui la Repubblica di Slovenia ha individuato un Sito di Importanza Comunitaria – SIC e una Zona di Protezione Speciale – ZPS, in base ai criteri delle Direttive europee in materia.”
Inoltre, nell’area immediatamente retrostante la strada costiera, è prevista una zona turistica G1, per un insediamento alberghiero di 15 mila metri cubi (edifici di tre piani alti fino a 9,5 m.). “Pur se inferiore ai 38 mila metri cubi di edifici, previsti in quell’area dal vigente piano regolatore – sottolineano gli ambientalisti – l’intervento ammesso nel nuovo piano appare del tutto fuori scala, anche perché andrebbe a cementificare un’area ricoperta di vegetazione boschiva.”
“E’ positivo – conclude Legambiente – che nel nuovo piano regolatore sia scomparsa la previsione di un porto nautico in quella porzione di costa, ma la conclamata esigenza di bloccare il consumo di suolo naturale ed agricolo, insieme alla conclamata fragilità idrogeologica del territorio muggesano, evidenziata purtroppo dai recenti tragici eventi, impongono che l’area del Lazzaretto-San Bartolomeo sia tutelata, evitando nuove invasive urbanizzazioni.
Sono in particolare i fondali marini e la battigia nell’area di Punta Grossa a rivestire un notevole interesse naturalistico: la Slovenia vi ha identificato infatti ben tre habitat prioritari, che si rinvengono anche nella adiacente area in territorio italiano.
Inoltre, la ZPS slovena di Punta Grossa, per la presenza di numerose infrastrutture della maricoltura, rappresenta un’importante area di sosta per una specie prioritaria come il Marangone dal Ciuffo, raro uccello pelagico che frequenta anche alcune zone costiere del Golfo di Trieste.
Il valore ambientale dei fondali marini al Lazzaretto-San Bartolomeo è arricchito poi dalla presenza della “Piattaforma sommersa di Punta Sottile”, geosito di importanza nazionale che presenta caratteristiche morfologiche e paesaggistiche subacquee uniche nell’Adriatico; ragion per cui è stato inserito nel 2009 nell’elenco dei geositi della Regione Friuli Venezia Giulia.
Nei pressi del geosito sono presenti anche resti archeologici romani (moli e peschiere), risalenti al I secolo d.C.
Di tutto ciò il nuovo Piano regolatore di Muggia non pare tener conto: in quell’area sono previsti infatti non meglio specificati “servizi per la balneazione” lungo tutta la fascia costiera. Vanno invece assolutamente evitati, osserva Legambiente, interramenti e la posa di strutture fisse, come pontili e simili, in grado di danneggiare i fondali.
In questa prospettiva, Legambiente ritiene opportuna l’individuazione anche lungo la fascia costiera italiana di un SIC/ZPS analogo e contiguo a quello di Debeli rtič individuato in Slovenia, l’esistenza del quale è ignorata negli elaborati del piano regolatore di Muggia, ancorché imponga necessariamente lo svolgimento di una Valutazione di Incidenza transfrontaliera. Gli interventi previsti nel nuovo piano regolatore, infatti, potrebbero comportare impatti negativi su tale SIC/ZPS.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 ottobre 2014

 

 

Lazzaretto, una notte fuori casa per i residenti della zona della frana

Misura precauzionale presa in vista del maltempo notturno - Anche la strada è stata chiusa, si lavora al ripristino
MUGGIA Hanno trascorso una notte fuori casa, per precauzione. Si tratta delle famiglie che, residenti in strada per Lazzaretto nella zona dove la scorsa settimana era avvenuta la tragica frana costata la vita alla 73enne Loreta Querel, sono state allertate dai vigili urbani del Comune di Muggia in vista dell’arrivo del maltempo previsto per l’altra notte. Pioggia e vento che nella provincia di Trieste non sono risultati particolarmente violenti (cinque gli interventi dei vigili del fuoco per rami caduti e per un albero pericolante a Borgo San Sergio, nel comune di Trieste) e non hanno causato grossi danni, come era invece accaduto appunto nella notte fra il 14 e 15 ottobre scorsi. Martedì la giunta Nesladek, constatate le previsioni meteorologiche e dopo un confronto anche con la Protezione civile regionale, ha dunque deciso di comunicare una sorta di avviso, un avvertimento, tramite la Polizia locale «a 6-7 famiglie in tutto, per estrema precauzione - spiega il sindaco di Muggia Nerio Nesladek -. L’invito è stato di non dormire a casa quella notte e visto che tutti hanno concordato, spiegando anche di averci già pensato, non ho ritenuto di procedere con un’ordinanza. Si sono organizzati, rientrando nella mattinata successiva (ieri, ndr) nelle loro abitazioni». Per gli stessi motivi, il primo cittadino ha inoltre disposto la chiusura alla circolazione veicolare lungo strada per Lazzaretto a partire dalle 20 dell’altra sera: «La riapertura è avvenuta oggi (ieri, ndr) alle 10 del mattino». Le operazioni per la messa in sicurezza dell’area dove è avvenuto il crollo proseguono. «Anche martedì è stato svolto dagli incaricati un grande lavoro - aggiunge Nesladek - e nei prossimi giorni l’intervento si concluderà. Attendiamo inoltre la perizia geologica completa che abbiamo subito richiesto, e sulla quale poi ci confronteremo con la Protezione civile regionale». Sul fronte giudiziario, intanto, non risulta vi siano persone iscritte sul registro degli indagati per lo smottamento che ha determinato la valanga di detriti e fango andata a sfondare la parete della casa di Loreta Querel (che abitava al terzo piano della villa di strada per Lazzaretto 59/P), travolgendo fatalmente la donna. Il fascicolo aperto in Procura a Trieste dal pm Cristina Bacer è al momento a carico di ignoti: le indagini procedono per omicidio colposo come conseguenza dello smottamento e della frana. Il sostituto procuratore e i carabinieri vogliono accertare se vi siano eventuali responsabilità che abbiano, in qualche modo, contribuito a determinare il collassamento della collina.

Matteo Unterweger

 

 

Più risorse per il servizio civile - La giunta porta a 285mila euro i fondi dedicati nell’ambito di “Garanzia giovani”
TRIESTE La Regione aumenterà i fondi per le opportunità di Servizio civile nell’ambito dell’iniziativa “Garanzia giovani” lanciata nei mesi scorsi dal governo. La delibera dovrebbe approdare in giunta già durante la prossima seduta, con il coinvolgimento dell’assessorato al Lavoro e della direzione centrale Cultura. La somma disponibile passerà a 285 mila euro. In questo modo tutti i progetti preparati in Friuli Venezia Giulia (sono 57 complessivamente, per altrettanti enti e associazioni) potranno essere assicurati. Il bando era già stato emanato l’anno scorso da Roma: con il nuovo stanziamento dell’esecutivo regionale, nessuna delle iniziative approvate sarà esclusa. Il piano “Youth Guarantee”, nato su spinta comunitaria e messo a punto da Palazzo Chigi, è rivolto alla fascia d’età 15-29 anni. Il Friuli Venezia Giulia ha fatto da capofila per il programma nazionale. Lo Stato, a riguardo, aveva assegnato un riparto di 1,5 miliardi per il Paese. Il piano, oltre al Servizio civile, prevede una serie di possibilità: l’offerta diretta di un posto, un contratto di apprendistato retribuito e l’opportunità un percorso di orientamento o di reinserimento attraverso una proposta di formazione. A ciò si aggiunge anche il sostegno a progetti di imprenditorialità. Alcune misure erano già state anticipate da altri provvedimenti messi in atto dal governo, tra cui il decreto legge 76/2013 che prevede, tra l’altro, incentivi per le imprese che assumono under 30 a tempo indeterminato, il finanziamento di tirocini formativi in azienda e nelle pubbliche amministrazioni.

(g.s.)

 

 

Portopiccolo e maricoltori - la mediazione di Paoletti
Per non gettare all’aria i 2 milioni ottenuti dal 1996 per gli allevatori dall’Aries la Camera di Commercio propone un tavolo per fare convivere turismo e le cozze
DUINO AURISINA Un bel gruzzolo – parliamo di 1,9 milioni di euro dal 1996 fino allo scorso anno – sono stati spesi per mettere ordine, potenziare e valorizzare i filari di mitili che si allargano sul Golfo di Trieste. Finanziamenti “procacciati” da Aries, l'Azienda speciale della Camera di commercio di Trieste. È da 18 anni, infatti, che questa ultima svolge attività a sostegno del settore della pesca e dell'acquacoltura, col moltiplicarsi di progetti a valere sui fondi europei, in tre tranche di programmazione: 1994-1999, 2000-2006 e 2007-2013. Quattrini che, se qualcuno volesse davvero pensare di rimuovere gli allevamenti di cozze o “pèoci” per spingere sulla balneazione e il turismo (come proposto da Claudio de Eccher della Rizzani de Eccher, che detiene ora la governance di Rilke srl), finirebbero in fumo. Di qui, dopo la querelle sorta nei giorni scorsi tra Portopiccolo e miticoltori, la necessità, secondo l'ente camerale, di trovare un'utile coesistenza tra le due differenti realtà. Ecco allora la proposta del suo presidente Antonio Paoletti: “La Camera di commercio convocherà un tavolo di confronto con i mitilicoltori e i rappresentanti di Portopiccolo per verificare assieme il migliore modo di coesistenza tra le necessità di mitilicoltura e pesca e quelle dello sviluppo turistico, nella consapevolezza che soluzioni sono già state trovate anche in altri territori». Intanto, però, le metodologie utilizzate in zona Costiera fanno “scuola”. Come riferito da Walter de Walderstein, responsabile tecnico-scientifico Cogiumar, Consorzio giuliano maricolture, si sta studiando come estendere il modello collaudato anche all'area di Punta Sottile. Ma veniamo ai finanziamenti ottenuti. Con la programmazione 1994-1999, per 350mila euro di fondi, si è sviluppato un progetto pilota sulla gestione dei siti di produzione ittica del Golfo di Trieste. In particolare si è costituito un centro di elaborazione, analisi e diffusione dei dati, nonché d’informazioni d’interesse per il settore della pesca e dell'acquacoltura. Si sono altresì trattati e preparati i fondi mobili per avviare nuovi sistemi colturali estensivi e la vivificazione dei fondali, anche con la messa in opera di stazioni fisse di sperimentazione colturale; quindi le prove di mercato di nuovi semi-preparati e la redazione di un piano pluriennale di gestione della fascia costiera. In questa cornice si sono svolti anche 17 corsi di formazione professionale per occupati e formatori. Nella tranche di programmazione 2000-2006 (fondi pari a 324mila euro) si è invece predisposto un piano di sviluppo integrato della fascia costiera, che ha visto il posizionamento di blocchi ancoraggio di fondo, lo spostamento dei filari delle maricolture in accordo coi produttori; il ripristino dei fondali del corridoio balneare attraverso operazioni di parallelo ripristino biologico; la realizzazione di oasi sottomarine sui dossi e la delimitazione delle colture a fondale. Tra le varie iniziative anche il progetto “Certificazione pesca Trieste”, attraverso lo sviluppo di azioni di promozione e valorizzazione della qualità dei prodotti ittici locali. Infine la programmazione 2007-2013 (fondi:1.219.000 euro) per il progetto di promozione del pesce povero, con divulgazione al pubblico e campagne informative, e la creazione del Gruppo azione costiera Fvg, chiamato a realizzare un Piano di sviluppo locale delle zone costiere per il rafforzamento della competitività, la gestione di ambiente e territorio, la cooperazione nazionale e transnazionale.

Tiziana Carpinelli

 

Due rarissime tartarughe liuto trovate morte nelle acque del Quarnero

In un solo mese due casi di morte nelle acque quarnerine di tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), specie che vive nei mari caldi e temperati e rappresenta un’assoluta rarità per il Mediterraneo. Ma qualcosa sta cambiando e prova ne sia, tra le varie scoperte di pesci esotici in Adriatico, anche il rinvenimento della carcassa di tartaruga liuto nella baia di Buccari (regione di Fiume). A scoprire l’animale senza vita sono stati gli agenti della Polizia marittima, che hanno consegnato la carcassa alla Stazione di veterinaria a Fiume. Dopo che è stato appurato trattarsi del rarissimo animale (morto probabilmente per avere ingerito un sacchetto di plastica scambiato per una medusa), il corpo è stato distrutto senza conseguenze per l’ ambiente. L’esemplare pesava 250 chili e per sollevarlo dall’acqua c’è voluto l’utilizzo di una piccola gru. La tartaruga liuto può arrivare fino a 160 centimetri di lunghezza e a 900 chili di peso. Stando a controlli sulla popolazione, non c’è più il rischio di estinzione.

(a.m.)

 

 

 

 

VOCE ARANCIO - MERCOLEDI', 22 ottobre 2014

 

 

Lampadine, la guida per sceglierle
Durano di più e consumano meno: le lampade di ultima generazione sono in grado di soddisfare qualunque esigenza, anche in fatto d’arredamento. Cucina, soggiorno, camera da letto, esterni: quale usare per ogni stanza del proprio appartamento
Incandescenza ormai in pensione. Nel 2013 l’Unione europea ha messo al bando le vecchie lampadine a incandescenza. I negozi le hanno vendute fino a esaurimento scorte: oggi sugli scaffali si trovano soltanto quelle di nuova generazione, cioè alogene a risparmio, fluorescenti e a Led, lampadine non sempre economiche, che durano a lungo e consumano molta meno energia delle colleghe di vecchia generazione.
Alogene a risparmio, convenienti ma “calde”. Le lampade alogene a risparmio consumano dal 25 al 50% in meno rispetto alle vecchie lampadine e sono anche le meno costose che si trovano in commercio. Quelle classiche, con attacco a vite, costano dai 2 euro in su (i faretti almeno 7). Questo tipo di lampadina emana una luce calda e diretta, molto bianca, e ha una vita media di 2000 ore (contro le 1000 delle vecchie lampadine). Unico svantaggio: tendono a surriscaldarsi.
Fluorescenti: longeve ma delicate. Le lampade fluorescenti consumano fino al 70% in meno rispetto alle vecchie lampadine e in condizioni normali durano il doppio delle alogene a risparmio. Prima di acquistarne una (costi, a partire da 7 euro) bisogna tenere presente che queste lampade si illuminano lentamente – impiegano cioè fino 90 secondi per arrivare a funzionare bene-, si rovinano con il calore, l’umidità e gli sbalzi termici. Anche accensioni e spegnimenti frequenti ne riducono la vita. In più, le lampade fluorescenti contengono mercurio e piombo e per questo, una volta fulminate, devono essere smaltite tra i rifiuti speciali.
Led, più cari ma green. I Led sono la fonte di luce più moderna ed ecologica, consumano fino all’80% in meno delle vecchie lampadine e durano anche dieci anni. Dispongono di differenti colori e intensità e si adattano più o meno a tutti gli ambienti. Unico neo, il costo ancora troppo elevato: per un modello tradizionale a bulbo si spendono almeno dieci euro.
A ogni scopo la sua luce. La scelta di una lampadina più adatta a un determinato ambiente dipende dall’uso che di quel luogo si fa abitualmente. Per leggere, cucire, truccarsi, per esempio, occorre una luce localizzata, capace cioè di illuminare con precisione un determinato punto. In questo caso, quindi, sarà meglio scegliere un’alogena a risparmio o un Led. Le fluorescenti, invece, sono le lampade più indicate per gli ambienti in cui serve una luce diffusa, come il soggiorno o gli spazi esterni. Nei luoghi di passaggio come il corridoio o l’ingresso, spazi in cui si accende e si spegne spesso la luce (operazione che abbrevia la vita delle lampadine), vanno benissimo le alogene. Non vale la pena spendere molto nemmeno per l’illuminazione del ripostiglio o della cantina, ambienti che vengono illuminati solo saltuariamente e in cui non è quindi necessaria una lampadina ad altissimo risparmio energetico. Negli ambienti che devono essere illuminati a lungo, come la cucina o il soggiorno, sarà bene utilizzare lampadine a fluorescenza, che impiegano qualche secondo in più per raggiungere il massimo della loro luminosità ma la mantengono a lungo.
Occhio alla tonalità. Un’altra caratteristica da non sottovalutare nella scelta delle lampadine per la propria casa è la tonalità della luce emessa: ci sono lampade a “tonalità calda”, che emettono una luce tendente al giallo, più adatta ed ambienti che si vogliono rendere più accoglienti (camere da letto, per esempio), e a “tonalità fredda”, con luce tendente all’azzurro, più adatte agli ambienti di passaggio.
Come allungare la vita alla lampadina. Per allungare la vita delle lampadine bisogna proteggerle dall’umidità e dal calore. In cucina e in bagno, quindi, dovrebbero essere tenute lontano da fuochi e vapore. In alternativa, basta proteggerle con una plafoniera. Prima di acquistare una lampadina, infine, controllarne la durata: riportata sull’etichetta, è espressa in ore. Tre ore equivalgono a un giorno di vita: se, quindi, sulla confezione c’è scritto “2000 ore” vuol dire che durerà almeno due anni.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 ottobre 2014

 

 

PORTO - «Piano regolatore bloccato a causa del rigassificatore»

«Il Piano regolatore del porto è ancora bloccato a causa della questione del rigassificatore - ha sostenuto ieri la presidente Monassi - Il ministero dell’Ambiente deve enettere il decreto di revoca della compatibilità ambientale ma non l’ha ancora fatto credo perchè vi sono ancora in corso trattative per la possibilità di ricorsi da parte di Gas Natural». Attendere il Piano regolatore per procedere all’ampliamento del Molo Settimo poteva però rivelarsi un’esitazione mortale soprattutto a causa del diffondersi del gigantismo navale. «Per questo il Comitato portuale ha votato all’unanimità - ha riferito ancora Monassi - la richiesta di adeguamento tecnico funzionale per l’ampliamento del terminal container che inoltreremo ora al Consiglio superiore dei Lavori pubblici per il via libera». Approvata anche l’intesa tra Authority e Comune per la congruenza dei due strumenti urbanistici.

(s.m.)

 

 

Tari, riduzione del 20% per il compostaggio
L’agevolazione prevista a partire dal gennaio prossimo, domande da presentare entro il 30 ottobre
Il Comune informa e ricorda agli interessati che il Regolamento per l'applicazione dell'imposta unica comunale prevede, all'articolo 36 bis, un'agevolazione in tema di compostaggio domestico, a favore cioè dei cittadini che decidono di iniziare a eliminare la frazione organica dei rifiuti direttamente in casa. A partire dalla decorrenza del primo gennaio 2015, infatti, alle utenze che abbiano avviato il compostaggio dei rifiuti organici ai fini dell'utilizzo in sito del materiale prodotto si applica la riduzione del 20 per cento: questo si legge appunto all’articolo 36 bis del Regolamento. Per ottenere la riduzione prevista in questi casi occorre presentare agli uffici comunali, entro il 30 ottobre prossimo in vista appunto dell’agevolazione sul 2015, una apposita domanda che attesti la volontà di attivare il compostaggio domestico in modo continuativo. Alla domanda va affiancata la documentazione che dimostra come sia stato acquistato l’apposito contenitore da utilizzare per il compostaggio. Nel caso si voglia avviare questa attività dunque entro il 30 ottobre - ribadisce il Comune - è necessario presentare all'Esatto, la società di riscossione dell’amministrazione con sportelli in piazza del Sansovino, una richiesta in carta semplice di riduzione della Tari (la tassa sui rifiuti) a partire dall'anno 2015, dichiarando al contempo di avere avviato il compostaggio domestico per il riutilizzo in sito dei rifiuti organici. Alla richiesta andrà allegata la "prova" dell'avvio al compostaggio: prova che potrà consistere nella presentazione dello scontrino/fattura d'acquisto del composter. Se però ci sono cittadini che hanno già avviato il compostaggio da tempo e che non hanno più a disposizione lo scontrino, in questo caso potranno provare la realizzazione del compostaggio domestico in altri modi, ad esempio esibendo una foto circostanziata del “composter” che viene utilizzato. Allo stesso modo, se il contribuente attua il compostaggio domestico in una fossa biologica, potrà provare la propria attività domestica portando una foto circostanziata della fossa biologica stessa. Il Comune procederà nel corso dell’anno a una serie di verifiche a campione delle comunicazioni di avvio al compostaggio domestico presentate dai contribuenti. Nel caso sia riscontrata la non veridicità delle comunicazioni effettuate - avverte il Municipio - «si procederà a recuperare la tassa indebitamente non pagata, con applicazione delle sanzioni e degli interessi di legge».

 

 

Miticoltura e pesca: bocciata la proposta di Portopiccolo - Sindaco: «Fanno parte della storia e del lavoro di tutta l’area»
De Eccher: «Costiera bellissima senza queste attività»
DUINO AURISINA Dice, Claudio de Eccher, della Rizzani de Eccher cui è affidata ora la governance di Rilke srl, che la costiera senza miticoltura potrebbe essere bellissima. Ma questo pensiero, a Duino Aurisina, fa venire il mal di pancia a una pluralità di soggetti. In primis agli allevatori di cozze e “peoci” (sono all'incirca 16 le imprese, diverse a conduzione familiare, attive tra la costiera e la baia di Panzano, per un totale di 60 addetti e una ventina di stagionali), che comunque, a seconda dell'annata, realizzano un giro d'affari compreso tra un milione e un milione e mezzo di euro, con 25-30mila quintali di merce messa sul mercato. Forse per qualcuno bruscolini, rispetto ai 300 milioni di investimento complessivo su Portopiccolo, ma tant'è. E poi c'è anche la politica che, si capisce, è chiamata a una difesa d'ufficio della categoria. «Di ciò che ha detto de Eccher appare condivisibile quasi tutto – esordisce il sindaco Vladimir Kukanja -, tranne la parte relativa alla miticoltura, perché si tratta di attività radicate, storiche e peculiari di quest'area, che anzi rappresentano un valore aggiunto alla promozione del Carso. Non solo: l'ittiturismo si può ancora sviluppare e può costituire un elemento di ulteriore richiamo per Portopiccolo». Insomma pesca e allevamento di cozze non si toccano. «Già di attività – osserva infatti il primo cittadino – ne abbiamo poche a Duino Aurisina, se togliamo pure queste come possiamo fare? Condivido pienamente invece il discorso sullo shuttle (progetto del tunnel di collegamento alla baia bocciato da de Eccher, ndr): era una cosa che pensavamo tutti, ma finora nessuno della proprietà l'aveva detto esplicitamente». E i miticoltori? «Battute di questo tipo, cioè che i filari di cozze deturpano il paesaggio, si sentivano parecchio tempo addietro – sostiene Walter de Walderstein, responsabile tecnico scientifico Cogiumar, consorzio giuliano maricolture – e credo che forse, vent'anni fa, de Eccher avrebbe anche avuto ragione. Ma da allora Camera di Commercio e Regione hanno prodotto molti investimenti per sistemare l'area, creando delle zone di ripopolamento, corridoi di passaggio, insomma disciplinando le attività. Resta il fatto che da naturalista, a me quei filari piacciono». Le concessioni ai miticoltori durano comunque 8 anni e vengono rilasciate attualmente dalla Regione. «Questa di Portopiccolo è una boutade neanche da commentare – sottolinea il presidente Cogiumar Fabrizio Marchesan -: è come dire che non si possono pescare più le sarde, prodotto tipico del golfo, perché le luci delle saccaleve disturbano il sonno dei residenti. Un'assurdità». Anche Marchesan ricorda come tra fine anni '90 e inizi 2000 ci sia stato un allargamento e riordino dei filari, con la riorganizzazione dell'acquacoltura su tutta la costiera, a spese di Aries, l'azienda speciale della Camera di commercio, e Regione: non solo, «si sono messe in opera strutture di aggregazione ittica per il ripopolamento dei pesci, con fondi anche comunitari». «Vogliono che i quattrini pubblici spesi finiscano alle ortiche? Facciano pure. Ma Portopiccolo sapeva, prima di avviare i lavori, che la miticoltura era lì presente – prosegue Marchesan -. Invece, quanta gente attrae Portopiccolo con quei prezzi, al di là dei quattro proprietari di Porche gravitanti in zona? Attendiamo di vedere le asserite ricadute economiche sul territorio...». Il presidente Cogiumar sottolinea infine che, a dispetto della crisi, «il settore negli ultimi 15 anni non ha licenziato nessuno, anzi ha assunto nuovi operatori», mettendo in atto dopo la vicenda del 2010 salita alla ribalta della cronaca, un protocollo di controllo sanitario per la tutela dei prodotti.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 21 ottobre 2014

 

 

«Transalpina riaperta ma solo per i presidenti»

Ufficialmente in funzione dal 7 luglio, di fatto senza treni: denuncia dell’ex dirigente Fs
Ufficialmente è stato riaperto alla circolazione ferroviaria lo scorso 7 luglio ma di fatto la presenza dei treni finora è quasi un miraggio. Parliamo del tratto italiano della Transalpina, quello che collega il Porto Nuovo con la stazione di Villa Opicina: è il secondo collegamento di Trieste con l'Austria che partiva da Campo Marzio. «Si pensava che la questione Transalpina fosse stata risolta - racconta Luigi Bianchi, ex dirigente commerciale delle Fs - visto che dopo l'incontro tra il capo dello Stato Napolitano e il suo omologo Pahor la governatrice Serracchiani ne aveva annunciato la riapertura per il 7 luglio. Ma pare che la realtà sia diversa. Era stato chiesto a Trenitalia un convoglio Minuetto per il tour “Binari Sconosciuti" in programma la domenica della Barcolana, ma la società ha detto no causa l'indisponibilità del personale e del materiale rotabile; per di più condiziona il tour di San Nicolò alla ricognizione della linea, il cui esito verrebbe comunicato due ore prima della partenza: impossibile». Questa situazione ha spinto l'ex dirigente ferroviario a porsi alcune domande. «Fsi - Trenitalia è ancora interessata alla commercializzazione del prodotto treno nel Fvg? - continua Bianchi - o riapre la Transalpina solo per la visita dei presidenti?» Fra l’altro da dicembre, con il nuovo orario invernale, ci saranno cinque coppie giornaliere di treni fra Lubiana e Villa Opicina: ma i bus di Trieste Trasporti non potranno raggiungere questa stazione in quanto parte della strada, di proprietà ferroviaria, è dissestata e non si prevedono riasfaltature a breve. L'importanza del tratto italiano della Transalpina è duplice. Se la galleria di circonvallazione risultasse impraticabile per qualsiasi problema, il porto nuovo potrebbe esser raggiunto solo dalla Transalpina e una eventuale chiusura totale di questa linea comporterebbe l’isolamento totale dell'attività portuale. Indubbiamente il tracciato si addice più a una ferrovia di montagna con scopi turistici che a una per attività portuali. Ma proprio per queste caratteristiche inalterate è l’unica linea di montagna in Europa ancora in funzione. «Bisognerebbe creare un "slow-tourism" - interviene Igor Dolenc, vicepresidente della Provincia - che possa utilizzare questa realtà a fini turistici, creando un progetto su misura e magari cercando d'inserire la Transalpina nel patrimonio Unesco». Stefano Ukmar, consigliere regionale del Pd, sottolinea che ogni giorno Trieste perde un pezzo della sua storia: «Bisogna fermare ogni tentativo di dismissione della linea e vorrei sapere se gli operatori portuali sono interessati alla sua salvaguardia».

Andrea Di Matteo

 

 

Catrame in Ferriera: caso archiviato dal gip - ERANO INDAGATI NARDI E BONACINA
Tutto regolare. Nessuna manchevolezza alla Ferriera di Servola riguardo la questione delle autorizzazioni relative al polverino di catrame. A mettere la parola fine al procedimento in cui erano indagati il direttore dello stabilimento Giuseppe Bonacina, 58 anni e il commissario straordinario della Lucchini Spa, Piero Nardi, è stato il pm Federico Frezza che ha chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione in quanto nel corso delle indagini non è emersa alcuna responsabilità da parte della Ferriera. Bonacina e Nardi sono stati difesi dall’avvocato Giovanni Borgna. Sotto la lente era finita una procedura tecnica prevista dalla “Bat 57” (Best available tecniques) ma che non è contemplata dall'Aia. Dalle indagini era emerso che questa operazione di riciclo era avvenuta regolarmente senza che la direzione della Ferriera trasmettesse una comunicazione preventiva all'autorità competente. Da qui appunto l'accusa del pm Frezza nei confronti del direttore e - in concorso, come responsabile colposo - del commissario Piero Nardi. L'indagine era scattata nel novembre del 2013 dopo la pubblicazione sul sito web del “Fatto Quotidiano” di un video girato con il telefonino da un operaio della Ferriera durante un'operazione di scarico del catrame. Vi si vede una sostanza densa e scura versata a terra da un suo collega. La sostanza, aveva spiegato l'operaio, «è il catrame che esce dalla cokeria e viene buttato sul carbon fossile». Il giorno successivo - su ordine del pm Frezza - alcuni i tecnici dell'Arpa avevano effettuato il campionamento dei cumuli di catrame prodotto dagli impianti della Ferriera. Poi era stato subito interrogato il direttore dello stabilimento Giuseppe Bonacina.

(c.b.)

 

 

ENERGIA - La Cgil punta sui rigassificatori

Investimenti sulle reti, rigassificatori e sinergie tra utility sono per la Cgil le linee guida del piano energetico regionale. Lo ha affermato Giovanni Comparone (Filctem), categoria che rappresenta quasi 2.500 lavoratori del comparto chimico-plastico, durante un convegno tenutosi a Udine alla presenza dell’assessore Sara Vito. La Cgil sostiene l’elettrodotto Redipuglia-Udine ovest, guarda con favore al progetto A2A, ritiene che la centrale Elettra di Trieste possa rappresentare una fonte di energia a basso costo, approva il progetto Halo di Torviscosa e invita a riconsiderare il dossier rigassificatori.

 

 

Stanziati 4,8 milioni per evitare frane e crolli
Ripartiti i fondi contro i dissesti idrogeologici: 200mila euro a Muggia e 300mila per il Collio
TRIESTE I dissesti idrogeologici di questi giorni causati dal maltempo costringono la Regione ad accelerare sui finanziamenti. Per arginare il più possibile il rischio di smottamenti, l’assessorato all’Ambiente ha messo in campo un totale di 4,8milioni di euro a favore degli enti locali. Per la Provincia di Gorizia (300mila euro) sono programmati, in particolare, i lavori per il consolidamento delle pareti lungo la strada 14 nei Comuni di Dolegna del Collio e di Cormons. Un totale di 200mila euro, invece, va al Comune di Muggia per opere anti- calamità naturali lungo la strada 14 di Lazzaretto. A Cividale, per il consolidamento nelle zone del centro storico, del convitto nazionale e del parco della Lesa lungo il fossato del Natisone, sono stati assegnati 400mila euro. Per Forni di Sopra, per la messa in sicurezza della parte alta del bacino del Rio Comis, sono disponibili 700mila euro. Nell’elenco, con somme variabili tra i 150 mila e il milione di euro, figurano anche il Comune di Drenchia (consolidamento del dissesto idrogeologico lungo il torrente Rieca a valle della strada Peternel-Paciuch), Pontebba, Tarcento (messa in sicurezza delle pendici in frana in diverse località nelle frazioni di Sedilis e Coia, per complessivi 893.938 euro) e Tolmezzo. Fondi pure per Treppo Carnico, per la Comunità Montana del Gemonese, Canal del Ferro e Valcanale, Comune di Villa Santina e di Venzone. «La prevenzione dal rischio idrogeologico è uno degli impegni strategici di questa amministrazione regionale e della direzione Ambiente, per garantire la sicurezza del territorio - commenta l’assessore Sara Vito -. Riusciamo così a fornire una risposta concreta alle maggiori criticità». I criteri con cui è stato deciso il riparto hanno tenuto conto della vicinanza ai centri abitati e dei problemi per la viabilità. Con la delibera approvata nell'ultima giunta è stata stanziata la prima parte delle risorse allocate in Assestamento di bilancio. A breve seguirà il riparto per i progetti che riguardano la parte idraulica e per la manutenzione di fiumi e corsi d'acqua. Grazie al ruolo assunto da Debora Serracchiani, come commissario delegato per il rischio idrogeologico, sono fra l'altro iniziati proprio in ottobre gli interventi di manutenzione ordinaria di alcuni fiumi, tra cui Isonzo e Tagliamento, con lo sfalcio e la pulizia degli alvei. I lavori rientrano nell'Accordo di programma con il governo.

(g.s.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 20 ottobre 2014

 

 

La Provincia: «Muggia confonde le strade» - osservazioni al Piano regolatore
Il cavalcavia di Santa Barbara sarebbe diventato comunale, limiti di 30 km/h dove è di 90
MUGGIA Errori e omissioni, invasioni di competenza, scelte poco condivisibili. Il nuovo Prgc di Muggia incassa un'altra bocciatura. Stavolta, però, il “fuoco” è “amico”. La giunta della Provincia guidata da Maria Teresa Bassa Poropat, con tanto di delibera, ha infatti cassato con una pioggia di osservazioni e opposizioni il documento redatto dall'amministrazione Nesladek. Ecco l'elenco delle sviste sottolineate da Palazzo Galati. ERRORI Diversi gli errori di titolarità di competenza di alcune strade. Il cavalcavia per Santa Barbara, di proprietà della Provincia, sarebbe diventato comunale, così come il girone di Santa Barbara, mentre l’impervia Sp 24 Salita delle Mura è stata attribuita alla Provincia. L’ex Ss 15 di via Flavia è stata sottratta alla Provincia per essere assegnata secondo al Comune come «rete statale o regionale». Il Municipio ha poi indicato che la Sp 16 inizia da via Tonello anche se in realtà il suo innesto è sul lungomare Venezia vicino al civico 20. OSSERVAZIONI Nel tratto in ingresso a Muggia verso Trieste lungo la Strada provinciale 14 e nel tratto in uscita da Muggia verso Trieste lungo la Sp 16 il Comune ha previsto la creazione di un senso unico con lo scopo di realizzare un anello circolatorio che secondo la Provincia «comporta un allungamento notevole del percorso» e oltretutto «un aumento dei costi di percorrenza e un conseguente aumento dell'inquinamento». Di fatto la Provincia chiede al Comune se sono state eseguite simulazioni sugli scenari futuri alla luce degli interventi in relazione all'aumento dell'inquinamento. Inoltre la scelta di rendere la Sp 16 a senso unico «renderebbe l'attuale sovrappasso in prossimità del Molo Balota inutile» e verrebbe a creare la cancellazione del trasporto pubblico locale per chi provenendo da Trieste dovesse dirigersi nella parte alta di Muggia (zona cimitero). Sotto la lente d'ingrandimento anche le diverse zone con limite di velocità a 30 km/h o comunque definite “zone residenziali”. Per la Provincia «tali aree sembrano intercettare in molti casi tratti di strade in ambito extraurbano dove esiste un limite generalizzato pari a 90 km/h». Per gli uffici tecnici provinciali «la scelta d’imporre limiti restrittivi anche in aree extraurbane appare poco condivisibile oltre che non di competenza comunale se attuato su tratti extraurbani di strade in gestione ad altri enti». Altra osservazione riguarda la zona di Rabuiese, ove sono previsti interventi di modifica della viabilità, tra cui la realizzazione di una rotatoria lungo la Sp 15 delle Noghere in corrispondenza dello svincolo autostradale. «Si osserva che le planimetrie utilizzate non sono completamente aggiornate allo stato di fatto e dunque nella soluzione proposta la rotatoria si sovrappone parzialmente a un ingresso commerciale e all'ingresso di un golfo di sosta per il Tpl». REAZIONI «La Provincia ha messo in evidenza una certa fretta e l'improvvisazione della giunta Nesladek, oltreché un mancato approfondimento e confronto su varie tematiche con la Provincia stessa». Claudio Grizon, consigliere provinciale Pdl a Palazzo Galatti, non ha dubbi: «Piaccia o non piaccia al sindaco Nesladek, gli uffici tecnici provinciali, fortunatamente, continuano a svolgere con la consueta perizia i propri compiti contrariamente a quanto sembra accadere in piazza Marconi». E pare che ulteriori osservazioni siano in arrivo da parte dell'amministrazione Poropat.

Riccardo Tosques

 

 

«Con i gas serra aumentano i nubifragi»
Filippo Giorgi dell’Itcp: «Questo fenomeno prevede piogge meno frequenti ma più violente»
Quali sono le cause e quali gli effetti dei cambiamenti del clima sul nostro pianeta? Da quanto tempo tutto questo accade e soprattutto quali sono gli scenari futuri? Temi di grande attualità che sono stati sviluppati nel corso della conferenza intitolata “Cambiamenti climatici e problematiche globali”, organizzata dalla sezione regionale dell'Associazione nazionale insegnanti di scienze naturali, in collaborazione con Ictp e Ogs, nell'ambito della “Settimana del Pianeta Terra”. A confrontarsi sull'argomento, nell'Aula Magna dell'istituto tecnico Volta, davanti ad un'attenta platea di studenti, una serie di esperti, in un incontro moderato da Eva Godini, vice presidente Fvg Anisn. «Dall'inizio dell'era industriale, vale a dire dalla metà dell'800, c'è stata una continua immissione nell'atmosfera di molti tipi di inquinanti, tra i quali diversi gas serra, la cui concentrazione aumenta a causa dell'uso di combustibili fossili» - ha spiegato Filippo Giorgi dell'Ictp -. «Una situazione che sta portando ad un surriscaldamento globale. I tre grandi problemi che ne derivano sono lo scioglimento dei ghiacciai, l'innalzamento del livello del mare e l'intensificazione del ciclo idrologico: proprio quest'ultimo sta dando luogo ad eventi estremi, come alluvioni e nubifragi, che si sono verificati di recente in Italia ed anche nel nostro territorio: in sostanza le piogge sono meno frequenti ma molto più intense. E purtroppo queste situazioni - quali anche gli aumenti di siccità e le ondate di calore viste negli ultimi anni d'estate - si verificheranno sempre più spesso. E' il caso dunque di far tesoro di quanto accaduto e di iniziare a fare qualcosa per invertire questa tendenza: mi riferisco alla riconversione del sistema energetico, che deve guardare sempre di più alle fonti rinnovabili». E gli effetti del clima si notano anche nel mare. «Se guardiamo alle modificazioni su larga scala ci accorgiamo che il mare del golfo di Trieste ha perso parte della produttività che lo contraddistingueva» - afferma Paolo Del Negro, direttore sezione oceanografia Ogs -. «Dunque notiamo un mare più povero di elementi nutritivi, a livello di plancton vegetale, vale a dire le microalghe: e se pensiamo che queste sono la base della rete alimentare, è facile intuire che la stessa catena si svilupperà con maggiori difficoltà. Le cause sono dovute al minor apporto fluviale e alla modificazione delle temperature del mare, che raggiungono picchi molto elevati d'estate e parallelamente livelli molto bassi d'inverno: stiamo cioè andando verso un mare sempre più simile ad un oceano che non ad un mare costiero». Ma una volta la Terra com'era? «Centinaia di milioni di anni fa quando non c'era ancora l'uomo, la presenza di CO2 in atmosfera era molto più elevata di adesso» - precisa Angelo Camerlenghi, direttore sezione geofisica Ogs -. «Ma le variazioni erano molto più lente e dunque le varie specie animali e vegetali avevano il tempo di adattarsi: oggi invece la variazione viaggia ad una velocità esponenziale e questo è molto più pericoloso. In sostanza a preoccupare non è tanto il valore assoluto di anidride carbonica, quanto il tasso stesso della variazione». A chiusura dell'incontro, l'intervento di Giulia Realdon, insegnante Anisn, che ha raccontato la propria esperienza su una nave oceanografica in Groenlandia.

Pierpaolo Pitich

 

 

Volontariato - Ripulito il Boschetto

Si è conclusa la prima passeggiata-escursione promossa dalla Stella Alpina Onlus all’interno del progetto “L’educazione ambientale come terreno di cittadinanza”. Nell'ambito della campagna Puliamo il Mondo e legata alla prima realtà adottata, il Bosco del Farneto, e denominata “Puliamo il Boschetto“, si è svolta nella zona del Ferdinandeo un’operazione di pulizia. È stata recuperata una discreta quantità di rifiuti che, nel verde, danneggiavano il paesaggio.

 

 

A Opicina Salviamo la Transalpina”

Oggi alle 11, al bar del Dopolavoro ferroviario della Stazione di Villa Opicina, conferenza stampa per il rilancio della petizione “Salviamo la Transalpina”. Interverranno il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, il consigliere regionale Stefano Ukmar e il comunale Sebastiano Truglio.

 

 

Domani Incontro sulla Ferriera

Domani alle 17.30, all’Università di Trieste (piazzale Europa 1), tavola rotonda del Gruppo universitario Agorà su “Cenere - La Ferriera di Servola”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 19 ottobre 2014

 

 

DE ECCHER «PUNTARE SU PORTO VECCHIO MA VA SDEMANIALIZZATO»
TRIESTE Il progetto di Portocittà, la srl in cui anche Rizzani de Eccher era impegnata, è naufragato fra carte bollate, ricorsi al Tar e accordi faticosamente raggiunti tra avvocati. Ma Claudio de Eccher non l’ha dimenticato. E a chiedergli se mutando condizioni socioeconomiche e politiche si potrebbe ripensare a Porto Vecchio, non ha esitazioni: «Secondo me sì». Ma occorre «spostare il punto franco, sdemanializzare. Debora Serracchiani, persona che ragiona bene e veloce, l’ha capito perfettamente». Certo, «una volta quando passavo con gli amici dalle parti di Porto Vecchio raccontavo con orgoglio ciò che sarebbe diventato, oggi cerco di distrarli da quella vista...» Ma il punto di partenza resta uno: «Città, costiera intera, Carso meravigliosi, senso dell’ospitalità, tanta gente che in tutto il centro Europa sogna sole, mare, pesce». Il turismo, insomma. De Eccher punta a creare a Sistiana almeno «alcuni» ormeggi per megayacht, così come in diverse proporzioni avrebbe già voluto agire: «Se avessi fatto Porto Vecchio sarei andato in giro per banchine così da portare qui le barche. Un’imbarcazione da 5 milioni crea un indotto enorme, e questo era il nostro sogno», così come ora «secondo me dobbiamo consorziare tutte le marine dell’Alto Adriatico. Il potenziale è enorme». Del resto, «quando mi chiedono perché è fallito il progetto Porto Vecchio rispondo che c’era un signore venuto da Roma che sentiva la storia del no se pol e fondò la Finsepol, ma fallì anche quella. Purtroppo questo tessuto socioeconomico non è ancora ricettivo». Eppure, al di là del Magazzino 26 che Rizzani de Eccher con Maltauro restaurò, in Porto Vecchio «c’erano i valori immediati da sfruttare: yachting, cantieristica, residenziale». Tassello quest’ultimo costituito da un intervento di partenza che avrebbe creato «subito valore. Nel terrapieno di Barcola sognavamo di fare un piccolo quartiere sopra l’area inquinata: piscine, percorsi ciclabili e per jogging, palazzi tutti di vetro». «Porto Vecchio - aggiunge de Eccher - ha scontato un momento, speriamo transitorio, di depressione economica, ma secondo me il valore del comprensorio, così come dell’intera città che è una delle più belle del mondo, è unico: sarebbe follia non sfruttarlo».

(p.b.)

 

 

Minirigassificatore: «Non deteriorare il valore della costa»

Un minirigassificatore in zona Lisert, a pochi chilometri da Sistiana, farebbe felice Claudio de Eccher? A chiedergli un’opinione sul progetto Smart Gas, al quale di recente Confindustria Gorizia e Camera di commercio isontino hanno ribadito appoggio, la risposta di de Eccher è diplomaticamente netta: «Onestamente devo ammettere la mia ignoranza, non so quale sia l’impatto ambientale che il rigassificatore potrebbe dare. Certamente dico che sarebbe follia qualsiasi cosa potesse deteriorare non Portopiccolo, bensì il valore della collettività dell’intera costa».

 

 

«VIA DALLA COSTIERA GLI ALLEVAMENTI DI MITILI»
TRIESTE «Mi piacerebbe eliminare dal panorama questi allevamenti di mitili». Una frase che, così come pronunciata da Claudio de Eccher, non mancherà di sollevare polemiche a Duino Aurisina. Eppure de Eccher non ci penserebbe due volte: taglierebbe i filari di “peoci” e vongole, lasciando il litorale libero a bagnanti e navigatori. «Se fossi il proprietario della costiera triestina toglierei tutti gli allevamenti di mitili ed estenderei la balneazione ovunque». Allora sì, e il paragone sarebbe azzeccato, «potremmo avere una vera Costa Azzurra». Reale convincimento o estrema provocazione (le concessioni demaniali ai miticoltori non sono facilmente amovibili e di solito hanno durata pluridecennale) che sia, per de Eccher la costiera triestina è la ricchezza più grande di questo territorio: una carta da giocare, in assenza di industrie e grandi fabbriche, per creare business. Come? Magari portando i maxi-yacht. Insomma, se la baia di Sistiana è un motore economico, la costiera triestina nel suo complesso può diventare un bolide potentissimo. Ma va valorizzata e deve essere oggetto di investimenti e provvedimenti tesi a renderla fruibile. Con una politica che possibilmente non metta i bastoni tra le ruote, come – secondo Claudio de Eccher - in passato avvenuto, quando «governava una maggioranza slovena risicata che, per paura venissero (altri, ndr) ad abitare, ha bloccato strenuamente ogni progetto». Non c'è solo la costiera da sviluppare: alle sue spalle un'altra incredibile “chicca”, il Carso con le peculiarità naturalistiche e enogastronomiche. Un ambiente da mantenere il più possibile integro. E allora forse anche per questo il progetto dello “shuttle” di collegamento alla baia diventa, per de Eccher, soluzione «troppo difficile». Bocciato dunque - ed è la prima volta che qualcuno di Portopiccolo lo dice apertamente - il progetto del tunnel sotterraneo da Duino fino all'area sottostante il campeggio, frutto di accordi a suo tempo presi tra la proprietà e l'ex amministrazione Ret. In pratica un tapis roulant per trasportare le persone al mare ed evitare che la baia d'estate resti ostaggio di smog e parcheggio “selvaggio”. La logica? Tenere le auto sul Carso, lontano dal lungomare e in un maxi-posteggio da costruire vicino al Gran Duino. E ora l'alternativa? Tutta da studiare. «Stiamo ragionando su come fare i parcheggi», conclude de Eccher.

Tiziana Carpinelli

 

 

QUEL MASTER “DIMENTICATO” SUL DISSESTO IDROGEOLOGICO - Intervento di PAOLO PARONUZZI (Università degli Studi di Udine)
Dopo le ultimissime notizie che riferiscono dei gravi danni e della perdita di una vita umana causati dal maltempo che ha colpito Trieste e la sua periferia, mi permetto di utilizzare questo servizio per porre una domanda all’attuale assessore regionale all’Ambiente Sara Vito. Sono un professore dell’Università di Udine che insegna geologia applicata per il corso di laurea di Ingegneria Civile e di Ingegneria per l'Ambiente e il Territorio e mi occupo ormai da più di 30 anni delle problematiche legate al dissesto idrogeologico. Dal 2008 al 2011, sono stato il direttore di un master di alta specializzazione interamente dedicato al dissesto idrogeologico e alla progettazione degli interventi necessari per mitigare questo tipo di rischio. Questo master era in particolare rivolto alle principali figure professionali che dovrebbero occuparsi di questo problema: ingegneri, geologi e architetti. Il master, denominato Avamiri, aveva sede a Gorizia ed era stato finanziato con contributi regionali (assessorato all’Ambiente, Regione Fvg), divenendo in breve tempo un fiore all’occhiello nazionale dal punto di vista dell’offerta formativa tecnica di alta specializzazione (se n’era occupato persino il Corriere della Sera). Era infatti l’unico master delle università italiane specificatamente dedicato alle problematiche del dissesto idrogeologico. Questo master, purtroppo, dal 2011 non è stato più finanziato dalla Regione Fvg anche se per la sua attivazione sarebbero necessari pochi fondi, valutabili in una somma di circa 100mila euro all’anno. Ho cercato di sensibilizzare vari funzionari degli enti regionali preposti alle problematiche ambientali della Regione, ma senza successo. Ora io vorrei chiedere all’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito, che pochi giorni fa ha anche preannunciato una specifica normativa regionale in materia di dissesto idrogeologico, se la Regione Fvg ritiene di dover rinunciare a finanziare un master dedicato al dissesto idrogeologico (che include, tra l’altro: metodi di studio, progettazione degli interventi di mitigazione, messa a punto delle procedure di emergenza, revisione delle pianificazione territoriale, censimento delle aree a rischio idraulico e di frana, ecc.) in favore di altri contributi economici dedicati ad altri tipi di iniziative regionali ritenuti più urgenti (sagre paesane, manifestazioni sportive, circoli culturali comunali, ecc.). Io capisco che, dato l’attuale momento economico, si sia molto attenti alla spending review, ma credo sia giunto il momento di scelte più motivate e di maggior valore per l’intera comunità. Forse semplicemente di scelte più intelligenti e coraggiose. Anche perché la nostra regione ha già subito tante ferite causate dai disastri idrogeologici (pensiamo al Vajont) e non vorremmo attendere il disastro prossimo venturo per accorgerci che questi problemi, purtroppo, li abbiamo in casa.

 

FAREAMBIENTE - «Cava Faccanoni,intervento lungo»

«È importante la riqualificazione della zona, da troppi anni abbandonata,ma attenzione all’impatto ambientale. Preoccupa la lunga durata dell’intervento». Lo afferma in una nota il coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco sulle attività di riempimento della Cava previste, per 17 anni. «Legittime le perplessità rilevate dai cittadini nella seduta pubblica della circoscrizione, auspichiamo i controlli promessi sulla tipologia dei materiali di riempimento – sottolinea Cecco – e che si possa accelerare. Quanto a un eventuale utilizzo dell’area per posizionare pannelli fotovoltaici, nulla in contrario se con un progetto che tenga conto di impatto ambientale e sostenibilità economica».

 

LUPO DEL CARSO: CONFERENZA DI FEDERCACCIA
MUGGIA "Lo sciacallo dorato: il piccolo lupo del Carso". Sarà questo il titolo della conferenza che questa mattina alle 11 si svolgerà al Centro commerciale Freetima di Muggia. Promosso da Federcaccia Trieste in occasione della della 26° mostra ornitologica "Senza Confini" la conferenza avrà come relatore Saimon Ferfolja. Lo sciacallo dorato è un canide di medie dimensioni presente nel Triveneto ed è il più grande di tutte le specie di sciacalli. Questo animale è entrato a far parte del folclore e della mitologia dei popoli con cui è entrato in stretto contatto: nel folclore indiano è rappresentato come un imbroglione, mentre nella religione dell'Antico Egitto giocava un ruolo importantissimo sotto le sembianze di Anubi, il dio dell'imbalsamazione. Ultimamente lo sciacallo dorato è sempre più presente sul Carso triestino e goriziano. Diversi gli avvistamenti perlopiù notturni registrati soprattutto al ridosso del confine tra San Dorligo e Muggia. Sempre nell'ambito della mostra "Senza Confini" ieri pomeriggio al Freetime la dottoressa Nicoletta Perco ha relazionato sulla presenza dell'Ibis eremita in Europa. Nell'ambito di un progetto finanziato dall'Unione Europea (Life+ Biodiversity) e con diversi partner in Austria, Italia e Germania, l'Ibis eremita potrà infatti essere reintrodotto in Europa. Alla base della reintroduzione ci sono i pulcini di Ibis allevati a mano dall'uomo. I giovani vengono allenati a volare a seguito di un ultraleggero, con i genitori adottivi come copilote, verso l'area di svernamento. Recentemente si sono svolti gli ultimi preparativi per la migrazione guidata dall'uomo 2014. Quest'anno, la migrazione è stato un compito molto complesso per il pilota, i genitori adottivi, gli Ibis eremita e per l'intero gruppo di scorta: per la prima volta, gli uccelli sono stati guidati da Salisburgo direttamente attraverso le Alpi. La rotta ha una lunghezza di circa 800 km. Potrà essere superata in tre o quattro tappe.

(ri. to.)

 

Cinghiali, Panontin in Consiglio provinciale

È convocata per giovedì 23 ottobre alle 16.30 la riunione del Consiglio provinciale. All’ordine del giorno tra gli altri punti l’audizione dell’assessore regionale Paolo Panontin su “Problematiche causate dalla proliferazione degli ungulati”. Nell’odg anche comunicazioni del presidente e deliberazioni relative a variazioni di bilancio, oltre a interrogazioni e interpellanze.

 

 

SEGNALAZIONI - Differenziata - Raccolta dell’umido

In questi giorni viene recapitato ai "Gentili cittadini" a cura di Comune, Provincia e AcegasapsAmga un plico con dettagliate istruzioni per una corretta raccolta differenziata dei rifiuti urbani e dell'umido organico.Quindi il "Gentile cittadino" non potrà dire di non sapere. Al "Gentile cittadino" però non viene evidenziata la riduzione prevista a decorrere dal 1 gennaio 2015 per chi dichiara di aver avviato o intende avviare la raccolta in proprio della frazione umida per suo utilizzo personale. Forse una banalissima dimenticanza, peccato però che il termine per tale dichiarazione sia il prossimo 30 ottobre e ad oggi nè sul sito Retecivica nè su quello di Esatto non si trovino nè istruzioni nè tantomeno la modulistica. Non sarebbe forse il caso di spostare la scadenza per permettere al "Gentile cittadino" di avvalersi di tale facilitazione?

Fabio Rebeschini

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 18 ottobre 2014

 

 

PULIAMO IL BOSCHETTO
Oggi si è conclusa la prima passeggiata-escursione promossa dalla Stella Alpina onlus all’interno del progetto: “L’educazione ambientale come terreno di cittadinanza per una società capace di futuro" che prevede l’adozione di alcune realtà del nostro territorio e una serie di attività di educazione ambientale finalizzate a sensibilizzare i giovani e la cittadinanza all'importanza della salvaguardia della natura ed a creare uno stretto rapporto con il territorio.
L’iniziativa, nell'ambito della campagna PULIAMO IL MONDO, e’ legata alla prima realtà adottata “il bosco del Farneto” e denominata “puliamo il boschetto“. Si è svolta nella zona del Ferdinandeo e si è conclusa con successo e ampia partecipazione di giovani, meno giovani e volontari per l’ambiente.
Grazie alla collaborazione delle associazioni presenti (Arci Servizio Civile, Legambiente Trieste, Bioest, Proloco S. Giovanni Cologna, Luna e L'altra) è stata recuperata una discreta quantità di rifiuti che, sparsi nel verde , danneggiavano il paesaggio del luogo.
Durante la passeggiata-escursione i partecipanti hanno potuto toccare con mano i danni provocati dalle fortissime precipitazioni dei giorni scorsi, causate dal cambiamento climatico in atto (le cosiddette “bombe d’acqua”). L’acqua ha scavato canali nel terreno scosceso determinando alcuni punti di instabilità delle stradine e delle strutture di pavimentazione.
Un book dell’evento corredato dalle foto e rilievi verrà tenuto come memoria dell’iniziativa e fornito come segnalazione.
Depositati guanti e sacchi i partecipanti all’iniziativa ed i volontari hanno festeggiato l’incontro di tanta brava gente con una bicchierata e gustando una buona fetta di “strucolo” fatto in casa.
L’iniziativa sulla realtà adottata proseguirà il 25 ottobre con la “Passeggiata nel boschetto del Farneto con la Guardia Forestale per conoscere gli alberi”
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 18 ottobre 2014

 

 

Ambiente - M5S boccia il mini rigassificatore

Un no deciso al progetto del “mini rigassificatore” di Monfalcone. Ad esprimerlo è il gruppo consiliare regionale M5S che, insieme ai portavoce del Fvg ad ogni livello, ribadisce «che alcuni valori sono imprescindibili». E tra questi, chiarisce il Movimento, rientrano «il rispetto per l'ambiente e il rispetto della volontà dei cittadini e degli elettori che, votando il programma regionale del M5S, hanno detto "no" alle fonti fossili e "sì" alle fonti rinnovabili e a una politica incentrata sullo sviluppo di un'economia sostenibile in grado di portare a un miglioramento della qualità della vita».

 

 

Cava Faccanoni, scintille in Circoscrizione
Dubbi e proteste da alcuni residenti. Dapretto lascia la sala: inaccettabili certi comportamenti
Diciassette anni. Tanto durerà l'operazione di riempimento della cava Faccanoni. Lo ha ribadito l'assessore comunale per i Lavori pubblici, Andrea Dapretto, nel corso della seduta della sesta Circoscrizione, svoltasi eccezionalmente in una sala del comprensorio dell'ex Opp per favorire l'afflusso di pubblico, alla quale ha partecipato anche l'assessore comunale per l'Ambiente, Umberto Laureni. «Il progetto preliminare - ha specificato Dapretto - prevede quella che si chiama “rinaturalizzazione” della cava, intervento che consisterà nel riempimento della stessa esclusivamente con terra, roccia da scavo e materiale derivante da demolizioni edilizie, ovviamente depurate da sostanze nocive. L'obiettivo - ha aggiunto - è di riportare la collina alla sua forma originaria, e quando il riempimento sarà stato completato, in superficie saranno piantati alberi e piante in modo da creare un tutt'uno omogeneo con la vegetazione circostante. Evidenti anche i vantaggi economici - ha continuato Dapretto - in quanto potranno usarla le imprese edilizie locali in tutte le occasioni di scavo e ristrutturazioni di edifici, senza dover ricorrere a cave situate in Friuli o in altre zone, beneficiando perciò di una riduzione nei costi di trasporto». Laureni, tornando sul tema della purezza dei materiali che serviranno per riempire la cava, ha precisato che «il primo controllo dovrà essere effettuato in sede di demolizione, come prevede la legge. In ogni caso - ha continuato - alle operazioni di riempimento sovrintenderanno addetti con alta preparazione in materia». Tutte queste rassicurazioni non hanno però soddisfatto i numerosi presenti, alcuni dei quali hanno duramente criticato la scelta preoccupati soprattutto per le "conseguenze sull'ambiente circostante per l'intera e lunghissima durata procedura di riempimento". «Vorremmo sapere - hanno chiesto - cosa accadrà quando, nel corso del riempimento, la bora alzerà la polvere che sarà portata in cava». Le perplessità maggiori riguardano la possibilità che "nel materiale che sarà portato alla cava ci sia anche amianto". Un accenno è stato fatto anche al rischio che "l'impresa che vincerà la gara (le buste saranno aperte il prossimo 31 ottobre, ndr) possa fallire, con la conseguenza che, dopo lo sfruttamento dell'area per scaricarvi detriti, l'operazione non si completi". Fra le proposte alternative, quella di rinunciare al riempimento per posizionare in loco pannelli fotovoltaici e garantire così energia a basso costo alla città. Le proteste, in qualche caso irriverenti, hanno esasperato Dapretto, che ha lasciato la sala anzitempo. «Mi scuso con tutti - ha detto a posteriori - ma determinati comportamenti, frutto di pregiudizi, sono inaccettabili».

Ugo Salvini

 

 

RIFIUTI - Raccolta dell’umido: da lunedì contenitori in zona Barriera
Da lunedì 20 ottobre in zona Barriera inizierà la posa dei contenitori di colore antracite con coperchio marrone per la raccolta dell’“umido”. Si tratta del penultimo passaggio dell’ampio progetto operativo coordinato dall’amministrazione comunale e AcegasApsAmga, e avviato lo scorso 16 giugno, per fornire all’intero territorio triestino il nuovo servizio di raccolta differenziata della frazione organica del rifiuto solido urbano, il cosiddetto “umido”. La raccolta dell’umido è già una realtà per buona parte dei rioni cittadini. Ad oggi AcegasApsAmga ha posato 1.633 contenitori per la raccolta dell’umido organico nelle zone di Borgo San Sergio, Poggi Paese, Altipiano, Campanelle, Servola, Baiamonti, Valmaura, Melara, San Luigi, Longera, San Vito e San Giacomo, San Giovanni, Università, Commerciale, Roiano, Barcola, Gretta, dove il servizio è già attivo. La posa si completerà nelle prossime settimane ed entro il mese di novembre il servizio di raccolta differenziata dell’umido organico sarà erogato in tutto il territorio comunale.

 

ANISN, ICTP E OGS - Il clima che cambia e i problemi globali: se ne parla al Volta

In occasione della “Settimana del Pianeta Terra” - iniziativa nazionale biennale per diffondere tra il grande pubblico la cultura geologica, il rispetto per l’ambiente e la cura per il territorio - la sezione Fvg dell’Anisn - Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali propone la conferenza “Cambiamenti Climatici e Problematiche Globali”. L’appuntamento, organizzato in collaborazione con Ictp – Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam e Ogs - Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, è per questo pomeriggio dalle 16 alle 18 all’Itis Volta di via Monte Grappa 1. L'incontro vedrà la partecipazione di quattro esperti che interverranno sui cambiamenti climatici che avvengono a scale temporali e spaziali diverse sul nostro pianeta: Filippo Giorgi (scienziato Ict) parlerà di “Cambiamenti climatici globali e l’area Mediterranea”; Angelo Camerlenghi (Direttore Sezione Geofisica di Ogs) presenterà “Il disseccamento del Mediterraneo nel Miocene”; seguirà Paola Del Negro (Direttore Sezione Oceanografia di Ogs) con “Ma il mare si accorge del clima che cambia?”; infine Giulia Realdon (insegnante Anisn Fvg) racconterà “Un’insegnante su una nave oceanografica” . La conferenza è a ingresso libero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 17 ottobre 2014

 

 

LA CRISI DELLA CARTIERA - I sindacati: «Riconvertiamo la linea due»

Cgil, Cisl e Uil avanzano una proposta e spingono perché si realizzi il mini-rigassificatore

DUINO AURISINA La “duttilità” della linea 2 si può sviluppare anche attraverso una riconversione su gamme di prodotto diverse dalle carte grafiche, cioè da quel “patinatino” oggi realizzato dallo stabilimento di Duino Aurisina e caduto in disgrazia per la scarsa domanda determinata dalla crisi di giornali e pubblicità. Lo sostengono Cgil, Cisl e Uil che così indicano una strada alternativa per garantire la tenuta dell'occupazione in fabbrica (quasi 400 dipendenti, più altri 200 dell'indotto) e assicurare i margini di guadagno necessari alla competitività dell'impianto. Non solo: per uno sviluppo diversificato della cartiera di San Giovanni viene ritenuto “strategico” dai sindacalisti il progetto Smart gas, cioè il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl in zona Lisert, a Monfalcone. È quanto emerso nel corso dell'incontro che la Rappresentanza sindacale unitaria (Mauro Benvenuto per Cisl, Luca Mian per Uil e Simone Cumin per Cgil) ha avuto mercoledì dalle 14.30 con il direttore di stabilimento Bruno Cottone e del personale Dario Andrin, un vertice durato quattro ore e mezza, al termine del qualche non sono tuttavia emerse indicazioni esplicite sul futuro della fabbrica, oggetto nelle ultime settimane di ipotesi di ridimensionamento o addirittura chiusura. Permane lo stato di agitazione. Sono stati analizzati insieme all'azienda i dati di produttività dello stabilimento di Duino: “appaiono confortanti”, come riportato nel comunicato affisso alla bacheca dei lavoratori, perché “in netto miglioramento rispetto agli anni precedenti, nonostante un lieve calo dei giorni lavorativi”. In sostanza il quadro, a detta dei rappresentanti dei lavoratori, dimostra “le notevoli potenzialità dei nostri impianti, cosa che abbiamo sempre sostenuto”. «Al punto che - sottolinea la Rsu - dalla discussione è emerso che la duttilità dell'impianto di linea 2 potrebbe anche svilupparsi attraverso una riconversione su gamme di prodotto appetibili per il mercato, in grado di garantire da un lato valore aggiunto dall'altro tenuta occupazionale. Quindi - prosegue - per il consolidamento o lo sviluppo diversificato dello stabilimento riteniamo strategica la realizzazione del progetto Smart gas che, abbinata alle possibili ricadute della manovra finanziaria prospettate dal governo in merito alla riduzione dell'Irap e ai provvedimenti sui tagli dei costi energetici genererebbe strutturalmente quei flussi finanziari propedeutici alla stabilità del nostro sito. A tal proposito - conclude la Rsu - si rende necessario un forte coinvolgimento istituzionale al fine di condurre il sito a miglior competitività scongiurando qualsiasi possibile ridimensionamento». Attualmente rimane infatti la preoccupazione sul comparto del “patinatino uso grafico” che coinvolge i tre siti produttivi di Verzuolo, Duino e Villorba, per la contrazione dei volumi del mercato di riferimento. Oggi a Bologna il coordinamento sindacale nazionale di gruppo, che studierà le strategie per portare Burgo group al tavolo e conoscere finalmente il tanto atteso piano industriale.

Tiziana Carpinelli

 

 

Una ditta pulisce la ciclabile e butta i rifiuti nel torrente

Gli addetti della Sever di Udine che lavorano per conto della Provincia, immortalati da un cittadino. L’assessore Zollia: «Già messa in mora quell’azienda»
Puliscono la scarpata di via Ponziana e gettano il materiale nel torrente vicino al ponte della ciclo-pedonale in zona Altura. Scena quasi da non credere quella immortalata da un cittadino triestino che ha colto in flagrante alcuni operai della Sever di Udine, la ditta che hai in appalto la manutenzione del verde e dei cigli stradali lungo la rete stradale provinciale. Lo scatto che ha immortalato l'incredibile episodio è inequivocabile: gli operai, saliti sul furgone della ditta friulana, hanno iniziato a spalare il materiale raccolto qualche centinaio di metri prima vicino all'ospedale “Burlo Garofolo” scaraventandolo giù dal ponte della ciclopedonale “Cottur” e riversandolo così nel “patok” sito nella zona di Altura. Alla luce del sole, come se nulla fosse. La vicenda ha avuto subito un'eco politica in seguito all'interrogazione presentata dal consigliere provinciale del Pdl Claudio Grizon alla presidente Maria Teresa Bassa Poropat. Tra le richieste avanzate quali siano le procedure di controllo adottate dagli Uffici provinciali sui lavori appaltati e se, nel caso in questione, qualche funzionario dell’Ente abbia monitorato l’attività svolta dagli operai, e “se non si ritiene opportuno verificare le modalità di svolgimento dell’appalto e, nel caso, imporre alla Ditta maggiori oneri e responsabilità”. Pronta la replica dell'assessore Vittorio Zollia: «Gli Uffici a fronte della segnalazione, già pervenuta antecedentemente all’interrogazione, hanno provveduto alla necessaria messa in mora della ditta e continueranno a monitorare con attenzione il prosieguo delle attività». Da Palazzo Galatti è arrivata la conferma dunque che gli operatori stavano effettivamente procedendo allo spargimento di una parte del cippato derivato da una operazione di pulizia della scarpata di via Ponziana, anche «se la gran parte era stata richiesta dal proprietario di un fondo nelle vicinanze per la stesa dello stesso sul terreno di proprietà». Per la Provincia la ditta friulana ha operato autonomamente: non v'è stata alcuna disposizione perché operasse in tal modo, tanto che il comportamento è stato già contestato alla Sever. La responsabilità è sicuramente dell'esecutore delle lavorazioni. Ma gettare del cippato lungo il corso di un torrente che conseguenza comporta? «Nel caso specifico, trattandosi di "cippato" esso non può aver provocato ostacoli al fluire del torrente né aver provocato danni all'ambiente – fanno sapere dagli Uffici tecnici della Provincia – rimane il fatto comunque che la Ditta è stata richiamata evidenziando che il ripetersi di situazioni simili può costituire motivo di risoluzione del contratto» Altri quesiti sorgono spontanei: c'è la possibilità che il materiale venga recuperato, ma soprattutto è la prima volta che gli operai della Sever di Udine gettano i residui della pulizia della ciclo-pedonale nei torrenti che percorrono la zona? “Data la quantità e la natura del materiale non è possibile procedere al recupero. Il controllo del lavoro è affidato a due dipendenti della U.O. Viabilità dell'Area Servizi Tecnici, comunque ad oggi - assicura la Provincia - non si sono mai verificati situazioni simili e la Ditta ha sempre ottemperato alle disposizioni degli addetti al controllo ed alle clausole contrattuali». Insomma la ditta sicuramente non ha operato secondo le previsioni contrattuali in quanto non ha distribuito il "cippato" sulla superficie lavorata.

Riccardo Tosques

 

 

Guanti e scopa: puliamo il boschetto
Torna la campagna di sensibilizzazione sul rispetto dell’ambiente
Abiti comodi, guanti robusti e una buona scorta di buste e contenitori. Per aiutare l’ambiente può bastare anche questo, unito naturalmente a una buona dose di impegno e dedizione. Per capirlo meglio, e sul campo, l’appuntamento è per la mattinata di domani (alle 10) dalle parti del bosco Farneto, al Ferdinandeo, teatro di una tappa dal titolo semplice quanto diretto “Puliamo il boschetto”, raduno organizzato dalla Stella Alpina in collaborazione con Bioest, Legambiente e la Pro Loco San Giovanni-Cologna. L’obiettivo? Dare una autentica “ripulita” al Ferdinandeo ma soprattutto, sottolineano gli ideatori, provare a «sviluppare nei cittadini il senso di responsabilità verso l’ambiente e i beni comuni». Una missione che la Stella Alpina ha iniziato a tracciare con un progetto ancor più vasto, avviato nel dicembre dello scorso anno e denominato “L’educazione ambientale come terreno di cittadinanza per una società capace di futuro”, percorso disegnato in attività scolastiche ed extrascolastiche. Alla base dell’iniziativa figura il senso di adozione di una realtà del territorio, boschiva o urbana che sia, facendone una base di appoggio, tutela e studio dei diritti sociali e ambientali. Non solo teoria, fortunatamente. E infatti sabato in bosco si lavora di gomito e ramazza, dando un senso concreto alla adozione prescelta all’interno del progetto. Il percorso proseguirà in altre due tappe: il 25 ottobre (passeggiata nel Farneto con la Guardia forestale) e il 9 novembre, sotto la voce “Letture nel boschetto”. Info e adesioni a stellaalpinaonlus@gmail.com (3458451146) oppure a orticomuni.trieste@gmail.com (3287908116).

(fr. ca.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 16 ottobre 2014

 

 

Depuratore, parte la bonifica dell’area

Entro fine anno l’aggiudicazione dei lavori, nel 2017 il nuovo impianto di Servola sarà inaugurato
Lunedì l’inizio dei lavori di bonifica dell’area di Servola che dovrà ospitare il nuovo impianto. Entro la fine di quest’anno, al massimo a gennaio 2015, l’aggiudicazione dei lavori di costruzione. Prima della fine del 2015, completamento dell’intervento di demolizione del vecchio impianto e adeguamento dell’area che dovrà ospitare il nuovo. Nel 2016 e nella prima parte del 2017, costruzione del nuovo impianto e inaugurazione entro fine 2017. Queste, in estrema sintesi, le tappe che porteranno ad avere entro i prossimi tre anni un nuovo depuratore. Un’operazione che costerà complessivamente, fra la fase di preparazione e l’esecuzione, 52 milioni e mezzo, interamente finanziati. Una trentina garantiti dallo Stato, altri 14 - suddivisi in 20 annualità - dalla Regione, 3,7 sono fondi costituiti con parte dei canoni pagati dai cittadini a fronte dei servizi assicurati da AcegasApsAmga, mentre i restanti rientrano nel cosiddetto Piano d’ambito, strumento di pianificazione per la definizione degli obiettivi di qualità del Servizio idrico integrato e degli interventi impiantistici necessari per soddisfarli. A illustrare le varie fasi del piano è stato ieri Enrico Altran, ingegnere responsabile del coordinamento tecnico nell’ambito di AcegasApsAmga, alla sesta commissione consiliare presieduta da Mario Ravalico (Pd) e convocata ad hoc alla presenza degli assessori Umberto Laureni (Ambiente) e Andrea Dapretto (Lavori pubblici). «Il principale impianto di depurazione della città – ha spiegato Altran – deve essere adeguato alla Direttiva europea in materia. La realizzazione sarà affidata all’associazione temporanea d’imprese che si costituirà allo scopo, mentre il controllo del rispetto delle norme in fase esecutiva sarà di competenza di un apposito ufficio che sarà allestito da AcegasApsAmga. Il nuovo impianto utilizzerà un sistema che opera per affinamenti successivi. La struttura a terra – ha concluso Altran – servirà per ridurre il livello di nutriente, che poi sarà portato a mare». Il progetto prevede che, una volta entrato a regime, il nuovo depuratore possa essere collegato anche alle fognature di Opicina e Prosecco, permettendo così la chiusura degli impianti che adesso servono l’altipiano. Dopo aver ricordato che «fino a una quarantina di anni fa il golfo provvedeva da solo a smaltire e a neutralizzare i residui», Laureni ha detto che «questo nuovo impianto andrà a soddisfare la più recente normativa europea sullo smaltimento dei reflui di fognatura. Se pensiamo che il primo progetto risale al 2002 si capisce quale sia la soddisfazione per avere finalmente un cronoprogramma certo e credibile». «La seduta di oggi – ha detto Ravalico – conferma che le commissioni non si limitano al controllo formale degli atti, ma entrano nel merito delle singole tematiche».

Ugo Salvini

 

 

Bosco del Farneto - “Puliamo il mondo” al Ferdinandeo

La Proloco S. Giovanni-Cologna, nell’ambito della campagna “Puliamo il mondo” di Legambiente, rinnova l’appuntamento al bosco del Farneto: appuntamento sabato, dalle 10, al Ferdinandeo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 ottobre 2014

 

 

Allarme rosso per i laghetti carsici in secca

La guaina impermeabile posata sul fondo in molti casi non regge più. E arrivano i lucci
BASOVIZZA Sos per l’ antico stagno di Basovizza, che rischia di scomparire perché incapace di trattenere l’acqua. Non sono solo i basovizzani a essere affezionati al vecchio stagno nelle cui prossimità, da tempo, sono collocati giochi per i più piccoli, panche per la sosta, e dove durante la stagione estiva si tengono sagre e momenti di intrattenimento. Sulle condizioni precarie del sito è la circoscrizione di Altipiano Est a lanciare l’allarme. «Sono ormai più di vent’anni che sul fondo del stagno era stata posizionata una guaina che garantiva la stabilità del laghetto. Da qualche tempo – spiega il presidente del secondo parlamentino Marco Milkovich – la superficie dello stagno appare fortemente ridotta, sicuramente a causa di radici sotterranee capaci di forzare la trama della guaina. I paesani hanno tentato autonomamente di porre rimedio pulendo lo stagno, azione che purtroppo non è servita a fermare la perdita d’acqua. Qui ci vuole un intervento radicale e impegnativo». Ovvero predisporre sul fondo dello stagno una nuova guaina, magari del tipo bentonitico, sorta di impermeabilizzazione formata da uno strato di argilla racchiuso tra due strati di tessuto. Un tempo i carsolini realizzavano sul fondo degli stagni degli strati di argilla protetti superiormente con uno strato di pietra. Grazie a una costante manutenzione, le pozze resistevano a stratempi e usure, garantendo un fondamentale approvvigionamento d’acqua per gli armenti. «Pochi sanno o ricordano – riprende Milkovich - che sino a metà dello scorso secolo la pulizia degli stagni era all’asta. Chi puliva pagava, perché in questa maniera poteva far propria l’argilla e pure il letame disperso dagli animali passando per lo stagno, passaggio che di per sé garantiva una naturale manutenzione del sito». Oltre alla precarietà dello stagno principale del paese, la circoscrizione ricorda come a causa di un incauto passaggio di un fuoristrada, un antico specchio d’acqua poco distante dal confine lipizzano sia stato completamente rovinato. Versa in condizioni pessime anche lo stagno presente lungo l’antica strada imperiale che porta a Sesana, a causa dell’introduzione nella pozza di un luccio. Il predatore ha divorato gli altri pesci, le rane e gli anfibi. Per ripristinare l’equilibrio, è necessario innanzitutto prendere all’amo il predatore d’acqua dolce. Un lavoro egregio invece è stato realizzato a Gropada, dove grazie a dei fondi Interreg è stato ripristinato al meglio un altro antico stagno, con tanto di guaina bentonitica e protezione in pietra a difesa dalle incursioni dei cinghiali. Bisognosi di manutenzione invece sia lo stagno di Trebiciano che lo “stari kal” di Banne, altrettanti antichi ecosistemi importanti sia dal punto di vista paesaggistico che da quello naturalistico.

Maurizio Lozei
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 14 ottobre 2014

 

 

La Regione finanzia le oasi naturali

Riparto da 660 mila euro. La fetta più grossa a Marano Lagunare e Staranzano. La Val Rosandra ottiene 76mila euro
TRIESTE La quota più alta va a Marano Lagunare e Staranzano. Si tratta di 130mila euro per la riserva Foci dello Stella e Valle Canal Novo nel primo caso e di altrettanti soldi per la riserva Foce dell’Isonzo. Cifre che fanno parte del riparto da 660mila euro complessivi per le spese di gestione delle riserve naturali del Friuli Venezia Giulia assegnato in giunta da Mariagrazia Santoro a favore di otto beneficiari. L’assessore regionale alla Pianificazione territoriale parla di questi beni come «preziosi». E spiega il contributo pubblico come forma di «riconoscimento del loro ruolo di presidi territoriali». «Pur nelle ristrettezze attuali del bilancio – prosegue Santoro – abbiamo concordato con i gestori delle riserve di mantenere i livelli di contribuzione dello scorso anno a garanzia della gestione di aree fondamentali sia per la conservazione della biodiversità che per la valorizzazione del paesaggio». Il riparto dispone dunque otto diversi finanziamenti. Si parte dai 130mila euro per Marano e Isonzo e si continua con i 100mila euro per il Comune di Forgaria e la gestione della riserva Lago del Cornino e i 76mila euro al Comune di San Dorligo della Valle per la riserva Val Rosandra. A seguire i 69mila euro per l’ente Parco Dolomiti friulani e la riserva Forra del Cellina e i 58mila euro per il Comune di Doberdò del Lago e la riserva dei Laghi di Doberdò e Pietrarossa. Infine, ci sono 49mila euro per il Comune di Duino e le sue Falesie e i 48mila euro per l’ente Parco Prealpi Giulie e la Val Alba. L’intervento regionale è a valere sulla legge 42 del 1996, quella che istituisce i parchi e le riserve naturali in Friuli Venezia Giulia, individuati in coerenza con le previsioni degli strumenti regionali di pianificazione territoriale generale e finalizzati a tutelare i più elevati valori naturalistici delle diverse componenti ambientali del territorio regionale, con particolare riguardo al mantenimento della diversità biologica. Non manca una verifica triennale sui risultati socioeconomici delle azioni di conservazione e sviluppo ottenuti a seguito dell’istituzione e della gestione delle aree naturali protette. In delibera si precisa che è stato il Servizio tutela del paesaggio e biodiversità a svolgere l’istruttoria delle istanze di contributo, provvedendo ad accertare la loro coerenza con le finalità della 42. A fine luglio una riunione di coordinamento con i soggetti gestori delle riserve regionali è poi servita a concordare il riparto delle risorse disponibili a bilancio, in proporzione a quanto assegnato nell’esercizio precedente. Il totale delle richieste è stato pari a 746mila euro, 80mila in più di quelli poi assegnati dalla Regione. In particolare il Comune di Staranzano aveva inoltrato domanda per 200mila euro. A inizio anno sempre Santoro aveva ottenuto il via libera dai colleghi di giunta per integrare con ulteriore 410mila euro un iniziale stanziamento di 250mila euro del novembre 2013. Nel dettaglio della seconda tranche 62.121,21 euro erano andati a Forgaria per il Lago di Cornino; 29.818,18 all’ente Parco Prealpi Giulie per la Val Alba; 80.757,58 a Marano per Foci dello Stella e Valle Canal Novo; 80.757,58 a Staranzano per la Foce dell'Isonzo; 42.863,64 al Parco Dolomiti friulane per la Forra del Cellina; 47.212,12 a San Dorligo della Valle per la Val Rosandra; 36.030,30 a Doberdò per i Laghi di Doberdò e Pietrarossa Soldi, spiegava l’assessore, «che ci consentono di soddisfare interamente le richieste dei gestori delle riserve naturali regionali che ammontavano a 660mila euro, fondi necessari a raggiungere quegli obiettivi di conservazione e promozione che sono uno dei fiori all’occhiello della nostra offerta paesaggistica e ambientale».

Marco Ballico

 

Task force sul rilancio della montagna - vertice a Tolmezzo
TRIESTE Definire la strada del rilancio della montagna e delineare il percorso da seguire per ottenere i fondi governativi destinati ai “Progetti d'area”. Sono le sfide affrontate ieri nel vertice, ospitato a Tolmezzo, tra l’amministrazione regionale e i funzionari della delegazione interministeriale guidata dal già ministro Fabrizio Barca. Vertice a cui ha partecipato anche Debora Serracchiani. «Nel corso della riunione - ha affermato la governatrice al termine dell’incontro - sono stati individuati come particolarmente interessanti per il progetto “Strategie delle aree interne” - ha osservato la presidente - i temi della flessibilità del trasporto pubblico locale, sia a servizio delle aziende sia del turismo, che, ad esempio, il tema dell'organizzazione del sistema scolastico, in modo da renderlo più forte ed integrato con le esigenze del territorio. In particolare, attraverso una co-pianificazione e co-progettazione, potremo accedere ad un finanziamento che sarà reso disponibile nella legge di Stabilità di prossima approvazione che permetterà l'attivazione di progetti pilota e sperimentazioni in grado di diventare strutturali e definitive nel caso la risposta sia positiva». «Gli assi principali su cui bisogna puntare per poter vedere approvato con successo il progetto che predisporremo - ha aggiunto - è quello della compattezza del territorio: infatti solo a fronte di un'unità di indirizzo ed intenti di tutti i Comuni interessati, potrà seguire l'erogazione dei finanziamenti statali. Questo conferma la necessità di procedere nel riordino già avviato con la riforma sanitaria ed in corso con quella degli enti locali». La Regione si attende collaborazione da parte dei ministeri competenti, ha infine dichiarato la presidente Serracchiani, anche su un tema che sta molto a cuore alle istituzioni e ai cittadini della Regione Friuli Venezia Giulia: quello del riordino fondiario che permetta di superare l'annoso problema delle proprietà frammentate sul territorio, i cui proprietari spesso non sono facilmente raggiungibili perché trasferiti all'estero o in altre località. Alla riunione di Tolmezzo hanno partecipato i rappresentanti dei ministeri dell'Economia e delle Finanze, delle Politiche agricole. Alimentari e forestali, dell'Istruzione, Università e Ricerca, il consigliere regionale Enzo Marsilio e dirigenti delle strutture regionali interessate. Ulteriori incontri sono in programma nell'intento di definire un accordo di programma che sarà sottoscritto da Stato, Regione e Comuni per la realizzazione di progetti di sviluppo locale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 13 ottobre 2014

 

 

Verde pubblico, una “cura” da 258mila euro

Potature ma anche abbattimenti e nuove piantumazioni di alberi: un centinaio entro l’anno
Oltre 120 mila alberi di cui 16 mila censiti: il patrimonio “verde” di Trieste è una realtà che si può ammirare ogni giorno lungo i viali cittadini, nei parchi o nei giardini pubblici. Una vera ricchezza, proprio per questo monitorata continuamente dall’assessorato comunale ai Lavori pubblici. E proprio da una verifica specifica sullo stato di salute avviata qualche mese fa è risultato che un numero consistente di alberi ha bisogno di un intervento immediato. Le cause dei “malanni” sono diverse, dall’inquinamento alle avverse condizioni ambientali e fitosanitarie e, purtroppo, ai troppi atti di vandalismo. È urgente, affermano i tecnici dell’assessorato, intervenire per motivi di sicurezza sostituendo le piante “potenzialmente pericolose” con giovani piante e operando una potatura razionale. Oltre a questo è necessario realizzare “conche” prive di piante interessate poi a nuove alberature. Il “Servizio spazi aperti e spazi verdi pubblici” dell’assessorato ha presentato un progetto per la messa in sicurezza e il rinnovo del patrimonio arboreo. Ricorrendo a un appalto, «a causa della carenza dell’organico comunale», per effettuare gli interventi di messa in sicurezza degli alberi e il rinnovo del patrimonio arboreo e «mantenere così inalterato il patrimonio verde fondamentale per la qualità della vita di una cittadinanza». La spesa prevista è di 258 mila euro. Per la realizzazione completa dei lavori previsti 420 giorni. Taglio dei vecchi e pericolosi alberi e messa a dimora di nuove piante, dunque, in varie zone della città. Ma non solo, fondamentale è anche la potatura degli alberi. Nella relazione i tecnici scrivono anche come. Le potature verranno eseguite su alberi a forma “obbligata” e assicureranno il mantenimento delle “storiche” forme di allevamento mentre gli interventi previsti sulle alberature a forma libera, saranno tesi a salvaguardare la naturale struttura delle piante operando con tagli di contenimento. In entrambi i casi - aggiungono i tecnici - le potature sono rese necessarie per regolare lo sviluppo delle chiome in prossimità di edifici, rete, illuminazione pubblica e assi stradali e mantenere il massimo grado di sicurezza dei luoghi. Il progetto prevede anche un intervento di cura fitosanitaria contro gli insetti. E contro i vandali che imperversano soprattutto nei giardini? La relazione non dice niente: basterebbe una maggiore sorveglianza e multe salate e così forse certi “spettacoli” non si vedrebbero. La messa a dimora di nuove piante e la cura degli alberi comunque continuano. Già entro quest’anno è previsto un centinaio di nuove piantumazioni, 39 delle quali hanno già trovato dimora. In particolare in Viale XX Settembre sono stati impiantati 25 nuovi alberi, due in via Giulia e uno in viale Sanzio e nel giardino pubblico di via Tommasini. Altre 62 piante saranno messe a dimora entro quest’anno sempre in Viale 20 Settembre (36), in via Rossetti (23), in via Dei Leo (2) e in piazza Libertà (1).

Ferdinando Viola

 

 

MUGGIA - Antenne abusive: altre tre demolizioni a Chiampore
«Il comitato antenne di Chiampore, congiuntamente al cittadini residenti che rappresenta, esprime al Comune grande soddisfazione ed apprezzamento per la demolizione di cinque tralicci abusivi, già completata per due, salvo le fondamenta, ed in corso d’opera per i rimanenti tre». Inizia così la missiva che Giuseppe Poropat, Fulvio Furlan, Claudio Poropat e Livio Postogna, i quattro portavoce del Comitato contro le antenne di Chiampore, hanno voluto indirizzare all'attenzione del sindaco muggesano Nerio Nesladek. «Si tratta di un grande risultato che finalmente indica una significativa inversione di tendenza e lascia sperare in una definitiva soluzione di questa insopportabile situazione in termini di salute, di patrimonio e di paesaggio - prosegue il Comitato -. Ora contiamo che il Comune prosegua la battaglia per ottenere ulteriori delocalizzazioni e la razionalizzazione delle antenne che rimarranno in zona per quanto riguarda la distanza dalle abitazioni e l’abbassamento delle emissioni in linea con le norme europee». Da parte sua “il comitato continuerà ad assicurare al Comune il massimo appoggio possibile su questa linea, come ha fatto sempre in passato”. E dal Municipio l'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo racconta: «È stata emessa l’ordinanza per la demolizione dell’ultimo traliccio abusivo. In tempi brevi si concluderà quindi l’iter di demolizione di tutti i tralicci abusivi nel territorio di Chiampore». Dopo la demolizione di una prima antenna abusiva nell'abitato di Chiampore, vicino alla caserma dei Carabinieri e di una seconda, negli scorsi giorni, nei pressi di via Vivoda, a breve termine saranno quindi demolite le altre tre antenne abusive: due sul monte San Michele e una nei pressi dell'abitato di San Floriano–Ligon. «Un 2014 che passerà alla storia, pertanto, per aver visto, dopo 30 anni, un'inversione di tendenza che pone fine a quello che sembrava un sistema imbattibile», spiegano dal Comune. Entro 45 giorni dall’emissione dell’ordinanza il traliccio dovrà, infatti, essere demolito. Ciò implica che entro la fine dell’anno si concluderà questa battaglia e si potrà passare al secondo step. Dopo aver completato la demolizione dei tralicci abusivi, l'Arpa verrà contattata per una nuova misurazione dei segnali sul territorio da effettuare sia in banda larga (per verificare l'inquinamento complessivo) che in banda stretta (per verificare puntualmente l'inquinamento di ogni singola emittente). «Passo dopo passo stiamo avanzando, sicuri che tutti capiranno che è un problema di tutta la città», ha sottolineato il sindaco Nerio Nesladek. «Siamo stati i primi ad affrontare il problema ed a conseguire risultai, risultati che viviamo al fianco di tutti quei cittadini che, insieme a noi, hanno lottato condividendo il principio imprescindibile che la tutela della salute è prioritaria per tutti».

Riccardo Tosques

 

 

CONFSAL - Differenziata, petizione popolare

La Confsal continua a raccogliere firme per la petizione popolare da indirizzare al sindaco «affinché i risparmi prodotti dai cittadini che si fanno carico della parte disagevole e onerosa di selezionare i rifiuti in forma differenziata, non finiscano per arricchire solamente le gerarchie di AcegasAps e gli azionisti benestanti, ma vengano ripartiti in modo socialmente equo, affinchè le tasse sui rifiuti vengano proporzionalmente abbassate». Verrà allestita all'inizio di viale XX settembre una postazione da oggi al 24 ottobre con orario 16-18.30. La sede Confsal in via Timeus 16 resterà comunque aperta in orario d'ufficio.

 

 

Cro coinvolto nell’indagine su A2A
L’istituto di Aviano studierà con la Regione l’inquinamento prodotto dalla centrale di Monfalcone
MONFALCONE Riconversione della centrale elettrica A2A dal carbone a nuove fonti più “green” come il gas. La Regione continua a seguire con grande attenzione la questione della centrale termoelettrica di Monfalcone e le ipotesi di possibile abbandono del carbone. Proprio per questo nei giorni scorsi si è tenuto a Trieste un incontro, promosso dall'assessore regionale all'ambiente e all'energia, Sara Vito, con il presidente della Provincia di Gorizia, Enrico Gherghetta, e il sindaco di Monfalcone, Silvia Altran. «Il tavolo istituzionale che ho promosso - sottolinea Vito - è la sede più appropriata per il confronto tra le istituzioni territoriali interessate alla realtà della centrale. D'altro canto, stiamo continuando nel percorso di collaborazione e di dialogo già da tempo avviato e che finora ha dimostrato di essere proficuo». L'incontro in particolare segue la consegna ufficiale del lavoro affidato dalla Provincia di Gorizia alla Commissione tecnico scientifica istituita per lo studio sulle ipotesi di riconversione della centrale termoelettrica della Società A2A di Monfalcone. La commissione tecnico-scientifica ha prodotto una relazione per presentare e valutare gli scenari possibili di evoluzione e di riconversione della centrale termoelettrica, a partire dalla proposta della Società A2A, con particolare attenzione allo sviluppo delle fonti rinnovabili e alla ricerca correlata. «Questo lavoro - spiega l'assessore Sara Vito - sarà oggetto di approfondimento da parte dell'Osservatorio Ambiente e Salute, istituito dalla Giunta in marzo, novità assoluta per la nostra regione. Il suo scopo è di integrare i dati ambientali e quelli sanitari per sviluppare una vera e propria rete epidemiologica in Fvg, premessa fondamentale per meglio individuare le priorità di intervento e rendere più efficace l'azione della pianificazione regionale in materia di protezione ambientale e di prevenzione igienico-sanitaria». «L'osservatorio Ambiente e Salute, istituito presso l'Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) - prosegue l’assessore Sara - collabora nella sua attività con l'Università di Udine e gli enti del Servizio sanitario regionale, la Direzione centrale salute e il Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano». All'Osservatorio, incaricato di elaborare lo studio di valutazione epidemiologica ambientale nell'area del Monfalconese con riferimento alla popolazione interessata dall'inquinamento di metalli pesanti nell'area della centrale termoelettrica, è stato dato mandato di analizzare e approfondire i risultati prodotti dalla Relazione finale della Commissione tecnico-scientifica istituita dalla Provincia di Gorizia. Una prima valutazione sulle condizioni di salute della popolazione di quest'area - conclude l’assessore regionale all’Ambiente e all’energia - sarà contenuta nello studio attualmente in corso, la cui conclusione è prevista entro il 2015». Sulla possibile riconversione della Centrale A2A ha insistito più volte, e anche nell’ultima riunione, il presidente Gherghetta chiedendo che in regione venga data una svolta alla politica energetica.

 

Legambiente caldeggia la trasformazione «Bisogna passare dal carbone al gas»
«La centrale A2A si riconverta al gas naturale, l’opinione pubblica e i soggetti istituzionali si sono già espressi per lo stop al carbone entro il 2017, alla scadenza dell’attuale Aia». A ribadirlo è Legambiente che in una nota precisa il suo punto di vista. «45% è la percentuale di energia elettrica che le rinnovabili hanno prodotto ad agosto. La tendenza è in salita e sarà inarrestabile, nonostante gli ostacoli suggeriti dalle lobby delle fossili, prontamente recepite da tutti gli ultimi governi». Dieci giorni fa, racconta Legambiente, Enel ha deciso di abbandonare la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, evidentemente consapevole che l’investimento sarebbe stato molto a rischio, considerato che l’energia elettrica prodotta con fonti pulite ha la precedenza per essere messa nella rete, che l’opposizione al carbone è diffusa per i guai che provoca sul clima e sulla salute. Sta insomma avvenendo una sorta di selezione sugli impianti esistenti per chiudere i più obsoleti.

 

Rigassificatore, FareAmbiente “prudente”
DUINO AURISINA Per FareAmbiente “restano tutte le perplessità per il progetto Smart gas di rigassificazione a Monfalcone”. È quanto evidenziato, attraverso una nota, dall'incontro avuto tra il commissario regionale del movimento ecologista, Giorgio Cecco, e il presidente del laboratorio di Duino Aurisina, Fabio Coretti. «La nostra posizione – ha dichiarato Cecco -, che pur non essendo in linea generale di contrarietà agli impianti di rigassificazione, è nel caso specifico molto prudente, se non negativa, per gli impatti sull’ambiente e sulle altre attività in essere». Impatti peraltro sempre respinti da Smart gas, che anzi ha sempre parlato di un miglioramento della situazione attuale per il riutilizzo delle acque delle lavorazioni della cartiera e, tra le altre cose, ha proposto anche la realizzazione di una Cona 2 nell'area a cavallo tra il Lisert e Duino Aurisina, per la valorizzazione naturalistica delle aree locali. «Inoltre – ha ribadito Cecco - evidenti sono le difficoltà nell'inserire tale progetto nel contesto di una candidatura del Carso a patrimonio dell'Unesco».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 12 ottobre 2014

 

 

Crisi Burgo, la Regione scende in campo

Bolzonello: «Pronti a incontrare l’azienda». I sindacati: «Sì al mini-rigassificatore». Bono: «Serve una politica industriale»
TRIESTE Crisi della Burgo e incertezza a Duino: c’è un punto sul quale valutazioni e interessi di azienda, Regione autonoma Fvg, Confindustria, sindacati convergono e riguarda la questione energia. Perchè la cartiera è una produzione energivora e Burgo ha compiuto nel passato significativi investimenti sul versante dell’autoproduzione. Nella graduatoria dei fattori maggiormente incidenti sui costi aziendali, al primo posto si classifica la materia prima, con il prezzo della cellulosa che viene dato in aumento, seguita proprio dall’energia, poi dal lavoro. L’azienda non ha evidentemente accolto di buon grado il recente aggravamento degli oneri di trasporto energetico, che ha colpito anche le auto-produzioni: un 10% che si fa sentire. Dove si può intervenire allora per cercare di mettere in sicurezza lo stabilimento di Duino e garantirne una credibile prospettiva operativa? «Sappiamo - argomenta il vicepresidente della giunta regionale e assessore alle attività produttive Sergio Bolzonello - che il settore cartario, oltre alle difficoltà di mercato, presenta problemi di approvvigionamento energetico che suggeriscono di prefigurare un quadro di diversificazione». Volutamente Bolzonello imposta la questione tenendosi sulle generiche. Sono invece più espliciti i leader sindacali regionali di Cgil e Cisl, rispettivamente Franco Belci e Giovanni Fania, che vedono nel progetto “Smart Gas”, finalizzato alla realizzazione di un mini-rigassificatore al Lisert con il coinvolgimento della stessa Burgo, una strada per rendere più competitivo lo stabilimento duinese e per legare stabilmente il gruppo vicentino al territorio. Riferimento neanche troppo implicito nelle parole del presidente regionale di Confindustria e amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, non insensibile al tema energetico: «Il Paese deve creare le condizioni per consentire alle imprese di essere competitive: infrastrutture ed energia sono argomenti indispensabili per una politica industriale». Gli fa immediata eco Sergio Razeto, a capo della “filiale” confindustriale di Trieste, che sottolinea come «i costi energetici italiani siano del 30% superiori a quelli dei Paesi europei e in particolare la nostra Regione è circondata da realtà in grado di praticare tariffe molto convenienti». Belci propone per la vertenza Burgo la sottoscrizione di un patto territoriale dove ricondurre il tema del mini-rigassificatore. Fania e Belci chiedono un forte intervento della Regione Fvg a puntellare la precaria situazione duinese, un intervento come quello esercitato nei casi di Electrolux, di Ideal Standard, di Latterie Friulane. Perchè Duino, che oggi opera con due linee produttive, qualora restasse con una sola struttura funzionante, rischierebbe ben presto di esaurire il suo ruolo produttivo. Fania pensa anche, alla luce del faticoso riassetto finanziario del gruppo e ad altri tavoli di crisi esistenti (vedi Avezzano), di portare il caso-Duino al ministero dello Sviluppo Economico. Burgo è una presenza industriale importante nel Friuli Venezia Giulia: tra Duino e Tolmezzo (che sembra non avere problemi) il gruppo cartario occupa oltre 700 addetti. Bolzonello ne è consapevole: «Burgo, sia pure in un contesto di difficoltà nazionale del gruppo, ha sviluppato una progettualità riconosciuta dalla Regione, per cui ci sarà il massimo sforzo affinchè resti radicata sul territorio». E, ad ogni buon conto, il vicepresidente chiarisce che «da parte della giunta c’è la massima disponibilità a un incontro, già espressa al management aziendale. La situazione di Burgo è monitorata, su di essa c’è l’attenzione dell’assessorato e dei suoi uffici».

Massimo Greco

 

 

L’impegno di Duino per tutelare il Carso patrimonio mondiale
DUINO AURISINA Primi passi del Comune di Duino Aurisina a sostegno della candidatura del Carso nella lista dei Patrimoni dell'umanità. Con delibera giuntale, infatti, l'amministrazione ha dato mandato al sindaco Vladimir Kukanja di prodigarsi per stipulare intese transfrontaliere, articolare un partenariato con gli altri enti aderenti e condurre iniziative a sostegno della mission. Il territorio, infatti, ha numerose potenzialità e unicità da esprimere per conseguire il risultato. In primis la presenza, al Villaggio del Pescatore, di uno dei siti paleontologici più importanti (nonché uno dei più cospicui giacimenti di resti di dinosauri) d'Europa. Ricchezza che, associata per esempio alla testimonianza dei primi insediamenti dell'umanità rilevabile alle grotte di Postumia, contribuisce a creare un quadro estremamente interessante al fine di portare avanti la proposta nella lista del Patrimonio mondiale. Sulla base degli indirizzi sottoscritti in delibera dalla giunta il sindaco dovrà dar corso alla formalizzazione, con un “accordo di partenariato e la costituzione di un Comitato promotore”, dell'impegno dei Comuni di Monfalcone (Lead partner del progetto “Julius”), Postumia, Duino Aurisina (aderente alla piattaforma di cooperazione) e Buja d'Istria. Non solo: dovrà “promuovere ogni utile e opportuna adesione alla proposta individuando istituzioni, enti e associazioni che possano dare un apporto e sostegno all'iniziativa, anche in vista della costituzione di un Comitato scientifico di appoggio alla candidatura”. Infine dovrà “indicare il titolare di Po Servizio progetti europei alla predisposizione e attuazione degli atti amministrativi necessari”. Il Carso, secondo la giunta Kukanja, “rientra sicuramente fra i luoghi che conservano il legame tra natura e radici storiche dell'umanità”, come previsto dalla Convenzione riguardante la protezione sul piano mondiale del patrimonio culturale e naturale, approvata nel '72 dall'Onu. Il progetto di cooperazione Italia- Slovenia “Julius”, che vede Monfalcone capofila, si prefigge lo scopo di mettere a frutto le esperienze derivanti dalle azioni di cooperazione transfrontaliera che hanno riguardato la valorizzazione dell'ambiente carsico e montano, per consolidare la rete di partenariato e capitalizzare i risultati ottenuti. Di qui la necessità di dar vita a una piattaforma di cooperazione fra i Comuni aderenti. La proposta di candidatura a patrimonio Unesco trae motivazione dalla presenza di specifici requisiti di rilevante valore naturalistico, geologico e soprattutto storico che fanno riferimento alla sfera paleontologica, ai primi insediamenti umani, all'Età del bronzo fino alla successiva evoluzione. Ed è efficacemente supportata da insediamenti di carattere straordinario nel contesto territoriale, quali la diffusa presenza di castellieri, oltre naturalmente alla “casa” del dinosauro Antonio. Tiziana Carpinelli

 

 

Allerta sul rischio-amianto nei nanotubi
Al convegno dell’Aea svelata l’attenzione su nuovi prodotti. La ricerca avanza ma mancano fondi
I costanti progressi della ricerca e i consueti paletti in campo legislativo. Sull'amianto si prova a riaprire un nuovo capitolo, non solo di auspici e speranze ma di concrete supposizioni che coinvolgono la sfera scientifica e provano a diramarsi in quella legale. Spunti che hanno caratterizzato il convegno di ieri ospitato alla Stazione marittima, promosso dall'Aea (Associazione esposti amianto) Regione Fvg, il secondo a Trieste in meno di due anni. Si parte da alcuni dati spiccioli ma non superficiali, riguardanti il leggero decremento in regione di casi di tumori al polmone, tra i più diffusi nella casistica degli effetti dell'esposizione all'amianto. Ottimismo quindi (moderato) e qualche spiraglio di luce su cui tracciare le future proposte in chiave di prevenzione e intervento, segnali che arrivano dalla ricerca. «Ci stiamo avviando verso sistemi di diagnostica più elevata - ha premesso Maurizio Cortale, moderatore del convegno e chirurgo toracico agli "Ospedali Riuniti" Trieste - potremo cioè riprodurre già in vitro l'identificazione dell'esalato, ovvero la presenza di cellule tumorali, procedendo a terapie personalizzate, sempre meno invasive». «La ricerca sta operando bene - ha aggiunto lo specialista - ma andrebbe incoraggiata. Trieste a esempio possiede le competenze a riguardo ma i problemi, come sempre, risiedono nel supporto economico e nei mezzi a disposizione». Qualche luce ma pure inevitabili ombre, persino inedite. Sempre secondo recenti ricerche, esisterebbe una sorta di "amianto del futuro", subdolo, diffuso, da (ri)analizzare a fondo. «Parliamo di alcune tecnologie in uso nei nanotubi - ha aggiunto Cortale - non è ancora il caso di fare allarmismi ma l'attenzione è seriamente rivolta a questi nuovi elementi». Non ha lesinato invece allarmismi Roberto Riverso, giudice del lavoro a Ravenna: «L'amianto continua a provocare molte distorsioni; c’è poca sensibilità su certi problemi che emergono in campo lavorativo, un campo che alimenta ancora omissioni di vario genere, tra norme, processi, controlli e direttive». «Insomma, ancora un vero "buco nero" - ha ribadito Riverso - probabilmente dettato a suo tempo dalle molte lobby sull'amianto che gravitano in Italia». Le soluzioni prioritarie? Snellimento dell'iter legislativo, linfa alla ricerca e diffusione dei dati. Un cantiere che non conosce ferie e che si affida anche alle considerazioni di Aurelio Pischianz, presidente dell'Aea Fvg. «Non solo i soci ma tutti i cittadini hanno diritto di conoscere le novità sull'amianto. Una cosa mi ha fatto tuttavia piacere - ha ammesso Pischianz - cioè il supporto al convegno dell'Autorità portuale, un piccolo riconoscimento per quanti hanno contratto la malattia in questo campo lavorativo».

Francesco Cardella

 

 

Quattro domeniche d’autunno in giro per la Val Rosandra - escursioni con il WWF
A zonzo per la Val Rosandra, sotto la guida di persone esperte alla ricerca di luoghi, vegetazioni e frammenti di storia locale. L'autunno ridisegna i percorsi escursionistici ideati dalla Riserva Naturale della Val Rosandra in collaborazione con la sede Wwf Area Marina Protetta di Miramare e propone quattro passeggiate. Oggi la prima che coincide con l'escursione tra la "Landa Carsica e scorci di mare". Il viaggio tra Dolina e dintorni prosegue domenica 26 ottobre, con la tappa denominata "Storie d'acqua e di vita lungo il torrente Rosandra" (adulti, famiglie con bimbi dagli 8 anni in su). Si tratta di un’escursione che si presta particolarmente all'analisi storica del territorio, molto intrigante quindi, votata alla scoperta dei resti dell'attività molitoria (i mulini) e di quanto gravitasse attorno a tale indirizzo socio/economico, il cui picco si avverte in provincia verso la fine dell'Ottocento. Il terzo scalo è in programma domenica 9 novembre, tradotto nel titolo "Storie di ghiaccio" (bimbi dai 6 anni in su). Altro tuffo nel passato, altro viaggio tra resti, siti e profumi di natura d'altri tempi, questa volta esplorando le terre del Carso interno, tra Draga e Pesek, i luoghi dove veniva privilegiata l'attività di produzione del ghiaccio (jazere) e la sua conservazione, insomma una fonte importante all'interno degli scambi commerciali marittimi della Trieste antica, quando porto e scambi possedevano una dignità unica al mondo; da riscoprire. L'ultima tappa del calendario escursionistico 2014 si lega alla domenica del 23 novembre e comporta ancora il target abituale legato ad adulti, famiglie bimbi dagli 8 anni. Il tema della quarta passeggiata è "Estremo Oriente: alla scoperta del Monte Goli", appuntamento ideato in occasione della "Giornata Mondiale degli Alberi", escursione disegnata attraverso il sentiero che traccia il punto più orientale nella mappa della provincia di Trieste, punto che assembla landa carsica, guizzi di boscaglia e tavolozze di prato fresco. Questi gli itinerari dell'autunno 2014. La formula nel complesso rimane invariata e si traduce in escursioni (gratuite) della durata in media di circa tre ore a cura di guide ufficiali, in lingua sia italiana che slovena. Gli orari, le prenotazioni e le modalità? Vengono comunicati rigorosamente al telefono o in e mail, contattando il numero 3669571118 (dal lunedì al venerdì, dalle 14 alle 17) oppure scrivendo a info@riservavalrosandra-glinscica.it. Altre istruzioni particolari non sussistono, se non quelle di armarsi di curiosità e possibilmente di un classico "look" da gita, quello che le mamme consigliavano un tempo: scarpe robuste e maglioncino di riserva. A proposito di consigli. Anche la classica "merenda a sacco" torna in questo caso di moda, anzi necessaria, con tanto di borraccia e spuntini agili, anche da condividere sul prato e boschi.

Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 11 ottobre 2014

 

 

Comune scagionato per lo scempio della Val Rosandra
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il Comune di San Dorligo esce completamente scagionato da ogni accusa dal processo su quello che è stato ridefinito come lo scempio della Val Rosandra, cioè sui lavori di deforestazione eseguiti tra il 24 e il 25 marzo del 2012. L’ultima posizione che restava da definire, per quanto concerne l’ente municipale coinvolto, era infatti quella del geometra Mitja Lovriha, caposervizio dell’area ambiente e lavori pubblici, e ieri il giudice Laura Barresi in sede di udienza preliminare ha disposto il non luogo a procedere nei confronti del dipendente comunale, difeso dall’avvocato Andrea Frassini. Posizione archiviata. Proprio come era accaduto, già lo scorso anno, per l’ex sindaco Fulvia Premolin e il suo vice - e assessore alla Protezione civile - dell’epoca Antonio Ghersinich (difesi rispettivamente da Peter Mocnik e dallo stesso Frassini). E anche, al di fuori del Comune di San Dorligo, per Luca Bombardier, titolare della ditta specializzata i cui uomini avevano collaborato con i volontari della Protezione civile nell’intervento in Val Rosandra. Come noto, intanto, è in corso invece davanti al giudice Marco Casavecchia il processo a carico di quattro imputati per l’ipotesi di reato di presunto disastro ambientale in concorso, che il pm Antonio Miggiani contesta all’allora vicepresidente della Regione Fvg Luca Ciriani, e poi al responsabile della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, a una funzionaria e a un dipendente della stessa Protezione civile regionale, ossia Cristina Trocca e Adriano Morettin. Quanto a Lovriha, in apertura di dibattimento davanti al giudice Casavecchia, l’avvocato difensore Andrea Frassini aveva sollevato un’eccezione, rilevando come gli atti riguardanti il suo assistito non fossero stati tradotti anche in sloveno, come invece previsto dalla legge di tutela delle minoranza linguistica: norme che - aveva messo in evidenza il legale - andavano applicate essendo Lovriha appartenente alla comunità slovena. Il giudice Casavecchia aveva accettato l’istanza della difesa, scorporando la posizione del geometra e rimettendola al pm Miggiani per la successiva fissazione di una nuova udienza preliminare. Nel corso dei mesi, il pubblico ministero aveva poi sentito per conto proprio alcuni dei testimoni che Frassini aveva indicato nella sua lista, sino a decidere di presentare al gup una richiesta di archiviazione. Richiesta alla quale si era opposto l’avvocato del Wwf, Alessandro Giadrossi. Alla luce però degli elementi poi emersi durante il processo a Ciriani, Berlasso, Trocca e Morettin (nel frattempo in corso), lo stesso legale dell’associazione ambientalista ha deciso di ritirare l’opposizione e ieri ha formalizzato tale posizione davanti al giudice Barresi. Frassini, dal canto suo, ha richiamato la domanda di archiviazione avanzata dal pm. Domanda che il gup ha infine accolto con sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Mitja Lovriha.

Matteo Unterweger

 

 

Blitz di Arvedi in città: dalla cokeria alla Regione
Prima a Servola per controllare gli impianti, poi a colloquio con Serracchiani alla quale ha illustrato anche gli interventi previsti per contenere le emissioni
Anche se la conosceva già ha voluto personalmente mettere il naso da neoproprietario fin dentro la cokeria, sembra per controllare quali e quanti “macchinari” siano da sostituire. A quattro giorni dal contratto definitivo di acquisto della Ferriera di Servola e a uno e mezzo dal rientro da una missione all’estero, il cavalier Giovanni Arvedi è segretamente piombato a Trieste, ma è stato notato mentre entrava nel palazzo della Regione di piazza Unità dove ha incontrato la governatrice Debora Serracchiani che sta anche per diventare commissario straordinario dell’area di crisi industriale complessa. «Nel corso del colloquio - rileva una nota della Regione emessa in serata - Arvedi, il quale ha ribadito la sua personale attenzione per la sostenibilità ambientale dello stabilimento, ha illustrato in primo luogo gli interventi previsti per la cokeria, riguardo la quale sono in fase di studio avanzato ulteriori presidi per il contenimento e l’aspirazione delle emissioni diffuse, e ha spiegato che sono in corso azioni d’informazione nei confronti dei lavoratori relativamente alle tematiche ambientali. Ribadendo l’intenzione di avviare al più presto la produzione e di farla entrare rapidamente a regime, Arvedi ha anche anticipato i programmi futuri a breve termine, tra cui gli interventi per il consolidamento della banchina, necessari per permettere lo sviluppo, in tempi molto brevi, dei traffici portuali. La presidente Serracchiani - prosegue la nota - ha assicurato che l’amministrazione regionale è impegnata per giungere il prima possibile alla firma dell’Accordo di programma quadro, indispensabile per chiudere definitivamente l’attribuzione delle competenze pubbliche e private negli interventi». Presumibilmente si è parlato anche della concessione trentennale dell’area demaniale che deve essere data dall’Autorità portuale, sentito anche il Comitato. A quel punto però il cavalier Arvedi era già in città da qualche ora perché, all’insaputa degli stessi sindacalisti e rappresentanti di fabbrica, aveva già fatto come detto un blitz a Servola per sincerarsi ancora una volta sullo stato dello stabilimento, in particolar modo della cokeria - dove gli operai se lo sono visto comparire davanti - che attualmente funziona a mezzo servizio e sul cui futuro è in ballo anche l’ipotesi di una completa dismissione, e poi sui lavori già conclusi sull’altoforno e quelli avviati anche nel padiglione dell’ex acciaieria dove verrà collocato il nuovo laminatorio a freddo. Soltanto lunedì sera era stato firmato il contratto definitivo per il passaggio della Ferriera dall’amministrazione controllata della Lucchini a Siderurgica Triestina, società al 100% di Finarvedi di cui è amministratore unico Francesco Rosato. Ciò a 15 mesi e mezzo di distanza da quel 31 luglio 2013 in cui Arvedi, fondatore e patriarca di quello che è uno dei più importanti gruppi siderurgici europei con stabilimenti in Lombardia e Liguria, era già venuto a Trieste per annunciare che la Ferriera la rilevava lui. Ieri ha incontrato anche il sindaco Roberto Cosolini che però non ha riferito i dettagli del colloquio. «Con Siderurgica Triestina mi sento quasi quotidianamente - ha affermato il sindaco - il fatto che il proprietario venga personalmente dopo qualche giorno dall’acquisto a sincerarsi della situazione dimostra quanta importanza riservi all’insediamento triestino considerato che ha fatto una scelta di grande responsabilità che implica investimenti ingenti».

Silvio Maranzana

 

Battista (Autonomie): «Minaccia ambientale da far cessare»

«La tutela dell'ambiente non è un valore negoziabile. Per questa ragione, sarò al fianco e mi farò portavoce dei cittadini che vogliono partecipare alla vita della loro città, a partire della riqualificazione ambientale della Ferriera di Servola». Così il senatore triestino Lorenzo Battista, del gruppo Per le Autonomie. «Ora che Arvedi ha acquisito ufficialmente l'impianto nel quadro dell'area di crisi complessa - prosegue una nota del senatore - mi auguro non siano disattese le esigenze di seria, tempestiva e definitiva riqualifica, per garantire ai lavoratori un luogo di lavoro sicuro per la loro salute, ma soprattutto per mettere fine alla minaccia ambientale e sanitaria che la Ferriera ha fin qui rappresentato per i lavoratori stessi e i cittadini di Trieste».

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 10 ottobre 2014

 

 

Arvedi promette impegno e trasparenza

Dopo l’acquisto della Ferriera una nota del Gruppo di Cremona sottolinea la collaborazione ricevuta
Impegno per realizzare, dopo il primo traguardo raggiunto, tutti gli obiettivi prospettati a partire dal piano industriale, ma in un clima di trasparenza e collaborazione con i dipendenti e il territorio. È quanto promette il Gruppo Arvedi nella prima breve nota ufficiale dopo l’acquisto della Ferriera emessa ieri, in concomitanza con il rientro al quartier generale di Cremona da una missione all’estero del cavalier Giovanni Arvedi. «A seguito della firma del contratto di acquisizione della Ferriera di Servola - rileva la nota - il Gruppo Arvedi esprime soddisfazione per il positivo esito raggiunto, frutto del sinergico impegno delle istituzioni locali, in primis Regione, Provincia, Comune e Autorità portuale, del Governo, del commissario Nardi, del sindacato, delle associazioni di categoria, delle maestranze e dei lavoratori dell’azienda. Con spirito costruttivo e positivo si sono impegnati per il raggiungimento di questo primo obiettivo. Il Gruppo Arvedi e Siderurgica Triestina - prosegue il comunicato - lavoreranno con professionalità, impegno, trasparenza e realismo per realizzare i progetti previsti dal Piano industriale e per i successivi sviluppi, confrontandosi con le istituzioni, i lavoratori e le parti sociali». E dopo la vendita una nota è stata emessa anche dal commissario straordinario della Lucchini, Piero Nardi. «È stato raggiunto un risultato molto importante - ha sottolineato Nardi - che all’inizio della procedura poteva essere considerato se non impossibile, altamente improbabile. Ciò grazie alla collaborazione tra i ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture e le istituzioni locali che si è concretizzata con la firma dell’Accordo di programma del 30 gennaio, ma che è proseguita fino a oggi con incessante determinazione. Ma determinanti - ha proseguito Nardi - sono stati ovviamente il coraggio e la lungimiranza di Giovanni Arvedi, imprenditore di quella generazione che ha fatto grande l’industria siderurgica privata in Italia e nel mondo. Tale cessione e il costante supporto del governo - ha concluso - sono per la procedura Lucchini in amministrazione straordinaria motivo di stimolo e conforto per portare a termine entro i prossimi mesi le altre vendite previste dal programma del commissario». L’obiettivo primario dell’acquisto della Ferriera, secondo lo stesso Piano industriale di Siderurgica Triestina, «è quello di inserire lo stabilimento di Servola nella filiera produttiva dell’Acciaieria Arvedi spa di Cremona, fornendo a regime circa 450mila tonnellate all’anno di ghisa da rifondere e garantendo all’Acciaieria una sufficiente indipendenza sul mercato degli approvvigionamenti della materia prima ghisa necessaria per produrre acciai di qualità».

Silvio Maranzana

 

«Ma il nuovo proprietario va controllato»
Rifondazione comunista e Pdci comunque soddisfatti dell’esito della vertenza Servola
Rifondazione comunista e Pdci vedono «positivamente la conclusione della vicenda Ferriera». Ma, al contempo, osservano che ora «si apre per il futuro un impegno di controllo, collaborativo ma pressante, sull’imprenditore. Compito dei partiti sarà di tenere gli occhi aperti e vigili per tutelare gli interessi della città, dei suoi abitanti e dei lavoratori». Questo il pensiero espresso ieri da Peter Behrens e Bruna Zorzini, segretari provinciali di Rc e Pdci. «Arvedi – ha detto il primo - sembra un interlocutore serio, col quale è possibile discutere, pur nella diversità delle opinioni su alcune questioni che riguardano i lavoratori. Alcuni problemi restano irrisolti – ha aggiunto – perché per esempio non è chiaro il meccanismo col quale si ridurranno le emissioni. Aspettiamo poi di vedere chi pagherà il conto della bonifica. Si spera in ogni caso – ha aggiunto - che la vigilanza sulle modalità di spesa dei soldi pubblici sia rigorosa, e indichiamo nel sindaco, Roberto Cosolini, la figura deputata prima degli altri a questo compito. Bisognerà inoltre vigilare sul ruolo futuro di Arvedi come terminalista – ha concluso - e sarà necessario capire anche il futuro delle aziende collegate esterne». «L'accordo raggiunto impegna l’azienda alla riassunzione di tutti i lavoratori finora allontanati – ha sottolineato Zorzini – e ciò soddisfa le richieste delle organizzazioni sindacali e nostra. Sarà nostra cura verificarne il rispetto. L'organico potrebbe salire addirittura a 680 unità. La salvaguardia del posto di lavoro – ha osservato Zorzini - deve però andare di pari passo con il rispetto delle regole sulla sicurezza. Dovremo vigilare affinché la Ferriera possa diventare uno stabilimento ecocompatibile. L'imprenditore è chiamato al rispetto di queste premesse, mentre le istituzioni tutte dovranno vigilare.

(u.s.)

 

 

E-mail sul Prg: «Il sindaco mandi via Marchigiani»
Parte del centrodestra all’attacco sull’assessore che non voleva dare informazioni a Bertoli «odioso e incongruo»: «Cosolini si assuma le sue responsabilità»
Se prima le era “odioso”, chissà che opinione si sarà fatta ora di lui che reclama (insieme al resto dei capigruppo d’opposizione, tranne quelli grillini ed ex leghisti più Franco Bandelli e Roberto Antonione) la sua testa politica, ovvero le sue dimissioni dalla giunta, direttamente a Roberto Cosolini. Solo che stavolta, si può presumere, Elena Marchigiani si guarderà bene dall’esternare aggettivi e giudizi e dall’appiccicarli a Everest Bertoli. Ieri era il quinto giorno di calma apparente da quando, domenica, era scoppiato il caso dell’e-mail spedita dall’assessore a due dirigenti comunali e per conoscenza al capogruppo di Forza Italia in cui Marchigiani raccomandava alle stesse due dirigenti di «studiare un modo per non dargliela vinta». A chi? Proprio a Bertoli, che aveva chiesto una serie di informazioni sul Piano regolatore in corso di definizione, in particolare là dove pretendeva di sapere nomi e cognomi dei proprietari di terreni in via di trasformazione da non edificabili in edificabili, e quanti di questi nomi e cognomi rientravano semmai in una lista di «130 persone fisiche e giuridiche che hanno fatto varie richieste al Comune prima dell’adozione del Prg». «Care, come ci comportiamo? Credo che un personaggio più odioso e incongruo di Bertoli non esista», aveva scritto Marchigiani alle due dirigenti mandandogliele di fatto a dire al portabandiera berlusconiano e rivendicando a posteriori la scelta consapevole della “spedizione” in copia conoscenza: «No, non è stata una svista. Non si fanno nomi e cognomi nel mezzo di un iter come quello del Prg - aveva spiegato lei - e se poi loro usano fare così è affar loro, a me pare un modo alquanto inopportuno». Ebbene, al quinto giorno di calma l’opposizione tuonò. Ieri, in una conferenza stampa cui hanno preso parte, oltre alla “vittima”, Paolo Rovis per l’Ncd, Claudio Giacomelli per Fdi, l’ex Fli Michele Lobianco e l’ex Lista Dipiazza Alfredo Cannataro, ecco la “rappresaglia”. «Chiediamo al sindaco - così lo stesso Bertoli - di assumersi le sue responsabilità, dopo un silenzio durato troppo a lungo, e quindi di revocare le deleghe all’assessore. A meno che il sindaco non ne condivida il pensiero». Che Marchigiani non sappia che i consiglieri hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere di utilità all’espletamento del loro mandato non mi sorprende - ancora Bertoli - ma che tale dato sfugga anche ai dirigenti mi lascia perplesso. Il fatto che l’assessore chieda a due dirigenti di studiare un modo per non darla vinta ad un consigliere, e quindi trovare un modo per non fornire documenti e atti legittimamente richiesti, è un fatto di estrema gravità politica e non solo». «Si è atteso una settimana - l’eco di Lobianco - per un segnale che doveva venire e non è giunto dal sindaco. A questo punto l’unica soluzione formale sono le dimissioni dell’assessore con tanto di scuse al consigliere Bertoli e al Consiglio comunale tutto». «Il comportamento tenuto dall’assessore non ha precedenti - il rilancio di Rovis - e pone un serio interrogativo sull’adeguatezza a rivestire il ruolo di pubblico amministratore. Un interrogativo cui il primo a dare risposta, ai cittadini più che a noi, non può che essere il sindaco». Fuori Marchigiani, insomma. Ma anche fuori le carte, sennò si finisce in Tribunale. Parola di ex assessore e avvocato: «Non ha la minima importanza - la chiosa di Giacomelli - se all’assessore Marchigiani il consigliere Bertoli piace, se non gli piace o se è segretamente innamorata di lui. L’istigazione ai dirigenti a non dare gli atti richiesti è gravissima. Faremo partire una diffida ad adempiere entro 30 giorni, presupposto all’eventuale esposto alla Procura per il reato di omissione/rifiuto di atti d’ufficio».

Piero Rauber

 

«Lei ha sbagliato, mi sono già scusato»
Il primo cittadino: «Non deve più accadere. Ma Giacomelli era nella giunta che secretò il Piano»
«Lo stravagante comportamento dell’assessore Marchigiani meriterebbe, come minimo sindacale, una censura da chi l’ha nominata in quel posto di responsabilità in cui siede. Invece il silenzio di questi giorni, da parte del più alto vertice di questa sempre più inadeguata Giunta comunale, sembra celare l’imbarazzo per quella che è stata una palese scorrettezza amministrativa». L’unica presa di posizione pubblica venuta in questi giorni portava la firma del “capo” di Bertoli, l’onorevole e coordinatrice regionale di Forza Italia Sandra Savino. Ma in questi stessi giorni, ha precisato ieri pomeriggio Roberto Cosolini, il silenzio sul caso Marchigiani-Bertoli è stato solo in superficie, non sotto. Al punto che, pare di capire, la stessa “assessora” s’è presa una lavata di capo dal suo, di capo. «L’assessore Marchigiani ha sbagliato - la sentenza del sindaco - e io mi sono già espresso nei termini che ho appena detto quando ho avuto modo di incontrare privatamente il consigliere Bertoli, con cui mi sono scusato e che ha apprezzato le mie parole. Ho voluto esprimergli il mio dispiacere e rinnovargli la stima comne persona e come consigliere. Quando si usa un linguaggio irrispettoso si sbaglia, l’errore si deve ammettere e cose di questo tipo non devono più accadere. L’assessore Marchigiani, sappiamo, è persona molto passionale e, talvolta, la passionalità tradisce». Fin qui il “mea culpa” allargato. Ma non manca neanche il pepe politico risoffiato verso il punto da dove era partito. «Salutiamo con soddisfazione - ancora Cosolini - la ritrovata unità del centrodestra su un certo argomento». Sì ma le accuse di «scorrettezza»? E le minacce di Giacomelli che mostra un’opposizione pronta ad andare in Procura se non spunteranno le carte richieste da Bertoli? «Fare ciò che prospetta il consigliere Giacomelli - la replica del primo cittadino - è nel suo pieno diritto. Ricordo però che questo è il Prg, e che gli uffici comunali sanno benissimo a quali informazioni ci si può attenere in corso d’opera, e noi come Giunta ci atteniamo di conseguenza alle valutazioni tecniche degli uffici. Eppoi mi chiedo: il consigliere Giacomelli è lo stesso che faceva l’assessore di una Giunta che portò in Consiglio comunale un Prg secretato?».

(pi.ra.)

 

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE - Al via la raccolta differenziata per l’organico

Nel 2013 la raccolta differenziata del Comune di San Dorligo della Valle si è attestata al 49,81%, in leggero aumento rispetto al 2012 (47,71%), anche se ancora lontano dal 65% previsto dall’Ue. Questi i dati forniti dalla giunta Klun sull'andamento della raccolta. Per dare una svolta al sistema del “porta a porta”, l'amministrazione ha quindi deciso di partire con la raccolta della frazione organica. Il servizio prevede la distribuzione di un contenitore marrone da 23 litri per ogni utenza domestica che non ha fatto la dichiarazione per usufruire dell'agevolazione per il compostaggio (composter) domestico. A breve il contenitore verrà distribuito anche ad alcune categorie di utenze non domestiche quali alberghi, bar, trattorie, negozi. «L’acquisto dei contenitori è stato possibile anche grazie alla buona percentuale di raccolta differenziata ottenuta dal Comune negli anni precedenti, che ha permesso di ottenere un contributo di quasi seimila euro da parte della Provincia», spiega l'assessore all'Ambiente e territorio Franco Crevatin. Per quanto riguarda la parte operativa del progetto la distribuzione dei contenitori è attualmente in corso da parte della Italspurghi Ecologia. Oggi alle 17.30 alla Babna hiša di San Giuseppe della Chiusa incontro esplicativo riservato alle frazioni di San Giuseppe e Log, alle 19 al Centro “Ukmar” di Domio spazio alle frazioni di Domio, Puglie di Domio, Lacotisce, Mattonaia e Francovez. Seguiranno le altre frazioni.

Riccardo Tosques

 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE Due quesiti da chiarire

Anche sul rigassificatore di Monfalcone/Lisert sarebbe opportuno fare chiarezza su due aspetti, a suo tempo già ampiamente trattati in occasione dell’esame del progetto Gas Natural per Zaule. Il primo riguarda l'interdizione alla navigazione in presenza delle gasiere: si parla di 22 gasiere all'anno per il rifornimento dei serbatoi al Lisert e di altre piccole gasiere che dovrebbero rifornire un numero imprecisato di depositi dislocati in vari siti delle nostre coste. Quindi ci sarebbe un traffico non indifferente di gasiere, più o meno grandi, nel nostro golfo. A tal proposito ritengo opportuno citare le norme di sicurezza per la navigazione applicate altrove (come riportate su vari siti e/o sentite in occasione di conferenze e dibattiti). Quale esempio riporto le regole in vigore per l'impianto di Livorno: "Vi è un'area d'interdizione totale alla navigazione con un raggio di due miglia dal terminale, dove saranno vietati il passaggio, la sosta, l'ancoraggio, la pesca e qualsiasi attività di superficie o subacquea. Poi è stata individuata un'altra area tra due e quattro miglia, in cui sarà concesso solo il passaggio in transito ad una velocità non superiore a 10 nodi. Ed infine una terza area tra quattro e otto miglia cosiddetta di preavviso, dove sarà consentita la sosta solo per comprovate emergenze. La nave Olt sarà sorvegliata 24 ore su 24 da un rimorchiatore della ditta Neri, un pattugliatore d'altura. Tale ordinanza della capitaneria sarà in vigore dal 28 Luglio”. Mi risulta che norme simili siano adottate anche negli altri impianti esistenti in Italia, come Porto Viro, e all'estero. Suppongo pertanto che anche nel nostro caso tali norme dovranno essere assolutamente rispettate e, di conseguenza, non è difficile prevedere che altre attività legate al mare, quali la pesca, il diporto nautico e, soprattutto, l'attività portuale di Monfalcone e Trieste, ne verrebbero significativamente compromesse. Il secondo punto riguarda la delibera n° 178, Art. 13, comma 2, emanata dall'Autorità dell'energia, la quale manleva dal rischio d'impresa. In pratica, il "fattore di garanzia" offre a chi costruisce un terminale, anche in caso di mancato utilizzo dell'impianto (fatto molto probabile vista l'attuale carenza di Gnl a livello mondiale), la copertura dell'utile, che sarebbe comunque garantito recuperando le perdite con l'addebito sulle bollette dei consumatori, cioè: noi cittadini dovremmo pagare il mancato utile dell'Impresa. Ritengo particolarmente utile sapere se di tale garanzia potrà avvalersi pure l'impianto di Monfalcone/Lisert. Credo conveniente verificare questi punti (anche per i proponenti) prima di qualsiasi decisione, onde evitare spiacevoli sorprese in fase di esecuzione dei lavori o a lavori ultimati.

Silvano Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 ottobre 2014

 

 

Edilizia, entra in casa il “credito” dei volumi

Presentato l’innovativo regolamento allegato al Prg che punta al risparmio energetico
Ristrutturare l’esistente, ma utilizzando rigorosi criteri di risparmio energetico, per avere in cambio la possibilità di aumentare, altrove, la volumetria degli edifici. Questo il progetto predisposto dal Comune e denominato “Meccanismo dei crediti edilizi per la riqualificazione energetica”, di cui si è discusso ieri al Mib, nel corso di un convegno dedicato al tema e che ha visto la vasta partecipazione di tecnici ed esperti, in rappresentanza di tutte le categorie professionali coinvolte. «Nel nuovo Piano regolatore adottato dal Consiglio comunale lo scorso aprile - ha spiegato l’assessore comunale all’Urbanistica Elena Marchigiani - uno dei temi chiave, per avviare congiuntamente la riqualificazione della città e il rilancio del settore edilizio, riguarda la definizione di un meccanismo di crediti volumetrici a sostegno di interventi di riqualificazione energetica: una modalità di intervento innovativa, finora mai attuata nell’intero Friuli Venezia Giulia, volta a perseguire obiettivi di contenimento dei consumi energetici e di riduzione, entro il 2020, del 20% della produzione di anidride carbonica. «In questo modo - ha aggiunto Marchigiani - si potranno centrare gli obiettivi sanciti dal Piano d’azione per l’energia sostenibile, strumento operativo dell’iniziativa europea denominata “Patto dei sindaci” cui il Comune di Trieste ha aderito subito con convinzione. Il meccanismo dei crediti volumetrici - secondo l’assessore - sarà disciplinato da un Regolamento specifico la cui approvazione è prevista contestualmente a quella del nuovo Prg, del quale di fatto completerà il corpus documentale». Marchigiani ha fatto un esempio concreto per rendere più agevole la comprensione del principio urbanistico: «Il proprietario di un immobile situato nel bordo del centro storico o in aree già densamente popolate non può chiedere di aumentare di un piano il suo edificio, però, se lo renderà più efficiente sotto il profilo del risparmio energetico, maturerà un premio che consisterà nel poter aumentare la volumetria di un altro suo edificio, collocato però in un’area meno densamente popolata. Questo processo – ha aggiunto l’assessore – oltre a ridare vitalità al comparto edilizio, uno dei più colpiti dalla crisi, permetterà anche la nascita di nuove professionalità, perché tecnici del settore potranno dedicarsi allo studio di progetti che comprendano la ristrutturazione dell’esistente in una determinata zona e al contempo di ampliamento volumetrico in un’altra».

Ugo Salvini

 

«La corruzione in edilizia aggrava i terremoti»
Roger Bilham, sismologo, spiega come nei paesi poveri l’alto numero di morti (83% negli ultimi 30 anni) sia legato al malcostume
TRIESTE Più poveri dunque più corrotti, e perciò più soggetti al potere distruttivo dei terremoti. È un filo non tanto sottile quello che lega l'elevata mortalità da sisma a Paesi come Haiti, Afghanistan, Ecuador, Grecia passando, ahimè, anche per l'Italia (ma non solo); paesi in cui la corruzione in ambito edile non è rara. A disegnare idealmente questo filo è stato Roger Bilham, sismologo del Dipartimento di scienze geologiche dell'Università di Boulder, Colorado, e ricercatore del Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences. Bilham è intervenuto ieri al Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam, per celebrare con colleghi e amici i primi 50 anni del centro. Tema della sua conferenza: spiegare perché i paesi più corrotti sono quelli in cui si muore di più per un terremoto, e offrire la sua ricetta per cambiare. «Nei paesi a basso reddito pro capite - ha spiegato Bilham - la corruzione mette più facilmente radici che nei paesi ricchi: se non sai come mantenere la famiglia non ti preoccupi delle conseguenze derivanti dal tuo essere corrotto. Non è un caso se i terremoti fanno più vittime - l'83 % delle morti da sisma degli ultimi tre decenni - proprio dove povertà e corruzione si intrecciano». Certo, si muore anche per fattori imponderabili: un sisma che colpisce in una calda mattinata estiva fa meno morti (da due a cinque volte) di un sisma che arriva in una notte d'inverno. Oltre a questo, però, si muore perché gli edifici ci crollano addosso. E ci crollano addosso perché sono mal costruiti, perché chi li ha costruiti non ha rispettato le buone prassi. Il settore dell'edilizia, dove la corruzione incassa all'incirca 7,5 miliardi di dollari l'anno, è tra i peggiori. Non si tratta solo di usare materiali di scarto, tecniche di costruzione vetuste, o di scegliere un sito inidoneo perché a qualcuno fa comodo. «La corruzione - ha aggiunto Bilham - può assumere molte forme, a tutti i livelli». Bilham stesso ne ha fatto le spese: nel 2012 il governo indiano gli ha proibito l'ingresso nel paese, per un articolo scientifico scritto con il collega indiano V.K. Gaur, in cui sottolineava la difficoltà di stimare il rischio sismico della zona di Jaitapur, dove il governo prevede di costruire la più grande centrale nucleare al mondo. «Da allora alcuni colleghi indiani sono intimiditi: temono di perdere il posto, di non ottenere promozione o finanziamenti». Tornando ai dati significativi, Bilham ha sottolineato il maggior rischio cui va incontro la popolazione umana da quando sono sorte le megalopoli, soprattutto nei paesi in via di sviluppo (dunque a basso reddito e alta corruzione). «Nel 1950 - ha detto il sismologo - c'erano solo 43 megalopoli con 2-15 milioni di abitanti. Oggi ce ne sono circa 200, metà delle quali sono situate nei pressi di faglie attive da cui potrebbero sprigionarsi terremoti di magnitudo 7.5». E se dal 1500 a oggi circa cinque milioni di persone sono morte per il crollo di edifici verificatosi durante un terremoto, in futuro è prevedibile che questo numero possa aumentare considerevolmente, anche a causa del sovraffollamento urbano e della poca volontà di costruire bene. Basti pensare che solo negli ultimi 15 anni, i peggiori da quando disponiamo di dati certi, i terremoti hanno causato qualcosa come 600 mila morti. «Basterebbe investire il 10% in più in buone prassi edilizie per avere edifici a prova di sisma. Invece, si accetta di pagare il 20% in più, per i costi di ricostruzione», ha ricordato il sismologo, sottolineando come ogni 100 morti i costi di ricostruzione ammontino a un miliardo di dollari. C'è una via d'uscita quando la corruzione prende il posto del buon governo? «C'è - risponde ancora Bilham - ed è la cultura, la scienza, l'educazione intesa come pratica di vita. L'Ictp, in tal senso, svolge un grandissimo lavoro: forma gli scienziati del futuro. Ma forma anche persone che, con il loro esempio, potranno trasmettere a politici e amministratori un messaggio concreto ed efficace».

Cristina Serra

 

 

Gli abitanti chiedono il centro di Prosecco senza auto
PROSECCO Chiudere al transito veicolare il centro di Prosecco per garantirne la vivibilità e tutelare i residenti. La proposta arriva dal Comitato spontaneo per la conservazione del centro storico della frazione, e riguarda in modo particolare quella parte antica del paese raccolta attorno alla parrocchiale e immediatamente confinante con Devincina e il Comune di Sgonico. Un’area caratterizzata da vie anguste e stretti vicoli dove talvolta vanno addirittura a incagliarsi camion e pulmini ingannati dalle indicazioni satellitari. Per questa parte del paese, di cui un’area è stata recentemente chiusa al traffico per permettere dei lavori di ristrutturazione a degli edifici pericolanti, i cittadini chiedono l’interdizione totale o, almeno, la posa in opera di segnaletiche utili a dissuadere velocità di transito elevate. Di fronte alle richieste dei residenti, il presidente della circoscrizione di Altipiano Ovest Roberto Cattaruzza, assieme all’assessore comunale alla Mobilità e Traffico Elena Marchigiani, ha condotto un sopralluogo nel centro storico di Prosecco. Accanto alle ragioni del comitato spontaneo, sono stati ascoltati altri residenti del centro per raccogliere ulteriori segnalazioni e indicazioni sul complesso tema della viabilità locale. «Per il centro storico del borgo è previsto un piano del traffico specifico – spiega Cattaruzza – pertanto appare inattuale richiedere dei provvedimenti fortemente restrittivi come la chiusura del centro, non condivisi inoltre da tutti i residenti. Ricordo anche che parte del paese è sotto la giurisdizione comunale di Sgonico, e dunque è necessario fare i conti con le loro norme e prescrizioni. A suo tempo il nostro parlamentino aveva organizzato una serie di incontri con la cittadinanza per raccogliere i suggerimenti utili a migliorare lo strumento in questione: spiace osservare che coloro i quali oggi ci chiedono tali radicali misure di interdizione fossero assenti e dunque incapaci di proporre queste pesanti misure». Comunque sia, assessore e parlamentino intenderebbero organizzare un ulteriore incontro pubblico per discutere e raccogliere nuovi contributi dalla comunità. Secondo Altipiano Ovest, alcune criticità possono essere risolte con la predisposizione di nuovi segnali stradali, in particolari con nuovi limiti di velocità sia lungo la Provinciale numero 1 che nel cuore della borgata.

Maurizio Lozei

 

 

Danni da cinghiali: Panontin in Provincia - GRIZON (PDL)
«Paolo Panontin, assessore regionale alla caccia, a seguito della mia richiesta a nome del gruppo del Pdl e a quella del consigliere Ret, che la maggioranza ha condiviso, è stato invitato in consiglio provinciale il prossimo 23 ottobre per un’audizione sui danni causati sul territorio provinciale dai cinghiali e dalla fauna selvatica a vigneti, culture, pascoli ma anche automobili ed altri beni patrimoniali». Lo rende noto il consigliere provinciale Claudio Grizon. Alla seduta sono stati invitati anche: 13° Distretto Venatorio, Drustvo Doberdob, Associazione Agricoltori Kmecka Zveza, Federazione Provinciale Coltivatori Diretti, Confagricoltura Gorizia e Trieste, Federcaccia ed Enalcaccia. La Provincia ha la competenza di raccogliere e istruire le istanze per la prevenzione e l’indennizzo dei danni e di erogare i fondi stanziati a tal fine dalla Regione (80mila euro per il 2014) «con complicate procedure amministrative - rileva Grizon - che devono tener conto anche dal limite del de minimis, pari a 15mila euro di finanziamento pubblico in tre anni, disposto dall’Ue per il settore dell’agricoltura».

 

 

Anche il mercato può essere equo e solidale - incontri
È una delle forme più incisive ed efficaci per affrontare le crisi economiche globali che ci attanagliano. Una fiammella che può restituire dignità e speranza, a chi, nei paesi impoveriti del Sud del mondo, non ha più altra scelta che andarsene. Eppure, il commercio equo e solidale nel nostro Paese è ancora relativamente poco conosciuto. L’atteggiamento è spesso di diffidenza se non di sfiducia. La realtà è che il mercato siamo noi: sui banchi dei negozi, dei supermercati e delle botteghe che frequentiamo quotidianamente ci sono, uno accanto all’altro, i prodotti che hanno generato la crisi e quelli che possono aiutarci ad uscirne: a noi la scelta. Per capire e diffondere le buone pratiche di un consumo critico, le Botteghe del mondo di Trieste, Senza Confini e Mosaico propongono ai triestini un percorso che vuole far conoscere la storia, i principi e le prospettive future del commercio equo e solidale nell’attuale contesto di crisi globale. Il primo intervento avrà luogo alle 17.30 al punto informativo dei soci Banca Etica di via Donizetti 5/A e sarà rivolto soprattutto a chi ancora non conosce il commercio equo e solidale . Gli operatori delle Botteghe tracceranno un breve quadro di come è nato e come si è sviluppato il movimento in Italia e nel mondo e saranno a disposizione per rispondere alle domande in argomento.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 ottobre 2014

 

 

Ferriera, subito gazzarra sul progetto Arvedi
Francesco Rosato: «Se la cokeria inquina e dà disturbo la chiuderemo» Cosolini: «Evitata un’agonia senza fine» ma gli ambientalisti rumoreggiano
È finito in gazzarra ieri al Circolo della stampa l’incontro congiunto del sindaco Cosolini e dell’amministratore unico di Siderurgica Triestina Francesco Rosato all’indomani della firma per l’acquisto della Ferriera da parte del gruppo cremonese Arvedi. Sarebbe dovuta essere una presentazione di quel che molti (sindaco in testa) considerano la più eccezionale buona notizia in campo economico-industriale non solo di Trieste, ma d’Italia, «dove ai tavoli sulle crisi complesse - ha detto Cosolini - si discute di funerali, non di soluzioni». Per quanto dalle domande del moderatore, il giornalista del Piccolo Silvio Maranzana, siano usciti spunti per capire di più e meglio che cosa Arvedi ha in mente, con quali e quanti soldi, con che progetti sulla cokeria (che inquina) e sul futuro laminatoio a freddo (che non inquina e promette lavoro a ulteriori 200 e più operai proiettando il totale a circa 680), dal pubblico comitati e cittadini sciolti hanno rumoreggiato quasi da subito, finendo con voci alterate a rinfacciare i propri morti. A un certo punto pochi erano più seduti al proprio posto, e il consigliere comunale Roberto Decarli (sempre in prima fila su Servola) si è altrettanto polemicamente alzato urlando: «Basta, e avanti con la Ferriera!». Servola respira, No smog e Circolo Miani hanno anche usato civilmente il microfono, ma per negare ogni novità e speranza: «Tutto come prima - secondo Alda Sancin e gli altri -, cokeria, altoforno, Elettra, e con le stesse persone». Rosato è stato infilzato di domande sul suo ruolo, fino al 2011 direttore della Ferriera, poi a Piombino, «dal gennaio al giugno 2013 consulente del Comune - come ha spiegato lui stesso - e dall’ottobre consulente del gruppo Arvedi» che gli aveva chiesto, dopo la manifestazione d’interesse, di favorire l’incontro con Trieste, «cose che hanno sveltito i tempi». Per rassicurare Rosato ha elencato i restauri all’altoforno già in corso, e spiegato che «Arvedi intende risanare la cokeria, e tenerla in funzione solo se non inquinerà e non darà “disturbo”. C’è già un progetto da 8-10 milioni per dismetterla, stiamo cercando coke da comprare all’estero». Ma per soprappiù, richiesto di spiegare quale ruolo avrà Elettra, ha rivelato: «Prima Servola produceva quasi solo gas, Elettra ne richiedeva grandi quantità. Solo incidentalmente si produceva ghisa. Quel che contava era il gas. Ora la produzione per Elettra sarà solo del 10-20%». Cosolini, prima di arrivare ad apostrofare un cittadino con un sonoro “e adesso stia zitto”, ha elencato le partite che al Comune paiono vincenti: «Evitate una agonia senza fine e la chiusura con disastro occupazionale e ambientale che sembrava certa; garanzie sugli organici, continuità di sviluppo con laminatoio e logistica, 66,5 milioni per la bonifica, 5 ministri impegnati, 41 milioni di risorse». Rosato ha parlato di 172 milioni di investimento privato «di cui 120 per il laminatoio: capannone da 30 mila metri quadrati già in ristrutturazione e macchinari già ordinati negli Usa». Maurizio Fogar del Miani ha rinfacciato che i Lucchini, proprietari precedenti, «per due volte hanno promesso laminatoi». Rosato e Cosolini a una voce: «Ci ritroviamo fra due anni per verificare quanto è stato fatto». Pubblico scatenato: «Sei mesi, anzi un mese!». Di striscio è emerso che Rosato ha favorito un incontro, 15 giorni fa, tra Arvedi e la presidente del Porto Marina Monassi: «Si è parlato dei progetti del porto e dei nostri sulle aree demaniali». In Comitato portuale si voterà la richiesta di concessione per 30 anni presentata dalla nuova proprietà, cui è stata contestata anche la capacità economica («2,2 miliardi» la risposta). Come fare tutto ciò sarà scritto in un nuovo accordo di programma a Roma. Contestato. Fra sbandieramento di foto di camini e fumi.

Gabriella Ziani

 

I sindacati: «Finito un periodo da incubo»
Salvaneschi (Fim-Cisl): «Ora speriamo che l’Authority firmi la concessione di 30 anni per la banchina»
All’indomani del passaggio di proprietà della Ferriera i sindacati fanno sforzo a trattenere segnali di vittoria. Una parentesi di soddisfazione se la danno. Già ieri, a poche ore dalla storica firma di compravendita, i dipendenti attivi in fabbrica e non “in cassa” hanno anch’essi firmato qualcosa: il foglio di dimissioni dalla Lucchini e quello di assunzione da parte della nuova società, la Siderurgica Triestina, per intero del gruppo cremonese Arvedi. Momento epocale, che dopo oltre 20 anni di tremende battaglie (un sindacalista che li ha vissuti per intero confessa di essere in cura dal neurologo) plasticamente inaugura una nuova stagione. «Si va avanti - tira un sospiro Umberto Salvaneschi delle Fim-Cisl -, l’atto di compravendita recepisce l’organico di 380 addetti, l’accordo sindacale li porta a 410, i rapporti con Elettra sono risolti. Ci restano tante pratiche burocratiche, e soprattutto aspettiamo che l’Autorità portuale dia la concessione della banchina per 30 anni. Importante è anche il piano di risanamento - prosegue Salvaneschi -, la città si è sempre rivoltata contro la fabbrica dimenticando che i più interessati a un ambiente sano siamo noi, i lavoratori, i più esposti». «Si parte col piede giusto, il programma è ambizioso, ma soddisfacente» commenta esausto ma felice Franco Palman della Uilm, al quale in queste ore di sollievo scorre in mente un lunghissimo film: appena assunto, nel 1993 si ritrovò nella “marcia su Trieste per salvare la Ferriera” dell’epoca Illy. Da lì in giù, fra occupazioni di piazza e del Comune, promesse politiche (“chiuderemo la Ferriera”), contratti interni stravolti, trattative giorno e notte, proteste dei cittadini “imbrattati”, cambi di proprietà, crisi, fallimento, cause giudiziarie, cassa integrazione... «Situazioni devastanti - rievoca il sindacalista - nelle quali solo la professionalità dei lavoratori ha salvato la fabbrica, l’abbiamo tenuta su coi bulloni e col fil di ferro, e non è stato facile trattare fuori, con l’arroganza di tanti politici, e tenere la calma dentro. Certi giorni su 500 operai 200 avrebbero voluto spaccare tutto. Ma il gruppo Arvedi - aggiunge Palman - si era affacciato già nel 2007, forse non sapremo mai perché allora fece retromarcia. Avremmo risparmiato anni di guai per l’occupazione, per la salute». Ma i sindacalisti tengono le antenne ritte per mestiere e per istinto. «Il dubbio su come andrà lo avrò sempre - aggiunge Palman -, bisogna vedere se il progetto del nuovo laminatoio e dello sviluppo della logistica sulla banchina hanno gambe. Purtroppo al momento la cokeria rimane. Credo che in un paio d’anni potrebbe però anche venir chiusa». «Sì, “grazie a Dio”, siamo molto contenti. Ma personalmente sono ancora in cassa integrazione, da 7 mesi - commenta Luigi Isaia, rsu della Fiom-Cgil -, gli organici sono salvi, speriamo nella ri-assunzione veloce. L’altoforno è in ristruttrazione, ma sarà pronto a fine mese». «Rispetto a com’eravamo, la vendita è positiva - dice per la segreteria della Failms Cristian Prella -, però non brindiamo, è appena l’inizio di un lavoro che durerà mesi e anni. Del piano industriale abbiamo visto solo l’introduzione. Ci manca il libro intero. Dobbiamo capirne i punti nevralgici, che non sia solo un progetto per la fabbrica, ma anche per la città. Gli impegni firmati sono tanti - prosegue Prella - e sappiamo com’è difficile farli rispettare. Non si vive di “intenti”, ma di fatti».

(g. z.)

 

«Da qui il rilancio industriale della città»
Grim e Cok: sforzi importanti da parte di tutti, ma è un percorso vincente
«Il passaggio della Ferriera di Servola al Gruppo Arvedi segna una vera svolta ed è un nuovo inizio per Trieste. È un grande risultato, sul quale esprimiamo la massima soddisfazione: da qui può partire il rilancio industriale della città». Lo affermano la segretaria regionale del Pd Fvg Antonella Grim e il segretario del Pd di Trieste Štefan Cok commentando la cessione dello stabilimento siderurgico triestino. Secondo Grim «quanto sta accadendo con la Ferriera è la dimostrazione che la determinazione e la compattezza delle istituzioni, unite alla serietà del Gruppo Arvedi e all'impegno delle parti sociali, fanno la differenza in crisi industriali così complesse e sono elementi vincenti. Quella della Ferriera è stata una partita lunga e difficile - evidenzia Grim - che ha richiesto sforzi importanti da parte di tutti, istituzioni, società, sindacati, lavoratori, e che non è ancora conclusa. Ma l'accordo siglato è la certificazione di un percorso vincente, che deve continuare mantenendo ben salde le tre priorità fissate sin dall'inizio: sviluppo economico, tutela occupazionale e risanamento ambientale. Priorità sulle quali fino ad oggi sono state fornite garanzie, e che tali devono rimanere anche in futuro». Secondo Cok «l'accordo siglato ieri è un risultato di fondamentale importanza perché, in una fase di crisi economica generalizzata come quella attuale, innanzitutto frena la perdita di posti di lavoro, ma addirittura, in prospettiva, apre a un possibile incremento occupazionale. Ma è un risultato importantissimo - continua Cok - anche per quel che concerne il risanamento ambientale dell'area, assolutamente indispensabile all'interno di una visione credibile del futuro industriale e logistico di Trieste. Regione, Provincia e Comune - sottolinea ancora il segretario provinciale del Pd - hanno dimostrato che cosa significhi operare con serietà e in sinergia, perseguendo con tenacia un obiettivo non facile da realizzare. Solo così - conclude Cok - è possibile dare risposte certe ai cittadini, che troppo spesso in passato hanno assistito a svariati annunci e promesse non mantenute».

 

 

Una antenna sul Castelliere e Santa Barbara insorge
Il comitato spontaneo della frazione muggesana non vuole “ereditare” i tralicci abusivi abbattuti a Chiampore: la battaglia fra i due colli continua
MUGGIA «Le antenne abusive di Chiampore sono state abbattute sacrificando la zona di Santa Barbara ed in particolare l’area archeologica del Monte Castelliere». Chi pensava che la battaglia intestina dei tralicci muggesani fosse cessata, si sbaglia di grosso. Il Comitato antiantenne di Santa Barbara è tornato alla carica. La scintilla è stata la notizia dei tralicci smontati dall'area di Chiampore. Sotto la lente d'ingrandimento, ancora una volta, il comportamento da parte dell'amministrazione comunale. La critica piove soprattutto sulla strategia adottata ossia sulla tesi della delocalizzazione come unica soluzione al problema dei tralicci abusivi a Chiampore snobbando quella dell’abbattimento. «Come mai l’antenna di Chiampore, abusiva anche questa, è stata ricostruita a Santa Barbara e non è poi stata a suo tempo abbattuta, ma si è cercato di venire incontro ai proprietari del traliccio proponendone lo spostamento sul Monte Castelliere in nome di una pubblica utilità mai provata?» chiede il Comitato. Lo zoccolo duro dei cittadini di Santa Barbara parla di "ennesima tragedia ecologica sul territorio" che verrà combattuta visto che "la volontà del comune di Muggia di delocalizzare l'inquinamento elettromagnetico di Chiampore per portarne una grossa parte sul Monte Castelliere ha spinto gran parte della comunità a protestare con tutti i mezzi democraticamente possibili delle persone civili". Chiunque ora alzi la testa entrando a Muggia dal Rio Ospo "potrà ammirare l'ecomostro che si nota benissimo ad occhio nudo fino all'estremo opposto della nostra provincia, e gustarsi l'amaro boccone di una gestione territoriale priva di qualsiasi buon senso ed amore verso quel poco di natura incontaminata rimasta su un fazzoletto di terra così ristretto e già fortemente inquinato ed in degrado». Il comitato spontaneo di Santa Barbara, con la partecipazione di molti cittadini del borgo, ha messo mano al portafoglio "per difendere i propri diritti e la tutela della salute dei propri figli e cercare di salvare il salvabile. Attendiamo nostro ricorso al Tar contro tale atto di concessione. Alla fine siamo stati gli unici che abbiano dimostrato amore per il nostro territorio». Il Comitato ha evidenziato come il traliccio sia stato costruito su un muro romano rinvenuto durante il primo giorno di sbancamento (con successivo accordo tra Comune, impresa e Soprintendenza Archeologica a spostare il traliccio dopo 18 mesi dalla messa in funzione), il tutto a pochi metri dal primo cartello didattico di ingresso in area archeologica vincolata. «Ci domandiamo quale insegnante porterà mai la propria scolaresca a visitare il sito del castelliere degli Elleri, un progetto in cui sono stati investiti soldi della Regione, del Comune di Muggia e della Fondazione CrTrieste per la sua valorizzazione: i lavori sono fermi da mesi e l'area in completo degrado e irriconoscibile», conclude il Comitato. Pronta la replica del Comune: «A differenza di quanto erroneamente sostenuto dal Comitato di Santa Barbara, l'nquinamento non è stato trasferito per “portarne una grossa parte sul Monte Castelliere” da Chiampore. Capiamo coloro che protestano dovendo accettare, a differenza di quanto tutti si pensava, che le antenne non siano solo “di” e “a” Chiampore e ribadiamo loro il nostro massimo rispetto comprendendone i timori, ma siamo certi che i risultati dell’Arpa daranno conferme ancora più forti e indiscutibili del fatto che la tutela del diritto alla salute sia stato prioritario anche su Santa Barbara». Il Comune ha evidenziato che a Santa Barbara sorgerà “soltanto un'antenna, una sola, in un luogo che non è l'attuale, ma ancora più lontano dal centro abitato e quando entrerà in funzione l'antenna definitiva, quella provvisoria verrà abbattuta senza scampo”. Perentorio il sindaco Nerio Nesladek: «Comprendo bene le preoccupazioni di alcuni cittadini, ma chiedo che si discuta sui fatti senza continuamente evocare paure che non aiutano il dialogo e la comprensione reciproca. E i fatti sono questi: a Santa Barbara quel traliccio non inquinerà e servirà invece a togliere inquinamento da Chiampore. Il Comitato non crede a queste parole? Non pretendo tanto, ma ricordo a tutti che a breve saranno resi noti i dati rilevati ufficialmente da Arpa. Allora, solo allora, potremo tutti parlare con conoscenza di causa».

Riccardo Tosques

 

 

GESTIONE VENATORIA - Primo disco verde per il Piano faunistico

Dopo anni di attesa, il Comitato faunistico regionale ha dato parere favorevole a larghissima maggioranza (13 sì e un solo no) al Piano faunistico regionale, strumento strategico per la razionale gestione faunistico-venatoria del Fvg. Un via libera salutato con favore da Paolo Panontin, che parla di «traguardo a coronamento di un lavoro durato mesi».

 

 

«Energia green per non far morire la Terra»
Grido d’allarme di Michel Jarraud, segretario dell’Organizzazione Meteorologica mondiale ospite al Centro di fisica
TRIESTE «Non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo agire adesso. E velocemente». Michel Jarraud, segretario generale dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale, dal palco del Centro Internazionale di Fisica Teorica, in occasione della seconda giornata di celebrazione dei 50 anni, non ha usato mezzi termini nel sottolineare la gravità della situazione. I cambiamenti climatici in atto e l’incremento della temperatura, causati principalmente dalle attività umane, hanno e avranno conseguenze sempre più gravi, ovunque. Basta osservare cosa sta succedendo ai ghiacciai in Alaska, negli ultimi 50 anni, o al rischio che corrono alcune zone costiere di essere completamente sommerse a causa dell’aumento del livello dei mari. «L’impatto – ha sottolineato lo scienziato francese - è ovviamente diverso da una regione del mondo all’altra, ma nessuno è esente dall’unire le forze e adottare misure concrete e necessarie per adeguarsi, da un lato, alle nuove condizioni climatiche e, dall’altro, salvaguardare il nostro pianeta, che è sempre più vulnerabile». Dallo scioglimento dei ghiacciai alla riduzione delle calotte polari, dall’innalzamento del livello dei mari all’acidificazione degli oceani, fino all’intensificarsi di eventi meteorologici (ondate di calore, siccità, inondazioni, cicloni) sempre più estremi, la Terra ha lanciato il suo grido d’allarme e, secondo il numero uno dell’agenzia specializzata delle Nazioni Unite su questioni climatiche, non si può non prestare ascolto alla voce della scienza. «Abbiamo fatto molti progressi nel campo delle scienze del clima e delle previsioni, conosciamo i diversi fattori che contribuiscono a incrementare le emissioni di gas serra, che sono la causa principale dei cambiamenti climatici», esordisce l’esperto. «Ma tutto questo non basta. È fondamentale, infatti, riuscire a tradurre la mole dei nostri dati in informazioni utilizzabili dai politici, in modo che le decisioni prese si basino effettivamente sulle evidenze scientifiche». Evidenze che attestano che l'effetto serra non è mai stato così alto. Lo scorso anno, un record. «Nel 2013 abbiamo riscontrato il maggior incremento di concentrazione di gas serra in atmosfera rispetto agli ultimi trent’anni. Si pensi che la concentrazione di CO2 è del 142% superiore a quella dell’epoca preindustriale. Dobbiamo quindi invertire questa tendenza riducendone le emissioni, per poter preservare il pianeta per le generazioni future. Altrimenti lasciamo loro un debito enorme. Ma dobbiamo farlo adesso, perché più aspettiamo, più difficile, più costosa e più impegnativa sarà qualsiasi nostra azione». Come reagire? «Dobbiamo inevitabilmente puntare sulla combinazione di azioni diverse su fronti diversi: ridurre l’uso di combustibili fossili, che producono gas serra, e del consumo dell’energia, migliorando l’efficienza, e attuare una riconversione energetica, puntando sulle fonti rinnovabili per un’energia green. Ma non solo. Tutto questo deve essere accompagnato anche da cambiamenti nei nostri comportamenti e stili di vita. E in ogni caso non dobbiamo ragionare a livello nazionale, sono necessari accordi internazionali per agire al fine di salvaguardare il pianeta. In fondo le più recenti catastrofi climatiche sono solo un assaggio del futuro». Alcuni paesi sono più vulnerabili e meno attrezzati. Che fare? «Il Centro Internazionale di Fisica Teorica di Trieste può giocare un ruolo chiave per creare know how e incoraggiare lo sviluppo di competenze umane e tecnologiche nei Paesi in via di sviluppo. E proprio a tal fine collaboriamo con il gruppo di ricerca impegnato sul fronte del clima».

Simona Regina

 

CONFERENZA - Rubbia: «Europa a un bivio sulle scelte energetiche»
TRIESTE «L'Europa oggi si trova a un bivio: tutto il resto del mondo sta prendendo una direzione ben precisa riguardo le nuove sfide energetiche ed il vecchio continente deve decidere cosa vuole fare e deve farlo in fretta». Così il premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia ha concluso la sua conferenza sul futuro dell'energia al Rossetti, al cospetto di una folta platea che lo ha ascoltato con attenzione e nella quale si notava la presenza di molti giovani. Introdotto dal fisico Erio Tosatti, Rubbia si è soffermato sui problemi derivanti dalle emissioni di anidride carbonica, sull'aumento della temperatura terreste e sui cambiamenti climatici, mettendo a confronto le strategie energetiche di Europa e Stati Uniti. Dopo un inizio confidenziale: «Cari concittadini ritorno molto volentieri a Trieste per discutere di questi problemi», il via alla spiegazione tecnica supportata da una serie di tabelle. «Lo sviluppo della civiltà umana rappresenta solo una piccola parte della storia del pianeta - ha esordito Rubbia - ma è negli ultimi trent'anni che sono aumentate vistosamente le emissioni di Co2, che sono tuttora in grande crescita: tutto questo comporta effetti sul clima e sulla temperatura della Terra. Secondo alcune stime, nei prossimi vent'anni il consumo mondiale di energia aumenterà del 33 per cento rispetto ad oggi. Le priorità dell'Europa si sviluppano dunque in due direzioni: da una parte contrastare i cambiamenti climatici e dall'altra contenere i costi dell'energia. L'obiettivo è quello, da qui al 2050, di ridurre del 20% le emissioni di Co2 e di aumentare della stessa misura l'utilizzo delle fonti rinnovabili. In Italia però ci sono poche speranze per l'eolico che dipende dall'incertezza del vento, mentre per quel che riguarda l'energia solare bisogna tenere conto dei costi di trasporto che rischiano di superare la stessa produzione di energia». Ecco allora la rivoluzione energetica degli Stati Uniti. «Negli Usa si è puntato ad una progressiva riduzione del carbone a favore del gas naturale: tutto questo ha comportato una forte riduzione dei costi energetici, mentre le emissioni di anidride carbonica sono scese ai livelli del '95. Questo ha significato una vera e propria rivoluzione energetica, che ha altresì comportato uno sviluppo del petrolio che ha raggiunto i livelli dell'Arabia Saudita. Molti Paesi stanno andando in questa direzione, ad esempio la Cina, mentre in Italia non esistono informazioni su questo argomento. Gli Stati uniti hanno dunque dei costi molto inferiori per energia ed elettricità che hanno prodotto effetti positivi sull'industria chimica e dunque sulla competitività internazionale. Quella del gas naturale sembra a tutti gli effetti la soluzione ottimale per migliaia di anni: l'unico problema, sul quale si sta lavorando, è quello di costruire un sistema che produca energia eliminando totalmente e dall'inizio le emissioni di Co2».

Pierpaolo Pitich

 

 

SCOPRIRE LA VAL D’ARZINO

Legambiente Trieste invita all’incontro “Alla scoperta della Val d’Arzino” alle 18 al Caffè San Marco, con Dario Tosoni del Movimento per la tutela della Val d’Arzino.

 

 

 

 

IL MESSAGGERO VENETO - MARTEDI', 7 ottobre 2014

 

 

Arzinday, l’assessore Vito in prima fila
VITO D’ASIO. Provenienti da ogni angolo della Regione, sono stati oltre 120, gli escursionisti che hanno preso parte all’appuntamento con la terza edizione di Arzinday, manifestazione promossa dal Movimento tutela Arzino, con il patrocinio di Wwf Friuli Venezia Giulia e Legambiente Fvg.
VITO D’ASIO. Provenienti da ogni angolo della Regione, sono stati oltre 120, gli escursionisti che hanno preso parte all’appuntamento con la terza edizione di Arzinday, manifestazione promossa dal Movimento tutela Arzino, con il patrocinio di Wwf Friuli Venezia Giulia e Legambiente Fvg. Obiettivo: far conoscere i pregi paesaggistici e geomorfologici della Val d’Arzino, promuovendo un turismo rispettoso dell’ambiente e la salvaguardia di uno dei torrenti più pregiati delle Alpi. Partita al mattino da località Rugoni, la comitiva ha percorso la strada provinciale fino in località Chiavalarias. Da qui, attraverso il ponte del Fornech, ha imboccato una larga mulattiera, tra boschi di faggio, raggiungendo le cascate dell’Arzino, in comune di Preone.
«La camminata si è conclusa con un pranzo “low CO2” – fa sapere il referente del sodalizio Dario Tosoni –, consapevoli che nel contenimento delle emissioni di biossido di carbonio anche le scelte alimentari sono importanti». Un menù a chilometro zero, preparato dagli organizzatori con specialità tipiche delle filiera corta quali il formaggio salato, la ricotta affumicata e legumi, allo scopo di soddisfare pure il palato dei vegetariani.
Testimonial d’eccezione della passeggiata, accanto ai consiglieri regionali di Sel, Giulio Lauri, e del Movimento 5 Stelle, Elena Bianchi, l’assessore regionale all’Ambiente, Saro Vito, che prima di congedarsi dalla comitiva ha espresso grande apprezzamento per la natura dei luoghi attraversati, ribadendo l’impegno della Regione «a conservare quello che è l’ultimo torrente allo stato naturale della provincia di Pordenone e uno dei pochissimi ancora integri dell’intero Friuli Venezia Giulia».

(g.z.)
 

 

GREENSTYLE.it - MARTEDI', 7 ottobre 2014

 

 

Rinnovabili: più convenienti delle fossili, lo conferma uno studio
Quanto costa il passaggio a un’economia a basse emissioni? Quali vantaggi comporterebbe investire in modo massiccio sulle fonti rinnovabili? A porsi queste domande, tracciando due differenti scenari energetici per il futuro, è stata un’équipe di ricercatori della Norwegian University of Science and Technology. La loro analisi, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha fornito risultati confortanti.
Secondo gli autori non solo è possibile, ma è anche conveniente avviare una transizione energetica fondata su fotovoltaico, eolico, idroelettrico e le fonti fossili sfruttati in modo più efficiente, con le moderne tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio.
Il primo scenario ipotizza un aumento del 134% della produzione mondiale di elettricità entro il 2050. Le fonti fossili continuerebbero a occupare un posto di rilievo nella generazione di energia, coprendo i 2/3 del fabbisogno totale.
Il secondo scenario, basato invece sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica stima una riduzione della domanda di energia elettrica del 13% da qui al 2050. Investire sulle energie pulite avrà conseguenze importanti sulla richiesta di materie prime. Gli impianti fotovoltaici, ad esempio, necessitano di una quantità di rame di 11 e fino a 40 volte superiore rispetto alle centrali a carbone. La domanda di ferro e acciaio aumenterebbe del 10%. La richiesta di alluminio invece diminuirà.
Malgrado il processo estrattivo dei metalli sia energivoro, passare a un’economia fondata sulle energie rinnovabili non comporterà costi eccessivi. I benefici ambientali che deriveranno da livelli inferiori di inquinamento atmosferico compenseranno ampiamente gli investimenti necessari.
La salute pubblica trarrà enormi vantaggi da un’aria meno inquinata e la spesa sanitaria imputabile alle malattie da smog diminuirà considerevolmente. Come ha spiegato uno degli autori del report, Thomas Gibon:
Gli obiettivi energetici correlati alla mitigazione dei cambiamenti climatici sono perseguibili. Ne conseguirà un leggero aumento della domanda di ferro e una riduzione delle emissioni di gas serra. Rallentare il riscaldamento globale limiterà l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute pubblica, mentre proseguire con il modello energetico attuale lo aggraverà.
 

 

EUROPAVIVA21.it - MARTEDI', 7 ottobre 2014

 

 

Milano: la raccolta differenziata tocca il 51,8% a Bologna solo il 39,2%

Il bilancio HERA 2013 segna un aumento dell’utile netto del 38%: azienda pubblica di servizi o agenzia delle entrate?
OLYMPUS DIGITAL CAMERAA Milano: la raccolta differenziata tocca il 51,8%. A Bologna solo il 39,2% – Il gruppo HERA insegue al 50% e i suoi principali dati in crescita sono la produzione di energia da rifiuti e l’utile netto (più 38% rispetto ad un anno fa). C’è da chiedersi quale sia l’obiettivo che perseguono gli azionisti pubblici oltre al riparto degli utili e benefit come il sostegno ad eventi e la sponsorizzazione di manifestazioni con costi che vengono scaricati sulle bollette e quindi a carico degli utenti del servizio.
Queste domande sorgono dopo l’annuncio che “la percentuale dei rifiuti raccolti differenziatamente nel capoluogo lombardo è in costante aumento. Nel mese di luglio è arrivata infatti per la prima volta sopra il 51%, precisamente a quota 51,8, mentre a giugno si era fermata al 49,8%. Nella seconda metà dell’anno, con l’ulteriore estensione dell’umido, si arriverà probabilmente vicini al 55%” (Fonte: l’Eco dalle Città).
Nonostante il risultato raggiunto, ancora inferiore ai livelli indicati dalle normative in vigore si tratta comunque di un risultato interessante specie se si considera che da sempre il capoluogo lombardo viene indicato come esempio negativo nella gestione ambientale (vedesi la pluridecennale vicenda dei ritardi nella depurazione delle acque delle fognature).
La notizia sorprende se si considera che il gruppo HERA, con una maggioranza qualificata di azionisti pubblici dichiara nel proprio bilancio una quota di raccolta differenziata che, pur aumentando nell’ultimo periodo di oltre il 13%, ha raggiunto a stento il 50% del totale dei rifiuti prodotti. I dati di ARPA Emilia Romagna testimoniano che nessuna provincia dell’Emilia Romagna ha raggiunto l’obiettivo del 65% fissato dalla normativa nazionale. Alcune hanno superato il 60% (tra queste Rimini) e altre mostrano valori compresi tra il 50 ed il 60% (Modena, Ravenna, Ferrara e Forlì – Cesena). La provincia di Bologna, ha raggiunto il 48,8%. Aumenta in modo singolare anche la quantità di rifiuti della produzione di energia elettrica da rifiuti (+ 11,6%). Eppure si tratta di un’azienda che gode di molti riconoscimenti e certificazioni di vario genere che vengono sventolate come prova di efficienza e sostenibilità.
Scorrendo i dati di bilancio si apprende inoltre che l’utile netto è aumentato nel 2013 del 38%. Trattandosi di un’azienda che in gran parte eroga servizi in concessione dagli enti locali tramite convenzioni che prevedono compensi valutati sulla base dei costi del servizio resta da capire se in realtà ci si trovi di fronte non ad un’azienda che svolge un servizio pubblico ma ad una struttura alla quale vengono delegate funzioni di finanziamento delle casse delle amministrazioni locali che concedono il servizio.
Non si può certo consegnare il compito di decidere le politiche di risparmio e l’organizzazione della partecipazione delle persone ad aziende nate con la missione di realizzare utili con l’intento – tutt’altro che nascosto – di sostenere le finanze comunali trasformando surrettiziamente le tariffe in vere e proprie tasse. Sono le amministrazioni che devono avere il coraggio di misurarsi con le necessità economiche necessarie per gli investimenti e le gestioni, andandole a discutere con il cittadini, indicando proposte e relativi costi. Si tratta di una questione di prima grandezza, specie in una materia come quella dei rifiuti, nella quale le tecnologie contano ma nulla possono se non c’è la partecipazione concreta dei cittadini, la cui collaborazione è essenziale per raggiungere gli obiettivi.
A questo punto diventa obbligatorio capire anche che peso hanno nella gestione le amministrazioni locali che decidono all’interno degli organismi di gestione visto che la proprietà pubblica è ripartita fra le tre province della Romagna con il 20,9%; la provincia di Modena con il 9,9%; la Provincia di Bologna con il 14,5%; la provincia di Ferrara con il 2,1%; la Provincia di Padova con il 5% e la provincia di Trieste con il 5,1%. In totale il 57% del totale delle azioni mentre il 34% di azioni fluttua in borsa e nella relazione di bilancio di Hera si auspica apertamente l’acquisizione anche di queste da parte di soggetti pubblici.

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 7 ottobre 2014

 

 

“Umido”, differenziata oltre quota 30%
Ma il dato è ancora basso rispetto alla media nazionale e ancora di più del Nordest
Procede molto bene la raccolta differenziata dell'”umido”: secondo i dati diffusi dal Comune la quota di giugno, luglio e settembre supera il 31%, «confermando un trend in decisa crescita che dovrebbe consolidarsi entro fine anno grazie al progetto di raccolta differenziata della frazione umida». «Continua il confronto con il territorio» recita una nota dell’ente locale, evidentemente anche in riferimento alle perplessità e i conseguenti incontri tra politici e tecnici da una parte e residenti delle varie zone cittadine dall’altra, svoltisi negli ultimi tempi. «Si riscontra un effetto-trascinamento anche sulla raccolta differenziata di carta e plastica» continua il comunicato, che prosegue: «Grazie all'avvio del progetto di raccolta dell'umido, già nei mesi di giugno, luglio e agosto si è superata la soglia, del 30%. Nei tre mesi appena trascorsi infatti si è superato il 31% di raccolta differenziata complessiva. I tecnici di Comune e AcegasApsAmga mettono in evidenza come la nuova raccolta dell'umido, stia compiendo un vero e proprio effetto trascinamento anche sulla raccolta di carta e plastica, in crescita». Nel lungo periodo la crescita a Trieste è stata di 10 punti percentuali in quattro anni. Si parte dal 2010, con un dato del 21%. Nei due anni successivi, grazie al raddoppio delle isole ecologiche di base, si assiste a una prima progressione di circa sette punti percentuali, fino al 28% del 2012. È seguita una crescita sostanzialmente piatta fino a fine 2013, quando il dato era ancora al 29%. «Ora, grazie al progetto che sta portando in tutta la città - continua il Comune - la raccolta dell'umido (da solo rappresenta ben il 25% del rifiuto solido urbano), la curva della differenziata ha ripreso a salire, con una proiezione entro fine anno di oltre il 32%». «È un dato che indica la giusta direzione intrapresa. Siamo perfettamente consapevoli che questi dati, in senso assoluto, non rappresentano un'eccellenza - dichiara Paolo Dal Maso, direttore ambiente AcegasApsAmga - basti pensare che la media nazionale si aggira attorno al 39% e nel Nordest è decisamente più alta. Rappresentano però un chiaro segnale di come il progetto di raccolta dell'umido portato avanti dall'Azienda vada nella direzione giusta e stia portando finalmente Trieste a posto che merita nel Paese anche nella tutela dell'ambiente e della sostenibilità urbana». Resta da vedere, dopo che negli ultimi anni a fronte di tariffe e tasse sempre più incisive il servizio di raccolta in certe zone è peggiorato, se la raccolta dell’”umido” potrebbe portare agli utenti benefici non solo in termini di generica tutela dell’ambiente, degradato da tanti altri fattori. «Il superamento di "quota 30" ci conforta e conferma le previsioni. Mi piace rilevare che siamo impegnati con AcegasApsAmga in un serrato confronto con i cittadini sia nelle assemblee circoscrizionali sia direttamente sulla pubblica via» spiega Umberto Laureni, assessore comunale all'Ambiente.

 

 

La Ferriera ora è del Gruppo Arvedi
Firmato ieri da Nardi e Rosato il contratto definitivo con la cessione da parte dell’amministrazione straordinaria Lucchini
TOP SECRET LA CIFRA Nessuna ufficialità, ma il prezzo sarebbe sui 10 milioni considerato che il nuovo proprietario ne spenderà 25 sul fronte ambientale
Da ottenere la concessione. Resta in piedi la questione della concessione demaniale richiesta per 30 anni e che deve passare in Comitato portuale.

Si è aperto poche ore fa un nuovo capitolo nella storia industriale di Trieste: il complesso ultracentenario della Ferriera di Servola è passato ieri sera di mano, dall’amministrazione straordinaria della Lucchini a Siderurgica Triestina (St), società di proprietà al 100 per cento del Gruppo Arvedi di Cremona. Il contratto di compravendita è stato firmato attorno alle 19 a Livorno dal commissario straordinario della Lucchini, Piero Nardi e dall’amministratore unico di St, Francesco Rosato dinanzi al notaio Miccoli della città toscana. Il prezzo di vendita non è stato reso noto, ma sarebbe attorno ai 10 milioni di euro, tenuto conto che da un lato Arvedi investirà tra quest’anno e il prossimo sul fronte ambientale 25 milioni di cui 15 per il risanamento degli impianti e 10 per la messa in sicurezza dei suoli, mentre dall’altro dovrebbe incassare 22 milioni che sono parte dei crediti vantati da Servola spa e garantiti dal bando di vendita. L’investimento complessivo previsto da qui al 2016 è comunque di 172 milioni ai quali si aggiungeranno 41 milioni di soldi pubblici. Nell’imminenza della firma del contratto si sono già definitivamente risolte tre delle cinque questioni che rimanevano aperte. Innanzitutto il pool degli istituti creditori di Elettra formato da cinque banche di cui tre estere con capofila il Banco di Bilbao ha dato il via libera all’accordo tra la centrale di cogenerazione e la stessa Siderurgica triestina: Elettra ritira i gas di risulta del processo produttivo della Ferriera a fronte della fornitura dopo la trasformazione del fabbisogno energetico dello stabilimento siderurgico. È stato quindi firmato già il 23 settembre l’accordo con tutte le rappresentanze sindacali (approvato anche dall’assemblea dei lavoratori con un solo voto contrario) e che prevede in particolare, oltre al mantenimento dei livelli salariali, la riassunzione entro il 31 dicembre di 410 degli attuali 438 dipendenti con l’assorbimento dei rimanenti comunque entro la fine del 2016. Secondo il Piano industriale quando saranno a regime la produzione siderurgica, il nuovo laminatoio a freddo e la piattaforma logistica di intermodalità marittimo-ferroviaria l’occupazione potrà a salire fino a 660-680 dipendenti. Infine è arrivato il via libera anche da parte dell’Antitrust. Rimane sul piatto innanzitutto la richiesta di concessione per 30 anni avanzata dalla nuova proprietà all’Autorità portuale e che dopo il periodo di pubblicizzazione scaduto proprio ieri dovrà fare un passaggio anche in Comitato portuale. Infine il secondo Accordo di programma che dopo essere stato abbozzato a Roma ha subito nei giorni scorsi alcune modifiche e che, ricevuta l’approvazione da parte dei ministeri e delle amministrazioni coinvolte, porterà all’insediamento come commissario straordinario per quest’area e per quella contigua dell’Ezit della presidente della Regione Debora Serracchiani. Frattanto a metà della prossima settimana sarà rimesso in funzione l’altoforno dove i lavori di risanamento fatti da una ditta della Repubblica ceca e con l’ausilio di alcune decine di lavoratori richiamati dalla cassa integrazione sono conclusi e l’impianto è stato già messo in preriscaldamento, mentre sono anche in arrivo tre navi con 180mila tonnellate complessive di materie prime. Il principale punto interrogativo per il futuro riguarda la cokeria, l’impianto maggiormente avversato dagli ambientalisti e dai comitati di cittadini e che potrebbe anche non rientrare nei parametri più severi che saranno fissati dalla nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia). La cokeria sta funzionando a mezzo servizio rispetto al passato, ma comunque oltre non andrà perché comunque sia non dovrà più rifornire lo stabilimento di Piombino. Una delle ipotesi in campo è la sua futura totale dismissione. Rosato assieme al sindaco Roberto Cosolini parleranno del nuovo stabilimento oggi alle 17.30 al Circolo della stampa in un incontro pubblico.

Silvio Maranzana

 

Sel: «Prevedere da ora la chiusura della cokeria»

“Riconversione produttiva”. Sel convoca una conferenza stampa per ricordare le parole chiave del programma amministrativo del sindaco Cosolini per la Ferriera di Servola e collegarla al piano presentato dall’imprenditore siderurgico Arvedi. « Va da sé che in una situazione in cui la sola alternativa è la chiusura, l'arrivo di Arvedi rappresenta un fatto importante che ha un aspetto centrale nella realizzazione di un polo logistico intermodale marittimo-ferroviario, con annessa banchina portuale, al servizio della filiera produttiva che fa capo a Cremona». E quindi? «Oltre a ciò sono previste nuove attività metallurgiche a freddo e la realizzazione di un laminatoio - prosegue la nota di Sel -. Si parla poi di un primo periodo in cui si conferma il mantenimento della produzione tradizionale di ghisa con altoforno, agglomerato e cokeria. Si prefigura fin d'ora l'eventuale chiusura della cokeria, con un reimpiego dell'area liberata nell'ambito dello sviluppo del polo logistico. Noi riteniamo invece che fatti salvi i tempi necessari per realizzare la nuova attività industriale e logistico-portuale, con la messa a regime delle nuove linee di sviluppo, vada prevista sin d'ora la chiusura dell'area a caldo come indirizzo programmatico coerente con gli impegni assunti nei confronti dei cittadini in campagna elettorale. Tutto ciò non contrasta con gli obiettivi che motivano l'arrivo di Arvedi a Servola, ne con i contenuti del piano industriale, ne con livelli occupazionali previsti».

 

«Evento basilare per la ripresa economica»
Soddisfazione di Cosolini e Serracchiani: «Adesso rimane da chiudere l’Accordo di programma»
«La sottoscrizione del contratto di cessione della Ferriera di Servola al Gruppo Arvedi segna un punto fermo, da cui ora può continuare con maggiore fiducia un processo virtuoso». Lo ha affermato la presidente del Friuli Venezia Giulia Debora Seracchiani. «Dopo un percorso lungo, complesso e non ancora del tutto compiuto – ha continuato – a nome della Regione posso esprimere una legittima soddisfazione per questo risultato, al cui conseguimento abbiamo lavorato aggregando le energie positive del territorio, la capacità di interlocuzione del Governo, la visione imprenditoriale del cavalier Arvedi. Oltre alla definizione della concessione demaniale, il prossimo passo consisterà nella stesura dell’Accordo di programma con Siderurgica Triestina e con gli altri soggetti interessati, che prevede la reindustrializzazione e la messa in sicurezza dell’area della Ferriera. Va evidenziato - ha concluso - anche il ruolo del Gestore servizi energetici (Gse spa), che si è impegnato a recepire l'istanza di rescissione anticipata della convenzione Cip6 da parte di Elettra produzione srl, quale condizione fondamentale per la riuscita dell'operazione industriale» «È il passo avanti decisivo, che fa sì che Trieste sia in controtendenza rispetto alle aree di crisi industriale complessa nel resto d’Italia dove si può unicamente tentare di limitare i danni». Questo il commento al passaggio di proprietà da parte del sindaco. «Nel caso triestino infatti - commenta Roberto Cosolini - siamo dinanzi a precise garanzie sul piano occupazionale che in futuro potranno portare addirittura a una crescita rispetto agli attuali organici, mentre anche dal punto di vista ambientale la nuova proprietà interverrà su due fronti: dapprima sulla messa in sicurezza dei suoli e poi sulla risanamento degli impianti anche in ottemperanza a quelle che saranno le prescrizioni della nuova Autorizzazione integrata ambientale». Secondo il sindaco è stato determinante per arrivare a questa soluzione anche «il lavoro di squadra che è stato fatto dalle istituzioni e dalle parti sociali, che continueranno a vigilare affinché gli impegni annunciati vengano concretizzati. In senso più ampio - conclude Cosolini - c’è grande soddisfazione perchè siamo di fronte a un evento fondamentale per la tenuta industriale e la ripresa economica della città».

(s.m.)

 

INCONTRO Ferriera, se ne parla al Circolo della stampa

Ferriera: progetto industriale, occupazione, problemi ambientali dello stabilimento acquisito dal Gruppo Arvedi. Sono i temi dell'incontro con il sindaco Roberto Cosolini e l'ingegnere Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, oggi alle 17.30 al Circolo della stampa. Coordina il giornalista del Piccolo Silvio Maranzana.

 

 

Anche gli alberi si ammalano - Sala Matteucci
“Vita dell’albero in città” alle 17.30 Ingresso libero. Non se la passano per niente bene gli alberi in città: potature selvagge, specie costrette a improvvisarsi simil bonsai per sopravvivere in spazi angusti. A raccontare le poco considerate virtù e i maltrattamenti agli alberi inseriti nel contesto urbano, alle 17.30, nella conversazione “Vita dell’albero in città”, sarà Andrea Nardini, docente di Fisiologia vegetale, all’interno del ciclo d’incontri “La cultura del verde” promosso da Italia Nostra, Legambiente Circolo Verdeazzurro Trieste, associazione orticola Tra fiori e piante e Triestebella. Una rassegna (ingresso libero) pensata per approfondire le problematiche delle piante, ma anche scoprire le eccellenze botaniche della nostra città. Alla sala Matteucci del Csv di via Besenghi 16 Nardini racconterà come vivono nell’habitat metropolitano gli alberi e a quali criticità e malattie vanno incontro.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 6 ottobre 2014

 

 

Costa dei Barbari, al progetto manca solo il “sì” di Roma
Il ministero dell’Ambiente ha già finanziato l’opera per la creazione del parco ma gran parte del budget servirà a mettere in sicurezza la passeggiata
DUINO AURISINA Costa dei Barbari, finalmente approvato il progetto definitivo del restyling. Il documento a firma dell'architetto Paolo Vrabec, già avallato dalla Commissione edilizia, ha ottenuto qualche giorno fa il “semaforo verde” dalla giunta Kukanja e ora è al vaglio, tramite la Regione, del ministero dell'Ambiente, che ha finanziato l'opera. Opera che, stando all'assessore comunale ai Lavori pubblici Andrej Cunja, “ha concrete chance di essere cantierata in tempi relativamente brevi”, in quanto “sussiste la possibilità di ricevere il finanziamento per stati di avanzamento, così da rendere l'intervento “neutro” rispetto al patto di stabilità, cui si imputa il blocco di gran parte delle opere pianificate dall'amministrazione”. La Regione sta esaminando anche la Valutazione d'incidenza Ambientale. «Nel giro di qualche mese – promette Cunja - contiamo di poter definire, sulla base delle modifiche all'accordo di programma, le tempistiche dei passi successivi, ovvero la stesura del progetto esecutivo, la gara d'appalto e la realizzazione dell'opera». Il recupero ambientale in sostanza ricalca le linee d'indirizzo redatte nel preliminare: la creazione di un percorso pedonale a collegamento tra l'ultimo lembo di Portopiccolo e il pontile in località Kut. O meglio, a ciò che resta del manufatto, dal momento che l'impalcato è quasi del tutto crollato e rimangono in piedi solo le robuste pile in calcestruzzo. «L'intervento inquadrato nel progetto definitivo – spiega l'assessore - è molto ridotto rispetto a quanto previsto nell'iniziale studio di fattibilità, principalmente perché buona parte delle somme a disposizione viene erosa dai sistemi di protezione passiva. Per completare tutta la passeggiata a mare fino all'ex Hotel Europa ci vorrebbe infatti un budget superiore a quello disponibile e ci si dovrebbe porre anche questioni di opportunità». In pratica “si andrà ad infrastrutturare solo la parte iniziale della costa, nota col toponimo di Botanjkek, attraverso interventi minimamente invasivi, ma necessari, che consentiranno una fruizione più agevole e soprattutto permetteranno una migliorata manutenzione e pulizia dell'area”, che per tali fini è attualmente accessibile solo dal mare. «La tipologia di spiaggia libera naturista nel restante tratto verso Trieste – sottolinea - non verrà modificata». Rimane tuttavia nell'ente l'intenzione di “procedere prima o poi a una completa pulizia dell'arenile per riportarlo a condizioni più naturali”. Il percorso verrà ricavato sul sedime della vecchia strada camionabile, ora ridotta a sentiero, che dall'ex cava Africa (oggi Portopiccolo) conduce al pontile. Come riferisce Cunja, la vegetazione verrà parzialmente diradata e i tratti crollati saranno ripristinati per ottenere un percorso inghiaiato lungo poco meno di 200 metri e largo abbastanza da poter permettere il transito dei mezzi di soccorso in caso di emergenza. Le discese a mare, già presenti in vari punti, verranno risistemate, mentre all'inizio della strada verso Portopiccolo saranno inseriti i wc. Il collegamento alla soprastante strada costiera, ora rappresentato da un sentiero scosceso e pericolante, sarà demolito. In sua vece, una nuova scala metallica da collocarsi in adiacenza al muraglione di uno dei vecchi scivoli che venivano usati per calare a mare le pietre estratte. «Il manufatto in robusto calcestruzzo – rimarca Cunja -, probabilmente risalente al tardo '800, si trova ancora in ottime condizioni e costituisce un perfetto supporto per la nuova scala. Buona parte del budget – conclude - dovrà essere infine spesa per le reti paramassi a protezione della passeggiata: l'indagine geologica ha messo in evidenza un elevato grado di instabilità che richiede pertanto robuste difese. La rimanente parte, in direzione Trieste, della Costa dei Barbari, lunga circa un chilometro e nota come Šestrence, per ora non sarà interessata da interventi, tuttavia ci sono stati dei contatti con l'associazione naturista Liburnia per individuare una forma di collaborazione col Comune in grado di assicurare un seppur minimo mantenimento con una migliorata fruizione del sito».

Tiziana Carpinelli

 

«Il piano anti-rumore nel cassetto»
Muggia, l’opposizione protesta: il nuovo prg approvato senza conoscere questi dati
MUGGIA La giunta Nesladek si è dimenticata di inserire il Piano per la classificazione acustica nel nuovo piano regolatore. L’accusa arriva dai banchi dell'opposizione. E più specificatamente dal Pdl. Claudio Grizon, Christian Gretti e Nicola Delconte puntano il dito in particolar modo sull'assessore all'Ambiente Fabio Longo reo peraltro di non aver mai divulgato il contenuto del documento. «A sette anni dall’approvazione della legge e a cinque anni e mezzo dall’approvazione delle linee guida da parte della giunta regionale a Muggia, il Piano per la classificazione acustica non è ancora stato approvato», spiegano i tre consiglieri pidiellini. La stesura del Piano è stata affidata dagli uffici al consorzio Dionigi il 23 marzo 2012 che, da parte sua, lo ha consegnato al Comune il 5 novembre 2013, un anno e otto mesi dopo. «Ma ad oggi il Consiglio non ha avuto ancora la fortuna di vederlo, eppure il Piano comunale di classificazione acustica - sottolineano Grizon e Gretti - è un atto tecnico-politico fondamentale per avviare una nuova politica di programmazione, controllo e pianificazione del fattore rumore sul territorio comunale e, secondo la normativa, è indispensabile raccordare i contenuti di un nuovo piano regolatore con le tematiche proprie di un Pcca». Dopo la consegna del Piano al Comune da parte del consorzio Dionigi sono stati necessari altri otto mesi prima che il documento comparisse all’ordine del giorno della seconda commissione lo scorso 28 luglio. «L’assessore all’Ambiente Fabio Longo, che avrebbe dovuto illustrare la delibera, ha preferito però partecipare ad una riunione in Provincia nella veste di consigliere provinciale, motivo per cui la discussione è saltata», stigmatizza Gretti. Da allora sono trascorsi altri due mesi. «Nel frattempo però il consiglio comunale lo scorso 30 giugno è stato portato ad adottare il piano regolatore senza sapere che in qualche cassetto dell’assessore Longo c’era il Piano di classificazione acustica che avrebbe dovuto esser vagliato ed approvato parallelamente dal consiglio comunale», tuona Delconte. Ma il Pdl muove un'altra critica: quella di aver tenuto all'oscuro la popolazione sul contenuto del Pcca. «È curioso che il sindaco Nesladek e l’assessore Longo, che oltretutto detiene anche la delega alle frazioni e alla partecipazione, non abbiano voluto promuovere delle preventive assemblee nelle frazioni per raccogliere il parere dei cittadini su temi che li riguardano direttamente: a questo punto – propongono i consiglieri del Pdl - chiediamo che la giunta presenti il Piano al consiglio e che poi organizzi questi incontri con la gente che ha tutto il diritto di sentire cosa si sta decidendo per il futuro di Muggia». Attualmente sono 58 (su 217) i Comuni del FVG che hanno adottato il Pcca, nessuno in provincia di Trieste. Grizon conclude: «Ora sarebbe il caso di accelerare questo Piano in quanto, è indispensabile normare e mitigare il rumore della grande viabilità nella zona industriale delle Noghere e l’inquinamento acustico generato da alcune attività industriali contro cui lo stesso Longo aveva “cavalcato” il legittimo malcontento dei cittadini mentre ora sembra non curarsene».

Riccardo Tosques

 

Come tutelare il Carso grazie agli studi nell’area di Basovizza
BASOVIZZA Con lo svolgimento di una serie di giornate di formazione, la Provincia di Trieste ha avviato la fase conclusiva di BioDiNet - Rete per la conservazione della biodiversità e del paesaggio culturale, un progetto finanziato nell'ambito del Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e da fondi nazionali, in cui la Provincia è partner. L’attività formativa ha riguardato le tematiche legate alla biodiversità del Carso e alla gestione sostenibile del territorio. In particolare sono stati approfonditi da esperti alcuni aspetti legati agli habitat di interesse comunitario del Carso, dalla biodiversità delle aree aperte destinate a prato e pascolo (landa carsica) alla corretta gestione ed utilizzo delle stesse tramite il pascolo e lo sfalcio, senza eludere le criticità quali l’incespugliamento e la prevenzione della diffusione di specie invasive non autoctone. Insieme alle caratteristiche della flora sono state quindi studiate le specie faunistiche di interesse comunitario presenti nei prati e nei pascoli, nelle zone umide (stagni) e nelle aree rupestri. Nell’ambito di BioDiNet la Provincia di Trieste ha sostenuto le attività di monitoraggio faunistico nell’area pilota di Basovizza, avvalendosi di esperti esterni ed ha contribuito a redigere le “Linee guida per la conservazione della biodiversità e del paesaggio culturale”, sulla base delle attività di ricerca condotte dagli altri partner del progetto, scaricabili in formato pdf dal sito www.provincia.trieste.it alla sezione “Pianificazione territoriale e progetti europei” (“Progetti standard” e “Progetto BioDiNet”).

 

 

CONSIGLIO Parte l’esame del rendiconto di Palazzo

Parte l’esame del rendiconto 2013 della Regione. La giunta illustrerà domani in prima commissione il documento che, entro venerdì, verrà valutato dal comitato di controllo e dalle altre commissioni per le parti di competenza. Il rendiconto tornerà in prima martedì 14 ottobre e andrà in aula il 28 ottobre. Mercoledì alle 11, invece, la seconda e la quarta commissione in seduta congiunta terranno una serie di audizioni in merito al progetto di valutazione d'impatto ambientale presentato per la realizzazione di un mini-rigassificatore nella zona industriale di Monfalcone.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 5 ottobre 2014

 

 

«È odioso, niente dati sul Prg» Bertoli “denuncia” l’assessore
Il capogruppo di Fi pronto a mettere «a disposizione delle autorità competenti» la e-mail a due dirigenti che Marchigiani ha inviato anche a lui per conoscenza
«Care, come ci comportiamo? Credo che un personaggio più odioso e incongruo di Bertoli non esista, dovremmo studiare un modo per non dargliela vinta». Canzonato “per conoscenza”. Preso di mira per posta elettronica con il mirino volutamente storto. Everest Bertoli, l’attuale capogruppo di Forza Italia, passerà alla storia come il primo consigliere comunale triestino destinatario di un duro attacco personale e politico per interposta persona virtuale, senza cioè che il suo indirizzo compaia alla riga degli “A”, dei destinatari diretti appunto, bensì su quella dei “CC”, di quelli chiamati proprio a leggere in copia per conoscenza. Destinatari diretti sono due dirigenti del Comune. E l’autore dell’e-mail è Elena Marchigiani, l’assessore di Cosolini all’Urbanistica che non rinnega, né ritiene di dover ammettere, e anzi rivendica: «No, non è stata affatto una svista, quella mail non è partita anche a lui per errore, gliel’ho mandata per conoscenza apposta perché, quello che devo dire, lo dico». Il fatto è che ora Bertoli non la mette solo sul piano politico, né tantomeno sul personale. È pronto a portare quella carta, e non solo quella, in Procura, poiché - sostiene - lì si è andati ben oltre gli estremi della polemica politica o dell’offesa, avendo l’assessore «dato un ordine a due dirigenti del Comune di non dare determinati documenti richiesti da un consigliere comunale su un argomento delicato come il Piano regolatore». «Bertoli - replica Marchigiani - farà quello che più reputa giusto, e io farò altrettanto, già in sede di discussione in Consiglio comunale del Prg aveva chiesto nomi e cognomi dei proprietari di determinate particelle, ma non è così che si fa, non si fanno nomi e cognomi nel mezzo di un iter come quello del Prg, se poi loro usano fare così è affar loro, ma a me pare un modo alquanto inopportuno». Ma che cos’è che ha scatenato una simile guerra per corrispondenza “indiretta”? Bertoli, il 28 marzo, quindi un paio di settimane prima dell’adozione in Consiglio comunale del nuovo Prg (adesso in fase di ricezione delle osservazioni e di preparazione delle controdeduzioni in vista dell’approvazione definitiva) aveva inoltrato, al pari di Claudio Giacomelli di Fratelli d’Italia, una richiesta al sindaco e proprio all’assessore competente «per conoscere» tra le altre cose «quanti e quali sono i terreni che sono stati trasformati da non edificabili in edificabili nella proposta del Prg». Le premesse erano allora «che durante le sedute della commissione competente è emersa l’esistenza di una lista di 130 nominativi di persone fisiche e giuridiche che hanno fatto varie richieste al Comune prima dell’adozione del Prg» ed «è stato appurato che alcuni terreni sono stati trasformati da non edificabili in edificabili apparentemente in contrapposizione con le direttive del Piano votate dal Consiglio comunale». «A inizio settembre - spiega a voce Bertoli - non avendo avuto risposta mi sono rivolto al segretario generale del Comune che correttamente ha fatto proseguire l’iter». E si arriva così alla mail, datata 11 settembre, che Marchigiani scrive alle due dirigenti e, per conoscenza, allo stesso Bertoli. Il 19 settembre il capogruppo forzista riceve una missiva del Servizio Pianificazione urbana in cui, sintetizzando, gli si dice che la richiesta del 28 marzo «non si configura, in parte, quale mero accesso a informazioni in possesso dell’amministrazione»» ai sensi di legge, e «che per formulare una puntuale risposta ad alcuni dei quesiti avanzati dovrebbero essere predisposte approfondite elaborazioni, determinando un aggravio del lavoro degli uffici», in quanto non tutti i dati richiesti sono contenuti al momento «in documenti o atti già a disposizione dell’amministrazione». «L’amministrazione del bene pubblico - si affida a una nota scritta Bertoli - si riduce a semplici simpatie personali: al consigliere comunale odioso non bisogna dare le informazioni, anzi, bisogna persino studiare un modo per non darle. Mai un assessore prima d’ora aveva dato un ordine politico così grave che nella sostanza sembra sia stato accolto dai dipendenti del Comune. Di sicuro le e-mail in questione verranno messe a disposizione delle autorità competenti, anche perchè la vicenda riguarda il Prg e di fronte a un atteggiamento di questo tipo sorge spontaneo il quesito: cosa ci nascondono? È solo un capriccio dell’assessore, fatto comunque gravissimo, o c’è dell’altro?».

Piero Rauber

 

Crediti edilizi ed energia: se ne parla in un convegno
Nel nuovo Piano regolatore generale del Comune, adottato dal Consiglio lo scorso aprile, uno dei temi chiave per avviare congiuntamente la riqualificazione della città e il rilancio del settore edilizio riguarda la definizione di un meccanismo di crediti volumetrici a sostegno di interventi di riqualificazione energetica. Si tratta di una modalità di intervento altamente innovativa, fino a oggi mai attuata nella nostra regione, volta a perseguire gli obiettivi di contenimento dei consumi energetici e di riduzione - entro il 2020 - del 20% della produzione di anidride carbonica. Obiettivi sanciti dal Piano d'azione per l'energia sostenibile, strumento operativo dell'iniziativa europea "Patto dei Sindaci" alla quale il Comune di Trieste ha aderito. Il meccanismo dei crediti volumetrici verrà puntualmente disciplinato da un Regolamento di cui l'approvazione è prevista contestualmente a quella del nuovo Prg, del quale di fatto completerà il corpus documentale. È proprio nell'intento di procedere celermente alla predisposizione di tale Regolamento, avvalendosi anche del contributo di altre esperienze sviluppate in ambito nazionale, che l'assessorato alla Pianificazione urbana organizza il Convegno "Efficientamento energetico e crediti edilizi: nuove prospettive per la riqualificazione della città" che si terrà mercoledì a Trieste nella sala congressi del Mib dalle 9.30 alle 18.00. Il Convegno è organizzato con il contributo dell'Ordine degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori e dell'Ordine degli ingegneri della provincia di Trieste, del Collegio provinciale geometri e geometri laureati di Trieste, del Collegio dei periti industriali e dei periti industriali laureati della provincia di Trieste, e con il patrocinio di Area Science Park. Grazie al contributo di professionisiti e studiosi da tempo impegnati in questo campo, la giornata offrirà un quadro articolato delle questioni sollevate da un approccio nuovo e integrato all'efficientamento energetico.

 

 

AMBIENTE Nuovo piano energetico - Seminario con l’assessore

Domani, nella sede udinese della Regione, in via Sabbadini, si terrà l’incontro “Verso il piano energetico regionale”. Si parte alle 10 con l’assessore regionale all’Ambiente e all’Energia Sara Vito. L’iniziativa rientra tra gli incontri partecipativi organizzati nell’ambito dell’attività del progetto Cep-Rec.

 

 

“Casette dell’acqua” - Oltre 27mila litri prelevati in 22 giorni
Le stazioni in tre punti della città, dopo un mese il bilancio è positivo. Laureni: «L’iniziativa sarà confermata»
Introdotte da giusto un mese (il 5 settembre) le nuove "casette dell'acqua", collocate per il momento in tre punti - cioè in via Castiglioni nel rione di Rozzol Melara, in via Giulia-Rotonda del Boschetto e in via Grego a Borgo San Sergio - stanno riscontrando l'interesse di molti cittadini, spesso in fila per riempire le proprie bottiglie sia che si tratti di acqua liscia sia di acqua gasata. I dati raccolti nelle prime tre settimane di funzionamento (i numeri sono aggiornati a venerdì 26 settembre) testimoniano la buona accoglienza da parte degli utenti per l’acqua in arrivo dall'acquedotto cittadino microfiltrata, al costo di cinque centesimi al litro (spendibili grazie a tessere precaricate acquistabili nelle edicole vicine), cifra «comunque nettamente inferiore - fa notare il Comune - a quello delle acque minerali imbottigliate normalmente poste in vendita». I numeri, dunque. In 22 giorni sono stati erogati 27.438 litri di acqua dalle tre stazioni di erogazione installate dal Gruppo ProAcqua su iniziativa del Comune. L’iniziativa era partita dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni che ci aveva iniziato a lavorare più di un anno fa, sottolineando allora come Trieste abbia «la fortuna di avere un'acqua di rete dalla qualità eccellente» e annunciando di voler partire proprio da lì per cercare di «riavvicinare la cittadinanza alla sua acqua, mirando soprattutto a ridurre sia il consumo delle bottiglie di plastica che quello del carburante legato al trasporto su gomma delle stesse bottiglie, dai centri di produzione ai punti vendita». Ora che il progetto è partito, dagli uffici comunali hanno fatto due calcoli sull’effetto “casette dell’acqua” proprio nella lotta all’inquinamento da plastica e per la diminuzione di sostanze tossiche. Ebbene, gli oltre 27 mila litri d'acqua prelevati dalle tre stazioni, e raccolti di norma in contenitori vetro o comunque riutilizzabili, corrisponderebbero a una media di circa altrettante (27 mila) bottiglie di plastica risparmiate, che in un anno diventerebbero quasi 500 mila (475.592 secondo la proiezione effettuata, vedi prospetto allegato). Cifre che equivalgono, in termini di risparmio di anidride carbonica correlata all'intera vita di una bottiglia in Pet, tra produzione, trasporto, smaltimento (secondo dati elaborati da Confindustria - Aqua Italia), a 850 chili in meno di Co2 relativi a queste sole tre settimane di "casette", e che diverrebbero 14.800 chili in meno, ovvero quasi 15 tonnellate di anidride carbonica in meno nel corso di un intero anno. I macchinari, che sono in grado di erogare oltre mille litri di acqua al giorno, peraltro si basano su tecniche evolute di funzionamento: si va dalle lampade ai raggi ultravioletti che intervengono sul profilo igienico, monitorando gli organismi batterici, passando per il sistema di raffreddamento con gas naturale, per finire con il processo di microfiltrazione che si avvale di carboni attivi a base di gusci di noce di cocco. «Si delinea dunque - osserva l'assessore comunale all'Ambiente, Umberto Laureni - dai primi dati disponibili riguardo all'adesione dei cittadini e rapportabili ai risparmi che si prefigurano in tutti i sensi, dall'economico all'ambientale, una prospettiva davvero interessante che ritengo andrà via via a premiare e quindi a confermare questa iniziativa voluta e sostenuta dall’amministrazione comunale. Un’iniziativa a cui questa amministrazione tiene molto».

 

 

Escursioni in Val Rosandra da domenica 12

Le proposte naturalistiche per la valorizzazione della Riserva naturale della Val Rosandra promosse dal Comune di San Dorligo della Valle in collaborazione con l'Area Marina Protetta di Miramare, della durata di tre ore per un gruppo di massimo 25 persone partiranno domenica prossima, 12 ottobre, con l'escursione panoramica “Landa carsica e scorci di mare", per parlare della landa, un ambiente di tipo semi-naturale, un tempo esteso in Europa, ma oggi in regresso a causa dell'abbandono delle attività agro-silvo-pastorali quali pascolo e sfalcio. Per partecipare agli appuntamenti è necessario prenotare ogni singola uscita contattando il numero 366 9571118 (da lunedì a venerdì dalle 14 alle 17) oppure scrivere una mail a info@riservavalrosandra-glinscica.it

 

 

Da Basovizza - Birdwatching assieme alla Lipu
Birdwatching con la Lipu dalle 9 Info su www.lipu.itAnche quest’anno si terrà la manifestazione Eurobirdwatching, evento che vede tutta Europa in contemporanea impegnata in una giornata di birdwatching: quest’anno la Lipu di Trieste propone un’escursione per fare birdwatching assieme e goderci una bella passeggiata attraverso il Carso. Ecco il programma: alle 9 ritrovo al parcheggio del confine di Basovizza e partenza a piedi. Attraverseremo il pascolo sociale lì a fianco (birdwatching e riflessioni sul progetto di ripristino della landa carsica) fino ad arrivare alle pendici sud del monte Cocusso, sopra la chiesetta di Pese (possibilità di “aggiungersi” al gruppo anche da qua, alle 11). Arrivo vicino a Grozzana e salita al Cocusso dove arriveremo all’ora di pranzo. Dalle 14 birdwatching con possibilità di osservare in particolare uccelli rapaci (non esclusi pecchiaioli, grifoni, bianconi, tutto da cercare). Consigliato abbigliamento da escursione.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 4 ottobre 2014

 

 

Asse Elettra-Iaea: nuova stazione a raggi X - Lunedì l’inaugurazione. Impiega luce di sincrotrone e fornisce informazioni chimiche dettagliate
La linea Xrf sarà utile in diversi ambiti quali: fonti energetiche, analisi di processi ambientali e sicurezza agroalimentare - il presidente Franciosi
Sarà inaugurata lunedì 6 ottobre, alle 13, la nuova stazione Xrf di fluorescenza a raggi X, costruita e gestita in modo congiunto da Elettra Sincrotrone Trieste e da Iaea (International Atomic Energy Agency). Alla cerimonia interverranno fra gli altri il direttore generale della Iaea Yukiya Amano e il presidente di Elettra, Alfonso Franciosi. La stazione sperimentale Xrf impiega la luce di sincrotrone e utilizza una tecnica – la spettrometria di fluorescenza a raggi X – capace di fornire informazioni chimiche estremamente accurate. Queste informazioni sono particolarmente adatte allo studio e alla caratterizzazione di nuovi materiali strutturati applicabili in una molteplicità di ambiti quali le nuove fonti energetiche e le tecnologie di immagazzinamento dell’energia, la micro e nanoelettronica, l’analisi di processi ambientali e biochimici, ma anche la sicurezza agroalimentare e la conservazione dei beni culturali. «Con la nuova linea Xrf – commenta in proposito il neopresidente di Elettra Alfonso Franciosi - la comunità scientifica internazionale ha da oggi a disposizione una strumentazione innovativa per affrontare alcune fra le sfide più urgenti del nostro tempo. I Paesi di tutto il mondo hanno infatti sempre più bisogno di nuove tecnologie, di materiali avanzati e di tecniche di caratterizzazione innovative per far fronte a una serie di questioni urgenti: l’aumento di efficienza e la sostenibilità nella produzione energetica, l’immagazzinamento dell’energia, il contenimento degli effetti dannosi dell’industrializzazione sull’ambiente e sulla salute umana, lo sviluppo di tecniche per il risanamento dell’ambiente, l’analisi puntuale dei fattori di contaminazione di aria e acque e così via». Proprio per dare un contributo concreto alla ricerca in questi ambiti, la Iaea ha commissionato la realizzazione di una speciale camera sperimentale che costituisce il cuore analitico della linea Xrf progettata dai ricercatori di Elettra. La nuova stazione sperimentale servirà anche per attività di ricerca e di alta formazione per gli Stati membri della Iaea. Con cui Elettra collabora da diversi anni: il centro triestino è stato infatti selezionato, già dal 2005, fra gli “Iaea Collaborating Centres”, con il compito di supportare le attività dell’Agenzia nella sua funzione di diffondere la cultura tecnico-scientifica e di promuovere la formazione e la costruzione di reti internazionali fra gli attori della ricerca.

 

 

Porte aperte all’Immaginario - E tanti laboratori in più
Domani ripartono le attività al Science centre: confermati e ampliati gli spazi creativi interattivi, le “Notti” e i corsi di aggiornamento dedicati ai professori
Al via gli appuntamenti con la scienza resa divertente e creativa. Con ottobre all’Immaginario scientifico riparte la stagione di attività per le scuole e per gli insegnanti, a cui è riservato l’Open Day di domani, mentre per le famiglie tornano le Notti Immaginarie e ripartono i laboratori delle 16 di Scienziati della domenica, con tanti nuovi giochi ed esperimenti per bambini da 5 a 10 anni. La nuova stagione, accanto ad alcuni “grandi classici”, porterà poi diverse novità, prima tra tutte i laboratori interattivi secondo una metodologia didattica fortemente sperimentale e partecipativa. Cambia anche l’orario: fino a maggio il museo sarà aperto ogni domenica dalle 10 alle 20. «La nuova stagione didattica - spiega il direttore, Fabio Carniello - coincide con un anniversario importante per la sede di Grignano, che in occasione dei 15 anni si rinnova sensibilmente: vengono rivisti i nomi dei settori tradizionali e aggiornate tematiche e contenuti e introdotte novità assolute, in particolare il filone dei laboratori interattivi sperimentali “x lab”, dove x sta per experiment e sottolinea la totale interattività dei partecipanti. La tradizione secondo cui qui le cose si sperimentano e non solo si ascoltano trova qui la sua esaltazione: tutti devono fare qualcosa, a seconda dei laboratori. Da quelli interattivi in cui i ragazzi, muniti di kit, conducono un esperimento assistiti dagli animatori fino a spazi più creativi, nei quali i partecipanti ricevono materiali e semplici istruzioni e poi sono liberi di costruire, inventare e testare». «È una novità per la regione - aggiunge Carniello - il fatto che questa attività, che sta prendendo piede nei musei tecnico-scientifici che svolgono attività con le scuole, abbia un programma fisso e degli spazi predisposti per un coinvolgimento ancora più totale del pubblico scolastico. Siamo lieti di poterla offrire in tutte le sedi». Tra le altre novità, l’offerta di ulteriori percorsi con dei cicli di incontri nelle scuole di ogni ordine e grado su prenotazione: laboratori tematici e interattivi per approcciare lo studio delle scienze in maniera dinamica e giocosa. Proprio agli insegnanti è dedicato l’Open Day di domani a partire dalle 11, occasione per presentare anche il programma di corsi di aggiornamento per i docenti di scuole primarie e secondarie che il museo propone. Cinque i percorsi tematici da tre incontri l’uno dedicati a fisica, chimica, ambiente, neuroscienze e tecnologia in programma fino a gennaio. Ulteriore novità, i laboratori per l’infanzia dove piccoli esperimenti si intrecciano alla trama di un racconto. Info su www.immaginarioscientifico.it.

Gianfranco Terzoli

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 3 ottobre 2014

 

 

«SMART GAS INTERRI I DUE SERBATOI»
Si moltiplicano le osservazioni sul progetto di rigassificatore di Smart Gas in zona Lisert.

Claudio Martin dell’Idv ricorda come l’impianto sia finalizzato a rifornire di gas a prezzo agevolato le industrie regionali che partecipano a tale società. «L’impianto - afferma Martin - è progettato per produrre fino a 800 milioni di metri cubi di metano gassoso l’anno, cioè un quarto in più della quantità di gas industriale distribuito in tutto il Fvg. Non solo - continua - sarà anche in grado di distribuire direttamente un milione 335 mila metri cubi di gas liquido l’anno, quantità corrispondente, se rigassificata, ad altri 800 milioni di metano allo stato gassoso. Quindi Smart Gas, al netto del metano utilizzato dalle aziende che la costituiscono, sarà in grado di commercializzare, cioè di vendere a terzi, una quantità di gas equivalente a più di 900 milioni di metri cubi l’anno. A fronte di questo guadagno per l’azienda, quale vantaggio dei cittadini che partecipano alla spesa, visto che i finanziamenti con cui Regione e Fondo Gorizia dovrebbero partecipare alla costruzione delle opere a mare (su 78 milioni di euro è previsto che i privati ne metteranno solo 20) sono soldi pubblici, che potrebbero essere spesi in modo più utile per la collettività? Sfugge quindi - conclude Martin - il vantaggio per Monfalcone e il territorio, chiamati a sostenere per intero l'impatto di un simile impianto». Che il rigassificatore di Vescovini «sia un’opera strategica per il settore industriale del Fvg ormai opinione diffusa e condivisa, assunta anche da Città Comune. Come anche che le osservazioni degli enti locali - afferma Maurizio Volpato -. Ci piace pertanto osservare che alla fine l’unico punto veramente aperto e dirimente della completa sostenibilità del progetto è la questione dell’impatto paesaggistico che entrerebbe in conflitto con gli interessi attinenti il settore del turismo: dalla Baia di Sistiana alle Foci dell’Isonzo. A questo riguardo Città Comune ha inviato al ministero la sua osservazione al progetto Smart Gas, chiedendo che i depositi Gnl venissero interrati essendo alti quanto un edificio di 13 piani e essendo posizionati in un’area del Lisert che, diversamente dal resto della zona industriale, è direttamente percepibile dal litorale turistico che parte dall’Isola dei Bagni e arriva al Parco della Cona. Il problema è che la disponibilità dell’imprenditore alla mitigazione ambientale sembra limitarsi a un rialzo del terreno attorno ai depositi di soli 10-15 metri su 39, secondo noi insufficiente a ottenere un risultato apprezzabile. Che si faccia uno sforzo in più, la soluzione potrebbe essere il rialzo del terreno ed il contemporaneo interramento anche parziale dei depositi: ne va dello sviluppo turistico del litorale, bloccando una risorsa che potrà invece in futuro creare molti posti di lavoro».

 

 

Sabato iniziativa di Greenpeace - Pedalata per salvare l’Artico

Sabato anche a Trieste Greenpeace organizza la Pedalata polare, «per salvare l'Artico dalle trivellazioni petrolifere e dai cambiamenti climatici e chiedere l'istituzione di un Santuario globale per proteggere questo ecosistema». L’iniziativa #IceRide, è promossa in 31 Paesi (www.iceride.org): è giunta quest'anno alla 2.a edizione. Ritrovo alle 10 a largo Mario (fine di via Torino, verso piazza Venezia), partenza alle 10.30 e si proseguirà lungo le Rive per poi raggiungere piazza Unità d'Italia, dove terminerà la Pedalata, attraverso le vie del centro. Info: www.savethearctic.org; www.iceride.org.

 

 

Dalla Giotti parte “pedibus”

Questa mattina, alle 8.15, partirà dalla scuola Giotti di strada di Rozzol 61 un serpentone colorato con trecento ragazzi accompagnati da famiglie e insegnanti, in occasione della Marcialonga Pedibus promossa dalla Uisp. Tutti i cittadini sono invitati a partecipare.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 ottobre 2014

 

 

Duino scova 130mila euro dentro le “immondizie” - Imprevisto risparmio di spesa
DUINO AURISINA Può ridursi, in appena qualche mese, la produzione dei rifiuti in un Comune da sempre considerato poco “riciclone” al punto da determinare, rispetto alle previsioni di bilancio, un'economia di spesa pari a ben 130mila euro? È l'interrogativo che si sono posti, all'ultimo Consiglio comunale, i rappresentati dei partiti di maggioranza e opposizione a Duino Aurisina. Che, nel tentativo di trovare esauriente risposta, hanno dato mandato all'esecutivo Kukanja di attuare d'ora in avanti un monitoraggio, frazione per frazione, sul quantitativo di immondizia da smaltire. Se è vero infatti, come ogni volta si è sottolineato, che la locale realtà necessita di politiche virtuose sul tema della differenziata, quale spiegazione si può allora attribuire all'improvviso, consistente calo nella produzione di spazzatura? Per citare le parole del presidente della II commissione, Maurizio Rozza, da “ricchi trogloditi” i cittadini si sono forse ritrovati improvvisamente poveri (si sa che la quantità di immondizia è direttamente legata al reddito) ed indefessamente ecologisti? «Ci sono dati che veramente non riescono a spiegarsi» dice Rozza. Non più tardi di qualche mese fa avevamo detto che la produzione di rifiuti pro capite (631,6 chili all'anno) è qui maggiore rispetto alla media regionale (452 chili), con una percentuale di raccolta differenziata ferma al 21,10 contro il 60,79% del Fvg e il 28,63% della Provincia. Il quadro allarmante era emerso dal Piano d'azione per l'energia sostenibile predisposto dal Comune, che citava dati Arpa. Stando all'analisi, nel 2013, i primi produttori di spazzatura erano risultati essere Lignano, Monrupino e Grado, ma due delle municipalità venivano ritenute “fuori scala” per la loro natura di località balneare. Nella “bad 5” figurava anche Duino Aurisina. Eppure, in sede di variazione di bilancio, i consiglieri hanno dovuto constatare un'economia di spesa sullo smaltimento dei rifiuti, derivante da conguagli contributi Conai e da una minor produzione di immondizia rispetto alle previsioni (proiezioni al 31 dicembre), di ben 130mila euro. Il fatto singolare ha spinto il presidente Rozza, ma non solo, a dar mandato all'assessore competente (Andrej Cunja) per l'indizione di un monitoraggio sul quantitativo di immondizia prodotto sul territorio, paese per paese, così da interpretare l'irregolare andamento. L'assessore al Bilancio Lorenzo Corigliano, infatti, come ricordato in aula, aveva individuato mesi fa, tra aprile e maggio, un timido aumento nella produzione di immondizia, facendo così intravedere una possibile ripresa nei consumi. Invece, la radicale diminuzione. «Si è trattato di un bluff» ammette Corigliano. Ad aver influito sul quadro molteplici possibili fattori, anche di natura economica. L'estate particolarmente piovosa può aver causato danni di rilievo agli operatori. Pure la crisi potrebbe aver influito, visto che come rilevato da Rozza «esiste una correlazione tra reddito medio e produzione di rifiuti». Un'altra possibile lettura, fornita da Corigliano, potrebbe essere quella dell'esodo di rifiuti dal Monfalconese, fenomeno negativo più e più volte denunciato pure dalla passata giunta Ret. In tal senso il monitoraggio potrebbe stabilire se vi è una produzione più consistente nei paesi a ridosso del confine isontino. Su una cosa i consiglieri sembrano però concordare, a partire da Andrea Humar (Pdl) che ha sollevato la questione in aula: urgono analisi precise.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

infoDeBanfield - MERCOLEDI', 1 ottobre 2014

 

L'intervista -  L'uomo che sussurra alle piante (di Eliana Calza)

Livio Poldini, botanico di grande fama e paladino della biodiversita': "Una risorsa fondamentale per la stessa sopravvivenza del genere umano"

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 ottobre 2014

 

 

Devastazioni dei cinghiali: risarcito con 48 euro
La denuncia del viticoltore Rado Kocjancic il quale a fronte di una richiesta di indennizzo alla Provincia di 26mila euro si è visto recapitare l’esigua cifra
Chiedeva alla Provincia, con documentazione corretta e certificata, un rimborso di 26.000 euro per i danni causati alle sue coltivazioni dalla selvaggina negli ultimi tre anni. Riceve invece un anemico indennizzo di soli 48 euro che lo lascia stupefatto e senza parole. «Non accetterò questa somma – afferma Rado Kocjancic, uno dei viticoltori di punta del Breg Sandorlighese – e di fronte a questa situazione tanto ingiusta quanto incredibile cercherò altre strade. Non escluse, ovviamente, quelle legali». Accanto a questo fatto eclatante, anche da Muggia si protesta per gli indennizzi da danni causati dai selvatici, con il capogruppo del Pdl Claudio Grizon a denunciare l’ente provinciale per ritardi nel pagamento di rimborsi. «La situazione è paradossale, ma la causa che l’ha prodotta è nota da tempo – sostiene il segretario regionale dell’Associazione Agricoltori/Kmecka Zveza Edi Bukavec. La Regione, nel 2010, ha introdotto una modifica in merito agli indennizzi dovuti agli agricoltori in caso di avversità che prevede un aiuto “de minimis” con un tetto di 15.000 euro in un periodo di tre anni. Una norma anomala che non ha eguali nel resto d’Italia e che fa a pugni con il buon senso. E’ colpevole e non solvibile dunque quel contadino che per tre anni subisce danni per una cifra superiore? Parliamo ovviamente di danni non contemplati dal rischio d’azienda, ovvero provocati da maltempo, siccità o grandine, ma dalla selvaggina. Qui ci troviamo invece di fronte a una situazione che può essere controllata. E se non lo fai – insiste Bukavec – significa che non disponi di quel Piano Faunistico Regionale che stiamo aspettando da quattro anni. L’assessore Panontin dice che sarà pronto a dicembre, ma nessuno tiene conto degli incessanti assalti dei selvatici nelle province di Trieste e Gorizia che continuano a mandare all’aria interi raccolti». Rado Kocjancic è rimasto vittima della tagliola “de minimis”. Avendo denunciato già gli anni scorsi danni alle colture, si trova a aver sforato il tetto degli indennizzi. Così si spiega lo smunto assegno di 48 euro che la Provincia si troverà, suo malgrado, a elargire. «Non chiedo l’elemosina – interviene l’agricoltore sandorlighese - solo i danni per quello che purtroppo ho subito. Da tempo denuncio le devastazioni inferte alle nostre colture dalla selvaggina. A mie spese – continua – ho costruito delle costose recinzioni ai terreni che, ulteriore e ignobile beffa, ignoti vandali distruggono per permettere agli animali di introdurvisi». Secondo l’Associazione Agricoltori gli indennizzi regionali erogati dalla Provincia coprono a fatica il 50% delle esigenze. «I contadini sono scoraggiati: c’è chi pensa di cavare le viti e piantare olivi (non appetibili ai selvatici quanto l’uva) come l’azienda Scheriani di Darsella San Bartolomeo, chi invece, come Kocjancic, è pronto a gettare la spugna. Da parte nostra – afferma Bukavec – stiamo lavorando assieme agli operatori per far causa alla Regione, colpevole di aver introdotto il “de minimis”. E ripetiamo: è davvero stupefacente che questo ente non sia dotato di un Piano Faunistico che preveda un adeguato controllo della selvaggina. A rimetterci è l’intera comunità». Sull’esiguità degli indennizzi pagati agli agricoltori, risponde il vicepresidente e assessore all’Agricoltura provinciale Igor Dolenc: «Spiace davvero che l’agricoltore del Breg sia vittima di questo assurdo “de minimis” che noi ci troviamo purtroppo a dover applicare. Abbiamo più volte fatto presente all’assessore regionale competente Paolo Panontin come questa norma debba essere rivista perché completamente inadeguata».

Maurizio Lozei

 

 

Meduse in golfo “fuori stagione”
ORGANISMI INNOCUI L’Aurelia aurita di solito compare tra la fine dell’inverno e la primavera, mentre la Rhizostoma pulmo è sempre presente
Ai più attenti osservatori, la nutrita presenza non è sfuggita. Le meduse sono ritornate in superficie nel golfo di Trieste, in gran numero, nei giorni scorsi. Si tratta della Rhizostoma pulmo (la cosiddetta “bota marina”) e dell’Aurelia aurita, due tipologie molto comuni e non pericolose. Fuori dall’ordinario, dal consueto - sebbene non si tratti di un fenomeno in assoluto inedito - c’è un aspetto: «Vedere l’Aurelia aurita in questo periodo - spiega Paola Del Negro, direttrice della sezione Oceanografia dell’Ogs (Istituto di oceanografia e geofisica sperimentale) - è un po’ particolare. Solitamente infatti compare in acque non molto calde, quindi fra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera». Le particolari condizioni meteorologiche dell’estate appena trascorsa e le relative temperature, probabilmente, hanno influito anche sul comportamento di questi organismi gelatinosi. Va però detto - come conferma la ricercatrice - che non è semplice capire se si tratti di un arrivo in ritardo o in anticipo rispetto al “tradizionale” periodo. L’Aurelia aurita si riconosce guardando in mare perché si vede sopra il suo ombrello una struttura a forma sostanzialmente di quadrifoglio. «Le meduse si spostano con le correnti - riprende Del Negro -, da cui vengono trasportate. Riescono poi a muoversi tra superficie e fondale. La quantificazione della loro presenza - continua la ricercatrice - è sempre un problema rispetto all’impressione visiva. Le tecniche di monitoraggio sono complicate, in proposito ci sono tanti progetti e programmi». Ciò che si può dire con certezza è che «in questi anni vi è stato un grande incremento del numero di meduse nel golfo. Quest’estate - sottolinea Paola Del Negro - la situazione si è confermata nella norma, come negli ultimi anni, con una presenza abbastanza consistente». In ogni caso, nessun rischio per chi entra in contatto con Rhizostoma pulmo o Aurelia aurita: «Non danno grossi problemi di tossicità - aggiunge l’esperta dell’Ogs -, non causano ustioni o quant’altro. Sono innocue». Qualche effetto, invece, si concreta all’interno dell’ecosistema: «Si tratta di organismi che si nutrono di larve e uova di pesci, e di plancton. Sottraggono quindi anche risorse ad altri pesci, mentre le meduse stesse non le mangia nessuno. Per i pescatori tutto ciò rappresenta un problema - conclude Del Negro -: oltre a bloccarsi nelle reti, rovinandole, le meduse influiscono sul ripopolamento del mare».

(m.u.)

 

 

Il baby grifone da record in volo dal Friuli a Genova

Eccezionale impresa di un esemplare di cinque mesi nato nella riserva di Cornino

In tre settimane ha percorso 500 chilometri. Notato grazie all’anello identificativo

TRIESTE È arrivato fino a Genova, la città di cui è il simbolo. Ha percorso 500 chilometri in tre settimane. Un volo eccezionale quello di Acale, il grifone di soli cinque mesi partito dalla riserva naturale del lago di Cornino per essere reintrodotto in natura e avvistato in questi giorni in Liguria. È davvero lui, assicurano gli esperti. Sebbene le immagini siano state scattate da una notevole distanza, è infatti ben visibile la sigla F63 posta come d’abitudine sull’anello d’identificazione applicato poco prima della liberazione. Acale, un nome tratto dalla mitologia greca scelto attraverso una campagna su Facebook, è un esemplare di sesso maschile con un'apertura alare di circa 3 metri per 90 cm di altezza e 9 chilogrammi di peso. La reintroduzione in natura si inserisce nell'ambito del progetto di conservazione “Grifoni Osservati Speciali” attivato dall’Unione italiana giardini zoologici e acquari (Uiza) nella riserva delle Prealpi Carniche. Il suo volo è iniziato lo scorso 5 settembre. «Si trattava del sesto rilascio negli ultimi quindici anni di esemplari giovani nati da una coppia che abbiamo in voliera - fa sapere il responsabile scientifico del progetto Fulvio Genero -. Il grifone partito lo scorso anno lo si vede regolarmente volare sopra i cieli della riserva e sostare al punto di alimentazione. Altri hanno viaggiato direzione Croazia, visto il “traffico” che vede molti grifoni arrivare nella nostra riserva da Cherso e Veglia. Acale, invece, ha preso la strada della Francia e della Spagna». Il primo avvistamento, una decina di giorni fa, sopra i cieli dello stadio Marassi a Genova, quasi a guardare dall’alto il gioco della “sua” squadra. In quelle zone il grifone non lo vedevano da decenni. A non avere dubbi sono stati i volontari del sito di osservazione di Costa Fagaglia a Genova-Prà, il campo di monitoraggio organizzato dalla Rete osservatori liguri dedicato alla migrazione post-nuziale del biancone. Quattro naturalisti (Marcello Bottero, Rudy Valfiorito, Alberto Cosso e Giuseppe Valeri) si sono immediatamente resi conto che l’animale aveva un anello di riconoscimento alla zampa. «Fortuna vuole che, arrivato all’imbrunire e forse stanco del viaggio, Acale abbia deciso di sostare per la notte, poco distante dal punto di osservazione - racconta il presidente della Rete Bottero -. Due di noi hanno così raggiunto il luogo di sosta e mantenendosi a debita distanza hanno letto l’anello di identificazione». Facendo rapide ricerche, gli esperti liguri sono quindi risaliti al sito di rilascio e hanno scoperto che l’animale era italiano e proveniva dalla provincia di Udine. Un evento straordinario per un uccello senza alcuna esperienza di volo, anche se è difficile solitamente controllare direzione e distanze. «Le radio satellitari hanno costi molto alti - spiega Genero -, quasi sempre non riusciamo ad avere riscontro dei voli». Al momento del rilascio, ricorda ancora il naturalista, «Acale si è diretto verso il fiume Tagliamento e non è stato più osservato». Pure dal monitoraggio dei punti di alimentazione nei giorni successivi non ce n'era più traccia, non senza «una certa preoccupazione». Poi, la sorpresa. E la conferma che il progetto di conservazione, riproduzione e reintroduzione dei grifoni «continua a stupire in senso positivo». Tanto che la stima estiva nell’area delle Alpi orientali parlava di 250 unità. Per Cesare Avesani Zaborra, presidente Uiza e direttore scientifico del parco natura viva di Bussolengo, «il ripopolamento delle Alpi da parte delle due specie di avvoltoio grifone e gipeto si è reso possibile solo grazie alla capacità di allevarle in ambiente controllato. Il sostegno dell'uomo alla riproduzione raddoppia la possibilità della conservazione della specie». Dopo di che si tratta di arrangiarsi. «Questi animali – dice ancora Genero – si nutrono di carcasse. Le trovano soprattutto in montagna, lì dove anche le condizioni di volto risultano agevolate».

Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 settembre 2014

 

 

Da dicembre cinque treni per Lubiana

Slovenia e Croazia potenziano i collegamenti ma denunciano il disinteresse italiano: «Dobbiamo fermarci a Villa Opicina»
TRIESTE Da Ovest le ferrovie si fermano a Mestre. Da Est a Villa Opicina. Con buona pace di chi decanta il ruolo centrale di Trieste nella Nuova Europa. Tutti conoscono la situazione del collegamento via rotaia tra il capoluogo regionale e la città dei Dogi. Ma anche la tanto decantata porta sull’Est che si spalanca a Trieste assomiglia piuttosto a una saracinesca abbassata con su il desolante cartello “chiuso”. E senza indicazioni temporali. Ne sanno qualcosa le Ferrovie slovene che, in accordo con quelle croate, hanno appena sottoscritto un accordo di coordinamento delle linee su rotaia puntando entrambe a raggiungere Trieste e, da qui, Mestre e poi Milano. Ma, con desolazione, hanno potuto constatare che tutti i treni si fermano a Villa Opicina. Per raggiungere Trieste c’è solamente la linea di autobus della locale azienda trasporti. «Questa non è la soluzione - afferma il vice direttore delle Ferrovie slovene-trasporto passeggeri, Miloš Rovšnik e ripreso da Siol.net - che più ci soddisfa. Questo problema alle Ferrovie italiane non interessa, ci pongono condizioni inaccettabili per poter far circolare i nostri treni sulle loro linee». «Stiamo parlando - precisa ancora Rovšnik - con le ferrovie regionali Udine-Cividale le quali sono invece interessate al collegamento, ma devono ottenere la concessione dalla Regione Friuli Venezia Giulia, un’opera immane vista la burocrazia italiana». Le Ferrovie slovene e, di riflesso o meglio a traino, anche quelle croate vogliono assicurarsi la possibilità di un collegamento con Trieste e Venezia senza dover cambiare treno e di poter emettere il biglietto per l’intero percorso. «Anche quando realizzeremo un collegamento diretto tra la Croazia e l’Italia attraverso la Slovenia - sostiene invece Renato Humi„ delle Ferrovie croate - non saremo concorrenziali rispetto ai collegamenti su gomma, ma questo sarà comunque un grande passo per il collegamento tra i nostri Stati». L’accordo sottoscritto tra ferrovie slovene e croate rappresenta poi una pietra miliare nell’ambito del progetto europeo Rail4see (nodi ferroviari per l’Europa sudorientale) nel quale dieci Paesi, dall’Austria alla Grecia, dall’Italia alla Romania, hanno individuato undici città quali nodi strategici per il miglioramento dei collegamenti su rotaia nell’ottica di un salto di qualità nel sistema ferroviario europeo. In base al documento con il nuovo orario coordinato Slovenia-Croazia che entrerà in vigore a metà dicembre, Lubiana sarà collegata cinque volte al giorno, in entrambe le direzioni, con Villa Opicina. Nel periodo estivo, una volta alla settimana, la linea sarà estesa fino a Pola. Il collegamento mattutino e quello serale tra Lubiana e Zagabria, poi, sarà garantito dal treno notturno tra la capitale della Slovenia e Belgrado (passando per Zagabria). Verrà altresì ripristinata la linea giornaliera tra Lubiana e Budapest via Hodoš. Slovenia e Croazia si muovono, capiscono l’importanza della mobilità, anche ferroviaria, indispensabile per garantire scambi di merci e di persone, e quindi, anche di affari e investimenti. E l’Italia, o meglio, Trieste cosa offre in questa partita? Ma Villa Opicina, ovviamente, la stazione nel nulla. Perché se vuoi prendere il bus per la Stazione centrale di Trieste (linea 4) devi farti un tratto a piedi fino a via di Prosecco (altezza pizzeria Brigantino), consigliabile con valigie e bora. Per poi scoprire che il bus arriva in piazza Oberdan, per cui fino alla Stazione centrale altro chilometrino a piedi (sempre consigliabile con valigie e bora) per poi partire alla volta del civilizzato Ovest. Anche questo è Europa. Ahimè.

Mauro Manzin

 

«Le Fs cedano la stazione di Campo Marzio»
Santoro conferma a Lupi la richiesta di inserirla nelle 41 che le Ferrovie possono regalare ad altri enti
La Regione si fa avanti e ribadisce la richiesta di vedere inserita la stazione ferroviaria di Campo Marzio fra le 41 del Friuli Venezia Giulia che Ferrovie dello Stato è disposta a cedere a titolo gratuito a enti pubblici o privati. La richiesta è stata confermata ieri dall’assessore regionale alla mobilità Mariagrazia Santoro al ministro alle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi, in occasione della visita in regione fatta da Lupi stesso. È stata questa l’occasione che Santoro ha colto per riproporre al ministro la questione dell’antica stazione, un complesso vincolato architettonicamente dal 2004, e che dal 1984 ospita - come ricorda una nota della Regione - «uno tra i maggiori musei ferroviari a livello nazionale». Di qui dunque la richiesta che la stazione «possa essere inserita nell'elenco delle 41 stazioni presenti sul territorio del Friuli Venezia Giulia che Ferrovie dello Stato è disposta a cedere a titolo gratuito ad enti pubblici o privati». Santoro ha ricordato a Lupi che la collezione del Museo ferroviario «è stata dichiarata dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia "di eccezionale valore storico etnografico"». La stazione di Campo Marzio è stata dismessa dall'esercizio ferroviario nel 1958. Al ministro, infine, Santoro ha donato il volume "Il Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio", realizzato dall'Associazione Dopolavoro ferroviario del capoluogo giuliano che da decenni ormai cura la struttura museale.

 

 

Cosolini al ministro «Sì a norme per la sicurezza di ciclisti e pedoni»
Se l’utilizzo delle due ruote in città va incentivato nel nome della lotta al rumore e all’inquinamento, occorre però far sì che chi sceglie la bicicletta possa contare su percorsi possibilmente riservati e comunque sicuri. E lo stesso bisogna fare per i pedoni, con un sempre maggiore ricorso a zone off-limits al traffico privato. Su questi e altri aspetti che rientrano nell’argomento «mobilità sostenibile» il sindaco Roberto Cosolini ha scritto una lettera al ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Maurizio Lupi. Nella missiva - come informa una nota del Comune - Cosolini sottolinea la propria disponibilità a un'audizione specifica, «associandosi agli amministratori di altri importanti città su vari aspetti concernenti la mobilità sostenibile, a cominciare dall'ambito della Riforma del Codice della Strada "che potrebbe introdurre anche in Italia strumenti efficaci per armonizzare la normativa nazionale con quella di molte altre realtà europee"». Nello specifico si tratta di prendere in considerazione «la sperimentazione di azioni a favore della mobilità già attuate e rese definitive in altri Paesi, che dimostrano efficacia nella pratica e favoriscono il numero crescente di ciclisti oltre a garantire la sicurezza di chi si sposta sul mezzo a due ruote». Con questo obiettivo dunque il sindaco chiede al ministro, «vista l'attualità del tema, l'attuazione di misure concrete tradotte in specifiche normative, con garanzie quindi di piena sicurezza per chi si muove a piedi e in bicicletta in città».

 

 

Comune a caccia di finanziatori per l’ambiente
Bando per selezionare un soggetto che recuperi fondi privati da impiegare in progetti “verdi”
Il Comune si vota al crowdfunding. E lo fa attraverso una delibera che la giunta Cosolini ha approvato nella seduta di ieri. Un documento con cui si avvia l’iter per la pubblicazione, a stretto giro, di un bando con cui verrà selezionato un soggetto in grado di gestire - per conto del Municipio - la ricerca, l’individuazione e il reperimento di risorse economiche private con cui poter poi portare a compimento progetti di interesse pubblico, generale. Quali? Si partirà da quelli «di carattere ambientale - spiega l’assessore al Demanio, Patrimonio e Lavori pubblici, Andrea Dapretto -, relativi cioè a giardini e zone verdi da recuperare. Vogliamo provare a strutturare un percorso - continua l’esponente dell’esecutivo municipale - rivolto soprattutto al settore privato». Con l’obiettivo di trovare, di fatto, associazioni, società o singoli cittadini che mettano sul piatto dei soldi per creare ad esempio «nuove piste ciclabili, giardini o aree giochi» da mettere a disposizione di tutta la comunità. Il sistema adottato mira a ottenere risposte, specifica Dapretto, «non solo a livello cittadino ma anche nazionale». Alcune idee esistono già nel concreto ma, proprio per la mancanza di fondi disponibili, sono ferme da tempo ai box, in attesa chiuse nei cassetti degli uffici comunali: «Metteremo a disposizione una serie di progetti già pronti ma non coperti da finanziamento - fa il punto Dapretto - e li pubblicizzeremo, anche sul web, così da sollecitare la cosiddetta “società civile” a impegnarsi. Ci sono esempi del genere attivi in Italia, come per il Comune di Firenze, che ha trovato una società che ha i suoi canali. Viene così data importanza al concetto di sussidiarietà in momenti di carenza di risorse per gli enti pubblici». L’operazione non avrà, appunto, costi per il Comune. «La selezione avverrà comparando le proposte di quanti risponderanno al bando - conclude Dapretto -. Se i fondi non risulteranno poi sufficienti per la copertura di un progetto, a quel punto o il Comune riuscirà ad affiancarsi recuperando dei soldi oppure andrà ritarato il progetto stesso». Nel corso della riunione di giunta di ieri, l’amministrazione Cosolini ha anche deliberato la destinazione dei contributi annuali al Teatro lirico “Giuseppe Verdi” (700mila euro) e alla Contrada (30mila). Novità sono infine in vista sul versante dell’edilizia sportiva, ma saranno svelate probabilmente nella giornata di domani.

(m.u.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 settembre 2014

 

 

Dragaggio del canale - Duino favorevole: «Porta occupazione»

Il consigliere Rozza: verificare se i nuovi progetti non ostacolano il traffico portuale
DUINO AURISINA «Un plauso alla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia per quanto contenuto nel parere espresso sul progetto di approfondimento del canale del porto di Monfalcone». Questo il commento di Maurizio Rozza, presidente della Seconda commissione consiliare (Asseto e utilizzo del territorio) di Duino Aurisina, che un anno fa aveva formulato valutazioni e richieste di integrazioni in merito all'opera. «La Regione - aggiunge - ha fatto proprie molte delle osservazioni contenute nel documento da noi redatto». Il parere del Comune si concludeva affermando che “la Commissione, pur condividendo la valenza strategica dal punto di vista socioeconomico dei lavori di adeguamento del canale portuale di Monfalcone e auspicando un potenziamento del trasporto via nave e della portualità, esprime parere negativo allo studio come presentato fino al superamento delle criticità evidenziate nel presente documento”. Criticità che, sottolinea Rozza, “ora appaiono quasi totalmente superate: rimane ancora qualche preoccupazione sul futuro del canneto del Lisert, che sono certo verrà risolta dal parere definitivo del Ministero dell’Ambiente”. Stando al presidente della Seconda commissione, quello compiuto una decina di giorni fa dalla Regione è “un primo passo verso una nuova pianificazione dell’area in linea con il documento di orientamento redatto dalla Commissione Europea per armonizzare l’espansione dei porti e i lavori di dragaggio con le Direttive in materia di tutela ambientale”. «Va rimarcato - prosegue - che l’intervento, per quanto ben mitigato, avrà comunque degli impatti ambientali rilevanti; ma il calcolo costi-benefici, tenuto conto dei posti di lavoro sbloccati da un sistema portuale maggiormente efficiente e competitivo, ora potrebbe dare un risultato positivo. È necessario però – rileva Rozza - che la Regione ora acceleri quanto più possibile nella redazione di un nuovo piano del Porto che sappia anche tutelare e valorizzare l’ambiente, armonizzandosi con quanto già prevede il piano regolatore di Duino Aurisina per l’area confinante». Per il presidente della Seconda commissione ora si deve prestare “grande attenzione” nell'evitare che scelte di pianificazione “possano vanificare le prospettive di sviluppo portuale”. «Va dunque chiarito urgentemente - conclude - a partire dal parere che la Regione dovrà presto dare sul progetto dell’impianto di rigassificazione, se la crescita del porto sia compatibile con i vincoli indotti, a terra e a mare, con l’intervento proposto».

Tiziana Carpinelli

 

RIGASSIFICATORE, RIFONDAZIONE INTERROGA FONTANOT
RONCHI DEI LEGIONARI Anche a Ronchi dei Legionari si parla del progetto del rigassificatore nell’area del Lisert a Monfalcone. Così il gruppo consiliare di Rifondazione Comunista ha depositato un’interrogazione, rivolta al sindaco Roberto Fontanot, con oggetto “Avviso al pubblico dell’impresa Smart gas S.p.A. di comunicazione di avvio della procedura di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio e di valutazione di impatto ambientale di un Terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del GNL presso il Lisert di Monfalcone” Pur non essendo coinvolto il Comune di Ronchi dei Legionari nella procedura di valutazione d’impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente e della Regione Friuli Venezia Giulia con l’interrogazione si chiede al primo cittadino se è sua intenzione presentare osservazioni al progetto. Nel testo il capogruppo, Luigi Bon, ricorda che nel settembre 1996 i cittadini del Comune di Monfalcone si pronunciarono in una consultazione referendaria contro la proposta di insediamento presso la zona del Lisert di un Terminal per la rigassificazione di gas naturale liquefatto ed in quella occasione il Comune di Ronchi dei Legionari organizzò sul tema un confronto pubblico presso la sede municipale e diede anche uno spazio sul tema del del terminal di rigassificazione della Snam a Monfalcone di alcune pagine sulla rivista del bollettino comunale “Ronchi Notizie”.

(l.p.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 settembre 2014

 

 

Via dalla Regione all’escavo del canale navigabile
DUINO AURISINA La Regione dà l'ok all'escavo di Monfalcone: il progetto di approfondimento del canale d'ingresso allo scalo portuale è “compatibile con l'ambiente”. Questo il parere espresso, con delibera giuntale proposta dall'assessore Sara Vito, nell'ambito della procedura di Via nazionale di competenza del ministero dell'Ambiente, cui spetta ora l'ultima parola. Il progetto, messo a punto dall'Azienda speciale per il porto di Monfalcone, prevede il dragaggio alla quota di meno 12,5 metri sia del canale di accesso sia del bacino di evoluzione. I sedimenti scavati saranno versati nella cassa di colmata già presente nella vicina zona Lisert, che sarà adeguata e ampliata per garantire la possibilità di contenere tutti i fanghi. «Il nostro parere che, sottolineo, risulta non vincolante – così il sindaco Vladimir Kukanja – è frutto della consultazione dei cittadini. Restiamo in attesa di leggere il documento della Regione». «Noi abbiamo fatto un lavoro considerato dal territorio molto approfondito e puntuale - chiosa il vice Massimo Veronese -. Entrando nel merito, ancora non ho letto le prescrizioni, ma spero che la Regione abbia fatto proprie se non tutte almeno una parte delle nostre osservazioni». Un anno fa il Comune aveva deliberato, con atto giuntale e adottando le osservazioni della Commissione II, un parere non favorevole al progetto. Pur riconoscendo l'importanza dell'opera per lo sviluppo portuale, aveva rilevato delle carenze. In particolare, tra i vari aspetti, aveva ritenuto che la movimentazione dei fanghi oggetto d'intervento avrebbe potuto mettere a rischio le attività ittiche tra il Villaggio del pescatore e Duino, se non si fossero adottati alcuni accorgimenti. Poi, a ottobre 2013, il Ministero aveva chiesto un'integrazione alla documentazione redatta dal Consorzio per lo sviluppo industriale. Proprio qualche giorno fa, invece, il Consorzio giuliano maricolture – pure coinvolto nella consultazione dall'ente locale – ha annunciato il “pacchetto” di garanzie ottenute dai miticoltori. Tra cui una metodologia di scavo a minima dispersione dei sedimenti, la sospensione delle attività da maggio a ottobre, più stazioni di monitoraggio e una fideiussione in caso di incidenti. Tutele riferite alla riunione della Commissione consultiva per la pesca e l'acquacoltura il 14 luglio. E ora, il via libera della Regione. Che “ha indicato una serie puntuale di prescrizioni cui ci si dovrà attenere sia nella progettazione che nella realizzazione del dragaggio”.

Tiziana Carpinelli

 

A2A insiste sul carbone e dice no al metano
L’azienda: «In questa fase cambiare strategia avrebbe pesanti ricadute sull’occupazione»
MONFALCONE L’equazione non è mancata, ora che a Porto Tolle Enel ha rinunciato alla riconversione a carbone della centrale a olio: Monfalcone faccia altrettanto, superando la produzione a combustibili fossili dell’impianto termoelettrico. Lo evidenzia il consigliere comunale e provinciale del Pd, Fabio Del Bello, mentre il capogruppo dem, Paolo Frisenna, parla di «volata finale, poichè il 2017 dovrà essere l’anno del “carbonfree” per Monfalcone». Intanto, A2A ha ribadito che la trasformazione in ciclo combinato a gas naturale dei Gruppi a olio attualmente dismessi, già abbandonata con la revisione del piano strategico di Endesa «per una più aggiornata valutazione di sostenibilità economico-finanziaria in linea con il nuovo assetto del mercato», resta un’opzione «impraticabile». L’azienda dice di più: «Nell’attuale situazione di mercato - viene osservato -, investire su impianti CCGT in sostituzione di impianti a carbone, non solo non sarebbe sostenibile dal punto di vista della redditività dell’investimento, ma avrebbe anche, come diretta conseguenza a causa del diverso ciclo produttivo, un impatto importante sull’occupazione diretta del personale di A2A e indiretta su tutto l’indotto e sul territorio in generale». In altre parole, a fronte peraltro dell’installazione dei DeNOx in corso, la strada non si cambia, quantomeno fino al 2017, anno in cui è prevista la scadenza dell’Autorizzazione integrata ambientale. Per la città, attraverso l’espressione del Consiglio comunale, lo scenario post-2017 in ordine alla centrale resta lo “stop” al carbone. L’azienda aveva da parte sua prospettato un nuovo piano per la realizzazione di un impianto a carbone “ipercritico”, poi congelato, che aveva suscitato forti prese di posizione contrarie. Secondo A2A, «gli impianti a carbone permettono, in questi anni, di mantenere un costo di produzione contenuto, tale da consentire la loro chiamata in servizio per un alto numero di ore/anno». Secondo i calcoli dell’azienda, dunque, l’evoluzione del mercato non lascia scampo: dal 2000 al 2005 ci fu l’avvento della liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e del gas, assieme alla regolamentazione dei mercati in monopolio (trasmissione e distribuzione di energia). Nel quinquennio successivo, annota ancora A2A, toccò agli investimenti sugli impianti a ciclo combinato alimentati a gas e nell’ultimo quinquennio la crisi macro-economica e il crollo della domanda di energia elettrica si associò allo sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili e fortemente incentivate. A2A argomenta: «Le attuali condizioni del mercato italiano dell’energia sono tali che gli impianti a carbone permettono di mantenere un costo di produzione contenuto, mentre, al contrario, il costo di produzione degli impianti a ciclo combinato a gas, consente agli stessi di funzionare solo per un numero limitato di ore l’anno, con margini ridotti».

Laura Borsani

 

 

Emergenza cinghiali, Forza Italia incalza la giunta
TRIESTE «La Regione non rimanga inerte e ridia l'opportunità di regolare il numero di cinghiali sul territorio del Fvg: solo nel Collio isontino si contano danni per 250mila euro di danni causati dal sovrappopolamento di questa specie. Una cifra che,nell’attuale periodo di crisi, rappresenta un pesante onere per gli agricoltori e i viticoltori». L’allarme arriva dal consigliere regionale di Forza Italia Rodolfo Ziberna che, con un’interrogazione rivolta alla giunta Serracchiani, punta l’obiettivo sulla sentenza del Tar che ha privato i cacciatori della possibilità di partecipare agli abbattimenti dei cinghiali al di fuori della stagione venatoria. «La decisione della giustizia amministrativa - spiega Ziberna - ha comportato una proliferazione di cinghiali che il territorio non è in grado di sostenere. Per questo serve che la Regione intervenga immediatamente, adottando subito il piano faunistico regionale in base al quale fissare il numero di animali per la pianura e la collina. Chi governa infatti - continua Ziberna - non può far finta di non vedere la gravità della situazione e rimanere sordo al grido d'allarme lanciato dai coltivatori che richiedono misure straordinarie». Gli interventi fin qui attuati, secondo l’esponente azzurro, si sono rivelati inutili e non hanno prodotto alcun miglioramento e, come non bastasse, gli indennizzi erogati dalla province sono esauriti. «Servono quindi scelte pragmatiche e concrete, perché con i proclami e gli annunci il problema non si risolve. In questo caso poi, basterebbe imitare quello che è stato fatto nella vicina Slovenia, dove l'applicazione di una deroga alla caccia ai cinghiali ha ridimensionato sensibilmente il fenomeno. Infine - conclude Ziberna - pur sapendo che le regole in materia sono severe, chiedo alla giunta di individuare una strada per destinare la carne dei cinghiali abbattuti alle strutture che si occupano di assistenza ai bisognosi».
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 settembre 2014

 

 

Auto elettrica, ecco le prime colonnine per fare la ricarica

Dieci saranno installate entro l’anno, altre otto a primavera - Gestite da AcegasAps, funzionerano con tessera prepagata
Trieste corre in avanti sulla strada della mobilità sostenibile. Entro l'anno saranno installate nel territorio urbano le prime dieci colonnine per la ricarica delle auto elettriche; altre otto ne seguiranno prima della prossima primavera. L'annuncio è stato dato ieri dall'assessore comunale Elena Marchigiani e da Massimo Carratù, direttore della Divisione energia e ambiente di AcegasAps, l'azienda che le installerà e gestirà. «Questo è un passo importante - ha detto Marchigiani - perché uno degli obiettivi di questa amministrazione è proprio quello di avviare una seria politica di riduzione dell'inquinamento atmosferico e, al contempo, un processo che porti i triestini a vivere una moderna mobilita' sostenibile. Di concerto con AcegasAps - ha aggiunto - abbiamo individuato i punti in cui saranno collocate le colonnine in modo da coprire l'intero territorio in maniera capillare». Questi i punti in cui saranno installate: a Prosecco in via San Nazario, al quadrivio di Opicina, in piazzale 11 settembre a Barcola, a Roiano in via delle Ginestre, alla Rotonda del Boschetto, davanti all'Ospedale Maggiore, in largo Granatieri, in piazzale Straulino, a Basovizza in via Gruden, a Servola in Ratto della Pileria. Entro l'anno saranno tutte operative. Ogni colonnina potrà servire contemporaneamente due vetture («senza distinzioni di modelli - ha precisato Carratù - in quanto l'attacco sarà di quelli universali») e sarà dotata di parcheggio. Attualmente il tempo necessario per la ricarica di una batteria per automobile elettrica va da un minimo di mezz'ora a un massimo di tre ore. Un tempo piuttosto lungo, che potrebbe indurre qualcuno a sfruttare l'occasione per continuare a usufruire del parcheggio anche dopo ultimata l'operazione. «Vigileremo con attenzione sull'utilizzo delle aree per le ricariche - ha puntualizzato in proposito Marchigiani - e sanzioneremo chi ne farà un uso improprio». Per il momento si tratta di discorsi puramente teorici, perché in città le automobili elettriche circolanti si contano sulle dita di una mano. «Ma proprio perché vogliamo incentivare l'uso - ha ripreso il direttore della Divisione energia e ambiente - abbiamo fatto un investimento che per Acegas Aps è importante. Crediamo in una Trieste poco inquinata, con un traffico che produce poco rumore - ha proseguito - nella quale i cittadini si muovono in maniera rispettosa dell'ambiente. Con l'installazione delle prime colonnine, siamo al completamento di una prima fase del percorso che tende al miglioramento della qualità della vita dell'intera città». Va in questa direzione anche la politica dei costi predisposta da AcegasAps. Per caricare la batteria i privati spenderanno 25 euro al mese, senza limite di rifornimento. Si potranno cioè utilizzare le colonnine tutte le volte che sarà necessario. «Si tratta di una proposta che non ha bisogno di commenti - ha concluso Carratù - perché non esiste confronto con i costi che gli automobilisti quotidianamente si sobbarcano per utilizzare i motori tradizionali». Per i mezzi elettrici delle aziende invece AcegasAps ha predisposto altri tipi di contratti. Con la collocazione delle colonnine, Trieste sarà all'avanguardia a livello nazionale, perché a oggi in Italia quelle già attive sono soltanto 463.

Ugo Salvini

 

SEGNALAZIONI - zona 30 Sperimentazione in via Locchi

In questi giorni c’è stato un dibattito pro e contro l’intervento che ha interessato la via Locchi durante la Settimana Europea della Mobilità appena conclusasi. Al di là dei contenuti dei diversi contributi e segnalazioni che hanno interessato anche le pagine di questo quotidiano, la prima considerazione riguarda l’importanza che si alimenti un dibattito sui temi della mobilità sostenibile ed, in questa ottica, è stato positivo leggere anche i pensieri critici. Ma, al di là dell’intervento provvisorio che è stato messo in atto a puro titolo didattico con i ragazzi del Ricreatorio De Amici durante i giorni della Settimana europea della mobilità, quello che mi interessa è porre il fucus sul metodo che ha portato alla sperimentazione - sia pur su un solo isolato - di una chicane per la moderazione della velocità veicolare. A titolo chiarificatore l'idea non nasce per un capriccio politico, bensì da ripetute segnalazioni ricevute da residenti e frequentatori della zona. Tali segnalazioni arrivate personalmente a me, ma anche ad altri colleghi consiglieri, lamentavano la pericolosità delle vie Locchi e Schiaparelli, dovuta all'elevata velocità di percorrenza di entrambi i tratti stradali. La zona, infatti, ha una valenza residenziale ed é caratterizzata dalla presenza di attività commerciali ed altri centri di interesse che sono attrattivi per molte persone. Per tale ragione l’assessore ha ritenuto opportuno, di concerto con la circoscrizione, avviare un processo partecipato con i residenti, i genitori della vicina scuola Morpurgo, il ricreatorio De Amicis, la parrocchia e gli esercenti, al fine di lavorare con gli uffici alle modalità più appropriate per testare possibili soluzioni su un isolato “campione”. E' stato così scelto l'isolato meno problematico, poiché non interessato dal transito della linea 30, limitando l'intervento a un solo isolato proprio per ridurre l'impatto sui parcheggi. La sperimentazione fatta durante la SEM che avuto il pregio di favorire un confronto sulla mobilità sostenibile e di valutare sul campo una possibile soluzione. Ovviamente importante è stato anche il percorso portato avanti con i ragazzi del ricreatorio De Amicis che hanno aiutato a predisporre la chicane ed hanno avuto modo di riflettere sui temi della mobilità sostenibile anche con l’ausilio del personale della Polizia locale. Nei prossimi mesi Comune e circoscrizione proseguiranno nel confronto con i cittadini e i residenti per giungere a una soluzione condivisa per affrontare il problema della riduzione della velocità. Importante è sottolineare che la realizzazione di chicane può essere più "morbida" di quanto sperimentato, con curve assai meno accentuate, realizzate anche attraverso il guadagno di posti auto a spina di pesce. Il tema delle "zone 30" non va quindi visto come una limitazione, bensì come la possibilità concreta per coniugare sicurezza e riqualificazione di tratti stradali residenziali, anche attraverso la riorganizzazione e l'ampliamento degli spazi di sosta, nonché la riqualificazione degli attraversamenti pedonali.

Luca Bressan Presidente IV Circoscrizione

 

 

Differenziata e “umido”, i residenti protestano
La gente teme raccoglitori troppo distanti. La densità dei cassonetti è sproporzionata
Ripensare il posizionamento delle isole ecologiche nella zona di Roiano, Gretta e Barcola. È la richiesta dei residenti ad Acegas-Aps e Comune, espressa durante un’assemblea voluta dalla Terza Circoscrizione dopo gli avvisi che annunciavano l’eliminazione di contenitori per la differenziata a causa della riorganizzazione dei rifiuti, dovuta all’introduzione dei cassonetti per l’umido. Ad incontrare gli abitanti della zona Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente, e Paolo Dal Maso, direttore della Divisione ambiente di Acegas-Aps. Il malumore dei cittadini è iniziato nelle scorse settimane, quando sono apparsi cartelli in alcune vie, come in salita di Madonna di Gretta, che annunciavano l’eliminazione dei cassonetti, dovuta a una razionalizzazione generale del servizio. Molte le famiglie, preoccupate dall’idea di dover percorrere centinaia di metri per conferire le immondizie, in particolare in alcune strade ripide e non facilmente percorribili con le borse a piedi, come vicolo delle Rose o Scala Santa, hanno chiesto di non eliminare l’attuale disposizione. «Siamo qui per raccogliere tutte le segnalazioni ed esaminarle con attenzione – ha esordito l’assessore – sappiamo che l’introduzione dell’umido avrebbe comportato alcuni disagi, vogliamo valutare assieme ogni problematica e risolvere quelle reali e concrete». Laureni ha annunciato che in questi giorni saranno avviati tavoli di discussione. «La differenziata andrà adottata da tutti – ha sottolineato il tecnico –: il 30% dei rifiuti prodotti da ogni persona ricadono nell’umido, separandolo porteremo benefici in generale a tutta la differenziata. Nelle prossime settimane inoltre verranno consegnati ai cittadini depliant informativi». A chi teme che i cassonetti non possano contenere tutto l’umido presente nelle varie zone, Dal Maso ha ricordato che le attività che producono un grosso quantitativo di prodotto, come a esempio i negozi di frutta e verdura, possono richiedere un contenitore ad hoc, per non intasare quelli dedicati ai residenti. Il consigliere circoscrizionale Michele Babuder (Forza Italia), contestando l'eliminazione di numerosi cassonetti nelle zone tra Barcola, Gretta e Roiano, specie in salita Madonna di Gretta, ha rilevato ad AcegasAps anche il mancato svuotamento di alcune isole ecologiche in viale Miramare, suggerendo un ripensamento della collocazione della differenziata con l'impiego di contenitori di minori dimensioni da sistemare nelle vie strette e in salita. La raccolta dell’umido in questi rioni partirà ufficialmente il 29 settembre. Sarà poi il turno di Barriera il 20 ottobre e del centro cittadino dal 27 ottobre.

Micol Brusaferro

 

 

Duino Aurisina - Slovenska: «Progetto Smart Gas da chiarire»
Il partito espressione della comunità slovena ritiene “giustificate e appropriate” le osservazioni presentate dal Consiglio provinciale di Trieste, dai cittadini e dalla Comunanza agraria. Il progetto per la costruzione di un rigassificatore di piccola taglia terminal al Lisert di Monfalcone è stato oggetto di dibattito nel direttivo regionale della Slovenska skupnost. Il partito, secondo quanto reso noto da un comunicato, “fa proprie le preoccupazioni, legittime e ragionevoli, espresse con determinazione soprattutto dai residenti delle frazioni limitrofe del Comune di Duino Aurisina, primi diretti interessati”. «Va rilevato – sostiene le segreteria regionale della Ssk - che il progetto per un terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di Gnl nel porto di Monfalcone è ai primi passi. Ma è proprio questo il momento cruciale in cui vanno espresse le criticità e le mancanze, con le relative richieste di integrazione dello studio di impatto ambientale. I cittadini interessati hanno tutto il diritto di essere dettagliatamente informati per poter partecipare con piena cognizione di causa alle scelte importanti che si fanno sul loro territorio. Lo detta la legge, ma dovrebbe essere anche una questione di buon senso». «Le zone interessate – precisa - sono incluse nell’area di insediamento storico e di tutela della comunità nazionale slovena e di conseguenza il materiale predisposto non può che essere redatto anche nella sua lingua». Per la Ssk sono numerose e articolate le questioni che pretendono risposte chiare ed esaustive. «L’ultima parola – conclude - spetterà al Ministero per l’Ambiente, anche se al momento è fondamentale il ruolo della Regione, chiamata a raccogliere le osservazioni e i pareri dei soggetti pubblici e privati interessati».

 

 

Muggia, guerra  alle antenne abusive: giù i primi tralicci
Demolizioni iniziate a Chiampore e continuate in via Vivoda - Il sindaco Nesladek: «Fatto storico e inversione di tendenza»
MUGGIA Finalmente, dopo 30 anni, a Muggia le antenne cominciano ad andare giù. In questi giorni infatti è stato demolito un traliccio abusivo. E pare che sia solo l'inizio di una nuova attesissima inversione di rotta. «Dopo la demolizione di una prima antenna abusiva nell'abitato di Chiampore, vicino alla caserma dei carabinieri, una seconda è stata demolita nei pressi di via Vivoda - racconta l'assessore all'Ambiente di Muggia Fabio Longo -. Ne siamo felici, e lo siamo ancor più considerando che proprio le antenne abusive sono quelle che producono il maggior inquinamento elettromagnetico nell'abitato di Chiampore e nella stessa via Vivoda». Dal Comune fanno sapere che a breve termine verranno demolite altre tre antenne abusive: due sul monte San Michele e una nei pressi dell'abitato di San Floriano-Ligon. Il Comune sta dunque ottenendo i primi risultati in questa battaglia perché considera la delocalizzazione «un compito prioritario dell’Amministrazione per la tutela del diritto alla salute anche contro potenti lobby quali quelle radiotelevisive», tenendo anche conto delle indicazioni dell'Arpa (l'agenzia regionale che ha competenza sul controllo delle emissioni elettromagnetiche) che, sollecitata in precedenza dal Comune perché si attivi per valutare esattamente il grado di inquinamento a Chiampore con lo scopo di eliminarlo, ha chiaramente affermato in una sua lettera di risposta che «se prima non si regolarizzano tutti gli abusivi non sarà possibile riportare a livelli di legge le emissioni a Chiampore». Dopo aver completato la demolizione dei tralicci abusivi, quindi, l'Arpa verrà contattata per una nuova misurazione dei segnali sul territorio da effettuare sia in banda larga (per verificare l'inquinamento complessivo) che in banda stretta (per verificare puntualmente l'inquinamento di ogni singola emittente) ai fini delle successive determinazioni di competenza del Comune di Muggia per la gestione del territorio stesso. «La battaglia contro l'inquinamento elettromagnetico a Chiampore prosegue senza sosta pur tra mille difficoltà», ha rimarcato il sindaco Nerio Nesladek. L'abbattimento dei tralicci «è un fatto storico, un'inversione di tendenza che pone fine a quello che sembrava un sistema imbattibile. Di fatto già da Chiampore trasmette un numero minore di emittenti. Non ci fermeremo fino a quando i limiti di sicurezza non saranno raggiunti e fino a quando ogni abuso edilizio non sarà sanato». Grazie anche al piano di delocalizzazione che l'amministrazione comunale ha approvato l'abbattimento dell'inquinamento elettromagnetico a Chiampore sta dunque diventando una realtà. E tutto nonostante le mille difficoltà riscontrate, compresa, per esempio, una normativa nazionale che tende a favorire i gestori fissando il limite di 6 volt/metro all'inquinamento elettromagnetico nonostante la giurisprudenza civile costante continui a fissare in 0,6 volt/metro l'inquinamento consentito facendo riferimento proprio alla necessità della tutela della salute garantita dalla Carta Costituzionale ed indicata in una raccomandazione europea. Anche per quanto riguarda l'antenna presente sul Monte Castellier vicino a Santa Barbara, l’impegno continua. «Sono in corso tutte le azioni necessarie al fine del suo spostamento in un ulteriore sito ancora più lontano dall'abitato - ha concluso l'assessore Longo - e anche la società proprietaria sta collaborando in questo senso al fine di accorciare il più possibile i tempi del trasloco».

Riccardo Tosques

 

 

Trieste Next, l’energia che ci aspetta nel futuro
Fonti, inquinamento, alternative: il dibattito aperto da Jacob Klimstra - La scienziata Quattrocchi: «Tutto sbagliato, politici incompetenti»
Quando accendiamo la luce mettiamo in moto scenari inquietanti. Di natura tecnica, politica, scientifica, industriale, economica, regionale, nazionale, internazionale, planetaria, del suolo, dell’aria e del sottosuolo. Al primo forte appuntamento della tre giorni di salone triestino della scienza “Trieste Next” ieri pomeriggio al Ridotto del Verdi, con la tavola rotonda “L’evoluzione del mercato energetico”, è stato immediatamente chiaro che il tema di quest’anno, “EnergEthic”, che coniuga il tema dell’energia con quello dell’etica, sarebbe degno di “talk show” quotidiani per far davvero sapere, a noi distratti ma costanti accenditori di di luce, in che razza di guaio ci troviamo, e che razza di futuro ci aspetta. Il quadro di prospettiva (allarmante) l’ha fatto una star della materia, Jacob Klimstra, ingegnere esperto nel campo elettrico, elettronico e meccanico, responsabile di centri di ricerca sull’uso del gas e per la Wärtsilä (tra i partner di “TriesteNext”) consulente nel campo della creazione di nuovi sperimentali generatori di energia per i grandi motori che l’azienda produce, anche a Trieste. Nel 2035 l’Asia, ha detto Klimstra (non assistito da traduzione simultanea) consumerà più del 50% dell’energia totale del pianeta, ogni tonnellata di energia produce 2,5 chili di anidride carbonica (Co2), in un anno il pianeta ne manda per aria 35 trilioni di chili, le riserve mondiali di olio e gas naturale «saranno finite - ha avvertito guardando la platea piena di studenti - quando voi sarete ancora giovani». Ma le riserve solo in quantità irrisoria sono in Europa. Dunque paghiamo caro, mentre per paradosso siamo già in una fase di “iperproduzione” di energia per l’enorme impulso dato in Italia alle fonti rinnovabili, generosamente incentivate, che nutrono la rete fino al 50% del fabbisogno nazionale seppure in modo intermittente (perché intermittenti sono sole e vento), e come conseguenza mandano in profonda crisi le aziende produttrici di energia tradizionale. Ma allora dobbiamo puntare sulle rinnovabili per non distruggere l’atmosfera con la Co2 oppure usare diversamente le fonti tradizionali per non incorrere in altre preoccupanti conseguenze? Moderato dal giornalista del “Sole 24 ore” Jacopo Giliberto, il dibattito si è concluso con un appello a non pensare “dopo di me il diluvio” ma a creare quel che ancora non c’è, un “mix” di produzione e consumo “flessibili”: il consumatore potrebbe accendere la sua luce (e il resto) nel giorno e nell’ora in cui c’è meno ingorgo. Pagando meno. Su misura. E compensando i flussi, salvando così anche le aziende in crisi nera. Argomenti sviscerati in modo problematico da Marco Golinelli, vicepresidente di PowerPlants in Wärtsilä, Francesco Cariello dell’Authority dell’energia, Carlo Stagnaro, direttore Ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, Pietro Musolesi, amministratore delegato di Hera Trading. Ma a dare una virata al punto di vista è stata la scienziata, Fedora Quattrocchi, esperta in politiche energetiche, che la propria irritazione stentava a trattenere, e che ha definito gli scienziati «i veri rottamatori». Nel merito per Quattrocchi tutte le politiche attuali sono sbagliate: «Bisogna tornare a “stoccare” fonti energetiche nel sottosuolo, ciò che nessuno vuole perché “mai nel mio giardino”». Le fonti rinnovabili? «Lentissime nel rinnovare davvero», e soprattutto «i materiali rari che servono per le “smart grid” (le reti di produzione e distribuzione dell’energia, ndr) si ricavano da miniere in Africa, tutte acquistate dalla Cina - ha ammonito Quattrocchi -, mentre da noi le compagnie petrolifere sono assediate da molte lobby: politici locali che spesso hanno solo la terza media, assicurazioni private che impongono l’assicurazione contro i rischi per ogni iniziativa (una tassa di fatto), ambientalisti non tecnologici ma ideologici, politici nazionali che scappano davanti al primo striscione. E noi scienziati restiamo soli. Non abbiamo - ha concluso irritata - una classe politica competente». Ultime notizie dal fronte “energ-etico”, non meno sconfortanti: gli accordi mondiali sull’abbattimento della Co2 hanno «fatto mercato delle emissioni», le compensazioni non spostano i livelli di insalubrità, e istituire una “carbon tax” sarebbe darsi la zappa sui piedi se non fosse estesa a India e Cina. Un domani ci arriverebbe dal mercato cinese anche l’energia, sporca e a basso prezzo, fallirebbero la salute del pianeta come le aziende produttrici di energia tradizionale, fotovoltaica ed eolica. Tutti cercano una soluzione che ancora non c’è.

Gabriella Ziani

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 settembre 2014

 

 

Più soldi per le tratte storiche, Tav “ko” - gli investimenti 2012-2016

Il programma di investimenti Rfi punta sulla velocizzazione della linea esistente ma taglia 37 milioni all’alta velocità
TRIESTE Mancano all’appello 22 milioni per il collegamento Trieste-Divaccia e pure 15 milioni per la tratta Ronchi dei Legionari-Trieste con il risultato che l’alta velocità si vede definanziata di 37 milioni di euro rispetto alla situazione precedente nel contratto di programma, parte investimenti 2012-2016, siglato tra ministero delle Infrastrutture e Rete ferroviaria italiana. E poi, ancora, rimangono indistinte le risorse per il porto di Trieste mentre mancano quelle per il bivio San Polo-Monfalcone. Gli interventi di Rete ferroviaria italiana, stando alle informazioni rese note dal senatore del Pd Lodovico Sonego, membro della commissione Lavori pubblici, appaiono “sotto tono”. La Regione, però, con l’assessore alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro, fa notare i passi avanti compiuti in una situazione non certo rosea: «Preso atto che non ci sono dichiaratamente i finanziamenti per la Tav Trieste-Venezia, che forse non c’è del tutto la volontà di fare la Tav e che, se anche la volontà ci fosse, stiamo parlando di un’opera che si vedrebbe tra tre generazioni, invitati da Rfi e ministero delle Infrastrutture, abbiamo fatto un ragionamento con il Veneto sulla riqualificazione e velocizzazione della rete esistente». Rfi ha stanziato complessivamente 1,8 miliardi di euro e il Friuli Venezia Giulia, spiega ancora Santoro, porta a casa parecchie risorse che servono a risolvere punti critici come la velocizzazione della Venezia-Trieste dove i cantieri sono già aperti, la riqualificazione del nodo di Udine, gli investimenti triestini su Campo Marzio e sull’area industriale. Le carte di Rfi Nel nuovo contratto di programma, dunque, sulla Trieste-Divaccia (opera da 1.040 milioni), il finanziamento di 44 milioni di euro è stato dimezzato a 22. Mentre sulla Ronchi dei Legionari-Trieste (il costo del progetto è di 1.746 milioni) la copertura finanziaria si è ridotta di 15 milioni e ne restano ora solo 33 di disponibilità. Un milione in più da parte di Rfi, invece, per la Venezia-Ronchi (18 milioni stanziati per un’infrastruttura da 5.701 milioni). Il rebus porto Sul fronte del porto di Trieste, da un lato, si prevedono investimenti per il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie, dall’altro si indicano ripartizioni con altre città secondo percentuali non note. Il capoluogo regionale e il suo porto vengono inseriti in due diversi canali di spesa: nel primo sono indicati 28 milioni da dividere (ma non si conoscono i criteri) con Genova; nel secondo si parla di 50 milioni di nuova previsione da spartire con il terminale Bari Lamasinata. Le tratte storiche Nel contratto di programma ministero-Rfi c’è poi un maggiore impegno delle Ferrovie sulle tratte storiche. Per la velocizzazione della Milano-Venezia-Trieste, costo totale di 65 milioni, l’intervento sarà di 35 milioni, 30 dei quali per la tratta tra Venezia e Ronchi dei Legionari. Mentre la linea del trasporto merci Tarvisio-Villa Opicina sarà oggetto di interventi per 101 milioni, 60 dei quali verranno concentrati nel nodo di Udine (due linee indipendenti a doppio binario in direzione di Tarvisio da una parte e Trieste dall’altra). «Un intervento strategico, e infatti vi abbiamo già investito 10 milioni, in quanto consentirà di attuare una velocizzazione molto forte, passando dagli impianti manuali a quelli tecnologici, eliminando i passaggi a livello e trasferendo fuori le merci» sottolinea Santoro. Il bivio San Polo Cattive notizie, invece, per il raddoppio del raccordo lineare bivio San Polo-Monfalcone, che rientra tra gli interventi ritenuti indispensabili per dare sviluppo alla piattaforma logistica del Friuli Venezia Giulia, all’incrocio di due tra i più importanti corridoi europei, quello Mediterraneo e quello Adriatico-Baltico, nel punto più settentrionale del mare Mediterraneo. Il progetto è di settanta milioni di euro, ma nel contratto di programma non compare un solo centesimo di stanziamento da parte delle Ferrovie. E molto poco si prevede anche per il completamento del raddoppio della Palmanova-Udine: opera da 170 milioni, copertura finanziaria di 5 milioni.

 

 

«Smart Gas, un volano per l’industria locale»

Il presidente di Confindustria e quello della Camera di Commercio goriziane sostengono il progetto presentato dall’ad Alessandro Vescovini

MONFALCONE «La provincia Gorizia - un po’ come il resto d'Italia - sta morendo perché la politica non ha saputo decidere. Servono dei “sì” o dei “no” molto chiari, ma servono. Invece assistiamo al balletto dei rimpalli di competenze e responsabilità, dei “distinguo” dei “sì, ma…” che non portano a nulla se non alla dilatazione dei tempi e all’affossamento di ogni progetto di sviluppo». Questo, in sintesi, il pensiero congiunto di Giuseppe Bono, presidente di Confindustria Gorizia, e di Gianluca Madriz, presidente della Camera di Commercio goriziana. Stessa lunghezza d’onda, quindi, per i due presidenti, che bocciano incertezze e ambiguità e puntano su operatività e sollecitudine: «Bisogna fare qualcosa e bisogna farla subito», dicono in sintesi. «Per l’economia della provincia, per l’occupazione e per le generazioni che verranno». Il riferimento, esplicito, è al progetto Smart Gas dell’imprenditore Alessandro Vescovini per realizzare nella zona del Lisert un rigassificatore e un impianto di distribuzione di metano. «Ci sono voluti vent’anni - aggiungono all’unisono Giuseppe Bono e Gianluca Madriz - perché venisse realizzato il centro commerciale di Villesse, altri venti per quando si vedrà completato l’investimento turistico a Grado. Da più di dieci anni si parla dell’escavo del canale di accesso al porto di Monfalcone che, anche per questo motivo, non è ancora riuscito a darsi una dimensione ottimale. Sono, questi, tempi incompatibili con le esigenze dell’economia moderna dove vince chi sa insinuarsi immediatamente nelle opportunità offerte dal mercato. «Non si può continuare a perdere le vere occasioni di sviluppo - proseguono i presidenti di Confindustria Gorizia e della Camera di commercio goriziana - e credere che le oasi faunistiche o i progetti sulla Grande guerra, pur encomiabili, da soli possano creare i più di diecimila posti di lavoro che oggi mancano in questa provincia. Gli imprenditori sono stanchi di questo andazzo, demoralizzati e sfiduciati da un sistema paese che non riconosce il valore dell'industria. «Gli investitori esteri - spiegano ancora Bono e Madriz - non sono attirati a venire in una nazione incapace di accoglierli e, se vengono, è solo per portarsi via qualche pezzo pregiato. Smart Gas è il progetto dell'intero Isontino, non è un progetto in mezzo a tanti. È in grado di rimettere in moto significative leve del nostro apparato produttivo, offre tutte le garanzie e le prospettive economiche. «Basta discutere, è ora di decidere - chiudono con decisione Bono e Madriz -. Sono state coinvolte le amministrazioni, gli enti, le associazioni, i singoli cittadini. Non si può ad ognuno di questi elargire la propria fettina di compensazione, cedere ai piccoli “ricatti politici”, modificare il piano produttivo e finanziario per ognuno dei soggetti che vogliono dire la loro. I 120 milioni di investimento su Monfalcone, uniti ai 450 previsti a Grado, non risolveranno i problemi dell’economia isontina e regionale, ma certamente, di questi tempi, rappresentano una boccata di ossigeno per tutti, imprese e dipendenti. Non si può perdere l'ennesimo autobus, altrimenti la fermata verrà soppressa».

 

«Con il gas azero alleggeriremo le bollette»
Russo, amministratore delegato di Tap domani a TriesteNext, spiega i vantaggi del futuro gasdotto
BELGRADO Bollette più leggere per gli italiani, milioni di euro in più nelle casse di Snam, un’Europa meno dipendente dai diktat di Mosca, un’opportunità indiretta anche per i Balcani. Le proteste dei “No Tap”? Strumentalizzate a fini politici. E sì, la Trans Adriatic Pipeline, il futuro gasdotto che mira a far affluire il gas azero in Italia, si farà. Giampaolo Russo, amministratore delegato di Tap Italia - domani a TriesteNext per il dibattito “Italia: un hub per l’Europa meridionale?” - ne è certo. Perché c’è bisogno di Tap? La funzione del gasdotto, o meglio del Corridoio Meridionale del Gas, è quella di consentire per la prima volta al mercato interno europeo l’accesso alle risorse della regione del Caspio. È una nuova rotta che consente ai produttori di quell’area di entrare direttamente, senza intermediazioni, nel mercato europeo. Cosa ci guadagna l’Italia dal futuro gasdotto? Molte cose. Intanto il Tap nella Strategia energetica nazionale è indicato, unico gasdotto, come principale contributore della riduzione del costo della materia prima, una riduzione stimata in 4,1 miliardi di euro. Ed è significativo che tutta la capacità di trasporto di Tap sia stata già venduta per 25 anni. Evidentemente chi ha acquistato ritiene di aver fatto un affare a prescindere dalle previsioni sull'andamento futuro dei consumi di gas. Infine per l’Italia ci sono i circa 200 milioni di euro di tariffe di transito che Snam Rete Gas riscuoterà su quella parte del gas destinato ai mercati dell’Europa occidentale. Tap può contribuire a ridurre la dipendenza energetica, e politica, dell’Europa da Mosca? Di certo darà un contributo significativo alla diversificazione dei fornitori dell’Europa e in particolare dell’Italia. Il gasdotto potrà trasportare fino a 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno, una quantità importante per il principale mercato di sbocco, quello italiano, ma limitata se rapportata alla realtà europea. Comunque Tap consentirà anche ad altri paesi di bilanciare le importazioni, rendendoli meno dipendenti. Anche il futuro gasdotto Ionico-Adriatico (Iap), che dovrebbe portare nel cuore dei Balcani il gas azero, è un progetto importante? Molto. Ovviamente non è Tap che lo porta avanti, ma è un buon esempio di quella strategia di diversificazione delle fonti di approvvigionamento di cui dicevamo prima e i sempre più intensi rapporti che l’Azerbaigian sta sviluppando con quei Paesi fanno capire che si tratta di una direttrice di sviluppo forte. Ci sono poi anche benefici ambientali da prendere in considerazione per tutto l’Adriatico, un mare chiuso. Oggi la produzione termoelettrica nell’area balcanica si basa su olio combustibile e carbone, quasi sempre lignite. Si tratta di combustibili molto inquinanti, a differenza del gas. Come rispondete alle critiche dei “No Tap” pugliesi? Quando i progetti suscitano vera opposizione tra la popolazione, questa è percepibile anche fuori da Facebook: io nel Salento mobilitazioni di massa contro Tap non le ho viste. È un tema spesso strumentalizzato a fini politici e ciò non crea un dibattito sereno. E invito chi parla di rischi ambientali a leggere prima con attenzione i documenti, il parere favorevole della Commissione Via del ministero dell'Ambiente. Il concorrente più pericoloso per Tap è South Stream. Possono i due progetti convivere? Noi non ci sentiamo affatto in concorrenza e direi che Tap e i suoi azionisti (Bp, la norvegese Statoil, la azerbaigiana Socar, la francese Total, la belga Fluxys, la tedesca E.On e la svizzera Axpo) condividono la posizione del governo italiano: entrambi i progetti hanno un senso. South Stream oggi non soffre per Tap ma per il fatto di non volersi sottoporre alle regole del mercato europeo. Provi a immaginare la mappa dell’Europa tra un decennio. È certo che il Tap sarà presente sulla carta geografica? Sono certo che Tap ci sarà. Non so invece che tipo di South Stream avremo, quanto a itinerario e volumi trasportati.

(s.g.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 settembre 2014

 

 

Wwf a Smart Gas: no a un progetto blindato

Gli ambientalisti: lo studio sul rigassificatore va sottoposto a un’analisi partecipata che tenga conto delle proposte alternative
«Il progetto presentato da Smart Gas non può essere “blindato”, va sottoposto a un’analisi partecipata». Con questo spirito, il Wwf Italia ha presentato ai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali le sue osservazioni, nell’ambito delle procedure di Via, in relazione al terminal di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del Gnl di piccola taglia nel porto di Monfalcone. Gli aspetti affrontati sono numerosi. A partire dalle caratteristiche storiche, culturali, archeologiche e naturalistiche del Lisert, con il territorio del Lacus Timavi trasformatosi «in una vasta area umida, dove oggi sopravvive solo un piccolo canneto a ridosso del canale Locovaz, mentre alcune aree artificiali, come la cassa di colmata e lo stagno quadrato (ex Enel) si sono pregevolmente rinaturalizzati». Il Wwf ha ricordato come la popolazione già in passato s’era misurata con la prospettiva di un “polo energetico” più volte rifiutata attraverso specifici referendum: accadde nel 1988 per il raddoppio della centrale e nel 1996 per il terminal della Snam: «Oggi - ha osservato - nella stessa area si ripropone di impiantare un rigassificatore, solo di taglia più ridotta». Viene definita «critica» la localizzazione del previsto impianto per la vicinanza ai centri abitati e per la necessità di ingenti dragaggi: «Le normative di Valutazione di impatto ambientale e di Valutazione d’incidenza sulle aree Natura 2000 con le quali l’area di progetto confina, richiedono la proposta di alternative localizzative e progettuali che vanno valutate con i loro costi e benefici». A proposito dell’escavo del canale, facendo riferimento al progetto dell’Aspm a fronte di un approfondimento a -12,50 metri («ha registrato ben 37 richieste di integrazione al ministero dell’Ambiente»), e considerando l’ulteriore scavo a -13,50 metri prospettato da Smart Gas, che presuppone «una nuova cassa di colmata», il Wwf ha parlato di uno «spezzatino da superare» proponendo l’elaborazione di un unico studio «ragionato e approfondito». E, ancora, la presenza di gasiere in rada e durante lo scarico e carico del Gnl via nave che «comporteranno impatti per il traffico commerciale del porto, oltre che per pesca, maricoltura, diportismo». Si citano altresì i serbatoi alti 30 metri proponendone l’interramento, oltre a proporre l’opzione off shore. Sul tappeto anche gli strumenti pianificatori: «L’Italia è sprovvista di un Piano energetico, ma la Strategia energetica nazionale prevede la presenza di rigassificatori per provvedere con operazioni a spot a soddisfare solo esigenze energetiche di punta. Il Piano energetico regionale risale al 2007 e non affronta di fatto il tema dei rigassificatori. Altrettanto nota, poi, è la mancanza in Regione di un piano paesistico. Il Piano regolatore del Comune, inoltre, risalente al 2000, è in fase di revisione, e il Piano del porto rimane quello del 1979 essendosi conclusa negativamente, per carenze relative al quadro ambientale, una proposta di revisione del 2006». Il Wwf chiede poi una soluzione definitiva in ordine ai siti d’interesse naturalistico, insistendo per l’ampliamento delle aree Natura 2000 (Sic/Zps) o, in subordine, per l’istituzione di un Biotopo regionale. Quanto agli impatti paesaggistici, osserva: «Il progetto proponente fa riferimento da un lato al Piano territoriale regionale del 2007 mai approvato dalla Regione e dall’altro alle linee guida per l’esame paesaggistico della Lombardia (2002)».

Laura Borsani

 

Rigassificatore: «Le navi non saranno un problema»

L’IMPRENDITORE MONFALCONESE REPLICA ALLE CRITICHE
DUINO AURISINA “Centodieci all'anno”. Sono le ore in cui - secondo Alessandro Vescovini, project leader di Smart gas - entrerà in vigore il blocco di navigazione nel canale di accesso al porto di Monfalcone se verrà realizzato il terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione di gnl al Lisert. Un arco di tempo a suo dire molto ridotto, che peraltro “risulta fissato dalla normativa, ovvero dai regolamenti Imo (International maritime organization)”. Il blocco scatterà, come sottolineato da Vescovini, “all'ingresso e all'uscita dal canale di accesso delle gasiere, gli unici due momenti durante i quali la navigazione sarà in quel tratto inibita”. «Per un totale – precisa – di centodieci ore all'anno, corrispondenti all'1,2% di ore complessive (diurne e notturne) nel porto: perché come stabiliscono le norme europee quando una gasiera o una petroliera escono oppure entrano in un canale altre navi non possono compiere le medesime operazioni. Mentre lo 0,62% è il tempo durante il quale le stesse gasiere nel tratto in questione, quello d'arrivo allo scalo, saranno visibili da Duino e dalla zona turistica del Comune. Infatti - prosegue - Duino Aurisina non può vedere fisicamente attraccate le gasiere, ma le rileva solo quando entrano nel canale del porto. Cioè in particolare dall'area del Villaggio del Pescatore e soprattutto da Portopiccolo e dalla baia di Sistiana: solo da questi punti, per quel periodo breve, si potrà avvistare una gasiera all'orizzonte». Di recente, con comunicato stampa, la segreteria regionale della Slovenska skupnost, tra gli altri rilievi in merito al progetto Smart gas, ha dichiarato che “non è chiaro come si possa conciliare l’attività del terminal con quelle del vicino porto-cantiere, viste le rigide restrizioni imposte nel raggio di un miglio e mezzo dalla normativa internazionale durante il carico e lo scarico delle navi gasiere”. Come replica, dunque, il proponente? «Non è vero niente - così Vescovini - Basta informarsi e vedere per esempio cosa accade nei due impianti on- shore di Barcellona e Huelva, in cui sono in vigore le medesime normative europee e si può osservare come convivano le attività dei rigassificatori con quelle dello scalo». Il project leader cita poi il numero di “dieci impianti già presenti nei porti e 13 in costruzione nei paesi baltici dove non esiste assolutamente il limite citato: se invece così sarà vorrà dire che l'impianto non si farà. Di queste cose comunque – sottolinea - si occupa direttamente la Procedura di autorizzazione unica». Quanto al numero di gasiere previsto, “in sovrastima del down stream”, “è pari a 22”. «Ma secondo me – osserva Vescovini - faremo fatica ad arrivare a 15: l'abbiamo sovrastimato di molto per evitare di rifare da capo l'intera procedura. Una normativa prevede infatti che qualora vi sia una variazione del 5% di accumulo delle gasiere si debba completamente rinnovare l'iter. Che, per inciso, costa un sacco di soldi. Soldi privati. Senza considerare poi – conclude – che il gasdotto è piccolissimo ed esiste anche una limitazione fisica che impedisce la realizzazione di impianti più grandi. Per esempio non avremmo l'acqua per rigassificare un quantitativo maggiore di materiale, poiché non abbiamo neppure previsto la presa a mare: a differenza di Zaule, noi siamo a quota zero».

Tiziana Carpinelli

 

AL PALAVENETO - Oggi le osservazioni di Legambiente
Così come è stato presentato da Smartgas il progetto di rigassificatore non costituisce una proposta in grado di garantire un bilancio ambientale positivo. Ad affermarlo è Legambiente che afferma di attendersi delle «significative disponibilità nel dare risposte ai quesiti posti, a integrare le numerose lacune e a dialogare di più con i portatori di interesse sul territorio». Legambiente, che presenterà oggi alle 18 al palaveneto le osservazioni al progetto presentate al ministero dell’Ambiente, sottolinea anche «il silenzio della Regione, cui va rivolto un invito a farsi protagonista nella vicenda per favorire un dialogo fra i soggetti coinvolti».

 

 

Servola, a fuoco residui di plastica
Fiamme presto domate ma una nube nera ha avvolto Valmaura
Allarme per una vasta nube nera proveniente dalla Ferriera. È scattato ieri verso le 13. Il fumo denso e acre ha in pochi minuti raggiunto Servola e si è esteso alle zone circostanti. Molti hanno visto la nube anche dalla città e si sono spaventati. Infatti al centralino della caserma di via D’Alviano, ma anche a quelli del 113 e del 112, sono giunte molte telefonate. Molti i lettori che hanno chiamato il Piccolo per avere notizie “in diretta”. L’incendio - fortunatamente di lieve entità - si è verificato all’interno dello stabilimento siderurgico: esattamente nell’area in prossimità del vecchio laminatoio, in disuso da molti anni. Il rogo ha interessato un cumulo di materiali plastici abbandonati delle dimensioni di oltre 8 metri cubi che è stato in breve tempo divorato dalle fiamme. Dai primi accertamenti effettuato è emerso che il fuoco è stato innescato da una scintilla provocata dalla fiamma ossidrica utilizzata durante le operazioni di smantellamento di alcune parti del laminatoio. A operare si è saputo, è stata una ditta esterna che era stata appunto incaricata allo smantellamento della struttura in disuso. Gli addetti stavano tagliando con la fiamma ossidrica alcune strutture in metallo per poi accatastarle in previsione dello smaltimento. Ed è stato appunto nel corso di questa operazione che si è innescato l’incendio e si sono alzate le fiamme che hanno trovato facile alimento nei cumuli di prodotti plastici accatastati a pochi metri. Sul posto sono subito giunte le squadre antincendio della Ferriera. I vigili del fuoco, allertati immediatamente, sono arrivati allo stabilimento siderurgico servolano con un’autobotte, un'autoscala e un'autopompa. In breve l’intera area è stata messa in sicurezza e il rogo è stato adeguatamente circoscritto per evitare che le fiamme, spinte dal vento, potessero espandersi anche alle arre operative che si trovano a una cinquantina di metri di distanza. I pompieri hanno utilizzato le manichette con l’acqua ma anche i prodotti speciali che bloccano la diffusione dei fuochi. Sono riusciti a spegnere in tempi molto rapidi l’incendio, procedendo poi alle operazioni di raffreddamento e di verifica della messa in sicurezza del tutto. L'intervento si è chiuso in meno di due ore. Ma questo non ha evitato che si alzasse verso il cielo una densa nube nera provocata dalla combustione dei materiali. Fortunatamente nessuna persona è rimasta ferita. La produzione non è stata interrotta. Sul posto sono intervenuti anche gli uomini della Capitaneria, poliziotti e carabinieri.

(c.b.)

 

 

Mais Ogm, respinto il ricorso di Fidenato
Il Tribunale del Riesame di Pordenone ha confermato il sequestro dei campi di Vivaro e Fanna
TRIESTE Il Tribunale del Riesame di Pordenone ha rigettato la domanda di revisione del provvedimento di sequestro dei terreni di Vivaro e Fanna, in provincia di Pordenone, su cui era stato seminato mais geneticamente modificato predisposto dall'avvocato Francesco Longo per conto del coltivatore pro Ogm, Giorgio Fidenato, leader di Agricoltori Federati. Lo si è appreso dallo stesso Fidenato, sostenitore delle coltivazioni di piante transgeniche, che ha annunciato di voler ora ricorrere in Cassazione ed eventualmente alla Corte di Giustizia Europea. «Mi dispiace - afferma Fidenato - che il Tribunale abbia ritenuto il provvedimento di sequestro cautelare, adottato nei miei confronti dalla Procura di Pordenone, conforme al diritto europeo. Tuttavia ho già sperimentato nel recente passato l'erroneità del modo di giudicare del Tribunale del Riesame di Pordenone sull'argomento Ogm, giudizio che poi non ha retto di fronte alle obiezioni della Corte di Giustizia europea. Spiace notare che questa passata esperienza, che ha visto riformare ciò che il Riesame aveva deciso nel 2011, non abbia fatto riflettere il Collegio giudicante a tenere un comportamento più guardingo e riflessivo nell'esaminare la questione sottoposta al suo giudizio». «Nel leggere l'ordinanza viene spontaneo commentare che errare è umano, ma perseverare è diabolico. Sono fermamente convinto che questi provvedimenti minino la credibilità del Sistema Italia. Di fronte a simili giudizi è chiaro che molti imprenditori, pur avendo la volontà di investire in Italia - conclude il coltivatore - si ritirano perchè nessuno rischia capitali e tempo in una situazione del genere». Il campo di Fanna era stato sequestrato e distrutto su ordine del tribunale il 21 agosto scorso; un altro campo a Colloredo di Monte Albano, in provincia di Udine, era stato sequestrato in estate e poi nuovamente seminato con mais geneticamente modificato il 14 settembre scorso.

 

 

«Riciclare per fini sociali le bici abbandonate»
Iniziativa degli assessori Martini e Marchigiani per riutilizzare i rottami dei mezzi a due ruote
«Incentivare il riutilizzo delle biciclette abbandonate sulla pubblica via e reimpiegarle a fini sociali» è quanto stabilito dalla Giunta Comunale con apposita delibera, su proposta di Fabiana Martini, vicesindaco e assessore alla Sicurezza e alla Polizia Urbana, e Elena Marchigiani, assessore alla Pianificazione Urbana, Mobilità e Traffico. Una decisione che rientra negli obiettivi fatti propri dall'Amministrazione comunale che ancora una volta intende sottolineare l'importanza del risparmio energetico, dopo l'approvazione da parte del Consiglio comunale del Piano di Azione per l'Energia Sostenibile (per ridurre del 20% entro il 2020 le emissioni di CO2), anche attraverso un programma di azioni per un uso sempre più 'sostenibile' dei veicoli privati negli spostamenti in ambito urbano e la promozione di varie iniziative: dall'attuazione del Piano Generale del Traffico al servizio di biciclette pubbliche condivise (bike sharing) alle ciclo-stazioni e agli stalli portabiciclette. In questo contesto, considerato che un sempre maggior numero di biciclette giacciono abbandonate sulle vie cittadine, talvolta prive di componenti indispensabili per il loro funzionamento, talvolta in evidente stato di degrado, seppur meccanicamente integre, e che gli operatori di Polizia Locale sono obbligati a rimuoverle (in base al Codice della Strada), è stato così deliberato: il materiale recuperato sarà conservato in locali idonei dell'Amministrazione per il periodo di un anno (così come previsto dal codice civile: art. 927, 928, 929), con contestuale pubblicazione del ritrovamento affisso all'albo pretorio (ai sensi dell'art. 9 del Regolamento per la gestione degli oggetti rinvenuti). Allo scadere dell'anno la bicicletta, il cui proprietario non si sarà presentato, diventerà di fatto proprietà comunale. A quel punto i rottami saranno consegnati a titolo gratuito al soggetto vincitore del bando di idee per il progetto di recupero e riutilizzo delle biciclette a seguito della valutazione basata su tre parametri: opportunità di start-up di imprese avviate da giovani o da donne, utilità sociale e infine innovazione sulle modalità di riutilizzo.

 

Riduzione dei cassonetti, 400 firme
Le petizione riguarda il rione di San Giacomo. Bertoli: molti disagi
Sono 400 le firme raccolte in pochi giorni da Forza Italia nel rione di San Giacomo, per protestare «contro la riduzione del numero dei cassonetti per la raccolta delle immondizie». Ad annunciarlo è stato ieri il capogruppo degli azzurri in Consiglio comunale, Everest Bertoli. «Si tratta di un risultato importante e significativo – ha detto – perché in poco tempo abbiamo registrato la rabbia della gente nei confronti di questa giunta, che sembra non tener in alcun conto le esigenze dei residenti. Las nostra – ha aggiunto – è una città con tanti anziani e con molte salite. Non si può obbligare una persona in età avanzata, che magari vive sola e non può essere aiutata, a portare sacchi di immondizie percorrendo centinaia di metri per raggiungere i punti di raccolta». Bertoli ha poi precisato che «delle 400 firme la metà sono state raccolte fra i commercianti, l’altra metà fra i privati residenti nel rione» e che «sono almeno una quarantina i cassonetti eliminati». Il capogruppo ha poi rammentato che «da qualche giorno abbiamo attivato un numero telefonico al quale tutti si possono rivolgere per critiche sul piano di distribuzione dei bottini sul territorio deciso dal Comune. Abbiamo sentito l’assessore Umberto Laureni promettere che tale assetto sarà rivisto – ha concluso – speriamo che alle parole seguano i fatti». Roberto Dubs, consigliere circoscrizionale di Forza Italia, ha voluto ringraziare i triestini «sempre molto attenti alle tematiche relative alla raccolta differenziata. L’amministrazione non può rispondere loro eliminando le isole per la raccolta, obbligando tutti, anche chi è in difficoltà nel muoversi a una fatica supplementare».

(u.s.)

 

Rifiuti: le isole ecologiche più pratiche del porta a porta
la lettera del giorno di Maurizio Cudicio

Vorrei segnalare quanto è difficile e complicato fare la raccolta differenziata nel mio comune (San Dorligo della Valle) e comunque anche in generale. Non sono un'ipocrita e devo ammettere che spesso mi "appoggio " al comune a fianco per svuotare i miei sacchi dell'immondizia. Ma perché lo faccio? Sono l'unico? Credo proprio di no, visto la fila di molti non credo residenti a Trieste, che vedo spesso davanti ai cassonetti del circondario del mio comune . Un enorme flop il porta a porta, per svariati motivi, tra i quali l'orario e i giorni imposti per la raccolta, come se ognuno di noi non avesse altro a cui pensare. Mille problemi giornalieri e poi bisogna ricordarsi quando e cosa mettere fuori dal cancello di casa. Poi come se non bastasse i bidoni sono piccoli e di quello che non ci sta che ne facciamo? Lo teniamo a casa o lo gettiamo in strada? Ci metto nome e cognome e quindi se la Polizia locale vuole "sorprendermi" e sanzionarmi perché ha constatato che ho commesso un reato sono pronto a pagare. Cerco di fare il bravo cittadino e quindi voglio fare la raccolta differenziata e quando mi reco nelle apposite isole ecologiche" vicine" e forse per la mia ignoranza sono costretto a portarmi dietro un opuscolo dettagliato che sembra un dizionario. Un piccolo esempio: alluminio per bibite, vaschette in alluminio (coperchi di yogurt o fogli d'alluminio per alimenti), bombolette di deodorante o lacca (ma dopo aver svitato il nebulizzatore), lattine di tonno e di alimenti per animali , bottiglie e tutti gli altri oggetti composti solo di vetro, quindi bisogna smontare occhiali, specchi, neon. E la carta? Facile ? No anzi: quaderni, imballaggi di cartone, scatole di detersivi ci possono stare, ma assolutamente non devono essere sporchi, quindi prima di andare a gettarli bisogna pulirli accuratamente e assicurarsi che siano perfettti, altrimenti la multa è in agguato. La plastica? Quella che si può riciclare di solito non è quella costosa, cioè niente giocattoli o elettrodomestici piccoli che hanno parti in plastica ma solamente bottiglie flaconi di shampoo (debitamente puliti e risciacquati. L'umido? Gli scarti cioè, frutta verdura, piatti e bicchieri in bio-plastica (e qui ci vuole il dizionario), poi canapa, cotone e lana ma attenzione che non ci siano bottoni, altrimenti altra multa. Alla fine la indifferenziata: gomma, cd, pannolini, lampadine, cosmetici e penne, ma ovviamente materiale controllato attentamente perché provvisto di parti in plastica, vetro e carta , dunque da separare accuratamente e sempre per evitare multe. Il porta a porta è semplicemente ridicolo, mentre le isole ecologiche sono utili perché ti danno modo di portare l'immondizia quando hai tempo e soprattutto puoi farla sapendo che quasi sempre ci starà tutta, senza così tenerla nei propri giardini (chi ha la fortuna di averli) o negli appartamenti. Con rispetto dei cittadini che invece "amano" questo tipo di raccolta differenziata (porta a porta) e con rispetto di chi non ha alcun problema di capire immediatamente come funziona la differenziata, spero che quando l'agente accertatore prenderà la sua penna e inizierà a scrivere la famosa multa, si renda conto che la differenziata tutti la vogliamo fare, ma non è un gioco da ragazzi.

 

Terza Circoscrizione - Assemblea pubblica sul rifiuto “umido”

Oggi alle 18.30 la III^ Circoscrizione (Roiano, Gretta, Barcola, Cologna, Scorcola), organizza un'assemblea pubblica sulla raccolta differenziata del cosiddetto rifiuto “umido” organico nella Sala parrocchiale di via dei Carmelitani, 10. Interverranno l’assessore all’Ambiente del Comune e i tecnici di AcegasAps.

 

 

CONVEGNO ALL’AREA SCIENCE PARK - Mobilità urbana sostenibile

In che modo le soluzioni tecnologiche possono migliorare la mobilità dal punto di vista ambientale, sociale ed economico nelle città? Come un’efficace pianificazione urbana può contribuire a raggiungere questo obiettivo? Sono i temi al centro della conferenza internazionale "Pianificare la mobilità urbana sostenibile per una gestione più efficiente dei trasporti e una migliore qualità della vita nelle città", oggi dalle 9 alle 13.30 al centro congressi di Area Science Park a Padriciano. Giornata nell’ambito di “Bump - Boosting Urban Mobility Plans”, progetto finanziato dalla Commissione europea per supportare gli enti locali nella stesura dei propri piani urbani di mobilità sostenibile

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 settembre 2014

 

 

Rigassificatore, sì alla paesaggistica

Il manager di Smart Gas Vescovini pronto a recepire le osservazioni sul progetto

«DUINO AURISINA «Se queste sono le osservazioni in 5 mesi avremo in tasca la Via.

Della serie: “Sotto il vestito niente”, perché da un punto di vista tecnico moltissime non sono neppure pertinenti alla procedura». Iil project leader di Smart gas Alessandro Vescovini dimostra di non temere le osservazioni depositate dagli enti territoriali in questa primissima fase di avvio dell'iter di Valutazione di impatto ambientale nazionale. Ecco, magari i ritmi della burocrazia italiana, coi suoi meccanismi elefantiaci “vedi il coinvolgimento di oltre 30 enti e di ben 5 ministeri”, oppure la necessità di produrre un quantitativo abnorme di documenti (“15mila euro di spesa solo per far fotocopie”), lo possono anche “terrorizzare”, ma i pareri non vincolanti o le osservazioni e richieste di integrazioni esplicitati da Comuni e Province in merito al rigassificatore di piccola taglia non lo fanno indietreggiare. Ciò non significa, tuttavia, che il proponente ignorerà questi documenti, anzi. «C'è un 3% di utile, nelle osservazioni, che senz'altro Smart gas prenderà in considerazione». E questa è una prima, inedita, apertura. Si rilevano, insomma, delle critiche valide? «Sì – replica Vescovini -, per esempio sulla paesaggistica vi sono delle indicazioni da recepire e ho evidenziato inoltre alcuni accorgimenti per il gasdotto. Poi c'è anche la questione del porto: insomma, Smart gas è molto aperta e flessibile». La paesaggistica, dunque. «La divisione compiuta tra aree Sic, naturalistiche e industriali – spiega Vescovini - può anche prevedere la costruzione di barriere di terreno, su cui posizionare alberi ad alto fusto, in modo da imprimere una delimitazione fisica tesa a valorizzare l'area naturale e ridurre l'impatto visivo perfino dal balcone del Castello. Perché l'unico punto a Duino dal quale si vedranno i serbatoi è proprio il terrazzo del principe, a parte le alture di San Giovanni, da dove però si osserva tutta l'area industriale di Monfalcone. Continuo a sottolineare che dei capannoni della Mangiarotti nessuno ha avuto da ridire eppure la differenza di altezza è di 4 metri e, dal punto di vista paesaggistico, non è che si possano avere due pesi e due misure». Le “barriere visive” di cui parla Vescovini, in terreno, saranno alte 10-15 metri e alla loro sommità si prevede la piantumazione di alberi ad alto fusto, anche in tutela dell'avifauna. «Hanno una funzione non solo visiva – sottolinea - ma pure di protezione fisica dell'area naturale, per impedire che la gente vada lì a fare motocross o gettare rifiuti. La barriera potrebbe per esempio essere un terrapieno». Quanto al gasdotto «abbiamo proposto due alternative che saranno esaminate dal Ministero dell'Ambiente, entrambe prevedono comunque interventi veramente molto, molto modesti. Però – aggiunge - se riuscissimo a recuperare il tubo dell'ex Silone (deposito costiero oli minerali, ndr) sarebbe veramente una bella cosa perché compiremmo anche una bonifica ambientale. Infine il porto monfalconese – conclude Vescovini –: stiamo definendo un profilo diverso della nuova cassa di colmata, in modo tale da predisporre la creazione di banchine non per 500, ma per 800 metri, su indicazione del gruppo Maneschi»

Tiziana Carpinelli

 

 

Ferriera, subito assorbiti 410 dipendenti - Il documento oggi sarà sottoposto al vaglio dell’assemblea dei lavoratori
Per il momento restano a casa 28 persone. Mantenute le maggiorazioni di stipendio per i turnisti dopo una lunga trattativa
Siderurgica Triestina, società del Gruppo Arvedi, assumerà entro il 31 dicembre 410 degli attuali 438 dipendenti della Ferriera e manterrà invariate le maggiorazioni di stipendio riservate agli operai turnisti: sono questi i capisaldi che hanno permesso alle sette di ieri sera, dopo un’ulteriore riunione protrattasi per nove ore abbondanti, la sigla sull’accordo da parte di tutti i sindacati. Il documento sarà sottoposto oggi alle 13.30 all’approvazione dell’assemblea dei lavoratori che si riunirà all’interno dello stabilimento, dopodiché i dettagli verranno illustrati nel corso di una conferenza stampa. Vi sono comunque le sigle di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Failms e Ugl. Soddisfazione per il risultato raggiunto è stata espressa già ieri in particolare da Antonio Rodà e Franco Palman della Uilm e da Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl. Christian Prella della Failms, pur favorevole, ha espresso una perplessità: la mancanza di comunicazioni sulla sorte della cokeria che in futuro dovrebbe chiudere e in particolare le difficoltà di riqualificare il personale addetto. La riunione-fiume di ieri, svoltasi nella sede di Assindustria Trieste e programmata già alle nove e mezza del mattino è incominciata quand’erano quasi le 10. Di fronte ai sindacalisti, l’amministratore unico di Siderurgica Triestina con l’amministratore unico Francesco Rosato affiancato in particolare dal responsabile per le relazioni sindacali del Gruppo Arvedi Bruno Falanga e rappresentanti anche dell’amministrazione straordinaria della Lucchini, della Regione e di Assindustria. In realtà il confronto ha rischiato di incepparsi soprattutto sulle questioni economiche, sebbene fosse assodato fin dall’inizio che teoricamente l’azienda avrebbe potuto procedere comunque, anche in assenza dell’assenso sindacale. Inizialmente Siderurgica Triestina, come si rileva anche nelle linee generali del piano industriale, contava di partire con la propria gestione dello stabilimento già ad ottobre con un organico di 380 persone rispetto agli attuali 438 dipendenti della Lucchini a Trieste: 58 sarebbero rimasti per alcuni mesi ancora, e presumibilmente fino al 2015, in cassa integrazione. Dopo la trattativa di ieri il termine di ottobre è sparito ed è stata inserita la data del 31 dicembre però con il numero di 410 che recupera in termini di tempo estremamente brevi, la quasi totalità dei posti di lavoro. I 28 che rimangono fuori potranno seguire corsi di aggiornamento per essere riassorbiti nei mesi successivi allorché entreranno in azienda anche ulteriori dipendenti per giungere in un paio d’anni, sempre secondo il piano della Siderurgica Triestina, a un organico di 660-680 persone. Ma quello dell’organico non è mai apparso durante la trattativa un ostacolo insuperabile anche se i sindacalisti chiedevano che venissero messi nero su bianco tempi e modi per il riassorbimento di tutto l’attuale personale. Fin dal primo momento però i sindacati avevano preso un impegno con i lavoratori: nessun cedimento nel mantenimento dei livelli sia occupazionali che salariali. E la più grossa grana sarebbe esplosa ieri proprio su questo secondo fronte. Secondo una fuga di notizie dal fronte sindacale, sarebbe emerso un taglio di 150 euro previsto da Siderurgica Triestina rispetto all’attuale stipendio degli operai turnisti: una condizione ritenuta inaccettabile e che avrebbe costituito l’elemento fondamentale di scontro di una riunione che ha occupato, con qualche interruzione, oltre che gran parte della mattinata, anche tutto il pomeriggio fino alla sera, come del resto era già anche accaduto nella precedente riunione tecnica della settimana scorsa. Alla fine però sarebbe prevalsa la linea sindacale e l’accordo prevede il mantenimento delle maggiorazioni di stipendio previste per gli operai turnisti, oltre come detto alla riassunzione entro mil 31 dicembre di 410 degli attuali 438 dipendenti della Ferriera.

Silvio Maranzana

 

Confronto con Gozzi sul futuro di Sertubi  - VENERDI'
Un incontro sulla sorte della Sertubi è previsto per venerdì pomeriggio nel palazzo della presidenza della Regione alla presenza di Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e amministratore delegato di Duferco, la società proprietaria di Sertubi che ha dato in affitto il ramo d’azienda triestino agli indiani di Jindal. «Alla base dell’incontro - spiega Michele Pepe, rsu per Fim-Cisl - la volontà della società indiana di portare via i macchinari di produzione dal nostro stabilimento. Vogliamo verificare le possibilità di riprendere la produzione - spiega il sindacalista - Se questo non è possibile non potremo opporci. A quel punto il nostro obiettivo potrebbe diventare l’assorbimento almeno di una parte degli ex dipendenti dell’azienda in Siderurgica Triestina».

(s.m.)

 

 

Via Locchi, “zona 30” testata dai bambini
Chiusura festosa di una sperimentazione dai giudizi contrapposti. Marchigiani: «C’è chi non ha capito»
Per una volta, a diventare protagonisti della strada, sono stati i bambini. È accaduto ieri pomeriggio in via Locchi, nel tratto prospiciente la Chiesa, che in questi giorni è stato oggetto di una sperimentazione “zona 30”, nell’ambito della Settimana europea della mobilità. Alla festa di chiusura del laboratorio, cui hanno partecipato sia i ragazzi del Ricreatorio De Amicis, ma anche i bambini del rione, numerosi guidatori in erba si sono messi al volante delle mini auto elettriche, che fanno parte del campo scuola della polizia locale, per tastare di persona quella che è stata l’opera di riallestimento della carreggiata e al contempo per conoscere e approfondire i temi della sicurezza stradale. Alla fine, sotto gli occhi attenti di genitori e nonni e con l’aiuto delle pattuglie dei vigili urbani, tanto divertimento per tutti e nessuna contravvenzione. Una prova generale destinata a far da apripista alla creazione di vere e proprie aree della città a velocità limitata. «È stato un esperimento utile che ci ha permesso di analizzare i diversi comportamenti e di discutere di un tema importante come quello della sicurezza stradale - ha osservato Elena Marchigiani, assessore comunale Mobilità e Traffico -. Il progetto definitivo della “zona 30” in via Locchi sarà ovviamente diverso: la spalmatura della curvatura diverrà più ampia e ci permetterà altresì di ricavare in loco un maggior numero di parcheggi a spina di pesce». Una sperimentazione, quella che si è conclusa ieri, che, come spesso accade, ha raccolto giudizi contrapposti. «Si tratta di una iniziativa azzeccata - rileva Rosetta Stagni, che va a prendere il nipote all'asilo -. Questa è una strada dove le automobili sfrecciano velocissime, creando potenziali pericoli per i i pedoni in genere, ma soprattutto per i molti bambini che frequentano la zona». Di opinione diversa Diego Piazzolla, titolare del negozio SystemMind: «Credo che i soldi pubblici vadano spesi in modo migliore - rileva -. Per questo progetto ci sono stati dei costi a mio avviso esagerati rispetto ad un risultato finale modesto». Tra le aree allo studio per la creazione di zone a velocità limitata, ci sono, oltre alla stessa via Locchi, anche le vie Settefontane e D’Annunzio, oltre a via Valerio, in zona Università, dove l’obiettivo è quello di incrementare la sicurezza degli attraversamenti pedonali. Intanto è scattata una petizione on line, con la quale un gruppo di cittadini si batte per la sicurezza sulle strade e per l’istituzione di zone a velocità limitata: quasi un centinaio le firme raccolte. «Il nostro percorso va avanti ma avremo bisogno del supporto della Regione per poter disporre dei Fondi per la sicurezza stradale - ha concluso Marchigiani -. I riscontri raccolti finora sono buoni: dispiace che ci sia ancora qualcuno che non ha compreso lo spirito di queste iniziative».

Pierpaolo Pitich

 

SEGNALAZIONI - Via Locchi - Ottima idea i 30 all’ora

Via Locchi a 30 all’ora è un’ottima idea, finalmente un intervento - seppur provvisorio e sperimentale - per ridurre i rischi che noi residenti subiamo da troppi anni. I miei figli attraversano la via ogni giorno più volte, per andare a scuola o per fare attività sportiva, ed ogni giorno so che rischiano nell’attraversamento stradale dove quasi nessuno si ferma, nemmeno davanti bambini o anziani. Ho sentito molti commenti positivi sulla sperimentazione da parte dei residenti; purtroppo anche tanti comportamenti irresponsabili e parole infuocate da parte di automobilisti di passaggio, probabilmente gli stessi che non si fermano davanti alle strisce e che sfrecciano a velocità incontrollate per guadagnare una manciata di secondi. Via Locchi è zona residenziale, chi non ha interessi sul posto vada per la viabilità principale.

Lorenzo Colautti

 

 

AMBIENTE - Nuove regole sui rifiuti - Via libera unanime

Parere favorevole unanime dei gruppi presenti (Pd, Sel e M5S) alla seduta della quinta commissione, presieduta da Vincenzo Martines (Pd), sulle nuove regole proposte dalla Ue che riguardano i rifiuti, gli imballaggi, le discariche, i veicoli fuori uso, le pile, gli accumulatori, le apparecchiature elettriche ed elettroniche. Il parere è di natura consultiva.

 

 

Gli orsi “invadono” il Carso sloveno
Dieci esemplari emigrano verso la costa spinti dal gelicidio. Alveari razziati, apicoltori infuriati. Si teme per gli abitanti
TRIESTE Carso sloveno come Yellowstone dove gli orsi fanno razzia dei cestini da pic-nic dei visitatori? Reminescenze da cartone animato a parte quel che è certo è che i bruni plantigradi “disturbati” dal gelicidio dello scorso febbraio che ha devastato le loro foreste, peraltro molto più “animate” del solito durante i mesi scorsi per la massiccia presenza di boscaioli impegnati nel risanamento, si sono spostati dall’entroterra sul Carso sloveno dove trovano cibo, una relativa tranquillità e tante arnie da saccheggiare. Ne sanno qualcosa gli apicoltori che in pochi giorni hanno segnalato diversi devastanti passaggi di orso tra i loro “allevamenti”. Gli orsi, si sa, sono ghiotti di miele, ma il vero problema, dolce bottino a parte, sta nel fatto che con le loro unghione distruggono anche le arnie e disperdono le famiglie delle api. «Valutiamo che sul territorio da caccia dell’area del Litorale attualmente vivano dieci orsi - spiega alle Primorske Novice Andrej Sila, responsabile per la selvaggina dell’Istituto delle foreste - e la legge ci permette di abbatterne solamente quattro». L’uomo, dunque, o meglio, gli abitanti del Carso devono adeguarsi a questa presenza sul territorio, spiega ancora Sila, devono evitare incontri spiacevoli, proteggere le arnie e tutti i luoghi dove gli orsi potrebbero trovare del cibo. A scoprire le proprie arnie distrutte dagli orsi è stato Boštjan Berneti›, apicoltore di Rodik e lo stesso presidente dell’Associazione apicoltori di Sesana, Ivan Atelšek. Il quale è, a dir poco, infuriato. «Se nella nostra aerea è cresciuto il numero di orsi - spiega - lo Stato dovrebbe cercare di controllare tale fenomeno consentendo l’uccisione di alcuni capi. Del resto se lo Stato può controllare il numero di mucche che ciascun allevatore può avere sul terreno di sua proprietà perché non farlo anche nelle aree di caccia con gli orsi? Il fatto è che lo Stato protegge più gli orsi che noi carsolini». Il danno subito da Atelšek ammonta a un’arnia e a una famiglia di api compromessa, quasi 400 euro di valore stimato, al quale si devono aggiungere quasi 20 chilogrammi di miele che non sarà prodotto, oltre all’acquisto di una nuova regina con rispettiva famiglia di operaie. Da rilevare che l’orso saccheggiatore non si è fatto impaurire dal sistema di illuminazione e che emana forti suoni all’avvicinarsi del plantigrado, installato proprio a protezione delle arnie. Anzi, un po’ infastidito dal trambusto, l’orso ha pensato bene di distruggere la “diabolica” macchina anti-intrusione. Ora gli apicoltori pensano di dotarsi del cosiddetto “pastore elettrico” (una serie di cavi che al contatto rilasciano una scarica elettrica), ma le spese sono alte e se si dovesse continuare in questo modo l’apicoltura non sarebbe più redditizia. Gli orsi sono “emigrati” verso la costa principalmente, come detto, a causa del gelicidio di febbraio che ha distrutto i boschi della Slovenia, ma anche perché, come spiega ancora il responsabile per la selvaggina dell’Istituto per le foreste, Andrej Sila, la vegetazione sul Carso negli ultimi anni si è parecchio sviluppata e assieme al proprio microclima l’altipiano è diventato un habitat perfetto per i plantigradi. Inutile dire che gli orsi, anche per l’immaginario collettivo e cartoonesco che è stato costruito attorno ad essi, sono molto simpatici, ma incontrarne uno in un bosco non è certo un’esperienza da Looney Tunes.

Mauro Manzin

 

 

Borgo San Sergio - “Le Piane: un parco agricolo a Trieste”

Proseguono anche domani, mercoledì 24, per concludersi sabato 27 settembre, gli appuntamenti e incontri previsti nell'ambito di "Le Piane: un parco agricolo a Trieste? Comune e Università di Trieste impegnati in un laboratorio di progettazione a Borgo San Sergio" . Oggi, dalle 10.30 alle 12.30, nella biblioteca Mattioni di via Petracco 10, incontro con gli uffici della Pianificazione urbana del Comune di Trieste e con i tecnici dell'Ater. Nel pomeriggio, dalle 14. alle 17.30, sempre nella biblioteca Mattioni, sopralluogo sintesi su "Orti Le Piane". E alle 18, nel vicino istituto comprensivo Giancarlo Roli di via Forti 15, un seminario pubblico su "Gli orti urbani in Europa".

 

 

Il ritorno dell’Ibis Eremita

Oggi alle 18.30 al Caffè San Marco (via Battisti 18) incontro promosso da Legambiente sulla reintroduzione in Europa di questo rarissimo uccello. Lo illustrerà Nicoletta Perco, referente italiana del progetto Life. La relatrice sarà introdotta da Lucia Sirocco, presidente del circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 settembre 2014

 

 

«Ferriera, troppi dubbi» - M5S all’attacco: «Piano industriale inadeguato»
Inadeguato, insufficiente, pieno di zone d’ombra. Questo, alla vigilia di un incontro importante il giudizio espresso da Paolo Menis e Stefano Patuanelli, consiglieri comunali di M5S, sul piano industriale presentato da Siderurgica triestina, la società al 100% di Finarvedi che sta portando a compimento l’acquisto della Ferriera. «Il documento – ha detto Patuanelli – è vago e in contraddizione con l'accordo già definito. Assurdo parlare di vittoria per Trieste. L’impressione è che si voglia solo preparare il terreno per qualcuno chiamato a gestire lo stabilimento di Servola fra due anni. Ma allora a che servono i 30 anni di concessione demaniale che vanno chiesti all’Authority? Mentre sulle bonifiche stride il confronto con l’accordo di programma sottoscritto a gennaio, quando si prevedevano 15 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’impianto. Chi manifestava interesse di acquisto avrebbe dovuto presentare un progetto per le bonifiche e ora del progetto non c’è traccia, si parla solo di messa in sicurezza dei suoli e di rimuovere i rifiuti pericolosi. E l’importo è sceso a 10 milioni» E «sui rifiuti pericolosi siamo al paradosso – così Patuanelli – perché a risolvere la situazione è chiamato l’amministratore delegato di Siderurgica Triestina, Francesco Rosato, rinviato a giudizio proprio per aver prodotto anni fa quei cumuli di materiale pericoloso. Insomma questa vicenda sta andando avanti a tarallucci e vino». «O manca qualcosa – ha sottolineato il capogruppo Paolo Menis - oppure si tratta di un piano industriale per modo di dire, perché su 172 milioni di euro Arvedi ne mette 10. Il resto arriva da altre partite. Compresi quei 22 milioni che la Ferriera vanta dalla precedente gestione e sulla cui esigibilità è giusto porsi più di qualche dubbio. Siamo preoccupati – ha aggiunto - anche perché ancora una volta, con il pretesto della tutela dei posti di lavoro, è messa in secondo piano l’emergenza ambientale». All’incontro hanno partecipato esponenti dell’associazione “No smog”. Assente il deputato M5S Aris Prodani, segretario della Commissione attività produttive della Camera, che in una nota sul piano industriale sottolinea come accogliere «passivamente questo documento senza ottenere garanzie su tempistiche degli interventi, chiarezza nella strategia e puntuale programma degli investimenti è azione irresponsabile».

Ugo Salvini

 

SOCIETÀ E LAVORATORI - Sul futuro di Servola oggi l’incontro in Confindustria
Il confronto tra Siderurgica Triestina e rappresentanti dei lavoratori continua stamattina a partire dalle 9 nella sede di Confindustria Trieste. Dato che il piano industriale della società del Gruppo Arvedi prevede un organico iniziale di 380 persone e che i dipendenti della Ferriera sono oggi 438, punti dirimente per raggiungere un accordo che viene dato per probabile, sono i tempi e i modi che saranno fissati per l’assorbimento degli ultimi 58 che nella prima fase dovrebbero restare in forza alla Lucchini in cassa integrazione.

 

 

Weekend “pedonali”, salgono i negozi aperti la domenica
Marchigiani: avanti con le vie Mazzini e Imbriani senz’auto ma decisione definitiva dopo la gara sul trasporto pubblico
Avanti tutta. I “P days” non si toccano: la pedonalizzazione di via Mazzini e via Imbriani nei weekend, dalle 9 del sabato alle 20 della domenica, prosegue. E posto che l’obiettivo finale dell’amministrazione comunale è di tramutare il test in provvedimento definitivo, la sperimentazione procederà e tale resterà comunque sino all’accordo con il futuro gestore del trasporto pubblico locale. Con il soggetto che si aggiudicherà cioè la gara europea per il tpl su gomma che la Regione sta per lanciare. Insomma, in ogni caso, i “P days” continueranno sino al 2015. «L’entrata a regime definitiva - fa il punto l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Mobilità e traffico, Elena Marchigiani - dipende da un dialogo necessario e un accordo con la Provincia e con la società concessionaria del trasporto pubblico locale, intendo quella che risulterà vincitrice del bando di prossima pubblicazione. Un cambiamento più drastico del servizio pubblico era quindi al momento impensabile. Da lì, è nata l’idea di sperimentare nei sabati e nelle domeniche. I primi mesi - riepiloga Marchigiani - hanno accompagnato la città in maniera morbida, a luglio e in agosto, con la funzione di non generare una rivoluzione da un giorno all'altro». La vera prova si è avuta più di recente, archiviata la parentesi delle ferie: «Negli ultimi due fine settimana - sottolinea l’assessore -, specie al sabato. Nello scorso, al mattino, visti anche le condizioni di pioggia, le persone presenti in centro per gli appuntamenti dell’Oktoberfest, le scuole iniziate e pure i lavori in corso in via Carducci, direi che la misura ha tenuto in condizioni particolarmente critiche. Dunque il bilancio è positivo. Andiamo avanti, non abbiamo motivi per tornare indietro». Un altro aspetto entra nel ragionamento: «Mi pare vi sia un crescendo di negozianti che tengono aperto alla domenica nell’area. E c’era tanta gente in giro, una vera area pedonale. Il dialogo con i titolari di attività economiche è continuo e propositivo anche da parte loro». Qualche miglioria “a completamento”, l’amministrazione Cosolini l’ha già messa in agenda: «In via Valdirivo vi sono degli interventi da fare, per sistemare una fermata dei bus dove la gente oggi praticamente “esce” dal marciapiedi». E in generale: «Dopo quello che è successo il dicembre passato prima di Natale - assicura inoltre Marchigiani, ricordando il famoso ingorgo dello scorso anno -, la situazione è ipermonitorata». Dopo gli interventi in centro, conclude l’esponente della giunta municipale, «il Piano del traffico, entro la fine del mandato, punterà alla messa in sicurezza di alcuni assi viari in altre zone. Vorremmo almeno impostare il Piano particolareggiato di Servola». Anche per Confcommercio Trieste, i “P days” stanno risultando soddisfacenti: «C’è stato più movimento negli ultimi due sabati, la gente comincia ad abituarsi - riflette Franco Sterpin Rigutti, vicepresidente vicario dell’associazione di categoria -. Qualcuno anche domenica pomeriggio ha tenuto il proprio negozio aperto. Alla gente piace, vuol dire che ci sono in giro consumatori e potenziali clienti».

Matteo Unterweger

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 settembre 2014

 

 

Trieste perde sempre la sfida dei rifiuti - produzione di rifiuti urbani nel 2013

Resta maglia nera in regione ma cerca il riscatto con la raccolta dell’umido. Pordenone “regina” con l’80% di differenziata
GLI OBIETTIVI isontini - Abbiamo una buona percentuale ma possiamo guadagnare un 15% di materiale intervenendo sul secco residuo
TRIESTE «Moltiplicandosi vertiginosamente, i rifiuti pongono all’ordine del giorno, come questione ineludibile per la sopravvivenza della civiltà, il problema del loro smaltimento. Invero, non sappiamo mai bene come eliminarli. La loro tendenza è quella di “ritornare”». Lo scrive Rocco Ronchi in un articolo, pubblicato dalla rivista Aut Aut, dedicato alla figura dello zombie. La lotta agli zombie intrinsechi alla società dei consumi, i rifiuti, procede in Friuli Venezia Giulia seguendo tutti i crismi di una storia di morti viventi: c’è l’eroe che fa tutto da solo, c’è quello che è rimasto indietro ma spera di riuscire a riunirsi agli altri sopravvissuti. Tutto come in una serie televisiva americana, soltanto un po’ meno emozionante. Secondo i dati sulla raccolta differenziata dei rifiuti urbani nel 2013 (pubblicati dal sito di Arpa Fvg) il quadro regionale presenta grandi differenze fra le diverse province: Pordenone è senza dubbio l’area più avanzata, con un livello di differenziata che sfiora l’80%. In buona posizione si piazzano anche Udine (66%) e Gorizia (oltre il 60%). La Cenerentola della differenziata del Friuli Venezia Giulia è, ormai da anni, la provincia di Trieste, che si accinge però a cambiare marcia: l’adozione della raccolta di rifiuti umidi nel capoluogo potrebbe innalzare nel giro di un anno l’attuale percentuale, inferiore al 30%. Guardando alla serie storica dei dati, tutte le province crescono, chi più chi meno, ormai da più di tre lustri. Nel 1998 stavano tutte attorno al 10%. Nel corso degli anni Udine e Gorizia hanno aumentato la loro percentuale in modo più o meno uniforme. Le eccezioni sono, appunto, Trieste, che è rimasta al di sotto anche della soglia prevista dall’Ue per il 2006, e Pordenone che ha invece ampiamente realizzato tutti gli obiettivi preposti. L’assessore all’Ambiente della Provincia di Pordenone Stefano Zannier riassume così la situazione del suo territorio: «Quest’anno abbiamo superato la soglia dell’80%. E, per la precisione, il 90% della popolazione supera il 75% della differenziata». I margini di miglioramento a questo punto sono limitati, confessa l’assessore: «Non dico che siamo al massimo ma ci siamo vicini. Quel che si può fare ora è lavorare sulla differenziazione». L’assessore udinese Carlo Teghil dichiara: «La situazione nella nostra provincia è buona, rientriamo nei parametri richiesti dalla legislazione europea. L’unico neo da segnalare è il fallimento di alcune aziende che gestivano la raccolta». Le prospettive udinesi? «Realizzare strutture per il riciclo dei rifiuti differenziati». L’assessore triestino Vittorio Zollia spiega che la sua provincia è prossima alla svolta. Se fino a ora la presenza dell’inceneritore portava la città ad adagiarsi sugli allori (per così dire), le cose stanno per cambiare: «L’avvio della raccolta dell’umido a Trieste città sarà un passo fondamentale, contiamo di aumentare del 15% la percentuale complessiva». Il culmine di un processo già avviato: «Siamo cresciuti del 7,9% negli ultimi due anni. Il 29% attuale è ancora bassissimo rispetto alle medie nazionali ma con la raccolta dell’umido dovremmo avvicinarci al 40%, soglia attualmente toccata solo da San Dorligo e sfiorata da Muggia». L’assessore goriziana Mara Cernic dichiara: «La nostra percentuale è buona. Il margine di miglioramento che stiamo studiando è sul secco residuo, ovvero la possibilità di aprire e filtrare i sacchi dei rifiuti indifferenziati: potremmo guadagnare un 15% di materiale da immettere nella filiera del recupero. Questo mese avvieremo le sperimentazioni». L’altro fronte su cui la Provincia spera di lavorare è quello della tassazione: «Vorremmo introdurre il “chi inquina paga”, ovvero una tassazione proporzionale alla quantità di indifferenziato prodotto. Sarebbe un buon incentivo, oltre che un sostegno sociale».

 Giovanni Tomasin

 

L’assessore Laureni: «Porta a porta difficile»

Un grosso ostacolo alla differenziata a Trieste città sono «le forti difficoltà» che incontrerebbe un’eventuale raccolta porta a porta dei rifiuti. L’ammette l’assessore del Comune di Trieste Umberto Laureni, che conferma però come la differenziata dell’umido sia da considerarsi comunque un «importante salto di qualità»: «Attualmente la città viaggia attorno al 30% di raccolta differenziata - dichiara -, mentre il prossimo anno contiamo di superare il 40%. Sarebbe già un valore accettabile. I 65-70% che ci chiede l’Unione europea probabilmente si possono raggiungere soltanto con la raccolta porta a porta, che per mille motivi è difficile pensare di introdurre a Trieste». Già l’adozione dell’umido differenziato ha comportato un notevole impegno organizzativo: «Ci siamo confrontati con i disagi che questo processo creerà, e il nostro impegno, una volta avviata la raccolta, sarà di parlare con i cittadini e con le circoscrizioni per venire a capo di eventuali di errori di valutazione. Cerchiamo di tenere in conto sia le esigenze della pubblica amministrazione, l’aumento della differenziata, sia le difficoltà della gente»

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 settembre 2014

 

 

La marcia per il clima - In piazza Unità per “gridare” basta con l’inquinamento
In marcia per il clima con eventi in piazza, striscioni con il cuore verde e un flash mob sulle note de “La Zumbada”.

Attesa anche a Trieste una massiccia partecipazione con qualche centinaio di persone in piazza alla Marcia Globale per il Clima, giornata di mobilitazione mondiale che si tiene oggi con più di 2000 eventi in tutto il mondo in vista del vertice Onu per la leadership sul clima del 23 settembre a New York e promossa a livello locale dai volontari di Avaaz.org, Legambiente, Bioest e Wwf Trieste. «Sarà – spiegano gli organizzatori della manifestazione triestina - la giornata di mobilitazione per il clima più grande della storia». Trieste si unisce a questo storico evento con una manifestazione in programma piazza Unità dalle 13 alle 14. Per l'occasione, nel salotto cittadino, sarà allestito un gazebo dove verranno raccolte firme per la petizione lanciata dall'associazione internazionale Avaaz.org e definita dal suo fondatore Ricken Patel, «la più importante di sempre». Verranno esibiti striscioni per l'ambiente e il cuore verde simbolo internazionale della Marcia e saranno distribuiti volantini per sensibilizzare i cittadini sul problema e proporre condotte comportamentali che possano contribuire a ridurre l'inquinamento: dall'evitare sprechi alimentari ed energetici all'effettuazione della raccolta differenziata. Verrà scattata infine una foto della manifestazione triestina che poi verrà proiettata sul maxischermo di Manhattan insieme alle immagini degli altri eventi programmati in tutto il mondo. Alle 13.30 infine è previsto un flash mob sui passi della canzone “La Zumbada” di Dennis Fantina. L'invito da parte degli organizzatori è di partecipare indossando magliette, cappellini o indumenti verdi o magari anche disegnandosi sul viso un cuore. «Al flash mob – aggiungono - sono liberi di partecipare tutti: i passi si possono studiare all'indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=by4L-CZqG60». «Si stima – spiega Jean Louis Agbedjro, organizzatore dell'evento per conto di Avaaz - che quella di oggi sia la mobilitazione per il clima più grande di sempre. Grazie ai volontari di Avaaz.org, Bioest, Legambiente e Wwf, Trieste si unirà ai cittadini di tutto il mondo per chiedere ai governi, che si incontreranno al vertice Onu per la leadership sul clima, di utilizzare fonti energetiche 100% rinnovabili e ridurre quindi le emissioni di biossido di carbonio, in gran parte responsabili degli squilibri climatici. Le firme si raccolgono sia online che in forma cartacea e possono sottoscrivere la petizione tutti i cittadini che posseggono un indirizzo di posta elettronica. A oggi si contano più di 2 milioni di sottoscrizioni: l'obiettivo è raggiungerne 3.000.000”. La petizione si può firmare all'indirizzo https://secure.avaaz.org/it/100_clean_final/?sKydKhb. All'evento triestino è dedicata la pagina facebook “Marcia Globale per il Clima a Trieste”. E' possibile segnalare ad Avaaz la propria partecipazione all'evento all'indirizzo https://secure.avaaz.org/it/join_to_change_everything/?fKydKhb&pv=270 in modo che poi l'associazione possa presentare al Vertice ONU il numero delle persone che hanno partecipato alla mobilitazione.

Gianfranco Terzoli

 

 

«Senza il rigassificatore le aziende chiuderanno»

Alessandro Vescovini project leader di Smart Gas ritiene fondamentale realizzare l’impianto per ridurre i costi dell’energia e restare sul mercato
TRIESTE «La situazione per le imprese in Italia è ormai al capolinea. Costo dell’energia superiore al resto d’Europa, costi del “sistema-Paese” con la sua burocrazia, dei carburanti dei trasporti e della logistica. Molti se ne sono andati, sono tentato pure io, perché dobbiamo restare qui? Le imprese pianificano a 5 anni e la mia idea è questa: o troviamo il modo di rendere competitive le aziende e facciamo sinergie o è finita. È per questo che abbiamo messo in piedi un gruppo di acquisto del gas, è una materia prima che trasformiamo e serve per la produzione. Abbiamo pensato a un deposito nel porto di Monfalcone con un rigassificatore, tutto con investimenti privati. Il progetto è pronto, questo creerebbe le condizioni per restare: ci diamo tempo fino al 2016, se entro questa data non arriva il via libera noi sbulloniamo le aziende e ce ne andiamo». Alessandro Vescovini, imprenditore della Sbe con alle spalle un gruppo che lavora in Italia e all’estero e che a Monfalcone dà lavoro a 500 persone («per il 92% del territorio» ci tiene a sottolineare) parla come un fiume in piena. L’atteggiamento è fermo, il tono aspro dà l’effetto della carta vetrata sulla pelle, ruvido come il suo carattere «da Highlander emiliano». Sa bene di essere tutt’altro che diplomatico, «ma ormai per l’economia in Fvg e in Italia, un paese in rianimazione, il tempo della diplomazia è terminato». Cosa intende dire? Non serve che lo dica io, basta guardare cosa sta succedendo. Mi pare che il Pil in Italia stia crollando soprattutto per la mancanza di investimenti privati. Ci spiega in sintesi il progetto? La legge italiana, come imposto dall’Ue, ha liberalizzato il mercato. La Sbe assieme ad altre aziende nel 2013 ha formato un gruppo di acquisto per il gas. La legge ora consente anche ai privati di gestire un deposito di gas e ci siamo messi in gioco. Ci siamo ritrovati in oltre 15 aziende, recentemente si sono messi assieme a noi i Consorzi di Confindustria, si tratta di 300 altri piccoli consumatori di gas. Insieme sono realtà che in regione danno lavoro ad almeno 12-15mila lavoratori tra diretti e indiretti. Quali sono i vantaggi e che sconto puntate ad ottenere? Il nostro obiettivo è quello di ottenere almeno il 10% di sconto sul prezzo medio del gas sul mercato. Entriamo in gioco per creare concorrenza, che in Italia dove sono state fatte le privatizzazioni a metà anche dei colossi energetici, è assente, ed è l’unica garanzia per la competitività. Se non ce la facciamo il progetto è inutile. Si parla tanto di questa cordata di aziende. Ci fa i nomi? I nomi sono usciti più volti e sono conosciuti. Si tratta di realtà che vanno dalla Sbe a Fantoni, Abs, Pittini, Sangalli, Trametal, Burgo con altre 4 cartiere, alcune realtà che fanno impianti di cogenerazione, ed è una novità, aziende dell’autotrasporto e tante altre che si stanno aggiungendo. Qual è la matrice sociale di Smart Gas spa? Per ora è una start-up (120 mila euro di capitale sociale) e per ora mi sono preso io come Sbe l’onere di creare la compagine sociale che per ora appartiene al Gruppo Vescovini. Questo fino a quando non è finita la fase progettuale. Dopo si passa alla partecipazione e agli investimenti. Facciamo un po’ di cifre? L’investimento per realizzare l’impianto è di 120 milioni più altri 20 per le infrastrutture portuali. Il 40% sotto forma di fondi di equity (mezzi propri di un’impresa) e il resto project financing. Chi vorrà partecipare tirerà fuori i soldi. Molte aziende hanno risorse proprie, tra questi il gruppo Vescovini che investe mediamente 15 milioni l’anno per restare competitiva, tutti soldi autofinanziati. Il gruppo di cui fa parte la Sbe non ha debiti e da solo ha una capacità di investimento di almeno 70 milioni: non abbiamo bisogno delle banche che fanno la fila fuori dalla porta. Chi investirà però si attenderà un ritorno... Mi hanno chiesto in molti di entrare nell’equity, ma il nostro obiettivo è avere un equity basso. Non è importante guadagnare dall’investimento, ma avere un risparmio energetico e nel gruppo devono stare solo soggetti che consumano e che vogliono ottenere un prezzo basso del gas. Alle aziende interessate ad acquistare il gas quanto pesa attualmente la bolletta energetica? In alcuni settori il peso è davvero alto, dipende dal tipo di produzione. Se pensiamo a quello cartario il costo del gas rispetto alla manodopera pesa il 500%, il risparmio per la Burgo che spende cifre attorno ai 12 milioni sarebbe di ben 6 milioni. Nel settore vetro il peso è oltre il 200%, per quanto riguarda l’acciaio l’80%. Per una realtà come la Sbe che fabbrica bulloni il peso è minore, il 30%, ma bisogna tener presente che da noi i contratti si spuntano con trattative sui mezzi punti percentuali di bilancio. Il costo del gas è pesante e per certi settori è strategico. Chi farà gli investimenti e chi gestirà l’impianto? Stiamo discutendo, ci sarà un Consorzio, ma non certo come quello del Mose e tutto fatto di privati, con totale trasparenza e la rabbia del taglio dei costi. In questo periodo ha ricevuto un mare di osservazioni sul progetto Se sono queste, in cinque mesi otterremo il via. Ma di critiche serie ne ha ricevute? Sì, in piccole percentuali anche costruttive e affrontabili. Soprattutto sul fronte paesaggistico, sono indicazioni che recepiremo, stiamo adattando il nostro progetto. In un certo senso, più alto, lei è diventato un soggetto politico che vuole incidere sullo sviluppo economico del territorio? Non certo nel senso politico dei partiti. Non mi interessa quella politica. Se per incidere volete dire che sto cercando di dare un contributo per cercare di migliorare la situazione e far restare le imprese qui e che crescano quelle più tecnologiche e attente all’ambiente sì. La situazione è ormai al collasso, ho in cassetto almeno 2 mila 500 curriculum di persone che cerca un lavoro. Lo sa quante richieste ha ricevuto Portopiccolo, osteggiato e massacrato, che ha meno di 200 posti di lavoro? 5 mila. Gente che vuol mangiare, farsi una casa e una famiglia. A queste persone e a un mondo migliore e un futuro per i miei figli che cerco di dare risposta. E non c’è più tempo di attendere.

Giulio Garau

 

Burocrazia di carta - Fotocopie a 30 enti: spesi 15 mila euro

I rischi ambientali non spaventano Smart gas, secondo l’annuncio il progetto è stato studiato a emissioni zero sia in aria che in acqua. Il vero nemico sono i tempi di attesa per le autorizzazioni e la burocrazia. E la società ha avuto un assaggio da subito. «Soltanto per le fotocopie abbiamo speso 15 mila euro» racconta Alessandro Vescovini, tutto materiale, «documentazione cartacea» che è stata inviata a un «elenco infinito» di enti. Ci siamo fatti inviare l’elenco, sono almeno 30 gli enti e gli indirizzi riempiono sei pagine. Dal ministero dell’Ambi8enta a quello dell’Interno, della Salute.Dalla Soprintendenza alla Regione, fino ai piccoli comuni. «Un mare di carte che non so nemmeno chi leggerà fino in fondo» commenta amaramente Vescovini. «Questa è l’Italia - conclude - per non parlare della “nosepol connection” che si è attivata trasversalmente fino alla Provincia di Trieste».

 

Savino: manca una visione strategica
La senatrice di Fi punta il dito sulla Regione. I Verdi: solo un’ipotesi vendere metano ad A2A
«Qualsiasi presa di posizione sul rigassificatore di Monfalcone non può prescindere da quale sia la visione strategica per l'area portuale nella quale è previsto l'insediamento dell'impianto». Le prese di posizione sul progetto, più o meno appropriate, non cessano di arrivare per un progetto che comunque imprime un decollo preciso alla zona industriale di Monfalcone. A intervenire ora è la senatrice di Forza Italia Sandra Savino, ex assessore regionale che punta il dito su molti gap ancora presenti in termini di piani di sviluppo dell’area monfalconese e indirettamente critica anche la Regione chiedendo che tipo di futuro immagina per la città. «Pur non avendo Forza Italia alcun pregiudizio di carattere politico - precisa è doveroso mettere in evidenza le gravi contraddizioni e i vuoti programmatori che rendono il progetto incoerente con lo sviluppo del territorio: siamo in presenza infatti di uno strumento urbanistico del porto quantomeno datato, che necessita di una rivisitazione a cui la giunta regionale non ha finora dato alcun impulso, visto l'impasse che sta bloccando il piano regolatore che deve essere integrato a quello del Comune». Savino chiude raccomandando una seria riflessione visto che: «Una possibile sinergia fra i due scali, stando al recente studio di un importante centro studi internazionale, potrebbe portare a pieno regime un incremento occupazionale di oltre un migliaio di posti di lavoro». Tra gli interventi anche quello di Renato Fiorelli, della Federazione provinciale dei Verdi di Gorizia. E che torna sulla possibilità ipotetica da parte di Smart Gas di poter fornire gas alla centrale A2a per una possibile trasformazione dal carbone. «La riconversione di A2A da carbone a metano è del tutto ipotetica - afferma Fiorelli - generalmente il repowering di tali impianti è molto meno conveniente rispetto alla costruzione ex novo di impianti turbogas, quindi non viene fatto, se non in casi limitati. Probabilmente se ci fosse qualche convenienza, o un non eccessivo costo di tale operazione sull’obsoleta centrale A2A sarebbe già stato fatto, a prescindere dal fornitore di gas».

 

L’impatto sul paesaggio - «Sarà una struttura mini, ma per far nascere un maxi polo logistico»
Ma allora impianto mini o maxi? Alla domanda Alessandro Vescovini sbotta e commenta sarcasticamente «Si sta evocando il terrore del maxi impianto Snam?». L’imprenditore respinge qualsiasi polemica, spiega che per legge non è più possibile un referendum e e fornisce una tabella che mette a confronto i vari impianti e dove ci sono anche tutte le indicazioni su quantità del gase navi previste. Smart Gas nel suo progetto, spiega Vescovini, prevede anche “zero versamenti a mare”. Un mini rigassificatore che però ha come obiettivo favorire la nascita di un maxi-porto. Nella tabella mancano solamente i dati sulle ore di occupazione del canale di accesso da parte delle gasiere che arriveranno.Si tratta (dati della Smart Gas) di 110 ore l’anno durante le quali (per regolamento Imo) in porto saranno inibite le operazioni di accosto di altre navi. Tra i dati mancano anche le dimensioni dei serbatoi previsti, 36 metri, sei metri in più di quelli della Mangiarotti anche se «Quando ho realizzato il capannone alla Sbe alto 33 metri il principe Carlo Alessandro della Torre Tasso non ha detto nulla» chiosa l’imprenditore. Non c’è indicazione nemmeno sul sito, che è un’area industriale occupata da un impianto di smaltimento fanghi. Da ultimo i tempi di realizzazione: le speranze di Smart Gas è di ottenere tra gennaio e febbraio l’ok dalla Commissione Via del ministero dell’Ambiente. Poi c’è l’autorizzazione unica e si punta di avere un sì entro settembre, ottobre 2015 e iniziare i lavori che finiranno nel 2018.

 

Alleate le imprese portuali - La sfida: il pieno a navi e Tir
Accanto al progetto si sono coagulati gli interessi del gruppo Maneschi - Il futuro business legato anche ai nuovi motori “dual fuel” prodotti da Wärtsilä
TRIESTE “Downstream” è il termine inglese che definisce le “operazioni industriali realizzate a valle di un determinato processo produttivo”. E secondo Alessandro Vescovini è quanto potrebbe accadere a Monfalcone con la realizzazione del mini-rigassificatore. Gas come merce che fa accrescere i traffici di merce varia, vocazione dello scalo, che coagula le aziende che lo usano e che dirotteranno su Monfalcone le merci trasferite a Capodistria. Che permetterà di creare una nuova cassa di colmata che diventerà banchina, gas che servirà alle navi di Fincantieri con i nuovi motori dual-fuel che sta realizzando Wartsila a Trieste. Non solo per le navi, anche per l’autotrasporto per i camion: sorgeranno distributori di metano a Gorizia e Portogruaro. «Ci stiamo focalizzando anche sulla portualità e la logistica - aggiunge Vescovini parlando degli effetti a cascata -. La Regione ha decretato che Monfalcone è il porto dell’industria regionale. L’ambizione del nostro progetto che coagulerà le aziende con il gas è anche quello di farle tornare con i traffici nello scalo, soprattutto quelle che sono andate a Capodistria. Venti milioni per le opere a mare. «Questi gli investimenti previsti - aggiunge - l’idea è costruire una nuova cassa di colmata e per questo, oltre che per un dragaggio che porti il fondale a 13,5 metri, ci sarà una variante al piano regolatore del porto che attendiamo da 30 anni». C’è anche un operatore logistico nella squadra di Vescovini. «È il Gruppo Maneschi - continua - il primo operatore del porto, con cui c’è già un accordo e al quale interessa la cassa di colmata. Faremo un consorzio privato per realizzare un terminal multipurpose. Servono altri 30 milioni per le opere a terra, abbiamo assoldato i migliori progettisti. Saranno create banchine, piazzali, per i traffici delle imprese regionali: rottame, bramme, legno cellulosa, gas e altro. Siamo indietro di 40 anni come polo logistico». Serve però un nuovo dragaggio oltre a quello che è stato appena approvato dfalla Regione e serviranno altri fondi. «Noi mettiamo 20 milioni - afferma Vescovini - il Gruppo Maneschi dovrebbe metterne altri 20-30. Dalla Regione potrebbero arrivare 20 milioni, ma ci sono risorse anche nel Fondo Gorizia che ha 60 milioni, mi auguro investa per il rilancio del porto. I soldi devono metterli i privati perchè lo Stato è fallito». Grandi novità arriveranno anche sul fronte dell’autotrasporto. «Tra 2015 e 2016 la Ue punta a far circolare camion con motori dual-fuel (gasolio e metano) che è molto meno pericoloso di benzina e gpl - dice - In regione c’è la Warstila che è avanti con la tecnologia duel-fuel e sta realizzando i nuovi motori per le navi che Fincantieri costruirà a Monfalcone». E per gli operatori si profilano forti risparmi. «Un armatore con una nave dual-fuel potrebbe risparmiare sino a 25 milioni di dollari l’anno - sostiene l’imprenditore - raddoppia il suo margine operativo. Per una azienda di autotrasporto i risparmi raggiungono il 30%. Realizzeremo il primo distributore per l’autotrasporto a Portogruaro. Il secondo lo realizzeremo alla Sdag di Gorizia, assieme alla Camera di commercio puntiamo a far decollare quel polo logistico. Molte aziende dovranno acquistare nuovi camion dual-fuel ma stiamo lavorando con un’azienda emiliana: con 7-9mila euro grazie a una nuova tecnologia sarà possibile trasformare i vecchi motori diesel in dual fuel». E grandi innovazioni arriveranno anche per le navi,. «Secondo la Ue per legge anche il porto di Trieste dovrà avere un deposito di gas importante per il bunkeraggio delle navi con motore dual-fuel per ridurre le emissioni - conclude Vescovini - a Monfalcone con il mini-rigassificatore, puntiamo a fare il primo “pieno” alla Msc che uscirà dal cantiere nel 2018».

(g.g)

 

Una Cona 2 accanto alla futura “fabbrica”
Progetto dei naturalisti Perco e Utmar finalizzato a un rilancio turistico ecocompatibile dell’area
TRIESTE Per una volta, non chiamatele “compensazioni”. Fate finta, per un momento, di dimenticare le querelle sul mini-rigassificatore nell'area industriale di Monfalcone. E piuttosto tuffatevi nelle 36 pagine redatte dallo zoologo Fabio Perco, in collaborazione con Paolo Utmar e Nicoletta Perco, sul progetto di riqualificazione paesaggistica e ambientale della zona portuale fino al Lisert e al Timavo. Pensando all'attuale area Sic, tutelata dalle norme europee, ma scarsamente fruita, che potrebbe allargarsi e non essere più sperduta nel mezzo di una periferia ad alto insediamento produttivo. È quanto chiede, a Monfalcone e Duino Aurisina, il project leader di Smart gas Alessandro Vescovini. «Mi aspettavo dagli ambientalisti qualche rilievo su quest'opera di rinaturalizzazione che non è una compensazione – sottolinea –, bensì una proposta di riconversione urbanistica». Per far convivere natura e industria. Un'operazione che dovrebbe altresì “risolvere l'annosa disputa dello stagno Enel e del canneto del Lisert”. Nelle intenzioni infatti, il sito verrà ricompreso tra quelli tutelati, con ulteriore ampliamento. In una sorta di panorama zen, con linee dritte su cui si ergono i canneti, gli osservatori schermati per catturare con lo sguardo il falco di palude (nidifica al Sin dal 2008), i sentieri in terra bianca da percorrere e, all'orizzonte, i profili delle barene sul mare ecco servita la “Cona 2”, fra il Lisert e il Timavo, per un investimento tra i 2 e i 3 milioni di euro, a seconda se si voglia costruire o meno anche un centro visite. Un'oasi in un'area oggi non esente da disturbi antropici, rappresentati, come sottolineato nel documento, dai “percorsi fuoristrada e dall'attività venatoria”. E, ciò nonostante, rilevante per numerose specie, in particolare di uccelli (tutti dettagliatamente contemplati), che la utilizzano quale “tappa” nelle migrazioni. Ma vediamolo, questo nuovo “parco”, in grado di dare ospitalità anche ad anfibi, mammiferi e rettili. A mare ci sarà la realizzazione di nuovi isolotti, a forma di fagiolo e col lato concavo al riparo del prevalente vento di bora, e delle “barene”, tipiche formazioni limose delle aree costiero-lagunari che agevolano l'insediamento di volatili rari e nuovi habitat. Su terra, poiché si ipotizza una fruizione senza disturbo alla fauna, una serie di strutture tese a minimizzazione gli impatti. Dunque una rete di percorsi e punti di osservazione schermati, in posizioni anche strategiche sotto il profilo paesaggistico. Ci sarà un’unica via d’accesso, attrezzata, anche per il controllo e selezione dei visitatori. Tra le progettualità, perfino una torre di osservazione allo stagno Enel, così da assicurare una migliore panoramica del Carso, del Castello di Duino e del golfo. E la costruzione di un piccolo centro (con accesso sul lato delle aree portuali) che funga da riferimento per visite, sorveglianza, gestione, ricerca e monitoraggio. Nelle adiacenze, parcheggio e zona dedicata alla sosta e ai giochi.

Tiziana Carpinelli
 

 

Ferriera, vicino l’accordo con i sindacati
Possibile la sigla martedì. E Siderurgica Triestina ha chiesto all’Authority una concessione di 30 anni
Dovrebbe essere siglato martedì nella sede di Confindustria Trieste l’accordo tra Siderurgica triestina e rappresentanti sindacali sul nuovo polo industriale-logistico di Servola che integrerà la vecchia Ferriera. La prosecuzione della trattativa è stata posticipata di ventiquattro ore per non meglio precisati «impegni romani» da parte imprenditoriale, ma non è escluso che si chiuda in giornata. Alle spalle infatti vi sono già un incontro tecnico dalle conclusioni riservate tenutosi mercoledì scorso e protrattasi sembra dalle nove del mattino alle otto di sera e l’assemblea dei dipendenti svoltasi venerdì al termine della quale i lavoratori hanno votato a favore di un nuovo mandato ai loro rappresentanti per chiudere l’accordo. Sembra di capire che manchi ancora un impegno preciso da parte della nuova società proprietaria appositamente costituita dal Gruppo Arvedi e che riguarda la formalizzazione per l’assorbimento dei dipendenti che in una prima fase proseguiranno la cassa integrazione. Come previsto dal piano industriale infatti a ottobre Siderurgica Triestina è intenzionata ad assumere soltanto 380 degli attuali 438 dipendenti della Lucchini. I rimanenti e molti altri ancora (si parla di un organico finale di almeno 660 persone) saranno assorbiti in seguito, una parte già a fine anno. Ma proprio su questo i sindacati chiedono impegni precisi e tempi stretti.«Se martedì avremo le ultime garanzie che chiediamo - annuncia Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) - siamo pronti a firmare l’accordo per sottoporlo subito dopo al giudizio dell’assemblea dei lavoratori». Ma frattanto già nei giorni scorsi 39 lavoratori di quelli che si trovavano in cassa integrazione sono stati richiamati in fabbrica attraverso un’agenzia interinale con un contratto di due mesi per affiancare i tecnici della ditta della Repubblica ceca che sta facendo i lavori di riammodernamento dell’altoforno estesi anche al’agglomerato e alla macchina a colare, già finanziati da Siderurgica Triestina che ha quindi fatto partire l’operazione per rientrare nei parametri di salvaguardia ambientale che verranno resi obbligatori dalla prossima Aia. Inoltre, l’Autorità portuale ha ricevuto dalla stessa società la richiesta di concessione per trent’anni dell’area complessiva di 319mila metri quadrati dove svolgere l’attività di produzione siderurgica e sviluppare il terminal marittimo con import export di rinfuse e prodotti siderurgici. L’avviso è stato affisso anche all’Albo pretorio del Comune ed entro il 6 ottobre può farsi avanti chi ha osservazioni da fare, ma anche chi intende presentare domande concorrenti. Dopodiché, avvisa l’Autorità portuale, «si darà ulteriore corso alle pratiche inerenti la concessione richiesta».

Silvio Maranzana

 

«L’operazione Arvedi premia tutta la città»
Belci (Cgil): giusta la spinta da parte nostra a proseguire con la produzione
«Il fatto che l'acquisizione da parte di Arvedi dello stabilimento di Servola sia in dirittura di arrivo è una gran bella notizia per i lavoratori ma anche per la città». Lo sostiene il segretario regionale della Cgil Franco Belci, rilevando che «lo può dire con particolare soddisfazione la Cgil, che fin dal 2004, quando capimmo, dopo i tentativi della Giunta Illy di trovare un'alternativa industriale, che non ci sarebbero state prospettive reali, propose di continuare la produzione riducendo al minimo le emissioni nocive. Furono tempi complicati e la decisione che assumemmo non fu certo popolare con momenti di tensione e di incomprensione con i quali cercammo di misurarci, comprendendo lo stato d'animo degli abitanti del rione, ma che talvolta sconfinarono anche in minacce personali. Non riuscimmo allora a far capire - aggiunge Belci - che un abbandono dell'impianto siderurgico, visto che nessuno disponeva delle risorse economiche necessarie al risanamento, avrebbe potuto procurare al rione di Servola danni ambientali probabilmente più gravi rispetto a una continuazione della produzione attentamente monitorata. Vi sarebbe infatti stato il rischio di inquinamento del mare e delle falde e il progressivo sfaldamento delle strutture a cui avrebbero inevitabilmente portato salsedine e vento, avrebbe investito il rione di agenti inquinanti anche più temibili delle polveri sottili». «Oggi - prosegue il segretario Cgil - speriamo che la soluzione che abbiamo sostenuto e che ha trovato un interlocutore attento in Arvedi possa andare a buon fine, con la garanzia dell'occupazione, che deve essere la più ampia possibile fin dall'inizio con il promesso aumento a regime, e la realizzazione dell'ambizioso piano di risanamento ambientale, impegni sui quali prendiamo per buoni gli impegni di un interlocutore dimostratosi affidabile. Proprio Arvedi dimostra del resto, mentre altri industriali si occupano di articolo 18, come un'azienda seria possa invece investire sul lavoro e sulla città. Se la questione sarà conclusa positivamente andrà riconosciuto un grande merito ai lavoratori, alle Rsu, alle categorie, capaci di una fondamentale azione unitaria, al Comune, alla Regione e all'impegno attento e costante della Cgil di Trieste».

 

 

«Tassa rifiuti, a Trieste i rincari più marcati» È di nuovo polemica
Studio della Uil: primato nazionale, +16,3% da Tares a Tari - Fi: altro triste record. Montesano: dati non rappresentativi
Roberto Cosolini e i suoi stanno imparando a leggere la rassegna stampa con una mano sul tavolo e l’altra dietro la schiena che incrocia le dita. Dopo lo studio diffuso una decina di giorni fa dalla Cgia di Mestre che ci proiettava al quarto posto tra 76 capoluoghi per rialzo della resuscitata tassa sulla prima casa (un dato in realtà subito ammorbidito da una successiva analisi uscita sulla versione on-line del Corriere della Sera) è di ieri una nuova classifica pubblicata stavolta sull’edizione cartacea della Stampa che, nel rendere conto di un’elaborazione fatta dalla Uil Servizio politiche territoriali, colloca Trieste addirittura in testa per rincaro del tributo cittadino sui rifiuti, dalla Tares 2013 alla Tari 2014, tra dieci delle principali città d’Italia prese in considerazione. Si rinnova così l’agone delle polemiche politiche di casa nostra, con i berluscones che tornano a urlare contro il «Cosolini recordman delle tasse» e l’assessore al Bilancio Matteo Montesano che si ritrova nuovamente nei panni dello smontatore di proiezioni «non rappresentative che lasciano il tempo che trovano». Per intanto, la mappa delle variazioni tra Tarsu 2012, Tares 2013 e Tari 2014 - ricostruita dalla Uil e pubblicata ieri dalla Stampa - dice che a Trieste, quest’anno, il tributo per lo smaltimento delle “scovazze” costerà ad esempio - ad una famiglia di quattro persone che vive in una casa di 80 metri quadrati, ovvero l’unico modello su cui si basano i calcoli della mappa stessa - 318 euro. Siamo in una fascia tariffaria medio-bassa. Ciò che però ribalta le gerarchie è la differenza tra il costo della Tares di un anno fa e quello della Tari ora. E qui il +16,3% che i numeri ci attribuiscono (da 273 a 318 euro) non ha eguali. Intendiamoci: l’aumento effettivo da noi sarebbe del 6,9% anziché del 16,3% se si considerasse che nel 2013 la Tares non valeva 273 ma 297 euro in quanto era addizionata di 30 centesimi al metro quadrato di contributo statale sui servizi indivisibili ora dirottato sulla Tasi. Così, come nel caso della tassa sulla prima casa (che l’altro anno non si pagava), il confronto più attendibile va fatto col 2012, epoca Tarsu: a questo punto la tabella uscita sulla Stampa leva a Trieste il primato dei rincari ma testimonia pur sempre che qui in due anni le immondizie ci costano il 28,8% in più. «Dopo gli aumenti record della Tasi che danno a Trieste un triste primato - scrive Everest Bertoli, capogruppo di Fi in Consiglio comunale - ecco che arriva la stangata della Tari ed è ancora peggio. Un altro primato negativo del quale avremmo fatto volentieri a meno, figlio di un’amministrazione allo sbando che in tre anni è riuscita a mettere in ginocchio famiglie ed imprese portando il prelievo fiscale a Trieste dai 93 milioni del 2011 ai 138 milioni nel 2014». «Il costo programmato da AcegasAps per il servizio è sostanzialmente inalterato rispetto all’anno scorso - ribatte Montesano - ma sono cambiate le classificazioni al suo interno, divenute più omogenee con le altre città. Il costo dell’inceneritore è stato caricato, spostato sulla quota variabile della tassa, rendendo, com’era già altrove, maggiore il peso del numero dei componenti di una famiglia rispetto ai metri quadrati della casa. Ne consegue che i nuclei con più persone pagheranno di più, quelli con meno meno. Un nucleo da quattro, poi, non è il modello a Trieste, quello medio è il nucleo da due e lì gli aumenti spariscono». Per la cronaca oggi siamo poco più di 200mila per 100mila famiglie. Due persone in 80 metri quadrati, anziché i 318 euro previsti per quattro, andranno a spendere 227 euro di Tari a fronte dei 230 della Tares 2013, che ripulita a sua volta dei 24 euro di contributo statale sui servizi indivisibili ne valeva in teoria 206.

Piero Rauber

 

 

AMBIENTE - Il Pd accelera sul piano energetico

«Abbiamo finalmente riportato il tema dell’energia al centro dell’azione politica e di governo in Fvg, dopo anni di disattenzione da parte del centrodestra. Il Pd accompagnerà e incalzerà la giunta nella realizzazione del Piano energetico regionale». Lo ha affermato la segretaria del Pd, Antonella Grim, aprendo un incontro a Udine sul tema organizzato assieme a Ecodem Fvg. Durante l’incontro, l’assessore regionale all'Ambiente Sara Vito ha illustrato contenuti e obiettivi del Piano. Sono intervenuti tra gli altri il responsabile del forum Ambiente Moreno Puiatti e il sindaco di Udine Furio Honsell.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 settembre 2014

 

 

Marcia globale per il clima domani

Piazza Unità Dalle 13 Info 3495445642 Bioest, Legambiente e Wwf aderiscono alla “Marcia globale per il clima” promossa in tutto il mondo da Avaaz. Domani alle 13 inizio della manifestazione in piazza Unità. A pochi giorni da un summit storico dell'Onu sul clima, le persone in tutto il mondo (New York, Londra, Parigi, Roma, ecc.) parteciperanno alla Marcia. I leader mondiali sono convinti che il cambiamento climatico non interessi a nessuno o quasi, ed è una delle giustificazioni che utilizzano per non prendere le giuste iniziative. Oggi, però, ci sarà l'opportunità unica per dimostrare che si sbagliano, grazie alla mobilitazione per il clima più grande di sempre. Il simbolo della Marcia è un cuore verde. È previsto anche un flash-mob! Per chi vuole avere maggiori informazioni la mia mail è j.agbedjro@yahoo.it ed il numero di telefono è 3495445642.

 

 

Fiera nei magazzini 27 e 28 avanti con la concessione
Authority pronta a dare corso alla richiesta per 15 anni dei due hangar da parte della Camera di commercio. Ma Bolzonello: la Regione non darà un euro
Arriva al dunque la questione della nuova “Fiera” di Trieste. La Camera di commercio, senza attendere il parere di Regione, Provincia e Comuni, è andata avanti per la propria strada e sta per ottenere la concessione per 15 anni dei Magazzini 27 e 28 del Porto Vecchio e delle aree adiacenti. Il suo presidente Antonio Paoletti non la chiama Fiera ma nuovo “Centro espositivo multifunzionale” (Cem) perché «per una Fiera servono padiglioni enormi e si contano sulle dita di una mano quelle che possono resistere in Italia; qui si tratta di uno spazio espositivo per rassegne di nicchia». Ieri ha fatto sapere che non c’è nulla di nuovo e che le sue dichiarazioni di qualche mese fa sono sempre valide. Evidentemente anche quelle in cui ha affermato di avere la delega da parte delle amministrazioni locali «perché nel settembre 2010 i soci della Fiera hanno deciso di vendere il comprensorio di Montebello e di affidare alla Camera di commercio l’organizzazione di una serie di rassegne di nicchia». Ma la Regione ha stroncato subito l’iniziativa facendo capire che non darà un euro: «No a nuove Fiere mascherate da centri polifunzionali - ha sentenziato il vicepresidente e assessore alla attività produttive Sergio Bolzonello - l’economia del Friuli Venezia Giulia ha bisogno di ben altro». Che farà la Camera di commercio? Insisterà anche contro il parere delle amministrazioni elettive cercando finanziamenti alternativi o rinuncerà alla concessione? Accanto alla richiesta di concessione temporanea che permetterà solo l’allestimento dal 23 al 25 ottobre di TriestEspresso Expo, ma senza allacciamenti elettrici, idrici e fognari, è avanzata infatti per il medesimo sito anche quella per 15 anni presentata, come ampiamente annunciato, nell’ultimo giorno di apertura del bando di Porto Vecchio il 30 giugno e affissa ora all’Albo pretorio del Comune dove rimarrà fino al 6 ottobre. Chi ha osservazioni da presentare può farlo entro quella data dopo di che, afferma l’Authority nell’avviso, «si darà ulteriore corso alle pratiche inerenti alla concessione richiesta». La questione potrebbe approdare già nella prossima seduta del Comitato portuale perché la convocazione provvisoria che la presidente Marina Monassi aveva previsto per questa settimana è stata congelata, ma le amministrazioni elettive sono in minoranza nel Comitato il cui parere oltretutto, dato che non si tratta di attività portuali, sembra essere solo consultivo. Il blitz sembrerebbe riuscito se non ci fosse la grave incognita dei finanziamenti data l’indisponibilità della Regione. La stessa Camera di commercio ha stimato in 1,4 milioni la cifra necessaria per ristrutturazione e allacciamenti, ma c’è da pagare la concessione all’Autorità portuale senza parlare di spese di gestione e manutenzione. Va rilevato che il Piano Paoletti tiene conto del costo di concessione attuale, comunicato dall’Authority e che è di 193mila 253 euro all’anno. La stessa Authority prevede la possibilità di abbattimento del canone nella misura massima consentita del 50% portandola così a 96mila 127 euro in relazione ai costi di ristrutturazione effettuati da terzi. Dato che per l’adeguamento delle strutture è stato previsto un investimento di un milione e 400mila euro, l’ammortamento grazie al canone dimezzato è considerato possibile con una concessione di almeno 15 anni: nella richiesta si è puntato di conseguenza su questa durata.

Silvio Maranzana

 

Centro espositivo per sette rassegne e showroom aziendali

Il Piano del Nuovo centro espositivo multifunzionale di Porto Vecchio prevede, secondo la Camera di commercio, ricadute annue sul territorio di 12 milioni di euro. I Magazzini 27 e 28 dovrebbero ospitare quelle che sono le tre attuali rassegne già consolidate a Trieste: TriestEspresso Expo, Olio capitale e Prosecco show. A queste dovrebbero aggiungersi quattro nuove manifestazioni: Sail Tech salone delle tecnologie e della ricerca applicata al mondo della vela, Fish very good salone del pesce e del turismo blu, Contemporary ArtEst salone dell’arte contemporanea dell’area Europa centro-orientale e Show business salone dello spettacolo e delle tecnologie. Inoltre a favore delle imprese verrebbero allestiti showroom aziendali temporanei e a favore dei cittadini vi sarebbe un last minute market: mercato quindicinale dei prodotti locali. Infine le strutture potrebbero essere noleggiate per convention ed eventi.

 

E l’associazione “Porto arte” mira a restare mezzo secolo - ALTRA DOMANDA
All’Albo del Comune è stato affisso l’avviso anche per un’altra richiesta di concessione, quella avanzata dall’associazione culturale Porto arte che punta a ottenere addirittura per cinquant’anni la palazzina ex refettorio (magazzino e corpi annessi) «per stabilire la propria sede operativa dove svolgere anche attività didattiche, artigianali, artistiche e ricreative collegate alla portualità e sviluppare in particolare lo studio per il recupero delle zone portuali dismesse, anche con supporti informativi di tecnologia avanzata.» Anche in questo caso i termini per poter presentare osservazioni vanno dal 16 settembre al 6 ottobre dopodiché l’Autorità portuale «darà ulteriore corso alle pratiche inerenti alla concessione richiesta». Il progetto di Porto arte, predisposto ancora nel 2003 dall’architetto Barbara Fornasir, prevede l’insediamento in Porto Vecchio di un Museo d'arte contemporanea, un Museo di tendenza (vetrina per esposizione avanguardie e giovani artisti), Fondazioni, studi / abitazioni per artisti, case albergo / residenze, centri di studio e ricerca, un albergo a 5 stelle (supporto logistico ai grandi eventi dei musei e delle fondazioni), un albergo a 3 stelle (supporto logistico ai croceristi), eventuale ostello o albergo low-cost, spazi commerciali, bar, ristoranti, centro benessere-fisioterapia (cure con acqua di mare), sede logistica traghetti veloci (collegamento aeroporto Venezia-Trieste), parcheggio, cittadella del cinema, biblioteca, centro moda, eliporto (anche per collegamenti con aeroporto di Ronchi), centro fotografico, deposito opere d'arte ed arredi di pregio, spazio destinato alle grandi aste internazionali, prolungamento Biennale di Venezia, centro car sharing e bike sharing, centro espositivo, centro artigianato.

(s.m.)

 

«Strutture che hanno fatto il loro tempo»
Kraus: basta iniziative a spot. Bassa Poropat: nessuno ci ha chiesto di ragionare insieme sul da farsi
È corale la stroncatura del progetto della Camera di commercio, anche se per non indulgere alla polemiche i commenti sono stringati. «Non c’è possibilità di sopravvivenza in regione per alcuna altra fiera, nemmeno se mascherata, come in questo caso - ripete l’assessore regionale Sergio Bolzonello - non avrebbe certo effetti positivi sull’economia del Friuli Venezia Giulia.» Un secco no dunque che chiude categoricamente il rubinetto dei finanziamenti e che ribadisce la contrarietà già espressa lo scorso maggio. «Non è necessario e neppure compatibile un altro polo fieristico in regione - disse allora Bolzonello - ne abbiamo già due di medio livello: uno a Pordenone e uno a Udine-Gorizia che in un prossimo futuro dovranno convergere. Queste strutture hanno fatto il loro tempo. A Trieste è già fallita quella che c’era una volta.» Anche la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat ribadisce le proprie perplessità rispetto all’iniziativa di Paoletti «dal quale - ripete - non ci è giunto alcun invito ufficiale a un ragionamento comune su questo tema». «Il progetto pur presentato dalla Camera di commercio - sintetizza Bassa Poropat - risulta estremamente generico e privo delle risposte fondamentali. Non esiste un piano di reperimento delle risorse, né un piano gestionale. Tanto per dirne una in termini estremamente banali, non si capisce chi dovrebbe pagare le spese per il riscaldamento. Si è spesa una marea di quattrini per il Magazzino 26, tanto varrebbe allora metterne alcuni altri per risolvere le criticità che ha quel padiglione là piuttosto che lasciarlo vuoto (sembra difficile il trasferimento dell’Autorità portuale senza Monassi, ndr.) e imbarcarsi in un’altra operazione dispendiosa e dalla resa incerta.» Il sindaco Roberto Cosolini annuncia che si esprimerà compiutamente in Comitato portuale e dà spazio all’assessore allo sviluppo economico Edi Kraus il cui giudizio però è talmente duro da non lasciare alcun dubbio su quello che è l’atteggiamento del Comune: «Siamo contrari a questa concessione, così come a quella dello studio di architettura (quella di Porto arte, ndr.) e a tutte le iniziative spot come queste che non sono inserite all’interno di un progetto globale di riqualificazione dell’area. Quanto alle Fiere, non solo sono sparite da decenni le campionarie, ma con le vendite on line e il mondo virtuale di oggi sono entrate in crisi anche quelle specialistiche di nicchia.»

(s.m.)

 

 

Bici elettriche - Partono le domande di contributo
TRIESTE L’attesa è finita. E il conto alla rovescia è già iniziato: dal 29 settembre al 30 aprile prossimi, infatti, tutti i cittadini del Friuli Venezia Giulia che vogliono darsi alle pedalate... assistite possono farsi avanti. E presentare domanda di contributo. Lo rende noto la Camera di commercio di Pordenone ricordando che le richieste relative all’acquisto di biciclette elettriche a pedalata assistita, appunto, vanno inoltrate alla Camera di commercio di pertinenza. I beneficiari, secondo l’innovativa legge regionale 26 marzo 2014 che ha introdotto il bonus nel segno della mobilità ecocompatibile, sono tutti i residenti del Friuli Venezia Giulia che abbiano acquistato dal 28 marzo scorso in poi una bicicletta nuova dotata di un motore ausiliario elettrico con potenza massima di 0,25 Kw, la cui alimentazione è progressivamente ridotta e interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 chilometri all’ora. Il contributo regionale è pari al 30% del prezzo sostenuto per l’acquisto della bicicletta, fino a un massimo di 200 euro. Gli incentivi sono concessi secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande, fino a esaurimento delle risorse finanziarie disponibili, nell’ambito del riparto provinciale. Nell’occasione la Camera di commercio ricorda anche che i termini per la presentazione delle domande di contributo regionale per l’acquisto di auto ecologiche scadono al 20 gennaio 2015. Il contributo è erogato a favore di chi acquista un autoveicolo nuovo euro 5 o euro 6 a basse emissioni di CO2 con contestuale rottamazione di un autoveicolo classificato euro 0 o euro 1 o euro 2. A Pordenone ci sono ancora risorse disponibili.
 

Park agevolati per residenti - C’è l’accordo con Saba Italia
Ok dal Consiglio comunale: centinaia di stalli a prezzi ridotti in Foro Ulpiano, Silos e via Pietà per compensare i posti perduti con le pedonalizzazioni
Grande rivoluzione nei parcheggi in centro, il Consiglio comunale ha votato l’altro giorno il piano di convenzione con Saba Italia che il Comune ha messo in campo per “spingere” le soste nei park a pagamento ma con prezzo agevolato al fine di liberare progressivamente le strade del centro in corso di pedonalizzazione oppure a “traffico limitato”. Operazione che fa sparire molte zone di sosta fin qui libere. Da un lato i residenti vengono accompagnati a un parcheggio al coperto, dall’altro agevolati a farlo. E Saba Italia riempirà in tal modo posti ad abbonamento o notturni (non quelli a elevata rotazione) che restano desolatamente vuoti. Chi ci guadagnerà o perderà? I cittadini saranno interessati? O costretti dalla situazione? Il patto Comune-privati è articolato e avrà durata sperimentale di un anno. Alla fine del quale si faranno i conti. Gli impianti scelti per la nuova occupazione sono quelli di Foro Ulpiano, del Silos e di via Pietà, tutti gestiti da Saba Italia. Che mette a disposizione rispettivamente al Silos 400 nuovi posti auto ad abbonamento giornaliero più 140 solo per la notte; 210 posti più 140 solo notturni al park di via Pietà (Ospedale Maggiore); 270 posti soltanto notturni (dalle 18 alle 8 del mattino seguente) in Foro Ulpiano. Agevolazioni evidenti: in via Pietà un abbonamento annuale costa oggi 1400 euro, con questa soluzione per i nuovi arrivati aventi diritto ne costerà 750. E sono possibili anche abbonamenti trimestrali, bimestrali, con soluzioni miste e così via. Le domande dovranno essere indirizzate a Saba Italia, e la cosa - avverte l’assessore alla Mobilità, Elena Marchigiani - sarà possibile fra circa 15 giorni quando tutte le pratiche saranno state completate, dell’avvio del servizio verrà data specifica notizia, anche sui siti Retecivica e Saba Italia. Il gestore si impegna a stilare una graduatoria a punteggio di tutti i richiedenti, dove saranno favoriti disabili, famiglie con disabili, persone con più di 70 anni, famiglie numerose. Se non tutti i posti verranno opzionati, i restanti potranno essere assegnati in seguito a chi ha un’attività nelle zone adiacenti al park. Ma per creare uno spazio di garanzia economica alla Saba Italia il Comune ha pattuito di girare al gestore 102 parcheggi su strada in via Pietà, che adesso sono in gestione a Esatto e dunque portano l’incasso in Comune. «Se alla fine dell’anno Saba Italia avrà avuto anche un solo euro di guadagno con le soste in struttura - dice Marchigiani - dovrà restituirci tutto il ricavato dai 102 stalli in via Pietà (meno il 20% che riconosciamo per il rischio d’impresa e meno la Cosap), in caso di perdita, essa sarà compensata da quegli incassi. Il Comune rischia soli 20 mila euro di mancato introito al massimo, dunque, che a fronte di un’operazione due volte importante (liberare le strade, ma anche dare nuove possibilità ai residenti di parcheggiare viste le limitazioni introdotte dal Piano del traffico) è un buon investimento». Ormai rimandata al prossimo anno l’altra annunciata misura, cioé l’abbonamento mensile a 30 euro di base, più modulazioni varie, ma senza diritto alla certezza del posto macchina, nelle ex “Ztl” per i soli residenti. «È la prima volta che a Trieste si fa un’operazione del genere - sottolinea Marchigiani -, non ci sono parametri per sapere in anticipo gli equilibri economici dell’operazione, che però è importante: non solo pedonalizziamo, anche liberiamo la città dalle auto».

Gabriella Ziani

 

OGGI E DOMANI - Pedonali le vie Mazzini e Imbriani

Tornano oggi e domani i “P-days”, con le vie Mazzini e Imbriani pedonalizzate. Nell’ambito della Settimana europea della mobilità, dalle 16 alle 19 nella zona sono previste varie iniziative anche per bambini e ragazzi.

 

 

URBANISTICA La legge sull’edilizia supera l’esame romano

Disco verde per la legge regionale approvata a luglio che semplifica e riordina i settori di urbanistica e edilizia nonché di lavori pubblici, mobilità e telecomunicazioni. Il Consiglio dei ministri, nella seduta di ieri, ha infatti deciso di non impugnare la legge.

 

 

Ambiente - Il Pd presenta il “suo” piano energetico

Oggi alle 10, nella sede udinese di via Joppi 63, il Pd e gli Ecodem organizzano un confronto con amministratori locali ed esperti del settore energia sul Piano energetico regionale, affrontando anche nodi come i rigassificatori, gli elettrodotti e la gestione delle acque. Partecipano la segretaria regionale Antonella Grim e l’assessore regionale Sara Vito.

 

 

Rifiuti urbani, come effettuare la raccolta del composto umido
LA LETTERA DEL GIORNO di Umberto Laureni (assessore all’ambiente del Comune di Trieste)

Rispondo ai numerosi cittadini che chiedono chiarimenti e segnalano difficoltà conseguenti all'avvio, nel giugno scorso, della raccolta differenziata della frazione umida dei rifiuti urbani. In tal senso integro gli articoli comparsi sul Piccolo del 2 e 4 settembre e la nota di AcegasApsAmga sempre del 4 settembre. Il primo appunto riguarda la mancata informazione preventiva. Per sensibilizzare i cittadini e convincerli dell'importanza del cambiamento, abbiamo cercato di informarli prima che nel loro rione venisse attivata la raccolta del rifiuto umido. Oltre alle conferenze stampa e alla copertura garantita dai media, all'affissione di locandine e a trasmissioni radio-televisive dedicate che vengono ripetute periodicamente, si stanno svolgendo assemblee pubbliche a cura delle Circoscrizioni, individuate come il tramite naturale di comunicazione tra Comune e cittadini. Le assemblee sono state precedute a loro volta dalla consegna ad ogni famiglia dei pieghevoli con l'informazione e le istruzioni del caso. Le assemblee procedono regolarmente e sono già stati attuati o risultano in programma, su semplice richiesta, nuovi incontri e sopralluoghi sul posto. Le categorie economiche (dai pubblici esercizi alla ristorazione) sono state incontrate il 30 luglio scorso per un primo approfondimento sulla raccolta dell'umido e per proporre, qualora necessario, soluzioni (già sperimentate su piccola scala) di raccolta dedicata e personalizzata a singoli esercizi. Un secondo incontro verrà convocato a breve, continuando quella prassi di informazione con le categorie già sperimentata in merito alla raccolta e conferimento delle altre frazioni differenziate. Alle categorie economiche guardiamo come ad uno degli attori più importanti, la cui adesione alla raccolta differenziata deve essere convinta e diffusa. Anche le scuole ci stanno aiutando tantissimo garantendo un adeguato supporto alla campagna dell'umido, sia mediante affissione di materiale illustrativo, ma sopratutto svolgendo, con la collaborazione di Comune, Provincia e Azienda Sanitaria, un'attività preziosa e continua di sensibilizzazione degli studenti per un sempre maggior rispetto dell'ambiente. Gli obiettivi perseguiti si basano insomma, oggi come ieri, su due capisaldi, che io spesso richiamo: quello della "cultura" e quello della "condivisione". L'adesione partecipata di cittadini e forze economiche, una crescita culturale convinta che aiuti a superare anche la "fatica" di fare la differenziata ed a utilizzarne tutte le potenzialità: sono tutte condizioni necessarie per la riuscita del progetto. Il secondo punto riguarda i disagi collegati alla riorganizzazione. La raccolta dell'umido ha comportato modifiche importanti nel sistema di conferimento e raccolta, con il riposizionamento delle isole ecologiche e la parziale rimozione dei contenitori per l'indifferenziata. Credo che in questa fase vi sia una normale e fisiologica reazione al cambiamento, ma vengono segnalati anche disagi reali dovuti in primo luogo all'allungamento del tragitto per conferire i rifiuti alla piazzola ecologica, inconveniente non di poco conto sopratutto per gli anziani. Rispetto a questi disagi voglio rassicurare: il posizionamento attuale, frutto di una attenta ricognizione che ha coinvolto oltre ad AcegasApsAmga le competenze del Comune in materia di ambiente, pianificazione urbana, mobilità e traffico, immobiliare, demanio, paesaggistica e verde pubblico, potrà essere corretto e rimodulato, una volta che (da novembre in poi) il sistema sia stato messo a regime in tutta la città e ne siano stati verificati l'effettiva operatività e gli eventuali difetti. È un impegno che prendo a nome dell'Amministrazione, garantendo che in quella fase tutte le segnalazioni pervenute al Comune e all'AcegasApsAmga verranno attentamente valutate. Ovviamente non possono essere addebitati alla messa a regime dell'umido i conferimenti fuori regola, quelli che determinano imbrattamenti, perdita di decoro e, non ultimo, un danno all'immagine della città. Questi inconvenienti, ai quali concorrono tutti coloro che non hanno a cuore la cosa pubblica, vanno, oggi come ieri, eliminati senza indugio. E sanzionati, aggiungo. Chiedo ai cittadini di continuare nella loro preziosa opera di segnalazione, possibilmente attivando la Direzione Ambiente di AcegasApsAmga al numero verde 800-955988 o il Comune al numero 040-6754850. Questa è la strada più diretta per aiutarci ad eliminare rapidamente gli inconvenienti. Non sarebbe del resto credibile una strategia che persegua un obiettivo di quantità (l'aumento - obbligato - della percentuale di raccolta differenziata) a scapito della qualità percepita del servizio erogato. Qualità intesa nella sua accezione più ampia, sia come rispetto del decoro del tessuto urbano sia come capacità di ricondurre al minimo i disagi per l'utenza. Chiudo con tre informazioni spero utili: - le sanzioni per la mancata raccolta dell'umido si applicheranno solo dopo l'approvazione da parte del Consiglio della modifica del Regolamento Comunale per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati, in quanto si deve inserire l'umido tra le frazioni per le quali la raccolta differenziata è obbligatoria; - è essenziale che la frazione umida sia conferita racchiusa in un sacchetto e non sfusa. Oltre ai sacchetti "compostabili" e a quelli "biodegradabili" possono essere usati, al momento, anche sacchetti di plastica; - coloro che non hanno ricevuto la busta con le istruzioni per l'umido possono comunicarlo ai numeri sopra indicati e la riceveranno in breve tempo. In alternativa i documenti sono disponibili presso le circoscrizioni o possono essere scaricati dalla Rete Civica del Comune.

 

 

Via alla carica dei 110 volontari in campo per TriesteNext
Sono studenti universitari ma anche allievi del liceo Galilei - Collaboreranno e approfondiranno i temi dell’energia
La carica dei 110. La squadra dei volontari della divulgazione scientifica è pronta a scendere in campo a TriesteNext, il Salone dell'innovazione e della ricerca, la cui terza edizione è ormai alle porte. Si tratta di studenti universitari di diverse facoltà, ma anche del liceo scientifico Galilei. Come spiega Samantha Tedesco, dell'Ufficio divulgazione scientifica, per loro si è completato un percorso di apprendimento durato alcuni mesi, che ha portato alla creazione di un team motivato e competitivo. Per alcuni quella di TriesteNext 2014 non sarà la prima esperienza. «La cosa più interessante è stata venire a contatto con il mondo scientifico - afferma Ilaria Persico, iscritta a Scienze e tecnologie biologiche e che ha già partecipato alle prime due edizioni della manifestazione - il mio obiettivo era quello di fare il medico, poi ho cambiato idea e adesso ho deciso di diventare genetista: queste esperienze mi sono state utili per la strada che ho deciso di intraprendere. Senza dimenticare l'approccio umano, seguire tante persone, dai bambini fino agli anziani, con le loro diverse esigenze, è stato un arricchimento non indifferente». Pensieri condivisi da Ilaria Perentin, studentessa di Medicina, alla sua seconda esperienza a TriesteNext: «Conoscevo già questa manifestazione e ho voluto viverla da protagonista, cercando di rendermi utile - dichiara - Vedere come lavorano i ricercatori è stata un'esperienza molto coinvolgente, essere poi a contato con professori e docenti mi ha avvicinato al loro modus operandi, mentre prima li consideravo distanti e irraggiungibili. Voglio fare il chirurgo, ma nel mio campo c'è spazio anche per la ricerca, uno dei settori che sono riuscita ad approfondire grazie a questa avventura». Ma c'è anche chi affronta TriesteNext per la prima volta, come Elisa Kiraz, laureanda in Lettere: «Per me si tratta di una vera e propria sfida. Arrivo da una Facoltà che c'entra poco con il mondo scientifico ma l'idea è quella di allargare le mie conoscenze. E poi sono curiosa di conoscere tante persone e di fare nuove amicizie». Prima esperienza anche per Ahmad Rida, studente di origini libanesi, iscritto ad Ingegneria civile: «Mi aspetto due cose in particolare: una crescita dal punto di vista umano, nel rapporto con persone che hanno i miei stessi interessi, e un approfondimento delle conoscenze scientifiche, in modo particolare quelle legate all'energia rinnovabile e all'ambiente». E intanto è alle porte la creazione di una scuola per divulgatori scientifici, che aprirà i battenti tra alcune settimane nella sede del Parco di San Giovanni e che sarà riservata a studenti universitari e degli ultimi anni delle superiori. «Si punterà sulle capacità comunicative, necessarie per interagire con un pubblico variegato, ma anche su linguaggio e competenze scientifiche - spiega Enrico Tongiorgi, delegato del rettore per la Divulgazione scientifica - L'obiettivo è dunque dare ai ragazzi gli strumenti necessari per questo tipo di attività, sia con lezioni teoriche, sia attraverso un tirocinio pratico nei vari enti scientifici e di ricerca».

Pierpaolo Pitich

 

 

Lubiana - Il governo scivola sulla “buccia di banana” del raddoppio della Capodistria-Divaccia

La prima “buccia di banana” su cui è scivolato il governo Cerar si chiama raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. Il ministro delle Infrastrutture, Peter Gaspersic, infatti, nel corso della sua audizione davanti al Parlamento ha sostenuto che l’opera in oggetto è assolutamente inutile ed estremamente dispendiosa. Apriti cielo. Dopo i pugni sul tavolo battuti dalle categorie direttamente interessate, Luka Koper su tutte, anche i partner di coalizione hanno aspramente criticato il ministro tacciandolo di inesperienza o vittima di un lapsus. I socialdemocratici hanno subito sostenuto che quella esposta dal ministro è una sua idea personale, che il programma di governo dice altre cose e «per noi - si legge in un comunicato - il programma di governo è vangelo». A riportare la nave in linea di galleggiamento ci ha pensato il premier in persona il quale ha sconfessato il suo ministro affermano che il raddoppio della Capodistria-Divaccia è un’assoluta priorità.

Mauro Manzin

 

 

Salvore “faro” della Biologia marina
Ricercatori sloveni, croati, italiani e austriaci a confronto da oggi. Obiettivo: la nascita di un’Università sull’Alto Adriatico
TRIESTE Il primo passo verso un’Università istriana di Biologia marina? È quanto si augurano i promotori del convegno che si svolgerà oggi e domani presso Villa Rosetta a Salvore. «L’idea – spiega Romina Zamboni, biologa responsabile della divisione ambiente-mare di Dermap – è nata da un gruppo di persone, studenti e docenti, che dalla fine degli anni ’80 trascorrevano una “blue week” a Salvore tra immersioni, laboratori e attività divulgativa. Questo convegno vuole essere, appunto, un’occasione per mettere le basi di questo obiettivo». Ricercatori legati al mondo accademico, aziende private (anche dall’Austria), enti del Friuli Venezia Giulia (in particolare l’Arpa), del Veneto ma anche di Slovenia e Croazia hanno mostrato interesse per questo progetto e potrebbero essere i partner per consentire la partenza di questa Università che comunque sarebbe un ente a sé stante e non legato ai tradizionali atenei dell’area. «Si tratta ancora di un progetto in fase embrionale da sviluppare – spiega Zamboni – ma l’obiettivo è quello di creare da una parte un luogo dove i soggetti interessati possono condividere esperienze nel campo della biologia marina e dell’innovazione tecnologica legata anche al monitoraggio costiero e marino, dall’altra un centro di divulgazione e formazione per le generazioni future e per fornire alle aziende delle figure con competenze specifiche che ci vengono richieste e che non sempre escono dalle istituzioni di formazione tradizionali». Un centro che sarebbe quindi punto di riferimento per l’area dell’Alto Adriatico, «mare dell’amicizia e dell’intimità - ricorda Zamboni citando Predrag Matvejevic - per una nuova koinè altoadriatica intesa come sistema di interazione,condivisione di conoscenza e innovazione». L’incontro di oggi e domani a Salvore, il cui faro dovrebbe costituire il simbolo dell’Università, si pone proprio l’obiettivo di raccogliere e mettere in compartecipazione le conoscenze scientifiche, tecniche e tecnologiche relative all’Alto Adriatico, elemento fondante per la costituzione del nuovo centro.

Roberto Urizio

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 settembre 2014

 

 

TriesteNext, la scienza si riprende la città

Presentata la terza edizione: dal 26 al 28 settembre centinaia di appuntamenti e relatori nel nome dell’energia sostenibile

Un centinaio di appuntamenti, altrettanti tra incontri e laboratori per le scuole, oltre 150 relatori nazionali e internazionali, e una ventina di location: sono solo alcuni dei numeri di TriesteNext, il Salone europeo dell’Innovazione e della Ricerca scientifica la cui terza edizione, in programma dal 26 al 28 settembre, è stata presentata ufficialmente ieri nella sala del Consiglio comunale. Un evento che si sviluppa nel segno della continuità. Dopo il cibo, con “Save the food”, e l’acqua, con “WaterWise”, sarà un altro tema di grande attualità a essere protagonista quest’anno: l’energia coniugata all’etica. È infatti “EnergEthic” il titolo di questa terza edizione che avrà ancora una volta il suo cuore pulsante nella cornice di piazza Unità. Un focus tematico sul quale si confronteranno ricercatori, filosofi, imprenditori, giornalisti e studenti, che analizzeranno argomenti di grande interesse e di notevole impatto: dalle energie rinnovabili, alla sostenibilità del ciclo energetico, fino al rapporto tra energia e imprese. «È un’opportunità importante per la nostra città e di un momento di confronto sulle tematiche collegate alla scienza ed alla ricerca» - ha affermato Antonella Grim, assessore comunale all’Educazione -. «L’obiettivo è quello di far scendere la scienza in città, ma allo stesso tempo di rafforzare il collegamento tra ricerca, impresa e mondo del lavoro, soprattutto attraverso le opportunità offerte ai giovani ricercatori». Dunque riflettori accesi su Trieste, città della scienza e della ricerca, ma dove la parola d’ordine sarà quella della divulgazione scientifica. «In questa città si fa scienza 365 giorni all’anno e 24 ore al giorno» - ha sottolineato il rettore dell’Università Maurizio Fermeglia -. «Il tema scelto è di un’importanza assoluta per la vita di tutti noi a partire da oggi e per i prossimi vent’anni: le previsioni tracciate dagli esperti ci fanno capire come l’energia rappresenti un elemento cruciale per lo sviluppo di ogni paese. Le soluzioni ci sono e vanno trovate nella conoscenza e nella ricerca scientifica, ma soffermandosi anche sulle responsabilità di tipo etico». Concetti ribaditi anche da Filiberto Zovico di VeneziePost, che promuove l’evento assieme a Comune e Università («TriesteNext conferma la sua vocazione di laboratorio di attivazione del territorio»); dall’assessore regionale al Patrimonio Francesco Peroni («Fondamentale l’aspetto della scienza sviluppata in chiave divulgativa che va a favorire l’attrattività del territorio»); dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat («Trieste diventa il centro del confronto e del dialogo sulla ricerca scientifica e la scienza viene messa a disposizione delle imprese»); e da Paolo Santangelo, segretario generale della Fondazione CRTrieste («L’innovazione e un maggior scambio tra ricerca ed impresa diventano strategici per la crescita del tessuto locale»). Anche quest’anno saranno protagoniste le realtà del mondo scientifico triestino: l’apertura del calendario dell’anteprima di TriesteNext sarà affidata alla Sissa, uno dei copromotori ai quali si affiancano numerosi partner (e Il Piccolo è tra i media partner) con la presentazione del Centro di Supercalcolo ad alte prestazioni, con ricadute tecnologiche ed economiche in campo industriale; mentre il fine settimana sarà inaugurato dal workshop internazionale curato da Area Science Park, in cui si confronteranno esperti del mondo della ricerca, dell’impresa e della pubblica amministrazione.

Pierpaolo Pitich

 

Gli appuntamenti principali - Fonti rinnovabili e clima tra i temi-clou dell’evento
Convegni, lectio magistralis, e poi conferenze, laboratori per bambini e momenti di intrattenimento: c’è un po’ di tutto nel contenitore di TriesteNext. Una tre giorni da vivere tutta d’un fiato e dove non mancheranno grandi ospiti internazionali, ricercatori di fama mondiale e firme autorevoli dell’informazione scientifica. Nel carnet di appuntamenti, da segnalare quello in programma venerdì 26 al Ridotto del Teatro Verdi alle 17, in cui interverrà, tra gli altri, Jacob Klimstra, tra i massimi esperti mondiali di energia e autore del libro “Power Supply Challenges”, che illustrerà le sfide del futuro sulle fonti rinnovabili intermittenti, il cui sviluppo si sta rivelando critico sia in Europa che in Italia. Sempre venerdì e sempre al Ridotto del Verdi, alle 21, si parlerà di “Etica ed Energia: rischi, risorse e responsabilità”, un dibattito che vedrà la partecipazione del filosofo Julian Nida-Rumelin, già ministro della Repubblica federale di Germania. Passando alla seconda giornata, quella di Sabato 27, al Magazzino delle Idee, alle 10, si parlerà dell’impatto delle nuove fonti di energia nei paesi in via di sviluppo: tra gli interventi in programma, è previsto quello di Walter Merida, direttore Clean Energy Research Centre, University of Britich Columbia. Sempre sabato alle 11.30 al Museo Revoltella, si discuterà della spedizione in Antartide e dei cambiamenti climatici, mentre alle 15 al Ridotto del Verdi, Carlo Tamburi, direttore Enel Italia, parlerà di “Energia al futuro”. Nella stessa cornice, alle 20.30, via al dibattito intitolato “Fusione nucleare: l’energia delle stelle”, in cui a confrontarsi saranno Leonida Antonio Gizzi, del Cnr di Pisa, e Francesca Matteucci, docente di Astronomia e Astrofisica dell’Università di Trieste. Gran finale domenica 28, in cui ci sarà spazio per una tavola rotonda sulla “Storia del Nucleare in Italia” (alle 11.30 al Revoltella), e per un confronto sulla “Nuova strategia energetica” (alle 15.30 al Ridotto del Verdi).

(p.p.).

 

 

DUINO AURISINA - Rigassificatore, dalla Provincia più no che sì
L’assessore Zollia: «Una delibera con trenta osservazioni non è un parere positivo»

DUINO AURISINA Senza cambiare di una virgola il testo, come del resto annunciato nei giorni scorsi dal sindaco, la giunta di Duino Aurisina ha adottato il parere (non vincolante) espresso dalla Seconda commissione consiliare, in seduta congiunta con la Conferenza dei Capigruppo, sul progetto Smart gas. Concluso con questo atto formale l'iter partecipativo che era stato avviato nel mese di agosto, ieri pomeriggio l'amministrazione Kukanja ha predisposto l'invio del documento alla Regione, al ministero dell'Ambiente e allo stesso proponente. Il parere “non favorevole”, ricordiamo, è stato articolato in 14 pagine con 36 tra osservazioni e richieste di integrazioni. La sua predisposizione si è consumata nei termini previsti, cioè entro il 21 settembre. Così commenta il sindaco Vladimir Kukanja a margine della Terza commissione (Bilancio e Affari generali) di ieri: «Esprimo soddisfazione perché è stato fatto un percorso molto corretto, istruttivo e utile per tutti. Il risultato finale è ciò che è emerso dagli incontri che hanno avuto luogo da agosto con la cittadinanza: questo è il parere dei residenti di Duino Aurisina e dell'amministrazione comunale. Poi, su un altro binario, corrono le osservazioni del Gruppo di lavoro formatosi in queste settimane e da ultimo quelle formulate dalle Comunelle, che pure hanno voluto esprimersi. E questa – conclude il sindaco – è la mia replica a quanto ha commentato il proponente ieri». Ma all'indomani delle dichiarazioni rese dal project leader di Smart gas in merito al parere di Duino Aurisina e alle osservazioni formulate da altri enti interviene anche la Provincia di Trieste con Vittorio Zollia, assessore alla Pianificazione territoriale: «Una delibera che evidenzia una trentina di osservazioni in cui si rilevano carenze, e in taluni casi anche vizi procedurali, non può ritenersi un parere positivo». In questa fase palazzo Galatti, come sottolineato, “è stato chiamato a esprimere osservazioni collaborative al progetto” da inoltrare poi alla Regione e al proponente che, se lo riterrà, potrà a sua volta integrare o modificare alcuni aspetti del progetto. Di qui, come spiegato anche dall'ufficio stampa della Provincia, l'assenza di una valutazione finale esplicitata come “favorevole” o “non favorevole”, dicitura che non sarebbe ritenuta “opportuna” in questa fase iniziale, di confronto tra le parti. «Comunque – conclude Zollia – se oggi quel documento, così come formulato, fosse per pura ipotesi definitivo, cioè non si inserisse in questo punto dell'iter, non potrebbe certo intendersi favorevole». E ancora reazioni dal Comune di Duino Aurisina. «Ritengo – così l'ex sindaco Giorgio Ret – che le osservazioni fatte siano molto attinenti e logiche, soprattutto perché questo progetto coinvolgerà più di tutti gli altri il nostro territorio. Penso sia normale “riequilibrarlo” chiedendo il maggior numero di tutele possibili sul fronte della sicurezza e della salvaguardia del turismo. Il parere è non favorevole solo alla luce dei rilievi: se si supereranno, allora anche la valutazione diventerà positiva». Infine il presidente della Seconda commissione, Maurizio Rozza: «Riteniamo d'aver applicato le modalità partecipative il più possibile garantiste e di aver lavorato con fedele applicazione delle direttive del Ministero. Se Smart-gas ha qualche rimostranza tecnico-giuridica da proporre lo faccia secondo legge».

Tiziana Carpinelli

 

 

Settimana europea della mobilità -  “Un capo in B(ici)” con brioche a chi va al lavoro pedalando
Proseguono gli eventi e le manifestazioni della Settimana Europea della Mobilità 2014. Oggi, nell'ambito delle iniziative proposte da Euromobility (l'Associazione Italiana dei Mobility Manager) per la Giornata europea del "Bike to work", dalle 7.30 alle 9.30, si riproporrà anche quest'anno "Un capo in B(ici)": caffè e brioches gratis a chi va al lavoro in bicicletta, a cura del Comune di Trieste e di Fiab Trieste Ulisse, con appuntamento in Piazza dell'Unità presso il Bar Unità (Capo di Piazza Monsignor Santin 1/B). Nel pomeriggio, alle 18, alla Sala "Bazlen" di Palazzo Gopcevic (via Rossini 4), l'architetto Patrizia Gabellini, assessore all'Urbanistica, Città storica e Ambiente del Comune di Bologna terrà un seminario su «Di nuovo in centro, una nuova pedonalità per Bologna».Nel corso dell'incontro Gabellini riferirà dell'esperienza sviluppata a partire dal 2011 nel centro antico del capoluogo emiliano. Una vera e propria nuova concezione di pedonalità, alla quale in parte si è ispirata anche l'iniziativa triestina dei "pdays". Tutte le informazioni sul sito http://mobilitaetraffico.comune.trieste.it/sem.

 

 

La Giornata della Biodiversità in Val Rosandra e al Revoltella
Al Centro visite di Bagnoli la Fiera con almeno 15 postazioni multimediali, in programma anche escursioni per tutti. Al museo ecco le guide e il portale
Trieste è tra le poche città italiane la cui flora urbana sia stata studiata a fondo, grazie anche un recente libro del professor Fabrizio Martini dell’Ateneo giuliano, che mostra la distribuzione dettagliata di più di 1000 specie di piante spontanee nel territorio urbano. Nell’ambito del progetto interreg SiiT (Italia-Slovenia), che vede anche la collaborazione del Comune di Trieste, oggi si tiene la “Giornata della Biodiversità”. L’interessante appuntamento si sviluppa in due parti. La prima a Bagnoli della Rosandra, al Centro Visite della Riserva gestito dal Comune di San Dorligo della Valle/Dolina, partner del progetto SiiT. In programma la “Fiera della Biodiversità” con almeno 15 postazioni multimediali, una serie di “Cacce al Tesoro Botaniche” per le scuole, la proiezione di un documentario sul Progetto ed escursioni guidate gratuite in Val Rosandra per i cittadini. La seconda parte, organizzata in collaborazione con il Comune di Trieste, membro associato del Progetto SiiT, si tiene invece all’auditorium del museo Revoltella (via Diaz 27) dalle 16 alle 18.30. Il programma del pomeriggio vedrà, dopo il saluto delle autorità, la presentazione generale delle principali guide alla natura create dal Progetto e la premiazione delle scuole vincitrici del concorso internazionale “Alla Scoperta della Biodiversità” promosso da SiiT. Sempre in questa occasione sarà anche presentato il nuovo Portale alla Flora Urbana della Città di Trieste, creato dal gruppo di ricerca diretto dal professor Pier Luigi Nimis nell’ambito di SiiT e concepito come un vero e proprio “regalo alla città”. Si tratta di un sistema interattivo riccamente illustrato e consultabile in rete che permette anche a dei non esperti di Botanica di scoprire il nome delle più di 1000 specie spontanee presenti nell’area urbana di Trieste. Con questo sistema la città di Trieste si pone all’avanguardia in Europa nel fornire ai cittadini degli strumenti semplici ma scientificamente rigorosi, che permettano loro di scoprire autonomamente il ricchissimo patrimonio di biodiversità dell’ambiente cittadino. Link al Portale: http://dryades.units.it/trieste/.

 

 

 

 

GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 18 settembre 2014

 

 

Car sharing: oltre 220 mila iscritti. Record per Enjoy
Il car sharing, a pochi anni dal suo debutto in Italia, ha già preso piede in 11 città, in primis Milano e Roma, e continua a espandersi. I dati diffusi ieri a Roma, nell’ambito della “Giornata europea del Car sharing”, parlano di oltre 220 mila iscritti ai servizi di noleggio, pubblici e privati, che mettono a disposizione auto condivise per circolare in città.
Gli automobilisti italiani che scelgono l’auto in condivisione possono contare su una flotta complessiva di 3 mila veicoli. Nella sola capitale a usufruire del servizio sono 100 mila persone e ogni settimana si registrano 35 mila noleggi. Spostarsi quotidianamente con un’auto condivisa può far risparmiare, sui costi di gestione del veicolo privato e sulle spese per il parcheggio, mediamente 2.000 euro all’anno, calcoli effettuati su un percorso complessivo stimato in 10 mila chilometri annui.
A Milano, tra i servizi di car sharing più diffusi figurano e-Vai di Trenord, ed Enjoy di Eni. In tutta la Lombardia le vetture elettriche di e-Vai servono 24 mila persone. Gli utenti utilizzano le auto per un tempo medio di 3 ore.
I benefici dell’utilizzo di auto condivise a zero emissioni sono visibili sia sul traffico, più scorrevole, che sull’ambiente, con una riduzione delle emissioni stimata in 75 tonnellate di CO2 dal lancio del programma lo scorso giugno. e-Vai è apprezzato dagli utenti per la possibilità di utilizzare le auto in integrazione al treno, per la facilità di parcheggio, sulle strisce gialle e blu, e per il libero accesso all’area C di Milano.
Grande successo anche per il car sharing di Enjoy che si fa apprezzare dagli utenti sia a Milano che a Roma, con oltre 150 mila iscritti e un milione di noleggi all’attivo. Il servizio, erogato da Eni in collaborazione con Fiat e Trenitalia, vanta nello specifico 112 mila iscritti a Milano e 38 mila a Roma.
A usare le auto condivise di Enjoy sono perlopiù cittadini di età compresa tra i 19 e i 50 anni, a testimonianza del fatto che il car sharing è amato indiscriminatamente da tutte le fasce d’età. A Milano le Fiat 500 rosse di Enjoy sono 644, a Roma la flotta ne conta al momento oltre 500, ma a breve il parco auto raggiungerà le 600 unità.
Il car sharing piace anche nel resto d’Europa. Nel Vecchio Continente si contano complessivamente oltre 500 mila utenti iscritti al servizio. La flotta di auto in condivisione è di 13 mila veicoli. Nel 2020 in tutto il mondo ci saranno, secondo le stime, 12 milioni di utenti che usufruiranno di auto in condivisione per un giro d’affari globale di 6,2 miliardi di euro. Una crescita, quella del car sharing, che genererà un ritorno economico non indifferente, come ha sottolineato l’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi:
Il car sharing in questo momento rappresenta uno dei settori più promettenti e vitali della Green Economy. Usare il car sharing vuol dire inquinare meno, tornare a guadagnare spazio in città da dedicare ai pedoni e alle piste ciclabili, per garantire ai cittadini una migliore qualità della vita e far risparmiare alle famiglie italiane sui costi della proprietà dell’auto privata.
Grazie all’espansione del car sharing le città in futuro potrebbero diventare sempre più vivibili. Ogni auto condivisa potrebbe infatti togliere dalla strada dai 13 ai 32 veicoli privati.
Marco Mancini

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 settembre 2014

 

 

Vescovini: «Rigassificatore, dal Comune un no scontato»

L’imprenditore di Smart gas commenta il parere “non favorevole” espresso dall’amministrazione di Duino: «Sono vent’anni che si oppongono a ogni progetto»
DUINO AURISINA Alessandro Vescovini, project leader di Smart gas, la spa che propone la realizzazione di un terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del gnl al Lisert di Monfalcone tira dritto sul parere “non favorevole” espresso martedì dalla Seconda commissione consiliare di Duino Aurisina, in seduta congiunta con la Conferenza capigruppo. Trattasi, ricordiamo, di parere non vincolante che s'inserisce nelle fasi iniziali dell'iter autorizzativo di Via, Valutazione di impatto ambientale. «Dei cinque enti ai quali è stato chiesto un parere tecnico - afferma Vescovini al telefono -, quattro hanno dato parere positivo. Il Comune di Duino Aurisina ha espresso parere negativo come capita da vent'anni a questa parte su tutti i progetti presentati, da Portopiccolo ai supermercati e fino al semplice permesso richiesto da un contadino sul Carso. Un'altra cosa a cui si è sempre opposto – prosegue – è l'espansione del porto di Monfalcone, vale a dire alle relative opere. Tra l'altro con motivazioni opposte, perché nell'altro progetto di dragaggio si metteva in dubbio la tecnologia di escavo aspirante e qui, invece, si dice l'esatto contrario». «Praticamente – sostiene Vescovini - si tratta di pareri contraddittori l'uno con l'altro. Dunque essendosi (gli esponenti dell'amministrazione, ndr) opposti a tutto, anche ai piani di espansione del porto di Monfalcone, mi pare che quella odierna non costituisca una novità». E se questa è la dichiarazione resa in merito al parere espresso martedì da Duino Aurisina, a proposito delle 36 osservazioni e richieste di integrazioni contenute nel documento, invece, Vescovini preferisce non parlare. «Io – dice sempre al telefono - i commenti sugli atti di Duino Aurisina non li faccio, perché non meritano commenti. Non mi interessa». E ancora: «Ribadisco: quattro enti su cinque hanno dato parere favorevole. Ora attendiamo il parere della Regione. Quanto alle osservazioni che sono state fatte (quelle espresse dagli altri enti territoriali, ndr) risultano tranquillamente contestabili e/o invalide. L'unico parere negativo è di Duino Aurisina, che non sorprende perché sono vent'anni che dice di no a tutto. Le osservazioni degli altri enti territoriali che hanno lavorato in modo corretto – conclude - le commento e mi ci confronto, con gli enti che hanno lavorato in modo scorretto non mi confronto». Formalmente, in questa fase, Monfalcone (come pure la Provincia di Trieste) non ha espresso una valutazione con finale dicitura “favorevole” o “non favorevole”: ha deliberato una serie di osservazioni o richieste di integrazioni al progetto. Invece la Provincia di Gorizia, come dichiarato ieri dal presidente Enrico Gherghetta, “non si è ancora espressa”. Idem Doberdò del Lago, che non formulerà parere ma, al prossimo Consiglio comunale di venerdì, delibererà le proprie osservazioni, come comunicato ieri dall'Ufficio tecnico. Lo scorso 22 luglio, ricordiamo, aveva preso avvio la procedura autorizzativa di Via per il progetto Smart gas. Il 6 agosto, invece, con l'audizione del proponente in municipio ad Aurisina, sempre nell'ambito della Seconda commissione, era partito il percorso partecipativo tracciato dal Comune per arrivare alla stesura del parere. In quell'illustrazione era stato indicato, tra le finalità del rigassificatore di piccola taglia, l'acquisto, per il fabbisogno produttivo industriale in Fvg, di gas liquido con un taglio del 10% rispetto all'attuale prezzo di mercato. Altro aspetto sottolineato in quella sede, la possibilità di fare business col primo polo di distribuzione gnl a servizio di imprese e privati. Tra le compensazioni, un risanamento ambientale con l'investimento di 2-3 milioni di euro per rinaturalizzare la zona tra le foci del Timavo e il canneto del Lisert.

Tiziana Carpinelli

 

 

Rifiuti, cambierà la mappa dei cassonetti
Annuncio a San Giacomo dell’assessore Laureni. Forza Italia attiva un numero di telefono per le proteste
Sarà oggetto di revisione la mappa relativa alla distribuzione dei cassonetti per la raccolta delle immondizie in città. L’annuncio lo ha dato ieri l’assessore comunale Umberto Laureni, al termine del sopralluogo, effettuato nel rione di San Giacomo, su sollecitazione dei cittadini di cui si è fatto portavoce il consigliere circoscrizionale di Forza Italia Roberto Dubs. «Dopo aver delineato, di concerto con l’Acegas Aps, una prima collocazione dei punti di raccolta – ha spiegato Laureni – abbiamo iniziato a raccogliere le osservazioni e, in qualche caso, anche le proteste dei cittadini. In autunno proseguiremo le visite nei vari rioni - ha aggiunto - in modo da avere un quadro completo di pregi e difetti di una mappa realizzata a tavolino, che necessitava di un riscontro sul campo. Sappiamo che qualsiasi piano è perfettibile e migliorabile - ha concluso - perciò adotteremo, laddove necessario, le opportune correzioni». Dubs, dopo aver sottolineato che «certe imperfezioni del piano erano prevedibili fin dall’inizio, perché la conformazione della rete stradale è nota a tutti», ha parlato di «errore dell’amministrazione nell’aver tolto alcuni cassonetti, rendendo così più lungo, in particolare per le persone anziane, il percorso per raggiungere quelli più lontani». La problematica era emersa nelle strade più strette di alcuni rioni, specialmente a san Giacomo, in quanto i mezzi per il ritiro dei cassonetti avevano difficoltà a transitare e a effettuare le necessarie manovre e, in alcuni casi, anche i cassonetti erano apparsi sovradimensionati rispetto alla larghezza delle vie. Alcuni perciò sono stati tolti. «Chiederemo all’amministrazione - ha continuato Dubs - di adottare cassonetti più piccoli, soprattutto per la differenziata, in modo da ricreare le condizioni nelle quali tutti possano avere le isole ecologiche a pochi metri da casa. E va tenuto conto anche che Trieste è piena di salite, spesso ripide - ha concluso il consigliere circoscrizionale - che gli anziani affrontano con grande difficoltà». «I problemi, di cui molti cittadini si lamentano, sono effettivamente esistenti – hanno detto Francesco Clun e Paolo Silvari del gruppo consiliare di “Un'Altra Trieste” nella Quinta circoscrizione - tale progetto perciò deve essere quanto prima rivisto. Oggi si è parlato solo di San Giacomo, ma molti disagi sono presenti anche nella zona delle vie del Ghirlandaio e Settefontane». Il gruppo consiliare di Forza Italia che siede nell’aula del Municipio ha intanto lanciato un progetto, sempre in relazione ai problemi della raccolta dei rifiuti in città. Da oggi sarà disponibile un numero di telefono, (040.6758018) al quale qualsiasi cittadino potrà rivolgersi per denunciare disagi e carenze. «Abbiamo saputo della riduzione del numero dei bottini in città - ha spiegato il capogruppo, Everest Bertoli - ci mettiamo perciò a disposizione dei cittadini e saremo i loro portavoce presso il competente assessorato». Accanto a Bertoli hanno partecipato Bruno Baldas, presidente del Circolo “Forza Silvio Tergeste” e Federico Reglia, coordinatore dei giovani di Forza Italia di Trieste e numerosi iscritti. Il numero telefonico sarà attivo dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12 e nei pomeriggi di lunedì e mercoledì dalle 14 alle 16.

Ugo Salvini
 

 

Oggi in municipio - Mobilità sostenibile: patto di “convivenza” tra utenti della strada

Nell’ambito della Settimana europea della mobilità (Sem), oggi alle 17.30, nella Sala matrimoni di piazza Unità, secondo appuntamento del tavolo tecnico relativo al “Patto di convivenza” tra i diversi utenti della strada. Dopo un percorso di dialogo e confronto, intrapreso già nelle settimane scorse fra pedoni, ciclisti, persone con diversa abilità sia motoria che sensoriale, conducenti e utenti del trasporto pubblico (bus e taxi) e automobilisti, il patto - informa il Comune in un comunicato - «si espliciterà in un insieme di comportamenti da evitare e da seguire al fine di garantire un uso sicuro degli spazi stradali per sé e per gli altri». A seguire alle ore 18.30, sempre nella stessa sede, il seminario dal titolo “Mobilità sostenibile: la salute, le nuove tecnologie e il car sharing”, a cura dello stesso Comune di Trieste. Interverranno Alessandra Lepore (Isde Trieste) e Leopoldo Peratoner (Associazione culturale Pediatri Fvg) su “Mobilità urbana e salute di bambini e adulti: rischi e opportunità di prevenzione”, Marco Menichetti (Fondazione Legambiente Innovazione) su “Comunità di utenti della mobilità e nuove tecnologie, Progetto Ue Superhub” e infine Lorenzo Bannerman (Aipark, Saba Italia) su “Iniziative di Car Sharing in Italia”. Info su http://mobilitaetraffico.comune.trieste.it/sem.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 settembre 2014

 

 

Duino, il Comune dice no al mini-rigassificatore

Parere “non favorevole” al progetto del Lisert presentato della società Smart gas- Il documento non è vincolante ma sarà inviato al ministero dell’Ambiente
DUINO AURISINA Dopo 14 pagine, 7 capitoli e 36, tra osservazioni e richieste di integrazioni, arriva infine - nero su bianco - il parere “non favorevole” sul progetto esaminato ieri dalla Commissione consiliare II, in seduta congiunta con la Conferenza dei capigruppo. Dunque, contrariamente a quanto annunciato venerdì dal capogruppo dei democrats Michele Moro, l'assise ha voluto esplicitare l'orientamento dei componenti sulla proposta di realizzare a Monfalcone un terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del gnl di piccola taglia. Non era obbligatorio: per esempio la Provincia di Trieste, la prima a deliberare, non l'ha fatto, limitandosi a trascrivere la trentina di osservazioni. Ma evidentemente i consiglieri di Duino Aurisina hanno inteso consegnare alla Regione (il sindaco ha assicurato che il “documento non sarà toccato” dalla giunta) non solo un atto che, in copia, andrà direttamente al ministero per entrare nel procedimento, ma anche un indirizzo di carattere politico. Difatti la dicitura “non favorevole” è stata apposta solo al termine della Capigruppo, avvenuta a porte chiuse, cioè a fine lavori della Commissione II, coordinata da Maurizio Rozza, durante la quale si sono invece “limate” le 36 osservazioni e richieste di integrazioni prodotte. Frutto di 5 commissioni, il parere (non vincolante) contiene 7 punti, così intitolati: valutazioni generali, aspetti legati alle esigenze di tutela del paesaggio, alla sicurezza, all'inquinamento acustico, al traffico; e ancora: interazioni con la nautica da diporto e con la pesca, aspetti legati alla tutela degli ecosistemi. Il primo rilievo riguarda la richiesta di provvedere “all'integrazione degli atti con le alternative progettuali”, in quanto “la procedura di Via esige, ai sensi dell'art 21 dlgs 152/2006, di identificare e valutare tutte le opzioni alternative al progetto stesso, compresa la sua non realizzazione ("opzione zero")”. Se da un lato la Commissione ritiene che “l'implementazione dell'utilizzo del gnl quale integrazione a una politica spinta sul risparmio energetico” sia “da sostenere”, dall'altro esprime però “perplessità sulla sostenibilità economica dell'intervento”. Inoltre, sempre per la commissione, “vanno preliminarmente chiariti, anche da parte delle autorità regionali e nazionali competenti, le interazioni e relazioni tra il progetto qui proposto e quello programmato dalla società Gas natural nel Nord Adriatico”. Sollevate anche le questioni della compatibilità del progetto con la candidatura in itinere del Carso a patrimonio Unesco, delle “valenze storiche, trascurate nello studio, dell'ambito Timavo-Hermada” e della sovrapposizione di progetti in corso di valutazione, vedi l'escavo del canale d'ingresso al porto monfalconese. Quanto al tema del paesaggio, la commissione ha richiesto l'integrazione dello studio con nuovi foto-inserimenti del progetto, in particolare prendendo come riferimento Rilke, Castello e Belvedere di Sistiana. Sul capitolo della sicurezza, citando la nuova caratterizzazione del 2010 e dunque affermando che “in Italia non esiste un comune non sismico” e che “per inciso Monfalcone è inserita nella classe di sismicità 3”, la Commissione richiede al proponente di “aggiornare gli elaborati e lo studio”, “valutando potenziali effetti e rischi sugli impianti”. Sollecitato anche un piano di ricerca e bonifica di ordigni bellici per l'area. E una valutazione dell'opzione di interramento dei serbatoi. Articolate anche le osservazioni sul traffico, distinto su gomma e ferro. Quindi la Commissione ha vagliato le interazioni con diportismo e pesca, concludendo il parere con la tutela degli ecosistemi, in cui, tra i vari aspetti, si connota positivamente “la scelta di riutilizzare per gli scambi termini legati alla rigassificazione le acque di processo dell'impianto cartario esistente nell'ambito, evitando così gli impatti derivanti dall'abbassamento della temperatura dell'acqua”. «Si riporta però anche – ravvisa la Commissione – la soluzione alternativa in caso di chiusura o fermo della cartiera, ossia la captazione diretta dell'acqua. Lo studio va integrato con l'analisi degli impatti sul bacino Timavo-Locavaz in questo scenario, rammentando che buona parte dell'area è inserita nella Zsc».

Tiziana Carpinelli

 

RIGASSIFICATORE - E dalla Provincia una trentina di rilievi tecnici
TRIESTE Anche il consiglio provinciale di Trieste ha assunto all'unanimità la deliberazione con la quale ha espresso le proprie osservazioni in merito al progetto relativo al terminale del Lisert. Gli uffici provinciali dell'assessore all'ambiente e pianificazione territoriale, Vittorio Zollia, hanno esaminato con particolare attenzione - dice una nota ufficiale - gli elaborati presentati da Smart Gas ed hanno formulato una trentina di rilievi di varia natura “evidenziando vizi procedurali, mancanze relative a puntuali riferimenti a vigenti atti programmatori sia nazionali che regionali, carenze progettuali ed esigenze integrative riferite a molteplici aspetti scarsamente analizzati”. La delibera ha, tra l'altro, evidenziato in via preliminare, dal punto di vista procedimentale, la mancata applicazione della legge Seveso secondo cui il progetto deve essere sottoposto all'attenzione della popolazione. Ma non solo. Per sommi capi, ecco gli altri addebiti. “Il progetto di rigassificazione in esame non può essere ritenuto attuativo delle infrastrutture definite dalla Strategia nazionale né dal Piano energetico regionale e pertanto non lo si può valutare in termini di coerenza con le esigenze energetiche derivanti. E non risulta dimostrata l'esigenza di un nuovo impianto di rigassificazione nelle acque costiere dell'Adriatico settentrionale... la presenza di un nuovo impianto non incide direttamente su un'eventuale riduzione del costo del gas, che la stessa Sen fa dipendere da altri fattori. E ancora: “L'impianto impatta su aree di vincolo ambientale inserite in una Zona Industriale, in modo temporaneo (costruzione del metanodotto) o permanente (area dell'impianto)... va analizzata l'attività in progetto in relazione con insediamenti umani, portualità, pesca e nautica: tutte queste funzioni sono previste in coincidenza sul piano programmatico”. E più avanti: “La realizzazione dell'impianto dipende dal completamento dei lavori di dragaggio del porto di Monfalcone (Via tuttora in corso). Riteniamo opportuno un maggiore raccordo tra i due procedimenti. È opportuno verificare se la disponibilità di Gn in loco possa favorire la riconversione a gas della centrale termoelettrica di Monfalcone”. Infine, “è necessario l'approfondimento dell'analisi economica del progetto, anche in relazione al quadro economico-finanziario dell'intervento e alla possibilità di ricevere contributi pubblici, in rapporto allo scarso impiego dei terminali Gnl esistenti a livello nazionale...” La Provincia chiede ancora lumi su altri aspetti non secondari: il problema della costruzione su pali, poco documentata; l’impatto del traffico terrestre e navale; le servitù; il crono-programma e il problema della profondità dei canali.

 

 

Il conto di Trenitalia, 39 milioni nel 2013
La cifra erogata dalla Regione è salita di un milione rispetto all’anno precedente. Siglato un protocollo d’intesa con il Veneto
TRIESTE La cifra erogata dalla Regione nel 2013 per il servizio di trasporto ferroviario a Trenitalia assomma a 39 milioni 500mila euro. Questo è il dato, almeno secondo una prima stima. Si tratta di un importo notevolmente superiore a quello del 2012 (38 milioni e 137mila euro circa), a cui andranno sottratte le penali che dovrebbero viaggiare trai 350 e i 400mila euro. In ogni caso un milione in più rispetto all’anno precedente. È quanto emerge dalla risposta che l’assessore regionale alle Infrastrutture Maria Grazia Santoro ha dato al consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Cristian Sergo, che nei giorni scorsi aveva chiesto chiarimenti sui rapporti fra Regione e Trenitalia: «I dati del corrispettivo del contratto che la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia riconosce a Trenitalia per il servizio di trasporto ferroviario sono pubblici e trasparenti - ha spiegato l’assessore -, così come quelli delle penali applicate per eventuali disservizi». La spesa Gli importi erogati sono consultabili nel grafico che correda l’articolo. «A consuntivo i corrispettivi definitivi del 2013 e dell’anno corrente saranno pubblicati e riportati, come accade annualmente, anche su ricerche di settore. Ricordo - ha sottolineato l'assessore Santoro - che ai servizi ordinari resi da Trenitalia vanno poi aggiunti, anno per anno, i servizi che la Regione richiede sia per esigenze specifiche concordate con i comitati dei pendolari (si pensi alle integrazioni durante l'orario estivo), sia ai servizi speciali in occasione di particolari eventi, come per Friuli Doc e la Barcolana o per le fermate aggiuntive a Redipuglia effettuate per consentire l'arrivo dei fedeli durante la visita del Santo Padre». L’accordo con il Veneto Lunedì scorso la Regione ha siglato un accordo con il Veneto che, precisa l’assessore, servirà a garantire l’uniformità del servizio anche nel caso in cui le gare per la concessione dovessero vedere due diversi vincitori nelle due regioni: «Il nostro accordo anticipa quello che sarà il contenuto della prossima legge nazionale sul trasporto pubblico - afferma Santoro -. In attesa della stesura definitiva del testo romano, abbiamo preferito muoverci per conto nostro». Con il protocollo d’intesa le due Regioni si impegnano reciprocamente a definire precisi obblighi per le imprese ferroviarie, finalizzati a creare le condizioni di continuità dei servizi tra le regioni, nonché l'efficace realizzazione del sistema cadenzato. Inoltre, le imprese ferroviarie aggiudicatarie, dovranno attivare forme di collaborazione nella realizzazione dei servizi ferroviari così da assicurare, senza costi aggiuntivi per le pubbliche amministrazioni, la continuità dei servizi “condivisi” tra Friuli Venezia Giulia e Veneto. Insomma, anche se i gestori in Veneto e Fvg dovessero risultare diversi, i collegamenti interregionali dovranno essere gestiti in modo uniforme, come accade oggi. Carrozze aperte Nel precisare i contenuti dell'accordo con Trenitalia che ha portato alla riapertura delle carrozze aggiuntive in composizione ai treni regionali “media distanza” che viaggiano tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, l'assessore ha aggiunto che «dopo aver verificato che il sistema di chiusura delle carrozze proposto da Trenitalia e sperimentato in questi due mesi ha fatto registrare, pur con posti a sedere in abbondanza, disagi per i passeggeri, abbiamo ritenuto opportuno richiedere a Trenitalia la riapertura di tutte le carrozze». Il 2014 L’accordo rientra nella pattuizione del corrispettivo annuale per il 2014, «nel quale non è ricompreso l'intero importo che Trenitalia richiedeva per l’utilizzo delle ulteriori carrozze aggiunte ad alcuni treni sulla base delle esigenze del Veneto, ma solo un importo forfettario. Sulle previsioni di spesa iniziali per il 2014 - ha concluso Santoro - abbiamo comunque ottenuto risparmi pari a 1,2 milioni di euro».

Giovanni Tomasin

 

 

Settimana della mobilità - Proseguono gli appuntamenti - E IERI CAOS SULLE RIVE per lavori
Nell'ambito della Settimana europea della mobilità 2014 (Sem) iniziano oggi numerosi tavoli tecnici e seminari aperti alla cittadinanza, organizzati nelle sedi comunali grazie alla collaborazione delle realtà associative aderenti al programma, mentre anche la Provincia ha preparato una serie di eventi Il primo incontro sarà alle 17.30, alla Sala matrimoni di piazza dell'Unità, con il tavolo tecnico relativo al "Patto di Convivenza", per un accordo tra le diverse tipologie di utenti della strada. Seguirà, sempre oggi, alle 18.30, nella stessa sede, il seminario su "Lo spazio urbano della mobilità in bicicletta e del trasporto pubblico" a cura della Provincia di Trieste. Sono previsti interventi su "Il Piano provinciale della ciclabilità", "Intermodalità del trasporto pubblico" e "Trasporto pubblico sostenibile a Trieste". Tutte le informazioni riferite alla Sem 2014 si possono trovare sul sito: http://mobilitaetraffico.comune.trieste.it/sem. La Provincia di Trieste ha organizzato altre iniziative. Tra queste l'attivazione di una nuova App. L'applicazione permette di scaricare una serie d’itinerari, suddivisi in 6 tratte, che legano Ravenna, Venezia, Trieste, Capodistria e Kranjska Gora indicando le maggiori attrazioni e fornendo suggerimenti legati al territorio, in funzione dell'itinerario scelto. Intanto ieri sulle Rive lavori di asfaltatura all’altezza di piazza Tommaseo hanno creato code di auto la mattina.
 

 

In Antartide c’è l’impronta dell’uomo sul pianeta
Tra gli appuntamenti della rassegna scientifica la questione della transizione energetica e i cambiamenti climatici
Grandi ospiti internazionali, ricercatori, rappresentanti delle istituzioni e firme autorevoli dell'informazione scientifica, tutti chiamati a raccolta da Trieste Next 2014 EnergEthic. «È dovere di ciascuno evitare ogni spreco di energia e agire per ridurre l'utilizzo di combustibili di natura fossile e favorire l'impiego di sorgenti non esauribili di energia» ed «è dovere di ciascuno proteggere la natura da inquinamento e abusi, promuovere la conservazione delle risorse naturali e il ripristino di ambienti degradati». Recita così la Carta dei doveri umani promossa da Rita Levi Montalcini in occasione della laurea honoris causa in medicina conferitale nel 1991 dall'Università di Trieste ed è quindi di "Etica dell'energia, energia dell'etica: rischi, risorse, responsabilità" che si discuterà nella tavola rotonda a cura dell'Università di Trieste che si terrà venerdì 26 alle 21 al Ridotto del Teatro Verdi con il filosofo tedesco Julian Nida-Ruemelin già Ministro della Repubblica Federale di Germania, Maurizio Fermeglia, rettore Università di Trieste, Nicola Armaroli, dirigente Cnr. A moderare l'incontro ci sarà Fulvio Longato, docente Storia della Filosofia, Università di Trieste, che così introduce il suo intervento: «La presa di coscienza dell'insostenibilità del modello convenzionale di sviluppo, che condanna due terzi dell'umanità a essere al servizio, e quindi un mezzo, del benessere di un terzo del pianeta rimane vuota retorica se non è accompagnata da azioni improntate a un'etica del rispetto verso il mondo naturale umano e non umano». Aggiunge Nicola Armaroli: «La transizione energetica non è solo una sfida scientifica e tecnologica ma anche una sfida culturale, politica ed etica che ci invita alla sobrietà e al riconoscimento dei limiti fisici insormontabili del nostro pianeta e del nostro agire. Sulle nostre spalle grava un'enorme responsabilità: il benessere delle future generazioni sarà definito dal modo in cui, nei prossimi 20 anni, affronteremo la sfida dell'energia e delle risorse». E dove osservare l'impatto dell'uomo se non ai poli? "Antartide barometro dei cambiamenti climatici" sabato 27 settembre alle 11.30 al Museo Revoltella l'Università di Trieste presenterà la proiezione con commento di un filmato sulla spedizione italiana tra i ghiacci dell'Antartide moderato da Serena Fonda, docente di Ecologia, Università di Trieste. Interverranno Giorgio Budillon, docente di Oceanografia, Università Parthenope di Napoli, Ester Colizza, docente di Geologia Stratigrafica, Università di Trieste, Jacopo Pasotti, giornalista, cronista della spedizione italiana in Antartide. Mentre in piazza Unità, nelle tensostrutture dedicate, il Museo Nazionale dell'Antartide avrà allestito una tenda antartica dove bambini e adulti curiosi potranno entrare e immaginare per un momento di ripararsi dai fortissimi venti circondati dal ghiaccio. Nello stesso spazio si ripercorrerà l'esplorazione dei cambiamenti climatici cento anni dopo la storica impresa di Shackleton a cura del Dipartimento di Matematica e Geoscienze. L'ingresso sarà libero e nelle postazioni dedicate alla ricerca si conosceranno i segreti del clima e dei suoi cambiamenti mentre un microscopio rivelerà il mondo ricco di organismi che si nasconde nei sedimenti marini e i ricercatori risponderanno alle domande dei visitatori più curiosi. L'intero programma di Trieste Next 2014 è consultabile su triestenext.veneziepost.it.

Federica Marchesich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 16 settembre 2014

 

 

Nuova perizia sul disastro della Val Rosandra

Gli accertamenti tecnici potrebbero chiarire meglio i danni imputati alla Protezione civile
Una nuova perizia sullo stato dei luoghi relativi al disastro della Val Rosandra datato marzo 2012: prende sempre più corpo questa nuova ipotesi avanzata ieri, nel corso dell’udienza davanti al giudice Marco Casavecchia da parte dell’avvocato Alessandro Giadrossi, legale del Wwf. In sostanza gli accertamenti tecnici potrebbero servire per chiarire ulteriormente l’aspetto dei danni provocati all’ambiente naturale della Val Rosandra dopo l’intervento della Protezione civile al centro del procedimento. Questa perizia potrebbe indirettamente essere una conseguenza dell’inutilizzabilità ai fini del giudizio dei risultati della consulenza effettuata nell'ambito dell'incidente probatorio da parte del professor Dario Gasparo, perito a suo tempo nominato dal pm Antonio Miggiani. Nello scorso gennaio il giudice Casavecchia non aveva ravvisato le condizioni di urgenza dell'accertamento tecnico irripetibile che era stato effettuato circa tre mesi dopo l'intervento della Protezione civile in val Rosandra. Dunque nessuna urgenza. In apertura dell’udienza ieri sono sfilati davanti al giudice una decina di testi indicati dai difensori di Guglielmo Berlasso, Cristina Trocca, Adriano Morettin e dell’ex vicepresidente della giunta regionale Luca Ciriani, gli avvocati Luca Ponti, Paolo Pacileo, Luca Presot e Caterina Belletti. Nella sua deposizione il funzionario della Protezione civile Adriano Morettin ha illustrato i compiti della sua struttura indicando i motivi che per lui indicano, a suo dire, la regolarità dell’operazione effettuata sul letto del torrente Rosandra. Intervento a causa del quale è accusato di disastro ambientale e di altri reati minori per quanto accaduto tra il 24 e il 25 marzo di due anni fa. Gli altri imputati Guglielmo Berlasso, Cristina Trocca e Luca Ciriani saranno interrogati nella prossima udienza prevista per il 24 novembre.

 

 

Rigassificatore, oggi il parere del Consiglio

DUINO AURISINA Proseguono stamattina, nella sala consiliare di Aurisina, i lavori per la stesura del parere (non vincolante) che il Comune di Duino Aurisina esprimerà in merito al progetto Smart Gas di un terminale di rigassificazione e distribuzione di Gnl a Monfalcone. Saranno coordinati, come venerdì scorso, da Maurizio Rozza, presidente della Seconda commissione, per l'occasione in seduta congiunta con la Capigruppo. Per questo la prima parte della seduta, come da regolamento, si svolgerà a porte aperte e sarà accessibile al pubblico, mentre la seconda - di carattere più prettamente politico con la riflessione degli esponenti dei partiti - non potrà essere seguita dai cittadini. Il parere passerà quindi nelle mani della giunta Kukanja, che lo farà proprio per l'invio, entro il 21 del mese, alla Regione. Si esaurirà così, in questa fase di avvio della procedura di Via nazionale, il ruolo dell'amministrazione locale. Oggi i lavori inizieranno alle 8.30. Già nella precedente seduta di venerdì, comunque, era emersa una prima bozza di parere. Il percorso partecipativo tracciato dal Comune era partito lo scorso 6 agosto con l'audizione pubblica, sempre nella sala consigliare del municipio, di Smart Gas. Nell'illustrazione del progetto ai partiti di maggioranza e opposizione il proponente aveva indicato, tra le finalità, l'acquisto, per il fabbisogno produttivo industriale in Fvg, di gas liquido con un taglio del 10% rispetto all'attuale prezzo di mercato. Che, per una realtà come la Cartiera Burgo di San Giovanni, comporterebbe un risparmio annuo di 6 milioni di euro. Altro aspetto rilevato, la possibilità di fare business con il primo polo di distribuzione a servizio delle imprese e dei privati (si tratterebbe della nuova industria del Gnl, gas naturale liquido). Il progetto punta anche a rifornire le navi di nuova generazione con motori “dual fuel”, commissionate da Msc alla Fincantieri. Tra le compensazioni, previsto un risanamento ambientale con l'investimento di 2-3 milioni di euro per rinaturalizzare, con tanto di barene, la zona tra le foci del Timavo e il canneto del Lisert (una Cona 2).

(ti.ca.)

 

SEGNALAZIONI - SMART GAS Nessuna rivolta contro il progetto

Non guido alcuna rivolta contro il progetto di Smart Gas perché rivolta non c’è. Sono un cittadino come gli altri e appoggio il lavoro svolto dal gruppo di cittadini hanno predisposto le dovute e legittime osservazioni ad un progetto che non può essere accettato. Ho messo a disposizione la Sala Convegni dove si è svolta la riunione e questo non vuol dire guidare una rivolta. Se presentare delle osservazioni a una Via è una rivolta, come possiamo chiamare il predisporre un progetto privato di queste proporzioni in mezzo ai centri abitati?

Carlo Alessandro della Torre e Tasso

 

 

In via Locchi nasce la “Zona 30” con i ragazzi del ricreatorio - esperimento a velocità ridotta
Tempera di colore giallo, pennelli e un grembiule decisamente originale, formato dai sacchi neri per la spazzatura. Una tenuta da lavoro di tutto punto per i ragazzi del ricreatorio De Amicis che, per l'occasione, sono stati protagonisti sul campo dell'opera di rifacimento della segnaletica stradale lungo via Locchi. È partita in questo modo la sperimentazione della “Zona 30” nel tratto dell'arteria in questione, quello prospiciente la chiesa, per un segmento di circa un centinaio di metri, nell'isolato compreso tra le vie Santa Rita e Maestri del Lavoro. Un tratto di strada oggetto in questi giorni di un riallestimento stradale, testato per indurre un abbassamento della velocità del traffico veicolare in zona e per favorire una maggior sicurezza generale, soprattutto per i soggetti più deboli come i pedoni. Nello specifico, è stata realizzata una “chicane”, attraverso il posizionamento di una serie di barriere new jersey bianche e rosse, con restringimento della carreggiata e conseguente allargamento dei marciapiedi, a ridosso dei quali verrà sistemata della moquette di colore verde, sulla quale poggeranno sedie, tavolini ed altri elementi di arredo urbano, come ad esempio panchine realizzate con materiale di riciclo ricavato dalle bottiglie di plastica. Ridisegnati in quel tratto di strada anche i parcheggi, 7 in tutto: 3 davanti alla Chiesa, paralleli all'asse stradale e 4 “a pettine” sul lato opposto della carreggiata. Un esperimento o una sorta di prova generale di una “Zona 30”, dunque a velocità limitata, che resterà in vigore fino a domenica, in concomitanza con la Settimana europea della mobilità e che sarà suggellato da una festa “en plein air” in programma sabato pomeriggio, cui parteciperanno anche i ragazzi dell'oratorio Santa Rita e delle scuole Morpurgo e Stock, che, sia oggi che domani, completeranno l'opera di riallestimento. Anche in questi due giorni, proprio per consentire lo svolgimento del laboratorio, il tratto di strada in questione rimarrà interdetto al traffico veicolare, dirottato sulle vie Combi e Franca. Sul posto le pattuglie della Polizia Locale, impegnate ad aiutare i bambini nel rifacimento della segnaletica, ma anche ad informare dei cambiamenti in corso d'opera alcuni automobilisti e motociclisti rimasti disorientati dalle transenne che bloccano l'accesso in quel tratto di strada. Una sperimentazione che proseguirà in futuro anche su altri segmenti di via Locchi (all'altezza di piazza Carlo Alberto e del centro civico, e all'incrocio con viale Campi Elisi), ma anche in altre zone della città, come via Settefontane e viale d'Annunzio. «Il concetto fondamentale è quello che si impara facendo - ha sottolineato Elena Marchigiani, assessore comunale alla mobilità -. È importante il coinvolgimento dei bambini per poi trasmettere anche alle famiglie e dunque agli adulti i valori dell'educazione stradale e della mobilità sostenibile».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 settembre 2014

 

 

DA OGGI - Settimana  della mobilità  - In via Locchi la “zona 30”
Parte oggi alle 15 in via Locchi, nell'isolato davanti alla chiesa, il laboratorio territoriale "Vivi la strada! Un progetto partecipato per le vie Locchi e Schiaparelli". È l'attività più innovativa della Settimana europea della mobilità, con l’avvio concreto di una prima "zona 30"», con velocità limitata ai 30 orari. L'isolato sarà "rimesso a nuovo": verrà realizzata una chicane, saranno allargati dei marciapiedi, si posizioneranno "porte d'ingresso" alla zona 30 e verranno riorganizzati i parcheggi per le auto. Tutte attività aperte alla partecipazione dei ragazzi del rione, già al ricreatorio De Amicis coinvolti nella predisposizione di un plastico di progetto relativo a questo tratto di via e nella "costruzione" della segnaletica e di alcuni elementi di arredo che saranno apposti in strada. Il laboratorio proseguirà nei pomeriggi di domani e mercoledì. L'allestimento prodotto - precisa il Comune - sarà temporaneo; il tratto stradale verrà interdetto al traffico per consentire ai partecipanti al Laboratorio di lavorare in condizioni di sicurezza. Tutte le informazioni sulla Settimana della mobilità sul sito mobilitaetraffico.comune.trieste.it/sem/

 

 

AGRICOLTURA - Fidenato semina nuovo mais transgenico

L’agricoltore pro Ogm Giorgio Fidenato ha seminato ieri nuovo mais Mon 810 geneticamente modificato nel terreno appena dissequestrato a Colloredo di Montalbano. Fidenato, con una maglietta “Ogm, vietato vietare”, ha anche mostrato pannocchie Ogm «cresciute in campi della Lombardia». Fidenato è tornato a criticare governo e Regione.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 settembre 2014

 

 

Il principe guida la rivolta contro il mini-rigassificatore

Riunione al Castello di Duino ospitata da dellaTorre e Tasso.

Messe nero su bianco 26 osservazioni sul progetto Smart Gas : «E altre ne seguiranno a giorni»

DUINO AURISINA Centocinquanta persone, venerdì sera, hanno aderito all'invito promosso dall'autonominato “Gruppo di lavoro”, che si prefigge di dare filo da torcere al mini-rigassificatore. L'incontro, pubblicizzato sui social network e col volantinaggio, si è svolto al Centro congresso del Castello (la proprietà ne ha concesso gli spazi) e ha visto la sala piena, mentre al microfono si alternavano gli interventi del moderatore Luca Marcuzzi, segretario di Sua altezza Serenissima, del presidente della locale Comunella Vladimiro Mervic e dell'architetto e urbanista Danilo Antoni. Ma anche altri hanno espresso opinioni, come il maestro Stefano Sacher, la biologa Elena Rojac, il presidente di Fare ambiente Fabio Coretti e l'architetto Paolo Giangrande. Il Gruppo di Lavoro (composto da una decina di residenti tra Medeazza e Duino), secondo quanto spiegato al pubblico, presenterà in questa fase iniziale dell'iter di Via del progetto Smart Gas delle osservazioni. «Per ora – ha precisato Antoni – sono 26, ma la settimana prossima ne perfezioneremo di ulteriori». I cittadini, in via autonoma rispetto al percorso intrapreso dal Comune - che come ente confinante inoltrerà alla Regione un proprio parere (non vincolante) sull'iniziativa privata -, possono esprimere osservazioni. «Ma devono inviarle direttamente al Ministero dell'Ambiente», ha sottolineato il sindaco Vladimir Kukanja, presente solo in veste di ascoltatore (c'erano tra gli altri anche Veronese, Brecelj, Cunja, Ret, Romita, Pallotta, Ulcigrai, Gotter e Moro), durante l'incontro. Già nella commissione congiunta del mattino i consiglieri si erano appellati agli organi di stampa affinché si informassero i residenti che «i testi vanno inoltrati a Roma e non al Comune: il Ministero raccoglierà tutto il materiale, anche quello inviato oltre i termini». Come specificato da Marcuzzi, che ha raccontato le modalità di nascita del Gruppo (“dopo il 19 agosto si è capito che bisognava mettersi assieme per affrontare il progetto in maniera unitaria”), «più cittadini possono presentare la stessa osservazione presso gli enti preposti». E al termine della serata qualche cittadino, condividendo alcuni passaggi, ha deciso di sottoscriverli. Trattenuto all'estero per impegni, ma in sala c'erano Véronique e Costanza, il principe Carlo della Torre e Tasso ha voluto che Marcuzzi leggesse una sua lettera in cui ribadisce la “posizione, rispetto a questo progetto, di piena contrarietà”. E “non si tratta di andare contro ad ogni cosa innovativa venga proposta”, né di “un attacco alle persone o a una persona in particolare, ma è una presa di posizione a salvaguardia del nostro territorio”.«Da quando abbiamo aperto il castello al pubblico – ha sottolineato -, nel 2003, sono entrate più di 650mila persone e la maggior parte di loro, al di là della bellezza architettonica e dei contenuti, hanno apprezzato particolarmente la vista e il fascino del nostro Golfo». E ancora: «Mi chiedo: come si può perorare l’entrata del Carso nel patrimonio dell’Unesco, cosa che peraltro apprezzo, approvando un progetto di questo genere?». Antoni ha invece esaminato in particolare gli aspetti paesaggistici inerenti al progetto. Mervic ha argomentato sulla sicurezza, mentre Sacher si è soffermato sulla questione acustica.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 settembre 2014

 

 

Mini-rigassificatore: Duino teme l’impatto su Carso e nautica

Prima riunione della commissione consiliare per redigere un parere (non vincolante) sul progetto Smart gas
DUINO AURISINA Si è consumata ieri, dopo due ore di discussione, la prima delle commissioni consiliari congiunte indette per la stesura del parere (non vincolante) del Comune di Duino Aurisina sul progetto Smart gas, il terminale di rigassificazione e distribuzione di gnl a Monfalcone. Documento da inoltrarsi entro il 21, nell'ambito della procedura di Via nazionale. I lavori, coordinati dal presidente Maurizio Rozza (presente anche sindaco e vice), non si sono esauriti nella seduta, durante la quale è emersa però una prima bozza di parere, ma proseguiranno martedì, quando l'organismo si riunirà per l'ultima volta. Quindi il plico - che si preannuncia dettagliato nella richiesta di integrazioni – sarà fatto proprio dalla giunta, per l'invio alla Regione. Il capogruppo Pd Michele Moro ha chiarito che le “osservazioni saranno di tipo collaborativo”, cioè nelle conclusioni del testo (a differenza di quanto avvenuto con l'escavo del canale d'ingresso al porto isontino) non figureranno diciture del tipo “favorevole” o “negativo”, poiché «sarebbe scorretto, da parte dell'amministrazione, esprimersi per un sì o un no al progetto del privato». Almeno tre i punti sui quali, gli schieramenti, hanno subito concordato: l'esigenza di rilevare la difficile convivenza che potrebbe venirsi a creare tra il progetto in questione e il percorso, avviato nel 2012, di candidatura del Carso a patrimonio Unesco; la volontà di reiterare le osservazioni a suo tempo formulate per l'escavo citato anche per l'approfondimento richiesto dal mini-rigassificatore; la necessità di considerare l'eventuale interazione delle attività con l'abitato del Villaggio del Pescatore e il diportismo. A tal proposito l'ex sindaco Giorgio Ret ha suggerito di sottolineare come il paese, nel piano del porto adottato nel 2011, “sia stato completamente deindustrializzato”, in linea con le politiche di sviluppo turistico. Il presidente della commissione ha poi dato incarico al sindaco di ottenere entro martedì il dato sui transiti di barche nell'area, per inquadrare correttamente ogni aspetto. Sempre Rozza, parlando «di progetto nuovo in assoluto per il territorio nazionale e forse anche europeo», ha proposto di «mutuare, in assenza di specifica legislazione italiana sui piccoli rigassificatori, la normativa statunitense, più approfondita». Ha rimarcato altresì la “complessità del contesto” in cui si inserirebbe il progetto, citando la «vetustà del piano del porto monfalconese, che prevede per la zona una forte spinta industriale e il diverso orientamento (tutela Sic) del confinante territorio duinese». Hanno poi espresso convinto appoggio all'utilizzo del metano, il cui ricorso viene incentivato anche nel recente Paes, il renziano Moro e il collega Roberto Gotter (“fonte molto interessante”). Moro ha chiesto però di declinare nel parere pure la “vocazione turistica peculiare di Duino Aurisina”, diversamente massiva rispetto a Lignano, ma legata alle attività agrituristiche e ittiche. Gotter ha sollevato invece «l'incongruenza col piano di inserimento del Carso nella procedura Unesco», tuttavia è la Regione a dover fare ordine con un piano energetico regionale. S'è convenuto, Rozza in priomis, che “i rischi ambientali sono molto più bassi rispetto ai traffici di petrolio, in cui le bonifiche in caso di incidenti durano anni, mentre i problemi col gas hanno conseguenze istantanee e non prolungate”. «D'altra parte in impianti come questo – così Rozza -, dove le movimentazioni del materiale sono numerose, il rischio di incidente grave è più elevato per l'uomo». Massimo Romita (Pdl) ha sollecitato la “tutela delle praterie fanerogame”, nursery per gli avannotti. Discussioni anche su infrastrutture e compensazioni. Quanto al capitolo “sostenibilità economica” del progetto, Rozza ha chiesto al sindaco di effettuare una visura camerale della società proponente.

Tiziana Carpinelli

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE Il gas come scusa

Concordo pienamente con quanto scritto in questa rubrica da Silvano Baldassi (9 settembre) sul problema del mini rigassificatore nel porto di Monfalcone. In quell’intervento si stigmatizza soprattutto l’incauto progetto di posizionare l’impianto a ridosso di centri densamente abitati, mentre dappertutto (porto Viro, Livorno, porto Recanati, Castelmuschio/Omisalj...) si cerca di costruire degli impianti offshore in acque profonde. Mi sono chiesto spesso il perché dei demenziali progetti nel cul-de-sac del Vallone di Muggia e ora alla foce del Timavo, quest’ultimo con ipotesi di scavo di fanghi altamente inquinanti, invece di sistemare tali impianti ben al largo di Lignano, di Bibione o di Caorle. Purtroppo non ho che una risposta: qui il gas non c’entra altro che come scusa: in realtà - secondo una politica italiana vecchia di un secolo - si vuole perseguire l’obiettivo di bloccare le potenzialità del porto di Trieste (Monfalcone fa ovviamente parte del comprensorio triestino) rendendolo un portopetroli/gas e tarpando per quanto possibile le ali ai container e alle merci varie. Il colpo assestato, e per fortuna in qualche modo parato, con il rigassificatore a Muggia sarebbe risultato veramente mortale. Ma ora si avvia un’azione ancora più perfida: si cerca di attaccare Monfalcone per eliminare a priori qualsiasi velleità di un futuro super porto. Io qualche idea sui motivi di una politica all’apparenza così sconsiderata ce l’avrei. E c’entrano con la geopolitica, ma con l’economia. Purtroppo i friulani non si sono ancora accorti di avere un porto che potrebbe portare ricchezza a noi, ma anche a loro.

Fulvia Gasser
 

 

«Troppi mezzi che intralciano: via Mazzini non è più scorrevole»
Lo denunciano sia la Cooperativa Radio Taxi («Ben cinque minuti da piazza Goldoni alle Rive, un euro in più per il cliente»)

sia Trieste Trasporti: «Quella strada deve trovare pace, bus in difficoltà»
Cinque minuti per percorrere via Mazzini con un costo aggiuntivo a carico dell'utente di circa un euro. I tassisti puntano il dito contro il parcheggio selvaggio dei mezzi che devono scaricare la merce nella via che collega piazza Goldoni alle Rive. Con loro anche Trieste Trasporti che vede i propri mezzi costretti a una sorta di slalom tra furgoni e mezzi destinati a consegnare la merce ai negozi e ai bar della zona. Anche a causa dei semafori che non rispondono alla sincronizzazione. «Non guardano in faccia nessuno - segnala Mauro Detela, presidente della cooperativa Radio Taxi Trieste - sostano ovunque, da un lato e dall'altro della via, senza tener conto della nostra esigenza di percorrere quella strada. La via diventa così a tutti gli effetti a traffico alterno. Conteggi alla mano, in orari di punta per arrivare da piazza Goldoni alle Rive si impiegano cinque minuti». «Se normalmente per percorrere l’intera via Mazzini il tassametro registra 1,40 euro - precisa Detela provando a percorrerla in un momento di scarso traffico - nel caso ci siano tanti furgoni fermi per scaricare la merce e i semafori non funzionino in maniera consona al sistema di sincronizzazione, il prezzo per l'utente può arrivare a superare i 2 euro». Questo perché il tassametro funziona tenendo conto dei metri percorsi quando la velocità del veicolo supera i 30 chilometri orari, ma fa scattare un conteggio diverso, a tempo, quando il taxi sta fermo o si muove lentamente. L'ordinanza del Comune che regola la possibilità di carico e scarico su quella via prevede che chi deve consegnare merce facendo una sosta possa farlo dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 7 del mattino, fermando il mezzo solo sul lato dei numeri civici dispari nel tratto da via Cassa di Risparmio a via Imbriani. Invece la sosta avviene anche sul lato dei numeri pari e in orari non previsti. «E perfino nella prima e ultima parte della via - aggiunge Detela - dove non lo potrebbero fare». Gli stessi problemi vengono riscontrati anche da Trieste Trasporti. «Quella via deve trovare pace - dice il presidente Cosimo Paparo - per permettere agli autobus di offrire un servizio puntuale. Gli autisti riscontrano parecchi problemi», anche nell'immettersi da via Roma in via Mazzini, causa proprio la sosta di mezzi per il carico e scarico. «Segnalo anche le difficoltà che stanno riscontrando gli utenti in via Valdirivo nelle giornate in cui la via Mazzini è chiusa e il nostro tragitto viene deviato: i marciapiedi sono troppo stretti, ci sono problemi di sicurezza». «La sosta dei mezzi di carico e scarico è regolamentata da un’ordinanza - osserva Elena Marchigiani, assessore comunale all'Urbanistica - ci sono orari e luoghi consentiti. Certo l'esigenza dei tassisti e quella dei mezzi di trasporto pubblico vanno a cozzare con quelle dei commercianti che hanno orari e le necessità diverse. Quanto alle disposizioni dell'odinanza non rispettate - aggiunge - deve intervenire con dei controlli la polizia locale».

Laura Tonero

 

In arrivo 33 nuovi autobus con motori Euro 6
Investiti dieci milioni di euro, l’età media dei veicoli aziendali resta di quattro anni
Sono in arrivo 33 nuovi autobus che presto percorreranno le vie del centro e della periferia cittadine. Lo annuncia Trieste Trasporti, che prosegue nel piano di rinnovamento annuale della propria flotta di mezzi per il trasporto pubblico derivato dagli impegni assunti in sede di gara e confermati fino al 31 dicembre prossimo. I 33 nuovi bus ora in fase di consegna hanno una motorizzazione conforme alla prescrizione Euro 6, quindi con valori di emissioni di particolato e ossidi di azoto migliorativi rispetto ai veicoli Eev già in esercizio. Tutti i nuovi veicoli - informa Trieste Trasporti in una nota - «sono dotati degli elevati standard di comfort e di sicurezza adottati da anni in azienda, quali il pianale totalmente ribassato, la rampa di accesso ad azionamento elettrico per persone con disabilità, l’impianto di climatizzazione integrato, le sospensioni pneumatiche e il sistema antincendio nel vano motore». I mezzi in fase di immatricolazione hanno anche delle porte con paretine antintrusione del posto guida, e barre telescopiche che impediscono ai passeggeri di stare vicino alla porta anteriore impedendo la visibilità degli specchi retrovisori esterni. Tutti ulteriori standard di sicurezza «adottati per offrire una maggiore sicurezza ai conducenti», condividendo - sottolinea l’azienda - le richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali. I nuovi autobus sono infine dotati di un dispositivo di protezione frontale, che introduce un ulteriore elemento di sicurezza in caso di incidente, conforme alla normativa Ece R29 (Economic commission for Europe), peraltro non ancora prescrittiva per gli autobus. L’investimento complessivo ammonta a circa 10 milioni di euro, a fronte di un ricavo di 3 milioni 200mila euro derivato dai 33 mezzi che nel contempo sono stati ritirati dai fornitori aggiudicatari delle gare. L’età media dei 271 autobus urbani rimane di quattro anni, con un’età massima dei veicoli di otto anni, «ponendo la flotta aziendale ai massimi livelli europei - chiude Trieste Trasporti - in termini di sicurezza, modernità, comfort e valori di emissioni in atmosfera».

 

Ciclabile dell’Ospo, apertura a fine settembre
Ultimi ritocchi al tratto di pista tra la via Flavia di Stramare e la strada di San Clemente
MUGGIA «Entro fine mese saranno percorribili in bicicletta e a piedi le sponde del Rio Ospo in territorio muggesano». L'assessore ai Lavori Pubblici di Muggia, Marco Finocchiaro, annuncia con entusiasmo la conclusione dei lavori di realizzazione del tratto di ciclabile in destra orografica al Rio Ospo tra la via Flavia di Stramare e la strada di San Clemente. Il cantiere, realizzato dall’impresa Giovanni Cramer e figli Snc con sede a Trieste, che già nel dicembre dello scorso anno si era aggiudicata l’appalto integrato che prevedeva la redazione della progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori, si è concretizzato nella realizzazione di un tracciato che, deviando dalla sponda del Rio Ospo, si avvicina alla rotatoria di via delle Saline. In sostanza, il tratto ciclopedonale tra la via Flavia di Stramare e la strada di San Clemente fungerà ora da vero e proprio collegamento in direzione Aquilinia-Trieste e zone industriali delle Noghere, per scopi non solo ludici e turistici ma anche per chi in futuro vorrà utilizzare la bicicletta per recarsi al lavoro. Per gli aspetti naturalistici invece il breve tratto di ciclopedonale di progetto dà continuità al tratto di Parenzana in destra Ospo e collega la ciclabile dei laghetti delle Noghere e la ciclabile Ezit in sponda sinistra Ospo in direzione Caresana. Il costo complessivo dell'opera è di 71mila euro, finanziati per 46mila euro con contributo regionale straordinario e per 25mila euro con fondi dell’amministrazione comunale. Nel progetto approvato, anche se escluse dall’appalto, sono inoltre previste opere di completamento e miglioramento delle sicurezza stradale delle categorie deboli, quali il collegamento tra San Clemente e la rotatoria di via delle Saline e l’attraversamento della provinciale di via Flavia di Stramare in prossimità dell’osteria al Ponte per la quale, ha dichiarato l'assessore Finocchiaro, «si auspica di trovare una soluzione condivisa con la Provincia». La progettazione, su espressa indicazione di Finocchiaro, e come condiviso con le più rappresentative associazioni ciclistiche del territorio, ha considerato due soluzioni progettuali: la prima conforme al progetto preliminare redatto dagli uffici che prevedeva l'attraversamento a raso delle rampe dell'autostrada dove già esistono due attraversamenti pedonali, l’altra mantenendo il tracciato sempre in destra orografica al Rio Ospo passando sotto i due ponti delle rampe autostradali. «Purtroppo questa soluzione, seppure più breve e lineare, è stata scartata poiché si sarebbe dovuti scendere dalla sponda del fiume al suo alveo per ben due volte passando sotto l’impalcato dei ponti che nel punto più basso presenta una quota di 1.60 metri», racconta l'assessore Finocchiaro. Il tracciato prescelto, seppure deviando dalla sponda del Rio Ospo per avvicinarsi alla rotatoria di via delle Saline, è di fatto un collegamento efficace in direzione Aquilinia-Trieste e zone industriali delle Noghere, Un altro importante tassello nella mobilità sostenibile per Muggia: entro fine mese quasi tutte le sponde del fiume in territorio muggesano saranno percorribili in bicicletta e a piedi.

Riccardo Tosques

 

 

AGRICOLTURA - «Moltissimi agricoltori seminano Ogm»

«Centinaia di agricoltori, nel Nord Italia, piantano mais transgenico per evitare rischi di muffe pericolose anche per gli animali». Lo affermano il biologo Leandro Taboga e Giorgio Fidenato, leader del movimento pro Ogm, in un'intervista pubblicata da Rolling Stone. «Quando vado in Spagna ad acquistare sementi Mon810 - ricorda Fidenato -, mi dicono che ne arrivano tanti, di italiani. In Nord Italia, tanti allevatori piantano Ogm. Nel 2013, l'import di mais e soia a uso animale, quasi tutto Ogm, è aumentato del 167%». Fidenato ha anche annunciato nuove semine.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 settembre 2014

 

 

La Ferriera con Arvedi riparte da -58 operai. In 660 nel piano finale
Primo confronto in Confindustria tra la nuova proprietà e i sindacati. Assorbimento graduale dei dipendenti rimasti fuori
Un assorbimento step by step fino a raggiungere un’occupazione finale nei prossimi anni di 660-680 dipendenti, ma in prima battuta, cioé dal primo ottobre, spazio soltanto per 380 persone degli attuali 438 occupati della Ferriera. Così ieri al tavolo convocato nella sede di Confindustria Trieste, Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la società al 100% di Finarvedi che mercoledì sera ha firmato il preliminare di acquisto dello stabilimento di Servola, e Bruno Falanga responsabile delle Risorse umane del Gruppo Arvedi hanno fornito ai rappresentanti di tutte le sigle sindacali: Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Failms e Ugl e alle rsu aziendali le prime comunicazioni verbali sul Piano industriale. I 58 lavoratori in surplus, perché l’azienda non ha mai parlato di esuberi e gli stessi sindacalisti danno credito a questa interpretazione, rimarranno momentaneamente in carico all’amministrazione straordinaria della Lucchini e resteranno in cassa integrazione. Di questi, sempre secondo le prime indicazioni fornite da Siderurgica Triestina, 20 o 25 verranno a propria volta assorbiti alla fine dell’anno o al massimo all’inizio dell’anno prossimo. Successivamente dovrebbe essere la volta di tutti gli altri e anche di molti esterni visto che l’organico finale a pieno regime per l’inizio 2016 viene stimato in 660-680 persone. La trattativa entrerà nel vivo la settimana prossima allorché a partire da mercoledì 17 si svolgeranno una serie di confronti tecnici che esamineranno il fabbisogno degli organici reparto per reparto. In quella sede presumibilmente tutti i rappresentanti sindacali insisteranno per alzare i numeri e ottenere il passaggio in prima battuta nella nuova società di tutti i 438 dipendenti attuali, tenuto oltretutto conto che è stato annunciato che già ad ottobre dovrebbe venir rimesso in funzione l’altoforno e che in questa fase sembrano destinati a rimanere comunque fuori i contrattisti che hanno già raggiunto una certa professionalità, ma che si sono visti non rinnovato il rapporto di lavoro a termine. Stefano Borini (Fiom-Cgil) ha chiesto un nuovo incontro con i rappresentanti istituzionali affinché siano messi in atto tutti gli strumenti per attivare i corsi di formazione per gli operai che rimarranno fuori nella prima fase e permettergli di poter operare al rientro sulle nuove attività dello stabilimento. Il prossimo confronto “plenario” si terrà lunedì 22 e potrebbe essere l’ultimo e concludersi con la firma dell’accordo. Teoricamente l’azienda potrebbe procedere anche senza il via libera sindacale. Sia Antonio Rodà (Uilm) che Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) hanno espresso al termine della seduta di ieri un primo giudizio genericamente positivo sul progetto Arvedi che sostanzialmente si svilupperà su tre poli: quello attuale siderurgico, quello logistico legato allo sviluppo delle attività di banchina a servizio di tutto gli stabilimenti del Gruppo sia per l’importazione di materie prime che per l’esportazione del prodotto finito e quello del nuovo laminatoio a freddo. «L’azienda ha dimostrato un approccio positivo alla trattativa, manifestando apertura al dialogo», il loro commento. Christian Prella (Failms) ha sottolineato come Arvedi abbia annunciato forti investimenti per il risanamento ambientale «per il quale il nostro sindacato si batte da sempre» e ha evidenziato che non si è assolutamente parlato di esuberi «anche se tutto quanto è stato semplicemente annunciato verbalmente - ha concluso - dovrà ora venir messo nero su bianco».

Silvio Maranzana

 

LE STRATEGIE - «Se la cokeria creerà ancora problemi la chiuderemo»
È la cokeria il “buco nero” del nuovo stabilimento siderurgico di Servola. «Se continuerà a sollevare proteste o creerà problemi, la chiuderemo», hanno ripetuto ieri i rappresentanti di Siderurgica Triestina e del Gruppo Arvedi. Comunque sia continuerà a funzionare a non più del 60-65% delle proprie potenzialità. Fatto sta che il suo funzionamento e la sua manutenzione danno lavoro all’incirca a 110 persone e una sua chiusura, prima dell’avvio di nuove attività, potrebbe creare contraccolpi sull’occupazione. Non è stato ufficialmente affermato, ma l’esistenza stessa di una cokeria come quella attiva a Servola e della quale continuano costantemente a lamentarsi gli abitanti del rione, potrebbe essere incompatibile con le prescrizioni che saranno contenute nella nuova Autorizzazione integrata ambientale. Sta scritto nelle linee generali del Piano industriale di Siderurgica Triestina: «In una seconda fase, la competitività del costo ghisa, rapportato ai prezzi delle importazioni dall’estero, definirà la convenienza o meno al mantenimento della produzione di ghisa e della cokeria con l’eventuale ipotesi di sostituire la produzione di coke approvigionandolo dall’estero. Al termine dell’eventuale dismissione della cokeria si renderà disponibile un’area di circa 50mila metri quadrati che sarà riconvertita ad area retroportuale; la vecchia banchina dello stabilimento prospicente i carbonili sarà attrezzata con gru mobili gommate e consentirà una capacità di scarico aggiuntiva di circa 400mila tonnellate all’anno di rinfuse e prodotti finiti, portando così la capacità complessiva dell’hub portuale multipurpose a circa 2,5 milioni di tonnellate di rinfuse.» È probabile che si vada in questa direzione, resta da vedere se i tempi coincideranno con quelli necessari alla salvaguardia dell’occupazione.

(s.m.)

 

 

In auto a 30 all’ora: da via Locchi due giornate di sperimentazione

Velocità limitata in un tratto da lunedì a mercoledì, nell’ambito della Settimana della mobilità, con un “riallestimento stradale” curato dai ragazzi del rione.

In futuro prove estese ad altre zone

Un vero e proprio “Patto di convivenza” tra i diversi utenti della strada attraverso un percorso di dialogo, interazione e confronto che si tradurrà in una serie di comportamenti da seguire o da evitare, al fine di garantire un uso più sicuro degli spazi stradali per sé e per gli altri. Sarà questo il tema centrale della Settimana europea della mobilità, in programma a Trieste dal 16 al 22 settembre: vi sarà spazio per tutta una serie di seminari, tavoli tecnici ma anche progetti e laboratori, nel segno della promozione di una cultura della mobilità sostenibile che si fonda all'utilizzo di mezzi di trasporto alternativi all'auto privata, nonché alla tutela degli utenti più deboli, come pedoni e ciclisti, con particolare attenzione riservata alle persone con disabilità. Tra le iniziative in programma, illustrate ieri in un'affollata conferenza stampa cui hanno presenziato numerosi rappresentanti di associazioni, categorie e realtà economiche, spicca in particolare il laboratorio territoriale “Vivi la strada! Un progetto partecipato per le vie Locchi e Schiaparelli”: si tratta della realizzazione in via sperimentale di una cosiddetta “Zona 30”, finalizzata a moderare la velocità dei veicoli (a un massimo di 30 chilometri all'ora appunto) e a garantire la sicurezza dei soggetti più deboli in quel tratto di strada specifico. Parliamo dell’isolato di via Locchi prospiciente la chiesa, che, da lunedì prossimo, 15 settembre fino a mercoledì 17 settembre sarà oggetto di un “riallestimento stradale” curato dai ragazzi del rione, della parrocchia e del ricreatorio De Amicis, attraverso la realizzazione di una “chicane” con andamento a serpentina dell'asse stradale, ma anche con l’allargamento di alcuni marciapiedi e il conseguente aumento degli spazi pedonali, nonché la riorganizzazione di parcheggi per le auto: il tutto corredato dalla creazione di una nuova segnaletica e dal posizionamento di alcuni elementi di arredo urbano. Questo allestimento sarà temporaneo e limitato alla sola Settimana europea della mobilità: il tratto stradale interessato sarà peraltro interdetto alla circolazione veicolare, proprio per consentire ai partecipanti al Laboratorio di lavorare in condizioni di sicurezza. Si tratterà però di una prima sperimentazione che in futuro verrà testata anche su altri segmenti della stessa via Locchi (piazza Carlo Alberto, incrocio con viale Campi Elisi) ma anche in altre zone della città, ad esempio l'area compresa tra via Settefontane e viale D'Annunzio, con modalità, dispositivi e tipi di intervento diversi, scelti in base alle caratteristiche della sede stradale e dell'area nel complesso ma sempre rispondenti al disegno principale: quello di creare le condizioni per un abbassamento della velocità dei veicoli e per un aumento delle condizioni di sicurezza generali. «Abbiamo voluto spostare il focus di questa edizione della Settimana in una direzione più esterna della città, dove ci sono zone che hanno bisogno di interventi e approcci diversi», ha spiegato in conferenza stampa Elena Marchigiani, assessore comunale alla Mobilità, insieme agli assessori Fabiana Martini e Umberto Laureni e all'assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia: «Per questa sperimentazione della “Zona 30” abbiamo scelto via Locchi, un'arteria rettilinea dove ci sono scuole, ricreatori, negozi e diverse attività commerciali, ma dove si assiste a una insicurezza percepita, soprattutto per i soggetti più deboli. Un modo innovativo di intervento finalizzato a rallentare la velocità dei veicoli in uno specifico tratto di strada e che diventa propedeutico ad un percorso di progettazione partecipata, volto a creare delle condizioni generali di maggior sicurezza stradale».

Pierpaolo Pitich

 

Marchigiani: «Sarà un vero festival»
«Più che una settimana, un autentico festival della mobilità». Così l'assessore Elena Marchigiani tratteggia il nutrito calendario di appuntamenti in programma dal 16 al 22 settembre. Si parte martedì alle 18.30 nella Sala matrimoni di piazza Unità con la presentazione del progetto “Interbike-Rete ciclistica intermodale transfrontaliera”, realizzato in collaborazione con la Provincia, il cui obiettivo è sviluppare una rete per le due ruote che tocchi le regioni Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e la vicina Slovenia fino a Kranjska Gora: nell'occasione sarà illustrata una App a supporto della mobilità ciclistica. Mercoledì 17 e giovedì 18, sempre alle 17.30 e ancora nella Sala matrimoni, spazio al tavolo tecnico “Patto di convivenza”, con protagoniste associazioni e istituzioni rappresentative degli utenti della strada. Venerdì 19 alle 18 a Palazzo Gopcevich salirà in cattedra Patrizia Gabellini, assessore all'urbanistica del Comune di Bologna, che parlerà di centri storici e pedonalità. Nel fine settimana, sabato 20 e domenica 21, due giornate di servizio sperimentale di trasporto riservato ai ciclisti: dalle 8.30 alle 17.30 da piazza Oberdan partenze alternate ogni mezz’ora per Opicina e Basovizza, con costo del biglietto pari a una corsa normale.

(p.p.)

 

 

Muggia, Piano regolatore a disposizione dei cittadini
Si possono ora presentare le opposizioni previste dalla legge urbanistica e le osservazioni relative alla Valutazione ambientale strategica
MUGGIA Ora chi avrà da dire qualcosa potrà farlo. È comparso ufficialmente sul Bur 37 l'avviso di deposito della Variante sostanziale numero 31 al Piano Regolatore Generale del Comune di Muggia. I cittadini potranno dunque presentare le opposizioni previste dalla legge urbanistica e le osservazioni relative alla Valutazione ambientale strategica. La consultazione degli elaborati della Variante potrà essere effettuata nei seguenti modi: scaricando le tavole presenti nel sito del Comune di Muggia oppure recandosi direttamente agli uffici del Servizio pianificazione territoriale in Piazza della Repubblica (con i seguenti orari: lunedì 15-17, martedì 9-10.30, mercoledì 15.30-16.30, giovedì 9-10.30, venerdì 11.30-13). Le osservazioni potranno essere inoltrate al Comune di Muggia entro i termini indicati con diverse modalità. Direttamente all’ufficio Protocollo sito al primo piano del municipio in piazza Marconi con orario da lunedì a venerdì dalle 9 alle 12 e nelle giornate di lunedì e mercoledì anche dalle 15 alle 16.30, tramite posta ordinaria o raccomandata indirizzata al Comune di Muggia - Servizio Pianificazione Territoriale, piazza Marconi oppure tramite posta elettronica certificata all’indirizzo comune.muggia@certgov.fvg.it. «Pur avendo contribuito con il nostro gruppo a migliorarlo o correggerlo in diversi punti presentando una ventina di emendamenti non abbiamo potuto votare a favore di questo piano regolatore». L'esponente dell'opposizione Claudio Grizon inizia ad esporre così le critiche al nuovo Prgc. Sul documento il Pdl-Ncd aveva rimarcato come si attendessero le osservazioni e le opposizioni dei cittadini per dare un giudizio complessivo anche alla luce delle loro segnalazioni, auspicando che i cittadini muggesani «vogliano cogliere questa opportunità sia per tutelare se necessario i loro legittimi interessi che per contribuire con le loro idee a migliorare il piano». In attesa delle osservazioni, Grizon si è voluto rivolgere pubblicamente ai residenti in via di Stramare, nella frazione di Aquilinia, invitandoli «a valutare l'impatto delle palazzine del "social housing" alte almeno tre piani che sorgeranno proprio sul bordo della via e dinanzi alle loro case». Nonostante un emendamento «per farle arretrare un po’» la richiesta del consigliere del Pdl è stata bocciata. «Ho verificato quindi anche il parere di Teseco che mi ha espresso tutta la sua disponibilità ad arretrarle e, con un certo stupore, ho appreso anche che sugli indirizzi urbanistici per le loro aree il sindaco ha deciso da solo, senza una condivisione finale con la società che ora probabilmente sarà costretta a presentare osservazioni come qualsiasi cittadino», tuona Grizon.

Riccardo Tosques

 

 

Via l’amianto dalle scuole: «Non con i ragazzi dentro»

Parte la bonifica, genitori preoccupati: in alcuni istituti si lavorerà senza spostare docenti e alunni in altre sedi.

Ma il Comune: le procedure sono totalmente sicure

L’amianto continua a far paura. Specie quello che si annida sotto i pavimenti delle scuole, per cui il Comune d’intesa con l’Azienda sanitaria sta portando avanti una serie d’interventi di rimozione: alcuni saranno realizzati “svuotando” gli edifici e trasferendo in altre sedi alunni, docenti e personale; altri saranno portati avanti con studenti e insegnanti in aula, in questi primi mesi del nuovo anno scolastico che da calendario regionale parte lunedì. Sono ovviamente gli interventi “in compresenza” a destare apprensione tra i genitori, preoccupati di eventuali conseguenze per la salute dei figli. Alcuni minacciano di non mandarli a scuola o di trasferirli in un altro istituto. L’ultimo caso riguarda le scuole medie Muzio De Tommasini e Kosovel di Basovizza, che condividono lo stesso edificio da sottoporre a bonifica.Nei giorni scorsi in una riunione indetta da Comune e Ass è stato comunicato ai genitori il cronoprogramma della bonifica, che si dovrebbe concludere a dicembre e che, diversamente da quanto previsto per esempio per la scuola d’infanzia Delfino Blu, non prevede lo spostamento di alunni, docenti e personale in altre sedi. Tra mamme e papà c’è paura: «Con genitori e rappresentanti di classe ci stiamo muovendo per individuare altre sedi in cui i ragazzi si potrebbero spostare, senza causare disagi a famiglie e docenti – dice la rappresentante di classe Antonella Cok -. Ma a sentire i genitori mi sembra siano più propensi a non mandarli a scuola». Dal Comune ampie rassicurazioni: «Comprendiamo l’apprensione dei genitori e perciò stiamo tenendo queste riunioni nelle scuole e siamo a disposizione per ogni chiarimento necessario. Ma possiamo tranquillizzarli al 100% sulla sicurezza delle procedure adottate», afferma l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto. Linea su cui peraltro, dall’opposizione in Comune, concorda il M5S: «Al di là dei disagi possiamo garantire che non c’è alcuna pericolosità», dice il consigliere Stefano Patuanelli. In una nota il Comune specifica che «l’intervento è stato puntualmente pianificato col supporto tecnico dell’Ass 1 Triestina. Già a luglio sono stati effettuati i sopralluoghi nei quali si è convenuto sulla fattibilità della bonifica in presenza di ragazzi e insegnanti, adottando le opportune e adeguate misure di sicurezza e prevenzione previste per legge». Spiega Dapretto: «Gli ambienti in cui si opererà saranno compartimentati in maniera fisica e all’interno sarà creato un sistema di depressione che li isolerà completamente. Ci lavoreranno ditte specializzate. E parliamo di un materiale, il vinil-amianto, che non rilascia fibre nell’aria». C’è poi il nodo delle tempistiche. Per portare avanti questi lavori - che oltre alle medie De Tommasini e Kosovel riguarderanno le scuole d’infanzia statale di Altura, Azzurra, Delfino Blu e Capriola, il ricreatorio Stuparich e la sala mensa della primaria Morpurgo - verrà usato il milione di euro del Fondo Trieste, che però va rendicontato, e quindi speso, entro il 2014. Il finanziamento è entrato nelle casse del Comune a giugno, specifica l’assessore Antonella Grim, e una prima tranche di lavori, che dovrebbe essere terminata per metà mese, è partita a maggio all’istituto comprensivo Roli e nelle scuole d’infanzia Vallicula e Isola dei Tesori. Ora tocca alle altre, si avvieranno i lavori a breve per chiuderli entro dicembre.

Giulia Basso

 

 

Duino Aurisina - Mini rigassificatore, incontro pubblico in Castello
DUINO AURISINA È stata convocata in municipio ad Aurisina per stamane la Seconda commissione consiliare, presieduta da Maurizio Rozza, con all'ordine del giorno il Terminale di stoccaggio e rigassificazione Smart Gas al Lisert di Monfalcone. Nell'occasione, dalle 8.30, è stata indetta anche la Conferenza dei capigruppo consiliari, che normalmente si svolge a porte chiuse, ma che in questo caso parteciperà ai lavori, visto l'invito congiunto. Comunque, secondo quanto reso noto dall'amministrazione, almeno la prima parte dell'assise, nel corso della quale si dovrebbe provvedere all'affinamento di una prima bozza di parere non vincolante al progetto, da inoltrare alla giunta e poi a Roma entro il 21 settembre, sarà aperta al pubblico. La seconda parte, di confronto interno tra partiti, sarà invece preclusa, come regolarmente avviene, al pubblico. Fin qui, la parte istituzionale. Sempre oggi, ma in serata (19.30), è stata indetto invece al centro congressi del Castello di Duino un incontro organizzato da parte di un gruppo di lavoro che intende presentare pubblicamente, come cittadini, le osservazioni al Terminale di stoccaggio e rigassificazione. Un percorso, in questo caso, che procede su un binario diverso e autonomo rispetto a quello dell'amministrazione comunale. L'ingresso è libero fino a esaurimento posti.

(t.c.)

 

 

Cinque capodogli avvistati a Sebenico
Presenza rarissima in acque così basse. Il gruppo è stato disturbato e ha perso la rotta. Forte rischio spiaggiamento
SPALATO La polizia marittima di Sebenico ha avvistato cinque esemplari di capodoglio tra le isole al largo della città dalmata e presso l'isola di Lissa. Per gli studiosi di biologia marina la notizia ha del clamoroso in quanto si tratta di animali che solitamente vivono nel mare profondo considerata anche la loro stazza. La lunghezza dei maschi infatti arriva a 20 metri e il peso a una sessantina di tonnellate. L'interrogativo che ci si pone è per quale motivo si sarebbero spinti in acque poco profonde più o meno 50 metri e in bacino in fin dei conti chiuso, in rapporto alle loro dimensioni. Per gli studiosi questo cambiamento di rotta si potrebbe spiegare con l'irrequietudine o nervosismo per qualche molestia subita da qualcuno o da qualcosa. Appena appresa la notizia, gli attivisti dell'associazione Mondo azzurro si sono premuniti a lanciare immediatamente un appello ai naviganti a stare alla larga dai capodogli qualora li avvistassero. Sono animali innocui per l'uomo precisano, però nel caso venissero ulteriormente innervositi o irritati potrebbero irrimediabilmente perdere la bussola finendo arenati sulla costa. Lo spiaggiamento dunque, di cui si ricordano numerosi precedenti, è un pericolo da tenere in seria considerazione anche perché i capodogli sembrano muoversi verso nord, in direzione del Quarnero, praticamente un labirinto dal quale difficilmente saprebbero tirarsi fuori. Gli attivisti si sono subito messi in moto proprio per aiutare i grossi animali a ritornare nelle zone dell'Adriatico più profonde, lontano quindi dai pericoli. Nel caso che un solo animale si arenasse dicono, gli altri farebbero la stessa fine e non ci sarebbe modo di aiutarli. In questo senso chi li avvistasse viene invitato a fotografare i capodogli da lontano, a osservare la loro direzione di marcia e a riferire subito all'associazione. Il capodoglio l'archetipo della balena, è il più grande animale vivente munito di denti. Vive in gruppi sociali da 5 a 15 esemplari, per lo più femmine con i piccoli, mentre i maschi vivono da soli. Raggiunge la maturità sessuale a 12 anni e può vivere anche oltre 60 anni. Non si sa esattamente quanti esemplari ci siano nell'Adriatico, però le stime per l'intero Mediterraneo parlano di circa 2.500 animali, dunque molto pochi per cui il capodoglio è tutelato dalla legge. I capodogli che evidentemente hanno perso la bussola, ci fanno venire in mente la foca monaca Adriana purtroppo morta pochi giorni fa, probabilmente di vecchiaia. Per tutta la primavera e per quasi tutta l'estate giornalmente si riposava sulla spiaggia di Saccorgiana a Pola diventando la mascotte della città. Rimane un mistero il perché sia finita proprio sulla costa di Pola, da dove fino all'ultimo giorno non ha mai voluto andarsene.

(p.r.)

 

 

A Veglia rientra l’emergenza cinghiali
Abbattuti dai cacciatori migliaia di esemplari. L’allarme resta ancora alto a Cherso e Lussino
VEGLIA Insistenti, testardi, efficaci. Sono i cacciatori dell’isola di Veglia, raggruppati nella società venatoria Orebica e che hanno contribuito negli ultimi anni a ridurre ai minimi termini il fenomeno della presenza di una specie alloctona e dannosa, il cinghiale. Come nel dirimpettaio arcipelago di Cherso e Lussino, dove però i risultati non sono soddisfacenti, i cinghiali si sono stabiliti negli anni scorsi a Veglia in due modi: grazie al turismo venatorio, e conseguente introduzione, oppure nuotando dalla terraferma verso l’isola quarnerina, un canale che tutto sommato non pretende performance proibitive per raggiungere Veglia. Nella recente assemblea elettorale di Orebica, è stato rilevato che le doppiette isolane hanno fatto quasi scomparire i cinghiali dall’isola, con battute di caccia quotidiane che alla fine hanno sfiancato gli irsuti animali, particolarmente dannosi per gli ovini (si cibano delle interiora di agnello) e per le colture. Nonostante negli ultimi anni si mantenga uguale il numero di cacciatori e delle loro uscite, è in calo drastico la cifra degli animali abbattuti. Nel 2011 a Veglia – e parliamo di tutta l’isola – furono uccisi 1.210 esemplari, quantitativo sceso a 800 unità nel 2012. L’anno scorso le doppiette vegliote hanno freddato 369 cinghiali e quest’anno, fino a tutto agosto, sono stati abbattuti non più di un centinaio di porci selvatici. Dal 2011 ad oggi sono inoltre in continuo calo le denunce per i danni provocati dai cinghiali. Appartiene ormai all’album dei ricordi quanto verificatosi 5–6 anni fa, con gli animali che si cibarono di uva prossima alla vendemmia, distruggendo il raccolto di diversi vigneti che producono il noto vino bianco vegliota Žlahtina. «Siamo contenti di quanto compiuto – ha detto il nuovo - vecchio presidente di Orebica, Ivan Boloni„ – ci siamo impegnati al massimo, ben sapendo che sarebbe stato molto difficile fare scomparire i cinghiali da Veglia. Non dobbiamo però allentare la guardia in quanto abbiamo saputo che nei vicini comuni di Crikvenica e Novi Vinodolski, sulla terraferma, il numero di cinghiali è in continuo aumento. È quasi scontato che ci sarà una nuova pressione sull’isola da parte di questi animali. Dovremo vegliare attentamente, evitando un nuovo ripopolamento». A Cherso e Lussino invece la situazione è sfuggita di mano alle autorità e ai cacciatori, con i cinghiali che fanno il bello e il cattivo tempo (leggi danni), apparendo dall’area di Tramontana, nel settentrione di Cherso, alla baia di Cigale, nel meridione di Lussino.

Andrea Marsanich

 

 

Daniza uccisa in Trentino - La rabbia degli animalisti - L’orsa non ha retto al narcotico sparato per catturarla. Aperta un’inchiesta
Chieste le dimissioni del presidente della Provincia e del ministro dell’Ambiente
TRENTO L’orsa Daniza è morta. Dopo quasi un mese dall’aggressione a un fungaiolo nei boschi sopra Pinzolo, e dopo una lunga fuga sulle montagne trentine, il plantigrado è stato catturato dagli uomini della Provincia di Trento ma non ha retto alla dose di anestesia che le è stata iniettata la per cattura. La fine di Daniza scatena le reazioni, tweet, insulti e dà il via a una giornata ad alta tensione nei palazzi della Provincia di Trento, culminata dopo ore di polemiche in una conferenza stampa in cui il presidente Ugo Rossi ha modulato tristezza (per la sorte dell’orsa) e muso duro (verso chi ne chiedeva le dimissioni). L’uccisione. La notizia viene diffusa dalla Provincia la mattina, alle 9.51, ma i fatti risalgono all’altro ieri. Quando verso le 19.30, nei boschi di Borzago, dopo settimane di ricerche, la squadra di cattura (quattro operatori del Servizio fauna più un veterinario e un cane) entra in azione. Daniza viene localizzata per via del suo ultimo raid, nella notte tra martedì e mercoledì, in una baita. La procedura è definita: si usa il “free ranging”, o telenarcosi, cioè lo sparo di un dardo narcotizzante. Ma qualcosa va storto: una volta colpita, Daniza non si risveglia più. Con lei c’è uno dei due cuccioli con cui da settimane si sottrae alla cattura: anche l’orsetto viene narcotizzato, sottoposto a radiocollare e poi liberato. Nessuna traccia invece del secondo. Sarà ora l’autopsia, già avviata dall’Istituto zooprofilattico delle Tre Venezie, a stabilire le ragioni del decesso. Il narcotico. Età, stress, malattie di Daniza: tutto ci può stare. Ma il vero nodo riguarda la quantità di narcotico. E a fianco di Rossi ci pensa l’assessore a fauna e foreste Michele Dallapiccola (che è veterinario) a fornire dettagli precisi: la dose era proporzionata a un peso di 80 chilogrammi, mentre quello di Daniza era stimato ben superiore, 106. Si era insomma stabilito di agire con prudenza rispetto all’ultima cattura della stessa Daniza. Lo scorso anno, spiega l’assessore, la dose di narcotico utilizzata era stata superiore. Quale narcotico? Qui Rossi e Dallapiccola non rispondono: «Sono informazioni che dobbiamo prima dare alla procura». Ma qualcosa dicono: è lo stesso di un anno fa, quando tutto filò dritto. E non quello che, indirettamente, provocò la morte di due orsi durante precedenti operazioni di cattura: nel 2008 toccò a KG2G1, mentre nel 2012 nei boschi di Terlago fu JJ5 a finire soffocato da un rigurgito. Le inchieste. Già in mattinata interviene il ministro dell’ambiente Gianluca Galletti, chiedendo chiarimenti alla Provincia, mentre a Roma il Corpo forestale dello Stato fa sapere di aver aperto un’indagine ipotizzando il reato di maltrattamento e uccisione di animali. È un passo pesante, visto che in una nota i forestali ne approfittano per ricordare di avere già espresso, in agosto, forti dubbi sull’ordinanza di cattura. Infuriati, animalisti e Verdi chiedono le dimissioni di Galletti e organizzano sit-in, parte la campagna “boicottiamo il Trentino”, Legambiente parla di epilogo da dilettanti, e il Wwf si domanda quale sarà ora la sorte dei due cuccioli. Mentre il M5S e la Lega Nord chiedono le dimissioni di Rossi.

 

L’etologo «Era un animale stremato dalle fughe»
«È difficile dosare un farmaco narcotico nella giusta misura, soprattutto quando si è in presenza di un animale che ha appena partorito e, nel caso di Daniza, anche di un animale fortemente stremato, che ha accumulato un notevole stress in questi ultimi mesi a causa delle continue fughe per sopravvivere e proteggere i cuccioli», spiega l’etologo Enrico Alleva. «Gli orsi, ma in genere tutti gli animali, non restano immobili nel luogo dove vengono lasciati, quasi sempre si avvicinano alle città perché è lì che trovano il cibo. Bisogna lavorare per creare una cultura sempre più improntata al rispetto della coabitazione tra uomo e animale». Secondo l’esperto «è un problema tecnico-culturale, non ambientale, bisogna evitare attriti tra l’uomo e gli animali, insegnare e sensibilizzare la popolazione al rispetto degli animali. Un ambiente incontaminato dall’uomo non esiste, dunque è utile per tutti imparare a rispettare gli spazi comuni». Secondo Roberto Marchesini etologo, direttore di Siua (Scuola di interazione uomo-animale), da un punto di vista etologico il comportamento di Daniza è stato equilibrato. «La colpa della sua morte - accusa Marchesini- in primis va alle amministrazioni locali, più volte sollecitate sul fatto che il loro atteggiamento nei confronti dell’orsa era contraddittorio: da una parte hanno sviluppato negli anni un progetto di salvaguardia, tutela e di reinserimento sul territorio e, dall’altra hanno optato per la sua cattura atto fuori da qualunque logica ecologica ed etologica». Ora il problema è però la protezione dei cuccioli rimasti orfani: «Non è possibile prendere un cucciolo, abbandonarlo nella foresta - conclude Marchesini- e pensare che in autonomia assuma un profilo comportamentale normale».

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 settembre 2014

 

 

Vendita Ferriera, arriva la fumata bianca - SIDERURGIA »A BUON FINE L’OPERAZIONE DI SALVATAGGIO
In serata la firma sul contratto preliminare che sancisce il passaggio dello stabilimento dalla Lucchini al gruppo Arvedi
Siderurgica Triestina, società di proprietà al 100% del Gruppo Arvedi, e Amministrazione straordinaria della Lucchini hanno firmato ieri sera il contratto preliminare per la cessione dello stabilimento di Servola. La conferma è arrivata attorno alle 19 dallo stesso amministratore unico di Siderurgica Triestina, Francesco Rosato, che in passato è stato anche direttore della Ferriera. Secondo voci ufficiose saranno versati tra i 10 e i 15 milioni di euro, cifra apparentemente bassa, ma che va messa in riferimento con lo stato di vetustà degli impianti e di inquinamento dell’area. L’atto, che certifica la volontà della parti di arrivare al contratto definitivo (sperabilmente entro il 30 settembre) doveva essere firmato già lunedì, ma ha subito un breve rinvio di un paio di giorni, ma non tale comunque da non permettere alla nuova società di presentarsi in condizioni di piena legittimità oggi a mezzogiorno nella sede di Confindustria Trieste a Palazzo Casali per presentare e trattare il nuovo Piano industriale con tutte le sigle sindacali. Una trattativa che non si presenta facile dal momento che le linee generali del Piano indicano un organico di 380 dipendenti (340 per il nuovo complesso metallurgico a freddo e 40 per la nuova piattaforma logistica di intermodalità marittimo-ferroviaria) mentre gli attuali dipendenti della Ferriera sono 438 e recentemente non sono stati prorogati una trentina di contratti a termine. Tutti i sindacati (Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Failms e Ugl) premono invece per salvare tutti i posti di lavoro oltre che per mantenere gli attuali livelli salariali. L’accordo da raggiungere con i sindacati è soltanto una delle quattro questioni rimaste aperte, nessuna delle quali ieri sera era stata ancora risolta. Delle altre tre la più incerta riguarda l’accordo con la centrale elettrica di cogenerazione Elettra che si trova all’interno del perimetro di Servola con la quale il gruppo siderurgico di Cremona, che si amplia ora anche nel sito triestino, intende stipulare un accordo commerciale per cedere i gas di risulta del processo produttivo della Ferriera a fronte della fornitura, dopo la trasformazione, del fabbisogno energetico dello stabilimento siderurgico. Elettra è però creditrice per decine di milioni con un pool di cinque banche di cui tre straniere (capofila il Banco di Bilbao) che però non hanno ancora dato il via libera all’operazione. Vi sono poi la questione dell’Accordo di programma che è stato appena impostato nell’incontro che si è svolto il 29 agosto a Roma al Ministero dello Sviluppo economico e quella della concessione demaniale che deve essere approvata anche dal Comitato portuale: Siderurgica Triestina sta per inoltrare all’Autorità portuale una richiesta di concessione per trent’anni. Sul contratto preliminare, l’amministrazione straordinaria Lucchini non ha inteso fornire alcuna indicazione, nessun commento né da Rosato, né dai sindacalisti, tutti concentrati sull’incontro di oggi che non ritengono però sarà risolutivo, e che hanno comunque visto con favore avanzare nelle ultime settimane i lavori sull’altoforno oltre ad alcune pulizie preliminari nell’ex acciaieria da parte della nuova proprietà, mentre la Lucchini ha continua a gestire, seppure a ritmi ridotti, la cokeria che in futuro potrebbe anche venir dismessa. Sul fronte ambientale, Siderurgica Triestina ha previsto di spendere tra il 2014 e il 2015, 35 milioni di euro di cui 15 per il risanamento degli impianti, 10 per la messa in sicurezza dei suoli e 10 per la copertura di perdite di esercizio dovute all’iniziale inefficienza strutturale del ciclo produttivo. Questi investimenti verranno in parte coperti dai crediti vantati da Servola spa, cioé 22 milioni di euro. Il Piano complessivo di Arvedi è stimato in 172 milioni di cui 20 nel 2014, 120 nel 2015 e 32 nel 2016.

Silvio Maranzana

 

Il sindaco Cosolini: «Forti impegni dell’acquirente»

PRIMO CONFRONTO Oggi la nuova proprietà si incontrerà con i rappresentanti sindacali per tentare di definire anche la questione degli organici
«Un passaggio estremamente importante, ma che arriva a valle delle prime indicazioni sul Piano industriale che hanno già evidenziato i forti investimenti industriali e ambientali che l’acquirente si è impegnato a fare.» Questo il primo commento ieri sera del sindaco Roberto Cosolini dopo la firma del contratto preliminare per la cessione del complesso di Servola. «Le incognite per l’area e per il suo risanamento e rilancio stanno scomparendo - ha specificato il sindaco - perché il Gruppo Arvedi ha preso impegni specifici e documentati. Credo che possiamo dire - ha concluso Cosolini - che sta per realizzarsi quello che soltanto un anno e mezzo fa sembrava impossibile.» Va specificato che il Gruppo Arvedi (il presidente Giovanni Arvedi è già venuto a Trieste ad annunciare il suo investimento oltre un anno fa) intende realizzare in particolare a Servola un nuovo complesso metallurgico a freddo che produrrà laminato a freddo ricotto, laminati per lo stampaggio a caldo per l’industria automotive e acciaio magnetico a grano non orientato per macchine rotanti.

(s.m.)

 

 

«Perché tanti problemi allo scalo triestino?»
Le perplessità di Gennaro Migliore in un’interrogazione al ministro Lupi. Iniziativa anche di Rosato
«Il porto di Trieste è una risorsa straordinaria per l’Italia che nonostante i fondali di cui dispone e le valide dotazioni che possiede non occupa l’importante ruolo che gli competerebbe. Inoltre la parte antica dello scalo non viene messa a disposizione di un progetto di sviluppo nonostante le sue eccezionali potenzialità». Sono i motivi per cui Gennaro Migliore oggi deputato per l’associazione “Libertà e diritti - Socialisti europei” dopo essere stato capogruppo di Rifondazione comunista e di Sel chiede al ministro di Infrastrutture trasporti Maurizio Lupi, «quali iniziative intenda intraprendere nel suo ruolo di Autorità di vigilanza e in vista dell’imminente scadenza degli organi dell’Autorità portuale, a cominciare dal presidente e della nomina per il quadriennio 2015-2018». Nell’interrogazione al ministro, Migliore fa riferimento al blocco dell’iter del Piano regolatore del porto, alla conflittualità che esiste all’interno del Comitato portuale, al fatto che nel bando dell’Authority per le manifestazioni di interesse per il ruolo di segretario generale non si richiedono i necessari requisiti di esperienza e comprovata qualificazione professionale nel settore, alla richiesta di concessione fatta dalla Curia per una chiesa in Porto Vecchio con le spese che ciò comporta, al fascicolo aperto dalla Corte dei conti sui bandi per le quattro nuove assunzioni. Per quanto riguarda il Porto Vecchio, Migliore lo definisce «inadatto alle moderne attività portuali» e «il più grande waterfront non ancora riqualificato presente in Europa». «Mia mamma è friulana e quindi con Trieste ho una certa affinità - spiega Migliore - ma avrei fatto la stessa interrogazione se si fosse trattato del porto di Genova o di quello di Gioia Tauro perché mi sembra che oggi lo scalo triestino, al di là delle responsabilità delle singole persone, sia un “caso” nazionale. È giusto che il ministro conosca approfonditamente la situazione e se del caso intervenga, anche immediatamente». Ma una seconda interrogazione è stata presentata ieri al ministro Lupi, da parte del deputato triestino del Pd Ettore Rosato e fa riferimento in particolare all’avvio delle quattro procedure di selezione per altrettante assunzioni. Rosato in particolare chiede al ministro «come intenda far valere i principi sanciti dalla Costituzione e dalle leggi che impongono alle pubbliche amministrazioni la stabilizzazione del personale precario quale requisito necessario all’indizione di nuovi concorsi» e «come intenda intervenire a tutela dell’amministrazione alla luce dell’esposto delle organizzazioni sindacali che ha attivato anche gli accertamenti della Corte dei conti sulla legittimità della delibera.

(s.m.)

 

Allarme terrorismo per la visita papale
Controlli nei porti e alla Siot di San Dorligo dopo le dichiarazioni del ministro Alfano sul pericolo di attentati in Italia
TRIESTE A tre giorni dalla visita di Papa Francesco a Redipuglia, scatta a Trieste l’allarme terrorismo e si alza la soglia di attenzione verso la minaccia fondamentalista. Il timore è che scalo di Trieste possa rappresentare per un commando l’ideale punto d’ingresso in Europa: nulla di più facile confondersi tra i camionisti o i clandestini provenienti dalla frontiera con la Turchia. L’allerta da Roma ha riguardato gran parte dei porti e degli obiettivi sensibili italiani. Fa anche riferimento alla ricorrenza dell’11 settembre. Una minaccia indicata espressamente dal ministro degli interni Angelino Alfano. Nell’audizione urgente alla Camera l’altra sera ha affermato che è in corso una nuova offensiva del terrorismo religioso e che l’Italia con la massima autorità cattolica non ha un posto secondario in questo target». Nervi tesi. Da ieri è scattato un meticoloso piano di controlli in porto. Dalla Capitaneria è stata segnalata alle petroliere l’esigenza di prestare la massima attenzione nelle operazioni di carico del greggio dai terminali della Siot di San Dorligo. La tank farm già obiettivo di un attentato, nell’agosto 1972, da parte dell’ organizzazione terroristica di Settembre Nero, viene infatti considerata insieme alla base Usaf di Aviano l’obiettivo maggiormente a rischio nella nostra regione. Allora la Siot aveva poco più di una ventina di serbatoi (cinque dei quali presero fuoco) rispetto agli attuali 32. Attualmente per l’oleodotto passano non meno di 50 milioni di tonnellate di oro nero che viene in gran parte estratto in Paesi islamici. I tubi si diramano verso Karlsruhe in Germania, Linov nella Repubblica Ceca e Schwechat in Austria. «Si tratta - ha rassicurato il prefetto Francesca Adelaide Garuffi che martedì ha presieduto una riunione del comitato ordine e sicurezza - di normali controlli che in questo periodo sono stati intensificati e che riguardano i punti vulnerabili, tra cui l’impianto della Siot al quale viene dedicata la massima attenzione». Ha aggiunto: «Tuttavia in questi controlli non c’è nulla di più specifico che il rafforzamento degli obiettivi sensibili». La parola d'ordine è «non drammatizzare». Ma basta fare un giro per la città per accorgersi che il controllo da parte delle forze dell’ordine è sensibilmente aumentato. A farlo notare sono piccoli particolari come lo stazionamento di auto «civetta» e di poliziotti in borghese davanti alle sedi istituzionali, alla sinagoga in via San Francesco e ai consolati. Intanto queste ultime ore sono partite verifiche minuziosissime sulle navi provenienti dalla Turchia. La banca dati che regolarmente viene utilizzata per scoprire i carichi di droga o sigarette di contrabbando adesso viene impiegata dalla Finanza a tutto regime anche in chiave antiterroristica. I dati dei mezzi commerciali, delle società di spedizione e dei conducenti sono analizzati e incrociati anche con quelli provenienti dai servizi di intelligence. E ieri attorno alle 12.30 in cielo sono apparse le sagome di quattro elicotteri militari provenienti da Casarsa della Delizia e impegnati in una perlustrazione a lungo raggio. Proprio sulla costa e il porto.

Corrado Barbacini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 settembre 2014

 

 

Borgo Teresiano nel caos: 354 multe in via 30 Ottobre

Dopo la chiusura parziale della strada sono fioccate le contravvenzioni nel giro di neanche un mese a automobilisti distratti o indisciplinati
Per il “governo” Cosolini, evidentemente, la rivoluzione pedonale in centro val bene una figura da feroce distributore di multe: più di 350 in un pezzo di strada di neanche cento metri, nel cuore di Borgo Teresiano, e nel giro di neanche un mese. E che mese, il meno frenetico e trafficato dell’anno, ovvero agosto. Metti che qualche nuovo segnale di divieto d’accesso c’è ma non si vede (è il caso soprattutto di quello in alto a destra all’imbocco di via XXX ottobre da via Valdirivo), metti poi che più di qualcuno non s’è curato d’informarsi (né a mezzo stampa, né via internet, in primis sul portale del Comune) sulle trasformazioni previste dal Piano del traffico e messe in atto in piena estate. E metti pure che qualcun altro tutto sa ma nulla fa, nel senso che ha continuato, anche dopo queste trasformazioni, a battere le strade di una volta come se niente fosse cambiato. Chi per abitudine o disattenzione, per semplice colpa quindi, e chi ancora per mera furberia o disobbedienza consapevole, con dolo allora, contro un cambiamento che non gli va giù. E metti infine la strategia del bastone, più che della carota, per cui evidentemente ha optato di questi tempi il Municipio per “educare” i cittadini a tale cambiamento. Il risultato è appunto quello che, a suo modo, potrebbe passare alla storia come il “sacco” di Borgo Teresiano. Da martedì 12 agosto, data di entrata in vigore delle novità dopo 48 ore di vigilanza dei vigili senza sanzioni, a giovedì 4 settembre (dunque in 23 giorni che si riducono a 19 effettivi togliendo le tre domeniche di mezzo più il venerdì di Ferragosto) nella sola via XXX ottobre tra via Torrebianca da una parte e via Milano dall’altra, ovvero nel segmento divenuto Ztl a elevata valenza pedonale da Ztl di categoria B qual era con accesso consentito anche ai residenti, la polizia locale ha spartito ad automobilisti e centauri che non avevano il diritto di entrare, di immettersi a destra o a sinistra da via Valdirivo, ben 354 multe: la metà per sosta vietata e l’altra metà per divieto di transito. Fanno quasi venti di media per giornata feriale, con una punta di 52 in quella preferragostana di giovedì 14. Numeri da playstation, resi noti dal vicesindaco Fabiana Martini l’altra sera in Consiglio comunale, assieme all’assessore alla Mobilità Elena Marchigiani, in risposta a una domanda d’attualità partita da Claudio Giacomelli, per Fratelli d’Italia. La statistica si ferma a giovedì scorso, e non per caso. Da venerdì 5, in effetti, il Comune - visto l’andazzo - ha provveduto a mettere in zona una segnaletica più esplicita di quella piazzata a inizio agosto. I due cartelli in alto a destra degli imbocchi di via XXX ottobre da via Valdirivo in cui si ammonisce di non entrare se non autorizzati (a sinistra verso via Torrebianca e soprattutto a destra verso via Milano) per ora non bastano. Così sono stati aggiunti, da entrambe le parti, un paio di new jersey e un mastodontico triangolo d’emergenza ad altezza d’uomo, temporaneo, con un punto esclamativo stampato e, più sotto, il monito “viabilità modificata”. Su un foglio A4 appiccicato in basso, inoltre, ecco comparire la traduzione in forma semplificata: via libera solo a disabili, carico scarico merci e taxi, non più ai residenti e ad altre categorie. Un paio di dehors fuori dai locali danno una mano a rendere l’idea del proibito. Non è più la Ztl di una volta in cui si poteva mettere becco e cofano esibendo un contrassegno, e magari anche niente perché tanto non se ne accorgeva nessuno. È l’ultimo avvertimento del Municipio. E forse pure l’ultima spiaggia. «In questi giorni ho visto di tutto, gente in auto che veniva tratta in inganno da quel cartello in alto a destra ben poco visibile, e gente in scooter che ben sapeva di non dover entrare e lo faceva lo stesso, coi rischi che ne potevano derivare per i pedoni: questa situazione ibrida non mi pare buona, sono stati portati via parcheggi a chi vive e lavora qui senza risolvere al momento il problema del traffico, tanto valeva far tutto completamente pedonale», raccontava ieri una commerciante che lavora giusto all’incrocio tra via Valdirivo e via XXX ottobre. «E io ho visto pure i vigili che si mettevano dietro l’angolo, aspettando al varco chi commetteva le infrazioni, indipendentemente se lo faceva apposta o in buona fede», le ha fatto eco un collega di un negozio poco più in là.

Piero Rauber

 

Marchigiani: «Ci vuole tempo per abituarsi ai cambiamenti»
Via XXX ottobre, ai suoi estremi, è già pedonale. «La chiusura integrale sarebbe stata di certo più comoda anche logisticamente ma le Ztl si sono rese necessarie per la carenza di aree di carico e scarico merci in zona», osserva l’assessore Marchigiani. Non parlatele però di tornare indietro. La rivoluzione è irreversibile: «Non avrebbe senso, ne abbiamo discusso preventivamente per un anno e mezzo, non possiamo ripensarci per un mese di rodaggio. Quando sono in ballo le abitudini dei cittadini, buone o cattive che siano, non bisogna avere fretta. Il cambio va in qualche modo seguito. Ci vuole tempo. Le pattuglie dei vigili funzionano come deterrente, e stiamo ragionando anche sull’opportunità di aggiungerne un altro, sotto forma di telecamere».

(pi.ra.)

 

RISCHIO RICORSI - Giacomelli (Fdi): sanzioni da ritirare - Il vicesindaco: rispettate le norme

Le 350 e più multe sono, come si evince dai report giornalieri che la polizia locale ha consegnato al vicesindaco Martini, in realtà sanzioni doppie per divieti di transito e sosta rilevati insieme. Il cosiddetto trasgressore-tipo si trova così nelle condizioni di dover pagare 121 euro per un’infrazione commessa in auto o su un furgone (il costo sale fino a un massimo di 507,18 in caso di ritardi oltre i due mesi di legge mentre scende a 83,80 se il saldo avviene entro cinque giorni) e 104 euro se commessa invece in sella a un mezzo a due ruote (il massimo causa ritardi arriva a 436,18, il minimo entro cinque giorni è fissato a 72,80). Facendo due conti, il Comune può incassare qualcosa come 40mila euro. «La stessa amministrazione, decidendo di aggiungere venerdì delle indicazioni, ha ammesso come la segnaletica di prima fosse insufficiente, se questo è l’assaggio del Piano del traffico presto ci sarà da piangere», rileva dai banchi di Fratelli d’Italia Giacomelli, che è pure avvocato e mette una pulce: «Il numero delle multe iè abnorme. O i triestini hanno iniziato una sorta di rivoluzione contro il Piano del traffico o le informazioni del Comune si sono rivelate insufficienti. Per ragioni di equità consiglierei al Comune di ritirare in forma di autotutela le sanzioni, per evitare la possibilità di ricorsi massivi al prefetto o al giudice di pace, passibili eventualmente di accoglimento». «In realtà - ribatte Martini - la segnaletica è correttissima, risponde alle normative, dopodiché un cittadino ha pieno diritto, se lo ritiene, di fare ricorso. Per educare a una novità purtroppo, oltre a fare molta informazione, uno dei sistemi previsti, di certo non simpaticissimo, è quello di presidiare. Ce lo chiedono anche i commercianti, da cui riceviamo molte chiamate».

(pi.ra.)

 

 

Lisert - Rigassificatore: Sel contraria al progetto di Smart Gas
TRIESTE Il coordinamento di Sinistra ecologia libertà (Sel) di Trieste esprime completa contrarietà al progetto del rigassificatore previsto al Lisert da un progetto di Smart Gas. Il prospettato terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del Gnl è incompatibile con lo sviluppo turistico del Comune di Duino Aurisina e di tutta la provincia di Trieste sul quale si è investito negli ultimi decenni» dichiara Marino Sossi, capogruppo in Consiglio comunale. «È di qualche giorno fa - continua - la proposta da parte del Comune di Duino-Aurisina, assieme al Comune di Monfalcone di candidare il Carso a patrimonio dell’Unesco poiché il territorio è dotato di peculiarità naturalistiche, storiche e culturali tali da potere ambire a tale riconoscimento. Inoltre la Baia di Sistiana con Portopiccolo si presenta come luogo di attrazione turistica su una baia dal paesaggio incantevole». «Queste tipo di scelte - afferma il coordinamento di Sel - non si possono conciliare con un progetto industriale ad impatto rilevante che ha chiare ricadute sul paesaggio con 2 serbatoi da 35m che stoccano 170mila metri cubi di metano e 1 camino alto 70m. Ricadute sulla sicurezza delle persone, soprattutto in caso di incidenti e di attacchi terroristici, e sull’ambiente poiché è situato in vicinanza a Zone di protezione speciale e di interesse comunitario». «Senza considerare - ancora Sel - l’influenza sul traffico marittimo, visto che l’eventuale posizionamento all'entrata del porto di Monfalcone limiterà e/o interdirà il traffico marittimo in entrata e in uscita durante le operazioni di carico scarico e manovra». «Si auspica - conclude il comunicato di Sel - una progettualità territoriale più ampia e di sviluppo di aree omogenee che coinvolga tutto il litorale regionale, l'Alto Adriatico e i Paesi vicini, che si indirizzi verso la progettazione di altri tipi di impianti alimentati da fonti "rinnovabili"».
 

 

Allarme clima, nuovo record di gas serra
L’agenzia dell’Onu denuncia l’aumento esponenziale di Co2 nell’atmosfera e l’incremento dell’acidificazione degli oceani
L’allarme lanciato dall’Onu sul riscaldamento climatico riporta l’attenzione su un tema che è anche «una priorità dell’agenda ambiente del semestre italiano di presidenza Ue». Lo ha ricordato il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, ieri a Bruxelles per una conferenza sulla biodiversità, sottolineando che «anche questo tema è strettamente legato alla riduzione di Co2, quindi ai cambiamenti climatici». Galletti ha quindi ricordato le prossime scadenze: «Avremo una riunione informale assieme ai colleghi ministri dell’Energia il 6 ottobre e poi una riunione a metà ottobre per preparare il documento da mandare ai capi di Stato e di governo». Al vertice di ottobre, secondo gli auspici di Galletti «ci sarà una decisione formale e speriamo un accordo virtuoso di tutta l’Europa per la riduzione delle emissioni di Co2 da portare prima a Lima, alla conferenza di dicembre, e poi speriamo nella conferenza decisiva di Parigi 2015 dove dovrebbe essere sottoscritto un documento da tutti i paesi del mondo».ROMA Non bastano gli appelli degli scienziati sugli effetti dell’aumento della temperatura del pianeta, né gli “avvertimenti” dati dagli eventi meteorologici estremi di questi anni. Il mondo continua a consumare combustibili fossili e, a parte la piccola pausa dettata dalla crisi economica, a produrre sempre più gas serra. L’ultimo record, registrato ieri dal bollettino dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), denuncia oltre all’aumento della concentrazione dei gas anche una minore capacità del pianeta di assorbire la Co2, segno che il limite di sopportazione è sempre più vicino. Secondo i valori riportati dal bollettino dell’organizzazione la concentrazione di Co2 in atmosfera ha raggiunto i 396 ppm, che corrispondono al 142% rispetto al livello preindustriale, mentre metano e ossido di azoto sono rispettivamente il 253 e il 121% rispetto ai livelli prima del 1750. Per quanto riguarda la Co2 l’aumento registrato tra il 2012 e il 2013 è anche il più alto da oltre 30 anni. Per effetto dei gas serra la capacità della Terra di trattenere la radiazione solare, invece di disperderla nello spazio, è aumentata del 34% rispetto al 1990. «Le emissioni oggi sono molto più alte di vent’anni fa - spiega Sergio Castellari, delegato del governo italiano all’Ipcc e ricercatore del Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici - e il record raggiunto è un grosso avvertimento sulla necessità di trovare un accordo globale sulle emissioni. Il trend degli ultimi anni oltretutto è in linea con lo scenario peggiore delineato dagli scienziati». In queste condizioni, invece di aumentare al massimo di due gradi entro fine secolo, la temperatura rischia di salire del doppio, con effetti devastanti sul pianeta. Studi preliminari citati dal bollettino indicano che in questi anni potrebbe essere diminuita la capacità della biosfera, che normalmente assorbe il 55% delle emissioni di Co2, di “rimediare” all’uso dei combustibili fossili. La capacità degli oceani di assorbire il gas ad esempio è ora il 70% rispetto all’epoca preindustriale, e si rischia di perderne un altro 20% entro la fine del secolo. Secondo i climatologi questo sintomo è tra i più gravi di quelli mostrati dal paziente. Gli oceani fungono da meccanismo di riduzione della concentrazione di Co2 grazie a alghe e altri organismi marini. Oggi però hanno raggiunto un alto grado di saturazione come dimostra l’incremento di acidificazione degli oceani (correlato alla Co2 assorbita) che ha raggiunto una velocità che per i paleoclimatologi non si è mai registrata negli ultimi 300milioni. La prossima occasione di negoziato sarà la conferenza di Lima a dicembre, con l’intenzione di arrivare ad un testo di trattato globale sul clima che venga adottato dai paesi dell’Onu alla conferenza di Parigi alla fine del 2015. «Il tempo stringe - sottolinea Castellari -, occorre trovare delle soluzioni legalmente vincolanti che comprendano anche i paesi come Cina e India».

 

 

TRIESTE NEXT 2014 » DAL 26 AL 28 SETTEMBRE - Dopo il cibo e l’acqua, ora tocca all’energia
Sarà questo il tema su cui si confronteranno, in varie parti della città, ricercatori, imprenditori, filosofi, giornalisti e studenti
«Già nel maggio del 2009 John Beddington ipotizzava per il 2030 la “tempesta perfetta” causata dalla mancanza di cibo, acqua ed energia a fronte di un aumento della popolazione mondiale. Le stime attuali prevedono un aumento di circa il 30-40% della domanda di cibo, energia e acqua, a fronte di una previsione di produzione non adeguata, anche a causa dei cambiamenti climatici. Tutto questo fa dell’energia l’elemento portante di un’interdisciplinarità che ben si coniuga con gli sviluppi dell’università, focalizzata sulle grandi sfide del futuro». Così il rettore dell’Università di Trieste Maurizio Fermeglia introduce EnergEthic. Quale contributo può dare la ricerca scientifica alla sostenibilità dell’intero cicloenergetico? Quale impatto ha l’innovazione su fonti rinnovabili, bioenergie e sistemi di efficienza e sicurezza energetica sullo scenario socio - economico internazionale? Quali nuovi orizzonti stanno definendo le imprese che investono nel campo dell’energia? Dopo il cibo – Save the Food, edizione 2012 – e l’acqua – WaterWise, edizione 2013 – è l’energia il focus tematico su cui ricercatori, imprenditori, filosofi, giornalisti, studenti saranno chiamati a interrogarsi nel corso della terza edizione di TriesteNext, Salone Europeo della Ricerca Scientifica, da venerdì 26 a domenica 28 settembre, promosso da Comune di Trieste, Università di Trieste e VeneziePost per celebrare l’eccellenza scientifica della città e favorire il dialogo tra mondo della ricerca e mondo dell’impresa in nome di uno sviluppo sostenibile (triestenext.veneziepost.it). Una kermesse “spalmata” in varie parti della città, con iniziative indirizzate a un pubblico di ogni età. Curato da un board scientifico presieduto dal rettore Maurizio Fermeglia e composto da trentaquattro membri tra cui rappresentanti dell’industria del settore energetico, scienziati italiani e rappresentanti degli enti di ricerca del territorio di Trieste e delle Università di Udine, Venezia e Trento, nonché giornalisti ed esperti di ambiente ed energia, TriesteNext ha previsto cento appuntamenti tra cui dibattiti, convegni, lectio magistralis, presentazioni, laboratori e momenti di intrattenimento con grandi ospiti internazionali, rappresentanti delle istituzioni affiancati da ricercatori di fama mondiale e firme autorevoli dell’informazione scientifica, ma anche eventi di rilievo internazionale come la presentazione del nuovo Centro di Supercalcolo (tra i primi dieci in Europa), a cura di Sissa, e del progetto nazionale Proof of Concept Network, a cura di Area Science Park, o progetti speciali come Vpi - Venice Platform for Innovation and Technology Transfer, piattaforma nata con lo scopo di avvicinare ricerca, innovazione e impresa. Fino a domenica 28 settembre i riflettori della ricerca scientifica e del dibattito internazionale saranno quindi puntati su Trieste Next, ma non si terranno solo incontri e tavole rotonde, perché il cuore della manifestazione sarà piazza Unità d’Italia, dove verranno ospitati laboratori e attività per bambini e ragazzi, con Topolino come ospite d’eccezione, e dove il pubblico potrà scoprire i segreti delle aziende più innovative all’interno della Galleria dell’Efficienza Energetica. Commenta Filiberto Zovico, editore VeneziePost: «Con Trieste Next la città di Trieste conferma il proprio ruolo di guida di una rete di enti pubblici, istituzioni d’eccellenza, e imprese attive in tutto il territorio del Nordest».

Federica Marchesich

 

NEXT - Nel piatto finisce anche la filiera del cibo
Un problema di nutrimento equilibrato e di costi che si possono risparmiare
A Trieste Next 2014 si parlerà anche di Bionergia. Nei tre Science Cafè, uno al giorno, tutti ospitati allo Storico Caffè Tommaseo, tutti a partire dalle 18, si affronteranno temi quali “L’Energia dei Raggi Solari”, “Le Centrali Elettriche delle Cellule” e “La Sostenibile Energia del Cibo”. In quest’ultimo appuntamento, domenica 28 settembre alle 18, a cura dell'Università di Trieste in collaborazione con Ass1 Triestina e Comune di Trieste, si discuterà in particolare di valore energetico degli alimenti, del carico energetico che accompagna la costruzione di ogni prodotto alimentare e di come questi aspetti vengono ad esempio considerati per la creazione di una dieta equilibrata nelle mense di Trieste. Siamo quello che mangiamo, ma con l’alimento non ingeriamo solo i suoi nutrimenti bensì tutta la filiera che ce l’ha portato nel piatto. Tanto più virtuosa la filiera, tanta più energia risparmiata. «Nell’Unione Europea» afferma Giulio Barocco Tecnico della prevenzione ed esperto dell'Ass1 Triestina in tema di alimentazione e di promozione della salute «le pubbliche amministrazioni spendono l’equivalente del 19% del prodotto interno lordo per la fornitura di beni e servizi. Gli acquisti pubblici possono plasmare i trend della produzione e del consumo, pertanto, la domanda da parte delle autorità pubbliche di beni “più verdi” è sicuramente in grado di creare o ampliare i mercati di prodotti e servizi “amici” dell’ambiente.». L’occasione darà anche modo di approfondire le raccomandazioni della Commissione Europea e del Ministero dell’Ambiente per gli appalti pubblici verdi. In Europa infatti la filiera alimentare è responsabile per il 20 - 30% dell’impatto ambientale. Al Science Café oltre a Giulio Barocco parteciperanno Antonella Grim, assessore area educazione Comune di Trieste, Paolo Bogoni, docente Università di Trieste, Antonella Calabretti, docente Università di Trieste, Introdurrà gli interventi Piero Paolo Battaglini, ideatore e conduttore dal 2002 degli Science Café di Trieste (www.caffedellescienze.eu) mentre Donatella Rocco, pedagogista area Educazione del Comune di Trieste modererà l’intero incontro.

(fe.ma)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 settembre 2014

 

 

Rigassificatore, pressioni sul governo per il “no” - L’assessore Laureni convoca una riunione in municipio con Regione, Provincia e Comuni minori
Fermare l’assordante silenzio sul rigassificatore di Zaule che non è mai stato ufficialmente cancellato e il cui progetto, portato avanti da Gas Natural, magari rischia di risaltar fuori all’improvviso. È la motivazione che ha indotto l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni a convocare una riunione per domani in municipio con rappresentanti di Regione, Provincia e degli altri Comuni interessati. «Voglio sincerarmi - spiega Laureni - che persista tuttora in tutte le istituzioni elettive del territorio un atteggiamento di contrarietà a quel progetto e conseguentemente che vi sia la volontà concorde di chiedere al governo di emettere finalmente il decreto di revoca alla compatibilità ambientale dell’impianto.» Quel decreto in effetti non è stato mai emesso, ma anzi di ufficiale vi sono due atti soltanto: il primo è il parere positivo alla Valutazione d’impatto ambientale rilasciato nel 2009 dall’ex ministro Stefania Prestigiacomo, il secondo è il decreto con cui il 4 aprile 2013 un altro ex ministro, Corrado Clini, ha sospeso per sei mesi l’efficacia della compatibilità ambientale. Teoricamente dal dicembre scorso dunque la compatibilità ambientale potrebbe essere tornata in vigore, senonché non si è verificata nemmeno una delle due opzioni in base alle quali, secondo Clini, la situazione si sarebbe potuta sbloccare e cioé né l’indicazione da parte di Gas Natural di un sito alternativo rispetto a Zaule, né la rideterminazione del proprio Piano regolatore da parte dell’Autorità portuale che aveva definito il rigassificatore incompatibile con lo sviluppo dei traffici marittimi. «Anzi - aggiunge Laureni - la crescita del traffico navale in alcuni terminal (soprattutto in quello petrolifero, ndr.) rende ancora più impraticabile l’operazione.» Rispondendo a un’interrogazione della deputata di Sel, Serena Pellegrino, il sottosegretario del Ministero per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti il 15 aprile aveva affermato: «Il procedimento avviato dal ministero dell’Ambiente presumibilmente si chiuderà con la revoca della Valutazione d’impatto ambientale positiva a suo tempo adottata e conseguentemente il ministero dello Sviluppo economico dovrà rigettare la domanda di autorizzazione alla costruzione dell’impianto.» Poi però non è successo nulla, si potrebbe sospettare che il governo stia trattando con Gas Natural per evitare una causa milionaria che avrebbe non indifferenti probabilità di perdere dato il primo via libera concesso alla società catalana.

(s.m.)
 

Rigassificatore, chiesti serbatoi interrati
Ennesimo confronto sull’impianto del Lisert. Per gli ambientalisti due vantaggi: estetici e di sicurezza
«Legambiente sul rigassificatore non ha pregiudizi». «Il Wwf non è contrario a priori in maniera talebana». «Gli impianti hanno la loro funzione ma devono essere superate alcune criticità intrinsece legate alla sicurezza». Parole, rispettivamente, di Michele Tonzar, Carlo Franzosini e Lino Santoro sul progetto di Smart Gas. Nel corso dell’audizione davanti alla Commissione trasporti-logistica della Provincia di Gorizia e della Commissione speciale Porto del Comune di Monfalcone convocata ieri a Staranzano lo scontro che qualcuno si aspettava con il project-leader dell’impianto Gnl Alessandro Vescovini e il direttore di Smart Gas Lucio Bregola non c’è stato. Al più si è registrato qualche battibecco. Le associazioni ambientaliste si sono limitate a esprimere alcune perplessità alle quali i proponenti hanno ribattuto punto su punto. Aperture sono arrivate anche dal presidente dell’Azienda speciale Porto di Monfalcone. Dopo aver detto «dobbiamo prendere molto seriamente la proposta di Smart Gas», Paolo Maschio ha rilevato la necessità di ragionare sull’impatto che l’impianto a terra avrà su Monfalcone perché «l’installazione rappresenterà comunque un compromesso sulle attività del porto». Nel ribadire che il rigassificatore deve portare vantaggi per tutti, Maschio ha notato che «il livello di discussione è ancora insufficiente» per l’assenza dell’interlocutore principale: la Regione. «Prima la portiamo al tavolo meglio è», è stato il suo suggerimento. La questione riguarda il Piano regolatore fermo dalla fine degli Anni ’70 e oggi in via di revisione. «Dobbiamo trovare un’ubicazione più coerente», le parole del presidente che, anche alla luce dell’impegno economico di Smart Gas per l’escavo del canale, ha auspicato un accordo di programma tra pubblico e privato. Franzosini e Santoro, tra le altre cose hanno chiesto l’interramento dei serbatoi di stoccaggio del gas naturale. La soluzione avrebbe due vantaggi: avrebbe un impatto minore sul paesaggio e aumenterebbe il senso di sicurezza nella popolazione. Pur non esprimendo una posizione di chiusura alla proposta, Vescovini ha però notato che il terreno nel quale le cisterne verrebbero affogate è quello della vecchia cassa di colmata dove potrebbero esserci dei rifiuti: «Fare uno scavo ha dei contro anche dal punto di vista ambientale. In Italia quando si scava ci si deve prima fare il segno della croce, per questo non abbiamo previsto l’interramento. Nei Paesi del Nord Europa, in ogni caso, tutti e 12 serbatoi in costruzione sono fuori terra».

Stefano Bizzi

 

 

Duino, miticoltori tutelati nello scavo del canale
Garanzie per i lavori al porto di Monfalcone: minima dispersione di sedimenti, monitoraggio, fermo-lavori in stagione e fideiussione per eventuali danni
DUINO AURISINA Una metodologia di scavo a minima dispersione di sedimenti, la sospensione delle attività da maggio a ottobre, più stazioni di monitoraggio per rilevare eventuali interferenze sul ciclo di coltura delle cozze e pure una fideiussione nel caso d’incidenti. È il “pacchetto” di garanzie ottenute dai miticoltori di Duino Aurisina a fronte dell'intervento di escavo del canale d'ingresso al porto di Monfalcone, opera sulla quale l'amministrazione Kukanja, chiamata nel 2013 a esprimersi nella procedura di Via, aveva espresso parere sfavorevole, pur riconoscendo le necessità dell'approfondimento, condizionandolo a una serie di osservazioni e richieste. Il risultato è stato reso noto durante la II commissione al Villaggio del Pescatore dal responsabile tecnico-scientifico di Cogiumar (Consorzio giuliano maricolture) Walter de Walderstein, che in merito aveva già inoltrato a fine agosto una lettera al presidente Maurizio Rozza e al sindaco Vladimir Kukanja. Cogiumar «ringrazia per avere salvaguardato l'attività a mare dei maricoltori nelle prescrizioni espresse già a settembre 2013 riguardo lo scavo a mare del canale d'accesso al porto di Monfalcone” e per aver dato modo al Consorzio d’inviare al Ministero e alle Direzioni regionali di competenza «le proprie preoccupazioni e osservazioni sulle diverse carenze che il progetto del Consorzio di sviluppo industriale Monfalcone presentava». «Evidenze – sottolinea - recepite sia dal Ministero sia dalla Regione, attraverso l'emanazione di prescrizioni, specificate durante la recente riunione della Commissione consultiva per la pesca e l'acquacoltura lo scorso 14 luglio». In sintesi è stato possibile ottenere da parte dell'Azienda speciale del Porto di Monfalcone, come sottolineato da de Walderstein, l'impegno a salvaguardare l'attività della maricoltura attraverso 5 punti d’intervento. Il primo: metodi di scavo «a minima dispersione di sedimenti» e sospensione dei lavori in caso di «rilevazione di eccessiva torbidità mediante la misurazione in continuo durante le operazioni di scavo», peraltro già previste nel progetto. Il secondo: sospensione delle attività di scavo nel periodo coincidente con le vendite (maggio-ottobre). Il terzo: la posa in opera di stazioni di monitoraggio per rilevare eventuali interferenze sul ciclo colturale dei mitili e «verificare l'eventuale rischio di organicazione del mercurio presente nei sedimenti confinati a fondale e rimessi in circolo dalle operazioni di scavo». «L'uso delle trappole di sedimenti e di pergolati di mitili quali bioindicatori – rimarca Cogiumar - potranno dare un'esatta indicazione mediante opportune analisi dell'eventuale incremento del mercurio organico non solo nei mitili, che hanno un ciclo breve (1-1,5 anni), ma nell'insieme della biocenosi "impianti di maricoltura" che comprende numerose specie». Il quarto: l'Azienda speciale del Porto ha chiesto l'intervento del geologo Stefano Covelli del Dipartimento di geoscienze dell'Università di Trieste per predisporre, in collaborazione con Cogiumar, il piano di monitoraggio. Il quinto: a garanzia dei miticoltori è prevista una fideiussione nel caso d’incidenti o di verifiche di danno a breve o medio termine risultanti dal monitoraggio. «È evidente quindi – conclude Cogiumar - che qualsiasi ulteriore intervento di scavo del canale deve rispettare questi punti».

Tiziana Carpinelli

 

“No se pol” solo per il rigassificatore vicino ai centri abitati - la lettera del giorno di  Silvano Baldassi

In questi giorni si è nuovamente sentito affermare che Trieste è la città del “no se pol”, per dire che troppo spesso i suoi cittadini si oppongono a qualsiasi progetto, anche se presentato come soluzione ai problemi economici del territorio. Ciò non è assolutamente vero perché i triestini leggono e s’informano e di conseguenza sono sufficientemente consapevoli e preparati nel capire l’essenza delle proposte. Difatti essi non si sono mai opposti all’insediamento di quelle attività che, nel passato, hanno fatto grande e ricca questa città (porto, cantieri, Soc. di navigazione, Stock, Dreher, tanto per citarne qualcuna) e, nel presente, nessuno si è opposto all’ Area di ricerca, al Sincrotrone, a Pasta Zara, Redaelli, ecc.. Sono invece contrari all’insediamento di rigassificatori nel nostro golfo proprio perché hanno appreso, da stampa, televisioni, conferenze e dibattiti, che ovunque, sia in Italia che all’estero, gli impianti di questo tipo (mini, medi o maxi), considerati a rischio di incidente rilevante, vengono attualmente costruiti ben lontani dai centri abitati. Queste scelte vengono generalmente motivate con la necessità di proteggere la popolazione, in caso di incidenti o attentati (ricordiamo l’attentato dell’Olp alla Siot), e di evitare intralci ad altre attività presenti nel territorio (porto, turismo, pesca, ecc.). Tanto per ricordare quanto avviene nel nostro Paese, i media ci hanno informato che l’impianto di Porto Viro è situato in mare aperto, a quindici chilometri dalla costa; quello di Livorno è situato in mare aperto a 22 km dalla città; quello di Porto Recanati (per ora congelato) è previsto in mare aperto, a 34 km dalla costa. Ci si domanda pertanto: perché solo nel nostro golfo si ritiene di poter situare tali impianti in prossimità dei centri abitati, trascurando tutte quelle precauzioni che vengono applicate altrove? Non sarà che, mentre negli altri siti la tutela delle persone e dell’ambiente viene considerata di primaria importanza, da noi popolazione e ambiente non contano nulla? Tutti dubbi che dovrebbero far riflettere.

 

 

Differenziata, la Confsal lancia una petizione popolare
La Confsal annuncia che si stanno raccogliendo nei luoghi di lavoro firme sulla petizione popolare “Raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani: profitti e benefici al Palazzo - costi e oneri al cittadino”. Pur condividendo gli obiettivi dell’iniziativa «promossa da Comune, Provincia e AcegasAps», ne vengono respinte «le modalità di ripartizione dei benefici». Secondo il testo «ai cittadini viene riservata la parte disagevole e onerosa, mentre il Palazzo accumula utili di cassa sui risparmi prodotti» che sarebbero «destinati a aumentare i già lauti stipendi a dirigenti, funzionari e ai vari consigli di amministrazione e per poter acquistare i palazzi più lussuosi in piazza Unità». Di più: l’utente rischia «multe salate», mentre il sindaco Cosolini «anziché diminuire le tasse per l'asporto dei rifiuti le ha aumentate». Inoltre «nel 2013 i cittadini privilegiati (quelli che si possono permettere di acquistare azioni) si sono spartiti una barca di milioni di euro. Si deduce che il sindaco si dimostra forte con i cittadini più deboli e compiacente con i benestanti». Cosolini, fa sapere il segretario provinciale Confsal Filippo Caputo, rilevando elementi diffamatori nella petizione ha annunciato azioni di conseguenza.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 settembre 2014

 

 

Muggia, primo sì al progetto per la costa

Ok dalla Conferenza dei servizi, ma l’area rientra nel Sito inquinato. Nesladek: è questo lo scoglio principale
MUGGIA «Dove ci sono sassi non può esserci inquinamento». Tesi secca e inequivocabile quella portata avanti con forza dal sindaco di Muggia Nerio Nesladek. Il concetto è stato uno dei passaggi chiave della Conferenza dei Servizi organizzata in municipio per discutere del futuro della costa rivierasca. Nello specifico è stato affrontato il progetto definitivo relativo alle opere di riqualificazione costiera del tratto Porto San Rocco – Punta Olmi, con finalità turistico balneare. L’incontro ha visto l’espressione dei pareri di competenza che sostanzialmente approvano il progetto che ora sarà sottoposto allo “screening” di Via (Valutazione di impatto ambientale) per verificarne l’incidenza; concluso ciò, fra 60 giorni sarà riconvocata la Conferenza per una conclusione o ulteriori valutazioni. Un progetto importante per il territorio, come ha evidenziato in apertura della Conferenza Nesladek, sia dal punto di vista della fruibilità balneare dei residenti sia dal punto di vista dell’avvio di attività economiche che nello sviluppo della costa troveranno un notevole volano. Il sindaco ha anche anticipato come vi siano gli opportuni contatti transfrontalieri per una programmazione unitaria dello sviluppo della costa. Nello specifico, il progetto prevede nuovi spazi di parcheggio e una pista ciclopedonale sul lato mare che migliori la fruibilità della costa e l’accesso agli spazi balneari con un allargamento verso mare, un riempimento protetto da una mantellata e un ripascimento in ghiaia da Porto San Rocco sino all’ex Bagno della Polizia. Spiaggia, piazzole e reef artificiali a disposizione dei bagnanti che potranno godere di maggior sicurezza con una nuova distribuzione del marciapiede e del guard-rail. Il progetto interessa un’area a mare che vede in corso una caratterizzazione e le attività potranno quindi essere avviate solo dopo l’approvazione dei risultati della stessa, sentito il ministero dell’Ambiente. «Questo infatti rimane lo scoglio principale: il tratto interessato dal progetto dal 2003 è stato disgraziatamente inserito da amministratori poco oculati nel Sin e questo preclude ogni modifica della parte a mare - ha commentato Nesladek -. Poco importa se il Comune vuole intervenire solo nei primi metri dove c’è sostanzialmente solo roccia e quindi per definizione quel tratto non può essere inquinato: bisogna comunque fare una caratterizzazione, validare i dati e andare a Roma a farci liberare la zona da una conferenza dei servizi al Ministero. Soldi, tempo, incertezze». La Conferenza dei Servizi però è stata un fatto importante: nessuna delle amministrazioni presenti ha espresso disaccordo sul piano. «Forti di questo lavoreremo da subito assieme all’Autorità portuale (cui quel tratto di mare fa capo, ndr) per chiudere nei tempi il più breve possibili la questione cercando di far passare la tesi sacrosanta che dove ci sono sassi non ci può essere inquinamento». Il sindaco infine ha evidenziato come vi sia stata «una particolare sensibilità da parte della Provincia, proprietaria della strada interessata dall’intervento, che ha fatto solo osservazioni positive e costruttive, motivo in più per essere fiduciosi di riuscire a partire anche se i tempi sono davvero ristretti e le risorse “ballerine”».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 settembre 2014

 

 

Rigassificatore, il “Villaggio” teme per fondali e nautica

Audizione pubblica sul progetto proposto da Smart Gas: illustrati i benefici ma c’è chi nota come la normativa di riferimento paesaggistica sia lombarda
DUINO AURISINA Il progetto del rigassificatore che Smart Gas vorrebbe costruire al Lisert è stato al centro dell'audizione pubblica convocata ieri dalla Seconda commissione consiliare al Villaggio del Pescatore. Una settantina i presenti all'assise, avviata alle 10 e sciolta alle 11.45. Fine dell’audizione, aperta a favorevoli e contrari, come precisato dal presidente Maurizio Rozza era la prosecuzione dell'iter partecipativo per «raccogliere pareri tecnici, ma anche semplici preoccupazioni, dei cittadini» così da esprimere «un'osservazione motivata e strutturata». Nell'avviamento della Via, infatti, l'ente è chiamato a formulare parere entro il 22 settembre. Perciò venerdì è già fissata una nuova commissione per fare il punto su quanto raccolto. E poi «produrre una prima bozza per la giunta», come riferito dal vicesindaco Massimo Veronese, che ha descritto un percorso fin qui «estremamente puntuale e aperto a tutti i contributi. Sarà la giunta a esprimere la posizione finale del Comune». Diversamente da quanto comunicato, il proponente non verrà sentito di nuovo. «Il proponente – così Rozza - aveva informato che se fossi mancato all'incontro di venerdì a Monfalcone (cosa poi avvenuta, ndr) non avrebbe più preso parte ad altre audizioni a Duino». E Rozza ne ha preso atto. Quindi sono stati esposti i punti di forza del progetto e quelli critici raccolti ad Aurisina, da noi già riferiti. Tra i primi la possibilità di favorire nuovi insediamenti produttivi, per i minori costi energetici; di avviare la mini-cogenerazione anche a livello locale e di sistemare l'area naturalistica al confine con Monfalcone. Le richieste emerse, su più fronti: dalla valutazione di eventuali impatti acustici per l'abitato del Villaggio alla sicurezza. Tra le proposte, un impianto off-shore. Si è ribadita l'esigenza di valutare meglio i rischi legati alla movimentazione dei fondali, come rimarcato pure da Vladimiro Mervic (Comunella Duino), che in conclusione si è appellato «ai presidenti delle società sportive, in particolare nautiche, affinché si schierino apertamente per il no» perché a suo dire ci potrebbero essere «limitazioni alle loro attività sportive, ricreative e diportistiche». È stato comunque un incontro improntato su aspetti tecnici, come quelli sollevati dall'architetto Danilo Antoni, per il quale vi è la necessità di «ulteriori integrazioni dello Studio dell'impatto ambientale». Tra i vari rilievi e aspetti «non sufficientemente approfonditi, come la distanza dai punti di captazione degli acquedotti e la necessità di predisporre progetti di bonifica bellica e di ricerca archeologica preliminare». Nonché «insufficienti descrizioni delle componenti paesaggistiche». «Non capisco poi – così Antoni – il riferimento alla normativa paesaggistica della Lombardia, se non altro perché è una Regione senza mare». Edoardo Perossa ha invece chiesto al Comune di accelerare sul piano di zonizzazione acustica. Cogiumar ha infine sollecitato le migliori tecnologie per il dragaggio. Ultima nota: nell'assise non si sono palesati interventi di Smart Gas.

Tiziana Carpinelli

 

 

Nuovo piano traffico messo a dura prova con i rientri dalle ferie
La sperimentazione finora ha registrato risultati contrastanti. Nelle prossime settimane il responso definitivo
Con la conclusione del periodo delle ferie estive ed il conseguente rientro in città di gran parte dei triestini, scattano anche i test più impegnativi per le prove di pedonalizzazione portate avanti dall'amministrazione comunale e partite in via sperimentale ai primi di luglio. Si tratta dei cosiddetti “P days”, che in ogni fine settimana e fino alla fine del 2014, dalle 9 di sabato fino alle 20 della domenica, si prefiggono l'obiettivo di ampliare le aree pedonali del centro storico con la chiusura al traffico veicolare delle vie Mazzini ed Imbriani. Ieri, in concomitanza con la ripresa delle normali attività lavorative, si è assistito ad un primo irrobustimento dei flussi veicolari, soprattutto nelle ore centrali della mattinata e nel tardo pomeriggio. Le pattuglie della polizia locale hanno presidiato gli incroci più caldi: vale a dire quello di via Canalpiccolo, all'altezza di piazza della Borsa, e quello di Corso Italia, dall'intersezione con via Imbriani fino all'imbocco con piazza Goldoni. Flussi che nel complesso non hanno dato luogo a situazioni particolarmente ingarbugliate, ma che al tempo stesso hanno fornito un segnale di come le cose potrebbero cambiare nelle prossime settimane, quando ci sarà la ripresa delle scuole e l'attività lavorativa viaggerà a ritmi ben più sostenuti. La sperimentazione invece, almeno da quanto è emerso tastando sul campo il polso all'utenza, sembra raccogliere risultati ancora contrastanti. In sostanza le pedonalizzazoni continuano a dividere. Da un lato c'è l'apprezzamento dell'iniziativa di gran parte di triestini e turisti, che anche ieri hanno invaso il centro storico, utilizzando via Mazzini e via Imbriani quale prolungamento del salotto buono della città per dedicarsi allo shopping, per passeggiare e chiacchierare, o magari per sorseggiare un caffè o un aperitivo comodamente seduti ai tavolini dei bar sistemati in mezzo alla carreggiata, per l'occasione sgombra di automobili. Sull'altro fronte però ci sono i mugugni di alcuni cittadini, per la maggior parte anziani, che non hanno gradito lo slittamento di una decina di linee dei bus, deviate nei fine settimana dal loro percorso abituale, con tutti i disagi del caso per spostamenti e coincidenze. Infine ci sono alcuni automobilisti che evidentemente non hanno ancora metabolizzato del tutto i cambiamenti: ci riferiamo a coloro che da Corso Italia si preparano a svoltare lungo via Imbriani, per poi accorgersi all'ultimo momento delle transenne che bloccano l'accesso: operazione questa che provoca di volta in volta inevitabili rallentamenti alla circolazione. «Fino ad oggi le sperimentazioni hanno avuto effetti positivi e credo che non ci saranno sorprese in negativo nemmeno in futuro perché le limitazioni al traffico veicolare sono decisamente ridotte» - afferma Elena Marchigiani, assessore comunale alla mobilità -. «Il fatto importante è che i cittadini si stanno riappropriando di nuovi spazi pedonali: capisco che ci sia bisogno di tempo per abituarsi ai cambiamenti e che ci possano essere dei disagi, ma ritengo che i benefici derivanti da una riqualificazione della città siano evidenti. A questo si aggiungeranno nei prossimi fine settimana delle iniziative di intrattenimento e animazione che renderanno via Mazzini e piazza della Repubblica più attrattive per l'utenza».

Pierpaolo Pitich

 

 

FareAmbiente: «Alta l’attenzione sulla Ferriera»
«Resta alta l’attenzione sulla Ferriera di Servola e la preoccupazione per la sorte dei lavoratori e la salute pubblica» dichiara Giorgio Cecco, responsabile regionale FareAmbiente. «Interessanti - prosegue - le premesse del contratto ma ci chiediamo quale preliminare firmerà ora l’azienda del gruppo Arvedi e quali le risorse vere per la tutela ambientale». Per Cecco «troppe le incognite per essere ottimisti e non sono chiare le tempistiche previste per il passaggio al complesso a freddo, che auspichiamo sia attuato in tempi più rapidi possibile». «Molte le promesse che in passato a riguardo sono state disattese, per non mantenere tutte le riserve del caso» evidenzia ancora il coordinatore del movimento ecologista.

 

 

Agricoltura - Semine Ogm bis nei campi di Fidenato

«Pronti a riseminare mais Ogm nei campi di Colloredo appena dissequestrati dalla Procura di Udine, per manifestare il nostro assoluto dissenso nei confronti della Procura della Repubblica che il 19 luglio scorso non ha esitato a distruggere la prova sperimentale che stavamo portando avanti». È l’annuncio fatto da Giorgio Fidenato, leader di Agricoltori Federati e paladino delle coltivazioni transgeniche. «Insieme al mais - aggiunge - semineremo anche radicchio per dimostrare che accanto ad una coltivazione di mais Ogm si possono coltivare anche altre colture senza provocare danni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 settembre 2014

 

 

Greensisam chiede 11 milioni di danni

La società messa in vendita da Maneschi ha fatto causa all’Autorità portuale e in seconda battuta al Comune
Mentre la vendita a nuovi proprietari annunciata da Pierluigi Maneschi sarebbe alla stretta finale o addirittura già avvenuta, è emerso ieri come Greensisam abbia presentato ricorso al Tar chiedendo in prima battuta all’Autorità portuale e in seconda al Comune di Trieste 11 milioni di euro di danni. Nel ricorso l’ex rappresentante legale della società, Gennaro Albamonte, fa riferimento al «silenzio serbato dall’Autorità portuale nonché, ove ritenuto di giustizia e per quanto di ragione, del Comune di Trieste in relazione alle diffide a provvedere notificate in data 15/1/2014 volte a ottenere il rilascio dell’autorizzazione unica.» Viene sostanzialmente chiamata in causa la mancata emissione del permesso a costruire. Greensisam ha in concessione fin dal 2001 per novant’anni i primi cinque magazzini del Porto Vecchio dal versante della Stazione centrale dove l’intenzione originaria era di collocare in particolare la sede di Evergreen, la compagnia armatoriale di Taipei di cui fa parte anche Italia Marittima, per il Mediterraneo e il Sud Europa. Tramontata questa ipotesi anche per le lungaggini burocratiche locali era stato presentato il progetto per realizzare nel primo magazzino un garage e nel secondo uffici e negozi. L’imminente emissione del permesso a costruire era stata annunciata dal sindaco Roberto Cosolini a luglio, ma in quel momento forse le trattative di Maneschi per vendere la società erano già partite. «Tredici anni di attesa vana e già 9 milioni buttati via sono troppo», ha dichiarato nei giorni scorsi il terminalista-imprenditore. Di sicuro già allora era partito il ricorso al Tar con il quale si chiede ai giudici che intimino il rilascio dell’autorizzazione e che condannino gli enti citati al risarcimento di undici milioni di danni, sommati agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria. Si chiede inoltre che sia accertato il diritto di Greensisam di non corrispondere il canone di concessione «finché perdura il silenzioso inadempimento dell’Autorità portuale in merito al rilascio dell’autorizzazione» e infine che venga annullata la comunicazione del 27 maggio con la quale l’Autorità portuale ha sollecitato la ricorrente «al pagamento dei canoni demaniali 2014 asseritamente dovuti per un importo di euro 608mila 537,50.» In relazione al ricorso, la giunta comunale su proposta dell’assessore Matteo Montesano ha deliberato la costituzione in giudizio dell’amministrazione. Nella delibera, l’amministrazione comunale rileva che per l’opera non è necessario l’accertamento di conformità urbanistica di competenza regionale, ma che l’intervento va assentito con apposito permesso di costruire di competenza comunale. Si fa rilevare che «coerentemente il Comune ha dovuto dar corso al procedimento del rilascio per il permesso a costruire ottemperando alle relative prescrizioni di legge e ha rilasciato il permesso di costruire del 31 luglio 2014 con il quale è stato assentito l’intervento proposto da Greensisam e ciò subito dopo il rilascio dell’autorizzazione monumentale da parte della Soprintendenza e dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Regione non appena è stato possibile completare l’istruttoria con l’esame degli elaborati concernenti gli oneri di urbanizzazione interessanti l’area di intervento fatti pervenire, con nota del 25 febbraio 2014, dall’Autorità portuale.»

Silvio Maranzana

 

 

Vescovini: «Smart Gas non è il diavolo»
Il project leader del mini-rigassificatore al Lisert ha risposto a una platea preoccupata per le ricadute
MONFALCONE «Il Gas naturale liquido non è il diavolo, è un combustibile sicuro». Alessandro Vescovini lo mette subito in chiaro. L’incontro pubblico organizzato ieri al Kinemax per togliere i dubbi a tutti gli scettici e detrattori che si sono messi - o si vorrebbero mettere - di traverso al progetto del rigassificatore al Lisert lo vede mattatore. Per convincere la platea, mostra un filmato nel quale vengono comparati i rischi del Gnl con quelli della benzina e al termine del video lancia la sfida: «Abbiamo chiesto ai vigili del fuoco di poter rifare le prove pratiche mostrate. Chiunque potrà venire a Gorizia per vedermi fare le stesse cose e chi accetta la sfida dovrà fare lo stesso, ma con la benzina. È il metodo del touch to know». La provocazione è il filo rosso dell’intervento del project leader di Smart Gas. Vescovini punzecchia il pubblico e con il suo fare spigoloso riesce a tenere viva l’attenzione, ma la tattica d’attacco non piace a tutti. L’atteggiamento è aggressivo e alla fine il numero uno della Sbe incassa la protesta del Wwf, stufo d’essere continuamente chiamato in causa. Sempre sul fronte ambientalista, va segnalato che il circolo monfalconese di Legambiente ha preferito non partecipare all’incontro volendosi concentrare sulle osservazioni da presentare nell’ambito della Valutazione di impatto ambientale. Vescovini ha provato a spiegare i motivi che hanno spinto la cordata di industriali del Friuli Venezia Giulia a rischiare del proprio investendo 120 milioni di euro per un impianto di rigassificazione a Monfalcone. «Noi il gas lo stiamo pagando troppo. Noi viviamo di export, ma come facciamo a competere con chi paga l’energia un terzo se non addirittura la metà di noi? Così non ce la facciamo a sopravvivere e non è un ricatto, è un avvertimento. Tra Abs, Tecnosider, Pittini, Palini e Bertoli, Fantoni, Sbe, Sangalli, Gruppo Cividale, Marcegaglia, Trametal e Burgo ci sono in gioco 10 mila posti di lavoro che devono essere protetti. L’impianto non è strategico a livello nazionale, serve all’industria regionale». Nella presentazione sono stati ribaditi diversi concetti e sono state date risposte a molti dubbi dei presenti. «Gli impianti hanno un grande impatto sul mare per lo scambio termico, per questo il progetto prevede di utilizzare l’acqua della Burgo, per evitare di raffreddare il mare. Non è prevista nessuna presa a mare e non c’è consumo di suolo perché il terreno è industriale», ha sottolineato Vescovini che poi sulle polemiche legate all’accosto in banchina ha aggiunto: «Lo facciamo dove è previsto dal piano regolatore del porto».

 

Mini-rigassificatore al Lisert - Oggi dibattito al Villaggio - A CURA DEL COMUNE
DUINO AURISINA Prosegue, come annunciato alcuni giorni fa dal presidente della Seconda commissione consiliare Maurizio Rozza, il “percorso partecipativo per la costruzione del parere sul progetto dell'impianto di rigassificazione presentato da Smart Gas”. Parere (non vincolante) che l'amministrazione, al pari di Monfalcone e Doberdò del lago, è chiamata a esprimere nelle prossime due settimane. Così oggi alle 10, al Villaggio del Pescatore, nell'ambito della manifestazione "Vele bianche & pesce azzurro", la Seconda commissione organizza un nuovo incontro, sollecitato dai residenti, con i portatori di interessi, favorevoli e contrari al progetto. «Quanto emergerà nell'ambito dell'assemblea, unitamente ai contributi già sino ad ora raccolti, fornirà l'articolato di una prima bozza di parere – così Rozza – . La bozza verrà analizzata e definita nella riunione della Commissione che si terrà la settimana successiva e inviata al proponente. Il percorso si chiuderà con una nuova audizione di Smart Gas, subito seguita dal parere».

 

 

Ora l’acqua sgorga dalle casette
Inaugurazione a San Giovanni, ma ci si potrà rifornire anche a Borgo San Sergio e Rozzol Melara
Si chiamano “casette dell’acqua” o anche, con un termine che richiama i tempi passati in chiave moderna, “fontane pubbliche tecnologiche”. Si tratta dei distributori di acqua naturale e/o gasata che l’amministrazione comunale ha iniziato a posizionare in alcune zone della città. In questa prima fase sperimentale dell’operazione sono al momento tre gli erogatori in funzione: a Borgo San Sergio, Rozzol Melara e nel rione di San Giovanni, all’altezza della Rotonda del boschetto, dove si è tenuta l’inaugurazione ufficiale dell’iniziativa. Duplici gli obiettivi: da una parte la sostenibilità ambientale, attraverso il risparmio energetico e la riduzione dei rifiuti in plastica cui si collegano le problematiche di smaltimento. Dall’altra, una convenienza anche per la cittadinanza, che potrà usufruire di un prodotto fresco e controllato a un prezzo definito “sociale”, vale a dire 5 centesimi al litro, mentre nella prima settimana l’erogazione sarà gratuita. «Si tratta di un segnale piccolo ma importante» - ha affermato l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni -. «L’idea è innanzitutto quella di valorizzare l’acqua di rete che è di ottima qualità. In secondo luogo, l’obiettivo è di ridurre il consumo delle bottiglie di plastica e di conseguenza delle emissioni inquinanti che derivano dalle diverse fasi di produzione, trasporto e smaltimento del materiale». L’acqua dei distributori sarà erogata tramite tessere precaricate (da 5 e 10 euro), reperibili nelle edicole e realizzate con una nuova tecnologia antimanomissione, smagnetizzazione e contraffazione. Come è stato spiegato da Cristiano Ferrari, direttore generale della ProAcqua Group, l’azienda che ha provveduto all’installazione degli erogatori, con l’assistenza e il contributo di AcegasApsAmga e che può contare su circa 250 impianti sparsi sul territorio nazionale, il processo di trattamento dell’acqua non è strutturale ma soltanto organolettico: in sostanza l’intervento è indirizzato unicamente all’eliminazione del cloro o di altri prodotti sanificanti, al fine di ottenere un sapore dell’acqua più gradevole al palato. Particolarmente evolute anche le tecniche di funzionamento dei macchinari, in grado di erogare una media di oltre 1000 litri di acqua al giorno: si va dalle lampade ai raggi ultravioletti che intervengono sul profilo igienico, monitorando gli organismi batterici, passando per il sistema di raffreddamento con gas naturale, per finire con il processo di microfiltrazione che si avvale di carboni attivi a base di gusci di noce di cocco. Da non sottovalutare infine l’aspetto sociale dell’iniziativa, con le “casette” dell’acqua che possono diventare punti di aggregazione, come in passato accadeva con le fontane. «I grandi risultati si ottengono con i piccoli tasselli», ha sottolineato il sindaco Roberto Cosolini, che ha ricordato come l’iniziativa sia partita da una mozione del consigliere comunale Pd Loredana Lepore -. «Si tratta di un’operazione che rende la città più vivibile e al tempo stesso più sostenibile dal punto di vista ambientale».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 settembre 2014

 

 

«Dopo la rinuncia di Greensisam conferenza per Porto Vecchio» il sindaco rilancia
«La rinuncia di Greensisam è comprensibile: troppi anni, troppi cambiamenti di scenari e di mercati, troppe complicazioni burocratiche. Per parte mia ho fatto il possibile affinché l'iter autorizzativo andasse a buon fine e spero che il permesso a costruite faciliti la ricerca di un investitore». Il sindaco Roberto Cosolini interviene ancora sulle polemiche dopo l’ultimo abbandono di Porto Vecchio. «È chiaro che serve una svolta perché sono state troppe le ipotesi e le iniziative che non sono andate a buon fine - aggiunge Cosolini -, il che è un paradosso se pensiamo a come tutti considerino lo straordinario valore potenziale di quell'area. Per quel che mi riguarda, come ho già avuto modo di dichiarare in altre occasioni, la svolta è rappresentata da un piano strategico, dalla certezza sullo status giuridico e da una conseguente azione di marketing dell'area su scala nazionale e internazionale. Se a ciò può servire la conferenza sul Porto Vecchio, proposta dal senatore Francesco Russo, dico subito che il Comune è pienamente disponibile a promuoverla insieme a tutte le istituzioni, compresa l'Autorità Portuale, con l'unico fine di mettere quell'area in condizione di generare ricchezza e occupazione per la nostra comunità» «Non mi stupisce la posizione di Pierluigi Maneschi dopo molti anni di attesa trascorsi per poter avviare l’attività di Greensisam». Così Maria Teresa Bassa Poropat commenta la decisione dell’imprenditore di ritirarsi dal Porto Vecchio.

 

 

OGGI L’INAUGURAZIONE-  Arrivano le prime “casette dell’acqua”

Arrivano le “casette dell'acqua” o “fontane pubbliche tecnologiche”. L'acqua delle “casette” - che da oggi saranno operative in via sperimentale a Rozzol-Melara, a Borgo San Sergio e presso la Rotonda del Boschetto, a San Giovanni - sarà erogata con tessere precaricate reperibili presso le edicole (prima settimana gratis).Inaugurazione alle 12 alla Rotonda del Boschetto.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 settembre 2014

 

 

Umido, prime multe: guardie ecologiche vicino ai cassonetti

Possono far aprire i sacchetti per verificare il contenuto In sei mesi elevate 121 contravvenzioni per 23.860 euro

Si appostano in borghese a poca distanza dai cassonetti della spazzatura. Attendono che un cittadino si appresti a gettare le immondizie. Poi si avvicinano e chiedono di farsi aprire il sacchetto verificando se la raccolta differenziata è stata fatta correttamente. In caso contrario scatta la sanzione. L'introduzione a Trieste dell'obbligatorietà anche della raccolta dell'umido impone una maggior attenzione da parte dei triestini alla separazione dei rifiuti. Perché i controlli ci sono, vengono effettuati, eccome. «Con modalità diverse - spiega l'assessore alla polizia locale, Fabiana Martini - sia su segnalazione che a individuando delle isole ecologiche a caso. Ad effettuarli sono le guardie ambientali ». L'errato conferimento dei rifiuti negli appositi bottini comporta una multa che va dai 50 ai 300 euro. «La sanzionabilità per la mancata raccolta dell'umido partirà tra una decina di giorni, - specifica l'assessore comunale all'Ambiente, Umberto Laureni - non appena l'obbligatorietà della raccolta verrà inserita nel regolamento di igiene urbana». Che i controlli ci siano e le sanzioni vengano comminate lo conferma il numero di verbali redatti dalla polizia locale e dalle guardie ambientali per violazione del regolamento di igiene urbana. Dall'inizio dell'anno al 31 luglio le multe sono state 121 per un importo complessivo di 23.860 euro. 46 cittadini hanno già versato il dovuto per un totale di 8.840 euro. Le indicazioni diffuse da AcegasAps anche attraverso dei dettagliati volantini che stanno venendo distribuiti nelle cassette della posta, non vanno quindi sottovalutate. E su come dividere l'umido tra i triestini c'è ancora non poca confusione. Intanto per gettare la spazzatura nei nuovi bidoni che AcegasAps sta sistemando nelle isole ecologiche, color antracite con il coperchio marrone, vanno utilizzati solo sacchetti biodegradabili. Dove vanno introdotti scarti e avanzi di cibo, filtri del tè e i fondi di caffè. Oppure salviette, piccole quantità di fiori, piante da appartamento. Non vanno assolutamente introdotte nell' umido invece ossa, valve di cozze e vongole, olio e cibi liquidi, le lettiere di piccoli animali, pannolini e assorbenti e mozziconi di sigarette. «Per la raccolta dell' umido abbiamo già posizionato 1.100 contenitori - specifica il direttore della sezione Ambiente di AcegasAps, Paolo Dal Maso - e di giorno in giorno il conferimento da parte dei cittadini sta aumentando, segno che la sensibilità c'è e che la comunicazione sta funzionando». I primi a sperimentare la raccolta dell'umido sono stati i grandi utenti come i supermercati. Tra pochi giorni l'obbligo verrà esteso a tutti i triestini. «Inclusi gli esercizi commerciali, bar e ristoranti - evidenzia Laureni - che incidono particolarmente sulla raccolta dell'umido».Di parere diverso la Fipe che sostiene di non avere ricevuto ancora precise direttive dal Comune o da AcegasAps. «Se sul resto della differenziata i gestori sanno già di doverla effettuare - specificano i vertici della Fipe - la questione umido è per noi ancora aperta. Non siamo pronti e con il Comune è ancora in essere una fase interlocutoria e di conseguenza non ci aspettiamo sanzioni nel momento in cui viene introdotta l'obbligatorietà nel regolamento».

 

SEGNALAZIONI - IMMONDIZIA - Progetto migliorabile

La lettera pubblicata dal Piccolo il 2 settembre “A San Giacomo i bottini sono scomparsi: e gli anziani?” ci dà l’opportunità di rimarcare alcune considerazioni generali in merito al progetto di introduzione della raccolta differenziata dell’umido. Come noto, si tratta di un progetto di ampio respiro, realizzato in stretta collaborazione con l’amministrazione comunale per allineare progressivamente la raccolta differenziata a Trieste ai migliori standard nazionali, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. La diminuzione, a tendere, dei rifiuti indifferenziati e il parallelo incremento di quelli differenziati, sta rendendo necessaria una parziale ricollocazione delle Isole Ecologiche di Base sul territorio cittadino. Le scelte di razionalizzazione dei contenitori sono frutto di un intenso lavoro durato oltre 6 mesi che ha coinvolto il servizio Ambiente, l’ufficio Mobilità e traffico, la Pianificazione urbana del Comune di Trieste e AcegasAps Amga e sono state ponderate cercando di identificare i contenitori il cui prelievo avrebbe avuto il minor impatto sulla cittadinanza. Siamo tuttavia consci che la suddetta riorganizzazione comporterà necessariamente una parziale modifica delle abitudini dei cittadini, indispensabile però, al fine di raggiungere gli ambiziosi obiettivi di questo progetto che, lo ricordiamo, è teso a costruire assieme un futuro più sostenibile per la città. AcegasAps Amga,ringraziando tutti i cittadini per le preziose sollecitazioni in questa prima fase dimessa a punto del servizio, si rende comunque disponibile a valutare in accordo con il Comune,eventuali misure migliorati veda adottare, compatibilmente con i vincoli tecnici ed economici del progetto.

Relazioni esterne AcegasAps Amga Spa

 

 

Sgarbi: «Il Punto franco ha ibernato Porto Vecchio» Secondo Cosolini, Maneschi ha atteso il permesso di costruire per vendere
Serracchiani: «Serve una svolta» Razeto: «Basta bastoni tra le ruote»

«Mi dispiace per Trieste e per Maneschi. Temo che la sua rinuncia certifichi il fallimento di una grande idea e di un’importante operazione sebbene la riconversione del Porto Vecchio figuri tra le opere prioritarie del Ministero dei Beni culturali.» Vittorio Sgarbi commenta così l’addio di Pierluigi Maneschi alla parte antica dello scalo triestino rivelando anche di aver effettuato, assieme all’architetto Barbara Fornasir e in accordo con l’ex direttore regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines, la progettazione delle coperture della viabilità interna dell’ipotetico Villaggio Greensisam. La rinuncia di Maneschi segue il clamoroso abbandono da parte del concessionario globale, la Portocittà di Maltauro e de Eccher, e le sparute richieste di concessione che hanno caratterizzato l’ultimo bando pubblico dall’Autorità portuale. «Anche quest’ultimo addio lo presagivo - commenta Sgarbi - perché non si è saputo distinguere tra vincoli intelligenti e vincoli idioti. I vincoli intelligenti sono quelli di tutela architettonica, sui palazzi che avevo messo io e che hanno anche un valore simbolico: ne avevo parlato con lo stesso Maneschi e anche lui ne era convinto e soddisfatto che fossero mantenuti. Poi ci sono i vincoli capricciosi, quelli che si riferiscono al regime di Punto franco. Se proprio si voleva mantenere una parte di porto commerciale, ma forse non ci sono le condizioni nemmeno per quella, si poteva delimitarla e liberare tutto il resto. Non lo si è fatto ed è stata un’autentica sciocchezza. È prevalsa la miopia politica e culturale che ha probabilmente provocato il fallimento dell’intero progetto.» Telegrafico il commento della presidente della Regione Debora Serracchiani: «Il Porto vecchio ha visto finora troppe rinunce, ed è difficile possa trattarsi sempre di casi fortuiti. Sul futuro dell'area la Regione si è espressa in modo chiaro da tempo: occorre una svolta». Secondo il sindaco Roberto Cosolini è sospetto l’annuncio dell’addio di Maneschi subito dopo l’ottenimento del permesso di costruire. «Con il permesso in tasca - sottolinea - l’operazione vendita risulta molto più fattibile e redditizia. È anche strano il pressing continuo degli ultimi mesi e il ringraziamento che mi ha fatto lo stesso Maneschi, anche se è indubbio che la sua attesa sia stata quasi interminabile.» Nell’ultimo periodo l’impasse è stata provocata dalla la procedura di compatibilità ambientale che alla fine la Regione ha giudicato non necessaria. «Sia chiaro però - specifica il sindaco - che qui non si è trattato ancora della contrapposizione tra le amministrazioni elettive e Marina Monassi. I sindaci, anche il mio predecessore, hanno sostenuto la natura privata della realizzazione, tutti i presidenti dell’Autorità portuale quella pubblica.» Se la situazione in generale del Porto Vecchio resta tragica non è altrettanto drammatica, a detta di Cosolini, quella di Greensisam. «Sembra chiaro - conclude il sindaco - che è da mesi che Maneschi sta cercando di vendere la società. Se effettivamente ha trovato l’acquirente, ora le opere potrebbero veramente partire.» Il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto, a proposito dei 13 anni di attesa di Maneschi, rileva come sul territorio «negli ultimi anni, troppo spesso vi sia stato un clima non particolarmente favorevole alle iniziative imprenditoriali. Un'atmosfera che non ha aiutato e che non aiuta chi, giorno dopo giorno, continua a credere nel futuro della città, sia decidendo di mantenere qui le proprie attività, combattendo al fianco dei propri dipendenti, sia scegliendo queste zone per nuovi investimenti e insediamenti».

 

Il Pd - Rosato: «Colpa di Monassi» - Russo: «Va fatto un referendum»

«Dietro al naufragio di quest' ultimo grande progetto imprenditoriale - sottolinea il deputato del Pd Ettore Rosato riferendosi all’affare Greensisam - c'è il fallimento dell' Autorita' portuale, che non ha saputo adempiere al proprio compito e non ha voluto rispondere, per anni, alle ragionevoli richieste di un imprenditore che in Porto Vecchio ha investito dosi massicce di tempo, mezzi e denaro. Così non possiamo andare avanti - prosegue il parlamentare - quello che in qualsiasi altro luogo del mondo sarebbe stato considerato normale, nel porto di Trieste diventa impossibile. È una situazione di impasse che va superata al più presto, cambiando totalmente passo, strategie e, soprattutto, la governance dell' Autorità portuale. Il Porto, sia Nuovo che Vecchio, sono occasioni troppo preziose per essere sprecate.» «Questo è un fallimento di tutta la città - sostiene invece il senatore del Pd Francesco Russo - provo allora a rilanciare una proposta non di parte: riapriamo per l'ultima volta il dibattito sul futuro di Porto Vecchio. Organizziamo una “Conferenza sul Porto Vecchio”, magari in uno dei capannoni, aprendolo per una settimana ai triestini interessati ma soprattutto ad esperti e osservatori imparziali, operatori e imprenditori nazionali e internazionali, amministratori di città europee che hanno gestito la riqualificazione del loro waterfront coi quali discutere delle reali opportunità non solo economiche di quell'area su cui tante volte si è favoleggiato. E alla fine - conclude Russo - organizziamo una consultazione popolare che lasci ai cittadini la scelta della strada da seguire ».

 

 

«La Smart Gas salverà aziende» Con il mini-rigassificatore «previsti 50 nuovi occupati diretti e 2mila nell’indotto»

MONFALCONE Esposizione, domande e risposte come una sorta di “ping pong”.È passato “in filigrana” il progetto presentato da Smart Gas, ieri sera, nell’ambito dell’audizione della società proponente a Commissioni consiliari unificate del Comune di Monfalcone, della Programmazione territoriale e della Tutela salute, patrimonio naturale e ambiente. L’imprenditore Alessandro Vescovini, affiancato dal direttore della società Lucio Bregola, ha tenuto banco tra dati, garanzie e impegni, davanti a un numeroso pubblico. Vescovini ha subito spiegato le ragioni della nascita di Smart Gas, sulla scia della riforma, all’epoca del governo Monti, di liberalizzazione del mercato del gas, che ha consentito agli operatori privati di gestire stoccaggi di gas, introducendo il principio di concorrenza. Ha evidenziato che in Friuli Venezia Giulia il rapporto tra consumo di gas a uso industriale e fatturato delle imprese è il più alto in Italia. I prezzi si scaricano pesantemente sulle aziende. «Le nostre imprese - ha detto Vescovini - sono costrette a sostenere costi energetici tali da essere messi fuori mercato». Ecco perchè il mini-rigassificatore: «Vogliamo rilanciare l’industria friulana, vogliamo non fare chiudere le fabbriche». La cordata di Smart Gas, ha aggiunto, rappresenta 10mila dipendenti, contribuendo al 10% del bilancio della regione. L’imprenditore ha risposto a ruota sotto l’incalzare delle domande. Occupazione stimata per questa operazione economica: 2mila posti di lavoro, con l’impegno di assumere fino a 50 lavoratori diretti, privilegiando i dipendenti della centrale. Ha fatto altresì riferimento alla lettera d’intenti in ordine alla cessione ad A2A di 5 milioni di mc. di gas all’anno. Sull’investimento «del valore di 120 milioni», Vescovini ha scandito: «Noi i soldi pubblici non li usiamo. Anzi: 20 milioni li mette Vescovini per realizzare l’escavo del canale. Nè si tratta di un progetto strategico nazionale, poiché riforniremo il gas a prezzi scontati solo ad aziende stabili della regione». Ancora, i serbatoi saranno alti 35 metri. Le gasiere saranno 22, rispetto alle 11 preventivate, in virtù delle nuove commesse di Msc a Fincantieri, in vista della nuova opzione dei motori dual fuel. «Si tratta di piccole metaniere da 9mila metri cubi; serviranno per fare il pieno delle navi al largo e per altri porti». Per Vescovini non ci sarà alcuna presa a mare ma il solo sfruttamento di acqua industriale non trattata chimicamente,andando oltre il progetto del circuito chiuso prefigurato dal Wwf.

(l.b.)

 

Giapponesi nel business energetico croato
Il colosso nipponico Marubeni costruirà la centrale termoelettrica di Fianona 3 e vuole investire nel rigassificatore di Veglia

Opportunità di crescita - La società del Sol levante vede in Zagabria una possibile occasione di sviluppo con l’allacciamento alle principali reti europee

La Croazia diventa sempre più un’area strategica per quanto concerne il settore energetico di tutti i Balcani occidentali con implicazioni che possono diventare interessanti anche per l’Europa centrale. Dopo il grande interesse dei russi per l’acquisizione della società petrolifera Ina e la scoperta di giacimenti di greggio e gas nel fondale marino dell’Adriatico ecco che sulla regione si affaccia un colosso giapponese. Si tratta della Marubeni che si è aggiudicata la realizzazione della nuova centrale termoelettrica di Fianona, già ribattezzata Fianona 3, per conto della Hep, la società che gestisce l’elettricità in Croazia. Si tratta di un affare che va dagli 800 milioni al miliardi di euro. La società nipponica ha avuto il sopravvento anche sull’italiana Edison che era interessata all’opera. Il costo della realizzazione sarà definito nei prossimi mesi con il governo croato e entro il primo trimestre del 2015 ci dovrebbe essere la firma del contratto. Se il dialogo con la Marubeni non dovesse andare a buon fine, Zagabria discuterà dell’affare con il consorzio Abeinsa e la Daewoo, rispettivamente secondo e terzo classificato nella gara bandita dall’esecutivo croato. Nel quadro delle trattative rientrano anche le due principali banche d’affari del Giappone , ossia la Japan Finance Corporation con il suo dipartimento internazionale (Jbic) e la Banca di sviluppo del Giappone entrambe di proprietà dello Stato. «La Croazia produce solo l’80% del proprio fabbisogno energetico - ha spiegato il presidente della Marubeni Europower con sede a Londra, Hirochi Tachigami allo Jutarnji List di Zagabria - ha aderito all’Unione europea e si collegherà con i principali sistemi energetici comunitari e noi stiamo cercando opportunità di costruire centrali elettriche stabili anche se presi singolarmente non sarebbero molto convenienti». Ma il colosso giapponese non si ferma a Fianona 3. «Siamo interessati - ha confermato Tachigami - a investire anche nella realizzazione del rigassificatore sull’isola di Veglia». Per quel che riguarda Fianona 3, la nuova centrale a regime sarà in grado di produrre 500 megawatt all’ora, per realizzarla sarà costituita una joint-venture e l’unità dovrebbe essere completata entro il 2019. Il principale fornitore di opere e di attrezzature alla Marubeni sarà la francese Alstom che sui stabilimenti in Croazia e più precisamente a Karlovac. «Gli investitori giapponesi vedono la Croazia come una destinazione sicura dei propri investimenti soprattutto dopo la sua adesione all’Unione europea », ha commentato il direttore della Hep, Tomislav Šeri„. La Marubeni nell’ultimo esercizio finanziario ha prodotto un fatturato pari a 68,5 miliardi di dollari con 2,07 miliardi di profitto. Le entrate della Marubeni sono leggermente maggiori all’intero Pil della Croazia e nel 2013sono state di 57,5 miliardi di dollari. La società nipponica è in cerca di nuove opportunità di investimento nei rigassificatori. Ne possiedono già in Qatar, Guinea equatoriale e Perù e ne sta costruendo uno a Papua Nuova Guinea. Anche la Croazia ricade ora nel loro business. Lo scorso anno si sono concentrati anche sulla costruzioni di navi metaniere e dal settore si aspettano una crescita annua del 3-4 per cento. Ma la società nipponica è anche tristemente nota per essere un’abile corrutrice di politici. In Indonesia è stata condannata per aver corrotto alcuni parlamentari di alto rango e il direttore della società energetica indonesiana per ottenere una commessa da 118 milioni di dollari. In tribunale si è dichiarata colpevole e pagherà una multa di 88 milioni di dollari. Nel 2012 inoltre ha pagato una penale di 54,6 milioni di dollari per aver tentato di corrompere politici nigeriani per la costruzione di un rigassificatore sull’isola di Bonney.

Mauro Manzin

 

 

Da domani l’acqua delle“casette” - Prima settimana gratis

L'acqua delle “casette”, le moderne fontane pubbliche tecnologiche ma a pagamento, “scorrerà” da domani in via sperimentale a Rozzol-Melara, Borgo San Sergio e presso la rotonda del Boschetto a San Giovanni. Sarà erogata tramite tessere precaricate reperibili nelle edicole. L'inaugurazione ufficiale domani alle 12 all'installazione della rotonda del Boschetto, alla presenza del sindaco Roberto Cosolini, dell'assessore all'Ambiente ed Energia Umberto Laureni, e dei rappresentanti di AcegasAps Amga. Nella prima settimana l'erogazione sarà gratuita.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 settembre 2014

 

 

Greensisam, Maneschi lascia Porto vecchio

«Tredici anni di attesa e 9 milioni buttati sono troppi: sto trattando la vendita della società a un gruppo europeo»
L’ultima ritirata - In quell’area ha fallito chiunque ha cercato di fare qualcosa. Non potevo essere l’ultimo a restare con il cerino in mano
La ritirata alla fine ha coinvolto anche quello che sembrava il più strenuo combattente, Pierluigi Maneschi. «Mi ritiro dal Porto Vecchio - ha annunciato ieri - tredici anni di inutili battaglie (la concessione è del 2001, ndr.) e 9 milioni buttati via avrebbero stroncato chiunque. A tutt’oggi ci troviamo ancora senza il piano di infrastrutturazione e senza il progetto di deviazione del torrente Chiave. È ora che dica basta e che concentri tutti i miei sforzi sul core business delle mie attività in porto: il Molo Settimo.» Non si tratta in realtà di un semplice abbandono. «Greensisam è in vendita - specifica l’imprenditore livornese di nascita e triestino di adozione - anzi, posso dire che c’è già una trattativa ben avviata con un gruppo internazionale che ha sede in Europa. Greensisam era nata come società di scopo per creare la sede per il Mediterraneo di Evergreen. Già quando dopo una decina d’anni i cinesi a causa delle lungaggini triestine hanno rinunciato per concentrare l’attività europea nella sede di Londra, aveva perso gran parte del suo significato. In Porto Vecchio ha fallito Polis con Fiat e Generali, ha fallito Trieste futura con Pacorini, ha fallito Portocittà con Maltauro, tutta gente che di operazioni immobiliari se ne intende più di me. Non potevo restare io con il cerino in mano.» La concessione ha una lunghezza epocale, 90 anni, e riguarda i primi cinque magazzini dal versante della stazione ferroviaria, e le aree attigue. Ancora poche settimane fa lo stesso Maneschi aveva ribadito che «appena sarà possibile partiremo con i lavori sui primi due dei cinque magazzini per realizzare nel primo un grande garage e nel secondo spazi per uffici e negozi.» Non solo, nell’ambito dell’ultimo bando dell’Autorità portuale per il Porto Vecchio la stessa Greensisam aveva fatto richiesta per ottenere in concessione anche il Molo Terzo in concorrenza però con un’analoga richiesta avanzata da un gruppo di imprenditori guidati da Michael Hatzakis vicepresidente di Minoan Lines per creare una base di aliscafi per collegamenti rapidi con Venezia, Ravenna e la Croazia. Recentemente inoltre il sindaco Roberto Cosolini aveva annunciato l’imminente emissione del permesso a costruire. «Se la trattativa andrà a compimento non so cosa intenderanno realizzare in quei magazzini i nuovi proprietari di Greensisam», afferma Maneschi che nega che vi siano ancora colloqui in piedi con la Camera di commercio per il Parco del mare. È comunque probabile che subisca un ulteriore rallentamento anche il primo e forse unico settore del Porto Vecchio che sembrava prossimo a mettersi in moto.»

Silvio Maranzana

 

 

Il minirigassificatore finisce sotto esame
Dibattito acceso a Monfalcone. Il progetto proposto da Smart Gas passato ai raggi x da comitati e ambientalisti
MONFALCONE Il progetto di mini-rigassificatore proposto da Smart Gas ha monopolizzato l’attenzione, ieri pomeriggio alla Biblioteca civica di Monfalcone, passando in rassegna la voluminosa documentazione in possesso dell’amministrazione comunale che dovrà esprimere il parere (non vincolante) alla Regione entro metà settembre. Quello di ieri è stato il primo incontro promosso dal Comune, dedicato ai “portatori di interesse”, associazioni ambientaliste, comitati di rione, ordini professionali. Scopo dell’assemblea, come ha spiegato il sindaco Silvia Altran, è stato quello di fornire gli strumenti per comprendere al meglio le caratteristiche del progetto e poter presentare eventuali osservazioni. Nessuna presa di posizione, nè commento in questa sede. Alle spiegazioni tecniche, fornite dal dottor Paolo Plossi, dirigente dell’Ufficio Ambiente della Provincia di Trieste, si sono così alternate le domande, a tamburo battente, giunte dalla numerosa platea. S’è spaziato su più fronti, dalle procedure di iter e le caratteristiche dell’impianto ai possibili impatti e rischi. Innanzitutto, le procedure. Dal 22 luglio sono scattati i termini ai fini della presentazione dei pareri, previsti dalla legge, e delle osservazioni. Il Comune, nell’ambito dei 30 giorni a disposizione, dovrà fornire il proprio parere alla Regione entro metà settembre. La Regione ha tempo 90 giorni per esprimersi. E i portatori d’interesse potranno inoltrare le osservazioni, sia alla Regione che ai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, nell’arco di 60 giorni. Il tutto culminerà nell’ambito della Commissione tecnica nazionale, composta dai due ministeri preposti e dalla Regione. Al ministro dell’Ambiente compete la decisione, tramite decreto. L’unico parere vincolante è appannaggio della Soprintendenza. Plossi ha poi fornito innumerevoli dati e proiezioni in ordine alla produzione mondiale di gas e agli importatori (l’Italia detiene un tasso di consumo nettamente superiore alla media Ocse), ai flussi mondiali e alle energie rinnovabili, date in aumento da qui al 2020 del 50%, nonchè i prezzi di mercato. Domande a raffica. Una su tutte: sarà davvero un mini-rigassificatore? E Plossi: «Il rigassificatore tratterà 1,5 milioni di tonnellate di Gnl l’anno, gli impianti più grandi ne trattano 10 volte tanto». A proposito dei contenitori del gas previsti dal progetto e dei possibili rischi, è stata anche chiesta l’opportunità da parte della società proponente di fornire un’analisi sui «peggiori scenari possibili». Quindi la dislocazione del rigassificatore, per il quale è stato chiesto se non vi siano alternative. E ancora, la domanda e lo scopo del progetto: Smart Gas, è stato spiegato, prevede un rifornimento pari a 641,6 milioni di mc./anno di gas destinato alle aziende locali, regionali (di cui una parte appartenenti alla stessa società proponente) a prezzi competitivi, implementando la filiera per il trasporto del Gnl via mare, ferrovia e gomma. A proposito di metaniere, sono state chieste delucidazioni sui dragaggi, che, per il canale d’accesso al porto, è stato risposto, s’allineano con il progetto dell’escavo già in fieri. Plossi ha precisato: «La procedura di Via si occupa della valutazione esclusiva dell’impianto, non delle modalità di ricevimento e distribuzione del gas». Domande poi sull’utilizzo di rimorchiatori, ma anche sulla gestione delle operazioni in mare delle metaniere in termini di interdizioni alla navigazione e soprattutto di sicurezza. Aspetti, ha risposto Plossi, che competono alla Capitaneria. C’è chi ha chiesto se non esistano alternative ai serbatoi («perchè peraltro non sotterrati?») attraverso, ad esempio, il sistema “ship to ship”. Interrogativi in merito agli aspetti paesaggistici dell’ambiente costiero, alle distanze di sicurezza dagli abitati, alla vicinanza alle grandi aziende, come Fincantieri, e al porto commerciale, passando per il trattamento dei fanghi, l’area naturalistica e le misure di mitigazione previste da Smart Gas.

Laura Borsani

 

Al via i dibattiti nelle commissioni consiliari - Audizioni aperte a tutta la cittadinanza

Oggi e domani si terranno le audizioni aperte al pubblico delle commissioni consiliari del Comune di Monfalcone sul progetto del rigassificatore presentato dalla società Smart Gas. Nella giornata odierna alle 18, nella sala del Consiglio comunale, in una seduta congiunta e aperta al pubblico delle Commissioni Ambiente e Territorio si terrà l'audizione di un rappresentante della società Smart Gas. Domani, sempre alle 18 e sempre nella sala consiliare, la stessa Commissione unificata ascolterà tutti i soggetti istituzionali interessati (dall’Azienda Speciale per il Porto al Consorzio Industriale, dalla Capitaneria di porto ai rappresentanti degli enti statali). Successivamente scatterà la fase di coinvolgimento diretto della popolazione. Entro metà settembre infatti il Comune di Monfalcone illustrerà alla cittadinanza le sue osservazioni e prescrizioni sul progetto. Prescrizioni che in un secondo tempo saranno consegnate alla Regione, indicativamente entro il 18 di settembre.

 

 

Risultati dello studio sulla centrale A2A pubblicati online
MONFALCONE È integralmente a disposizione sul sito internet dell’Arpa lo studio “Biomonitoraggio di elementi in traccia mediante licheni nel territorio di Monfalcone” che l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito ha presentato lunedì scorso nella sala consiliare di Monfalcone. Lo rende noto il direttore tecnico-scientifico dell’Arpa Fulvio Daris. Lo studio, che ha avuto come obiettivo l’approfondimento dell’impatto dell'attività della centrale termoelettrica A2A sul territorio circostante, è stato promosso dall’amministrazione regionale nell’ambito di una convenzione fra l’Arpa e il dipartimento di Scienze della vita dell’Università degli Studi di Trieste, con il coordinamento del professor Mauro Tretiach, docente di Botanica e di Biomonitoraggio degli ambienti terrestri. Lo studio è stato inserito nella sezione news ed è accessibile direttamente dalla pagina frontale del sito dell’Arpa (www.arpa.fvg.it). Intanto, sempre sull’argomento della centrale termoelettrica di Monfalcone, anche la Provincia di Gorizia ha concluso il suo rapporto sulla possibile riconversione dell’impianto di A2A. Lo studio sarà presentato venerdì alle 11.30 nella sala della giunta provinciale in corso Italia a Gorizia. Il rapporto contiene il parere scientifico e le valutazioni di un’apposita commissione incaricata dalla Provincia di Gorizia e costituita da quattro esperti nel settore: Giorgio Einaudi, docente di Fisica in varie Università italiane e straniere oltre che impegnato in vari progetti di ricerca nazionali e internazionali, Massimo Scalia, fondatore di Legambiente, docente universitario e ricercatore, Stephen Taylor, direttore del Servizio trasferimento tecnologico dell’Area Science Park di Trieste e Marko Starman, sottosegretario di Stato al ministero dell’Ambiente e del territorio della Repubblica di Slovenia.
 

 

Wwf, lezioni ai bambini sui pericoli dei mari
Iniziativa della Riserva marina di Miramare, primo ciclo allo stabilimento “Sirena” di Grignano
Chi è il vero pericolo dei nostri mari? Da questa domanda affatto scontata si sviluppa il percorso ideato dalla Riserva marina di Miramare del Wwf con il sostegno della Provincia di Trieste, in programma questa settimana e riservato a tutti coloro che vogliono scoprire curiosità e segreti dell'ambiente marino. Sono dunque più pericolose alcune specie che abitano i mari del mondo, come ad esempio gli squali, oppure a provocare i veri danni è l'uomo stesso con i rifiuti che vengono gettati in acqua e che vanno ad intaccare l'intera catena alimentare? Un tema che sarà affrontato domani mattina, meteo permettendo, nella cornice dello stabilimento balneare “Sirena” di Grignano a partire dalle 9.30, attraverso una serie di attività ludiche per i bambini ed una campagna di sensibilizzazione sui rifiuti in mare dedicata agli adulti, con incontri e riflessioni sull'argomento, cui si aggiungerà un intervento di pulizia del fondale, grazie ai subacquei della Riserva marina e all'imbarcazione “Spazzamari” messa a disposizione dal Ministero dell'ambiente. «Il problema più grosso riguarda la plastica, abbandonata in mare con la convinzione che si tratti di un materiale biodegradabile» - spiega Mirella Tempesta, biologa della Riserva marina di Miramare -. «In realtà la plastica, ma anche il polistirolo, si sfaldano in piccoli pezzi e vengono scambiati per plancton dai pesci più piccoli che dunque li ingoiano, con evidenti conseguenze che vanno a ripercuotersi sull'intera catena alimentare». Ma il protagonista assoluto della settimana del Wwf sarà lo squalo, una delle specie più affascinanti ed allo stesso tempo più temute, da sempre oggetto di appassionanti avventure letterarie e cinematografiche. Per conoscere a fondo questo incredibile predatore sono diversi gli appuntamenti organizzati al Castelletto di Miramare, sia questa mattina che domani pomeriggio, oltre che nelle giornate di sabato e domenica. Un viaggio interessante per scoprire caratteristiche e abitudini di questi grandi abitanti del mare, senza dimenticare i pericoli creati dall'uomo che rischiano di portare all'estinzione questi straordinari predatori presenti nei nostri mari da oltre 400 milioni di anni. Anche se nel nostro golfo solo raramente se ne vedono di quelli più pericolosi. Pescatori e Capitaneria negli ultimi anni hanno segnalato soprattutto la presenza di verdesche, squaletti.

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 settembre 2014

 

 

Una caccia al tesoro alle isole ecologiche dopo gli spostamenti

L’assessore Laureni sulla differenziata: «Capisco le critiche, disagi inevitabili ma entro novembre tutto sarà a posto»
Nuove isole ecologiche, in base alla crescita della raccolta differenziata, e Piano del traffico: un “mix” difficilmente amalgabile che ha reso, soprattutto per i meno attenti ai cambiamenti, anche la ricerca dei cassonetti e dei contenitori dove scaricare i riifuti, molti dei quali hanno trovato una diversa collocazione, una vera caccia al “tesoro”. «Erano inevitabili, ma ci sono effettivamente disagi e non sono pochissimi - acconsente l’assessore comale all’Ambiente Umberto Laureni - stiamo raccogliendo le lamentale dei cittadini e quando il progetto sarà stato completato sarò io stesso a fare un approfondito sopralluogo in tutto il territorio per vedere quali eventuali modifiche fare. Frattanto, man mano che l’operazione procede stiamo facendo incontri esplicativi nelle varie circoscrizioni». Proprio ieri AcegasApsAmga ha informato in una nota di aver incominciato la posa dei contenitori di colore antracite con coperchio marrone, dedicati alla raccolta dell’”umido”, nelle zone di San Giovanni e dell’università in un perimetro delimitato come arterie principali da via Fabio Severo, via Coroneo, via Giulia, via Battisti, viale Sanzio, via Cantù. Fino ad oggi - fa rilevare l’azienda - sono stati posizionati circa 1100 contenitori per la raccolta dell’”umido” nelle zone di Borgo San Sergio, Poggi Paese, Altipiano, Campanelle, Servola, Baiamonti, Valmaura, Melara, San Luigi, Longera, San Vito e San Giacomo. A giugno è partito il progetto per dotare tutto il territorio di isole ecologiche complete dei contenitori per tutte le tipologie di rifiuti: umido, plastica, vetro/metalli, carta e cartone. «Entro il mese di novembre - annuncia AcegaApsAmga - il servizio di raccolta differenziata dell’umido organico sarà erogato in tutto il territorio comunale». L’azienda fa rilevare che da una tonnellata di scarti di cucina (cioé l’”umido”) si ricavano mediamente 100 metri cubi di biogas con i quali si producono 200 kwh di energia elettrica e 400 chili di compost da utilizzare in agricoltura o florovivaismo. «Man mano che aumenta il numero di contenitori per la raccolta differenziata - rileva ancora Laureni - diminuiscono quelli per l’indifferenziata che però non spariscono e comunque cresce la volumetria complessiva dei contenitori. Finalmente - precisa l’assessore - stiamo raggiungendo l’agognata quota del 30% per quanto riguarda la differenziata, ma è interesse di tutti crescere ancora, anche di chi è contrario all’esistenza dell’inceneritore. Deve anche crescere il grado di responsabilizzazione dei cittadini, in particolare di quelli che continuano a lasciare per terra i rifiuti ingombranti, nonostante i centri di raccolta li prendano gratuitamente.» In base alle norme vigenti ogni abitante dovrebbe avere un’isola ecologica a non più di 300 metri da casa. «Il 90% dei triestini sarà presto in questa situazione - precisa Laureni - l’operazione più facile in periferia, diventa più complicata nelle trafficate vie del centro».

Silvio Maranzana

 

 

Una Conferenza dei servizi per riqualificare la costa
Domani il vertice nel municipio muggesano. Due ostacoli da superare: i limiti imposti dalla qualifica di sito inquinato e il blocco dei fondi regionali
MUGGIA Si svolgerà domani in municipio la Conferenza di Servizi che si dovrà esprimere sul progetto definitivo generale turistico-balneare delle opere di riqualificazione della costiera nel tratto da Porto San Rocco a Punta Olmi. La restituzione della costa deve misurarsi con due problemi: l'inserimento del tratto interessato nel Sin avvenuto nel 2003 che di fatto ha bloccato e blocca a tutt'oggi ogni intervento a mare e il patto di stabilità che blocca la possibilità di contrarre mutui anche quando i finanziamenti per pagarli ci sono. Il patto Nel 2011 su iniziativa dell'amministrazione Nesladek, di concerto con tutti i Comuni della Provincia, la Provincia, l’Autorità portuale e la Camera di Commercio, la Regione ha concesso un finanziamento di 1,3 milioni di euro per la riqualificazione della costa. «A seguito delle mutate possibilità di finanziamento e a causa dei problemi connessi al patto di stabilità interno però - ricorda l’assessore ai Lavori pubblici Marco Finocchiaro - il finanziamento “virtuale” ricevuto dalla Regione anni or sono non è spendibile in quanto erogato in conto interessi per l’accensione di un mutuo che proprio a causa del patto non è consentito. La Regione comunque a fine luglio con la legge n. 13 ha previsto la possibilità di convertire i contributi pluriennali maturati agli enti locali». In sostanza, forse, verrà concessa la possibilità di convertire le rate maturate in conto capitale per un terzo del contributo originario. Da qui la necessità di rimodulare il progetto generale in modo da poterlo realizzare per lotti. Strada provinciale La strada interessata dall'intervento è una strada provinciale. Da qui il chiaro monito del Comune: «L'obiettivo finale è quello di farci cedere quella strada dalla Provincia e in questo senso stiamo attivamente lavorando assieme a quest’ultima per risolvere i relativi problemi senza dimenticare che un altro punto fondamentale è quello di operare un intervento efficace ma nel contempo non troppo invasivo nei confronti dell'ambiente». Le opere Nel dettaglio il progetto prevede a terra la realizzazione di una serie di opere che riguardano la creazione di una passeggiata della larghezza utile di 2,5 m lungo l’intero tracciato dell’intervento, utilizzabile per diversi scopi e per dividere il traffico stradale della Provinciale a favore di siano pedoni o ciclisti. Per incrementare le superfici disponibili per i bagnanti, si ricorre all’ampliamento delle piattaforme esistenti al piede del muro di sostegno (in parte già sistemate e risagomate con l’intervento della Provincia dello scorso anno), che verranno a loro volta rinfiancate con una scogliera di ridotte dimensioni in massi naturali. In prossimità di Punta Olmi, per uno sviluppo complessivo di circa 250 m, è previsto lo spostamento della carreggiata stradale verso monte, eliminando la fila di parcheggi in linea compensato comunque dalla creazione di un nuovo parcheggio di 101 posti ad ovest del ex bagno della Polizia. Si evidenziano inoltre tutta una serie di interventi per la creazione di rampe di accesso alle spiagge esistenti sia per scopi balneari, con un occhio di riguardo ai disabili, sia per scopi sportivi, quali surfisti e subacquei. Il sindaco «È un opera fondamentale che perseguiremo a tutti i costi», ha rimarcato il sindaco Nerio Nesladek. «Dopo anni di lavoro siamo a quello che potrebbe essere davvero l'inizio della riqualificazione. Molto dipenderà, stavolta, dalla capacità degli enti chiamati a pronunciarsi nella Conferenza dei Servizi di capire l'importanza strategica del progetto, di riconoscere gli sforzi anche economici che questa amministrazione si accollerà e di imprimere una forte accelerazione all'iter».

Riccardo Tosques

 

 

Rigassificatore, nuovo dibattito al Villaggio
L’appuntamento per l’assemblea è fissato per sabato. Già visionabile il progetto
DUINO AURISINA Dopo aver affisso sulla homepage del portale comunale di Duino Aurisina un link che rimanda al sito governativo del Ministero dell'Ambiente, l'amministrazione Kukanja rende ora noto ai cittadini, con un nuovo avviso, che la documentazione sul progetto del rigassificatore del Lisert di Smart gas è da ieri consultabile alla Casa della pietra di Aurisina. Un tanto per dare modo a quanti sono interessati di informarsi in merito al prospettato terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del Gnl di piccola taglia al Lisert di Monfalcone. Lo scorso 22 luglio, ricordiamo, ha preso avvio la procedura autorizzativa di Via (Valutazione di impatto ambientale). E Duino Aurisina, in quanto ente confinante, è chiamato a esprimersi con un parere. Sul portale l'ente locale specifica anche che le osservazioni possono essere effettuate entro il prossimo 21 settembre. La documentazione del progetto di Smart gas, illustrato in municipio dal proponente lo scorso 6 agosto ai consiglieri di maggioranza e opposizione, sarà a disposizione della cittadinanza, per la visione, al civico158 di Aurisina. Ciò fino al 22 settembre, col seguente orario settimanale: lunedì 9-13 e 15-17; mercoledì 15- 17 e venerdì 9- 13. Intanto prosegue, secondo quanto comunicato ieri in una nota dal consigliere e presidente della Seconda commissione Maurizio Rozza, il “percorso partecipativo per la costruzione del parere del Comune di Duino Aurisina sul progetto dell'impianto di rigassificazione presentato da Smart Gas”. Sabato alle 10, al Villaggio del Pescatore, nell'ambito della manifestazione "Vele bianche & pesce azzurro", la Seconda commissione consiliare organizzerà infatti “un ulteriore incontro (dopo quello avvenuto alcuni giorni fa alla Casa della Pietra, ndr) con i portatori di interessi, favorevoli e contrari al progetto”. «Quanto emergerà nell'ambito dell'assemblea, unitamente ai contributi già sino ad ora raccolti, fornirà l'articolato di una prima bozza di parere – scrive Rozza -. La bozza verrà analizzata e definita nella riunione della Commissione che si terrà la settimana successiva e inviata al proponente». «Il percorso - chiarisce ancora Rozza - si chiuderà con una nuova audizione di Smart Gas, immediatamente seguita dalla formulazione del parere». Secondo quanto riferito dal presidente della Seconda commissione l'incontro in programma sabato è scaturito dalle richieste dei residenti della frazione. Richieste quindi accolte dalla maggioranza dell'amministrazione Kukanja.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 settembre 2014

 

 

Come sarà recuperata l’ex Cava Faccanoni
L’INTERVENTO DI Andrea Dapretto, assessore ai Lavori pubblici del Comune di Trieste
In relazione alla segnalazione pubblicata sul Piccolo del 27 agosto scorso a firma del signor Stelio Ziviz, in cui viene criticata la scelta di procedere alla rinaturalizzazione della Cava Faccanoni a scapito della presunta ipotesi di realizzarvi un non ben precisato "Parco Urbano" che sarebbe stato nelle intenzioni della passata amministrazione, va sottolineato che già nel 2007 l'allora giunta esprimeva l'indirizzo di procedere con la rinaturalizzazione della cava il cui progetto preliminare per i "Lavori di rinaturalizzazione morfologica e naturalistica della dismessa Cava Faccanoni", a seguito di diversi studi eseguiti negli anni precedenti, ha preso avvio definitivo nel 2009, per poi essere approvato nel 2010, sotto il profilo tecnico, con annesso piano economico-finanziario. L'attuale amministrazione ha ripreso la questione, perfezionando il progetto, ritenendo prioritario sanare la ferita ambientale che da decenni deturpa irrimediabilmente il costone carsico. Da un punto di vista ambientale la rinaturalizzazione era prevista e dovuta, fin dalla conclusione della coltivazione della cava e prevedendo fin da allora le opere di rinverdimento necessarie. Ovviamente prodromico a qualsiasi utilizzo dell'area è necessaria una sua rinaturalizzazione. Infatti, senza di essa, nessun uso a fini ricreativi può essere ipotizzato. Nulla esclude che a compimento della rinaturalizzazione si possa prevedere la costituzione di un "parco urbano" ma ad oggi per conformazione e per lo stato dei luoghi non è ipotizzabile. Relativamente la sistemazione a "verde" verranno impiegate tecniche stabilizzanti di ingegneria naturalistica quali la viminata viva seminterrata, la ricostruzione di prato-pascolo mediante semine con miscela di sementi selezionata, la messa a dimora di specie arbustive ed arboree autoctone ed è prevista la formazione di nicchie in roccia per la nidificazione di avifauna rupicola. Per quanto attiene alla definizione "discarica" citata nella segnalazione, va ribadito che non si tratta di ciò. La cava verrà riempita con terre e rocce da scavo e da inerti provenienti da demolizioni che saranno, secondo uno stretto protocollo di selezione dei materiali, immessi nell'alveo di cava rispettando tutti i dettami di legge. Giova ricordare, relativamente gli aspetti economici, che ad oggi, qualsiasi intervento di smaltimento di materiale, prevede la necessità per gli operatori del settore di rivolgersi a luoghi di conferimento molto lontani dalla nostra città, incidendo sulla produzione di inquinamento (chilometraggio, gas di scarico, impatto sui flussi veicolari, eccetera) ed incidendo in maniera sostanziale sull'aumento dei costi per la produzione edilizia. Quindi credo si possa ritenere che l'avvio della rinaturalizzazione della ex cava Faccanoni sia un passo importante per ribadire l'importanza dell'ambiente e della tutela del paesaggio, rimarginando una ferita provocata dall'uomo per la quale abbiamo un debito verso la natura ed il paesaggio. Infine, comunico al signor Ziviz che stiamo organizzando un incontro con i cittadini di San Giovanni proprio per poter illustrare tutti i dettagli agli abitanti del rione, e in tal caso mi farebbe piacere se anche lui partecipasse, così avremmo modo di incontrarci e parlare di persona.

 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Juri benvenuto al prossimo dibattito

Egregio signor Juri, lei è il benvenuto venerdì 5, la prego caldamente di venire per discutere civilmente e per mettere fine al clima di imboscate che è stato creato ad arte in questo mese di Agosto. Lei troverà un ambiente neutrale, aperto e trasparente, dove non saranno permessi applausi, fischi o altre amenità simili e dove tutti avranno il diritto di esprimersi. Anche io sa Juri avrei potuto organizzare una claque di un certo tipo, solo con i miei dipendenti e le loro famiglie potrei riempire due sale del Kinemax. Credo però che questo modo di procedere appartenga ad altri tempi ed è meglio lasciarlo al passato. Come lei ben ricorda il diritto ad esprimerci ci è stato negato dall'assai imparziale moderatore nel corso dell'ultimo incontro a Casa della Pietra, dal quale è partita la campagna diffamatoria di questo mese di agosto. Venga e parleremo di Europa, parleremo dei progetti che ovunque si stanno diffondendo nel nord del nostro continente, i cosiddetti small scale lng terminals e parleremo dell'obbligo che tutti i porti europei a partire dal 2020 (Koper e Trieste compresi) di installare un serbatoio di gnl in porto per rifornire le navi con motori dual fuel, parleremo di come smart gas fornirà anche il porto di Koper del combustibile navale del futuro. Sa, signor Juri, noi a Monfalcone queste navi inizieremo a costruirle gia dal 2017 nello stabilimento Fincantieri di Monfalcone, azienda come lei sa all'avanguardia nel mondo ed i cui motori verranno realizzati presso lo stabilimento Warstyla di Trieste, altra azienda che abbiamo la fortuna di ospitare nel nostro territorio. Il sindaco Kukankja invece potrà stare a casa e guardarsi l’evento in diretta streaming e riflettere sul fatto che non è opportuno che un rappresentante delle istituzioni accusi un suo cittadino di commettere il reato di ingiuria, come è avvenuto nella edizione del 28 agosto e sul fatto che a volte una richiesta di scuse sia più opportuna, rispetto ai soliti giochetti politici.

Alessandro Vescovini

 

 

Ciclabile muggesana - Parenzana ripulita grazie ai volontari di Viaggiare Slow
Muggia Numerosi volontari, soci e amici dell'associazione ViaggiareSlow hanno dedicato nei giorni scorsi il loro tempo alla pulizia della Parenzana. L'opera di decespugliamento ha interessato la pista ciclabile nel tratto muggesano lungo il Rio Ospo. Il lavoro è stato eseguito con i mezzi messi a disposizione dall'amministrazione comunale. «Direi che siamo di fronte ad una lodevole iniziativa che ha coinvolto cittadini e associazioni che operano su territorio, i quali hanno messo a servizio della cittadina uno spirito civico encomiabile», il commento del vicesindaco Laura Marzi. Il numero due della giunta Nesladek ha evidenziato come tali iniziative “siano di prezioso appoggio all'amministrazione che in questo momento di spending review ha delle chiare difficoltà economiche”. Plaude all'iniziativa, ma con riserva, il consigliere comunale Christian Gretti: «In questi momenti l'aiuto della comunità muggesana è importante e lodevole. È giusto però ricordare che i cittadini pagano le tasse e quindi certi servizi dovrebbero essere già messi in conto». Per Gretti «quello del decespugliamento “è un problema annoso che non riguarda solamente la pista ciclabile. Da sempre abbiamo chiesto in più riprese all'assessore se esistono ordini di servizio interni per capire la logica di questo servizio così importante». Pronta la replica dell'assessore Stefano Decolle: «Il servizio manutenzioni è molto importante per la città e spesso messo sotto la lente d'ingrandimento da parte dei cittadini. Negli anni sono cambiati assessori e funzionari a gestire questo servizio. Ora speriamo di aver trovato maggior stabilità con l'ingegner Marco Serio». Decolle ricorda anche “l'aumento dei picchi di lavoro estivi a causa della pioggia”, fattore che ha messo in difficoltà la programmazione degli interventi.

(ri. to.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 agosto 2014

 

 

Dibattito sul rigassificatore - Arrivano i primi dinieghi

“Insufficienti” i tre minuti concessi ai partecipanti.

Carlo della Torre e Tasso scrive: «Non raccolgo le provocazioni». Sì della Burgo “con grande favore” al progetto

DUINO AURISINA «Grazie, non vengo». Dopo le perplessità espresse dal sindaco di Duino Aurisina Vladimir Kukanja (che comunque si era detto disponibile all’incontro) sui modi e sui toni del project leader Alessandro Vescovini, arrivano i primi cortesi rifiuti all’invito di Smart Gas che ha organizzato per martedì prossimo al Kinemax di Monfalcone un pubblico incontro sul progetto del minirigassificatore nel porto della cittadina stessa. Carlo Alessandro della Torre e Tasso, rigraziando “le persone che mi hanno espresso la loro solidarietà”, ha postato un breve comunicato su Facebook: «Ho letto le continue, malevoli, insinuazioni e gli attacchi rivolti alla mia persona, a professionisti, ai cittadini di Duino Aurisina e anche alle istituzioni da chi si erge promotore del progetto del rigassificatore. Ritengo che la discussione su un punto così importante non possa assumere toni di questo tipo e, pertanto, non desidero prendervi parte nè raccogliere le continue provocazioni. Ringrazio per l'invito alla riunione del 5 settembre alla quale, purtroppo, non potrò essere presente trovandomi all'estero. La mia poltrona potrà essere destinata ad altri ed attendo fiducioso di poter partecipare a breve ad un incontro con caratteristiche anche istituzionali che si potrebbe tenere nel Comune di Duino Aurisina». Dal canto suo il delegato regionale del WWF, Alessandro Giadrossi, ha indirizzato a Giuseppe Bono, presidente di Confindustria Friuli-Venezia Giulia una lettera, in cui manifesta “stupore per i toni e i contenuti offensivi del testo rivolti anche a uno stimato esperto del Wwf Italia, il biologo Carlo Franzosini, che aveva sollevato perplessità e preoccupazione per le ricadute ambientati del mini-rigassificatore che Smart Gas intende realizzare nella zona del Lisert”. Giadrossi ricorda che “la partecipazione di cittadini e associazioni ai processi decisionali per la realizzazione di interventi sull'ambiente è uno degli elementi cardine delle politiche internazionali e comunitarie nel settore ambientale, temi sui quali Confindustria e Wwf Italia si stanno serenamente confrontando da anni”. Il delegato Wwf conclude la lettera chiedendo un intervento del Presidente degli industriale con l’amministratore di Smart Gas Vescovini “affinchè non vada smarrita ogni nozione di confronto civile e di rispetto istituzionale e personale”. Il Wwf Italia - conclude la nota - “si riserva, pertanto, una decisione sulla partecipazione o meno al dibattito organizzato da Smart Gas”. Anche da oltreconfine arrivano ripensamenti. Aurelio Juri, in qualità di “collaboratore del tavolo tecnico rigassificatori”, ha inviato una lettera aperta a Vescovini. «Appreso che il tempo concesso a chi vorrà intervenire al dibattito no stop di Monfalcone sulla questione del rigassificatore del Lisert sarà limitato a tre minuti, le chiedo gentilmente di chiarire da subito l’invito che mi ha rivolto pubblicamente giorni fa a essere presente e che, come ben sa, ho accolto. Perché questa richiesta? Ho letto più tardi sul suo Facebook, dopo che lei già conosceva la mia risposta, la seguente affermazione: “Juri viene in territorio italiano per convincere la comunità' locale a bloccare i progetti sul porto di Monfalcone per favorire il porto di Koper”. Suona più di rimprovero che d'invito. Allora le chiedo: è stata una sparata di rabbia la sua e l’invito resta valido, oppure meglio che resti a casa? Le dico francamente che ove la mia presenza non fosse gradita non ci verrei.» Disco verde invece al progetto Smart gas dai vertici della cartiera Burgo che attraverso un portavoce dichiara: «Come noto, Burgo sostiene il progetto in quanto si tratta di un’opportunità per il territorio e le sue imprese e, soprattutto, di un’occasione per creare nuovi posti di lavoro. È per questo che l’azienda, pur non figurando tra gli investitori, guarda con grande favore alla possibilità che l’infrastruttura venga realizzata nelle forme che verranno individuate dagli studi di fattibilità da portarsi a termine. I costi dell’approvvigionamento energetico – conclude - rappresentano un freno allo sviluppo per numerosissime imprese, Burgo inclusa. Ci auguriamo che progetti come il nuovo rigassificatore possano contribuire a ridurre questi costi, creando nuove e diffuse opportunità di crescita».

Livio Missio

 

 

Il Carso si candida a patrimonio Unesco
I Comuni di Monfalcone e Duino capofila di un’iniziativa per ottenere l’ambito riconoscimento internazionale
MONFALCONE Il Carso è dotato di peculiarità naturalistiche, storiche e culturali tali da poter ambire a diventare patrimonio dell’umanità. Sono almeno 5, infatti, i requisiti oggettivamente accreditabili ai fini del riconoscimento Unesco. Tanto che il Comune di Monfalcone, partner capofila, assieme a Duino-Aurisina, Buje d’Istria e Postumia, presenterà la proposta di candidatura, facendosi carico di inoltrare la relativa domanda secondo le procedure stabilite dal Consiglio direttivo della Commissione nazionale italiana dell’Unesco. Una candidatura che presuppone non solo le protezioni previste nell’apposita convenzione internazionale, ma anche l’impegno da parte dei 4 enti locali a valorizzare e a tutelare il bene carsico. La proposta di candidatura è stata illustrata ieri mattina, nella Galleria d’arte, dai sindaci alleati in questo nuovo percorso inserito nell’ambito della piattaforma di cooperazione prevista dal progetto europeo Julius: con Silvia Altran, Vladimir Kukanja, di Duino-Aurisina, Edi Andreasic, di Buje d’Istria, e Jernej Verbic, di Postumia. Era presente anche l’assessore regionale Loredana Panariti. Lucio Gregoretti ha esordito: «La candidatura Unesco rappresenta una fase istituzionale molto significativa. L’iniziativa è frutto di un lungo studio eseguito in questi mesi in ordine ai requisiti idonei per intraprendere l’iter di riconoscimento. Puntiamo anche a sfruttare i fondi della programmazione europea, considerando che il riconoscimento Unesco comporta obblighi fondamentali sotto il profilo della tutela e della valorizzazione del bene. Un impegno che richiede una forza economica adeguata». Ieri mattina è stata posta la “pietra miliare” di ciò che rappresenta l’inizio di un cammino che richiederà tempo, energie e il sostegno più ampio, com’è stato evidenziato. Le basi di partenza non mancano. Monfalcone conserva gli insediamenti di 5 Castellieri in un contesto in cui esiste uno degli insediamenti tra i più importanti del periodo dall’età del bronzo all’età del ferro. In tutta l’area carsica, a iniziare dai castellieri degli Elleri o all’area dei Bujese, sono presenti materiali e manufatti di notevole importanza storica e archeologica. Il Villaggio del Pescatore rappresenta uno dei siti paleontologici più importanti, tra i più cospicui giacimenti di resti di dinosauri d’Europa. E Postumia contempla la più famosa grotta del mondo, con i suoi 21 chilometri di testimonianze naturalistiche e storiche “stratificate”. Su tutto spicca la grotta “Betalov spodmol”, che conserva resti di attrezzature e ossa delle prede dei cacciatori dell’epoca paleolitica. Non ultimo il Carso teatro della Grande Guerra, di cui ricorre il Centenario, con le sue trincee, “musei all’aperto” che consegnano evidenti le tracce delle tragiche battaglie consumate tra il 1915 e il 1917.

Laura Borsani

 

Albergo diffuso nell’ex caserma
Al via il progetto di riqualificazione dell’isola di Porto Buso nella laguna di Grado
l’investimento previsto Il restauro del vecchio edificio militare costerà 1,7 milioni di euro di cui 1,3 stanziati dalla Regione
GRADO L’ex Caserma Enrico Martinelli della Finanza a Porto Buso, nella laguna di Grado, sarà a breve sottoposta a radicale ristrutturazione per essere trasformata al fine di poter diventare una struttura a supporto dell’albergo diffuso che come ben si sa è dislocato in diverse isole della laguna. All’interno dell’ex caserma saranno create, infatti, due sale, una adibita a mostre e l’altra a convegni, oltre ai servizi. L’intenzione iniziale del Comune di Grado era di innalzarla di un piano per poter creare ulteriori stanze per l’albergo diffuso ma la Soprintendenza regionale non ha concesso l’autorizzazione. L’intervento di ristrutturazione costerà 1 milione e 750 mila euro dei quali 1.350 mila sono i contributo regionale (la differenza è stata pescata nelle casse comunali). La novità dell’iter è che il Comune è ormai in fase di aggiudicazione definitiva dei lavori. Manca in pratica solamente la verifica della documentazione della ditta che è risultata la migliore a seguito di bando di gara. Tra i vari requisiti richiesti dal bando c’era anche la tempistica per l’esecuzione dell’opera che dovrebbero durare all’incirca un anno. «Se non ci sono intoppi – dice l’assessore ai lavori pubblici, Riccardo Ronchiato – i lavori inizieranno già fra ottobre e novembre prossimi». Ieri l’altro alcuni tecnici comunali con il dirigente Andrea de Walderstein hanno effettuato un sopralluogo generale a Porto Buso e ad Anfora, che sono considerati ormai un tutt’uno (sono collegate da una dighetta pedonale oggi ancora interdetta al passaggio), per verificare vari aspetti. Oltre a quello legato alla ristrutturazione dell’ex caserma delle Fiamme Gialle e all’area circostante hanno verificato, infatti, la questione ambientale generale. Nel dettaglio è stato analizzato lo stato del verde con particolare riferimento alle alberature. Piante e alberi che pare siano in buona parte in buone condizioni, anche se sarà necessario impiantarne degli altri. Altro aspetto non meno rilevante, anzi, quello dell’impianto fognario. La perfetta funzionalità di questo interessa, infatti, tutta l’ampia area Anfora-Porto Buso (tra l’altro il canale di Porto Buso delimita di fatto la laguna di Grado da quella di Marano Lagunare). Ma se al momento a Porto Buso non c’è nulla, ad Anfora vi sono invece tanti edifici: dall’albergo diffuso nella ex scuola elementare, alla Trattoria Ai Ciodi a diverse casette e anche casoni. E proprio un paio di questi sono ormai fatiscenti in quanto inutilizzati da molto tempo. Il sopralluogo dei tecnici è servito anche per verificare questa situazione cioè per cercare di risolverla il più velocemente possibile, poiché l’isola è davvero molto frequentata e l’immagine è indubbiamente importante. Tra l’altro in questi anni Anfora è diventata anche una sede richiesta per concerti e appuntamenti teatrali.

Antonio Boemo

 

 

Raccolta differenziata - Da domani nuovi orari dei Centri di raccolta

Da domani i centri di raccolta saranno aperti nei seguenti orari: San giacomo (via Carbonara 3) dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19, domenica dalle 9 alle 13; Roiano (via Valmartinaga 10) dal lunedì al sabato dalle 9 alle 18; Opicina (Strada per Vienna 84/a) dal lunedì al sabato dalle 9 alle 18; Campo Marzio (via Giulio Cesare 10) dal lunedì al sabato dalle 6 alle 16.

 

 

Emergenza cinghiali, appello a Panontin
Agricoltori di Trieste e Gorizia in pressing sulla giunta: «Coltivazioni a rischio, servono nuove misure»
TRIESTE Agricoltori pronti alla mobilitazione per l'emergenza cinghiali. Lo scrive, in una lettera aperta all'assessore regionale Paolo Panontin (che tra le sue deleghe ha anche la caccia), il segretario della Deželna kmecka zveze - Associazione Regionale Agricoltori, Edi Bukavec, che fa riferimento in particolare alle province di Trieste e Gorizia. Il rappresentante degli agricoltori parla di una «ormai incontrollata proliferazione degli ungulati, con il rischio per la pubblica incolumità come testimoniano i numerosi incidenti stradali con i selvatici e gli innumerevoli incontri ravvicinati anche in ambito urbano», con «danni sempre più rilevanti alle coltivazioni di pregio, ai muretti a secco e anche ai prati, pascoli e boschi» e con «coltivazioni che vengono abbandonate modificando l’habitat e lo stesso paesaggio». Danni che, aggiunge Bukavec, «in conseguenza della insufficienza di fondi e per, a nostro giudizio, illegittima applicazione del criterio risarcitorio “de minimis”, non vengono risarciti o lo vengono solo in parte», mettendo così in difficoltà le aziende agricole che «devono trasformarsi in veri e propri fortini con recinzioni e sbarramenti costosi che per lo più non vengono risarciti e che necessitano di una continua manutenzione». L'esponente dell'associazione di categoria denuncia anche «manovre dilatorie nell’accertamento dei danni, nelle valutazioni assegnate e nei tempi di pagamento, tanto da penalizzare pesantemente tutte le aziende ma in particolare proprio le aziende professionali che fanno produzioni di qualità e che dall’agricoltura tragono l’unica fonte di sostentamento». E l'emergenza cinghiali, secondo Bukavec, sta anche mettendo in crisi il rapporto tra coltivatori e cacciatori: «Il sistema venatorio così come impostato non riesce a bloccare la crescita degli ungulati e l’emergenza ormai creatasi». Sulla base di tutte queste considerazioni, l'Associazione Regionale Agricoltori chiede all'assessore Panontin che «venga aperta una nuova fase dove gli interessi degli agricoltori e degli abitanti delle zone interessate siano al centro della discussione e vengano prese tutte le misure necessarie previste dalla vigente legislazione e, se del caso, anche nuovi strumenti legislativi a partire dall’introduzione della caccia al cinghiale da parte dei singoli a difesa del proprio fondo, l’introduzione certa di meccanismi di responsabilizzazione dei cacciatori con verifiche dei risultati sul territorio, l’individuazione di aree geografiche in cui sia prevista l’eliminazione dei cinghiali». Per Bukavec «la soluzione del problema non può più essere sottoposta ad una estenuante mediazione tra i diversi interessi con equilibri sempre più in bilico, ma deve consentire la sopravvivenza dell’agricoltura, settore con ricadute fondamentali per tutto il territorio regionale sotto l'aspetto economico, etnico-culturale ed ambientale».

Roberto Urizio

 

 

Autorita' Portuale di Trieste: Piano Regolatore Portuale

Annuncio consegna documentazione relativa all'aggiornamento del PRP, visionabile presso la Regione FVG, la Provincia ed il Comune di Trieste e Muggia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 agosto 2014

 

 

Ferriera, 172 milioni nel piano di Arvedi

Presentate al Ministero le strategie industriali: 25 investiti per la bonifica. Per i nuovi impianti servono 380 addetti
I lavori di risanamento ambientale dell’area saranno affidati a Invitalia
INVIATO A ROMA Un investimento complessivo di 172 milioni (ai quali si aggiungono 41 milioni di soldi pubblici). In particolare, un primo periodo con l’assetto produttivo attuale: altoforno (450mila tonnellate all’anno di ghisa), cokeria (55 sfornamenti al giorno per 230mila tonnellate all’anno) e agglomerato (540mila tonnellate all’anno). Poi la valutazione sul mantenimento o meno della produzione di ghisa e della cokeria e comunque lo sviluppo di un nuovo complesso metallurgico a freddo con 340 addetti e una piattaforma logistica di intermodalità marittimo-ferroviaria con altri 40 addetti. Nella giornata in cui al Ministero dello sviluppo economico a Roma si imposta il secondo Accordo di programma per Servola che conterrà anche la definizione degli impegni del nuovo proprietario e si stabilisce che sarà Invitalia il soggetto esecutore per la bonifica ambientale dell’area, viene messo finalmente sul tavolo il Piano industriale di Siderurgica Triestina, la società al 100% di Finarvedi che sta portando a compimento l’acquisto della Ferriera. Sul fronte ambientale Arvedi nel corso del 2014 e del 2015 investirà 25 milioni di euro dei quali 15 per il risanamento degli impianti per ottemperare alle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e 10 per la messa in sicurezza dei suoli, ai quali aggiungere ulteriori 10 per la copertura di perdite di esercizio dovute «all’iniziale inefficienza strutturale del ciclo produttivo». Parte di questi investimenti saranno coperti dai crediti vantati da Servola spa (22 milioni) garantiti dal bando di vendita. Nel Piano industriale si fa rilevare come al termine di un’eventuale dismissione della cokeria si renderà disponibile un’area di 50mila metri quadrati che sarà riconvertita a retroportuale. La vecchia banchina dello stabilimento sarà attrezzata con gru mobili gommate e consentirà una capacità di scarico aggiuntiva di circa 400mila tonnellate all’anno di rinfuse e prodotti finiti portando così la capacità complessiva dell’hub portuale multipurpose a circa 2,5 milioni di tonnellate. Nel corso del 2015 e del 2016 ulteriori iniziative produttive e logistico-portuali verranno sviluppate anche alla luce delle sinergie con le altre aziende del Gruppo Arvedi e Siderurgica Triestina potrebbe anche prendere in considerazione l’acquisto dell’asset energetico (la centrale Elettra, ndr.). Il Piano complessivo prevede un investimento totale, come detto, di 172 milioni di euro, di cui 20 nel 2014, 120 nel 2015 e 32 nel 2016 con ricorso a finanziamenti a medio e a lungo termine e interesserà lo sviluppo sia delle aree di proprietà (200mila metri quadrati) che demaniali (320mila). Per quanto riguarda il nuovo complesso metallurgico a freddo produrrà: laminato a freddo ricotto, laminati per lo stampaggio a caldo per l’industria automotive, acciaio magnetico a grano non orientato per macchine rotanti. L’assetto è studiato per una produzione annua di un milione di tonnellate di prodotti finiti. Il laminato a caldo sarà trasportato via ferrovia a forma di rotoli (coils) del peso di circa 30 tonnellate. Per la realizzazione del nuovo complesso sarà necessario ampliare la superificie coperta utilizzando il capannone dell’ex acciaieria e praticamente raddoppiando l’area attuale. Al totale di 230 addetti alla linee di produzione, se ne aggiungeranno 50 per la manutenzione e altri 60 per le funzioni di programmazione e logistica per un totale complessivo (per il complesso metallurgico a freddo) di 340 addetti. Il personale oggi impiegato a Servola dovrà fare un periodo di formazione e tirocinio nei siti produttivi del Gruppo Arvedi, a Cremona e Sestri Levante. La banchina, dove opereranno altri 40 dipendenti, sarà utilizzata come polo intermodale per l’aprovvigionamento di rottame, ghisa e minerali di ferro preridotto per il sito di Cremona e per la spedizione dei prodotti finiti destinati all’area del Mediterraneo e del Medio Oriente. Si prevede una movimentazione via rotaia di un milione di tonnellate all’anno di coils sulla direttrice Cremona-Servola e di 800mila tonnellate di materie prime nella direzione opposta.

Silvio Maranzana

 

«L’operazione si conclude in tempi rapidi» - Debora Serracchiani: «Era un percorso complesso, ma stiamo andando nella giusta direzione»
DALL’INVIATO Stanza numero 12, quinto piano del Ministero dello Sviluppo economico, ingresso da via Molise, piccola traversale della ben più nota via Veneto: si è materializzato qui nel corso di una giornata intensa con in mattinata la Conferenza dei servizi e nel pomeriggio il Tavolo fra i soggetti pubblici interessati, il Piano industriale del nuovo complesso siderurgico e logistico di Servola che già dalla prossima settimana verrà discusso con i rappresentanti sindacali. Alla prima riunione è intervenuto anche Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedi che già da lunedì primo settembre «inizierà la gestione industriale dello stabilimento». Alla riunione pomeridiana hanno partecipato i rappresentanti dei ministeri dell'Ambiente, delle Infrastrutture e trasporti, del Lavoro, dello Sviluppo economico oltre a quelli degli enti territoriali (Regione, Provincia, Comune). L’Autorità portuale, che ha firmato in ritardo e dopo una serie di polemiche il primo Accordo, è stata rappresentata dal dirigente del settore Demanio, Francesca Trampus. È stato convenuto che sarà l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa (Invitalia) il soggetto attuatore degli interventi di bonifica dell’area, mentre la Regione, come ha precisato l'assessore all’Ambiente Sara Vito, «conserverà il ruolo di interlocutore primario con i ministeri e Invitalia per il coordinamento e la supervisione delle attività finalizzate alla stipula dell'Accordo e alla successiva realizzazione degli interventi». Già nei prossimi giorni si terrà nella sede della Regione a Trieste un incontro operativo con Invitalia, il ministero e gli altri soggetti pubblici coinvolti per avviare la progettazione. A questo scopo sono disponibili 41,5 milioni di finanziamenti pubblici: 26,1 milioni riferentisi al periodo 2007-2013 e 15,4 milioni per il periodo 2014-2020. Saranno impiegati in particolare per la realizzazione del “barrieramento” a mare e per la realizzazione di un impianto di depurazione delle acque reflue. «Soddisfazione per un percorso complesso, che però sta andando nella giusta direzione, con l'auspicio di chiudere l'Accordo di programma in tempi brevi, nell'interesse della città e dell'intera regione», è stata espressa dalla presidente della Regione, Debora Serracchiani.

(s.m.)

 

SODDISFAZIONE  - Cosolini: un risultato eccezionale
È straordinario secondo Roberto Cosolini il risultato che si sta raggiungendo per Trieste con l’intervento di Arvedi e l’aiuto del Governo. «In una triste fase economica in cui gli accordi si fanno per chiudere le aziende - afferma - quello che Trieste sta ottenendo e che è stato ribadito anche in questa felice giornata è qualcosa di unico a livello nazionale. È stato annunciato un investimento da qui al 2020 di oltre 170 milioni da parte di un imprenditore privato ai quali si aggiungono 41 milioni di soldi pubblici. Di questi 210 milioni abbondanti, 66 riguardano il risanamento ambientale». Una giornata decisiva secondo l’assessore provinciale Vittorio Zollia. «Anche perché - aggiunge - il ministero dello Sviluppo economico ha annunciato che il governo attuerà interventi di sostegno alle imprese che si insedieranno nell’Ezit».

 

 

Piazza Ponterosso: restauro sì, ma non “riqualificazione” -

La lettera del giorno di Marcello Del Re Segretario Cosapu - Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste

Il 20 agosto Il Piccolo ha dedicato un ampio articolo all'annuncio, da parte dell'assessore Dapretto, dell'avvio dei lavori di rifacimento della Piazza Ponterosso ed ha riportato anche le nostre perplessità in merito. Ci sarebbe piaciuto leggere che, finalmente, c'era stata un'inversione di tendenza e che si sarebbe provveduto al "restauro" del sito e non alla sua "riqualificazione" che tanti danni ha, sinora, prodotto all'immagine storica di vie e piazze della nostra Trieste in contrasto con tutte le leggi di tutela esistenti. Nei giorni seguenti è stato pubblicato un intervento di Italia Nostra dove il suo presidente, avvocato Marcello Perna, ha ricordato l'obbligo di legge del mantenimento dei lastricati originari, visto che esistono, e l'assurdità della piantumazione di una fila di alberi. I siti storici vanno conservati, non stravolti! Di questo parere sembrano non essere i consiglieri comunali Ravalico e Carmi che, pochi giorni fa, hanno ritenuto di intervenire a sostegno delle tesi del loro assessore magnificando il progetto dove "si coniugano elementi consolidati con altri decisamente innovativi", ovverosia masegni contro piastrelle che, dopo un po', si sbriciolano. Tutto ciò in controtendenza rispetto ai centri storici del resto dell' Italia dove si respira l' autentico e si cammina nella e sulla storia, ed in piena sintonia con l'artificiale, con il posticcio come i nuovi villaggi dei centri commerciali. Ma tutto ciò non dovrebbe neanche essere messo in discussione in quanto esistono numerose leggi che obbligano - particolarmente nei centri storici, ma non solo - al restauro dell'esistente e non alla sua distruzione. Senza scordare che la piazza è stracolma di masegni e che, qualora ne mancasse qualcuno, i depositi comunali dovrebbero esserne pieni se corrisponde alla verità quanto affermato dal Comune nel corso degli ultimi anni, per cui tutti i lastroni asportati erano stati diligentemente immagazzinati. Ma, se anche così non fosse, l'Autorità portuale ha nei suoi depositi quantità enormi di tali elementi: basta chiederli, come è stato fatto per Piazza della Borsa che, almeno in mezzo, conserva l'immagine che tutto il centro storico dovrebbe avere. Condividiamo, peraltro, l'affermazione dei due consiglieri per cui "è importante essere pronti al dialogo come lo sono i nostri assessori". Noi, assieme a numerose associazioni e comitati, questo dialogo lo stiamo ricercando da un paio di anni, senza ottenerlo; per cui preghiamo i consiglieri suddetti di voler interporre i loro buoni uffici e farci incontrare il primo cittadino e l'assessore responsabile. Con ringraziamenti anticipati.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 agosto 2014

 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 1 Un manifesto dai toni sconcertanti

Siamo rimasti sconcertati nel leggere la pagina a pagamento del 27 agosto di Smart Gas. Il testo contiene alcuni ragionamenti che sarebbero stati apprezzabili (sviluppo del Porto, imprenditorialità, occupazione, eccetera) se espressi senza invettive e non tanto velate minacce. Come si fa a proporre un dibattito pubblico su un argomento con importanti ricadute sul territorio, ma anche criticità, in questo modo? Si vuol forse negare che strutture di questo tipo - definite impianti a rischio d'incidente rilevante - comportino dei rischi? Dichiarando che le domande serie verranno ampiamente soddisfatte, mentre le mistificazioni “create ad arte... verranno definitivamente sbugiardate?” (Ci sarà forse un arbitro indipendente?). Se vi fosse vero desiderio di dialogo, l'invito a intervenire non tradirebbe, nei toni usati, la voglia di gettare gli interlocutori scomodi in una specie di arena, nell'intento di usare populisticamente contro di loro le legittime aspettative dei lavoratori e dei giovani del territorio. L'inserzione lamenta un danno d'immagine a Smart Gas da parte di chi ha richiesto chiarimenti o espresso perplessità. La nostra impressione è invece che siano proprio il taglio aggressivo e le invettive dell'inserzione ad arrecare un danno a Smart Gas.

Carlo Franzosini, Lino Santoro

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 2 Un metodo che crea forti perplessità

Privo di opinione in merito al progetto Smart Gas, e non molto preoccupato per le sue caratteristiche apparentemente meno impattanti e pericolose rispetto a quelle del terminale Gas Natural, dopo aver visto l’annuncio a pagamento comincio a nutrire forti perplessità in proposito. Il modo di porsi del promotore dell’impianto, Alessandro Vescovini, è di una tale aggressiva e supponente virulenza, da far sorgere pesanti dubbi sull’affidabilità degli intenti personali e sui promessi benefici per la collettività. Il tipo di reazione, infatti, induce a pensare che manchino elementi concreti e provabili tali da fornire risposte chiare e pacate alle obiezioni mosse. Per dirla in maniera meno forbita, a una persona che si esprime con toni e argomentazioni del genere non consentirei di entrare in casa mia. Né, avendone la possibilità, gli consentirei di realizzare qualche cosa vicino al luogo dove vivo.

Luciano Santin

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE / 3 Due persone stimabili

L’inserzione a pagamento del dottor Alessandro Vescovini è secondo me sconcertante per il tono utilizzato nei confronti di esperti stimati che conosco per la loro serietà, quali il professor Santoro e il dottor Franzosini, e di altre persone di cui non ho conoscenza diretta. Inoltre nell’intento di aprire il sito www.smartgas.it, ho scoperto che la pagina web non è disponibile.

Marina Zweyer

 

 

Ferriera, sprint Arvedi per far ripartire l’altoforno a ottobre
Primo incontro tra Rosato (Siderurgica Triestina) e le Rsu - Voci su Pasotti nuovo direttore dello stabilimento
In forma semiclandestina e prima ancora della riunione della Conferenza dei servizi che deve definire l’Accordo di programma per gli interventi di riqualificazione industriale, portuale e ambientale dell’area di Servola, prevista per le 14 di oggi al Ministero per lo sviluppo economico, è finalmente avvenuto il primo contatto tra la nuova proprietà e i rappresentanti dei lavoratori. Mercoledì infatti all’interno dello stabilimento, Francesco Rosato, amministratore unico di Siderurgica Triestina (100% Finarvedi), ha incontrato le rsu e per la precisione Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl), Tiziano Scozzi (Fiom-Cgil) e Christian Prella (Failms). Era assente per malattia Franco Palman (Uilm), mentre ragguagli telefonici sono stati poi forniti anche all’Ugl che pure non ha rappresentanti eletti in consiglio di fabbrica. Un incontro dai contenuti riservati che non si sarebbe minimamente addentrato nei dettagli del nuovo Piano industriale, ma nel corso del quale il nuovo amministratore avrebbe manifestato l’intenzione del Gruppo Arvedi di riattivare l’altoforno possibilmente già ad ottobre e comunque prima della fine dell’anno. Sarebbe anche stata fatta trapelare l’intenzione di richiamare al lavoro già con il mese di ottobre, gran parte degli attuali trecento e più cassintegrati. Un’intenzione accompagnata da fatti concreti dal momento che da qualche giorno a Servola sono ripresi sull’altoforno, ad opera di una ditta della Repubblica ceca, i lavori che erano stati sospesi per oltre un mese e che ora sembrano riguardare in particolare le pareti in materiale refrattario dell’impianto. La fase attuale dunque in cui nella fabbrica semideserta è in funzione soltanto la cokeria e per giunta a ritmi ridotti, sembra prossima alla fine. Già nel corso dell’ultimo incontro svoltosi in Regione il primo agosto era stato svelato che il Piano industriale del nuovo proprietario poggia su tre gambe: il ripristino della produzione di ghisa con l’altoforno, la valorizzazione del polo logistico destinato a divenire terminal marittimo per l’arrivo della materia prima e la spedizione dei prodotti finiti a servizio di tutto il gruppo e un impianto di laminazione a freddo per i coils da un milione di tonnellate che utilizzerà l’acciaio prodotto a Cremona e sarà insediato nel padiglione dell’ex acciaieria. Si è parlato anche di un investimento complessivo del Gruppo Arvedi su Servola superiore ai 100 milioni con un piano di risanamento ambientale che sarà attuato in 18-24 mesi, mentre già nei primi 9-12 mesi ci si attendono miglioramenti sostanziali. L’accelerazione, partita con il rapido via libera dello stesso Mise alla vendita, dunque continua. Sembra che già lunedì primo settembre Giuseppe Pasotti, attualmente al vertice del settore della manutenzione, diverrà il nuovo direttore dello stabilimento mentre a quattro tecnici attualmente in cassa integrazione saranno affidati nuovi incarichi in tema di sicurezza. Lascia invece dopo 16 anni il Gruppo Lucchini, Francesco Semino attualmente direttore Affari generali e societari.

Silvio Maranzana

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 agosto 2014

 

 

Mini-rigassificatore: dibattito pubblico con domande no-stop - il progetto

La Smart Gas invita amministratori, ambientalisti e cittadini a una seduta fiume il 5 settembre al Kinemax di Monfalcone
MONFALCONE La società Smart Gas, proponente il progetto di mini-rigassificatore da realizzare nella zona industriale-portuale del Lisert, ha deciso di organizzare un dibattito pubblico il 5 settembre, alle 18, nel Kinemax di Monfalcone. Nel corso del dibattito, come afferma la società nella pagina pubblicitaria con cui ieri ha annunciato l'iniziativa, «verranno ribaditi ancora una volta, come avviene in totale trasparenza da un anno a questa parte, le caratteristiche tecniche dell'impianto proposto, verranno illustrati gli impatti ambientali, economici e occupazionali, verranno proiettati filmati, verranno spiegati nel dettaglio i documenti tecnici». Ognuno dei convenuti, precisa Alessandro Vescovini, «potrà fare tutte le domande che ritiene necessario fare», dopo, però, essersi preventivamente prenotato. Come spiega Vescovini, presidente della Sbe, società capofila del progetto, «l'identificazione avverrà all'ingresso del cinema e a ognuno dei partecipanti verrà assegnato un posto, dal quale con un sms o con un'alzata di mano potrà prenotare il suo intervento indicando la propria ubicazione». L'evento sarà trasmesso in diretta streaming e la registrazione sarà pubblicata su YouTube e i proponenti il progetto risponderanno anche a domande on-line di coloro che non avranno la possibilità di essere presento all’incontro. L'evento sarà una no stop, come preannuncia la società, almeno fino a chiusura della struttura, prevista 30 minuti dopo la mezzanotte, spuntino serale compreso. «Così - afferma Alessandro Vescovini - tutte le domande serie verranno ampiamente soddisfatte e le mistificazioni create ad arte in questi giorni verranno definitivamente sbugiardate». All'appuntamento il presidente di Sbe, tramite la pubblicità, ha invitato i sindaci dei Comuni di Monfalcone e Duino Aurisina, ma anche di Ronchi dei Legionari, Staranzano e Doberdò e le associazioni ambientaliste. Il tono e i contenuti dell'avviso hanno suscitato numerosi commenti e la reazione dell'ex sindaco di Capodistria Aurelio Juri, che ringrazia dell'invito e preannuncia che ci sarà. «Per ascoltarla ma anche per dirle, con tutto rispetto, che è partito col piede sbagliato se vuol convincere l'opinione pubblica interessata sull'utilità e la sensatezza del rigassificatore che vuol impiantare sotto casa - afferma Juri -. Se il progetto nasce e cerca di farsi strada così come lei reagisce alle osservazioni e critiche, allora non ci sta proprio. Le cose che si dicono e si fanno, se da persone serie, esigono sempre una preventiva verifica dei fatti che stanno a monte e il rispetto degli interlocutori. Dalla sua risposta al dibattito di Aurisina giorni fa, non ce n'è una briciola di questo presupposto. Anzi. Si scatena e in termini tutt'altro che rispettosi, contro chiunque abbia avuto l'ardire di obiettare al suo progetto». L'ex sindaco di Capodistria sottolinea, fra l'altro, di aver fatto il proprio intervento in italiano ad Aurisina, dopo un doveroso saluto in sloveno «in una sala dove lo sloveno è di casa così come l'italiano». Dal canto suo il sindaco di Duino Aurisina, Vladimir Kukanja, non si sottrae all’invito dell’imprenditore (“impegni permettendo, devo consultare l’agenda”). Con qualche ma. «Sicuramente, se i progettisti saranno lì per dare risposte alle domande della popolazione, l’incontro sarà interessante, e quindi cercheremo di essere presenti. Ma i toni che in questi giorni sta usando Vescovini mi sembrano controproducenti per lui stesso e il suo progetto: certi insulti veicolati su Facebook sono francamente imbarazzanti. Con questi sistemi non si va da nessuna parte. A noi, come amministratori, compete solo un parere sulla Via (Valutazione di impatto ambientale, n. d. r.) del progetto, in quanto Comune confinante. E interessa comunque una cosa anzitutto: la sicurezza, perché l’impianto sorgerebbe a poche centinaia di metri dall’abitato di San Giovanni e dal Villaggio del Pescatore. Ovviamente non sottovalutiamo anche i benefici economici e occupazionali ma, ripeto, bisogna avere tutti gli elementi per giudicare».» Il geologo triestino Livio Sirovich si dice invece «allibito per i toni usati dall'imprenditore Vescovini», dando la sua solidarietà alle persone citate nell'inserzione pubblicitaria. «Incidentalmente segnalo infine che il sito "www.smartgas.it" promosso da Vescovini nella sua inserzione oggi (ieri, ndr) 27 agosto non esiste», conclude Sirovich.
 

 

Demanio - Parte la riconversione delle caserme

Con la trasformazione dell'ex caserma Amadio di Cormons in grande parco verde, prende il via il percorso di ricoversione delle strutture militari dismesse. A ribadirne l’importanza è stato ieri il vicepresidente della Regione, Sergio Bolzonello. «Si tratta di un'operazione molto importante per tutta la regione - ha affermato Bolzonello - in quanto Cormons è un patrimonio di tutto il territorio e sarà ulteriormente valorizzato dal parco che sorgerà al centro di un paese che è già meta turistica consacrata soprattutto in chiave enogastronomica».

 

 

Rapporto Onu sul clima: riscaldamento globale ormai irreversibile
Il riscaldamento globale c’è già, è causato dagli uomini, provoca già danni e probabilmente è anche un processo irreversibile. È quanto afferma - secondo la bozza di 127 pagine del rapporto Onu che verrà presentato alla Conferenza sul clima di Copenaghen il prossimo ottobre. La bozza, che è stata inviata ieri ai governi, è la sintesi dei tre giganteschi documenti sui cambiamenti climatici realizzati per l’ultimo rapporto (Ar5) dal gruppo dei Premi Nobel per l’United Nations Intergovernmental Panel on Cliamte Change (Unipcc) e contiene un secco avvertimento su ciò che sta causando il riscaldamento globale e sugli effetti che sta avendo su uomo e ambiente. «Attualmente - si legge nel rapporto - a seconda delle circostanze, gli impatti del riscaldamento globale osservati potrebbero già essere considerati pericolosi» e senza cambiamenti sostanziali nelle emissioni di CO2, «i rischi legati ai cambiamenti climatici saranno quasi certamente alti o molto alti entro la fine del secolo».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 agosto 2014

 

 

Piano regolatore, arrivate 760 osservazioni

Si attende il parere della Regione, da firmare intese con molti enti. L’approvazione slitta all’estate
Sono 760 le osservazioni e opposizioni arrivate in Comune sul Piano regolatore. Un malloppone che ora dev’essere ordinato e analizzato. «Ma la variante 18 della precedente amministrazione ne aveva avute 1141, un terzo in più, il nostro buon risultato è l’esito di un grande confronto preventivo con la città» nota subito l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani che ieri ha presentato in Giunta il calendario dei lavori. Tra qualche giorno scadono anche i termini per le osservazioni alla Valutazione ambientale strategica (Vas), documento più tecnico, che per ora ha suscitato solo 3 documenti critici. Il percorso che attende il Piano regolatore da qui in avanti è comunque ancora estremamente complesso, tanto che l’approvazione definitiva in Consiglio comunale si è spostata alla vigilia dell’estate 2015. Tra settembre e ottobre sono attese le “Riserve” della Regione che sta analizzando il documento urbanistico. Solo in base ai contenuti di questo “alto” parere tecnico il Comune potrà dare risposta adeguata ai cittadini che hanno fatto osservazioni-opposizioni. Ma il più grande lavoro, nell’intento di licenziare un Prg completo di tutti gli strumenti giuridici e amministrativi che servono a renderlo subito operativo, avverrà in stretta dipendenza da altri enti, e con un forte impegno produttivo del Comune stesso. «Dobbiamo firmare le intese con l’Agenzia del Demanio - dice Marchigiani -, per la Pineta di Barcola, Campo Marzio (Museo del mare) e caserma Duca delle Puglie (Museo de Henriquez), ma già lo scorso dicembre c’era stato un pre-accordo: il Demanio, ora che il Piano è adottato, deve fare la sua analisi sulla valorizzazione degli scambi di beni col Comune. Altre intese servono col Comando militare, con l’Autorità portuale, con l’Ezit. Percorso avviato, e che stimiano di concludere ad aprile». Nel frattempo, però, il Prg dovrà essere corredato da regolamenti. Primo fra tutti e forse il più atteso quello sulla grande novità normativa che esso introduce, con i “crediti di cubatura” come incentivo a ristrutturare case vecchie in senso energetico guadagnando diritti su cubature da spendere in aree di bassa qualità urbanistica e dove sono consentiti ampliamenti (in centro ridotti). Sul tema il Comune organizzerà uno specifico convegno in ottobre. Poi ci sono da scrivere il nuovo regolamento edilizio e una delibera di revisione degli oneri di urbanizzazione. Nel frattempo osservazioni e opposizioni accettate tecnicamente dovranno essere votate dal Consiglio comunale.

(g. z.)

 

 

«Il Fugnan inquinato? Causa delle piogge torrenziali»
L’amministrazione replica alla critiche del consigliere di opposizione Grizon ma ammette: ci sono ancora scarichi
MUGGIA Mare inquinato dal Fugnan? Sì, ma per colpa del meteo. Lo dice iul Comune replicando a quanto asserito dal consigliere Grizon rifacendosi ai risultati del campionamento effettuato il due agosto scorso dall’unità di Goletta Verde. La replica è improntata all’ironia: «Per quanto renda tutti felici il fatto che in questo periodo Grizon abbia particolarmente a cuore lo sviluppo turistico della nostra città - come tutti noi del resto - ci corre l'obbligo di fare alcune necessarie precisazioni. Il "cosiddetto torrente Fugnan" in realtà, come quasi tutti i muggesani sanno, fa parte, per buona lunghezza del suo corso - che risulta interrato da via dei Mulini alla foce - del sistema di smaltimento delle acque piovane del centro cittadino. Nei quaranta e più anni in cui la nostra Muggia si è dotata di un sistema fognario, il Fugnan è stato ed è ancora utilizzato come canale scolmatore per le reti fognarie miste (acque piovane e di fognatura) ancora presenti lungo tutto il tratto interrato dell'asta torrentizia. Il prelievo di Legambiente - dice la nota del Comune - è stato effettuato il 2 agosto. Il giorno precedente un forte temporale si è abbattuto sulla nostra cittadina e ciò ha mandato in crisi il sistema fognario della zona. Il fatto ha ovviamente innescato gli scolmatori di cui sopra e quindi, il giorno successivo, è chiaramente possibile che l’ondata di piena stesse ancora sgrondando, rendendo il prelievo poco attendibile e viziato da apporto di fognatura derivante dalle reti miste ancora presenti nel territorio contermine. Sembra pertanto evidente che tale prelievo è stato viziato da eventi che hanno effettivamente alterato lo stato e la salute del "torrente" stesso. Di qui la proposta al Gestore del servizio idrico Integrato Acegas-Aps di monitorare il "corso" d’acqua in più periodi dell'anno, certi che gli sforzi per l'adeguamento della nostra obsoleta rete di smaltimento delle acque, iniziati in maniera puntuale nei primi anni duemila e proseguiti con molti altri interventi che, solo per citare i più recenti, sono quelli di via Vivoda e Fontanella, di Borgo San Pietro e via Strudhoff, porteranno a benefici tangibili sulla salute delle acque del nostro Golfo. Per quanto riguarda i presunti scarichi diretti individuati si può tranquillizzare il consigliere Grizon sul fatto che gli stessi afferiscono a condutture realizzate dal Comune o da chi per esso per cui non è stato necessario intimare nulla a nessuno. È infine doveroso chiarire che già lo scorso anno, grazie a somme a disposizione dell'amministrazione e alla collaborazione fattiva con Acegas Aps e Ater Ts erano state eliminate tre pericolose immissioni di acque luride nel tratto tombato del Fugnan. In seguito a quei lavori erano state compiute analisi da parte di Acegas che avevano dato dati assolutamente confortanti che si dovrebbero vedere confermati con le ulteriori campagne di prelievo.» Fin qui la nota ufficiale. Ma il sindaco Nerio Nesladek a riguardo sottolinea come «appare evidente l'ennesima figuraccia di Grizon che continua ad abbaiare inutilmente alla luna. Questa amministrazione (e questo sindaco) hanno fatto grandi passi in avanti nel risanamento del Fugnan come testimoniato dai dati Acegas. Sperare che le cose vadano male per poter fare propaganda politica denuncia l'incapacità del nostro consigliere a fare il suo lavoro: proporre soluzioni.»

(a. g.)

 

 

SMART GAS: invito dell'imprenditore Vescovini alla conferenza del 5 settembre 2014 presso il Kinemax di Monfalcone alle ore 18.00.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 agosto 2014

 

 

Rilancio della Burgo: i sindacati puntano al progetto Smart gas

Secondo Cisl e Uil il minirigassificatore garantirebbe un elemento di stabilità allo stabilimento di Duino
DUINO AURISINA I sindacati pongono al centro del dibattito innescato in questi giorni sul progetto Smart gas la questione-lavoro. In autunno si attendono risposte sul piano industriale di Burgo group: le sigle affermano che l'amministratore delegato ha già ventilato una possibile riduzione del 25% sulla capacità di produzione delle carte grafiche, senza però indicare su quale stabilimento (Duino, Villorba o Verzuolo) si abbatterebbe il provvedimento. Linea 2 in bilico, dunque. Ed è per questo che, almeno Cisl e Uil, si esprimono già in favore dell'ipotesi rigassificatore. Cgil invece attende notizie più precise. «Non mi esprimo su analisi tecniche e ambientali che non mi competono – esordisce Mauro Benvenuto, Rsu Cisl -, ma per quanto riguarda l'approvvigionamento di gas dico fin d'ora che l'operazione appare senz'altro vantaggiosa. I consumi dello stabilimento si attestano su 12 milioni di metri cubi al mese, costituendo la fonte principale per la produzione. Comprare gas a prezzo inferiore rappresenterebbe quindi un grosso risparmio. Inoltre, ritengo che con la crisi e il problema-esuberi la possibilità di un rilancio occupazionale non possa non costituire oggetto di seria riflessione da parte delle istituzioni. Perciò, alla luce soprattutto dei timori di taglio degli organici, sono favorevole». «Il mio parere sul progetto è positivo perché costituisce un'opportunità per Burgo – sostiene Luca Mian (Uil) -, in grado di garantire quegli elementi di stabilità di cui necessita lo stabilimento, visto che come noto i costi energetici incidono per il 40%. Senza mini rigassificatore si è destinati, per le condizioni del settore cartaio, a un ridimensionamento e a pensare a cosa fare da grandi. Chiaramente la politica deve compiere valutazioni più ampie, sulla tenuta del prodotto finale, dal momento che viviamo un periodo di crisi dei consumi e conseguentemente di produzione, dunque anche di contrazione dei volumi di gas. Quanto invece alle questioni ambientali, credo che la conclusione dell'iter di Via, qualora arrivassero tutte le autorizzazioni, sia sufficiente a dirimerle: se Smart gas ottiene l'ok, non avrò motivo di mettere in discussione il progetto per gli impatti». Ciò che Mian piuttosto si chiede è: anche con Smart gas, per quanto tempo l'azienda riuscirà a stare sul mercato? «Dieci anni fa, se attuato, il mini rigassificatore avrebbe dato una spinta incredibile a Burgo – prosegue – oggi gli scenari economici sono purtroppo diversi. Ma un ruolo importante può rivestirlo la politica appunto, poiché il piano di Smart gas, con le dovute sinergie a livello regionale, è in grado di diventare davvero un progetto di sviluppo industriale, capace di attrarre tutt'una serie di aziende che, anche nel caso in cui Burgo alla lunga dovesse soccombere, assicurerebbero, tramite l'assorbimento del personale, la tenuta dell'occupazione». Uno dei quesiti che la Uil intende sottoporre all'azienda riguarda la volontà di stendere «un piano di sviluppo ed eventualmente di riconversione per intercettare i prodotti più sostenibili sul mercato». Sulla vicenda osserva invece scarse informazioni, almeno in fabbrica, il segretario provinciale Cgil Maurizio Goat: «Tutto ciò che sappiamo lo abbiamo appreso dalla stampa: in cartiera bocche cucite e quindi esprimere un giudizio è difficile. Non credo che il processo di riutilizzo delle acque Burgo per il riscaldamento del gas possa dare crescite occupazionali, ma ritengo invece che l'acquisto di gas a minor prezzo possa giovare al gruppo, posto che i costi energetici incidono fortemente. Permane invece la preoccupazione per il futuro, in particolare sulla linea 2 – sottolinea Goat -: si sta infatti delineando un piano industriale di gruppo che, stando all'ad Paolo Mattei, vede l'ulteriore riduzione del 25% della capacità produttiva di carte grafiche, prodotte qui, a Villorba e Verzuolo».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 agosto 2014

 

 

«Piazza Ponterosso: Italia nostra sbaglia su alberi e pietre» la replica

«Pur apprezzando la costante e competente attenzione di Italia Nostra alla tutela e valorizzazione ambientale della città, stavolta abbiamo una posizione diversa rispetto a quella assunta dall’associazione in merito alla riqualificazione di piazza Ponterosso». Lo affermano i consiglieri comunali Pd Mario Ravalico e Alessandro Carmi, che giudicano «molto interessante la proposta avanzata dal Comune per un diverso assetto urbanistico della piazza coniugando elementi consolidati con altri decisamente innovativi». I due consiglieri concordano anche con l’eventuale «pavimentazione diversificata nelle due parti, in una il masegno storico e nell’altra l’arenaria nuova, a evidenziare che Trieste ricorda con rispetto il passato guardando però al futuro. Gli alberi poi - aggiungono - non li rifiutiamo nel modo più assoluto, anzi ne vorremmo ancora di più in altri punti della città. In quella zona non ci sono mai stati? Non è un valido motivo perché non ce ne siano in futuro: il “vissuto” della piazza non può che migliorare, e il Comune ha le competenze per la loro manutenzione. Importante comunque - concludono - è essere pronti al dialogo come lo sono i nostri assessori con le categorie presenti sul territorio relativamente alle tempistiche dei lavori».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 agosto 2014

 

 

«Dal mini-rigassificatore lavoro, non inquinamento»

Alessandro Vescovini, capofila della cordata di aziende interessate al progetto, replica alle accuse mossegli durante l’assemblea alla Casa della Pietra

DUINO AURISINA Alessandro Vescovini, presidente di Sbe, società capofila della cordata di aziende che intende realizzare al Lisert di Monfalcone un rigassificatore dieci volte più piccolo rispetto a quello proposto per Zaule, in una lettera cerca di spiegare le ragioni del “sì”, smantellando le accuse mosse al progetto nel corso dell’assemblea alla Casa della Pietra. Un fiume di pensieri in cui – è evidente - non le manda a dire alla politica, agli ambientalisti, insomma a chi l'altra sera alla “Casa della Pietra” non avrebbe capito “l'aspetto occupazionale del progetto”. «Vivo con la mia famiglia a Duino Aurisina da più di dieci anni – esordisce - e la cosa a cui tengo di più al mondo è la sicurezza dei miei cari. Frequento da anni il Villaggio del Pescatore, posto stupendo dove io e i miei figli pratichiamo sport, dal canottaggio, al tennis, allo jogging. Posto dal quale, nonostante la sua vicinanza, l'orrendo camino bianco e rosso da 150 metri della centrale di Monfalcone è quasi invisibile, al contrario delle sue emissioni che nei mesi estivi coinvolgono in pieno l’area, nel silenzio assordante di certi “ambientalisti”...». «Rimane un mistero – prosegue - capire ciò che porta alcuni esponenti dell'architettura ad affermare che serbatoi da 36 metri quasi equidistanti rispetto al camino invisibile alto 150 dovrebbero deturpare il paesaggio. Ma ciò che mi ha amareggiato maggiormente, in questi giorni, del dibattito in corso è vedere come molti dei politici locali ignorino l'aspetto occupazionale del progetto e la difficoltà di non pochi cittadini alla ricerca del posto di lavoro o che temono di perdere il proprio. I miei figli frequentano scuole pubbliche da sempre in paese e per questa ragione ho da anni stretto amicizia con diversi genitori, dei loro compagni di scuola, che lavorano alla cartiera, fonte di lavoro determinante in paese, un po’ come la Fiat a Torino». «Frequentandoli – riferisce Vescovini - vivo con loro le preoccupazioni per il futuro, per il mutuo da pagare e altre cose serie: tutti in paese sanno che la situazione è tutt'altro che serena. Ai politici e agli ambientalisti nostrani, al calduccio della loro pensione, stanno a cuore maggiormente i mitili e le implicazioni paesaggistiche. E gli operai e i dipendenti della cartiera vengono posti in secondo o terzo piano, sicuramente dopo le cozze». «Se possibile, ancora più paradossale – conclude - la questione turistica, dove certi castellani che hanno chiuso il Rilke si ergono a paladini della difesa della vocazione turistica. Noi industriali nel progetto di riqualificazione ambientale abbiamo previsto di gestire la Cona2 e con alcuni imprenditori locali sviluppare un progetto turistico legato alle aree naturalizzate dei due fiumi, Isonzo e Timavo. Non parole, ma fatti. Le parole le lasciamo ai signorotti con il sangue blu e a certi “ambientalisti”».

Tiziana Carpinelli

 

 

Via Mazzini, privilegiata la qualità della vita - L’INTERVENTO DI Elena Marchigiani (assessore alla Mobilità e traffico del Comune di Trieste)
Rispondo alla segnalazione "Traffico - Da rivedere in via Mazzini", di sabato 23 agosto, in cui una cittadina si lamenta della diversa disposizione delle fermate e delle linee dei bus a seguito della sperimentazione dei P-days in corso da luglio. Sperimentazione che continuerà anche nei prossimi mesi. Io uso raramente la macchina (quando devo recarmi fuori città e non posso ricorrere al treno). Qualche volta vado in motorino. In prevalenza uso i bus e vado a piedi, quindi sono tra chi direttamente fa esperienza dell'attuazione del Piano del Traffico. La soluzione di avviare la pedonalizzazione delle vie Mazzini e Imbriani i sabati e le domeniche è derivata da molti mesi di lavoro e di confronto degli uffici del Comune con la Provincia e Trieste Trasporti. Un lavoro che ha cercato il più possibile di ridurre i disagi indotti da una scelta che ha molte ragioni, non solo quella di favorire commercianti e turisti. Ciò che principalmente più apprezziamo in altre città, in Italia o all'estero, è la cosiddetta “qualità della vita”. Qualità che spesso si traduce nel poter camminare in sicurezza negli spazi urbani, senza la preoccupazione di attraversare strade trafficate, senza la spiacevole sensazione indotta dallo smog e dall'inquinamento acustico, senza avere il timore costante che al semaforo il rosso scatti troppo velocemente. La scelta di proseguire con la pedonalizzazione delle vie Mazzini e Imbriani è perfettamente in linea con la volontà di migliorare la qualità della vita anche nel centro della nostra città. Abbiamo iniziato gradualmente, d'estate e nei fine settimana, per dare il tempo alle persone di abituarsi, di prendere le misure di un cambiamento che so essere per alcuni minimo, per altri più rilevante. Ad esempio, proprio le nuove fermate dei bus nei fine settimana sono ben segnalate su quelle ordinarie. Per chi poi è più incline a usare il web, ricordo che sul sito dedicato http://mobilitaetraffico.comune.trieste.it/pdays/ si possono scaricare le mappe con tutti i percorsi e le fermate stesse. Mi si consenta però un'ultima riflessione. Non credo che i cambiamenti possano essere valutati da un solo punto di vista. Credo inoltre che occorra dare tempo alle trasformazioni per poterne cogliere appieno la portata. Faccio un semplice esempio: nei giorni feriali la maggior parte delle linee dei bus scendono per via Mazzini e risalgono per Corso Italia. Chi ad esempio deve raggiungere le zone comprese tra via Milano e via Mazzini deve comunque fare un po’ di strada a piedi. Ovviamente questa è l’abitudine e nessuno si sogna di esprimere tale difficoltà. Ora, almeno nei fine settimana, il centro viene servito in maniera più allargata. Si può scendere in Corso Italia o in via Valdirivo, a seconda della propria destinazione. Cambiando in via Valdirivo, si può comunque arrivare in via Roma e quindi in prossimità di via Mazzini. In termini generali, si può meglio fruire di una parte storica e pregiata di Trieste, il Borgo Teresiano, che per troppo tempo è stata vista come una sorta di periferia interna. Le città fortunatamente cambiano. Il nostro obiettivo è fare in modo che anche Trieste cambi, diventando però più moderna e vivibile. L'ampliamento delle aree pedonali va appunto in questa direzione.

 

OGGI: vie Mazzini e Imbriani pedonali

Anche oggi pedonalizzate le vie Mazzini e Imbriani: oltre 5.800 metri quadrati di spazi per pedoni e ciclisti. Sul sito http://mobilitaetraffico.comune.trieste.it/pdays/ è possibile consultare le relative mappe e verificare le linee di trasporto pubblico previste.

 

ITALIA NOSTRA «Non dividere piazza Ponterosso»

Italia Nostra contro la suddivisione di piazza Ponterosso in due parti, l’una in masegno e l’altra in arenaria nuova. Il presidente Marcello Perna ricorda come l’assessore Andrea Dapretto abbia detto che anche la seconda zona potrebbe essere lastricata in pietra antica se «dovesse emergere un numero di masegni sufficiente». «Italia Nostra ha già rappresentato al Comune la contrarietà non solo a una suddivisione in "due" della piazza, ma anche all'insediamento di alberi, elemento estraneo al "vissuto" di quest' area, e capace di arrecare con la crescita delle piante problemi di manutenzione, di viabilità e di sicurezza».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 agosto 2014

 

 

Negozianti ed esercenti: «Niente auto in via Diaz»

La richiesta al Comune avanzata da 14 titolari. «Vicinissimi sia a piazza Unità che alle Rive ma tagliati fuori dalle zone di passaggio, area da abbellire»
Lontani anni luce i tempi in cui - chi si ricorda di via San Nicolò? - la pedonalizzazione di una strada suscitava malumori e polemiche a non finire. Le cose sono cambiate. E a chiedere che il traffico sia reso off-limits sono proprio esercenti e commercianti. Mentre oggi e domani tornano i “p-days” con via Mazzini e Imbriani senz’auto, in via Diaz 14 tra esercenti e commercianti portano avanti la battaglia per la riqualificazione dell'area che comporterebbe un salto di qualità per le singole attività presenti, ma anche un passo in avanti nell'offerta complessiva in chiave turistica della città. Di qui la richiesta al Comune di prendere in considerazione, tra i provvedimenti inseriti nel nuovo Piano del traffico, la possibilità di pedonalizzare l'arteria nel cuore del centro storico. Una proposta messa nero su bianco con 14 firme e supportata dall'Associazione operatori del Terziario. «In via Diaz ci sono tantissimi esercizi, molti legati al settore ristorazione», spiega Lorenzo Stoppar, della storica Pasticceria Penso: «Sono state riqualificate molte zone adiacenti, da via Torino passando per Cavana, e i commercianti ne hanno tratto benefici rilevanti. Lo stesso potrebbe accadere qui: ora siamo tagliati fuori dal passaggio pedonale principale, con tutte le conseguenze per le nostre attività». Concetti ripresi dagli altri esercenti. «È come essere a un passo dalla gloria: la sfioriamo ma non riusciamo ad afferrarla» - è la metafora usata da Domenico Siffanno, titolare del Micky Bar -. «Siamo vicinissimi sia a piazza Unità che alle Rive, eppure è come se fossimo distanti anni luce: è una zona in un certo senso dimenticata dove non passa più nessuno. Si fa enorme fatica a tirare avanti, soprattutto d'estate, quando si potrebbe dare una spinta alle nostre entrate». Qualcuno ragiona in chiave turistica. «È evidente che nell'ambito della riqualificazione che ha interessato le aree limitrofe ci stava anche la pedonalizzazione di via Diaz, naturale collegamento tra piazza Unità e il Museo Revoltella» - afferma Marco Puntin, che con Francesca Martinelli guida il negozio di vintage e modernariato Katastrofa -. «È uno sbocco naturale che va letto in chiave turistica, di ospitalità, di abbellimento dell'area e della stessa qualità della vita. Oggi invece via Diaz è letteralmente invivibile: strada sporca e non curata, dove le auto sono ferme negli stessi parcheggi da mesi. Un peccato perché qui ci sono molte attività commerciali, alberghi di livello, una volontà comune di crescita che andrebbe supportata». Pensieri ribaditi da altri commercianti: per Damir Toich di Elettrocasa «è una via dove non passa più nessuno, né le macchine né tantomeno le persone: solo un'area pedonale potrebbe ridare vita a tutta la zona». Secondo i titolari del buffet ForaperFora «rendere pedonale la zona significherebbe portare più ordine e pulizia: ci sarebbe più lavoro per le attività e una migliore qualità del prodotto offerto». Dice Alessia Vernì del negozio Boogaloo: «Il traffico veicolare e gli incidenti sono aumentati in modo sensibile in zona: ampliare il centro pedonale corrisponderebbe a un segno di civiltà, come del resto accade in molte città, sia italiane che straniere».

Pierpaolo Pitich

 

L’ASSESSORE: «Difficile da attuare, asse di scorrimento»
«Stiamo parlando di una soluzione difficilissima da applicare: si tratterebbe di rivoluzionare completamente tutta la viabilità del Borgo Giuseppino». L'assessore comunale alla mobilità e traffico Elena Marchigiani (foto) non nasconde le difficoltà collegate a una ipotesi di pedonalizzazione di via Diaz. «Come è noto l'amministrazione comunale è più che favorevole a iniziative di questo tipo e la stessa filosofia del nuovo Piano del traffico si fonda proprio sul nuovo concetto di mobilità e sulla individuazione di nuove aree pedonali. Detto questo però, credo sia sotto gli occhi di tutti l'importanza delle vie Diaz e Cadorna quali assi di scorrimento del traffico veicolare in zona, sia nell'immissione verso le Rive sia, all'interno, in direzione del Teatro Romano. Operazioni di questo tipo poi vanno attentamente studiate a tavolino e applicate gradualmente: in questo caso però siamo di fronte, lo ripeto, a una situazione molto complicata e di difficile attuazione». Per il momento dunque i cambiamenti previsti in via Diaz riguarderanno soltanto le aree di sosta, che diventeranno a pagamento con tariffe agevolate per i residenti. «Sono disponibile a un confronto con i commercianti della zona per cercare delle soluzioni che possano risultare utili» - conclude Marchigiani -. «Si possono comunque individuare delle iniziative di supporto che possano in qualche modo essere di aiuto alle attività commerciali, come ad esempio degli esperimenti temporanei, ma al momento direi che un cambio di rotta così drastico è da escludere».

(p.p.).

 

OGGI E DOMANI - Vie Mazzini e Imbriani chiuse alle auto

Tornano oggi e domani i “p days”: come già nelle settimane precedenti saranno pedonalizzate le vie Mazzini e Imbriani. Anticipando e proseguendo la sperimentazione del nuovo Piano del traffico, il Comune mette a disposizione più di 5.800 metri quadrati di spazi a per pedoni e ciclisti. Sul sito del Comune Retecivica è possibile consultare le relative mappe e verificare i cambiamenti di tragitto delle linee di trasporto pubblico previste in occasione di questi fine settimana.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 agosto 2014

 

 

Distrutto il campo di mais Ogm a Fanna

Nuovo blitz ordinato dalla magistratura nei terreni di Fidenato che annuncia ricorso al Riesame
TRIESTE La “guerra” contro le coltivazioni geneticamente modificate in Friuli Venezia Giulia si arricchisce di una nuova puntata. Ieri mattina è stato distrutto su disposizione del Tribunale di Pordenone il campo di mais Ogm, di proprietà di Giorgio Fidenato, coltivato nel comune di Fanna, in provincia di Pordenone. A dare notizia della distruzione è stato lo stesso leader di Agricoltori Federati e paladino del mais transgenico. «Era un provvedimento che ci aspettavamo - ha detto Fidenato, come detto conduttore del fondo raso a zeri - e che, com'è accaduto a Udine, dimostra uno zelo straordinario da parte delle istituzioni. La giustizia italiana - ha aggiunto il leader di Futuragra - che in casi di criminalità barbara spesso stenta a ingranare, contro il “gravissimo” rischio di contaminazione da Ogm lavora sempre a tappe forzate, anche a Ferragosto, quasi ci fosse in ballo il salvataggio dell'umanità». Fidenato ha annunciato di aver promosso subito ricorso al Tribunale del Riesame. «Un eventuale pronunciamento positivo del Tribunale, tuttavia, non potrà restituirmi quanto distrutto oggi. È veramente singolare - ha concluso l’agricoltore - che lo Stato italiano, che in ogni circostanza si fregia di essere alla presidenza di turno dell'Unione europea, continui a non applicare la normativa comunitaria, in base alla quale ho seminato. Ne risponderà comunque nelle sedi competenti, esattamente come la governatore Serracchiani, lei stessa in passato deputata europea, che ha approvato una norma chiaramente inapplicabile, per la quale otterremo giustizia e sarà costretta a pagare profumatamente, in termini di indennizzi per il danno causato». L’azione messa a segno ieri a Fanna su disposizione del Tribunale di Pordenone arriva a distanza di poche settimane da un’analoga iniziativa assunta dalla magistratura di Udine. A metà luglio, infatti, il Corpo forestale regionale aveva distrutto il mais Ogm seminato da Giorgio Fidenato in un altro terreno di circa cento metri quadrati nel terreno di Mereto di Tomba. Sempre in quell’occasione, i forestali avrebbero dovuto radere a zero anche altri due campi a Colloredo di Monte Albano. Operazione non riuscita, però, a causa della “resistenza”, ferma ma pacifica, opposta da Fidenato e da una sessantina di suoi sostenitori.

 

 

Orti, a Borgo San Sergio la grande festa di chiusura
Presenti le attiviste di "Luna e l'Altra", un’associazione impegnata nel campo delle tematiche femminili. Spettacolo con le “Canterine” della Pro Senectute
Tempo di raccolta, di bilanci e condivisione. "Urbi et Horti - Orti Comuni Trieste", il progetto legato alla gestione e valorizzazione di alcuni spazi verdi cittadini, archivia idealmente l'estate 2104 con una classica festa strutturata in due tappe - denominata "Orti in festa" appunto - programmata nelle giornate di oggi (a partire dalle 17) e domani (alle 16.30) nell'area dell'orto di Borgo San Sergio, zona delle casette "Puffi" di via Grego Est. Anche qui ognuno guarda il suo orticello ma la lettura sociale appare diversa, rivolta al senso della comunità, della integrazione e di un concetto produttivo disegnato su concetti rigorosamente biologici. Progetto quindi semplice quanto intenso, supportato dal Comune di Trieste e varie sigle associazionistiche e sanitarie della provincia, basato sulla attivazione di oltre una ventina di orti urbani, concessi a privati previo brevi corsi di formazione sui temi basilari della coltivazione, della apicoltura e della architettura ambientale. I novelli contadini ora tirano le somme e mettono magari i loro prodotti in vetrina. Un epilogo che non a caso trova teatro a Borgo San Sergio, l'orto triestino che ha saputo seminare le motivazioni più profonde, lavorando su un terreno sociale particolare, colorato da bisogni, nuovi stimoli e antiche necessità messe in pratica da oltre 25 persone. Una festa dunque, che vive il suo primo atto dal pomeriggio del 22 agosto, quando a Borgo San Sergio sbarcano le attiviste di "Luna e l'Altra", l'associazione culturale presente nel territorio dal 1990, realtà impegnata nel campo delle tematiche femminili tra i rami della cooperazione, la solidarietà e il disagio mentale. Saranno loro a inaugurare "Orti in festa", probabilmente con una serie di letture, ancora non meglio identificate, rivolte probabilmente ai colori agresti e del sociale. Sabato 23 la festa raddoppia. Accanto al previsto clima di convivialità, l'appuntamento di fine estate regala altri due momenti. Il primo consiste nella elezione del miglior micro orto del quartiere, una sorta di concorso a premi e con tanto di giuria (da allestire sul posto) per valutare l'ordine e la produzione che albergano all'interno dei vari "appezzamenti" della periferia urbana. La seconda parte della festa ospita in cartellone un intervento canoro. A offrirlo il gruppo delle "Canterine", le vezzose interpreti di brani dialettali, anche qui un gruppo di arzille "quote rosa" targato "Pro Senectute". Nessuna incognita sul gran finale. La due - giorni intende andare in archivio con un altro spunto classico, quello dello spuntino. I cibi? Priorità a quanto coltivato naturalmente ma debita apertura anche ad altri alimenti, magari non necessariamente coltivati secondo un rigore biologico, l'importante questa volta è esserci e condividere una stagione di semina, non solo contadina. Per informazioni sul percorso di " Urbi et Horti" è attivo il numero 328/7908116 e l'indirizzo orticomuni.trieste@gmail.com Francesco Cardella

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 agosto 2014

 

 

«Smart venga a rispondere sul mini-rigassificatore»

Dopo l’assemblea il Comune di Duino Auirisina chiede un supplemento di istruttoria
Il sindaco Kukanja: «Gli aspetti sulla sicurezza ancora nebulosi. E la Burgo cosa dice?»
DUINO AURISINA La trasparenza, prima di tutto. Ma anche il diritto di replica conta. Ecco perché nel corso della Seconda commissione in audizione pubblica il presidente Maurizio Rozza ha avuto il suo bel daffare a trascrivere tutte le osservazioni, perplessità e domande che sono state sollevate da un pubblico attentissimo, per l'occasione pigiato alla Casa della pietra come sardine. Gli interrogativi raccolti, infatti, verranno in queste ore vagliati dall'organismo e là dove non si riuscirà a trovare una risposta convincente saranno riproposti pari pari al proponente Smart gas, cioè al consorzio di aziende che intende realizzare al Lisert di Monfalcone un rigassificatore dieci volte più piccolo rispetto a quello ipotizzato per Zaule. Rozza intende infatti organizzare ancora un confronto a Duino Aurisina con Alessandro Vescovini della Sbe, capofila nella cordata di società interessate a realizzare l'impianto.«Ora il lavoro è tradurre in punti chiari la corposa documentazione depositata – così Rozza, che ha ritenuto molto utile l'incontro di martedì – sviscerare i dubbi e, se permangono, presentarli a Smart gas per un chiarimento. Non dovessero rimuoversi, le perplessità diverrebbero oggetto del nostro parere». Lo scorso 22 luglio, ricordiamo, ha preso avvio la procedura autorizzativa di Via (Valutazione impatto ambientale). E Duino Aurisina, in quanto ente confinante, è chiamato a esprimersi in merito. C'è tempo fino al 21 settembre, ma l'amministrazione vuole chiudere entro il 15. Il sindaco Vladimir Kukanja si è prefisso come obiettivo “chiarire preliminarmente tutti gli aspetti relativi alla sicurezza, ancora abbastanza nebulosa”. «Questo è per noi il punto principale – dice – dopodiché, una volta ottenute tutte le garanzie, si può parlare del resto. Niente è scontato. Si tratta di un'opportunità? Non lo so. Certo è che non siamo in grado, al momento, di compiere una analisi tecnica, poiché la valutazione delle carte è complessa e chiederemo informazioni anche al Comune di Monfalcone e alla Regione, per un supporto. Mi piacerebbe – prosegue il sindaco, presente alla commissione di martedì in fondo all'aula – conoscere anche la posizione di Burgo: è vero che ci potrebbe essere, col rigassificatore, un rilancio occupazionale? La nostra riflessione non può prescindere da questi temi e d'altro canto dobbiamo soppesare anche le criticità che ne deriverebbero sotto il profilo turistico. Inoltre, se la realizzazione dell'impianto portasse a sgravi fiscali e causasse l'insediamento di nuove aziende a Monfalcone, ci potrebbero essere ricadute anche per i lavoratori o i disoccupati di Duino Aurisina?. Insomma – conclude – posto che al primo punto c'è la preoccupazione per la sicurezza, vi sono ancora da ponderare pro e contro della questione e al momento non c'è un'idea chiara. Mi posso trovar d'accordo però sulla necessità di ottenere più tempo per ragionare, visto che il lasso a disposizione è stretto, e non vedo sfavorevolmente, anzi il contrario, la costituzione di un comitato che racchiuda residenti, circoli e portatori d'interesse locali». Fin qui la giunta. Questo invece il pensiero del Pdl: «Siamo molto scettici sul progetto – sostiene il consigliere Andrea Humar – per ora le carte a disposizione ci sembrano incomplete e urgono approfondimenti, in particolare sul fronte della paesaggistica e dell'ambiente, poiché a nostro avviso il mini-rigassificatore potrebbe danneggiare le attività di pesca e turismo». Il capogruppo pidiellino, assieme alla collega Daniela Pallotta, esprime comunque “apprezzamento per l'iniziativa del consigliere Rozza, che ha dato pubblica udienza alla cittadinanza e al mondo delle associazioni”, attraverso una commissione dalla quale “sono scaturite condivisibili perplessità, dubbi, incertezze e paure per un progetto ancora non chiaro e definito”.

Tiziana Carpinelli

 

 

Il Fugnan inquinato: nessuna ingiunzione a chi scarica liquami
MUGGIA La Goletta Verde boccia ancora una volta la qualità dell'acqua del torrente Fugnan. Dopo il niet del 2011 e del 2012, Muggia ha incassato la terza “bandiera nera” che Legambiente attribuisce ai Comuni italiani in ragione dell’inquinamento ambientale delle loro coste. Sotto accusa nuovamente il Fugnan, con il suo “forte inquinamento” dei suoi scarichi a mare in prossimità del piazzale Caliterna che fanno della cittadina uno dei tre punti monitorati fuori dalle norme sugli otto presi in considerazione in regione. «Sicuramente se la Goletta avesse campionato le acque anche lo scorso anno questa sarebbe stata la quarta bocciatura consecutiva: bel vanto per un sindaco che è stato dirigente di Legambiente», dice il consigliere comunale del Pdl-Ncd Claudio Grizon. «A nulla sono servite le interrogazioni e le raccomandazioni che abbiamo fatto al sindaco e all’assessore Longo che, lo scorso anno, dopo aver fatto fare, a onor del vero, un monitoraggio ad una ditta specializzata, che ha individuato sette scarichi diretti che confluiscono nel Fugnan lungo il suo corso, sembra che non abbia intimato ai responsabili identificati di provvedere ad eliminare i versamenti inquinanti». In base a quanto emerso in passato gli annosi inquinamenti non derivano dalla parte slovena ma sono riconducibili agli scarichi individuati lungo il tratto che scende lungo viale d’Annunzio e zone limitrofe. «Non ci fa per nulla piacere esser additati ancora una volta come inquinatori del nostro golfo, anche perché questi dati contribuiscono a porre in cattiva luce le coste regionali e quelle nazionali che hanno portato alle sanzioni da parte dell’Unione Europea - conclude Grizon -. Tutti a Muggia hanno a cuore lo sviluppo turistico ma queste notizie non giovano a dare della cittadina un’immagine accattivante, esorto dunque l’assessore e il sindaco ad aggiornare se necessario il monitoraggio e ad intervenire sui responsabili degli inquinamenti e a relazionare su questo tema al prossimo consiglio comunale.»

(ri. to.)

 

 

Via agli interventi sull’amianto nelle scuole
I bambini dell’asilo Delfino Blu trasferiti alla Tarabochia. Grim: «Scelta obbligata». I genitori: «Disagi»
I circa centodieci bambini che frequentano la scuola dell’infanzia Delfino Blu quest’anno non inizieranno l’anno scolastico nella sede abituale di Salita di Gretta. Con una riunione convocata ieri infatti il Comune ha ufficializzato la decisione di non aprire la scuola a inizio anno scolastico per portare avanti i necessari lavori per la rimozione dell’amianto presente sotto il pavimento dell’edificio. I bambini, è stato comunicato, saranno temporaneamente trasferiti nell’edificio della scuola primaria Emo Tarabochia. «Lo scorso autunno il Comune insieme all’Azienda servizi sanitari aveva deciso di completare il monitoraggio sulla presenza di amianto nelle scuole - spiega l’assessore Antonella Grim. -. Dove è stata riscontrata tale presenza abbiamo avviato un programma di bonifica totale secondo una scala di priorità: è stata data la precedenza alle scuole dell’infanzia. La scuola Roli era quella con la situazione più grave e proprio in questi giorni sono iniziati i lavori. A settembre partiremo in quattro scuole: oltre al Delfino Blu anche alla scuola Azzurra, alla Capriola e in quella di Altura. Per i lavori utilizzeremo il milione di euro reperito grazie al Fondo Trieste». Tra i genitori c’è perplessità e in molti non nascondono che questa decisione causerà loro dei disagi. «Avevo iscritto il piccolo qui perché la bimba più grande frequenta la primaria Umberto Saba, che è a due passi. Così sarebbe stato semplice accompagnarli entrambi. Ma con questo cambiamento di programma dovrò riorganizzarmi», spiega una mamma, e non è l’unica in questa situazione. «Mi chiedo perché questa decisione non ci sia stata comunicata prima - interviene un’altra -: siamo al 20 di agosto e ad aprile, nel corso di una riunione, ci era stato detto che sulla nostra scuola non c’era la necessità di intervenire per il rischio amianto». Tanti genitori si chiedono perché i lavori non siano stati avviati nei mesi estivi. «Non è stato possibile, perché questi interventi abbiamo potuto metterli a bilancio nel piano triennale delle opere licenziato alla fine del mese di luglio - spiega Grim -: ora stiamo facendo le gare per avviare i lavori, che devono essere rendicontati e quindi dovranno terminare entro fine anno». L’assessore specifica che per tutte le scuole da risistemare sono state individuate le “scuole contenitore” disponibili più vicine alle sedi originarie: la scuola Azzurra sarà spostata alla Slataper a San Giacomo, la materna di Altura sarà trasferita alla primaria Don Milani. «Mi rendo conto dei disagi che ci saranno, ma non era possibile operare diversamente», dice. E annuncia che il Comune ha ottenuto dei contributi straordinari dal governo per proseguire anche nel 2015 con gli interventi per rimuovere l’amianto residuo nelle scuole comunali.

Giulia Basso

 

 

Sempre più gabbiani, cinghiali e colombi: «È emergenza vera» - Sono oltre 30mila i piccioni e tremila i “cocai” in provincia
Appello delle istituzioni: «La gente smetta di dar loro cibo»
Provincia di Trieste 2014: 236mila abitanti, più 30mila piccioni, 3mila gabbiani, meglio noti come “cocai”, 400 cinghiali. Una realtà preoccupante, soprattutto se la si considera superando quel concetto di buonismo di maniera, che permea il comportamento di molti triestini «pronti a dare sciaguratamente da mangiare a questi animali, creando così il presupposto per il loro proliferare, fattore pericoloso per la salute pubblica». Questa la denuncia emersa con forza ieri, nel corso di un incontro che ha visto protagonisti il Comune, rappresentato dall’assessore per l’ambiente Umberto Laureni, il vicepresidente della Provincia, Igor Dolenc, il comandante della Polizia ambientale di Trieste, Ilario Zuppani e numerosi esponenti di associazioni che si occupano del problema. «Bisogna capire – ha esordito Laureni – che serve una nuova cultura in materia. Piccioni, cinghiali e gabbiani sono capaci in perfetta autonomia di trovare il cibo necessario per la loro sopravvivenza, senza dover ricorrere al non richiesto aiuto dell’uomo. Tutti coloro che danno da mangiare a queste specie – ha aggiunto - sono responsabili di una situazione che, oltre che essere pericolosa per l’incolumità delle persone, e mi riferisco specificamente ai cinghiali, è dannosa per la salute pubblica. Basti pensare ai piccioni che vanno a piluccare sui tavoli del bar – ha precisato – e ai gabbiani oramai abituati a pescare nei cassonetti per le immondizie. Ho sollecitato la Fipe affinché inviti i pubblici esercenti della città a dotarsi di contenitori con coperchio per gli stuzzichini sistemati sui tavoli all’aperto, oggi esposti al passaggio dei piccioni e dei gabbiani con tutte le conseguenze del caso. Solo una presa di coscienza da parte dell’intera popolazione – ha concluso il componente della giunta Cosolini – porterà a risultati concreti. Le istituzioni e la Polizia ambientale, peraltro composta da poche unità, non possono arginare il fenomeno della proliferazione di queste specie». A evidenziare la gravità del problema è intervenuto Enrico Benussi, faunista ed esperto ornitologo: «Bastano pochi dati per delineare la situazione in città. Nel 1987 sul territorio provinciale c’era una sola coppia di gabbiani maturi, cioè in grado di procreare. Oggi ne abbiamo 500 di coppie di questo tipo, su un totale di quasi 3mila gabbiani presenti. L’aumento annuo della popolazione dei gabbiani è del 10,2 per cento. Negli ultimi vent’anni – ha proseguito – i cinghiali sono passati da un centinaio a 400, mentre i piccioni si avvicinano a quota 30mila. Bisogna che la legge finalmente permetta di intervenire sulla riproduzione di queste tre specie – ha dichiarato con sicurezza – spiegando alle cosiddette “gabbianare”, cioè quelle signore che pensano di fare un’azione meritevole dando loro da mangiare, che in realtà sono artefici di un grave danno. Siamo al cospetto di una vera e propria emergenza – ha concluso – anche perché le discariche a cielo aperto di Capodistria e Sesana rappresentano, per i gabbiani, un serbatoio di cibo facilmente raggiungibile. Bisognerà discuterne con le autorità slovene». Dolenc ha spiegato che «non esiste una soluzione unica e definitiva, ma bisogna trovare accorgimenti che permettano la convivenza fra uomo e gabbiani, piccioni e cinghiali. Il ragionamento è semplice – ha continuato -: più diamo loro da mangiare più si moltiplicano e ci troviamo con animali urbanizzati, cioè abituati a trovare il cibo nel tessuto urbano. La Provincia è in difficoltà – ha concluso - perché abbiamo solo cinque componenti nel corpo della Polizia ambientale». Zuppani ha ribadito che «non basta coinvolgere le istituzioni, ma sono i cittadini che devono collaborare e capire situazioni e problematiche». Nicola Bressi, direttore dei Musei scientifici del Comune, ha invitato tutti a «ricordarsi anche dei ratti e della zanzara tigre. Cinghiali, piccioni e gabbiani non vanno aiutati, perché sono già capaci di crescere di numero e prosperare per conto loro».

Ugo Salvini

 

COME COMPORTARSI - Le regole da seguire riassunte in un libretto

Si chiama “Cinghiali, gabbiani & piccioni in città. Che fare ?” ed è il libretto presentato ieri dall’assessore comunale Umberto Laureni, che ha come obiettivo quello di insegnare ai cittadini i comportamenti da adottare nei confronti di queste tre specie. Frutto della collaborazione fra Comune, Provincia, Regione e Lega italiana protezione uccelli (Lipu), l’agile volumetto, che conta una ventina di pagine, sarà distribuito inizialmente nelle scuole, ma successivamente sarà a disposizione di tutti. Dotato di efficaci illustrazioni, il libretto indica anche i comportamenti scorretti, come per esempio lasciare le ciotole con il cibo per i nostri cani e gatti a disposizione di queste tre specie o non chiudere bene i sacchetti per la raccolta delle immondizie. Massimo Stroppa, direttore del Servizio forestale regionale, ha evidenziato durante la presentazione di ieri che «il libretto e' stato realizzato spendendo pochissimo, grazie alla collaborazione fra i vari enti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 agosto 2014

 

 

Piazza Ponterosso e largo Panfili lavori pronti a partire a fine anno

Aggiudicati in via provvisoria i cantieri, altissimo il numero delle offerte pervenute: oltre 110 per ciascuno dei due bandi.

Ripavimentazioni, nuovi impianti semaforici e pista ciclabile
Nelle previsioni più ottimistiche dell’assessore ai lavori pubblici Andrea Dapretto il cantiere sarebbe dovuto partire già nella primavera del 2013, giacché il progetto era stato varato alla fine dell’anno precedente. Poi, come si sa, ci si è messo di mezzo il Patto di stabilità a bloccare questa come buona parte delle altre opere pubbliche programmate. Adesso però è la volta buona. Nell’ambito del “piano cantieri” varato dal Comune nei mesi scorsi, il bando è stato lanciato e i lavori sono stati da poco assegnati. Salvo intoppi, la riqualificazione di piazza del Ponterosso potrebbe avere inizio verso la fine di novembre: anche se (come si legge qui sotto) è lo stesso Dapretto a ipotizzare un rinvio di alcune settimane così da non intralciare gli affari dei negozi e locali dell’area proprio nel periodo delle festività. Pressoché in contemporanea, con un altro bando, sono stati assegnati i lavori per via Trento e Largo Panfili: le due opere dunque saranno realizzate più o meno contestualmente. E rappresenteranno, a lavori conclusi, un’ulteriore porzione di quel programma complessivo avviato nel 2007 - giunta Dipiazza - e mirato a creare un percorso che raccorda piazza Venezia a piazza della Libertà in parallelo alle Rive, per rivitalizzare anche a livello pedonale un’area a lungo trascurata. I bandi per Ponterosso e largo Panfili, come si diceva, sono stati esperiti. Lavori per un milione 230mila euro più Iva per la piazza, e per un milione 325mila euro più Iva per la via e il largo. Cifre non enormi, ma che in periodo di crisi profonda per il comparto edilizio hanno attirato un interesse impensabile fino a pochi anni fa, commenta lo stesso assessore, da parte di imprese di tutta Italia. Sono state 119 le offerte pervenute per piazza del Ponterosso: i lavori sono stati aggiudicati in via provvisoria (l’ok definitivo arriverà dopo le verifiche nei termini di legge e fatti salvi i termini per eventuali ricorsi) al raggruppamento temporaneo d’imprese capeggiato dalla triestina Tda srl accanto a due srl di Ravascletto e Forni di Sotto. Offerte a quota 112 per via Trento e largo Panfili, con aggiudicazione (sempre temporanea) alla Ferroli&C. della provincia di Pordenone. Visti i 300 giorni di cantiere stimati per Ponterosso e i 360 per l’altra opera, l’intera area dovrebbe essere pronta tra la fine del 2015 e i primi mesi del 2016. Il progetto per la piazza prevede la pavimentazione con masegni di recupero nell’area monumentale che circonda la fontana e in lastre nuove di arenaria dall’altra, quella in cui una volta scomparso l’attuale parcheggio troveranno collocazione il mercato e un filare di sette alberi affacciato su via Roma. Il progetto prevede anche la ripavimentazione dei marciapiedi di via Genova in arenaria. Sul fronte opposto, verso cioè piazza della Libertà, ecco l’altro progetto, suddiviso in tre aree. La prima, quella dell’isolato di via Trento che arriva fino all’incrocio con via Machiavelli, sarà interamente pedonale. Da lì in avanti, via Trento è destinata a strada a senso unico con velocità massima di 30 chilometri orari. Da ripavimentare i marciapiedi, quello a mare ospiterà una corsia ciclabile che giungerà fino a via Ghega, mentre nuovi impianti semaforici sono previsti agli incroci di via Trento con le vie Milano, Valdirivo e della Geppa. Interamente pedonale invece largo Panfili, la cui pavimentazione - come si legge nel documento - verrà realizzata «utilizzando lastre di recupero delle pavimentazioni originarie» in masegno «se disponibili e tecnicamente riutilizzabili». L’aspirazione è quella di farne uno spazio «dedicato alla sosta dei pedoni, allo svolgimento di attività culturali a cielo aperto e allo stesso tempo adeguato ad assolvere alle funzioni di sagrato» della chiesa affacciata sul largo. Prevista anche qui la piantumazione di nuove alberature: sei piante, sul lato opposto alla facciata della chiesa.

Paola Bolis

 

«Ma valuteremo se iniziare dopo le feste»
Dapretto: ora incontri con commercianti ed esercenti sulle tempistiche da preferire
Commercianti ed esercenti inferociti per i lavori in corso davanti ai propri negozi e locali, e magari nel periodo “buono” delle festività. È già successo, e il Comune stavolta ha tutte le intenzioni di evitarlo. Se ne è parlato proprio ieri nella riunione di giunta, racconta l’assessore Andrea Dapretto, a proposito del futuro cantiere di via Trento e largo Panfili ma soprattutto di quello destinato a insistere su piazza del Ponterosso, là dove si concentra la più rilevante parte delle attività. «Se non ci saranno intoppi i lavori saranno pronti a partire verso a fine anno, ma assieme all’assessore allo sviluppo economico Edi Kraus abbiamo l’intenzione di incontrare i commercianti e gli esercenti - dice Dapretto - per discutere le tempistiche dei cantieri. L’obiettivo è quello di valutare insieme se sia meglio iniziare non appena possibile, o se invece risulti preferibile attendere che si chiudano le festività di fine anno per poi dare il via alle opere. Per noi qualche settimana in più o in meno non fa a questo punto molta differenza: decideremo dopo gli incontri con le categorie». È ovvio infatti che i cantieri di disagi ne creeranno: per la piazza del Ponterosso sono previsti 180 giorni di lavoro nell’area monumentale della fontana sui complessivi 300, ma in una certa fascia le operazioni si sovrapporranno, dice Dapretto, anche per la prevista contemporaneità con l’operazione in via Trento e largo Panfili. In quest’ultima area si procederà per isolati successivi lungo via Trento, destinata a ospitare un senso unico di marcia e una pista ciclabile. Sempre in tema di viabilità, va ricordato che in via Roma, all’altezza di piazza del Ponterosso, per il momento continuerà a transitare il traffico privato. In futuro l’area potrebbe essere adibita a zona a elevata valenza pedonale, con cioè il solo previsto passaggio dei mezzi pubblici.

 

Il Cosapu: fare chiarezza sul recupero dei masegni - la battaglia
Ma in che misura saranno recuperati in piazza del Ponterosso gli antichi masegni sepolti ormai da decenni sotto strati di asfalto? A porre per l’ennesima volta la questione è il Cosapu, il Comitato per la salvaguardia del patrimonio urbano cittadino che danni si batte sul tema. «A giugno - scrive il presidente del Cosapu Bruno Cavicchioli - l’assessore Andrea Dapretto ha rilasciato una dichiarazione per cui, con nostra grande meraviglia, stigmatizzando la distruzione dei masegni negli anni precedenti tornava sui propri passi assicurando che in piazza Ponterosso i lastricati storici sarebbero stati mantenuti». Di qui, assieme a Italia Nostra, la richiesta di delucidazioni a Dapretto, rimasta senza risposta «come per le precedenti richieste d’incontro». Cavicchioli ha scritto della questione anche alla soprintendente Maria Giulia Picchione, «per sollecitare una revisione del progetto». La relazione progettuale per Ponterosso dice chiaramente di «masegni di recupero nell’area più monumentale della piazza e lastre nuove dall’altra». E il piano, conferma Dapretto, non è cambiato. «Non c’è mai stata da parte mia alcuna volontà iconoclastica nei confronti dei masegni. Da quanto sappiamo a oggi c’è però materiale sufficiente per ripavimentare la zona della fontana del Giovanìn con il materiale di recupero. Se poi emergessero masegni da riutilizzare anche nell’altra parte dell’area, benissimo: verificheremo la possibilità di posarli. Quanto a largo Panfili, il materiale viene reputato sufficiente per la ripavimentazione. Ma è comunque come parlare di un terno al lotto: solo quando scorticheremo l’asfalto ci renderemo conto della situazione reale. E va tenuto presente - chiude Dapretto - che se i masegni si rivelassero in quantità adeguata a coprire entrambi i lati di piazza del Ponterosso, a quel punto dovremo interpellare la Soprintendenza, che ci ha dato il parere positivo per il progetto così come previsto». Con i masegni da una parte e l’arenaria nuova dall’altra, appunto.

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 agosto 2014

 

Mini-rigassificatore al Lisert «Dovete darci più garanzie» - Parere per ora negativo dall’assemblea convocata dal Comune ad Aurisina
Ambientalisti e cittadini chiedono di vedere un progetto più dettagliato
DUINO AURISINA La parola d'ordine adesso è: guadagnare tempo. Come? Unendo le menti e facendo le pulci ai faldoni del progetto Smart gas, così da inoltrare al Ministero dell'Ambiente una richiesta di integrazioni alla procedura di Via, l'iter autorizzativo indispensabile alla realizzazione del mini-rigassificatore del Lisert. Un espediente per dilatare i tempi procedurali e capire davvero fino in fondo le “carte”. Perché – e su questo alla II commissione in audizione pubblica di ieri sera nessuno ha dissentito – la documentazione è corposa e non sempre di facile lettura. Un folto parterre di cittadini, politici, ambientalisti ed esperti ieri ha detto la propria sul progetto illustrato ai consiglieri comunali lo scorso 6 agosto in municipio da Alessandro Vescovini, imprenditore della Sbe, l'industria capofila di una cordata di 16 aziende consorziatesi per fare business con la distribuzione di gnl e l'acquisto di gas liquido a prezzo tagliato. E non sono mancate forti prese di posizione. A partire dal principe Carlo della Torre e Tasso, già a capo dei cortei di protesta ai tempi del terminal Snam, e pronto ora a ridiscendere in campo, almeno stando al suo segretario Luca Marcuzzi, mandato all'incontro in sua vece: «Il principe esprime assoluta contrarietà al progetto: o si parla di turismo e ambiente o questo piano non può andare avanti. E vi si opporrà con ogni mezzo, appoggiando qualsiasi movimento che andrà contro al rigassificatore». L'architetto Danilo Antoni, duinese e ambientalista, ha suggerito “la costituzione di un comitato”, ritenendo “inaccettabile” la documentazione di Smart gas, che a suo dire contiene numerose falle: «Come piano paesistico prende di riferimento la normativa 2002 della regione Lombardia, visto che il Fvg non ce l'ha, e come riferimenti per la paesaggistica, allo scopo di affermare che il rigassificatore non sarà affatto visibile, prende 5 punti “furbi” sul territorio: trucchi maldestri che respingiamo». La componente slovena da più parti ha giudicato inaccettabili gli atti depositati da Smart gas, in quanto “sprovvisti di traduzione, sancita dalla legge 38” come osservato da Luciano Kocman della comunità di San Giovanni e irregolare la stessa commissione per “mancanza di traduttore” (così Carlo Crgic della Comunanza delle Comunelle). Parecchi i rilievi su impatti paesaggistici e ambientali, a partire da quelli riportati da Carlo Franzosini del Wwf («Nella Via nuovamente si rivedono gli errori dello “spezzatino di opere« e «si dà per scontata la valutazione dell'escavo del canale monfalconese»); e anche da Egle Tarasic del comitato L'altrabaia: «Intanto vorrei precisare che alla pagina 8 della relazione paesaggistica si parla di 90 arrivi e non di 22 gasiere all'anno. E poi mi domando: chi si accollerà, un domani, i costi di dismissione del rigassificatore? Ho appreso su internet che simili impianti hanno una vitalità di 30-40 anni: e dopo? Ora non c'è una legge che impone fideiussioni in tal senso e non vorrei che a pagare fosse la comunità... Idem per i dragaggi: è chiaro che il primo è carico del proponente, ma i successivi? Si sa che i canali si intasano e necessitano di manutenzione: dovrà farlo l'autorità portuale, magari coi soldi dei cittadini?. Inoltre questo mi pare essere un impianto che obbliga a interdizioni della navigazione – ancora Tarasic -: direi fortemente restrittivo per un'area già piccola e per lo sviluppo diportistico. Infine: a Gioia Tauro l'ipotesi di un rigassificatore è stata rigettata perché distante meno di 1500 metri dai centri abitati, qui parliamo di neanche un chilometro: com'è possibile? Quanto alla paesaggistica, facciamo i conti con due serbatoi da 36 metri di altezza e 60 di diametro e di una torcia di oltre 70 metri». Tra il pubblico molti politici: Igor Gabrovec, Aurelio Juri, Walter Ulcigrai, Tatjana Kobau, Mitja Tercon, Roberto Gotter, Giorgio Ret, Massimo Romita, Daniela Pallotta e Andrea Humar, oltre al presidente della commissione Maurizio Rozza, che ha moderato l'incontro alla Casa della pietra, terminato verso le 20.

Tiziana Carpinelli

 

 

Ferriera-Arvedi, il 29 tappa a Roma
Convocata la Conferenza dei servizi con enti, ministeri e Siderurgica Triestina sulla cessione del complesso
Nell’occasione ci sarà una sedia in più. Per un attore protagonista in più. Il 29 agosto a Roma la Siderurgica Triestina - la srl al 100% di Finarvedi - si accomoderà allo stesso tavolo, con all’ordine del giorno il tema Ferriera, a cui parteciperanno i ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente, delle Infrastrutture e dei trasporti e del Lavoro, la Regione Fvg, il Comune, la Provincia e l’Autorità portuale di Trieste. Sostanzialmente gli stessi soggetti che il 30 gennaio scorso si ritrovarono nella capitale, a Villa Madama, per firmare l’Accordo di programma quadro che prevede un investimento complessivo di 72 milioni di euro, di cui 57 pubblici, per il risanamento e il rilancio produttivo non solo dell’area di Servola su cui è insediata la Ferriera ma anche dell’intero comprensorio Ezit. Partito da quel primo tassello, fra dieci giorni il percorso si aggiornerà: «Il 29 agosto prossimo - fa sapere la presidente della Regione, Debora Serracchiani - è stata convocata la Conferenza dei servizi a Roma che inizierà a trattare la chiusura dell’Accordo di programma per la disciplina degli interventi relativi alla riqualificazione delle attività industriali e portuali e del recupero ambientale dell’area di crisi industriale complessa di Trieste, definendo le valutazioni relative alla cessione della Ferriera di Servola». L’annuncio della governatrice arriva a seguito della convocazione giunta da Roma ai soggetti coinvolti, a dieci giorni dalla determinazione del Ministero dello Sviluppo economico dello scorso 8 agosto, quando il Commissario delle imprese del gruppo Lucchini in amministrazione straordinaria, Piero Nardi, era stato autorizzato a stipulare con Siderurgica Triestina (il cui amministratore unico è Francesco Rosato, ex direttore della Ferriera ed ex consulente del Comune), emanazione appunto del gruppo Arvedi, il preliminare di vendita relativo al complesso della Ferriera. Il tutto, dopo la presentazione dell’offerta vincolante d’acquisto da parte della Siderurgica Triestina, l’esame della stessa da parte di Nardi, la trasmissione degli atti al Comitato di sorveglianza e il parere del ministero. Confermando il via libera alla stipula del contratto, il Ministero dello Sviluppo economico aveva anche reso noto come la società concessionaria si impegna, con l’acquisto, a sottoscrivere l’accordo di programma per la disciplina degli interventi di riqualificazione delle attività e del recupero ambientale dell’area. L’atto del 30 gennaio scorso era stato siglato, quel giorno, con l’unica eccezione dell’Autorità portuale, che l’aveva firmato successivamente dopo aver sollevato varie obiezioni. A Roma, sette mesi fa, era stato inviato dalla Torre del Lloyd l’ormai ex segretario generale facente funzioni Walter Sinigaglia che, in collegamento telefonico con Marina Monassi, era stato protagonista di una sorta di balletto a suon di tentativi di modifica del testo suggeriti dalla presidente dell’Ap. Per l’ente di via von Bruck chi presenzierà, il 29 agosto, a Roma? Monassi parteciperà? Fra interventi di risanamento ambientale e investimenti si tratta di 172 milioni di euro totali, evidentemente con intervento da oltre 100 milioni del gruppo Arvedi, tra 2014 e 2016: azioni finalizzate a costruire il futuro produttivo e occupazionale del sito. Serracchiani aveva già espresso apprezzamento verso il viceministro Claudio De Vincenti e i tecnici per i tempi «largamente inferiori a quelli previsti per legge» nell’iter: «Il procedere rapido e costante delle fasi del subentro alla Ferriera di un soggetto industriale come Arvedi - ribadisce la presidente della Regione - non era scontato. Ma stiamo cominciando a vedere i frutti del lavoro complesso e delicato che abbiamo fatto fin qui, e che intendiamo portare fino in fondo, perché la posta è straordinariamente importante, non solo per Trieste e per la regione, ma anche per la stessa siderurgia nazionale». Guardano all’incontro del 29 con comprensibile interesse i sindacati: «Sono piccoli ma importanti passi avanti - afferma Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) -, si continua nel percorso avviato». I rappresentanti dei lavoratori attendono, nel contempo, segnali dalla Siderugica Triestina: «Stiamo aspettando la convocazione per le consultazioni sindacali sul tema occupazionale. Riteniamo arriverà in pochi giorni». Così, Christian Prella (Failms): «Vediamo di buon occhio un avanzamento dei lavori, ma attendiamo di conoscere i contenuti di questo accordo. Vogliamo sapere esattamente cosa prevede e avere garanzie occupazionali».

Matteo Unterweger

 

 

«Accelerazione sulle bonifiche»
Nel 2014 il ministero dell’Ambiente ha impresso una marcia sostenuta alle attività istruttorie per la bonifica dei Siti di Interesse Nazionale, tenendo quasi una conferenza dei servizi al giorno e predisponendo 62 decreti per 600 ettari, oltre il doppio rispetto a tutto il 2013. Lo rileva una nota ministeriale. Ancora più significativo è il confronto dal 2000 ad oggi: nei primi sette mesi del 2014, infatti, è stato predisposto il 23% della totalità dei decreti dell’intero periodo. «Sulla sicurezza ambientale, che vuol dire salute per i cittadini e difesa del nostro territorio - spiega il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti -, vogliamo andare veloci e fare bene. Nel decreto-legge 91 abbiamo introdotto una procedura accelerata e facilitata per le bonifiche, nel pieno rispetto degli standard ambientali». L’attività svolta ha consentito di completare le caratterizzazioni in alcuni Sin, di incrementare le percentuali sia delle aree a terra per le quali sono stati approvati progetti di bonifica sia delle aree liberate e restituite agli usi legittimi. La caratterizzazione è stata completata anche per il Sin della Laguna di Grado e Marano. Approvati progetti di bonifica pure per il 15% dell’area della Laguna stessa e di quella di Trieste. Le aree liberate e restituite agli usi legittimi sono circa 4.290 ettari: fra questi, anche il 7% del sito di Trieste e il 2% della Laguna di Grado e Marano.

 

 

Cinghiali, piccioni e gabbiani La difficile convivenza in città
"Cinghiali, gabbiani & piccioni in città. Che fare?". È questo il titolo della nuova pubblicazione che sarà presentata nel corso di una conferenza stampa in Municipio oggi alle 11 nella sala della Giunta. Si tratta di un libretto illustrato, pubblicato dal Comune assieme alla Provincia e alla Regione e curato dalla Sezione di Trieste della Lipu (Lega italiana protezione uccelli), nel quale, in una ventina di pagine sono spiegati i principali problemi posti dall’avvicinamento degli animali selvatici (o comunque non domestici) alla città, ma soprattutto viene chiarito a tutti ciò che l’uomo non deve fare in rapporto a questi animali. Vi sono riportate indicazioni molto semplici ma anche molto concrete e “operative” su come comportarsi nei loro confronti (anche in caso di incontri “difficili”, specie con i cinghiali o i gabbiani in particolari circostanze), su cosa non è proprio il caso di fare (ad esempio nutrirli ritenendo che ne “abbiano bisogno”, laddove così facendo si rischia, al contrario, proprio di danneggiarli facendo perdere loro le caratteristiche della propria selvaticità e portandoli all’impigrimento e ad assumere abitudini non consone alla loro natura), e, più in generale, dati e notizie.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 agosto 2014

 

 

Cava Faccanoni, via al bando per la discarica

Pubblicato dal Comune, offerte entro fine ottobre. Undici anni per il riempimento della voragine
Un passo in avanti verso la rinaturalizzazione della cava Faccanoni, anche se l’obiettivo è lontano (si parla del 2026). Il Comune ha pubblicato nei giorni scorsi il bando per la concessione di costruzione e gestione della cava dismessa. Il vincitore avrà l’onore e l’onere di guidare il riempimento dello sfregio nel Carso attraverso lo scarico di materiali edili di scavo. Un doppio vantaggio, quindi, perché la futura fruibilità della cava verrà raggiunta dando finalmente all’edilizia triestina un posto in cui depositare i materiali, una richiesta che il settore avanzava da anni. Il bando sintetizza in questi termini le caratteristiche generali dell’opera e della concessione: «Ha per oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva, la realizzazione di un impianto di recupero dei materiali di riempimento, l’affidamento della gestione dell’impianto stesso per tutta la durata contrattuale e le opere di rinaturalizzazione morfologica e naturalistica della dismessa cava Faccanoni da realizzarsi attraverso il rinterro con terre e rocce da scavo ed inerti». L’importo complessivo dei lavori è di due milioni 280mila euro circa, dei quali 85mila 884 in oneri per la sicurezza. Il valore complessivo dell’investimento è quantificato in tre milioni 600mila euro. Il termine ultimo per la presentazione delle offerte è il 30 ottobre prossimo: le domande dovranno essere presentate all’ufficio appalti del Comune. La durata massima della concessione sarà di 17 anni, ma il concessionario dovrà dimostrare in tempi brevi di avere avviato i lavori: il termine massimo per la realizzazione dei lavori di preparazione dell’alveo di cava per l’installazione dell’impianto di recupero è fissato infatti a «150 giorni naturali e consecutivi dalla data distipula del contratto di concessione». Il termine fissato contrattualmente potrà essere prorogato dal Comune solo «qualora reso necessario da oggettive difficoltà procedimentali non imputabili al concessionario». Il termine ultimo per l’avvio della gestione sarà entro 30 giorni dalla consegna provvisoria delle opere. I lavori sull’area si articolano in numerosi interventi: la messa in sicurezza dei materiali a rischio di caduta dalle pareti della cava; la chiodatura delle pareti per il contenimento della caduta massi; l’installazione di reti di contenimento e di barriere paramassi; la realizzazione di un vallo di protezione alla base della cava; il riempimento dell’area con le terre, rocce da scavo e inerti; l’impiego di tecniche stabilizzanti di ingegneria naturalistica; la ricostruzione del prato-pascolo mediante semine con miscela di sementi selezionata; la messa a dimora di specie arbustive ed arboree autoctone; interventi per la messa a regime delle acque meteoriche. Soltanto per riempire la cava si prevede servano 11 anni.

(g.tom.)

 

 

COMUNE - De Gioia: grotte, fondi per valutare l’inquinamento

Cavità carsiche che spesso sono state utilizzate abusivamente come discariche e che vanno dunque censite: «Inseriti nel bilancio del Comune 30mila euro per ottenere una esatta cognizione delle gravità del problema, fornendo tra l'altro a chi sarà incaricato, e altri non possono essere che gli speleologi, attrezzature e strumenti che consentano di ottenere il miglior risultato». Lo scrive il consigliere comunale Roberto De Gioia (Lista civica indipendente) sottolineando come un suo emendamento, presentato assieme a Maurizio Ferrara, sia stato accolto in sede di discussione del documento contabile. «Una premessa indispensabile», secondo De Gioia, «propedeutica a un intervento di bonifica che spetta alla Regione, e un segnale alla Provincia che potrebbe coordinare con gli altri Comuni una indagine conoscitiva più ampia su tutto il territorio carsico. Un intervento globale necessario se si pensa che oltre ai problemi di inquinamento e di salute c'è da tutelare quel grande patrimonio speleologico di cui poco si conosce ma che, unico al mondo, per noi potrebbe avere un valore inestimabile se invece di essere ignorato fosse valorizzato e ne fossero colte le opportunità che può offrire», chiude De Gioia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 agosto 2014

 

 

Mini-rigassificatore al Lisert, la parola agli interessati
Mitilicoltori, ambientalisti e industriali invitati all’audizione pubblica che il Comune di Duino organizza domani alla Casa della Pietra di Aurisina
DUINO AURISINA Mini-rigassificatore al Lisert: il Comune adesso vuole sentire il parere dei cittadini. La Seconda commissione consiliare presieduta da Maurizio Rozza, di concerto con la giunta Kukanja, sta per avviare un confronto sull'impianto monfalconese strategico per 16 aziende in regione, tra cui la cartiera Burgo di San Giovanni e la Sbe di Alessandro Vescovini, società capofila della cordata, che il 6 agosto ha presentato il progetto in municipio. Il metodo è quello della partecipazione: coinvolti dunque gli stakeholders, i portatori di interesse che verranno consultati domani alla Casa della pietra di Aurisina, dove alle 18 ci sarà un'audizione pubblica della commissione. Nessun invito specifico, ma tutti sono chiamati a partecipare. L'amministrazione, in quanto Comune confinante, deve esprimersi sull'opera e intende chiudere l'iter il 15 settembre. «La seduta di domani – sottolinea Rozza – per sentire favorevoli o contrari al progetto di Smart Gask, sarà propedeutica alla formulazione del parere dell'ente. La riuscita di un'efficace analisi delle ragioni del sì e del no - aggiunge - dipende ovviamente da un'elevata e qualificata partecipazione di stakeholders. L'audizione deve svolgersi in questo periodo, che certo non è dei migliori, per rispettare i tempi di legge previsti per l'espressione del parere. Si chiede dunque ai portatori di interesse di venire all'incontro e di renderlo noto ad altri soggetti potenzialmente interessati». Come noto, la posizione di Rozza è a oggi “laica” e in attesa di sentire le varie parti alla Casa della pietra: miticoltori, ambientalisti e gli stessi industriali della Cartiera se vorranno esser presenti. «Per ora – prosegue – la preoccupazione maggiore dei miticoltori sono i sedimenti del mare e la realizzazione di un doppio escavo: quello di Smart gas e quello del canale di accesso al porto monfalconese. Anch'io nutro questa perplessità: non posso immaginare due escavi separati, per le possibili interferenze col mare. Ce ne deve essere uno solo, di breve durata e da svolgersi con le migliori tecnologie possibili». «Vale la pena sottolineare – conclude Rozza – che vi sono state segnalazioni sull'aumento di torbidità delle acque nell'area di Duino Aurisina e fino a Grignano e che vi sarebbero impatti pesanti sulle praterie marine. Questo è già un dato preoccupante, che va indagato. Un doppio escavo potrebbe peggiorare una situazione già in parte compromessa». Tornando al mini-rigassificatore, da segnalare la nota della Comunella di Duino a firma Vladimiro Mervic: «Si ricomincia: appena scampato il pericolo a Zaule, ci riprovano alle porte di Duino con la costruzione di un mini-rigassificatore, come lo chiamano loro, che in verità di mini ha ben poco. La Comunella si schiera assolutamente contro questa realizzazione, che non solo deturperà il paesaggio, ma sfregerà il nostro Carso con la costruzione e relativo scavo di un gasdotto e tutto quel che ne consegue, senza considerare il viavai di navi gasiere, treni e camion carichi di combustibile. Uno “splendore” per il nostro Comune che dovrebbe essere a vocazione turistica». In realtà, come comunicato da Vescovini ai consiglieri, l'ipotesi principale per la costruzione del gasdotto non prevede tubazioni sul territorio comunale. «Da quel che ho appreso – conclude Mervic - oltre al rigassificatore verranno installati due serbatoi di complessivi 170mila metri cubi di gas e per dare la proporzione esatta si pensi che una piscina olimpionica ne misura 2.500. Ricordiamoci dei 33 morti di Viareggio, e lì si trattò dello scoppio di un solo vagone di gpl, mentre qui si tratta di navi e serbatoi immensi in prossimità di centri abitati, cosa che per esempio negli Usa sarebbe irrealizzabile. Infine gli abitanti di Duino Aurisina da questo “mostro” non trarranno alcun beneficio, anzi». Vescovini nella sua illustrazione ha escluso la pericolosità dell'impianto per la natura stessa del gas (molto meno rischioso del gpl) e le elevatissime temperature alle quali brucia, dichiarandosi disposto a fare sperimentazioni per tranquillizzare i cittadini e chiarendo come il caso Viareggio non abbia nulla a che vedere con l'impianto monfalconese. Quanto alle ricadute: 6 milioni annui di risparmio solo per la Burgo.

Tiziana Carpinelli

 

 

Parcheggi agevolati per residenti - Il via da novembre
Mentre si sono conclusi i primi interventi di applicazione del nuovo Piano del traffico, c’è da attendere per gli stalli. L’ASSESSORE MARCHIGIANI Tenteremo di accelerare. Siamo stati impegnati con il bilancio e il meccanismo della convenzione con Saba è comunque complesso
L’applicazione del nuovo Piano del traffico è partita. Completando già alcuni step. Ma l’istituzione delle annunciate tariffe agevolate riservate ai residenti per i parcheggi del centro? Per quelle c’è da attendere una manciata di mesi ancora. L’accordo tra Comune e Saba Italia per gli spazi nei contenitori di via della Pietà, del Silos e di Foro Ulpiano diverrà operativo realisticamente «in novembre», prevede l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani. Il via all’abbonamento mensile da 30 euro (con sconto del 15% se stipulato per tutto l’anno) per stalli in superficie nel centro storico, anche questo opportunità solo per chi risiede nell’area, vedrà invece la luce ben più avanti: «All’inizio del 2015». Di entrambi i provvedimenti si parla ormai da tempo, da oltre un anno. Nel park al coperto di via della Pietà sono stati effettuati già dei test in passato, per qualche weekend, in questo senso. Nel frattempo pedonalizzazioni sono divenute realtà in via Foschiatti, via della Sorgente e via delle Erbette, via Donizetti, via Torrebianca nel tratto compreso tra via Carducci e via della Zonta e via XXX Ottobre (fra via Milano e piazza Oberdan). E nuove zone a traffico limitato ad alta valenza pedonale sono comparse in via Nordio, via del Toro e via XXX Ottobre tra le vie Milano e Torrebianca. Disposizioni che hanno anche determinato la soppressione di un centinaio di stalli, di cui una quarantina nel Borgo Teresiano e 65 fra le zone attorno a viale XX Settembre, via Battisti e Barriera. «Ma - rileva Marchigiani - ne abbiamo recuperati di altri per la sosta delle vetture delle persone disabili e per i mezzi impegnati nel carico e scarico merce». Sommati i vari aspetti - agevolazioni per residenti ancora in stand-by e numero di parcheggi disponibili più basso -, alcuni cittadini che abitano nelle zone interessate non hanno fatto mistero di essere contrariati. «Cercheremo in ogni modo di accelerare», prova a rassicurare tutti Marchigiani. La delibera sull’accordo con Saba Italia approderà «in Consiglio in settembre. Dubito che riusciremo a farcela per l’8, considerato che alle circoscrizioni invieremo la documentazione nelle prossime settimane - spiega l’assessore -. Tenteremo di far uscire l’atto dall’aula con l’immediata eseguibilità. Seguirà la sottoscrizione dell’intesa con Saba». Secondo la convenzione, nel giro di cinque giorni dovrà poi essere pubblicato l’avviso per la presentazione delle domande di assegnazione dello stallo in contenitore da parte dei residenti (a patto che non abbiano già un posto auto di proprietà), da far pervenire entro un mese. «Poi, 15 giorni per l’istruttoria di Saba. Quindi arriveremo a novembre», riassume Marchigiani. Che confidava di poter procedere più rapidamente, «chiudendo prima della sosta di agosto. Ma siamo rimasti invischiati nel bilancio - ammette -. E anche il meccanismo della convenzione è molto complesso: disciplina un rapporto fra pubblico e privato con tutte le tutele del caso, in primis per il pubblico». Quali costi avranno le agevolazioni di Saba Italia? Per l’abbonamento 24 ore su 24 di ogni giorno 750 euro all’anno; 562,50 per quello tarato su orario notturno più sabato, domenica e festivi. A questi si aggiungeranno le formule trimestrale, rispettivamente da 220 e 165 euro, o bimestrale (160 e 120). Il totale dei posti disponibili? «Al Silos 400 per l’abbonamento h24 più 140 per notturni e festivi - riprende Marchigiani -, in via Pietà 210 e 140, in Foro Ulpiano 270 solo per notturno più weekend e festivi». Nell’ambito dell’accordo il Comune affiderà sperimentalmente in gestione a Saba Italia per un anno un centinaio di parcheggi in superficie della zona di via della Pietà, attualmente amministrati da Esatto.

Matteo Unterweger

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 agosto 2014

 

SEGNALAZIONI - Piano Regolatore - Nessuna speculazione edilizia nello scalo

Elena Marchigiani (Assessore alla Pianificazione Urbana Comune di Trieste)

In riferimento all’articolo pubblicato su Il Piccolo del 30 luglio 2014, in cui il Movimento Trieste Libera, vantando la raccolta di 336 firme, richiedeva la revoca del nuovo Piano regolatore generale del Comune di Trieste, ritengo doveroso precisare che nessuna delle motivazioni addotte ha il benché minimo fondamento. In primo luogo, il nuovo Prg assume le disposizioni previste dal Piano regolatore del Porto e dalla variante per il Porto Vecchio, già approvati da Autorità portuale, in merito alle quali nel 2009 era stata stipulata un’intesa tra la stessa Autorità e l’amministrazione comunale. Tale intesa andrà di nuovo ratificata prima dell’approvazione del nuovo Prg. Insomma nulla di nuovo! Permangono le funzioni di portualità allargata già previste. E non mi sembra proprio che si possa parlare di speculazione edilizia! Per quanto attiene invece alla questione del punto franco, il Prg del Comune nulla può dire in merito, trattandosi di aspetti che esulano dalle competenze di uno strumento urbanistico. Molte sono quindi le imprecisioni contenute nella nota rilasciata dal Movimento. E credo che non si possa non condividere una semplice considerazione. Quando un movimento, un’associazione, un comitato o dei semplici cittadini decidono di raccogliere firme a difesa di una causa, condivisibile o meno che essa sia, i promotori e i destinatari dell’iniziativa dovrebbero essere - come minimo - correttamente informati sulle questioni trattate. Altrimenti si corre il rischio di creare confusione nella comunità, diffondendo (per proprio mero interesse) notizie false e non corrispondenti alla realtà.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 agosto 2014

 

 

Duino, due ricorsi al Tar contro la variante salva-suolo
Le disposizioni più restrittive in materia di edificabilità sono state impugnate da Mario Sartori (imprenditore turistico) e da Stanislao Svara (artigiani)
DUINO AURISINA Variante 27 nel mirino dei privati: depositati due ricorsi al Tribunale amministrativo regionale. In un caso si tratta di un provvedimento ampiamente annunciato: a chiedere l'annullamento parziale delle deliberazioni del Consiglio datate 8 maggio e 11 dicembre 2013 e relative appunto all'ultima variante al Piano regolatore è stato, tramite il suo legale, Mario Attilio Sartori, titolare della B.Fri srl e dei terreni che al Villaggio del Pescatore custodiscono la lente fossilifera da cui è stato estratto il dinosauro Antonio. Già lo scorso autunno, infatti, il proprietario aveva inviato all'amministrazione Kukanja un'articolata lettera per esprimere disappunto rispetto alle soluzioni adottate. Nello scritto il privato faceva rilevare la ”illegittimità insanabile” di alcune modifiche, introdotte a maggio 2013 dalla votazione sulle osservazioni alla 27, che riguardavano sue proprietà e che, se nuovamente votate (come poi avvenuto a dicembre, dopo il rinvio di un Consiglio per approfondire il tema) avrebbero potuto arrecare conseguenze ai consiglieri in termini di “possibili azioni risarcitorie”. In sintesi Sartori lamentava l'introduzione di “limiti e condizioni in contrasto con quanto oggi vigente e coi diritti acquisiti”, in particolare criticava l'esclusione della possibilità di realizzare residenze turistiche e il divieto di frazionare le unità immobiliari, che lasciavano la sola facoltà di costruire edifici a supporto della futura attività museale, come alberghi, hotel, pensioni, locande e agriturismi. Il secondo ricorso, invece, è stato promosso da Stanislao Svara, noto anche per essere il presidente del Consorzio artigiani. Riguarda, secondo quanto riferito dal vicesindaco Massimo Veronese, che ha curato, per la sua delega all'Urbanistica, il percorso conclusivo della Variante 27, avviata dalla precedente giunta di centrodestra, alcuni terreni a Ternova. I ricorsi sono stati depositati a giugno, ma la notizia è emersa in questi giorni per la pubblicazione all'Albo pretorio dell'avvenuto incarico - con delibera di giunta - di un legale per la costituzione in giudizio. Si tratta dell'avvocato Marcello Fracanzani, professore ordinario di Diritto amministrativo per la Facoltà di Giurisprudenza all'Università di Udine. La spesa lorda preventivata per ciascuno dei ricorsi, come scritto nella delibera, ammonta a 5709,60 euro. Questo il commento del vicesindaco: «Per quanto riguarda l'ambito del Villaggio, il privato sostiene gli sia stata ridotta, con l'emendamento da noi votato, la facoltà di costruire case-vacanza, rimanendo ascritta alla sua proprietà la sola facoltà di costruire un polo museale, sanitario e strutture turistiche-ricettive. La nostra interpretazione sul punto è però divergente, ma capiamo che il privato abbia voluto procedere al Tar proprio per far valere senza ombra di dubbio l'interpretazione a lui favorevole. Ho avuto un incontro con Sartori e ne abbiamo discusso a lungo: ha confermato che si tratta di un atto dovuto per tutelare i suoi interessi. Mi sono sentito però di rassicurare il proprietario – ha aggiunto - sul fatto che l'amministrazione non intende ostacolare la realizzazione di quei complessi». Questa la replica invece di Sartori: «Auspicherei che l'amministrazione, vista l'impossibilità di porre limiti in merito alla distinzione tra immobili residenziali e turistici, apportasse delle modifiche al documento in regime di autotutela, per facilitare l'abbreviamento dei tempi». «Per quanto riguarda Svara – prosegue ancora Veronese – il ruolo del Comune è marginale, poiché in sede di adozione e approvazione non sono state apportate modifiche rispetto ai contenuti originari: è stata la Regione a eseguire lo stralcio dell'edificabilità, nell'ottica di riduzione del consumo del suolo, di un terreno a Ternova vicino alla strada sistemata nel 2010 dall'amministrazione. L'impugnazione della delibera comunale e degli atti regionali, anche in questo caso, è un atto dovuto, perché non abbiamo fatto altro che recepire indicazioni sovraordinate».

Tiziana Carpinelli

 

 

Kranjska Gora si ribella a South Stream
Le associazioni ambientaliste vogliono un referendum convinte che il gasdotto creerà problemi al parco del Triglav
BELGRADO In “Being Vladimir”, articolo molto ben informato sulla figura di Putin e pubblicato di recente dalla rivista “Newsweek”, si racconta che ogni mattina al numero uno del Cremlino, «ossessionato dall’essere tenuto al corrente» su cosa accade nel mondo, venga sottoposto un rapporto dall’Fsb sui problemi interni alla Russia. E un altro, compilato dai servizi segreti, «sugli affari internazionali». Difficile che in quest’ultimo, oltre ai nomi di Lugansk e Donetsk e a quelli delle capitali europee in prima linea nel contrastare la deriva verso la guerra in Ucraina, il presidente russo abbia già letto quello di Kranjska Gora, in Slovenia. Ma le cose potrebbero cambiare. Kranjska Gora potrebbe infatti presto far venire qualche mal di testa a Putin, sfidando il Golia Gazprom e la sua futura longa manus sul Vecchio Continente, il gasdotto South Stream, energicamente sostenuto dall’uomo forte del Cremlino. South Stream che, nelle intenzioni russe e della Slovenia, messe nero su bianco nel 2012 e riconfermate durante la visita del ministro degli Esteri Lavrov in Slovenia a luglio, dovrebbe attraversare anche la stretta valle di Kranjska Gora prima di giungere a Tarvisio, sulla carta il secondo terminal del gas russo, dopo Baumgarten. Ma gli sloveni della cittadina dell’Alta Carniola sono assai poco propensi ad accettare un gasdotto sul proprio territorio e lo avevano già fatto capire due anni fa. E ora, visto che Lubiana continua a fare orecchie da mercante, è arrivata la chiamata alle armi di un folto gruppo di abitanti di Kranjska Gora, in testa le locali associazioni ambientaliste, che hanno lanciato una raccolta di firme per l’organizzazione di un referendum locale contro South Stream. Quasi trecento sono quelle già raccolte, un numero sufficiente per sottoporre il tema all’attenzione del sindaco, Jure Zerjav, che ora ha in mano una patata bollente, perché deve valutare nel giro di pochi giorni se la consultazione popolare è in linea con le leggi. Domanda non banale perché, mentre l’esito di un eventuale referendum è scontato – sarà un “no” massiccio -, rimane da capire se lo status di «progetto di valenza nazionale» di cui gode il gasdotto in Slovenia consenta l’eventuale indizione di consultazioni popolari locali sull’argomento. Ma ai promotori del referendum nella cittadina fra i tre confini il problema non interessa, vanno avanti e si fanno sentire, spiegando le ragioni della lotta. Il gasdotto, ha sintetizzato l’agenzia di stampa slovena, “Sta”, non s’ha da fare perché dovrebbe percorrere «una stretta valle alpina lungo il fiume Sava», toccando la zona «del parco nazionale del Triglav, inserita nel progetto Natura 2000 e la riserva naturale degli Zelenci». E poi, per «una delle località montane più popolari in Slovenia, che ha fondato la sua fama sulla natura intatta», sarebbe difficile «conciliare questa immagine con quella dei grandi tubi» che dovrebbero portare il gas di Putin nel cuore dell’Europa. Sta ha poi ricordato che il referendum potrebbe comunque rivelarsi inutile, dato che «l’intero progetto è stato messo in stand-by dalle riserve Ue sul monopolio russo del gas e dall’escalation della crisi» in Ucraina. Ma non è detto che South Stream rimanga sospeso per sempre. Lo conferma l’arrivo in Bulgaria – Paese che aveva “congelato” il progetto a causa delle critiche di Bruxelles - delle prime tubazioni, fabbricate dalla tedesca Eurotype, per la costruzione del tratto bulgaro del gasdotto dopo l’attraversamento del Mar Nero. Tratto bulgaro che inizia nei pressi della spiaggia di Pasha Dere. E anche lì, come a Kranjska Gora, associazioni e cittadini hanno già da tempo annunciato proteste in difesa dell’ecosistema. E così i Davide contro Golia sono già almeno due, un numero forse sufficiente per far entrare la maretta anti-South Stream nel rapporto riservato a Putin.

Stefano Giantin

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 agosto 2014

 

 

Le spiagge superano il test di Legambiente

Inquinamento sotto i limiti da Trieste a Lignano. Bocciato lo stato di salute dei fiumi. Isonzo e Stella “osservati speciali”
MONFALCONE Il mare del Friuli Venezia Giulia gode di buona salute. Fiumi e canali permettendo, perché le foci di Isonzo, Stella e canale Battisti a Muggia risultano fortemente inquinate. Segno che su raccolta e depurazione delle acque in regione rimane ancora molto da fare. È questa la fotografia scattata da Goletta Verde di Legambiente, che ha concluso la 29esima edizione della sua campagna di monitoraggio del mare e delle coste italiane a Monfalcone. I risultati delle analisi effettuate il 2 agosto dal laboratorio mobile di Legambiente sono stati illustrati ieri dal portavoce di Goletta Verde Mattia Lolli nel corso della conferenza stampa tenuta nella base monfalconese della Lega navale italiana, che ha ospitato in questi giorni l'imbarcazione e il suo equipaggio. «I dati sui tre corsi d'acqua - ha detto Mattia Lolli - confermano purtroppo quelli degli anni precedenti e lo scenario nazionale di carenze nella depurazione che non sono a costo zero e non solo per la salute». La terza procedura di infrazione avviata dall'Unione europea a carico dell'Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane rischia r di costare al Friuli Venezia Giulia 66 milioni di euro. Nel mirino dell’Ue sono finiti gli agglomerati urbani di Trieste-Muggia, Fiume Veneto, Maniago, Prata di Pordenone, Rivignano, San Daniele del Friuli, Pasian di Prato e Tricesimo. Secondo il rapporto della “Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche”, consegnato in questi giorni alla Camera dei deputati, il Fvg è la Regione più esposta alle multe in arrivo dall’Ue. Secondo i calcoli della stessa struttura, la multa in arrivo dal primo gennaio 2016 sarà appunto di circa 66 milioni di euro pari a 53,6 euro per ogni cittadino, sette volte la media nazionale (8,1 euro). «Crediamo vada quindi ripensato il modello degli investimenti - ha sottolineato Mattia Lolli -. Ci vuole meno cemento e più tutela e valorizzazione dei nostri mari, che sono la nostra ricchezza». Legambiente ieri, anche per voce di Michele Tonzar, di Legambiente Fvg, ha quindi chiesto alla Regione e alle amministrazioni comunali, sia dei centri costieri sia dell'entroterra, di attivarsi immediatamente per risolvere i gravi deficit di depurazione ancora presenti e non compromettere ancora una delle principali risorse del territorio. Tutte le principali zone balneari della regione sono risultate invece, “in salute”, a differenza di quanto sempre avvenuto in passato. «A incidere, però, in questo caso è stata una normativa europea più permissiva sui limiti massimi, rispetto a quella italiana precedente», ha osservato Lolli. In ogni caso è risultato nella norma il carico batterico rilevato a Trieste (al lungomare Benedetto Croce, in località Barcola), nella spiaggia di Sistiana a Duino-Aurisina, a Grado (all'altezza dell'incrocio viale del Sole-via Svevo), davanti alla spiaggia sotto la terrazza a mare nel comune di Lignano Sabbiadoro. Un discorso a parte lo merita però sempre il campionamento eseguito alla spiaggia di Marina Julia di Monfalcone. I valori di enterococchi intestinali riscontrati dai tecnici di Legambiente sono di pochissimo al di sotto dei limiti di legge (190 UFC/100 ml rispetto al limite di 200 UFC/100). Il portavoce di Goletta Verde ha ribadito come il monitoraggio effettuato da Legambiente rappresenti un'istantanea e non voglia sovrapporsi all’attività di controllo svolta dall’Arpa. «Goletta Verde vuole però rimanere uno stimolo», ha detto Lolli, ricordando come tra i fattori inquinanti, troppo spesso sottovalutati, ci sia anche il corretto smaltimento degli olii esausti.

Laura Blasich

 

Zullo punta il dito contro la miopia della politica
«La maxi multa che la Ue sta per infliggere al Fvg per il mancato raggiungimento degli standard minimi in tema di depurazione delle acque è il risultato di decenni di scelte dissennate, sprechi di risorse e miopia da parte delle giunte e dei dirigenti che si sono avvicendati alla guida della Regione». Ad affermarlo è l’eurodeputato M5S 5 Stelle, Marco Zullo, secondo cui «è necessario che l’Italia, e in particolare la nostra regione, si attivino per pianificare una politica ambientale particolarmente orientata al problema, evitando di sprecare ulteriore tempo e soprattutto denaro».

 

 

Il problema del rigassificatore è stato solo spostato

LA LETTERA DEL GIORNO di Aurelio Juri - Collaboratore del Tavolo tecnico rigassificatori - Capodistria
Lettera aperta al governo della Repubblica di Slovenia, alla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia e al Commissario europeo per l'ambiente. Ricominciamo da capo? La minaccia rappresentata dall'ambizione della multinazionale spagnola Gas Natural di impiantare un rigassificatore di gas naturale sulla terraferma nel Golfo di Trieste non si vuole congedare. Dopo che pareva che questo tipo di impianto di comprovata tecnologia obsoleta e a rischio per l'ambiente e la sicurezza della popolazione e del patrimonio fosse acqua passata, veniamo ad apprendere che così non è, ovvero che il terminal verrebbe solamente spostato più ad ovest rispetto a Trieste. Da Zaule a Monfalcone. Niente di ufficiale e definitivo, ma neanche smentite alle notizie provenienti con sempre più frequenza da oltre confine e pubblicate dal Piccolo, dalla Voce di Trieste e da noi, dall'on line Regional obala. Non solo. Si starebbero già sfornando i consensi, ovvero i pareri positivi delle competenti autorità comunali, provinciali, regionali e portuali. Viene quindi da chiederci, almeno fra noi che nei trascorsi quattro anni, nell'ambito del Tavolo tecnico rigassificatori, abbiamo approfondito le nostre conoscenze in materia e dimostrato che il rigassificatore di gas naturale a terra, specie del tipo voluto dalla multinazionale summenzionata, non ci sta entro un golfo con acque poco profonde e coste densamente popolate, nonché invitato le autorità che qui governano a intraprendere soluzioni alternative e comuni, quali gli impianti galleggianti in alto mare (Offshore Fsru - Floating storage regassification unit), cos'è mancato perché risultassimo più convincenti, ovvero quali altri interessi prevalgono, non certamente quello pubblico, se Gas Natural insiste nel problematico progetto e continua a farsi strada verso la sua realizzazione? Sono convinto che condividano la mia preoccupazione e l'aspettativa per risposte immediate e chiare, ovvero per interventi opportuni qualora l'avvertimento fosse colto, anche gli altri membri del Tavolo tecnico rigassificatori e l'intera opinione pubblica di questo terrirorio. In attesa delle risposte, con rispetto

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 agosto 2014

 

 

Via Mazzini pedonalizzata: scarsi affari ma scelta giusta

I commercianti promuovono il nuovo piano traffico. Rigutti: «È ancora troppo presto per fare un bilancio, con il tempo darà i suoi frutti»
Condivisi, ma ancora improduttivi. Almeno finora. Gli esperimenti di pedonalizzazione, messi in campo nel corso degli ultimi fine settimana dall'amministrazione comunale, nell'ottica dei dettami contenuti nel nuovo Piano del Traffico, e che stanno interessando alcune arterie del centro cittadino, come via Mazzini e via Imbriani, da una parte vengono apprezzati da commercianti ed esercenti, dall'altra però non hanno ancora portato ai risultati economici sperati dagli stessi. E' in sintesi quanto emerge da una panoramica realizzata tra le attività delle zone interessate: in sostanza l'idea, giudicata positiva nella sua filosofia complessiva, non si è tramutata, salvo alcune eccezioni, in un ritorno economico diretto. Diverse e complesse le motivazioni, non ultima quella collegata alle condizioni meteo particolarmente avverse che hanno caratterizzato questa prima parte dell'estate, soprattutto nei week end, incidendo non poco sull'afflusso dei turisti, ma anche degli stessi triestini, lungo le vie del centro. Ma non solo: c'è anche chi punta il dito sulla scarsa cura e manutenzione delle vie in questione, dai marciapiedi fino al manto stradale, ben lontano da quello che dovrebbe essere il salotto buono della città dedicato alle passeggiate ed allo shopping. O ancora chi addirittura considera inutili tali provvedimenti, tanto da definirli quasi controproducenti. Insomma punti di vista in alcuni casi anche diametralmente opposti. «E' chiaro che è ancora troppo presto per esprimere giudizi definitivi - afferma Franco Rigutti, vicepresidente Confcommercio -. Siamo però convinti che la decisione portata avanti dall'amministrazione comunale sia quella giusta e che con il tempo darà i suoi frutti. Dal nostro osservatorio abbiamo constatato che la filosofia di pedonalizzare alcune vie del centro è stata apprezzata dai cittadini e dai turisti, che poi altro non sono che i potenziali clienti dei nostri negozi: certamente non si può pensare di risolvere tutti i problemi in così poco tempo, ma sono sicuro che tale scelta alla fine pagherà. Poi ci sarà tempo per tutte le migliorie del caso e per ulteriori iniziative». Discorso diverso per bar e ristoranti che, al contrario, sembrano in qualche modo aver già ottenuto dei benefici in termini di ritorno economico dall'avvio dell'iniziativa, grazie soprattutto alla possibilità di sistemare sedie e tavolini all'aperto, che consentono di sfruttare le nuove aree pedonali a disposizione. «Credo che il percorso intrapreso dal Comune sul fronte delle pedonalizzazioni stia già portando dei benefici ai titolari dei nostri esercizi, che sono a mio avviso destinati a crescere in futuro - afferma Bruno Vesnaver, presidente provinciale Fipe -. Certamente il discorso non va esasperato e saranno necessari degli accorgimenti opportuni: è evidente che non si potrà chiudere il centro in modo indiscriminato e rinunciare così ad alcuni assi fondamentali di scorrimento, come del resto andranno studiate delle nuove aree parcheggio. In ogni caso però è assolutamente questa la strada da perseguire anche in futuro».

Pierpaolo Pitich

 

L’assessore Kraus «Siamo di fronte a un cambiamento anche culturale»

«Quello portato avanti dall'amministrazione comunale e relativo alle pedonalizzazioni è soltanto l'inizio di un percorso che avrà bisogno di un certo tempo per essere completamente metabolizzato dai cittadini, dai turisti ma anche degli stessi esercenti e titolari dei negozi: si tratta di un approccio nuovo, diverso e di un cambiamento per certi versi culturale». A tutto bisogna insomma fare l’abitudine. Così l'assessore comunale allo sviluppo economico Edi Kraus tratteggia i primi esperimenti di pedonalizzazione e gli effetti ancora non del tutto soddisfacenti per i commercianti sul fronte del ritorno economico. Ma va anche rimarcato che siamo in tempo di crisi. «Se ci aspettiamo miracoli in questo senso siamo fuori strada - continua Kraus -. Si tratta di una iniziativa i cui bilanci potranno essere tracciati solo a medio-lungo termine: è chiaro che con il tempo ci potranno essere dei cambiamenti e si potrà pensare di rimodulare certe scelte, adattandole alle diverse esigenze e cercando di capire quali possono essere le specifiche necessità». Le pedonalizzazioni finora hanno sempre contribuito a rendere più vivibile la città. Per i triestini e per i turisti.

(p.p.).

 

 

Depurazione delle acque - Norme ambientali ignorate, la Ue minaccia maxi multe
UDINE Bruxelles fa la voce grossa con il Friuli Venezia Giulia sul fronte ambientale. La regione, infatti, rischia di subire la condanna al pagamento di una multa milionaria da parte della Ue per infrazione in materia di depurazione delle acque. Ad annunciarlo è l’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito. «In tema di depurazione abbiamo raccolto una pesante eredità, risultato di ritardi nelle scelte strategiche sulla governance degli ambiti territoriali ottimali, ma stiamo recuperando in fretta il tempo perduto e abbiamo fiducia di evitare il rischio di multe europee per infrazione». «Appena nel 2010 - prosegue Vito - le Autorità d’ambito hanno cominciato a subentrare alle gestioni comunali e hanno iniziato a programmare gli interventi di infrastrutturazione sul territorio, secondo logiche di razionalizzazione e di recupero dei costi». La carenza di infrastrutture ha condotto all'apertura di tre procedure di infrazione da parte della Commissione europea nei confronti dello Stato italiano - nel 2004, nel 2009 e nel 2014 - nelle quali si trova coinvolto anche il Fvg. «Il governo - prosegue Vito - è consapevole del fatto che l’attuale amministrazione regionale non ha responsabilità diretta della situazione e ha dichiarato la massima disponibilità a mettere in campo misure straordinarie per permettere di adeguare con urgenza il quadro infrastrutturale». Sommando le economie e i fondi del Piano straordinario finanziato con la legge di stabilità 2014, sono disponibili circa 25 milioni di euro. Le spiegazioni di Vito, tuttavia, non convincono la deputata forzista Sandra Savino. «Ancora una volta questa giunta si dimostra efficace nello scaricare le proprie responsabilità. Ricordo che fu proprio l’amministrazione Tondo a destinare 30 milioni per il depuratore di Servola a Trieste. Vito quindi farebbe meglio a evitare gli slogan e a lavorare visto che, in balo, c’è una maxi multa Ue da 66 milioni».

 

 

Ambiente - Goletta Verde illustra il monitoraggio dei mari

Oggi a Monfalcone Legambiente presenterà i risultati delle analisi eseguite sullo stato di salute delle coste del Fvg. L’appuntamento, in programma alle 11 alla Lega Navale, chiude il tour 2014 della Goletta Verde di Legambiente, la campagna di monitoraggio e informazione sulla qualità delle acque dei mari italiani.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 agosto 2014

 

 

La “caccia” al petrolio minaccia l’Adriatico

Allarme di Legambiente sui rischi provocati da trivelle e scavi. Domani i dati sulla qualità dei mari
MONFALCONE Oltre 12.290 kmq nell’Adriatico centro meridionale italiano sono interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio che si aggiungono alle otto piattaforme già attive e da cui nel 2013 sono state estratte 422.758 tonnellate di greggio. Il 58% del totale nazionale proviene dal sottosuolo marino. Come se non bastasse sono in fase di autorizzazione due nuove piattaforme, Ombrina mare, della Medoilgas, di fronte alla costa teatina in Abruzzo, e la richiesta a largo di Ortona presentata dall’Agip. Se il petrolio riguarda prevalentemente l’Adriatico centro meridionale, nell’Alto Adriatico sono attivi impianti per l’estrazione di gas, con 39 concessioni attive da cui si produce il 70% del metano estratto dal mare italiano. Un’area già oggi sottoposta a forti rischi ambientali, a partire dalla subsidenza, e proprio per questi effetti la zona è stata sin qui vietata a nuove attività di estrazione di idrocarburi che amplificherebbero il fenomeno. Numeri destinati ad aumentare, considerando la nuova corsa all’oro nero partita recentemente lungo le coste croate, in seguito alle rilevazioni eseguite dalla Spectrum su commissione del governo croato: 15 lotti dall’ampiezza di 2000 kmq che dovrebbero andare a gara entro l’anno per iniziare le attività di ricerca e di estrazione già dal 2015. Una chiamata a cui stanno rispondendo compagnie europee , tra cui anche italiane, americane e russe. A questo si deve aggiungere anche il rischio proveniente dall’intenso traffico di navi mercantili e petroliere, dal momento che Trieste e Venezia rappresentano i principali porti petroliferi italiani con migliaia di tonnellate di greggio movimentate ogni anno. Cifre e considerazioni emerse ieri nel corso del convegno tenuto nella sede della Lega Navale di Monfalcone per la presentazione del dossier di Legambiente sull’estrazione del petrolio in Adriatico. Per domani è invece prevista una conferenza stampa dove saranno comunicati i risultati delle analisi compiute da Goletta Verde sul mare del Friuli Venezia Giulia. Tornado al convegno “contro il rischio petrolifero”, i relatori hanno sottolineato la necessità di avviare «politiche comuni di qualità ambientale e una gestione economica sostenibile». Sulla questione occupazionale, «spesso sbandierata per giustificare scelte scellerate», il confronto con altre fonti di energia, è stato detto, «non regge». Secondo Legambiente «investire oggi in efficienza energetica e fonti rinnovabili porterebbe, infatti, nei prossimi anni i nuovi occupati a 250mila unità. Ossia più di 6 volte i numeri ottenuti grazie alle nuove trivellazioni». All’incontro erano presenti Davide Strukelj (presidente Lega navale Monfalcone, Elia Mioni (presidente Legambiente Fvg); Dragutin Hedl (giornalista del quotidiano croato Jutarnji list e corrispondente di Osservatorio Balcani e Caucaso), Giorgio Zampetti (responsabile scientifico Legambiente nazionale).

 

Tornano le mucillagini - Scatta l’allerta nel Golfo

Ampie fioriture segnalate da qualche giorno al largo di Caorle, Grado e Lignano

Cresce il timore che si avvicinino alla costa. I biologi: «Molto dipende dal meteo»

TRIESTE Sono tornati i fantasmi nel Golfo di Trieste. Anche i biologi marini le chiamano così, “fantasmi” o “nuvole”, le fioriture di mucillagini che a cicli più o meno regolari invadono le acque del golfo, provocando danni ai pescatori e alla vita sul fondo del mare. Da qualche giorno ampie fioriture di mucillagini - masse lunghe fino a 4-5 metri - sono state segnalate al largo di Caorle, Grado e Lignano, e il timore è che ora si possano avvicinare alla costa. Ed è stato di allerta. Mercoledì scorso, il 6 agosto, l’Arpa ha effettuato misure con sonda multiparametrica e osservazioni con telecamera subacquea dalla superficie del mare al fondale marino, al largo di Grado e Trieste a profondità fra -19 e -22 metri, rivelando la «presenza - si legge nel “report” pubblicato sul sito dell’Arpa - dallo strato superficiale al fondale marino di aggregati gelatinosi biancastri in forma di “fiocchi di neve marina” con dimensioni millimetriche e “filamenti” con dimensione massima di circa 10-20 centimetri». Secondo tali osservazioni, conclude il rapporto dell’Arpa, «attualmente l’ecosistema del Golfo di Trieste non presenta le caratteristiche idrologiche ed ambientali adatte alla formazione di massivi aggregati gelatinosi (mucillagine) né nella colonna d’acqua né nello strato superficiale del mare». Ma già sabato al largo di Grado, fra i 5 e i 15 metri di profondità erano evidenti (vedi filmato) aggregati piuttosto consistenti di mucillagine, i cosiddetti “fantasmi”, di cui si sono lamentati soprattutto i pescatori dell’Isola del Sole. «Sì, le mucillagini ci sono - conferma Paola Del Negro, direttrice della sezione di Oceanografia dell’Ogs - ma sono ancora al largo, l’Arpa non le ha rilevate perché ha effettuato le analisi vicino alla costa». «Cosa succederà ora dipenderà molto dalla condizioni meteo - continua Del Negro - certo lo stato di allerta c’è, le teniamo d’occhio». «In effetti le mucillagini sono tornate - conferma il biologo marino Giuseppe Pessa, del Gruppo sommozzatori di Caorle ed esperto studioso di “tegnue” -, le abbiamo viste già l’ 1 il 2 agosto, anche se non erano così aggregate: una “neve marina” fino a 3 metri dalla superficie, poi dal termoclino in giù forme più dense fino a 3 metri dal fondo. Ma in pochi giorni sono cresciute, e adesso per trovare una situazione analoga bisogna andare indietro al 2007-2008, anche se la fioritura non è così preoccupante come agli inizi degli anni Novanta». Secondo Pessa le ragioni di questa improvvisa “apparizione” «si devono a vari fattori: le abbondanti piogge che hanno portato nutrienti da dilavamento, come concimi e apporti terrigeni, lo stress ambientale dovuto alle temperature troppo fredde per la stagione e insomma la generale instabilità della stagione». Le mucillagini - polisaccardi prodotti dalle diatomee e altre microalghe in condizioni di crescita eccessiva - possono provocare danni alla pesca perché rendono evidenti le reti e le appesantiscono, ma soprattutto, spiega Pessa, «possono provocare anossia di fondo, cioè assenza di ossigeno, causando la morte degli organismi bentonici». Addio dondoli e capelonghe se continua così, ma Pessa ci tiene a non creare eccessivi allarmismi: «Certo c’è attenzione, la fioritura può evolvere - afferma - ma la crisi potrebbe invece rientrare presto, in fondo la stagione sta declinando e quel che resta dell’estate non dovrebbe essere a rischio». Senza contare che finora i “fantasmi” si sono tenuti lontani dalle coste, chi è in spiaggia o sul litorale non si accorge di nulla. Oltre ai pescatori se ne sono invece accorti i subacquei, che in mezzo al golfo hanno avuto la possibilità di “danzare” tra “nuvole” e “fantasmi”.

Pietro Spirito

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 agosto 2014

 

 

L’agricoltura e il paesaggio parti fondamentali del Prg

INTERVENTO di Elena Marchigiani (assessore alla Pianificazione urbana)
Come di frequente, colgo l'opportunità offertami dalle segnalazioni dei cittadini per approfondire aspetti del Piano regolatore in approvazione. Mi riferisco, in particolare, alla nota del 5 agosto avente per oggetto la limitazione dell'edificabilità nelle zone agricole periurbane (il titolo era "Capanni proibiti"). Prima però di entrare nel merito, lasciatemi toccare alcuni aspetti più generali. Per la prima volta nella pianificazione triestina, uno dei capisaldi del nuovo strumento urbanistico è la valorizzazione delle risorse ambientali e del paesaggio, anche attraverso uno sviluppo agricolo graduato in funzione dei valori del territorio. Al centro del progetto del sistema ambientale del nuovo Prg stanno un corretto funzionamento ecologico, la tenuta geologica e idrogeologica del territorio, la cura e la gestione attiva del paesaggio. In tale ottica, le risorse ambientali sono lette non solo come matrici per l'identificazione di ambiti di tutela, bensì come la struttura su cui fondare una nuova trama di relazioni e usi dello spazio. Nel corso dei numerosi incontri che hanno accompagnato (e accompagneranno) l'approvazione del Prg, i temi dell'agricoltura e della viticoltura sulla costiera e sull'altipiano, insieme a quelli della pastorizia in ambiti boschivi e forestali sono emersi come particolarmente pregnanti. Le richieste che gli agricoltori hanno avanzato all'Amministrazione hanno riguardato soprattutto norme tese a favorire l'insediamento di nuove aziende, la riduzione dei lotti minimi d'intervento per la realizzazione delle aziende stesse e la chiarezza delle regole per intervenire sulle aree pastinate. Nel nuovo Prg l'articolazione delle zone agricole e il loro diverso grado di utilizzo sono così derivati dalle indicazioni forniteci dai principali portatori di interesse (gli agricoltori professionisti), dalla lettura del territorio e dall'incrocio di diverse analisi e documenti. In tale processo, complesso e meditato, la definizione di indici e parametri e' andata di pari passo con una notevole semplificazione delle procedure di intervento: dall'eliminazione dei piani attuativi nella gran parte dei casi, alla riduzione della superficie minima di proprietà e lotto d'intervento, fino al miglioramento dell'accessibilità ai fondi. L'attenzione per i temi dell'agricoltura si è in sostanza accompagnata all'individuazione di diversi tipi di zone agricole, ciascuna connotata da specifici problemi e potenzialità di sviluppo. Tra di esse rientrano appunto quelle periurbane (le cosiddette E4.3), localizzate ai margini dei tessuti periferici come a Santa Maria Maddalena Inferiore. Poste ai confini dell'urbanizzato, le aree periurbane sono forse quelle più minacciate dallo sviluppo edilizio. A questo loro carattere si contrappone la volontà del Piano di preservare gli ambiti ancora liberi, anche e soprattutto per il ruolo che essi rivestono, quali ultimi brani di una rete ecologica fatta di spazi aperti a rischio di estinzione. Nel territorio periurbano, l'obiettivo di favorire l'uso agricolo deve necessariamente misurarsi con le pressioni a costruire. È proprio per porre un freno a tali pressioni che il PRG ha scelto di limitare l'edificabilità dei piccoli lotti agricoli. Lotti generalmente contenenti o prossimi a fabbricati esistenti, in parte utilizzabili come ripostigli. Quello che il Piano vuole in sostanza evitare e' che, in un futuro prossimo, un uso diverso del territorio venga supportato dal proliferare di tante piccole costruzioni. Costruzioni ufficialmente adibite a depositi, ma che di fatto, per troppo tempo, hanno contribuito all'estensione dell'urbanizzato. La storia, purtroppo, e' ben nota: il capanno diventa una piccola abitazione, poi il condono, poi la ratifica da parte di un nuovo Piano regolatore. Buone intenzioni messe da parte; spazi aperti e paesaggi irrimediabilmente persi. Se queste sono le ragioni del nuovo Prg, mi preme comunque ribadire che le osservazioni pervenute nella fase appena conclusa verranno analizzate con grande attenzione, allo scopo di proseguire il confronto con le categorie interessate e con la cittadinanza. L'invito è però a non dimenticare che, su temi così delicati, un Piano non può e non deve esimersi dal fare scelte decise. Scelte che evitino di porgere il fianco al continuo consumo di suolo agricolo e di paesaggio.

 

 

AMBIENTE - Goletta verde fa tappa in Friuli Venezia Giulia

Da oggi a giovedì Goletta verde fa tappa a Monfalcone per discutere della qualità del mare e della costa e del pericolo delle estrazioni petrolifere. Primo appuntamento oggi, alle 18, alla Lega Navale, per presentare il dossier “Per qualche tanica in più: l’insensata corsa all’oro nero”.

 

 

RASSEGNA - A Sacile torna il cinema “green” con il meglio di Ambiente-Incontri
SACILE Oggi e domani alle 21 a Palazzo Ragazzoni di Sacile riaccende i riflettori su quella che fu, vent’anni fa, Ambiente-Incontri, la prestigiosa rassegna cinematografica sul tema dell’ambiente e della natura ideata dalla ProSacile e realizzata in collaborazione con Cinemazero, che portò in città nelle sue sei edizioni illustri ospiti cinematografici. Lea Massari, Jean Rouch, Folco Quilici, Michelangelo Antonioni e Vittorio De Seta, furono alcuni dei protagonisti delle giornate del festival. Grazie al presidente, Franco Piavoli, regista e poeta ineguagliato il cui primo film Tarkovski definì “un capolavoro”, a Sacile venne anche Ermanno Olmi a presentare il suo ultimo film. Si potranno vedere un piccolo lavoro del National Geographic (1991), e il medio metraggio “L’orto di Flora” (2008) diretto da Piavoli, “Saffron” (1992) dell’iraniano Ebrahim Mokhtari sul duro lavoro che i coltivatori di zafferano e “Le lagune friulane: un ambiente da salvare” di Graziano Benedetti. Domani tornerà a Sacile un ospite di primo piano: lo sperimentatore Yervant Gianikian.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 agosto 2014

 

 

Nell’Adriatico 27 rifiuti ogni chilometro quadrato - Allarme di Goletta Verde
ROMA Nei mari d'Italia si contano fino a 27 rifiuti galleggianti ogni chilometro quadrato, per lo più plastici, con una percentuale di quasi il 90%. Lo ha verificato Goletta Verde di Legambiente in 87 ore di osservazione e 1.700 chilometri di mare monitorati con l'Accademia del Leviatano nell'estate 2014. Un dato che non può che destare preoccupazione per il grado di inquinamento raggiunto dalle acque italiane. Con tutto ciò che questo comporta per la salute dei suoi abitanti e, di conseguenza, delle popolazioni che vivono sulle nostre coste. Il team di osservatori ha rilevato quasi 700 rifiuti sulle tratte costiere, un rifiuto di plastica ogni 10 minuti. Le tratte più «dense» di rifiuti sono risultate la costa di Castellammare di Stabia (Napoli), dove sono stati contati più di 150 rifiuti ogni kmq; più di 100 i rifiuti al kmq davanti la costa abruzzese di Giulianova e più di 30 sul Gargano, tra Manfredonia e Termoli. Il mare Adriatico è quello in cui sono stati trovati più rifiuti galleggianti, 27 ogni chilometro quadrato, in prevalenza di plastica, di cui il 20% proveniente dalla pesca. Nel Mar Tirreno la Goletta ne ha individuati 26 ogni chilometro quadrato. Meglio il Mar Ionio che grazie alla sua posizione geografica conta «solo» 7 rifiuti ogni kmq di mare. L'Accademia del Leviatano ha monitorato la tratta transfrontaliera Civitavecchia - Barcellona per otto volte e un totale di 800 km e 20 ore di osservazione, rilevando quattro rifiuti ogni chilometro quadrato, ma prendendo in considerazione solo quelli più grandi di 20 cm e in alto mare. Nelle restanti tratte, Goletta Verde ha monitorato i rifiuti dai 2,5 cm in su e ben il 75% del totale è costituito da rifiuti inferiori ai 20 cm. Nel Mare Adriatico, i rifiuti plastici derivanti dalla pesca sono composti per il 20% da reti e polistirolo galleggiante, frammenti o intere cassette che si usano per contenere il pescato, per il 41% da buste e per il 22% da frammenti di plastica. Del 91% dei rifiuti di plastica nel Mar Tirreno il 34% è costituito da bottiglie (bevande e detergenti) che quest'anno superano la percentuale di buste di plastica (29%). La campagna di Legambiente è stata realizzata anche con il contributo di Coou (Consorzio obbligatorio oli usati), Novamont e Nau!, secondo il protocollo scientifico elaborato dal Dipartimento Difesa della natura di Ispra e dal Dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa. La diffusione di rifiuti plastici nei mari di tutto il mondo è un problema della cui entità associazioni e paesi hanno preso atto con crescente sconforto negli ultimi anni.

 

Cambiano le regole per la lotta alle alghe
Il Parlamento modifica la classificazione da rifiuti speciali a semplici. Per i Comuni sarà meno costoso lo smaltimento
TRIESTE “Rivoluzione” in vista per lo smaltimento delle alghe, procedura finora complessa e molto dispendiosa per le casse di Stato e Regione, ma ancor di più per quelle dei Comuni dei litorali italiani. D’ora in poi, infatti, le alghe non verranno più considerate un rifiuto speciale; di conseguenza verrà meno l’obbligo di effettuare, prima dello smaltimento in apposite discariche, l’operazione di vagliatura per l’eliminazione di altro materiale, in particolar modo la sabbia. La novità è contenuta in un emendamento al ddl sulla competitività, approvato definitivamente venerdì dal Senato. L’emendamento, primo firmatario il senatore Pd Massimo Caleo, è stato sostenuto tra gli altri dal parlamentare di Scelta Civica Alessandro Maran che, in quanto gradese, ben conosce il problema. Nell’emendamento si precisa che «non costituiscono attività di gestione dei rifiuti il prelievo, il raggruppamento, la cernita preliminare e il deposito preliminare alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche frammisti ad altri materiali di origine antropica, effettuati presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati e dove sono raccolti». In altre parole le alghe vengono ora considerate rifiuti “semplici” e, come tali, non più sottoposti alle trafile imposte per lo smaltimento dei rifiuti speciali. Un cambio di passo che consente un sospiro di sollievo ai tanti Comuni italiani alle prese con bilanci sempre più magri. Perchè il problema riguarda tutta la costa italiana: da Trieste a Lampedusa, passando per il versante tirrenico. «Abbiamo risolto - afferma Maran - un’annosa questione che gravava su tutti. La novità consentirà un notevole risparmio economico per le amministrazioni municipali». Grazie alla nuova legge, gli enti locali arriveranno a spendere anche il 30% in meno per lo smaltimento delle alghe. Per rendersi conto della portata della “rivoluzione” basta prendere come esempio il Friuli Venezia Giulia. In Regione sono pervenute quattro richieste di contributi, per la precisione da Grado, Monfalcone, Staranzano e Trieste. Nessuna richiesta è stata avanzata da Lignano. Pur senza le alghe della località balneare friulana, l’anno scorso sono state complessivamente raccolte oltre 7.300 tonnellate di materiale. Di queste, ben 6.500 provengono dalle spiagge di Grado (quantità a cui andrebbero poi aggiunte altre mille tonnellate circa, raccolte nelle piccole spiagge dei campeggi). A livello complessivo la spesa sostenuta per lo smaltimento è di circa 765mila euro (quasi 410mila euro solo per Grado). Cifra che lievita oltre il milione se si considerano i tanti camping privati. Un problema non da poco, insomma, di cui si è fatto carico anche il Consiglio regionale che, con la manovra estiva, ha stanziato 150mila euro per Grado, Monfalcone, Staranzano e Trieste.

Antonio Boemo

 

E Roma abolisce il divieto di bruciare sterpaglie e materiale agricolo
Non solo alghe. Gli emendamenti approvati dal Senato nelle scorse settimane per modificare il dl competitività contengono novità significative anche per lo sfalcio e lo smaltimento, anche sotto forma di roghi, di ramaglie e fogliame. Una pratica, quest’ultima, in precedenza vietata e ora invece riammessa, seppur a precise condizioni. Le attuali disposizioni di legge, precisa l’emendamento approvato, infatti «non si applicano al materiale agricolo e forestale derivante da sfalci, potature o ripuliture in loco nel caso di combustione in loco delle stesse». Di questo materiale è consentita invece la combustione in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metro steri per ettaro ma unicamente nelle aree, periodi e orari stabiliti con ordinanza del sindaco. La combustione di residui vegetali agricoli e forestali è in ogni caso sempre vietata nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi dichiarati dalle Regioni.

 

Mare inquinato, task force italo-balcanica

Ripulire l’Adriatico dai rifiuti significa anche andare a caccia del micro-inquinamento. Nell’acqua, sulle coste e sui fondali, infatti, non si trovano solo reti da pesca, bottiglie di plastica e pneumatici. I nuovi imputati comprendono microgranuli di dentifrici, micropolveri di cosmetici, particelle prodotte dallo sminuzzamento di oggetti di plastica, microfibre tessili e altro ancora. Questi rifiuti invisibili o quasi, più piccoli di 0,3 millimetri, possono essere ingeriti dai pesci e da altri organismi marini e finire nella catena alimentare. I ricercatori dell’Università Cà Foscari Venezia sono al lavoro per sviluppare un metodo di analisi dell’inquinamento da microplastiche sulle coste adriatiche italiane, nell’ambito del progetto DeFishGear, che coinvolge 15 partner da Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro e Slovenia. Finanziato con più di 5 milioni di euro dal programma europeo IPA Adriatic CBC, vede come capofila il National Institute of Chemistry di Lubiana. L’Italia schiera, oltre all’ateneo veneziano, ISPRA, ARPA Emilia Romagna, Consorzio Mediterraneo, e Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.

 

 

Arvedi: a Servola megabanchina e un laminatoio

Un impianto di laminazione a freddo per i coils da un milione di tonnellate che secondo fonti sindacali potrebbe impiegare un numero di dipendenti variabile tra i 200 e i 300. Anche questa novità è uscita dall’ultimo Tavolo svoltosi in Regione sulla vendita della Ferriera di Servola. Il Piano industriale del nuovo proprietario, la Siderurgica Triestina del Gruppo Arvedi poggia su tre gambe: il ripristino della produzione di ghisa con l'altoforno, la valorizzazione del polo logistico destinato a diventare terminal marittimo per l'arrivo della materia prima e la spedizione dei prodotti finiti a servizio di tutto il gruppo, e appunto l'avvio dell'impianto di laminazione che utilizzerà l'acciaio prodotto a Cremona e sarà insediato a Servola nel padiglione dell'ex acciaieria. Gli annunci sono stati salutati in modo positivo pressoché da tutte le sigle sindacali.

 

 

SEGNALAZIONI - Traffico Biciclette e bus? Una buona idea

Leggo sempre con interesse le note dell'ing. Cappel sulle regole della circolazione stradale e ne apprezzo la precisione e l'equilibrio. Non posso però condividere il suo giudizio sull'ipotesi di consentire alle biciclette il transito sulle corsie bus. Non condivido che sia un' “idea strampalata” e “assurda”. Innanzitutto, già l'attuale codice della strada consente ai Comuni la possibilità di autorizzare le biciclette a transitare sulle corsie bus. Nei Comuni di Parma e di Padova, solo per fare alcuni esempi, questo è realtà già da molti anni, senza problemi di sorta. Ma, soprattutto, non riesco a comprendere dove starebbe il maggior pericolo per un ciclista nel transitare dove possono circolare solo alcuni veicoli rispetto alle strade dove possono circolare tutti i veicoli. I bus dovrebbero rallentare la loro corsa dietro le biciclette in attesa di poterle sorpassare in modo regolare (senza superare la linea di mezzeria)? Certamente, ma questo non è affatto un problema, visto che le corsie preferenziali non sono circuiti di formula uno. La velocità commerciale del trasporto pubblico è condizionata dalla fluidità del traffico e non dalla velocità massima raggiungibile su determinati tratti di strada. Sulle corsie preferenziali possono circolare ambulanze e altri mezzi di emergenza? E sulle altre strade non possono circolare? Infine, è opportuno ricordare che è sempre preferibile un'autorizzazione espressa (laddove non ostino motivi di sicurezza) alla violazione generalizzata di un divieto che non è “socialmente” condiviso. Tutte queste motivazioni mi portano a dire che, da un punto di vista tecnico, autorizzare il transito delle biciclette sulle corsie preferenziali è una cosa positiva.

Sergio Abbate - Comandante Polizia Locale Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 agosto 2014

 

 

Nuove aree pedonali realizzate in diverse vie - Previste dalla seconda fase del Piano del traffico. A Barcola istituite due zone per la sosta dei residenti

Ultimati i lavori di posa della segnaletica verticale ed orizzontale relativi all'istituzione delle nuove aree pedonali e delle nuove Zone a traffico limitato previste dalla seconda fase di attuazione del Piano generale del traffico urbano. Con il completamento dei lavori di posa della segnaletica si è conclusa la fase di attuazione che ha visto la realizzazione di una serie di nuove aree pedonali che hanno interessato la via Foschiatti, la via della Sorgente e la via delle Erbette, la via Donizetti, la via di Torre Bianca nel tratto compreso tra via Carducci e via della Zonta e la via XXX Ottobre, nel tratto tra via Milano e piazza Oberdan. In concomitanza alle recenti pedonalizzazioni sono state anche realizzate delle nuove Zone a traffico limitato ad alta valenza pedonale, che hanno interessato la via Nordio, la via del Toro e la via XXX Ottobre, nel tratto compreso tra le vie Milano e di Torre Bianca. Queste opere costituiscono una delle fasi di attuazione delle previsioni del nuovo Piano generale del traffico urbano, che ha come obiettivo prioritario la realizzazione di interventi legati all’aumento della pedonalità. Si ricorda inoltre che nel mese di ottobre inizieranno i lavori propedeutici all'istituzione della nuova Zona a traffico Limitato di viale XX Settembre sul lato dei numeri civici dispari nel tratto compreso tra via Rossetti e via Zovenzoni e che comporterà la riorganizzazione della sosta negli isolati adiacenti il teatro Rossetti e successivamente anche nella parte alta di viale XX Settembre. Queste azioni si affiancano all'istituzione dei Pdays (pedonalizzazione delle vie Mazzini e Imbriani nei fine settimana dalle 9 del sabato alle 20 della domenica, che dagli inizi di luglio si protrarrà nei mesi a venire, in attesa dell'attuazione definitiva del nuovo Pgtu. Contemporaneamente, si sta procedendo alla definizione degli atti necessari all'accordo con il gestore dei parcheggi in contenitore posti a corona del centro per poter avviare dall'autunno prossimo le agevolazioni per il parcheggio dei residenti all'interno delle diverse strutture già disponibili. Sono state inoltre di recente istituite due aree riservate nel periodo estivo (1 luglio – 1 ottobre) alla sosta dei residenti di Barcola, localizzate rispettivamente una sulla carreggiata stradale di piazzale 11 Settembre 2001 compresa tra l’isola spartitraffico e il giardino adiacente alla via Almerigo Grilz e l'altra sulla carreggiata stradale interna di viale Miramare compresa tra i civici 229 e 267/1.

 

 

Ferriera, ok del ministero alla vendita - Debora Serracchiani: l’assenso è arrivato prima del previsto
Semino (Lucchini): «C’è già anche l’accordo con Siderurgica Triestina su una bozza di contratto preliminare»
La vendita al Gruppo Arvedi della Ferriera di Servola ha il via libera da parte del Ministero per lo sviluppo economico. L’accettazione dell’offerta di Siderurgica Triestina, società al 100% di Finarvedi e che ha per amministratore unico Francesco Rosato, è stata decretata nella tarda serata di giovedì e ieri la Regione ha diramato la notizia. I tempi dunque, forse in linea con la filosofia Renzi, hanno subito un’accelerazione improvvisa. «Esiste già una bozza di contratto preliminare che è stata accettata da entrambe le parti - ha rivelato ieri Francesco Semino, segretario amministrazione straordinaria della Lucchini - Ora Siderurgica Triestina deve solo ottemperare ad alcuni adempimenti quali la pratica antitrust per arrivare al contratto definitivo.» «Il lavoro non è finito - ha precisato la presidente della Regione Debora Serracchiani - perché tutte le parti sono ancora chiamate a soddisfare le condizioni richieste per giungere alla definizione del contratto», ma ha anche rilevato che «la decisione rappresenta un traguardo importante, un passo determinante che è stato compiuto grazie a una straordinaria coralità di intenti.» Se la procedura andrà a compimento, in base alla stipula dell’Accordo di programma quadro, sarà la stessa Serracchiani a insediarsi come commissario straordinario dell’area di Servola e di quella più ampia che rientra nella legge di crisi industriale complessa. «In questo momento desidero ringraziare il ministero - ha aggiunto la governatrice - con in testa il viceministro Devincenti e le sue direzioni che ci hanno accompagnato lungo mesi di confronto, per la sensibilità dimostrata anche in questo frangente, accelerando di molto la procedura di valutazione della proposta e dando l’assenso alla vendita prima di quanto ci potevamo attendere.» Il termine per la presentazione dell’offerta vincolante era scaduto appena alle 18 di lunedì 28 luglio e sembra che la stessa Siderurgica Triestina vi abbia adempiuto proprio quello stesso pomeriggio. Poi la procedura prevedeva l’esame formale e qualitativo dell’offerta da parte del commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi, la sua relazione al Comitato di sorveglianza, l’acquisizione del parere di questo e trenta giorni di tempo da parte del ministero per esprimersi a propria volta. Evidentemente tutti questi passaggi sono stati espletati in una decina di giorni. Prima di questo punto si è ad esempio bloccata la procedura per la vendita del principale stabilimento della Lucchini, quello di Piombino: il commissario ha steso un giudizio negativo su tutte le offerte, lasciando spazio alla possibilità di una trattativa privata con gli indiani di Jindal. «Siamo entrati nel vivo dell’operazione - ha commentato il sindaco Roberto Cosolini - ora si può discutere del Piano industriale con particolare riguardo agli aspetti occupazionali e ambientali. Se gli impegni saranno mantenuti, come sono fiducioso che avvenga, potremo dire di essere a una svolta e per quanto riguarda quest’ultima fase, anche in tempi piuttosto rapidi.» «Ora vediamo finalmente la luce in fondo al tunnel - il commento finale di Serracchiani - Arvedi può dare concretezza al suo impegno per una siderurgia pulita.» Alcuni sigle sindacali rimangono però ancora estremamente prudenti prima di dare un giudizio. Molto critico il sindacato autonomo Failms che riguardo all’ultimo Tavolo, in cui Arvedi ha annunciato l’insediamento a Servola anche di un laminatoio a freddo, afferma come non sia stato riferito nulla sugli argomenti al centro del passaggio di proprietà e in particolare l’importo dell’offerta d’acquisto, gli impegni del Commissario nei confronti dei lavoratori quali il Tfr, i vincoli demaniali, la vendita della centrale Elettra, il nuovo modello di figura imprenditoriale (una srl), la formazione professionale del personale, la destinazione dei numerosi lavoratori con gravi patologie e malattie professionali. Secondo Failms in base all’articolo 2112 del codice civile tutti i lavoratori hanno diritto al passaggio diretto al nuovo acquirente.

Silvio Maranzana

 

 

SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Silenzio preoccupante

Da quando il Ministero dell’Ambiente ha recepito le osservazioni e il conseguente rifiuto di Regione, Comune, Provincia e Autorità Portuale alla realizzazione del rigassificatore di Trieste–Zaule, (sospendendo la procedura Via–Vas in attesa dell’annullamento definitivo da parte del ministero dell’Ambiente), è calato il silenzio totale sull’argomento. Ciò deriva probabilmente dal fatto che tutti, cittadini e amministratori pubblici, sono convinti che oramai la realizzazione dell’impianto proposto da Gas Natural Fenosa sia stato definitivamente cancellato. Ma questa convinzione è giustificata oppure ci sono ancora degli aspetti che dovrebbero incutere timore? Ad esempio: Il presidente della Regione, Serracchiani, si era impegnata a realizzare il Piano Energetico Regionale. A tutt’oggi non se ne sa niente e in particolare non si sa se in esso esiste o meno il rigassificatore. Il ministro Orlando (governo Letta) aveva firmato il decreto di annullamento, ma era in attesa del benestare dei Beni Culturali. Con l’arrivo del governo Renzi e del nuovo ministro Galletti tutto sembra fermo e il silenzio è assoluto. Perché? Esiste una politica internazionale ed europea preoccupante riguardo il Gnl. Si sta assistendo attualmente a una pericolosa crisi in Ucraina che potrebbe mettere in discussione l’afflusso di gas dalla Russia e creare contemporaneamente l’opportunità a rifornirsi dagli Usa ( produttori di gas ottenuto col metodo del “ fracking “. Da ciò non è difficile capire il collegamento con i tentativi di imporre gli inutili rigassificatori in Italia. Nel Parlamento è in corso la revisione del titolo V della nostra costituzione, con l’intento di dare i pieni poteri al Governo sul Piano strategico nazionale per l’Energia, escludendo le Regioni da ogni decisione (quindi anche sul rigassificatore). Visto quanto sopra vorremmo invitare tutte le nostre istituzioni, assieme alle associazioni, alla comunità scientifica ed ai cittadini, a ricompattarsi per vigilare che gli interessi delle multinazionali non prevalgano sugli interessi della popolazione e per evitare che nella nostra città vengano concentrate tutte le attività più inquinanti, pericolose e più dannose, anche economicamente, visti gli impatti negativi che esse avrebbero sul porto e sulle poche altre imprese che ancora esistono nel territorio.

Giorgio Jercog - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste

 

Un «ni» al rigassificatore del progetto Vescovini

Le forze politiche di Duino Aurisina divise: favorevoli per ora soltanto la Slovenska Skupnost e Ret, perplessità da Veronese (vicesindaco) e Rozza

DUINO AURISINA L'amministrazione di Duino Aurisina intende chiudere entro il 15 settembre l'iter del mini-rigassificatore avanzato da una cordata di 16 aziende (capofila la Sbe di Alessandro Vescovini che mercoledì ha presentato il progetto in municipio) su suolo monfalconese. Il Comune è chiamato ad esprimere un parere e questo, come annunciato dal presidente della Seconda commissione Maurizio Rozza, sarà “articolato e complesso”, seguendo la scia del precedente lavoro sull'escavo. I pareri, al momento sono fluidi. C'è chi già si dichiara favorevole (Slovenska Skupnost) e chi, come il vicesindaco Massimo Veronese, avanza perplessità. «In municipio è stata depositata la documentazione – dice il numero 2 di Duino Aurisina – e la si può consultare. Come giunta, preventivamente, avevamo però già avuto un incontro con i proponenti non appena si erano sollevate le prime discussioni a Monfalcone. Personalmente – aggiunge - non sono molto favorevole, al di là degli aspetti ambientali che vedono invece la proposta di compensazioni validissime e il riutilizzo efficacie delle acque industriali. L'aspetto che per me rimane critico e sul quale vanno ora concentrate le analisi è quello della sicurezza e dello stoccaggio del gas: finché non si risolve questo nodo, per me, non è un sì». «Al momento non esprimo impressioni, né me ne faccio – così invece il presidente Rozza – perché si tratta dell'inizio di un iter che intendiamo concludere entro il 15 settembre. Vogliamo dare un parere articolato e complesso, come già avvenuto per l'escavo di Monfalcone. Sono reduce da incontri con miticoltori e ambientalisti e trovo che si debbano raccogliere tutte le osservazioni: al termine valuteremo con molta serenità il piano prospettato da Vescovini, che sicuramente è stato abile nella presentazione del mini- rigassificatore». Da un lato, per Rozza, non si possono non fare considerazioni a lungo termine sulla necessità di approvvigionamento energetico, per evitare di essere costantemente alla mercé di uno stop dei rubinetti da parte di Putin, ma anche le priorità della tutela ambientale vanno soppesate fin da subito. «Un aspetto che, posso dirlo fin d'ora, non mi entusiasma è il fatto che due progetti di escavo procedano paralleli dunque con una doppia necessità di scavo – sottolinea Rozza -, ma c'è da dire che Serracchiani giustamente ha rilevato la necessità di fare ordine sul porto di Monfalcone e dunque spero si arrivi a una sintesi». E d'altro canto “il progetto monfalconese non può scindersi neppure da una riflessione sulla situazione occupazionale, perché senz'altro ci sono garanzie sul fatto che l'impianto farà sì che la cartiera non chiuda”. «E io, pur ambientalista, non intendo astrarmi da tali ragionamenti – conclude -. Non sono contrario a priori ai rigassificatori: mi trovo avverso a quelli che non sono sicuri». Invece la Slovenska Skupnost, per voce del capogruppo Edvin Forcic, si dichiara già convintamente favorevole: «Ho seguito con molta attenzione la presentazione del progetto e ho trovato molto favorevoli le sinergie che si verrebbero a creare tra il mini-rigassificatore e la Burgo per quanto concerne il riutilizzo delle acque industriali, circostanza che attutirebbe anche gli attuali impatti ambientali. Inoltre mi è parso che le dimensioni della struttura fossero calibrate alle esigenze delle aziende regionali e, con particolare riferimento alla nostra industria della cartiera, servirebbero a ritagliare 6 milioni di risparmio, così “blindando” la permanenza dello stabilimento sul territorio e salvando l'occupazione. Quanto alla sicurezza – ancora Forcic - ho trovato convincenti le illustrazioni sui minori rischi del metano liquido, ma credo che ora dovremo lavorare per spiegare ai cittadini la questione. Per quanto ci riguarda, però, se il progetto resta nei termini prospettati ci piace. Ovviamente faremo ancora degli approfondimenti». All'opposizione, Giorgio Ret, si propone “ulteriori approfondimenti sulla sicurezza e impatti”, ma trova positivi due aspetti, quello dell'autonomia energetica, che “potrebbe favorire anche altre aziende più piccole”, e delle ricadute positive per Burgo, così scongiurando definitivamente scenari negativi. «Dobbiamo avere garanzie che tutto sia fatto come si deve – conclude l'ex sindaco -, mi pare comunque che le situazioni siano ben diverse da quelle dell'impianto di Zaule, di cui io ero un fermo oppositore per le scarse garanzie. E ciò sia per le misure ridotte che per le ampie compensazioni».

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 agosto 2014

 

 

Sì della Regione al progetto Smart Gas

Il piano per il rigassificatore di Monfalcone approda in Consiglio comunale. Dubbi espressi dalla Commissione Porto
MONFALCONE A Monfalcone la Regione incassa dei sostanziali pareri positivi alla proposta di linee guida per la redazione del nuovo Piano regolatore di Portorosega, ancorato a uno strumento urbanistico datato 1979 e ormai da un paio di decenni in attesa di opere in grado di garantire nuovi traffici e crescita. C'è però chi si è chiesto se lo sviluppo ipotizzato dalla Regione non possa trovare un freno nel progetto di rigassificatore di Smart Gas. È quanto è emerso nella Commissione porto del Consiglio comunale, convocata giovedì pomeriggio dal presidente Paolo Frisenna, presenti l'assessore regionale alle Infrastrutture, Mariagrazia Santoro, e i tecnici della Regione. Rigassificatore e porto Il progetto di Smart Gas non è poi così “mini”, come ha obiettato il consigliere dell'Idv, Claudio Martin, che all'assessore Santoro ha chiesto se la Regione abbia già fornito una sua valutazione sul rigassificatore, ricordando come Monfalcone abbia detto "no" a un'ipotesi di sviluppo del genere nel 1996. A guardare il progetto presentato da Smart Gas al ministero dell'Ambiente «si scopre che l'approfondimento del canale d'accesso a meno 13,5 metri richiederà una nuova cassa di colmata adiacente all'esistente e l'attracco delle gasiere a una nuova banchina con uno sviluppo complessivo di 430 metri. Il tutto corredato da una nuova diga foranea di 1.478 metri di lunghezza e 3,7 di altezza». «Il progetto prevede due serbatoi di 36 metri di altezza - ha sottolineato Martin - e che una parte del Gnl, cioé del gas naturale liquefatto, rimanga tale e sia trasportata verso altri siti via nave, carro ferroviario o autocisterna». Con rischio per la sicurezza relativamente al trasporto su rotaia e strada all’interno dei centri abitatiti. Il consigliere del Pd Paolo Masella, capitano di fregata in forze alla Direzione marittima di Trieste, pur affermando «ben venga tutto ciò che porta lavoro», ha ricordato che «ci sono esigenze connesse alla sicurezza della navigazione». I dubbi di Martin e Masella sono stati liquidati come "politici" dal consigliere di Cambiamo Monfalcone Luigi Blasig, che ha posto invece il problema della definizione del Prp a fronte di una possibile governance unica per i porti di Monfalcone e Trieste. La linea della Regione «Nel rispetto della sicurezza della navigazione e della città e delle potenzialità complessive dello sviluppo del porto - ha risposto l'assessore Santoro - il progetto di Smart Gas, che non abbiamo ancora valutato, così come qualsiasi proposta di crescita o investimento proposto dal sistema imprenditoriale, rappresenta un'opportunità». Le Linee guida del nuovo Prp saranno in ogni caso portate in Giunta regionale dopo una verifica e un approfondimento con il territorio e in particolare con i soggetti che operano nel porto. «Solo così il percorso per arrivare al Piano sarà chiaro e sicuro», ha aggiunto l'assessore, dopo gli interventi del presidente dell'Azienda speciale porto di Monfalcone, Paolo Maschio, e del Consorzio per lo sviluppo industriale, Enzo Lorenzon pure presentiue alla riunione. Per Maschio, che ha annunciato il sostanziale parere positivo dell'Azienda porto alla proposta della Regione, vanno eliminati dei colli di bottiglia esistenti e aumentata la disponibilità di aree. «Mi auguro che anche l’aspetto della governante sia risolto», ha aggiunto. Il presidente del Csim, Lorenzon, ha invece rilevato l’importanza di mantenere una fascia retroportuale a destinazione industriale. Per entrambe, comunque, il rigassificatore è un’opportunità rispetto la quale magari trovare una soluzione mediata. Centrodestra all’attacco Per il capogruppo di Forza Italia, Giuseppe Nicoli, la riunione della commissione si è trasformata solo in un «comizietto dell’assessore, che si è persa a sparlare dell’amministrazione regionale precedente». «Dopo anni di immobilismo - aveva detto alla commissione l'assessore regionale - abbiamo impresso finalmente un'accelerazione su una serie di interventi puntuali e concreti per il porto di Monfalcone».

Laura Blasich

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 agosto 2014

 

 

Duino, mini-rigassificatore per le imprese della zona

L’imprenditore Alessandro Vescovini ha presentato il progetto al Comune - Interessata anche la Burgo: risparmierebbe 6 milioni di euro all’anno
DUINO AURISINA L'obiettivo è ambizioso: acquistare, per il proprio fabbisogno produttivo, gas liquido con un taglio del 10% rispetto all'attuale prezzo di mercato. Che, tradotto in una realtà industriale strategica a Duino Aurisina come la Cartiera Burgo, equivale a un risparmio annuo di 6 milioni di euro. Non solo: il progetto del mini-rigassificatore al Lisert di Monfalcone, che vede tra i promotori la Sbe di Alessandro Vescovini, in cordata con altre 15 aziende pronte a investire almeno 100 milioni, punta a fare business con il primo polo di distribuzione a servizio delle imprese e dei privati (si tratterebbe della nuova industria del gnl-gas natuale liquido). E a rifornire le navi di nuova generazione con motori dual fuel, commissionate da Msc alla Fincantieri. Ma anche, e qui si entra nel terreno delle compensazioni, ad avviare un risanamento dell'ambiente attraverso un investimento di 2-3 milioni di euro per rinaturalizzare, con tanto di barene, la zona tra le foci del Timavo e il canneto del Lisert, dove si verrebbe a creare una Cona 2. Di tutte queste cose ha parlato davanti alla II commissione presieduta da Maurizio Rozza, l'imprenditore Vescovini, invitato a esporre ai consiglieri il piano del mini-rigassificatore, alla presenza anche di sindaco e vice. Un progetto su cui è chiamato a esprimersi, per la compatibilità al Prgc, come sottolineato da Rozza, anche il Comune. E che lo scorso 22 luglio ha visto l’inizio della procedura autorizzativa di Via (Valutazione impatto ambientale). E, inoltre, che intende ottenere i permessi entro giugno 2015 e avviare i cantieri nel 2016 per un funzionamento dell'impianto due anni dopo, in tempo per il secondo rifornimento di gas della nave Msc che uscirà da Fincantieri (motori di produzione Wartsila). Del consorzio Smart Gas fanno parte imprese che utilizzano grandi quantità di gas per la loro produzione. Tra le altre: Sangalli, Fantoni, Abs, Pittini e Trametal, oltre alla cartiera. «La Burgo di Duino – ha esordito Vescovini – spende ogni anno circa 60 milioni di euro solo per il gas metano, cui si sommano i costi del personale pari a 12 milioni, con un'incidenza su questi ultimi del 500%. Noi imprenditori ci siamo allora chiesti – ha proseguito – se un piccolo rigassificatore, 10 volte ridotto rispetto a quello di Zaule e 15 di Snam, potesse essere sostenibile». La risposta è stata evidentemente affermativa. L'impianto, che fatte le debite proporzioni funziona come un radiatore, dovrebbe utilizzare l'acqua dei processi industriali (in particolare quelli della Burgo che, stando a Vescovini, “preleva dal Timavo 3.500 mc di acqua all'ora per raffreddare le acque di condensazione della turbina e per le trasformazioni da cellulosa in carta, restituendola a una temperatura di 8°”), non additivata con composti chimici, per riscaldare il gas liquido e portarlo allo stato gassoso. Nel processo finale l'acqua verrebbe reimmessa nell'ambiente a “4° gradi”, dunque con un miglioramento della situazione sotto il profilo ambientale, sempre a detta di Vescovini. «Non c'è consumo di suolo per questo progetto – ha sostenuto – parliamo infatti di una sede su cui insisteva già un impianto, a Monfalcone, non in ambito portuale, di 30mila mq». Dietro la cassa di colmata e fuori dall'area Sic. «Anche per le tubature gli impatti sono ridotti, trattandosi di una misura da 10 pollici e non 100 come quelli previsti da altri progetti», ha sottolineato l'imprenditore della Sbe, che ha un'azienda anche in Serbia. Quanto al loro tracciato, l'ipotesi privilegiata è quella di seguire il sedime del gasdotto di Snam, senza passare per Duino Aurisina. Seconda opzione sarebbe il recupero del vecchio corridoio dell'oleodotto, dunque per Medeazza e sotto l'Ermada, da tempo in disuso. Le tubazioni raggiungeranno la banchina monfalconese attrezzata e la previsione è che, a regime, attracchino circa 22 gasiere all’anno (una ogni due settimane). Smart Gas punta a realizzare il primo grande distributore di gnl all’autotrasporto a Portogruaro. Produzione totale annua di gas (800 milioni di mc al massimo) e gnl (1,5 milioni di mc), presentato come una fonte energetica “pulita e sicura”. Previste infine nuove opere di dragaggio e approfondimento dei fondali (13,5 mt) lungo il canale di accesso al porto monfalconese.

Tiziana Carpinelli

 

 

Cinghiali, più indennizzi ai coltivatori colpiti
Vertice tra Regione, Provincia e categorie: aumenteranno i risarcimenti in caso di terreni danneggiati
Aumento degli indennizzi per gli agricoltori e maggiore flessibilità per il futuro Piano faunistico. Questi i due principali risultati raccolti dalla Provincia all’incontro organizzato assieme alla Regione e ai rappresentanti dei singoli comuni giuliani sulla presenza dei cinghiali. Complessivamente i maiali selvatici che gravitano attorno alla provincia triestina sono oltre 600, un numero probabilmente sottostimato vista la non facilità di censimento di questi animali. Di fronte al costante aumento dei cinghiali la Provincia, su richiesta della presidente Maria Teresa Bassa Poropat e dell’assessore all'Agricoltura Igor Dolenc, hanno organizzato una tavola rotonda sull’argomento esponendo le varie problematiche all’assessore regionale Panontin. Presenti alla riunione anche Alleanza Contadina, Coldiretti e il presidente del distretto venatorio Carso-Kras D’Ambrosi. «Qui si sta parlando di una vera e propria emergenza legata alla sicurezza sia per gli automobilisti e i motociclisti, sia anche di natura economica visti i danni che i cinghiali commettono nelle zone utilizzate dagli agricoltori», spiega l’assessore Dolenc. Un problema difficile da risolvere viste le disposizioni di legge che vedono coinvolti Stato, Regione, Provincia e comuni. «Partendo dal fatto che ci vuole un approccio multisettoriale per affrontare la questione - prosegue Dolenc - abbiamo chiesto alla Regione un’azione per implementare i cacciatori come ausiliari assieme alla Polizia ambientale, chiedendo allo stesso tempo delle agevolazioni per chi sia disposto ad investire su reti metalliche per cercare di tenerli lontani dagli alimenti e dai terreni coltivati». Per ora sono arrivate le rassicurazioni che vi sarà maggior flessibilità nel nuovo Piano faunistico fermo dal lontano 1992, e che soprattutto verranno applicati degli indennizzi agli agricoltori colpiti dai danni provocati dai cinghiali. «Abbiamo posto le basi per cercare di affrontare concretamente un problema che va avanti da troppi anni oramai - conclude Dolenc - ed è dunque un passo in avanti importante». Ma la strada è ancora lunga. Tutti i comuni coinvolti hanno confermato il problema dei cinghiali. Tranne quello di Muggia. Spiega l'assessore all’Agricoltura della cittadina rivierasca, Stefano Decolle: «Dall’incontro è emerso che fortunatamente a Muggia non abbiamo un consistente numero di cinghiali, quanto piuttosto di caprioli, esemplari, quindi, che non arrecano danni significativi quanto i primi, ma che non vanno sottovalutati. Ci vorrà un intervento, senza soluzioni drastiche e/o violente, se la situazione non dovesse ridimensionarsi. Rimedi anche semplici, quali, per esempio, la modifica delle recinzioni con l’opportuna revisione di eventuali vincoli paesaggistici e non solo, in funzione della protezione e della sicurezza».

Riccardo Tosques
 

 

Salvaguardare il mare: ma come si fa? - tavola rotonda
Salvaguardia dei mari, tutela dell’ambiente, sviluppo produttivo in linea con i moderni dettami ecologici. Punti essenziali nella politica ideata a favore delle acque in Europa, territorio che attualmente si avvale di una vera “strategia marina”. Se ne parlerà diffusamente nel corso della tavola rotonda prevista alle 18, a bordo della nave goletta Palinuro, approdata alla Marittima dopo i recenti scali promozionali di Genova, Taranto e Napoli. “Marine Strategy - La sfida per l’Europa per la vita del mare”, questo il titolo dell’incontro legato alla campagna nazionale curata da Marevivo in collaborazione con Conisma, il Consorzio nazionale interuniversitario scienze mare e Marina militare. Docenti, ricercatori, esperti in campo ambientale. Per tentare di fornire un quadro esaustivo dello stato di salute dei mari europei, la tavola rotonda propone una ciurma di specialisti introdotta dal comandante della goletta Palinuro, Marco Filzi, accompagnato da Marina Monassi, presidente dell’Autorità portuale di Trieste e da Rosalba Giugni, vertice di Marevivo. In cattedra invece Serena Fonda Umani, dell’università di Trieste, Fulvio Daris, direttore tecnico-scientifico dell’Arpa, Paola Del Negro, direttrice della Sezione oceanografica dell’Ogs. E ancora, previsti gli interventi da parte di Giorgio Fontolan, professore dell’ateneo di Trieste, Stefania Gorbi, ricercatrice, e Alessandra Pugnetti, ricercatore del Cnr.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 agosto 2014

 

 

Crollo all’ex Gaslini, evitata la dispersione dell’amianto - ZONA MESSA IN SICUREZZA
I resti delle pensiline sono ancora ben visibili sulla banchina. È trascorso più di un mese dal cedimento improvviso, avvenuto lo scorso primo luglio, all'interno dell'area ex Gaslini, a due passi dalla zona riservata alle operazioni del mercato ittico, quando a collassare sono state quattro campate in cemento armato, facenti parte della tettoia esterna a copertura dell'edificio contrassegnato dal numero 1: un incidente che fortunatamente non ha causato danni alle persone, ma che ha comunque prodotto un forte spavento per chi si trovava a lavorare lì accanto, e tra questi in particolare alcuni addetti della Cooperativa pescatori di Trieste. La zona, di pertinenza dell'Autorità Portuale e già inaccessibile a causa dello stato di deterioramento avanzato della struttura, rimane tuttora interdetta e transennata con un nastro bianco e rosso sistemato a protezione e sul quale campeggiano sia il divieto di accesso che il segnale di pericolo di crolli. In questi giorni gli operai di una ditta specializzata triestina hanno provveduto a mettere in sicurezza la zona interessata. Il primo step è stato quello di avviare il processo di inertizzazione dell'area, attraverso lo spargimento di un prodotto speciale di colore rosso spruzzato sui detriti presenti sulla banchina, per evitare qualsiasi possibile dispersione di amianto, le cui tracce sono state rinvenute in alcune parti della tettoia. «Con questa operazione si è provveduto a rendere inerte e dunque assolutamente innocuo tutto il materiale crollato - hanno spiegato i tecnici Gaslini -. Va precisato che le tracce di amianto riguardano solo gli strati superficiali della tettoia, nello specifico la pellicola di impermeabilizzazione, e non il composto della struttura: dunque non ci sono rischi di dispersione delle fibre negli ambienti circostanti al manufatto e di conseguenza non esistono pericoli di nessun genere». Quella completata in questi giorni è però solo la prima fase dell'operazione: a settembre infatti si procederà con la demolizione della struttura e la bonifica vera e propria. «Sarà questa l'operazione più complessa che scatterà in autunno e che durerà in totale un mese e mezzo - precisano ancora i tecnici incaricati -. Ad eseguirla saranno delle ditte specializzate, al termine di una attenta valutazione in termini di sicurezza e di un piano concordato che sarà redatto nei minimi dettagli insieme ai tecnici del Comune ed a quelli dell'Azienda Sanitaria. Tutto il materiale raccolto sarà poi avviato a delle discariche autorizzate in Germania per le operazioni di smaltimento».

Pierpaolo Pitich

 

 

SEGNALAZIONI - Pedoni: necessità diverse da mediare

Con riferimento alla segnalazione “Pedoni trascurati”, pubblicata sul Piccolo in data 11.06.2014 e nuovamente in data 02.08.2014, vorrei soffermarmi su una argomento che mi sta particolarmente a cuore, quale la mobilità dei pedoni nella nostra città. In linea generale mi preme evidenziare che la scelta delle fasi e dei tempi semaforici dei vari nodi viari della città è sempre il risultato di un’attenta valutazione tecnica, che tiene conto delle esigenze sia del traffico veicolare sia di quello pedonale. Nello specifico, i tempi di verde (e di giallo) degli attraversamenti pedonali sono commisurati alla lunghezza che deve essere percorsa a piedi da parte dell'utente in totale sicurezza. In alcuni casi viene adottato il tempo di verde minimo previsto (pari a circa 5-6 secondi), cui si aggiunge comunque il tempo di giallo in funzione della lunghezza da percorrere a piedi per garantire un attraversamento sicuro dell'intera carreggiata. Questo avviene nei casi in cui, come per l'asse di via Carducci, vi sono problemi di coordinamento semaforico e si vuole evitare la formazione di code di auto e relativo inquinamento, anche a beneficio dei pedoni transitanti in zona. Generalmente, inoltre, il verde pedonale inizia nello stesso istante di quello veicolare in conflitto, tenendo conto di tempi di sicurezza a favore dei pedoni. Per quanto riguarda l'assenza di attraversamenti pedonali su tutti i rami di un incrocio (come nel caso dell'incrocio via Battisti/via Palestrina/via Xidias citato nella segnalazione), la scelta di non realizzare quattro attraversanti pedonali (uno per ramo) per tutti gli incroci semaforizzati presenti in città deriva da motivi di razionalizzazioni degli incroci stessi in relazione alla geometria e alle manovre di svolta, dalla volontà di individuare percorsi pedonali privilegiati lungo i principali itinerari pedonali, nonché da scelte di tipo economico legate agli elevati costi degli impianti semaforici stessi. Tali scelte progettuali non sono quindi dettate da un mancato interesse nei confronti dell’utenza debole, ma sono il risultato di una mediazione tra le necessità, talvolta contrastanti, delle diverse componenti della mobilità. Ferme restando le considerazione di carattere tecnico, vorrei sottolineare che, parallelamente all'attuazione delle previsioni del nuovo Piano del traffico, stiamo analizzando alcuni itinerari pedonali in ambito cittadino, dal punto di vista sia di una revisione dei tempi semaforici, sia dell'introduzione di nuovi impianti semaforici lungo itinerari ove il transito pedonale è particolarmente rilevante. E' il caso, tanto per fare un esempio, dell'itinerario via Cassa di Risparmio/Piazza della Borsa, lungo il quale è prevista la realizzazione di un impianto semaforico in corrispondenza della via Canal Piccolo con l’intento di rispondere alla necessità di proteggere i pedoni, consentendo loro di attraversare la strada in completa sicurezza.

Elena Marchigiani - Assessore Mobilità e Traffico Comune di Trieste

 

 

V.a circoscrizione Consiglio sui rifiuti umidi

Oggi alle 18, nel giardino coperto della ex Trattoria Pavan di via Frausin, la V.a Circoscrizione invita la popolazione alla seduta del Consiglio circoscrizionale su “La raccolta differenziata dei rifiuti umidi-organici”. Interverranno l’assessore comunale all’Ambiente e tecnici di AcegasAps.

 

 

Con il WWF - Penna, lenti e binocoli per scoprire i trucchi di Madre Natura
E sempre nell’ambito del programma di Spazi urbani in gioco (le iniziative promosse dal Comune di Trieste con diverse associazioni e realtà che operano sul territorio per favorire momenti di intrattenimento e socializzazione per bambini e famiglie nei giardini, negli spazi pubblici e scolastici) dalle 9.15 alle 12.15, alla Lanterna, appuntamento con “Una linea azzurra sul mare”, giochi, laboratori e letture per bambini e famiglie. Dalle 17.30 alle 18.30, nell’area verde del Centro civico Altipiano Est, via Doberdò 20/3, “Sulle tracce dell'energia”, laboratori per bambini dai 3 agli 8 anni, mentre nel giardino di via Orlandini, dalle 17.30 alle 19.00, “Energyochiamo con Bubi”. La partecipazione agli appuntamenti è libera e gratuita, basta recarsi nel luogo, alla data e nell'orario indicati, tenendo presente che i bambini dovranno essere accompagnati da un adulto. L’area dell’antico stagno di Contovello sarà sino a metà settembre teatro (ogni settimana, esclusa quella di Ferragosto, nelle giornate di venerdì) di una serie di attività ludiche e didattiche proposte dal Wwf di Miramare nel quadro delle diverse iniziative proposte dal Comune di Trieste con il progetto Spazi urbani in gioco. L’Area protetta di Miramare si muove dunque in trasferta e, dopo aver proposto proprio in Contovello due anni orsono una mostra fotografica, ritrova la collaborazione della circoscrizione di Altipiano Ovest e ripropone all’attenzione della comunità uno spazio naturale importante come quello del vecchio stagno del paese, facilmente raggiungibile dal parco di Miramare salendo l’altrettanto suggestivo Sentiero Natura. Le attività promosse dai volontari del Wwf sono dedicate ai bambini e ai ragazzi accompagnati, ai centri estivi e ai ricreatori, e pongono l’accento sul tema dell’energia. Proponendosi in modo giocoso, gli operatori guidano i più piccoli a sperimentare situazioni, stratagemmi, trucchi che permettono a piante e animali di sopravvivere in natura; anche gli adulti risultano coinvolti in attività di sostegno. Vengono adoperati strumenti e materiali didattici – lenti di ingrandimento, binocoli, schede di riconoscimento e altro ancora – per approfondire dei temi scientifici fondamentali. Due le proposte: la prima, intitolata “La fabbrica di energia”, è un gioco dinamico che introduce a quel mondo vegetale che produce cibo utilizzando l’energia del sole per trasformare l’acqua e l’anidride carbonica in zuccheri nutrienti, rilasciando quell’ossigeno senza i quali la vita non sarebbe possibile. La seconda iniziativa, “A caccia di energia”, è un gioco dinamico che aiuta a conoscere gli animali che abitano lo stagno e gli spazi circostanti. La vita animale si insinua tra i muretti a secco e le scarpate, nel bosco e nei prati, all’interno delle colture agricole. «Ogni bambino ha un ruolo all’interno del gioco – spiega l’animatrice del Wwf Tina Klanjsek – rappresentando uno specifico animale, tenendo a mente le sue esigenze alimentari e dunque la caccia alle sue prede. Mentre i più piccoli sono intenti al gioco, gli accompagnatori sono occupati nel creare una rinfrescante merenda a base di frutta e succhi a chilometro zero». Per info chiamare il 3339339060, oppure il Comune di Trieste allo 040-6754339.

Maurizio Lozei

 

 

Villa Serena - Tutti a cercare le stelle cadenti
La notte delle stelle cadenti dalle 20.30 Via Marchesetti 8/3Notte di stelle cadenti. Accadrà oggi, e per l’occasione la terrazza di Villa Serena, in via Marchesetti 8/3 (dalle 20.30), proverà a tramutarsi in un piccolo palco di racconti, musica e suggestioni sul tema nell’ambito di una serata a cura dell’Aris in collaborazione con il Comune di Trieste, Bioest, Lega Ambiente e la sigla Elleuno. La serata porta in cattedra una serie di relatori: Susanna Gregori e Alessandro Taticek, entrambi appartenenti al Planetary Activation Group. Gli spunti saranno a sfondo mitologico e con azzardi anche in chiave storico/letteraria visto che verrà citato Giovanni Pascoli, autore della poesia “Dieci agosto”. E poi il cartellone riserva altri spunti: uno riguarda l’intervento di Stefano Giuliano, un provetto “gnomonista”, ovvero un esperto di gnomonica, ’'antica scienza che riguarda lo studio dell'arco diurno e le proiezioni del sole. Infine, dopo la musica del chitarrista Domenico, un brindisi benaugurante.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 agosto 2014

 

 

Via Torrebianca più libera per i pedoni

Lavori per chiudere il tratto tra via Carducci e via San Lazzaro nell’ambito del piano traffico
In via Torrebianca si lavora alacremente per la pedonalizzazione della zona. Queste opere costituiscono una delle fasi di attuazione delle previsioni del nuovo Piano Generale del traffico urbano, che ha come obiettivo prioritario la realizzazione di interventi legati all’aumento della pedonalità. Va evidenziato che tali interventi si collocano in un più ampio progetto di miglioramento dell’accessibilità delle aree pedonali e delle Ztl in ambito cittadino, per la cui attuazione il Comune ha effettuato sopralluoghi tecnici congiunti con la Consulta dei Disabili nelle aree interessate, al fine di individuare le specifiche problematiche da risolvere e gli interventi correttivi più idonei da adottare puntualmente nella fase di esecuzione dei lavori. Specifici incontri sono stati organizzati anche con gli esercenti commerciali presenti lungo le vie, allo scopo di avviare la programmazione per l’allestimento di dehors e per risolvere questioni connesse all’accessibilità agli esercizi stessi. Nelle nuove zone a traffico limitato di via del Toro (nel tratto tra via Ginnastica e viale XX Settembre) e dell’intera via Nordio potranno accedere, oltre ai mezzi di emergenza e ai taxi, anche i veicoli a servizio delle persone con disabilità e i mezzi utilizzati per il carico/scarico delle merci connesse all’operatività delle attività commerciali ubicate all’interno delle zone stesse. Si ricorda infine che queste nuove Ztl seguono le recenti pedonalizzazioni eseguite in via Foschiatti, in via della Sorgente - via delle Erbette, in via Donizetti, in via Torrebianca, in via XXX Ottobre nel tratto tra via Milano e piazza Oberdan. In via di conclusione la pedonalizzazione di via Torrebianca, nel tratto compreso tra via San Lazzaro e via della Zonta e l’istituzione della nuova zona a traffico limitato di via XXX Ottobre, nel tratto compreso tra via Milano e via Torrebianca. Vengono così portate a termine le prime due fasi di attuazione del nuovo Piano generale del traffico urbano. Tali azioni si affiancano all’istituzione dei Pdays (pedonalizzazione delle vie Mazzini e Imbriani nei fine settimana dalle 9 del sabato alle 20 della domenica, http://mobilitaetraffico.comune.trieste.it/pdays/), che dagli inizi di luglio si protrae - come misura sperimentale - e proseguirà nei mesi a venire, in attesa dell’attuazione definitiva del nuovo Pgtu. Contemporaneamente, si sta procedendo alla definizione degli atti necessari all’accordo con il gestore dei parcheggi in contenitore posti a corona del centro per poter avviare dall’autunno prossimo le agevolazioni per il parcheggio dei residenti all’interno delle diverse strutture già disponibili.

 

 

Stelle cadenti, una notte di magia a Casa Serena
Domani il punto di osservazione nell’area del Farneto
Notte di segni, di sogni e desideri, notte di stelle cadenti. Accadrà nella serata di domani, e per l'occasione la terrazza di Villa Serena, in via Marchesetti 8/3 (dalle 20.30) proverà a tramutarsi in un piccolo palco di racconti, musica e suggestioni sul tema, nell'ambito di una serata a cura dell'Aris (Associazione Ricerca Interventi Studi sull'Invecchiamento) in collaborazione con il Comune di Trieste, Bioest, Lega Ambiente e la sigla Elleuno. Occhi al cielo e sguardi in cerca di magie. La tradizione è questa, retaggio di varie leggende ma soprattutto del racconto legato a San Lorenzo, martirizzato, pare, proprio durante il passaggio sulla terra dello sciame meteorico delle Perseidi, il transito che genera il fenomeno celeste tradotto poi gergalmente nella" notte delle stelle cadenti". Per saperne di più sull'argomento, la serata organizzata a Villa Serena porta in cattedra una serie di relatori ma discostando quest'anno l'asse degli interventi, virando dalla scienza canonica a quella variegata anche da tinte New Age e (presunti) influssi ancestrali. Due infatti gli interventi attesi in tal senso, da parte di Susanna Gregori e Alessandro Taticek, entrambi appartenenti al Pag, acronimo di Planetary Activation Group, gruppo triestino con sede in via Rossetti 31 (all'interno della associazione Rosa Bianca) una sigla impegnata dichiaratamente in una forma di "divulgazione non scientifica, indirizzata alla attivazione delle coscienze umane e della loro consapevolezza nell'intero universo". Tale "missione" intende caratterizzare la serata di domani con spunti narrativi a sfondo mitologico e con azzardi anche in chiave storico/letteraria, citando, pare, anche il poeta Giovanni Pascoli, autore del "Dieci agosto" ("San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla arde e cave/ perché si gran pianto nel concavo cielo sfavilla..."). Il cartellone riserva altri spunti, probabilmente più intriganti, pregni del sapere senza tempo. Uno riguarda l'intervento di Stefano Giuliano, un provetto "gnomonista", ovvero un esperto di gnomonica, l'antica scienza che riguarda lo studio dell'arco diurno e le proiezioni del sole, temi che nel passato, prima dell'avvento della meccanica, avrebbero permesso la costruzione di orologi solari e di modelli innovatori nel campo della cartografia. La relazione di Stefano Giuliano ha i crismi quasi da laboratorio, incentrata sulla dimostrazione pratica degli orologi notturni, catalogata sotto la voce "Dittico lunare nottulabio". Ma c'è dell'altro. Il corposo programma disegnato dall'ARIS e dalle altre componenti partecipative, gioca anche su aspetti che mettono di solito d'accordo tutti, la musica e un buon brindisi. Un connubio che andrà di scena volgendo occhi e mente al cielo sopra Farneto, attendendo le stelle in fuga e un possibile incantesimo, il tutto accompagnato dai brani del chitarrista Domenico.

Francesco Cardella

 

 

SEGNALAZIONI - SOVRINTENDENZA - I Verdi Fvg con la Picchione

Egregio Ministro Franceschini, i Verdi Fvg sono molto preoccupati perché non solo nella nostra Regione, ma in tutto il Paese, si assiste al tentativo piuttosto goffo di eliminare un baluardo decisivo per la tutela del patrimonio culturale ed ambientale: la Sovrintendenza dei Beni Culturali. In particolare in Fvg è in atto un tentativo di sciacallaggio politico nei confronti della dottoressa Picchione alla quale va la nostra totale solidarietà. Si sta facendo credere che la dirigente in questione abbia accettato qualche tangente per far lavorare un'azienda laziale. Queste accuse provengono da chi rappresenta il mondo dei costruttori regionali: non meriterebbero neanche un commento vista l'opacità del mondo che rappresentano. Situazioni come quella dell'Expo e del Mose a livello nazionale e la Terza corsia della A 4 a livello regionale dovrebbero fare riflettere invece di mettere sotto accusa chi cerca di fare il suo dovere. Noi Verdi siamo curiosi di vedere se l'Ance Fvg, con lo stesso zelo, avvierà dei provvedimenti (ad esempio l'espulsione) contro la Rizzani de Eccher. È di pochi giorni fa l'interdittiva antimafia della Prefettura di Udine tanto che la presidente Serracchiani ha tolto l'appalto della autostrada A4 alla società friulana. È imbarazzante vedere un movimento politico "rivoluzionario" come quello dei grillini assecondare il progetto politico di dare libero sfogo alle speculazioni edilizie regionali. Ci chiediamo se fra le loro fila c'è forse qualche interesse in tal senso. Noi crediamo che il Fvg possa diventare la nuova Toscana dal punto di vista turistico e non solo, ma bisogna conoscere e saper valorizzare quello che la storia ci ha lasciato. Se diamo spazio a questa classe politica con i relativi "rivoluzionari" e a logiche demagogicamente economiche, ma miopi dal punto di vista dello sviluppo culturale di un territorio così amato come il nostro, entro qualche anno ci ritroviamo un residence alberghiero al posto del Castello di Miramare o al posto della Basilica di Aquileia un grattacielo. Le chiediamo quindi di non ascoltare le lagnanze pilotate da interessi individuali e di lasciare che la dottoressa Picchione continui il suo lavoro. In Fvg esiste attualmente la straordinaria opportunità per Stato e Regione di lavorare fianco a fianco e non in opposizione: gli amministratori regionali dovrebbero sostenere questa funzionaria in nome di uno stesso principio e non invece scaricare le colpe su di lei come è successo a Grado e in altri luoghi regionali dove la dottoressa Picchione ha dovuto sostituire gli amministratori incapaci di fare rispettare la legge. Ci auguriamo che la dottoressa Picchione esca con coraggio dalle stanze polverose e illustri quello che sta facendo.

Alessandro Claut Portavoce Verdi Fvg

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 agosto 2014

 

 

Vegani per moda oppure per scelta. Ma in aumento
C'è chi si è fatto contagiare da una moda in crescita e chi segue una filosofia di vita. Sono in aumento anche a Trieste i vegani, persone che scelgono una dieta priva di qualsiasi tipo di alimento prodotto dallo sfruttamento degli animali. Non solo niente carne e pesce, ma nemmeno latte e derivati, uova e miele. E da qualche mese è nato anche un sito, realizzato proprio a Trieste, da Nataša Mandic, 28enne con la passione per la cucina, che sul web ha costruito una vetrina dedicata a ricette, consigli, curiosità, abbinate ad articoli e reportage su iniziative contro la violenza sugli animali (www.happygreenfood.com). In pochi mesi ha registrato oltre 5mila visite. «Sono vegetariana da otto anni e vegana da uno – racconta – ho creato il sito per mostrare come la cucina senza determinati alimenti è tutt'altro che noiosa.» Qualche esempio proposto? Tortine con tofu, frittata senza uova, polpette di quinoa o piadina all'avena. «I più tradizionalisti, pronti a gustarsi una bistecca o un tagliere di formaggi, sono scettici, ma li invito a provare, non resteranno delusi». Tra i progetti di Nataša, catering vegani o cene a domicilio, per diffondere sempre più nuovi sapori e nuovi abbinamenti, sperimentando anche la realizzazione di prodotti che, ad esempio, sostituiscono il latte di mucca con quello di riso o soia. Nei siti nazionali sul “vegan food”, nel capoluogo giuliano vengono indicati quattro locali dedicati. L'unico ristorante esclusivamente vegano è il “Life Respect” in via Alfieri. «C'è molto interesse – spiegano i gestori – anche da chi non è vegano e arriva da noi per curiosità. Spesso sono stupiti soprattutto dai dolci, non pensano che si possa creare qualcosa di delizioso rinunciando a uova, latte e burro. Negli ultimi mesi notiamo un incremento di vegani, soprattutto tra i 40 e 50 anni». «Fin dall' apertura abbiamo deciso di proporre anche una scelta vegana – sottolineano da Zoe Food in via Venezian – e il numero di clienti che segue questa tendenza è in aumento». «Siamo vegetariani e quindi da anni la nostra cucina è orientata in questa direzione – dicono dal Welcome di via dell' Industria – ma abbiamo aggiunto anche specialità vegane, richieste molte volte». Specialità che spuntano anche nel menu di “Le mille e una notte” in viale XX settembre.

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 agosto 2014

 

 

Un Prg attento all’ambiente: obiezioni senza fondamento

L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI (assessore alla Pianificazione urbana, mobilità e traffico del Comune di Trieste)
Le osservazioni presentate al nuovo Piano regolatore generale da Legambiente sottendono l'incapacità di questa associazione a stabilire un dialogo costruttivo con un'amministrazione in tutta evidenza sensibile alle ragioni dell'ambiente e del paesaggio. In poche parole: molto meglio criticare, anche a partire da valutazioni superficiali, che impegnarsi ad apportare un contributo concreto. Prima però di entrare nel merito, a mero titolo di cronaca, riporto le principali scadenze del nuovo strumento urbanistico comunale: adozione lo scorso aprile; periodo per la presentazione di osservazioni e opposizioni chiusosi il 22 luglio; approvazione prevista nei primi mesi del prossimo anno. Nota caratteristica del nuovo Prg: una evidente controtendenza rispetto alla Variante 66, soprattutto per quanto riguarda una visione progettuale che coniuga tutela, valorizzazione e sviluppo delle risorse del nostro territorio. Da tale visione derivano le scelte terminologiche, volte a evidenziare il radicamento delle scelte del Piano nell'analisi dell'esistente, nonché l'intento di assicurare il permanere di un corretto rapporto tra spazi costruiti e spazi aperti. Nelle osservazioni di Legambiente nulla si dice inoltre delle analisi svolte per la prima volta (con il supporto del professor Livio Poldini) sui valori ambientali e paesaggistici, sui parametri ecologici, sulla relazione geologica (elaborata, finalmente, con grande serietà), sulla tutela dei pastini e della costiera, sull'attenzione ai tanto osannati beni comuni: acqua, suolo... Dietro ai termini c'è la sostanza di un approccio innovativo che forse necessitava una lettura più attenta. Per quanto riguarda il dimensionamento e la capacità insediativa teorica del nuovo Piano, solo alcune considerazioni. Non c'è da stupirsi che a fronte dei 200.000 abitanti previsti dallo studio demografico, si preveda un dimensionamento su 240.000 abitanti teorici. Occorre infatti pensare anche ai più di 20.000 studenti, ai circa 5.000 ricercatori, a chi - beata l'ora - viene a lavorare e a vivere anche temporaneamente a Trieste. Forse che la Trieste immaginata da Legambiente è una città che si ferma pur di mantenere tutto com'è? In una ghost town come si crede possano essere affrontate le questioni relative alla cura e alla tutela dell'ambiente e del paesaggio? A fronte dell'indisponibilità dei nuovi dati censuari, cosa dovevamo fare, per buona pace degli ambientalisti: attendere i dati esatti ancora un anno, a salvaguardie scadute? Passiamo alle zone C di espansione. Anche in questo caso bastava leggere la Relazione per trovare esplicitate le valutazioni fatte. Rispetto alla Variante n. 66, il nuovo Prg ripropone 3 piani particolareggiati già approvati e tutt'ora in fase di attuazione per quanto attiene al completamento delle opere di urbanizzazione convenzionate. Gli altri ambiti - taluni riguardanti piani in fase istruttoria - corrispondono ad aree per le quali si è ritenuto di confermare la vocazione edificatoria già prevista nella Variante n. 66, spesso però con una rivisitazione dei perimetri. La maggior parte degli ambiti non confermati riguarda zone in cui: l'accessibilità è critica sotto il profilo geometrico delle sezioni stradali o sotto il profilo morfologico-altimetrico; si presenta un conflitto con le finalità di tipo ambientale che informano il nuovo strumento urbanistico generale, in particolar modo per quanto attiene la presenza di pastinature. Sempre rispetto alla Variante n. 66, non sono state proposte nuove zone di espansione. In conclusione, il nuovo Piano prevede una sostanziale riduzione della superficie delle zone C, da 50 a 9 ha (pari a circa -80%), in linea con l'obiettivo di risparmio del suolo disposto dalle Direttive. Della superficialità delle valutazioni fatte da Legambiente forse però non dovrei stupirmi, vista la latitanza dell'associazione in questi due anni di dibattito sul Piano, fatte salve le poche righe da noi stessi sollecitate ai tavoli dell'ascolto. Prima di criticare, cari amici, occorre essere in grado di calarsi nella realtà con spirito propositivo. La tutela dell'ambiente non si misura solo in metri cubi congelati. L'arresto del consumo di suolo è solo una faccia della medaglia. Importante, ma non l'unica. Ma di questo non può rendersi conto chi, all'insegna di slogan triti e ritriti, non ha la pazienza di valutare il grande lavoro fatto con questo Piano proprio sui temi della sostenibilità ambientale. Che dire: ci aggiorniamo alla prossima occasione?

 

 

La giunta accelera sul bonus bici elettriche

Approvato il regolamento sugli incentivi sino a 200 euro per l’acquisto di mezzi di trasporto sostenibili
TRIESTE Duecento euro dalla Regione per chi compra una bicicletta elettrica. Il contributo non è ancora concretamente richiedibile ma la scorsa settimana è stato approvato il regolamento che determina le modalità per fare la domanda e ottenere il beneficio. Bisognerà attendere la stipula di un’apposita convenzione tra la Regione e Unioncamere Fvg e saranno poi le Camere di Commercio (o un soggetto da esse individuato) a gestire le pratiche e a comunicare da quando sarà possibile fare richiesta. Il sostegno all’acquisto di biciclette con pedalata assistita è previsto dalla legge 4/2014 (quella sulle attività produttive) «al fine di promuovere lo sviluppo di nuove strategie per un trasporto sostenibile sul territorio regionale e in particolare il miglioramento della vivibilità e della fruibilità delle aree urbane, in un’ottica di tutela dell’ambiente e di sviluppo economico eco-compatibile». Possono ottenere il contributo le persone residenti in Friuli Venezia Giulia (non sono ammesse invece le imprese) che acquistano, o hanno acquistato dal 28 marzo 2014 (data di entrata in vigore della legge), una bicicletta «dotata di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 Kw la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 Km/h». Secondo quanto previsto dal regolamento approvato dalla giunta regionale, «il contributo è concesso per l’importo pari al 30% del prezzo, comprensivo di Iva, sostenuto per l’acquisto di una bicicletta elettrica a pedalata assistita nuova di fabbrica, fino a un massimo di 200 euro. Non è ammissibile la concessione di più di un contributo a favore del medesimo beneficiario né per la medesima bicicletta elettrica a pedalata assistita». Ora bisogna aspettare la convenzione, poi toccherà a Unioncamere stabilire i termini iniziale e finale per la presentazione delle domande di contributo: «L’avviso – recita ancora il regolamento – è pubblicato sul sito internet del soggetto gestore e comunque su quello di Unioncamere Fvg, almeno dieci giorni prima del termine iniziale». Per ottenere il contributo, è spiegato nel regolamento, «alla domanda è allegata copia della fattura oppure della ricevuta o dello scontrino fiscale e di eventuale ulteriore documentazione rilasciati dal venditore attestanti l’acquisto e il pagamento del prezzo della bicicletta elettrica a pedalata assistita da parte del beneficiario con evidenza del numero di telaio ed il modello della stessa nonché della sussistenza dei requisiti tecnici». Per questo canale contributivo, la Regione ha previsto, sempre in base alla legge sulle attività produttive, uno stanziamento di 300 mila euro.

Roberto Urizio

 

Muggia, zona industriale più vicina con la bicicletta
Iniziati i lavori del tratto di ciclabile tra via Flavia di Stramare e la strada San Clemente
Si collegherà col tratto finale della Parenzana e l’altra pista che porta ai Laghetti
MUGGIA Un altro importante tassello nella mobilità sostenibile è in arrivo a Muggia. Pochi giorni fa sono iniziati i lavori del collegamento ciclopedonale tra la via Flavia di Stramare e la strada di San Clemente all’impresa Giovanni Cramer e figli Snc con sede a Trieste, che già a dicembre dello scorso anno si era aggiudicata l’appalto integrato che prevedeva la redazione della progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori. Il costo complessivo dell'opera è di 71mila euro, finanziati per 46mila euro con contributo regionale straordinario e per 25mila euro con fondi dell’amministrazione comunale. Nonostante la progettazione svolta dallo studio Cappella di Gorizia a firma dell’ingegner Federico Olivotti si sia conclusa già il 31 gennaio scorso, solo ora il cantiere si è sbloccato avendo ottenuto il progetto definitivo-esecutivo tutte le autorizzazioni e pareri degli entri interessati o competenti (paesaggistica, idraulica, Ezit, Anas, Provincia). La progettazione, su espressa indicazione dell’assessore ai Lavori pubblici Marco Finocchiaro, e come condiviso con le più rappresentative associazioni ciclistiche del territorio, ha considerato due soluzioni progettuali: la prima conforme al progetto preliminare redatto dagli uffici che prevedeva l'attraversamento a raso delle rampe dell'autostrada dove già esistono due attraversamenti pedonali, l’altra mantenendo il tracciato sempre in destra orografica al Rio Ospo passando sotto i due ponti delle rampe autostradali. «Purtroppo questa soluzione, seppure più breve e lineare, è stata scartata poiché si sarebbe dovuti scendere dalla sponda del fiume al suo alveo per ben due volte passando sotto l’impalcato dei ponti che nel punto più basso presenta una quota di 1.60 metri», racconta l'assessore Finocchiaro. Il tracciato prescelto, seppure devia dalla sponda del Rio Ospo per avvicinarsi alla rotatoria di via delle Saline, diventa comunque un collegamento in direzione Aquilinia-Trieste e zone industriali delle Noghere, per scopi non solo ludici e turistici, ma anche per chi in futuro vorrà utilizzare la bicicletta per recarsi al lavoro. Per gli aspetti naturalistici invece il breve tratto di ciclopedonale di progetto dà continuità al tratto di Parenzana in destra Ospo e collega la ciclabile dei laghetti delle Noghere e la realizzanda ciclabile Ezit in sponda sinistra Ospo in direzione Caresana. Nel progetto approvato, anche se escluse dall’appalto, sono comunque previste opere di completamento e miglioramento delle sicurezza stradale delle categorie deboli, quali il collegamento tra San Clemente e la rotatoria di via delle Saline e l’attraversamento della provinciale di via Flavia di Stramare in prossimità dell’osteria al Ponte per la quale, ha dichiarato Finocchiaro, “si auspica di trovare una soluzione condivisa con la Provincia”. La durata dei lavori secondo il cronoprogramma evidenziato nel progetto sarà di 45 giorni a decorrere dal 30 luglio con data presunta di ultimazione al 15 settembre.

Riccardo Tosques

 

 

L’energia verde attrae il sistema Fvg
Il ricercatore europeo Debarberis: «L’Ue mette a disposizione enormi risorse»
CIVIDALE Il Friuli Venezia Giulia potrebbe diventare una regione all’avanguardia nella governance territoriale del consumo energetico. Parola di Luigi Debarberis, responsabile per le Smart Grid al Joint Research Center - JRC/IET, la struttura di ricerca con sede a Petten in Olanda che supporta la Commissione europea nelle scelte di politica energetica. Debarberis era ieri ospite della sede della Banca popolare di Cividale. Favorita dalla IV Commissione del Consiglio regionale, la visita dell’alto rappresentate del centro di ricerca europeo ha incontrato notevole interesse nell'imprenditoria locale e nel sistema creditizio territoriale. Lo sviluppo delle fonti rinnovabili (biomasse, solare, eolico, geotermico, idroelettrico) con la diffusione dei centri di produzione (elettricità e calore) sul territorio, sono fattori favoriti dalla Commissione europea. Energie pulite a minor costo, modelli di sviluppo efficienti e basati sulle "Energy community", sono i binari sui cui si muove l'Europa: «Il costo sostenuto dai Paesi dell’Ue per l'approvvigionamento energetico è enorme - ha dichiarato Debarberis -, per cui s’impone un processo di riconversione e di forte innovazione del sistema energetico in Europa. Solo per abbattere i costi energetici degli edifici pubblici la Commissione Europea conta di favorire la ristrutturazione del 3% annuo del patrimonio immobiliare esistente. È la dimensione finanziaria che ora va bene individuata - ha proseguito l’ingegnere -. Ci sono enormi risorse finanziarie che attendono di essere allocate e qui in Fvg ho visto la concreta possibilità di avviare dei business plan sostenibili che prevedano la creazione di filiere energetiche attraverso la messa in rete di tanti progetti che possano formare una consistente massa critica per tali modelli di business. Persino la Bei (Banca europea degli investimenti) mette a disposizione tranches di finanziamento a partire da 7,5 milioni di euro a tale scopo, a tassi estremamente agevolati».

 

 

Posaceneri tascabili ai bagnanti per salvare le spiagge - Iniziativa di Marevivo da Duino a Miramare
DUINO AURISINA Sono oltre centomila i posacenere distribuiti su oltre quattrocento spiagge, comprese ventidue aree marine protette nell'ambito della campagna «Ma il mare non vale una cicca?» promossa nelle giornate di sabato e ieri dall’associazione ambientalista Marevivo lungo le coste di tutta Italia. In Friuli Venezia Giulia le volontarie di Marevivo, coordinate da Martina Vocci, si sono concentrate a Trieste e dintorni sabato e ieri alla Caravella della Baia di Sistiana, alla Dama Bianca di Duino e agli stabilimenti balneari Riviera e Sirena di Grignano nonchè alla Riserva naturale marina del Wwf (World Wildlife Found) di Miramare. I posacenere distribuiti dalle volontarie ai bagnanti sono tascabili, lavabili e quindi riutilizzabili e come ogni anno, la campagna è promossa in collaborazione con Jti (Japan Tobacco International), con il supporto del sindacato italiano balneari,il patrocinio del ministero dell'Ambiente e il sostegno del Corpo delle Capitanerie di Porto. Èstato calcolato che il filtro di una sigaretta richiede vent’anni per dissolversi nell’ambiente, senza contare i danni dalla nicotina che frantumandosi disperde nell’ambiente, e soprattutto nell’acqua.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 agosto 2014

 

 

«A Duino la differenziata è una battaglia persa» - ROZZA REPLICA A CUNJA
Il presidente della Seconda commissione rilancia il porta-a-porta che all’assessore non piace

DUINO AURISINA «Ma quale gara tra paesi per raggiungere la percentuale di differenziazione dei rifiuti? Qui a Duino Aurisina la raccolta è ferma al 20%: non c'è proprio competizione, abbiamo perso in partenza». Commenta così il Cunja-pensiero Maurizio Rozza, presidente della Seconda commissione consiliare che una decina di giorni fa aveva annunciato, a fronte di dati estremamente negativi, emersi nell'ambito dello studio sul Paes illustrato a maggioranza e opposizione, la necessità di avviare una sperimentazione del porta a porta sul territorio comunale a partire dal 2015. Porta a porta che, però, non trova il gradimento dello stesso Cunja. «Se l'assessore – spiega Rozza, da noi interpellato – fosse venuto in commissione lo scorso 18 luglio e avesse ascoltato la relazione del tecnico incaricato di redigere lo studio sul Paes avrebbe avuto una completezza d'informazione dei dati e della situazione di Duino Aurisina. Tra l'altro vale la pena sottolineare che l'esperto è stato pagato dal Comune per la redazione del documento e che quelle pagine non sono carta-straccia, ma hanno un preciso valore. E, siccome se vengono spesi soldi pubblici è bene non gettare in un cassetto i progetti, sarebbe immorale non tenere conto dello studio, tanto più che, al di là della mia iniziale perplessità, è servito a chiarire bene il quadro e a rintracciare possibili e concrete soluzioni». «Difatti – prosegue Rozza – è proprio il Paes a dire che se vogliamo ottenere certe percentuali di differenziata l'unico metodo possibile è il porta a porta. E, come convenuto dalla commissione, si è stabilito d'ora in avanti di raccordare ogni ambito legato ai temi trattati dallo studio al Paes, compreso quello del bando di gara del servizio di raccolta dei rifiuti di cui parla Cunja. E, sempre a onor del vero, nessuno ha mai parlato di porta a porta puro o spinto». Quanto ai commenti dell'assessore “in questo Paese c'è libertà di pensiero e parola” e “giustamente Cunja rappresenta le istanze dell'elettorato, dieci preferenze, che l'ha votato alle ultime amministrative”. «Ma il dato reale è che siamo messi molto male – ragiona ancora Rozza – alcuni dei dati che riguardano Duino Aurisina sono paragonabili a situazioni patite in paesi della Campania». La rotta, insomma, va invertita. «Il tecnico ha riferito all'assise che al contrario i territori carsici si prestano al porta a porta – chiarisce il presidente della commissione – proprio per la bassa concentrazione di condomini e la massiccia presenza di unità immobiliari mono o bifamiliari. Infine, vale la pena sottolineare che Duino Aurisina è fuori da ogni parametro ecologico, prova ne siano i sacchi d'immondizia fermi da mesi alla Costa dei Barbari che hanno vanificato il generoso lavoro dei volontari impegnati nella raccolta della spazzatura. Forse all'assessore interessa di più “sponsorizzare” eventi fuoristradistici sul Carso – conclude –, ma la mia visione di centrosinistra sui temi ambientali è differente». Non solo nel Paes, ma pure nel corso dell'ultimo Consiglio comunale, erano emersi dati preoccupanti, in particolare sotto il profilo economico: «Un Comune delle nostre dimensioni mediamente dovrebbe spendere 700mila euro per la gestione e smaltimento dei rifiuti – aveva detto Gotter, presidente Terza commissione -: qui invece si spende oltre mezzo milione di euro in più, che deriva dalle imposte relative. Ma, è il caso di dirlo, non si tratta di soldi che l'ente preleva dalle tasche dei cittadini, bensì di quattrini che il cittadino da solo si toglie dal portafoglio, per via di questa bassissima differenziata. Bisogna – aveva concluso – educare le famiglie, a partire dai bambini, a questa sfida: sono stufo del terrorismo contro il porta a porta. Non guardiamo solo a Monfalcone, ci sono molte realtà che hanno adottato proficuamente il sistema». Infine, l'assessore Corigliano aveva precisato come il 50% dei costi di gestione del servizio, complessivamente pari a circa 1,3 milioni di euro, fosse destinato solo all'incenerimento dei rifiuti.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 agosto 2014

 

 

Raccolta dell’umido la crociata del Comune

Entro ottobre coinvolgerà anche il centro. Laureni: «Una nuova cultura ecologica e ambientale»
Dall'umido nascono i fiori. Il tema scelto per la campagna di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata dei rifiuti umido-organici, varata in tandem da Comune di Trieste e AcegasApsAmga, va a parafrasare i versi di una nota canzone di Fabrizio De Andrè. Una vera e propria sfida quella dell'umido, partita da un mese e mezzo, con l'introduzione, nelle isole ecologiche, dei contenitori color antracite e coperchio marrone, dapprima nei quartieri periferici (da Borgo San Sergio a Campanelle, da Servola a Valmaura, da San Luigi a Longera), il cui prossimo step riguarderà il rione di San Giacomo, e che entro la fine di ottobre toccherà tutto il territorio cittadino. Ecco allora la necessità di avviare una corposa campagna informativa a beneficio della cittadinanza, che si avvarrà di una serie di locandine e manifesti che saranno affissi sulle pensiline dei bus, ma anche negli uffici comunali, nelle scuole, negli impianti sportivi e sulle vetrine degli esercizi commerciali che aderiranno all'iniziativa. L'obiettivo dichiarato è quello di raggiungere nel 2015, quando il servizio di raccolta sarà a regime, le 10 mila e 300 tonnellate di rifiuti organici (scarti di cucina e altri rifiuti di origine vegetale o animale, che rappresentano la frazione più consistente dei rifiuti domestici), incrementando in questo modo di 10 punti la percentuale di raccolta differenziata, che a quel punto si attesterebbe sul 40 per cento, a fronte del 29,7 attuale. «Il concetto fondamentale rimane quello di un messaggio fortemente culturale - ha affermato Umberto Laureni, assessore comunale all'ambiente, nella conferenza stampa cui hanno presenziato anche i rappresentanti di Provincia, AcegasApsAmga, Azienda Sanitaria e Wwf, oltre all'assessore all'educazione Grim -. Ai cittadini chiediamo un piccolo sacrifico che corrisponde però ad una cultura ecologica e ambientale sempre maggiore e che rimarrà in ogni caso utile a prescindere da quelle che saranno in futuro le scelte dell'amministrazione comunale in tema di raccolta differenziata». La campagna informativa coinvolge anche i ragazzi in età scolare, attraverso un progetto ad hoc realizzato in collaborazione con la Riserva Marina di Miramare, che propone dei laboratori ludico-didattici per i ricreatori e le scuole finalizzati alla cultura del riciclo. I rifiuti organici raccolti in città vengono avviati all'impianto Bioman di Maniago, per poi essere trasformati in compost. «I costi per il conferimento dell'umido a Maniago - ha precisato ancora Laureni, rispondendo così alle critiche arrivate dall'opposizione - sono in ogni caso notevolmente inferiori a quanto spenderemmo se bruciassimo i rifiuti organici nel nostro inceneritore».

Pierpaolo Pitich

 

 

Ferriera, Arvedi investe 100 milioni - Anche un laminatoio
Il gruppo di Cremona ha anticipato in Regione il piano industriale. Serracchiani e sindacati soddisfatti
Un impianto di laminazione a freddo per i coils da un milione di tonnellate che potrebbe impiegare un numero di dipendenti variabile tra i 200 e i 300. È la novità di forte rilievo uscita dal Tavolo sulla Ferriera che si è svolto ieri in Regione con la presenza di istituzioni, sindacati e categorie, sotto la presidenza di Debora Serracchiani quattro giorni dopo l’offerta vincolante per l’acquisto dello stabilimento avanzata da Siderurgica Triestina, società del Gruppo Arvedi. Il Piano industriale del nuovo proprietario, si è appreso da una nota della Regione in quanto l’incontro si è svolto a porte chiuse, prevede la piena integrazione della Ferriera nell’attività del gruppo e poggia su tre gambe: il ripristino della produzione di ghisa con l’altoforno, la valorizzazione del polo logistico destinato a diventare terminal marittimo per l’arrivo della materia prima e la spedizione dei prodotti finiti a servizio di tutto il gruppo e appunto l’avvio dell’impianto di laminazione che utilizzerà l’acciaio prodotto a Cremona e sarà insediato nel padiglione dell’ex acciaieria. La situazione futura potrebbe addirittura far pensare a un aumento dell’occupazione e infatti sono stati ampiamente positivi i commenti dei sindacati «anche se non è escluso che in futuro Arvedi - ha riportato Christian Prella del sindacato autonomo Faims - sotto la pressione delle associazioni ambientaliste e dei cittadini, possa decidere di chiudere la cokeria». «Ma questo perlomeno in una prima fase di certo non accadrà - ha aggiunto Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) - e anzi i rappresentanti del gruppo Arvedi presenti al tavolo: Stefano Saglia e Francesco Rosato, hanno parlato di un investimento complessivo del gruppo su Servola superiore ai 100 milioni». Gli uomini Arvedi hanno confermato che il Piano di risanamento ambientale, per la parte che spetta all'azienda, è già in fase avanzata di progettazione e costituisce un prerequisito della continuazione dell'attività produttiva. Il Piano sarà attuato in 18-24 mesi ma già nei primi 9-12 mesi ci si attendono miglioramenti sostanziali del quadro ambientale. «Stiamo ponendo le premesse - ha commentato la presidente Debora Serracchiani - per il risanamento ambientale dell’area della Ferriera di Servola e per la continuazione di un’attività industriale pulita che consenta il mantenimento dell’occupazione e stiamo giocando una carta importante per tutto il Paese perché qui stiamo parlando del futuro della siderurgia in Italia». Ma Arvedi per poter ammortizzare il megainvestimento chiederà ora una concessione di lunga durata all’Autorità portuale. E proprio su questo punto si innestano alcuni timori dell’Ugl che a propria volta ha espresso soddisfazione per l’esito dell’incontro. «La palla adesso passa anche all’Autorità portuale - ha commentato Roberta Vlahov - Non vorremmo mai che fossero disattese dalla presidente Monassi le grandi aspettative e le speranze non solo dei lavoratori, per il rilancio dell’economia. Non accogliere le richieste fatte ora significherebbe affossare il futuro della città.»

Silvio Maranzana

 

 

Comune Via Torre Bianca pedonale

Il Comune informa che in questi giorni procederà alla pedonalizzazione di via Torre Bianca nel tratto compreso tra via San Lazzaro e via della Zonta e all’istituzione della nuova zona a traffico limitato di via XXX Ottobre, nel tratto compreso tra via Milano e via Torre Bianca. «Verranno così portate a termine - recita una nota del Comune stesso - le prime due fasi di attuazione del nuovo Piano generale del traffico». Il Comune ricorda che sta procedendo alla definizione degli atti necessari all’accordo con il gestore dei parcheggi posti “a corona” del centro per parcheggi agevolati per i residenti.

 

 

Enalcaccia «Cacciamo i cinghiali

L’Unione Enalcaccia mette a disposizione le sue “doppiette” per contenere il numero dei cinghiali, un problema perché «i cacciatori sono limitati negli abbattimenti in quanto devono attenersi alle leggi, ai regolamenti e agli orari del Calendario venatorio regionale».

 

 

DUINO AURISINA - Fabio Coretti nuovo presidente di Fareambiente
DUINO AURISINA Ha un nuovo vertice il Laboratorio di Fareambiente a Duino Aurisina. Neoeletto presidente Fabio Coretti, 54enne artigiano molto noto per la storica attività legata alla vetreria. Ma c'è anche un nuovo consiglio direttivo. Obiettivo principale del mandato: “Il bene del territorio”. «Il mio e il nostro impegno - ha commentato il neopresidente Coretti, subentrato a Pasquale Durante - sarà proseguire quanto di buono è stato fatto in questi anni per lo sviluppo della sensibilizzazione della tutela ambientale, con particolare attenzione alle iniziative di promozione della raccolta differenziata. Non solo: proseguiranno le iniziative di divulgazione collegate alla mostra “Rispettiamo il Mondo sopra e sotto”, in collaborazione con le associazioni locali, in particolare Lions club e Ajser 2000, e la Federazione speleologica del Friuli Venezia Giulia, per la lotta all'inquinamento all'interno delle Grotte. Verranno – aggiunge - altresì promosse iniziative di pulizia delle aree verdi all'interno del territorio comunale». Nel mese di settembre il gruppo ha in programma un'importante iniziativa di carattere nazionale al Villaggio del Pescatore, in collaborazione col coordinamento Fareambiente Fvg, legata proprio ai temi “green”. Inoltre, come spiegato, verranno promosse nel corso d'anno anche conferenze a tema legate al territorio e alle iniziative promosse a livello nazionale. Vicepresidente di Coretti è l'uscente Pasquale Durante (sua la lettura della relazione dell'attività 2014 per i soci), che fungerà anche da responsabile del tesseramento, mentre Mario Toscano seguirà le manifestazioni, Massimo Romita sarà il segretario e Andrea Humar farà il delegato agli enti pubblici.

(ti. ca.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 agosto 2014

 

 

Legambiente boccia il nuovo Piano regolatore

L’associazione: uno strumento urbanistico dimensionato per 240mila abitanti
«Un eccesso di fantasia terminologica per mascherare troppe cementificazioni ingiustificate»: questo il giudizo di Legambiente sul nuovo piano regolatore del Comune di Trieste. La "città degli oggetti", la "città degli orti", e soprattutto la "nuova città dei giardini" paiono essere infatti, a giudizio dell' associazione ambientalista, nulla più che artifici nominalistici, con cui si tenta di abbellire un piano di scarso spessore innovativo. «Il piano regolatore - afferma Legambiente - è infatti dimensionato per 240mila abitanti, laddove le proiezioni demografiche assunte a base del nuovo strumento urbanistico stimano poco più di 196mila nel 2032 (contro i circa 208 mila attuali). Curiosamente, il piano si fonda sui dati dell'ormai superato censimento 2001, poiché quelli del censimento 2011 non sarebbero ancora disponibili. Vengono così riportate le medesime cifre dell'abortita variante 118 - era Dipiazza - sul numero degli alloggi vuoti (7.419, il 6,7% del totale) e di quelli sottoutilizzati (51.449, cioè il 50,2% del totale censito); dati sicuramente inferiori alla realtà, se si tiene conto della grande quantità di edifici - anche nuovi - rimasti invenduti e perfino incompiuti». Per Legambiente risultano perciò del tutto assurde («e il piano stesso non tenta neppure di giustificarle») le 12 zone di espansione residenziale "C", fantasiosamente definite "nuova città dei giardini": «Si tratta in alcuni casi di zone già previste nello strumento urbanistico vigente (la variante 66 del 1997), confermate anche nella variante 118. In qualche altro caso - la zona "C" di salita Miramare, quella ai piedi della cava Faccanoni, quella di via Cesare dell'Acqua - di novità assolute». «Le zone "C" sono collocate inoltre - afferma ancora Legambiente - per lo più in zone di grande pregio ambientale come la fascia costiera e il Carso, ovvero in alcune delle poche aree verdi rimaste in periferia, contraddicendo pertanto in modo evidente anche l'obiettivo del piano sulla riduzione del consumo di suolo. Zone, oltre tutto, che paiono essere state scelte accogliendo "caso per caso" le proposte di - alcuni privati».

 

MUGGIA, IL VICESINDACO REPLICA AI GRILLINI «Col nuovo piano regolatore salvati 30 ettari»
Restituiti alla destinazione agricola i terreni che erano stati destinati a fini speculativi

MUGGIA «Non un turismo dei grandi alberghi, dei campi da golf e dei grandi porti nautici, ma un turismo che sia più rispondente alla naturale vocazione di questo territorio, che preveda il recupero della costa, ma anche la creazione di strutture legate ad un turismo rurale, con il recupero di sentieri e la previsione di una nuova rete di piste ciclo-ippo-pedonali». L’assessore alla pianificazione territoriale del Comune di Muggia, Laura Marzi, replica così alle critiche che il Movimento 5 Stelle mosso, nei giorni scorsi, sul nuovo Piano regolatore comunale (Prgc) e in particolare sulle zone turistiche proposte dall'amministrazione Nesladek. «Il Prgc prevede una riduzione delle volumetrie previste dalla variante 15, di un totale di 146 mila metri cubi nelle zone turistiche, con la trasformazione della superficie territoriale da attrezzature turistiche ricettive e campo da golf ad aree-nucleo, cioè aree da tutelare in maniera maggiormente conservativa insieme alle aree boscate, riconoscendone il valore naturalistico e paesaggistico, per circa 23 ettari», spiega Marzi. Inoltre «questo Prgc restituisce al territorio 30 ettari di terreno agricolo che il precedente piano regolatore aveva destinato ad altri usi, e parallelamente riconosce tre parchi urbani - Piasò, Aquilinia e Molo Balota - per un totale di 11 ettari». Per quanto riguarda la riqualificazione della costa, ex water front della 15.a variante, alla fascia dei 30 metri a cui fa cenno il M5S “è stato tolto il valore progettuale prescrittivo, diventando puramente descrittivo: non esiste, in nessuna parte delle norme di attuazione, cenno ad eventuali interramenti, né è interesse di questa amministrazione realizzarli», precisa Marzi. Sempre sul fronte mare, invece, il nuovo Prgc prevede l'eliminazione del porto nautico di San Bartolomeo, “che prevedeva 210 posti barca, ed in quella zona, in particolare, riconoscendone il valore naturalistico, è prevista la realizzazione di eventuali strutture per la balneazione con caratteristiche precise e poco impattanti”. Sull'argomento è intervenuto anche il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek: «Il nuovo Prgc ha affrontato in modo serio l’esigenza di un rilancio turistico in chiave sostenibile riportando alle minime dimensioni utili gli insediamenti nella zona di pregio costiera. Questa amministrazione ha condotto una lunga e difficile battaglia per non realizzare i piani devastanti previsti sulla costa, revocando ad esempio ben due delibere di approvazione già adottate dall’amministrazione precedente con tutti i rischi legali che ciò comporta. E abbiamo vinto, spiace dirlo, senza l’aiuto del M5S che non abbiamo visto lottare al fianco nostro e dei cittadini». Da qui l'affondo: «Dicano i pentastellati muggesani cosa pensano di fare sulla costa. Opzione zero? Lasciare tutto così? Oppure fare qualcosa? Ma allora bisogna trovare le risorse e gli accordi con i proprietari che dall’oggi al domani possono, se vogliono, chiudere tutto. Noi abbiamo fatto la nostra, ora aspettiamo una proposta del M5S: realistica e fattibile, ovviamente».

Riccardo Tosques

 

 

La raccolta dell’”umido” spiegata dal Comune

Oggi, venerdì 1.o agosto, alle 11, nella Sala giunta municipale, l'assessore all'Ambiente Umberto Laureni terrà una conferenza stampa per illustrare l'avvio della campagna promozionale sulla Raccolta degli scarti umido-organici. Interverranno anche rappresentanti della Provincia e di AcegasAps.

 

Rifiuti a Duino, giunta divisa sulla raccolta “porta a porta”
L’assessore Cunja si dice contrario alla proposta del vicesindaco Veronese «Meglio una distribuzione più capillare e razionale delle isole ecologiche»

DUINO AURISINA Il porta a porta dal 2015? No, grazie. Meglio “una più capillare e razionale distribuzione delle isole ecologiche, abbinata alla separazione del rifiuto umido e a una martellante campagna di sensibilizzazione che coinvolga anche bambini e adolescenti”. A parlare stavolta non è il centrodestra, che a Duino Aurisina siede tra i banchi dell'opposizione, bensì l'assessore ai Servizi sul territorio, Andrej Cunja. Che dopo il recente annuncio del presidente della Seconda commissione, Maurizio Rozza, e del vicesindaco Massimo Veronese, circa l'intenzione da parte dell'ente locale di avviare una sperimentazione dal prossimo anno del porta a porta (per invertire i dati estremamente negativi a livello locale su produzione di rifiuti, con 631,6 chilogrammi pro capite all'anno, e differenziazione degli stessi: 21,10% di riciclato contro una media regionale del 60,79% e provinciale del 28,63%), boccia la soluzione. O meglio, potrebbe trovarsi d'accordo sulla sperimentazione, ma in linea di massima non gradisce il metodo del porta a porta, la cui necessità peraltro è stata ribadita la scorsa settimana in aula anche da Roberto Gotter (Pd) e dall'assessore Lorenzo Corigliano (“Si deve adottare una raccolta differenziata spinta”). Divergenze di opinioni nel centrosinistra, dunque. Questo il Cunja-pensiero: «I valori non certo esaltanti della raccolta differenziata non stupiscono più di tanto – esordisce - in quanto il servizio di raccolta e smaltimento non ha subito aggiornamenti da anni e viene prorogato ormai da diverso tempo in attesa della nuova gara d'appalto. Il regolamento è stato finalmente approvato, ora il servizio comunale assieme ai consulenti incaricati sta lavorando al capitolato d'appalto che si prevede sarà pronto per la fine dell'estate». Seguirà una discussione in maggioranza e infine l'indizione del bando di gara con “l'obiettivo di migliorare drasticamente le performance e conseguentemente abbassare le tariffe ai cittadini”. «Ma le strade per arrivarci non necessariamente impongono l'introduzione del porta a porta – afferma -. Ci tengo molto alla differenziazione e ritengo che in famiglia si raggiungano ottimi valori, ma sono altrettanto sicuro che se dovessi passare a un sistema porta a porta "puro" essi crollerebbero all'istante, in quanto ben difficilmente riuscirei a rispettare gli stretti orari di raccolta». «Queste – prosegue - sono comunque considerazioni personali, che lasciano il temo che trovano, da un punto di vista tecnico rimango però molto scettico sull'effettiva bontà di un tale sistema rapportato alle tipicità del territorio senza preventive integrazioni di aspetti come quelli urbanistici, con la creazione di appositi spazi in cui collocare i sacchetti davanti all'ingresso di ogni casa senza che la bora, tutt'altro che infrequente, li sparga in giro, vanificando ogni sforzo. Vedo molto meglio una più capillare e razionale distribuzione di isole ecologiche abbinata alla separazione dell'umido e a una martellante campagna di sensibilizzazione che coinvolga anche bambini ed adolescenti». «Se dovessi essere quindi da solo a decidere – conclude Cunja - il porta a porta non lo prenderei in considerazione e nelle relazioni programmatiche finora redatte ciò è scritto nero su bianco, tuttavia a governare è la coalizione e se da essa arriveranno indicazioni di procedere diversamente, la rotta si può certamente correggere; ne discuteremo in maggioranza e comunque il regolamento consente di farlo. L'introduzione di un porta a porta di tipo sperimentale limitato a determinate zone o a dei particolari esercizi potrebbe essere un'iniziativa adatta a valutare l'effettivo impatto del sistema. L'importante è che ogni scelta venga ponderata, tenendo conto dei benefici della raccolta rapportati ai costi, come pure degli eventuali disagi che si potrebbero creare ai cittadini e al territorio, evitando di rincorrere ogni frazione per i punti percentuali di differenziazione come se vi fosse una competizione sportiva».

Tiziana Carpinelli

 

 

Tre milioni di sigarette in acqua - Ma il mare non vale una cicca?
A Sistiana, Duino e Grignano verranno distribuiti dei posacenere tascabili e lavabili
In sei edizioni sono stati risparmiati all’ambiente oltre sedici milioni di mozziconi
Torna sulle spiagge, per il sesto anno consecutivo, la campagna “Ma il mare non vale una cicca?”: questo fine settimana lungo gli oltre 8mila chilometri di coste italiane saranno in azione oltre mille volontari impegnati nella distribuzione di 120mila posacenere tascabili, lavabili e quindi riutilizzabili. L’iniziativa permetterà di risparmiare al mare una fila di mozziconi lunga come un ponte tra Roma e Cagliari, che coprirebbe una distanza di circa 500 chilometri Come ogni anno, la campagna è promossa da Marevivo in collaborazione con Jti (Japan Tobacco International), con il supporto del Sindacato italiano balneari, il patrocinio del ministero dell’Ambiente e il sostegno delle capitanerie di porto. Testimonial dell’edizione 2014 Max Giusti, attore, comico, conduttore televisivo, doppiatore e imitatore, che ha deciso di sostenere la campagna condividendo l’impegno di Marevivo a difesa del mare italiano. E saranno 12 le località del Friuli Venezia Giulia coinvolte nell’iniziativa (tra cui Grado e Lignano), 4 a Trieste: la Caravella, a Sistiana, la Dama bianca di Duino, e il Riviera e il Sirena di Grignano. Appuntamento domenica, dalle 9 all’ora di pranzo. «Un ponte di 500 chilometri composto interamente da cicche: quando ho provato a focalizzare quest’immagine sono rimasto a bocca aperta», ha dichiarato Max Giusti spiegando la sua adesione alla campagna. «Basta con i mozziconi sulla spiaggia e in mare, una volta e per tutte impariamo a considerare la cicca di sigaretta per quella che è effettivamente: un rifiuto e, come tale, va gettato in maniera corretta. Nulla più di una semplice cicca di sigaretta dimostra quanto possiamo fare tutti, ogni giorno e con i gesti più semplici, per migliorare l’ambiente che ci circonda», ha commentato Carmen Di Penta, direttore generale di Marevivo. Diamo qualche altro numero: se stimiamo un consumo medio di 12 sigarette al giorno per fumatore (dati dell’Istituto superiore della sanità), sono oltre 16 milioni le cicche risparmiate al mare e alla spiaggia per effetto delle sei edizioni, per un totale di oltre mezzo milione di posacenere distribuiti. I mozziconi di sigaretta, al primo posto nella lista dei 10 rifiuti più raccolti nelle strade, costituiscono tra il 30 e il 40% dei rifiuti nel Mediterraneo. Infine: ogni posacenere può contenere fino a un massimo di sei mozziconi, e ipotizzando che venga riempito e svuotato due volte al giorno, si può calcolare che verranno risparmiati al mare 1.440.000 mozziconi al giorno (120.000 posacenere per 12 mozziconi), 2,8 milioni considerando soltanto i due giorni della campagna.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 31 luglio 2014

 

 

Tari, più è grande la famiglia e più si alza la tassa sui rifiuti
Approvata la trasformazione dell’ex Tarsu: ora conta maggiormente il numero dei componenti di un nucleo rispetto ai metri quadrati della casa in cui vivono
È cambiato il nome, da Tares a Tari. E con esso sono cambiati i parametri per calcolare le bollette. Ciò che non cambia, a leggerla con la pancia, oltre che con la testa, è la tendenza che si rinnova di anno in anno un po’ dappertutto: quella di un’imposta che si fa puntualmente - e generalmente - più cara. Facendoci due conti, e confrontando i risultati con quelli del 2013, vien fuori che per il 2014 la tassa sulle immondizie - approvata l’altra notte in Consiglio comunale con l’Imu - costerà di più per la maggior parte delle famiglie, ancorché in misura variabile. Già perché gli aumenti - o meglio le variazioni, dato che in alcuni casi minoritari la tassa può pure diminuire - non si mostrano proporzionali: la filosofia su cui poggiano le novità, evidentemente, è quella secondo cui la Tari ex Tares, pur essendo un’imposta, è impostata - passi il gioco di parole - come una tariffa, più che come un’imposta basata sul principio del “paga di più chi ha di più”. Già ci pensano, a quello, altri tipi di tributi, a cominciare dall’Irpef. Che significa, allora? Che qui si paga di più a seconda dell’utilizzo del servizio. Ne consegue che la tassa sui rifiuti diviene più cara, per un nucleo familiare, mano a mano che sale il numero dei suoi componenti. La “grandezza” della famiglia, insomma, ora incide decisamente più di quella di una casa, in termini di metri quadrati. E così, da un filotto di calcoli fatti sulla base dei nuovi parametri, tenendo in conto una serie di famiglie e case “tipo”, risulta che i rincari più sensibili (si veda la tabella) interessano le abitazioni più piccole occupate da più persone, piuttosto che quelle più grandi in cui vivono in pochi. Due casi-limite: cinque familiari che stanno in 50 metri quadrati pagavano 267 euro e ne pagheranno 333, per un +25%, mentre una coppia sola che abita in 125 metri quadri doveva sborsare 322 euro e adesso ne sborserà 290, risparmiando un 10%. Esempio indicativo per tutti è l’oscillazione dell’entità della nuova tassa riferita a un nucleo familiare di quattro persone (padre, madre e due figli): in una casa di 50 metri quadrati la Tari sale da 225 a 268 euro, per un incidenza percentuale del 19%, in un’altra di 75 passa da 286 a 310, per un +8%, in una terza da 100 metri quadri si sposta da 346 a 352, sotto il 2% d’aumento, e infine per 125 metri quadri scende da 406 a 394, per un -3%. Chi si vuole divertire, o è semplicemente cuorioso di vedere subito quando dovrà pagare di Tari prima che gli arrivi la bolletta di Esatto, può calcolarsela sommando la cosiddetta quota variabile alla cosiddetta quota fissa, moltiplicata per i metri quadrati, e aggiungendoci come nel 2013 il 5% di tributo provinciale ma non più i 30 centesimi per metro quadro di copertura dei costi indivisibili dovuti allo Stato, che da quest’anno rientrano nella Tasi. La tabella dei parametri di calcolo - approvata dal Consiglio comunale - prevede una quota fissa, da moltiplicare per i metri quadri, che vale 1,12 euro per una famiglia di un solo componente, 1,32 per due, 1,48 per tre, 1,60 per quattro, 1,73 per cinque e 1,83 per sei o più. La quota variabile vale a sua volta 47,77 euro per un componente, 111,47 per due, 143,32 per tre, 175,17 per quattro, 230,90 per cinque e 270,71 per sei o più. «Le differenze tra la Tares del 2013 e la Tari del 2014 - osserva l’assessore al Bilancio Matteo Montesano - riguardano più che altro le utenze domestiche, poiché aumentando le quote variabili e diminuendo le quote fisse i nuclei con più componenti andranno a pagare un po’ di più e quelli con meno pagheranno un po’ meno. Le aliquote sulle utenze non domestiche, invece, non subiscono sensibili variazioni, anche se abbiamo cercato di venire incontro alle attività economiche, in particolare ai locali pubblici, detassando del 50% le aree esterne come possono essere per esempio giardini e cortili interni di un ristorante».

Piero Rauber

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 luglio 2014

 

 

Via San Lazzaro diventa a doppio senso

Nel vivo l’attuazione del Piano del traffico in quella zona: la rivoluzione vale per due ruote e auto con permesso
Le novità, ai confini del Borgo Teresiano, sotto forma di inediti cartelli stradali impiantati e segnali verniciati a terra, nel nome del Piano del traffico che si sta via via attuando, spuntano di questi tempi come funghi. Basta rimettere piede da quelle parti un paio di giorni dopo l’ultima volta in cui ci si era passati, e certi pezzi di strada non hanno più la faccia che avevano. Un esempio per tutti, perché è proprio da lì che tali novità stanno partendo, è la biforcazione tra le vie Valdirivo e San Lazzaro che s’innesta a sua volta in via Carducci, all’altezza del civico 9: due isolotti provvisori fatti con new jersey bianchi e rossi, nei dintorni delle strisce pedonali, sono il preludio a futuri spartitraffico. Sull’asfalto, quindi, sono già disegnati due stop, preannunciati da altrettanti cartelli. Uno blocca i veicoli che da via Carducci girano quasi a gomito verso sinistra prima di immettersi in via San Lazzaro. Già perché via San Lazzaro, nel primo tratto tra via Carducci e via Torrebianca - dove di recente tra parentesi sono spariti gli stalli blu a pagamento per le auto, sostituiti da posteggi per scooter e moto - non è più a senso unico verso via Torrebianca, bensì a doppio senso, ancorché limitato ai soli mezzi a due ruote e alle auto autorizzate dirette ai box privati. Il secondo stop, alla biforcazione, impone a chi viene proprio da via San Lazzaro per immettersi in via Valdirivo di lasciar passare prima i veicoli provenienti da via Carducci. Ma perché - come peraltro già annunciato, anche se nessuno ci ha dato troppo peso finché la trasformazione non è iniziata per davvero - via San Lazzaro diventa a doppio senso? Perché dal labirinto diretto verso il Borgo Teresiano non si può mica più uscire infilandosi a destra per via Torrebianca, che dopo l’incrocio con la stessa via San Lazzaro diventa appunto pedonale. Buttandoci l’occhio, per intanto si scorgono transenne che vietano il passaggio. Altro preludio. In questo caso a una pedonalizzazione. La morale è che, pure lì, gli stalli blu saranno cancellati. E infatti il parcometro di via Torrebianca, tra via San Lazzaro e via della Zonta, dato che non serve più, è già incappucciato in un nylon scuro. Le novità insomma, come si diceva, non mancano. Come non mancano d’altronde pioggia e umidità. Le condizioni ideali per i funghi, quelli veri. Per queste novità invece - destinate a far entrare a regime entro la prima decade di agosto il cosiddetto Piano di dettaglio per le vie XXX ottobre, Torrebianca e limitrofe, in progressiva attuazione del Piano generale del traffico urbano - sono condizioni irrilevanti. Se non addirittura dannose - se è vero che un meteo costantemente avverso allungherebbe i tempi - oltre che scomode per chi deve materialmente piantare i pali e verniciare i segnali e per chi deve poi controllare. Ieri pomeriggio sotto il diluvio, per dirne una, una pattuglia di vigili urbani stazionava come da ordini di servizio proprio all’intersezione tra le vie Carducci, Valdirivo e San Lazzaro. Una presenza che dovrebbe continuare a essere riproposta anche nella giornata di oggi e che vuol essere “rafforzativa”, per così dire, affinché gli obblighi già previsti dalla nuova segnaletica - che da Codice della strada diventano vincolanti dopo 48 ore dalla posa, in questo caso avviata lunedì - siano eventualmente spiegati e fatti recepire a centauri e automobilisti. Gli agenti della municipale, a tal proposito, in questo primissimo scorcio di attuazione del Piano del traffico da quelle parti stanno avendo il loro bel daffare. Diverse auto, in particolare, da via Carducci continuano a sterzare a sinistra verso via San Lazzaro, immaginando di poter poi proseguire a destra per via Torrebianca, a caccia di un posto a pagamento. Non è più così. Ai vigili non resta che alzare la mano, attendere che il conducente metta la testa fuori dal finestrino e infine spiegargli che le cose sono cambiate. La rivoluzione, al momento, fanno sapere gli stessi agenti impegnati in zona, non miete cittadini incavolati, al massimo spaesati. Da via San Lazzaro e dal primo tratto di via Torrebianca tra le vie San Lazzaro e della Zonta, quindi, i lavori per la nuova segnaletica procederanno come da Piano del traffico fino alle due nuove Ztl di via XXX ottobre. L’intervento - meteo permettendo - dovrebbe concludersi entro la fine della prossima settimana. Al termine la zona si presenterà - come già annunciato dall’assessore alla Viabilità Elena Marchigiani - con una serie di pedonalizzazioni, la prima delle quali di fatto è già nata in via di Torrebianca, nel tratto compreso tra via Carducci e via della Zonta, dove invece andrà a regime l’inversione di marcia. La via XXX ottobre, infine, avrà pure due nuove aree pedonali tra le vie del Lavatoio e Milano e tra le vie Machiavelli e Paganini, oltre che una Ztl ad elevata valenza pedonale tra le vie Milano e Valdirivo, e un’altra Ztl di cosiddetta penetrazione a valenza pedonale tra le vie Valdirivo e Torrebianca.

Piero Rauber

 

E lo “step” del Viale slitta a ottobre per non interferire con i dehors

«Con quest’operazione siamo riusciti a lanciare entro l’estate le prime due fasi attuative del Piano del traffico (la prima, in Barriera, è stata già completata, ndr), oltre ad aver dato avvio al processo di pedonalizzazione più complesso di via Mazzini e via Imbriani». L’assessore alla Viabilità Elena Marchigiani giura inoltre che sopra il Borgo Teresiano «stiamo lavorando di pari passo anche con gli esercenti per favorire le occupazioni di suolo pubblico». A proposito, proprio per non compromettere la tenuta dei dehors fino a fine estate slitta «a ottobre» lo step in Viale XX settembre: «Con l’assessore ai Lavori pubblici Dapretto abbiamo convenuto che lì, date le condizioni dell’asfalto, vanno effettuate opere di riqualificazione più radicali».

(pi.ra.)

 

 

TRIESTE LIBERA - In 336 chiedono la revoca del Prg
Alla scadenza delle osservazioni al Piano Regolatore del Comune di Trieste il Movimento Trieste Libera ha depositato con le firme di 336 cittadini la richiesta di «revoca dell'atto per inesistenza giuridica di poteri normativi del Comune e della Regione Friuli Venezia Giulia sul Porto Franco internazionale di Trieste». «Con il piano regolatore - si legge in una comunicato stampa - i due enti vorrebbero stabilire anche l'utilizzo delle superfici e strutture del Porto Franco, in particolare per favorire la speculazione edilizia ed immobiliare privata sulle aree demaniali ed extradoganali vincolate del Porto Franco Nord, detto anche Punto franco vecchio».

 

Architettura sostenibile, progetto da premio
Una triestina nel team dell’Università Roma Tre che ha vinto le “Olimpiadi” a Versailles
Paola Lenzoni Milli, giovane studentessa triestina di Architettura, con laurea triennale all'ateneo giuliano e studi per la specialistica in corso nella capitale, ha vinto a Versailles le Olimpiadi di Architettura sostenibile 2014, con un team dell'Università Tre di Roma. «È una competizione internazionale dedicata alle case sostenibili, il "Solar Decathlon", che si svolge ogni due anni», spiega Paola: «Vari atenei di tutto il mondo inviano una prima proposta agli organizzatori, e tra tutte le domande vengono selezionate venti università che vengono ammesse a partecipare. Con noi hanno concorso studenti da tutto il mondo, da India, Giappone, Costa Rica, Stati Uniti, Cile, anche squadre europee, tedesche e francesi, forse più pericolose perché molto forti sulle tematiche della sostenibilità». I ragazzi devono curare tutte le fasi di costruzione di una casa, dal progetto al prodotto finito: un processo complesso che richiede grande cura dei dettagli. «Una volta ultimato l'edificio ci sono tre settimane di gara durante le quali la casa viene aperta al pubblico e visitata da giurie qualificate. Sono abitazioni autosufficienti energeticamente (hanno tutte i pannelli fotovoltaici) e vengono esaminate sotto dieci profili: architettura, sostenibilità, innovazione, urban design, efficienza energetica, ingegneria, condizioni di comfort, house functioning, comunicazione e bilancio energetico». Attenta e scrupolosa la valutazione. «La casa viene anche testata per un utilizzo quotidiano: dobbiamo usare il frigo, accendere il forno a 270 gradi, azionare lavatrici e asciugatrici, cucinare. Il tutto con lo scopo di testare quanto produce e consuma la casa. Poi ne vengono misurati comfort, impianti e altri aspetti. Vince la casa con il punteggio totale più alto, dato dalla somma delle 10 prove». Alla fine ecco il verdetto, la vittoria del team di Roma. «Una grandissima soddisfazione per tutti noi – commenta Paola – per tutto il lavoro portato a termine in squadra». L'abitazione, realizzata a Bolzano e poi trasportata e costruita a Versailles, a breve tornerà in Italia e sarà esposta a Bologna. Il traguardo intanto costituisce un tassello importante per il curriculum della giovane triestina.

Micol Brusaferro

 

 

Legambiente - Otto bandiere nere per danni alle Alpi

Otto bandiere nere, assegnate a sei Regioni del nord Italia, per i danni causati alle Alpi da amministrazioni e società. Ad attribuirle è stata Legambiente. In cima alla lista dei nemici della montagna c’è la Lombardia, con 3 bandiere nere. Seguono Trentino e Valle d’Aosta, Piemonte , Veneto e Friuli Venezia Giulia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 luglio 2014

 

 

Ferriera, la proposta d’acquisto presentata in extremis da Arvedi

La formalizzazione dell’offerta al commissario di Lucchini poco prima che scadesse il termine delle 18
Soddisfazione di Serracchiani. L’amministrazione straordinaria spera di chiudere entro il 30 settembre
All’ultimo momento, ma è arrivata l’offerta di Siderurgica Triestina, società del Gruppo Arvedi, per l’acquisto della Ferriera di Servola. Il termine per la presentazione scadeva alle 18 di ieri. Mezz’ora dopo Francesco Semino, segretario amministrazione straordinaria della Lucchini, ha annunciato che «è giunta un’unica offerta vincolante da parte di Siderurgica Triestina, offerta che sarà ora oggetto di esame e di una relazione tecnica da parte del commissario Piero Nardi». Quasi in contemporanea una nota della presidente della Regione Debora Serracchiani che annunciava che «il Gruppo Arvedi ha formalizzato questo pomeriggio a Piombino la proposta di acquisto dello stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola». Quella di Siderurgica Triestina, società al 100% di Finarvedi che ha come amministratore unico Francesco Rosato ex direttore della Ferriera, era stata l’unica manifestazione di interesse ritenuta valida dallo stesso commissario che ne aveva invece bocciata una seconda avanzata da una piccola società cinese attraverso un broker di Hong Kong. «L'iter per la cessione della Ferriera sta procedendo secondo quando stabilito nell'Accordo di programma sottoscritto a fine gennaio - ha sottolineato ieri Serracchiani - Ora auspichiamo che la procedura continui ad avanzare senza intoppi. Il prossimo passaggio consisterà nell'autorizzazione alla vendita da parte del Ministero allo Sviluppo economico, come da prassi per le aziende in crisi poste in amministrazione straordinaria. Da parte nostra non smetteremo di seguire molto da vicino e con molta attenzione gli sviluppi connessi al passaggio di proprietà», ha aggiunto la governatrice aggiungendo anche che «abbiamo già programmato un primo incontro al Tavolo della Ferriera, convocato per venerdì, che ovviamente in questa fase non potrà che essere interlocutorio». La prassi prevede ora che il commissario analizzi formalmente e qualitativamente l’offerta, in cui devono essere stati specificati condizioni e prezzo per i quali Siderurgica Triestina è disposta all’acquisto, e presenti appunto una relazione. Sentito il Comitato di sorveglianza, se non vi saranno intoppi, il commissario presenterà istanza di aggiudicazione al Ministero dello sviluppo economico che da quel momento avrà trenta giorni per esprimersi. Una procedura che l’amministrazione straordinaria spera di poter concludere entro il 30 settembre. Per i dipendenti che comunque continuano a vedere davanti a sé un futuro estremamente incerto soprattutto per il fatto che non è mai trapelato alcun contenuto del Piano industriale di Siderurgica Triestina, un filo di ottimismo in un’estate che si sta facendo estremamente difficile dal momento che, con il blocco dei lavori dell’altoforno, nel mese di agosto che sta per iniziare dovrebbero essere all’incirca 300 i lavoratori in cassa integrazione a zero ore, suppergiù due terzi del totale. Obiettivo dei sindacati è mantenere anche con l’ingresso di Arvedi gli attuali livelli occupazionali (compresi i contratti a termine scaduti)e retributivi.

Silvio Maranzana

 

 

«Caserma di via Rossetti, riuso possibile a breve»

Russo (Pd): dal ministro Pinotti piena disponibilità con l’obiettivo del polo scolastico
«C’è la possibilità, già nelle prossime settimane, di dare una prospettiva di riutilizzo all'area della caserma di via Rossetti». Lo afferma il senatore del Pd Francesco Russo dopo alcuni incontri avuti negli ultimi giorni al ministero della Difesa a Roma. Il ministro Roberta Pinotti «mi ha dato da subito» - afferma Russo - «piena disponibilità ad affrontare tutti gli aspetti di una vicenda non semplice da gestire e con il suo staff ho potuto discutere approfonditamente le diverse ipotesi di lavoro». Russo ha esplicitato ai vertici ministeriali l’urgenza di trovare «una soluzione condivisa fra i diversi soggetti interessati, per far sì che un'area di pregio della città non cada nell'abbandono o diventi oggetto di vandalismi o usi illegittimi e impropri». Secondo Russo, che del tema ha parlato con gli assessori provinciali Mariella De Francesco e Adele Pino, «quel comprensorio è praticamente quasi pronto per diventare un moderno e accogliente campus scolastico che, a partire dalla presenza dei licei Petrarca e Galilei, riorganizzi e razionalizzi almeno una parte delle scuole superiori della città. Sarebbe una risposta concreta ai ragazzi e alle loro famiglie anche rispetto alle condizioni fatiscenti di tanti edifici scolastici soprattutto per quanto riguarda le sedi succursali». Le ipotesi di riqualificazione già avanzate dal Comune e dall’assessore Elena Marchigiani, aggiunge Russo, «proprio grazie allo stato di avanzamento del lavoro sul nuovo Piano regolatore sono già da oggi in grado di rendere più semplice e veloce il dialogo fra amministrazioni centrali e enti locali». Dunque «potremmo sbloccare la destinazione» dell’ex caserma «meglio e prima di tanti altri siti regionali proprio grazie al lavoro già svolto dai nostri enti locali. Lavoreremo - chiude Russo - per non perdere anche questa occasione».

 

 

Scattano i controlli anti Ogm sui campi del Friuli Venezia Giulia
Gli agenti del Corpo forestale regionale del Friuli Venezia Giulia hanno eseguito una serie di controlli a campione sui campi della regione per verificare se altri terreni, oltre a quelli di Mereto e Colloredo di Monte Albano, siano stati seminati con mais Ogm senza inviarne comunicazione alle autorità competenti. L'attività viene svolta sulla base di un accordo siglato con l'Ersa, l'agenzia regionale per lo sviluppo rurale, in esecuzione di un piano triennale di controlli per saggiare, da qui al 2016, circa il 10% dei campi coltivati con mais. Sono controlli amministrativi, che nulla hanno a che vedere con le indagini avviate dalla Procura di Udine sulla coltivazione di Mon810 da parte dell'imprenditore agricolo pordenonese Giorgio Fidenato. Gli accertamenti vengono eseguiti prelevando pochi campioni di foglie di mais. Lo stesso Fidenato ha spedito a vari enti e alle procure di Udine, Gorizia e Pordenone, una diffida a entrare nei campi suoi e degli associati senza autorizzazione.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 luglio 2014

 

 

Greenpeace, veleggiata contro le energie fossili
L’associazione ambientalista è tornata dieci mesi dopo il blitz messo in atto alla Barcolana
La Rainbow Warrior, la nave di Greenpeace impegnata nel tour “Non è un Paese per fossili”, è arrivata ieri mattina a Trieste, al Molo Pescheria, da dove è partita guidando una mini-flottiglia “Sì al vento, stop alle fossili!”, veleggiata contro le fonti energetiche definite «sporche e inquinanti». La Rainbow Warrior, nave simbolo di Greenpeace, varata nel 2011, è stata realizzata con tecnologia “verde”. Tutte le sue componenti sono state infatti studiate per facilitare l’opzione d’uso più sostenibile. Lunga oltre 50 metri, viaggia principalmente a vento grazie ai suoi oltre 1250 metri quadrati di vele. Greenpeace è tornata così a Trieste a distanza di dieci mesi dal blitz organizzato durante la Barcolana per protestare contro i piani di trivellazione nell’Artico del colosso russo dell’energia Gazprom, sponsor dell’imbarcazione Esimit 2. «Siamo qui a Trieste per ribadire il nostro no alle energie fossili e per sostenere le comunità locali che ogni giorno pagano le conseguenze dell’uso di queste fonti inquinanti e obsolete - ha affermato Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e clima di Greenpeace Italia. «Mentre Renzi dichiara con toni offensivi che ad opporsi all’uso di petrolio, carbone e gas sono solo tre, quattro comitatini - ha continuato Iacoboni - il suo governo sembra voler continuare con la propria miope strategia energetica, trivellando i nostri mari e ricorrendo massicciamente all’uso di fonti fossili. Una politica sbagliata, che contestualmente danneggia in maniera ingiustificata le fonti rinnovabili, addirittura con provvedimenti retroattivi, bloccandone qualsiasi possibilità di sviluppo. Noi - ha concluso il portavoce di Greenpeace - non smetteremo di opporci a questa visione che guarda al passato e scarica tutti i costi - economici, ambientali e sanitari - sui cittadini». Greenpeace ha anche lanciato una petizione online (http://www.greenpeace.org/italy/non-fossilizziamoci) per chiedere ai cittadini italiani di firmare una Dichiarazione di Indipendenza dalle fonti fossili.

 

 

PROTEGGERE IL MARE DAI MOZZICONI

Torna sulle spiagge italiane, per il sesto anno consecutivo, la campagna “Ma il mare non vale una cicca?”: il weekend del 2 e 3 agosto lungo gli 8mila km di coste italiane saranno in azione oltre mille volontari impegnati nella distribuzione di 120mila posacenere tascabili, lavabili e quindi riutilizzabili (20mila in più rispetto allo scorso anno). L’iniziativa permetterà di risparmiare al mare una fila di mozziconi lunga come un ponte tra Roma e Cagliari, che coprirebbe una distanza di circa 500 km. A Trieste e dintorni, sabato e domenica, le volontarie di Marevivo saranno presenti presso: Caravella della Baia di Sistiana (accanto a Portopiccolo), Dama Bianca di Duino (che si trova tra lo splendido Castello di Duino, la passeggiata Rilke e le Risorgive del Timavo) e stabilimenti balneari Riviera e Sirena di Grignano accanto al castello di Massimiliano e Carlotta di Miramare e la Riserva Naturale Marina del Wwf di Miramare nel Golfo di Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 luglio 2014

 

 

Greenpeace, la “Warrior” nel golfo
Per l’arrivo a Trieste della sua “Rainbow Warrior”, nell’ambito del tour “Non è un Paese per fossili”, Greenpeace organizza la flottiglia “Sì al vento, Stop alle fossili!”, veleggiata che si terrà stamattina di fronte al porto per dire «basta a fonti energetiche sporche e inquinanti». Greenpeace - si legge in una nota - vuole promuovere un futuro “pulito”, di energia rinnovabile ed efficienza energetica: presenta i risultati di questa campagna contro la ricerca di petrolio nei mari artici. Ieri erano circa 30 le barche già iscritte alla flottiglia. La “Rainbow Warrior”, nave simbolo di Greenpeace varata nel 2011, è stata realizzata con tecnologia “verde”. Lunga oltre 50 metri, viaggia specie a vento: ha oltre 1.250 metri quadri di vele. Greenpeace ha lanciato online una petizione (http://www.greenpeace.org/italy/non-fossilizziamoci) per chiedere ai cittadini di firmare una Dichiarazione d’indipendenza dalle fonti fossili.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 luglio 2014

 

 

L’umido e 150 emendamenti, il Consiglio fa notte sui rifiuti
Approvato con i voti della maggioranza il Pef sullo smaltimento per 31 milioni - Il centrosinistra si scaglia contro Rovis (Ncd): «Disinformato e arrogante»
Maratona con “rissa” in Consiglio comunale dove l’altra notte con 22 voti favorevoli da parte della maggioranza, l’astensione di Paolo Bassi del Gruppo misto e la contrarietà del centrodestra e dei Cinquestelle è stato approvato il Piano economico finanziario per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti che assegna a AcegasAps-Amga 28 milioni 977mila 699 euro che con il 10% di Iva fanno 31 milioni 875mila 469 euro. Quasi due milioni, a regime, dovrebbe costare annualmente la raccolta differenziata dell’umido, lanciata da alcuni mesi con una spesa, come aveva specificato Paolo Dal Maso responsabile Divisione ambiente di Acegas-Aps, di un milione 316mila euro. A scatenare la polemica soprattutto i 150 emendamenti presentati dal consigliere del Nuovo centrodestra Paolo Rovis e stigmatizzata da tutti i gruppi di centrosinistra: Pd, Sel, FdS, Idv, Libertà Civica e Trieste cambia oltre che dallo stesso Bassi, che hanno definito quanto avvenuto «lesivo della dignità del Comune, abuso di democrazia, dimostrazione di protervia e arroganza inaudita di un singolo consigliere. Gli emendamenti chiedevano - denuncia il centrosinistra - di introdurre lo spazzamento quindicinale di una serie di strade che secondo il consigliere non sarebbe stato previsto. Peccato che la delibera specifichi che in quelle strade è previsto lo spazzamento meccanico ogni quattro giorni e manuale ogni 14. Altri emendamenti chiedevano di esentare l’Acegas dal pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico per i bottini, ma la misura andrebbe introdotta nel regolamento suolo pubblico e non nel Pef rifiuti. Si trattava di emendamenti palesemente sbagliati, ma il diretto interessato ha insistito con protervia con tutto quel che ne deriva in termini di costi compresa la doppia erogazione di gettoni per i consiglieri». Il Pef però non aumenterà nel 2015 e di conseguenza non aumenterà per i triestini la tassa sui rifiuti. È passato infatti con 31 voti favorevoli e un solo astenuto (Franco Bandelli di Un’Altra Trieste) l’emendamento proposto con queste finalità da Everest Bertoli, capogruppo di Forza Italia. «Famiglie e imprese non verseranno un euro in più né nel 2014, né nel 2015 - ha commentato Bertoli - abbiamo preso questo impegno con i nostri elettori e tutta la città e siamo riusciti a convincere l’aula». Marco Toncelli, Igor Svab e Manuel Zerjul del Pd in una nota sottolineano che «differenziare è un obiettivo culturale e in questa linea si inseriscono i progetti previsti dal Pef» e ricordano come nel 1996 la città differenziava il 4,8% e gli obiettivi previsti sono ora del 32,2% nel 2014 e del 40,9% nel 2015 sottolineando che «l’aumento di differenziata avverrà con l’avio della raccolta dell’umido.» Secondo Michele Lobianco di Impegno civico la giunta Cosolini ha fato invece «una scelta sciagurata e fuori dal contesto temporale scegliendo di far partire male e a caro prezzo la raccolta dell’umido e facendola pagare due milioni di euro letteralmente gettati nelle “scovazze” proprio nel momento in cui cittadini e categorie professionali soffrono di più economicamente». A detta dei pentestellati Paolo Menis e Stefano Patuanelli «è corretto puntare sull’incremento della differenziata ma la modalità con cui il centrosinistra ha deciso di organizzare la raccolta dell’umido è sbagliata. Portare i rifiuti organici a Maniago rappresenta un costo non sopportabile dai triestini, è invece necessario puntare alla realizzazione di un centro di compostaggio locale».

Silvio Maranzana

 

 

Agricoltori e cittadini al prefetto: «Cinghiali problema da risolvere»
Associazione coltivatori: tanti danni, gli abbattimenti previsti non bastano più. A Barcola raccolta di firme tra residenti
LA RISPOSTA DI GARUFI Disponibile a impegnarmi per favorire tra gli enti la sinergia necessaria. Il viticoltore Bole: in una notte scomparsi quintali di uva
Cinghiali, riemerge l’allarme sul Carso e in tutta l’area collinare triestina. Tanto da indurre le associazioni che tutelano gli agricoltori e alcuni privati cittadini a chiedere un incontro con il prefetto Francesca Adelaide Garufi per informarlo su quella che considerano ormai un’emergenza. A muoversi per prima l’Associazione agricoltori/Kmecka zveza, che a Garufi ha palesato la situazione di forte disagio di un’intera categoria di produttori in battaglia quotidiana contro le incursioni di animali capaci di strategie ben determinate per procacciarsi il cibo. «Le segnalazioni di cinghiali che invadono colture, orti privati cortili di condomini e abitazioni sono all’ordine del giorno – spiega per l’associazione il segretario regionale Edi Bukavec. I cinghiali, talvolta alimentati da persone incaute, riescono a eludere protezioni e recinzioni e in breve danneggiano pesantemente colture e spazi verdi. Gli abbattimenti affidati ai cacciatori e predeterminati dalla Regione non bastano più a limitare la loro espansione. Da tempo cerchiamo appoggio e soluzioni con gli enti preposti, in particolare con la Provincia, ma i provvedimenti messi in atto (gli abbattimenti in deroga) risultano inefficaci. Mancano interlocutori sul territorio carsolino e triestino – rincara il segretario – non esiste più la Comunità montana, il Comitato provinciale della caccia, la sede dell’Ersa, e la Provincia non reagisce come dovrebbe. Qualcuno dice che dai contadini non giungono le richieste di indennizzo per i danni provocati dagli ungulati. Questo succede perché la Regione li rifonde con anni di ritardo e con importi minimi, per cui la maggior parte degli agricoltori rinuncia a sporgere denuncia nonostante i nostri inviti». «Abbiamo già ricevuto diverse segnalazioni da parte di privati cittadini sulla presenza invadente dei selvatici – afferma il prefetto - sono disponibile a impegnarmi per favorire tra gli enti territoriali la sinergia necessaria per tutelare gli agricoltori e per scongiurare eventi potenzialmente lesivi per la sicurezza della comunità». Accanto alle associazioni agricole, anche dei privati come si diceva hanno chiesto alla Prefettura un incontro per denunciare i disagi subiti. Dal quartiere di Barcola Andrej Gregori parla in rappresentanza dei residenti: «I cinghiali ci stanno assediando, e oltre ai danni ai cortili e gli orti, temiamo soprattutto le loro reazioni nei confronti di bambini e anziani. Ci sono intere famiglie – sostiene – tenute in scacco da bestie di dimensioni ragguardevoli che in alcuni casi hanno cercato di entrare nelle case. Presenteremo al prefetto tutte le firme raccolte non solo a Barcola ma anche in altre aree carsoline e cittadine». Dagli agricoltori tante le esternazioni di rabbia e preoccupazione. «Sono tanti e affamati – sostiene da Pis’cianzi il viticoltore Andrej Bole - e sono capaci di farti fuori in una notte quintali di uva. Sono anche minacciosi: dobbiamo aspettare proprio l’incidente per capire che bisogna fare qualcosa per contenerli?» «Nella vicina Slovenia vengono cacciati tutto l’anno, 24 ore su 24 – dice da Dolina Vojko Kocjancic – qui solo dalla metà di maggio al gennaio dell’anno successivo e solo di notte. Abbiamo recintato le proprietà con reti edilizie, ma trovano il modo di eluderle». Maurizio Lozei

 

 

Lunedì si presenta Trieste Next 2014

Lunedì alle 11, nella Sala matrimoni del Comune in piazza Unità, sarà presentata Trieste Next 2014 – EnergEthic, la terza edizione del Salone europeo della ricerca scientifica che si terrà a Trieste il 26, 27 e 28 settembre e che avrà come tema conduttore l’Energia.

 

 

TRAFFICO - Oggi e domani Vie Mazzini e Imbriani pedonalizzate

Anche in questo fine settimana tornano i "p days". Come negli scorsi fine settimana, oggi e domani saranno pedonalizzate le vie Mazzini e Imbriani, creando così nuove opportunità per vivere al meglio il centro cittadino, con spazio a iniziative commerciali, culturali e legate al tempo libero. Anticipando e sperimentando il nuovo Piano del Traffico - sottolinea il Comune - saranno così messi a disposizione più di 5.800 metri quadri di spazi a favore di pedoni e ciclisti, con più accessibilità e sicurezza per tutti.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 luglio 2014

 

 

Via ai cantieri nelle scuole spesa globale di 12 milioni
Piano comunale di interventi. Dante, lavori in autunno ma gli alunni resteranno nell’edificio. Per le piccole manutenzioni 750mila euro a disposizione dei presidi
Un intervento sul patrimonio di edilizia scolastica che sfiora complessivamente i 12 milioni di euro, cui se ne aggiungono altri due per la manutenzione ordinaria. Gli istituti scolastici di competenza comunale, dai nidi alle secondarie di primo grado, sono pronti a rifarsi il look: al via infatti una serie di cantieri che vanno dalla ristrutturazione degli edifici più obsoleti fino alle opere di sicurezza e decoro. Il piano di intervento è stato illustrato nel dettaglio dal sindaco Cosolini, insieme agli assessori ai lavori pubblici Andrea Dapretto e all'educazione Antonella Grim. Si parte dalla ristrutturazione globale della De Marchi Grbec, situata nel cuore di Servola e che vede la compresenza di scuole dell'infanzia e primaria con lingue di insegnamento italiana e slovena: un anno la durata prevista dei lavori che partiranno in autunno per un importo complessivo di 1 milione e 800 mila euro, individuati grazie all'apertura di uno spazio finanziario da parte del Governo che ha permesso di dribblare i paletti del Patto di Stabilità. A questo si aggiungono i finanziamenti governativi per le cosiddette scuole sicure: 1 milione e 400 mila euro complessivi per il prossimo biennio che riguarderanno una serie di interventi finalizzati alla messa in sicurezza degli istituti scolastici, cui si somma il milione di euro concesso dal Fondo Trieste per interventi di bonifica delle pavimentazioni con presenza di vinilamianto. Una dozzina le scuole interessate: le secondarie De Tommasini e Kosovel, le primarie Morpurgo e Tarabocchia, le scuole dell'infanzia Azzurra, La Capriola, Delfino Blu, Pertini e le statali Altura e Vallicula, oltre al nido Tuttibimbi. Con procedura analoga, nel 2013, il Comune di Trieste aveva già ricevuto 500 mila euro dal Decreto del Fare per medesimi interventi nell'istituto comprensorio Roli e nella scuola dell'infanzia L'Isola dei Tesori. In autunno scatteranno inoltre, cofinanziati dalla Provincia, i lavori già previsti alla scuola Dante Alighieri, per un importo complessivo di 3 milioni di euro: nello specifico si interverrà sul restauro delle facciate, sulla sostituzione dei serramenti, sul superamento delle barriere architettoniche e sul rifacimento dei servizi igienici e delle coperture. Per tutta la durata dei lavori la scuola rimarrà agibile, senza dover ricorrere allo spostamento temporaneo degli studenti in altri siti. Prevista invece in più lotti la costruzione della nuova sede della scuola dell'infanzia Nuvola Olga e Oblak Niko in via delle Cave nel rione di San Giovanni. All'intervento già in corso d'opera per 1 milione e 200 mila euro si aggiungeranno in seconda battuta ulteriori 2 milioni di euro: un anno e mezzo la durata dei lavori con conclusione prevista a inizio 2016. Si attendono ancora comunicazioni invece sui finanziamenti governativi per i lavori alla scuola Fonda Savio Manzoni. Infine saranno direttamente a disposizione dei dirigenti scolastici 750 mila euro per il prossimo biennio (252 mila e 504 mila) per interventi di decoro e piccola manutenzione. «Si tratta di un intervento significativo frutto di un lavoro di squadra che va a sbloccare alcune situazioni particolarmente critiche» - ha sottolineato Cosolini -. «Abbiamo voluto dare una grande attenzione al patrimonio scolastico, che è la priorità numero uno dell'edilizia pubblica della città».

Pierpaolo Pitich

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 luglio 2014

 

 

Task force sulle caserme dismesse
Intesa sottoscritta tra la Regione e i vertici delle Forze armate
TRIESTE Regione e Stato Maggiore dell’Esercito attiveranno presto un un tavolo tecnico in Friuli Venezia Giulia sul tema dell’utilizzo delle caserme dismesse e di quelle in fase di dismissione. L’impegno è emerso nel corso dell’incontro a Udine tra la governatrice Debora Serracchiani e il generale Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Nel corso del confronto si è anche parlato del mantenimento della presenza militare e di altre iniziative per le celebrazioni legate al centenario della Grande Guerra. Esaminando con il generale Graziano l'opportunità di attivare un tavolo di carattere tecnico, che prenda spunto dal Protocollo sulle servitù militari firmato di recente dalla Regione, per individuare soluzioni comuni rispetto alla fruizione degli spazi e delle strutture non più utilizzate dall'esercito, Serracchiani ha auspicato che non venga meno l'attenzione delle Forze Armate nell'ambito del piano di riallocazione nel Fvg, sottolineando in particolare le situazioni di Tolmezzo e Gorizia. Serracchiani ha accolto con soddisfazione le rassicurazioni espresse dal generale Graziano in merito al mantenimento della presenza del personale militare nell'ambito della Regione. La presidente e il Capo di Stato maggiore hanno poi espresso comune compiacimento per la cerimonia di presentazione del «Calendesercito 2015» che si terrà a ottobre in regione. Infine, hanno convenuto di approfondire la collaborazione tra Regione e Forze Armate, con l'obiettivo di definire nuove iniziative nell'ambito delle manifestazioni legate al centenario della Grande Guerra.

 

 

Spingere la differenziata per pagare meno tasse
Questo l’obbiettivo della maggioranza che amministra Duino Aurisina. Tasi ai minimi
DUINO AURISINA La Iuc è servita: approvate ieri coi soli voti, 11, della maggioranza le aliquote e detrazioni di Tari, Tasi e Imu, la tripletta di tasse di cui si compone l'Imposta unica comunale per il 2014. Istituita dalla Finanziaria votata dal Parlamento a dicembre, si fonda su due presupposti: uno collegato al possesso di immobili e alla loro natura e valore (Imu), che non colpisce le abitazioni principali; l'altro ai servizi comunali ricevuti, e con la Tari, chiamata a coprire integralmente i costi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, e con la nuova Tasi, relativa ai cosiddetti servizi indivisibili (illuminazione e verde pubblico). Dunque ieri mattina, in via propedeutica alla votazione del Bilancio previsionale da circa 18,8 milioni di euro, il Consiglio di Duino Aurisina ha approvato il Regolamento che disciplina l'applicazione della Iuc, nonché le aliquote delle imposte relative. Il Pdl (Romita e Iurman) ha votato contro a tutte queste delibere, mentre solo su Tari e Tasi la Lista Ret (Svara e Ret) si è astenuta. Relatore, l'assessore Corigliano, che nel corso dei suoi interventi ha auspicato, da parte del governo Renzi, una “sburocratizzazione delle imposte per il 2015, perché i nostri cittadini si lambiccano il cervello per versare tutti i pagamenti correttamente”. Per il centrosinistra l'operazione compiuta sulle tariffe è positiva, poiché già “l'accatastamento degli immobili determina un democratico trattamento dei cittadini sotto il profilo tributario”, nel senso che “i titolari di case di lusso versano di più”. «Sfido – ha sottolineato Corigliano – a trovare in zona un Comune che applichi un'aliquota della Tasi più bassa.E ringrazio l'ufficio Tributi per il grande lavoro svolto: alla messa a punto della nuova banca dati comunale i residenti riceveranno direttamente a casa gli F24 dei versamenti e ciò eviterà alle famiglie pagamenti suppletivi». Le aliquote, dunque. Imu Per l'Imu, che è dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali, c'è l'aliquota del 3,9 per mille sulle prime case di categoria catastale A1, A8 e A9, e relative pertinenze nella misura massima di un'unità pertinenziale, nonché per gli alloggi concessi in uso gratuito a parenti di primo grado. Si applica invece il 9,6 per mille a negozi, laboratori, immobili a uso produttivo e quelli a uso abitativo locati con contratti previsti dalla legge 431/98. Infine l'aliquota del 10,6 per mille per seconde case, aree edificabili ed eventuali e ulteriori unità pertinenziali, esclusa la prima. Confermate le detrazioni di base previste per l'abitazione principale. Tasi L'aliquota per il tributo sui servizi indivisibili è pari all'1,60 per mille. Uno per mille, invece, per i fabbricati rurali a uno strumentale. Come ribadito in aula dall'assessore, per immobili con rendita catastale fino a 430 euro non si pagherà quasi nulla. Si tratta di un'imposta per la quale il cittadino, nel 2013, ha già versato la maggiorazione di 0,30 euro a mq: se prima però i soldi finivano allo Stato adesso l'entrata si riverserà nelle casse municipali. Si tratta di un gruzzolo di 381.464 euro che coprirà le spese per l'illuminazione pubblica (301.464) e la manutenzione del verde (80mila euro). Tari A parte qualche livellamento dovuto a compensazioni con le modifiche delle aliquote per osmize (aumentate a 5,01 a mq) e parcheggi (calati a 1,17 euro a mq), i coefficienti per le categorie “non sono cambiati molto rispetto all'altr'anno, si tratta di variazioni dell'ordine di un centesimo, in più o in meno”. Fatto però contestato dal capogruppo Pdl, Massimo Romita: «Moltiplicate quel centesimo per mille e vedrete un po' quanto salta fuori». In effetti, come sottolineato sia da Corigliano sia da Lorenzo Gotter (Pd), i cittadini pagano parecchio per il servizio dei rifiuti a causa dei dati drammatici relativi alla differenziata. Di qui il sollecito: spingere col porta a porta.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 luglio 2014

 

 

La guerra energetica rilancia il rigassificatore di Veglia
Europa e Usa “sposano” il progetto ritenuto strategico per bypassare la Russia - Costerà 680 milioni e assicurerà forniture di metano fino alla Polonia dal 2019
TRIESTE La nuova Cortina di ferro, quella che si è andata pian piano a rimaterializzare con l’aggravarsi della crisi in Ucraina, corre lungo la dorsale adriatica croata. Qui si giocherà in futuro la più grande partita energetica del Vecchio continente. Europa da una parte, affiancata dagli Usa, e la Russia dall’altra. La prima senza risorse energetiche, l’altra “gonfia” di gas e di petrolio. Mosca potrebbe “spegnere” la luce dell’Europa, ma senza l’Europa e i soldi che le arrivano per il consumo di quella “luce” le lampadine rischierebbero di rimanere senza energia proprio in terra russa. Insomma un complicato e machiavellico intrigo sociale, economico e geostrategico che incomincia a dipanarsi dopo la grande “rivoluzione” del 1989 con la caduta del Muro di Berlino. E l’”ombelico” energetico di questo nuovo mondo potrebbe diventare l’isola croata di Veglia. Da qualche anno si parla della costruzione di un rigassificatore. C’è stato un interesse degli sceicchi a investire nel progetto. Ora, invece, leggi crisi ucraina, si sono improvvisamente svegliati l’Unione europea e gli Stati Uniti. Il rigassificatore a Veglia, infatti, diventerebbe strategico per la diversificazione degli approvvigionamenti di gas per il Vecchio continente liberandolo così dalla “schiavitù” russa. Da Veglia poi il gas verrebbe convogliato tramite gasdotti a Nord fino in Polonia. Il costo complessivo dell’opera è di 680 milioni di euro. I tempi di costruzione sono stimati tra i due e i quattro anni. L’entrata in funzione è prevista per il 2019. L’impianto movimenterebbe all’anno fino a 6 miliardi di metri cubi di gas (capacità che, domanda permettendo, potrebbe arrivare, con gli opportuni ritocchi, fino a 15 miliardi metri cubi l’anno) e si svilupperebbe su un’area di 333mila metri quadrati. Il problema chiave resta il reperimento delle risorse finanziarie per avviare la costruzione del mega impianto. A questo proposito fonti diplomatiche segnalano che ci sono grandi pressioni di Washington su Bruxelles affinché ci sia un impegno europeo in tal senso. Recentemente durate una sua visita a Dubrovnik la cancelliera tedesca Angela Merkel avrebbe rassicurato il presidente croato Ivo Josipovi„, da tempo impegnato nello sviluppo energetico della Croazia sul fronte internazionale, che la Commissione Ue si sarebbe impegnata in questa direzione. Il progetto sarà qualificato dal governo croato come “strategico” per cui non ci sarà bisogno di un nuovo piano urbanistico e di un piano di sviluppo. Per quanto riguarda la proprietà dei terreni interessati, attualmente in mano al gruppo Dioki, si procederà a uno scambio di area concedendo agli attuali proprietari terreni dello stesso valore di quelli che saranno acquisiti. Insomma una sorta di esproprio morbido. E il Cremlino sta a guardare? Niente affatto. Lo zar Vladimir Putin ha già fatto la sua mossa colpendo il lato debole del sistema energetico croato: l’Ina. Da tempo si sa che Rosnjeft e Gazprom stanno cercando di fare il colpo grosso acquistando dall’ungherese Mol il pacchetto di maggioranza della società petrolifera croata Ina. Il che porterebbe sotto il controllo di Putin la raffineria di Fiume e quella di Sisak. Zagabria non ha i soldi per ricomperarsi le quote. E c’è poi il progetto South Stream che proprio Bruxelles sta cercando di “arginare” quanto più possibile sfoderando i propri regolamenti energetici che, di fatto, allo stato attuale delle cose ostacolano e non poco lo sviluppo del gasdotto attraverso Paesi comunitari. Non tutti ligi ai regolamenti comunitari peraltro, con Vienna che flirta con Mosca e con la Slovenia con le bave alla bocca nel tentativo di salvare il progetto. Intanto la Croazia se la ride e pensa a quei tre miliardi di barili di petrolio all’anno che potrebbero essere estratti dal sottosuolo marino adriatico. Il Montenegro ha già sciolto la moratoria per quanto riguarda i confini con le sue acque territoriali. E l’Italia? Al solito, una Bella addormentata.

Mauro Manzin

 

 

A Cherso riapre la casa dei grifoni
L’ex scuola elementare di Caisole ospiterà il centro visite che conterrà un “ospedale” per i rapaci feriti
CHERSO La struttura, denominata Caput Insulae, era stata chiusa circa un anno e mezzo fa per problemi di varia natura, lasciando i grifoni, o avvoltoi dalla testa bianca, senza l’alto grado di tutela di cui avevano goduto per decenni. Quello che è il simbolo, il brand dell’isola di Cherso, volatile importantissimo per l’equilibrio naturale nell’arcipelago quarnerino, potrà però nuovamente contare sulla protezione dell’uomo. A Fiume è stata concordata la nascita del Centro per i visitatori di Caisole (Beli), a Cherso, che sarà sistemato nel vecchio edificio dell’ex scuola elementare, uno spazio di circa 1600 metri quadrati dove ci si occuperà non solo della protezione del maestoso uccello, ma anche di attività tese a promuovere e tutelare le risorse naturali e culturali dell’isola nord adriatica, preziosa anche e soprattutto per la sua biodiversità. L’iniziativa di far rinascere un centro per la tutela dei grifoni chersini è stata firmata dall’istituto pubblico Priroda (Natura), che può e potrà contare sul supporto della Città di Cherso, della Regione quarnerino–montana, dell’associazione Tramontana (è chiamata così l’area settentrionale di Cherso) e su altre istituzioni. Se non vi saranno difficoltà insormontabili, il centro aprirà i battenti nella primavera dell’anno prossimo. Nel suo ambito avrà un’ampia voliera, dove poter curare gli avvoltoi rimasti feriti o colpiti da malattie, come pure mangiatoie che saranno disseminate in diversi punti dell’isola. La direttrice di Priroda, Sonja Šiši„, si è detta convinta che queste mangiatoie costituiranno per i turisti degli ottimi appostamenti per il bird–watching e per fotosafari, cosicchè l’istituto ha avviato la procedura per ottenere i relativi permessi. Presente alla riunione a Fiume, il sindaco di Cherso, Kristijan Jurjako, ha voluto ringraziare pubblicamente l’associazione Tramontana, mossasi in tempo a favore degli avvoltoi e quando sembrava che il pluriennale lavoro di tutela sarebbe andato irrimediabilmente a carte quarantotto. «Per la nostra comunità chersina i grifoni rappresentano una ricchezza. Abbiamo il compito di proteggerli, curarli e di aumentarne la popolazione – parole del primo cittadino – siamo convinti che il centro di Caisole saprà centrare questi obiettivi». La struttura avrà, tra l’altro, vani per il soggiorno di studenti e volontari, un ambiente educativo e una rivendita di prodotti autoctoni regionali e nazionali.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 luglio 2014

 

 

«Greensisam, è l’Autorità portuale che ora deve darci il via libera»

L’amministratore delegato Albamonte: «Bene l’annuncio del sindaco, ma il nostro referente resta la Torre del Lloyd».

Maneschi: via ai lavori appena possibile su due dei cinque magazzini

«Abbiamo appreso quanto detto dal sindaco, ma ora restiamo in attesa di comunicazioni da parte dell’Autorità portuale che non può non essere il nostro unico referente». La dichiarazione è di Gennaro Albamonte, amministratore delegato di Greensisam. È dal 2001 che la società che fa capo a Pierluigi Maneschi attende di partire con i lavori sui primi cinque Magazzini del Porto Vecchio ottenuti quell’anno in concessione. Venerdì scorso, relazionando nel suo report di mandato, il sindaco Roberto Cosolini ha annunciato: «A giorni daremo la licenza a costruire perché la Regione ha archiviato la procedura di conformazione urbanistica dell’area». La procedura era stata chiesta dall’Autorità portuale che ha sempre insistito sulla natura demaniale dell’area. La Regione però ha dato ragione al Comune facendo implicitamente un primo passo verso una teorica “sdemanializzazione” del Porto Vecchio. Un concetto che all’Authority, soprattutto ma non esclusivamente in era-Monassi, non è mai andato giù. Ora, “beffa” finale, dovrà essere proprio l’Autorità portuale a consegnare a Greensisam il “biglietto” che sancisce assieme al via libera a costruire anche la propria sconfitta. E visto che tra le due amministrazioni i rapporti sono pessimi, non potrebbe all’improvviso ergersi qualche nuovo ostacolo? È il motivo per cui Greensisam va con i piedi di piombo e Albamonte sottolinea che «oltre a queste tre parole non diciamo assolutamente nulla: è l’Autorità portuale che ci ha dato la concessione ed è l’Autorità portuale che deve dirci cosa possiamo o non possiamo fare». È il concetto che sottolinea dalla Cina dove si trova per affari anche lo stesso Pierluigi Maneschi: «I tecnici sono meglio aggiornati e possono parlare, comunque è chiaro che andiamo a intervenire su aree dell’Autorità portuale per cui a occhio e croce ci manca ancora qualche documento. Poi secondo me i Piani regolatori del Comune e del Porto in quell’area non sono per nulla integrati: ad esempio, c’è da mettere qualche semaforo per regolare la nuova viabilita? Dove e da chi?» Maneschi conferma che appena sarà possibile si partirà con i lavori sui primi due dei cinque magazzini in concessione: nel primo un grande garage, nel secondo uffici e negozi. Quanto al Parco del Mare - continua Maneschi - «il discorso con la Camera di commercio è tuttora in piedi. Loro a quanto ne so stanno valutando tre strade: utilizzare un nostro Magazzino, utilizzarne due, oppure intervenire in un altro sito». Secondo Fabio Assanti, che ha agito da consulente esterno di Greensisam «non vi è assolutamente bisogno di alcun altro documento. L’Autorità portuale ha assicurato che provvederà direttamente all’infrastrutturazione di Porto Vecchio e che incomincerà proprio dall’area Greensisam». É proprio per questo motivo che il Comune rinuncerà a esigere gli oneri di urbanizzazione e per fare l’infrastrutturazione l’Autorità portuale utilizzerà anche i progetti “patteggiati” con Portocittà dopo la causa al Tar che ha dato la maggior parte di torto all’ex concessionario. «C’è soltanto da mettersi attorno a un tavolo con l’Authority - continua Assanti - e stilare un cronoprogramma affinché i lavori sui Magazzini e sulle infrastrutture possano procedere parallelamente. I progetti esecutivi di Greensisam sono ben che pronti, non c’è intervento pubblico per cui non c’è da fare la gara d’appalto, l’affidamento dei lavori può avvenire per via diretta e se non ci fosse agosto di mezzo si potrebbe partire nel giro di qualche settimana. Comunque certamente in autunno i cantieri potranno essere aperti».

Silvio Maranzana

 

 

L'ammiraglia di Greenpeace arriva a Fiume e bacchetta la Croazia sulle rinnovabili.

L’accusa arriva via mare, dalla colorata ammiraglia di Greenpeace, Rainbow Warrior III che oggi dovrebbe salpare da Fiume dopo una tappa di tre giorni in riva al Quarnero. «La Croazia sfrutta pochissimo le sue fonti di energia rinnovabile – afferma uno degli attivisti croati, Marko Gregovic – eppure è un Paese che ha sole e vento a volontà. La Slovenia, ben più piccola e molto meno soleggiata, utilizza l’energia fotovoltaica in maniera dieci volte superiore. Chiediamo a Zagabria di far cadere le barriere amministrative per arrivare a utilizzare di più e meglio l’energia rinnovabile, usando meno carbone e petrolio». Barriere amministrative, è proprio vero: «Chi vuole installare pannelli solari a casa, deve pagare all’Azienda elettrica croata dal 30 al 50% dell’investimento». La Rainbow Warrior è presente per la prima volta in Adriatico. Successivamente calerà l’ancora in alcuni porti sloveni e italiani nell’ambito della campagna “Non e’ un paese per fossili”. (a.m.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 luglio 2014

 

 

 Raccolta dell’umido - Assemblea pubblica al MIB

Oggi alle 18 nella sala congressi del Mib (largo Caduti di Nassiriya 1) si terrà un’assemblea pubblica sulla raccolta differenziata dell’umido. Interverranno l’assessore comunale Umberto Laureni e responsabili e tecnici di Acegasaps.

 

 

CAPITANERIA - Allarme benzina in mare Le verifiche: tutto ok

Intervento del personale della Capitaneria di porto ieri pomeriggio nello spazio acqueo antistante Muggia dopo la segnalazione di una macchia di carburante avvistata in mare. Dagli accertamenti effettuati dalla Capitaneria nell’intera area, non sono stati rilevati segni o tracce di inquinamento nella zona. Allarme, dunque, rientrato.

 

 

Osservazioni al Piano regolatore - ENTRO DOMANI

Scade domani alle 12 la possibilità di presentare osservazioni e opposizioni al nuovo Piano regolatore del Comune. Il Coordinamento Più verde meno cemento e Legambiente si mettono a disposizione degli interessati oggi dalle 16.30 alle 18.30 allo sportello provvisorio della Pro Loco San Giovanni Cologna di via Giulia 39 b, «appositamente aperto per il disbrigo delle formalità richieste e previste dal regolamento in atto». Coordinamento e Legambiente raccomandano di portare con sé la documentazione.

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 luglio 2014

 

 

CAMPO DI MAIS OGM DISTRUTTO DAI FORESTALI
PORDENONE Il Corpo forestale dello Stato, in collaborazione con la Forestale friulana, su delega della Procura della Repubblica di Udine, ha posto ieri sotto sequestro i terreni del comune di Colloredo di Monte Albano (Udine) dove sono state piantumate coltivazioni di mais transgenico MON 810 transgenico su una superficie di 6.500 metri quadrati. Contestualmente è partita l’opera di distruzione con mezzi meccanici di tutte le piante ogm seminate resa complicato dal fatto che i forestali hanno rinvenuto numerosi chiodi metallici infissi all’interno delle piante in grado di danneggiare i mezzi stessi. Sono stati indagati il coltivatore e i proprietari dei campi. A riferirlo una nota del comando nazionale del Corpo forestale dello Stato che ha ricordato «le importanti attività operative avviate già dal 2013 e mirate a monitorare i campi seminati in Friuli Venezia Giulia, ad accertare le contaminazioni di polline ogm sulle colture convenzionali e ad applicare la normativa nazionale relativa al divieto di coltivazione, attraverso attività di iniziativa e su delega della Procura di Udine». Proprio la Procura, con lo stesso Corpo forestale, ha applicato la specifica norma sanzionatoria di tipo penale stabilita dal decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014 che prevede che chiunque violi i divieti di coltivazione di ogm rischi la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa da 10mila a 30mila euro. È stato accertato nei precedenti interventi di analisi che, a causa dell’inquinamento irreversibile prodotti in tutte le aree agricole, chi ha introdotto sul proprio territorio la coltivazione degli ogm non riesce poi in modo efficace a produrre vegetali che ne siano privi. Di recente il Consiglio europeo dei ministri ha deliberato circa la possibilità per ogni Paese dell’Unione europea di potere scegliere la coltivazione o meno sul proprio territorio della coltura di organismi ogm. Soddisfazione per la distruzione del campo di Colloredo di Monte Albano è stata espressa dalle tante voci che in questi mesi si sono levate contro gli ogm, da Legambiente a Coldiretti, passando per Sel.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 luglio 2014

 

 

FIERA, TUTTO DA RIFARE: SERVE UN ACCORDO DI PROGRAMMA

Il nuovo Prg cambierà destinazione d’uso all’area, impossibile emettere adesso un bando per la vendita.

Nel 2013 un’unica offerta di 7 milioni, ma il prezzo salirà
Il comprensorio della Fiera di Trieste, 22 mila metri quadrati in abbandono dopo il fallimento decretato nel 2010, entra in una nuova e chissà quanto lunga fase. Il suo titolo è più o meno questo: “Tutto da rifare”. Il Piano regolatore da poco adottato (ma che sarà approvato il prossimo anno) ha cambiato destinazione d’uso all’area. Prima “per servizi”, oggi “di trasformazione”. Con possibilità residenziali, commerciali e varie “a uso collettivo”. Conseguenza implicita: il valore sale. Una stima sembra sia stata fatta. Ma non è nota. Nel frattempo però dopo lunghe pene e mille rinvii lo scorso anno un gruppo d’imprese aveva “manifestato interesse”, rispondendo al bando del liquidatore della Fiera spa, il commercialista Gianfranco Nobile, con una offerta di 7 milioni di euro, secondo stima di allora. Ma non si può mettere a bando la vendita, a questi o altri concorrenti. Proprio perché non c’è corrispondenza tra la classe urbanistica vecchia e la previsione futura. Insomma è come dire che non si può vendere oggi per 5 quel che già domani varrà 10. In più l’enorme complesso è di proprietà pro quota di Comune, Provincia, Camera di commercio, e Regione in piccola parte, ma circa il 30% appartiene esclusivamente al Comune. In quale cornice giuridica vendere, assieme, proprietà di natura diversa? E le domande non finiscono qui. La Regione assentirà a quanto la Giunta comunale ha appena deciso? Le imprese “interessate” saranno ancora interessate se il prezzo sale? E in tempi di tasche vuote, ci sarà ancora qualcuno disposto a comprarsi l’impegnativo complesso da trasformare, o “il mercato” detterà discese di prezzo a limiti inaccettabili per il liquidatore (che deve saldare al meglio i creditori)? Questo lo sfondo. I fatti dicono che proprio su sollecitazione del liquidatore il Comune si è messo in moto. «La difformità urbanistica - afferma la delibera di Giunta - si riverbera, condizionandola negativamente, sull’attività di vendita che doverosamente il liquidatore della Fiera di Trieste spa in liquidazione deve porre in essere quanto prima, in quanto non consente di attribuire in sede di stima un valore economico certo al comprensorio». E l’unica strada per cambiare una destinazione urbanistica, in anticipo sul Prg, è l’accordo fra enti per una variante ad hoc, previa autorizzazione regionale. Di cui si è in attesa. «Vogliamo fare una deroga - dice l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani - per la parte urbanistica e per quella procedurale visto che le proprietà sono diverse. Le destinazioni d’uso previste dal nuovo Prg non sono molto difformi, quello che cambia è il prezzo. Che comunque si sarebbe dovuto aumentare. I proponenti hanno risposto sulla base di una zona di servizi, ma poi volevano fare tutt’altro, più remunerativo...». A dirla in termini rudi, non va bene comprar patate e poi rivendere melograni (dove vanno l’interesse pubblico e il risarcimento corretto dei creditori?, ci si chiede). Marchigiani spera che, pur non avendo diritto di prelazione, gli “interessati” attuali non scappino. Ma si sa (vedi Porto vecchio) che queste procedure di “manifestare interesse” senza guadagnarci né certezze, né accesso ai beni, sono sondaggi che si risolvono in una grande perdita di tempo. Il bando di vendita va fatto sempre e comunque, e si torna alla casella di partenza. «Ho fatto io, lo scorso maggio, la richiesta di accordo di programma - afferma Nobile - e per tre motivi: l’area va completamente rifunzionalizzata e riqualificata, come “zona servizi” non è più cedibile, e infine va trovata la procedura che assimili la vendita di un bene di proprietà pubblica (la parte del Comune) con quello di proprietà di Fiera spa (in parte, ancora, del Comune): la cessione dev’essere però integrale, e per far questo dovremo adeguarci noi alla procedura dell’ente pubblico». E le imprese “interessate”? «Ora aspettano». E se il prezzo cambia? «Non potrà mai essere inferiore a quello definito dall’Agenzia del territorio». E se salirà, come pare? «Bisogna contemperare con sapienza l’ovvia rivalutazione con l’altrettanto ovvia crisi del mercato». E se “il mercato” offrirà troppo poco? «Sotto certi valori non potrò vendere - conclude Nobile -, salvo nuova stima dell’Agenzia del territorio».

Gabriella Ziani

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 luglio 2014

 

 

PICCHIONE, L’ISPETTORE CONFERMA LE ACCUSE

La relazione evidenzia carenze negli iter dei lavori affidati senza gara - La Direzione regionale: va aperto un procedimento disciplinare
Verbali «privi di protocollo». Perizie redatte «oltre il termine» di legge. Lavori urgenti non ben enucleati da quelli eventualmente rinviabili. Interventi affidati senza gara perché valutati urgentissimi, eppure «sempre programmati ex ante», cioè previsti da tempo. Sono questi alcuni dei punti evidenziati nella relazione dell’ispettore ministeriale Antonio Tarasco, che dopo la visita in regione a giugno ha depositato le proprie conclusioni sul caso esploso attorno alla soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Maria Giulia Picchione. Per quattro volte fra il 2012 e il 2014 Picchione ha affidato con la procedura di “somma urgenza” - e dunque svincolati da obblighi propri di gare d’appalto a evidenza pubblica - dei lavori alla stessa impresa, la Lepsa srl di Roma. Fatto che ha indotto l’Ance, l’Associazione costruttori regionale, ad aprire un altro fronte con Palazzo Economo, chiedendo gli atti relativi ai cantieri contestati. Roma si è mossa a sua volta, inviando l’ispettore. Le pagine di Tarasco, con una nota del segretario generale del ministero, sono state inviate a vari uffici ministeriali. «Il Ministero - aveva detto il 9 luglio nell’aula della Camera il ministro Dario Franceschini - ha protocollato stamattina gli esiti della relazione». Relazione che «evidenzia alcune criticità su cui il Ministero ha attirato la nostra attenzione chiedendo di procedere sotto il profilo disciplinare interno. E la Direzione regionale ha trasmesso gli atti all’autorità disciplinare suggerendo l’avvio di un procedimento», è tutto quanto si limita ora a dire il direttore regionale reggente Pierpaolo Dorsi. Le «criticità» contenute nella relazione di Tarasco sorgono dall’esame dei lavori contestati: i due interventi sulla cinta muraria di Palmanova, un cantiere a Casa Bertoli ad Aquileia e uno a Palazzo Clabassi, a Udine. Innanzitutto, l’ispettore traccia una precisa cornice legislativa: quelle di “somma urgenza” sono le circostanze «che non consentono alcun indugio»: si può derogare dal principio di «concorsualità» nella scelta dell’impresa se vi siano pericoli per l’incolumità pubblica - e in questo caso vanno affidati senza gara solo i lavori necessari a eliminarli - o se si siano verificati eventi eccezionali o imprevedibili. Le circostanze devono essere adeguatamente motivate, così come motivato in relazione all’emergenza della pubblica incolumità deve essere anche il superamento della soglia dei 200mila euro di lavori direttamente affidati. Lavori il cui affidamento va poi giustificato con una perizia entro dieci giorni. In questa cornice dunque, ed esaminati nel dettaglio i documenti relativi ai cantieri contestati, Tarasco conclude che nelle quattro opere - affidate alla Lepsa per un importo globale di poco meno di un milione di euro più Iva - emergono alcuni profili comuni. Si va dai verbali di somma urgenza «privi» appunto «di protocollo e dunque di data certa», alle perizie «in alcuni casi» redatte oltre i termini di legge. Nelle carte poi «non sono evidenziati e distinti i lavori urgenti» rispetto agli altri, quelli che in ipotesi si sarebbero potuti realizzare in un secondo momento. Quanto al fatto che i lavori affidati in via diretta siano in realtà «sempre» stati programmati in precedenza, Tarasco osserva che infatti nelle carte sono individuati anche i nomi dei responsabili delle varie fasi, sebbene non risultino redatti i progetti degli interventi da eseguire: «E ciò induce notevoli perplessità» su «fatti imprevedibili che giustificano» la procedura di somma urgenza: «È irragionevole ipotizzare che, al pur commendevole scopo di eseguire tali opportunissimi lavori, ma in assenza di fatti imprevisti o imprevedibili, al fine di accelerare le procedure si sia fatto ricorso allo speciale istituto» dell’affidamento diretto. Tarasco rileva come in molti casi Picchione abbia concentrato su di sé più ruoli, da quello di responsabile del procedimento a quello di direttore dei lavori e del progetto, «anche a causa dell’incapacità dei funzionari scelti di procedere nelle diverse fasi necessarie per l’affidamento dei lavori di manutenzione», scrive l’ispettore riportando quanto dichiarato dalla soprintendente. Soprintendente le cui ragioni peraltro - precisa Tarasco - sono chiarite in un verbale allegato alla relazione.

Paola Bolis

 

QUELLA «ECCEZIONE» SU UN SINGOLO INTERVENTO

Tarasco segnala la procedura dettagliata seguita per un restauro minore a Palmanova

Lo stesso Antonio Tarasco la definisce nella sua relazione «una interessante eccezione ad alcune prassi invalse». Tanto da dedicarvi un capitolo a parte. Si tratta dei lavori relativi all’edicola scultorea dell’Acquedotto Veneto in prossimità di Porta Udine, nell’ambito della cinta muraria di Palmanova oggetto di due degli interventi di “somma urgenza” attuati. Quelli sull’edicola scultorea, annota l’ispettore, appaiono «gli unici, tra quelli eseguiti» con la procedura di legge prevista per la somma urgenza, «affidati non alla società Lepsa ma ad altra società», la Ermete Cargnelutti&co.; Snc di Gemona del Friuli. È stata la stessa soprintendente Picchione, scrive Tarasco, a fornirgli la documentazione relativa a quest’intervento di cui la relazione segnala «alcune peculiarità». Solo in questo caso infatti, e non negli altri esaminati, si registra un “verbale di constatazione” redatto in base all’articolo 175 del DpR di riferimento, il 207 del 2010: è «di data certa perché protocollato, così come di data certa è anche il verbale di somma urgenza pronto intervento e consegna dei lavori». In quel documento, aggiunge Tarasco, «non si fa cenno generico allo stato di degrado o alle infiltrazioni», come negli altri casi esaminati, «ma si evidenziano specificamente le singole parti degli immobili messe in pericolo e si dettagliano gli interventi strettamente necessari a neutralizzare lo stato di pericolo». «Nettamente inferiori», aggiunge ancora l’ispettore, gli importi dei lavori, che ammontano a 21mila 747 euro più iva. Procedura diversa dunque, come sottolinea l’ispettore, quella seguita in questo caso a differenza che negli altri procedimenti varati con “somma urgenza”, ai quali Tarasco dedica puntuali analisi. Per quanto riguarda i due interventi alla cinta muraria di Palmanova, la relazione osserva che due verbali non evidenziano «alcuno specifico fatto straordinario, imprevisto o imprevedibile», ma lasciano pensare «unicamente a un aggravarsi progressivo dello stato di abbandono dell’area per cui già erano stati programmati lavori ordinari e mai effettuati (secondo le procedure ordinarie)». Anche per Casa Bertoli di Aquileia, scrive Tarasco, si segue lo «schema» dell’affidamento in via diretta «per lavori già programmati e finanziati in via ordinaria». Quanto a Palazzo Clabassi di Udine, nel relativo verbale che decreta la somma urgenza «non viene evidenziato alcuno stato di pericolo per la pubblica incolumità; si parla piuttosto di pericolo potenziale». L’ispettore nel documento da lui stilato sottolinea di avere svolto il proprio incarico, fra il 18 e il 20 giugno, recandosi nelle due sedi della Soprintendenza di Trieste e Udine oltre che negli uffici della Direzione regionale dei Beni culturali.

(p.b.)

 

 

 

 

ALTROCONSUMO.it - GIOVEDI', 17 luglio 2014

 

 

La carica giusta - Le pile alcaline usa e getta costano e inquinano. Meglio le ricaricabili, amiche dell’ambiente. I consigli per farle durare di più.
Inquinano meno l’ambiente e fanno risparmiare: ecco due buoni motivi per scegliere le pile ricaricabili. Tutte le batterie contengono sostanze pericolose e difficili da smaltire. Se non fosse per il numero sempre crescente di apparecchi che le richiedono, la scelta migliore sarebbe proprio quella di non utilizzarle. Perché - anche con uno smaltimento accurato - il problema ecologico resta. E non va sottovalutato.
Anzitutto, la questione ecologica
Sono più di 30mila le tonnellate di pile che vengono vendute ogni anno in Italia. Una cifra impressionante che preoccupa ancora di più se si pensa che solo il 25% di questa montagna di rifiuti segue il percorso della raccolta differenziata (dati del Centro Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori). Oggi in Italia non esiste un vero e proprio sistema capillare per il riciclo delle pile, ma un solo unico centro che opera su piccola scala. Qui le impurezze vengono eliminate manualmente e le pile vengono selezionate in base alle dimensioni e per tipologia (zinco carbone, alcaline, litio). Poi le pile simili vengono triturate in piccoli pezzi, in modo che i diversi componenti (pasta di pile, materiali ferrosi, carta, plastica) si possano separare. La pasta di pile viene lavata e grazie a un trattamento chimico si separano i metalli e si recuperano zinco e manganese. Lo smaltimento delle pile però non viene considerato un processo remunerativo: faticano a partire nuovi impianti di riciclo e le nostre pile devono essere inviate in Francia o in Germania. Ma non solo. I contenitori per la raccolta delle pile usate sono pochi e, in più, i cittadini ricevono pochissime informazioni dalle amministrazioni comunali o dai produttori. Con il risultato che la maggior parte delle batterie finisce in pattumiera, tra i rifiuti indifferenziati, nonostante contengano metalli pesanti molto inquinanti per l’ambiente. E pericolosi per gli animali e l’uomo, perché se assimilati, si accumulano nell’organismo.
L’importanza della raccolta
Visto l’importanza dello smaltimento, vale la pena ricordare che la raccolta delle pile è affidata ai produttori: in poche parole se comprate una pila nuova, avete diritto a lasciarne una vecchia. Un decreto legislativo prevede che i produttori gestiscano, sostenendo i relativi costi, i sistemi di raccolta separata di questi rifiuti. Nel negozio dove acquistate le batterie nuove, dunque, dovreste sempre trovare un contenitore per lo smaltimento o la colonnina per la raccolta di quelle vecchie. Questa può essere usata anche per gettare le pile ricaricabili, una volta che non funzionano più, o per le batterie del cellulare.
Usa e getta o ricaricabili?
Considerati tutti gli aspetti negativi delle pile usa e getta, sarebbe bene comprarle il meno possibile. Per un telecomando per esempio si può scegliere una pila ricaricabile, anche con una capacità inferiore a quella dell’alcalina usa e getta. Il nostro test infatti dimostra che le pile ricaricabili, seppur meno potenti, tengono testa alle alcaline nelle prove d’uso. Considera per esempio l’uso con un apparecchio molto energivoro, come la macchina fotografica: tutti i modelli di ricaricabili ottengono ottimi risultati. Tieni presente poi che le pile alcaline, se lasciate in un apparecchio, con il passare del tempo tendono a perdere un liquido che contiene idrossido di potassio, una sostanza che può causare - anche se solo al contatto e raramente - irritazione a vie respiratorie, occhi, pelle. Se trovi le batterie in queste condizioni, non toccarle a mani nude e non tentare di pulire l’apparecchio, perché con ogni probabilità l’idrossido di potassio avrà attaccato il metallo, compromettendo la sua funzionalità. Per evitare che ciò accada, basta rimuovere la batteria e conservarla in un luogo asciutto: rimettila nell’apparecchio solo quando hai intenzione di usarlo.
Ricaricabili: falle durare di più
Ecco qualche consiglio per utilizzare al meglio le batterie ricaricabili, per farle durare di più e mantenere in buono stato anche gli apparecchi che alimentano.
Usa sempre le batterie in gruppi di due o quattro della stessa marca e tipo, comprate nello stesso momento. In questo modo saranno sottoposte agli stessi sforzi, invecchieranno di pari passo e verosimilmente moriranno insieme. Puoi segnarle, in modo da riconoscerle dopo ogni ricarica e rimetterle insieme ogni volta.
Non usare mai una batteria nuova insieme ad altre più vecchie, né una appena ricaricata insieme ad altre scariche. Per non confonderti, separa le batterie a piena carica da quelle già utilizzate, conservandole magari in contenitori diversi.
Non mescolare mai batterie NiCd e NiMH né di diversa marca e modello nello stesso apparecchio.
Ricarica le batterie solo poco prima di usarle: stando tanto tempo inutilizzate, possono perdere gran parte della loro carica.
Non portare mai le batterie sfuse in tasca: se entrano in contatto con altri oggetti metallici, come un mazzo di chiavi, c’è il rischio che vadano in corto circuito.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 luglio 2014

 

 

«Più bici sul Delfino Verde? Il bando è andato deserto» - Polemiche sul Turismo a Muggia
MUGGIA «Sono stupita dalla risposta evasiva fornitami dall'assessore Decolle di fronte ai chiari quesiti posti dalla sottoscritta». Roberta Tarlao, referente della lista civica Meio Muja nonché assessore in Provincia, prosegue la querelle a distanza con l'assessore muggesano al Turismo Stefano Decolle. La questione rimane la gestione del turismo nella cittadina rivierasca, sostanzialmente considerata insufficiente da parte della Tarlao, la quale ha voluto replicare al contrattacco di Decolle sulla situazione del Delfino Verde: «Questo servizio è gestito dalla concessionaria Trieste Trasporti. A inizio 2014 è stato fatto un bando di gara per trovare un nuovo gestore del servizio marittimo, gara che però è andata deserta». Una delle critiche unanimi avanzate al servizio di trasporto marittimo che collega Muggia con Trieste riguarda la scarsa capacità di ospitare delle biciclette. «Trieste Trasporti, su indicazione della Provincia che a sua volta aveva recepito le richieste espresse dalla Fiab, aveva inserito nel nuovo bando la necessità di aumentare il numero delle biciclette da 2 a 15 per incrementare il potenziale circuito di ciclisti - prosegue Tarlao -. Essendo andata la gara deserta il servizio è stato concesso in proroga alla Trieste Trasporti ma con le stesse modalità del bando precedente, ossia senza l'obbligo di aumentare il numero delle biciclette trasportabili a bordo. La situazione, secondo Tarlao, era «ben nota al sindaco Nesladek, al quale avevo spiegato tali difficoltà che certo non sono ascrivibili alla Provincia». Il prossimo bando di gara per l'assegnazione della gestione del Delfino Verde avrà non più carattere provinciale, bensì regionale: «Invito quindi l'assessore Decolle ad andare dalla presidente della Regione Debora Serracchiani per perorare ulteriormente la causa dei ciclisti». Infine l'assessore Tarlao ha voluto replicare sulla questione della strada provinciale di Lazzaretto che attraversa la costa muggesana: “Quell'arteria serve un ex valico di primo grado, quindi si potrebbe pensare di fare una permuta con Darsella, ma dubito che i residenti siano favorevoli ad ipotizzare come già accaduto in passato un senso unico su quella strada».

(ri.to.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 luglio 2014

 

 

Ferriera, offerte entro il 28 luglio
Si allungano i tempi, Lucchini mira a vendere entro settembre. Deve pronunciarsi anche il ministero
Scadrà lunedì 28 luglio, per la precisione alle ore 18, il termine per la presentazione delle offerte vincolanti per l’acquisto della Ferriera di Servola che però se andrà in porto, dati i tempi burocratici necessari, non potrà essere concluso prima dell’inizio dell’autunno. Sembra pressoché certo che vi sarà una sola offerta, da parte di Siderurgica Triestina, società costituita ad hoc dal Gruppo Arvedi, l’unica ad aver presentato una manifestazione d’interesse con requisiti giudicati in regola, a differenza di quanto accaduto con la sola ipotesi concorrente avanzata da una società di Hong Kong, che già in quella sede era stata giudicata non ammissibile. «Teoricamente non è probito che offerte d’acquisto vengano presentate da società che non hanno manifestato interesse - ha spiegato Francesco Semino, segretario amministrazione straordinaria del Gruppo Lucchini - ma è pressoché scontato che ciò non accadrà perché è da escludere che si faccia avanti chi non ha partecipato alla due diligence. Ora il candidato acquirente - ha aggiunto Semino - deve specificare le condizioni e il prezzo ai quali è disposto a comprare lo stabilimento.» Il percorso, in base alla legge, sarà uguale a quello partito già ieri per gli altri siti del gruppo, in particolare quello di Piombino per il quale si sono fatti avanti gli indiani di Jindal South West: il commissario straordinario Piero Nardi, a partire evidentemente dal 29 luglio, analizzerà formalmente e qualitativamente l’offerta e presenterà una relazione. Quindi, sentito il Comitato di sorveglianza, presenterà istanza di aggiudicazione al Ministero dello sviluppo economico che da quel momento avrà trenta giorni per esprimersi. Con il Ferragosto di mezzo, c’è il pericolo che il passaggio di mano della Ferriera, ammesso che non vi sia qualche ulteriore inghippo, slitti a ottobre. «Speriamo di chiudere entro il 30 settembre - ha comunque annunciato Semino - perché ad esempio non è detto che il ministero consumerà tutti e trenta i giorni che avrà a disposizione per il parere». Intanto però a Servola, come testimoniano sia Stefano Borini segretario Fiom-Cgil, che Christian Prella, segretario del sindacato autunomo Failms tra i lavoratori il disorientamento si sta trasformando in rabbia per i tempi che si allungano mentre, denuncia Borini «non si è svolto in Regione l’incontro in cui si doveva decidere sulle integrazioni al reddito e i corsi di formazione per i lavoratori sui quali la cassa integrazione pesa già da mesi». Prella annuncia l’arrivo di una nave con 60mila tonnellate di carbone per il prossimo mese «a vantaggio della cokeria che però funziona soltanto a mezzo servizio: meno di 50 forni al giorno a confronto con gli usuali 96». Inoltre non sarebbe stato ancora raggiunto l’accordo tra Arvedi e amministrazione straordinaria Lucchini su chi debba pagare il prosieguo dei lavori sull’altoforno che ora starebbero procedendo a rilento e alcune altre operazioni che con il passare del tempo si fanno urgenti nell’ottica di un ammodernamento e della riduzione dell’impatto ambientale degli impianti.

Silvio Maranzana

 

 

Piano regolatore, osservazioni fino al 22 - sportello attivo
Piano regolatore, c’è tempo fino a martedì 22 luglio per presentare osservazioni e opposizioni. Sarà attivo fino a quel giorno lo sportello per la consultazione degli elaborati e per avere informazioni (sala ex Aiat in piazza Unità 4/b, da lunedì a venerdì 9.30-12, lunedì e mercoledì anche 15-17). Il modello facsimile per la presentazione delle osservazioni e delle opposizioni, e le note per la compilazione e presentazione, sono disponibili dal sito Retecivica.trieste.it oppure possono essere ritirate direttamente allo sportello di piazza Unità. Sempre dall’11 giugno (data dell’adozione del documento urbanistico da parte del Consiglio comunale) decorre anche il termine di 60 giorni per la presentazione delle osservazioni con riferimento alla procedura di valutazione ambientale (Vas), che vanno distinte dalle osservazioni e opposizioni relative al Piano regolatore.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 luglio 2014

 

Roma bacchetta Picchione: «Divieti sproporzionati»
Il capo dell’ufficio legislativo dei Beni culturali sul patto ministero-Regione in materia di déhors: la Soprintendenza applicava le norme troppo rigidamente
Dai maxitendoni per il Carnevale prima e per la Bavisela poi fatti smontare in fretta e furia, sino alla defatigante trattativa sui déhors. A Trieste così come in altre località della regione. Una partita lunghissima, quella che si è giocata in tema di arredi esterni dei locali, ma anche di strutture montate per manifestazioni sportive o fieristiche temporanee. «Abbiamo superato quello che ormai era un problema per amministratori e imprenditori, e mi riferisco alla soprintendente regionale», ha detto la presidente della Regione Debora Serracchiani commentando, a inizio giugno, il protocollo d’intesa fra ministero dei Beni culturali e Regione che ha in massima parte cancellato la necessità di autorizzazione monumentale obbligatoria per tavolini, sedie e altre strutture mobili. E se quello è stato il commento netto della governatrice, da parte di Roma - emerge ora - l’amministrazione centrale dei Beni culturali ha ritenuto «necessario» il dovere così intervenire in modo «risolutivo». Perché la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici retta da Maria Giulia Picchione aveva agito «secondo criteri di rigida lettura del dato normativo, tali da generare e inasprire i conflitti e da pregiudicare» obiettivi «di buona amministrazione imparziale che devono sempre ispirare l’azione amministrativa». Da qui il protocollo. Giunto dopo «vani tentativi di ragionevole composizione del conflitto a livello locale». È una sottolineatura precisa e di peso quella contenuta nella nota indirizzata alla Direzione regionale per i beni culturali e ad altri uffici ministeriali. A firmarla è il capo dell’Ufficio legislativo del ministero Paolo Carpentieri, che risponde a una serie di quesiti e dubbi su interpretazione e applicazione del protocollo sollevati dalla stessa Soprintendenza. Dubbi espressi in un documento che Carpentieri giudica esso stesso «emblematico», in quanto versato «in una direzione di puro contrasto e generalizzato divieto, indistintamente imposto su qualsiasi attività antropica». Un approccio - e il concetto è chiaro sebbene espresso con linguaggio burocratico - «lungi dall’ispirarsi ai fondamentali principi di leale collaborazione con gli altri enti territoriali competenti, di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, di partecipazione e condivisione da parte delle collettività interessate, di ragionevolezza e proporzionalità e di minimo sacrificio delle libertà per il conseguimento degli obiettivi di tutela». Il capo dell’ufficio legislativo ministeriale sottolinea l’«interpretazione e applicazione rigida e sproporzionata» della direttiva Ornaghi che nel 2012 mirò a rafforzare le misure di tutela nelle aree pubbliche di particolare valore o vicine a monumenti particolarmente frequentati dai turisti. Carpentieri comunque si sofferma a dare chiarimenti su vari punti, compreso il fatto che il protocollo Ministero-Regione sta nella cornice del Codice dei beni culturali. E tra gli altri punti, cita anche gli arredi esterni che, come scritto nel protocollo, si possono rimuovere a fine giornata lavorativa. Si possono «astrattamente» rimuovere, precisa: è impensabile pretendere di verificare che ogni giorno fioriere o divisori siano riposti dentro bar e ristoranti a fine attività.

Paola Bolis

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 luglio 2014

 

Soprintendenza archeologica, mistero sul dopo-Fozzati
In scadenza a luglio il titolare dell’Ufficio, nominato nel 2008. Ritirato il bando appena emesso dal ministero per la copertura di questo e altri 10 posti
Il tormentato mondo delle Soprintendenze passate da un lato attraverso i vari “casi Miramare” e dall’altro per le contestazioni violente di architetti e costruttori, affronta adesso, e per il momento, un bel mistero. Che riguarda non i soprintendenti di cui sopra, rispettivamente ai Beni artistici e a quelli architettonici, ma il terzo, titolare dei Beni archeologici, segnalatosi al confronto per la quiete e il silenzio che hanno accompagnato i suoi 6 anni di lavoro. Luigi Fozzati, uno dei più importanti archeologi subacquei d’Italia, nominato a Trieste in via diretta dal ministro Sandro Bondi nel 2008, successivamente riconfermato per altri tre anni, ha il mandato in scadenza con luglio. Il ministero dei Beni culturali aveva pubblicato solo pochi giorni fa molti bandi per la copertura di posti, in tutta Italia, uno riguardava appunto la regione. Per «la Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli Venezia Giulia con sede a Trieste». Il provvedimento portava la data dell’8 luglio, e lo stesso Fozzati afferma di esserne stato ovviamente a conoscenza, pronto a ripresentare la propria domanda per essere confermato. Ma solo pochi giorni dopo, l’11 luglio (e in palazzo Economo quasi nessuno ne ha preso immediata visione e conoscenza), il Mibact ha emesso un’altra, e scarna circolare. Il cui oggetto è il “ritiro” delle 11 circolari emesse l’8 luglio, precisamente quelle dei bandi per la copertura dei posti. Motivazione addirittura ultrascarna: «Alla luce di quanto rappresentato dal Segretario generale, si dispone il ritiro delle seguenti circolari concernenti la disponibilità di incarichi di funzione dirigenziale di livello non generale». Termini tecnici per dire che si era in cerca di soprintendenti, e che la ricerca è annullata. Segue l’elenco degli “interpelli” cassati. C’è anche quello della Soprintendenza per i beni architettonici di Trieste. Che cosa abbia detto il Segretario generale del ministero, Antonia Pasqua Recchia, non appare agli atti. Le supposizioni che circolano sono di doppia natura. Secondo alcune fonti il ministero sarebbe ormai talmente sguarnito di soprintendenti archeologi che il ministro in persona, Dario Franceschini, si sarebbe molto irritato per l’emissione di un bando al quale nessuno può rispondere (4 chiamate su 11 erano per posti di soprintendente archeologico, altre riguardavano archivistica, beni architettonici e paesaggistici e funzioni diverse all’interno delle direzioni generali). Secondo altre interpretazioni invece il passo indietro sarebbe motivato da ben più “pesanti” motivi. Da tempo si dà per certo che il 15 luglio Franceschini varerà quel pezzo di riforma del ministero che molti temono e pure avversano, che ha radici già nelle riflessioni e nei piani del suo predecessore Massimo Bray, e che il premier Renzi caldeggia con la consueta irruenza: tagliare il numero di Soprintendenze e di relativi soprintendenti, accorpare Direzioni regionali. Il piano della “spending review” aveva consegnato al Mibact un prospetto drastico: 9 direzioni regionali da accorpare e 32 soprintendenze da smagrire. La presidente della Regione, Debora Serracchiani, si era già preoccupata di ottenere rassicurazioni sul fatto che il Friuli Venezia Giulia non sarebbe stato messo in fusione col Veneto. Ma adesso, sul “punto Fozzati”, il mistero si riaffaccia. E non solo per il soprintendente in scadenza.

Gabriella Ziani

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 luglio 2014

 

 

RIVOLUZIONE SUI BINARI A MILANO IN TRE ORE - il taglio dei tempi sulla Milano-Venezia-Trieste
Ecco come Ferrovie conta di ridurre i tempi di percorrenza entro il 2016 - Si arriverà da Trieste a Mestre in 68 minuti e nel capoluogo lombardo in 186
TRIESTE Ferrovie dello Stato conta entro il 2016 di ridurre a un’ora e 15 minuti il tempo di percorrenza fra Trieste e Venezia e a tre ore e 6 minuti (14 in caso di più fermate) quello fra il capoluogo regionale e Milano. Sarebbe una autentica rivoluzione, l’uscita per Trieste e la regione da uno status di marginalità e di penalizzazione. Il risultato sarebbe raggiungibile essenzialmente con due manovre: entro il 2016 il tratto lombardo della Tav dovrebbe essere completato, con quanto consegue rispetto alla velocità dei convogli; con una serie di lavori mirati a sanare i “colli di bottiglia”, le pendenze e i raggi di curvatura, e con nuove tecnologie per il controllo del traffico ferroviario nella tratta veneta e friul-giuliana sarebbero poi recuperate altre decine di minuti sugli attuali tempi di percorrenza. E il secondo capitolo di lavori – non parliamo dunque dei cantieri Tav – sarebbe spesabile con investimenti sostenibili anche in tempi di grave penuria di risorse pubbliche. Insomma, non saremmo di fronte all’ennesimo libro dei sogni. L’aveva annunciato nei giorni scorsi la presidente della Regione, Debora Serracchiani, in seguito a un summit romano con i vertici e i tecnici di Fs. Una rassicurazione importante, visto che i collegamenti ferroviari del Friuli Venezia Giulia con il resto d’Italia sono un tasto dolente da diversi anni. Ora un documento della Rete ferroviaria italiana (Rfi fa parte del gruppo Fs) illustra come la società intenda raggiungere questo risultato. E siamo in grado di anticiparlo. Quattro fasi d’intervento Va da zero a tre la scansione degli interventi che Fs intende mettere in campo. L’ultimo, la fase 3, riguarda la possibilità di introdurre l’alta velocità in regione e, sebbene il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi abbia ribadito di recente la «priorità dell’opera per il governo», resta per il momento sospesa agli interrogativi di opportunità, tempi e finanziamenti. Le fasi comprese fra 0 e 2, però, sono quelle che dovrebbero giungere a compimento entro un paio d’anni: Serracchiani qualche giorno fa ha annunciato al top managment di Allianz Italia, riunito a Trieste, l’impegno da parte di Fs a investire 50 milioni di euro per la velocizzazione della linea. Il documento di Rfi qualifica le prime tre fasi come «interventi finanziati per 30 milioni di euro nel Dl Fare». La fase zero Il primo passaggio contempla interventi sul tratto di ferrovia compreso fra Venezia e Quarto d’Altino (dal km 4 al km 16). Come tutti quelli successivi, prevede modifiche agli impianti tecnologici Te ed Is; l’adeguamento del tracciato con la modifica delle geometrie delle curve; interventi di opere civili nell’ambito di Quarto d’Altino e dell’ex fermata di Gaggio; l’inserimento del “blocco automatico banalizzato a correnti codificate” (Bab cc), un dispositivo che regola in modo automatico il distanziamento dei treni. Il recupero di tempi stimati è di un minuto per i treni di rango C (la maggior parte dei treni destinati al trasporto passeggeri) e di un minuto e mezzo per i treni di rango P (la classe di treni che si sposta a velocità superiori al rango C). La fase uno Il secondo passaggio prevede interventi generici sulla tratta compresa fra Quarto d’Altino e Portogruaro (dal km 18 al km 58), con modifiche di geometria del binario, opere civili e interventi Te ed Is. Il recupero nel minutaggio calcolato per questa fase è di 2,5 minuti per il rango C e di 4 minuti per il rango P (3,5 minuti per il rango C e 5,5 minuti per il rango P nel complesso). Secondo le previsioni i treni di ultimo modello potrebbero raggiungere i 200 chilometri orari in questo tratto. La fase due Il terzo momento della velocizzazione si interessa della parte di tracciato compresa fra Latisana e il bivio di San Polo a Monfalcone (dal km 75 al km 109,5). Verrà attuato l’adeguamento del tracciato con interventi sulle curve da Latisana a Cervignano. Piccole varianti di tracciato verranno realizzate fino a al km 99 (poco prima di Cervignano), con ulteriori modifiche alle curve e piccoli interventi nei chilometri rimanenti. Previste anche in questo caso le modifiche agli impianti tecnologici. I recuperi stimati in questo caso sono di 2,5 minuti per il rango C e di 3,5 minuti per il rango P. I tempi di percorrenza La relazione di Rete ferroviaria italiana si conclude con una coppia di tabelle che riassume i guadagni di minutaggio previsti alla fine degli interventi: non soltanto quelli appena descritti sulla linea Venezia-Trieste, ma anche quelli di carattere organizzativo generale e sul resto del tracciato fino a Milano. Secondo Rfi i treni di rango C a lavori ultimati (nel 2016) impiegheranno tre ore e sei minuti (o 14 in caso di più fermate) da Trieste a Milano, un’ora in meno rispetto al collegamento più rapido attuale (e si tratta di un treno in andata e uno al ritorno da Milano, particolarmente veloce solo perché ferma esclusivamente a Verona e a Mestre). Quanto ai tempi di percorrenza da Trieste a Mestre saranno di un’ora e un quarto rispetto all’ora e mezza odierna (ma in effetti i “Frecciabianca” non impiegano mai meno di un’ora e 45 minuti). Per il rango P i tempi previsti sono di due ore e 54/46 minuti da Trieste a Milano e di un’ora e otto minuti per la Trieste-Mestre. La fase tre L’ultima fase delineata da Rfi è la Tav e, come titola un celebre film dei comici britannici Monty Python, è «qualcosa di completamente diverso»: costo previsto di un miliardo e ottocento milioni di euro, decine di chilometri di varianti di tracciato, alta velocità prevista su quasi tutto il tracciato con una forte decelerazione dopo Monfalcone. Ma se e come questo debba tradursi in pratica è ancora tutto da vedere.

Giovanni Tomasin

 

«I CANTIERI SONO GIÀ PARTITI, L’ISOLAMENTO STA PER FINIRE»
Serracchiani: «Treni più veloci prima di due anni grazie a un progetto a step - Resto favorevole alla Tav ma ben che vada ci vorrà una generazione e mezza»
TRIESTE I collegamenti tra il Friuli Venezia Giulia e il resto dello Stivale potrebbero diventare più rapidi anche prima del 2016. È la previsione della presidente della Regione Debora Serracchiani che, reduce da un incontro nelle scorse settimane con i vertici di Ferrovie dello Stato, entra nei particolari del progetto. Secondo Serracchiani la velocizzazione è una soluzione rapida alla strozzatura di collegamenti di cui soffre la regione, una risposta sicuramente più rapida di un’alta velocità «a cui resto favorevole ma che, ben che vada, non vedremo prima di una generazione e mezza». La presidente si sofferma poi sui collegamenti internazionali del Friuli Venezia Giulia e in particolare sulle infrastrutture portuali di Trieste e Capodistria «troppo a lungo rimandate dalle difficoltà politiche e di coordinamento tra i porti». Presidente, il progetto di Ferrovie dello Stato potrebbe por termine alla storia infinita dei collegamenti ferroviari del Friuli Venezia Giulia. Ma il 2016 è una data realistica? Nella logica impostata da Ferrovie dello Stato la data del 2016 è alla portata. Si tratta di una facilizzazione che procede per step. La cosa importante da segnalare è che il miliardo e otto complessivi previsti nel disegno complessivo riguardano l’ultima fase per tutta la linea, anche il Veneto, e includono anche interventi di grande peso economico come l’alta velocità Brescia-Padova o la linea dei bivi a Mestre. Ecco perché la velocizzazione per la nostra regione arriverà ben prima dell’ultimo step, la cosiddetta fase tre. Si tratta di lavori rapidi eseguibili e comunque compatibili con la possibilità che la Tav arrivi anche in Friuli Venezia Giulia, se mai l’avremo». Il documento di Rfi parla di fondi per 30 milioni. Ai manager di Allianz lei ha parlato di un impegno da 50 milioni. Quali sono i numeri precisi? Si tratta di interventi diversi. Abbiamo già cantierato i 30 milioni che servono alle prime fasi della velocizzazione sulla tratta da Venezia a Trieste. Mentre sono già finanziati nel contratto di programma con Ferrovie dello Stato i 50 milioni, che si aggiungono ai 10 che abbiamo già ottenuto dal decreto Fare, e che serviranno a sistemare tutta la parte tecnologica del nodo di Udine per togliere i treni dal centro. Abbiamo quindi due situazioni finanziate e operative ma collocate a due stadi diversi: la velocizzazione Venezia-Trieste, già in cantiere, e il nodo di Udine, già finanziato. Due interventi che in base all’accordo di programma Ferrovie dello Stato considera prioritari. Oggi i ritardi sono all’ordine del giorno, con tutto quel che ne consegue per pendolari, studenti e lavoratori. Ci saranno dei miglioramenti prima del 2016? Questo è un punto interessante. Il 2016 sancirà l’arrivo a Mestre da Trieste in un’ora e otto minuti ma, essendo un intervento sviluppato su più fasi, le velocità di percorso aumenteranno già prima. Non si tratta soltanto di opere materiali, ma anche di azioni organizzative a costo zero: il modo stesso in cui i treni si muovono sulla tratta verrà razionalizzato e già questo porterà a un risparmio di tempo prima del 2016. Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro sul fronte dei collegamenti internazionali, anche in un’ottica di portualità? Resta fermo il nostro interesse per il ristabilimento di un collegamento ferroviario tra il porto di Trieste e di Capodistria. Sono pochi chilometri eppure fino a ora non si è riusciti ad ovviare il problema: le difficoltà sono da una parte politiche, dall’altra consistono nell’incapacità di fare sistema dei porti dell’Alto Adriatico. Quell’intervento resta però la nostra indicazione di massima: in attesa dell’alta velocità, anche transfrontaliera, fra Trieste e Divaccia, è nostra volontà cercare i collegamenti ferroviari con la Slovenia anche attraverso le linee storiche. E sull’asse nord-sud? Su quel fronte c’è il corridoio Adriatico-baltico che in parte già sfrutta la Pontebbana e anche lì potremmo operare una velocizzazione. Su quel tratto è semplice ottenere miglioramenti di prestazione con finanziamenti limitati. Il ministro alle Infrastrutture Lupi ha definito la Tav fino a Trieste una priorità. Ma fondi e progettazione sono in alto mare. È davvero necessaria? Io resto favorevole, come ho sempre detto, alla possibilità che Trieste e oltre vengano raggiunte dall’alta velocità. Ma sono consapevole del fatto che i finanziamenti non ci sono e che i ritardi sono importanti: bene che vada la Tav potrebbe essere operativa fra una generazione e mezza. In un simile scenario il vero nodo politico è l’esser riusciti a ottenere l’interessamento di Ferrovie dello Stato per la velocizzazione della linea esistente sul nostro territorio. Che è un passo in avanti fondamentale: dopo il 2016 potremo dire che l’isolamento del Friuli Venezia Giulia è finito».

(g.tom.)

 

 

«IL DEBITO CROATO AZZERATO DAL PETROLIO CHE C’È IN ADRIATICO»
Il ministro Ivan Vrdoljak svela le strategie di Zagabria: «Il rigassificatore a Veglia? Solo con i fondi dell’Europa»
ZAGABRIA L’estate scorsa, la Croazia celebrava in pompa magna il suo ingresso nell’Unione europea. Un anno dopo, il governo di Zagabria ha pochi motivi per festeggiare: il 2014 sarà il sesto anno consecutivo di recessione. Per il ministro dell’Economia, l’intraprendente quarantenne Ivan Vrdoljak, la Croazia paga il prezzo di 24 anni di riforme non fatte. Originario di Osijek in Slavonia e ingegnere elettronico di formazione, Vrdoljak è convinto che il settore energetico e in particolare il petrolio faranno uscire la Croazia dalla crisi economica. «Una piccola Norvegia dell’Adriatico», ecco come Ivan Vrdoljak immagina il suo Paese tra qualche anno. Nel 2014 soltanto due Stati membri dell’Ue saranno ancora in recessione secondo il Fondo monetario internazionale: Cipro e la Croazia. Come spiega il fatto che la Croazia si trovi in questa situazione? La Croazia è in questo stato, perché da 24 anni, dall’indipendenza del Paese, non si è fatta alcuna riforma, alcuna ristrutturazione dell’industria o dell’amministrazione pubblica. Inoltre, la Croazia è attualmente in una fase di controllo del deficit e gli investimenti, che il governo può fare, sono limitati. Infine, il paese paga oggi il prezzo del passaggio dalla rete Cefta (Accordo centroeuropeo di libero scambio, ndr) all’Unione europea. L’Ue ci porterà nuovi benefici ovviamente, ma ci vorrà del tempo. Dall’inizio del mandato del suo governo, la disoccupazione è aumentata notevolmente in Croazia. Era al 9,1% nel 2009 e oggi è più che raddoppiata (21,6% nei primi cinque mesi del 2014). Come mai? È vero che la disoccupazione è aumentata dal 2009, ma credo che abbia toccato il suo massimo e adesso scenderà. Secondo i dati del governo, la disoccupazione si è arrestata nel 2014, rispetto al 2013 e non è stato facile riuscirci, proprio perché stiamo facendo le prime vere riforme in 24 anni. Oggi la Croazia vive una seconda trasformazione, dopo la conversione da economia socialista a economia di mercato. Non possiamo pretendere di avere subito i frutti del nostro lavoro: si tratta di riforme che sono fatte per le generazioni future. A proposito di generazioni future, la Croazia ha uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti d’Europa: quasi 50%. Fanno peggio solo Spagna e Grecia... La disoccupazione giovanile è un enorme problema in Croazia. Il ministro del Lavoro sta facendo molto per ridurla, ma, anche qui, la soluzione non arriverà nel breve periodo. Bisogna chiedersi, cosa vogliamo per il futuro della Croazia? In quali settori diamo il meglio di noi? Oggi, la Croazia è forte nel settore farmaceutico, nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nell’ingegneria meccanica ed elettrica. Dobbiamo puntare su questi settori e, successivamente, riformare il sistema educativo. Oggi i giovani escono da facoltà universitarie che non assicurano loro un lavoro. Uno dei settori chiave su cui il suo governo sembra voler puntare è il petrolio. Un primo bando è già stato pubblicato per le esplorazioni lungo la costa adriatica e altri due lo saranno entro la fine dell’anno, riguardo le attività nell’entroterra. Che cosa si aspetta, economicamente parlando? Non posso darle cifre precise per il momento, ma diciamo che il petrolio è un progetto chiave per azzerare il debito della Croazia, senza parlare dei benefici collaterali, che è difficile stimare ma che saranno molto importanti nel settore privato. Personalmente, penso che la Croazia potrebbe usare gli introiti del petrolio per investire sulla ricerca, sulle università, sulle start-up, oltre ad eliminare il debito pubblico, o perlomeno gli interessi sul debito, che sono più urgenti. Non teme eventuali danni all’ambiente? O i rischi per il turismo, che oggi rappresenta il 16% del Pil croato? No, assolutamente. Non ho paura perché so che la Croazia ha delle ottime leggi in materia di protezione dell’ambiente. Le nostre leggi sull’ecologia sono più dure che in Italia, per esempio. Inoltre, gli standard ecologici sono proprio uno dei criteri chiave nella scelta delle compagnie che sfrutteranno il petrolio croato. Anche per quanto riguarda il turismo abbiamo preso le nostre precauzioni: non ci saranno piattaforme a meno di 6 chilometri dalle isole e a meno di 12 chilometri dalla costa. Nessun turista potrà vederle. Quali sono i prossimi sviluppi della questione energetica? E a che punto è il progetto di costruzione del rigassificatore sull’isola di Veglia? A metà luglio pubblicheremo il primo bando per l’esplorazione onshore in Slavonia, nell’Est del Paese. Entro la fine dell’anno ne pubblicheremo un altro, sempre riguardo la Croazia continentale, e il primo contratto sarà firmato nel 2015. Sulla costa, il bando per l’esplorazione scadrà a novembre 2014 e allora conosceremo i nomi delle compagnie vincitrici. Per quanto riguarda il rigassificatore di Veglia, lo studio di impatto ambientale è stato approvato. Ma la costruzione non comincerà finché non saremo sicuri del finanziamento europeo. E ci aspettiamo un finanziamento importante dato che la costruzione non è fatta nell’interesse croato ma per garantire l’approvvigionamento energetico dell’Europa meridionale.

Giovanni Vale

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 luglio 2014

 

 

ESPERIMENTI DI PIANO TRAFFICO: VIA MAZZINI CHIUSA SECONDO ATTO
Dopo la sperimentazione dello scorso fine settimana, la chiusura del centro torna anche in questo weekend. Si riparte oggi: saranno nuovamente pedonalizzate, così come sette giorni fa, sia via Mazzini che via Imbriani. Il provvedimento comunale scatta dalle 9 di oggi, sabato, fino alle 20 di domani. L’obiettivo è rivitalizzare maggiormente il centro in modo da creare opportunità commerciali anche per il Borgo Teresiano. Il Comune sta quindi anticipando alcune linee guida contenute nel futuro Piano del traffico e mette così a disposizione oltre 5.800 mq di spazi a favore di pedoni e ciclisti. Sul sito www.mobilitàetraffico.comune.trieste.it/pdays, sarà possibile consultare tutte le mappe e verificare le linee di trasporto pubblico previste in occasione di questi fine settimana che puntano ad ingrandire il cuore della città e a renderla sempre più vivibile. Anche stavolta, partirà il monitoraggio sui flussi di traffico cittadino in modo da valutare i punti di possibile criticità. Per effetto del divieto di transito dei veicoli in via Mazzini e Imbriani sia oggi che domani cambia il percorso di alcuni autobus: è il caso delle linee 5, 9, 10, 11, 18, 19, 24, 25, 30, A. Così ad esempio (per tutti i tragitti si può accedere al sito del Comune), per quanto riguarda la 5, il bus in direzione Roiano transiterà da via Tarabocchia verso via Carducci e piazza Oberdan, e quindi lungo il tragitto regolare. Le fermate di piazza Goldoni, piazza della Repubblica e via Filzi sono sostituite da quelle situate su via Carducci in piazza Oberdan. La 9, in direzione largo Irneri, da via Battisti imbocca via Valdirivo e Corso Cavour. Per piazzale Gioberti, invece, il mezzo transita per Corso Italia, prosegue per piazza Goldoni, via Gallina, e quindi lungo il tragitto regolare. La 10 direzione piazza Tommaseo: la linea percorre via Gallina, via Valdirivo, via Canal Piccolo, e fa capolinea in piazza della Borsa. Le fermate di Piazza Goldoni, piazza della Repubblica e via Mazzini sono sostituite da una fermata in via Gallina, da due nuove fermate posizionate lungo la via Valdirivo e dalla fermata presso il teatro Miela.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 luglio 2014

 

 

KRSKO SI ALLARGA CON IL DEPOSITO DI SCORIE
Investimento di 157 milioni in Slovenia per costruire, accanto alla centrale nucleare, un contenitore di rifiuti radioattivi
BELGRADO Dopo i ritardi e le frenate, Lubiana ci riprova. E spinge di nuovo sull’acceleratore del progetto del deposito per scorie radioattive di bassa e media intensità (LILW) nei pressi dell’impianto nucleare di Krsko. La conferma è arrivata con l’approvazione del relativo «programma d’investimento» decisa dal ministro uscente per le Infrastrutture e la Pianificazione spaziale, Samo Omerzel, ha specificato una nota del suo dicastero. Omerzel che ha definito questo passo come «uno dei momenti importanti per una gestione responsabile dei rifiuti radioattivi» in Slovenia. Opera che «sarà sicura e accettabile dal punto di vista ambientale e sociale», ha ribadito il ministro, «appropriata dal punto di vista tecnologico» e che soprattutto offrirà «le condizioni necessarie per svolgere il pubblico servizio di gestione» delle scorie radioattive. E l’operatività «sul lungo periodo» della centrale nucleare di Krsko (Nek). Il deposito, continua la nota, sarà di fatto suddiviso in due grandi sezioni. La prima, permetterà di ricevere le scorie «prodotte dai cosiddetti piccoli inquinatori» sloveni, ospedali, laboratori di ricerca e aziende che trattano materiali radioattivi, mentre l’altra metà sarà riservata «alle scorie a bassa e media intensità» dell’impianto di Krsko. O meglio, al 50% di esse, quelle che «la Slovenia è obbligata a trattare», dato che la centrale è proprietà comune tra Lubiana e Zagabria. Il deposito - che sarà costruito in località Vrbina, a Krsko, come decretato dal governo nel 2009 - è «però progettato in maniera tale da poter ospitare» anche l’altra metà delle scorie radioattive, quelle di responsabilità della Croazia, sempre che Zagabria accetti di percorrere questa strada. I costi per il “LILW repository”, che comprendono la costruzione, i macchinari necessari e il pagamento dell’affitto dei terreni alla comunità, sono in linea con quelli anticipati negli anni scorsi, ossia 157 milioni di euro, già messi a bilancio. L’81% arriverà dalle casse del Fondo Nek per «il finanziamento del decommissioning della centrale e per lo smaltimento delle scorie», il resto dal budget pubblico. Costi che, per Lubiana, potrebbero scendere significativamente se Zagabria deciderà di dire sì all’utilizzo congiunto del deposito. In tale scenario, i due Paesi spenderanno a testa poco meno di 90 milioni di euro. I tempi tecnici per veder eseguita l’opera? Dopo l’approvazione del programma d’investimenti, i permessi di costruzione dovrebbero essere ottenuti entro il 2017. I lavori di edificazione dell’impianto inizieranno subito dopo e dureranno due anni. Nel 2020, l’entrata in servizio del deposito permanente, si legge sui documenti dell’agenzia slovena Arao, responsabile della gestione delle scorie, che si svilupperà in profondità, in due silos sotterranei, mentre altri due potranno essere realizzati in caso di partecipazione della Croazia al progetto.

Stefano Giantin

 

Una scala con bassa, media e alta intensità per la gestione dei materiali contaminati

Mentre quelle a bassa intensità - guanti, vestiti, materiali provenienti da laboratori - emettono radiazioni “quasi zero” e hanno un decadimento relativamente rapido, le scorie radioattive a media intensità, ricorda un documento dell’Università di Leeds, «sono materiali contaminati» a maggiore radioattività, come «parti di reattore in disattivazione o gli involucri esterni delle barre di combustibile». E devono essere custodite adeguatamente. Per quanto riguarda i rifiuti altamente radioattivi e pericolosi, quelli cosiddetti di «terza categoria», vale quanto illustrato in un’analisi dello European Nuclear Safety Regulators Group relativa al settore nucleare sloveno, che ricorda che la piccola Slovenia è tendenzialmente «molto interessata a soluzioni regionali e globali» al problema, visti gli altissimi costi e le difficoltà tecniche di stoccaggio in loco degli scarti di combustibile nucleare prodotti dalla centrale. Al momento, le scorie radioattive vengono immagazzinate all’interno dell’impianto di Krsko.

 

 

«Grotte del Carso inquinate da rifiuti tossici» - UN’INTERROGAZIONE DI ROSATO (PD)
Il parlamentare chiede al governo di impegnare fondi per la bonifica delle cavità

«Molte grotte del Carso triestino sono pesantemente inquinate da rifiuti speciali e nocivi, come idrocarburi, metalli pesanti, amianto, acidi, fanghi industriali. E' un problema serio, da affrontare subito: tali aree andrebbero inserite tra i siti inquinati da bonificare di interesse nazionale». Lo afferma il deputato del Pd Ettore Rosato, che ha depositato un'interrogazione al ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, sottoscritta anche dai deputati democratici Tamara Blažina, Giorgio Brandolin e Giorgio Zanin. Nell'interrogazione si chiede al Governo di «valutare la possibilità di programmare e contribuire finanziariamente, assieme alla Regione Fvg, alla bonifica delle aree inquinate, attivandosi eventualmente anche con le istituzioni slovene». Secondo Rosato «nel nostro territorio le grotte sono numerose: delle oltre 40mila censite a livello nazionale, ben 7mila si trovano in Fvg, di cui 3.175 nella sola provincia di Trieste. Quelle inquinate, sul Carso triestino, sono 128, in 212 chilometri quadrati: una ogni 1,65 chilometri quadrati. La portata del fenomeno - osserva Rosato - è evidente, com'è ovvio che ci sia una condivisione del problema tra Italia e Slovenia: la rete sotterranea si distribuisce in modo transfrontaliero e le infiltrazioni di sostanze inquinanti disperse in superficie o nelle grotte finiscono inevitabilmente per compromettere l'ambiente sotterraneo di entrambi i Paesi». «Per anni - sottolinea Rosato - le grotte sono state usate, in tutta Italia, come discariche abusive, da chi ha approfittato della difficoltà che hanno le autorità a verificare con costanza lo stato di salute di questi spazi. A febbraio di quest’anno la Camera in prima lettura ha approvato il nuovo testo unificato sui delitti ambientali, che inasprisce le pene esistenti e crea nuove tipologie di reati a tutela del territorio. E' bene - conclude - proseguire su questa strada». Una questione sollevata a suo tempo anche da molti speleologi che ogni settimana si calano nelle grotte.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 luglio 2014

 

 

RIFIUTI: AL COMUNE L’ASPORTO COSTA 28,9 MILIONI DI EURO
La giunta approva il piano finanziario 2014 di AcegasAps, nessun aumento dopo l’anticipo del 10% in più del 2013.
Laureni: «Pulizia ancora insufficiente»

L’asporto dei rifiuti costa al Comune di Trieste 28,9 milioni di euro all’anno. La Giunta l’altro giorno ha approvato il Piano economico-finanziario presentato da AcegasAps per il 2014. Non c’è nessun aumento rispetto allo scorso anno. Ma per una buona ragione: era stato pagato già nel 2013, compensando col 10% in più e in anticipo l’avvio della raccolta dello scarto umido. Che sarebbe dovuta cominciare lo scorso marzo, e invece è partita a metà e a fine giugno, e finora copre solo le aree di Borgo San Sergio e degli Altipiani. Il piano sarà completato entro la fine dell’autunno, ultima tappa nel centro storico della città. È una cifra considerevole, oltre 76 mila euro al giorno, o circa 140 euro per cittadino. E la raccolta differenziata però langue in piena e tranquilla pigrizia: «Secondo l’ultimo dato reso noto da AcegasAps - afferma Umberto Laureni, assessore all’Ambiente - siamo a quota 28-29%, con l’umido a luglio si dovrebbe avere un aumento del 4-5%». Ma siamo ancora a siderale distanza da quel 65% che è d’obbligo. Laureni ha motivo di soddisfazione però per il fatto che «siamo entrati per la prima volta - spiega - in modo molto attivo nella definizione del piano economico, con una trattativa basata su osservazioni molto concrete, non solo siamo stati attivi nel verificare il formarsi della cifra, e abbiamo numerosi allegati tecnici di illustrazione, ma grazie alle nuove “aree” specializzate degli uffici comunali ci siamo dotati di una struttura, preparata e motivata, che ha il compito di verificare passo per passo l’attuazione del piano, così come è stato attivato un ufficio apposito per il risparmio energetico. Perché non vogliamo solo contrattare, ma rapportare poi la spesa con la qualità». E qui arriva la nota dolente. «Vorremmo la città come uno specchio - afferma l’assessore -, e non ci siamo, soprattutto la percezione del cittadino, che paga fior di quattrini per il servizio, è abbastanza negativa. AcegasAps si vanta di essere certificata, di dare risposte velocissime ai suoi sportelli: le chiediamo altrettanta solerzia anche nella gestione dei rifiuti». L’assessorato riceve molte lettere di lamentela, per cassonetti strapieni, immondizie depositate all’esterno, o contenitori malfunzionanti. «A ogni sollecitazione facciamo un riscontro: se le “uscite” dei camion raccoglitori sono state inferiori al dovuto, se non sono programmate in maniera soddisfacente. Come amministrazione - prosegue Laureni raccontando di un sistema di “pronta risposta” attivato con l’interlocutore - mi sento molto più protagonista, il Comune non procede a occhi bendati come in precedenza». Anche i cittadini dovrebbero non bendarsi gli occhi quando buttano plastica e carta nell’indifferenziato, o a terra il loro sacchetto. Ma l’assessore punta sulla leva della cultura, per cui se alcune cose le impari poi non le sbagli più, e sul comportamento indotto: «La percezione conta molto, è inutile dire che la temperatura dell’aria è di 28 gradi se per l’umidità il calore percepito è di 40, bisogna tener conto di quest’ultimo dato. Altrettanto i cittadini a Trieste hanno la percezione di una città non pulita abbastanza, ed è di questo che bisogna tener conto nel dare il servizio». Quanto all’esordio dell’umido, ultima tappa nella progressione della “differenziata”, sembra che nei primi giorni non sia andato male, ma i primi dati quantitativi richiedono un periodo più lungo di misurazione.

Gabriella Ziani

 

SANZIONI DA 100 A 500 EURO SE SCOPERTI A “SBAGLIARE”
Per chi butta nei cassonetti “normali” rifiuti pericolosi, ingombranti, elettrici, liquidi o perfino parti di veicoli c’è una multa di 500 euro. Chi non “differenzia” correttamente rischia 100 euro di sanzione. Se invece si buttano nei cassonetti riservati a carta, plastica o vetro le immondizie miste, il rischio è di dover pagare 150 euro, se “pescati” dai vigili urbani o dalle sei guardie ambientali attive sul territorio. Secondo le ultime informazioni rese disponibili dal Comune, finora sono stati sanzionati circa 200 cittadini, ma soprattutto nell’ambito commerciale o delle imprese di servizi. Le famiglie vengono perciò considerate più rispettose del senso civico, del dovere morale e ambientale. Ma è chiaro che sono molto più difficilmente individuabili i singoli che gettano il proprio sacchetto quotidiano: se tutti fossero così ligi, la raccolta differenziata a Trieste non sarebbe ancora ai livelli più bassi d’Italia. Nonostante conferenze, campagne di persuasione e di educazione. Resta il fatto che per informarsi, oppure per lamentare disservizi nella raccolta, il Comune consiglia di chiamare direttamente AcegasAps, al numero verde 800.955.988.

 

 

I FORESTALI DISTRUGGONO SOLO UN CAMPO DI MAIS OGM SU TRE
MERETO DI TOMBA Il Corpo forestale regionale del Friuli Venezia Giulia ha distrutto ieri mattina il mais Ogm seminato da Giorgio Fidenato in circa cento metri quadrati nel terreno di Mereto di Tomba. Non è riuscito invece ad eseguire il provvedimento di distruzione imposto su altri due campi a Colloredo di Monte Albano. Come promesso nei giorni scorsi, il leader di Futuragra ha opposto una resistenza ferma ma pacifica supportato da una sessantina di suoi sostenitori che, di fatto, hanno impedito alla mietitrebbia della Forestale di entrare nel campo. Dopo aver ripetutamente chiesto invano a Fidenato di poter accedere al terreno, i forestali si sono allontanati, formalizzando un verbale dell’accaduto. La vicenda passerà quindi sul tavolo della Procura. «La legge regionale - ha affermato Fidenato dal “palco” improvvisato sul rimorchio di un trattore - non è conforme alle direttive europee, pertanto è illegittima. Non vorrei che la Procura sprecasse altro tempo e soldi pubblici per fare un lavoro inutile. Non si può vietare questa coltivazione. Anziché reprimere questa sperimentazione unica a livello europeo, vengano a toccare con mano i risultati da cui emerge che non c’è nessun rischio». La Regione, come spiega il vicepresidente Sergio Bolzonello, non intende forzare la mano ma intende, eccome, far rispettare la legge: «Il campo di Mereto è stato tranciato ma in quelli di Colloredo abbiamo ritenuto di non accrescere inutili tensioni e, con le forze dell’ordine, di attendere l’autorizzazione della magistratura». Bolzonello auspica pertanto che «la Procura autorizzi al più presto la possibilità di eseguire l’ordinanza e venga così applicata una legge che ha come scopo la tutela dell’alta qualità dell’agricoltura del Friuli Venezia Giulia». Resta in ogni caso il timore di un intervento improvvisato e notturno dei no-global.

 

 

LA FORTEZZA CHE CURA LE TARTARUGHE
Ogni anno l’Aquarium di Verudella, ricavato nelle mura a difesa della città, salva venti esemplari

POLA Severina è molto giovane, soffre di problemi gastrointestinali. Vatreni (Focoso) ne avrà almeno 25 di anni, ha una grave ferita alla testa e al basso ventre. Probabilmente è stato investito da qualche motoscafo. E poi c’è Sara, anche lei porta i segni di alcune contusioni esterne. Non così gravi assciurano i medici. Severina, Vatreni e Sara sono tre pazienti speciali, ospitati all’Aquarium. È il centro per la cura e riabilitazione delle tartarughe marine, fondato nel 2006, che sorge nella fortezza di Verudella, antico sistema di difesa austro-ungarica. L’unico nel suo genere in Croazia a cui il ministro alla tutela dell’Ambiente e della Natura, Mihael Zmajlovic, arrivato in Istria per partecipare a una conferenza sull’efficienza energetica, ha voluto fare una puntatina. L’ospite è stato accompagnato durante la sua visita dalla direttrice Karin Gobic che, oltre a informarlo sull’attività del centro, gli ha fatto conoscere i tre pazienti. E davanti a Severina, Vatreni e Sara il ministro si è intenerito, ringraziando quella «missione» a tutela degli animali. Tartarughe curate e anche studiate a Verudella. Nel centro per la cura e riabilitazione delle testugini, infatti, oltre alle stanze con le piscine ci sono quelle dedicate alla didattica, nel quale sono custodite le fotografie e la relativa documentazione di tutte le tartarughe finora salvate. Ma quante sono? Fra le 10 e le 15 all’anno. Non tutte ce la fanno. Mihael Zmajlovic ha voluto sottolineare che la Croazia «intende conservare e tutelare uno dei migliori sistema di biodiversità in Europa». E ha aggiunto: «È necessario investire in continuazione nella tutela degli animali. Per l’anno in corso - ha spiegato - il Ministero ha stanziato 110mila euro ai cinque Centri nazionali per il recupero della fauna selvatica». All’Aquarium sono andati 5.400 euro, esattamente quanto richiesto. «Ma per queste istituzioni - ha spiegato ancora il ministro - il futuro si presenta ottimistico in quanto si attendono importanti mezzi dai Fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione europea nel periodo 2015-2020». La visita di Zmajlovic non doveva finire nella fortezza di Verudella. Era in programma una tappa sulla spiaggia di Valcane, dove l’ormai foca monaca “stanziale” quasi ogni giorno trascorre ore e ore a prendere il sole. L’animale è ormai diventato la mascotte turistica della città e il suo riposo e tranquillità vengono tutelati da tutta una serie di provvedimenti predisposti dal municipio. L’area in cui riposa la foca monaca, in passato molestata anche pesantemente dai curiosi, è stata recintata, sul posto sono state collocate tabelle informativa plurilingui con il divieto di avvicinarsi a meno di 20 metri. Ormai le foto dei suoi spiaggiamenti hanno fatto il giro del mondo e non sono pochi i villeggianti che arrivano a Pola solo per vederla. Il ministro, per altri impegni, non è riuscito a recarsi sulla spiaggia di Valcane. Sarà per un’altra volta.

(p.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 luglio 2014

 

 

PRIORITÀ ALL’ALTA VELOCITÀ DA TORINO A TRIESTE»
Il ministro Lupi definisce l’opera «strategica»: «Siamo fermi a Brescia. Ora si deve accelerare»

TRIESTE Le priorità del governo per le grandi opere sono l'accelerazione del completamento dell'alta velocità e dell'alta capacità ferroviaria con la Torino-Trieste e la Napoli-Bari. Lo ha indicato il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi in un intervento alla presentazione dell'osservatorio Ance. Il ministro del governo Renzi ha spiegato che nel caso della Napoli-Bari «interverremo con una procedura accelerata per aprire i cantieri dalla fine dell'anno prossimo» rispetto alla previsione attuale che vedrebbe la posa della prima pietra tra il 2018 e il 2019. Lupi si è poi concentrato sull’altra «opera strategica», ovvero quella che riguarda il Friuli Venezia Giulia. A dire il vero Lupi si è soffermato di più sul tratto di linea che interessa i territori della Lombardia e del Veneto, senza menzionare la parte che dovrebbe collegare Mestre a Trieste. «Il completamento dell'alta velocità Torino-Trieste è strategico - ha dichiarato Lupi -. Oggi siamo fermi a Brescia. Si deve accelerare tra Brescia e Verona e tra Verona e Padova. Li c'è il cuore della logistica». In questo modo il ministro ha confermato le parole dell'ormai ex commissario alla Tav Venezia-Ronchi dei Legionari, Bortolo Mainardi, che in una recente intervista aveva spiegato che il progetto in Fvg non era mai stato archiviato. Prima della sua mancata riconferma a commissario, nel marzo scorso, Mainardi si era espresso in favore di un quadruplicamento della linea ferroviaria esistente, da lui considerata una soluzione preferibile ai costi e alle difficoltà dell'alta velocità. Il finanziamento delle opere resta un nodo spinoso. Lupi ha dichiarato che sulle risorse «nel governo stiamo discutendo». Il ministero intende «uscire dalla logica dello stanziamento anno per anno e passare a una percentuale del pil fissa destinata alle infrastrutture». Secondo il ministro si otterrebbe in questo modo un effetto moltiplicatore delle risorse destinate ai cantieri. Una proposta che dovrà andare al vaglio del Consiglio dei ministri. «Noi proponiamo lo 0,3% del Pil per le opere infrastrutturali» ha aggiunto Lupi. Va ricordato che buona parte del chilometraggio della linea che va da Verona a Trieste (in totale 260 chilometri) non dispone al momento di un progetto definitivo. L'assessore regionale alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro ricorda che le infrastrutture strategiche restano competenza della presidente Debora Serracchiani, da sempre in prima linea sull'argomento: «In ogni caso - precisa -. L'alta velocità resta un tema sul tavolo nell'intesa fra Stato e Regione, per cui anche per noi rimane tra le opere prioritarie». Nei giorni scorsi la presidente ha sottolineato più volte come esista un progetto per ammodernare la linea esistente, velocizzando i collegamenti fra Trieste e Milano nel giro di qualche anno. Ma le prospettive dell’Alta velocità in regione, sono tutte da approfondire.

(g.t.)

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 luglio 2014

 

 

ROIANO, MENO POSTEGGI E PIÙ VERDE NEL NUOVO PROGETTO EX POLSTRADA
Stalli ridotti da 300 a 70, un asilo nido e un giardino: giù il costo totale. Babuder (Fi): ma i residenti
speravano nei parcheggi. Dapretto: meno soldi disponibili, problemi coi due torrenti nel sottosuolo

Sarà pronto entro la fine di quest’anno il nuovo progetto per l'area dell'ex sede della polizia stradale a Roiano: un progetto modificato rispetto a quello precedente, presentato ormai una decina di anni fa. Il nuovo piano prevede la creazione di una settantina di posti auto, di un asilo nido ma soprattutto di un ampio giardino, con tanto verde e alberi d'alto fusto, per una spesa complessiva di sette milioni e mezzo di euro. Ad annunciare in anteprima la novità è stato l'assessore comunale ai Lavori pubblici Andrea Dapretto nel corso di una riunione che si è tenuta nei giorni scorsi con la Terza circoscrizione. È stata abbandonata dunque l'idea del parcheggio interrato da oltre 300 posti auto, sia per l'esistenza di due torrenti nel sottosuolo mai mappati in precedenza, sia per un costo troppo elevato della struttura. «Il progetto di prima necessitava di una spesa totale di 12 milioni di euro, cifra attualmente non più disponibile – spiega Dapretto – inoltre dalle verifiche effettuate i torrenti presenti nel sottosuolo avrebbero creato non pochi problemi. Riusciremo comunque a ricavare una settantina di parcheggi, un numero ridimensionato rispetto ad un tempo perché tiene conto anche dei cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nel rione, dove altri parcheggi sono ora in via di costruzione. Le palazzine della polizia verranno abbattute e sarà realizzato un edificio ex novo nel quale troverà posto un asilo, che già figurava nello studio presentato una decina di anni fa. Per il resto grande spazio al verde, in modo da creare un punto di aggregazione importante che finora non esisteva nella zona». Qualche perplessità è stata per ora espressa dalla circoscrizione. «I roianesi si aspettavano di trovare, nell'ipotesi presentata dal Comune, i tanto agognati parcheggi. Ben venga comunque la creazione di aree verdi, ma il timore – sottolinea il consigliere circoscrizionale Michele Babuder (Forza Italia) – è che la fretta per l'impiego dei fondi Prusst (che devono essere rendicontati entro il 2017, salvo brevissime eventuali proroghe) sia cattiva consigliera, dopo tanti anni di attesa e speranze da parte di chi vive in questa zona. Speriamo non si tratti di un intervento solo estetico e poco funzionale». Dapretto precisa però che ci saranno ulteriori momenti di confronto prima di avviare la progettazione definitiva dell'opera. «Vogliamo incontrare nuovamente circoscrizione e residenti nei prossimi mesi – conclude l'assessore – in modo da discutere insieme il progetto e così da rispondere il più possibile a tutte le esigenze e le richieste che arriveranno da parte dei cittadini».

Micol Brusaferro

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 luglio 2014

 

ADRIATICO INVASO DALLE MEGA-MEDUSE

Specie di 80 centimetri a Lignano e Pirano. Esemplare spiaggiato a Muggia
ROMA Il Mare Nostrum, il Mediterraneo, è sempre più loro: le meduse. Che nascono nel blu profondo, in corrispondenza dei canyon marini, e spesso scelgono per la riproduzione il golfo di Pozzuoli, quello di Salerno o le Eolie per poi seguire il regime correntizio, e disperdersi ovunque. L’estate si apre con «una grande proliferazione della medusa Pelagia nel Mediterraneo occidentale, mentre in Alto Adriatico è tornata dopo quasi un secolo la Drymonema dalmatinum, la medusa più grande del Mediterraneo con un cappello di circa 80 cm», segnala Ferdinando Boero, biologo marino dell’Università del Salento e Cnr-Ismar, nel sottolineare una novità che arriva dall’uomo: dall’Elba alla Puglia gli stabilimenti si stanno attrezzando con reti anti-medusa. Dal monitoraggio fatto anche attraverso le segnalazioni dei cittadini e dei pescatori, precisa Boero che è il coordinatore del progetto Ue Coconet e ricercatore Perseus, emerge che «la Pelagia quest’anno si è riprodotta tantissimo e le correnti possono spingere queste specie marine urticanti, tipiche del Mediterraneo e dal caratteristico bordo violaceo, sul mar Ligure, il Tirreno e lo Ionio. In Alto Adriatico non ci sono, ma lì è tornata - continua il biologo - la Drymonema dalmatinum, una specie descritta per la prima volta nel 1880, poi riavvistata solo nel 1940, e poi più nulla per decenni. Di questo maxi animale marino sono tre gli avvistamenti nell’ultima settimana: al largo di Lignano, poi a Pirano e un altro, un esemplare di 80 cm di diametro, spiaggiato a Muggia. E se le crisi possono diventare opportunità, secondo Boero non andrebbe sottovalutata l’idea dell’avvio di un turismo per le meduse: «Sono specie non aggressive, e viste a debita distanza con una maschera, uno spettacolo a mare aperto tra i più affascinanti: sono animali bellissimi».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 luglio 2014

 

 

VIA MAZZINI PEDONALE: PRIMO ESAME SUPERATO
Per trasformare il “p-day” in un “happy day” c’è voluta una giornata d’estate, sole, poche auto in giro e una buona parte di triestini a Barcola. Al netto di questo la sperimentazione messa in atto dalla giunta Cosolini sulla futura pedonalizzazione ha passato il primo esame. La chiusura al traffico di via Imbriani e di via Mazzini non ha creato disagi per tutta la giornata, nemmeno nei punti più a rischio. Il sindaco Roberto Cosolini e l’assessore Elena Marchigiani, avvistata per l’intera mattinata passeggiare lungo il centro, possono tirare un sospiro di sollievo: «E’ andata bene», dicono in serata quando ancora però manca un’ora abbondante all’altro stop, quello di Corso Italia per la “Notte dei saldi”. Si salvi (anzi, si saldi) chi può. Ma ieri, pure su questo, tutto è filato per il verso giusto. E’ chiaro però che tenendo quell’arteria off-limits in un giorno feriale si manderebbe in tilt tutto, come era accaduto a Natale. Il provvedimento, tuttavia, tocca soltanto l’evento commerciale e non sarà la norma. Anche perché è proprio quella valvola di sfogo a reggere il piano. Quando la sperimentazione diventerà effettiva, prima nei week-end e poi definitivamente, Corso Italia resterà libero alla circolazione. La giornata non ha avuto intoppi. Certo, per capire se il “p-day” può davvero sopportare l’abituale viabilità, la sperimentazione andrebbe fatta nei giorni feriali. Lo fanno notare un po’ tutti. Indirettamente pure la Polizia municipale: «Oggi (ieri, ndr) il traffico era davvero scarso...», ammettono. Due i punti potenzialmente critici. Via Valdirivo, innanzitutto, dove a causa dello stop ai mezzi in via Imbriani e via Mazzini, col “Piano Marchigiani” vengono fatti confluire pure i bus: 9, 10, 11, 18 e 25. Non è poco. Il tratto, centralissimo, porta spesso gli automobilisti del lunedì mattina a spazientirsi. E’ zona di negozi, quella. Dunque di carico merci. Mettiamo che un camion deve rifornire Marchigomma, per dirne uno. Ora di punta: accosta, attiva le quattro frecce e scarica. La strada, inevitabilmente, si restringe. Magari in quell’istante arriva la 9. Sfortuna vuole che sopraggiunga pure la 10. Entrambi devono far scendere e salire la gente: lì la via, di colpo, si trasforma in un’unica corsia, con un furgone davanti. E una cacofonia di clacson. Tutto tranquillo ieri pure sull’altro nodo, quello di piazza Goldoni all’incrocio con Corso Saba per svoltare in via Carducci. Lì si potrebbero ammassare le auto provenienti da Corso Italia, a cui sarà vietato girare in via Imbriani, e dalla galleria Sandrinelli. Tutti problemi che non si sono posti ieri. L’assessore Marchigiani può cantare vittoria: «Il traffico veicolare non è stato intaccato - commenta - e questo dimostra che il sistema tiene. Certo, siamo in estate, ma per come è andata è una risposta concreta a chi nei giorni scorsi si è fregiato di essere un grande esperto...può mettersi a riposo». Il riferimento è alle critiche di Roberto Camus, docente universitario ed ex consulente del Comune nella giunta Dipiazza. «La sua visione era puramente trasportistica, legata alla velocità dei bus, mentre noi con la pedonalizzazione puntiamo a rivitalizzare il centro e il commercio», rileva l’assessore. Soddisfatto Cosolini: «Smentite le previsioni nere della vigilia». Nemmeno le deviazioni dei bus e le fermate provvisorie hanno pesato più di tanto. A parte su chi, ignaro del “Piano Marchigiani”, si è messo ad attendere invano in via Mazzini e in via Imbriani e se l’è presa con la Trieste Trasporti perché il bus non passava mai.

Gianpaolo Sarti

 

SEGNALAZIONI - PIANO DEL TRAFFICO Trieste più europea

Il Coped – Camminatrieste ritiene doveroso richiamare l’attenzione dei nostri concittadini sul significato della parola pedoni, e in quanto tali i veri protagonisti della vita della città. Vale per tutto il mondo e vale anche per Trieste. Che per noi significa sicurezza, città, turismo eguale a grandi eventi, Mobilità urbana sostenibile, solidarietà alle vittime della strada. Su questi valori siamo in sintonia con il sindaco Roberto Cosolini, con l'assessore Elena Marchigiani, Pianificazione urbana e mobilità, con Roberto Morelli, giornalista e con Marino Andolina che rilevano con posizioni molto importanti, la necessità che Trieste sia veramente una città europea. Siamo meravigliati per certe posizioni, che sono poche, di coloro che manifestano contrarietà alle iniziative riguardanti il Piano urbano del traffico e si dimenticano dei pirati della strada che insistono con violenza in molti incidenti stradali e che hanno visto molte vittime della strada già nel 2014 e non si rendono conto che il traffico in città attuale è insostenibile ed è causa di sciagure con prospettive preoccupanti. Come non essere d'accordo con Marino Andolina che scrive sulle Segnalazioni: “È cronaca recente il numero impressionante di pedoni, per la maggior parte bambini, travolti in tutta Italia, sulle strisce pedonali. Non credo che a Trieste ci si possa vantare di essere più virtuosi di altre città italiane”. D'accordo anche con Roberto Morelli, giornalista: “ Non è un passaggio indolore-nessuna modifica al traffico lo è-ma alla fine avremo una Trieste più amichevole e attraente, più frequentata dai cittadini e dai turisti”. Anche in sintonia in merito commercianti ed esercenti quanto mai contenti per le isole pedonali per le quali Coped-Camminatrieste si è battuta da anni e oggi si vedono i risultati. Come non difendere l'assessore Elena Marchigiani, con la quale abbiamo sempre collaborato e fatto delle proposte per la nostra città. Siamo d'accordo anche con il sindaco Roberto Cosolini quando scrive sulle Segnalazioni, 2.7.2014 : “Grandi eventi, molti di più i benefici dei disagi.”, rispondendo ai soliti critici quali sono gli interessi della nostra città. Città europea che sta rivelando molte potenzialità. Il Coped – Camminatrieste in questa partita di notevole importanza e con le sue azioni rivolte alla tutela dei diritti del pedone, Studenti e pedoni insieme, abbiamo fatto conoscere Trieste in molte città italiane ed europee, con visite, incontri e passeggiate, per le quali seguiamo il nostro percorso con altri programmi già in preparazione in relazione anche agli eventi che si preoccupano per la nostra bella Trieste. Argomenti trattati nella riunione del Consiglio direttivo di questi giorni. Camminatrieste che ha amicizie in tutte le componenti della città, Enti e persone, rivolge un caldo invito ad operare per queste iniziative.

Sergio Tremul Presidente di Coped CamminaTrieste

 

 

«SAN DORLIGO, LA SIOT DISMETTA I SERBATOI PIÙ VICINI ALLE CASE»
SAN DORLIGO DELLA VALLE L'esproprio di un chilometro quadrato di terreno fertile, le esalazioni di greggio provenienti dall'enorme parco serbatoi. Dalle sue origini alla situazione odierna la Siot sta continuando a rappresentare una ferita aperta per il territorio del Comune di San Dorligo della Valle.

Il concetto è stato ribadito a chiare lettere da parte dei consiglieri di opposizione Boris Gombac, Roberto Drozina e Roberto Massi durante la riunione straordinaria del Consiglio comunale che ha visto la presenza della presidente e amministratrice delegata della Siot, Ulrike Andres. Come emerso dall'incontro pubblico lo stabilimento di San Dorligo impiega 117 dipendenti, meno dell'1 per cento residente nel comune, mentre le cooperative impiegano oltre 500 persone. La società paga annualmente quasi 8 milioni di euro, tenendo conto che l’arrivo di ogni petroliera vale 70 mila euro, a fronte di un approdo annuale di oltre mezzo migliaio di navi. Nel proprio intervento il consigliere Boris Gombac (Uniti nelle Tradizioni) ha richiesto che «la più volte decantata disponibilità della Siot al dialogo ed alla cooperazione con la comunità si esprima nel versare alle casse comunali quanto dovuto per il servizio di asporto e smaltimento rifiuti pari a 1 milione 185 mila euro», cifra che, se non versata, dovrà essere coperta con aumenti tariffari a carico dell’intera cittadinanza. Gombac ha poi chiesto la dismissione dei serbatoi “collocati in difformità con i limiti previsti dal Prgc”, ossia 80 metri dalle strade comunali e provinciali e 150 metri dalle strade statali. Gombac ha, infine, proposto che la Siot eroghi un contributo annuale ai proprietari dei terreni attraversati dall'oleodotto e riconosca il reale deprezzamento degli immobili residenziali posti in adiacenza al parco serbatoi accollandosi l’onere della copertura finanziaria per una proporzionale riduzione delle aliquote Imu gravanti tali immobili. Il consigliere Roberto Drozina (Territorio Ambiente) ha concentrato il suo intervento sulle problematiche connesse alle varie forme di inquinamento originate dalla presenza della Siot, evidenziando come «le emissioni odorigene, che tuttora persistono, sono ormai identificate quale inquinamento a tutti gli effetti, sia civili sia penali: il degrado ambientale, la sicurezza e la salute dei cittadini, deprezzamento dei valori immobiliari nelle zone più prossime al parco serbatoi, sono elementi inconfutabili». Drozina ha poi richiesto che la Siot si attivi per «dismettere, quantomeno, i serbatoi più prossimi ai centri abitati (i numeri 5 e 44, ndr) e a riqualificarne altri magari costruendo al loro interno serbatoi realizzati sul modello di quelli (con sistema di chiusura superiore fissa) esistenti nella vicina Sermino in Slovenia». Il consigliere Roberto Massi (Forza San Dorligo) ha posto l’accento sulle problematiche dell’inquinamento, quello odorigeno in particolare, ed ha ribadito quanto già evidenziato nei precedenti interventi degli altri consiglieri circa la necessità di un tavolo permanente di confronto diretto con la Siot, in attesa che i tanto annunciati interventi per arginare le esalazioni (nebulizzatori di acqua applicati ai serbatoi, per ora ne sono stati equipaggiati sei) portino qualche effetto positivo per i residenti.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 luglio 2014

 

 

Giacimento di gas a 50 chilometri da Pola - Edison annuncia l’avvio della produzione

Edison ha annunciato l'avvio della produzione del giacimento di gas croato Izabela, di cui detiene una partecipazione del 70% in joint venture con la compagnia petrolifera croata Ina. L'entrata in produzione del campo, riferisce un comunicato di Foro Buonaparte, rafforza l'interesse per il bando di gara del governo croato per l'aggiudicazione di nuove licenze esplorative in Adriatico. «Il costante e produttivo dialogo con Ina - afferma Nicola Monti, vice presidente esecutivo di Edison E&P - ha portato a una soluzione di reciproca soddisfazione in un momento di rinnovata attenzione per l'upstream croato». Il giacimento, che si trova a 50 Km dalla costa di Pola nel Mar Adriatico settentrionale, ha riserve stimate di 1,4 miliardi di metri cubi di gas e a regime produrrà 280 milioni di metri cubi di gas annui.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 luglio 2014

 

 

«Traffico a rischio ingorgo in corso Italia e via Valdirivo»

Il docente Roberto Camus esprime i sui timori sulle chiusure delle vie Imbriani e Mazzini: «Prima bisogna pensare ai bus e ai taxi»
Una bocciatura doppia. Nel metodo e nei contenuti. Roberto Camus, già preside dell’allora facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste e docente all’ateneo locale, non è certo tenero con la sperimentazione dei cosiddetti “p days”. Quella che prenderà il via dal weekend di domani e domenica, con la chiusura al traffico veicolare di via Mazzini (da via Roma a piazza Goldoni) e via Imbriani (da corso Italia a piazza San Giovanni), per ripetersi poi nei successivi fine settimana sino a quando - nelle intenzioni del Comune - tale assetto non diverrà quotidianamente definitivo. Intanto, si parte dalle 9 di domattina fino alle 20 di domenica. E proprio sul fatto di “provare”, Camus - padre del ben noto Piano del traffico rimasto per lunghissimo tempo nei cassetti del Municipio quando a guidarlo era Roberto Dipiazza e mai concretizzato - non nasconde la prima delle sue perplessità: «Non sono molto d’accordo sulle sperimentazioni. La tecnica del traffico - osserva il docente ed esperto del settore - è materia seria: la si può studiare prima e quando la si è studiata poi la si applica, si parte. Il tentare con “o la va o la spacca” mi lascia perplesso». Dal «no» alla sperimentazione, Camus riparte per passare all’analisi del contenuto. Cioè della chiusura di via Mazzini e via Imbriani: «Probabilmente si verificheranno altre situazioni tipo il dicembre scorso (quando il 21 il traffico si era bloccato con la chiusura di via Mazzini, ndr). Ma con qualsiasi modifica c’è inevitabilmente un periodo di assestamento, durante il quale ci possono essere momenti di congestionamento del traffico. Se la cosa è fatta bene, però, in due-tre giorni va tutto a posto. Le chiusure per una giornata, come per Carnevale o altri eventi, con la città “blindata”, poi sono un’altra cosa. Ci stanno». Tecnicamente cosa può determinare un provvedimento come quello che scatta nel fine settimana (peraltro con l’appendice serale della Notte dei saldi al sabato, e ulteriori vie off-limits alla circolazione dei veicoli, corso Italia in testa, dalle 20 in avanti)? «Questo tipo di intervento - ritorna Camus sulla chiusura delle vie Mazzini e Imbriani - modifica il percorso delle linee degli autobus del trasporto pubblico. Ci sarà più traffico in corso Italia e dall’altra parte in via Valdirivo. E quel che è peggio, diminuirà la velocità commerciale dei bus stessi. Oggi infatti viaggiano su una strada “privata” come via Mazzini (riservata al tpl, ndr), in quel modo non più. Verranno spostate le coincidenze di piazza Goldoni, uno dei due centri di forte interscambio in città. L’altro è alla Stazione centrale». Camus batte forte sulla «commistione di traffico pubblico e privato che si creerà in via Valdirivo», con la mole di mezzi in transito su quell’arteria che aumenterà inevitabilmente. In questo senso, una questione aggiuntiva sarà data dalle «nuove fermate degli autobus, molto diverse dalle attuali in piazza della Repubblica, altro snodo molto forte. Tutte le persone - evidenzia il docente - che attendevano lì i bus si trasferiranno in via Valdirivo, dove però i marciapiedi sono più stretti...». E gli spazi per i veicoli pure. «Il mezzo pubblico non è un giocattolo che sposti - continua come un fiume in piena Camus -, con la gente che un giorno lo aspetta in un punto, il giorno dopo in un altro...». Dunque, quali soluzioni avrebbe adottato l’ex preside di Ingegneria? Nessuna contrarietà alla pedonalizzazione delle vie in questione, sia chiaro, ma per arrivarci sarebbe necessario a suo avviso un altro passaggio iniziale contestuale: «Trasformare via Mazzini in pedonale è più complicato rispetto a corso Italia. Non lo si può fare senza trattare tutto il resto: è possibile riuscirci con corso Italia riservato al solo trasporto pubblico. Nel momento in cui tolgo i privati dal corso, posso gestire via Mazzini come voglio. Altrimenti, si peggiora la situazione di traffico in corso Italia e via Valdirivo. Poi, ognuno - conclude Camus - ha le sue idee...».

Matteo Unterweger

 

Il sindaco «Una misura graduale per prevenire le criticità»
Le obiezioni di Camus? Roberto Cosolini non si scompone affatto e sul rischio intasamenti in via Valdirivo e corso Italia causa chiusura al traffico delle vie Mazzini e Imbriani ribatte: «La modifica non viene introdotta nelle principali giornate lavorative, ma al sabato e alla domenica quando vi è un minor numero di mezzi in circolazione perché molte persone non lavorano. Abbiamo fatto attenzione a una certa gradualità - aggiunge il sindaco -, scegliendo inoltre di partire nella stagione estiva quando i flussi di veicoli sono più ridotti, proprio per monitorare la situazione e prevenire eventuali criticità». C’è poi una valutazione di tipo più generale: «Rispetto i punti di vista di tutti gli esperti, che spesso hanno opinioni diverse e contrapposte, però sottolineo che questa misura non va valutata solo dal punto di vista del Piano del traffico - prosegue Cosolini - ma come intento volto a migliorare la godibilità della città per cittadini e turisti. Considerarla solo sotto l’aspetto del Pgtu è limitativo». Su un punto tecnico, il sindaco concorda con Camus: «È chiaro che la chiusura definitiva di via Mazzini avverrà solo quando corso Italia sarà riservato al trasporto pubblico. L’idea del professor Camus di realizzare tutto in blocco sarebbe anche la mia, ma non credo serva spiegargli cos’è il Patto di stabilità...».

(m.u.)
 

Paparo: «Vedremo la reazione della gente»
Così l’ad di Trieste trasporti. Modifiche al trasporto pubblico dalle 9 di domani alle 20 di domenica
Linee degli autobus modificate, dunque, nel weekend con l’avvio dei “p days”. Ma dei fine settimana pedonali di via Mazzini e via Imbriani cosa pensa l’azienda che garantisce il trasporto pubblico locale, cioè Trieste trasporti? «È un fatto sperimentale - osserva l’amministratore delegato di Tt, Cosimo Paparo -, quindi vedremo la reazione della gente», degli utenti. «Le abitudini contano nel tpl», ricorda Paparo, rilevando come il progetto sia frutto di una «decisione di Comune e Provincia». All’elenco dei bus che cambieranno in parte tragitto nei weekend, a partire da domani (dalle 9) e domenica (fino alle 20), si aggiunge anche la 1, che in direzione via Svevo, da via Carducci procederà per piazza Goldoni e da lì sul normale percorso. Le altre variazioni, per rimpiazzare i tratti di via Mazzini, piazza della Repubblica e/o via Imbriani: la 5 in direzione Roiano da via Tarabochia transiterà per via Carducci, piazza Oberdan, piazza Dalmazia, via Martiri della Libertà, mentre in direzione piazza Perugino o via Cumano, da via Roma per corso Italia e piazza Goldoni; la 9 verso largo Irneri, da via Battisti per via Valdirivo e Rive, e diretta in piazzale Gioberti dalle Rive continuerà su via Canal piccolo, corso Italia, piazza Goldoni, via Gallina e via Battisti. La 10 da via Pellico imboccherà via Gallina, via Reti, via Carducci, via Valdirivo, Rive, via Canal piccolo e piazza della Borsa (capolinea), corso Italia, piazza Goldoni (inversione di marcia), via Pellico e poi tragitto normale. Quanto alla 11, verso corso Italia da via Tarabochia per via Carducci, via Valdirivo, via Roma e via Mazzini (tratto conclusivo verso le Rive). In direzione corso Italia, la 18 da via Carducci procederà per via Valdirivo, Rive, via Canal piccolo, piazza della Borsa. La 19: verso via Puccini, dalla Stazione corso Cavour, Rive, via Canal piccolo, piazza della Borsa, corso Italia e piazza Goldoni (capolinea della Stazione in comune con quello della 17/); verso la Stazione, da via Tarabochia per via Carducci. Passando alla 24, diretta alla Stazione centrale dalle Rive per via Canal piccolo, piazza della Borsa, corso Italia e via San Spiridione. La 25: per corso Italia, da via Tarabochia proseguirà per via Carducci, via Valdirivo, via Roma e via Mazzini (parte finale), mentre in direzione di Cattinara per corso Italia, piazza Goldoni, via Gallina e via Battisti. Le modifiche alla 30: diretta alla Stazione, dalle Rive per via Canal piccolo, piazza della Borsa, corso Italia e via San Spiridione. Dalle 20, con le altre chiusure al traffico per la Notte dei saldi - a partire da corso Italia –, ulteriori variazioni integreranno quelle elencate: nello specifico delle linee 4, 5, 9, 10, 11, 17, 18, 19, 24, 25, 28 e 30. Domani, così la notturna A (dalle 21): per Campi Elisi, da via Gallina (nuovo capolinea) lungo via Reti, via Carducci, via Valdirivo e Rive; in direzione piazza Goldoni, dalle Rive per via Milano, via Carducci e piazza Goldoni. Tutte le informazioni, anche sulla nuove fermate, su www.triestetrasporti.it o al numero verde 800-016675.

(m.u.)
 

 

Muggia, la componente della maggioranza non ha votato il Piano regolatore - Strappo di Rifondazione sul Prgc
La Federazione della sinistra, ossia l'unione tra Rifondazione comunista e Pdci, non ha partecipato al voto sul nuovo Piano regolatore generale comunale. La precisazione arriva dal capogruppo consigliare Maurizio Coslovich che smentisce "categoricamente" quindi il fatto che il Prgc abbia ricevuto il nulla osta da parte di “tutti i membri della maggioranza” di centrosinistra come sostenuto invece dal vicesindaco Laura Marzi. «Voglio evidenziare che non ho proprio partecipato alla votazione, in quanto non consona al programma preelettorale dove si diceva invece, a chiare lettere, "dell'assoluta non cementificazione", e nella quale non si parlava di antenne dislocate a casaccio soprattutto in siti non consoni e senza previa discussione e condivisione con tutti i concittadini residenti», tuona Coslovich. Per quanto riguarda il piano parcheggi e la viabilità, l'esponente comunista ha le idee chiare su come l'amministrazione comunale non abbia rispettato la volontà della Fds: «La nostra proposta era di mettere sul lastrico solare del parcheggio Caliterna la prima ora gratuita, e allo stesso tempo di ripristinare il doppio senso di marcia sulla vecchia strada provinciale in direzione Trieste (Nacia), invece di essere costretti a fare il giro del mondo per dover passare obbligatoriamente davanti al centro commerciale FreeTime». Invece la Giunta, sentiti i pareri tecnici degli uffici, ha bocciato il ritorno al doppio senso di marcia sulla strada provinciale che da Aquilinia porta a Muggia, nonostante peraltro una petizione popolare portata avanti dall'associazione Muggia Viva che aveva raccolta oltre 800 firme. Nulla da fare infine nemmeno per l'applicazione della prima ora gratuita al Caliterna. Quello sul Prgc è dunque l'ennesimo strappo da parte della componente comunista della maggioranza che regge il sindaco Nerio Nesladek.

(ri.to.)
 

 

La raccolta differenziata si fa, anche senza incentivi monetari - la lettera del giorno di Pino Podgornik
Credo non sia un caso che qualcuno tenti di guadagnare più di un altro, ma approfittare della raccolta differenziata, in particolare sui rifiuti ingombranti, mi sembra esagerato. Una persona , tempo fa, chiedeva all’assessore Laureni, quando sarebbero ripresi gli incentivi per questo tipo di raccolta. Una domanda che io non farei mai. La raccolta si fa, anche senza incentivi monetari comunali. Se non si riesce da soli, si telefona ad un numero predisposto ed il gioco è fatto. Purtroppo pero, vicino ai bidoni, ora che non ci sono gli incentivi, si vedono immondizie (mobilia, materassi, ecc.) che non dovrebbero trovarsi lì. Da noi manca la cultura del rispetto e del dovere! Anch’io ho portato dei rifiuti ingombranti al luogo di raccolta, senza però chieder nulla. Ho fatto il mio dovere, a salvaguardia dell’ambiente e del risparmio della comunità. Mi chiedo, se nel caso il Comune pensasse di introdurre nuovamente gli incentivi, ma non a breve termine, cosa faranno quelle persone fino alla loro reintroduzione? Smantelleranno la casa e raccatteranno il possibile per guadagnarsi ulteriori bonus? E dove terranno nel frattempo la merce ingombrante da rottamare? Il Comune ha già speso , per incentivare questa innovazione 49.000 euro, per premiare 500 persone. Le persone che ne hanno usufruito devono sapere che i soldi non sono una regalia dell’assessore, ma vengono messi nel bilancio comunale, e da qualche parte devono essere presi. La coperta, se tirata da una parte, si accorcia dall’altra! Non è certo un bel vedere quello che succede per la differenziata, fatta male ed incompleta. Nella carta e nel vetro diversi lasciano colpevolmente la plastica che conteneva le cose da dividere. Spero che non ci sia “il così fan tutti“! Più cultura, quella che manca, come sottolineavo prima, della riciclata in genere e meno pretese. Vedremo cosa succederà con l’umido, non ci scommetterei molto sulla sua felice riuscita. Il cittadino dovrà consapevolmente collaborare, ma anche l’Acegas dovrebbe venir incontro all’utente, se non altro mettendogli gratuitamente a disposizione i sacchetti necessari alla raccolta dell’umido indigeribile, ed anche indigesto per una differenziata perfetta.

 

 

La cura degli alberi in poche regole
Iniziativa di Italia Nostra e Legambiente, “Tra fiori e piante” e “Triestebella”
Potare, piantare, curare gli alberi sono tutte operazioni che pretendono specifiche conoscenze e competenze: per farle bisogna seguire precise regole e affidarsi ai consigli di esperti del settore. Questo l'appello lanciato ieri, nel corso di una conferenza stampa, dalle associazioni Italia Nostra, Legambiente, Tra fiori e piante e Triestebella. Su questo argomento le associazioni hanno prodotto e presentato un manifesto pieghevole in cui forniscono alcune semplici indicazioni su come piantare e curare gli alberi dei giardini pubblici e privati. Il manifesto sarà distribuito al pubblico a partire dai prossimi giorni e, dall’inizio del prossimo anno scolastico, anche agli studenti della città. «In autunno - ha annunciato il presidente di Italia nostra, Roberto Barocchi - organizzeremo un convegno in cui tratteremo questi temi, oltre al problema delle piante infestanti, con l’auspicio che vi partecipino anche le amministrazioni locali». Ieri esponenti dei Comuni di Trieste e San Dorligo della Valle hanno presenziato alla conferenza stampa, garantendo «la prosecuzione di una già proficua collaborazione con le associazioni redattrici del manifesto». In relazione al problema delle piante infestanti, in particolare dell’ailanto, che sta alterando il paesaggio vegetale della città e del Carso, è stato ricordato che nel 2010 è stata emanata una legge regionale per combatterlo “di cui auspichiamo l'applicazione - è stato detto - anche da parte dei Comuni».

(u. s. )

 

 

Casette dell’acqua, via libera dalla giunta
I primi distributori a pagamento a Borgo San Sergio, a Rozzol-Melara e alla rotonda del Boschetto
La giunta comunale, su proposta degli assessori all'Ambiente Umberto Laureni e ai Lavori pubblici Andrea Dapretto, ha approvato la delibera che conclude la fase istruttoria e delinea le linee guida per l'avvio sperimentale di tre impianti di distribuzione dell'acqua, le cosiddette “casette dell'acqua”, che saranno collocate a Borgo San Sergio in via Grego 40, a Rozzol Melara in via Koch 8 e alla rotonda del boschetto in corrispondenza dell'attraversamento pedonale di fronte alla Circoscrizione. Valutate le proposte pervenute, il servizio di erogazione (comprensivo di manutenzione, pulizia e controllo) sarà svolto in via sperimentale dalla Proacqua Group Srl di Rovereto (Tn), ditta specializzata del settore, che già opera sul territorio nazionale con propri erogatori di acqua potabile refrigerata e/o gasata, sulla base di specifiche convenzioni stipulate con gli enti competenti. Appoggiando l'iniziativa, il gestore del servizio idrico integrato AcegasAps effettuerà la regia diretta dell'allacciamento idrico degli erogatori e delle condutture di scarico, mentre saranno a carico del Comune i costi di allacciamento elettrico. L'acquisizione dell'acqua per uso domestico dalle “casette” (al costo di 5 centesimi di euro il litro) avverrà attraverso specifiche tessere magnetiche prepagate che il gestore metterà in vendita anche attraverso le strutture dell'ente. «Seguendo le linee programmatiche dell'amministrazione comunale di Trieste - si legge in una nota dell’ente locale -, anche l'avvio della fase sperimentale delle “casette dell'acqua” rientra tra quelle iniziative volte a ridurre i rifiuti solidi urbani. Infatti, tenuto conto di quanto già sperimentato in altri Comuni, sì è constatato che, per ogni distributore d'acqua installato, si risparmiano dalle 360mila alle 486mila bottiglie l'anno, con notevoli benefici a favore di famiglie, comunità, mense e scuole». «Non va infine dimenticato - prosegue il comunicato - che, sotto il profilo dell'inquinamento ambientale, la produzione di un kg di Pet, la plastica comunemente usata per le bottiglie, richiede 17,5 kg di acqua e rilascia nell'atmosfera 40 grammi di idrocarburi, 25 grammi di ossidi di zolfo, 18 grammi di monossido di carbonio e 2,3 kg di anidride carbonica (dati Paul Mc Rande - “The Green Guide” - in State of the world 2004 Edizione Ambiente)». Il Comune ricorda ancora che «una bottiglia di Pet da 1,5 litri pesa 35 grammi, con un kg si producono 30 bottiglie e la mancata produzione di queste bottiglie permetterebbe un rilevante risparmio ambientale, oltre a quello necessario per il recupero, il riciclaggio e lo smaltimento».
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 luglio 2014

 

 

La linea Campo Marzio-Opicina riapre lunedì

Ferma da maggio dopo lo stop per cedimenti infrastrutturali. Vertice a Roma Fs-Regione

La linea ferroviaria Trieste Campo Marzio-Villa Opicina, interrotta per cedimenti infrastrutturali dal maggio scorso, sarà riaperta il 7 luglio, lunedì prossimo. È stato annunciato ieri nel corso di un incontro tra Fs e Regione. I temi del ruolo e delle prospettive della presenza del Gruppo Ferrovie dello Stato in Friuli Venezia Giulia sono stati al centro di un vertice che la presidente della Regione Debora Serracchiani ha avuto ieri a Roma con i massimi dirigenti della società. Alla riunione con la presidente, che era accompagnata dall’assessore alle Infrastrutture e Mobilità Mariagrazia Santoro, hanno partecipato Michele Mario Elia (amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato), Vincenzo Soprano (amministratore delegato di Trenitalia), Orazio Iacono (direzione Commerciale ed Esercizio Rete Rfi) e Carlo De Vito (amministratore delegato di Fs Sistemi Urbani). L’incontro ha permesso di approfondire la situazione presente e futura per quanto riguarda il trasporto passeggeri e merci e gli investimenti infrastrutturali sulla rete e nelle stazioni. Relativamente al traffico passeggeri, sono state evidenziate alcune criticità presenti nell’attuale sistema che comportano ritardi per gli utenti. È stato ricordato che, da parte dei vertici delle società, è stata istituita una “task force” per monitorare i punti critici di regolazione del traffico e per il potenziamento tecnologico. È stata inoltre annunciata la fine imminente dei lavori nei cantieri sulla Udine-Tarvisio e nel nodo di Monfalcone. Inoltre è stata condotta un’analisi sui treni a lungo raggio Freccia Bianca, Freccia Argento e Intercity con le relative puntualità. Per quanto riguarda il traffico merci sono stati analizzati i dati relativi a Trenitalia Cargo e alle altre imprese ferroviarie e la situazione relativa ai porti e agli interporti regionali. Sul versante infrastrutturale sono stati confermati gli interventi di potenziamento della linea Venezia-Trieste e del nodo di Udine, che vedrà conclusa a giugno 2015 la prima fase del valore di 10 milioni di euro, nonchè il mantenimento dell’attuale potenzialità della linea Gemona-Osoppo con interventi di manutenzione straordinaria e il programma di soppressione dei passaggi a livello. Inoltre, come accennato, è stato annunciato nel corso dell’incontro che la linea Trieste Campo Marzio-Villa Opicina, interrotta per cedimenti infrastrutturali dal maggio scorso, sarà riaperta il 7 luglio.

 

 

Cosolini: «Porto Vecchio - operazione rilancio fallita»
Per il senatore Russo, le sole otto richieste di concessione sono imbarazzanti

Dure critiche alla presidente Monassi anche dai secessionisti di Trieste Libera
«Il percorso di trasformazione e rivitalizzazione del Porto Vecchio è evidentemente ancora ben lontano dall’essere a un punto di svolta e richiederà un lavoro ancora lungo e impegnativo.» Questo il primo giudizio del sindaco Roberto Cosolini sul fatto che il bando dell’Autorità portuale ha raccolto solamente otto richieste di concessione, due delle quali già note e avanzate dalla Provincia per un polo scolastico e dalla Camera di commercio per un polo espositivo. «Chiaro che un giudizio definitivo - specifica il sindaco - potrà essere dato soltanto quando si conosceranno i nomi e i progetti dei candidati concessionari e in particolare si capirà se si tratta di richieste che attivano finanziamenti privati e creano posti di lavoro o al contrario di istanze che intendono invece attingere a finanziamenti pubblici. Ma al di là del dato obiettivo della crisi tuttora in atto che certamente può aver frenato alcuni potenziali investitori - prosegue Cosolini - le prime risultanze sembrano la conseguenza di quelle che erano anche le mie perplessità di fondo: l’assenza di un piano strategico complessivo sul Porto Vecchio, la mancanza di una forte operazione di marketing e l’incertezza sullo stato giuridico dell’area.» Ancora più duro il senatore del Pd, Francesco Russo: «L’esito del bando è imbarazzante non solo per l’Autorità portuale, ma per l’intera città - il commento di Russo - e spiega una volta di più perché ho insistito e continuerò a insistere per un cambio radicale di rotta al vertice dell’Autorità portuale dove c’è assoluto bisogno di un manager di grande competenza che sia anche in grado di promuovere in giro per il mondo quello che è uno dei più belli e strategici waterfront d’Europa e che merita senz’altro miglior sorte. Non un uomo del Pd e nemmeno un politico locale, ma un tecnico di spessore internazionale che imprima alla politica portuale triestina direzione e ritmo completamente diversi.» Ma le sole otto istanze ricevute hanno suscitato commenti pungenti anche da parte di Rinascita triestina, sigla che raccoglie i secessionisti di Trieste Libera che fanno capo a Vito Potenza. «La responsabilità dell’insuccesso - scrivono - non è da ascriversi al Punto franco, ma a Marina Monassi che non ha saputo operare negli anni per farne conoscere le prerogative agli operatori internazionali, né ha operato per stabilizzare il quadro legislativo come da Allegato VIII, limitandosi a uscite estemporanee negli ultimi mesi.» E riferendosi alla battaglia con la governatrice Debora Serracchiani anche per quanto riguarda il Piano regolatore del porto, Rinascita triestina afferma che «la guerra delle due Lady non aiuta Trieste, così come non l’aiuta la mancanza di progettualità, di cui Monassi è altrettante responsabile, riguardo alla costruzione di un nuovo grande terminal collegato all’hub di Vienna.» Ma anche su questo tema l’ex monolitico Movimento di Trieste Libera è completamente spaccato, in quanto Paolo Parovel afferma invece che «questo primo risultato è un successo notevole, perché la gara di concessione è stata ostacolata sia da inadempienze delle autorità italiane nell’applicare il pieno regime di Porto franco internazionale, sia dai politici locali che vorrebbero usare illegalmente il Porto Franco Nord per una colossale speculazione edilizia e immobiliare.»

Silvio Maranzana

 

«Scuole al magazzino 19, il Consiglio voti»
Le liste civiche lanciano una mozione bipartisan da affrontare in Comune sulla proposta della Provincia
Realizzare una cittadella dello studio dentro il Porto Vecchio, iniziando da un primo insediamento nel Magazzino 19. E’ questa la proposta inserita nella mozione firmata e illustrata ieri dai consiglieri comunali delle Liste civiche, Patrick Karlsen, Roberto Decarli, Franco Bandelli e Roberto De Gioia e dal capo del Gruppo misto, Roberto Antonione, con la quale si chiede all’assemblea di piazza dell’Unità d’Italia di «sostenere la richiesta formulata dalla Provincia in base alla quale, in virtù di una specifica concessione, il Magazzino 19 potrebbe diventare sede scolastica». «La mozione nasce per dare forza alla richiesta di palazzo Galatti – ha spiegato Karlsen – che a sua volta è originata da un dato noto a tutti e che riguarda la cronica carenza di edifici scolastici nel territorio provinciale. L'utilizzo di un’area molto grande come quella del Porto Vecchio a favore della comunità, in questo caso per le scuole, sarebbe opportuno e intelligente. Bisogna capire e soddisfare le esigenze della città – ha sottolineato, evidenziando la trasversalità della mozione - superando le divisioni politiche. Il Porto Vecchio é l'emblema dell'inattività e dell'immobilismo – ha concluso Karlsen – perciò ora dobbiamo andare oltre e ricominciare». Bandelli ha rimarcato: «Il forte segnale politico lanciato da questa mozione, che evidenzia la volontà di forze politiche diverse di agire per il bene della città. Il Comune deve rivendicare il ruolo di cabina di regia del cambiamento – ha insistito – anche perché nessuno é proprietario del Porto Vecchio, patrimonio dell'intera città». «Vogliamo coinvolgere tutto il consiglio comunale e vedremo chi non condividerà una proposta che guarda al bene di Trieste – ha osservato Decarli – e che vuole utilizzare un patrimonio come il Porto Vecchio per le scuole. Chiederemo di programmare una conferenza dei servizi sull'argomento». Per Antonione la mozione rappresenta «la conferma della volontà dell’opposizione di essere costruttiva. Prima di tutto, anche delle divisioni politiche – ha ribadito - viene il bene di Trieste. Sul Porto Vecchio finora si era rimasti a semplici enunciazioni di principio, questo sarebbe finalmente un atto concreto. Il Comune già siede in seno al Comitato portuale – ha aggiunto - perciò può occuparsene direttamente. In Porto Vecchio si potrebbe veramente costruire una città della scuola». De Gioia ha ricordato che: «In Porto Vecchio c'è già il Magazzino 26, perciò si va nella direzione di un uso polivalente dell'area. Altro che chiuderla al transito». Firmatari della mozione, ma impossibilitati a presenziare ieri, sono anche Alessia Rosolen e Maurizio Ferrara.

Ugo Salvini
 

La fiera dell’Est e del pesce - Scommessa da 1,4 milioni
Il piano presentato da Aries con Antonio Paoletti per il polo in Porto vecchio prevede quattro nuove rassegne. Canone annuo di 193 mila euro, per 15 anni
Secondo il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti, «se verrà detto di no a questo progetto l’attività fieristica a Trieste morirà». Paoletti sente avversa la Regione: «Avversità da parte della Regione alla creazione e affermazione di un soggetto organizzatore di fiere che non sia aggregato a Pordenone o Udine-Gorizia Fiere». Due poli che in tutto già fanno 33 fiere in Fvg (21 a Pordenone e 12 a Gorizia e Udine). Con questa leva e questi numeri di partenza, e contando i 60 mila metri quadrati di spazio fieristico regionale attivo, Paoletti ha lanciato a Comune e Provincia, aspettandosi un finanziamento dalla Regione per 1,4 milioni di restauri, la proposta del Centro espositivo multifunzionale in Porto vecchio, per il quale ha depositato domanda di concessione per i magazzini 27 e 28. Ha corredato il “plan” non solo coi calcoli, dettagliati, dei ricavi per l’indotto su ogni manifestazione vecchia e nuova (40 euro a notte di media per pernottamento e 10 euro di spesette varie nel corso delle giornate di soggiorno dei visitatori per un totale annuo di 12 milioni) ma ha messo “a verbale”, avendone avuta comunicazione dall’Autorità portuale, il costo del canone concessorio annuo per i 6000 metri quadrati coperti e ben 21 mila scoperti, dove non si escludono tra gli usi possibili anche i raduni degli Alpini: 193.253 euro. Che per la fase di avvio, appesantita dai costi di ristrutturazione, secondo legge l’Autorità portuale potrebbe scontare del 50%, portando l’esborso a 96.627 euro. Mentre essendo il costo dell’imponente restauro dei magazzini (serramenti, varchi, impianto idrico e di riscaldamento, elettrico e delle fognature) calcolato in 1,4 milioni di euro, l’abbattimento è stato misurato in 15 anni, per 93.333 euro all’anno. Per cui la concessione non potrebbe essere più breve. È quanto si legge in dettaglio nel corposo fascicolo del progetto, disposto per schede certamente anche proiettabili, con cui la Camera di commercio, forte del fatto di aver già assicurato la sopravvivenza e il successo di “Olio capitale”, “TriestEspressoExpo” che appunto quest’anno a ottobre dovrebbe debuttare in Porto vecchio, e della fiera del Prosecco, si propone attraverso l’agenzia Aries come unico braccio esperto, e con esperienza internazionale, per organizzare anche le quattro fiere nuove: sul pesce, sull’arte contemporanea dell’Est, sullo “show business”, sulle tecnologie delle barche a vela. E per accompagnare mille altre iniziative, dai mercatini al “last minute” dei negozianti triestini, per giungere in 3 anni a 16 eventi strutturati con utilizzo medio dei magazzini di 188 giorni all’anno. Il piano è stato elaborato dallo Studio Metroarea dell’architetto Tazio di Pretoro, quello che già lavorò in Porto vecchio al Magazzino 26 per la Biennale “diffusa” di Vittorio Sgarbi.

Gabriella Ziani
 

Dal mercato degli spettacoli alle barche
Il presidente camerale punta anche sui congressi, andando in conflitto con Ttp (che presiede)
Dal pesce all’arte contemporanea, alla vela e a una sorta di “mercato degli spettacoli”, tutti temi che la Camera di commercio ritiene, per esperienza, di organizzare in proprio. Aggiungendo l’attività congressuale, che Trieste terminal passeggeri (Ttp), di cui è presidente il presidente della Camera di commercio, ha appena strappato a Promotrieste accordandosi sulla gestione in proprio di Stazione marittima e relative attività. Stazione occupata per gran parte del prossimo anno dalle navi da crociera, è scritto nel piano sul nuovo Centro multifunzionale, per cui Paoletti destina ai congressi i magazzini 27 e 28 in Porto vecchio, la Centrale idrodinamica non lontana (che nel “plan” è definita “Stazione idrodinamica” con una sintesi tra due strutture adiacenti), e la sala maggiore della Camera di commercio stessa: questo il «nuovo polo congressuale». Le 4 fiere nuove hanno tutte titolo in inglese. Si parte da “Sail tech” (settembre), «salone specializzato dedicato esclusivamente alle aziende che si rivolgono alla fornitura della cantieristica da diporto delle imbarcazioni a vela», tre giorni, ingresso a pagamento, con tecnologie, materie prime, prove pratiche, basandosi sul «network internazionale di contatti nel settore» sviluppato dalla Cciaa specie nell’Est Europa. Partner strategico: il distretto Ditenave con Area Science Park. Si prosegue con “Show business, il market place della cultura”, «punto d’incontro tra domanda e offerta del mondo dello spettacolo» (novembre). Qui partner desiderato fra molti, tra cui il ministero dei Beni culturali, è la Fondazione lirica “Verdi”, ma non si tien conto che le stagioni liriche viaggiano con qualche anno di programmazione d’anticipo e soprattutto per altre vie. Peraltro tra i partecipanti si citano teatri lirici, “dj”, compagnie di spettacolo e pure i circhi. Anche qui Aries «ha un network internazionale di contatti». Tra le manifestazioni collaterali, prove di trucco e «casting». A maggio? “Fish very good» (ovvero “Fvg”) per «favorire la conoscenza delle tradizioni del mare», del pesce azzurro, dello “slow tourism” con annessi scuola di cucina, passerella di pescherecci, giro del golfo. “Contemporary ArtEst” andrebbe a giugno: salone sull’arte contemporanea della Mitteleuropa, per «galleristi attenti alle avanguardie artistiche di Balcani e Europa centro-orientale». In futuro, anche un “fuori salone” con visite guidate ai musei ed eventi vari in città.

(g. z.)

 

 

Delfini e tartarughe: un’app del Wwf svelerà la mappa
La Riserva naturale marina di Miramare ha varato il Progetto terre@mare, anche per birdwatcher
Coniugare ricerca scientifica e turismo: è quanto si propone la Riserva naturale marina di Miramare con il Progetto terre@mare. Grazie a una nuova “application” studiata appositamente per Iphone e altri telefonini, si può già da ora contribuire a creare e aggiornare una mappa degli avvistamenti di cetacei, delfini, tartarughe, altri animali marini e uccelli che gli studiosi della Riserva stanno elaborando e aggiornando di continuo. «È un’innovazione significativa, poiché per noi è importante il contributo degli appassionati, che con foto e segnalazioni scritte telematiche ci possono aiutare a ricostruire i movimenti di ogni animale nel nostro Golfo» spiega Maurizio Spoto, responsabile della Riserva marina di Miramare. Ognuno potrà contribuire, in tale modo, a conoscere meglio la fauna che anima le nostre acque e quella che vi vola sopra. «Il nostro progetto - aggiunge - vuole anche promuovere le buone prassi in materia di comportamento da tenere in presenza di tali creature e incentivare l’ecoturismo, non solo in ambiente marino, oltre le escursioni. Basta vedere le foto della homepage di “terre@mare” per coglierne lo spirito». Nel sito, infatti, sono proposte escursioni, sia a terra che in mare. In merito a queste ultime, è proposta anche l’immersione nelle acque della Riserva marina stessa, che consente l’osservazione di un ambiente protetto e quindi a elevata biodiversità. «Le particolari caratteristiche geomorfologiche del promontorio - si legge sul sito - che si ripercuotono sulla flora e sulla fauna presenti fanno di Miramare un ambiente unico che da solo può rappresentare la peculiarità del Golfo di Trieste». «La Riserva marina di Miramare - si continua - organizza da diversi anni attività di visite subacquee per singoli, gruppi o diving-club in presenza di guide esperte. I partecipanti devono essere muniti di brevetto (obbligatori per l'immersione Ara). Riguardo le escursioni a terra, si sottolinea il Sentiero Natura, «posto lungo la Costiera di Trieste, caratteristico e spettacolare raccordo naturale tra l’Altopiano carsico e il Mare Adriatico, tra i borghi di Contovello-Prosecco e il promontorio di Miramare. Si tratta dell’area ove le antiche superfici terrazzate (“pastini”) caratterizzano ancora, e in modo significativo, il paesaggio della Costiera. Questa zona costituisce la fascia apicale retrostante al promontorio sul quale sorge il Castello di Miramare circondato dal suo sontuoso parco». Sono anche citati, anche con la stagionalità adatta, la Passeggiata Rilke, il Sentiero dei pescatori, il Bosco della Cernizza, il Sentiero della salvia e le Foci del Timavo. Intanto procedono con il ritmo usuale gli avvistamenti di delfini e tartarughe marine nelle acque del Golfo di Trieste. Con l’inizio della stagione estiva, già sono stati avvistati due delfini mentre quattro “carretta carretta”, purtroppo ormai morte, sono state ritrovate arenate sulle spiagge di Grado. Nulla di concreto, invece, in merito a segnalazioni di cozze delle mitilicolture nel Golfo di dimensioni abnormi, gigantesche. «L’unico dato vero - spiega l’esperto Walter de Walderstein - è che a causa dell’inverno dal clima mite e dell’assenza di grandi perturbazioni o fortissimi venti che ne compromettessero le temperature, ora dal punto di vista delle crescita dei mitili (ma non solo) siamo un mese e mezzo “avanti” rispetto a un’annata media».

Pier Paolo Garofalo

 

 

Circolo Verdeazzurro - Incontro sui misteri marini

S’intitola “Suoni, misteri e alieni sopra e sotto il fondo marino” la conferenza del Circolo Verdeazzurro Legambiente che si terrà oggi alle 18 al Caffè San Marco(via Battisti 18).

 

Suoni e alieni sopra e sotto il mare al Caffe' San Marco
“Suoni, misteri e alieni sopra e sotto il fondo marino” alle 18 Ingresso liberoSi intitola “Suoni, misteri e alieni sopra e sotto il fondo marino”, la conferenza organizzata dal circolo Verdeazzurro Legambiente che si terrà alle 18, al San Marco. Marina Cabrini, primo ricercatore dell’Ogs, parlerà su “L’impatto ecologico del traffico marittimo, quali i rischi delle acque di zavorra?”. Ogni anno nei porti dell’Adriatico vengono scaricate 10 milioni di tonnellate di acque di zavorra che possono contenere e introdurre organismi nuovi, nocivi e patogeni. Giuliana Rossim ricercatrice, e Isabella Tomini (tecnico, entrambe dell’Ogs) proseguiranno sul tema “Continuiamo a indagare sotto gli oceani ma... lasciamo che le balene cantino ancora”: gran parte delle risorse energetiche è sotto il mare. Per trovarle e sfruttarle, si usano metodi (sismica) che permettono di vedere al di sotto del fondo marino senza perforarlo, come per una Tac o un’ecografia.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 luglio 2014

 

 

Weekend pedonali, autobus rivoluzionati - La rivoluzione del traffico nei weekend a Trieste   
Modifiche ai percorsi di dieci linee per la chiusura al traffico delle vie Mazzini e Imbriani nei fine settimana. Si parte sabato
A questi provvedimenti il 5 luglio si sommeranno quelli per la sera dello shopping
Il via alla rivoluzione del traffico nel centro cittadino, nei soli weekend, scatterà sabato mattina alle 9. I provvedimenti - la chiusura alla circolazione veicolare di via Mazzini fra via Roma e piazza Goldoni e di via Imbriani da corso Italia a piazza San Giovanni - resteranno in vigore sino alle 20 di domenica. Lo schema dei cosiddetti “p days” verrà replicato sempre solo di sabato e domenica «a oltranza», come ha ribadito ieri l’assessore comunale a Mobilità e traffico Elena Marchigiani. Sino a quando, cioè, non sarà stato collaudato così da farlo diventare un assetto stabile. L’assessore provinciale ai Trasporti, Vittorio Zollia, ha profetizzato un «primo gennaio del 2015» come ipotetica data di partenza della versione “definitiva” (quella estesa a ogni giorno della settimana), presentando le disposizioni assieme ai colleghi comunali, appunto Marchigiani e Edi Kraus, delegato alle Attività economiche. Non a caso era presente anche quest’ultimo: l’avvio della sperimentazione coincide infatti con la Notte dei saldi, il tradizionale appuntamento con lo shopping sotto le stelle che celebra il via (appunto sabato 5 luglio) al periodo estivo delle vendite a prezzi ribassati. La manifestazione serale determinerà ulteriori provvedimenti di modifica alla circolazione dei mezzi, integrati quindi con quanto previsto per i “p days”. Nel dettaglio dalle 20 di sabato e sino a conclusione dell’evento (indicativamente fino all’1) verranno chiusi al traffico anche corso Italia, via Roma da via Genova a corso Italia, via Genova da via San Spiridione a via Roma, via Canal piccolo e piazza Tommaseo. Trieste trasporti renderà note le conseguenti variazioni ai percorsi degli autobus. Cambiamenti già definiti invece per i “p days”, i weekend pedonali di via Mazzini e via Imbriani: sono dieci le linee dei bus per le quali sarà “rivisto” il tracciato. L’ha fatto sapere il Comune. Si tratta di corse che vedranno sostituiti i tratti di via Mazzini e/o via Imbriani con le seguenti soluzioni (e relative nuove fermate di cui riferiamo a parte), dopo le quali proseguiranno poi sui normali percorsi: la 5 verso Roiano da via Tarabochia procederà su via Carducci e piazza Oberdan, mentre in direzione piazza Perugino per corso Italia e piazza Goldoni; la 9 diretta in largo Irneri imboccherà dopo via Battisti la via Valdirivo e di seguito corso Cavour, per piazzale Gioberti devierà su corso Italia, piazza Goldoni e via Gallina; la 10 verso piazza Tommaseo per via Gallina, via Valdirivo, via Canal piccolo con capolinea in piazza della Borsa, e per Valmaura su corso Italia e piazza Goldoni. La 11 diretta in corso Italia da via Tarabochia si inserirà in via Carducci, poi via Valdirivo e via Roma. Nessuna modifica al tragitto per il Ferdinandeo, come per la 18 diretta in via Cumano. Quanto alla 18 per corso Italia: via Carducci, via Valdirivo, corso Cavour e via Canal piccolo. La 19 verso via Puccini sposterà il capolinea davanti alla Stazione centrale, e transiterà per corso Cavour, via Canal piccolo, corso Italia e piazza Goldoni. La 24, solo in direzione Stazione: via Canal piccolo, corso Italia e via San Spiridione. La 25, per corso Italia, da via Ginnastica continuerà su via Carducci, via Valdirivo e via Roma, mentre per l’ospedale di Cattinara su corso Italia, piazza Goldoni e via Gallina. Modifiche unicamente in direzione Stazione centrale per la 30: via Canal piccolo, corso Italia e via San Spiridione. Sul versante delle linee notturne, la A: diretta a Cattinara tramite corso Italia e piazza Goldoni, verso Campi Elisi per via Gallina e via Valdirivo.

Matteo Unterweger

 

Nuove fermate  al posto di quelle che “si perdono” - info anche sul web
Le variazioni ai percorsi dei bus 5, 9, 10, 11, 18, 19, 24, 25, 30 e A nei weekend determinano il momentaneo venir meno delle fermate di via Mazzini, piazza della Repubblica e via Imbriani, rimpiazzate da altre nuove sui diversi tragitti. Per la 5, in via Carducci (in corrispondenza di via Ginnastica e subito dopo l’incrocio con via Battisti) e in piazza Oberdan, e inoltre in corso Italia all’altezza di via Santa Caterina. Quanto alla 9: due nuove fermate in via Valdirivo e una nei pressi del teatro Miela (piazza Duca degli Abruzzi), come pure in corso Italia-via Santa Caterina e in via Gallina. La 10 ne avrà in via Gallina, due in via Valdirivo e un’altra vicino al Miela, e nell’altra direzione in corso Italia-via Santa Caterina. Per la 11 diretta in corso Italia, una fermata in via Carducci in corrispondenza di via Ginnastica, una lungo via Valdirivo e una in via Roma. Nello stesso punto di via Carducci anche una fermata per la 18 (diretta in corso Italia), cui se ne sommano due in via Valdirivo e una in zona Miela. Capolinea della 19 con direzione via Puccini davanti alla Stazione centrale e nuove fermate al Miela e in corso Italia-via Santa Caterina. Per la 24 diretta alla Stazione, la fermata di via Mazzini bassa è sostituita da quella di piazza Unità: lo stesso per la 30. Le novità per la linea 25: da un lato “bus stop” in via Carducci-via Ginnastica, via Valdirivo e via Roma, dall’altro in corso Italia-via Santa Caterina e in via Gallina. La notturna A si fermerà anch’essa in corso Italia-via Santa Caterina (verso Cattinara), e l’utenza potrà salire sul mezzo - in direzione Campi Elisi - in via Valdirivo e presso il teatro Miela. Tutte le informazioni anche in rete: all’indirizzo www.mobilitaetraffico.comune.trieste.it/pdays.
 

 

Differenziata, dai rioni parte la raccolta dell’umido
Si comincia da Borgo San Sergio e da Poggi Sant’Anna e poi l’Altipiano - In questi giorni migliaia di lettere spedite ai cittadini con le istruzioni per l’uso

Aggiungi un cestino in casa. Gli scarti di cucina diventano un problema. La raccolta del rifiuto umido è cominciata a Borgo San Sergio e a Poggi Sant’Anna e in questi giorni sono nelle cassette della posta di Altipiano Est e Altipiano Ovest i fascicoli informativi bilingui di AcegasAps e del Comune, dunque la prossima zona obbligata è dal 30 giugno proprio questa. Si continuerà quartiere per quartiere (vedi lista a parte) fino alla fine dell’anno. Le aree dei cassonetti in strada ne acquisiranno uno col coperchio marrone. Pronto a “mangiare” sacchetti biodegradabili (non quelli normali) pieni di bucce di patate e di banana, avanzi di cibo, ma anche piante d’appartamento scartate purché piccole, filtri da tè e da caffè, fiori secchi e recisi, fazzoletti da naso di carta e salviette da tavola, e pane secco. Secco ma va nell’umido. Invece lo straccio umido, ancorché umido, nel cassonetto dell’umido non deve entrare. Proibito anche buttare, secondo le istruzioni, valve di molluschi, lettiere di gatti e altri animali domestici, mozziconi di sigaretta, ramaglie di giardini per cui esiste un servizio apposito. E naturalmente tutto ciò che già è differenziato (carta, plastica e lattine, vetro, pile, rifiuti pericolosi). Quel che rimane fuori dall’enorme lista è il residuo da buttare nel cestino usato oggi, per così dire normale. Sarà poca cosa. Difatti i cassonetti grigi in strada caleranno di numero. È l’ultima tappa della “differenziata” che a Trieste ha ritardi storici. Proprio in questi giorni a Gorizia è stato annunciato il primo calo delle tariffe (-3% abbondante) dopo anni di raccolta dell’umido. Una politica corretta per l’ambiente, e anche commercialmente fruttuosa per il cammino che le immondizie differenziate poi fanno fino a trasformarsi in altra cosa altrettanto vendibile, ma che certamente è una grandissima noia per il cittadino, inutile far finta di negarlo, almeno finché non diventa gesto abituale. In più ha un costo non solo in termini di spazi casalinghi, ma di sacchetti: o si riusano quelli “bio” del supermercato, o si devono comprare quelli appositi, biodegradabili. Al momento però a Trieste non si vedranno benefici economici. «È già un buon risultato - dice l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - se siamo riusciti a mantenere lo stesso costo di AcegasAps: iniziare il servizio ha dei costi, di cassonetti, di raccolta, di conferimento dell’umido, il nostro va al centro di raccolta di Maniago». Dalla fermentazione degli avanzi fuoriesce un “biogas” (di cui un giorno potremo beneficiare) che serve a produrre energia elettrica pulita e energia termica, il fenomeno chimico successivo è che la materia si trasforma in “compostaggio aerobico”, che con i giusti additivi diventa fertilizzante ecologico per campi, fiori e giardini. Un vero riciclo. Dunque, coraggio.

Gabriella Ziani

 

Obbligatoria dal 30 giugno in alcune zone - il calendario

Ogni 15 giorni l’obbligo di differenziare l’umido tocca un’altra zona di città, previa informazione alle circoscrizioni. Ecco il calendario. Dal 30 giugno il servizio è diventata obbligatorio sull’Altipiano (Est e Ovest), il 14 luglio tocca a Campanelle, Servola, via Baiamonti e Valmaura.Il 28 luglio a Melara, San Luigi, Longera. San Vito e San Giacomo: 11 agosto. San Giovanni e zona Università: 1.o settembre. Via Commerciale e laterali: 15 settembre. Roiano, Barcola e Gretta: 29 settembre. Barriera: 20 ottobre. Dal 30 novembre in poi la raccolta “umida” sarà completata nel tessuto più centrale della città, fino a compimento. Le circoscrizioni faranno invece da punto di raccolta degli eventuali problemi e difetti, che il Comune chiederà ad AcegasAps di correggere.

 

Umberto Laureni: «Meno bruciamo più risparmiamo»
«Meno bruciamo nel termovalorizzatore, meno spendiamo: ogni tonnellata ci costa 120 euro. Il punto debole? Bruceremo meno del nostro, ma AcegasAps continuerà a prendere rifiuti “da fuori”. Del resto, così produce energia, ed è “scontata” su ogni bolletta». Umberto Laureni, assessore all’Ambiente, è schietto nel pesare luci e ombre: «Differenziare è cultura, è nel regolamento comunale, raggiungere il 65% è un obbligo, ma i vantaggi economici verranno un domani, e l’incongruenza è che si brucia quanto prima». Per quanto “sicuro” sia l’impianto triestino, dirottando l’umido non ci viene aria più pulita. Ancora in corso i contatti con Conai (consorzio di riciclaggio) e Regione, da un lato per migliori contratti di vendita dei materiali da riciclare, dall’altro per il raddoppio (da 3 a 6 euro) della “tassa di disturbo” che va ai Comuni se accettano di bruciare rifiuti altrui.

(g. z.)

 

 

La Ferriera produrrà lamiere per motori
Anticipazioni di Giovanni Arvedi. Rosato (Siderurgica Triestina): «Nella situazione attuale non sarebbe possibile»
TRIESTE SARA' L’ANTI THYSSEN Con questa operazione riporteremo in Italia produzioni che oggi la nostra manifattura è costretta ad acquistare all’estero
Scatole per biscotti e per palle da tennis al posto delle lingottiere e dei pani di ghisa? Potrebbe essere questo il futuro produttivo della Ferriera di Servola. Giovanni Arvedi, intervistato da Repubblica sull’esportazione in Cina della sua tecnologia, si è lasciato sfuggire anche queste parole sul futuro di Servola: «A Trieste produrremo banda stagnata e anche acciaio magnetico al silicio per i motori elettrici». La banda stagnata è sostanzialmente un lamierino di acciaio dolce ricoperto di stagno su entrambe le facce. Deriva da un processo metallurgico complesso che comporta operazioni meccaniche, termiche e chimiche sull’acciaio base: il bagno dell’acciaio nel solfato di stagno, la brillatura con trattamento termico a 260-270 gradi, il raffreddamento che porta a una lega di ferro-stagno, un nuovo processo elettrochimico e alla fine l’oliatura e lo spargimento di lacche organiche sulla faccia destinata al contatto alimentare. Si tratta di una filiazione evoluta della “latta” che dà la massima garanzia igienica al contenuto e costituisce il supporto ideale per le litografie sull’esterno della scatola. Dal tè al tabacco, dai biscotti ai cosmetici, dalle palle da tennis ai costumi di bagno: per tutti questi prodotti e altri ancora il contenitore in banda stagnata sembra offrire il massimo delle garanzie. Trieste dovrebbe in qualche modo specializzarsi negli acciai più malleabili, quelli con meno carbonio e più manganese che servono a produrre anche lamiere stampate per l’industria dell’auto e degli elettrodomestici. Ed è questo forse un settore ancor più “promettente” perché Servola in questo campo potrebbe proporsi come l’anti-Thyssen. Spiega Paolo Griseri su Repubblica che «le lamelle dei motori elettrici sono realizzate con un acciaio particolarmente duttile un tempo prodotto a Terni prima che i tedeschi della Thyssen trasferissero la produzione in Germania.» Ma è lo stesso Arvedi poi ad annunciare che, evidentemente attraverso Servola, conta «di portare in Italia produzioni che oggi la nostra manifattura è costretta ad acquistare all’estero.» Ma quali rivoluzioni bisognerebbe fare nello stabilimento triestino per poter produrre tutto questo? «Nella situazione attuale dello stabilimento produzioni del genere sarebbero certamente impossibili», si limita a dire Francesco Rosato, amministratore di Siderurgica Triestina, la società creata da Arvedi per rilevare la Ferriera. Gli stessi sindacalisti non possono che trovarsi impreparati di fronte a queste dichiarazioni inattese. «Dopo aver letto abbiamo appena incominciato ad approfondire la questione per tentare di capire se un progetto del genere potrebbe essere fattibile, anche se indubbiamente con la buona volontà e soprattutto con gli investimenti necessari molte sono le produzioni che si possono avviare», sono le uniche dichiarazioni che può fare Umberto Salvaneschi, segretario Fim-Cisl per sottolineare ancora una volta «la necessità di una rapida presentazione del Piano industriale», che era annunciato per metà mese unitamente all’offerta vincolante da parte di Siderurgica Triestina (100% Finarvedi) al commissario straordinario della Lucchini. Anche questa data però potrebbe subire un ulteriore breve slittamento. Ieri pomeriggio infatti, a luglio già iniziato, Francesco Semino segretario dell’amministrazione straordinaria, ha affermato che «siamo ancora nella fase della due diligence. Presto daremo un termine entro il quale l’offerta vincolante dovrà essere avanzata, ma questo termine non lo abbiamo ancora dato». I procedimenti per il complesso di Piombino, dove pure si attendono le offerte, e per lo stabilimento di Trieste rimangono comunque separati.

Silvio Maranzana

 

Servola? Tema elettorale. È gaffe in casa Pd
Muzzi inoltra per sbaglio a tutti una mail privata a Laureni. Bertoli: è grave. Lui: no strumentalizzazioni
In fuori onda... veritas. L’amaro calice della confessione inconscia che diventa pubblica, stavolta, se lo deve bere a collo Aureo Muzzi, il renziano della primissima ora autore di una mail che lui immaginava riservata e che invece ha inoltrato a tutti e 40 i suoi colleghi del Consiglio comunale, oppositori compresi, in cui dice l’indicibile, scrive ciò che tutti sanno e pensano da destra a sinistra ma che è politicamente scorretto dichiarare, e cioè che la Ferriera è pure un affare da campagna elettorale. Tutta colpa di un’icona di posta elettronica pigiata erroneamente al posto di quella giusta: Muzzi voleva rispondere al solo mittente, l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, che aveva appena inviato una circolare a ogni consigliere e invece il puntatore è finito sul pulsante vicino: “Rispondi a tutti”. E, così, apriti cielo. Ma andiamo con ordine, quantomeno cronologico. Lo scorso giovedì va in scena il Consiglio comunale straordinario sulla Ferriera, durante il quale prende la parola, tra gli altri, Laureni. Il giorno dopo l’assessore allega, in una mail ai 41 componenti dell’assemblea di piazza Unità, l’intervento integrale. Domenica Muzzi gli risponde, pensa di parlargli in via riservata e invece la missiva viene letta dall’universo mondo. «Mi congratulo - scrive Muzzi a Laureni - per la precisione e apprezzo il tuo costante equilibrato impegno su questo versante. Poiché Ferriera significa, oltre che lavoro e salute, anche capacità di coinvolgere e comunicazione, che non guasta in vista delle prossime elezioni, ti chiedo, se ritieni opportuno, di autorizzarmi a pubblicare questa tua nota sul mio sito Fb. Questo anche in relazione al mio intervento che voleva limitare quello vergognoso di Bertoli e l’accentuarsi di quella psicosi collettiva che porta a pensare che se uno vive a Servola, morirà comunque a causa della Ferriera e non per altri fatti ambientali, genetici e stili di vita, come è ampiamente dimostrato». Sulla maggioranza cala il gelo dell’imbarazzo, l’opposizione si stropiccia gli occhi stupefatta da cotanta grazia ricevuta. A Everest Bertoli, il capogruppo di Fi che quel giovedì in aula si era lanciato in un proclama del tipo «non si può barattare la salute e la vita di 200mila abitanti per qualche centinaio di posti di lavoro», non resta che prodursi in un contropiede facile facile. «Incredibile ma vero - scrive Bertoli, lui ben conscio e contento che la mail arrivi a tutti - per il Pd l’argomento Ferriera è buono per le prossime elezioni. È preoccupante il voler negare che in città si muore a causa dell’inquinamento della Ferriera. Ma è ancora più grave che ciò viene sostenuto da un medico». Muzzi, «dispiaciuto» per la svista, non ci sta a passare per il più cinico dei politici: «È compito della politica - ribatte - informare i cittadini e poi essere valutata con le elezioni. In termini corretti, però, e non in base a notizie false e tendenziose su un presunto aumento dei tumori a causa della Ferriera, queste sì passibili di strumentalizzazioni elettorali. L’intervento di Laureni chiarisce proprio questo, tutto qui».

(pi.ra.)

 

 

Porto Vecchio: solo 8 le richieste - Vuota metà dell’area
Scaduti i termini del bando. Non ha pagato la decisione sbandierata di voler mantenere il Punto franco
Otto richieste di concessione che comprendono poco più del 50% dell’area complessivamente disponibile. È questo l’esito dell’avviso pubblicato dall’Autorità portuale per la riconversione del Porto Vecchio i cui termini sono scaduti a mezzogiorno di lunedì. Un responso ben lontano delle 39 domande giunte con il precedente bando, quello del 2008 in era Boniciolli prima del consolidamento della crisi economica mondiale, di cui quattro puntavano all’intera area. Un capitolo quello concluso malamente con l’assegnazione alla cordata Maltauro-De Eccher e la successiva rinuncia con la conseguente causa al Tar. Ma c’è soprattutto da chiedersi che fine abbia fatto addirittura la cinquantina di risposte giunte all’avviso esplorativo fatto pubblicare dalla stessa presidente Marina Monassi l’anno scorso e nel cui ambito ad esempio Jesa industrial ltd, una service company di Hong-Kong specializzata in start-up diceva di voler sviluppare il Porto Vecchio in cinque filoni strategici: duty-free e-commerce, intrattenimento, registro navale, centro finanziario off-shore, polo logistico. Ieri l’Authority ha emesso una breve nota in cui afferma che ora le richieste verranno valutate per verificarne la rispondenza ai requisiti richiesti dal bando. C’è dunque il pericolo che il numero si assottigli ulteriormente. Nessun accenno ufficiale ai nomi dei potenziali concessionari, due però sono noti e sono la Camera di commercio che ha chiesto i Magazzini 28 e 29 per insediarvi la sede di un Polo fieristico e la Provincia che punta al Magazzino 19 per realizzarvi un Polo scolastico che comprenda in primis l’Istituto Nautico. Restano dunque soltanto sei nomi da svelare, il che sta anche a indicare che evidentemente pochissimi di coloro che si erano fatti avanti sei anni fa hanno ripetuto la richiesta. Uno scenario che più che uno “spezzatino”, come temevano i rappresentanti delle amministrazioni locali, prefigura un piatto semivuoto. L’Autorità portuale si è infatti affrettata a precisare che «la scadenza del termine non impedisce la possibilità di presentare la domanda per i lotti che, non essendo stati richiesti, rimangono disponibili e rispetto ai quali sarà possibile istituire un procedimento concessorio ordinario. E sono comunque in corso contatti con soggetti interessati.» Non c’è controprova sull’effetto che può aver creato sugli investitori la decisione, adottata dall’Authority, di tagliare l’area in ben 22 fettine denominate Umc cioé Unità minime di concessione. Pare di capire fin d’ora invece che non ha pagato la scelta di sbandierare l’intenzione di mantenimento del Punto franco, che forse più che un incentivo ha costituito un deterrente come del resto è chiaro nei processi di riconversione di altri waterfront europei. «Saranno valutati attentamente - scrive anche l’Authority - tutti gli aspetti economici e strategici delle istanze presentate, nonché la sostenibilità dei relativi progetti e la relativa capacità di realizzazione da parte dei soggetti proponenti. In assenza di domande concorrenti per il medesimo lotto - conclude la nota - saranno ammesse eventuali integrazioni anche alle istanze già presentate al fine di assicurarne la più ampia adesione agli obiettivi di valorizzazione del sito.»

Silvio Maranzana

 

 

Muggia, sì al Piano regolatore tra le polemiche
L’adozione del documento urbanistico approvato dalla sola maggioranza. Compatto no dall’opposizione
MUGGIA Il Comune di Muggia ha adottato il suo nuovo Piano regolatore generale comunale. Il tanto atteso documento ha ricevuto il nulla osta da parte degli esponenti della maggioranza (Pd, Idv, Sel, Fds, Meio Muja). Voto contrario è invece arrivato in modo compatto da parte dell'opposizione rappresentata da Pdl-Ncd, Fi, Fratelli d'Italia, Un'altra Muggia e Lega Nord. «Visto il clima di grande collaborazione registrato nelle sedute precedenti non mi sarei aspettata questo comportamento del centrodestra, tenuto conto anche che abbiamo accettato la richiesta di sospensiva della seduta richiesta dal capogruppo del Pdl-Ncd, Paolo Prodan», afferma il vicesindaco Laura Marzi. Più duri i toni dell'assessore ai Lavori pubblici, Marco Finocchiaro: «Incredibile, mentre a Trieste le opposizioni si astengono sull'adozione del Prgc, a Muggia il centrodestra vota contro accusando i tempi ristretti, la poca partecipazione, e bla, bla, bla. Peccato, mi aspettavo battaglia dall'opposizione oppure partecipazione costruttiva, invece il nulla». Dai banchi del centrodestra Prodan ha spiegato il voto contrario al documento: «La Variante 31 al Prgc prefigura, in termini insufficienti e generici, una nuova o diversa mobilità. Riceviamo continue lezioni da parte dell'assessore Finocchiaro sul suo significato. Forse dovrebbe dare lezioni, più che a noi, al suo collega Decolle, che oggi ha portato in quest'aula un piano parcheggi che contraddice tutti i principi enunciati dalla variante. Avete le idee confuse e si vede. Parlate di una cosa e ne fate un'altra». Prodan ha poi stigmatizzato come la nuova variante «ignora che il motore del nostro (eventuale) turismo non può che essere il centro storico. Per il centro storico non c'è un nuovo piano particolareggiato. Si continua a “vestire/contrabbandare” come attività turistiche (Agriturismi, ristori rurali e bed and breakfast) una nuova indefinita edificazione, che a parole si dichiara di non volere ma che poi invece c'è, mentre il centro storico è escluso da una nuova analisi assolutamente necessaria, visto che sono passati 15 anni dal Piano vigente». Riguardo ai depositi agricoli invece, secondo Prodan, «l'assessore Marzi dovrebbe avvisare l'assessore “geometra” Decolle che il suo Prgc voleva essere dalla forte connotazione ambientalista. E non è così, l'emendamento Pd è vergognoso: ripristina e forse peggiora la precedente situazione dei depositi agricoli. L'interesse generale piegato all'interesse di pochi tecnici». Da qui l'ultimo grande affondo di Prodan all'amministrazione di centrosinistra: «Il piano da 110 e lode è fatto a misura di single, a cui piace vivere comodi, benestanti. Evidentemente è l’immagine dell’elettore che il Pd pensa di avere nel 2025. È bello che si parli di social housing pensando alle coppie bisognose e ai figli degli operai disoccupati si creino invece i presupposti per il contrario». Insomma, prima della sua definitiva approvazione, si prospetta un anno all'insegna della battaglia politica sul Prgc.

Riccardo Tosques

 

 

Conferenza - Impatto del traffico marittimo

S’intitola “Suoni, misteri e alieni sopra e sotto il fondo marino”, la conferenza organizzata dal circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste, che si terrà domani, alle 18, al Caffè San Marco in via Battisti 18. Marina Cabrini – primo ricercatore dell’Ogs - parlerà su: “L’Impatto ecologico del traffico marittimo, quali i rischi delle acque di zavorra?”. Giuliana Rossi, primo ricercatore, e Isabella Tomini, tecnico, entrambe dell’Ogs, proseguiranno sul tema: “Continuiamo ad indagare sotto gli oceani ma... lasciamo che le balene cantino ancora”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 luglio 2014

 

 

Val Rosandra, Premolin scarica la Regione

Nel processo per lo scempio ambientale della Protezione civile l’ex sindaco di San Dorligo difende il suo operato
La pulizia del letto del Torrente Rosandra - prima dello sfalcio della primavera 2012 che sarebbe finito in Procura e poi in Tribunale - era indifferibile. I residenti la reclamavano da tempo al Comune di San Dorligo, e da tempo il Comune la reclamava alla Regione. Ciò però non vuol dire che lo stesso Comune vi abbia partecipato, perché se n’è occupata proprio e solo la Regione, la sua Protezione civile. Insomma: un taglio andava fatto, però l’hanno fatto gli altri, senza “trattare” con il Municipio. È quanto hanno sostenuto ieri, a mo’ di eco, l’ex sindaco e l’ex vicesindaco-assessore alla Protezione civile comunale di San Dorligo, Fulvia Premolin e Antonio Ghersinich, chiamati a testimoniare nel processo per l’ipotesi di reato di presunto disastro ambientale in concorso che il pm Antonio Miggiani contesta davanti al giudice Marco Casavecchia all’allora vicegovernatore Luca Ciriani nonché al capo, alla funzionaria e al dipendente della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, Cristina Trocca e Adriano Morettin. «Non ero sul posto, non so chi fosse presente e chi stesse facendo effettivamente l’intervento, la mia preoccupazione, siccome c’erano tante persone in arrivo dal Friuli per questo lavoro, era che nessuno si facesse male», ha spiegato in aula Premolin. «Si trattava - ha aggiunto l’ex primo cittadino di San Dorligo, la cui posizione è stata già archiviata assieme a quelle dello stesso Ghersinich - di un intervento regionale, noi da soli d’altronde non avremmo potuto sostenere economicamente un’iniziativa attorno ai 150, 200mila euro, benché più volte i residenti mi avessero fatto presente la necessità di fare qualcosa. Alla presentazione dell’intervento a Palmanova mi fu spiegato che era tutto pronto e che noi ci dovevamo preoccupare solo di acquisire le autorizzazioni dei proprietari a far scendere i tecnici fino al Torrente. Ricevemmo poco prima dell’intervento solo un documento sulla sicurezza. La Protezione civile comunale ha partecipato, sì, ma solo, a quanto mi risulta, alla parte logistica». E a proposito di Protezione civile comunale, l’ex vice-Premolin Ghersinich ha confermato come «le persone del posto» avessero «chiesto di pulire le piante che insistevano sul Torrente. Andava estirpata la vegetazione motivo di un’eventuale esondazione», dunque «anche le piante di alto fusto curvate sull’alveo, come alcuni pioppi. Per noi era questo da fare». Il riferimento è a una mappa del corso del Torrente segnata dal geometra del Municipio Mitja Lovriha e allegata alla richiesta d’intervento alla Regione firmata da Premolin nel gennaio del 2012, due mesi prima dello sfalcio. Mappa che - osserva il pm Miggiani, che ieri con i testimoni molto ha insistito sulla conferma che il Rosandra, «solo nel ’63», quando ci scappò il morto, causò danni di gravissima entità - si limita a dare indicazioni sotto il ponticello e non sopra. «Non ho svolto - ancora Ghersinich - alcun ruolo attivo tranne che, per mia scelta, quello di accompagnare nei sopralluoghi i tecnici regionali per questioni di ospitalità e non di competenza. Il giorno dell’intervento (sabato 24 marzo, ndr) venne l’assessore Ciriani, io feci gli onori di casa e poi se ne andò, dopo una mezz’ora. Seppi alla fine ciò che era stato fatto, e non so chi decise di tagliare gli alberi». «Non fummo coinvolti nella preparazione, venimmo a conoscenza dei lavori un paio di giorni prima», ha puntualizzato quindi, fra gli altri testi, il presidente della Comunella di Bagnoli, Edi Zobec, che ha comunque rilevato come il percorso del Torrente presentasse «diverse criticità», per cui «noi stessi sollecitammo a più riprese un intervento». Una tesi corroborata dal geologo Paolo Paronuzzi, secondo cui il Rosandra necessità di pulizie cadenzate per evitare possibili piene. La posizione di Ciriani è stata sviscerata quindi da un altro testimone, Daniele Bertuzzi, il segretario generale della Regione. Il quale - tiene a sottolineare l’avvocato Caterina Belletti, che col collega Luca Presot difende l’ex vice-Tondo con delega alla Protezione civile - «ha chiaramente specificato ciò che noi andiamo sostenendo da sempre, e cioè che il visto di legittimità su una delibera, nella fattispecie il progetto di un intervento che era comunque urgente come segnalato dallo stesso sindaco Premolin, avviene in base a una perizia che esula dalle capacità tecniche di un assessore». Prossima udienza il 15 settembre.

Piero Rauber

 

 

Sel: «Ferriera, garantire la cokeria»
«Ma dopo la riconversione l’area a caldo dovrà essere dismessa»
«Quanto evidenziato dalla riunione straordinaria del Consiglio comunale in cui sono stati auditi istituzioni, forze sociali e associazioni ambientalistiche con lo scopo di verificare lo stato evolutivo delle problematiche aperte per la vendita della ferriera di Servola ad Arvedi, unico imprenditore in gara, non ha dato alcuna risposta ai pesanti interrogativi, inerenti il piano industriale e ambientale, la salvaguardia dei livelli occupazionali, cosi come sui tempi utili ad una chiusura delle procedure di vendita». È quanto sostengono Marino Sossi e Waldi Catalano di Sinistra ecologia e libertà che ne deducono che «si può affermare che allo stato attuale, Arvedi non c'é. Nel frattempo - aggiungono - si è aggravata la situazione all'interno dello stabilimento già interessato dalla cassa integrazione per metà dei dipendenti, con il pericolo di fermata anche della cokeria a seguito del mancato arrivo di materie prime. Riteniamo per tanto - concludono i due esponenti di Sel - che a fronte dello slittamento dei tempi, nelle more della procedura di vendita, deve essere garantita l'attuale marcia ridotta della cokeria» Sossi e Catalano esprimono anche «forte preoccupazione, in quanto continua ad essere assente un'idea più complessiva dell'area, in termini di sviluppo integrato sul piano industriale-logistico portuale. Va mantenuto - aggiungono - l'impegno assunto dal Comune, per la riconversione produttiva dell'area che a regime preveda il superamento dell'attività siderurgica e la chiusura graduale dell'area a caldo. Sarà così possibile coniugare diritto al lavoro e tutela ambientale.»
 

 

Nasce il Geoparco del Carso - Si stanno individuando i principali siti geologici da tutelare
Nuovo passo in avanti verso la costituzione del Geoparco transfrontaliero del Carso. Ha preso il via ieri a Palazzo Galatti infatti, la fase preliminare di coordinamento delle realtà pubbliche e private operanti nello specifico ambito del Carso. L’iniziativa rientra nel progetto “Carso/Kras - Gestione sostenibile delle risorse naturali e coesione territoriale” finanziato dal Programma di Cooperazione transfrontaliera Italia Slovenia 2007-2013 del quale l’amministrazione provinciale è soggetto partner. Il tavolo di lavoro, convocato dal vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, ha coinvolto soggetti pubblici come i Comuni delle province di Trieste, Gorizia e della Slovenia, le università di Trieste, Nova Gorica e del Litorale, e la Soprintendenza. Hanno partecipato anche numerose istituzioni scientifiche tra le quali Ogs, Ictp, Immaginario Scientifico, Area protetta di Miramare, Cai oltre ad associazioni geo-turistiche. «Il nostro obiettivo in questa fase – ha detto Dolenc - è mirato alla raccolta di adesioni e osservazioni da parte di tutti i soggetti interessati al progetto di realizzazione del Geoparco. Congiuntamente l’amministrazione sta valutando quali strategie adottare con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e dei Comuni interessati per l’individuazione formale dei geositi nel catasto nazionale Ispra, quei i siti geologici cioè di particolare importanza sui cui poggia la costituzione stessa del Geoparco come le Cave romane di Aurisina , i Campi solcati di Borgo Grotta Gigante e San Pelagio, la Grotta Lindner, la Falesia di Duino, le Risorgive del Timavo, l’immenso patrimonio della Val Rosandra e molti altri».

 

 

Quattro associazioni - Conferenza su “I nostri amici alberi”

Conferenza stampa delle associazioni “Tra fiori e piante” “Triestebella” Legambiente” e “Italia Nostra” nella sede di Italia Nostra di via del Sale 4/B, giovedì alle 11, sul tema “I nostri amici alberi”. Verrà presentata l’iniziativa delle quattro associazioni finalizzata a diffondere nozioni indispensabili alla cura e alla buona manutenzione degli alberi. Verrà presentato un manifesto illustrativo da distribuire in città e nelle scuole e verrà annunciato, per settembre, un convegno che avrà per tema la coltivazione degli alberi e la potatura. Sarà consegnato ai presenti il pieghevole del manifesto.

 

 

 

 

 

 

 

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